ANNO XXlll-N. 3 MAGGIO -GIUGNO 1971 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 197 1 , A'BBON AMENTI '-r ANNO ................................ L. 7.500 UN NUMERO SEPARATO '............... 1.300 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/40500 Stampato in Italia Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 lWJlio 1966 (1212534) Roma, 1971 Istituto Poligrafico dello Stato P.V. I INDICE Parte prima: GIUiRll$PRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTER NZIONALE (a cura de/l'avv. Michele Savarese} pag. 50 I Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SDIZIONE (a cura SU QUESTIONI DI GIURIde/ l'avv. Benedetto Baccari} . 546 Sezione terza: ' GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura dell'avv. tro de Francisci} . . . . . . . Pie. . ~56 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/' avv. Ugo Gargiulo} . . . . . . . . 583 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA, TRl.SUTARIA (a cura degli avvocati Giuseppe Angelini -Rota e Carlo Bafile} 590 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE (a cura dell'avv. Franco Carusi} . . . . . . . . . . 688 Szione settima: GIURISPRUDENZA PENALE {a cura dell'avv. Paolo Di Tarsia di Be/monte} . . . . . . . . 71 7 Parte seconda1: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO RASSEGNA DI DOTTRINA (a cura dell'avv. Luigi Mazzel/a} pag. 99 RASSEGNA DI LEGISLAZIQNE (a cura del/'avv. Arturo Marzano} I 02 CONSULTAZIONI . . . . . . . . .. . . 141 La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONl BAFILE C., Le quote di societ di persone nell'imposta di registro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ' pag. 649 DoNADIO G., Disastro del Vajont e pretesa responsabilit civile del Ministero Lavori Pubblici . . . . . . . . . > 718 Rossi A., Crediti tributari contestati e loro ammissione nel passivo del fallimento . . . . . . . . . . . . . > 590 \ INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUB:BLICHE ED ELETTRICIT -Concessioni di utilizzazione di acqua pubblica -Diritto della Amministrazione concedente al canone -Ingiunzione di pagamento -Sospensione della prescrizione estintiva quinquennale per effetto della pendenza di ricorso amministrativo proposto dall'interessato -Esclusione, 704. APPALTO -Appalto di opere pubbliche Appalto della Regione Siciliana Diritto dell'appaltatore al risarcimento del danno per il ritardo gravemente colposo di organi dell'Amministrazione appaltante nella emissione dei certificati di acconto e dello stato finale e nella ,effettuazione del collaudo Decadenza per mancata iscrizione delle r.elative riserve -Esclusione, 699. -Appalto di opere pubbliche Appalto della Regione Siciliana Ritardo gravemente colposo di organi della Amministrazione appaltante nella emissione dei certificati di acconto e dello stato finale e -nella effettuazione del collaudo -Applicabilit dell'articolo 40 del Capitolato generale statale 00.PP. 1895, richiamato contrattualmente Esclusone, 698. -Appalto di apere pubbliche Appalto della Regione Siciliana disciplinato per richiamo contrattuale dal Capitolato generale sfatale 28 maggio 1895 -Supplente -Nozione -Computabilit a suo debito delle anticipazioni concesse all'appaltatore poi fallito dall'Amministrazione appaltante -Sussiste, 688. - Appalto di opere .pubbliche Revisione -Facolt dell'Ammi nistrazione appaltante di concedere all'appaltatore anticipazioni sull'importo della eventuale, futura revisione -Successivo accertamento che all'impr.esa non spetta alcun compenso revisionale -Prescrizione decennale del diritto dell'Amministrazione alla ripetizione dell'acconto Decorrenza dalla data del pagamento del medesimo -Esclusione -Decorrenza dalla data della chiusura del procedimento revisionale -Sussiste, 708. ARBITRATO -Procedimento arbitrale -Nullit dell'atto iniziale -Estensione agli atti successivi -Sussiste -Denunzia di invalidit derivata Necessit che l'indagine del giudice si estenda all'atto da cui discende la nullit -Sussiste, 711. . CACCIA E PESCA -Regime di caccia controllata Sanzioni per l'inosservanza Violazione del principlo di legalit -Esclusione, 529. CALAMITA NATURALI -Inondazione, frana o valanga Inondazione e frana colposa Sussistenza del reato -Fattispecie, con nota di G. DoNADIO, 717. CIRCOLAZIONE STRADALE -Potere del Prefetto di ritiro della patente alle persone diffidate Illegittimit costituzionale Esclusione, 543. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Azioni pos RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sessorie nei confronti della pubblica Amministrazione -Improponibilit -Limiti, 551. -Bellezze naturali -Collegio peritale per la determinazione dell'indennit -Natura di organo non giurisdizionale, 551. Corte dei Conti -Omessa pronuncia sul merito per mancanza di un presupposto processuale Ricorso in Cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione Inammissibilit, 549. -Edilizia economica e popolare GES. CAL. -Rapporti relativi all'assegnazione degli alloggi -Natura pubblicistica -Effetti sulla posizione soggettiva delle parti e sulla giurisdizione, 548. -Ricorso straordinario al Capo dello Stato -Decisione -Natura di provvedimento amministrativo -Inammissibilit dell'impugnazione davanti alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, 546. COMUNE -Elettorato passivo -Ineleggibilit per coloro che sono in rapporti di affari con l'Ente -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 501. CORTE COSTITUZIONALE Giudizi di legittimit costituzionale in via incidentale -Ampliamento dei terffiini della questio. ne rispetto all'ordinanza di rimessione -Inammissibilit, 513. Giudizi di legittimit costituzionale in via incidentale -Funzione giurisdizionale del Giudice a quo -Competenza a ordinare il deposito dell'indennit di esproprio -Funzione amministrativa Inammissibilit della questione, 537. -Giudizi di legittimit costituzionale in via principale -Leggi anteriori alla costituzione delle Regioni a statuto ordinario Ammissibilit della questione, 503. Giudizio per conflitto di attribuzioni fra Stato e Regione -Esercizi di diritti dominicali su beni patrimoniali Iiiammissibilif del conflitto, 541. -Pronuncia di illegittimit costituzionale -Effetti erga omnes Retroattivit -Limiti -Situazioni giuridiche esaurite -Nozione, 711. COSA GIUDICATA -Giudicato amministrativo -Potere- dovere di procedere al riesame ed alla rinnovazione dell'atto annullato in sede giurisdizionale -Esistenza di un termine perentorio -Rinnovazione dell'atto dopo la scadenza del termine -Illegittimit, 584. COSTITUZIONE DELLA REPUB BLICA . -Tutela del diritto di propriet Vincoli in funzione di esigenze collettive -Legittimit costituzionale, 539. -V. anche Caccia e pesca, Circolazionne stradale, Comune, Corte Costituzionale, Danni di guerra, Friuli-Venezia Giulia, Lavoro, Ordinamento giudiziario, -Pensioni, Procedimento civile, Procedimento penale, Reato, Regione, Regioni1 a statuto ordinario, Sicilia. DANNI -Danni in materia penale -. Uccisione di abitanti di un comune Danni non patrimoniali del comune -Risarcibilit -Limiti, con nota di G. DoNADio, 717. DANNI DI GUERRA -Azioni .non di combattimento delle FF.AA. alleate -Liquidazione dell'indennizzo -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 513. EDILIZIA -Costruzioni lungo le strade -Distanze minime -Contrasto con l'art. 76 della Costituzione : Non sussiste, 586. r INDICE VII Costruzioni lungo le strade -Distanze minime -Potere regolamentare del Ministro dei LL.PP. -Termine ex art. 19 legge 6 agosto 1967, n. 763 -Non perentorio, 587. -Determinazione ministeriale delle ~ocalit soggette alla norma- tiva antisismica -Varianti da apportare alle costruzioni in corso -Impugnazione -Interesse Non sussiste, 583. -Edilizia scolastica -Scadenza del triennio di vincolo previsto dalla legge 24 luglio 1962, n. 1073 Rinnovo della procedura -Legittimit, 587. EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA -Commissine di Vigilanza -Composizione -Deliberazione adottata a maggioranza in 'assenza di taluni membri -Legittimit, 588. 1 - Cooperative edilizie -Ammissio . ne a socio di minore emancipato -Dichiarazione di decadenza da parte della Commissione Illegittimit, 588. - Piano ex lege 18 aprile 1962, n. 167 -Occupazione del terreno disposta a seguito dell'assegnazione dell'area -Legittimit, 588. - Piano ex lege 18 aprile 1962, n. 167 -Provvedimento di assegnazione di area -Impugnazione immediata -Necessit, 587. ELETTRODOTTO -Servit di elettrodotto -Costituzione -Indennit -Disciplina, 574. ESPROPRIAZIONE PER P.U. -Rapporto giuridico -Bilateralit -Diritti ed obblighi derivanti dal rapporto -Titolarit, 559. -Retroce~sione -Art. 60 legge 25 agosto 1865, n. 2359 -Contrasto con l'art. 3 della Costituzione Non sussiste, 589. ...;,_ Retrocessione -Dichiarazione di inservibilit del bene -Interesse dell'istante -Necessit, 589. FRIULI-VENEZIA GIULIA -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Azione di responsabilit nei confronti dei dipendenti regionali -Competenza della Corte. dei Conti, 526. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Diritti soggettivi -Accertamenti incidentali -Giurisdizione, 548. IMPIEGO PUBBLICO -Indennit di buonuscita spettante ai dipendenti del Banco di Sicilia -Diritto -Diniego -Il. legittimit, 586. -Previdenza e quiescenza -Legge 5 dicembre 1964, n. 1268 -Illegittimit costituzionale -Non sussiste, 583. -Sospensione cautelare -Inosservanza degli obblighi di annotazione ex art. 118 legge 15 dicembre 1959, n. 1229 -Gravit dei fatti -Motivazione -Sufficienza 585. ' -Sospensione cautelare -Omessa specificazione della decorrenza Legittimit, 585. -Sospensione dell'impiego -Mancata .contestazione dell'addebito Illegittimit, 585. -Ufficiale giudiziario -Obblighi di Servizio -Annotazioni sui registri di cui all'art. 118 della legge 15 dicembre 1959 n. 1229 Illegittimit costituzion'ale -Non sussiste, 585. IMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Concessione reciproca del diritto di superficie -Inapplicabilit dell'agevolazione, 662. -Agevolazioni per le opere di interesse degli enti locali -Strade provinciali -Opere di completamento -Cilindratura bitumatura correzione e ampliamento del tracciato di strade esistenti RASSEGNA DELL,AVVOCATURA DELLO STATO Non Costituiscono lavori di completamento Esclusione delle agevolazioni, 595. -Appalto di trasporti e trasporti singoli -Criteri di distinzione, 624. Cessione di credito in relazione a finanziamenti concessi da aziende ed enti di credito a favore di ditte commerciali e industriali -Aliquota dello 0,50 % di cui alla lettera b) dell'art. 4 della tariffa all. A della legge di registro -Criteri di appijcazione, 667. -Contratti a prezzo presunto Disposizione dell'art. 32 legge di registro riferita agli appalti - di portata generale, 621. -Interpretazione e qualificazione dell'atto -Art. 8 legge di registro -Simulazione -Impugnazione -Azione riconvenzionale, con ' nota di c. BAFILE, 600. -Istituti di credito a medio e lungo termine -Atti relativi alla costruzione della sede degli enti Imposta in abbonamento -Non vi sono compresi, 673. -Scioglimento di societ -Assegnazione ai !JOCi di beni sociali Immobili aquistati o costruiti dalla societ con denaro sociale Imposta graduale -Necessit che l'assegnatario sia gi socio prima dell'acquisto o della costruzione -Esclusione, con nota di C. BAFILE, 599. Societ -.Societ di persone Cessione di quota -Beni immobili sociali Commisurazione dell'imposta al valore venale al netto delle passivit sociali, con nota di c. BAFILE, 648. -Societ -Societ di persone Liquidazione della quota sociale in favore dell'erede del socio defunto -Credito originario di una somma di denaro -Trasferimento di quota -Imposta proporzionale -Esclusione, con nota di C. BAFILE, 649. Trasferimenti non risultanti da prove dirette Dichiarazione estimativa -Omissione -Irrilevanza -Ingiunzione -Legittimit, 664. -Trasferimenti non. risultanti "da prove dirette -Prova sufficiente -Prova contraria -Data certa - Opponibilit alla Finanza come terzo, 664. -Vendita fra parenti -Presunzione di liberalit -Prova della provenienza del prezzo, 626. -Vendita fra parenti -Presunzione di liberalit rispetto al prezzo pagato -Maggior valore accertato -Si estende, 626. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Deduzione dall'attivo dell'imposta sul valore globale -Deducibilit della sola 'imposta in concreto corrisposta, 682. -Presunzione per mobili, denaro e gioielli -Inventario di er.edit beneficiata -Requisiti -Decorrenza del termine -Fattispecie, 617. IMPOSTA IPOTECARIA -Cessione di quota di societ di persone -Inapplicabilit, 684. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Agevolazioni fiscali per le case di abitazione non di lusso -Locali destinati a deposito merci Applicabilit, con nota di G. STIPO, 607. Fallimento -Credito tributario contestato -Ammissione nel passivo con riserva -Ammissibilit, con nota di A. Rossi, 590. -Imposta sulla pubblicit -Tabelle e targhe affisse sulle cose assicurate -Art. 4 tariffa A del d. p. 24 giugno 1954, n. 342 Illegittimit costituzionale -Manifesta infondatezza, 630. - Imposta sulla pubblicit -Tabelle e targhe affisse sulle cose assicurate -Commisurazione ai premi risultati dai bilanci -Limitazione al ramo di assicurazione contro i danni da incendio, 630. INDICE IX -Imposta sulla pubblicit -Tabelle e targhe affisse sulle cose assicurate -Pagamento in modo virtuale in base ai bilanci dell'assicurtore -Mancato esercizio della pubblicit -Irrilevanza, 629. -Imposta sulle lotterie -Obbligazioni a premio emesse dall'Isveimer -Esclusione, 672. -Imposte indirette -Ingiunzione -Opposizione -Posizione processuale delle parti -Azione riconvenzionale della Finanza Separazione dalla oppos1z1one dell'attore -Ammissibilit, con nota di c. BAFILE, 600. -Procedimento dinanzi alle Commissioni -Comunicazione della data dell'udienza -Comunicazione ai coobbligati non ricorr.enti Esclusione, 611. -Procedimento dinanzi alle Commissioni -Comunicazione della data dell'udienza -Notificazione -Cambiamento di abitazione Affissione presso il Comune Nullit, 611. -Procedimento dinanzi alle Commissioni -Rogatoria ad altra Commissione -Necessit di audizione del contribuente -Esclusione, 646. -Rawporti tra giudizio dinanzi alle Commissioni e giudizio dinanzi all'A.G.O. -Competenza e giurisdizione -Decisione di Commissione delle imposte inesistenti -Decisione contradditoria che pronunzia senza domanda Impugnazione in sede ordinaria -Difetto di giurisdizione, 679. - Rapporti tra il procedimento dinanzi alle commissioni e l'azione dinanzi all'A.G.O. -Autonomia -Vizi del procedimento dinanzi alle Commissioni -Incensurabilit dinanzi all'A.G.O., 643. LAVORO -Obbligo di iscrizione in registri di P. S. per l'esercizfo di determinati mestieri -'Illegittimit costituzionale -Esclusione, 511. -Prescrizione dei crediti dei dipendenti -Applicabilit durante il rapporto di lavoro -Que stione sollevata con riferimento ad Ente pubblico -Inammissibilit per irrilevanza, 543. LOCAZIONE -Mora del conduttore nella restituzione della cosa locata -Regime vincolistico -Misura del canone, 572. NOTIFICAZIONE -Ricorso incidentale -.Direttamente presso il domicilio del ricorrente principale e non presso il domicilio eletto -Inammissibilit, 588. OMICIOIO -Omicidio e lesioni personali colpose -Omicidio colposo -Sussistenza del reato -Fattispecie; con nota di G. DoNADIO, 717. OPERE PUBBLICHE -Edilizia scolastica -Vincolo di area -Motivazione per relationem -Sufficienza, 586. -Edilizia scolastica -Vincolo di area -Natura del provvedimento - atto dovuto, 586. ORDINAMENTO GIUDIZIARIO -Uffici di giudice conciliatore e vice conciliatore -Gratuit dell'ufficio -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 530. Vice pretori onorari -Nomina di procuratori esercenti -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 530. PARTE CIVILE -Costituzione di parte civile contro un responsabile civile citato da altra parte -Ordinanza di inammissibilit -Inoppugnabilit, con nota di G. DoNADIO, 717. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO X PENSIONI -Dipendente trattenuto in servizio in via di fatto -Esclusione dal trattamento di quiescenza per il corrispondente periodo -Illegittimit costituzionale parziale, 518. PERIZIA -Avvi.so ai difensori dell'inizio delle op.erazioni -Sufficienza, con nota di G. DoNADIO, 717. -Nomina del perito -Cittadinanza italiana -Conoscenza 'della lingua italiana -Bequisiti non necessari, con nota di G. DoNAmo, 717. PROCEDIMENTO CIVILE -Domanda giudiziale -Interpretazione -Incensurabilit -Limiti, 574. . -Giudicato parziale -Capo autonomo di sentenze -Nozione, 559. Impugnazioni incidentali autonome - Impugnazioni tardive Inammissibilit, 559. ~ Interruzione del processo -Nullit di notifica dell'atto riassuntivo -Appello della parte rimasta assente -J:l,imessione al primo giudice Inammissibilit, 578. -Norme relative al difensore Illegittimit costituzionale Esclusione, 516. -Prove raccolte nel giudizio penale terminato per amnistia Utilizzabilit in processo civile contro terzi -Potere discrezionale del giud~ce di merito, 568. - Regolamento preventivo di giurisdizione -Sospensione del processo -Declaratoria di inammismissibilit -Effetti sul termine di impugnazione ordinaria della sentenza di merito, 556. PROCEDIMENTO PENALE Atti, anteriori alla nomina dei periti, compiuti in territorio straniero -Irrilevanza, sulla pe rizia, della loro inesistenza, con nota di G. DoNADIO, 717. -Confessione dell'imputato -Obbligo dell'istruzione sommaria Discrezionalit assoluta del P. M. -Illegittimit costituzionale, 509. Decreto di irrepeHbilit dell'imputato -Cassazione di efficacia limitata al giudizio di appello illegittimit costituzionale, 523. -.:... Interrogatorio dell'imputato Assistenza del dif.ensore -Questione gi decisa dalla Corte Manifesta infondatezza, 524. -Istruzione -Avviso ai difensori Acquisto della qualit ,di imputato -Condizioni, con nota di G. DoNADIO, 717. -Procedimento penale militare Rimessione a diverso tribunale militare per motivi di servizio Illegittimit costituzionale, 542. -Procedimento penale militare Scelta del rito sommario da parte del procuratore militare -Discrezionalit assoluta\ ed insindacabilit nella scelta\ -Illegit. timit costituzionale, 542. - Responsabile civile nel giudizio penale -Questioni relative alla individuazione del responsabile civile -Potere di rimessione del giudice penale a quello civile Sussistenza Fattispecie, con nota di G. DoNADIO, 718. REATO ( -Propaganda di mezzi anticoncezionali -Violazione della libert di manifestazione del 'pensiero Illegittimit costituzionale, 520. Sospensione condiziohale della pena -Esclusione del benefi.cio per una seconda condanna -Illegittimit costituzionale, 535. REGIONE -Regione Siciliana -Esecuzione di opere pubbliche regionali -Rapporto fra Regione ed ente locale minore, di cui si avvale -Natura -Rapporto di delegazione INDICE XI ovvero rapporto organico -Criteri per l'identificazione del secondo caso rispetto al 'primo, 688. -Regioni a statuto ordinario Trasferimento delle funzioni da parte dello Stato -Divieto di legiferare per le Regioni -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 503. REGIONI A STATUTO ORDINARIO -Coordinamento della finanza, dei bilanci e dell'amministrazione del patrimonio con le norme dello Stato -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 503. RESPONSABILIT IVILE -Responsabilit contrattuale ed extra-contrattuale -Disciplina Autonomia, 565. SICILIA -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Collocamento e accertamento dei lavoratori agricoli Ripartizione delle competenze tra Stato e Regione, 539. TRASPORTO -Contratto di trasporto -Trasporto di persone sulle F. S. -Perfezionamento del contratto Presupposti -Responsabilit del Vettore -Onere della prova, 564. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 4 marzo 1971, n. 38 pag. 501 4 marzo 1971, n. 39 503 4 marzo 1971, n. 40 " 509 4 marzo 1971, n. 41 511 16 marzo 1971, n. 46 513 16 marzo 1971, n. 47 516 16 marzo 1971, n. 48 518 16 marzo 1971, n. 49 520 22 marzo 1971, n. 54 > 523 30 marzo.1971, n. 62 524 5 aprile 1971, n. 68 526 5 aprile 1971, n. 69 529 5 aprile 1971, n. 70 530 I 5. aprile 1971, n. 71 530 -/ . 5 aprile 1971, n. 73 535 5 aprile 1971, n. 74 537 I 26 aprile 1971, n. 78 539 ~ 26 aprile 1971, n. 79 539 l 26 aprile 1971, n. 81 541 26 aprile 1971, n. 82 542 26 aprile 1971, n. 83 542 29 aprile 1971, n. 86 543 29 aprile 1971, n. 87 543 GIURISDIZIONI CIVILI CORT DI CASSAZIONE Sez. I, 8 ottobre 1970, n. 1850 pag. 649 Sez. I, 24 novembre 1970, n. 2483 590 Sez. I, 27 gennaio 1971, n. 201 556 Sez. I, 27 gennaio 1971, n. 205 595 Sez. I, 10 febbraio 1971, n. 338 599 Sez. I, 10 febbraio 1971, n. 339 607 Sez. I, 10 febbraio 1971, n. 342 611 Sez. I, 10 febbraio 1971, n. 343 617 Sez. I, 12 febbraio 1971, n. 363 621 Sez. I, 25 febbraio 1971, n. 482 624 Se:t. I, 25 febbraio 1971, n. 483 626 Sez. I, 25 febbraio 1971, n. 486 629 Sez. I, 27 febbraio 1971, n. 493 600 Sez. Un., 1 marzo 1971, n. 515 643 Sez. I, 4 marzo 1971, n. 564 646 INDICE XID Sez. I, 10 marzo 1971, n. 681 pag. 648 Sez. I, 10 marzo 1971, n. 688 662 Sez. I, 15 marzo 1971, n. 724 664 Sez. I, 18 marzo 1971, n. 760 667 Sez. I, 20 marzo 1971, n. 800 672 Sez. un., 20 marzo 1971, n. 806 . 679 Sez. I, 24 marzo 1971, n. 820 682 -.Sez. I, 24 marzo 1971, n. 825 673 Sez. I, 25 marzo 1971, il. 847 684 Sez. Un., 29 marzo 1971, n. 903 546 Sez. Un., 6 aprile 1971, n. 1022 548 Sez. I, 7 aprile 1971, n. 1032 559 Sez. I, 7 aprile 1971, n. 1037 688 Sez. Un., 22 aprile 1971, n. 1158 549 Sez. III, 11 maggio 1971, n. 1345 564 Sez. III, 11 maggio 1971, n. 1346 568 Sez. Un., 12 maggio 1971, n. 1355 551 Sez. I, 13 maggio 1971, n. 1384 698 Sez. Un., 25 maggio 1971, n. 1539 704 Sez. I, 26 maggio 1971, n. 1558 708 Sez. I, 26 maggio 1971, n. 1563 572 Sez. II, 9 giugno 1971, n. 1728 574 Sez. I, 11 giugno 1971, n. 1767 711 Sez. III, 12 giugno 1971, n. 1799 578 Sez. Un., 14 giugno 1971, n. 1824 551 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 2 febbraio 1971, n. 69 Sez. IV, 2 febbraio 1971, n. 74 Sez. IV, 5 febbraio 1971, n. 79 Sez. IV, 9 febbraio 1971, n. 88 Sez. IV, 9 :liebbraio 1971, n. 93 Sez. IV, 9 febbraio 1971, n. 97 Sez. IV, 16 febbraio Sez. IV, 16 febbraio Sez. IV, 16 febbraio Sez. IV, 23 febbraio Sez. IV, 23 febbraio 1971, n. 1971, n. 1971, n. 1971, n. 1971, n. pag. 583 > 583 584 585 586 586 132 . 586 134 . 587 139 . 587 155 . 588 156 . 589 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI APPELLO L'Aquila, 3 ottobre 1970 . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 717 SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA / RASSEGNA DI DOTTRINA STUDI PER LA REVISIONE DEL CONCORDATO, a cura della cattedra di Diritto Ecclesiastico dell'Universit di Roma, CEDAM, Padova, 1970 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 99 CASTELLANO C. ed altri, I/efficienza della giustizia italiana ed i suoi effetti economico-sociali. Laterza, Bari, 1970 . . . . ,. 100 PARETTI O. e CERBELLA A., Sintesi della Previdenza Sociale\ Stamperia Napoletana, Napoli, 1970 . . . . . . . . . . > 101 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Leggi e decreti (segnalazioni) ............ pag. 102 NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE 1 -Norme dichiarate incostituzionali: I codice di procedura penale, art. 151, terzo comma . pag. 102 ! ' r. d. 8 gennaio 1931, n. 148, artt. 26, primo, quinto e It' settimo comma, e 27 dell'allegato A . . > 102 legge 10 agosto 1950, n. 648, artt. 62, primo e terzo comma, e 63; primo comma . . . . . . . . . > 102 legge 10 agosto '1950, n. 648, art. 65 . . . . . . . . > 103 ! legge 11 aprile 1955, n. 379, art. 40, secondo comma. . > 103 legge 15 febbraio 1958, n. 46, art. 12, secondo comma . > 103 legge 15 febbraio 1958, n. 46, art. 18 . . . . . . . . ,,. 103 d.P.R. 11 dicembre 1961, n. 1642, articolo unico > 103 legge 12 ottobre 1964, n. 1081, art. 4, secondo comma . 104 legge 26 luglio 1965, n. 965, art. 27 . : . . . . . > 104 legge 5 febbraio 1968, n. --85, art. 8 . . . . . 104 " legge 18 marzo 1968, n. 313, artt. 50, primo, terzo e sesto comma, e 51, primo comma ,. 104 legg~ 18 marzo 1968, n. 313, art. 55 . ,. 105 -Norme delle quali 'stata dichiarata non fondata la questione di legittimit costituzionale: codice penale, art. 313, terzo comma . . . . . . . pag. 105 codice di procedura penale, art. 46, secondo comma . > 105 codice di procedura penale, art. 199, primo e terzo comma ..... . > 106 codice di procedura penale, art. 220 > 106 INDICE codice di procedura penale, art. 255 codice di procedura penale, art. 370 codice di procedura penale, art. 452, ultimo comma . codice di procedura penale, art. 472, ultimo comma . codice di procedura penale, art. 500 legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 46, terzo comma . d. I. 25 marzo 1923, n. 692, art. 3 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, artt. 77 e 78 d. 1. 9 gennaio 1940, n. 2, legge 19 giugno 1940, n. 762, art. 47 . . r. d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 22 legge 27 dicembre 1953, n. 968, art. 52 d.P.R. 25 ottobre 1955, n. '932, artt. 1, 2 e 3 d.P.R. 25 .ottobre 1955, n. 932, art. 2 legge 5 gennaio 1956, n. 1, art. 23, secondo comma . d.f.R. 26 aprHe 1957, n. 818, art. 18, secondo comma . d.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, art. 22 legge 17 agosto 1957, n. 843, art. 2 d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 261, qu,arto comma d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 91, secondo comma legge prov. Bolzano 10 luglio 1960, n. 8, art. 16 . legge 24 luglio 1961, n. 729, art. 9, primo comma . legge prov. Bolzano 3 gennaio 1964, n. 1 d.P.R. 30 giugno ~965, n. 1124, artt. 10, sesto e settimo comma, e 11, primo e secondo comma . legge reg. Trentino-Alto Adige '19 agosto 1965, n. 4 . legge 28 settembre 1'966, n. 749, art. 2 bis legge 4 luglio 1967, n. 580, artt. 29 e 36 legge 27 luglio 1967, n. 658, artt. 5, primo e secondo comma, 6, terzo comma, e 7, primo comma e an nessa tabella gestione marittimi n. 2 legge 6 agosto 1967, n. 765, art. 19 legge 17 ottobre 1967, n. 977, art. 28 d. I. 11 dicembre 1967, n. l,150, legge 7 febbraio 1968, n. 26, art. 5, primo comma -Norme delle quali stato promosso giudizio di legittimit cos~itUzionale . . . . . . . . . . . . . . -Norme delle quali il giudizio di legittimit costituzionale stato definito con pronunce di inammissibilit, di manifesta infondatezza, o di restituzione degli atti al giudice di merito. . ..... . ............. INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) Appalto pag. 141 Circolazione stradale . Comuni e province ~ . Comunit Economica Europea CO)ntabilit generale. 141 141 " > 142 142 Dazi doganali Demanio Edilizia economica e popolare Esecuzione fiscale Esecuzione forzi;i.ta xv pag. 106 > 106 > 106 > 106 " 106 107 " 107 " 107 > 107 > 107 ,. 108 > 108 > 108 > 108 " 108 108 108 109 " 109 109 ,. 109 109 > 110 > 110 > 110 > 110 111 " 111 " 111 111 > 111 > 134 pag. 142 > 143 143 " ,. 143 > 144 XVI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ferrovie pag. 144 Locazioni pag. 148 Idrocarburi 144 Militari ,. 148 " Igiene ,e sanit ,. 144 Opere pubbliche 148 Impiego pubblico 145 Pensioni 149 " Imposta di registro . 145 Procedimento civile 149 Imposta di successione 146 Regioni 149 " Imposta generale sul-Responsabilit civile 150 " l'entrata .. 147 Riabilitazione 150 " " Imposte di fabbrica-Riscossione 150 zione 147 Servit . 150 " Imposte dirette . 147 Strade 151 " Lavoro . " 147 Trituti locali 151 " Leggi e regolamenti . 148 Usi civici . 151 " " PARTE PRIMA " ' . I . GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE *. CORTE COSTITUZIONALE, 4 marzo 1971, n. 38 -Pres. Branca -Rel. Crisafulli -Trifogli (avv. Gual'ino) c. Carbond (avv. Ventura). Comune -Elettorato passivo -Ineleggibilit per coloro che sono in rapporti di affari con l'Ente -Illegittimit costituzionale -Esclu sione. (Cost., artt. 3, 51; d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 15, n. 7). Non fondata, con riferimento ai principi di e.guaglianza e di elettorato :Passivo, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 15 n. 7 d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, che esclude la eleggibilit a consigliere comunale per coloro che hanno rapporti di servizio o contrattuali col Comune (1). (Omissis). -La questione di legittimit costituzionale sollevata dal Tribunale di Ancona in riferimento agli artt. 3 e 51 della Costituzione concerne l'art. 15, n. 7, del t.u. d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, e cio in realt, l'art. 15, n. 7, del t.u.lgs. n. 203 del 1951, con specifico riferimento all'ipotesi 'in cui le cause di ineleggibilit ivi previste non possano essere rimosse dalla volont dell'interessato (ipotesi che, con apprezzamento (1) La questione e!l'a stata proposta con ordinanza 1 marzo 1969 del Tribunale di Ancona (Gazzetta Ufficiale 18 giugno 1969, n. 152). Le precedenti sentenze della Corte, richiamate in motivazione, n. 42 del 1961 e n. 46 del 1969, sono pubblicate, rispettivamente, in Giur. it., 1961, I, 1, 1246, e in questa Rassegna, 1969, I, 377. In giurisprudenza, Cass. Sez. Un., 17 maggio 1968, n. 1546, Foro it., 1968, I, 1787; in dottrina, IACCARINO, Elezioni amminis1lrative, voce dell'ENc. DEL DIR., vol. XIV. (*) Alla redazione delle massima e delle note di questa Sezione ha collaborato anche l'avv. RAFFAELE CANANZI. 502 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO insindacabile in questa sede, l'ordinanza assume ricorrere nella concreta fattispecie) In termind pi generali, ma sempre alla stregua delle medesime norme della Costituzione cui ora si richiama il tribunale di Ancona, analoga questione era stata dichiarata non fondata da questa Corte con sentenza n. 42 del 196,1, poi ribadita da successive ordinanze e non contraddetta -come sostiene invece la difesa di una delle parti dalla pil recente sentenza n. 46 del 1969.In tutte fo accennate occasioni, la Corte ha costantemente affermato che n l'art. 3 n l'art. 51 della Costituzione si oppongono a che la legge stabilisca, per categorie generali ed .astratte, cause di ineleggibiltt'a consigliere comunale, rivolte alla tutela di interessi generali che si riconnettono alla duplice esigenza di assicurare la libera e genuina espressione del voto popolare e l'obiettivo ed imparziale esercizio delle funzioni demandate agli amministratori locali. Ch anzi, proprio nella sentenza n. 46 del 1969, al punto quinto della motivazione, la Corte haulteriormente precisato che tale poS1Sibilit dsulta testualmente dall'art. 51, laddove riserva alla legge di determinare i requisiti di volta in volt necessari per l'ammissione ai pubblici uffici e alle cariche pubbliche elettive: tra i quali requisiti ben .pu rientrare quello di non trovarsi in situazioni di oggettiva incompatibilit con .la posizione di candidati alle elezioni. Vero ,che quest'ultima .sentenza ebbe a dichiarare l'illegittimit costituzionale di una normativa che, nell'inte!'lpretazione affermatasene in pratica, .protraeva la situazione di ineleggibilit oltre quanto ragio nevolmente necessario al soddisfacimento dei fini di pubblico interesse test richiamati facendone per di pi dipendere la cessazione da una estranea volont, ampliamente discrezionale almeno in ordine al quan do. Ma la situazione di coloro che, prima lelle elezioni, bbiano dato le dimissioni dagli uffici incompatibili, astenendosi effettivamente da qualsiasi attivit ad essi' inerente, diversa da quella -cui si rifer1sce il Tribunale di Ancona -di chi, per qualsiasi ragione, non sia stato in grado di far cessare in quel. momento il rapporto con il Comune che la legge configura come ,causa di ineleggibilit. In sede di giudizio di costituzionalit della norma che prevede deter minate cause di ineleggibilit o di incompatibilit non rileva la maggiore o minore difficolt, o addirittura la imjpossibdlit legale, di rimuoverle in tempo utile, una volta accertato che queste, non sono, di per s, in contrasto con le norme degli artt. 3 e 51 -della Costituzione. Muovendo da quest'ulHma premessa, una diversa conclusio:ne, nell'ordine di idee proLEij)ettato dall'ordinanza, ,sarebbe intrinsecamente contradittoria e fonte di ingiuste sperequazioni 'tra sogigetti -che versano nelle identiche condizioni previste dalla norma denunciata. Giacch ineleggibili :Sarebbero coloro che, pur potendolo ilegalmente, non avessero tuttavia posto fine CJ.l rapporto considerato ostativo; ed eleggibili, in.vece- PARTE I, SEz. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 503 malgrado e, paradossalmente anzi, proprio a causa del necessario perdurare del rapporto medesimo -gli altri, cui una siffatta possibi~it non era data per la struttura e le peculiari caratteristiche del rapporto che li lega al Comune, alla stregua della discipUna dettatane dal diritto positivo. Con il che, quella che la legge assume come situazione oggettiva di ineleggibilit verrebbe a trasformarsi, nei confronti dei primi, in una sorta di misura ,sanzionatoria, che sarebbe, oltre tutto, priVa di giustificazione, una volta a:n;i.messo che la giuridica imp~bilit di una tempestiva cessazione del rapporto non-influirebbe sulla eleggibilitdei secondi. da soggiungere che, trattandosi di elettorato amministrativo, l'ineleggibilit opera limitatamente a quel solo Comune con il quale sussistono le relazioni indicate nell'art. 15, n. 7, piena ed intera restando la capacit elettorale passiva dei soggetti interessati nei confronti di ogni altra amministrazione locale, oltre che, avviamente, in sede di elezioni politiche. Deve concludersi pertanto per la infondatezza della questione anche sotto ii nuovo profilo risultante dall'impostazione datale nell'ordinanza del Tribunale di Ancona. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 4 marzo 1971, n. 39 -Pres. Branca -.Rel. Crisafulli -Regione Lombardia (avv. Allorio) Regione Veneto (avv. Benvenuti) Regii:one Abruzzo (avv. Tranquilli-Leali) c. Presidente del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Corte Costituzionale -Giudizi di legittimit cstituzionale in via principale -Leggi ante:a;iori alla costituzione delle Regioni a statuto ordina,rio -.Apunissibilit della questione. (I. cost., 9 febbraio 1948, n. 1, art. 2). Regione -Regioni a statuto ordinario -Trasferimento delle funzioni da parte dello Stato -Divieto di legiferare per le Regioni -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 115 segg. disp. trans. VIII e IX; 1. 16 maggio 1970, n. 281, art. 17). Regioni a statuto ordinario -. Coordinamento della finanza, dei bilanci e dell'amministrazione del patrimonio con le norme dello Stato \ Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 119; 1. 16 maggio 1970, n. 281, art. 20). , Nella prima attuazione delle Regioni a statuto ordinario, il termine perentorio di 30 giorni per l'impugnativa diretta delle leggi statali rite 504 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nute invasive della competenza delle Regiosi stesse decorre, anzich dalla pubblicazione delle. leggi sulla Gazzetta Ufficiale, dalla data di formazione delle rispettive Giunte (1). Non fondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 17 della legge finanziaria regionale 16 maggio 1970, n. 281, che fa divieto alle Regioni a statuto ordinario di legiferare prima dell'emanazione dei decreti delegati sul trasferimento delle funzioni, per non oltre un biennio, e riserva allo Stato poteri generali di coordinamento nelle materie da trasferire secondo settori organici (2). Non fondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 20. della legge finanziaria regionale 16 maggio 1970, n. 281, che pirescrive, per le Regioni a statuto ordinario, il coordinamento della relativa contabilit e dell'amministrazione del patrimonio con le norme dello Stato (3). (Omissis). -2. -Non pu essere accolta l'eccezione pregiudiziale di inammtssibilit dei ricorsi perch tardivi. ben vero che il termine stabilito nell'art. 2 della legge costit:uzionale 9 febbraio 1948, n. 1, ha carattere perentorio, ma il problema che si pone nell'attuale giudi2lio, in relazione ad un.a situazione per sua natura irripetibile, concerne unicamente il dies a quo, che non pu farsi risalire ad un momento anteriore a quello in cui gli enti regionali sono diventati, da soggetti virtuali, soggetti attuali, in grado di concretamente 01Perare e di agire a tutela dei propri interessi. Ci perch nessun .soggetto esisteva per '.l'innanzi che fosse, ad un tempo, legittimato a ricorrere contro leggi statali aventi -come quella in oggetto -Specifico e diretto riferimento alle regioni ed effettivamente costituito negli organi a ci competenti. Risponde pertanto alla ratio della menzionata norma dell'art. 2, ne11a sua applicazione alla fase di prima attuazione dell'ordinamento regionale, ritenere Che, in tal caso, il termine inizi a decorrere -anzich dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle leggi statali ritenute invasive della competenza costituzionalmente attribuita alle Regioni dalla data di formazione delle rispettive Giunte, vale a dire degli organi per ciascuna di esse competenti a deliberarne 1a impugnazione. 3. -Nel merito, la prima cnrura dei ricor.si si rivolge contro la nomna dell'art. 17, ultimo comma, della legge n. 281, che subordina l'ese:vcizio delle funzioni leg-islative regionali alla previa .emanazione dei decreti legislativi previsti dal :primo comma per regolare il passaggio alle Regioni delle funzioni ad esse attribuite sulle materie di .cui all'art. 117 (1-3) Nessun (precedente sulla prima massima. La sentenza della Clorte n. 107 del 1970 pubblicata in questa Rassegna, 1970, I, 719. , In dottrina: BAsSANINI, L'attuazione delle regioni, 1970; BuscEMA, Bilancio della regione, voce dell'ENc. DEL Dm., V, 437. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 505 della Costituzione, ovvero -in mancanza -al decorso di un biennio dall'entrata in vigore della a.tessa legge. Solo per equivoco, nei ricorsi della Regione della Lombardia e della Regione del Veneto (a differenza che in quella della Regione d'Abruzzo) si fa questione, al riguardo, di leggi-cornice statali, che dovrebbero obbligatoriamente precedere l'esplicarsi delle competenze regionali; e l'equivoco trae probabilmente origine dalla complessa formulazione dell'intero contesto dell.'art. 17, che sostituisce in parte le precedenti disposizioni dell'art. 9 della legge n. 62 del 1953 occupandosi Congiuntamente sia delle cosiddette leggi-cornice, che erano in questa ;previste, 1sia dei decreti legislativi regolanti il trasferimento delle funzioni dallo Stato alle Regioni: ai quali ultimi ha particolare e prevalente riferimento lo stesso art. 17, a cominciare dal suo primo comma. Mentre, per, per l'art. 9 della legge del 1953, leggi-cornice erano pregiudizialmente necessarie -eccezion fatta per alcune materie indicate nel secondo coonma -affinch le regioni IPOtessero iniziare a legiferare, per 'J.'art. 17 della legge del 1970 i principi delimitanti materia per materia la potest legislativa regionale possono anche.desumersi dalla legisla.zione vigente, e possono altres -naturalmente, ed anzi, preferibilmente -essere formulati in ~pposite disposizioni, senza per che a queste sia comunque cronologicamente subordfuata la legislazione regionale. La quale viene tuttavia condizionata, ma ad altro e diverso presupposto, e !Precisamente al previo trasferimento delle funzioni, a norma della VIII disposizione ti'ansitoria della Costituzione, da effettuarsi con decreti legislativi sulla ba.se della delegazione contenuta nella stessa legge n. 281, per l'esercizio della quale prescritto il termine di un biennio. E perci, in conclusione: da un lato, :ii Governo viene delegato ad emanare entro due anni i decreti per il passaggio delle funzioni, dall'altro, l'esercizio della potest legislativa regionale viene differito all'interve nuta emanazione di detti decreti, ovvero al decorso dei due anni; infine, sempre entro il medesimo periodo di tempo, stabilito dall'ultimo .com ma dell'art. 17 che Si provveda, a norma della IX disposizione transitoria della Costituzione, ad adeguare le leggi' istataM alle esigenze dell'auto nomia e alle competenze legislative attribuite alle regioni (nel che pu ritenerrsi implicito un riferimento alla adozone di .aiPPosite leggi-corniice). 4. -Alla stregua dell'art. 9 della precedente legge, nessun termine essendo :prefissato all'adozione delle leggi-cornice e non essendo neanche prevista '1a possibilit per le regioni di legiferare senza di quest~, sia pure dopo decoriso un certo lasso di tempo, l'esercizio delle potest legislative regionali rischiava di essere procrastinato sine die, ed era comunque praticamente rimesso alla mera discrezione del legislatore statale. Con il sistema accolto dalla nuova legge, invece, le regioni potranno cominciare a legifer.are man mano che, entro i due anni, saranno stati 506 RASSEGNA DELL,AVVOCATURA DELLO STATO emessi i decreti. sul passaggio delle funzioni, e comunque -anche in mancanza di questi -dopo decorso il biennio. La situazione appare, sotto questo profilo, neUamente diversa. Nella sostanza., poi, la previsione della necessit del previo trasferimento delle funzioni risponde a criteri di ordine generale non dissimili da quelli che stavano a base della necessaria precedenza, per l'innanzi stabilita dalla legge del 1953, delle leggi-cornice e cio ad esigenze di certezza nei rapporti tra Stato e regioni, di or.dinato e coordinato svolgimento delle rispettive attribuziond, di necessaria gradualit nel passaggio da un sistema di organizzazione statale fortemente accentrato ad uno, per contro, di largo decentramento anche a livello legislativo. La norma dell'art. 17 tende, insomma, a contemperare il rispetto dovuto all'autonomia regionale ,con le esigenze unitarie che trovano .formale e solenne riconoscimento nell'art. 5 della Costituzione, predisponendo un sistema che non si pone in contr~sto con ai1cuna norma della Costituzione. Questa, infatti, nulla stabilisce, neppure implicitamente, nell'uno o nell'altro senso, quanto .ad :tempi dell'effettiva assunzione da parte dei nuovi enti regfonali dell'esercizio delle funzioni legislative ed amministrative di_ loro spettanza, 1limitandosi, nella VIII disposizione transdtoria, a richiedere che sia lo Stato con propri atti legislativi a regolare il trasferimento delle funzioni, oltre che dei funzionari e 1dipendenti che si renda necessario a tal fine. Il legislatore ordinaJ.'io era, dunque, libero, nella sua discrezionalit politica, di suborddnare o meno quell'esercizio all'1:1.vvenuto trasferimento: purch, evidentemente, entro termini e con modalit tali da non consentire pretestuosi indugi ed ingiustificati ritairdi. E si gi detto poc'anzi che il meccanismo instaurato dall'art. 17 della legge impugnta non , da questo punto di vista, n elusivo n:. arbitrario: tanto pi che le Regioni interessate sono chiamate a collaborare alla formulazione dei decreti facendo pervenire le loro osservazioni in merito. La censura non dunque fondata; mentre inammissibile deve dichiararsi l'altra, fugacemente accennata nel r1corso della Regione veneta, e concernente l'adozione dello strumento della delegaziose legislativa. ianzich di quello della legge formale, per regolare il trasferimento delle funzioni. Dato e non concesso che sia configurabile nella specie una violazione della VIII disposizione transitoria della Costituzione (ci che non , i decreti delegati essendo pienamente parificati alle leggi formali anche ai fini di eventuali riserve di legge), le regioni non avrebbero comunque titolo a denunc1arla in questa sede, perch; i soli vizi di "legittimit costituzionale di leggi statali suscettibili di dar luogo ad impugnazione diretta sono quelli che si risolvono in menomazione di fun ! zioni, poteri e facolt costituz~onalmente attribuiti alle regioni. 5. -Infondata anche la censura rivolta contro l'art. 17. lett. a:t, J nella parte in cui prevede che, nelle materie trasferite, siano riservate .. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 507 a:Uo Stato funzioni di indirizzo e di coordinamento delle attivit delle regioni che attengono ad esigenze di carattere unitari~, anche con meri. mento agli obiet,tivi del !Piano economico nazionale ed agli impegni deri , vanti dagli obblighi internazionali>. Il vero significate;> di tale disposizione :r:isulta mettendola in relazione con quella che subito la .segue, nella lett. b), prima parte, e prescrivente ch il trasferimento delle funzioni debba a'Vvenire per settori organi.ci Q,i materie : evitando cio quel frazionamento delle materie stesse che le Regioni ricorrenti mostrano di temere e che sempre fonte di incertezze e di co11-testazioni. Conseguentem.n:te a tale impostazione, confennata dal recente dibattito svoltosi nel Senato della Repubblica e dall'ordine del giorno votato .a c001JClusione nella seduta del 18 dicembre 1970, la nomia de:tila lettera a.) tende ad assicurare tuttavia l'unit di inrdirizz-0 che sia di volta in volta richiesto 1dal prevalere -conforme a Costituzione -di esigenze unitarie, oh.e devono bensi. essere coordinate, ma non sacrificate agli inter~ssi regionali. Di guisa che, unitariamente illte:rpretat, l'a.rt. 17 vuole che alle Regionl stano assegnate per intero le materie indicate nell'art. 117 della Costituzione; ma vuole, d'altro lato, che, sia attraverso la esplicita enunclazfone dei principi fondamentali , di cui allo stesso art. 117', si.a in ;altre e diverse forme, 1che non si risolvano in una preventiva e generale riserva allo Sta.te di settori di matexie, lo svolgimento concreto delle funzioni regionali abbia ad essere armonicamente conforme a.gli interessi unitari della .collettivit statale: giac:h le Regioni, lungi dal contr;apporvisi, ne costituiscono al'tiCQlazioni differenziate. Ed in questo senso J.a norma denunciata .rap-\ presenta, per dir cosi, il risvolto. positivo di quel limite generale del rispetto dell; interesse. nazionale e di quello di altre regioni, che l'art. 117 espressamente prescrive alla legislazione regionale e cui preordinato H controllo .successivo detto comunemente di merito, spettante al Parlamento dietro ricorso dello Stato (art. 127 Costituzione). superfluo aggiungere che, qualora, in ipotesi, le disposizioni che sarann poste .aJ. riguardo dai decreti. delegati di trasferimento delle funzioni,, tr.a.vaHcando l'oggetto e gli scopi compatibili con i poteri costituzionali delle Regioni; fossero ritenute invasive delle competenze ad esse spettanti, non sfuggirebbero al sindacato di questa Corte, davanti alla quale le Regioni sarebbero legittimate a:d impu.gnare i detti decreti dO!Po la loro pubblicazione. 6. -Considerazioni sostanzialmente analoghe valgono a dimostrare la infondatezza anche della censura, mossa senza motivazione alcuna, dalla Regione d'Abruzzo nei confronti del medesimo art. 17, nella parte relativa alla predisposizione di vincoli atti a garantire la inalienabilit, l'indisponibilit e la dest~nazione di taluni beni trasferiti al patrimonio indisponibile delle Regioni, quando ci sia necessaro alla tutela degli \ 508 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO interessi generali dello Stato in rapporto alla natur.a dei beni (si pensi, a titolo di esempio, ll'importanza delle foreste -che, appunto, a norma dell'art. 11 della legge, rientir:aino tra i beni trasferiV -, ai fini della difesa del suolo). Non senza soggiungere al riguardo che l'art. 19 della Costituzione espressamente stabilisce, nel 1suo ultimo comma, che spetta alla legge dello Stato disciplinare le modalit relative al demanio ed al patrimonio di ogni Regione. 7. -Vanno altres disattese le censure rivolte ali'art. 20, nella parte in cui demanda a un decreto presidenziale .su proposta del ministro per il tesoro di provveder.e alla disciplina dei bilanci regionali, per coor:dinarne il sistema delle entrate e delle spese con :la Jegge 4 marzo 1964, n. 62, stabilendo inoltre che i bilanci debbano essere approvati .con legge. Coordinare non significa imporre artficiose uniformit disconoscendo le caratteristiche peculiari di determinate voci della finanza regionale (specie quanto alle entra.te). D'altronde, fa stessa Costituzion, nell'articolo 119, primo comma, garantisce bens alle Regioni autonomia finanziaria, ma nelle fomie e nei limiti stabiliti da leggi della Re.pubblica, che la coordinano con la finanza dello Staito, delle Province e de.i Comuni. E questi, precisamente, sono la ragion d'essere ed il contenuto delle disposizioni impugnate dalle Regioni ricorrenti. Per quanto pi particolarmente riguarda, poi, la forma di' approvazione del bilancio regionale, nulla essendo disposto in proposito dalla Costituzione, la legge non ha fatto che estendere a tutte le Regioni, a.nche a statuto ordinario, un :principio generale gi operante per quelle a statuto speciale, che ben si giustifica in considerazione delle analogie -odi .certo prevalenti rispetto .a.gli elementi differenziali -tra i bilanci regionali e il bilancio dello Stato. Non ne risulta violata l'autonomia finanziaria delle Regioni per il motivo gi detto che questa si esplica, a norma dell'art. 119, nelle forme e nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato. E per questa medesima ragione non vale invocare l'autonomia statutaria, poich, per quanto restrittivamente si inteTpreti il richiamo dell'art. 123 alle leggi della Repubblica, sicuramente vi rientrano quelle cui espressamente rinviano disposizioni comprese nel Titolo V d:ella Parte II del testo costituzionale, com' il caso appunto; dell'art. 119. 1aippena necessario, infine, rilevare come la forma richiesta assolva qui ad una precisa :funzione di garanzia, ponendosi la legge -nei confronti dell'attivit amministrativa regionale svolta dalla Giunta ex art. 121, terzo comma, della Costituzione -quale limite esterno insuperabile e giuridicamente vincolante. 8. -Le Regioni ricorrenti lamentano anche, sempre con riferimento all'art. 20, che sia ad esse imposta l'osservanza delle norme delle leggi statali sull'.amministrazione del patrimonio e .sulla .contabilit di Stato, in quanto applicabili e fino a quando non saranno state emanate in materia leggi della Repubblica . . PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 509 La censura priva di fondamento, perch siffatto obbligo, stabilito in linea meramente provvisoria, mentre corrisponde ad esigenze pratkhe incontestabili, conforme al principio generale che le leggi statali seguitano ad essere validamente applicabili nelle Regioni finch queste non abbiano legiferato sulle materie di loro competenza. Per quanto riguarda poi, pi particolarmente, la previsione del terzo .comma di future leggi della Repubblica, questa deve ritenersi cix.coscritta a leggi statali contenenti disposizioni di coordinamento, da adottarsi .a norma dell'ultimo COm~a dell'art. 119.. del1a Costituzione, nel senso che si , sopra precisato al punto 7 della motivazione. Fermo restando che -come questa Corte ha gi atfern;iato con la sentenza n. 107 del 1970, sebbene con riguardo aid! una regione a statuto speciale la potest di disciplinare l'amministrazione del patrimonio e la .contabilit regionale rientra nella competenza ilegiislativ:a spettante a tutte le regioni sull'ordinamento diei propri uffici, e perci, quanto alle re~ioni a statuto ordinario, nella competenza bipartita prevista dall'art. 117 della Costituzione alinea, e dovr quindi esercitarsi entro i limiti dei :principi e delle norme di coordinamento della legislazione statale. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 4 marzo 1971, n. 40 -Pres. Branca -Rel. Rocchetti -Brancaccio (n. c.). \ Procedimento penale -Confessione dell'imputato -Obbligo dell'istru zione sommaria -Discrezionalit assoluta del P. M. -Illegittimit costituzionale. (Cost., art. 25; c.p.c. art. 389, secondo comma). fondata, con riferimento ai principio dei giudice naturale, la questione di legittimit. costituzionaie deU'art. 389 codice procedura penale, anteriormente alla modifica appor'fiata coo la legge 7 novembre 1969, n. 780, sui poteri di scelta deU'istruttoria sommaria da parte del Pubblico Ministero (1). (Omissis). -Il tribunale di Napoli ritiene Che' confaasti Con il principio della precostituzione del giudice di cui all'art. 25, primo com (1) La questione era stata proposta con ordinanza 27 ottobre 1969 del Tribunale di Napoli (Gazzetta Ufficiale 7 gennaio 1970, n. 5). La sentenza n. 117 del 1968, richiatnata in motivazione, leggesi in questa 510 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ma, della Costituzione, la disposizione dell'art. 389, secondo comma, del codice di procedura penale che fa obbligo al pubblico ministero di procedere con istruttoria sommaria quando l'imputato ha confessato e non aippaiono necessari ulteriori atti d'istruzione. Ci perch, se il P. M. pu giudicare insidacabilmente sul punto che esista una confessione e che altri atti istruttori non occorrano, egli reso in realt arbitro di 1scegliere il tipo di istruzione e quindi anche di sottr:arre al giudice istruttore processi che, secondo la legge, apparterrebbero alLa sua competenza. L'ordinanza in data 27 ottobre 1969 _ stata emessa dal tribunale, ovviamente in udienza, e quindi quando l'istruttoria sommada era gi stata conclusa, ed anteriormente all'entrata -in vigore della legge 7 novembre 1969, n. 780, che ha modificato l'art., 389 del codice di procedura penale introducend'o, sulla scelta dell'istruttoria da parte del Pubblico ministero, un controllo del giudice istruttore da attuarsi su ricorso che l'imp~tato ha facolt di proporre, inizialmente allo stesso Pubblico ministero, entro cinque giorni dalla notifica di un or:dine o di ogni altro atto da cui si ricavi la notizia certa di Un procedimento a suo carico, e successivamente, in caso di reiezione, al ,giudice istruttore. Nella specie, essendo l'istruttoria gi conclusa, ed i termini scaduti, il procedimento previsto dalla nuova legge non trova applicazione. La questione va quindi esaminata nei termini nei quali stata proposta ed entro tali termini va ritenuta fondata. Con sentenza n. 117 del 1968 la Corte bbe a dichia,are la illegit timit c01Stituzionale del terzo comma dello stesso art. 389, il quale dispone che il Pubblico ministero debba 'procedere con istruttoria som maria in ogni caso in cui la prova appare evidente. Le ragioni per le quali la illegittimit venne pronunziata si riassumono nella inaccetta bilit del principio che la scelta del tipo di istruttoria, con possibile compressione delle competenze del giudice istruttore, possa essere ri messa al Pubblico ministero mediante un suo giudizio, allora insinda cab~e, sull'evidenza della prova. E poich non dubbio che le stesse ragioni ricorrono anche nella ipotesi del giudizio relativo alla esistenza della confessione e alla .SUjper fiuit di ulteriori atti istruttori, che, nell'originario testo dell'art. 389, secondo comma, era egualmente sottratto a ogni controllo, ne discende che debba essere dichiarata J.a illegittimit costituzionale anche di ta.Je disposizione del codice di procedura penale. -(Omissis). Rassegna, 1968, I, 902. Sugli effetti della dichiarazione d'incostituzionalit del terzo comma dell'art. 389 c.p.p., v. Cass. 15 aprile 1969, PETRUZZELLI, Foro it., 1969, I, 32L' PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 511 CORTE COSTITUZIONALE, 4 marzo 1971, n. 41 -Pres. Branca -Rel. De Manco -Gulm.ini (n. c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). Lavoro -Obbligo di iscrizione in :registri di P. S. per l'esercizio di de . ;- terminati mestieri -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 4; r.d. 18 giugnq 1931, n. 773, art. 121). Non fondata; con riferiment<;> alla tutela del diritto al lavoro, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 121 t.u. leggi di P.S. (rd.. 18 giugno 1931, n. 773) che fa obbligo, per chi intenda esercitare i mestieri ivi indicati, di essere iscritti in appositi registri d P. S. (1). (Omssis). -1. -L'art. 121 del t.u. delle leggi di pubblica sicurezza, sotto il titolo Dei mestieri girovaghi e di alcune .classi di rivenditori., dispone testualmente: Salve le disposizioni di questo testo unico circa la vendita ambulante delle armi, degli strumenti atti ad offendere e delle bevande alcooliche, non pu essere esercitato il mestiere ambulante di venditore o di distributore di mer:ci, generi alimentari o bevande, di scritti o disegni, di cenciaiuolo, saltimbanco, cantante, suonatore, servite> re di piazza, facchino, ,cocchiere, conduttore di autoveicoli di piazza, barcaiuolo, lustrascarpe e mestieri analoghi, 1senza previa iscrizione in un registro apposito presso l'autorit le>cale di pubblica sicurezza. Questa rilascia 1certificaito dell'avvenuta iscrizione. L'iscrizione non subordinata alle Condizioni prevedute dall'art. 11 n a-quella preveduta dal capovenso dell'art. 12, salva sempre la facolt dell'autorit di pubblica sicurezza di negarla alle persone che ri.tiene capaci di abusarne. vietato il mestiere di ciarlatano. La legittimit costituzionale di questa norma, 'con l'ordinanza di firinvio, viene posta in dubbio per asserito contrasto con l'art. 4, comma primo, della Costituzione, per.a.J.tro sotto il limitato profilo dell'apposizione di limiti non collegati ad: alcun criterio obbiettivo di giudizio, con evidente riferimento alla potest diiscrezionale dell'autorit di pubblica sicurezza di negare l'iscrizione alle persone che ritiene capaci di abusarne. 2. -Questa Corte ha avuto pi volte occasione di identificare il contenuio ed il signifkato dell'art. 4 della Costituzione e, ,soprattutto, (1) La questione era stata proposta con ordinanze 12 febbraio 1969 del Tribunale di Venezia (Gazzetta Ufficiale 6 agosto 1969, n. 200). Sull'art. 4 della Costituzione cfr. il.e sentenze della Corte Costituzionale nn. 3 e 53 del 1957, n. 30/1958, n. 105/1963; nn. 45 e 61 del 1965, n. 7/1966, nn. 16, 91 e 102 del 1968, nn. 81 e 155 del 1969, nn. 62, 75, 97 e 114 del 1970. Sull'art. 121 t.u. p.s.; ck. Corte Cost. n. 33/1957 e n. 27/1961. 512 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO per quanto pu interessare nel presente giudizio, ha affermato taluni principi, in base ai quali pu ben ritenersi, in linea generale, che U principio della libert. di scegliere un'attivit di lavoro non leso n compresso in modo tale da essere annullato per effetto di limitazioni poste dalla legge a tutela di altri interessi e di altre esigenze sociali, come l'iscrizione in albi professionali, la determinazione di requisUi particolari, per l'ammissione a posti di lavoro, la determinazione di modi e condizioni per l'assunzione di lavoratori (sentenze 5 gigno 1956, n. 1; 26 gennaio 1957, n. 33; 7 aprile 1957, n. 53; 7 aprile 1958, n. 30; 13 feb braio 1960, n. 6; 15 marzo 1960, n. 12; 7 giugno 1963 ,n. 105). In particolare, poi, con la sentenza n. 33 del 1957, pronunciata prOjprio in un giudizio-nel quale si 'contestava la legittimit costituzionale dello ~stesso art. 121 della legge di pubblica sicurezza, di cui si contende in questa sed'e, in riferimento all'art. 21 della Costituzione (per la parte in cui si richiede l'iscrizione nell'apposito registro anche dei venditori ambulanti di scritti o disegni),. questa Corte dichiarava la questione infondata, .considerando che la norma impugnata. come si rileva dal success~vo art. 122, di carattere generale, ispirata alla tutela della adolescenza e ad esigenze preventive di pubblica sicurezza, per le quali la legge ritiene opportuno che non manchi un certo controllo delle persone che esercitano mestieri girovaghi. 3. -Sulla base dei richiamati precedenti giurisprudenziali, anche sotto il limitato profilo come ,sopra proSI)ettato, la questione risulta infondata. Come que!sta Corte ha pi volte .affermato (da ultimo sentenza n. 32 del 1969), discrezionalit non significa arbitrio, in qUJa1J1to l'amministrazione deve sempre indirizzare la sua azione e la .sua volont all'esatta osservanza della legge che le conferisce la relativa potest. Risulta dalla sopra richiamata sentenza n. 33 del 1957 che questa Corte ha esclusa la illegitti:mj:t costituzionale della nomna in cui si prevede un certo controllo ,sulle persone che esericitano i mestieri girovaghi, .giustificato dalla tutela dell'adolescenza e d'alle esigenze preven I tive di pubblica 1sicurezza, cui la norma dell'art. 121 1si ispira, come si evince dal successivo art. 122. I limiti di questo controllo, quindi, ben lungi dal non essere collegati ad .alcun ci:iterio obbiettivo di giudizio, risultano ben chiari dalle finalit sopra enunciate che ispirano lai norma, finalit alle quali, attenendosi al citato art. 122, deve adeguarsi !La discrezionalit dell'apprezZE} mento, in base al quale si pu pervenire al diniego della iscrizione. Che se poi di questa potest, in concreto, si facesse cattivo uso, sarebbe sempre aperta al cittadino, che se ne ritenesse leso, la via della tutela giurisdizionale amministrativa, sotto il profilo dell'eccesso di potere. -(Omissis). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 513 CORTE COSTITUZIONALE, 16 marzo 1971, n. 46 -Pres. Branca -Rel. Verzl -Lener (avv. Lener), Ministero del Tesoro e Presidente del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). Corte Costituzionale -Giudizi di legittimit costituzionale in via incidentale -Ampliamento del termini della questione rispetto all'ordinanza di rimessione -Inammissibilit. (1. '11 marz9 1953, n., 87, art. 213). J Danni di guerra -Azioni non di combattimento delle FF.AA. alleate Liquidazione dell'indennizzo -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 2, 3; I. 9 gennaio 1951, n. 10, artt. 1, 2, nn. 1 e 3). Nel giudizio di legittimit costituzionale in via incidentale 'ij.Cni: consentito l'esame di questioni ri'tenute manifestamente infondate dal Giudice a qu e riproposte direttamente dalle parti (1). Non fondata, con riferimento ai .principi di tutela della personalit e di eguaglianza dei cittadini, la questione di legittimit costituzionale degU; articoli 1 e 2, n. 1 e 3 della legge 9 gennaio 1951, n. 10, recante r ' norme per la liquidazione degli indenntzzi per danni arrecati con azioni non di combattimento e per requisizioni disposte dalle Forze Armate Allea.te (2). (Omissis). -1. -Li'art. 1 e l'art. 2, nn. 1 e 3, della legge 9 gennaio 1951, n. 10 (norme in materia di -indennizzi per danni arrecati con azioni non di combattimento ~ per requisizioni disposte dalle Forze . armate aHeate) vengono denunziati daill"ordinanza della Corte di cassazione per violazione dell'art. 2 della Costituzione -che garantisce i diritti inviolabili dell'uomo -in quanto, ttribuendo indennit determinate entroconfini e.sigui, sguarnirebbera di adeguata tutela il diritto all'integrit personale nel suo particolare, ma intrinseco aspetto della pretesa di ottenere la restaurazione delle lesioni patite; e, per violazione, altresl, del principio di uguaglia~za, sancito Id.all'art. 3 della Costituzione, attesa la ripetuta esiguit dell'indennit nei,.confronti della misura del risarcimento del danno che spetta a chi lo abbia sofferto in (1) La questione era stata proposta con ordinanza 5 novembre 1968 della Corte suprema di Cassazione (Gazzetta Ufficiale 9 aprile 1969, n. 91). Sulla prim!i :rp.assima, insenso conforme, cfr. la precedente sentenza della Corte 23 febbraio 1970, n. 28, in questa Rassegna 1970, 185.1 (2) Tra le ultime sentenze della Corte Clost. sull'art. 2 Costituzione, cfr. nn. 16 e 74 del 1968 e nn. 37 e 104 del 1969, trispettivamente in questa Rassegna 1968, nn. 160, 698 e 1969, 212 e 783. 514 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO \, '"'-. < ~,~~O -,. e < conseguenza di azione nn di combattimento delle Forze a:runate italiane. Alla denunzia di incostituzionalit la Corte di cassazione perviene dopo aver premesso che per l'art. 46 dell'allegato alla quarta Convenzione 18 ottobre 1917 dell'Aja, relativa alle leggi ed ai costumi della 514 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO \, '"'-. < ~,~~O -,. e < conseguenza di azione nn di combattimento delle Forze a:runate italiane. Alla denunzia di incostituzionalit la Corte di cassazione perviene dopo aver premesso che per l'art. 46 dell'allegato alla quarta Convenzione 18 ottobre 1917 dell'Aja, relativa alle leggi ed ai costumi della i <1 ' guerra terrestre (e ratificata dagli Stati Uniti d'America), la vita degli individui deve essere ri'Spettata al pari dell'onore, dei diritti della famiglia, della propriet privata, delle convinzioni religiose e dell'eserdzio dei culti. Di conseguenza, sarebbe da escludere che l'airt. 76 del Trattato di pace fra l'Italia e lePotenze alleate, reso esecutivo dal d.l.C.P.S. 28 novembre 1947, n. 1430, e la predetta legge n. 10 del 1951, anzich restringere l'ambito di tutela del diTitto alla integrit pel'!Sonale, lo abbia: r:io -come ritenuto da:ll'Avvocatura dello Stato -in 1sostanza ampliato ponendo di fronte al dttadind danneggiato un soggetto, cio lo Stato italiano, che in base ai princpi non avrebbe mai potuto essere chiamato a rispondere dei danni prodotti da sog.getti estranei a11a sua organizzazione ed agenti per finalit del tutto distinte. 2.' -La difesa del Lener sostiene inoltre che le norme impugnate sono in contrasto 1con l'art. 76 del Trattato di pace, atteso che questo prescrive unai equitable compensation , locuzione, che nel diiritto anglosassone (ed il testo del trattato .che fa fede quello inglese, francese e russo) snonimo di giusto risarcimento del danno. Lo Stato italiano, obbligato perta'nto a tale ri:sarcimento, concedendo invece la menzionata indennit, non si sarebbe conformato alla norma di diritto inter na:tlionale generalmente riconosciuta pacta sunt servanda la quale comporta il dovere per gli organi legislativi di tenere nel debito conto, nell'esercizio delle loro competenze, gli imjpegni derivanti dai trattati interna~ ionali. Al che conseguirebbe la violazione dell'art. 10 della Costituzione, per 1cui l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute. L'ordinanza pone in evidenza altres che l'art. 76 del Trattato e la legge del 1951 costituiscono una serie di norme pariordinate, sotto il profilo delle gerarchie delle fonti; e quindi il confronto fra di esse sarebbe del tutto improduttivo ai fini della legitt-imit costituzionale, po,ich la legge'successiva nel tempo abrogherebbe. tacitamente quella anteriore. Siffatta esauriente motivazione non pu non indurre la Corte a richiamarsi aHa sua giurisprudenza secondo lal quale l'oggetto del giudizio di costituzionalit determinato dal giudice (I, quo competente ad esaminare quelle. 1circostanze che possono influire sul giudizio principale. Non pertanto consentito in questa sede l'esame di questioni di legittimit ritenute manifestamente infondate dal primo giudice e qui riproposte direttamente dalle parti. 4. -In riferimento all'art. 2 della Costituzione la questione non fondata. Va osservato in primo luogo che del tutto irrilevante accertare se il diritto soggettivo al compenso trag,ga origine o meno dall'art. 76 PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 515 del Trattato di pace, sia pe:rich~ l'esistenza di tale diritto non~ contestaia, sia perch, ~r le ragioni anzidette, in questa .sede non .pu discutersi della prospettata violazione dell'art. 10 della Costituzione. Vertndo la questione non sull'an debeatur ma esclusivamente sulla misura dell'in dennizzo fissata dalla legge del 1951, evidente che questa Corte viene sollecitata a pronunciarsi soltanto sull'esattezza o meno della tesi secondo la quale con detta legge sia stato praticamente svuotato il contenuto del diritto soggettivo al risarcimento. La Cassazione rileva che, p~r effetto della rinuncia operata dallo Stato italiano ai claims \ verso gli Stati Uniti e l'accollo dei r~lativi obblighi, il cittadino non pu far valere le proprie ragioni nei confronti degli Stati Uniti. Ritenuto poi che la indennit prevista dalla legge n. 10 del 1951 sia molto esigua ed .a volte irrisoria anche per~h in.sensibile ai mutamenti intervenuti nel valore della moneta nel tempo intercorso fr.a il verificarsi del danno e la liquidazione, l'ordinanza conclude .che, con la ripetuta legge 'Si 1sarebbe svuotato di Contenuto il diritto soggettivo al risarcimento con lai 0conseguenza Che .sarebbe venuta a mancare la tutela del diritto inviolabile all'integrit fisica della persona .pxe0scritta dalla Costituzione. In iProposito va innanzi tutto osservato 1che, in questa isede, non pru discutersi, non avendo rilevanza .costituzionale, della misura maggiore o minore della predetta indennit. E ci anche se nella determinazione di essa il legislatore ha ritenuto necessario appor.tare una decurtazione, considerando che i danni sono comunque collegati a fatti bellici. In questa sede, va soltanto accertato, ed in ci si esaurisce la questione di legittimit costituzionale, se la diseiplina della liquidazione dei danni, nel suo complesso, v.alga ad assicurare un equo indennizzo e ad evitare che la pubblica Amministrazione questo minimizzi fino a porlo nel nulla. All'UOiPO ,sufficiente porre in evidenza che l'art. 1 della legge n. 10 del 1951 concede una indennit per i danni :immediati e diretti 1caUJSati da atti !1on di combattimento, dolosi o colposi, delle Forze armate alleate, e l'art. 2 dispone che tale indennit viene liquidata, quando tr.attasi di danno alle persone, con i criteri stabiliti per gli infortun,i sul lavoro dal r.d.l. 17 agosto 1935, n. 1765, e successive modificazioni in quanto applicabili. 'L'indennizzo si calcola capitalizzando in base iaJ. salario massimo di cui all'art. 4 del d.l. 25 gennaio 1947, n. 14, la rendita spettante in casi di inabilit all'infortunato, o in caso di morte ai superistiiti, e moltiplicando il capitale cosi ottenuto per un coefficiente determinato discrezionalmente dall'amministrazione fra quello minimo e quello massimo stabiliti nella tabella allegata alla legge, in rappbrto alla categoria professionale a!lla quale appaTteneva la pertSona infortunata. Orbene, siffatta disctplina -che 1si richiama ai criteri stabiliti dalla legge sugli infortuni sul lavoro, nonch~ la possibilit di ottenere il 3 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 516 trattamento pensionistico di guerra e di esperire ricorsi gerarchici avverso il provvedimento di liquidazione, valgono ad escludere che il diritto all'equo indennizzo non sia garantito e che possa essere praticamente svuotato di ogni contenuto dalla pubblica Amministrazione. 5. -La questione non fondata neppure in riferimento all'art. 3 della Costituzione. ' innegabile la diversit di situazione a seconda che i danni siano 1 staH cagionati dalle Forze armate alleate, ovvero da cittadini, appartenenti o non, alle Forze armate italiane. Sia perch i danni sono stati prodotti da militari di eserciti stranieri, che occupavano il territorio italiano per motivi bellici, sia perch io Stato italiano si assunto l'obbligo di indennizzare i 'Cittadini che li hanno subti, in conseguenza dell'esito del1ai guerra, il compenso al quale lo Stato tenuto altro nQn pu. essere ch,e uno degli aspetti del pi generale fenomeno del risarcimento per danni di guerra. E siffatto risarcimento, essendo stato, come noto, ingente ed incalcolabile il depauperamento del patrimonio italiano pubblico e privato, conseguito all'ultimo conflitto, non poteva non soggiacere all'esigenza di attribuire ai danneggiati -anzich un totale ristoro -una indennit compatibile con i sacrifici ,sopportabili dalla intera nazione. Il trattamento differenziato appare pertanto giustificato razional rnente. -(Omissis): CORTE COSTITUZIONALE, 16 In;arzo 1971, n. 47 -Pres. Branca -Rel. Fragali :. Gallazzi (avv. Fornairio) e Presidente del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. deHo Stato Agr). Procedimento civile -Norme relative al difensore -Ille~ittimit costi tuzionale -Esclusione. (Cost., art. 24; c.p.c. ~rtt. 82 e 87). Non fondata ,con riferimento al diritto di difesa, la questione dii legittimitd costituzional.e degli articoli 82-87 c.p.c.,_ sull'opbligatorio intervento, nei giudizi davanti ai Tribunali e giudici superiori, del difensore munito di procura (1). (Omissis). -Il tribunale ha opinat che lede il diritto di difesa la norma denunziata. Questa Corte !Per ha ripetutamente deciis.o che la legge ordinaria pu subordinare a modalit particolari l'e:sercizio di (1) La questione era stata proposta dal Tribunale di Busto Arsizio con ordinanza 10 gennaio 1.969 (Gazzetta Ufficiale 18 giugno 1969, n. 152). La .precedente sentenza della Corte 8 marzo 1957, n. 46, leggesi in Foro it., 1957, I, 1393 con nota di richiami. Sul diritto di difesa v. Corte Cost. 30 marzo 1971, n. 62. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 517. quel diritto, con il solo limite che la sua esplicazione non ne risulti impossibile o estremamente difficile. Nella specie questo limite non stato superato dall'art. 83 c.p.c. Il quale non toglie alla parte ogni potere di scelta fra i procuratori e ,gli avvocatori iscritti negli albi, che il pi ampio; e pu 'liberamente revocare il mandato conferito peT il giudizio; se non sia abbiente, ha la, protezione che J.e assicura l'art. 24 terzo comma della Costituzione. Pertanto non rilev.a, agli effetti della questione proposta, che l'art. 86 c.p.c. ne.ghi lo ius postulandi anche alla parte che, pur avendo cognizioni tecniche, non sia iscritta nell'albo professionale. H tribunale del tutto erroneamente ha fatto risalire il sistema denunziato alla volont della legge di proteggere interessi corporativi: esso non ha tenuto presente il J:egame che esiste fra il sistema medesimo e il potere discip1inare che spetta ai consigli professionali, come manifestazione di quell'autonomia di governo che data agli or:dini forensi, e che notoriamente di remotissima tradizione. Questo potere si deve esplicare, secondo l'art. 88, secondo comma, c.p.c., anche ai fini della ottemiperanza del dovere di lealt e di probit posto dal primo comma del medesimo articolo; si deve esercitare cio nell'inteTesse del buon rendimento dlla funzione giurisd~zionale e quindi nell'intere1sse generale. Ma il potere suddetto pu svolgel'lsi soltanto rispetto agli iscritti negli albi professionali; onde la razionalit del sistema a.gli effetti della sua costituzionalit. Nella :sentenza 8 marzo 1957, n. 46, la Corte ritenne che il diritto di difesa deve essere inteso com~ potest effettiva dell'assistenza tecnica e professionale in qualsiasi processo; e 1al compito del difensore diede una importanza essenziale nel dinamismo della funzione giurisdizionale, tanto da opinare che esso pu consideravsi esercizio di funzione pubblica. Le dette considerazioni non vengono adeguatamente contrastate dal tribunale di Busto Arsizio con l'obiettare Che, con il sistema vigente, nella ipotesi di negligenza del difensore, il diritto di difesa si risolve in un diritto al risarcimento dei danni, di difficile attuazione; e non basta nemmeno dedurTe che il sistema .stesso pone il principio dispositivo ana merc del dtilensore. Il diritto di difesa non pu essere stato garantito dalla CosHtuzione fino a rendere inefficaci le preclusioni che la negligenza del difensore pu provocare, data la libert della scelta che 1spetta alla parte; cos come non potrebbe ritenersi che la Costituzione abbia assicura.ta alla parte una difesa fino a.d indulgere ,sulle pTeclusioni che analoghe negli.: genze della .stessa possano,.causare ove le spettasse J.o ius postuiandi. Quanto all'assorbimento del principio dispositivo nel potere del difensore, la Corte rileva che quest'ultimo non pu astenersi dal dar notizia al cliente delle posizioni che egli va assumendo nel processo; e la parte presta il suo assenso al comportamento del proprio difensore se, avuta quella notizia, non esercita il proprio diritto di revoca.,___, (Omissis). 518 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATQ CORTE COSTITUZIONALE, 16 marzo 1971. n. 48 -Pres. Branca ,_ Rel. Rocchetti -Stanco (n. c.). Pensioni -Dipendente trattenuto in servizio in via+ di fatto -Esclusione dal trattamento di quiescenza per il corrispondente -periodo Ille~ittimit costituzionale parziale. (Cost., art. 3a, 3; r.d. 21 novembre 1923, n. 2480, art. 1, secondo comma). costituzionalmente llegittimo l'art. 1 secondo comma r.d. 21 novembre 1923, n. 2480, sulle pensioni dello Stato. nella parte in cui consente che il provvedimento di collocamento a riposo, o di dispensa dall'impiego, per l'impiegato civile o per il militare collocato in pensione o comunque dispensato dall'impiego, ma trattenuto di fatto in servizio, possa, ai fini della decorrenza del trattamento di quiescenza, avere effetto da data anteriore a quetia dell'anzidetto provvedimento (1). (Omissis). -1. -La Corte dei conti, Sezione IV giurisdizionale!, sottopone alla Corte questione di legittimit 1c01Stituzionale -dell'art. 1, secondo comma, del r.d. 21 novembre 1925, n. 2480, il quale dispone che per l'impiegato .civile o per il militare -collocato a riposo o comunque di' spensato dall'impiego, che venga, di fatto, ,trattenuto in servizio, il tempo tr.aisco:vso in tale -condizione non valutato agli effetti di pensione . Secondo il giudice a quo, tale norma contrasterebbe con gli artt. 36, 38 e 3 della Costituziooe, perch, escludendo, per i pubblici dipendenti, dal computo del tempo pensionabile quello relativo al ,suddetto .servizio di fatto, disconoscerebbe il carattere retributivo e previdenmale che qualifica .il trattamento di quiescenza e violerebbe il principio di egua glianza, in quanto, per i dipendenti delle aziende private, vige un diverso e pi favorevole ;principio, che quello sancito nell'art. 2'126 e.e. La questione, nei termini in 1CUi proposta, pu ritenersi solo par zialmente fondata. Al Tiguardo da osservare che il giudice a quo, ponendo l'accento soltanto sul .carattere retributivo del tr.attamnto di quiescenza -se condo questa Corte ha pi volte avuto occaisione di affermare, traendone le .conseguenze relartive: .tSentenze 1966 n. 3, 1967 n. 718 e 1968 n. 112 -, omette di tener 1conto che il cosi detto servizio di fatto interviene dopo un provvedimento assunto dalla.pubblica Am.rnintstrazione che dispone, per l'impiegato civile o per il militare. il collocamento a Tiposo o la (1) La questione era stata proposta con ordinanza 9 dicembre 1968 della Sez. IV della Co!I'te dei Conti (Gazzetta Ufficiale 9 luglio 1969, n. 172). In materia di pensioni cfr. Corte Cast. sentenze nn. 112 e 113 del 1968, in questa Rassegwa, 1968, 891 e 892. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INT]j:RNAZIONALE 519 dispensa dal servizio. Da. tale atto non pu non deriva.re la cessazione del r:apporto di servizio, con tutte le cOI11Seguenze che ne discendono quanto ai vincoli giuridici intercorrenti fra i due soggetti del rapporto e alla determinazione del trattamento di quiescenza. N ci pu violare il principio Che, per l'art. 36 della Costituzione, assicura al lavoratore il diritto a una retribuzfone proporzionaita alla quantit e qualit del suo lavoro, perch al dipendente trattenuto di fatto in servizio dopo la cessazio:p.e del rapporto viene, come ovvio, corrisposto il normale stipendio che lo compensa di queste sue ulteriori presta~ioni. E se vero che, per questo ;periodo, non gli riconosciuta la co~ndente quota di pensione, ci avviene solo perch esso successivo alla Cessazione di quel tipo di rapporto cui la legge, nell'ambito della sua discrezionalit, riconnette, con gli altri effetti, quello di determinare, come quota differita dellia retribuzione, la matuTazione del diritto alla pensione. Per .le stesse ragioni deve, peraltro, escludevsi che ricorra, .nel caso, la pur denunziata violazione dell'art. 38 della Costituzione. 2. -Piuttosto daI.considerare che la norma impugnata, nell'ampiezza della sua formulazione e :hella interpretazione che di essa viene comunemente fornita, consente che venga ad essere considerato servizio di fatto, e come tale non computabile ai fini di pensione, anche quello compiuto prima che intervenga un provvedimento di collocamento a riposo o di di.spensa dal servizio, allorch i suoi .effetti siano per, nell'atto che lo dispone, stabiliti con data di decorrenza anteriore a quella della sua assunzione. Tale retroattivit agli effetti del provvedimento d:eve ritenersi contrastante col principio di retributivtt sancito nell'art. 36 della Costituzione giacch, se il rapporto di servizio non pu aver termine senza un legittimo provvedimento, finch~ questo non adottato, esso vive e produce tutti i suoi effetti, compresa l'attribuzione del diritto a quella. parte differita di retribuzione che la pensione. E se vive, i :suoi effetti non ;possono essere decurtati _da un provvedimento che, ponendovi termine, ne :faccia risalire le :conseguenze a un tempo anteriore. ' In proposito la Corte, gi nella sentenza n. 78 del 1967, ebbe a dichiarare la illegittimit costituzionale dell'art. 54 n. 4 del testo unico sulle rpeDJSioni (r.d. 21 febbraio 1895, n. 70) in base al qua.le veniva esclusa la computabilit, ai fini del trattamento di quiescenza, del tempo trascorso in attesa di .giudizio seguito da condanna. Nel fare riosito ('sent. n. 110 del 1970), come nessun argomento nel senso che siano necessarie a tal fine espresse disposizioni iegislative po:ssa ricavarsi dal provvedimento legislativo ora menzionato, poich questo avev~ ad oggetto il decentramento in Sicilia delle funzioni della Corte dei conti, muovendo dal presupposto (assunto come pacifico) che tra dette funzioni riep.tr~ssero tutte quelle in materia di .giudizio di conto e di responsa:bilit#, gi di competenza della :stessa Corte per le amministrazioni statali e i loro dipendenti. , 3. -Pi in generale, le considerazioni che hanno ilndotto questa Corte ad affermare -con la rkordata :sentenza n. 110 del 1970 -la ' applicabilit ai dipendenti regionali delle norme sui giudizi di .conto, valgono, pt;!r identit di ragioni, con riferimento anc~e ai giudizi di responsabilit ivile (cosiddetta responsabilit amministrativa) nei confronti degli stessi, per gli illeciti posti in essere nell'esetcizo delle loro attribuzioni. Deve ritenersi, infatti, che il secondo comma dell'art. 1oa della Costituzione, nel Tiservare . alla giurisdizione della Corte dei conti le materie di contabil:iit pubblica, da un lato e sotto l'aspetto oggettivo, ne abbia assunto la nozione tradizionalmente accolta nella legislazione vigente e :n.ella giurisprud~nza, comprensiva dei giudizi di conto e di quelli di responsabilit; mentre, d'altro lato e sotto l'aspetto sog;getivo, ne abbia allargato l'ambito oltre quello, cui aveva originario riferimento, dell'amministrazione diretta dello Stato: tale essendo il prop~io significato dell'aggettivo pubblico, com' confermato dallo stesso uso fattone in altre disposizioni della Costituzione (oome ad esempio nell'articolo 54, secondo comma, e negli artt. 97 e 98, ip. relazione a situazioni RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO soggettive ed oggettive che hanno stretta attinenza .con il tema del presente giudizio). Se si guarda poi ai motivi di fondo che giustificano la pari sottoposizione alle medesime regole dei giudizi di conto e degli altri .giudizi di responsabilit nei confronti dei pubblici dipendenti, chiaro appare come debba disattendersi l'argomento addotto dalla difesa della Regione, laddove afferma che la responsabilit del dipendente Che abbia commesso un illecito nulla avrebbe in comune con la contabilit pubbli~, configurandosi come una qualsiasi resp0I1JsabU.it in cui [potrebbe incorrere, per fatti analoghi, qualunque altro soggetto. Giacchj quel che viene in considerazione ai fi.ni che qui interessano il rapporto interno di servizio tra l'agente e l'amministrazione, e non l'eventuale rapporto tra il primo e il terzo danneggiato. Sta qui il punto di raccordo tra la finanza e la contabilit pubblica e la responsabilit dei pubblici dipendenti ;per i danni da essi recati-,direttamente o, come nel ca:so, 1ndrettamente -all'amministrazione di appartenenza; e sta qui il punto di raccordo tra la giuriisdi~ion;e contabile in :Senso stretto e la giurisdizione della Corte dei Conti sulle responsabilit in genere dei pubblici dipendenti, /Per illecito di gestione, nelle sue varie possibili forme. L'una e l'altra giurisdizione tendono a garantire l'interesse generale oggettivo alla regolarit della gestione fi.nanz, iaria e patrimoniale dell'ente, evitando tra l'altro il sospetto di compiacenti omissioni o l'affermarsi di pratiche lassiste: in ottemperanza .anche al duplice principio della imparzialit e del buon andamento dell'amministrazione, di cui all'art. 97 della Costituzione. Ferma Testando, comunque, che la Regione pu sempre intervenire in giudizio .a norma dell'art. 47 del regolamento di procedura, esplicando in questa .sede e nei limiti compatibili con la struttura officiosa del giudizio, le attivit. procedurali che ritenga utili a .tal fil!~ Anche in pratica, d'altronde, giudizi di conto e giudizi di responsabilit, sia questa contabile o civile, sono strettamente connessi, giacch l'e1saane dei conti resi obbligatoriamente da.gli agenti contabili e consegnat~ ri pu essere e:fficace strumento per rilevare inadempimenti di altri funzionari ed agenti: nel qual' caso, l'art. 44 del regolamento di proce.: dura stabilisce che possa provvedersi alla riunione dei giudizi di conto e di responsabilit. Laddove, se quest'ultimo spettasse all'autorit giudiziario ordinaria, la Corte dei conti, acertato l'illecito, dovrebbe limitarsi poi a farne segnalazione all'amministrazione interessata, libera -questa -di agire o di non agire per il risar.cimento del danno : ed superfluo indugiare a mostrare la incongruenza di una simile soluzione. Alla stregua delle .considerazioni che precedono, il ricorso della-Re gione dev'essere respinto. -(Omissis). PARTE I) SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 529 I CORTE COSTITUZIONALE, 5 aprile 1971, n. 69. -Pres. Branca -Rel. Rossi -Donati (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). Caccia e pesca -Regime di caccia controllata -Sanzini per l'inosservanza -Violazione del principio di legalit -Esclmiione. (Cost., art. 25; t.u, 5 gi.gno 1939, n. 1016, mod. da I. 2 agosto 1967, n. 799, art. 12 bis). Non fondata,. con riferimento al principio di legalit della pena, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 12 bis del vigente testo unico sulla caccia che punisce con ammenda l'attivit venatoria svolta in localit sottoposte al regime di caccia controllata (1). (Omissis). -La Corte ,costituzionale chiamata a decidere se l'art. 12 bis del t.u. 5 ,giugno 1939, n. 1016, .che punisce con l'ammenda l'attivit venatoria svolta in localit sottoposte al regime di caccia controllata senza osservare le condizioni .stabilite dal regolamento deliber. ato dal Comitato provinciale per la caccia, Contrasti o meno con il principio di legalit di cui all'art. 25, :secondo comma, della Costituzione, per il dubbio che la norma legislativa abbia in tal modo .rinviato all'en;ianando regolamento l'integrale formulazione del precetto penale. Questa Co!l"te ha avuto occasione di rilevare pi volte come il principio di legalit della pena esiga, da un lato, che sia proprio un atto avente forza di legge ad indicare Con sufficiente specificazione i presupposti, i car~tteri, il contenuto ed i :limiti dei :provvedimenti dell'auto- rit non legislativa, alla trasgressione dei quali deve seguire la pena ; d'altro canto ,che .sia sempre ed esclusivamente la legge a determinare con quale misura debba venire repressa la trasgressione dei precetti che essa vuole .sanzionati penarlnente (cfr. sentenze n. 26 del 1966 e n. 61 del 1969). Il principio ora enunciato appare rispettato anche dalla norma impugnata. Invero l'art. 12 bis ~el vigente t.u. sulla caccia (aggiunto dall'art. 3 della legge 2 agosto 1967, n. 799) definisce nelle .sue ca.ratteri.stiche fondrunentali il regime di. caccia con1iollalta come queHo secondo cui l'esercizio venatori'O soggetto a limitazioni di tempo, di luogo, di specie e di numero di capi di selvaggina .stanziale protetta da abbattere. I vari (1) La questione stata sollevata con sei ordinanze del Pretore di Conegliano. Si veda in materia la legge 28 g.ennaio 1970, n. 17, che ha modificato la 'legge n. 799 del 1967. Sul principio di legalit della pena v. Corte Cost., sentenze nn. 131 e 191 del 1970. 530 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO regolamenti emanati dai Comitati provinciali della caccia, sulla scorta di un regolamento tipo nzionale, sono stati previsti dalla legge per specificare, principalmente per la necessit di adattare alle diverse condizioni dei luoghi, quelle caratteristiche limitative gi fissate, con sufficiente precisione, ad o.pera della legge. Pertanto la norma :impugnata non ha violato l'invocato principio costituzionale, rimettendo alla font~ regolamentare la specificazione di elementi predeterminati dalla legge. Qualora, poi, in iPQtesi, gli emanati regolamenti, nel precisare le condizioni .da osservarsi nell'esercizio della caccia controllata, avessero stabilito oneri o limitazioni non consentiti dalla formulazione legislativa, essi risulterebbero evidentemente affetti da vizio di illegittimit, con il conseguente dovere del giudice di di.sapplicarli, e con la possibilit per l'interessato di ricorrere ai comuni strumenti di tutela giurisdizionale. ( Omissis). I COR.TE COSTITUZIONALE, 5 apirile 1971, n. 70 -Pres. Branca -Rel. Reale -Morino (avv. Tempesta) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Ordinamento giudiziario -Uffici di giudice conciliatore e vice conciliatore -Gratuit dell'ufficio -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. .3, 36; r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 21). Non fondata, con riferimento ai principi di eguaglianza e della giusta retribuzione, la questione di legittimit costituzionale dell'Si. di spese sostenute per ragioni della carica. Anche per gli stessi conciliatori p:reviiSta, invero, in caso di .sup plenza in un comune viciniore, una indennit (art. 99, secondo comma, Ordinamento giudiziario), oltre quella di 'trasferta di cui alla legge 29 giugno 1951, n. 489, e succeSSive modificazioni., Ma, in tutti i casi sopracennati riguardanti funziona.rr onorari e conciliatori, trattasi sempre di ceS1Piti che non rientrano fra i redditi pro fessionali dei soggetti e rimangono istituzionalmente di1stinti dai corri spettivi dovuti per le prestazioni inerenti a ra,pporti di impiego. Ne consegue che a tali soggetti non risulta applicabHe il principio enunciato nell'ar.t. 36 della Costituzione. Questo ha riguardo, infatti, alle retribuzioni professionali dei lavoratori e non pu farsene derivare l'obbligo per lo Stato di retribuire, secondo criteri di proporzionalit alla quantit e qualit dell'attivit svolta-e di sufficienza rispetto alle fondamentali esigenze di vita libera e dignitosa dei lavoratori medesimi, prestazioni che, come sopra si accennato, costituiscono esercizio di funzioni SPOntaneamente assunte per sentimento di dovere civico e di dignit sociale, e non identificabili con attivit professionale. 3. -La diversit di configurazione che nell'Ordinamento hanno assunto gli uffici onorari, nei divel'.si settori detl'awarato organico dello Stato, non consente neppure che fra gli stessi possa prospettarsi alcuna valutazione comparativa, al fine di sindacarne il trattamento giuridico, e tanto meno con riguardo agli emolumenti che 1siano eventualmente corrisposti. L'art. 3 della Costituzione non osta infatti a che l'impegno e gli oneri pe~uliari di talune cariche onorarie siano diversamente considemti dal legislatore, rimanendo giustificata J:a negazione ad alcune e, pr j __ I.~ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 533 contro, l'attrib~zione ad altre di aissegni o di altri emolumenti; e ci in misura che, in taluni casi, pu anche risultare non lontana da quella preveduta per i funzionari di carriera aventi competenze analoghe. Per gli stessi motivi il pre.cetto del detto art. 3 della Costituzione non pu essere invocato in relazione al trattamento giuridico ed econo mico dei magistrati a~ quali sono, stabilmente e professionalmente, at tribuite fuO.Zioni giurisdizionali. -(Omissis). II (Omissis). -1. -Con l'ord:inanza del tribunale di Trieste viene sol levata, in riferimento all'art. 101', secondo comma, della Costituzione, enunciante il principio che i giudici sono soggetti soltanto alla legge, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 32, primo c0mma, del l'Ordinamento giudiziario (approvato con r.d. 30 gennaio 1941, n. 12), in quanto prevede la nomina a vice pretori Onorari di procuratori legali esercenti, ai quali non vietato, quindi, di esercitaire attivit professio nali; con la conseguenza che gli interessi a queste connessi possano incidere sulla obiettivit ed imparzialit dei giudici. Dall'oggetto della questione esorbita, pertanto, il secondo comma di detta norma, concernente la destinazione temporanea, in luogo di uditori giudiziari e nell~ pretm.~e ove questi manchino, di vice pretori onorari, ai quali inibito, per la durata d'ell'incaTico, l'esercizio della profes sione forense. In correlazione, poi, col giudizio di rilevanza espresso nella specie dal tribunaJ,e con riguardo esclusivo alla posizione giuridica di un pro curatore legale investito delle funzioni di vice prefore, va anche chiarito, sempre in via preliminare, che l'attuale contestazione, ancoi-ch generi camente riv_olta dall'ordinanza al primo comma dell'art. 32, in effetti diretta alla sola disposizio11e concernente detta categoria di so~getti, e non a quella relativa ai notai, il cui asisetto profe.ssionale ha caratteri i0stit~zionalmente propri e peculiari. 2. -Nel merito la questione non fondata. Il vigente ordinamento prevede la nomina, da ;parte del Consiglio superiore della magistratura, su proposta dei Presidenti delle Corti di appello, per la durata di un triennio e con la possibilit di conferln.a per ulteriori1 ;periodi, di vice pretori onorari scelti fra i detti procuratori ' legali, nonch fra laurea.ti in giurisprudenza e notai, nel numero mas- simo di due per ciascuna pretura; salvo particolari esigenze di servizio. Per l'importanza e delicatezza delle funzioni giudiziarie, cui i vice pretori onorari .sono chiamati, richiesto l'accertamento che essi, per la loro condotta, diano sicuro affidamento di poter degnamente eser RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 594 citare le funzioni medesime. In particolare e in 'conseguenza del carattere non retribuito dell'attivit demandata ai detti magistrati onorari, che non esclude lo svolgimento di altra attivit professionale, ogni cautela posta nell'accertax:si .che la detta attivit non possa determinare, tenendosi conto anche delle 1car.atteristiche dell'ambiente, pericoli di parzialit nell'esercizio delle funzioni giudiziarie. In proposito va menzionata la ciTcostanza Che ~i requisiti comuni ad ogni .altro pubblico fun.zionario, riguardanti la preparazione tecnica e la irreprensibilit della condotta morale e dvile. nonch la inesistenza delle cause di incompatibilit deriva:nti da attivit industriali e commerciali, comprovate mediante i rituali certificati e le informazioni delle autorit amministrative, il Consiglio su;periore della magistratura richiede, nei .confronti di coloro che aspirano alle funzioni di vice pretore onorario, il parere del competente Consiglio dell'Ordine degli avvocati e procuratori e la dichiarazione con la quale gli stessi interessati si impegnano, in quanto esercenti .la professione forense, a non trttaxe cause innanzi alla pretura presso la quale chiedono di essere no;minati (sempre quando questo non sia l'un:Lco ufficio del luogo.), ovvero alla sezione di pretura cui venissero destinati,. ove si tratti di pretura divisa in pi sezioni. In consguenza e pur escludendosi, secondo le istruzioni impartite dal Consiglio 'superiore, nei riguardi dei vice pretori onorari non reggenti, le disposizioni in materia di incompatibilit di funzioni riguardanti i magistrati dell'ordine gudiziario, .ad eccezione di quelle sopramenzionate, la nomina dei vice pretori onorari, cos come J.a loro conferma, subordinata a caute valutazioni miranti ad assicurare che nell'esercizio delle attribuzioni conferitegli, il giudice rimanga soggetto soltanto alla legge, secondo il precetto dell'art. 101, secondo comma, della Costituzione e, quindi, 1sottratto a pressioni od ingerenze che valgano a diminuire le garanzie ed imparzialit. A questo stesso fine preordinata l~ revoca dell'incarico, quando vengano meno i requisiti legittimanti la stessa attribuzione dell'ufficio I o si manifestino nuove -circostanze che ne sconsiglino l'ulteriore esplicazione. Con riferimento ai .singoli processi affidati al magistrato onorario, non vanno, trascurati, inJfine, i rimedi previsti dai .codici di rito penale e civile, concernenti lel incompatibilit specifiche, i doveri di astensione .., e le cause di ricusazione. 0Tbene, in base a tale Complessa normativa, non pu ammettersi che non risulti garantita in concreto la posizione assolutamente super partes del giudice onorario, con l'esclusione, come esig.e il precetto della Costituzione sopra ricor:dato, di qualsiasi anche indiretto interesse alla causa da decidere e di qualsiasi aspettativa tanto di vantaggi quanto di ,pregiudizi. -(Om~sis). PARTE I, SE~. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E IN:r'ERNAZIONALE 535 CORTE COSTITUZIONALE, 5 aprile' 1971, n. 73 -Pres. Branca -Rel. Capalozza -Ardenti (n. c.) e Presidente Consiglo dei J,Yfinistri (Sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). Reato -Sospensione condizionale della pena -Esclusione del beneficio per una seconda condanna -Illegittimit costituzionale. (Cost., art. 3; c.p.p. art. 164, quarto comma,. art. 168, primo comma, n. 2). costituzionalmente. illegittimo, per violazione del principio di eguaglianza, l'art. 164, quarto comma, codice penale nella parte in cui esclude che possa concedersi una seconda sospensione condizionale nel caso di una nuova condtinna, per delitto anteriormente commesso, a pena che, cumulata a queUa gi sospesa, non superi i limiti per l'applicabilit del beneficio (1). (OmiSsis). -l. -L'ordinanza del tribunale di M.Uno indicata in epigrafe denuncia a questa Corte gli artt. 1JJ4, quarto com.ma: e 16'8, primo comma, 11. 2, del codice !Penale, in riferimento all'art. 3, primo comma{ della Costituzione. L'art. 164 sa~ebbe illegittimo nella misura . in cui determina una disparit di trattamento tTa gli llliPUtati che possono fruire del benefkio della sospensione condizionale, a seguito di condanna per pi reati, di cui taluno an.teriormnte Commesso, giudicati con un'unica sentenza, e gli irQputati che, essendo perseguiti con procedimenti distinti, non possono, con la seconda sentenza, beneficiare della sospeiIB:lone per delitto anleriormnte commeS1So. Disparit aggravata rdall'a .disposizione dell'art. 168, primo comma, n. 2, che impone, altresi, la revoca della sospensione precedente. 2. -La ..sentenza n. 86 del 1970 ha dichiarato l'illegittimit .costitu-' zionale degli artt. 164, secondo comma, n. 1, e 168 del ,codice penale, nei limiti in cui disppnevano che il giudke non possa esercitare ii jpotere di concedere o negare, per la pena da .comminare in concreto, il beneficio della sospensione condizionale e debba revocare ipso iure ha sospensione gi concessa., allorquando l'altro reato si lega con il vincol della continuazione a quello punito CO!Il pena sospesa: e ci per.ch stato ritenuto lesivo dell'art. 3 della Costituzione il trattamento disuguale fatto all'imputato, per tl quale la cohtinuazione accertata e giudicata 1con un'unica sentenza, rispetto aJJ'imputato nei confronti del quale il nesso della con( 1) La precedente sentenza n. 86 del 1970 pubblicata in questa Rassegna 1970, 527. " 536 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tinuazione con altro reato, punito con :sentenza precedente, emerga in prosieguo. 3. -Orbene, anche nel caso in esame, per quanto riguarda l'art. 164, il ;principio di eguaglianza e la razionalit appaiono vulnerati, poich la pronunzia di un'unica sentenza afferente a pi reati (artt. 483 c.p.p., in relazione dell'art. 71 e seguenti c.p.), con la quale potrebbe concedersi il beneficio (l'art. 163 c.p., parla di sentenza di condanna senza distinguere se per un solo reato o per pi reati), viene a dipendere da -circostanze meramente occasionali. o da valutazioni discrezionali (insindacabili) circa lo Svolgimento del processo. , cio, del tutto . ingiustificato che al magistrato ,sia consentito -tenuto conto degli indici (obiettivi e :subiettivi) dell'art. 133 c.p. di SOS!Pendere condizionalmente la pena in favore -di chi abbia commesso pi reati in tempi diversi (tra i quali sussista connessione anche imprOiPria: art. 45 c.p.p.), allorch si tratta di procedi.menti riuniti (art. 413 c.p.p.), e non lo sia alliorch la riunione non stata attuata o non attuabile per le pi varie ragioni (perch il giudice non ritiene di disporla; o perch non gli pervenuta la cognitio criminis; o perch il disporla, ritardando la pronunzia, farebbe cadere in prescrizione uno o pi reati). La disparit appare ancor pi palese e ancor meno razionale, proprio dopo la sentenza n. 86 idei 1970, perch la Teiterata violazione della stessa diSJposizione di leg.ge, pur di diversa gravit (art. 81, .secondo e terzo comma, c.p.), consentirebbe di estendere la sospensione condizionale gi concessa, mentre la commissione d.n tempi diver.si di pi reati, anche della stessa indole (art. 101 c. p.), escluderebbe la concessione della seconda sospensione e imporrebbe la revoca dell'a prima. 4. -Infondata invece la questione relativa all'art. 16r8, primo comma, n. 2, c.p.,. che dispone la revoca automatica della sospensione condizionale quando i:1 condannato riporti un'altra condanna per un deliitto anteriormente commersso. Difatt il giudice, se lo ritiene, pu sospendere una seconda volta la pena, cio anche per quel delitto (purch le due pene cumulate non eccedano i limiti di legge) : pu farlo proprio in virt dell'incostituzionalit dell'art. 164, quarto comma, dichiarata in questa :sentenza (.sopra, n. 3); e, in tal caso, non a parlare di revoca ex art. 168. Qualora, invece, non intenda reiterare il beneficio per essersi convint0i che il prevenuto ne sia immeritevole, il suo giudizio negativo travolge la presunzione di ravvedimento che aveva ispirato la precedente soSjpensione condizionale (la travolge perch a posteriori ne risultano carenti i presupposti etici e politici): insomma, situazione analoga a quella che si sarebbe .prodotta se, giudicando insieme i due reati, il giudice avesse ritenuto di negare la sospensione; dunque, l'art. 3 noii violato. .' f l PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 537 5. -Va da s che l'art. 168, primo comma, n. 2, del codice penale viene ad assumere una diversa si~ificazione e una diversa portata per il cordinam.ento con la norma dell'art. 164, quarto comma, quale risulta dall'odierna dichiarazione di parziale illegittimit. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, .5 aprile 1.971, n. 74 -Pres. Branca -Rel. Benedetti -Amministrazine.F. S. (n. 'c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Corte Costituzionale -Giudizi di le11ittimit costituzionale in via incidentale -Funzione giurisdizionale del Giudice a quo -Competenza a ordinare il deposito dell'indennit di esproprio -Funzione ammhrlstrativa -Inammissibilit della questione. (Cost., art. 134; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23; 1. 20 marzo 1968, n. 391, art. 1 e 3). Poich le attribuzioni esercitate dati' Autorit Giudiziaria nel procedimento per iZ deposito delle indennit di esproprio presso la Cassa DD. e PP., in base alla legge 20 marzo 1968, n. 391 hanno carattere ammini:-' stratvo e non giurisdizionale, inammissibile la questione di legittimit costituzionale in via incidentale sollevata nel cOt'so di detto procedi mento (1). . ../ (Omissis). -1. -L'Avvocatura \dello Stato ha in via p:regiudiziale eccepitp J.'inammissibilit delle proposte questioni di legittimit costituzionale pe:r difetto di l~gittimazio.ne del giudice a promuoverle rilevando che, in .sede di emanazione dei provvedimenti previsti dagli artt. 1 e 3 della legge 20 matzo 1968, n. 391, l'autorit giudiziaria svolge attivit di caratter amministrativo e, comunque, sfornita di qualsiasi potere. decisorio. L'eccezione fondata. 2. -L'ordinanza del. tribunale di Loc:ri stata pronunciata in sede di esame dell'istanza con la quale il Compartimento delle ferrovie dello Stato di Reggio Calabria aveva chiesto l'autorizzazione -ai .sensi dell'art. 3 de1la .legge 20 mrzo 1968, n. 391 -.a depositare, nella Cassa depositi' e prestiti; le somme offerte a titolo di indennit per l'esproiP'riazione di .alcuni terreni la cui stima era stata redatta, a norma dell'art. 2 (1) L'ordinanza del Tribunale di Locri riprodotta sulla Gazzetta Ufficiale 18 giugno 1969, n. 152. In dotrina v . .ARn1zzoNE, Espropriazione per /pubblica utilit (procedimento), voce dell'Enc. del dir., XV. 538 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del r.d. 24 settembre 1923, n. 2119, dagli uffici tecnici della stessa amministrazione :ferroviaria, somme che non erano state accettate dagli espropriandi. Orbene, nella sede considerata, da escludere che tanto il contenuto dell'attivit che il .giudice chiamato a svolgere, quanto il provvedimento :formale (decreto) nel quale .tale attivit trova manifestazione, presentino i ,caratteri della funzione giurisdizionale. sufficiente in proposito ricordare che la competenza a ordinare il deposito dell'indennit di espropl'iazione nella Cassa' depositi e prestiti, che la legge n: 391 del 1968 ha ora attribuito all'autorit giudiziaria -come quella di disporre il pagamento diretto dell'indennit, gi attribuita alla stessa autorit con la legge 3 aprile i926, n. 686 -1S1Pettavano prima al prefetto e avevano innegabilmente natura amministrativa (artt. 30 e 48 della legge 25 1giugno 1865, n. 2359, sull'espropriazione per causa di utilit pubblica). Nulla induce a ritenere che per effetto di questo mero trasferimento di COffitPetenze le attribuzioni di cui trattasi abbiano perduto il loro carattere amministrativo ed assunto natura giurisdizionale. Nel procedimento eSJpropriativo vi sono momenti diversi che ,segnano la distinzione di due differenti competenze: amminiistrativa e giudiziaria. La fase amministrativa si svolge attraverso un procediimento complesso che ha termine Con lemanazione del decreto di espropriazione da parte del preftto. L'intervento svolto dall'autorit giudiziaria in detta :fase per l'esercizio .delle comtpetenze .sopra ricor.date non ha una propria autonomia, n si manifesta con pronunce giurtsdizionali, ma rappresenta un a1spetto .di quel complesso procediimento il cui atto finale costituito dal decreto di esproprio. Quando, come nel caso in esame, chiamato ad ordinare il deposito nella Cassa depositi e prestiti delle indennit determinate dall'Amministrazione e non accettate dagli espropriandi, il giudice deve solo constatare Che stata compilata la stima dei beni e che l'elenco deg1i es.propriandi con l'indicazione delle indennit offerte stato depositato e reso pubblico nei modi di legge" Nessun controllo o sindacato pu egli svolgere in tale 1sed'e in ordine aua validit della stima e 1sui criteri seguiti 1Per la determinazione dell'indennit. Diversamente si qualificano l'intervento del giudice e la natura dell'attivit che questi Chiamato a svolgere dopo l'emanazione del decreto di esproprio allor.ch -ai sensi dell'art. 51 della legge -gli aventi diritto impugnano i risultati della stima. Con tale impugnativa \ si instaura un autonomo giudizio che presuppone l'esaurimento della fase amminiistTativa del procedimento di espropiriazione; in questa successiva fase il giudice interviene per esercitare le sue funzioni giurisdizionali e potr statuire .su tutte le eventuali violazioni ed irregolarit del procedimento di stima la cui cognizione gli era prima preclusa. ( Omissis). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 539 CORTE COSTITUZIONALE, 26 .aprile 1971, n. 78 -Pres. Branca -Rel. Chiarelli -Presidente Regione Siciliana (avv. Sansone, Villari) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Sicilia -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Collocamento e accertamento dei lavoratori agricoli -Ripartizione delle competenze tra Stato e Regione. (St. reg. Sic. art. 17, lett. f; d.l. 3 febbraio 1970. n. 7, conv. nella legge 11 marzo 1970, n. 83). Poich nena Regione Siciliana la competenza in materia di collocamento dei lavoratori agricoli spetta agli organi regiorw.Zi e quella in materia di accertamento spetta agli organi statati e poich il d.l. 3 febbraio 1970, n. 7, convertito nella legge 11 marzo 1970, n. 8.3, ha unificato le commissiQni per il colloca.mento e l'accertamento dei lavoratori agricoli, la ri1J4rtizione. delle competenze fra Stato e Regione va regolata in modo che la Regione possa nominare le commissioni previste dalla normativ a statale, essendosi cosi ridotta la sfera di applicazione della d.iversa normativa regionale, e che U Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale possa emanare, per il tramite del competente Assessorafo regionale, istruzioni agli Uffici del lavoro per l'applicaiione della normativa statale (1). (1) Sulla competenza della Regione Siciliana in materia di' collocamento, cfr. Corte Cost. nn. 7 e 38 del 1957, rispettivamente in Foro it., 1958, I, 1976 e idem, 1957, I, 329. Sul decreto-legge 3 febbraio 19170 e sulla relativa legge di conversione cfr. Corte Cost. 28 dicembre. 1970, n. 192. ' CORTE COSTITUZIONALE, 28 aprile 1971, n. 79 -Pres. Branca -Rel. Fragali -Vtalini ed altri (n. c.) e Pr.esidente Consiglio dei Ministri (SoS!t. avv. gen. dello Stato Cavalli). Costituzion~ della Repubblica -Tutela del diritto di propriet -Vincoli in :funzione di esigenze collettive -Legittimit costituzionale. (Cost., art. 42; l. 24 aprile 1935, n. 740, art. 5). Poich l'art. 42 della Costituzione non impone indennizzo quando la legge pone restrizioni all'esercizio ilel diritto di propriet a.l fine di assicurarne la funzione sociale, non fondata la questione di legittimit 540 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO costituzionale dell'art. 5 della legge 24 aprile 1935, n. 740, conce1nente la costituzione del Parco nazionale detlo Stelvio (1). (Omissis). -2. -Non esatto, come inveCe sostiene il giudice a quo, che la norma impugnata, non riconoscendo al prQiPrietario il diritto di indennizzo per le limitazioni che essa prescrive, viola l'art. 42 della Costituzione. Questo articolo non impone indennizzo quando la legge pone restrizioni all'esercizio del diritto. di propriet al fine di assicmarne la funzione iSOciale; lo .impone solo nel ,caso di espropmazione per pubblico interesse. La ragione della differenza sta nel fatto che coessenziale alla nozione giuridica di quel diritto il suo adattamento alle esigenze sociali e quindi un suo aspetto di relativit con riguarldo alle esigenze stesse; cos che l'interesse inerente al dominio privato non abbia a sopraffare l'interesse generale. Coerentemente la Costituzione d, al diritto di propriet, confini che lo inseriscono nella realt sociale e ne armonizzano con qesta le applicazioni. vero per che la precisazione del contenuto della propriet nel rapporto con le istanze generali non pu essere fatta in modo che essa risulti svuotata del tutto di contenuto: in tal caso non ne viene moderato l'esercizio, ma il diritto viene soppresso e la concessione di un indermrizzo non pu essere evitata. 3. -La legge denunziata si colloca fra quelle limitatrici del diritto I di propriet, non fra quelle di espropriazione: vuole conservare alla collettivit l'ambiente naturale che si costituito spontaneamente o t mediante l'opera dell'uomo in una determinata porzione del territorio statale; vuol J?roteggere le formazioni geologiiche che vi esistono e im i pedire che abbiano a turba'.l"si le loro .spontanee manifestazioni; vuole { dare tutela agli adunamenti di fauna e di flora di particolare rilevanza, alla peculiare bellezza che caratterizza il paesaggio. Questo ambiente t. ~ r racchiude beni che assumono un valore scientifico .ed un interesse storico od etnografico, oltre che turistico; ed chiaro che la conservazione dei medesimi di interesse fondamentale per il complesso sociale al quale appartengono. Le propriet che cadono nel territorio che ha la importanza descritta, ne subiscono l'influenza insopprimibile e non sono perci di signoria piena. Non perch le zone interessate vengono protette a mezzo di sin gole leggi deve escluciersi che i beni incjsi .costituiscano una particolare (1) La questione stata proposta Con ordinanza 14 luglio 1969 del Pretore di Tirano (Gazzetta Ufficiale 22 ottobre 1969, n. 269) e 19 febbraio 1970 del Pl'etore di Silandro (Gazzetta Ufficiale 11 novembre 1970, n. 286). Sull'art. 42, 3 comma, Costituzione v. da ultimo 29 maggio 1968, nn. 55 e 56, in questa Rassegna, 1968, 661 e 662. PARTE I, SE~. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 541 ategoria. Le leggi singole rispondono ad una ispirazione comune: delimitano la zona 1,Protetta, ne organizzano la protezione, determinano il contenuto dell'interesse pubblico connesso al caso concreto, forniscono gli strumenti giuridici idonei a conciliare l'interesse privato e quello pubblico. Nei Limiti in cui regolano sol!tanto l'esercizio del diritto di propriet insediate nel singolo complesso, concorrono a formare l'aspetto pubblicistico' di qel_ diritto che ne coglie il'elemento sociale. Le norme impugnate non contengono limiti di effetto ablativo. Vogliono soltanto che l'esereizio di al!Cuni poteri dominicali sia assoggettato ad autorizzazione de.Ila pubblica amministrazione; e l'autorizzazione deve servire soltanto ad evitare che il diritto si eserciti in modo antisociale. Il fatto che, nella specie, i limiti sono imposti da un atto amministrativo emesso in base a disposizioni regolamentari non tocca la legittimit costituzionale del!la norma portata all'esame della Corte: questa norma, rnviando all'atto amministrativo la individuazione dei vincoli, ha inteso disporre che si tenga conto delle circostanze del ca:sc> singolo, alle quali solo un att~ amministrativo concreto pu portare riguardo. Se l'atto di autorizzazione contrar.io alla legge, l'interessato potr e~rire fa tutela giurisdizionale che gli compete. -(Omisssi). CORTE COSTITUZIONALE, 216 aprile 1971, n. 81 -PTes. Branca -Rel. Fragali -Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese) c. Presidente Regione Frduli-V.enezia Giulia (avv. Pacia). Corte Costituzionale -Giudizio per conflitto di attribuzioni fra Stato e Regione -Esercizio., di diritti dominicali su beni patrimoniali Inammissibilit del conflitto. (Cost., 11rt.134; I. 11 marzo 1953, n. 87, art. 39). Poich non rientra nella competenza costituzionale dello Stato o delle Regioni L'esercizio dei diritti dominicaii su un bene appartenente al loTo patri?nonio disponibile, n la vigilanza che gli organi dello Stato o delle Regioni devono eseTcitare pe.T evitaTe che siano adibiti ad uso pubblico beni eccedenti al bisogno, inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione 'pToposto dallo Stato avveTso la destinazione data della Regione ad un bene patrimoniale statale (1). (1) Sull'ammissibilit del conflitto di attribuzione, cfr. Cc;>rte Cost. 19 gennaio 1957, n. 17, 26 gennaio 1957, n. 18, 18 maggio 1959, n. 31, 17 giugno 1970, n. llO. In dottrina, v. GRoTTANELLI DE' SANTI, J .con;ff.itti di attribuzione fra lo Stato e le Re.gioni e tra le Regioni, 1961. / 542 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I CORTE COSTITUZIONALE, 26 aprile 1971, n. 82 -Pres. Branca -Rel. Bonifacio -Buttazzo (n. c.). Procedimento penale -Procedimento penale militare -Rimessione a diverso tribunale militare per motivi di servizio -Illegittimit costituzionale. (Cost., art. 25, primo comma; c.p.m.p., ar1;. 285). fondata, con riferimento al principio delia precostituzione del giudice, la questione di legittimit costituzionale deU'art. 28-5, primo comma, del codice penale militare di pace, nella parte in cui consente la remissione del procelimento da uno ad altro tribunale militare, da parte del tribunale supremo militare, su richiesta del procu~atore generale militare, per motivi di servizio (1). II CORTE COSTITUZIONALE, 26 aprile 1971, n. 83 -Pres. Branca -Rel. Bonifacio -Festa (n. C.). Procedimento penale -Procedimento penale militare -Scelta del rito sommario da parte del procuratore militare -Discrezionalit assoluta ed insindacabilit nella scelta -Illegittimit costituzionale (Cost., art. 25, primo comma; c.pm.p. artt. 324, 350). fondata, con riferimento al principio della precostituzione del giudice, la questione. di legittimit costituzionale dell'art. 350, comma secondo, e 324, comma secondo del Codice militare penale di pace, che consentono al procuratore milita.re la scelta del rito sommario in maniera discre;iionale ed insindacq,bile; mentre non fondata, perch assorbita dalla sentenza n. 117 del 1968, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 350, primo comma, dello stesso codice (2). (1-2)Le questioni sono state proposte con ordinanza 30 aprile 1969 del Tribunale militare di Padova (Gazzetta Ufficiale 9 luglio 1969, n. 172) e con oNlinanza 7 maggio 1969 del Tribunale militare di Bari .(Gazzetta Uf ficiale 2 luglio 1969, n. 165). Sull'art. 25, 1 comma, Costituzione v. C()ll'te Cost. 2 dicembre 1970, n. 173. La sentenza n. 117 del 19-68, richiamata in motivazione riportata in questa Rassegna, 1968, 902. In dottrina, BACHELET, Disciplina militare e ordinamento giuridico statale, 1962; MAGGIORE, Diritto e processo nell'ordinamento militare, 1967, .~ Giurisdizione penale militare, voce dell'Enciclopedia del diritto, 1970. XIX~. 405. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 543 CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1971, n. 86 -Pres. ~ranca -Rel. Verz -Curotto (avv. Ventura), Federazione ital'iana dei consorzi agrari (avv. Sepe Quarta). Lavoro -Prescrizione dei crediti dei dipendenti -Applicabilit durante il rapporto di lavoro -Questione sollevata con riferimento ad Ente pubblico -Inammissibilit per irrilevanza. (Cost., art. 134, 1. 11 marzo 1953, n. 87 art. 23; e.e. art. 2946). inammissibile, per difetto immediato di rilevanza, la questione di legittimit costitizionale dell'art. 2~46 e.e., sulla decorrenza della prescrizione anche durante il rapporto di la'Voro, se. risulti che trattasi di rapporto di pubblico impiego, per ii quale non valgono i pl/'incipi espressi dalla sentenza n. 63 del 1966 (1). (1) Con la sentenza 10 giugno 1966, n. 63 (in questa Riassegna, 1966, 758, con nota) la Corte Costituzionale ha dichiarato l'inegittimit degli articoli 2648, n. 4, 2955, n. 2 e 2956, n. 1, limitatamente alla parte in cui consentono che la prescrizione decorra anche durante il rapporto di lavoro, in riferimento all'art. 36 della Cbstituzione. Con la sentenza 20 novembre 1969 n. 143 (in questa Rassegna, 1969, 1002) 1a Corte aveva gi chiarito che il principio sancito con la sentenza n. 63 del 1966 non trova applicazione n Confronti delle p['escrizioni previSte in tema di rapporto di pubblico impiego per la particolare forza di resistenza che caratterizza il rapporto stesso. Il concetto stato ribadito con la sentenza sopra massimata. CORTE COSTITUZIONALE, 29 aplt"i1e 1971, n. 87 -Pres. Branca -Rel. De Marco -Dassetto (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). Circolazione stradale .. Potere del Prefetto di ritiro della patente alle persone diffidate -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3; d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 91, comma secondo). N~n fondata, con riferimento al principio costituzionale d eguaglianza, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 91, co.mma secondo, del Codice della Strada, che d al Prefetto il potere di adottare il provvedimento di sospensione della patente a carico delle persone diffidate (1). (1) La questione stata proposta con ordinanza 17 aprile 1969 del Pretore di Torino (Gazzetta Ufficiale 13 agosto 1968, n. 207). La sentenza 27 febbraio 1969, n. 32, richiamata in motivazione riportata in questa Rassegna, 1969, 210. 544 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). --1. -Con l'ordinanza di rinvio, il giudice a quo, ;pur accennando ad altri motivi, in sostanza, denunzia a que1sta Corte l'art. 91, comma secondo, del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (che approva il testo unico sulla circolazione stradflle), so~tanto in riferimento all'art. 3 della Costituzione, in quanto la discrezionalit delia sospensione della patente, nel citato secondo comma preveduta, lederebbe il principio di uguaglianza perch determinerebbe ina distinzione tra cittadini che si trovano nella medesima condizione di diffidati: vi iSarebbe, quindi, il diffidato che conserva la patente ed il diffidato al quale la patente sospesa senza alcun punto di riferimento obbiettivo per la decisione del prefetto. 2. - vero, come osserva il giudice a quo, che nei successivi commi dell'impugnato art. 91, l sospensione della patente preveduta come atto dovuto e non discrezionale del prefetto, ma lo a;ppunto .percli sono ,stabilite le fattispecie alle quali 1a sospensione ricollega.fa, fattispecie non suscettibili di apprezzamento discrezionale, in quanto rispecchiano ipotesi o di ripetute trasgressioni di legge, costituenti contravvenzioni, o di reati particolarmente gravi (commi terzo, .quarto e quinto). Dato, poi, che in tali ipotesi la sospensione assume il 'carattere di vera e propria sanzione accessoria, sia pure amministrativa, ben si spiega che ne sano prefissati i termini ffiinimi e massimi. L'ipotesi preveduta dal secondo comma, invece, si ricollega ad una attivit tipicamente amministrativa, in quanto attiene ai requisiti richiesti dalla legge per il rilascio della patente. Difatti, l'art. 82, comma primo, tassativamente indica le categorie di perisone che sono Titenute prive dei requisiti morali necessari per essere ammesse all'esame per ottenere la patente, mentre il lcomma secondo dispone .che il prefetto pu negare la patente stessa ai diffidati ai sensi dell'art. 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 14213. Appunto da questa norma 1si ricava quello che il giudice a quo defintsce il punto di riferimento ob'Qiettivo per la decisione del prefetto. .Certamente il diffidato, quale persona pericolosa per la sicurezza o peT la pubblica moralit, in astratto, dovrebbe ritenersi privo dei requisiti .morali alla sussistenza dei quali il citato art. 82 subordina il rifascio della patente. Senonch, la diffida un provvedimento che mira a recuperare per la societ le persone che ne sono colpite, incitandole a cambiare condotta, con la sanzione, in caso di inoss.ervanza, di a.pplicazione delle misure amministrative di sicurezza personali o delle misure di prevenzione prevedute dall'art. 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, che ai sensi del primo -comma dell'art. 82 sopra richiamato non consentono neppure l'ammissione all'esame per ottenere la patente di guida. Dati questi fini della diffida, evidentemente, per meglio raggiunge~li, necessario non ostacolare il diffidato nell'acquisire la possibilit di PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 545 dedical'!Si ad un onesto lavoro, q11ale pu essere quello che iSi pu svolgere con il possesso della patente di ,guida. Ma se il diffidato, pur non arrivando a porre in essere gli estremi per la sottoposizione a misre di sicurezza o di prevenzione, si comporti in modo tal!e da non dare su:fficien,ti garanzie di usare la patente per fini onesti, o, dopo averla ottenuta, ne faccia un uso, se non proprio disonesto, quanto meno sospetto, cadono 'i presupposti, che nell'intento del legislatore giustificano la con~essione de.lla patente a questa categoria di persone e, a seconda dei casi, la patente pu essere negaita (art. 82, comma secondo), sospesa (art. 91, comma secondo) o addirittura deve .essere ,, " revocata (art. 91, comma 12, n. 2). ' Si viene, cos, a creare una situazione del tutto analoga a quella gi decis da questa Corte con la sentenza 27 .:llebbraio '1969, n. 32, con la qu~e venne dichiarata infondata la questione di legittimit costituzionale / dell'art. 1 della legge n. 1423 del 1956, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione e motivata con l'assunto ~he la norma impugnata non conteneva alcun razionale criterio, in base al quale, :fra persone aip.partenenti alle stesse categorie, alFune potevano essere diffidate ed altre no. La Corte, con tale sentenza, ebbe a considerare che l'appartenenza a quelle categorie condizione necessaria, ma non sufficiente per la sottoposizion a misure di prevem:ione: in quanto perch in concreto tali misure possano essere adottate. occo;rre ariche un particolare comJ;,ortamento che dimostri come la pericolosit sia effettiva ed attuale e non meramente potenziale. Ebbe, inoltre, ad affermare che l'accertamento di questa specifica pericolosit -la quale 0tra l'altro realizza una differenza tra le persone comprese nelle categorie genericamente ritenute pericolose -si .raggiunge .necessariam~nte attraverso un apprezzamento di merito, nel procedere al' quale vi sempre un certo margine di discrezionalit. Ebbe, infine, a rilevare che chiarita nel modo sopra.detto quale fOiSse 11a natura funzionale dell'accertamento affidato al questore, non si potesse ritenere violato il ppncipio di uguaglianza, tanto pi che in o.gni caso l'esercizio del potere discrezionale s9ggetto al controllo del giudice amministrativo, il quale si estende sicuramente alla razionalit, alla imparzialit, alla parit di "trattamento. 3. -Stabilito, come sopra si fatto, a quali criteri deve ispirare la sua attivit il prefetto nell'esercizio dei potri ,conferiti dal secondo comma dell'art. 91 del t.u. n. 393 del 1959, evidentemente so.no pienamente applicabili, per la risoluzione della questione in esame, i !Principi afferma,ti con la richiamata sentema di questa Corte e, quindi, la questione stessa dev'essere qichiarata non fondata. -(Omissis). SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 29 marzo 1971, n. 903 -Pres. :::?carpello -Rel. Moscone -P. M. T.avolaro (conf.) -Perrotti (avv. Russi) .c. Ministero Pubblica Istruzione (avv. Stato Vitucci). Competenza e giurisdizione -Ricorso straordinario al Cap dello Stato Decisione -Natura di provvedimento amministrativo -Inam. missibilit dell'impugnazione davanti alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. (Cost., art. 111; t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, artt. 16, 36, 37; reg. 21 aprile 1942, ;n. 444, artt. 60-61). La impugnazione davanti ,alle sezioni unite della Corte di Cassazione contro il decreto che decide sul ricorso straordinario al Capo dello Stato non ammissibile in quanto tale decreto costituisce un "provvedimento di natum amministrativa (1). (Omissis). -Il Perrotti ,sostiene, a giustificazione del ricorso a / questa Corte Suprema, che l!a decisione di un ricoriso .gtr.aordnaro al Capo idello Stato costituisce esercizio di giurisdizione speciale e chiede, nel merito, che si annulli il decreto impugnato, per omesso esame del l'eccezione d'incostituzionalit dell'art. 286 t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, ovvero Che si rimetta direttamente alla Corte Costituzionale tale questione. Il Ministero della Pubblica Istruzione eccei;)isce in via prelimi (1) Le 1sentenze 3 aprile 1963, n. 829 e 28 settembre 1968, n. 2992, delle sezioni unite della Corte di Cassazione, entrambe ricordate in quella, di .cui si tratta, si trov:ano rispettivamente pubblicate anche in Foro it., 1963, I, 891 e 1968, I, 2413. La sentenza 1 febbraio 1964, n. 1, della Corte Costituzionale pure :ricord.ata in quella di cui si tratta !Pubblicata in questa Rassegna, 1964, I, 3; v. poi, in particolare, ivi la nota alla sentenza stessa. In dottrina, sull'argomento, pi di recente, v. pure MuNAF, Il ricorso straordinario tra Corte Costituzionale e Consiglio di Stato, in Foro amm., 1969, III, 272. Cfr., a1tresi, Corte Cost. 2 luglio 1966, n. 78, in questa Rassegna, 1966, I, 975 (con la relativa nqta), nonch Cons. Stato, Ad. Plen., 18 aprile 1969, n. 15 ivi 1969, I, 644 (con la relativa nota) e Cons. di Stato~Ad. Plen., 10 giugrio 1969 u. 21, ivi, 1969, I, 867 (con la relativa nota). PA~l'E I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 547 nare l'inammissibilit del ricorso, per il carattere amministrativo, non I giurisdizionale, del decreto del Presidente della Rpubblica emesso su un rfoorso straordinario. L'eccezione del .resistente pienamente fondata. Come amm.ette lo stesso ricorrente, il presupposto necessario per l'impugnabilit di un provvedimento avanti a questa Corte Suprema a norma dell'art. 111 . de1la Costituzione, che il provvedimento stesso costitui~a eserdzio di attivit giurisdizionale. Pertanto, non 1consentita l'impugnazione contro il decreto che decide sul .ricor~ straordinario al Capo dello Stato, 1giacch si tratta di un provvedimento avente natura amministrativa, in quanto tale. ricorso privo dei caratteri formali e sostanziali della giurisdizione, e va classi:fiicato fra i ricorsi amministrativi (cfr. Caiss. Sez. Un., 28 settembre 1968, n. 2992; 3 aprile 1963, n. 829). Prima deHa sentenza 111 febbraio 1964, n. 1, della Coxte Costj:liu,zionale, la natura amministrativa del ricorso straordinario al Capo dello Stato e del relativo pro-vvedimento risult.av:a affermata esplicitamente in una dispsizione di legge, gicch il secondo comma dell'art. 34 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, sul Consiglio di Stato parlava al riguardo di ...,, ricorso al Re in sede.amministrativa. Ma tale natura aip,pare ribadita da quella sentenza, essendo stata dichiarata l'illegittimit del comma citato e del successivo terzo comma, per il. fatto che dal loro Congiunto disposto non era assicurata ,ai controinteressati la possibilit della tutela giurisdizio.nale. Ad ogni modo, la natura amministrativa del rimedio in esame risulta evidente se si considera che l':strutoria del.Ministro manca del tutto di p~bblicit, che le controdeduzioni dell'.Amp:J.inistrazione resistente e dei controinteressati non vanno' portate a conoscenza del ricorrente, che la decisio.ne spetta a un organo politico-amministrativo, sia pure su Pfll"ere obbligatorio del Consiglio di Stato, cll.e il provvedimentOJnale .Sottopost al controllo 1della Corte dei Conti, e che il provvedimento stesso impugnabile di fronte al Consigli0-,di Stato, quanto meno per vizi in procedendo, n preclude, se del caso, il'azione avanti all'Autorit Giudiziaria. D'altronde, non sarebbe lecito pervenire a una divensa conclusione solo perch il rimedio in esame presenta, 1Per d.isposizione di legge o per riconoscimento della giurisprudenza, alcuni ,tratti (per ~ il, rispetto entro un certo limite del principio del contraddittorio, l'apPlicabilit dell'istituto della revocazione, ecc.) che sono propri anche dei rimedi, giurisdizionali, giacch a spiegare ci sufficiente la circostanza che esso ha carattere di procedimento amministrativo contenzioso. II ricorso per cassazio.ne del Perrotti va pertanto dichiarato inammissibile, con la di lui conseguente condanna alla per.dita del deposito per il caso di soccombenza e al pagamento delle spese processuali a favore del resis:tnteJ -(Omissis); 5 548 _ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATQ CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 6 aprile 1971, n. 1-022 -Pres. Scarpello -Rel. Pratillo -P. M. Tavolro I. (conf.) -Falcorietti (avv. Ferrante) v. GESCAL (avv. Stato Terranova). Competenza e giurisdizione -Edilizia economica e popolare -GES.CA.L. -Rapporti relativi all'assegnazione degli alloggi \ -Natura pubblicistica -Effetti sulla posizione soggettiva delle partt e sulla giurisdizione. (1. 28 febbraio 1949, n. 43; 1. 26 novembre 1955, n. 1148; 1. 9 aprile 1956, n. 1265). Giustizia amministrativa -Diritti soggettivi -Accertamenti incidentali -Giurisdizione. (r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 26). . Delle due distinte f'!Ji in cui s svolge il TD!pp-Orto che si costitU'isce tra ente pubbtico ed assegnatario, quella relativa all'assegnazione dell'alloggio di'natuTa pubblicistica, caratterizzata da posizioni di interesse legittimo, onde l'atto amministrativo 'l{a impugnato davanti al Co~iglio di Stato (1). Ii Consiglio di Stato, neU'esercizio deUa sua giurisdizione di legittimit, ha~solo il potere di accertare i fatti nei quali si concretato il comportamento deUa pubblica Amministrazione, ma, neU'esaminare atti impugnati, tenuto aitres ad accertare, ai fini del decidere suU'eventuale lesione den'interesse legittimo det ricorrente, la situazione di diritto dei.te parti, per desumere se la valutazione che ne fece la pubblica A~mi'liistrazione fu o no legittim-a, senza perci valicare i limiti in cui la sua giurisdizione pu essere esercitata (2). ~1-2) La prima niassima ribadisce u~ principio, gi precedentemente affermato dalle sezioni unite della Corte di Cassazione (tra le sentenze pi recenti cfr. Cass., sez. un., 14 ottobre 1968, n. 3281 e 23 marzo 1969, n. 966, rispettivamente in Foro Amm. 1969, I, 1, 116 ed in Giust. civ., 1969, I, 2118). La, seconda massima pure (cfr. Cass., sez. un., 12 marzo 1966, n. 710;in FCYro it., 1966, I, 2077). Nell'occasione ia Cassazione ha avuto pure la O!PPortunit di :riaffermare ehe il modo come. il Con.siglio di Stato ba concretamente esercitato la sua giurisdizione sfugge al sindacato di legittimit della Corte Suprema poich le decisioni giurisdizionali del Consiglio stesso sono impugnabili innanzi le sezioni unite civili soltanto per motivi inerenti alla giurisdizione> e cio "che il controllo della Corte Suprema si arresta all'osservanza dei limiti esterni della giurisdizione del giudice amministrativo, all'esistenza di .quei vizi che attengano all'essenza della funzione (da l,lltimo cfr. Cass., sez. un., 11febbraio1969, n. 451 e 21febbraio1969, n. 586 rispet- tivamente in questa Rassegna, 1969, I, 39 e in Foro it., 1969, I, 578). PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 549 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 aprile 1971, n. 1158 -Pres. Scar ipeMo -Rel. Ianniti Piromallo -P.,M. Tavolaro -Coltra (avv. prof. Bertozzi) c. Ministero Tesoro (avv. Stato Cerocchi). Competenza e giurisdizione -Corte dei Corlti -Omessa pronuncia sul merito per mancanza di un presupposto processuale -Ricorso in Cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione -Inammis sibilit. (Cost., art. 111; c.p.c., art. 362; t.u. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 71). Non nega la giurisdizione e cio il potere in astratto di risol.vere Za controversia il Giudice (neila specie la Corte dei Conti ) che omette la pronuncia di merito per aver ritenuto che la parte non abbia ottemperato a quanto la legge prescrive perch tale pronuncia possa essere emessa e contro la relati'l)a decisione risolvendo essa una questione preliminare di rito, senza l'insorgenza di una contestnzione suWappartenenza al Giudice della potest di decidere, non ammesso il ricorso alle sezioni unite della Corte di Cassazione (1). (Omissis)~ -Il ricorrente ha, con J.'unico mezzo di impugnazione, sostenuto che la Corte dei Conti, nel dichiarare -irricevibile il ricorso da lui ,proposto avverso il decreto ministeriale del 18 novembre 1958, con il quale gli fu negata la pensione di guerra, si 1sia sostanzialmente rifiutata di esercitare la giurisdizione in una controversia relativa a materia deferita per legge alla sua cognizione. Il ricorrente ha aggiunto che detta dfohiarazione di irricevibilit inficiata anche dall'omesso espletamento di indagini sulla sussistenza dell'e circostanze da J.ui dedotte per dimostrare che l'indicato decreto ministeriale del 1 novembre 1958 non gli era: stato ritualmente notificato e che, :pertanto, alla data (22 maggio 1960) in cui egli adi la Corte dei Conti, non era ancora decorso il termine utile (90 giorni) per impugnarlo. Le esposte doglianze sono insuscettibili di accoglimento. L'art. 111 della Costituzione ammette il ricorso in Cassazione contro le decisioni della Corte dei Conti solo per motivi inerenti alla giurisdi zione, ipotesi che -come ha p:vecisato la ~iurisprudenza di questo Su premo Collegio -si verifica unicamente quando insorga contestazione sull'appartenenza alla Corte stessa del potere di decidere. Nella specie (1) Questo princ1p10 :gi affermato dalle sezioni unite della Corte di Cassazione (Cass., Sez. Un., 29 aprile 1969, n. 1377, in Giust. civ., 1969, I, 1209) a proposito del Consiglio di .giustizia amministrativa della Regione siciliana, che in quell'occasione aveva ritenuto mancante la prova della ' 550 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO detta Corte non ha negato che la materia su cui era insorta la vertenza sottoposta al suo esame rientrasse nell'ambito dell'indicato potere, ma ha ritenuto che la tardivit del ricorso introduttivo non le consentisse di emettere una decisione di merito. Il ricorso del Coltra, malgrado 1'a sua formulazione, tende a provocare il sindacato di questo Supremo Collegio sul compiuto esercizio della giurisdizione per :risolvere una questione preliminare di rito e, pi 1specificamente, sulla legittimit delle ragioni con 1cui tale decisione stata giustificata. L'adottata soluzione sarebbe -.secondo la tesi del riCorrente -inficiata da vizi, che, pur sie da lui cumulativamente .definiti come rifiuto di giurisdizione, presentano astrattamente i caratteri della violazione di legge, dell'omesso esame di elementi decisivi e del .difetto di motivazione (art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c.). Ne consegue che le sollevate con~estazioni esulano dall'ipotesi limitatamente alla quale l'art. 111 della Costituzione Consente l'impugnazione delle decisioni della Corte dei Conti dinanzi a questo Supremo Collegio, il cui sindacato -ripetesi -non;pu essere invocato in ordine ad asseriti vizi di legittimit in procedendo o in :iudicando, ch,e attengano al modo in cui la Jgiurisdizione stata concretamente esercitata, sia pure per risolvere questioni aventi carattere pveliminare rispetto all'esame di merito della contro".ersia. Al riguardo queste Sezioni Unite hanno. gi avuto occasione di precisare (sent. n. 1377 del 29 aprile 1969) che non nega la giurisdizione, e, cio,, il potere, in astratto, di risoli.vere la controversia il giudice (si trattava del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana) Che omette la ipronuncia di merito per aver ritenuto che la parte non abbia ottemperato a quanto la legge prescrive perch tale pronuncia possa essere emessa (in quel caso il C.G.A. aveva ritenuto che mancasse la prova della tempestiva notifica del ricorso ai controinteressati). In conclusione, poich, nella specie, la Corte dei Conti non ha negato che la materia controversa (pensione di guerra) rientrasse nell.'am .bito della propria giurisdizione, ma ha solo !ritenuto di non potersi pronunciare sul merito della controveMia a causa della mancata osservanza del termine stabilito dalla legge per instaurare il relativo procedimento, deve. rigettarsi il ricorso e condannarsi il ricorrente alla perdita del deposito ed al pagamento delle spese di questo grado del giudizio: ( Omissis). ~ tempestiva notifica del ricorso ai contro-interessati, stato qui applicato in :relazione ad una decisione con la quale la Corte dei Conti aveva ritenuto sussistente li.a inosservanza del termine per la instaurazione del pr9cedimento di impugnazione davanti a s di un provvedimento ministeriale di . diniego della pensione di guerra. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDtZIONE 551 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 maggio 1971, n. 1355 -Pres. Flore -Rel. Pratillo -P. M. Trotta (.conf.) -Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato (avv. Stato De Franci:sci) c. Cibin e Piazza (avv. Mango) nonch contro Fortarel e S.I.C.A.R. (intimati). Competenza e giurisdizione -Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Azioni possssorie nei confronti della pubblica Amministrazione -Improponibilit -Limiti. (1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, .art. 4; e.e., art. 1168). Il divieto di proporre azioni possessorie contro la pubblica Amministrazione non opera quando non sussista un atto amministrativo per avere essa agito iure {Privatorum o fuori dell'ambito dei suoi fini istituzionali e dei suoi poteri; altrimenti la improponibilit sussiste perch l'eventuale accoglimento della domanda di reintegra o manutenzione si risolverebbe in una revoca o modifica dell'atto amministrativo, non consentita al Giudice ordinario: ai fini poi della indagine sulla esistenza o meno dell'atto amministrotivo occorre accertare, quando eventualmente manchino atti o provvedimenti formali, se il mutamento della situazione di fatto posto in essere dalla pubblica Amministrazione e della quale il privato chiede il ripristino sia cui fa riferimento l'art. 15 della leige in esame potesse qualificarsi 1come a;rbitrato necessario fu sollevata la questione di legittimit costituzionale della predetta norma iin relazione all'art. 102 della Costituzio.ne; ma la Corte .costituzionale ~on sentenzan. 62 del 1968, 1dichiar non fondata la: questione di legittimit costituzionale suddetta, sul rilievo che tSi fosse in presenza di un mei:o wocedimento amministrativo. Per risolvere la questione dell'eccezione di inammissibilit 1Posta a questo {supremo Collegio, non ;pu non prendersi in considerazione la norma dell'art. 5, che prevede le sanzioni, indubbiamente di carattere amministrativo, nella ipotesi di inosservanza da parte del privat delle disposizioni,' contenute nella stessa legge n. 1497 del 1939, sulla profezione delle bellezze naturali. Anzitutto: l'art. 15 non :fissa una sanzione determinata, ma ne predispone due, . o la demolizione dlle costruzioni di opere ahsive, ovvero l'imposizione di una indennit equivalente alla maggior somma tra il danno a:f:Tecato e il profitto conseg.ito mediante la 1commessa trasgressimie >. La scelta spetta discrezionalmente all'autorit amministrativa: ove questa ritenga opportuna l'eliminazione delle opere abUJSive, ne ordina, con atto amministrativo, la demolizione e la esegue a spese del trasgressore (il recupero delle spese effettuato sulla base della legge sulla r~cossione 1delle entrate patrimoniali dello Stato). Ove -invece l'Amministrazione ritenga di non ordinare la demolizione delle opere fissa con atto a~inistrativo (decreto del Ministro della P.I.) le indennit in base a perizia degliuffici del genio ,civile>. S il privato accetti la determinazione, 11 procedimento ~ativo si chiude con il r:Lcordato provvednnent-0 min~steriale che diventa esecutivo. &e il privato non accetta la determinazione fatta dall'Amministra zione deve farsi luogo all'insediamento di un coll.egio di tre periti (l'uno nominato dalla parte privata, l'altra dal Ministero della P. I., U terzo dal Presidente del Tribunale); tale collegio detemrlna insidacabilmente > l'indennit. A seguito della !Pronuncia del .collegio qei periti > il Mini stro della P. I. emette un provvedimento> che immediatamente esecutivo. Dall'esame di siffatta disposizione non pu che trarsi il convinci mento che la legge, in considerazione del potere ampiamente diScrezio nale .concesso dalla P. A. di scegliere la sanzione da infliggere al tra sgressore delle norme sulle bel!lezze naturali e sulla loro protezione, ha affidato la inflizione e la esecuzione della sanzione prescelta ad un \ 554 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO procedimento amministrativo. Come amministrativo il procedimento allorch la sanzione inflitta quella della demolizione delle opere pertur: bative, Cosi amministrativo il procedimento diretto ella determinazione dell'indennit (che costituisce la sanzione minore) ed alla sua liquidazione. Ci indiscutibile quando il procedimento si arresta al provvedimento del Ministro che determina l'indennit sulla base della perizia del Genio Civile e che div.enta eseicutivo per l'accettazione (espressa o tacfta) del trasgressore. ' Ma lo anche quando (come nll.a specie) il procedimento continua per l'opposizione del trasgressore; esso termina pur esempre con un atto amministrativo esecutivo e definitivo, quello del Min:Lstro emesso a seguito della !P'I'Onuncia del Collegio arbitrale. Il 1che significa che la nomina del Collegio, la sua costituzione,. i suoi lavori e le sue .pronuncie costituiscono una fase del complesso procedimento amministrativo, che -come tutti i procedimenti amministrativi -termina 'con i! provvedimento definitivo del ministro (o dell'autorit che al vertice della ,gerarchia amministrativa .competente in materia); onde la pronuncia del Collegio arbitrale anche essa atto amministrativo, prepaTatorio di quello defirrltivo e non autonomamente impugnabile, una perizia tecnica o un parere tecnico vincolante. Sarebbe giuridicamente inconcepibile da un l!ato ammettere che in un unico procedimento amministrativo, tra due provvedimenti ministeriali, l'uno preparatorio (che in certi casi pu anche essere definitivo) e l'altTo finale si inserisce un procedimento giurisdizionale che sfoci in una pronuncia giurisdizionale e dall'altro che una pronuncia giurisdizionale, che ha in s la sua forza esecutiva ed imperativa, debba essere recepito in un provvedimento amministrativo per trovare la sua imperativit ed ese~utoriet. E che trattasi di un parere in&ndacabil~ e vincolante per la stessa Amministrazione, a nulla rileva, non togliendo tale vincolativit, in alcun modo, il carattere amministrativo della pronuncia, anzi rafforzandolo, giacch il legislatore ha voluto che, quando vi siano contestazioni, la determinazione avvenga da parte di un organo paritetico, senza che l'amministrazione possa discutere tale determinazione, dovendo da sola, con l'atto definitivo, farla propria ed attTibuirle la forza eserutiva. Il che del: tutto parallelo a quanto avviene nella prima fase: in questa vi 1/ pur sempre una perizia vincolante ed quella del Genio Civile, 1C1Ui il primo provvedimento ministeriale deve adattarsi, laddove nell'a seconda fase, a seguito delle contestazioni, vi si sostituisce la perizia dell'organo paritetico cui il provvedimento definitivo deve adattarsi. Procedura che non nuova ed isolata nella legislzione amministrativa -basti accennare alle procedure, in fase amministrativa, in 1:ema di previdenza sociale o di infortuni sul lavoro in cui le conseguenze dannose (e le relative indennit) di una malattia o di un infortunio sono determinati da un collegio paritetico con parere vincolante trasfuso nell'atto amministra~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI .GIURISDIZIONE 555 tivo definitivo, ovvero alla -determinazione, da parte di appositi organi o commissioni, di tabelle cui lAmministrazione deve attenersi nelle li. quidazioni concrete. Invece, non attinente il richiamo, su cui insiste la difesa del ricorrente, alla procedura di espropriazione per pubblica utilit; in questa nettamente distinta la fase (attinente ad interessi legittimi e di competenza dell'autorit amministrativa) relativa alla determinazione della utilit dell'opera ed aJ.la espropriazione dalla fase (attinente a diritti .soggettivi e di competenza clell'autoxit giudiziaria) relativa alla determinazione dell'indennit (che non sanzione ma costituisce il valore ex .Zege del bene espropriato) ed in questa fase che si inquadrano le perizie per la determinazione della detta indennit le quali sono impugnabili o ;contestabili in sede giurisdizionale. Ed infine nessun valore possono avere semplici parole della legge ( pronuncia del collegio arbitrale) tanto pi che anche nel campo amministrativo vi sono atti che possano defi.nr.si e sono definiti pronunce di organi coliegiali amministrativi. Pronuncia che pu essere vincolante, ma che rimane pur sempre atto amministrativo preparatorio di quella ministeriale definitivo, contro il quale e solo Contro il quale l'interessato !PU far valere i rimedi giuri sdizionali consentitigli dalla legge. Dovendosi dichiarare inammissibile il ricomo,,resta conseguentemente assorbito l'esame dei motivi dello stesso. Il ricorrente deve essere condannato alla perdita del deposito ed alle spese del presente grado. ~ (Omissis). / SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 gennaio 1971, n. 201 -Pres. -FavaraEst. Santosuosso -P. M. Di Majo (conf.) -Cherubini (avv. Mesiano e Tessier) c. Ministero dell'Interno e Ministero dei LL. PP. (avv. Staio Foligno). Procedimento civile -Rego4unento preventivo di giurisd~zione -Sospensione del, processo -Declaratoria di inammissibilit -Effetti s,ul termine di impugnazione ordinaria della sentenza di merito. (c.p.c. artt. 41, 325, 367). H ricoTso per regolamento preventivo di giurisdizione, ancorch di poi dichiarato inammissibile per essere stato proposto avverso la sentenza di primo grado che abbia pronunziato anche nel merito, ha tuttavia effetto sospensivo del processo e quindi anche del termine ordinario di trenta giorni per la proposizione dell'appello, che riprende a decorrere dalla data di comunicazione della sentenza di Cassazione contentente la declaratoria di inammissibilit del ricorso medesimo (1). (Omissis).;-Deve, ora, essere esaminato il l'icorso principale: esso , a sua volta, -infondato. (1) Non constano precedenti in termini. Sull'efficacia sospensiva del :regolamento di .giurisdizione cfr. sez. un. 25 febbraio 1970, n. 442 in Foro it., 1970, I, 1063 con note di richiami. Il regolamento di giurisdizione non costituisce un mezzo di impugnazione, e pu pertanto essere richiesto anche quando una sentenza non sia stata emessa -cfr. Cass. 13 febbraio 1963 n. 286 -ma ~i sustanzia in una istanza diretta a far precisare quale sia il giudice, ordinario o speciale, cui spetta di conoscere della .controversia -dr. Oass. 24 giugno 1967, n. 1556. pertanto inammissibile ove la sentenza di primo grado contenga una decisione di merito, in quanto in tal caso perderebbe la sua intrinseca caratteristica e si risolverebbe in una reviSio per saltum, Che J:a legge prevede invece solo sull'accordo delle parti (art. 360 u.p. c.p.c.); e non ha pi ragione d'essere ove la causa sia stata decisa in secondo grado -cfr. Cass. 4 aprile 1963, n. 552; 16 luglio 1962, n. 1893; 20 dicembre 1961, n. 2836, ecc. -laddove tutt'ora proponibile nel corso del giudizio di appello, anche ad istanza dell'appellante -cfr. Cass. 10 ottobre 1966, n. 2423; 30 di:-: cembre 1965, n. 2487, ecc. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Il! problema .che, per la prima volta, viene all'esame della Corte di Cassazione -precisare, cio, gli effetti che sul termine di impugnazione produce la proposizione di in xegolamento di giurisdizione, avverso una sentenza suscettibile solo di appello -si collega al pi generale e, per molti aisrPetti, diverso quesito se sia riconoscibile un effetto conservativo del diritto di impugnazione al gravame proposto dinanzi a giudice incompetente; quesito (Si quis in appellatione erraveri1J , Dig. L. I, par. 3, XLXIX, I) cui gi i giuristi romani tentarono rispondere. Ma non opportuno in questa sede passare in rassegna le varie soluzioni formulate in dottrina e giurisprudenza, in ordine a tale questione, potendo il particolare e diverso problema sul quale questa Corte deve giudicare essere risolto alla luce delle norme del vigente diritto positivo che pi specificamente possono attagliarvisi. d'uqpo, quindi, anzitutto escludere un'applicazione in termini delle dis!Posizioni di cui al1'a11t. 43 c.p.c., previste dal legislatore in tema di competenza (rigorosamente inteso questo termine nel senso tecnico restrittivo), poich ne1 caso in esame la legge non solo non contempla ma esclude la possibilit che contro la medesima sentenza siano esperibili, cumulativamente, tanto il regolamento di giurisdizione, quanto l'appello. N si ritiene sotto altro aspetto possibile un'appUcazione estensiva o analogica della norma di .cui all'art. 50 c.p..c., anch'essa compresa fra le disposizioni relative alla competenza, volta che questa riguarda la diversa ipotesi in cui l'errore consis~ nell'aver dixetto l'impugnazione al giudice incompetente e non quando sia stata esperita una impugnazione di dive11So tipo, non ammessa dalla legge rispetto a quella concreta decisione. Non possono, in .altri .termini, giovare i principi previsti per il caso in cui difetti semplicemente il presupposto processuale attinente alla competenza del giudice adito, per risolvere il caso in cui sia mancante il diverso presupposto del diritto .a quella im!Pugn~ione. In questa seconda ipotesi, invero la pronuncia consentita al giudice irregolarmente adito pu essere quella di inammissibilit o di improponibilit del grav~ me e non gi quella di incompetenza, che implica l'esistenza di un altro giudice avente potest di conoscere del merito di quell'atto cosi come proposto e con gli effetti suoi propri; giudice al qual'e l'impugnazione possa essere trasferita mediante una .semplice riassunzione, che in sostanza si limita a richiamare l'atto ,fil impugnazione originario. Per l'applicazione d:ell'ar.t. 50 C.{P.C., il giudice irritualmente invocato sul gravame dovrebbe avere in astratto le funzioni di un giudice di appello, cosi che l'errore possa apparire in qualche modo .giustificato ne11!a logica del sistema, che porta a d:Lstinguere la distribuzione delle competenze tra i vari giudici aventi quelle funzioni; mentTe diverso il fenomeno della specificit di attribuzioni istituzionali r:Lspetto alle varie istanze di grado superiore ed inferiore. 558 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Escluso che nemmeno l'interpretazione pi lata dell'art. 50 valga a far rientrare nell'ambito dell:a norma gli effetti della dichiarazione di inammissibilit di un gravame non consentito dalla legge, resta l'alterna. tiva circa l'applicazione dell'art. 325 c.p.c. (per la negazione di qualsiasi effetto del regolamento di giurisdizione sulla decorrenza del termine per appellare) OiPPUre del ;primo comma dell'art. 367 c.p.c. (con riconoscimento dj. un effetto sospensivo a detto inammissibile regolamento). Questa Corte, pur non intendendo appTofondire esaurientemente il problema di scelta nell'accennata alternativa -volta che, come si vedr pi avanti, n.ell'uno e nell'altro caso l'appello proposto dagli ar.chitetti Cherubini e Compostella deve .considerarsi intempestivo -, vuole manifestare l'orientamento conforme alla soluzione data dalla sentenza qui impugnata, e che sarebbe stato evidentemente di decisiva rilevanza se, nel caso concreto, l'appello fosse stato interposto nei trmini, dopo la pronuncia relativa al regol'amento di giurisprudenza. Deve, infatti, ritenersi esatto il seguente sillogismo. L'art. 367 c.p.c. contempla la sospensione del processo quando sia proposto il regolamento di giurisdizione a norma dell'art. 41, c.p.c. primo comma. Senonch .questa norma comprende il caso di regolamento di giurisdizione proposto alternativamente rispetto all'appello contro una sentenza di primo grado, che abbia pro:&unciato solo sulla questione di giurisdizione. Ne deriva che il processo (pendente anche do,po la sentenza di primo grado che non sia passata in giudicato) resta sospeso, in virt dell'art. 367 c.p.c., anche nel caso in cui l'istanza di regolamento di giurisdizione sia stata presentata dopo la l'istanza, alla quale ipotesi non pu neppure estendersi l'altro termine di sei mesi, .concesso dall'art. 50 c.p.1c., perch a sua volta dettato P,er la diversa ipotesi della necessit di riassumere il processo per la sua con tinuazione davanti al ,giudice dichiarato competente, anch'essa. del tutto estrianea alla presente fattispecie. Esclusa, pertaito, l'applicabilit alla stPecie delle invocate nor.me speciali, e derogatorio, tornano a:pplicabi1i i principi generali in tem.a di sospensione, alla stregua 4ei quali deve ffermarsi che ti.a proposizione della istanza .per regolamento di giurisdizione, dopo la pronuncia di primo 1grado ,sospende in ogni .caso, ai sensi dell'art. 367, primo comma, c.p.c.1 U. processo e p~rci anch,e il termine per l'impugnazione ordinaria; ma questo riprende a decorrere dopo la comunicazione della sentenza di cassazione ove questa s~ dichiarativa di inammissibilit del regolamento ' per avere J.a sentenza impugnata pronunciato (come quella di specie) anche sul merito.- (Omissis). CORTE Dl CASSAZIONE, Sez. I, 7 aprile 1971, n. 1032 -Pres. R0ssano Est. Milano -p,_ M. Del Grosso (conf.) -Ben:fratello (avv. Fornario e Maniscalco) c. Ass~ssorato LL. PP. della Regione Siciliana (avv. Statp Ca,rusi) e Comune di Palermo (avv. Sansone). Procedimento civile -Impugnazioni incidentali autonome Impugnazioni tardive -Inammissibilit. (e.p.e. artt. 333, 334). Espropriazione per p. u. -Rapporto giuridico -Bilateralit -Diritti ed obblighi derivanti dal rapporto -Titolarit. . . Procedimento civile -Giudicato parziale -Capo autonomo di sentenze Nozione. (e.e. art. 2909, e.p.e. art. 324). Il principio contenuto nell'art. 334 c.p.c., per il. quale la parte contro cui stata proposta impugnazione e quelle chiamate ad. integrare il 560 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO contraddittorio nelle cause inscindibili possono proporre a Loro voita impugnazioni incidentali, ancorch per esse sia decorso il termine od abbiano prestato acquiescenza alla sentenza, si applica soltanto alie impugnazioni incidentali in senso stretto, dirette cio a far valere un interesse contrario.a queUo dell'impugnativa principale e non invece aUe impugnazioni incidentali autonome, per le quali vanno osservati i termini ordinari (1). L'espropriazione per p.u. determina l'insorgere di un rarpporto giuridico essenzialmente bilaterale,. per il quale i diritti e gli obblighi correlativi intercorrono tra il soggetto in pregiudizio del quale ha luogo il trasferimento della propriet ed il soggetto a favore del quale l'espropriazione viene pronunziata, ed al quale solo incombe di provvedere al pagamento della relativa indennit (2). Costituisce capo autonomo della sentenza su cui il giudicato pu formarsi, quello che, concernendo domande ed eccezioni indipendenti da quelle che hanno formato oggetto da altre statuizioni della sentenza, dotato di propria autonomia ed individualit. (3). (Omissis). -I due ricorsi debbono essere riuniti e preliminarmente si rileva che, come eccepito dalla resistente Amministrazione regionale, il ricorso incidentale adesivo del Comune di Palermo inammissibile. Premesso che la .sentenza del.i Corte di appello stata notificata al Comune di Palermo il 28 settembre 1968, mentre il medesimo ha notifi. - (1) Giurisprudenza pacifica cfr. Cass., 29 gennaio 1968, n. 286; 25 gennaio 1968, n. 227; 23 giugno 1967, n. 1522, ecc.. In dottrina cfr. SATTA, Commentario c.p.c. per il quale, nei rapporti tra impugnazione principale ed impugnazione incidentale tardiva, la prima fissa .immodificabilmente l'oggetto del giudizio, determinando cosi in modo automatico l'ambito dell'eventuale .impugnazione incidentale. (2) Nel senso della bilateralit del rapporto espropriativo cfr. Cass., 4 aprile 1968, n. 1030, in Giur. it., 1968, I, 1052; Sez. Un., 6 dicembre 1966, . n. 2854, in Giust. civ., 1967, I, 741; 6 agosto 1965, n. 1894; in Giust. civ., 1965, I, 1968; 19 luglio 1965, n. 1608, in Giust. civ., 1966, I, 582; 5 giugno 1963, n. 1504 in Giur. it., 1963, I, 1, 839. La dottrina moderna considera Come .soggetti del rapporto di espropriazione l<>) lo Stato, titolare del relativo potere; 20) l'espropriante, soggetto a favore del quale viene pronunziata l'espropriazione; 3io) il proprietario del 1bene costituente l'oggetto dell'esproprio .cfr. CARUGNO, Espropriazione per p.u., 1958, p. 44; PETROCELLI in nota a Cass., 4 aprile 1968, n. 1030 in Giur. it., 1968, I, 1054. (3) Cfr. Cass., 23 luglio 1969, n. 2791; 26 maggio 1969, n. 1870; nel senso che il giudicato non pu invece formarsi sul capo di sentenza non impugnato ma necessariamente collegato e subordinato ad altro capo impugnato il cui accoglimento fa venir meno automaticamente la decisione anche del capo che ha per necessario presupposto quello riformato, cfr. Cass., 11 apr-.. le 1970, n. 998. ! I 1 1 , PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE cato il proprio ricorso incidentale adesivo il 4 gennaio 1969, cio dOiPo la scadenza del termine di sessanta giorni stabilito dall'art. 325, secondo comma, c.p.c., si osserva he l'art. 334 stesso codice, secondo cui l'e parti contro le quali stata proposta impugnazione e quelle chiamate ad integrare il contraddittorio nelle cause inscindibili possono a loro volta proporre impugnazione incidentale anche quando per esse gi decorso il termine ovvero hanno fatto acquiescenza alla sentenza, applicabile, come ormai ius TeCeptum, solo alle impugnazioni incidentali vere e proprie (le <:osiddette contro impugnazioni, che sono dirette a faT valere un interesse contrario a quello dell'illliPU~ante principale), mentre ne sono escluse le altre impugnazioni che vengono proposte a tutela di un interesse autonomo dell'impugnante, quale quello della semplice adesione alla impugnazione principale, cio le c.d. impugnazioni incidentali autonome, rispetto alle quali rimane fermo il rispetto del termine ordi nario. Passando, quindi, all'esame del ricorso principale viene in considerazione il primo motivo con il quale i Benfratello, per la sola ipotesi che dovesse ritenel'ISi che la statuizione relativa alla ritenuta formazione del giudicato sul punto della legittimazione del Comune di Palermo a contraddire all'opposizione alla stima dell'indennit di e51Propriazione sia preclusiva della possibilit del riconoscimento della concorrente legittimazione della Regione Siciliana, censurano la semenza della Corte di appello di Palermo, denunciando la violazione degli artt. 2909 e.e. e 324 c.p.c., per avere ritenuto l!a sussistenza .Q.i tale giudicato. Sostengono, al riguanio, che con il loro appello essi avevano lamentato che il primo giudice non avesse ritenuto la concorrente e, quindi, solidale legittimazione passiva del .Comune di Palermo, quale beneficiario dell'opera pubblica, e de1!l'Assessorato regionale, quale promotore dell'esproprio, per cui la prOiPosta impugnazione investiva l'azione del suo complesso inscindibile ed impediva che si formasse, nelJl'ambito di essa, un giudicato. Tale tesi, al cui rigetto espressamente condizionato il motivo del ricorso e relativa alla possibilit di con.:fgur.are, nell.a fattispecie, una legittimazione concorrente del Comune idi Palermo e della Regione Si ciliana, non pu essere condivisa. principio ormai pacifico, pi volte afllermato da questa Corte, che il rapporto giuridico esprop'l'iativo, alnieno per quanto attiene all'eser cizio di tutti i diritti ed all'osservanza di. tutti gli obblighi da esso diret tamente derivanti e, in particolare di quello riguardante il pagamento dell'indennit, ' un rapporto essenzialmente bilaterale, svolgentesi in modo diretto ed immediato tra .il soggetto attivo a vantaggio del quale l'es,propriazione viene ;pronunciata ed il soggetto ;passivo in pregiudizio del quale viene operato il sacrificio <;iella p~opriet privata (Cass., nn. 1403 e 1504 del 1963, 557 e 1894 del 1965, 351 e 1829 del 1966 e 1030 del 1968). 562 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Questo principio, di ovvia percezione nel caso in cui vi sia coincidenza tra soggetto esp\fopriante, soggetto, do~ cui affidata istituzionalment l'attivit costitutiva dell'esproprio e soggetto beneficiario del trasferimento coattivo, resta valido anche se quest'ultimo sia soggetto diverso dall'autorit espropriante. Cos per l'ipotesi prevista dall'art. 324 della legge n. 2248, ali. F del 1865, in virt defila quale possono essere trasferiti dall'ente espropriante al concessionario o all'appaltato\fe dell'opera pubblica gli oneri concernenti il compimento :degli atti della procedura di esproprio; in tale ipotesi, come. questa Corte ha avuto p-i volte Occasione di affermare, il concessionario, sostituendosi interamente alla Amministrazione concedente, diventa l'unico soggetto attivo del rapporto espropriativo, per cui, non ,gi o p.on anche all'Amministrazione, bensi esclu~ivamente ad esso incombe di provvedere aL pagamento della indennit di e~ro,prio, con la conseguenza che solo nei .confronti del concessionario deve essere promosso l'eventuale giudizio di opposizione alla determinazione dell'indennit medesima. In tali ipotesi, quindi, la distinzione tra soggetto titolare del potere di ottenere 1a pronuncia espropriativa e soggetto .al quale sia trasferita l:a titolarit dell'eser.cizio del potere medesimo comporta sempre un problema di legittimazione alternativa e non gi cumulativa alla opposizione avverso la determin.~one dell'indennit di esproprio. E lo stesso deve dirsi allorquando, pi che di trasferimento del l'esercizio del !POtete (delega, .concessione o affidamento di costruzione di opera pubblica), vi sostituzione, in cui, al fine di provvedere ad una esigenza pubblica, che diversamente rimarrebbe insoddisfatto, un ente pubblico, in forza di espresso potere conferitogli dalla legge, si ass~rma l'esecuzione di un opera di pertinenza di un altro ente pubblico. Anche in questa ipotesi si riconosciuto :soltanto nell'ente che si sostituisce, e non anche nell'ente che avrebbe dovuto compiere l'opera e che, in definitiva, n sia il beneficiario, il solo soggetto legittimato passivamente ed attivamente in or.dine a tutte le azioni dipendenti dall'espropriazione, inclusa quella prevista dall'art. 51 leg,ge n. 2359 deJ. 1865. Invano, dunque, i ricorrenti, a sostegni dell!a. loro tesi della respon sabilit solidale dei due enti che hanno concorso all'esecuzione dell'opera pubblica, richiamano genericamente le disposizioni della legge regionale 2 agosto 1954, n. 32, gia1cch l'art. 1 di detta il.egge, nell'autorizzare il governo riegionale ad eseguire opere di competenza degli enti locali, prevede appunto un'ipotesi di sostituzione nell'esecuzione di opere pub~ bliche, mentre il successivo art. 6, nell'autorizzare l'Assessorato dei La vori. Pubbl~ci ad affidare alle amministrazioni comunali interessa.te la gestione delle opere da esso finanziate, pone in essere una delega inter sog,gettiva .di diritto pubblico, attributiva di competenza derivata, che pone l'amministrazione delegata nella posizione giuridica di quella finan. ziatrice delegante, alla quale restano mere funzioni di controllo. mentr PARTE I, S.EZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE la prima direttamente ed esclusivamente Tesponsabile verso i terzi es[pr01Priati degli atti esecutivi concernenti il'esercizio della delega, ivi compresi gli atti espropriativi. . E neppure vale in contrario il richiamo fatto dai ricorrenti, in sede di discussione orale, alla sentenza n. 557 del 30 marzo 1965, con la quale questa Corte, in un caso di delegazione intersoggettiva, ha riconosciuto, nei confronti del temo espropriato, la responsabilit solidale dell'ente deilegato e dell'ente delegante: La fattisil;>ecie, infatti, riguardava, una controversia avente ad oggetto, no:n gi -come nella fattispecie -. iJ pagamento dell'indennit inerente alla proced'ura di esproprio, bensi il risaricimen.to dei danni 'conseguenti all'occupazione di immobili illegittimamente protratta oltre il b~ennio. Trattandosi di un'azione di danni per fatto illecito. -che era occasionata, bens, dal procedimento di esipro;prio, ma che non trovava nella disciplina giuridica di questo la propria regolamei. tl.tazione -giustamente questa Corte ha ritenuto. in 'base al principio di diritto comune stabilito dall'art. 2055 e.e., passivamente legittimato, non soltanto l'mte che i lamentati aveva, con il proprio operato, ca.gionato, ma anche quello per 1colito del quale il primo aveva agito. Dovendosi escludere, per le .conside~azioni che precedono, la possibilit di riconoscere' una leigittimaziOIIle concorrente del Comune e del- l'Assessorato a contraddire all'opposizione alla stima ed essendosi, quindi, \ verll.cata la condizione alla quale stato subordillaton primo motivo del ricorso, devesi ora accrtare 1se. Come si ritenuto dalla sentenza llljpugnata e come si contesta dai ricorrenti con il detto motivo, sulla legittimazione !Passiva del Comune di Palermo si sia o meno formato il giudicato. La :risposta positiva non sembra dubbia. Questa Corte Suprema, dn tema di giudicato parziale, ha affermato ripetute volte 1che i capi della sentenza sui quali p formarsi il giudicato SEWaratamente dagli aJ.ttj sono quelli che possiedono una propria 'autonomia ed individualit, siccome riguardanti domande ad eccezioni jndipendenti da quelli che fol'm!IDo ,oggetto di. :altre .statuizioni della. sentenza stessa. Viceversa 11 giudicato v escluso quando i Capi non espressamente impugnati siano necessariamente collegati con alcuni di quelli impugnati dai un vincolo di intimo ed inscin.dibile nesso causale. A tali priillcipi si sostanzialmente uniformata la Cor.te di appello, allorquando, dopo aver esattamente rilevato -il .che questa Corte Suprema pu vagliare trattand'OS'i .fil accertare J.'esistenza. o meno di un giudicato formatosi nello stesso processo -che gli odierni ricorrenti avevano esclusivamente impugnato la statuizione del Tribunale che :iveva negato l!a concorrente, e, a loro avviso, solidale legittimazione dell' Asses sorato, mentre non avevano censurato 1'.ltra di.stinta statuizione concer nente l'affermata legittimazione passiva del Comune di Palermo, ha rite nuto che :su quest'ultima .statuizione iSi er: ormai formato il giudicato. 564 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Non pu, infatti, fondatamente porsi in dubbio che la decisione sulla legittimazione paissiva d.;1 Cc mune di Palermo e quella inerente alla !;,1. esclusione della concorrente legittimazione dell'Assessorato, costituivano ! I capi autonomi l.i sentenza 1Perch avevano \>ropri prc.i::uppost, si fondavano su distinti di51Posizioni di legge e potevano costituire il contenuto di distinte sentenze, con la conseguenza che la pronuncia del primo giudice sulla legittimazione del Comune di Palermo era wscettibile di a acquistare forza autonoma di giudicato, per la si.cura possibilit di dissofi j ciare tale pronunicia dalla ~atuizione relativa alla asserita solidale legit tima2ione pa$1Siva dell'Assessorato. Il .contrario assunto dei Ti:correnti secondo cui, avendo essi chiesto la solidale condanna di entrambi gli enti al pagamento dell'indenJii.t di esproprio, la .situazione sostanziale dedotta in lite era unica ed inscindibile non regge al rilievo che l'obbligazione solidale, pur avendo per oggetto una medesima prestazione, d luogo non ad un rapporto unico ed inscindibile, bens a rapporti giuridici distinti anche se .tra J.oro connessi', come, tra l'altro, si evince dall'a:rt. 1306 1C.c. che, nel limitare la efficacia della sentenza pronunciata tra creditore ed uno dei debitori in solido ai soggetti del processo -salva la facolt degli altri debitori di giovarsene secunum e1;entum litis -fa intendere ll'ammi.sisibilit di pi r processi separati e anche coevi. j Se ,pertanto, sul punto relativo alla legittimazione passiva del CoI mune di Palermo si era formato il giudicato e se di .conseguenza, per quanti dianzi detto in ordine all'impossibilit di configurare nella fatti$ l)eCie una legittimazione cumulativa dei due enti, tale giudicato era di ostacolo al riconoscimento dell'asserita concorrente legittimazione del~ l'Assessorato, deve essere ritenuto che la Corte di appello, una volta accertata l'esistenza del giudicato, avrebbe dovuto senz'altro rigettare I ~ il .gravame. r Po1ch, peraltro, la Corte, giurucando nel merito, ha negato la del I dotta concorrente legittimazione, la decisione impugnata, sia pure sotto un profilo parzialmente diverso di motivazione (art. 384 ,c.p.c.), va man tenuta ferma, restando >assorbito H secondo motivo del ricorso con il I quale si confutano appunto le ragioni 1che hanno indotto i giudici di i merito ad escludere quella concorrente legittimazione. -(Omissis). ' I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 11 maggio 1971, n. 1345 -Pres. Boc ! cia: -Est. Caleca -P. M. Sciaraffa (conf.) -Gioia (avv. Ottolenighi) c. Azienda Autonoma F. S. (avv. Stato De Francisci). Trasporto -Contratto di trasporto -Trasporto ~i persone sulle F. S. Perfezionamento del contratto -Presupposti -Responsabilit del vettore -Onere della prova. (e.e. artt. 1678, 2697; r.d. 11 ottobre 1934, n. 1948, artt. 5, 14). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 565 Responsabilit civile -Responsabilit contrattuale ed extra-contrattuale -Disciplina -Autonomia. (e.e. artt. 1681, 2043; r.d.l. 11 ottobre 1934, n. 1948, art. 13). A differenze di quanto si verifica per il servizio pubblico autofilotranviario, in cui il contratto di trasporto delle persone ha inizio ancor prima dell'acquisto del biglietto, con il sempiice fatto del salire sul predeiiino della vettura, nel trasporto ferroviario, al pari di quello marittimo ed aereo, il relativo contratto .consensuale a prestazioni co'l"rispettive, si conclude e si perfeziona, normalmente, con il rilascio del biglietto da parte dell'Amministrazione e pertanto l'inizio di esecuzione del contratto, ed il momento quindi in cui sorge la responsabilit del vettore per i danni derivati al viaggiatore, seguono di norma a tale acquisto, la cui prova incombe al viaggatore medesimo (1). Responsabilit contrattuale e responsabilit extra-contrattuale danno luogo a distinte azioni regolate da norme giuridiche proprie in vista dei diversi interessi .tutelati, siech la disciplina che, in tema di responsabilit per i danni subiti dal viaggiatore, detta.no le condizioni e tariffe per il trasporto di persone sulle F. S., non si estende aWaziooe di responsabilit extra-contrattuale fatta valere dal danneggiato (2). (Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente, nel ldenundare la violazione dell'art. 1678 e segg. c.C., nonch degli arlt. 11 par. 4 e 5 delle condizioni e tariffe per il trasporto delle persone suUe ferrovie dello (1) In senso conforme cfr. Cass., 11 ottobre 1956, n. 3505, in Foro it., 1956, Rep. voce Ferrovie, 113. (2) 10fr. Cass., 23: aprile 1969, n. 1290, in Giust. civ., 1969, I, 1695 e giurisprudenza ivi citata. La sentenza costituisce corretta applicazione di principi .che ben pos sono considerarsi pacifici: la responsabilit contrattuale ha radice nella stessa nozione di obbligazione e consegue dalla inosservanza del vincolum iuris che si perpetua nella prestazione irisarcitoria, realizzando per tal modo l'assetto degli interessi tra le parti del rapporto. La responsabilit aquiliana invece, ove ne ricorrono i presupposti, sorge in dipendenza del verificar.si del danno ingiusto, Cui si commisura l'obbligazione iprima!l"ia risarcitoria dell'intero pregiudizio .subito dal danneggiato, per la composizione del con flitto di interessi determinatosi tra costui ed il danneggiante. Circa le ipotesi di concorso tra responsabilit contrattuale ed extra-con trattuale, allrquando ad un tempo risulti violato un obbligo il'OCedimento anzidetto. La tesi da ritenere corretta. Poich a causa .della sopravvenuta estinzione per amnistia del reato di lesioni colpose a carico del conducente dell'autoveicolo militare non era intervenuto 1:1D giudicato penale che potesse fare stato nel ,giudizio civile, la Corte, d'Apipello sempUcemente valorizz, ai fini della decisione della controversia Civile, le risultanze emesse nel procedimento penale che, prima dell.'amnistia, si era regolarmente svolto innanzi al Pretore di Roma. .Cosi faendo, la Corte d'Appello si uniformata alla costante giurisprudenza di questa Co.rte Suprema sulla lPO'ssiibilit per il: giudice di util.izzare, ai fini della decisione della controversia iviJ.e, le prove raccolte, cin le .garanzie di legge, fu sede penale (sent. 22 febbrai-0 1968, n. 608, 22 ottobre 1968, '.Q.. 3397). Al riguardo, d'altra parte, non poteva essere decisivo, contrariamente a quanto dedotto Elall'A~inistrazione con il motivo di ricorso in esame, il particolaire che l'Amministrazione militare era rimasta estranea al procedimento penaiJ.e. ,,. , In.fatti, principio generale, gi altre volte affermato da questa Corte Suprema (sent. 8 agosto 1961, n. 1925, 21picembre196,2, n. 3420, 10 gennaio 1966, n. 363) che l'unitariet della funzione giurisdizionale consente al giudice di utilizzare le prove ritualmente raccolte in altro procedimento a~ese questo si sia S'volto tra altre parti. Il ptj,rrlo motivo del ricorso principale deve perci ,essere rigettato. qol secondo motivo dello stesso rlcorso lam~ta l'Amministrazione Aeronautica fa violazione delle norme contenute negli articoli 1306 e.e., 101, 115, 244 c.p.c. e 24;della Costituzionie, in il"eiazione all'art. 360 n. 3 C.p.C. Anche tale doglianza deve essere rigettata in base aUe ,considerazioni esposte nella trattazione del PTimo mtivo del ricorso principale, posto .che sostanzialmente con detta doglianza l'Amministrazione deduce che la Corte d'Appello, ponendo a base del suo convincimento le deposizioni di testi rese in un processo in cui essa ricorrente rimasta estranea, l'ha messa in condizio.ne di subire gli ,effetti di atti processuali, alla cui formazione non aveva potuto partecipare. Al riguardo, in senso ,contrario, stanno, come si ! detto, le ragioni esposte a con.fu'bazione del primo motivo del .ricor,so principale. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO D'altra parte manifestamente infondato il dubbio che l'Amministrazione ricorrente ~a prospiettato dl'lca una eventuale violazione del diritto di difesa assicurato dall'art. 24 della Costituzione. Infatti, ripetutamente questa Corte Suprema ha precisato che il giudice civile ,solamente facultato, e non anche obbligato, ad utilizzare, per la decisione di una controvel'ISia civile, .gli elementi gi acquisiti in sede penale e . che esso giudice ben pu, al contra.rio, prescindere da quegli elementi e fondare il proprio convincimento esclusivamente sulle risultanze da lui acquisite nel processo civi1'e (sent. 7 luglio 1957, n. 1695, 10 aprile 1968., n. l0.S9). Consegue che il soggetto interessato ben pu dedurre nel processo civile ogni pi ampia difesa, .sia al fine di evitare il ricorso, da parte del giudice, ai pregressi elementi raccolti in sede penale, sia discutendo Ja rilevanza ed efficacia dei predetti elementi, ai fini della decisione della decisione della controversia civile. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 maggio 1971, n. 1563 -Pres. Giannattaso -Est. Pascasio -P. M. Trotta (conf.) -Ministero dell'IntE~rno (avv. Stato Cavalli) c. Pacini (avv. Merlini, Zolli e Catlani). I r Locazione -Mora del conduttore nella restituzione della cosa locata Regime vincolistico -Misura del canone. (e.e. art. 1591). n conduttore in mora nella riconsegna della cosa locata tenuto a corrispondere al locatore il canone di fitto nella misura pari a quella convenuta nel. contratto ovvero, ove si tratti di locazione sottoposta al regime vincolistico, a quella determinatia in base alla legge di vincolo, salvo l'obbligo di risarcire 'l'eventuale maggior danno (1). (Omissis). -Con l'unico mo.tivo d'Amministrazione ricorrente, denunciando la violazione dell'art. 1591 c.c., in relazione agli artt. rn2 n. 4 (1) La disciplina dettata dall'art. 1591 e.e. in vista del peculiare aspetto del rapporto che, malgrado non abbia ad oggetto la prestazione di una somma di denaro, presenta evidenti analogie con le obbligazioni pecuniarie, si Conforma a quanto .previsto per queste ultime dall'art, 1224 e.e. che, a 'differenza del principio generale contenuto nell'art. 1223 c..c. dispone, ove.. non venga fornita la prova di maggiori danni, che questi siano liquidati 2 2 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 573 e 360 n. 3, 4 e 5 c.p.c., lamenta che la Corte di merito, pur avendo ritenuto che si trattasse di mora del conduttore nel restituire la casa locata, abbia poi ,escluso l'applicabilit della nor.ma di cui all'art. 1591 e.e. Deduce, in particolare, che l':l differenza tra il canone dovuto in regime vincolistico e quello che sarebbe potuto risultare in regime vincolistico da una Ubera contrattazione avrebbe potuto Costituire il maggior danno previsto da detto articolo 1591, ma questo stato escluso dalla Corte fiorentina. La censura fondata. La permanenza del conduttore nel godimento dell'immobile dopo la cessazione del rapporto locatiziocostituisce l.a fattiSipe,cie legislativa disciplinata dalla norma dell'art. 1591 'e.e., che pone a carico del conduttore in mora nella restituzione della cosalocata un duplice onere: l'obbligo di dare al locatore il .corrispettivo del godimento e quello di risarcire l'eventuale maggiore danno. Il primo di tali obblighi, in regime normale, viene adempiuto mediante il pagamento di un canone pari a quello ,convenuto nel contratto. Se per ad un canone Contrattuale non pu farsi riferimento, per l'esistenza di un regime vincolistico, non per qt,l'esto il .caso si sottrae alla applicazione delia norma in esame, come erroneamente ha ritenut.o la decisione impugnata. Infatti, mancando un corrispettivo contrattuale, 1corrispettivo pur sempre quello determinat> dalla legge di vincolo, e ci ha gi affermato queista Corte suprema nel senso che ci che il conduttore in mora tenuto a dare al locatore fino alla riconsegna (salvo l'obbligo di risardre il maggior danno) ilcanone di fitto, anche nel caso di locazione soggetta al regime vincolisttco (,sent. n. 3915 del 6 dicembre 1968). Vero che la misura del canone vincolato p non coincidere con quella maggiore che il locatore avrebbe .potuto realizzare in una libera contrattazione. Ma il divario fr.a tali misure concreta uno degli elementi del danno nel cui risarcimento si concreta l'altro obbligo del conduttore a norma del citato art. 1591. -(Omissis). nell'ammontare dei frutti civili (interessi) costituiti, nelle locazioni, dal canone 1relativo. . Il principio .stato applicato altres in tema di affitto, nel quale l'af fittuario tenuto a rimborsare i frutti naturali non percetti dal locatore. (Cass. 22 luglio 1943, n. 1921). Per l'ipotesi di locazioni sottoposte a regime vfocolistico, in cui si di,scuta della misura dei canoni dovuti dal Conduttore in mora che non possono eccedere quelli stabiliti ,per legge, la cognizione della relativa con troversia demandata alla competenza funzionale del Pretore, prevista dall'art. 29 leg,ge 23 maggio 1950, n. 253 -efr Oass., 6 dicembre 1965, n. 3915). ./ 574 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Ii, 9 giu~ 1971, n. 1728 -Pres. Flore Est. Tamburrino -P. M. Clderara (parz. diff. -Ministero Difesa ) Esercito (avv. Stato Carusi) c. Rossi (avv. Gaglione-Barba) e Picone (avv. Gomez D'Ayala). Procedimento civile -Domanda giudiziale -Interpretazione -Incen surabilit~ -Limiti. (e.p.e. artt. 99, 112, 113). Elettrodotto -Servit di elettrodotto -Costituzione -Indennit -Disciplina. (e.e. art. 1032; r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 119, 123). La interplt'etazione della dorm.anda giudiziale, si risolve in un giudizio di fatto demandato ll'applt'ezzamento discrezionale del giudice di merito, cui incombe per l'obbligo di adeguata motivazione immune da vizi logici oltre "che giuridici. (Nella specie occorreva stabilire se l'attric~ avesse proposto opposizione alla stima ex art. 51 legge 186.5, n. 2-35;9, :Sull'espropriazione per p.u. ovvero richiesto il risarcimento dei danni sulla base della legge 1933, n. 1775 sulle acque e condutture elettriche) (1). L'imposizione di servit coattive da parte della Pubblica Amministrazione su terreni privati, ben pu essere effettuata mediante il procedimento di espropriazione per p.u.; anche in tal caso per, nel determinare l'indennit dovuta per la costituzione della servit di elettrodotto,. occorre riferirsi ai criteri dettati dal t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, sulle acque ed impianti elettrici (2). (Omissis). -Premesso che i due rico~si proposti l'uno in via principale, l'altro in via incidentale, avverso la medesima sentenza, devono essere riuniti, il primo motivo del ricoo:iso principale della Amministrazion militare attiene al punto centrale della ammissibilit o meno dell'azione proposta dalla Rossi nei confronti della stessa amministrazione. La sentenza impugnata, riformando la decisione del Tribunale, il quale aveva ritenuto che questa avesse proposta OIPPOSizione alla indennit di asservimento, ai sensi dell'art. 51 della Ieg.ge del 1865, n. 2359, ;prima che la proedura fosse esaurita e che la 1sua 'Successiva precisazione di agire 1) Cfr. Cass., 13 luglio 1966, n. 1863 in Foro itai. Mass., 20 giugno 1968, n. 2048; ecc. (2) PU ritenersi ormai pacifico l'orientamento per il quale le servit di elettrodotto possono essere costituite, oltre che nei modi previsti dal t.u. 11 dicembre 1~33, n. 1775, anche mediante la procedura espropriativa. ! Ci tanto rpi a seguito del d.P. 18 marzo 1965, n. 352 (art. 9) per il }, quale ,gli elettrodotti autorizzati dalla P.A. e da costituirsi ad opera del-l'Enel, sono dichiarati di ip.u. cfr. Cass., 12 luglio 1967, n. 1732, in Foro it., PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE ' 575 in giudizio per conseguir,e il risarcimento del danno, sul rilievo che dopo la costituzione di fatto della servit di elettrodotto n.on era :intervenuto alcun atto di espropriazione, costituiva una domanda nuova per immu..1 tazione del petitum e della causa petendi originari, ha invece ritenuto che ~ff~ttivamente e fin dall'originario libello introduttivo la Rossi aveva chiesta l'indennit o meglio l'indennizzo ai sensi della legge del 1933, per non essere intervenuto atto ,di esipropriazione e che conseguentemente non si ,era in presenza di una mutatio l.ibetii in oorso di causa,. sibbene solo ,di una ammissibile precisazio~e e ,chi.ari:ficazione dell'originaria domanda. Avverso questa decisione si .appuntano le critiche contenute nel primo motivo, le quli lamentano da un lato la violazione delle normt: della legge fondamentale sull'epropriazione e di principi bas.ilari che da questa si ritraggono, nonch la violazione dellie norme del t.u. del 1933, n. 1775 e dall'altro affermano la esistenza di vizi logici, d1 omissione e di ,contraddittoriet di motivazione. Certo si in via principale, in presenza deUa qualificazione ed :interpretazione dlla domanda giudiziale, per vedt'lre quale 1sia stato il suo contenuto effettivo e quali ne sia. stata la cama petendi ;ed il petitum, onde Q.ecidere se la successiva precisazione si mantenesse nei limiti di questa ovvero addirittura I fosse suscettibile di configurare una :inammissibile domanda nuova, ed pur certo che la interpretazione della domanda giudiziale e la quaJ.i.fi.oazione delle varie richiste delle parti si risolve in un giudizio di fatto e si inquadra nel compito del giudice del merito, ma pur vero che una si:ffa.tta interpretazione non pu essere aTbitraria; ma deve essere iSjpirata a corretti pxincjpi di diritto e deve essere espressa con adeguata motivazion, scevi"a di errori fogici e di affermazioni apodittiche o contraddittorie ed i1J controllo della decisione di merito sotto siffatto profilo (immunit ,da mori di ,diritt e qa i(izi logici o di motivazione) rlentra n:el compito del giudice di legittimit.. Per quanto riguarda i -principi di diritto, nella specie ocorre ricord;n-e che la imposizione di servit coattive da parte della Pubblica amministrazione su terreni privati !PU ben seguire attraverso-la :grocedura di esprpriazione, ,di guisa che pu la amministrazione or:dinare la occupazione di W"genza per la es.ecuzione dei 1967, I, 2064; 20 luglio 1964, n. 101'8, in FMo it., 1964, .I, 1831; 15 ottobre 1963, n. 2768, in FCYro amm., 1964, I, 84 ecc. In dottrina cfr. Gnosso e DEIANA, Le servit prediali, I, in Trattato di dir. civ., 1963 ed autori ivi citati. RossANo, L'espropriazione per p.u., Torino 1964. Circa i criteri di determinazione dell'indennit per l,a costituzione della servit di elettrodotto, dettata dall'art. 123 del t.u. 1933, n. 1775, ancorch la servit venga imposta con la pll'ocedura .di espropriazione per p.u. -cfr Cass., 12 luglio 1967, n. 1732 ed altresl, con ampi richiami e riferimenti, la nota redazionale alla sentenza del Tribunale di Verona 5 maggio 1966 in Foro it., 1967, I, 162. 576 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lavori necessari alla costituzione della servit, facendo poi seguire il procedimento es;propriativo regolare che, una vol~a terminati i lavori e restituito il residuo fondo al privato, termina con fissazione delJ.'indennit per l'asservimento perpetuo e per la occupazione totale temporanea nonchij 1Per la eventuale diminuzione di valore del residuo terreno restituito con il decreto finale di costituzione della servi~. Per, come gi stato ritenuto da questa Suprema Corte, in fale caso di procedimento espropriativo per la costituzione di una servit, pur seguendosi quanto al p.rocedimento le norme ~ondamentali della legge del 1865, la determinazione della indennit va fatta sempre 1secondo i criteri dettati dalla legge speciale n. 1775 del 1933. Per quanto riguarda i criteri logici ed il 1controllo .sulla motivazione, l'esame della sentenza impugnata non pu non portare, ad avviso di questo supremo Collegio, che alla conclusione che la motivazione in Certi punti inidonea, in certi insufficienti, in altri iIJJfine contraddittoria. Infatti, in buona sostanza, l'argomento principale per giungere al convincimento che l'attrice originariamente non formul oppo~izione alla determinazione dell'indennit in forza dell'art. 51 della legge di esproprio e Che invece ftn da principio volle far liquidare l'indennit di asservimento secondo la legge del 1933 dato dal fatto che nella citazione l'attrice fondava la 1sua pretesa sulla imposizione di fatto della servit di elettrodotto e non sul riconoscimento di una procedura i.n corso. Anzitutta l'impostazione giuridicamente erronea ed inidonea, giacch -Come si gi detto in .Jiinea di diritto non basta far riferimento alla legge del 1933 ed ai suoi criteri di liquidazione, dato che in ogni caso ed anche quando si segua ila procedura della legge di espropriazione per la concreta liquidazione vanno tratti dalla legge del 1933. In secondo luogo l'affermazione completamente apodittica e non dimostrata; la sentenza impugnata si limita ad affermare che la Rossi, 1sin dalla citazione originaria intendeva chiaramente chiedere la giusta indennit ex art. 123 della legge del 1933 e non d motivazione alcuna di tale'affermazione n chiarisce da quali elementi trae la evidenza della volont della Ro,ssi espressa nella 'citazione e .tale dimostrazione era tanto pi necessaria in quanto I'Amministrazione aveva sempre I -affermato che era stata seguita la procedura dell'espropriazione per pubblica utilit, esibendo i relativi documenti, 1Prpprio su siffatta controi deduzione e su siffatti documenti l'amministrazione aveva basato la ,sua ec.cezione di inammissibilit della domanda attrice, onde sarebbe stato necessario almeno un cenno sulla detta .controdeduzione e sui relativi documenti. Invece la sentenza si attarda a dimostrare che la precisa zione in cOl'ISo di causa non era domanda nuova ma solo chiarificazione di quella originaria; certo se fosse vera 1a premessa: (proposizione origi naria della domanda di risarcimento) la conseguenza non ,potrebbe che essere quella cui giunta la sentenza impugnata, ma questa ha dimenticato che prima occorreva di.mostrare la sussistenza, della premessa, PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE sussistenza che (come dianzi precisato) non vi 1stata. N pu fa.rsi ricorso alle due argomentazioni sussidiarie, anche esse ill!ogicamente ed in:s:ufficientemente motivate. Ben vero da un lato i giudici del merito hanno ag.giunto che certo non poteva agire la Rossi se non per il risarcimento dell danno,. dato che l'occupazione si era protratta per ben quattordici anni :Senza la costituzione definitiva; anche questa una affermazione apodittica, in quanto la Corte di merito non si fermata a vedere se 'Ciononostante la procedura fosse :ancora in corso, Che poi era quello il punto fondamentale, tanto pi che 1'Amministrazione convenuta aveva posto a fondamento della sua eccezione di inammissibilit ];a pendenza della procedura espropriatiV?a che era passata attraverso le fasi dell'ocC'U! pazione di urgenza, della esecuzione dei lavori e della restituzione dei beni 1con riserva del prosieguo della procedura espropriative (deduzioni fatte proprie dalla sentenza del primo giudice); dall'aMro i giudici di appello hanno ritenuto che il loro convincimento traesse conforto dal fatto ,che il.a Rossi, con il verbale del 2 agosto 1955, avrebbe accettata l'imposizione dell servit gi di fatto .creata: quindi non sarebbe stata necessaria una espropriazione formale e iperci la Rossi non avrebbe potuto mai esperire una opposizione all'indennit da inserirsi nel procedimento espropriativo gi consensualmente esauritosi. Tale ultima a~gomentazione anzitutto contraddittoria dispetto a quella precedente basata sulla inesistenza di una costituzione di servit dopo quattordici anni dall'occupazione di urgenza, in secondo luogo anche essa apodittica ed immotivata. A quest'ultimo riguard<> vale ricordare che nelle fasi di merito si era lwgamente discusso sul contenuto e sulla natura del verbale richiama.to ed il Tribunale aveva aderito alla interpretazione di esso come di mero verbale di restituzione, dopo la effettuazione de1le opere necessarie, dei terreni residui, con salvezza dlla ulteriore procedura diretta alla definitiva costituzione della servit: 1a sentenza impugnata, invece, senza darsi caTico di alcuna motivazione ed in contrasto anche con quanto aveva affermato nell'esposizione dei fatti, d al verbale ad-. dirittura il contenuto di costituzione convenzionale della -:servit, o (il che ancora pi grave dal punto di vista giuridico) di accettazione da parte del privato di una servit di fatto cTeata dalla plUibblica ammi nistrazione. Ci che non solo contro i principi fondamentali sulla costituiione di !P'esi od oneri da parte della pubblica Amministrazione 'a carico di fondi privati, ma contro i principi sulla interpretazione degli atti privati e pubblica amministrazione e sulJla neessit della esatta ricerca della volont delle parti a .cui la stessa sentenza~ impugnata non hanno nemmeno accennato. Tutti i vizi :Suddetti impongono in accoglimento, in relazione ai punti esaminati, dal primo motivo del ricorso, giudiziale, un riesame da parte di altro giudice del merito, il quale in base a tutti gli atti .acquisiti RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 578 dovr, con esatta e logica motivazione, determinare quale sia la idonea qualificazione e interpretazione da darsi alla originaria domanda della Rossi, a siffatta indagine conseguir quelJ.a relativa alla qualificazione della richiesta, presentata in corso di causa ,se come precisazione dell'originaria domanda e come inammissibile mutamento di questa ultima. Tale indagine sar condotta tenuti presenti i principi di diritto gi fissati reliativi alla .ammissibilit della procedura di espropriazione di una servit ptibbUca su terreno privato, con l'unica differenza che i criteri per la liquidazione d~ll'indennit vanno tratti dalla legge speciale ~el 1933. Il giudice di rinvio, iruf.ne, se reso necessario .dalla indagine di fatto sulla qualificazione della domanda originaria e sulla richiesta successi.va, seguir il princijpio di diritto gi altra volta affermato da questa Suprema Corte (sent. n. 2.054.del 1966) ,secondo, U quale proposta una domanda di opposizione alla stima ex .art. 51 della leg.ge del 1865, costitu:isce inammissibile domanda nuova J.a proposizione in .corso di cau:sa della doma.nda di risarcimento del danno sulla base .della legge del 1933. -(Omissis). I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 12 giugno 1971, n. 1799 -Pres. Boccia -Est. Turiano -P. M. Minetti (conf.) -Centro Editoriale Italiano (avv. Preste) c. Istituto Poligrafico dello Stato (avv. Stato AJ:bisinni). Procedimento civile -Interruzione del processo -Nullit di notifica dell'atto riassuntivo -Appello della parte rimasta assente -Rimessione al primo giudice -Inammissibilit. (c.p.c. art. 354). Qualora ia nullit di notifica delkt comparsa di riassunzione del processo interrotto sia fatto val.ere in grado di appello dal.la parte rimasta. assente, il giudice di secoodo grado non pu rimettere lq, causa a quello di prima istanza, non rientrando tale ipotesi tra quelle tassativamente previste dagli artt. 353 e 354 c.p.c., ma deve procedere aWesame del merito in base .cil principio che i motivi di nullit si convertono in motivi di impugnazione (1). (Omissis). -Con atto di Citazione 30 gennaio 1.956 La s.r.l. Centro Editoriale Italiano (C.E.I.), in liquidazione, premesso: che nel 1949 l'Isti (1) In senso Conforme dr. Cass., 30 aprile 1953, n. 1228. Sul carattere tassativo dei 1casi previsti nell'art. 354 c.p.c. la giurisprudenza costante. (Cfu>. Cass., 6 giugno 1966, n. 1744 in Giust. civ., 1967, I, 353; 12 maggi'Q. 1967, n. 983; 13 marzo 1969, n. 800 in Foro it., 1969, I, 2669 ecc. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 579 tuto Poligrafico dello Stato, avendo iniziata nello stabilimento di Foggia la produzione di caxta da giornale in bobine, aveva raggiunto un accordo con il Consorzio Grafico Italiano e successivamente con essa istante per la fornitura di ingenti quantitativi di questo tipo di carta; che era stato fissato un prezzo indicativo. salvo ulteriori trattative, inferiore al 10 % a quello di mercat.o, in considerazione della rilevante entit della fornitura nooch della ,scadente quaUt della mer.ce; 1che questa tuttavia aveva rHevato deficienze .ssai pi gravi di quellle che i c:am,pioni consegnati facevano presumere e precisamen.te un peso superiore al normale di circa il 20-30 % dello standard, una formazione di pulviscolo, che produceva l'inconveniente di impastare i rulli, una eccessiva assorbenza della carta, che divorava inchiostro, rendeva sbavata la carta medesima e causava una pessima riuscita dei clichs pubblicitari, una scarsa resistenza alla trazione, da cui derivavano rotture di tiro; che tali difetti avevano determinato conseguenze fortemente pregiudizievoli, quali la minore utilizzazione della carta i.n rapprto al peso grafico, un .iaggior dispendio di energia di tempi e di salari per la pulizia dei rulli e per la interruzione della tiratura, un sensibil'e calo della diffUJSione dovuto a scarsa leggibilit dei giornali e la diminuzione dei proventi pubblicitari per la pessima stallliPa dei relativi clichs; che tutto ci aveva costretto esso istante a formulare continue proteste ed a respingere ingenti quantitativi di carta; che comunque sull'importo di lire 2199.782.504, reclamato dal Poligrafico dello Stato per la fornitura di q.li 31.260,57 di carta erano state versate lire 181.691.945, senonch il Poligrafico pretendeva il paga:mento del saldo, ammontante a lire 118.090.559, laddove la profonda svalutazione della merc;e doveva influire ,sulla non .ancora avvenuta determinazione del prezzo, con una serie di coefficienti di danno, pari al 25 % per il maggior peso, al 2,50 %. per la perdita di carta derivante da tagli, al 3,50 % per le Continue rotture delle trazioni, al 2,50 % jper inchiostrazione e quindi in totale al 33,50 % ; che questa percentuale, applicata alla Cifra di lire 299.782.504, comportava un addebito di lire 100.427.133, mentre sw1a cifra residuo di lire 199.335.366 andava aipiplicata un'ulte- La Cassazione ha tuttavia atfermato altresi -cfr..sentenza 24 aprile 1969, n. 1340 in Giust. civ., 1969, I, 1488 e giurisprudenza ivi richiamata, che se vero che l'art. 354 c.p.c. ha carattere tassativo, tuttavia la rimessione della causa al primo giudice si impone altresi ove la violazione attenga agli strumenti processuali destinati a darre attuazione al principio audiatur et altera pars e cio alla notificazione di qualsiasi atto, oltre che della citazione introduttiva del giudizio, preordinato anche nel corso del processo, alla costituzione delle parti. La ragione giustificativa della norma contenuta nell'art. 354 c.p.c., come rileva la dottrina, risiede invero nel fatto che il processo in primo grado sia stato condotto senza la collaborazione di una parte che non vi era stata validamente Chiamata. Cfr. ANDRIOLI, Commento c.p.c., 1960, II, 479. 7 580 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO riore riduzione del 27 %, pari a J.ire 53.825.978, a causa della minore diffusione dei giornali e della pubblicit; ne derivava una svalutazione complessiva di lire-154.253.116, riducendosi in conseguenza il prezzo della carta a lire 145_.52'9.388, ed e:sso istante che aveva ,gi versato lire 181.691.945 era rimastro in credito di lire 36.162.557; tutto ci premesso, il e.E.I. conveniva in giudizio dinanzi il Tribunale di Roma l'Istituto Poligrafico dello Stato per sentirsi condannare, previo l'accertamento delle suddette detrazioni da operarsi sul prezzo dell!a fornitura al pagamento della Somma di lire 36.162.557. Costituitosi, il Poligrafko dello Stato eccepiva l'infondatezza dei patti posti dal C.E.I. a . sostegno della domanda, che il C.E.I. poi era carente di legittimazione attiva circa la pretesa di riduzione per minor di!fusione di giornali e per perdita di pubblicit, S1Pettando ogni' azione al riguardo alle amministrazioni dei giornaU, che, in ogni caso, esercitandosi dal e.E.I. un actio quanti minoris, questa era colpita da decadenza e da prescrizione, ai sensi dell'art. 1495 c.p.c. Ci premesso ed assumendo ,che era rimaisto creditore del e.E.I. della somma di lire 118.090.559, il Polig1~afico dello Stato chiedeva il rigetto della domanda e ri'convenzionalmente la condanna della parte attrice al pagamento della somma test indicata, oltrech -degli interessi commerciali dalla data di scadenza della 1singola fattura o quanto meno dell'ultima di esse. I ' All'udienza del 2.9 ottobre 1960 la ,causa veniva cancellata dal ruolo, ai .sensi dell'art. 309 c.p.c. Con comparsa 25 settembre. 1967 il Poligrafico dello Stato provvedeva alla riassunzione della causa. In questa seconda fase del :giudizio il C.E.I. restava assente. Con 1sentenza 19 giugno 1965 l'adito Tribunale rigettava la domanda proposta del C.E.I. ed, accogliendo la domanda riconvenziO'OJale avanzata dal Poligrafico .dello Stato, ,condannava il C.E.I. al pagamento in favore del Poligrafico del:la somma di lire 118.0.90.559, oltrech degli interessi legali, a decorrere dalla data delle singole fatture. Su gravame del C.E.I., la Corte d'APiPello di Rima con :sentenza 15 marzo 1957 -confermava la decisione impugnata. ' Considerava la Corte di Appello: che era regolare la notificazione della C01llJParsa di riassunzione della causa fatta dal Poligrafico dello Stato al C.E.I.; che la domanda riconvenzionale del Poligrafico dello Stato era ammissibile, fo quanto a domanda principale veniva rigettata nel merito, ;perch prescritto il diritto alla garanzia; che il e.E.I. non poteva far valere questa neanche in via di eccezione, pe11ch decaduta da essa, per non aV'ere denunciati i vizi nei termini di leigge; . che le parti sin dal primo momento avevano ,stabilito il prezzo della carta. (Omissis). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVJLE 581 Col primo motivo di rkoriso lamenta il Centro Editoriale Italiano la yiolazione degli artt. 101 e 170 c.p.c., in relazione all'art. 360 dello stesso codke. A sostegno di tale doglianza deduce il e.E.I. che la comparsa di riassunzione della causa non fu notificata al !SUO nuovo procuratore, avv. Fortunato Romano, sicch questi non venne ia conoscenza della ri presa del processo. Ai fini di un'esatta disami~ di .tale doglianza . opportuno premet tere che l'avv. Fortunato Romanq, liquidatore del C.E.I., nel CO;t"SO del giudizio di primo grado, si COtstitui cwne procuratore di Se stesso, in sostituzione del precedente procuratore, avv. Mario. Guada.lti. Successivamente la causa venne cancellata dal ruolo, ai sensi del l'art. 3-09 c.rp.c., e la difesa del Poligrafi~o dello Stato, provvedendo alla riassunzione di es...i::a, notific la re1'ativa comparsa all'avv. Guadalti ed al Centro Ediforiale Italiano, in persona del suo liquidatore, nella sua sede, in Roma, via Francesco CriStPi, 30: Giova ancora avvertire che la copia della. compar:sa di riassunzione per il Centxo Editoriale venne consegnata a mani dell'addetta all'ufficio, . Tocci Giulia. La Corte d'Appello ritenne che 'tale notiifcazione aveva raggiunto il suo sc.opo, in quanto la comparsa di riassumione er.a staia ritualmente notificata al liquidatore del e.E.I., che riuniva in s la dtijplice qualit di legale rappresentante della 1SOciet e di procuratore in giudizio della stessa; ed alla obiezione dell'ayv. Romano che lia notificazione doveva essergli fatta presso il suo studio, in via Lucino 5, la Corte d'Appello rtspose che non avendo il e.E.I. eletto domicilio presso il ~o nuovo :pTocuratore, la notificazione era stata regolar.mente .effettuata presso la sede del C.E.r. Ci premesso, oisserva questa Corte cha tenore dell'art. 170 C.p.c., dopo la costituzione in giudizio tutte le notific;:izioni si fanno al ;procura for.e costituito;. e tali notificazioni vanno fatte nella residenza dl procu ratore, senza che all'uopo sia .necessario che l~ parte elegga domicilio presso costui. Al lume di tali rilievi da ritenere nul:La la notificazione della compar.sa di riassup.zione fatta dal Poligrafico dello Stato al liquidatore del C.E.I., in via Francesco Crispi 30. . E considerato che l'avv. Romano ha sempre contestato di avere avuto notizia di tale comparsa, da escludere che l'atto abbia raggiunto lo .scopo a cui era destinato. Ma dal fatto che la notificazion di che. si discute' deve ritenersi nulla, non possono essere derivate le conseguenze !Pretese dal ricorrente. Il principio , infatti, che i motivi di nullit si convextono in motivi d'impugnazione; il che vuol dire che il giudice d'appello non pu rimet tere la caq.sa al primo giudice, ma deve procedere all'esame del merito, 582 RASSEGNA DELL'AVVOC~TURA DELLO STATO tranne che rkorra uno .dei casi tassativamente previsti degli artt. 332 e 354 c.p.c. Ed in queste norme prevista la nullit della notificazione della I citazione introduttiva e non quella della Comparsa di riassunzione. ! La Corte d'Appello dunque in ogni ca:so avrebbe dovuto giudicare del merifo. Pertanto, va tenuto fermo in questo iPUnto il dispositivo deUa sentenza impugnata, mentre, ai sensi dell'art. 384, comma secondo c.p.c., deve esserne corretta la m()tivazione nei termini anzidetti. -(Omissis). 1 ) I ~ SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA * CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 2 febbraio 1971, n. 69 -Pres. Potenza Est. De Roberto -Grimaldi (avv. Sangior.gi) C. Ministel'o Lavori Pubblici (avv. Stato Carafa) e. Comune di Enna (n. C.). Edilizia -Determinazione ministeriale delle localit soggette alla normativa antisismica -Varianti da apportare alle costruzioni in corso -Impugnazione -Interesse ... Non sussiste. (art. 25 I. 25 novembre 1962, n. 1684). Il provvedimento dei Ministro dei LL. PP. che, indudendo un Comune tra ie locaZit sottoposte alla legislazione antisismica, conferisce ai Genio Civile il compito di stabilire ie varianti da apportare aize costruzioni in corso, ha natura regoiamentare e non idoneo ex se a produrre in via immediata nella sfera di terzi effetti pregiudizievoZi, che andranno, infatti, se dei caso, ricoUegati alla eventuale successiva attivit di attua- zione del Genio Civile (1). (1) La massima da approvare costituendo l'applicazione di principi generali. ' CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 2 febbraio 1971, n. 74 -Pres., Mezzanotte -Est. Giura -Filotico (avv. Della Ratta e Malavasi) C. E.N.P. A.S. (avv. Stato Danari). Impiego pubbli~o -Previdenza e quiescenza -Legge 5 dicembre 1964, n. 1268 -Illegittimit costituzionale -Non sussiste. (artt. 1 e 2 I. 5 dicembre 1964, n. 1268). La normativa in materia di quiescenza introdotta dalla iegge delega 5 dicembre 1964, n. 1268, nel ripartire in due tempi diversi Z'attuazione (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha collaborato anche l'avv. FRANCESCO MARIUZZO. 584 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO delle nuove provvidenze previste in connessione con l'esigenza di reperire i fondi necessari, non. si pone in contrasto n con l'art. 35 della Costituzione, da.ta la sua natura programmatica, n col principio di eguaglianza di cui all'art. 3, che non trov:a applicazione nel caso di specie, ove la diversit di al.iquota prevista per determinare l'ammontare della indennit di buonuscita rispetti1Jamente con decorrenza 1 gennaio 1965 e 1 marzo 196.6 trova la sua giustificazione nel maggior onere contributivo introdotto per i beneficiari collocati a riposo in epoca successiva (1). (1) La massima da approvare, costituendo applicazione corretta dell'art. 3 Cost., la cui previsione generalissima in materia di uguaglianza !Postula, infatti, per la sua applicazione l'identit delle ,situazioni che si assumono diversamente disciplinate (cfr. Sez. IV, 7 maggio 1969, n. 142, in Consiglio di Stato (1969, I, 729; V, 14 giugno 1963, n. 420, ivi, I; 978). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 5 febbraio 1971, n. 79 -Pres. Mezzanotte -Est. Melto -Soc..imm. Calabra (avv. Sorrentino) c. Enel (avv. D'Audino V. e F.) e C.I.P.E. (n. c.). Cosa giudicata -Giudicato amministrativo. Potere-dovere di proce-. dere al riesame ed alla rinnovazione dell'atto annullato in sede giurisdizion,ale -Esistenza di un termine perentorio -Rinnova vazione dell'atto dopo ,la scadenza del_ termine -Illegittimit. (art. 17 d.l. 18 marzo 1965, n. 342). La normale potest dell'Amministrazione di rinnovare un atto in precedenza annullato in sede giurisdizionale, che si esercita ordinariamente entro i limiti derivanti dal contenuto del giudicato e dal possibile mutamento dei presupposti di fatto e di diritto, deve, tuttavia, ritenersi non sussistente, qwando l'adozione di un 'P'.ovvedimento sia collegato ad un termine predeterminato e perentorio; in tale fattispecie, infatti, una volta che, anteriormente alla pronuncia di annullamento, il termine suddetto sia gi decorso non pu essere riconosciuto all'Amministrazione il potere di rinnovare l'atto, in quanto detta attivit si traduce, trattandosi di atto nuovo e distinto da quello an'l'l:uliato, in una violazione del termine pe1entorio previsto dalla legge (1). (l) Sul principio generale cfr. IV, 22 mag.gio 1970, n. 390 in Consiglio di Stato, 1970, I, 856). PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 585 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 9 febbraio 1971, n. 88 -Pres. Mezza notte -Est. De Roberto -Pernumia~(avv. Brusca) C. Ministero Grazia e Giustizia (avv. Stato Dallari). ' Impiego pubblico -Ufficiale Giudiziario -Obblighi di Servizio -Annotazioni sui registri di cui all'art. 118 della legge 15 dicembre 1959, n. 1229 -Illegittimit costituzionale -Non sussiste. (art. 118 I. 15 dicembre 1959, n. _1229). Impiego pubblico -Sospensione cautelare -Omessa specificazione della decorrenza -Legitti:init. Impiego pubblico -Sospensione cautelate -Inosservanza de~li ob blighi di annotazione ex art. 118 l~gge 15 dicembre 1959, n. 1229 Gravit dei fatti -Motivazione -Sufficienza. (art. 119 I. 15 dicembre 1959, n. 1229). Impiego pubblico -Sospensione dall'impiego -Mancata contestazione dell'addebito -Illegittimit. L'obbligo di provvedere all'annotazione sui registri cronologici degli aiti di cui stata richiesta ia notifica, secondo qanto stabil.ito da.I.l'ar ticolo 118 della legge 15 dicembre 1959, n. 1229, concreta un modesto adempimento, che pur dovendo essere realizzato entro termini tassativi, non contrasta in aicun modo con l'art. 36 della Costituzione (1). La mancata indicazione del dies a quo nel provvedimento di sospen sione cautelare n011, rende lo stesso illegittimo q'U. Trattasi di r~gioni tutte puntuali che vanno condivise. Ma ad esse pu esserne aggiunta un'altra di ordine storico che appare di non scarso rilievo. L'art. 701 dell'abrogato codice di commercio prevedeva espressamente e i debiti a scadenza obbligatoria a carico del fallito> disponendo che essi si consideravano scaduti per effetto della dichiarazione di fallimento. Tra i crediti a scadenza obbligatoria erano ricompresi 1sia i crediti a termine che quelli condizionali (v. per tutti BoNELLI, op. cit., vol. II, p. 614 ss., spec. 619 ss.). Per detti crediti non era per prevista l'ammissione con riserva, che invece era obbligatoriamente prevista per i crediti .contestati dall'art. 766 gi ricordato. Peraltro, la dottrina (v. ancora BoNELLI, op. cit., p. 620, ove in nota 3 richiami di dottrina conforme e di le~slazione stranira) era concorde non solo nell'assimilare i crediti condizionali a quelli cntestati, ma riel sotto porre i.primi alla disciplina di questi ultimi e cio di non ammetterli alla ripartizione disponendo solo per essi .accantonamenti fino a che del credito non fosse stata definitivamente accertata la esj.stenza. La nuova legislazione, mentre ha distinto (nell'art. 5'5) opportuna mente i crediti a termine (ammettendoli direttamente a concorso) da quelli condizionali (per i quali ha previsto l'ammissione con riserva: artt. 55, 3 comma e 95 2 comma), non ha pi ricordato quelli contestati. Ma evidente ehe il legislatore non ha inteso con ci escludere l'assimilazione tra crediti condizionali e crediti contestati che era pacifica nella disciplina previgente. PARTE I:. SEZ. V, GIURISPRUJ>ENZA TRmUTARIA 593 una condizione dell'obbligaone, ma un onere per la non perdita di un vantaggio giuridic~ oppure una semplice modalit di esecuzion di un obbligo. L'interpretazione qui sostenuta suggerita altresi da considerazioni di natura sistematica. La previsione del.1'.ammissione al passivo con riserva non sofo dei crediti condizionali.ma .anche di quelli per i quali non sono stati presentati i documenti giustificativi, si basa sulla considerazione che il giudice delegato non pu attual'J:nnte verificare la certezza, la liquidit e l'esigibilit dei Crediti, senza peraltro t;lvere elementi per escl!udere tali ql,lalificazioni: considerazione valida anche per i ere". dlti de.i quali sia in corso l'accertamento giurisdizionale, che. debbono es~ere periei soggetti alla mede8ima diJScipJ:ina. Diversamente si verificherebbe l'incongruenza che un credito sospensivamente condizionato, cio non certo, avrebbe un trattamento preferenziale rispetto ad un credito m,eramente contestato, per il quale cio ilfatto ca.usale, allegato come reale e certo, dal debitore negato in toto o quanto all'efficacia . ad esso attribuita dal creditore~ con la conseguenza, addirittura irrazio- Ci .potrebbe smbrare contrastato dal 30 comma dell'art. 95, il quale prev~e che "se il credito risulta da sentenza non passata in giudicato, necessaria l'impugnazione se non 1si vuole ammettre il credito>, Peraltro, c()me esattamente rilevato dall decisione che si esamina, tale norrna non intend~ affatto stabilire il principio che quando un credtto contestato davanti .ad un giudice diverso da quello fallimentare, questo ultimo possa senz'altro escl'q.dere il credito dal concol'!so. Al contrario essa fissail principio opposto, e cio della riletranza degli accertamenti, J.ntervnuti prima del fallimento; nei confronti dell'amministrazione fallimentare, salvo che detti accertamenti non.siano ancora definitivi, nel qual caso consentita l'impugnazione del provvedimento da parte del Curatore avanti al giudice competente. Ma ;mche nel caso -che l'ufficio fallimentare deliberi di proporre impugnazione non-ipU ritenersi, come vorrebbe una parte della dottrina (PiRoVINCIALI, Manuale di diritto faliime'lbtare, Milano 1964, 't"ol. II, :p. 1125, nota 102) che il giudice delegato possa esclud~re il credito id.al passivo (in realt l'A. cit. tempera poo dopo tale sua affermazione ritenendo che logicamente non dovrebbe neppure escluderlo il credito: dovrebbe sospendere di provvede're sulla domanda sino alla statui;zione definitiva nella causa precedente "). Al contrario anche in tale ipotesi il credito contestato dovr essere ammesso, ma con riserva e non in via definitiva nel passivo fallimentare, oride non privarlo di quelle garanzie che sono assicurate ai crediti condizionati' (conf. SATTA, Istituzioni di diritto fallimentare, Roma 1964, p. 263, nota 451, secondo il quale, per, il giudice delegato av:rebbe solo il potere e non il dovere, come .sembra invece a chi scrive, di ammettere il credito can riserva). Sembra, quindi, che proprio lo sviluppo storico della legislazione porti ad assimilare perfettamente i crediti contestati avanti a giudici diversi da quello fallimentare a quelli condizionali. 594 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nale, che il credito contestato, ove iJ. giudizio di accertamento non possa essere trasferito al tribunale faliimentare, dovrebbe ritenersi lnsussistente ~come si esprime la sentenza impugnata -agli effetti del processo fallimentare, nel quale generalmente si realizza e si esaurisce la responsabilit patrimoniale dell'imprenditore fallito, e con 1'a conseguenza ulteriore di stabilire una discriminazione tra crediti i cui a.ccertamenti possono essere trasferiti al tribun.ale fallimentare e crediti in relazione ai quali il processo di ac.certamento in .corso non pu essere traslato : distinzione che non nella liegge e che sarebbe contraria ai principi relativi alla tutela giurisdizionale dei diritti di credito, la cui realizzaz.ione, ri1sipetto al fallimento del debitore, non pu dipendere dal diverso ordine di giurisdizione stabilito per le azioni di accertamento. L'interpretazione estensiva che qui si sostiene non contraddetta, come ha ritenuto la sentenza impugnata, d:alla disposizione del terzo comma dell'art. 95 legge fall., secondo cui, se il credito di cui sia ,stata Esatto appare anche il secondo insegnamento contenuto nella sentenza che si annota e cio l'affermazione secondo cui, nell'ipotesi che il giudice delegato rigetti la domanda di ammissione con riserva e il creditore proponga opposizione allo stato passivo, il Tribunale, a seconda della domanda spiegata dall'opponente, deve disporre che il credito sia ammesso con riserva all'esito dell'accertamento definitivo (v. sul pnto i rilievi contenuti nella nostra citata nota), oppure sospendere di provvedere fino alla pronunzia definitiva da parte del giudice competente. appena tuttavia il caso di sottolineare che a questa seconda solu zione (.sospensione del giudizio), il Tribunale potr pervenire solo se non vi sia una richiesta di ammissione con riserva ed egli sia privo di giurisdi zione a decidere sulla controversia pendente. Un'ultima osservazione. L'insegna:m.ento contenuto nella massima ricavata dalla :sentenza che si annota riflette il Caso di una domanda di ammissione tempestiva di credito contestato. Si pu chiedere se la soluzione acolta valga anche nella ipotesi in cui il credito contestato sia insinuato in via tardiva. La soluzione affermativa a tale quesito .sembra la sola conseguente alle premesse. Invero,. nel caso che il credito, contestato avanti a diverso giudice competente, sia insinuato in via tardiva, il giudice delegato, od il Tribunale fallimentare, non potrebbe non ammettere il credito con riserva del suo definitivo accertamento avanti ili giudice competente, sussistendo anche in tale situazione le stesse ragioni che giustificano detto provvedimento nel caso di insinuazione tempestiva. Invero, come nulla vieta che anche in sede di insinuazione tardiva possa ammettersi con riserva un credito condizionato, cosi riulla vieta, anzi il sistema impone, l'ammissione con riserva dei crediti per i quali non sia possibile risolvere avanti al Giudice fallimentare la relativa con troversia. A. Rossi PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA chiesta: l'ammissio:Q:e al passivo del fallimento risulta da sentenza non passata in giudicato, necessaria l'impugnazione per escluderlo. Tale -norma fa .salva l'effi.cada della sentenza di accertamento gi pronunciata (;se essa non viene impugnata), ponendo un limite al potere del giudice delegato quanto alla verifica dei crediti per la formazione dello stato passivo, ma non disciplina, in linea generale, gli effetti della sentenza sui procedimenti di accertamento dei crediti, . pendenti alla data della dichiarazione di fallimento. Tali effetti sono retti dal principio che nei limiti in cui il fallito perde la legittimazione processuale, a lui subentra il curatore e, nel concorso dei necessari presupposti pro'cessuali, il processo prosegue e produce effetti direttamente n~i confronti dell'amministrazione fallimentare; questa,.pertanto, non pu disconoscere J.a realt pr9cessuale della quale divenuta soggetto e considerare inesistente il credito per il solo fatto che il procedimento di accertamento del medesimo pendente presso un giudice diverso dal tribunale fa1limentl;lre. In virt dell'interpretazione qui ribadita della disposizione contenuta nel sec.ondo comma dell'art. 95 legge fall.; deve riconfermarsi che il credito d'imposta, Tisultante da accertamento che sia stato contestato dall'imprenditore iPOi dichiarato fallito e per il quale 1sia pendente controversia dinanzi alle Commissioni tributarie, soggetto .alla disciplina della suddetta disposizione; con la conseguenza .che ove il giudice .delegato rigetti la domanda di collocazione del credito con riserva fra i ere.diti ammessi e l'Amministrazione finanziaria proponga Op[posizione a norma dell'art. 98 legge fall., U tribunae fallimentare deve, a seconda del petitum, disporre che il credito escluso sia ammesso con riserva della decisione favorevole delle Commissioni tributari.e o sospendere di provvedere sull'opposizione fino alla pronuncia definitiva del.le dette Commissioni, in applicazione dei' principi della pregiudizialit. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 gennaio 1971, n. 20.5 -Pres. Pece Est. Leone -P. M. Caristo (.conf.) -Provincia di Grosseto (avv. Morante) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cavalli). Impost~ di registro -Agevolazioni per le opere di interesse degli enti locali -Strade provinciali :.. Opere di completamento -Cilindratura bitumatura correzione e ampliamento del tracciato di strade esistenti -Non costituiscono lavori di completamento -Esclusione delle agevolazioni. (I. 3 agosto 1949, n. 589, art. 2; l. 15 febbraio 1953, n. 184, art. 2). Agli effetti dell'art. 2 della legge 3 agosto 1949, n. 58:9, modificato dall'art. 2 della legge 15 febbraio 1953, n. 1814, che contiene una elenca 596 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione tassativa di opere agevolate, il completamento delle strade, assimilato alla costruzione, consiste nella fase ultima e posticipata della costruzione, quando i te.mpi di questa siano tenuti distinti ai fini del finanziamento delle opere relative; la sistemazione straordinaria consiste invece nel riordinare una strada esistente, riparandone i guasti e le deficienze, anche notevoli, che ne pregiudicano la funzione in Telazione alle esigenze del traffico che su essa si svolge e ai quali non possa provvede1si con la manutenzione ordinaria. I lavori di cilindratura e bitumatura, cor1l'ezione e ampliamento del tracciato di una strada preesistente rientrano nel concetto di sistemazione e ad essi non si estendono le agevo~ lazioni previste soltanto per le opere di costruzione e completamento, sempre che non si tratti di: cilindratura e bitumatura di strade interne agli abitati (1). (Omissis). -L'Amministrazion~ ricorrente censura la sentenza perch la Corte d'Appello, pur avendo riconosciuto in fatto che erano stati COill!Piuti lavori di correzione ed ampliamento del tracciato stradale e di cilindratura e bitumatur, al fine di rendere la strada adatta alle . esigenze del traffico, ha escluso l'applicabilit dei benefici fiscali, qua . lifcando i lavori medesimi come lavori di sistemazione e non come lavori di completamento. La Corte avrebbe malamente interp!retato l'art. 2 della legge 15 febbraio 1953, n. 184, dando una portata restrittiva al ,concetto di completamento. In tale concetto, invece, rientrerebbero tutte le varie ipotesi di ultimazione e di esecuzione di strade la cui costruzione sia gi stata iniziata e quindi anche l'ipotesi di bitumatura e quella di adeguamento della strada alle nuove esigenze del traffico. Riferita la locuzione costruzione alla creazione di strade o d:i tronchi di strade non ancora esistenti, il completamento non potrebbe riferirsi che a strade gi esistenti e, di conseguenza, non vi potrebbe essere differenza apprezzabile tra completamento e sistemazione di strade. Il fatto che per le strade interne agli abitati e che sono tutte in quaxche modo gi esistenti l'art. 2, n. 3 della legge in esame abbia previsto la sistemazione straordinaria, convaliderebbe l'ampia accezione del termine completamento, avendo volu.to il legislatore estendere i benefici a tutti i lavori comunque diretti a migliorare ed a rendere pi funzionale la rete stradale. La censura priva di giuridico fondamento. Deve anzitutto escludersi che intento delle leg.gi in esame sia stato quello tanto aID1Pio ora indicato. Si legge nella Relazione alla Camera dei deputati sul disegno di queHa che fu poi la legge n. 589 del 1949, (1) Cfr. nello stesso senso Cass., 27 gennaio 1971, n. 204, in questa Rassegna, 1971, I, 423 e in senso contrario 3 dicembre 1970, n.,-2532,. ivi, .1971, I, 121. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 597 ' che con tale disegno s' voluto agevolare l'esecuzione delle opere pubbliche che attengono ad esigenze essenziali del vivere civile e di bonifica sociale, quali la viabilit minore, le opere igieniche ecc. ,,, con speciale preferenza alle opere produttive di pi diretto rendimento per l'economia nazionale e facndo ricorso a sistemi di pagamento differito, -riconosciuti inevitabili, data la situazione di bilancio. La dettagliata elencazione delle opere pubbliche agevolate fatta dalla legge e la variazione del contributo statale a seconda della natura delie opere confermano che la leg.ge, pur ampia nel suo c_ontenuto di concorso dello Stato alla esecuzione di opere pulJ,bliche di interesse degli enti locali, indica tassativamente le opere pubbliche agevolate, .perch ritenute produttive e ri.spndenti ad esigenze essenziali, tali do da ave.re ,priorit in relazione ai mezzi finanziari disponibili. In secondo luogo, in una disciplina normativa di agevolazione tributaria basata sulla Q.istinzione tra costruzione o completamento di strade, da una parte, e sistemazione (straordinaria) di strade, dall'altra, sistemazione ovviamente distinta dalla manutenzione ordinaria, la differenziazione tra completamento e sistemazione non pu essere obliterata dall'interprete con l'afferma:iione che Completamento sinonimo di sistemazione straordinaria : tanto pi che nella stessa legge, sia ipure ad altri effetti (per le strade comunali), la detta distinzione utilizzat per differenziare il contributo statale, concesso per i lavori di costruzione o completamento delle .strade in misura maggiore che per i lavori di sistemazione straordinaria. D'altra parte, alla determinazione dei concetti espressi con le altre locuzioni ora riferite non sembra che giovi la consideraziine, svolta nella sentenza impugnata, che le fonti legislative in esame, a proposito della sistemazione straordinaria delle strade, specifi.cano che tale sistemazione pu consistere nella cilindratura e nella bitumatura. In relazione alle normali esigenze del traffico mQderno, svolto in modo quasi assoluto con veicoli a motore di notevole velocit, la tecnica applicata nella costruzione di nuove strade dell'importanza delle strade provinciali comporta normalmente la cilindratura e la bitumatura delle strade medesime, come elementi costitutivi di queste; e, di conseguenza, non pu escludersi che le dette due operazioni possano rientrare anche nella nozione di ello ha poi rilevato che i li.avori stradali rfnanz:tati col mutuo, cui si riferiva l'imposizione tributaria., sono consistiti in opere di sistemazione delle strade provinciali non interne agli abitati, come risultava sia dal rogito ..di mutuo, sia dalla deliberazione consiliare autorizzante la .conclusione del" PARTE I, SEZ. 'V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA mutuo, 1sia infine dalla relazione finale a11'autorit tutoria: sicch difettava il .requisito che i lavri di sistemazione riguardassero strade provinciali interne agli abitati; necessario perch essi potessero godere del_ contributo statale e l'atto del relativo mutuo potesse usuf~ire, a norma dell'art. 18 della legge n. 589 .del f949, del trattamento :fiscale stabilito per gli atti stipulati dallo Stato. Sicch il denunziato vizio di violazione .e falsa applicazione delle norm.e innanzi richiamate non sussiste. Col secondo mbtivo la ricorrente censura la :sentenza d'appello per insufficiente e contracldittoria motivazione sul punto dell'accertamento dei lavori de.stinati ad .-essere finanzianti ;col mutuo de quo: l~ Corte di merito avrebbe ritenuto 1contraddittoriamente che tutti i lavori contemplati fossero. di cilindratura. e bitumatura, dimenticando di aver detto che era prevista anche la correzione e l'ampliamento del tracciato stradalie. Anhe questa seconda censu.ra in.fondata. La Corte qi merito .si limitata a prendere atto che la stessa Amministrazione provinciale aveva sempre qualificato i lavori finanziati col mutuo per cui causa come qpere di sistemazione delle strade gi esistenti nel loro completo tracciato: ed aveva "eSsa stesisa ompreso nella sistemazione con tal mezzo attuata la correzione e l'ampliamento del tracciato stradale : correzione ed ampliamento che la Corte non h accertato essere in concreto avvenuti. Non c'era infatti. necessit di tale . . accertamento, :sia. perch, per le cose dette inn:anzi, anche la correzione e l'ampliamento del tracciato stradale rientrano nella .nozione di sistemazione straordinaria delle strade, sia pereh, agli effetti della registrazione degli atti, deve esser preso in COlllSiderazione il Contenuto dell'atto ~esentato agli uffici, e8cluso ogni rifer.imento a fatti o com:Portamenti ricavabili aliunde: e nella specie il rogito di mutuo ipresentato per la registrazione dichiarava che il '.prestito concerneva 1somma destinata ad opere .di sistemazione delle strad~ provinciali. -(Omissis). I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 fbbrafo 1971-, n. 338 -Pres. Pece Est. Mazzacane -P. M. Caristo (con.f.) -Ministero delle Finanze (avv. . Stato Cavalli) c. Soc. Tritone di Montefeltro (avv. Pacifici). Imposta di registro -Scioglimento di societ; -Assegnazione ai soci di beni sociali -Immobili acquistati o costruiti dalla societ con denaro sopiale -lmpos~a graduale -Necessit che l'assegnatario sia gi socio prima dell'acquisto o della costruzione. -Esclusione. (r.d. 30, dicembre 1923, n . .3269, tariffa A, art. 88 lett. b). 600 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Ingiunzione -Opposizione -Posizione processuale delle parti -Azione riconvenzionale della Finanza -Separazione dalla opposizione dell'attore -Ammissibilit. (c.p.c. art. 36). Sono soggette aU'imposta proporzionale le assegnazioni di immobili ai soci di societ azionarie nonch, negli altri tipi di societ, le assegnazioni di immobili in favore di persona diversa da queiia che confer l'immobile. Sno invece soggette alla sola imposta gradual,e le assegnazioni di immobili effettuate al conferente ovvero relative ad immobili acquistati () costruiti dalla societ; non ha rilevanza il momento, anteriore o posterio1e all'acquisto, in cui il socio assegnatario entrato a far parte della societ (1). L'Amministrazione Finanziaria dello Stato, convenuta nel giudizio di opposizione all'ingiunzione fiscale, pu proporre domanda riconvenzionale deducendo un diverso titolo a giustificazione della ingiunzione per l'ipotesi che essa venga riconosciuta illegittima; ci si verifica quando l'Amministrazione, traendo occasione dalla domanda contro di essa proposta, oppone un'altra contro-domanda e chiede un prov'Qedimento positivo, sfavorevole all'attore, che vada oltre il rigetto della domanda principale, come nel caso in cui si impugni l'atto tassato di simulazione allegando l'intento fraudolento dei cont1aenti di sottrarsi al pagamento dovuto per i normali trasferimenti immobiliari. In tal oaso il giudice pu separare, con suo potere discrezionale (art. 36 c.p.c.), la decisione sulla domanda riconvenzionale da quella sulla domanda principale (2). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 febb:i:-aio 1971, n. 493 -Pres. Rossano -Est. Novelli -P. M. Del Grosso (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano) c. Berga (avv. Vitali). ---- ---- Imposta di registro -Interpretazione e qualificazione dell'atto -Simu- lazione -Impugnazione .-Azione riconvenzionale. (r.d. 30 di~embre 1923, n. 3269, art. 8). L'Ammini.strazione finanziaria, nel valutare l'atto tassabile, deve aver riguardo agli effetti da esso desumibili con l'uso dei normali mezzi I (1-3) La prima sentenza suscita perplessit quando afferma che la Fi I nanza deve proporre un'azione riconvenzionale per dedurre un diverso .. titolo a giustificazione dell'ingiunzione; ed singolare che questa sentenza PARTE I, SEZ. V, GI.URISPRUDENZA TRIBUTARIA 601 di interpretazione, e pu rilevare non soltanto l'erroneit di intitolazione o l'ambiguit deU'atto ma anche la simulazione relativa ricercando gli effetti giuridici diversi da quelU desumibili dal titolo o q,cilla forma. L'Amministrazione pu inoltre, come terzo, chiedere giudizialmente,anche in via riconvenzionale nel giudizio di opposizione an'ingiunzione fiscale, l'accertamento di tale simulazione. Ove l'azione riconvenzionale non sia stata proposta, nel qualificare l'atto secondo l'art. 8 della legge di registro, non sono ammesse indagini sulle finalit persegute dalle parti e non consentito rilevare divergenze tra. volizione e manifestazione della volont.non desumibili dall'atto, s che 'l,l.n atto non. pu essere tassato in modo difforme dalla sua specifica intrinseca natura per il fatto che esso, collegandosi ad atti anteriori, produca un effetto divergo ( applicazione all'ipotesi di assegnazione di immobili sociali a soci appena entrati nella societ che a titoio di-conferimento abbiano versato il prezzo di venq.ita) J3). I \ (Omissis). _,_ Con il primo motivo l'Amministrazione denuncia la violazion degli artt. 4, 8 e 48 r.d. 30 dicembre 19213, dell'art. 88 tar. ali. A al r.d. 30 dicembre 1923 e dell'art. 22'47 c ..c. in relazione all'a.rticolo 360 n. 3 c.p.c., nonch difetto di motivazione della sentenza impugnata per insufliciente"od omessa motivazione. L'Amministrazione sostiene che il titolo giuridico per il quale essa aveva richiesto il pagamento della in11Posta proporzionale era ,costituito daU'art. 88 n. 2 lett. a) della tariffa ali. A. alla legge di registro, che tale titolo fu mantenuto fermo nel corso dei giudizi di merito, senza che vi fosse, da parte di essa Am precisi che si ha la domanda riconvenzionale quando il convenuto opponga na controiomanda e chieda un provvedimento positivo sfavorevole al l'attore che V'ada oltre il rigetto della domanda principale, affermazione che sarebbe esattissima (v. Oass., 27 gennaio 1971, n. 202, in questa Ras segna, 1971, I, 420) proprio per escludere che si concreti in una domanda riconvenzionale l'eccezione dell'.A:rrillinistrazione convenuta diretta esclu sivamente a contrastare la domanda princiipa[te senza andare oltre il suo rigetto. Ambedue le sentenze affrontno il tema pi specifico della necessit che la Finanza impegni di simulazione l'atto tassato, quanto meno con la domanda riconvenzionale, quando intenda :ricercare in esso effetti diversi da quelli apparenti. La .questione di merito sulla tassazione dell'atto di assegnazione del l'imtnobile ai soci che nel modo pi evidente maschera un comune negozio di compravendita, era gi stata decisa pi volte in sen.so favorevole al , contribuente (Cass., 10 dicembre 1'970, n. 2623, in questa ~assegna, 1971, I, 142 .con nota critica: e rkhiamo di precedenti). Bisognava tuttavia de terminare se e come la Finanza avesse il potere di far risultare l'effetto concreto (trasferimento) dell'atto attraverso la simulazione dell'atto tas 602 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ministrazione, alcun riconoscimento di errore e di mutamento del titofo giuridico stesso, contrariamente a quanto affermato dalla Corte del m:erito con ;palese travisamento dei fatti; che l'interpretazione data all'articolo 818 tar. ail. A alla legge di registro ~ erronea poich non sufficiente l'apparente qualit di socio per :ap;plicare n n. 2 lett. b dell'articolo citato, ma ocorre prendere in considerazione l'intrinseca natura dell'atto allo .scopo di accertare i sostanziali rapporti inter.corsi fra le parti, onde evitare elusioni fiscali da parte di estranei entrati come nuovi soci nella societ alla vigilia del suo scioglimento con il preordinato scopo di acquistare la propriet di immobili della societ medesima, senza incorrere nel pagamento di imposte di trasferimento pi onero.se. La censura infondata. irrilevante che la Corte del merito abbia ~ttribuito alla difesa dell"'Amministrazione di aver riconosciuto un errore commesso dall'Ufficio del Registro di Torino, poich essa ha esaminato nel merito la pretesa fiscale fatta valere dall'Ufficio stesso in base all'aJ.'.'f;. 88 n. 2 lettera aall. A alla legge di registro, e l'ha dichiarata illegittima. In proposito deve rilevarsi che l'art. 88 cit. assog,getta :ad imposta proporzionale di trasferimento le assegnazioni di immobili ai ,soci di societ azionaxie (in ogni caso), nonch le assegnazioni di beni immobili a saldo di quote sociali negli altri tipi di societ, quando la assegnazione avvenga a favore di persona diversa da chi conferi J.'immobile. Se invece si tratta di mobili, o di immobili di rsociet azionarie che siano assegnati al conferente, oppure di immobili acquistati o costruiti da socet non azionarie, prevista la applicazione dell'imposta graduale. Il tenore della norma inequivoco e non consente, in base ad una pretesa ratio -che non pu essere desunta da una particolare esigenza sato o, rpi esattamente, attraverso l'accertamento di un negzio collegato. il evidente che un tale accertamento non ha nessun effetto autonomo e separato dalla determinazione dei criteri di tassazione, si che non pu di certo parlarsi di un'impugnazione .del negozio che non sia incorporata.nella controversia di imposta (e ci vale anche ai fini della competenza); appare quindi sorprendente. la prima pronuncia che ritiene separabile la domanda riconvenzionale della Finanza dalla opposizione dell'attore; a che cosa ' dovrebbe servire la successiva pronuncia in separato giudizio (nel quale la Finanza dovrebbe essere attrice) sulla simulazione dell'atto, dopo che stata decisa la questione sulla tassazione di quell'atto, non dato comprendere. Posta detta inscindibilit, altres evidente che la Finanza, in sede di tassazione e nella controversia innanzi alle Commissioni che precede la possibile proposizione dell'azione riconvenzionale, gi ha, con i poteri dll'art. 8, qualificato l'atto come _negozio simulato o indiretto o collegato; di conseguenza di detta questione l'opposizione del contribuente investe il giudice ordinario con la controversia di imposta (e i presupposti di essa)._in ordine alla quale la Finanza, senza nulla chiedere come attore in riconven-zione, dev.e solo difendere la legittimit della pretesa fi.sale (C. BAFILE, l . i! I j j PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 603 logica o sistematica -alcuna distinzione nel trattamento dei .soci in base al momento in cui essi sono entrati a far parte della ,societ. Pertanto esattamente, con esauriente motivazione, la Corte del merito ha dichiarato illegittime le ingiunzioni in base al titolo giuddico invocato cn le ingiunzioni opposte, essendo pacifico che gli alloggi furono costruiti dalla soc. in ace. semplice Tritone. E con tale dichiarazione la Corte ha esaurito l'esame del thema decidendum proposto con le ingiunzioni fiscali. Non vale quindi obiettare che per l'art. 8 della legge organica .del registro le situazioni negoziali, oggetto della 4uposizione tributaria, devono essere val{itate, ai fini della tassazione, con riferimento al contenuto intrinseco del rapporto, e che la Corte avrebbe dovuto, per effetto di tale norma, ritenere gli ~..tti per not. Manacorda soggetti alla imposta proporzionale dovuta per gli atti di trasferimento immobiliare, in quanto simulati e diretti a realizzare trasferimenti immobiliari con un onere fiscale meno gravoso. infatti in tal modo l'Amministrazione non poneva un problema di interpretazione dell'atto (in base al citato axt. 8) bens introduceva, come esattamente ha ritenuto il giudice del merito in contrasto con la tesi ancor oggi sostenuta dalla ricorrente con la censura esaminata, un nuovo titolo giuridico; un divevso thema dec;idendum costituito dalla pretesa -fatta valere mediante a,w>osita domanda riconvenzionale -di escludere la veste di soci negli attuali resistenti. Con il secondo mezzo l'Amministrazione denuncia la violazione del l'art. 36 c.p.c., dei principi sulla interpretazione della domanda (art. 163 c.p.c.) e sulla qualificazione giuridica dell'azione, in relazione all'art. 360 c.p.c. Sostiene che il giudice del merito avrebbe dovuto accertare il con- Ancora sull'azione riconvenzionale della Finanza nel giudizio di opposizione all'ingiunzione fiscale, in questa Rassegna, 1969, I, 916). La prima delle decisioni in il"assegna ritiene sempre necessaria la do manda riconvenzionale quando la Finanza voglia, adducendo la simulazione (rectius: il collegamento), introdurre un nuovo titolo giuridico a sostegno della medesima pr.etesa di imposta, e tale azione riconvenzionale sarebbe anche formalmente autonoma al punto da poter essere separata dalla con troversia di imposta. L'erroneit di tale affermazione dsulta evidente; basti considerare che su tale premessa, negando cio che la simulazione possa opporsi in sede di determinazione dell'intrinseca natura dell'atto ex art. 8, una tale questione non potrebbe mai essere definita innanzi alle commis sioni che evidentemente non possono conoscere di una domanda riconven zionale veramente tale. La seconda decisione invece riconosce alla Finanza sia il potere, ex art. 8, di rilevare la simulazione evidenziando effetti giuridici d~v,ersi da quelli desumibili dal titolo o dalla forma, sia il potere di chiedere, come terzo, anche in via riconvenzionale, l'accertamento di tale ,simulazione. Da ci dovrebbe discendere che l'impugnazione in via riconvenzionale non sia necessaria, almeno quando la simulazione sia gi stata rilevata, pi o meno esplicitamente, in sede di tassazione e che si possa quindi, indipendente 604 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tenuto dell'azione, .costituito dall'oggetto intrillJSeco della pretesa dedotta in giudizio, che nel caso concreto il petitum sostanziale era costituito dalla domanda di pagamento della imposta proporzionale di registro sull'atto Manacorda; rispetto alla quale la richiesta di simulazione dello stesso aveva solo carattere strumentale, che pertanto la deduzione di simulazione degli atti Manacorda, formulata per giustificare la pretesa tributaria, non costituiva una domanda riconvenzionale ma una eccezione compresa nell'ambito della materia sotto.posta alla cognizione del giudice, onde questi non avrebbe dovuto n ,potuto separare la pronuncia sulla domanda dell'opponente-attore, da quella sulla eccezione dell'Amministrazione convenuta. La censura infondata poich pur partendo da premesse in parte esatte giunge a conclusioni inaccettabili, nel caso in esame. L'Amministrazione finanziaria .dello Stato, convenuta nel procedimento di opposizione ad ingiunzione fiscale, pu proporre domanda riconvenzionale, ai sensi dell'art. 36 c.p.c. deducendo un diverso titolo a giustificazione del procedimento ingiuntivo, [per la ipotesi che la ingiunzione venga riconosciuta illegittima. Ci avvenuto nella specie, secondo l'interpretazione M.ta dal giudice del merito alle conclusioni delle parti, con accertamento immune da incongruenze logiche e da errori giuridici. Infatti la sentenza impugnata ha esattamente osservato che .ricorre l'ipotesi della domanda riconvenzionale quando il convenuto, traendo occasione dalla domanda proposta contro di lui opponga un'altra contro domanda, chieda .cio un provvedimento positivo, sfavorevole all'attore, che va oltre il rigetto della domanda principale, laddove se il convenuto mente dall'azione riconvenzionale, discutere degli effetti di un negozio simulato, indiretto o collegato, come materia strettamente inerente alla controversia di imposta. Sembra tuttavia che la S.C. intenda attribuire diversa rilevanza e diversa ampiezza di effetti alla eccezione di 1simulazione sollevata in sede di interpretazfone ed alla domanda dedotta in via riconvenzionale; infatti nel caso deciso, in mancanza di una domanda riconvenzionale ritualmente I proposta, si affermato che l'art. 8 non consente di determinare gli effetti dell'atto.quali risultano dal collegamento con un atto anteriore. Si perviene cosi alla stessa conclusione della .prima pronunzia, lasciando priva di ogni pratico contenuto l'affermazione che la Finanza possa in sede idi interpretazione dell'atto rilevare la simulazione. Il tema specifico della controversia di merito ha condotto ad affermazioni di principio che sono in netto contrasto con numerose pronuncie (cfr. ad esempio 6 maggio 1969, n. 1530, in questa Rassegna, 1969, I, 680) che hanno ben diversamente definito i poteri attribuiti alla Finanza dall'art. 8. Ma l'insostenibilit di queste premesse dovrebbe condurre anche ad una diversa risoluzione della questione di merito basata su un formalismo ormai raro nell'orientamento della .giurisprudenza dominante. C. BAFILE l'ARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 605 si limita a far valere il suo diritto al soLo :scopo di escludere refficacia giuridica dei fatti e titoli dedotti dall'attore .al fine di ottenere il rigetto della domanda, si rimane nell'ambito della eccezione. La Corte del merito ha quindi rilevato che la Amministrazione convenuta aveva espressamente addotto in linea subordinata (cio per la ipotesi che la ;pretesa fiscale fondata sul titolo indicato nella ingiunzione non fosse stata riconosciuta fondata) e riconvenzionale che non solo l'atto Manacorda dell'll dicembre 1958 ma anche quello precedente del 12 novembre 1'958, l'uno ,collegato all'altro, fossero ,dichiarati sitnulati per l'intento fraudolento delle parti di sottrarsi al pagame~to dovuto per i normali trasferimenti immobiliari. Da ci, la Corte ha desunto ,che la Ammin.i1strazione introdusse nel giudizio una pretesa nuova non contemplata nelle ingiunzioni opposte (poich basata sul! carattere fittizio dell'atto di assegnazione de~'ll dicembre l95i8, mentre le ingiunzioni predette in qu,anto aventi per oggetto un surpple~ento di imposta, presuwonevano, logicamente, la validit dell'atto stesso) ed estesa, per di pi,,,all'impugnativa del precedente atto di sottoscrizione dell'al.!mento di capitale (rogito Manacorda 12 novembre 1958). La Corte ha aggiunto che l'accoglimento della predetta pretesa non avrebbe potuto condurre al semplice rigetto della opposizione, ma avrebbe dovuto formar~ oggetto di una specifica statuizione del giudice, ed ha quindi esattamente concluso, in base ai :principi esposti, che essa configurava una domanda ricohvenzio.nale la cui decisione ben poteva essere ,separata da quella sulla domanda principale, nell'esercizio del :potere discrezionale conferito al giudice (.art. 36 c.p.,c.). -(Omissis). II (Omissis). -L'Anim.inistrazione finanziaria denuncia la violazione degli artt. 4; 8, 48 ciel r.d. 30 dicembre 19~3, n. 3269 e art. 88 della tariffa all. A al1a stessa legge; art. 2247 e.e. in relazi01ne all'art. 360 n. 3 c.p.c.; insufficiente motivazione. In particolar~;!'Amministrazione contesta l'affermazione contenuta nella decisione impugnata, laddove, nell'ac.cogliere l'OPiPOSizione del privato avverso l'ingiunzione fiscale di pagamento dell'imposta 'proporzionale di trasferimento immobiliare, in luogo di quella graduale, prevista per l!e assegnazioni di quote nella liquidazione della societ di persone, ha negato l'esistenza della simulazione nell'atto di assegnazione, sulla considerazione che era mancata una espressa impugnativa dell'atto assunto come simulato e che, in ogni caso, non vi stata la simulazione, non ravvisandosi in esso alcuna div.ergeruia fra volo-nt e dichiarazion.e delle parti. La fttispecie in esame ha formato oggetti di altre pronunce da parte di questa Corte (Cass. 17 aprile U)68, n. 1144 e 6 febbraio 1969, i ' 606 RASSEGNA DELL'AVVOCATUR DELLO STATO n. 388) e questo Collegio non ritiene di dover modificare il ,precedente indirizzo ,giurisprudenziale per le Considerazioni che seguono. I~ problema postufu fa risoluzione di due. questioni. Occorre infatti stabilire se e in quali limiti l'Amministrazione .finanziaria possa applicre una tassazione diversa da quella che consegue ad una interpretazione letterale dell'atto .sottoposto a registrazione e se la fattispecie rientri fra le ipotesi in cui, in concreto, la diversa tassazione deve essere applicata. , Sul primo punto non sembra che l'amministrazione abbia, sulla scorta delle leggi 'tributarie, poteri maggiori di quelli ad essa riconosciuti dall'art. 8 della legge di registro. L'Amministrazione quindi nel valutare l'atto tasisabile deve aver riguardi agli effetti giuridici ,da esso desumibili e a ci pu giungere con l'uso dei normali mezzi interpretativi. In tal senso la dottrina e la giurisprudenZ'a hanno inteso l'espressione intrinseca natura usata dalla dtata norma. Nell'accertare tali effetti, l'Amministrazione iPU rilevare non sol . . tanto l'erroneit di intitolazione o l'ambiguit dell'atto, ma anche la simulazione relativa evidenziando effetti 1giuridici diversi da quelli desumibili dal titolo o dalla forma. L'Amrriinistrazione pu inoltre, come terzo., chiedere al giudice l'accertamento di tale simulazione, anche in via riconvenzionale nel giudizio di opposizione all'ingiunzione di pagamento della tassa conte.stata, ma in tal caso non va trascurata la natura dell'imposta di registro che colpisce il documento e non il trapasso dei beni e quindi la libert d.i prova per l'accertamento della simulazione trova limitazione nel contenuto dell'atto da esso desumibile, pur con il correttivo previsto dall'art.. 8 della legge fondamentale. Nel caso in esame, il giudice di merito ha escluso che l'Amministrazione abbia proposta domanda di accertamento della simulazione e quindi resta da vedere, come seconda questione, se lo stesso giudice abbia esattamente escluso che essa fosse rilevabile dall'att di assegnazione dei beni ai 1soci della societ in acc:.omandita Del Lauro iri modo da ritenere tale atto come una pluralit di ~tti di com.Pravendita fra ~iascun socio e la societ. Orbene, come si accennato, l'art. 8 della legge di registro costituisce soltanto un correttivo al principio della tassabilit degli atti, con l'imposta di registro, in ragione del loro contenuto documentale -principio di cui l'amministrazione pi volte .si avvale e in primo luogo per quanto riguarda i limiti post.i alle ipotesi ordinarie di restituzione d'imposta -ta1ch ne discende sia l'esclusione di indagini ,sulle .finalit perseguite dalle parti, sia la possibilit di rilevare divergenze tra volizione e manifestazione non desumibili dall'atto. Sul punto la Corte di merito stata precisa. Le parti effettivameqJ~ vollero porre in essere un atto di assegnazione di .beni e se i diversi atti PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 607 che resero possibile l'adozione di quello finale furono predisposti al fine di pagare una minore imposta di registro rispetto a quella dovuta per un acquisto immobiliare, ci non implica l'accertabilit, ex se, di una simulazione relativa, proprio per l'esisten~a di quei limiti d'indagine sopraricordati che discendono dalla natura dell'imposta di registro, limiti che l'art. 8 della legge non ha inteso sovvertire ma soltanto correggere indicando il criterio d'interpretazione degli atti ai fini dell'imposta. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. , 10 febbraio 1971, n. 339 -Pres. Pece Est. Alibrandi -P. M. Caristo (conf.) -Soc. Fin. Domus (avv. Bosco) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Masi). Imposte e tasse in ~enere -A~evolazioni fiscali per le case di abitazione non di lusso -Locali destinati a deposito merci -Applicabilit. (1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 13). Le ~gevolazioni tributarie accordate dall'art. 13 della legge 2 luglio 1949, n. 408 alle case di abitazione anche se comprendono uffici e negozi si estendono ai locali destinati a deposito, in quanto la nozione di deposito si presenta strettamente connessa, pet evidente rapporto di mez~o a fine, con quella di negozio, essendo il pri1'.1-o destinato normalmente alla conservazio-ne di quelle merci che nel secondo formano oggetto di vendita (1). (Omissis). -Con l'unico motivo, ,la societ .ri.corrente denunzia che la Commissione centrale per le imposte abbia violato la legge 2 luglio 1949, n. 408, la legge 6 ottobre 1962, n. 1493 e la legge 2 dicembre 1967, (1) La sent~enza in rassegna, per decidere se le agevolazioni fiscali previste dalla legge 2 luglio 1949, n .. 408, per i locali destinati a e uffici e negozi " si estendono anche ai depoSliti, richiama come precedenti conformi. le pronunzie 21 dicembre 1964, n. 2947 e 7 ottobre 1970, n. 1837. Queste ultime decisioni sono state da noi considerate in questa stessa Rassegna, 1970, I, 1085 e segg., ed ivi facciamo riferimento per quanto ri guarda l'aspetto del problema. Adesso giova puntualizzare che la presente sentenza, ancorch si richiami alle due precedenti, non si limita ad una affermazione di principio, ma procede ad un compiuto esame interpretativo della norma agevolativa, attraverso il quale giunge sostanzialmente a concludere che non ogni tipo di locale diverso dall'abitazione, purch faccia parte di un fabbricato destinato prevalentemente a case di tal genere, possa usufruire dell'agevolazione. Infatti .la motivazione puntualmente accenna che il legislatore ha inteso agevolare e la creazione di esercizi di vendita necessari soprattutto 608 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO n; 1212, nonch l'art. 48 del t.u. 24 agosto 1877, n. 40~1, e successive modificazioni, in relazione all'art. 360 n.ri 3 e 5 C.ip.c. Sostiene la Soc. . Fin. Domus che anche al locale destinato a deposito ed accordato in locazione alla Soc. Ferl.'ero, avrebbe dovuto essere esteso il beneficio dell'esecuzione venticinquennale dall'imposta sui fabbricati, perch negozio non solo il locale nel quale si eser.cita 1:a vendita, ma anche. quello in cui si d,eposita la merce destinata alla vendita e le attuali esigenze della vita sociale fanno sl che anche i locali adibiti a deposito siano necessari per rendere i quartieri residenziali idonei alla foro destinazione. Aggiunge la ricorrente, quale ulteriore motivo di censura, che la CommioSSione centrale non avrebbe potuto, dati i suoi poteri limitati alla sola legittimit, escludere, con apprezzamento di fatto, un nesso pertinenziale tra il locaJ.e de quo e la residua parte dell'edificio, dato che la Soc. Ferrero ha nella stessa unit immobiliare i {Propri uffici ed i locali di vendita all'ingrosso. Il motivo di ricorso, nel suo nucleo essenziale, fondato. La questione se l'esenzione dall'imposta sui fabbricati, accordata dall'art. 13 dell~ legge 2 luglio 1949, n. 408, ,spetti, oppur non, ai locali destinati a deposito o a magazzino, che facciano iParte di cas1e di abitazione non di lusso, gi stata esaminata da questa Suprema Corte e risolta in senso affermativo (sent. 21 dicembre 1964, n. 2947 e sent. 7 ottobre 1970, n. 1837). Fondate si ravvisano tuttora le ragioni addotte nelle precedenti decisioni. La norma del citato art. 13 de1la legge n. 408 del 1949 stabilisce che sono esenti per. 25 anni'dal~'imposta sui fabbricati e relative sovraimposte le case di abitazione, anche se compr-endono uffici e negozi, le quali non siano di lusso e siano state ultimate entro il biennio successivo all'inizio. Il problema interpretativo che viene in considerazione quello di stabilire se l'espressione uffici e negozi sia stata usata in nella costruzione di interi quartieri residenziali . E ;poich {depositi sono destinati alla cons~rvazione delle merci che formano oggetto di vendita, si presenta una stretta connessione (rapporto di mezzo a fine) tra i negozi e i depositi stessi, per cui l'agevolazione prevista per i primi deve intendersi .estesa anche ai secondi. Se la Suprema Corte ha .quindi accennato al rapporto di mezzo a fine tra un locale ed i negozi (rntesi questi come esercizd di vendita) si deve ricavare la conclusione che l'agevolazione non spetta ove tale lt'apporto di mezzo a fine non sussista. Ed invero la sentenza stessa (verso la fine della motivazione), quando le si era posto il problema se anche le autorimesse dovessero usufruire del beneficio fiscale, risponde che nel caso in esame si tratta di stabilire se nel concetto di ngozio possa includersi 'lnl. deposito, non gi un'autorimessa , con d lasciando Chiaramente intendere che iper dsolve.re la questione non occorre riportarsi ad un criterio meramente quantitativo (io stabilire il rapporto con la superficie destinata ad appartamenti), fil J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 609 senso stretto, secondo la rigorosa accezione lessicale delle parole, oppure in senso ampio, -cio nominando gli uffici ed i negozi, quali fattispecie pi frequentemente ricorrenti in pratica, per indicare locali destinat, in genere, ad uso diverso da quello di abitazione, tra i quali possono includersi i locali idonei iper depositarvi :rnerd. Tra le due accennate ipotesi alternative va accolta la seconda. Come gi questa Corte ha osservato (sent. 1837 del 1970, gi citata), mentre il termine abitazione deve ritenersi usato in se:i:iso proprio, perch il legislatore del 1949 ha inteso sicuramente persegt;tire la finalit.di incoraggiare la costruzione di abitazioni, perch potessero alloggiarvi gli appartenenti ai nuclei familiari delle classi sociali meno Agiate, i termini uffici e negozi vanno invece intesi in senso ampio, essendo la norma in esame chiaramente diretta a far beneficiare de11'esenzione l'intero edificio, considerato come un corpo unico, anche se in esso :siano inseriti locali destinati o da destinare, per ubicazione, struttura e dimensioni, ad uso diverso da quello di abitazione, ma in parte quantitativamente minore (art. 1 legge 6 ottobre 1962, n. 1493, -interpretata autenticamente con J.a legge 2 dicembre 1967, n. 1212). L'interpretazione ampia dell'espressione uffici e negozi che si esamina, sorretta non solo dai precedenti legislativi in materia di agevolazioni fiscali per le case di abitazione e per i locali ad uso diverso in esse eom,presi (art. 44 r.d.1. 8 marzo 1923, n. 695 e art. 7 legge 11 luglio 1942, n. 483), ma anche dalla J.egge della Regione siciliana del 18 ottobre 1954, n. 37, che dispone agevolazioni ed esenzioni tributarie analoghe a quelle della legge dello Stato n. 408 del 194-9. Infatti, l'art. 1 di detta legge regionale accorda l'esenzione dall'imposta di consumo dei materiali impiegati nella costruzione di edifiei destinati ad abitazione civile, che non abbiano il carattere di abitazione di lusso... ed anche se comprendono ambienti a piano-terra da adibirsi a negozio o ad altro uso... . ma occorre stabilire caso per caso la natura dei locali aventi una desti.na zione diversa dall'abitazione. Jn altri termini, con la sentenza in rassegna, la Corte di Cassazione, pur non interpretando in senso stretto l'espressione uffici e negozi ,. (come invece sembra abbiano fatto le Sezioni Unite nella sentenza 20 giu gno 1969, n. 2176, in questa Rassegna~ 1969, I, 552) ritiene che le agevola zioni fiscali si estendono solamente ai locali che con questi siano legati da rapporto di mezzo a fine, sempre Che naturalmente il fabbricato sia desti nato prevalentemente a case di abitazione .nella proporzfone stabilita dalla leg,ge 2 dicembre 1967, n. 1212. La legge regionale siciliana 10 ottobre 19.54, n. 77, .citata in sentenza, era stata considerata nella il'ichimata nota (in questa Rassegna, 1970, I, 1085) assieme ad altra decisione della Cassazione (6 maggio 1960, n. 1030, in Giur. it., 1961, 1, 32) che di essa si era occupata. G. STIPO 610 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Inoltre la disposizione del citato art. 13 va considerata ed interpretata in relazione al sistema della legge in cui inserita e nel cui ambito destinata ad operare, per meglio coglierne la portata normativa. Ora, il fine perseguito dalla legge n. 408 del 1949, che va considerata nel coID1Plesso quadro dei coevi :provvedimenti diretti ad agevolare una sollecita ripresa delle ,costruzioni edilizie (d.l.C.P.S. 8 maggio 1947, n. 399; d.l.C.P.S. 22 dicembre 1947, n. 1600; d.l. 17 aprile 1948, n. 1029 e legge 11 gennaio 1950, n. 22), indubbiamente quello di :favorire la sollecita Costruzione (o ricostruzione) di cas di abitazione. E la possibilit di includere nell'edi:P.cio anche locali destinati, in senso ampio, ad uffici ~ negozi, che :fruiscono delle agevolazioni fiscali, da un lato, agevola la creazione di esercizi di vendita necessari soprattutto nella costruzione di interi quartieri residenziali e, da un altro lato, rende economicamente pi vantaggiosa l'attivit edilizia che il legislatore ha voluto incrementare, perch la sia pur limitata costruzione dei locali anzidetti, per usi commerciali, eleva il reddito medio .dell'intero edificio la ,cui prevalente destmazione resta, per, quella della civile abitazione. Va, infine, aggiunto, che la nozione di deposito si presenta ,strettamente connessa, per un evidente rapporto di mezzo a fine, con quella di, negozio, essendo il primo destinato normalmente alla conservazione di quelle merci che nel secondo formano oggetto di vendita. E tale specifica destinazione dei depositi e dei magazzini stata considerata daila stessa Commissione centrale in altre controversie, analoghe a quella in esame, perch detta Commissione, anche se in contrasto con altre sue decisioni, ha tuttavia ritenuto che, ai fini dell'applicazione dei benefici tributari previsti dalla legge n. 408 del 1949, detti locali rientrano nella pi aID1Pia categoria dei negozi (decisione n. 33517 del 1 luglio 1966). Tutto ci ,conferma che !'accolta interpretazione del termine negozio di cui al citato art. 13, lungi dal costituire analogica applicazione di tale concetto, si risolve in una consentita estensione di ci che il legislatore ha dispsto, chiarendosi in tal modo il rapporto che intercorre tra la dizione letterale (mius dictum) e la pi ampia portata di quanto lo stesso legislatore ha voluto (magis cogitatum). E, come gi ha ritenuto questa Corte suprema, l'interpretazione estensiv ammissibile anche ris!Petto a norme tributarie che prevedano esenzioni e benefici fiscali (.sent. 27 luglio 1964, n. 2094; 1sent. 3 luglio 1967, n. 1621 e sent. 4 giugno 1968, n. 1688). A diversa soluzione non possono indurre le ragioni svolte nella decisione impugnata, le quali si fondano ,soprattutto su quanto risulta dai lavori pr~aratori della legge n. 408 del 1949. Invero -anche a prescindere dall'inesatto rilievo che si legge nella de~isione impugnata, secondo cui quella dei lavori preparatori sarebbe la sede dell'interpretazione autentica, mentre, come noto, l'interpretazione autentica solo quella Contenuta in altra legge (legge interpretativa) -ai lavori prepa~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 611 ratori non pu riconoscersi valore determinante nel procedimento ermeneutico. Infatti, tali lavori, pur offrendo elementi per l'interpretazione di singole disposizioni, non possono per sovraworisi alla volont obiettiva della legge, quale risulta dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legiS'latore (art. 12, comma primo, Disposizioni sulla leg,ge in generale). Privo di rilevanza , poi, l'argomento che la Commissione centrale ha tratto dall'art. 168 del Lr.d. 28. aprile 1938, n. 1165, che approva il t.u. delle disposizioni sull'edilizia popolare ed econom1ca. Infatti, da tale disposizione, in cui i negozi sono previsti .separatamente dalle autorimesse, non dato trarre un criterio ermeneutico valido nel caso in esame nel quale si ttatta di stabilire se nel concetto di negozio possa includersi un deposito, non gi un'autorimessa. Pertanto, non persuasivo l'argomento a contrario sensu che la decisione fu:n,pu.gnata ha ritenuto di trarre dal citato .art. 168 per intendere in senso stretto il concetto di neg0zio. In conclusione, il significato attribuito dalla Co:mmissione cntrale all'espressione uffici e negozi, per escludere i locali destinati a deposito dalla esenzione venticinquennale dell'imposta sui fabbricati, prevista dall'art. 13 della legge n. 408 del 1949, non si ravvisa esatto e la decisione denunziata deve essere 1cassata Con rinvio alla stessa Commissione centrale che, nel riesame della controversia, si uniformer al principio secondo cui spetta l'esenzione per venticinque anni dall'imposta sui fabbricati, accordata dall'art. 13 della legge 2 luglio 1949, n. 408, ai locali de,stinati a deposito, compresi in case di abitazione che godono delle agevolazioni fiscali concesse con la legge .predtta. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 febbraio 1971, n~ 342 -Pre_s. Giannattasio -Est. Elia -P. M. Gentile (conf.) -Polotto (avv. Guidi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Rtcci). Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Comunicazione della data dell'udienza -Comunicazione ai coobbligati non ricorrenti -Esclusione. (1. 5 gennaio 1956, n. 1, art. 50). Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Comunicazione della, data dell'udienza -Notificazione -Cambiamento di abitazione -Affissione presso il Comune -Nullit. (c.p.c. art. 140; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 38). La comunicazione dell'udienza per la discussione dei ricorsi va effettuata al contribuente che ha proposto il ricorso e non anche agli altri contribuenti coobbUgati che non siano ricorrenti (1). (1) La prima massima certamente esatta, anche se non sono del tutto persuasive alcune affermazioni della relativa. motivazione. Certa9 612 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La notifica deUa comunicazione deU'udienza per La discussione dei ricorsi, quando il contribuente abbia cambiato abitazione neil'ambito detlo stesso comune, va eseguita a norma dell'art. 140 c.p.c. mediante affissione dell'atto aUa porta delLa casa di abitazione e successiva comunicazione per lettera raccoman_data; pertanto nuHa la notifica eseguita con affissione presso il omune, giacch tale affissione prescritta soltanto per il caso che il contribuente non abbia residenza nel Comune (2). (Om~ssis). -Il 16 ottobre 1959 decedeva in Genova Polotto Carlo, lasciando a s eredi le figlie Carla, GiUJSeppina ed Adalgisa e coniuge superstite la vedova Cameraha Rosa. L'Ufficio Successioni di Genova notific accertamento di valore dei beni ereditari per un immobile di lire 152 milioni che la Commissione Distrettuale di Genova, su ricorso degli eredi, ridusse con decisione 8 aprile 1964, a lire 92.100.000. Appellarono l'Ufficio e la Polotto Adalgisa, e la Commissione Provinciale, con decisione 16 giugno 1~65, fissava il valore in cento milioni di lire, .senonch il Tribunal.e di Genova, su istanza di Polotto Carla, .annullava detta decisione ,per difetto di motivazione e di calcolo; con sentenza 12 dicembre 1966-1 febbraio 1967. Tornata Cosi la controversia davanti la Commi_ ssione Provinciale di Genova, il messo comunale il 14 n~vembre 1968 notificava alla sola Adalgisa Polotto l'avviso della udi~nza 12 dicembre 11..: 1968, fissata per la discussione davanti la Commissione medesima. La ' notifica v~niva fatta dal messo comunale m;ediante deposito nella casa comunale di Genova, e mediante affissione dell'avviso di deposito all'albp del Comune. Non veniva affisso l'avviso del deposito n alla porta della ~ casa di via Acquaro-ne 9/A, dove la Polotto Adalgisa si era trasferita dal 12 novembre 1968, ~ alla porta dell'antica abitazione della Polotto . l Adalgisa, in via San :M:artino2/A, n veniva data notizia del deposito ' alla stessa Polotto Adalgisa mediante raccomandata con ,avviso di ricevimeDtto, a termini dell'art. 140 c.p.c. t ~ ~ mente quando il ricorrente (parte nel processo) sia uno soltanto, in nessun ~ caso potrebbe ritenersi necessaria la comunicazione della data dell'udienza ad altre persone estranee al processo alle quali nessun altro atto viene comunicato o notificato, nemmeno quelli, ben pi importanti, come la decisione o gli atti introduttivi. Superato il principio della speciale solidariet tributaria ancor pi evidente che il sogg.etto estraneo al processo, che da esso non.pu ricevere n vantaggio n danno, non avrebbe nessuna veste per ihtervenire nella discussione orale e quindi nessun diritto a ricevere il relativo avviso. Di conse.guenza del problema della legittimit costituzionale della normi;t dell'art. 5 della legge 5 g.ennaio 1956, n. 1 non da parlarsi minimamente. Quel che invece desta iperplessit la il:'ilevanza data ai fini del processo alla mera dichiarazione della parte ricorrente di agire anche nello interesse dei coobbligati. Una tale dichiarazione non dovrebbe aver.e alcuna ;rilevanza; ih base- al principio della mutua rappresentanza processuale il ricorrente agiva PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 613 Con la decisione 12 dicembre 1968, depositata il 18 febbraio 1969 e qui denun:ciata, la Commissione Provinciale delle ~poste di Genova confermava la deci1sione 8 aprile 1964 della. Commissione Distrettuale, fissando l'imponibile in L. 92.100.00-0. La decision della Co~ione Provinciale veniva emessa in assenza della Polotto Adalgisa. Avverso la detta decisione rtcorre Polotto Carla con due motivi, illustrati da memoria. Resiste con controricor:so 1' Amministrazione delle Finanze dello Stato. MOTIVI, DELLA :qECISIONE Col primomotivo del ricorso la ricorrente Polotto Carla denuncia violazione dell'art. 50 della legge 5 gennaio 1956.in r~l:azione all'art. 360 n. 3 .c.p.c. deducend0 che la data della udienza fissata per la discussione del rico:nso davanti la Commissione Provinciale che pronnci la decisione qui denunciata avrebbe dovuto essere notificata ad essa ricorre.nte, ed a tutti i contribuenti, so.ggetti' all'imposta di successione, e non alla sola cored Polotto Adalgisa. La censura infondata. L'art. 50 :della l~gge n. 1 del 1956 .stabilendo che deve esser data notificazione dalla udienza fissata per la d~cussione dei ricorsi tributari al contribuente, .. intende riferirsi esclusivamente al contribuente che h~ proposto il ricorso e non anche agli. altri 1C>ntribuenti, che, :tton avendo ricorso, non sono parti del rapporto procedurale in discussione, e non possono esser danneggiati direttamente dal rigetto di una IDl.pugnazione che non hanno proposta. Ogni questio:Q.e di illegittimit costituzionale dell'art. 50 citato sarebpe manifestamente infondata, in quanto la detta no~ma non fa alcun: riferimento agli atti di accertamento di valore, per i quali la no . tifica fatta ad uho solo dei contribuenti solidalmente obbligati non pu :far decadere .gli altri cntribuenti dal diritto di impugnare J.'accerta. tnento medesimo. Infatti, la Corte Costitu?lionale, con sentenza 16 maggio 1.968, n. 48, dichiarando la illegittimit costituzionale degli articoli 2 e 21 del r.d.1. 7 agosto 1936, n. 1639, in'riferimento ~gH articoli 24 fi?" sempre ~ell'interesse di tutti, ma non per effetto di una sua dichiarazione; venuto meno tale principio, il contribuente pu rappresentarne altro, come nel rito ordinario, solo se munito dei \relativi poteri .conferi-ti con l nece$sarie forme. -Tale eccessivo rilievo dato alla dichiarazione di agire nell'interesse di altri si rivela particolarmente nell parte della decisione oggetto della -seconda massima in cui si accoglie ii'ricorso di Palotto Carla che non era parte nel g.iudizio, che deduce la nullit della notificazione eseguita a Palotto A-0.algisa. ben vero che gi~ precedentemente (sotto il vigore del pri,ncipio della speciale solidarit) la decisione pronunciata nei confronti della sola Adalgisa era' stta impugnata da Carla con esito positivo innanzi al Tribunale per difetto di calcolo; ma se da ci discende ch anche 'caria , era diventata parte nel .giudizio Si deve anche' ammettere che essa av;eva uri. diritto proprio alla comunicazione della data della udienza? se ci si, 614 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 113 della Costituzione, e con .sentenza 28 dicembre 1968, n. 139, dichiarando l'illegittimit costituzionale dell'art. 66 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, non stabiliva alcun obbligo di notificare l'avviso di accertamento di valore a tutti i Contribuenti, limitandosi a stabilire invece che la notifica ad uno solo dei contribuenti non poteva produrre la decadenza degli altri dal diritto di im,pugnare l'accertamento. A maggior ragione, non pu riten~11si vi sia obbligo da parte dell'Amministrazione Finanziaria dello Stato, di notificare a tutti i contribuenti e cio anche a quelli che non proposero impugnazione e ,sono estranei al processo tributario l'atto di avviso di fissazione dell'udienza di discussione di un ricorso, il rigetto del quale potrebbe danneg,giare, direttamente, .solo quei contribuenti che proposero il ricorso di ,cui si discute, e i quali, per averlo proposto, hanno acquistato il diritto, di natura processuale, all'avviso della udienza di discussione. Nella specie, comunque, la questione di illegittimit costituzionale, oltre ad es.sere manifestamente infondata, sarebbe anche irrilevante, perch il ricorso fu proposto dalla Polotto Adalgisa non solo per s, ma anche per conto delle coeredi, obbligate solidali, e la Polotto Carla, impugnando la decisione 16 giugno 1965 della Commissione Provinciale, veniva a ratificare l'atto di gravame proposto, in suo nome, dalla coei'ede. La notifica alla Polotto Adalgisa, in tale situazione, deve intendersi fatta alla. stessa non solo in ;proprio, ma quale rappresentante anche delle coeredi e, quanto meno, della Polotto Carla, come questa Corte Suprema pu accertare in punto di fatto, ai fini dello esame della questione di diritto proposta deducendo l'errore in procedendo di omissione di notifica dell'avviso di udienza, trattandosi di attivit svolta dal giudice e dalle parti nel processo (Cass. 28 ottobre 1'969, numero 3549).. Il primo motivo del rko:tso deve dunque e.ssere rigettato, in quanto l'avvi:so di udienza della Commissione tributaria deve essere notificato, a termini dell'art. 50 della legge 5 gennaio 1956, n. 1; soltanto ai contribuenti che hanno proiposto rkorso. Ogni questione di incostituzionalit dell'articolo citato non solo manifestamente infondata, ma esclude non si pu riconoscere la legittimazione di un estraneo ad impu gnare la decisione per dedurre la nullit della notifica diretta ad altro soggetto, specialmente dopo che la solidariet processuale tramontata. La seconda massima d luogo ad altre perplessit. Non vi dubbio che l'avviso della data della udienza una comuni cazione (e non una notificazione) che, a norma dell'art. 50. si esegue me diante piego raccomandato da recapitare, ovviamente, all'indirlzzo risul tante dagli atti; Non si pu quindi porre, rispetto alla comunicazione (art. 136 c.p.c.), che presuppone la costituzione della parte e una dichiara zione di residenza, il problema della necessit di accertru:-e, in caso di cambiamento di abitazjon'e, anche attraverso indagini anagrafiche (art. 148) se il destinatario abbia o no spostato la residenza in altro comune. Anche se la comunicazione si esegue a mezzo di ufficiale giudiziarfo .9. di messo, essa non diventa una notificazione. J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 615 nella specie anche irrilevante, in quanto l'avviso di_udienza deve intendel'Si notificato anche alla ricorrente, in quanto l'impugnazione tributaria, era stata proposta, anche per lei, da una delle coeredi e da lei stessa raficata, onde la notifica alla detta coerede era fatta ad una .sua mandataria. Col secondo motivo del ricor.so la ricorrente Polotto Carla denuncia violazione dell'art. 140 c.p.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., dedu.cendo che il messo comunaJ.e notificatore avrebbe dovuto affiggere l'avviso del deposito alla porta della Polotto Adalgisa e darne alla medesima notizia per raccomandata con avviso di ricevimento. La censura fondata. Per l'art. 140 c.p.c., se n-Oili possibile eseguire la consegna della copia dell'atto, oggetto di notificazione, in mani proprie, o ad una delle persone indicate nell'art. 139 c.p.c., per irreperibilit, o incapacit, o rifiuto, l'ufficiale giudiziario deposita la copia nella casa del Comune dove deve . e.seguirsi la notifica, affigge avviso alla porta della casa di abitazione o dell'ufficio o, dell'azienda del destinatario e gliene d notizia per raccomandata con ricevuta di ritorno. Le formalit di deposito, affissione e notizia mediante raccomandata sono organicamente collegate con carattere essenziale e come tali condizionano, strutturalmente, l'efficacia giu riqica della notificazione (Cass. 9 Luglio 1968, n. 2365). Nella ipotesi prevista dalla norma .sopra citata, cio, la notificazione deve ritenersi eseguita solo nel momento in cui tutti e tre gli adempimenti (deposito, affissione alla porta dell'abitazione o dell'ufficio o azienda e .spedizion della raccomandata) sono stati posti in essere (Cass. 4 maggio 1966, numero 1121). Nella specie, la notilfJ..cazione era stata eseguita il 14 novembre 1968 dal messo comunale, che non aveva affisso l'avviso di deposito alla porta della casa di abitazione della Adalgisa Polotto, sita nello .stesso comune di Genova, in via Acquarcme, n. 9I A, e dove la stessa risiedeva dal 12 novembre 1968, n data notizia del deposito alla Ma anche rispetto alla notificazione sorgono dubbi sulla esattezza di quanto affermato nella decisione in rassegna (v. le note a Cass. 13 febbraio 1969, n. 499, in questa Rassegna, 1969, I, 127; 24 febbraio 1970, n. 427, ivi, 1970, I, 309 e 6 marzo 1970, n. 551, ivi 422). In particolare le notificazioni nel processo tributario sono regolate dall'art. 89 del r.d. 11luglio1907, n. 560 tuttora in vigore, quanto al contenzioso, per l'espresso richiamo fatto nell'art. 228 lett. b delt.u. sulle imposte dirette, nonostante che l'art. 38 di questo t.u. detti norme di contenuto analogo; solo quando queste norme particolari non dispongono sono applicabili, compatibilmente con esse, le regole del rito civile (Cass. 29 ottobre 1966, n. 2706, in questa Rassegna, 19-66, I, 1347). Poich l'art. 89 prevede compiutamente sia l'ipotesi della irrperibilit o rifiut di ricevere la copia, sia l'ipotesi del contribuente che non abbia dimora nel comune, non mai necessario ricorrere all'art. 140 c;p.c. e non mai necessario dare notizia con lettera raccomandata dell'avvenuta affissione 616 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stessa Polotto Adalgisa mediante raccomandata con avviso di ricevimento. ben vero che se. per le notificazioni relative ad atti o procedimenti tributari, lAmministrazione si avvale, come ne ha facolt, dell'opera di messi comunali, e non di quella degli ufficiali giudiziari, si .applicano le disposizioni dell'art. 38 del t.u: 2'9 gennaio 1958. n. 645 le quali, sebbene dettate .per l'imposta di ricchezza mobile, contengono principi generali applica.bili a tutti i procedimenti tributari (CaiSS. 26 aprile 1968, n. 1266 e Ca:ss. 13 febbraio 1969, n. 490). anche vero che, per l'art. 38 lettera f del citato t.u. n. 645 del 1958, se il contribuente destinatario dell'atto non ha residenza nel comune, l'avviso del deposito prescritto dall'art. 140 c.p.c,' si affigge nell'albo del Comune e la notifica si ha per eseguita nell'ottavo giorno successivo, senza necessit di spedire J.a racc omandata prevista dallo stesso art. 140 C.iP.c. Senonch, proprio dalla norma del citato art. 38 del t.u. n. 645 del 1958, applicabile alle notificazioni eseguite da messi comunali, e non da ufficiali giudi.Ziari, si ricava. che se il destinatario della notifica ha abitazione nel Comune, deve applical"Si, invec,e, l'art. 140 C.p:c., e, cio, il messo notificatore deve affiggere l'avviso di deposito alla porta della abitazione del contribuente e dargliene notizia per raccomandata.con avviso di ricevimento. La disposizione dell'art. 38 citato, infatti, presuppone che effettivamente .non sia possibile l'affissione alla porta della casa di abitazione, perch il destinatario della notificazione non ha alcuna abitazione nel Comune: altrimenti la norma, di carattere eccezionale e di stretta interpretazione, ai sensi dell'art. 14 delle preleggi, non pu essere a!Pplicata, e prende vigore l'art. 140 :c.p.-c., contenente una norma generale, che del resto la stessa norma .speciale richiama. Se dunque esiste nel Comune un'abitazione del destinatario dell~ notificazione, il messo notificatore tenut ad affiggere l'avviso di deposito alla porta della casa di esso contribuente ed a dargliene notizia mediante lettera :raccomandata, ai sensi In realt il caso specifico non regolato in modo espresso n nell'art. 89 del reg. del 1907, n nell'art. 39 del it.u. del 1958, n nell'art. 140 c.p.c .. Soc':" corre invece l'art. 170 terzo comma c.p.c.: dopo la costituzione del rapporto, il cambiamento di abitazione, nell'ambito dello stesso comune o fuori di esso, irrilevante se non sia stato dichiarat; nessun obbligo ha la parte di fare ricerche anagrafi.che per stabilire dove deve farsi l'affissione e nessuna comunicazione possibile fare non conoscendosi n nuovo recapito; non ha senso a:llfi.ggere l'atto alla porta di una casa che non pi l'abitazione ,, e l'affissione presso il comune, nemmeno necessaria, la sola cosa che pu avere una sua logica. In tale situazione, se non possibile conse-_ gnare la copia presso la residenza dichiarata, la notifica sar regolare con la sola constatazione di tale impos&ibilit, in quanto il contribuente che ha l'eme.re di fare le comunicazioni prescritte (art. 9 e 38 del t.u. sulle imposte dirette) non pu trarre vantaggio. dalla sua irreperibilit, facendo incorr,ere la controparte in gravi decadenze soggette a termini brevi che presuppon.. gono in ogni momento la certezza del dc;>micilio fiscale. J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBU'l'.ARIA dell'art. 140 c.p.c. Nella specie, come, in pU:nto di fatto, ai fini di esaminare l'errore in procedendo dedotto nel ricorso, e limitatamente al controllo di attivit del decidente o delle parti, questa Suprema Corte ha il potere di accertare (Cass. 28 ottobre 1969, n. 3549), l'Adalgisa Polotto, destinataria della notificazione, aveva abitazione in Genova, a via .A:cquarone n. 9 I A, al momento della notifica, in quanto si era tra~:ferita in detta casa dal 12 novembre 1968 e vi abitava, dunque, al momento della notifica, avveriuta il 14 novembre 1968. N al riiguardo ha pregio il rilievo della parte resistente, di non avere la stessa contribuente da.ta notizia all'ufficio della nuova .sua abitazione, e di non essere trascorso un mese dalla relati.va variazione anagrafica: in tali -circostanze, poteva ritenersi legittima l'affission.e alla antica casa, in via San Martino, 2/A, dello stesso Comune di Genova, m, esistendo comunque un'abitazione nel Comune di notifica, non poteva il messo .comunale notiificante affiggere l'avviso di deposito all'albo comunale, in quanto non poteva applicarsi l'art: 38 del t.u., che presuppone l'assenza di abitazione nel Comune. In tale .situazione deve accogliersi il secondo motivo di ricorso, in quanto l'avviso di deposito doveva affiggersi alla casa della contribuente Polotto Adalgisa, alla quale doveva darsi notizia del deposito, mediante la raccomandata prevista dall'art. l40 .c.p.c. senza di che J.a notifica non pu ritenersi perfezionata1 (Cass. 15 marzo 1969, n. 830). Al riguardo da rilevare infatti che l'irreperibilit prevista dall'articolo 140 c.,p.c. a differenza di quella contemplata dall'art. 143 C.p.c. non presuprpone .che l'indirizzo del destinatario .sia assolutamente ignoto, ma soltanto elle !"indirizzo .sia noto o accertabile e non vi 1si trovi il desti. natario (Cass. 30 maggio 1969, n.. 1922); nella specie era nota e facilmente accertabile l'abitazione precedente della Polotto Adalgisa, onde il ricoriso deve essere accolto, limitatamente al secondo motivo. La de . cisione gravata deve essere cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla stessa Commissione Provincfale di Genova che si atterr ai principi .sqpra fissati. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 :febbraio 1971, n. 343 -Pres.. Giannattasio -Est. Alibrandi -P. M. Gentile (conf.) -Monti ed altri (avv. I Salvucci) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Zoboli). Imposta di successione -Presunzione per mobili, denaro e gioielli - Inveittario di eredit beneficiata -Requisiti -Decorrenza del termine -Fattispecie. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 31; e.e. art. 485). L'inventario che, a norrna dell'art. 31 della legge sulle successioni, idoneo a vincere la presunzione di esistenza di mobili, denaro e gioieUi, 618 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO non un qualunque atto redatto in una certa forma~ ma soitanto L'in ventario efficace a produrre l'effetto sostanziale a cui diretto; n~l caso dell'accettazione dell'eredit con beneficio di inventario, l'inventario ef ficace ai fini della presunZione fiscale soltanto quello idoneo a far go dere al chiamato il beneficio di inventario. Non quindi va.lido agli ef fetti della presunzione l'inventario compilato dopo la scadenza del ter mine dell'art. 485 e.e. anche se, illegitmmamente, sia stata concessa una seconda proroga che il pretore non pu concedere (1). (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso i Monti e la Sommaruga de.nwiziano la violazione dgli artt. 31 e 36 r.d. 30 dicembre 1923, numero 3270 e falsa applicazione dell'art. 485 e.e., in relazione all'art. 360 n. 3 c.,p.c., sstenendo che la Corte del :inerito ~ incorsa in errore nel. ritenere che un inventario rCOIDtPilato oltre i termini di dec.adenza di tre mesi, avendo il pretore concesso due proroghe che eccedevano quel termine, non idoneo a vincere la presunzione posta dal dtato art. 31 in ordine all'esistenza rSia di gioielli e denari (2 % ) sia di mobilia (5 % ). In particolare, deducono i ricorrenti che occorre distinguere tra il valore probatorio che promana dall'inventario, da un lafo, e gli effetti che derivano dal fatto che l'inventario non sia stato compiuto nel termine di decadenza di .cui all'art. 485 e.e., da un altro, e. tornano a sostenere che l'inventario de quo, anche 'Se compiuto oltre il predetto termine, ha tuttavia quell'efficacia probante che, secondo il menzionato art. 31 comma 2, della legge tributaria di successione, atta a vincere la presunzione sopra r~chiamata. Il motivo non fondato. La questione sollevata dai ricorrenti .stata di recente presa in esame da questa Corte Suprema la quale ha ritenuto che non idoneo a for nire la prova contraria alla presunzione di cui al citato .art. 31 l'inven tario di eredit benefidata compiuto oltre il termine di tre mesi pre- visto dall'art. 485 c ..c. (sentenza 11 luglio 1966, n. lr824). E a soluzione non diversa della questione si ritiene che debba pervenirsi nel presente giudizio. Va premesso Che non ammissibile la seconda proroga del termine di tre mesi rstabilito dall'art. 485 e.e., per il compimento dell'inventario, come gi ha ~itenuto questo Supremo Collegio sul rilievo cJ:ie la proroga, (1) stato pi volte affermato che l'inventario dell'eredit benefidata capace di vincere la presunzione dell'art. 31 dell:a legge sulle successioni soltanto quello che produce tutti gli effetti civili -sostanziali e sia formalmente perfetto (Cass., 25 marzo 1966, n. 797; 28 novembre 1968, n. 3837.; 11 novembre 1969, n. 3673, Riv. leg. fisc. 1966, 1105; 1969, 1138 e 1970, 603); PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 619 prevista in detta norma e richiamata nel successivo art. 487, comma 2, non pu essere che una ed una soltanto, tenuta presente sia fa dizione letterale della norma, sia la mens legis che l'ispira, posto che la formalit e gli adempimenti che la legge impone ai chiamati alla' eredit, i quali vogliono accettarla con beneficio d'inventario, sono stabiliti a tutela dei terzi creditori, e, quindi, non possono essere eseguiti in maniera diversa da quella prescritta, senza che da tale inosservanza non derivi la decadenza dal beneficio (sentenza 24 aprile 1'963, n. 1082). Ne consegue che, nel caso in esame, non pu dubitar.si che il Pretore di Milano, dopo aver acco,rdato con provvedimento del 17 gennaio 1963 una;prroga di tre mesi, non si .sia uniformato alla le.gge nel con. cedere una seconda proroga di tre mesi con il successivo provvedimento del 12 aprile 1963, iper cui il verbale d'inventario fu chiuso 1'11 luglio 1963 e, quindi, dopo oltre otto mesi dalla apertura della successione. del defunto Ivo Monti (17 ottobre 1962). Resta, ora, da stabilire se, malgrado l'inosservanza dell'accennato termine semestrale, l'inventario de quo presenti tuttavia quell'efficacia probatoria che, a p.onna dell'art. 31, comma 2 della legge tributaria sulle successioni, rJ idonea a vincere la presunzione prevista nel primo cbmma dello stesso art. 31. Ma questa tesi, sostenuta dai ricorrenti, non 1 pu essere condivisa. A sostegno della soluzione negativa milita, anzitutto, un argomento I che pu trarsi dalla letterale formulazione della norma. Stabilisce l'articolo 31 che nelle trasmissioni a causa di morte si presume l'esistenza di gioielli e di denari per un valore pari .al 2 % del valore totale degli altri beni della eredit o di mobilia per un valore in ragione del 5 % ; al detto criterio presuntivo non si ricorre, per, (ipotesi eccezionale) quanto un diverso valore (maggiore; minore o addirittura nullo) dei suindicati beni mobili, risulti, tra l'altro, da inventari di eredit beneficiata. La norma in esame fa quindi riferimento ad una fattispecie legale (inventario di eredit beneficiata) che si completa non con la compilazione di un qualsiasi inventario, ma soltanto con quello che costituisca requisito perch i chiamato all'eredit possa godere del beneficio di inventario. In altre parole, fa riferimento ad un inventario compiuto con tutte le forme prescritte e con l'osservanza dei termini stabiliti dalla di conseguenza se d'un canto l'inventario imperfetto, che fa acquistare al chiamato la qualit di erede puro e semplice, non rilevante ai fini della presunzione fiscale, d'altro canto, nelle particolari ipotesi degli artt. 487 e 489 e.e. il termine per la compilazione dell'inventario pu essere ritardato anche di molti anni rispetto all'apertura della successione (Cass., 17 marzo 1970, n. 694, in questa Rassegna, 1970, I, 442). 620 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA'DELLO STATO legge (art. 485 e.e.). Infatti, come non pu definirsi eredit beneficiat~ quella non preceduta dalla dichiarazione di cui all'art. 484 cod. civ., cos non pu definirsi inventario di eredit beneficiata quello che sia .stato compiuto oltre il termine di leg.ge e per cui il chiamato all'eredit considerato erede puro e semplice (art. 485, comma secondo, e.e.). E tale situazione giuridica $i verifica allorch il chiamato all'eredit non abbia compiuto, per qualsiasi ragione, l'inventario nel termine di legge per cui, trascorso inutilmente tale termine, egli dovr essere considerato p I erede puro e semplic, e ~'inventario tardivamente .compiuto non potr ,I essere ritenuto, agli eff'etti di quanto dispone il citato art. 31, inventario di eredit beneficiata. Un secondo argomento pu ricavarsi dal successivo art. 56 della legge, ne1 qua~e si dispone che, per le successioni accettate con beneficio di inventario, il termin della denunzia decorre dalla scadenza di quello stabilito pe;r-la formazione dell'inventario e, quando questo sia compiuto prima di tale .scadenza, dalla data della sua chiusura. Infatti, facendosi in detta norma ripetuto criferimento a.1 termine per la forma-. zione dell'inventario, termine che non pu essere che quello stabilito dal codice -civile, ci .sta a significare .che la legge tributaria in esame, lungi dal non riconoscere alcuna rilevanza alle norme raio 1962, n. 186). In tale ipotesi i singoli rapporti perdono la loro autonomia, nego ziale ed economica, e Sono perci assoggettati ad unica dis'Ciplina, in vista appunto del risultato unitario che i contraenti si prefiggono di rag giungere. I connotati rivelatori della fattispecie in esame (della quale con sentito l'accertament9, agli effetti tfi:scali, anche a mezzo di presunzioni per il disposto dell'art. 6 del d.I. 15 novembre 1937, n. 1924) norm~I (1) Decisione da condivid.ere pienamente. Le decisioni' citate nel testo lo febbraio 1962, n. 186 e 23 marzo 1963, n. 1537, sono dportate in Riv. leg. fisc., 1962, 1308 e 1963, 1537; in esse stato anche precisato che l'appalto richiede l'assunzione del sexvizio dei trasporti dell'azienda dell'appaltante con carattere di prevalenza ma non necessariamente di esclusivit. Per una pi generale definizione dell'appalto di servizi dr. Cass., 22 luglio 1969, n. 2749, in questa Rassegna, 1969, I, 909. 626 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mente consistono nella molteplkit e iSistematicit dei trasporti, nella pattuizione di un corrispettivo unitario iper le dive!lse prestazioni, nell'assunzione della organizzazione e dei rischi da parte del trasportatore. In puntuale applicazone degli enunciati principi la sentenza impugnata ha tratto dagli elementi concreti della pattuizione (durata per molti anni, frequenza giornaliera ,dei trasporti, prezzo commisurato ad ogni quintale di merce trasportata, impiego degli autocarri della societ O.T.I. 1con scritta pubblicitaria della societ -ricorrente) l'esatto con-. vincimento che non di singoli ed autonomi contratti di trasporto si fosse trattato, ma .di un vero raWorto di appalto di un servizio di trasporti, sog.getto alla disciplina tributaria di ,cui all'art, 52 deUa tariffa allegato A alla legge di registro. N il rilaiScio di molteplici fatture (una per ~gni viaggio) poteva indurre ad escludere l'ipotesi dell'appalto, in quant,o le fatture stesse non costituivano la prova documentale di autonomi, anche se numerosi, rapporti contrattuali, ma erano nel caso semplicemente predisposte con riferimento a tutti 1gli altri elementi di fatto incensurabilmente accertati dai .giudici del merito -al fine di provare l'avvenuta esecuzione , con conseguente pagamento, delle singole prestazioni rientranti nell'unico contratto voluto ed attuato. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 febbraio 1971, n. 483 -Pres. Giannattasio -Est. Falletti -P: M. Gentile (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Albisinni) c. Metalla (avv. Arnaboldi). Imposta di registro -Vendita fra parenti -Presunzione di liberalit Prova della provenienza del prezzo. (d.l. 8 marzo 1945, :p.. 90, art. 5). Imposta di registro -Vendita fra parenti -Presunzione di liberalit rispetto al prezzo pagato -Maggior valore accertato -Si estende. (d.l. 8 marzo 1945, n. 90, art. 5). Per vince1e la p1Tesunzione di liberalit nella vendita fra parenti .occorre dare la prova col solo mezzo dematto di data certa sia della disponibilit della somma corrispondente al prezzo pagato, sia del pagamento di essa; a nulla giova pertanto la semplice dimostrazione di una generica capacit economica (1). Ove manchi la prova contraria alla presunzione, la vendita fra pa.renti si considera a titolo gratuito nella su.a interezza ossia sia per ib valore dichiarato sia per il maggior valore accertato (2). (1-2) Decisione di evidente esattezza. Sulla prima massima v. Cass. 23 luglio 1969, n. 2777, in questa Rassegna, 1969, I, 914 con nota di richiamo: PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 627 (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso principale l'amministrazione delle finanze denuncia la violazione dell'art. 5 del d.1.1. 8 marzo 1945, n. 90, e lamenta che la Corte d'appello, pur giudicando completa.mente mancata la {Prova circa la provenienza de1 prezzo pagato, ha tuttavia ritenuto che la tassazione dell'atto non 1Potesse calcolarsi nella sua interezza seco:n,do l'aliquota stabilita per i trasferimenti a titolo gratuito, ma che in tal .modo dovesse tassarsi soltanto il prezzo dichiarato, mentre il maggior valore accertato dovesse scontare l'imposta dovuta per i trasferimenti a titolo oneroso. Col ricorso incidentale il Metalla ha proposto due motivi: a) violazione del medesimo art. 5 perchi la Corte di appello ha adottato un criterio troppo assoluto in ordine alla prova del prezzo pagato, esigendo .che la dimostrazione mediante tito'li di data certa comprendesse non solo la disponibilit ma anche l'impiego della somma necessaria: per l'impiego invece doveva ritenersi suffi.eiente la prova testimoniale all'uopo dedotta; b) omessa motivazione su un punto de'cisivo della causa, perch la Corte di appello ha trascurato di considerare che il prezzo di L. 5 milioni fu versato soltanto per L. 4.476.053., mentre J.a differenza fu soddisfatta mediante accollo di un mutuo ipotecario: un'operazione que:. sta che risultava provata mediante un atto pubblico di data certa. Priorit logica spetta al motivo sub a) del ricor.so incidentale. Esso privo di fondamento. L'art. 5 cit. cos dispone: Le trasmissioni di immobili a titolo oneroso fra parenti entro il terzo grado si presumono liberalit e come tali sono soggette all'iIIl!Posta quando la provenienza del prezzo pagato non viene dimostrata in base a titoli aventi data certa ai sensi .del codice civile. A1ssai rigoroso il senso della. norma, nonch la ratio evidente; ed incisiva, altrettanto, ne la letterale espressione: il fatto che occorre dimostrare con titoli di data certa (quali preisamente li definisce l'art. 2704 e.e.) la provenienza del prezzo pa- gato, dunque non solo l'anteriore disponibilit d'una somma corri- spondente ma anche l'impiego conclusivo del suo pagamento. L'art. 5, in tutto, l'ambito della :sua disposizione, non lascia akun margine a prova diversa da quella consistente in titoli di data certa : una certezza documentale che, secondo l'art. 2704 cit., pu desumersi dalla registrazione ed anche da elementi estrinseci all'atto, ma tali comunque da presupporne la formazione e da stabilirne in modo ugualmente certo l'anteriorit (dr. Cass. 1963, n. 30'31). Forma e contenuto della prova, quanto eertezza della data, disponibilit della somma e suo medesimo La seconda massima anch'essa esatta, non potendo in questo caso applicarsi a rovescio il con~tto del negotium mixtum cum donatione che si configura quando sia stata fornita la prova contraria soltanto limitatamente al prezzo pagato (Cass. 23 luglio 1969, n. 2775, ivi, 1969, I, 917). 10 628 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO versamento, sono requisiti tassativi, difficili ,senza dubbio, come difficile e quasi estrema la presunzione che per esigenza di politka fiscale viene a parificare il regime tributario di traismiissioni a titolo oneroso a quello delle liberalit: l'intensit appunto di questa coercizione 'legislativa ne dimostra l'imprescindibile carattere. Ma nella specie ancor pi evasiva si rivela la tesi del ricorrente, il quale, mentre ammette che manc da parte ,sua la dimostrazione, me diante atti di data certa, della provenienza del prezzo, sostiene tuttavia che tale prova avrebbe potuto limitarsi alla premessa della sua po tenzialit. economica e che, questa accertata, le circostanze ulteriori della fattispecie avrebbero potuto verificarsi anche con un'indagine sem plicemente testimoniale. E i documenti di data certa a tal fine prndotti in giudizio dal Metalla (che qui soltanto si citano per desumere da essi il senso vero e precipuo della sua tesi) non riguardano neppure la com pravendita in oggetto, ma altri e precedenti affari, la cui .conclusione e gestione avrebbero appunto dovuto dimostrare ,che egli era in grado di' procurarsi la somma necessaria per :l'acquisto contestato. La prova rigorosa e pertinente che esiige l'art. 5 si ridurrebbe cos al presupposto generico della capacit finanziaria del compratore, aJla verosimiglianza ;piuttosto de'lla sua personalit economica, proporzionata o meno all'en tit d~ll'acquisto da dimostrare; e tutto il ra;p:porto relativo a quest'ul timo, tra cui la provenienza specifica del prezzo e la sua corrispondente destinazione, 1sfuggirebbe all'onere della prova certa documentale. .Merita invece accoglimento il ricorso principale dell'amministra zione. La corte d'appel:lo ha dunque completamente escluso l'idneit della prova offerta dal Meta1la; nondimeno essa ha ritenuto che la pre sunzione di liberalit dovesse applicarsi soltanto ,sul prezzo. dichiarato (L. 5 milioni), non anche sull'eccedenza del maggior valore acertato (L. 13.470.000). Evidente la contrad,dizione e fa violazione di legge: un atto interamente presunto a titolo gratuito e tuttavia sottratto in gran parte al regime tributario correlativo. Non vale obiettare -come si legge nella sentenza impugnata -. che la ipresunzione dell'art. 5 non trasforma la natura dell'atto, da negozio oneroso a negozio gratuito. Questo certamente vero, ma irrilevante (e 1si potrebbe perfino notare che, gi nel testo della legge oggetto delfa presunzione, sono proprio e soltanto le trasmissioni a titolo oneroso, da considerarsi a titolo gratuito non per intrinseca alterazione ma: per forma.le ,difetito di prova; se, diversamente, l'onerosit risultasse 1simulata ed effettiva la gratuit, l'atto andrebbe soggetto alla maggiore imposta non per presunzione, ma per positivo e norma,le criterio). La presunzione riguarda il regime tributario dell'atto, ma appunte;> perci, stabilito ,codesto regime alla stregua del titolo che esso riceve secondo la regola dell'art. 5, l'atto vi deve soggiacere per tutta la sua'corrispondente misura, nel solco conseguente della discriminazione iniziale (salva la circostanza, qui e,strariea, dr PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA negotium mixtum cum ton.atione). E tornano allora ad applicarsi i criteri generali per la determinazione del quantum imponibile (sul valore dichiarativo denunciato e s.ul valore accertato nel giudizio di congruit), non diversamente da come si applicherebbero nell'ipotesi di una trasmissione immobiliare fra parenti entro il terzo grado il cui prezzo fosse debitamente/ documentato, o nell'ipotesi di una compravendita non fra parenti, o nell'ipo~esi di una esplicita donazione: in ogni caso l'imposta colpirebbe l'atto Secondo il regime e con l'aliquota ad esso pertinente, sia sul prezzo o valore dkhiarato sia sul maggior valore accertato o concordato. Orbene, se la mancata dimostrazione della !Provenienza del prezzo pagdto fa presumere come gratuito tutto i:l negozio, non ammissibile, n logicamente n giuridicamente, che una parte di esso (per il maggior valore eventua'lmente accertato) venga invece tassata con l'inwosta relativa al negozio oneroso. Il prezzo pagato, come questa sup'1'ema Corte a pi volte ripetuto nella sua giurisprudenza in materia, , fino a prova contraria, quello pattuito e dichiarato nel contratto; di questo prezzo occorre dimostrare la provenienza per vincere la presunzione dell'art. 5, non anche del maggior valore risultante dalla verifica di congruit (Cass. 1969, n. 2775; id. 1967, n. 2698; id. 1967, n. 615). Il richiamo esatto e ancora conferma l'avvertenza che la presunzione dell'art. 5 non vale a trasformare la natura del negozio da oneroso a gratuito, :na ~ pur seID;pre nella specie un argomento irrilevante, perch se dunque la dimostrata provenienza del prezzo pagato basta a far -considerare l'atto come oneroso anche per il magg~or va'lore congruamente accertato, la mancanza di prova viceverisa e quindi la presunzione di gratuit comprendono parimenti tutto il negozio, sia per il prezzo dkhiarato sia per il valore accertato. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 febbraio 1'971, n. 486 -Pres. Berarducci -Est. Sandulli -P. M. De Marco (conf.) -Alleanza Securitas Esperia (avv.. Biamonti e Barile) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cavalli!). Imposte e tasse in genere -Imposta sulla pubblicit -Tabelle e targhe affisse sulle cose assicurate -Pagamento in modo virtuale in base ai bilanci dell'assicuratore -Mancato esercizio della pubblicit Irrilevanza. (d.P. 24 giugno 1954, n. 342, tariffa A, art. 4). 630 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Imposte e tasse in genere -Imposta sulla pubblicit -Tabelle e targhe affisse sulle cose assicurate -Art. 4 tarifla A del d. p. 24 giugno 1954, n. 342 -Illegittimit costituzionale -Manifesta infondatezza. (d.P. 24 giugno 1954, n. 342, tariffa A, art. 4; Cost., artt. 3, 23, 24, 53 e 76). Imposte e tasse in genere -Imposta sulla pubblicit -Tabelle e targhe affisse sulle cose assicurate -Commisurazione ai premi risultati dai bilanci -Limitazione al ramo di assicurazione contro i danni da incendio. (d.P. 24 giugno 19:54, n. 342, tariffa A, art. 4). L'imposta sulla pu'Qblicit attuata mediante tabelle e targhe distribuite ctUe societ di assicurazione ai propri assicurati e affisse sulle cose assicurate (art. 4 tariffa A allegata al d.P. 24 giugno 1!)54, n. 342) determinata, con autoaccerflamento del contribuente, in relazione aU'ammontare dei premi di assicurazione iscritti in bi'lancio e pagata in modo virtuale indipendentemente daUa materiaiit .deU'evento pubblicitario; non ha quindi rilevanza ai fini deUa sussistenza deU'obbligazione tributaria ii fatto che ie tabeUe e targhe non siano state in concreto dist1ibuite ed affisse (1). manifestamente infondata ia questione di legittimit costituzionale deH'art. 4 tariffa A aUegata ai d.P. 24 giugno 1954, n. 342 per contrasto con gli artt" 76, 3, 53, 23 e 24 Cost. (2). L'imposta prevista daU'art. 4 tariffa A aUegata al d.P. 24 giugno 1954, n. 342 suUa pubblicit attuata mediante tabeUe e targhe, va com . misurata alt'importo dei premi riscossi e iscritti in biLancio dalle societ assicuratrici reU:itivamente ana sola gestione dei riamo di assicurazione contro i danni da incendi (3). (Omissis). -La Societ di aS"sicurazione Alleanza Securitas Esperia , per assolvere l'obbligo dell'imposta di pubblicit relativa alle tabelle e targhe distribuite ai propri assicurati per l'anno 1957, provvedeva al versamento del relativo importo in applicazione all'art. 4 della tariffa allegato A al d.P.R. 24 giugno 1954, n. 342, emesso in a:ttuazione della delega concessa al Governo con la legge 27dicembre'1952, n. 3596, !Per l'emanazione di nuove norme sulle imposte sul bollo e .sulla pubblicit intel'IPretando il coordinato disposto di tale norma e dell'ivi richiamato r.d. 20 dicembre 1928, n. 387r8, concernente nuovi modelli .di bi (1-3) Conforme la sentenza in paxi data n. 485. La sentenza della C:orte Costituzionale 23 febbraio 1970, n. 28, che ha spianato la via alla gran parte delle questioni decise, pubblicata in'questa Rassegna, 1970, I, 185. PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 631 lancio per le societ assicuratrici, nel senso che l'importo del tributo, previa denunzia nei modi di legge da parte del contribuente, dovesse liquidarsi nella misura dell'uno per mille sul venti per cento dei premi di competenza iscritti nella parte attiva del bilancio della societ per gli anni suddetti, relativamente alla sola gestione per 'le assicurazioni contro i danni da incendio, alfa quale le tabelle e le targhe andavano riferite. L'Ufficio del bollo straordinario di Roma rilevava per che l'm posta doveva essere commisurata, invece, ai premi relativi alle gestioni di tutti i rami di assicurazione contro i danni esercitati dalla societ, escluso soltanto il ramo dei trasporti, espressamente esentato; e, con ingiunzione notificata in data 22 luglio 1963, intimava alla societ assi curatrice il pagamento della somma di L. 453.400, corrisposta in meno del dovuto, e della .soprattassa per il ritardato pagamento. Con atto di citazione notificato in data 6 agosto 1963,. la societ proponeva opposizione all'ingiun~ione, chiamando in giudizio, innanzi al Tribunale di Roma, l'Amministrazione Finanziaria dello. Stato. La so ciet chiedeva che fosse dichiarata la infondatezza della pretesa fiscale, dacch l'imposta di pubblicit per le tabelle e le targhe non andava commisurata ai premi riscossi riguardo ai rami diversi da quello affe rente alle assicurazioni contro gli incendi. L'Amministrazione Finanziaria eccepiva l'inammissibilit dell'oppo sizione per mancata indicazione dei motivi nell'atto introduttivo del giu dizio. In sede di iPrecisazione delle conclusioni, la societ deduceva l'in sussistenza della pretesa creditoria dell'Ufficio fiscale; e, con la 1comparsa conclusionale, aggiungeva che, essendo mancata, per disuso, l'effettiva distribuzione delle targhe e delle tabelle, l'imposta non era affatto .dovuta. Con sentenza in data 25 novembre 1965, il Tribunale di Roma, in accoglimento dell'opposizione, dichiarava l'i'llegittimit dell'ingiunzione. Osservava, fra l'altro, il Tribunale, che era infondata l'eccezione di inammissibi'lit dell'opposizione, dacch nell'atto introduttivo la So ciet aveva precisato che l'imposta andava commisurata ai premi rela tivi al ramo delle assicurazioni contro i danni da incendio, ed era prin cipio ricevuto che l'esposizione del fondamento giuridico dedotto in op posizione ben poteva essere svolta dall'opponente successivamente in sede di trattazione della causa. Aggiungeva che era altres infondata la eccezione della societ relativa all'insussistenza della pretesa tributaria per disuso dell'ap posizione delle targhe e delle tabelle, sul riflesso che il tributo rtscossb in modo virtuale era dovuto indipendentemente dall'effettiva distribu zione di esse. E, in ordine alla questione prospettata nell'atto di opposizione, de cideva in conformit della tesi dedotta dall'opponente. ( 632 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Avverso tale sentenza appellava l'Amministrazione Finanziaria, la quale riproponeva l'eccezione di inamm:tssibilit dell'opposizione, ribadendo nel merito le argomentazioni addotte dall'ufficio fiscale a sostegno dell'ingiunzione. La societ appellata resisteva al gravame e proponeva a. sua volta appello incidentale, sostenendo che la distribuzione delle targhe costituiva preslJlPposto indefettibile per l'applicazione dell'imposta. La Corte d'Appello di Rdrna, con sentenza 25 novembre 1966-14 gennaio 1967, respingeva -l'appello incidentale ed, in accoglimento dell'impugnativa principale, rigettava l'opposizione. Considerava; innanzi tutto, la Corte del merito che non ricorreva l'inammissibilit dell'atto di opposizione, eccepita dall'Amministrazione, giacch la !Societ aveva precisato nell'atto introduttivo del giudizio ch_e l'imposta non andava commisurata ai premi risultanti in bilancio in ordine a tutti i rami di assicurazione, ma soltanto a quelli relativi alle assiurazioni contro i danni da incendio; -che, dedotto, anche se in modo succinto, il motivo di opposizione, l'ei;q>osizione dei rilievi giuridici a sostegno di esso poteva essere ,gpiegata successivamente; Che il requisito prescritto dall'art. i63 n. 4 c.p.c. atteneva all'onere di allegazione dei fatti costitutivi dlla pretesa e non comportava, di regola, la nullit dell'atto, per essere i motivi addotti suscettivi di successive precisazioni. Aggiungeva, poi, che con la disposizione normativa, invocata dall'Amministrazione a sostegno .della pretesa fiscale, 1si era voluto commisurare l'imposta ai premi .risultanti in bilancio per tutti i rami di assicurazione contro i danni esercitati dalle societ assicuratrici; e, con riferimento all'appello incidentale, poneva in luce come, secondo la nota marginale annessa all'art. 4 della tariffa allegato A del decreto delegato. l'im(posta doveva essere corrisposta indipendentemente dall'effettiva distribuzione delle tabelle e targhe .. Osservava, altres, che con la disciplina fissata nella legge delegata si era inteso servirsi, ai fini dell'accertamento, di una base imponibile sicura e facilmente controllabile come quella dei premi iscritti in bilancio, ponendo in essere una modalit di accertamento e di pagamento dell'imposta, svincolante l'Amministrazione dalle gravose esigenze di un'analitica verifica dell'effettiva distribuzione ed affissione dei mezzi pubblicitari. Rilevava, infine, che, in tal modo, non si erano violati i limiti della delega concessa al Governo con la legge n. 3596 del 19512 per l'emana zione di nuove norme tributarie sulla pubblicit, per essere l'acqui,. sizione dei p:r;emi po~ta ~ur sempre 1con riguardo all'attivit pubblici taria effettuata dalle societ assicuratrici . Contro la sentenza d~lla Corte di Appello proponeva ricorso .per cassazione la societ assicuratrice, deducendo due' motivi. PARTE I, SEZ. V, G~URISPRUDENZA TRIBUTARIA Con il primo si sosteneva che dal sistema della legge delega e della stessa legge delegata doveva evincersi che presupposto essenziale dell'imposta era l'attuazione concreta della pubbUcit e non la sua mera potenzialit; e, con il secondo, .-che l'imposta andava commisurata ai premi iscritti a bilancio riguardo al solo ramo assicurativo dei danni contro gli incendi. L'Amministrazione proponeva, a sua volta, ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo, con il quale riprosipettava la questione dell'inammissibi'lit dell'opposizione. Entrambi i rkorrenti ;presentavano memorie illustrative. Discussa la causa, la Corte di Cassazione, con ordinanza in data 7 febbraio 11968, sollevava questione di legittimit costituzionale della nota marginale annessa all'art. 4 della tariffa allegaito A d.P.R. 24 giugno 1954, n. 342, per presunto eocesso della delega di icui all'art. 5 della legge 27 dicembre 1952, n. 3596, e .conseguente violazione dell'art. 75 della Costituzione. La Corte Costitu~ionale, con sentenza n. 28 del 23 febbraio 1970, dichiarava non fondata la questione di legittimit costituzionale. La .causa ritornava, quindi, all'esame di questa Corte. La societ ricorrente produceva una nuova memoria illustrativa, con la quale prospettava altri profili di illegittimit costituzionale. Anche I'Amministrazione Finanziaria presentava una nuova memoria difensiva. , MOTIVI DELLA DECISIONE Il ricorso della Societ assicuratrice e quello dell'Amministrazione Finanziaria, proposti avver.so la stessa sentenza, vanno congiuntamente esaminati, a norma dell'art. 335 c.p..c. Con il primo motivo del ricorso principale rivolto all'affermazione del principio della necessit della concreta' attuazione della pubblicit per l'imposiziorie del carico tributario -motivo strettamente connesso alla pronuncia della Corte Costituzionale, la quale ha ritenuto consentaneo ai limiti della delegazione legislativa, concessa al Governo con l'art. 5. della legge 27 dicembre 1952., n. 3596, il contenuto normativo della nota marginale dell'art. 4 della tariffa allegato A al d.P.R. 2.4 giugno 1954, n. 342 -la Societ assicuratrice sostiene l'insussistenza del debito tributario, sia che per l'imposizione si ritengano -in con~ormit di quanto, secondo la ricorrente, avrebbe affermato la decisione della Corte Costituzionale -necessari la predisposizione e l'allestimento delle targhe pubblicitarie, sia che si ritenga la non necessit di siffatto allestimento, sul riflesso della. sufficie'nza della percezione dei premi assicurativi. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Secondo la prima alternativa, ancorandosi il presupposto materiale impositivo al concorso dell'attuazione della pubblicit, l'insussistenza del carico tributario deriverebbe, nel caso di_ specie, dall'incontroversa mancanza di ogni allestimento di tabelle pubbl1citarie. Secondo l'altra proposizione del dilemma, dall'avere l'imposizione tributaria come presupposto giuridico e base imponibile la percezione dei premi assicurativi discenderebbe l'implicazione della creazione di una nuova imposta (sui premi di assicurazione) diver,sa da quella di pubblicit prevista dal sistema previgente, tal che la norma del citato art. 4, integrata dalla nota marginale, .sarebbe viziata da illegittimit costituzionale per un eccesso di delega, diverso da quello gi esaminato dalla Corte Costituzionale, per avere il decreto legislativo delegato, attraverso la creazione della nuova imposizione tributaria, deviato, con violazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione, dai principi e dai .criteri direttivi posti dall'art. 5 della legge delega. Inoltre -in caso di adozione del .secondo Criterio interpretativo -la ricorrente trarrebbe dalla presunzione assoluta proceduto, travalicando i limiti della delega zione legislativa e deviando dalle linee direttrici poste dall'art. 5 della legge :2'7 dicembre 1952, n. 3596, di cui il predetto decreto legislativo derivazione, alla ,creazione di un nuovo tributo sui premi "di assicu razione, ontologicamente differente da quello di pubblicit, esistente nel sistema iP'revigente. Criterio direttivo fondamentale, elaborato dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale in materia di delegazione legislativa, che il po tere di normazione delegato debba esercitarsi in modo non divergente dalle finalit generatrici di esso, si che alla formula della delega, avente carattere normativo generale, debba corrispondere un conforme ed ade rente esercizio del potere delegato, nel quadro del sistema legislativo precedente (Corte Cost., sent. 15 dicembre 1967, n..135; .sent. 22 marzo 1967, n.. 31; sent. 26 gennaio 1957, n. 3). La disciplina normativa anteriore alla legge delegante del 1952 e relativa alle imposte in materia di pubblicit effettuata dalle societ assicuratrici a mezzo di targhe e tabelle da apporsi sulle cose assicurate, consisteva nelle disposizioni originarie del r.d. 30 dicembre 1923, n. 32-68, sulle tasse di bollo, integrato dal d.l.C.P.S. 11 aprile 1947, n. 242. L'imposizione era pr-evis'ta negli artt. 1, ultimo comma, del primo decreto e 86 n. 5, dell'annesso allegato A; 1nonch nell'art. 18 del se c~ndo decreto, l .qu~le, con effetto dal 1 giugno 1947, precisava che il tributo doveva corrispondersi in modo virtuale, liquidando lo stesso sui" premi risultanti dal bilancio annuale sui quali si effettuava la di stribuzione delle targhe . La cosiddetta virtualit nella corresponsione e percezione del tributo consisteva (art. 4 del primo decreto) nel fatto che, nel caso in esame, pur trattandosi di un tributo a carattere cartolare, l'adempimento andava tuttavia effettuato, per motivi ;pratici e di pi comoda esazione, non ,con la materiale apposizione del bollo , bens presso l'ufficio com petente, mediante la percezione di una percentuale sull'importo dei premi assicurativi riscossi dalle societ assiicuratrici. .; PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Tale era il sistema vigente all'epoca dell'emanazione della le~ge delega, rivolta a perfezionare attraverso un pi .organico assetto della materia la precedente disciplma. La legge delegata, regolando, separatamente dall'imposta di bollo ' . (disciplinata ora dal d.P.R. 25 .giugno 1953, n. 492) l'imposta di pubblicit, a causa delle peculiari e proteiformi manifestazioni di essa, non ha modificato in a1cunch il sistema normativo precedente :sia in ordine all'ssen~a ontolog1ca dell'imposta di pubblicit sia rigual"do all'oggetto dell'imposizione. Del pari immut!ito, r1spetto a quello iprevist9 dal c;lecreto del 1947, rimasto il criterio determinativo dell'ammontare dell'imposta, avente come parametro 1,ma ,pel"centuale .sui premi assicurativi. Invero, la formula usata' nell'art. 4 della triflia allegataalla le~ge delegata riproduce in sostanza 1a norm1=1.' del secondo comma dell'art. 18 del su cennato decreto1 L'esclusione di ogni inno"rflzione normativa in ordine ana natura d$tll'imposta 'di pubblici~; rientrante sempre sul piano concettuale nella categoria dogm.atica e:ui appartiene quella di bollo, e l'esclusione della creazione di un nuovo tributo gravante ex se, e cio indipendentemente da ogni nesso di collegamento con il fenomeno pubblicitario, sui premi di assicurazione riscossi ed iscritti a bU.ancio dalle societ assicui;atrici, conducopo ~la -condus'ione delJ.a conformit rdella legge delegata alle di!ettrici dell legge deleg intesaal. peris~guimento di un migliore coordinamento delle disposizioni normative precedenti ed al perfezionamento del sistema .previgente. '" ~a qestione di illegittimit per eccesso di delega, nei limiti segnati dalla ricorrente deve ritenersi; :per -ci, manifestamente in.fondata. Il secondo profili. d'incostituzionalit attiene al contrasto della norma dell'art.. 4, con nota :marginale, della .tariffa alle~ata A, con il principio di egua:~lianza contenuto nell'art. 3 della Costituzione. Poieh, in mancanza di ogni discriminazione fra i contribuenti in materia d'inlposta di pubblicit ed in presenza dell'adozi~ne di un criterio impositivo fondat sulla proporzionalit, non dato rilevare alcuna pQSSibilit di violazione del..cennato principio, deve ritenersi che la ricorrente, nel lameritare 'un trattamento differenziato in ordine a situazionj fra loro non diseguali, abbia inteso far riferimento -assumendola a presnpposto d~lla pro;pria argomentazione -all statuizione contenuta nella pronunia appellata e formante oggetto del secondo motivo di impugnativa, per la quale l'imposta di pubbUcit dovrebbe applicarsi, nei confronti delle varie societ assicuratrici, sull'importo dei premi .assicurativi riguardanti tutti i rami di assicurazione .contro i danni, escluso quello relativo .ai trasporti, e non soltanto sull'ammontare dei premi attinenti al ramo. di assicurazione contro i danni da incendio, cui si riferisce il sistema pubblicitario delle tabelle e delle targhe. 638 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO indubbio che da ci deriverebbe un differenziato fiattamento a societ assicuratrici operanti in situazioni non divergenti, giacch gli enti assicurativi svolgenti attivit assicurativa pi intensa nei rami diversi da quello afferente ai danni da incendio verrebbero 'a soggiacere a carichi contributivi maggiori di quelli assegnati alle imprese esplicanti la medesima attivit in misura meno rilevante. E la difl;erenza risultante tra i soggetti colpiti dall'imposta secondo la loro appartenenza all'una o .all'altra categoria, .dando, attraverso l'assoggettamento ad imposizioni diverse di situazioni identiche, origine ad una diseguale applicazione della legge con .conseguente non equa distribuzone dell'onere tributario, sarebbe in contrasto con il principio generale fissato nell'art. 3 Cost. Peraltro, poich la statuizione contenuta nella sentenza appellata, dalla quale muove la ricorrente nella sollevazione del profilo d'incostituziona. Ut -come si vedr nell'esame del secondo mezzo di ricorso non conforme al tenore ed alla ratio della legge applicata, anche la presente questione di illegittimit deve ritenersi manifestamente infondata, non rkorrendo l'invocata ragione di Contrasto con l'art. 3 Cost. La terza questione d'incostituzionalit afferisce al contra.sto dell'art. 4 della tariffa con il principio della capacit contributiva fissato nell'art. 53 della Costituzione. La distonia rilevata sarebbe, Secondo la ricorrente, originata dalla interruzione del rapporto tr imposizione e capacit contributiva, in conseguenza della mancanza del presupposto materiale, costituente la base imponibile, dovuta alla non attuazione della pubblicit. Pur rilevando l'esattezza dell'impostazione del problema, Ciascun ramo di a.ssicurazione contro i danni, non pu assegnarsi al richiamo, contenuto nell'art. 4, di un .unko allegato H -dovendosi per l'uso del singolare da parte della norma escludere necessariamente il riferimento a tutti gli allegati H dei moduli di bilancio -altro significato che quello discendente dal collegamento-con il ramo assicurativo cui si riferisce la pubblicit effettuata con tabelle e targhe. D'altro canto, dr.coscrivendo l'art. 4 -per quanto dato ricavare dalla sua intitolazione -la forma di pubblicit soggetta ad imposta alle tabelle e targhe da affiggere sui fabbricati e sulle cose assicurate, l'applicazione dell'imposta ai premi indicati in tutti gli allegati H del 642 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO . bilancio verrebbe ad estendere l'imposizione tribtaria a raffi.i cui sono estranee le assicurazioni dei fabbricati o cose, come quelli relativi ad assicurazioni aventi ad oggetto .somme, ,patrimoni, persone, in or:dine ai quali non neppure iptizzabile un'affissione di tabelle e targhe. Inoltre, 1sottoil profilo logico, ove volesse seguirsi la tesi della Corte d'appello, non riuscirebbe agevole comprendere la ragione dell'esclu sione, ai fini della determinazione della base imponibile, dall'importo dei premi pevcepiti per tutti i rami di assicurazione Contro i danni, dei soli premi relativi al ramo dell'assicurazione in materia di trasporti -considerato sottQ l'allegato G -; pur trattando.si in quest'ultimo caso -a differenza di altri tipi di assicurazioni quali quelle del credito e contro gli infortuni -di un'assicurazione di cose. N, infine, se si ritenesse valida la costruzione dei giudici di secondo grado, riuscirebbe facile .spiegarsi il riferimento dell'intitolato dell'art. 4 ai fabbricati ed alle cose a:ssicurc;rte, investendo l'area di incidenza della cennata norma, .secondo la concezione della decisione impugnata, tutti i rami delle assicurazioni contro i danni. La menzione delle d.e categorie di beni assume, invece, una precipua significazione se riferita all'assicurazione contro gli incendi, valendo ad indicare l'assoggettamento all'imposta dell'assicurazione dei fabbricati anche se estesa alle cose mobili in essi alligate. Valide conferme derivano, poi, dall'interpretazione storica e sistematica. Sul piano .storico, stabilendo l'art. 18 del d.l.C.P.S. n. 242 del 1947, che l'imposta andava liquidata in modo virtuale sui premi risultanti dal bilancio annuale su.i quali si effettuava la distribuzione delle targhe , gli uffici finanziari, nel vigore del sistema legislativo previgente, hanno, in awlicazione di detta normativa ed in aderenza alle varie circolari ministeriali emesse in fase attuativa, liquidato l'imposta sempre esclusivamente sui premi del ramo di assicurazione contro i danni da incendi. E, non avendo l'art. 4 innovato alla precedente disciplina normativa, per aver riprodotto in sostanza il contenuto dell'art. 18.. un mutamento nell'atteggiamento da parte degli organi dell'Amministrazione Finan ziaria non pu trarxe giustificazione dalla sola incertezza della formu lazione della norma. La mancanza d'inwcazione di uno specifico criterio discretivo tra i rami as,sicurativi rtsultanti dall'allegato H non .pu, 'invero, valere da sola a far espandere la base imponibile dai premi relativi ai rami cui si riferisce la pubblicit attuabile mediante targhe a quelli di tutti i rami di assicurazione contemplati nel cennato allegato. N una tale mancanza pu valere a legittimare, nei confronti dei destinatari della norma, il contenuto della ieircolare ministeriale nu mero 19059.S del 5 luglio 1954 che ci postula, giacch, a 1Parte la COQr. . PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 643 siderazione che le d~colari ministeriali costituiscono atti interni dell'attivit .amministrativa, le quali non possono spiegare alcuna incidenza effettuale in ordine alla sfera giuridica di soggetti estranei all'amministrazione autrice di esse, neippure ai fini dell'interpretazione delle norme di legge (cfr. Cass. sent. 30 ottobre 1969, n. 3597; sent. 28 ottobre 1969, n. 3542), vale il rilievo che d una disposizione legislativa deve attribuirsi il Contenuto normativo che, in correlazione all'intero contesto della legge ed al sistema legislativo in cui la norma s'in:serisce, meglio si attaglia alla dis.ciplina assegnata in materia dall'ordine giuridico. E, .sotto tale profilo sistematfoo, la norma in parola non pu essere intesa che nel senso voluto dalla ricorrente, dacch il carico tributario, attinente alla pubbliicit -per quanto dato rileval'e da tutto il sistema impositivo predisposto nella materia in oggetto -essendo applicato correlativamente all'attivit cui inerisce, i premi ai quali va commisurata l'ima;iosta in discorso ai fini della determinazione della base imponibile non possono essere altri che que11i corrisposti per l'attivit pubblicizzata. Il secondo motivo va, quindi, accolto; e la Corte di rinvio dovr uni formarsi al seguente ,principio di diritto: l'imposta, prevista dall'art. 4, con nota marginale, della tariffa allegato A del d.P.R. 24 giugno 1954, n. 342, sulla pubblicit attuata mediante tabelle e targhe, va Commisurata all'importo dei premi riscossi ed iscritti a bilancio dalle societ assicuratrici relativamente alla sola gestione del ramo di assicurazione contro i danni da incendi. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 1 marzo 1971, n. 515 -Pres. Scarpello -Est. Tamburrino -P. M. Tavolaro (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Agr) c. Califano. Imposte e tasse in ~enere -Rapporti tra il procedimento dinanzi alle commissioni e l'azione dinanzi all'A.G.O. -Autonomia -Vizi del procedimento dinanzi alle Commissioni -Incensurabilit dinanzi all'A.G.O. I due procedimenti dinanzi alle Commissioni e dinanzi all' A.G.O. sono autonomi e il secondo non costrituisce continuazione del primo in fase di impugnazione; conseguentemente i vizi del procedimento dinanzi alle commissioni non possono essere dedotti nel giudizio dinanzi all' A.G.O. nemmeno quando si impugna l'ingiunzione emessa sulla "base 11 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della decisione della Commissione che si assume viziata, a meno che non si deduca l'inesistenza della decisione (1). 644 (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso l'Amministrazione ricorrente censura il punto fondamentale della .sentenza di appello, la quale -andando in contrario avviso dai primi giudici -ha ritenuto ammissibile .che il giudice ordinario, in sede :di Qpposizione ad ingiunzione fiscale, dichiari nulla la ingiunzione medesma per vizio o nullit procedurale del 1giudizio innanzi la Commissione distrettuale, sulla base della cui decisione, assunta illegittima, .stata eme~a la ingiunzione opposta. All'uopo occorre rifarsi ai principi fondamentali, gi da questo Supremo Collegio costantemente fissati,. sui rapporti tra procedimento avanti le Commissioni tributarie e procedimento avanti il giudice ordinario in materia fiscale. Il principio base dell'autonomia tra i due procedimenti, onde il giudizio avanti il giudice ordinario non pu essere inteso Come dl impugnazione delle decisioni delle CommisSioni. Da questo prindpio varie importanti illa~ioni sono state tratte dalla giurisprudenza. Principalmente stato affermato -sempre come conseguenza inequivocabile della .predetta autonomia funzionale -che gli errores in procedendo in cui siano eventualmente incorse le commissioni amministrative non sono censurabili dal magistrato ordinario, il quale non ha il potere di annullare la pronuncia degli organi del contenzioso ammi nistrativo. Una possibilit di sindacato di legittimit delle pronuncie delle Commissioni dato a questo Supremo CoUegio nella ipotesi in cui la pronuncia della Commissione centrale sia impugnata ai sensi dell'articlo 111 della Costituzione, nel qual caso si fa valere non l'azione au. tonoma ammessa dalle Ie.ggi fiscali avanti il giudice ordinario, sibbene la speciale impugnazione di legittimit ammessa dalla costituzione. Quel sindacato invece impossibile allo~ch si esperimenti ez novo la azione avanti il giudice or.dinario, cio si inizi la azione giudiziaria funzionai- I (1) Decisione pregevole che riassume con molta completezza princ1p1 ormai del tutto pacifici. SuI concetto generale di autonomia fra i due proce I dimenti, che possono dar luogo ad una non totale coincidenza di oggetto e di .soggetti v. Cass. 5 luglio 1966 n. 1737, Riv. leg. fi,sc., 1966, 2287; 14 ottobre 1966, n. 2453, ivi, 1967, 221; 23 gennaio 1969, n, 182, in questa Rassegna 1969, I, 98. Sulla incensurabilit degli errores in procedendo stato anche precisato che al procedimento innanzi alle commissioni si applica l'art. 161 c.p.c. cosicch le violazioni della legge processuale vengono Coperte dal giudicato se non si convertono in motivi di. impugnazion~ validamente esperita secondo le norme proprie del procedimento (20 gennaio 1970-, n. 111, ivi, 1970; I, 128; 3 febbraio 1968, n. 350, ivi, 1968, I, 112). Sulla decisione inesistente v. Cass. 15 febbraio 19>69, n. 526, ivi, 1969, I, 129; 9 ottobre 1969, n. 3235, ivi, 1969, I, 926. Il giudizio oo-dinario stato anche considerato, per definire il 0 suo carattere di superiorit e di prevalenza su quel:lo delle commissioni, corri ;J, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 645 mente autonoma dalla procedura amministrativa, sempre che la decisione ,amministrativa non fosse del tutto inesistente, in uno dei pochi casi in cui pu essere ,concepita la inesistenza di una decisione (decisione non :scritta, decisione di contenuto impossibile, decisione non sottoscritta, pronuncia a non judice e simili), ineststenza che' ,certamente deve essere dichiarata dal giudice ordinario, anche ai fini di una rinnovazione del procedimento travolto dall'inesistenza della decisione. Tutto 'Ci non avviene in caso di mera null.it procedurale, in p.r:esenza della quale la decisione esiste ed autonomame~te impugnabile nei modi previsti da.Ila legge: in questi ,casi l'autonomia tra procedimento tributario e proce- dimento ordinario ha valore in pieno. Ci posto nella ,specie pclfi:camente accertato che dOipo la decisione della Co:rpmissione distrettuale, ,che si affermava nulla per v1z10 del procedimento (mancata audizione della parte che ne aveva fatta richiesta e diftto di'notificazione), l'interessata (attuale resistente)'impugn la decisione medesima avanti la Commissione, facendo quindi valere nei modi di legge .le assunte nullit ,e gli assunti vizi. Contemporaneamente per la stessa ];,,arte, senza attendere l'esito del giugizio tributario in corso, propose avanti la autorit giudiziaria QJ>posizione alla ingiunzione emessa dall'Ufficio tributario inbase alla predetta decisione della Commtssione ,distrettuale, facendo valere come 'cause di opposizione le .medesime nullit ed i medesimi vizi. E ci non era ammissibile in frza dei surriportati principi fondati rsull'autonomia dei due procedimenti, tanto pi che deve assolutamente negarsi come nella specie si possa trattare (il che pure viene appena accennato dalla sentenza impugnata) di inesistenza dell~ decisione della Commissione distrettuale, la quale invece aveva tutti ,gli elementi ed i crismi fondament~ili di una decisione emessa dall'organo competente ed era censurata per un mero vizio del procedimento. Di guisa ,che la parte aveva la strada principale, di proseguire, Come aveva espresso intenzione attraverso la impugna- un rimedio "vagamente assimilabile per qualche suo aspetto alle impugnazioni 'Straordinarie,., cosa che giustifica l'esistenza di due giurisdizioni parallele e non contraddice tuttavia al principio dell'autonomia (S'ez. un. 20 giugno 1969, n. 2177, Riv. leg. :fi,sc., 1969, 2048 e 22 settembre 1969, n. 3120 in questa Rassegna 1969, I, 1132). In senso discorde v. Cass. 13 marzo 1970, n. 641, ivi, .1970, I, 436 che ammette la deduzione di vizi del procedimento quando, come nell'estimazione semplice, non pu essere portata innanzi all'A.G.O. la questione di merito e, sia pure ,con riferimento all'imipugnazione ex art. 29 terzo comma del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, la sent. delle Sez. un. 5 febbraio 1971, n. 290, ivi, 1971, 436 che ha ritenuto spetti al giudice ordinario dichiarare, anche d'ufficio, l'incompetenza della commissione. Per l'affermazione che la proposizione del giudizio ordinario comporti rinuncia al ricorso dinanzi alla Commissione, v. Cass. 22 settembre 1969, n. 3120, ivi, 1969, I, 1132. \' 646 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione alla Commissione provinciale, il giudizio tributario facendo presenti in quelle sedi le assunte illegittimit procedurali del primo grado: successivamente alla definizione del procedimento amminiistrativo, ove quelle illegittimit non fossero state riconosciute, avrebbe potuto scegliere o nell'insistere sulle ille:gittimit stesse con la proposizione del ricorso per cassazione ex art. 111 della Costituzione ovvero avrebbe potuto autonomamente iniziare il giudizio ordinario, facendo valel'.e il suo diritto soggettivo ad una pi legittima ed equa (nella .sostanza) tassazione, indipendentemente dal procedimento amministrativo e dalle sue nullit procedurali. .Il che rientra nel vigente sistema dei due procedimenti autonomi. Ma in realt, come chiarito sopratutto in :sede di discussione orale, dato che nel caso in esame era stata emessa una ingiunzione fiscale, sia pure sulla base della decisione della Commissione distrettua.le, ingiunzione la quale opponibile unicamente avanti il .giudice ordinario, \ la parte iprivata avrebbe potuto pure adire in opposizione direttamente il giudice ordinario e potrebbe pur dirsi come iecentemente stato affermat (Cass. n. 924 del 1969) che quella opposizione avrebbe importata :rinuncia al ricorso pendente avanti la Commissione; ma giammai, in violazione dei suddetti principi, in sede di opposizione avanti il giudice ordinario avrebbesi potuto far valere, e proprio come giustificazione dell'o. pposizione, la nullit procedurale della decisione della Commissione e del relativo procedimento, e mai il giudice ordinario avrebbe potuto affermare la nullit della ingiunzione fiscale unicamente sulla base di una nullit (da esso giudke ordinario accertata) dell'autonomo. iprocedimento davanti la Commissione distrettuale. L'impugnata decisione deve essere cassata senza rinvio e la Califano deve essere condannata alle spese dell'intero procedimento. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 marzo 1971, n. 564 -Pres. Marletta Est. Caputo -P. M. Secco (conf.) -MinisteTo delle Finanze (avv. Stato Castiglione Morelli) c. Oscar. Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Rogatoria ad altra Commissione -Necessit di audizione del contribuente -Esclusione. (d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 31; r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 24; 1. 5 gen~ naio 1956, n. l, art. 50). Poich il parere della Commissione sentita in rogatoria a nonna cj.ell'art. 31 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 un semplice mezzo istru_,ttoriQ. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 647 che si assorbe nella decisione finale a tutti gli effetti, non richiesta l'uadizione personale del contribuente da parte di detta Commissione (1). (Omissis). ~ Con il primo mezzo l'Amministrazione ricorrente, denunziando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 31, secondo e terzo comma, del r.d. 7 aigo~to 1936, n. 1639, 24 e 25 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 e 50 della legge 5 gennaio 1956, n. 1, in relazione all'art. 360 nn.. 3 e 4 c.p.c. -cen~ura la decisione impugnata per avere ritenuto la nullit della decisione resa dalla Commissione distrettuale di Torre Annunziata in sede di rogatoria per la mancata audizione dei contribuenti, e sostiene che, poich in tale sede non viene resa una decisione ma un semplice parere, che ha natura di mezzo istruttorio e non soggetto a gravame, non possono trovare applicazione le norme. sull'audizione delle parti dettate esclusivamente per la fase decisoria della controversia tributaria. La censura fondata. L'art. 31 del r.d. n. 1639 del 1936 prescrive, nel secondo comma, che, allorquando nell'accertamento tributario siano compresi beni situati in altre provincie, il presidente della commissione adita deve rinviare rogatoria di revisione e determinazione del valore alla commissione distrettuale nel cui territorio ,si trovino gli altri beni ma stabilisce, nel comma successivo, che la valutazione fatta da quest'ultima commissione non soggetta a gravame e ha efficacia di mezzo istruttorio per la commissione competente alla quale spetta di decidere sul complessivo accertamento. Appare, quindi, chiaro, per la inequivoca formulazione letterale della norma, che oggetto della rogatoria sopra prevista semplice giudizio tecnico relativo alla valutazione dei beni secondo la consistenza che la Commissione del luogo in cui essi sono posti pu direttamente consta- tare_ e secondo i parametri di stima applicabili in loco; giudizio tecnico che liberamente apprezzabile dalle parti e dalla commissione competente a provvedere sul ricorso avverso l'accertamento tributario. Peraltro, alla indagine sulla natura della valutazione ad opera della commissione incaricata della rogatoria, questa Suprema Corte ha atteso anche di recente pervenendo alla conclusione che tale valutazione ha contenuto ed efficacia di elemento probatorio che deve essere tenuto presente nella decisione della commissione competente a provvedere sul redamo ed l assorbita in questa, a tutti gli effetti, anche per quanto attiene ai mezzi di impugnazione (sent. 15 marzo 1969, n. 825). (1) Massima di evidente esattezza. Sulla natura della pronuncia emessa dalla commissione sentita per rogatoria cfr. Cass. 15 marzo 1969, n. 825, in questa Rassegna, 1969, I, 311. 648 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Or dallo inquadramento del detto giudizio tecnico nel sistema istruttorio tributario deriva come logica conseguenza Che nella fa.se del procedimento ad esso relativa non possono trovare appUcazione le norme sull'audizion personale della parte che nella previdenza legislativa (articolo 24 r.d. n. 1516 del 1937 e 50 legge 5 gennaio 1956, n. 1) deve disporsi a favore del contribuente che abbia fatto domanda e soltanto nella udienza fissata per la discussione del ricorso, vale a dire nella fase decisoria delJ.a controversia. N, d'altronde, nel mancato invito della parte dinanzi alla Commissione incaricata iper rogatoria pu ravvisarsi una violazione dei principi generali sul contradittorio, sia per:ch la natura stessa del mezzo, che si esaurisce nella espressione di un parere, ne esclude l'appUcabilit, sia perch ad ogni modo, ed in riferimento a quel sistema, il contraditto-. rio si svolge e si .svilUfPpa, senza limitazione o condizioni. dinanz~ alla Commissione compet.ente per il merito, con la possibilit di discutere anche le risultanze della valutazione effettuata per rogatoria, non diversamente di come dato discutere le risultanze di ogni altro mezzo istruttorio direttamente ese,guito dalla detta commissione. Per queste considerazioni -alle quali pu aggiungersi la circostanza, altrettanto saliente, che nella fattispecie i contribuenti non avevano neppure chiesto di essere sentiti dalla Commissione incaricata della rogatoria -la decisione impugnata non poteva ritenere la nullit del parere da quest'ultima espresso cosi come non poteva dichiarare come effetto conseguenziale la nullit della decisione della Commissione distrettuale di Pagani. -(Omissis). I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 marzo 1971, n. 681 -Pres. Favara Est. Perrone Capano -P. M. Trotta (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano) .c. Gennari. Imposta di re~istro -Societ -Societ di persone -Cessione di quota ~--T~::r--r -..-,(:;..,..,..- ...-~~~~~.~. - ..J....~ Belli -immobili-sociali - Commisurazione dell'imposta-al-valore c.:. "li" .... venale al netto,_delle p~ssivit soci~li. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 27 e 43 e 1iariffa A art. 81; e.e. artt. 2269, 2291, 2293, 2304 e 2305). Nella cessione di quota di societ di persone, anche se comprendente beni immobili, poich le passivit continuano a rimanere a carico della societ e solo sussidiariamente gravano sui soci, l'imposta deve essere PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 649 commisurata al valore venale della quota al \netto delle passivitd so ciali (1). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 ottobre 1970, n. 1850 -Pres. Pece Est. Miele -P. M. Pascalino -(conf.) _,Ministero delle F'inanze (avv. Stato Coronas) e Soc. Costa (avv. Biamonti). Imposta di re~istro -Societ -Societ di perp;one -Liquidazione della quota sociale in favore dell'erede del soio defunto -Credito ori' 1ina:p.o di'una somma di _danaro -Trasferimento di quota -Imposta proporzionale -Esclusione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269; art. 27, 48 e tar.ifta A Jirt. 88;. e.e. art. 2289). Nella societ di person;e, a seguito della morte del socio, la quota sociale non si trasferisce alt' erede, al quale spetta unicamente una. somma di danaro corrispondente al valore di essa; conseguentemente la liquidazione in danaro della quota del socio defunto non pu mai dar luogo ad un trasferimento soggetto all'imposta proporzionale (2). I (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso, nel denunciare la violazione degli artt. 21' e 43 della legge d~l registro, approvata con r.d. 30 dicembr~ 1923, n. ,3269, nonch degli a~tt. 81 e seguenti della tari.ifa (l-2) .Le quote di so.ciet . di per8one nell'imposta di registio. Le due pronunzie sopra riportate hnno fatto emergere, pur sotto diversi punti di vi.sta, il problema della definizione, agli effetti tributari, del concetto di quota di societ di persone e, senza tentare di affrontarlo in '.ii:>do completo, hanno offerto delle'soluzioni nuove sulle quli necessario portare un attento e$ame. La prima decisione :ricalca, con scarso approfondimento critico, la ormai remota pronuncia delle: Sez: un. 31 gennaio 1948, n. 146 (Riv. leg. fisc., 1948, 270); essa non :ha esattamente individuato /il nucleo centrale della questione e non hai colto il valore e la ragion d'essere delle norme (art. 27 e 43 della legge di registro) ,sulle quali la motivazione poggiata. L'art. 43 non ha nella controversia ,J.'importama decisiva che gli si attribuisce, per:ch potrebbe int'e_ressare nell'ipotesi in ci l'mposta vada . liqidata cori esclusivo riferimento. ai :\>ezzi e corrispettivi oonvenuti, e non anche qundo nel trasferimento di beni immobili l'imposta viene commisurata al .valore in comune commercio; in questo caso si tiene conto della considerazione obiettiva del bene immobile trascurando ovviamente gli oneri personali eventualmente trasferiti congiuntamente. ~'art. 43 assume specifica rilevanza nella trasmissione di immobili nei rari casi in cui il corrispettivo pattuito, compresi gli oneri trasferiti, sia superiore al valore imponibile del bene. Ma se l'art. 43 non spiega una diretta influenza sulla questione controversa, esso assai importante in quanto !rivelatore di un principio gene RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 650 allegata A e degli artt. 2269, 2291, 2293, 2304 e 2305 e.e. irtutto in .re:lazione all'art. 360 nn. 3 e 5 'c.p.c., l'Amministrazione delle finanze si' duole della decisione emessa dai 1giudici di merito, i quali hanno rite:nuto Che l'imposta di registro sulla cessione delle quote della societ in non:-e Collettivo Industria Cremonese Arti Grafiche, trasferite a titolo oneroso dai fratelli Bertazzoli al Gennari, dovesse essere commisurata al valore venale delle quote stesse, al netto -e non al lordo delle passivit sociali. Non esatto, anzitutto, che la giurisprudenza di questa Corte sia stata sempre favorevole alla tesi Sostenuta dall'Amministrazione finanziaria (secondo cui le cessioni di quote di partecipazione in societ di perisone andrebbero tassate al lordo e non al netto delle passivit sociali) e che in senso o,pposto si sia espressa solo l'ultima sentenza pronunciata in materia dalle sezioni unite, che quella n. 146 del 31 gennaio 1948. Con questa ultima sentenza; invece, il mutamento di giurisprudenza stato limitato ai criteri di tassazione degli atti di trasferinento di rale che domina il tributo di registro: nei trasferimenti, le passiivt, che non costituiscano una limitazione del bene di carattere reale (servit, usu frutto ecc.), non sono mai influenti negativamente sul valore; il valore di un immobile determinato non muta per l'esistenza di rapporti personali di ogni sorta facenti capo alle persone fra cui interviene il trasferimento. E non a caso che la legge di registro non affronti nemmeno il pro blema del modo e delle forme per l'accertamento delle passivit (mancano del tutto nQrme assimilabili agli artt. 45 e segg. della legge di successione); non poteva di certo mancare una disciplina di questa materia se le passivit potessero diventare com~que rilevanti sul valore imponibile. E non pu non rilevarsi come la decisione in rassegna abbia, con notevole disinte re.Sse, ignorato il problema del come si possa in concreto determinare il valore netto della quota sociale (se le passivit debbano cio essere dimo strate con atti di data certa, se e quale valore probatorio abbiano i bilanci, ove esistano, quali poteri di accertamento e investigazione abbia in merito l'Amministrazione); in sostanza i problemi conseguenziali che si presente rebbero diventerebbero pi gravi del problema principale. Ma si tratta invero di falsi problemi, perch ai fini dell'imposta di registro attivit e paSsivit non si elidono per determinare J.l valore del bene trasferito. La norma che risolve la questione controversa quella dell'art. 27, che innegabilmente introduce ai fini tributari una finzione (" sono considera ti... ,. ) in forza della quale la quota sociale si presenta come cosa diversa da un diritto di credito che il socio vanta verso la societ. Si potr affermare che tale finzione opera nel ristretto campo della imposta di registro (v. la sent. 26 marzo 1971, n. 847, infra, pag. 684), ma resta incontestabile che ai fini tributari non possono invocarsi nella loro interezza i principi del diritto comune. Ora evidente che la finzione dell'art. 27 consiste nel considerare la ,societ di persone come una com.: propriet, si che la cessione di quota sociale " si considera ,; trasferimento di una porzione di beni sociali di cui il socio contitolare; la relazione mi nisteriale all'art. 27 co_si spiega lo scopo della norma: per tal modo si.. PARTE I, SEZ~ V, GIURISPPVDENZA TRIBUTARIA 651 aziende o quote di aziende industriali e commericiali, mentre, in orcne alle cessioni di quote di societ di persone1 sono stati riaffermati i principi di carattere tributario gi costantemente enunciati sin dal 1915. Con la sentenza del 1948, infatti, le sezioni unite di questa Corte, dopo avere ricordato il disposto dell'art. 43 della legge di registro (per il quale nei trasferimenti a titolo oneroso della propriet, dell'usufrutto, dell'uso o godimento di beni o di altro diritto reale, l'imposta proporzionale apiplicata in ragione dei prezzl e degli altri corrispettivi convenuti fra le parti, compresi gli oneri che passano a carico dell'acquirente O Cessionario ), e dopo aver ritenuto che nelle Cessioni di aziende industriali o commercili si trasferiscono al cessionario, salva diversa pattuizione, anche le passivit aziendali, che perd devono essere calcolate ai fini dell'imposta di registro, che in tal Caso va applicata al lordo delle passivit, hanno poi specifi.cato quanto segue, riaffermando cos l'anteriore giurisprudenza: Ad analoghe conclusioni non si .pu giungere in materia di cessione di quote di compartecipazione nelle societ di com impedisce che sotto la forma apparente della cessione di quot di partecipazione in societ di persone, costituite soltanto fittiziamente, possa avvenire il trasferimento di beni immobili a favore di un solo socio senza il pagamento della corrispondente tassa e si rende possibile, nell'interesse della Finanza, di tener conto delle passivit inerenti eventualmente alle quote cedute, allo scopo di aggiungerle al prezzo della cessione e di sottoporle a tassa" Ci, oltre a risolvere il problema specifico della liquidazione dell'im..: posta sul valore lor.do in applicazione del principio dell'art. 43, sta a signi ficare che la cessione di quota sociale agli effetti tributari pa'l'ificata al trasferimento di una quota di compropriet di beni (PERRICONE, Aziende e societ nell'imposta di registro, Milano, 1950, 33 e segg. 89 e segg.: v. anche DE BoNo, La legge del registro, Milano 1961, 11 ss.). Per questa ragione l'art. 88 della tariffa A (che richiama l'art. 48 della legge) considera come divisione soggetta all'imposta graduale, l'assegnazione ai soci di beni sociali a saldo della quota ad essi spettante in seguito a scioglimento della societ, mentre sottopone all'imposta proporzionale l'assegnazione di beni agli azio nisti di societ per azioni perch, in questo caso, il diritto delsocio verso la societ veramente un diritto di credito che, come circola senza dar luogo a trasferimento dei beni sociali (art. 108 della tariffa A), all'inverso d luogo ad un trasferimento quando si converte in un bene determinato. E se anche la quota di societ di persone si considerasse un diritto di cre dito verso la societ, non potrebbe pi porsi la differenza che stabilisce l'art. 88 e anche l'assegnazione di beni sociali ai soci di societ di persone dovrebbe considerarsi traslativa. All'assegnazione di beni non considerata traslativa (art. 48) corri sponde la strutturazione (fittizia) della societ di persone come compro priet di beni. Ci evidenziato in modo incontestabile dalle disposizioni dell'art. 88, n. 2 lett. a) e b) della tariffa A che sottopongono l'assegnazione al socio di beni sociali all'imposta graduale e all'imposta proporzionale a seconda che il bene venga riconsegnato al socio che lo aveva conferito o a persona diversa. Di conseguenza il voler porre, come nella sentenza in nota, 652 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mercio, pwch il carico delle 1Pas~ivit rID:iane alla societ.''E fa stss'a responsabilit personale dei sod nelie societ in nome collettivo e dei soci accomandatari nelle accomandite semplici, per le ,obbligazioni della societ verso i terzi, ha carattere esclusivamente sussidiario .e non p_u essere esercitata che dopo escussa la .societ. La soluzione evidente nella cessione delle azioni delle societ di capitale, in quanto il valore delle azioni rispecchia la .situazione economka della rSociet e quindi esprime un valore concreto al netto degli oneri. Ma ugualmente chiara anche nella cessione delle quote di partecipazio~e in societ di persone, appunto perchj, addivenendosi alla cessione, ,le passivit continuano a rimanere a carico della societ, salva la responsabilit sussidiaria dei soci, 1che, appunto perch tale, non altera i termini dell'arigomentazione . Con la stessa sentenza, inoltre, furono ,confutate J.e deduzioni svolte dai difensori dell'Amministrazione finanziaria e fu dimostrato che gli argomenti tratti dall'art. 27 della legge di registro e dall'art. 81 della sullo stesso piano la cessione di quote di societ di persone e la cessione di azioni, affi.nch l'imposta. si commisuri a quel valore " che rispecchia la situazione economica dell societ e quindi esprime un valore concreto al netto degli oneri,. in pieno contrasto con i .Principi informatori della legge di registro che non unifica affatto ma differenzia radicalmente, ben oltre le regole del diritto comune, i due tipi di societ. chiaro infine che non potrebbe mai conciliarsi la deduzione di passivit dal valore di beni immobili, con il principio dell'art. 27 secondo il quale la quota sociale, ove esistano nel patrimonio beni immobili, si considera sempre di natura immobiliare fino et concorrenza del valore degli immobili; il yalore della quota non potr cio mai essere inferiore al valore della corrispondente porzione degli immobili. I beni immobili, o considerati tali, sono soggetti all'imposta di trasferimento in ragione del loro valore obbiettivo sul quale non possono mai incidere obbligazioni personali del titolare di qualunque natura; se per l'art. 43 non diminuiscono il valore dell'immobile nemmeno gli one;ri, come le ipoteche, incorporati nel bene, certamente saranno del tutto ininfluenti i .debiti e in genere tutti i rapporti giuridici obbligatori facenti capo al ,cedente. Seguendo la decisione della S.C. non si potrebbe giustificare il diverso regime tributario della cessione di quota di :societ di persone e della cessione di azienda, specie se si ,considera la parific~ione che si fa all'art. 31 della legge di registro e all'art. 19 del d.1. 7 agosto 1936, n. 1639; non sarebbe facile spiegare perch debba essere meno fiscalmente gravosa la cessione separata di due me,t della azienda sociale, anche se in favore dello stesso soggetto (con la conseguente estinzione_ della societ per mancanza della pluralit di soci), rispetto alla cessione unitaria della medesima azienda. E nemmeno si giustificherebbe la sostanziale differenza tra cessione di quota di societ e cessione di quota di compropriet o di quota ereditaria,. ; quando la legge tributaria, come risulta in particolare dall'accostamento degli artt. 88 e 89 della tariffa A in relazione all'art..48 della legge, pone '~ i sullo stesso piano questi istituti. La S;C., senza porre a fuoco il problema centrale della natura, ai fini tributari, della quota di societ di persone, ha basato il suo giudizio su. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 653 tariffa allegato A (gli stessi articoli che vengono invocati anche nel :Ciso in esame) non offrivano elementi decisivi. per una diversa soluzione. Altri elementi non vengono attualmente offerti, nonostante l'invito a riesaminare la questione e a risolver.la nel senso auspicato dalla Finanza. L'unico ar~omento nuovo, 1che viene prospettato col ricorso in esame; che le societ di .per.sane non assurgono a propria personalit giuridica, e .quindi' a sostanziale titolarit di diritti, in quanto godono e fruiscono soltanto di una limitata auton.omia patrimoniale, che requisito formale pi che sostanziale. Ma -siffatto rilievo non -certamep.te idoneo a neutralizzare le ragioni -che giustificano la citata giurisprudenza di questa Corte, a conforto della quale si pu .aggiungere: a) Nelle societ in nome collettivo (che, ai fini della presente causa, .sono le uniche da prendere in considerazione) tutti i soci rispondono .solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni :soiali (art. 2291 e.e.); 1e 1chi entra a far parte di una societ gi costituita risponde. con . gli altri soci anche 1Per le obbligazioni sociali anteriori all'acquist_o della alcune osservazioni del tutto :secondarie sulla autonomia patrimoniale della societ e sulla responsabilit soltanto sussidiaria dei soci; e cos, considerando che la responsabilit delle obbligazioni sociali non si trasferisce dal cedente al cessionario perch resta alla societ, che ha una autonomia patrimoniale, e che il cedente con la ce8sione non liberato (verso i terzi) della sua responsabilit sussidiaria, ha ritenuto che non si verifichi, agli effetti dell'art. 43, il trasferimento degli oneri di cui debba tenersi conto ai fini della determinazione del valore. Ma queste considerazioni, della cui esattezza dato legittimamente di dubitare, sono ininfluenti: come si visto l'art. 27, piuttosto che l'art. 43, che xisolve il problema definendo di natura inl:rnobiliare la quota sociale fino a concorrenza del valore degli immobili; di fronte ad un trasferimento di immobile( o di quota ideale di esso) non necessario accertare, quando si procede a determinare il valore a stima, se con J.o stesso negozio vengano o no trasferit\ contemporaneamente, ma distintamente, altri rapl?orti giuridici obbligatori, attivi o passivi, che potranno dar luogo ad altro titolo di tassazione. Discutere se le obbligazioni sociali .si trasferiscono o no al cessionario potrebbe servir~ tutt'al pi ai fini dell'applicazione dell'imposta secondo il .prezzo corrispettivo dichiarato, eventuail..mente superiore al valore obiettivo degli immobili. quindi superfluo considerare che, sebbene la responsabilit del socio sia sussidiaria e nonostante che a seguito della cessione il cedente resti obbligato, verso i terzi, per le obbligazioni sociali, tuttavia sul cessionario, per effetto aella cessione, si trasferisce la responsabilit (sussidiaria) per le obbligazioni sociali anche se sopravvive la solidale responsabilit del cedente; di conseguenza, pur sussistendo l'autonomia patrimoniale, il socio della societ di persone si trova verso il patrimonio sociale in posizione ben diversa dall'azionista. Ma soprattutto l'argomentazione della S.C. si rivela contraddittoria: quando si sottolinea che le passivit sociali non si trasferirebbero al cessionario, al quale tuttavia viene ceduta la quota sociale che, ai fini tributari, una quota di compropriet di immobili, si viene ad escludere che la quota ceduta sia gravata da passivit; non pu quindi farsi 654 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO qualit di socio (art. 2269 e 2293). Ma la responsabilit dei soci, tanto di quelli originari che di quelli sopravvenuti, ha carattere sussidiario, dato che i creditori sociali non possono pretender.e il pagamento dai singoli soci se non dopo l'escussione del patrimonio sociale (art. 2304). Ci sigJ;liftca che la societ, pur essendo sfornita di personalit giuridica, tuttavia, nella sua autonomia patrimoniale e conseguente capacit di gestione, il soggetto passivo delle obbligazioni contratte a su nome (cosi come soggetto passivo delle obbligazioni tributarie); e la sua res: ponsaibilit diretta e pri:ricipale, tanto che i creditori non possono rivolgersi ai soci, neppure quando la societ Sia stata posta in liquidazione, se non dopo l'infruttuosa escussione del patrimonio sociale. Di conseguenza, in c~so di cessione di quote (effettuata senza aicco1lo di particolari oneri da parte del cessionario), le passivit sociali rimangono a carico della societ, la quale continua a rimanerne debitrice principale, appunto perch le passivit non si trasferiscono direttamente ed immediatamente al cessionario, nuovo. socio, che .solo eventualmente (cio in leva sul non trasferimento delle passivit a sostegno della tesi della tassazione sul valore netto; se mai la questione del trasferimento delle passivit . sarebbe rilevante ai fini dell'art. 43, ove si liquidasse il.'imposta sul corrispettivo pattuito, per aggi-.ngere le passivit al prezzo, non per detrarle. Il vero che le obbligazioni, attive e passive, si trasferiscono all'identico modo; ma, quale che sia la definizione da dare a questa cessione nei rapporti di diritto comune, resta il fatto che ai fini tributari viene sempre trasferita una quota di beni immobili soggetta all'imposta sul valore che questi hanno in comune commercio. Non mai possibile, ed questa la sostanza di tutta la questione, una commistione tra il valore obiettivo degli immobili e il valore, eventualmente negativo, dei mobili e dei crediti; nella cessione di quota sociale, come in ogni altro caso, la tassazione si esegue separatamente ed il valore degli immobili non potr mai essere compeil!Sato da quello delle obbligazioni separatamente, anche se contestualmente, cedute. Ove delle passivit si debba tener conto, ci varr solo p\er aumentare non mai per diminuire il valore o, potremmo dire, per riportare al lordo un valore netto, e non viceversa; infatti quel valore (netto) che rispecchia la situazione economica " non influente sulla tassazione dei trasferimenti immobiliari per atto fra vivi; tanto che anche nella cessione di quota ereditaria il passivo (che pure stato ammesso in deduzione ai fini dell'imposta di successione) e che necessariamente si trasferisce, concorre a formare il valore ai fini dell'art. 43 o non viene considerato se si procede a valutazione a stima (!AMMARINO, Commento alla legge di registro, Torino 1962, I, 341). A nulla approda pertanto la dissertazione sul trasferimento delle passivit sociali (quale che sia la soluzione che al quesito si voglia dare) che pure l'unico argomento su cui si fonda la decisione che si commenta. Pertanto nella $Ociet di persone, come nella compropriet, mentre la cessione dell'intero o di una quota d luogo ad un ordinario trasferimento., lo scioglimento non considerato traslativo se vengono assegnati al socio o al condomino beni (in natura o in denaro) appartenenti al patrimonio comune e corrispondenti al diritto a quello spettante. PARTE' I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 655 caso di incapienza del patrimonio sociale) tenuto a risponderne. Non si verifica, quindi, un caso di o.neri Che .passano a carico dell'acquirente o cessionario, come tali assoggettabili ad imposta di trasferimento, a norma dell'art. 43 della legge di registro. b) Nei casi in cui il raworto sociale si scioglie limitatamente ad un socio, questo e i suoi eredi sono responsabili verso i terzi per le obbligazioni sociali fino al giorno in cui .si verifica lo .scioglimento (articoli 2290 e 2293 e.e.). Ci signifka che, in caso di cessione di quote, il cedente non liberato dalla sua responsabilit sussidiaria, ma rimane vincolato, solidalmente con gli altri soci, per le obbligazioni sociali contratte fino al. ,giorno della cessione. Di conseguenza, permanendo la corresponsabilit del cedente, non . configurabile un'ipotesi di oneri che passano a carico dell'acquirente o cessionario, ai sensi dell'art. 43 della legge di registro. e) Come gi si detto, la responsabilit sussidiaria dei soci non solo solidale, ma anche illimitata, il che comporta che ciascuno di essi A questo punto si innesta H problema discusso nella seconda sentenza. Relativamente alla liquidazione verso gli eredi della quota del socio defunto, la S.C. ha ritenuto che la morte porta alla cessazione della qualit di socio (che non si trasferisce agli eredi) e determina la trasformazione ope legis della quota, quale insieme di diritti sociali, nel corrispondente importo pecuniario (art. 2284, 2289 e.e.); ne consegue che in nessun caso la liquida ~ ' zione in danaro del valore della quota sociale pu avere efficacia traslativa e in nessun caso pu profilarsi la possibilit di tassare questa operazione, meramente contabile, con la imposta proporzionale. La liquidazione in danaro non avrebbe affatto natura di divisione s che non .sarebbe nemmeno configurabile l'ipotesi del trasferimento nei casi particolari previsti nell'art. 48 della legge di registro. La definizion del diritto dell'erede del socio, secondo quanto stabilisce il cod. civ., come credito di somma, non sarebbe derogata dall'art. 27 della legge di registro che ha riferimento stretto alle quote delle societ di persone e quindi non applicabile nella fattispecie, in cui non si verifica disposizione sulla quota (che non si trasferisce all'erede) in quanto l'erede acquista, jure ereditatis, soltanto il diritto ad una 0somrila di danaro. Si sottolinea ancora che, a seguito della morte del socio, il patrimonio della societ rimane immutato e sorge soltanto a carico della societ l'obbligo di corrispondere in danaro il valore della quota. -Sembrerebbe che la S.C. abbia inteso risolvere nei modi sopra riassunti la sola questione limitata alla morte1 del socio; si sottolinea infatti che non si trasmette all'erede l'insieme dei diritti sociali e che l'evento morte tra sforma ope legis la quota di societ nel credito di una somma di danaro; si potrebbe cio pensare che diversa possa essere la soluzione quando lo scio glimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio dipenda da causa diversa dalla morte. Ma l'art. 2289 e.e. non fa alcuna distinzione tra le varie cause di scioglimento (morte, recesso, esclusione) e considera all'identico modo il diritto del socio uscente e quello dei suoi eredi. Si dovrebbe quindi estendere l'insegnamento dell S.C. oltre i limiti del caso deciso; ma cos si cominciano ad avvertire le prime difficolt: l'intrasmissibilit della quota 656 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dsponde per intero delle obbligazioni assunte dalla.societ, e ne risponde con tutti i suoi. beni, indipendent~mente dal.l'entit della quota sociale di cui ~ titolar.e. Se col trasferimento di .singole quote si dovessero, ai fini tributari, intendere trasferite anche le corrispondenti passivit sociali, non sarebbe possibile determinare l'importo di tali !Passivit, da assoggettare a tassazione, appunto perch la responsabilit dei soci solidale ed illimitata. -(Omissis). II (O~issis). -Con l'unico motivo la ricorrente Amministrazione denunzia violazione e. falsa applicazione degli artt. 8, 27, primo e terzo comma, 48 della legge di registro r.d. 30 dicembre 1923, n. 32.69 in relazione agli artt. 15, 16, 19 del r.d.1. 7 agosto 1936, n. 1639,_ nonch1 falsa applicazione degli artt. 2284 e 2289 e.e. e vizio di motivazion:~ per avere la Corte di merito statuito che l'atto con il quale i soci superstiti di una agli eredi, che uno dei punti di forza della decisione, non influisce pi nei confronti del socio recedente; allo stesso modo non pu affermarsi che nei riguardi d~ questo non cada in questione una disposizione sulla quota agli effetti dell'art. 27, ed infine diversamente si presenta la questione agli effetti dell'art. 48, perch il socio uscente ha un diritto di natura uguale a quello degli altri soci. Cosicch, non potendosi introdurre, n agli effetti civili e meno che mai agli effetti tributari, una distinzione ignorata dalle norme, tra il diritto . del socio uscente e quello dei suoi eredi, ed escluso quindi che la liquidazione in danaro della quota possa collegarsi col diritto che, iure ereditatis, sorge fin daH.'origine come pecuniario, tutto il costrutto della sentenza si affida soltanto alla disposizione dell'art._ 2289 e.e. che, imponendo la conversione del diritto sulla quota in un credito pecuniario, escJ.uderebbe in assoluto che la liquidazione possa diventare un trasferimento. Da ci dovrebpe derivare, per, l'ovvia conseguenza che la liquidazione in danaro della quota sociale dovrebbe essere tassata in base all'art. 28 della tariffa A; mentre nel caso in cui al socio uscente o ai suoi eredi venga assegnata in natura una parte dei beni costituenti il patrimonio (cosa evidentemente possibile se previst nel contratto sociale o consentita dagli altri soci) sarebbe in ogni caso dovuta l'imposta proporzionale di trasferimento sull'intero valore, non potendosi, come si assume, parlare di divisione . di cosa comune. Ma questa soluzione risulta evidentemente insostenibile. La noJ"ma dell'art. 2289 e.e., che, come pure si mette in luce, ha lo scopo di conservare il patrimonio dell'impresa sociale, non basta da sola a trasformare funditus il concetto della societ di persone quale stato assunto dalla legge di registro, con riferimento al cod. civ. abrogato, e che resta tuttora valevole agli effetti tributari. Come si visto commentando la precedente sentenza, nella societ di persone esiste un diritto comune dei soci sul patrimonio sociale si che~fo scioglimento della societ si atteggia come uno scioglimento di comunione,- ' PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA . 657 societ in nome collettivo deliberano di continuare la s~ciet unicamente fra loro e di corrispondere agli eredi del ,socio defunto uria somma di denaro che rappresenti il valore della quota gi di spettanza del medesimo (secondo la previsione di cui agli artt. 2284, 2289 e.e.) non com-' porti .un trasferimento di detta quota dagli eredi ai soci suprstiti con la conseguente applicabilit dell'imposta proporzionale di registro. Si de . duce che tale ;statuizione, oltre he viziata nella motivazione, errata in quanto, comunque' si inquaari la questione alla. stregua del diritto comune, certo che, secondo l'a:i;t. 27 della legge di registro, la quota degli eredi non deve essere considerata con riguardo al mezzo di tacitazione, ma con riguardo alfa natura propria .dei l;>eni,costituenti il patri-. monio sociale e che, per effetto dell'art. 48 della legge di registro, la tacitazione stessa che avvenga con beni che non si trovano nel patrimonio soc~ale, costituisce una operazione di trasferimento, tassabile con imposta proporzion~e. ' La: censura infondata. Va 1Preme8so che l'art. 8 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 ormai costantemente interpretato da questa Suprema mentre I.a cessiane di quota sociale parificata alla cessione di quota di compropriet; tale concetto non incompatibile n con la autonomia patrimon. iale della societ n con quella sorta di prelazione che l'art. 2289 assicura alla societ. Ora, anche,indipndentemente dall'art. 27, evidente che lQ sciogJ.imento della societ, sia esso totale o limitato ad un sQcio, soggiace necessariamente alla disciplina specifica ed espressa dell'art. 88. della tariffa A. Sia riguardo al socio uscente sia ai suoi eredi lo scioglimento della so~iet considerato uno scioglimento di comunione, soggetto di norma all'imposta graduale. Ma questo naturalmente presuppone che al socio uscente sia liquidato un valore (danaro o beni) corrispondente al suo diritto, e che di conseguenza la.societ si impoverisca di un corrispondente valore., Ci non,comporta, ovviamente, che la liquidazione in danaro del diritto del socio uscente dia luogo necessariamente ad un trasferimnto della quota in favore della societ. -. Applicando le regole, sufficientemente chiare, valevoli in materia di scioglimento delle comunioni (art. 48 della legge richiamato negli artt. 88 e 89 della tariffa A), la liquidazione in danaro della quota pu qiventare una cessione soggetta all'imposta. di trasferimento se risulta che la societ non av.eva la ; solo ai fini dell'applicazione dell'aliquota questo che in realt un credito si considera (ed in ci solo consisterebbe la fi,ctio iuris) di natura immobiliare. dubbio che questo costrutto sia corretto agli effetti civilistici, dato che almeno un'idea residua di un legame diretto del socio con il patrimonio sociale testimoniato dall'art. 2283 e.e. secondo il quale o per lo stesso contratto di societ o per convenzione che intervenga al momento dello scioglimento, i soci sono (o almeno diventano) condomini o; se si vuole, il condominio costituisce il residuo di una societ venuta meno. Ma, come si visto, del tutto insostenibile una tale tesi sul piano tributario dato che specifiche norme hanno diversamente definito il rapportd fra soci e societ per evitare che la societ sia il mezzo per mascherare. trasl:erimenti della propriet; la sola considerazione che con una serie di cessioni la societ pu sciogliersi per la mancanza della pluralit dei soci quando il patrimonio 12 ;.,,,., 660 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della societ coll'erede). In tal caso gli eredi del socio defunto non hanno alcun diritto 1sul patrimonio sociale (non potrebbero cosi pretendere la restituzione del conferimento effettuato dal socio defunto o l'assegnazione di parte del patrimonio sociale) ma hanno solo diritto alla liquidazione della quota. Il fine di conservare l'impresa, impedendone la disgregazione del patrimonio, alla base di tale regolamento del diritto dell'erede del socio defunto. Ci porta ad escludere che in un qualsiasi momento l'erede del 1socio defunto diventi titolare della quota quale diritto .sociale. e.d impedisce. di ritenere che .la corresponsione del valore della quota .1costituisca il prezzo della cessione della quota stessa, ciq pre~pponendo che il socio sia divenuto titolare della quota. ' L'evento della morte del socio porta alla cessazione della qualit di socio (la quale non si trasferisce pertanto agli eredi) e determina la trasformazione ope legis della quota, quale insieme di diritti sociali, nel corrispondente im,Porto pecuniarfo, di cui diviene creditore l'erede e de bitrice la societ. L'operazione di liquidazione della quota gi di pertinenza del socio defunto \ quindi solo un procedimento contabile conseguente al gi ve- sociale si concentra nella propriet individuale di una sola persona, basta a far emergere con chiarezza che la legge di registro non pu ammettere che un tale risultato si verifichi .senza che sia percepita la ordinaria imposta di trasferimento. Ma applicando il principio affermato nella prima sentenza alla materia . discussa nella seconda, si perverrebbe a conclusioni veramente aberranti. Se il diritto del socio sempre un credito, la liquidazione della quota non pu mai dar luogo a trsferimento sia nel caso d1 scioglimento limitato ad un socio sia nel caso di scioglimento totale; si andrebbe cos ben oltre quanto ha osato ritenere la seconda sentenza. Ma se ci fosse vero, tutte le volte che vengono assegnati ai soci beni del patrimonio .sociale si avrebbe sempre conversione del credito in cosa determinata e perci trasferimento della propriet dalla societ, con autoriomia patrimoniale, a un semplice creditore (una sorta di datio in solutum); sarebbe quindi sempre dovuta l'imposta di trasferimento, anche quando vengono riassegnati gli stessi beni conferiti o quelli acquistati dalla societ; in nessun caso potrebbe parlarsi di imposta graduale sullo scioglimento di comunione. Ma ci significa sop primere totalmente l'art. 88 della tariffa A (ed anche l'art. 2283 e.e.) e delimitare l'art. 48 della legge al solo scioglimento deHe comunioni; ma non sembra che questo si possa e comunque si voglia fare perch la S.C. in altre recenti decisioni ha fatto ricotso all'art. 88, interpretato con una partico lare larghezza, per giustificare l'applicazione del.la imposta graduale ad assegnazione di beni a seguito di scioglimento di societ che operavano dei sostanziali trasferimenti (10 dicembre 1970, n. 2623 e 10 febbraio 1971, n. 338, in questa Rassegna, 1971, I, 142 e 599). E se l'art. 89 deve essere applicato in sede di liquidazione della quota sociale, non si pu supporre che la stessa legge di registro concepisca la societ in modo diverso a tutti gli altri effetti. C. BAFILE 1 .. 1 ---I I I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA rifkatosi scioglimento della societ relativamente al predetto socio defu: nto. Queste. stesse considerazioni valgono ad escludere che in tale ipotesi si verifichi un fenomeno di divisione, sia :pure :parziale, del patrimonio della societ, in quanto il diritto dell'erede ha per oggetto fin dal primo momento un importo pecuniario, corrispondente al valore della quota, mentre il patrimonio sociale .rimane immutato, solo .sorgendo a carico della societ l'obbligo di corrispondere il valore della quota. Va ora esaminato se la legge di registro deroghi a tale .regolamentazione. Le norme al -riguardo sono contenute nell'art. 27 e nell'art. 48 della predetta legge. Il primo considera crediti i diritti, le oJ::>bligazioni e le azioni che hanno esclusivamente per oggetto somme di denaro. Quanto alle azioni e quote di societ, esso distingue tra azioni di ,societ di capitale, cm1siderandole, come la legge civile, beni mobili, e le quote di societ in nome collettivo o in accomandita sempl:Lce, le quali, a differenza che nel codice civile, sono considerate mobili od immobili a seconda dello oggtto del patrimonio sociale. Presupposto di tale norma che venga in questione un atto Concernente la quota, mentre ogni diversa ipotesi esula dalla previsione dell'articolo stesso. Come si osservato, l'atto di liquidazione della quota del socio defunto non contiene disposizione della quota perch questa non si tras:lierita dal defunto al .suo erede ma ha per proprio oggetto solamente la valutazione pecuniaria della quota stessa. Comunque, manca solo un atto di disposizione della quota ed avendo il diritto dell'erede per oggetto, fin dall'origine, una somma di denaro, sia pure ragguagliata all'entit della quota, detto diritto anche per i criteri ;posti nel primo comma dell'art. 27 della legge di registro, ha in ogni caso natura mobiliare. Pertanto, non pu neppure ipotizzarsi che economicamente l'atto porti all'accre.scimento della quota dei soci super. stiti. Non pu neppure assumersi la fattis,pecie nell'art. 48 della legge di registro il cui presupposto , fra l'altro, una divisione fra soci della quale si tassano gli effetti, ora considerando la divisione a carattere dichiarativo ora a carattere traslativo, con disposizione speciale. Si gi osservato che la liquidazione della quota agli eredi del socio defunto non da luogo ad una divisione, sia pure parziale; del patrimonio sociale, in quanto la divisione presuppone nei 1condividenti un diritto di eguale natura, mentre nel caso in esame il diritto dell'erede h3: .solo ed in ogni caso contenuto pecuniario a differenza di quello dei soci cl'.te ha per oggetto anche e principalmente i beni componenti il !Patrimonio sociale. Il che significa che, per effetto della morte del socio di una societ in nome collettivo, viene meno la quota (quale diritto sociale) e ad essa si sostituisce il suo valore pecuniario, al quale l'erede ha diritto in virt di successione e non del rapporto sociale ormai 1sciolto. 662 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Quindi, ai fini del tributo di registro, non potrebbe, in mancanza di apposita norma o disposizione, ipotizzarsi nell'atto di liquidazione della quota, un atto di divisione. (Om~ssis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 marzo 1971, n. 688 -Pres. Favara Est. Gambogi -P. M. Sciaraffi.a (eonf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Savarese) C. Centaro ed altri (avv. Giordano). Imposta di re~istro -A~evolazioni :per le case di abitazione non di lusso -Concessione reciproca del diritto di superficie -Inappli cabilit dell'a~evolazione. (1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 14). .Qualora pi persone acquistino in comune un'area da un terzo ed a tale acquisto siano applicate le agevolazioni tributarie previste dalla legge 2 luglio 1949, n. 408, le stesse agevolazioni non possooio applicarsi alla -conqessione ad aedi:ficandum che i partecipanti alla comun.ione facciano a ciascuno di loro (1). (Omissis). ..___ Col suo mezzo di ricorso l'Amministrazione dele Finanze, denunziando la violazione dell'art. 8 della legge di registro, 1 della relativa Tariffa ali. A, 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408, .lamenta che la Corte di Appello abbia indebitamente esteso alla ipotesi di reciproche concessioni ad aedtijica.ndum tra i compro.prietri dello stesso immobile il beneficio della registrazione a tassa fissa previsto dalla suddetta legge n. 408 del 1949 per gli acqisti di aree edificabili. (1) Cfr. Cass. 6 luglio 1968, n. 2297 e 6 febbraio 1970, n. 255, in questa Rassegna, 1968, I, 788 e 1970, I, 202, nonch 7 ottobre 1970, n. 1845, ivi? 1970, I, 946. La decisione ora intervenuta ricollega l'esclusione dell'agevolazione per la concessione reciproca al precedente acquisto in comune dell'area che abbia goduto dell'agevolazione, si che potrebbe sembrare che il motivo della esclusione si giustifichi con l'impossibilit di ammettere due agevolazioni consecutive per il trasferimento dello stesso bene. Ma la ragione per la quale la concessione reciproca ad aedificandum non mai agevolata anche e soprattutto un'altra: come del pari chiarito nella decisione, il beneficio tributario per l'acquisto di aree edificabili non pu mai, con la pi estensiva delle interpretazioni, essere applicato ad un contratto che di acquisto non pu essere perch gi preesiste il diritto comune sulla cosa (non si pu acquistare quello che gi si possiede). Pertanto anche :se la compropriet dell'area preesiste per un titolo che non ha fruito dell'agevolazione dell'art. 14 della legge n. 408, la concessione ad aedificandum fra i contitolari sar sempre soggetta all'imposta normale. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA La censura fondata. Questa Corte Suprema, 1con sentenza n. 2297 del 1968, ha infatti affermato che, pur potendo anche la concessione ad aedificandum, nel concorso degli altri requisiti di legge, giova~si dei benefici fiscali stabiliti dalla legge n. 408 del 1949, J..a costituzione del relativo diritto di superficie realizza un trasferimento di diritto solo quando tale diritto sorga su cosa completamente altrui, dalla quale venga distaccata una componente .del diritto di propriet per essere attribuita ad altri. Nel caso, quindi, di ,concessione reciproca ad aedificandum in seno ad un .gruppo di condomini non si attua un trasferimento, ma la trasformazione in un determinato e quantificato diritto di superfi,cie di quel diritto che prima si estendeva in maniera ipotenziale su tutta la cosa indivisa ed era limitato :sciJ.o dal concorso delle quote ideali . altrui. I Cosk,ch in questo caso non si ha l'acquisto di area edificabile di cui parla la legge n. 408 e non si pu conseguire quella dO{Ppia agevolazione tributaria ,che si realizzerebbe se la registrazione a tassa fissa concessa da tale legge venisse accordata prima all'atto ,col quale 'S acquista in comune l'area da un terzo e poi a quello col quale i condomini si concedono i reciproci diritti di supertficie; doppia agevolazione che non pu essere nei voti di legge. Da tale ,precedente non v' oggi motivo di discostarsi, nemmeno sotto ii' profilo di quella distinzione tra interpretazione estensiva, ammessa, ed interpretazione analogica, vietata in materia, 'Che la sentenza impugnata ha posto a base della sua decisione. Che anzi que"Sta distinzione viene crrettamente rispettata con la interpretazione resa da questo Supremo Collegio col respingere sia la tesi estrema della Finanza che originariamente sosteneva non ipotersi considerare ,acquisto di area edificativa agli effetti della legge n. 408 nemmeno l'acquisto del diritto di superficie da un terzo, .sia la tesl dei ,contri!:>uenti che in tale espressione legislativa vorrebbero far rientrare anche il caso delle reciproche ,concessioni ad aedificandum tra condomini. Distinguere tra area al pianoterra e diritto df sopraelevazione ai piani SUP;eriori a questi effetti ,costituisce, infatti, una limitazione letterale del significato di area edificativa, che lascierebbe fuori dalla agevolazione fiscale forse i pi modesti (e quindi pi meritevoli di beneficio) casi di procacciamento dello spazio per edificare e sar~bbe quindi indebita restrizione della volont del legislatore, il quale, se lecita la distinzione terminologica tra area edmcativa e diritto di superficie, disse allora minus quam voluit; ma far rientrare'.nel concetto di .acquisto, a titolo derivativo beninteso, qualcosa che acquisto nori perc:P, non ,si pu acquistare ci che gi, almeno potenzialmente, si possiede, significa estendere il disposto di legge ad una ipotesi che 1potr ,essere analoga ma non quella dal legislatore prevista. D'altra parte, ,con la menzionata sentenza n. 2297 del 1968 questa Corte Suprema ha anche rilevato che la reciproca concessione od asse 664 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gnazione dei singoli diritti di superficie nemmeno ha per oggetto immediato, come vuole la legge 40,8, la -costruzione dell'edificio, perch questo fine si gi esaurito, agli effetti fiscali, con l'acquisto in comune dell'area indivisa dal terzo. La reciproca concessione stessa, infatti, pur distinguendosi da una divisfone per la presenza dei complessi elementi della concessione e modalit; oltre che quantificazione e delimitazione, del diritto di costruire, ha per scopo giuridico immediato quello, appunto, di procedere a questa. materializzazione dei singoli diritti indivisi. Il ricorso della Finanza deve esser quindi accolto; la .sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata ad altro giudice che ap:.. plicher il seguente principio di diritto: qualora ;pi persone acquistino in comune un'area da un. terzo e a tale trasferimento siano applicate le agevolazioni tributarie previste dalla legge 2 luglio 1949, n. 408, le stesse agevolazioni non possono applicar.si alla concessione ad aedificandum che i partecipanti all comunione facciano a ciascuno di loro. -(Omissis). f CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 marzo 1971, n. 724 -Pres. Favara Est. Fanetti -P. M. Raja (diff.) -Silimbani ed altri (avv. Cavasola) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Castiglione Morelli). Imposta di registro-Trasferimenti non risultanti da prove dirette Dichiarazione estimativa -Omissione -Irrilevanza -Ingiunzione Legittimit. (r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 18). Imposta di registro -Trasferimenti non risultanti da prove dirette Prova sufficiente -Prova contraria -Data certa -Opponibilit alla Finanza come terzo. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 18; e.e.art. 2704). Legittimamente l'Amministrazione pu procedere alla liquidazione dell'imposta ed alta relativa ingiunzione di pagamento dopo che sia ri masto senza effetto l'invito a presentare la dichiarazione estimativa ed anche omettendo completamente l'invito alla dichiarazione, anche se il contribuente abbia contestato radicalmente l'obbligazione tributaria (1). Nei trasferimenti non risultanti da prove dirette, la prova sufficiente per sottoporre ad imposta il trasferimento presunto pu risultare CJ,a -fatti (1-2) Decisione esattissima; sulla prima massima v. Cass. 26 aprile 1968, n. 1284, in questa Rassegna, 1969, I, 83 con richiami. Sulla seconda massima cfr. Cass. 12 novembre 1965, n. 2357, ivi, 1965, I, 1305 con nota; il tiasfe PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 665 concludenti (prove critiche o storiche) del tipo di quelli solo esemplificativamente indioati nell'art. 18 della legge di registro, il cui apprez-. zamento rimesso al giudice di merito; la prova contraria documentale deve consistere in atti opponibili ex art. 2704 e.e. alla Finamza da considerare come terzo (2). (Omissis). -I ricorrenti, denunciando la violazione degli artt. 3, 7, 18, 104, 142 r.d.1. 30 dicembre 1923, n. 32.69, in relazione agli artt. 2704 c..c. e 295 c.p.c., la violazione degli artt. 18, 20 e 21 r.d.1. 7 agosto 1936, n. 1639; la violazione dell'art. 2 t.u. 14 aprile 1910, n. 639, svolgono contro la sentenza impugnata due ordini di censure che ripetono nel tema rispettivo le contestazioni gi dedotte in sede di merito contro l'ingiunzione de qua, circa 'il procedimento relativo e circa la fondatezza della pretesa fiscale in essa contenuta. a) L'ingiunzione -essi sostengono -doveva ritenersi iilegittima e nulla perch le parti avevano assolutamente negato l'esistenza del trasferimento presunto e quindi l'amministrazione non poteva procedere d'uffkio alla sua valutazione, nel modo ,previsto dall'art. 18 del r.d.1. 7 agosto 1936, n. 1639, ma era prima necessario che facesse decidere la controversia pregiudiziale sull'an debeatur davanti alla competente commissione provinciale.. L'ingiunzione era inoltre illegittima perch essa cumulava in s, cori unico e indistinto provvedimento, due atti diversi o riferiti a soggetti diversi: sia il trasferimento an2:idetto fra la soc. Sim, il Benelli, il Berger e il Silimbani, sia una societ di fatto fra il Benelli e il Berger. b) La corte d'appello ha erroneamente ravvisato nella specie gli estremi di un trasferimento occulto, come quelli previsti nell'art. 1.8 della legge di registro, ed ha erroneamente escluso l'oPiPonibilit all'ufficio della scrittura prodotta dagli opponenti per dimostrare che il Benelli e il Berger detenevano l'immobile come affittuari della Sim e che come tali, non uti domini, lo avevano concesso in subaffitto all'isp.ettorato del lavoro; non occorreva che l'anteriorit di tale scrittura rispetto alla compravendita dell'immobile da.Ila Si.m al Silimbani fosse certificata me diante registrazione, perch l'ufficio non poteva .considerarsi terzo a norma dell'art. 2704 e.e. Queste censure non sono fondate. a) Risulta, secondo gli accertamenti pacificamente acquisiti alla causa nella fase di merito, e correttamente posti in rilievo dalla Corte rimento presunto si fonda su fatti concludenti e non quindi necessaria la prova dell'esistenza di un atto di trasferimento e nemmeno necessario il trasferimento del possesso. Assai importante la distinzione circa la posizione della Finanza rispetto all'atto da registrare e rispetto all'atto prodotto come prova di diverso. rapporto tributario. 666 RASSEGNA DELI/AVVOCATURA DELLO STATO d'appello, che l'ufficio invit le parti a !Presentare la dichiarazione di valore prevista dall'art. l8 cit. e che il .solo Benelli rispose, negando la . sussistenza del trasferimento..Questa assoluta negazione e il concomitante silenzio degli altri interessati equivalevano, come pure la corte d'appello ha successivamente ritenuto, a uri. rifiuto della dichiarazione, un rifiuto espre.sso da parte del Benelli e un rifiuto tacito da parte degli altri. Er.a perci giustificata, veriifi.candosi l'ipotesi conseguenzialmente prevista dal medesimo art. 18, J.a valutazione fatta d'ufficio in luogo dell'omessa dichiarazione. Ma comunque, se anche potesse dubitarsi della suddetta" equivalenza, .e se perfino fosse mancato il preventivo invito dell'ufficio, tuttavia l'ingiunzione per il pagamento dell'imposta, pure immediatamente emessa, non sarebbe stata perci illegittima. L'invito infatti non . previsto dalla legge a pena di nullit, n afouna sanzione di.sposta per il caso della sua omissione: rpoich Ja disposizione dell'art. 18 ha soltanto lo scopo di facilitare ila pr<>cedura di tassazione (cfl". Cass. 24 aprile 1968, n. 1284; id. 23 aprile 1969, n. 1273). N peraltro l'eventuale omissione pu pregiudicare il diritto del contribuente, che pu fare valere le proprie ragioni mediante le opposizioni e le impugnazioni consentite dalla legge: una difesa che pu parimenti esplicarsi e garantire nel merito il diritto di Ciascun intimato, anche se un'unica in,giunzione 1contenga insieme la richiesta di due tasse su due atti diversi. b) La prova sufficiente di cui pu avvaler.si l'amministrazione per sottoporre ad imposta di registro le trasmissioni immobiliari previste dall'art. 18 della legge relativa . 'Q:n~ presunzione juris tantum. Il concetto stesso di tale sufficienza, che deve supplire alla mancanza di prove dirette , ~pieg'a testualmente perch e come i fatti concludenti da cui si possa desumere la presunzione, siano indicati nella legge con criterio soltanto esemplificativo. La dimostrazione del trasferimento pu emergere nei congrui 1casi da prove critiche, e storiche, tratte da elementi che l'amministrazione abbia appreso o di cui abbia avuto legale conoscenza, indipendentemente dal trasferimento del possesso Q.ell'immobile, circostanza questa che .secondo l'art. 18 costituisce pertanto un argomento di prova indiretta idoneo a fornire detta dimostrazione. La verifica quindi e l'apprezzamento ~lelle circostanze assunte a fonti;! della iPil'e.sun..: zione -non solo per stabilire la loro sussistenza ma anche per valutarne la concreta rispondenza ai requisiti di legge -rientrano nei poteri esclusivi del giudice di merito e si sottraggono al sindacato di legittimit se il relativo giudizio non risulti viziato da errori logici o giurdici (cfr. Cass. 17 luglio 1965, n. 15712,; id. 12 novembre 1965, n. 2357; id. 7 giugno 1954, n. 1862). Nella specie la corte d'appello ha ritenuto l'esi- stenza del trasferimento cculto ed ha incensurabilmente motivato il proprio convincimento mediante adeguati e concordi rilievi, desunti dall'esame degli atti di causa: non solo la registrazione posteriore della eccepita scrittura di loc;azione dalla Sim al Benelli e al Berger, ma PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA nche la fittizia apparenza di tale espediente e la sequenza :Significativa: delle precedenti stipulazioni, la locazione concessa con disponibilit uti domini dal ~erger e dal Benelli all'iSiPettorato del lavoro e la vendita avvenuta fra la Sim e il Silimbani. La legge, consentendo la prova contraria, ma escludendo quella testimoniale, dimostra il rigore della verifica che essa richiede. La prova documentale deve perci soddisfare questo reciuisito, e non tanto. nella .legalit della sua data certa, quanto nell'attendibilit intrinseca del suo contenuto. I ricorrenti p.retendono invece che la scrittura privata da essi prodotta faccia stato contro l'amministrazione gi nell'apparenza incontestabile della sua propria data e che non si debba considerare la data assai posteriore della sua tardiva registrazione. In tal modo, superando perfino l'aleatoriet di una prova inammissibile Come quella testimoniale, un documento sia pure incerto ed equivoco come quello che tale ha ritenuto il giudice di merito, dovrebbe imporsi con l'efficacia inopponibile d'una prova legale, contrariamente sancita a sfavore anzich a . tutela dell'amministrazione. In realt la legge non pone vincoli preventivi e . particolari nell'apprezzamento della prova ammessi:i; ma quando ;pure la circostanza della data certa fosse rilevante, nella fattispecie di cui all'art. 18 r.d., per valutare l'attendibilit di un documento opposto come prova contraria, la finanza sarebbe senza dubbio nella posizione di un terzo, secondo I.a.norma dell'art. 270.4 e.e. Non si pu invero confondere la posizione dell'Ufficio di fronte al documento da reg~strare (che deve essere accolto come tale, per quello che esso documenta; nell'immediata ed originaria identit dell'attO' stesso che viene alla registrazione e che ne esprime l'oggetto) con la posizione che l'ufficio assume come soggetto d'un diverso rapporto tributario, rigqardo al quale un documento venga esibito come prova estrinseca della sua valutazione o contestazione. (Omissis). CORTE PI CASSAZIONE, Sez. I, 18 marzo 11971, n. 760 -Pres. Rossano Est. Boselli ~ P. M.. Chir (conf.) -Banca Nazionale del Lavoro (avv. (Brunori) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Abignente). Imposta di registro -Cessioni di credito in relazione a finanziamenti concessi da aziende ed enti di credito a favore di ditte commerciali e Industriali -Aliquota dello 0,50 % ,di cui alla lettera b) dell'art. 4 della tariffa all. A della legge di registro -Criteri di applicazione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A art. 4 lett. b e nota aggiunta, art. 28, lett. b; 1. 4 aprile 19S3, n. 262, art. 1 e 2). L'agevolazione della aliquota media .dello 0,50 % di cui all'art. 4 della tariffa A allegata alla legge di registro appU1cabile in relazione 668 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO al requisito soggettivo delle persone (aziende o enti di credito contemplati nel r.dJ. 12 marzo 1936, n. 375 e ditte commerciali o industriali) fra le quali si svolgono le operazioni di finanziamento coperte dalia cessione; conseguentemente per altre operazioni a cui gii effetti della cessine non devono estendersi, vanno intese non gi le operazioni diverse da quelle previste nell'atto, bens le operazioni diverse, da quelle indicate nell'a1t. 28 lett. b (1). (Omissis). -Con i due motivi del ricorso, che per la foro intima correlazione conviene trattare congiuntamente,. la Banca Nazionale del Lavoro denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 28 lett. b) e dell'art. 4) lett. b) della Tariffa all. A alla legge di registro (nel testo modificato dagli artt. 1 e 2 della legge 4 aprile 1953, n. 261), nonch difetto ed insufficienza di motivazione su punti decisivi della controver.sia e lamenta che laCorte del merito, inopinatamente discostandosi da una precedente pronuncia in termini di questo Supremo Collegio (la sentenza n. 2948 del 1964) e sulla base di un semplice richiamo alle ragioni svolte a sostegno della inapplicabilit dell'aliquota dello 0,25 % , abbia erroneamente ritenuto che l'atto in questione non potesse fruire nemmeno della aliquota di minor favore (dello 0,50 % ) prevista dalla lett. b) dei citati articoli di Tariffa di cui essa ricorrente, aveva, in via subordinata, richiesto l'applicazione.. Le censure sono fondate. stato gi posto in evidenza che la legge fiscale del 4 aprile 1953, n. 2.61, innovando sul sistema precedente (.r.d.1. 9 maggio 1935, n. 606 e r.d.1. 19 dicembre 1936, n. 2170) che concedeva l'aliquota di favore dello 0,50 % (in luogo di quella ordinaria dell'l,50 %) per tutte indiscriminatamente lecessioni di crediti ver.so ,pubbliche amministrazioni fatte a garanzia di finanziamenti da chiunque concessi al cedente, ha distinto, ai fini del trattamento agevolato: 1) l'ipotesi delle cessioni di annualit e contributi governativi e di enti pubblici nonch di crediti ver.so pubbliche amministrazioni (1) Nell'identico modo sono motivate le sentenze in pari data nn. 761, 762, 763, 764, 765 e 766. Sull'argomento la S. C. si era gi recentemente pronunciata con le due sentenze, alquanto diverse, 16 novembre 1970, n. 2421 e 18 febbraio 1971, n. 43 (in questa Rassegna, 1971, I, 361 e 362 con nota critica). Ora si ri-' prende la prima di queste sentenze e, con una assolutezza certamente non sostenibile, si afferma che il solo requisito soggettivo sufficiente a determinare i presupposti per l'applicabilit della aliquota media di favore; sembrerebbe addirittura che l'apprezzamento di merito rimesso al giudice di rinvio sia meramente formale giacch, quando sussistono i rquisiH PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 669 stipulate a garanzia di finanziamenti in genere concessi dalle aziende od ent di credito contemplati dal r.d.l. 12 marzo 1936, n. 375 e successive modificazioni a favore di ditte commerciali od industriali in relarzione alle suddette ragioni di credito verso pubbliche amministrazion, vale a dire. in relazione a crediti derivanti dall'esecuzione di opere e forniture pubbliche: per le .quali ha previsto l'aliquota di favore dello 0,25 % (art. 1, lett. e); 2) dalla :ijpotesi delle cessioni di crediti in genere a garanzia di aperture di credito, anticip.a,zioni e finanziamenti eseguiti dalle aziende ed enti di credito predetti a favore di ditte commerciali ed industriali: per le quali ha invece previsto l'aliquota di favor dello 0,50 % . (art. l, lett. b); esigendo - -per la cqincessione dei benefici anzidetti -oltre al ricorso dei presupposti sostanziali e propri dei due tipi di operazioni ora descritti, l'osservanza -in entrambe le ipotesi -di speciali requisiti formali, e precisamente: a) che nell'atto di cessione siano specificatamente indicate le 0,perazibni di finanziamento garantite dalla :Cessione medesima; b) e che l'efficacia della cessione non sia estesa an.che ad altre operazioni . Ci premesso, e poich -come questa Suprema Corte a Sezioni Unite ha gi avuto occasione di affermare (sentenza 6 giugno 1964) e come risulta dai lavori parlamentari -la ratio della prescrizioine relativa ai suddetti requisiti (contenuta nella Nota alla Tariffa aggiornata) stata quella di evitare l'elusione fiscale che nella pratica si verificava per il fatto che gli istituti finanziatori, favoriti dalla generica formula della legge precedente, non s.i erano mostrati alieni dall'utilizzare le cessioni di credito per proprie es.posizioni non collegate al :finanziamento concesso per la realizzazione di quelle opere e forniture pubbliche , la pi recente giurisprudenza di questo Supremo Collegio -intendendo la espressione altre operazioni nel senso di' oprazioni diverse. da quelle specificatamente indicate nell'atto -ha ria;etutamente enun soggettivi, non sarebbe logicamente possibile che si apra quel varco attraverso il quale l'operazione possa estendersi ad altre non previste. Ci equivale, come si osservava nella nota alle sentenze citate, alla soppres sione della nota aggiunta all'art. 4 e alla alterazione della lett. b) defilo stesso articolo. invece evidente che la determinazione dei presupposti dell'agevola zione vada stabilita in sede di merito con il dovuto rigore, e procedendo a quell'esame non si potr mai escludere che un varco sia aperto; quando, mancando la delimitazione delle operazioni bancarie coperte dalla cessione, non sia possibile stabilire il contenuto di operazioni possibili ma non deter minate. pertanto auspicabile che il problema venga rimeditato, anche dai giudici di merito. 670 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ciato il principio che, per fruire dell'aliquota di maggior favore (0,25 % ) di cui .agli artt. 4 e 28 lettera e) e Nota agg1unta .alla Tariffa all. A. alla legge di registro, nel testo come innanzi modificato, l'atto di cessione deve essere concepito e congegnato in modo da escludere in partenza che possa omunque servire ad operazioni diverse da quelle determinate e previste nell'atto stesso. Non solo, ma ha ritenuto altresl (in armonia con la regola ermeneutica di cui all'art. 8 della stessa legge di registro), che in tale esame, l'indagine del gi~dice di merito, pi che djrigersi a ricostruire la volont delle parti da~le varie clausole contrattuali, deve avere riguardo al valore obiettivo e strumentale dell'atto, pel sen:so che nessuna delle clausole medesime, considerate .sia isolatamente che nel loro complesso, sia suscettibile di diventare un varco attraverso il quale l'operazione possa, durant~ il suo svolgimento, deviare dalla sua originaria eq apparente destinazione per allargarsi a nuove operazioni che sfuggirebbero in tal modo al controllo del fisco e si avvantaggerebbero indebitamente del trattamento tributario agevolato. I.n sintesi, tale giurisprudenza ferma nel ritenere .che, a sottrarre l'atto alla previsione normativa di cui si tratta (artt. 4 e 28 lett. e), sia ~ufficiente la obiettiva possibilit di un siffatto ampliamento, indipendentemente dagli effetti pratici, apparentemente od effettivamente, perseguiti dalle parti contraenti (Cass., 2 agosto 1969, n. 2752; id. 23 maggio 1967, n. 1125). Procedendo per -ed questo il puinto di maggior rilievo ai fini della presente indagine -ad una pi acuta e penetrante analisi del contenuto della Nota anzidetta, questa stessa Suprema Corte (con la citata ,sentenza n. 2948 del 2i dicembre 1964 e, pi di recente, con la sentenza n. 2421 del 16 novembre 1970), ,pur riconoscendo che la disposizione in parola (art. 4 Tariffa) ha eguale riferimento tanto alla previsione della lett. e) quanto a quella della lett. b) dell'artico.Io, ha tuttavia ritenuto che la interpretazione ed identifkazione dei requisiti cosiddetti formali richiesti per la concessione della ~liquota di favore non pu -al lume della ratio ispiratrice della Nota medesima.__ essere identica in entrambe le ipotesi: nel senso che, mentre in relazione alla aliquota di maggior favore (0,25 % ) la espressione altre operazioni contenuta nel testo della Nota bene pu e deve essere intesa nel significato di operazioni diverse da quelle specificatamente indicate nell' atto, una identica interpretazione diverrebbe invece del tutto illogica e priva di qualsiasi addentellato con la ratio legis ora accennata se riferita anche al diverso caso contemplato dalla lett. b) degli .artt. 1 e 2 della legge n. 261 del 1953. E ci per la ragione che, mentre nel caso del beneficio fiscale .. di cui alla lett. e) lecito affermare che il finainziamento non specificat', I i I I I ' i r ~ PAR'l'E I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA appunto e sol pevch tale, pu essere non destinato a rendere possibile la fornitura e l'opera pubblica ed essere quindi veicolo di quella frode fiscale che il legislatore ha inteso prevenire, nel caso invece di cui alla lett. b) non vale lo stesso argomento, dato che la aliquota di medio favore (0,50 % ) ivi prevista spetta alla cessioine di credito che copra qualsiasi genere di finanziamento, a qualsiasi scopo destin~to, purch intervenuto fra i soggetti designati dalla legge; sicch la mancata specificazione delo scopo del finanziamento non potrebbe -ilil. detta ipotesi -costituire quel varo attraverso il quale la operazione 'possa estendersi ad altre non previste, se la stessa legge a concedere genericamente l'aliquota di favore alle cessioni di credito a garanzia dei finanziamenti bancari alle imprese industriali e commerciali .. In base a tali COil;Siderazioni, questa Suprema Corte, con le sentenze dia~zi citate, ha ritenuto che la espressione altre operazioni -nella seconda delle ipotesi Contemplate ,__ non ,possa .perci essere logicamernte intesa se non nel senso (diverso da quello assunto in relazione alla ipotesi di cui alla lett. c) di operazioni diver:se da quelle previste dallo art. 4 della Tariffa modiificata cui .si riferisce la Nota ed, ancor pi precisamente, nel senso di operazioni eh.e possano non rientrare fra quelle indicate negli artt. 4 e 28 della Tariffa. Ed cos pervenuta alla conclusione Che, per concedere all'atto di cessione il trattamento di minor favore (costituito dalla aliquota dello . 0,50 % ), non occorre che la cessione concerna annualit o contributi governativi e di enti pubblici, nonch crediti verso pubbliche amministrazioni e :sia in relazione con aperture di credito, antkipazioni e finanziamenti concessi alle banche ,proprio in vista. delle forniture od opere pubbUche donde d~rivano i crediti ceduti, ma basta che si tratti dlb cessioni di crdito verso chiunque, ,purch '.siano a garalnzia di aperture di credito, anticipazioni di somme e fi.nartziamenti concessi dalle aziende od enti di .credito Contemplati dal r.-d.l. 12 marzo 1936, .n. 375 a ditte commer.ciali od industriali . Si ritenuto, :iJnsomma, che al criterio prevalentemente obiettivo di cui alla lett. c) si 1sostituLsca, nel caso di cui alla lett. b), queJlo prevalen temente soggettivo delle persone fra ,1e quali si svolgono le operazioni finanziarie coperte dalla cessione: la quale viene a beneficiare della ali quota di registro dello 0,50 % qualunque sia lo scopo del finanziamento, purch q.uesto sia concesso dalle banche indkate dalla legge ad una ditta commerciale od industriale. Orbene, questo Supremo Collegio non trova motivo per discostarsi, nella specie, da cos meditato e motivato indirizzo, anche perch il contrasto di :iJnterpretazione rilevato fra le sentenze ora accennate e riassunte nelle loro'linee essenziali (n. 2948 del 1964 e n. 2421 del 1970) e quelle pronunciate in argomento da questa stessa Corte in epoca anteriore -contrasto che ha indotto i giq,dici d'appello ad apiPlicare 672 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ainche alla ipotesi di cui alla lett. b) dell'art. 4 della Tariffa la interpretazione restrittiva della Nota aggiunta ormai concordemente accolta per l'ipotesi di cui alla lett. c) -in realt non sussiste affatto, dal momento che tali pronuncie, non che risolto, non hanno neppure affron- tato ex professo il problema interpretativo con specifico e separato riguardo anche alla ipotesi di cui alla let. b) dei citati artt. 4 e 28 della tariffa modificata (cfr. per tutte, Cass., 5 maggio 1968, n. 2866). Ne deriva, con .riferimento al caso di specie, che i rilievi esposti dalla Corte d'appello,, se ponevano m evidenza la obiettiva idoneit della cessione stipulata fra le parti a coprire operazioni diverse da quelle in essa spedifcate, epper l'inapplicabilit all'atto dell'aliquota dello 0,25 % , non autorizzavano anche a concludere che -per ci solo -l',tto medesimo non potesse fruire neppure della aliquota di minor favore prevista dalla lett. b) degli artt. 4 e 28 della tariffa. Eppertalllto, in accoglimento del rkorso, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata per nuovo esame ad altra Corte di ap1Pello perch, alla luce del criterio interpretativo fin qui enunciato, stabilisca se l'atto di cessione di cui si tratta possa o meno prestarsi a garantire operazioni diverse da quelle previste dalla lett. b) degli artt. 4 e 28 della Tariffa modifkata all. A alla legge di registro, ossia operazioni diverse da aperture di credito, anticipazioni di somme e fi.nanziame1nti in genere, concessi dalle aziende od enti di credito contemplati dal r.d.1. 12marzo 1936, n. '375 e successive modificazioni a favore di ditte industriali o commerciali, ed, in conseguanza, decida se alla cessione medesima spetti omeno, agli effetti della registrazione, l'aliquota ridotta dello 0,50 % . -(Omissis). I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 marzo 1971, n. 800 -Pres. Stella Richter -Est. Falletti -P. M. Secco (conf.) -Ministero delle Finanze " I ' (avv. Stato Masi) c. ISVEIMER (avv. Salvatore). Imposte e tasse in genere -Imposta sulle lotterie -Obbligazioni a pr~mio emesse dll'Isveimer -Esclusione. (1. 22 giugno 1950, n. 445, art. 6; 1. 25 luglio '1952, n. 949, art. 30; 1. 11 aprile 1953, n. 298, artt. 13 e 17; 1. 16 aprile 1954, n. 135, art. 6). I Neil'esenzione oggettiva. deli'art. 6 della legge 22 giugno 1950, n. 445 compresa anche l'esenzione della imposta di lotteria sui premi dei I prestiti obbligazionari emessi dall'Isveimer (1). (1-2) Due pronunce su questioni analoghe nelle quali dato riscontrare un diverso metodo di interpretazione e applicazione delle norme di agevo' lazione. Sulle questioni specifiche non constano precedenti. l ~ .. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 673 II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 marzo 1971, n. 825 - Pres. Caporaso -Est. Geri -P. M. Pandolfelli (dift.) -Medicredito Regionale Lombardo (avv. Guerra) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Masi). Imposta di re~istro -Istituti di credito a mdio e lun~o termine -Atti relativi alla costruzione della sede de~li enti -Imposta in abbo-. nam.ento -Non visono compresi. (1. 27 lugli'! 1962, n. 1228, art. 1). L'abbonamento di cui aU'art. 1 della. legge 27 Z.uglio 1962, n. 1228 sugli istituti di credito a medio e lungo termine sostituisce l'imposta sulle operazioni rientranti nelle attivit tipiche di finanziamento e quella sugli altri atti che, pur non compresi nelle tipiche operq,zioni a medio e lungo termine, han.mo egual.mente carattere creditizio; non copre invece ogni altro atto compiuto dagli enti come comuni soggetti i diritto che resti al di fuori dell'attivit creditizia, anche se con re delle medie e piccole industrie, nello ~volgimanto del suo compito d'istituto, non anche le operazioni relati~e all'organizzazione del proprio finanziamento. Altrimenti il secondo Comma del medesimo art. 6, che riguii'-d.a le esenzioni tributarie d'ordine soggettivo .spettanti all'Isveimer, sarebbe superfluo, se gi nel primo 1 comma fo~se san:cita una cosi generale esenziOJne come quella ex adverso pretesa; e invece codesta distinzione, oggettiva e soggettiva, .sempre sistematicamente avvertita e confermata anche in altre e postriori disposizioni (nell'art..30 della legge 25 luglio 1952, n. 949 e nell'art. 6 . della legge 16 aprile 1954, n. 135). Im questi limiti, osserva ancora la ricorrente, re.sta pure contenuto il richiamo disposto dall'art. 17 della legge 11 aprile 1953, n. 298, che estende all'Lsveimer le agevolazioni / tributarie concesse dall'art. 6 della legge 22 giugno 11950, n. 445: e infatti RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO per le obbligazioni emesse dall'Isveimer il regime tributario ad esse pertinente (anche questo agevo~ato, ma n001 tale, come ha pure ammesso la sentenza impugnata, da comprendere l'eventualit dei premi) trova propria e -separata disciplina nell'art. 13 della medesima legge n. 298.: onde n il successivo art. 17 n il .suo r:ichiamo all'art. 6 potrebbero ancora occuparsi, e im. termini contraddittori, del trattamento :fiscale spettante alle obbligazioni. Queste censure non sono fondate, e ciascuna incontra nelle stesse norme citate a proprio sostegno la sua positiva obiezione. Va subito . escluso, nella fattispecie, ogni riguardo al secondo comma dell'art. 6 cit.: il ,problema non concerne l'ambito soggettiyo delle esenzioni tributarie di cui godono gli istituti, ql).ali per.sane giuridkhe e titolari dei rappo: vti contributivi sui propri affari e :sui propri redditi; ma concerne, oggettiv.amente, le operazioni effettuate dagli istituti: si tratta appunto di verificare se l'emissione a premio di um prestito obbligazionario effettuato dall'Isveimer rientri o meno (quanto ai premi corrisposti) tra le operazioni ;per le quali l'esenzione tributaria invece prevista dal primo comma dell'art. 6. Questo cosi dispone: Le operazioni che sa. ranno effettuate a norma della presente legge ,dagli istituti per il credito alle medie e piccole industrie e tutti i provvedimenti, contratti, atti e formalit relativi alle operazioni stesse ed alla loro esecuzione ed estinzione sono esenti da tasse, ~mposte e tributi presenti e futuri, Sipettanti sia all'erario dello Stato sia agli enti locali.... La form:ula amplissima, tanto piena e pei-fino ridondante ( le operazioni... e tutti i provvedimenti, contratti, atti e :formalit relativi alle operazioni .stesse ed alla loro esecuzione ed e~tinzione... esenti da tasse, imposte e tributi presenti e futuri... ) da comprendere senza dubbio tutta l'attivit propria degli istituti, sia quella _riguardant la concessione del credito alle ,:inedie e piccole industrie, sia quella anteriormente correlativa e necessaria del proprio finanziame111to. E infatti tra le operazioni effettuate a norma della presente legge la legge stessa autenticamente premette, nei suoi artt. 1 e 3, sia quelle attinenti alla concessione del credito (art. 1) sia quelle attinenti all'autofinanziamento (art. 3) : e , tra le seconde essa descrive .iJn particolare la emissionE'. di obbligazioni o buoni fruttiferi all'interesse e alle condizioni da fissarsi di volta in. volta, sentiti i com.petenti organi di vigilanza... . E quest'ultimo .r:ilievo conferma altres . che a;nche una emissione obbligazionaria a premi, se essa sddisfi con tale caratteristica i requisiti procedurali e le Condizioni della propria autorizzazione, pu costituire nel complesso inscindibile delle sue moda.. lit un'operazione fiscalmente agevolata. Conformi, anche nella .simmetria sistematica della loro collocazione, sono le norme che nella legge n. 298 (capo IV, sezione I} riguardano, per l'Isveimer, i mezzi finanziari e le operazioni della rispettiv~ attivit, e che si concludono nell'art. 17 col richiamo all'art. 6 della legge PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA n. 445. Cosi l'esenzione tributaria viene parallelamente estesa a tutta codesta attivit, che comprende anche essa sia l'emissione di obbligazioni e buoni fruttiferi da eseguirsi con le modalit che saranno stabilite dal comitato interministeriale per il credito e il-risparmio (art. 11); sia le operazioni previste alle lettere a), b), e) della legge 25 luglio 1952, n. 949 (tra cui, a1ncora, l'assunzione di titoli obbligazionari); sia i mutui le sovvenzioni, le anticipazioni e insomma tutte le OiPerazioni di finanziamento e le garanzie relative previste dagli artt. 14, 15 e 16. L'art. 13 della legge n. 298 riguarda, come s' detto, il regime tributario delle obbligazioni emesse dall'Isveimer (e dagli altri istituti insieme considerati), esentate da qualsiasi tassa, imposta o tributo sul capitale e sui frutti spettanti sia all'erario dello Stato .sia agli enti locali e regionali. Ma non questo un argomento che, come sostiene la ricorrente, si rivolga a vantaggio della sua tesi, per.ch, a parte viceversa il senso sfavorevole di un criterio legislativo ancor pi ampio, inteso a comprendere nell'esenzione fiscale amche questo oggetto, affinch sia meglio agevolata l'attivit degli istituti nel reperimento dei mezzi ad essa occorrenti, non sussiste comunque n concorrenza, n duplicit, n, tanto metno, contrasto fra l'art. 13 e l'art. 17 dell,a legge n. 298, e quest'ultimo perci, nel suo richiamo all'art. 6 della legge n. 445, non pu intendersi che escluda dalle operazioni ivi previste quelle relative all'emissione di prestiti obbligazionari, siccome soggette in forza dell'art. 13 a diversa e specifica disciplina. Diverso in realt l'oggetto dell'esenzione riSiPettiva: da un lato l'emissione del prestito, che fa capo all'istituto emittente e rientra quindi tra le operazioni cui si applica il richiamo estensivo dell'art. 17; dall'altro le obbligazioni emesse: non pi dunque l'operazione intrinseca ed originante dell'emissione, ma l'oggetto posteriore e ormai staccato del suo prodotto, le obbligazioni, esenti ;per s e in mano a chiunque da qualsiasi tributo sul capitale e sui frutti. Irrilevante ed anche Cpntrario i infime l'argomento del richiamo comparativo all'art. 30 della legge n. 949 del 1952 e all'art. 6 della legge n. 135 del 1954. L'art. 30 estende al Mediocredito le medesime agevolazioni previste dall'art. 6 della legge n. 445, sia quelle oggettive indicate nel primo comma, sia quelle soggettive ind:Lcate nel secondo comma. Ma non c' alcuna differenza, se non meramente formale, tra il tenore di questa norma e l'art. 17 della legge n. 298; che, con formula pi sintetica ma parimenti completa, subito e tutte insieme dichiara estese all'Isveimer le agevolazioni tributarie di cui all'art. 6 della le.gge 22 giugno 1950, n. 445 ... . Invece l'art. 6 della legge n. 135/1954 (che riguarda il Credito Industriale Sardo e altri istituti) usa una formula diversa, secondo cui le agevolaziOllli tributarie anzidette appaiono oggettivamente limitate alle sole operazioni di credito e di iprestito svolte RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dagli istituti a favore delle imprese assistite. Senonch', pur ammessa questa limitazione (sulla cui realt e misura non occorre qui soffermarsi), proprio dallo specifico contenuto della norma ,e dalla ristretta volont che il legislatore vi avrebbe manifestato, si desumerebbe a contrario la conferma che nelle disposizi001i anteriori, dove nessun limite aveva subito il richiamo all'art. 6 della legge n. 445, le agevolazioni ivi ,stabilite . . devono intendersi applicabili a tutte le operazioni, sia attive sia passive, di finanziamento e di credito effettuate dagli istituti in esse considerati, nonch a tutti i ,Provvedimenti, c001tratti, atti e formalit relativi alle operazioni stesse. -(Omissis). II , I (Omissis). -I tre mezzi del ricorso vanno esamina:ti congiuntamente, mon soltanto perch tra loro strettamente collegati, ma perch, come si preciser pi oltre, le ragioni poste a fondamento del loro rigetto super~o ed asiorbono, almeno in parte, il foro specifico contenuto. La legge costitutiva dell'Istituto ricorrente e :di quelU'. similari (legge 22 giugno 1950, n. 445) escluderebbe che detti organismi possano compiere operazioni di natura bancaria. La sentenza perci, affermando il. contrario, avrebbe violato gli artt. 1, 3 e 4 di detta legge, ponendo a base della decisione un erroneo convincimento (1 motivo). Inoltre sarebbero state previste due forme di agevolazione, ai sensi de~'art. 1 legge 27 luglio 1962, n. 1228,.l'una di carattere oggettivo e. l'altra di carattere soggettivo. In quest'ultima dovrebbero ritenersi compresi tutti gli atti da compiere per le operaziomi di finanziamento, fra cui quelli di acquisto e costruzione degli immobili ad uso ufficio, ai sensi dell'art. 8 dello Statuto (2 motivo). La motivazione sarebbe infine insufficiente e :contraddittoria, avendo, da un lato, affermato che fra gli atti agevolati devono essere indusi quelli previsti nelle legg~ e negli statuti ed avendo, dall'altro, escluso quelli pe~ l'acquisto e costruziome dello stabile, che sono intimamente e statutariamente collegati ,con lo scopo dell'Ente (3 motivo). . Il ricorso non pu e8sere accolto. L'interpretazione letterale, logica e sistematica della legge 27 luglio 1962, n. 1228 (art. 1) consente, per previsione espressa o implicita, una triplice distinzione, ai fini fiscali, degli atti direttamente o strumemtalmente collegati alle operazioni di finanziamento a medio e lungo termine, alle loro garanzie, alla loro esecuzione ed estinzione. Infatti .il terzo comma dell'art. 1, contiene una preci~a indicazione, di carattere oggettivo, delle attivit tipi,che compiute dagli istit:.ti di credito per filnanziamenti a medio e lungo termine rispetto a1l qua1i PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA. l'imposta ip. abbonamento sostitutiva di tutte le tasse ed imposte sugli affari. Queste attivit sono appunto quelle riguardanti i finanziamenti a medio e lungo termine alle piccole e medie industrie e le operaziollli relative alle loro garanzie, alla loro esecuzione ed estinzione. La ratio dell'agevolazione tributaria si coglie proprio nella predetta indicazione degli atti suscettibili del beneficio ed quella di favorire, essenzialmente, lo sviluppo e l'esercizio delle :piccole e medie industrie, rendendo loro pi facile e meno gravoso l'accesso al c.redito' e non gi quella di agevolare_l'istituto mutuante. Ci peraltro si desume dalla stessa legge istitutiva di codesti enti finanziatori, creati appunto .per il soddisfacimento della predetta finalit. Queste considerazioni spiegano anzi il perch la seconda categoria degli atti agevolati, cio quella di cui al IV comma dell'art. 1, non ha affatto carattere soggettivo, come potrebbe apparire ad un primo somma. rio esame, ma pur sempre volta al medesimo scopo di evitare che gli altri atti, pur sempre relativi a:l filnanziamento delle medie e piccole industrie, non compresi fra quelli previsti nel precedente comma, siano assoggettati alla normale imposizione tributaria, aggravando, a carico dei mutuatari, l'esercizio' del credito in contrasto con lo spirito informatore della legge. In questo senso deve essere inteso il predetto quarto comma, laddove estende il sistema dell'abbonamento in luogo delle tasse ed imposte sugli affari relative agli altri atti compiuti dagli istituti... in conformit delle norme legislative che J.i reggono e dei foro statuti . Qualora siffatta previsione dovesse considerarsi :sottratta ad ogni limite, come farebbe pensare la sua espressione letterale, ne risulterebbero agevola~i atti, i quali nulla. ha:nno a che vedere con la finalit della legge, iPOtendo avere soltanto un indiretto e lontano collegamento con la stessa, come ad esempio quelli di acquisto e costruzione di abitazioni ;per il direttore o per il personale dell'ente. Viceversa i limiti di applicazione di que8ta categoria, cio l'ambito di comprensivit della stessa, sono dati ad un tempo dalla ratio dell'age-.. volazione, cosi come la si desume dal terzo co111ma giusta gli esposti rilievi, e dalla conformit degli atti alle norme di legge e di statuto degli enti. Questi due criteri limitativi vanno costantemente fra loro integrati, poich non detto che tutte le attivit consentite dallo statuto siano agevolate, ma soltanto quelle, che pur non essendo tipiche delle operazioni a medio e lungo termine, concernono tuttavia i finanziamenti alle piccole e medie industrie, hanno cio carattere creditizio. Un esempio di dette operazioni si ricava proprio dello statuto dell'Istituto ricorrente, nel quale consentito l'esercizio del credito per la durata inferiore ai tre anni (termine minimo delle QPerazioni a medio termine ai sensi del secondo comma dell'art. 1 legge 27 luglio 1962, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO .n. 1228), ma non inferiore ad uno. Se l'agevolazione dovesse essere rigorosamente limitata, come vorrebbe il terzo comma del medesimo 678 art. 1, agli atti di credito a medio e lungo termine, quelli co1n durata inferiore 'a tre anni (ma non ad uno) espressamente previsti nello statuto, dovrebbero esserne esclusi, contro J.a ratio posta a base del beneficio. Viceversa vi rientrano, in virt del quarto comma, sia perch c0111cernenti pur sempre operazioni di finanziamento delle medie e piccole industrie, sia perch conformi alle norme statutarie e legislative. Le illustrate considerazioni dimostrano che la cosiddetta agevolazione oggettiva (comma terzo) non copre tutta l'area delle attivit creditizie favorite dalla J.egge, e che quella impropriamente detta soggettiva (comma quarto) comprende tutti gli altri atti di credito, non compresi nella prima categoria, ma non quelli estranei al credito stesso, cio alla attivit istituzionale dell'ente, an,che se conformi allo statuto dello istesso. DaJ.le due predette distinzioni espresse, perch contenute in legge, si desume la terza, implicita ma ugualmente manifesta, ed quella che, al di fuori delle QPerazioni tipiche di finanziamento proprie degli enti considerati, comprende ogni altro atto compiuto dagli stessi -per il solo fatto di essere soggetti di diritto -:pi o meno indipendentemente dall'eser.cizio del credito. Fra tali atti sono 1certamente da comprendere quelli, di cui alla presente controversia, perch non costituiscono operazioni di finanziamento in genere e neppure rappresentano un presup. posto specifico necessario di dette operazioni, ma rispondono soltanto I ! ib: ad ~sigenze di funzionalit dell'Istituto. Il loro collegamento con l'esercizio del credito mediato e strumentale, IIlon ;specifico e diretto, come ii .. potrebbe ravvisarsi in un atto preparatorio, magari lontano, ma indi. spensabile per la realizzazione del finanziamento. Essi debbono dunque considerarsi esclusi daJ.l'agevolazione, Che in caso contrario avrebbe una estensione non consentita dalla norma. Infatti, come noto, anche se le disposizioni concernenti i benefici tributari :consentono l'inteFpretazione estensiva, quando sia ben certo che ~ la volont della legge pi ampia della sua lettrale espressione, a tanto non consentito pervenire, .qualora invece la volont legislativa sia dubbia o addirittura tendenzialmente negativa. In tal caso prevale il rigore esegetico delle norme agevolative, che per essere poste in deroga al generale principio di imposizione, non sopportano dubbiosi allargamenti e tanto meno la loro applicazio11:e anail.ogia. I Ecco perch in difetto di una previsione espressa sulla inclusione fra gli atti .agevolati di quelli solo ,strumentalmente cio indirettamente collegati con le operazioni di credito alle medie e pict!ole industrie, e, i t a maggior ra.gione, di quel compiuti dagli enti in quanto tali, e non I. gi a scopo diretto di finanziamento, l'interprete tenuto a negare il beneficio per non sostituirsi, contra legem, al legislatore. PARTE I, SEZ. V, GlURISPRUDENZA TRIBUTARIA 679 Con questa diversa motivazione ben :pu tenersi fermo il dispositivo della denunziata sentenza. Ne restano manifestamente assorbite le varie censure, non espressamente esaminate, ma superate dalle illustrate considerazioni. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 20 marzo 1971, n. 806 -Pres. Pece Est. Leone -P. M. Trotta (.conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Albisinni) c. Siciliani. Imposte e tasse in genere -Rapporti tra giudizio dinanzi alle Commissioni e giudizio dinanzi all'A.G.O. -Competenza e giurisdizione -Decisione di Commissione delle imposte inesistent.e -Decisione contradittoria che pronunzia senza domanda. -Impu~azione in sede ordinaria -Difetto di giurisdizione. P_oich il giudizio dinanzi all'A.G.O. non costituisce prosecuzione, in grado di impugnazione, del giudizio dinanzi alle Commissioni, il giudice ordinario pu rilevare soltanto l'inesistenza del procedimento tributario o la sussistenza di vizi che ledono un diritto soggettivo del contribuente, ma non pu annullare una decisione delle commissioni per vizi del procedimento. affetta da vizio del procedimento, ma tuttavia esistente, la decisione della Commissione Centrale che, in contraddizione tra motivazione e dispositivo, abbia aumentato il reddito determinatonella pronuncia del grado inferio'l'e, mentre ricorrente era soltalnto il contribuente; il giudice oTdinario non ha quindi giurisdizione a conoscere di un tale vizio denunciabile soltanto con ricorso per cassazione (1). (Omissis). ~ Col primo motivo di ricorso l'Amministrazione delle Finanze denunzia difetto di .giurisdizione e violazione degli artt. 2 e 6 (1) Sui rapporti tra le due giurisdizioni cfr. da ultimo, Sez. Un., l marzo 1971, n. 515, in questa Rassegna, 1971, I, 156, con nota di richiami. Opportunamente viene prcisato che l'eccezionale potere dell'A.G.O. di conoscere della invalidit della decisione della Commissione limitato alle ipotesi della vera e propria inesistenza e della antecedente creazione di un diritto soggettivo del contribuente non vulnerabile con la decisione della commissione, come nel caso dell'accertamento divenuto definitivo per difetto di impugnazione. Riguardo a quest'ultima ipotesi va precisato che il diritto soggettivo per la cui tutela pu essere adita la giurisdizione ordinaria, deve essere di natura sostanziale e deve essere sorto nella fase amministrativa anteriore al procedimento contenzioso; non mai possibile mascherare come violazione del diritto soggettivo un vizio del procedimento costenzioso che resta sempre sottratto al controllo dell'AGO (Cass., 22 settembre 1969, n. 3120, ivi, 1969, I, 1132; contra, 13 marzo 1970, n. 641, ivi, 1970, I, 436 ambedue con nota). 6so RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, in relazione agli artt. 6 e 22 del r.d.1. 7 agosto 11936, n. 1639 ed all'art. 111 della Costituzione; deduce che la decisione della Commissione Centrale nOlll poteva essere qualificata gi~ridicamente inesistente solo perh aveva aumentato un accertamento di valore impugnato dal eontribuente e non dalla Firi.ainza. Di conseguenza trattandosi di erroneit della decisione, i vizi di questa dovevano essere fatti valere, nei limiti consentiti, CO!ll l'impugnazione ex art. ll della Costituzione, non con azione ~iudiziaria sul presupposto dell'inesistenza giuridica della decisione stessa. La censura fondata. Questa Corte ha chiarito da tempo che, data l'autonomia funzionale, nella materia delle imposte dirette, tra la giurisdizione delle Commissioni tributarie e quella sucessivamente esplicata ex novo dall'autorit giudiziaria ordinaria," le decisioni delle Commissioni non sono impugnabili presso il giudice Qrdinario. Esula la sola ipotesi in cui la parte che si assume lesa dalla proounzia della Commissione Centrale delle imposte, invece di instaurare un nuovo giudizio dinanzi all'autorit giudiziaria ordinaria, proponga contro tale pronunzia ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 della Costituzione; 'in tale ipotesi il ,giudizio presso la Corte di Cassazione diretta prosecuzione di quello svoltosi dinanzi agli organi della giustizia tributaria. Tuttavia, ha aggiunto questa Corte Suprema, nonostante la eennata autonomia funzionale delle due giurisdizioni, il giudice ordinario ha i1 potere di rilevare l'inesistenza giuridica del !>regresso procedimento tributario, affinch lo stesso possa essere ritualmente rinnovato e sia rispettata l'esigenza del sistema processuale finanziario che la giurisdizione del magistrato ordinario sia preceduta da quella degli organi tributari, nella previsione che da questi la denunziata illegittimit della pretesa fiscale possfl essere rieonosciuta in modo pi semplice e pi economico (Cass. 6 febbraio 1961, n. 242 molte altre successive). Tale potere del giudice ordinario stato rieonosciuto poi, oltre che nel caso di inesistenza giuridiea del procedimento dinanzi alle Commissioni, qualora i vizi di detto procedimento ledano i diritti del contribuente, come nel caso in cui le Commissioni abbiano modificato un accertamento nonostante che sso fosse divenuto. definitivo per mancata tempestiva impugnazione; in tale caso, s' detto, il giudiee deve eonoscere dei vizi del procedimento per disapplicare l'illegittima modifica:.. zione dell'accertamento (Cass. 25 novembre 1963, n. 3042). Nella specie in esame stata fatta applicazione di tali principi: il Tribunale ha fatto riferimento alla decisione inesistente perch di con.: tenuto impossibile; la Corte d'Appello, senza confutare tale tesi, ha ritenuto che vi sia stata lesione del diritto soggettivo del Contribuente per essere stata aumentata una partita dell'accertamento, divenuta definitiva nel suo massimo per mancata tempestiva impugnazione (da parte dei'- 1 ! I , ! J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 681 l'Amministrazione) : ricavando, peraltro, tale vizio da una certa interpretazione della decisione della Commissione Centrale circa i valori da tali Commissioni attribuiti ai beni patrimoniali denunciati. Queste Sezioni Unite giudicano ;che in tal modo i principi enunciati siano stati male applicati.1 Una decisione determinativa del valore di specifici beni patrimoniali potr essere erronea ma non, certo di contenuto iID1Possibile :si da essere qualificata giuridkamente inesistente. Difatti nella specie il contenuto impossibile stato ravvisato (dal Tribunale e, pare, implicitamente dalla Corte d'Appello) nel contrasto tra la motivazione della decisione della Commissione Centrale, motivazione orientata in favore del contribuente, ed il dispositivo che (sulla base di una certa interpretazione) risulta essere per lui pregiudizievole. Ma tale contraddittori~t della decisione si risolve in un vizio logico della valutazione operata del giudice, correggibile con i mezzi di impugnazione, non causa di inesistenza della decisione medesima (arg. ex articolo 360 n. 5 c.p..c.). Un semplice errore processuale anche il fatto, messo in rilievo dalla, Corte d'Appello, che la Commissione Centrale delle imposte, a causa di non esatta interpretazione della decisione della Commissione provinciale, abbia finito per aumentare il valore dei beni mobili stabilito con la decisione di detta Commissione, impugnata solo dal contribuente ma non dall1Ufficio. Infatti, quando l'accertamento tributario sia portato, in sede di impugnazione, al giudiZio dell'apposita Commissione provinciale o centrale perch non ancora definitivo, il f;:i.tto che la Commissione adita proceda alla refOTmatio in peius dell'accertamento impugnato dal .solo contribuente non pu essere considerato fatto illecito violatore del diritto del contribuente alla tassaziOIIle in conformit dei criteri stabiliti dalla legge istitutiva del tributo, secondo l'aocertamento all'uopo compiuto; la non definitivit dell'accertamento ancora sub iudice impedisce che si possa ravvisare il diritto del contribuente alla certezza giuridica circa l'oggetto dell'obbligazione tributaria, non ancora determinato in concreto. In tale caso sussiste solo un error in procedendo, rapportabile alla violazione del principio dalla eorrispondenza tra petitum e decisum, vizio di regolarit formale del procedimento riparabile con l'impiego dell'apposito mezzo di impugnazione, cio, quanto alle decisioni della Commissione Centrale, con il ricorso per cassazione ai sep.si dell'art. 111 della Costituzione, non con l'azione dinanzi al giudice ordinario, quale giudice dei diritti soggettivi. Diversa l'ipotesi di accertamento defini tivo che sia stato riformato dalle Commissioni tributarie: in tal caso la conseguita determinazione del concreto oggetto dell'obbligazione tribu taria d preciso contenuto all'obbligo del contribuente e gli d diritto a che la situazione .giuridica cosi determinata non sia modificata, sia.pure con suo vantaggio, con ulteriore attivit di accertamento delle Com RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 682 missioni tributarie. Ed in relazione a questi casi stata affermata, anche da questo Supremo Collegio, la proponibilit dell'azione dinanzi al giudice ordinario, diretta a far valere l'illegittimit della nuova attivit di accertamento (Cass. 25 novembre 1963, n. 3042). Ma la cennata ragione di tutela non sussiste quando, come nella specie, la Commissione tributaria ha provveduto, nell'esercizio di u.n potere non contestato e non contestabile, in ordine ad un accertamento non ancora definitivo, anche se nel .decidere essa ha violato norme di diritto processuale che era te nuta ad osservare. . Consegue che nella specie, lllon essendo ravvisabile la violazione di. un diritto soggettivo del Siciliani, non poteva proporsi domanda al giu dice ordinario per far valere presunte irregolarit del procedimento svoltosi dinanzi alle Commissioni tributarie, in tema di determinazione del valore impolllibile dei beni assoggettati ad imposta straordinaria sul patrimonio; determinazione che, non ponendosi questione di diritto sull'imposizione tributaria attraverso l'interpretazione di una legge, dj un regolamento, di un negozio ,giuridico ovvero attraverso la determi nazione dei criteri .giuridici che dovessero presiedere alla valutazione concreta, integrava un giudizio di estinzione semplice (Cass., SS.UU., 7 giugno 1968, n. 1727), dalla legge riservato alla giurisdizione delle Commissioni tributarie. Il che comporta la cassazione senza rinvio della sentenza impu gnata. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 marzo 1971, n. 82-0 -Pres. Caporaso -Est. Della Valle -P. M. Pedace (conf.) -Olivetti (avv. Badii) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Salto). Imposta di successione -Deduzione dall'attivo dell'imposta sul valore ~lobale' -Deducibilit della sola imposta in concreto corrisposta. (d.l. 8 marzo 1945, n. 9, art. 8 e 13). Poich l'imposta di successione commisurata a~l'entitd del lucro che viene a percepire in concreto l'erede, il valore dell'asse tassabile deve essere calcolato al netto delle passivitd e quindi anche dell'imposta sul valore globale; tuttavia l'imposta sul valore globale deducibile quella in concreto pagata e quindi, nel caso in cui l'aliquota sia ridotta, deve dedursi soltanto l'ammontare dell'imposta ridotta e non quello_ dell'imposta astrattamente dovuta nell'ipotesi normale (1). (1) Nello stesso senso cfr. la decisione 13 dicembre 1969, n. 31)50,~i11. questa Rassegna, 1970, I, 95. La questione solo ipotizzata del concorso di PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 683 (Omissis). -Con l'unico motivo dedotto i ricorrenti, denunciando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 6, 7, 8 e 13 d.1.1. 8 marzo 1945, n. 90, in relazione agli artt. 1, 2 e 3 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 e all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., censurano l'impugnata sentenza per non avere accolto la loro tesi, secondo cui, ai fini dell'imposta di successione, dall'imponibile devesi dedurre l'integra imposta globale, cosi e come prefigurata dalla legge, indipendentemente dal numero dei chiamati e dal lorp grado di parentela col de cuius, e non quella corrisposta in concreto per l'esistenza di partLcolari condizioni .soggettive di favore. Il problema come soipra proposto dai ricorrenti stato esaminato recentemente da questa Suprema Corte che, con sentenza n. 3950 del 13 di,cembre 1969, lo ha risolto, al pari della Corte torinese, in senso favorevole alla tesi della Finanza. Ha osservato questa Suprema Corte che dallo spirito e dalla lettera dell'art. 13 del d.1. 8 marzo 1945, n. 90 risulta chiaramente che, costituendo l'imposta sul valore globale un passivo della eredit, la deduzione non pu che riguardare l'imposta versata in concreto e non quella calcolata in astratto; che, traendo la imposta di successione la sua ragion d'essere dalla maggiore capacit. contributiva prodottasi nell'erede in conseguenza della gratuita acquisizione del patrimonio relitto dal de cujus, ed essendo il relativo ammontare commisurato all'entit del lucro 1conseguito in dipendenza .della successione, ne deriva che il valore dell'aS'se ereditario deve essere calcolato al netto dell'ammontare delle passivit, e quindi anche dell'imposta sul valore globale; e, infine, che, nel caso in cui, in virt di una norma agevolativa, l'ammontare dell'aliquota relativa all'imposta sul valore globale viene versata in misura ridotta invece che per l'intero, la iporzion,e di !Patrimonio ereditario di cui l'erede viene a risultare,. in definitiva, privato in effetti soltantO quella che rimane per cosi dire assorbita dal debito tributario posto in concreto a carico dell'eredit. Questa Suprema Corte ha ancora rilevato che, ove dovesse essere accolta la tesi contraria, non solo si violerebbe il fondamentale principio secondo il quale l'imposta di successione deve essere commisurata alla eredi e legatari con requisiti soggettivi diversi stata anche risolta dalla S.C. nel senso che l'imposta di succesisone sulle singole quote va applicata con detrazione sltanto della parte dell'imposta globale che grava su ciascuna deHe quote e quindi senza tener conto dell'imposta globale in astratto dovuta sulle quote esenti o che godono di aliquota ridotta (sent. 26 aprile 1969, n. 1363, Riv. leg. fisc., 1969, 1856). 684 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO effettiva entit della ricchezza trasferita in favore .dell'erede ma -ci che non si pu assolutamente ammettere, non trovando alcuna giustificazione n nella legge n nella logica -si verrebbe altresl, in effetti, a mettere l'erede in una posizione di assoluto privilegio giac,ch gli si darebbe modo di beneficiare al tempo stesso e della riduzione del-. l'imposta sul valore globale e di quella dell'imposta di successione. Da ultimo, rispondendo all'obiezione secondo cui l'obbligo di dedurre, :prima di far luogo ~Ila riduzione o all'esenzione, l'integrale ammontare dell'imposta globale risulterebbe dalla stessa legge n. 90 del 1945 l dove, all'art. 8, regola l'ipotesi del concorso di eredi e 4i legatari, questa Suprema Corte ha osservato che -a :parte la scarsa attendibilit di tale illazione interpretativa, tutt'altro che pacifica in dottrina ed in giurisprudenza -va in ogni caso considerato, al riguardo, che i criteri posti in detto articolo per il ,calcolo dell'imposta globale nelle successioni con concorso .di eredi e di legatari valgono unicamente nell'ipotesi che le quote successorie rsiano diverse e che i legatari abbiano requisiti soggettivi diversi e non anche in quella di eredit devoluta ad unico erede o -come appunto nella specie, in cui J.a Corte di merito ha insindacabilmente accertato in fatto ,che tutti i rsuccessibili appartengono alla categoria favorita con la riduzione dell'aliquota dell'imposta globale, per cui non si verifica alcuna .sperequazione tra eredi privilegiati ed eredi non privilegiati -di concorso di eredi aventi, agli effetti del diritto alla riduzione o all'esenzione, requisiti so.ggettivi eguali. Sulla base di tali considerazioni ritiene pertanto questa Corte di dover mantenere ferma la soluzione gi data altra volta al problema con la surrichiamata sentenza n. 3950 del 1969, non essendo gli ar:gomenti prospettati dai ricorrenti tali da intaccarne la validit e da determinarne, di conseguenza, il ripudio. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 marzo 1971, n. 847 -Pres. Rossano -Est. Alibrandi -P. M. Trotta (conp -Ministero delle Finanze (avv. Stato Mataloni) c. Meloni (avv. Gagliardini). Imposta ipotecaria -Cessione di quota di societ di persone -lnappliplicabilit. (1. 25 giugno 1943, n. 540, art. 1 e tariffa A art. 5; e.e., art. 2810)~ L'imposta ipotecaria dovuta sugli atti portanti trasferimento di propriet di immobili o di diritti capaci di ipoteca, non applicabile all'atto di cessione di quota di societ di persone che non pToduce trasferimento di propriet e non come tale soggetto a trascrizione; non pu esten- PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 685 dersi al.l'imposta ipotecaria il principio dell'art. 27 della legge di registro (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso l'Amministrazione delle finanze, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 1 della legge 25 giugno 1943, n. 540, sulle imposte ipotecarie, e dell'art. 5 tabella all. A alla legge citata, in relazione all'art. 27 della legge di registro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 32.69), ,con riferimento all'art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c., si duol.e che la Corte del merito non abbia considerato le quote di partecipazione a societ in nome collettivo, con patrimonio immobiliare, alla stregua di beni immobili agli effetti dell'imposta di trascrizione. Sostiene la. ricorrente che l'ordinamento di questa imposta ispirato agli stessi criteri ii;iformatori che disciplinano l'imposta di registro, onde la Corte d'SiPpello avrebbe dovuto ritenere che, in base al citato art. 27, il trasferimento delle quote aveva per oggetto beni immobili e, quindi, era applicabile la imposta ipotecaria, essendo l'atto ,soggetto a trascrizione. Il motivo non fondato. A norma dell'art. 1 della legge sulle imposte ipotecarie del 25 giugno 1943, n. 540, l'imposta dovuta per le iscrizioni, rilllllovazioni, trascrizioni, cancellazioni ed altri annotamenti che vengono eseguiti nei pubblici registri immobiliari e, per quanto si riferisce alle trascrizioni, l'art. 5 dell~ tabella A (allega~a alla leg.ge) dispone che a]!)plicabile l'imposta .proporzionale alla trascrizione di atti portanti trasferimenti di prqpriet di immobili o di diritti capaci d'ipoteca. L'atto di cessione di quo.te di societ in nome collettivo, con patrimonio costituito da beni immobili, non comporta trasferimento della pro' priet degli immobili, la cui appartenenza, anche e dopo la cessione delle quote, resta alla societ. N l'atto di cessione trasferisce diritti capaci I . di ipoteca, perch la quota di partecipazione in una societ in nome collettivo, anche se dotata di un patrimonio inmobiliare, non rappresenta un diritto capace d'ipoteca, come si. desume dall'art. 2810 e.e., nel quale l'indicazione di tali diritti manifestamente tassativa. N alcuna disposizione di legge stabilisce che l'atto di cessione di quote sociali debba essere reso pubblico mediante la formalit della trascrizione, e, invece, dall'art. 18 della legge sulle imposte ipotecarie pu trarsi argomento contrario, a favore, -cio, della tesi che ritiene la necessit di una espressa (1) In senso contrario l'orientamento della Commissione Centrale (15 febbraio 1952, n. 32999, Riv. leg. 'fisc., 1954, 535) e remote pronunce della Corte di Cassazione (28 luglio 1932, DE CEcco). Per quanto conerne l'imposta di registro cfr. la sentenza 10 marzo 1971, n. 681, infra, pag. 648. 686 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO disposizione, perch, agli effetti della legge n. 540 del 1943, sorga l'ob bligo della trascrizione. La ricorrente, al fine di superare il difetto del presupposto stabilito dalla legge per l'applicabilit dell'imposta ipotecaria, d particolare risalto all'argomento 'tratto dall'art. 27, comma 3, della le.g.ge sull'imposta di registro secondo cui Le quote di partecipazione nelle societin nome collettivo o in accomandita semplice sono considerat mobili od immobili secondo la natura dei beni costituenti il patrimonio sociale. Se questo comprende beni mobili ed immo:bili, la quota di ;partecipazione fino a concorrenza del valore degli immobili si ,considera di natura immobiliare . E, per avvalorare tale argomento, l'Amministrazione delle finanze sostiene che le norme relative aJJl'imposta di registro e quelle che disciplinano l'imposta ipotecaria possono ricondursi nell'ambito di un unico sistema tributario. L'argomento non pu essere ,condiviso. Invero, dal collegamento che indubbiamente esiste tra le due imposte, rilevabile sia per ci che attiene alla base imponibile (art. 4 legge n. 540 del 1943), .sia per quanto riguarda la riscossione e la restituzione delle imposte (artt. 10 e 11 legge cit.), non ;pu ,concludersi che esista un unico.sistema normativo per cui le disposizioni relative alla iinlPosta di registro possano senz'altro applicarsi, se compatibili, anche a quella ipotecaria. Manca, infatti, nella legge che disciplina quest'ultima una disposizione generale di rinvio all'ordinamento dell'imposta di registro, mentre il richiamo ad alcune sue singole norme, come quelle dianzi citate, induce a ritenere, argomento a contrario sensu, che le norme della legge di registro non richiamate non siano applicabili in materia di imposta ipotecaria. Per quanto si riferis,ce poi all'art. 27 della legge organica di re gistro, non ,pu ritenersi che la finzione in esso posta costituisca un principio di generale applicazione, destinato ad operare anche fuori del l'ambito di quella imposta e, in particolare, nel campo delle imposte iipotecarie. Infatti, quando il legislatore ha fatto ricorso alla finzione di cui trattasi per tutelare le ragioni del fisco, lo ha stabilito con espressa disposizione, come quella contenuta nella legge tributaria sulle succes sioni di cui al r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (art. 29, comma 3), mentre analoga disposizione non contenuta nella legge sulle imposte ipotecarie. Neppure rilevante l'argomento che la ricorrente trae dalla ratio legis del citato art. 27, infatti, se vero che l'emanazione di questa si rese opportuna per impedire che sotto la forma della cessione di quote di partecipazione in societ di persone potesse verificarsi il trasferimento dei beni immobili, senza il pagamento dell'iintPosta del registro, anche vero che ci chiarisce soltanto il fine di un.a norma destinata ad operare nel campo del menzionato tributo, ma certamente non autorizza l'inter-.. prete a trasformare la finzione in una realt concreta, fino al punto di . PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 687 considerare la cessione delle quote 1come un effettivo trasferimento immobiliare, soggetto a trascrizione. Una tale ~plicazione ingiustifkata perch altrimenti la finzione verrebbe ad operare anche fuori del campo tributario, do quale fonte normativa, integratrice delle disposizioni che presidiano la trascrizione degli atti relativi ai beni immobili (artt. 2643 e segg. e.e.). Neppure fondato il richiamo del ricorrente alla sentenza n. 1711 del 6 :giugno 1968 di questa Suprema Corte. Infatti, tale sentenza, per essere stata pronunciata in mate.ria di diritti capaci di ipoteca, derivanti da concessioni costitutive di diritti reali su beni demaniali, concerne diversa fattispecie e non costituisce precedente di giurisprudenza. ( Omissis). SEZIONE SESTA GIURiSPR:UDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 aprile 1971, n. 1037 -Pres. Mirabelli -Est. D'Orsi -P. M. Silocchi (conf.) -Fallimento Cavallaro Calogero ed altri (avv. Selvaggi) c. Assessorati LiL.PP. e Bilancio della Regione Siciliana (avv. Stato Del Greco). Appalto -Appalto di opere pubbliche -. Appalto della Regione Siciliana disciplinato per richiamo contrattuale dal Capitolato generale statale 28 maggio 1895 -Supplente -Nozione -Computabilit a suo debito delle anticipazioni concesse all'appaltatore poi fallito dall'AmmiJlistrazione appaltante .-Sussiste. (d.m. 28 maggio 1895, art. 9; l. reg. sic. 2 agosto 1954, n. 32, art. 15). Regione -Regione Siciliana -Esecuzione di opere pubbliche regionali Rapporto fra Regione ed ente locale minore, di cui si avvale -Natura -Rapporto di delegazione ovvero rapporto organico -Criteri per l'identificazione del secondo caso rispetto al prim!> (Cost., art. 118, ultimo comma). Inun contrtto di appalto di opera pubblica stipuwto daUa Regione siciliana con richiamo alla disciplina del Capitolato generale statale del 1895, il supplente, ove si verifichi il fallimento (ovvero la morte) dell'appaltatore, sostituito ipso jure al medesimo, subentrando in tutti i suoi diritti ed in tutti i suoi obblighi, e cos anche nella posizione debitoria nascente dlLlle. anticipazioni a quello concesso dall'Amministrazione appaltante ai sensi dell'art. 15 l. reg. 2 agostb 1954, n. 32 : m.orma dispositiva, che, in mancanza di patto contrario, disciplina una modalit di esecuzione del contratto d'appalto (1). All'esecuzione di un'opera pubblica la Regione siciliana pu provvedere o indirettamente, mediante delega ad ente pubblic minore, che (1) Oltre alla giurisprudenza citata nel testo della sentenza, v., per l'unitariet del rapporto e, quindi, della responsabilit, Cass., 18 mag"giq_ 1965, n. 956, 9-iur. it., Mass., 1965, 347, sub g. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 689 agisce in nome proprio, ovvero direttamente, servendosi degli enti lo- cali minori, o dei simgoli loro uffici, come suoi organi. L'accertamento in concreto della sussistenza del rapporto organico va fatto, tenendo presente che elementi indispensabili sono, anzitutto, Za competenza della Regione e Za concreta nw.ncanza di un farnia.le atto di delega (2). (Omissis) . ...._ Con atto 22 maggio 11959 l'imprenditore Cavallaro Luigi ,citava innanzi ial Tribunale di Palermo gli Assessoa-i regionaU pro tempore dei lavori pubblici e del bilancio della Regione siciliana e51Ponendo quanto segue: che egli aveva assunto la veste di :supplente i:per l'appalto commesso dal Comune di Caltanissetta all'impresa Giordano Antonino per la costruzione della zona industriale del territorio di quel Cc;>mune, giusta contratto del 17 febbraio 1958; ,che, intervenuto il fallimento del Giordano, egli aveva rifiutato di subentrare nell'esecuzione del contratto ,non potendo accettare che si computassero a suo debito le anticipazioni sull'importo globale dei lavori concesse al Giordano, a norma della legge regionale n. 32 del 1954, prima dell'inizio dei lavori; che, a seguito del suo rifiuto, l'Assessore regionale dei LL. PP. aveva rescisso in danno di esso supplente il contratto d'appalto e la ragioneria genei:ale della Regione aveva disposto il fermo dei pagamenti in Corso a suo favore. Chiedeva, quindi, che i due Assessorati convenuti fossero condannati al risarcimento dei danni da liquidarsi in separato .gil;J.dizio. Instauratoi?i il contraddittorio i convenuti resistevano e, premesso che il rapporto di appalto era intercorso non 1con il Comune di Caltanissetta, ma con l'Amministrazione Regi9nale dei LL. PP., sostenevano la legittimit del loro comportamento. Nelle more il Cavallaro decedeva e interve:riva il fallimento dei ' suoi figli maggiorenni ed eredi Calgero, Arturo, Salvatore e Michele, per cui il processo -dichiarato interrotto e ritualmente riassunto , (2) Sulla portata di norma direttiva dell'art. 118, -qlt. comma, Oost. v. VIRGA, La Regione, Milano, 1949, 142; circa la necessit, in generale, che la delegazione sia autorizzata da apposita norma di legge, v. CARUSI, In tema di delegazione amministrativa, .in questa Rassegna, 1964, I, 701, ed ivi ciitazioni; sulla figura di una delega intersoggettiva ex. lege, In., op. cit., 704. Quanto alla impostazione del problema della qualificazione delle varie ipotesi di concorso di enti pubblici rie!lla esecuzione di opere pubbliche, v. Cass., 31 gennaio 1968, n. 311, Giur. it., 1968, I, 1, 803, con nota di F. BASSI. Per un esame delle varie norme della legislazione regionale siciliasa e relative ipotesi di rapporti delegatori o rapporti organici, v. CARUsI, Rapporto organico e sostituzione nella costruzione di opere pubbliche, in questa Rq,ssegna, 1965, I, 1152 e segg. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO proseguiva nei confronti del curatore del fallimento avv.. L1uigi Monacciani e del tutore dell'ultima figlia ed erede del Cavallaro, Maria, a quel -690 tempo ancora minorenne. Il Tribunale, con sentenza 26 giugno-9 lugli0, 1965, rigettava la domanda e condannava gli attori alle spese. Il curatore del fallimento e Cavallaro Maria, divenuta nel frattempo maggiorenne, proponevano appello, lamentando tra l'altro che il Tribunale erroneamente aveva riconosciuto all'Assessorato regionale il potere di pronunciare la rescissione del contratto d'appalto, laddove committente era il Comune nel nome e nell'interesse !Prop:do, e aveva ritenuto illegittimo il rifiuto del supplente di subentrare all'appaltatore fallito. La Corte d'appello, con la sentenza' ora impugnata, rigettava il gravame osservando, tra l'altro, i_n motivazione: a) che il Comune non aveva agito in proprio, bensi per conto dell'Amministrazione regionale dei lavori pubblici, con la chiara volont di far sorgere il rapporto esclusivamep.te in capo all'Amministrazione suddetta; b) che dalla documentazione in atti relativa alla nascita, permanenza e svolgimento del contratto appariva che l'Amministrazione regionale dei LL. PP. era il dominus del negozio; e) che l'Assessorato regionale, quale titolare del negozio, ben era legittimato a rescindere direttamente il contratto in danno del .supplente; f) che -. contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale -non poteva neppure parlarsi di delegazione intersoggettiva. non essendovi stato un effettivo trasferimento di competenza all'organo delegato; g) che il rifiuto del Cavallaro di adempiere ai suoi obblighi di supplente era ingiustificato in quanto la corresponsione dell'anticipo al Giordano era avvenuta a norma dell'art. 14 della legge reiionale n. 32 del 1954 e corrispondeva ad una facolt che la PubbHca Amministrazione poteva esercitare indipendentemente dal richiamo delJ.a disposizione di legge nel contratto; h) che era conseguentemente irrilevante la circostanza che nel contratto d'appalto il pagamento del corrispettivo era stato previsto in base a stati di avanzamento mensili; i) che la regolamentazione del contratto d'appalto di opera pub blica andava .ricercata non esclusivamente nel contratto medesimo, ma anche nelle norme di legge regolanti l'istituto; l) che l'avvenuta correSI)onsione al Giordano dell'anticipo del doppio decimo del prezzo dell'appalto era atto intrinseco alla struttura- del contratto e, come tale, opponibile al supplente; m) che anche nei confronti di quest'ultimo l'Amministrazione poteva recuper~re le somme anticipate mediante ritenute sui mandati di pagamento; ili& ill@ ili& ill@ PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 691 n) che non era rilevante in prOiPosito la prestazione di cauzione a mezzo di fi.deilli!Sione di una compagnia di assicurazione effettuata dall'appaltatore Giordano a garanzia dell'anticipo ricevuto; o) che vi era inadempimento colpevole del supplente e legittimo era stato il fermo amministrativo disposto sui suoi crediti. Con atto notificato il 10 diembre 1968 e depositato il 28 successivo il curatore del fallimento dei fratelli Cavallaro ha proposto ricorso illustrato con memoria. Resistono gli Assessorati regionali con controricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo mezzo il ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione dell'art. 15 della legge regionale siciliana 2 agosto 1954, n. 32, modificato dall'art. 7 della legge regionale 17 febbraio 1966 n: 10 e afferma che erroneamente la sentenza impugnata ritenne che la norma in parola si fosse inserita automaticamente nella disciplina del contratto di appalto, nonostante il silenzio delle parti. Viceversa la norma, con l'attr:ibuire all'Assessore regionale dei lavori pubblici la facolt -altrimenti inesistente -di concedere un'anticipazione all'appaltatore dietro prestazione di idonee garanzie, per operare in concreto richiederebbe in ogni ca.so una manifestazione di volont negoziale;' e, se l'anticipazione venisse richiesta e concessa dopo la conclusione del contratto d'appalto, costituirebbe un patto aggiunto al contratto medesimo, e non opponibile al supplente se stipulato a sua insaputa. Nella specie il SUiPplente, subentrato nell'esecuzione del contratto dopo il fallimento dell'appaltatore principale, in quanto non chiamato a partecipare. aJ. patto relativo alla concessione dell'anticipo, non sarebbe vincolato per le anticipazioni concesse al primo appaltatore e ben avrebbe avuto il diritto di richiedere che non fossero detratte dalle somme che gli sarebbero .state dovute in base agli stati di avanzamento gli anticipi ricevuti dal fallito. La decisione della Corte d'appello, che aveva ritenuto illegittima la richiesta del suwlente e. legittima fa .rescissione del contratto effettuata dall'Am.ninistrazione regionale, sarebbe, quindi, erronea. . Il mezzo infondato. Nel contratto di appalto di opere pubbliche la figura del suwlente prevista dall'art. 9 del Capitolato generale sugli appalti dei lavori pubblici, approvato con d. m. 28 maggio 1895, stata variamente configurata in dottrina, ma l'indirizzo prevalente, seguito anche dalla giurisprudenza di questa Corte, ravvisa nel supplente un obbligato nella stessa misura e grado dell'appaltatore ;princiiPale, con J.a sola differenza che l'obbligazione assunta cumulativamente dall'appaltatore e dal sup 14 692 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO plente nei confronti dell'Amministrazione appaltante all'atto della stipulazione dell'unica convenzione attuale per il solo appaltatore, laddove 1 per il supplente condizionata al ver.ificarsi della mo;rte o del fallimento i o di altro assoluto impedimento dell'appaltatore (Cass. 27 aiprile 1968, I n. 1310; 9 novembre 1966, n. 2739; 6 agosto 1946, n. 1092; 11 marzo 1940, n. 831; 30 novembre 1938, n. 313.7). Verificatosi uno di tali eventi, il supjplent subentra nel contratto nello stato in cui questo si trova usufruendo della cauzione gi prestata dall'appaltatore principale, delle attrezzature e dei materiali in cantiere, riscuotendo e somme maturate in base agli stati di avanzamento: egli, insomma, si sostituisce in toto all'appaltatore, subentrando in tutti i suoi diritti e doveri, ~ontinuando e portando a termine l'esecuzione del contratto senza soluzione di conitnuit. I rapporti tra l'appaltatore principale o i suoi eredi e il supplente sono estranei al contratto d'appalto e il subentrare del supplente nel contratto -qualora egli non si sia cautelato .in altro modo -costituir per lui un vantaggio economico o meno, a seconda del ,particolare mometo in cui si trova a succedere e della diligenza capacit dell'appaltatore che lo ha preceduto. La prestazione del 1supplente, infatti, .non pu ess~re considerata a s stante nella generale economia del contratto d'appalto. L'esigenza di assicurare il compimento dell'opera pubblica, senza interruzioni pi o meno lunghe, a mezzo di persona accettata dall'ammi nistrazione pubblica fin dal sorgere del contratto -e non a mezzo degli sconosciuti eredi dell'appaltatore o di altro contraente da rinvenire Con la normale procedura prevista per la stipulazione .dei contratti con tutte le'maggiori difficolt create dall'assunzione di lavori gi in corso d'opera - la vera ratio di quest'istituto previsto in un periodo in cui pil'evaleva l'.imprenditore persona fisica anche per lavori di notevole complessit. E oggi la figura del supplente, mantenuta come facoltativa in qualche capitolato di Ente pubblico, ; scomparsa nel vigente Capitolato generale d'appalto approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063. Dunque, il supplente, quale parte del contratto fin dal suo sorgere, deve partecipare alla stipulazone per conos~ere gli obblighi che assume e deve intervenire a tutte .le eventuali successive var.iazioni del negozio che alterano i termini dl sinallagma. Ci posto, la questione -che il ,primo mezzo di ricorso sottopone all'esame .di questa Corte consiste nello stabilire se l'art. 15 della legge regiona~e :siciliana n. 32 del 1954 si inserisce nella disciplina dei contratti d'aPipalto :per opere pubbliche stipulati dalla Regione siciliana, anche nel silenzio delle parti, oppure se la facolt di_ concedere una anticipazione sul prezzo implica una manifestazione di volont negoziale~ di entrambe le parti e, in sostanza, un patto che si va ad aggiungere a PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 693 quelli de1 contratto e che diventa opponibile al SUP1Plente solo se accettato anche da lui. Per accogliere. la prima della due soluzioni la Corte d'appello ha fatto leva sulla particolare natura del. contratto d'appalto di Ojpere pubbliche, che troverebbe la sua regolamentazione non soltanto nel contratto, ma anche nell'ampia e minuziosa disciplina legislativa, la quale in parte regola l'attivit degli organi che presiedono all'esecuzione di opere pubbliche e in parte concede particolaxi poteri e facolt .all' Amministrazione in vista dell'interesse pubblico che questa mira a soddisfare, ed ha aggiunto, quindi, che il Cavallaro, sottoscrivendo il contratto. si era sottoposto alla disciplina del rapporto, da ricercare non solo nel cntratto, ma anche nelle norme di legge regolanti l'istituto, tra cui la legge n. 32 del 1954. Questo ragionamento sostanzialmente esatto. Indubbiamente la norma di legge in questione ha caratte.re dispositivo, ,potendo essere, o :meno, applicata nello svolgimento del rapporto, ma tale carattere sta solo a significare che le parti possono escluderne l'applicazione nel contratto e non a,nche che la norma Ot.Pera solo se richiamata espHcitamente. Per di pi i contratti di diritto privato della P. A..pi difficilmente che quelli tra privati si discostano dagli schemi tipici e quindi la disciplina normativa prevista dal legislatore -anche .se a carattere puramente dispositivo -ha un'efficacia .pi penetrante delle norme diSipositive dei contratti tra privati; e, per la tipicit del rapporto, corrisponde all'interesse delle parti al ;raggiungimento dello scopo portato dal negozio, anche al di fuori di un esplicito .richiamo nel contratto. Nella specie la C~rte d'appello, dato che le parti non avevano escluso l'applicazione della facolt prev.ista dall'art. 15 della legge regionale n. 32_ del 1954, giunta alla conclusione della sua efficacia nella regolamentazione del rapporto. N era. possibile argome.ntare il contrario dal fatto che il richiamo esplicito riguardava soltanto il Capitolato generale d'appalto per le opere pubbliche e quello speciale. Tanto il primo quanto il secondo, infatti, assumevano forza imperativa solo perch richiamati nel contratto. Il rilievo, evidente per quanto riguarda il capitolato speciale, vale anche per il Capitolato generale che, com' giurisprudenza costante di questa Corte, ha valore no.rmativo solo per i contratti stipulati dallo Stato, data la .sua natura di regolamento di organizzazione, laddove ha valore contrattuale per i contratti stipulati da enti pubblici diversi dallo Stato, ivi compresa la Regione siciliana (Cass. 17 aprile 1968, n. 1143; 7 marzo 1967, n. 528). La tesi, su cui la valorosa difesa del ricor.rente ha particolarmente insistito, tanto nella memoria quanto nella discussione orale, secondo cui la facolt dell'amministrazione -prevista dalla legge regionale in 694 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO paro!~ -di concedere una antkipazione sul ,prezzo costituisca un nego l zio a s stante. riecheggia le teorie ormai superate che configuravano il pagamento come contratto, mentre il pagamento costituisce una pre I stazione, che trova giustificazione in un obbligo preesistente. In verit la norma riguarda non la formazione del contratto, ma le modalit di esecuzione di una delle prestazioni dedotte in contratto e, cio, quella relativa alla corresponsione del compenso, che, in deroga alla regola generale della postnumerazione prevista per l'appalto, pu essere in piccola parte anticipato e, a riprova dell'esattezza di tale ragionamento, pu aggiungersi che, se tale facolt fosse stata prevista esplicitamente come clausola del contratto al momento della sua attuazione, non si sarebbe certo potuto parlare della necessit di una nuova mani festazione di volont negoziale per integrare il contratto. Se, dunque, l'art. 15 della legge n. 32 riguarda una modalit di esecuzione del contratto, esso si riferisce solo allo. svolgimento del rapporto, da cui il sujpplente resta escluso fino a quando non si verifichi u.a delle condizioni che lo fanno subentrare nel :contratto, assumendo la posizione del precedente appaltatore nello stato in cui si trova; e ogni tentativo del sup,plente di voler scindere la sua posizione da quella dell'appaltatore principale illegittimo. I Correttamente, quindi, la Corte d'appello ha i:itenuto che la Regione aveva fondato motivo per rescindere il contratto d'appalto in danno del supplente. I ' Con il secondo mezzo il ricorrente lamenta la violazione dell'arti colo 1372 cod. civ. e l'erronea applicazione dell'art. 27 della legge regio nale 21 aprile 1953 n. 30, con riferimento alla legge regionale 5 agosto 1949 n. 46, violazione degli artt. 1362 e segg. cod. dv. in relazi-One all'art. 360 n. 3 c.p.c. e afferma che la Corte d'appello err nel rite nere l'Assessorato regionale dei lavori pubblici parte del contratto di appalto. Viceversa il committente sarebbe stato il Comune di Caltanissetta nel cui nome e interesse aveva agito il sindaco. Posto che le opere dedotte in contratto e relative alla creazione della zona industriale di Catanissetta erano di competenza della Regione, tra questa e il Comune sarebbe sorto un rapporto di concessione o a:tlfidamento di opere pub bliche, con la conseguenza che il Comune 'di Caltanissetta avrebbe stipu lato il. contratto in prol>['io divenendo titolare dei diritti e del {Poteri inerenti alla sua esecuzione, mentre all'Assessorato regionale compe tente sarebbero rimasti solo poteri di vigilanza e di controllo. Al rapporto tra. Regione e Comune .sarebbe rimasto estraneo l'appal tatore e il Comune e non la Regione avrebbe potuto dkhiarare la rescis sione del contratto in danno del supplente. Il mezzo infondato. PARTE I, SEZ. VI,. GIURI$. IN MATE:RIA DI ACQUE,. APPALTI ECC. 695 La Corte d'appello effettu una diligente disamina di tutti gli atti che precedettero fa .stipu,lazione del contratto d'appalto, del contratt medesimo, e del suc.cessivo comportamento del Cavallaro e dell'Asses sorato regionale dei lavori pubblici. In particolare osserv che il piano ;per la costituzione della zona industriale era. stato approvato con decreto 12 .giugno 1953 dell'Amministrazione regionale dei lavori pubb~ci di concerto con gli ass~ssorati dell'lndustria e commercio e delle Finanze; che con suo decreto 30 ,giugno 1957 lo stesso. Assessor.e dei lavori pubblici aveva approvato il progetto ,esecutivo delle opere l;'.edatt.o dall'Ufficio tecnico comunale di Caltanissetta dietro suo incarico e aveva affidato l'esecuzione' dei lavori al . predetto Ufficio set~o l'alta sorveglianza dell'Assessorato medesimo; che e.on mota 8 ottobre 1957 avevf\ autorizzato il Comune. ad indire la licita. zione privatf\, per, l';:\ppalto .dei lavori; ,che il 2() dicembre successivo era stato redatto il verbale di Jicitazione privata per' l'appalto dei lavori; col quale. il. Sindaco -all'uopo ilcaricato dall'Amministrazione regionale ' deilavori pubblici -aveva aggiudicato i lavori all'Impresa Giordano con riserva dell'a,pprovaziofre definitiva dell'aggiudicazione da ;parte dell'Assesso:rato regionale dei pubblici che aveva :finanziato i lavori stessi; che J.'A~ess.orto a'Veva approvato il vel"bale di aggi~dicazione dei lavori con ~rovve.dimento del 2 gennai-0 1958; e aveva autorizzato il Comune di C~ltanissetta a s,tipulare il c~ntratto ~ appalto 1con l'impresa aggi1fdica taria; sollecitando~o' a ~vigilare perch fosse assicurata la pi scrupo losa osservanzadegli obblighi contrattuali da p~rte dell'iip.presa e respin gendo la richiesta formulata. dall'impresa di 1Prestare c~uzione mediante polizza:fideilJ.ss.oria; che nel contratto. JS.tiipulato il 17 febbraio il Sindaco aveva dato atto..di essere stato autorizzato dal~'Assessore ai lavori pub blici della Regione; Che il contratto era stato approvato e reso esecu torio con decreto dell'Assessore del 21 novembre successivo; che succes sivamente r~ stato l~:.Assessore a disporre l'esecuzione delle P.restazioni dell'appaltante disponendo l'anticipazione del doppio decimo, effettuando le trattenute sui pag.amenti in corso d'opera, dando disposizioni per la continuazione dei lavori d~ parte del sUJPP].ente; che,''o stesso StJtPplente aveva instaurato diretti rapporti con l'Amministrazic:>.ne regionale. Da tutti questi elementi la_Corte di merito ritenne di ricavare in mode ineqivocabile che l'Amministrazione regionhle dei lavori pub . blici era il omin~ del negozio e che il Comune, tramite il Sindaco, non aveva agito in proprio, ma con una veste assimilabile sott certi aspetti al mandatario senza rappresentanza, agendo di volta in volta per l'esecuzione degli atti commessigli senza impegnare la volont e la re-. spohsabilit proprie, ma quelle dell'Amministrazione dei lavori pubblici della Regione. E concluse che il committente, gi individuato dal verbale di aggiudicazione dell'Assessorato, non poteva poi mutare nella stipula zione del contratto formale e che, quindi, l'Assessorato regionale ben era 696 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legittimato a rescindere direttamente il contratto in danno del supplente. Espressamente ;ritenne di dover dissenti.re dalla raffigurazione dell'isti tuto come delegazione amministrativa intersoggettiva seguita dal Tri bunale. Questo mezzo di ricorso ripropone all'esame della Corte la questione dell'individuazione del rapporto che si instaura tra Regione e Ente _locale minore allorch la prima, in applicazione dell'art. 118 della Costituzione, delega alle province o ai comuni o ad altri enti locali le sue funzioni o le ese;rcita valendosi dei loro uffici. Nel caso specifico della Regione siciliana il precetto costituzionale ripetuto nella legge 5 agosto 1949 n. 46, richiamata dall'art. 27 della legge regionale 21 aprile 1953, n. 30 -la quale stabilisce che per l'ese cuzione delle opere (tra cui quelle della causa) il Governo regionale si avvale degli uffici statali ovvero di altri enti .sempre che dispongano di propria adeguata e stabile attrezzatura - e nell'art. 28 di quest'ultima legge, secondo cui per il collocamento degli appalti lAssessorato dei lavori pubblici e l'Ufficio regionale delle strade possono avvalersi degli uffici tecnici e amministrativi degli enti locali e dialtri enti pubblci. n rapporto che viene ad instaurarsi tra due enti pubblici, allorch uno di essi, avendo competenza pi vasta, si serve dell'altro per il rag giungimento di d,eterminate finalit, stato pi volte esaminato da questa Corte, soprattutto allo scopo di individuare l'ente cui dovesse 0 far capo la responsabilit. per l'operato dell'amministrazione nei con .fronti dei terzi, e questa Corte, mentre con alcune pronunce ha chiarito la portata e il contenuto della cilelegazione amministrativa intersogget tiva, specificando che essa com,porta uno spostamento di competenza dal delegante al delegato, che agisce in nome proprio e non come organo neppure straordinario dell'ente delegante (Cass. 22 ottobre 1969, n. 3452, 21 'giugno 1969 n. 2203; 19 aprile 1966, n. 986), ha anche precisato (Cass. 31 gennaio 1968, n. 313) che le varie situazioni giuridiche con figurabili nell'ipotesi in Cui l'attuazione di un'opera pubblica avviene con la cooperazione dell'attivit di due enti pubblici si riducono sostan zialmente a quattro: la delegazione intersoggettiva, il c. d. affidamento, il finanziamento. e la sostituzione, ed ha aggiunto che in tutte le ipotesi la legittimazione attiva o passiva nei confronti dei terzi va determinata in base alla qualit e alla quantit dei poteri che siano conferiti all'ente che attua l'opera dalla legge o dall'atto amministrativo, che danno luogo alla particolare situazione, potendosi, quindi, avere una scissione fra la titolarit della posizione e la titolart dell'attivit, con la conse guenza Che legittimato a compiere l'attivit Con competenza propria sia un soggetto diverso da quello cui l'opera spetta, o che un'attivit sia com piuta nell'ambito di una competenza altrui, senza che il soggetto c_he. la compie assuma la titolarit della posizione corrispondente. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 697 E questi esatti principi furono completati con la ;precisazione che in ogni ipotesi il potere attribuito ad ognuno degli enti interessati e la posizione che ciascuno di essi assume nei rapporti con i terzi e a chi, quindi, debbano far capo le conseguenze degli atti che di volta in volta vengono compiuti non pu essere stabilito in astratto. in base principi generali dell'ordinamento amministrativo, ma va accertato in relazione alle singole Ipotesi, con riferimento sia alle norme Che prevedono e regolano il concor,so di attivit di pi enti, sia agli atti amministrativi con cui sia stata '.conferita. o sia stata assunta la potest di provvedere in relazione ad un'o1pera di pertinenza di altro ente. n precedenza, a proposito di altre fattispecie, era stata ravvisata nel Comune, che agiva per realizzare finalit dello Stato, la veste di organo dello Stato, osservandosi che nel nostro ordinamento vi sono cosi ben noti in cui ad uffici comunali sono demandate funzioni proprie dello Stato, con la conseguenza che, in tali ipotesi, mentre il rapporto di servizio delle persone fi..skhe titolari degli uffici rimane pur sempre con il Comune, il rapporto or.ganico, ossia lo strumento mediante il quale si attua l'esercizio delle funzioni, intercorre con lo Stato, cui sono consguentemente ;riferil:;>ili gli atti relativi (Cass. 13 novembre 1963, n. 2974; 16 ottobre 1962, n. 2997). Ci posto, nel caso in cui il rapporto intercorra tra la Regione e un ente J.ocale o un ufficio di ente locale, il problema non pu essere .sempre e solo impostato come rapporto tra due Enti autonomi e indipendenti. La Regione, infatti, non articolata in modo da avere organi propri in tutto il SUO territorio. Nel lodevole sforzo di evitare la proliferazione degli uffici pubblici il legislatore costituente previde per le Regioni due diversi modi di esercizio delle funzioni amministrative, o con delega alle provnce, ai comuni o ad altri enti locali, o valendosi dei loro uffici; previde, cio, o un modo .indiretto o un modo diretto. _Ora il caso della delegazione tra enti, tranne qualche voce discorde in dottrina, incide come gi si detto nella capacit del soggetto dele gato, che viene ampliata e resa simile a quella dell'ente delegante, il quale resta investito di funzioni di controllo. L'ente delegato -entro i limiti fissati nell'atto di conferimento -opera, quindi, in nome pro prio e non come organo, sia pure straordinario, dell'Ente delegante; l"ente delegato il titolare dei rapporti posti in essere nei confronti dei terzi nei limiti della delega (Cass. 31 gennaio 1968, n. 313; 26 marzo 1966, n. 807; 19 luglio 1965 n. 160i8). E lo stesso vale anche per le ipo tesi affini alla delegazone. In tali casi la presenza della Regione nell'esecuzione delle opere indiretta e mediata. Allorch per la Regione esercita direttamente una funzione amministrativa, rpu servirsi degli enti locali o dei singoli loro uffici come suoi organi, di guisa che l'operato di questi uffici direttamente riferibile all'ente Regione, senza necessit n di configurare 698 RASSEGNA.DELL'AVVOCATURA DELLO STATO un rapporto esterno tra enti pubblici, n di mutuare istituti dal diritto privato facendo ricorso alle nozioni di mandato o di r~presentanza. Quale sia l'ipotesi avvenuta in concreto, come gi precisato con la sentenza n. 313 del 1968, deve essere accertato caso per caso, ma indub biamnet due elementi sono fondamentali per poter ritenere 1a sussi stenza del rapporto organico, l'uno positivo costituito dalla materia, che deve rientrare nella competenza della Regione, l'altro negativo costi tuito d.alla mancanza di un formale atto di delegazione. Nelfa specie la Corte d'appello, dopo aver p~ecisato la ricorrenza di tali due requisiti, ha diligentemente indicato nelle varie fasi del rapporto tutti gli elementi da cui risultava che il Comune aveva sempre agito nell'interesse della Regione e per suo nome e cOlnto e che lo stesso Asses sorato regionale era intervenuto pi volte diretta+nente, proprio Come av-. viene nella comune organizzazione amministrativa. E se alla fine del ragionamento non ha tratto J.a logica conclusione della configurazione del rapporto organico, ma ha preferito non dare una precisa definizione del rapporto, facendo solo riferimento all'istituto del diritto pil'ivato del mandato senza rappresentanza, non per questo la decisione pu essere censurata. Si tratta di un dispositivo esatto, su cui non ha influito una imprecisione di motivazione, che va comunque Corretta in base ai prin cipi sopra formulati. Con il terzo mezz_o il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 69 ultimo comma del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, in relazione all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ., motivazione con.traddittoria in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c. e si duole che 1'Assessorato del bilancio della Regione a seguito del p;-ovvedimento di rescissione del contratto abbia disposto il fermo di tutti i crediti che l'impresa Cavallaro ,nutriva verso la Regione e ci sia perch il Cavallaro non era inadempiente e sia perch la Regione era estranea al contratto d'aa;>!Palto. Questo mezzo -come ha riconosciuto lo stesso ricorrente nella memoria illustrativa del ricorso e .nella discussione orale - subordinato all'accoglimento di almeno uno dei p;rimi due motivi. Il rigetto di entrambi comporta necessariamente il rigetto del terzo. Il ri-corso va quindi rigettato. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 maggio 1971, n. 1384 -Pres. Caporaso -Est. Brancaccio -P. M. Del Grosso (conf.) .. -Morici (avv. Maniscalco- Basile) c. Assessorato LL. PP. della Regione Siciliana (avv. Stato Tarin). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Appalto della Regione Siciliana Ritardo gravemente colposo di or~ani della Amministrazione.. appaltante nella emissione dei certificati di acconto e dello stato PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 699 finale e nella effettuazione del collaudo -Applicabilit dell'art. 40 del Capitolato generale statale oo. pp. 1895, richiamato contrattualmente -Esclusione. (Cop. gen. oo. pp. approvato con d.m. 28 maggio 1895, art. 40; e.e., artt. 1223, 1224, 1229). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Appalto della Re~ione siciliana -Diritto dell'appaltatore al risarcimento del danno per il ritardo ~ravemente colposo di or~ani dell'Amministrazione appaltante nella emissione dei certificati di acconti e dello stato finale e nella effettuazione del collaudo -Decadenza per mancata iscrizione delle relative riserve -Esclusione. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36'. 37, 54, 64, 89, 107). La limitazione di responsabilit della P. A. prevista daU'art. 40 Cap. gen. statale oo. pp. 1895 richiamato contrattootmente in un appalto della Regione Siciliana noin trova luogo, qualora l'appaltatore alleghi e provi il c0-;rattere gravemente colposo del ritardo frapposto daH'Amministrazione appaltante nella emissione dei certificati di acconto e nena effettuazione del collaudo deU'opera (1). n diritto dell'appaltatore di pretendere il risarcimentQ dei danni a lui cagionati da ritardi, che egli dimostri essere dovuti a comportamenti gravemente colposi di organi dell'Amministrazione appaltante, netl'aaempimento delle operazioni amministrative, relati'l{e all'emissione dei certificati di acconto, alla redazione dello stato fiscale dei lavori ed all'effettuazione del collaudo dell'opera, non precluso dall'omissione delle riserve previste dagli artt. 54, 64 e 107 r. d. 25 maggio 18.95, n. 350, applicabile anche azza direzione, contabilit e coUaudazione delle opere pubbliche eseguite per conto della Regione Siciliana (2). (Omissis). -Il ricorso principale e quello incidentale debbono essere riuniti sotto il numero di ruolo pi antico, in applicazione dell'art. 335 c. IP c. (1) V., in senso conforme, per gli appalti statali stipulati sotto il vigore del Capitolato generale 1895, Cass., 27 agosto 1966, n. 2285, in questa Rassegna, 1967, I, 688, nonch in Giur. it., 1968, I, 1, 88, con nota di A. CH1cco. Il principio non si applica -e la sentenza in rassegna ne d sia pure fugacemente atto -agli appalti regolati dal Capitolato generale appr. c'on d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, nel quale v' una analitica ed assorbente disciplina dei vari casi di ritardo, anche nella emissione dei certificati di acconto e nella effettuazione del collaudo (artt. 35 e segg.). Si rimanda, in proposito, ai rilievi contenuti nella nota redazionale alla sentenza n. 2285 del 1966 della Cassazione (in questa Rassegna; 1967, 689 e segg.), nonch nella citata nota del CHICCO (in Giur. it., 1968, cit., I, 1, 88 e segg.). (2) L'insegnamento formulato in relazione alla particolare ipotesi che il ritardo nelle operazioni di cui trattasi sia dipeso da colpa grave degli 700 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Esaminando per primo il secondo motivo del ricorso principale, con cui si sollevano questioni che hanno carattere .preliminare rispetto a quelle oggetto del secondo motivo dello stesso ricorso e del motivo del ricorso incidentale, va rilevato che il Morici addebita alla sentenza impugnata la violazione dell'art. 40 d. m. 28 maggio 1895, degli artt. 50, 106 e 107 r. d. 25 maggio 1895, n. 350 e 1218, 1219, 122.3 e 1224 e.e. Egli sostiene che, poich l'Assessorato regionale era incorso in ,colpa contrattuale, omettendo per oltre otto anni di compiere i dovuti adempimenti e di liquida:i:-gli il saldo cui egl.i aveva diritto, a lui era dovuto un risarcimento del danno eh~ non poteva essere contenuto entro i limiti degli interessi di cui all'art. 40 del d.m. 28 maggio 1895, e che, :perch gli fosse riconosciuto un tale diritto, non era necessario che egli effettuasse riserva alcuna in sede di collaudo o in altra sede. Il motivo fondato per quanto di ragione. Nel ;procedere l suo esame occorre anzitutto porsi la questione se la pretesa risarcitoria fatta valere dal Morici, in di!Pendenza dell'assunto colposo ritardo della P.A. nelle operazioni di emissione del certificato dell'ultima e costituenti appunto oggetto della contabilit della stessa (art. 36 Reg. n. 350 del 1895), esclusi solo quelli gravemente colposi o dolosi degli, organi della stazione appaltante. J.n tal caso, infatti, sono appunto il dolo o la colpa grave -che ad esso va equiparata -a far esotrbitare il fatto dalla gestione della esecuzione dell'opera pubblica, ossia che quell'iter esecutivo di cui parla la sentenza in rassegna e, quindi, dal paradigma dell'art. 36 Reg. n. 350 del 1895, rispetto al quale, solo, destinato ad operare, ovviamente, l'istituto della riserva. Questo, peraltro, costituisce diritto speciale, e non gi eccezionale, come inesattamente affermato dalla sentenza in rassegna, cosi come speciale e non gi eccezionale tutta la normativa dell'appalto di opere pubbliche (sull'e'Sa.tto inquadramento dello speciale istituto della riserva, da parte della stessa giurisprudenza arbitrale, nel pi generale principio della buona fede contrattuale, v. lodo 24 marzo 1970, n. 23, in questa Rassegna, 1970, I, 676, sub 4. 702 RASSEGN~ DELL'AVVOCATURA DELLO STATO regolano la responsabilit contrattuale, salvi gli accertamenti da effettuarsi, nella sede di rinvio che si andr a disporre, sul fondamento di tali deduzioni in concreto, tenendo conto di eventuali preclusioni risultanti dall'oggetto dell'originario giudizio di appello, preclusioni che non possono essere qui esaminate perch rion dedotte nei motivi di ricorso e importanti indagini sui limiti dell'appello proposto dall'Amministrazione regionale, le quali appartengono all'esclusiva cognizione del giudizio di merito. Superata quest~ questione preliminare, occorre ora stabilire se per far valere quel diritto il Morici dovesse formulare un'espressa riserva nei termini e con le modalit previste dal r.d. 25 m:aggio 1895, n. 350, che regola la direzione, la contabilit e la collaudazione delle opere pubblic:\1e, che sono nelle attribuzioni del Ministero dei LL.PP., e pacificamente applicabile anche alle stesse operazioni relative alle opere pubbliche eseguite per conto della Regione Siciliana. Il complesso .sistema delle norme di questo regolamento, che riguardano l'oggetto delle riserve e le modalit della loro proposizione nei rapporti fra l'appaltatore e la Pubblica Amministrazione (v. artt. 54, 64, 100, 107), si profila come una disciplina decisamente limitativa del diritto del primo con incidenza negativa sul principio dell'autonomia contrattuale; per-ci tale disciplina, pur se giustificata da compensibili esigenze di tutela della pubblica Amministrazione, devesi ritenere di carattere eccezionale, con la conseguenza che essa va interpretata con criteri restrittivi. Ci posto, conformemente alla pi recente giurisprudenza di questa Suprema Corte (cfr. sent. n. 2290 del 2.8 ottobre 1956 e n. 4046 del 29 dicembre 1969), va affermato che, in tema di esecuzione d'appalto d1 opere pubbliche, negli atti contabili, come in ogni altro atto relativo ai rapporti fra P. A. e a,ppaltatore, debbano essere inserite obbligatoriamente soltanto le annotazioni e le riserve-riguardanti i fatti ch attengano direttamente e strettamente all':esecuziione dell'opera, qali le partite di lavoro eseguite e le somministrazioni fatte dall'appaltatore, non pure quelle che abbiano altro oggetto del tutto estraneo allo scopo di documentare cronologicamente l'iter esecutivo dell'opera e di consentire opportulli e tempestivi interventi alla P. A., al fine di assicurare la prova dell sue ragioni per contestare le pretese della controparte, in relazione all'esecuzione dell'opera. Il sistema delle riserve predisposto per garantire esclusivamente questi interessi della I;>. A. e non se ne giustifica fapplicazione al di fuori della necessit di soddisfare questa esigenza. Il comportamento doloso o colposo eventualmente tenuto da organi della P. A. nell'eseguire adempimenti amministrativi, che ad essi facciano carico, quando non incide direttamente sull'esecuzione dell'opera, del tutto indifferente ;per~le finalit che si intende rag.giungere con le riserve e, quindi, non deve PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 703 essere necessariamente denunciato a mezzo di queste e nei termini e con le modalit per queste previste. In applicazione di questo principio si deve concludere eh.e il Morici non era tenuto a formulare riserve per far valere il suo diritto al risarcimento nei termini da lui assunti. La censura mossa dal ricorrente alla sentenza impugnata, che ha deciso sull'appello in base a~ pTincipio opposto, pertanto 'fondata. Ci peraltro non comporta l'integrale accoglimento del ricorso. La pretesa del ricorrente, secondo la quale .gli dovrebbe essere riconosciuto un risarcimento in misura superiore a quella stabilita dai giudici di primo grado inammissibile. vero che quei giudici, applicando per quella liquidazione non i criteri dettati in materia dal codice Civile, ma quelli pi restrittivi previsti dall'art. 40, secondo e terzo comma, del Capitolato generale del 1895 e dell'art. 35 del nuovo Capitolato, approvato con d.P.R. 16. luglio 1962, n. 1063, incorsero in errore, perch le disposizioni dell'art. 40 si riferiscono al ritardo nel pagamento di rate d'acconto, dopo l'emissione del relativo certificato, e a quello nel pagamento della rata di saldo dopo' il collaudo, e non alle ipotesi, ogg.etto di questo giudizio, di ritardato pagamento per 'il ritardo nella emissione del certificato di acconto e nella effettuazione del collaudo; mentre l'art. 35 del nuovo Capitolato riguarda, s, anche il ritardo nell'emissione del certificato d'acconto, ma non applicabile nella specie; esso intervenuto successivamente alla conclusione del contratto fra 'le parti, non si sostituito automaticamente alla disciplina precedente, in quanto -'poich~ quel contratto riguarda un ente pubblico diverso dallo Stto -il Capitolato non ha efficacia regolamentare, ma solo quella negoziale che le parti ad esso avessero eventualmente attribuito mediante esplicito o implicito richiamo; ci che nella specie .mancato. Questo errore, per, privo di conseguenze pratiche, perch la statuizione del Tribunale sull'ammntare dei danni non stato oggetto di impugnazione in appello. e pertanto ogni questione in merito al riconoscimento di un diritto ad ottenere un risarcimento in misura superiore a quella risultante da tale statuizione preclusa. Il riconoscimento della fondatezza del secondo motivo del ricorso principale, nei limiti risultanti da quanto precede, ha !ome conseguenza l'accoglimento di questo ricorso; mentre restano assorbiti il primo motivo del medesimo relativo ad una assunta omessa motiva motivazione della sentenza, in merito alla tesi del ricorrente secondo cui le sue pretese risarcitorie sarebbero state oggetto di regolari riserve del tutto . ignorate dai giudici di appello, e il ricorso incidentale, col quale si lamenta che ingiustamente quei giudici hanno compensato fra le parti le spese del giudizio di appello. Per effetto dell'accoglimento del ricorso principale, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra Corte di appello, che si designa 704 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in quella di Caltanissetta, la quale nella decisione della causa si atterr al seguente principio di diritto: L'appaltatore ha diritto a pretendere il risarcimento dei danni a lui cagionati da ritardi che egli dimostri essere dovuti a comportamenti gravemente colposi di organi della P. A. nell'adempimento delle operazioni amministrative !"elative all'emissione dei certificati di acconto, alla redazione dello stato finale dei lavori e all'effettuazione del collaudo dei medesimi. Questo diritto non precluso dall'omissione delle riserve ;previste dagli artt. 54, 64 e 107 r.d. 25 maggio 1895, n. 350; ma, ove il risarcimento sia stato liquidato dal giudice di primo grado sull'erroneo presupposto dell'applicazione delle norme del Capitolato generale di appalto, in misura inferiore a quella eventualmente risultante dall'applicazione delle nonne comuni, e al riguardo non vi sia stato appello, ogni questione su tale punto rimane preclusa e, pertanto, in ogni caso, non potr mai riconoscersi al danneggiato un risarcimento in misura superiore>. -(Omissis). i CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 maggio 1971, n. 1539 -Pres. Marletta -Est. Berarducci -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Del Greco) c. Lucernari (avv. Conte). l Acque pubbliche ed elettricit -Concessioni di utilizzazione di acqua pubblica -Diritto dell'Amministrazione concedente al canone Ingiunzione di pagamento -Sospensione della prescrizione estintiva quinquennale per effetto della pendenza di ricorso amminitrativo proposto dall'interessato -Esclusione. (t.u. 14 aprile 1910, n. 639, art. 3; t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 35 e segg.; e.e., artt. 2935, 2945, 2948). Solo l'opposizione giudiziale all'ingiunzione amministrativa di pagamento del canone di una concessione di deiriva.zione d'acqua pubblica, ma non anche il ricorso amministrativo, non P'f'evisto dalla legge quale mezzo in via alternativa per opporsi aZl'ingiu.nzione medesima, ha per effetto di far du.rare l'interiru.zione della P'f'escrizione, deteirminata dalla _ingiwnzione, fino alla decisione dell'opposizione con forza di giu.dicato (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artticoli 35 e segg. del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, dell'art. 3 del t.u. 14 aprile 1910, n. 639, degli articoli 2934, (1) Avvertono le Sezioni Unite della Suprema Corte regolatrice, nella suestesa sentenza, che la proposizione della giudizial opposizione ex ar'licolo 3 t.u. 14 aprile 1910, n. 639 avverso l'ingiunzione amministrativa di PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQU:E, APPALTI ECC. 705 2935, 2'943 e 2948 del codice civile, nonch dei princ:i;pi generali in materia di ricorsi amministrativi, e si deduce che i canoni per la utilizzazione delle acque pubbliche non sono cespiti patrimoniali, ma hanno natura tributaria, di modo che il t.u. del 1910, n. 639 solo il mezzo tecnico per la loro riscossione, ma non vale a qualificare la natura giuridica dei canoni, con la conseguenza che errato affermare. come ha fatto il Tribunale .superiore, che, decorso il termine di cui all'art. 3 del detto t.u. (30 giorni) l'accertamento dell'obbligazione di !Pagamento diviene incontestabile e la ingiunzione diviene definitiva . Si assume che tali conseguenze sono proprie delle entrate patrimoniali, ma non di quelle di diversa natura, per le quali la mancata opposizione non determiha l'incontestabilit del credito, ma solo l'azionaibilit, in sede esecutiva, della pretesa creditoria. Si afferma che da ci discende che l'ingiunto, per far valere le rag~oni contro la pretesa contenuta nell'ingiunzione, ha, oltre il rimedio dell'azione gi.diziaria, anche il rimedio del ricorso amministrativo, il quale, pertanto, deve essere considerato, non come semplice denuncia o rimostranza, ma come rimedio giuridico formale diretto al riesame del provvedimento e su cui rAmministrazione -in relazione ai principi di ordine generale - tenuta a pronunciarsi; con la conseguenza che il termine prescrizionale, interrotto dal ricorso amministrativo, ricomincia a decorrere dalla data della pronuncia, su di . esso, dell'An.ninistrazione. Il motivo infondato, anche se non pu essere condivisa l'opinione del Tribunale superiore delle acque pubbliche, secondo cui la mancata opposizione all'ingiunzione, emessa dall'Amministrazione ai sensi del t.u. 14 aprile 1910, n. 639, comporterebbe l'incontestabilit dell'accertamento dell'obbligazione di pagamento e la definitivit della ingiunzione medesima. Tale opinione contrasta, invero, con la consolidata .giurisprudenza di questa Corte Supre~a, la quale nel senso che l'ingiunzione prevista pagamento del canone scaduto e in tanto prolunga la durata della interruzione del periodo prescrizionale, avvenuta con la notificazione dell'ingiunzione, in quanto crea una situazione di litispendenza, durante la quale perdura, con i suoi effetti, l'esercizio del diritto di credito, iniziato dall'Amministrazione con detta notificazione, impedendo che lo stesso diritto possa essere simultaneamente esercitato con altra domanda; mentre, nell'ipotesi del ricorso amministrativo in questione, una siffatta situazione non pu essere assolutamente configurabile, in quanto detto ricorso, una. volta cessata l'efficacia della ingiunzione quale atto di precetto, perch non seguita, nei termini, da alcun atto esecutivo, lascia pienamente libera l'Amministrazione di esercitare nuovamente il proprio diritto, sia emanando una nuova ingiunzione, sia promuovendo un normale giudizio di cognizione. Sull'applicabilit del termine prescrizionale breve ex art. 2948 e.e., v. Cass., 12 giugno 19-69, n. 2080, in questa Rassegna, 1969, I, 737, la quale, 706 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dal t.u. del 1910, n. 63,9 un atto amministrativo, che cumula le caratteristiche del titolo esecutivo stragiudiziale e del precetto, 'con la conseguenza che essa inidonea ad assumere efficacia di giudicato e non .pu neppure -non avendo carattere perentorio il termine di trenta giorni, previsto, per l'opposizione, dall'art. 3 del detto_ t.u. -acquistare definitivit (cfr., tra le altre, sentenze n. 2738 e. n. 2,339 del 1967, n. 1796 e n. 474 del 1966). Ma, d precisato, deve osservarsi che la diversa opinione del Tribunale superiore non ha comportato errore nella decisione impugnata, atteso che la questione da risolvere non era se la ing1unzione avesse avuto l'effetto di intetrompere il termine prescrizionale -il che non era contestato n contestabile -ma era se il decorso del termine prescrizionale, una volta interrotto dalla ingiunzione, fosse rimasto sospeso, per effetto del ricorso contro di essa proposto dall'ingiunto in via amministrativa, sino alla decisione di tale ricorso. E questa questione, indi pendentemente dall'erronea opinione di cui innanzi, stata decisa esattamente dalla sentenza denunciata. . ' . In primo luogo deve rilevarsi che la natura di entrate patrimoniali da detta sentenza riconosciuta ai ,canoni corrisposti per la concessione di acque pubbliche non pu essere :seriamente contestata, perch, come affermato dalla ormai ,costante giurisprudenza di questo Supremo Collegio (cfr. sentenze n. 112 dei 1970, sent. n. 1893 del 1969 ed altre ~oriformi), nella .concessione di acque pubbliche sussistono prestazioni e controprestazioni di entrambe le parti (l'utente e la pubblica amministrazione concedente), :prestazioni e controprestazioni che si pongono, pertanto, in certo senso, in relazione di corrispettivit, con lq conseguenza che i canoni dall'utente dovuti, avendo funzione di corrispettivo pecuniario della derivazione ed utilizzazione delle acque, non hanno natura tributaria, ma hanno, invece, natura di. entrate patrimoniali della pubblica amministrazione. per, non manca di mettere in evidenza che il rapporto di concessione non ha natura costrattuale e che ii canone oggetto di un'obbiigazine di diritto pubblico, scaturente direttamente dalla legge (ivi, 741, nella motiv.). Questo concetto, ribadito da Cass., Sez. Un., 20 gennaio 1970, n. 112 (Rass. cit., 1970, I, 319, nella motiv.), non sembra sia stato tenuto presente in tutte le sue implicazioni dalla sentenza in !l'assegna, allorch ha affermato tout court la natura di entrata patrimoniale del canone di utenza di acqua pubblica, mentre, in coerenza col predetto insegnamento, avrebbe dovuto avvertirne l'evidente carattere di entrata di diritto pubblico (cfr., viceversa, Cass., 11mag.gio1965, n. 898, in .questa Rassegna, 1965, I, 689, sub 2, che par.la di tassa, mentre Cass., Sez. Un., 29 maggio 1969, n. 1893, Rass. cit., 1969, I, 730, con nota di ALBISINNI, pur nell'escludere il carattere di entrata tributaria del canone delle concessioni demaniali, non ne disconosce, tuttavia, quello di provento di diritto pubblico). PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, 'APPALTI ECC. 707 Ci ,comporta, in primo luogo, che alla procedura coattiva prevista dal t.u; del 1910, n. 639, per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti pubblici, l'Amministrazione finanziaria, nel caso di specie, ha fatto ricorso per la natura stessa del proprio 'Credito, ed in secondo luogo che, per opporsi alla ingiunzione emessa da detta Amministrazione a' sensi dell'art. 2 di detto t.u., l'ingiunto Lucernari nn aveva altro rimedio che quello previsto dal successivo art. 3 dello stesso testo unico. Dispone, infatti, detto articolo che, entro trenta giorni dalla notifi cazione della ingiunzione, il debitore pu, contro di questa, produrre ricorso od opposizione avanti al conciliatore, o il pretore, o il tribunale del luogo, in ,cui ha sede l'ufficio emittente, secondo la .rispettiva ,com petenza_, a norma del codice di procedura ,civile. Pertanto, per effetto di tale disposizione, che non prevede il ricorso amministrativo quale mezzo, in via alternativa, per opporsi alla ingiunzione emessa dalla pub blica amministrazione, e per effetto, altresi, della mancanza di una qual siasi altra diSil)osizione legislativa che siffatto ricorso preveda, si ha che l'unico rimedio giuridico per impugnare detta ingiunzione costituito dal ricorso od opposizione dinanzi all'autorit giudiziaria ordinaria. Ora, posto che non ,contestato che tale ricorso ha l'effetto, a' sensi del secondo comma dell'art. 2945 e.e., di far durare l'interruzione della prescrizione, determinata dalla ingiuzione, sino alla decisione del ri corso medesimo con forza di giudicato, la questione che si pone se, in mancanza del detto ricorso od opposizi.one all'autorit giudiziara, lo stesso effetto possa essere riconosciuto, come pretende la ricorrente, anche al ricorso amministrativo, che, nonostante non previsto da alcuna disposizione di leg.ge, sia stato proposto dall'ingiunto, alla stessa ammi nistrazione che ha emesso la ingiunzione, iPer ottenerne la revoca. Non pu esservi dubbio che tale questione debba essere risolta in senso negativo. Invero, pur ammesso, in linea di ipotesi, ,che il ricorso amministrativo, allorquando sia espressamente previsto dalla legge, in una delle sue forme tipiche, dell'opp9sizione, del ricorso gei:archico e del ricorso straordinario al Capo dello Stato, abbia l'effetto di sospendere l'esecuzione del provvedimento impugnato (ma da ricordare che, nel nostro ordinamento giuridico, vige il principio, di carattere generale, secondo .cui la presentazione del ricorso amministrativo non ha, di regola, effetto sospensivo, tranne che la legge non disponga diversamente, come, ad esempio, nel caso dell'art. 141 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269), deve tuttavia escludersi che lo stesso effetto abbia il ricorso in guestione. Tale ricorso, infatti, non essendo previsto da alcuna disposizione di legge, e, prescindendo, pertanto, da qualsiasi prescrizione di forme e di termini, non pu essere considerato che come un ricorso ammini strativo atipico, avente valore, non di rimedio giuridico, ma di mera RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 708 denuncia, .in quanto non attribuisce diritto, a chi lo presenta, di avere una risposta, ~ crea l'obbligo nell'amministrazione, cui ipreseritato, di provvedere su di esso, di takh lAmministrazione libera sia di prov vedere senza alcun limite di tempo, accogliendolo o rigettandolo, sia anche di non provved&e affatto. Ed allora, se il ricorso in questione non previsto dalla leg.ge e non I obbliga l'Amministrazione a prendere alcuna decisione su di esso, ne consegue, di tutto evidenza, ,che detto ric-0rso privo di qualsiasi effetto l I giuridi,co ai fini che qui inhteressano e che, pertanto, non assolutamente ipotizzabile che la sua proposizione crei la stessa situazione che vien c;reata dalla prOjposizione del ricorso od opposizione, avv&so la ingiunzione, innanzi all'autorit giudiziaria. La proposizione di quest'ultimo ricorso od opposizione, invero, in tanto prolunga la d_urata della interruzione del periodo prescrizionale avvenuta con la. notificazione~della ingiunzione, in quanto crea una situazione di litispendenza, durante la quale perdura, con i suoi effetti, l'esercizio del diritto di credito, iniziato dall'Amministrazione con detta notificazione, impedendo che lo stesso diritto possa essere simultaneamente esercitato con altra domanda; mentre, nell'ipotesi del ricorso amministrativo in questione, una siffatta situazione non pu essere assolutamente configura:bile, in quanto detto ricorso, una. volta cessata l'efficacia della ingi,unzione quale atto di precetto, p&ch non seguita, nei termini, da alcun atto esecutivo, lascia ;pienamente libera I'Amministrazione di esercitare nuovamente il proprio diritto, sia emanand-0 una nuova ingiunzione, sia promuovendo un normale giudizio' di cognizione. E che questa conclusione non sia seriamente contestabile ne fornisce peraltro conferma la considerazione che, ove si ritenesse che, in pendenza del ricorso amministrativo, resti sospeso il decorso del termine prescrizionale, si verrebbe, praticamente, stante la mancanza dell'obbligo dell'Amministrazione di provvedere su tale ricorso, a lasciar arbitra la medesima Amministrazione di tale decorso; il che sareb'J:?e in manifesta violazione del principio secondo cui il de,corso della prescrizione non pu essere sospeso che da.gli impedimenti legali o giuridici, che rendon.o impossibile l'esercizio del diritto, e giammai da fatti dipendenti esclusivamente dalla volont del titolare del diritto medesimo. Per le sopra'esposte considerazioni il ricorso deve essere rigettato. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 maggio 1971, n. 1558 -Pres. Giannattasio -Est. Mazzacane -P. M. Silocchi (conf.) -Ministero LL.PP. (avv. Stato Onufrio) c. Impresa l.C.E.M. (avv. Costa T. M.). Appalto..,-Appalto~'di operepubbliche -Revisione -Facolt dell'Aih -..._ .. mirlstrazione appaltante di concedere all'appaltore anticipazioni PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 709 sull'importo della eventuale, futura revisione -Successivo accertamento che all'impresa non spetta alcun compenso revisionale Prescrizione decennale del diritto dell'An;iministrazione alla ripetizione dell'acconto -Decorrenza dalla data del pagamento del medesimo -Esclusione -Decorrenza dalla data della chiusura del procedimento revisionale -Sussiste. (d.Ig.Igt. 5 aprile 1946, n. 226; art. 5; d.Ig. C.P.S. 6 dicembre 1947, n. 150!, art. 3; I. 9 maggio 1950, n. 329, art. 3; e.e. 1artt. 2033, 2946). \ La prescriziorie decernnale del diritto deU'Amministrazione di ripetere dall'appaltato~e d'opera pubblica gli acconti pagati a norma di legge sull'eventuale, futuro importo revisionale, che poscia si accerti non dovuto, decorre non gi dalla data di pagamento delle predette anticipazioni, sibbene dalmomento in cui si sia concluso negativamente il procedimento revisionale (1). ' (Omissis). -L'Amministrazione ricorrente, Con unico mezzo, denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 20'313, 2945 e 2946 e.e., 3 d.1.C.P.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, ratificato con legge 9 maggio 1950, n. 329, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., nonch omessa motivazione sul carattere condizionato del procedimento ;previsto dal citato art. 3 d.l. n. 1501 del 1947, in relazione all'art. 360, n. 5, c.p.c. Sostiene che il rapporto di indebito oggettivo venne ad esistenza, quando, definito negativamente il procedimento amministrativo, configurabile come impedimento legale al decorso della ;prescrizione, fu accertato che l'kem non aveva diritto ad alcun compenso revisionale; che, subordinatamente, la Corte del merito, avrebbe dovuto 1considerare l'evento della d~nizione del procedimento amministrativo quale condizione preclusiva del diritto al rimborso dell'acconto revisionale, e che, poi, non avrebbe dovuto omettere di applicare il principio per cui la pr.escrizione interrotta, con efficacia continuativa fino alla chiusurii del conto, dalla condizione permanente ,di ricognizione del credito insitanell'apertura del conto dj anticipazione. La censura fondata. Invero, leggasi nella sentenza impugnata che la somma di lire 382.000 fu corrisposta all'ICEM in acconto sull'ammontare della revisione prezzi ;prevista nell'atto di sottomissione n. 9799 del 215 giugno 1946, in (1) Non risultano precedenti in termini. La massima, peraltro, ineccepibile, poich la concessione dell'acconto per legge fatta senza pregiudizio dei diritti delle parti, mentre solo dopo l'ultimazione dell'opera d il perfezionamento della procedura revisionale i rapporti fra Amministrazione appaltante ed appaltatore su questo ;punto ricevono definizione: cfr., in dottrina, CIANFLONE, L'appalto di opere pubbli~he, Milano, 1964, 644 e seg. 710 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO applicazione dell'art. 5 del d.1.1. 5 aprile 1946, salvo l'accertamento della definitiva spettanza o meno della somma predetta all'esito della procedura di revisione, come fu riconosciuto dalla stessa ~CEM, il cui legale rappresentante, con dichiarazione scritta rilasdata il 29 agosto 1947, nell'accettare l'acconto, diede atto che la concessione dell'acconto pi sopra indicato non ha nessun valore ai fini della liquidazione definitiva della revisione, la quale potr v.ariare anche in meno senza che l'Impresa sottoscritta possa avanzare pretese o diritti. Pertanto, la somma di lire 3'82.000 fu legittimamente versata alla ditta appaltatl'ice in applicazione dell'art. 5 d.1.1. 5 aprile 1946, n. 226 (sostituito, successivamente, dal d.1.C.P.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, ratificato dalla legge 9 maggio 1950, n. 329), il quale prevede la facolt dell'Amministrazione di concedere all'appaltatore, che ne faccia richiesta, n acconto no. superiore al 50 % sulle somme che prevedibilmente potranno spettargli in dipendenza della revisione totale o parziale . Il versamento della predetta somma fu costituito da un acconto . I a titolo provvisorio, ilquale aveva la sua causa giustificatrice nella facolt ,. I esercitata dall'Amministrazione a norma di legge di concedere all'impresa t appaltatrice qnticipazioni sull'importo della eventua.le futura revisione. Ne segue che il rapporto di indebito oggettivo non venne ad esistenza i i ~ al momento del pagamento dell'acconto revisionale, cos da legittimare il solvens alla immediata proposizione della condictio indebiti, bens successivamente, quando fu accertato, con la chiusura del relativo procedimento, che alla ditta non spettava alcun compenso revisionale, e I h l'acconto pot1 essere allora -e solo allora -qualificato come pagamento non dovuto. Infatti l'indebito oggettivo si ha o perch manca una causa originaria giustificativa del pagamento (condictio indebiti sine causa) o perch la causa del rapporto, originariamente esistente, i poi ' venuta meno in virt di eventi successivi che hanno messo nel nulla il rapporto medesimo (condictio ab causam ;fitnitam). Nella fattispecie l'indebito oggettivo non sorto nel momento del (legittimo) pagamento, ma in quello dell'evento che ha determinato il venir meno della causa del pagamento, ossia all'epoca della chiusura del procedimento revisionale, di guisa che la jprescrizione necessariamente ha iniziato a decorrere da quest'ultima data: la prescrizione stessa non pu precedere la nascita del rapporto giuridico alla cui azione essa inerisce. ben vero che la prescrizione decorre egualmente quando il diritto, pur potendo essere esercitato, non sia di fatto esercitato dal titolare o per ignoranza o per altri impedimenti non aventi carattere giuridico. Ma tal principio si riferisce all'ipotesi in cui un diritto sia venuto ad esistenza, cosicch possa. , parlarsi di possibile esercizio di esso, o di impedimenti che vi si frappongono, mentre il principio non pu avere applicazione, quando la definizione del procedimento amministrativo costituisce ~ come nella specie -il presupposto della nascita del diritto ste.sso, e quindi della 'PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 711 possibilit di .esercjzio di esso. La Corte del merito incorsa in equivoco, confondendo la inerzia del soggetto che non esercita un diritto esistente, poich lo ignora o per altri ostacoli non legali, con l'inerzia imposta dalla pendenza di un procedimento, al cui esito subordinata la nascita di quel dtritto. Conseguentemente, il diritto dell'Amministrazione di chiedere la restituzione della somma corrisposta in seguito alla accertata non operativit della revisione sorto solo al momento di quell'accertamento, e da quel momento ha iniziato a decorrere il termine prescrizionale. La obiezione della ICEM, secondo cui, in tal modo, il sorgere del diritto dipende da una mera potest dell'Amministrazione, senza alcun termine, ,. . infondata, poich la procedura di revisione disciplinata da norme di legge nel .suo svolgimbento e nella sia conclusione (dJJ. 5 aprile 1946, n. 226, sostituito dal d.1.C.P.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, ratificato dalla legge 9 maggio 1950, n. 329), e perch alla mancata revisione pu essere ovviato con opportuni atti di sollecitazione. Le suesposte considerazioni, per il loro carattere decisivo, assorbqno le ulteriori deduzioni svolte dall'Amministrazione con. il .ricorso proposto. Pertanto, accogliendosi il ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata e ila causa deve essere rinviata per nuovo esame in base ai principi esposti. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 giugno 1971, n. 1767 -Pres. S;tella Rkhter -Est. AliJbrandi A. -P. M. Cutrupia (conf.) -Ministero Difesa (avv. Stato Cavalli) c. Felicetti (avv. D'Amb~osio D.). . . Arbitrato -Procedimento arbitrale -Nullit dell'atto iniziale -Esten w; , m ~-:..-"' -. sione agli atti~successivi -Sussiste -Denunzia di invalidit derivata -Necessit che l'indagine del giudice si estenda all'atto da cui discende la nlJ]lit -Sussiste.. (c.p.c., artt. 159, comma primo, 828 e segg.). Corte Costituzionale -Pronuncia di illegittimit costituzionale -Effetti erga omnes ,. Retroattivit -Limiti -Situazioni giuridiche esaurite -Nozione. (Cost., art. 136; 1. cost., 9 febbraio 1948, n. 1, art. 1; 1. 11 inarzo 1953, n. 87, art. 30, comma terzo). Non diversamente da ogni procedimento, .quello arbitrale costituito da una serie di atti concatenati l'uno all'nltro e coordinati alla produzione di un unico effetto. Consegue che la nullit dell'atto iniziale si estende a quelli successivi. L'esistenza del vincolo che collega tutti gli 712 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO atti del procedimento comporta che, ove sia denunciata l'invalidit deri. vata di uno di essi, l'indagine del giudice deve estendersi aU'esame dell'atto da cui discende la denunciata invalidit (1). Situazioni giuridiche esau1-ite, nei confronti delle quali non si estende L'efficacia retroattiva deUe pronunce di incostituzionalit, sono solo ' queUe ormai insuscettibiti di rimozione o di diverso regotmento, sia per effetto di preclusione nascente da giudicato, sia per effetto di atti amministrativi non pi impugnabili a causa del decorso di terminedi p!l"escrizione o di decadenza, ovvero pe1 effetto di atti negoziali o di aitri atti o fatti, che, ai riguardo, siano rilevanti sui piano sostanziale o su queUo processuale (2). ' (Omissis). -Con atto notificato il 2 gennaio 1965 all'Amministrazione Aeronautica -Direzione demanio della III Sezione aerea ed inviato, per conoscenza, al Ministero della Difesa-Aeronautica, Michele Felicetti e.spose di aver st:ip~lato il 27 agosto 1949 con lAmministrazione del!' Aeronautica il contratto n. 5132, avente per oggetto sfalcio d'erba e pascolo nel earopo di volo di Vibo' Valentia, e 1che tale contratto, integrato da un eapitolato d'oneri e da un atto aggiuntivo de1 10 luglio 1952, non aveva avuto regolare svolgimento per fatti imputabili all'Amministrazione e co ndanni per esso esponente, la cui liquidazione non era stato possibile definire in sede. amministrativa. Ci premesso, il Felicetti dichiar di voler fare ricorso al giudizio arbitrale, previsto dall'art. 16 del contratto, per il riconoscimento del suo diritto ad essere risarcito dei danni da lui sul)ti, il cui ammontare percis in L. 25.377.312. Con successiva istanza del 22 febbraio 1965 il FeUcetti design il proprio arbitro e chiese la nomina degli altri tre arbitri, nonch la designazione di quello dell'Amministrazione dell'Aeronautica. Con successivo atto del 25 aprile 1965, notificato al Ministero della Difesa-Aeronautica, presso l'Avvocatura generale dello Stato, il FeUcetti reiter l'istanza di arbitrato negli stessi termini di quella notificata il 2 gennaio dello stesso anno. Il Ministero della Difesa-Aeronautica oppose, anzitutto, che questa seconda istanza era tardiva, mentre la prima era colpita da nullit insanabile, perch il relativo atto non era stato notificato presso la competente Avvocatura di Stato (art. 11, eomma terzo, r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello .Stato); indic, poi, l'arbitro designato da essa Amministrazione. (1) Non risultano precedenti in termini. (2) Cfr., oltre alla giurisprudenza citata nel testo della sentenza in rassegna, anche Cass., 3 ottobre 1963, n. 2620 e 9 ottobre 1963, n. 2683, in. questa Rassegna. 1964, I, 78 e 84, ove ulteriori riferimenti, nonch notl? di CARUSI. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE,, APPALTI ECC. 713 Il collegio arbitrale, con lodo sottoscritto il 17 giugno 1966 e reso esecutivo dal .Pretore di Roma il 18 dello stesso mese, condann il Ministero della Difes1;1-Aeronautica al pagamento in favore del FeHcetti della somma di L. 8.617.046, con gli interessi legali dal 2 gennaio 1965, oltre al rimborso delle spese del giu'dizio in ragione di due terzi. L'Amministrazione Aeronautica, con atto notificato 1'8 settembre 1966, propose, a norma dell'art. 828 c.p.c., impugnazione contro la .sentenza a!'lbitrale, chiedendo che ne fosse dichiarata la nullit, per essere stato dal FeUcetti invalidamente promosso il .giudizio arbitrale e chiese che la Corte d'appello emettesse pronunzia rescissoria nel merito. La Corte d'appello di Roma, con sentenza del 18 luglio-3 ottobre 1968, dihiar inammissibile fimpugnazione. Dopo aver considerato che l'intervenuta sentenza della Corte Costituzionale dell'18 luglio 1967, n. 97, che ha dichiarato l'illegittimit costituzionale dell'art. 11, comma terzo, del t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, nei 'limiti in cui esclude la sanatoria della nullit della notificazione, esplicava la sua efficacia nella "controversia de qua, la Corte del merito ritenne che gi con la prima istanza del 2 gennaio 1965 -il_ cui difetto di notifi.cazione era stato sanato per effetto della costituzione nel giudizio arbitrale dell'Amministrazione della Aeronautica -il procedimento arbitrale era stato validamente instaurato, onde non ricorreva la denunziata nullit di quella procedura, n, conseguentemente, quella della seconda istanza di arbitrato, la cui nullit era stata dedotta, per derivazione, dall'invalidit della prima istanza. Contro questa sentenza il Ministero della Difesa-Aeronautica e l'Amministrazione Aeronautica -Direzione demanio della III Regione aerea, con atto notificato il 13 novembre 1968, hanno proposto ricorso per cassazione in base ad .unico motivo. Il Felicetti resiste con con~roricorso, illustrato da memoria. MOTIVI DELLA DECLSIONE Con l'unico motivo del ricorso il Ministero della Difesa-Aeronautica e lAmministrazione Aeronautica, denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 827, 828 e 830 c.p;c. e dell'art. 2909 e.e., in relazione all'art. 360, n. 3, c . .p.c., nonch difetto di motivazione, lamentano che la Corte d'appello abbia ;pronunciato valicando i limiti propri del giudizio rescindente promosso con l'impugnazione per nullit della .senten'Za arbitrale. Deducono, in particolare, che il giudice dell'impugnazione della sentenza arbitrale ha esteso la propria cognizione alla prima istanza di arbitrato proposta dal Felicetti, mentre era stata impugnata soltanto la seconda, onde l'esame avrebbe dovuto limitarsi a stabilire la validit di quest'ultima, senza prendere in considerazione la prima istanza. Aggiungono le Amministrazioni ricorrenti che la sentenza della Corte Costitu 714 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zionale n. 97 dell'8 luglio 1967 non spiega effetti nella iPreserite contfoversia, essendo intervenuta quando sulla nullit della prima istanza . di . arbitrato gi si era formato, in difetto di impugnazione incidentale da parte del Felicetti, un giudicato preclusivo di ogni esame, onde erroneamente la Corte d'appello av.rebbe ritenuto operanti gli effetti che discendono dalla citata pronuncia della Corte Costituzionale e, di conseguenza, sanata l'invalidit della prima istanza di ar:bitrato. Tali censure non si ravvisano fondate. Il principio ,giuridico richiamato dalla difesa delle Amministrazioni ricorrenti -secondo cui l'impugnazione del lodo per nullit, a norma dell'art. 828 c.p.c., non d luogo ad un tipico e completo .giudizio d'appello, ma al 'c.d. iudiciwm rescitndens, checonsiste u:r;i.icamente nell'accerta. re se sussista taluna delle nullit denunziate da chi injpugna la sentenza arbitrale - princifPio indubbiamente esatto, ma esso, nella spe.~ie, non trova applicazione. Invero, dal diretto esame degli atti -consentito a questa Corte Suprema, essendo stato denunziato un error in procedendo -rilevasi che con l'atto dell'8 settembre 1966 la sentenza arbitrale stata impugnata in base alla dedotta nullit del procedimento svoltosi davanti agli arbitri, perch l'istanza di a.rbitrato, notificata dal Felicetti il 2 gennaio 1965, era insanabi'lmente nulla, per inosservanza di quanto prescritto dall'art. 11 del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato, mentre la seconda istanza di arbitrato, notificata il 21 aprile 1965, era anche essa nulla per derivazione. In altri termini, l'invalidit della seconda istanza di arbitrato era dedotta sotto il profilo della nullit di atto ,che si inserisce in un procedimento promosso con atto iniziale nullo (istanza del 2 .g.ennaio 1965), con conseguente estensione dell'invalidit agli atti successivi e dipendenti (art. 159, comma primo, c.p.c.). Ora, poich l'impugnazione della sentenza arbitrale si fondava su una nullit derivata, .la cognizione del giudice, investito dal gravame previsto dall'art. 828 c.p.c., doveva necessariamente estendersi all'atto (istanza di arbitrato del 2 gennaio 1965) da cui, secondo il motivo del l'impugnazione, sarebbe derivata la nullit della seconda istanza di ar bitrato. Infatti, ove si consideri che il procedimento arbitrale, non diversa mente da ogni altro procedimento, costituito da una serie di atti con catenati J.'uno all'altro e coordinati alla produzione di un unico effetto, la nullit dell'atto iniziale si estende a quelli successivi, appunto perch sono in rapporto di correlazione con il primo. E l'esistenza di tale vin colo Che collega gli atti di uno stesso procedimento chiarisce perch, nel caso in cui sia denunziata l'invalidit, pe.r derivazione, di uno degli atti suindicati, l'indagine non ;possa non comprendere l'esame dell'atto da cui discende la denunziata nullit. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 715 Ci posto, va escluso che la Corte d'appello, nell'estendere il proprio ' esame a'lla validit della prima istanza di arbitrato (2 genrndo 1965), abbia valicato i limiti del giudizio rescindente promosso daI.le odierne ricorrenti con l'impugnazione per nullit della sentenza arbitrale. Vero che a fondamento di tale impugnazione era stata dedotta la nullit della seconda istanza di arbitrato (21 aprile 1965), ma anche vero che, trattandosi di nullit prospettata sotto il_profilo della derivazione, veniva necessariamente in discussione la validit della prima istanza, quella cio che, secondo quanto dedotto dalle stesse parti che avevano proposto l'i:mipugnazione, dava ,causa all'invalidit dell'intero procedimento arbitrale e, di ,conseguenza, anche della seconda istanza, trattandosi di atto che si inseriva in una procedura invalida. Ci, sotto altro profilo, conferma che la Corte d'appello non incorsa nella denunziata violazione dei limiti oggettivi del giudizio che si instaura con la impugnazione per nullit della ,sentenza arbitrale. Priva di ~andamento anche l'altra censura con la quale le Amministrazioni ricorrenti deducono che la Corte d'appello avrebbe erroneamente ritenuto peranti, nella presente controversia, gli effetti che promanano dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 97 dell'8 luglio 1967, con la quale stato dichiarato costituzionalmente illegittimo -in riferimento all'art. 3, comma primo, della Costituzione -l'art. 11, comma terzo, r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato, nei limiti in cui esclude la sanatoria della nullit di notificazione a pubbliche Amministrazioni se non sia stata eseguita presso la competente Avvocatura dello Stato. L'assunto delle ricorrenti si fonda sul rilievo che, in difetto di impugnazione incidentale da parte del Felicetti della sentenza degli arbitri, la statuizione da costoro emessa in ordine alla nullit della prima istanza di arbitrato, perch direttamente notificata alle suddette amministrazioni anzich presso l'Avvocatura generale dello Stato, costituisse un punto irrevocabile della decisione, che precludeva ogni riesame e dava, quindi, origine ad una situazione giuridica definitivamente esaurita, insensibile rispetto agli effetti della suindicata pronuncia della Corte Costituzionale. Ma tale argomento non pu essere condiviso. Va premesso che, C!J'me costante giurisprudenza di questa Corte suprema, situazioni giuridiche definitivamente esaurite sono soltanto quelle ormai consolidate ed intangibili, 'Cio non .suscettibili di rimozione o di diverso regolamento, sia per effetto di preclusione nascente da giudicato o per effetto di atti amministrativi non pi impugnabili a causa del decorso di termini di prescrizione o di decadenza, oppure in dipendenza di atti negoziali o altri fatti o atti che, al riguardo, siano rilevanti sul piano so.stanziale o su quello processuale (sent. 12 ottobre 1968, n. 3244; sent. 20 febbraio 1969, n. 578 e sent. 5 luglio 1969, n. 2494). 716 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ora che non si fosse, nella specie, formata sul punto della nullit della prima istanza di arbitrato una decisi-one irrevocabile, con conse guente situazione giuridica definitivamente esaurita, non sembra che possa dubitarsi. Invero, tenendo presente il motivo dedotto dalle odierne ricorrenti a sostegno della proposta impugnazione per nullit della sentenza arbitrale, motivo che involgeva, necessariamente, come stato dianzi chiarito, anche l'esame della questione dell'invalidit della prima istanza di arbitrato, risulta in modo evidente che, per effetto della proposizione stessa del gravame di cui all'art. 828 c.p ..c., la questione della nullit della prima istanza, lungi dall'essere stata definitivamente risolta, veniva ad essere riproposta, sia pure indirettamente, al giudice dell'impugnazione della sentenza arbitrale. Tale rilievo vale, da un lato, ad approvare l'applicazione che la Corte d'appello ha fatto degli effetti dell'intervenuta pronuncia n. 97 del 1967 della Corte Costituzionale e, da altro lato, a superare la .questione, sollevata dalle parti, della possibilit di proporre impugnazione inciden- tale nel .giudizio promosso ex. art. 828 e segg, c.p.c. Invero, la soluzione di tale ultima questione diviene irrilevante ai fini del decidere, ove si pervenga alla conclusione, accolta da questa Corte che, per effetto della impugnazione di nullit, proposta contro la decisione degli arbitri, il problema della va'lidit della p.rima istanza di arbitrato era stato nuovamente messo in discussione, senza che, a tal fine, fosse necessaria una qualsiasi impugnativa da 1Parte del Felicetti. Il ricorso , quindi, sotto ogni aspetto, infondato e, come tale, deve essere rigettato. -(Omissis). SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE D'APPELLO dell'Aquila, 3 ottobre 1970--Pres. Fracassi ~ Est. M. Modigliani -Imputato Biadene ed altri. . Parte civile -Costituzione di parte civile contro un responsabile civile citato da altra parte -Ordinanza di inammissibilit -Inoppu gnabilit~~ (c.p.p., artt. 98, 190). Procedimento penale -Istruzione -Avviso ai difensori -Acquisto della qualit di imputato -Condizioni. (c.p.p., artt. 78, 304 ter). Procedimento penale -Atti, anteriori alla nomina dei periti, compiuti in te:rritorio straniero. -Irrilevanza, sulla perizia, della loro inesistenza. (c.p.p., artt. 185, n. 1, 312). Perizia -Avviso ai difensori dell'inizio delle operazioni -Sufficienza. (c.p.p., artt. 304 ter, 314). Perizia -Nomina del perito -Cittadinan'.za italiana -Conoscenza della lingua ital:i~na -Requisiti non necessari. (c.p.p., art. 314). Cal~it naturali -Inondazione, frana o valanga -Inondazione e frana colposa -Sussistenza del reato. -Fattispecie. (c.p., artt. 426, 449). Omicidio"-Omicidio e lesioni personali colpose -Omicidio colposo Sussistenza del reato -:fattispecie. (c. p., art. 589). Danni -Danni in materia penale -Uccisione di abitanti di un. comune Danni non patrimoniali del comune -Risarcibilit -Limiti. (c.p., art. 185; e.e., artt. 1223. 2056, 2059). ' RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 718 Procedimento penale -Responsabile civile nel giudizio penale -Questioni relative alla individuazione del responsabile civile -Potere di rimessione del giudice penale a quello civile -Sussistenza Fattispecie. (c.p.p., art. 120). inoppugnabile l'ordinanza del giudice di primo grado che, peraltro, legittimamente, dichiara la inammissibilit della costituzione di parte civile fatta nei confronti di un responsabile civile, non intervenuto volontariamente, ma citato da altra parte (1). Ai ;fini dell'applicabilit delle norme sugli avvisi ai difensori, deve . considerarsi imputato esclusivamente chi viene indicato come reo o risulti (1-9) Disastro del Vajont e pretesa responsabilit civile del Ministero Lavori Pubblici. L'integrale motivazione in diritto della sentenza trovasi pubblicata in Foro it., 1971, p. II, da p. 198 a p. 302 con le nove massime sopra riportate, estratte da molti diffusi ed analitici argomenti per affermare la responasbilit, in qrdine ai gravi delitti contestati (frana e Inondazione colposa) in odio ai vari imputati, funzionari della concessionaria Sade (poi sostituita dall'ENEL e Montedison), nonch del Ministero Lavori Pubblici. In questa Rassegna (1969, P.I., p. 984 e 990) .si gi dato conto delle questioni pregiudiziali discusse in 1 grado circa la costituzione di parte civile del Ministero LL.PP., citato quale responsabile civile da un solo sinistrato, e circa la convenzione italo-francese sull'aiuto reciproco giudiziario, applicabile ai lavori del collegio peritale straniero, intervenuto durante l'istruttoria formale, per il disastro del Vajont, avanti il competente Tribunale di Belluno. A) La sentenza di 2 grado non si pronunziata circa l'eventuale responsabilit civile dell'ENEL, della Montedison e del Ministero LL.PP. malgrado l'affermata punibilit degli imputati, rispettivamente dipendenti dai tre enti menzionati, in ordine ai reati di frana, di inondazione ecc. In particolare, la parte civile non prendeva conclusioni formali contro il Ministero LL.PP., evocato in giudizio, quale responsabile civile per colpa attribuita ai suoi funzionari. Pertanto, malgrado la riforma di merito operata dalla Corte di Appello dell'Aquila, giammai in sede di processo penale, avrebbe potuto dichiararsi la responsabi!lit civile dell'Amministrazione Lavori Pubblici: saJva ogni altra iniziativa in separata sede civile, se del caso, specie su impulso di sinistrati, ancora non risarciti dall'ENEL. Ma la stessa Corte d'Appello era tnuta a pronunziarsi sulla responsabilit dell'ENEL e Montecatini- Edison. Sembra, comunque, che vi siano valide ragioni per ritenere non solo il Ministero dei Lavori Pubblici non obbligato ex dlicto per il disastro delVajont, ma che esista a suo favore un diritto al recupero di quanto sborsato in forza delle leggi 4 novembre 1963, n. 1457 e 31 maggio 1964, numero 457, per la responsabilit dell'ENEL e della Montedison mentre sicuramente erronea la decisione della Corte di Appello in ordine all'estremissione dei responsabili civili. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 719 indiziato di reit nel rapporto, nel referto, nella dennzia, nella querela, nell'inchiesta, e no'!-anche in qualunque altro atto processuale (2). Sono inesistenti le attivit, compiute dal-giudice istruttore in territorio straniero, ma, poich, trattavasi di -soli contatti preliminari con tecnici stranieri prima della nomina, a periti, dei medesimi, la loro inesistenza non si ripercuote sulla rituale validit della periz.ia (3). Invero, l'art. 120 c.p.p. recita: Il responsabile civile pu essere messo fuori causa dal giudice, anche d'ufficio, con ordinanza, in qualsiasi stato del proedimento di primo grado, prima dell'inizio della discussione finale nel dibattimento . Orbene, il giudice di primo grado non ritenne di prendere tale iniziativa, anche perch la sc. Montedison aveva sollecitato una esclusione in proprio favore, innanzi il Tribunale L'Aquila, non in via preliminare o pregiudiziale, ma solo durante la discussione finale, cio successivamente al termine dibattimentale fissato nell'art. 120 c.p.p. Ne discende che alla Corte d'Appello era ormai assolutamente preclusa la esclusione, su impulso di ufficio, dei responsabili civiU Soc. Montedison, ed EN)L, nei confronti dei quali si imponeva la decisione di tutte le questioni correlative, svolte in memorie difensive, anche dalla parte civile Min. LL.PP. Unanimi in tal senso risultano dottrina e giurisprudenza, data la chiara espressione letterale dell'art. 120 c.p.p., e la ratio legis che, rispettando il principio del contraddittorio, obbliga il magistrato a pronunciarsi su tutte le questioni rilevanti, discusse dalle parti in conflitto, anche per interessi civili. La sentenza Cass. Pen. 5 apri!le 1960 (in Arch. Resp. civ., 196'1, p. 164) ha infatti ribadito espressamente: " Dopo l'inizio della discussione finale, .non consentito far luogo a declaratoria di esclusione' del responsabile civile :o; ed il MANZINI (Trattato dir. proc. pen., ed. VI, Vol. II, p. 508), aggiunge che neppure quando la discussione finale venga interrotta per assumere nuove prove, non risulta pi possibile escludere ex ufficio, il responsabile civile, in primo grado. In senso conforme, vedasi: LEONE (Trattato di proc. pen., vol. I, p. 537), dove si ricorda che inoppugnabile l'ordinanza motivata, con cui si esclude il responsabile civile del processo. Ma, nella specie, la impugnativa consentita, trttandosi di provve dimento compreso nel dispositivo della sentenza di appello (e non emesso con separata ordinanza). Inoltre, trattasi di provvedimento aberrante, emesso a non iudex (cio non da quello di 1 grado, fissato dallla legge), onde ricorre la categoria della inesistenza'" giuridica, con tutte l conseguenze (v. Riv. trim. dir. proc. civ., 1966, p. 1316) per la decisione in esame, adottata dal giudice di appello, fuori di ogni previsione legislativa, malgrado l'opposizione della parte civile. B) Il responsabile civile soggetto secondario ed eventuale del processo penale (artt. 107-123 c.p.p.); dove introduce la trattazione di una causa civile, che va definita non in base al principio del libero convincimento del giudice, sibbene in forza di specifica norma disciplinante il rapporto fra imputato e (nella specie) Min. LL.PP., ai fini della pretesa responsabilit RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 720 Per la validit della perizia sufficiente che l'avviso ai difensori sia dato all'inizi e non nl successivo svolgimento delle operozioni (4). Per la validit della nomina del perito non occorre il requisito della cittadinanza italiana, n la conoscenza della lingua italiatna (5). Sussistono i reati colposi di frana e inondazione, qualora venga intrapreso l'esercizio di un bacino idroelettrico, nonostante la prevedi- civile di quest'ulitimo per " fatto > del dipendente pubblico funzionario, eventualmente colpevole. Al fine di chiarire che, in nessun caso, l'Amministrazione LL.PP. avrebbe potuto essere dichiarata responsabile civile per contestate "colpe degli ingg. Frosini, Sensidoni, Batini, Violin (impiegati statali), si richiama il principio generale, per cui solo organi di amministrazione attiva (e non meramente consultiva) manifestano le determinazioni volitive dell'ente p1,1bblico (Stato, Provincia, Comune, ecc.), implicandone le responsabilit per eventuali lesioni di altrui diritti o interessi. Ove pure l'atto finale dell'A., sia conforme ad eventuale "parere ob .. bligatoriamente sentito, nel procedimento formativo della volont pubblica, ogni eventuale responsabilit giuridica dell'ente si ricollega non al voto consultivo (atto preparatorio interno), sibl;>ene e soltanto all'ordine-decreto di natura costitutiva che ha fatto proprio quel parere, incorporandolo nella Volizione finale dell'A. (vedasi SANDULLI, Il procedimento Amministrativo, ed. Giuffr 1940, p. 78 e 160: VIGNOCCHI, Accertamenti Costitutivi nel dir. amm., ed. Giuffr, 1950, p. 24). Una conferma di tale principio si ricava daila giurisprudenza del Consiglio di Stato, dove affermasi che il ricorrente non deve notificare l'impugnativa alla Autorit compilatrice di atti preparatori (pareri), ma solo a quella cui risale l'atto finale; inoltre, che il ricorrente pu chiedere l'annullamento del solo atto autonomo finale (lesivo dei suoi legittimi interessi), in quanto l'efficacia espansiva di tale eventuale annullamento viene a caducare pure gli atti preparatori interni; che il termine di giorni 60 di ricorso al Consiglio di Stato decorre dalla notifica del provvedimento autoritativo (e non della data del parere incorporato) ecc. Applicazione di tale consolidata gfurisprudenza pu riscontrarsi in decisione Consiglio di' Stato Sez. IV, 25 settembre 1968, n. 512 (Foro it., 69, P. llil, p. 133; Giur. it., 1969, P. III, p. 130; Rassegna Avvocatura dello Stato, 1968, p. 763), relativa a decreto prefettizio di esproprio (Min. Interno), conforme a parere del Provved. Reg. 00.PP. (Min. Lavori Pubblici). Orbene, nella specie, l'ing. Frosini risulta membro (fino al 1 agosto 1961) del Cons. Superiore Lavori Pubblici, Presidente Sez. IV, dove fu sostituito dall'ing. Batini, a far tempo dal 5 agosto 1961; gli ingegneri Frosini e Sensidoni (dal 1 aprile 1958) risultano membri della Commissione di Collaudo in corso di opera; l'ingegnere Violin era ingegnere capo Genio CivHe Belluno (dal 1 dicembre 1962). Pertanto, solo quest'ultimo organo periferico dell'Amministrazione Lavori Pubblici attiva (al centro, lo il Ministro): mentre gli altri tre imputati ing. Batini, Frosini, Sensidoni fanno parte di organi collegiali mera mente consultivi. (V. per ile funzioni del Servizio Dighe, l'istitutivo d.1. 28 agosto 1924, .. n. 1395, artt. 17-18; con la regolamentazione del d.l. 1 ottobre 1931, n. 1370, PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 721 bilitd di una frana tanto veloce da causare eventi di inondazione e di morte nei luoghi abitati prossimi alla diga (6). ~ Sussiste il reato di omicidio colposo quq,lora nella detta ipotesi, nonostante la verificazione, nei giorni immediatamente precedenti alla catastrofe, di segni premonitori del prossimo distacco di una frana, sia stato omesso di diffondere tempestivamente l'allarm.e e di richiedere art. 9, abrogata mediante nuovo regolamento legge 1 novembre 1959, n. 1316, artt. 9 e 13). appena il caso di ricordare .che il Consiglio Supefiore Lavori Pubblici composto d~ 6 Sezioni (leggi 20 aprile 1952, n. 524; e 29 novembre 1957, n. 1208) il supremo organo di consultazione Lavori Pubblici ed esprime soltanto voti> (e non decisioni), anche se di grande importanza, specie se pronunziati in Assemblea generale (Cons. Stato, 23 ottobre 1968, n. 694, in Giur. it., 1969, P. III, p. 201); come accadde il 15 giugno 1957, per approvare il progetto esecutivo Sade per la Diga idroelettrica del Vajont (la pi alta d'Europa, m. 722,50). Infatti, dopo tale parere tecnico, fu necessario un d.m. che, tenendo presente il conforme voto unanime del Consiglio Superiore Lavori Pubblici, a Sezioni Unite, approv il Progetto Sade, ordinandone l'esecuzione (si ricava anche dall'art. 7 r.d. 1 ottobre 1931, n. 1370, vigente in allora), con Foglio Condizioni 24 aprile 1958, cui segu sottoscrizione del disciplinare 3 ottobre 1958, n. 4727 (pp. 68-69, Relazione Parlamentare), per la derivazione di Acque Pubbliche. Si aggiunge che, su conforme istanza 7-9 gennaio 1967 della parte civil~ dott. Giampietro Protti, il giudice istruttore Tribunale Belluno, con decreto 11 .gennaio 1967, limitava la citazione del Ministero Lavori Pubblici, quale responsabile civile solo per danni cagionati (in ipotesi) dagli ingegneri Sensidoni e Batini; escludendo di proposito l'ing. prof. Pietro Frosini, allora gi imputato (ma in pensione). A maggior ragione, il Ministero LL.PP., in1questa sede mai avrebbe potuto rispondere quale responsabile civile per fatti dell'ing. Violin, ancora non imputato, nel gennaio 1967; ed al quale solo di poi stato ,contestato non il delitto di frana-inondazione (artt. 426 e 449 c.p.), ma solo quello di omicidio colposo, per omesso allarme alle popolazioni in luogo, quale ingegnct- e capo del Genio Civile di Belluno. Neppure al dibattimento, il dott. Protti ha preso iniziative rituali per estendere la citazione del Ministero LL.PP. responsabile civile, alle azioni dei funzionari Frosini e Violin. Ne discende che il Collegio avrebbe dovuto circoscrivere l'esame ai rapporti giuridici fra Amministrazione LL.PP. e dipendenti Batini-Sensidoni, accertando se le (denegate) colpe di questi ultimi implichino obbligo di risarcimento danni per il Ministero LL.PP. . Ii che escluso da quanto gi detto finora. L'abrogato Regolatnento Dighe r.d. 1 ottobre 1931, n. 1370, non applicabile nella specie, perch il primo invaso al Vajont fu autorizzato nel 1960, quando tale regolamento era gi stato sostituito. Il n~ovo Regolamento 1 novembre 1959, n. 1316, art. 13, stabilisce che unico ed esclusivo competente ad autorizzare invasi parziali, a titolo. sperimentale ed in via provvisoria, l'ufficio del Genio Civile in luogo, previo nulla osta del Servizio Dighe; e del pari lo stesso ufficio unico competente a revocare, in qualunque momento, l'autorizza 722 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO prontamente alle autorit pubbiiche l'evacuazione delle persone dai cantieri e dai centri abitati minacciati da una .inondazione (7). I danni non patrimoniali, arrecati ad un comune dall'omicidio dei suoi abitanti, e, quindi, risarcibili, sono non solo quelli, derivanti dalla lesione di beni immateriali spettanti al comune (prestigio, reputazione, segreto, sfera di riserbo), ma anche gli altri, provocati dalle sofferenze z:ione agli invasi, con il mero obbligo di informarne il Servizio .Dighe, in Roma. Tale disciplina regolarmente risulta conforme ai principi generali, in quanto la responsabilit diretta degli invasi affidata .ad organo di Amministrazione Attiva in luogo, meglio informato delle particolarit del bacino (Genio Civile, Belluno); con il sussidio meramente consultivo del romano servizio Dighe ,, segreteria interna, IV Sezione Cionsiglio Superiore Lavori Pubblici, organo di consulenza tecnica collegiale, sedente in riunioni periodiche, presso il Ministero LL.PP., in Roma. ' Il servizio Dighe ufficio meramente interno della IV Sezione Consiglio Superiore Lavori Pubblici, tanto che non ha carteggio, protocollo, firma di atti ecc. in nome proprio, essendone Capo e dirigente unico, lo stesso Presidente IV Sezione, cui fa relazioni scritte-orali, data l'importanza nazionale del servizio idroelettrico, ai fini degli invasi, come risulta dai vari " nulla osta ,, documentati in processo. Senonch, il reato di frana non stato contestato ai vari ingegneri del Gen~o Civile di Belluno, unici responsabili delle autorizzazioni per i tre cicli d'invaso al Vajont; mentre risultano imputati al riguardo solo funzionari i quali emisero semplici pareri, nulla osta, che l'ingegnere Capo era libero di disattendere in autonomia discrezionale, per accidentalit locali allo stesso note meglio che ai consulenti ministeriali, nella Oapitale (per es. sopravvenute precipitazioni di neve-pioggia in zona dolomitica, in misura straordinaria). Tanto pi che trascorrevano 3-4-5 mesi fra nulla osta romano, autorizzazione dell'ing. Capo Genio Civile all'invaso, ed effettivo graduale raggiungimento della quota pi alta di livello, permessa alla concessionaria Sade. Ond' patente che il Genio Civile di Belluno (in conformit al citato art. 13 Regolam.), durante detti mesi d'invaso sperimentale e prov.visorio, era in condizione di conoscere le reazioni favorevoli (o meno) della diga, nei limiti di elasticit, e del bacino, nei limiti di permeabilit, fino all'eventuale revoca dell'autorizzazione gi data: per l'innalzamento di livello con solo Qbbligo di informare il Servizio Dighe, Roma. Infatti agli uffici consultivi non si possono chiedere ordini d'imperio, ma solo pareri di opportunit tecnico-amministrativa, non vincolanti (salvo espressa norma contraria) per gli organi della Amministrazione Attiva. Le deduzioni finora svolte escludono di per s una responsabiiit civile Ministeriale LL.PP., per i pareri..;nulla osta,, anche se in ipotesi errati (e non vero) dei propri organi consultivi; in quanto siffatta responsabilit potrebbe derivare soltanto dalle autorizzazioni ai tre invasi (I a quota 660; II a quota 700; III a quota 715) dell'ingegnere Capo Genio Clivile Belluno, che faceva propri tali nulla osta (atti di scienza), con successive delibera.-:zioni autonome e discrezionali (atti di volont), nei confronti dei terzi. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENA'LE 723 . moTa.U dei supeTstiti, pregiudizievoli della normale e oTdina.ria attivit de eomune stesso e della s'U4 collettivit (8). lt gudice penale .ha il poteTe di TimetteTe a quel.lo civile la ecision delle que~tioni concernenti la individ'U4zione del Tespon8abile civile, estromettendo questi dal processo penale, in caso 'di pregj;udizio alle esigenze di celerit del procedimento. penale o di difficolt; particolaT '.Ma l'J\~G.O. -n:&n ha contestato alcuna imprudenza penalmente rilevante per la frana all'ing. Violin (e suoi predecessori), appunto perch hanno bene esercita.toi poteri di controllo, nei limiti che la. legge definisce, circa la sfera di cQ:p1peteD,za spttante alla concessionaria, per un bacino idroelettrio ancora non entrato in servizio. Nongioverebbe eccepire che per metoo. veverenziale . verso il Consiglio Superlre La'M$ri Ji>,ubb!ici gli Ingegneri .Capi del ~nio Civile non osassero; in pfiatica, 6isat.te:tidere il e nulla osta" del Servizio Dighe; che, talora, addl:ritt'lir~ pree~evano con parere .:favorevole aUa riclW:tsta tSade, preseefrata il:ll)l!O trru;nfte. >i.a denegata responsabilit dei Mwstero LL.PP. non p.otrebbe alfwmarsi .in base a tali eventuali particolarit di fatto, com' qvvio,Jll . solo la legislazione specile'6ssa l competenze degli organi statalt; e 1 la. specifica loro natura (ccmsultiva: e decisoria), facendo nasqere le 11espo1"iabllit conseguenti, gi1;18ta i richiami sopra illustrati. In: prlticQlare, .per la Commissione Collaudo ln corso di opera devesi escluder"Oini &Ua int.erferenza; giusta Regolam. art. 13 citato, neli autorizzazioni ..a!r~i invasi sperimentali, . ., Basti conSiderare '~e persino il e certi:fi.cat.o di .collaudo > finale una mera pr.oposta al Ministero LL.PP. per dicl,arare Ultimate le opere, in conformit al progett~ ed a regola d'arte, con successiva ~pprovazio:11e dell'Amministrazio ne attlva per tale atto di collaudo (art. 24 Regolam. r.d . . 14 agosto 1920, mc;;diA:caio dal r.d. 20 settembile 1922, n. 1412,; Vedasi e CIAFLONE, Appaito di Opere Pubbliche, ed. Giuftt 1964, pag. 659 segg.), ai fini di pagamento prezzo, contributi ecc. Per individuare meglio i compiti della Commissiohe Collaudo in corso d'opera, basta conSiderar.e he tale organe colleg:iale di nomina 'facoltativa (iI!\. r~i1lPoi:.to all'ifilp()rtanza delUopera); .ed anehe quand viene costi , tuita, .la .sorveglianza della diga in corso di ostruzione aftiQ;ata al Genio Oi:vile locale (tramite. assistente.governtivo,. sempre presente nel cantiere). giusta i limiti analiticamente eJ,W.eati in Regolam. Derivazioni acque pubbliche r.d.14.agosto 192.0,.n. 1~85, a t. 58, che reci.ta: i. L'Ufficio Genio Cii.vile pPoceder, duran:te Uescuzione dei lavori, ai riiievi ed accertamenti necessari per potere poi stabilire 11 volUlll;e del ser.batoia cr~ato, e per acquistarne elementi onde giudicare . sulla sua permeabilit. ' e Di tali elementi, il Q-.C. dovr va1iel'si ndl'eseguire il collaudo, a ter: rnfni del precedente art. 24 ". Ebbene, quando viene. nominata, fa Collimissione Collaudo, in corso d'opera, coadiuva saltuariamente l'ing. Capo del Genio Civile nei compi.ti stabiliti col citato art. 58 regolam., fra cui non compr.eso affatto un .." parere- nulla osta ,. per le riehieste d'invaso progressivamente pi alto, avanzate d.alla concessionaria, . costruttl'i,ce del bacino mnntano. Ci, d'altra parte, ril:!ponde alla logica del sistema che, stabilendo l'obbligo di nulla osta preventiva del Sertjzio Dighe organo consultivo IV Sezione Consiglio Superiore Lavori Pubblici), non poteva imporre all'inge ' 16 724 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA :PELI.O STATO .mente rilevante, del.le questioni relative alla responsabilit civile (nella specie del disastro del Vajont, stata, fra l'altro, rilevata la pende.nza di un giudizio Civile fra i respornsabili civile E.n.e.l. e Montecatini Edison, nel quale era in discussione anche la questione pregiudiziale concernente la propriet dell'impianto idroelettrico, in relazione al cui esercizio si erano verificati gli eventi dannosi) (9). gnere Capo Genio Civile Belluno di richiedere ancora sepa;rato " parere di natura tecnica identico, ad altro organo consultivo dello stesso Ministero .LL.PP. (Comm. Collaudo in corso d'opera), prima di autorizzare l'invaso sperimentale e provvisorio richiesto dalla Sade. Tutte le osservazfoni sopraesposte esonerano il Ministero LL.PP. da ogni resP-Onsabilit civile, pure avendo la Corte d'Appello de L'Aquila ravvisato una e colpa penale" dell'ing. Sensidoni, unico tra i funzionari statali imputati, con le specificazioni gi chiarite (nei eonfronti dell'ing. Batini il processo sospeso, per grave infermit del giudicabile). C) Giova aggiungere che, in fatto ed in diritto risulta gi esclusa una qualsiasi reit degl iindicati funzionari ingg. Sensidoni e Batini anche per il corollario che segue alle deduzioni .finora illustrate. Infatti, non pu giuridicamente esistere nesso causale fra l'evento disastroso ed il parere eventualmente " colposo di Batini ecc., appunto perch interrotto dall'atto volitivo' dell'ingegnere capo Genio Civile Belluno, il quale dette autonoma e discrezionale autorizzazione all'invaso per m. 715, rivelatosi poi fatale (secondo l'accusa formale dell'A.G.0.). Se il Giudice Istruttore non ha ritenuto contestare all'ing. Violin il delitto ,di frana-inondazione 9 ottobre 1963 (avvenuta dopo autorizzazione 7-8 maggio 1963 all'invaso, dello stesso ing. Violin), appare contraddittorio imputare quel medesimo delitto, invece, all'ing. Batini che addi 22 aprile 1963 (cio cinque mesi prima dell'evento) aveva espresso mero nulla-osta, di natura consultiva (favorevole per tale inviaso fino a m. 715); all'ingegnere capo Genio Civile Belluno. pacifico che non sussite nesso eziologico fra nulla osta 22 aprile 1963 dell'ing. Batini' e formale successiva autorizzazione all'invaso 7-8 maggio 1963 dell'ing. Violin, il quale (ripetesi) era moralmente e giuridicamente libero di non seguire il parere della IV Sezione Consiglio Superiore LL.PP.; e, pur seguendolo in un primo tempo (in ipotesi), rimaneva libero di revocare in seguito l'autorizzata maggiore quota di livello, senza richiedere nulla-osta" (e tanto meno ordine) del servizio Dighe, che doveva soltanto informare dell'accaduto, durante gli altri cinque mesi, dalla primavera all'autunno 1963, intercorsi fra nulla osta di Batini e inondazione 9 ottobre 1963. A maggior ragione deve escludersi un determinismo causale fra il nulla osta Batini 22 aprile 1963, e omisso me.dio l'evento dannoso, perch quest'ultima filiazione incompatibile: 1) con la natura consultiva, e non imperativa di quel nulla osta; 2) con la sopravvenuta autorizzazione dell'ing. Violin verso Sade, idonea da sola (art. 41 e;p.), secondo un'ipotesi di comodo, a provocare dissesto geologico (si vera sunt exposita). Ripetesi, lo stesso Giudice Istruttore Belluno non ha ravvisato e contestato a Violin una efficacia potenziale, di natura penale, all'autorizzazione 7-8 maggio 1963 (e ben giustamente); pertanto a fortiori" risulta~impossibile naturaliter che invaso e svaso anno 1963, operati dalla Sade ;, PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE siano dipendenti dal lontano parere-nulla osta del Servizio Dighe -IV Sezione Consiglio Superiore LL.PP., dato in via preparatoria-interna, ad altro ufficio della stessa Amministrazione LL.PP. (organo attivo periferico, Genio Civile Belluno) senza efficacia vincolante negli interna corporis. Vedansi al riguardo anche le sentenze francesi per diga di Malpasset, in Foro it., 1966, P. IV, p. 108; ivi 1967, P. IV; p. 24. pacifico invece che i comportamenti della SADE sono tali da farla ritenere responsabile del sinistro: noto che rapportini quindicinali Sade furono inviati al Ministero LL.PP., ed all'ing. Violin (dal 31 dicembre 1961), con una compilazione ottimistica. Del pari "farsesco,.-(cos esprimesi la sentenza istruttori penale, pag. 390) l'esperimento Sade di Nove del 19 settembre 1961 nel corso del quale per non destare allarme circa le altezze d'onda provocate da evntuale frana nel bacinp Vajont, si fece precipitare il semiversante del Toc, a monte del Rio Mezzalezza il pi lontano possibile dalla diga. pacifico che ai funzionari statali mai fu comunicata dalla Sade, la relazione prof. Ghetti 3 luglio 1962, che suggeriva di non superare il livello di quota 700 (zona di sicurezza), altrimenti Batini-Violin si sarebbero astenuti dal consentire un invaso fino a m. 715 (nell'anno 1963), come richiesto. Tutto questo viene rieordato per dimostrare la responsabilit civile della Sade (ora Soc. Montedison), desunta da azioni ed omissioni nel corso degli anni 1960-62 che, in serie di causale interdipendenza, hanno indotto fraudolentemente in errore la Pubblica Amministrazione. G. DONADIO PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA STUDI PER LA REVISIONE DEL CONCORDATO,. a cura delLa cattedra di Diritto Ecclesiastico 4ell'Universit di Roma -CEDAM, Padova, 1970, pagine 792. Abrogazione o revisione del concordato? Il problema-politico segQalato ai lettori da.P. A. D'Avack nel suo saggio introduttivo: viene ricordata la Tavola Rotonda organizzata sull'argomento dal Movimento e G. Salvemini" fin dal 1965 e sono riassunte le posizioni contrastanti ivi emerse ,i;ulla soluzione da adottare. Gli scritti monografici contenuti nel volume .si pongono, per, nella direttiva che risulta dal titolo: quella revisionistica. Pur, cfo, nella diversittl delle personalit e delle vedute dei. singoli AA. e pur nella stessa antitesi di qualche loro rispettiva concezione, ciascuna delle monografie ispirata al presupposto che il concordato possa ancora conservare una sua ragione di essere ed esplicare una sua funzione; in tal senso ogni monografia coordinata' con le altre nel suo svolgimento e nei suoi intenti ultimi. I primi studi raccolti nel volume affrontano e puntualizzano problemi di ordine generale circa le possibilit tecniche -sostanziali e procedurali -per addivenire alla revisione. Si muovono in .questa direzione lo scritto del MoDUGNO: Sulla posizione costituzionale dei patti lateranensi e quello del BELLINI: Sui limiti di legittimit costituzionale delle disposizioni di derivazione concordataria contrastanti con valori costituzionalmente garantiti. Un cenno a parte merita la monografia del FIORE: Le premesse della revisione del concordato: dralt'Assemblea costituente al voto parlamentare del 5 ottobre 1967 non solo per quanto precisato nel testo ma anche per le osservazioni contenute in una nota " finale che chiaraIPente spiega come negli anni pi recenti il tema caratterizzante della discussione politica sui rapporti tra Stato e Chiesa si sia spostato da quello della revisione all'altro dell'abrogazione del concordato a mezzo ~i un possibile uso dello strl,lmento del referendum abrogativo (e questo specialmente dopo le note diplomatiche concernenti il progetto di legge sul divorzio). Afferma testualmente il F.: "Altri sono (oggi) i problemi che si agitano . . Per comprenderli necessaria una pi, vasta ipotesi di lavoro, in cui il tema della revisione del Concordato non .pi il motivo iruformatore, ma uno dei tanti, posto per agli estremi margini, nella grande problematica di una nuova disciplina del fenomeno religioso ,. . Le monografie successive si soffermano su di una specifica disamina criUca della natura, del contenuto e degli effetti delle singole norme concordatarie per stabilire se ed in quale misura esse si presentino meritevoli di revisione o se debbano spprimersi. A. SINI esamina il principio della religione dello Stato contenuto nell'art. 1 del Trattato del Laterano, per saggiare il suo .significato e fa sua rilevanza nell'attuale ordinamento repubblicano anche alla luce delle interpretazioni della Corte Costituzionale. G. C.AiPUTO si sofferma sulla norma dell'art. 1 cpv. del concordato sul e carattere sacro di Roma " per denunciare le aporie rilevate nell'applicazione della norma (con un preci.so riferimento alla nota questione de e Il Vicario " di Hockhuth). Il tema de e La potest di giurisdizione e di magistero della Chiesa catto.lica nell'ordinamento italiano " trattato da S. LARICCIA mentre 100 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA .DELLO STATO C. CARDIA si d carico di affrontare il problema della e rilevanza civile delle sentenze e dei provvedimenti ecclesiastici di cui alL'art. 23 cpv. del Trattato Lateranense > che fu all'origine di un altro caso famoso: quello del vescovo di Prato. Gli altri scritti contenuti nel volume sono: C. MIRABELLI: L'articolo 5 del Concordato; L. GOVERNATORI TENZONI: L'intervento dello Stato nella nomina dei vescovi e dei Parroci>; P. CoLELLA: "Considerazioni sul regime giuridico degli enti ecclesiastici sull'ordinamento italiano ; M. FmocCHIARo: Regime giuridico delle Res Sacrae >;A. TALAMANCA: e L'insegnamento religioso nella scuola ed il confessionismo dell'istruzione pubblica >; G. DE CESARE: e L'azione cattolica e l'art. 43 del Concordato >; G. CoLETTI: Considerazioni su alcuni problemi relativi all'assistenza religiosa>, Il tema dei rapporti tra matrimonio religioso e matrimonio civile e quello dei limiti di modificabilit degli effetti civili del matrimonio sono trattati con notevole ampiezza, rispettivamente da F. SANTosvosso e da A. M. PUNZI NICOL. Un ricco corredo di indici completa il volume. Le fonti legislative sono raggruppate in tre elenchi, l'uno comprendente le fonti unilaterali statali, l'altro le fonti unilaterali confessionali e l'ultimo, infine, le fonti di origine bilaterale. Seguono l'indice dei nomi e degli autori e l'indice analitico per materia. L. MAZZELLA CASTELLANO C. ed altri: L'efficienza della giustizia italiana ed i suoi effetti economico-sociali. Laterza, Bari, 1970, pag.g. 340. Classificare sentenze per livello di giurisdizione, di istituto giuridico, di tempo, di valore in contestazione per poter rilevare quanto il tutto costato ai singoli, ai gruppi sociali organizzati ed ai soggetti economici in termini di rischio e di incrtezza dell'attvit giudiziale, di spese totali, di durata media dei provvedimenti, di numero di cause abbandonate, di e fughe dalla gius1;izia ufficiale, non impr,esa di poco momento. Eppure gli AA. del volume in rassegna, con certosina pazienza, facendo uso di speciali procedimenti statistico-matematici, sono riusciti a valutare in modo rigorosamente obbiettivo l'effl,cfonza del messaggio giudiziale>. Ne venuto fuori un quadro abbastanza pessimistico: i risultati economico-sociali della giustizia italiana sono nel migliore dei casi_ solo blandamente positivi sull'economia e sul benessere del paese; mo1to pi 1spesso essi si presentano come nettamente negativi. Il modo in cui fa giustizia italiana si andata dispiegando negli ultimi decenni ad opera dei suoi artefici di fondo (magistrati, litiganti, avvocati e procuratori legali, arbitri) stato, in altri termini, tale -secondo gli AA. -che il problema degli effetti economico sociali si venuto ad aggitinger.e alle annose questioni, gi esistenti, rela tive all'organizzazione .complessiva e allo svolgimento del lavoro .giudizia rio, ai conflitti organizzativi nella magistratura ed alle ideologie dei giudici. Il fine cui tende l'opera evidente. Essa si propone di indicare in quali punti nevralgici debba essere innovato l'apparato generale della giu stizia italiana perch se ne rendano maggiormente convenienti le' implica zioni e le produzioni economico-sociali e si limitino sensibilmente, non ap pena possibile, gli inconvenienti e i danni che un trattamento giudiziale modernamente non pi pertinente produce sul sistema e sulle istituzioni economico-sociali del Paese. PARTE II~ RASSEGNA DI DOTfRilNA Il volume in rassegna alla sua seconda edizione riveduta ed ampliata. Esso contiene un'aggiunta sostanziale: l'ampio sag.gio di G. RASPINI contenente non solo un ulteriore svolgimenti:> delle ricerche sul e campo effettuate da Castellano e gli altri ma anche una vivace disamina della questione della contraddittoriet dei giudizi trattata alla luce di un nuovo insieme di dati specificamente coerenti (in quanto provenienti dalle sezioni civili di un grande tribunale italiano). Le nuove testimonianze contenute nella seconda edizione forniscono al cultore di questo genere di studi ulteriore materia per una approfondita discussione critica sull'efficienza della giustizia italiana nel presente momento storico. L. M. O. PARETTI e A. CERBELLA, Sintesi della Previdenza Sociale~ Stamperia Napoletana, Napol~ 1970, pagg. 350. Il volume in rassegna -decima edizione .di un'opera apparsa per la prima volta nel 1948 -Costituisce un notevole sforzo di sintesi per mantenere' riunita in poco spazio una cos vasta ed estremamente complessa materia. Il considerevole sviluppo. -spesso in forma disordinata e tumultuosa -del sistema previdenziale italiano, nell'arco degli ultimi venti anni, e la mancanza di un T.U. diretto a coordinare e semplificare la' normativa vigente rendono il testo in esame .particolarmente .prezioso per gli operatori pratici, proprio perch esso mira ad Gffrire un quadro organico ed esauriente di tutta la materia previdenziale. Il volume corredato di tavole sinottiche e di indici particolarmente curati. L. M. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE LEGGI E DECRETI * Legge 8 maggio 1971, n. 302 -Modifica l'art. 514 del codice di ;procedura, ampliando la categoria delle cose non pignorabili di cui al n. 2 della disposizione. (G. U. 5 giugno 1971, n. 142). NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE * NORME DICfilARATE INCOSTITUZIONALI Codice di procedura penale, art. 151 (Depo,sito in canc.eUeria di provvedimen'bi del giudice e relativo avviso), terzo comma, nella parte in cui esclude che l'avviso di deposito della sentenza .pronunziata a seguito di dibattimento sia notificata anche al difensore nel dibattimento. Sentenza 11 mag.gio 1971, n. 96, G. U. 12 maggio 1971, n. 119. Ordinanze di rimessione 15 aprile 1969 .del tribunale di Marsala (G. U. 24 settembre 1969, n. 243), 19 maggio 1969 della quarta sezione 'penale della Corte di cassazione (G. U. 5 novembre 1969, n. 280), 14 ottobre 1969 del pretore di Alessandria (G. U. 24 dicembre 1969, numero 324), e l~ ottobre 1969 del pretore di Milano (G. U. 3 giugno 1970, n. 136). r.d. 8 gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento deUe norme sulla disciplina giuridica dei rappoll'ti collettivi di lavoro con quelle su.i trattamento giuridico-economico de:l personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione), artt. 26. !)rimo quinto e settimo comma, e 27 dell'allegat A, nella parte incui escludono l'indennit di buonuscita per i dipendenti delle imprese autoferrotramviarie in caso di destituzione o di dimissioni volontarie. Sentenza 22 giugno 1971, n. 140, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. Ordinanza di rimessione 13 marzo 1970 del pretore di Milano, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. legge 1 O agosto 1950, n. 648 (Riordinamento delle disposizioni sulle pensioni di guerra), artt. 62, primo e terzo comma, e 63, primo comma, nella (*) Si segnalano i provvedimenti ritenuti di maggiore interesse. (*) Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione con riferimento ai quali sono state proposte o decise le questioni di legittimit costituzionale. ! I --1--- l PARTE Ir, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 103 parte in cui dispongono che le orfane hanno diritto a pensione solo se nubili (154). Sentenza 22 giugno 1971, n. 135, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. Ordinanza di rimessione 26 aprile 1969 della quarta sezione per le pensioni di guerra della Corte dei conti, G. U. 4 marzo 1970, n. 57. legge 10 agosto 1950, n. 648 (Riordinamento delle disposizioni S1LUe pensioni di guerra), art. 65, nella parte iin cui dispone che la pensione si perde dalle :fi.glie o che le stesse decadono dal di.ritto quando contraggono matrimonio. Sentenza 22 giugno 197l, n. 135, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. "Ordinanza di rimessione 26 aprile 1969 della quinta sezione per le pensioni di guerra della Corte dei conti, G. U. 4 marzo 1970, n. 57. legge 11 aprile 1955, n. 379 (Miglioramenti dei trattamenti di quiescenza e modifiche agli ordina.menti degli Istituti di previdenza presso iZ Ministero del tesoro), art. 40, secondo comma, modificato dall'art. 27 della legge 26 luglio 1965, n. 965 e dall'art. 8 della legge 5 febbraio 1968, n. 85, nella parte in cui ammette al trattamento di quiescenza le orfane solo se nubili o vedove. Sentenza 22 giugno 1971, n. 135, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. Ordinanza di rimessione 25 giugno 1970 della terza sezione per le pensioni civili d.ella Corte dei conti, G. U. 10 febbraio 1971, n. 35. legge 15 febbraio 1958, n. 46 (Nuove norme sulle pens.ioni o'l"dinarie a carico deUo Stato), art. 12, secondo comma, nella parte in cui dispone che le orfane hanno diritto alla pensione solo se nubili. Sentenza 22 .giugno 1971, n. 135, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. Ordinanza di rimessione 21 gennaio 1969 della terza sezione per le pensioni civili della Corte dei conti, G. U. 20 maggio 1970, n. 125. legge 15 febbraio 1958, n. 46 (Nuove norme suUe pensioni ordinarie a carico deUo Stato), art. 18, nella parte in cui, nel concorso di tutte le altre condizioni, esclude dal diritto a pensione i :figli maschi celibi che alla data del 1 gennaio 1958 siano inabili al lavoro proficuo e siano nullatenenti. Sentenza 2'2 giugno 1971, n. 135, G. U. 30 .giugno 1971, n. 163. Ordinanza di rimessione 25 novembre 1969 della terza sezione per le pensioni civili della Corte dei conti, G. U. 4 marzo 1970, n. 57. d.P.R. 11 dicembre 1961, n. 164J (Norme sul tratita.mento economico e normativo degli operai dipendenti daUe imprese edili ed affini. delle (154) Altra questione di legittimit costituzionale dell'art. 62, terzo comma, della legge 10 agosto 1950, n. 648, stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 38, primo comma, 30, terzo comma, e 3, primo comma, della Costituzione, con sentenza 6 luglio 1966, n. 92. 104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURADELLO STATO provincie di Catania, Palermo, Siracusa e Trapani), articol~ "";~ico, nela parte in cui rende efficace erga omnes l'art. 12, terzo corpma, dell'accordo collettivo 8 novembre 1957 per gli operai edili della provincia di siracusa, modificato dal comma .b dell'accordo .collettivo 26 febbraio 1959 (155). Sentenza 11 maggio 1971, n. 101, G. U. 12 maggio 1971, n. 119. Ordinanza di .rimessione 29 gennaio 1970 del pretore di Lentini, G. U. 8 luglio 1970, n. 170. legge 12 .ottobre 1964, n. 1081 (Istituzione dell'albo dei consulenti del lavoro), art. 4, secondo comma. Sentenza 29 aprile 1971, n. 89, G. U. 5 maggio 1971, n. 112. Ordinanze di rimessione 1 maggio 1969 del pretore di Recanati (G. U. 6 agosto 1969, n. 200), e 9 febbraio 1970 del pretore di Cagli (G. U. 10 giugno 1970, n. 143). leg9e 26 luglio 1965, n. 965 (Miglioramenti ai trattamenti di quiescenza della Cassa per le pensioni ai dipendenti degli Enti locali e agli insegnanti, modifiche agli ordinamenti delle Casse pensiom fa.centi parte degli-Istituti di previdenza presso il Ministero del Tesoro), art. 27, che modifica l'art. 40, secondo comma, della legge 11 aprile 1955, n. 379, nella parte in cui ammette al trattamento di quiescenza le orfane solo se nubili o vedove. Sentenza 22 giugno 1971, n. 135, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. ,Ordinanza di rimessione 25 giugno 1970 della terza sezione per le pensioni civili della Corte d~i conti, G. U. 10 febbraio 1971, n. 35. legge 5 febbraio 1968, n. 85 (Miglioramenti ai trattamenti di quiescen. m dlla Cassa pensioni facenti parte degli Istituti di previdenza . con speciale riguardo alle pensioni a carico della Cassa per le pensioni ai dipendenti degli enti locali e deZla Cassa per le pensioni agli insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate e modifiche a.i riS1Pet... tiv.i ordinamenti), art. 8, che modifica l~art. 40, secondo comma, della legge 11 aprile 1955, n. 379, gi modificato dall'art. 27 della legge .26 luglio 1965, n. 965, nella parte in cui ammette al trattamento di quiescenza le orfane solo se nubili o vedove. Sentenza 22 giugno 1971, n. 135, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. Ordinanza di rimessione 25 giugno 1970 della terza sezione per le pensioni civili della Corte dei conti, G. U. 10 febbraio 1971, n. 35. I ' legge 18 marzo 1968, n. 313 (Riordinamento della legislazione pensionistica. di. guerra), artt. 50, primo, terzo e sesto comma, e 51, primo } (155) L'articolo unico del d;P. R. 11 ~cembre 1961, n. 1642 stato dichiarato fu.costituzionale nelle parti in cui rende obbligatori erga omnes gli artt. 9, 10 e 13 dll'accordo collettivo 30 .settembre 1959 per la provincia di Palermo (sentenze 2 I aprile 1964, n. 31, 12 novembre 1964, n. 78 e 2 giugno.1965, n. 43). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 106 comma, nella parte in cui dispongono che le orfane hanno diritto a pensione solo se nubili. Sentenza 22 giugno 1971, n. :135, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. Ordinanza di rimessione 26 aprile 1969 della quinta sezione per le pensioni di guerra della Corte dei conti,G. U. 4 marzo 1970, n. 57. legge 18 marzo 1968, n. 313 (RioTdinamento deUa. Zegisla.zi()ne pensionistica di guerra), art. 55, nella parte in cui dispone che la pensione si perde dalle figlie o che le stesse decadono dal diritto quanto contraggono matrimonio. Sentenza 22 .giugno 1971, p.. 135, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. Ordinanza di rimessione 26 aprile 1969 della quinta sezione per .le pensioni di guerra della Corte dei conti, G. U. 4 marzo 1970, n. 57. NORME DELLE QUALI STATA DICHIARATA NON FONDATA LA QUESTIONE DI J;.EGITTIMITA. COSTITUZIONALE Codice penale, art. _313 (AutiOTizzazione o richiesta di procedimernto), terzo comma, nei sensi di cui in motivazione (art. 3 della Costituzione) (156). Sentenza 29 aprile 1971, n. 91, G. U. 5 maggio 1971, n. 112. Ordinanza di rimessione 28 novembre 1969 dell Corte d'assise di Torino, G. U. 4 marzo 1970, n. 57. codice di procedura penale, art. 46 (Effettii deUa connessione. sulla competenza per materia), secondo comma (art. 25, primo comma, della Costituzione) (157). Sentenza 22 giugno 1971, n. 139, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. Ordinanze di rimessione 12 mag.gio 1969 del pretor~ di Nocera Inferiore (G. U. 5 novembre 1969, n. 280) e 19 gennaio 1970 del pre tore di Salerno (G: U. 3 giugno 1970, n. 136). (156) In riferimento all'art. 104, primo comma, della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 313, terzo comma, del codice penale stafa dichiarata non fondata con sentenza 5 maggio 1959, n. 22. L'art. 313, terzo comma, del codice penale stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 17 febbraio 1969, n. 15, nella parte in cui attribuisce il potere di dare l'autorizzazione a procedere per il delitto di vilipendio alla Corte costituzionale al ministro di grazia e giustizia anzich alla Corte stessa. (157) Altra questione di legittimit costituzionale dell'art. 46 del codice di procedura penale. stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 25, primo omma, della Costituzione, con sentenza 13 luglio 1963, n. 130. 106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO c:odic:e di proc:edura penale, art. 199 (Termini per Za impugnazione), primo e terzo comma (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 22 giugno 1971, n. 136, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. Ordinanze di rimessione 3 novembre 1969 del pretore di Torino (G. U. 25 febbraio 1970, n. 50) e 12 giugno 1970 del tribunale .di Milano (G. U. 7 ottobre 1970, n. 254). c:odic di proc:edura penale, art. 220 (Subordinazione delZa polizia giudiziaria) (art. 109 della Costituzione). Sentenza 9 giugno 1971, n. 122, G. U. 16 giugno 1971, n. 151. Ordinanza di rimessione 2,5 ottobre 1969 del pretore di Recanati, G; U. 28 gennaio 1970, n. 24. c:odic:e di proc:edu.ra penale, art. 255 (Determinazione della pena agli effetti degli articoli precedenti) (art. 3 della Costituzione). Sentenza 11 maggio 1971, n. 100, G. U. 12 maggio 1971, n. 119. Ordinanza di rimessione 27 maggio 1969 del tribunale di Torino, G. U. 5 novembre 1969, n. 280. c:odic:e di proc:edura penale, art. 370 (Richiesta di ulteriorre istruzione), nei sensi di cui in motivazione (artt. 101, secondo comma, 25, primo comma, 102, 107, 112 e 111, primo comma, della Costituzione). Sentenza 9 giugno 1971, n. 123, G. U. 16 giugno 1971, n. 151. Ordinanze 'di rimessione 12. novembre 1969 del giudice istruttore del tribunale di Bologna (G. U. 28 gennaio 1970, n. 24) e 3 novembre 1970 del giudice istruttore di Trapani (G. U. 10 febbraio 1971, n. 35). c:odic:e di proc:edura ,penale, art. 452 (M.ancata comparizione di per sone citate), ultimo c:omma (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 9 giugno 1971, n. 126, G. U. 16 giugno 1971, n. l,51. Ordinanza di rimessione 18 ottobre 1969 del .pretore di Bologna, G. U. 28 .gennaio 1970, n. 24. c:odic:e di proc:edura penale, art. 472 (Chiusura del dibattimento e pronuncia della semtenza), ultimo c:omma (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 22 giugno 1971, n. 136, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. . Ordinanza di rimessione 3 novembre 1969 del pretore di Torino, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. c:odic:e di proc:edura penale, art. 500 (Impugnazioni contro sentenze contumaciali) (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione). ' Sentenza 22 .giugno 1971, n. 136, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. il; Ordinanza di rimessione 12 giugno 1970 del tri:bunale di Milano, G. U. 7 ottobre 1970, n. 254. _ .4 Il PARTE II, RASSE~NA ,PI LEGISLAZIONE 107' legge 25 giugno 1865, n~ 2359 (Disciplina delle espropriazioni forzate per pubblica utilit), ~rt. 46, terzo comma, nei sensi di cui in motivazione (artt. 3 e 42, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 22 giugno 1971, n. 133, G. U. 30. giugno 1971, n. 163. Ordinanza di rimessione 23 marzo 1970 del tribunale di Avellino, G. U. 2 settembre 1970, n. 222. d.I. 25 marzo 19U, n. 692 (Limitazioni all'orario di lavoro peT gli operai e gli impiegati delle rocedura pen~le), artt. 1, 2 e 3 (artt. 109, 76 e 77 della Costituzione). Sentenza 9 .giugno 1971, n.' 122, G. U. 16 .giugno 1971, n. 151. Ordinanza di rimessione 14 agosto 1969 del pretore di Chieri, G. U. 22 ottobre 1969, n. 269. d.P.R. 25 ottobre 1955, n. 932 (Norme di attuazione e di coordina. mento delZa Zegge 18 giugno 1955, n. 517, concementie mOdi;ficazioni al codice di procedura penale), art. 2 (art. 109 della Costituzione). Sentenza 9 .giugno 1971, n. 122, G. U. 16 giugno 1971; n. 151. Ordinanza di rimessione 25 ottobre 1969 del pretore di Recanati, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24. legge 5 gennaio 1956, n. 1 (Norme integrative delZa legge 11 gennaio 1951, n. 25, sulZa perequazione tributaria), art. 23, secondo comma (artt. 3 e 53 della. Costituzione). Sentenza. 26 maggio 1971, n. 107, G. U. 3 .giugno 1971, n. 140. Ordinanza di rimessione 21 marzo 1969 .i:J.el tribunale di Milano, G. U. 8 ottobre 1969, n. 256. d.P.R. 26 aprile 1957, n. 818 (Norme di attuazione e di cooirdinamento delZa legge 4 aprile 1952, n. 218, sul r:ioirdinamento delle pensioni dell'assicurazine obbligatotria per -l'invalidit, la vecchiaia ed i superrstiti), art. 18, secondo comma (art. 76 della Costituzione):, Sentenza 26 maggio 1971, n. 112, G. U. 3 giugno 1971, n. 140. Ordinanza di rimessione 16 maggio 1969 del tribunale di Trieste, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. d.P.R. 26 aprii~ 1967, n. 818 (Nwme di attuazione e di coordinamento della legge 4 aprile 1952, n. 218, sul riordinamento delle pensioni de.ll'assicuiraz.ione obbligatotria per 'l'invalidit, la vecchiaia e i superstiti), art. 22 (art. 76 della Costituzione). Sentenza 11 maggio 1971, n. 98, G. U. 112 maggio 1971, n. 119. Ordinanza di rimessione 23 .giugno 1969 del tribunale di Piacenza, G. U. 22 ottobre 1969, n. 269. legge 17 agosto 1957, n. 843 (Ratifica ed esecuzione deU'Accor..do tra l'Italia e la Libia di collaborazione economica e di regolariumto.. , PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 109 delle questioni derivanti daZla RisoZuzione deti'Assemblea generaie c~lie Nazioni Unite del 15 dicembre 1950, con scambi di Note, conciuso in Roma iZ 2 ottobre 1956), art. 2, nella parte concernente l'art. 12 dell'Accordo e l'annessa nota (artt. 38, secondo comma, 2 e 3, primo comma, dell\_ Costituzine). Sentenza 26 maggio 1971, n. 109, G. U. 3 giugno 1971, n. 140. Ordinanza di rimessione 29 aprile 1969 della corte di appello di Catania, G. U. 6 agosto 1969, n. 200. d.P.R. 29 .gennaio 195-8, n. 645 (Testo unico deUe leggi sulle imposte dirette), art. 261, quarto c,omma (art. 76 della Costituzione) (158). Sentenza 29 aprile 1971, n. 93, G. U. 5 maggio 1971, n. 112. Ordinanza di rimessione 19 aprile 1969 della corte di appello di Roma, G. U. 23 luglio 1969, n. 186. . d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (Testo unico delle norme sulla circoZazione stradale), art. 91, secondo comma (art. 3 della Costituzione) (159). Sentenza 29 aprile 1971, n. 87, G. U. 5 maggio 1971, n. 112. Ordinanza di rimessione 17 aprile 1969 del pretore di Torino, G. U. 13 agosto 1969, n. 207. legge ,prov. Bolzano 10 luglio 1960, n. 8 (Ordinamento urbanistico), art. 16 (disp. trans. VIII della Costituzione). Sentenza 26 maggio 1971, 'n. 108, G. U. 3 giugno 1971, n. 140. Ordinanza di rimessione 10 luglio 1970 del tribunale di Bolzano, G. U. 21 ottobre 1970, .n. 267. legge 24 luglio 1961, n. 729 (Piano di nuove costruzioni strada-Li ed autostradali), art. 9, primo comma (artt. 3 e 42, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 22 .giugno 1971, n. 133, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. Ordinanze di rimessione 13 maggio .1969 e 23 marzo 1970 del tribunale di Avellino, G. U. 13 agosto 1969, n. 207 e 2 settembre 1970, n. 222. legge prov. Bolzano 3 gennaio 1964, n. 1 (Approvazione del piano regolatore generale del Comune di BoZ.mno) (art. 95 dello Statuto speciale del Trentino-Alto Adige). (158) Altra questione di legittimit costituzionale dell'art. 261, quarto comma, del d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 stato dichiarato non fondata, in riferimento agli artt. 3 e 4 della Costituzione, con sentenza 6 luglio 1970, n. 114. (159) La questione di legittimit costituzionale del quinto comma della deposizione stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 13 e 27, secondo ~ comma, della Costituzione, con sentenza 14 febbraio 1962, n. 6. 17 110 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO / Sentenza 26 maggio 1971, n. 108, G. U. 3 giugno 1971, n. 140. Ordinanza di rimessione 20 giugno 1969 del tribunale di Bolzano, G. U. 18 agosto 1969, n. 207. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico deUe disposizioni per l'assicurazione obbligat;oria contro gli infMtu.ni sui lavoro e le malattie professionali), art+. 1O, sesto e settimo comma, e 11, primo e secondo comma (artt. 3, 35 e 38 della Costituzione) (160). Sentenza 22 giugno 1971, n. 134, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. 0.rdiinanza di rimessione 18 dicembre 1968 del tribunale di Roma, G. U. 8 ottobre 1969, n. 256. legge reg. Trentino-Alto Adige '19 agosto 1965, n. 4 (Norme per l'assistenza ai pensionati ed ai foro familiari iscritti alle Casse mutue provinciali di malattia di Trento e di Bol1ano) (artt. 6, primo comma, e 95 dello statuto regionale e VIII disp. trans. della Costituzione). Sentenza 11 maggio 1971, n. 95, G. U. 12 maggio 1971, n. 119. O:r.dinanze di rimessione 5 novembre 1968 e 7 maggio 1969 della sesta sezione del Consiglio di Stato, G. U. 2 luglio 1969, n. 165 e 1 aprile 1970,' n. 82. legge 28 settembre 1966, n. 749 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 Zuglio 1966, n. 590, recante provvedimenti a favoTe della citt di Agrigento in conseguenza del movimento franoso verificatosi il 19 Zuglio 1966), art. 2-bi~ (art. 42, secondo comma, della Costituzione) (161). Sentenza 11 maggio 1971, n. 94, G. U. 12 maggio 1971, n. 119. Ordinanza di rimessione 20 marzo 1970 del pretore di Agrigento, G. U. 17 giugno 1970, n. 150. legge 4 lugUo 1967, n. 580 (Disciplina per la lavoTazione e commercio dei Ce'l:'eaZi, degli sfarinati, del pane e deUe paste alimentari), art+. 29 e 36 (art. 41 della Costituzione). Sentenza 22 giugno 1971, n. 137, G. U. 30 giugno 1971, ri. 163. Ordinanza di rimessione 14 novembre 1968 del pretore di Nocera Inferiore, G. U. 22 ottobre 1969, n. 269. (160) Il terzo comma dell'art. 1() del d. P. R. 30 giugno 1965, n. 1124 (nella parti in cui limita la responsabilit civile del datore di lavoro per infortunio sul lavoro derivato da reato all'ipotesi in cui questo sia commesso dagli incaricati della direzione o sorveglianza del lavoro e non anche dagli altri dipende(rlti) e il quinto comma dello stesso articolo (in quanto consente che il giudice possa accertare che il fatto che ha procurato l'infortunio costituisca reato soltanto nelle ipotesi di estinzione dell'azione penale per morte dell'imputato o per amnistia, senza menzionare l'ipotesi di prescrizione del reato) sono stati dichiarati incostituzionali con sentenza . 9 marzo 19'67, n. 22. (161) Altra questione di legittimit costituzionale della disposizione stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 14 dello statuto regionale siciliano, con sentenza 11 marzo 1969, n. 74. J PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 111 legge 27 luglio 1967, n. 658 (Riordinamento de,iza previdenza marinara), artt. 5, pTimo e secondo comma. 6, terzo comma, e 7, primo comma e annessa tabella gestione marittimi n. 2 (ia:rtt, 3 e 53 della Costituzione). Sentenza 9 giugno 1971, l. 124, G. U. 16 giugno 1971, n. 151. O~dinanza di rimessione 24 settembre 1969 del tribunale di Napoli, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. legge 6 a9osto 1967, n. 765 (Modificazioni ed integrazioni aiila legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150), art. 19 (artt. 3 e 42, terzo com:n;i.a, della Costituzione). Sentenza 22 .giugno 1971, n. 133, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. Ordinanza di rimessione 23 marzo 1970 del tribunale di Avellino, G. U. 2 settembre 1970, n. 222. legge H ottobre 1967, n: 977 (Tutela de1l lavoro dei fanciuUi e d~gli adolescenti), art. 28, nella parte in cui affida temporaneamente agli ispettorati del lavoro la valutazione della pericolosit (o faticosit o gravosit) del lavoro (artt. 3 e 25, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 9 giugno 1971, n. 125, G. U. 16 giugno 1971, n. 151. Ordinanza di rimessione 17 giugno 1969 del pretore di Nicosia, G. U. 26 novembre 1969, n. 299. d.I. 11 dicembre 1967, n." '1150 (Proroga dei termini per l'applicazione delle agevolazioni in materia di edilizia), convertito, con modificazioni, nella legge 7 febbraio 1968, n. 26, art. 5, .primo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 22 ,giugno 1971, n. 132, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. Ordinanze di' rimessione 28 aprile 1969, 13 .giugno 1969 e 16 ottobre della corte di appello di Genova, G. U. 8 ottobre 1969, n. 256, 22 ottobre 1969, n. 269 e 25 febbrai.o 1970, n. 50. NORME DELLE QUALI STATO PROMOSSO GIUDIZIO DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE Codice civile, art. 826 (Patrocinio dello Stato, delle provincie e dei comuni), terzo comma, e art. 828 (Condizione giuridica dei beni patrimoniali), secondo comma, iin quanto escludono la ;plgnorabilit del denaro e dei crediti pecuniari di natura non tributaria dello Stato e delle ,sue amministrazioni autonome (artt. 3, 24,' 28 e 113 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 5 dicembre 1970, G. U. 5 maggio 1971, n. 112. codice civile, art. 2141 (Nozione della mezzadria), art. 2142 (Famiglia colonica), art. 2150 (R~ppresentanza della famiglia colonica), primo 112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO comma, in quanto non con.sentono ai componenti della famiglia colonica di far valere i propri diritti in contrasto con la volont del capo famiglia (artt. 2, 3, 4, secondo comma, 16, primo comma, 24, primo comma, e 29, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Pietrasanta, ordinanza 10 novembre 1970, G. U. 16 giugno 1971, n. 151. codice civile, art. 2237 (Recesso), secondo .e terzo comma, in quanto consente il recesso del professionista dal contratto solo 1per giusta causa e in modo da evitare pregiudizio al cliente, secondo condizioni non previste invece .per l'altra parte del rapporto contrattuale (art. 3 della Costituzione). Pretore di Postiglione, ordinanza 17 dicembre 1969, G. U. 16 giugno 1971, n. 151. codic:e c:ivile, art. 2736 (Specie del giuramento), n. 2, in quanto pr~clude ogni possibilit di ulteriore difesa alla parte alla quale non sia deferito il giuramento suppletorio (artt. 3 e 24 della Costituzione) (162). Pretore di Milazzo, ordinanza 30 marzo 1971, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. codice civile, art. 2751 (Cre;diti per spese funebri, d'infermit, alimenti, retribuzioni), n. 5, in quanto limita il privilegio dei crediti del prqfessionista alle retribuzioni dovute per l'ultimo anno, con criterio diverso da quello stabilito, dall'art. 66 della legge 30 aprile 1969, n. 153, per i crediti da lavoro subordinato (art. 3 della Costituzione) e secondo trattamento meno favorevole di quello riservato, dall'art. 2778 del codice civile, anche a crediti nascenti da rapporti diversi da quelli di lavoro subordinato o di prestazione d'opera intellettuale (artt. 1 e 35 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 29 ott0bre 1970, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. codic:e di procedura c:ivile, art. 41 (Regolamento di giurisdizione), in quanto consente ad una delle parti del :processo, a sua discrezione e anche contro la volont dell'altra, di sottrarre al giudice di primo grado la cognizione della questione di g~urisdizione, con sospensione di attivit istruttorie che potrebbero fornire in argomento utili ele menti di fatto ed obbligo per il .giudice di sospendere il processo (artt. 24 e 113 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 10 febbraio 1971, G. U. 12 maggio 1971, n. 119. (162) Questione gi proposta dal tribunale di Torino (ordinanza 5 dicell}..bre 1969, G. U. 2 settembre 19'70, n. 222) e dal pretore di Roma (ordinanza 4 gennai9 1971, G. U. 28 aprile 1971, n. 106). I . I I !..) - 1\.. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 113 codice di procedura civile, art. 54 (Ordinanza. sulla ricusazione), terzo comma, in quanto prevede, per il caso di rigetto dell'istanza di ricusazione del giudice, con provvedimento anche non motivato e non suscettibile d'impugnazione (art. 111 della Costituzione), la condanna della .parte o del difensore che ha proposto l'istanza di ricusazione al pagamento di una pena pecuniaria (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Bari, ordinanza 22 febbraio 1971, G. U. 16 giugno 1971, n. 151. codice di procedura civile, art. 373 (Sospens.ion den'se:cuzione), in quanto non consente alla Corte di cassazione di sospendere l'esecuzione delle sentenze di appello (artt. 111, secondo comma, e 24, se '" ' condo comma, della Costituzione). Pretore di Rodi Garganico, ordinanza 30 gennaio 1971, G. U. 12 maggio 1971, n. 119. codice di procedura civile, art. 480 (Forma dei precetto), terzo comma, prima parte, in quanto consente ad una delle parti di predeterminare a sua discrezione il giudice competente per il giudizio di apposizione (art. 25 della Costituzione) (163). Pretore di Lauro, ordinanza ~26 febbraio 1971, G. U. 5 maggio 1971, n. 112 . codice di procedura civile, art. 514, (Cose mobiU assolutamente impignorabiii), n. 5, in quanto esclude la .pignorabilit del danaro edi crediti pecuniari di natura non tributaria dello Stato e delle sue amministrazioni autonome (artt. 3, 24, 2.S e 138 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 5 dicembre 1970, G. U. 5 maggio 1971, n. 112. codice di procedura civile, art. 665 (Oppos.izione, provvedimenti del giudice), in quanto impone al giudice di pronunciare ordinanza di rilascio non impugnabile ed .immediatamente esecutiva, tranne che per e gravi motivi > la cui ricorrenza discrezionalmente valutata, quando l'opposizione del conduttore non sia fondata su prova scritta (artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Pisa, ordinanza 9 novembre 1970, G. U. 3 giugno 1971, n. 140. codice di procedura civile, art. 668 (Opposizione dopo 1.a convalida), primo c:omma, in quanto non consente l'opposizione tardiva all'intimato (163) Questione gi proposta dalla terza sezione della Corte di cassazione (orP,inanza 15 aprile 1970, G. U. 24 marzo 1971, n. 74). 114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO . ... che, pur avendo avuta tempestiva conoscenza della citazione, non abbia partecipato all'udienza di convalida per causa di forza maggiore o caso fortuito (artt. 24, secondo comma, 3 e 111 della Costituzione) (164). Giudice conciliatore di Pontecagnano Faiano, ordinanza 15 marzo 19, G. U. 12 maggio 1971, n. 119. codice penale, art. 132 (Potere discrezicmae del giudice neU'appUcazione della pena: limiti), secondo comma, in quanto non consente al giudice di condannare a reclusione di durata inferiore ai quindici giorni quando ritenga di applicare il minimo della pena e conceda, inoltre, le attenuanti ,genericlle, e comporta, quindi, la possibilit che la concessione delle attenuanti generiche si riduca a mera affermazione verbale senza concreta incidenza sulla pena comminata (art. 3 della Costituzione). 1Pretore di Massa Marittima, ordinanza 25 marzo 1971, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. codice penale, art. 163 (Sospemiome condizionale detta pena), primo comma, in quanto limita la possibilit di concedere la sospensione condizionale della pena all'ipotesi di condanna a pena detentiva per un tempo non superiore ad un anno (art. 27, terzo comma, della Costituzione) (165). Tribunale di Torino, ordinanza 14 gennaio 1971, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. codice penale, art. 164 (Limiti entro i quali ammessa la sospensione coindizionaie della pena), secondo comma, n. 1, in quanto esclude la ;possibilit di concedere la sospensione ondizionale della pena, pur nel concorso delle altre condizioni di legge, a chi abbia riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto (art. 3 della Costituzione) (166). Pretore di Varese, ordinanza 19 febbraio 1971, G. U. 16 giugno 1971, n. 151. (164) Analoga questione stata gi proposta dal pretore di Rho (ordinanza 23 febbraio 1970, G. U 3 giugno 1970, n. 136). La questione di legittimit costituoiznale del terzo comma della disposizione stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, on sentenza 8 giugno 1963, n. 83. (165) Questione dichiarata manifestatamente infondata con sentenza 30 marzo 1971, n. 64; cfr. sentenze 10 giugno 1970, n. 86 e 5 aprile 1971 n. 73 della Corte costituzionale. (166) Disposizione gi dichiarata incostituzionale, con sentenza 10 giugno 1970, n. 86, nella parte in cui dispone che il giudice non possa esercitare il potere di concedere o negare, per la pena da comminare, il beneficio della sospensione condizionale quando il secondo reato si lega con il vincolo della continuit a quello unito con pena sospesa. Il 'quarto comma della disposizione stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 5 aprile 1971, n. 73 nella parte in cui esclude che possa PARTE II, RASSEC?NA DI LEGISLAZIONE 116 codice penale, art. 266 (Istigazione di miiitari a disobbedire alle leggi), prima parte, in quanto punisce manifestazioni: di pensiero a carattere istigatorio o apologetico indipendentemente da un qualsiasi effetto sulla struttura giuridica ,e disciplina,re della compagiine militare (art. 21 della Costituzione) (167). Corte di assise di Imperia, ordinanza 8 marzo 1971, G. U. 12 maggio 1971, n. 119. codice penale, art. 290 (Vilipendio della Repubblica, deUe Istituzioni costituzionali e delle Forze armate), in quanto punisce, con imprecisa . ed equivoca formulazione (art. 25, secondo comma, della Costituzione), manifestazioni del pensiero a tutela di valori non costituzionalmente garantiti (art. 21, primo comma, della Costituzione) (168). Corte di assise di Venezia, ovdinanza 24 febbraio 1971, G. U. 5 maggio 1971, n. U2. codice penale, art. 313 (Autorizzazione o richiesta di procedimento), terzo comma, in quant attribuisce il potere di dare l'autorizzazione a procedere per il delitto ,di vilipendio all'ordine giudiziario al Ministro di grazia e giustizia anzich al Consiglio superiore della magistratura 1 (IV titolo, sez. I, parte II ed in particolare art. 104 della Costituzione e art. 3 della Costituzione) (169). Giudice istruttore del tribunale di La Spezia, ordinanza 22 febbraio 1971, G. U. 5 maggio 1971, n. 112 (170). codice penale, art. 341 (Oltraggio), in quanto ricnosce al privato che riveste la qualifica di pubblico ufficiale uno status privilegiato concedersi una seconda sospensione condizionale nel caso di nuova condanna, per delitto anteriormente commesso, a pena che, cumulata con quella gi sospesa, non superi i limiti per l'applicabilit del beneficio. (167) Questione gi proposta del tribunale di Torino (ordinanza 28 aprile 1970, G. U. 22 luglio 1970, n. 184). (168) Analoga questione, proposta per l'art. 341 del codice penale; stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 1 e 3 della Costituzione, con sentenza 19 luglio 1968, n. 109 e ;nuovamente proposta da numerose autorit giudiziarie (v. retro, nota 69). (169) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 17 febbraio 1969, n. 15, nella parte in cui attribuiva il potere di dare l'autorizzazione a procedere per il delitto di vilipendio alla Corte costituzionale al Ministro di grazia e giustizia anzich alla Corte stessa. Altre questioni di legittimit costituzionale dell'art. 313, terzo comma, del codice penale sono state dichiarate non fondate, in riferimento agli artt. 3, 25, 101, 104 e 112 della Costituzione, con sentenza 5 maggio 1959, n. 22, ed in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con sentenza 29 aprile 1971, n. 91. (170) Con la stessa ordinanza stata ritenuta manifestamente infondata, per quanto concerne il vilipendio all'ordine giudiziario, la questione di legittimit .costituzionale dell'art. 290 del codice penale, proposta invece, relativamente a fattispecie di .vilipendio alle Forze armate, della corte di assise di Venezia (ordinanza 24 febbraio 1971, G. U. 5 maggio 1971, n. 112). 116 -RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STA~O (artt. 1, secondo comma, 3, 4, secondo comma, 28 e 54 della Costituzione) (171). Giudice istruttore del tribunale di Torino, oo::dinanza 1 marzo 1971, G. U. 30 giugno 1971, n. 163 (artt. 1, secondo.: comma, 3, 4, secondo comma, 28 e 54 della Costituzione). Pretore di Riva del Garda, ordinanza 2 marzo 1971, G. U. 12 maggio 1971, n. 119 (artt. 1 e 3 della Costituzione). codice penale, art. 588 (Rissa), secondo comma, in quanto prevede la imputazione degli eventi aggravanti e per il solo fatto della partecipazione alla rissa,, (art. 27, primo comma, della Costituzione) (172). Tribunale di Milano, o~dinanza 18 .gennaio 1971, G. U. 12 maggio 1971, n. 119. Tribunale di Trieste, ordinanza 8 marzo 1971, G. U. 16 giugno 1971, n. 151. codice penale, art. 596 (Esclusione deZla prova Ziberatoria), primo comma, in quanto non consente all'imputato di fornire la .prova sulla verit o la notoriet del fatto attribuito alla persona offesa (art. 21, primo comma, della Costituzione) (173). Tribunale di Roma, ordinanza 23 marzo 1971, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. codice penale, art. 625 (Circostanze aggravanti), ultimo comma, ;per la eccessivit delle pene comminate (art. 27, terzo comma, della Costituzione) (174). Tribunale di Torino, ordinanza 14 gennaio 1971, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. codice penale, art. 724 (Bestemmia e manifestazioni oltraggiose verso i defunti), in quanto appresta .per la sola religione cattolica una speciale tutela penale (artt. 3, 8, 19 e 21 della Costituzione) (175). Pretore di Sapri, ordinanza 5 marzo 1971, G. U. 3 .giugno 1971, n. 140. (171) Questione dichiarata non fondata, lin riferimento agli artt. 1 e 3 della Costituzione, con sentenza 19 luglio 1968, n. 109, e gi riproposta da numerose autorit giudiziarie (v. Tetro, nota 69). (172) Questione dichiarata non fondata con sentenza 17 febbraio 1971, n. 21. (173) Questione gi proposta dal tribunale di Milano (ordinanze 27 maggio 1970, 10 giugno 1970 (due) e 26 giugno 1970, G. U. 16 settembre 1970, n. 235, 30 dicembre 1970, n. 329 e 7 ottobre 1970, n. 254). Differente ma analoga questione stata proposta, per il terzo comma, n. 3, dell'art. 596 del codice penale, dal pretore di Lecco (ordiilanza 26 gennaio 1971, G. U. 28 aprile 1971, n. 106). (174) Questione dichiarata non fondata con sentenza 17 febbraio 1971, n. 22. (175) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 7 e 8 della Costituzione, con sentenza .30 dicembre 1958., n. 79, e gi riproposta, con riferimento al solo art. 3 della Costituzione, dal pretore di Frosinone (ordinanza 20 marzq. 1970, G. U. 17 giugno 1970, n. 150). -i PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 117 codice di procedura penale, art. 23 (Esercizio dell'azione civile nei processo penale), secondo periodo, in quanto esclude che il .giudice penale possa decidere sull'azione civile quando il procedimento si chiuda con declaratoria di improcedibilit o con sentenza di proscioglimento per qualsiasi causa (art. 111, secondo comma, della Costituzione) (176). Corte di cassazione, quarta sezione penale, ordinanza 16 dicembr~ 1970, G. U. 5 maggio 1971, n. 112. codice di procedura penale, art. 135 (Colloqui del difensoire con i-imputato detenuto) e art. '164 (Requisiti foirmali dei mandati), ultimo comma, in quanto vietano all'imputat0> detenuto di conferire con il proprio difensore prima che siano terminati gli interrogatori, con impedimento non applicabile all'imputato non detenuto ed opernte oltretutto sulla base di detenzione condizionata, per le ipotesi in cui l'arresto sia soltanto facoltativo, alla discrezione di ciascun organo competente (artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione) (177). Giudice istruttore del tribunale di Miano, ordinanza 15 febbraio 1971, G. U. 16 giugno 1971, n. 151 (artt. 135 e 164, ultimo comma). Giudice istruttore del tribunale di Torino, ordinanza 17 marzo 1971, G. U. 16 giugno 1971, n. 151 (art. 135). codice di procedura penale, art. 296 (Attivit e delegazioni del giudice istruttore), secondo e terzo comma, in quanto consente al gidice istruttore di delegare al pretore~ l'esecuzione di atti istruttori di sua competenza per materia (artt. 25, primo comma, 101, secondo comma, e 107, terzo comma, della Costituzione) (178). Pretore di Bitonto, ordinanze 20 e 22 febbraio 1971, G. U. 3 giugno 1971, n. 140 e 12. maggio 1971, n. 119. codice di procedura penale, art. 392 (Fprme, avocazione e trasfo'l"mazione dell'istruzione sommaria), secondo comma, nelle .parole e il pretore" in quanto consente al proctiratore della Repubblica presso il tribunale dei minorenni, per il richiamo di cui all'art. 13 del r.d.1. 20 luglio 1934, n. 1404, di delegare al pretore l'esecuzione di atti (176) Questione gi proposta dalla stessa autorit giudiziaria (ordinanze 16 e 19 dicembre 1970, G. U. 28 aprile 1971, n. 106 21 aprile 1971, n. 99). Altra questione di legittimit costituzionale dell'art. 23 del codice di procedura penale stata dichiarata non fondata con sentenza 27 dicembre 1965, n. 101. (177) Nell'ordinanza di rimessione del giudice istruttore del tribunale di Torino la questione proposta con riferimento alte imputazioni per le quali l'imputato detenuto e a quelle per le quali sia eventualmente a piede libero . (178) Questione gi proposta, per il secondo comma della disposizione, dal pretore di S. Agata Militello (ordinanza 5 novembre 1969, G. U. 8 aprile 1970, n. 89). 118 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO istruttori di sua competenza per materia (artt. 25, primo comma, 101, secondo comma, e 107, terzo comma, della Costituzione) (179).. Pretore di Bitonto, ordinanze 23 febbraio 1971 e 2 marzo 1971, .G. U. 12 maggio 1971, n. 119 e 16 giugno 1971, n. 151. codice di procedura penale, art. 642 (Effetti dei ricorsi e sanzioni dis.ciplinari), secondo comma, e art. 646 (Revoca delle misure di sicurezza), in quanto condizionano l'esecuzione della revoca delle misure di sicurezza al mancato ricorso del pubblico ministero ed attribuiscono al ricorso al pubblico ministero efficacia sospensiva della revoca (artt. 3, 13, primo e secondo comma, 27, secondo comma, 102, primo comma, e 112 della Costituzione). Giudice di sorveglianza del tribunale di Pisa, ordina:hza 15 febbraio 1971, G. U. 5 maggio 1971, n. 112. codice della navigazione (r.d. 30 marzo 1942, n. 327), artt. SS.5598 e 603-609, in quanto attribuiscono al comandante di posto funzioni giurisdizionali (artt. 101, secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione) .(180). Comandante del porto di Anzio, ordinanza 10 marzo 1971, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. legge 20 marzo 1865, .n. 2248, all. E (Sul contenzioso amministrativo), art. 4, in quanto esclude la pignorabilit del danaro e dei crediti pecuniari di natura non tributaria dello Stato e delle sue amministrazioni autonome (artt. 3, 24, 28 e 113 della Costituzione) (181). Pretore di Roma, ordinanza 5 dicembre 1970, G. U. 5 maggio 1971, n. 112. r.d. 24 agosto 1877, n. 4021 (Testo unico delle leggi per l'imposta sui redditi della ricchezza mobile), art. 53, primo comma, in quanto esclude la competenza del giudice ordinario nelle controversie che si riferiscono, in materia di imposte dirette, a semplice estimazione dei redditi (art. 113, primo e secondo comma, della Costituzione) (182). Tribunale di Napoli, ordinanza 21 dicembre 1970, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. (179) Questione gi proposta, per l'art. 296, secondo comma, del codice di procedura penale, dal pretore di S. Agata Militello (ordinanza 5 novembre 1969. G. U. 8 aprile 1970, n. 89). V. retro, nota 95. (180) Questione proposta con richiamo ai principii affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza 9 luglio 1970, n. 121. (181) Differente questione di legittimit costituzionale dell'art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E stata proposta, in riferimento agli artt. 24, 42 e 113 t della Costituzione dal pretore di Chieri (ordinanza 10 settembre 1970, G. U. 24 febbraio 1971, n. 49). (182) Questione gi proposta per l'art. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248. aIC E .. dalla corte di appello di Torino (ordinanza 27 febbraio 1970, G. U. 20 maggio 1970, ,J PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 119 r.d.I. 19 ottobre 1923, n. 2328 (Disposizioni per la formazione degli orari e dei turni di servizio del personale addetbo ai pubblici servizi di traspoTti in conce8sione), convertito con legge 17 aprile 1925, n. 473, art. 21 delle disposizioni annesse, modificato dal r.d.I. 2 dicembre 1923, n. 2682, in quanto prevede il diritto del lavoratore al riposo secondo un criterio che prescinde dalla cadenza 'settimanale (art. 36 della Costituzione) (183). Corte di cassazione, seconda sezione, ordinanza 10 febbraio 1971, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. ,~ r.d.I. 30 dicembre 1923, n. 3269 (Legge deZ registro), art. 33, in quanto non prevede l'obbligo di motivare l'accertamento di valore (art. 24 della Costituzione). Commissione provinciale delle imposte di Pistoia, ordinanza 9 novembre 1970, G. U. 5 ma.ggio 1971, n. 1l2. r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (Legge deZ registro), artt. 106, 108 e 118, primo comma, n. 2 (nel testo modificato dall'art. 3 del r.d. 13 gennaio 1936, n_. 2313), in quanto impongono la registrazione~ perch possa il giudice provvedere sulla domanda, anche dei contratti verbali, senza he alla denunzia possa attribuirsi efficacia probatoria, pur potendo il giudice ritenere poi il contratto inesistente, e con preclusiv~ conseguenze, in ipotesi di inadempimento dell'obbligazione tributaria, a danno di una sola delle due parti responsabili (artt. 3 e 24 della Costituzione) S184). Pretore di Roma, ordinanza 12 febbraio 1971, G. U. 16 .giugno 1971, n. l,151. n. 125), per l'art. 185, primo comma del r. d. 14 settembr.e 193i, n; 1175 dal tribunale di Rimini (ordinanza 4 dicembre 19'69, G. U. 4 marzo 1970, n. 57), per l'art. 22, terzo comma, del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 dal tribunale di Milano (ordina:'!lza 18 aprile 1969, G. U. 10 dicembre 1969, n. 311) e della corte di appello di Torino (ordinanza citata), e per l'ari;. 29, terzo comm, del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 dalla corte di appello di Torino (ordinanza citata), dal tribunale di Napoli (ordinanze 29 dicembre 1969 e 11 novembre 1970, G. U. 15 luglio 1970 n. 177 e 28 aprile 1971, n. 28), dal tribunale di Torino (ordinanza 17 aprile 1970, G. U. 2 settembre 1970, n. 222) e dalla corte di appello di Napoli (ordinanze 22 aprile 1970, 27 maggio 1970 e 3 giugno 1970, G. U. 16 settembre 1970, n. 235 e 7 ottobre 1970, n. 254). (183) Questione gi proposta dal tribunale di Milano (ordinanze 24 maggio 1969, G. U. 5 novembre 1969, n. 280 e 8 ottobre 1969, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37), dal pretore di Parma (ordinanze 30 ottobre 1970 (due). G. U. 7 aprile 1971, n. 87), e dal pretore di Torino (ordinanze 4 gennaio 1971 (sei) e 5 febbraio 1971 (quattro), G. U. 7 aprile 1971, n. 87). L'analoga disposizione dell'art. 16 stata dichiarata incostituzionale con sentenza 15 dicembre 1967, n. 150. (184) Questione proposta in ragione della affermata insufficienza, quanto ai contratti verbali, delle argomentazioni con le quali la Corte costituzionale ha ritenuto altre volte non fondata la questione di legittimit costituzionale agli artt. 106, 108 e 118 della legge del registro (sentenze 9 aprile 1963, n. 45 e 22 dicembre 1969, n. 157). Differente questione stata proposta per gli artt. 106 e 108 ed in riferii.mento all'art. 3 della Costituzione, dal tribunale di Milano (ordinanza 24 settembre 1970, G. U. 24 febbraio 1971, n. 49). V. Tetro, nota 22. l 120 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r.d. 8 gennaio 1931, n. '148 (Coordinamento delle norme sulla disciplina g.iuridica dei rapporti collettivi di lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del personale deile ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione), art. 10, nel testo anteriore alle modifiche introdotte con legge 24 luglio 1957, n. 633, in quanto condiziona la proponibilit dell'azione giudiziaria al preventivo reclamo in via gerarchica (artt. 76, 36 e 24, primo comma, della Costituzione) (185). \ Tribunale di Milano, ordinanza 21 ottobre 1970, G. U. 12 maggio 1971, n. 119. r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), artt. 68 e 86, in'quanto impongono la licenza di pubblica sicurezza per la installazione di apparecchi automatici o semiautom~tici da trattenimento (artt. 41, 3, secondo comma, 4, primo comma, e 35, primo comma, della CostituziOille); art. 72, in quanto condiziona il rilascio della licenza di pubblica sicurezza per la installazione di apparecchi automatici o semiautomatici da trattenimento al preventivo pagamento dei diritti d'autore (artt. 97, primo e secondo comma, 24, primo comma, 113, e 3, .primo comma, della Costituzione) (186). Prtore di Pa:c;lova, ordinanza 2 dicembre 1970, G. U. 12 maggio 1971, n. 119. r.d. 18 giugno 1931, n~ 773 (Testo unico dene leggi di pubblica sicurezza), art. 112, prima parte, in quanto si riferisce anche agli scritti, disegni, immagini e oggetti e contrari agli ordinamenti politici, sociali od economici costituiti nelZo Stato o lesivi del prestigio dello Stato o dell'autorit o offensiva del sentimento nazionale,. (art. 21 della Costituzione) (187). }>retore di Recanati, ordinanze 8 e 25 aprile 1971, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. r.d. 14 settembre 1931, n. 1175 (Testo unico per la finanza locale), art. 285, primo comma, in qu~nto sottrae alla giurisdizione del giudice ordinario le questioni che si ri:lieriscono ad estimazione di reddito o ad accertamenti di :liatto relativi alla materi imponibile (art. 113, primo e secondo comma, della Costituzione) (188). / Tribur...ale di Cremona, ordinanza 14 aprile 1971, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. (185) V. retro, nota 102. (186) V. retro, nota 103. (187) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 16 marzo 1971, n. 49, limitatamente alle parole a impedire ia procreazione. Altra questione di legittimit costituzionale stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 21, primo comma, della Costituzione, con sentenza 19 febbraio 1965, n. 9. (188) Questione gi proposta dal tribunale di Rimini (ordinanza 4 dicembre 1969, G. U. 4 marzo 1970, n. 57). Per le altre analoghe disposizioni della cui iegitti.: PARTE II, RASSEGNA DI LEGISJ,AZIONE 121 legge 2-2 febbraio 1934, n. 370 (Riposo domenicale e sevtimanale), e successive modifiche, artt~ 13 e 14, in quanto disciplin~no il riposo settimanale degli addetti alle aziende giornalistiche in modo da impedire la pubblicazione di giornali e quotidiani nel pomeriggio della domenica e nella mattinata del lunedi (artt. 21, primo e secondo comma, e 3 della Costituzione); artt. 22, 23, 24, 25 e 26, in quanto impediscono la pubblicazione, a mezzo di quotidiani, di notizie e commenti nella mattinata di lunedi, consentita invece alle imprese di trasmissioni radiofoniche ed alla stampa sportiva (art. 3, primo e secondo comma, della Costituzione); art. 28, secondo e terzo comma, in quant consente il sequestro di pubblicazioni anche in ipotesi diverse da quelle stabilite dalla Costituzione (art. 21, terzo comma, della Costituzione) (189). Pretore di Bologna, ordinanza 18 marzo 1971, G. U. 16 giugno 1971, n. 151. r.d. 13 gennaio 1936, n. 2313 (Modificazioni alla legge del registro), art. 3, che sostituisce l'ar.t. 118 della legge del registro, in quanto condiziona la procedibilit della domanda giudiziale alla registrazione anche dei contratti verbali, senza che alla denunzia registrata possa attribuirsi efficacia probatoria, pur potendo il giudice ritenere poi il contratto inesistente, e con preclusive conseguenze, in ipotesi di inadempimento dell'obbligazione tributaria, a danno di una sola delle due parti responsabili (artt. 3 e 24 della Costituzione) (190). Pretore di Roma, ordinanza 12 febbraio 1971, G. U. 16 giugno 1971, n. 151. r.d.I. 7 agosto 1936, n. 1639 (RifOO'ma degli ordinamenti tributari), artt. 20 e 21, in quanto non prevedono l'obbligo di motivare l'accer- tamento di valore (art. 24 della Costituzione) (191). Commissione provinciale delle imposte di Pistoia, Ol'ldinanza 9 novembre 1970, G. U. 5 maggio 1971, n. 112.. d.I.7 agosto 1936, n. 1639 (Riforma degli ordinamenti tributari), convertito con legge 7 giugno 1937, n. 1016, art. 22, terzo comma, in quanto mit costituzionale si sotto lo stesso profilo dubitato v. retro, nota 182. Il secondo comma dell'art. 285 del r.d. 14 settembre 1931, n. 1175 stato dichiarato incostituzion:; ile con sentenza 7 luglio 1962, n. 86. (189) Questioni gi proposte dal pretore di Trieste {ordinanza 30 novembre 1970, G. U. 19 febbraio 1971, n. 42) e dal pretore di Bari {ordinanza 31 dicembre 1970, G. U. 21 aprile 1971, n. 99). (190) V. retro, nota 184. (197) Gli artt. 20 e 21 del r. d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639 sono stati dichiarati incostituzionali, con sentenza 16 }llaggio 1968, n. 48, limitatamente alla parte per la quale, dalla contestazione dell'accertamento di maggior imponibile nei confronti di uno solo dei coobbligati, decorrono i termini per l'impugnazione giurisdizionale anche nei confronti degli altri. 122 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO esclude la competenza del giudice ordinario nelle controversie che si riferiscono, in materia di imposte indirette, a semplice estimazione dei redditi (art. 113, primo e secondo comma, della Costituzione) (192). Tribunale di Napoli, ordinanza 11 novembre 1970, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. r.d. 27 dicembre 1936, n. 645 (Codi.ce postale e deile telecomunicazioni), art. 13, nel testo modificato dalla legge 20 dicembre 1966, . n. 1114, in quanto, comprendendo anche la stampa nel concetto e nella disciplina della corrispondenza (art. 15 della Costituzione), consente il non inoltro anche della stampa (artt. 121, secondo, terzo, quarto e sesto comma, della Costituzione), senza prevedere termini per la richiesta del giudizio di inoltrabilit n per il provvedimento a tal fine richiesto (art. 21 della Costituzione), e senza prevedere, qua~do non si tratta di tutelare un interesse pubblico ed al " non inoltro > non segua l'azione penale,. l'audizione del destinatario (artt. 42 e 3 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 18 dicembre 1970, G. U. 30 giugno 1971, n. 163 (193). Pretore di Torino, ordinanza 25 febbraio 1971, G. U. 12 maggio 1971, n. 119. r.d.I. 15 novembre 1937, n. 1924 (Provvedimenti vari in materia di tasse ed imposte indirett sugli affari), art. 7 dell'allegato 8, in quanto estende l'applicabilit dell'art. 118 della legge del registro, modificato dall'art. 3 del r.d. 13 gennaio 1936, n. 2313, anche ai contratti verbali, senza che alla denuncia registrata possa attribuirsi efficacia probatoria, pur potendo il giudice ritenere poi il contratto inesistente, e con preclusive conseguenze, in ipotesi di inadempimento dell'obbligazione tributaria, a danno di una sola delle due parti responsabili (artt. 3 e 24 della Costituzione) (194). Pretore di Roma, ordinanza 12 febbraio 1971, G. U. 16 giugno 1971, n. 151. (192) Questone gi proposta dal tribunale di Milano (ordinanza 18 aprile 1969, G. U. 10 dicembre 1969, n. 311) e dalla corte di appello di Torino (ordinanza 27 febbraio 1970, G. U. 20 maggio 1970, n. 125). Per le altre analoghe disposizioni della cui legittimit costituzionale si sotto lo stesso profilo dubitato v. retro, nota 182. Il quarto comma dell'art. 22 del d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639 stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 11 luglio 1969, n. 125, limitatamente alla parte in cui condiziona l'esercizio dell'azione del contribuente dinanzi all'autorit giudiziaria ordinaria alla pubblicazione del ruolo ed all'iscrizione a ruolo dell'imposta. (193) Dal tribunale di Torino la questfone stata proposta solo sotto il primo degli indicati profili e solo in riferimento all'art. 21, secondo, terzo, quarto e sesto comma, della Costituzione. (194) V. retro nota 184. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 123 r.d.I. 21 febbraio 1938, n. 246 (Disciplina degli abbonamenti alle radioaudizioni), convertito con legge 4 giugno 1938, n. 880, art. 19, modificato dall'art. 1 del d.l.P.R. 5 ottobre 1947, n. 1208, in quanto punisce il mancato pagamento del canone di abbonamento alla R.A.1.-TV con sanzione penale, diversamente da quanto previsto per i canoni dovuti ad altre societ private concessionarie di pubblici servizi/ (art. 3 della Costituzione) (195). . Tribunale di Catania, ordinanza 17 febbraio 1971, G. U. 12 mag- gio 1971, n. 119. legge 2 febbraio 1939, n. l74 (Norme per la consegna obbiigatoria di esemplar~ degli stampati deile pubblicazioni), art. 1, primo e terzo comma, in relazione agli artt. 8 e 9, in quanto pone l'obbligo, penalmente sanzionato, di consegnare esemplari di qualsiasi pubblicazione, e quindi anche di volantini o manifestini, prima della loro diffusione o distribuzione e prima della consegna al committente o ad altra persona (art. 21, primo e secondo comma, della Costituzione) (196). Pretore di Recanati, ordinanze 8 ~ 25 aprile 1971, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. r.d.I. 14 aprile 1939, n. 636 (Modificazioni aile disposiztiqni sulle assicurazioni obbligavo'J"ie pell" l'invalidit e la v.ecchiaia, per la tubercolosi e per la disoccupazione involontaria), art. 1O, in quanto stabilisce, ai fini della qualificazione di invalido, differenti percentuali di riduzione della capacit .per gli impiegati e per gli operai (art. 3 della Costituzione) (197). Tribunale di Lucca, ordinanza 2 aprile 1971, G. U. 30 .giugno 1971, n. 163. r.d. 5 giugno 1939, n. 1016 (Testo unico delle leggi sulZa protezione della selvaggina e per l'esercizio e.lla caccia), art. 43, primo comma, in quanto consente al solo concessionario di esercitare il diritto di caccia nelle riserve (art. 3 della Coatituzione). Pretore di Poggi1bonsi, or,dinanza 25 gennaio 1971, G. U. 5 maggio 1971, n. 112. (195) Questione dichiarata non fondata, per gli artt. 1, 2 e 19 del r.d.l. 21 febbraio 1938, n. 246, con sentenza 8 giugno 1963, n. 81. Differente questione di legittimit costituzionale stata proposta, per la stessa disposizione, dal giudiee istruttore del tribunale di Civifavecchia (ordinanza 28 settembre 1970, G. U. 9 dicembre 1970, n. 311) e dal pubblico ministero presso il tribunale di Milano (ordinanza 10 dicembre 1970, G. U. 10 marzo 1971, n. 62). (196) Questione gi proposta dalla stessa autorit giudiziaria (ordinanza 7 ottobre 1970, G. U. 9 dicembre 1970, n. 311). (197) questione gi proposta, in riferimento anche all'art. 38, secondo comma della Costituzione, dal 'tribunale di Pesaro (ordinanza 4 aprile 1970, G. U. 15 luglio 1970, n. 177). 124 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO "' r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), comb. disp. artt. 31, primo comma, 34, primo comma, e 38, in quanto distinguono i magistrati delle preture secondo criterio gerarchico (artt. 101, secondo comma, 107, terzo comma, e 25, primo comma, della Costituzione) (198). Pretore di Pisa, ordinanza 16 dicembre 1970, G. U. 19 maggio 1971, n. 127. r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e deila liquidazione coatta amministrativa.), art. 22, m quanto vincola il tribunale alla emanazione di sentenza dichiarativa di fallimento sul solo presupposto che la corte di appello abbia accolto il reclamo e senza consentirgli alcuna indagine di fatto e di diritto (artt. 24, secondo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione) (199). Tribunale di Massa, ordinan:t'ie 2 e 8 febbraio 1971, G. U. 3 giugno 1971, n. 140. ' Tribunale di Ferrara, ordinanza 1 marzo 1971, G. U. 3 giugno 1971, n. 140. r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, delt'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), art. 217, secondo comma, in quanto prevede come elemento costitutivo del reato la sentenza dichiarativa di fallimento, alla cui data risulta quindi necessariamente correlata l'applicabilit o no del provvedimento di amnistia (art. 3 della Costituzione) (200). Pretore di Siracusa, ordinanza 1~ marzo 1971, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. legge 13 giugno 1942, n. 794 (Onorari di avvocato e di procuratoTe per prestazi<>ni giudiziali in materia civile), art. 30 e art. 29, nella parte richiamata dall'art. 30, in quanto prevedono un prdcedimento senza alcuna attivit istruttoria, che si conclude cpn oridinanza non appellabile, e per il quale la prevista possibilit di non avvalersi di un legale si risolve in eventuale pregiudizio per la parte non avvocato o procuratore, con disparit di trattamento rispetto ai debitori nei cui con (198) Questione dichiarata non fondata con sentenza 3 giugno 1970, n. 80, ricordata peraltro nell'ordinanza di rimessione. (199) Questione dichiarata non fondata, in riferimento anche all'art. 3 della Costituzione, con sentenza 22 giugno 1971, n. 142. (200) Differente questione di legittimit costituzionale dell'art. 217 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, con sentenza 7 giugno 1962, n. 47. Altra questione stata proposta'.. dal pretore di Voghera (ordinanza 23 aprile 1970, G. U. 16 settembre 1970, n. 235). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 125 fronti sia stato emesso decreto ingiuntivo .per . crediti di altra natura (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 6 novembre 1970, G. U. 5 maggio 1971, n. 112. legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Dispo'sizioni sull,a stampa), art. 21, terzo e quarto comma, in quanto prevede un rito processuale sommario con immediato dibattimento, svincolato dai presupposti, dalle forme e dalle modalit alternative di definizione proprie del giudizio direttissimo disciplinato dagli artt. 502 e seguenti del codice di procedura penale, .privo di fase istruttoria ed incompatibile anche di fatto con un'attivit di indagini preliminari da parte del pubblico ministero, e con termine al giudice per pronunciare la sentenza (artt..3, 21, 24, 25, 104 e 111 della Costituzione) (201). Tribunale di Ascoli Piceno, .ordinanza 2 dicembre 1970, G. U. 12 maggio 1971, n. 119. legge 2 marzo 1949, n. 144 (Approvazione deiia ta.riffa degli onorari per le prestazioni prqfessionali dei geometri), art. 10. secondo comma, in quanto consente il recesso del professionista dal contratto sold :per giusta causa e in modo da evitare pregiudizio al cliente, secondo condizioni non previste invece per l'altra parte del rapporto contrattuale (art. 3 della Costituzione). Pretore di Postiglione, ordinanza 17 dicembre 1969, G. U. 16 giugno 1971, n. 151. d.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328 (Approvazione dei Regolamento per L'esecuzione del Codice deiia Navigazione), artt. 479482, in quanto attribuiscono al comandante di porto funzioni giurisdizionali (artt. 101, se~ondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione) (202). Comandante del porto di Anzio, ordinanza 10 marzo 1971, G. U. 30 .giugno 1971, n. 163. legge 22 ottobre 195~. n. 1041 (Disciplina della produzione, dei commercio e deWimpiego degli stupefacenti), art. 6, quarto comma, in quanto punisce con la stessa pena reati sostanzialmente diff.erenti (art. 3 della Costituzione) (203). Tribunale di Roma, ordinanza 31 marzo 1971, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. (201) Altre questioni di legittimit costituzionale dell'art. 21 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 sono .state dichiarate non fondate con sentenze 11 luglio 1961, n. 56, 3 dicembre 1969, n. 1746 e 26 giugno 1970, n. 109. (202) Questione proposta con richiamo ai principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza 9 luglio 197CY, n. 121. (203) Questione gi proposta dalla stessa autorit giudiziaria (ordinanza 16 gennaio 1971, G. U. 28 aprile 1971, n. 106) e, anche per il primo comma della disposi18 126 RASSEGN DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 27 dic:embre 1956, n. 1423 (Norme di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubbiica moralit), art. 1 (artt. 3, 13 e 25 della Costituzione) (204). Pretore di Forli, ordinanza 9 novembre 1970, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Tes1Jo unico delle leggi suUe imposte dirette), art. 207, primo c:omma, in quanto impone al terzo di proporre l'opposizione prevista dall'art. 619 del codice di procedura civile, e quindi anche soltanto di depositare il ricorso in cancelleria, prima della data fissata per il priimo incanto {art. 24, primo comma, della Costituzione) (205). Pretore di Roma, ordinanza 10 dicembre 1970, G. U. 5 maggio 1971, n. 112. legge 4 febbraio '1958, n. 158 (Norme relative alt'esprotpriazione di terreni e all'attuazione di opere nena zona industrriale e nel porto fluviale di Padova), 'art. 4, in quanto impone di ragguagliare l'inden~ nit di espropriazione al valore agricolo del terreno espropriato (art. 42 della Costituzione). Consiglio di Stato, quarta sezione, ordinanza 15 gennaio 1970, G. U. 12 maggio 1971, n. 119. legge 15 febbraio 1958, n. 46 (Nuove norme suite pensio'1ii Olf'd.inarie a car.ico dello Stato), art. 11, sesto comma, primo .punto, in quanto prescrive solo per il vedovo le condizioni della inabilit a proficuo lavoro e della convivenza a carico della dipendente o pensionata statale deceduta (art. 3 della Costituzione). Corte dei conti, terza sezione per le pensioni civili, ordinanza 17 ottobre 1970, .G. U. 30 .giugno 1971, n. 163. d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 (Nolf'me concernenti la discipiina della cessione in prOiPriet degli atloggi di tipo popolare ed economico), art. 2, lett. a, in quanto esclude per i militari il diritto di ottenere zione, dal tribunale di Venezia (ordinanza 28 ottobre 1970, G. U. 27 gennaio 1971, n. 22). Altra questione .dell'art. 6 della legge 22 ottobre 1954, n. 1041 stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 25, secondo comma, della Costituzione, con sentenza 19 maggio 1964, n. 36. (204) Cfr. sentenze 23 marzo 1964, n. 23, 17 marzo 1969, n. 32 e 25 maggio 1790, n. 76 della Corte costituzionale. (205) Questione gi proposta della stessa autorit giudiziaria (ordinanze 10' e 16 novembre 1970, G. U. 28 aprile 1971, n. 106). Per i precedenti su!la questione di legittimit costituzionale dell'art. 207 del d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, v. retro, nota 121. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 127 la cessione in propriet degli alloggi in assegnazione (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 15 gennaio 1971, G. U. lf) giugno 1971, n. 151. legge 14 luglio 1959, n. 741 (Norme transitorie per parametri minimi di trattamento economico e normativo ai lavo'Y'atori), art+. 1, 5, 6 e 7, in quanto vincolano il giudfoe all'applicazione dei minimi retributivi contemplati negli accordi resi eftkaci erga omnes anche dopo la scadenza degli accordi e fin quando i successivi contratti collettivi siano a loro volta resi efficaci erga omnes, precludendogli inoltre la valutazione sulla conguit della retribuzione rispetto all'art. 36 della Costituzione (art. 36 deHa Costituzione) (206). Corte di appello di Napoli, ordinanza 27 novembre 1970, G. U. 5 maggio '1971, n. 112. d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico per la composizione e la elezione degii O'Y'gani delle amministrazioni comunali), art. 15, n. 6, in quanto considera la .pendenza di liti con il Comune come causa di ineleggibilit e non come causa di mancata convalida della nomina o di decadenza dalle funzioni (artt. 3 e 5 della Costituzione) (207). Corte di appello di Napoli, ordinanza 24 marzo 1971, G. U. 30 giugno 1971, n. 16'3. d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degLi organi delle amministrazioni comunali), cirt. 93, in quanto punisce chi sottoscrive due liste di candidati alle elezioni amministrative con pene pi gravi di quelle stabilite, dall'art. 106 del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, per chi commette lo stesso reato in occasione delle elezioni politiche (art. 3 della Costituzione) (208). Pretore di Chiari, ordinanza 29 gennaio 1971, G. U. 12 maggio 1971, n. 119. d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico peT la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali), art. 102. in quanto esclude per i reati elettorali la sospensione ondizionale della pena e il beneficio della non menzione della condanna nel certificato (206) Differenti questioni di legittimit costituzionale sono state dichiarate non fondate con sentenze 19 dicembre 1962, n. 106 e 13 luglio 1963, n. 129. (207) Sull'art. 15 del d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 v. sentenze 11 luglio 1961, n. 42, 26 marzo 1969, n. 46 e 4 marzo 1971, n. 38. (208) Questione gi dichiarata non fondata, come viene ricordato anche nell'ordinanza di rimessione, con sentenfa 18 aprile 1967, n. 45. 128 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del casellario giudiziario (artt. 3, primo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione) (209). Pr.etore di Rivarolo Canavese, ordinanza 10 dicembre 1970, G. U. 5 maggio 1971, n. 112 (artt. 3, primo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione). .Pretore di Chiari, ordinanza 29 gennaio 1971, G. U. 12 maggio 1971, n. 119 (art. 3 della Costituzione). d.P.R..11 settembre 1960, n. 1326 (Norme sul tratvamento economico e normativo dei lavoratori dipendenti dalle imprese grafiche ed affini), mquanto r,ende il contratto collettivo 1 ottobre 1959 applicabile anche dopo il rinnovo attuato con i contratti collettivi 6 gennaio 1962 e 18 febbraio 1965 fino a che a tali ulteriori accordi sia attribuita efficacia erga omnes, con vincolo che impedisce al giudice di apprezzare la congruit della retribuzione rispetto all'art. 36 della Costituzione (art. 36 della Costituzione) (210). Corte di appello di .Napoli, ordinanza 27 novembre 1970, G. U. 5 maggio 1971, n. 112. d.P.R. 2 CJennaio 1962, n. 414 (Norme sul trattamento ecoinomico e normativo dei dipendenti dalle imprese commerciali delta. provincia di Caltanissetta), articolo unic:.o, in quanto emanato in forza dell'art. 1 della legge l ottobre 1960, n. 1027, dichiarato incostituzionale con sentenza 19 dicembre 1962, n. 106 (art. 77, primo comma, della Col stituziOne). Tribunale di Caltanissetta, e>rdinanza 2 luglio 1970, G. U. 5 maggio 1971, n. 112. d.P.R. 2 CJennaio 1962, n. 481 (Norme sul trattamento economico e normativo dei dipendenti da imprese commerciali), articolo unico, in quanto rende efficace erga omnes l'art. 27 del contratto coll;ettivo nazionale di lavoro 28 .giugno 1958 per i dipendenti del settore commer: cio, che predetermina la durata del tirocinio secondo :criterio unitario, e indipendentemente dalla maggiore o minore difficolt del la- varo svolto, dalla maggiore o minore abilit mostrata dal :prestatore di lavoro e dalla sua maggiore o minme capacit di apprendimento (artt. 36 e 37 della Costituzione) (211). Pretore di Milano; ordinanza 22 gennaio 1971, G. U. 5 maggio 1971, n. 112. (209) Questione gi dichiarata non fondata, come ricordato nelle due ordinanze di rimessione, con sentenza 7 giugno 1962, n, 48. (210) L'articolo unico del d. P. R. 11 settembre 1960, n. 1326 stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 12 luglio 1967, n. 107, nella parte in cui' rende obbligatorio erga omnes il versamento del contributo di cui all'art. 10, secondo comma,' del contratto collettivo 1 ottobre 1959 per i dipendenti dell'industria grafica e affini. (211) Altra questione di legittimit costituzionale del d. P. R. 2 gennaio 1902, n. 481 stata dichiarata non fondata COI! sentenza 20 marzo 1970, n. 41. . Il.. I_ PARTE u, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 129 1 legge 14 febb.raio 19A3, n .U6 (DisipoSizioni relative alla vr~idenza del personale aiJ,4etto alla gestione delle imposte di consumo), art. 2. linlitatamente aJ.l'.espressione e escluso quello di suo recesso ai sensi d1iVa,rt. 2119 del edice civile>, in quanto esclude la corresponsione del preuito di fedelt, parte integrante dell'indennit di anzianit, in .ipoteSi di reesso del lavoratore (a~t. 3, 36 e 38 della Costituzione) (212). Corte di appello di Roma, ordinanza' 15 gennaio 1971, G. U. 16 giugno 1971. n ... 151. legge 25 febbraio 1963, n. 289 (Modifiche alla legge 8 gennaio 1952, n. 6., sull"~tlutione della Oa,ssa Mzi.onale di previdenza e assistenza ,a fa:o6re degli av-vClCa.ti e P-tocmraWri), art. 5, in quanto impone una PJ'!e,\ta.zione.. ;patri:mp,nl,ale secondp crit~io inidoneo ad incidere in pro: pE>~ip.ne (jl:lla .~~ttl:tra capaeit eontnbutiva e secondo ~rcentuale 4i~V:e:rS;i e 1maggtoie ;di qulla stabilita per analoghe categorie di. pro..~~ O;ti,liisti ..(~rtt...3 ~ .5~ de1J4 ...Q()stituzione). , TdhUnale d.i Roma, o~dinanza 12 .gennaio 1971, G. U. 3 giugno 1:9'11, n. .140. ~ , . / leg9e. $ ~C..zo 1963, n. .%46 (Istituzione di un'impos~ sugli increme~ ti dii 'lfa.lote del.le a:r:ee fa.'bbiricctbili; modificaziolfl,i al testo up.ico per ''Za, iDfl.ma Zo<:-O;;?~ ,~ovf.tC> e~ r.d. 1.4 settembr~ 1931, 'fi.. 1175 e al ~.:d:z., z,8 nc>vembre .931~, n. 73,IJ), art. 15, terzo comma, se ed in f:IUanto conelato al seen eomma, che stato dichiarato incostitti.zionaie Cf!ln s.entenza 28 ':ma:ggio . 196,6, :n. 44 (artt. 53, .primo"' comma, e 136, primo com'ina, della Cqstiti\Izi:Otte) . . Corte rdi appello ~ Ge::o:va, ordinanza 27 dicembre 1970, G. U. 1.2 marggl? .:t9'n, n. 119. . leg'e 15 setteb,.~'1?64, n. 756-(Norme in ma1ieria di ccmtratti agrari), at.t.1.. itti <;t:U~fito. cQ:f,l,'Jl;tila$to,,c:<>:t;t ia volont del capo famiglia (artt. 2, :l, 4,, secondo comma, ;t~/;:Ji>:ti1llTO), art. 23, in quanto i criteri di determinazione e di imposizione dei contributi dovuti dai consulenti del lavoro non consentono (212) Questione propsta con richiamo ai pr)ncipi affermati dalla Corte costituzionale nella s.enten:za 27 giugno 1068, n. 75. .J 130 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ai singoli interessati di controllare la discrezionalit dell'ente impositore nell'esercizio del potere (art. 23 della Costituzione). Giudice conciliatore di Roma, ordinanza 20. dicembre 1970, G. U. 5 maggio 1971, n. 112. d.I. 23 dicembre 1964, n. 1351 (Attuazione del regime dei pre.iievi nei settori del latte e dei prodotti lattiero-caseari, delle carni bovine e del riso), convertitp con legge 19 febbraiQ 1965, n. 28, art. 11, in quanto, prevedendo l'incameramento della cauzione o l'attu.azione coattiva della fidejussiqne, ,contempla una prestazione patrimoniale la cui misura e modalit di applicazione sono rimesse all'autorit amministrativa (art. 23 della. Costituzione). Tribunale di Roma, ordin~nza 14 dicembre 1970, G. U. 3 giugno 1971, n. 140. d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frod.i nella preparazione e nei commercio dei mosti, vini ed aceti), art. 76, primo comma, per eccesso ,dai limiti della delega conferita con gli artt. 1 e :2 della legge 9 ottobre 1964, n. 991, in quanto ~pone divieti non previsti dalla disciplina legislativa degli Stati aderenti alla C.E.E. (art. 76 della Costituzione) (213). Tribunale di Marsala, ordinanza 16 febbraio 1971, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. legge 19 febbraio 1965, n. 28 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 dice,mbre 1964, n. 1351, concernente 1..'attuazione del regime dei prelievi nei settori del ,latte e dei pro1dotti lattiero-caseari, detle carni bovine e del riso), nella parte in cui converte l'art. 11 che prevedendo l'incameramento del deposito cauzionale o l'attuazione ,coattiva della !fdejussione, contempla una prestazione patrimoniale la cui misura e modalit di applicazione sono rimesse all'autorit amministrativa (art. 23 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 14 ,dicembre 1970, G. U. 3 giugno 1971, n. 140. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavo!l"o e le malattie professionali), art. 112, in quanto modifica, con eccesso dai limiti della delega conferita con l'art. 30 della legge 19 gennaio 1963, n. 15, il termine stabilito dall'art. 67 del r.d.1. 17 agosto 1935, n. 1765 (art. 76 della Costituzione) (214). Tribunale di Bari, ordinanza 16 ottobre 1970, G. U. 16 giugno 1971, n. 151. (213) Questione gi dichiarata non fondata con sentenza 20 gennaio 1971~ n. 3. (214) L'art. 112, primo comma, del d. P. R. 30 giugno 1165, n-. 1124 stato dichiarato incostituzionale con sentenza 8 luglio 1969, n. 116. ' PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 131 d.P.R. 30 giugno 1965. n. 1124 (Testo unico delle disposizioni sull'assicurazione obbligatoiria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), art. 199, secondo comma, in quanto esclude che i commessi viaggiatori e i piazzisti di cui al terzo comma dell'art. 4 dello .stesso testo unico siano soggetti all'assicurazione obbligatoria fino alla data del 1 gennaio 1966 (art. 3 della Costituzione) (215). Corte di cassazione, seconda sezione, ordinanza 15 gennaio 1971, G. U. 16 giugno 1971, n. 151: legge 5 luglio 1965, n. 798 (Modifiche a.ile leggi 8 ge.nnaio 1952, n. 6 e 25 febbraio 19:63, n. 28.9, riguardanti la previdenza e assistenza forense e istituzione dell'assisteriaa sanitaria a favore degli avvocati e procuratori legali), art. 1, n. 5, :in quanto richiama l'art. 5 della legge 25 febbraio 1963, n. 289, che impone una prestazione patrimoniale scondo criterio inidoneo ad incidere in proporzione dell'effettiva capacit contributiva e secondo percentuale diversa e maggiore di quella stabilita per analoghe .categorie di professionisti (artt. 3 e 53 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 12 gennaio 1971, G. U. 3 giugno 1 1971, n. 140. legge .14 luglio 1965, n. 963 (Disciplina della pesca marittima), art. 26, lett. d, in quanto, :prescrivendo per il pescatore colpevole di reati puniti dalla legge sulla pesca la interdizione ad esercitare la pesca ma- rittima in qualunque forma e anche alle dipendenze altrui, impedisce al pescatore condannato qualsiasi concreta possibilit di lavoro (artt. 4 e 35 della Costituzione) (216). Pretore 'di Roma, ordinanza 16 gennaio 1971, G. U. 5 maggio 1971, n. 112. legge 20 dicembre 1966, n. 11'14 (Sostituzione de:ll'a.rt. 13 del Codice postale e delle telecomuntcazioni, approvato con r.d. 27 fe1bbraio 19:36, n. 645), articolo unico, che modifica l'art. 13 del r.d. 27 dicembre 1936, n. 645, in quanto, comprendendo anche fa stampa nel concetto e nella disciplina della corrispondenza (art. 15 della Costituzione), consente il non inoltro anche della stampa (art. 21, secondo, terzo, quarto e sesto comma, della Costituzione), senza prevedere termini per la richiesta del giudizio di inoltrabilit n per il prQvvedimento a tal fine (215) Disposizione gi dichiarata incostituzionale, con sentenza 17 dicembre 1969, n. 152, nella parte in cui esclude che gli agenti delle imposte di consumo di cui al terzo comma dell'art. 4 dello stesso decreto siano soggetti all'assicurazione obbligatoria fino alla data del 1 gennaio 1966. (216) Questione gi proposta, in riferimento agli artt. l, primo comma, 4 ei 27 della Costituzione, dal pretore di Massa (ordinanza 13 novembre 1970, G. U. 10 marzo 1971, n. 62). 132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO richiesto (art.. 21 della Costituzione), e senza prevedere, quando non si tratta di tutelare un interesse pubblico ed al e non inoltro non segua l'azione penale; l'audizione del destinatario (artt. 42 e 3 della Costituzione). Tribunaie di Torino, ordinanza 18 dicembre 1970, G. U. 30 giugno 1971, n. 163 (217). Pretore di Torino, ordinanza 25 febbraio 1971, G. U. 12' maggio 1971, n. 119. le99e 23 dicembre 1966, n. 1147 (Modificazioni alle norme sul contenzios eZettoraZe amministtrativo), artt. 1 e .7, in quanto, nell'attribuire la competenza a decidere sulle delibere adottate in tema di eleggibilit dal consiglio comunale al tribunale civile della circoscrizione in cui compreso il comune, consentono che componenti il collegio siano elettori nello stesso comune, e quindi legittimati a partecipare al giudizio e ad impugnare la r.elativa decisione (art: 101, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Parma, ordinanze 3 e 17 febbraio 1971, G. U. 5 maggio 1971, n. 112 e 16 giugno 1971, n. 151. legge 4 luglio 1967, n. 580 (Disciplina per la Zavorazione e com mercio dei cereali, degli sfarinati, del pane e deZZe paste alimentari), artt. 31, secondo comma (limitatamente all'aggettivo soZa ) e 35, quarto comma (limitatamente all'inciso " e non possono essere accompagnate da altre denominazioni o qualificazioni), in quanto impongono al produttore di pasta alimentare, con sanzione penale in ipotesi di inosservanza, pr~crizioni non previste, invece per i produttori di qualsiasi altra sostanza alimentare (art. 3 della Costituzione). Pretore di Mantova, o:rdinanza 27 febbraio 1971, G. U. 16 giugno 1971, n. 151. legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela deUa libert e dignit dei Zavo'l"atori, delZa libert sindacale e dell'a1Jtivit sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul coZZocamento), art. 10. in quanto non contempla, fra coloro che hanno diritto turni di lavoro che agevolino la frequenza dei corsi, anche gli studenti universitari non fuori corso, che pure hanno obbligo di frequenza (art. 3 della Costituzione). Pretore di Trieste, ordinanza 26 gennaio 1971, G. U. 5 maggio 1971, n. 112. d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283 (Concessione di amnistia e di indulto), art. 5, lett. cl. in quanto, concedendo l'amnistia per il reato di diffama( 217) V. retro, nota 193. Altra questione di legittimit costituzionale dell~ ., disposizione stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 15 della Costitu- zione, con sentenza 16 luglio 1968, n. 100. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 133 zione a mezzo stampa solo nei casi in cui non sia stata data facolt di prova, condiziona l'applicazione del provvedimento di clemenza alla discrezionale volont del querelante (art. 3, primo comma, della Costituzione) (218). Tribunale di Roma, ordinanza 23 marzo 1971, G~ U. 30 giugno 1971, n. 163. d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283 (Concessione di amnistia e di indulto), art. 5, penultimo comma, in .quanto esclude dal beneficio dell'amnist~a il reato di cui all'art. 515 del codice penale (art. 3 della Costituzione) (219). Pretore di Ve;nasca, ordi:nanza 8 marzo 1971, G. U. 16 giugno 1971, n. 151. legge reg. Trentino-Alto Ad'ige ,7 ottobre 1970, riappr. 21 aprile. 1971 (Nuove norme per l'industria del quarzo e del gesso) (art. 127 della Costituzione). Presidente del Consiglio dei ministri, ricorso depositato il 19 maggio 1971, G. U. 3 giugno 1971, n. 140. legge 1 dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di Bcioglimento del matrimonio), art. 2, in quanto, senza preventivo procedimento di revisione costituzionale (artt. 7, secondo comma, 10, e 138, _.primo comma, della Costituzione), compromette l'indissolubilit del matrimonio religiqso cattolico, riconosciuto con l'art. 34 del Concordato (art. 7 della Costituzione) e non garantisce la :permanenza degli effetti civili del matrimonio religioso trascritto (art. 7 della Costituzione). Tribunale di Siena, ordinanze 20 aprile 1971 (tre), G. U. 5 maggio 1971, n. 112 e 19 maggio 1970, n. 127. legge 25 febbr"io 1971, n. 94 (Erogazione, peq-gli anni 19:68, 1969 e 1970, di contributi straordinri agli enti pubblici e agii imprenditori concessionari di autoservizi di linea per viaggiatori), in quanto e nella parte in cui non si applica anche ai concessionari di autoservizi nella Regione della Sardegna (art. 3 della Costituzione e art. 3, lett. g dello Statuto regionale sardo). Regione sarda, ricorso depositato il 30 aprile 1971, G. U. 12 maggio 1971, n. 119. (218) Qu~stione gi proposta dal tribunale di Milano (ordinanze 27 maggio 1970, 1 giugno 1970 (due}, e 26 giugno 1970, G. U. 16 settembre 1970, n. 235, 30 dicembre 1970, n. 329, e 7 ottobre 19'1"0, n. 254) e del tribunale di Bologna (ordinanza 1 ottobre 1970, G. '(]. 28 aprile 1971, n. 106). Per altre questioni v. retro, note 36 e 37. (219) Questione gi proposta dal pretore di Chieri (ordinanza 25 giugno 1970, G. U. 27 gennaio 1971, n. 22) e dal pretore di Torino (ordinanza 27 giugno 1970, G. U. 24 febbraio 1971, n. 49). Per altra questione, ~ retro note 36, 37 e 132. 134 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge reg. Trentino-Alto Adige riappr. 11 maggio 1971 (Disposizioni in favore dei personaie deUa regione e degli aLtri enti Locali che presti serviz.io nei Paesi in via di sviiuppo) (art. 127 della Costituzione). \ Presidente del Consiglio dei ministri, ricorso depositato il 7 giugno 1971, G. U. 16 .giugno 1971, n. 151. NORME DELLE QUALI IL GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE STATO DEFINITO CON PRONUNCE DI INAMMISSI:.. BILITA, DI MANIFESTA INFONDATEZZA, O DI RESTITUZIONE DEGLI A,TTI AL GIUDICE DI MERITO Codice civile, art. 2946 (Prescrizione ordinaria), nella parte in cui consente che la prescrizione d~l diritto di credito, del diritto al risarcimento del danno ex art. 2116 del codice civile e del diritto all'assunzione in pianta stabile vantato dal prestatore d'opera subordinato decorra durante lo svolgimento del rapporto di lavoro (artt. 3, 24 e 36 della Costituzione) -Inammissibilit. Sentenza 29 aprile 1971, n. 86, G. U. 5 maggio 1971, n. 112. Ordinanze di rimessione 14 febbraio 1969 del tribunale di Roma (G. U. 2 luglio 1969, n. 165)" 13 marzo 1969 del tribunale di Firenze (G. U. 13 agosto 1969, n. 207), e 27 ottobre 1969 della seconda sezione della Corte di cassazione (G. U. 25 febbraio 1970, n. 50). codice di procedura civile, art. 648 (Esecuzione provvisoria in pendenza di opposizione), secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione) Manifesta infondatezza (220). Ol'ldinanza 9 giugno 1971, n. 128, G. U. 16 giugno 1971, n. 151. Ordinanze di rimessi't>ne 20 maggio 1970 del pretore di Vibo Va lentia (G. U. 16 settembre 1970, n. 235) e 31 ottobre 1970 del pretore di Bergamo (G. U. 17 febbraio 1971, n. 42). codice penale, art. 59 (Circostanze non conosciute o erroneamente supposte), primo comma (art. 27, primo comma, della Costituzione) Manifesta inammissibilit, per irrilevanza. Ordinanza 9 giugno 1971, n. 130, G. U. 16 giugno 1971, n. 151. Ordinanza di rimessione 21 maggio 1970 del pretore di Chieri, G. u. 7 ottobre u;no, n. 254. (220) Questione dichiarata non fondata con sentenze 10 giugno 1966, n. 62 e 17 febbraio 1969, n. 17. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 135 codice penale, art. 136 (Conversione di pene pecuniarie) (artt. 24, terzo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione) -Manifesta infondatezza (221). Ordinanza 9 giugno 1971, n. 127, G. U. 16 giugno 1971, n. 151. Ordinanza di rimessione' 5 dicembre 1969 del pretore di Torino, G. U. 4 marzo 1970, n.' 57. codice penale, art. 313 (Autorizzazione o richiesta di procedimento), terzo comma (airt. 104, primo comma, della Costituzione) -Manifesta :iinfo.ndatezza (222). Sentenza 29 aprile 1971, n. 91, G. U. 5 maggio 1971, n. 112. Ordinanza di rimessione 22 febbraio 1969 del giudice istruttore del tribunale di Lucca, G. U. 16 aprile 1969, n. 98. codice di procedura penale, art. 281 (Facolt di impugnazioM; deile ordinanze sulla libertd provvisoria), secondo comma -Restituzione degli atti per una nuova valutazione della rilevanza (223). Ordinanza 11 maggio 1971, n. 103, G. U. 12 maggio 1971, n. 119. Ordinanza di rimessione 27 novembre 1970 del .giudice istruttore del ~ribunale di Firenze, G. U. 10 febbraio 1971, n. 35. codice di procedura penale, art. 398 (Poterri del pretJore ne'l procedimento con istruzione sommaria) (artt. 3, .primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione) -Manifesta infondatezza (224) . .Ordinanza 26 maggio 1971, n. 113, G. U. 3 .giugno 1971, n. 140. Ordinanze di rimessione 13 ottobre 1969 del pretore di Cesena (G. U. 11 novembre 1970, n. 286) e 26 febbraio 1970 del pretore .di Mirandola (G. U. 7. ottobre 1970, n. 254). codice di procedura penale, art. 522 (Questioni di nullit), terzo comma (art. 24 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (225). Ordinanza 11 maggio 1971, n. 104, G. U. 12 maggi~ 1971, n. 119. Ordinanza di rimessione 27 ottobre 1969 della corte di appello di Bologna, G. U. 25 novembre 196.9, n. 299. (221) Cfr. sentenza 27 marzo 1962, n. 29 della Corte coStituzionale. (222) Questione dichiarata non fondata con sentenza 5 maggio 1959, n. 22. Altra questione stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con sentenza 29 aprile 1971, n. 91. V. retro nota 156. (223) Disposizione modificata con legge 5 novembre 1970, n. 824. (224) Cfr..sentenze 28 aprile 1966, n. 23 e 18 aprile 1967, n. 46 della Corte costituzionale e legge 7 novembre 1969, n. 780. Per altre questioni, cfr. sentenze 24 maggio 1967, n. 61, 15 dicembre 1967, n. 151 e 9 luglio 1970, n. 123 della Corte costituzionale. (225) Cfr. sentenza 31 maggio 1865, n. 41 della Corte costituzionale. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 136 codice di procedura penale, art. 586 (Ssecuzione di pene pecuniarie) (artt. 24, terzo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione) - Manifesta infondatezza _(226). Ordinanza 9 giugno 1971; n. 127, G. U. 16 giugno 1971, n. 151. Ordinanza di rimessione 5 di-cembre 1969 del pretore di Torino, G. U. 4 marzo 1970, n. 57. r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (Legge tributaria sulle successioni), art. 31, primo, secondo e terzo comma (artt. 3 e 53 della Costituzione) Manifesta inammissibilit, in quanto proposta da organo non giurisdizionale (227). Ordinanza 26 maggio 1971, n. 116, G. U. 3 giugno 1971, n. 140. Ordinanza di rimessione 6 aprile 1967 della commissione provinciale delle imposte di Bari, G. u." 10 febbraio 1971, n. 35. r.d.I. 15 aprile 1926, n. 765 (Provvedimenti per la tutela e lo sviluppo dei luoghi di cura, di soggiorno o di Purismo), convertito cop legge 1 luglio 1926, n. 1380, art. .15 (art. 23 della Costituzione). Sentenza 22 giugno 1971, n. 143, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. Ordinanza di rimessione 23 aprile 1969 del tribunale di Venezia, G. U. 22 ottobre 1969, n. 269. legge 7 gennaio 1929, n. 4 (Norme generali per la repressione delle violazioni delle leggi :finanziari~), art. 2l, secondo comma (art. 25 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (22-8). Ordinanza 11 maggio 1971, n. 105, G. U. 12 maggio 1971, n. 119. Ordinanza di rimessione 14 ottobre 1970 del tribunale di Terni, G. U. 17 febbraio 1971, n. 42. r.d. 6 maggio 1940, n. 635 (Regolamento per l'e.secuzione del testo unico 18 giugno 19:31, n. 773, delle leggi di pubblica sicurezza), art. 149 (artt. 2 e 21 della Costituzione) -Manifesta inammissibilit. Ordinanza 26 maggio 1971, n. 115, G. U. 3 giugno 1971, n. 140. Ordinanza di rimessione 29 -dicembre 1969 del pretore di Cesena, G. U. 25 novembre 1970, n. 299. r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disdplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), art. 100, primo. comma (art. 24, primo omma, della Costituzione) -Inammissibilit. Sentenza ~2 giugno 1971, n. 141, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. Ordinanza di rimessione 29 aprile 1970 del giudice del tribunale di Alessandria, G. U. 1 luglio 1970, n. 163. (226) Cfr. sntenza 27 marzo 1962, n. 29 della Corte costituzionale. (227) V. retro, nota 23. (228~ Cfr. senten:l!a 3 aprile 1969, n. 60 della Corte costituzionale. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 137 legge 1 O agosto 1950, n. 648 (Riordina?Jiento delle disposizioni sulle pensioni di guerra), art+. 60, primo e secondo comma, e 61, primo comma (art. 3, primo comma, della Costituzione) -Inammissibilit per difetto di rilevanza. Sentenza 22 giugno 1971, n. 135, G. U. 30 giug:iao 1971, n. 163. 011dinanza di rimessione 26 aprile 1969 della quinta sezione :per le pensioni di guerra della Corte dei conti, G. U. 4 marzo 1970, n. 57. legge. 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzio-. namento della Corte costrituzionale), art. 23 (art. 1 della legge costi. tuzfonale 9 febbraio 1948, n. 1) -Manifesta infondatezza. Ordinanza 9 .giugno 1971, n. 130, G. U. 16 giugno 1971, n. 151. Ordinanza di rimessione 21 mag~io 1970 del pretore di Chieri, G. U. 7 ottobre 1970, n. 254. d.P.R. 8 agosto 1955, n. 666 (Disposizioni transitorie, di coordinamento e di attuazione della legge 18 giugno 1.955, n. 517, contenente modificazioni al codice di procedura penale), art. 3, nella parte in cui, in relazione all'art. 170, ultimo comma, del codice di procedura penale, prescrive che il decreto di irreperibilit emesso nel giudizio di primo grado cessa di avere effkacia solo con la trasmissione 1degli atti al giudice competente per il giudizio di appello e non con la pronuncia del giudice di primo grado -Manifesta infondatezza (229). Ordinanza 26 mag.gio 1971, n. 117, G. U. 3 giugno 1971, n. 140. Ordinanza di rimessione 19 novembre 1970 del :pretore .di Napoli, G. U. 24 febbraio 1971, n. 49. ' d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 261, quarto comma (art. 76 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (230). Ordinanza 9 giugno 1971, n. 129, G. U. 16 giugno 1971, n. 151. Ordinanze di rimessione 16 ottobre 1970 e 23 novembre 1970 della corte di appello :di Roma, G. U. 17 febbvaio 1971, n. 42 e 24 febbraio 1971, n. 49. legge 2 aprile 1958, n. 377 (Norme sul ri). Se le agevolazioni previste dalla legge 2 luglio 1949, n. 408, secondo l'interpretazfone di Cui alla fogge 2 dicembre 1967, n. 1212, siano applicabili soltanto agli edifici aventi per destinazione abitazioni, uffici e negozi, con esclusione degli edifici comprendenti unit aventi altra destinazione, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 146 pur se siano rispettate le percentuali previste per le destinazioni specificamente indicate (n. 347). Se unit immobiliari destinate a e meubl > si possano ritenere comprese in una delle tre categorie (abitazioni, uffici, negozi) specificamente previste .ai fini delle agevolazioni di cui alla legge 2 luglio 1949, n. 408 (n. 347). Appalti degli enti locali -Legge l marzo 1968, n. 244, art. 2. Se il riferimento, di cui all'art. 2 della legge 1 marzo 1968, n. 244, ai contratti di appalto stipulati dallo Stato e dagli Enti locali debba intendersi comprensivo anche degli appalti degli enti autarchici non territoriali, .purch locali (n. 348). Appalto rimasto ineseguito -Agevolazioni previste dalla legge n. 408 del 1949. Se i benefici previsti dalla legge n. 408 del 1949 siano applicabili anche ai contratti di appalto rimasti inesegtiiti quando la costruzione che ne ha formato oggetto sia stata iniziata e compiuta, sia pure in attuazione di altri e diversi contratti, nei termini fissati dall'art. 13 legge n. 408 (n. 349). Costituzione di enfiteusi e successivo trasferimento del diretto dominio Accertamento di maggior valore -.Individuazione di. un trasferimento di propriet. Se siano soggetti alla procedura di accertamento di maggior valore gli atti di cui all'art. 28 della legge di registro (n. 350). Se, nel caso di costituzione .di enfiteusi e successivo trasferimento del diretto dominio a favore della stessa persona, legata da rapporto di parentela con il dante causa, debba procedersi ad accertamento non di imposta suppletiva, bensi di imposta prinipale riferita ad atto di compravendita non sottoposto a registrazione (n. 350). Locazioni di immobili urbani. Se l'art. 4 della legge 29 dicembre 1962, n. 1744, abbia inteso derogare al principio generale. della solidariet dei contraenti nell'obbligazione tributaria, e se la solidariet debba escludersi almeno per la compnente relativa all'I.G.E. (n. 351). IMPOSTA DI SUCCESSIONE Privilegio per le imposte suppletive -Esecuzione contro il terzo possessore. Se, per il recupero di un'imposta suppletiva di successione, possa trovare applicazione, nei confronti del terzo possessore, l'rt. 68 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (legge tributaria sulle successioni) (n. 69). se esista un termine di decadenza per esercitare il privilegio previsto dalla norma di cui al citato art. 68 (n. 69). ' PARTE II, CONSULTAZIONI 147 IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA Importazione di navi straniere armate> -Imprenditori commerciali marittimi. Se sia tassabile con la imposta detta I.G.E. alla importazione (di cui all'art. 17 della legge 19 giugno 1940, n. 762) l'importazione in Italia di una nave straniera armata che abbia formato oggetto di compravendita fra un imprenditore commerciale marittimo straniero ed un imprenditore marittimo italiano alla cui impresa commerciale di navigazione la nave medesima sia destinata (n. 134). Se imprenditore commerciale marittimo debba considerarsi anche il proprietario della nave che non gestisce direttamente la nave stessa (n. 134). Locazioni di immobili urbani. Se l'art. 4 della legge 29 dicembre 1962, n. 1744, abbia inteso derogare al principio generale della solidariet dei contraenti nell'obbligazione tributaria, e se la solidariet debba escludersi almeno per la componente relativa all'I.G.E. (n.135). 1 IMPOSTE DI FABBRICAZIONE Imposta di fabbricazione della birra -Prodotto divenuto inservibile -Rimborso. Se il rimborso dell'imposta di fabbricazione sulla birra spetti, per il liquido divenuto assolutamente inservibile, soltanto se ci si sia verificato senza colpa del fabbricante (n. 1). ' IMPOSTE DIRETTE Albi degli esattori e dei collettori -Cancellazione a seguito di condanna per delitti contro la P. A. e la fede pubblica -Richiesta di nuova iscrizione a segu~to di riabilitazione. Se l'intervenuta riabilitazione consenta nuova iscrizione nell'albo degli esattori o in quello dei collettori di chi ne sia stato cancellato a seguito di condanna per delitti contro la P. A. e la fede pubblica, con conseguente provvedimento di decadenza dall'ufficio (n. 2). LAVORO Lavoratrici madri. Se i periodi giornalieri di riposo previsti dall'art. 9 della legge 26 agosto 1950, n. 860 per le lavoratrici madri che allattano i propri figli, siano da riconoscere anche nel caso di allattamento artificiale curato dalla madre (n. 62). 148 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO LEGGI E REGOLAMENTI Regolamenti -Abrogazione. Se una disposizione abrogativa contenuta in una legge possa avere efficacia rispetto ad un regolamento pubblicato sulla G. U. dopo l'entrata in vigore della legge ma emanato in data anteriore (fattispecie relativa all'art. 1 legge 8 giugno 1966, n. 424, in relazione al Regolamento approvato con d.P.R. 10 maggio 1966, n. 591) (n. 17). LOCAZIONI Depositi cauzionali. Se la disposizione dell'art. 9 della legge 26 novembre 1969, n. 833 sia applicabile anche ai contratti di locazione in corso alla data di entrata in vigore della legge (n. 142). Se la stessa disposizione sia derogabile con specifiche pattuizioni introdotte nei contratti di locazione stipulati successivamente all"entrata in vigore della legge (n. 142). MILITARI Oneri relativi ai locali del Consiglio di leva e del Gruppo dei periti selettori. Se la disposizione dell'art. 29 del d.P.R. 24 febbraio 1964, n. 237, riguardi non solo i Consigli di leva ma anche i Gruppi dei periti selettori per quanto concerne gli oneri gravanti sulle Amministrazioni comunali (n. 22). OPERE PUBBLICHE Concorso per la progettazione di opere pu.bbl-iche -Termine per la piresentazione dei lavori. Se la proroga del termine per la presentazione di progetti sia da ritenere validamente intervenuta qualora sia stata emessa prima della scadenza del termine indicato nel relativo bando, ancorch I?Ubblicata successivamente a tale scadenza (n. 90). Contributi di miglioria specifica -Costruzione di strada pubblica che interessa pi comuni. Se, nel caso di costruzione, da parte di un solo Comune, con il concorso dello Stato, di una strada pubblica che avvantaggia pi comuni, possa essere imposto, e da quale ente, il contributo di miglioria specifica per gli immobili ubicati al di fuori del territorio del C'omune che ha eseguito l'opera (n. 91). Galleria della metropolitana milanese -Norme su.i ricoveri antiaerei. Se anche le gallerie per la metropolitana milanese siano sog.gette alla disciplina riguardante la possibile utilizzazione come ricoveri antiaerei, ex art. 1 legge 20 dicembre 1932, n. 1915, pur se non costruite in regime.. di concessione governativa (n. 92). i ' I . . i I ~ I -1 PARTE II, CONSULTAZIONI Prestazioni di funzionari tecnici delle Amministrazioni dello Stato a favore di altre Amministrazioni deUo Stato. Se nei confronti dei funzionari tecnici del Ministero dei LL.PP., incaricati di eseguire collaudi per conto e nell'interesse di un'altra Amministrazione dello Stato, trovino applicazione le norme dell'art. 62 del r .d.l. 23 ottobre 1925, n. 2537, che consentono la facolt di applicare le tariffe per i liberi profssionisti allorch le prestazioni dei funzionari delle .Amministrazioni dello Stato siano compiute per Enti pubblici o aventi finalit di pubblico interesse (n. 93). Revisione dei prezzi -Decorrenza degli interessi. Se gli interessi legali, sull'importo dovuto per rev1s10ne dei prezzi, siano dovuti di pieno diritto con la decorrenza prevista dall'art. 3 del d.l. 6 dicembre 1947, n. 150 (come modificato dalla legge n. 329 del 1950), senza bisogno che ne venga fatta esplicita richiesta (n. 94). PENSIONI lndennit di fine rapporto -Impiegati destituiti prima dell'entrata in vigore della legge 8 giugno 1966, n. 424. Se il Fondo di Previdenza per il personale dell'Amminist);'azione del Catasto sia tenuto a corrispondere l'indennit di fine rapporto a suo tempo legittimamente non accordata a iscritti destituiti dall'impiego in data anteriore all'entrata in vigore della legge 8 giugno 1966, n. 424 (n. 132). ' PROCEDIMENTO CIVILE Ingiunzione fiscale -Termine ad adempiere -Sospensione feriale. Se la sospensione, di cui alla legge 7 ottobre 1969, n. 742, sia applicabile al termine previsto dall'art. 2 del t.u. 14 aprile 1910, n. 639 (n. 43). REGIONI Ricerca -Friuli-Venezia Giulia. Se spettino alla Regione Friuli-Venezia Giulia i proventi relativi ai permessi di ricerca e di coltivazione di sostanze minerarie e di idrocarburi nei giacimenti esistenti nel territorio regionale (n. 182). Sospensione amministratori comunali e provinciali. Se l'Assessore regionale per gli enti locali della Regione siciliana abbia la facolt di adottare o di promuovere provvedimenti di sospensione dalla carica nei confronti del sindaco di un Comune o del presidente di un'amministrazione provinciale, nelle ipotesi previste dagli artt. 5 del d.P.Reg. 20 agosto 1960, n. 3 e 7 della legge reg. 9 maggio 1969, n. 14 (n. 183). 150 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO RESPONSABILIT CIVILE Nesso di causalit. Se debba ritenersi sussistente il rapporto di causalit tra il comportamento colposo che ha cagionato un infortunio (o, in genere, un danno alle persone) e il danno subito a sua volta da un terzo nel prestare aiuto all'infortunato (n. 255). Se il soccorritore abbia azione diretta nei confronti di coloro che ha soccorso e se questi ultimi, a loro volta, abbiano diritto di ripetere, nei riguardi dell'autore dell'illecito, quanto corrisposto al soccorritore (n. 255). Se al soccorritore debba riconoscersi l'azione indiretta surrogatoria (art. 2900 e.e.) nei confronti dell'autore dell'illecito o del civilmente responsabile (n. 255). RIABILITAZIONE Albi degli esattori e dei collettori -Cancellazione a seguito .di condanna ~ per delitti contro la P. A. e la fede pubblica -Richiesta di nuova iscrizione a seguito di riabilitazione. I Se l'intervenuta riabilitazione consenta la nuova iscrizione nell'albo 1 f degli esattori o in quello dei collettori di chi ne sia stato cancellato a seguito I di condanna per delitti contro la P. A. e la fede pubblica, con conseguente l provvedimento di decadenza dall'ufficio (n. 4). f I RISCOSSIONE Albi degli esattori e dei coHettori -Cancellazione a seguito di condanna per delitti contro la P. A. e la fede pubblica -Richiesta di nuova iscrizione a seguito di riabilitazione. Se l'intervenuta riabilitazione consenta nuova iscrizione nell'albo degli esattori o in quello dei collettori di chi ne sa stato cancellato a seguito di condanna per delitti contro la P. A. e la fede pubblica, con conseguente provvedimento di decadenza dall'ufficio (n. 10). SERVITU' Infrazioni alla legge 20 dicembre 1932, n. 1849 sulle servit miLitari -Legge 8 marzo 1968, n. 180. Se, dichiarata estinta per amnistia una delle contravvenzioni alla legge 20 dic,embre 1932, n. 1849 sulle servit militari (e cio in assenza di un giudicato di condanna del trasgressore), egualmente l'Autorit militare possa coattivamente ottenere il ripristino dello stato dei luoghi, ricorrendo eventualmente all'esecuzione di ufficio a norma dell'art. 28 del regolamento 4 maggio 1936, n. 1388 (n. 51). Se, a seguito dell'avvento della legge 8 marzo 1968, n. 180 (che ha apportato modifiche alla legge 20 dicembre 1932, n. 1849), l'Autorit militare; PARTE II, CONSULTAZIONI 151 prima di far luogo alla predetta esecuzione di ufficio, debba sottoporre la :servit militare, che sia stata 'costituita anteriormente all'entrata in vigore di detta legge n. 180/1968, alla revisione generale preveduta dall'art. 2 (n. 51). Se il termine triennale prescritto in detto art. 2 della legge 180/1968 sia perentorio oppure ordinatorio (n. 51). STRADE Demanio stradale -Autotutela -Modalit. Se iLpotere di tutela di ufficio debba essere esercitato con le modalit previste dall'art. 20 del r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740, mantenuto in vigore :lall'art. 145, secondo comma, del t.u. approvato col d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (n. 86). Distanze a protezione del nastro stradale -Sanzioni -Competenza. Se le distanze previste, a protezione del nastro stradale, dall'art. 19 della legge 6 agosto 1967,' n. 765 (c.d. legge-ponte) e dall'art. 4 del d.m. l aprile 1968 siaso applicabili esclusivamente fuori del perimetro dei centri 1:1bitati (n. 87). Se sussistano la competenza degli organi dell'Amministrazione dei lavori pubblici (Ministero e Provveditori regionali) per le sanzioni di -cui all'art. 6 della legge urbanistica-ponte, e la competenza dei Capi Compartimento dell'ANAS e Prefetti, rispettivamente, per le sanzioni di cui agli artt. 1, ultimo comma, e 20 del r.d. 1740 del 1933 (n. 87). TRIBUTI LOCALI Contributi di miglioria specifica -Costruzione di strada pubblica che interessa pi comuni. Se, nel caso di costruzione, da parte di un solo Comune, con il concorso dello Stato, di una strada pubblica che avvantaggia pi comuni, possa essere imposto, e da quale ente, il contributo di miglioria specifica per gli immobili ubicati al di fuori del territorio del Comune che ha eseg.ito l'opera (n. 3). USI CIVICI Alienazione e mutamento di destinazione di terreni di uso civico -Competenza del Comune o della frazione interessata -Legittimazione della frazione a stare in giudizio dinanzi al Commissario per gli usi civici. Se sia di spettanza esclusiva del Comune il potere dispositivo sui beni della frazione, anche se sottoposti ad amministrazione separata (n. 6). 152 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA-DELLO STATO Se il Comitato frazionale, cui sia affidata l'amministrazione di detti beni, possa compiere atti di straordinaria amministrazione che portino a modificare la consistenza e la natura dei beni stessi e i diritti dominicali e di uso civico su di essi esistenti (n. 6). Se per g.U atti di disposizione posti in essere da1 Comitato dei frazionisti sia necessario che la volont da esso espressa venga integrata e fatta propria dalla manifestazione di volont dell'organo competente a deliberare la alienazione dei beni comunali, e cio del Consiglio comunale (n. 6). Se il potere di iniziativa dell'atto di disposizione spetti in via esclusiva al Consiglio comunale (n. 6). Se sussista legittimazione del Comitato frazionale a stare in giudizio dinanzi al Commissariato Usi Civici, qualora non v sia conflitto di interessi col Comune (n. 6).