ANNO XXXVII -N. 3 MAGGIO -GIUGNO 1985 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO. STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1985 . ABBONAMENTI ANNO 1985 ANNO L; 33.350 UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ,. 6.100 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Commerciale -Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma e/e postale n. 387001 Stampato in Italia -Printe in Ital, Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luidlo 1966 (7219012) Roma, 1985 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del/' avv Franco Favara) pag. 355 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE (a cura de/l'avv. Oscar Fiumara) > 387 Sezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDI ZIONE (a cura degli avvocati Carlo Carbone, Carlo Sica e Antonio Cingolo) > 418 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura degli avvocati Paolo Cosentino e Anna Cenerin/J . '441 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura de gli avv. Raffaele Tamiozzo e G. P. Po/Jzzl) > 456 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura de/l'avvocato Carlo Bafi/e) :t 465 Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (a cura degli avvocati Sergio Laporta, Piergiorgio Ferri e Paolo Vittoria) > 496 Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura degli avvocati Paolo di Tarsia di Be/mont.e e Nicola Bruni) 508 Parte seconda: QUESTIONI RASSEGNA DI DOTTRINA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE INDICE BIBLIOGRAFICO QUESTIONI pag. 87 RASSEGNA DI DOTTRINA (a cura del/'avv. Ignazio Caramazza) li 98 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . > 115 La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Carlo BAFILE, L'Aquila; Nicasio MANcuso, Palermo; Rocco BERARDI, Potenza; Maurizio DE F'RANCHIS, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo MANn, Venezia. / ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI I. F. CARAMAzz~ e M. L. GUIDA, La prova nel processo amministrativo . II, tr1 O. FIUMARA, Condizioni per la sospensione del diritto agli assegni familiari spettante al lavoratore che si sposta all'interno della comunit per i familiari residenti in altro Stato membro . . . . I, 387 P. VITTORIA, Brevi osservazioni in tema di concorso di enti nella realizzazione di opere pubbliclw e di legittimazione passiva all'opposizione a stima . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 496 ACQUE Monopolio legale per la gestione dei sistemi di telecomunicazione - Acque pubbliche -Competenza e Limiti, 401. giurisdizione -Tribunali regionali -Convenzione di Bruxelles de.I . 27 - PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA .delle acque e tribunali ordinari Espropriazione per pubblica utilit -Controversie sulla determinazione dell'indennit -Competenza - Tribunale regionale delle acque - Legge sulla casa -Competenza della Corte d'appello -Applicabilit in materia di acque pubbliche -Esclusione, 505. AVVOCATURA DELLO STATO -Ptrocinio di enti pubblici -Mandato -Necessit -Esclusione, con nota di P. VITTORIA, 496. -Patrocinio di enti pubblici -Necessit di delibera relativa all'impugnazione della sentenza -Esclusione, con nota di P. VITIORIA, 497. CIRCOLAZIONE STRADALE -Carta di circolazione -Mancato rilascio -Confisca autoveicolo -Irrilevanza successivo rilascio, con nota di G. P. POLIZZI, 444. -Carta di circolazione -Mancato rilascio -Confisca autoveicolo -Pagamento in misura ridotta -Irrilevanza, con nota di G. P. PoLIZZI, 444. -Veicolo circolante senza carta -Accertamento della violazione -Confisca -Obbligatoriet -Idoneit a conseguire l'immatricolazione -Irrilevanza -Oblazione amministrativa della violazione -Irrilevanza, 441. COMUNITA EUROPEE -CECA -Prezzo base di taluni prodotti siderurgici per il calcolo del dazio antidumping -Comunicazioni della Commissione, 413. -Concorrenza -Abuso di posizione dominante -Imprese pubbliche - settembre 1968 -Competenza giurisdizionale -Competenza esclusiva Affitto immobili -Alloggio per le vacanze, 392. -Convenzione dt Bruxelles del 27 settembre 1%8 -Competenza giurisdizionale -Competenza esclusiva -Affitto immobili -Ambito di applicazione, 392. -Imprese pubbliche -Interesse economico generale -Limiti, 401. -Libera circolazione dei lavoratori - Previdenza sociale -Assegni familiari -Sospensione delle prestazioni, con nota di O. FIUMARA, 387. -Norme comunitarie e accordi internazionali -Compatibilit -Limiti -Fattispecie, 401. CORTE COSTITUZIONALE -Conflitto di attribuzione -Avvenuta consolidazione di atto presupposto -Inammissibilit del ricorso, 385. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -Art. 139 -Disposizioni transitorie e finali -Dichiarazione di illegittimit Giudice competente -Difetto assoluto di giurisdizione, 436. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA -Opposizione a stima -Legittima zione passiva Concorso di enti nella realizzazione dell'opera -Concessione Legittimazione del concessionario e non del concedente, con nota di P. VITIORIA, 496. -Opposizione a stima -Legittimazione passiva -Criterio di individuazione -Indicazione nel decreto di INDICB ANA.'l'ICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDBNZA esproprio come soggetto a cui favore l'espropriazione pronunciata -Eccezioni -Diretta assunzione da parte di altro ente, in forza di legge o atto amministrativo, della posizione di autore dell'opera pubblica, con nota di P. VITIORIA, 497. GIUSTIZIA . AMMINISTRATIVA -Giurisdizione dei tribunali amministrativi regionali -Non derogata dalle disposizioni sul processo tributario, 378. -Perenzione -Decisione istruttoria Inerzia delle parti -Dies a quo Rilevanza giuridica, 458. IMPIEGO PUBBLICO -Cancelleria di pretura -Amanuen se -Mansioni di cancelliere -Esercizio di fatto -Rapporto di pub- blico impiego -Insussistenza, con nota di G. PALMIERI, 428. -Collocamento a riposo -Illegittimit -Pretese a compensi inerenti al rapporto di impiego -Pretese a risarcimento del danno -Giurisdizione amministrativa e ordinaria Limiti, 418. -Equo indennizzo Rivalutazione automatica Inapplicabilit, 461. -Stipendi ed assegni Ritardo nel pagamento -Rivalutazione automatica -Interessi legali Difetto di giurisdizione del giudice del lavoro, 424. IMPUGNAZIONI PENALI -Provvedimento di rigetto di eccezione di incostituzionalit -Non impugnabile, 508. ISTRUZIONE E SCUOLE -Universit Docenti universitan Aspettativa per incompatibiht Legittimit costituzionale, 355. -Universit -Professori a tempo ucfinito Esclusione dalle cariche universitarie -Legittimit costltu zionale, 355. LAVORO -Prescrizione del diritto alla retrt buzione -Durante il rapporto di lavoro -Mancanza di stabilit Conseguenze, con nota di G. PAL1\ H~, 429. -Sciopero del personale dogai;iale Configurazione Forza magg10re Insindacabilit in sede di merito, con nota di V. NUNZIATA, 449. -Sentenza di primo grado esecuti va Mancata soddisfazione del credito del lavoratore -Giudizio di appello Liquidazione del maggior danno, con nota di G. PALMIERI, 429. PENSIONI -Pensione integrativa -Dipendenti INAM Rivalutazione monetaria Non spetta, 456. REATO -Concorso di persone nel reato Dissenso di taluno dei compartecipi circa la particolare specie d aggressione da perpetrare in danno della vittima designata, ma con . cordanza nel genere -Rilevanza giuridica del dissenso -Insussistenza, 508. -Delitto per finalit di terrorismo e di eversione dell'ordinamento costituzionale -Attenuanti previste dagli artt. 2 e 3 della legge 29 maggio 1982, n. 304 Incompatibilita solo con l'aggravante di cui all'ar ticolo 1 D.L. 15 dicembre 1979, numero 625, conv. nella legge 6 febbraio 1980, n. 15 e con il delitto di cui all'art. 289 bis, C.P., 508. __. Reati connessi Connessione oggettiva ex art. 45, n. 1. C.P.P. in relazione all'art. 110, C.P. Autonomia dei rapporti processuali in relazione ad ogni imputato -Sussistenza, 508. RESPONSABILIT CIVILE -Amministrazione pubblica -Provvedimento dichiarato illegittimo Responsabilit Assenza di dolo o colpa Irrilevanza, 418. TRASPORTI PUBBLICI -Ferrovie dello Stato Condizioni e tariffe Giacenze di merci -Tasse VIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di sosta -Caso fortuito e forza maggiore -Esclusione, con nota di V. NUNZIATA, 448 -iRENTINO ALTO-ADIGE -Disposizioni di attuazione dello Statuto -Termine biennale per l'emanazione -Non perentorio, 365. -Provincia di Bolzano -Organi degli enti pubblici locali -Rappresentanza proporzionale dei gruppi linguistici -Necessit, 365. -Provincia di Bolzano -Proporzionale etnica -Personale statale Li mitazione all'accesso a titolarit e dirigenze di uffici Legittimit costituzionale, 366. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -Imposta sui redditi di ricchezza mobile Accertamento . Revisione . Sopravvenuta conoscenza di elementi nuovi Presupposti, 478. -Imposta sui redditi di ricchezza mobile Condono Ultimo imponibile definito Redditi occasionali Vi sono compresi, 466. -Imposta sui redditi di ricchezza mobile -Plusvalenza -Accertamento dell'intento di speculazione Deducibilit nel giudizio di terzo grado, 489. -Imposta sui redditi di ricchezza mobile -Redditi di capitoli Presunzione di interessi sui capitoli dati a mutuo Finanziamento dei soci in favore della societ Si presume fruttuoso, 491. -Imposta unica sul reddito delle persone fisiche -Lavoro autonomo e lavoro dipendente Servizio dei protesti cambiari da parte del segretario comunale - assimilato al reddito di lavoro autonomo, 476. 1a111,11111111111111111r11t111111111111111ir11111ra1t.1r.a TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta di registro -Agevolazion per le strade di grande comunica zione Riguarda soltanto le strade costruite dall'ANAS, 469. -Riscossione Ingiunzione Natura Perdita di efficacia -Opposizione opposizione all'esecuzione -Termine dell'art. 617 cod. proc. civ. Inapplicabilit, 486. TRIBUTI -Contenzioso tributario -Giudizio di terzo grado Estensione -Qualificazione giuridica di negozio deducibile, 491. . -Contenzioso tributario Revocazione -Errore di fatto Fatto controverso oggetto della decisione Inammissibilit, 465. -Contenzioso tributario . -Ricorso alla Commissione centrale . Motivazione -Requisiti, 468. -Dichiarazione dei tributi -Natura ed effetti -Rettificabilit -Termine, con nota di C. BAFILE, 472. -Riforma tributaria -Decreti delegati integrativi o correttivi -Legittimit costituzionale -Parere della commissione interparlamentare dei Trenta -Onere di motivare gli scostamenti dal parere -Non sussiste, 374. TRIBUTI LOCALI -Imposizione sui fabbricati -Non irrazionale, 378. VALLE D'AOSTA -Conflitto di attribuzione -Accordo tra Regione ed ente territoriale appartenente a Stato estero Invade competenza esclusiva dello Stato, 383. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 14 maggio 198S, n. 14S 23 maggio 198S, n. 1SS 23 maggio 198S, n. 1S6 23 maggio 198S, n. 1S9 23 maggio 198S, n. 1S8 24 maggio 198S, n. 160 28 giugno 198S, n. 187 28 giugno 198S, n. 189 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE Sez. I, 13 novembre 1984, nella causa 191/83 Sez. IV, lS gennaio 198S, nella causa 241/83 Sed. Plen., 20 marzo 198S, nella causa 41/83 Sez. III, 21 marzo 198S, nella causa 172/84 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un., 22 ottobre 1984, n. S361 Sez. I, 17 gennaio 198S, n. 119 Sez. I, 21 gennaio 198S, n. 18S Sez. I, 21 gennaio 198S, n. 188 Sez. I, 23 gennaio 198S, n. 271 Sez. I, 23 gennaio 198S, n. 274 Sez. I, 23 gennaio 198S, n. 282 Sez. I, 23 gennaio 198S, n. 290 Sez. Un., 25 gennaio 198S, n. 3S7 Sez. Un., 2S gennaio 198S, n. 366 Sez. I, 26 gennaio 198S, n. 393 .. Sez. I civ., 18 febbraio 198S, n. 1362 Sez. I, 18 febbraio 198S, n. 1364 . Sez. I, 27 febbraio 198S, n. 1702 Sez. Un., 22 maggio 198S, n. 3098 Sez. Un., 3 giugno 198S, n. 329S . TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE 25 settembre 1984, n. 23 14 giugno 198S, n. 32 .. 24 giugno 198S, n. 34 . . pag. 3SS 36S 374 3SS 378 36S 383 38S pag. 387 392 401 )) 413 pag. 418 )) 46S )) 466 )) 468 )) 472 476 )) 478 )) 486 )) 424 489 491 441 444 448 428 )) 436 pag. 497 )) 496 SOS GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. Plen., 26 marzo 1985, n. 8 pag. 456 Ad. Plen., 3 aprile 1985, n. 11 458 Ad. Plen., 16 aprile 1985, n. 14 461 GIURISDIZIONI PENALI CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Sez. I penale, 7 maggio 1985, n. 4200 ......... pag. 508 1.. 111111111z11:1111ra11111 . . .... .:-: :-:...-.....:~::Y...::-::::: PARTE SECONDA QUESTIONI ..... . RAssEGNA DI DOTIRINA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Leggi e decreti . . . . . . . . I -Norme dichiarate incostituzionali Il -Questioni dichiarate non fondate III -Questioni proposte . . . . . . . . pag. 87 98 pag. 115 116 117 121 PARTE PRIMA .,,,.,.,,,,,,,,,,ti__,,,,,.,,. GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE I CORTE COSTITUZIONALE, 14 maggio 1985, n. 145 Pres. Elia -Rel. Roehrssen -De Martiniis (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Siconolfi). Istruzione e scuole Universit Professori a tempo definito -Esclusine dalle cariche universitarie -Legittimit costituzionale. (Cost. artt. 3, 33, 51 e 97; 1. 21 febbraio 1980, n. 28, art. 4; d.P.R. 11 luglio 1980, . 382, art. 11). . Non contrastano on la Costituzione le disposizioni che consentono l'accesso a determinate cariche universitarie soltanto ai docenti che riservano all'universit tutto il loro tempo. / II CORTE COSTITUZIONALE, 23 maggio 1985, n. 158 -Pres. Elia -Rel. Greco -Cuocolo (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Baccari). Istruzione e scuole Universit Docenti universitari -Aspettativa per incompatibilit Legittimit costituzionale. (Cost. artt. 1, 3, 51 e 76; l. 21 febbraio 1980, n. 28, art. 4; d.P.R. 11 luglio 1980, . 382, art. 13). . Le direttive, i princpi ed i criteri servono, da un verso, a circoscrivere il campo della delega, s da evitare che essa venga esercitata in modo divergente dalle finalit che l'hanno determinata, ma, dall'altro, devono consentire al potere delegato la possibilit di valutare la particolari situazioni giuridiche da regolamentare; in particolare, la norma di delega non deve contenere enunciazioni troppo generiche o troppo generali,. riferibili indistintamente ad ambiti vastissimi della normazione oppure enunciazioni di finalit, inidonee o insufficienti ad indirizzare l'attivit normativa del legislatore delegato. D'altro canto, l'uguaglianza dei cittadini nell'accesso agli uffici pubblici riferita non solo al trattamento ed alla conservazione delle posizioni soggettive del cittadino (nella specie del dipenden ' RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 356 te pubblico), ma essa, come la parit delle condizioni obiettive, riguarda la disponibilit del tempo. l'autonomia e l'indipendenza da vincoli che possano costituire, in qualsiasi modo, remore al libero esercizio del mandato e della carica. Pertanto, le disposizioni del d.P.R. n. 382 del 1980, che prevedono il collocamento in aspettativa del docente universitario nominato presidente di Consiglio regionale non contrastano con i princpi e criteri direttivi stabiliti dalla legge delega n. 28 del 1980 n contrastano con gli artt. 1, 3 e 51, della Costituzione. I Il giudice a quo dubita della legittimit costituzionale dell'art. 4, primo comma, lett. b), della legge 21 febbraio 1980, n. 28 (Delega al Governo per il riordinamento della docenza universitaria e relativa fascia di formazione, e per la sperimentazione organizzativa e didattica) e dell'art. 11, quarto comma, Jett. a), del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione no:qch sperimentazione organizzativa e didattica), in virt dei quali i docenti universitari a tempo definito rimangono esclusi dalla possibilit di accedere alle cariche di rettore, preside, membro del consiglio di amministrai:ione, direttore di dipartimento e direttore dei corsi di dottorato di ricerca. Il giudice a quo ritiene che questa normativa possa contrastare con gli artt. 3, 33, 51 e 97, Cost. (omissis). La questione non fondata. Uno dei cardini della riforma universitaria preveduta dalla legge 21 febbraio 1980, n. 28, stato quello di assicurare alle Universit, anche in considerazione del grande accrescimento della popolazione scolastica e dello sviluppo delle attivit scientifiche e didattiche, che un congruo gruppo di docenti possa dedicarsi in via principale ed assorbente a quelli che sono i compiti veramente istituzionali delle Universit stesse e, quindi dei suoi docenti (l'insegnamento e la ricerca scientifica, come emerge chiaramente dall'art. 1 del t.u. 31 agosto 1933, n. 1592 e dall'art. 63 della legge n. 28 del 1980), senza esserne distratti dallo svolgimento di attivit professionali o di consulenza o, comunque, divergenti dai cennati compiti istituzionali. , infatti, evidente che lo svolgimento di attivit del genere comportano impegni e responsabilit non indifferenti, che non possono non impedire al professore di ruolo di dedicare all'Universit tutte le sue energie. Sulla base di questa premessa, la legge n. 28 ha operato una differenziazione fra i docenti di ruolo a seconda che essi intendano, secondo un giudizio strettamente soggettivo e personale, dedicare la loro attivit esclusivamente all'insegnamento universitario o, invece, svolgere anche attivit professionali, cio attivit che esulano da quella didattica e scintifca che caratteristica fondamentale del docente universitario secondo il disposto dell'art. 84 del t.u. n. 1592 del 1933, tuttora vigente. PARTB I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Perci l'art. 4 della legge n. 28 del 1980 ha disposto, fra l'altro, che le norme delegate avrebbero dovuto realizzare un regime di impegno a tempo pieno, incompatibile con l'esercizio di qualsiasi attivit professionale esterna e con l'assunzione di qualsiasi incarico retribuito (fatta salva l'attivit scientifica e pubblicistica) con facolt per il docente di optare p~r un regime di impegno a tempo definito, compatibile con le attivit ora cennate ma incompatibile, invece, con la funzione di rettore, di preside, di membro effettivo del consiglio di amministrazione, ecc.. In puntuale applicazione di queste disposizioni della legge di delega, l'art. 11, quarto comma, del decreto delegato n. 382 del 1980, ha dettato le norme all'uopo occorrenti, riproducendo sosianzialmente il contenuto dell'art. 4, lett. b), della legge n. 28 e precisando in ogni dettaglio quel che consentito e quello che non consentito ai docenti delle due cennate ca~ tegorie. L'art. 11, quarto comma, dello stesso decreto ha inoltre stabilito che la scelta del professore deve essere esercitata almeno sei mesi prima dell'inizio di ogni anno accademico ed ha efficacia solo per un biennio. La distinzione fra regime di tempo pieno e di tempo definito, ritenuta dal legislatore idonea a conseguire il raggiungimento delle finalit poco addietro indicate, poggia indubbiamente sulla constatazione gi fatta che i docenti i quali si dedicano anche ad attivit professionali e personali non connesse con quelle universitarie non possono essere in gra'do di de. dicare ai compiti istituzionali tutte le loro energie. Una volta posta una distinzione del genere, non sembra affatto irrazionale l'avere anche stabilito che possano accedere a determinpte cariche universitarie soltanto i docenti che all'Universit riservano tutto il loro tempo, escludendo coloro i quali, invece, hanno ritenuto di dedicarsi ad altre attivit: anche in questo delicato ed impegnativo campo, concernente lo svolgimento di tutti i compiti inerenti al governo dell'Universit (art. 6 del t.u. n. 1592 del 1933) e cio alla vita universitaria in tutti i suoi svariati aspetti, si ritenuto di escludere coloro i quali, per loro volont ed a seguito di un loro giudizio, vedono il loro tempo attratto da attivit extrauniversitarie. Certamente coloro i quali vivono pi intensamente e pi completa mente la vita universitaria sono meglio in grado ~i partecipare alle atti vit degli organi che presiedono al governo delle Universit. Ora, se questa' la ratio delle disposizioni in parola, ad avviso della Corte non hanno pregio le censure che la ordinanza di rimessione ha ritenuto di muovere alle disposizioni stesse. Non ha fondamento la pretesa violazione del principio di uguaglianza (art. 3, primo comma, Cost.), perch, come si detto, la esclusione dei docenti a tempo definito dalla possibilit di accedere ad alcune cariche universitarie1 costituisce una conseguenza della distinzione fra regime di tempo pieno e di tempo definito. La esclusione stessa, d'altro canto, co stituisce .effetto di una libera manifestazione di volont del docente univer RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sitario, il quale sa, nel momento nel quale chiede il regime di tempo definito, che la sua volont comporta quelle determinate conseguenze. Non si ha violazione del diritto (art. 33, ultimo comma, Cost.), delle Universit di darsi ordinamenti autonomi , poich lo stesso art. 33 aggiunge che tale diritto spetta nei limiti delle leggi dello Stato: non si tratta di una autonomia piena ed assoluta, ma di una autonomia che lo Stato pu accordare in termini pi o meno larghi, sulla base di un suo apprezzamento discrezionale, che, tuttavia, non sia irrazionale. E nella specie, come si detto, le norme in questione non sono irrazionali. D'altro canto le norme stesse attengono allo stato giuridico dei professori universitari, i quali sono legati da rapporto di impiego con lo Stato e sono, di conseguenza, soggetti alla disciplina che la legge statale ritiene di adottare: l'autonomia universitaria, invece, come ha riconosciuto questa Corte (sent. n. 51/1966) si esercita nei sensi indicati negli artt. 17 e 18 del t.u. n. 1592 del 1933, nei quali non cenno alcuno n dello stato giuridico dei docenti n della composizione degli organi universitari. Fuori causa appare anche la pretesa violazione dell'art. 51, Cost.: anche qui la norma costituzionale, dopo avere affermato il diritto di tutti i cittadini di accedere agli uffici pubblici ed alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza, ha avuto cura di aggiungere secondo i requisiti stabiliti dalla legge . AI legislatore ordinario, cio, non vietato di porre norme le quali, in relazione a determinate finalit di pubblico interesse, possano comportare la esclusione di taluni cittadini da alcuni uffici pubblici, sempre che ci non sia irrazionale. :a quello che, appunto, si verifica nel caso di specie. Del tutto fuor di luogo appare la citazione dell'art. 97, Cost. e precisamente del principio del buon andamento della P.A. che sarebbe compromesso nel caso in cui la maggioranza dei docenti universitari si orientasse verso il regime di tempo definito. La ipotesi pone in luce un mero inconveniente, che forse sarebbe opportuno che il legislatore prendesse in considerazione, ma che comunque non rende la norma contraria alla Costituzione, tanto pi che, invece, proprio le norme impugnate possono rappresentare una applicazione del principio del buon andamento riferito alla vita delle Universit. II (omissis) L'art. 4 ,della legge n. 28 del 1980, alla lett. d) prevede il collocamento in aspettativa di ufficio del docente universitario, tra l'altro, nominato ad elevate cariche amministrative, politiche o giornalistiche, salva la possibilit di svolgere, nell'universit presso cui titolare, cicli di conferenze, attivit seminariali ed attivit di ricerca, anche appplicativa. L'art. 13, primo comma, n. 7 del d.P.R. n. 382 del 1980, emanato in attuazione della delega, prevede il collocamento in aspettativa, per la durata ~: ~ PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE della carica, del docente, tra l'altro, nominato Presidente del Consiglio regionale. Il giudice rilev che l'art. 4 della. legge di delega innanzi citata, in contrasto con quanto prescritto dal precetto costituzionale (art. 76, Cost.) il quale riserva al legislatore delegante la fissazione dei princpi e dei criteri direttivi nel cui ambito, poi si dovr esprimere Ja norma delegata, ha preso in considerazione. solo il concetto ampio e generico cii carica elevata senza specifico riguardo all'impegno di tempo che l'esercizio della carica possa comportare. , Dalla rilevata genericit della formulazione della norma di delega conseguirebbe, a parere dello stesso giudice, la possibilit di scelte di merito legislativo sottraibili a sindacato giurisdizionale ed esorbitanti dai poteri costituzionalmente propri del legislatore delegato nonch di scelte discriminanti ed irrazionali rispetto ailfa ratio della stessa Jegge di delega. La stessa ragione del collocamento di ufficio in aspettativa del docente universitario rimarrebbe inattuata proprio per la mancata formulazione di princpi specifici. La legge delegata violerebbe l'art. 76, Cost. anzitutto perch, mentre la legge di delega fa testuale menzione della sola ipotesi della nomina ad elevate cariche politiche, amministrative e giornalistiche, la legge delegata prevede, invece, tra quelle determinatrici dell'incompatibilit per il docente universitario, la carica di Presidente del Consiglio regionale, cui si accede per elezione. Inoltre, la stessa norma delegata disattenderebbe la ratio del regime di incompatibilit, da individuarsi nell'esigenza di assicurare all'attivit del docente pienezza di impegno e di disponibilit, perch non avrebbe tenuto conto del fatto che la carica di Presidente del Consiglio regionale comporta l'espletamento di compiti limitati alla direzione dei lavori del Consiglio ed all'esercizio della rappresentanza esterna e, quindi, richiederebbe ridotti impegni, in termini di tempo, tali da non ostacolare l'esercizio dell'attivit di docente. Le censure non possono trovare accoglimento. Invero, questa .Corte, interpretando l'art. 76, Cost., ha pi volte affermato che la legge di delega deve contenere, oltre i limiti di durata e la definizione degli oggetti, l'enunciazione dei princpi e criteri direttivi e che, all'uopo, il precetto costituzionale da ritenersi soddisfatto allorch sono date al legislatore delegato delle direttive vincolanti, ragionevolmente limitatrici della sua discrezionalit e delle indicazioni che riguardino il contenuto della disciplina delegata, mentre, allo stesso legislatore delegato demandata la realizzazione, secondo modalit tecniche prestabilite, delle esigenze, delle finalit e degli interessi considerati dal legislatore delegante. Le direttive, i princpi ed i criteri servono, da un verso, a circoscrivere il campo della delega, s da evitare che essa venga esercitata in modo divergente dalle finalit che l'h~nno determinata, ma, dall'altro, devono 360 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO consentire al potere delegato la possibilit di valutare situazioni giuridiche da regolamentare. In particolare, la norma di delega non deve contenere enunciazioni troppo generiche o troppo generali, riferibili indistintamente ad ambiti vastissimi della normazione oppure enunciazioni di finalit, inidonee o in sufficienti ad indirizzare l'attivit normativa del legislatore delegato. Il controllo di costituzionalit riservato a questa Corte riguaraa le difformit della norma delegata rispetto a quella delegante e non le scelte del legislatore che investono il merito della legge delegata. Nella fattispecie, la legge di delega ha osservato il precetto costituzionale indicando al legislatore delegato, con sufficiente approssimazione e nei giusti limiti, quelle situazioni determinatrici di incompatibilit per 'l'eventuale, contemporaneo svolgimento dell'ufficio pubblico e dell'attivit di docenza universitaria ed in concreto individuandole, tra le altre, nelle elevate cariche politiche, amministrative e giornalistiche . L'elevatezza della carica non deve essere valutata soltanto in relazione all'impegno di tempo che essa richiede per l'espletamento delle relative funzioni, ma anche in considerazione della posizione che essa conferisce e per la situazione di prestigio, di imparzialit e di indipendenza che esige il cor.retto svolgimento dell'incarico. La legge delegata ha attuato le direttive ed i criteri della legge di delega allorch ha compreso, tra le cariche elevate, quella di Presidente del Consiglio regionale. Non pu dubitarsi che si tratti di una carica elevata se si considerano le funzioni che ne derivano. Sono, non solo quelle di rappresentanza ester na del Consiglio Regionale e nei rapporti con la Giunta, ma quelle di compilazione degli ordini del giomo, della direzione dei lavori dell'assem blea, di regolamentazione della discussione, della disposizione della vota zione, della proclamazione dei risultati, del controllo di legittimit delle deliberazioni, di tutela delle minoranze, della nomina dei Commissari, della comminazione delle sanzioni ai Consiglieri ecc .... Risulta altres rispettata la ratio della legge di riforma della docenza universitaria che esige il massimo impegno del docente universitario nello svolgimento dell'attivit didattica di insegnamento e di ricerca, non poten do, il docente universitario, svolgere ed attuare i suoi compiti contem poraneamente alle altre funzioni di cos notevole importanza e di cos notevole impegno. Per quanto riguarda, poi, pi specificamente la legge delegata, non stato certamente violato l'art. 76, Cost. per effetto della menzione, tra le elevate cariche, di quella di Presidente del Consiglio regionale per quanto riguarda le modalit dell'accesso alla stessa. Il termine nomina, uti lizzato dalla legge di delega, da intendersi in senso generico, con riferi mento specifico alla carica e non al modo di conseguirla, di guisa che non si pu distinguere la chiamata diretta dalla elezione. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Il significato della norma risulta palese, senza ombra di dubbio, se si pone attenzione alle altre cariche che egualmente creano l'inompati bilit per il docente universitario. Ad alcune di esse si accede per chiamata diretta o per elezione, quale, ad esempio, la carica di Presidente del Con siglio, la nomina a giudice della Corte costituzionale, la nomina a compo nente del Consiglio Superiore della Magistratura. ' Restano, infine, sottratte a sindacato costituzionale, da parte di questa Corte, tutte le scelte di merito effettuate dal legislatore delegato nel l'esercizio della discrezionalit di ct gode. Il giudice a quo denuncia, poi, ulteriori motivi di illegittimit costitu zionale dello stesso art. 4, lett. d), della legge di delega n. 28 del 1980 per violazione dell'art. 51, Cost. in relazione agli artt. 1 e 3 della Costituzione e dell'art. 13, primo comma n. 7 della legge delegata n. 382 del 1980 in rela zione all'art. 3, Cost.. (omissis) Anche questi motivi non persuadono. Questa Corte ha pi volte precisato che l'art. 1 della Costituzione af ferma solo il principio ispiratore della tutela del lavoro e non vuole determinare i modi e le forme di questa tutela e che l'art. 4, Cost. mette solo in risalto l'importanza sociale del diritto al lavoro (sent. 194/76; 16/80). Per quanto concerne l'art. 51 Cost., la Corte osserva che la norma riguarda indubbiamente i rapporti politici in senso ampio; comprende, cio, non solo l'elezione a membro dei due rami del Parlamento ma anche l'elezione agli organi elettivi previsti nel nostro ordinamento, re. gionali, provinciali e locali, tutti considerati costituenti il tessuto connettivo dell'ordinamento statuale e tutti rilevanti per attuare gli interessi generali, onde rimanga assicurato il pieno svolgimento della vita demo cratica del Paese. Come gi ha considerato questa Corte (sent. 194/1976, 16/1980), i pre cetti costituzionali invocati (l'art. 51 Cost. in relazione all'art. 3) ricono scono ai cittadini chiamati a ricoprire cariche pubbliche, in parit ed in eguaglianza per tutti, la disponibilit del tempo necessario all'adempimen to dei compiti propri degli uffici e delle cariche pubbliche e la conserva zione del posto di lavoro. Ad una esplicita affermazione del principio contenuto nella prima parte (uguaglianza dei cittadini nell'accesso agli uffici pubblici ed alle cariche elettive) corrisponde un'altrettanta esplicita dichiarazione di vo lont,_ contenuta nell'ultimo comma, con il quale il costituente ha indivi duato, come garanzia di attuazione delprecetto contenuto nel primo com ma, la disponibilit del tempo necessario per l'adempimento dei compiti degli uffici e delle cariche pubbliche ed il mantenimento del posto di lavoro. L'uguaglianza non solo riferita al trattamento ed alla conserva zione delle posizioni soggettive del cittadino, nella specie del dipendente RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pubblico, ma essa, come la parit delle condizioni obiettive, riguarda la disponibilit del tempo, l'autonomia e l'indipendenza da vincoli che possano costituire, in qualsiasi modo, remore al libero esercizio del mandato e della carica. Il diritto di conservare il posto di lavoro va inteso per come diritto a mantenere il rapporto di lavoro o di impiego e non come diritto all'effettivo esercizio delle funzioni. Lo stesso art. 51, pur contenendo l'affermazione, come precetto costituzionale, della uguaglianza di tutti i cittadini nell'esercizio dell'elettorato passivo, contiene anche un rinvio alla legge ordinaria; riconosce, cio, al legislatore ordinario la facolt di disciplinare in concreto l'esercizio dei diritti garantiti; di fissare, cio, le relative modalit, a condizione, per, che non risultino menomati i diritti riconosciuti. Egli ha, cio, il potere di disciplinare in modo diverso situazioni che ritiene abbiano carattere di particolarit, a condizione, per, che la diversit di trattamento si ispiri a criteri di razionalit e risultino prese in considerazione intere categorie e non singoli cittadini. Nel caso che interessa, il legislatore ha preso in considerazione l'intera categoria dei docenti universitari ed ha, in concreto, stabilito quali siano le cariche pubbliche che comportano l'assorbimento quasi totale delle capacit lavorative di colui che chiamato a ricoprirle. E rientra nei suoi poteri la relativa indagine di fatto che prende in considerazione la natura, la complessit e la importanza dell'incarico in relazione alla natur dell'ente alla direzione del quale l'eletto stato designato. La diversit del trattamento fatto ai docenti universitari nei confronti degli altri dipendenti pubblici, trova adeguata e razionale giustificazione proprio nella ratio della riforma. dell'ordinamento universitario e negli obiettivi che il legislatore con essa ha inteso raggiungere. Queste ragioni sono ben individuate nella necessit che sia garantita un'ampia disponibilit del docente per i compiti propri della didattica e della ricerca. Le incompatibilit sancite trovano giustificazione proprio nella considerazione, fondata, della impossibilit del contemporaneo svolgimento, in modo adeguato, dell'attivit di docente universitario nei compiti nuovi e complessi ,derivanti dalla riforma dell'ordinamento universitario e dei compiti di notevole impegno connessi alla carica pubblica cui si eletti nonch nella natura stessa della carica che esige piena autonomia ed imparzialit. La norma, altres si ispira anche a criteri di opportunit pratica suggeriti, oltre che dalla considerazione dei compiti e del lavoro che impegna il Presidente del Consiglio regionale, anche dall'esigenza di assicurare il buon andamento dell'amministrazione. Il collocamento in aspettativa di ufficio del docente non comprime suoi diritti di elettorato passivo a lui spettanti come a qualsiasi altro PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE cittadino n coarta la sua volont. Egli libero nella scelta e nella autodeterminazione. In definitiva, il diritto di elettorato passivo risulta tutelato in maniera pi decisa in quanto l'aspettativa che esonera il docente per la durata della carica conferisce allo stesso una maggiore disponibilit di tempo. La disciplina apprestata dal legislatore certamente ragionevole. Tanto pi che al docente posto in aspettativa consentito di svolgere l'attivit di ricerca, anche applicativa, ed il lavoro seminariale, nonch di tenere cicli di conferenze. In tal modo da un verso si tenuto conto del valore sociale della docenza universitaria e del servizio che il docente pu rendere in assemblee elettiv e, dall'altro, del servizio che egli pu continuare a svolgere nell'universit, garantendo, cos, all'universit l'apporto dell'esperienza civile e politica che il docente compie nel campo politico-amministrativo. In altri termini, attuato un collegamento tra attivit reciprocamente utili, dal punto di vista obiettivo e sociale e, per il profilo soggettivo, realizzato un equo comportamento tra le esigenze, da riconoscersi al docente come a tutti i cittadini, di partecipare alla vita politica con la garanzia dell'accesso alle cariche pubbliche, e le esigenze del mantenimento dei contatti del docente con la vita universitaria alla qual non rimane estraniato ed assente del tutto, svolgendo un'attivi_t di docenza, sia pur limitata. Pertanto, nessuna delle norme costituzionali invocate risulta violata, per avere il legislatore stabilitQ, nei confronti di soggetti ai quali il lavoro assicurato da un rapporto di pubblico impiego, una incompatibilit volta ad assicurare le finalit sociali che il tipo di lavoro diretto a realizzare, e le finalit pubbliche, con la maggiore efficienza possibile per entrambe. Infine, il giudice a quo ha denunciato la violazione dell'art. 3 Cast. sotto un triplice profilo di disparit di trattamento: a) che si verificherebbe, senza ragionevole giustificazione, in danno dei professori universitari rispetto agli altri pubblici dipendenti per i quali si applica il regime dell'aspettativa a domanda anzich quello d'ufficio, sia nel caso di elezione alla carica di Consigliere regionale sia in quello di elezione a11a carica di presidente del Consiglio regiona1e; b) che sussisterebbe nell'ambito della stessa categoria di professori universitari in quanto per i medesimi opera il regime del collocamento in aspettativa a domanda, se eletti consiglieri regionali, e quello del collocamento in aspettiva di ufficio, se eletti, successivamente, alla carica di Presidente del Consiglio regionale, sebbene non vi siano ragionevoli motivi per ritenere che tale carica, rispetto a quella di Consigliere regionale o di Vice-Presidente del Consiglio regionale, comporti oneri pi rilevanti; RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 364 c) che esisterebbe, senza ragionevole giustificazione, tra i professori ordinari ed i professori incaricati, per i quali, non trova applicazione la norma impugnata, nonostante che, in ordine all'esercizio della funzione docente, una sostanziale parit di condizioni sembri caratterizzare entrambe le categorie e si debba realizzare la stessa ratio legis. ' Come questa Corte, in questione analoga (sent. n. 6/1960), ha g1a ritenuto e gi si detto innanzi, il legislatore ordinario, nel disciplinare le modalit di esercizio dei diritti individuali preveduti dall'art. 51, terzo comma, Cost., pu emanare norme che si adattino alla possibile diversit delle situazioni considerate. In altri termini, il legislatore ordinario ha il potere di apprezzare se per talune categorie di dipendenti pubblici ricorrano situazioni particolari che rendano opportuno disporre per esse un trattamento speciale o differenziato che tenga conto della effettiva possibiHt di esercitare i relativi compiti contemporaneamente all'espletamento di attivit in altri uffici pubblici o in altre cariche pubbliche. Pu ritenersi giustificato e razionale il diverso trattamento se. effet-. tivamente l'appartenente ad una categoria abbia maggiore disponibilit di tempo rispetto all'altro o se ciascun appartenente ad essa abbia la possibilit di regolare direttamente le modalit o l'impiego di tempo per il proprio lavoro (cos era all'epoca della fattispecie esaminata per i professori universitari rispetto agli altri impiegati pubblici). Ed il trattamento ora previsto per professori universitari (ossia il collocamento in aspettativa di ufficio), rispetto agli altri impiegati pubblici (collocamento in aspettativa a domanda), dal legislatore ordinario nell'esercizio del potere discrezionale a lui attribuito, trova adeguata e razionale giustificazione nella situazione diversa del professore rispetto a quello degli altri impiegati pubblici, che si venuta a creare a seguito della riforma della docenza universitaria per effetto della legge n. 28 del 1980, nella sua multiforme attivit didattica. Gli attuali impegni del docente universitario (insegnamento, ricerca, seminari, esami conferenze nella facolt e nell'istituto o nel dipartimento)esigono orari non sempre predeterminabili con sufficiente anticipo o con un certo margine di certezza, sicch egli non ha il tempo libero sufficiente per svolgere contemporaneamente anche l'attivit in uffici o cariche pubbliche, specie se elevate ed impegnative come quella di Presidente del Consiglio regionale rispetto a quella di Consigliere regionale, come gi si detto innanzi. Del resto, pu anche dirsi che la norma di previsione, diversa per gli impiegati pubblici, difficilmente pu avere pratica attuazione in quanto anche p~r essi, in realt, difficile lo svolgimento di attivit nell'ufficio di appartenenza e nell'ufficio politico-amministrativo cui sono stati eletti. E altres trova giustificazione razionale il trattamento differenziato, predisposto per i professori universitari, per la elezione alle diverse ca-r ' PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE riche di Consigliere regionale e di Presidente del Consiglio regionale per la diversit delle cariche e degli uffici. Il Consigliere regionale non ha certo quegli impegni che ha il Presidente del Consiglio regionale, che sono stati partitamente ricordati innanzi, all'interno del Consiglio ed all'esterno; e le due cariche non sono uguali anche per il rango, l'importanza, l'imparzialit e l'autonomia assoluta che richiedono. La stessa carica di Vice-Presidente diversa, trattandosi normalmente di un ufficio vicario senza compiti propri, specifici e particolari.. Infine, non sussiste disparit di trattamento tra i professori universitari e gli incaricati. ' Invero, per gli incaricati stabilizzati sussistono le stesse incompatibilit ad essi estese dall'art. 118 della stessa legge n. 28 del 1980. Per i non stabilizzati, il diverso trattamento trova razionale giustificazione nella situazione del tutto precaria in cui essi si trovano. I CORTE COSTITUZIONALE, 23 maggio 1985, n. 155 -Pres. Elia -Rel. Malagugini -Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Azzariti) e Provincia di Bolzano. Trentino Alto-Adige -Provincia di Bolzano -Organi degli enti pubblici locali Rappresentanza proporzionale dei gruppi linguistici -Necessit. Gli organi collegiali di amministrazione di tutti gli enti pubblici locali operanti nella provincia di Bolzano devono essere costituiti in modo da assicurare la rappresentanza proporzionale dei gruppi linguistici; le disposizioni che realizzano tale precetto nelle situazioni specificamente disciplinate devono essere espresse e puntuali. Il CORTE COSTITUZIONALE, 24 maggio 1985, n. 160 -Pres. e Rel. Elia - Breschi (avv. Emeri) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Stipo). Trentino Alto-Adige Disposizioni di attuazione dello Statuto Termine biennale per l'emanazione Non perentorio. (Cost., artt. 70, 76, 77 e 87; Statuto T.A.A., artt. 107 e 108; d.P.R. 26 luglio 1976, n. 752).. 366 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Trentino Alto-Adige -Provincia di Bolzano -Proporzionale etnica -Personale statale -Limitazione all'accesso a titolarit e dirigenze di uffici " Legittimit costituzionale. (Cost., artt. 3 e 97; Statuto T.A.A., artt. 89 e 100; d.P.R. 26 luglio 1976, n. 752, artt. 9 e 46). Il potere normativo del Governo per l'emanazione (previo parere della commissione paritetica) delle disposizioni di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino Alto Adige non venuto meno con il decorso del termine biennale previsto dall'art. 108 di detto Statuto (testo unico). Non contrasta n con la Costituzione n con lo Statuto speciale la " disposizione che riserva a taluni dipendenti (assunti prima del 20 gennaio 1970 ovvero residenti nella provincii di Bolzano in detta data) di accedere a titolarit e dirigenze. I Con ricorso notificato il 18 dicembre 1976 e depositato in concelleria il 28 dicembre 1976 il Presidente del Consiglio dei ministri chiedeva dichiararsi l'illegittimit costituzionale del disegno di legge riapprovato dal Consiglio Provinciale dell'Alto Adige il 1 dicembre 1976 nel testo gi approvato il 7 ottobre preedente -concernente l'istituzione di un albo professionale per giardinieri , nella quale tra l'altro: a) si delimi tavano ai fini della presente legge le dimensioni quantitative minime dell'azienda di .giardinaggio (3000 mq. di cui 500 mq. riscaldabiili: art. 1); b) si determinavano i requisiti per l'iscrizione all'albo (apprendistato, frequenza di una scuola professionale, superamento di un esame di abilitazione, attivit professionale almeno biennale presso un giardiniere gi iscritto: art. 2); c> si disciplinava la composizione della Commissione incaricata della tenuta dell'albo (art. 3); d) si poneva l'iscrizione all'albo come condizione essenziale per richiedere le misure di incentivazione pre. viste da leggi provinciali. ' Richiamando i rilievi gi formulati all'atto del rinvio, il ricorrente, nel presupposto che secondo tale disciplina l'iscrizione all'albo costituisse (secondo fa funzione propria di tutti gli albi professionali) condizione per l'esercizio dell'attivit di giardiniere, assumeva che la imposizione di siffatte limitazioni al libero esercizio di un'attvit economica contrastasse sia con l'art. 41 Cost. -per l'assenza di ragioni di pubblico interesse atte a giustificarla --sia, comunque, con l'art. 120, u.c., Cost. eccedendo essa i limiti della competenza regionale. In riferimento, poi, all'interpretazione del disegno di legge posta a fondamento della riapprovazione -secondo cui l'istituzione dell'albo non impedirebbe a chiunque il libero esercizio dell'attivit di giardiniere, ma avrebbe il solo scopo di individuare i possibili destinatari delle misure di PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE incentivazione per giardinieri -il ricorrente assumeva che il riservare ai titolari di aziende di determinate dimensioni ed in possesso di dati requisiti, non le specifiche misure di incentivazione di volta in volta disposte, bens -in via preventiva, generale ed astratta -tutte le misure di incentivazione che saranno disposte dalla provincia, sarebbe in contrasto con princpi di uguaglianza e di libert di lavoro (artt. 3 e 4 Cost.); non senza, peraltro, osservare che la suddetta interpretazione era in parte smentita dalla stessa relazione1dell'assessore competente, nella quale era precisato che si intendeva definire l'azienda giardiniera anche agli effetti delle disposizioni urbanistiche che prevedono per i giardinieri una regolazione particolare per quanto riguarda la concessione di licenze edilizie. Quanto all'art. 3 del disegno di legge, il Presidente del Consiglio ne enunciava il contrasto con l'art. 61 dello Statuto speciale della Regione TT.AA. (d.P.R. 31 agosto 1974, n. 670), in quanto non vi era espressamente stabilito l'obbligo di rispettare, nella composizione della commissione incaricata della tenuta dell'albo, la proporzionalit tra i gruppi linguistici. L'osservanza della norma statutaria non potrebbe infatti -come pretendeva la Provincia -desumersi per implicito dall'assenza di una espressa disposizione contraria, atteso che con essa era stato posto non gi un criterio di interpretazione, bens un preciso precetto al legislatore regionale o provinciale, di stabilire determinate norme . Il ricorrente impugnava infine l'art. 2, terzo comma, in quanto con esso, ai fini dell'ammissione all'esame di abilitazione per giardinieri, si attribuivano alla frequenza di un corso di studi all'estero i medesimi effetti della frequenza di un corso di studi italiano: osservando che tale disposizione, pur se non costituiva formale riconoscimento di effetti giuridici ad un titolo estero, invadeva tuttavia una competenza riservata allo Stato. (omissis) Il disegno di legge impugnato, attraverso la istituzione di un albo professionale per giardinieri, persegue, in concreto, lo scopo di predeterminare, verificandone la sussistenza, le condizioni minime di natura quantitativa (art. 1) e qualitativa (art. 2) (cosi si esprime l'assessore provinciale per l'agricoltura e le foreste nella relazione al Consiglio chiamato a deliberare per la seconda volta) necessarie per poter richiedere misure di incentivazione previste da leggi regionali (art. 4). In altre parole, il disegno di legge in esame non pone vincoli o limitazioni di sorta all'esercizio della professione di giardiniere nella provincia di Bolzano e, anche se la denominazione albo professionale intesa nell'accezione tradizionale, pu indurre in equivoco, non istituisce un ordine o collegio professionale di autogoverno della categoria; intento, questo, non deducibile da alcuna delle sue disposizioni. La normativ proposta vuole soltanto limitare l'accesso alle misure provinciali di incentivazione a quei giardinieri che svolgono autonomamente, personalmente e professionalmente una o pi delle attivit in 368 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO essa elencate su una superficie di almeno 3000 mq. riscaldabili (art. 1) e che siano in possesso di determinati requisiti, di preparazione tecnica e professionale, da verificate mediante apposito esame provinciale di abilitazione (art. 2). Tali essendo i contenuti essenziali ed il fine esclusivo perseguito dal disegno di legge proviriciale, ne deriva, de plano, l'infondatezza di quelle tra le questioni sollevate con il ricorso governativo, che investono l'intero disegno di legge in riferimento agli artt. 41 e 120 Cost.. Le censure in esame, infatti, muovono da un equivoco interpretativo, talch, questo risolto e chiarito che la normativa considerata non pone condizione alcuna per l'esercizio dell'attivit di giardiniere, ma richiede l'iscrizione all'istituendo albo professionale al solo fine di consentire l'accesso alle misure provinciali di incentivazione, i dubbi di costituzionalit, proposti dal ricorrente in relazione agli invocati parametri costituzionali, si appalesano privi di fondamento. (omissis) Il governo della Repubblica deduce, infine, l'illegittimit costituzionale dell'art. 3 del disegno di legge impugnato, assumendone il contrasto con l'art. 61 dello Statuto speciale di autonomia, dal momento che il legislatore provinciale non ha osservato l'obbligo posto dalla disposizione statutaria per cui nell'ordinamento degli enti pubblici locali sono stabilite le norme atte ad assicurare la rappresentanza proporzionale dei gruppi linguistici nei riguardi della costituzione degli organi degli enti stessi. La questione fondata. L'art. 61, primo comma, compreso nel titolo IV dello Statuto speciale di autonomia, concernente gli enti locali, detta una disposizione di carattere generale, di chiusura se si vuole, per cui tutti gli organi di tutti gli enti pubblici locali devono essere costituiti, in forza di una specifica previsione normativa, in modo , tale da assicurare la rappresentanza proporzionale dei gruppi linguistici. Tanto ribadito dall'art. 23 del d.P;R. n. 49 del 1973, recante norme di attuazione, che, mentre afferma l'applicabilit del disposto statutario soltanto agli enti pubblici la cui attivit si svolge nella Provincia di Bolzano o in entrambe le provincie della Regione , precisa che la composizione degli organi collegiali degli enti considerati deve adeguarsi alla consistenza dei gruppi linguistici esistenti nella stessa localit, quale risulta dall'ultimo censimento della p6polazione . La provincia di Bolzano -come si ricava dalla gi richiamata relazione al consiglio provinciale dell'assessore per l'agricoltura e le foreste -riconosce apertamente l'obbligo di osservare la proporzionale linguistica nella composizione di tutte le commissioni , ma contesta che sia necessaria una espressa previsione positiva, bastando, a suo giudizio, la mancanza di " espresse disposizioni contrarie . PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDl!NZA COSTITUZIONALE L'affermazione non pu persuadere, posto che l'art. 61, primo comma; dello Statuto non impone soltanto l'obbligo di applicare il principio di proporzionalit ma esige, testualmente, che vengano dettate le norme atte a renderlo operante nelle situazioni specificamente disciplinate. La Commissione di cui all'art. 3 del disegno di legge provinciale, cui affidato il co:mpito di reggere l'albo professionale per giardinieri, costituisce un organo della provincia, incardinato presso l'assessorato per l'agricoltura e le foreste, le deliberazioni del quale, dotate di indubbia rilevanza esterna, sono ricorribili avanti la giunta provinciale. La commissione composta di quattro membri, elegge nel proprio seno il presidente, il cui voto prevale in caso di parit. Tale composizione della commissione, se raffrontata alla consistenza dei gruppi linguistici nella provincia di Bolzano, rende evidente che la disposizione statutaria non suscettibile di inserzione--automatica nelle singole leggi regionali, talch indispensabile che queste predeterminino la regola cui attenersi nella composizione dei collegi, eventualmente anche in riferimento l ruolo, in ipotesi decisivo, spettante al presidente. In accoglimento parziale del ricorso governativo, si deve quindi dichiarare l'illegittimit costituzionale dell'art. 3 del disegno di legge provinciale. (omissis) II L'ordinanza del Consiglio di Stato propone anzitutto un dubbio di legittimit costituzionale che investe l'intero d.P.R. 26 luglio 1976, n. 752 (in tema di proporzionale etnica negli uffici statali della provincia di Bolzano e della connessa disciplina sul bilinguismo), in quanto esso violerebbe gli artt. 107 e 108 dello Statuto del Trentino-Alto Adige e 70, 76, 7 e 87 della Costituzione, essendo stato emanato oltre il termine biennale perentoriamente fissato dal cit. art. 108, primo comma. , Del resto, siffatta carenza di potere governativo ad adottare questo particolare atto avente forza di legge vizierebbe, deve qui aggiungersi, i numerosi decreti presidenziali emessi dopo la scadenza del richiamato termine biennale. Va poi precisato che le modifiche apportate dagli artt. 8 e 9 del d.P.R. 29 aprile 1982, n. 327, rispettivamente al primo e al secondo comma dell'art. 9 del d.}>.R. 26 luglio 1976, n. 752, non solo lasciano intatta la questione assolutamente preliminare ora evocata, ma non comportano neppure mutamenti di contenuto normativo tali da determinare una restituzione degli atti al giudice a quo per jus superveniens. La questione non fondata. Da un punto di vista pi generale, concernente tutte le norme di attuazione degli Statuti delle Regioni' differenziate, pu affermarsi che il richiamo alla disciplina dell'art. 76 della Costituzione non appare appropriato. Si sicuramente al di fuori della RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 370 delega legislativa, in quanto norme statutarie di rango costituzionale, attribuiscono poteri legislativi al Governo, che li esercita nel contesto di particolari procedure caratterizzate dall'intervento consultivo di organi cui partecipano mediamente le comunit interessate. Tale conferimento di competenze di natura legislativa ha carattere riservato e separato rispetto a quelle esercitabili, in applicazione dell'ottava disp. trans. Cost., dalle ordinarie leggi della Repubblica (sent. n. 180 del 1980, n. 3 del considerato in diritto); inoltre l'esercizio di tali competenze consentito al Governo in via permanente (sent. n. 212 del 1984, n. 2, in fine, del considerato in diritto). Tale permanenza della particolare fonte norma d'attuazione va naturalmente intesa in termini compatibili col nostro sistema; e dunque, in contrasto con il carattere meramente transitorio che si vorrebbe attribuire ad essa, dev'essere riconosciuta fino a che non si esaurisca l'attuazione delle norme statutarie. D'altra parte non si vede come, a1 di fuori di una specifica normativa di rngo costituzionale, sarebbe pose sibile prevedere un procedimento di legislazione parlamentare che mantenesse .gli elementi di compartecipazione regionale e di intervento governativo ora previsti. Naturalmente gli argomenti di natura generale, ora addotti per escludere che sia qui accettabile lo schema della delega in cui il Consiglio di Stato inquadra le norme di attuazione, non toccano l'eccezione avanzata in ordine alla violazione del termine biennale ex art. 108, primo comma, dello Statuto del Trentino-Alto Adige. Tuttavia, anche l'affermazione del carattere perentorio di detto termine non risulta fondata per chi legga i tre commi del successivo art. 109 in stretto collegamento, com' necessario, con la prescrizione del pi generale disposto sul biennio di cui all'art. 108, primo comma. Infati, soltanto nelle due fattispecie relative alla indicazione dei beni d'interesse nazionale appartenenti al patrimonio storico ed artistico nonch all'ordinamento scolastico ex art. 19 dello Statuto del Trentino-Alto Adige, la norma statutaria fa derivare determinati effetti dalla mancata emanazione delle norme di attuazione entro il termine preveduto: e cio che le province possano assumere con legge le funzioni amministrative relative a tali materie. Nella ipotesi pi comprensiva dell'art. 108, nessuna conseguenza ricollegata all'inutile decorso del termine: e del resto, nemmeno nelle fattispecie di cui all'art. 109, previsto il venir meno del potere normativo del Governo, ma si fa luogo al deterrente (risultato efficace) della facoltizzazione delle province ad assumere con legge l'amministrazione nei settori ora indicati. Dall'inutile decorso del termine ex art. 108, primo comma, pu sicuramente trarsi motivo per far valere la responsabilit politica del Governo, che, a termini dell'art. 108, secondo comma, dovrebbe emanare le norme d'attuazione, prescindendo dal parere della Commissione pari PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE tetica istituita a norma dell'art. 107, quando questa non abbia emesso i pareri nei primi diciotto mesi del biennio: ma le Camere, lungi dal far valere tale responsabilit, si sono limitate nel 1980 e nel 1981 a sollecitare il Governo ad adottare le residue norme di attuazione (cfr. ordine del giorno approvato dal Senato il 9 dicembre 1980) o a richiedere iniziative del Governo stesso le quali presupponevano il protrarsi del potere governativo in materia (cfr. ordine del giorno approvato dalla Camera dei deputati il 7 0ttobre 1981). D'altronde era logico attendersi che cos si comportasse un Parla , mento che nel dicembre del 1969 aveva assentito alla proposta globale (o pacchetto) presntato dal Governo per superare le difficolt della questione alto-atesina. Parte non secondaria di tale proposta era rappresentata dalla differenziata previsione dei diversi tipi di norme che dovevano servire ad introdurre nel nostro ordinamento le numerose misure ampliative dei poteri delle province: distinguendosi misure da introdurre con norme costituzionali, misui;-e da adottare con norme di attuazione dello Statuto speciale cosi profondamente modificato e misure da adottare con appositi provvedimenti legislativi (cfr. principalmente L. 11 marzo 1972, n. 118). Orbene, l'assegnazione del tipo di fonte ai vari gruppi di misure appariva tutt'altro che causale, specie se si considera il particolare tipo di procedimento che precede l'emanazione delle norme d'attuazione Neppure casuale che fin qui il Governo non abbia mai ritenuto di procedere alla deliberazione su tali norme prescindendo dal parere della Commissione paritetica, come avrebbe ben potuto a norma dell'art. 108, secondo comma, dello Statuto del Trentino-Alt Adige. Va poi aggiunto che leggi statali successive alla scadenza del biennio (20 gennaio 1972 -20 gennaio 1974) si riferiscono comprensivamente, per il passaggio di Uilteriori funzioni alle Regioni differenziate e alle province, alla procedure prescritte in ogni singolo Statuto e nelle relative norme di attuazione (cfr. art~ 2, primo comma, L. 23 dicembre 1975, n. 698, sullo scioglimento e trasferimento delle funzioni dell'ONMI; art. 1, primo comma, della L. 23 dicembre 1975, n. 745, sul trasferimento di funzioni statali alle Regioni e sulle norme di principio per la ristrutturazione regionalizzata degli istituti zoop~filattici sperimentali; e soprattutto art. 80, secondo comma, della L. 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del servizio sanitario nazionale). Infine, sarebbe davvero da considerare assai disarmonica nel nostro ordinamento una situazione nella quale gli enti dotati della pi ampia autonomia costituzionalmente garantita (e cio le Province di Trento e di Bolzano) non avessero aperitio oris nei procedimenti di attuazione delle norme statutarie a seguito della perentoriet del termine biennale di cui all'art. 108, primo comma, dello Statuto del Trentino-Alto Adige, diversamente da ci che si verifica per altre regioni a Statuto speciale come la Sicilia, la Sardegna e il Friuli-Venezia Giulia. Ma, come si RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO. 372 visto, tale disarmonia non esiste e non gi perch ci si debba rassegnare ad una situazione di fatto ormai consolidatasi nel periodo ultradecennale seguito al 20 gennaio 1974: ma perch i dati normativi richiamati convincono che il termine, fissato per motivi politici facilmente intuibili, ha natura mera;lllente ordinatoria. Si pu ora passare all'esame delle questioni concernenti norme specifiche del d.P.R. n. 752 del 1976. Il ricorrente al Consiglio di Stato, si. duole di non essere stato ammesso a concorrere al posto di titolare del Deposito Personale Viaggiante FF.SS. di Bolzano e chiede l'annullamento del foglio disposizioni n. 46 in data 1 aprile 1978 emesso dal Compartimento di Verona, con il quale si limitava la partecipazione al concorso interno ai soli dipendenti che si trovassero nelle condizioni previste dagli artt. 9 e 46 del d.P.R. 26 luglio 1976, n. 752. In subordine il ricorrente ha chiesto che il Consiglio di Stato sollevasse questione di legittimit costituzionale (oltre che dell'intero decreto per i motivi gi esaminati) degli artt. 9 e 46 del citato d.P.R. n. 752 del 1976, in quanto la facolt riconosciuta ai membri del gruppo di lingu tedesca di usare la loro lingua nei rapporti con i titolari degli organi e degli uffici della pubblica amministrazione operanti nella provincia di Bolzano non imporrebbe affatto a tutti i pubblici dipendenti la conoscenza della lingua tedesca e non giustificherebbe le limitazioni alla progressione in carriera dei dipendenti di.lingua italiana gi in ruolo in tale provincia, limitazioni disposte appunto con le norme impugnate. Il Consiglio di Stato giudica non manifestamente infondata la questione, sia per l'argomentazione svolta dal ricorrente precipuamente in ordine all'art. 100 del Testo Unico dello Statuto del Trentino-Alto Adige, sia per quella svolta dallo stesso Coni;iglio in ordine all'art. 89 del Testo Unico: con gli artt. 89 e 100 1del Testo Unico dello Statuto del Trentino-Alto Adige si porrebbero dunque in contrasto gli artt. 9 e 46 del cit. d.P.R. n. 752 del 1976. Ma gli argomenti addotti dal ricorrente come dal Consiglio sembrano fondarsi in parte su un equivoco ed in parte su affermazioni che non possono essere accettate. Il problema dell'uso della lingua tedesca non pu essere evocato in questa circostanza, dato che nel caso sottoposto al .Consiglio di Stato si tratta soltanto di realizzare le 'precondizioni perch si creino posti da assegnare secondo il criterio della proporzionale etnica di cui all'articolo 89 del Testo Unico dello Statuto del Trentino-Alto Adige. solo nella fase delle conseguenti assunzioni che assume rilievo il requisito del bilinguismo. D'altra parte si deve premettere che con l'art. 8 del d.P.R. n. 752 del 1976 sono stati istituiti i ruoli locali e sono stati riservati i posti f:] previsti nei ruoli stessi agli appartenenti ai gruppi linguistici in conformit ~; ~ P: 1: ~ . I 1111a1111~111~1111111111111:1111111111111111,4r111111111:ra1' PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE ai criteri delila proporzionale etnica. Si tratta dunque cli raggiungere pro gressivamente l'obiettivo prefissato nell'art. 89 del Testo Unico delilo Sta tuto del Trentino-Alto Adige (e cio la occupazione dei posti vacanti nei locali) riducendo gli ostacoli derivanti da situazioni soggettive meno qualificate di altre ritenute degne di maggior protezione. In questa prospettiva le norme di attuazione dello Statuto, come mo dificato nel 1971, hanno tutelato in misura maggiore (in ordine alle possibilit di progressione in carriera) il personale gi in servizio alla data del 20 gennaio 1972 o assunto successivamente entro la data del 30 novembre 1976 (giorno dell'entrata in vigore del d.P.R. n. 752), purch fosse gi residente nella provincia di Bolzano alla data suddetta (e cio 20 gern)aio 1972). Il criterio di delimitazione del personale ad esaurimento (e il d.P.R. 29 aprile 1982, n. 327, reca conferma di questa interpretazione) non appare arbitrario in quanto ricollegato alla entrata in vigore della legge costituzionale n. 1 del 1971 e finalizzato alle possibilit di effet tive assunzioni dei nuovi ruoli locali. Le limitazioni prodotte da tali norme a danno del personale di lin gua italiana, che non si trovasse in possesso dei requisiti di cui agli artt. 9 e 46 del d.P.R. n. 752, potranno tutt'al pi essere ritenute praeter statutum, ma non contra statutum, in quanto mirano, con uno dei mezzi offerti alla discrezionale scelta del legislatore, a realizzare gli obiettivi fissati nell'art. 89 Statuto. Da questo punto di vista, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, si rimane nell'ambito della attuazione , e non si violano nemmeno i principi di cui agli artt. 3 e 97 della Costi tuzione. In effetti tale eccezione mira innanzitutto a contestare, alla luce del l'art. 3 della Costituzione, la disparit di trattamento (e la sua irragio nevolezza) operata fra i dipendenti dei vari gruppi linguistici. Ma il sa crificio consistente nella impossibilit di occupare talune delle titolari t e dirigenze libere per alcuni dipendenti in servizio prima della en trata in vigore del d.P.R. n. 752 non risulta in contrasto con norme statutarie o con norme costituzionali in conseguenza della presa in consi derazione retroattiva da ,parte del legislatore di taluni presupposti temporalmente individuati riguardo ad un assetto dei ruoli, ritenuto es senziale rispetto allo scopo perseguito dal precetto statutario. Va infatti sottolineato: che valutazioni ex post di presupposti ante riormente venuti in essere al fine di statuire conseguenze nuove sono consentite dall'ordinamento alla legge anche se ci induce vera e propria retroattivit, giustificata nella specie dal conseguimento di obbiettivi imposti da norme di grado superiore; e che, anche di fronte a casi di vera retroattivit, situazioni del genere, specie in fasi transitorie, non sono sconosciute nella disciplina dei rapporti di pubblico impiego, n sono tutelate come diritti quesiti. (omissis) 374 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEU.O STA'fO Tuttavia la pronuncia di non fondatezza in ordine alle questioni sollevate dall'ordinanza del Consiglio di Stato non esime dal rilevare che i problemi concemenfr l'applicazione dei principi sulla proporzionale etnica vanno affrontati tenendo conto di molteplici fattori, il che non significa o non comporta intenzioni o volont elusive dei principi stessi accolti nello Statuto come modificato nel 1971. In particolare il primo comma dell'art. 46 del d.P.R. n. 752 prevede in modo espresso che le quote di cui al terzo comma dell'art. 9 dello Statuto devono essere raggiunte progressivamente entro un congruo termine. Ci consente, come dimostrano anche talune disposizioni del gi citato d.P.R. 29 aprile 1982, n. 327, discipline transitorie e aggiustamenti in itinere, dettati da esigenze di gradualismo e da necessit di funzionamento dei servizi pubblici. N va d'altronde dimenticato che, come emerge anche dall'accordo di coalizione per la IX Legislatura, adottato dalla maggioranza del Consiglio provinciale (cfr. Bollettino della Provincia Autonoma, 1984, fascicolo n. 36-37, pag. 23), l'applicazione dell'art. 15 dello Statuto in tema di edilizia agevolata si svolta ripartendo i mezzi agevolativi in deroga al criterio di proporzionalit alla consistenza numerica dei singoli gruppi linguistici ed in favore del gruppo maggioritario nell'ambito della provincia. CORTE COSTITUZIONALE, 23 maggio 1985, n. 156 -Pres. Elia -Rel. Bucciarelli Ducci -Scotto ed altri (avv. Sorrentino) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Baccari). I Tributi in genere -Riforma tributarla Decreti delegati integrativi o correttivi Legittimit costituzionale Parere della commissione interparlamentare dei Trenta Onere di motivare gli scostamenti dal parere -Non sussiste. I II (Cost., artt. 76 e 77; I. 9 ottobre 1971, n. 825, art. 17; I. 24 aprile 1980, n. 146, art. 48; d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739, art. 27), ! i Quando proroga il termine per l'esercizio di una delega legislativa o fa rivivere una delega ormai scaduta, il Parlamento implicitamente conferma i criteri e i principi direttivi posti con la originaria legge I delega. Il Governo non tenuto ad esternare le ragioni per le quali si discosta dal parere reso sullo schema di decreto delegato da commissione parlamentare (nella specie, la cosiddetta commissione dei trenta) (1). (1) Com' noto, per J.e materie comprese nelrambito della ~egge n. 825 del 1971 (riforma tributaria), stata attribuita e pi volte prorogata delega ad emanare decreti correttivi ed integrativi degli originari decreti delegati del 1972-73, esauritasi alla f.ine del 1982 (e per in parte ripristinatJa nell'aprile 1984 nel quadro delila compil:azione dei resti unici}. S evidente come l'ampiezza, l'ARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 375 Sei sono le questioni formalmente sottoposte all'esame di questa Corte. Con Ja prima si chiede se contrasti o meno con gli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione l'art. 27 del d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739, nella parte in cui fissa a settantacinque anni iI limite di et per far parte delle Commissioni tributarie; per il dubbio eh~ taJe norma -abTogando l'art. 45, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, che aveva fissato tale limite a settantotto anni -ecceda dalla delega concessa al Governo dalla legge 9 ottobre 1971, n. 825 (Riforma tributaria), violando, con l'emanazione reiterata di due norme di contenuto contrastante nella stessa materia, il principio della istantaneit e non reiterabilit dell'esercizio della delega. Una delle caratteristiche essenziali dlla delega del potere legislativo -argomenta il giudice a quo -sarebbe infatti l'istantaneit del suo esercizio, nel senso che il Governo pu s rivedere una disciplina vasta e complessa in pi testi normativi, anche a distanza di tempo, purch si tratti di disposizioni logicamente diverse e non incompatibili tra loro, ma non pu una volta posta una norma per determinati fini, valersi ancora della stessa delega originaria per abrogarla. N si pu considerare la norma impugnata semplicemente correttiva -si legge nell'ordinanza -in quanto essa anzich confermare sostanzialmente il disposto della norma originaria -come sarebbe proprio delle norme correttive -la capovolge radicalmente, privando determinati soggetti, tutti inequivocabilmente identificabili, del titolo a mantenere ed esercitare un munus publicum che la norma originaria aveva loro attribuito. e non solo temporale, di tale delega legislativa avrebbe potuto consdgtiare misure costituzionali adeguate ('ad esempio I'obbli.go di richiedere, sugli schemi di decreto delegato, il previo parere tecnico del Consiglio dd Stato e/o dell'Avvocatura delJ.o Stato da trasmettere alla commissione dei trenta) anche per compensare la pratica impossibi1it -solo per la parte amministrazione (non certo per i contribuenti) -di prospettare questioni di legittimit costituzionale. Quanto alla commissione dei trenta, trattasi di organo composto da parlamentari non neclessiariamente disposti ad dmpegnarsi su questioni che, per dl linguaggio usato e per la complessit dell.e normative, assumono aspetto (ma solo aspetto) tecnico. Si invece preferito, malgrado al Presidente del Consiglio dei Ministri fosse attribuita la competenza a formulare la proposta di decreto delegato, delegare di fatto il compito di eleborare i testd ad un organo, il Comitato tecnico per la riforma tributaria (pertinente sarebbe a questo punto ricordare HABERMAS, Sfera pubblica, in Cultura e critica, Einaudi, 1980). Sul secondo periodo della massima Si segnala che la " commissdone dei trenta,., ancorch -come si detto -composta da parlamentari, ha natura di organo consultivo del Governo e cio di organo ausiliario dell'Esecutivo. 376 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Alla violazione del medesimo principio si ricollega anche la seconda .questione, con fa quale si chiede se contrasti o meno con fo stesso art. 76 della Costituzione l'art. 17, secondo comma, della citata legge di delega n. 825 del 1971, nella parte in cui consente al Governo di adottare a distanza di tempo disposizioni di contenuto contrario nella stessa materia (artt. 45 d.P.R. n. 636/1972 e 27 d.P.R. n. 739/1981). In sostanza secondo il giudice a quo -o stato il Governo ad eccedere dalla delega ricevuta esercitandola reiteratamente con l'ymanazione di norme contrastanti (prima questione) o stato lo stesso Parlamento a conferire una delega eccedente i limiti fissati dall'art. 76 della Costituzione (seconda questione). Entrambe le questioni sono infondate. Quando alla prima occorre osservare che la legge di delega n. 825 del 1971 aveva per oggetto l'attuazione di un riforn1a ampia e complessa che copriva l'intera materia del prelievo fiscale, per cui lo stesso legislatore delegante previde la necessit di emanare, nei termini di tempo prefissati e in conformit di determinati principi direttivi indicati dal Parlamento, pi provvedimenti normativi delegati. Ed occorre soprattutto ricordare che la delega originaria stata pi volte rinnovata per mezzo di . successive leggi di proroga, in virt di una delle quali (legge 24 aprile 1980, n. 146) stata prodotta la norma impugnata. Ben poteva perci il Governo legiferare in una materia cos vasta e complessa con pi testi normativi emanati anche a distanza di tempo, di tal che viene a cadere il primo dubbio sollevato dail giudice a quo: che cio l'impugnato art. 27 sia stato emanato senza il sostegno di una delega. N maggior fondamento ha l'altro profilo prospetto dal Consiglio di Stato: che cio il Governo, pur essendo legittimato dalla legge di delega ad emanare pi disposizioni nella stessa materia a distanza di tempo, abbia ecceduto con la norma impugnata i limiti di tale delega. Questa, infatti, disponeva all'art. 17, secondo comma, che il legislatore delegato aveva la facolt di emanare ulteriori disposizioni integrative e correttive delle prime, nel rispetto dei princlpi e criteri direttivi , anche con uno o pi decreti successivi. Ora -secondo il giudice a quo -l'art. 27 non sarebbe una norma correttiva o integrativa, ma sostanzialmente modificativa, tale quindi da travalicare i limiti della delega fissati dal Parlamento. Senonch tale valutazione sulla natura della norma delegata non pu essere seguita. Nel primo esercizio della delega, infatti, il Governo dispose all'art. 45, secondo comma, del d.P.R. n. 636 del 1972 che nella prima applicazione del decreto il limite di et per i componenti delle commissioni tributarie, stabilito nel terzo comma dell'art. 10, venva elevato di tre anni. Ed ! I ! PARIB I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE il terzo comma r dell'articolo citato fissava tale limite a settantacinque anni. La regola, quindi, per la cessazione dall'ufficio era -nella normativa delegata -il raggiungimento del settantacinqueshno anno di et. Solo in via transitoria ed eccezionale, cio per la prima fase di applicazione della nuova normativa, tale limite veniva portato al settantottesimo anno di et, allo scopo evidente di assicurare una continuit di esperienza giurisprudenziale nella fase delicata di transizione dalla vecchia alla nuo va disciplina fiscale. La norma impugnata del d.P.R. n. 739 del 1981 non fece che ripri stinare la regola generale di cui all'art. 10 del decreto del 1972. Tale norma aveva quindi il carattere di norma integrativa, la cui emanazione era consentita al Governo dall'art. 17 della legge di delega. Una volta, infatti, che lo stesso legislatore delegato, nel pieno eser cizio della delega ricevuta, .abbia esplicitamente prodotto una norma per disciplinare una certa materia soltanto nella fase iniziale di applica zione di una normativa riformatrice, rientra nei poteri dello stesso le gislatore delegato, conferitigli nehla stessa fogge di delega, integrare -sen za necessit di una delega ulteriore o di fissazione di ulteriori criteri o princpi direttivi -la norma transitoria iniziale con norme di contenuto anche diverso, al fine di coprire il vuoto normativo che altrimenti si produrrebbe con la cessazione della prima fase di applicazione della riforma. N pu essere sottratta allo stesso legislatore delegato la valu. tazione discrezionale del momento in cui la fase iniziale di applicazi6ne deve ritenersi esaurita, dato che il Parlamento stesso -come nel caso in esame -gli ha conferito tale discrezionalit. Il fatto poi che'le norme delegate, pur nel rispetto dei princpi direttivi e criteri fondamentali, siano state emesse, sempre per lo stesso oggetto, a dieci anni di distanza (la legge di delegazione del 1971 e la disposizione impugnata del 1981) non basta a far ritenere che nella specie si sia in presenza di un vero e proprio trasferimento delle funzioni legislative dal Parlamento al Governo e non soltanto di una normale delega, dal momento che il Parlamento, nel conced~re in modo reiterato la proroga del termine per l'emanazione dei provvedimenti delegati (come poteva certamente fare giacch l'organo che ha l'autorit di fissare una scadenza pu anche prorogarla) ha pur sempre effettuato le proprie valutazioni nel rispetto delle prescrizioni dettate dall'art. 76 della Costituzione. N tale facolt di valutazione discrezionale del legislatore viene meno nell'ipotesi di proroga di un termine quando questo sia gi scaduto, non essendovi alcun ostacolo di natura costituzionale che impedisca al legislatore ordinario di far rivivere retroattivamente una delega ormai scaduta. Con la terza questione si domanda alla Corte se il citato art. 17 della legge n. 825 del 1971 contrasti o meno con l'art. 76 della Costituzione, 378 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nella parte in cui ammette interventi integrativi e correttivi ad opera del legislatore delegato senza specificare i princpi e i criteri direttivi da osservare in detti interventi; per il dubbio che tale disposizione violi il principio della necessaria conformit delle leggi delegate alle finalit delle rispettive leggi di delegazione. Anche detta questione non fondata poich lo stesso art. 17, nell'autorizzare il Governo ad emettere uno o pi provvedimenti delegati, ha espressamente stabilito che tali provvedimenti dovevano attenersi ai princpi e ai criteri direttivi determinati dalla stessa legge di delega n. 825 del 1971. Alla quarta questione sottoposta all'esame della Corte (se contrasti o meno con l'art. 76 della Costituzione l'art. 48 della legge 24 aprile 1980, n. 146, nella parte in cui proroga ulteriormente fino al 31 dicembre 1982 il termine per l'esercizio della delega previsto dalla legge n. 825 del 1971, malgrado il termine, ripetutamente prorogato, __fosse gi scaduto) si gi data risposta, cosicch anch'essa risulta non fondata. (omissis) L'ultima questione so1levata se 'lo stesso art. 27 del d.P.R. n. 739 del 1981 contrasti o meno con l'art. 76 della Costituzione, nella parte in cui fissa il predetto termine d'et malgrado il parere contrario dell'apposita commissione parlamentare, violando cos senza una adeguata motivazione i princpi e i criteri direttivi stabiliti dal legislatore delegante con l'articolo 17, primo comma, della legge n. 825 del 1971. ~che tale questione non fondata. Infatti il Governo, nell'adottare il decreto n. 739 del 1981, ha preventivamente richiesto il parere della commissione parlamentare, cos come prescriveva la legge di delega. Poich talle pa:rere non era per vincolante, iJ. solo fatto che il legislatore delegato non abbia dato motivazione della ragione per cui se ne discostato, non pu costituire motivo di incostituzionalit. CORTE COSTITUZIONALE, 23 maggio 1985, n. 159 -Pres. Elia -Rel. La Pergola -Agnesi Giuseppe ed altri (avv. Stendardi e Pompeo Magno) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Salimei). Giustizia amministrativa -Giurisdizione del tribunali amministrativi regionali -Non derogata dalle dlsposiziolli sul processo tributario. Tributi locali -Imposizione sui fabbricati Non irrazionale. La giurisdizione di annullamento dei T.A.R. trae diretto fondamento dal testo costituzionale e non pu ritenersi intaccata dalle norme sul contenzioso tributario; non spetta pertanto alle commissioni tributarie la cognizione delle controversie aventi ad oggetto le delibere comunali istitutive della SOCOF (1). (.1) Il principio cos ,affermato, pervero in modo molto oauto (la Corte non ravvisa ragioni per cMsaittendene le conclusioni del giudice amministra PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 379 Dovendosi presumere che i fabbricati ricevano (pi di ogni altra fonte di reddito) particolari benefici dalle attivit svolte dal comune, non irrazionale imporre ad essi soltanto il carico di una imposta locale; n irrazionale . stante l'autonomia dei comuni, che detta imposta sia applicata con aliquote differenziate .a seconda del comune di localizzazione di ciascun fabbricato (2). La presente questione di legittimit costituzionale investe l'art. 19 ed altre disposizioni del d.l. 28 febbraio 1983, n. 55, convertito con modificazioni nella legge 26 aprile 1983, n. 131, che disciplinano la sovraimposta comunale sui fabbricati (cd. SOCOF). La normativa ivi posta denunziata dal TAR/ della Lombardia, Sezione staccata di Brescia, in riferimento agli artt. 3, 23 e 53 Cost. e dal TAR del Veneto. Quest'ultimo collegio deduce come si spiega in narrativa, la violazione dell'art. 53 Cost. (omissis) Va anzitutto esaminata l'ammissibilit delle questioni poste alla Corte. Nel giudizio introdotto dal TAR di Brescia, l'Avvocatura dello Stato ha eccepito che, in materia di sovraimposta comunale, la cognizione attribuita alle commissioni tributarie si esercita, senza che venga in rilievo la distinzione fra diritti soggettivi ed interessi legittimi, anche con riguardo alle controversie, non importa se autonomamente proposte, le quali concernono solo la legittimit del provvedimento istitutivo del tributo. Posto ci, la questione sarebbe stata sollevata da un collegio carente di giurisdizione e comunque senza aver delibato il dedotto profilo d'inammissibilit. Il pregiudiziale problema sollevato dall'Avvocatura non tuttavia sfuggito all'attenzione del TAR del Veneto. Questo ultimo collegio afferma al riguardo che il giudizio principale verte sulla delibera istitutiva tivo ), non esclude che .possano aversi deroghe alla generale giurisdizione amministrativa (dei T.A.R. e del Consiglio di Stato) nei oasi di dipendenza di una controvemia iin astratto da giudioe amministrativo ,, dall'esito di una controversia tributaria fad esempio, per .i provvedimenti di sospensione da albo professionale dipendenti da omessa fatturazione od omessa registrazione di fatture emesse o :rcevute). rutenere diversamente condurrebbe alla necessit di costose e compiioate pregiudiziali " (2) La pronuncia riveste una dmportanza che va ben al di l della SOCOF (come noto, risoltasi in una imposta una tantum) e sembra recepire l'opinione di quanti auspicano una maggiore estensione della imposizione locale. Pervero, l'esperienza amministrativa della SOCOF ha evidenzdato le difficolt e le inadeguatezze di gestione di una imposizione (ancorch avente struttura oltremodo semplice) affidata agli oltre 8.000 oomum italiani. Preliminare ad un rilancio della ftisca1it locale dovrebbe essere una riconsiderazione della di mension ottimale (sotto un profilo aziendalistico) dell'ente impositore; una siffatta indagine potrebbe condurre a rivitalizzare le province, tra l'ailtro meno esposte aille pressioni ed ad risentimenti dei contribuentd di quanto non siano le ammmdstrazioni dei piccoli comuni. 380 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO della sovraimposta, quindi su un atto amministrativo generale. La giu risdizione di annullamento del TAR, soggiunge il giudice a quo, trae nella specie diretto fondamento dal testo costituzionale e non pu, anche ai sensi della giurisprudenza della Corte di Cassazione e della Commissione tributaria centrale, ritenersi intaccata dai distinti e autonomi poteri di cognizione attribuiti agli organi del contenzioso tributario. La Corte non ravvisa ragioni per disattendere le conclusioni del giudice amministrativo, d'.altronde sorrette dalle prevsioni dell'art. 16 d.P.R. 26 ottobre 1972. n. 636, come sostituito dall'art. 7 del d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739. Recita in fatti tale disposizione: Gli atti generali, se ritenuti illegittimi, sono di sapplicati daHa commissione in relazione all'oggetto dedotto in giudizio, salva l'eventuale impugnazione nella diversa sede competente, (omissis) Le residue questioni vanno esaminate nel merito. Lo strumento tributario di cui si controverte -giova subito ricor dare -rientra in un contesto di misure legislative, cne conrer1scono agli enti locali il potere di istituire nuovi tributi: e cio, non solo la sovraimposta in discorso ma anche l'addizionale sul consumo dell'energia elettrica, nonoh -dove si tratta della provincia -l'aumento della tariffa di soggiorno (cfr. art. 24 del d.l. n. 55 del 1983). A proposito della SOCOF, il d.l. n. 55 del 1983 prevede poi, analogamente a quanto dispone l'art. 5 bis del d.l. n. 786 del 1981 in relazione all'addizionale sul consumo dell'energia elettrica, che l'ente interessato, istituito il tributo, possa ricevere, alle condizioni previste dalla legge, un contributo statale integrativo. Il Comune che delibera l'istituzione della SOCOF ha titolo per iscrivere nel bilancio di previsione un'entrata pari ad una percentuale di trasferimenti statali ordinari, contemplata nell'art. 7 dello stesso d.l. n. 55/1983; l'ammontare della percentuale aumenta in ragione dell'aliquota fissata, che pu essere, secondo la deliberazione rimessa al Comune, dell'8%, del 12%, del 16% e del 20%. All'ente impositore che abbia istituito anche l'ac;ldizionale sul consumo dell'energia elettrica, spetta un contributo statale integrativo, pari alla differenza fra l'entrata iscritta in bilancio e il gettito della sovraimposta, se inferiore. A tutti i Comuni che deliberano l'istituzione della sovraimposta comunque concesso un altro contributo integrativo, che progredisce -sempre secondo l'entit dell'aliquota applicata -dal 40% sino al 100% delle rate dei mutui, il cui ammortamento abbia inizio nel 1983. Cos strutturato, il tributo adempie alla funzione di adeguare il livello delle spese del Comune al costo crescente dei servizi, senza compromettere il pareggio del bilancio dell'ente autonomo -punto, questo, ormai fermo nell'attuale assetto della finanza locale -e senza d'altra parte onerare il bilancio dello Stato di ulteriori aggravi, diversi dai contributi integrativi che hanno la specifica destinazione sopra richiamata. Ora, ad avviso di tutti e due i giudici di merito, il restituire ai Comuni iniziativa, o discrezionalit, nell'esercizio della potest di imposizione fiscale serve al lecito e utile scopo di contenere l'onere gravante sul il i: " PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE bilancio statale, e di stimolare la responsabilit degli amministratori locali, attingendo alla .capacit contributiva di quanti traggono beneficio dal funzionamento degli enti autonomi. In sostanza, sarebbe dunque corretto il fine dell'imposizione, ma incostituzionale il mezzo adoperato dal legislatore fiscale per conseguirlo. E per vero, l'illegittimit della norma impositiva prospettata sulla base di due distinti ma convergenti ordini di rilievi. Da un canto si denunzia, com' stato premesso, la violazione della riserva di legge in materia di prestazioni patrimoniali; e per questa via si affaccia altres il sospetto dell'ingiustificata disparit nel trattamento dei contribuenti, che differirebbe da un Comune all'altro senza la guida di idonei ed uniformi criteri, con la conseguente lesione dei precetti stabiliti nell'art. 53 Cost., D'altro lato, si deduce che il principio di eguaglienza e della capacit contributiva risultano offesi -quest'ultimo principio anche sotto il riflesso del carattere non progressivo del tributo per avere il legislatore deviato dalle finalit perseguite, concentrando la pressione fiscale su una sola qualit del reddito, irrazionalmente discriminata dal reddito di pari quantit, che deriva da altre possibili fonti di prelievo. L'uno e l'altro ordine di considerazioni non possono, tuttavia, essere condivisi. Va anzitutto disatteso l'assunto che la previsione dell'art. 19, primo comma, vulneri la riserva di legge contemplata nell'art. 23 Cost. La prestazione pecuniaria, pur quando si configuri come onere fiscale in senso proprio, imposta in base alla."legge, come prescrive il suddetto precetto costituzionale, ogni qualvolta sia adeguatamente delimitata la discrezionalit dell'ente impositore, che non pu, n deve, mai trasmodare in arbitrio. Questo requisito soddisfatto nel caso in esame. La disposizione censurata individua l'oggetto della sovraimposta, ne fissa non solo l'aliquota pi elevata ma tutte le altre applicabili a scelta del Comune, regola gli adempimenti dell'autorit impositrice e del soggetto passivo. Circondata da tali cautele; la previsione, deHa potest impositiva non pu certo risolversi, come sospetta il giudice a quo, in una delega in bianco al Comune, anche se lascia all'ente autonomo la facolt di istituire, oppur no, la sovraimposta. N si pu obiettare che l'esercizio dei poteri di autonomia qui riconosciuti ail Comune finisce in ogni caso per trascendere li corretti confini della discrezionalit, in quanto non anc()rato dalla legge ali' oggettiva insorgenza di fatti modificativi della realt economica . Cos ritiene la difesa di parte privata, secondo la quale la norma censurata demand. a l'istituzione della sovraimposta in ogni Comune esclusivamente al soggettivo apprezzamento dell'esigenza di maggiori entrate da parte della maggioranza consiliare. Nel caso in esame, per, anche al lume della pregressa giurisprudenza di questa Corte (cfr. sent. n. 257/1982), l'imposizione del tributo giustificata, non solo dal perseguimento di run'esigenza di indubbio rilievo costituzionale, qual' quella dell'autonomia locale, ma anche dall'adozione di criteri normativi che rispondono ai dettami del 382 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I I {:: l'art. 23 Cost.: criteri, i quali andranno di volta in volta applicati in rap ~= porto sia al fabbisogno del Comune, _sia al contributo esigibile dai possessori di reddito da fabbricato nel relativo territorio. Detto ci, vien meno qualsiasi ragione per ritenere irrazionale la differenza nel trattamento dei contribuenti, che deriva dalla scelta compiuta da ciascun Comune, in ordine all'applicazione della sovraimposta, nella I propria sfera territoriale. Siamo di fronte alle inevitabili conseguenze del fatto che gli enti impositori godono di autonomia e possono esercitarla :i I secondo diverse valutazioni e delibere, senza che ci comporti offesa degli invocati parametri (cfr. sen.ze nn. 51/1960, 64/ 1965 e 113/1970). Identica conclusione deve adottarsi con riguardo all'irrazionalit che il TAR di Brescia ravvisa, sempre per impugnare il diseguale trattamento dei co;p.tribuenti, nel sistema di applicazione delle aliquote. (omissis) L'imposizione non arbitraria nemmeno sotto il profilo della discriminazione -come si afferma nei provvedimenti di rinvio, solo qualitativa -del reddito da fabbricato rispetto al reddito derivante da altre fonti. Il nucleo essenziale delle censure sta, si diceva, nel dedurre l'incongruenza della soluzione accolta nella normativa in esame rispetto alle finalit contemplate dal legislatore col ripristinare la potest impositiva del Comune. Ma la tesi cos prospettata all'attenzione della Corte non sorretta da alcun motivo che escluda ogni plausibile giusti~cazione per la scelta normativa di cui si dolgono i giudici rimettenti. Il TAR della Lombardia osserva in proposito che il gettito della sovraimposta gravante sui possessori di fabbricati destinato non ad uno scopo che interessi questa sola particolare categoria di soggetti ma, in modo indifferenziato, ad accrescere le entrate comunali. Il rilievo , per, non decisivo e troppo generico, giacch potrebbe esser mosso ad ogni tributo, che non si estenda indistintamente a tutti i beneficiari dell'attivit gestionale. dell'ente impositore. Esso non acquisterebbe consistenza, va precisato, nemmeno se basato sulla sottintesa convinzione che la capacit contributiva sia manifestata dal godimento di pubblici servizi. Tesi del genere non hanno trovato ingresso nella precedente giurisprudenza (cfr. sent. n. 201/1975), che la Corte ritiene di non dovere ora rivedere. L'argomento che si vorrebbe trarre dalla destinazione del gettito non vale, comunque, a dimostrare che il legislatore fosse secondo Costituzione vincolato a dilatare oltre i limiti previsti la cerchia dei soggetti passivi del tributo. D'altra parte, anche a ricostruire lo scopo della sovraimposta come ritiene ~l TAR di Brescia, non si pu convenire con il detto collegio che il legislatore abbia fatto un uso arbitrario della sua discrezionalit nell'individuare i cespiti rilevatori di capacit contributiva. Non , infatti, come si osserva dal giudice a quo, manifestamente irrazionale, presumere che i fabbricati ricevano, pi di ogni altra fonte di reddito, particolari benefici dai servizi e le attivit gestionali dell'ente autonomo. L'inidoneit del soggetto a corrispondere l'onere imposto stata determinata, certo, PARTB I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE discriminando fra le categorie dei contribuenti, ma in relazione a quel certo presupposto, con il quale la prestazione pecuniaria , pur sempre, effettivamente collegata, come doveva esserlo, per risultare compatibile con il disposto dell'art. 53 Cost.: il possesso di un reddito da fabbricato; e quest'indice di capacit contributiva stato preso in considerazione al fine di attribuire ai Comuni una potest impositiva connessa con la loro posizione di enti autonomi, come risultato di una scelta che, diversamente da quando affermano le ordinanze in esame, non manca, nella specie, di ragionevole supporto. E sufficiente osservare che gli immobili, da cui deriva iill reddito tassato, hanno una Joro precisa focalizzazione, possono essere facilmente ripartiti come base imponibile fra i vari enti in funzione del luogo in cui sono ubicati e si presta.no al tipo d'dntervento fiscale qui prefigurato dal legisiatore, per essere suscettibhli di diversa valori.zzazione, secondo l'ambiente in cui si esercita l'autonomia dell'ente impositore. La conclusione non muta, se si ha riguardo al punto di vista da cui, nel proporre la censura in esame, muove il TAR del Veneto. Assume il detto collegio che la normativa in parola contraddica gli obiettivi di lungo termine delle scelte legislative in altri settori, volte ora ad incentivare le crescita del patrimonio edilizio, ora a gravare lo stesso reddito colpito dalla sovraimposta per vie diverse, quali sarebbero quelle previste dalla disciplina sull'equo canone e sui contributi urbanistici. Ma da questi rilievi non risulta che il regolamento della specie, peraltro affidato ad un'imposizione straordinaria e del tutto temporanea, sia frutto di un arbitrio lesivo del diritto all'eguaglianza e della capacit contributiva di chi sottoposto al contestato onere tributario. (omissis) CORTE COSTITUZIONALE, 28 giugno 1985, n. 187 -Pres. Roehrssen -Rel. Malagugini -Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Azzariti) e Regione Valle d'Aosta. Valle d'Aosta -Conflitto di attribuzione Accordo tra Regione ed ente territoriale appartenente a Stato estero Invade competenza esclusiva dello Stato. Spetta allo Stato il potere esterno , e quindi anche la competenza a stipulare accordi comunque denominati con altri Stati o con enti territoriali ad essi appartenenti (nella specie la Regione Valle d'Aosta aveva stipulato un accordo di assistenza con la Regione somala del Basso Scebeli). Con ricorso notificato il 15 ottobre 1976, il Governo della Repubblica ha impugnato il Protocollo di collaborazione fra la Regione somala del Basso Scebelli e la Regione italiana Valle d'Aosta sottoscritto a Moga RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO discio il 9 luglio 1976 dal Presidente del Consiglio regionale per la regione somala e dall'Assessore capo delegazione per la Regione italiana. II ricorrente ha chiesto l'annullamento del Protocollo in esame -ovviamente per quanto concerne la Regione italiana -previa declaratoria de la esclusiva competenza dello Stato a stipulare tri;i.ttati e accordi internazionali . Il ricorso fondato e merita, perci, accoglimento. Con il Protcollo impugnato la Regione Valle d'Aosta ha preteso di stipulare un vero e proprio accordo (che interessa l'industria metallurgica, i settori zootecnico e turistico nonch l'artigianato e la sanit) con un ente territoriale facente parte di uno Stato straniero, senza neppure subordinarne l'efficacia al verificarsi di eventi successivi quali, ad esempio, la dimostrazione del consenso del Consiglio regionale o di quello delle competenti autorit statali. L'accordo in esame quindi sin dall'origine idoneo a produrre effetti nei rapporti internazionali tra la Repubblica italiana e la Repubblica Democratica di Somalia ed , per ci stesso, immediatamente invasivo di una sfera di competenza esclusivamente riservata allo Stato, che vanta, quindi, un interesse attuale all'impugnazione dell'atto in esame (cfr. sentt. nn. 170 del 1975 e 123 del 1980). Il principio della indivisibilit della Repubblica, solennemente affermato dall'art. 5 Cost., postula, infatti., l'esclusiva soggettivit internazionrue dello Stato; tale principio risulta ribadito anche dalle altre norme costituzionali direttamente o indirettamente riferentisi ai rapporti internazionali (artt. 10, 11, 35, terzo e quarto comma, 72, quarto comma, 75, secondo comma, 78, 80 e 87, primo e ottavo comma, Cost.). Spetta, di conseguenza, allo Stato il potere estero (cfr. sent. n. 21 del 1968); solo Io Stato responsabile dell'adempimento degli obblighi internazionali (sent. n. 142 del 1972) mentre alle regioni in via di principio non spettano competenze che esulino dall'ambito territoriale loro proprio (sentt. nn. 28 del 1958; 44 del 1967; 203 del 1974). Invero, soltanto lo Stato pu valutare -discrezionalmente -la opportunit di specifiche scelte di politica estera misurandone la coerenza con gli orientamenti generali e questo monopolio statale viene inciso quando la Regione pretende di esercitare -come nel caso di specie -attivit di rilievo internazionale. Proprio a causa della indivi~ibilit deHa Repubblica infatti sempre la Repubblica stessa che si presenta sulla scena internazionale ogni qualvolta venga compiuta, anche ad opera di una regione, una qualsiasi attivit del genere, cosicch l'azione regionale -in fattispecie del tipo di quella qui considerata -viene sostanzialmente ad incidere sulla politica internazionale della Repubblica. Del resto l'esclusiva competenza statale in materia di rapporti internazionali (e con le Comunit economiche europee) gi affermata dall'articolo 4 del d.P.R. n. 616 del 1977, stata ribadita, per quanto concerne la Valle d'Aosta, dal primo comma dell'art. 2 del d.P.R. 22 febbraio 1982, n. 182, che riserva appunto allo Stato, anche nelle materie trasferite o delegate in forza del medesimo decreto, le funzioni attinenti ai rapporti PA.ln'B I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE internazionali e con le Comunit economiche europee, alla difesa nazionale e alla pubblica sicurezza . Al principio della esclusivit della competenza statale in subiecta materia apporta peraltro un limitato temperamento il secondo comma del medesimo articolo, il quale prevede che la regione, previa intesa con il Governo, sulla base di programmi tempestivamente comunicati alla Presidenza del Consiglio dei ministri, pu svolgere all'estero attivit promozionali relative alle materie di sua competenza . Ci comporta, da un lato, che la regione possa svolgere all'estero solo attivit promozionali; dall'altro, che tali attivit intanto possano compiersi, in quanto siano precedute da intese con il Governo della Repubblica, intese che -nell'ottica de11a norma menzionata -sono palesemente preordinate ad assolvere ad una funzione di coordinamento tra le scelte regionali ed i pi ampi indirizzi di politica internazionale seguiti dallo Stato, al fine di garantire che non si verifichino estemporanee intromissioni regionali nei rapporti fra l'Italia e gli altri Stati (sent. n. 8 del 1985). Il che, a ben riflettere, in perfetta armonia con quel principio collaborativo che -per ripetuta affermazione di questa Corte -deve costantemente ispirare i rapporti fralo stato e le regioni (cfr. fra le altre, sentt. nn. 175 del 1976 e 94 del 1985). Nel caso di specie, sembra incontestabile che l'accordo impugnato non solo sia stato stipulato al di fuori di qualunque coordinamento con le scelte statali di politica internazionale, ma sia anche diretto, ben al di l di qualunque intento promozionale , a realizzare forme di vera e propria assistenza ad un paese in via di ,sviluppo, nel contesto cio di una materia che questa Corte ha ritenuto estranea nel modo pi assoluto ad ogni ingerenza regionale, non solo per quanto riguarda la predisposizione dei programmi, ma anche per ci che attiene direttamente o indirettamente alla Idro esecuzione (sent. n. 37 del 1972). p. q. m. dichiara che spetta allo Stato stipulare accordi (comunque denominati) con enti territoriali di Stato straniero e conseguentemente annulla. CORTE COSTITUZIONALE, 28 giugno 1985, n. 189 -Pres. e Rel. Roehrssen Regione Lazio (avv. Scoca) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Azzariti). Corte Costituzionale -Conflitto di attribuzione -Avvenuta consolidazione di atto presupposto Inammissibilit del ricorso. - inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione proposto con riguardo ad un atto (nella specie statale) dopo che si consolidato altro RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO atto ad esso presupposto relativo alla attribuzione delle funzioni oggetto della controversia. La Regione Lazio, con ricorso 13 aprile 1983, ha sollevato conflitto di attribuzione avverso i decreti del Presidente della Repubblica nn. 1082 e 1083 del 1982, concernenti l'approvazione della ristrutturazione degli Isti tuti riuniti di S. Girolamo della Carit, in Roma, ed il riconoscimento della personalit giuridica della Fondazione di culto denominata Patronato di S. Girolamo della Carit, scorporata da detti Istituti, ritenendoli invasivi della propria competenza in materia di beneficenza pubblica. Peraltro, con decreto 18 aprile 1980, il Ministro per l'interno aveva gi affermato che, in virt dell'esclusione dell'ente denominato Istituti Riuniti di S. Girolamo della Carit dal trasferimento ai Comuni ai sensi dell'art. 25 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, le funzioni di tale ente son poste al di fuori dell'ambito della competenza regionale, cos chiara mente e recisamente affermando la competenza dello Stato in materia e negando ogni potere della Regione Lazio. Si tratta, ovviamente, di affermazione idonea a fodere la sfera di at tribuzione costituzionalmente garantita della Regione, tanto pi che, come ha esattamente rilevato l'Avvocatura dello Stato, l'affermazione stata seguita e corroborata dal concreto esercizio del potere ritenuto di spet tanza dello Stato, con la nomina di un commissario straordinario inca ricato di amministrare l'ente e di avviare le procedure per le modifiche statutarie indispensabili . In presenza di un atto amministrativo cos preciso e dotato della esecutoriet propria di qualsiasi atto amministrativo la Regione, senten dosen lesa, avrebbe dovuto non gi limitarsi a rivolgere una semplice istanza allo stesso Ministero dell'interno, ma provvedere alla impugnazione del provvedimento nella sede giurisdizionale competente e nel termine perentorio di 60 giorni stabilito dall'art. 39 della Iegge n. 87 del 1953. Non essendosi a ci provveduto tempestivamente, il ricorso per con flitto di attribuzioni proposto con gli atti successivi che hanno operato la ristrutturazione dell'Ente predetto e la scorporazione da esso della Fondazione di culto Patronato di S. Girolamo della Carit da dichia rare inammissibile. SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, I sez., 13 novembre 1984, nella causa 191/83 -Pres. Bosco -Avv. Gen. Darmon -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sozialgericht di Monaco di Baviera nella causa Salzano c. Bundesanstalt flir Arbeit - Interv.: Governi della Rep. fed. di Germania (ag. Seidel e Roder) e italiano (aw. Stato Fiumara) e Commissiorie delle C. E. (ag. Beschel). Comunit europee Libera circolazione dei lavoratori -Previdenza sociale -Assegni familiari Sospensione delle prestazioni. (Regolamento CEE del Consiglio 14 luglio 1971, n. 1408, artt. 73 e 76). Il diritto agli assegni familiari dovuti a norma dell'art. 73 del reg. CEE n. 1408/71 nel paese in cui occupato uno dei genitori non ' sospeso qualora l'altro genitore risieda con i figli in un altro Stato membro ' svolga ivi un' attitit lavorativa, ma non percepisca assegni familiari per i figli in quanto non ricorrono tutti i presupposti ai quali la normativa di questo Stato membro subordina l'oggettiva fruizione dei suddetti assegni (1). (1) Sol~ione conforme a quella proposta dal Governo italiano con gli argomenti che seguono: Condizioni per la sospensione del diritto agli assegni familiari spettante al lavoratore che si sposta all'interno della comunit per i familiari residenti in altro Stato membro. L'art. 9 della legge italiana 9 dicembre ,l'l77, n. 903 (m azz. Uff. Rep. it. 17 dicembre 1977, n. 343), s.lla parit di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro, dispone che gli assegni familiari ... per familiari a carico possono essere corrisposti, in ailternativa, alla donna lavoratrice o pens[oillllta alle stesse condiziona e con gli stessi limiti previsti per il lavoratore o pensionato e aggiunge che nel caso di richiesta di entrambi i genitori gli assegni familiari ... devono essere corrisposti al genitore con il .quale il figlio convive (analoga facolt di scelta attribuita ai coniugi nell'ordinamento giuridico tedesco). Nel caso di specie, quindi, alla madre dei minori residente m. Italia sarebbero stati corrisposti gli assegna familiari, -se effettivamente spettantile -, solo previa sua domanda. Ed pacifico che siffatta domanda non stata presentata e che, di conseguenm, non stata corrisposta alcuna somma (non stato neanche verificato, quindi, se, in caso di domanda, gli assegna sarebbero stati effettivamente coirrifsposti). La Corte di giustizia con sentenza 20 aprile 1978, nella causa 134/77, RAGAzzoNt, in Racc., 11>18, pag. 963, si occupata dell'art. 76 del regolamento 388 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I .(omissis) 1: -Con ordinanza 22 luglio 1983, pervenuta a questa Corte il 12 settembre 1983, il Sozialgericht di Monaco di Baviera ha 'sollevato, a 11 norma dell'art. 177 del Trattato CEE, una questione pregiudiziale vertente f: I f. ~sull'interpretazione dell'art. 76 del regolamento del Consiglio n. 1408/71, " relativo all'applicazione dei regimi di previdenza sociale ai lavoratri dipendenti ed ai loro familiari che si spostano nell'ambito della Comunit (G. U. n. L 149, pag. 1). ~ 2. -Il sig. Salzano cittadino italiano. Dal maggio 1979 lavora e risiede nella Repubblica federale di Germania. La moglie risiede con i tre figli comuni in Italia. 3. -Il Bundesanstalt fiir Arbeit si rifiutava di corrispondere al sig. Salsano gli assegni familiari relativi ai tre figli per il periodo 1 maggio 31 dicembre 1979. in quanto nello stesso periodo la sig.ra Salzano aveva svolto un'attivit lavorativa subordinata e pertanto aveva diritto agli assegni familiari in base alla normativa italiana. 1408/71, in relazione ad una fattispecie nella quale, peraltro, la legislazione nazionale del paese nel quale prestava lavoro la moglie del lavoratore e in cui risiedevano i figli (fltalia: prima dell'entrata in vigore clcl1a legge 9 dicembre 1977 n. 903, sopracitata), non contemplava in favore de11a medesima il diritto agli assegni familiari. Ed ivi, la Corte, ricordato che l'art. 76 mira unicamente a limitare la possibilit di cumulo , ha precisato che perch gli assegni familiari si possano cons[derare dovuti in forza della legisdazione dello Stato membro nel quale risiedono i lamiliari, occorre che detta legislazione riconosca il diritto alla corresponsione di assegni a favore del familiare che lavora in tale Stato '" aggiungendo che pertanto necessario che la persona interessata possieda tutti i requisim stabiliti daiMa legge del suddetto Stato per poter far valere tale diritto '" Successivamente, in situazione sostanzialmente analoga, con riferimento all'art. 79 n. 3 del regolamento, la Corte, con sentenza 6 marzo 1979, nella causa 100/78, Rossi, in Racc., 1979, pag. 831, ha ulteriormente precisato che la sospensione del di.r.itto agl:i assegni familiari per i figli a carico del padre che titolare di una pensione secondo le leggi di uno Stato membro non si applica se la madre non ha acquistato effettivamente il diritto agli stessi assegnd in forza delle leggi di un altro Stato membro per il fatto di esercitare un'attivh proressionale, o perch la qualit di capofamiglia riconosciuta solo al padre, o, comunque, perch non sussistono i presupposti per l'attribuzione alla madre del diritto di riscuotere gli assegni, aggiungendo ancora -con riferimento ad una ipotesi di concorso di titold -che la norma di cui all'art. 79 n. 3 si applica solo a concorrenza dell'importo effettivamente Viersato a causa dell'esercizio di un'attivit profession&e , Gi dalla prima, ma comunque dalLa seconda sentenza si evince che la sospensione prevista dalle norme indicate operante solo se nell'altro Stato gli assegni sono versati effettivamente e in concreto. Questo concetto reso ancora pi palese nella pi recente sentenza della Corte 3 febbrado 1983, nella causa ,149/82, RoBARDS, nella quale, con riferimento PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTRNAZIONALE 389 4. -Il sig. Salzano impugnava il provvedimento suddetto dinanzi al Sozialgericht di Monaco di Baviera, il quale, con ordinanza 22 luglio 1983, lia sottoposto a questa Corte, a nomna dell'art. 177 del T:riattato CEE, la seguente questione giudiziale: Se l'art. 76 del regolamento del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, vada interpretato nel senso che iJ, diritto agli assegni familiari nel paese in cui occupato uno dei genitori dev'essere sospeso -ed in caso affermativo in quaile misura -anche quando l'altro genitore ci.sieda con i figli in un altro Stato membro (Stato di residenza) ed ivi svolga un'attivit lavorativa, ma non percepisca assegni familiari per i figli in mancanza della domanda, necessaria 1n base al diritto nazionale, di uno dei genitori. e/o della riuncia dell'altro genitore, cos che non certo se ed in quale misura il genitre occupato nel paese di residenza dei figli abbia ivi diritto agli assegni familiari . 5. -L'art. 73, n. l, del regolamento n. 1408/71 dispone che il lavoratore dipendente soggetto alla legislazione di uno Stato membro diverso dalla Francia ha diritto, per i familiari residenti nel territorio di un altro Stato membro, alle prestazioni familiari previste dalla legislazione del primo Stato, come se risiedessero nel ter:ritorio di quest'uiltimo. alla norma, analoga alle precedenti, di cui all'art. 10 del regolamento CEE del ConsigLio 21 marzo 1,972, n. 574, si precisato quanto segue: " Poich l'attribuzione di prestazioni di famigilia a norma dell'art. 73 del reg. 1408/71 subordinata all'interpreta:ziione ed aill'app1ioazione della normativa nazionale, l'ente preposto di un altro Stato membro non in grado di valutare se ne sussistono tutti i presupposti. Ai fini dell'art. 10, n. 1, lett. a), del reg. 574/72, il. suddetto ente pu quindi limitarsi a constatare che l'ente preposto di un altro Stato membro ha effettivamente concesso ad un lavoratore, per il medesimo figlio, a norma dell'art. 73 deJ. reg. 1408/71, prestazioni di famiglia secondo la propria legdslazione . Al lume di questi pl.1nCipi la risposta al quesito posto dal giudice tedesco non pu essere che negativa (come del resto prospettato dallo stesso giudice di rinvio): non essendoci domanda della moglie, a questa non spettavano assegni in Italia, anche se in astratto avrebbero potuto spettarle; l'ente ero gatore degli. assegni al marito non pu valutare la spettanza degli assegni alla moglie secondo il diritto nazionale dello Stato di residenza di quest'ul tima, ma deve solo verificare se gli assegni siano in tale Stato effettivamente corrisposti o no; tale soluzione consente ai coniugi di scegliere quali assegni percepire, ma ci sembra perfettamente in linea con la regolamentazit-ne comunitaria e addirittura con le legislazioni nazionali che, attuando la parit di trattamento fra uomini e donne in materia di lavoro, lasciano ai coniugi l'alternativa di scegliere a chi dei due debbono essere corrisposti gli assegni. In applicazione di tale principio di parit, sancito dalle norme comuni tarie, le legislazioni na7Jionali (e in particolare quelle tedesca e italiana) 390 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 6. -L'art. 76 stabilisce che il diritto alle prestazioni familiari dovute a norma dell'art. 73 sospeso se, per l'esercizio di un'attivit professionale, le prestazioni o gli assegni familiari sono dovuti anche a norma della legislazione dello Stato membro nel cui territorio risiedono i familiari. 7. -La Corte ha gi affermato, nella sentenza 20 aprile 1978 (causa 134/77, Ragazzoni, Racc. pag. 963), che l'esercizio di un'attivit lavorativa nello Stato in cui risiedono i familiari non sufficiente a sospendere il diritto attribuito dall'art. 73, ma occorre, inoltre, che le prestazioni familiari siano dovute in base alla legge di detto Stato membro. Perch gli assegni familiari si possano considerare dovuti in base alla normativa dello Stato membro nel quale risiedono i familiari, occorre che detta normativa riconosca il diritto a:1la corresponsione di assegni a fovore del familiare che lavora in questo Stato. pertanto necessario che la persma interessata soddisfi tutte le condizioni -sia formali che sostanziali stabilite dalla normativa del suddetto Stato per poter far valere tale diritto. 8. -Emerge dal fascicolo che la signora Salzano non soddisfaceva le condizioni stabilite dalla normativa italiana concernente gli assegni familiari, poich non aveva presentato la domanda prescritta dalla normativa italiana vigente. prevedono infatti che i coniugi, entrambi lavoratord, possano scegliere di comune accordo a chi dei due debbano essere corrisposti gli assegni familiari.: per ciascuna legislazione indifferente il percettore delle somme, ove vi sia l'accordo fra ii due aventi diritto, in quanto le somme stesse hanno pur sempre un'unica destinazione (il mantenimento dei figli). Le legislazioni nazionali si preoccupano solo che sia timpedita una duplice erogazione, che non avrebbe alcun significato. La normati'V'a comunitarfa rispetta questo diil'itto di opzione e si preoccupa solo di due cose: a) con l'art. 73, che sia garantita la percezione degli assegni da parte del genitore che lavora in uno Stato anche se i figli risiedono in altro Stato; e ci per assicurare la libera circolazione dei lavoratori e garantire al lavoratore straniero una parit di trattamento con il favoratore nazionale; b) con l'art. 76, che la famiglia del lavoratore non percepisca due volte gli assegni approfittando dei diritti che potrebbero derivarle dalle due legislazioni nazionali applicabili (eventualmente integrate dalla disposizione dell'art. 73 sopracitato), e ci perch una dopp.La erogazione non avrebbe una giustificazione logica. La norma contenuta nell'art. 76, dunque, puramente e semplicemente una norma anticumulo (come appunto hra precisato la Corte nella citata sentenm 20 aprile 1978) e ment'affatto una norma indicativa dello Stato tenuto alla erogazione. Essa, inf.atti, lascia iimpregiudioato il diritto di opzione di cui godono i coniugi e si preoccupa solo di evitare che La famigla possa godere, dn forza delle norme comunitarie, del doppio benefiicio. Si osservato in contrario che lo spii.rito della norma sarebbe nel senso che essa non mira solo ad evitare un cumulo di prestazioni, ma determina PARTE I, .SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 391 9. -L'art. 9 della legge 9 dicembre 1977, n. 903 (Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 17 dicembre 1977, n. 343), dispone che gli assegni familiari, le aggiunte di famiglia e le maggiorazioni delle pensioni per familiari a carico possono essere corrisposti, in alternativa, alla donna lavoratrice o pensionata alle stesse condizioni e con gli stessi limiti previsti per il lavoratore o pensionato. Nel caso di richiesta di entrambi i genitori gli assegni familiari, le aggiunte di famiglia e le maggiorazioni delle pensioni per familiari a carico devono essere corrisposte ail genitore con il quale il figlio convive . 10. -Pertanto, nella specie, se la signora Salzano vi avesse avuto effettivamente diritto, gli assegni familiari le sarebbero stati versati, a condizione, per, he ne fosse stata previamente fatta domanda. Manoando tale domanda, la signora Salzano non aveva diritto, durante il periodo considerato, al versamento degli assegni familiari in base alla normativa italiana. Ne consegue che g1i assegni familiari non erano dovuti anche ,, ai sensi dell'art. 76 del summenzionato regolamento. ugualmente quale iJ. diriitto che deve essere soldisfatto, quando un tale diritto sussiste in due Stati membri. Questa conclusione non appare accettabile. Innanzitutto dal punto di vista letterale la nonna non contiene alcuna indicazione in tal senso. E dal punto di v:Lsta logico, tenendo conto della ratio della intera regolamentazione comunitaria, appare contrario allo spirito di questa che la norma in questione possa avere voluto l'effetto di eliminare la possibilit di scelta da parte dei coniugi e cli discriminare, quindi, Ja posizione della famiglia. del lavoratore migrante. Di conseguenza non appare rilevante la possibilit che ciascuno dei coniugi ha di esercitare dl diritto in ciascuno Stato, mentre rilevante solo il concreto godimento di tale diritto. Non possibile, del resto, operare una distinzione ua condizioni sostan ziiali per l'apertura del diritto (esercizio di un'attivit professionale) e condizioni formali per goderne (presentazione di un'appOsita domanda e rinuncia dell'altro coniuge). Si deve tener presente, invero, che la distinzione in se stessa arbitl'aria, in quanto la domanda di un coniuge e la rinuncia dell'altro sono requisiti sostanziali per l'insorgenza del diritto. E comunque, in presenza di una situazione di astratta possibilit della sussistenza del diritte;>, verrebbe ad attribuirsi all'ente previdenziale di uno Stato membro H potere di vecifdcare esso stesso e autonoma.mente la sussistenza di tutti i presupposti per l'erogazione degli assegni da parte dell'ente previdenziale dell'altro Stato membro: e ci chiaramente inammissibile, ' come ha gi avvertito la Corte, con la citata sentenza RoBARDS, con la quale ha precisato che il primo ente pu solo constatare l'esistenza o l'inesistenza di un'effettiva erogazione da parte del secondo ente, senza alcun potere di verificarne la legittimit. OSCAR FIUMARA 392 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DBLLO STATO 11. -La questione sollevata dal Sozialgericht di Monaco di Baviera dev'essere pertanto risolta nel senso che il diritto agli assegni familiari dovuti a norma dell'art. 73 del regolamento n. 1408/71 nel paese in cui occupato uno dei genitori non sospeso qualora l'altro genitore risieda con i figli in un altro Stato membro e svolga ivi un'attivit lavorativa, ma non percepisca assegni familiari per i figli in quanto non ricorrono tutti i presupposti ai quali la normativa di questo Stato membro subordinava l'effettiva fruizione dei suddetti assegni. (omissis) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, IV sez., 15 gennaio 1985, nella causa 241/83 -Pres. Bosco -Avv. gen. Slynn -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof nella causa Erich Rosler c. Ho:rst Rottwinkel -lnterv.: Governi della Rep. fed. di Germania (ag. Bohmer), italiano (avv. Stato Fiumara) e del Regno unito (ag. Braggins) e Commissione delle C. E. (ag. Zimmermann). Comunit europee -Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 -Competenza giurisdizionale -Competenza esclusiva -Affitto immobili Alloggio per le vacanze. (Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 21 giugno 1971, n. 804, art. 16, n. 1). Comunit europee Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 -Competenza giurisdizionale -Competenza esclusiva -Affitto immobili Ambito di applicazione. (Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 21 giugno 1971, n. 804, art. 16, n. 1). L'art. 1'6 n. 1 della Convenzione si applica a qualsiasi contratto di locazione di un immobile, anche per un breve periodo, ed anche se riguarda unicamente la cessione d'uso di un alloggio per le vacanze. (1) (1) Soluzione conforme a quella proposta dal Governo italiano. Invero, a determinare la competenza esclusiva in materia di diritti reali immobiliari e di contratti di affitto di immobili dei giudici dello Stato in cui l'immobile si trova stata -come si legge nella relazione Jenard alla convenzione, in Bollettino C.E., suppi. 12/72 -La preoccupazione di non creare situazioni di conflitto con norme considerate di ordine pubblico in alcuni Stati membri, con il pericolo di ostacolare la libera circolazione delle sentenze . La regola fissata, - stato detto -, risponde all'interesse di una retta amministrazione della Wiustizia >>, perch questi tipi di controversie comportano in modo frequente accertamenti, indagini e perizie che dovranno essere effettuati sul posto e perch la materia inoltre spesso sottoposta in parte ad usi che sono conosciuti in genere solo dagli organi giudsdizionali del luogo, o quanto meno del paese in cui l'immobile sito . La relazione prosegue, per quanto riguarda in particolare i contratti di affitto, precisando che per locazione di immobili si intende l'affitto di locali destinati ad abitazione PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 393 Rientrano nella competenza esclusiva dei giudici dello Stato in cui l'immobile si trova, competenza contemplata dall'art. 16, n. l, della Convenzione, tutte le liti vertenti sull'esistenza o sull'interpretazione del contratto, sulla sua durata, sulla restituzione del possesso dell'immobile al locatore, sulla riparazione di danni causati dall'inquilino o sul recupero del canone e delle altre spese accessorie a carico dell'inquilino, come le spese per il consumo d'acqua, di gas e di elettricit. Le liti che riguardano le obbligazioni rispettive del locatore e del conduttore derivanti .dal contratto di locazione rientrano nel campo di questa competenza esclusiva. Viceversa, le liti che si riferiscono solo indirettamente all'uso della pro- o ad uso professionale, l'affitto cti focali per usi commerci:Id e la locazione cli fondi rustici, e che per controversie relative a tali contratti si intendono quelle, a titolo principale (cfr. primo comma della relazione sub art. 16), fra locatori e conduttovi relative all'esistemla o all'interpremzione dei contratti di locazione o alla riparazione dei danni causati dal conduttore, all'evacuazione dei locali, ecc. , mentre la norma non troverebbe applicazione per le azioni che riguardano unicamente il pagamento del canone locativo, in quanto tali azioni possono essere considerate come distinte dall'immobile dato in looazione . Questa 'soluzione, conclude Ja relazione, stata dettata perch ta materia spesso disciplinata, nei singoli Stati, da una legislazione particolare che sovente contempla anche una competenza esclusiva. Se, dunque, vero che la nonna in questione non pu essere interpretata in snso pi lato di quanto non richieda il suo scopo (Corte 'di giustizia, 14 dicembre 1977, nella causa n. 73/76, SANDERS, in Racc., pag. 2383, con la quale stato deciso che non rientra nell'ambito cti applica2ione della norma la controversia re1ativa al contriatto di affitto, di un'azienda commerciale, in quanto l'oggetto principale del contriatto l'azienda non l'immobile), altres vero che essa va interpretata rigorosamente per impedire che lo scopo stesso non sia raggiunto, aprendosi la strada, in una materia molto delicata (si pensi in Italia :alla disciplina dell' equo canone per le locazioni di immobili urbani ad uso abitativo), a competenze alternative o a deroghe pattuite per eludere norme imperative. In conseguenza nessuna delle circostanze segnalate dal giudice di rinvio poteva essere considerata tale da consentire la disapplicazione dell'art. 16 n. 1. Anzi, alcune di esse lasciavano intravedere il pericolo che si corre ammettendo eccezioni che potrebbero essere generalizzate. Certamente non influente, infatti, appariva la circostanza che fosse stata pattuita la locazione di un immobile per uso di villeggiatura. La norma non distingue fra periodi lunghi e periodi brevi di locazione, n fra le varie destinazioni dell'immobile: professionale, commerciale, agricolo, abitativo, villeggiatura, ecc. (e non contraddice questa conclusione la sentenza della Corte 14 dicembre 1977, gd citata, in quanto ivi si considerato che oggetto principale del contratto era l'azienda e non l'immobile). Sebbene alcune esigenze, partico1armente per norme di 011ddne pubblico (ad esempio la gi richiamata disciplina dell'equo canone di locazione e quella dell'affitto dei fondi rustici in Italia), possano sussistere solo per alcune situazioni e non per altre, ogni /limitazione generalizzata sarebbe arbitraria e, non essendo possibile fissarla in termini precisi, potrebbe essere abilmente sfruttata per sfuggire a norme imperative. 394 RASSEGNA DEI.J..'AVVOCATURA DELLO STATO priet locata, come quelle riguardanti la perdita del vantaggio delle vacanze e le spese di viaggio, non rientrano nella competenza esclusiva con templata da detto articolo (2). (omissis) 1. -Con ordinanza 5 ottobre 1983, pervenuta alla Corte il 24 ottobre seguente, il Bundesgerichtshof ha sollevato, a norma del protocollo 3 giugno 1971 relativo all'interpretazione da parte della Corte della Convenzione 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizio. nale e l'esecuzione delile decisioni in materia civile e commeroiale (in prosieguo: la Convenzione), 'due questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione dell'art. 16, n. 1 della Convenzione stessa. 2. -Con contratto scritto 19 gennaio 1980 il sig. Horst Rottwinkel, resistente nella causa principale, affittava al sig. Erich Risler, ricor rente nella causa principale, per il periodo 12 luglio 2 agosto 1980, un alloggio situato nella propria casa di vacanze di Cannobio, in Italia, il cui canone veniva fissato per quattro persone in d.m. 2.625. Secondo il contratto, non era permesso alloggiare ospiti. Le spese per l'elettricit, Altrettanto inconsistente appariva fa circostanz:a che entrambi i contraenti non risiedessero in Italia. Basta considerare che la convenzione presuppone' l'esistenza di un territorio comunitario e I'art. 16 n . .l, propdo prevedendo una competenza esclusiva e non consentendo quindi neanche una deroga per accor do delle parti, mira a garantire una retta amministrazione della giustizia >>, per cui non pu che essere del tutto indifferente la residenza delle parti. Del tutto inaccettabile appariva, infine, rargomento concernente la pattuizione relativa a11'applioazione del diritto di uno Stato membro diverso da quello in cui sito l'immobile. Tale richiamo, almeno in alcuni casi (e si richiama ancora una volta, a titolo di esempio, la disciplina dell'equo canone in Italia, in relazione agli. artt. 25 e 31 delle disposizioni sulla legge in generale, che precedono il codice civile), innanzitutto frrilevante per l'ordinamento giuridico dello Stato membro in cui sito l'immobile. Se poi si ammette addirittura che una pattuizione siffatta idonea a far venir meno la competenza del giudice dello Stato in cui si trova l'immobile, si apre la strada ad UIJJa possibilit di sottrarsi a norme dmperative di tale Stato: per sottrarsi alla disciplina dell'equo canone in Italia i:l locatario potrebbe imporre aiJ. conduttore (costretto ad accettare, pur di avere la disponibilit dell'appartamento) di sottoporre la disciplina del contratto al diritto di un altro Stato, magari pattuendo altres espressamente la proroga di competenza ai sensi dell'art. 17 della Convenzione. (2) Anche su questo punto la Corte ha seguito le tesi esposte dal Governo italiano, in particolare precisando che rientrano nella competenza esolusiva del giudice di cui all'art. 16 n. 1 della convenzione 1e liti relative al pagamento del canone quale obbligo contrattuale essenziale del conduttore (contrariamente a quanto osservato neUa stessa relazione Jenard nei punti rico:tidati nella nota precedente). La possibilit di sottrarre tali controversie al giudice dello Stato in cui sito l'immobile potrebbe del 11esto consentire l'elusione di norme imperative attraverso abili pattuizioni. O.F. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE l'acqua e il gas dovevano essere conteggiate in base al consumo. La pu-. lizia finale doveva del pari essere pagata a parte. Le parti convenivano inoltre che al contratto si sarebbe dovuto applicare il diritto tedesco e che il luogo dell'adempimento ed il foro competente era Bielefeld. 3. -Il resistente nella causa -principale trascorreva le vacanze nella villa contemporaneamente al ricorrente. 4. -Il 7 gennaio 1981 il resistente nella causa principale esperiva un'azione dinanzi al Landgericht di Berlino, chiedendo al ricorrente nella causa principale il risarcimento dei danni e il pagamento delle spese accessorie residue. Egli sosteneva che durante l'intera vacanza il ricor rente nella causa principale aveva ospitato nell'alloggio pi di quattro persone. A causa del sovraffollamento, il pozzo nero traboccava in permnenza. Ci provocava un lezzo insopportabile. Il sovraffollamento causava del pari un notevole disturbo sotto il profilo del rumore. 5. -Il riposo del resistente e della sua famiglia veniva perci con siderevolmente disturbato. Data la perdita del vantaggio delle vacanze da lui subita, il resistente chiedeva il risarcimento dei danni per inadempimento del contratto d'affitto e il rimborso delle spese di viaggio fino al luogo della villeggiatura. Egli chiedeva inoltre, in forza del contratto, le spese per l'acqua, l'elettricit, il gas e la pulizia finale. 6. -Il Landgericht di Berlino dichiarava irricevibile la domanda. Esso riteneva che, ai sensi dell'art. 16, n. 1 della Convenzione, i giudici dello Stato contraente in cui situato l'immobile, cio l'Italia, sono competenti in via esclusiva a pronunziarsi sulle domande di pagamento di cui trattasi. Il Kammergericht di Berlino annullav~ la sentenza del Landgericht e gli rinviava la causa per una nuova pronunzia. 7. -Il ricorrente nella causa principale impugnava per revisione la sentenza del Kammergericht dinanzi al Bundesgerichtshof. 8. -Ritenendo che la lite sollevi questioni d'interpretazione della Convenzione, con ordinanza 5 ottobre 1983 il Bundesgerichtshof ha sospeso il procedimento ed ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 1. -Se l'art. 16, n. l, della Convenzione possa applicarsi nel caso in cui il contratto di locazione, stipulato da due parti entrambe domi ciliate nella Repubblica federaile di Germania, riguardi solo fa cessiooe in uso per un breve :periodo di un alloggio per la villeggiatura situato in Italia e le parti abbiano convenuto di applicare il diritto tedesco. 2. -In caso affermativo: Se l'art. 16, n. 1, della Convenzione si possa applicare del pari alle azioni aventi ad oggetto il risarcimento dei danni 396 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO per inadempimento del contratto di locazione, in particolare a causa del mancato godimento delle vacanze, nonch il pag~ento delle spese accessorie contemplate dal contratto di locazione. -, 9. -Il residente sostiene che l'art. 16, n. 1 della Convenzione non si -applica nel caso in esflJile. Si tratterebbe di un contratto di locazione di bieve durata riguardante un'abitazione per la villeggiatura il quale, dal punto di vista economico, sarebbe pi affine ad un contratto di albergo che ad un contratto di locazione vero e proprio. Le domande proposte verterebbero anzitutto sul risarcimento dei danni per il mancato godimento delle vacanze e per il deterioramento o la perdita di beni mobili. A parte Ci, il luogo dell'adempimento sarebbe nella ~epubblica federale di Germania. Il contratto avrebbe, infatti stabilito che il pagamento, in particolare del canone d'affitto, doveva aver luogo nella Repubblica federale, dove le chiavi dovevano essere restituite. L'accesso sul luogo sarebbe superfluo pr decidere la lite. 10. -Il Governo della Repubblica federale di Germania ritiene che l'art. 16, n. 1 della Convenzione, dato il suo spirito, non si applica alle azioni riguardanti contratti di locazione di durata limitata. Esso ricorda in proposito che nella sentenza 14 dicembre 1977 (Sanders c. van der Putte, 73/77, Racc. pag. 2383), la Corte ha dichiarato che questa disposizione non dev'essere interpretata in senso pi ampio di quanto il suo scopo richieda. La ratio legis dell'art. 16, n. 1 consisterebbe in primo luogo nel fatto che per le locazioni d'immobili, in particolare per i contratti riguardanti dei locali di abitazione, vigono in generale norme complesse ed informate a considerazioni di ordine sociale e che i giudici dello Stato in cui sono in vigore sarebbero meglio di ogni altro in grado di applicarle. Questa situazione non sussisterebbe tuttavia nel _caso di contratti di locazione vertenti unicamente sulla cessione d'uso temporanea di un alloggio per le vacanze situato all'estero. In questo caso, gli interessi coinvolti non esigerebbero l'applicazione delle leggi sociali sugli affitti. Nel diritto tedesco, ad esempio, la cessione d'uso temporanea dei locali di abitazione, ivi compresa la locazione di alloggi per le vacanze, sarebbe espressamente esclusa dalle norme sociali sugli affitti. 1. -Sempre secondo il Governo della Repubblica federale di Germania, l'inopportunit di applicare l'art. 16, n. 1 del pari ai contratti di locazione riguardanti alloggi per le vacanze sarebbe particolarmente eviI ili dente nel caso _in cui le parti, come nella presente fattispecie, hanno sot I ~' i) toposto i loro rapporti contrattuali esclusivamente ai giudici ed al diritto tedesco. Lo scopo principale perseguito dall'attribuzione della causa al giudice del luogo, cio consentire l'applicazione delle norme imperative del diritto locale, facendo coincidere il foro competente e le norme da !' applicarsi e, in ultima analisi, semplificare il procedimento, mancherebbe I, nel nostro caso. ?: ~~ l, ~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 12. -Un altro scopo perseguito dall'art. 16, n. 1 sarebbe che l'inquilino di un locale d'abitazione, il quale in generale il pi debole socialmente, non sia ulteriormente svantaggiato dal fatto che il giudizio si svolge dinanzi ad un giudice lontano dal suo domicilio. Nemmeno questo scopo avrebbe peso per i contratti relativi ad un alloggio per le vacanze giacch, normalmente, l'inquilino non sarebbe domiciliato nel luogo in cui si trova l'immobile e non meriterebbe particolari riguardi sotto il profilo sociale. 13. -Quanto alla seconda questione, il Governo della Repubblica fe. derale di Germania ricorda che, nella gi menzionata sentenza 14 dicembre 1977, la Corte 1:J.a dichiarato che considerazioni riguardanti solo la locazione d'immobili spiegano l'attribuzione, in fatto di locazione d'immobili propriamente dette, cio di liti fra locatori e conduttori relative all'esistenza o all'interpretazione di contratti o alla riparazione di danni causati dal conduttore e allo sfratto, di ima competenza esclusiva ai giudici del paese in cui l'immobile situato. Secondo il relatore del comitato di periti sulla Convenzione (G. U. 1979, comma 59, pag. 1), la norma della competenza esclusiva non si applicherebbe alle azioni aventi unicamente ad oggetto il pagamento del canone, giacch queste vanno considerate separate . dalla cosa locata. A maggior ragione ci varrebbe per le azioni di risarcimento del danno indiretto derivante dall'inadempimento del contratto e che non in relazione con la cosa locata stessa. Di conseguenza, le domande di risarcimento proposte dal resistente per il mancato godimento delle vacanze e per le spese di viaggio inutilmente sostenute non rientrerebbero nell'art. 16 n. 1 della Convenzione. Non vi potrebbe essere competenza esclusiva per le domande di pagamento delle spese accessorie che fanno parte integrante del canone complessivo. 14. -Il Governo del Regno Unito osserva che lo scopo dell'art. J.6 n. 1 dev'essere determinato in relazione al tipo di azioni riguardanti la propriet immobiliare piuttosto che alla natura del contratto di locazione o di altri diritti relativi agli immobili. Nel nostro caso, l'attore non chiederebbe il canone, bens il risarcimento dei danni per inadempimento del contratto. Le pretese dell'attore non rientrerebbero nella categoria di liti menzionata dalla Corte nella causa Sanders. c. van der Putte. Le esigenze di una buona amministrazione della giustizia non implicherebbero che delle azioni le quali, come nel nostro caso, riguardano l'inadempimento del contratto di locazione o il danno che ne deriva siano attribuite alla competenza esclusiva dei giudici dello Stato in cui si trova l'immobile. Argomenti analoghi varrebbero per la domanda di pagamento delle spese accessorie, in particolare di quelle riguardanti il consumo di gas, di elettricit ed acqua nonch la pulizia. Le domande riguardanti la perdita o il deterioramento dell'arredo e corredo non riguarderebbero l'immobile locato e non dovrebbero essere considerate 398 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO come liti aventi ad oggetto l'affitto d'immo~ile ai sensi dell'art. 16, n. 1 della Convenzione. Perch questa disposizione si applichi, la lite dovrebbe avere ad oggetto l'attribuzione, l'esercizio o la cessazione di diritti di possesso. 15. -Il Governo della Repubblica italiana deduce che i motivi esposti dal giudice nazionale, cio che considerazioni di opportunit militano contro l'applicazione dell'art. 16 n. 1 nei casi in cui il contratto di locazione riguarda unicamente la cessione d'uso temporanea di un alloggio per le vacanze, mentre le due parti sono domiciliate in un paese diverso da quello in cui si trova l'immobile ed hanno convenuto di applicare il diritto sostanziale dello Stato del domicilio, non sono atte ad escludere l'applicazione di detta disposizione. L'art. 16 n. 1 non distinguerebbe fra periodi lunghi e periodi brevi di locazione, n fra le varie destinazioni dell'immobile: professionale, commerciale, agricola, abitativa, villeggiatura, ecc. Il fatto che i contraenti non risiedano nello Stato in cui situato l'immobile sarebbe irrilevante. L'argomento riguardant la clausola relativa all'applicazione del diritto di uno Stato membro diverso da quello in cui situato l'immobile sarebbe in fatto inaccettabile. Comunque, almeno in determinati casi (ad esempio se mirasse ad eludere la disciplina dell'equo canone in Italia), la clausola sarebbe invalida. Se si ammettesse che un patto di questo genere, accompagnato da una clausola per la proroga della competenza, possa far venir meno la competenza del giudice dello Stato in cui si trova l'immobile, si aprirebbe la strada alla possibilit di sottrarsi a norme imperative di tale Stato. 16. -Quanto al pagan1ento delle spese accessorie, secondo il Governo della Repubblica italiana non pare possano sussistere dubbi circa la possibilit di rifenirle al contratto di locazione stessa, giacch costituiscono un'obbligazione contrattuale a carico dell'inquilino. La competenza esclusiva a norma dell'art. 16 n. 1 dovrebbe essere evidente nel caso 'di una lite relativa a tali spese. La possibilit di sottrarre queste liti alla competenza del giudice dello Stato in cui si trova l'immobile potrebbe consentire di eludere norme imperative mediante abili pattuizioni. 17. -La Commissione allega che, in taluni Stati contraenti, i locali ammobiliati in generale e gli alloggi per le vacanze ammobiliati in particolare, non rientrano, espressamente o implicitamente, nel campo di applicazione ratione materiae delle normative particolari riguardanti la tutela degli inquilini. Per questi motivi essa ritiene che la cessione d'uso . a titolo oneroso di alloggi, e in particolare di alloggi per le vacanze ammobiliate, non rientrino nel campo d'applicazione dell'art. 16 n. 1. " PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E 1NTBRNAZIONALB 399 18. -L'art. 16 della Convenzione dispone quanto segue: Indipendentemente dal domicilio, hanno competenza esclusiva: 1 in materia di diritti reali immobiliari e di contratti di affitto d'immobili, i giudici dello Stato contraente in cui l'immobile si trova; .. 19. -La competenza esclusiva contemplata dall'art. 16 n. 1 a favore dei giudici dello Stato contraente in cui l'immo])ile si trova dovuta allo stretto nesso esistente fra i contratti di locazione e il regime giuridico della propriet immobiliare nonch le disposizioni, generalmente di natura imperativa, che ne disciplinano l'uso, quali le norme relative al controllo dei canoni locativi ed alla tutela dei diritti degli inquilini e affittuari. 20. -A parte ci, l'art. 16 n. 1 mira a garantire la razionale ripartizione delle competenze, dando la preferenza al giudice competente a causa della prossimit al luogo in cui l'immobile si trova, per il fatto che esso pu pi facilmente avere conoscenza diretta delle circostanze di fatto connesse alla stipulizione ed all'adempimento delle locazioni di immobili. 21.-La questione sollevata dal Bundesgerichtshof Inira ad accertare se siano possibili deroghe alla norma generale dell'art. 16, in ~senza di qualsiasi indizio nella lettera delle disposizioni, in considerazione della natura particolare di determinati contratti, come la locazione per un breve periodo di alloggi per le vacanze. 22. -In proposito va rilevato, come ha giustamente fatto il Governo italiano, che qualsiasi deroga alla norma generale dell'art. 16 n. 1 implica il rischio di estensioni atte ad eludere l'applicazione delle norme nazionali che disciplinano l'uso della propriet immobiliare. 23. -A parte ci, si deve tener conto dell'incertezza che deriverebbe dall'ammissione da parte del giudice di deroghe alla norma generale dell'art. 16 n. 1, che ha il vantaggio di stabilire in ogni caso un'attribuzione di competenza univoca e certa, attenendosi quindi allo scopo della convenzione che quello di determinare delle attribuzioni di competenza certe e prevedibili. 24. -Ne consegue che la disposizione di cui trattasi si applica a qualsiasi contratto di locazione di immobili, indipendentemente dalle sue particolari caratteristiche. 25. -La prima questione va perci risolta nel senso che l'art. 16 n. 1 della Convenzione si applica a qualsiasi contratto di locazione di un immobile, anche per un breve periodo, ed anche se riguarda unicamente la cessione d'uso di un alloggio per le vacanze. 400 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO \ 26. -Quanto alla seconda questione si deve rilevare che la Con venzione attribuisce competenza esclusiva in materia cli contratti cli affitto cli immobili. Nella sopramenzionata sentenza 14 dicembre 1977 la Corte ha affermato che quest'espressione si riferisce in particolare alle liti fra Jocatori e conduttori relative aM'esistenza o all'interpretazione del contratto o alla riparazione dei danni causati dall'inquilino. Si deve osservare che questa enumerazione non esauriente. A ragione il Governo della Repubblica italiana sostiene che le liti relative al pagamento del canone rientrano in questa competenza esclusiva. Sarebbe infatti in contrasto con uno degli scopi della disposizione di cui trattasi, cio l'applicazione esatta delle norme nazionali riguardanti le locazioni, l'escludere da questa competenza esclusiva delle liti le quali, almeno in determinati Stati membri, sono rette da disposizioni legislative particolari, come le norme sull'equo canone in Italia. 27. -Il contratto di locazione contiene in generale disposizioni riguardanti la cessione dell'immobile locato al conduttore, il suo uso, gli obblighi rispettivi del locatore e del conduttore per quanto riguarda la manutenzione, la durata del contratto e la restituzione del possesso dell'immobile al locatore, il canone e le altre spese accessorie a carico dell'inquilino, come le spese per il consumo dell'acqua, del gas e dell'elettricit. 28. -Le liti riguardanti le obbligazioni rispettive del locatore e del conduttore derivanti dal contratto di locazione rientrano nel campo di applicazione dell'art. 16 n. 1 della Convenzione in materia di contratti di affitto d'immobili . Viceversa le liti che si riferiscono solo indirettamente all'uso della propriet locata, come quelle riguardanti la perdita del vantaggio delle vacanze e le spese di viaggio, non rientrano nella competenza esclusiva contemplata da detto articolo. 29. -La seconda questione va quindi risolta nel senso che rientra nella competenza esclusiva dei giudici dello Stato in cui l'immobile s trova, competenza contemplata dall'art. 16 n. 1 della Convenzione, qualsiasi lite vertente sull'esistenza o sull'interpretazione del contratto, sulla sua durata, sulla restituzione del possesso dell'immobile al locatore, sulla riparazione di danni causati dall'inquilino o sul recupero del canone e delle altre spese accessorie a carico dell'inquilino, come le spese per il consumo d'acqua, di gas e di elettricit. Le liti che riguardano le obbligazioni rispettive del locatore e del conduttore derivanti dal contratto di locazione rientrano nel campo di questa competenza esclusiva. Vkeversa, le liti che si riferiscono solo indirettamente all'uso della propriet locata, come quelle riguardanti la perdita del vantaggio delle vacanze. e le spese di viaggio, non rientrano nella competenza esclusiva contemplata da detto articolo. (omissis). PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 401 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, Sed. plen., 20 mar zo 1985, nella causa 41/83 -Pres. Mackenzie Stuart -Avv. Gen. Dar mon -Repubblica italiana (avv. Stato Braguglia) c. Commissione delle C.E. (ag. Marenco) -Interv.: Governo del Regno unito (ag. Dagtoglou). Comunit europee -Concorrenza -Abuso di posizione dominante Imprese pubbliche -Monopolio legale per la gestione dei sistemi di telecomunicazioni -Limiti. (Trattato CEE, artt. 86, 90 e 222). Comunit europee -Imprese pubbliche -Interesse economico generale Valutazione. (Trattato CEE, artt. 86 e 90). Comunit europee -Norme comunitarie e Accordi internazionali -Compatibilit -Limiti -Fattispecie. (Trattato CEE, art. 234). L'attivit con cui il British Telecommunications, ente di diritto pubblico titolare del diritto di monopolio legale per la gestione dei sistemi di telecomunicazione nel Regno Unito, gestisce gli impianti pubblici di telecomunicazione e li mette a disposizione degli utenti contro il pagamento di un canone, costituisce un'attivit di impresa soggetta in quanto tale agli obblighi derivanti dall'art. 86 del Trattato. Il suo monopolio consiste nel gestire le reti di telecomunicazione e nel metterle a disposizione degli utenti, ma non riguarda la fornitura di servizi annessi, come quello della ritrasmissione dei messaggi per conto terzi (1). Il British Telecommunications non pu impedire alle agenzie private di ritrasmissione dei messaggi di utilizzare la rete pubblica sol perch esse si avvalgono di una nuova tecnologia che permette di trasmettere un gran numero di messaggi in tempo molto breve con anormale impegno delle linee e conseguente danno al corretto funzionamento del sistema internazionale -senza peraltro sottrarsi al pagamento delle tasse corrispondenti alla durata di utilizzo effettivo -, in quanto la nuova tecnologia costituisce un progresso tecnico che risponde all'interesse generale e non si configura di per s come un abuso. N l'interesse pub (1-3) Il Ticorso del Governo italiano, sostanzialmente diretto contro una decisione della Commissione che sanzionaV1a un comportamento invece dovuto in base a norme internazionali, proponeva alcune delicate questioni di prin cipio: sia sulla valutabilit dell'attivit del B.T. ai sensi delle regole di concor renza comunitaria, sia sui rapporti tra tali regole e quelle delle convenzioni internazionali in materia di telecomunicazioni. La sentenza della Corte, che non mostra esitazioni nel nispondere affer mativamente sul primo punto, pare molto pi cauta sul secondo, cercando di evitare prese di posizione e di riisolvere la questione in fatto. 402 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO blico pu ritenersi compromesso per il fatto che la rapidit della trasmissione consentita dall'evoluzione delle tecnologie crei una diminuzione degli introiti dell'ente, in quanto tale diminuzione compensata dal maggior volume dei messaggi internazionali e dei relativi introiti attivato nella rete pubblica britannica dall'esistenza delle agenzie private (2). Il British Telecommunications non pu impedire attivit di trasmissione non abusive di agenzie private invocando il regolamento tdegrafico 11 aprile 1973 della Convenzione internazionale delle telecomunicazioni (ITC) e la raccomandazione F 60 dell'ottobre 1976 del Comitato consultivo internazionale telegrafico e telefonico (CCITT), in quanto questi, anche se fossero ancora vincolanti per il British Telecommunications, sono unicamente diretti ad ostacolare l"attivit di agenzie di ritrasmissione di messaggi create o note per essere state create allo scopo di evadere il pagamento completo della tariffa dovuta per l'intero percorso (3). (omissis) 1. -Con atto registrato in cancelleria il 15 marzo 1983, la Repubblica italiana ha presentato a questa Corte, ai sensi dell'art. 173, 1 comma, del Trattato, un ricorso diretto all'annullamento della decisione della Commissione 10 dicembre 1982, n. 82/861, adottata nei confronti del British Telecommunications, in base all'art. 86 del Trattato CEE (G. U. n. 360, pag. 36). 2. -Il British Telecommunications, ente di diritto pubblico istitlto dal British Telecommunications Act del 1981, succeduto, a partire- dal 1 ottobre 1981, allo United Kingdom Post Office, istituito dal Post Office Act del 1969 (ambedue le imprese statali saranno denominate in prosieguo BT). In quanto titolare del monopolio legale per la gestione dei sistemi di telecomunicazione nel Regno Unite>, il BT ha l'obbligo di fornire, in particolare, i servizi telex e telefonici. A norma sia del Post Office Act sia del British Telecommunications Act, il BT esercita un potere normativo in ordine ai servizi di telecomunicazione nel Regno Unito di cui definisce in particolare tariffe e condizioni mediante regolamenti (schemes); questi ultimi sono pubblicati nelle gazzette ufficiali di Londra, Edimburgo e Belfast. 3. -Il BT ha d'altronde lo status internazionale di ente riconosciuto, che opera privatamente quale membro di uno degli organi permanenti della ITU (Unione Internazionale delle Telecomunicazioni), istituita dalla ITC (Convenzione Internazionale delle Telecomunicazioni), firmata il 2 ottobre 1947 a Atlantic City (raccolta dei trattati delle Nazioni Unite, n. 2616, pag. 188), riveduta ultimamente il 25 ottobre 1973, a MalagaTorremolinos. Tutti gli Stati membri della CEE sono firmatari della ITC. Nella sua qualit di ente che opera privatamente, riconosciuto a questo scopo dal Regno Unito, il BT partecipa ai lavori del CCITT (Comitato Consultivo Internazionale Telegrafico e Telefonico), a .fianco PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE delle amministrazioni nazionali di tutti gli Stati firmatari della ITU che ne sono membri di diritto. 4. -Il CCITT emette raccomandazioni in materia di gestione e di tariffe relative alla telefonia e alla telegrafia, adottate in base alle norme della ITC ed ai regolamenti telefonici e telegrafici (atti finali della conferenza amministrativa mondiale telegrafica e telefonica, ITU, Ginevra 1973), i quali, integrando le norme adottate da quest'ultima, conformemente all'art. 82, disciplinano l'uso delle telecomunicazio1. 5. -Ai sensi dell'art. 63 del regolamento telegrafico 11 aprile 1973: Le amministrazioni o enti riconosciuti che operano privatamente ~i impegnano a bloccare, nei loro rispettivi uffici, l'accettazione, la trasinissione e la consegna dei telegrammi inviati ad agenzie di ritrasmissione ed altre organizzazioni create per trasmettere telegramini per conto di terzi allo scopo di evadere il pagamento completo dlle tariffe dovute per l'intero percorso ... . 6. -Sulla base e in applicazione di questa disposizione del regolamento telegrafico, la CCITT adottava, nell'ottobre 1976, la raccomandazione F 60 il cui punto 3.5.2. contiene le seguenti disposizioni: Le amministrazioni e gli enti riconosciuti che operano privatamente devono rifiutare di mettere il servizio telex a disposizione di agenzie di ricetrasmissione di messaggi telegrafici note per essere state create allo scopo di inviare o ricevere telegrammi da ritrasmettere telegraficamente per sottrarsi al pagamento della tariffa intera dovuta per il percorso completo . 7. -Facendo valere queste norme, il BT ha inteso opporsi all'espandersi, sul territorio del Regno Unito, di agenzie private di ritrasmissione di messaggi che hanno offerto al pubblico un servizio nuovo consistente nel ricevere e ritrasmettere, per conto terzi, un notevole volume di messaggi a prezzi sensibilmente inferiori a quelli praticati in base alle tariffe corrispondenti all'utilizzo tradizionale delle linee e dei sisteIni di telecomunicazione. 8. -Facendo uso del potere normativo riconosciutogli dalla legge, il BT adottava in primo luogo i regolamenti T7 /1975 e Tl/1976. 'Tali regolamenti, pur consentendo agli abbonati di utilizzare i foro impianti per trasmettere o ricevere messaggi per conto terzi, disponevano tuttavia, rispettivamente agli artt. 43, 2-b -(iii) e 70, 2-b -(iii), che ogni qualvolta un abbonato inoltrasse un messaggio telex proveniente da un paese straniero e destinato ad un paese straniero, non potesse applicare una tariffa tale da consentire al mittente del messaggio di spedirlo ad un prezzo inferiore a quello che avrebbe pagato se l'avesse trasmesso RASSEGNA Dm.L'AVVOCATURA DELLO STATO 404 direttamente. Le parti concordano tutta:via sul fatto che il BT non ha mai dato applicazione effettiva a queste disposizioni. 9. -Il BT completava in seguito questa normativa adottando il regolamento 11/1978, entrato in vigore il 21 gennaio 1978, che conteneva, agli artt. 44, 2 (a) e 70, 2 (b), il divieto per le agenzie di i:itrasmissior. e di fornire ai loro clienti servizi internazionali tramite i quali: a) messaggi sotto forma di dati siano trasmessi o ricevuti mediante chiamata telefonica internazionale e successivamente, convertiti in messaggi di telecomunicazione destinati ad essere ricevuti come telex, facsimile, testo stampato o visualizzato sotto altre forme; b) messaggi telex siano inoltrati in transito tra luoghi situati al di fuori del Regno Unito e dell'isola di Man; e) messaggi telex siano inviati o ricevuti tramite altre agenzie di ricetrasmissione di messaggi. Le precitate disposizioni del regolamento Tl/1978 venivano . integralmente riprodotte da un nuovo Sheme del 1981 che abrogava e' sostituiva tutti i regolamenti anteriori. 10. -Con la decisione 10 dicembre 1982, n. 82/861, la Commissione dichiarava che i precitati regolamenti costituivano infrazioni all'art. 86 del Trattato e che il BT era obbligato a porvi termine entro due mesi da11a notificazione di taile decisione, nella misura fui cui [e infratlollli constatate continuassero a sussistere. 11. -Nella motivazione della decisione, la Commissione sostiene che le restrizioni imposte dal BT e le sanzioni che possono derivare dalla loro trasgressione, cio l'interruzione o la cessazione del collegamento con gli impianti serviti, impediscono alle agenzie di ritrasmissione di messaggi di fornire taluni servizi, a danno dei loro clienti situati in altri Stati membri, subordinano l'utilizzazione degli impianti telefonici e telex ad obblighi che non hanno alcun rapporto con le fun. zioni dei servizi telefonici o telex e determinano per tali agenzie uno svantaggio concorrenziale nei confronti delle amministrazioni e delle agenzie nazionali degli altri Stati membri non soggette alle medesime disposizioni. 12. -Nonostante le infrazioni constatate, la Commissione riteneva tuttavia ch, tenuto conto delle particolari ircostanze del caso di specie, in particolare per quel che riguarda il rispetto degli im:pegni internazionali e il fatto che il BT non aveva sanzionato la violazione delle restrizioni di cui trattasi disinserendo gli impianti delle agenzie di ritrasmissione di messaggi, non dovesse essere inflitta al BT alcuna ammenda. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 405 13. -A 1sostegno delle proprie conclusioni volte all'annullamento della preciti:i.ta decisione della Commissione, la Repubblica italiana contesta in primo luogo che i regolamenti controversi potessero essere giuridicamente valutati alla luce dell'art. 86 del Trattato. A questo proposito, la ricorrente sostiene innanzitutto che l'attivit normativa di un ente di diritto pubblico non pu essere considerata come un'attivit di impresa ai sensi dell'art. 86 del Trattato e, d'altro lato, che, in ragione del monopolio legale da esso detenuto, l'art. 222 del Trattato non consentiva di applicare al BT le norme comunitarie in materia di concorrenza. 14. -La Repubblica italiana nega, in secondo luogo, che i regolamenti controversi possano essere giuridicamente considerati contrari all'art. 86 del Trattato in quanto, innanzitutto, essi intendono contrastare pratiche sleali poste in essere dalle. agenzie private di ritrasmissione in quanto, d'altro canto, le norme comunitarie in. materia di concorrenza possono essere applicate al BT nella sua qualit di impresa pubblica di cui all'ar.t 90, 2 comma, del Trattato, solamente entro determinati limiti e, infine, in quanto le precitate norme della ITC imponevano al BT di adottare i provvedimenti contestati. 15. -La Repubblica italiana sostiene inoltre che la decisione im pugnata non sufficientemente motivata. I -SUI MEZZI VOLTI A CONTESTARE LA POSSIBILIT DI VALUTARE, ALLA LUCE DELL'ART. 86 DEL TRATTATO, I REGOLAMENTI ADOTTATI DAL BT. 1) La pertinenza delle norme comunitarie in materia di concorren~ in considerazione dell'attivit contemplata dalla decisione controversa. 16. -La Repubblica italiana sostiene che l'art. 86 del Trattato si applica unicamente ad un'attivit imprenditoriale esercitata secondo le forme del diritto privato e non all'attivit normativa esercitata, in base ad una legge, da un servizio pubblico gestito a condizioni stabilite dai pubblici poteri. Nella misura in cui la decisione impugnata non riguarda comportamenti adottati dal BT nella sua qualit di ente di gestione di impianti o fornitore di servizi di telecomunicazione agli utenti, bens l'attivit normativa da esso esercitata in forza del Post Office Act del 1969 e del British Telecomunications Act del 1981, la ricorrente ritiene che la Commissione abbia sviato l'art. 86 dalla sua finalit. L'attivit normativa contestata potrebbe eventualmente giustificare soltanto un'azione contro il Regno Unito in base agli artt. 90 e 169 del Trattato. 17. -La Commissione, sostenuta nelle sue conclusioni e nei suoi argomenti dal Regno Unito, fa valere che la fornitura di servizi di tele RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO comunicazione -un'attivit d'impresa. La legge britannica ha conferito al BT il potere di far uso della forma degli schemes ma unicamente allo scopo di fissare i prezzi e le condizioni in base a cui vengono offerti i servizi di telecomunicazione. I regolamenti di cui trattasi assolvono quindi la medesima funzione di clausole contrattuali e sono stati liberamente adottati dal BT in forza del sud potere autonomo senza alcun intervento dell'autorit pubblica britannica. Anche supponendo che la responsabilit del Regno Unito possa essere fatta valere nella fattispecie, questa circostanza potrebbe tutt'altro pi avere l'effetto di attenuare la responsabilit dell'impresa per quel che riguarda l'importo dell'ammenda, ma non di escludere l'applicazione nei suoi confronti delle norme comunitarie in materia di concorrenza. 18. -Occorre rilevare in primo luogo che la ricorrente non contesta il fatto che, nonostante il suo status di impresa statale, l'attivit con cui il BT gestisce gli impianti pubblici di telecomunicazione e li mette a disposizione degli utenti contro il pagamento di un canone, costituisce appunto un'attivit di impresa soggetta in quanto tale agli obblighi derivanti dall'art. 86 del Trattato. 19. -Va osservato in secondo luogo che, in forza dell'art. 28 del Post Office Act del 1969 e successivamente delil'art. 21 del British TeleCOll! unications Act del 1981, il potere di adottare regolamenti conferito al BT strettamente limitato alle sole disposizioni volte a fissare. tariffe e. altre modalit e condizioni delle prestazioni da esso fornite agli utenti. Tenuto conto dei termini di queste disposizioni, opportuno riconoscere .inoltre che iii legislatore britannico non ha in alcun modo predeterminato il contenuto dei regolamenti in caus~.il quale stabilito liberamente dal BT. 20. -Stando cos le cose, i regolamenti di cui alla decisione impugnata vanno considerati parte integrante dell'attivit d'impresa del BT. Il mezzo fondato sul fatto che la Commissione non poteva giuridicamente valutare la loro conformit con Fart. 86 cl,el Trattato va dunque respinto. 2) La pertinenz,a delle norme comunitarie in materia di concorrenza "in considerazione della posizione di monopolio detenuta dal BT. 21. -La ricorrente afferma che, in forza dell'art. 222 del Trattato, ai sensi del quale quest'ultimo lascia del tutto impregiudicato il regime di propriet esistente negli Stati membri , gli Stati membri sono liberi di determinare nel loro ordinamento interno le attivit riservate al settore pubblico e di istituire monopoli nazionali. Cos il BT ha il diritto di tutelare il proprio monopoUo impedendo l'attivit di agenzie PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE private he intendono fornire servizi di competenza di questo monopolio. Censurando gli schemes adottati a questo proposito dal BT per la loro incompatibilit con l'art. 86, la Commissione avrebbe dunque trasgredito l'art. 222 del Trattato. 22. -Risulta dagli atti che se il BT detiene il monopolio legale consistente, fatte salve talune eccezioni, nel gestire le reti di telecomunicazione e nel metterle a disposizione degli utenti, esso non detiene il monopolio in materia di fornitura di servizi annessi, come quello della ritrasmissione dei messaggi per conto terzi. Va osservato ad ogni modo che i regolamenti adottati dal BT non hanno lo scopo di far scomparire le agenzie private create in violazione del suo monopolio, ma sono volti unicamente a modificare le condizioni in base alle quali queste agenzie esercitano la loro attivit. Va dunque ammesso che l'art. 222 non ostava a che la Commissione valutasse gli schemes di cui trattasi alla Iuce dell'art. 86 del Trattato. 23. -Il mezzo fondato sulla trasgressione dell'art. 222 del Trattato va dunque respinto. II SUI MEZZI VOLTI A STABILIRE CHE I REGOLAMENTI ADOTTATI DAL BT NON SONO CONTRARI AI.L'ART. 86 DEL TRATTATO. 1) I regolamenti adottati dal BT risponderebbero all'e?igenza di evitare un'utilizzazione abusiva degli impianti di telecomunicazione da parte delle agenzie private di ritrasmissione. 24. -La Repubblica italiana ha dichiarato, sia nelle sue memorie scritte che in occasione dell'udienza dinanzi alla Corte, che le agenzie private di ritrasmissione dei messaggi stabilite sul territorio del Regno Unito utilizzerebbero in ma.rliera abusiva la rete pubblica di telecomunicazioni. Tale abuso risulterebbe in primo luogo da un'utilizzazione anormale dei circuiti punto a punto, cio dei circuiti pubblici concessi in locazione a privati per loro uso esclusivo ad una tariffa~ forfettaria che tiene conto della quantit dei messaggi trasmessi normalmente da questa categoria di utenti. Trasmettendo su tali circuiti messaggi per conto terzi, le agenzie di cui trattasi sfuggirebbero alle condizioni tariffarie normali. Queste agenzie abuserebbero altres della rete pubblica utilizzando apparecchiature speciali che permettono, grazie all'informatica, di trasmettere un gran numero di messaggi in un lasso di tempo molto breve. Tali pratiche provocherebbero un danno ancor pi grave al corretto funzionamento del sistema internazionale di telecomunicazione in quanto sono attuate sulle linee a traffico pi intenso. Il BT poteva quhidi adottare i provvedimenti necessari per porre termine a tali attivit illecite senza violare l'art. 86 del Trattato. 408 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 25. -La Commissione e il Regno Unito contestano che le agenzie di ritrasmissione facciano uso di circuiti punto a punto. Il fatto che tali agenzie utilizzino nuove tecniche e introducano un minimo di concorrenza nel traffico internazionaile delle telecomunicazioni, non potrebbe costituire di per s un abuso. 26. -A questo proposito sufficiente rilevare che n gli atti di causa n la trattazione orale dinanzi alla Corte hanno confermato che le agenzie di ritrasmissione di messaggi stabilite nel Regno Unito utilizzino in maniera abusiva le reti pubbliche di telecomunicazione. Innanzitutto non stato provato che tali agenzie si servono di circuiti punto a punto onde ritrasmettere messaggi per conto terzi. In secondo luogo, il ricorso ad una nuova tecnologia che permette una trasmissione pi rapida dei messaggi costituisce un progresso tecnico che risponde all'interesse generale e non pu ritenersi che, di per se stesso, configuri un abuso. La Repubblica italiana non ha d'altronde sostenuto che le agenzie di ritrasmissione tentino di sottrarsi al pagamento delle tasse corrispondenti alla durata di utilizzo effettivo, da parte loro, della rete pubblica. 27. -Stando cos le cose, il mezzo fondato sul fatto che i regolamenti controversi sarebbero giustificati da asseriti abusi delle agenzie private di ritrasmissione va respinto. 2) I provvedimenti adottati dal BT rientrerebbero nell'ambito delle deroghe al rispetto delle norme sulla concorrenza di cui all'art. 90, n. 2, del Trattato, a vantaggio delle imprese incaricate della gestione di servizi d'interesse economico generale. 28. -Secondo la rico~rente la Commissione ha violato il disposto del Trattato in quanto essa ha ritenuto che l'art. 90, n. 2, non dovesse applicarsi nella fattispecie. 29. -Prima di esaminare la fondatezza di questo mezzo va osservato che la Commissione dichiara di nutrire dubbi circa la possibilit per la ricorrente di ivocare questo mezzo. L'art. 90, n. 2, del Trattato, desti nato a salvaguardare i compiti che uno Stato membro ritiene opportuno affidare ad un determinato organismo, implicherebbe un delicato confronto fra opposti interessi che coinvolge fatti e valutazioni propri dello Stato membro interessato, cui gli altri Stati membri sono estranei, di cui non sono responsabili e che non hanno dunque interesse a difendere. 30. -A questo proposito va ricordato che, in forza dell'art. 173, 1 comma, del Trattato, gli Stati membri possono proporre ricorso contro ogni provvedimento della Commissione, a carattere normativo o in-!: !i !: !i i' ~= PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 409 dividuale, e invocare in particolare la trasgressione di ogni nonna del Trattato a sostegno delle loro conclusioni. Va osservato inoltre che l'applicazione dell'art. 90, n. 2, del Trattato non lasciata alla discrezione dello Stato membro che ha incaricato un'impresa della gestione di un servizio d'interesse economico generale. L'art. 90, n. 3, affida in effetti alla Commissione, sotto il controllo della Corte, un compito di vigilanza in materia. Stando cos le cose, non possibile escludere l'art. 90, n. 2, del Trattato dalle norme la cui violazione pu essere invocata da ogni Stato membro a sostegno di un ricorso di annullamento. 31. -Secondo la Repubblica italiana, la Commissione compromette l'assolvimento del compito onferito al BT dichiarando che i regolamenti adottati da quest'ultimo sono contrari al diritto comunitario. 32. -La ricorrente invoca a questo proposito un primo argomento secondo cui l'attivit dell,e agenzie private ,di ritrasmissione causerebbe un danno economico al servizio pubblico britannico delle teleomunic;azioni. 33. -Va osservato che se la rapidit della trasmissione dei mess,,aggi consentita dall'evoluzione delle tecnologie provoca senza dubbio una certa diminuzione degli introiti del BT, l'esistenza delle agenzie private di ritrasmissione nel Regno Unito attira verso la rete pubblica britannica, come rilevato dalla ricorrente stessa, un certo volume di messaggi in temazionali con i relativi introiti. La Repubblica italiana non ha provato in alcun modo che il bilancio globale delle attivit di queste ageu zie nel Regno Unito fosse negativo per il BT e che la censura ae1 regolamenti controversi da parte della Commissione comprometta, dal punto di vista economico, l'assolvimento del compito particolare affidato al BT. 34. -La Repubblica italiana adduce un secondo argomento fondato sulla necessit di una cooperazione mondiale istituita dalla ITU onde garantire un , regolare svolgimento dei servizi internazionali di telecomunicazione e sul legittimo affidamento delle altre amministrazioni nazionali a veder rispettare le norme internazionali in vigore volte ad ostacolare l'attivit delle agenzie private di ricetrasmissione di messaggi. Impendendo al BT di adempiere integralmente gli obblighi derivanti da questa cooperazione internazionale la decisione impugnata rischierebbe ancora di compromettere l'assolvimento del compito specifico affidato a questa impresa nazionale. 35. -Questo argomento solleva in realt il problema di stabilire se la ITC o le sue nonne secondarie impedissero o meno al BT di adottare i provvedimenti controversi. Esso si collega esattamente al terzo mezzo dedotto dalla Repubblica italiana per dimostrare che il BT non ---~"r:'" -~ 410 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO era tenuto nella specie a rispettare le norme comunitarie in materia di concorrenza e va dunque esaminato qui di seguito. 3) La ITC e il suo diritto derivato imporrebbero al BT di ostacolare, 410 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO era tenuto nella specie a rispettare le norme comunitarie in materia di concorrenza e va dunque esaminato qui di seguito. 3) La ITC e il suo diritto derivato imporrebbero al BT di ostacolare, come essa ha fatto, l'attivit delle agenzie private di ritrasmissione. in funzione nel Regno Unito. 36. -La Repubblica italiana sostiene che la Commissione ha violato il disposto del!l'art. 234 del Trattato. Taile norma disciplinerebbe dnfatti }'eventuale conflitto fra le norme di diritto comunitari e le norme di diritto internazionale preesistenti, nel senso della prevalenza di queste ultime sulle prime. Ora, secondo la ricorrente, le norme della ITC e dei suoi regolamenti amministrativi hanno sempre vietato alle amministrazioni nazionali di tollerare deviazioni del traffico internazionale di messaggi telegrafici o telefonici quando queste sono provocate da agenzie private di ritrasmissione allo scopo di evadere il pagamento completo delle tariffe dovute per l'intero percorso. A norma di quanto disposto, in primo luogo, dall'art. 6. 3., del regolamento telegrafico del 1973 e, in secondo luogo, daiHa raccomandazione F 60 del CCITT, il BT era tenuto a adottare i regolamenti censurati dalla Commissione. 37. -La Commissione e .il Regno Unito sostengono che le norme in causa tendono esclusivamente a neutralizzare il fenomeno consistente nel sottrarre la corrispondenza ai1. pagamento integrale deHe tariffe dovute per l'intero percorso e non a vietare il transito di un messaggio da un paese terzo per il solo fatto che il messaggio incorre in questo modo nel pagamento di una tariffa meno elevata. Le norme in causa non possono dunque giustificare i regolamenti adottati dal BT. 38. -La Commissione afferma inoltre che l'art. 234 del Trattato non va applicato in quanto la CIT stata modificata a Malaga-Torremolinos il 25 ottobre 1973, cio ad una data successiva all'adesione del Regno Unito alle Comunit. Gli argomenti addotti dalla ricorrente sull'analogia delle norme in vigore prima di tale data non sarebbero pertinenti in quanto in occasione di ogni modifica gli Stati membri dell'ITU ritrovano la loro libert e assumono un nuovo impegno. Supponendo tuttavia che esistano norme internazionali anteriori al Trattato CEE che impongano il comportamento contestato al BT, l'art. 234 neutralizzerebbe il divieto dell'art. 86 del Trattato solamente nella misura in cui il rispetto di quest'ultima norma impedisca ad uno Stato membro di assolvere ai propri obblighi nei confronti di paesi terzi. 39. -Il Regno Unito, che dichiara di non condividere l'opinione della Commissione riguardo alla modifica, posteriore all'adesione di uno PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE Stato membro alle Comunit, di un trattato internazionale stipulato anteriormente al Trattato CEE, sostiene dal canto suo che, conformemente alla sentenza 27 febbraio 1962 (causa 10/61, Commissione c/ Italia, R~,ec. pag. 1), gli Stati membri rinunciano, in 'forza dell'art. 234 del Trattato, ad ogni diritto, derivante da un trattato anteriore, che sia incompatibile con le norme comunitarie. Nella misura in cui il BT non ha fatto alcuna distinzione fra gli obblighi internazionali e quelli comunitari del Regno Unito e non ha di conseguenza limitato gli effetti dei suoi regolamenti alle attivit delle agenzie di ricetrasmissione che pregiudichino le attivit corrispondenti nei paesi terzi, i regolamenti di cui trattasi costituirebbero senz'altro violazioni dell'art. 86 del Trattato. 40. -Senza che sia necessario pronunziarsi sul problema di stabilire se le precitate disposizioni dell'art. 6.3., del regolamento telegrafico del 1973 o quelle della raccomandazione F 60 del CCITT avessero o meno un'efficacia vincolante nei confronti del BT, sufficiente rilevare che le suddette disposizioni hanno un oggetto e un contenuto differenti da quelli degli schemes del BT censurati dalla Commssione. 41. -Infatti risulta dalla loro stessa formulazione che l'art. 6.3., del regolamento telegrafico cos come la raccomandazione F 60 del CCITT sono unicamente diretti ad ostacolare l'attivit di agenzie di ritrasmissione di messaggi create o note per essere state _create allo scopo di evadere il pagamento completo della tariffa dovuta per l'intero percorso. I provvedimenti contemplati da queste disposizioni possono di.In. que riguardare solo le agenzie che grazie a modi di procedere abusivi tentino di sottrarre taluni messaggi al pagamento completo delle tariffe. 42. -In quanto uno Stato membro, o un ente privato riconosciuto a cui uno Stato membro abbia affidato la gestione dei servizi di telecomunicazione, ammetta attivit di trasmissione non abusive nel senso sopra definito e quindi non vietate dalle precitate disposizioni, non pu sussistere violazione, da parte degli Stati interessati, di impegni presi a livello internazionale. 43. -Dalle considerazioni che precedono risulta invece che i regolamenti del BT avevano uno scopo diverso da quello perseguito dalle disposizioni summenzionate del regolamento telegrafico e della raccomandazione del CCITT e riguardavano agenzie private di. ricetrasmissione di messaggi la cui attivit non presentava alcun carattere abusivo. 44. -Stando cos :le cose, il mezzo secondo cui fa ITC e il suo diritto derivato avrebbero. obbligato il BT ad adottare i regolamenti controversi va comunque respinto. 412 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Ili -SUL MEZZO FONDATO SULLA CARENZA DI MOTIVAZIONE DELLA DECISIONE CONTROVERSA. 45. -La Repubblica italiana fa valere che l'obbligo di motivare le decisioni, contenute nell'art. 190 del Trattato, stato trasgredito, poich la Commissione non ha indicato le ragioni per cui essa aveva ritenuto che: -il monopolio legale del BT era contrario al diritto comunitario; -l'esercizio di una potest normativa poteva corrispondere ad una attivit imprenditoriale; ...__ le norme comunitarie sulla concorrenza erano prevalenti rispetto alle norme internazionali anteriori. 46. -Va ricordato, in primo luogo, che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, la motivazione di una decisione lesiva di diritti deve permettere alla Corte di esercitare il proprio sindacato di legittimit e fornire all'interessato le indicazioni necessarie per stabilire se la decisione sia fondata o meno. L'obbligo di motivazione va dunque valutato in funzione delle circostanze della fattispecie, in particolare del contenuto dell'atto, della natura dei mezzi invocati e dell'interesse che i destinatari o altre persone riguardate direttamente e individualmente I dall'atto, ai sensi dell'art. 173, 2 comma, del Trattato, possono avere a ricevere chiarimenti. I 47. -Si deve poi osservare che la decisiqne impugnata non contesta in nessun modo la compatibilit del monopolio legale del BT con il diritto comunitario. La Commissione non era dunque tenuta a formuIlare alcuna motivazione su questo punto. 48. -Per quel che riguarda infine i due altri punti contestati dalla I Repubblica italiana, dalla motivazione della decisione impugnata risulta che la Commissione ha innanzitutto osservato che il BT, ente di diritto pubblico, era un organismo economico che esercitava attivit di natura economica e costituiva, in quanto tale, un'impresa ai sensi dell'art. 86 del Trattato. La Commissione ha notato inoltre che, pur ammettendo essa l'argomento del BT secondo cui la cooperazione internazionale e il rispetto degli impegni internazionali sono elementi essenziali nella prestazione efficace di servizi internazionali di comunicazione, tale cooperazione non potrebbe tuttavia autorizzare una violazione delle norme sulla concorrenza del Trattato. 49. -Tale motivazione soddisfa i requisiti dell'art. 190 del Trattato in quanto permette alla Corte di esercitare il proprio controllo e agli interessati di far utilmente conoscere il proprio punto di vista sulla realt e la pertinenza dei fatti e delle circostanze addotte. 413 PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE SO. -Stando cos le cose, il mezzo fondato sulla carenza di moti vazione dev'essere respinto. 51. -Dall'insieme di quanto precede risulta che il ricorso della Repubblica italiana dev'essere respinto. (omissis). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, III Sez., 21 marzo 1985, nella causa 172i84 Pres. Kakouris Avv. Gen. Lenz Domanda di pronuncia pregiudizile proposta dal Tribunale di Mifano nella causa Celestri S.p.A. c. Min. Finanze Interv.: Governo Italiano (avv. Stato Braguglia) e Commissione C.E. (agente De March). Comunit europee CECA Prezzo base di taluni prodotti siderurgici per il calcolo del dazio antidumping Comunicazioni della Commissione. (Raccomandazioni CECA 18 maggio 1978, n. 1006/78; 29 dicembre 1978, n. 3140/78; 12 aprile 1983, n. 874/83). Alle importazioni da paesi terzi di prodotti siderurgici effettuate nel gennaio 1982, ai fini della determinazione dei prezzi di base di prodotti siderurgici per il calcolo dei dazi antidumping, non si applica la comu nicazione della Commissione del 29 dicembre 1981 in forza della raccomandazione CECA 18 maggio 1978, n. 1006/78, bens la comunicazione 30 dicembre 1978 in forza della raccomandazione 29 dicembre 1978, n. 3140/ 78, valevole fino alla successiva raccomandazione 12 aprile 1983, n. 874/ 83 (1). (omissis) 1. -Con ordinanza 15 marzo 1984, pervenuta alla Corte il successivo 3 luglio, il Tribunale di Milano ha sollevato, a norma dell'art. 41 del Trattato CECA, una questione pregiudiziale vertente sulla validit del prezzo base di talune lamiere zincate fissato dalla comunicazione della Commissione 29 dicembre 1981, che modifica i prezzi di base di alcuni prodotti siderurgici (G. U. n. L 372 del 29 dicembre 1981, pag. 1), per il calcolo dei dazi antidumping da applicare alle importazioni di questi prodotti da paesi terzi. (1) Anzitutto la Corte estende aJ.l'a:rt. 41 CECA ila propria giurisprudenza formatasi sull'art. 177 CEE e cos rielabora fa questione di validit formulatb dal Tribunale di Milano pur di dare ad esso una soluzione utile ai fini della decisione della causa principale. Nel merito, la soluzione accolta non pare discutibile sul piano formafo, anche se essa comporta le inaccettabili conseguenze messe in luce da parte del Governo dtaliano e non contestate dalla Commissione. r11r11i111111111111ar1111111111r11111111t11111,,11a11t1flli 414 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 2. -Le parti nella causa principale sono la societ Celestri, che nel gennaio 1982 aveva importato in Italia lamiere zincate originarie della Repubblica democratica tedesca, e l'Amministrazione delle finanze dello Stato italiano, che nell'agosto 1982 aveva ingiunto alla Celestri il pagamento di 86.942.000 lire per dazi antidumping e accessori. 3. -La Celestri, dopo aver pagato, adiva il Tribunale di Milano per ottenere la restituzione della somma suddetta, a suo avviso non dovuta. Essa deduceva in particolare che la summenzionata comunicazione della Commissione costituisce una decisione invalida per violazione di legge e sviamento di potere; infatti il prezzo base da essa fissato sarebbe superiore al prezzo praticato dai produttori dei paesi della Comunit, in contrasto con i criteri indicati nelle raccomandazioni 18 maggio 1978, n. 1006/78/CECA (G. U. n. L 131, pag. 8), e 21 dicembre 1979, n. 3018/79/ CECA (G. U. n. L. 339, pag. 15) che stabiliscono le norme relative alla difesa contro le pratiche di dumping per i prodotti CECA. 4. -Occorre ricordare che la precitata raccomandazione della Commission n 1006/78/CECA aveva istituito un dazio antidumping su talune lamiere galvanizzate originarie della Repubblica democratica tedesca. Questa raccomandazione, all'art. 1, n. 2, disponeva che l'importo di tale dazio uguale alla differenza in meno del prezzo effettivo (prezzo di base pi extra) contrattuale, ftanco-frontiera sdoganato, rispetto al prezzo effettivo (prezzo di base pi extra) pubblicato ultimamente dalla Commissione per iil prodotto in oggetto al momento defila sua immissione al consumo nella Comunit . 5. -Come emerge dal fascicolo, poich nella fattispecie l'importazione era stata effettuata nel gennaio 1982, l'Amministrazione delle finanze, in forza di questa disposizione, applicava l'ultimo prezzo effettivo all'importazione, e cio il prezzo fissato dalla predetta comunicazione della Commissione pubblicata il 29 dicembre 1981, la cui validit stata contestata dall'attrice nella causa principale. 6. -Per potersi pronunziare su questo mezzo, il Tribunale di Milano, con ordinanza 15 marzo 1984, ha sospeso il procedimento ed ha sottoposto alla Corte una questione pregiudiziale relativa ... alla validit della 'comunicazione della Commissione che modifica i prezzi di base di alcuni prodotti siderurgici' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunit Europee del 29 dicembre 1981, n. L 372, pag. 1, limitatamente al prezzo di base della merce '73.13 B lV c) 2 -Lamiere zincate con altri procedimenti: 1. Fornite in bobine (rotoli): qualit 1, Fe OOGZ, spessore da 0,50 mm a meno di 1,25 mm. PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 7. -Nelle osservazioni presentate dinanzi alla Corte la societ Celestr. i ha tuttavia sostenuto, in via pri.ncipaile, che tale questione irrilevante poich la comunicazione della Commissione 29-dicembre 1981 non applicabile nella fattispecie. Essa sostiene, a questo proposito, che il citato disposto dell'art. 1, n. 2, della raccomandazione n. 1006/78/CECA stato sostituito dall'art. 1 della raccomandazione 29 dicembre 1978, n. 3140/78/CECA (G. U. n. L 372, pag. 1), a tenore del quale l'importo dei diritti antidumping, istituiti con le raccomandazioni... n. 1006/78/ CECA... sar ormai uguale alla differenza tra il prezzo effettivo (base ed extra (contrattuale stabilito franco frontiera sdoganato e il prezzo effettivo (base ed extra) pubblicato dalla Commissione in data 30 dicembre 1978... e che pertanto i prezzi da applicare al momento dell'importazione erano qu~lll stabiliti da quest'ultima comunicazione. Di conseguenza, non avrebbe dovuto esserle addebitato nessun dazio antidumping, poich il prezzo contrattuale dichiarato per i prodotti importati sarebbe stato superiore al prezzo base pubblicato il 30 dicembre 1978. 8. -Anche la Commissione sottolinea nelle sue osservazioni che, n base all'art. 1 della raccomandazione n. 3140/78, si doveva applicare, nella specie, il prezzo base pubblicato il 30 dicembre 1978 nella comunicazione della Commissione 'della stessa data (G. U. n. L. 372, pag. 2). 9. -Solo in subordine la societ Celestri e la Commissione esaminavo la validit dei prezzi fissati dalla comunicazione della Commissione 29 dicembre 1981, oggetto della questione pregiudiziale. Secondo la Celestri essi sono invalidi, mentre la Commissione sostiene il contrario. 10. -Il Governo italiano ha in primo luogo osservato che. la Corte non pu valutare, nell'ambito del procedimento di cui all'art. 41 del Trattato CECA, la pertinenza delle questioni sollevate dai giudici nazionali per la decisione sulle cause principali. Pertanto, nel caso presente essa dovrebbe limitarsi ad esaminare la validit della comunicazione controversa 29 dicembre 1981, oggetto della questione sottopostale; a questo proposito, le affermazioni formulate contro la validit della comunicazione controversa sarebbero prive di qualsiasi prova o di qualsiasi semplice riscontro. 11. -In secondo luogo, il Governo italiano ha sostenuto, quanto all'art. 1 della precitata raccomandazione n. 3140/78, che gli argomenti della Commissione e della societ Celestri, basati sulla lettera della disposizione di cui trattasi, non tengono conto dello scopo e del fun. zionamento del sistema dei dazi antidumping. Secondo un principio fondamentale di questo sistema, il prezzo di esportazione dovrebbe essere sempre riferito all'ultimo prezzo vigente nella Comunit Se si accogliesse RASSEGNA DEU.'AWOCATURA DEU.O STATO la tesi contraria si finirebbe col favorire le merci del solo paese terzo, la Repubblica democratica tedesca, che non aveva concluso con la Comunit un accordo sui prezzi di esportazione dei suoi prodotti, e si giungerebbe ad una discriminazione a danno degli altri pesi terzi che avevano concluso accordi del genere. Per queste ragioni, il Governo italiano sostiene che l'art. 1 della raccomandazione n. 3140/78 era inteso a raggruppare tutti i dazi antidumping fino ad allora istituiti e ad unificarne il sistema di calcolo con riferimento all'ultimo prezzo base stabilito, che era allora quello pubblicato il 30 dicembre 1978; ci non significherebbe, tuttavia, che non si dovesse tener conto delle successive modifiche dei prezzi base. 12. -Occorre anzitutto rilevare che, anche se l'art. 41 del Trattato CECA, fondato sulla netta separazione tra le funzioni dei giudici nazionali e quelle della Corte, non consente a quest'ultima di pronunziarsi sui fatti di causa, n di sindacare la motivazione della questione pregiudiziale sollevata, spetta tuttavia alla Corte collocare l'atto la cui validit stata messa in discussione nel contesto del diritto comunitario ed esaminare gli elementi d'interpretazione di questo diritto per poter fornire al giudice nazionale una risposta utile ai fini della decisione sulla causa p1incipale. 13. -Si deve poi constatare che, come la societ Celestri e la Com- missione hanno giustamente osservato, l'art. 1, n. 2, della raccomandazione n. 1006/78/CECA stato sostituito dall'art. 1 della precitata raccomandazione n. 3140/78/CECA, il quale ha disposto per il futuro che il prezzo base da prendere in considerazione per il calcolo dei dazi antidumping sarebbe stato quello pubblicato dalla Commissione in data 30 dicembre 1978. Questa interpretazione corroborata dal fatto che la successiva raccomandazione 12 aprile 1983, n. 874/83/CECA (G. U. n. L 96, pag. 10), ha ristabilito la versione originaria dell'art. 1, n. 2, della raccomandazione n. 1006/78/CECA al momento in cui il legislatore comunitario l'ha ritenuto opportuno. 14. -L'interpretazione proposta dal Governo italiano, secondo cui l'art. 1 della raccomandazione n. 3140/78/CECA dev'essere inteso nel senso che esso non esclude la presa in considerazione delle successive modifiche dei prezzi base, non trova sostegno n nel testo dell'articolo, n in alcun altro elemento. Essa non pu pertanto essere accolta. 15. -Tenuto conto di quanto precede, la questione sollevata dal giudice nazionale dev'essere intesa nel senso che essa mette in discussione la validit della comunicazione 29 dicembre 1981 solo nell'ipotesi in cui questa dovesse essere applicata all'epoca dei fatti di causa. Il I f'. PARm I, SEZ. n, GIURIS. COMUNITARIA E IN'l'ERNAZIONALE' 16. -Di conseguenza, si deve rispondere al giudice nazionale che non vi motivo di statuire sulla validit della comunicazione della Commissione 29 dicembre 1981, che modifica i prezzi base di alcuni prodotti sidemrgici (G. U. n. L 372, pag. 1), poich essa non si applicava alle importazioni effettuate nel gennaio 1982, per le quali era applicabile la comunicazione della Commissione 30 dicembre 1978 (G. U. n. L 372, pag. 2). (omissis). SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 ottobre 1984 n. 5361 -Pres. Mirabelli -Rel. Chiavelli -P. M. Tamburrino -Comune cli Siena c. Rottoli. Impiego pubblico -Collocamento a riposo Illegittimit Pretese a compensi inerenti al rapporto di impiego Pretese a risarcimento del dan no Giurisdizione amministrativa e ordinaria Limiti. Responsabilit civile Amministrazione pubblica Provvedimento dichiarato illegittimo Responsabilit Assenza di dolo o colpa Irrilevanza. f In materia di pubblico impiego, rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice ai;nministrativo tutte le controversie che con.Cernono il diritto alla corresponsione di stipendi, assegni ed emolumenti vari, ivi compresi i compensi aggiuntivi correlati alle funzioni di medico condotto (ancorch attivate su richiesta di terzi) e non corrisposti in seguito al provvedimento di collocamento a riposo annullato dall'organo di controllo con delibera ritenuta legittima dal giudice amministrativo, mentre rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario le pretese risarcitorie per il mancato percepimento dei compensi che dovevano essere corrisposti per le funzioni di medico provinciale, il cui incarico autonomo rispetto al rapporto di impiego cessato per effetto del collocamento a riposo (1). All'impiegato, collocato a riposo con provvedimento annullato dall'organo di controllo, la cui delibera stata ritenuta legittima dal giudice amministrativo, spetta il risarcimento del danno conseguente all'illegittimit dell'atto, a prescindere dall'indagine sulla colpa della P.A. (2). (Omissis). -Con i primi due motivi, il comune denuncia il difetto cli giurisdizione del giudice ordinario e sostiene che non possono ritenersi diritti patrimoniali conseguenziali quei diritti che si riferiscono direttamente al rapporto di pubblico impiego, e quindi non solo gli stipendi, (12) La prima parte della massima si ricollega al recente orientamento giurisprudenziale che fa rientrare nella giurisdizione amministrativa tutte le domande del pubblico dipendente relative a dil'itti connessi al rapporto di impiego {Cass. 8 aprile 1983, n. 2491); la seconda parte conferma una giuri sprudenza pacifica. La seconda massima, come si rHeva dalla motivazione della sentenza, con trasta con l'orientamento prevalente che richiede l'indagine sulla colpa. PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 419 ma anche tutti gli altri emolumenti connessi (premi di presenza, straordinari, indennit varie, ecc.) che l'impiegato avrebbe percepito se non fosse stato illegittimamente allontanato dall'impiego. Aggiunge, inoltre, lamentando anche insufficiente ed erronea motivazione su punto decisivo della controversia, che il diritto dell'impiegato pubblico a percepire gli assegni accessori e le indennit comunque connesse ad un rapporto di pubblico impiego tj.entra nella giurisdizione del giudice amministrativo e, pertanto, che la sentenza impugnata ha errato nel ritenere gli emolumenti suindicati come facenti parte del danno subto dall'impiegato. I due motivi, per la loro stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente. Essi sono fondati, tranne che per quanto riguarda la domanda di risarcimento del danno per il mancato percepimento dei compensi (anche essi rivalutati e maggiorati di interessi) che al ricorrente dr. Rottoli sarebbero stati pagati dalla regione Toscana ove egli non fosse stato illegittimamente estromesso -in conseguenza dell'illegittimo collocamento a riposo -dallo svolgimento delle funzioni di medico provinciale (lett. e delle domande precisate dal Rottoli nel ricorso ex art. 414 c.p.c. al Pretore di Siena). Tutte le altre domande, invece (pur esse accolte sia dal pretore che dal tribunale) in quanto intimamente connesse con il rapporto di pubblico impiego, non riguardano diritti conseguenziali all'annullamento del provvedimento di collocamento a riposo dell'attuale resistente e sono, perci, di competenza del giudice amministraitvo, in sede di giurisdizione esclusiva. Trattasi, in particolare, della domanda relativa ai compensi vari, aggiuntivi alla retribuzione (anche essi rivalutati e maggiorati di interessi) dovute all'ufficiale sanitario durante il periodo 1 gennaio 1976-31 dicembre 1977, nella stessa misura che avrebbe dovuto riscuotere il dr. Rottoli se non fosse stato illegittimamente estromesso dalla funzione (lett. e); della domanda relativa ai compensi (anch'essi rivalutati e maggiorati di interessi) relativi alla funzione di medico condotto, che il ricorrente avrebbe continuato a svolgere fino al 31 dicembre 1977 ove non ne fosse ~tato illegittimamente impedito (lett. d). Per quanto riguarda, invece, le domande di cui alle lett. a) e b) del ricorso introduttivo davanti al pretore relative alla rivalutazione monetaria sulle somme liquidate dal consiglio comunale di Siena con la delibera n. 583/80 (lett. a), e al pagamento degli interessi sul capitale rivalutato (lett. b) va precisato che la sentenza pretorile che le accoglieva non stata gravata d'appello e, pertanto, le relative questioni di giurisdizione, ormai passate in giudicato con la decisione delle questioni di merito, sono fuori dall'ambito del ricorso e della precedente decisione. Circa le altre domande (lett. e e d) sostiene il controricorrente che, sul presupposto dell'investitura funzionale di ufficiale sanitario, egli svol RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 420 geva,. oltre alle funzioni che venivano compensate con lo stipendio, altre funzioni, su richiesta di privati o su r.ichiesta de11'amministrnzione (controlli ad impianti, collaudi igienico-sanitario, partecipazione a commissioni, ecc.) che avevano per presupposto l'esistenza del rapporto di im piego e l'affidamento delle funzioni di ufficiale sanitario, ma che a questo presupposto si aggiungeva la richiesta di privati, ovvero l'opera da collaudare o altro e,. cio, altri fatti che trovavano nella collocazione funzionale del controricorrente il loro presupposto necessario e sufficiente ma che erano tuttavia altri fatti. Parimenti alle funzioni di ufficiale sanitario di Siena si aggiungevano quelle su investitura della prefettura (soprattutto partecipazione a concorsi) e perci al presupposto del rapporto di impiego predetto si aggiungeva altro fatto, quale l'investitura prefettizia. Cos, infine, per il compenso corrisposto quale medico condott9 del Terzo di S. Martino, funzioni cumulate dal controricorrente fin che era stato in servizio: detto compenso era stato poi corrisposto al suo successore, dopo il suo illegittimo collocamento in quiescenza. Secondo il controricorrente, tutte le somme richieste per i titoli suindicati non avrebbero, pertanto, la loro fonte genetica diretta ed immediata nel rapporto di impiego, ma costituirebbero dei meri diritti conseguenziali all'annullamento del suo illegittimo collocamento a riposo e, quindi, le relative controversie sarebbero di competenza del giudice ordinario. Tale tesi non pu, per, essere condivisa. In materia di pubblico im piego, com' costante giurisprudenza di questa Corte suprema, rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie aventi ad oggetto il diritto alla corresponsione di stipendi, assegni ed emolumenti vari che trovino il loro titolo necessario nel rapporto predetto ed altre, indipendentemente dalla prospettazione che a tali controversie dia la parte. Ora, nella specie, lo stesso controricorrente riconosce che tutte le somme, la . cui mancata percezione lamenta a titolo di danno subto per l'illegittimo collocamento a riposo, trovavano la loro fonte nello svolgi mento di funzioni direttamente correlate a quella di medico condotto e di ufficiale sanitario del comune di Siena, ancorch attivate su richiesta di terzi, rispetto al rapporto di impiego pubblico. Il fatto che la percezione degli emolumenti potesse, in concreto, avvenire a compenso dello svolgimento di funzioni richiesto da privati o dall'amministrazione, non vale a interrompere il nesso necessario con le funzioni di medico condotto e di ufficiale sanitario, coinvolgendo, pertanto, il relativo rapporto nella controversia avente ad oggetto gli emolumenti predetti. Non v' dubbio, invero, che se questi erano conseguiblii per lo svolgimento di funzioni, anche se richieste da terzi, che avevano per presupposto il rapporto di pubblico impiego e le relative funzioni, la controversia PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE concernente l'ano il quantum degli stessi non pu implicare la conoscenza del rapporto che tale svolgimento consente e delle modalit e condizioni in cui le consente e, quindi, la cognizione del giudice esclusivo del rapporto. Come innanzi si gi detto, non sono fondati, invece, i suesposti motivi di ricorso per quanto riguarda il danno subito dal controricorrente per il mancato percepimento dei compensi che ad esso sarebbero stati corrisposti dalla regione Toscana, quale medico provinciale, dalle cui funzioni venne estromesso a seguito del suo illegittimo collocamento a riposo da parte del comune di Siena. Non v' dubbio infatti che la pretesa di risarcimento per il danno predetto costituisca un diritto patrimoniale conseguenziale, discendente dalla pronuncia di annullamento del provvedimento amministrativo di collocamento a riposo, n direttamente n immediatamente correlato al rapporto di impiego con il comune. Trattasi, cio di una conseguenza patrimoniale dannosa ulteriore della illegittimit dell'atto, da questa determinata, ma senza alcuna correlazione con il rapporto di impiego sul quale l'atto illegittimo ha inciso. Ed infatti, il rapporto di Impiego del dr. Rottoli, quale ufficiale sarii tario, non costituiva un presupposto giuridicamente necessario per l'autonomo conferimento, da parte dell'ente regionale, delle funzioni di medico provinciale, ma un mero presupposto di fatto, in alcun modo condizionante il distinto rapporto con quest'ultimo ente. Se, ciononostante, la regione Toscana, come stato in fatto accertato dal giudice del merito, rimosse il dr. Rottoli dalle sue funzioni di medico provinciale, in concomitanza con la cessazione delle funzioni di ufficiale sanitario, ayvenuta a causa dell'illegittimo collocamento a riposo, ci non dimostra una correlazione, sul piano giuridico, delle funzioni corrispondenti ai due distinti rapporto di impiego, ma solo che, con la cessazione dalla carica di ufficiale sanitario, erano venute meno per la regione quelle ragioni di opportunit di fatto che avevano consigliato l'attribuzione delle funzioni di medico provinciale al Rottoli fino allo svolgimento del concorso pubblico. Ci posto e deciso in ordine al denunciato difetto di giurisdizione del giudice ordinario, deve essere esaminato il terzo ed ultimo motivo del ricorso, con il quale si denuncia violazione dell'art. 2043 e.e. nonch violazione dei principi generali in tema di restitutio in integrum e di risarcimento dei pubblici dipendenti, nonch omessa, insufficiente ed erronea motivazione. Si sostiene che, in ogni caso, dalla dichiarazione di illegittimit di un atto amministrativo non deriva necessariamente il diritto al risarci mento del danno, occorrendo anche l'elemento soggettivo di imputazione della colpa. Si sostiene che non sono, comunque, dovuti al p1,1.bblico dipen dente quegli emolumenti che sono connessi ad un'effettiva presta~one di servizio. 422 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEIJ..O STATO IJ motivo non fondato. Circa il danno relativo alla mancata percezione dei compensi, per quanto attiene a quelli per i quali stata riconosciuta la giurisdizione del giudice ordinario, il tribunale ha esattamente rilevato come esso debba essere riconosciuto sussistente indipendente. mente dalla prova di una co1pa della p.a. rilevando, in conformit della decisione della Suprema corte citata, che la complessit del procedimento amministrativo non permetterebbe d'individuare facilmente eventuali colpe e negligenze e che, comunque, la colpa non potrebbe essere individuata senza una indagine sull'azione amministrativa, preclusa all'a.g.o. ~ N pu essere condiviso il contrari avviso espresso da questa corte, con la sent. n. 4204/81 secondo cui, sulla scorta anche di autorevole dottrina, la responsabilit della P.A. non potrebbe sussistere in conseguenza della mera illegittimit di un atto che abbia arrecato danno, ma occorrerebbe, anche in tale ipotesi, la sussistenza dell'elemento soggettivo costituito dalla colpa o dal dolo, cosi come richiesto dalla fattispecie prevista dall'art. 2043 cod. civ. In proposito, invero, non pu non rilevarsi, con la dottrina e la giurisprudenza dominanti, che se vero che anche per quanto attiene alla responsabilit della P.A. per danni ingiusti (lesivi cio di diritti soggettivi) arrecati a terzi con attivit materiale o con attivit provvedimentale della stessa deve sussistere l'elemento soggettivo dell'imputabilit, per colpa o dolo, dell'attivit medesima, altrettanto vero che, per quanto concerne gli atti illegittimi, la colpa , di per s, ravvisabile nella violazione delle norme, operata con l'emissione dell'atto, e con la sua esecuzione. Non si vede infatti, come l'esecuzione volontaria di un atto amministrativo, illegittimo per violazione di legge e che abbia inciso su un diritto soggettivo, possa non integrare, di per s, gli estremi della colpa, anche in ipotesi lieve, specie se riferita e qualificata per agire, nella sua attivit vincolata, secondo il diritto. L;l configurabilit dell'errore scusabile che, secondo un'autorevole dottrina, farebbe venir meno l'elemento della colpa nella ipotesi, ad esempio, in cui la violazione di legge realizzata dall'atto Hlegittimo fosse conseguenza di una oggettiva oscurit della nrma violata, se deve essere ammessa con riferimento alla persona fisica dell'organo, cui la violazione sia materialmente riferibile, per escluderne la diretta responsabilit ex art. 28 Cost., non pu, invece, essere ammessa con riferimento alla P.A. che, come noto, risponde in via diretta della sua attivit, non pu giovarsi dell'errore, in ipotesi scusabiile, dei propri fonzionari. Sostiene, inoltre, il comune ricorrente che, in ogni caso, non sono dovuti, per effetto della restitutio in integrum quegli emolumenti che sono connessi non solo all'esistenza del rapporto, ma anche all'effettiva prestazione del servizio, e, quindi, non sarebbero dovuti al c:W. Rottoli i PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE compensi che questi avrebbe percepito ove avesse potuto svolgere le funzioni di medico provinciale. In proposito, il comune invoca la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. V, 16 dicembre 1966, n. 1597; sez. VI, 22 febbraio 1974, n. 97). La tesi, esatta per quanto riguarda la restitutio in integrum, avente per oggetto la ricostituri.one del mpporto, i1legittimamente estinto, poich ta!le ricostituzione non pu dmplicare anche il diritto a percepire quegli emolumenti che, oltre all'esistenza del rapporto, presuppongono altres l'effettiva prestazione del servizio, non pu, invece, trovare applicazione nel caso in cui: come nella specie, i compensi richiesti sostituiscano il mero parametro per la determinazione del danno (per lucro cessante) subto dal controricorrente, in conseguenza della illegittima estinzione del rapporto, senza alcun riferimento con i diritti fatti valere a seguito della ricostituzione del rapporto. Il tribunale ha osservato in proposito che se vero che nella delibera di ricostruzione della carriera non poteva essere ricompreso quanto dal comune, dalla prefettura e dalla regione era stato corrisposto al successore del dr. Rottoli, altres vero che, essendosi dimostrato che, in fatto, questi ha subito un danno maggiore di quello che risarcito attraverso la semplice ricostruzione della carriera, tutto ci appartiene alla materia dei diritti patrimoniali conseguenziali, che il giudice ha la funzione di conoscere. Tale affermazione, riferita inesattamente dal tribunale a tutti i com-, pensi, certamente esatta con riferimento ai compensi corrisposti dalla regione, dovuti, non gi in correlazione diretta ed immediata con il rapporto ed a seguito di ricostruzione della carriera, come per gli altri compensi richiesti (per i quali stato ritenuto il difetto di giurisdizione), ma, bens, come danno ulteriore. consistente nella perdita (o lucro ces, sante) degli stessi, subito in conseguenza dell'illegittima estinzione del rapporto. infine, infondata, la generica censura con la quale si lamenta insufficienza o omessa motivazione sul punto della liquidazione del danno. In proposito, con accertamento di fatto, insindacabile in questa sede di legittimit, il tnbunale ha ravvisato e determinato il danno con riferimento alle somme percepite da chi, nei periodi di quiescenza del dr. Rottoli, ebbe a sostituirlo nelle funzioni di medico prov4J.ciale (il tribunale si r.iiferito inesattamente anche ai compensi relativi alle funzioni di ufficiale saiii.tario e medico condotto) ben potendosi presumere, in base alle modalit del conferimento dei relativi incarichi, al mancato espletamento dei concorsi per la copertura dei relativi posti, e al permanere delle buone condizioni di salute del ricorrente (non contestate dalla 424 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO controparte) che il ricorrente avrebbe svolto le stesse attivit da costoro in concreto svolte . In conclusione, il ricorso deve essere accolto per quanto riguarda le somme che sarebbero state percepibili dal dr. Rottoli come medico condotto ed ufficiale sanitario del comune di Siena e, per l'effetto, deve essere dichiarata, in ordine alle relative controversie, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, con la conseguente cassazione, senza rinvio, della sentenza impugnata; il ricorso deve essere, invece, rigettato per quanto riguarda le somme riconosciute a titolo di risarcimento del danno con riferimento ai compensi che sarebbero stati percepibili dal Rottoli, come medico provinciale, da parte della regione. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 gennaio 1985, n. 357 -Pres. Mirabelli -Est. Pieri -P. M. Tamburrino -Automobil Club c. Sanguinetti. Impiego pubblico -Stipendi ed assegni -Ritardo nel pagamento Rivalutazione automatica Interessi legali Difetto di giurisdizione del giudice del lavoro. Il Pretore, come giudice del lavoro, difetta di giurisdizione a pronunciarsi sulla domanda del pubblico dipendente,. rivolta a chiedere la rivalutazione automatica e gli interessi legali sulle somme corrisposte in ritardo a titolo di stipendi ed accessori (1). (omissis). ---: Con ricorso del 17 febbraio 1983, il dr. Marcello Sanguinetti, funzionario dell'Automobil club d'Italia ed attualmente direttore dell'Automobil club di Temi, ha adlto il pretore di quella citt, nella qualit di giudice del lavoro, esponendo: a) che con lettera del 20 febbraio 1982 l'A.c.i. gli aveva comunicato la decisione di corrispondere agli interessati le competenze arretrate derivanti dall'applicazione, a partire dal 30 dicembre 1975, dei nuovi livelli retributivi previsti dal d.P.R. 4 gennaio 1976, di fatto attribuit:i con decorrenza settembre 1976; b) che a tal titolo gli erano state liquidate lire 1.517.166, concretamente corrisposte nell'aprile 1982; c) che peraltro il credito da lui vantato non era stato rivalutato, n erano stati corrisposti interessi, mentre il solo danno da svalutazione, calcolato con riferimento agli indici dei prezzi determinati ai fini dell'applicazione della scala mobile per i lavoratori dell'industria, del commercio e del credito, ammontava a lire 2.294.251. Chiedeva quindi che, previa declaratoria del suo diritto alla rivalutazione, l'A.c.i. fosse condannato a pagargli la detta somma o quella diversa che () La giurisprudenza ormai pacifica nel ritenere che rientra nella giurisdizione amministrativa ogni questione relativ a stipendi ed accessori che trovano titolo nel rapporto d'impiego, ivi compresa la rivalutazione automatica; contra, Sez. Un., 21 aprile 1977, n. 1466, in questa Rassegna, 1977, I, 626. PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 425 fosse stata ritenuta di giustizia, con gli interessi dal gennaio 1976 al saldo. L'A.c.i., costituitosi in causa per resistere anche nel mertio alle richieste dell'attore, ha eccepito preliminarmente il difetto di giurisdizione dcl giudice adito, spettando a suo avviso t~le giurisdizione al giudice amministrativo in considerazione della natura pubblicistica del rapporto d'impiego in questione. Quindi, con ricorso del 10 maggio 1984 ha chiesto a queste sezioni unite il regolamento preventivo della giurisdizione, invocando la pi recente giurisprudenza del Consiglio di Stato e della Corte di cassazione, secondo la quale, in linea di massima, deve concludersi che il danno da svalutazione e gli interessi corrispettivi possano considerarsi diritti patrimoniali conseguenziali non ricollegabili a situazioni esauritesi nell'ambito del rapporto d'impiego. Il Sanguinetti resiste alle richieste dell' A.e.i., rilevando che secondo il pi recente orientamento giurisprudenziale di queste sezioni unite sussiste la giurisdizione dell'a.g.o. ogniqualvolta le domande del pubblico impiegato siano dirette ad ottenere un risarcimento conseguente a comportamenti dilatori o comunque colposi della P.A., esorbitanti dal puro e semplice ritardo nell'emissione dei titoli di spesa. Ora questa -secondo il resistente -sarebbe precisamente la situazione che ricorrerebbe nella specie, un ritardo superiore ai 5 anni nell'applicazione di un trattamento econoinico previsto da una legge, non essendo . imputabile ai tempi tecnici delle procedure di spesa, e fuoriuscendo da ogni limite di tollerabilit integrando cos un comportamento colposo ispirato da un chiaro fine dilatorio. Entrambe le parti hanno presentato memoria. Motivi della decisione. -Il problema posto dal presente regolamento non pu essere risolto mediante un'indagine sulla posizione soggettiva della parte attrice. Com' noto, in tema di pubblico impiego, il riparto delle giurisdizioni non fondato sulla distinzione delle posizioni soggettive fatte valere in giudizio, secondo la dicotomia diritto soggettivo -interesse legittimo, ma su di un criterio diverso, che assegna al giudice amministrativo, in via esclusiva, i ricorsi relativi alle questioni che derivano direttamente dal rapporto dedotto in giudizio, anche se attinenti a diritti soggettivi, mentre riserva all'a.g.o. le questioni attinenti a diritti patrimoniali conseguenziali alla pronunzia di illegittimit dell'atto o provvedimento (impugnato) (cfr. art. 2 e 7 1. 6 dicembre 1971 n. 1034 in relazione agli artt. 29, n. 1, t.u. 26 giugno 1924 n. 1054 e 4, 1 comma, t.u. 26 giugno 1924 n. 1058). Si tratta quindi di accertare se le questioni costituenti l'oggetto della lite siano o meno attinenti a diritti patrimoniali conseguenziali. L'identificazione dei diritti patrimoniali conseguenziali ha subto, nel corso degli anni, una profonda evoluzione, che si spiega e si giustifica col radicale mutamento di presupposti della disposizione. Si era partiti, in origine, dalla concezione secondo la quale il giudice aro 426 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ministrativo non poteva mai andare al di l dell'annullamento dei provvedimenti amministrativi impugnati, anche se tali provvedimenti lede vano diritti soggettivi, ed anche se ci si trovava in sede di giurisdizione esclusiva. Secondo questa concezione, sarebbe stato impensablie chiedere al giudice . amministrativo di . condannare la P.A. al pagamento di una somma. Si ritene~a quindi che occorresse affidare al giudice ordinario la definizione degli aspetti economici fatti emergere, ma non risolti, dalla pronunzia del giudice amministrativo. A partire, per, dal momento in cui si riconosciuto al giudice amministrativo il potere di condannare la p.a. al pagamento delle somme di cui essa fosse risultata debitrice (e cos, ad es., delle differenze di retribuzione riconosciute dovute all'impiegato, di un'indennit denegata, ecc.), il presupposto originario della disposizione in esame venuto meno,. e la giurisprudenza stata costretta ad enucleare un'altra ratio che consentisse un'interpretazione della norma coerente col nuovo contesto. Si cos giunti, gradualmente, ad affermare che la questione conseguenziale deve pur sempre derivare dallo svolgimento del rapporto, ma non pu essere direttamente fondata sulla disciplina di esso o dipendere direttamente dalla pronunzia del giudice amministrativo. In questo modo, per un verso, si giustificato il fatto che il giudice amministrativo potesse condannare la p.a., ad un pagamento si che le retribuzioni arretrate, che la p.a. poteva esser condannata a pagare, sono state considerate non gi come una conseguenza del rapporto di impiego, ma come un elemento integrante di esso; per altro verso, si finito per identificare il diritto conseguenziale col risarcimento del danno, e cio con quell'unico effetto ulteriore dell'illiceit. ascritta alla p.a. non eliminabile mediante le misure ripristinatorie consentite al giudice amministrativo. In questo modo, l'area .riservata, in questa materia, alla giurisdizione dell'a.g.o. si andata via via restringendo; ci, del resto, apparso come una logica conseguenza del carattere residuale dell'attivit attribuita ai giudici ordinari in questo campo particolare. L'ulteriore evoluzione dell'intepretazione dei diritti conseguenziali legata al sorgere del problema della rivalutazione delle somme pagate con grave ritardo; problema acuito, negli ultimi anni, dall'inflazione galoppante. A questo specifico problema si legato quello degli interessi, che diveniva pi acuto in un momento in cui il ritardo dei pagamenti poteva dvenire un mezzo per pagare, di meno (attraverso l'espediente di pagare in moneta svalutata). In questo quadro, giustificate anche da evidenti ragioni di equit, si collocano le note decisioni dell'adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 2 del 4 aprile 1981 e n. 7 del 30 ottobre 1981. Il supremo consesso amministrativo giunto ad affermare che n il giudizio sulla spettanza degli interessi moratori, n quello della rivalutazione delle competenze arretrate, implicano la PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE risoluzione di questioni 'attinenti a diritti conseguenziali e sono quindi preclusi alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, e ci bench, almeno in apparenza, si tratti di problemi inquadrabili nell'ambito del risarcimento dei danni (art. 1224 e.e.). In realt, il Consiglio di Stato non giunto ad affermare che il giudice amministrativo pu conoscere anche delle domande di ristoro dei danni, ma ha rilevato, per un verso, ohe il giuddzio su!li interes.si di mora dmplioa un accertamento di fatto identico a quello richiesto dailila pronunzia sugli interessi corrispettivi, daii quali esula ogni elemento di risarcimento dei danni, s che, di conseguenza, verrebbe meno la giustificazione logica dell'attribuzione della cognizione di questi vari tipi di interessi a giudici diversi; per altro verso, ha affermato che il giudizio sulla rivalutazione delle competenze arretrate non mira ad un vero e proprio xisarcimento del danno, ma tende piuttosto a mantener integro ed immutato il valore della somma riconosiuta come spettante all'impiegato; anche in questo caso, quindi, si tratterebbe, n pi, n meno, che di attribuire aM'limpiegato ci che gli stato riconosciuto, senza consentire che il relativo importo subisca un ingiustificato diffalco. Queste sezioni unite hanno accolto solo in parte queste tesi apportandovi qualche correttivo al fine di precisare la portata delle norme sul riparto della giurisdizione. Cos, nelle sentenze n. 5225 del 12 ottobre 1982 e n. 3076 del 5 maggio 1983 rese in sede di regolamenti di giurisdizione, si chiarito che sono attribuite alla giurisdizione, esclusiva del giudice amministrativo le domande inerenti a crediti derivanti da comportamenti del datore di lavoro contrastanti unicamente con la disciplina del rapporto ed , incidenti immediatamente sui diritti del dipendente. In questo senso, rientrando nella detta giuridizione esclusiva le domande di rivalutazione, nella misura in cui esse sono legate al puro e semplice fatto del ritardo del pagamento, senza che si facciano valere particolari comportamenti dilatori o colposi della p.a. e sempre che la rivaluzione sia pretesa secondo il criterio di calcolo automatico di cui all'art. 150 disp. att. c.p.c. o secondo altro criterio analogo; vi rientrano altres le domande relative agli interessi, purch si tratti di interessi corrispettivi, contenuti entro il tasso legale. Si invece ritenuto che rientrino nella giurisdizione dell'a.g.o. le domande strutturate in funzione di un risarcimento dei danni, e cio quelle miranti a conseguire un risarcimento superiore a quello consentito dalla predetta rivalutazione, e quelle attinenti agli interessi di mora che l'impiegato richieda in relazione a comportamenti dilatori o comunque colposi deJJa p.a., esorbitanti dal puro e semplice ritardo nell'emissione del titolo di spesa. Queste sezioni unite, nel confermare questa giurisprudenza, rinviano alla motivazione delle sentenze sopra citate. In questa sede, sembra 428 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sufficiente rilevare che la tesi accolta consente alla corte, al tempo stesso, di -rispettare i !fimiti della sua funzione di regolatrice della giurisdizione (e quindi di non interferire nel merito delle decisioni dei giudici amministrativi), e di mantenere fermo un orientamento giurisprudenziale ormai costante sulle caratteristiche peculiari dei crediti da retribuzione, sul loro carattere prevalentemente alimentare, e sulla conseguente esigenza della loro rivalutabilit. Facendo applicazione di questi principi al caso di specie, devesi osservare che il Sanguinetti, nel suo ricorso al pretore, si limitato a domandare la rivalutazione della somma, riconosciuta come spettantegli, ed il pagamento degli interessi (senza specificare la natura di tali interessi, n richiedere un tasso superiore. a quello legale). In questa situazione, appaiono realizzate tutte le condizioni richieste dalla giurisprudenza sopra menzionata per l'attribuzione della giurisdizione al giudice amministrativo. ben vero che il Sanguinetti, in seguito, ha invocato un comportamento dilatorio intollerabile e colposo della p.a.; ma ci egli h;:t fatto solamente in sede di replica al ricorso dell'A.c.i. per regolamento di giurisdizione, e cio tardivamente. Invero, a norma dell'art. 5 c.p.c., la giurisdizione si determina dai fatti allegati nella domanda e posti a fondamento della pretesa, sicch al ricorso al pretore -giudice del lavoro -, proposto a suo tempo dal Sanguinetti, che occorre far riferimento. Occorre dunque concludere che l'attore non ha, tempestivamente, allegato particolari comportamenti colposi o dilatatori della p.a.; non ha prospettato di aver subito per effetto del ritardato pagamento danni superiori a quelli inerenti alla perdita di potere d'acquisto della moneta; non ha chiesto specificamente degli interessi di mora, n ha invocato per gli interessi un tasso superiore a quello legale; ha fatto infine riferimento, per la richiesta di rivalutazione, ad un criterio automatico , quale il riferimento agli indici dei prezzi determinati ai fini dell'applicazione della scala mobile . Di conseguenza, non pu dubitarsi del fatto che non ci si trovi di fronte a diritti conseguenziali, e che la giurisdizione spetti dunque al giudice amministrativo. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 maggio 1985, n. 3098 -Pres. Bile Rel. Parisi P. M. Fabi (parz. diff.) Ministero di Grazia e GiustiZJia (avv. Stato Carbone) c. Oassano ed altri (avv. Spinelli e Piracci). Impiego pubblico -Cancelleria di pretura Amanuense Mansioni di cancelliere -Esercizio di fatto -Rapporto di pubblico impiego -Insussistenza. (Art. 99 r.d. 8 maggio 1924, n. 745). PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 429 Lavoro Prescrizione del diritto alla retrlbuizione Durante il rapporto di lavoro Mancanza di stabilit Conseguenze. (Art. 2948, e.e.). Lavoro Sentenza di primo grado esecutiva Mancata soddisfazione del credito del lavoratore Giudizio di appello Liquidazione del maggior danno. (Artt. 429, 3 e., e 431 e.p.e). Nell'ipotesi in cui l'amanuense di cancelleria di pretura svolga mansioni di cancelliere, il tassativo divieto espressamente stabilito dal 2 comma dell'art. 99 r.d. 745/24 non consente di configurare neppure in astratto l'avvenuto inserimento del prestatore nell'organizzazione dell'amministrazione in relazione alla diversa attivit prestata in violazione del predetto divieto .cos da ricondurre la fattispecie nel paradigma di un rapporto di pubblico impiego, da devolvere alla giurisdizione esclusiva amministrativa (1). (,1) Per la giurisprudenm formatasi sul punto relativo all'aspetto formale dell'atto di nomina cfr. per tutte Cass., 20 luglio 11983, n. 5002, in questa Ras segna, 1984, I, 814 con nota di richiami di G. PALMIERI. Immediato precedente da cui prendono spunto la sentenza che si annota e la coeva n. 3099 Cass., 8 maggio 1976, n. 1609, in Foro it., 1976, I, 1258, con osservazioni di C. M. BARONE. Lo statuto dei lavoratori, legge n. 300/70, stabilisce, all'art. 13, che in caso di esercizio di mansioni della qualifica superiore, iJ. lavoratore abbia diritto, per il tempo in cui le esercita, alla retribuzione propria di tale qualifica e che, trascorsi tre mesi, ha diritto al riconoscimento definitivo della qualifica / stessa. La giurisprudenza ha escluso che quest'ultima statuizione si estenda, ex art. 37 dello statuto, al personale degli enti pubblici non economici (per le promozioni le norme sul pubblico impiego contengono pre\lli.sioni da con siderare tassative); per, ha ammesso che, Iil mancanza di diverse disposizioni, si applichi la prima parte dell'art. 13 cit.; cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 6 febbraio 1973, n. 77, Cons. Stato, 19731. I, ,191 e annotata da PANUNZIO, in Diritto e Societ, 1973, 455. La sentenza n. 1609/76 cit. ha riconosciuto Iil materia la competenza del giudice ordinario, innanzi al quale ii prestatore ha diritto di chiedere il compenso per ia attivit svolta. Altre pronunce del Consiglio di Stato hanno, per, ritenuto tale solu zione mcompatibile con i principi dell'organdzzazione amministrativa ed irri levante, nel pubblico impiego, l'esercizio di fatto di mansioni superiori, anche sotto il profilo economico: cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 novembre 1978 n. 1099, in Cons. Stato, ,1978, 1708; id., sez. VI, 24 ottobre 1980, n. 1002, ivi, 1980, I, 1434. In ogni caso l'art. B l. cit. non pu essere esteso al personale statale, essendo la m;tteria espressamente regolata dal t.u. ,1957 n. 3 e ci vale anche per il personale delle U.S.L. (v. dn proposito art. 29 d.lg. 20 dicembre 1979 n. 761). Inoltre l'art. 23 della regge quadro sul pubblico impiego (t 29 marzo 1983 n. 93) ha esteso al personale di tutte !e p.a. (compreso lo Stato) la applicazione delle disposizioni di alcuni articoli dello Statuto dei lavoratori, ma non l'art. 13 cit. 430 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEl:LO STATO La prescrizione del diritto alla retribuzione non corre durante il 430 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEl:LO STATO La prescrizione del diritto alla retribuzione non corre durante il rapporto di lavoro quando, come nella specie, non vi siano garanzie di stabilit del rapporto medesimo sul piano sostanziale e processuale, anche per la possibilit di un intervento giudiziale atto a rimuovere gli effetfi del licenziamento illegittimo (2). La esecutoriet riconosciuta dall'art. 431 c.p.c. alle sentenze pronundate in primo grado dal giudice del lavoro non impedisce che, i~ caso di mancata soddisfazione del credito del lavoratore, il giudice d'appello liquidi l'eventuale maggior danno subito dal lavoratore per la diminuzione di valore del suo credito nelle more del giudizio di appello (3). (2) Giurisprudenza consolidata. La ben nota sentenza Corte Cost. 10 giugno 1966, n. 63, che dichiar la illegittimit deglri artt. 2948 n. 4, 2955 n. 2 e 2956 n. 1 nella parte in cui consentono che ila prescrizione del diritto alla retribuzione decorra durante il rapporto di lavoro, ~ pubblicata lin Foro it., 1966, I, 985. Successivamente, la Corte Cost. ridimension 1'a portata delle affermazioni contenute nella sentenza n. 63 del 1966, ammettend che la prescrilJione si incentrasse nei rapporti garantiti quanto alla stabilit del posto di lavoro (sentenza n. 143 del 20 novembre 1969 in Giust. civ., 1969, I, 319); o presso gli enti pubblici economici (Corte Cost., 29 aprile 1971, n. 86, in Giur. it. 1971, I, 1, 1065; in Cons. Stato, 1911, Il, 393; id. 21 maggio 1975, n. 115, in Giust. civ. Ili, 309. Questo complesso succedersi di pronunce caus ampi dibattiti in dottrina e contrasti giurisprudenziaJ.i, composti, questi ultimi, da Cass. 12 aprile 1976, n. 1268, in Giust. civ., 1976, I, 844, la quaie ritenne ammissibile, perch compatibile con l'art. 36 Cost., la decorrenza della prescrizione in corso di rapporto, quando esso fosse caratterizzato da stabilit e, cio, sot t.oposto ad una disciplina che, indipendentemente dalia natura pubblica o privata del datore di lavoro, subordini, sul piano soi;tanziale la legittimit e l'efficacia della risoluzione alla sussistenza di circostanze oggettive e predeter minate e che, sul piano processuale, ne preveda iil sindacato da parte del giudice. In termini esatti la sentenm che si annota. In dottrina cfr. E. GHERA, Diritto del lavoro, Cacucci, Bari, 1979, pp. 314 e ss. e da ultimo, MAREsCA A., La prescrizione dei crediti di lavoro, Giuffr, Milano, 1983. (3) La giurisprudenza ha inoltre specificato che l'applicabilit dell'art. 429, 3 comma, c.p.c. per il periodo successivo alla sentenm di primo grado non trova deroga per la possibliilit del creditore di eseguire tale sentenza, giacch la !inerzia di costui non configurabile n come mora accipiendi, n come fatto colposo rilevante ai sensi dell'art. 1227 e.e. Oass. 29 marzo' ,1&84, n. 2069, Mass., 1984. La mancanta esecuzione, poi, da parte del lavoratore, della sentenza di primo grado provvisoriamente esecutiva ex lege non esclude H diritto per il lavoratore a:l riconoscimento, da parte del giudice di appello, del risarcimento del danno per la ulteriore svaluta'Zione monetaria verificatasi successivamente a detta sentenza: Cass. 9 giugno 1984, n. 3471, in Mass., ,1984. Cfr. in dottrina C. VOCINO -G. VERDE, Appunti sul processo del lavoro, Jovene, Napoli, 1979. .::: ~~ i' GABRIELLA PALMIERI i: PARTE I, SEZ. m, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONB 431 (Omissis) Con il primo mezzo del ricorso principale viene denunciato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della controversia e la conseguente violazione degli artt. ?9 del T.U. 26 giugno 1924 n. 1054 delle leggi sul Consiglio di Stato e 7 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, istitutiva dei Tribunali Amministrativi Regionali, nonch dell'art. 99 del r.d.l. 8 maggio 1924 n. 745, concernente l'ordinamento del persQnale delle cancellerie e segreterie giudiziarie, in relazione all'art. 360 nn. 1 3 cod. proc. civ. Al riguardo la ricorrente Amministrazione -facendo salva ogni contestmone sull'avvenuto svolgimento delle mansioni da parte del Ferrante, come accertato dal Tribunale -deduce che, ai fini della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, pu ritenersi costituito il rapporto di pubblico impiego quando questo abbia in concreto spiegato i suoi effetti attraverso le rispettive prestazioni, date e ricevute nell'ambito dell'organizzazione e per i fini pubblicistici dell'amministrazione, rimanendo irrilevante sia ~'esistenza di un atto formale di nomina, sia la validit e la legittimit dell'atto costitutivo del rapporto stesso, dovendo quella giurisdizione essere affermata in base al semplice riscontro dehl'effettivo inserimento del dipendente nell'ambito deH'organizzazione pubblica del datore di lavoro per il perseguimento dei suoi fini istituzionali: e ci a prescindere dal considerare che anche il rapporto costituito ai sensi dell'art. 99 del r.d.l. 8 maggio 1924 n. 745 ha di per s riatura pubblicistica avuto riguardo allo inserimento dell'amanuense nella organizzazione della Amministrazione. Il primo mezzo infondato. Al riguardo va preliminarmen~ ricordato che questa Corte, dopo avere affermato che Je prestazioni dei datthlografi e degli amanuensi nelle cancellerie e segreterie giudiziarie -assunti in base aM'art. 99 del r.d.l. n. 745 del 1924 per i lavori di copiatura nelle cancellerie e segreterie giudiziarie sotto la responsabilit dei relativi capi e retribuiti con i proventi di cancelleria -non fossero idonee a configurare un rapporto di lavoro subordinato, per difetto dei prescritti requisiti della collaborazione e della subordinazione, bens un rapporto di lavoro autonomo non tutelato dalle norme sulle assicurazioni sociali, e dopo aver precisato che il divieto sancito nel primo capoverso del citato art. 99 \ di adibire il suddetto personale a lavori diversi dalla semplice copiatura, aveva realizzato una disciplina tassativa; assoluta e inderogabile in quanto dettata a salvaguardia delle funzioni inerenti ai servizi delle cancellerie e segreterie giudiziarie -inferendone che ogni indebita invasione che, in contrasto con il citato divieto, si fosse verificata da parte del medesimo personale, con o senza la consapevolezza dei preposti ai singoli uffici, si sarebbe risolta in un'attivit che, per la illiceit dell'oggetto, sarebbe rimasta sfornita di quaJsiasi tutela a favore del prestatore di opera, in applicazione della riserva contenuta nel primo com RASSEGNA DELL.AVVOCATURA DELLO STATO ma -ultima parte -dell'art. 2126 cod civ., ha poi ritenuto, in seguito ad un. pi approfondito esame della questione (v. sent. n. 1609 dell'8 maggio 1976 di queste Sezioni Unite) che le pretese avanzate dall'amanuense per le maggiori prestazioni lavorative da lui effettuate in violazfone dell'accennato divieto -oltre a non potersi considerare connesse ad un rapporto di pubblico impiego per la mancanza del prescritto atto di nomina -possono dare luogo a due distinte ipotesi e ad opposte soluzioni, a seconda che le diverse mansioni svolte di fatto dall'amanuense fossero o meno di mera esecuzione e d'ordine o si identificassero invece con le tipiche e pi delicate funzioni del cancelliere. Ed invero solo in quest'ultimo caso -secondo la citata sentenza n. 1609 del 1976 -i valori protetti dall'art. 36 della Costituzione possono trovare resistenza in altri valori tutelati dalla stessa Costituzione attraverso i principi da questa sanciti sulla pubblica amministrazione (art. 97 della Costituzione), aventi anche essi finalit di primaria rilevanza per l'ordinamento, in guisa da fasciare invariate le caratteristiche di illiceit, gi in precedenza rilevate, che ai sensi dell'art. 2126, primo comma, ultima parte, cod. civ., sottraggono il lavoro prestato a qualsiasi tutela; mentre nel primo caso, laddove l'attivit prestata dailil'amanuense consiste in mansioni di' mera esecuzione e di ordine, s realizza invece una situazione che, se pure illegale fonte di responsabilit per coloro che h!lnno comunque concorso a determinarla, non assume tuttavia le su relative caratteristiche di illecit, che sottraggono il lavoro prestato a qualsiasi tutela: con conseguente possibilit di riconoscere al relativo rapporto una residua efficacia di ordine patrimoniale, nel campo del diritto privato, in applicazione del principio sancito nel citato art. 2126, primo comma, cod. civ., riguardo alle prestazioni lavorative effettuate in esecuzione di un contratto nulilo che non sia illecito. Ora, se vero che secondo il pi recente orientamento della giurisprudenza di queste Sezioni Unite il'esistenza di un atto formale di nomina -ancorch illegittimo -idoneo a costituire il !l"apporto di pubblico impiego o quanto meno J'esistenza di una documentazione idonea a dimostrare la volont dell'ente pubbHco di inserire stabilmente (anche se non irrdefinitivamente) hl dipendente nella propria organizzazione, per utilizzarne le prestazioni per aattuazione dei suoi fini ~stituzionali, dietro corrispettivo e con v.incoJo di subordinazione, perch possa astrattamente configurarsi un rapporto di pubblico impiego, ai fini della sua devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, non sono pi considerati -quanto meno riguardo ai rapporti di impiego con gli enti ;pubblici non economici -un elemento essenziale per la configurabilit di un siffatto rapporto, essendosi ritenuto a tal fine sufficiente il semplice riscontro dell'effettivo e concreto inserimento del dipendente nell'ambito della organizzazione pubblica del datore di lavoro e della avvenuta erogazione ed accettazio PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE ne, in regime di subordinazione delle prestazioni lavorative nell'ambito della medesima organizzazione, per il perseguimento dei suoi fini istituzionali (v. sent. 7 novembre 1973) n. 2904; 26 novembre 1979 n. 6170; 10 luglio 1980 n. 4438; 24 marzo 1981 n. 1689; 6 novembre 1981 n. 5850; 9 marzo 1982 n. 1494; 5 ottobre 1983 n. 6051); anche vero che, nella specie, iJ tassativo divieto espressamente stabilito dal 2 comma del citato art. 99 del r.d . .J. n. 745 del 1924 (secondo cui in nessun caso i dattilografi . e gli amanuensi -assunti dn appliazione del precedente comma possono essere adibiti a lavori diversi dalla semplice copiatura) non consente di configurare neppure in astriatto l'avvenuto inserimento del prestatore neH'organizzazione delJ'amministrazione in relazione alla diver sa attivit lavorativa che sarebbe stata dal medesimo prestata in viola zione dell'accennato divieto, in guisa da poter ricondurre Ja fattispecie nel paradigma di un rnpporto di pubblico impiego, da devolvere alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Pertanto, il primo mezzo, deve essere rigettato. Infondato anche il secondo mezzo, con cui si denuncia la viola zione e la falsa applicazione del citato art. 99 del r.d.l 8 maggio 1924, n. 745 e difetto di motivazione, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c., per avere i giudici del merito ritenuto erroneamente che la compilazione di un modello eseguita ricopiando i dati gi predisposti dal cancelliere sulle copertine dei fascicoli configurasse un'attivit divrsa dalla semplice copiatura di un atto da una minuta. La censura -a prescindere daHa sua intrinseca inconsistenza, stante la evidente differenza che intercorre tra la mera riproduzione di una minuta gi integralmente predisposta in tutti i suoi contenuti dal minu tante e la compilazione di un modello in base alla ricerca di dati che deve essere autonomamente eseguita in ciascun caso concreto dal compilatore del modello - destinata infatti ad infrangersi contro la motivata va lutazione con cui i giudici del merito hanno ritenuto che l'attivit svolta dal Ferrante non si era esaurita in Javori di semplice copiatura, avendo egli assolto incombenze, anche di ordine e meramente esecutive, tipiche del cancelliere; valutazione fondata su apprezzamento dei fatti e delle acquisite risultanze processuali che sfugge a ogni censura in questa sede. Con il terzo mezzo si denuncia la violazione dell'art. 2 del r.d.l. 19 gennaio 1939, n. 295 e degli artt. 2948 n. 4 e 2946 cod. civ., in relazione . all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ., e si censura la sentenza impugnata per non avere i giudici del merito ritenuto prescritti i diritti al pagamento delle maggiori retribuzioni pretese dal Ferrante, . sia in applicazione della pre scrizione biennale sancita dall'art. 2 del r.d.l. 19 gennaio 1939, n. 295, sia di quella quinquennale e decennale rispettivamente previste dagli artt. 2948 n. 4 e 2946 cod. civ. Anche il terzo mezzo infondato. RASSEGNA DEU..'AVVOCATURA DEU.O STATO 434 Escluso che possa essere invocata ed eccepita per fa prima volta in questa sede la prescrizione biennale prevista dall'art. 2 del r.d.l. 19 gennaio 1939, n. 295 -che stabilita peraltro riguardo alle rate di stipendio e di pensione dovuti dallo Stato ai propri impiegati e pensionati in attuazione cli. un rapporto di pubblico impiego, rapporto che nella specie, come si detto, non configurabile -; ne consegue che dovendo [a fattispecie ricondursi avuto riguardo alla strutturazione che per essa stata accertata dai giudici del merito e che non forma oggetto di specifica censura sotto il profilo test considerato, nella previsione dell'art. 2948 n. 4 cod. civ. -secondo il quale si prescrivono in cinque anni... gli interessi e, in generale, tutto ci che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini pi brevi -con conseguente automatica esclusione della prescrizione ordinaria decennale, che prevista dall'art. 2946, con norma di carattere generale e con espressa salvezza dei casi in cui la legge dispone diversamente, nessuna censura pu essere mossa all'impugnata sentenza per avere i giudici del merito ritenuto sospeso il decorso della prescrizione quinquennale sancita dal citato art. 2948 n. 4 cod. civ. La i:itenuta sospensione della prescrizione nella concreta fattispecie costituise, invero, corretta applicazione dei princpi che hanno giustificato (v. sent. Corte Costituzionale 10 giugno 1966, n. 63) la declaratoria di incostituzionalit della suddetta norma, nella parte in cui consente che la prescrizione del diritto alla retribuzione decorra durante il rapporto di lavoro anche quando il rapporto medesimo e la posizione del prestatore indipendentemente dal carattere pubblico o privato del datore di lavoro, non siano assistiti dalla garanzia di stabilit, sul -piano sostanziale e proeessuale, in guisa che la legittimit e la efficacia della risoluzione, del rapporto di lavoro restino subordinate alla sussistenza di circostanze oggettive e predeterminate, con contestuale possibilit di rimuovere gli effetti del licenziamento illegittimo attraverso l'intervento del giudice (come gi precisato (1) da ultimo anche da queste Sezioni Unite in sentenza n. 1084 del 13 febbraio 1984). Sembra infatti evidente che nessuna garanzia di stabilit, nel senso test precisato, come hanno esattamente ritenuto i giudici del merito, possa essere riscontrata nel particolare rapporto di lavoro venutosi a instaurare con il Ferrante, in relazione alle maggiori prestazioni lavorative a cui si riferiva il credito da lui vantato e che erano state da lui effettuate in violazione del divieto sancito dal 2 comma del citato art. 99 del r.dl. n. 745 del 1924 in foogo o in aggiunta a quelle corrispondenti alle mansioni proprie dell'amanuense, che sul piano formale gli erano state affidate originariamente. Con il quarto ed ultimo mezzo del ricorso principale, si denuncia, infine, l'errata applicazione dell'art. 429, Ultimo comma, cod. proc. civ., per avere i giudici del merito determinato in maniera del tutto generica i criteri da cui stata desunta la percentuale di rivalutazione, in PARTE I, SEZ. m, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 435 relazione alla non avvenuta tempestiva corresponsione delle dovute differenze retributive, senza tenere conto dell'epoca a cui risaliva l'attivit lavorativa in ct si era gradualmente maturato il relativo credito Il mezzo fondato. I giudici di appello invero hanno rigettato il gravame che era stato proposto dalla Amministrazione in ordine alla decorrenza e alla percentuale del risarcimento che era stato liquidato dal Pretore per la svalutazione monetaria, sia per la ritenuta genericit delle censure, non avendo l'appellante prodotto il conteggio specifico delle spettanze secondo gli indici I.S.T.A.T.; sia perch il conteggio proposto dal medesimo appellante avrebbe condotto a risultati economici a lui non favorevoli. Ova, se si considera che a norma delil'art. 429, Comma 3, cod. proc. civ., il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti di lavoro deve determinare, oltre gli interessi legali, il maggior danno eventUalmente subito dal lavoratore per la diminuzione di valore del suo credito, con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto; e che a tal fine -in applicazione dell'art. 150 delle disposizioni di attuazione del cod. proc. civ. -il giudice tenuto ad applicare lo indice dei prezzi calcolato dall'I.S.T.A.T. per la scala mobile per i lavoratori dell'industria, agevole rilevare che la motivazione dell'impugnata sentenza, in ordine ai criteri che erano stati, nella specie, seguiti dal giudice di primo grado, nella rivalutazione del credito vantato dal Ferrante, per la differenza retributiva da lui pretesa in relazione all'attivit prestata nel corso del rapporto di lavoro, non pu sottrarsi a censura. E ci sia perch i giudici di appello hanno rigettato il gravame che al riguardo era stato proposto dall'Amministrazione per non avere questa assolto un onere che non '1e incombeva -quaile era appunto il conteggio specifico delle spettanze che avrebbero dovuto essere liquidate al Ferrante secondo gli indici I.S.T.A.T., -onere che avrebbe dovuto eventualmente fare carico sul prestat()re per suffragare la validit della decisione che, a riconoscimento del diritto da lui vantato, era stata emessa dal giudice di primo grado; sia perch l'affermazione che pure si rinviene nella sentenza impugnata, secondo cui il conteggio proposto dal medesimo appellante avrebbe condotto a risultati economici a lui non favorevoli risulta del tutto apodittica e non suffragata da alcun elemento idoneo a dimostrare la esattezza dei criteri in base ai quali era stata effettuata la liquidazione del maggior danno dovuto al prestatore, in applicazione delle norme su richiamate, e da cui era stata desunta la percentuale di rivalutazione con la relativa decorrenza per la ritardata corresponsione delle differenze di retribuzione da lui richieste. Merita di essere accolto anche il ricorso incidentale, con il cui unico mezzo si denuncia violazione degli ultimi commi degli artt. 429 e 437 cod. proc. civ., per non avere i giudici di appello accolto la domanda RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELL STATO proposta dagli attuali ricorrenti incidentali, intesa ad ottenere la liquidazione del maggior danno al medesimo derivato nelle more del giudizio di appello, dalla ritardata corresponsione degli emolumenti che erano stati riconosciuti come dovuti dal giudice di primo grado. Anche il ricorso incidentale, infondato. La esecutoriet riconosciuta dall'art. 431 cod. proc. civ., alle sentenze pronunciate in primo grado dal giudice del lavoro non impedisce invero in tutti i casi in cui il credito del prestatore non sia stato soddisfatto in esecuzione della decisione adottata dal primo giudice -che il giudice di appello possa e debba procedere ricorrendone le condizioni, all'eventuale liquidazione del maggior danno subito dal lavoratore a seguito della sopravvenuta diminuzione di valore del suo credito, verificatasi nelle more del giudizio di appello. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 3 giugno 1985 -Pres. Cusani Rel. Sammartino P. M. Di Renzo (conci. conf.). D'Agostino (avv. Corigliano eD'Agostino) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Caramazza nonch Presidente della Repubblica (n.c.); Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma (n.c.); Eredi Savoia (n.c.); Segretario Nazionale D.C., P.S.I., P.S.D.I., P.L.I. (n.c.). Costituzione Art. 139 Disposizioni transitorie e finali Dichiarazione di illegittimit Giudice competente Difetto assoluto di giurisdizione. (Art. 139, Cost.; disp. trans. Cost. XII e XIII; art. 382 c.p.c.). Nel nostro ordinamento nessun giudice ordinario amministrativo o speciale ha giurisdizione sulla domanda volta ad ottenere la declaratoria di illegittimit dell'art. 139 Cost. e delle disposizioni transitorie XII e XIII (1). (Omissis) Le censure elencate qel ricorso non hanno alcun fondamento giuridico. 1) L'art. 3/3 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, nel devolvere alla competenza del T .A.R. di Roma i ricorsi per incompetenza, eccesso di (1) Come precisa la S.C., la singolarit oltre ogni limite della questione richiede una risposta drasticamente esaustiva e deterrente ad evitare che una mera declaratoria di improponibilit della domanda'" basata sulla inconsistenza dell'interesse fatto valere dal ricorrente lasci nel cittadino il dubbio che diversamente formulata e/o soggettivata la domanda proposta potrebbe trovare un giudice competente ad esaminarla e, cio, un tramite diverso da quello che la Costituzione stessa gli consente . In dottrina cfr. per tutti C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, Cedam, Padova, 1976, Tomo II e id., voce Costituzione, in Enc. del dir., 1962, Xl, 192; PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 437 potere e violazione cli legge contro gli atti statali , fa riferimento ai ricorsi contro l( atti e provvedimenti emessi dagli organi centrali dello Stato di cui al comma primo. Far rientrare tra questi atti la Costitu~ ione pretesa macroscopicamente aberrante, non solo perch fa Costituzione non pu considerarsi emanata da un organo centrale dello Stato, ma soprattutto perch la norma di cui all'art. 3 deriva la propria di gnit giuridica proprio dalla Costituzione (ru-t. 113. Contro gli atti della pubblica amministrazione sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa... La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa) e pertanto essa non potrebbe mai prevedere alcunch circa la vigenza e la validit della Costituzione. Esaminare detta norma al di fuori di questo collegamento genetico operazione che ripugna alla logica comune prima che a quella giuridica. Nell'art. 1 della Costituzione il fatto che non lo Stato italiano ma l'Italia proclamata Repubblica democratica sta a significare che la Repubblica nasce dalla volont sovrana del popolo, espressa col referendum del 2 giugno 1946, cio a dire che la creazione della Repubblica come atto del popolo sovrano fu sottratta alla disponibilit della stessa Assemblea Costituente e si pone come norma fondamentale dell'intero ordinamento, nel cui seno, peraltro, si distingue, con il termine di Stato , quella sola parte costitutiva dell'apparato centrale di governo e delle sue diramazioni periferiche. Il rapporto tra il risultato del referendum istituzionale e la posizione dell'art. 1 Cost. chiarisce ed integra la portata del divieto, solennemente sancito dall'art. 139, di revisione costituzionale della forma repubblicana e ne fa un divieto assoluto, anche a mezzo di referendum , di questa norma-base (denominata, in dottrina, anche supernorma ). Tanto detto qui per completezza di esposizione, ma si deve immedia tamente aggiungere, ai fini della decisione del regolamento, che avendo la Costituzione con tutte le successive norme gettato i fondamenti del nuovo Stato repubblicano, e tra di esse vi sono anche quelle che rego contra, sulla XIII disp. trans. come nol1Illa che devia dai principi costitu zionali, cfr. M. BoN VALSASSINA, voce Esilio, ivi, 1~. xv, 726. Sulla XII disp. trans. cfr. Trib. Padova, 16 luglio 1976, in Giust. it., 1976, Il, 35 con nota In tema di riorganizzazione del .Partito fascista, di R. PUNNO. Sulla XIII disp. trans. cfr. da ultimo Commissione elettorale Mandamentale di S. Giovannri Valdarno, che ha riconosciuto il diritto di elettorato attivo ad Amedeo Savoia Aosta, 2 novembre 1983, in Foro it., 1984, III, 162, con nota Vicissitudini della XII disposizione transitoria della Costituzione, di R. ROM BOLI e La nozione di famiglia e la famiglia reale , di M. SANTILLI, ibidem, 171. GABRIELLA PALMIERI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lano i poteri dello stesso ordine giudiziario, non possibile a questa Corte, cos come ad ogni altro giudice, in quanto ripete i suoi poteri dailla Costituzione, sindacare in alcun modo le disposizioni' e i pdncpi in cui essa si articola (come noto, in materia costituzionale, il giudice pu soltanto, in via incidentale, delibare una questione di illegittimit costituzionale di una (norma di) legge ordinaria o di un atto avente forza di legge, al fine di devolvere, in caso di non manifesta infondatezza, la questione medesima al giudizio della Corte costituzionale: art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1) e men che meno verificare se J'Assemblea Costituente avesse o no il potere di inserire nella Costituzione le norme indicate dal ricorrente come illegittime; verifica che questi, reiterando con un'evidenza altrettanto macroscopica l'errore di prospettiva di cui sopra, vorrebbe che fosse condotta addirittura alla stregua di norme statutarie il cui superamento e la cui abrogazione sono alla base stessa della fondazione della Repubblica. Pertanto le domande proposte dal D'Agostino nel presente giudizio, tendenti alla declaratoria dell'illegittimit dell'art. 139 e delle Disposizioni XII e XIII non trovano, nel nostro ordinamento, alcun giudice che abbia il potere di conoscerle; ordinario o amministrativo o speciale che sia, il che equivale a dichiarare, in relazione ad esse, il difetto assoluto di giurisdizione ex art. 382 c.p.c. Che -invero -la norma di cui all'art. 139 sia costituzionale neanche il ricorrente pone in dubbio. Che lo siano pure le Disposizioni XII e XIII altrett:anto certo, in considerarione della foro posizione ad opera della Costituente e della natura integrativa delle precedenti norme. La prima posta, infatti, a salvaguardia dell'essenza medesima del nuovo Stato democratico, coincidente con la radicale frattura tra il regime fascista e quello sorto con la Resistenza, la seconda a salvaguardia dell'intangibilit della forma repubblicana. Altro discorso se dette Disposizioni -comprese tra le norme dette di rottura '" che cio fanno eccezione o si pongono come speciali rispetto ai principi di uguaglianza e di libert precedentemente affermati -possano 'essere oggetto di revisione cbstituzionaile ex art. 138, a differenza della forma repubblicana: tale possibilit nulla toglie alla natura e al rango di esse che fanno s che nessun giudice pu conoscere della loro legittimit. 2) Non vale -in contrario -richiamarsi all'art. 61 della Convenzione (europea) per la 'salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle llibert fondamentali . Non necessario a tal proposito esaminare in astratto i rapporti fr detta Convenzione e la posizione costituzionale delle norme in parola, dato che il cit. art. 61 si limita a prescrivere che tutti hanno diritto ad essere giudicati, sia in materia penale che civile, da un tribunale indipendente e imparziale stabilito dalla legge, PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE e quindi rinvia alla legge interna di ciascuno Stato, donde il difetto di contrasto col nostro ordinamento. Tanto meno vale invocare la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, la quale (a differenza della Convenzione, i cui principi sono muniti di sanzioni e sono azionabili davanti agli organi appositamente creati) non vincola i sottoscrittori sul piano giuridico, priva com' di sanzioni giuridiche. Essa costituisce un elenco di affermazioni meramente programmatiche, come emerge, tra l'altro, dalla proposizione conolusiva deil rsuo Preambolo, con cui la Dichiarazione proclamata ideale comune da raggiungere da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo ed ogni organo della societ si sforzi di promuovere il rispetto di questi diritti e di queste libert... Quanto -poi -al riferimento agli artt. 24 e 113 Cost. (tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi anche nei confronti degli atti della pubblica amministrazione) anch'esso frutto dell'intima contraddizione del pensiero del ricorrente, dal momento che con tali articoli -e con l'art. 111 -la Costituzione indica in quali casi si pu ricorrere alla Corte di cassazione e tra di essi non rientra certamente il ricorso proposto in un processo nel quale sia domandata la declaratoria d'illegittimit di norme costituzionali (donde l'inammissibilit). 3) Questa censura non tocca un punto rilevante per la decisione del regolamento. Peraltro la motivazione della sentenza del T.A.R. non affetta dalla contraddizione che il ricorrente vorrebbe riscontrarvi, poich, pur affacciando l'ipotesi di un'imperfezione del sistema in quanto non permetterebbe di rivolgersi ad urt giudice per eliminare le norme denunciate -con ci cadendo in netto obiter -il Tribunale giustific la decisione adottata col rilievo, giuridicamente corretto ed assorbente, che lo stesso sistema non fornisce alcun rimedio giurisdizionale, ragion per cui l'opinione sull'imperfezione, giuridicamente erronea proprio alla stregua del sistema, non ebbe alcuna influenza sulla decisione, conforme a diritto. In conclusione il ricorso inaccoglibile sotto ogni profilo, di rito e di merito. E se alla domanda che ne l'oggetto (chiedo che le Sezioni Unite indichino il giudice competente a dichiarare l'illegittimit di nor me dalla Costituzione) la risposta immediata che viene spontanea quella sopra articolata (nessun giudice dello Stato ha giurisdizione su questa domanda) e non quella, pi pertinente e rituale, che proceda preliminarmente dalla consistenza della situazione giuridica soggettiva del ricorrente alla stregua dell'ordinamento giuridico (secondo la trico tomia diritto soggettivo/interesse legittimo/interesse di mero fatto, in quest'ultimo compreso l'interesse politico a che l'ordinamento sia con forme alle proprie personali convinzioni morali, religiose, sociali, ecc...) ci appare giustificato proprio dall'esigenza che, per la sua singolarit RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 440 oltre ogni limite, dalla questione sia data una risposta drasticamente esaustiva e deterrente. Infatti la semplice declaratoria dell'improponibilit della domanda (ex art. 382/3 II p. c.p.c.) fondata sulla (in) consistemia dell'interesse fatto valere dail ricorrente -il quale nulla di concreto e di individuale pretende per s -lascerebbe nel cittadino il dubbio che, diversamente formulata e/o soggettivata, la domanda di dichiarare illegittima una norma della Costituzione potrebbe trovare un giudice in questo Stato, cio un tramite diverso da quello che la Costituzione stessa gli consente -il Parlamento e gli istituti che al sistema parlamentare fanno capo -per. il perseguimento delle sue aspirazioni politiche. i / SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I civ., 18 febbraio 1985, n. 1362 Pres. Virgilio Rel. Pannella P. M. Valente (concl. conf. Prefettura di Potenza (avv. Stato Polizzi) c. Motor France s.n.c. (avv. Giordano). Circolazione stradale -Veicolo circolante senza carta Accertamento della violazione Confisca Obbligatoriet Idoneit a conseguire l'imma tricolazione -Irrilevanza -Oblazione! amministrativa della violazione Irrilevanza. (Legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 16, 17, 18, 20 e 21; d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 58; art. 240 c.p.). Ai sensi degli artt. 18 e 21, 3 comma, della legge 24 novembre 1981 n. 689, nell'ipotesi in cu un veicolo sia fatto circolare senza o prima ancora che sia stata rilasciata la carta di circolazione, il Prefetto, una volta che sia stata accertata l'avvenuta violazione della disposizione, deve ob bligatoriamente ordinare la confisca del .veicolo, senza necessit di do versi procedere ad ulteriore accertamento sulle condizioni e i requisiti circa l'idoneit o meno del veicolo stesso a conseguire l'immatricola zione e quindi il rilascio della carta di circolazione e senza che, in contra rio, possa avere rilievo l'avvenuto pagamento della sanzione pecuniaria in misura ridotta ai sensi dell'art. 16 della stessa legge (1). L'amministrazione ricorrente, denunciando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 9, 16, 18, 19, 20, 21; 22 e 38 dehla il. 24 :novembre 1981 n. 689; 240 c.p. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. si duole che il pretore abbia considerato la disposizione del 3 comma dell'art. 21 1. 689/1981 un'esemplificazione delle categorie prevista dahl'art. 20 della stessa [egge, e sostiene invece che tale disposizione costituisce un precetto autonomo, implicante in ogni caso Ja confisca del veicolo iindipendentemente dall'emissione dell'ordinanza-ingiunzione di pagamento della sanzione pecuniaria. Contesta che l'obbligatoriet della confisca trovi 1giustificazione (1) Cfr., tra le altre, Cass. 18 aprile 1984 n. 2538, richiamata neIJa motivazione; tale indirizzo rigoristico, peraltro affatto conforme ailla normativa sopra richiamata e in partioolare all'art. 21, 3 c., della legge n. 689 del 198'1, ha suscitato qualche perplessit sotto il profilo della legittimit costituzionale, per cui stata gi pi di una volta investita della questione la Corte Costituzionale (cfr., ad esempio, ordinanza Pret. Lucca 16 ottobre 1984, in G. U. n. 125-bis del 29 maggio 1985). -H2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nella pericolosit del .veicolo essendo sufficiente la violazione dell'8 comma dell'art. 58 del d.P.R. 16 giugno 1959 n. 393 e [a particolare relazione tra il veicolo e d'autore dell'iillecito. Considera erronea l'affermazione del pretore secondo cui 1' accertamento della violazione della disposizione del 3 comma dell'art. 21 non quella dell'ufficiale verbalizzante compiuto a norma dell'art. 13 I. 689/1981 ma solo quello della autorit amministrativa titolare del potere sanzionatorio. Sostiene, infine, che il pagamento della sanzione pecuniaria in misura ,J.'idotta ai sensi dell'art. 16 1. 689/1981 non ha effetto liberatorio quanto alla confisca. La censura fondata. La rubrica dell'art. 211. 24 novembre 1981 n. 689 reca l'enunciazione dei casi speciali di sanzioni amministrative accessorie e prevede la confisca obbligatoria (con l'espressione: sempre disposta la confisca) del veicolo a motore in due casi particolari: a) quando sia fatto circolare non coperto dall'assicurazione; b) quando sia fatto circolare senza o prima ancora che sia stata rilasciata la carta di circolazione. Nel primo caso, la confisca viene subordinata al mancato pagamento del premio di assicurazione (per almeno sei mesi) entro il termine che l'Autorit amministrativa competente tenuta ad indicare nell'ordinanza- ingiunzione. Nel secondo caso la confisca disposta senz'altro con l'accertamento della violazione. :a evidente che l'interpretazione letterale non lascia adito a dubbi sulla obbligatoriet della confisca del veicolo, cui non sia stata rilasciata la carta di circolazione, senza necessit di doversi procedere ad ulteriore accertamento sulle condizioni ed i requisiti di esso circa l'idoneit o, meno a poter conseguire l'immatricolazione e perci il rilascio della carta di circolazione. L'interpretazione logico-sistematica della filsposizione induce all'identico risultato. Dalla disciplina giuridica della sezione II del capo I della 1. 689/1981 si evince chiaramente che gli organi, addetti al controllo sull'osservanza delle disposizioni sulla circolazione stradale dei veicoli, procedono all'accertamento delle violazioni e, nell'ipotesi di veicolo circolante senza che per esso sia stato rilasciato il documento di circolazione, sono tenuti a sequestrarlo (art. 13) e a trasmetterne il relativo rapporto al Prefetto competente per territorio, anche se l'autore della violazione avesse pr>, implica un'attivit del destinatario che il.ibera un carro dalla merce oggetto del trasporto, mentre la seconda, attinente alle spedizioni in piccole partite, presuppone uno scarico gi effettuato d,al personale delle ferrovie e consiste nel semplice ritiro, da parte del destinatario, di merce gi scaricata che ingombri soltanto magazzini o aree di deposito. Quindi, il danno derivante dal ritardo nello scarico di gran lunga maggiore di quello per il ritardo nel carico e nell'asportazione, restando impegnato nel primo caso un bene strumentale indispensabile per l'esercizio dell'attivit principale di istituto dell'Azienda e negli altri due delle semplici aree,. Ecco il perch della maggior severit di disiplina usata dal legislatore con l'addossare sull'utente, in caso di ritardo nello scarico , anche il fortuito e la forza maggiore. Sempre secondo l'Azienda ricorrente, questa interpretazione dell'art. 43 trova preciso riscontro nell'inutiJmente invocato art. 5 del D.M. 26 giugno 1971 n. 9651, elle disciplina espressamente la fattispecie della giacenza per ritardo nelle operazioni doganali. Tale ultimo articolo, al n. 2 del secondo comma, precisa che, se, per impossibilit di ricevimento dei trasporti negli spazi doganali a cause comunque non attribuibili alla Ferrovia, le merci sostano nei carri o nei magazzini ferroviari allo scadere del periodo di franchigia accordato per l'asportazione od il carico , si rendono applicabili le tasse di sosta. Dal che appare chiaro che il ritardo nell'espletamento di dette operazioni, ancorch dovuto a sciopero dei doganieri, pur costituendo tale sciopero certamente un fatto del terzo non evitabile n rimediabile, del tutto inidoneo ad esimere dal pagamento della tassa. sia insdndaoabile in sede di legittimit ove congruamente motivata; cfr. Cass. 9-11-57 n. 4319; Cass. 4-3-70 n. 518; Cass. 28-5-75 n. 2189. Sulla configurazione dello sciopero come causa di forza maggiore che esclude fimputabilit dell'\inadempimento del datore di lavoro, si sono avute valutazioni ddscm:danti da part della giurisprudenza, che giunta in passato addirittura. a sindacal'e la legittimit e le motivazioni dello stesso: cfr. Cass. 18,12-52 n. 3236, in Foro It. 1953, I, SOOss. Su fattispecie analoghe a quella decisa dalla sentenza in esame, cfr. invece Cass. 912~57 cit. -con riferimento all'ipotesi dello sciopero bancario che impedisca al debitore di eseguire la prestazione -e Tribunale Roma 30-11-74 (in Giust. civ . Rep., 1976, voce Lavoro, n. 834), secondo cui lo sciopero generale integra gli estremi del caso fortuito o della forza maggiore che esonemno dal pagamento delle tasse di nolo maturate per ritardo ne11'adempimento. VINCENZO NUNZIATA PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRuDENZA CIVILE Vero che l'ultimo comma del citato art. 5 stabilisce che, per quanto non indicato, valgono le disposizioni previste dagli artt. 42 e 43 d.P.R'. 197/1961, ma da tale richiamo -sostiene la ricorrente -debbono ritenersi escluse [e esenzioni di cui al 2 paragrafo de1l'art. 43 in quanto intimamente contraddittorie con la disdplina compessiva di detto art. 5. Ad ulteriore sostegno della propugnata tesi l'Azienda afferma che la norma dell'art. 42 par. 2, non pu costituire espressione di un principio generale, giacch il porre il rischio del fortuito e della forza maggiore a carico dell'Azienda non corrisponde ai canoni civilistici. Difatti, nei rapporti di utilizzazione diretta di beni strumentali, detto rischio normalmente passa su colui che ha la res nella sua immediata disponibilit. Il motivo va respinto. L'art. 43 d.P.R. 30 marzo 1961 n. 197 (contenente la revisione delle condizioni di trasporto di cose sulle ferrovie dello Stato) dispone, al paragr. 1, che, quando, per causa indipendente dall'Amministrazione e, quindi, per ogni fatto od ammissione riconducibili a colpa dell'utente, le cose rimangono giacenti su sede ferroviaria (carri, agenzie o qualisiasi altro locale od aree dell'Amministrazione) oltre i termini di cui al precedente art. 25, sono dovuti le tasse di sosta. Lo stesso paragrafo con riferiment ad alcune ipotesi specifiche (lett. a, b, e, d) precisa quando la giacenza (oltre i termini suindicati) deve ricollegarsi a colpa dell'utenza ovvero dell'Amministrazione e, quindi, quando essa determina o meno l'obbligazione della tassa di sosta, il paragrafo precisa poi, che agli effetti dell'applicazione della tassa di sosta non si tiene conto dei giorni gestivi riconosciuti dallo Stato che cadono in tutto o in parte nel periodo di giacenza delle spedizioni a velocit ordinaria... ; tale disposizione si spiega e si giust~fica con il rilievo che, dovendosi (di regola) osservare per legge, nei predetti giorni, il riposo delle attivit lavorative, la giacenza delle merci nelle sedi dell'Amministrazione (in codesti giorni) non pu imputarsi a colpa dell'utente (e neppure, ovviamente, dell'amministrazione). A sua volta il paragrafo 3 stabilisce che si applica l~ riduzione del 50% delle tasse di sosta se, a causa della.contemporanea messa a disposizione in una stessa stagione di pi spedizioni a carro dirette ad uno stesso destinatario, quest'ultimo non abbia potuto provvedere al ritiro delle cose nei termini stabiliti. Nonostante l'espressione adoperata ( se... il destinatario non abbia potqto provvedere al ritiro delle cose ... , il legislatore riconduce, in tale ipotesi, il differimento della giacenza a fatto imputabile all'utente pur se apprezza (riducendo la tassa alla met) le particolari difficolt nelle quali viene a trovarsi :hl. destinatarfo nel dover ritirare contemporaneamente pi spedizioni a carro entro fo stesso termine. 452 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO Infine il paragrafo 2 dispone che non si applicano le tasse di sosta se il mittente o il destinatario provi di non aver potuto completare il carico ad asportare le cose nei termini stabiliti, in conseguenza di un evento fortuito o di forza maggiore. Nella specie l'esenzione accordata poich, ricorrendo l'uno o l'altro evento, non pu ravvisarsi responsabilit alcuna dell'utente (e neppure, s'intende, dell'Amministrazione) circa il ritardo del carico e dell' asportazione delle cose. Il legislatore parla di tasse di sosta impropriamente ed in realt si tratta di liquidazione legale del danno che l'utente cagiona all'Amministrazione non liberando la sede ferroviaria entro i termini stabiliti e prefissati dal legislatore stesso tenendo conto del tempo normalmente occorrente per l'ultimazione delle operazioni di carico o di scarico (artt. 24 e 42). Non sussistendo responsabilit dell'utente in caso di fortuito e forza maggiore, ne deriva che egli non pu essere tenuto al risarcimento dei danni in favore dell'amministrazione, ossia al pagamento della tassa di sosta (art. 1218, inciso finale, 1256, comma 2, e.e.). Inquadrandosi, dunque, nell'ambito dell'istituto del risarcimento del danno l'obbligazione dell'utente di pagare la co. tassa di sosta e costituendo la norma del paragrafo 2 dell'art. 43 d.P.R. n. 197 del 1961 una applicazione specifica dell'art. 1256, comma 2, e.e. in relazione all'inciso finale dell'art. 1218 dello stesso codice, ne deriva l'infondatezza della tesi della Amministrazione, secondo la quale, poich il predetto paragrafo menziona soltanto le ipotesi di carico e di asportazione , gli eventi del fortuito e della forza maggiore non esimerebb~~o dal pagamento della tassa di sosta nel caso di ritardo nello scarico. Una volta che il fortuito e la forza maggiore escludono la colpa e, quindi, la responsabilit in ordine al fatto oggettivamente dannoso, qualunque sia tale fatto, qualunque sia l'incidenza del medesimo sulla sfera patrimoniale del soggetto danneggiato e qualunque sia l'interesse che quest'ultimo riconnette al bene oggetto del fatto dannoso, non pu sussistere l'obbligazione del risarcimento del danno, nel caso che detto fatto sia, appunto, la conseguenza di un evento fortuito o di forza maggiore. Il paragrafo 2 dell'art. 43 d.P.R. n. 197 del 1962 parla di asportazione, al pari del par. 4 dllo stesso articolo, in senso comprensivo dell'attivit di scarico, cos come ha gi ritenuto questa Corte (sent. 17 ottobre 1975 n. 3379); e, d'altra parte, non vi alcuna ragione per escludere dall'ambito di tale norma il !l:'itardo dello scarico giacch essa sri riferisce espressamente anche all'ipotesi de:l non completamento del carico , ossia della mancata utilizzazione, in tutto o in parte, entro il termine stabilito, del carro, posto dall'Azienda a disposizione dell'utente e non suscettibille, perci, di essere destinato da.J.la medesima nello stesso tempo ad altra operazione. Va, poi, osservato che, se il paragrafo 1 dell'art. 43 menziona, aUa lett. a), come sottolinea l'Azienda, il carico, lo sarico o l'asportazione, ; Trib. Sup. Acque 9 gennaio 1979 n. 2 in Cons. Stato 1979, II, 110 ha infine ritenuto che sia il diritto all'indennit di , espropriazione sia quello all'indennit di occupazione andassero nel caso esercitati contro l'Opera Sila che aveva quale concessionaria della Cassa per il Mezzogiorno, assunto direttamente ed esclusivamente (v. art. 13, quarto comma, del disciplinare della concessione SAF/199 del 18 giugno 1953), l responsabilit per le indennit e per il risarcimento, rispettivamente, per le espropriazioni necessarie per la realizzazione dell'opera pubblica e per i danni cagionati a terzi dalla costruzione dell'acquedotto o dalle sue dipendenze>. 2. Le sentenze in rassegna, rese in casi in cui l'opposizione era stata proposta non nei confronti dell'ente concessionario dei lavori di costruzione dell'opera pubblica, ma nei confronti dell'ente cui l'opera sarebbe poi appartenuta, pur muovendo dalla considerazione di elementi di fatto identici, sono pervenute a soluzioni concrete tra loro opposte, la pi recente affermando la legittimazione passiva dell'ente concessionario, la meno recente ~uella dell'ente concedente. 3.. La sntenza 23 del 1984 richiama a sostegno della decisione il precedente costituito da Cass. 22 settembre 1983 n. 5636, in Giust. civ. Mass. 1983, 2008, che ha a sua volta un precedente in Cass. 22 aprile 1982 n. 2478, in Riv. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Acquisita la relazione della disposta consulenza tecnica di ufficio, l'adito Tribunale -dopo avere respinto l'eccezione del convenuto, nella considerazione che legittimato passivo ' l'espropriante che normalmente il beneficiario dell'opera pubblica indicato come tale nel decreto di espropriazione -accoglieva la domanda e, pertanto, determinava in L. 19.500.000 l'indennit di espropriazione e in L. 2.925.000 quella di occupazione, condannando l'Assessorato al relativo deposito nella Cassa Depositi e Prestiti e al pagamento delle spese del giudizio. Contro tale sentenza ha proposto appello l'Assessorato soccombente. L'attore si costituito per resistere e per proporr appello incidentale. La causa passat in decisione all'udienza del 3 novembre 1984, swlle conclusioni delle parti come in epigrafe trascritte. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. -L'appellante principale Assessorato Agricoltura e Foreste. della Regione Siciliana deduce: a) iil difetto de1la proprfa legittimazione (passiva) alla causa, dndicando come legittimato il Consorzio di Bonifica del Birgi, quale concessionario della costruzione dell'opera pubblica; giur. edil. 1982, I, 620. La massima su cui queste decisioni si fondano la seguente: -Nell'ipotesi di concorso di due enti nell'esecuzione di un'opera pubblica, obbligato, nei confronti dell'avente diritto, al pagamento delle indennit relative alle espropriazioni all'uopo necessarie, quello a cui favore pronunziato il decreto di espropriazione, le cui risultanze possono essere disattese solo quando si accerti che sia stato l'altro ente, in forza di legge o di atto amministrativo, ad assumere direttamente la posizione d'autore dell'opera pubblica e di parte nei connessi procedimenti espropriativi, sicch la pronuncia del detto decreto a favore dell'ente che in definitiva beneficia dell'opera stessa serve solo a realizzare la condizione formale per l'acquisizione di questa al suo demanio o patrimonio . Le richiamate decisioni della Corte di cassazione non hanno mancato di avvertire, che la pronunzia dell'espropriazione in favore di un ente non decisiva, perch parte del rapporto espropriativo sia da considerare quel medesimo ente (cos riallacciandosi alla precedente elaborazione giurispruden ziale sul.l'argomento: cfr., ad es., Cass. 31 gennaio i968, n. 311 in Giust. civ. 1968, I, 1235 e Cass. 21 giugno 1974 n. 1863 in Giur. it. 1975, I, 1, 2018). In esse potrebbe essere tuttavia colta un'accentuazione della rilevanza di questo dato formale, da considerare prevalente in mancanza di una sicura ricostru zione della vicenda nel senso che altro diverso ente abbia assunto la posi zione d'autore dell'opera. ;'. chiaro che un criterio siffatto non sarebbe in grado di fondare una decisione corretta, quante volte l'intervento del diverso ente dovesse essere qualificato in base all'interpretazione della norma di legge che lo ha consentito. Potrebbe per operare quante volte l'intervento avvenga sulla base di prov PARm I, SEZ. VII, GIURIS. IN MAmRIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 501 b) l'erronea valutazione del terreno espropriato (erronea perch inficiata dagli errori commessi dal consulente tecnico di ufficio, tempestivamente ma inutilmente denunciati ai primi giudici, tra cui quello di avere stabilito un valore di mercato senza l'acquisizione dei dati utili alla necessaria comparizione). L'appellato eccepisce, aD21tutto, l'inammissibilit de1l'appeLlo, perch proposto dall'Avvocatura dello Stato senza che J'Assessorato avesse manifestato Ia volont di impugnare Ja sentenza di primo grado. Deduce, poi, che sarebbe infondata l'ecc:ezione di difetto della legittimazione passiva, in quanto: a) l'espropriazione fu pronunciata in favore del Demanio Regionale; b) che il Consorzio fosse beneficiario dell'espropiazione non risulta dal decreto del Prefetto; e). gli atti della procedura espropriativa furono, dal Consorzio, compiuti previa dichiarazione ch'esso agiva per conto dell'Assessorato; d) il rapporto di concessione, non essendo stato menzionato nel decreto di espropriazione, rimasto interno fra l'Assessorato e il Consorzio; e) nell'atto di concessione, l'onere del Consorzio circa l'espletamento della procedura espropriativa concerneva solo l'occupazione temporanea. A ci aggiunge (nella comparsa conclusionale): a) che di un rapporto concessorio tra l'Assessorato e il Consorzio egli sarebbe venuto a conoscenza solo in corso di causa; b) che il decreto di espropriazione illegittimo, perch intervenuto dopo decorso il triennio vedimenti amministrativi e questi non permettano una sicura ricostruzione della qualit e quantit dei poteri... (secondo l'espressione contenuta in Cass. 31 gennaio 1968 n. 311, cit.) conferiti dall'atto amministrativo. Questo appare del resto il criterio su cui basato l'iter decisorio della sentenza 23 del 1984, che appare essersi peraltro sottratta all'onere di spiegare perch l'au torizzazione, a procedere alle necessarie occupazioni e a compiere gli atti del procedimento di esproprio, inserita nel provvedimento di concessione, non realizzasse la diretta partecipazione del consorzio all'espropriazione, in sosti tuzione dell'assessorato. Spiegazione che, se fosse da rinvenire nell'aver il consorzio agito per conto dell'assessorato, avrebbe anch'essa richiesto una dimostrazione (cfr., in senso contrtario, Cass. 8 gennaio 1975 n. 35, in Giust. civ. Mass. 1975, 24, richiamata dalla sentenza 32 del 1985). 4. -L'individuazione dell'espropriante d luogo ad una questione ricorrente nei giudizi che traggono occasione da vicende di concorso di pi enti nell'esecuzione dell'opera pubblica. Quante volte la questione insorge in giu dizi di opposizione a stima, in cui il proprietario espropriato ha individuato l'espropriante, alla stregua dell'art. SO della legge 25 giugno 1865 n. 2359, nel soggetto a favore del quale l'espropriazione stata pronunziata, la decisione della questione nel senso che la legittimazione a contraddire all'azione spettasse invece ad un diverso ente, comporta il rigetto di una domanda che, a norma dell'art. 51 della legge 2359 del 1865, da proporre in un termine di decadenza. Il termine di decadenza, preveduto dal secondo comma dell'art. 51, decorre per dalla notificazione che il primo c'omma dello stesso articolo impone 11 502 RASSEGNA DELL1AWOCATURA DELLO STATO di occupazione legittima (triennio che si identifica col termine di validit della dichiarazione di pubblica utilit). Lo stesso appellato, infine, propone appello incidentale per dedurre che il valore unitario del fondo era stato, dal consulente tecnico di ufficio, indicato in L. 1.640 al mq.: non avrebbero, perci, i primi giudici potuto attribuirgli quel valore inferiore che in altra causa era stato attribuito a un altro fondo, in difetto di un termine di paragone tra i due fondi . 2. -Osserva il Tribunale Superiore che infondata l'eccezione di inammissibilit del ricorso, essendo ius receptum che la rappresentanza e la difesa in giudizio, da parte dell'Avvocatura dello Stato, di un ente pubblico autorizzato ad avvailersd di tale patrocinio (qual' la Regjione Siciliana) non riohiede che J'atto stesso dell'e'nte medesimo, su11'affidamento del relativo Jncarico, si esteriorizzi in un formale mandato, neppure nel caso -peraltro non ricorrente dn concreto -che le illorme processuali ordinarie prescrivano Un mandato specia1le (cfr. per tutte, Cass. S. U. 15 marzo 1982, n. 1672). : invece, fondato il primo motivo dell'appello principale. La giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione costante nell'affermare che in caso di trasferimento degli oneri concernenti il compimento della procedura espropriativa dall'Ente espropriante al concessionario (si ha una sostituzione di quest'ultimo al concedente, con la conse sia fatta a cura dell'espropriante, che poi il soggetto in confronto del quale la lite va contestata. ' La notificazione del decreto fatta da soggetto diverso dall'espropriante non sarebbe idonea a determinare per il proprietario espropriato ed in confronto dell'espropriante il decorso del termine di decadenza, giacch il termine decorre appunto non dalla conoscenza dell'atto, ma dalla notifica che ne faccia l'altra parte. del rapporto espropriativo (cfr., per l'irrilevanza della piena conoscenza, Cass. 22 ottobre 1979, n. 5487, in Foro it. 1980, I, 2575). L'onere che proprio dell'espropriante, di notifilcare il decreto, e l'itl!iziativa in concreto assunta da un determinato soggetto nel senso di richiedere tale notifica, garantiscono al proprietario espropriato un criterio (pratico) idoneo, se non ad assicurare una corretta iniziale identificazione dell'espropriante, quantomeno ad evitare la decadenza dal diritto di contestare la congruit dell'indennizzo. L'espropriato pu cio convenire in giudizio il soggetto che ha assunto l'iniziativa di notificare il decreto di espropriazione, salvo a chiamare in causa quel diverso sog;getto che il primo indichi come espropriante. Avr in tal modo evitato la decadenza. Le considerazioni sin qui svolte possono dunque concludersi sulla considerazione, che del resto implicita nelle ultime battute della sentenza 32 del 1985, che la difficolt (eventuale) di un'iniziale sicura identificazione del convenuto si presta ad essere agevolmente superata, sicch la ricerca della corretta soluzione della questione nel caso concreto non dovrebbe poi risultare condizionata da valutazioni attinenti alla sfera della giustizia sostanziale. P. VITTORIA PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI gtienza ch'egli diviene l'unico soggetto attivo del rapporto espropriativo, di modo che solo nei suoi confronti pu essere promosso l'eventuale giudizio di opposizione alla determinazione della relativa 'indennit (cfr., per tutte, Cass. 8 gennaio 1975, n. 35). A tale indirizzo giurisprudenziale questo Tribunale Superiore si sem .. pre e costantemente uniformato, n intende discostarsene in questa occasione, data anche la scarsa consistenza delle contrarie argomentazioni addotte dall'appellato. Nel caso concreto, l'Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana aveva affidato al Consorzio di Bonifica del Birgi, con iJ sistema della concessione a consuntivo, l'esecuzione dei lavori di costruzione di un serbatoio sul torrente Zaffarana (decreto 18 giugno 1973, n. 14074). Con l'atto di concessione -come riferito nella precedente parte espositiva di questa sentenza -si faceva carico al concessionario di provvedere alle necessarie occupazioni di terreno '(art. 3) e di promuovere, in base al decreto di espropriazione o al contratto di acquisto degli immobili necessari alla esecuzione delle opere, la voltura catastale di tali beni curandone la intestazione alla partita Demanio della Regione Siciliana -Ramo Agricoltura e Foreste. 1:!. chiaro, allora, che l'espropriazione doveva essere richiesta dal Consorzio (come in effetti stato), se era onere dello stesso richiederla in capo al Demanio (onere che doveva necessariamente essere imposto, perch l'opera progettata aveva il carattere della deman:ialit): ed consegtiente che se l'espropriazione doveva essere chiesta dal Consorzio, gi questo soggetto em stato des~gnato dal concedente -anche perch ad esso veniva fatto il preventivo finanziamento -a rispondere nei confronti dei futuri espropriati. Non peraltro vero che l'esistenza del rapporto concessorio non risultasse dal decreto di espropriazione: in esso, infatti, espressamente indicato il decreto assessoriale 18 giugno 1973, n. 14074, cio il decreto che aveva approvato il progetto dei lavori e ne aveva concesso l'esecuzione al Consorzio. Ed del tutto ininfluente l'assunto dell'appellato di avere ignorato il contenuto di tale decreto, poich la legittimazione passiva del convenuto deriva dal rapporto , non dalla conoscenza che l'attore abbia o non abbia di esso; e se, anche, in ipotesi, potesse ritenersi che la formulazione del decreto in questione avesse ingenerato un equivoco in proposito (cosa che obiettivamente non ), la effettiva tempestivit dell'eccezione (da parte dell'Assessorato) avrebbe pur sempre consentito all'attore -se fosse stato diligente -di chiamare in giudizio l'unico soggetto passivamente legittimato alla causa, cio il Consorzio. Di una ipotizzata scarsa chiarezza del decreto si sarebbe potuto, iin tal caso, tenere conto ai fini della regolamentazione delle spese giudiziali. 504 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DBLLO STATO 3. -Ritenuta fondata l'eccezione di difetto della legittimazione passiva, deve, per tale motivo, essere respinta la domanda, in totale riforma della sentenza impugnata. (omissis) Il '-(omissis) L'appellante in via principal~ deduce che erroneamente il Tribunale regionale ha ritenuto che soggetto passivo della pretesa fosse l'Assessorato, mentre tale legittimazione doveva essere riconosciuta al Consorzio di bonifica del Birgi, il quale aveva la veste di concessionario dei lavori di esecuzione dell'opera pubblica (serbatoio sul torrente Zafferana) ed era anche incaricato, a norma dell'art. 3 della concessione, dell'acquisizione degli immobili. oceorrenti per la esecuzione dell'opera. Deduce inoltre la erroneit del criterio seguito per la determinazione della indennit di espropriazione. Va preliminarmente rilevata la manifesta infondatezza della eccezione di inammissibilit de1l'appeHo prJncipaJe, proposta dalla Frazzitta. S noto (da ultimo, Cass. 29 aprile 1983, n. 2993) che l'Avvocatura dello Stato, cui spetta, senza bisogno di mandato, la rappresentanza processuale delle amministrazioni dello Stato e degli altri enti pubblici contemplati dalla legge, ha la capacit di compiere tutti gli atti processuali consentiti al difensore munito di mandato, con la sola esclusione di quelli che importano disposizioni del diritto in contesa . Ne discende (nella fattispecie in esame) che non era affatto necessaria, come sostiene la Frazzitta, una deliberazione dell'Assessorato con la manifestazione della volont di impugnare la sentenza di primo grado, rientrando tale potere ope legis nelle facolt dell'Avvocatura dello Stato. Ci precisato, va ritenuta la infondatezza anche della doglianza del1' Assessorato circa la individuazione del soggetto tenuto al pagamento della indennit di espropriazione. Secondo i princpi affermati daJla giurisprudenza (da ultimo, Cass., 22 settembre 1983, n. 5636), nell'ipotesi di concorso di due enti nell'esecu zione di un'opera pubblica, obbligato nei confronti dell'avente diritto al pagamento delle indennit relative alle espropriazioni ritenute necessarie , di regola, quello a favore del quale pronunciato il decreto di espropria zione, le cui risultanze possono essere disattese solo quando si accerti che sia stato l'altro ente, Jn forza di Jegge o di atto amministrativo, ad assumere direttamente la posizione di autore dell'opera pubblica e di parte nei connessi procedimenti espropriativi, sicch la pronuncia del de creto in. favore dell'ente che in definitiva beneficia dell'opera stessa serva solo a realizzare la condizione formale per l'acquisizione di questa al suo demanio o patrimonio. PARTE I, SEZ. VII, GiRIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBUCI Alla stregua di tale principio esattamente il Tribunale regionale ha ritenuto che l'Assessorato ora appellante fosse l'effettivo interessato al rapporto espropriativo e come tale tenuto al pagamento della relativa indennit alla Frazzitta. Il decreto di espropriazione fu infatti emesso a favore del Demanio della Regione Siciliana -Ramo ,Agricoltura e Foreste (come stato sottolineato nella sentenza impugnata), mentre gli altri atti acquisiti al guidizio dimostrano chiatamente che il Consorzio di bonifica del Birgi, nel disbrigo delle formalit attinenti la procedura di occupazione di urgenza e di espropriazione, agi in sostituzione dell'Assessorato, per conto di tale ente, come espressamente dichiarato in alcuni atti. L'art. 3 della concessione del 16 giugno 1973, al quale si riferisce l'appellante, contiene Wla generica autorizzazione al Consorzio del Birgi, a procedere alle necessarie occupazioni di terreno, ai fini della costruzione dell'opera pubblica della quale il Consorzio stesso aveva assunto la esecuzione, ma questo elemento non idoneo a far ritenere, in contrasto con le altre risultanze avanti menzionate, ohe si fosse verificato fil fenomeno de}.la diretta partecipazione del Consorzio, in sostituzione dell'Assessorato, alla vicenda espropriazione, s da renderlo il vero soggetto passivo della pretesa della Frazzitta, proprietaria del terreno espropriato. (omissis) TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 24 giugno 1985 n. 34 -Pres. Pratis Morsi1lo -Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Cavbone) c. Misuraca (avv. MirabeUi Centurione e Aragona). Acque Acque pubbliche -Competenza! e giurisdizione -Tribunali regionali delle acque e tribunali ordinari -Espropriazione per pubblica utilit Controversie sulla determinazione dell'indennit Competenza -Tribunale regionale delle acque -Legge sulla casa -Competenza della Corte d'appello Applicabillf in materia di acque pubbliche -Esclusione. (T.U. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140, lett. d; legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 19; d.l. 2. maggio 1974, n. 115, conv. in 1. 27 giugno 1974, n. 247). . . L'art. 140 lett. d) del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, regolando la competenza in materia di opposizione alla stima delle indennit relative all'espropriazione ed occupazione di immobili in conseguenza dell'esecuzione e manutenzione di opere idrauliche, di bonifica e di derivazione e utilizzazione di acque pubbliche, norma speciale rispetto al combinato disposto degli artt.19 della legge 22ottobre1971, n. 865 e 4 del decreto-legge 2maggio1974, n. 115 conv. in legge 27 giugno 1974, n. 247 che regola la competenza in tema di opposizione alla stima per le espropriazioni inerenti alle opere pubbliche in genere, onde deve escludersi che i richiamati artt. 19 della 506 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 865 del 1971 e 4 del decreto-legge 115 del 1974 abbiano tacitamente abrogato il citato art. 140 lett. d) del t.u. del 1933 (1). (omissis) Con il motivo di gravame indicato ai punti 1 e 2 dell'atto d'appello avanti a questo Tribunaile Superiore fa Cassa per il Mezzogiorno eccepisce che, per effetto dell'emanato decreto di espropriazione nel corso del giudizio di primo grado, essendo stato detto provvedimento pronunciato con riferimento alla legge 22 ottobre 1971, n. 865, il Tribunale regionale delle acque era incompetente a decidere l'insorta controversia, dovendosi 11itenere che questa rientrava nella competenza ddla Corte d'appello in base all'art. 19 delrla Jegge n. 865 del 1971 e 4 del dJ. 2 maggio 1974 n. 115 conv. in 1. 27 giugno 1974 n. 247. Pi in particolare H Tribunale regionale era incompetente a decidere le questioni relative alla vaJutaz;ione di congruit deLla stima UTE ed a pronunciarsi, sul presupposto, di una assemta edificabi1it, sull'indel1ll1it espropmativa a titolo di acconto ai sensi della legge 385 del 1980. La difesa della Cassa ripropone, in sostanza, in punto di gravame, l'eccezione gi sollevata nel giudizio di primo grado e respinta dal Tribunale regionale (v. pag. 6 comparsa conclusionale dell'Avvocatura dello Stato). L'art. 140 lett. d) del t.u. 11 dicembre 1933 n. 1775, regolando fa competenza in materia di opposizione alla stima delle indennit relative all'espropriazione ed occupazione cli immobili in conseguenza dell'esecuzione e della ma.nutenzione di opere idrauliche, di bonifica, e di derivazione e utilizzazione di acque pubbliche norma speciale mspetto al combinato disposto deg1i artt. 19 della :legge n. 865 del 1971 e 4 del D.L. 2 maggio 1974 n. 115, convertito in iJ.egge 27 gugno 1974 n. 247, che regola fa competenza in tema df opposizione alla stima per le espropriazioni inerenti alle opere pubbliche in genere, onde deve escludersi che i richiamati artt. 19 legge 865 del 1971 e 4 del d.l. 115 del 1974 abbiano tacitamente abrogato il citato art. 140 lett. d) del T.U. del 1933. N d'altronde, potrebbe profilarsi al riguardo la competenza della Corte d'appello, poich al fine della discriminazione fra la competenza dell'autorit giudiziaria in sede ordinaria e quella dei tribunali regionali delle acque pubbliche, giudizi specializzati, occorre aver riguardo all'oggetto della controversia, nel senso che rientra nella competenza dei detti tribunali la cognizione di quelle cause che coinvolgono, anche indirettamente, gli interessi pubblici connessi aMa disciplina delle acque. Oi si verifica non solo quando sorgano questioni sulla demanialit e sulla utilizzazione delle acque, e sulla legittimit del comportamento tenuto al riguardo della pubblica amministrazione, ovvero sul contenuto e sui limiti dei provvedimenti amministrativi concernenti il regime delle acque, ma anche quando la contro (.1) Non constano precedenti in termini della Corte di cassazione e del Tribunale Superiore delle acque; nello stesso senso, Trib. Reg. Acque Napoli 7 ottobre 1978, n. 26, in questa Rassegna 1979, I, 81. PARm I, SHZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE HD APPALTI PUBBLICI versia abbia ad oggetto il risarcimento dei danni che si assumano cagionati dall'esecuzione o dalla manutenzione di opere idrauliche (Cass. 12 giugno 1975 n. 2349). Per quanto riguarda pi specificamente la competenza per matema attribuita al tribunale regionale relativamente aHe controversie riguardanti la determinazione dell'indennit di espropriazione (competenza peraltro gi ritenuta dal Consiglio di Stato con la decisione della IV sezione 29 luglio 1976 n. 657 in una controversia concernente un provvedimento di espropriazione per pubblica utilit relativa ad opere idrauliche, di bonifica e derivazione di acque bens ai sensi delle leggi sull'industrializzazione del Mezzogiorno) deve rilevarsi, ad ulteriore conforto di quanto gi sopra affermato, che la competenza per materia dei tribunali delle acque stabilita dal richiamato art. 140 lett. d) in rapporto di eccezione a regola rispetto ad un'altra competenza e cio quella prevista dall'art. 51 della legge 25 giugno 1865 n. 2359, anch'essa configuratasi come competenza per materia. Mentre la prima si fonda su un criterio di collegamento che attiene alla fattispecie espropriativa (natura deLl'opera per fa cui .realizzazione l'espropriazione pronunciata) la seconda si basa su un criterio attinente al modo di determinazione dell'indennit (la stima dei beni da parte del perito nominato dal tribunale ove si trovano i beni: artt. 31, 32 e 51 legge 2359 del 1965). La norma contenuta nell'art. 19 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 configura anch'essa una competenza per materia, la quale valorizzando come criterio di coJilegamento il modo di deteIIIIlinazione dell'indennit, copre parte dell'area individuata dall'art. 51 della legge 25 giugno 1865 n. 2359 e ad essa deroga. Ne deriva che la sfera di competenza configurata dall'art. 140 lett. d) t.u. sulle acque, gi sottratta all'ambito di applicazione dell'art. 51 della richiamata legge 2359 del 1865 ~on pu, pertanto, ritenersi interessata dall'art. 19 della legge 865 del 1971. (omissis). SEZIONE OTTAVA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, s'ez. I penale, 7 maggio 1985 n. 4200 - Pres. Di Marco -Rel. Catamo -Rie. P. G. presso Corte d'Appello di Venezia, Fasoli Marco, Galati Michele ed altri (parte civile: Ministero dell'interno rappr. e difeso dall'avv. dello Stato Nicola Bruni). Reato -Reato connessi -Connessione oggettiva ex art. 45, n. 1, c.p.p. in relazione all'art. 110, c.p. -Autonomia dei rapporti processuali in relazione ad ogni imputato -Sussistenza. Impugnazioni penali -Provvedimento di rigetto di eccezione di incostituzionalit -Non impugnabile. Reato -Delitto per finalit di terrorismo e di eversione dell'ordinamento costituzionale -Attenuanti previste dagli artt. 2 e 3 della legge 29 maggio 1982, n. 304 -Incompatibilit solo con l'aggravante di cui all'art. 1 DJ.. 15 dicembre 1979, n. 625, conv. nella legge 6 febbraio 1980, n. 15 e. con il delitto di cui all'art. 289 bis, c.p. Reato -Concorso di persone nel reato -Dissenso di taluno del compartecipi circa la particolare specie di aggressione da perpetrare in danno della vittima designata, ma concordanza nel genere -Rilevanza giuridica del dissenso -Insussistenza. Nel caso di connessione oggettiva ex art. 45 c.p.p. in relazione al l'art. 110 c.p. vi autonomia dei rapporti processuali in relazione ad ogni imputato ed a ciascun reato. Il provvedimento di rigetto di eccezione di incostituzionalit non soggetto ad impugnazione, attenendo alla verifica (positiva) di un presuppost processuale (la inesistenza di una pregiudiziale di costituzionalit), di esclusiva competenza del giudice del processo. E~so ha come unico rimedio la riproposizione della questione in ogni grado del processo da parte dell'interessato dinanzi al giudice superiore. Le attenuanti previste dagli artt. 2 e 3 della legge 29 maggio 1982 n. 304 sono incompatibili solo con il reato di cui all'art: 289 bis c.p. e con l'aggravante di cui all'art. 1 d.l. 15 dicembre 1979 n. 625, conv. nella legge 6 febbraio 1980, n. 15, lasciando conseguentemente intatto il libero concorso di tutte le altre circostanze e, quindi, l'obbligo della loro comparazione (art. 69 c.p.). Nel concorso di persone nel reato, il dissenso di taluno dei compartecipi circa la particolare specie di aggressione da perpetrare in daniw della PARTE I, SBZ. VITI, GIURISPRUDENZA PENALE vittima designata, quando vi concordi nel genere, giuridicamente irrilevante, se non si traduce in un comportamento attivo teso ad impedire il pi grave evento. (omissis) Il ricorso dell'imputato Massimo Gidoni va dichiarato inammissibile, avendo egli omesso, come si visto, di presentare i motivi di impugnazione. Deve essere del pari dichiarato inammissibile il ricorso del P. G. nei confronti dello stesso Gidoni, nonch degli imputati Michele Galati e Vittodo Olivero, per sopravvenuta rJ.nuncia all'impugna2lione da parte del P. M. ricorrente. Iii reato di falsit in certificati amministrativi ascritto ad Emanuele Bugitti, Michele Galatd, Marco Fasoli e Marine1la Ventura trfontra obbiettivamente nell'ultimo provvedimento di clemenza, del quale per non possono beneficiare i due ultimi imputati per i loro precedenti penali. La sentenza impugnata va, in conseguenza, annullata se:nza rinvio, in relazione a detto reato, solo nei confronti dei due primi imputati, i quali debbono essere affrancati della relativa pena, che si ritiene di determinare, sciogliendo in relazione ad essa il cumulo giuridico ex art. 81 c.p. operato a riguardo dai giudici di merito, in 15 giorni di reclusione. La contravvenzione di detenzione abusiva di munizioni per armi comuni da sparo addebitata al menzionato Galati estinta per ,prescrizione, essendo largamente decorso il corrispondente ter,niine legale, pur tenuto conto del suo prolungamento massimo per le intervenute cause di interruzione. La sentenza impugnata va, in conseguenza, annullata senza rinvio, riguardo a detto imputato, anche in relazione al reato in questione; e deve essere eliminata Ja relativa pena, ohe si reputa di determinare, sciogliendo anche qui in relazione ad essa il cumulo giuridico ex art. 81 c.p. operata a riguardo dai giudici di merito, in 30.000 lire di pena pecuniaria. Il ricorso di Emanuela Bugitti, nel resto, va dichiarato inammissibile, avendo ella omesso di presentare i' motivi di impugnazione. Il primo motivo del ricorso di Marco Fasoli, che per ragioni sistematiche va esaminato con precedenza rispetto agli altri ricorsi, proponendo delle questioni formali attinenti alla validit dell'intero processo, con possibili effetti quindi, anche sui rapporti processuali riguardanti gli altri imputati, e sollevando inoltre una questione pregiudiziale di carattere costituzionale, nettamente infondato. Uno dei principi fondamentali che aleggia su tutto il processo penale e che permea di s l'intera struttura di esso quello dell'autonomia dei relativi rapporti processuali in relazione ad ogni imputato ed a ciascun rea.to. E ci, anche nel caso di connessione oggettiva ex art. 45, n. I, c.p.p. in relazione all'art. 110 c.p. La unitariet del reato concorsuale, infatti, ba valore sostanziale, e non anche formale; per cui il suo accertamento giu RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELW STATO diziale non d luogo ad un unico rapporto processuale, di carattere cumulativo, ma ad altrettanti rapporti connessi, quanti sono i concorrenti sottoposti a processo, avendo l'azione penale efficacia personale, e non reale, e riguardando quindi il giudicato ciascun imputato condannato o prosciolto (art. 90 c.p.p.), e non gJi eventuali concorrnnti rimasti fuori del giudizio, rispetto ai quali gli accertamenti in esso compiuti hanno valore meramente incidentale. (Cass. Sez. I, 24 febbraio 1982, P. G. Napoli). Il giudice di primo grado, pertanto, correttamente ha ordinato la separazione dei giudizi :Qei confronti degli imputati legittimamente impediti a comparire e non consenzienti alla celebrazione del dibattimento in loro assenza. Anzi, non poteva che comportarsi in quel modo (art. 497, com. 4, c.p.p.), tratandosi di attivit dovuta (salvo il rinvio del dibattimento per evidente ed assoluta necessit del giudizio , non ravvisata nella fattispecie), per giunta sottratta a qualsiasi in1pugnativa di parte. Stante quanto si detto, del tutto fuori luogo l'argo.mento addotto dal giudice di secondo grado, riguardo alla intangibilit del. provvedimento de quo, quello, cio, della esclusione defila samli.one della nullit per la violazione delle norme sulla connessione, non venendo qu in discussione la competenza della Corte di Venezia, che pacifica, ma le regole sulla separazione dei giudizi, in ordine alle quali di nessuna influenza evidentemente la mancanza di qualsiasi sanzione per l'inosservanza j delle norme sulla connessione dei procedimenti. " Le stesse argomentazioni di cui innanzi valgono riguardo alla piena legittimit del mancato accompagnamento coattivo in udienza dell'imputato Michele Galati, cui da aggiungere che l'imputato, mentre nella fase istruttoria, anche se libero, non si pu volontariamente sottrarre al contatto col magistrato inquirente, pena il suo accompagnamento coattivo (art. 261 c.p.p.), nel giudizio, invece, pu scegliere di comparire o meno, anche se detenuto, essendo consentito il suo accompagnamento nei modi previsti dall'art. 429 c.p.p., solo quando la sua presenza sia necessaria per il compimento ,di atti di r.cognizione o di confronto ~Cass., Sez. I, 1 gennaio 1983, Pagliarulo, m. 158636), necessit, evidentemente, non ravvisata nehla fattispecie. Anche il secondo motivo infondato., noto (Cass., S.U., 24 marzo 1984, Galli, in Giust. Pen., 1984, 2, 321 e segg.) che il provvedimento di rigetto della eccezione di incostituzionalit non soggetto ad impugnazione, attenendo alla verifica (positiva) di un presupposto processuale (la inesistenza di una pregiudiziale di costituzionalit), di esclusiva competenza del giudice del processo, che ha come unico rimedio la riproposizione della questione all'inizio di ogni grado del processo (art. 14 1. 11 marzo 53, n 87) da parte dell'interessato (Cass., Sez. I, 21 ottobre 1982, Guida, m. 156.542, in Giust. pen., 1983, 2, 691 e segg.) dinanzi al giudice superiore, il quale ne rivaluter di bel novo PARm I, SEZ. VIII, GIURISPRUDBNZA PBNALB la rilevanza e la eventuale manifesta iJ:?.fondatezza con gli stessi poteri e i medesimi risultati esercitati ed assicurati dal giudice del grado precedente del giudizio, senza che ci implichi un riesame del suo operato a riguardo, trattandosi di una renovatio , e non di una revisio prioris instantiae . Si osservato a riguardo che appunto questo il motivo per cui il legislatore ha scelto come mezzo tecnico per la risoluzione in sede giurisdizionale della questione di legittimit costituzionale la ordinanza, la quale, non essendo suscettibile di giudicato, consente la riproposizione della relativa ecce:llone, senza alcuna preclusione, in ogni grado ulteriore del processo. E l'eventuale suo inserimento formale nella sentenza dibattimentale non ne snatura il carattere di provvedimento puramente ordinatario, e non decisorio, essendo riservato il potere decisorio a riguardo unicamente alla Corte Costituzionale, le cui pronunce soltanto possono assumere valore di giudicato sulle questioni decise. Pertanto, essendo il provvedimento di rigetto della eccezione di illegittimit costituzionale esterno alla sentenza conclusiva del grado del giudizio e gli eventuali suoi vizi indipendenti da possibili vizi di quest'ultima, i quali soltanto (e quelli connessi delle ordinanze impugnabili emesse nel giudizio: art. 200, com. 1, c.p.p.) sono passibili di denuncia con ricorso a norma dell'art. 524, com. 1 c.p.p., evidente che il ricorso contro di esso proposto sarebbe inammisibile. Si tuttavia ritenuto (Cass., Sez. I, 12 marzo 1980, Grassini + 3) che H ricorso, inammiss.ibiJ.e come tale, .pu essere considerato come riproposizione della eccezione di illegittimit costituzionale, in virt del principio di conversione degli atti giuridici, per cui l'atto invalido o inefficace ai suoi effetti. istituzionali propri pu assumere un valore diverso e .pi circoscritto quando contenga in s gli elementi idonei a raggiungere af. fetti similari o pi limitati, come appunto nella fattispecie. Ma, pur ritenuta formalmente ammissibile, la sollevata eccezione di illegittimit costituzionale va dichiarata nella sostanza manifestamente infondata, in base alla sentenza della Corte Costituzionale a suo tempo intervenuta sull'argomento 22 dicembre 1964, n 115, in Giust. Pen., 1965, I 40), la quale respinse un'analoga eccezione e rispetto alle cui argomentazioni non sono stati avanzati in questa sede profili nuovi e diversi di illegittimit della disposizione impugnata. Vanno ora esaminati, congiuntamente, i motivi di ricorso del Varisco, del Galati e dell'Olivero, con cui il primo lamenta il mancato riconoscimento in suo favore dell'attenuante speciale di cui all'art 3, com. 1, L. 29 maggio 1982, n 304, anzich di quella prevista dal precedente art. 2, e gli altri due imputati di quella di cui al comma secondo dello stesso art. 3, in aggiunta alla attenuante prevista dal comma primo, motivi che hanno valore centrale nell'economia del processo. 512 RAS$EGNA DELL'AVVOCATUl\ DELLO STATO Con un doloroso e temporaneo strappo all'essenza stessa del diritto penale, almeno nella sua concezione tradizionale, quale ultima frontiera approntata dall'ordinamento giuridico a tutela del minimo etico, in coincidenza con il periodo di pi acuta emergenza della risposta dello Stato al criminale attacco alle sue istituzioni da parte delle forze eversive, il Parlamento, nella sua piena sovranit, ha ritenuto di venire per cosi dire, a patti, se non con le formazioni terroristiche, con i suoi componenti, adottando ~t.ia serie di provvedimenti mirati, fortemente differenziati negli effetti, tendenti tutti al recupero alla societ civile dei ten'Oristi o, almeno, alla loro neutralizzazione, ed alla conseguente progressiva riduzione, sino alla dissoluzione finale, delle formazioni di appartenenza. Si tratta della discussa L. 29 maggio 1982, n 304, contenente misure per la difesa dell'ordinamento costituzionale. Per limitare il discorso ai provvedimenti previsti dagli artt. 2 e 3 di detta legge, oggetto immediato dei discorsi in questione, si deve dire che il primo di detti articoli prevede una generosa attenuazione della pena per gli imputati di uno o pi reati commessi per finalit di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale, i quali, tenendo prima della sentenza definitiva di condanna uno dei comportamenti pre . visti dall'art. 1, abbiano disciolto o determinato lo scioglimento dell'associazione o della banda di appartenenza oppure. abbiano receduto dall'accordo, si siano ritirati dall'associazione o dalla banda, ov\rero si siano consegnati senza opporre resistenza o abbandonando le armi ed abbiano fornito dn tutti i casi ogni informazione sulla struttura e sulla organizzazione dell'associazione o della banda oppure, ancora, abbiano impedito comunque che fosse compiuta l'esecuzione dei reati per cui l'associazione o la banda era stata formata), rendano, in qualsiasi fase o grado del giudizio, piena confessione di tutti i reati commessi e si siano adoperati o si adoperino efficacemente durante il processo per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato o per impedire la commissione di reati connessi a norma del n. 2 dell'art. 61 c.p. . Si tratta, come risulta dalla stessa rubrica dell'articolo in questione, dell'attenuante della cosiddetta dissociazione . Essa si fonda su una particolre speci di ravvedimento operoso del colpevole e trova una certa qual rispondenza, nella legge ordinaria, nella seconda ipotesi di attenuante di cui al' n 6 dell'art. 62 c.p. differenziandosene tuttavia nettamente per la portata e per la complessit dei suoi elementi costitutivi. In realt le due attenuanti hanno in comune solo lo attivarsi del colpevole, dopo .Ja consumazione del reato, in modo efiiicace a fini di giustizia, che per nell'ipotesi prevista nella seconda parte del n. 6 dell'art. 62 c.p. deve essere spontaneo, manifestarsi prima del giudizio e riguardare unicamente l'eliminazione o l'attenuazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato commesso, laddove nell'ipotesi prevista dall'articolo PARTB I, SBZ. VIII, GIURISPRUDENZA PBNALB in questione, a parte che deve essere preceduto dai particolari comportamenti previsti dai due primi commi dell'art. l, deve esS'ere inoltre accompagnato dalla piena confessione di tutti i reati commessi, pu avvenire in qualsiasi fase o grado del processo, non necessario che sia spontaneo e pu tendere anche ad impedire ila commissione di reati connessi a norma dell'art. 61, n 2, c.p. Malgrado queste anomalie, l'attenuante in questione, tuttavia, trova una qualche possibilit di inquadramento nel sistema penale ordinario. Quella che 'invece rappresenta una vera e propria rottura con i princpi che sono alla base di esso, l'attenuante p:r;evista dal successivo articolo tre, che va sotto il nome, risultante anche qui dalla rubrica, di collaborazione . Il menzionato articolo concede una riduzione di pena ancora pi generosa all'imputato di reati commessi per finalit di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale, che, prima della sentenza definitiva di condanna, tiene uno dei comportamenti previsti dall'art. 1, primo e secondo comma, rende (anche qu) piena confessione di tutti i reati commessi e aiuta l'autorit~ di polizia o l'autorit giudiziaria nella raccolta di prove decisive per l'individuazione o la cattura di uno o pi autori di reati commessi per la me<;lesima finalit ovvero fornisce comunque elementi, di prova rilevanti per l'esatta ricostruzione del fatto e la scoperta degli autori di esso. E concede poi (com. 2} un'ulteriore riduzione di pena quando i menzionati comportamenti di collaborazione siano di eccezionale rilevanza . A parte i tratti comuni con la precedente attenuante, da dire che quella in parola caratterizzata da due comportamenti alternativi. Il primo costituifo dall'aiuto (sembra evidente il riferimento all'art. 225 bis c.p.p.) offerto alla polizia o all'autorit giudiziaria nella raccolta di prove decisive, che quindi possono anche non essere direttamente fornite dal collaboratore, per l'individuazione o la cattura di uno o pi autori di reati , commessi per la medesima finalit, e non quindi per il semplice accertamento dei reati e dei loro autori. Il secondo consiste, invece, proprio in questo, ossia nel fornire elementi di prova rilevanti per l'esatta ricostruzione del fatto e la scoperta dei suoi autori. Il primo si svolge, per cosi dire, all'esterno del processo, il secondo al suo interno. Entrambe le attenuanti di cui si parlato sono compatibili con tutti i reati commessi per finalit di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale, eccetto solo, come da espressa riserva contenuta nei due articoli in questione, il delitto di cui all'rt. 289 bis c.p. ossia il sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione, ed incompatibili con l'aggravante di cui all'art. 1 d.l. 15 dicembre 1979, n 15, la 514 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO quale diviene in conseguenza inoperante (art. 2, c.p.v. e art. 3, com. 3, 1. 29 maggio 1982, n. 304). Questo rilievo offre il destro per dimostrare l'assoluta infondatezza dell'assunto del P. G: ricorrente, secondo cui, riprendendo la tesi sostenuta a riguardo dal giudice di primo grado e contrastata dal P.M. appellante, una volta riconosciuta una delle attenuanti speciali in questione, non si pu pi far ricorso n alla concessione di ulteriori attenuanti n alla comparazione con eventuali aggravanti. Se cos fosse, infatti non vi sareb 1be stato bisogno delle menzionate dispoS!izioni di chiusura dei due articoli in questione, le quali hanno escluso solo l'efficacia operativa dell'aggravante di cui al menzionato art. 1 D.L. 15 dicembre 1979, n 625, convertito nella L. 6 febbraio 1980, n 15, lasciando evidentemente intatto, per il resto, il libero concorso di tutte le altre circostanze e,, conseguentemente, l'obbligo della loro comparatlone (art. 69 cip.), anche se l'infiluenza deHe eventuali aggravanti e del giudizio di prevalenza di esse su1le menzionate attenuanti speciali rigidamente condizionata dal limite massimo di pena invalicabilmente imposto in caso di riconoscimento di queste ultime (21 anni di reclusione al posto dell'ergastolo e 15 anni di reclusione per le altre pene, per la prima di esse, 12 anni di reclusione al posto dell'erga I stolo e 10 anni di reclusione pr le altre pene, per la seconda). ~ Questa considerazione offre poi lo spunto per dimostrare l'erroneit I ~ della concezione del giudice di appe~lo sulla efficacia operativa delle at tenuanti speciali in questione, che si vorrebbe fosse esclusa o, almeno, ridotta riguardo ai fatti pi gravi. ad evitare un trattamento del tutto inadeguato, al limite dell'iniquit, in relazione ad episodi della gravit di I quelli oggetto dal processo, laddove i menzionati parametri di pena pre., visti nelle relative norme dimostrano l'esatto contrario, ossia la loro ap plicabilit, per giunta obbligatoria, e non meramente facoltativa, a reati gravissimi, puniti anche con l'ergastolo, come appunto quelli commessi dai prevenuti. C' infine da osservare, sempre a proposito della concezione del giudice d'appello sulle attenuanti in parola, che la asserita odiosa discriminazione a danno dei semplici gregari dei grandi capi, che invece risulterebbero favoriti dalla legge, un mero accidente, una conseguenza di fatto non voluta, anche se prevista o, almeno, prevedibile. Lo Stato, infatti, non poteva lasciare sbranare quasi impunemente i suoi figli migliori dalle mute fameliche delle bande eversive, acconten ~ tandosi di una loro postuma, sospetta contrizione. Poteva, tutt'al pi, come ~ ha fatto, risparmiare qualche elemento, anche tra i pi rabbiosi, a condizione di tirarsi dietro, con i suoi sinistri richiami e far cadere nella fil i: I ~ rete, se non l'intera muta, almeno una parte di essa. Diritto penale degli interessi, quindi, e non dei val.od. I --. ii: ~ .{:::=Y&m,,..:;l'=,,..:;:ri::=.~==t:::r.;-==:::r+.::=z::@~"''..:;:;,:;::-,zJIW,wtr,;:#t,:::::=t=/%{:mh~'i,,.::::{,".lllt.,,,.% PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE Occorre ora esaminare il motiivo di ricorso con cui Michele Galati contesta la ritenuta sua partecipazione all'omicidio in danno dell'ing. Gori. Dalle sue stesse affermazioni risulta, come si prima visto, che all'epoca del fatto egli, insieme a Marco Fasoli, Marinella Ventura, Vincenzo Guagliardo e Nadia Ponti, era componente della direzione della colonna veneta delle BR e che tale rimase, sebbene, a suo dire, momentaneamente congelato, pur dopo il suo asserito dissenso circa la specie di intervento armato da operare ai danni della direzione del Petrolchimico di Porto Marghera, sul genere del quale tuttavia concordava pienamente. Stando cosi le cose in punto di fatto, le conseguenze in diritto trattene dai giudici di merito sono assolutamente ineccepibili. Se gi, infatti, nel normale concorso di persone nel reato, impJ.icrunte solo un accordo contingente ed occasionale tra i compartecipi, il dissenso di taluno di essi circa la particolare specie di aggressione da perpetrare in danno della vittima designata, quando vi concordi nel genere, giuridicamente irrilevante, se non si traduce in un comportamento attivo, teso ad impedire il pi grave evento, non bastando a scindere la responsabilit del dissenziente, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 116, cpv. c.p., la semplice inerzia di fronte ai prevaricatori (Cass., Sez. 1, 23 febbraio 1983, P. G. Salerno), tanto pi ci vero, allorquando il preteso dissenso si manifesta all'interno di un organo deliberante, che a capo di una banda criminale, istituzionalmente diretta al compimento di efferati delitti, e rimane, per giunta, allo stato di platonico contrasto dialettico con gli altri componenti de11'organo, dei quaJi sti finisce per accettare la decisione finale. Ci, senza dire, come ha esattamente rilevato il giudice d'appello, che anche a considerare la volont del ricorrente isolatamente da quella degli altri componenti della direzione della colonna, contro il principio della unitariet ed inscindibilit delle decisioni collegiali, egli non sfuggirebbe ugualmente alla responsabilit per l'omicidio in questione, sussistendo il relativo elemento psicologico sotto lo aspetto del dolo eventuale. A parte, comunque, la sua responsabi1it almeno ex art. 116, cpv. c.p. Va ora esaminato H motivo di ricorso con cui Vittorio Olivero contesta la ritenuta sua responsabilit per il delitto di introduzione senza licenza nello Stato di armi da guerra, sostenendo la mancanza in lui del relativo elemento psicologico del reato; onde avrebbe dovuto essere ritenuto responsabile dei diversi delitti di detenzione e porto illegale delle stesse armi. La censura nettamente infondata. A parte la ritenuta conoscenza da parte dell'Olivero della provenienza estera delle armi da lui ricevute al momento deUo sbarco, che, essendo correttamente motivata, incensu rabile in questa sede, l'eventuale ignoranza a riguardo non varrebbe egual mente ad escludere fa sua responsabilit in ordine al reato in questione ed a radicare quella, sostitutiva, per detenmone e porto illegale di armi da 516 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO guerra, ma, ferma restando l'astratta configurazione anche cli quest'W.ti.ma responsabilit a carico suo e dei concorrenti, non omologabile per in concreto per mancanza di contestazione, e quindi di giudizio, a riguardo, lascerebbe intatta la prima, sia pur(( in forma attenuata ex. art. 116, cpv, cpv, c.p. Passando all'esame del motivo di ricorso con cui Andrea Varisco lamenta la mancata concessione della libert provvisoria e della sospensione condizionale della pena, possibile in appello in conseguenza della -n: duzione di pena concessagli, si deve dire che entrambe le censure sono infondate. La libert provvisoria non gli poteva essere concessa perch siffatto beneficio previsto dall'art. 6 L. 29 maggio 1982, n 304, solo per gli imputati di reati commessi per finalit di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale cui sia stata riconosciuta l'attenuante di cui al secondo comma dell'art. 3, mentre il ricorrente ha goduto solo di quella prevista dall'art. 2. Quanto ai! beneficio della sospensione condizionale delJ.a pena, da escludere, contrariamente a quanto preteso dal ricorrente, c~e il giudice sia obbligato ad esaminare la questione di ufficio e sia, in conseguenza, tenuto a motivare a riguardo anche nel caso di mancata sua concessione. Trattandosi infatti di un potere discrezionale, .se il giudice fosse tenuto a motivare anche in ordine al suo mancato esercizio, esso finirebbe di essere tale e si trasformerebbe in un'attivit dovuta, cui corrisponderebbe un interesse protetto dell'imputato; laddove questi titolare di un semplice interesse di fatto, sprovvisto di qualsiasi tutela giuridica, che d luogo ad una mera aspettativa nei confronti del potere del giudice e che assume la veste di interesse protetto solo nel caso di esercizio di siffatto potere, dovendosi esso svolgere nelle forme previste dalla legge, alJa cui osservanza le parti del rapporto penale (imputato e P. M.) hanno interesse nella misura in cui essa pu influire sulla correttezza o meno della concessione del beneficio in parc'.>la (Cass., Sez. l, 10 ottobre 1980, Rosta). Diverso il caso in cui la concessione del beneficio sia stata oggetto di una specifica richiesta nei motivi di appello, come appunto avvenuto nella fattispecie. In tal caso il giudice tenuto ad interloquire a riguardo, non in virt di un inesistente dovere d'ufficio, bensi in conseguenza del principio di devoluzione (art. 515, com. I, c.p.p.). e la mancanza di motivazione sul punto costituisce indubbiamente causa di nullit"della sentenza d'appello. Senonch, una elementare regola di ermeneutica giudiziaria insegna che la motivazione su un singolo punto deha controversia non deve essere necessariamente giustapposta ad esso, mentre un importante principio PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE di , logica formale stabilisce che, la conclusione pu essere anche tratta con argomentazione a fortiori , Pertanto, avendo il giudice d'appello escluso nei confronti del ricorrente il beneficio della libert provvisoria, peraltro, per la ragione gi vista, non consentito dailla legge, in consideramone dehla ri.levante gravit del fatto e la conseguente pericolosit de1l'imputato , evddente ohe con ci stesso, ed a maggior ragione, ha escluso, implicitamente, la concessione del pi importante beneficio della sospensione condizionale della pena. Passando ora all'esame del motivo con cui Marco Fasoli, Marinella Ventura, Sandro Gailletta e Vittorio Olivero, ciascuno per proprio conto, denunciano difetto di motivazione sulla mancata concessione delle attenuanti generiche, si deve dire che esso, pur essendo fondato nella forma, ininfluente nella sostanza. Le uniche condizioni di legittimazione delle attenuanti generiche sono la sussistenza di altre circostanze diverse da quelle previste dall'art. 62 e, si deve aggiungere, da quelle, comuni o speciali, contemplate da altre disposizioni di legge e la libera determinazione del giudice di prendere in considerazione siffatte circostanze, al fine di concedere all'imputato una diminuzione di pena (art. 62 bis c.p.). Si tratta, come si vede, di due elementi positivi, che, se concorrenti, non possono essere ostacolati da eventuali elementi negativi, non previsti dalla norma in questione. Le attenuanti generiche infatti non costituiscono un diritto quesito dell'imputato, da escludere eccezionalmente in presenza di speciali moti vi di demerito, ma un beneficio, da elargire, solo ricorrendo particolari condizioni di merito. Pertanto, qualora sussista una circostanza di valore positivo del tipo indicato e il giudice ritenga di falorizzarla al predetto fine, l'attenuante in parola pu essere concessa indipendentemente dal concorso a carico dell'imputato di circostanze di valore negativo. In conseguenza, il diniego delle attenuanti generiche non pu essere motivato con il richiamo a quest'ult.no tipo di circostanze, bens con il riferimento alla sussistenza di circostanze di valore positivo o alla loro irrilevanza, a parere del giudice, al fine della diminuzione della pena. La motivazione della sentenza d'appello, che si rifatta, come ad ele menti ostativi, alle condizioni soggettive degli imputati ed alle modalit dei fatti loro ascrdtti, quindi giuridicamente errata. L'errore, tuttavia, non ha avuto influenza sulla decisione, atteso che nel confermato diniego del beneficio implicata una valutazione negativa circa la esistenza e la rilevanza di eventuali circostanze favorevoli (nello stesso senso, si vedano: Cass., Sez. I, 1 luglio 1982, settembre; Cass., I, 20 ottobre 1982, Grimaldi; Cass, Sez,, I, 17 dicembre 1982, Donnarumma, 518 RASSEGNA DEI.L'AVVOCATURA DELLO STATO m. 157339; Cass., Sez. I, 24 febbraio 1983, Carta; Cass., Sez. I, II febbraio 1983, Parrilla). Va comunque osservato che, trattandosi di circostanza meramente facoltativa, i cui elementi costitutivi, cio, consistono, oltre che nella speciale condizione di fatto valori.ata dalla nonna, anche in una componente di carattere potestativo, 1 identificantesi con ia opposizione del giudice circa l'efficacia operativa della circostanza stessa, evidente che essa pu essere negata anche in presenza della sua specifica condizione di legittimazione. Questa, infatti, se necessaria per la sua concessione, non tuttavia sufficiente, dovendovi concorrere la libera determinazione del giudice, la quale ha anzi valore prevalente nell'economia di tale circostanza. Se non fosse cos, d'altra parte, cadrebb,e ogni differenza sul piano concettuale e pratico tra circostanze obbligatorie e circostanze facoltative. Il potere discrezionale del giudice a riguardo non pu tuttavia non rimanere condizionato dalle caratteristiche, positive o negative, del reato e del suo autore. Sotto quest'aspetto ed entro questi limiti, vi pu essere un'influenza degli elementi di valore negativo nell'economia delle circostanie attenuanti generiche, nel senso di escluderne la opportunit della concessione, pur in presenza della relativa condizione di legittimazione. I restanti motivi delle parti sono infondati, avendo il giudice d'appello perfettamente motivato sui corrispondenti punti con appropriate argomentazioni in fatto, che, per essere corrette sotto l'aspetto logico, sfuggono al controllo di mera legittimit riservato alla Suprema Corte, specialmente quando, come appunto nella fattispecie, le critiche, sotto le apparenze formali delle denunce di legittimit, introducono delle vere e proprie censure di merito e tendono in pratica a conseguire un riesame del fatto, al fine di una sua ricostruzione pi fav9revole, alternativa a quella operata dal giudice di appello, impossibile, non solo direttamente in Cassazione, ma neppure suo tramite. PARTE SECONDA QUESTIONI LA PROVA NEL PROCESSO AMMINISTRATIVO (*) Premessa 1. -Il Convegno di studi dedicato alla prova ba seguito, a distanza di appena una settimana, un incontro-dibattito sullo stesso tema tenutosi presso il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati e Procuratori di Roma. La circostanza non certo causale e dimostra una volta di pi lo stato di crisi del processo amministrativo, le cui strutture vanno collezionando le meno lusinghiere definizioni ed l:!,ggettivazioni quali asfittiche ed obsolete , per non citarne che due. In effetti, la scarna ed arcaica normativa che tuttora regge il processo amministrativo poteva essere sufficiente quando questo si svolgeva in un unico grado ed era volto a decidere quasi esclusivamente azioni di impugnazione. L'estendersi delle ipotesi di giudizi su rapporti ha determinato una vera e propria crisi di carenza strutturale, superata solo iin virt della dutti.Lit de1la giurisprudenza amministrativa che, grazie alle sue celebrate virt pretorie, materiate di fantasfa e di rigore giunidico, riuscita a far rientrare neJle anguste vesti dell'originario processo tutta una nuova materia con esso incongruente (si pensi, ad esempio, al modo in cui stato superato il problema del termine di decadenza per le azioni aventi ad oggetto il recuJ>ero di somme spettanti a pubblici dipendenti). La generalizzazione del doppio grado, con l'istituzione dei Tribunali Amministrativi Regionali, ha determinato, poi, una crisi di tipo tecnologico , involgendo una problematica processuale ben nota da tempo al giudizio civile ma fino allora priva di interesse per il processo amministrativo, che era, quindi -ed tuttora -sfornito del necessario stmmentario. Il travaglio e l'esigenza di trasformazione, d'altronde, non sono solo del processo amministrativo, ma anche della disciplina sostanziale della materia nella societ contemporanea. Il nostro diritto amministrativo tradizionale sembra attraversare delle vere e proprie crisi di identit )) in relazione al nuovo atteggiarsi dello ' stato contemporaneo e della societ che rappresenta, alla c.d. fuga nel diritto privato (1), alle nuove dimensioni ed alle diverse forme di inten (*) L'articolo in rassegna tratto da una relazione presentata al Convegno di studi cos intitolato tenutosi, ad IiliZiativa della Societ Italiana degli Avvocati Amministrativistli, presso il Consiglio di Stato il J.8 maggio 1985. (11) M. N1GR0, Giustizia amministrativa, III ed., TI Mulino, Bologna 1983, 34. 88 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO vento dell'Amministrazione, ai nuovi punti emergenti di bilanciamento fra principio di libert e principio di autorit. Non pu sorprendere allora che tra crisi del diritto e crisi del processo eme1.1ga, come eentro di interesse, il punto noda~e della prova. L'istituto probatorio costituisce, infatti, in ogni giudizio il punto di contatto del diritto processuale con il diritto sostitnziale, il momento nel quale il diritto sostanziale incide sulla struttura ed essenza stessa del processo (2). Tanto vero che le norme sul sistema istruttorio non sono norme di diritto processuale, ma norme di diritto sostanziale. Non a caso la prova stata definita come complemento del fatto nella fattispecie (3) e non per caso il sistema istruttorio civile disciplinato nella sua statica dal codice civile e non da quello di procedura, in quanto quest'ultimo contempla solo il momento dinamico dello svolgimento delle prove nel processo. Non a caso, infine, il collegamento tra processi in nome dell'unit della giurisdizione interrotto quando il collegamento stesso, comportando interferenze fra due regole di giudizio diverse, venga ad incidere sulla disciplina sostanziale dei rapporti, come insegna l'art. 28 del c.p.p.. Non esiste, cio, una sola verit processuale, ma tante verit quanti sono i tipi di processo. I 2. -Situazione normativa e prospettive de iure condendo. Una vera e propria normativa sulla prova nel processo amministra l!ivo, in realt, come recentemente stato ricordato in autorevole sede, non esiste, perch manca innanzitutto la norma chiave del sistema proba torio: quella che detta :la rngola di giudizio del processo, cos come per il processo civile ne esiste una che afferma il principio dell'onere probatorio e per il processo penale altra che afferma il principio del libero convincimento. Difatti la regola di giudizio del processo amministrativo -il c.d. onere del principio di prova, di cui tra poco diremo - creaziOne pretoria. Fino alla legge istitutiva dei T AR unica norma sulla prova era il fa. moso -o famigerato -art. 44 del t.u. C.d.S., la cui origina.ria formula zione risale addirittura al 1889 e che non disciplinav~ prove ma una sorta dli rinvio dell'affare datl Consiglio di >Stato aH'Ammimistrazione per un prosieguo di istruttoria del procedimento. Il ricorso alla IV sezione fu infatti originariamente concepito in fun. zione di un sindacato di tipo cassatorio interno all'Amministrazione, un sindacato in cui il rapporto fra Consiglio di Stato e organo di amministrazione attiva il cui atto era stato. impugnato era .lo stesso che >, in Foro it., 1967, V, 9. {11) TAR Veneto, 3 luglio 1975, n. 311. (12) Cons. Stato, IV, 961, 26 ottobre 1976. 03) E. CANNADA BARTOLI, Processo amministrativo, voce del NoviSsimo Digesto, 1077. (.14) Cons. Stato, VI, 13 luglio 1954, n. 577. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cartolari o quando debba ricostruirsi la data precisa di certi accadimenti (quale, ad esempio, l'inizio di una costruzione). Dubbi dominati, comunque, dall'incertezza di fondo sulla compatibilit logica del principio di separazione dei poteri (o di quanto ne rimane) con l'affidamento al giudice -in sede di sindacato dell'atto -di strumenti di accertamento della realt diversi da quelli utilizzati (o utiliz.. zabili) dall'amministrazione nel procedimento che a quell'atto ha condotto (15). 5. -Processo e diritto sostantivo. Se quanto sopra esatto, la profonda modHiica del regime de11a prova che s:i vorrebbe introdwire con 11 disegno dii Jegge attualmente in esame reagirebbe profondamente sul diritto sostantivo, e la relativa problematica processuale appare intimamente collegata a non pochi istituti di quello, quali, ad es., il segreto ed il procedimento amministrativo. Non a caso nelle dichiarazioni programmatiche del Governo nell'agosto 1983, fra le riforme istituzionali da affrontare nel corso della legislatura e per cui venivano ristituite apposite commissioni di studio venne contemplato espressamente il diritto di accesso del cittadino ai documenti della P .A. in nome di un principio di trasparenza. Non a caso accanto alle sottocommissioni incaricate di studiare la deregulation ed H processo, ve ne fu una incaricata dello studio del procedimento e del diritto di accesso. :!. chjaro infatti che fino a quando il nostro ordinamento sar informato al principio del segreto amministrativo (secondo il vecchio detto francese che l'autorit si afferma nella misura della distanza a cui tenuto l'interessato) (16) la regola di giudizio dell'onere della prova non potr avere accesso e occorrer conservare al GA. il riconoscimento della sua tradizionale signoria. Quanto al procedimento noto che la sua disciplina interagisce direttamente con queJJa del processo. Tanto pi affinato il primo tanto meno si avverte l'esigenza del secondo (17). Tanto vero che due schemi di giustizia amministrativa giustamente celebrati per il loro garantismo -quello austriaco e quello statunitense -si fondano su di un procedimento contraddittorio quasi giudiziale sindacabile dinanzi al giudice in un giudizio di tipo cassatorio del tutto analogo al nostro (18). In parti (15) Cons. Stato, IV, TI giugno 1961, n. 359. (16) M. J. C. BoULARD, Rapporto nazionale sulla Francia in Le Secret Administratif dtans fos pays developps Cujas 11177, Parigi, 170. 07) F. BENVENUTI, Prefazione a G. Pastori, La Procedura Amministrativa, Neri-Pozza, Vicenza, 1964, XIV. (18) M. NIGRO, Giustizia Amministrativa, cit., 49 ss. I 1 I ! ~ t. I ~ I PARTE II, QUESTIONI 95 colare la judicial review americana, tranne casi eccezionali di de novo review , non scende all'esame dei fatti (19). Sembrerebbe dunque pi congruente con gli scopi avuti di mira operare non tanto sul processo, quanto sul procedimento, sul modo di operare dell'amministrazione e non sui poteri del giudice, correndosi altrimenti il rischio di addossare al giudice amministrativo in via istituzionale delle fllnzioni di supplenza dell'amministrazione con la duplice conseguenza di alterare, sul piano astratto, il principio della divisione dei poteri e di gravare, su quello concreto, una magistratura'gi sovraccarica di lavoro di compiti ulteriori, addossandole un onere probabilmente insostenibile. Da ultimo deve osservarsi che la trasformazione processual-civilistica del processo amministrativo, restando tutto il resto invariato, provocherebbe, in tempi pi o meno lunghi, proprio per quelle _necessarie interconnessioni fra diritto sostanziale e diritto processuale cui si accennava, dei veri e propri sconvolgimenti, e molto probabilmente la crisi definitiva dell'interesse legittimo come categoria giuridica. Non che la cosa sarebbe di per s un gran male, in quanto nulla im- pc>ne che vada garantita l'intangibilit del concetto di interesse legittimo, altre volte definito categoria astrusa e non commestibile oltr'Alpe . Sta di fatto, per, che su di esso si affinata una tradizione dottrinaria e giurisprudenziale il cui abbandono comporterebbe, accanto alla sicura rinuncia all'utilizzazione di un patrimonio di esperienza, un non altrettanto sicuro vantaggio sul piano della certezza del diritto in materia di riparto dehle competenze, come dimostrano esperienze straniere anche recenti. D'altronde{ una normativa sulla procedura non certo la sede pi adatta per l'introduzione di principi innovatori di una tale portata sul piano del diritto sostantivo. 6. -Considerazioni conclusive. Alle osservazioni negative sopra formulate in ordine ad un intervento settoriale del legislatore, nelle direzioni fin qui ventilate non pu peraltro non accompagnarsi qualche notazione positiva -o propositiva -in ordine a quale possa essere il rimedio intertemporale in attesa di una compiuta ed organica riforma del diritto e del processo. Un rimedio da trovarsi, ovviamente, lungo. la via maestra della elaborazione pretoria che gloriosa tradizione del giudice amministrativo italiano di cui non si sa .mai se ammira:re di pi la fantasia nel trovare solU2J.oni nuove o il rigore .giuridico nell'argomentarle. Sembra che le prime avvisaglie di una evoluzione giurisprudenziale sul punto si possano gi cogliere in una utilizzazione evolutiva di quel (19) B. SCHWARTZ, Administrative Law, Little, Brown e Co. Boston-Toronto, 1982, 777. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tale articolo 44 e dei relativi chiarimenti e verificazioni che cominciano. ad essere utilizzati con maggiore frequenza, con richiesta anche di diretta audizione di funzionari. Quanto alla verificazione, in particolare, soprattutto ove la si intenda come comprensiva di tutti i mezzi di prova ipotizzabili sul piano logico (accessi, ispezioni, testimonianze, esperimenti, ecc.), essa appare suscettibile di singolari sviluppi. Storicamente, si visto, la norma nacque in un momento in cui il processo dinanzi al Consiglio di Stato veniva considerato nulla pi che la prosecuzione del procedimento amministrativo: in rapporto, con esso, quasi strumentale. Era, dunque, perfettamente naturale che l'affare, in caso di insufficiente istruzione, tornasse dinanzi all'Amministrazione per una integrazione. :E!. fin troppo ovvio che in tali termini una simile disciplina sarebbe, oggi, inaccettabile. Ma le norme, si sa, non sono immobili: vivono e mutano con la giurisprudenza, che le trasforma, giorno dopo giorno. Oggi, dopo quasi un secolo di evoluzione, il rapporto fra l'Amministrazione ed il suo giudice si invertito: non pi il secondo a costituire strumentale prolungamento della prima, ma la prima a fungere da braccio secolare del secondo che, per sindacarne gli atti, la utilizza non gi come parte, ma quasi come ausiliare , commettendo l'incarico I f: ad organi sovraordinati o ad amministrazioni diverse da quella in causa. ~: r: Il vecchio sistema istruttorio, con il comprensivo schema delle veri0r: ficazioni, oltre che presentarsi come perfettamente congruente con il rii: f: parto delle competenze tra amministrazione e giurisdizione, consente, dunque, al giudice amministrativo una ricerca della verit perfettamente analoga a quella del pi ricco sistema probatorio: certo, manca il momento garantistico della giurisdizione (mancato giuramento dei testimoni o degli esperti, verbalizzazioni non fidefacienti, ecc.). Ma l'inconveniente appare bilanciato da una serie cospicua di controgaranzie , quali l'alterit dell'organo verificante rispetto a quello parte in causa, il timore reverenziale dell'amministrazione nei confronti del giudice amministra tivo, il controllo delle parti, che assistono in contraddittorio alle attivit di verificazione, ed infine il controllo del giudice, signore della prova , che ha ben dimostrato di saper leggere tra le righe di ogni documento. Di pi: un uso sapiente della verificazione da parte del giudice am ministrativo varrebbe a supplire ex post a quella garanzia del procedimento che Ja normativa sostanziale non offre al cittadino ed a indurre forse l'Amministrazione, sulla scorta dei consolidati insegnamenti giurisprudenziali che potrebbero formarsi, a introdurre per prassi procedimenti soprannumerari nelle materie pi delicate, garantendo cos in via fisiologica la legalit dell'azione amministrativa senza necessit per l'amministrato di arrivare alla patologia del giudizio, che rappresenta sempre un costo sociale assai alto. . -. I I f: I I f f r ! f - . -.,f PARTE II, QUESTIONI Probabilmente una tale evoluzione della giurisprudenza in tema di istruttoria -una evoluzione di cui gi si scorgono le avvisaglie -potrebbe, assai meglio di una 1legge settoriale sul processo, asSlicurare continuit ' ed equilibrio di tutela nel tempo che ancora ci separa dalla generale e profonda riforma che [a crisi del diritto amministrativo (e non soltanto del suo processo) esige. I. F. Caramazza M. L. Guida RASSEGNA DI DOTTRINA INDICE-SOMMARIO DELLE RECENSIONI DI ARTICOLI DIRITTO INTERNAZIONALE E COMUNITARIO A. MIGLIAZZA, L'efficacia diretta delle norme comunitarie. G. MARZIALE, Materiale per l'adeguamento dell'ordinamento interno degli atti normativi comunitari. DIRITTO COSTITUZIONALE M. BRANCA, I vincoli urbanistici nella recente giurisprudenza costituzionale e amministrativa. M. CHIAVARIO, Ordinanze interlocutorie della Corte Costituzionale nei giudizi di legittimit promossi in via incidentale. A. GHIARA, L'ampliamento della competenza penale dei tribunali perminorenni: giustificazioni e possibili inconvenienti. V. GRECO, Nota redazione a Corte Costituzionale 27 giugno 1984, n. 180. A. P1zz0Russo, Dispositivo e motivazione delle sentenze costituzionali. QUESTIONI DI GIURISDIZIONE O. DANESE, Giurisdizione in ordine alla decadenza di vincolo urbanistico preordinato ad espropriazione e correlato ad una particolare norma di attuazione dello strumento che impone tale vincolo. R. PARDOLESI, La storia infinita: guerra dell'etere -Problemi di giurisdizione. DIRITTO AMMINISTRATIVO T. ANCORA, Sulla risarcibilit degli interessi legittimi. M. ANNUNZIATA, Brevi note sull'accessione invertita come modo di acquisto della propriet in favore della Pubblica Amministrazione. C. M. BARONE, Giurisdizione ordinaria e rescissione di appalto di opere pubbliche. V. BAROSIO, L'ordinanza relativa alla sospensione della efficacia dell'atto impugnato. Brevi riflessioni sulla necessit e sull'oggetto della motivazione. S. BELLOMIA, A proposito di immobili occupati sine titulo da parte della Pubblica Amministrazione. PARTE II, RASSEGNA -DI DOTIRINA P. BIAGI, I provvedimenti cautelari nel giudizio amministrativo. S. BRIGNOLA, Gli atti soprassessori. A. CAMPAGNOLA, Ancora sulle indennit di esproprio. A. CAMPAGNOLA, Opere pubbliche e pianificazione urbanistica; considerazioni a prima lettera di due recenti decisioni del Consiglio di Stato. M. COMPORTI, Dalla occupazione illegittima di immobili da parte della pubblica Amministrazione alla occupazione appropriativa . A. CAVALLARI, La tutela cautelare nel giudizio amministrativo. G: D'ANTIMO SETTEVENDEMMIE, Ancora sulla impugnabilit ex se delle deliberazioni negative della sezione del controllo dello Stato ,della Corte dei Conti. L. MAROTTA, Sull'obbligo della P. A. di fissare i termini di cui all'art. 13 della l. 25 giugno 1865 n. 2359 per le espropriazioni delle aree comprese nei piani di edilizia economica e popolare previsti dalla l. 18 aprile1962, n. 167. E. MELE, L'impugnazione dell'atto negativo di controllo e suoi effetti sulla teoria del procedimento amministrativo. F. PIETROSANTI, Indennit di esproprio e criteri di determinazione: limiti e competenze della declaratoria di incostituzionalit. A. RALLo, Profili costituzionali e nuove prospettive in iema di esecuzione del giudicato a seguito dell'annullamento del diniego di concessione edilizia. L. ScHIAVELLO, Il processo contabile nei confronti degli amministratori agenti e dipendenti degli enti territoriali e degli altri enti pubblici. I. Scono, Poteri dei giudici nei confronti della P. A. DIRITTO CIVILE M. CERCHIARA, L'applicabilit dell'art. 2932 e.e. alla P. A. A. DE LUPIS, Prelazione e uguaglianze. S. DI PAOLA, Il dovere di non aggravare il danno: spunti per una rilettura. M. FINOCCH.JARO, Sull'applicabilit dell'art. 1341, comma 2, e.e. ai contratti della P. A. M. FRANZONI, L'azione diretta aquiliana ed il diritto di rivalsa nell'assicurazione dei veicoli a motore. G. GIACOBBE, Prime impressioni ... tecniche su una contrastata sentenza. D. PIOMBI, Appunti in tema di normativa transitoria della legge sull'equo canone. G. VALCAVI, Evitabilit del maggior danno ex art. 1227, 2 comma, e.e., e rimpiazzo della prestazione non adempiuta. C. Zou, La tutela degli interessi legittimi nel diritto del lavoro. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 100 PROCEDURA CIVILE G. CAMPANILE, Procedimento d'urgenza e incidenti di legittimit co~tituzionale. M. G. CIVININI TAFFINI, Provvedimenti camerali: orientamenti giurisprudenziali in tema di ricorribilit in Cassazione ex art. 111, 2 comma, Cost. V. CoccHI, Orientamenti giurisprudenziali in tema di limiti oggettivi del giudicato e di impugnative negoziali. E. GARBAGNATI, Le dichiarazioni di incostituzionalit dell'art. 648, 2 comma, c.p.c. D. GRASSI, Questioni in tema di sospensione del procedimento ex art. 700 c.p.c. e di condanna alle spese del processo cautelare. A. LEVONI, Prime note alla legge del 30 luglio 1984, n. 399 sulle modificazioni di competenza. G. SAMORI, Ammissibilit del sequestro conservativo in presenza di un titolo esecutivo; VARIE G. F1c1, Ancora sul procedimento disciplinare a carico dei magistrati. in particolare nella fase della impugnazione. DIRITTO COMUNITARIO ALESSANDRO MILIAZZA, L'efficacia diretta delle norme amministrative, in R.N. dir. proces., 1985, I, 153. L'Autore, ssumendo come punto di riferimento la nota sentenza 170/84 della Corte Costituzionale in tema di regolamenti comunitari, effettua un ampio excursus sulle fonti comunitarie, esaminando altres la portata degli artt. 189 tratt. C.E.E. e 161 tratt. C.E.E.A. . Particolare attenzione viene dedicata alla giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia, all'elaborazione dottrinaria sull'art. 11 Cost., nonch, infine, sulla cd. pregiudiziale comunitaria ex art. 177 Tratt. e.E.E. (Vincenzo Nunziata). GIUSEPPE MARZIALE, Materiale per l'adeguamento dell'ordinamento interno agli atti normativi comunitari (Nota a Corte Giust. e.E.E. 12 ottobre 1982 Causa 136/81), in Foro lt. 1984, dicembre, IV, 377. L'Autore della nota prende spunto dall'inadempimento del nostro Paese ad alcuni atti normativi comunitari per auspicare che il Parlamento Italiano si adegui con maggiore sollecitudine alle direttive comunitarie al fine di evitare il rischio di subire nuove procedure di infrazione compromettendo la propria credibilit sul piano comunitario (Ettore Figliolia). PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA DIRITIO COSTITUZIONALE MARZIO BRANCA, I vincoli urbanistici nella recente giurisprudenza costituzionale e amministrativa, in Giurisprudenza Costituzionale 1984, fase. n. 7, pagg. 1785-1797. L'Autore in questo articolo tenta una ricostruzione storica ed analitica della tormentata vicenda dei vincoli urbanistici alla luce del riconoscimento del loro carattere ablativo affermato dalla Corte Costituzionale con sent. n. 55 del 29 maggio 1968. Dopo aver richiamato quale era il quadronormativo al momento dell'entrata in vigore della L. n. 10 del 1977, l'Autore passa ad esaminare le posizioni assunte dalla giurisprudenza amministrativa sulla abrogazione del regime della temporaneit dei vincoli urbanistici. In particolare si sofferma, poi, sul rilancio della L. n. 1187 del 1968 operato dalle sentenze n. 5 del 23 gennaio 1980 e n. 92 del 12 maggio 1982 della Corte Costituzionale, e sul travaglio giurisprudenziale dei giudici amministrativi, culminato con la decisione n. 7 del 2 aprile1984 dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato. Riaffermato, infine, come la problematica dei -vincoli urbanistici rimanga sostanzialmente aperta, l'Autore auspica una s~nsibilizzazione del Legislatore per una sollecita disciplina organica di tutta la materia (Nadia Palmieri). MARIO CHIAVARIO, Ordinanze interlocutorie della Corte Costituzionale nei giudizi di legittimit promossi in via incidentale in Riv. di processo 1985, 343. L'Autore compie un'ampia ed accurata analisi sui provvedimenti della Corte Costituzionale aventi forma di ordinanza, insistendo sul carattere solo tendenziale della summa divisio di cui all'art. 18 della l. 87/53. Particolare attenzione viene dedicata alla ricca casistica giurisprudenziale ed alla elaborazione dottrinale in materia, con speciale riferimento alle ordinanze di manifesta infondatezza e di restituzione degli atti al giudice a quo. L'articolo si conclude con alcuni interessanti spunti sul problema della revocabilit di tali provedimenti ordinatori (Vincenzo Nunziata). ALno GHIARA, L'ampliamento della competenza penale dei Tribunali per i minorenni; giustificazioni e possibili inconvenienti, in GiurisprudenzaCostituzionale, 1984, fase. n. o; pagg. 1195-1207. L'Autore trae spunto dalla pronuncia n. 222 del 19 luglio 1983 della Corte Costituzionale la quale lia capovolto il precedente orientamento, dichiarando l'illegittimit dell'art. ,9 comma 2 r.d.l. 20 luglio 1934 n. 1404, per esaminare compiutamente l'attuale sistema penale minorile. Condividendo le motivazioni della Corte in; ordine alla necessit di affidare alla competenza del tribunale minorile i procedimenti penali contro i minorenni coimputati con maggiorenni, l'Autore le riassume in due enunciazioni: 1) dovere dello Stato di proteggere la giovent; 2) mancanza di una giustificazione adeguata per derogare alla competenza generale del tribunale minorile. Passa poi ad esaminare dettagliatamente dette enunciazioni mettendo in risalto come l'interesse alla tutela dei minori si collochi tra gli interessi costituzionalmente garantiti. Rilevato come sia pressante la necessit di una riforma organica del sistema penale minorile non disgiunta da una riforma dell'ordinamento giudiziario minorile, propone l'inquadramento della magistratura minorile in quella ordinaria 102 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO attraverso la istituzione di sezioni specializzate cos da favorire la collaborazione tra magistrati e il coordinamento dei rispettivi interventi nelle materie che pre~entano aspetti comuni o connessi (Nadia Palmieri). VINCENZO GRECO, Nota redazionale a Corte Costituzionale 21 giugno 1984, n. 180, mGiurisprudenza Costituzionale, 1984, fase. n. 6, pagg. 1164-1172. Rilevato come il nostro sistema valutario conosca la figura del residente valutario destinatario di divieti ed obblighi la cui violazione costituisce illecito penale, l'Autore specifica come il concetto di residenza valutaria non coincida con l'omonimo concetto civilistico ex art. 43 e.e. ma presenti piuttosto affinit con quello di domicilio. Esamina poi la disposizione legislativa dell'art. 2 L. 8 ottobre 1976 n. 689 che prevede che cittadini italiani residenti civilmente ed anagraficamente in Italia, ma dimoranti all'estero per periodi pi o meno lunghi ed ivi svolgenti attivit lavorativa, siano considerati, ai fini valutari, residenti all'estero relativamen. te ai capitali costituiti con i compensi ricevuti per il loro lavoro. Analizzato il perch. di detta norma, rileva come essa, nella previsione del Legislatore, dovesse applicarsi soltanto ai lavoratori dipendenti e agli artigiani rimanendone esclusi i lavoratori autonomi e gli imprenditori. Valu tata positivamente la pronuncia della Corte del 27 giugno 1984 n. 180, relativamente alla equiparazione dei redditi derivanti da lavoro autonomo e quelli derivanti da lavoro dipendente, mancando una diversit sostanziale di presupposti, la critica per per la immotivata discriminazione fra artigiani ed altri piccoli imprenditori. Ritiene comunque che la liberalizzazione di ogni attivit economica sar presto oggetto di riforma legislativa (Nadia Palmieri). ALESSANDRO P1zz0Russo, Dispositivo e motivazione delle sentenze Costitu zionali (Nota a Cass. 26 gennaio 1984 n. 5401), in Foro It. 1985, gen naio, I, 51. L'Autore della nota plaude all'indirizzo adottato dalla sentenza annotata che risolve il problema della interpretazione dei dispositivi delle sentenze di accoglimento della Corte Costituzionale, che secondo alcuni autori debbono essere iscritte nel sistema delle fonti del diritto, affermando la legittimit del ricorso alle rispettive motivazioni che seppur non sono sottoposte ad una forma di pubblicazione analoga a quella dei dispositivi, risolvono i dubbi sorti sull'esatto significato di questi ultimi (EttoreFigliolia). QUESTIONI DI GIURISDIZIONE ORESTE DANESE, Giurisdizione in ordine alla decadenza di vincolo urba nistico preordinato ad espropriazione e correlato ad una particolare norma di attuazione dello strumento che impone tale vincolo, in Giust. Civ., 1984, I, 3179-3183. Prendendo le mosse da un~ singolare fattispecie, decisa dal Tribunale di Trieste, in materia di vincoli urbanistici preordinati alla espropriazione, l'Autore ripercorre la tormentata storia normativa e giudiziaria dei vincol~ de quibus; si indaga, in particolare, se il privato abbia una posizione di diritto soggettivo ovvero di interesse legittimo di fronte . a dette limitazioni urbanistiche, e si raggiunge una conclusione nel secondo senso, conformemente alla impostazione data al problema dalla Corte Costituzionale nella nota sentenza n. 92 del 12 maggio 1982 (Massimo Salvatorelli). PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA ROBERTO PARDESI, La Storia Infinita: guerra dell'etere. Problemi di giuri sdizione (Osservaz. a Cass. 3 dicembre 1984 n. 6340-6338, 6337 e 6324), in Foro lt., 1984, dicembre, I, 2953. L'Autore opera un esame analitico delle pronuncie pi significativedella S. C. di Cassazione adita con regolamento di giurisdizione in materia radiotelevisiva, ponendo l'accento sulle direttive principali che emergono dalle decisioni in esame e secondo cui tra l'altro non sussiste tutela possessoria in capo alle emittenti private disturbate dalle trasmissioni della RA.I., mentre rimessa alla competenza giurisdizionale dell'A.G.O. sia la soluzione della controversia fra emittenti private per l'uso di banda di frequenza, sia la salvaguardia del monopolio delle trasmissioni R.A.I. che si assuma minacciato da networks privati (Ettore Figliolia). DIRITTO AMMINISTRATIVO TULLIO ANCORA, Sulla risarcibilit degli interessi legittimi in Consiglio di Stato, ottobre 1984, II, pagg. 1239 ss. Complessa ed ampia la disamina dell'autore delle varie posizioni dottrinali in tema di risarcibilit degli interessi legittimi. L'analisi move dall'individuazione dei concetti basilari di interesse legittimo e di diritto soggettivo, si articola in indagini storiche e si sof ferma ad esaminare le ragioni ostative alla configurabilit della lesione dell'interesse legittimo come fattispecie illecita risarcibile, Lo sforzo dell'Autore, volto al riconoscimento della reintegrazione del danno economico conseguente alla lesione dell'interesse legittimo, si risolve, attraverso vasti richiami e supporti dottrinali, nella puntuale replicaalle tesi contrarie e pu considerarsi un valido contributo per mantnere aperta la discussione su un attraente quesito che la Giurisprudenza avrebbe, secondo l'ottica dottrinale, risolto troppo sbrigativamente in senso negativo (Diana Cairo). MICHELE ANNUNZIATA, Brevi note sull'accessione invertita come modo di acquisto della propriet in favore della Pubblica Amministrazione, in Foro Amm., 1984, fase. 7-8, 1598-99. L'Autore ricorda alcuni fra i molteplici problemi anche di costituzionalit, posti dalla c.d. accessione invertita ed infine enumera alcune novit negli indirizzi della Suprema Corte (Giovanni Lancia). CARLO MARIA BARONE, Giurisdizione ordinaria e rescissione di appalto di opere pubbliche (Osservaz. a Cass. 17 novembre 1984 n. 5840 e 5841, 22 settembre 1984 n. 4019) in Foro It., gennaio 1985, I, 131. L'Autore della nota esprime perplessit in ordine alle sentenze annotate che hanno ritenuto devoluta al Giudice ordinario la cognizione delle domande proposte contro la Pubblica Amministrazione in relazione a provvedimenti di rescissione dell'appalto adottati dal contraente pubblicoai sensi de11'art. 340 1. 20 marzo 1865 n. 2248 a11. F. Vengono citati nell'articolo vari precedenti giurisprudenziali e confrontate fra di loro le stesse sentenze annotate al fine di far emergere varie incongruenze che rendono auspicabile un sollecito intervento delle Sezioni Unite al fine di delimitare in modo definitivo l'ambito della giurisdizione negli appalti di opere pubbliche (Ettore Figliolia). 104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ANTONIO CAVALLARI, La tutela cautelare nel giudizio amministrativo, in T.A.R. n. 12, dicembre 1984, parte Il, pag. 403. L'Autore prende le mosse della propria analisi da un esame del concetto di irreparabilit del danno, presupposto della concessione della misura cautelare, trattando, poi, della funzione e natura della pronunciacautelare e dell'esame svolto dal giudice sulla ammissibilit e fondatezza della pretesa azionata; vengono poi richiamati gli insegnamenti tradizionali della dottrina e della giurisprudenza in tema di sospensione degli effetti dell'atto impugnato nonch la pi recente elaborazione giurisprudenziale in materia. L'Autore prosegue segnalando l'ampiezza della tutela cautelare, e trattando dell'attivit amministrativa conseguente all'adozione della misura cautelare e dei correlativi poteri del giudice in sede di esecuzione coattiva delle decisioni cautelari, nonch delle condizioni per la detta esecuzione. 1 Prosegue poi esaminando la tutela delle posizioni soggettive incise dall'attivit posta in essere dall'Amministrazione in esecuzione di tina misura cautelare e da quella sostitutiva eventualmente posta in essere dal giudice, e conclude, infine, con cenni sulla tutela cautelare dei diritti soggettivi (Enrico De Giovanni). VITTORIO BAROSO, L'ordinanza relatj,va alla sospensione dell'efficacia dell'atto impugnato; brevi riflessioni sulla necessit e sull'oggetto della motivazione, in Riv. giur. ed. 1984, fase. 5-6, I, pagg. 941-44. L'Autore sottolinea positivamente la inversione di tendenza operatadalla ordinanza del T.A.R. Piemonte che annota, la quale, a differenza delle solite ordinanze che decidono sulla istanza di sospensione, consta di una ampia motivazione, rispettando cos il disposto dell'ultimo comma dell'art. 21 1. T.A.R. Critica, invece, l'oggetto della motivazione della ordinanza medesima, la quale invece di soffermarsi come avrebbe dovuto, sul c.d. periculum in mora, approfondisce la questione relativa allo svolgimento di adeguata istruttoria da parte dell'Amministrazione e, cio, in definitiva, il c.d. fumus boni iuris, ossia il motivo del ricorso (Gabriella Palmieri). SALVATORE BELLOMIA, A proposito di immobili occupati sine titulo da parte della P. A., in Riv. giur. ed. 1984, fase. 5-6, I, pp. 868-74. Commento alla sentenza del tribunale di Napoli del 19 ottobre 1983, segnalata alla attenzione del lettore, in quanto si discosta dall'orientamento giurisprudenziale iniziato dalle SS.UU. con la nota sentenza n. 1464 del 26 febbraio 1983 come sintomo di una inversione di tendenza, rispetto ad essa, ritenuto dahl'Autbre de1la nota fonte di trattamento gravemente e doppiamente discriminatorio per il soggetto colpito da fatto illecito della P. A. rispetto al soggetto nei confronti del quale la stessa P. A. abbia operato legittimamente (Gabriella Palmieri). PIETRO BIAGI, I provvedimenti cautelari nel giudizio amministrativo in / T.A.R. n. 11, novembre 1984, parte II, pag. 351. L'Autore, dopo aver sottolineato l'importanza assunta dall'incidente di sospensione della esecuzione dell'atto amm:inistrativo impugnato nel processo amministrativo, segnala l'emergere di un ampliamento dell'applicazione delle mis.ure cautelari, pur nella variet di posizioni assunte dalla giurisprudenza; esamina, quindi, gli aspetti sostanziali del potere cautelare, in particolare nelle formulazioni dell'art. 39 t. u. Cons. St. e del PARTB II, RASSEGNA DI DOTTRINA J.OJ l'art. 21 1. istitutiva dei T,A.R.,.con particolare riguardo alla parola ~atto contenuta in quest'ultima norma, sostenendo la natura sostanzialmente ampiinistrativa, pur se esercitata in forme giurisdizionali, del provvedimento di sospensione, considerata in particolare la valutazione dei prevalenti interessi. L'Autore svolge quindi alcune considerazioni sui presupposti del potere sospensivo; esaminando la formula danni gravi ed irreparabili (e quindi la posizione di interesse del ricorrente), la rilevanza del fumus boni iuris, e la caratterizzazione dei prevalenti interessi , passa, poi, ad illustrare gli oggetti della cautela amministrativa, esminando in particolare il silenzio della Pubblica Amministrazine ed il comportamento amministrativo nella giurisdizione esclusiva, nonch segnalando le implicazioni nel giudizio cautelare della formula del silenzio rifiuto. Quindi nell'articolo si illustrano contenuti ed effetti delle ordinanze di sospensione, e meccanismo giuridico della cautela, la sospensione degli atti ablatori, gli effetti ripristinatori automatici, la problematica relativa agli atti negativi, l'ammissione con riserva e la sospendibilit di atti negativi a contenuto discrezionale. L'Autore tratta, inoltre, delle ordinanze istruttorie e dell'incidere della sospensione sull'operativit del rapporto amministrativo, dell'ambito di efficacia della sospensione e della sua eventuale retroattivit, concludendo con riflessioni sull'appellabilit dei provvedimenti di sospensione e sulla revocabilit delle ordinanze (Enrico De Giovanni). SALVATORE BRIGNOLA, Gli atti soprassessori, in Foro Ammin., 1984, fas~. 7-8, 1623-84. L'Autore distinti gli atti soprassessori dai provvedimenti negativi, esamina varie figure di essi, tenendo conto dei problemi che si agitano intorno a ciascuna (Giovanni Lancia). ANTONIO CAMPAGNOLA, Ancora sulle indennit di esproprio, in Riv. Giur. ed. 1985, fase. 1, I, pp. 47-51. ( L'Autore analizza compiutamente i problemi relativi alla esatta delimitazione dell'ambito di efficacia delle dichiarazioni di incostituzionalit delle norme contenute nella legge n. 865/71, richiamando il parere numero 3017/83 reso dalla Avvocatura Generale dello Stato per l'attenta disanima dell'aspetto inerente alle aree edificabili (Gabriella Palmieri). ANTONIO CAMPAGNOLA, Opere pubbliche e pianificazione urbanistica: considerazioni a prima lettura di due recenti decisioni del Consiglio di Stato, in Riv. Giur. ed. 1984, fase. 4, I, pp. 754-60. Nota a due sentenze del Consiglio di Stato Sez. IV, 21 marzo 1984, n. 152 e id. 27 marzo 1984 n. 184, con le quali il Consiglio di Stato tornato sulla estensione del concetto di opera pubblica e sui rapporti tra operapubblica e pianificazione urbanistica. L'Autore approfondisce l'aspetto relativo alla inesistenza, nella legge fondamentale sulle espropriazioni di una norma che sbordini ai fini espropriativi l'accertamento che l'opera pubblica sia conforme alle previsioni urbanistiche e sottolinea come il legislatore si vada orientando verso un sostanziale e formale raccordo tra il momento espropriativo e quello di conformit dell'opera, realizzando un modello di procedimento nel quale i due momenti sfociano nella raggiunta disponibilit dell'area o nella raggiunta compatibilit lell'opera (Gabriella Palmieri). 106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO MARCO COMPORTI, Dalla occupazione illegittima di immobili da parte della pubblica amministrazione alla occupazione appropriativa, in Riv. Giud. ed. 1985, fase. l, II, pp. 3.22. L'Autore prende spunto dalla nota sentenza delle SS.UU. n. 1464 del 26 febbraio 1983 per ripercorrere le tappe del precedente orientamento giurisprudenziale e dottrinale e per rimeditarne criticamente le conseguenze, soprattutto sotto l'aspetto relativo alla affermata irrilevanza della espropriazione tardiva ed alla pretesa prescrizione del risarcimento del danno (Gabriella Palmieri). GIOVANNI D'ANTINO SETTEVENDEMMIE, Ancora sull'impugnabilit ex se delle deliberazioni negative della sezione del Controllo dello Stato della Corte dei Conti, in Foro Amm., 1984, fascicolo 9-10, 1832-39. L'Autore premessi alcuni cenni sulla storia del problema esaminato, considera criticamente le argomentazioni della decisione 20 ottobre 1983 del T.A.R. Lombardia con cui stata asserita l'impugnabilit ex se degliatti negativi di Controllo della C.d.C. (Giovanni Lancia). LucIO MAR.oTTA, Sull'obbligo della P.A. di fissare i termini di cui all'art. 13 della L. 25 giugno 1865 n. 2359 per le espropriazioni delle aree comprese nei piani di edilizia economia e popolare previsti dalla L. 18 aprile 1962 n. 167, in Giust. Civ., 1984, parte I, pp. 3219-3224. Prendendo le mosse dalla decisione 23 maggio 1984 n. 11 della A.P. del Consiglio di Stato, l'autore critica Porientamento giurisprudenzialeavallato da detta pronunzia, sostenendo invece, in contrasto, peraltro, anche con SS.UU. n. 5516 dell'8 settembre 1983, la distinzione tra termini di efficacia dei piani, rilevanti ai soli fini della programmazione urbanistica, e termini di cui all'art. 13 L. n. 2359/1865, volti a garantire il corretto espletamento della procedura espropriativa (Massimo Salvatorelli). EUGENIO MELE, L'impugnazione dell'atto negativo di controllo e suoi effetti sulla Teoria del procedimento Amministrativo, in Foro Amm., 1984, fase. 12, 2543-53. L'Autore esaminate le due posizioni sul punto della Dottrina e della Giurisprudenza, da lui definite n divergenti n convergenti, quanto piuttosto reciprocamente ignorantesi, le critica e prospetta sommariamente una possibile soluzione del problema (Giovanni Lancia). FABRIZIO PIETROSANTI, Indennit di espropriazione e criteri di determi- nazione: limiti e conseguenze della declaratoria di incostituzionalit, (osservaz. a Corte Costituzionale, 30 luglio 1984 n. 231, Cass. 24 ottobre 1984 n. 5401 e 23 ottobre 1984 n. 5383), in Foro It., 1985, gennaio, I, 46. In occasione ed alla luce delle decisioni annotate adottate in tema di indennit di espropriazione e di occupazione per pubblica utilit, l'autore dell'articolo affronta alcuni dei problemi pi importanti scaturenti dalle declaratorie di incostituzionalit dei criteri di determinazione posti dall'art. 16, 5, 6 e 7 comma della L. 22 ottobre 1971 n. 865 come modificati dall'art. 14 L. 28 gennaio 1978 n. 10 e riproposti con intento di temporaneit della I. 29 luglio 1980 n. 385 e successive proroghe (Ettore Figliolia). I I ~ I ! 1 ! f (. f f f. I i ! ~ PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA ANDREA RAI.Lo, Profili costituzionali e nuove prospettive in tema di esecuzione del giudicato a seguito dell'annullamento del diniego di concessione edilizia, in Riv. Giur. ed. 1984, fase. 4, I, pp. 721-32. Nota critica alla sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV, 21 febbraio 1984 n. 94, con la quale si affermato che, in sede di esecuzione del giudicato relativo all'annullamento del diniego di concessione edilizia, rileva la normativa vigente al momento della notifica della sentenza e tale principio, essendo di formazione esclusivamente giurisprudenziale, non suscettibile di sindacato di legittimit cosituzionale. L'Autore si sofferma, dopo una accurata disamina dei precedenti giurisprudenziali in materia, sul profilo attinente agli artt. 24 e 113 Cost., considerando .come la Costituzione abbia radicalmente mutato la disciplina e lo spirito del rapporto tra privato e P.A. L'Autore elabora, infine, una ipotest di lavoro basata sulla separazione, nel procedimento concessorio (o autorizzativo) tra il momento dichiarativo -costitutivo dello ius aedificandi in capo al privato e il momento operativo del diritto stesso, proprio al fine di rendere effettiva ila tutela delle posizioni giuridiche soggettti.ve del privato (GabriellaPalmieri). LUIGI SCHIAVELLO, Il processo contabile nei confronti degli amministratori, agenti e di11endenti degli enti territoriali, e degli altri enti pubblici, in Riv. Trim. dir. pubbl. 1984; 932 ss. L'Autore premette un'ampia ricostruzione storica del processo contabile, con riferimento all'originaria ripartizione di competenza tra Corte dei Conti e Consiglio di Prefettura a seconda che si trattasse di conto erariale ed alle innovazioni introdotte dalla legge com. e prov. del 1898 e dalla successiva del 1934. Vengono poi esaminati gli effetti della sentenza n. 55 del 3 giugno 1966 della Corte Costituzionale, che dichiar l'illegittimit della norma sulla composizione e sul funzionamento dei Consigli di Prefettura nonch alcuni profili sostanziali e procedurali del giudizio di contro (Vincenzo Nunziata). IGNAZIO SCOTTO, Potere dei giudici nei confronti della P.A. Atti della Conferenza tenuta a Lucera presso il Centro di studi giuridici il 19 . novembre 1983, in Consiglio di Stato, marzo 1985, Il, pagg. 466 ss. Interessanti considerazioni sul rapporto potere giudiziario -potere esecutivo vengono svolte dall'autore su di un argomento di viva attualit. La disamina si sviluppa intorno alla tematica della rilevata necessit di un collegamento e di una fattiva collaborazione tra il P. M. e l'attivit amministrativa in generale, che deve ritenersi, allo stato, insussistente. Muovendo dalla considerazione che l'attivit del P. M., in quantosostanzialmente amministrativa, deve essere informata alle direttive generali segnate dal governo per l'esercizio di ogni pubblica funzione, l'autore passa ad esaminare i guasti che costituiscono le conseguenze pi vistose dello scollamento tra i due poteri. L'analisi si sofferma in particolare, dopo aver esaminato gli istituti della pregiudizialit e della res iudicata , sull'istituto della disapplicazione del provvedimento amministrativo illegittimo, sotto il profilo delle possibili conseguenze penali derivanti al privato che abbia uniformato la propria condotta al provvedimento medesimo e si conclude con l'auspicio .che l'A.G.O. non trasformi in strumento di responsabilit pe 1.08 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nale un istituto che, conformemente alle origini storiche e alla propria ratio , stato concepito come essenziale strumento di difesa del cit tadino (Diana Cairo). DIRITTO CIVILE MAURIZIO CERCHIARA, L'applicabilit dell'art. 2932 e.e. alla P.A., in Giust. Civ., 1984, parte I, p. 3404-3406. A commento della pronunzia delle SS.UU. n. 5838 si ripercorre brevemente la strada compiuta dalla giurisprudenza in subiecta materia, e si manifesta sostanzfale assenso all'orientamento espresso con la sentenza, pur con qualche perplessit connessa ai problemi di applicabilitdell'art. 2932 e.e. anche laddove vi possa esser luogo per una ulteriore valutazione discrezionale da parte della P.A. (Massimo Salvatorelli). ADRIANO DE LUPIS, Prelazione e uguaglianza, in Riv. Trim. di dir. e proc. civ., n. 1, Marzo 1985, 41 ss. I Attraverso una sintetica ricognizione della sfera di applicazione della I prelazione, l'autore esamina le ragioni che giustificano la deroga che l ~ l'istituto comporta al principio costituzionale di uguaglianza. L'indagine r.: viene svolta alla luce delle profonde differenze di carattere funzionale, , strutturale e normativo esistenti fra i vari tipi di prelamone, :in relazione , al diverso oggetto a fondamento di essa. .Cos la prelazione avente ad oggetto l'acquisto di un diritto pu avere fonte legale o convenzionale. La prima, spiega il De Lupis, ispirata ad un'adeguata e specifica ragione sociale, diversa a seconda delle varie fattispecie, atte a giustificare ' cos la limitazione del potere di disposizione a carico del soggetto da cui proviene l'acquisto come la deroga al principio di uguaglianza. L'impor I~ tanza della ragione sociale, ispirante la prelazione legale, fa s che questa sia tutelata anche esternamente attraverso l'esercizio del diritto di riscatto. Tutela che ancora pi efficace nella prelazione in favore dello Stato, atteso il fine di interesse pubblico cui essa rivolta. Anche nella prelazione convenzionale, argomenta l'autore, gli interessi patrimo Iniali o morali che possono indurre le parti ad assumere l'obblig della preferenza sono atti a giustificare la limitazione del potere dispositivo e la deroga al principio di uguaglianza. Infine, nel tipo di prelazione I avente ad oggetto Ja reai1izzazione di un diritto, sia essa iegale o co:nvenzionale, la deroga a quella importante manifestazione del principio di uguaglianza che ravvisabile nella regola della par condicio credito-. I rum, senz'altro giustificata dalla valutazione della particolare natura del credito ed comunque delimitata, per quanto riguarda i beni del debitore su cui la prelazione si esercita (Maria Letizia Guida). SERGIO DI PAOLA, Il dovere di non aggravare il danno: spunti per una rilettura, (Nota a Cass. 6 agosto 1983 n. 5274), in Foro lt., 1984, novembre, I, 2825. L'Autore della nota prende spunto dalla sentenza della S.C. di Cassazione n. 5274 del 6 febbraio 1983 con la quale stato affermato che non sussiste in capo al compratore l'onere di contenere il pregiudizio risarcibile, rimpiazzando la merce non fornita tempestivamente dal debitore, per illustrare una serie di decisioni sia della Corte di legittimit PARTll II, RASSEGNA DI OOTl'RINA che di quelle di merito rese in relazione a diverse fattispecie di inadempimento contrattuale con particolare riguardo al problema affrontato dalla decisione annotata (Ettore Figliolia). MARIO FINOCCHIARO, Sull'applicabilit dell'Art. 1341, comma 2, e.e. ai contratti della P.A., in Giust. Civ., 1984, parte I, pp. 3259-60. In sede di primo commento alla ben nota Cass., sez., I, 29 settembre 1984 n. 4832, si ripercorrono alcuni dei pi significativi orientamenti dottrinali e giurisprudenziali in tema di clausola vessatoria (Massimo Salvatorelli). MASSIMO FRANZONI, L'azione diretta aquiliana ed il diritto di rivalsa nell'assicurazione dei veicoli a motore, in Riv. Trim. di dr. o proc. civ., n. 4, dicembre 1984, 1039 ss. Affermata la necessaria coesistenza tra l'obbligazione risarcitoria ex art. 2054 e.e. (e da correlativa azione) con quella parimenti risaircitoria posta a carico dell'assicuratore del danneggiante dall'art. 18 legge n. 990/1969, l'attore affronta il problema del rapporto intercorrente tra le suddette obbligazioni ed il correlativo esercizio delle rispettive azioni. Attraverso un'analisi critica delle principali tesi formulate da coloro che negano il nesso di solidariet fra l'obbligazione dell'assicuratore e quella del danneggiante -assicurato, -egli perviene alla conclusione che entrambe le obbligazioni debbono ricondursi allo schema astratto della solidariet dei vincoli, illustrando la sua tesi alla luce dei pi recenti risultati raggiunti da dottrina e giurisprudenza in materia di solidariet. Viene infine esaminato il diritto di rivalsa dell'assicuratore; dopo aver premesso brevi cenni sul concetto di rivalsa e sulla necessit di mutuare il contenuto del diritto dall'istituto della surroga assicurativa e dal concetto di regresso, l'Autore esamina compiutamente i due istituti, concludendo con un esame critico della dottrina e giurisprudenza in argomento (Maria Letizia Guida). GIOVANNI GIACOBBE, Prime impressioni... tecniche su una contrastata sen tenza, in Giust. Civ., 1984, I, p. 2959-61. Traendo spunto dalla nota sentenza (23 ottobre 1984) resa dalle Sezioni Unite penali della Cassazione e dalla sentenza 18 ottobre 1984 n. 5259 della sezione I civile, vertenti in materia di limiti al diritto di cronaca, l'Autore si sofferma brevemente sui rapporti tra esercizio di diritti costituzionalmente garantiti e rilevanza penale dei comportamenti che costituiscono applicazione degli stessi, sottolineando come i principi enunciati dal S.C. non siano difformi dal precedente costante orientamento, e debbano comunque essere letti alla luce dei particolari casi sottoposti al giudizio della Corte (Massimo Salvatorelli). DOMENICO PIOMBI, Appunti in tema di normativa transitoria della legge dell'equo canone (Osservaz. a Cass. 25 luglio 1984 n. 4360), in Foro lt., 1985, gennaio, I, 200. L'articolo costituisce un commento con vasti richiami giurisprudenziali alla sentenza annotata la quale, statuendo l'applicabilit dell'art. 11 1. n. 392/78 ai contratti di locazione soggetti alla disciplina transitoria chiaro snaturamento della tutela cautelare; e) disapplicazione in sede cautelare della norma ritenuta illegittima. chiaro snaturamento della tutela cautelare; e) disapplicazione in sede cautelare della norma ritenuta illegittima. 110 RASSEGNA DEIL1AVVOCATURA DEI.LO STATO della medesima legge, da una parte ha verificato la incompatibilit dell'art. 4 I. 841/73 con l'art. 11 I. 392/78, osservando come l'applicazionedella norma successiva ai rapporti gi in corso non costituisce violazione del principio dell'irretroattivit in quanto incidente su uno degli effetti del contratto; dall'altra sottolineando la irrilevanza dell'omesso richiamo della disposizione aJ?plicata nel regime transitorio della I. 392/78 stante il principio che i punti non disciplinati espressamente dalle norme transitorie ,devono ritenersi regolati dalla disciplina definitiva (Ettore Figliolia). GIOVANNI VALCAVI, Evitabilit del maggior danno ex art. 1227, 2 comma e.e., e rimpiazzo della prestazione non adempiuta (Nota a Cass. 6 agosto 1983 n. 5274), in Foro lt., 1984, novembre, I, 2820. L'Autore dell'articolo critica la decisione annotata con la quale la S.C. di Cassazione, in relazione al problema della responsabilit del creditore per non essersi attivato al fine della sostituzione aliunde del bene non prestato dal debitore cos da contenere il pregiudizio risarci- bile, ha operato un revirement rispetto all'orientamento giurisprudenziale prevalente, affermando che non sussiste in capo al creditore l'onere di. rimpiazzare la merce non fornitagli dal venditore anche se facilmente reperibile sul mercato (Ettore Figliolia). I CARLO ZOLI, La tutela degli interessi legittimi nel diritto del lavoro, in I Giust. Civ., 1984, parte II, p. 423-444. I ~ L'Autore delinea, con diffusa e puntuale trattazione, il cammino percorso dalla giurisprudenza, che giunta ad affermare (pur con incertezze e ripensamenti) l'esistenza nel diritto del lavoro di posizioni di interesse legittimo in capo ai privati tutelabili dinanzi l'A.G.O .. L'analisi considera come punto cardine la nota pronunzia della Cass. SS.UU. 2 no I vembre 1979 n. 5688 e, al termine di una rassegna giurisprudenziale sui I ~ profili pi significativi (quali correttezza e buona fede, concorsi, ecc.) si sofferma su alcuni spunti dottrinali e sugli interessi legittimi di diritto pubblico nell'ambito del diritto del lavoro (Massimo Salvatorelli). PROCEDURA CIVILE I GIOVANNA CAMPANILE, Procedimento d'urgenza e incidente di legittimit'costituzionale, in Riv. dir. process. 1985, 124 ss. L'Autore affronta la assai interessante e dibattuta questione, della compatibilit tra procedimento di urgenza ed incidente di legittimitcostituzionale. Vengono esaminati innanzitutto gli orientamenti della giurisprudenza di merito che possono ricondursi a tre linee fondamentali: a) rimessione degli atti alla Corte dopo la emissione del provvedimento, con evidente venir meno della rilevanza, come pi volte ritenuto dalla Corte stessa; b) rimessione anteriore alla emissione del provvedimento, con PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA Ritenuta la incompatibilit delle prime due vie, l'Autore pervienealla conclusione, peraltro difficilmente condivisibile, che in sede cautelare il giudice possa disapplicare la legge ritenuta incostituzionale (Vincenzo Nunziata). MARIA GIULIANA CIVININI TAFFINI, Provvedimenti camerali: or~entamenti giurisprudenziali in tema di ricorribilit in Cassazione ex art. 111, 2 comma Cost. (Nota a Cass. 22 gennaio 1983 n. 618 e 22 gennaio 1982 n. 444), in Foro It., 1984, novembre, I, 2844. L'Autore della nota prende spunto dalla sentenza annotata per procedere ad una analisi della giurisprudenza riguardo al problema dell'ammissibilit del ricorso in Cassazione dei provvedimenti camerali che trovano Ja loro disciplina generale negli artt. 737 SS. c.p.c. (Ettore Figliolia). VANNA COCCHI, Oreintamenti giurisprudenziali in tema di limiti oggettivi del giudicato e di impugnative negoziali (Nota a Cass. 15 maggio 1984 n. 2965), in Foro lt., 1984, dicembre, I, 2957. Premessa una esauriente ricognizione degli orientamenti giurisprudenziali e dottrinali esistenti in materia di limiti oggettivi del giudicato emesso su impugnativa di atti negoziali, l'autore dell'articolo da un lato accoglie la soluzione data dalla sentenza annotata che maggiormente protegge l'intangibilit del giudicato e l'integrit della tutela da esso attri buito, dall'altro critica alcune ambiguit4 espresse nella motivazione della medesima pronuncia che sembrano ridimensionare il principio accolto e sopra richiamato (Ettore Figliolia). EDOARDO GARBAGNATI, La dichiarazione d'incostituzionalit dell'art. 648, II c., c.p.c., in Riv. dir. process. 1985, 1 ss. L'Autore si sofferma sulla recente sentenza n. 137/84 della Corte Costituzionale che ha dichiarato l'illegittimit dell'art. 648, II c. esaminando l'attuale portata della norma nel senso che il II comma cos come modificato dalla sentenza, abbia perso ogni concreto significato. L'Autore si sofferma altres sulla vexata quaestio , della ammissibilit della sentenza c.d. sostitutiva o manipolativa della Corte Costituzionale (Vincenzo Nunziata). DANTE GROSSI, Questioni in tema di sospensione del procedimento ex art. 700 c.p.c. e di condanna alle spese del processo cautelare, in Giust. Civ., 1984, I, 3115-3124. Alla luce dei principi enunciati dal S.C. su alcune delle pi attuali questioni in materia di tutela atipica, l'Autore si diffonde criticamente sui temi: A) Del potere cautelare dell'A.G.O. in materia di cognizioneesclusiva del giudice Amministrativo; B) della proposizione di ricorso per regolamento di giurisdizione in sede di Art. 700 c.p.c.; C) della sospensione ex art. 357 c.p.c. in caso di tutela cautelare; D) della condanna alle spese. In particolare, nelle questioni di cui alle lettere B, C e D, l'Autore, con interessante esposizione, contesta le conclusioni cui per 112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO viene la Cassazione, rilevando altres l'uso eterodosso che de~li stru menti forniti dalla tutela cautelare e dal regolamento di giunsdizione suol farsi nella prassi forense (Massimo Salvatorelli). ALBERTO LEVONI, Prime note alla legge del 30 luglio 1984, n. 399 sulle modificazioni di competenza, in Riv. Trim. di dr. e proc. civ. n. 4, dicembre 1984, 1192 ss. Dopo aver illustrato le modificazioni della competenza del conciliatore e del pretore, l'Autore si sofferma sui nuovi poteri generali di equitdel conciliatore, sui presupposti di ammissibilit della domanda in forma orale. davanti ai suddetti giudici, nonch sulla inappellabilit della sentenza del conciliatore. Vengono quindi esaminate le eterogenee disposizioni contenute nell'art. 6 della nuova legge sulla competenza, i nuovi criteri di determinazione del valore delle controversie relative a beni immobili, le disposizioni transitorie, segnalandosi infine alcune sviste di coordinamento formale del legislatore (Maria Letizia Guida). GIAMPIERO SoNNORI, Ammissibilit del sequestro conservativo in presenza di un tUolo esecutivo in Riv. Trim. di dr. e proc. civ. n. 1, marzo 1985, 134 ss. Dopo aver sinteticamente esposto le opinioni favorevoli e contrarie all'ammissibilit del sequestro conservativo in presenza di un titolo esecutivo, l'Autore affronta il problema, muovendo da un'impostazione me. todologica diversa da quella tradizionalmente seguita, che tiene conto soprattutto del particolare tipo di rapporto che corre tra titolo esecutiv e sequestro. conservativo. In quest'ottica, egli individua ed esamina tre diversi tipi di situazioni, a seconda che si sia in presenza di un titolo esecutivo di formazione stragiudiziale, di una sentenza passata in giudicato ovvero di una sentenza di primo grado parzialmente esecutiva o di appello non passata in giudicato. Soltanto nel primo caso, secondo l'Autore, la cautela pu essere chiesta e deve essere concessa dal giudice, purch si presentino realizzate le normali condizioni del fumus boni iuris e del periculum Nelle altre situazioni, invece atteso il carattere necessariamente fun. zionale della misura cautelare rispetto all'attuazione della tutela sostanziale, ed il meccanismo della conversione, la cautela dovr essere sempr~ negata in quanto astrattamente inammissibile (Maria Letizia Guida). VARIE GIUSEPPE FICI, Ancora sul procedimento disciplinare a carico dei magistrati, in particolare nella fase dell'impugnazione, in Giust. Civ., 1984, parte I, pp. 3299-3304. A commento della pronunzia resa dalle SS.UU. della Cassazione in data 5 luglio 1984 (n. 3951) in sede di impugnazione di una pronunzia della sezione disciplinare del C.S.M., ci si sofferma su alcune rilevanti questioni processuali risolte dal S.C.; in particolare, sull'interpretazione del termine sentenza di cui al.l'Art. 12 L. n. 1/81, su11a competenza per le valutazioni di merito e sulle garanzie di difesa del magistrato (Massimo Salvatorelli). PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA SEGNALAZIONI DI NUOVE PUBBLICAZIONI RECENSITE DALLE RIVISTE ESAMINATE DIRITTO AMMINISTRATIVO AA.W., L'espropriaz;one per puf?blica utilit. Maggioli, Rimini, 1984. Il volume, curato da A. Clarizia, raccoglie gli atti della tavola rotonda tenutasi a Salerno il 23 febbraio 1984, con interventi di vari giuristi tra cui G. Abbamonte, A. De Roberto e V. Spagnolo Vigorita, nonch un'accurata documentazione comprensiva di circolari, sentenze e disegnidi legge (Enrico De Giovanni). S. CASSARINO, Il processo amministrativo nella legislazione e nella giuriprudenza, vol. I Giuff, Milano, 1984. L'opera contiene l'esposizione sistematica delle norme sul processoamministrativo e di tutta la giurisprudenza dal dopoguerra ad oggi, strutturandosi in una prima parte sui presupposti ed in una seconda sullo svolgimento del giudizio (Enrico De Giovanni). E. FALLIERI, Risarcimento dei danni per lesione di interessi legittimi. Solfanelli, Chieti, 1984. ' L'interessante opera divisa in 4 capitoli: dopo una parte introduttiva l'Autore approfondisce lo studio degli inte:r;essi c.d. oltremodo protetti, dei c.d. interessi pretensivi, e tratta infine in particolare del problema del risarcimento dei danni per lesione di interessi legittimi(Enrico De Gicwanni). GIUSEPPE LANDI, L'espropriazione per pubblica utilit. Commentario di legislazione amministrativa a cura di F. Piga. Giuffr, Milano, 1984, pp. 214. Esame analitico, ricco di riferimenti dottrinali e giurisprudenziali di tutta la problematica relativa alla espropriazione per p.u. (Gabriella PalInieri). P. MARCHESE, Il silenzio nel Diritto amministrativo. Pirola, Milano, 1983. L'Autore illustra gli aspetti salienti dell'istituto del silenzio nel diritto amministrativo. (Enrico De Giovanni). PROCEDURA CIVILE CELSO EDOARDO BALBI, La decadenza nel processo di cognizione. Giuffr, Milano, 1985, pp. 1-496. Lo studio e la ricerca del punto di equilibrio fra pesi e contrappesi, fra decadenza e rimedi restitutori, fra accelerazione del processo e resti RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 114 tuzione come esercizio del diritto di difesa: in ci pu individuarsi il motivo conduttore della monografia. . Il tutto verificato saggiamente sia con l'evoluzione storica sia con interessanti raffronti con ordinamenti stranieri (Maria Letizia Guida). FERRUCCIO TOMMASEO, I provvedimenti d'urgenza (struttura e limiti dalla tutela anticipatoria). Padova, Cedam, 1983 pp. XI 381. L'idea ispiratrice dell'opera enunciata dallo stesso autore: la consapevolezza che lo studio della tutela cautelare urgente deve ricercare i criteri che contribuiscano a stabilire un corretto rapporto tra anticipazione e giudizio di merito, il motivo ispiratore di questo libro . Si presenta come punto focale di tutta la prima parte dello studio quellodi collegare e raccordare strettamente il provvedimento d'urgenza col giudizio di merito. Emerge inoltre, la preoccupazione dell'Autore di riaffermare la struttura cautelare del procedimento, di puntualizzare e circoscrivere i poteri e le funzioni del giudice, l'attivit delle parti, senza sopravvalutare le eventuali utilizzazioni devianti compiute da una prassi soven~e incontrollata. da segnalare l'ultimo capitolo della monografia che si occupa del problema dell'esecuzione dei provvedimenti di urgenza e nel quale si leggono indicazioni originali e interessanti (Maria Letizia Guida). RASSEGNA DI LEGISLAZIONE LEGGI E DECRETI (*) -L. 4 febbraio 1985 - Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 6 dicembre 1984 n. 807 recante disposizioni urgenti in materia di trasmissioni rdiotelevisive in G. U. n. 30 del 5 febbraio 1985; -D.L. 21 febbraio 1985 -Disposizioni urgenti in materia di interventi nei settori dell'industria e della distribuzione commerciale in G. U. n. 46 del 22 febbraio 1985; -D.P.R. 14 febbraio 1985 n. 30 -Approvazione dello Statuto -regolamento dell'A.l.M.A. in Suppi. G. U. n. 49 del 26 febbraio 1985; -L. 27 febbraio 1985 n. 52 -Modifiche al libro VI del cod. civ. e norme di servizio ipotecario in riferimento alla introduzione di un sistema di elaborazione automatica nelle conservatorie dei Registri immobiliari in G. U. n. 56 del 6 marzo 1985; -Testo del D.L. 22 dicembre 1984 n. 901 coordinato con la legge di conversione 1 marzo 1985 n. 42 recante Proroga della vigenza di alcuni termini in materia di lavori pubblici in G. U. n. 59 del 9 marzo 1985; -L. 7 marzo 1985 n. 71 -Sistemazione finani:iaria della residua esposizione debitoria dei soppressi enti mutualistici nei confronti degli istituti bancari creditori in G. U. n. 62 del 13 marzo 1985; -D.L. 19 dicembre 1984 n. 853 convertito con modificazioni nella L. 17 febbraio 1985 n. 17 recante disposizioni in materia di I.V.A. e imposta sul reddito e disposizioni relative alla amministrazione finanziaria in Suppl. G. U. n. 69 del 21 marzo 1985; -Testo del D.L. 25 gennaio 1985 n. 8 coordinato con la leg~e di conversione 27 marzo 1985 n. 103 recante Ripiano dei disavall7l di amministrazione delle U.S.L. al 31 dicembre 1983 e norme in materia di convenzioni sanitarie in G. U. n. 83 del 6 aprile 1985; -L. 25 marzo 1985 n. 121 -Ratifica ed esecuzione dell'accordo, con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apportamodificazioni al Concordato Lateranense dell'll febbraio 1929 tra la Repubblica Italiana e la S. Sede in Suppi. G. U. n. 85 del 10 aprile 1985; -D.L. 23 aprile 1985 n. 146 -Proroga di alcuni termini di cui alla L. 28 febbraio 1983 n. 47 concernente norme in materia di controllo dell'attivit urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opereabusive in G. U .. n. 97 del 24 aprile 1985; -D.P.R 22 marzo 1985 n. 199 e 200 -Autorizzazione dell'Avvocatura dello Stato ad assumere la rappresentanza e la difesa in giudizio rispet. tivamente dell'A.G.I. e del C.A.I. in G. U. n. 118 del 21 maggio 1985; ' -L. 20 maggio 1985 n. 206 -Ratifica ed esecuzione del protocollo, firmato a Roma il 15 novembre 1984 che approva le norme per la disciplina della materia degli enti e beni ecclesiastici in Suppi. G. U. n. 123 del 27 maggio 1985; (*) Si segnalano Gazzetta Ufficiale nei 14 alcuni mesi tra di i febbprovvedimenti raio-marzo-aprilenormativi -maggio e pubblicati nella giugno 1985. 116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ~ -L. 20 maggio 1985 n. 222 -Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del Clero cattolico in servizio nelle diocesi in Suppl. G. U. n. 129 del 3 giugno 1985; -L. 4 giugno 1985 n. 281 -Disposizioni sull'ordinamento della Commissione nazionale per le societ e la borsa in Suppl. G. U. n. 142 del 18 giugno 1985. NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Codice civile, art. 244, secondo comma, nella parte in cui non dispone, per il caso previsto dal n. 3 dell'art. 235 dello stesso codice, che il termine dell'azione di disconoscimento decorra dal giorno in cui il marito sia .venuto a conoscenza dell'adulterio della moglie. Sentenza 6 maggio 1985, n. 134, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. codice penale militare di pace, art. 180, primo comma. Sentenza 2 maggio 1985, n. 126, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis. legge 7 luglio 1901, n. 283, artt. 6, lett. b), 7, 8 .e 9. Sentenza 2 maggio 1985, n. 127, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis. r.d.L 13 agosto 1926, n. 1459, art. 1, secondo comma, nella parte in cui tiene ferme le disposizioni della legge n. 283/1901. Sentenza 2 maggio 1985, n. 127, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis. r.d.L 13 agosto 1926, n. 1459, artt. 2 e 3, in quanto applicabili ai patrocinatori di cui all'art. 6, lett. b), della legge n. 283/1901. Sentenza 2 maggio 1985, n. 127, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis. legge 28 giugno 1928, n. 1415, art. 1, nella parte in cui tiene ferme le disposizioni della legge n. 283/1901. Sentenza 2 maggio 1985, n. 127, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis. legge 19 maggio 1932, n. 841, art. 1, e legge 3 dicembre 1962, n. 1832, art. 2 nella parte in cui danno esecuzione all'art. 22/1 della convenzione di Varsavia del 12 ottobre 1929, c;ome sostituito dall'art. XI del protocollo dell'Aja del 28 settembre 1955. Sentenza 6 maggio 1985, n. 132, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. legge reg. siciliana 9 marzo 1959, n. 3 art. 5, n. 6, n. 8 e n. 9, riportato nell'art. 5, n. 6, n. 8 e n. 9, del testo unico delle leggi per l'elezione dei I I f: PARTE Il, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE consigli comunali nella regione siciliana approvato con decreto del presidente reg: siciliana 20 agosto 1960, n. 3, nella parte in cui prevede una situazione di ineleggibilit anzich di incompatibilit. Sentenza 24 maggio 1985, n. 162, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. legge 3 dicembre 1962, n. 1832, art. 2 e legge 19 maggio 1932, n. 841, art. 1, nella parte in cui danno esecuzione all'art. 22/1 della convenzione di Varsavia del 12 ottobre 1929, come sostituito dall'art. XI del protocollo dell'Aja del 28 settembre 1955. Sentenza 6 maggio 1985, n. 132, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 47, nella parte in cui non consente che valga come espiazione di pena il periodo di affidamento in prova al. servizio sociale, in caso di annullamento del provvedimento di ammissione. Sentenza 13 giugno 1985, n. 185, G. U. 19 giugno 1985, n. 143-bis. disegno di legge approvato dal consiglio provinciale dell'Alto dige il 7 ottobre 1976 e riapprovato il 1 dicembre 1976, art. 3. / Sentenza 23 maggio 1985, n. 155, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE Codice civile, art. 2671 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Sentenza 14 maggio 1985, n. 147, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. codice penale militare di pace, art. 58 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 23 maggio 1985, n. 157, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 7 gennaio 1929, n. 4, art. 57, nella parte in cui esclude che la tempestiva proposizione del ricorso contro l'ordinanza dell'intendente di finanza possa essere realizzata anche con la spedizione del ricorso stesso mediante raccomandata, e che in tal caso la data di spedizione equivalga alla data di presentazione (art. 3 della Costituzione). Sentenza 26 aprile 1975, n. 121, G. U. 8 maggio 1985, n. 101-bis. r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 10, secondo e terzo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 9 maggio 1985, n. 136, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736, art. 116, secondo comma (artt. 3 e 27 della Costituzione). Sentenza 25 maggio 1985, n. 169, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. RASSEGNA DBLL'AVVOCATURA DELLO STATO r.dJ. 9 gennaio 1940, n. 2, art. 52, primo comma [convertito In legge 19 giugno 1940, n. 762] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 26 aprile 1985, n. 121, G. U 8 maggio 1985, n. 107-bis. legge 3 novembre 1954, n. 1042 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 23 maggio 1985, n. 152, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 20 novembre 1955, n. 1179 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 23 maggio 1955, n. 152, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 4 marzo 1958, n. 174, art. 8 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Sentenza 13 giugno 1985, n. 179, G. U. 19 giugno 1985, n. 143-bis. legge 18 marzo 1959, n. 132 (artt. 3, 5, 97 e 128 della Costituzione). Sentenza 6 maggio 1985, n. 131, G. U. 15 maggl.o 1985, n. 113-bis. legge 18 febbraio 1963, n. 67 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 23 maggio 1955, n. 152, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 21 luglio 1965, n. 903, art. 21, nella parte in cui non prevede per il titolare di pensione la categoria dei fratelli e delle sorelle inabili al lavoro tra i soggetti che hanno titolo alle quote di maggiorazione della pensione (artt. 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 26 aprile 1985, n. 120, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis. legge 27 luglio ~967, n. 658, art. 96, primo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 14 maggio 1985, n. 144, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. legge 28 ottobre 1970, n. 775, art. 16-ter (artt. '3, 36, 103, 104, primo comma e 107, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 6 maggio 1985, n. 133, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. d.P.R. 21 marzo 1971, n. 276, art. 6 (artt. 76 e 77 della Costituzione). Sentenza 24 maggio 1985, n. 163, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 17 (artt. 25, 76, 77 e 108 della Costituzione). Senteriza 23 maggio 1985, n. 156, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 6 dicembre 1971, n. 1065 (art. 3 dell,a Costituzione). Sentenza 23 maggio 1955, n. 152, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 15 dicembre 1972, n. 772 (artt. 2, 3 e 52 della Costituzione). Sentenza 24 maggio 1985, n. 164, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge 15 dicembre 1972, n. 772, art. 3, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 24 maggio 1985, n. 164, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 15 dicembre 1972, n. 772, art. 3, secondo comma (artt. 3 e 97 della Costituzione). Sentenza 24 maggio 1985, n. 164, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 24 aprile 1975, n. 130, art. 7, secondo comma (art. 21 della Costituzione). Sentenza 9 maggio 1985, n. 138, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. disegno di legge reg. aut. Valle d'Aosta approvato il 2 luglio 1976 e riapprovato il 30 settembre 1976 (artt. 3 della Costituzione e 2 e 3 statuto speciale Valle d'Aosta). Sentenza 14 maggio 1985, n. 150, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. d.P.R. 26 luglio 1976, n. 752 (artt. 107 e 108 dello statuto speciale TrentinoAlto Adige e artt. 70, 76, 77 e 87 della Costituzione). Sentenza 24 maggio 1985, n. 160, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. d.P.R. 26 luglio 1976, n. 752, artt. 9 e 46 (artt. 89 e 100 dello statuto speciale Trentino-Alto Adige. e artt. 3, 4, 35, 36 e. 97 della Costituzione). Sentenza 24 maggio 1985, n. 160, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. disegno di legge approvato dal consiglio provinciale dell'Alto Adige il 7 ottobre 1976 e riapprovato il 1 dicembre 1976 (artt. 41 e 120 della Costituzione). Sentenza 23 maggio 1985, n. 155, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. disegno di legge approvato dal consiglio provinciale dell'Alto Adige il 7 ottobre 1976 e riapprovato il 1 dicembre 1976, art. 4 (artt. 3 e 4 della Costituzione). Sentenza 23 maggio 1985, n. 155, G..U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. legge reg. Abruzzo 2 febbraio 1978, n. 9 (artt. 36, 97 e 117 della Costituzione). Sentenza 14 maggio 1985, n. 143, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. legge prov. Trento 13 marzo 1978, n. 13 (artt. 8 e 9 dello statuto speciale Trentino-Alto Adige) . . Sentenza 9 maggio 1985, n. 139, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. legge prov. Trento 13 marzo 1978, n. 13, art. 8, ultimo comma (artt. 3, 4, 23, 31, 35 e 53 della Costituzione). Sentenza 9 maggio 1985, n. 139, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, artt. 99, secondo comma, e 116, primo comma [sostituito quest'ultimo dall'art. 25 del d.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834], nella parte in cui prevede un termine quinquennale di prescrizione per la richiesta della pensione di guerra (art. 3 della Costituzione). Sentenza 2 maggio 1985, n. 125, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis. 120 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge reg. Abruzzo 28 dicembre 1978, n. 87, art. 15 (artt. 36, 97 e 117 della Costituzione). Sentenza 23 maggio 1985, n. 153, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 21 febbraio 1980, n. 28, art. 4, lett. d) (artt. 1, 3, 51 e 76 della Costituzione). Sentenza 23 maggio 1985, n. 158, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 21 febbraio 1980, n. 28, art. 4, primo comma, lett. b) (artt. 3, 33, 51 e 97 della Costituzione). Sentenza 14 maggio 1985, n. 145, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. legge 24 aprile 1980, n. 146, art. 48 (artt. 25, 76, 77 e 108 della Costituzione). Sentenza 23 maggio 1985, n. 156, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 11, quarto comma, lett. a) (artt. 3, 33, 51 e 97 della Costituzione). Sentenza 14 maggio 1985, n. 145, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 13, primo comma, n. 7 (artt. 3, 4 e 76 della Costituzione). Sentenza 23 maggio 1985, n. 158, G. U. 5 giug?o 1985, n. 131-bis. d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739, art. 27 (artt. 25, 76, 77 e 108 della Costituzione). Sentenza 23 maggio 1985, n. 156, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 26 novembre 1981, n. 690 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 23 maggio 1955, n. 152, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 14 aprile 1982, n. 164, art. 1 (artt. 2 e 32 della Costituzione). Sentenza 24 maggio 1985, n. 161, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 3 maggio 1982, n. 203, art. 40, primo comma (artt. 41 e 44 della Costituzione). Sentenza 25 maggio 1985, n. 168, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. dJ. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 19 [conv. in legge 26 aprile 1983, n. 131] (artt. 3 e 53 della Costituzione). Sentenza 23 maggio 1985, n. 159, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. dJ. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 19 [conv. in legge 26 aprile 1983, n. 131] (art. 23 della Costituzione). Sentenza 23 maggio 1985, n. 159, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. PARTB II, RASSEGNA D LEGISLAZIONE dJ. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 20, terzo e settimo comma [conv. in legge 26 aprile 1983, n. 131] (art. 53 della Costituzione). Sentenza 23 maggio 1985, n. 159, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. III -QUESTIONI PROPOSTE codice civile artt. 6, 143-bis, 236, 237, secondo comma e 262, secondo comma (artt. 2, 3 e 29 della Costituzione). Tribunale di Lucca, ordinanza 21 gennaio 1985, n. 177, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. codice civile, art. 291 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 12 ottobre 1984, n. 120/85, G. U. 19 giugno 1985, n. 143-bis. codice civile, art. 956 (artt. 41 e 42 della Costituzione). Tribunale di Castrovillari, ordinanza 17 ottobre 1984, n. 3/85, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. codice civile, art. 2109 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Tribunale di Aosta, ordinanza 18 dicembre 1984, n. 66/85, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. codice civile, art. 2195 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Varese, ordinanza 18 ottobre 1984, n. 1334, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. codice civile, art. 100 disposizioni di attuazione (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Ragusa, ordinanza 20 novembre 1984, n. 86/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. codice di procedura civile, art. 437, secondo comma (art. 3 della Costituzione. Tribunale di Foggia, ordinanza 5 luglio 1984, n. 54/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. codice di procedura civile, art. 444, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Genova, ordinanza 18 settembre 1984, n. 1310, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. codice penale, art. 162 (art. 3 della Costituzione) Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza 9 novembre 1984, n. 81/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. 122 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO - codice penale, art. 385, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Sal, ordinanza 11 gennaio 1985, n. 130, G. U. 19 giugno 1985, n. 143-bis. codice penale, art. 530, primo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Leonforte, ordinanza 26 novembre 1984, n. 33/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. codice. di procedura penale, art. 41-bis (artt. 3, 97 e 101 della Costituzione). Giudice istruttore tribunale di Treviso, ordinanza 16 ottobre 1984, n. 1328, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. I codice di procedura penale, art. 226-quater, settimo comma (artt. 3, 15 e 24 della Costituzione). Tribunale di Ferrara, ordinanza 10 marzo 1983, n. 173/85, G. U. 26 giu I gno 1985, n. 149-bis. codice di procedura penale, art. 226-quater, ottavo comma (arj;, 24 della I Costituzione}. Tribunale di Ferrara, ordinanza 10 marzo 1983, n. 173/85, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. I I !: m codice procedura penale, art. 263, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). I Corte di cassazione, ordinanze (due} 12 gennaio 1985, nn. 227 e 228/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. Corte di cassazione, ordinanze (due) 15 gennaio 1985, nn. 153 e 154, G. U. I 12 giugno 1985, n. 137-bis. codice di procedura penale, art.. 586, quarto capoverso (art. 3 della Costi I tuzione}. Pretore di Prato, ordinanza 22 novembre 1984, n. 12/85, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. I codice penale militare di pace, art. 186, secondo comma (art. 25 della Costituzione). I ~ Tribunale militare di Padova, ordinanza 24 ottobre 1984, n. 1314, G~ U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. ?: > i f: codice penale militare di pace, art. 189, primo comma (art. 25 della ! t Costituzione}. ' Tribunale militare di Padova, ordinanza 25 ottobre 1984, n. 1337, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE ~ codice penale militare di pace, art. 195, primo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale militare di Padova, ordinanza 11 ottobre 1984, n. 1317; G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. legge 22 marzo 1908, n. 105, artt. 1 e 7 [cos come sostituita con leggi 11 febbraio 1952, n. 63, e 16 ottobre 1962, n. 1498] (artt. 2, 35 e 41 della Costituzione). Pretore di Bra, ordinanza 5 dicembre 1984, n. 70/85, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, artt. 42, punto 3, e 58, all. A (artt. 3 e 24 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanze 12 gennaio 1984, n. 65/85, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. t.u. 20 settembre 1934, n. 2011, art. 53 (art. 23 della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 24 settembre 1984, n. 1329, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. r.d. 9 luglio 1939, n. 1238, art. 73 (artt. 2, 3 e 29 della Costituzione). Tribunale di Lucca, ordinanza 21 gennaio 1985, n. 177, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. r.d. 30 gennaio !941, n. 12, artt.30 e segg. (artt. 97 e 101 della Costituzione). Pretore di Verbania, ordinanza 20 ottobre 1984, n. 1327, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. !87, primo comma, e 160, primo comma, n. 1 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Ragusa, ordinanza 20 novembre 1984, n. 86/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 30 (attt. 3 e 136 della Costituzione). Tribunale di Bologna, ordinanza 12 luglio 1984, n. 61/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. legge 19 ge11naio 1955, n. 25, art. 21 (artt. 3, 31, 35, 37 e 38 della Costituzione). Pretore di Crema, ordinanza 7 dicembre 1984, n. 99/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. legge 11 aprile 1955, n. 379, art. 40, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 5 marzo 1984, n. 152/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. 124 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 26 ottobre 1957, n. 1047, art. 18, secondo comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 10 febbraio 1984, n. 1346, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. legge 20 febbraio 1958, n. 93, art. 2 (artt. 3 e 38 della Cosiituzione). Tribunale di Cagliari, ordinanza 8 febbraio 1985, n. 198, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 80, tredicesimo comma (artt. 3 e 27 della Costituzione). Pretore di Grumello del Monte, ordinanza 2 maggio 1984, n. 1291, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo comma, lett. a) (art. 3 dell Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanza 3 febbraio 1981, n. 1343, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis. Pretore di Udine, ordinanza 24 ottobre 1984, n. 1371, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. Pretore di Udine, ordinanza 6 novembre 1984, n. 1374, G. U. 15 maggio 1985, 11. 113-bis. ~ Pretore di Reggio Emilia, ordinanza 24 ottobre 1984, n. 4/85, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. Pretore di Aosta, ordinanza 17 ottobre 1984, n. 30/85, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. Pretore di Roma, ordinanza 23 ottobre 1984, n. 123/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. Pretore di Palermo, ordinanza 3 dicembre 1984, n. 160/85, G. U. 19 giugno 1985, n. 143-bis. legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo comma, lett. a) (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Latina, ordmanza 19 ottobre 1984, n. 1369, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. legge 9 gennaio 1963, n. 9, art. 1, secondo comma. Pretore di Alessandria, ordinanza 3 dicembre 1984, n. lJl/85, G. U. 19 giugno 1985, n. 143-bis. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 1, primo e quarto comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Taranto, ordinanza 10 gennaio 1985, n. 140, G. U. n. 143-bis. ' 19 giugno 1985, I !: i: f: i ! 1 ' > f PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 12J d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 11 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Siena, ordinanza 30 ottobre 1984, n. 1339, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. legge 22 luglio 1966, n. 613, art. 19, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Aosta, ordinanza 17 ottobre 1984, n. 29/85, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. legge 4 luglio 1967, n. 580, artt. 28 e 36 (art. 32 della Costituzione). Pretore di Bari, ordinanza 21 novembre 1984, n. 71/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. legge 1 marzo 1968, n. 151, art. 3 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Genova, ordinanza 28 gennaio 1985, n. 187, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3, secondo comma, let. a) (art. 3 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 15 ottobre 1984, n. 43/85, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. legge 2 aprile 1968, n. 475, art. 17 (art. 3 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 3 luglio 1984, n. 1297, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. legge 2 aprile 1968, n. 482, artt. 1, 11 e 16, quarto comma (artt. 3, 4, 38 e 97 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 16 novembre 1984, n. 72/85, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 25, primo comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 10 febbraio 1984, n. 1346, G:u. 22 maggio 1985,. n. 119-bis. legge 20 maggio 1970, n. 300, artt. 31 e 37 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Genova, ordinanza 12 dicembre 1984, n. 162/85, G. U. 19 giugno 1985, n. 143-bis. legge 1 dicembre 1970, n. 898, art. 9 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 17 maggio 1976, n. 82/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. Tribunale militare di La Spezia, ordinanza 12 dicembre 1984, n. 138/85, G. U. 19 giugno 1985, n. 143-bis. Tribunale militare di La Spezia, ordinanza 12 dicembre 1984, n. 138/85, G. U. 19 giugno 1985, n. 143-bis. - 1.26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I legge 20 novembre 1971, n. 1062, art. 9 (artt. 24 e 104 della Costituzione). Giudice istruttore del Tribunale di Firenze, ordinanza 3 gennaio 198$, n. 114, G. U. 19 giugno 1985, n. 143-bis. legge 30 dicembre 1971, n. 1024, art. 15, primo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Siena, ordinanza 21 novembre 1984, n. 7/85, G.U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. legge 30 dicembre 1971, n. 1024, artt. 17, terzo e quarto comma (artt. 3, 31, 35, 37 e 38 della Costituzione). Pretore di Crema, ordinanza 7 dicembre 1984, n. 99/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 34 (art. 45 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Potenza, ordinanze (quattro) 30 novembre 1984, nn. 222-225/85, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 60 (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Potenza, ordinanze (quattro) 222-225/bis, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, tariffa ali. A, art. 4, lett. a), rt. 1 e 1-bis (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Rovereto, ordinanza 19 luglio 1984, n. 11/85, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 23, primo comma {artt. 3 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Belluno, ordinanze (due) 5 novembre 1984, nn. 217-218/85, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 25 (artt. 3, 8, 19 e 20 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Pinerolo, ordinanza 19 luglio 1984, n. 28/85, G. U. 22 maggio 1985, n. 119/bis. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 648, art. 10 (artt. 76 e 77 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 29 marzo 1984, n. 1325, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. legge 15 dicembre 1972, n. 772, art. 11 {artt. 25 e 103 della Costituzione). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE d.P.R.. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 6, 28, 48 e 93 (artt. 3 e 28 dela Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 14 dicembre 1983, n. 24/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. d.P.R.. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 183, 195 e 334 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Rimini, ordinanza 7 maggio 1984, n. 1332, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. d.P.R.. 29 settembre 1973, n. 597, art. 10, lett. e) (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di . Genova, ordinanza 15 luglio 1984, n. 1344, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 12, lett. e), 14 e 46, secondo comma (artt. 3; 38, 53 e 76 della Costituzione). (Commissione tributaria di primo grado di Termini Imerese, ordinanze (tre) 4 luglio 1984, nn. 182-184/85, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 14 (art. 3 dela Costituzione). Commissione tributaria di primo grado qi Roma, ordinanza (sei) 22 marzo , 1984, nn. 101-106/85, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 8 marzo 1984, n. 107/85, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. Commissione tributaria di primo grado di Roma ordinanze (due), 29 .marzo 1984, nn. 109-110/85, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanze (due) 2 febbraio 1984, nn. 108 e 111/85, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. d.P.R.. 29 settemb1e 1973, n. 597, art. 14, primo comma (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 2 febbraio 1984, n. 1311, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. d.P.R.. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 28 e 51 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione trj.butaria di primo grado di Varese, ordinanza 18 ottobre 1984, n. 1334, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. d.P.R.. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 46, primo comma, e. 48 (art. 36 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Termini Imerese, ordinanze (due) 19 novembre 1984, nn. 213 e 214/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. 1 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Varese, ordinanza 18 ottobre 1984, n. 1334, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. 128 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 34 (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Forl, ordinanza 12 aprile 1984, n. 9/85, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. Commissione tributaria di secondo grado di Forl, ordinanza 12 aprile 1984, n. 8/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. 1 C01i;i.missione tributaria di primo grado di Padova, ordinanza 18 febbraio 1984, n. 10/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 42 (art. 36 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Termini Imerese, ordinanze (due) 19 novembre 1984, nn. 213 e 214/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 21 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 20 dicembre 1984, n. 197/85, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. legge 14 ottobre 1974, n. 497, artt. 10 e 14 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Lucera, ordinanza 18 ottobre 1984, n. 25/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 22 luglio 1975, n. 382, art. 4 (art. 125 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia Romagna, ordinanza 27 gennaio 1983, n. 22/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 22 dicembre 1975, n. 685, artt. 72 e 80 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 19 settembre 1984, n. 1309, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. legge 22 dicembre 1975, n. 685, art. 73, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Genova; ordinanza 5 ottobre 1984, n. 48/85, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. legge reg. Piemonte 5 dicembre 1977, n. 56, art. 56, secondo comma (art. 3, 42 e 117 della Costituzione). I ~ ! Tribunale amministrativo regionale per l Piemonte, ordinanza 3 luglio 1984, n. 63/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 131-bis. d.P.R. 6 dicembre 1977, n. 914, art. S (artt. 3, 70 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Brindisi, ordinanza 8 febbraio 1982, n. 51/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. ! I f legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 1, 58 e 65 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanza 17 ottobre 1983, n. 1336/84, G. U. 15 maggio f 1985, n. 113-bis. f ~ f i !' ' f f PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 129 legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 30, 46 e 84 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Pizzo Calabro, ordinanza 3 novembre 1984, n. 26/85, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. legge 27 lug1io 1978, n. 392, artt. 38, 39, 40 e 41 (art. 42 della Costituzione). Pretore di Venezia, ordinanza 17 aprile 1984, n. 132/85, G. U. 19 giugno 1985, n. 143-bis. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 58 e 64 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Paola, ordinanze (due) 27 novembre 1984, n. 67 e 68/85, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 58 e 65 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Cagliari, ordinanza 7 agosto 1984, n. 38/85, G. U. 29 maggio, 1985, n. 125-bis. Pretore di Messina, ordinanza 5 novembre 1984, n. 39/85, G. U. 29 ,maggio 1985, n. 125-bis. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 69 e 73 (artt. 3 e 42 della Costituzione). Pretore di Lecce, ordinanza 8 giugno 1983, n. 1295/84, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. legge 7 febbraio 1979, n. 56, articolo unico (art. 45 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Potenza, ordinanze (quattro) 30 novembre 1984, nn. 222-225/85, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. legge 15 ottobre 1979, n. 490, art. 1, primo e secondo comma (artt. 3, 24, 25, 42 e 97 della Costituzione). Tribunale di Palmi, ordinanza 3 maggio 1984, n. 133/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. dl. 3U dicembre 1979 n. 663, art. 3 [conv. in legge 29 febbraio 1980, n. 33] (artt. 3 e 53 della Costituzione). ,, Tribunale di Firenze, ordinanza 7 maggio 1984, n. 1348, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. d.L 30 dicembre 1979, n. 663, art. 3, primo comma, lett. b) [conv. in legge 29 febbraio 1980, n. 33] (artt. 3 e 53 della Costituzione). I Pretore di Padova, ordinanza 6 novembre 1984, n. 13/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. Pretore di Modena, ordinanza 17 novembre 1984, n. 73/85, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. legge 29 febbraio 180, n. 33, art. 3, (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 27 settembre 1984, n. 27/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. Pretore di Brescia, ordinanza 8 ottobre 1984, n. 46/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. 130 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 8 luglio 1980, n. 538 (artt. 3 e 76 della Costituzione). I Tribunale di Pinerolo, ordinanza 26 ottobre 1984, n. 1326, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. I d.P.R. 8 luglio 1980, n. 538, art. 1, ultimo comma (art. 3 e 53 della Costizione). Pretore di Padova, ordinanza 6 novembre 1984, n. 13/85, G. U. 12 giugno I 1985, n. 137-bis. ~ d.P.R. 8 luglio 1980, n. 538, artt. 1 e 2 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 27 settembre 1984, n. 27/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. Pretore di Brescia, ordinanza 8 ottobre 1984, n. 46/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 22 dicembre 1980, ri. 928, art. 2, terzo comma (artt. 3 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 28 maggio 1984, n. 165/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 131-bis. legge prov. di Bolzano 16 febbraio 1981, n. 3, artt. 5, primo comma; 7, terzo comma, lett. b); 8, secondo comma lett. b); 12 primo comma; 23 24, 25, 26, '1:1, 28, 29, 30, 31 e 44 (art. 120 della Costituzione e 8 dello statuto reg. TrentinoAlto Adige). Corte d'appello di Trento, ordinanza 4 dicembre 1984, n. 23/85, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. legge 19 febbraio 1981, n. 27, art. 3 (artt. 97 e 101 della Costituzione). Pretore di Verbania, ordinanza 20 ottobre 1984, n. 1327, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. legge 23 aprile 1981, n. 155, art. 19 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Udine, ordinanza 26 ottobre 1984, n. 1375, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis. , ! d.P.R. 2 giugno 1981, n. 271, artt. 1, 3 e 8 (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 16 mggio 1983, I n. 1338/84, .G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. d.I. 29 luglio 1981, n. 402, art. 12 [conv. in legge 26 settembre 1981, n. 537] I (artt. 3 e 53 della Costituzione). i i Pretore di Brescia, ordinanza 27 settembre 1984, n. 27/85, G. U. 5 giugno 1985, \ n. 131-bis. Pretore di Brescia, ordinanza 8 ottobre 1984, n. 46/85, G. U. 5 giugno 1985; n. 131-bis. I I ! I I I PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE d.l. 29 luglio 1981, n. 402, art. 12, sesto comma [conv. in legge 26 settembre '1.981, n. 537] (artt. 3 e 76 della Costituzione). Tribunale di Pinerolo, ordinanza 26 .ottobre 1984, n. 1326, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. . d.l. 29 luglio 1981, n. 402, art. 12, sesto e settno corilma [conv. in legge 26 settembre 1981, n. 537] (artt. 3 e 53 della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanza 7 maggio 1984, n. 1348, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 9 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Agrigento, ordinanza 28 settembre 1984, n. 1296, G. U. 8 maggio 1985, n. 101-bis. Iene 24 novembre 1981, n. 689, art. 21, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Pignataro Maggiore, ordinanza 19 novembre 1984, n. 1384, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. Pretore di Lucca, ordinanza 28 luglio 1984, n. 40/85, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. Pretore di Lucca, ordinanza 16 ottobre 1984, n. 41/85, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. Pretore di Piacenza, ordinanze (due) 7 novembre 1984, nn. 31 e 32/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53 e 77 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Udine, ordinanza 15 febbraio 1984, n. 50/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. legge 24 novembre 1981, 11. 689, artt. 53 e 77, primo e secondo comma (art. 3 della Costituzione). (Pretore di Moncalieri, ordinanza 5 novembre 1984, n. 161/85, G. U. 12 giu gno 1985, n. 137-bis. legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53, primo comma, e 77, primo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Ragusa, ordinanza 2 luglio 1984, n. 37/85, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 62 (art. 25 della Costituzione). Pretore di Pietrasanta, ordinanze (due) 10 novembre 1984, nn. 1382 e 1383, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis e G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77 (art. 3 della Costituzione) .. Pretore di La Spezia, ordinanza 26 ottobre 1984, n. 1308, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. 112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO / Pretore di Castel Baronia, ordinanza 5 novembre 1984, n; 15/85, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. Pretore di La Spezia, ordinanza 27 novembre 1984, n. 21/85, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. Pretore di Mirabella Belano, ordinanza 17 novembre 1984, n. 139/85, G. U. 19 giugno 1985, n. 143-bis. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77 (artt. 3, 24 e 27 della Costituzione). Pretore di Citt di Castello, ordinanza 9 novembre 1984, n. 1340, G. U. 29 maggio 1985, n.. 125-bis. legge 25 marzo 1982, n. 94, art. 15-bis (art. 3 della Costit~ione). Pretore di Milano, ordinanza 6 settembre 1983, n. 1331/84, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 14 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 27 settembre 1984, n. 27/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. Pretore di Brescia, ordinanza 8 ottobre 1984, n. 46/85, G. U. 5 giugno 1985, D. 131-bis. legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 14, primo e quarto comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanza 7 maggio 1984, n. 1348, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 14, quarto comma (artt. 3 e 76 della Costituzione). Tribunale di Pinerolo, ordinanza 26 ottobre 1984, n. 1326, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. legge 20 maggio 1982, n. 270, ai1 40 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Consiglio di Stato, sezione sesta, ordinanza 29 giugno 1984, n. 56/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 3, tredicesimo comma (art. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Udine, ordi.anza 26 ottobre 1984, n. 1375, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis. legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 5, terzo comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). Tribunale di Novara, ordinanza 25 ottobre 1984, n. 14/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. PARm II, RASSEGNA DI LEGISLAZJOMB 1H dJ. 10 IUlllio 1982, n. 429, art. 28 [conv. in legge 7 qosto 1912, n. ,516) (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Salerno, ordinaiiza 4 luglio 1984, n. 36/85, G. U. 29 maggio 1985, n. 125bis. legge 7 agosto 1982, n. 526, art. 8 (art. 23 della Costituzione). ,Pretore di Monza, ordinanza 23 gennaio 1985, n. 155, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. dJ. 30 settembre 1982, n. 688, art. 9, secondo e sesto comma {art. 3 della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 30 luglio 1984, n. 79/S5, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. dJ. 30 aettembre 1982, n. 688, art. 19, primo e secondo comma [conv. in legge 27 novembre 1982, n. 873] (artt. 3 e 24 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanze (due} 4 aprile 19M, nn. 1319 e 1321, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. Corte di cassazione, ordinanza 4 aprile 1984, n. 1320, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. Corte di cassazione, ordinanza 11 aprile 1984, n. 1323, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. Corte di cassazione, ordinanza 11 aprile 1984, n. 1324, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. Corte di cassazione, ordinanza 4 aprile 1984, n. 1322, G, U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. dJ. 28 febbraio 1983, n. 55 [convertito in legge 26 aprile 1983, n. 131] artt. 19, primo e secondo comma, 20, sesto, declmo e undicesimo comma (artt. 3, 23 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Pisa, ordinanza 13 ottobre 1984, n. 1378, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis. dJ. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 30, quarto comma [aggiunto dalla legge di conversione 26 aprile 1983, n. 131] (art. 81 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 21 maggio 1984, n. 5/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. dJ. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 30-bis [come introdotto dalla legge 26 aprile 1983, n. 131] (art. 81 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 22 novembre 1984, n. 55/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. legge 2 maggio 1983, n. 178 (artt. 2, 3, 32 e 41 della Costituzione). Pretore di Lonigo, ordinanza 19 novembre 1984, n. 170/85, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. RASSEGNA DELL'AVVOCATUR/\ DELLO STATO legge. 4 maggio 1983, n. 184, art. 79 (artt. 3, 30 e 31 della Costituzione). Tribunale per i minorenni di Torino, ordinanza 15 ottobre 1984, n. 6/85, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. d.I. 12 settembre 1983, n. 463, art. S, quattordicesimo comma [conv. in legge 11 novembre 1983, n. 638] (art. 3 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 21 giugno 1984, n. 1345, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis: dl. 12 settembre 1983, n. 463, art. 13 [conv. in legge 11 novembre 1983, n. 638] (artt. 3, 32 e 38 della Costituzione). Tribunale di Parma, ordinanza 19 dicembre 1984, n. 78/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137 bis. legge 11 novembre 1983, n. 638, art. 14 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 27 settembre 1984, n. 27/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. Pretore di Brescia, ordinanza 8 ottobre 1984, n. 46/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. Pretore di Padova, ordinanza 6 novembre 1984, n. 13/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. Pretore di Roina, ordinanza 8 novembre 1984, n. 53/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137~bis. legge 11 novembre 1983, n. 638, art. 14 (art. 101 della Costituzione). Pret~re di Padova, ordinanza 6 no.vembre 1984, n. 13/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bts. d.L 12 settembre 1983, n. 463, art. 14, primo comma (artt. 3 e 53 della Costi tuzione). . Pretore di Modena, ordinanza 6 novembre 1984 n. 74/85 G. U. 26 giugno 1985 n. 149-bis. '\ ' ' dJ. 12 settembre 1983, n. 463, art. 14, primo e secondo comma [conv. in legge 11 novembre 1983, n. 638] (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pre~ore di Modena, ordinanza 6 novembre 1984~ n. 1370, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bts. Pretore di Modena, ordinanza 6 novembre 1984, n. 74/85, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. legge 27 dicembre 1983, n. 730, art. 33 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 8 novembre 1984 n. 53/85 G. U 12 giugno 1985 n. 137-bis. 1 ' ' -. , , . PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE tJJ legge 31 luglio 1984, n. 400, art. 1 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Forl, ordinanza 18 dicembre 1984, n. 49/85, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 1, primo CQDlllla (artt. 97 e 101 della Costituzione). Pretore di Verbania, ordinanza 20 ottobre 1984, n. 1327, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 10, primo comma (artt. 24, 25, 101, 102, 103, 113, 134, 136 e 137 della Costituzione). Consiglio di Stato, sezione quarta, ordinanze (11) 23 ottobre 1984, nn. 141-151, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. d.I. 21 settembre 1984, n. 597, art. 6 (artt. 24, 77 e 101 della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanza 3 ottobre 1984, n. 87/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. d.1. 20 ottobre 1984, n. 694, art. 1 (artt. 21 e 41 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanze (due) 25 ottobre 1984, nn. 34 e 35/85, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. d.l. 28 novembre 1984, n. 791, art. 6 (artt. 24, 77 e 101 della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanza 17 dicembre 1984, n. 83/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. dJ. 7 febbraio 1985, n. 12, artt. 3, comma 7-bis, 4, 5-quinquies, primo comma [convertito in legge 5 aprile 1985, n. 118] (artt. 8 n. 10, 16 e 78 dello statuto speciale per il Trentin<>'Alto Adige). Provincia autonoma di Trento, ricorso 13 maggio 1985, n. 22, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. legge reg. Liguria riapprovata il 25 marzo 1985 nel suo intero testo e in particolare, art. 3, 4 e 5 (art. 117 della Costituzione). Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 22 aprile 1985, n. 20, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. legge 29 marzo 1985, n. 113, art. 1, terzo comma (art. 117 della Costituzione). Regione Toscana, ricorso 10 maggio 1985, n. 21, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. legge 29 marzo 1985, n. 113, art. 2 (artt. 117 e 33, quinto comma, della Costi tuzione). Regione Toscana, ricorso 10 maggio 1985, n. 21, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. 116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lqae 29 JlHlr.IO 1985, n. 113, art. 8 (artt. 81, quarto comma e 119 della Costi tuzione). Regione Toscana, ricorso 10 maggio 1985, n. 21, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. dJ. 22 aprile 1985, n. 144 (art. 5, n. 16 dello statuto reg. Friuli-Venezia Giulia). Ricorso giunta reg. Friuli-Venezia Giulia n. 23 del 29 maggio 1985, G. U. 12 giugno 1985, n. 131-bis. d.P.R. 22 aprile 1985, n. 144, artt. 1 e 2 (artt. 117, 118, 119 e 77 della Costituzione). Regione Lombardia, ricorso 3 giugno 1985, n. 24, G. U. 19 giugno 1985, n. 143-bis. Regione Emilia-Romagna, ricorso 3 giugno 1985, n. 25, G. U. 19 JJiugno 1985, n. 143-bis.