RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE DI SERVIZIO SOMMARIO I. ARTICOLI ORIGINALI 1) Osservazioni intorno alla proposta di legge costituzionale contenente norme integrative sulla Oorte Costituzionale, dell'avvocato C. CARBONE, pag. 25~29. 2) Ancora sulla riforma del contenzioso tributario, pag. 30-34. II. NOTE DI DOTTRINA 1) M. BoNESOHI: Natura, giuridica del concordato d'imposta, recensione critica di u. GARGIULO, pag. 35-37. 2) E. CANNADA BARTOLI: L'inappUcabilit degli atti amministrativi, recensione critica di G. GuGLmLMI, pag. 37-40. Il. RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 1) Competenza e giurisdizione -Tributi locali -Delibera d'imposizione Impugnativa (Corte di Cassazione), pag. 41-47. 2) Imposte e tasse -Ricchezza mobile -Reddito agrario -Cantine sociali (Corte di Cassazione), pag. 47. 3) Locazione -Aumenti legali -Non operano ope legis (Corte di Caseazione), pag. 47-48. 4) Obbligazioni e contratti -Obbligazioni nulle -Restituzione del prezzo (Corte di Cassazione), pag. 48. 5) Parte civile -Nullit del giudizio di primo grado -Effetti (Corte di Cassazione), pag. 48-49. IV. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI MERITO 1) Enfiteusi -Diritto di prelazione del concedente (Tribunale di Catania), pag. 50. 2) Imposta di registro -Alienazione di fondo enfiteutico -Diritto di prelazione esercitato dal concedente (Tribunale di Catania), pag. 50-52. V. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE, pag. 53. VI. INDICE SISTEMATICO DELLE CONSULTAZIONI, pag. 54-56. ....--..--.-:;;;.-;-; \ ' ..A.NNO-,V -N. 3-4 :M:.ARzo-APRILE 19t>2 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICJAZIONE DI SERVIZIO OSSERVAZIONI INTORNO ALLA PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE CONTENENTE NORME INTEGRATIVE SULLA CORTE COSTITUZIONALE 1. La Corte costituzionale uno degli istituti della nuova Costituzione maggiormente sottoposti ad esame critico e su cui la diversit di opinioni si manifestata con pi stridente contrasto, sia in sede legislativa. sia in dottrina (1). Ci d'attribuirsi soprattutto al fatto che si tratta di un istituto nuovo per il nostro ordinamento il quale, pertanto, esaminato solo attraverso la sua schematica costruzione legislativa, senza poter fare riferimento al suo concreto funzionamento che, in materia costituzionale, molte volte acquista notevole importanza, data la particolare tendenza degli istituti costituzionali ad integrarsi col tempo con norme consuetudinarie o di correttezza costi tuzionale, assumendo una pi spiccata flessibilit. Subito dopo l'entrata in vigore della Costituzione fu emanata la legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, contenente norme d'integrazione . relativamente alla Corte costituzionale, ma essa ha lasciato insoluti vari problemi, forse anche perch la sua formazione ebbe luogo quando l'istituto non aveva potuto ancora essere oggetto di approfondito esame. Un progetto di legge ordinaria, contenente le norme necessarie per la costituzione ed il funzionamento della Corte costituzionale, attualmente in corso di approvazione. Ma, non potendo una legge ordinaria ovviare alle lacune della Costituzione, in quanto la revisione della Costituzione pu aver luogo mediante leggi costituzionali, ov (1) Fra la ricca bibliografia sull'argomento, cfr. spe cialmente, BERIO: La Corte costituzionale, in Nuova Rassegna, 1948, p. 550 segg.; MoRTATI: La Corte costituzionale ed i presupposti della sua validit, in cc Iustitia , 1949, p. 69 e segg.; Ru1N1: La Corte costituzionale, in Riv. Amm. , 1949, p. 229 e' segg.; PERSICO: La Corte costituzionale, Roma, 1949; Bozzr C.: Corte costituzionale e Alta Corte per la Sicilia, in cc Il dir. pubbl. della Reg. Sic. >>, 1949. p. 47 e segg.; ESPOSITO: Il controllo giurisdizionale sulla costituzionalit delle leggi, in Riv. di dir. proc. , 1950, I, p. 298 segg.; TESAURO: La Corte costituzionale, in cc Rassegna di dir. pubbl. >>, 1950, p. 205 e segg.; PETRUCCI: La Corte costituzionale, in Commentario sistematico alla Costituzione italiana >>, Firenze, 1950, II, p. 431 e segg.; AzZARITI: Poteri dei giudici sul controllo di costituzionalit della legge, in Problemi attuali di dir. costituzionale>>, Milano, 1951, p. 176 e segg.; BRUNORI: La Corte costituzionale, Firen;i:e, 1952, dove trovansi larghi richiami alle discussioni parlamentari. vero con quelle altre forme di produzione giuridica (consuetudini) che sono permesse nel nostro ordinamento, stato proposto un nupvo disegno di legge costituzionale contenente norme integrative della Costituzione circa la Corte costituzionale, disegno che risulta avere gi avuto una prima approvazione dalla Camera dei deputati nella seduta del 26 marzo 1951. Questo disegno di legge costituzionale assume una particolare importanza che, in parte, deriva dalla stessa natura di legge di revisione della Costituzione, che, per la procedura di formazione, postula necessariamente un ripensamento ed un approfondimento dei problemi affrontati; in parte discende dall'essere diretto a completare la disciplina di un organo preposto ad attuare molte delle garanzie costituzionali. A questo proposito va posto in rilievo che, nel contenuto di una legge costituzionale, non devono preoccupare le lacune in genere, ma solo quelle che neriscono a principi i quali, nella struttura organica dell'istituto, hanno bisogno di un'affermazione immediata, poich diversamente quella struttura presenterebbe delle fratture esiziali alla sua organicit. Per il resto la 'disciplina generica si mostra opportuna in una materia soggetta a continui fl.uttamenti, sotto la spinta di nuove esigenze politiche e giuridiche, permettendo quel fenomeno dell'elasticizzarsi delle norme costituzionali, il quale ha fatto resistere ai tempi numerose costituzioni (1). per questo che le osservazioni che seguono sono dirette ad esaminare se il nuovo disegno di legge costituzionale completi la disciplina organica dell'istituto nei suoi principi fondamentali, tralasciando le eventuali lacune su punti particolari, e le disposizioni alquanto generiche, che bene si vadano colmando ed integrando attraverso l'opera di interpretazione ed applicazione della legge costituzionale. 2. Con l'art. 2 del progetto di legge costituzionale attribuito alla Corte un nuovo potere, che non era previsto dalla Costituzione, stabilendosi_, (1) Sull'utilit di formule sintetiche e generiche della Costituzione cfr. Rossi: La elasticit dello Statuto italiano, ora in Scritti vari di diritto pubblico, Milano, 1941, vol. VI, p. l e segg. -26 che spetta ad essa giudicare se le richieste di referendum abrogativo previste a norma dello art. 7 della Costituzione siano ammissibili ai sensi del secondo comma dell'articolo stesso (1). Il sottoporre, in ogni caso, la proposta di referendum al giudizio preventivo della Corte costituzionale non ci sembra opportuno, sia dal lato giuridico sia da quello politico. bene precisare, innanzi tutto, che tale giudizio preventivo pu essere giustificato solo da ragioni pratiche, non mostrandosi vantaggioso mettere in moto la complessa procedura del referen-' dum per l'approvazione di una legge che, successivamente, verrebbe dichiarata incostituzionale perch in contrasto con i principi del secondo comma dell'art. 75. Da un punto di vista generale, invece, sarebbe rispondente alla logica del nostro sistema costituzionale porre l'iniziativa del referendum abrogativo sullo stesso piano dell'iniziativa parlamentare, non subordinandola ad alcun giudizio preventivo di legittimit costituzionale. Gli istituti di democrazia diretta sono considerati da una larga parte della dottrina come i pi idonei per esprimere la volont popolare. Tuttavia, essi vengono riconosciuti con una stretta cerchia di attribuzioni, perch nei moderni Stati l'attuazione della democrazia diretta si rende praticamente assai difficile (2). Quando per vengono ammessi, sia pure in limiti ristretti, bene porli su un piano di parit con gli istituti di democrazia indiretta o, almeno, assumerli con poteri analoghi a quelli quanto pi possibile, onde non vengano considerati come mezzi inefficienti, con la conseguenza di renderli inoperosi da parte di quei soggetti che dovrebbero metterli in moto. Chiarito che solo ragioni pratiche giustificano il giudizio preventivo di legittimit costituzionale si pone, senz'altro, il problema inteso a stabilire se quel giudizio debba manifestarsi automaticamente, come prevede la proposta di legge costituzionale, ovvero se sia pi opportuno limitarlo ai casi in cui la proposta di referendum sembra mostrarsi in contrasto col secondo comma dell'art. 75. Prima di esaminare questo problema va posto in rilievo che, volendosi sottoporre la proposta di referendum ad un giudizio di legittimit costituzionale, in ogni caso ovvero in particolari casi, l'organo pi adatto per tale giudizio la Corte costituzionale. Va escluso, difatti, che un tale giudizio venga emesso dal Parlamento, come stato proposto in sede di discussione, poich il referendum trova la sua origine in un conflitto fra Corpo elettorale e Parlamento per essersi manifestata una Camera (1) Un esame di questa disposizione fatto dal Luo1FREDI: Il controllo sulla costituzionalit delle richieste di referendum abrogativo, in cc Riv. trim. di dir. pubbl. '" 1950, p. 128 segg., il quale, attraverso una critica di opposte opinioni manifestatesi in sede di discussione parlamentare o accettate in progetti di legge, pone in rilievo l'opportunit della disposizione in esame. (2) Sugli istituti di democrazia diretta nelle moderne costituzioni vedi BERNAREGGI: L'attivit legislativa e la volont popolare nel regime democratico, Milano, 1949. favorevole all'abrogazione di una legge e l'altra contraria, ovvero per essersi le due Camere astenute dall'abrogazione di una legge che sembra sia desiderato dal Corpo elettorale. A parte l'accennata ragione, che a nostro giudizio . decisiva in quanto il Parlamento ha sostanzialmente la veste di parte nel giudizio che dovr attuarsi, vi il fatto che il funzionamento di un istituto di democrazia diretta non pu subordinarsi alla decisione di un organo di democrazia indiretta, se non vuole snaturarsi quell'istituto. appena il caso di accennare poi che ad. organo giudicante nella materia in esame non pu essere , assunto il Governo, in quanto questo rispecchia l'orientamento politico del Parlamento e, quindi, si trova nella stessa situazione di incompatibilit di quest'ultimo (1). Mentre, pertanto, ci sembra che sia da approvarsi la proposta di legge costituzionale quanto all'organo che dovr attuare il giudizio preventivo, diversa la nostra conclusione circa il modo in cui dovr estrinsecarsi questo giudizio. Posto che, come si accennato, il giudizio preventivo in esame trova la sua giustificazione in ragioni pratiche, secondo noi pu ben perseguirsi questo scopo attribuendo il giudizio alla Corte costituzionale non automaticamente, ma solo quando venga sollevata la questione di legittimit costituzionale da apposito organo. Con questo sistema si elimina la necessit di quel giudizio preventivo in ogni caso, che adombra l'efficienza dell'istituto, e si evita, d'altra parte, alla Corte costituzionale un lavoro nei casi in cui d'immediata evidenza che non sorger questione di legittimit costituzionale sulla proposta di refe 'rendum, qualora questa diventi legge in seguito ad approvazione da parte del Corpo elettorale. Questo principio ha trovato applicazione nel progetto di legge governativo sul referendum, il quale, per, non ci sembra soddisfacente su questo punto per avere assunto a soggetto competente a sollevare la questione di legittimit costituzionale il Governo che, come si accennato, si trova in quella stessa posizione di contrasto con il Corpo elettorale in cui versa il Parlamento. A sollvare la questione di legittimit appare pi adatto, invece, il magistrato ordinario, il quale, in una materia influenzata da motivi politici per il conflitto fra organi costituzionali che ad essa connesso, offre le pi idonee garanzie di obiettivit. Riconoscendo il potere d'impugnativa al magistrato non sorgerebbero intralci di carattere amministrativo, in quanto si tratterebbe di allargare la cerchia di attribuzioni che ad esso spettano secondo il progetto sul referendum. Difatti, poich secondo il progetto di legge sul referendum i promotori dovranno presentarsi alle Cancellerie delle Corti di appello per notificare il loro proposito e consegnare per la bollatura moduli predisposti con l'indicazione . della legge da abrogare, sui quali poi dovranno raccogliersile firme, potrebbe attribuirsi a ciascuna Corte di (1) In questo senso vedi LuOIFREDI, op. cit., p. 134 e segg. -27 ppello il potere di sollevare la questione di legitDi quest'avviso, per, non stata la Camera timit entro un determinato periodo di tempo dei deputati, la quale, nel disegno di legge ordidal momento della notifica della proposta di refenaria, ha creduto opportuno risolvere la questione rendum, qualora si ritenga che questa sia in conescludendo espressamente dall'illegittimit costitutrasto con l'art. 75, secondo coillilla della Costi-. zionale l'eccesso di potere legislativo, oltre ai tuzione. vizi di merito che peraltro non sembra potessero Sarebbe opportuno, pertanto, che nel progetto ritenersi compresi nella illegittimit costituziodi legge costituzionale si togliesse l'automaticit nale di cui parla l'art. 134 della Costituzione. del giudizio preventivo della Corte costituzionale, Non qui il caso di esaminare la figura dello stabilendosi che quel giudizio abbia luogo quando eccesso di potere legislativo, su cui la nostra dotvenga sollevata la questione di legittimit costitrina non ha ancora svolto indagini approfondite, tuzionale dal magistrato ordinario nella forme ma si limitata ad acute osservazioni, le quali previste dalla legge sul referendum, nella quale spianano la strada per ricerche che, qualunque andrebbe disciplinata la particolare procedura. potr esserne il risultato, serviranno a chiarire particolari situazioni in ordine alla discreziona 3. La proposta di legge costituzionale in esame lit legislativa. non pone alcuna disposizione sul contenuto del In questa sede interessa esaminare, invece, se giudizio di legittimit costituzionale della Corte la disposizione contenuta nel citato art. 28 sia costituzionale, mentre, invece, nel disegno di costituzionalmente legittima ovvero se essa debba legge ordinaria approvato dalla Camera dei depuessere assunta in una norma costituzionale. tati stabilito, all'art. 28, introdotto nella seduta La risoluzione del problema discende logica del 14 marzo 1951 su proposta dell'on. Tesauro mente dalla natura della disposizione in esame, (Atti parlamentari Camera dei deputati 1951, pa dato che, per l'art. 137 secondo comma della gine 27-91), che il controllo di legittimit della Costituzione, pu disporsi con legge ordinaria solo Corte costituzionale su una legge o un atto avente per la materia che attiene alla Costituzione ed forza di legge esclude ogni valutazione di natura al funzionamento della Corte. politica ed ogni sindacato sull'uso del potere di La determinazione del contenuto della legitti screzionale del Parlamento . mit cstituzionale, di cui parla l'art. 134, investe Questa disposizione ci suggerisce alcune osser i limiti di uno dei poteri della Corte costituzio vazioni che assumono rilievo nell'esame della nale, in quanto esso non pu che essere circoscritto proposta di legge costituzionale. dalla estensione che si attribuisce a tale espres Dopo l'entrata in vigore della Costituzione sione. stata profilata in dottrina la figura dell'eccesso Ora, l'art. 28 della citata legge ordinaria, con di potere legislativo e si sostenuto che essa rien il disporre che il controllo di legittimit costitu tra nel generico vizio di legittimit costituzionale zionale esclude ogni valutazione di natura poli previsto dalla Costituzione medesima (1). tica ed ogni sindacato sull'uso del potere discre- Alcuni scrittori si sono mostrati recisamente zionale del Parlamento, attua un'interpretazione contrari all'accoglimento di tale figura di vizio dell'art. 134 della Costituzione e conseguentemente di legittimit costituzionale (2), altri hanno a:ffer determina i limiti del potere di controllo della ~ato che la soluzione della questione andava Corte costituzionale. lasciata alla prassi ed alla giurisprudenza della Si tratta di una disposizione, quindi, che ine Corte costituzionale (3). risce alla potest della Corte costituzionale, ad Stando ai lavori preparatori sembra che l'inten una materia cio che sottratta all'attivit del dimento del costituente sia stato appunto quello legislatore ordinario, potendo questa estrinsecarsi, di usare una formula generica onde dare modo come s' detto, solo relativamente alla costitu alla giurisprudenza di determinare l'esatto con zione ed al funzionamento di quella Corte. tenuto dei vizi di legittimit costituzionale (4). Ci posto, poich l'atto di interpretazione autentica si basa sulla stessa potest che ha dato luogo (1) MoRTATI: Sull'eccesso di potere legislativo, in Giur. all'atto interpretato, deriva che una interpretait. '" 1949, I, 1, 448 segg.; 'lo stesso, La Corte costituzio-zione autentica dell'art. 134 in ordine al controllo nale, cit., p. 69. ' di legittimit deve effettuarsi mediante una norma (2) Vedi specialmente, ESPOSITO: Il controllo giurisdicostituzionale. zionale sulla costituzionalit delle leggi, cit., p. 302 segg. (3) Rmm: La Corte costituzionale cit. 229 segg.; AzZARITI: Gli efjetti delle pronunzie sulla costituzionalit delle leggi, in cc Profili attuali di diritto costituzionale '" (1) Non ci nascondiamo che il sindacato di eccesso di potere legislativo qualora non sia esercitato con una cit., p. 169. (4) cc Questa formulazione legittimit costituzionale anspiccata sensibilit giuridica possa portare a sfiorare zich costituzionalit l'abbiamo indicata... per superare il merito della legge e, sotto questo riguardo, condivila proposta che era sorta di inserire escluso ogni giudidiamo le perplessit di una parte della dottrina. Vedi zio di merito (cos Mortati, Res. A. C., p. 2620). cc La in merito, CALAMANDREI: La illegittimit costituzionale Corte non giudice di merito; ma la Corte deve, ad delle leggi nel processo civile. Padova, 1950, p. 22 .segg.; esempio, poter valutare la :finalit della legge per rico BELLI: Recensione al citato libro del Calamandrei, in noscere se costituzionale o no; e se vi stata... qualcc Rassegna Mensile dell'Avvocatura dello Stato, 1950, cosa come un eccesso di potere nei riguardi della costifase. 2, p. 5. Tuttavia non ci sembra sia il caso, in vista di un ipotetico pericolo, interpretare autenticamente in tuzionalit. La formula legittimit costituzionale, mentre esclude maniera restrittiva la norma costituzionale, togliendole il merito, consente una valutazione abbastanza elastica; quel carattere di elasticit che potrebbe armonizzarla e star alla prassi ed alla giurisprudenza della Corte con i nuovi schemi giuridici sull'atto legislativo afferstabilire la giusta via" (RUINI, Res. A. C., p. 2636). mati da un'autorevole dottrina. -28 4. Un altro punto che merita attenzione quello relativo alla soppressione dell'Alta Corte Siciliana. Secondo l'art. 16 della proposta di legge costituzionale, i giudizi in corso davanti l'.Alta Corte Siciliana saranno devoluti alla Corte costituzionale qualora non siano defi.niti entro tre mk\si dall'entrata in vigore della legge stessa e, decorso tale periodo, l'.Alta Corte Siciliana cesser. dalle sue funzioni. Questa disposizione forse quella su cni maggiormente si manifester. il contrasto di opposte correnti in seno al Parlamento, almeno a giudicare dalla posizione assunta dalla stampa dei diversi partiti. Mentre, difatti, una corrente favorevole a mantenere ferma la disposizione in esame nel testo defi.nitivo, altra decisamente contraria. Questo profi.larsi di opinioni contrastanti ci induce ad un breve esame della posizione dell' .Alta Corte Siciliana con l'entrata in funzione della Corte costituzionale. L'Alta Corte Siciliana ha due distinte attribuzioni, che sono rispettivamente specificate negli articoli 25 e 26 dello Statuto siciliano: 10 giudica sulla costituzionalit. delle leggi emanate dall'Assemblea regionale e delle leggi e dei regolamenti emanati dallo Stato, rispetto allo Statuto siciliano ed ai fini di efficacia dei medesimi entro la regione; 20 giudica dei reati compiuti dal Presidente e dagli Assessori regionali nell'esercizio delle loro funzioni. Ponendo questa competenza in relazione a quella della Corte costituzionale si rileva che, con l'entrata in funzione di questa, le attribuzioni indicate al n. 1, con esclusione del giudizio sui regolamenti dello Stato, vengano assorbite automaticamente dalla competenza che la Corte costituzionale ha in ordine alle controversie circa la legittimit. costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni. Diciamo che le accennate funzioni dell'Alta Corte Siciliana vengono assorbite dalla competenza della Corte costituzionale in quanto non ci pare possa essere dubbio che, con l'entrata in funzione di quest'ultima, debbano cessare le attribuzioni che I'.Alta Corte Siciliana ha in comune con essa per essere implicitamente abrogate, non essendo ammissibile, come si espresse l'on. Calamandrei alla Camera dei deputati, la coesistenza di due organi i quali, a prescindere da ogni altra considerazione, potrebbero prendere diverse decisioni in ordine ad una stessa legge della Regione, del cui giudizio di legittimit. fossero, per diversa via investiti>> (1). N vale affermare, come si fatto in sede di discussione parlamentare, che l'abrogazione implicita non pu aver luogo perch lo Statuto siciliano assunse la qualifica di legge costituzionale dopo l'emanazione della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, cio successivamente all'en (1) CALAMANDREI, nel discorso intitolato: Necessit di sopprimere l'Alta Oorte per la Sicilia, citato da PERSICO, La Oorte costituzionale, cit., pp. !)9-70. trata in vigore della Costituzione, e ci per un duplice ordine di motivi. In primo luogo va osservato che lo Statuto siciliano era legge costituzionale prima dell'emanazione della legge 26 fe:bbraio 1948i n. 2, la quale non ha fatto che dichiarare tale natura costituzionale. E difatti la natura costituzionale di tale Statuto per effetto dell'approvazione operata con regio decreto-legge 15 maggio 1946, n. 455, non sembra possa essere posta in dubbio, quando si tenga presente che esso disciplina una materia che sostanzialmente costituzionale, investendo principi fondamentali della forma dello Stato. Ci si ricava altresi dall'art. 116 della Costituzione, il quale dispone che gli statuti delle regioni ad autonomia speciale sono adattati con leggi costituzionali. Invero, se con l'entrata in vigore della nuova Costituzione gli statuti regionali vengono approvati con legge costituzionale, non sembra che possa negarsi natura di legge costituzionale al regio decreto-legge n. 455 che, prima dell'entrata in vigore della costituzione, approv lo Statuto siciliano. A questa conclusione non osta la forma di emanazione del regio decreto-legge in esame, essendo stato esso emanato in virt dell'art. 4 del decreto legislativo luogotenenziale 25 giugno 1944, n. 151, che viene generalmente considerato come norma attributiva di un potere legislativo anche in materia costituzionale, con esclusione tuttavia della determinazione della forma repubblicana o monarchica dello Stato e della formazione della costituzione definitiva. Ma vi ancm::a un'altra considerazione, la quale dimostra l'infondatezza della tesi che nega l'abrogazione implicita della norma relativa al giudizio di costituzionalit. dell'Alta Corte Siciliana. La dottrina prevalente distingue le norme costituzionali in precettive, se sono complete e concrete nei loro enunciati, e direttive, se sono dirette principalmente, ma non esclusivamente, al futuro legislatore e se per il loro contenuto non sono in grado di essere applicate seriza ulteriori svolgimenti, e le prime poi classifica in due distinte categorie, a seconda che siano suscettibili d'immediata applicazione ovvero siano subordinate per la loro efficacia alla emanazione di norme o al funzionamento di istituti che presuppongono (1). Le norme della Costituzione che disciplinano la competenza della Corte costituzionale appartengono alla categoria delle norme precettive non applicabili immediatamente, presupponendo esse il funzionamento della Corte stessa. Di conseguenza, ai fi.ni dell'a.brogazione implicicita din01me per effetto delle norme della Costituzione relative alla competenza della Corte costituzionale, non bisogna riferirsi al momento in cui queste divennero valide, bensi a quello in cui si rendono applicabili. Le considerazioni fin'ora svolte pongono in rilievo che, qualora si voglia sopprimere l'art. 16 al fine di lasciare in vita I'.Alta orte Siciliana, si rende necessario porre uria norma la qual~d~ter.: (1) Per questa distinzione vedi specialmente BISOARETTI DI RUFFIA: Sull'efficacia abrogante delle norme della Costituzione italiana, in cc Foro Padano, 1950, IV, 163 e segg. e bibliografia ivi citata. -29 mini la linea di demarcazione nella competenza dei due organi. Diversamente, nel silenzio della legge, qualora quand'anche si affermasse il principiq della non abrogazione implicita delle norme relative al giudizio di costituzionalit dell'Alta Corte, si creerebbero delle situazioni quanto mai strane. Potrebbe accadere, per esempio, che il commissario dello Stato impugni davanti l'.Alta Corte una legge regionale e che l'impugnativa sia respinta. Impedisce questo che la Corte costituzionale giudichi essa della costituzionalit della legge regionale, quando la questione sorga in un giudizo ordinario, sollevata da una delle parti, e il giudice non la riconosca infondata (legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1) ~ .Ancora: i conflitti di attribuzicne fra Stato e Regione sono di competenza della Corte costituzionale. Ma la Regione potrebbe sempre eludere tale giudizio disponendo, nella materia che si presta per un eventuale conflitto, mediante legge regionale, la quale potrebbe essere impugnata solo davanti l'.Alta Corte. Questi pochi accenni ci sembrano sufficienti per dimostrare la necessit di disciplinare chiaramente, come s' detto, la sfera di competenza di ciascuno dei due organi perch non si abbia duplicit di giudizio sulla stessa legge, sempre che s'intenda dovesse prevalere la tesi della permanenza del1'. Alta Corte Siciliana. Per completare il sommario esame dell'art. 16, che ci siamo proposto, rimane da fare ancora un'osservazione. Sebbene si sia sostenuto che, con l'entrata in vigore della Corte costituzionale, la competenza di legittimit costituzionale dell'Alta Corte Siciliana, con esclusione per dei giudizi sui regolamenti dello Stato attinenti allo Statuto siciliano ed ai fini della loro efficacia entro la regione, venga meno per abrogazione implicita delle relative norme, tuttavia, qualora prevalga la tesi della soppressione dell' .Alta Corte, ci sembra che una disposizione in questo senso sia molto opportuna, onde evitare il sorgere di questioni che, comunque risolte, determinerebbero sempre un irrigidimento nei rapporti fra i due enti. .A questo scopo non ci pare risponda il disposto dell'art. 16. Ed invero, poich l'.Alta Corte Siciliana giudica anche sulla costituzionalit dei rego lamenti dello Stato attinenti allo Statuto s1mliano ed ai fini della loro efficacia entro il territorio della regione, non trovando questa competenza corrispondenza in quella della Corte costituzionale, sorgerebbe senz'altro il problema inteso a stabilire se, con l'abolizione dell'Alta Corte Siciliana, tutte le attribuzioni di essa passano alla Corte costituzionale ovvero solo quelle che hanno un identico contenuto, rimanendo soppresse le altre. . Questione analoga si presenterebbe relativamente alla competenza dell'Alta Corte circa reati commessi dal presidente e dagli assessori regionali. Vero che questa competenza trova corrispon denza nell'analoga competenza della Corte costituzionale in ordine a taluni reati commessi dal presidente della Repubblica e dai ministri, ma, a parte che per questi giudizi la formazione del Collegio giudicj:tnte determinata avendo riguardo alla funzione dei giudieabili, con la conseguenza che la Corte costituzionale, nella sua particolare composizione per i giudizi penali, mancherebbe di questa caratteristica per giudicare il presidente e gli assessori regionali, vi la considerazione fatto che in materia di procedura penale le norme vanno interpretate con criteri rigidi ed aderenti, quanto pi possibile, al cont13nuto letterale delle norme stesse. Sia per quanto riguarda la competenza di costituzionalit dei regolamenti dello Stato, sia relativamente alla competenza penale si potrebbe osservare che, disponendosi nell'articolo 16 che i giudizi in corso presso l'.Alta Corte Siciliana saranno devoluti, trascorsi tre mesi, alla Corte costituzionale, si ha un'affermazione implicita dell'assorbimento di tutta la competenza della prima da parte di quest'ultima; ma l'argomento , quanto meno, assai dubbio per i rilievi gi sposti. In conclusione ci sembra che, qualunque sia la tesi che si affermi relativamente alla permanenza o meno dell'Alta Corte Siciliana dopo la entrata in funzione dela Corte costituzionale, si rende necessario risolvere il problema in termini precisi s da non crearsi situazioni giuridiche assai difficili, che si ripercuoterebbero inevitabilmente, come fanno presumere i dibattiti parlamentari sullo argomento, sui rapporti politici fra Stato e Regione. CARMELO CARBONE .A.VVOOATO DELLO STATO -30 ANCORA SULLA RIFORMA DEL CONTENZIOSO TRIBUTARIO Il progetto di riforma del contenzioso tributario, redatto da una Comlnissione di esperti, ora comunemente noto come il Progetto dei sette >> di cui ci siamo occupati in questa Rassegna (1) ha dato occasione a numerosi scrittori di trattare ampiamente la tormentata materia con riferimento ai principi accolti in quel progetto, sicch se con esso non si , in realt, inteso di redigere un testo concreto da tramutarsi in legge, bensi di provocare un ampio dibattito sui principi informatori di una riforma del contenzioso tributario, pu fin d'ora dirsi che tale scopo, anche se meno ambizioso ma pi realistico ed aderente alle effettive esigenze della preparazione di una seria e ponderata riforma, sia stato in gran part raggiunto. Diamo, qui di seguito, una breve rassegna degli articoli pubblicati i quali, come si vedr, nella maggioranza concordano nel giudizio negativo, da noi espresso sul progetto, fin dalla sua pubblicazione. Cominciamo dal conciso ma concreto studio del Griziotti (2). L'illustre scrittore elenca una serie di difetti dello attuale ordinamento conten zioso tributario, che il progetto di riforma n elimi nerebbe n attenuerebbe; e ne indica altri che il progetto stesso accrescerebbe o creerebbe ew novo. Difetto fondamentale del progetto quello di la sciare una scala cc incomprensibile >> di sei gradi di giurisdizione, perpetuando un inconveniente la mentato da tutti gli studiosi di diritto tributario; anzi, vi si aggiungerebbe una Giunta di stima che non farebbe altro che complicare il sistema. Negli articoli pubblicati in questa Rassegna (3) avemmo gi occasione di accennare a tale difetto come pure all'altro, ugualmente grave, rilevato autorevolmente dal Griziotti di sottrarre il con cordato alla competenza dell'Amministrazione at tiva, sia pur circondandolo di maggiori garanzie. Dopo alcune critiche minori, e dopo aver pro posto che si stabilisca un sistema di alternativit tra il ricorso in via amministrativa e l'azione giu diziaria (evidentemente, il G. vuol intendere che il contribuente possa adire direttamente l'Auto rit giudiziaria senza esperire la previa azione amministrativa, non essendo concepibile una dispo sizione che escluda comunque l'azione giudiziaria), il chiaro Autore solleva precise e documentate obiezioni contro l'art. 17 del progetto col quale, senza che nella relazione si spenda una sola parola di spiegazione si abolirebbe il principio del solve et repete. Il Griziotti, dopo aver negato che in tale modo si farebbe compiere all'ordinamento proces suale tributario un progresso cosi prosegue: cc da (1) 1951, pag. 107 e segg. (2) Per la riforma del contenzioso tributario, in Riv. di Dir. Fin. >>, 1951, 203. (3) N. 10 del 1949, pag. 233 e n. 4 del 1951, pag. 107. ritenere, invece, che il sistema d~l solve et repete, applicato equamente dalla giurisprudenza della Cassazione con opportune esenzioni dal pagamento anticipato del tributo, quando il giudice al primo aspetto possa riconoscere come probabile che il tributo stesso non sia dovuto, s,ia molto pi oppor tuno, almeno in Italia, del sistema straniero di non applicare il solve et repete e di non sospendere l'iscrizione a ruolo n di impedire la esecuzione forzata della riscossione del tributo n. Concludendo il suo breve articolo il G. critica la proposta di costituire sezioni specializzate presso ogni ordine di giudizio, rilevando che, per quanto riguarda gli esperti, in una materia cosi complessa, come la finanziaria, pare difficile tro vare gli esperti, all'infuori di quelli esclusi nel pro getto dal compito di esperto; e cio notai, avvo cati di Stato, impiegati finanziari, professionisti n. Un articolo di critica, limitata, per, alla sola parte che concerne la fase amministrativa stato quello pubblicato dal Lintas (1) il quale osserva che in base al principio che l'azione amministra tiva, debba, anzitutto, trovare un correttivo in se stessa, la fase amministrativa della tutela del contribuente dovrebbe essere basata sul sistema del ricorso gerarchico, concordando, in ci, sostan zialmente col nostro punto di vista espresso negli articoli sopra ricordati. Dopo aver rilevato la stranezza del sistema seguito dal progetto che, mentre attribuisce alla Commissione carattere puramente amministrativo, esclude da essa qua~ siasi appartenente alla Amministrazione, anche Il Lintas rileva che la creazione della Giunta di sti ma non farebbe altro che complicare le cose. Dopo aver detto che occorre eliminare il privilegio del solve et repete, il Lintas conclude proponendo, sostanzialmente, di lasciare le cose come stanno. Anche il Sapori (2) si occupa del progetto solo per a parte che concerne la fase ammi.nistrativ~ della tutela del contribuente. Il Sapon, come il Lintas funzionario dell'Amministrazione finan ziaria.' Entrambi portano la viva voce di coloro che debbono diuturnamente occuparsi di questa materia ed entrambi sostengono la necessit del ripristi~o . del sistema del ricorso gerarc~ico, in conformit del principio generale secondo il quale deve essere consentito all'Amministrazione di esa minare i propri atti, prima di essere tratta in giu dizio da coloro che se ne pretendono colpiti. Nella citata Rivista (3) anche pubblicato u~ articolo dello Spagnol, il quale, salvo alcune cri tiche di carattere secondario, concorda sostan (1) In Giurisprudenza delle Imposte '"dirette, di_ Re_gistro e di Negoziazione, 1951, 442. . . ( 2) " Rivista Italiana di Ragioneria , fascicolo 9-10, 1951. (3) Giurisprudenza delle Imposte dirette, ecc., 1951, pag. 445. -31 zialmente con il progetto, bench, in concreto, non lo esamini a fondo. Egli si limita, sopratutto, ftd esaltare l'abolizione del solve et repete, ed a chiedere, anzi, che si compia l'opera, cos bene iniziata, stabilendo che l'azione giudiziaria, intrapresa direttamente senza il previo esperimento dell'azione amministrativa, sospenda anche l'esecutoriet dell'atto di imposizione. L'articolo dello Spagnol mette, peraltro, in luce una grave innovazione che anche a noi era sfuggita. L'.A. rileva, infatti, che il progetto lascerebbe al solo contribuente la facolt di adire l'.Autorit giudiziaria dopo la decisione delle Commissioni amministrative. Ci risulterebbe indirettamente dall'art. 23 il quale stabilisce che il ricorso, con cui verrebbe promoss l'azione giJidiziaria, dovrebbe essere depositato in cancelleria e che << il cancelliere appone sul ricorso un bollo con la data e ne d la ricevuta al contribuente >>. Se l'interpretazi<,>ne dello Spagnol esatta, come anche a noi sembm, appena il caso di rilevare la gravit delle conseguenze di tale disposizione per la Finanza, la quale verrebbe lasciata assolutamente indifesa di fronte alla violazione od errata applicazione della legge da parte delle Commissioni amministrative, che sarebbero tali solo di nome, essendo costituite da elementi che con !'.Amministrazione non hanno alcun rapporto, peggiorandosi , gravemente il sistema attuale, che riconosce almeno all'.Amministrazione, al pari del contribuente, ilrimedio dell'azione giudiziaria, di cui molto spesso si avvale, contro le decisioni delle Commissioni tributarie che ledano i suoi diritti. Bisogna, peraltro, riconoscere che la non impugnabilit della decisione delle Commissioni da parte dell'Amministrazione discenderebbe dal rigore dei principi, giacch, una volta sancito il carattere di organi dell' .Amministrazione finanziaria delle commissioni tributarie e, conseguentemente, riconosciuto alle loro decisioni il carattere di << provvedimenti dell'Amministrazione sarebbe del tutto irrazionale ammettere che !'.Amministrazione possa impugnare i << suoi stessi provvedimenti. Ci, tuttavia, mette in chiara luce, come sia del tutto aberrante il principio ispiratore, accolto in questa parte del progetto, jn base al quale si vorrebbe imporre all'.Amministrazione di riconoscere co~e << suoi provvedimenti che tali non sono per loro natura, non essendo emessi da organi dell'.Amministrazione. Suggestionati dalla preoccupazione di accentuare l'indipendenza delle Commissioni tributarie dalla .Amministrazione, Ii.on ci si accorti che, con ci stesso, se ne accentuerebbe il loro carattere obiettivo di organi giurisdizionali. E sarebbe un tentativo evidentemente destinato a cadere quello di cercare di eludere il diritto dell' .Amministrazione alla tutela, al pari del contribuente, dei suoi interessi dinanzi alla Magistratura ordinaria, attribuendo alla decisione il carattere di provvedimento dell'.Amministrazione , dall'.Amministrazione stessa non impugnabile. I diritti sanciti dalla Costituzione non valgono soltanto per i privati cittadini, ma, in egual misura, anche per l'.Ammi nistrazione, che non pu essere costretta a subire la violazione dei suoi interessi giuridici da parte di terzi senza la possibilit di esercitare l'autotu tela o di chiederne, almeno, la difesa in via giuri sdizionale. In conclusione, o si vuol mantenere ilc.aratterP giurisdizionale delle Commissioni tributarie, ed in tal caso potr essere questione di accentuarne l'indipendenza di fronte all'Amministrazione, la quale, correlativamente, potr impugnarne ledecisioni, al pari del contribuente; o si vuol dare alle Commissioni il carattere di organi dell'.Ammfoistrazione i cui provvedimenti questa sia tenuta a . riconoscere per suoi, e, in tal caso, bisogner, si voglia o no, fare il proces.so inverso ed accentuare nelle Commissioni il carattere amministrativo, escludendone gli estranei all' .Amministrazione stessa Dobbiamo, infine, rilevare che nemmeno su un punto cos importante la Relazione dei sette con tiene una sia pur scarna giustificazione di cos radicale innovazione, tant' vero che, come ve dremo, essa stata rilevata solo da un altro scrit tore. Una vivace critica del progetto , invece, con tenuta in un articolo del La Torre comparso sulla stessa Rivista (1). Dopo aver premesso che << la riforma progettata se si regge sulla carta non si regge sui fatti il La Torre rileva la incongruenza di porre a capo delle Commissioni dichiaratamente amministrative un magistrato e, notati i difetti della proposta Giunta di stima, critica radicalmente le innovazioni pro poste in materia di sindacato giudiziario. Il La Torre ritiene che la Commissione sia par tita da un errore fondamentale: quello che si debba assicurare ai cittadini un sindacato di me rito in materia fiscale affidato al Magistrato ordi nario . Dopo aver messo in rilievo la impossi bilit pratica di affidare al magistrato, per una decisione giudiziaria, questioni di estimazione di reddito, l'.A. osserva che l'articolo 113 dice che la tutela giurisdizionale, in confronto ali' .Ammini strazione, non pu essere esclusa o limitata; ma ci, nel senso tradizionale, che deve esistere questa tutela, salvo che in dati settori !'.Amministrazione fruisca di discrezionalit di volere o di apprezza mento . Ora, continua lo scrittore, stabilire l'im ponibile questione squisitamente tecnico-di screzionale che assolutamente sottratta all'esame del giudice ordinario. Concludendo, il La Torre sostiene che l'unica riforma possibile di ritoccare l'ordinamento at tuale, escludendo, comunque, la creazione di se zioni specializzate presso i giudici ordinari. Una critica molto seria e ponderata anche quella contenuta nell'articolo del Borruso (2). Il Borruso premette che il vigente sistema di contenzioso tributario << non sembra, come invece agli estensori del progetto sopradetto, incompati bile con le disposizioni costituzionali ri1pmrdanti (1) Sul cc Contenzioso tributario '" Riv. Cit., 1951, pag. 650. (2) In cc Rivista del Notariato '" 1951, pagg. 579 e seguenti. -32 la unicit~della rgiurisdizione, sia perch, fin dal 1865, per questioni di diritto il contribuente pu adire l'autorit giudiziaria, sia perch, pur ammettendo che le attuali Commissioni tributarie esercitino per le questioni di estimazione funzioni sostanzialmente giurisdizionali, queste non sono radicalmente abrogate dalla nuova Costituzione . Questa tesi concorda con quella da noi esposta in questa Rassegna, 1951, 112, n. 10. Passando, poi, alla critica del progetto per quanto riguarda la devoluzione al giudice ordinario della competenza in materia di semplice estimazione, il Borruso ritiene che con questa innovazione si verrebbe sostanzialmente a violare la Costituzione, e precisamente il principio della divisione dei poteri, in quanto si verrebbe a trasformare un magistrato ordinario in procuratore delle imposte o del registro; ed osserva che se vero che, in omaggio alla Costituzione, le magistrature speciali non amministrative devono sparire e i loro compiti debbono essere riassorbiti dalla magistratura ordinaria, affidare a quest'ultima funzioni affatto estranee alla sua naturale giurisdizione, denuncia in modo egualmente evidente una profonda crisi nello Stato, una diffusa sfiducia nella capacit dei suoi organi dell'amministrazione attiva, una notevole confusione di idee . Sostenendo, poi, che la pretesa del contribuente ad una giusta imposizione (per quanto riguarda l'accertamento dell'imponibile) si fondi piuttosto su un interesse legittimo che su di un di;ritto soggettivo (secondo la nota tesi dell' .Allorio) ilBorruso conclude che esclusa la possibilit e la necessit di devolvere le questioni tributarie alla competenza del Consiglio di Stato e della Giunta provinciale amministrativa non resta che procedere alla revisione (art. VI delle disposizioni transitorie della costituzione) delle attuali commissioni delle Imposte, dando ad esse una pi decisa, inequivoca fisionomia di giurisdizione amministrativa, chiamate a risolvere esclusivamente le questioni di stima, quando il contribuente non pretenda l'annullamento radicale dell'accertamento eseguito dall'Ufficio . Il Borruso esamina, poi, lungamente la questione dell'abolizione del salve et repete, e rileva anzitutto la stranezza della cc omessa presentazione nella Relazione al Ministro delle Finanze, di un nuovo principio introdotto con l'articolo 17 del progetto di riforma e che avrebbe sicuramente meritato la spesa di qualche cenno di chiarimento da parte degli autori, dai quali proprio in quanto giuristi e non burocrati ci si attende una pi accentuata cura ad una consapevole e tecnica impostazione delle questioni di massima . Era questo, come ben si ricorder, l'appunto fondamentale che noi muovevamo al progetto dei sette per questa parte e siamo lieti di vedere con divisa la nostra opinione, ed anche il tono del nostro rilievo. Dopo aver riportato testualmente la parte del nostro articolo nella quale difendevamo il mantenimento del principio del salve et repete, il Borruso sostiene, tuttavia, che esso non pu essere mantenuto nella forma attuale, e propone che sia introdotta una norma che attribuisca all'autorit finan ziaria la facolt di dispensare i contribuenti dall'osservanza dell'onere del previo pagamento del tributo. Infine, a conclusione del suo studio, il Borruso espone quelli che dovrebbero essere, a suo avviso, i cardini di una riforma dell'attuale sistema del contenzioso..Essi dovrebbero essere i seguenti: 1 assoluta uniformit di disciplina per tutte le imposte dirette o indirette, erariali o fiscali; 2 ripristino del ricorso gerarchico come mezzo di tutela amministrativa, onde conseguire la cc definitivit del provvedimento impugnando davanti alla giurisdizione ordinaria o a quella amministr3jtiva. Per le questioni di semplice stima, l'accertamento definitivo si avrebbe con la decisione dell'Intendente di Finanza; 3 devoluzione alla competenza del magistrato ordinario -con giurisdizione di puro annullamento -secondo le normali regole del c.p.c., di tutte le questioni riguardanti diritti; sia che vertano sui presupposti di legittimit della imposizione, sia che concernano la violazione dei criteri legali per la stima dei redditi e dei valori; 4 attribuzione alle Commissioni delle imposte di tutte le questioni in cui il contribuente, che non ricorra per pretesa radicale infondatezza dell'accertamento, chieda un accertamento pi mite in base ai criteri dell'equit e dell'imparzialit. Abolizione della Commissione centrale; 5 alternativit del ricorso alle due giurisdizioni senza possibilit di rinvii dall'una all'altra; 6 mantenimento del salve et repete cn applicazione dal momento in cui l'accertamento si rende definitivo, salva la facolt dell'Autorit finanziaria di dispensare da tale onere; 7 obbligo a tutti gli organi di tutela amministrativa, di giurisdizione amministrativa e di giurisdizione ordinaria, di decidere sui ricorsi de.i contribuenti entro un breve termine tassativo; 8 obbligo agli uffici tributari di motivare, con riferimenti analitici o personali, gli avvisi di accertamento; 9 responsabilit per danni, commisurata all'effettivo pregiudizio subto dal contribuente, del funzionario che ha reso definitivo l'accertamento quando -negata la ispensa dal salve et repete siasi accertata la violazione da parte di lui di diritti soggettivi e l'eccesso di potere. Un consenso, invece, quasi completo al progetto espresso in un articolo del Rotondi A. (1) il quale, dopo aver formulato solo critiche di carattere secondario, tra le quali una radicale contro l'istituzione della Giunta di stima, loda l'abolizione del salve et repete, come uno dei migliori pregi del progetto di riforma. Nella stessa Rivista (2) pubblicato un articolo dello stesso direttore Uckmar, il quale, pur dichiarando che il progetto cc redatto con criteri giuridici e con una tecnica e propriet di linguaggio veramente encomiabili , e pur affermando che cc sotto il profilo giuridico la sofozione I>_roEos~a (1) In <>, n. 16. Sulla riforma del procedimento di imposizione e sulla disegnata riforma del processo tributario. 33 Infatti, l'A., dopo aver contestato che le norme della Costituzione possano intendersi nel senso che esse impongano l'abolizione completa delle giurisdizioni speciali esistenti, afferma, invece, che tali norme, e cio l'art. 102 e la VI Disposizione transitoria, debbono intendersi nel senso che le giurisdizioni speciali esistenti possano essere mantenute se pur revisionate. E partendo da tale premessa riconosce che il problema di mantenere o meno l~ Commissioni tributarie con carattere giurisdizionale (carattere oggi riconosciuto dalla giurisprudenza costante e dalla prevalente dottrina) si riduce ad un problema di politica legislativa che egli vorrebbe risolvere in senso positivo. Ci specialmente per la irrealizzabilit, dal punto di vista pratico, della proposta di deferire le controversie anche di semplice estimazione all'Autorit giudiziaria ordinaria e della criticabilit della proposta istituzione di sezioni specializzate con esperti presso le Preture secondo i rilievi gi mossi in un suo noto seritto dall'Azzariti. L'Allorio propone, poi, la soppressione della Commissione centrale delle imposte e conclude sostenendo che si dovrebbe stabilire che contro le decisioni delle Commissioni tributarie si possa ricorrere in sede giudiziaria direttamente alla Corte d'Appello. L'articolo dell'Allorio acquista, peraltro, notevole interesse per aver provocato una postilla del presidente Azzariti, il quale, in essa, si limita a difendere, contro la tesi dell'Allorio, il suo punto di vista circa la necessit di abolire tutte le giurisdizioni speciali esistenti escluso il Consiglio di Stato e la Corte dei conti. Poich, peraltro, l'Allorio aveva espresso la sua meraviglia per il fatto che nel progetto fossero formulate proposte in contrasto con le idee sempre sosten.ute dall'Azzariti nei suoi scritti, il chiaro giurista, nella premessa alla postilla tiene a far presente che ebbe l'onore di essere chiamato a far parte della Commissione in un secondo momento quando, cio, essa era gi costituita ed aveva gi iniziato i suoi lavori ; e che agli altri componenti della Commissione va il merito (( di quelle doti di chiarezza e di organicit che l'Allorio riconosce (nel progetto) !ll.entre il demerito per il suo contenuto, se demerito vi fosse, spetterebbe senza dubbio a me quale uno dei componenti della Commissione, ma non come autore di antichi scritti che probabilmente nessuno dei membri della Commissione ha mai visto ... E chiudiamo questa rassegna, citando altri due articoli, uno del Miele (1) e uno del Cocivera (2) i quali, pur non occupandosi espressamente del progetto dei sette trattano tuttavia della riforma del contenzioso tributario. Sono due articoli molto pregevoli. Il Miele si occupa dei riflessi della Costituzione sull'ordinamento del contenzioso tributario, e sostiene che, quale che sia la natura giuridica delle Commissioni tributarie (giurisdizionale o amministrativa) le questiOni gi (1) Rivista trim. cc Diritto Pubblico>>, 1951, pagg. 825 e seguenti. (2) Foro It. >>, 1951, II, I, 65. -34 sottratte alla competenza del giudice ordinario, debbono ritenersi restituite ad esso per effetto dell'art. 113 della Costituzione. Il Cocivera si occupa, invece, a fondo della questione della compatibilit del principio del solve et repete con la Costituzione, acutamente polemizzando con i nostri scritti e concludendo essere necessaria la sua abrogazione. Riteniamo di non avere omesso in questa rapida rassegna alcuno degli scritti che sono stati pubblicati sull'argomento (1). (1) Non ci occupiamo, di proposito, di un articolo del Berlieri pubblicato in cc Foro It. >>, 1952, IV, 57, sia perch costituisce una pura difesa di ufficio del progetto (di cui, peraltro, finisce col riconoscere in gran parte i difetti) alla cui preparazione egli ha cosi ampiamente posto mano, sia perch, per legittima ritorsione, dovremmo usare un tono che, se , purtroppo, consueto nelle dispute dei giornali politici, non stato ancora, per fortuna, adottato nelle discussioni giuridiche; e non intendiamo collaborare col B. nell'introdurre un cosi deteriore costume. Il lettore avr potuto agevolmente rilevare che la maggior parte di coloro che si sono occupati del problema ha formulato critiche tali da investire il progetto nei suoi principi fondamentali . .Anche coloro, del resto, che hanno espresso la loroapprov:; i,zione, lo hanno fatto aggiungendo obiezioni cos sostanziali che il loro accoglimento porterebbe necessariamente ad una revisione totale del testo. Dobbiamo solo con rammarico rilevare che nessuno degli scrittori si sia particolarmente intrattenu~ o su quella parte del progetto che rappresenta il maggior pericolo per un ordinamento del contenzioso tributario che contemperi, ad un tempo, la indispensabile tutela delle ragiorti dei privati con gli interessi incontestabili dell' .Amministrazione. Noi non possiamo che riconfermare qui integralru. ente il nostro pensiero in proposito quale lo abbiamo gi esposto negli scritti sopra citati. *** NOTE D I DOTTRINA M.Aru:o BoNESCHI : Natura giuridica del concordato d'imposta. (cc Rivista Dir. Fin. e Scienza delle Finanze ))' 1951, n. 4, II, p. 323). Nonostante la lunga elaborazione scientifica a cui stata sottoposta la figura del concordato d'imposta, avviso dell' .A. che le conclusioni della dottrina e della giurisprudenza sull'argomento non possono ritenersi affatto sicure, per un difetto di impostazione dell'indagine, precisamente quello di avere studiato la figura con criteri unitari, limitatamente alle imposte sui redditi e sui capitali o al massimo comprendendovi il concordato delle imposte sui trasferimenti, trascurando invece le varie sottospecie che la legge ammette di altre categorie di tributi. Premessa una rassegna esemplificativa per dimostrare che il concordato ha per oggetto valutazioni, stime, determinazioni di medie, l'.A. avverte che bisogna anzitutto distinguere il concordato come istituto unitario del nostro ordinamento tributario dalla convenzione di abbonamento, la quale non attiene alla fase dell'accertamento, ma a quella della riscossione, ed in sostanza un accordo sulle modalit. di riscossione mentre l'accertamento definitivo segue le vie ordinarie proprie di ogni tributo. Entrando nel merito della questione l'.A. muove alla dottrina ed.alla giurisprudenza l'appunto di aver cop.siderata la figura solo sotto il profilo formale trascurando di individuare e porre in evidenza la funzione organica dell'istituto )). Secondo l'.A., i.vece, per definire la figura del concordato occorre anzitutto conoscerne la sostanza. Il concordato entra solo in quella fase della procedura di accertamento dell'imposta che la valutazione. .A volte la legge richiede stime esatte. Ci avviene ad esempio per i redditi di natura certa e definitiva (R. M. cat. .A, c~ e D) per i quali da escludere nettamente la figura del concordato . .Altre volte invece -ed il fenomeno pi generalizzato -per la natura stessa del presupposto del tributo la valutazione tecnica e sperimentale si rivela difficile, costosa e complicata, se non addirittura impossibile, per modo che la legge stessa deve a volta contentarsi di richiedere una valutazione globale e sintetica. Si delinea allora la funzione del concordato: sostituire alla valutazione condotta con criteri inquisitori e tecnici la valutazione ridotta nei limiti di quella approssimazione che risulta dal trovarsi l'.Amministrazione ed il soggetto passivo d'accordo su quella determinata cifra ed entit )). Come istituto del procedimento di valutazione e solo di questo deve escludersi conseguentemente che il concordato possa contenere elementi di diritto. Se li contiene, si tratta di una transazione della pubblica amministrazione su mate1ia non transigibile, ovvero senza le debite forme e quindi assolutamente inesistente. Il quesito sulla natura giuridica dell'istituto sembra allora all' .A. di facile soluzione. Contro la dottrina dell'atto unilaterale puro: atto di accertamento unilaterale della Pubblica .Amministrazione l'.A. ha gi obiettato che il soggetto passivo ~ collaborazione coll' .Amministrazione manifesti una volont e non un semplice atto di comunicazione. Ora insiste nel porre in evidenza che secondo la legge tale volont debba essere considerata come negoziale, non solo, ma non come Un.a entit a s stante, sibbene come elemento di una unica fattispecie in cui si fondono la volont del privato e quella della Pubblica Amministrazione. Invocando una vecchia definizione del Ferrini (cc atti bilaterali sono quelli in cui concorrono alla formazione le dichiarazioni di pi parti ))) l'.A. affe1ma non potersi negare, se non a patto di forzare la realt, che nel concordato vi siano due parti e due dichiarazioni di volont, e, contro la tesi ripetutamente avanzata che non si hanno dichiarazioni di volont eguali in un procedimento amministrativo in cui il privato soggetto al potere di imposizione, obbietta essere alla radice di tale affermazione un equivoco: quello di ritenere che il concordato esaurisca il concetto di procedimento di accertamento, mentre invece esso non che un atto eventuale, L'accertamento obbligatorio, ma il concordato atto libero. Il soggetto passivo pu non aderirvi. Nell'ambito dell'accertamento del valore concordato il soggetto passivo manifesta una volont. giuridicamente eguale a quella dell'Amministrazione: quest'ultima cc ha rispetto alla volont del singolo un potere di iniziativa che si esplica 'nell'accertamento di ufficio, ma deve, come il singolo, sottostare all'accertamento giurisdizionale se il singolo non sottost. all'accertamento d'ufficio. Le due volont sono quindi giuridicamente omogenee )), Si potrebbe parlare di superiorit. giuridica soltanto se la volont dell'Ente pubblico potesse avere un valore decisivo nella valutazione: Ma ci non corrisponde affatto ai moderni ordinamentC tributari che sono informati al principio che non soltanto i fatti costitutivi e l'ammontare, ma tutte le modalit. giuridiche di imposta, debbono essere esattamente stabilite dalla legge che nell'accerta -36 mento d'imposta debba applicarsi la legge . Il concordato dunque, secondo l'.A., un negozio giuridico bilaterale, ma non una transazione: cc se non pu disporre su elementi di diritto non pu essere una transazione . Della transazione manca anche il presupposto necessario che la lite attuale o potenziale ; il concordato non necessariamente in funzione della lite attuale o potenziale, ma piuttosto in funzione del contradditorio nella procedura di accertamento ; esso cc non presuppone la controversia, presuppone soltanto un problema di valutazione. Nei concordati di valutazioni globali non solo la controversia non un presupposto, ma non esiste neppure; il concordato viene ad essere il modo normale di accertamento di valori medi . L'.A. si pone infine il quesito se il concordato, come negozio giuridico bilaterale vada ascritto alla categoria dei contratti. Contrappone al concetto di contratto quello di convenzione, ma osserva subito che, poich cc la teoria generale del diritto non ancora arrivata a dirci con sicurezza se tutti i negozi bilaterali sono contratti, se esiste una categoria di negozi bilaterali accanto a quella dei contratti, se si possa parlare di convenzione come negozio bilaterale distinto dal contratto, e via dicendo , e afferma che il problema non pu essere risolto ma cc deve essere accantonato nell'attesa che la dottrina generale del diritto ci diai definizioni sicure . Chiude la sua nota avvertendo che l'esame della natura del concordato di imposta rivela l'importanza della costruzione di un concetto unitario delle stime che sono sparse in svariate disposizioni di diritto processuale e sostanziale, amministrativa e tributaria, costruzione sistematica che -nonostante gli spunti dottrinali -attende tuttora di essere compiuta. Sembrano esatte le osservazioni che l'A., dopo la breve rassegna esemplificativa, svolge al fine di individuare le varie ipotesi nelle quali il concordato pu ammettersi, sebbene i risultati conseguiti non sembrano nuovi alla dottrina che si occupata del concordato tributario. Infatti, sin da quando era pacifica la tesi sulla natura transattiva (QUARTA: Commento alle leggi di R. M., 1903, II, 305), non si mai negato che il concordato debba riconoscersi solo se gli elementi di fatto, suscettibili di un apprezzamento pi o meno subbiettivo, possono dar luogo a contestazioni, perch in questi casi che si presenta la convenienza per la Finanza e per il contribuente, di giungere ad un accordo in modo che l'ammontare del valore imponibile possa essere definito al pi presto (cfr. GARGIULO: Il Concordato tributario, pag. 48). D'altra parte, non si mai dubitato che il concordato non debba avere per oggetto la definizione di controversie di diritto. Le varie disposizioni di legge limitano infatti la funzione di questo istituto alla sola valutazione, escludendo quindi che vi siano compresi gli elementi di diritto. Tuttavia, vi potranno essere altri ostacoli, tali da respingere la natura transattiva: saranno essi di carattere generale, quale la inammissibilit di transazioni su rapporti pubblici; di carattere speciale, quale la natura di acquiescenza nella volont del privato e di atto di accertamento nella volont dell' A mministrazione. Ma non certo, a nostro avviso, l'oggetto del concordato ad escludere in questo la predetta natura. Ben si pu, infattj, ritenere. ammissibile una transazione che sia limitata agli elementi di fatto (valutazione del cespite), differenziandosi, in tal modo, per l'oggetto, dalla transazione ammessa dal diritto privato. L'A. poi esclude nel concordato il presupposto necessario della transazione, e cio la lite attuale o potenziale, senza dare per alcuna dimostrazione e senza precisare il concetto di lite. Oi sembra invece che sarebbe stata necessaria una pi prof onda indagine sotto questo profilo, dato che l' .Amministrazione, e specie il contribuente, addivengono al concordato proprio per rendere definitivo il valore imponibile, e quindi per eliminare contestazioni, come del resto pacifico in dottrina, anche per coloro che escludono la natura contrattuale (INGROSSO, GIANNINI). Pare anche affrettata l'affermazione con la quale l'A. esclude che la dottrina che si occupato del c. ne abbia mai esaminato la funzione organica al fine di definirne la natura. Per quanto ci consta, ogni autore, abbia o meno affrontato ex professo l'argomento, ne ha ammesso o escluso la natura unilaterale proprio in rapporto alla funzione che il concordato esplica nel procedimento di accertamento, sebbene in linea generale sia stato rilevato che non la funzione dell'atto a determinarne la struttura, ben potendo esservi atti. con eguale funzione e con diversa struttura {GIORGIANNI). Non sembrano neanche convincenti e comunque decisivi gli argomenti addotti per giustificare la omogeneit giuridica della volont dell' .Amministrazione e di quella del privato, e quindi la natura di negozio bilaterale del concordato. Non giustificante n il rilievo secondo il quale anche l' .Amministrazione, se il singolo non presta acquiescenza all'accertamento di ufficio, deve, come il contribuente, sottostare all'accertamento giurisdizionale; n l'altro rilievo. che nega all' .AmministriXfzione qualsiasi superiorit giuridica, perch la sua volont non decisiva nella valutazione del cespite, il quale va invece determinato secondo legge. Al contrario, altri e pi solidi argomenti vengono svolti dalla recente dottrina, la quale, riscontrando nel contratto, pi che una duplicit o una pluralit di manifestazioni di volont, una unica manifestazione di volont di due o pi persone che danno vita ad un negozio giuridico, ha ammesso, in seno al procedimento amministrativo nel quale rientra come specie nel genere quello tributario, che il nucleo costitutivo possa essere formato di un atto composto nel quale rientra anche il contratto, ed ha riconosciu.to tale figura in que.i casi nei quali la relazione che corre tra i singoli elementi sia cos stretta ed intima da farli apparire prima facie come un solo atto di pi vasta ampiezza e di maggiori effetti. Tale intimit di vincolo trova la sua spiegazione nell'unit del fine immediato che i diversi elementi, cq_ncf?piti come un blocco funzionale unitario, tendono a rea~ lizzare. Da ci la conseguenza che, nei confronti di un certo effetto giuridico, essi, anche se rivolti a soddisfare interessi di natura diversa, esplicano una medesima funzione, e cio hanno un eguale potere -37 determinante (SANDULLI: Il procedimento amministrativo, p. 198). appunto in vista della diversa relazione che corre tra l'atto del contribuente e quello dell'Amministrazione, della loro diversa struttura e quindi del dfoerso potere che esplicano in rapporto all'effetto giuridico (il quale per il concordato consiste nell' accertamento definitivo del valore imponibile), che la dottrina, ormai prevalente, ha escluso la natura contrattuale nel concordato, definendolo invece come un atto di accertamento al quale il contribuente, in modo irretrattabile, aderisce (INGROSSO, GIANNINI). A questa dottrina, gi seguita dalla Cassazione ed ormai concordemente anche dalla Commissione centrale, rinviamo, coma pure alla critica if,a essa fatta alla tesi contrattualistica del concordato (VIGNOCcm, CROCIVERA). Sotto tale profilo dobbiamo ancora rilevare che non pare esatta l'affermazione dell'A., secondo la quale la teoria generale del diritto non "ha ancora decisamente determ-inato il concetto di contratto, di negozio bilaterale e di convenzione. Infatti, gi da tempo essa ha elaborato tali nozioni giungendo ora ad un orientamento decisivo anche nel campo legislativo. Contrariamente alla legislazione francese, che, sulle orme del Pothier, ha limitato il contratto alla costituzione di un rapporto obbligatorio, mentre il concetto della convenzione (o fatto) sarebbe pi ampio, potendo avere un qualsiasi contenuto (ma sempre riferito alle obbligazioni), la nostra legislazione, sviluppando la concezione bizantina (Dr MARZO: Le basi romanistiche del Codice civile, p. 243), ha accolto questo concetto pi ampio di convenzione, definendolo come contratto. Questo pertanto inteso come negozio bilaterale, rivolto sia a costituire, sia a regolare o estinguere un rapporto giuridico patrimoniale (art. 1321 Codice civile). In tal modo il contratto, limitato ai soli rapporti obbligatori e reali, viene distinto dalla convenzione nella quale rientra come specie nel genere, intendendosi superata quella dottrina, sia pure autorevole, che, interpretando il vecchio codice (art. 1098), aveva esteso il concetto di contratto fino a farlo coincidere con quello d~ negozio giuridico bilaterale inteso a regolare i pi diversi rapporti giuridici, anche, cio, i rapporti di famiglia . (COVIELLO, N. BoNFANTE), risentendo in tal modo dell'infiuenza della dottrina germanica (von TUHR, KocH, SCHLOSSMANN). (U. G.) Eu:ENIO CANNADA BARTOLI : L'inapplicabilit degli atti amministrativi. Milano, Gruffi, 1950, pp. 243 Premessi alcuni cenni storici sulla norma contenuta nell'art. 5 della legge 20 marzo 1865, allegato E ed una rapida sintesi delle varie opinioni sull'argomento, l'A. tenta di costruire l'inapplicabilit come categoria giuridica autonoma e dimostrare che, nell'esercizio della competenza occasionale, l'autorit giudiziaria ordinaria possa sindacare gli atti aministrativi anche sotto il profilo del1' eccesso di potere. Sono questi, se non ho mal visto, i due punti centrali del tema. L'inapplicabilit l'in s del fenomeno, che nei riguardi del giudice assume l'aspetto della disapplicazione e nei confronti del cittadino quello dell'inosservanza. Nella prima parte del lavoro lJA. esamina il fenomeno in s; nella seconda questo guardato sotto il profilo della disapplicazione giudiziale. La tesi principale dell' A. che l'inapplicabilit, come categoria giuridica, si ricolleghi all'invalidit, e si ponga come conseguenza di g_uesta, a fianco dell'annullabilit. Essa sarebbe un carattere degli effetti dell'atto viziato, la condizione precaria degli effetti stessi, consistente nella possibile irrilevanza dei medesimi, indipendentemente dall'annullamento. Il collegamento dell'inapplicabilit con l'invalidit ravvisato dall'A. nella sostanziale uguaglianza delle formule, con le quali l'ordinamento stabilisce i presupposti della disapplicazione e dell'annullamento. Per dimostrare questa sostanziale uguaglianza fra i precetti contenuti negli articoli 5 legge 20 marzo 1865 e 650 Codice penale da una parte e quello, di cui all'art. 26 T. U. delle leggi sul Consiglio di Stato, dall'altra, l'A. esamina il concetto di legittimit, i suoi rapporti con quelli di validit e di illiceit ed infine i rapporti di questi ultimi due concetti fra loro. Esamina poi la natura delle norme relative alla legittimit degli atti amministrativi e la natura degli interessi legittimi, che da quelle sorgono, nonch l'essenza e la forma degli atti amministrativi, distinguendo fra potere e comportamento -mezzo. Ricerca la natura del primo, che qualifica forza produttiva di una modificazione giuridica, dimostrando come lo stesso dia luogo ad una situazione soggettiva. Analizza infine i1 concetto di causa, dimostra la equivalenza fra una distinzione di poteri per tipi o per cause, e perviene, infine, alla conclusione che le formule usate dagli artt. 5, 650 e 26 citati sono sostanzialmente uguali ed esprimono il concetto di atto amministrativo illegittimo. Nella seconda parte l'A. applica le tesi esposte nella prima alla disapplicazione giudiziale in materia civile e penale, distinguendo fra competenza principale ed occa-. sionale, come vedremo via vi!1 di seguito. Le questioni affrontate dal Cannada Bartoli sono del massimo interesse, . non solo teorico, ed il tema uno di quelli che finora non ha avuto una trattazione, la quale consenta di considerare raggiunti risultati concreti. Dir di pi: per quanto mi consti, la pratica giudiziaria ignora quasi del tutto l'art. 5, anche se del principio in esso contenuto, fa frequenti applicazioni, sia in rapporto ai regolamenti che agli ordini dell'autorit, considerandolo principio generale dell'ordinamento giuridico. A mio modesto avviso questo modo di ragionare sostanzialmente esatto e conferma l'opinione del Mancini (citato dall'A.), secondo il quale la norma, di cui all'art. 5, poteva trarsi dall'ordinamento con la sola scorta ed autorit dei grandi principi . Il Cannada Bartoli, con logica spesso rigorosa e, comunque, sempre con molta eleganza, trae le pi estreme conseguenze dalla premessa che la disapplicazione, di cui all'art. 5, abbia ad oggetto -38 gli atti illegittimi, di cui all'art. 26. Questa premessa a sua volta il risultato di un sillogismo fondato su due verit, postulate e non dimostrate: che l'inapplicabilit non possa riguardare gli attj nulli e che le formule degli artt. 5 legge 20 marzo 1865 e 650 Codice penale da una parte e dell'art. 26 della legge sul Consiglio di Stato dall'altra siano sostanzialmente uguali. Sostiene l'A. che l'inapplicabilit non pu riferirsi agli atti nulli o inesistenti (giuridicamente) sia perch questi, non essendo produttivi di effetto, non sono applicabili, sia perch l'accertamento della nullit non richiede attribuzione di potere. Sul primo. punto possono formularsi delle riserve, il secondo decisamente da respingere. Occorre porre bene in evidenza che oggetto dell'esame sono i provvedimenti amministrativi, espressione del potere statuale, e non i negozi privati. L'ordinamento degli Stati moderni tende all'equilibrio dei tre poteri, senza che alcuno di essi si ponga in posizione di supremazia rispetto all'altro, donde i limiti notevoli che l'autorit giudiziaria ordinaria incontra nei riguardi dell'atto amministrativo. Questi limiti, che rispondono all'esigenza costituzionale di evitare l'ingerenza di un potere nell'altro, trovano la loro precisa espressione nella norma rigorosa dell'art. 4, che vieta al giudice di annullare o riformare l'atto amministrativo o di porre, comunque, con la sentenza l'quipollente dell'atto amministrativo. Questo espressione del potere pubblico al pari della sentenza, anche se non ne ha identica efficacia, e, in aderenza al sistema, al giudice ordinario precluso ogni sindacato diretto sull'atto amministrativo. Ci a prescindere dalla considerazione che la giurisdizione ordinaria si attua a tutela dei diritti soggettivi con assoluta esclusione degli interessi legittimi. Di fronte a questi, che sono i principi fondamentali del sistema, occorreva una ben pi rigorosa dimostrazione, per assumere che la norma, di cui all'art. 5, non fosse stata per l'appunto dettata con riguardo agli atti amministrativi viziati di nullit assoluta. Del tutto gratuita, poi, sembra l'affermazione che l'accertamento della nullit di un atto amministrativo non implichi attribuzione di un potere. Altrettanto sfornita di dimostrazione mi sembra l'altra premessa del sillogismo, che, cio, le formule usate dall'art. 5 20 marzo 1865 e 650 Codice penale siano sostanzialmente uguali a quelle, di cui all'art. 26 T. U. delle leggi sul Consiglio di Stato. Posso concordare con l'A. sul principio che nell'esegesi di tre testi legislativi il valore delle parole usate non sia risolutivo, dovendosi ricercare il loro senso logico in relazione al sistema, ma ci significa che il significato letterale deve essere integrato con altri elementi, non gi ch'esso debba essere del tutto trascurato. L'art. 5 parla di regolamenti ed atti non conformi alla legge, l'art. 650 Codice penale di provvedimenti legalmente dati e l'art. 26 si limita ad enunciare le tre categorie di vizi dell'atto amministrativo, che ne autorizzano l'annullamento da parte del Consiglio di Stato. Da questa espressione la dottrina e la giurisprudenza hanno tratto il concetto d'illegittimit, dal quale non pare che possano senz'altro escludersi tutti i casi di c. d. nullit per mancanza di un elemento essenziale. Dimostrare che l'atto non conforme e il provvedi mento illegalmente dato siano niente altro che l'atto illegittimo, viziato, cio, di uno qualsiasi dei tre vizi caratteristici, a me sembra ini'presa piuttosto ardua e tale da esigere ben diverso rigore. Il concetto di applicazione si riferisce immedia tamente alla norma giuridica, che, appunto, si applica al caso concreto. Il verbo applicare riferito all'atto negoziale , quanto meno, anomalo. Questi rilievi e, soprattutto, la storia dell'istituto e la sua provenienza dagli ordinamenti belga e francese avrebbero dovuto indurre ad una ancor maggiore cautela. vero che il valore di una norma non necessariamente uguale in ordinamenti diversi, ma l'interprete deve rigorosamente dimostrare la insus sistenza della conformit, che si ha ragione di presumere. Il precetto contenuto nell'art. 5 tratto dall'ar ticolol07 della Costituzione belga, che ha riguardo specialmente a "les reglments gnraux et locaux .. non " conformes aux lois . Il concetto della norma chiaro: essa ha riguardo non agli atti ammini strativi (negoziali) illegittimi o invalidi, ma alle norme giuridiche poste dal potere esecutivo non conformemente alle leggi. La non conformit alle leggi delle norme giuri diche poste in essere dal potere esecutivo si pone piuttosto come fenomeno d'incostituzionalit che di illegittimit. Ed il verbo "applicare>> usato ben a proposito, perch si riferisce alla proposi zione della premessa maggiore del sillogismo, alla formulazione della norma giuridica applicabile al caso concreto. chiaro che, secondo il citato art. 107, i giudici non debbono applicare i regola menti, che siano contrari alle leggi formali o che siano stati emessi fuori della' materia attribuita all'esecutivo. La disapplicazione opera ex officio iudicis. Un principio analogo a quello contenuto nell'articolo 107 della Costituzione belga stato tratto, per il nostrQ ordinamento, dalla dottrina e dalla giurisprudenza con riferimento alle leggi ed ai provvedi. menti aventi efficacia di legge, rispetto ai quali ritenuto pacificamente p0ssibile il sindacato sulla validit estrinseca, il cui difetto porta alla disap plicazione. In Francia -ci dice il Cannada Bartoli -il principio fu tratto dalla giurisprudenza con riferi mento ai regolamenti (pag. 6) e fu consacrato nel l'art. 471 parag. 15 del c. p. 1832. Occorreva, pertanto, rigorosamente dimostrare che l'art. 5 non avesse per il nostro ordinamento lo stesso valore che l'analoga norma ha per gli ordinamenti belga e francese. La circostanza che una formulazione analoga era stata usata nell'arti colo 650 c.p. e non nell'art. 26 doveva render partico larmente cauti, perch l'art. 650 c. p. considerato un tipico esempio di norma in bianco e l'atto am ministrativo che va a riempire il precetto della legge, deve considerarsi atto a contenuto normtivo. Rispetto ad esso il giudice doveva avere gli stessi poteri, che ha rispetto alle leggi ed ai regolamenti. Si concorda pienamente col Cannada Bartoli nel senso che tale norma non potesse trarsi dall'arti ;.__ 39 colo 4, che detta un principio tutt'affatto diverso ed esclude ogni sindacato del giudice sulla legittimit dell'atto amministrativo. Per effetto dell'art. 4 il giudice deve accertare la liceit dell'atto, non la legittimit e cio pu fare limitando il sindacato agli effetti dell'atto. Se questo ha leso un diritto soggettivo, il che presuppone che l'autorit ammi nistrativa non avesse il potere di sacrificarlo (in caso diverso non sussisterebbe la lamentata le sione) il giudice limita il suo sindacato all'accerta mento del danno, nella sua essenza e nella quantit, con esclusione di ogni giudizio sulla legittimit dell'atto. L'inapplicabilit, a mio avviso, potrebbe conf. gurarsi come conseguenza della illegalit del rego lamento o dell'atto amministrativo (sarebbe pi esatto dire che la illegalit impedirebbe l'applica zione, di cui presupposto la legalit dell'atto, che ha posto la norma), ma, come il giudice si ferma di fronte agli (< interna corporis della legge, di fronte, cio, ai suoi requisiti intrinseci, cosi dovrebbe fermaTsi di fronte agli asserti vizi (di legittimit) dell'atto amministrativo, limitando l'e same ai requisiti estrinseci di legalit. Non ritengo di avere dimostrat la differenza fra le due formule e come l'inapplicabilit abbia rife rimento alla ill~galit e non alla illegittimit, ma, in presenza di una differente formulazione e dei precedenti storici, ritengo che la dimostrazione del contrario incomba a chi assume l'identit dei due precetti, identit, che contrastata, altresi, dall'essere posta la norma in connessione con quelle, che disciplinano il potere del giudice ordinario nei confronti dell'atto amministrativo ed in relazione alla specifica competenza attribuitagli. L'art. 5 pone un limite al divieto, posto con l'art. 4, ma non pu annullarlo. Se si accedesse alla tesi che la formulazione usata dall'art. 5 abbia la stessa estensione di quella dell'art. 26, si negherebbe il criterio discriminativo della giurisdizione ordina ria da quella speciale e si frustrerebbe il divieto dell'art. 4. Il giudice ordinario, cio, potrebbe in ogni caso sindacare la legittimit degli atti amministrativi con il solo limite di non poterli annullare, ma po terli soltanto disapplicare, il che non mi sembra molto diverso. Poich, come esattamente osserva il Oannada Bartoli, le norme sulla legittimit dnno luogo a interessi legittimi e non a diritti soggettivi, il giudice ordinario, ~indacando la legittimit degli atti amministrativi, tutelerebbe gli interessi le gittimi (a tale legittimit). Le due giurisdizioni differirebbero non piu per l'oggetto, ma per l'effetto della pronuncia, che sarebbe di annullamento o di disapplicazione. Mi sembra pi conforme al sistema ritenere che l'art. 5 abbia inteso limitare il divieto, di cui all'articolo 4, consentendo in ogni caso .al giudice ordinario .il sindacato sulla legalit estrinseca dei regolamenti e degli atti amministrativi. In tale ipotesi, evidentemente, non sussiste alcun obbligo dell'amministrazione di conformarsi al giu dicato per quanto riguarda l'illegalit dell'atto. Tale obbligo previsto soltanto per le ipotesi, di cui all'art. 4, ed ha riguardo alla liceit dell'atto o del comportamento lesivo, non alla sua legittimit. A risultati analoghi pervenuta la maggior parte della dottrina penalistica in occasione dell'esegesi dell'art. 650 Codice penale. Nella seconda parte I'A. trae tutte le possibili conseguenze dalla premessa dianzi esaminata. In alcune affermazioni si pu essere d'accordo, pur partendosi da presupposti diversi. Ohe il giudice abbia l'obbligo di esaminare ex officio l'applicabilit dei regolamenti e degli atti amministrativi non conformi deriva dalla considerazione che tutto quanto attiene alla proposizione della premessa maggiore del sillogismo rientra nell'esclusiva attribuzione del giudice, qui iura novit. Potr dubitarsi se, in presenza della costituenda Corte costituzionale, il giudice conservi il potere di accertare la estrinseca validit della legge, ma per gli atti posti dal potere esecutivo nessun dubbio pu sorgere. La disapplicazione dell'atto negativo, poi, mi sembra un assurdo logico, prima che giuridico, perch non pu disapplicarsi il rifiuto senza porre in essere l'atto rifiutato. Altro problema importante quello della disapplicazione dell'atto inoppugnabile. Ove si acceda alla tesi del Oannada Bartoli il problema non pu risolversi che negativamente. L'atto non conforme, inteso nel senso di atto privo dei requisiti estrinseci, che lo qualificano atto amministrativo e che gli attribuiscono l'efficacia, che gli propria, pu ritenersi che non debba essere impugnato in via autonoma. Esso, per la sua stessa difformit dalla legge, pu sostenersi che non sia suscettibile di acquistare il carattere di inoppugnabilit, come non acquista la efficacia di giudicato la sentenza priva dei suoi requisiti estrinseci. Per l'atto illegittimo deve, invece, tenersi tutt'altro discorso. Esso, se non impugnato nei termini, diviene inoppugnabile. questo un effetto se non identico, certamente analogo all'efficacia formale di giudicato. che propria delle sentenze. Senza dubbio un effetto processuale dell'atto amministrativo come l'esecutoriet. L'atto inoppugnabile ha la stessa forza del giudicato fra le persone, a cui direttamente si riferisce, e fra queste e la pubblica amministrazione. Sia le prime che le seconde potranno in un successivo giudizio far valere l'inoppugnabilit, che impedisce, fra le stesse parti, un riesame dell'atto. A maggior ragione pu farsi valere questo effetto processuale impeditivo di ulteriore pronunzia sull'atto, quando questo sia stato impugnato e su di esso si sia pronunciato il giudice amministrativo. Il problema non si pone quando la disapplicazione sia chiesta in un processo, che si svolga fra parti diverse da quelle, a cui l'atto da disapplicare si riferiva. Ritiene l'.A.. che la competenza occasionale dell'autorit giudiziaria ordinaria sussista anche quando il sindacato sull'atto amministrativo sia attribuito alla giurisdizione esclusiva di merito del giudice amministrativo. A prescindere dar-quest'ultima ipotesi, che forse pi non interessa, potende ritenersi che la giurisdizione di merito sia stata soppressa dalla vigente Costituzione, la quale all'art. 103 prevede espressamente la tutela giurisdizionale soltanto nei riguardi degli interessi legit -40 timi, bisogna riconoscere che l'A. perfettamente coerente e conseguenziario, anche se qualche affermazione mostra con maggior evidenza l'assurdit della costruzione. In fondo pi ipotizzabile una competenza occasionale del giudice ordinario in materia di pubblico impiego, che non in tema di legittimit degli atti amministrativi. Almeno la prima ha ad oggetto diritti soggettivi, su cui in linea generale si attua la giurisdizione ordinaria: nel sindacare la legittimit degli atti amministrativi, invece, il giudice ordinario eserciterebbe un potere, che fuori della giur~sdizione attribuitagli. La disapplicazione nei casi dell'art. 4, quando la si riferisca all'atto, delle cui conseguenze si chiede che il giudice conosca, impossibile non solo e non tanto per il divieto, dallo stesso art. 4 posto, ma perch si chiede appunto che il giudice conosca degli effetti di quell'atto, che non pu non applicarsi. Volendo dare un significato alle prime due parole dell'art. 5, bisogna ritenere ch'esse abbiano riguardo ad un atto diverso da quello, dei cui effetti si discute. d'altronde perfettamente logico che il potere di applicare i regolamenti e gli atti amministrativi soltanto quando siano conformi alla legge e conseguentemente, di sindacare l'estrinseca legalit degli stessi sussista anche quando la causa abbia ad oggetto gli effetti di un diverso atto amministrativo, che il privato assuma lesivo dei suoi ~iritti. Le conseguenze pi aberranti delle premesse si ritrovano poi nell'ultima parte. Con una consequentiariet veramente ammirevole ed un rigore logico apprezzabile l'A., dopo aver ammesso che il giudice ordinario, in sede di competenza occasionale, debba estendere .il suo sindacato all'eccesso di potere, conclude riconoscendo al privato un sindacato di pari ampiezza. La conclusione, ripeto, perfettamente logica, perch, se l'inosservanza di un provvedimento viziato da eccesso di potere non costituisce il reato, di cui all'art. 650 Codice penale, naturale che il cittadino possa, e in alcuni casi debba, esaminare se un tale eccesso di potere sussista prima di osservare il provvedimento. Se il giudice ordinario dovesse valutare l'eccesso di potere con lo stesso metro usato dal Consiglio di Stato, secondo la cui giurisprudenza ogni sia pur lieve deviazione o perplessit della causa, reale o desunta da sintomi, integra o pu integrare l'eccesso di potere, la maggior parte delle inosservanze sarebbero atti pienamente leciti. I pochi casi residui rientrerebbero nell'errore su legge non penale (quella sulla legittimit dell'atto amministrativo) e l'art. 650 Codice penale potrebbe considerarsi definitivamente soppresso da] Codice penale. In definitiva mi sembra che il lavoro del Cannada Bartoli, pur avendo indiscutibili pregi di chiarezza e di rigore logico, dimostri l'impossibilit di dare all'art. 5 un'interpretazione diversa, da quella corrente, senza alterare profondamente il sistema. G. GUGLIELMI RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Tributi locali Delibera di imposizione -Non lede diritti sogget tivi -Impugnativa davanti al Consiglio di Stato Inammissibilit per mancanza di interesse. (Corte di Cass., Sez. Unite -Sent. n. 2519/51 -Pres.: Fer rara, Est.: Oggioni, P. M.: Eula (conf.) -Mattini ed altri contro Finanze, Comune di Roma ed altri) La deliberazione comunale istitutiva di un tributo specfale non ancora accertato nei confronti dei singoli contribuenti non spiega la sua incidenza su determinati soggetti dell'obbligazione tributaria, che possano, per ci solo, ritenersi lesi in un loro diritto. Non pn, quindi, parlarsi in tale ipotesi, di diritto soggettivo, che si ha solo con riferimento a posizioni individuali, assunte lese non potenzialmente ed eventualmente, ma concretamente, dall'imposizione. Conseguentemente non sufficiente invocare la possibilit astratta di una lesione, in dipendenza del provvedimento generale amministrativo che istituisca il tributo, per chiedere davanti al giudice ordinario l'attuazione di una concreta volont di legge che si assume esistente a proprio favore, restandosi sempre nel campo della tutela di un interesse legittimo ma non gi di un diritto soggettivo. Fino a quando l'imposizione del tributo ha una illimitata latitudine nella sua possibilit di espansione sui soggetti passivi del tributo, svincolata da ogni riferibilit personale, diretta e attuale, non si ha lesione in atto. In tal caso, l'interesse del cittadino non diventa autonomo con autonomia di mezzi di tutela, ma rimane conglobato con l'interesse collettivo, e rimesso pertanto, come interesse generale di tutti e di ciascuno della regolarit dell'azione amministrativa, alla tutela dello stesso ente pubblico. In tale situazione manca al cittadino l'interesse qualificato ad agire e la relativa questione si risolve in questione di giurisdizione. n debito di imposta sorge, secondo la dottrina pi accettabile, nel momento in cui si concretano i presupposti di fatto ai quali la legge, o altro provvedimento di carattere impositivo, ricollega in via generale ed astratta l'obbligo del tributo. Alla previsione astratta e generica segue l'individuazione del soggetto passivo e del concreto ammontare dovuto, che avviene attraverso l'accertamento dell'imposta, incidente nella sfera patrimoniale (diritto soggettivo) del cittadino. Queste due fasi, che per semplificare potremmo chiamare dell'imposizione astratta e dell'imposizione concreta di ogni singolo tributo, non sono unitarie, come potrebbe apparire; in realt, ognuna di esse a sua volta scomponibile. Ci apparve di gran tempo evidente, in modo particolare, per l'accertamento. Questo consta infatti di una serie di atti e provvedimenti culminanti nella liquidazione dell'imposta: in altri termini un atto progressivo, risultante dalla combinazione o ' dal cumulo di pi atti distribuiti nel tempo. Era naturale che la fase di determinazione dell'imposta prima ancora della fase di imposizione, venisse vivisezionata, per individuare la natura de~ potere dell'Amministrazione di fronte alla sfera_ di libert patrimoniale del contribuen~e: paci_fico che il risultato finale investe la posizione del cittadino come titolare di un diritto soggettivo. Ma possibile che taluni atti della fase dell'accertamento investano posizioni di interessi legittimi? La dor;ianda si trasforma immediatamente nell'altra, se esistano, nella fase dell'accertamento, attivit ~mminis~rative non vincolate discrezionali, alle quali non rispondano quindi diritti del cittadino, ma sol? interessi pubblici, entro i quali rimarrebbe occasionalm;ente prot(3tto l'interesse del contribuente ad un_a giusta imposizione. La risposta deve essere negativa: neppure l'accertamento del valore, che sembra svincolato da norme fisse ed inderogabili, in realt affidato a poteri discrezionali dell'amministrazi?ne: e. c_i. ? sufficiente per stabilire che eventuali illegittimita dell'accertamento violano veri e propri diritti soggettivi e non interessi del contribue'!1'te (?fr: ?"ros SANI: Diritti soggettivi e interessi leg1ttnm nel rapporto di imposta, Riv. it. dir. fin.'' 1942, 1 e segg., e richiami ivi). La prima fase, quella impositiva non venne invece sottoposta ad analoghe dissezioni. Nella maggior parte dei casi, la fonte dell'imposizione astratta direttamente una legge; e questa , di per s, non: scomponibile. Se perci si volesse trov:1're ad ~gni costo una posizione di interesse semplice del citta: dino e non di diritto soggettivo rispetto alla fase di imposizione astratta del tributo, non restere~b~ che affermare l'esistenza di questo interesse addirittura rispetto alla legge: ci che per la verit fu ~osten~to da alcuni (LLORIO: Diritto processuale tributano,. p. 132), ma esaurientemente confutato da altri (LE.ssr: .Accertamento o imposizione dell'imposta , Riv. it. dir. fin., 1943, fase. III-IV). Senonch vi sono casi in cui anche l'imposizione astratta nn un corpo semplice, ma un corpo composto. Fra i casi di tal genere (a parte l'imposizione delle sovrimposte fondiaria, art. 258 T. U. sulla finanza locale, sostituito dall'art. 306 legge comunale e provinciale), vanno genericamente inclusi .i sopraprezzi comunali sui biglietti dei locali di pubblicospettacolo (art. 15 R. D. L. 15 aprile 1926, n. 265); i diritti speciali riscuotibili dai Comuni dopo autorizzazione ministeriale, a sensi dello art. 10 D. L. 29 marzo 1947, n. 177; le contribuzioni stabilite dai -42 Comuni per far fronte alle spese di gestione delle Casse Conguaglio, giusta il D. L. 26 gennaio 1948, n. 98. In questi, ed in altri casi che si possono configurare, l'imposizione non >. *** A questo punto evidente che la questione assume una portata vastissima. Il principio che un diritto soggettivo non possa essere fatto valere come interesse fondamentale nel nostro ordinamento. La sola sua formulazione rievoca lunghe discussioni ed autorevoli dissensi dottrinali e giurisprudenziali, alla fine conciliati in una formula che sembrava collaudata da un ventennio di esperienze. Ma una recente decisione della IV Sezione del Consiglio di Stato (dee. 20 dicembre 1950, n. 619, << Ghir. it. , 1951, 3, 33 con nota di Guicciardi; Foro amm. , 1951, I, 1, 156 con nota di Piscione; Foro it. , 1951, 3, 27 con nota di richiami; <1 Dir. e prat. trib. , 1951, II, 259), distruggendo praticamente il ventennale lavoro di consolidamento del principio della causa petendi unita al petitum come criterio discriminatore della giurisdizione, ha profilato la possibilit che una lesione di diritti soggettivi lasci integra l'autonomia di eventuali lesioni di interessi, verificatesi nella fase prodromica della lesione del diritto. Secondo la citata decisione, in tali casi la lesione del diritto soggettivo, risultato finale della serie di atti amministrativi in essa confiuenti, non assorbe, ma si sovrappone alle lesioni degli interessi legittimi: queste conserverebbero una esistenza distinta ed autonoma, cui corrisponderebbe un separato ed autonomo mezzo di tutela davanti alla giurisdizione amministrativa. E la IV Sezione giunse a questa affermazione proprio rispetto ad una imposizione a carattere tributario, analoga a quella oggi presa in esame dalla Corte Suprema. Questo orientamento, approvato senza restrinzione dal Guicciardi, venne successivamente ribadito da due decisioni del Consiglio di Stato in adunanza plenaria 17 dicembre 1951, n. 10 e n. 13 (Riv. .Amm. 1952, 25; cfr. pure, per un completo quadro le decisioni 13 aprile 1951, n. 248, Foro amm. >~, 1951, I, 1, 301, e l'altra decisione in pari data n. 249, in >",il Consiglio di Stato riafferm quanto segue: La coesistenzadelle due tutele non vuol dire doppia tutela, perch l'una tutela ha un oggetto, l'altra un oggetto diverso. La sopravvenuta insorgenza del diritto soggettivo non elimina il preesistente interesse legittimo, anche -44 se l'uno e l'altro coesistano, come possibile, in uno stesso procedimento amministrativo. L'unit del q'Uale non esclude, ma implica il molteplice, potendo il procedimento amministrativo, come ogni altro procedimento, rappresentare un totum divisu:m, essere costituito, cio, come di solito avviene, da pi elementi di fisionomia diversa per la natura ed i fini che li distinguono >>. Ora, tutto ci non rivela tanto uno sforzo dialettico, o una certa. propensione verso insoliti richiami, (come il totum divisum, che sembra ispirato dalla terminologia della Scolastica) ma sopratutto il risultato di errori di prospettiva, che qui cercheremo di mettere in evidenza. A fondamento della teoria della tutela concorrente, la decisione 20 dicembre 1950, n. 619 ricord anzitutto che esistono procedimenti amministrativi cul- minanti, attraverso varie fasi, in lesioni di diritti soggettivi, che permettono tuttavia la tutela di eventuali interessi lesi nelle precedenti fasi; fra questi, la procedi1.ra di espropriazione per pubblica utilit e, in campo piu specificamente tributario, i contributi di miglioria. Ma il richiamo non pertinente. I due esempi, sui quali insiste a lungo la decisione 20 dicembre 1950, n. 619, del Consiglio di Stato, presentano indubbiamente, fra loro, spiccate somiglianze: ma va subito osservato che proprio queste somiglianze li differenziano nettamente da ogni altra procedura impositiva di tributo. La loro caratteristica piu saliente infatti una precisa separazione fra le due fasi che mantengano una propria individualit: la fase incidente sul diritto, e l'anteriore fase incidente su interessi. Questa prima fase caratterizzata, in entrambe le procedure, da un elemento senza dubbio rivelatore di autonomia: la determinazione nominativa dei proprietari soggetti a espropriazione (col piano di massima), la determinazione nominativa dei proprietari soggetti a contributo (con l'elenco previsto dell'art. 9 e il R. D. L. 28 novembre 1938, n. 2000). evidente che nell'individuazione dei soggetti del tributo gi ci troviamo, se non ad un accertamento perfetto e compiuto, in uno stadio avanzato dello sviluppo del procedimento impositivo: il fissaggio e la soggettivazione dell'interesse leso. Manca solo la determinazione della misura, dell'entit della lesione. Ma quella soggettivazione -secondo l'insegnamento dello stesso Consiglio di Stato e della Cassazione -che nei due procedimenti si verifica prima della lesione del diritto, gi indicatrice dell'esistenza di un autonomo interesse leso, tutelabile davanti alla giurisdizione di legittimit, prima, dopo, o contem poraneamente alla tutela del diritto soggettivo. Ci spiega esaurientemente come negli esempi richiamati dal Consiglio di Stato possa ammettersi che la fase preparatoria dell'atto finale (che sar poi il decreto di esproprio o l'iscrizione a ruolo dei contributi) determini posizioni a s stanti di interessi legittimi: ci ammissibile in quanto questi sono individuati nei loro soggetti, e tali quindi da poter essere tutelati automaticamente, ex se. Queste posizioni di interessi, gi soggettivati, non vanno naturalmente confuse con il trasferimento di propriet, o -nel campo dei contributi -con l'iscrizione a ruolo dei contribuenti. Questa seconda fase rimane sindacabile solo dal giudice ordinario, giacch -riconferma il Consiglio di Stato -Ogni altra controversia relativa all'imponibilit, ossia al diritto di sottoporre a contributo determinati cespiti, come anche la questioni in sede di tassazione devono invece intendersi sottratte alla competenza del Consiglio (Consiglio di Stato 14 maggio 1948, n. 249, Foro amm. , 1949, I, 1, 18 e eeisione 3 maggio 1949, n. 161, ivi p. 313). Del resto, gi in altra precedente decisione (21 aprile 1942, n. 119: Il Oonsiglio di Stato nel sessenio 1941-46, vol. II, p. 385) la IV Sezione aveva avuto occasione di chiarire che il potere di imposizione , di per s, un perfetto diritto soggettivo pubplico dello Stato o degli altri enti pubblici, cui conferito il potere di imposizione del contributo di miglioria, potere che non sindacabile. E allorquando la contestazione vertesse su una eventuale decadenza dell'Amministrazione da tale diritto di imposizione si sarebbe in materia di diritto soggettivo di una imposizione tributaria, la cui cognizione sottratta alla competenza del Consiglio (loc. cit). Principio esattissimo, piu volte rivadito anche per le controversie relative alla determinazione delle singolfi quote di contributo a carico dei singoli obbligati (IV sezione 28l uglio 1943, n. 29 loc. cit. p. 387). Solo la prima fase, dunque, e cio la delim.itazione delle zone e la individuazione dei proprietari (sia nel procedimento espropriativo sia nei contributi di miglioria) investe la sfera degli interessi legittimi: e ci non per la circostanza, puramente esteriore, che con quegli atti si accertino i presupposti di fatto della imposizione: ma perch in queste operazioni l'Amministrazione si muove su un terreno in parte discrezionale. L'accertamento dei presupposti di fatto dell'imposizione, l dove non ha margine di discrezionalit, ricade invece sempre nella sfera dei diritti soggettivi del cittadino, (Consiglio di Stato, V Sezione 6 ottobre 1950, n. 1029, <(Foro it ., 1951, III, 66; Riv. amm. , 1951, 197; V Sezione 14 aprile 1951, n. 350; Racc. compl. giur. Oons. Stato, 1951, 373). Cos precisati i concetti ed i principi fissati per i procedimenti sopra ricordati (espropriazione e con~ tributi di miglioria), si avverte immediatamente come essi non siano adattabili ad altri procedimenti impositivi, ed in particolare a quelli oggi in esame. In questi, la fase prepc,ratoria non presenta quello elemento rivelatore di autonomia, che -nei citati procedimenti -l'individuazione del soggetto leso. Nel procedimento impositivo tributario si possono distinguere tre fasi: prima fra queste, l'emanazione della norma o dei provvedimenti scaturenti dal potere impositivo -e qualsiasi contestazione al riguardo, risolvendosi in una controaffermazione di carenza di potere, si risolve nella tutela di un diritto soggettivo del cittadino di non divenire soggetti passivi di una contribuzione speciale, se non nei casi tassativamente previsti dalla legge (IV Sezione 13 aprile 1951, n. 248 Foro amm. , 1951, I, 1, 301 e Raccolta Oompl. Giur. Oons. Stato >>, 1951, 249). Segue la fase di concreta istituzione del tributo; infine, l'accertamento. Di questi tre momenti, uno solo caratterizzato dall'individuazione del soggetto, --e Cioe il terzo. N il primo, n il secondo creano quella soggettivazione che unicamente -secondo la sentenza 19 febbraio 1951, ( Sett. Oassaz. , 1951, 289) e la stessa sentenza oggi annotata -conferiscono all'interesse leso una propria autonomia. -45 Riesce quindi difficile rendersi conto, anche concettualmente, dell'asserita sopravvivenza di un interesse autonomo, che non esiste prima dell'accertamento dell'imposta e cio prima della lesione del diritto soggettivo. Proprio quegli aspetti cronologici che sono richiamati dalle decisioni 17 dicembre 1951 del Consiglio di Stato, persuadono che l'interesse leso legato come un fratello siamese al diritto soggettivo. Per contro, nel procedimento espropriativo e nei contributi -esempi su cui la decisione 20 dicembre 1950 si fonda -effettivamente le posizioni di interessi appaiono svincolate dalle posizioni di diritto, essendo individuate prima del decreto di esproprio e prima dell'iscrizione a ruolo del contributo. Ed inutile invocare lo slogan della <> (articolo 1692). V na disposizione simile contenuta nell'art. 61 della legge 1 giugno 1939, n. 1089, per le alienazioni di cose di propriet privata d'interesse storico o artistico, effettuate senza la preventiva denunzia al Ministero della Pubblica Istruzione, per l'eventuale esercizio del diritto di prelazione da parte dello Stato. Ma, in difetto di un'esplicita norma che elevi l'inadempimento della preventiva notizia a vizio dell'atto di trasferimento, sembra che il diritto di riscatto non pu configurarsi n come azione di nullit n come azione di annullamento. Ohe l'esercizio di tale diritto possq,_ poi attuare il contenuto di una condizione sospensiva, secQnd! lQ stesso Tribunale, resistito dall'immediato trasfrimento dei diritti dall'enfiteuta all'acquirente. E che la legge non consideri sospesa l'efficacia della vendita fatto chiaro e dalla dizione della norma, -51 in cui parlasi di riscatto dall'acquirente (e non dall'enfiteuta) e dal sorgere nel terzo alienatario degli obblighi del canone per solo effetto della intervenuta vendita (art. 967 O.O.) >>. Fatte tali premesse, il Tribunale cos conclude: Posto che la vendita irrequisito domino ha immediata efficacia e che ogni suo effetto traslativo posto nel nulla dall'esercizio del diritto di riscatto, il cui avverarsi rimesso alla libera scelta del concedente, l'esercizio del predetto diritto va rettamente inteso come condizione risolutiva, eh.e ope legis inerisce al contratto stipulato senza la requisitio domini , Neppure tale opinione, che in dottrina si trova sostenuta per il riscatto ex art. 732 Codice civile (ANDREOLI: Il retratto successorio, 1946, pag. 34), ci sembra tuttavia che renda perfettamente la vera natura giuridica del diritto di riscatto in questione. Anzitutto, una condizfone eh~ non costit1.iisce parte della dichiarazione di volont ma che inerisce al contratto in virt di legge non propria,mente una condizione, ma solo una condicio juris. E questa non soltanto non retroagisce, come la condizione propria, ma neppure pu essere risolutiva, e8sendo per definizione sospensiva dell'efficacia, se non pure della validit, del negozio (cfr. MESSINEO~ Manuale, 1946, I, pag. 347). In secondo luogo, l'esercizio del diritto di riscatto ex articolo 966 Oodiae civile, in verit sembra che non risolva affatto la vendita compiuta irrequisito domino, se proprio dall'acquirente e non dal venditore che il concedente riscatta, cio riacquista il godimento ed il possesso dell'immobile. Ammettendo la risoluzione del contratto, invece, il fondo riscattato dovrebbe logicamente considerarsi come mai uscito dal patrimonio dell'enfiteuta il quale potrebbe anche recedere dall'intenzione di vendere cos come potrebbe mutare le condizioni della vendita, e in particolare il prezzo. D'altra parte, ritenere che l'enfiteuta rimanga vincolato alla dichiarazione di volont di vendere, da valere come promessa unilaterale (in tal senso, DE PIRRO: Della enfiteusi, 1907, pag. 126) contenuta nel contratto che si risolve e a cui il concedente del tutto estraneo, sembra inconcepibile. Effetto risolutivo avrebbe certamente il riscatto, qualora l'obbligazione dell' enfiteuta di notificare la proposta di alienazione fosse stata dalle parti dedotta come condizione risolutiva espressa dall'enfiteusi (v. Cassazione 21 febbraio 1946, Foro it. , 1946, I, 570); cos come avviene per il patto di riscatto apposto ad una compravendita (artt. 1500 e segg. Codice civile). Diversa per da codesto patto quella forma qualificata di riscatto di cui qui si parla e che pi esattamente viene indicata col termine retr._atto; mentre, infatti, il primo tende ad apporre un termine alla propriet >> altrui o alla posizione giuridica creata nell' acqu.irente (GORLA: La Compravendita, 1937, pag. 304), il retratto, che non esclusivo dell'enfiteusi ma che ricorre anche in altre situazioni di priorit di un soggetto rispetto ad altri soggetti (per es. in materia successoria, art. 732 Codice civile), ha invece una funzione di garanzia, come l'ipoteca, avendo lo scopo di rafforzare l'obbligazione di preferire garantendone l'adempimento (D'ORAZI: Della prelazione, 1950, pag. 131, 132, 175, 194). Scopo che viene raggiunto merc l'attribuzione e l'esercizio di un potere diretto a rendere improduttiva di e:ffeti una determinata vicenda, sostituendo a questa altra vicenda in favore del ritraente stesso o di un beneficiario >> (D'ORAZI, op. cit., pag. 321). Fine del retratto del concedente, nel nostro diritto, quindi quello di ottenere l'adempimento coatto della prelazione. E ci a differenza di quanto avveniva sotto l'impero delle leggi civili napoletane del 1819, secondo le quali il concedente, esercitando il riscatto, se poteva ottenere l'annullamento della vendita e la risoluzione dell'enfiteu~i, poteva anche limitarsi a chiedere solo il primo, preferendo mantenere in vita il rapporto enfiteutico (cfr. Duscro: Trattato della enfiteusi, 1852, n. 339, pag. 241; IANNELLO: Dell'enfiteusi, 1845, n. 283, pag. 278). Il che non pu certo dirsi nel nostro sistema giuridico, in cui il concedente che esercita il retratto pu solo ottenere il riacquisto del c. d. dominio utile, gi trasferito al compratore, e cio lo scioglimento dell'enfiteusi, previo il rimborso dei legittimi pagamenti sostenuti dal retrattato. Il diritto di retratto del domino, diretto perci non pu essere rivolto a fare a risolvere la vendita, la quale anzi ne costituisce un presupposto, ma semplicemente a farne cessare ex nunc gli effetti (OARIOTAFERRARA: L'enfiteusi, 1950, pag. 299). L'esercizio del diritto di retratto, in altre parole, si comporta diversamente dall'esercizio del diritto di prelazione. Anche tra questi due diritti corre distinzione perch (secondo le parole dello SCHUPFER riportate in D'ORAZI, op. cit., pag. 195) il diritto di prelazione si riferisce ad ima vendita che ancora da conchiudere e contiene solo un'obbligazione dell'alienante; il retratto si riferisce ad una vendita gi conchiusa, ed un diritto che si fa valere contro l'acquirente allo scopo di riprendere il fondo dalle sue mani >>. L'esercizio del diritto di prelazione genera, perci, un acquisto del concedente direttamente da parte dell'enfiteuta, ed importa una eventuale sostituzione ad altri soggetti, che vengono posposti; l'esercizio del diritto di retratto d luogo, invece, ad un acquisto del concedente da parte dell'acquirente e nuovo enfiteuta e non implica sostituzione o surroga di soggetti nel contratto irrequisito domino (in tal senso vedi tuttavia TRIFONE: Dell'enfiteusi, in Commentario del Codice civile ii a cura di Scialoia e Branca, Libro della Propriet, 1947, sub. art. 966, pag. 60), ma un nuovo rapporto, che eventualmente potr costituirsi con un successivo avente causa dallo stesso compratore (art. 966 Codice civile). Nuovo rapporto inteso a sciogliere non gi il contratto di compravendita bens il rapporto enfiteutico, per cui il compratore, nuovo enfiteuta, divenuto possessore senza titolo, tenuto senz'altro a restituire il fondo al concedente. Da ci discende che il retratto non opera retroattivamente, ma dal momento in cui esso viene esercitato (cfr. D'ORAZI, op. cit., pag. 324). L'acquisto ch,e 11,a fatto il c,ompratore s un acquisto efficace (cfr. OARRARo: Il mandato ad alienare, 1947, pag. 54), ma, com' stato detto in dottrina, si trova in una situazione temporanea >, ed essere regolata -ai fini della prescrizione come la mancanza totale di dichiarazione (n. 170). III) Se le disposizioni concernentila prescrizione fiscale, di cui all'art. 24 delli:J, legge 11 gennaio 1951, n. 25, siano di applicazione generale e si estendano, quindi, anche alla materia della revisione delle dichiarazioni presentate dalla societ e dagli enti tassati in base a bilancio (n. 170). -IV) Se la dichiarazione da parte del datore di lavoro dei redditi tassabili mediante rivalsa (cat. C/2) costituisca vera e propria dichiarazione di reddito e ricada, pertanto, sotto la norma dell'art. 24 della legge Il gennaio 1951, n. 25 (n. 170). INFORTUNI SUL LAVORO. -I) Se la legge 6 marzo 1950, n. 104 sia applicabile soltanto a quei rapporti dipendenti da eventi avvenuti posteriormente all'entrata in vigore della legge medesima (n. 26). -II) Se la norma dell'art. 23 del C.G.A. che autorizza l'Amministrazione a provvedere direttamente di ufficio all'adempimento degli obblighi inerenti alla assicurazione infortuni possa estendersi alle altre assicurazioni (n. 27). LOCAZIONI. -I) Se sia possibile la costituzione di un rappqrto di locazione tra due Uffici (Dir. Gen. Cassa DD. PP. e Dir. Gen. Istituti di Previdenza) di una stessa Amministrazione dello Stato (Tesoro) e, conseguente mente, se al rapporto medesimo si applicabile il blocco dei fitti (n. 61). -II) Se a un contratto di locazione di alloggio, stipulato per anni cinque dal 15 settembre 1946 al 14 settembre 1951, sia applicabile, alla scadenza, la proroga legale delle locazioni (n. 62). -III) Se, in costanza del contratto originario, possa il locatore appli care gli aumenti di fitto intervenuti con il D.L.C.P.S. 23 dicembre 1947, n. 1461 e con la legge 30 dicembre 1948, n. 1471 (n. 62). -IV) Se l'importo degli inte ressi sul capitale impiegato per il riattamento dell'im mobile locato debba essere incorporato nel fitto e benefi ciare, conseguentemente, degli aumenti stabiliti dalle leggi emanate successivamente (n. 63). NAVI. -I) Se la lettera, con la quale, l'Amministrazione comunica ad un armatore la decisione di revoca del contratto di gestione di nave, costituisca atto ammi -56 _. nistrativo, impugnabile, quindi, nei modi ordinari (n. 50). -II) Se l'Amministrazione possa ottenere la riduzione del compenso di gestione, ove la nave sia inutilizzata per danni, salva la facolt di revoca della gestione (n. 50). OPERE PUBBLCHE. -Se l'impresa, esonerata dall'obbligo di prestare cauzione, col carico di corrispondere all'Amministrazione l'abbuono del 5 % sull'ammontare della cauzione stessa per tutto il tempo in cui questa dovrebbe rimanere vincolata, debba corrispondere detto abbuono dopo pi di 18 mesi dalla ultimaziane dei lavori, ove a tale data non si sia ancora proceduto alla liquidazione dei medesimi e allo svincolo del deposito cauzionale (n. 20). PROFITTI DI REGIME. -Se, in caso di contestazioni tra le parti, il Presidente del Tribunale sia competente a determinare l'ente o le persone, cui deve far carico il pagamento del compenso al sequestratario (n. 62). RAPPORTI DI LAVORO. -I) Se ildisegno di legge regionale, concernente l'istituzione del libretto di lavoro per i lavoratori agricoli contenga disposizioni che possano dar luogo ad impugnativa per illegittimit costituzionale (n. 20). -II) Se l'autorizzazione prevista dalla legge 5 giugno 1850, n. 1037, sia necessaria per l'accettazione di beni a titolo gratuito da parte d~lla Regione Sarda, che gode di una particolare autonomia (n. 21). III) Se il disegno di legge regionale, concernente cc Il Fondo per il credito alle cooperative , possa dar adito ad impugnativa per motivi di incostituzionalit (n. 22). -IV) Se il disegno di legge regionale concernente l'istituzione di scuole elementari differenziali contenga disposizioni di carattere incostituzionale (n. 23,. -V) Se il disegno di legge regionale concernente I' cc istituzione del libretto di lavoro per i lavoratori agricoli contenga disposizioni che possano dar luogo ad impugnativa per illegittimit costituzionale (n. 24). REQUISIZIONI. -I) Se le occupazioni irregolari di immobili, effettuate da autorit militari per cause legittime di interesse pubblico dopo la dichiarazione di applicazione della legge di guerra, verificatasi in occasione dell'ultimo conflitto (R. decreto IO giugno 1940, n. 566), possano considerarsi quali requisizioni di guerra (n. 94). -II) Se i danni conseguenziali debbano essere liquidati ad iniziativa dell'Amministrazione (n. 94). III) Se, in tal caso, per la prescrizione del diritto del privato allo indennizzo a favore dell'Amministrazione sia applicabile l'ordinario termine decennale (art. 2946 e.e.). (n. 94). -IV) Se le occupazioni militari irregolari effettuate prima della dichiarazione di applicazione della legge di guerra, costituiscano fatti illeciti, con la conseguente applicazione del termine prescrizionale quinquen nale del disitto all'indennizzo suddetto (n. 94). SEQUESTRO. -Se il locatario di un alloggio, gi sottoposto a sequestro, perch di propriet di un citta dino tedesco, abbia un interesse tutelabile per opporsi al decreto di dissequestro (n. 8). SOCIETA' -I) Se il Consiglio di amministrazione di una societ, che partecipi al capitale di altra societ, sia competente a deliberar l'acquisto 6 la vendita dei titoli azionari di detta societ (partecipazione), ove consentiti (n. 38). -II) Se la medesima competenza spetti al Consiglio di amministrazione, per l'esercizio del diritto di opzione (n. 38). -III) Se, per invocare la applicazione dell'art. 2362 e.e., sia necessario che tutte le azioni sociali siano appartenute ad una sola persona nel momento in cui sorta l'obbligazione sociale (n. 39). IV) Se la registrazione degli atti costitutivi delle societ cooperative edilizie sia esente da imposta di registro, o sia da effettuarsi mediante il pagamento di tassa ridotta ad un quarto della imposta ordinaria (n. 40). -V) Se la stessa disposizione, che vale per gli atti costitutivi, valga anche per le delibere di aumento di capitale (numero 40). TRASCRIZIONI. -Se possa procedersi alla trascrizione di un atto didonazione contro un terzo estraneo alla donazione stessa (n. 21 ). TRASPORTO. -I) Se l'azione, relativa agli assegni gravanti le spedizioni ferroviarie, debba essere considerata quale azione derivante dal contratto di trasporto e, pertanto, soggetta alla prescrizione di un anno (n. 20). -II) Se la autorizzazione al trasporto di merci in servizio di piazza possa essere accordata per una durata interiore a nove anni (n. 21). TRATTATO DI PACE. -I) Se i provvedimenti riguardanti la sistemazione delle opere di protezione antiaerea nel T.L.T. siano di competenza del Governo Militare Alleato (n. 39). -II) Se la facolt di apprensione, sancita nell'art. 75 del Trattato di Pace, dei beni italiani siti nel Territorio di ciascuna delle Nazioni Unite, possa estendersi anche ai crediti ivi esistenti (n. 40). -III) Se l'offerta per l'acquisto del pacchetto azionario di una societ tedesca, non corredata dal deposito cauzionale per l'importo fissato, sia regolare (n. 41). -IV) Se sia regolare l'offerta, ove il certificato di cittadinanza dell'offerente sia presentato solo dopo la scadenza del ter mine per le offerte (n. 41). -V) Se sia regolare l'offerta, ove, all'atto dell'apertura delle buste, sia scaduta la validit della fideiussione bancaria presentata a titolo di cauzione (n. 41). -VI) Se il locatario di un alloggio gi sottoposto a sequestro perch di propriet di un cittadino tedesco, abbia un interesse tutelabile per opporsi al decreto di dissequestro (n. 42). TURISMO. -Se i crediti degli Enti Provinciali per il Turismo per contributi da pagarsi da enti o da privati abbiano natura privilegiata o chirografaria (n. 3.) (8106539) Roma, 1952 Istituto Poligrafico Stato G. O.