ANNO XVIII -N. 2 MARZO-APRILE 1966 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1966 ABBONAMENTI ANNO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 5.000 UN NUMERO SEPARATO . .. .. .. .. .. .. .. .. 900 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/40500 Stampato in Italia -Printed in ltaly Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (5212596) Roma, 1966 -Istituto Poligrafico dello Stato P. V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSHTUZIONAll.!E 1E INT1ERNAZIONAr[; E . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 273 Sezione seconda: GIURllSPIRiLJDENZA SU QU.ESTIONI DI GlrURISDl,ZIONE 289 Sezione terza: GIU1Rl6P>RUDENZA CIVN.JE 318 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA )) 369 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRlrBUTARIA 396 Sezione sesta: GIURIS~UDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUB81.: ICHE, APPALTI E FORNlrTU~E . . . . . . . )) 450 Sezione settima: GIURISPIRUDENZA PENAtE . . . . . . . . . )) 479 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO QUESTIONI pag. 39 RASSEGNA DI DOHRINA )) 77 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE )) 91 CON:SULT AZIONI )) 114 NOTl'ZIAIRIO )) 132 La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO Le sezioni della parte prima sono curate, nell'ordine, dagH avvocati: Michele Savarese, Benedetto Baccari, Franco Carusi, Ugo Gargiulo, Mario Fanelli, Giuseppe IDel Greco, Antonino Terranova Le rassegne di dottrina e legfalazione dagli avvocati: luigi Mazzella e Arturo Marzano ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI QUARANTA A., Situazioni soggettive rispetto al potere autorizzativo della P.A. e problemi di giurisdizione . . I, 298 SACCHETTO P., Privilegi marittimi e privilegi previsti dal codice civile o da leggi speciali . . . . . . . . . . . . . I, 322 CARUSI F., In tema di ammissione al passivo fallimentare con riserva di presentazione di documenti . . . . . . . . . I, 340 CARUSI F., Considerazioni su un caso di ritenuta responsabilit della P.A. per decadenza incorsa dal privato, con essa contraente, da beneficio della registrazione a tassa fissa del contratto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 365 BATISTONI FERRARA F., Perdita delle merci introdotte nei magazzini di temporanea custodia e legittimazione all'azione di risarcimento del danno . . . . . . . . . . . . . . I, 401 ANGELINI ROTA G., Sulla proponibilit di azioni ed opposizioni fondate sul concordato fallimentare del debitore d'imposte dirette . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 428 MARZANO A., Nullit insanabile dell'impugnazione e integrazione del contraddittorio . . I, 459 COLETTA G., Osservazioni sull'art. 2 del t.u. 25 luglio 1904, n. 523 delle leggi sulle opere idrauliche . . . . . I, 469 ALIBRANDI T., La sindacabilit del provvedimento amministrativo nel processo penale . . . . . . . . . . . II, 39 INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICIT -Opere idrauliche -Risarcimento dei danni -Proponibilit della azione, con nota di G. CoLETTA, 468. -Opposizione ad ingiunzione che investa la natura e la portata della pretesa amministrativa Competenza funzionale del Tribunale delle Acque -Prevalenza, con nota di A. MARZANO, 459. -Procedimento dinanzi ai Tribunali delle Acque -Accertamenti tecnici -Adempimento da parte di estranei all'organizzazione dei Tribunali -Ammissibilit -Limiti, 476. - Questioni sulla natura pubblica o privata delle acque -Premessa necessaria per la decisione della causa -Competenza, con nota di A. MARZANO, 459. -V. anche Imposta di registro. AMMINISTRAZIONE DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI -Amministrazione dello Stato Erronea citazione in giudizio dell'organo rappresentativo di Amministrazione non legittimato alla causa -Eccezione di difetto di legitimazione passiva sollevata dall'Avvocatura dello Stato Assimilazione all'eccezione di difetto di legittimazione al processo dell'organo erroneamente evocato in giudizio -Onere dell'Avvocatura dello Stato di soll~ vare l'eccezione alla prima udienza con l'indicazione della Amministrazione legittimata alla causa -Concetto di prima udienza contemplato dalla 1. 25 marzo 1958, n. 260 -Prima udienza di trattazione, 340. -Amministrazione dello Stato Erronea citazione dell'organo l'appresentativo di Amministrazione non legittimata alla causa 2 -Rinnovazione dell'atto -Ammissibilit, 339. -Notificazione della domanda arbitrale non eseguita presso l'Avvocatura dello Stato -Nullit assoluta ed insanabile -Costituzione della Amministrazione Irrilevanza -Rinnovazione della notifica -Inammissibilit, 477. -Procedimento innanzi ai Tribunali delle acque -Appello avverso fa sentenza del Tribunale regionale delle acque -Notifica presso l'Avvocatura distrettuale e non presso l'Avvocatura Generale dello Stato -Nullit, 475. -V. anche Competenza e giurisdizione, Impugnazione. APPALTO -Appalto di opere pubbliche Appalto stipulato dalla Cassa del Mezzogiorno -Richiamo, ai sensi dell'art. 8 della legge istitutiva della Cassa, del Capitolato Generale LL.PP. -Sua natura normativa, con nota di L. TRACANNA, 450. -Appalto di opere pubbliche Supplente -Unicit dell'obbligazione dell'appaltatore e del supplente -Figura giuridica del supplente -Obbligato principale -Inadempimento -Danni Possibilit di calcolarli nella somma dovuta dall'appaltatore alla P.A., con nota di L. TRACANNA, 450. - Appalto di opere pubbliche Supplente -Volont dichiarata di non voler subentrare aU'appaltatore -Procedimento, nei suoi confronti di risoluzione in danno -Inapplicabilit -Possibilit per la P. A. di rescindere il contratto -Sussiste, con nota di L. TRACANNA, 450. APPELLO - V. Procedimento civile. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO VI ARBITRATO -Notifica della domanda arbitrale presso l'Avvocatura dello Stato -Inderogabilit, 476. -Sentenza arbitrale -Controllo della sussistenza della motivazione -Appartiene al giudice di merito competente a pronunciarsi sull'azione di nullit del lodo e non alla Corte di Cassazione, 334. ATTO AMMINISTRATIVO -Annullamento di ufficio -Contraddittoriet col provvedimento annullato -Eccesso di potere Non ipotizzabile, 384. -Competenza e giurisdizione -Atto adottato in base a norme dichiarate incostituzionali -Effetti ai fini della giurisdizione -Giurisdizione del Consiglio di Stato, 389. -Contratto della P. A. -Scelta del privato contraente -Licitazione privata -Trattativa privata e cottimo fiduciario -Verbali delle operazioni -Interpretazione da parte del G.O. -Apprezzamento di fatto -Insindacabilit in Cassazione, con nota di R. CARUSI, 361. -Perfezione -Quando sussiste Pubblicazione -Formalit estrinseca -Vizi della pubblicazione Rilevanza sulla validit dell'atto -Esclusione, 377. - Silenzio -Situazione di fatto consolidatasi col tempo in esecuzione di atti divenuti impugnabili -Diffida a provvedere in modo diverso -Silenzio della P. A. -Impugnativa -Inammissibilit, 387. BELLEZZE NATURALI - V. Demanio. CACCIA E PESCA -Concessione di riserva di caccia -Presupposto -Fonte del diritto esclusivo da cacciare -Trasformazione in bene demaniale di parte dell'area assoggettata a riserva di caccia -Estensione dell'ambito della concessione Insussistenza -'.Diritto dell'Amministrazione ad un ulteriore canone -Esclusione, 358. CASSAZIONE -Legittimazione ad agire -Eccezione -Non dedotta nel giudizio. di merito -Deducibilit in Cassazione -Limiti, con nota di R. SEMBIANTE, 437. -Nuove questioni di diritto -Ammissibilit -Limiti, con nota di R. SEMBIANTE, 437. -V. anche Fallimento. CINEMATOGRAFIA -Film -Programmazione obbligatoria e assegnazione del premio. previsto dall'art. 14, 2<> comma, legge 31 luglio 1956, n. 897 Autonomia dei giudizi -Effetti,, 384. COLLEGIO -Collegio amministrativo -Procedimento disciplinare -Commissione disciplina -Presidente Astensione -Sostituzione con il membro pi anziano -Motiva-zione -Legittimit, 395. COMPETENZA E GIURISDJ:ZlO- NE -Autorizzazione amministrativa Licenza di temporanea importa-zione -Natura della situazione soggettiva del titolare dell'autorizzazione -Diritto soggettivo Suo affievolimento per l'esercizio di poteri pubblici discrezio-nali -Fattispecie: esercizio di poteri di polizia fitosanitaria da. parte di Amministrazione diversa da quella autorizzante -Do-manda di risarcimento danni del privato -Improponibilit per di-fetto di giurisdizione dell'A.G.O.,, con nota di A. QUARANTA, 297. -Conflitti di attribuzione -Legitimazione a sollevarli, 294. INDICE vn -.Distanze legali -Contiguit a bene patrimoniale indisponibile -Diritto soggettivo del privato al rispetto delle distanze -Affievolimento del diritto -Limiti, 313. -Espropriazione per p.u. -Giurisdizione ordinaria e amministrativa -Criteri -Concreta manifestazione del potere pubblico Affievolimento del diritto privato -Sussiste -Conseguenze giurisdizione del Consiglio di Stato -Fattispecie, 369. -Giurisdizione ordinaria e amministrativa -Enti pubblici economici -Impiego pubblico -Controversie -Giurisdizione ordinaria -Limiti, 295. -Impiego pubblico e privato Operai giornalieri -Inquadramento -Giurisdizione del Consiglio di Stato, 394. -Potere del giudice che pronuncia soltanto sulla giurisdizione di fissare principi e limiti per l'esercizio della giurisdizione stessa -Esclusione, 433. -Regolamento di giurisdizione Giudizio pendente davanti al Consiglio di Stato -Ammissibilit, 289. -Regolamento di giurisdizione Giudizio pendente davanti al Consiglio di Stato -Ammissibilit, 289. -Regolamento di giurisdizione Mancanza di motivi -Ammissibilit, 297. -Regolamento preventivo di giurisdizione -Preclusione, 296. -Regolamento di giurisdizione -Sospensione del giudizio di merito 1 Inderogabilit, 289. -Violazione delle norme sulle distanze da parte della P. A. Sentenze dichiarative -Ammissibilit, 313. - V. anche Atto amministrativo. CONCESSIONI AMMINISTRATIVE ~ Istanze concorrenti ed incompatibili -Criterio di scelta -Fattispecie, 381. -Personalit ed intrasmissibilit Portata -Cessione di azienda di fabbricazione di fiammiferi Consenso della P. A. -Mancanza -Effetti, 334. -Procedimento -Funivia e Funicolari -Parere -C.F.A.T. (Commissione Funicolari Aeree e Terrestri) -Legittimit, 381. -V. anche Competenza e giurisdizione. CONFLITTI DI ATTRIBUZIONI -V. Competenza e giurisdizione, Corte Costituzionale. CONTABILIT GENERALE DELLO STATO -Contratto della P. A. -Procedimento di scelta del privato contraente -Licitazione privata Verbale di aggiudicazione -Tiene luogo della stipulazione del contratto, con nota di F. CARusI, 361. -Albi> nazionale dei costruttori Iscrizione -Criteri, 392. -Approvazione -Visto di esecutoriet -Diniego -Fattispecie Legittimit, 392. - Licitazione privata -Aggiudica.,; zione -Procedimento,;. Continuit delle operazioni della gara. 393. -Licitazione privata -Offerta in aumento -Offerta di importo pari al valore base -Inammissibilit, 393. -Licitazione privata -Verbale di aggiudicazione -Impugnativa Competenza del Consiglio di Stato -Sussiste, 393. -V. anche Atto amministrativo, Responsabilit civile. CORTE COSTITUZIONALE -Conflito di attribuzioni -Notificazione del ricorso ai controinteressati -Non prescritto, 278. VIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO COSA GIUDICATA lit della 1. 27 luglio 1957, n. 8 -Manifesta infondatezza, 390. -Cosa giudicata sostanziale -Effi cacia -Limite -Identit degli -Demanio storico e artistico -I elementi costitutivi delle azioni -Vincolo storico e artistico -Con I Riesame della stessa questione in tenuto e scopo del provvedimenun secondo giudizio non identito -Necesit -Competenza del . . co al primo -Diversit della Ministro, 374. soluzione -Violazione del preceDemanio e artistico -storico dente giudicato -Esclusione, con Vincolo storico e artistico -Monota di F. CARUSI, 362. tivazione -Necessit -Fattispecie, 375. I -Giudicato amministrativo -Esecuzione -Ricorso ai sensi del- V. anche Caccia e pesca, Compe l'art. 27, n. 4 -Precedente contenza e giurisdizione. danna generica della P. A. al risarcimento dei danni -Non preclude il ricorso -Ricorso ai sensi DOGANA dell'art. 27, n. 4 ed azione giudiziaria, nel caso di precedente -Merci in temporanea custodia condanna generica della p. a. -Limitazione di responsabilit di Alternativit, 391. cui all'art. 26 regol. doganale -Giudicato amministrativo -RieApplicabilit all'Amministrazio same e rinnovazione dell'atto anne -Esclusione, con nota di F. nullato -Impugnativa -Motivi -BATISTONI FERRARA, 401. Deducibili nel precedente giudi -Merci in temporanea custodia zio e non dedotti -Inammissi Obbligo di vigilanza dell'Ammi bilit, 384. nistrazione -Sottrazione resa -Giudicato sulla competenza possibile da violazione delle n!'~ Cosa giudicata formale -Giudime di comune prudenza e dilicato su questioni di merito -Cogenza -Responsabilit, con nota sa giudicata sostanziale, 334. di F. BATISTONI FERRARA, 401. -Merci in temporanea custodia Sottrazione -Azione di risarci COSTITUZIONE DELLA REPUB mento del danno -Destinatario BLICA del trasporto -Legittimazione, con nota di F. BATISTONI FERRA -Principio di eguaglianza dei cit RA, 401. tadini -Riferimento solo alle persone fisiche -Esclusione, 281. -V. anche Competenza e giurisdizione. -V. anche Demanio, Impiego pubblico, Misure di sicurezza, Mutilati e invalidi, Sicilia. EDILIZIA -Demolizioni di costruzioni non DEMANIO E PARTRIMONIO autorizzate -Istanza dei privati al Sindaco -Silenzio rifiuto _:. Beni patrimoniali indisponibili Impugnativa con ricorso. al Co~ Regime -Vincoli di incommer siglio di Stato -Successivo ordi ciabilit e di imprescrittibilit ne di demolizione -Cessazione Limiti, 313. della materia del contendere, -Demanio storico e artistico -388. Bellezze naturali -Provincia di -Demolizioni non autorizzate Bolzano -Demolizione e sospen Istanza dei privati al Sindaco sione dei lavori, art. 8, 1. n. 8 Sussistenza dell'interesse qualifi del 1957 -Criteri, 390. cato -Obbligo di provvedere -Demanio storico e artistico Silenzio rifiuto -Impugnativa al Bellezze naturali -Provincia ri Consiglio di Stato -AmmissibiBolzano -. Pretesa incostituziona-lit, 388. INDICE. IX EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA -Incis -Cessic>ne alloggi in propriet -Determinazione del valore venale ,.. Ricorso alla Commissione Regionale -Contraddittorio -Ammissibilit, 379. -Incis -Riscatto di locali non destinati ad abitazione -Determinazione del valore venale -Ricorso. alla Commissione Regionale ..: Ammissibilit, 379. ELEZIONI AMMINISTRATIVE E POLITICHE -Manifestazione del voto -Princlpi -Volont espressa in modo equivoco -Invalidit -Fattispecie, 372. ESECUZIONE FISCALE -v; Imposte e tasse in genere, Ingiunzione. ESPROPRIAZIONE PER P. U. -Edifici scolastici -Pr.ogetti -Approvazione -Competenza del Provveditore alle 00. PP., 375. -Edifici scolastici -Scuole materne -Istituzioni -Nozione -Fattispecie, 380. -Espropriazione per la costruzione di edifici popolari ai sensi della legge 9 agosto 1954, n. 640 - Espropriazione di aree destinate alla costruzione di servizi Legittimit, 386. -Espropriazione -Scelta dell'area -Discrezionalit -Sindacato di legittimit -Esclusione, 376. -Impugnativa -Censure relative a un bene non coperto dalla dichiarazione di p. u. -Omesso impugnativa. del decreto di dichiarazione di p. u. -Irrilevanza, 385. -Impugnativa -Censure relative ai criteri tecnici seguiti per la redazione del progetto -Inammissibilit -Censure relative ai criteri per l'applicazione della legge -Ammissibilit, 385. -Impugnativa -Omessa presentazione delle osservazioni ai sensi dell'art. 18 della legge n. 2353 del 1865 -Irrilevanza, 385. -Indennit -Credito di liquidazione -Terreno edificatorio -Caratteri, 475. -Interesse ad agire -Impugnazione da parte di proprietario di terreni rimasti estranei alla procedura espropriativa -Inammissibilit, 381. -Occupazione di urgenza -Elettrodotto -Autorizzazione provvisoria -Contenuto -Determinazione del percorso dall'elettrodotto -Riferimento a terreni non . compresi nel tracciato -Illegittimit, 376. -Occupazione d'urgenza relativa ad area per costruzione di opera dichiarata di pubblica utilit Natura -:t atto conseguenzialerispetto alla dichiarazione di. p. u. -Effetti ai fini della impugnativa . giurisdizionale -Potere del Prefetto -Limiti, 375. -Pendenza del giudizio civile per illigittima occupazione del fondo -Espropriazione -Legittimit, 369. -Termini -Finalit -Inosservanza -Effetti, 369. - V. anche Competenza e giurisdi-zione, Riforma fondiaria. FALLIMENTO -Ammissione al passivo con riserva di presentazione di documenti -Efficacia - Condicio juris ~ della tempestiva opposizione allo stato passivo, con nota di F. CARUSI, 348. -Ammissione di un credito con il relativo privilegio in sede di ve-rificazione dello stato passivo Preclusione di ogni successiva questione attinente alla graduazione dei privilegi -Non sussiste, con nota di P. SACCHETTO, 321. -Attivit giurisdizionale del giudice delegato -Procedimento di verifica dei crediti, di insinuazione tardiva e di riparto finale Rispettive, autonome finalit. con nota di F. CARUSI, 348. X RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Decreto del Tribunale emesso su reclamo avverso il provvedimento del giudice delegato che rende esecutivo n piano di riparto -Ricorso per cassazione -Ammissibilit, con nota di P. SACCHETTO, 321. -V. anche Imposte e tasse in genere. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Procedimento giurisdizionale avanti al Consiglio di Stato Costituzione in giudizio del resistente -Notifica del controricorso -Non necessaria -Deposito in segreteria della procura ad litem -Sufficienza, 373. -Procedimento giurisdizionale avanti al Consiglio di Stato Costituzione in giudizio del resistente -Termine perentorio di 30 gg. -Inapplicabilit -Notificazione del ricorso incidentale Termine perentorio di 30 gg. Applicabilit, 373. -Ricorso al Consiglio di Stato Impugnativa di decisioni di ricorso gerarchico dichiarato inammissibile -Esame da .parte del Consiglio di Stato -Inammissibilit, 387. -Ricorso giurisdizionale -Legittimazione attiva -Esperimento del ricorso nell'interesse dei figli minori -Autorizzazione Giudice tutelare -Quando necessaria, 380. -Ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato -Motivi -Motivi non dedotti nel ricorso gerarchico -Inammissibilit, 391. - Ricorso giurisdizionale -Motivi -Genericit Inammissibilit, 381. -Ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato -Mutatio libelli Inammissibilit, 389. - V. anche Competenza e giwrisdizione, Contabilit. di Stato, Edilizia. IMPIEGO PUBBLICO -Dipendenti della Camera di Commercio -Inquadramento Decorrenza -Limiti, 394. -Inquadramento -Questioni di legittimit costituzionale dell'articolo 370 t. u. 10 gennaio 1957, n. 3, sotto il profilo della violzione della delega prevista dall'art. 2, n. 17, 1. 20 dicembre 1954, n. 1181 -Manifesta infondatezza, 393. -Nomina alla qualifica di vicedirettore delle carriere speciali ai sensi dell'art. 31, 1. 7 luglio 1959, n. 469 ~ Nomina effettuata in sede di prima applicazione della legge -Limiti, 382. -Procedimento disciplinare -Sospensione -Procedimento penale relativo a :fatti diversi -Sospensione -Inammissibilit, 395. -Promozione per merito compa. rativo -Attribuzione di punteggio -Motivazione -Presupposti, 383. -Promozione per merito comparativo -Autonomia dei giudizi Fattispecie, 383. -Promozione a direttore generale -Promozione per merito comparativo - Esclusione, 384. - Promozione per merito compa rativo -Eccesso di potere -Disparit di trattamento -Fattispecie, 383. -V. anche Competenza e giurisdizione. IMPOSTA DI REGISTRO -Concessione di derivazione di acqua -Aumenti legali dei canoni -Tassabilit -Esclusione, 447. -Vendite di merci che nel commercio esercitato dal venditore sono destinate alla rivendita Registrazione in caso d'uso -Aliquota ridotta di cui all'art. 45 tab. D della legge organica del registro -Applicabilit anche agli atti, relativi alle dette vendite, redatti in forma pubblica o posti in essere con scrittura privata autenticata, e perci in ogni caso soggetti a registrazione in termine fisso, 416. - Vendite di beni mobili e di merci, anche tra commercianti -Aliquote ordinarie di cui agli artt. 2 ~ . INDICE XI e 3 lett. a) della tariffa allegato A alla legge organica del registro -Limiti di applicabilit, 416. -V.anche Responsabilitd civile. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Determinazione dell'attivo imponibile -Maggiorazione per presunzione di esistenza, nell'asse eriditario, di gioielli, mobilia e denaro -Pronuncia di illegittimit costituzionale, in relazione al diverso computo, della percentuale: sul valore lordo, per le aziende agricole, e sul valore netto, per le aziende industriali e commerciali -Estensione della pronuncia di illegittimit all'intera norma sulla presunzione indicata -Esclusione, 442. -Determinazione dell'attivoimponibile -Maggiorazione per presunzione di esistenza di gioielli mobilia e denaro -Inapplicabi~ lit in caso di diverse risultanze di inventari -Condizioni -Limiti, 442. -Imposta globale sull'asse ereditario netto e sulle donazioni e altre liberalit -Addizionale di cui al r. d. 30 novembre 1937, n. 2145 -Applicabilit in ogni caso in cui dovuta l'impostaglobale, 422. IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Monta taurina per conto terzi Compravendita di mangimi destinati all'alimentazione dei tori -Applicabilit dell'imposta Limiti, con nota di G. ANGELINI ROTA, 396. -Imposta generale sull'entrata Controversie di estimazione semplice non devolute alla cognizione delle Commissioni -Giurisdizione del giudice ordinario Sussiste, 433. IMPOSTA STRAORDINARIA SUL PATRIMONIO -Imposta straordinaria progressiva -il imposta personale -Re sidente (alla data normativa) in Trieste -Non vi sono soggetti, 411. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Concordato per la determinazione dell'imponibile -Natura, 421. -Domicilio fiscale -Determinazione con provvedimento dell'Amministrazione -Forme e condizioni, 411. -Domicilio fiscale -Rilevanza rispetto al momento in cui si verifica il presupposto di fatto dell'imposizione, 411. -Esecuzione esattoriale -Concordato fallimentare -Azione diretta a farne riconoscere il carattere vincolante rispetto al credito chirografico di imposta -Opposizione all'esecuzione ed azione di accertamento -Giurisdizione del giudice ordinario -Esclusione a limiti -con nota di G. ANGELINI ROTA, 427. - Imposta addizionale istituita col r. d. 30 novembre 1937, n. 2145 Natura, 422. ...,.... Prescrizione -Adesione del contribuente alla determinazione dell'imponibile -Idoneit quale atto interruttivo della prescrizione -Estensione, 421. - V. anche Impiresa. IMPRESA ..:_ Impresa agricola -Attivit connesse -Concetto -Limiti, con nota di G. ANGELINI RoTA, 396. IMPUGNAZIONE -Causa inscindibile -Notificazione ad Amministrazione dello Stato -Nullit -Irrilevanza Integrazione del contraddittorio, con nota di A. MARzANo, 458. INGIUNZIONE -Ingiunzione fiscale -Natura giuridica -Opposizione -Posizione processuale delle parti -Competenza giurisdizionale dell'autori RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO XII t giudiziaria -Contenuto e li miti, con nota di A. MARZANO, 459. -V. anche Acque pubbliche. ISTITUZIONI PUBBLICHE DI ASSISTENZA E BENEFICENZA -Organi -Scioglimento -Discrezionalit -Insindacabilit, 390. -Organi -Scioglimento - Invito agli amministratori -Omissione -Criteri, 390. LEGGI E DECRETI -Leggi transitorie -Efficacia-Limiti, 382. -Leggi transitorie -Efficacia Natura -Interpretazione analogica -Inammissibilit, 382. MISURE DI SICUREZZA -Presunzione di pericolosit sociale -Violazione del principio della competenza dell'autorit giudiziaria -Esclusione, 276. MUTILATO E INVALIDO -Composizione delle Commissione provinciali e della Commissione centrale per l'accertamento dell'invalidit fisica -Inclusione di un medico della L.A.N.M.I.C. -Contrasto col principio dell'imparzialit dell'azione amministrativa, 282. -Corsi di addestramento istituiti dal Ministero del Lavoro -Trattamento differenziale e di favore riservato alla Libera Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili -Insussistenza, 281. NOTAIO -Consiglio Nazionale Notarile Elezioni -Elettorato attivo -Autorizzati all'esercizio temporaneo della funzione di notaio -Legittimazione al voto -Sussiste, 373. NOTIFICAZIONE -Notificazione a mezzo del servizio postale -. Momento del perfezionamento -Restituzione della ricevuta di ritorno, 477. OLTRAGGIO -Scriminante dell'arbitrariet dell'atto del pubblico ufficiale -Consapevolezza dell'arbitrariet da parte dell'agente, 479. OPERE PUBBLICHE -V. Acqua pubbliche, Appalto. PIANO REGOLATORE -Approvazione -Piani regolatori intercomunali -Autonomia Piano regolatore generale di un Comune con termine e sua approvazione precedente a quella del piano intercomunale -Legittimit, 377. -Approvazione Pubblicazione nella Gazzetta Ufjiciale -Annuncio per sunto o per estratto nella Gazzetta Ufjiciale -Sufficienza, 377. -Interese a ricorrere -Proprietario di zone non contemplate nelle modifiche del piano -Carenza di interesse, 377. -Procedimento -Deposito degli atti nella casa comunale -Adempimenti, 377. -Pubblicazione del progetto -Osservazione dei privati -Natura Reiezione -Obbligo di motivazione -Non sussiste, .378. -Vincoli -Verde agricolo e verde pubblico -Discrezionalit nella scelta dell'uno e dell'altro -Insindacabilit, 378. -Vincoli -Verde agricolo e verde pubblico -Finalit -Compatibilit -Conseguenze, 377. -Vincoli -Verde agricolo -Possibilit di indennizzo -Esclusione, 378. PRESCRIZIONE -Atti interuttivi -Riconoscimento del debito -Mancanza di dichiarazione formale ed esplicita -Non esclude l'efficacia interruttiva, 421. PREZZI -Disciplina dei prezzi -Energia elettrica -Riduzione dei prezzi -Istruttoria -Mancanza -Ille-gittimit, 388. INDICE XI e .3 lett. a) della tariffa allegato A alla legge organica del registro -Limiti di applicabilit, 416. -V.anche Responsabilit civile. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Determinazione dell'attivo imponibile -Maggiorazione per presunzione di esistenza, nell'asse eriditario, di gioielli, mobilia e denaro -Pronuncia di illegittimit costituzionale, in relazione al diverso computo, della percentuale: sul valore lordo, per le aziende agricole, e sul valore netto, per le aziende industriali e commerciali -Estensione della pronuncia di illegittimit all'intera norma sulla presunzione indicata -Esclusione, 442. -Determinazione dell'attivo imponibile -Maggiorazione per presunzione di esistenza di gioielli mobilia e denaro -Inapplicabi~ lit in caso di diverse risultanze di inventari -Condizioni -Limi ti, 442. -Imposta globale sull'asse ereditario netto e sulle donazioni e altre liberalit -Addizionale di cui al r. d. 30 novembre 1937, n. 2145 -Applicabilit in ogni caso in cui dovuta l'impostaglobale, 422. IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Monta taurina per conto terzi Compravendita di mangimi destinati all'alimentazione dei tori -Applicabilit dell'imposta Limiti, con nota di G. ANGELINI RoTA, 396. -Imposta generale sull'entrata Controversie di estimazione semplice non devolute alla cognizione delle Commissioni -Giurisdizione del giudice ordinario Sussiste, 433. IMPOSTA STRAORDINARIA SUL PATRIMONIO -Imposta. straordinaria progressiva - imposta personale -Re sidente (alla data normativa) in Trieste Non vi sono soggetti, 411. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Concordato per la determinazione dell'imponibile -Natura, 421. -Domicilio fiscale -Determinazione con provvedimento dell'Amministrazione -Forme e condizioni, 411. -Domicilio fiscale -Rilevanza rispetto al momento in cui si verifica il presupposto di fatto dell'imPosizione, 411. -Esecuzione esattoriale -Concordato fallimentare -Azione diretta a farne riconoscere il carattere vincolante rispetto al credito chirografico di imposta -Opposizione all'esecuzione ed azione di accertamento -Giurisdizione del giudice ordinario -Esclusione a limiti -con nota di G. ANGELINI ROTA, 427. - Imposta addizionale istituita col r. d. 30 novembre 1937, n. 2145 Natura, 422. ..,--Prescrizione -Adesione del contribuente alla determinazione dell'imponibile -Idoneit quale atto interruttivo della prescrizione -Estensione, 421. - V. anche Impresa. IMPRESA .::__ Impresa agricola -Attivit connesse -Concetto -Limiti, con nota di G. ANGELINI ROTA, 396. IMPUGNAZIONE -Causa inscindibile -Notificazione ad Amministrazione dello Stato -Nullit -Irrilevanza Integrazione del contraddittorio, con nota di A. MARZANO, 458. INGIUNZIONE -Ingiunzione fiscale -Natura giuridica .... Opposizione -Posizione processuale delle parti -Competenza giurisdizionale dell'autori ::nv RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO fini istituzionali dell'Ente -Rife ribilit dell'evento dannoso alla P. A. -Sussiste, 344. --V. anche Acque Pubbliche, Appalto, Cosa giudicata, Dogana. RICORSI AMMINISTRATIVI -Ricorso gerarchico -Competenza della autorit adita -Cessazione del rapporto gerarchico successivamente alla proposizione del gravame -Irrilevanza, 387. RIFORMA FONDIARIA -Espropriazione di terreni boschivi con piante cedue -Piante gi mature per il taglio al momento dell'espropriazione -Indennit aggiuntiva -Compravendita del ceduo e successiva espropriazione del suolo -Efficacia traslativa reale della compravendita Piante non ancora giunte a maturazione -Esclusione -Acquisto delle medesime da parte dell'espropriante -Sussiste -Conoscenza della vendita da parte dell'Ente espropriante -Inopponibilit della medesima in mancanza di adesione dell'Ente, 330. :SARDEGNA -Controllo sugli atti degli Enti locali di competenza della Commissione Centrale Finanza Locale -Trasferimento all'Assessore regionale per gli Enti locali Esclusione, 278. -Motivazione -Contradditoriet della motivazione su un punto decisivo della controversia -Nozione, con nota di F. CARUSI, 362. SENTENZA -Motivazoine -Contraddittoriet della motivazione su un punto decisivo della controversia -Nozione, con nota di F. CARUSI, 362. -V. anche Arbitrato. SICILIA -Insegnanti elementari -Riconoscimento del servizio nelle scuole sussidiate -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 278. -Legge regionale recante benefici fiscali per le nuove costruzioni edilizie -Introduzione di tassa fissa -Illegittimit costituzionale con riferimento agli artt. 17 e 36 dello Statuto speciale per la Regione Siciliana, 279. SOCIETA -V. Tassa sulle concessioni governative. TASSA SULLE CONCESSIONI GOVERNATIVE -Societ -Aumento di capitale mediante utilizzazione delle riserve -Applicabilit dell'imposta graduale -Esclusione, 434. :xiv RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO '! fini istituzionali dell'Ente -Rife ribilit dell'evento dannoso alla P. A. -Sussiste, 344. --V. anche Acque Pubbliche, Appalto, Cosa giudicata, Dogana. RICORSI AMMINISTRATIVI -Ricorso gerarchico -Competenza della autorit adita -Cessazione del rapporto gerarchico successivamente alla proposizione del gravame -Irrilevanza, 387. RIFORMA FONDIARIA -Espropriazione di terreni boschivi con piante cedue -Piante gi mature per il taglio al momento dell'espropriazione -Indennit aggiuntiva -Compravendita del ceduo e successiva espropriazione del suolo -Efficacia traslativa reale della compravendita Piante non ancora giunte a maturazione -Esclusione -Acquisto delle medesime da parte dell'espropriante -Sussiste -Conoscenza della vendita da partedell'Ente espropriante -Inopponibilit della medesima in mancanza di adesione dell'Ente, 330. SARDEGNA _..;.._ Controllo sugli atti degli Enti locali di competenza della Commissione Centrale Finanza Locale -Trasferimento all'Assessore regionale per gli Enti locali Esclusione, 278. -Motivazione -Contradditoriet della motivazione su un punto decisivo della controversia -Nozione, con nota di F. CARUSI, 362. SENTENZA -Motivazoine -Contraddittoriet della motivazione su un punto decisivo della controversia -Nozione, con nota di F. CARusx, 362. - V. anche Arbitrato. SICILIA -Insegnanti elementari -Riconoscimento del servizio nelle scuole sussidiate -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 278. -Legge regionale recante benefici fiscali per le nuove costruzioni edilizie -Introduzione di tassa fissa -Illegittimit costituzionale con riferimento agli artt. 17 e 36 dello Statuto speciale per la Regione Siciliana, 279. SOCIETA -V. Tassa sulle concessioni governative. ~ TASSA SULLE CONCESSIONI GO I VERNATIVE -Societ -Aumento di capitale I mediante utilizzazione delle riserve -Applicabilit dell'imposta I graduale -Esclusione, 434. I I .:~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sez. I, 28 gennaio 1966, n. 335 , . , pag. 416 Sez. Un., 8 febbraio 1(}66, n. 406 297 Sez. Un., 16 febbraio 1966, n. 4'77 . 313 Sez. I, 17 febbraio 1966, n. 498 421 Sez. I, 23 febbraio 1966, n. 566 (in nota a Cass., 5 .aprile 1966, n. 891) . . . . . . . . . . . 447 i;ez. I~I, 21 febbraio 1966, n. 551 . . . . . . . . . . . . . 344 Sez. Un., 3 marzo 1966, n. 626 . . . . . . . . . . . . . . . 427 Sez. Un., 3 marzo 1966, n. 627 (in nota a Sez. Un., 3 marzo 1966, n. 628). . . . . . . . . 433 Sez. Un., 3 marzo 1966, n. 628 > 431! Sez. I, 11 marzo 1966, n. 684 > 348 Se:i:. I, 18 marzo 1966, n. 769 434 Sei. I, 25 marzo 1966, n. 785 437 Sez. I, 25 marzo 1966, n. 792 353 Sez. I, 25 marzo 1966, n. 797 442. Sez. I, 28 marzo 1966, n. 816 361 ~ez. I, 5 aprile 1966, n. 891 . 447 ';ez. I, 5 aprile 1966, n. 892 (in nota a Cass., 5 aprile 1966, ; n. 891) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 447 ~. I, 5 aprile 1966, n. 893 (in nota a Sez. Un., 29 dicembre \ 1965, n. 2478) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 411 . lJNALE SUPERIORE DELLE ACQUE 'uP.o 1965, n. 9 pag. 468 \p 1966, n. 10 471) l 1966, n. 11 475 ᥥ. 1966, n. 12 476 \ ~RALI 1{>, n. 29 (Roma) . . . . . . . . . . . . . . . pag. 476 \(URISDIZIONI AMMINISTRATIVE lTATO ,: ':. ',bre 1965, n. 40 . pag. 369 \p65, n. 743 . 372. \65, n. 744. 373 ,5, n. 747. 374 ~5, n. 923 375 INDICE Sez. IV, 17 dicembre 1965, n. 949 Sez. IV, 17 dicembre 1965, n. 954 Sez. IV, 17 dicembre 1965, n. 956 Sez. IV, 17 dicembre 1965, n. 959 Sez. IV, 17 dicembre 1965, n. 962 Sez. IV, 17 dicembre 1965, n. 965 Sez. IV, 17 dicembre 1965, n. 967 Sez. IV, 29 dicembre 1965, n. 994 Sez. IV, 29 dicembre 1965, n. 999 Sez. IV, 29 dicembre 1965, n. 1001 . Sez. IV, 29 dicembre 1965, n. 1004 . Sez. IV, 29 dicembre 1965, n. 1007 . Sez. IV, 29 dicembre 1965, n. 1008 . Sez. V, 3 dicembre 1965, n. 1085 . Sez. V, 10 dicembre 1965, n. 1108 . Sez. V, 18 dicembre 1965, n. 1130 . Sez. V, 18 dicembre 1965, n. 1133 . Sez. V, 18 dicembre 1965, n. 1136 . Sez. V, 18 dicembre 1965, n. 1138 . Sez. VI, 7 dicembre 1965, n. 905 . Sez. VI, 7 dicembre 1965, n. 912 . Sez. VI, 21 dicembre 1965, n. 940 . GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 20 gennaio 1965, n. 98 Sez. III, 25 gennaio 1965, n. 165 . XVII pag. 376 377 379 380 381 382 383 384 384 385 387 387 388 388 389 390 391 392 393 393 394 395 pag. 479 480 SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA QUESTIONI ALmRANDI T., La sindacabilit deZ provvedimento amministrativo nei processo penate . . . . . . . . . . . . . . . pag. 39 RASSEGNA DI DOTTRINA BATISTONI FERRARA F., La determinazione della base' imponibile neUe imposte indirette, Jovene, Napoli, 1964 (recensione) . pag. 77 FOLIGNO D., L'attivit Amministrativa, Giuffr, Milano, 1966 (recensione) . . . , . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78 RoDOT S., Il problema della responsabilit civile, Giuffr, Milano, 1964 (recensione) . . . . . . . . . . . . . . . . . 80 Ross A., Diritto e Giustizia, Einaudi, Torino, 1965 (recensione) . 83 SEGNALAZIONI CASTELLUCCI M., Carenza deUa funzione del Prefetto nella Regione della Valle d'Aosta, Comuni d'Italia, 1966, n. 2 ... pag. 84 CATALANO N., Compatibilit con la Costituzione Italiana della legge di ratifica del trattato C.E.C.A., Foro it., 1966, I, 8 . . > 85 CRISCI G., Proponibilit davanti al Consiglio di Stato di eccezioni di incostituzionalit di leggi attributive di poteri discrezionali della P. A., Foro Amm., 1965, II, 225 . . . . . > 86 G.ALIP G., Le agevolazioni fiscali per l'industrializzazione del Mezzogiorno, Nuova Rivista Tributaria, Roma, 1966, pagg. 431 > 87 GuicCIARDI E., Rinnovazione di provvedimento amministrativo e deduzione di motivi di impugnativa, Giur. it., 1965, III, 167 ....................... . > 87 PALADIN L., Un caso estremo neH'applicazione del principio di uguaglianza, Giur. Cost., 1966, I. 620 . . . . . . . . . > 87 SANDULLI A. M., Perdita di vigore di vincoli urbanistici in conseguenza di costruzione autorizzata in violazione di essi, Foro it., 1966, III, 76 . . . . . . . . . . . . . . . . . 88 SGROI V., Attribuzioni del Collegio arbitrale e del Ministro in ordine al compenso del dipendente inventore, Giust. civ., 1965, I, 2204 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88 STOLFI G., Simulazione e Fisco, Riv. dir. comm., 1966, 1 e segg.. > 89 TORREGROSSA G., Il problema della responsabilit da atto lecito, Giuffr, Milano, 1964, pagg, 212 . . . . . . . . . . . . 89 INDICE XIX. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE DISEGNI E PROPOSTE DI LEGGE Disegno n. 1620 (Senato) -Modificazioni alle norme sul contenzioso eletorale amministrativo . . . . . pag. 91'. NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE -Norme dichiarate incostituzionali: ~dice procedura penale, art. 398 . . . . . . . . . pag. 94 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3267, art. 11 . . . . . . . 95. 1. 5 ottobre 1962, n. 1539, art. 5, primo e quinto comma ................... . 95> 1. 25 febbraio 1963, n. 327, artt. 4, 5, 7 e 8 . . . . 91> l. 15 settembre 1964, n. 756, art. 13, quinto comma . 95, 1. reg. sic. approv. 15 giugno 1965, artt. 1, 2 e 4 . . 95' -Norme delle quali stata dichiarata non fondata la questione ri legittimit costituzionale: codice penale, art. 204, secondo comma . 90codice penale, art. 684 . . . . . . . . 96: codice di procedura penale, art. 164, n. 1 96codice di procedura penale, art. 506 96. r. d. 30 dicembre 1923, n. 3267 . 9T r. d. l. 8 settembre 1932, n. 1390 9T 1. 30 marzo 1933, n. 361 . . . 97 r. d. 27 febbraio 1936, n. 501. . 9T I. 10 giugno 1940, n. 653, art. 32 . 97 d. I. lgt. 9 novembre 1945, n. 788, art. 16 . 97 d. I. C. P. S. 28 novembre 1947, n. 1430, art. 1 . 98. I. 4 aprile 1962, n. 218, art. 23 . . . . . . . . 98' d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, artt. 82 e 85. 98. I. 5 ottobre 1962, n. 1539, art. 4, secondo con:ima . 98.. I. 25 febbraio 1963, n. 327, artt. 1, 2 e 3 98.. I. reg. sarda approv. 15 gennaio 1954 98. I. reg, sarda approv. 15 gennaio 1954 99 1. reg. sic. approv. 3 giugno 1965 . . 98. -Norme delle quali stato promosso giudizio di legittimit costituzionale . . . . . . . . . . . . . . . 99' -Norme delle quali il giudizio di legittimit costituzionale stato definito con pronunce di inammissibilit, di manifesta infondatezza o di restituzione degli atti al giudice di merito . . . . . . . . . . . . . . . . lO'Z'" :xx RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO .INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) Aeronautica e aeromoImportazioni -Esperta bili . pag. 114 zioni pag. 122 Imp_osta di registro . 123 Agricoltura e foreste . 114 Imposta di successione 123 .Amministrazione pubblica 114 Imposta generale sull'entrata 124 .Amnistia e indulto . 114 Imposta sul patrimonio 125 .Appalto 115 Imposte e tasse 125 .Assicurazioni 115 Invalidi di guerra 126 :Borsa 115 Locazioni 126 Caccia e pesca 116 Matrimonio 126 Costituzione 117 tratti 127 .Dazi doganali > 117 Pensioni 127 Demanio > 118 Polizia > 128 .Edilizia economica e Porti 128 popolare > 118 Poste 128 :Elettricit 119 Prescrizione 128 .Esecuzione fiscale 119 Prezzi > 129 :Esecuzione forzata > 119 Regioni > 129 Esprapriazione per p.u. 120 Responsabilit civile > 130 :Fallimento 120 Spese giudiziali 130 Farmacia > 121 Successioni 130 Ferrovie > 121 Trattati e convenzioni Impiego pubblico . > 121 internazionali 131 :NOTIZIARIO Convegno di studi . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 132 PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA 1 SEZIONE PRIMA I GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 10 marzo 1966, n. 18 -Pres. Ambrosini - Reb. Verzl -Spadolini (avv. Artelli), La Valle (avv. Vecchi) e Presidente. del Consiglio dei Ministri (sost..avv. gen. Stato Chiarotti). Procedimento penale -Divieto di pubblicazione di atti relativi all'istru zione formale o sommaria -Contrasto coi principi di eguaglianza e di libert di diffusione del pensiero -Esclusione. (Cost. artt. 3, 21; cod. proc. pen., art. 164, n. l; cod. pen., art. 684). Le disposizioni dell'art. 164, n. 1 cod. proc. pen., che vietano la pubblicazione di atti relativi all'istruzione formale o sommaria, e dell'art. 684 cod. pen., che comminano sanzioni penali per l'inosservanza del precetto, non sono in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, dato che esse si applicano a chiunque concorra alla pubblicazione; n con l'art. 21 della Costituzione, dato che la tutela della manifestazione del pensiero quivi prevista trova un limite nell'esigenza di realizzazione di un fine di giustizia che vale a garantire ed assicurare l'esercizio di tutte le libert, compresa quella in esame (1). (Omissis). -1. -Va dichiarata in primo luogo priva di fondamento la questione di legittimit degli artt. 164, n. 1 del c.p.p. e 684 del cod. pen. in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione per altro sollevata, senza alcuna motivazione, soltanto con le due ordinanze del 14 ottobre 1964. Ed invero l'art. 684 del cod. pen. non fa un trattamento (1) La questione era stata sollevata dal Tribunale di Bologna, con due ordinanze del 14 ottobre 1964 (Gazzetta Ufficiale 14 novembre 1964, n. 282 e 28 novembre 1964, n. 295). L'art. 164 cod. proc. penale era gi stata esaminato, dalla Cbrte Costituzionale, con la sentenza 14 aprile 1965, n. 25 (in questa Rassegna, 1965, 275) che aveva dichiarato la parziale illegittimit costituzionale del n. 3 dell'articolo relativamente a talune particolari ipotesi di celebrazione del processo a porte chiuse. La sentenza in rassegna, invece, considera -conformemente ai limiti 274 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO diverso per chi esercita l'attivit di stampa e di divulgazione, siccome si sostiene, dal momento che punisce chiunque pubblica atti istruttori; punisce cio anche le parti private ed i testimoni i quali facciano o concorrano a fare pubblica divulgazione a mezzo della stampa di quelle notizie istruttorie, che possono pur riferire privatamente ad altri in quanto esonerati dall'obbligo del segreto istruttorio in virt del disposto dell'art. 307 del c.p.p. 2. -Priva di fondamento altresl la questione di legittimit costituzionale proposta nei confronti dei medesimi articoli sotto il profilo che le norme in essi contenute sarebbero in contrasto con la libert di stampa, garantita dall'art. 21 della Costituzione, in quanto vietano la pubblicazione anche di notizie che potendo essere rivelate dalle parti private e dai testimoni non avrebbero carattere di segretezza.Le norme impugnate verrebbero quindi a punire esclusivamente il fatto della pubblicazione. La Corte ritiene che dette norme, in considerazione della importanza nella vita sociale della stampa, che svolge un compito vasto ed interessante anche in materia di giustizia, disciplinano in modo autonomo i rapporti fra la stessa e la istruttoria penale indicando gli atti di cui vietata la pubblicazione e la durata nel tempo del divieto. Indubbiamente le finalit perseguite dalle ripetute norme coincidono in parte con quelle del segreto istruttorio, ed anche nella Relazione ministeriale si afferma che la stampa e rivelando ci che interessa non venga propalato, mette sull'avviso i delinquenti e pu frustrare l'azione della autorit . Tuttavia, non si pu disconoscere che una differenziata disciplina fra il segreto istruttorio e la divulgazione di notizie a mezzo stampa si reride necessaria per il fatto che la rivelazione assume una diversa rilevanza giuridica a seconda del mezzo usato. Se attuata quasi :privatamente, da persona a persona, rimane circoscritta in un campo della ordinanza di remissione -il n. 1 dell'articolo, relativo alla pubblica zione di atti concernenti l'istruttoria. In questo particolare settore, maggiormente avvertibile l'esigenza di mantenere la segretezza, almeno con riferimento ai mezzi di comunicazione xapida e generalizzata qual' la stampa, degli atti in parola; sia al fine di ,garantire il normale corso della giustizia, sia al fine di ev>itare al giudice ogni sollecitazione esterna, sia al fine di tutelare gli stessi inquisiti da una :.pubblicit pregiudizievole. In generale, sull'argomento, si rinvia alla nota redazionale alla prece dente sentenza, cui adde, ESPOSITO, La libert. di manifestazione det pensiero nell'ordinamento italiano, Milano, 1958, pag. 39 segg.; TROTTA, Rapporto tra giustizia e stampa con particolare riguardo aUa tutela del cittadino impu tato, Riv. pen., 1963, I, 732; FERRONE-CAPANO, La libert. di stampa in ma teria giudiziaria, Democrazia e Diritto, 1963, 320. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 275 limitato e con limitata possibilit di effetti dannosi; se diffusa invece a mezzo della stampa, con immediatezza e praticamente senza limiti di spazio, pu apportare effetti ben pi gravi sul corso delle indagini istruttorie, sulla raccolta delle prove e sulla ricerca della verit. Infatti, gli interessati, venendo a conoscenza delle risultanze acquisite, sono posti in grado di opporre elementi artificiosi, e di rappresentare fatti non veri. Ed ovvio che, allorquando la stampa produce effetti antigiuridici, finisce col non assolvere pi la funzione sociale, che le propria, di fornire cio al pubblico informazioni obbiettive quando queste non siano pregiudizievoli per i suindicati interessi. Queste stesse ragioni spiegano per quale motivo la tutela del segreto istruttorio nei confronti della stampa rafforzata, nel senso che il divieto di pubblicazione totale (pubblicazione fatta da chiunque in qualsiasi modo) e non ammette eccezioni, n esoneri, n distinzioni fra atto ed atto. 3. -Il divieto di pubblicazione degli atti istruttori del procedimento penale non una novit nell'ordinamento giuridico italiano. L'Editto del 26 marzo 1848 sulla libert di stampa vietava la pubblicazione degli atti d'istruttoria criminale (art. II); l'art. 106 del c.p.c. del 1913 conteneva una norma analoga a quella dell'art. 164 dell'attuale Codice; e nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950, si afferma che l'esercizio della libert di espressione (comprendente la libert di opinione e la libert di ricevere o di comunicare le informazioni o le idee senza che possa esservi ingerenza di autorit pubbliche), comportando dei doveri e delle responsabilit, pu essere sottoposto a certe formalit, condizioni, restrizioni e sanzioni previste per legge, le quali costituiscono misure necessarie, in una societ democratica, alla sicurezza nazionale, ..... alla prevenzione del delitto, ..... alla protezione della reputazione e dei diritti altrui ..... od a garantire l'autorit e l'imparzialit del potere giudiziario (art. 10). Ed un richiamo espresso alla stampa fatto dall'art. 6 della stessa Convenzione laddove, trattando della pubblicit delle udienze, si prevede che pu essere vietato alla stampa ed al pubblico l'accesso alla sala d'udienza, allorquando e la pubblicit potrebbe pregiudicare gli interessi della giustizia. La libert di manifestazione del pensiero garantita dall'art. 21 della Costituzione trova, dunque, un limite in una esigenza fondamentale di giustizia. Ed il bene della realizzazione della giustizia, che, fra l'altro, vale a garantire ed assicurare l'esercizio di tutte le libert, compresa quella in esame, anche esso garantito, in via primaria, dalla Costituzione. j 276 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO . 4. -La Corte rileva inoltre che lo stesso bene viene tutelato dalle norme impugnate, anche sotto un ulteriore duplice aspetto: a) assicurare la serenit e la indipendenza del giudice, proteggendolo da ogni influenza esterna di: stampa, che possa pregiudicare l'indirizzo delle indagini e le prime valutazioni delle risultanze; ed assicurare altresl la libert del giudice vietando quei comportamenti estranei che possano ostacolare la formazione del libero convincimento; b) tutelare, nella fase istruttoria, la dignit e la reputazione di tutti coloro che, sotto differenti vesti, partecipano al processo. nella fase dibattimentale, infatti, che a tali interessi ne subentrano altri, di maggior rilevanza, quale la esigenza della pubblicit a garanzia di sostanziale giustizia. Ed invero nei confronti dell'imputato la divulgazione a mezzo della stampa di notizie frammentarie, ancora incerte perch non controllate, e per lo pi lesive dell'onore, pu essere considerata in contrasto col princ1p10, garantito dall'art. 27, secondo comma, della Costituzione, della non colpevolezza fino a quando non sia intervenuta sentenza di condanna. E le altre parti ed i testimoni hanno diritto alla protezione da qualsiasi offesa alla loro dignit e da qualsiasi reazione, cui potrebbe dar luogo la immediata conoscenza del loro comportamento in istruttoria. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 10 marzo 1966, n. 19 -Pres. Ambrosini - Rel. Fragali -Bregante (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Foligno). Misure di sicurezza -Presunzione di pericolosit sociale -Violazione del principio della competenza dell'autorit ~iudiziaria -Esclu sione. (Cost., art. 1.3; cod. pen. art. 204, II comma). Non fondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 204, secondo comma, del codice penale, che pone delle presunzioni legali di pericolosit, con riferimenti al principio costituzionale della esclusiva competenza del giudice nella applicazione dei provvedimenti restrittivi della libert personale, in quanto, anche in presenza di detta presunzione, la quale si risolve neila utilizzazione di comuni esperienze, la restrizione della libert personale sempre disposta dall'autorit giudiziaria (1). (1) Questione introdotta dalla Corte di Appello di Genova con ordinanza 30 ottobre 1964, (Gazzetta Ufficiale, 13 febbraio 1965, n. 39). La presunzione di pericolosit sociale di cui alla norma impugnata, oltre ad essere prevista per tassative ipotesi considerate dalla legge, trova anche PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 277 (Omissis). -Come risulta dall'esposizione che precede, secondo la Corte di appello di Genova, l'art. 204, secondo comma, del c.p., in quanto stabilisce presunzioni legali di pericolosit, non sarebbe compatibile con l'art. 13, secondo comma, della Costituzione, il quale vuole 'Che ogni misura restrittiva della libert personale sia disposta per atto motivato dal giudice e nei soli casi e modi previsti dalla legge. Per ritenere infondata la questione basta per rilevare che la predetta presunziene si risolve nell'utilizzazione di comuni esperienze.. Lo :stato di mente della persona sottoposta al giudizio, la sua minore et, la gravit del reato commesso, alcune particolari qualifiche attribuite dal giudice (delinquente abituale, delinquente professionale, delinquente per tendenza) esprimono condizioni soggettive alle quali il codice d il significato di far ritenere probabile o temibile un futuro comportamento criminale. La restrizione della libert personale, nei casi predetti, disposta con atto dell'autorit giudiziaria, giustificato dalla sussistenza di condizioni stabilite dalla legge; e ci soddisfa il precetto dell'art. 13 della Costituzione. Il quale determina bensl l'esclusiva competenza del giudice all'emanazione del provvedimento e la necessit della sua motivazione ma, quanto ai presupposti, rinvia ai soli casi e ai modi previsti dalla legge ; in modo che, per la norma costituzionale, spetta alla legge di indicare le circostanze che legittimano le singole misure restrittive della libert personale. Nella specie la legge non esclude la necessit di un concreto accertamento della pericolosit nelle ipotesi che, data la variet dei caratteri soggettivi, sfuggono ad una tipizzazione, com' per gli artt. 204, primo e terzo comma, 224, primo comma, e 225, primo comma, del c.p.; ma, in confronto di condizioni che non esigono particolari accertamenti del giudice o che da lui sono state gi accertate, e che comunque consentono una valutazione obiettiva ed uniforme ai fini dell'applicazione della misura di sicurezza, ragionevole che la legge, anche per garantire una uguaglianza di trattamento, detti una regola di giudizio vincolante, in un significativo e proporzionato rapporto logico con il dato da apprezzare. Nella specie, in ordine alla razionalit della valutazione legale influente sulle sue decisioni, la Corte di Genova non ha mosso osservazioni di sorta. -(Omissis). un limite temporale di applicazione, decorso il quale la presunzione ;perde ogni effetto, e la pericolosit deve essere accertata ex novo dal giudice (cfr. Cass. 5 novembre 1952, rie. Di Rienzo, Giust. pen., 1963, II, 873; Cass. 2 luglio 1962, rie. Parisano, ivi, 1963, II, 460 e nota di CoDAGNONE, Della pericol'osit sociale). In dottrina si pu consultare anche, A. LEONE, Misure amministrative di sicurezza, in Enciclopedia Forense, Milano, 1959; MARuccI, Misure di sicurezza e misure di prevenzione, in Rass. St. penit., 1957, 589; IDEM, Il processo di prevenzione, ivi, 1958, 521. ..::@.""/fl/<'"ff-:'i'/."'"@.if.:@.i:"'!-Wff{/:fi!(&"/.//-:':"-:'W-"N}.:'(-'//Z,Y////H::fil':"#.-:':"/.-W.W/.W;w./.'1f;o/.=''-''.lf.=fJii.:r.1f...-.fff#ff:iJ.f@f//./ff.i:ff'.1?P..fil%:W.-:.=:-=@ - RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 278 CORTE COSTITUZIONALE, 10 marzo 1966, n. 21 -Pres. Ambrosini Rei. Chiarelli -Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Albisinni) c. Presidente Regione Sarda (avv. Gasparri). Corte Costituzionale -Conflitto di attribuzioni -Notificazione del ricorso ai controinteressati -Non prescritta. (1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 39). Sardegna -Controllo sugli atti degli Enti locali di competenza della Commissione centrale finanza locale -Trasferimento all'assessore regionale per gli Enti locali -Esclusione. (Statuto Regione Sarda, art. 56; 1. reg. 31 gennaio 1956, n. 36, art. 14; d. P. R. 19 agosto 1954, n. 968, art. 7). Nel giudizio per conflitto di attribuzioni davanti aUa Corte Costituzionale non sono applicabili le norme del procedimento amministrativo relative alla notificazione del ricorso al controinteressato, data la particolare natura del processo costituzionale (1). Spetta aUo Stato (Commissione Centrale per la finanza locale), e non all'assessore regionale per gli Enti locali, il potere di controllo suite deliberazioni relative a riforme di organici adottate da Comuni aventi bilancio deficitario (2). (1) Il pl"incipio era stato gi enunciato dalla Corte Costituzionale con ordinanza 30 maggio 1956 e con sentenza 19 gennaio 1957, n. 18 (Relazione Avvocatura Stato per gli anni 1956-60, vol. I, 534). In dottrina, conforme, CHIARELLI, Su la configurabilit di un controinteressato nel conflitto di attribuzione davanti aUa Corte Costituzionale, in Giur. it., 1957, I, 1, 337. (2) In ordine al problema del controllo sugli atti degli Enti locali, di fronte all'ordinamento regionale, cfr. la precedente sentenza della Corte 27 dicembre 1965, n. 94, in questa Rassegna 1965, 1113). In dottrina, oltre gli autori citati in nota ivi, cfr. anche GRosso, I controlli di merito e l'art. 130 Cost., in Studi in onore di Zanobini, Milano, 1965, vol. II, 93. CORTE COSTITUZIONALE, 10 marzo 1966, n. 22 -Pres. Ambrosini - Rel. Castelli-Avolio -Commissario dello Stato per la Regione Siciliana (sost. avv. gen. Stato Coronas) c. Presidente Regione Siciliana (avv. Virga). Sicilia -Insegnanti elementari -Riconoscimento del servizio nelle scuole sussidiate -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 97; 1. reg. 3 giugno 1965). La legge regionale siciliana 3 giugno 1965 la quale concede il riconoscimento, ai soli effetti giuridici, a favore degli insegnanti elementari delle scuole sussidiarie soppresse, dell'intero servizio annuale, non si PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 279' pone in contrasto con il principio di eguaglianza, perch tende di fatto,. e pe'r' mtivi di evidente equit, a ristabilire l'eguaglianza delle condizioni della categoria di insegnanti appartenenti alle scuole soppresserispetto a quelle conservate; n si pone in contrasto con l'art. 97 Cost., perch il riconoscimento del servizio prestato, dettato da uno scopo di. sostanziale giustizia, non pu apparire, come tale, in contrasto con i fini, del buon funzionamento della P. A. CORTE COSTITUZIONALE, 10 marzo 196,6, n. 23 -Pres. Ambrosini - Rel. Branca -Commissario dello Stato per la Regione Siciliana (sost. avv. gen. Stato Peronaci) c. Presidente Regione Siciliana (avv. Orlando Cascio). Sicilia -Legge regionale recante benefici fiscali per le nuove costruzioni edilizie -Introduzione di tassa fissa -Illegittimit costituzionale con riferimento agli artt. 17 e 36 dello Statuto speciale per la Regio ne Siciliana. (Stat. Spec. Regione siciliana, artt. 17 e 36; d. 1. statale 15 marzo 1965, n. 124 conv. nella legge 13 maggio 1965, n. 431; 1. reg. 15 giugno 1965). affetta da illegittimit costituzionale, con riferimento agli artt. 17 e 36 dello Statuto Speciale, la legge regionale siciliana 15 giugno 1965 recante adeguamento di precedenti leggi regionali ai termini previsti della legislazione statale in materia di agevolazioni fiscali per l'edilizia, quando, tuttavia, in difformit da detta legislazione, si introduca il sistema di tassazione in misura fissa o si stabiliscano sensibili differenze di aliquote di imposta, le quali si traducono in differenza qualitativa (1). (Omissis). -1. -L'art. 1 della legge impugnata proroga al 1968. le agevolazioni tributarie introdotte in materia di edilizia non di lusso dalle leggi regionali 1954, nn. 11 e 37 e successive proroghe e modifiche. (1) La decisione in rassegna collegata con le precedenti pronuncie della Corte 22 dicembre 1965, n. 90 e 28 gennaio 1965, n. 2 (in questa Rassegna, 1965, rispettivamente, 1110 e 4). In dette sentenze era stata ribadita ila necessit che il legislatore regionale si adeguasse ai limiti ed interessi generali posti dalla legislazione nazionale in materia di agevolazioni fiscali per l'edilizia ed, in ispecial modo, a quelli risultanti dal decreto-legge 15 marzo 1965, n. 124, convertito neilla legge 13 maggio 1965, n. 431. L'adeguamento a tali limiti e principi posto in essere dalla legge regionale oggetto della presente decisione, bench, in talune parti, corrispon :280 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Queste leggi, uniformandosi alla legislazione dello Stato, avevano -esonerato per 25 anni i contribuenti della Regione dal pagamento dell'imposta e delle sovrimposte sui fabbricati e ridotto a misura fisa il tasso, normalmente variabile, di alcune imposte erariali (di registro, ipotecarie ecc.) e di ricchezza mobile. La denuncia, rivolta genericamente contro l'art. 1, si riferisce sia a quell'esonero sia a questa riduzione. Tuttavia, quanto all'esonero venticinquennale, prorogato dall'art. 1 eol rinvio all'art. 5 della legge regionale n. 11 del 1954, l'impugnazione non fondata rispetto agli edifici non destinati ad albergo: la legi: s1azione dello Stato contiene una norma analoga (d.l. 15 marzo 1965, n. 124, art. 43; legge 1965, n. 431, art. 1) dimodoch non pu vedersi violazione dell'art. 36 dello Statuto siciliano. La riduzione delle altre imposte alla misura fissa contrasta invece col tipo di agevolazioni contenute nelle leggi dello Stato, cio nel predetto d.l. 1965, n. 124 e nella legge 1965, n. 431: queste leggi infatti :non prevedono agevolazioni relativamente ad alcune delle imposte, a cui si riferisce la legge regionale, o prevedono semplici riduzioni di aliquote (imposte sui trasferimenti e sui conferimenti in societ). Poi- ch il sistema di imposizione a tassa fissa, adottato dalla legge regio nale, risponde a un tipo di tassazione diverso da quello tuttora vigente nelle leggi dello Stato, il contrasto con l'art. 36 dello Statuto siciliano risulta evidente. Questa Corte ha da tempo fissato il principio che la .competenza legislativa in materia tributaria appartenga alla Regione :solo nei limiti del rispetto, per ogni singolo tributo, del tipo di tassa. zione vigente nell'ordinamento dello Stato all'epoca dell'applicazione della legge regionale. 2. -L'art. 2 della legge impugnata riduce l'imposta comunale di -consumo sui materiali da costruzione dell'85 % per il 1967 e dell'80 % per il 1968, mentre la riduzione prevista dal legislatore statale (d.l. 1965, dente ai principi enunciati dalla C'orte, se ne discostava in altre parti, l dove, ad esempio, introduceva il beneficio della tassa fissa invece che sem: plici riduzioni di aliquote, ovvero l dove stabiliva la riduzione dell'80 % dell'imposta comunale di consumo rispetto a quella del 20 % stabilita dalla legislazione statale. Riaf.ora, nella sentenza in rassegna, a questo proposito, la preoccupa' Zione di salvaguardare l'eguaglianza di trattamento dei cittadini di una Regione rispetto a tutti gli altri (art. 3 Cost.), concetto che era gi stato -enunciato dalla Corte con la precedente sentenza 14 aprile 1965, n. 27 (in -11uesta Rassegna, 1965, 283). In dottrina cfr. PAIJADIN, La potestd legislativa regionale, Padova, 1958, :LoMBARDI, Contributo all.o studio dei doveri costituzionali, Milano, 1964. PAR'rE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 281 n. 124, art. 45 e legge 1965, n. 431, art. 1) limitata al 20 % . Anche questa norma regionale contrasta con l'art. 36 dello Statuto siciliano. La Regione infatti pu discostarsi, nella misura delle riduzioni d'imposta, dalla legislazione dello Stato, ma la differenza quantitativa tra le due legislazioni, quando sensibile come avvenuto in questo caso, si traduce in differenza qualitativa e pertanto in manifesto privilegio dei contribuenti d'una Regione rispetto a tutti gli altri. Dato ci, nella presente occasione non occorre esaminare, bench il problema meriti particolare attenzione, se una poteest legislativa regionale, in materia di tributi locali, sia in generale compatibile con l'autonomia finanziaria e amministrativa attribuita ai Comuni e ai Consorzi dall'art. 15 dello Statuto siciliano. 3. -La illegittimit dell'art. 2 trascina con s l'art. 4 che vi strettamente collegato. 4. -La denuncia di incostituzionalit non colpisce, invece, l'art. 3 della legge regionale n l'art. 1 nella parte in cui proroga e modifica gli artt. 1 e 2 della legge regionale 1963, n. 4: infatti tali norme, stabilendo una certa proporzione fra i locali destinati a negozi o ad altri usi e l'intera superficie dell'imponibile, si discostano dalla legislazione dello Stato solo relativamente agli stabili situati in comuni con popolazione fino a 30.000 abitanti; e per di pi non se ne discostano in maniera sensibile. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 23 marzo 1966, n. 25 -Pres. Ambrosini - Rel. Bonifacio -Salvatori (avv. Camerini, Guarino) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Terranova). Costituzione della Repubblica -Principio di eguaglianza dei cittadini .. Riferimento solo alle persone fisiche -Esclusione. (Cost., art. 3). Mutilato e invalido -Corsi di addestramento istituiti dal Ministero del Lavoro -Trattamento differenziale di favore riservato alla Libera Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili -Insussistenza. (Cost., art. 3; I. 5 ottobre 1962, n. 1539, art. 4). 282 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Mutilato e invalido -Composizione delle Commissioni Provinciali e della Commissione Centrale per l'accertamento dell'invalidit fi sica -Inclusione di un medico della L.A.N.M.I.C. -Contrasto col principio dell'imparzialit dell'azione amministrativa. (Cost., art. 97; 1. 5 ottobre 1962, n. 1539, art. 5, commi primo e quinto). n principio di eguaglianza, enunciato neU'art. 3 deUa Costituzione, norma di carattere generale che condiziona tutto l'ordinamento nella sua obbiettiva struttura; esso vieta, cio, che la legge ponga in essere una disciplina che, direttamente o indirettamente, dia vita ad una non giustificata diversit di trattamento deUe situazioni giuridiche, indipendentemente datla natura e dalla qualificazione dei soggetti ai quali queste vengono imputate (1). Non contrasta col principio costituzionale di eguaglianza l'art. 4 delta legge 5 ottobre 1962, n. 1539 recante provvidenze a favore degli invalidi civili, poich tale norma, nel prevedere l'avviamento degli invalidi a speciali corsi tenuti datia Libera Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili (L.A.N.M.I.C.) o da altri enti o associazioni. non di per s sufficiente a dare vita ad una non consentita disparit di trattamento tra detta libera associazione e gli altri Enti (2). Sono costituzionalmente inegittimi, per contrasto col principio delta imparzialit detl'azione amministrativa sancito netl'art. 97 Cost., i commi primo e quinto deU'art. 5 legge 5 ottobre 1962, n. 1539, che prevedono la partecipazione alte Commissioni provinciali ed alta Commissione centrale di un medico delta L.A.N.M.I.C. invece che di rappresentanti di tutte le associazioni di categoria (3). (1) La questione era stata prospettata dal Pvetore di Bologna con ordinanza 9 luglio 1964 (Gazzetta Ufficiale 14 novembre 1964, n. 282). particolarmente importante questa massima perch afferma per la prima volta il concetto che il principio di eguaglianza si applica non solo alle persone fisiche, bens anche alle persone giuridiche, anzi, pi esattamente, alle situazioni giuvidich~ . Nella Costituzione, infatti, la parola cittadini sembra porsi come antitetica rispetto alla parola stranieri , non a persone giuridiche . (cfr. in questo senso, PALADIN, Eguaglianza -(Diritto Costituzionale), Enciclopedia del diritto, Milano p. 530). D'altra parte, la stessa natura oggettiva del principio di eguaglianza il quale dev'essere inteso, pi che come singolo diritto, un parametro per la creazione e la disciplina dei diritti soggettivi, che induce ad accedere alla conclusione adottata dalla Oorte. (2-3) La decisione della Corte non sembra esente da riserva, in relazione alla ritenuta posizione del rappresentante dedla LANMIC in seno alle Commissioni. Non dubbio che l'art. 97 della Costituzione postula una impar:z;ialit w w PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 283 (Omissis). -1. -Dall'esame complessivo dell'ordinanza di rimessione risulta che il Pretore di Bologna collega vari vizi di legittimit costituzionale delle disposizioni impugnate -art. 4, comma secondo, art. 5, commi primo e quinto, legge 5 ottobre 1962, n. 1539 -ad una unica e comune premessa: le norme non assicurerebbero la necessaria parit di trattamento delle varie associazioni operanti nel settore dell'assistenza dei mutilati ed invalidi civili, e dalla conseguente violazione dell'art. 3 della Costituzione discenderebbe l'ulteriore loro contrasto con altri precetti costituzionali. Va perci anzitutto presa in esame l'eccezione formulata dall'Avvocatura dello Stato, secondo la quale il principio di eguaglianza andrebbe riferito soltanto alle persone fisiche e, di conseguenza, non potrebbe essere invocato come parametro di legittimit di norme che, come nella specie, riguardino soggetti diversi da quelle. Tale tesi non pu essere accolta. L'eguaglianza, infatti, principio generale che condiziona tutto l'ordinamento nella sua obbiettiva struttura: esso vieta, cio, che la legge ponga in essere una disciplina che direttamente o indirettamente dia vita ad una non giustificata disparit di trattamento delle situazioni giuridiche, indipendentemente dalla natura e dalla qualificazione dei soggetti ai quali queste vengano imputate. A siffatta conclusione non osta il rilievo che alcune delle discriminazioni esplicitamente vietate dall'art. 3, primo comma, della Costituzione non sono ipotizzabili se non in riferimento alla persona fisica, giacch ci significa solo che il principio di eguaglianza si atteggia, quanto al contenuto, diversamente secondo la variet dei dati disciplinati dal legislatore, ma non comporta che esso diventi inoperante quando in via immediata vengano in considerazione soggetti diversi dall'uomo. E va infine rilevato che nel caso in esame una illegittima e obbiettivit da condotta della p.a. Ma, a ben guardare, l'inclusione di rappresentanti di categorie nei vari organismi previsti dall'ordinamento amministrativo in funzione non gi di rappresentanza di associazioni, quanto di rappresentanza di soggetti. Le associazioni entrano in rilievo solo per il modo di designazione dei rappresentanti; ma, una volta superato questo momento genetico, la funzione di rappresentanza viene estesa a tutti i singoli soggetti (iscritti e non) di cui l'associazione ha, per legge o per statuto, il compito di tutela. Di conseguenza, il principio della rappresentativit di tutte le associazioni ultroneo, a meno di non richiedere, al limite, una sorta di proporzionale di tutte le associazioni (e perch non anche dei non iscritti, in virt della libert di e non associazione espressamente enunciata dalila sentenza 26 giugno 1962, n. 69 della stessa Corte?). Sul ipiano amministrativo, per la legittimit delle designazioni di rappresentanti delle categorie pi Iappresentative , cfr. Cons. Stato 18 marzo 1964, n. 238 (Foro it. 1964, III, 372). BJf.$7.$ffff:f:fXf4ff.V::@WN%ff:Yi$.WS#If@%%Wifi%f.Ttfwtf.ff%#ffil$HCG&fiW'Z.@ITtW$%-f4filf$@'fYCi.%8 284 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO disparit fra le varie associazioni inevitabilmente si ripercuoterebbe sulla sfera giuridica degli iscritti e perci si risolverebbe, sa pur mediatamente, -in una violazione dell'eguaglianza del cittadino. 2. -L'art. 4 della legge impugnata prevede (comma secondo) che i mutilati ed invalidi civili, impossibilitati a frequentare i normali corsi di addestramento a causa di particolari menomazioni fisiche, possono essere avviati dal Ministero del lavoro a speciali corsi tstituiti presso i centri di rieducazione professionale dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, dell'Op~ra nazionale invalidi di guerra e qella Libera associazione nazionale mutilati ed invalidi civili o di altri enti o associazioni . La Corte ritiene che le censure mosse a questa norma non siano fondate. sufficiente rilevare in proposito che le associazioni diverse I dalla L.A.N.M.I.C. non sono affatto escluse dal concorrere all'opera di IIrieducazione degli invalidi e mutilati civili, atteso che la legge consente al Ministero di avviare gli interessati non solo ai centri professionali della Libera associazione, ma anche a quelli istituiti eventualmente da altri enti o associazioni. Nessun privilegio vien fatto alla prima, giacch il legislatore, con giudizio di merito sottratto al sindacato di ~ questa Corte, si limita a prendere atto che presso quell'associazione f sono in funzione centri di rieducazione idonei allo svolgimento degli speciali corsi di addestramento: e non si pu ritenere, come sostiene I I !:: la difesa della Salvatori, che la semplice circostanza che la legge espres ~~ samente menziona la L.A.N.M.I.C. sia per s sufficiente a dar vita ad una non consentita disparit di trattamento. 3. -L'art. 5, comma primo e quinto, regola la composizione di Commissioni provinciali e di una Commissione centrale, alle quali la legge affida delicate funzioni nel procedimento predisposto per l'avfil viamento al lavoro dei mutilati e invalidi civili e per la risoluzione del I relativo rapporto. Le norme prevedono che delle une e dell'altra faccia parte un medico o della Libera associazione nazionale mutilati e invalidi civili o di altri enti o associazioni pi rappresentativi. i evidente che le due disposizioni vanno interpretate nel senso che l'autorit competente a costituire le commissioni (Prefetto per quelle provinciali, Ministro del lavoro per quella centrale) debba chiamare a I farne parte -oltre gli altri componenti tassativamente specificati dalla legge -un medico della L.A.N.M.I.C. ovvero, ove vi sia altra asso I ciazione (o ente) pi di quella rappresentativa, un medico di quest'ultima. Non appare perci esatto quanto sostiene la difesa della Salvatori, secondo la quale a favore della L.A.N.M.I.C. verrebbe ad essere stabilita una presunzione di rappresentativit, laddove sulle altre asso-~ ~ J --~....~.,. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. CO&TrI'.UZION"ALE B INTERNAZIONALE 285 ciazioni ricadrebbe l'onere di darne prova: la legge, infatti, lungi dall'attribuire alla Libera associazione una diretta legittimazione alla designazione di un componente delle commissioni, disciplina il potere del Prefetto e del Ministro, che sono tenuti ad accertare di volta in volta quale associazione o quale ente abbia, fra tutti, il maggior grado di rappresentativit. La legge, in definitiva, collega la norma ad un criterio del tutto obbiettivo, in base al quale le varie associazioni del settore vengono poste in una posizione di parit. L'esegesi delle disposizioni impugnate esclude la validit del rilievo, pure prospettato dalla difesa privata, che la L.A.N.M.I.C., in quante> espressamente menzionata, venga in definitiva parificata agli enti pubblici che sono chiamati a concorrere alla composizione delle commissioni: ed infatti, mentre tassativamente prescritta la nomina di un medico dell'I.N.P.S. e di un medico dell'O.N.I.G., per la Libera associazione si determina il concorso con le altre associazioni o enti, da risolversi, come si detto, con l'applicazione del criterio della maggiore rappresentativit. E per queste stesse ragioni da escludere l'ipotesi che, o causa dell'espresso riferimento che la legge fa alla L.A.N.M.I.C. possa essere prescelto il medico di questa anche dopo la eventuale perdita di ogni sua capacit rappresentativa. 4. -Nell'ambito delle questioni fin qui considerate non sussiste. pertanto, disparit di trattamento tra la L.A.N.M.I.C. e le altre associazioni, e poich il giudice a quo ricollega a tale ipotizzata disparit la violazione non solo dell'aart. 3, ma anche degli artt. 2, 4 e 18 della Costituzione, vien meno la premessa che avrebbe reso necessario esaminare se la denunziata diseguaglianza comporti anche una lesione dei beni protetti da tali norme. Ma una questione pi ampia, e sostanzial:tnente diversa, vien sollevata dall'ordinanza di rimessione allorch, in sede di motivazione della violazione dell'art. 97 della Costituzione, si osserva che la presenza di un medico della L.A.N.M.I.C. nelle commissioni non costituisce una sicura garan:i;ia di indipep.denza e di serenit di giudizio ., atteso. che se egli medico della Libera associazione, dovr di tale organismo tutelare e difendere i diritti. chiaro che la censura, anche se esemplificata con riferimento alla L.A.N.M.I.C., investe il sistema stesso. predisposto dalla legge: denunzia, cio, il pericolo di parzialit dell'azione amministrativa e la disparit fra le varie associazioni determinati dal fatto che queste non concorrono nella designazione e che il medico di una sola di esse vien nominato componente delle com-missioni. La questione appare fondata. :286 RASSEGNA J)ELL'AVVOCATURA DELLO STATO Non vi dubbio che, al fine di assicurare il buon andamnto dei pubblici uffici, il legislatore pu legittimamente disporre che determinati organi collegiali vengano composti anche con la partecipazione di membri che provengano da gruppi sociali operanti nel settore, e ci .al fine di rendere possibile una pi efficiente rilevazione degli interessi da soddisfare e di consentire l'apporto di concrete esperienze relative .alla materia sulla quale la pubblica amministrazione chiamata a provvedere. Tuttavia, quando nella realt sociale agisca un pluralit di _gruppi, in contrapposizione o in concorrenza fra loro, la legge, ad -evitare che i componenti abbiano ad agire nell'interesse particolare del _gruppo di provenienza piuttosto che nell'interesse obbiettivo dell'amministrazione, deve predisporre un sistema che assicuri la parit fra i gruppi stessi: questa, infatti, diventa condizione essenziale di una .organizzazione che, come l'art. 97 della Costituzione richiede, garantisca l'imparzialit amministrativa. Nel caso in esame manca ogni concorso delle varie associazioni nella designazione del componente delle commissioni provinciali o centrale, la cui nomina deve essere effettuata, secondo quanto innanzi si detto, esclusivamente in base al maggior grado di rappresentativit -O.i una sola associazione rispetto a ciascuna delle altre : e ci comporta la conseguenza che queste ultime vengono del tutto escluse dal procedimento di formazione dell'organo anche se, per ipotesi, fossero in _grado, mediante accordi, di offrire una designazione pi ampiamente .rappresentativa; mentre, di contro, l'associazione relativamente pi .rappresentativa viene in certa guisa riconosciuta come unico centro di .rappresentazione degli interessi dell'intero settore. Da ci discende che il componente del collegio, scelto esclusivamente in virt della sua .appartenenza ad una determinata associazione, non offre le necessarie _garanzie di imparzialit e che, di conseguenza, l'organizzazione dell'ufficio non risponde al canone prescritto dall'art. 97, comma primo, della Costituzione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 23 marzo 1966, n. 27 -Pres. Ambrosini Rei. Verzl -Pesaro (n.c.). :Procedimento penale -Giudizio per decreto -Mancato interrogatorio dell'imputato -Violazione del diritto di difesa -Non sussiste. (Cost. art. 24; c. p. p., art, 506). L'omissione deU'interrogatorio dell'imputato nel giudizio per de creto, previsto dagli artt. 506 e segg, c.p.p., non viola il diritto di difesa .garantito daU'art. 24 della Costituzione, trattandosi di un giudizio spe PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZINALE E INTERNAZIONALE 287 ciale, nel quale la volont di difendersi, manifestata attraverso l'opposizione al decreto, ha l'immediato effetto di far perdere ogni efficacia giuridica alla condanna (1). (Omissis). -1. -L'omissione dell'interrogatorio dell'imputato nel giudizio per decreto, previsto dagli artt. 506 e seguenti del c.p.p., non viola il diritto di difesa garantito dall'art. 24 della Costituzione. La questione proposta dal Pretore di Padova deve ritenersi sostanzialmente decisa dalla sentenza di questa Corte n. 170 del 23 dicembre 1963, la quale ha ritenuto che, nel detto giudizio, il diritto di difesa viene realizzato in quanto, proponendo l'opposizione prevista dall'articolo 507, primo e secondo comma, del c.p.p., l'opponente in grado di svolgere le sue ragioni con ampia conoscenza non soltanto delle risultanze processuali, ma anche della valutazione fattane in precedenza dal giudice. Per dissentire da questa decisione l'ordinanza di rimesione adduce, fra l'altro, ragioni di opportunit, le quali non possono costituire motivo di illegittimit costituzionale, ma soltanto oggetto di valutazione discrezionale, nei singoli casi, da parte del Pretore, cui l'art. 5-06 c.p.p. consente di procedere alle investigazioni che reputa necessarie ., e quindi anche all'interrogatorio dell'imputato. 2. -Il giudizio per decreto, collocato dal Codice di procedura penale fra i Giudizi speciali , viene adottato per ragioni di economia processuale, allo scopo di definire rapidamente sine strepitu et figura judicii quei procedimenti per i quali il Preteore, in seguito all'esame degli atti, ritiene superfluo il dibattimento. Ed un procedimento che, appunto per la semplicit della forma, che tuttavia non menoma le garanzie difensive, ha dato ottimi risultati, tanto che mentre nel Codice di procedura penale del 1913 era limitato alle contravvenzioni, dal legislatore del 1930 stato esteso anche ai delitti perseguibili di ufficio, quando il Pretore ritenga di dovere infliggere soltanto la pena pecuniaria. Emesso (1) La questione era stata proposta con ordinanza 19 luglio 1965 dal Pretore di Padova (Gazzetta Ufficiale, 30 ottobre 1965, n. 273) Non essendovi stata costituzione di alcuna parte, essa stata decisa con procedimento in Camera di Oonsiglio. Gli specifici precedenti, della medesima questione possono rinvenirsi nella sentenza della Corte Costituzionale 23 dicembre 1963, n. 170 (Giur. it. 1964, I, 1, 246) ricordata in motivazione nonch nella precedente sentenza 8 marzo 1957, n. 46 (ivi, 1957, I, 1, 497). In dottrina, cfr. VAssoLLI, Natura giuridica dell'opposizione al decreto penale di condanna, Giur. cost. 1957, 587; TRONCHINA, Il procedimento per decreto penale e l'ord. 24 Cast., Riv. proc. pen. 1961, 516. 4 288 .RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO qualora il giudicante preveda che l'imputato non abbia a lamentarsi del provvedimento, il decreto penale una decisione di condanna sottoposta a condizione risolutiva dipendente dalla volont dell'imputato. 3. -In riferimento all'art. 24 della Costituzione, da porre in rilievo che, nel caso in esame, trattasi di un giudizio speciale, e che, pertanto, ai fini della tutela del diritto di difesa, non va discusso se un singolo atto procesuale sia opportuno o necessario, ma va stabilito se gli strumenti apprestati dalla legge, con quella diversit dipendente dall'adattamento alla struttura di ciascun procedimento, consentano ugualmente pieno esercizio di tale diritto. Orbene, secondo l'attuale disciplina, la difesa garantita, sotto un duplice aspetto. In primo luogo, si concede all'imputato facolt di scelta: accettare o meno la condanna; ed evidente che l'accettazione non solo elimina di per se stessa qualsiasi questione difensiva, ma dimostra che l'imputato non ha motivo n interesse di chiedere che si proceda all'esperimento del pubblico dibattimento. Il che si traduce molto spesso in un vantaggio per lo stesso interessato. In secondo luogo, la volont di difendersi, manifestata attraverso l'opposizione al decreto, ha l'immediato effetto di far perdere ogni efficacia giuridica alla condanna, di metterla cio nel nulla, come se non fosse stata mai pronunziata. Ed a seguito della opposizione, il processo prende il suo normale corso, mentre il decreto penale assume la funzione di contestazione dell'accusa e quindi costituisce la base della discussione dibattimentale. -(Omissis). SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 5 luglio 1965, n. 1401 -Pres. Mastropasqua -Est. Salerni -P. M. Di Maio (conf.) -Presidenza del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Carafa) c. ditta La Scala (avv. Naso). Competenza e giurisdizione -Regolamento di giurisdizione -Giudizio pendente davanti al Consiglio di Stato -Ammissibilit. (c. p. c., art. 41, primo comma). n regolamento preventivo di giurisdizione esperibile anche quando il giudizio sia pendente davanti a giudici speciali e, quindi, anche davanti ai Consiglio di Stato (1). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 17 febbraio Ul65, n. 259 -Pres. Torrente -Est. Straniero -P. M. Pedote (conf.) -Cassa di risparmio della Marca trevigliana (avv. Jemolo) c. Pradella (avv. De Martino). Competenza e giurisdizione -Regolamento di giurisdizione -Giudizio pendente davanti al Consiglio di Stato -Ammissibilit. (c. p. c., art. 41, primo comma). Competenza e giurisdizione -Regolamento di giurisdizione -Sospensione del giudizio di merito -Inderogabilit. (c. p. c., artt. 41, primo comma, 48, secondo comma e 367, primo comma). n regolamento preventivo di giurisdizione trova applicazione anche riguardo ai giudizi pendenti davanti al Consiglio di Stato (1). (1) Le sezioni unite della Corte di Cassazione confermano con la unica massima de1Jla prima sentenza e con la prima massima della seconda sentenza la loro giur~sprudenza ormai costante: oltre alle sentenze ricor 290 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La sospensione del giudizio di merito in seguito alla proposizione del regolamento di giurisdizione opera ipso iure, senza che al Giudice sia consentito di derogarvi, ed, essendo il Giudice spogliato della potestas iudicandi fino alla pronuncia delle sezioni unite, la pronuncia da lui emessa malgrado tale spoliazione nulla per mancanza di un requisito essenziale (2). (Omissis). -FATTO. -Con deliberazione 9 maggio 1963 la Cassa di risparmio della Marca trevigliana_dispens dall'impiego, a seguito di procedimento disciplinare, il suo dipendente Ermenegildo Pradella e provvide, conseguentemente, alla liquidazione di quanto dovutogli. Contro la deliberazione il Pradella propose ricorso al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, e, a sua volta, nelle more del giudizio, la cassa di risparmio propose istanza di regolamento preventivo di giurisdizione, sostenendo, sulla base di un unico motivo, che, in dipendenza della sua natura di ente pubblico economico, la giurisdizione sulle questioni relative al rapporto di impiego dei dipendenti spetta al giudice ordinario secondo il rito del lavoro. Il Pradella, costituitosi in sede di regolamento, rilev, invece, che nel caso concreto, la giurisdizione spettava al Consiglio di Stato perch l'impugnazione era stata proposta contro un provedimento disciplinare di natura discrezionale. Il giudice amministrativo si pronunciato malgrado la pendenza del regolamento e, con decisione1s marzo 22 aprile 1964, ha dichiarato la propria giurisdizione e annullato il provvedimento impugnato. Contro la decisione del Consiglio di Stato la cassa di risparmio ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi di annullamento che illustra con memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE. -I ricorsi vanno riuniti perch le parti sono identiche ed identica anche la questione di giurisdizione che in entrambi viene prospettata. date nella surriportata motivazione v. Cass., Sez'. Un., 28 aprile 1964 n. 1016, ed in questa Rassegna, 1964, I, 473 la nota 1; in senso contrario la giurisprudenza altrettanto costante del Consiglio di Stato: v. C. d. S., Sez. VI, 22 aprile 1964, n. 355, in Foro it., 1964, III, 483 ed ivi la nota 1 con ampi richiami giurisprudenziali e di dottrina. I termini della questione risultano chiaramente dalla surriportata motivazione e la soluzione accolta dalle sezioni unite della Corte di Cassazione da condividersi per le ragioni gi accennate nella richiamata nota pubblicata in questa Rassegna, loco cit. (2) I -principi contenuti nella seconda massima della seconda sentenza_ rappresentano la logica conseguenza della ritenuta ammissibiUt del regola PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 291 In relazione all'oggetto del regolamento preventivo ed al primo motivo del ricorso proposto dalla cassa, per violazione ed erronea applicazione dell'art. 367 c.p.c. in relazione all'art. 41 stesso codice, contro la decisione del Consiglio di Stato che ha esaminato la questione di giurisdizione malgrado la gi avvenuta proposizione del regolamento, due questioni si propongono a questo Supremo collegio: l'una, con effetto eventualmente assorbente della seconda, in ordine all'ammissibilit-del regolamento per i giudizi pendenti dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, l'altra, da risolversi soltanto nel caso di affermazione della ammissibilit, in ordine alla sorte della decisione impugnata. Sulla prima questione il consiglio ha ribadito il suo costante orientamento negativo, attingendo sia a ragioni comuni a tutti i giudizi speciali sia ad altre peculiari al proprio ordinamento. Riflettono il primo aspetto, impostato sul richiamo alla limitata enunciazione dell'art. 37 c.p.c., sia il rilievo che il legislatore del 1942 avrebbe dovuto dichiarare espressamente, se tale fosse stato effettivamente il suo pensiero, l'applicabilit ai giudizi speciali di un istituto che la legge 31 marzo 1877, n. 3761 aveva previsto esclusivamente per le questioni di giurisdizione sorte dinanzi ai giudici ordinari e che comunque, in quanto postula necessariamente la devoluzione in via preventiva della questione di giurisdizione ad un giudice diverso, avrebbe nell'ordinamento vigente un carattere eccezionale, sia il corollario che l'art. 367 c.p.c., col prevedere la riassunzione del processo, dopo la pronuncia sul regolamento, esclusivamente per la dichiarazione della giurisdizione del giudice ordinario, dimostrerebbe, implicitamente, ma chiaramente, che il legislatore ha voluto limitare l'istituto alle controversie davanti a detto giudice. Riguardano, invece, il second9 aspetto due osservazioni: l'una, di carattere giuridico, impostata sulla premessa che il procedimento davanti al Consiglio di Stato, ha disciplina legislativa autonoma, consiste mento preventivo di giurisdizione per i giudizi pendenti davanti ai giudici speciali Benvero, da un canto l'art. 367 c. p. c. non consente dubbi circa la sospensione del giudizio, rispetto a cui detto regolamento sia stato proposto, dall'altro, non pu non ritenersi inficiata da difetto di giurisdizione, temporaneo se pur non assoluto, e per ci solo annullabile, la pronuncia emessa nel giudizio -stesso, in pendenza del regolamento preventivo di giurisdizione: v. in questa Rassegna, loco cit. Sulla sospensione, di cui sopra, peraltro, si pu osservare: 1) la dizione del secondo comma dell'art. 367 c. p, c., laddove si prevede la riassunzione del processo sospeso se la Corte di cassazione dichiara la giurisdizione del giudice ordinario >, non pu essere un argomento contro la sospensione del processo pendente davanti al giudice speciale per lo stesso motivo per il quale non pu esserlo contro l'ammissibilit del rego RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 292 nel rilievo che, nei rapporti fra detta disciplina ed il sopravvenuto codice di procedura civile, deve trovare applicazione il principio secondo il quale la legge generale posteriore non pu derogare tacitamente ad una preesistente legge speciale; l'altra essenzialmente fondata sulla deduzione dell'inconveniente pratico che la sospensione del procedimento a norma dell'art. 367 priverebbe il giudice amministrativo del potere di sospendere l'esecuzione dell'atto impugnato a norma dell'art. 39 del t.u. n. 1054 del 1924. Gli argomenti suddetti furono, peraltro, gi valutati negativamente, nella loro sostanza, da questo Supremo collegio in precedenti costanti decisioni (15 gennaio 1953, n. 108; 14 ottobre 1952, n. 3023; 21 giugno 1952, n. 1825) e queste vanno ribadite alla stregua della premessa che, nel codice del 1942, l'istituto del regolamento preventivo certamente configurato secondo uno schema pi lato di quello consentito dalla legge del 1877, in quanto reso accessibile anche alle parti private e tale da contemplare il difetto di giurisdizione nei confronti tanto della pubblica amministrazione quanto del giudice speciale. Sotto il profilo pi generale va, infatti, rilevato che la lettera dell'art. 37 non ha valore indicativo di una volont limitata dal legislatore, in quanto l'espressa previsione del solo giudice ordinario, ha una adeguata giustificazione logica nel profilo formale, rappresentato dalla collocazione della norma in un complesso di disposizioni che ha per unico fine la disciplina del procedimento davanti a detto giudice, e nella conseguente vis attractiva del complesso .medesimo; che, viceversa, il convincimento che la suddetta norma rappresenti una concreta specifica manifestazione di un principio di pi ampia portata pu trarre ausilio sicuro sia dalla posizione attribuita a queste sezioni unite dal legislatore del 1942 nel sistema della risoluzione dei problemi di giurisdizione,. con particolare riferimento alla estensione della sfera della funzione regolatrice a tutte le magistrature, ordinarie e speciali, e ad entrambi i possibili aspetti, affermativi o negativi, della pronuncia, sia dalla gene- lamento preventivo di giurisdizione rispetto ai relativi giudizi, motivo quest'ultimo posto in luce dalla motivazione surriportata; 2) la dizione del primo comma dell'art. 367 c. p. c., laddove si prevede che il giudice da:vanti a cui pende la causa , rispetto alla quale stato proposto il regolamento preventivo di giurisdizione, sospende il processo con ordinanza non impugnabile , non .costituisce argomento contro la operativit ipso iure della sospensione, in quanto anzi la forma di ordinanza non impugnabile, impressa al provvedimento di sospensione, induce a ritenere che il giudice non abbia il potere di risolvere eventuali contestazfoni sollevate dallle parti, ma debba limitarsi ad assodare se sia stato proposto il ricorso per regolamento (ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, Napoli, 1956, II, 540, il quale agg.iunge che ad es., non gli con PARTE I, ,SEZ; II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 293 rale efficacia costitutiva delle statuizioni di designazione del giudice competente si che quest'ultimo, qualunque esso sia, ne resti irrevocabilmente investito con efficacia vincolante, preclusiva di qualsiasi riesame; che la posizione medesima, considerata anche in rapporto ai poteri di questa corte in tema di conflitti virtuali, non si pu ritenere neces sariamente collegata a decisioni gi pronunciate e neppure, in certo senso, a procedimenti gi pendenti, onde la sua estensione al regolamento preventivo ha una sua giustificazione logica, oltre che quella materiale insita nel richiamo dell'art. 41 c.p.c. agli artt. 364 e segg. stesso codice e, quindi, anche all'art. 382. Poste, d'altra parte, queste considerazioni (che non possono essere contrastate dal richiamo dell'art. 367, capov., in quanto questa norma, regolatrice soltanto del processo davanti al giudice ordinario, non poteva esprimersi diversamente), dimostrato, in altri termini, che il pensiero del legislatore emerge essenzialmente dal sistema e che questo ultimo rappresenta una innovazione sostanziale rispetto al precedente regime giuridico, degrada, di conseguenza, il valore attribuitivo della decisione impugnata all'argomento della preesistenza ed autonomia del procedimento davanti al Consiglio di Stato e degrada altresl il rilievo impostato sulla deroga al principio secondo il quale ogni giudice ha il potere, in relazione alla specifica controversia che gli viene sottoposta, di verificare i presupposti ed i limiti della propria competenza o giurisdizione. Ci, dal momento che la deroga stata voluta dal legislatore con l'art. 382, primo comma, che le stesse ragioni di snellimento processuale e di rapida attuazione della giustizia sostanziale che giustificano la norma del codice di rito valgono anche per i procedimenti davanti ai giudici speciali, che non vi motivo per individuare al riguardo una particolare posizione del Consiglio di Stato, che pur sempre un giudice speciale, anche se l'ambito oggettivo del sindacato di questo Supremo collegio , per esso, limitato alle questioni di giurisdizione, anzicch esteso anche alle violazioni di legge. sentito di esimersi dal sospendere il processo se il regolamento sia stato proposto malgrado la gi emessa pronuncia di merito): del resto, gravi inconvenienti non dovrebbero prospettarsi se si ammette l'applicabilit, anche per la sospensione derivante dal regolamento preventivo di giurisdi zione, del disposto dell'art. 48 c. p. ,c., secondo comma (v. pure decr. Trib. Milano, 14 luglio 1964, Foro it. 1964, I, 1911 ed ivi breve nota di richiami giurisprudenziali). Sulla situazione in cui si trova la sentenza pronunciata nel giudizio, rispetto al quale sia stato proposto regolamento preventivo di giurisdizione ed in pendenza di questo, oltre alla sentenza ricordata nella motivazione surriportata v. C'ass., sez. un., 31 marzo 1950, n. 877 in senso alquanto dif forme da quello poi accolto nella sentenza che qui si annota. W.f.l g{:ff.fW?.o/.4.%r.%:::::W-:-t.r.fW.P.&:W:f:=W%~~r~r:::r.:v..:mr.4.f.f:f'Rif!:f:r.i%?".ff.ff..ff~&~4.f:ff%Zf:'.::=~xr.@:rr.r.:m RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 294 Restano da ultimo da esaminare, sotto il profilo dell'art. 367, l'inconveniente pratico denunciato. e subordinatamente, il secondo problema inerente alla sorte della decisione impugnata. Il primo punto pu essere superato richiamando l'osservazione, gi fatta da questa corte, in ordine alla possibilit della eventuale eliminazione del problema insita nella estensibilit ai procedimenti davanti al Consiglio di Stato dell'art. 48, secondo comma, c.p.c. e del potere, da detto comma riconosciuto al giudice adito, di compiere, nella pendenza del procedimento, gli atti ritenuti urgenti. Quanto al secondo va, invece, rilevato che la soluzione discende dal principio che la sospensione del giudizio di merito, in seguito alla proposizione del regolamento di giurisdizione, opera ipso jure senza che al giudice sia consentito di derogarvi. Questa corte, ha, infatti, gi precisato (sentenza 11 dicembre 1950, n. 2705) che, in dipendenza del principio suddetto, il giudice spogliato della potestas iudicandi fino alla pronuncia delle sezioni unite, si che la pronuncia emessa malgrado tale spoliazione nulla per mancanza di un reqisito essenziale. L'annullabilit della decisione impugnata sotto questo ultimo profilo non assorbe tuttavia il secondo motivo del ricorso della cassa, in quanto tale, per il suo soggetto, da importare, se accolto, la cassazione senza rinvio per difetto assoluto, non gi soltanto temporaneo, della giurisdizione nel giudice amministrativo dal Pradella adito. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III. 24 agosto, 1965, n. 1973 -Pres. Boccia -Est. Aliotta -P. M. Gentile (conf.) -Mineo (avv. Menichini) c. Scalese (avv. Di Majo). Competenza e giurisdizione -Conflitti di attribuzione -Legittimazione a sollevarli. (1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 37). La legittimazione a sollevare conflitti di attribuzione riservata agli organi definitivi depositari dei poteri che entrino eventualmente in conflitto: da escludere, pertanto, qualsiasi legittimazione delle parti in causa a sollevare conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato, sotto ii profilo che la Corte di Cassazione, ritenendo implicitamente recepito in una legge successiva un principio contenuto in precedenti leggi concernenti la stessa materia, avrebbe esercitato un potere demandato ad altri organi dello Stato (1). (1) Che le parti in causa, come tali, non possano sollevare i conflitti di attribuzione, sotto qualsiasi profilo, pare fuori di dubbio. Questione interessante , invece, quella di determinare chi possa sollevarli e, seppur si PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 295 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 dicembre 1965, n. 2477 -Pres. Lonardo -Est. Felicetti -P. M. Criscuoli (conf.) -Banco di Napoli (avv. Piccardi) c. Guida (avv. Rinaldi). Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria e amministra tiva -Enti pubblici economici. -Impiego pubblico -Controversie Giurisdizione ordinaria -Limiti. (c. p. c., art. 429, n. 3). Anche a seguito della soppressione dell'ordinamento sindacale corporativo, che non ha determinato l'abrogazione dell'art. 429, n. 3 c.p.c.,. spetta all'Autoritd Giudiziaria ordinaria la competenza a giudicare dellecontroversie di impiego dei dipendenti di enti pubblici i quali svolgonoun'attivitd economica in regime di libera concorrenza, con la sola esclusione del sindacato sugli atti emanati nell'esercizio del loro potere di organizzazione, di natura preminentemente pubblicistica e discrezinale, iZ cui sindacato appartiene aU'autoritd amministrativa, risultando i. diritti soggettivi dei dipendenti degradati ad interessi legittimi; tale degradazione per non ha luogo allorquando l'ente pubblico esercita il. proprio potere disciplinare sul dipendente, essendo il suo esercizio Zimi-tato da regolamentazione collettiva e contrattuale, sicch i diritti dei dipendenti, nella cui sfera il provvedimento disciplinare incide, riman. gono integri (1). accetta di riservare tale legittimazione agli organi definitivi (ossia supremi} depositari dei poteri -in conflitto, resta da esaminare quali questi organi siano e quali i poteri. Per taluni particolari aspetti e per una. indicazione bibliografica orientativa sull'argomento v. B. BACCARI, Considerazioni sulla disposizione dell'mt. 65 del t. u. 12 lugL'io 1934, n. 1214 (leggi sull'ordinamento della Corte dei conti) e sugli effetti della sentenza emessa in sede di regolamento di giurisdizione, in questa Rassegna, 1965, I, 650 ed ivi, pagg. 657658; cfr. pure Corte Costituzionale 22 dicembre 1965, n. 91 (ordinanza), in questa Rassegna, 1965, I, 1111 ed ivi la nota 1. (1) Nel senso della giurisdizione del giudice ordinario a conoscere dei: rapporti di impiego tra gli enti 1pubblici economici ed i propri dipendenti, sia pur nei limiti, di cui cenno nella massima, la giurisprudenza della Corte di Cassazione pu considerarsi ormai costante: v. da ultimo C:ass., sez. un., 17 febbraio 1965, n. 259, la quale, peraltro, pi genericamente riconosce la possibilit che determinati aspetti o momenti del rapporto. di impiego o di lavoro con i propri dipendenti siano nei singoli enti condizionati ad esigenze di pubblico interesse o comunque attuati, modificati ed estinti in funzione di dette esigenze onde in tali casi prevalend0> il profilo pubblicistico anche nel suo aspetto discrezionale, i diritti soggettivi degradano ad interessi legittimi e viene meno la giurisdizione del giudice ordinario, il quale deve limitarsi ad accertare n carattere discrezionale del provvedimento . Sul concetto di ente pubblico economico v., da ultimo, Cass., sez. un.,. 5 luglio 1965, n. 1407, secondo cui un ente pubblico pu qualificarsi eco :296 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 dicembre 1965, n. 2487 -Pres. Lonardo -Est. Sparvieri -P. M. Criscuoli (conf.) -Lupi (avv. D'Amelio) c. Federazione colombofila italiana (avv. Russo). Competenza e giurisdizione -Regolamento preventivo di giurisdizione Preclusione. (c. p. c., art. 41, primo comma). La proposizione del ricorso per regolamento preventivo di giuri. sdizione preclusa solo dalia decisione del giudice di primo grado nel merito ovvero dal passaggio in cosa giudicata formate delta sentenza, -con la quale il giudice di primo grado abbia pronunciato sulla giurisdi. zione affermandola o negandola (1). nomico, -solo se esso, agendo nel campo economico, esplichi come impren ditore un'attivit che non solo si trovi o possa trovarsi in concorrenza con analoga attivit d imprenditori privati, ma che soprattutto rappresenti non un mezzo necessario per la diretta ed immediata realizzazione di un fine _pubblico, ma un semplice mezzo per conseguire lucri partecipando alla vita degli affari con la precisazione che ad imprimere carattere economico ad un ente pubblico non sufficiente che esso esplichi, verso il pagamento di un corrispettivo, attivit accessorie costituenti un semplice mezzo per far fronte, insieme ad altre entrate, alle spese di esercizio, dovendosi H predetto <:aratter d~sumere dall'attivit principale ed essenziale, che costituisce il :fine istituzionale dell'ente stesso . Con analoghi principi e con esemplificazioni v., pure, Cass., sez. un., 5 luglio 1965, n. 1406 e Cass., sez. un., 7 giugno 1965, n. 1120, entrambe in Foro it., 1966, I, 126 ed ivi nota 1; cfr., altresl, sull'argomento, Relazione Avvocatura Stato, 1955-1960, III, 659 e segg., nonch questa Rassegna, 1966, I, 32 ed ivi la nota 2: alile note citate si rimanda il lettore per altri richiami di giurisprudenza anche del Consiglio di Stato (difforme sulla questione di giurisdizione: v. da ultimo, O.d.S., VI, 22 aprile 1964, n. 355, in Foro it., 1964, III, 483 ed ivi la nota 2) e per riferimenti in dottrina. Certo, talvolta, questi concetti, cosi chiaramente delineati, non rice vono la conseguente applicazione: v., per esempio, a proposito dell'ente :autonomo mostra d'oltremare e del lavoro italiano nel mondo, Cass., sez. un., 17 febbraio 1964, n. 348, in questa Rassegna, 1964, I, 666, ed ivi nota 1-2. (1) Questa massima afferma un principio tanto pacifico quanto ovvio. Delicato lo stabilire quando si abbia decisione nel merito. Sul punto v . .ANnRIOLI, Commento al codice di procedura civile, I, Napoli, 1957, 145 e cfr., da ultimo, Cass., sez. un., 9 febbraio 1965, n. 206, e Cass. 22 maggio 1963, n. 1355, secondo cui decisione nel merito quella che abbia pronunciato... sulla proponibilit . Interessante pure ricordare che a precludere la proponibilit del ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione... non sufficiente la decisione della causa in camera di consiglio, PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 297 Il PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 297 Il CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 maggio 1965, n. 789 -Pres. Lonardo -Est. Pratillo -P. M. Di Maio (conf.) -Comune di Alcamo (avv. Bertone) c. Raccuglia (avv. Virga). Competenza e giurisdizione -Regolamento di giurisdizione -Mancanza di motivi -Ammissibilit. (c. p. c., artt. 41, primo comma, e 366). ammissibile il regolamento di giurisdizione che contenga la sola esposizione dei fatti e non i motivi per i quali si ritenga che la potestas decidendi spetti a un organo piuttosto che ad un altro, non essendo esso considerato dalla legge processuale come un rimedio ordinario o straordinario di impugnazione, ma concretandosi piuttosto in una istanza diretta a far precisare il giudice, ordinario o no, chiamato a conoscere di una determinata controversia (2). ma occorre la pubblicazione di una sentenza di merito (Cass., sez. un., 3 febbraio 1965, n. 169). (2) Questa massima conferma un precedente orientamento delle stesse sezioni unite deilla Corte di Cassazione (Cass., sez. un., 7 ottobre 1964, n. 2548), il quale, peraltro, non parrebbe conciliabile con l'espresso richiamo fatto nell'art. 41, primo comma, c.p.c. degli articoli 364 e seguenti dello stesso codice. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 8 febbraio 19<66, n. 406 -Pres. Flore -Est. Ferrati -P. M. Tavolaro I. (conf.) -Ministero Finanze Ministero Agricoltura e Foreste -Ministero Commercio con l'Estero (avv. Stato Arias) c. Polidori (avv. Rizzo e Gamalero). Competenza e giurisdizione -Autorizzazione amministrativa -Licenza di temporanea importazione -Natura della situazione soggettiva del titolare dell'autorizzazione -Diritto soggettivo -Suo affievolimento per l'esercizio di poteri pubblici discrezionali -Fattispecie: esercizio di poteri di polizia fitosanitaria da parte di Amministrazione diversa da quella autorizzante -Domanda di risarcimento danni del privato -Improponibilit per difetto di giurisdizione dell'A.G.O. (1. 20 marzo 1865 n. 2248 all. E, artt. 2 e 4; r. d. 1. 27 ottobre 1937, n. 2209, art. 1; 1. 18 giugno 1931, n. 987, artt. 8 e 9). Il rilascio di un'autorizzazione amministrativa (nella specie, licenza di importazione) non crea un nuovo diritto soggettivo del privato, ma RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 298 rimuove .semplicemente l'ostacolo posto da una precedente norma al libero esercizio del diritto, determinando i limiti in cui esso pu essere esplicato; il privato, inoltre, non pu vantare un diritto ad ottenere l'autorizzazione, dato il potere discrezionale dell'Amministrazione di valutazione deU'interesse pubblico in vista del quale stato introdotto il limite, e soltanto aUorch quest'ultimo sia venuto meno per effetto dell'autorizzazione il preesistente diritto del privato diventa perfetto e tutelabile anche nei confronti della P.A., tranne che (come per le licenze di importazione) all'Amministrazione medesima sia attribuito il potere discrezionale di revocare l'atto autorizzativo ove vengan~ meno le ragioni di convenienza e di opportunit che ne determinarono l'emanazione. Alla stregua di tali principi il diritto soggettivo del titolare di una licenza di importazione regolarmente rilasciata dalle competenti autorit (Ministero delle finanze e Ministero del commercio con l'estero) si affievolisce nena sua consistenza e degrada ad interesse legittimo anche di fronte all'esercizio del potere discrezionale attribuito ad una diversa autorit amministrativa (nella specie, Ministero dell'agricoltura e delle foreste) di vietare l'introduzione delle merci, oggetto della licenza, nel territorio nazionale per ragioni fitosanitarie ai sensi degli artt. 8 e 9 della legge 18 giugno 1931, n. 987, non sussistendo alcuna incompatibilit tra l'autorizzazione alla temporanea importazione di merci per ragioni di carattere economico e l'esercizio dei poteri di polizia fitosanitaria. Difetta, pertanto, di giurisdizione l'A.G.O. a conoscere una domanda di risarcimento di danni proposta dal titolare della licenza di temporanea importazione al quale, per ragioni fitosanitarie, sia stato impedito di introdurre in Italia le merci oggetto della licenza (1). (Omissis). -Con l'unico motivo del loro ricorso le tre Amministrazioni denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 4 legge 20 marzo 1865, n. 2258, ali. E, difetto di giurisdizione dell'autorit giudiziaria ordinaria, violazione e falsa applicazione dell'art. 1 r.d.l. 27 ottobre 1937, n. 2209 e degli artt. 8 e 9 legge 18 giugno 1931, n. 987, il tutto in relazione all'art. 360, n. 1 e 3 c.p.c. Le ricorrenti rilevano che nella specie sono intervenuti due distinti atti amministrativi: un'autorizzazione del Ministero del commercio (1) Situazioni soggettive rispetto al potere autorizzativo della p. A. e problemi di,'.)~iurisdizione. 1) Premessa. -La sentenza che si annota affronta il problema della qualificazione della situazione soggettiva nascente nella sfera giuridica del soggetto titolare di un'autorizzazione amministrativa nei confronti dell'esercizio del potere discrezionale spettante ad un'Amministrazione, diversa da PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 299 estero con conseguente decreto di autorizzazione di temporanea importazione emanato dal Ministero delle finanze ai sensi dell'art. 1 r.d.l. 27 ottobre 1937, n. 2209 ed il diniego del Ministero dell'agricoltura di consentire, per ragioni di carattere fitosanitario, l'importazione di pomodori essendo scaduto il termine del 15 aprile e sostengono che si tratta di due atti amministrativi tipicamente discrezionali, nei confronti dei quali non sussiste, :n pu sussistere alcun diritto soggettivo del privato, ma soltanto interessi legittimi, poich l'emanazione di tali atti subordinata in modo precipuo alle esigenze di interesse pubblico. Esse aggiungono che si tratta di due distinti provvedimenti, di competenza di du diverse Amministrazioni dello Stato, preposta l'una alla tutela della economia del paese, l'altra alla tutela della sanit pubblica nel campo agricolo, cosicch determinate operazioni di importazioneesportazione, autorizzate perch ritenute utili all'economia nazionale, possono poi essere vietate in ogni tempo, qualora motivi sanitari lo quella che ha emanato l'atto autorizzativo, di incidere sulla situazione stessa. La Cassazione ha cosi affermato che il diritto soggettivo, la cui espansione resa possibile dall'autorizzazione, si affievolisce e degrada ad interesse legittimo di fronte all'esercizio del potere discrezionale esercitato da un'autorit amministrativa diversa da quella autorizzante, ed ha, di conseguenza, negato la giurisdizione del giudice ordinario a conoscere la domanda di risarcimento dei danni proposta dal privato. Nella specie, al titolare di una licenza di temporanea importazione di merci, rilasciata dalle competenti autorit preposte alla disciplina del settore del commercio con l'estero, era stata vietata l'introduzione nel territorio nazionale delle merci oggetto della licenza da altra autorit amministrativa e per ragioni di polizia fitosanitaria. La pronuncia della Cassazione offre lo spunto per passare brevemente in rassegna le varie situazioni soggettive di cui titolare il privato prima e dopo il rilascio di un'autorizzazione amministrativa, con SPecifico riferimento all'incidenza del potere della p. A. di denegare l'autorizzazione o di revocarla; ci al fine della identificazione del giudice competente, di volta in volta, a conoscere le controversie nascenti nella subiecta materia. 2) La natura deHa posizione soggettiva del privato aspirante al rilascio dell'autorizzazione. -In tale indagine va in primo luogo esaminata la natura giuridica della situazione soggettiva del privato che aspira ad ottenere un'autorizzazione amministrativa. Sul pr.eslJlPPosto che l'atto autorlzzativo rimuova l'impedimento posto da una norma al libero esercizio di un diritto sog,gettivo o di run potere giuridico gi spettanti al privato (1), costituisce ius receptum l'affermazione (1) RANELLETTI, Teoria generale delle autorizzazioni e concessioni amministrative. Facolt da esse create, Riv. it. se. giur., 1897, 178 segg.; ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, I, Milano, 1954, 264; VITTA, Diritto amministrativo, I, Torino 1954, 350 -Per il GASPARRi:, Autorizzazione (dir. amm.), Enc. del dir., voi. IV, Milano, Giuffr pag. 509, l'autorizzazione si configura come lemento integrativo della fattispecie complessa, gi parz~almente realizzata, da cui il diritto o il potere deriva. . 300 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO esigano; a loro avviso, lungi dal costituire revoca del provvedimento del Ministero delle finanze, quello del Ministero dell'agricoltura integra l'esercizio di una autonoma potest amministrativa, che rappresenta la condizione negativa per l'efficacia dell'autorizzazione gi rilasciata. Ne deducono quindi l'assoluto difetto di giurisdizione del giudice ordinario a conoscere dell'azione di danni proposta dal Polidori, poich il provvedimento di diniego d'importazione del Ministero dell'agricoltura ha trovato di fronte, neutralizzandolo, l'interesse legittimo sorto per il Polidori per effetto dell'autorizzazione rilasciata dal Ministero delle finanze: anche ammettendo che quell'autorizzazione abbia dato vita ad un diritto soggettivo per il privato, il diritto stesso sarebbe stato poi affievolito e degradato ad interesse legittimo nei confronti del Ministero secondo la quale l'autorizzazione, a differenza della concessione amm1rustrativa, non amplia la sfera giuridica, bensi soltanto la sfera d'azione del privato, rendendo possibile l'esercizio di quei diritti che prima esistevano allo stato potenziale nel suo patrimonio giuridico. Tali diritti e poteri, secondo la qualificazione del SANDULLI (2) rientrano nella categoria dei diritti condizionati e pi precisamente in quella dei diritti fievoli o in attesa di espansione -Mediante l'atto autorizzativo la p. A. d espansione al diritto soggettivo o al potere giuridico del privato rendendone possibile l'esercizio e determinandone l'ambito di operativit. L'atto dell'Amministrazione ha, quindi, una funzione permissiva, cio la :liunzione di consentire -previe> riscontro della mancanza di ragioni di contrasto con le esigenze d'interesse pubblico di volta in volta prese in considerazione dai! Iegislatore -l'esercizio di determinate attivit inerenti a preesistemf diritti soggettivi degli interessati (3). Da tali diritti o poteri, esistenti nella sfera giuridica del privato allo stato potenziale e sui quali l'autorizzazione opera rimuovendo il limite posto dall'ordinamento al loro esercizio, va tenuta distinta la situazione soggettiva del privato costituita dall'interesse ad ottenere il provvedimento autorizzativo. Essa, infatti, va inquadrata nella categoria degli interessi legittimi ed logicamente successiva, o quanto meno coeva, a quella data dal diritto in attesa di espansione sul quale opera l'autorizzazione. Pu anzi dirsi, a nostro avviso, che il diritto esistente nella sfera giuridica del privato allo stato potenziale prima dell'autorizzazione costituisce il necessario presupposto dell'interesse legittimo a richiedere e ad ottenere il provvedimento permissivo (4). (2) SANDVLLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1962, pagg. 73, 74). (3) SANDVLLI, Manuale, cit. pag. 317; SANDVLLI, Notazioni in tema di provvedimenti autorizzativi, Riv. trim. dir. pub., 1957, pag. 784. (4) Secondo l'opinione del CANNADA -BARTOLI (La tutela giudiziaria det cittadino verso la pubblica amministrazione, Milano 1964, 61 e segg.) la situazione e diritto soggettivo obbiettivamente considerata come fatto, costituisce il presupposto di qualificazione dell'interesse legittimo il quale, quindi, si pone come interesse alla legittimit degli atti amministrativi sul presupposto di una situazione di diritto soggettivo; ci in quanto al fondo dell'interesse legittimo vi sarebbe sempre una utilit privata del cittadino. Alcune fattispecie di collegamento tra diritto soggettivo ed interesse legittimo sono poste in rilievo dal SANDVLLI, Collegamenti e conseguenziatit tra diritti ed interessi e relativa Titevanza ai fini detla competenza giurisdizionale, Giust. civ. 1958, I, 211. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 301 dell'agricoltura per i provvedimenti che questo pu adottare nella sfera di sua competenza. Il ricorso merita accoglimento anche se non si pu condividere nei termini generali in cui stato enunciato -l'assunto principale delle ricorrenti che il privato, cui stata rilasciata una licenza di importazione, non sia mai titolare di diritti subbiettivi. Invero la licenza di importazione rientra nella categoria delle auto- rizzazioni amministrative ed noto che l'autorizzazione si configura come la rimozione di un limite all'esercizio di un diritto o di un potere che appartiene al privato (sent. 20 giugno 1960,n. 1675): proprio in tema di licenza di importazione si affermato (sent. 28 luglio 1958, n. 2721) che il rilascio della medesima non crea un nuovo diritto soggettivo del privato, ma rimuove semplicemente l'ostacolo posto da una precedente norma al libero esercizio .del diritto, determinando i limiti entro i quali tale diritto pu essere esplicato. Non v' dubbio che il privato non possa vantare alcun diritto ad ottenere l'autorizzazione, giacch questa data dall'Amministrazione nell'esercizio del suo potere discrezionale di valu.tazione dell'interesse pub- Trattasi di un presupposto di legittimazione di tale interesse nel senso che in tanto sorge e ,pu essere fatto valere l'interesse legittimo a che la p. A. operi correttamente nell'esercizio della potest autorizzativa, in quanto il privato richiedente sia titolare di un'utilit sostanziale, vale a dire di un diritto soggettivo o di un potere giuridico che per potersi esplicare abbianC> bisogno dell'intervento in funzione permissiva dell'autorit amministrativa. Duplice , pertanto, la situazione soggettiva di cui titolare il privato che aspira ad ottenere una autC>rizzazione ammiinstrativa: il diritto soggettivo C> il \)(}tere giuridico allo stato potenziale che possono trovare esplicazione soltanto attraverso l'intervento dell'Amministrazione in funzione permissiva, e l'interesse legittimo alla rimozione del limite posto dalla norma al libero esercizio del diritto o del potere. Il nesso di collegamento tra le due indicate situazioni soggettive dato dalla circostanza che l'interesse alla legittima esplicazione della potest autorizzativa trova il suo fattore di legittimazione nella preesistenza della situazione di diritto in attesa di espansione o di potere giuridico di cui titolare il privato che richiede l'autorizzazione amministrativa. Posto che l'esistenza del diritto fievole rappresenta soltanto il necessario presupposto perch sorga e riceva tutela l'interesse legittimo alla rimozione del limite al libero esercizio del diritto stesso mediante il provvedimento autorizzativo, appare evidente che il diniego dell'autorizzazione viene ad incidere in via immediata e diretta sull'interesse legittimo al corretto esercizio della potest autorizzativa e soltanto in via mediata e riflessa sul sottostante diritto fievole che costituisce l'indispensabile presupposto di legittimazione dell'interesse, e che non ha trovato espansione . Di conseguenza, la eventuale illegittimit del diniego del provvedimento autorizzativo pu essere denunciata unicamente dinnanzi agli organi della giurisdizione amministrativa, e, nell'ipotesi n cui sia riconosciuta l'illegittimit stessa tanto.per ragioni formali quanto per ragioni sostanziali, essa non co :302 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ~blico, in vista del quale stato introdotto il limite, ma, caduto il limite, :per l'effetto espansivo che gli proprio, il preesistente diritto del privato diventa perfetto e tutelabile anche nei confronti della stessa Pubblica .Amministrazione: questo, beninteso, quando il diritto non sia pi soggetto ad ulteriori valutazioni del pubblico interesse. Gli che la revoca con effetto ex tunc da parte della Pubblica Amministrazione di un atto emanato nell'esercizio di un potere discrezionale lecita soltanto quando .all'Amministrazione sia dato il potere di controllare che sussistano sem. Pre le ragioni di convenienza e di opportunit che hanno determinato la emanazione dell'atto e nel caso appunto della licenza di importazione si ritenuto che tale atto autorizzativo faccia sorgere nel privato un diritto condizionato, in quanto tutto lo svolgimento del rapporto rimane .sempre subordinato alla coincidenza con l'interesse pubblico, la cui valutazione discrezionale spetta alla Pubblica Amministrazione (sent. 26 aprile 1961, n. 932). tuttavia superfluo indugiarsi su questo punto, poich dopo gli atti di loro competenza, posti in essere rispettivamente il 7 ed il 20 aprile 1956, i Ministeri del commercio estero e delle finanze non hanno pi :Svolto attivit alcuna, onde da escludere che l'importazione non abbia potuto essere effettuata in conseguenza di una nuova valutazione delJ'interesse economico generale del paese, fatta nel'esercizio del potere loro spettante, da quelle medesime Amministrazioni, che avevano rila; gciato la licenza d'importazione: esula completamente dalla fattispecie :stituisce titolo sufficiente per proporre dinnanzi al giudice ordinario un'azione di risarcimento danni sotto il profilo della lesione del diritto soggettivo .che non ha potuto trovare espansione. L'atto amministrativo di diniego, infatti, soltanto di riflesso viene ad incidere sulla situazione soggettiva di &ritto in attesa di espansione giacch essa colpisce invece, come si preci; sato, in modo rilevante per il diritto, unicamente l'interesse legittimo del :privato al corretto esercizio della potest pubblica autorizzativa. In tal modo colui al quale sia stata illegittimamente negata una licenza di com: mercio o l'autorizzazione alla temporanea importazione di merci, dopo la :Pronuncia di annullamento dell'atto da parte dei competenti organi di giuTisdizione amministrativa, non pu proporre, per difetto assoluto di giurisdizione, dinnanzi al giudice ordinario un'azione per ottenere la condanna della p. A. al rirSarcimento dei danni deducendo la lesione del suo diritto .soggettivo ad esercitare l'attivit che non ha potuto trovare esplicazione per l'illegittimo diniego dell'atto permissivo da parte dell'Amministrazione; -cosi, per indicare un'esempio tra i pi frequenti, difetta di giurisdizione 'il giudice ordinario in relazione alla domanda di risarcimento di danni .avanzata dal proprietario al quale illegittimamente sia stata negata la licenza edilizia sotto il profilo della lesione del ius aedificandi che non ha potuto trovare espansione per l'illegittimit del diniego, in quanto in via .diretta ed immediata l'Amministrazione con il provvedimento di diniego viola soltanto l'interesse 1legitttmo del proprietario ad ottenere l'autorizza; zione, mentre non rileva sul piano giuridico la circostanza che questi abbia PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 303 l'ipotesi della revoca, di cui v' qualche accenno sia nella sentenza impugnata come negli scritti difensivi, e difatti le doglianze del privato non si appuntano contro atti delle Amministrazioni del commercio estero e delle finanze, uniche titolari del potere di revoca. La controversia si invece imperniata esclusivamente sul diniego di importazione opposto prima dagli uffici periferici del Ministero del1' Agricoltura e poi confermato dal Ministero stesso. Ora si deve considerare che l'art. 8 della legge 18 giugno 1931, n. 987, dettata per la difesa delle piante coltivate e dei prodotti agricoli, attribuisce al Ministro per l'agricoltura il potere di sospendere l'importazione e il transito, nel territotio dello Stato, di piante, parti di piante e semi ritenuti infetti, di fissare le stazioni di confine e i posti per i quali soltanto pu avere luogo l'importazione e di dettare norme e modalit da osservarsi per le importazioni: il successivo art. 9 elenca poi le facolt attribuite ai delegati del Ministero dell'agricoltura addetti al servizio di risentito un danno patrimoniale per non avere potuto esercitare il suo ius aedificandi (5). Trattasi, in effetti, di danni non e giuridici ma soltanto e economici, intendendosi per danni giuridici quelli derivanti da lesioni di diritti soggettivi perfetti e per danni e economici quelli conseguenti a (5) Il SANDULLI (Manuale, cit. 73-74) esattamente afferma che i diritti in attesa di espansione, come in generale i diritti condizionati, non possono essere considerati COine figure intermedie tra il diritto e l'interesse legittimo ed ammette che in essi ricorrono due posizioni soggettive distinte, l'una di diritto soggettivo e l'altra di interesse legittimo, specificando in particolare che nei diritti in attesa di espansione la posizione giuridica di interesse legittimo quella che il soggetto ha in ordine alla rimozione del limite all'esercizio del diritto che l'ordinamento gli riconosce. Da tale esatta premessa ci sembra che possa trarsi la conclusione, da noi indicata, dell'improponibilit, per difetto di giurisdizione del giudice ordinario, della domanda di risarcimento danni per illegittimo rifiuto di un'autorizzazione. Senonch il SANDULLI (Manuale, cit. 591) tmttando della rilevanza della lesione dei diritti condizionati afferma che anche quando e l'illegittimit dell'azione amministrativa abbia luogo entro l'ambito del potere dell'Amministrazione di sacrificare il diritto soggettivo o di non consentirne l'espansione (e cio nell'ambito della fievolezza del diritto), essa si risolve pur sempre nella lesione illegittima di un diritto e conclude che e del pari certo che abbia diritto al risarcimento del danno, ad esempio, il proprietario al quale sia stata illegittimamente negata la licenza edilizia , sempre per dopo che il giudice amministrativo abbia dichiarato l'illegittimit dell'atto amministrativo e lo abbia annullato. Ci sembra che si possa rilevare un contrasto tra ci che l'Autore afferma in generale trattando della natura della situazione soggettiva di colui che aspira ad ottenere una autorizzazione amministrativa e ci che afferma, invece, trattando del diniego illegittimo dell'autorizzazione, in quanto dall'esatta premessa dell'esistenza di una duplice situazione soggettiva del privato prima di ottenere il provvedimento autorizzativo e particolarmente dal fatto che il privato medesima titolare oltre che del diritto fievole (che pur sempre partecipa della natura di diritto soggettivo) anche di uno specifico interesse legittimo e in ordine alla rimozione del limite all'esercizio del diritto che l'ordinamento gli conferisce deve dedursi che l'eventuale diniego illegittimo dell'autorizzazione viene ad incidere in via diretta ed immediata unicamente su tale interesse legittimo e soltanto di riflesso, ed in modo non rilevante per il diritto, sul diritto fievole. In giurisprudenza, per ci che concerne l'ammissibilit del risarcimento dei danni da illegittimo diniego di licenza edilizia, 304. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vigilanza nelle stazioni di confine e nei porti, contemplando espressamente quella di vietare l'introduzione nello Stato e il transito di piante, parti di piante che ritenessero infetti o portanti germi di malattie ' parassiti. Senza dubbio simili facolt sono conferite all'Amministrazione in vista di un superiore interesse pubblico e di fronte ad esse il diritt0o subiettivo del privato si affievolisc;e nella sua consistenza e degrada a interesse legittimo: se ne ha una testuale riprova nell'ultimo comma del medesimo art. 9, che nega qualsiasi indennit agli interessati per le distruzioni, le disinfezioni e le restrizioni (e questo termine comprendeevidentemente il divieto d'introduzione e di transito) che siano state disposte dai delegati del Ministero dell'agricoltura nell'esercizio delleloro facolt. Si tratta quindi di esaminare se detti poteri possano essere esercitati anche nei confronti del privato che si presenti titolare di una licenza d'importazione, legittimamente rilasciata dalle competenti Amministrazioni, se, cio, il rilascio della licenza faccia assurgere a diritto subbiet-. lesioni di meri interessi legittimi che, per consolidata giurisprudenza (6),. non determinano alcuna responsabilit risarcitoria della p. A. 3) Natura e consistenza delle situazioni soggettive nascenti dall'autorizzazione -Incidenz(l sulle stesse del potere dell'Amministrazione. -Occorre esaminare ora la natura e la .consistenza della posizione giuridica di colui che ha ottenuto un'autorizzazione amministrativa. Al riguardo vi concordia di opinioni nel senso che in conseguenza. della rimozione del limite operata dal provvedimento amministrativo il privato ha un vero e proprio diritto soggettivo perfetto allo svolgimento, dell'attivit autorizzata. una decisa soluzione negatva adottata da: Sez. Un., 20 febbraio 1965, n. 283, in. Mass. Giu.st. civ. 1965, 127; Cass. 9 febbraio 1963, n. 252, Riv. giu.r. ed. 1963, I, 225 con nota di D'ANGELO, Spunti in tema di risarcibilit del danno derivante da diniego. di licenza edilizia. La soluzione positiva, invece, stata adottata da Cass. 8 giugno. 1961, n. 1324, Giu.st. civ. 1964, I, 64; Cass. 30 marzo 1963, n. 800, Giu.r. it. 1963, I, 1, 1103 con nota di GuiccIARDI, Risarcibilit di interessi legittimi; Trib. Palermo 29 feb.'.. I braio 1964, Riv. giu.r. ed. 1965, I, 380 con nota di VELA, La risarcibilit dei danni cagionati da illegittimo diniego di licenza edilizia, ivi, 1965, II, 39 contenente una rassegna critica della giurisprudenza. (6) Cass. S. U. 20 febbraio 1965, n. 283, Mass. Giu.st. civ. 1965, 127; Cass. S. U. 6 agosto 1962, n. 2418, Mass. Giu.st. civ. 1962, 1152 -In dottrina sulla que-stione: ScoGNAMIGLio, In tema di risarcibiiit di danni derivanti da lesione di interessi: legittimi da parte della p. A., Riv. dir. civ. 1965, 55 segg.; MlcHELI, Sentenza di annullamento di un atto giuridico e risarcimento del danno patrimoniale derivato da.lesione di interessi legittimi, Riv. dir. proc. 1964, 396 segg.; MIELE, Risarcibilit deft danni derivanti da ingiu.sta lesione di interessi legittimi ad opera della p. A., Foro it. 1963, IV, 23 segg.; FOLIGNO, La pretesa responsabilit della p. A. per lesione di interessi legittimi, Milano, 1963. PARTE I, SEZ. II; GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 305 tivo perfetto la posizione del titolare di essa in rapporto all'Amministrazione dell'agricoltura. La sentenza impugnata ha risposto affermativamente al quesito, ponendo a base del suo ragionamento l'art. 1 del r.d.l. 27 ottobre 1937, n. 2209. Dispone detta norma che in casi eccezionali, alle ditte che ne fanno richiesta, il Ministero per le finanze, di concerto con il Sottosegretario di Stato per gli scambi e valute (ora Ministero del commercio con l'estero) e sentito il comitato consultivo di cui al r.d. 14 agosto 1936, n. 1825, potr consentire con proprio decreto la temporanea importazione ed esportazione di merci non previste dalle concessioni in vigore quando ne sia dimostrata la necessit per il ricorrere di circostanze speciali e semprech il provvedimento possa tornare utile all'economia del paese. Ad avviso della Corte d'appello con quella norma si affermata, nella soggetta materia, la competenza assoluta ed esclusiva del Ministero delle finanze, pi precisamente si inteso e concentrare nel Ministero delle finanze ed in quello del commrcio con l'estero tutti i poteri, anche quelli pertinenti ad altri Ministeri , giacch stata eliminata ogni previa intesa con il Ministero per l'industria ed il commercio o con quello dell'agricoltura, gi contemplata dal precedente r.d.l. 14 giu- Il suo diritto fievole, per effetto dell'atto autorizzativo, acquista espansione e pu essere esercitato sia pure nei limiti posti dall'atto stesso. La posizione soggettiva di diritto del privato titolare dell'autorizzazione va vista, per, sotto due prospettive diverse a seconda che la si esamini nei rapporti con la p. A. e nei rapporti con gli altri privati. Non vi alcun dubbio, infatti, che nei confronti degli altri privati itl. titolare dell'autorizzazione abbia un vero e proprio diritto soggettivo tutelabile, al pari degli altri diritti soggettivi, dinnanzi all'A.G.O. In eventuali controversie tra privati sorgenti dalla attivit autorizzata, come ad es. nel caso in cui taluno ritenga tale attivit lesiva dei propri diritti, il giudice ordinario potr, sia pure incidentalmente, pronunciarsi sulla legittimit del provvedimento autorizzativo disapplicandolo, in forza dell'articolo 5 della legge abolitrice del contenzioso amministrativo, ove lo riscontri illegittimo, senza peraltro poterlo annullare per il divieto di repressione degli atti amministrativi (art. 4 della legge sul contenzioso). Pu, pertanto, affermarsi in tesi generale che il privato titolare dell'autorizzazione ha un diritto soggettivo pieno ed incondizionato nei confronti di altri privati a svolgere l'attivit autorizzata e pu servirsi di tutti i mezzi giuridici che l'ordinamento predispone a tutela delle posizioni soggettive di diritto perfetto. Diverso discorso deve farsi per ci che .concerne la natura e la consistenza di tale situazione soggettiva esaminata nei confronti della p. A. Va, intanto, rilevato che sussistono numerose fattispecie di autorizzazioni amministrative per le quali alla p. A. preclusa ogni ulteriore possibilit di intervento nell'attivit autorizzata ed ogni ulteriore controllo sullo ' svolgimento della stessa: in siffatta ipotesi il privato ha un diritto soggettivo perfetto anche nei confronti della p. A. autorizzante, tutelabile in modo RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO ST,ATO 306 gno 1923, n. 1313 (art. 1) ed stato soltanto imposto l'obbligo di sentire il comitato consultivo interministeriale, di cui fa parte, tra gli altri, un funzionario del Ministero dell'agricoltura: donde la conclusione che e le esigenze di ogni ministero interessato vengono denunciate in seno al comitato consultivo e dallo stesso vagliate, per cui deve escludersi una possibilit di riesame della materia da parte di ogni altro ministero che si senta leso dalla decisione emessa prima dal Comitato consultivo e poi dai Ministeri del commercio estero e delle finanze >. Anzi secondo la Corte, siccome l'autorizzazione all'importazione prevista soltanto per casi eccezionali , sarebbe stato sempre interdetto al Ministero dell'agricoltura l'esercizio delle facolt attribuitegli dalla legge 18 giugno 1931, n. 987 anche prima dell'entrata in vigore del r.d.l. n. 2209, quando la licenza veniva accordata con decreto reale su proposta del ministro interessato. Giustamente le ricorrenti denunciano l'erroneit della tesi enunciata dalla Corte d'appello. Questa, in sostanza, ha ravvisato una incompatibilit tra le norme dettate ai fini della polizia fitosanitaria e le norme che disciplinano le temporanee importazioni ed ha ritenuto che quelle non possano trovar applicazione laddove sono operanti le seconde: in tal modo essa non pieno ed incondizionato dinnanzi al giudice ordinario. Trattasi per lo pi delle autorizzazioni ail compimento di atti giiuridici come, ad es., per l'acquisto di beni immobili o per l'accettazone di eredit da parte di persone giuridiche (art. 17 c. c.). Con la ema:nazone del provvedimento autorizzativo la p. A. esaurisce il suo potere e non ha pi alcuna potest per un ulteriore intervento discrezionale in materia, sicch da escludere che in tali ipotesi possa essere esercitata la potest di revoca dell'autorizzazione (7). Anche, per, in siffatte ipotesi non resta precluso alla p. A. l'esercizio del .potere di annullamento di ufficio ove l'atto autorizzativo venga riconosciuto illegittimo, Con la conseguenza che, .per effetto della forza distruttiva dell'ani.uullamento e della sua efficacia ex tunc, viene meno la situazione soggettiva di diritto perfetto sorta in base ail provvedimento autorizzativo ed al privato dato soltanto di far valere il suo interesse legittimo al corretto esercizio della potest di annullamento della p. A. dinnanzi agli organi di tutela giurisdizionale amministrativa. Un problema di risarcibiUt del danno subito dal privato, per il.e autorizzazioni amministrative che non ammettono di essere revocate da parte della p. A. per l'esaurimento del potere amministrativo, pu quindi porsi, a nostro avviso, soltanto quando, nonostante l'ordinamento non consenta n in modo espresso n in modo implicito alla p. A. la potest di revoca, questa sia egualmente esercitata per reali o presunte ragioni di pubblico interesse. In tal caso, mancando in radice il potere dell'Amministrazione di interve (7) Sul problema della revocabilit delle autorizzazioni e dei limiti all'esercizio della potest di revoca in tale materia vedasi SALVATORE, Le autorizzazi=i ammin del D'Addio. In presenza di una situazione, nella quale i due muri,. pur essendo aderenti in tutte le linee terminali -anteriore, posteriore, inferiore e superiore -cosi da impedire infiltrazioni di qualsiasi genere, si distaccherebbero tra loro nella parte centrale, costituendo una camera d'aria del tutto asciutta ed igienica, non si sarebbe potuta affermare, secondo la ricorrente stessa, la esistenza di una intercape-,. dine, per la totale mancanza di uno spazio libero tra i due fabbricati. Anche tale censura priva di fondamento. La Corte del merito ha accertato che lo stabile dell'Amministrazione Militare sorretto da cinque pilastri, dei quali i due estremi combaciano con il muro perimetrale del fabbricato del D'Addio, mentre i tre pilastri centrali se ne distaccano per circa 50 (cinquanta} centimetri: che il muro perimetrale della nuova costruzione segue l'andamento della linea dei pilastri e che, perci, tra i muri delle due costruzioni rimasto un vuoto, il quale stato chiuso in alto mediante un solaio in calcestruzzo, che lateralmente combacia con i due muri perimetrali. Premessi questi accertamenti di fatto, la Corte del merito ne ha dedotto che la esistenza, tra i muri perimetrali dei due stabili vicini, di una intercapedine di larghezza minore della distanza legale di tre metri non consentiva di ritenere che l'Amministrazione Militare avesse. costruito in aderenza, a nulla rilevando in contrario che la intercapedine stessa, fosse stata totalmente chiusa in modo che n l'uomo. potesse accedervi, n potessero penetrarvi aria e luce n potesser0o cadervi pioggia od altro. Con il che la denunciata sentenza non si discostata dalla giurisprudenza di questa Corte, per cui, affinch si verifichi la ipotesi di costruzione in aderenza, necessario che la. nuova opera e quella preesistente -pur essendo autonome dal punt0o di vista strumentale, nel senso che il perimento o la demolizione dell'una non possa incidere sulla integrit dell'altra -combacino perfettamente da uno dei lati, in modo che non rimanga tra i due muri,. nemmeno per breve tratto o ad intervalli, uno spazio vuoto, ancorchtotalmente chiuso, che lasci scoperte, sia pure in parte, le relative facciate (da ultimo: Cass. 18 febbraio 1961, n. 357). -(Omissis). SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 8 ottobre 1965, n. 2108 -Pres. Giansiracusa -Est. Abenavoli -P. M. Raja (conf.) -Ministero Difesa Aeronautica (avv. Stato Correale) c. De Amici e Pozzi (avv. Uras, Zonchelli, Frau). Responsabilit Civile -Danni futuri -Valutazione equitativa da parte del Giudice -Legittimit. (c. c., art. 2056). .Responsabilit civile -Danni relativi a rapporti economico-contrattuali con persona colposamente uccisa da un terzo -Risarcibilit. (c. c., art. 2043). Quando si verta in ipotesi di danni che si proiettano net futuro, it .criterio detta liquidazione equitativa sempre Legittimo, giacch i danni juturi non possono, per ta toro stessa natura, essere determinati nei toro preciso ammontare (1). n decesso di uno dei soci che esercitano una comune attivit com .merciate, provocato da cotpa di un terzo, Legittima i soci superstiti a chiedere it risarcimento det danno -corrispondente ai mancato ap_ porto det defunto -nei confronti del terzo stesso (2). (Omissis). -Passando quindi al ricorso proposto dal Ministero della Difesa Aeronautica, col primo motivo si denuncia violazione del. l'art. 2043 e.e. in relazione all'art. 433 stesso codice; dell'art. 2056 in .relazione agli artt. 1223, 1226, 1227 stesso codice; degli artt. 100 e (1) Giurisprudenza costante: cfr. da ultimo Cass., 3 marzo 1965, n. 362, in Giust. civ., Mass., 1965, 169, e Cass., 16 febbraio 1965, n. 250, in questa Rassegna, 1965, 339, sub 8 ed ivi ulteriori richiami. (2) La questione, che la sentenza annotata ha ritenuto -pur senza .affrontarla ex professo -doversi risolvere affermativamente, ha formato -ogg.etto di lungo e vivace dibattito in dottrina e giurisprudenza. Infatti, secondo l'opinione tradizionale, :L'art. 2043 c. c. trova appli, cazione soltanto in caso di violazione di diritti assoluti, e quindi -come stato recentemente puntualizzato in dottrina -la legittimazione alllazione nei confronti del soggetto responsabile del danno spetta ai titolari -O.i un diritto pubblicistico indisponibile, opponibile perci anche ai terzi <(GENTILE, Danno alte persone, in Enciclopedia del dir., XI, 673). E dall'accoglimento di tale criterio di discriminazione deriva, per :-: ;} -' I I ~ I II ! t r;. Ifil ::,/..l::~;;,:;~:;'@:.~;JE,;,,,:::::,/.;.:~~-:,:;:::~m:<~W//.~;,~=:;;~::~<.y;::::'.~:::;~:::::::::,~::::~::~::~:::::::,::: 319 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 115 c.p.c.; tutti ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., e si deduce che il diritto al risarcimento del danno per la morte di un congiunto, dovuta a fatto illecito altrui, non in funzione di una mera eventualit connessa ad un semplice interesse alla vita dello stesso, ma occorre la certezza o quanto meno un rilevante grado di probabilit, che ad essa si avvicini, della insorgenza del danno. Che, nel caso particolare, i giudici di merito hanno liquidato i danni patrimoniali anche a favore della sorella del defunto, De Amici Enrica, per la considerazione che, con la morte del fratello, sarebbe venuta meno quell'aspettativa degli alimenti cui avrebbe avuto diritto, senza tuttavia tener conto che la somministrazione degli alimenti da parte del fratello non rappresentava una certezza e neppure una probabilit, ma soltanto una lontana eventualit, perch, essendo nel frattempo la donna passata a nozze, la sua aspettativa era subordinata alla vana esenzione di ben cinque categorie poziori. In ordine a tale motivo la Corte, pur senza disconoscere l'esattezza dei principi enunciati, rileva che l'aspettativa del diritto agli alimenti costituisce solo una ragione complementare e secondaria della decisione impugnata. La ragione sostanziale, per cui la Corte di Appello ha riconosciuto alla De Amici Enrica il diritto al risarcimento dei danni patrimoniali, consiste invece nel fatto, non contestato, che costei conviveva col fratello e coi genitori e tutti lavoravano e collaboravano al buon andamento dell'azienda commerciale, dalla quale tutti traevano sussistenza e profitto. Ond' che il declino che l'azienda ha subito, secondo l'accertamento insindacabile dei giudici di merito, per la improvvisa scomparsa dell'Arialdo, che di essa, in sostanza, appariva l'effettivo amministratore, danno che si ripercuote su tutti i compartecipi dell'azienda, compresa la sorella Enrica. Questa la ragione effettiva del risarcimento accordato a quest'ultima, mentre quella degli alimenti soltanto una ragione marginale. Il primo motivo, pertanto, deve essere respinto. converso, l'esclusione della risarcibilit dei diritti di credito, che non verrebbero direttamente lesi dal fatto dannoso. In questo senso si pronunci, fra le altre, la sent. 4 luglio 1953, n. 2085 (in Resp. civ. prev., 1953, 321), relativa al noto disastro di Superga. E successivamente la Suprema Corte ha ribadito in numerose sentenze tali principi (v. da ultimo sent. 17 marzo 1964, n. 614, Giur. it., Mass., 1964, 189, sub c ed ivi nota 2 di ulteriori riferimenti). Non sono mancate per altro, negli ultimi anni, pronunce in cui stata riconosciuta la tutela aquiliana dei diritti di credito: cfr. Sez. Un., 3 marzo 1964, n. 476 (in Giust. civ., 1964, I, 965) nonch Appello Napoli, 2 luglio 1965, ivi, 1965, I, 411, con ampia nota di richiami relativi alle opposte tesi.. In particolare, il diritto al risarcimento dei danni per la morte di un socio era stato escluso in linea di principio dalla Suprema Corte con sentenza 17 luglio 1940, n. 2411 (in Resp. civ. P1'ev., 1941, 176), che, per altro, 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 320 Col secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2056 e.e. in relazione agli artt. 1223, 1225, 1227 stesso codice; dell'art. 115 c.p.c., ai sensi e per gli effetti dell'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.; e si deduce che i giudici di merito hanno liquidato il danno patrimoniale a norma dell'art. 1226 e.e. in via equitativa, sull'unico sostanziale rilievo che, trattandosi di danno che si proietta nel futuro, lo stesso non era suscettibile di preciso accertamento, senza tuttavia tener conto che l'art. 1226 ha carattere eccezionale e pu essere applicato solo quando sia effettivamente impossibile accertare il preciso ammontare del danno. Non solo, ma neppure hanno tenuto conto che, in ogni caso, la liquidazione presuppone la certezza dell'esistenza del danno, che dai giudici di merito stata invece ritenuta attraverso una motivazione incongrua e senza esaminare la prova negativa fornita dal Ministero; Ma anche questo motivo ~ infondato. Per quanto riguarda la prima censura, baster richiamarsi ai principi pi volte ribaditi da questa Suprema Corte e cio che la impossibilit di fornire la prova del preciso ammontare del danno, ai fini di liquidarlo equitativamente, va intesa in senso relativo e non assoluto. E in particolare, poi, quando si avvert in ipotesi di danrti che si proiettano nel futuro, il criterio della liquidazione equitativa sempre legittimo, giacch i danni futuri non possono, per la loro stessa natura, essere determinati nel loro preciso ammontare (Cass., 11 settembre 19613, n. 2476; id, 17 settembre 1962, n. 2549). Peraltro la Corte di merito, succintamente ma esaurientemente, ha spiegato le ragioni per le quali non appariva possibile dar la prova dell'entit dei danni subiti dall'azienda e di quelli che avrebbe potuto subire negli anni futuri, per il mancato apporto dell'attivit di uno dei suoi membri. Trattasi di accertamento di fatto, sorretto da congrua motivazione, e quindi non censurabile in sede di legittimit. -(Omissis). nella specie, aveva ritenuto spettare un risarcimento, dato che il defunto era fratello del socio superstite ed esplicava un'attivit ritenuta indi spensabile. Ed analogamente stato escluso in passato che siano titolari di un di ritto al risarcimento -oltre ai soci -i datori di lavoro e gli istituti reli giosi per la morte di un confratello, trattandosi, apl:)unto, di titolari di un diritto relativo (cfr. GENTILe, Principi fond. sul risarcimento del danno nei casi di morte, in Resp. civ. prev., 1963, 3213, ed ivi richiami). La sentenza in esame si inquadra, perci, nella tendenza ad estendere la risarcibilit del danno anche a favore dei titolari di diritti relativi, in conformit di pi moderne costruzioni dottrinali (cfr. nota alla sentenza App. Napoli,27 luglio 1965, cit.): tendenza che, .per altro, se corrisponde in qualche caso ad ovvie ragioni equitative, non ha trovato sinora una adeguata giustificazione sotto il profilo teoretico. P. SACCHETTO PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 321 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 ottobre 1965, n. 2156 -Pres. Pece Est. Scanzano -P. M. Toro (diff.) -Cassa Naz. Previdenza Marinara (avv. Pizzicanella, Nardone, Pierini) e Agenzia Marittima Tuillier (avv. Carbone, Sarfatti) c. Fall. S.p.A. Navigazione Triestina (intimato) e Ministero del Tesoro (avv. Stato Soprano). Fallimento -Decreto del Tribunale emesso su reclamo avverso il provvedimento del giudice delegato che rende esecutivo il piano di riparto -Ricorso per cassazione -Ammissibilit. (Cost., art. 111; r. d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 26, 110, 117). Fallhnento -Ammissione di un credito con il relativo privilegio in sede di verificazione dello stato passivo -Preclusione di ogni successiva questione attinente alla graduazione dei privilegi Non sussiste (r. d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 95-97). Privilegi -Privilegi marittimi -Privilegi a garanzia di mutui alle imprese industriali di Trieste previsti dall'ordine G.M.A. 16 novembre 1948, n. 380 -Priorit dei privilegi marittimi. (c. c., artt. 2750 e 2782; c. nav. artt. 548 e 552). Il decreto emesso dal Tribunale fallimentare a seguito di reclamo ex art. 26 l. f. avverso il provvedimento, con il quale il giudice delegato approva il piano di riparto dell'attivo fallimentare, ha carattere decisorio e definitivo e pertanto impugnabile mediante ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. (1). Il decreto, con il quale il giudice delegato approva e rende esecutivo lo stato passivo, se non impugnato, preclude, neH'ambito del procedimento fallimentare, ogni questione relativa all'esistenza del credito ammesso ed alla sua entit, all'efficacia del titolo da cui esso deriva ed all'esistenza delle cause di prelazione riconosciute, ma non anche (1) Su tale questione, la giurisprudenza della Suprema Corte da ritenersi ormai consolidata. Nel medesimo senso, vedansi le sentenze (richiamate da quella in esame) 19 febbraio 1964, n. 368, Giust. civ., 1964, I, 1004, e 30 maggio 1963, n. 1461, id., 1963, 2058, ed ivi ulteriori richiami di giurisprudenza e di dottrina. 322 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO le questioni di graduazione dei privilegi ed in gene1e quelle concernenti la collocazione di un credito rispetto agli altri (2). Poiche i p1ivilegi marittimi, giusta la specifica, testuale distinzione dell'art. 2750 c. c., costituiscono corpo a s e sono esclusivamente regolati dalla legge propria, con la conseguente priorit assoluta di grado che loro deriva dall'art. 548 c. nav., essi prevalgono anche sul privilegio previsto a garanzia di mutui industriali dall'art. 13 dell'ordine 16 novembre 1948, n. 380 del G. M. A., trattandosi di privilegio previsto da legge speciale e che pertanto incide soltanto sull'ordine dettato dall'art. 2778 c. c., attuando una modifica, alla quale, invece, il codice della navigazione insensibile (3). (Omissis). -Va anzitutto disposta la riunione dei due ricorsi, che investono lo stesso decreto, e va esaminata la questione della loro ammissibilit ex art. 11 Cost., requisito posto in discussione dall'Amministrazione controricorrente, la quale, mentre non contesta il carattere decisorio del decreto emesso dal Tribunale fallimentare in sede di recla (2) Per qualche cenno in dottrina, al riguardo, cfr. PROVINCIALI, Man. di dir. fall., 1964, II, 1143. In giurisprudenza, sui limiti della preclusione derivante dall'ammissione allo stato passivo -reso esecutivo -di un credito con il relativo privilegio, v. Cass., 14 settembre 1963, n. 2522, Giust. civ., Mass., 1963, 1183; cfr. altres Trib. Savona, 21 dicembre 1961, con nota di PINTOR, in questa Rassegna, 1963, 52; recentemente, v. Cass., 28 ottobre 1965, n. 2286, Foro it., 1966, I, 673 (con nota di L. MAGRONE-FURLOTTI), secondo cui il provvedimento, con cui il giudice delegato, ritenuta l'inesigibilit del credito d'imposta diretta per non essere ancora avvenuta la pubblicazione dei ruoli, lo esclude dallo stato passivo, non concerne l'esistenza oggettiva del credito, ma unicamente la sua esigibilit attuale, onde, sopravvenuta la pubblicazione dei ruoli, l'esattore pu farlo valere con domanda di insinuazione tardiva. L'affermazione deHa Suprema Corte -contenuta nella sentenza annotata -che l'avvenuta definitiva ammissione di un credito con il competente privilegio non pu impedire, in sede di riparto, la graduazione di tutti i privilegi su di una piano comparativo appare conforme ad una coerente applicazione del sistema della legge. (3) Privilegi marittimi e privilegi previsti dal codice civile o da leggi speciali. Prima di esaminare i rapporti tra privilegi marittimi, invocati dalle ricorrenti, ed il privilegio previsto dall'ordine 16 novembre 1948, n. 380 del G.M.A., invocato dal Ministero del Tesoro, la Suprema Corte, nella sen PARTE I, SEZ. iII, GIURISPRUDENZA CIVILE 323 mo dal provvedimento con cui il giudice delegato approva il progetto di ripartizione dell'attivo fallimentare, ne pone in dubbio il carattere definitivo. La questione non nuova nella giurisprudenza di questa Suprema Corte che, nell'affermare la impugnabilit con ricorso per cassazione del decreto in parola (v. sent. 19 febbraio 1964, n. 368; 30 maggio 1963, n. 1461), ne ha sottolineato, con il carattere decisorio, quello definitivo (sent. 4 aprile 1962, n. 703), desumendolo dalla lettera dell'art. 23 1. fall. e dalla mancanza, nell'ordinamento, di altri mezzi di tutela dei diritti deducibili in quella sede. Non vi sono valide ragioni per discostarsi da tale indirizzo, n il controricorrente ne prospetta. Anzi, nella ipotesi (quale quella esaminata dal Tribunale di Trieste) in cui la contestazione concerne la graduazione di privilegi esercitabili sui beni il cui ricavato oggetto del riparto, concorre ad evidenziare i cennati caratteri la considerazione che la sede del riparto quella esclusiva in cui possa avere concreta rilevanza una questione di prelazione fra pi creditori concorrenti. I ricorsi sono, pertanto, ammissibili. Con il primo motivo la ricorrente Agenzia marittima Tuillier, denunziando la violazione degli artt. 97, 98, 100, 101 e 102 1. fall., in relazione all'art. 2909 c. c. e 360, n. 3, c. p. c., lamenta che il Tribunale abbia ritenuto preclusa, in conseguenza dell'approvazione dello stato passivo, ogni questione anche relativa al grado dei privilegi.. La censura fondata. La preclusione che il decreto di cui all'art. 96 1. fall. determina ha limiti oggettivi, che vanno desunti dall'oggetto del tenza in rassegna, ha osservato essere precluso l'esame della question attinente alla efficacia di tale atto normativo per l'ordinamento giuridico italiano (e ci in quanto, con l'approvazione dello stato passivo, il privilegio come tale, e con esso la efficacia dell'ordine de quo, nella specie, dovevano considerarsi definitivamente riconosciuti). La rilevata preclusione, quindi, non ha consentito alla Suprema Corte di riesaminare la delicata e controversa questione dell'efficacia, per il nostro ordinamento, dei poteri normativi del G. M. A. Al riguardo, infatti, la Corte di Cassazione -dopo essersi pronunciata in un primo tempo in senso affermativo: cfr. Sez. Un., 31 luglio 1952, n. 2451, Foro pad., 1952, I, 1292 -ha successivamente escluso che gli ordini del G. M. A. avessero efficacia rispetto all'ordinamento giuridico italiano (Sez. Un., 12 ottobre 1956, n. 3543, Foro it., 1957, 53). Peraltro, la prevalente dottrina era ed tuttora orientata nel primo senso: cfr. VOLLI, I poteri normativi del G. M. A. di Trieste, Foro pad., 1952, loc. cit., e SEVERINI, Foro it., 1957, loc. cit., in nota alle sentenze indicate, nonch, da ultimo, CAPoTORTI, Ancora suUo e status giuridico di Trieste, Foro it., 1962, IV, 113, ed ivi estesi richiami. Neppure la Corte Costituzionale, d'altra parte, ha avuto occasione di esaminare funditus il problema della sovranit italiana su Trieste, pur 324 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO procedimento di verificazione dello stato passivo e dal modo con cui esso ordinato nell'ambito del pi ampio procedimento fallimentare. La verificazione di cui all'articolo citato l'attivit con cui il giudice delegato accerta l'esistenza e la misura del diritto dei singoli creditori al concorso fallimentare e contemporaneamente acquisisce un dato fondamentale relativo all'entit del dissesto, ai fini della liquidazione delle attivit o dell'eventuale concordato. Vero che egli tenuto ad esaminare anche l'esistenza delle cause di prelazione. Trattasi per di un accertamento assoluto e non comparativo: e ci si evince dalla lettera dell'art. 95 1. fall. (secondo cui il giudice, nell'indicare i crediti che ritiene di ammettere, specifica se sono muniti di privilegio, pegno o ipoteca) e dal sistema della legge, che predispone una fase ulteriore (quella del riparto: v. art. 1111. fall.). per la graduazione dei crediti. La quale, d'altronde, non sarebbe neppure possibile in sede di varificazione, perch il relativo procedimento non esaurisce la identificazione dei soggetti legittimati al concorso: l'approvazione dello stato passivo, infatti, lascia salva la possibilit di partecipazione al concorso stesso attraverso la insinuazione tardiva. Il decreto di cui all'art. 96 1. fall., dunque, se non impugnato, preclude, nell'ambito del procedimento fallimentare, ogni questione relativa all'esistenza del credito ammesso ed alla sua entit, all'efficacia del titolo da cui esso deriva ed all'esistenza delle cause di prelazione riconosciute, ma non anche le questioni di graduazione dei privilegi ed in genere quelle concernenti la collocazione dell'un credito rispetto agli altri. avendone prospettato i termini essenziali con la sent. 23 giugno 1964, n. 53 (in questa Rassegna, 1964, 658). Incontestata, perci, nella specie, l'attribuzione al Ministero del Te soro del privilegio di cui trattasi, la Suprema Corte ha per altro ritenuto che su di esso abbiano prevalenza i privilegi marittimi. Ma le argomentazioni, a cui sono affidate tali conclusioni, lasciano assai perplessi. Com' noto, l'art. 2750 c. c. stabilisce che i privilegi sulla nave, sul nolo e sulle cose caricate e i privilegi sull'aeromobile, sul nolo e sulle cose caricate sono regolati dal codice della navigazione . Mentre il capoverso del medesimo articolo soggiunge che ai privilegi previsti da leggi speciali si applicano le norme di questo capo, se non diversamente disposto . Nella specie, i privilegi vantati dalle ricorrenti erano PI"evisti appunto dall'art. 552 c. nav. (dal quale sono ora regolati anche i privilegi delle casse marittime: cfr. GAETA, Casse marittime, in Enc. del dir., VI, 456); mentre il privilegio vantato dal Ministero del Tesoro era previsto da un ordine de1 G. M. A., da considerarsi quindi legge speciale. Da ci, la sentenza in esame ha ritenuto di poter arguire che que st'ultimo privilegio potesse modificare soltanto l'ordine dei privilegi stabi lito dalle norme comuni del codice civile, ma non potesse incidere sulla PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 325 Con il secondo motivo lo stesso ricorrente Tuillier, denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 552, n. 1 e 2, e 548 c. nav., della convenzione di Bruxelles sulle ipoteche e i privilegi marittimi e del Regolamento dell'Aja del 1899 e del 1907, in relazione all'art. 360, n. 3, c. p. c., sostiene che gli ordini del Governo Militare Alleato, istitutivi dei mutui F.R.I.E. (Fondo Rotazione Iniziative Economiche) e del relativo privilegio, sono nulli ed inesistenti, in quanto emanati da un'Autorit priva, nel caso, del potere di modificare l'ordinamento giuridico italiano. Assume, in proposito, che la Potenza occupante militarmente un determinato territorio tenuta a rispettare l'ordinamento ivi esistente, salvo il caso che tale rispetto risulti impedito in modo assoluto, il che nella specie non ricorreva. La censura va disattesa, perch la questione che essa pone preclusa : e concorrono a dimostrarlo alcune delle considerazioni svolte nell'esame del primo .mezzo. Poich i crediti del Ministero del Tesoro sono stati ammessi al passivo con il privilegio nascente dagli ordini del Governo Alleato 380 {lei 1948, 41 del 1950 e 184 del 1951, preclusa, agli effetti che qui interessano, ogni contestazione relativa alla validit e all'efficace inserimento degli ordini in parola nell'ordinamento giuridico, dal momento che il decreto pronunziato dal G. D. a norma dell'art. 96 1. fall. non stato impugnato sul punto della esistenza del privilegio. stato, infatti, innanzi osservato che tale punto costituisce -e nella specie costitu materia della cognizione propria della fase di verificazione dei crediti, mentre non contestato che il decreto del Tribunale, oggi denunziato, appartenga al procedimento fallimentare entro cui la preclusione in parola opera. posizione di priorit assoluta derivante ai privilegi marittimi dal codice della navigazione, unica foro fonte regolatrice. Ora, ' bens vero che i privilegi marittimi hanno particolari caratteristiche (v., per tutti, LEFEVBRE -PESCATORE, Man. dir. nav., n. 587 segg.: GAETA, I privilegi marittimi ed aeronavali nel sistema dei privilegi di diritto comune, in Riv. dir. nav., 1953, I, 123 segg.; ScoTTI, Privilegi marittimi ed aeronautici, in Enc. forense, V, 919; nonch Cass., 3 marzo 1965, n. 347, Giust. civ., Mass., 1965, 160) e rappresentano un corpus a s stante, ispirato a principi propri. Ma, per tal modo, le norme ed i principi che regolano il sistema dei privilegi marittimi prevarranno sulle norme di diritto comune solo nell'ambito del sistema stesso, in quanto l'ordine dei privilegi marittimi ed i rapporti tra di essi sono stabiliti fondamentalmente dal codice della navigazione (nel silenzio del quale, per altro, si applicano anche a detti privilegi le norme comuni: cfr. ANDRIOLI, Dei Privilegi, in Comm.rio al c. c. a cura di ScIALOJA e BRANCA, sub art. 2750, 99): ed in questi termini sembra doversi circoscrivere la portata dell'art. 2750, I comma, c. c. A!llorquando, invece, i privilegi marittimi concorrano con i privilegi 326 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Con il terzo motivo, comune alla Cassa nazionale per la Previdenza Marinara, l'Agenzia Tuillier, denunziando la violazione e falsa applicazione dell'art. 13, Sez. I, dell'ordine 184 G. M. A. del 7 dicembre 1952, in relazione agli artt. 548 c. nav. e 360, n. 4, c. p. c., sostiene, subordinatamente, che al privilegio vantato dal Ministero del Tesoro compete un grado posteriore rispetto a quello del privilegio che assiste il proprio credito e che fondato sull'art. 552 c. nav. Lo stesso assunto oggetto dell'unico motivo di ricorso (che va perci esaminato congiuntamente) della Cassa per la Previdenza marinara, che, parimenti, sostiene non potere l'ordine del G. M. A. derogare all'art. 548 c. nav. (secondo cui i privilegi sulla nave, indicati nel successivo art. 552, sono anteposti ad ogni altro). Le censure sono fondate. L'art. 13 dell'ordine G. M. A. 380 del 16 novembre 1948, come modificato dall'ordine 184 del 7 dicembre 1951, stabilisce che i mutui concessi in esecuzione delle sue disposizioni sono assistiti da privilegio su tutti i beni del mutuatario, con preferenza rispetto a qualsiasi altro credito, ad eccezione: a) dei crediti per spese di gfostizia di cui agli artt. 2755 e 2770 c. c.; b) dei crediti per le retribuzioni ed indennit di cui all'art. 2751, n. 4, c. c.; e) di quelli garantiti da qualsiasi iscrizione anteriore alla data di concessione del mutuo. Per risolvere il problema nel senso del decreto denunziato non sufficiente il tenore letterale della norma, cio l'affermazione generale di priorit che essa fa a favore del privilegio da essa previsto, poich la stessa affermazione, ed in termini pi assoluti e perentori, contenuta nel codice della navigazione a favore dei privilegi sulla nave, quali sono quelli vantati dai due ricorrenti. previsti sia da norme comuni che da altre leggi speciali -ed il rapporto tra i due tipi di privilegi non sia espressamente preso in considerazione dal Legislatore -la prevalenza dei primi o dei secondi non potr essere determinata che in base ai principi generali che regolano l'interpretazione delle norme ed i rapporti tra pi fonti giuridiche. Infatti, H rapporto tra pi leggi si verifica sul piano dell'ordinamento normativo generale e le singole leggi si pongono -su tale piano -in posizioni parallele e formalmente equivalenti: il coordinamento e le definizioni dei rapporti tra di esse non potr derivare dai principi propri a ciascuna di esse (che operano all'interno del rispettivo sistema e non possono imporsi di per s all'infuori di esso), ma soltanto da principi che s'impongano a tutt'e due con la medesima efficacia. Se cos , non sembra giustificato che i privilegi previsti dal codice navale prevalgano indiscriminatamente, sol perch si tratta di un corpo speciale di norme di particolare importanza e ampiezza, su qualsiasi diverso privilegio previsto da ogni altra norma generale o speciale, anteriore o posteriore. Il rapporto di prevalenza dovrebbe, anche in questo caso, risolversi 327 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Dispone, infatti, l'art. 548 c. nav.: I privilegi stabiliti nel presente capo sono preferiti a ogni altro' privilegio generale o speciale . Concorrendo, quindi, sul ricavato delle navi, oggetto del riparto, crediti assistiti da privilegio speciale marittimo e crediti assistiti dal privilegio istituito dall'ordine G. M. A. (che per essere generale pu esercitarsi, come su ogni altro bene del debitore fallito, cosi sulle navi), l'argomento letterale si rivela, in s, del tutto insufficiente alla soluzione della questione della graduazione. dei privilegi sopra menzionati. E non basta a conferirgli carattere risolutivo il fatto che l'ordine G. M. A. sia posteriore al codice della navigazione. Posto in questi termini, il problema va risolto con i criteri relativi alla abrogazione delle leggi: ed escluso che ricorra una ipotesi di abrogazione espressa, o che l'ordine in parola regoli la intera materia dei privilegi, compresi quelli marittimi (assunto che neppure il controricorrente sostiente), l'accoglimento della tesi di quest'ultimo postula la dimostrazione della incompatibilit fra le due norme in esame (art. 15 disp. sulla legge in generale). Senonch, agevole, come si vedr, la dimostrazione del contrario. A sorreggere la tesi accolta dal denunziato decreto non vale, infine, porre l'accento sull'interesse pubblico del progresso dell'economia triestina perseguito dal Legislatore Alleato con l'istituzione dei mutui F.R.I.E. e del relativo privilegio. Benvero, anche a rion voler considerare che lo stesso interesse immanente nella tutela dei crediti assistiti da privilegio marittimo, essendo le attivit da cui essi derivano tra gli aspetti fondamentali di quella economia, l'argomentazione non giova nel caso concreto alla tesi del controricorrente. Essa, infatti, non d ragione del perch il Legislatore Alleato abbia anteposto al privilegio da mutui F.R.I.E. (con sacrificio, secondo i principi interpretativi generali: ed alla stre.gua di questi, la soluzione cui pervenuta la Suprema Corte non sembra soddisfacente. Infatti, ove si abbia riguardo alla formulazione delle norme di cui trattasi, se vero che -ai sensi dell'art. 548 c. nav. -i privilegi marittimi sono preferiti ad ogni altro privilegio generale o speciale, altrettanto vero che espressione del tutto analoga contenuta nell'ail't. 13 dell'ordine 16 novembre 1948 del G. M. A. n le tre eccezioni ivi tassativamente previste a tale prevalenza (e corrispondenti ad ipotesi tenute sempre dal Legislatore in particolarissima considerazione) tolgono alcunch, proprio per la loro tassativit, alla portata generale ed assoluta della sancita priorit dei privilegi per i mutui alle imprese industriali di Trieste e non consentono di affermare -come ha fatto la Suprema Corte -che l'affermazione generale di poziorit a favore dei privilegi marittimi in termini pi assoluti e perentori . Del resto, in passato -e specialmente per le leggi tributarie -il Legislatore qualificava frequentemente alcuni crediti come preferiti ad ogni altro credito (cfr. Ruis1, Codice delle cause di prelazione, 1960, 52): e si RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 328 quindi, dell'interesse ad essi connesso) quello relativo ai crediti di cui all'art. 2751, n. 4, c. c. e non abbia contemplato quello di cui all'art. 552 c. nav., che pu avere un contenuto men ampio e che, pure, assiste crediti di identica natura. Questa osservazione gi autorizza a ritenere che il legislatore triestino, pure avendo tenuto presente, ovviamente, la esistenza del codice della navigazione e la eventualit che il privilegio generale da esso istituito vada ad esercitarsi su una nave (dal che, la prevista formalit della iscrizione nel registro navale), non ha inteso interferire nella disciplina che tale codice detta in tema di privilegio. Sulla quale disciplina necessario un accenno di carattere generale ai fini della corretta impostazione e soluzione del problema. I privilegi marittimi, limitati, come sono, a crediti che generalmente traggono origine da attivit essenziali alla vita e all'esercizio della nave, assolvono ad esigenze cui tradizionalmente stata data la pi ampia tutela. Ed canone accolto dalla miglior dottrina e da questa Suprema Corte con recente pronunzia (sent. n. 347 del 3 marzo 1965) che essi conferiscono al creditore un diritto che ha i caratteri della realit, evidenziati dal diritto di seguito riconosciuto dall'art. 557 c. nav. Deriva dalla considerazione di tali particolari aspetti la norma dell'art. 2750 c. c., che offre l'argomento decisivo per la soluzione del problema. Dopo avere premesso le disposizioni generali relative ai privilegi, il codice civile, con la norma in parola, contempla separatamente i privilegi marittimi (e con essi quelli aeronautici) e i privilegi previsti da leggi speciali e, mentre assoggetta questi ultimi (in mancanza di espresse disposizioni in contrario) alle norme comuni, dispone che i primi sono regolati dal codice della navigazione. L'ordinamento prevede, cos, una disciplina di carattere generale, applicabile per norma anche ai tratta di qualificazione cos univoca, da non lasciare adito a dubbi sull'effet tivo intento di priorit assoluta che si voleva raggiungere in tutti i casi in cui veniva usata. Esclusa, pertanto, la possibilit di stabilire la prevalenza dell'uno o dell'altro privilegio in base al confronto della formulazione letterale delle rispettive norme, occorre ricercare ulteriori elementi interpretativi nella ratio a cui tali norme sono p;reordinate e nella posizione che, in conseguen za, esse reciprocamente assumono: e, sotto questo profilo, appare determi nante il rilievo che sia la norma del codice della navigazione come quella dell'atto normativo del G. M. A. hanno natura di leggi speciali e pertanto occorre determinare la natura degli interessi da esse irispettivamente tute lati e l'ambito delle corrispondenti sfere di operativit. Ora, bens vero che i privilegi marittimi fanno parte di un diritto speciale, rispetto alle norme comuni, ma sono tuttavia diretti a tutelare interessi di portata pi generale e di natura pi comune rispetto all'in teresse perseguito dalla norma del G. M. A.: interesse rappresentato dalla 329 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE privilegi previsti da leggi speciali, ed una particolare, applicabile ai privilegi marittimi, sancendo, cos, di questi ultimi, il carattere di materia speciale, assicurandone la autonomia e riconoscendone la fonte esclusiva di regolamento al codice della navigazione (ed ovviamente ad altra successiva legge che disciplini la medesima materia). Tutto ci, in omaggio alla natura di diritto speciale, che generalmente riconosciuta al diritto della navigazione, e della quale espressione l'art. 1 c. nav., secondo cui nel corpo di tale diritto che vanno anzitutto ricercate le norme da applicare in via analogica. Ora, l'ordine G. M. A., legge speciale che certamente non regola la materia marittima, perch ha come oggetto la concessione di mutui all'industria in genere, d luogo ad una ipotesi di privilegio da legge speciale ai sensi dell'art. 2750, 2 comma, c. c. Poich, per, come gi detto e giusta la specifica testuale distinzione dell'art. 2750 c. c., i privilegi marittimi rimangono come corpo a s, esclusivamente regolati dalla legge propria, con la conseguente priorit assoluta di grado, che ad essi deriva dall'art. 548 c. nav., la efficacia di detto art. 548 non influenzata dall'art. 13 dell'ordine G. M. A. 380/1948 e successive modifiche (che adotta termini analoghi per conferire priorit di grado al privilegio F.R.I.E.), trattandosi di norme che operano i campi diversi. Infatti, la seconda (art. 13 cit. ordine G. M. A) riflette un privilegio che si inquadra in quelli contemplati dal codice civile ed incide, quindi, esclusivamente sull'ordine dettato da quenecessit di favorire -in una situazione politica ed economica del tutto eccezionale ed in un determinato ambito territoriale -la ripresa dell'in dustria triestina. Sembra, pertanto, che la norma del G. M. A. -avendo oggetto e finalit cosi circoscritti -si ponga in un rapporto di specialit rispetto a tutto l'ordinamento normativo preesistente (del quale anche il codice della navigazione fa parte) e comporti correlativamente una pi intensa tutela rispetto ad ogni altra norma avente finalit pi ampie. Da ci, la conseguenza che anche la priorit accordata, nel nostro ordinamento, ai privilegi marittimi incontra un limite di fronte alla norma esaminata del G. M. A. Che, se, per altro, non volesse condividersi l'opinione secondo cui per tal modo -il privilegio previsto da tali norme prevale anche sui pri vigeli marittimi, dovrebbe derivarne, se mai, non gi la prevalenza dei pri vilegi marittimi, ma -nel presupposto che nell'uno e nell'altro caso si tratta di crediti tutelati da norme speciali con pari intensit -il ricono scimento che essi concorrono tra di loro in proporzione del relativo importo, in base al criterio generalmente sancito dall'art. 2782, capoverso, c. c., per il concorso, appunto, tra pi crediti privilegiati ai quali le leggi speciali attribuiscono genericamente una prelazione su ogni altro credito . P. S!ACCHETTO 330 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sto nell'art. 2778, attuando una modifica, cui il codice della navigazione insensibile, cos come lo sarebbe rispetto a qualunque nuova norma del codice civile, che venisse a modificare l'ordine dei privilegi da quest'ultimo contemplati. Rimane, perci, salva la priorit che la seconda delle norme in esame, cio l'art. 548 c. nav., attribuisce ai privilegi marittimi, non avendo l'ordine G. M. A. innovato (il che avrebbe dovuto essere fatto in maniera ben specifica) al rapporto. tra privilegi marittimi e privilegi da leggi speciali, fissato dal menzionato art. 2750 c. c., Va accolto, dunque, il ricorso della Cassa nazionale per la previdenza marinara e, per quanto di ragione, quello dell'Agenzia marittima Tuillier, correlativamente cassandosi il denunziato decreto, con rinvio allo stesso Tribunale fallimentare di Trieste. Questo si uniformer al principio della prevalenza dei privilegi di cui all'art. 552 c. nav. rispetto a quello di cui all'art. 13 dell'ordine G. M. A. n. 380/1948 e successive modifiche. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 gennaio 1966, n. 149 Pres. Favara -Est. Spagnoletti -P. M. Trotta (conf.) -D'Aloja (avv. La Pera, Sorrentino) c. Opera per la valorizzazione della Sila (avv. I Stato Agr). i I w Riforma fondiaria -Espropriazione di terreni boschivi con piante cedue -Piante gi mature per il taglio al momento dell'espropriazione -Indennit aggiuntiva -Compravendita del ceduo e successiva espropriazione del suolo -Efficacia traslativa reale della com I I ID pravendita -Piante non ancora giunte a maturazione -Esclusione Acquisto delle medesime da parte dell'espropriante -Sussiste Conoscenza della vendita da parte dell'Ente espropriante -Inopponibilit della medesima in mancanza di adesione dell'Ente. (c. c. 1865, artt. 410, 411, 444; c. c., artt. 820, 821; 1. 12 maggio 1950, n. 230, artt. 2 e segg.). Secondo il codice civile abrogato la pianta cedua era un bene immobilim e natumlmente incorporato al suolo, ma la immobilizzazione della quale poteva cessme con l'atterramento fatto dal proprietario del suolo o con la vendita del ceduo fatta in previsione del taglio. Tuttavia tale anticipata t1asformazione negoziale operava esclusivamente inter partes e nei confronti dei lo10 aventi causa, rimanendo, invece, per i terzi, le piante cedue immobili pe1 incorporazione. Di conseguenza, ove in forza della legge Sila 12 maggio 1950, n. 230 l'ente abbia proceduto PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 331 all'espropriazione di un terreno boschivo con piante cedue, il provvedimento espropriativo non pu che colpire l'intero terreno, nello stato in cui trovasi, con esclusione, per, degli alberi gi maturi per ii taglio al momento della espropriazione, per i quali dovuto al proprietario o ai suoi aventi causa, che ne siano stati indebitamente privati, un compenso ulteriore, in aggiunta all'indennit dovuta per il fondo. Dalla premessa che nessun effetto traslativo reale si produce, in caso di compravendita, per le piante non ancora giunte a maturazione, scaturisce la conseguenza che, se altri (e a maggior ragione l'Ente Riforma a causa del pubblico interesse) abbia, intanto, acquistato la propriet del fondo (nella fattispecie in virt dell'esproprio), al quale siano ancora aderenti i frutti (alberi, ecc.), questi ne diventa proprietario, come di cose, le quali, pi che una accessione del fondo (non avendo mai avuto una precedente individualit distinta dalla cosa principale), sono una pars iundi, una cosa stessa con il fondo. N, .ad impedire tale conseguenza, basta il fatto che l'acquirente del fondo (Ente Riforma) abbia avuto conoscenza della vendita gi fatta ad altri dei frutti pendenti, essendo altresi necessario che vi abbia aderito (1). (Omissis). -Il thema decidendum concerne la opponibilit o meno all'Ente espropriante (Opera per la valorizzazione della Sila) di un contratto di vendita di piante boschive da taglio, stipulato sotto l'impero del codice civile abrogato (artt. 410 e 411) e con scadenza 11 luglio 1959, oltre un periodo di proroga di tre anni. La questione controversa permeata da due aspetti: pubblicistico e privatistico, il primo dei quali, implicante esigenze di prevalente interesse pubblico, giustamente ,stato messo in evidenza daUa impugnata sentenza e dalla Avvocatura dello Stato. (1) Sulla prima parte della massima v., in senso conforme, Cass. 12 luglio 1943, n. 1785, Foro it., Rep., 1943-1945, voce Vendita, col. 1662, nn. 90-:92, la quale avverte che tale anticipata trasformazione negoziale opera inter partes restando le piante cedue, per il terzo, immobili per incorporazione . Sulla seconda parte della massima v., in senso conforme, Cass., Sez. Un., 5 aprile 1963, n. 883, Giust. civ., Mass., 1963, 412; Cass., 14 luglio 1962, n. 1880, ivi, 1962; 929. Sull'ultima parte della massima v., infine, in senso conforme, Cass., 30 luglio 1937, n. 2_931, Foro it., Mass., 1937, c. 635-636. Sulla distinzione tra fru:tti pendenti e frutti separati, giusta gli artt. 820 e 821 c. c. vigente, v. Cass., 11 luglio 1964, n. 1852, in questa Rassegna, 1964, I, 1088. (nella motivazione: 1091); v. anche, sul concetto di frutti naturali e sull'acquisto dei medesimi al momento della separazione, e in quanto prima di tale momento essi ancora non esistono nella loro individualit giuridica ., Cass., 14 febbraio 1966, n. 439, in questa Rassegna, 1966, '.t, 121 (nella motivazione). 382 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La Corte di appello di Catanzaro, dopo aver sottolineato che, in virt dell'art. 9 della legge per la Sila del 12 maggio 1950, n. 230, i diritti dei terzi (senza limitazioni) sono trasferiti, ad ogni effetto, sulla indennit di espropriazione, ha osservato che, anche ammesso che il contratto di compravendita delle piante, stipulato nel 1938, avesse avuto effetto reale, come sostenuto dai D'Aloja, le conseguenze sarebbero state le stesse, in quanto che tale effetto reale deve intendersi limitato alle piante giunte a maturazione al momento del decreto di esproprio. Con l'unico mezzo dedotto a sostegno della impugnazione i ricorrenti sostengono che le piante cedue vendute nel 1938 non potevano fare parte dell'immobile espropriato perch gi mobilizzate e censurano l'impugnata sentenza con un duplice ordine di argomentazioni: a) per falsa applicazione degli artt. 410 e 411 codice civile abrogato, nonch dell'art. 9 della legge n. 230 del 1950 (art. 360, n. 2, c.p.c.), per avere la sentenza stessa erroneamente ritenuto che il diritto di propriet acquistato sulla piantagione non ancora tagliata si sarebbe, in ogni caso, convertito per il predetto art. 9 in un diritto alla indennit per l'espropriazione del suolo; b) perch erroneamente la sentenza avrebbe negato che essi ricorrenti avessero acquistato la propriet degli alberi non ancora tagliati al momento della vendita, configurando tale vendita come una emptio rei speratae con effetti obbligatori ed equiparando i detti alberi a frutti pendenti non ancora maturati. Osserva il S. C. che le censure svolte a sostegno del ricorso sono prive di giuridico fondamento. Come questo S. C. ebbe a rilevare con la sentenza n. 178'5 del 17 luglio, 1943, seguita da altre, secondo il codice civile abrogato la pianta cedua era un bene immobiliare naturalmente incorporato al suolo, ma la cui immobilizzazione poteva cessare con l'atterramento fatto del proprietario del suolo, o con la vendita del ceduo in previ sione del taglio. Tuttavia, tale anticipata trasformazione negoziale ope rava esclusivamente inter partes e nei confronti dei loro aventi causa, rimanendo, invece, per i terzi le piante cedue immobili per incorpora zione. Di conseguenza, ove in forza della legge Sila 12 maggio 1950, n. 230 l'Ente abbia proceduto all'espropriazione di un terreno boschivo con piante cedue, il provvedimento espropriativo non pu che colpire l'intero terreno, nello stato in cui trovasi, con esclusione per degli alberi gi maturi per il taglio al momento della espropriazione, per i quali dovuto perci al proprietario o ai suoi aventi causa, che ne sono stati indebitamente privati, un compenso ulteriore in aggiunta alla indennit dovuta per il fondo (su questo secondo punto cfr. Sez .. Un., 5 aprile 1963, n. 883; Cass., 14 luglio 1962, n. 1880, ecc.). Orbene, nella fattispecie in esame, la Corte di merito, lungi dal PARTE Ii SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 333 contraddir ai predetti principi, ha esattament affermato che l'effetto reale, e non. meramente obbligatorio, del ontratto .di compravendita delle piante stipulato nel 1938 andava circoscritto agli alberi che erano gi maturi per il taglio al momento del decreto di esproprio, mentre per tutte le altre piante in corso di maturazione non restava che la rivalsa sulla indennit di espropriazione. .. :L.tmitati. co~.i te:rminl. dellai ontr:oversia, restii va . da ..accertare se i D'Aloja-Pirro avessero utilizzato o .no.n le piante mature, SU tale punto la Corte non ha esitato ad affermare che i D'AlojaPiri'o sicuramente bbro ad abbattere>ed asportare dal fondo gli alberi gi m11turi .per iltaglio al momento dell'esproprio, con accertamento di fatto che non stato oggetto di impugnazione. . . D'altra parte, la distinzione delle piante giunte. gi a maturazione dalle altre, con la conseguente diversit di effetti giuridici del contratto di. compravelldita, . tr~va piena . giustificazione nell'interesse pubblicopofo l:fas della legge di espropriO. . . . 1Jalfa premessa che . nessun effetto trasfativ> reale si produce per le pfaht non ancora giunt a: maturazione, scaturisce la conseguenza che, se altri (e a maggior ragione l'Ente Rifdrma a causa del pubblico interesse) abbia intanto acquistato la propriet del fondo (nella fattispecie in virt dell'sproprio); al quale siano ancora aderenti frutti (alberi, ecc.), questi ne diventa proprietariO, come di cose, le quali, pi che un'accessione del. fondo . (non. avendo. ma:i avuto una precedente indi'Vidualit distinta dalla cosa principale); sono una pars fundi, una cosa stessa: con.nfondo. . N ad unpedire tale conseguenza -e qui si risponde ad un rilevo fatfo dai riCorrenti -basta il fatto che l'acquirehte del fondo (Ente Rifrma) abbia avuto conoscenza dell~ vendita, gi fatta ad altri, dei frutti pendenti, essendo altresl necessario che vi abbia aderito (Cass., 30 luglio 1937, n. 2931), il che nella specie non si verificato, come stato accertato e come, del resto, pacifico fra le parti. Contrar.iamente a quanto assume. il patrono dei ricorrenti, non dato riscontrare contraddizione : . . .. tra l'iter ..logico-giuridico.. . sovra . accen .... .. . . . .. .. . . nato e l'insegnamento della sentenza delle Sez. Un., 5 aprile 1963, n. 883, secondo il quale i irutti del bene espropriato seguono in ogni caso la cosa-madre,. ma dovuto . un compenso per quelli che al momento del decreto di esproprio si.ano. giunti a maturazione. 11 principio vale anche nei confronti dell'acquirente del bosco, a meno che, come si visto, il successore a titolo particolare (nella specie l'ente di riforma) del proprietario del suolo sia a conoscenza della pre corsa vendita delle piante da taglio e abbia dato la sua adesione. Alla stregua delle suesposte considerazioni, il ricorso deve essere rigettato con ogni pronunzia conseguenziale. -(Omissis). 334 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 gennaio 1966, n. 182 -Pres. Favara -Est. Montanari Visco -P. M. Cutrupia (conf.) -Tomaselli (avv. Vecchione, Giudiceandrea) c. Societ Unione Fiammiferi (avv. Guerra G. e P.). Cosa giudicata -Giudicato sulla competenza -Cosa giudicata formale Giudicato su questioni di merito -Cosa giudicata sostanziale. (c. p. c., artt. 44, 324; c. c., art. 2909). Concessioni amministrative -Personalit ed intrasmissibilit -Portata -Cessione di azienda di fabbricazione di fiammiferi -Consenso della P. A. -Mancanza -Effetti. (d. lg.vo 11 marzo 1923, n. 560, artt. 1 e segg.; d. 1. 5 aprile 1925, n. 396, artt. 1 .' e segg.; d. 1. 18 gennaio 1932, n. 14, All.: art. 4). Arbitrato -Sentenza arbitrale -Controllo della sussistenza della motivazione -Appartiene al giudice di merito competente a pronunciarsi sull'azione di nullit del lodo e non alla Corte di Cassazione. (c. p. c., artt. 823, 827, 828, 829, n. 5). Salvo quanto stabilito per le decisioni della Corte di Cassazione in sede di regolamento, le sentenze che statuiscono sulla competenza non sono mai suscettibili di passare in cosa giudicata nel senso sostanziale. Invero la decisione sulla questione di competenza emessa dal giudice di merito con sentenza non pi impugnabile dd luogo soltanto al giudicato formale e ci a differenza delle sentenze su questioni di merito, le quali spiegano i loro effetti fuori del processo e sono vincolanti per tutti i futuri giudizi, essendo appunto la cosa giudicata sostanziale diretta ad impedire che, riproponendosi la lite, possa essere nuovamente valutato e modificato il rapporto sostanziale definito (1). (1) Cfr. Cass., 2 febbraio 1962, n. 202, Giust. civ., Mass. Cass., 1962, 94, sub 1, con richiami. Per vero, decisione di merito la decisione sulla pretesa fatta valere e cio sulle condizioni della singola concreta azione proposta, mentre non di merito la decisione sui presupposti processuali, ivi compresa la competenza: ZANZUCCHI, Dir. proc. civ., vol. I, Milano, 1948, 45. Sul contrapposto fra preclusione, che si ha normalmente quando il giudice e giudica del .processo e autorit della cosa giudicata (sostanziale), ehe si ha quando egli e giudica della causa, cio della materia del contendere, v. ZANZUCCHI, op., vol. citt., 68; LIEBMAN, Corso di diritto processuale .civile, I, Milano, 1952, 238. Peraltro, sul concetto di efficacia panprocessuale del giudicato. relativo alla competenza e regolata dalla Cassazione, v. RE1JENTI, Il giudicato sul punto di diritto, Scritti giuridici in onore di F. Carnelutti, vol. II, Padova, 1950, 695 e segg. A proposito del giudicato sulla giurisdizione, v. Cass., Sez. Un., 20 gennaio 1964, n. 128, in questa Rassegna, PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 335 La legge non vieta in modo assoluto ii trasferimento di aziende, l'esercizio delle quali sia soggetto a concessione amministrativa, ma intende soltanto impedire che della concessione usufruisca chi non ne sia titolare, mediante convenzioni le quali violino le regole deLla personalit e dell'intrasmissibilit delle concessioni amministrative. Epper, in mancanza dell'autorizzazione ministeriale, le cessioni delle fabbriche o deZZe assegnazioni di fiammiferi non sono efficaci nei confronti deUa P.A., mentre esplicano piena validit nei rapporti tra le parti private contraenti, avendo per oggetto diritti per loro natura disponibili (2). n valutare se la sentenza arbitrale difetti o meno di motivazione rientra nei poteri insindacabili del giudice di merito, mentre il controllo di legittimit. della Corte di Cassazione pu esercitarsi non gi, direttamente, sulla motivazione del lodo, ma su quella della sentenza del giudice ordinario, che abbia pronunciato sull'azione di nullit del medesimo (3). (Omiss.is) .__ Con il primo motivo di ricorso il Tomaselli afferma che la Corte d'Appello ha errato nel ritenere che si era formato il giudicato sulla validit della clausola compromissoria contenuta nel contratto del 24 aprile 1934. La censura risulta sotto questo aspetto esatta, giacch, avendo il Tribunale di Roma dichiarato la propria incompetenza ed avendo esso esaminata la questione della validit della clausola compromissoria solamente incidentalmente, la sentenza negativa di competenza emessa non poteva fare stato nel giudizio arbitrale, bench passata in cosa giudicata formale. Le sentenze, infatti, che statuiscono sulla competenza, salvo quanto stabilito per le decisioni della Corte Suprema di Cassazione in sede di regolamento, non sono mai suscettibili di passare in cosa giudicata nel senso sostanziale (cfr. sent. n. 202 del 1962 di questa Suprema Corte). Invero, la decisione sulla 1964, I, 698, sub 1, ed ivi nota di riferimenti di dottrina e giurisprudenza; 25 luglio 1964, n. 2059, ibidem, 1039, sub 1, ed ivi nota di ulteriori riferimenti di giurisprudenza. (2) Cfr. Cass., 17 settembre 1963, n. 2536, Giust. civ., Mass. Cass., 1963, 1190, sub 1, con riferimenti di giurisprudenza e dottrina; ma v. nota (sub 1) a Oass., 29 gennaio 1964, n. 233, in questa Rassegna, 1964, I, 328. Sul concetto di monopolio indiretto, com' quello dei fiammiferi, esercitato, io, a mezzo di ;concessionari (accanto al monopolio indiretto v' un'imposta di fabbricazione, applicata alle fabbriche concessionarie e, quindi, trasferita sul consumatore), v. ALEssI, voce Fiammiferi (Imposta sui), Novissimo Digesto Italiano, vol. VII, Torino, 1961, 267. (3) Cfr. Cass., 5 dicembre 1960, n. 3181, Giust. civ., Mass. Cass., 1960, 1240, sub 2, con riferimenti; 24 aprile 1962, n. 819, ivi, 1962, 408, sub 1, con riferimenti; 28 febbraio 1964, n. 446, Foro pad., 1964, I, 1379; 15 luglio 1964, n. 1908, Foro it., Mass., 1964, 494. 7 336 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO questione di competenza, emessa dal giudice di merito con sentenza non pi impugnabile, d luogo soltanto al giudicato formale, ci a differenza delle sentenze su questioni di merito, le quali spiegano i loro effetti fuori del processo e sono vincolanti per tutti i futuri giudizi, essendo appunto la cosa giudicata sostanziale diretta ad impedire che, riproponendosi la lite, possa essere nuovamente valutato e modificato il rapporto sostanziale definito. Riconosciuta per la mancanza dell'autorit di cosa giudicata sostanziale nei riguardi della sentenza di incompetenza emessa dal Tribunale di Roma, devesi ora, da parte di questa Corte, esaminare la questione della nullit o meno della clausola compromissoria ai fini della risoluzione della questione della competenza arbitrale, questione per la quale questa Suprema Corte anche, si intende, giudice di fatto. Al riguardo si deve, anzitutto, osservare che pertinente ed esatta l'osservazione, riportata nella sentenza impugnata, secondo cui, non figurando pi all'epoca della conclusione del contratto del 30 aprile 1934 il Tomaselli fra i fabbricanti di fiammiferi consorziati, nei suoi riguardi nessun valore poteva avere il divieto di cessione previsto dall'art. 4 delle norme allegate al r.d.d. 18 gennaio 1932, n. 14, disposizione che faceva esplicitamente riferimento alle sole. fabbriche consorziate. A ci si deve aggiungere un rilievo ancora pi generale e cio che la disposizione citata di cui all'art. 4 non richiedeva che una forma di autorizzazione preventiva per i trasferimenti delle fabbriche di fiammiferi e per le I cessioni delle assegnazioni, ma non stabiliva affatto una sanzione di nullit assoluta per i trasferimenti e le cessioni eseguite senza il preI ventivo nulla-osta ministeriale. N si ravvisa una qualsiasi ragione o finalit di interesse pubblico che imponga, per la natura delle fabbriche in questione e per il genere dei relativi prodotti, all'interprete di dedurre una tale nullit, in cor IIrispondenza di un divieto da qualificarsi di ordine pubblico. Al contrario, fra le parti, i diritti in esame debbono considerarsi pienamente disponibili e trasmissibili, in conformit di quanto stato ritenuto dalla giurisprudenza di questo Supremo Collegio per altri tipi di aziende e in tema di concessioni amministrative. Il fatto che la validit della cessione sia subordinata al consenso dell'amministrazione -ha ritenuto gi questa Suprema Corte con sentenza del 17 settembre 1963, n. 2536 dimostra che la legge non vieta in modo assoluto il trasferimento di aziende, il cui esercizio sia soggetto a concessione, ma intende soltanto impedire che della concessione usufruisca chi non ne sia titolare, mediante convenzioni le quali violino le regole della personalit e della intrasmissibilit delle concessioni amministrative. In mancanza, quindi, dell'autorizzazione ministeriale, le cessioni delle fabbriche o delle assegnazioni di fiammiferi, ai sensi dell'art. 4 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 337 delle norme annesse al r.d.l. 18 gennaio 1932, n. 14, non sono efficaci nei confronti della P .A., mentre esplicano piena validit nei rapporti tra le parti private contraenti, avendo per oggetto diritti per loro natura disponibili. Da quanto esposto consegue l'impossibilt di dichiarare nulla la clausola compromissoria in esame e consegue, quindi, altres, che il Collegio arbitrale era competente a decidere la controversia promossa dal Tomaselli contro l'Unione Fiammiferi. Il primo mezzo di ricorso deve essere perci respinto. Il secondo motivo di ricorso lamenta l'illegale nomina di due dei tre arbitri del Collegio. Quanto all'arbitro che ha esercitato le funzioni di presidente, va rilevato che la clausola compromissoria prevedeva che tale arbitro dovesse essere la persona del direttore generale del Consorzio Industrie Fiammiferi di Milano, in carica al momento della costituzione del Collegio arbitrale. Il ricorrente assume che tale arbitro avrebbe dovuto essere nominato dal Presidente del Tribunale a causa dell'inesistenza di un Consorzio Industrie Fiammiferi in Milano. In realt dalla documentazione in atti risulta che unico stato sempre il Consorzio Industrie Fiammiferi. La sede legale del predetto Consorzio era in Roma, ma si deve precisare che con deliberazione consiliare in data 11 aprile 1932 era stato disposto il trasferimento da Roma a Milano della Direzione Generale del Consorzio medesimo (la stessa Direzione fu poi nuovamente trasferita a Roma con delibera 21 gennaio 1941). Pertanto le parti contraenti, nello stipulare la clausola compromissoria, non poterono riferirsi che al direttore generale di quell'unico Consorzio per la produzione e la vendita dei ammiferi, Consorzio che, per avere in quel tempo la direzione generale nella citt di Milano, fu indicato, mediante un'espressione sia pure impropria ma univoca, con un riferimento alla sede degli uffici della direzione generale, anzich alla sede in senso proprio. Quanto al dubbio, pure prospettato, che potessero essere esistiti due Consorzi anzich uno, va osservato che, bench il Consorzio fra le fabbriche di fiammiferi fosse stato gi costituito con la disposizione di cui all'art. 3 del r.d. 11 marzo 1923, n. 560, si dovette tuttavia addivenire, in data 26 marzo 1963, a un rogito notarile (rogito Venuti) e ci perch, come si desume dai documenti esibiti, i consorziati ebbero necessit di approvare uno Statuto, allo scopo di disciplinare il funzionamento del Consorzio, la sua rappresentanza legale, gli organi sociali e dell'amministrazione, il rendiconto annuale della gestione ecc. Ma il nuovo atto non import certamente una duplicazione di enti. Quanto, poi, all'altra censura, secondo la quale la motivazione della sentenza impugnata sarebbe deficiente per quanto riguarda la pronuncia su un ricorso per ricusazione del predetto terzo arbitro, presentato a suo tempo dal Tomaselli al Presidente del Tribunale di Roma, deve "' ~......:W-f.tff..w--ffl";~::w.r.:.w.:::-::.:::.:..::.:::.:::.-:--=-:.:.:::::.:::.:.-::.--:..-:.-:::-=-:.-::--::::::=r~ ;.J.;:==--::--.-::: ..y;;. ...... .-@.:::.. ... ..z.=:{.;{ =.(;$:=::::::::=-;::::-: ..~:;:-..:-:...::_...... /x. :-: ::.. =::-:.. :::. x..=:;-:1x: ..::.... -:::.~:::::-.-;-;z.x.:..:--..-... :-:.-.::::;::.-:=::: .-.-.-.. ... = ... ..- .-.-. .. x.. . .x,~.f.",_.. ..%.w.X...W :.@..::..,f.)i;,.;.,;;:.,.f;;)'@,.,_0;:.. ,;,.. , ..x<-N~,::..l'=k. ,;..%.,:... ..:-... %, .:.;;~,...;;:.*-,;__..X:..,,:.:.,;;;:.. fil:...''X.. ,:: .... _.:.<..:.%.,... x._,_,;:::...,<."" ~-,-----'i 338 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO osservarsi che non pu il ricorrente fondatamente addebitare alla sentenza alcun vizio di omessa pronuncia, giacch la relativa questione non fu proposta alla Corte d'Appello: infatti, nei motivi di nullit terzo e quarto dedotti davanti al giudice dell'impugnazione e attinenti alla nomina degli arbitri nonch ai pretesi vizi della composizione del collegio arbitrale, nessun accenno venne effettuato a motivo di ricusazione alcuno. Infondata appare altresl la censura riguardante la nomina dell'arbitro la cui designazione era affidata all'Unione Fiammiferi. Il ricorrente lamenta che non sia stato rispettato il termine contrattuale di 15 giorni. Tuttavia la Corte d'Appello ha ritenuto pienamente efficace la nomina sia pure tardivamente (ma entro il ventesimo giorno) intervenuta, per il motivo -che questa Corte ritiene di condividere, esaminato il contratto e avuto riguardo all'intenzione delle parti -che alla fissazione di tale termine i contraenti non vollero attribuire alcun carattere di perentoriet e di indifferibilit. E con logico argomento la Corte d'Appello ha dato rilievo, in proposito, alla circostanza, che, men I ~ tre per un diverso patto del medesimo contratto le parti stabilirono espressamente una decadenza, altrettanto non ritennero di convenire in ordine al termine in questione. Anche il secondo mezzo di ricorso deve essere perci rigettato. I In ordine, infine, al terzo e al quarto motivo di ricorso, che per ~ opportunit si ritiene di esaminare congiuntamente e con i quali si f, denunciano illogicit varie della sentenza impugnata ovvero il difetto ! di motivazione, nonch la violazione di specifiche norme di diritto, queE: sta Suprema Corte rileva anzitutto che la sentenza della Corte d'Appello ha esaminato esaurientemente e con logiche argomentazioni i diversi punti prospettati dal Tomaselli. Costui aveva dedotto il difetto di motivazione della decisione arbitrale, ma, in effetti, la Corte d'Appello ha I I ('. dimostrato, con analitica valutazione, sorretta da adeguata motivazione, che la sentenza arbitrale aveva trattato tutti i punti della lite, n era incorsa in alcuna contraddizzione, tale da non rivelare la ratio decidendi I seguita e quindi da rendere praticamente inesistente la motivazione del lodo. Per quanto concerne in particolare il punto della cessione dei I diritti di fabbricazione del Tomaselli, nessuna contraddizione utilmente rilevabile in questa sede, giacch la sentenza impugnata ha messo I in rilievo come gli arbitri avessero spiegato chiaramente che, unitamente alla cessione delle macchine e degli attrezzi della fabbrica, nel 1924 il I I Tomaselli aveva ceduto anche i suoi diritti di fabbricazione, tanto da venire estraniato dal Consorzio Industrie Fiammiferi e tanto che con la successiva convenzione del 1934 il medesimo riconobbe espressamente che la transazione che poneva in essere non modificava o limitava i diritti gi acquisiti dall'altra parte contraente, anche di fronte ai terzi, 339 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE in rapporto all'assegnazione dei fiammiferi . Pertanto era conforme a logica il ritenere che la convenzione del 1934 costituisse unicamente il regolamento transattivo del corrispettivo di una cessione gi perfezionata e che le parti non intendevano pi porre in discussione. Relativamente, poi, alle doglianze del ricorrente, concernenti la ipotizzate violazioni delle norme giuridiche regolanti, fra l'altro, la decadenza (con riguardo al preteso invalido esercizio della facolt di riscatto da parte della Soc. Unione Fiammiferi) e la risoluzione per eccessiva operosit, osserva questo Supremo Collegio che nella specie gli arbitri erano stati autorizzati a decidere secondo equit e che perci le denunciate violazioni di principi di diritto non erano rilevabili dalla Corte di Appello in sede di impugnazione del lodo per nullit. La motivazione del lodo stata ritenuta adeguata dalla Corte di Appello, con una disamina, che risulta, come si detto sopra, esauriente ed immune da vizi logici. Ed noto che, come questa Suprema Corte ha pi volte stabilito (cfr., fra le altre, le sentenze nn. 3181/60, 819/62, 446/64), il valutare se la sentenza arbitrale difetti o meno di motivazione rientra nei poteri insindacabili del giudice di merito e il controllo di legittimit della Corte di Cassazione pu esercitarsi soltanto sulla motivazione della sentenza del giudice ordinario, che abbia pronunciato sull'azione di nullit e non gi direttamente sulla motivazione del lodo. Anche i mezzi di gravame sopra esaminati debbono essere perci respinti. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 gennaio 1966, n. 187 -Pres. Fibbi Est. Scanzano -P. M. De Marco (conf.) -Sforza (avv. Forte) c. Ministero Finanze (avv. Stato Angelini Rota). Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici -Amministrazione dello Stato -Erronea citazione in giudizio dell'organo rappresentativo di Amministrazione non legittimata alla causa -Rinnovazione dell'atto -Ammissibilit. (I. 25 marzo 1958, n. 260, art. 4). Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici -Amministrazione dello Stato -Erronea citazione in giudizio dell'organo rappresentativo di Amministrazione non legittimato alla causa -Eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dall'Avvocatura dello Stato -Assimilazione all'eccezione di difetto di legittimazione al processo dell'organo erroneamente evocato in giudizio -Onere RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dell'Avvocatura dello Stato di sollevare l'eccezione alla prima . udienza con l'indicazione dell'Amministrazione legittimata alla causa -Concetto di prima udienza contemplato dalla 1. 25 marzo 1958, n. 260 -Prima udienza di trattazione. (1. 25 marzo 1958, n. 260, art. 4; c. p. c., 'art. 183). La normativa dell'art. 4 i. 25 marzo 1958, n. 260 si riferisce non solo all'errore di identificazione deit'organo legittimato al processo, ma altres a quello di identificazione dell'Amministrazione statale legittimata alla causa, avendo il legislatore avuto riguardo, al fine di eliminarne le conseguenze sfavorevoli per il privato, anche alle diffcoitd concernenti l'identificazione della competenza amministrativa rispetto all'affare dedotto in giudizio, ossia il collegamento fra detto affare e l'amministrazione cui esso appartiene: dijJicoltd, che, spesso, pur essa notevole ed suscettibile di aumentare, man mano che nuove esigenze consiglino riunione o separazione di ministeri con relativa ripartizione di attribuzioni, o creazione di nuovi rami autonomi di amministrazione, o comunque trasferimento di competenze (1). Ad ovviare all'inconveniente che il giudizio si svolga ritualmente nei confronti di un'amministrazione estmnea all'affare che ne oggetto, la l. 25 marzo 1958, n. 260 predispone lo stesso rimedio previsto pel caso di erronea citazione in giudizio di organo non legittimato al processo, facendo, cio, onere all'Avvocatura dello Stato di eccepire alla prima udienza il difetto di legittimazione passiva. A tal fine, va ritenuto che, cos come in tema di intervento, la prima udienza sia quella della effettiva prima trattazione, per cui, rinviata l'udienza di prima comparizione a norma dell'art. 181, prima parte, c.p.c., tempestiva l'eccezione di difetto di legittimazione, sollevata dall'Avvocatura dello Stato all'udienza successiva (2). (Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente, denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 1387 e 1388 e.e. nonch omissione e contraddittoriet di motivazione su punto decisivo, sostiene che, pur appartenendo il credito oggetto della ingiunzione opposta. all'Amministrazione del Tesoro, la legittimazione del Ministero delle Finanze (1) V., in senso conforme, Cass., 6 agosto 1963, n. 2211, in questa Rassegna, 1964, I, 488, con nota di rilievi critici; contra e nel senso che ai terzi incombe l'onere della precisa individuazione del ramo dell'Amministrazione che deve essere chiamato in giudizio, v. Cass., 24 luglio 1964, n. 2019, in questa Rassegna, 1964, I, 731, sub 2-3, ed ivi ulteriori riferimenti. (2) Come gi si osserv, in nota (sub 1) a Cass., 6 agosto 1963, n. 2211, citata nella nota precedente, l'assimilazione dell'errore d'identificazione del' I' :: 341 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE deriva dal fatto che a quest'ultimo appartiene per legge il potere di riscossione. Lamenta che la Corte del merito, pur riconoscendo la fondatezza di tale principio per quanto concerne i giudizi riguardanti irregolarit formali del procedimento di riscossione, abbia omesso di farne applicazione nel caso concreto per non aver considerato che con la opposizione erano stati dedotti anche vizi di forma della ingiunzione. Con il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 344 e 269 c.p.c. e, premesso che in appello egli aveva censurato il rifiuto del primo giudice di concedere un termine per la chiamata in causa del Ministero del Tesoro, il ricorrente lamenta che la Corte del merito, indulgendo a considerazioni del tutto estranee, quali quelle relative all'intervento del terzo in appello, abbia omesso di prendere in esame la censura predetta e di rinviare la causa al primo giudice, come avrebbe dovuto, se di quella censura avesse valutato l'esatto significato e se non avesse apoditticamente escluso l'ipotesi del litisconsorzio necessario esistente fra le due amministrazioni. Il ricorso fondato nei sensi e limiti di che appresso. preliminare l'esame del secondo motivo: benvero, l'errore di identificazione dell'organo legittimato (che la denunziata sentenza attribuisce all'opponente e che argomento del primo motivo) non sarebbe rilevante, a tenore della 1. 25 marzo 1958, n. 260, di cui si vedr la applicabilit nella specie, se non sussistessero le condizioni da cui dipendeva l'obbligo di disporre la notificazione nei confronti del Ministero del Tesoro (di cui si discuter nel secondo motivo). La citata legge n. 260, modificando le norme sulla rappresentanza in giudizio dello Stato, dispone, all'art. 4, che l'errore di identificazione della persona, cui l'atto introduttivo doveva essere notificato, importa, l'Anuninistrazione statale passivamente legittimata alla causa all'errore di identificazione dell'organo legittimato al processo non sembra prevista dalla ratio della 1. n. 260 del 1958, che agli artt. 1 e 3 conferma l'onere della notificazione delle citazioni, ricorsi ecc. alle Amministrazioni dello Stato . E l'art. 4 1. n. 260 del 1958, fermo tale onere, prevede -soltanto e l'errore di identificazione della persona alla quale l'atto introduttivo del giudizio ed ogni altro atto doveva essere notificato , con ci presupponendo, appunto, come criterio indispensabile, per stabilire se vi sia stato o meno tale errore (di identificazione dell'organo legittimato al processo), l'esigenza del rispetto della fondamentale regola della legittimazione alla causa e cio, nella specie, quella della legittimazione a contraddire e dell'officialit del relativo contro1ilo. In ordine all'ultima parte della massima ed in tema di intervento, v. Cass., 22 dicembre 1964, n. 2969, Foro it., Mass., 1964, 780; 21marzo1962, n. 577, Giust. civ., Mass. Cass., 1962, 275, sub 1. Parla, invece, a proposito dell'art. 4 1. n. 260 del 1958, di prima udienza di comparizione Cass., 18 maggio 1965, n. 967, in questa Rassegna, 1965, I, 513 (nella motivazione: 515-516). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 342 se eccepito dall'Avvocatura dello Stato alla prima udienza con la contemporanea indicazione dell'organo legittimato, l'assegnazione di un termine per la rinnovazione dell'atto. Respingendo la interpretazione rigorosamente restrittiva data da una parte della dottrina sulla base dei lavori preparatori, questa Suprema Corte ha gi avuto modo di affermare che la disciplina predetta si applica anche nella ipotesi in cui la notificazione venga fatta ad un ministro invece che ad un altro (sent. 22.U/63; 2520/61; 2294/60). Il principio va riaffermato, siccome aderente allo spirito della norma, che una diversa interpretazione svuoterebbe davvero di significato pratico. Vero che la legge in parola sorta dalla esigenza, da tempo reclamata, di agevolare la identificazione dell'organo titolare della legitimatio ad processum (identificazione che era sommamente difficile in base alle norme organiche richiamate dall'art. 11 r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611). Ma, una volta stabilito -come stabilisce l'art. 1 legge 1958, n. 260 -che detto organo si identifica in ogni caso nel ministro, quella esigenza poteva ben ritenersi soddisfatta, dal momento che ad ogni amministrazione sempre preposto un solo ministro. La normativa dell'art. 4 dimostra, invece, che il legislatore ha avuto riguardo (ed ha inteso parimenti eliminare le conseguenze sfavorevoli per il privato) anche alla difficolt concernente l'identificazione della competenza amministrativa rispetto all'affare dedotto in giudizio, cio il collegamento fra detto affare e l'amministrazione cui esso appartiene: difficolt che, spesso, pur essa notevole e che suscettibile di aumentare, man mano che nuove esigenze consiglino riunione di ministeri, o separazione di essi, con relativa ripartizione di attribuzioni, o creazione di nuovi rami autonomi di amministrazione, o comunque trasferimento di competenze (e la materia oggetto della causa sottoposta ai giudici di merito potrebbe costituire un esempio, in quanto appunto pervenuta nella competenza del Ministero del Tesoro proprio in seguito ad una serie di norme di questo genere). N ha serio fondamento l'obiezione che l'interpretazion~ qui accolta potrebbe condurre a ritenere rituale un giudizio nei confronti di una amministrazione estranea all'affare che ne oggetto: tratterebbesi, infatti, di un inconveniente, ad ovviare il quale la stessa norma predispone il mezzo idoneo, imponendo all'Avvocatura dello Stato l'obbligo di eccepire prontamente il difetto di legittimazione. Tanto premesso, la Corte osserva che, nella specie concreta, sussistevano le condizioni per l'applicabilit del citato art. 4, essendo stata sollevata la predetta eccezione, che va ritenuta tempestiva anche se proposta all'udienza cui la causa era stata rinviata a norma dell'art. 181, prima parte, c.p.c. 343 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Considerato, infatti, lo spirito della norma in esame, che quello di assicurare lo svolgimento del giudizio nei confronti del vero legittimato, e considerato che ci, in definitiva, corrisponde anche all'interesse dell'attore, cui nessun pregiudizio deriva dalla rinnovazione della notificazione, il concetto di prima udienza va inteso non gi con criterio meramente cronologico, ma con criterio sostanziale, che sia aderente allo svolgimento concreto del rapporto processuale. Va quindi, ritenuto, analogamente a quanto questa Suprema Corte ha affermato in tema di intervento (v. sent. 2969/64; 577 /62), che la prima udienza contemplata nella disposizione in esame quella della effettiva prima trattazione, per cui, rinviata la udienza di prima comparizione a norma dell'art. 181, prima parte, c.p.c. -come nella specie - tempestiva la eccezione di difetto di legittimazione sollevata dall'Avvocatura dello Stato all'udienza successiva. Accertato, cos, che ricorrevano le condizioni per l'applicabilit dell'art. 4 legge 1958, n. 260, appare fondata la censura con cui si lamenta che non sia stato provveduto sulla istanza di chiamata in causa del Ministero del Tesoro; istanza che la Corte del merito avrebbe dovuto, appunto, prendere in esame sotto il profilo della citata norma. N rileva che la violazione della legge 1958, n. 260 non sia stata denunciata dal ricorrente. Premesso, infatti, che la censura va individuata in base al concreto contenuto della doglianza, senza che abbia rilevanza la omessa od erronea indicazione delle norme di diritto trascurate o violate dai giudici di merito, la decisione di questa Corte costituisce la definizione del profilo giuridico, che ben pu essere fatta di ufficio dal giudice di legittimit, quando ci non importi indagini di fatto vietate : e vietate non sono quelle che concernono le attivit svolte dal giudice e dalle parti nel processo. In ordine al primo motivo sufficiente osservare che, a norma dell'art. 7 d.1.1. 5 settembre 1944, n. 202, le Intendenze di Finanza, pur dipendendo organicamente dal Ministero delle Finanze, sono alle dipendenze del Ministero del Tesoro per i servizi che fanno capo a quest'ultimo. E, poich non contestato che appartenga al Ministero del Tesoro la determinazione delle pene pecuniarie in materia valutaria, ogni altra questione rimane assorbita, essendo comunque imputabile al Ministero stesso l'attivit dell'organo predetto anche per ci che concerne gli aspetti formali del procedimento di riscossione. Parimenti assorbita la questione che forma oggetto del motivo terzo, con cui si censura la decisione relativa alle spese del giudizio di merito. Accogliendosi nei sensi di cui innanzi il ricorso e cassandosi correlativamente la sentenza impugnata, va disposto, a norma dell'art. 383, ultimo comma, c.p.c., il rinvio della causa al primo giudice (v. Cass. 344 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 6 agosto 1963, n. 2211), il quale si uniformer ai seguenti principi: l'art. 4 I. 25 marzo 1958, n. 260 applicabile anche nella ipotesi di notificazione dell'atto introduttivo del giudizio ad un ministro anzich ad un altro; tempestiva la eccezione, concernente l'errore di identificazione di cui al citato art. 4, proposta dall'Avvocatura dello Stato alla udienza cui la causa sia. stata rinviata a norma dell'art. 181, prima parte, c.p.c. . -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 21 febbraio 1966, n. 551 -Pres. Scarpello -Est. Poggi -P. M. Chir (conf.) -Ministero Difesa Esercito (avv. Stato Ciardulli) c. Societ Reale Mutua di Assicurazioni e Istituto Italiano di Previdenza (avv. Scarpa, Cassola). Responsabilit civile -Responsabilit della P. A. per danni arrecati a terzi dai propri dipendenti -Responsabilit diretta -Criteri e limiti dell'imputazione -Nesso di occasionalit necessaria tra l'attivit del dipendente e le incombenze ad esso affidate -Abuso di poteri strumentalmente connesso con i fini istituzionali dell'Ente - Riferibilit dell'evento dannoso alla P. A. -Sussiste. (Cost., art. 28; t. u. appr. con d. P. R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 22; c. c., art. 2043). principio pi volte affermato da questa Corte di Cassazione che il rapporto organico, in forza del quale la P. A. chiamata a rispondere direttamente dei danni arrecati a terzi, con dolo o con colpa, dai propri dipendenti, deve ritenersi interrotto, quando l'attivit di questi ultimi sia stata rivolta a fini propri e non gi alla realizzazione dei fini istituzionali deU'Ente. Per apprezzare, tuttavia, l'esatta. portata di questo principio, occorre considerare che ogni attivit diretta al conseguimento di un determinato scopo si articola normalmente in una serie di operazioni, concettualmente isolabili in vista delle rispettive finalit di carattere intermedio, ma tuttavia riconducibili, per la loro funzione strumentale, alla finalit terminale, cui tende l'attivit nel suo complesso. appunto a quest'ultima finalit che occorre fare riferimento, quando si tratti di stabilire il nesso di occasionalit necessaria tra l'attivit del dipendente e le incombenze ad esso affidate e la conseguente riferibilit dell'evento dannoso alla P. A.; n tale nesso rimane escluso, per il solo fatto che, nel corso delle operazioni intermedie, il dipendente commetta abuso di 345 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE poteri, alZorch tale abuso, anche se determinato da esigenze puramente egoistiche, appaia strumentalmente connesso, pur in maniera anomala, con i fini istituzionali dell'Ente (1). (Omissis). -Col primo motivo (violazione e falsa applicazione dell'art. 2043 e.e. e dei principi relativi alla responsabilit della P. A. per fatto illecito dei propri dipendenti; contraddittoriet della motivazione: art. 360, n. 3 e 5, c.p.c.) I'Amministrazione ricorrente lamenta che la Corte di merito abbia ritenuto che il fatto illecito del carabiniere Valentino fosse riferibile alla P. A., sotto il duplice profilo che, all'atto dell'incidente, il militare stava esplicando una mansione di servizio e che l'impiego della bicicletta era di uso normale, senza considerare che il servizio affidato al detto militare, consistendo nella pura e semplice consegna di un plico all'ufficiale, alla cui persona era addetto, si sostanziava in una attivit del tutto diversa da quella che aveva dato luogo all'illecito, che era consistita nella circolazione di un veicolo privato. D'altra parte -si osserva -anche volendo ravvisare tra la circolazione del veicolo e l'atto di ufficio demandato al dipendente della P. A. un certo collegamento, si tratterebbe di un rapporto del tutto indiretto ed accidentale e non gi conseguenziale e necessario per l'adempimento del servizio, in quanto l'uso del veicolo suddetto non trovava riscontro in una espressa previsione regolamentare od amministrativa, ma costituiva la conseguenza di una libera determinazione dell'incaricato ed era rivolto a soddisfare, non gi l'interesse pubblico, bens quello individuale di colui che dello speciale mezzo di trasporto si serviva. La sentenza impugnata sarebbe, inoltre, incorsa in contraddizione colle premesse dalle quali era partita, ammettendo che il carabiniere si era servito della bicicletta per suo comodo personale e non per disposizione di servizio e nondimeno affermando la riferibilit dell'incidente alla P. A. (1) Cfr. Oass., 29 gennaio 1964, n. 233, Foro it., 1964, I, 1006; 4 gennaio 1964, n. 3, Giur. it., 1964, I, 1, 1186. Sull'ultima parte della massima, v. Cass., 30 novembre 1963, n. 3069, in questa Rassegna, 1964, I. 102, sub 7, ed ivi (106-107) nota di riferimenti e di osservazioni critiche (specie in ordine all'applicazione, nel campo della responsabilit diretta, del criterio dell'occasionalit necessaria, proprio, invece, della responsabilit indiretta); per la critica della distinzione tra intenzione e movente dell'agente, assunta dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione a base dell'insegnamento di cui alla surriferita massima della sentenza qui in rassegna, v. nota sub 3 a Cass., Sez. Un., 4 gennaio 1964, n. 3, ibidem, 317-318. da rifiutare, in RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 346 Col secondo motivo (violazione dell'art. 115 c.p.c.; difetto di moti vazione: art. 360, n. 3 e 5, c.p.c.) si lamenta che la Corte di merito abbia affermato, senza indicare le fonti del proprio convincimento e senza base negli atti, che la bicicletta costituisce un ordinario mezzo di locomozione per i piantoni: assunto del tutto infondato, perch i piantoni sono adibiti soltanto a servizi sedentari, n, comunque, l'Amministrazione militare pu consentire, a scopo di servizio, l'uso di mezzi di trasporto diversi da quelli espressamente predispsti. Nessuna di queste censure appare fondata. 1) principio pi volte affermato da questa Suprema Corte (cfr., da ultimo, le sentenze n. 3 e 233 del 1964) che il rapporto organico, in forza del quale la P. A. chiamata a rispondere direttamente dei danni arrecati a terzi, con dolo o con colpa, dai propri dipendenti, deve ritenersi interrotto, quando l'attivit di questi ultimi sia stata rivolta a fini propri e non gi alla realizzazione dei fini istituzionali dell'ente. Per apprezzare, tuttavia, la esatta portata di questo principio, occorre considerare che ogni attivit diretta al conseguimento di un determinato scopo si articola normalmente in una serie di operazioni, concettualmente isolabili in vista delle rispettive finalit di carattere intermedio, ma tuttavia riconducibili, per la loro funzione strumentale, alla finalit terminale, cui tende l'attivit nel suo complesso. appunto a questa ultima finalit che occorre richiamarsi, quando si tratti di stabilire il nesso di occasionalit necessaria tra l'attivit del dipendente e le incombenze ad esso affidate e la conseguente riferibilit dell'evento dannoso alla P. A.; n tale nesso rimane escluso per il solo fatto che, nel corso delle operazioni intermedie, il dipendente commetta abuso di poteri (cfr. la sentenza di questa Suprema Corte n. 3069 del 1963), allorch tale abuso (determinato, magari, da esigenze puramente egoistiche) appaia strumentalmente connesso, anche in maniera anomala, con i fini istituzionali dell'ente. Per quanto riguarda la fattispecie, non vale quindi distinguere tra la consegna del plico, come attivit nell'interesse della P. A., e l'uso I ispecie, la nozione di un abuso di poteri determinato da esigenze puramente egoistiche e nondimeno strumentalmente connesso con i fini istituzionali dell'Ente . Anche siffatto con~etto mal si concilia con la premessa, pacifica nell'insegnamento della Corte di Cassazione, che la responsabilit della P. A. sia diretta, per fatto proprio (cfr. art. 22 d. P. R. 10 gennaio 1957, n. 3). Ed infatti, non concepibile che sia l'ente stesso ad agii-e, per perseguire i suoi fini istituzionali, allorch tale azione si so 347 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE della bicicletta, come attivit diretta al soddisfacimento di una comodit personale dell'incaricato. Anche ad ammettere, infatti, che l'impiego della bicicletta costituisse un abuso, e che, ricorrendo a quel mezzo di trasporto, il militare soddisfacesse una esigenza puramente egoistica, ci non esclude che quella attivit fosse diretta, in via strumentale, e sia pure con modalit anomale, alla consegna del plico, all'adempimento cio di quella incombenza (finalit terminale), che al militare era ,stata affidata nell'ambito del servizio. Di questi principi la Corte di merito ha fatto corretta applicazione; n la motivazione appare affatto contraddittoria, perch, in base alle precedenti considerazioni, ben poteva la Corte ritenere che il carabiniere Valentino avesse usata la bicicletta per sua comodit personale, senza escludere per questo la riferibilit alla P. A. dell'evento dannoso verificatosi nel corso di un'attivit di servizio. 2) L'Amministra:i;ione ricorrente -mai avendo contestato che il carabiniere Valentino fosse stato incaricato della consegna del plico; che tale incarico implicasse necessariamente lo spostamento del militare dalla caserma all'abitazione dell'ufficiale destinatario; che tale attivit (in s considerata e a parte l'impiego dello speciale mezzo di trasporto) tendesse alla realizzazione di fini propri della P. A. -non pu muovere fondatamente censura alla sentenza impugnata, per non avere considerato (pretesa insufficienza di motivazione) che il Valentino, nella sua qualit di piantone, era addetto esclusivamente a servizi sedentari. D'altra parte, essendosi gi chiarito che la responsabilit della P. A. non potrebbe escludersi nemmeno quando risultasse che l'impiego della bicicletta da parte del militare incaricato del recapito del plico si fosse risolta in un abuso, appare del tutto irrilevante la censura, che si muove alla sentenza impugnata, di non avere indicato le fonti del proprio convincimento, circa la normalit dell'uso di quel mezzo di trasporto. -(Omissis). stanzi in un abuso di poteri, a cui il proprio dipendente sia stato determinato da esigenze puramente egoistiche. Per i casi eccezionali di assunzione di responsabilit da parte della P. A. per il fatto doloso del proprio dipendente v. VITTA, Dir. amm.vo, vol. II, Torino, 1950, 729. Su tutta la questione della riferibilit alla P. A. del fatto del proprio dipendente v. Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 1956-1960, voi. I, Roma, 1961, 147 e segg. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 marzo 1966, n. 684 -Pres. Pece Est. Scanzano -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Ministero Finanze j (avv. Stato Soprano) c. Fallimento Bonetti (intimato). . Fallimento -Attivit giurisdizionale del giudice delegato -Procedimenti di verifica dei crediti, di insinuazione tardiva e di riparto finale Rispettive, autonome finalit. (r. d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 92-98, 101, 117). Fallimento -Ammissione al passivo con riserva di presentazione di documenti -Efficacia -Condicio juris della tempestiva opposizione allo stato passivo. (r. d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 95, comma secondo, 97, 98). In tema di accertamento del passivo, l'attivit giurisdizionale del giudice delegato si esaurisce con l'approvazione dello stato passivo, dopo di che non pu alt1imenti esercitarsi che in sede di insinuazioni tardive. Questo secondo procedimento, avendo ad oggetto e dichiarazioni tardive di crediti , il mezzo, dato, per la partecipazione al concorso, ai creditori che fin'allora vi erano rimasti estranei ed del tutto autonomo, per modo e termini di proposizione e per svolgimento, rispetto al procedimento di verifica. A sua volta, il riparto finale, lungi dall'esse1 e una sorta di appendice di questo procedimento, istituzionalmente destinato alla graduazione dei crediti e le funzioni giurisdizionali che il giudice delegato vi esercita non possono estendersi al di l delle questioni che attengono alla collocazione e graduazione dei crediti, oltre, ovviamente, a quelle che ne costituiscono il presupposto e che riguardano l'acce1tamento dell'avvenuta ammissione del credito al passivo fallimentare (1). (1) Sull'efficacia dei provvedimenti del giudice delegato, v. Cass., 24 aprile 1964, n. 1004, Dir. faUim., 1964, II, 385: i provvedimenti del giudice delegato sui crediti insinuati al passivo del fallimento spiegano la loro efficacia ed i loro effetti solo nell'ambito della procedura fallimentare, di guisa che essi, ove non diano luogo ad un giudizio di opposizione, di accertamento in sede contenziosa, non acquistano autorit di cosa giudicata e non precludono al creditore, che sia stato escluso in tutto o in parte dall'ammissione al passivo, di far valere le sue ragioni, quando ci sia possibile, in sede ordinaria ed al di fuori del fallimento ; in senso analogo cfr. Cass., 14 settembre 1963, n. 2522, Giust. civ., Mass. Cass., 1963, 1183, sub 2; 6 ottobre 1962, n. 2841, ivi, 1962, 1338, sub 2; 20 giugno 1960, n. 1630, ivi, 1960, i, 605, sub 3; di recente v. anche Cass., 20 ottobre 1965, n. 2156, in Foro it.; 1966, I, 286, con nota di MARTINELLI ed in questa Rasegna, 1966, I, 321. Deve, peraltro, avvertirsi che la giurisprudenza della Corte o Cassazione I esclude che, nell'ambito del procedimento fallimentare, derivi preclusione da un provvedimento del giudice delegato, che, ritenuta la ine-I !; , . , . ,.~.,-.~ fi:P:~:;=;~::;:-::h:=:~Wf!..M.fI@.Jill!;"11-~lillW.~-=:::::;~w~=@':/..M~--=:::::::::=;.:;fur.\~.MW/flnT"+=pA_:~y.:wa ,,'.:::::~,.,_,_,;(:..Xfi.1fdili..::::JtMrtt1f:t1fr::::,.., *-""' _,,_ .,..;:......;:Jiit.-....::::.:,,.,_.::::. ::::.K..,.,.,. ,,,..~~..a-aw..-&!tEMI 349 "' 4i presentazione di .huo stato passivo, i scioglimento della iedimento di ammis /va; come pel difetto ::;jatti, condizionata ab kione e con l'accogli ,, ' i essere ancora avvenuta bsto rifiutata rammissione phe, sopravvenuta la pubJso in. via ta,rdiva su istanzal For() it., 1966, I, 673 (con ,l-ando, peraltro, di conside, fum. delle Finanze; quella, j .tardiva, era dell'Esattore) ~gnato, il .provvedimento di fo. stessa natura, efficacia pretstenza del credito ; concer ie... ''nt.o. d.i.v.erifica..z.ion.e e d.i quello sopracitata; secondo cui: il nto dichiara esecutivo lo stafa ambito della procedura fallihza del credito ammesso ed alla isso deriva ed alla esistenza delle ,anche le questioni. di graduazione ~nti la collocazione dell'un credito ~a l'opinione tradizionale, che nega i e alfa esclusione dei crediti nello i~ulZ'e:l]icacia del provvedimento del L [943, II; 137 e segg,, secondo cui il Jvo fallimentare da parte del giudice ,.tione; DE MARTINI, Natura ed effetti /telegato in sede di verificazione dello pl. Cass. civ., 1945, I, 130 e segg.; m. rSATTA, Istituzioni di diritto :fallimen $ e 436. isima v. Oass., 19 gennaio 1961, n. 75, /favorevole di BIANCHI D1ESPINOSA ed in ,.pntraria di SALVATORE t ~I passivo fallimentare con riserva di pre :: ~dent . e sia lsi ecc . stato de /~a sentenza in rassegna che, nel caso di fatt ezio:naJi . te:rrrii ire di un credito con riserva di presenta o doJ di as ,1950 oso de] su:n- brio con il curatore e con i creditori non Pr , 729. Su Proprio Jnificato nella fase di verifica, ove l'esame ' oprio di tutta la ;." 56-1960 Pe:nde:nt ' VoJ. I 'b e V, ' ), v. ALEssI, voce Caccia, in Enciclopedia del diritto, vol. V, Milano, 1959, 748 e segg, In dottrina si riconosce che nella categoria delle concessioni costitutive vanno comprese anche le concessioni di riserva di caccia, in virt delle quali il proprietario di un fondo acquista il diritto esclusivo di caccia, che altrimenti spetterebbe a chiunque intendesse cacdare nel fondo stesso : VITTA, Diritto amministrativo, vol. I, Torino, 1949, 250. Sulle condizioni e sulla forma delle concessioni di riserva di caccia, nonch sui diritti e gli obblighi del concessionario v. EULA e ARIENZO, Caccia, in Novissimo Digesto Italiano, vol. II, Torino, 1958, 636 e segg., in part. 651 e segg. Quanto alla sottoposizione della concessione di riserva di caccia a tassa di concessione governativa, v. artt. 59 e 61 r. d. 5 giugno 1939, n. 1016; art. 57 Tabella All. A al d. 1. 30 maggio 1947, n. 604; art. 52, Tabella All. A .al d. P. R. 1 marzo 1961, n. 121. Sul concetto di tasse sulle concessioni I governative v. GIANNINI A. D., Istituzioni di diritto tributario, Milano, 1951, 486 e segg., nonch Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 19561960, vol. II, Roma, 1961, 780 e segg. Nel caso di specie, non si trattava, per, come ritenuto dalla sentenza in rassegna, di un nuovo canone o .sovracanone richiesto dall'Amm.ne, ma di canone per l'inclusione di terreni demaniali nella riserva di caccia , per la quale veniva gi corri Isposta la tassa di concessione governativa, a norma di legge. evidente, pertanto, l'equivoco della sentenza, la quale non ha considerato che il canone di cui trattasi era richiesto, per la prima volta, per la specifica circostanza che la concessione di riserva veniva ad esercitarsi anche su beni demaniali, assoggettandoli, cos, ad un uso speciale in favore del riservista. IEd ben noto che l'imposizione di un canone normale, appunto, nelle concessioni di uso sovra beni sottratti alla privata propriet: VITTA, op. cit., vol. cit., 351. A riprova dell'esattezza di quanto precede, v. i'art. 1 d.l. 25 febbraio 1924, n. 456, richiamato dall'art. 1 d. lg, 7 gennaio 1947, n. 24 (e succ. disp. lg.), a norma del quale di canone, nella materia considerata, si parla solo come provento di beni di demanio pubblico. 361 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE non di una diversa attribuzione e che, a maggior ragione, qualora le aree adibite a tali funzioni di pubblico interesse siano state gi comprese nel territorio della riserva, prima che divenissero demaniali, le .facolt di riserva si esercitano in esse in forza della precedente concessione e non di una nuova attribuzione. La trasformazione di un'area assoggettata a riserva di caccia in area demaniale, adibita ad argine, non modifica, quindi, la posizione soggettiv del concessionario della riserva nei confronti di tali beni n attribuisce allo Stato il diritto ad un ulteriore canone, a carico del riservista. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 marzo 1966,, n. 816 -Pres. Lonardo -Est. Roperti -P. M. Pedace (parz. diff.) -Ministero Lavori Pubblici (avv. Stato Azzariti Giorgio) c. Ramazzotti (avv. Longo). Contabilit generale dello Stato -Contratti della P. A. -Procedimento di scelta del privato contraente -Licitazione privata -Verbale di aggiudicazione -Tiene luogo della stipulazione del contratto. (r. d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 16, comma quarto). Atti amministrativi -Contratti della P. A. -Scelta del privato contraente -Licitazione privata -Trattativa privata e cottimo fiduciario Verbali delle operazioni -Interpretazione da parte del G. O. -Apprezzamento di fatto -Insindacabilit in Cassazione. (r. d. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 3, 6, 16, 17; r. d. 23 maggio 1924, n. 827, artt. 89, 92; r. d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 67, comma terzo, 74). Responsabilit civile -Contratti della P. A. -Appalti di opere pubbliche -Cottimo fiduciario -Svolgimento di gara e verbalizzazione dell'aggiudicazione -Obbligo dell'Ingegnere Capo dell'Ufficio del Genio civile di sottoporre a tempestiva registrazione il verbale di aggiudicazione mediante licitazione privata -Omessa registrazione nel termine -Decadenza del privato contraente da beneficio della registrazione a tassa fissa a norma di legge speciale -Diritto al risarcimento del danno -Responsabilit della P. A. -Sussiste. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 80, n. 4, 110; d. I. 9 giugno 1945, n. 305, art. 64, comma secondo; c. c., art. 2043; Cost., art. 28; d. I. 1 gennaio 1956, n. 17, art. 12; d. P. R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 22). Responsabilit civile -Danni evitabili dal creditore -Esclusione del risarcimento -Presupposti .. Idoneit del comportamento ad evitare con certezza il danno -Omissione della ordinaria diligenza Esclusione dei presupposti -Fattispecie. (c. c., art. 1227, comma secondo). 362 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sentenza -Motivazione -Contraddittoriet della motivazione su un punto decisivo della controversia -Nozione. (c. p. c., artt. 132, n. 4 e 360, n. 5; disp. att. c. p. c., art. 188). Cosa giudicata -Cosa giudicata sostanziale -Efficacia -Limite -Identit degli elementi costitutivi delle azioni -Riesame della stessa questione in un secondo giudizio non identico al primo. Diversit della soluzione -Violazione del precedente giudicato -Esclusione. (c. c., art. 2909). Nelle contrattazioni della P. A. a mezzo di licitazione privata il verbale di aggiudicazione equivale ad ogni effetto al contratto stipulato fra Amministrazione e privato (1). In materia di contrattazioni della P.A., lo stabilire attraverso l'interpretazione del verbale redatto dal pubblico funzionario delegato a presiede1 e ad una gara, se l'atto rappresenti il risultato di un procedimento per licitazione privata, posto in essere dall'Amministrazione anche per i contratti di cottimo fiduciario, o se, invece, esso sia stato redatto per conoscere i risultati di una gara ufficiosa, svolta per la ricerca del contraente, col quale stipulare un contratto a trattativa privata, apprezzamento di fatto, che spetta in via esclusiva al giudice di merito e si sottrae al sindacato in sede di legittimitd, quando sia logicamente motivato (2). Qualora al cottimo fiduciario si addivenga non gid a seguito di -~ gara ufficiosa, ma mediante licitazione privata, sussiste l'obbligo del solo Ingegnere capo dell'Ufficio del Genio Civile e non anche dell'appaltato (1) Nei contratti stipulati dalla P. A. nelle forme dell'asta pubblica O della licitazione privata, il verbale di aggiudicazione non un atto preparatorio, ma l'atto conclusivo del procedimento e, per espressa disposiIIzione di legge (art. 16, comma quarto, r. d. 18 novembre 1923, n. 2440),, equivale per ogni effetto giuridico al contratto, non occorrendo ulteriori formalit intese ad attuare gli elementi essenziali del negozio : Cass., 30 gennaio 1964, n. 263, in questa Rassegna, 1964, I, 489, sub 1 (con nota di F. CARUSI) ed ivi ulteriori riferimenti di giurisprudenza; v. anche Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 1956-1960, vol. III, Roma, 1961, 94. (2) Sull'interpretazione dell'atto amministrativo da parte del G. O. e sulla sua normale incensurabilit in Cassazione v. Cass., 19 luglio 1965,. n. 1608, in questa Rassegna, 1965, I, 1142, sub 8 ed ivi nota di riferimenti di dottrina e giurisprudenza; v. anche Relazione cit., vol. II, Roma, 1961, 100. e segg. (v., in particolare, avvertenze a pagg. 108 e segg., in ordine al necessario carattere testuale di tale interpretazione). Nel caso di specie, da sottolineare che la sentenza in rassegna ha esplicitamente avvertito che il sindacato della Corte di Cassazione sull'interpretazione dei giudici di merito si sarebbe potuto esplicare, in ipotesi, sotto il profilo dell'omessa o insufficiente motivazione della sentenza denunciata, sul punto dell'attribu- zione all'atto amministrativo di un dato contenuto, piuttosto che un altro PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 363 Te, pur spettando a costui la veste di debitore d'imposta, di provvedere a far registrare i1 verbale di aggiudicazione e, di conseguenza, la P.A. risponde del danno sofferto dall'appaltatore per l'incorsa decadenza dal beneficio della registrazione a tassa fissa, altrimenti spettante a norma di legge speciale (3). (3) Sulla questione della natura della contrattazione di cottimo fiduciario, che. ad avviso della prevalente dottrina, giusta la vigente legislazione, corrisponde ad una figura particolare di trattativa privata, mentre, secondo la prassi amministrativa, non condivisa dal Consiglio di Stato, viene a tradursi in vere e proprie forme di licitazione privata, v. RoEHRSSEN, I contratti della Pubblica Amministrazione, Bologna, 1961, 276 e segg. ed ivi citazioni; In., I lavori pubblici, Bologna, 1956, 153 e segg. Sulla necessit dell'approvazione dei contratti dello Stato in qualsiasi forma conclusi v. Relazione dell"Avvocatura dello Stato per gli anni 1956-1960, vol. III, Roma, 1961, 101. Sugli artt. 80, n. 4 e 110 1. trib. registro appr. con r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, v. UcKMAR, La legge del registro, vol. III, Padova, 1958, 37 (ove si avverte che gli obblighi dei notai e pubblici ufficiali, di cui agli art. 80 e seg., sono stabiliti unicamente nei riguardi dell'Amministrazione e tendono ad evitare eventuali evasioni), 41 e seg. e 226 e segg.; GuGLIELMI e AzZARITI (GioRGio), Le imposte di registro, Torino, 1959, 60 e segg. e 176, ove si avverte che i notai ed i funzionari indicati nell'art. 80 1. r. che non abbiano presentato per la registrazione, nei termini stabiliti dalla legge, i loro atti incorrono in proprio e per ogni atto in una sopratassa... non hanno azione di regresso per le sopratasse, se non quando il ritardo sia dipeso dalla mancata somministrazione dei fondi per il pagamento dell'imposta... inoltre possono essere tenuti a risarcire le parti del danno loro cagionato, sia per la decadenza da eventuali benefici, sia per eventuali aumenti di aliquote. Sulla responsabilit civile strettamente personale di alcuni pubblici funzionari v. VITTA, Diritto amministrativo, vol. II, Torino, 1950, 275; ZANOBINI, Corso di dir. amministrativo, vol. I, Milano, 1958, 345. Sull'art. 110 1. trib. registro v., segnatamente, la Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 1956-1960, vol. II, Roma, 1961, 602 e seg., ove si sottolinea l'applicabilit deLla norma anche alla tassa fissa. In giurisprudenza stato avvertito Che per i contratti soggetti ad approvazione od omologazione, i quali siano per legge ammessi a fruire della registrazione con tassa fissa, la decorrenza del termine di venti giorni stabilito dall'art. 80 della legge di registro pu anche precedere il verificarsi della detta condicio juris, se in un momento a questo anteriore abbia avuto inizio l'esecuzione del contratto: Cass., 9 ottobre 1957, n. 3694, Foro it., Rep., 1957, voce Registro, c. 2147, n. 480, onde e l'ente pubblico soggetto alla tutela e vigilanza dello Stato, che, commesso un appalto, proceda alla consegna dei lavori all'appaltatore, ai sensi dell'art. 337 della legge sui lavori pubblici, senza attendere la prescritta approvazione ministeriale del contratto d'appalto, decade dal privilegio della riduzione della tassa di registro sul contratto stesso, di cui all'art. 110 della legge del registro, nel caso di registrazione a tassa fissa, e viene assoggettato alle normali tasse e sopratasse di registro, qualora non denunzi all'ufficio del registro il contratto entro il termine di venti giorni dall'effettuata consegna dei lavori, ai sensi dell'ultima parte della ipotesi prevista dall'art. 81 della legge stessa, bensi entro il termine di venti giorni dall'approvazione del contratto da parte dell'autorit tutoria.: Cass., 8 ottobre 1957, n. 3648, Foro it., Mass., 1957, 715. Ritiene di RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 364 L'esonero daZZ'obbligo del risarcimento in ordine ai danni evitabili dal creditore presuppone la certezza che il danno si sarebbe potuto ovviare con un comportamento adeguato, corrispondente all'uso di una ordinaria diligenza. Pertanto, il mancato, tempestivo esercizio di un. diritto d'impugnazione, non essendo certo l'accoglimento deZZa medesima, non pu considerarsi omissione di un comportamento idoneo ad evitare il danno con l'uso deZZa ordinaria diligenza di cui al capoverso dell'art. 1227 e.e. (4). IZ vizio di contraddittoriet, di motivazione della sentenza su un punto decisivo deZZa controversia ricorre, a norma dell'art. 360, n. 5, c.p.c., solo quando le ragioni esposte dal giudice per l'accoglimento o il f~~~iaziol').e p. 1J -'l:'eilllw -Finalit -lnossel"Vanza -. Effetti. Esproprfaziiteper .P ti~ .. Pndenzll del giudizio civile. per illegitti'." ' llla occupazione del fondo -Espropriazione -Legittimit. . Sulla questione non risultavano precisi precedenti giurisprudenziali del Consiglio di Stato. La decisione impugnata richiamava un precedente (Sez. 4a, 20 dicembre 1961, n. 745) che, per, non sorreggeva in alcun mooo la decisione stessa e pu, anzi, dirsi con essa in contrasto. Si trattava in quella fattispecie sia pure di un'opera dichiarata di pubblica utilit dalla legge, ma non ancora eseguita. La 4a Sezione, ritenuto che l'inutile decorso del termine comporta una presunzione juris et de iure della insussistenza attuale della pubblica utilit dell'opera, che era riconosciuta solo fino a quella data e non oltre, afferm che dovesse rinnovarsi da capo l'intero ~ procedimento amministrativo e quindi richieders una nuova pronuncia di tutti gli organi previsti dalla legge per poter giungere ad una nuova I dichiarazione di pubblica utilit. Ci fu ritenuto perch la nuova situazione dei luoghi, profondamente mutata dalla data della originaria approvazione 1:: :: del progetto poteva far dubitare che sussistessero ancora le ragioni che a : suo tempo avevano consigliato la scelta di quell'area perch doveva rite-' 1: . ,-~., .. :~ ~%.%1illlf"'"ff~-iffe%1filrt.f%.BMWW~1!1P J r..-J1r111rttt?1--r1ar11 ::;,:,;,.:::,,::~.:.~:.]111.IJ:":'.,,,.,..~~:~~:.,,:=:::::=::::::::~::'.::::~,::::'.~::::~~:::::::::.z:~{~:.';:~~=~::~~~=::~:::~:~::::.'.:~ PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 371 nersi nel frattempo caducato il provvedimento ministeriale di concessione del contributo statale. allora evidente che la diversa situazione di fatto tra quella fattispecie e questa ora decisa giustificava pienamente una diversa soluzione. Trattandosi, si ripete ancora, di opera regolarmente eseguita nei termini, pi alcun dubbio pu sorgere n sulla scelta dei luoghi n sulla opportunit di eseguirla secondo determinati criteri tecnici; e l'avvenuta esecuzione dell'opera nei termini stabiliti conferma che l'approvazione del progetto era. avvenuta non gi a futura memoria ma per rispondere ad una attuale pubblica esigenza (si veda, sul punto, A.P. 7 giugno 1961, n. 17). D'altra parte, trattandosi di opera dichiarata di pubblica utilit dalla legge, finch questa legge resti in vigore nessuna presunzione legittima sulla insussistenza della pubblica utilit, sicch sia necessario un nuovo accertamento, da parte della p. a., del pubblico interesse, se non alla realizzazione, quanto meno alla utilizzazione e conservazione dell'opera realizzata. Difatti quando, come nella specie (art. 5 legge 9 agosto 1954, n. 640), la legge attribuisce efficacia di dichiarazione di pubblica utilit all'approvazione di un progetto, l'amministrazione non pi tenuta a valutare, n potrebbe farlo, per ogni singola opera la sussistenza del pubblico interesse, ma soltanto tenuta ad accertare, in base ad esclusivi criteri tecnici che presiedono alla emanazione di simili atti, la funzionalit e la rispondenza del progetto presentato: ci tanto vero che assurdo ipotizzare un atto che approvi il progetto di un'opera prevista dalla legge e che allo stesso tempo neghi la pubblica utilit deH'opera stessa; Allo stesso modo assurdo richiedere, nella ipotesi prospettata, l'emanazione di un atto che approvi nuovamente un progetto gi eseguito, ovvero che si limiti a dichiarare la pubblica utilit di un'opera gi dichiarata tale dalla legge. In effetti la stessa decisione impugnata faceva leva non tanto sulla necessit di una nuova verifica della publica utilit dell'opera, quanto sull'intervenuta scadenza dei termini di cui all'art. 13 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 e sulle conseguenze che da tale scadenza derivavano a vantaggio dei proprietari. Ma neppure tale argomentazione appariva esatta se si fosse considerata la ratio dell'art. 13, quale stata chiarita dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato. ben noto il rigoroso principio giurisprudenziale per il quale in ogni caso -e cio anche quando si tratti di opera dichiarata di pubblica utilit dalla legge - necessario che siano fissati tutti i quattro termini previsti dall'art. 13 e precisamente: a) il termine per l'inizio dei lavori; b) il termine per il compimento di questi; e) il termine per l'inizio del procedimento espropriativo; d) il termine per il compimento di questo. Il principio stesso, per, non stato mai affermato in via astratta ed assoluta, sempre, invece, nella considerazione dei concreti scopo e ragione, si affermata non necessaria la prefissione dei termini relativi. Cos si affermato che il termine per l'inizio dei lavori non necessario quando, alla data del provvedimento che dovrebbe stabilirli, i lavori siano gi iniziati (A.P. 11 novembre 1963, n. 8); che il termine per il compimento dei lavori necessario quando questi siano gi portati a termine (Cons. Giust. Amm. 21 ottobre 1960, n. 291; Sez. 4a 20 ottobre 1964, n. 1013); 372 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che il termine per l'inizio delle espropriazioni non necessario quando il procedimento espropriativo sia gi in atto (Sez. 4", 20 ottobre 1964, n. 1043). "* . Perci del tutto conformi alle decisioni ora citate sono le decisioni della 4 Sezione (10 maggio 1957, n. 515 e, segnatamente, 14 luglio 1959, I n. 768) le quali hanno ritenuto che i provvedimenti di espropriazione d~ opere di protezione antiaerea, regolati dal d. 1. 11 marzo 1948, n. 409, non I devono essere preceduti n da dichiarazione di pubblica utilit, n da fissa zione di alcuno dei termini previsti dall'art. 13. Ci perch si tratta di opere dichiarate di pubblica utilit dalla legge e di opere gi costruite. La 4 Sezione ha infatti osservato : ovvio che trattandosi di opere dichiarate di publica utilit ope legis e gi interamente costruite, tutte le prime fasi della procedura di espropriazione, di cui ai capi I, II e III della legge 25 giugno 1865, n. 2359, rimangono assorbite; e quindi esattamente il d. 1. 11 marzo 1948, n. 409, prescrive all'art. 2 soltanto le modalit per la determinazione, l'offerta, il pagamento od il deposito dell'indennit di espropriazione... La giurisprudenza ormai consolidata dalla Sezione e confermata dell'Adunanza Plenaria ha riconosciuto che, anche quando la dichiarazione di pubblica utilit sia fatta ex lege, rimane fermo per l'Amministrazione l'obbligo di stabilire i termini per l'inizio ed il compimento degli espropri I e dei lavori poich l'a.rt. 13 della legge 25 giugno 1865 norma di generale applicazione, a garanzia sia dell'interesse pubblico che di quello privato. I Iffi Ma nel particolare procedimento previsto dal d. 1. 17 marzo 1948, n. 409 in cui sono contemplati due soli atti: l'offerta dell'indennit e il decreto d espropriazione, il Collegio ritiene, in rapporto alla ratio della legge speciale, che il .principio soffra veramente un'eccezione. Trattandosi di opere gi da gran tempo costruite sarebbe anzitutto illogico stabilire termini relativamente ai lavori. D'altra parte, non sembra neppure necessario nella specie il termine per l'espropriazione, dato che per l'art. 5 del d. 1. I n. 409/1948 le opere sono dichiarate ex post di pubblica utilit e sono ~i senz'altro dichiarate di pertinenza del demanio dello Stato. Il decreto prefettizio ha soltanto l'effetto, come dice il titolo della legge, di sistemare I una situazione di fatto di immobili gi individuati e gi usati per scopi di pubbllca utilit . Le considerazioni sopra riportate si attagliano tutte perfettamente alla fattispecie ora decisa onde in base ad esse deve dirsi che quando si tratti di I opere gi costruite e dichiarate di pubblica utilit dalla legge il provvedimento di espropriazione non deve essere preceduto da alcun altro atto preliminare che dichiari la pubblica utilit ovvero stabilisca i termini di cui all'art. 13 della legge. (3) Giurisprudenza costante. I I CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 10 dicembre 1965, n. 743 -Pres. De Marco -Est. Tozzi -Arrigo (avv. Silvestri) c. Ministero Grazia e Giustizia (avv. Stato Carafa). Elezioni amministrative e politiche -Manifestazione del voto -Princip; -Volont espressa in modo equivoco -Invalidit -Fattispecie. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 373 Notaio -Consiglio Nazionale Notarile -Elezioni -Elettorato attivo Autorizzati all'esercizio temporaneo della funzione di notaio -Legittimazione al voto -Sussiste. n voto, comunque espresso, pu essere attribuito soltanto se, attraverso la forma di espresstone usata, la volont possa essere desunta in maniera sicura, in modo tale, cio, che non sia assolutamente possibile dare alla volont una interpretazione diversa. Pertanto, nel caso di due candidati con uno stesso cognome, i voti espressi con l'indicazione del solo cognome, senza il nome, sono sicuramente equivoci, perch l'indicazione usata non permette di stabilire se il voto sia stato voluto attribuire all'uno o all'altro candidato che avevano lo stesso cognome (1). Ai sensi degli artt. 93 r. d. 10 settembre 1914, n. 1226 e 8 l. 3 agosto 1949, n. 577, gli autorizzati all'esercizio temporaneo delle funzioni di Notaio, i quali fanno parte di collegi notarili, hanno diritto al voto per l'elezione del Consiglio nazionale del Notariato (2). (1) La prima massima si ricollega a un principio pacifico: cfr. Massimario completo della giurisprudenza del Consiglio di Stato, 1932-1961, I, 1676. (2) Non risultano precedenti. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 1<> dicembre 1965, n. 744 -Pres. De Marco -Est. Granito -Societ Meridionale Acquedotti (avv. Ardizzone) c. Comitato Provinciale Prezzi di Caserta (avv. Stato Peronaci), Comune di Aversa (avv. Romano e Sorrentino). Giustizia amministrativa -Procedimento giurisdizionale avanti al Consiglio di Stato -Costituzione in giudizio del resistente -Notifica del controricorso -Non necessaria -Deposito in segreteria della procura ad litem -Sufficienza. Giustizia amministrativa -Procedimento giurisdizionale avanti al Consiglio di Stato -Costituzione in giudizio del resistente -Termine perentorio di 30 gg. -Inapplicabilit -Notificazione del ricorso incidentale -Termine perentorio di 30 gg. -Applicabilit. Prezzi -Disciplina dei prezzi -Provvedimento c. p. p. -Criteri ed istruttoria -Legittimit. 374 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Prezzi -Disciplina dei prezzi Provvedimento c. p. p. -Ma~~iorazione del canone dei consumi normali -Mancata variazione del prezzo delle eccedenze di acqua. -Le~ittimit. Nel procedimento giurisdizione dinanzi al Consiglio di Stato, ai sensi dell'art. 37 t.u. n. 1054 del 1924, per la costituzione del resistente non richiesta la presentazione e tanto meno la notifica di un controricorso; suffidente invece il deposito in segreteria della procura ad !item, risultante da un apposito atto o apposta in calce alla copia del ricorso notificato alla parte (1). Il termine previsto dall'art. 37, comma 1, t.u. cit. (30 gg. successivi a quello assegnato per il deposito del ricorso) deve osservarsi a pena di decadenza solo per la notifica del ricorso incidentale, e non per la costituzione in giudizio del resistente, che pu aver luogo anche dopo la scadenza del termine sopra indicato (2). Il provvedimento del Comitato Provinciale dei prezzi legittimo qualora, nel fissare il prezzo di vendita dell'acqua, sia stato adottato a seguito di accurata istruttoria e dia esatto conto dei criteri seguiti e dei dati di fatto posti a base del calcolo delle nuove tariffe dell'acqua (3). Il provvedimento del Comitato Provinciale dei prezzi legittimo qualora esso, nel variare le tariffe in precedenza deliberate, disponga una maggiorazione dei canoni solo per i consumi normali dell'acqua, lasciando inalterato il prezzo delle eccedenze, ai sensi dell'art. 13 r.d.l. 4 settembre 1925, n. 1793 (4). (1-2) Le prime due massime si uniformano alla giurisprudenza costante; cfr. sulla prima Cass. 15 marzo 1965, n. 428, sulla seconda Ad. plen., 25 no vembre 1957, n. 12, Il Consiglio di Stato, 1957, I, 1345. (3-4) Per la terza e quarta massima cfr., da un punto di vista generale sui criteri per la determinazione dei prezzi, Sez. IV, 4 ottobre 1963, n. 600, in questa Rassegna, 1964, I, 116 con nota. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 1 dicembre 1965, n. 747 -Pres. De Marco -Est. Fragomeni -Capponi (avv. Zanca, Guarino) c. Ministero P. I. (avv. Stato Del Greco). Demanio e patrimonio -Demanio storico e artistico -Vincolo storico e artistico -Contenuto e scopo del provvedimento -Necessit Competenza del Ministro. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 375 Demanio e patrimonio -Demanio storico e artistico -Vincolo storico e artistico -Motivazione -Necessit -Fattispecie. Il provvedimento di imposizione di prescrizione ai sensi deil'art. 21 della legge 1 giugno 1939, n. 1809, deve determinare sia il contenuto del vincolo, dovendosi escludere che il Ministro possa demandarne la completa specificazione al Sovrintendente ai Monumenti, sia lo scopo per il quale la prescrizione viene imposta, non essendo all'uopo sufficiente il richiamo a una norma di legge o la ripetizione di formule da essa usate (1). L'obbligo di motivme i provvedimenti di imposizione di prescrizione ai sensi dell'art. 21 della l. 1 giugno 1939, n. 1089, tanto pi intensa quanto maggiore la gravit delle prescrizioni imposte, essendo necessario far risultare che l'Amministrazione si sia uniformata al principio generale di provocare il minor sacrificio del privato. Pertanto illegittimo il provvedimento che prescrive il mantenimento a verde di un'area privata adiacente ad un edificio manumentale, ove esso sia motivato genericamente col grave danno che l'edificio riceverebbe da eventuali costruzioni nella zona e con la necessit quindi di imporre la predetta prescrizione (2). (1-2) Sulla prima massima cfr. negli stessi sensi, Sez. VI, 31 ottobre 1963, n. 798, in questa Rassegna, 1964, I, 1301, con nota; Sez. IV, 9 giugno 1965, n. 475, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 1081, con nota. Il potere di imporre prescrizioni ex art. 21 1. n. 1089 del 1939 rientra nella competenza esclusiva del Ministro, il quale , da solo, legittimato a determinarne la motivazione e il contenuto, senza la possibilit di farne delega al Sovrintendente. .Sulla seconda massima cfr. Sez. VI, 30 ottobre 963, n. 797, in questa Rassegna, 1964, I, 638, con nota; Sez. V, 4 dicembre 1963, n. 951, ivi, I. 353, con nota. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 15 dicembre 1965, n. 923 -Pres. Polistina -Est. Figliolia -Vicidomini (avv. Santacroce) c. Provveditorato 00. PP. (avv. Stato Bronzin~). Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Edifici scolastici -Progetto -Approvazione -Competenza del Provveditore alle 00. PP. Espropriazione per p. u. -Occupazione d'urgenza relativa ad area per costruzione di opera dichiarata di pubblica utilit -Natura -E' atto conseguenziale rispetto alla dichiarzione di p. u. -Effetti ai fini della impugnativa giurisdizionale -Potere del Prefetto -Limiti. 376 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Scelta dell'area -Discrezio nalit -Sindacato di legittimit -Esclusione. L'approvazione del progetto di costruzione di un edificio scolastico rientra nella competenza del Provveditore Regionale alle opere pub bliche, e non in quella del Ministro dei Lavori Pubblici, ai semi del d. P.R. 30 giugno 1965, n. 1534 (1). Il decreto di occupazione d'urgenza di un'area prescelta per la costruzione di un'opera, gi dichiarata di pubblica utiilit, si pone in rapporto conseguenziale rispetto alla dichiarazione di urgenza dell'opera stessa, e pertanto il Prefetto ha solo il potere di accertare l'esistenza di detta dichiarazione (2). La valutazione della rispondenza dell'area prescelta ai requisiti richiesti per la costruzione di un edificio scolastico attiene al potere discrezionale della P. A. e, come tale, non sottoposto al sindacato di legittimit (3). (1) Applicazione esatta dei principi sul decentramento previsti dal decreto cit. n. 1534. I (2) Giurisprudenza costante sia per quanto concerne i presupposti delI ~ l'urgenza (cfr. Sez. IV, 20 ottobre 1959, n. 916, Il Consiglio di Stato, I, 1298), sia per quanto concerne !la scelta dell'area idonea per la costruzione di un'opera di pubblica utilit (cfr. Sez. IV, 20 ottobre 1959, n. 927, ivi, I, 1302; Sez. IV, 12 maggio 1965, n. 411, ivi, I, 846; Sez. IV 17 dicembre 1965, n. 952, ivi, 1965, I, 2104). I. (3) Massima esatta: si consulti Sez. IV, 20 ottobre 1964, n. 1054, ivi, 964, I, 1710; Sez. IV, 23 giugno 1965, n. 509, ivi, 1965, I, 1128. m I I I ili CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 dicembre 1965, n. 949 -Pres. Polistina -Est. Granito -Bompan ed altri (avv. Prosperetti W. e Pallottino) c. Prefetto di Latina (avv. Stato Vitucci). Espropriazione per p. u. -Occupazione di urgenza -Elettrodotto -Aurizzazione provvisoria -Contenuto -Determinazione del percorso I dell'elettrodotto -Riferimento a terreni non compresi nel tracciato ~ -Illegittimit. I L'autorizzazione provvisoria, ai sensi dell'art. 113 t.u. 13 dicembre 1933, n. 1775 -nella parte in cui autorizza l'occupazione d'urgenza I di fondi pe1 l'esecuzione di lavori previsti nella dichiarazione di r iI! PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 377 urgenza e indifferibilit -deve individuare ii tracciato cos come Tisulta dal progetto e dalle planimetrie esibite, fissando il percorso dell'eletrodotto. Pertanto illegittimo il decreto qualora si riferisse ad immobili non compresi in tale tracciato e quindi non occorrenti per l'esecuzione dei lavori dichiarati urgenti e indifferibili (1). (1) Massima che lascia perplessi ove si consideri che l'autorizzazione prevista dall'art. 113 t. u. n. 175 ha carattere provvisorio, e quindi non pu fissare, in modo definitivo, il tracciato che l'elettrodotto deve percorrere, ben potendosi verificare nel corso della esecuzione dei lavori sostanziali variazioni. Di conseguenza, in relazione al provvedimento prefettizio ex art. 113 non possono farsi le indagini e le censure che sono 'Proprie dei provvedimenti definitivi. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 dicembre 1965, n. 954 -Pres. De Marco -Est. Granito-Casassa ed altri (avv. Evangelista, Sano, Menghini) c. Ministero Lavori Pubblici (avv. Stato Vitucci), Presidente della Repubblica e Ministero Trasporti (n.c.) e Comune di Torino (avv. Panotti e Bodda). Atti amministrativi -Perfezione -Quando sussiste -Pubblicazione - Formlit estrinseca -Vizi della pubblicazione -Rilevanza sulla validit dell'atto -Esclusione. Piano regolatore -Approvazione -Pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale -Annuncio per sunto o per estratto nella Gazzetta Ufficiale Sufficienza. Piano regolatore -Procedimento -Deposito degli atti nella casa comunale -Adempimenti. Piano regolatore -Interesse a ricorrere -Proprietario di zone non contemplate nelle modifiche del piano -Carenza di interesse. Piano regolatore -Approvazione -Piani regolatori intercomunali Autonomia -Piano regolatore generale di un Comune contermine e sua approvazione precedente a quella del piano intercomunale Legittimit. Piano regolatore -Vincoli -Verde agricolo e verde pubblico -Finalit Compatibilit -Conseguenze. 378 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Piano regolatore Vincoli -Verde agricolo Possibilit di indennizzo - Esclusione. Piano regolatore -Vincoli -Verde agricolo e verde pubblico -Discrezio'~ , ' 378 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Piano regolatore Vincoli -Verde agricolo Possibilit di indennizzo - Esclusione. Piano regolatore -Vincoli -Verde agricolo e verde pubblico -Discrezio'~ , ' nalit nella scelta dell'uno e dell'altro -Insindacabilit. 'h : Piano regolatore -Pubblicazione del progetto -Osservazione dei privati -Natura -Reiezione -Obbligo di motivazione -Non sussiste. L'atto amministrativo deve ritenersi perfetto con la sua emanazione; la pubblicazione invece solo una formalit estrinseca; pertantoil vizio della pubblicazione non incide sulla validit intrinseca dell'atto e non ne determina l'annullamento (1). La pubblicazione dei decreti di approvazione dei piani regolatori generali nella Gazzetta Ufficiale, prevista dall'art. 10, l. 17 agosto 1942, n. 1150, pu ritenersi regolarmente adempiuta anche quando ne sia dato solo l'annuncio per sunto o per estratto (2). Il deposito del piano regolatore generale presso la Casa comunale pu ritenersi adempiuto ove risultino depositati tutti gli atti relativi al piano (3). Non legittimato a dolersi della mancata pubblicazione delle modifiche apportate ad un progetto comunale di piano regolatore generale il proprietario di terreni che non si trovino contemplati nelle modifiche stesse, alle quali, pertanto, i terreni stessi sono rimasti estranei (4). I piani regolatori intercomunali non devono precedere, nel tempo, i piani regolatori generali dei singoli Comuni, giacch il coordinamento, tra i vari piani regolatori generali di pi Comuni contermini, pu essere attuato anche quando un Comune disponga gi di un proprio piano regolatore; pertanto legittima l'approvaziO'ne di un piano regolatore di un Comune, anche se non sia stato ancora approvato il piano intercomunale che lo interessa (5). Le previsioni di zone a verde pubblico e a verde agricolo ~ in un piano regolatore generale sono compatibili tra di loro e perseguono finalit che in parte sono comuni e in parte sono diverse, in quanto entrambe sono rivolte ad assicurare una zona di verde, ma i'f verde pubblico persegue altres la finalit di creare giardini e parchi pubblici. Deve pertanto ritenersi infondato il vizio di eccesso di potere, (1) Massima esatta. Giurisprudenza costante: con riferimento ai v1z1 della pubblicazione, cfr. Sez. VI, 22 ottobre 1960, n. 841, Il Consiglio di Stato, 1960, I, 1889. V. anche Ad. Gen., 13 gennaio 1955, n. 7, ivi, 1956, II, 504. (2-5) Giurisprudenza costante ed esatta: nello stesso senso cfr. Sez~ IV, 26 maggio 1965, n. 454, ivi, 1965, I, 884, con nota. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 379 laddove la destinazione di una zona a verde agricolo sia stata prevista per conseguire finalit proprie del verde pubblico (6). Il vincolo di una zona a verde agricolo, in un piano regolatore, pur essendo dotato di immediata efficacia operativa, non ha la natura n di un esproprio, n di una servit; pertanto nessun indennizzo spetta al proprietario dell'area vincolata (7). La scelta tra la destinazione a verde pubblico e tra la destinazione a verde agricolo in un piano regolatore generale, rientra nella discrezionalit della P.A. e come tale non sindacabile in sede di legittimit (8). Allorch viene pubblicato un progetto di piano regolatore gene rale, le osservazioni che i privati possono svolgere, non costituiscono dei ricorsi, ma una forma di collaborazione per la formazione del piano; pertanto il provvedimento che ne disponga la reiezione non deve contenere una specifica motivazione (9). (6-9) Cfr. Sez. IV, 10 novembre 965, n. 679, retro, I, ... , con note di richiamo; ed ari.che Sez. IV, 26 maggio 1965, n. 454, sopra citata; Sez. IV, 25 maggio 1964, n. 157, Il Consiglio di Stato 1964, I, 451. In senso contrario sul concetto di espropriazione, e quindi sulla possibilit dell'indennizzo, cfr. Corte Cost. 20 gennaio 1966, n. 6, retro, I, 15. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 dicembre 1965, n. 956 -Pres. Polistina -Est. Napolitano -INCIS (avv. Nigro) c. Provveditorato Regionale 00.PP. per il Lazio e Commissione Regionale per il Lazio (avv. Stato Terranova). Edilizia popolare ed economica -INCIS -Riscatto di locali non destinati ad abitazione -Determinazione del valore venale -Ricorso alla Commissione Regionale -Ammissibilit. Edilizia popolare ed economica -INCIS -Cessione alloggi in propriet Determinazione del valore venale -Ricorso alla Commissione Regionale -Contraddittorio -Ammissibilit. I provvedimenti di cessione dei locali dell'INCIS non destinati ad uso di abitazione, previsti dall'art. 19 d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, possono essere impugnati, per quanto concerne la determinazione del valore venale adottata dalla Commissione Provinciale, con ricorso alla Commissione Regionale, in applicazione delle norme racchiuse negli artt. 6 e 7 dee. cit. n. 2 per la cessione degli alloggi in propriet (1). (1) Massima esatta: non vi dubbio che il ricorso previsto dall'art. 7 d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2 contro la determinazione del prezzo non contiene alcuna limitazione ai provvedimenti adottati per la cessione di a:lloggi, e perci si riferisce anche ai provvedimenti per la cessione dei locali; cfr. anche Sez. IV, 22 gennaio 1964, n. 13, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 26. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 380 Il ricorso previsto daU'art. 6 d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, per la cessione in propriet di alloggi, un ricorso gerarchico improprio; e, come tale, va regolato dalle norme di cui all'art. 5 t.u. 3 marzo 1934, n. 383 e in particolare dal principio del contraddittorio (2). (2) Principio esatto: cfr. S'ez. IV, 15 dicembre 1965, n. 887, ivi, 2088, che, tra l'altro, definisce come ordinatorio il termine, previsto dall'art. 7, cit., entro il quale la Commissione deve adottare la sua decisione. Sulla competenza del giudice amministrativo, e non del giudice ordinario, a conoscere le controversie sul prezzo di cessione degli alloggi, Sez. Un. 25 maggio 1965, n. 1026, Riv. giur. ed., 1966, I, 99. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 dicembre 1965, n. 959 -Pres. Polistina -Est. Napolitano -Crispo ed altri (avv. Grillo-Zappia) c. Provveditorato Regionale 00.PP. della Calabria (avv. Stato Terranova) e Istituto Maria Mater Graziae di Reggio Calabria (avv. Greco). Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Legittimazione attiva -Esperimento del ricorso nell'interesse dei figli minori Autorizzazione Giudice tutelare -Quando necessaria. Espropriazione per p. u. -Edifici scolastici -Scuole Materne -Istituzioni -Nozione -Fattispecie. La proposizione del ricorso giurisdizionale da parte del genito1e esercente la patria potest nell'interesse dei figli minori non deve essere autorizzata dal Giudice tutelare qualora non ricorra alcuna delle ipotesi previste dall'art. 320, secondo comma e.e. (1). La norma dell'art. 15 l. 25 luglio 1962, n. 1073, nell'includere le Istituzioni tra i soggetti cui possono essere concessi contributi per la costruzione di edifici per la Scuola materna, si riferisce a quelle entit che nell'ordinamento giuridico attuano la istituzionalizzazione dello scopo ben preciso e determinato mediante la destinazione di un patrimonio al suo soddisfacimento; pertanto non rientra nella categoria dei soggetti ora enunciata l'Istituto scolastico che non ha fornito alcun elemento di prova circa la sua natura istituzionale, che non abbia indicato nell'atto costitutivo o di quello di riconoscimento la qualificazione come soggetto di diritto (2). (1-2) La prima massima un'applicazione della norma racchiusa nell'art. 320, secondo comma c. c.; la seconda un'appUcazione di specie dell'art. 15 I. cit. n. 1073, che prevede la concessione di contributi per la costruzione di edifici per la Scuola materna solo a quei soggetti che costituiscono secondo l'ordinamento giuridico una individualit precisa e determinata, con autonomia patrimoniale. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 381 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 dicembe 1965, n. 962 -Pes. De Marco -Est. Granito -Pycha (avv. Riz e Prosperi) c. Regione Trentino-Alto Adige (avv. Stato Carafa) e Societ Funivia OrtiseiSeceda (avv. De Pilati e Lorenzoni). Espropriazione per p. u. -Interesse ad agire -Impugnativa da parte di proprietario di terreni rimasti estranei alla procedura espropria tiva -Inammissibilit. Giustizia Amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Motivi -Genericit -Inammissibilit. Concessioni amministrative -Istanze concorrenti ed incompatibili Criterio di scelta -Fattispecie. Concessioni amministrative -Procedimento -Funivia e Funicolari Parere -C.F.A.T. (Commissione Funicolari Aeree e Terrestri) Legittimit. inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso proposto contro la dichiarazione di p.u. di un'opera e contro il conseguente decreto di occupazione temporanea, da parte di un proprietario di terreni che sono rimasti estranei alla procedura espropriativa (1). Sono inammissibili i motivi di ricorso dedotti in forma generica, dai quali non dato desumere n la norma che si assume lesa, n il modo col quale la lesione si verificata (2). La scelta tra pi istanze di concessione, concorrenti e incompatibili, non determinata dalla priorit della data di presentazione, dovendo, di regola, essere prescelta l'istanza che, a giudizio dell'Amministrazione e secondo criteri soggettivi e oggettivi di preferenza, eventualmente prescritti dalla legge, meglio risponda alle esigenze di pubbUco interesse che occorre soddisfare. Pertanto, in sede di concessione di impianto a fune per il collegamento di zone situate nella regione Trentino-Alto Adige, il Presidente della Giunta Regionale, legittimamente, accoglie l'istanza di concessione di impianto seggioviario, previa comparazione con la domanda, incompatibile e concorrente, anche se anteriore nei tempo, di concessione di impianto scioviario, senza alcun riferimento specifico alla diversa natura dell'impianto (3). (1-4) La prima massima un'ovvia applicazione dei principi in tema di interesse ad agire: per una specie identica cfr. Sez. IV, 23 ottobre 1963, n. 627, Il Consiglio di Stato, 1963, I, 1322. La seconda massima conferma una giurisprudenza costante: cfr. Sez. IV, 27 ottobre 1965, n. 626, ivi, 1965, I. 638; per altra giurisprudenza cfr. Relazione Avvocatura dello Stato, 1956-60, III, 44. Esatte sono la terza e la quarta massima. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In sede di procedimento per concessione di impianto, legittimamente l'Amministrazione regionale pu interpretare organi consultivi delZ'Amministrazione statale, anche nei casi in cui il parere dei medesimi non sia prescritto dalla legge (nella specie era stato sollecitato, per la concessione di impianto a fune nella regione Trentino-Alto Adige, il parere della Commissione Funicolari Aeree e Terrestri, istituita presso il Ministero dei Trasporti) (4). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 dicembre 1965, n. 965 -Pres. De Marco -Est. Cuonzo -Buonanno ed altri (avv. Sorrentino) c. Ministero Interno (avv. Stato Mataloni). Leggi e decreti -Leggi transitorie -Efficacia -Limiti. Leggi e decreti -Leggi transitorie -Efficacia -Natura -Interpretazione analogica -Inammissibilit. Impiego pubblico -Nomina alla qualifica di vice-direttore delle carriere speciali ai sensi dell'art. 31, 1. 7 luglio 1959, n. 469 -Nomina effettuata in sede di prima applicazione della legge -Limiti. La natura transitoria di una norma non comporta la consumazione della sua efficacia al singolo atto applicativo emesso dalla P.A., essendo .quella norma, com' proprio di ogni norma giuridica, capace di reite rate applicazioni nei limiti temporali (di regola obiettivi) di efficacia, ~splicitamente posti dal legislatore (1). Un limite temporale all'efficacia di una norma transitoria non pu dedursi in via di analogia da norme transitorie che regolano casi simm O materie analoghe, ostandovi, data la natura eccezionale propria di tali -norme, il ricorso all'analogia (2). La retrodatazione della nomina alla qualifica di vice-direttore delle .carriere speciali, ai sensi deU'art. 3 l. 7 luglio 1959, n. 469, non limi tata ai soli casi di scrutini ed esami che vengono effettuati in sede di prima applicazione della legge, ma si estende, nei limiti temporali posti dal legislatore alla efficacia della norma richiamata, di carattere tran .sitorio, anche alle successive applicazioni della norma stessa (3). (1-3) Le norme transitorie che regolano la efficacia delle leggi nel tempo (diritto intertemporale), hanno come carattere precipuo quello della provvisoriet, che va considerato in rapporto a necessit o bisogni contingenti e straordinari e, in tali limiti, da un punto di vista generale, secondo quanto il legislatore di volta in volta ha disposto, sono capaci di reiterate applicazioni. Non vi , per, alcun dubbio sul loro carattere eccezionale, e quindi sulla esclusione di interpretazione analogica e estensiva: QUADRI, Disposizioni transitorie, Nuovissimo Digesto Italiano, V, 1132. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 383 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 dicembre 1965, n. 967 -Pres. Polistina -Est. Granito -Riggio (avv. Piccardi) c. Ministero Grazia e Giustizia (avv. Stato Ciardulli), Tortora ed altri (n.c.). Impiego pubblico -Promozione per merito comparativo -Autonomia dei giudizi -Fattispecie. Impiego pubblico -Promozione per merito comparativo -Attribuzione di punteggio -Motivazione -Presupposti. Impiego pubblico -Promozione per merito comparativo -Eccesso di potere -Disparit di trattamento -Fattispecie. Negli scrutini di promozione pe1 merito comparativo, i singoli giudizi sono tra di loro autonomi, specie se gli scrutini si susseguono a distanza di tempo e non riguardano il conferimento della stessa qualifica; pertanto, legittimamente, alcuni impiegati possono essere anteposti ad un altro, anche se i primi nel precedente scrutinio erano stati classificati dopo di questi, stante la diversit quantitativa e qualitativa dei titoli valutati in entrambi gli scrutini e la diversit della qualfica conferita (1). Negli scrutini per promozione a merito comparativo, il giudizio del Consiglio di amministrazione pu ritenersi congruamente motivato, se risultino indicati nella scheda i titoli valutati, e per ciascuna categoria di titoli e per ciascun funzionario risulti attribuito un punteggio entro i limiti indicati nei criteri di massima (2). Deve ritenersi viziato per eccesso di potere per disparit di trattamento il giudizio di merito comparativo, nel caso che, per la valutazione della condotta in servizio, sia attribuito ad uno scrutinando un punteggio inferiore a quello degli altri colleghi, nonostante che, per richiami di lieve entit inseriti nel fascicolo personale dell'interessato, risultino a carico dei pari grado meglio valutati addebiti di notevole gravit (3). (1-3) Sulla prima massima, la giurisprudenza costante: cfr. Sez. IV, 10 marzo 1965, n. 275, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 407; sulla seconda massima cfr. Sez. IV, 3 aprHe 1957, n. 394, ivi, 1957, I. 445. Cfr. anche Relazione Avvocatura dello Stato, 1956-60, III, 586, per altra giurisprudenza. lO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 384 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 dicembre 1965, n. 994 -Pres. De Marco -Est. Potenza -Lo Savio (avv. Palazzolo) c. Ministero Affari Esteri (avv. Stato Del Greco), Vinci e Manzini (n.c.). Impiego pubblico -Promozione a direttore generale -Promozione per merito comparativo -Esclusione. I Direttori generali, e gli impiegati con qualifica superiore (come i Ministri plenipotenziari), sono nominati, ai sensi dell'art. 170 t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, con decreto del Presidente della Repubblica, in base ad una valutazione discrezionale che non pu essere equiparata ad una progressione in carriera per promozione; pertanto, il provvedimento di nomina si sottrae alla procedura, ed,ai relativi principt, dello scrutinio di merito comparativo, specie se si considera che ai sensi del' secondo comma del detto articolo, la nomina a direttore generale pu essere conferita anche a persone estranee alla P.A. (1). (1) Massima esatta. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 dicembre 1965, n. 999 -Pres. De Marco -Est. Cuonzo -Riviera Film (avv. Sorrentino) c. Ministero Turismo e Spettacolo (avv. Stato Carbone). Cosa giudicata -Giudicato amministrativo -Riesame e rinnovazion& dell'atto annullato -Impugnativa -Motivi -Deducibili nel precedente giudizio e non dedotti -Inammissibilit. Cinematografia -Film -Programmazione obbligatoria e assegnazione del premio previsto dall'art. 14, 20 comma, legge 31 luglio 1956 n. 897 -Autonomia dei giudizi -Effetti. Atto amministrativo -Annullamento di ufficio -Contraddittoreit col' provvedimento annullato -Eccesso di potere -Non ipotizzabile. Nel caso che la P.A., in seguito ad una decisione di annullamento di un suo provvedimento, abbia riesaminato e rinnovato, con modifiche I contenutistiche, l'atto annullato, non sono ammissibili, in sede di im I ~ pugnativa dell'atto rinnovato, motivi di gravame gi deducibili e non dedotti nel precedente giudizio, siccome attinenti all'aspetto funzionale dell'originario provvedimento annullato, evidenziantesi col provvedi- PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 385 mento stesso e non gid soltanto a seguito delle integrazioni contenutistiche apportate dalla P.A. (1). Il provvedimento di ammissione di un film alla programmazione obbligatoria ed il provvedimento di assegnazione del premio previsto dall'art. 14 l. 31 luglio 1956, n. 897, presuppongono la dichiarazione di film prodotto per giovent, ma costituiscono autonome Jieterminazioni della P.A.; pertanto, venuta meno la dichiarazione di film prodotto per la giovent, nessuna incidenza sulla legittimitd del provvedimento di assegnazione del premio, sotto il profilo di eccesso di potere, possono avere l'entitd, la modalitd, e la tempestivitd della caducazione del provvedimento di ammissione alla programmazione obbligatoria (2). Non ipotizzabile il vizio di eccesso di potere per contraddittorietd tra il contenuto del provvedimento di annullamento di ufficio e quello del provvedimento annullato, in quanto l'atto di annullamento si giustifica nei limiti in cui nega i giudizi positivi espressi nel provvedimento annullato (3). (1-3) La prima massima applica un princ1p10 pacifico: cfr. Sez. IV, 29 dicembre 1965, n. 998, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 2122; ed ivi per altri richiami. La seconda massima risolve, con esattezza, una questione di specie. Sulla terza cfr. Relazione Avvocatura dello Stato, 1956-60, III, 11. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 dicembre 1965', n. 1001 -Pres. Polistina -Est. Gasparrini -Borrelli (avv. Ardizzone) c. Ministeri LL.PP. e Interni e Prefetto di Najoli (avv. Stato Casamassima) e Istituto Autonomo Case Popolari di Napoli (avv. Fortini). Espropriazione per p. u. -Impugnativa -Censure relative ai criteri tecnici seguiti per la redazione del progetto -Inammissibilit Censure relative ai criteri per l'applicazione della legge -Ammissibilit. Espropriazione per p. u. -Impugnativa -Omessa presentazione delle osservazioni ai sensi dell'art. 18 della legge n. 2359 del 1865 -Irrilevanza. Espropriazione per p. u. -Impugnativa -Censure relative a un bene non coperto dalla dichiarazione di p. u. -Omessa impugnativa del decreto di dichiarazione di p. u. -Irrilevanza. 386 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Espropriazione per p. u. -Espropriazione per la costruzione di edifici popolari ai sensi della legge 9 agosto 1954 n. 640 -Espropriazione di aree destinate alla costruzione di servizi Legittimit. In se~e di impugnativa di un decreto di occupazione e di espropriazione (che nena specie riguardava la costruzione di edifici a carattere popolare ai sensi della legge 9 agosto 1954, n. 640) sono ammissibiii le censure che investono l'operato deUa P.A., le quali siano basate non sui criteri tecnici adottati nella redazione del progetto, bens sul modo, che si assume errato di interpretazione e applicazione della legge (1). Il mancato uso della facolt di svolgere le osservazioni ai sensi degli artt. 18 e 19, l. 25 giugno 1865, n. 2359 non preclude la possibilit di impugnare in sede giurisdizionale il decreto di esproprio, trattandosi di facolt rimessa alla discrezione dell'espropriando e non sanzionata dalla decadenza (2). ammissibile la impugnativa di un decreto di occupazione e di espropriazione anche se non sono stati impugnati i precedenti decreti di dichiarazione di p.u. e di urgenza e indifferibilt dell'opera, qualora le censure riguardino la estensione dell'occupazione e dell'espropriazione J. di beni non coperti dalla dichiarazione di p.u. (3). , , I legittima la espropriazione di un suolo occorrente per la costru I ~ zione di edifici popolari ai sensi della l. 9 agosto 1954, n. 640, qualora esso comprenda non solo la superficie che sar effettivamente coperta . da costruendi edifici, ma anche le aree necessarie per l'impianto dei ~1 servizi, per l'accesso ai fabbricati e comunque per assicurare il giusto 00, rapporto tra la densit numerica degli occupanti le case e lo spazio . I ad essi riservato (4). I i Iw (1) La prima massima s1 ispira al princ1p10 secondo il quale non sono ammissibili le censure che investono il merito del procedimento espropriativo e cio quelle che riguardano i criteri tecnici adottati nella redazione del progetto, mentre sono ammissibili le censure che ineri. scono all'applicazione della legge: cfr. Cass., Sez. Un., 6 giugno 1952, J n. 1616. (2) Non essendo prevista la decadenza nel caso di mancato esercizio I della facolt di proporre osservazione ex art. 18 della legge espropria w tiva, deve ritenersi ammissibile, anche se le osservazioni non sono state i svolte, la impugnativa del decreto di esproprio: Cons. giust. amm. Reg. Sic., 27 gennaio 1954, Il Consiglio di Stato, 1954, I, 81; Cass., Sez. Un., l!i 6 giugno 1962, n. 1616. i ' (3) Principio pacifico. . ' (4) In tal senso cfr. Sez. IV, 27 ottobre 1965, n. 648, ivi, 1965, I, 1650. Il ., .. . . :::::::;v.::x;.-x-:= X.:-: /:::::; ..w.::;...-~w..:.:: )V.-.X: ..:;:;; "':Y.7' ::-:? _. 7. z.-; "Y/.i .-""'"ff.' r. -. ~ PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 387 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 dicembre 1965., n. 1004 -Pres. Polistina -Est. Urciuoli -De Abbondi ed altri (avv. Romanelli) c. Giunta Regione Trentino-Alto Adige (avv. Stato Azzariti). Atto amministrativo -Silenzio -Situazione di fatto consolidatesi col tempo in esecuzione di atti divenuti inoppugnabili -Diffida a provvedere in modo diverso -Silenzio della p. a. -Impugnativa -Inammissibilit. Non sussiste obbligo di p1ovvedere, e pertanto non si forma silenzio impugnabile sulla diffida all'uopo notificata, qualora venga notificata alla P.A. una istanza che sia sostanzialmente rivolta a proporre una semplice rimostranza nei riguardi di una situazione di fatto consolidatasi co.l tempo, in esecuzione di atti divenuti inoppugnabili per la mancata impugnativa da parte dell'interessato (1). (1) Si tratta di un principio pacifico: non sussiste un obbligo di provvedere, a carico della P. A., per ottenere la revisione di atti divenuti 'noppugnabili; cfr. Sez. VI, 25 luglio 1964, n. 562, Il Consiglio di Stato, "t4, I, 1344. \LIO DI STATO, Sez. IV, 29 dicembre 1965, n. 1007 -Pres. PoliEst. Risi -Medioli (avv. Artoni) c. Ministero Partecipazioni (avv. Stato Ciardulli). \istrativi -Ricorso gerarchico -Competenza della auto\ Cessazione del rapporto gerarchico successivamente '\one del gravame. -Irrilevanza. 1'ativa -Ricorso al Consiglio di Stato -Impugna.-.: isioni di ricorso gerarchico dichiarato inammissibile ~ te da parte del Consiglio di Stato -Inammissibilit. L'esame da parte dell'autoritd investita della decisione in un ricorso gerarchico, della sussistenza dei presupposti che condizionano la pronuncia sui motivi del ricorso stesso, va fatto con riferimento al momento nel quale ii gravame proposto, a nulla rilevando ii sopravvenire di circostanze, idonee a spostare lei competenza; pertanto se all'atto della proposizione del gravame intercorreva tra le due autoritd il rap 388 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO porto gerarchico, l'autorit adita non pu declinare la decisione per il fatto he venuta meno la sua competenza a provvedere (1). Il Giudice amministrativo, se dichiara inammissibile un ricorso gerarchico, cos modificando la decisione impugnata, non pu pronunciarsi sul ricorso, ma deve rimettere gli atti alla autorit gerarchica (2). (1) Il rapporto gerarchico, che costituisce il presupposto per la proposizione del ricorso, deve sussistere al momento in cui il gravame viene proposto e deciso. (2) Giurisprudenza costante, Sez. V, 10 aprile 1964, n. 456, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 705. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 dicembre 195,5, n. 1008 -Pres. De Marco -Est. Urciuoli -Societ Industrie Filati (avv. Giannini A. D.) c. Comitato Interministeriale Prezzi (avv. Stato Azzariti). Prezzi -Disciplina -Energia elettrica -Riduzione con effetto retroattivo -Illegittimit. Prezzi -Disciplina dei prezzi -Energia elettrica -Riduzione dei prezzi Istruttoria -Mancanza -Illegittimit. illegittimo il provvedimento con il quale il C.I.P., in deroga al principio generale per cui gli atti amministrativi incidenti su situazioni giuridiche gi definite non possono avere efficacia retroattiva, operi, con effetto retroattivo, una riduzione dei prezzi dell'energia elettrica (1). illegittimo il provvedimento con il quale il C.I.P. riduce le ali quote in base alle quali debbono essere determinati i contributi per l'energia elettrica, ove tale riduzione non sia preceduta da adeguata istruttoria, sui costi e sulla produzione (2). (1-2) Sulla prima massima non risultano precedenti; sulla seconda cfr. Sez. IV, 4 ottobre 1963, n. 60, in questa Rassegna, 1964, I, 116, con nota, sez. IV, 1<> dicembre 1965, n. 744, retro, I, 373. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 3 dicembre 1965, n. 1085 -Pres. Chiofalo -Est. Felici -Balestrieri ed altri (avv. D'Amato) c. Comune di Castellammare di Stabia (avv. Fragola). Edilizia -Demolizioni di costruzioni non autorizzate -Istanza dei privati al Sindaco -Sussistenza dell'interesse qualificato -Obbligo di provvedere -Silenzio rifiuto -Impugnativa al Consiglio di Stato Ammissibilit. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 389 Edilizia -Demolizioni di costruzioni non autorizzate -Istanza dei privati al Sindaco -Silenzio rifiuto -Impugnativa con ricorso al Consiglio di Stato -Successivo ordine di demolizione -Cessazione della materia del contendere. Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato -Mutatio libelli -Inammissibilit. La domanda rivolta dal privato, che sia portatore di un interesse qualificato per ottenere la demolizione di costruzioni non autorizzate o eseguite in difformit alla licenza, determina l'obbligo, per il Sindaco, di adottare i provvedimenti ai sensi dett'art. 32 l. 17 agosto 1942, n. 1150; pertanto l'inerzia del Sindaco, dopo la diffida, costituisce. silenzio rifiuto, impugnabile al Consiglio di Stato, essendo tale inerzia lesiva di un interesse legittimo e non di un interesse semplice nei confronti del soggetto danneggiato daita costruzione abusiva (1). IJ provvedimento col quale il Sindaco non solo ripete l'intimazione a demolire la costruzione abusiva, ma minaccia l'esecuzione di ufficio, integra gli estremi dell'ordine di demolizione che rende palese la volont dell'Amministrazione di eliminare la situazione illegittima; per conseguenza viene a cessare la materia del contendere in relazione al ricorso giurisdizionale proposto dal privato conto il silenzio rifiuto sulla domanda rivolta al Sindaco per ottenere la demolizione della costruzione abusiva (2). Non ammissibile, sia nel giudizio ordinario, sia nel giudizio amministrativo, trasformare il contenuto della domanda, sostituendo al ricorso proposto contro una fattispecie negativa, inerente al silenzio Tifiuto, la diversa impugnazione di un atto positivo, a seguito del quale si sarebbe verificata la revoca del provvedimento emesso in precedenza dalla P. A. a favore dell'istante (3). (1) Cfr. Sez. V, 29 settembre 1965, n. 1000, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 1470; Sez. V, 14 febbraio 1964, n. 207, ivi, 1964, 274; Ad. plen., 24 novembre 1962, n. 13, Foro amm., 1963, I, 10, con nota. (2) Sul procedimento per la demolizione delle opere abusive cfr. Sez. V, 26 maggio 1962, n. 468, Il Consiglio di Stato, 1962, I, 982, con richiami. (3) Principio pacifico. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 10 dicembre 1965, n. 1108 -Pres. Chiofalo -Est. Laschena -Maieller (avv. Giannini M. S. e Ritz) c. Giunta Provinciale di Bolzano (avv. Guarino). Atto amministrativo -Competenza e giurisdizione -Atto adottato in base a norme dichiarate incostituzionali -Effetti ai fini della giurisdizione -Giurisdizione del Consiglio di Stato. 390 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Demanio -Demanio storico e artistico -Bellezze naturali -Provincia di Bolzano -Pretesa incostituzionalit della legge 27 luglio 1957 n. 8 -Manifesta infondatezza. Demanio -Demanio storico e artistico -Bellezze naturali -Provincia di Bolzano -Demolizione e sospensione dei lavori art. 8 1. n. 8 del 1957 -Criteri. Quando la legge perde efficacia con la dichiarazione di incostituzionalitd, la conseguenza che si deve trarne soltanto che vi stata una illegittima attribuzione di potestd discrezionale, e non che vi stato l'esercizio di un potere inesistente, e perci le posizioni subiettive incise hanno la consistenza di inte1esse legittimo, sulla cui lesione competente a pronunciarsi il Consiglio di Stato (1). manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalitd della legge provinciale di, Bolzano 24 luglio 1957, n. 8, con riferimento all'art. 95 l. cost. 26 febbraio 1958, n. 45 (che ha approvato lo Statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige) e alla VIII disp. trans. Cost., in quanto nella materia della tutela delle bellezze panoramiche la provincia di Bolzano ha potestd legislativa primaria, non subordinata alla previa emanazione di norme di attuazione, e pu modificare le leggi ordinarie dello Stato (2). Il potere di sospensione dei lavori edilizi, previsto dall'art. 8 della legge provinciale 24 luglio 1957, n. 8, pu essere esercitato sia quando la zona gid vincolata, sia quando il vincolo paesistico non stato ancora imposto (3). (1) Il Consiglio di Stato conferma il suo orientamento gi esprsso con la decisione Ad. Plen., 8 aprile 1963, n. 8 e criticato in nota alla decisione Sez. VI, 18 marzo 1964, n. 247, in questa Rassegna, 1965, I. 751. (2) Cfr., da un punto di vista generale, Corte Cost., 26 gennaio 1960, n. 2; e, per la Regione Siciliana, Sez. VI, 20 novembre 1963, n. 844 in questa Rassegna, 1964, I, 349, con nota di GuGLIELMI. (3) Giurisprudenza costante: cfr. Sez. VI, 31 marzo 1962, n. 276, Il Consiglio di Stato, 1962, I. 539. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 18 dicembre 1965, n. 1130 -Pres. Chiofalo -Est. Caianiello -Caffarelli (avv. Jemolo) c. Ministero Interno (avv. Stato Matalone) e Istituto dei Ciechi (avv. Sciacca). Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza -Organi -Scioglimento -Discrezionalit -Insindacabilit. Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza -Organi -Scioglimento -Invito agli amministratori -Omissioni -Criteri. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 391 Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato -Motivi -Motivi non dedotti nel ricorso gerarchico -Inammissibilit. Non sindacabile per eccesso di potere il decreto prefettizio di scioglimento del Consiglio di amministrazione di una istituzione pubblica di assistenza e beneficenza, in quanto rientra nella disC1ezionalit della P. A., non sindacabile in sede giU1isdizionale, la possibilit di demandare ad un Commissario straordinario la eliminazione delle irregolarit, una volta che sia stato accertato un notevole disse1vizio nell'amministrazione dell'Ente (1). Qualora non sia possibile prefissare un termine per adempiere nel provvedimento di scioglimento del Consiglio di amministrazione di un'Opera Pia, necessmio che il provvedimento stesso indichi le ragioni che rendono inutile dette indicazioni (2). Sono inammissibili i motivi proposti in sede di ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato, qualora essi non siano stati dedotti nel precedente gravame gerarchico (3). (1-2) Cfr. Sez. V, 2 7agosto 1956, n. 661, Il Consiglio di Stato, 1956, I, 966, e sul termine da applicare per il ricorso gerarchico contro i provvedimenti prefettizi di controllo sulle opere pie, cfr. Sez. V, 13 marzo 1964, n. 364, in questa Rassegna, 1964, I, 754. (3) Giurisprudenza costante: cfr. Sez. IV, 12 maggio 1965, n. 414, ivi, 1965, I, 851. CONSIGLIO D !STATO, Sez. V, 18 dicembre 1965, n. 1133 -Pres. Chiofalo -Est. Felici -Costabile (avv. Sassone) c. Comune di Rutino (avv. Sica). Cosa giudicata -Giudicato amministrativo -Esecuzione -Ricorso ai sensi dell'art. 27 n. 4 -Precedente condanna generica della P. A. al risarcimento dei danni -Non preclude il ricorso -Ricorso ai sensi dell'art. 27 n. 4 ed azione giudiziaria, nel caso di precedente condanna generica della p. a. -Alternativit. La domanda per risarcimento di danni proposta dal privato e la condanna generica al risarcimento pronunciata dal giudice ordinario non precludono la proposizione del procedimento di ottemperanza, il quale non precluso neanche dalla liquidazione dei danni che sia in 392 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO completa, lasciando insoddisfatta il pregiudizio causato dalla P. A. Di conseguenza il privato, ottenuta la condanna generica della P. A. al risarcimento dei danni, pu adire il tribunale ordinario per la relativa liquidazione o il Consiglio di Stato col procedimento di ottemperanza, ma non pu cumulare i due mezzi di ~utela fino a conseguire, insieme con l'integrale risarcimento, la totale reintegrazione specifica nena posizione giuridica pregiudicata dall'atto amministrativo (1). (1) Cfr. Sez. V, 28 agosto 1963, n. 760, Il Consiglio di Stato, 1963, I, 1174; Sez. VI, 5 marzo 1965, n. 149, in questa Rassegna, 1965, I, 749, con nota. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 18 dicembre 1965, n. 1136 -Pres. Chiofalo -Est. Cesareo -Originale di Criscio (avv. Iaccarino) c. Prefetto Napoli (avv. Stato Zagari). Contratti pubblici -Approvazione -Visto di esecutoriet -Diniego fattispecie -Legittimit. Contratti pubblici -Albo nazionale dei costruttori -Iscrizione -Criteri. legittimo il decreto prefettizio che nega il visto di esecutoriet ad un contratto comunale in base alla considerazione che l'importo dei lavori da appaltare di valore superiore a quello per il quale la ditta aggiudicatrice stata iscritta nell'albo nazionale dei costruttori (1). La classificazione dell'impresa nell'albo nazionale dei costruttori secondo l'importo stabilito dall'art. 5 della l. 10 febbraio 1962, n. 57, vale per le iscrizioni definitive e non per le iscrizioni provvisorie; e comunque fino al triennio dell'entrata in vigore della legge cit. n. 57, le imprese possono partecipare alle gare indette dallo Stato e degli Enti pubblici nel limite della somma massima per cui la iscrizione stata concessa (2). (1) Non vi dubbio che l'iscrizione di una ditta nell'albo dei costruttori, per un importo inferiore a quello della gara, costituisce un valido motivo in base al quale il prefetto pu negare il visto di esecutoriet; cfr. sui criteri ai quali deve ispirarsi il visto prefettizio, Sez. V, 18 febbraio 1965, n. 151, in questa Rassegna, 1965, I, 540. (2) Interpretazione esatta dei criteri cui deve ispirarsi la iscrizione delle imprese nell'albo dei costruttori, ai sensi della citata legge n. 57. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 393 CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 18 dicembre 1965, n. 1138 -Pres. Chiofalo -Est. Cesareo -Coppi (avv. Jemolo) c. Pio Istituto di S. Spirito (avv. Canevacci). Contratti pubblici -Licitazione privata -Verbale di aggiudicazione Impugnativa -Competenza del Consiglio di Stato -Sussiste. Contratti pubblici -Licitazione privata -Aggiudicazione -Procedimento -Continuit delle operazioni della gara. Contratti pubblici -Licitazione privata -Offerta in aumento -Offerta di importo pari al valore base -Inammissibilit. Rientra nella competenza del Consiglio di Stato l'impugnativa che riguarda ii ve'l'baZe di aggiudicazione di una gara per licitazione privata, in quanto Ze norme che regolano le gare sono stabilite nell'esclusivo interesse pubblico, rispetto al quale sono occasionalmente tutelati gli interessi dei privati concorrenti (1). Nella licitazione privata l'aggiudicazione deve aver luogo nella JJtessa seduta in cui vengono aperte le buste, senza soluzione di continuitd, al fine di assicurare l'assoluta indipendenza di giudizio ed autonomia di azione del Presidente della gara rispetto a soggetti estranei (2). In una licitazione privata non pu ritenersi ammissibile un'offerta di importo pari al valore base della gara, se questa prescrive solo offerte in aumento (3). (1) Principio pacifico: cfr. Massimario Giurisprudenza Consiglio di Stato, 1932-61, I, 1065. (2) Applicazione del principio secondo il quale solo la violazione delle norme, dettate nell'interesse della P. A., che comprometta il serio e proficuo esperimento della gara, determina la invalidit della licitazione: cfr. Sez. V, 12 novembre 1960, n. 791, n Consiglio di Stato, I, 2074 e giuris. ivi cit. (3) Massima di ovvia esattezza. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 7 dicembre 1965, n. 905 -Pres. Breglia -Est. Benvenuto -Cappiello (avv. Cattaneo) c. Camera Commercio (avv. Stato Ricci). Impiego pubblico -Inquadramento -Questioni di legittimit costituzionale dell'art. 370 t. u. 10 gennaio 1957, n. 3 sotto il profilo della violazione della delega prevista dall art. 2 n. 17 1. 20 dicembre 1954 n. 1181 -Manifesta infondatezza. 394 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Impiego pubblico -Dipendenti delle Camere di Commercio -Inquadramento -Decorrenza -Limiti. infondata l'eccezione di legittimit costituzionale dell'art. 37() t.u. 10 gennaio 1957, n. 3 per pretesa violazione della delega di cui all'art. 2 n. 17 l. 20 dicembre 1954, n. 1181, giacch il limite indicato da tale delega al potere legislativo delegato (garanzia della piena valutazione del servizio prestato dagli impiegati e della conservazione della posizione da esse acquisite) concerne l'inquadramento del personale nelle varie carriere e le qualifiche, e non la disciplina delle promozioni (1). L'inquadramento dei gradi nelle qualifiche, disposto dall'art. 77 d.P.R. 11 gennaio 1956, n. 16 e previsto anche dal cit. art. 370 t.u. n. 3 stato posto in essere, per i dipendenti statali, con effetto dal 1 luglio 1956, mentre per il personale delle Camere di commercio ha avuto la decorrenza, a tutti gli effetti, dal 10 aprile 1958 (2). (1) Giurisprudenza pacifica: cfr. Sez. VI, 27 aprile 1960, n. 255, U Consiglio di Stato, 1960, I, 748; Sez. IV, 30 ottobre 1959, n. 1055, ivi, 1959, I, 1339. (2) Non risultano precedenti. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 7 dicembre 1965, n. 912 -Pres. Stumpo -Est. De Roberto -Malara (avv. Cattaneo) c. Ministero Agricoltura (avv. Stato Casamassima). Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico e privato -Operai giornalieri -Inquadramento -Giurisdizione del Consiglio di Stato. Rientra nella giurisdizione del Consiglio di Stato la controversia che abbia per oggetto la pretesa di un operaio giornaliero dello Stato ad essere inquadrato nella categoria degli operai temporanei prevista dalla l. 26 febbraio 1962, n. 67 per la nomina di cui alla l. 5 marzo 1961, n. 90, in quanto viene sottoposta a sindacato il potere discrezionale che la P. A. ha in base a questa ultima legge in materia di inquadramento, con carattere discrezionale, e perci non sono configurabili diritti soggettivi, bensi interessi legittimi (1). (1) Sulla questione di competenza, e in relazione alla questione di principio per il quale in materia di inquadramento e di organizzazione, essendo ispirata a esigenze pubblicistiche e perci discrezionali, non sono configurabili diritti soggettivi bensi interessi legittimi, cfr. Cass., retro, I. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 395 CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 21 dicembre 1965, n. 940 -Pres. Toro -Est. Fanelli -Introcaso (avv. Mazzei) c. Ministero P. I. (avv. Stato Carafa). Collegio -Collegio amministrativo -Procedimento disciplinare -Commissione disciplina -Presidente -Astensione -Sostituzione con il membro pi anziano -Motivazione -Legittimit. Impiego pubblico -Procedimento disciplinare -Sospensione -Procedimento penale relativo a fatti diversi -Sospensione -Inammissibilit. In caso di astensione dei Presidente deUa Commissione di disciplina, Legittimamente ii membro pi anziano assume La Presidenza ai sensi deU'art. 148 t.u. 10 gennaio 1957, n. 3; e nel verbale deUa seduta sufficiente il richiamo aU'art. 149 t.u. cit., senza aitra motivazione (1). Se nei corso di un procedimento disciplinare venga promosso procedimento penale a carico del dipendente e di altri impiegati che abbiano reso dichiarazioni non favorevoli aU'inquisito, ii giudizio disciplinare non deve sospendersi qualora i fatti oggetto di due procedimenti siano dei tutto diversi (2). (1) La giurisprudenza in tal senso costante: cfr. la giuris. cit. in C1ANFLONE, La supplenza, 54; GARGIULO, I collegi amministrativi, 140. (2) Massima di ovvia esattezza. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 luglio 1965, n. 1540 -Pres. Rossano -Est. Spagnoletti -P. M. Polimeni (diff.) -Amministrazione Finanze (avv. Stato Savarese) c. Camertoni (avv. Andriani). Impresa -Inpresa agricola -Attivit connesse -Concetto -Limiti. (C. c., art. 2135). Imposta generale sull'entrata -Monta taurina per conto terzi -Compravendita di mangimi destinati all'alimentazione dei tori -Applicabilit dell'imposta -Limiti. (1. 19 giugno 1940 n. 762, artt. 2 e 8, lett. e). L'elencazione detle attivit connesse contenuta nel 20 comma dell'art. 2135 cod. civ. non ha carattere tassativo, e non esaurisce, pertanto, unitamente alle altre tre tipiche e tradizionali attivit della coltivazione della terra, della silvicultura e dell'allevamento del bestiame, il possibile oggetto dell'impresa agricola. Tali attivit connesse sono caratterizzate da un elemento negativo, il non rientrare fra le attivit qualificatrici dell'impresa agricola, e da un elemento positivo, la integrazione con una delle suddette attivit qualificatrici. Di conseguenza, attivit che sotto il profilo obbiettivo potrebbero apparire commerciali si inquadrano nell'ambito della impresa agricola purch rientrino nell'esercizio n01male dell'agricoltura (1). (1-2) Con la sentenza in esame, e con altra successiva del 28 luglio 1965, n. 1805, la Cassazione, seppure ai fini tributari in contestazione, ha sostanzialmente riesaminato il problema della distinzione fra impresa agricola e impresa commerciale o industriale in ordine alle cosidette attivit connesse all'agricoltura, affermando principi che appaiono meritevoli di alcune osservazioni. Secondo la Suprema C'orte, in sostanza, l'esercizio professionale di attivit diverse da quelle tipicamente agricole (coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento del bestiame) pu rientrare nell'ambito dell'impresa PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 397 Per affermare in concreto che l'esercizio della monta taurina svolta al servizio di terzi rientra nel concetto di impresa agricola, quale attivit agraria per connessione, con conseguente esclusione dell'assoggettabilit all'imposta sull'entrata degli atti economici relativi ai mangimi impiegati per l'alimentazione dei tori (art. 2 e 8 lett. c) legge 19 giugno 1940, n. 762), essenziale stabilire se la monta taurina venga esercitata con lo strumento di un'autonoma organizzazione aziendale, capace di imprimere ad essa una individualit distinta, ovvero attraverso la organizzazione di beni, di capitali e di lavoro propri dell'azienda agricola dandosi luogo, solo in questa secondo ipotesi, ad un'attivit agraria per connessione (2). (Omissis). -Con il primo motivo del ricorso l'Amministrazione finanziaria denunzia la violazione e falsa interpretazione dell'art. 2131> cod. civ., in relazione all'art. 2 della legge 19 giugno 1940, n. 762. La ricorrente assume che la Corte di appello in tanto ha potutoerroneamente ritenere che l'attivit di monta taurina svolta a serviziodi terzi rientri nel concetto di impresa agricola, secondo la definizione che ne d l'art. 2135 cod. civ., in quanto ha forzato, da un lato, la lettera e lo spirito della norma, ed ha, dall'altro, accolto una interpretazione eccessivamente estensiva, che porta a ricomprendere nelle attivit connesse, oltre a quelle di trasformazione ed alienazione dei prodotti agricoli, anche altre attivit accessorie a quelle dell'impresa agricola propriamente considerata. Sostiene che invece il capoverso dell'art. 2135 costituisce l'interpretazione autentica del primo comma, nel senso che attivit connesse devono ritenersi solo quelle dirette alla trasformazione o alienazione dei prodotti agricoli. Resterebbe perci agricola se contenuto nei limiti di una accessoriet qualitativa ed economica rispetto ad una delle attivit tipiche suddette (in tal senso gi Cass. 4 mar zo 1959, n. 622). Tale affermazione implica la soluzione di due importanti problemi rela tivi alla interpretazione dell'art. 2135 cod. civ. Il primo di tali problemi riguarda il quesito se le attivit connesse al l'agricoltura costituiscano o meno un problema giuridico, per i fini che interessano, solo in quanto esercitate in via accessoria rispetto ad una atti vit tipicamente agricola. A tale quesito la Cassazione ha risposto affermativamente, in confor mit di quanto gi sostenuto in dottrina (ANGELONI, Imprese e societ, Ro ma 1952, 44; FERRARA, Imprenditori e societ, Milano 1962, 60); onde pu> affermarsi che, a differenza di quanto avviene per le attivit ausiliarie di quelle commerciali tipiche (art. 2195 cod. civ.) le attivit connesse all'agri coltura possono essere esercitate dall'imprenditore agricolo soltanto come accessorio di altra attivit agricola principale, e giammai in via esclusiva. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO escluso che nel concetto di connessione possano farsi rientrare altre attivit non contemplate nel capoverso. ~:: Aggiunge che l'impresa agricola comprende soltanto quattro ipotesi, tre tipiche ed una mista: coltivazione, silvicoltura, allevamento . del bestiame, e trasformazione ed alienazione dei prodotti agricoli. ' Quanto poi al concetto di allevamento del bestiame, qualora si tratti . di tori da monta al . servizio di terzi, come nella fattispecie, non pu parlarsi n di allevamento di bestiame, n di attivit connesse. La censura non fondata. Il carattere esemplificativo e non tassativo della elencazione delle attivit connesse, contenuta nel secondo comma dell'art. 2135 cod. civ., stato gi affermato da questa S. C. con la sentenza n. 622 del 4 marzo 1959 e, implicitamente, con quella n. 1478 del 12 giugno 1964. Le attivit di cui al secondo comma citato non concorrono, con le tre tipiche e tradizionali attivit previste nel primo comma, ad esaurire il possibile oggetto dell'impresa agricola, perch non si giustifica la struttura dell'art. 2135 se non conferendo l'accezione pi vasta al termine attivit connesse . Ed invero, l'esplicita menzione fatta nel primo comma avrebbe dovuto dispensare dal definirne poi separatamente l'ambito. Deve ritenersi che l'ambito dell'operatore agricolo non sia ristretto alle attivit che sono state elencate solo a scopo esemplificativo. Esse sono caratterizzate da un elemento negativo, il non rientrare cio tra le attivit qualificatrici dell'impresa agricola (coltivazione della terra, silvicultura, allevamento del bestiame), e da un elemento positivo, il presentare cio una connessione nel senso di integrazione con una delle suddette attivit qualificatrici. Cosi le attivit che sotto il profilo obiettivo potrebbero apparire commerciali rientrano nell'ambito dell'impresa agricola, purch abbiano In tale caso, infatti, esse, data la loro intrinseca natura, determinano senz'altro l'acquisto della qualifica di imprenditore commerciale. Il secondo dei problemi risolti dalla Cassazione riguarda invece l'ambito sostanziale delle attivit connesse e, rispetto ad esso, l'accentuato rilievo attribuito al riferito carattere dell'accessoriet, ha determinato, a nostro avviso, un ingiustificato allargamento di quel concetto. Ci riferiamo evidentemente alla affermazione secondo cui l'elencazione delle attivit connesse contenuta nel capoverso dell'art. 2135 cod. civ. non ha carattere tassativo, onde qualsiasi attivit industriale o commerciale, seppure diversa dalla trasformazione e alienazione dei prodotti agricoli:, [>u ritenersi connessa all'agricoltura se esercitata in via accessoria da un imprenditore .agricolo. Per giungere a tale affermazione la Suprema Corte ha argomentato esclusivamente dalla formulazione dell'art. 2135, ritenendo che, se le attivit di trasfoo-mazione e alienazione dei prodotti agricoli fossero le SO'le PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 399 il requisito indicato nel secondo comma dell'art. 2135 con l'inciso quando rientrano nell'esercizio normale dell'agricoltura . Ne deriva che dal testo della legge non dato di poter escludere, in linea di massima, che l'esercizio della monta taurina possa essere considerato attivit agraria per connessione, contrariamente a quanto si assume con il primo mezzo. Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando contraddittoriet e difetto di motivazione su punti decisivi, lamenta che la Corte di merito, per ritenere esistente il rapporto di accessoriet fra.. l'attivit in esame e quella strettamente agricola, siasi limitata a considerare che i tori erano alimentati prevalentemente con i prodotti del fondo, senza invece accertare e dimostrare che essi si aggiungessero alle bestie da allevamento per costituire un tutt'uno ai fini della coltivazione. Tale censura sostanzialmente fondata. Non pu non riconoscersi che la denunziata sentenza ha omesso di compiere la doverosa indagine su un elemento fondamentale, quello della connessione, che va dimostrata non con il semplice accertamento del fatto apparente, ma con la prova della strumentalit del fatto stesso con l'impresa agraria. Ora, aflnch l'impiego di tori nella monta, anche a servizio di terzi, possa considerarsi attivit agricola per connessione, necessario: a) che difetti la esistenza di quell'elemento che costituisce il substrato indispensabile di ogni impresa, e cio un complesso di beni organizzati e autonomamente destinati allo svolgimento di quella attivit agricola connessa; b) che esista invece un rapporto fra questa e la principale attivit industriali e commerciali esercitabili in connessione con una attivit agricola principale, la detta norma non avrebbe dovuto scindersi in due commi distinti, apparendone pi esatta una formulazione che considerasse anche le dette attivit insieme a quelle tipicamente agricole. A nostro parere, tale giustificazione formale, della quale non neanche facile cogliere il significato, non idonea a vincere le ragioni sostanziali che la contrastano. Appare infatti logico ritenere che il carattere distintivo delle attivit connesse sia dato proprio dalla loro connessione alla agricoltura, da quel vincolo funzionale cio che il legislatore ha precisato nel secondo comma dell'art. 2135 e che facilmente riconoscibile nella utilizzazione (trasformazione o alienazione) dei prodotti agricoli, naturalmente legata all'agricoltura dalle stesse necessit del relativo ciclo di produzione. E al di fuori di tale attivit non esiste pi una connessione sostanziale, ma una semplice accessoriet occasionale che non coglie il significato e lo :spirito della normativa in esame. La verit appare piuttosto che la presunzione di connessione stabiiita dal capoverso dell'art. 2135 per le attivit di utilizzazione dei prodotti agri- li 400 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO attivit agricola, caratterizzato dal fatto che essa trovi, nell'impresa agricola, l'occasione e, negli elementi che ne costituiscono la struttura aziendale, le condizioni ambientali ed economiche per il suo svolgimento, conferendo cosi all'azienda strettamente agricola concreti incrementi. Questo S. C. ha gi fissato con le sentenze n. 1478 del 12 giugno 1964 e n. 1106 del 20 aprile 1955 il principio che ravvisa nella, esistenza o meno di un'autonoma azienda il criterio fondamentale perstabilire se l'attivit in questione debba considerarsi commerciale oppure agraria per connessione. A tale principio non si attenuta la denunziata sentenza, dalla. quale si evince che i giudici del merito, limitando in punto di fatto la. loro indagine all'elemento non decisivo della provenienza di prodotti destinati all'alimentazione dei tori, hanno trascurato di accertare e di. porre in evidenza con adeguata motivazione se l'attivit della monta taurina venisse esercitata dal Camertoni con lo strumento di un'autonoma organizzazione aziendale, capace di imprimere ad essa una individualit distinta, o se invece si valesse della organizzazione di beni,_ di capitali e di lavori propri dell'azienda agricola, dando vita, solo in. questa seconda ipotesi, ad un'attivit agraria per connessione. Non basta l'asserzione che si legge in sentenza, che l'attivit in parola forma, con gli altri fattori produttivi, un complesso organico unitario , apparendo essa una affermazione generica ed apodittica, senza alcun riferimento alle fonti del convincimento, s da non consen-. tire alcun controllo sul processo logico dei giudici di merito. Si impone pertanto un'adeguata indagine sul punto, da compiersi. dal giudice di rinvio in aderenza al principio sopra enunciato. ( Omissis). coli, non assoluta ma relativa; essa vige cio nei soli limiti dell'esercizio. normale dell'a~icoltura (in tal senso TORRENTE, JANNELLI, RUPERTO, Del lavoro, in Comm. cod. civ., Torino 1961, 302). Tale limitazione assume pertant0< una funzione essenzialmente negativa, tale cio da escludere dal concetto di attivit connesse anche la utilizzazione dei prodotti agricoli quando, per la sua importanza o per la sua specializzazione industriale o commerciale, non corrisponda ad un esercizio normale della attivit agricola. Per tale motivo, non appa;re neanche esatto il ritenere, come ha fatto. la Cassazione, che il criterio della normalit costituisca l'elemento esclusivi>. di qualificazione delle attivit connesse e sia possibile giungere, in base ad. esso, ad una estensione dell'ambito di tali attivit oltre i limiti sostanziali della trasformazione ed alienazione dei prodotti agricoli. G. ANGELINI ROTA_ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 401 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 luglio 1965, n. 1809 -Pres. Pece -Est. Allinej -P. M. Caccioppoli (conf.) -Ministero Finanze (avv. dello Stato Pacia) c. Soc. Jacki Maeder (avv. Greco) e Lloyd Triestino (avv. Jona). Dogana -Merci in temporanea custodia -Sottrazione -Azione di risarcimento del danno -Destinatario del trasporto -Legittimazione. r. d. 13 febbraio 1896, n. 65, art. 40). Dogana -Merci in temporanea custodia -Obbligo di vigilanza dell'Amministrazione -Sottrazione resa possibile da violazione delle norme di comune prudenza e diligenza -Responsabilit. (c. c., art. 2043; I. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 25). Dogana -Merci in temporanea custodia -Limitazione di responsabilit di cui all'art. 26 regol. doganale -Applicabilit all'Amministrazione -Esclusione. r. d. 13 febbraio 1896, n. 65, art. 26). Nel caso di sottrazione di me1ci dai magazzini doganali di temporanea custodia, il portatore della polizza di carico a nome del quale il vettore ha emesso l'ordine di consegna d al quale ha rilasciato lo speciale permesso o nulla osta previsto dall'art. 40 del regolamento doganale, legittimato ad esercitare, nei confronti dell'Amministrazione, l'azione di risarcimento del danno (1). L'Amministrazione tenuta ad esercitare vigilanza sulle merci introdotte nei magazzini di temporanea custodia, onde, quando la loro sottrazione sia stata 1esa possibile da violazione delle comuni norme di prudenza e di diligenza, essa risponde del conseguente danno (2). (1-2) Perdita delle merci introdotte nei magazzini di temporanea custodia e legittimazione all'azione di risarcimento del danno. Per la prima volta, a quanto consta, la Corte Suprema ha affrontato il problema attinente alla legittimazione del destinatario delle cose trasportate, consegnate alla dogana dal vettore ed introdotte nel magazzino di temporanea custodia, rispetto all'azione di risarcimento del danno dipendente dalla perdita delle cose stesse. Nella specie, la domanda era stata proposta dal portatore della polizza di carico (all'ordine) a favore del quale il vettore aveva rilasciato l'ordine di consegna ed altresl -a quanto dato comprendere dal testo della decisione -lo speciale permesso o nulla osta previsto dall'art. 40 del regolamento per l'esecuzione della legge doganale (r. d. 13 febbraio 1896, n. 65). La Corte di Cassazione ha fondato il riconoscimento della legittimazione del destinatario argomentando principalmente dal fatto che la con 402 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La limitazione di responsabilit preveduta dall'art. 26 del regolamento doganale a favore del funzionario addetto ai magazzini di tempo I::: ranea custodia, secondo la quale questi risponde delle merci solo nei limiti dei colli introdotti nei magazzini e del loro peso lordo, senza .' riferimento al contenuto, non applicabile a favore dell'Amministra I $ zione, che , invece, tenuta a rispondere dell'intero danno conseguente ~= q,lla perdita delle cose (3). (Omissis). -L'Amministrazione finanziaria denuncia, col primo mezzo del ricorso, la violazione degli artt. 21, 26 e 40 del regolamento doganale, approvato con r. d. 13 febbraio 1896, n. 65, e dei principi segna alla dogana era stata compiuta dal vettore nell'interesse del destinatario stesso, situazione palesata all'Amministrazione dal rilascio, a favore di lui, del delivery order. La sentenza ha poi preso in esame il disposto del primo comma del citato art. 40 del regolamento, solo per escludere che da tale disposizione sia possibile desumere l'irrilevanza, rispetto alla dogana, della posizione del destinatario risultante dai rapporti con il vettore, o, se si vuole, dell'interesse del destinatario rispetto alla t. c. delle merci, palesato dall'emissione dell'ordine di consegna. L'iter logico seguito nella motivazione non persuade, poich non sembra corretto impostare sul concreto atteggiarsi di un rapporto estraneo alla temporanea custodia (quale il rapporto corrente fra vettore e destinatario), l'individuazione del soggetto legittimato ad agire rispetto ad un'azione di danni che si collega unicamente a tale istituto. La conclusione alla quale la Corte pervenuta pu tuttavia essere condivisa sulla scorta di argomentazioni fondate esclusivamente sul disposto dell'art. 40 del regolamento in relazione all'art. 16 della legge doganale. Se vero che l'art. 40, qualificando il vettore come principale e diretto depositante, identifica in esso il soggetto del rapporto costituito al momento della consegna delle merci trasportate, anche vero che, ai fini dell'individuazione della portata di tale qualificazione, occorre tener conto della previsione riguardante il nulla osta e lo speciale permesso ai fini dello svincolo della merce, contemplati dal 2 e 3o comma dello stesso articolo. Tale previsione induce a ritenere che il sistema postuli, come caso normale, che la dichiarazione doganale possa essere resa da soggetto diverso dal vettore, ossia, se si pone in relazione il secondo comma dell'art. 40 con l'art. 16 della legge doganale, che proprietario (o tale considerato) delle merci possa essere un soggetto diverso dal vettore. L'individuazione del vettore come depositante ha ragion d'essere nella necessit di consentire all'amministrazione l'immediata identificazione di un soggetto del rapporto di custodia, ma non impedisce di attribuire al dichiarante la qualit del soggetto del rapporto doganale propriamente detto e, quindi, di ravvisare nel permesso o nulla osta il titolo di legittimazione a disporre delle merci in nome proprio e non gi quale rappresentante del vettore. In questo senso, possibile condividere l'intel'pretazione dell'art. 40, adottata dalla Corte Suprema, anche se la distinzione fra rapporto di custodia e rapporto attinente allo svincolo delle merci, alla dichiarazione doganale, alla eventuale responsabilit dell'Amministrazione, non cos PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 403 generali di diritto doganale; nonch la falsa applicazione, al caso specifico, degli artt. 65 e 71 della legge doganale, 216 e 260 del citato regolamento, 1411 e 1766 c. c. e, infine, dell'art. 454 cod. navigazione. Argomenta la .ricorrente: La Corte d'Appello giunta alla conclusione che la Societ Yacky Maeder fosse legittimata ad agire, nei confronti dell'Amministrazione delle finanze, per il risarcimento dei danni derivati dalla mancata riconsegna delle casse, per avere dato al rapporto (introduzione delle sei casse nei magazzini doganali di temporanea custodia) la inesatta qualificazione di contratto a favore di terzo, identificando il terzo beneficiario nella societ attrice. Si cosi confuso -e il richiamo, contenuto nella sentenza impugnata, agli artt. 216 del regolamento n. 65 del 1896 e 71 della legge doganale, d immediata evidenza all'errore -l'istituto della temporanea custodia nei magazzini doganali con l'istituto, nettamente distinto e disciplinato in modo autonomo dalla legge, del deposito doganale. netta come la sentenza sembra supporre. Fino al momento in cui un terzo, munito del permesso o nulla osta, non si presenti per provvedere aHo svincolo delle merci, il vettore depositante > l'unico soggetto individuato a qualsiasi effetto doganale (arg. ex art. 40, ultimo comma), mentre il terzo che, munito del permesso o nulla osta, si presenta a rendere la dichiarazione doganale certamente tenuto anche all'adempimento delle obbligazioni che direttamente discendono, non dalla dichiarazione stessa, ma dal rapporto di custodia (pagamento dei diritti di magazzinaggio di cui all'art. 45 delle disposizioni preliminari alla tariffa doganale di cui a d. P. R. 21 dicembre 1961, n. 1339). In base alle considerazioni che precedono, non pare si possa escludere che -indipendentemente dalla natura dei suoi rapporti con il vettore il soggetto a cui favore stato rilasciato il permesso o nulla osta di cui all'art. 40, in quanto legittimato a svincolare le merci esercitando i diritti riferibili al proprietario (art. 16 della legge doganale) e tenuto al pagamento dei diritti di magazzinaggio, possa anche agire nei confronti della Amministrazione quando lo svincolo non sia possibile in seguito a perdita delle merci stesse. La legittimazione deve quindi essere riconosciuta non in ragione del concreto atteggiarsi dei rapporti fra vettore e destinatario, come tali irrilevanti rispetto alla Dogana, e .perci, nel caso, non in funzione del rilascio del delivery order, bensi soltanto in ragione del rilascio, da parte del vettore, del permesso o nulla osta preveduto dall'art. 40 del regolamento. Circa la responsabilit dell'Amministrazione nell'ipotesi di perdita di merci in t. c., il Supremo Collegio sembra aver fondato la responsabilit stessa sulla colpa aquiliana dell'Amministrazione, argomentando, a contrario, anche dal disposto dell'art. 25 della legge doganale (custodia a rischio e spese del proprietario dopo la scadenza del termine concesso per la presentazione della dichiarazione). In una decisione oramai non recente, la Corte aveva invece collegato l'obbligazione al carattere di deposito necessario attribuito alla tempo 404 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Dispongono, rispettivamente, gli artt. 4 e 5 l.d. che il passaggio della linea doganale di merci soggette a diritti di confine stabilisce a favore dello Stato il diritto all'imposta e che per il soddisfacimento dell'imposta, lo Stato, oltre ai privilegi stabiliti dalla legge, ha il diritto di ritenzione sulle merci che sono oggetto dell'imposta stessa . Poich l'accertamento e la liquidazione del tributo devono essere preceduti (art. 6 l.d.) dalla c.d. dichiarazione doganale -adempimento per il quale assegnato al proprietario o a chi considerato tale il termine di quindici giorni dall'arrivo della merce -l'Amministrazione doganale ha medio tempore il potere-dovere di assumere la detenzione della merce medesima, per esercitarvi il detto diritto di ritenzione, a garanzia delle imposte dovute o, comunque, ad evitare che essa possa sfuggire all'accertamento fiscale. Ora a questa specifica finalit rivolto -prosegue l'Amministrazione ricorrente -l'istituto della introduzione della merce nei magazzini doganali di temporanea custodia: custodia, peraltro, che, a norma ranea custodia (sentenza 16 gennaio 1926, Foto It., Rep. 1926, voce Dogana>, n. 1). Nello stesso senso si era espresso, in dottrina, il CUTRERA, Principi di diritto e politica doganale, Padova, 1941, 55. L'importanza del problema evidente, in relazione all'influenza della sua soluzione sul terreno dell'onere della prova. Ora, prescindendo dall'osservare che il vigente cod. civ. pi non contempla il deposito necessario e che la qualificazione della t. c. come deposito necessario non potrebbe apparire sicura, non foss'altro perch nulla impedisce al presentatore delle merci di rendere senz'altro la dichiarazione doganale, l'orientamento espresso, sul punto, nella sentenza che si annota da condividere, poich la disciplina integralmente pubblicistica dell'istituto, le finalit precipue di garanzie alle quali essa adempie (arg. ex art. 5 legge doganale) e la considerazione che l'introduzione nel magazzino segue al semplice fatto della presentazione in Dogana (art. 21 del regolamento) inducono ad escluderne la natura contrattuale, cfr. al riguardo, DI LORENZO, Istituzioni di diritto doganale, Roma, 1958, 10, nota 1 e pagg. 11 e segg. Non sembra, invero, che costituiscano argomenti di particolare rilievo, in favore dell'opposta soluzione, n l'attribuzione della qualit di depo sitante al vettore compiuta nell'art. 40 del regolamento, attribuzione uni camente diretta all'individuazione del soggetto del rapporto, n la parziale equiparazione della t. c. al deposito doganale propriamente detto, com piuta, ai fini del debito per diritti di magazzinaggio, dall'art. 45 delle disposizioni preliminari alla tariffa. F. BATISTONI FJERRARA (3) L'affermazione non pare convincente. In particolaa-e, non pare essersi considerato: che la disposizione limitativa della responsabilit del funzionario addetto a:i magazzini di temporanea custodia in funzione della impossibilit di un controllo sulla effettiva consistenza delle cose introdotte nei detti magazzini, controllo invero non esercitabile se non dopo la presentazione della dichiarazione doganale; che la ratio della norma, cos individuata, di carattere obiettivo, ed dunque sicuramente idonea anche a giustificare la limitazione dell'eventuale responsabilit dell'Amministrazione. 405 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA dell'art. 25 l.d., viene esercitata a rischio e spese del proprietario , per un periodo di tre mesi, trascorso il quale, senza che la dichiarazione doganale sia stata presentata, insorge la presunzione di abbandono della merce, con le conseguenze stabilite dalla legge. Profondamente diverso -nei suoi presupposti e nelle sue modalit di attuazione - invece il deposito doganale, che costituisce una delle cinque destinazioni previste, per le merci estere, dall'art. 6 l.d. Esso, infatti, .comporta la presentazione della dichiarazione doganale scritta (domanda di introduzione in deposito) e l'accertamento della quantit, della qualit e del valore delle merci, ai fini della determinazione dei diritti dovuti (art. 66 l.d.). Le merci vengono quindi introdotte nei magazzini di diretta custodia (o, eccezionalmente, in magazzini dati in affitto dall'Amministrazione doganale o di propriet privata) mediante una regolare bolletta doganale, denominata bolletta di introduzione in deposito , e vengono assunte in carico, non soltanto con le indicazioni relative ai segni distintivi dei colli, ma anche con le indicazioni relative alla qualit, alla classificazione doganale, alla quantit e al valore della merce oltre che all'ammontare dei tributi gravanti sulla stessa. Donde la conclusione -trattane dalla ricorrente -che mentre nel deposito doganale possibile discernere, fra tanti elementi pubblicistici, un comune rapporto contrattuale di deposito (domanda e, quindi, consenso del proprietario della merce, precisa determinazione dell'oggetto, ecc.), ci, invece, sicuramente da escludere nella temporanea custodia, la quale costituisce, in sostanza, niente altro che un modo di esercizio del diritto di ritenzione e si svolge senza che sia necessario il consenso del proprietario della merce e senza che ne sia determinato il preciso oggetto (i colli vengono presi in carico dal magazziniere dopo il solo riscontro dei segni distintivi esterni e del peso lordo, senza alcuna verifica del loro reale contenuto) . Questa, nei suoi tratti salienti, la sostanza del primo motivo di ricorso. La censura infondata. Alla Corte di merito indubbiamente sfuggita la differenza esistente fra introduzione delle merci nei magazzini doganali di temporanea custodia e deposito doganale: istituti che, nel sistema della legge, appaiono nettamente differenziati, essendo, l'uno, rivolto a garantire all'Amministrazione doganale, in attesa che l'interessato presenti, nelle debite forme, la dichiarazione doganale , il pagamento delle imposte dovute sulle merci da essa ritenute ., e costituendo l'altro una delle cinque destinazioni che, a norma dell'art. 6 l.d., possono essere date a merci che abbiano passato la linea doganale. Infatti la Corte d'Appello, dopo avere premesso, alla stregua della documentazione fornita dalle parti, che le sei casse erano state intro 406 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dotte, a cura del vettore, nel magazzino di temporanea custodia doga nale ., ha preso poi a discorrere di deposito doganale, citando norme del tutto estranee alla fattispecie accertata. Ma, nonostante la confusione di istituti giustamente rilevata dal 1'Amministrazione ricorrente, la decisione impugnata non merita, sul punto in esame, sostanziale censura. Nel presupposto che si trattasse, nella specie, di deposito doganale, la Corte di merito ha ritenuto che il relativo contratto > fosse stato concluso dal vettore, interessato ad adempiere le obbligazioni derivanti dal trasporto e a proseguire il viaggio, a favore della Yacky Maeder -portatrice della polizza di carico, debitamente quietanzata al nome della quale egli emise l'ordine di consegna sui Magazzini di temporanea custodia. Donde l'affermazione conclusiva che la stessa Maeder doveva rite nersi legittimata a proporre l'azione risarcitoria. Ora, pur dovendosi rettificare il nomen iuris impresso dalla Corte d'Appello al rapporto in contestazione, non cessano di aver valore, ai fine della legittimazione ad agire, le considerazioni svolte in proposito dalla sentenza denunciata. Nessun contratto di deposito intervenne, vero, tra il vettore e l'Amministrazione doganale, ma, operando, tramite l'impresa autorizzata di sbarco, l'introduzione delle casse nei magazzini doganali di temporanea custodia, il Lloyd Triestino agi -come la Corte di merito ha rettamente argomentato -nell'interesse della Yacky Maeder, cui sarebbe spettato, quale destinataria della merce, di presentare, nelle more della temporanea custodia, la prescritta dichiarazione doganale. E l'ordine di consegna, subito dopo rilasciato dal Lloyd Triestino, ebbe proprio il fine, secondo il corretto apprezzamento della Corte d'Appello, di individuare e di designare all'Amministrazione delle dogane il soggetto interessato al compimento delle operazioni previste dalla legge doganale: a disporre, cio, assolti i tributi, della merce in temporanea custodia. N alcun argomento, contro la legittimazione attiva della Yacky Maeder, pu trarsi, come l'Amministrazione ricorrente assume, dalla disposizione dell'art 40 del regolamento n. 65 del 13 febbraio 1896, secondo cui i vettori che hanno trasportato le merci estere, nella consegna che ne fanno alla Dogana, vengono riconosciuti come principali e diretti depositanti . Unicamente diretta, com' fatto palese dalla sua chiara enunciazione, a individuare i soggetti del rapporto di custodia, in vista soprattutto delle contestazioni che potrebbero derivare dal rapporto stesso, questa norma non esclude, infatti, la possibilit che il vettore, nel consegnare le merci alla Dogana, operi, come di regola, nell'interesse esclu PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 407 sivo del destinatario della merce, abilitandolo perci ad agire sulla base del rapporto per suo tramite costituito -per la tutela dei propri diritti. Priva di consistenza pure la connessa proposizione difensiva, secondo cui e lo speciale permesso o nulla-osta, che dalla predetta norma previsto e che fu in concreto rilasciato dal Lloyd Triestino alla Societ Maeder, non valse a sostituire quest'ultima nella posizione giuridica del vettore . Dispone il secondo comma dell'art. 40 reg. citato: la Dogana non fa luogo ad alcuna operazione per lo svincolo delle merci ricevute in consegna dai suddetti trasportatori, se con la dichiarazione non presentato speciale permesso o nulla-osta rilasciato dai medesimi a favore del dichiarato per il ritiro delle merci . Ora, se, al lume di codesta norma, esatto che il rilascio del detto nulla osta non fa venir meno nel vettore la qualit, originariamente acquisita, di depositante diretto e principale delle merci ritenute in temporanea custodia dalla Dogana, tuttavia incontestabile -come bene la Corte di merito ha ritenuto -che l'emissione dello speciale permesso indica nella persona od ente dichiarato per il ritiro delle merci > il soggetto a favore del quale il vettore ha eseguito la consegna delle merci alla Dogana e che, non ottenendone la restituzione, ha per ci stesso il diritto di agire per la riparazione del danno. Fondamentalmente ancorato alla rilevanza, erroneamente supposta, della inesatta qualificazione giuridica data dalla Corte di merito al rapporto in cntestazione, il primo motivo di ricorso va, pertanto, rigettato. Si denuncia, col secondo motivo, la violazione dell'art. 25 della legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424 nonch dei principi generali in tema di responsabilit della Pubblica Amministrazione. Anche a questa censura va negato fondamento. Male si deduce, anzitutto, la violazione o, pi esattamente, la falsa applicazione al caso specifico dell'art. 25 l.d. Dispone questa norma che nel caso in cui, entro il termine stabilito nell'art. 19, non vengono presentati la dichiarazione e gli altri documenti prescritti, la Dogana ha facolt di custodire le merci nei suoi magazzini o in altri a rischio e spese del proprietario . Ora, poich la sottrazione delittuosa delle sei casse si verific come la Corte di merito ha accertato -quando era ancora in corso il termine di quindici giorni, dall'arrivo delle merci, stabilito dall'art. 19 l.d., per la presentazione, da parte della Maeder, della dichiarazione doganale, certo che la custodia della merce non pu considerarsi effettuata a rischio della societ attrice, ma sotto la responsabilit -naturalmente connessa alla detenzione di cose altrui -dell'Amministrazione delle Dogane. 408 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO N sussiste l'asserita violazione dei principi generali in tema di responsabilit della Pubblica Amministrazione. Infatti la Corte d'Appello, espressamente richiamandosi a tali principi, ha riconosciuto che nessun sindacato spetta al giudice ordinario circa il modo con cui la Pubblica Amministrazione organizza e provvede al funzionamento di un servizio pubblico -quale il servizio di temporanea custodia nei magazzini doganali -ma ha soggiunto che l'ampia discrezionalit di cui gode, in detta materia, l'Amministrazione Pubblica, non la dispensa dall'osservanza delle comuni regole di prudenza e di diligenza: regole che, nel caso di specie, risultavano palesemente violate. La Corte di merito ha pertanto applicato principi di diritto che, essendo conformi ai costanti insegnamenti di questo Supremo Collegio, costituiscono, in tema di responsabilit della Pubblica Amministrazione, jus receptum. Il secondo motivo di gravame dev'essere conseguentemente rigettato. Il terzo motivo investe la sentenza impugnata per avere ritenuto nel presupposto che nella specie si versasse, come si detto, in materia contrattuale -che un furto con mezzo fraudolento (uso di chiavi false) non potesse essere compreso fra le cause non imputabili al custode, adottando cos un concetto eccessivamente restrittivo di causa non imputabile. Anche questa censura va disattesa. Premesso che il furto delle cose date in deposito scagiona il custode solo quando sia stato commesso con mezzi eccezionali, tali da frustare ogni difesa, validamente predisposta, la Corte di merito ha escluso che una simile esimente potesse ravvisarsi nella specie, in quanto l'avvenuta sottrazione di sei cassette, di non piccolo volume, dimostrava, per se ~ stessa, il mancato funzionamento dei necessari servizi di vigilanza. fil Ora, mentre il principio di diritto da cui la sentenza muove appare informato ad una esatta nozione della vis maior, le successive considerazioni, nella stessa contenute, circa l'esistenza e l'entit della culpa in custodiendo dell'Amministrazione delle Dogane, costituiscono un apprezzamento di fatto che, essendo immune da vizi logici -del resto, neppure adombrati dalla ricorrente -si sottrae ai poteri di censura di questa Corte Suprema. E appena mette conto di aggiungere che, sebbene riferito dalla Corte d'Appello all'ipotesi del deposito doganale, tale apprezzamento pu bene estendersi anche alla temporanea custodia, in concreto avvenuta, nei magazzini doganali, non potendosi ammettere, per la sostanziale identit delle due situazioni, che, in questa seconda ipotesi, incomba sull'Amministrazione delle Dogane un obbligo, per cosi dire, attenuato di PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 409 vigilanza relativamente alle cose introdotte, per volont della legge, nei suoi magazzini. Anche il terzo motivo va pertanto rigettato. Si denuncia, col quarto mezzo, la violazione dell'art. 26 del regolamento doganale, sul rilievo che, in ogni caso, la Corte di merito avrebbe dovuto uniformarsi, nella determinazione quantitativa del danno, alla disposizione regolamentare ora citata1 laddove sancito che il funzionario addetto ai magazzini di temporanea custodia risponde delle merci, verso l'Amministrazione e_ verso il commercio, solo nei limiti dei colli introdotti nel magazzino e del loro peso lordo, senza alcun riferimento al contenuto. La censura non ha fondamento. Invero il fatto che la legge limiti, per ragioni facilmente comprensibili, la responsabilit personale del magazziniere, non esclude -mas. sime di fronte al precetto dell'art. 28 della Costituzione -che l'Amministrazione delle dogane debba rispondere dell'intero danno derivato dalla perdita colpevole delle cose affidate alla sua custodia. Si denuncia, infine, la sentenza impugnata per insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione circa il punto decisivo della controversia riguardante il reale contenuto delle cassette, oggetto della temporanea custodia. La Corte d'Appello ha in proposito considerato: -che, a norma dell'art. 38 l.d., il capitano proveniente dall'estero e approdato in qualunque porto dello Stato, deve presentare in Dogana il manifesto dei carico (esibendone una copia se la merce viene sbarcata .nel porto di approdo) il quale deve, tra l'altro, indicare, a norma del precedente art. 37, La specie del carico e, secondo i casi, la quantit in peso e in volume delle merci alla rinfusa, il numero, la quantit e il peso lordo dei colli, le loro marche e cifre numeriche, i documenti che accompagnano Le merci; -che l'introduzione dei colli nei magazzini di temporanea custodia -imposta dalla dogana in attesa che il proprietario delle merci .faccia la dichiarazione di destinazione doganale -avviene dietro presentazione dei documenti previsti nell'art. 25 r.d. n. 65 del 1896, e previo riconoscimento, da parte del funzionario addetto, del numero dei colli, delle marche, dei numeri distintivi della specie, del peso lordo, in conjronto dei documenti che Li accompagnano; -che, nella specie, doveva conseguentemente ritenersi, per pre: sunzione grave e precisa, che il contenuto delle cassette fosse corri. spondente a quanto risultava dai documenti, tanto pi che le cassette, all'atto della introduzione nei magazzini doganali, erano accompagnate .dalla bolletta di cui all'art. 66 del citato regolamento ; 410 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che nessun elemento consentiva, peraltro, di affermare, secondo l'indimostrata deduzione dell'Amministrazione finanziaria, che il peso delle sei cassette, accertato all'arrivo in kg. 307,500, fosse in partenza di kg. 600. L'Amministrazione delle finanze deduce che da una motivazione siffatta non emergono, con logica coerenza, gli elementi dai quali la Corte d'Appello avrebbe tratta l'accennata presunzione grave e precisa. Mentre, infatti, lecito supporre -argomenta la ricorrente -che tale presunzione sia derivata dall'erronea supposizione che esistesse una bolletta, rilasciata ai sensi dell'art. 66 1.d., e, cio, dopo la verifica della qualit, della quantit e del valore della merce contenuta nelle cassette, va, nondimeno, rilevato in contrario che poco prima la sentenza spiega e che la introduzione in un magazzino di temporanea custodia non comporta se non la verifica dei segni distintivi esterni dei colli, senza alcuna ricognizione del contenuto . Una manifesta dissonanza logica invaliderebbe, pertanto, sul punto in esame, il ragionamento della Corte di merito. La censura infondata. certamente esatto che -avendo la Corte d'Appello accertato essere le cassette state introdotte, ai noti fini, nei magazzini di temporanea custodia -non poteva nella specie esistere, per ovvie ragioni giuridiche, la bolletta prevista dall'art. 66 l.d., che viene rilasciata a documentazione del deposito doganale, in cui si concreta una delle possibili destinazioni delle merci estere. La contraria e apodittica affermazione della sentenza impugnata rivela, ancora una volta, l'errore in cui la Corte d'Appello incorsa, confondendo la temporanea custodia nei magazzini doganali col deposito doganale. Ma va subito rilevato che l'erroneo riferimento all'accennata bolletta ha avuto, nell'economia della motivazione, un'importanza del tutto secondaria -o, meglio, rafforzativa dell'argomento fondamentale -in quanto la Corte di merito ha tratto il proprio convincimento, in ordine al reale contenuto delle cassette, dalla considerazione che, all'atto della introduzione delle stesse nei magazzini doganali di temporanea custodia, ne fu accertata la conformit alle indicazioni contenute -relativamente ad ogni elemento di qualificazione e identificazione della merce -nel manifesto di sbarco e nei documenti che accompagnavano la merce stessa. E un simile accertamento -atto da solo a giustificare, sul punto in discussione, la pronuncia impugnata -essendo immune da vizi logici o giuridici, si sottrae ai poteri di censura di questa Corte Suprema. Ne discende che il ricorso dell'Amministrazione finanziaria deve essere rigettato. -(Omissis). r11'-ldlKEW.l~-lllm@ll'S&WM@I. _,~~~:.::=:'~~::::~:~~:,::~_::::;,.:_=:ii::'.:-~::::;;~:..i:=:,i'.::===:.:::~:.:::=:'!~i-:=::wJB1a. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 411 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 29 dicembre 1965, n. 2478 -Pres. Tavolaro -Est. Cesaroni -P. M. Di Majo (conf.) -Brunner (avv.ti Asquini A. e G., Visentini, Urbani) c. Ministero Finanze (avv. Stato Graziano). Imposta straordinaria sul patrimonio ,. Imposta straordinaria progressiva - imposta personale -Residenti (alla data normativa) in Trieste -Non vi sono soggetti. (d. l. C. P. S. 29 marzo 1947, n. 143; t. u. 9 maggio 1950, n. 203, artt. 1, 5, 26). Imposte e tasse in genere -Domicilio fiscale -Rilevanza rispetto al momento in cui si verifica il presupposto di fatto dell'imposizione. (d. 1.1. 26 agosto 1945, n. 585, artt. 7-9; t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 9, 10). Imposte e tasse in genere -Domicilio fiscale -Determinazione con provvedimento dell'Amministrazione -Forme e condizioni. (t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 10). Poich l'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio, di cui al d. l. 29 marzo 1947, n. 143, tributo di natura personale, diretto a colpire non i beni in se stessi, ed in quanto situati in un determinato territorio, ma il complesso dei beni siccome posseduti dalle persone fisiche alla data del 28 marzo 1947, ed in relazione alla capacit contributiva, devono ritenersi non soggetti all'imposta, e nemmeno per i beni siti nel restante territorio dello Stato, coloro che all'indicata data normativa erano residenti e fiscalmente domiciliati nel Territorio Libero di Trieste, nel quale la legge istitutiva non fu estesa (1). (1) Con questa pronuncia, e con la coeva e conforme n. 2479, le Sezioni Unite, approvando la soluzione gi accolta dalla I sezione della Cassazione con la sentenza del 26 febbraio 1965, n. 320 (in questa Rassegna, 1965, I, 777, con nota di C. BAFILE), e con le altre di pari data nn. 323 e 324, ribadiscono che all'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio non sono soggetti coloro che avevano la residenza o, comunque, erano fiscalmente domiciliati, alia data normativa (28 marzo 1947), nel Territorio Libero di Trieste, nel quale la legge italiana non aveva efficacia se non a seguito di un provvedimento -per la legge istitutiva dell'imposta in questione non emanato -del Governo militare alleato. Negli stessi sensi, poi, si ancora pronunciata la I Sezione, con le sentenze 28 gennaio 1966, n. 326 e 5 apri! l.e 1966, n. 893, di cui si omette la pubblicazione. Non pMe, dunque, che possa ipotizzarsi una revisione dell'indirizzo decisorio; e rispetto a questo, tuttavia, non possono non confermarsi le riserve espresse nella nota alla richiamata prima pronuncia n. 320 del 1965 (op. Zoe. cit.), e non pu, in particolare, non sottolinearsi che all'interrogativo centrale, che si poneva, circa la .parificazione della condizione dei residenti in Trieste almeno a quella degli stranieri, non sembra essersi ottenuta soddisfacente risposta. N il richiamo al luogo in cui si doveva presentare la dichiarazione, ai sensi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 412 Poich ii domicilio fiscale, in base al quale si radica la competenza dell'ufficio tributario, quello del momento in cui si verifica il presupposto di fatto dell'imposizione, il trasferimento del domicilio stesso, in tempo successivo a quello cui va riferita l'obbligazione tributaria, non pu influire sull'insorgenza di questa (2). La determinazione del domicilio fiscale ha carattere funzionale ed inderogabile, ed una determinazione in deroga a quella in via normale prevista dalla legge deve essere attuata, nella ricorrenza dei voluti presupposti, con l'osservanza delle forme all'uopo stabilite (3). (Omissis). -Dei cinque mezzi di ricorso vanno anzitutto esaminati, per la loro priorit nell'ordine logico, il secondo ed il terzo, aventi per substrato un comune tema dominante, che si concreta nell'inapplicabilit dell'imposta nei confronti dei cittadini italiani, che alla data del 28 marzo 1947 avevano il domicilio fiscale a Trieste. La questione stata gi esaminata e risolta da questa Corte Suprema con le sentenze 320, 323 e 324 del 1965, n vi sono motivi per deflettere da quell'indirizzo giurisprudenziale. dell'art. 30 della legge istitutiva, pare decisivo, dal momento che la soggezione all'imposta anche per gli stranieri, limitatamente ai beni posseduti nello Stato, certamente non era condizionata al concorso del requisito della residenza in Italia, dal momento che era espressamente disciplinata (art. 26, ult. co., t.u. n. 203 del 1950) anche l'ipotesi dello straniero residente all'estero. (2) El domicilio fiscale rilevante ai fini dell'accertamento, e della determinazione, quindi, dell'uftkio finanziario competente a farvi luogo. Non sembra, invece, che possa dail'si un collegamento tra domicilio fiscale ed insorgenza dell'obbligazione tributaria, per la quale ultima ha piuttosto rilievo il dato considerato ai fini nei vari tributi, potendo la le.gge tener conto, come si visto alla nota precedente, anche soltanto del luogo in cui sono siti i beni, con riguardo ai quali, o al reddito dei quali, si individua il presupposto dell'imposizione: fermo restando che, ai fini del procedimento di accertamento, poi anche da individuare il domicilio fiscale del contribuente, con l'osservanza delle norme che in materia dispongono (l'art. 9 del vigente t.u. n. 645 del 1958 precisa, tra i'altro, che il domicilio fiscale, ove non sia determinabile con i vari criteri collegati alla residenza, al do~ inicilio o alla nascita, si intende stabilito con riguardo al luogo in cui il reddito prodotto o goduto). (3) Sulla posizione del contribuente, nei cui confronti l'Amministrazione si sia avvalsa del potere di stabilire il domicilio fiscale in luogo diverso da quello risultante in base agli ordinari criteri, e quindi sul giudice cui devoluta la cognizione dell'impugnativa del provvedimento a quel fine emesso, nonch sul giudice che pu conoscere delle controversie sulla competenza territoriale dell'ufficio finanziario che procede all'accertamento, quando l'Amministrazione di quel potere non si sia avvalsa, cfr. Sez. Un. 5 luglio 1965, n. 1408, in questa Rassegna, 1965, I, 682. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 413 certo, infatti, e la stessa Amministrazione finanziaria lo riconosce, che i provvedimenti emanati dallo Stato italiano relativi alle imposte straordinarie sul patrimonio (il d. l. 29 marzo 1947, n. 143, convertito nel t. u. 11 ottobre 1947 n. 1131 e successivamente trasfuso nel t. u. 9 maggio 1950, n. 203) non furono mai estesi al territorio di Trieste, n durante l'Amministrazione Militare Alleata, n in momenti successivi. da considerare, in proposito, che, nonostante il persistere della sovranit italiana nel territorio di Trieste, in seguito agli eventi straordinari ivi verificatisi e agli accordi internazionali, quali il Memorandum di Londra del 1954, venne instaurato un regime particolare d'amministrazione, dapprima assunta dall'amministrazione militare occupante e, dopo il trapasso all'Amministrazione Italiana, dal Commissario Generale del Governo, con i poteri legislativi gi esercitati dai comandi alleati, per cui le disposizioni legislative emanate dallo Stato italiano potevano entrare in vigore a Trieste soltanto in seguito ad appositi provvedimenti di estensione del Commissario del Governo (v. in proposito sent. Cass. n. 2779 del 1959 e sent. Corte Costit. n. 53 del 1964). Ne consegue che i cittadini con domicilio a Trieste non potevano essere assoggettati all'imposta in questione. Senonch, secondo l'impugnata decisione della Commissione centrale, tutto ci non avrebbe alcuna rilevanza perch l'imposta in esame, emanata sia nei riguardi dei cittadini italiani che degli stranieri, sul patrimonio costituito da beni esistenti nello Stato, aveva vigore rispetto a tutti i contribuenti anzidetti. L'imposta, cio, come sottolinea la difesa dell'amministrazione finanziaria, era dovuta per il solo fatto che i beni si trovavano in Italia, e, facendo astrazione dagli stranieri, dai cittadini italiani, in quanto tali, dovendo tutti contribuire al risanamento economico della pubblica finanza. E poich, si aggiunge, non erano previste esenzioni soggettive a favore dei cittadini iscritti all'anagrafe del Comune di Trieste, anche quei cittadini erano assoggettabili all'imposta de qua. Ora tale assunto, come gi posto in rilievo dalle citate sentenze n. 320, 323, 324 del 1965, non pu essere condiviso. Al tributo straordinario istituito con il d. I. C. P. S. 29 marzo 1947, n. 143, che, come noto, trova il precedente storico nell'analoga imposta istituita con r. d. l. 22 aprile 1920, n. 494, venne impresso carattere personale, in quanto diretto a colpire il coacervo dei beni posseduti dalle persone fisiche alla data del 28 marzo 1947, in relazione con le condizioni economiche generali delle stesse, risultanti da tutte le loro attivit e passivit, comprese fra queste le altre imposte di cui erano gravate, gli oneri per il mantenimento della famiglia, ecc. (art. 22. e 28 del d. 1. n. 143 del 1947). 414 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Trattavasi, quindi, d'imposizione diretta riguardante la capacit contributiva dei contribuenti e non i beni per se stessi, in quanto situati in un determinato territorio, ma i beni in quanto appartenenti a un dato soggetto, .per cui anche il luogo della imposizione non poteva essere che quello del soggetto dell'imposta, come risulta, del resto, dall'art. 30 della legge istitutiva, che imponeva di presentare la dichiarazione all'ufficio distrettuale delle imposte dirette, nella cui circoscrizione trovavasi il Comune nel quale il contribuente aveva il suo domicilio fiscale. Dato questo specifico carattere, evidente che l'imposta in parola non poteva essere applicata ai cittadini italiani residenti e fiscalmente domiciliati a Trieste, essendo mancata l'estensione del relativo provvedimento legislativo al territorio di quella citt, n per i beni col posseduti, n per i beni posseduti nel restante territorio italiano. Il secondo e il terzo mezzo del ricorso vanno pertanto accolti. Ma anche i motivi quarto e quinto devono ritenersi fondati. In proposito giova ricordare che il ricorrente, in data 20 aprile 1948, aveva inviato all'ufficio delle imposte dirette di Monfalcone una lettera con l'elenco delle proprie attivit patrimoniali e successivamente anche la scheda di dichiarazione ai fini dell'imposta sul patrimonio, indicando, come prescritto, il cognome, il nome, la paternit e il domicilio fiscale ' in Trieste, via Scorcola n. 8. i 1 II "' Da ci ha tratto argomento la Commissione Centrale per affermare, @ con esplicito richiamo alla circolare ministeriale n. 10500 del 15 dicem , . bre 1955, che l'accertamento dell'ufficio distrettuale di Monfalcone doveva ritenersi valido per il fatto che il Brunner, presentando la detta . dichiarazione di patrimonio, aveva trasferito di propria iniziativa il ' domicilio fiscale a Monfalcone, rientrando cosi nella potest legislativa e fiscale dello Stato italiano, mentre l'Amministrazione, da parte sua, aveva autorizzato ed approvato, con la predetta circolare, l'operato ~ dell'ufficio. Ora, tutta questa costruzione priva di fondamento. Anzitutto, I come gi avvertito da questa Corte Suprema con le citate sentenze del 1965, anche se valido, il trasferimento di domicilio da Trieste a Monfalcone non avrebbe potuto determinare a carico del Brunner, residente a Trieste, l'insorgenza dell'obbligazione tributaria, la quale, nascendo ~ ex lege nei confronti dei soggetti per i quali sussistevano al 28 marzo 1947 i presupposti dell'imposizione, non era applicabile ai cittadini I italiani che in tale data avevano il domicilio fiscale a Trieste. principio largamente riconosciuto dalla dottrina che il domicilio fiscale atto a radicare la competenza dell'ufficio tributario sempre ! quello del momento in cui si verifica il presupposto di fatto dell'imposta, f: I ~ delineandosi per esso il soggetto passivo dell'imposizione, col duplice I I t-r~1.111111sr1m11i&111&11Ir11111&11&frm11~ --.mfll.'"'"'IJ9amm--,-~---,;r-~,.,,N~-'===v===::::=Y::p..a=;4-''''ii:'=:nw:~~;;:::~ . . -==-~p,.,_._,,,, ..,,,, ,,... ,,., ~,__.,,~p,_,,Jlwt w4illJJflfil1L5~f4filf'Ji~,,,,_~ff4tffaifftB..,.,,mf61/1,.JI PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 415 vantaggio di identificare in un momento fisso e ben determinato l'uf ficio competente per tutti i soggetti e per tutte le imposte, e di sottrarre sia al contribuente che alla finanza ogni possibilit di influire, attraverso variazioni di domicilio successive, sulla scelta dell'ufficio stesso. Ne consegue che il trasferimento di cui sopra, anche se valido, essendosi verificato in un tempo successivo all'entrata in vigore dell'imposta straordinaria sul patrimonio, non avrebbe potuto determinare a carico del Brunner, residente a Trieste, l'insorgenza della obbligazione tributaria. Peraltro, come posto in rilievo dalla difesa del ricorrente, nemmeno risulta che il contribuente avesse chiesto con la dichiarazione del 1948, presentata all'ufficio di Monfalcone, il mutamento di domicilio fiscale. Non vi fu, infatti, alcuna domanda in tal senso, avendo, anzi, il ricorrente chiaramente indicato, nella scheda relativa, di avere il domicilio fiscale in Trieste. Del tutto infondata ed illogica appare, quindi, l'illazione che ne ha tratto la Commissione centrale con la decisione impugnata, nel ravvisare nella dichiarazione presentata dal Brunner una implicita elezione di domicilio fiscale in Comune diverso da quello d'iscrizione anagrafica, e ci tanto pi se si considera, come riconosce la stessa amministrazione finanziaria, la particolare situazione nella quale versava allora la citt di Trieste, data l'incertezza del momento sia sullo status del c. d. territorio libero, sia sulla posizione dei cittadini italiani col residenti, e la loro eventuale assoggettabilit alla imposta de qua. E se cosi , non pu certo parlarsi di una deroga concordata del domicilio fiscale ai sensi dell'art. 9 del d. 1. 1. 24 agosto 1945, n. 325, vigente all'epoca della attuale controversia, ai sensi del quale quando ricorrono particolari circostanze, l'Intendenza di Finanza pu consentire che il domicilio fiscale del soggetto sia trasferito in un Comune diverso. Non vi dubbio, invero, che il potere di disporre del proprio domicilio fiscale non possa prescindere dalle norme che regolano il relativo procedimento, n dalle ragioni di pubblico interesse che devono ispirare la loro applicazione, in relazione al carattere funzionale ed inderogabile del domicilio stesso. E nella specie, non solo non vi fu alcun esame, da parte degli uffici finanziari, in ordine all'esistenza delle speciali circostanze previste dalla legge, ma non intervenne neppure il provvedimento dell'Intendente di finanza competente a consentire il trasferimento del domicilio fiscale. N poteva valere in proposito la circolare Ministeriale n. 10500 del 15 dicembre 1955, con la quale l'Amministrazione finanziaria, dopo oltre otto anni dalla emanazione della legge, nell'intento di risolvere 12 416 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO i problemi relativi all'applicazione delle imposte straordinarie sul patrimonio nel territorio di Trieste, aveva espresso l'avviso che si sarebbero potuti assoggettare all'imposta quei soggetti che, pur avendo il domicilio fiscale a Trieste, avessero presentato la dichiarazione all'ufficio nel cui distretto i beni erano siti. chiaro, infatti, che trattandosi d'un atto puramente interno del1' Amministrazione, tale circolare non poteva andare praeter o contra legem, n spiegare i suoi effetti nei rapporti esterni senza la mediazione di un atto successivo, atto a rilevare la volont dell'amministrazione (nella specie, il provvedimento dell'Intendente di Finanza, dal quale soltanto, ai sensi dell'art. 9 del citato decreto del 1945, poteva essere consentito il mutamento di domicilio). -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 gennaio 1966, n. 335 -P1es. Stella Richter -Est. Malfitano -P. M. Caccioppoli (conf.). -Ministero Finanze (avv. Stato Soprano) c. Soc. Galletti -Raffineria Oli Minerali. Imposta di registro -Vendite di merci che nel commercio esercitato dal venditore sono destinate alla rivendita -Registrazione in caso d'uso -Aliquota ridotta di cui amart. 45 tab. D della legge organica del registro -Applicabilit anche agli atti, relativi alle dette vendite, redatti in forma pubblica o posti in essere con scrittura privata autenticata, e perci in ogni caso soggetti a registrazione in termine fisso. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269: tab. D, art. 45). Imposta di registro -Vendite di beni mobili e di merci, anche tra commercianti -Aliquote ordinarie di cui agli articoli 2 e 3 lett. a) della tariffa allegato A alla legge organica del registro -Limiti di applicabilit. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269: tariffa all. A, art. 3; tab. D, art. 45). Gli atti di vendita o promessa di vendita di merci, macchine o altri prodotti industriali, che nel commercio esercitato dal venditore sono destinati alla rivendita, sono soggetti all'imposta di registro con l'aliquota ridotta di cui all'art. 45 della tabella D allegata al r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (e successive modificazioni), sia se posti in essere per scrittura privata, soggetta a registrazione in caso d'uso ai sensi dei PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 417 detto art. 45, sia se redatti in forma pubblica o con scrittura privata autenticata, e perci soggetti a registrazione in termine fisso (1). Le aliquote ordinarie dell'imposta di registro, di cui agli articoli 2 e 3 lett. a) della tariffa A allegata alla legge organica, per le vendite di mobili e di merci, anche se tra commercianti, sono applicabili soltanto quando le vendite stesse riguardano beni diversi da quelli che nel commercio esercitato dal venditore sono destinati alla rivendita, e cio soltanto nell'ipotesi di negozi diversi da quelli previsti dall'art. 45 della tabella D allegata alla detta legge (2). (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso si censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che l'aliquota prevista dall'art. 45 della tabella alligato D della legge di registro sia applicabile non solo se la registrazione degli atti in esso indicati avviene in caso di uso, ma anche se essa eseguita in termine fisso. In proposito si deduce che la Corte di merito ha erroneamente l:tribuito alla espressione occorrendo di dover sottoporre alla regi \Zione , adoperata nel citato articolo, un significato e una portata ''wpia delle parole in caso di uso inserite nel titolo della tabella \uale l'articolo medesimo compreso, in quanto sia nel testo ~lo sia nelle note e nel titolo della tabella la contrapposizione \ra registrazione in caso di uso e registrazione in termine '''origine . L'errore in cui incorsa la Corte, si aggiunge, \pi affermati nelle due massime sono sostanzialmente in \ca l'uno dall'altro. \Ja Cassazione ha ritenuto, sia da considerare l'aliquota'i> della tabella D allegata alla legge del registro, non \~Ila forma dell'atto, bensi in vista della natura del '~ritenere jmponibili con la stessa minore aliquota e quelli privati autenticati, gli uni e gli altri ...:'ln termine fisso, purch riguardino gli stessi negozi ,.:. 45 cltato, evidentemente deve ricercarsi un diverso ..,abilit per le norme di cui agli articoli 2, ed in particolare ,d tariffa A. E se, al contrario, si ritiene che tali ultime norme, ,.n genere a vendite di mobili e merci, anche tra commercianti, ..t1 principio applicabili anche ai rapporti di cui all'art. 45 della ta ,,fa D, reciprocamente deve per tale disposizione individuarsi un diverso campo di operativit, che non potrebbe essere delimitato, se non in ragione della forma degli atti -scrittura privata -e della correlativa prevista esenzione dall'obbligo di registrazione in termine fisso. Dalle proposte alternative appare evidente come la motivazione offerta dalla Cassazione, a sostegno della conclusione adottata, non possa dirsi appagante, a meno che non si possa e debba riconoscere che almeno una delle due proposizioni, di cui alle massime, sia inequivocamente esatta. Ed al riguardo, per, pare potersi osservare: a) che l'art. 3, lett. a) della tariffa A, che specificamente riguarda le vendite di merci, anche tra com 418 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO si rileva anche dalla contrapposizione dell'art. 45 della tabella D con le norme contenute negli articoli 2 e 3 della tariffa alligato A della legge di registro, modificati dagli articoli 6 del r. d.1. 14 giugno 1940, n. 643 e 3 del d. 1. 5 aprile 1945, n. 141. Da tali norme si ricava l'applicabilit dell'aliquota del 2 % per tutte indistintamente le vendite di merci tra privati, tra commercianti e tra privati consumatori e commercianti, sempre che siano espresse in atto scritto, sicch come l'applicazione dell'aliquota dello 0,50 % stabilita dall'art. 45 della tabella D, successivamente modificato, limitata alle scritture private di vendita di merci fatte dal commerciante o dal produttore che le destina alla rivendita, cosi fuori dell'ambito di tale norma, cio fuori del caso di uso, si ricade nell'applicazione degli articoli 2 e 3 della tariffa alligato A, che contemplano l'ipotesi della registrazione a termine fisso. La censura infondata. La Corte di merito, rilevato che la scrittura privata autenticata contenente il contratto stipulato tra il Comune di Pistoia e la societ Galletti era stata registrata immediatamente dopo la stipulazione e, accertato che la Galletti al momento della stipulazione lavorava e commerciava oli minerali , ha correttamente ritenuto che l'aliquota applicabile per la registrazione di tale atto fosse quella dello 0,50 % stabilita dalla nota all'art. 45 della tabella alligato D della legge di registro, anzich quella prevista per le vendite di mobili e di merci dagli art. 2 e 3 della tariffa alligato A della legge medesima. Invero, l'art. 45 della tabella alligato D, la quale contiene l'elenco degli atti esenti dalla registrazione in termine fisso, contempla, tra mercianti, si riferisce non soltanto alle vendite occasionali, da parte di detti imprenditori, ma anche a tutte quelle che rientrano nell'ordinaria attivit degli stessi, e cio a tutte quelle che rientrano anche nella previsione dell'art. 45 della tabella D, come pu desumersi anche dal rilievo che la norma, nel testo originario del R D. 30 dicembre 1923, n. 3269, si riferiva proprio, ed esclusivamente, alle vendite tra commercianti, sicch la successiva modifica (anche tra commercianti) deve intendersi volta ad estenderla anche agli atti tra non commercianti, atti obiettivamente non di commercio, e non gi a chiarirne l'applicabilit ai soli rapporti non di carattere commerciale; b) che, d'altra parte, vi sono nel contesto normativo in esame anche altre disposizioni che appaiono oggettivamente e soggettivamente riferite a rapporti di identica natura, come per ci che riguarda le vendite di bestiame e prodotti agrari, ugualmente contemplate nell'art. 2 lett. b) della tariffa A, e nell'art. 45 della tabella D; nel quale ultimo, inveil'o, precisata per i negozi in questione l'esenzione dall'obbligo di registrazione in termine fisso, e l'applicabilit della minore aliquota, anche se essi siano posti in essere tra non commercianti E poich, dunque, e quanto meno per tali vendite di bestiame e prodotti agricoli, non potrebbe trovarsi giustificazione al diverso trattamento, previsto da ciascuna delle ricordate disposizioni di legge, se non nella forma dell'atto e nella ricorrenza o non ricorrenza per esso dell'obbligo di 419 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA l'altro, le scritture private di vendita che abbiano per oggetto merci, macchine o altri prodotti industriali che nel commercio esercitato dal venditore sono destinati alla rivendita , e la nota a tale articolo stabilisce testualmente che occorrendo di dover sottoporre alla registrazione le scritture private controindicate si applica la tassa di centesimi cinquanta per ogni cento lire. Ora, l'espressione occorrendo di dover sottoporre alla registrazione cosi ampia e generica da comprendere non soltanto le ipotesi di registrazione in caso di uso specificamente indicate sotto i numeri 1 e 2 dell'art. 2 della legge di registro, ma anche quelle di registrazione eseguite in termine fisso per volont dei contraenti o in ottemperanza a una norma particolare. Questa interpretazione risponde non solo alla lettera, ma anche alla ratio della norma, perch il legislatore, per ragioni di politica legislativa, ha voluto agevolare gli scambi di ricchezza posti in essere mediante le normali operazioni commerciali adottando per gli atti, nei quali queste vengono documentate, un regime fiscale meno oneroso di quello previsto per le vendite dei beni mobili e di merci in genere e, inoltre, trova conferma nella considerazione che, quando nelle note agli articoli della tabella D si prevede soltanto l'ipotesi registrazione in termine fisso, pare potersi conclusivamente osservare che proprio in ci la ragione dei differenti criteri impositivi, e che, pertanto, una volta individuato il fondamento della discriminazione, non vi sono ostacoli concettuali per ammettere la stessa differenziazione anche in altre situazioni, e cos anche per le vendite di merci. Per le quali, con la conferma innanzi vista della inesistenza di una sostanziale diveil.'sit obiettiva delle due fattispecie impositive (salvo per la maggiore estensione della disposizione dell'art. 3 lett. a) della tariffa, che riguarda anche le vendite tra non commercianti), ugualmente pu ritenersi che le minori aliquote, di cui all'art. 45 della tab. D, sono applicabili soltanto quando i negozi ivi previsti siano posti in essere con scrittura privata non soggetta a registrazione in termine fisso, restando altrimenti applicabili, anche per le vendite da commercianti o tra commercianti, le ordinarie aliquote previste dalla tariffa A. Tale conclusione, del resto, si giustifica con la considerazione che il pi favOil.'evole trattamento tributario pu essere stato voluto per gli atti , che rientrano nella normale pratica degli affari, ed ai fini della correntezza degli stessi, sicch esso resta inapplicabile, e va dunque ritenuta l'applicabilit dell'ordinario regime della tariffa A, allorch le parti da quella pratica si discostino, preferendo, peil.' ragioni loro proprie, la forma solenne dell'atto pubblico, o anche una conferma solenne, con l'autenticazione delle private scritture. Conformi a tale soluzione, cfr. Comm. Centr., 16 dicembre 1963, n. 3583, Riv. Leg. Fisc., 1965, 443, e Trib. Caltanissetta, 13 gennaio 1962, in questa Rassegna, 1962, 51. Conforme alle massime, invece, sembra Comm. Centr. 8 luglio 1964, n. 12447, Giur. Imp. 1965, 173, che, tuttavia, perviene all'affermazione di 420 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della registrazione in caso di uso ai sensi dell'art. 2 della legge, si adopera la diversa espressione quando si faccia uso delle scritture , come nella nota all'art. 46, nella quale, stabilendosi l'applicazione del . I l'aliquota dello 0,50 % si precisa che essa ha luogo quando si faccia m uso delle scritture a termini dell'art. 2 della legge . m Pertanto, l'aliquota stabilita dalla nota all'art. 45 della tabella D l r.- applicabile non solo quando le scritture in esso indicate siano registrate in caso di uso, a norma dell'art. 2 della legge di registro, ma anche quando le stesse siano registrate in termine fisso per volont delle parti o perch tale registrazione sia imposta da una norma particolare. N, esaminandosi l'art. 45 in relazione alle disposizioni di cui agli articoli 2 e 3 della tariffa allegato A della legge di registro, pu pervenirsi a diversa conclusione. Invero, dal coordinamento di tali articoli si deduce che mentre l'aliquota del 2 % stabilita dagli articoli 2 e 3 si applica a tutte le vendite di beni diversi da quelli che nel commercio esercitato dal venditore sono destinati alla rivendita, per le vendite di questi ultimi si applica l'aliquota dello 0,50 % sia nell'ipotesi in cui gli atti che le contengono debbano registrarsi solo in caso di uso, sia nel caso in cui gli stessi vanno comunque registrati in termine fisso. Non pu, poi, sostenersi che l'applicazione dell'aliquota ridotta esclusa quando le vendite per le quali essa prevista siano fatte per atto pubblico o, come nella specie, per scrittura privata autenticata, adducendosi che questi atti devono essere registrati in termine identit di trattamento, per atti soggetti a registrazione in termine fisso ed atti da registrarsi in caso d'uso, soltanto sulla base del rilievo che la vo lontaria presentazione alla registrazione, indipendentemente dalla esigenza di uso, non dovrebbe dar luogo ad oneri maggiori di quelli ricorrenti nel caso che dell'atto occorra, appunto, fare uso: col che, invero, il problema che del resto non era nell'economia della vertenza decisa -appare svisato, restando elusa l'indagine in ordine alla differenza tra l'ipotesi di atto che sia spontaneamente presentato alla registrazione, pur in mancanza del rela tivo obbligo, e quella di atto che, per essere redatto in forma pubblica o sottoposto ad autenticazione, sia soggetto a registrazione in termine fisso. E la differenza indicata, invece, risulta esaminata da Comm. Centr. 6 otto bre 1952, n. 39312, Riv. Leg. Fisc. 1953, 238, che ammette la parit di tratta mento, ma soltanto nel senso che anche in caso di volontaria presentazione alla re.gistrazione si applicano le aliquote ridotte, purch l'atto sia tale da essere esente da registrazione in termine fisso, e cio, per le vendite in questione, soltanto nel caso che esse siano poste in essere con scrittura privata non autenticata (Ed in senso conforme, cfr. Comm. Centr. 29 mag gio 1961, n. 80349, Boll. Trib. 1962, 744). Nel senso che l'art. 45 tab. D non si applica alle compravendite verbali, n alle enunciative, cfr., rispettiva mente, Cbmm. Centr., 7 marzo 1963, n. 96218, Giur. Imp. 1965, 584 e Comm. Centr., 7 dicembre 1954, n. 64343, Riv. Leg. Fisc., 1955, 1189. I I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 421 fisso, in quanto tale aliquota stabilita non per la forma dell'atto di vendita, ma per la natura dei beni oggetto di essa (merci, macchine o altri prodotti industriali che nel commercio del venditore sono destinati alla rivendita) e per la qualit del venditore (imprenditore commerciale). Se la ratio della disposizione contenuta nell'art. 45 risiedesse soltanto nella forma, non si spiegherebbe perch la vendita dei beni in esso indicati dovrebbe essere tassata con un'aliquota minore, se posta in essere mediante scrittura privata, e con un'aliquota maggiore, se posta in essere mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata. vero che il citato articolo menziona soltanto le scritture private, ma ci non per limitare il beneficio alle sole vendite poste ,_in essere con tali atti, ma perch soltanto alle vendite eseguite mediante scrittura privata si voluto concedere l'ulteriore beneficio della registrazione solo in caso di uso. Come stato rilevato anche in dottrina, l'art. 45 contiene due agevolazioni: la registrazione solo in caso di uso e l'applicazione dell'aliquota ridotta; la prima compete soltanto alle vendite dei beni in esso indicati eseguite mediante scrittura privata, la seconda compete a tutte le vendite di tali beni indipendentemente dalla forma dell'atto con le quali sono poste in essere. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 febbraio 1966, n. 498 -Pres. Favara -Est. Perrone Capano -P. M. Cutrupia (conf.) -Soddu (avv. Cuciniello) c. Ministero Finanze (avv. Stato Cerocchi). Imposte e tasse in genere -Concordato per la determinazione dell'imponibile -Natura. (t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 34). Prescrizione -Atti interruttivi -Riconoscimento del debito -Mancanza di dichiarazione formale ed esplicita -Non esclude l'efficacia interruttiva. (c. c., art. 2944). Imposte e tasse in genere -Prescrizione -Adesione prestata dal con tribuente alla determinazione dell'imponibile Idoneit quale atto interruttivo della prescrizione -Estensione. (c. c., art. 2944; t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 34). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 422 Imposte e tasse in genere -Imposta addizionale istituita col r. d. 30 novembre 1937 n. 2145 -Natura. (r. d. 30 novembre 1937, n. 2145; conv. nella legge 25 aprile 1938, n. 614). Imposta di .successione -Imposta globale sull'asse ereditario netto e sulle donazioni e altre liberalit -Addizionale di cui al r. d. 30 novembre 1937 n. 2145 -Appiicabilit in ogni caso in cui dovuta l'imposta globale. (r. d. 30 novembre 19.37, n. 2145; d. 1. 8 marzo 1945, n. 90, art. 11). n concordato tributario non ha carattere negoziale e transattivo, bensi costituisce un atto unilaterale della pubblica amministmzione, che pone in essere, con l'adesione del contribuente, un mezzo di accertamento dell'imponibile in base al quale deve esser applicata l'imposta (1). n riconoscimento del debito, ai fini dell'interruzione della prescrizione, pu estrinsecarsi non soltanto in una dichiarazione formale ed espliCita, ma anche con qualsiasi altro atto o fatto, che implichi comunque il riconoscimento del diritto soggetto a prescrizione (2). n riconoscimento del debito, idoneo anche in materia tributaria ad interrompere la prescrizione, pu estrinsecarsi anche nell'adesione prestata dal contribuente, in sede di concordato, alla determinazione dell'imponibile, e l'interruzione cos attuata opem sia in ordine alle imposte, che all'imponibile stesso afferiscono, sia in ordine alle contribuzioni accessorie (3). (1) Giurisprudenza pacifica; cfr., tra le pi recenti, .c~ss.. 23 _aprile ~964, n. 986, in questa Rassegna, 1964, I, 588, ove, in nota, altri richiami. Cfr., moltre la Relazione dell'Avvocatura dello Stato, 1956-60, II, 331. ' Per auestioni in ordine all'interpretazione del concordato, cfr. Cass. 5 maggio 1965, n. 819, in questa Rassegna, 1965, I, 553, con nota di A. MERCATALI ed ivi richiami di dottrina sulla natura del concordato. ' (2) Conforme, tra altre, Cass. 29 maggio 1965, n. 1105:. Giust: Ci~., ~965? I 1548 secondo cui il riconoscimento del debito, ai sensi e per i fini d1 cu~ ;ll'art.' 2944 c. c., non richiede forme sacramentali, ma pu es~i1!'secar~i anche per facta concludentia ed desumibile altre.s da presunzio?i gravi, precise e concordanti; cfr., inoltre, Cass. 26 gennaio 1965, n. 142, id, 1965, I 460 che ugualmente ritiene irrilevante il modo in cui il riconoscimento sl ma~ifesti., potendo lo stesso, per costituire i~onea ca~sa.di i1!'terruzio~e della prescrizione estt'msecarsi non soltanto m una d1ch1araz10ne esplicita, ma altres in' qualsiasi fatto, che implichi comunque l'ammissione dell'esistenza del diritto . (3) Conclusione di indubbia esattezza. Pu aggiungersi, p7raltro, che con il concordato, che atto amministrativo di accertamento dei pre~uppo: sti dell'imposizione la prescrizione pu ritenersi interrotta anche a1 sensi dell'art. 2943, c. c.,'per il rilievo dell'attivit posta in essere dall'Ammini PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 423 L'addizionale istituita col r. d. 30 novembre 1937, n. 2145, convertito nella l. 25 aprile 1938, n. 614, non ha natura di tributo autonomo, bens costituisce un accessorio dei tributi cui inerisce, e di questi segue la sorte anche per ci che attiene alla prescrizione, gli atti interruttivi della quale, riferiti al tributo principale, valgono ad interrompere anche il corso> della prescrizione per la detta addizionale (4). Ai sensi dell'art. 11 del d. l. 8 marzo 1945, n. 90, l'estensione Wimpost globale delle disposizioni sull'addizionale, istituita col r. d. 30 novembre 1937, n. 2145, riguarda sia l'imposta globale cui sono soggette le donazioni ed altre liberalit, sia quella sull'asse ereditario netto (5). (Omissis), -Col primo motivo si denuncia: violazione e falsa applicazione degliartt. 86, 88 e 89 della legge sulle successioni, approvata con r~ d. 30 dicembre 1923, n. 3270, e successive modificazioni; 7 e 140 della legge di registro, approvata con r. d. 30 dicem strazione creditrice; pi specificamente, poi, per la materia dei tributi successori (cui si riferiva la contestazione definita con la sentenza in nota), l'interruzione pu ritenersi anche ai sensi dell'art. 89, primo comma, del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, in relazione .all'atto -lo stesso concordato -di accertamento del valore dei beni trasferiti. Sempre in tema di tributi successori, e per !;efficacia del concordato sul valore quale atto interruttivo della prescrizione, cfr. Cass. 28 maggio 1943, n. 1332, Riv. Leg. Fisc., 1943, 480, che nell'accettazione del maggior valore, da parte del contribuente, correttamente indi.vidua una nuova denuncia, ad integrazione delle precedenti, e rileva la conseguente applicabilit della norma di cui all'art. 86 n. 1 del citato r. d. n. 3270 del 1923, in ordine al dies a quo del termine prescrizionale. (4) In senso sostanzialmente conforme, cfr. App. Roma, 25 gennaio 1963, Shell-Finanze, Temi romana, 1963, 106, mentre Ciomm. Centr. 30 ottobre 1962, n. 91588, Giur. lTnp., 1964, 410, individua nell'addizionale un tributo autonomo, che tuttavia, in difetto di espresse norme in contrario, deve ritenersi regolato, in ogni suo aspetto, secondo la discipiina del tributo cui inerisce. (5) Chiara applicazione della norma, che, come rilevato in motivazione, nel disciplinare l'imposta globale, dovuta sui trasferimenti mortis causa e su quelli gratuiti inter vivos, richiama le rispettive disposizioni della legge tributaria sulle successioni e della legge del registro, comprese quelle relative all'addizionale istituita col r. d. 30 novembre 1937, n. 2145., e cio """""'. ovyiamente.da ritenere -comprese quelle che riguardano l'addizion. ale sull'uno e sull'altro tributo, e perci con estensione dell'addizionale stessa all'imposta globale da liquidare in relazione ai trasferimenti che dalle disposizioni dell'una e dell'altra legge sono contemplati. Tale estensione del resto definitivamente ed inequivocamente chiarita dall'art. 1 della legge 10 dicembre 1961, n. 1346, che testualmente presuppone dovuta l'addizionale anche per l'imposta globale sul valore netto dell'asse ereditario, dal momento che specificamente di.spone che essa aumentata di un centesimo, ecc. >. 424 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO bre 1923, n. 3269, e modificazioni successive; 34 del testo unico sulle imposte dirette, approvato con d. P. 29 gennaio 1958, n. 645; 2934, 2935, 2943 e 2944 cod. civ.; delle altre norme di legge e dei principi generali di diritto sulla decorrenza e sulla interruzione della prescrizione dell'zione della Finanza per conseguire il pagamento di imposta suppletiva in materia di successioni e sulla natura giuridica del concordato tributario; difetto assoluto di motivazione: art. 132, secondo comma, cod. proc. civ.; motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria circa un punto decisivo della controversia: in relazione all'art. 360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c. . In sostanza, il ricorrente si duole che sia stata rigettata l'eccezione di prescrizione dell'azione della finanza, proposta ai sensi dell'art. 86, n. 2 della legge tributaria sulle successioni. Egli deduce che il concordato sul valore dei beni ereditari, intervenuto fra le parti il 16 marzo 1957, non poteva considerarsi atto interruttivo della prescrizione, rispetto al diritto fatto valere successivamente dall'Amministrazione finanziaria (applicazione dell'addizionale anche all'imposta globale), e ci per un duplice ordine di motivi: a) perch il concordato tributario -concretandosi in un atto amministrativo, accompagnato dalla preventiva adesione del contribuente -non pu spiegare effetti interruttivi della prescrizione; b) perch, nella specie, l'errore che dette luogo al nuovo accertamento e alla conseguente imposta suppletiva, oggetto del presente giudizio, era un errore di diritto commesso in sede di liquidazione dell'imposta principale (allorch si ritenne che la detta addizionale fosse applicabile alla sola imposta di successione, e non anche a quella globale), mentre il concordato ebbe per oggetto il valore dei beni ereditari, e cio una materia che nulla aveva a che fare con la successiva pretesa della Finanza di correggere le conseguenze della sua primitiva interpretazione delle norme relative all'applicazione dell'addizionale pro alluvionati . La doglianza infondata. esatto che il concordato tributario non ha carattere negoziale e transattivo, poich esso si concreta in un atto unilaterale della pubblica amministrazione, che pone in essere, con l'adesione del ontribuente, un mezzo di accertamento dell'imponibile su cui deve essere applicata l'imposta. Ma ci non toglie che l'adesione prestata al concordato, il cui atto deve essere sottoscritto anche dal contribuente o da un suo rappresentante, si risolva in un riconoscimento circa i divitti dell'amministrazione finanziaria in ordine a quel determinato .accertamento e alla relativa imposizione tributaria. Col sottoscrivere l'atto di concordato, nel quale devono essere indicati gli elementi in base ai quali stato determinato l'imponibile (art. 34 del testo unico PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 425 sulle imposte dirette, approvato con d. P. 29 gennaio 1958, n. 645), il contribuente riconosce -implicitamente, ma necessariamente -di essere tenuto a pagare non solo tutte le imposte, ma anche tutte le contribuzioni accessorie, che per legge afferiscono all'imponibile concordato. In altri termini, con l'aderire alla determinazione della base imponibile e col sottoscrivere il concordato, il contribuente pone in essere un atto interruttivo della prescrizione, limitatamente all'oggetto del concordato ed ai diritti immediatamente conseguenziali, poich riconosce il diritto dell'amministrazione finanziaria ad effettuare la tassazione che consegue per legge all'accertamento dell'imponibile. Lo stesso ricorrente, del resto, dopo avere accennato all'atto di costituzione in mora (che nella specie certamente non ricorre), ammette esplicitamente che anche in materia fiscale la prescrizione interrotta dal riconoscimento del diritto da parte di colui contro il quale il diritto stesso pu essere fatto valere. Anche in materia tributaria, dunque, applicabile l'art. 2944 c. c., che dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte interpretato nel senso che il riconoscimento dell'altrui diritto, ai fini della interruzione della prescrizione, pu estrinsecarsi non solo in una dichiarazione formale ed esplicita, ma anche con qualsiasi altro atto o fatto, che implichi comunque il riconoscimento del diritto soggetto a prescrizione. Nel caso in esame, quindi, il concordato sul maggior valore dei beni ereditari, intervenuto mentre era in corso il termine triennale di prescrizione (previsto dall'art. 86 n. 1 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270), determin l'interruzione della prescrizione medesima, relativa al diritto dell'amministrazione finanziaria di chiedere il pagamento dell'imposta di successione e di quella sul valore globale dell'asse ereditario. Di conseguenza, la prescrizione rimase interrotta anche in ordine all'addizionale istituita col r. d. l. 30 novembre 1937, n. 2145, convertito nella 1. 25 aprile 1938, n. 614, addizionale che ha carattere accessorio e che soggetta allo stesso regime tributario delle imposte, delle sovrimposte, delle tasse e dei contributi, sui quali deve essere -Obbligatoriamente applicata in forza di legge. Pur avendo proprie -caratteristiche e proprie finalit, la detta addizionale non costituisce un tributo autonomo, indipendente dai tributi cui afferisce, tanto che non ha una propria disciplina, n un proprio termine di prescrizione. Essa si applica a determinati tributi erariali, provinciali e comunali, quale accessorio stabilito dalla legge in una certa percentuale, e perci si risolve in un aumento di aliquota, destinato ad integrare i bilanci degli enti comunali di assistenza. Da ci deriva che non configurabile, in ordine all'addizionale in questione, un diritto autonomo dell'amministrazione finanziaria, svincolato ed indipendente dai tributi 426 :RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO su cui essa incide, e soggetto ad autonoma prescrizione. Quale accessorio dovuto per legge in percentuale predeterminata, l'addizionale segue il regime giuridico delle imposte sulle quali deve essere applicata, nel senso che tutti gli atti che riguardano l'accertamento e la riscossione di tali imposte, compresi gli atti interruttivi della prescrizione, estendono i loro effetti anche all'addizionale, appunto perch questa un accessorio che segue automaticamente il tributo principale. Esattamente, quindi, la Corte d'appello ha ritenuto che il concordato sul valore dei beni ereditari avesse interrotto la prescrizione, non solo in ordine all'imposta di successione ed a quella globale, ma anche in ordine alle relative addizionali e, in particolare, in ordine all'addizionale che forma oggetto del presente giudizio, richiesta con atto di ingiunzione notificato . il 27 aprile 1959, entro il triennio dal concordato, e perci prima che decorresse il nuovo termine di prescrizione. N -come afferma il ricorrente -l'impugnata sentenza potrebbe essere cassata per vizio di motivazione, poich il difetto o l'erroneit della motivazione su questioni giuridiche non possono, di per s soli, comportare l'annullamento della decisione. Allorch trattisi di questioni di diritto, che non richiedono apprezzamenti di fatto, ed allorquando il dispositivo dell'impugnata sentenza sia conforme a diritto, pu la Suprema Corte correggere la motivazione giuridicamente erronea, ai sensi dell'art. 384 c. p. c., e pu altres integrarla o completarla, sempre che si verta in tema di questioni strettamente giuridiche. questo il caso di specie: per cui la motivazione della denunciata sentenza, assiomatica ed inesatta, va corretta ed integrata nei sensi innanzi spiegati. Ne consegue che il primo motivo di ricorso deve essere respinto, perch giuridicamente infondato. Col secondo . motivo, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell'art. 1 r. d. 1. 30 novembre 1937, n. 2145, degli artt. 6 e 11 d.1.1. 8 marzo 1945, n. 90, e dell'art. 4 r. d. l. 4 maggio 1942, n. 434, in relazione all'art. 12 delle preleggi e all'art. 360 nn. 3, 4 e 5 c. p. c., il ricorrente sostiene che la predetta addizionale applicabile solo all'imposta di successione, non anche all'imposta sul valore globale dell'asse ereditario. Anche questo assunto, gi disatteso dai giudici di merito, in primo ed in secondo grado, infondato e deve essere ulteriormente disatteso. Basta rilevare che la questione prospettata dal ricorrente legislativamente risolta dall'art. 11, terzo comma, del d. l. I. 8 marzo 1945, n. 90, il quale dispone che per la presentazione della denunzia (relativa all'imposta sul valore globale der trasferimenti a titolo gratuito), la determinazione dei valori imponibili, la deduzione delle PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 427 passivit, il pagamento dell'imposta, i privilegi, le prescrizioni e il modo di decidere le controversie, nonch per le sanzioni punitive, sono applicabili, in quanto non sia diversamente disposto dal presente decreto, le disposizioni della legge tributaria sulle successioni e, quando si tratta di donazioni o liberalit, della legge di registro, comprese quelle relative all'addizionale istituita dal r. d. 1. 30 novembre 1937, n. 2145 . Queste ultime parole, relative all'addizionale, non possono essere riferite alle sole espressioni che immediatamente le precedono, e cio soltanto alla legge di registro, in rapporto alle donazioni e alle liberalit, perch la locuzione quelle (e comprese quelle relative all'addizionale ) si ricollega indubbiamente alle disposizioni della legge tributaria sulle successioni e della legge di registro . D'altra parte, in base ad una corretta interpretazione letterale, le suindicate parole devono essere riferite a tutte le previsioni contemplate nella disposizione, che ha per oggetto le imposte (tutte le imposte) sul valore globale dei trasferimenti a titolo gratuito, sia quelli tra vivi che quelli mortis causa. Cosicch esse riguardano non solo le donazioni e le liberalit, ma anche le successioni, nel senso che l'addizionale gi applicabile all'imposta di successione (oltre che all'imposta di registro) in forza del decreto del 1937, si applica anche all'imposta sul valore globale. Se cosi non fosse, ben diversa sarebbe stata la formulazione della norma in esame, in quanto sarebbe stata specificata la volont del legislatore di limitare l'applicazione dell'addizionale all'imposta di successione, oltre che alle donazioni e alle liberalit, e di escluderla rispetto all'imposta sul valore globale dell'asse ereditario, tenuto conto che quest'ultima imposta, pur avendo carattere autonomo, rientra essenzialmente nel sistema e nel regime tributario dell'imposta di successione, alla quale viene comunemente (anche se non giuridicamente) assimilata ed equiparata. Devesi ritenere, dunque, che l'addizionale in questione colpisca non solo l'imposta di successione, ma altres quella sul valore globale dell'asse ereditario, cos come hanno esattamente affermato i giudici di merito. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 3 marzo 1966, n. 626 -Pres. Scarpello -Est. D'Armiento -P. M. Criscuoli (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Coronas) c. Ascanelli (avv. Grillo) e Esattoria consorziale di Bologna. Imposte e tasse in genere -Esecuzione esattoriale -Concordato fallimentare -Azione diretta a fame riconoscere ilcarattere vincolante rispetto al credito chirografario d'imposta -Opposizione all'ese RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 428 cuzione ed azione di accertamento -Giurisdizione del ~iudice ordinario -Esclusione e limiti. n soggetto indicato nei ruoli come debitore tributario, fino al compimento dell'esecuzione, non ha alcuna azione proponibile davanti al giudice ordinario per contrastare o rimuovere ta pretesa dell'esattore, ma pu solo ricorrere all'intendente di finanza ed esperire, contro iZ provvedimento di questo ultimo, i rimedi previsti dal vigente ordinamento. A superare l'improponibilit della domanda non vale opporre che nel caso di specie non si contende intorno al valore ed all'efficacia degli atti amministrativi con i quali venne definito il debito di imposta, ma solo sull'estinzione di tale debito in forza di fatti successivi (1). (Omissis). -Con il primo motivo si denuncia la violazione degli artt. 72 e 73 t. u. 17 ottobre 1922, n. 1401; 208, 209 t. u. 29 gennaio 1958, n. 645; 22 r. d. l. 7 agosto 1936, n. 1639; e il difetto di giurisdizione; sostenendo che la sentenza impugnata erroneamente non ha dichiarato il difetto temporaneo di giurisdizione a decidere sull'azione proposta dall'Ascanelli contro l'Esattoria Consorziale di Bologna (sia che la si qualifichi come opposizione all'esecuzione esattoriale, sia che la si consideri accertamento negativo d'imposta) fino al compimento dell'esecuzione esattoriale, in forza degli artt. 72 e 73 t. u. 17 ottobre 1922, n. 1401, e successivamente in base agli articoli 208, 209 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645. Tali norme -si argomenta -non ammettono, in materia di esecuzione fiscale, le opposizioni regolate dagli artt. 615, 618 c. p. c., mentre l'azione d'accertamento negativo di una imposta diretta, gi iscritta legittimamente nel ruolo, non proponibile davanti all'autorit giudiziaria se non dopo avere adito le competenti commissioni amministrative (il che, nella specie, non stato fatto). Con il secondo motivo, denunziando la violazione degli artt. 33, 40, 72, 73, 97 t. u. n. 1401 del 1922 e 15, 28 1. 16 giugno 1939, n. 962; 200, 206, 209, 210 t. u. n. 645 del 1958; 51, 135 r. d. 16 marzo 1942, n. 257, si sostiene che a torto la Corte di merito ha ritenuto estinto il credito, posto in riscossione dell'Esattore. Si afferma, in particolare, dalla ricorrente amministrazione finanziaria, che la procedura di riscos( 1) Sulla proponibilit di azioni ed opposizioni fondate sul concordato fallimentare del debitore d'imposte dirette. In nota alla precedente sentenza 2 luglio 1965, n. 1373 delle Sezioni Unite della Cassazione si riferito (in questa Rassegna 1965, I, 916) che PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 429 sione delle imposte del tutto autonoma ed indipendente dalla procedura fallimentare, tanto che l'azione esattoriale pu essere proseguita pure in pendenza di fallimento. Nulla di quanto avviene nel procedimento fallimentare pu ostacolare l'azione dell'esattoria per il conseguimento integrale del credito in riscossione: e per ottenere la sospensione dell'esecuzione esattoriale il curatore deve impegnarsi a versare l'intero ammontare del debito d'imposta. Il primo motivo di ricorso, che ha carattere preliminare ed assorbente rispetto al secondo, fondato. Come risulta chiaro e come non si contesta, l'Ascanelli, con l'atto introduttivo di lite del 12 dicembre 1957, ha proposto opposizione avverso l'esecuzione esattoriale, che contro di lui era stata iniziata per debito d'imposta; esecuzione che aveva dato causa ai verbali di pignoramento dell'8 novembre e del 2 dicembre 1957, ma peraltro non era stata conclusa. L'atto di citazione porta all'intestazione la seguente dizione: citazione in opposizione all'esecuzione: art. 615 ., e conclude per la sospensione dell'esecuzione perch sia dichiarato estinto il diritto del- in data 18 novembre 1965 era stato discusso nella stessa sede un altro ricorso avente per oggetto la stessa questione decisa dalla sentenza allora annotata e relativa alla proponibilit di opposizioni od azioni di accertamento negativo tendenti a far valere l'assoggettamento del credito chirografario d'imposta reclamato dall'esattore alla falcidia concordataria. Tale ricorso stato deciso con la presente sentenza che, giungendo a conclusioni totalmente opposte a quelle di cui alla precedente n. 1373.'65, afferma principi che permettono un definitivo chiarimento della materia. principio ripetutamente codificato (adt. 72 e 73 del t. u. 17 ottobre 1922, n. 1401 e ora art. 209 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645) quello per cui, nel caso di esecuzione esattoriale, le opposizioni del contribuente possono svolgersi esclusivamente in via amministrativa, essendo la competenza dell'Autorit giudiziaria ordinaria limitata al solo risarcimento dei danni da richiedersi all'esattore dopo il compimento dell'esecuzione. Trattasi, come noto, di una particolare garanzia della esecuzione esattoriale, in base alla quale ormai pacifico che, nei confronti di tale esecuzione, non sono proponibili le opposizioni di cui agli artt. 615 e segg. c. p. c., che sarebbero dirette a paralizzare l'azione esecutiva dell'esattore ed a sostituire la competenza del giudice ordinario a quella dell'intendente di finanza, che la sola stabilita dall'ordinamento. Ma tale conclusione non pu esaurire gli effetti di quel principio, costituendone invece soltanto una pratica attuazione, onde appare inesatto quanto affermato nella ricordata sentenza n. 1373/65 secondo cui, in mancanza di una concreta contestazione del diritto dell'esattore a procedere ad esecuzione, l'azione diretta all'accertamento della sopravvenuta estinzione del credito tributario sarebbe pienamente proponibile dinanzi all'Autorit giudiziaria ordinaria. Infatti, qualsiasi azione da proporsi nei confronti dell'esattore prima del compimento dell'esecuzione, anche se diretta al semplice accertamento RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 430 l'Esattoria a procedere ulteriormente ad esecuzione forzata per i titoli della narrativa nei confronti dell'attore . Dal che si evince che, oltre alla denominazione di atto di opposizione all'esecuzione, l'atto medesimo ne aveva anche il contenuto e la sostanza, contestandosi dal1' Ascanelli all'Esattoria il diritto di procedere ad esecuzione frozata e chiedendosi espressamente la sospensione dell'esecuzione. Pertanto, ed oltre al nomen iuris conferito dalla parte, anche la causa petendi ed il petitum stanno a caratterizzare e qualificare l'azione proposta dall'Ascanelli come opposizione all'esecuzione ex articolo 615 c. p. c. Ma cosi qualificata l'azione, deve-riconoscersi che la stessa non poteva proporsi davanti al magistrato ordinario, che in materia carente di giurisdizione. Ed invero, gli artt. 72 e 73 del t. u. 17 ottobre 1922, n. 1401 (in vigore fino al 31 dicembre 1959) e gli artt. 208 e 209 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645 (in vigore dal periodo successivo) sostanzialmente identici nel contenuto precettivo, vietano espressamente che il sog..: getto indicato nei ruoli di riscossione come debitore tributario possa, nel caso della procedura esecutiva istituita contro di lui dall'esattore, della sopravvenuta estinzione del credito di imposta, non pu tendere ad altro che ad impedire il proseguimento della esecuzione od a predisporre il titolo in base al quale agire per il risarcimento del danno dipendente da tale illegittimo proseguimento. In ogni caso, comunque, essa urta con il disposto dell'art. 209 del t. u. n. 645 del 1958. C.i con sentenza 10 agosto 1934 in causa fall. Nitti c. Esattoria Rende (in Giust. trib., 1935, 499) il Supremo Collegio ritenne infatti Quanto segue: Applicandosi la procedura speciale stabilita dalla legge suaccennata, sideve necessariamente aver riguardo agli artt. 72 e 73 della legge stessa, secondo i quali nessuna sospensione degli atti esecutivi pu ottenersi sB non in forza di ordinanza motivta dell'intendente di finanza e solo acl esecuzione compiuta possono le parti, che si ritengono lese dagli atti esecutivi dell'esattore, provvedersi davanti all'Autorit giudiziaria al solo effetto di conseguire il risarcimento dei danni e delle spese. Ed allora -proseguiva la stessa sentenza dopo aver dato atto che in quella fattispecie la esecuzione esattoriale non poteva ritenersi compiuta -delle due l'una: o lo scopo del curatore era quello di dimostrare la pretesa arbitrarit ed illegalit dell'atto esecutivo impugnato, per impedire che l'esecuzione mobiliare fosse compiuta, e l'Autorit giudiziaria ordinaria era priva di potest giurisdizionale al riguardo, spettando esclusivamente all'Intendenza di finanza la facolt di digporre la sospensione della procedura: o lo scopo e7a quello di ottenere it semplice riconoscimento della illegalit ed arbitrariet. denunciate, al solo effetto di fondare su un titolo legale il chiesto risarcimento dei danni, in tal caso l'azione era intempestiva non essendo stata ancora compiuta l'esecuzione . La sentenza in esame conferma ora tali principi, ma, ci che piconta, ne fornisce anche la giustificazione sistematica, affermando che dopo il compimento dell'esecuzione, invece, a norma dell'art. 209 del t. u. 29 gen PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 431 opporsi sia all'esecuzione, sia agli atti esecutivi, e solo gli riconoscono la facolt di ricorrere all'intendente di finanza. Il giudice ordinario, perci, difetta di giurisdizione a conoscere della domanda. del contribuente, volta a far dichiarare l'illegittimit dell'esecuzione e la nullit degli atti esecutivi, previa sospensione dell'esecu: done stessa; e questa, mirando a contestare la facultas agendi dell'esattoria, si qualifica come tipica opposizione all'esecuzione e agli atti esecutivi, ripercuotendo immediatamente e direttamente i suoi effetti sull'azione esecutiva; oltre che per una inevitabile conseguenzialit,.. anche per un evidente rapporto di connessione sostanziale. Quanto ora detto trova conferma nell'indirizzo giurisprudenziale costante e consolidato di questa Suprema Corte a Sezioni Unite (cfr. sentt.: 1 dicembre 1962, n. 3258; 19 aprile 1963, n. 962; 21 giugno 196$., .n. 1665; 27 luglio 1963, n. 2083; 19 luglio 1965, n. 1629); n a superare l'improponibilit della domanda vale opporre, come neUa .. sentenza denunziata si afferma, che nel caso di specie non s contende intorno al vlore ed all'efficacia degli atti amministrativi con naio 1958, n. 645 (corrispondente all'art. 73 del t. u. 17 ottobre 1922, n. 1401) riconosciuto il diritto, a chi si ritenga leso dall'esecuzione esattoriale, di agire in sede giudiziaria contro l'esattore ai soli fini del risarcimento dei danni; ma prima di tale momento, per la. particolme natura del procedimento esecutivo esattoriale, il contribuente non pu considerarsi titolare di un diritto soggettivo, bens di un semplice interesse legittimo (tutelabile, come tale, davanti agli organi dell'amministrazione attiva) . Se pertanto, prima del compimento della esecuzione esattoriale, il con tribuente non ha alcun diritto soggettivo da far valere nei confronti del l'esattore, certo che egli, comunque prospettando le sue istanze (opposi zione all'esecuzione; accertamento negativo del credito per sopravvenuta estinzione in modo diverso dal compimento dell'escuzione), non pu pre tendere alcuna tutela da parte dell'Autorit giudiziaria ordinaria. Ci non comporta alcuna reviviscenza del principio del solve et repete e non significa, evidentemente, che, pur in pendenza della escuzione esat toriale, non sia proponibile l'azione giudiziaria relativa alla impugnazione delPaertamento dell'imposta iscritta a ruolo. Tale azione, infatti, pre scinde dal compimento dell'esecuzione esattoriale, e deve essere proposta nei termini e secondo i presupposti stabiliti per il contenzioso tributario in mteria.dii~oste dirette. La C'Orte Costituzionale, con la sua sentenza 7 luglio 1962, n. 87 (in Foro it. 1962; 1, 1219)che ha respinto, come noto, l'eccezione di incostituzionalit della norma dell'art. 209 del t. u. :oer asserito difetto di tutela giudiziaria, ha chiarito con precisione tali concetti allorch ha affermato quanto segue: D'altra parte stato esattamente osservato tanto dalla difesa della Presidenza del Consiglio, quanto dalla difesa del Servizio, che gli artt. 208 e 209 fanno sistema: sistema, occorre ag.giungere, che la dichiarazione di Ulegittimit della regola del solve et repete integra e completa. Codesto sistema comporta in primo luogo il diritto del contribuente di agire davanti all'autorit giudiziaria competente (una volta osservate le condi 13 432 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO i quali venne definito il debito d'imposta, ma solo sull'estinzione di tale debito, in forza di fatti successivi. Il soggetto indicato nei ruoli come debitore tributario, invero, fino al compimento dell'esecuzione, non ha alcuna azione proponibile davanti al giudice ordinario per contrastare o rimuovere la pretesa dell'esattore, ma pu solo ricorrere all'intendene di finanza ed esperire, contro il provvedimento di questo ultimo, i rimedi previsti dal vigente ordinamento. Gli sono, invece, espressamente inibite le opposizioni regolate dagli artt. 615, 618 c. p. c., cio tutte quelle forme di opposizione che si riferiscono sia all'esistenza sostanziale e formale del titolo, sia alla regolarit degli atti esecutivi, e che normalmente appartengono alla giurisdizione ordinaria. Dopo il compimento dell'esecuzione, invece, a norma dell'art. 209 t. u. 29 gennaio 1958, n. 645 (corrispondente all'art. 73 del t. u. 17 ottobre 1922, n. 1401) riconosciuto il diritto, a chi si ritenga leso dall'esecuzione esattoriale, di agire in sede giudiziaria contro l'esattore ai soli fini del risarcimento dei danni; ma prima di tale momento, per I zioni poste dall'art. 22 del r. d. 7 agosto 1936, n. 1639, segnatamente I If?la pubblicazione dei ruoli, e perci anche prima dell'inizio dell'esecuzione, eh~ si ha con la notifica dell'avviso di mora) per far accertare la totale o parziale inesistenza della pretesa impositiva, senza che sia necessario, per l'esercizio di questa azione di accertamento, il pagamento del debito di f, ri; imposta. In secondo luogo il contribuente, e coloro che l'art. 209 del t. u. :~ gli equipara, hanno facolt di ricorrere all'Intendente di finanza (conseguenza e conferma a un tempo del carattere amministrativo del procedimento), contro tutte le questioni connesse con l'esecuzione. Contro il provvedimento dell'Intendente di finanza, compreso quello che sospende gli atti esecutivi, e che sono definitivi, possono essere esperiti i rimedi approntati dall'ordinamento, limitandosi l'ultimo comma dell'art. 208 a ridurre a 60 giorni il termine per il ricorso in via straordinaria al Capo dello Stato. In terzo ed ultimo luogo, conclusa questa fase, senza che l'esecuzione sia stata sospesa, il contribuente, e coloro che la legge gli equipara, possono agire contro l'esattore in sede giudiziaria per il risarcimento dei danni e l'esattore risponde dei danni e delte spese del giudizio anche con la cauzione prestata, salvi i diritti spettanti all'ente impositore . In definitiva, dunque, quando l'accertamento di imposta divenuto incontestabile in base alle norme sul contenzioso tributario, e indipendentemente comunque da tale contestazione eventualmente pendente, nei confronti dell'esattore che agisca in base a ruoli d'imposta, il contribuente, prima del compimento dell'esecuzione, non pu proporre alcuna azione dinanzi all'Autorit giudiziaria ordinaria, perch non ha alcun diritto soggettivo da far valere a carico di quello, e non pu pertanto pretendere che tale Autorit si pronunci, in qualunque modo, in ordine alla eventuale soggezione del credito chirografario di imposta alla falcidia concordataria .. G. ANGELINI ROTA PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 433 la particolare natura del procedimento esecutivo esattoriale, il contribuente non pu considerarsi titolare di un diritto soggettivo, bens di un semplice interesse legittimo (tutelabile, come tale, davanti agli organi dell'amministrazione attiva). Pertanto, il ricorso va accolto e dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della causa, cassandosi, conseguentemente, senza rinvio, la sentenza denunciata. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 3 marzo 1966, n. 628 -Pres. Scar pello -Est. Salemi -P. M. Criscuoli (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Gargiulo) c. Soc. Caseificio sociale Palazzo (avv. Neri). Imposte e tasse in genere -Imposta generale sull'entrata -Controversie di estimazione semplice non devolute alla cognizione delle Commissioni -Giurisdizione del giudice ordinario -Sussiste. (Cost., art. 113; legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 6; d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 22, 29; d. 1. 9 gennaio 1940, n. 2, art. 52; d. 1. 3 maggio 1948, n. 799, art. 18). Competenza e giurisdizione -Potere del giudice che pronuncia soltanto sulla giurisdizione di fissare principi e limiti per l'esercizio della giurisdizione stessa Esclusione. (c. p. c., art. 382). Procedimento civile -Giudizio di appello -Rimessione al primo giudice fuori dei casi tassativamente previsti -Esclusione -Cumulo di domande -Rimessione al primo giudice in relazione alle domande per le quali lo stesso aveva negato la giurisdizione -Rimessione anche per le altre domande, sulle quali ilprimo giudice aveva affermato la giurisdizione -Esclusione. (c. p. c. artt. 353, 354). Poich le controversie di estimazione semplice, in materia tributaria, devono ritenersi sottratte alla cognizione delZ'Autoritd giudiziaria ordinaria soltanto quando per esse sia predisposto un organo di giurisdizione speciale, e poich l'interesse del contribuente ad essere sot toposto all'imposizione secondo legge ha consistenza di diritto soggettivo, deve riconoscersi la giurisdizione del giudice ordinario in tutte le controversie, in materia di imposta generale sull'entrata, che non RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sono devolute alle Commissioni, e cosi in quelle concernenti l'accertamento di violazioni, ai sensi dell'art 52 della legge organica 19 giugno 1940, n. 762 (1). Al giudice che pronuncia sulla giurisdizione non consentito fissare i principt, pur se concernenti i criteri ed i limiti di esercizio della stessa affermata giurisdizione, cui deve attenersi il giudice nel successivo giudizio di merito (2). Il principio secondo cui il potere attribuito al giudice di appello, di rimettere la causa al primo giudice, di carattere eccezionale, e perci esercitabile nei soli casi tassativamente indicati dalla legge, si applica anche nel caso di procedimenti con pluralit di domande, e comporta che ii giudice del gravame, riconosciuta errata la pronwncia di primo grado, di difetto di giurisdizione per uno dei capi di domanda, deve rimettere la causa al primo giudice soltanto per quel capo, giudicando invece nel merito per gli altri capi, sui quali gi in prime cure la giurisdizione sia stata affermata (3). (1) Conformi sono anche Cass., Sez. Un. n. 627, di pari data, e n. 315 del 27 .gennaio 1966. Tutte confermano l'indirizzo segnato dalle stesse Se ' ' zioni Unite, nella soggetta materia, con le sentenze 24 giugno 1965, n. 1322 e 17 luglio 1965, n. 1592, entrambe in questa Rassegna, 1965, I, 1058, con nota (1-2-4-5), cui si fa richiamo. (2) Principio gi affermato dalle Sezioni Unite con la citata sentenza n. 1322 del 1965. Anche per questa parte, quindi, si fa rinvio alla nota redazionale (6), in questa Rassegna, Zoe. cit., (3) Sulla prima parte della massima, cfr. Cass. Sez. Un. 25 febbraio 1964 n. 407, Giust. Civ. 1964, I, 993; Cass. Sez. Un., 12 gennaio 1963, n. 34, Giust. Civ. 1963, I, 542 (entrambe ricordate in motivazione dalla sentenza in nota). Per l'applicazione, del resto di chiara conformit ai principi, in ipotesi di procedimento con pluralit di domande, cfr. Cass. 17 luglio 1956, n. 2755, pure richiamata nell'attuale .pronuncia. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 marzo 1966, n. 769 -Pres. Vistoso Est. Gambogi -P. M. Cutrupia (conf.) -Soc. Cartiera di Cairate (avv. Biamonti) c. Ministero Finanze (avv. Stato Coronas). Tassa sulle concessioni governative -Societ -Aumento di capitale mediante utilizzazione delle riserve -Applicabilit dell'imposta graduale -Esclusione. (d. P. R. 1 marzo 1961, n. 121, tariffa: art. 111). L'aumento del capitale di una societ, ottenuto mediante utilizzazione delle riserve, non integra un nuovo apporto di ricchezza, quale previsto dall'art. 111 della tariffa allegata alla legge tributaria sulle :: ., PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 435 concessioni governative (t. u. approv.ato coi d. P. R. 1 marzo 1961, n. 121), e non soggiace quindi all'imposta graduale ivi prevista (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso la Cartiera di Cairate denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 111 e 112 della tabella allegata al testo unico delle disposizioni in materia di tasse sulle concessioni governative approvato con d. P. R. 1 marzo 1961, n. 121, con riferimento all'art. 85 della Tariffa all. A alla legge di registro ed agli artt. 2424, 2438, 2439, 2442, 2444 e 2446 c. c., nonch l'omessa, insufficiente ed erronea motivazione, lamentando che la sentenza impugnata abbia ritenuto sottoposto a tassa graduale sulle concessioni governative un aumento di capitale concretantesi non nell'apporto di nuova ricchezza alla societ, secondo il disposto dell'art. 111 della tabella predetta, bens in una semplice variazione contabile nel patrimonio sociale, quale quella che si verifica col passaggio a capitale di partite disponibili di bilancio. La censura fondata e deve essere accolta, in conformit a quanto deciso da questa Corte Suprema con le sentenze n. 90 del 20 gennaio 1962 e n. 938 del 17 maggio 1965. Non sembra, infatti, che la sentenza impugnata adduca, a sostegno della contraria soluzione, argomenti nuovi di efficacia decisiva. Ed invero, al rilievo che il passaggio di fondi dalla riserva al capitale, sottraendo i fondi stessi alla possibile ripartizione tra i soci, per assicurarne la disponibilit all'ente societ, si concreti in un vero apporto di ricchezza all'ente medesimo e non in una semplice modificazione contabile, si pu sempre rispondere che il passaggio di fondi sociali a capitale non fenomeno irreversibile e non pone, quindi, in essere una sottrazione definitiva di tali fondi alla apprensione da parte dei soci anche durante la vita della societ. L'art. 2445 c. c. consente infatti la riduzione del capitale esuberante mediante rimborso ai soci, salve le limitazioni di cui agli artt. 2327 (capitale minimo di legge) e (1) Il principio, che la Cassazione aveva gi affermato con la sentenza del 20 gennaio 1962, n. 90, in questa Ra.~segna, 1962, 35 (in riferimento al disposto dell'art. 114 della tariffa allegata al d.P.R. 20 marzo 1953, n. 112, corrispondente all'art. 111 della tariffa vigente), e poi ribadito con la pi recente sentenza del 17 maggio 1965, n. 938 (Giur. It. 1965, I, 1, 1503), ha .ricevuto, con la decisione in nota, una conferma ulteriore; sicch sembra doversi escludere, almeno allo stato, una possibilit di modifica dell'indirizzo che si cosi venuto consolidando. Il principio stesso, come anche la Cassazione avverte, non incide sul regime degli atti di aumento di capitale ai fini dell'imposta di registro, attesa la differente legislativa individuazione dei presupposti dell'imposizione, disciplinata dall'art. 85 della tariffa A allegata al r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, senza discriminazioni di sorta in relazione alla fonte onde gli aumenti sono realizzati. 436 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 2412 c. c. (collegamento tra rimborso di capitale e rimborso di obbligazioni), che manifestamente non possono riguardare la ipotesi in cui w l'originario capitale sia stato aumentato da nuovi apporti che poi si ' vogliano ridistribuire tra i soci. Quindi, n dal punto di vista giuridico .' I n da quello ~conomico pu dirsi che la societ consegua, nei confronti dei soci, col passaggio a capitale di fondi di bilancio, vantaggi maggiori di quelli in precedenza goduti. Del resto, il tenore letterale della norma in esame, e cio della nota apposta all'art. 111 della tabella, col prescrivere che la tassa deve colpire ogni nuovo apporto di ricchezza che viene ad aggiungersi a quella precedente fornita alla societ , dimostra chiaramente che nella specie il legislatore ha avuto riguardo alla sostanza del fenomeno economico e non alla apparenza del mezzo giuridico-contabile mediante il quale pu realizzarsi il passaggio a capitale di somme gi appartenti alla societ. Se questo non fosse stato l'intento del legislatore, non si vede perch costui non si sarebbe limitato a colpire con la tassa, sic et simpliciter , ogni aumento di capitale in societ gi costituite , cos come ha fatto, per la imposta di Registro, con l'art. 85 della Tariffa relativa. Vero che -come si sostiene dai fautori della opposta opinione -esisteva la esigenza di precisare che dalla tassazione degli aumenti di capitale andavano esclusi quegli aumenti meramente fittizi, che sono costituiti dalle rivalutazioni del capitale stesso in adeguamento alla svalutazione monetaria; ma se questa solamente fosse stata la eccezione che il legislatore avesse voluto apportare alla tassazione, la nota all'art. 111 della Tabella avrebbe avuto un diverso tenore: avrebbe, cio, escluso espressamente e semplicemente dalla tassa le rivalutazioni di capitale, senza adottare quella generica formula dell' apporto di ricchezza che, se non altro, ha dato luogo alle presenti incertezze. Anche la contrapposizione tra nuova ricchezza apportata e ricchezza precedentemente fornita alla societ non costituisce affatto -come invece vorrebbe la Amministrazione resistente -argomento letterale a favore della tassabilit dell'aumento di capitale attraverso l'utilizzazione dei fondi di bilancio; tali fondi, infatti, non costituiscono ricchezza apportata alla societ, bens profitto di questa; vengono insomma dal- l'interno della societ, non dall'esterno di essa. Sotto questo profilo, quindi, apporto e fornitura di capitali, non si distinguono lessicamente, ma si riferiscono entrambi a qualcosa che in precedenza, diversamente dai fondi di bilancio, non si trovava nel complesso capitale-patrimonio, gi appartenente alla societ. I Deve poi ripetersi che la disposizione dell'art. 85 della Legge di Registro, secondo la cui pacifica interpretazione ogni forma di aumento 1-: di capitale, anche se effettuata mediante semplice passaggio di riserve od avanzi a capitale, sottoposta alla imposta relativa, non pu influire I I I ~ f: w;:.:.:.:.:.~--=.:.o/..-:'-'ff.{{' '7%!'-%'if:{/,'X{Y.M:."'i'!&_7/{f{g}t..,.1?,;:J}<;.;:&//,J'/,{@"/..W?.<@V7!0i<.-:m-w"W'.$$W'1f;(ffro//.{'!JJff/,~@J-'/./,///,W.-'1{f.{f{f#x<''f@"$$1,ff.?r{;JJ.Jl.~ t.m=.iM+.0.qffiM~;:=tt=@}{f.f .&=.t..!'.MfiliW:.filt-"'@=:=ri"/.&./&.Wffe=M#f*Wu@''i:<=*iMfffyfJf'".Z:X~MX:ftff!fi!-{\f&Xrfilfm ~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 437 se non a contrario nella interpretazione da darsi all'art. 111 della Tabella delle tasse di concessione governativa. La imposizione per registrazione, infatti, non limitata da alcuna formula analoga alla nota che accompagna l'art. 111 della tabella di dette tasse; e tale diversa regolamentazione testuale non casuale, ma risponde ad una diversa natura giuridica dei due tributi, essendo la imposta di registro commisurata agli effetti giuridici dell'atto, ed essendo invece la tassa di concessione riferita, per espressa volont del legislatore, agli effetti economici sostanziali della delibera sociale da iscrivere nei registri di cancelleria. Non pu trascurarsi, infine, l'ulteriore argomento testuale tratta dal fatto che sia l'art. 111 che il 112 della tabella si riferiscono entrambi alla sottoscrizione del capitale aumentato; tale espressione, evidentemente, non pu conciliarsi con l'aumento eseguito non gi con la emissione di nuove azioni da collocare all'esterno, bens col semplice passaggio di fondi a capitale, operazione che si compie con l'aumentare il valore nominale delle vecchie azioni o con l'emetterne delle nuove assegnate proporzionalmente ai soci senza sottoscrizione. Anche da questo punto di vista, quindi, il testo della legge non pu conciliarsi con la tesi sostenuta dalla amministrazione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 marzo 1966, n. 785 -Pres. Vistoso -Est. Giannattasio -P. M. Pedote (diff.) -Maccari (avv. Paoli Puccetti) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Masi). Profitti di regime -Avocazione -Profitti derivati da negozi conclusi col tedesco invasore -Prova -Presunzioni semplici -Applicabilit. (d. I. I. 26 marzo 1946, n. 134, art. 5; c. c., art. 2729). Cassazione -Legittimazione ad agire -Eccezione -No:n dedotta nel giudizio di merito -Deducibilit in Cassazione -Limiti. (c. p. c., artt. 81, 100 e 324). Cassazione -Nuove questioni di diritto -Ammissibilit . -Limiti. (c. p. c., art. 360). Poich nessuna norma del d. l. lgt. 26 marzo 1946, n. 134, in tema di avocazione dei profitti di regime, prescrive che la prova dei rapporti di fornitura debba risultare da documenti contrattuali, tale prova, e quella stessa del conseguimento dei profitti, pu essere acquisita mediante presunzioni, che abbiano i requisiti previsti dall'art. 272'{} cod. civ. (1). (1) .Giurisprudenza consolidata. Alle decisioni citate in sentenza possono aggiungersi, sempre in materia di avocazione di profitti di regime, Cass. 29 dicembre 1953, n. 3853, Riv. leg. fisc., 1954, 298; 13 giugno 1953, n. 1746, id., 1953, 967; 18 gennaio 951, n. 152, id., 1951, 399. 438 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il difetto di legitimatio ad causam, attiva e passiva, di ordine pubblico ed rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo ed anche dinanzi alla Corte di Cassazione; ma quando nelle pregresse fasi la contestazione sia rimasta circoscritta al merito, senza che da parte dell'interessato sia stata posta in discussione la legittimazione, e tanto pi quando questa abbia costituito il presupposto della pronunzia di primo grado, sia pure favorevole nel merito al detto interessato, deve ritenersi su quel presupposto formato il giudicato, e la questione del difetto di legittimazione non pu essere pi sollevata (2). precluso dedurre in Cassazione questioni nuove, quando con esse il ric01rente reclami per la prima volta l'applicazione di una norma di diritto non invocata dinanzi al giudice di merito, e la cui applicabilit importi l'accertamento di nuovi elementi di fatto non dedotti nelle precedenti fasi del procedimento (3). (Omissis). -Il Maccari, partendo dalla premessa che la ditta Maccari e Boni, all'infuori delle forniture che hanno formato oggetto del primo accertamento, non pi in discussione, non ha effettuato al (2) In tema di legittimazione ad agire attiva e passiva l'insegnamento della Corte Suprema consolidato sotto un duplice profilo. In primo luogo stato ripetutamente affermato (Cass. 31 gennaio 1963, n. 170; 11 maggio 1952, n. 956; 24 gennaio 1962, n. 109) che essa una condizione dell'azione e come tale deve sussistere al momento della decisione, di guisa che, se, mancando all'atto della proposizione della domanda, sopravvenga nelle more del giudizio, la lite pu proseguire per l'emanazione della sentenza di merito. In secondo luogo, stato sempre ritenuto che, essendo la questione relativa alla legitimatio ad causam di ordine pubblico, il relativo difetto deducibile in ogni stato e grado del processo, e rilevabile anche d'ufficio, salvo che la questione stessa abbia formato oggetto di specifica contestazione, e la relativa decisione, non impugnata, sia passata in giudicato (Cass. 23 luglio 1964, n. 1990; 22 giugno 1963, n. 1699; 5 aprile 1963, n. 860; 16 marzo 1963, n. 666). La decisione in esame presenta interesse, perch esclude la necessit di una specifica contestazione ed ammette, quindi, la formazione di un giudicato implicito anche sulla questione della legittimazione ad agire. Tale ultimo principio, gi affermato con sentenza 8 giugno 1961, n. 1313 (in questa Rassegna, 1961, 108), e seguito dalle magistrature di merito (App. Napoli, 22 maggio 1963, Foro Nap., 1963, I, 75), limita sensibilmente la possibilit, astrattamente ammessa, di denunziare per la prima volta in Cassazione il difetto di legittimazione, e, per converso, la rilevabilit di ufficio del difetto medesimo in ogni stato e grado del giudizio (cfr. nota alla citata sentenza 8 giugno 1961, n. 1313, in questa Rassegna, Zoe. cit.). (3) Giurisprudenza pacifica. Cfr., da ultimo, Cass. 6 agosto 1964, numero 2244; 15 febbraio 1964, n. 343. R. SEMBIANTE PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 439 tedesco invasore le altre due forniture, delle quali difetterebbe qualsiasi prova, censura, con il primo motivo, l'impugnata decisione, denunciando la violazione dell'art. 5 del d. I. 26 marzo 1946, n. 134, degli artt. 136 e ss. c. p. c., e 12 e ss. disposizioni sulla legge in generale, e per omesso esame ed omessa motivazione sul punto decisivo della controversia in ordine al mancato accertamento degli appalti, forniture ed altri negozi conclusi con il tedesco invasore; specie in considerazione del fatto che la commissione provinciale aveva ritenuto, con motivazione esente da vizi logico-giuridici, non sufficienti gli elementi di prova emersi dalla contabilit Ruko. La decisione impugnata -si aggiunge -pone a fondamento dell'avocazione non gi le presunte forniture, di cui non stata data la minima prova, sebbene presunti pagamenti risultanti dalla detta contabilit. E mentre l'ufficio -si conclude -avrebbe dovuto provare che i pagamenti inerivano ad uno di quei negozi conclusi con il tedesco invasore, cui fa riferimento l'art. 5 della legge, la dedisione non motiva in base a quale processo logico si siano fatti discendere le forniture dai pagamenti, sicch ne viene ad essere espressa una nozione perplessa di pagamento e di fornitura ed omesso l'esame sul punto decisivo della sussistenza delle condizioni dell'azione di avocazione. La censura infondata. La Commissione centrale, dopo che, con decisione interlocutoria, aveva ritenuto necessario disporre di tutti i dati registrati nella contabilit tedesca a nome della ditta Maccari e Eoni, relativi alle forniture da queste eseguite, e dopo aver preso visione delle copie fotostatiche dei fogli dell'organizzazione tedesca Ruko col Banco di Roma e del conto della medesima organizzazione col Comando delle forze armate germaniche in Italia, dai quali documenti risultava la corresponsione alla ditta Maccari e Eoni di L. 6.845.145 e 16.605.519, riteneva che i pagamenti in questione costituivano la base del secondo e del terzo accertamento, e , unicamente, di fronte alla richiesta dell'Ufficio della determinazione del profitto in L. 5.407.000, lo determinava equitativamente in L. 2.200.000. In questa motivazione, per quanto succinta, i pagamenti effettuati dall'organizzazione germanica alla ditta Maccari e Eoni sono posti in relazione alle forniture fatte dalla ditta Maccari e Eoni all'organizzazione germanica e ne rappresentano il corrispettivo. Cade, in tal modo, la censura di difetto di attivit in ordine al collegamento tra i pagamenti e gli appalti, forniture ed altri negozi conclusi con il tedesco invasore, i cui profitti sono considerati illeciti e quindi avocabili ai sensi dell'art. 5 del d. I. 26 marzo 1946, n. 134. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione dei principi generali dell'ordinamento che presiedono l'onere probatorio ~-":P.~P-=ifl-.P-4.r~*" .,. ..._........u ... :-:.-.... :.i: :::: . %...... ~P"h:O: 440 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (art. 2697 c. c.), l'efficacia probatoria degli atti e fatti dedotti (art. 2699, 2702 e ss. c. c.), e l'omessa motivazione sul punto della mancata prova, da parte della Finanza, delle forniture concluse con il tedesco invasore, del contenuto probatorio degli estratti della contabilit Ruko, dell'efficacia di tale contabilit, il tutto in relazione alla contraria decisione della Commissione provinciale, presa con motivato giudizio esente da vizi logico-giuridici. Spettava -si afferma -all'ufficio fiscale provare sia il conseguimento dell'utile e del profitto, sia il ricollegarsi a forniture, appalti od altri contratti conclusi con il tedesco invasore, ma tale prova mancata. In particolare, la Commissione non ha considerato che la contabilit Ruko non proveniva da una pubblica amministrazione, si riferiva ad un periodo particolarmente tormentato dell'occupazione, e non poteva fornire prova, perch non proveniva dalla parte contro cui era fatta valere. Tale censura che, sostanzialmente, ripete quella contenuta nel primo motivo di ricorso, insiste sulla insussistenza delle forniture col tedesco invasore, cio su di un apprezzamento di fatto, insindacabile in questa sede di legittimit. Una volta accertato il pagamento di somme in corrispettivo di forniture concluse con il tedesco invasore, nessuna ulteriore specifica motivazione era imposta alla Commissione Centrale per dedurre l'esistenza di negozi considerati dalla legge illeciti, perch nessuna norma del d. 1. 26 marzo 1946, n. 134 prescrive che la prova dei rapporti di fornitura debba risultare da documenti contrattuali. Tale prova pu essere acquisita mediante presunzioni, che abbiano i requisiti prescritti dall'art. 2729 c. c., in particolare attraverso quella di forniture eseguite da un imprenditore italiano al tedesco invasore, e quella contemporanea e corrispondente del pagamento effettuato dal tedesco a quell'imprenditore (Cass., 14 marzo 1957, n. 872; 35 maggio 1956, n. 1783; 3 marzo 1954, n. 614). In altre parole, il conseguimento dei profitti di regime non si presume, ma la prova del conseguimento dei profitti stessi pu essere desunta anche da presunzioni gravi, precise e concordanti, in quanto nulla, al riguardo, dispone in contrario la legge speciale. Con il terzo motivo si censura la sentenza, denunciandosi la violazione delle norme di legge e dei principi generali del diritto che regolano la identificazione del debitore in genere e del debitore di imposta in particolare, nonch la omessa motivazione ed omesso esame del punto decisivo della controversia circa la individuazione del soggetto cui si riferiscono i presunti pagamenti, intestati a diverse ditte ed invece presunti tutti a carico del ricorrente. La Commissione Centrale, data la omogeneit delle indicazioni della contabilit Ruko, e data la esistenza di ditte con denominazioni analoghe, avrebbe dovuto PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 441 esaminare specificamente perch i profitti erano stati calcolati tutti in capo alla ditta del ricorrente: tale omissione rende non suscettibile di individuazione il procedimento logico-giuridico in base al quale la Commissione pervenuta al suo convincimento. Si trattava -viene osservato -di punto decisivo attinente alla stessa legittimazione passiva, e non stato nemmeno considerato il rilievo essenziale della incapacit produttiva della ditta rispetto alla entit delle forniture assertivamente poste a suo carico. Anche tale censura priva di fondamento. Nei procedimenti dinanzi alle Commissioni non mai stata proposta la questione relativa :alla violazione delle norme che regolano la identificazione del debitore d'imposta, n si accennato ad eventuale confusione con altre ditte, :ma si sempre discusso sulle prove degli accertamenti e cio sull'efficacia probatoria della documentazione tedesca. vero che il difetto di legitimatio ad causam, attiva e passiva, di ordine pubblico ed rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo ed anche dinanzi alla Corte di Cassazione, ma quando dinanzi alla Commissione centrale la contestazione stata circoscritta al merito, senza che da parte del Maccari sia stato posto in discussione il presupposto della J)ronuncia di prime cure, la quale, sebbene favorevole al contribuente nel merito, implicava il riconoscimento della sua legittimazione ad agire, su tale presupposto si formato il giudicato, e la questione del difetto di legittimazione non pu essere pi sollevata. N, d'altra parte, la Commissione Centrale aveva l'obbligo di una particolare motivazione in ordine ad un eventuale rapporto di intermediazione o associativo tra la ditta Maccari e Boni ed altra ditta (il cui nome figura in una delle varie poste della contabilit Ruko), a norma dell'art. 5 del d. 1. 26 marzo 1946, n. 134, e stante il principio di soli dariet in tema di avocazione dei profitti di regime. Con il quarto motivo il ricorrente censura la sentenza denunciando la nullit dell'accertamento per violazione dell'art. 8 del r. d. 17 settembre 1931, n. 608 e delle norme che regolano l'accertamento e la specificit dei motivi, nonch la identificazione del soggetto pas '.vo. Posto che talune forniture risultavano intestate alla ditta Me. alli pressati Bonomi, l'accertamento, ove, in ipotesi, si fosse esclusa la sussistenza di una societ di fatto tra detta societ e la ditta Maccari -e Boni, avrebbe dovuto precisare per quale parte il profitto fosse avocabile nei confronti dell'una e per quale parte nei confronti dell'altra. Se invece la Finanza era partita dal presupposto della sussistenza di tale societ di fatto per quel singolo pagamento e per quella sola fornitura, l'accertamento avrebbe dovuto precisare quale parte dei profitti era avocabile nei confronti della societ e quale nei confronti della 442 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Maccari e Boni; comunque gli accertamenti contestati avrebbero dovuto contenere la indicazione della fornitura nella quale si basavano. Anche tale censura infondata. A parte la ripetizione di rilievi gi contenuti nel mezzo precedente, per i quali valgono le considerazioni gi svolte, la questione centrale che si agita con questo mezzo nuova e, come tale, preclusa in Cassazione, perch con essa il ricorrente reclama per la prima volta l'applicazione di una norma di diritto non invocata dinanzi alle commissioni tributarie, la cui applicabilit importa l'accertamento di nuovi elementi di fatto, non dedotti nelle precedenti fasi del procedimento. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 marzo 1966, n. 797 -Pres. Favara -Est. Roperti -P. M. Gentile (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Carafa) c. Mutti (avv.ti De Tullio, Bettinelli). Imposta di successione -Determinazione dell'attivo imponibile -Maggiorazione per presunzione di esistenza, nell'asse ereditario, di gioielli, mobilia e denaro -Pronuncia di illegittimit costituzionale, in relazione al diverso computo della percentuale: sul valore lordo, per le aziende agricole, e sul valore netto, per le aziende industriali e commerciali -Estensione della pronuncia di illegittimit all'intera norma sulla presunzione indicata -Esclusione. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 31; Corte Cost., sent. 12 luglio. 1965, n. 1)9). Imposta di successione -Determinazione dell'attivo imponibile -Maggiorazione per presunzione di esistenza di gioielli, mobilia e denaro -Inapplicabilit in caso di diverse risultanze di inventari Condizioni -Limiti. (r. d. 30 dicembre 1923, n . .3270, art. 31, terzo e quarto comma). La pronuncia di illegittimit costituzionale (Corte Cost., sent. 12 luglio 1965, n. 69) delle disposizioni dell'art. 31, primo e secondo comma, del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (legge tributaria sulle successioni), in quanto escludono le aziende agricole dal trattamento disposto per le aziende industriali e commerciali non si estende ai complesso delle norme sulla valutazione presuntiva di gioielli, mobilia e denaro, bensi va intesa nel senso della eliminazione della disparit. di trattamento che dalle indicate norme era prevista per il computo PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 443 delta percentuale sul valore -lordo nel primo caso e netto nel secondo ...,..,.,. detle dette aziende (1). La disposizione del terzo comma dell'art. 31 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, secondo la quale non si ricorre alla valutazione pres. untiva per gioielli, mobilia e denaro, nella determinazione dell'attivo ~reditario, allorch da inventari risulti la inesistenza o un valore mi (1) La sentenza della C1orte Costituzionale del 2 luglio 1965, n. 69, leggesi in questa Rassegna, 1965, I, 884. La stessa chiara enunciazione del dispositivo di tale pronuncia, con la quale stata dichiarata l'illegittimit delle disposizioni del primo e del secondo comma dell'art. 31 della legge tributaria sulle successioni in quanto escludono le aziende agricole dal trattamento digposto per le aziende industriali e commerciali., convince dell'esattezza della conclusione, accolta dalla Cassazione, nel senso che soltanto la disparit di trattamento . stata ritenuta in contrasto con i principi costituzionali, e perci, nelle l'.J.Orme che la prevedevano, dichiarata illegittima. . . In senso sostanzialmente contrario, cfr. CRISAFULLI V., In tema di capacit contributiva, Giur. cost., 1965, 857, il quale rileva: a) che la formula adottta nel dispositivo potrebbe far ritenere che la sentenza della Corte Costituzionale sia di quelle che dichiarano l'illegittimit costituzionale di una disposizione per quel che non dice od espressamente esclude (nel caso: omessa menzione delle aziende agricole, accanto ed insieme a quelle industriali, nel secondo comma, e perci inclusione delle prime, a differenza delle altre, nella regola del primo comma); b) che, peraltro, la formula stessa ha tradito il pensiero della Corte ed il senso della pronuncia, ricostruibile esattamente soltanto alla stregua delle considerazioni svolte nella motivazione., dalle quali dovrebbe dedursi che la sentenza ha fatto cadere l'intero art. 31, tanto pi che la stessa Corte, nel sottolineare la diversit di trattamento, per le aziende agricole, da una parte, e per quelle industriali e commerciali, dall'altra, avrebbe deltberatamente evitato di scegliere tra l'uno e l'altro sistema di applicazione della percentuale di maggiorazione (sul valore lordo, nel primo caso; su quello netto, nell'altro), scch dovrebbe ritenersi dichiarata l'illegittimit dell'una e dell'altra disciplina impositiva. Senonch, e pur in rapida sintesi, nei limiti consentiti da queste note, pu osservarsi in primo luogo, e per quanto possa essere di rilievo, che una scelta la Corte Costituzionale l'ha fatta, allorch ha chiarito le ragioni per le quali ha giudicato ingiustificata la discriminazione fatta, con un trattamento. pi oneroso, .per le aziende agricole, e tanto pi quando ha osservato che queste. nell'attuale evoluzione... vanno uniformandosi sempre pi ai sistemi deUe aziende industriali: sicch, anche avendosi riguardo alla motivazione, pu dirsi chiara l'interpretazione della pronuncia nel senso che la legittimit deve ritenersi dichiarata limitatamente alla norma che quel diverso e deteriore trattamento faceva per le aziende agricole, rispetto al trattamento -del resto non in discussione, ed anzi assunto a termine di confronto proprio ai fini del giudizio sulla conformit della disposizione ai principi di cui agli articoli 3 e 53 della Costituzione riservato dalla stessa legge alle aziende industriali e commerciali. E pu aggiungersi, del resto, che la formula del dispositivo adottato dalla Corte Costituzionale nemmeno si presta alle critiche innanzi accen 444 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nore degli indicati beni, non applicabile. quando gli stessi inventari siano incompleti, ed anche se l'incompletezza non sia imputabile alla parte interessata (2). (Omissis). -Preliminare l'esame dell'eccezione sollevata dalla difesa dei resistenti nella udienza di discussione, secondo cui, a seguito della sentenza 12 luglio 1965, n. 69 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimit costituzionale del primo e secondo comma del- l'art. 31 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (legge tributaria sulle successioni), che contempla la presunzione di esistenza di gioielli, denaro e mobilia nella valutazione dei compendi ereditari agli effetti della imposta di successione, sarebbe rimasta priva di base giuridica la pretesa della Finanza fondata sulla detta presunzione. L'eccezione inattendibile. Dispone l'art. 31 che le percentuali del 2 e del 5 % per la valu-, tazione presuntiva, rispettivamente, dei gioielli e denaro, e della mobilia, vanno calcolate sul valore complessivo dei beni ereditari al lordo del passivo, con esclusione delle aziende industriali e commer ~ J ~ nate, ed anzi forse la pi tecnicamente corretta, giacch, se dall'art. 31 in esame era in definitiva disposto, al primo comma, che la maggiorazione si doveva applicare per tutti i beni, e quindi anche per le aziende agricole, ; sul valore lordo, restando cos da considerare al netto soltanto le aziende ' industriali e commerciali secondo la espressa eccezione posta col secondo !=:=; I comma, evidente il significato della dichiarata illegittimit delle disposir t zioni dell'uno e dell'altro comma in quanto escludono le aziende agricole dal trattamento disposto per le aziende industriali e commerciali : perch, ~ invero, la illegittimit deve cos ritenersi riferita a quella parte del secondo ~ comma, che poneva la eccezione per le aziende, ma la limitava a quelle il industriali e commerciali (e tale limitazione caduta), nonch a quella ? I parte del primo comma, che riguardava, con gli altri beni in genere, anche i ~ le aziende agricole. (2) Conforme, in termini, Cass. 20 novembre 1964, n. 2768, Riv. Leg. , ' Fisc. 1965, 256. Si tratta di conclusione la cui esattezza appare indiscutibile ' sol che si consideri, come la Corte ha fatto anche nella sentenza in nota: ' che. la norma dell'art. 31 della legge tributaria sulle successioni mira ad evitare, con la prevista maggiorazione percentuale sul valore degli altri lbeni, che restino esclusi dall'attivo imponibile quei beni che pi facilmente potrebbero sfuggire all'accertamento (mobilia, denaro, gioielli); che l'esclusione della maggiorazione presuntiva consentita, quindi, soltanto quando si abbia altrimenti certezza -in base ad inventari di tutela o di eredit i beneficiata o fallimentare o fatti in seguito ad apposizione di sug1gelli dell'effettiva consistenza dell'asse ereditario; che tale certezza -una volta ' I . che l'inventario, e non importa per quale ragione, risulti incompleto non pi assicurata, presentandosi anzi la certezza opposta, dell'esistenza Idi altri beni, e quindi la esigenza di procedere alla valutazione presuntiva, secondo il normale criterio fissato nel primo e nel secondo comma del detto art. 31. 'I![ -:~ ~,! < Wk. '.X=-<:_-_-,. ~-_,_.,, --x::=,:,~===w.B':.mrn<==v=--,~=p1~/l.la9J*'*&lf181m==0:=~;{=~====-?w?Jffi'MiliililliF==-: ,.....~/.-Xy,,,,y,,.fo;;.xc,,:,x== y,:.;-yc,:.:..:;::...,,_y;:.: . ..,,'x.M2tM8"4At@:~l&B,,IL,:M=:::F~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 445 ciali, che vanno, invece, calcolate sulla differenza netta tra attivo e passivo. Quest'ultima esclusione, limitata alle sole aziende industriali e commerciali e non pure alle aziende agrarie, per le quali non era consentito di detrarre le passivit ai fini del calcolo delle predette percentuali, stata ritenuta dalla Corte costituzionale contraria ai principi di eguaglianza tributaria garantiti dagli artt. 3 e 53 della Costituzione, onde con la richiamata sua decisione, ha dichiarato la illegittimit costituzionale del 1 e 2 comma del citato art. 31 della legge tributaria in quanto - detto testualmente nel dispositivo - escludono le aziende agricole dal trattamento disposto per le aziende industriali e commerciali . chiaro, pertanto, che in forza della menzionata pronuncia non stato abolito il sistema in genere della presunzione di esistenza di gioielli, denaro e mobilia nella valutazione dei compendi ereditari, previsto dai predetti commi, agli effetti dell'imposta di successione, ma stata soltanto eliminata la diversit di trattamento, ai fini tributari, della valutazione delle aziende industriali e commerciali, rispetto alle aziende agrarie. Passando all'esame del ricorso, con unico mezzo la ricorrente Amministrazione, sotto il profilo della violazione dell'art. 31 della legge tributaria sulle successioni, censura l'impugnata sentenza per avere ritenuto l'inventario, redatto dagli eredi del defunto Cerri Alberto, ai fini dell'accettazione della eredit beneficiata, idoneo a vincere la presunzione prevista da detto articolo, nonostante fosse risultata la non contemplazione in esso di taluni cespiti, sulla base dei concetti di omissione maliziosa e di mala fede enunciati dall'art. 494 c. c., inapplicabili ai fini fiscali. La doglianza fondata. Osserva la Corte che l'art. 31 sopracitato, mentre da un lato dispone la inapplicabilit del criterio presuntivo circa la esistenza di gioielli, denaro e mobilia nei casi in cui da inventari di tutela e di eredit beneficiata, fatti in conformit delle relative disposizioni di legge, risulti un valore superiore o minore, od anche l'inesistenza assoluta dei menzionati beni, dall'altra non prevede e non disciplina con norme particolari il caso in cui nell'inventario si riscontrino omissioni ed infedelt. In difetto di tali specifiche disposizioni la Corte di merito ha creduto di risolvere la questione richiamandosi ai principi, riguardanti le omissioni ed infedelt nell'inventario, di cui all'art. 494 c. c., il quale, come noto, sancisce la decadenza dal beneficio di inventario solo quando l'erede, in mala fede, abbia omesso di denunciare cespiti ereditari. Tale interpretazione non pu essere condivisa. Come questa Suprema Corte ha anche recentemente avuto occasione di affermare (sen 446 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tenza 20 novembre 1964, n. 2768), allorquando, in tema di accettazione col beneficio di inventario, sia accertata l'incompletezza dell'inventario del chiamato, in quanto mancante della riproduzione esatta della consistenza del patrimonio del defunto, l'inventario stesso non pu considerarsi idoneo a fare venire meno la presunzione dell'art. 31, relativa alla esistenza, in predeterminate percentuali, di gioielli, danaro e mobilia, ai fini della determinazione del valore imponibile per l'applicazione della imposta di successione, in quanto il mancato ricorso al criterio presuntivo, giusta la previsione del 3 comma dello stesso art. 31, ha per presupposto che l'inventario sia completo, ossia contenga tutte le tassative indicazioni di cui all'art. 775 c. p. c. N la circostanza che l'omessa denuncia, nell'inventario, di beni appartenenti alla eredit non sia dovuta a mala fede dell'erede, vale a rendere l'inventario medesimo idoneo ad escludere il ricorso al criterio presuntivo, perch mentre l'art. 494 c. c. richiede la mala fede da parte dell'erede nella omessa denuncia dei beni appartenenti all'eredit affinch lo stesso decada dal beneficio d'inventario, la legge tributaria sulle successioni si limita a stabilire che la presunzione relativa alla esistenza e al valore dei gioielli, del denaro e della mobilia non si applica quando dall'inventario risulti un valore minore o l'inesistenza assoluta di tali beni, senza alcuna particolare previsione circa l'ipotesi di omissione di denuncia dei beni nell'inventario. Ed invero, se il legislatore ha stabilito una deroga alla applicazione della predetta presunzione di esistenza di gioielli, denaro e mobilia, nell'eredit, in ragione della particolare natura degli inventari contemplati nella norma predetta; redatti con la osservanza di specifici obblighi e sotto speciali cautele, non vi dubbio che tale deroga presupponga la perfezione del documento sia sotto il profilo formale che sotto quello sostanziale, a nulla rilevando che ai fini civili l'inventario mantiene la sua efficacia, anche se incompleto non per mala fede degli interessati. Quel che interessa, ai fini fiscali, non gi la regolamentazione del beneficio di inventario, sibbene l'inventario come documento redatto nel quadro degli incombenti volti a realizzare quel particolare istituto, che la legge considera quale atto idoneo alla rilevazione della consistenza dell'asse ereditario, onde sono indifferenti la funzione che ad esso assegna la legge civile ed i particolari effetti che in quell'istituto giuridico l'inventario stesso pu conseguire. In altri termini, la legge tributaria si richiama all'inventario considerato nella sua tipicit e perfezione, e cio in quanto esso accerti e certifichi la esistenza e l'entit di tutti i beni di un patrimonio e non all'inventario imperfetto o incom I pleto, anche se, in determinate condizioni, la legge civile lo considera valido ed efficace per determinati effetti. Se cos non fosse, verrebbe ad essere frustrata la finalit che la legge ha inteso perseguire allorch I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 447 ha limitato la prova contraria alla presunzione di cui all'art. 31, cio quella di evitare, con l'occultamento della ricchezza, le frodi fiscali. quindi sufficiente che sussista obiettivamente la incompletezza dell'inventario, perch questo sia inidoneo a determinare la consistenza nel patrimonio ereditario di gioielli, danaro e mobilia, secondo il pi volte citato art. 31 della legge tributaria sulle successioni, anche se le omissioni, in esso riscontrate, non siano da ascrivere a mala fede degli eredi. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 aprile 1966, n. 891 -P1es. Rossano Est. Azara -P. M. Caccioppoli (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Peronaci) c. Soc. Nazionale Cogne (avv. Romanelli). Imposta di registro -Concessione di derivazione di acqua -Aumenti legali dei canoni -Tassabilit -Esclusione. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, art. 46; d. 1. 7 gennaio 1947, n. 24; 1. 21 gennaio 1949, n. 8). Poich agli aumenti legali dei canoni di concessione di beni demaniali da attribuire una mera funzione di adeguamento monetario, senza che ne derivi una sostanziale modificazione di alcun elemento del rapporto, deve ritenersi non dovuta altra imposta di registro, in relazione ai detti aumenti, per una concessione di derivazione di acqua, oltre quella all'origine liquidata sul cumulo dei canoni per tutta la durata della concessione stessa, ai sensi dell'art. 46 della tariffa A allegata alla legge organica del registro (1). (Omissis). -Appare opportuno trattare congiuntamente i tre motivi di ricorso perch con essi viene, sostanzialmente, prospettata un'unica questione di diritto. (1) Con la sentenza in nota (nonch con la coeva n. 892, e con le precedenti 23 febbraio 1966, n. 566 e 20 luglio 1965, n. 1650, delle quali tutte si omette la publicazione); la Corte di Cassazione ha confermato l'orientamento gi assunto, nella materia in esame, con la sentenza del 15 febbraio 1965, n. 234, in questa Rassegna, con nota di G. ANGELINI RoTA. Tale indirizzo, peraltro, pur pi ampiamente ora motivato, non appare convincente, ed in particolare per due considerazioni essenziali: a) L'aumento dei canoni, pur se suggerito al legislatore dalla constatazione del diminuito potere di acquisto della moneta, non costituisce deroga al principio nominalistico, e, sopratutto, non implica che sia stata data veste legale al fenomeno della svalutazione, da ritenere contemplato, invero, quale mero dato di fatto, per una conseguente modificazione, e questa con rilevanza giuridica, del contenuto economico dei considerati rapporti; b) 14 448 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La ricorrente Amministrazione deduce, invero: a) che, per effetto del d. I. C. P. S. 7 gennaio 1947 n. 24 e della I,.. legge 21 gennaio 1949, n. 8, con gli aumenti dei canoni sarebbe rimasto non derogato il principio nominalistico della moneta, con corre. I lativa variazione del contenuto economico delle prestazioni del concessionario; b) che la variazione dei canoni demaniali attuata per legge (ed implicante una reductio ad aequitatem altrimenti non realizzabile) non avrebbe natura diversa dalla modificazione del contratto prevista dall'art. 1467 c. c., sul cui corrispettivo va corrisposta l'imposta di registro; c) che il rapporto non avrebbe potuto ritenersi definitivamente chiuso, dal momento che la stessa legge lo avrebbe riaperto, determinando le condizioni, in base alle quali le parti avrebbero potuto dare o non dare vita ad un nuovo accordo; d) che le variazioni dei canoni di concessione sarebbero soggette all'ulteriore tributo di vegistro al pari delle variazioni dei canoni di locazione, stante l'assimilazione fra gli uni e gli altri, sancita per effetto del richiamo all'art. 54 della legge di registro ed alle disposizioni connesse; e) che a torto la Corte di merito avrebbe escluso che, per effetto delle disposizioni del d. l. C. P. S. 7 gennaio 1947, n. 24 e della legge 21 gennaio 1949 n. 8, fosse intervenuto un nuovo acco1do fra la concessionaria Societ e l'Amministrazione, senza considerare che i canoni per derivazione di acque pubbliche sono sempre determinati dalla legge, e l'elemento intenzionale si rinviene, da un lato, nella concessione effettuata dall'Amministrazione, e, dall'altro, nella accettazione da presumersi per effetto del pagamento di canone. Detto canone -si soggiunge -nonostante il suo ammontare sia fissato dalla legge, non ha carattere di tributo, ma rappresenta il corrispettivo di utilit economica per il concessionario. Tali doglianze vanno disattese per le seguenti considerazioni. Come dato rilevare dalla premessa del decreto 7 gennaio 1947, n. 24 e dalla relazione ministeriale alla legge 21 gennaio 1949, n. 8, gli aumenti dei canoni stabiliti dai sopra citati provvedimenti legislativi furono determinati soltanto dalla necessit di adeguare le entrate de- tale modificazione, in quanto, ed appunto, giuridicamente rilevante, ed attinente al contenuto delle stesse convenzioni, comporta il superamento del rilievo, che si legge nella sentenza in nota, circa l'esaurimento del rapporto d'imposta, ed impone che sia autonomamente valutata, anche ai fini tributari, la nuova situazione economico-giuridica, e ci anche ai sensi dell'art. 63 della legge del registro, considerandosi il rapporto di concessione confermato, sia pure ex lege, contro un corrispettivo maggiore, sul quale dovrebbe pertanto, ed in ogni caso, :ritenersi dovuta la corrispondente imposta. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 449 maniali, senza incidere sulla sostanza economica delle relative concessioni. Ora l'applicazione della imposta di registro nel corso del contratto di concessione della derivazione di acqua pubblica esige che si sia verificata una variazione delle originarie prestazioni del contratto medesimo, mentre, nella ipotesi di rivalutazione dei canoni, questo evento non si verifica, in quanto la rivalutazione importa non un aumento reale, bensi un aggiornamento meramente nominale dei canoni divenuti inadeguati in conseguenza del mutato potere di acquisto della moneta. In siffatta ipotesi, il nuovo ammontare dei canoni rappresenta soltanto una diversa espressione numerica dello stesso valore della originaria prestazione, in guisa da far restare inalterato l'equilibrio economico del rapporto di concessione. Discende che, una volta percepita l'imposta di registro su un contratto di concessione di derivazione di acqua, commisurandola al cumulo dei canoni stabiliti per la durata della concessione, non dovuta altra imposta sull'aumento dei canoni disposto con i gi menzionati provvedimenti legislativi di adeguamento dei canoni medesimi. N vale obiettare che, per i contratti in parola, in conseguenza dell'au:nento ex lege dei ripetuti canoni, sia intervenuto un nuovo accordo tra le parti e che quindi, applicando le norme regolatrici del regime fiscale dei contratti di locazione, debba farsi luogo ad una nuova registrazione. Infatti, la questione, circa l'applicabilit, ai contratti di concessione di derivazione di acque pubbliche, delle norme regolatrici delle imposte di registro sulle locazioni, va risolta in senso negativo perch la fun zione di mero adeguamento monetario ravvisata -come gi si detto -negli aumenti legali dei canoni, di cui trattasi, esclude, di per s, che gli aumenti stessi abbiano potuto dar luogo alla costituzione di un nuovo rapporto giuridico assoggettabile alla legge di registro. La questione giuridica, di cui trattasi, stata gi altre volte risolta nei sensi sopraindicati da questa Suprema Corte (v. tra le altre, sent. n. 1650 del 20 luglio 1965 -Amministrazione Finanze c. Soc. Edison; n. 234 del 15 febbraio 1965 -Amministrazione Finanze c. Soc. Trentina Elettricit) e non vi alcun plausibile motivo per mutare siffatto indirizzo giurisprudenziale. Concludendo, il presupposto fondamentale per l'applicazione della imposta di registro, nel corso della esecuzione di un contratto di concessione di una derivazione di acqua pubblica, che sia intervenuta medio tempore una nuova effettiva variazione nella sostanza delle originarie prestazioni contrattuali, variazione che non dato riscontrare nella specie. -(Omissis). SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 18 maggio 1965, n. 956 -Pres. Boccia -Est. Felicetti -Berti (avv. Saggese) c. Provincia di Napoli (avv. Del Pozzo e Florio) e Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Tracanna). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Supplente -Volont dichiarata di non voler subentrare all'appaltatore -Procedimento, nei suoi confronti di risoluzione in danno -Inapplicabilit -Possibilit per la p. a. di rescindere il contratto -Sussiste. Appalto -Appalto di opere pubbliche -Supplente -Unicit dell'obbligazione dell'appaltatore e del supplente -Figura giuridica del supplente -Obbligato principale -Inadempimento -Danni -Possibilit di calcolarli nella somma dovuta dall'appaltatore alla p. a. (reg. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 9 e 27; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 340). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Appalto stipulato dalla Cassa del Mezzogiorno -Richiamo, ai sensi dell'art. 8 della legge istitutiva della Cassa, del Capitolato Generale LL. PP. -Sua natura normativa. (1. 10 agosto 1950, n. 646, art. 8). In materia di appalto di opere pubbliche, regolata principalmente dalle norme speciali contenute nella legge sui lavori pubblici, il procedimento per la cosidetta risoluzione in danno prevista dall'art. 27 del regolamento 25 maggio 1895, n. 350, non ha ragione di essere di fronte alla dichiarata volont del supplente di non volere subentrare all'appaltatore principale ai sensi dell'art. 9 del Capitolato Generale LL.PP. 1895 (abrogato d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063), applicandosi, in tal caso, il disposto dell'art. 340 della l. 20 marzo 1865, n. 2248 che facultizza l'Amministrazione a rescindere il contratto (1). (1-3) La sentenza in esame offre lo spunto ad alcune interessanti considerazioni, di carattere generale e di carattere particolare, nella materia dei pubblici appalti. 1) ,interessante ed, a mia scienza, nuova la netta distinzione in campo intel"pretativo, operata con la prima massima, tra il ben noto e forse al PARTE I, SEZ. VI, GIURIS IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 451 Verificandosi una delle Circostanze previste dall'abrogato art. 9 del Capitolato Generale LL. PP. 1895 (morte, fallimento o impedimento assoluto dell'appaltatore), il supplente diviene il principale obbligato in forza deila unicit dell'obbligazione assunta insieme con l'appaltatore: la gestione del supplente costituisce immediata continuazione di quella dell'appaitatore originario, con la conseguenza che devono essere conteggiate nel quantum dovuto dalla Amministrazione le somme che questa ha accertato come importo dei danni causati dall'inadempimento del supplente all'obbligo di proseguire i lavori (2). Allorch il Capitolato Generale LL. PP. sia applicato negli appalti stipulati dalla Cassa per il Mezzogiorno, il Capitolato stesso conserva la sua natura normativa, in forza dell'art. 8, ultimo comma della legge istitutiva della Cassa stessa (3). (Omissis). -Con il secondo motivo si denuncia la violazione degli artt. 1454 e.e., 340 della 1. 20 marzo 1865, n. 2248, 27 e 28 del regolamento 25 maggio 1895, n. 350, deducendosi che la Corte di merito avrebbe dovuto ritenere inefficace la risoluzione in via amministrativa del contratto di appalto per inosservanza sia delle forme previste dal codice civile per la risoluzione contrattuale di diritto (termine minimo di quindici giorni per l'adempimento, diffida ad adempiere), sia delle forme speciali per i pubblici appalti. Anche queste censure sono infondate. Esattamente la Corte di merito ha ritenuto che -di fronte alla dichiarata volont dell'appaltatore supplente di non voler assumere la continuazione dei lavori a seguito del fallimento dell'appaltatore principale -l'Amministrazione potesse procedere alla risoluzione del contratto. Invero, il ri:ierimento del ricorrente all'art. 1454 e.e. inopportuno sia perch fo. materia di appalto di opere pubbliche sulle norme del diritto comune prevalgono le norme speciali contenute nella legge quanto macchinoso procedimento per la cosi detta risoluzione in danno prevista dall'art. 27 del regolamento 25 mag.gio 1895, n. 350 (che comporta relazione, contestazione di addebiti, termine per le difese, ecc.) e la facolt attribuita in via generale alla Amministrazione dall'art. 340 della legge sui LL.PP. di rescindere unilateralmente il contratto d'appalto nei casi di accertata inadempienza dell'appaltatore. Secondo il principio accolto dalla Corte Suprema, la norma del regolamento non sempre in funzione strumentale della norma di legge, potendosi dal procedimento previsto dalla prima prescindere nei casi nei quali non si tratti di accertare deficienze esecutive da contestare all'appaltatore, ma questi rifiuti di adempiere al contratto di appalto. una precisazione utile dell'ambito di applicazione delle due norme, che appare giusta e che evita inutili e lunghe procedure per risolvere situ.azioni di conclamata ed accertata inadempienza. 452 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sui Lavori Pubblici e successive modificazioni sia perch, come questa Corte suprema ha altre volte rilevato, la dichiarazione scritta di non voler adempiere equivale (nello stesso ambito del diritto comune) ad inadempimento e d luogo alla risoluzione del contratto senza necessit di costituzione in mora e di concessione di un termine per l'adempimento (v. sent. n. 2858 del 1962; n. 2064 del 1959; n. 2752 del 1954). Non meno inconferente il riferimento alle disposizioni degli articoli 27 e 28 del regolamento 25 maggio 1895, n. 350. Mentre, infatti, l'art. 28 fuori questione in quanto tale norma si riferisce all'ipotesi di ritardo nell'esecuzione dei lavori, il procedimento previsto dall'art. 27 -tendente all'accertamento ed alla contestazione delle deficienze e difetti delle opere pubbliche appaltate - applicabile, come pure esattamente stato ritenuto dalla Corte di merito, quando i lavori sono in corso e l'appaltatore si rende colpevole di grave negligenza e inadempienza nell'esecuzione. Ma un tale provvedimento non ha ragione di essere di essere di fronte alla dichiarata volont del supplente di non assumere i lavori, ossia di non volere subentrare all'appaltatore principale a sensi dello art. 9 del capitolato generale dei LL. PP. del 1895. In questo caso non vi sono deficienze esecutive, vizi e difetti da accertare e contestare con il procedimento previsto dal citato art. 27 del regolamento n. 350 del 1895; non v' che da prendere atto del rifiuto esplicito del supplente ad adempiere al contratto d'appalto. A tale situazione non pu non corrispondere -senza limitazioni di sorta -il diritto di auto-tutela della pubblica amministrazione consistente, per il disposto dell'art. 340 della legge generale sulle opere pubbliche 20 marzo 1865 ali. 7, nella potest di risolvere unilateralmente il contratto quando l'appaltatore (e, naturalmente, il supplente) si renda colpevole di frode, di grave negligenza e contravvenga agli obblighi ed alle condizioni stipulate . Con il terzo motivo stata denunciata la violazione degli artt. 2697 c. c., 115, 116, 277, 345 c. p. c. Con esso si censura la statuizione dei giudici di appello per quanto concerne la condanna al risarcimento 2) La seconda massima perviene anch'essa ad una puntualizzazione del l'istituto della supplenza nell'appalto pubblico, abrogato con il nuovo Capitolato Generale del 1962 ma che, ovviamente, trova ancora larga sfera di applicazione nella esecuzione dei contratti preesistenti. Nei riguardi della gestione del supplente, la Cassazione ha confermato la esattezza della opinione accolta dalla dottrina circa la unitariet della gestione stessa, come continuazione immediata di quella dell'appaltatore originario, sicch l'Amministrazione si trova nei di lui confronti nella stessa condizione in cui si trovava d fronte all'appaltatore originario (cfr. CtAN FLONE, L'appalto di opere pubbliche, Milano, 1950, 518). Questa unitariet di gestione aveva il suo riscontro teorico nella iden tificazione, nel rapporto di supplenza, di una unica obbligazione, assunta PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 453 del danno conseguente alla risoluzione del contratto; ed il ricorrente fa rilevare che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di merito, non sussisterebbero in atti prove idonee circa l'esperimento di una seconda gara di appalto n prove sufficienti in ordine al quantum dei danni stessi, liquidati nella misura indicata dalla Commissione Provinciale senza motivazione specifica. In relazione a tale censura da osservare che, se vero che la sentenza impugnata non contiene una particolare motivazione in ordine al quantum dei danni liquidati, non men vero che l'ammontare di essi, determinato dall'Amministrazione Provinciale sin dal primo grado nella loro misura e con riferimento ad apposita e particolareggiata documentazione, non risulta essere stata posto in contestazione da alcuna delle parti. Sicch il giudice di appello -chiamato a giudicare giusta alligata et probata nonch in base alle ammissioni delle parti stesse, ha evidentemente inteso liquidare ed ha liquidato un quantum incontroverso e documentato, in ordine al quale non gli veniva prospettata alcuna questione. Non quindi consentito al ricorrente di sollevare in questa sede di legittimit quelle contestazioni in linea di fatto che non ritenne di sollevare davanti ai giudici del merito. Tanto meno gli consentito di discutere in questa sede le prove documentali esistenti in atti circa l'entit dei danni arrecati dal suo inadempimento. Con il quarto mezzo stata denunciata la violazione degli artt. 1227 e.e. e 277 in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c. Con esso si lamenta, in sostanza, un preteso difetto di motivazione in ordine all'eccezione d'irrisarcibilit del danno, ch'era stato prospettata sotto il profilo che l'Amministrazione Provinciale avrebbe potuto evitare ogni detrimento patrimoniale qualora non avesse rifiutata l'offerta di certa e Cooperativa Guglianese., di continuare essa i lavori rifiutati dal Berti e se avesse invitato quella Cooperativa alla successiva gara. Ma a parte il rilievo che la Corte di merito non era tenuta a motivare ex professo su tale deduzione irritualmente prospettata solo cumulativamente dall'appaltatore e dal supplente nei confronti della sta zione appaltante, obbligazione che pura e semplice per l'appaltatore e condizionale per il supplente (cfr. della stessa III Sez. della Cass., 11 mar zo 1950, n. 821). L'Amministrazione, per la liquidazione e la chiusura dell'appalto ha rapporti solo col supplente, al quale spetta esclusivamente la legittimazione sostanziale e formale rispetto a tutti i rapporti determinati dal contratto di appalto e fino alla totale liquidazione dello stesso (cfr. la risoluzione della Corte dei conti 26 ottobre 1953, n. 471, Riv Corte Conti, 1954, II, 2, la quale ha affermato che si deve procedere ad unica liquidazione nei con fronti del supplente, e non a distinte e separate liquidazioni, per i lavori eseguiti dall'appaltatore originario e per quelli eseguiti dal supplente). PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 455 all'opportunit delle determinazioni prese dalla P. A., nella situazione ipotizzata, circa la continuazione dei lavori appaltati ed i mezzi per addivenirvi. Tutto ci costi~uisce ostacolo insormontabile per l'applicabilit dell'art. 1227 e.e. giacch questo presuppone la condotta colpevole del danneggiato in concorso con il fatto dell'autore del danno e non pu certo identificarsi con la colpa -sia pur sotto l'aspetto d'inosservanza dell'ordinaria diligenza -il mero uso di facolt legittime e di potere discrezionale da parte della P. A. Con il quinto motivo, infine, il Berti lamenta di essere stato condannato al pagamento delle spese processuali pur non potendo egli essere ritenuto soccombente nei confronti dell'A. P., data la cessazione della materia del contendere per la compensazione con il credito Di Martino; n nei; confronti della Compagnia Tirrena e della Cassa per il Mezzogiorno, giacch queste non avevano formulato alcuna domanda contro di lui. Anche tale censura infondata, giacch il giudice del merito ha -. come doveva -valutato la soccombenza in relazione all'esito finale della lite ed il Berti era indubbiamente soccombente non solo nei confronti dell'A. P. ma anche nei confronti della Cassa per il Mezzogiorno, intervenuta volontariamente e gi condannata alle spese in primo grado. Furono, infatti, disattese tutte le richieste del Berti, il quale affiancandosi al fallimento Di Martino -aveva resistito all'appello dell'A. P. che fu, invece, accolto; e se fu d~chiarata la cessazione della materia del contendere nei confronti tra il Berti, l'A. P. e la societ Tirrena, nonostante l'accertamento e la declaratoria dell'inadempimento del Berti stesso e della conseguente responsabilit per danni ci avvenne -come la Corte d~ merito non ha mancato di avvertire solo in quanto le parti vittoriose nella domanda principale (A. P. e Cassa del Mezzogiorno) restavano soddisfatte di ogni loro avere con il trattenerne l'importo su quanto dovuto per le opere compiute in appalto. In tale situazione non pu dirsi violato il prilncipio della soccombenza. Pass~mdo all'esame del ricorso proposto dal fallimento Di Martino, si osserva che con il primo mezzo la curatela ha denunciato la violazione dell'art. 9 del Capitolo Generale 28 maggio 1895, degli artt. 81 e 56 della legge fallimentare, delle norme sull'intepretazione dei contratti e dell'art. 12 delle preleggi, sostenendo che, in caso di subingresso dell'appaltatore supplente nell'esecuzione di un contratto di appalto di opere pubbliche, senza tuttavia ch'egli assuma concretamente la conti 456 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nuazione dei lavori, non ammissibile una compensazione tra eventuali crediti dell'appaltatore cessato ed eventuali debiti del supplente. La Corte di merito avrebbe quindi errato nel compensare il debito del Berti -quale appaltatore supplente -per il danno causato dalla mancata assunzione dei lavori, con il credito dell'appaltatore principale Di Martino per i lavori gi eseguiti in luogo di disporre il pagamento di tali crediti in favore del fallimento del Di Martino medesimo. Si ricollega, a questo primo, il terzo mezzo dello stesso ricorso, con il quale stata denunciata la violazione degli artt. 112, 132, 272, addebitandosi ai giudici del merito l'omessa pronuncia sulla questione dell'autonomia della responsabilit dell'appaltatore principale rispetto a quella del supplente. In ordilne a tali censure la Corte osserva : Dev'essere anzitutto respinta l'eccezione dell'A. P. resistente la quale ha dedotto che, non trattandosi nella specie di appalto stipulato da un'Amministrazione dello Stato, il Capitolato Generale avrebbe valore meramente contrattuale e non normativo onde le censure proposte, essendo attinenti all'interpretazione di un contratto, riguarderebbero accertamenti di merito non sindacabili in sede di legittimit. Tale eccezione prescinde dal considerare che nella specie si tratta di appalto di opere pubbliche stipulato da un pubblico ente (1'A. P. di Napoli) per affidamento avutone dalla Cassa per il Mezzogiorno. Or questa Corte Suprema ha avuto occasione di rilevare che, per l'art. 8 della legge n. 646 del 1950, non solo gli appalti stipulati direttamente dalla Cassa per il Mezzogiorno ma anche quelli stipulati dagli enti pubblici affidatarii o concessionari sono considerati alla stessa stregua di quelli st~ulati dallo Stato. Non pu, pertanto, opporsi in questi ultimi casi il valore contrat tuale delle norme del Capitolato generale di appalti approvato con d. m. 28 maggio 1895, il quale conserva invece il suo valore e la sua efficacia normativa (v. sent. n. 67 del 1963, n. 2219 del 1958). Deve inoltre osservarsi che questa Corte Suprema, esaminando la portata dell'ormai abrogato art. 9 del predetto Capitolato Generale, ha pure avuto occasione di rilevare che la designazione, ivi prevista, di un supplente da parte dell'appaltatore di opere pubbliche e la costituzione di questo ultimo nell'atto formale di appalto poneva in essere una situazione giuridica per la quale, in caso di morte, fallimento o altro impedimento assoluto dell'appaltatore, il supplente (salvo il diritto della Amministrazione al recesso unilaterale) diveniva il principale obbligato in forza dell'unicit della convenzione interceduta fra l'A. da un lato e l'appaltatore e il supplente dell'altro ed in forza della unicit dell'obbligazione assunta cumulativamente da questi ultimi nei PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 457 confronti della stazione appaltante, in forma condizionale per il supplente (v. sent. n. 821 del 1940). Tali principi trovavano il loro fondamento nel testo dell'art. 9 in discorso, il quale disponeva tra l'altro che la gestione del supplente, qualora l'A. non avesse creduto di sciogliersi dal contratto, aveva luogo senza bisogno di consegna o altro atto fuorch una dichiarazione della A. ed era considerata come immediata continuazione di quella dell'appaltatore primitivo, perci garantita dalla medesima cauzione, e statuiva altresl che, verificandosi la morte o il fallimento o altro assoluto impedimento dell'appaltatore, tutti indistintamente i pagamenti, fino alla definizione e completa liquidazione dell'appalto, compresi quelli gi disposti ma eventualmente non riscossi dall'appaltatore, dovessero essere fatti al supplente dopo l'assunzione dei lavori da parte di lui. Non pare possa dubitarsi che, secondo il sistema normativo ora cennato, verificandosi uno dei casi previsti dal citato art. 9 quarto comma del Capitolato Generale 28 maggio 1895 il supplente, a seguito della dichiarazione dell'A., subentrava automaticamente ed ipso iure (ossia indipendentemente da qualunque sua accettazione e per solo effetto dell'originario suo intervento nel contratto di appalto) nella posizione giuridica dell'appaltatore, assumendo la figura di contraente diretto verso la P. A. responsabile dell'intera opera senza distinzione nei riguardi della parte gi eseguita. E dalla rilevata unicit della convenzione originaria e del rapporto che ne deriva (salvo, beninteso, i rapporti interni tra il supplente e l'appaltatore) discendeva altresl il carattere unitario della gestione deH'appaito assunta dal supplente ipso iure nella sua completa interezza anche se in fase di chiusura o di collaudo, come se fin dall'inizio egli fosse stato l'unico appaltatore dell'opera. Con tali effetti giuridici non conciliabile la figura di una obbligazione (e di una responsabilit) del supplente autonoma rispetto a quella dell'appaltatore principale. Non , quindi, attendibile la tesi del ricorrente secondo il quale il supplente nell'appalto di opere pubbliche avrebbe avuto una funzione meramente strumentale di esazione, mentre si sarebbero dovuti tenere distinte le partite di credito dell'appaltatore cessato da quello del supplente, tanto che le prime non avrebbero dovuto essere pagate a quest'ultimo se non subentrato effettivamente. Tutto ci in contrasto con i sopra cennati principi dell'unicit del rapporto e della gestione, i quali importavano da un lato la continuazione automatica collegata soltanto alla dichiarazione di volont dell'A. e non anche del supplente del rapporto medesimo in testa a questo ultimo senza bisogno di nuova consegna, con la garanzia della cauzione originaria e senza soluzione di continuit, determinando l'inve 458 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stitura ope legis del supplente stesso nella titolarit dell'appalto indipendentemente da ogni sua accettazione e materiale prosecuzione dei lavori; ed implicavano dall'altra il permanere delle eventuali responsabilit sia dell'appaltatore che del supplente come responsabilit unica e insuscettibile -nei rapporti con l'A. appaltante -di distinzione sia dal punto di vista giuridico che da quello contabile. Esattamente pertanto la Corte di merito, attenendosi sostanzialmente a questi principi anche se con riferimento non del tutto perspicuo ad una minore responsabilit dell'appaltatore rispetto a quella del supplente , ha ritenuto non gi compensabili (in senso prqprio), ma scomputabili da quantum dovuto dall'A. all'appaltatore le somme che ha accertato essere l'importo dei danni causati dall'inadempimento del supplente all'obbligo di proseguire materialmente i lavori appaltati. In tal modo la Corte ha per l'appunto considerato i crediti dell'appaltatore ed il debito derivante dall'inesecuzione dell'obbligazione dal supplente sotto l'indicato profilo unitario, e statuendo la conseguenza che l'A. potesse rivalersi sui primi non incorsa negli errori giuridici che le sono stati addebitati ed ha implicitamente respinto la tesi dell'autonomia delle due responsabilit. Con il secondo mezzo -del quale qui si tratta in luogo del terzo gi esaminato - stata denunciata la mancata applicazione di un preteso ius superveniens costituito dal d. 16 luglio 1962, n. 1063 che ha abolito l'istituto della supplenza. Tale censura non ha ragione di essere, giacch l'invocato decreto abolitivo dell'istituto della supplenza una norma giuridica di natura sostanziale cui -in mancanza di espressa disposizione contraria -non pu sotto alcun aspetto atribuirsi efficacia retroattiva. Essa non pu, quindi, spiegare alcun effetto giuridico sui contratti di appalto stipulati in base al precedente capitolato generale del 1895, e non pu certo togliere vigore ai diritti legittimamente quesiti sotto l'impero di tale precedente disciplina normativa. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 gennaio 1966, n. 178 -Pres. Fibbi -Est. Cesaroni -P. M. Pedace (conf.). Ghisolfi e Berrone (avv. Oriani, Dandano e Cappa) c. Ministero Finanze (avv. Stato Gargiulo) e Pagliano. Impugnazione -Causa inscindibile -Notificazione ad Amministra zione dello Stato -Nullit -Irrilevanza -Integrazione del contrad dittorio. (r. d. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11; 1. 25 novembre 1958, n. 260, art. 1; c. p. c., art. 331). PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 459 Acque pubbliche ed elettricit -Questioni sulla natura pubblica o privata delle acque -Premessa necessaria per la decisione della causa -Competenza. (r. d. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140). Acque pubbliche ed elettricit -Opposizione ad ingiunzione che investa la natura e la portata della pretesa amministrativa -Competenza funzionale del Tribunale delle Acque -Prevalenza. (r. d. 14 aprile 1910, n. 639; r. d. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140). Ingiunzione -Ingiunzione Fiscale -Natura giuridica -Opposizione Posizione processuale delle parti -Competenza giurisdizionale dell'autorit giudiZiaria -Contenuto e limiti. (r. d. 14 aprile 1910, n. 639, r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 144 e 145). NeU'impugnazione in causa inscindibile la nullit della notificazione (non eseguita presso l'Avvocatura dello Stato) irrilevante, dovendo il giudice disporre l'integrazione del contraddittorio a norma dell'art. 331 c.p.c. (1). Quando la questione relativa alla natura demaniale delle acque si presenti come premessa necessaria per la decisione di altre questioni, cosicch la causa importi, per la sua decisione, che, con cognizione principale, sia risolta la controversia sulla natura pubblica o privata delle acque in contestazione, l'intera causa di competenza del Tribunale regionale delle acque pubbliche che, ove accerti il carattere demaniale delle acque, deve pronunciarsi anche sulle conseguenze giuridiche di tale accertamento (2). Quando l'opposizione all'ingiunzione di cui al r.d. 14 aprile 1910, n. 639 investe la natura e la portata della pretesa amministrativa la competenza funzionale del Tribunale delle acque prevale su quella del giudice del luogo in cui ha sede l'ufficio che ha emesso l'ingiunzione. L'ingiunzione fiscale, disciplinata dal r.d. 14 aprile 1910, n. 639 e dal r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 e fondata sul potere di autoaccerta (1-4) Nullit insanabile dell'impugnazione e integrazione del contradditorio. I. -Con sentenza 9 dicembre 1950, n. 2698 (Foro Padano, 1951, I, 131) la Corte di Cassazione escluse la possibilit di disporre l'integrazione del contraddittorio, ai sensi dell'art. 331 c. p. c., nei confronti del litiscon RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 460 mento della P.A., costituisce un vero e proprio atto amministrativo, munito di forza propria indipendentemente dal visto di vidimazione del Pretore e non assimilabile all'ingiunzione di pagamento prevista dagli artt. 633 e seguenti c.p.c. L'opposizione giudiziaria, a differenza di quella prevista dall'art. 645 c.p.c., instaura un ordinario procedimento di cognizione nel quale l'opponente assume la veste di attore e l'Amministrazione quella di convenuta. Per il principio fondamentale sancito dall'art. 4 della l. 20 mmzo 1865, n. 2248, ali. E, l'autorit giudiziaria non pu revocare o annullare l'ingiunzione, ma solo dichiararne la illegittimit e, di conseguenza, disapplicarla (4). (Omissis). - da rilevare preliminarmente che l'eccezione di nullit della istanza di regolamento, perch notificata all'Amministrazione delle finanze presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, anzi- sorte al quale l'atto di impugnazione sia stato invalidamente notificato. La necessit dell'integrazione del giudizio nel processo di gravame -mo tivava la Corte -si pu concepire solo quando contro la parte (che, per la inscindibilit della causa, deve essere presente in giudizio) non stata proposta l'impugnazione, mentre, se la impugnazione stata pro posta, ma la notifica di essa nulla, allora, estintosi it diritto di proporre ulteriormente il gravame e passata in giudicato la sentenza nei confronti della parte che doveva essere chiamata in giudizio, non vi ha ulteriore possibilit di conservare validi effetti al processo di gravame cos instau rato; ci perch la preclusione che si opera, per effetto del giudicato, su di una questione, impedisce il riesame, per !il nesso della inscindibilit, sulle altre questioni per le quali vi sarebbe una valida impugnazione e quindi mancando il necessario presupposto per la nuova decisione, ne consegue la improcedibilit dell'intero processo di gravame . La decisione, per, criticamente commentata in dottrina, costituisce l'unica eccezione di un orientamento giurisprudenziale che, a partire dalla sentenza 27 luglio 1938, n. 2971 (Foro it., 1939, I, 304), si consolidato nel ritenere irrilevante, in ipotesi di causa inscindibile, la nullit della notificazione ad uno dei litisconsorti (Cass., 6 maggio 1965, n. 834, Foro it., 1965, I. 967; 19 giugno 1964, n. 1588, Giust. civ., 1964, I, 1998; 19 feb I braio 1964, n. 375, Foro it., Mass., 1964, 91; Sez. Un., 27 dicembre 1963, ill n. 3233, Giust. civ., 1964, I, 265; 17 maggio 1962, n. 1123, Foro it., Mass., 1962, 348; 31 ottobre 1961, n. 2516, ivi, 1961, 666; 21 gennaio 1961, n. 87, Foro it., 1961, I, 1161; 5 marzo 1959, n. 629, Giur. it., 1959, I, 1, 520; 12 agosto 1957, n. 3394, Foro it., Mass., 1957, 659; 8 agosto 1957, n. 3369, Giust. civ., 1958, 1, 98; Sez. Un., 18 ottobre 1954, n. 3851, Giust. civ., 1954, 2561; 16 ottobre 1954, n. 3762, Foro it., Mass., 1954, 751; 2 ottobre 1954, n. 3214, Giust. civ., 1955, 1, 6; Sez. Un., 16 marzo 1954, n. 757, Foro amm., 1954, II, 1, 135; 4 luglio 1953, n. 2096, Riv. leg. fi,sc., 1953, 1110; Sez. Un., 24 giugno 1953, n. 1925, Giust. civ., 1953, 2125; Sez. Un., 7 marzo 1953, n. 572, ibidem, 826; PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 461 ch presso l'Avvocatura .generale dello Stato in Roma, deve essere respinta, dato che l'istanza stessa era stata validamente notificata in data 28 gennaio 1964 alle altre parti Maria e Rosa Pagliano. Nelle cause inscindibili, infatti (nella specie, questione di competenza) per la tempestivit dell'impugnazione sufficiente che questa sia notificata a taluna delle parti, di guisa che le altre notificazioni, anche se fatte. oltre detto termine, assumono il carattere di atti integrativi del contraddittorio (Cass. 12 luglio 1960, n. 18'84). Avendo, quindi, i ricorrenti ottemperato nel termine indicato nella Ordinanza del 3 set- Sez. Un., 25 febbraio 1948, n. 295, Foro it., 1949, I, 46; 31 luglio 1947, n. 1337, ivi, 1948, I, 102, ed ivi richiamo ad altre precedenti; v. pure Relazione Avvocatura Stato, 1956-1960, II, 699-700). Il principio, riaffermato con la sentenza in rassegna, sembra, tuttavia suscettibile di critica. e Nelle cause inscindibHi -osserva, nella specie, la Corte -per la tempestivit dell'impugnazione sufficiente che questa sia notificata a taluna delle parti, di guisa che le altre notificazioni, anche se fatte oltre detto termine, assumono il carattere di atti integrativi del contraddittorio. Tale principio, per, gi altre volte affermato (Cass., 12 luglio 1960, n. 1884, Foro it., Mass., 1960, 412; 28 ottobre 1959, n. 3162, Giust civ., 1960, I, 535) applicabile in difetto di notifica nei termini (ed con riguardo alla tempestivit. dell'impugnazione che il principio risulta, in effetti, formulato), mentre non sembra possa utilmente invocarsi quando la notifica, tempestivamente eseguita, sia viziata da nullit (ipotesi per la quale, invece, il problema si pone in termini di validit. dell'impugnazione). L'art. 331 c. P c., di cui il principio vuol essere un'applicazione, prevede, infatti, l'integrazitme del contraddittorio quando la sentenza non stata impugnata nei confronti di tutte 1e parti, ipotesi certamente diversa da quella in cui la decisione sia impugnata con atto invalidamente notificato : in questo caso assum:e infatti rilievo l'art. 291 c.p.c., applicabile anche in sede di impugnaz>ione (Cass., 10 marzo 1964, n. 518, Giust. civ., 1964, I. 958; 24 gennaio 1964, n. 171, ivi, 1965, 284;13 ottobre 1962, n. 2983, Foro it., Mass., 1962, 840; 7 marzo 1956, n. 669, Giur. it., 1956, I, 1, 1120) e, quindi, il giudice non deve disporre l'integrazione del contraddittorio ma semplicemente, e secondo una valutazione a differenti criteri ispirata, fissare un termine per la Tinnovazione della notifica (cfr. invece, in cause fra parti private, Cass., 28 aprile 1958, n. 1390, Foro it., Mass., 1958, 285; 1 luglio 1957; n. 2540, ivi, 1957, 508). Se poi si esclude l'~pplicabilit dell'art. 291 c. p. c. al giudizio di impugnazione, o quantomeno al ricorso per cassazione, secondo un orientamento opposto a quello sopra ricordato (Cass., 16 gennaio 1965, n. 92, Foro it., 1965, I, 217; 16 marzo 1963, n. 662, ivi, 1963, I, 1764), non pu lo stesso risultato conseguirsi, e nelle stesse forme della rinnovazione, ricorrendo, pur nel difetto dei necessari presupposti, all'art. 331 c. p. c. Con riguardo a tale impostazione del problema, e nel rilievo che la rinnovazione della notifica, per ipotesi ammissibile, non comunque con 462 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tembre 1964 alla notifica della istanza all'Amministrazione delle finanze presso l'Avvocatura generale dello Stato in Roma, realizzando l'effetto di rendere integro il contraddittorio, perde ogni rilevanza la nullit della precedente notifica. :~ Nel merito, l'istanza di regolamento deve ritenersi infondata. I ricorrenti non contestano, stante i termini della controversia, che la questione relativa alla natura demaniale del torrente Gottola, si pre senti come premessa necessaria per la decisione delle altre questioni prospettate, ma sostengono che per le decisioni delle controversie giudiziali riguardanti le entrate patrimoniali dello Stato e i proventi del demanio pubblico, resta ferma la competenza prevista e disposta dal- sentita quando la nullit della notifica, determinando la invalidit dell'impugnazione, sia insanabile, si evidenzia fa inesattezza del principio riaffermato con la decisione in rassegna: principio con il quale, applicandosi l'art. 331 c.p.c. alla diversa ipotesi disciplinata dall'art. 291 c.p.c., si elude, -:~ in effetti, la impossibilit di adottare la procedura in quest'ultima disposizione prevista. Non dubbio, invero, che in ipotesi di nullit non insanabile della I,;; I I . notifica (quando cio pu essere disposta la rinnovazione) con il ricorso ,. all'art. 291 c. p. c., e non certamente applicando l'art. 331 c. p. c., che la ' questione va risolta (Cass., 7 settembre 1957, n. 3462, Giust civ., 1957, I, 2092) e ci a prescindere dalla scindibilitd o meno delle cause; non si vede !~ quindi perch, per il solo fatto che l'impugnazione sia rivolta contro un'Am ministrazione dello Stato, si che una eventuale nullit della notifica (non ~I eseguita presso l'Avvocatura dello Stato) non sia suscettibile di sanatoria, m possa a tale impossibi:lit di sanatoria e, di conseguenza, alla inammissi I II bilit di una rinnovazione ovviarsi discorrendosi in termini di integrazione del contraddittorio e ritenendosi ricorrenti i presupposti per l'applicazione dell'art. 331 c. p. c., l dove si tratterebbe solo, se fosse possibile, di fissare un termine per la rinnovazione della notifica. N pu dirsi, del resto, che si faccia solo questione di termini, perch, a parte il fatto che la stessa previsione della norma dettata con l'art. 291 preclude la necessit, e quindi l'ammissibilit, di una interpretazione estensiva dell'art. 331 c. p. c. (gi ostacolata, comunque, con autonoma efficacia risolutiva, dalla formula letterale della disposizione), diversi &0no i presupposti di applicazione e al conseguimento di differenti finalit sono predisposte, rispettivamente, le due norme in esame, si che, ad esempio, per l'una e non con riguardo all'altra pu discutersi della consumazione I dell'impugnazione. II. -Sotto un diverso profilo assume poi rilievo, per l'argomentazione Iche non pu non desumersene a conforto della tesi sostenuta, il carattere pregiudizia'1e che all'indagine sulla ritualit e validit della notificazione va riconosciuta rispetto all'accertamento sulla regolarit del contraddittorio e sulla eventuale necessit di disporne l'integrazdone: criterio di I i:: : j PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 463 l'art. 3 del t.u. n, 639 del 1910 e cio quella dell'autorit giudiziaria competente per valore del luogo in cui ha sede l'ufficio che ha emesso l'ingiunzione, e che, pertanto, il Tribunale di Casa! Monferrato non avrebbe potuto dichiarare la propria incompetenza. Si precisa, dai ricorrenti, che l'ingiunzione prevista dalla citata legge del 1910 un titolo esecutivo emesso dalla P.A., che d inizio ad un normale procedimento esecutivo e che, inquadrandosi l'opposizione all'ingiunzione nello schema del processo esecutivo, a norma degli artt. 27 e 615 c.p.c., la competenza a giudicare non poteva essere che quella funzionale del giudice del luogo dell'esecuzione. pregiudizialit con il quale, invece, la soluzione adottata dall'orientamento giurisprudenziale (in cui necessariamente impliicita l'inversione cronologica dei due ordini di valutazione) si pone in contrasto evidente. il: infatti per la ritenuta necessit di disporre l'integrazione del contraddittorio che la nullit della notifica, pur riconosciuta insanabile, viene considerata irrilevante, ed proprio a tal riguardo, per la difficolt, cio di conciliare il principio in esame con quello della insanabilit della notifica che sembra evidenziarsi, sotto un ulteriore profilo, la debolezza della tesi accolta dall'orientamento giurisprudenziale. In proposito va infatti rilevato che mentre nella maggior parte dei casi si ritenuto superfluo disporre l'integrazione del contraddittorio quando 1'Amministrazione, malgrado la nullit della notifica o anche al solo fine di rilevarla, si sia costituita in giudizio, altre volte, come nella specie decisa con la sentenza in rassegna, si ugualmente disposta l'integrazione del contraddittorio, e ci nel presupposto, necessariamente implicito, che, nei casi in esame, la costituzione in giudizio non vale a sanare il.a nulMt della notifica: disparit di soluzioni che, se manifesta la sensibilit della Corte al problema, denuncia d'altra parte, nella difficolt di regolarne le conseguenze, la debolezza della tesi. Nell'una e nell'altra soluzione, infatti, e nella inidoneit di entrambe a soddisfare l'esigenza, pure implicitamente avvertita, di conciliiare principi in realt incompatibili, l'orientamento giurisprudenziale appare suscettibiile di critica. Con la prima soluzione, invero, nell'escludere la necessit di , disporre l'integrazione del contraddittorio quando l'Amministrazione risulti ostituita in giudizio, si attribuisce alla costituzione una rilevanza esclusa 'uvece al fine di sanare la nullit dell'impugnazione, si che lo stesso fatto viene ad essere oggetto di una duplice, ed opposta valutazione con riguardo a finalit che, in quanto relative alla possibilit di conservare validi effetti al processo di gravame, sostanzialmente coincidono; non solo, ma, se la costituzione in giudizio deve .ritenersi efficace ai fini della regolarit del contraddittorio, il problema sulla necessit di disporne o meno l'integrazione noh si pone neppure ed quindi superfluo il ricorso all'art. 331 c. p. c.: seguendo il ragionamento adottato dalla Corte, nelle proposizioni in cui progressivamente Sii articola, verrebbe quindi meno, a rigor di logica, la ragione, rivenuta appunto nell'art. 331 c. p. c., di superare la nullit della notifica (e, quindi, nella specie, dell'impugnazione) e riprenderebbe conseguentemente vigore il principio, pure espressamente riconosciuto, se15 464 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Si sostiene, inoltre, che nella specie, la procedura d'ingiunzione per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato non poteva essere esperita, perch il credito vantato dalla finanza non era n liquido, n esigibile, e che tale questione non poteva essere sottoposta che al giudice ordinario in sede di opposizione. Tale tesi non pu essere accolta. Come noto, il criterio discretivo della competenza fra il giudice ordinario ed il Tribunale delle acque pubbliche, a norma dell'art. 140, lett. c) t.u. 8 dicembre 1933, n. 1775, dato dall'oggetto della controversia che devoluta all'organo speciale quando involga questioni sulla demanialit delle acque, o, comunque, investa in via diretta o condo il quale la nullit della notifica non sanabile neppure con la costituzione dell'Amministrazione. La seconda delle soluzioni sopra ricordate, invece, nel ritenere necessaria, malgrado l'avvenuta costituzione in giudizio, una nuova notifica dell'atto di impugnazione, non solo finisce, in effetti, nell'applicare, invocando l'art. 331 c. p. c., la diversa disposizione dell'art. 291 c. p. c., nella specie comunque inapplicabile, ma ammettendo la e rinnovazione > della notifica, si risolve in una violazione del principio dell'insanabilit della nullit, quello stesso principio, cio, in applicazione del quale viene escl'USa rilevanza alla costituzione della Amministrazione. Anche in questo caso, I insomma, come per quello precedentemente esaminato, appare evidente il vizio logico del ragionamento. I I ti In definitiva: o la nullit della notificazione sanabile, e la necessit ~r di disporre l'integrazione del contraddittorio non si pone, dovendosi solo fissare un termine per la rinnovazione della notifica; oppure la nullit insanabile, e allora non si pu, solo perch l'art. 291 c. p. c. inapplicabile, modificare il ragionamento e consentire ugualmente la rinnovazione in base all'art. 331 c. p. c.: ci a maggior ragione ove si consideri che, come si gi accennato, l'esito negativo dell'indagine sulla validit della notifica (cronologicamente pregiudiziale ad ogni altro accertamento, s che un problema di e prevalenza> tra le norme non si pone) preclude la valutazione sulla integrit del contraddittorio. A giustificare n principio giurisprudenziale in esame non sembra del resto sufficiente la finalit (cui in effetti ispirato il principio) di ovviare alle pregiudizievoli conseguenze di ordine pratico che all'opposta valuta zione conseguirebbero: pu essere utile, a tal proposito, con riguardo, cio, alla irrilevanza di eventuali finalit di ordine pratico, rilevare che la stessa Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile l'impugnazione quando la notifica, disposta in sede di integrazione, sia stata invalidamente eseguita (sent. 19 febbraio 1964, n. 375, citata; 17 dicembre 1962, n. 3134, Foro it., Mass., 1962, 879; in ipotesi di cause fra privati, \invece, v. Cass., 13 marzo 1956, n. 636, Giur. it., 1956, I, 1, 1121 con annotazione di MAssARI). Non sembra, del resto, che il problema possa essere risolto (sostanzial mente nello stesso senso anche se a mezzo di un diverso iter logico) attri buendo efficacia autonoma alla costituzione in giudizio dell'Amministra zione, indipendentemente, cio, dalla sua inidoneit a sanare la nullit del PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 465 indiretta, interessi pubblici in ordine al regime delle acque. E questo Supremo collegio ha gi avuto occasione di affermare, in applicazione di detta disposizione, che qualora la questione relativa alla natura demaniale delle acque si presenti come premessa necessaria per la decisione di altre questioni, cosicch la causa importi, per ia sua decisione, che, con cognizione principale, sia risolta la controversia sulla natura pubblica o privata delle acque in contestazione, l'intera causa di competenza del Tribunale regionale delle acque pubbliche che, ove accerti il carattere demaniale delle acque, deve pronunciarsi anche sulle conseguenze giuridiche di tale accertamento (Cass. 7 dicembre 1962, n. 3306). l'impugnazione; l'ammissibilit di una simile soluzione, che comunque potrebbe essere adottata, ovviamente, solo quando l'Amministrazione si costituisca in giudizio, appare infatti pregiudicata dal fatto che il principio secondo il quale la costituzione in giudizio efficace ai fini dell'integrazione anche quando la notifica sia nulla risulta affermato in applicazione dell'art. 156 c.p. c. (Cass. 28 dicembre 1964, n. 2847, Foro it., Mass., 1964, 756; 7 aprile 1964, n. 775, ibidem, 197; 10 marzo 1964, n. 518, Giust. civ., 1964, I, 958; 24 gennaio 1964, n. 171, ivi, 1965, 1, I, 284; 12 giugno 1963, n. 1578, Foro it., Mass., 1963, 461), quella disposizione, cio, di cui preclusa a priori l'operativit in ipotesi di nullit insanabile: ed sintomatico, in argomento, che il principio, come risulta dalle ricordate decisioni, viene applicato in alternativa con il ricorso all'art. 291 c. p. c., inapplicabile, come l'art. 156 c. p. c., quando la nullit della notifica sia insanabile. III. -La prima massima della sentenza in rassegna non pu quindi essere condivisa; n sembra che possa attribuirsi rilevanza determinante alle argomentazioni addotte contro l'opposta soluzione, sostenuta, come si ricordato, con la sentenza 9 dicembre 1950, n. 2698. Il GARBAGNATI (Consumazione dell'impugnazione e litisconsorzio necessario, Foro padano, 1951, I, 131) e l'ANDRIOLI (Commento al codice di procedura civile, 1956, II, 394), criticando la decisione, osservarono che se l'integrazione al contraddittorio necessaria in mancanza dell'impugnazione, a maggior ragione deve ritenersi ammissibile quando l'impugnazione sia stata invalidamente notificata, non potendo l'impugnazione nullamente proposta arrecare al soccombente un pregiudizio maggiore di quello che gli provocherebbe la carenza assoluta di impugnazione. L'argomento, per, che a prima vista colpisce per la considerazione logica su cui fondato, non resiste ad una valutazione meno superficiale. Anzitutto, la validit di una tesi imposta da norme di legge (nella specie dal raffronto degli artt. 291 e 331 c. p. c.) non pu essere efficacemente contestata con esclusivo riguardo alle conseguenze, per ipotesi pregiudizievoli, che possono derivarne sotto il profilo logico; inoltre, come esattamente replica il SATTA (che pur d atto del contrario orientamento giurisprudenziale), e la differenza tra impugnazione ed integrazione non di quantit ma di qualit, onde la seconda non pu mai surrogare la prima, tanto vero che all'integrazione pu provvedere ciascuna delle parti, e non solo l'impugnante (Commentario al codice di procedura civile, 1962, II, 2, 70); lo stesso fondamento logico della critica in esame, infine, viene meno ove si consideri che far male peggio (e pi gravi conseguenze possono quindi 466 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO E quanto alla prevalenza o meno della competenza territoriale funzionale e, quindi, inderogabile del Tribunale regionale delle acque, fondata sul criterio del luogo rei sitae, sulla competenza di carattere generale dell'art. 3 del t.u. 14 aprile 1910, n. 639, in materia di opposizione giudiziaria ad ingiunzioni amministrative relative alle riscossioni dei crediti erariali, questa Corte suprema con altra decisione del 9 gennaio rn~9, n. 26, ha affermato che nel caso di ingiunzione intimata nelle forme previste dal citato t.u. del 1910, l'opposizione, quando investe la natura e la portata della pretesa amministrativa, si propone davanti al Tribunale delle Acque, la cui competenza funzionale, per ragioni di derivarne) del non fare, per cui non deve apparire strano che l'impugnazione invalidamente notificata ad uno dei litisconsorti deve essere dichiarata inammissibile mentre al difetto di impugnazione pu ovviarsi per la necessit di integrare il contraddittorio. Ad evidenz1are la esattezza di tale ultimo rilievo, che in quanto formulato sullo stesso terreno logico pi efficacemente documenta la infondatezza della critica in esame, sufficiente richiamare gli artt. 358 e 387 c. p. c. che, rispettivamente per l'appello e per il ricorso per cassazione, escludono la riproposizione dell'impugnazione dichiarata inammissibile anche se non decorso (scaduto) il termine fissato dalla legge : non forse evidente, anche in questi casi, legislativamente previsti, che il far male peggio del non fare? e l'impugnazione, in quanto invalidamente proposta, non determina forse per il soccombente un pregiudizio maggiore di quello che gli deriverebbe dalla mancanza assoluta di una impugnazione che altrimenti, non essendo scaduti i termini, potrebbe ancora proporre? IV. -Ai rilievi sopra formulati altre censure, e sotto un duplice profilo, sembrano inoltre possibili, per la sentenza in rassegna, in ordine alla applicazione del principio affermato alla fattispecie decisa. Quantomeno discutibile, anzitutto, la ricorrenza del condizionante presupposto della inscindibilit (o della dipendenza) delle cause; si trattava infatti di cause promosse da debitori solidali e riunite in primo grado, per ragioni di semplice opportunit, ai sensi dell'art. 274 c. p.c.; connessione c. d. impropria o intellettuale, quindi, che, non pregiudicando l'autonomia e l'individualit delle singole cause, non idonea, come noto, a determinare la inscindibilit della causa in sede di impugnazione (Cass., 21 febbraio 1958, n. 568, Giur. it., 1958, I, 1, 924; 22 marzo 1955, n. 842, Giur. compl. Cass. civ., 1955, IV-V, 165, con nota di BRUNETTI, Della riunione di procedimenti; 11 dicembre 1954, n. 4432, Riv. dir. proc., 1956, II, 258, con nota di TRAVI, Pluralit di cause e connessione impropria; REDENTI, Diritto processuale civile, 1953, II, 90; SATTA, Commentario al codice di procedura civile, 1962, II, 2, 73; DE PETRIS, Enciclopedia del diritto, IX, 22); analoga irrilevanza assumeva, del resto, ai fini in esame, il carattere solidale dell'obbligazione, ugualmente inidoneo a determinare la inscindibilit delle cause in fase di gravame (Cass., 12 novembre 1965, n. 2360, Foro it., Mass., 1965, 692; 24 giugno 1965, n. 1327, ibidem, 386; 11 giugno 1965, n. 1120, ibidem, 346; 7 giugno 1965, n. 1128, ibidem, 330; 28 aprile 1965, n. 748, ibidem, 215; 29 marzo 1965, n. 547, ibidem, 150; 20 marzo 1965, n. 465, Giust. civ., 1965, I, 1385; 27 luglio 1964, n. 2110, Foro it., 1964, I, 1936; 27 aprile 1964, n. 965, ibidem, PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 467 ordine pubblico, deroga a quella generale del giudice in cui ha sede l'ufficio che ha emesso l'ingiunzione. Non vale, pertanto, a sottrarre la questione al Tribunale regionale, il richiamo all'art. 3 del t.u. del 1910, n. 639, in virt del quale le ingiunzioni sono state emesse. N esatto quanto si afferma dai ricorrenti e cio che con l'opposizione all'ingiunzione si instaurerebbe un procedimento di esecuzione inquadrabile, ai fini della competenza, negli artt. 27 e 615 c.p.c. da rilevare, in contrario, con la giurisprudenza pi recente di questa Corte suprema, che l'ingiunzione fiscale, regolata essenzialmente dal t.u. del 1910 e dal tu.u. 30 dicembre 1923, n. 3269, 1288) ed in effetti non con riguardo a tali estremi che risulta affermata la inscindibilit della causa. Dall'accenno, fra parentesi, all'oggetto della questione (regolamento di competenza) sembra invero doversi desumere che la Corte abbia voluto aderire all'orientamento dottrinario secondo il quale le cause, ai soli effetti della competenza, e per la difficolt, appunto, di applicare l'art. 332 c. p. c., devono ritenersi sempre inscindibili (REDENTI, op. cit., II, 377-378; GARBAGNATI, Sul ricOTso per regolamento di competenza in un processo con pluralit di parti, FOTo padano, 1951, I, 15); se cosi , per, sarebbe stato necessario quantomeno motivare sul punto, trattandosi di questione discussa e discutibile, e ci a maggior ragione ove si consideri che la stessa Corte ha in altra occasione sostenuto, con adeguata motivazione e proprio in tema di obbligazioni solidali, la soluzione esattamente opposta a quella adottata, senza motivazione, nella decisione in rassegna (ord. 18 novembre 1950, n. 1124, Foro padano, 1951, I, 15; v. pure sent. 9 maggio 1956, n. 1527, Foro it., Mass., 1956, 278; per la inapplicabilit, in tema di regolamento di competenza, dell'art. 331 c. p. c. v. invece Cass, 23 agosto 1950, n. 2536, FOTo it., Mass., 1950, 516): difetto di motivazione la cui rilevanza si evidenzia con riguardo alle ben diverse conseguenze che, essendo scaduti, nella specie, i termini per il regolamento di competenza, sarebbero derivate dall'applicazione dell'art. 332 c. p. c. Sotto un ultimo profilo, infine, e pur nella ritenuta inscindibilit della causa, andava esclusa la ricorrenza dei presupposti per l'applicazione dell'art. 331 c.p.c.: la notifica valida dell'impugnazione, infatti, era diretta all'altra parte soccombente e, potendo valere solo come denunciatio litis, non era idonea agli effetti dell'integrazione, a tal fine richiedendosi che e l'impugnazione iniziale sia stata tempestivamente proposta da una parte soccombente contro una almeno delle parti vittoriose (REDENTI, op. cit., II, 337; v. pure Cass., Sez. Un., 28 ottobre 1959, n. 3162, Giust. civ. 1960, I, 535). Se sia stata notificata soltanto ad un'altra parte (litisconsorte) che sia anche essa soccombente insieme con quella che impugna -precisa espressamente il REDENTI -la fase di impugnazione deve ritenersi malamente promossa; l'integrazione fuori dei termini legali non pi possibile e si deve dichiarare inammissibile l'impugnazione . V. -Anche le altre massime della decisione in rassegna, con l'affermazione delle quali la Corte ha accolto, nel merito, le difese dell'Avvocatura, confermano principi consolidati. Sulla seconda massima, e, in genere, sui vari criteri adottati in giu RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 468 non assimilabile all'ordinario decreto ingiuntivo, trattandosi, invece, di un vero e proprio atto amministrativo, munito di forza propria, indipendentemente dal visto del pretore, dal che una triplice conseguenza: a) che l'ingiunzione fiscale, traendo la sua origine dal potere di auto accertamento delle P.A. non affatto assimilabile al procedimento monitorio ordinario; b) che l'opposizione giudiziaria a detta ingiunzione, 1 : a differenza di quella prevista dagli artt. 616 e segg. c.p.c., apre la via ad un ordinario procedimento cognitivo, in cui, con inversione processuale delle parti, l'opponente assume le vesti di attore e l'amministrazione quella di convenuta; e) che, dato il principio fondamentale dell'art. 4 della 1. 20 marzo 1865, n. 22;48, all'autorit giudiziaria, in sede di opposizione, vietato pronunciare la revoca e l'annullamento dell'ingiunzione, potendo solo dichiarare l'illegittimit dell'ingiunzione, disapplicandola (v. ultimo Cass. Sez. Un., 6 giugno 964, n. 1397). Per tutte le esposte considerazioni deve dichiararsi la competenza del Tribunale regionale delle Acque di Torino. -(Omissis). risprudenza per la discriminazione della competenza del Tribunale delle Acque rispetto a quella dell'Autorit giudiziaria ordinaria, cfr. le decisioni richiamate in nota alla sentenza 3 settembre 1964, n. 23 del Tribunale Superiore delle Acque, in questa Rassegna, 1964, I, 1166, cui adde, per il principio affermato nella decisione in rassegna, Cass., 30 luglio 1964, n. 2170, Foro it., Mass., 1964, 575; 21 marzo 1964, n. 644, Foro amm., 1964, I, 1, 211; in argomento, cfr. inoltre Relazione Avvocatura Stato, 1956-1960, II, 278. Sul principio enunciato nella terza massima, cfr. Trib. Sup. Acque, 22 gennaio 1964, n. 5, Giust. civ., 1964, I, 2091; id., 15 luglio 1960, n. 26, Riv. amm., 1961, 181; Cass., 9 gennaio 1959, n. 26, in questa Rassegna, 1959, 75 e in Foro it., 1959, 1, 231 con richiamo ai precedenti. Nella quarta massima sono enunciati i principi fondamentali sull'ingiunzione disciplinata dal r. d. 14 aprile 1910, n. 639 e dagli artt. 144 e 145 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269. In argomento, cfr.: Cass. 12 novembre 1965, n. 2356, in questa Rassegna, ".1.965, I, 1196 con nota di richiami; 16 luglio 1965, n. 1574, ibidem, 712 e le decisioni ivi richiamate in nota; 6 giugno 1964, n. 1397, Riv. leg. fisc., 1964, 1717; 19 giugno 1962, n. 1571, Giust. civ., 1963, I, 919; 8 febbraio 1961, n. 226, ivi, 1961, III, 134; 6 febbraio 1959, n. 381, ivi, 1959, I, 1094 con ampia nota di richiami. A.MARZANO TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 3 maggio 1965, n. 9 -Pres. Reale Est. Ferrati -S.p.A. Ceramica Richard Ginori (avv.ti Pacciani, Fantinelli e Battagliese) c. Ministero LL. PP. (avv. Stato Albisinni). Acque pubbliche -Opere Idrauliche -Risarcimento dei danni -Proponibilit dell'azione. L'azione per risarcimento di danni provocati dalla costruzione o dalla mancata manutenzione dell'opera pubblica idraulica non condi PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 469 zionata nella sua proponibilit atla previa emissione det provvedimento amministrativo previsto datl'art. 2 det t. u. 25 tugtio 1904, n. 523 delte teggi sutle opere idrautiche (1). (Omissis). - senza dubbio esatto che l'art. 2 riconosce all'Autorit amministrativa preposta alla tutela delle acque pubbliche un amplissimo potere discrezionale di apprezzamento e di disposizione: esso riguarda infatti il potere politico dello Stato di regolare le acque pubbliche, quali beni demaniali, nell'interesse generale della collettivit e di provvedere alle opere e ai lavori necessari per il raggiungimento del fine pubblico di garantire la comune sicurezza, di difendere il territorio dalle dannose conseguenze del corso irregolare dei fiumi, di favorire gli usi industriali ed agricoli delle acque pubbliche. Come, peraltro, stato rilevato (Cass. 7 agosto 1945, n. 709) la norma opera esclusivamente nel campo dell'amministrazione attiva, (1) Osservazioni sull'art. 2 del t. u. 25 luglio 1904, n. 523 delle leggi sulle opere idrauliche. 1) Il disposto dell'art. 2 del t.u. 25 luglio 1904, n. 523 -a termini del quale, per quanto qui interessa, l'azione giudiziaria .per risarcimento di danni da opere idrauliche deve essere preceduta da deliberazione ammini strativa n le questioni risolute in questa ulUma sede possono essere ulte riormente discusse dinanzi al Giudice ordinario -tormenta gli interpreti da oltre un secolo (si veda GJ!ANZANA, Le acque nel diritto civile italiano, Torino 1879, I, 399 sgg.). D'altronde sia la ovvia pratica importanza della norma, che signoreggia in definitiva una parte cospicua del contenzioso delle acque pubbliche, sia il fatto che la detta norma non , nel nostro diritto, isolata (si pensi all'ana logo principio vigente in tema di opere idrauliche di III categoria, art. 18 legge 7 luglio 1902; di bonifica, art. 91 r. d. 11 febbraio 1933, n. 215; di acque sotterranee, art. 105 t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775), induce a ricercare quale sia il significato. pi .proprio e dunque la pi propria efficacia che a quella norma debba essere attribuito. 2) L'art. 2 in esame trova riscontro nell'art. 124 della legge sui lavori pubblici 1865, n. 2248 all. F, il quale ultimo a sua volta deriva dall'art. 91 della legge 20 novembre 1859, n. 3754. Va premesso che prima di tale ultima legge la cognizione dei danni derivati da opere idrauliche era affidata nello Stato Piemontese ai Consigli di Intendenza, attraverso i quali si realizzava in parte qua il principio secondo cui la giurisdizione dovesse essere commista con la amministrazio ne (LAFERRIERE, Droit adm., I, 27), sicch lo Stato era nel contempo giudice e parte. Con l'art. 4, n. 2 dell'editto 30 ottobre 1959, n. 3708 codesto privilegio, detto del foro del patrimonio, fu abolito (GILARDONI, Acque pubbliche, III, 28) e subito dopo, con l'art. 91 della legge 1859, n. 3754, le controversie rela tive a danni derivati da opere idrauliche furono deferite ai giudici ordinari. 470 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO giacchl'attivit della Pubblica Amministrazione :resta sottratta al sindacato dell'Autorit giudiziaria in quanto costituisca funzione di polizia sociale: dal che si dedotto essere necessario che la turbativa del buon regime o la possibilit della turbativa siano attuali, di modo che la pubblica amministrazione, esplicando il .compito. demandatole dalla legge, possa rispettivamente far cessare la prima od eliminare la seconda, impedendo turbative ulteriori (Cass. sent. cit.), considerazione questa che tende gi a circoscrivere il campo di applicazione della norma. Gli che l'art. 2 ha una finalit ben precisa, quella cio di disciplinare i poteri che all'Amministrazione spettano in relazione alle opere, al fatti, atti ed usi posti in essere da soggetti che in lei non si identificano, onde non possibile ritenere che il riconoscimento della dan- Peraltro, tenuto conto dell'interesse generale inerente alla conservazione stessa della societ (GIANZANA, op. cit.) fu statuita -quasi per contrappeso alla ricmosciuta competenza .dei giudici ordinari a raffronto della precedente competenza dei Consigli di Intendenza -la incens\lrabilit di alcuni atti della p. A. e la esclusiva competenza di questa nello statuire sulla compatibilit di singole opere idrauliche col superiore interesse della disciplina delle acque. In parti;colare, l'azione di danno fu subordinata sin da allora (art. 91, II comma) alla declaratoria della p. a. in punto.di dannosit dell'opera idraulica e del pari sin da atlora fu precluso ai giudici ordinari di discutere le questioni gi risolute in via amministrativa . L'art. 91 port peraltro un deciso progresso nel contenzioso delle acque,, giacch deferl detto contenzioso ai giudici ordinari, anche se richiese che, prfa;na di adire costoro, l'interessato invocasse la deliberazione amministrativa della dannosit dell'opera. Tale regolamento, trasfuso poi nell'art. 124 legge 1865, n. 2248 all. F, ottenne un ulteriore miglioramento con la. legge del 1889 sul Consiglio di Stato, che istitui (art. 25, n. 7) il controllo giurisdizionale della IV Sezione si provvedimenti emessi dalla p. a. a termini del lo comma del cit. articolo 124 (vedasi, MORTARA, Commentario, I, n. 255, 327). Sopravvenuto il Tribunafo unico delle acque pubbliche, tale controllo fu affidato a quest'ultim (art. 35, lett. j), d.L 1916, n. 1664); e successivamente fu trasferito al Tribunale superiore delle acque pubbliche, quale giudice degli interessi. Ditalch nella evoluzione del contenzioso delle acque si individuano tre periodi: il primo, in cui ogni competenza spetta alla p; a.; il secondo, in cui si riconosce al privato il diritto al risarcimento ed alla p. a. il potere insindacabile di accertare la dannosit dell'opera; il terzo, in cui il detto potere della p. a. diviene censurabile anche per ii merito dinanzi al giudice degli interessi. Non dunque esatto quanto il Tribunale Superiore ha affermato nella sentenza che si annota, e .cio che -subordinandosi la proponibilit dell'azione di danni al previo riconoscimento amministrativo della dannosit dell'opera -la p. a. finirebbe per essere giudice in causa 'Propria. Pervero PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 471 nosit delle opere si riferisca indistintamente tanto ai fatti dei privati quanto a quelli dell'Amministrazione medesima. Che siffatta distinzione sia essenziale ai fini di una retta interpretazione della norma risulta da un complesso di argomenti letterali e sistematici. L'art. 140 del t.u. sulle acque pubbliche, alla lett. e), demanda infatti al giudice ordinario specializzato le controversie per risarcimento di danni dipendenti da qualunque opera eseguita dalla pubblica amministrazione e da qualunque provvedimento emesso dall'autorit amministrativa a termini dello art. 2 del t. u. 25 luglio 1904, n. 523, modificato con l'art. 22 della I. 13 luglio 1911, n. 774 . Tale norma prevede due distinte ipotesi, aventi ciascuna una diversa fonte di danno: nella prima qualunque opera eseguita dalla Pubblica Amministrazione, nella seconda il provvedimento amministrativo ex art. 2 (cfr. Cass. 10 luglio 1957, n. 2476). Se fosse esatta la tesi sostenuta dall'appellata ed accolta dalla sentenza impugnata, la risarcibilit del danno in materia di opere idrau giudice in causa , semmai, sarebbe il Tribunale Superiore quale giudice degli interessi, e non certo la p. a. 3) All'accennato progresso dei mezzi di tutela processuale del privato ha fatto riscontro il graduale completamento della disciplina sostanziale, gi contenuta nell'art. 91 della legge 1859, n. 3754. Infatti con legge 30 marzo 1893 l'art. 124 della legge del 1865, n. 2248 ali. F fu modificato, per quel che qui interessa: a) chiarendosi che la competenza esclusiva della p. a. a statuire e provvedere inerisce non tanto alle ppere che nuocciono al buon regime delle acque, quanto piuttosto alle opere che con detto regime .possono avere relazione ( evidente la notevole dilatazione della fattispecie legislativa); b) statuendosi che le disposizioni dell'art. 124 devono applicarsi anche alle opere di carattere pubblico .. Nel contempo fu peraltro ribadito che i giudici ordinari non potranno discutere le questioni gi risolute in via amministrativa e cio, tra l'altro, sulle condizioni di regolarit di... altra opera qualunque fatta entro gli alvei o contro le sponde . Ci posto, non sembra che siano fondate le ragioni _addotte nella sentenza che si annota per escludere la improponibilit della azione per risarcimento proposta immediate al giudice ordinario. 4) Non anzitutto vero che l'art. 2 del t. u. 1904, n. 523 disciplina i poteri che spettano alla p. a. soltanto in relazione ad opere poste in essere da soggetti che in lei non si identificano: a smentire tale affermazione basta richiamare la lettera dell'ultimo comma del cit. art. 2, quale derivato dalla modifica apportata dalla legge del 1893 all'art. 124 della legge del 1865; e ci non senza rilevare che non si mancato di osservare gi da tempo _(VITTA, L'amministrazione delle acque pubbliche, in Trattato del 472 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO liche sarebbe sempre condizionata al provvedimento ex art. 2, da cui non si potrebbe mai prescindere ed allora sarebbe perfettamente superflua la previsione di un'azione di risarcimento di danni cagionati da un'opera idraulica eseguita dall'Amministrazione, tanto pi quando nella precedente lett. cl) del medesimo art. 140 sono gi contemplate le controversie per le indennit previste dall'art. 46 della legge sulla espropriazione per pubblica utilit. E siccome in queste ultime si fa valere un danno che discende dall'opera pubblica indipendentemente da ogni colpa dell'Amministrazione, d'uopo ritenere per un verso che le controversie menzionate nella prima parte dell'art. 140 lett. e) siano precisamente quelle in cui si deduca che causa del danno risentito dal privato nell'esecuzione dell'opera sia stata la colpa dell'Amministrazione, per altro verso che le controversie stesse non si identifichino con quelle che possono trarre origine dai provvedimenti ex art. 2. Si tenga presente che l'art. 2 fa espresso riferimento a fatti che nuocciono al buon regime delle acque: ora, se si considera che compito precipuo della Pubblica Amministrazione proprio la tutela del buon l'Orlando, V, 982) che la competenza esclusiva della p. a. a giudicare della idoneit di opere da essa stessa costruite costituisce un principio generale del nostro ordinamento e dunque non contrasta con quest'ultimo. Il Tribunale, peraltro, ha ritenuto di trovare conforto in tale restrittiva interpretazione contra titteram dell'art. 2 rilevando che, ove mai tale inter pretazfone non si aceettasse, resterebbe inesplicabile il disposto dell'arti colo 140, lett. e) del t. u. 1933, n. 775, a termini del quale i Tribunali regionali giudicano a) sulle controversie per risarcimento di danni derivati da opere idrauliche e b) sulle controversie derivate da provvedimenti emessi a sensi dell'art. 2 del t. u. 1904, n. 523: e cio, poich secondo la tesi del l'Amministrazione la risarcibilit del danno da opera pubblica sempre condizionata al provvedimento di cui all'art. 2 cit., sarebbe stato pleona stico indicare la ipotesi del danno da opera pubblica e separatamente la ipotesi del danno da provvedimento. Ci affermando il Tribunale non si dato cura di rilevare .ci che pur era rilevabilissimo: e cio che il danno, in numerosi casi tra i quali era proprio quello di specie, deriva daH'opera e non dal provvedimento che giu dica deHa dannosit deH'opera; e perci, se la previsione fosse stata limi tata, nell'art. 140 lett. e), alle controversie per risarcimenti di danni di pendenti... da qualunque provvedimento emesso, ecc. (con pretermissione, quindi, nel tratto punteggiato, della dizione da qualunque opera eseguita dalla p. a. e ) ecco, che proprio in tal caso, proprio Cio se il legislatore non fosse incorso nel preteso... pleonasma, l'azione della Soc. Richard Ginori non sarebbe stata riconducibile all'astratta previsione dell'art. 140 lett. e). In realt una cosa il danno da opera pubblica idraulica ed altra cosa il danno da provvedimento in tema di opera idraulica: lo prova il fatto che pu esservi obiettivamente, quale che ne sia la condizione sul piano della tutela processuale, un danno anche se non vi sia un provvedimento che ne dichiari la connessione ad opera ritenuta nociva; e che d'altronde pos PARTE I, SEZ. VI, GI1;1RIS. lN MATERlA ])I ACQUE:. APPALTl ECC. 478 rgbne dlle ~cq~ deve presumer$! che a quel fine sia indirizzato tuttQ il suo comportatnento, in partieolate .le opere ~essa disp.oste ~esStdte e sarebbe 'Vertnnente singolare. ehe .il leglslatore abbia voluto delfumdare aUa Pubblica Amministrazione un giudizio sulla liceit O;n:te:no1.o~:Pifilsattamente;;.sullrvdannosit:o... meno.di.opere>idraUliche post.il'l.esserᥥdllllaᥥl\l~e,SfmaᥥAxntnirStraziOnenell'.espltamento di qtier (loJ:n.pit9i$tituzforial~tilt'.ricfordato. > / > ᥥ :N a .diversa o~f;nione pu incb.l'te . l~Ultimo capoverso dell'art 2, \ . giaecJi ..ess b.on ribadisce altro Che Uprinciplo della. potest insin~ \ d~cabil~ dello St~to di provvedere \ ............ > ... :/:;..:...:/ ...... . '\W.i>r'PuibiHt~ dell'azione; ehe eser.'' tllla P a.} dell'altro; e ci sopratutto ove si \~ solo estensivamente ma anche ontologi .. \'\,.... >esame pecca per eccesso, e nel con.... thiazione che l'ultimo comma _,.atitto, che la.. detta potest della p. a'. non a:(fatto insinda~ .Ah v~ ilriindio apprestato dall'art/14S lett; b) del t. u. 19SS, .,,.{certo Che ,WOf)fO perch non occorreva alcuna di.Sposizione espres.;. .A"Wt4wfiW%;'.Jt~lw~yi?mtfr;1wwffftrw~mr#.atmsrAWrnwq-01 ,,.w1~--r.~rll0rr.i~r@it'.1ft--lmmruimM1WJIW'-lmW0:rm@r;rr11 JWfilJ0if:f@.fi-%?.lrI~rr&%ttii ';,.,,,, ,.,df~.--,.._,,,.. _,_.~,.,,-~_.,N,.,.. <-_,,,fil.~dt~-,_,,.-,.,, . ,,, PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 477 Notificazione -Notificazione a mezzo del servizio postale -Momento del perfezionamento -Restituzione della ricevuta di ritorno. (c. p. c., art. 149; r. d. 21 ottobre 1923, n. 2393, artt. 4 e segg.; r. d. 18 aprile 1940, n. 689, artt. 170 e segg.; d. P. R. 15 dicembre 1959, n. 1229, art. 107). Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici -Notificazione delle domande arbitrale non eseguita presso l'Avvocatura dello Stato Nullit assoluta ed insanabile -Costituzione dell'Amministrazione -Irrilevanza -Rinnovazione della notifica -Inammissibilit. (1. 25 marzo 1958, n. 260, art. 1; r. d. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11; c. p. c., artt. 144, 156 e 162). Le domande arbitrali proposte nei confronti dell'Amministrazione dei lavori pubblici devono essere notificate, a pena di inammissibilitd, presso l'Avvocatura Generale dello Stato (1). Quando la notificazione viene eseguita a mezzo del servizio postale, la formalitd che esaurisce il relativo procedimento non la spedizione, da parte dell'Ufficiale giudiziario, del piego raccomandato contenente l'atto da notificare ma, ai fini del perfezionamento della notificazione, occorre la restituzione della ricevuta di ritorno che fa prova dell'eseguita notificazione, della data di essa e della persona cui il piego stato consegnato (2'). (1) Testuale applicazione dell'art. 46, secondo comma, del d. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063. Sulla inderogabilit della notifica delle domande arbitrali presso l'Avvocatura dello Stato, in forza del principio generale sancito dall'art. 1 della I. 25 marzo 1958, n. 260, cfr: Corte Appello Roma, 5 gennaio 1966, n. 1, retro, I, 202; Cass .., Sez. Un., 6 ottobre 1964, n. 2523, in questa Rassegna, 1964, I, 973; lodo 16 aprile 1964, n. 21; ibidem, 619; in dottrina, cfr.: CIANFLONE, L'appalto di opere pubbliche, 1964, 827; contra, nel senso che fa domanda arbitrale validamente notificata presso l'Alnministrazione, cfr. lodo 17 febbraio 1965, n. 3, in questa Rassegna, 1965, I. 836, con nota critica di DEL GREco, Sugli effetti giuridici e sulla notifica della domanda arbitrale. Con la decisione sopra ricordata le Sezioni Unite hanno anche precisato che l'ufficio dell'Avvocatura competente a ricevere la notifica quello presso la Corte di Appello competente a decidere secondo le ordinarie norme di procedura , in tali termini superando il dubbio prospettato, in avgomento, con riguardo alle difficolt di determinare l'Ufficio competente quando non sia nota in precedenza la sede del Collegio arbitrale: ipotesi per la quale si era addirittura esclusa la possibilit di applicare l'art. 1 della I. 25 marzo 1958, n. 260 (in tal senso, PASTORE, L'arbitrato negli appalti di opere pubbliche, 1964, 76 e lodo 1 marzo 1961, ivi citato in nota). (2) Conf.: Cass., 16 febbraio 1965, n. 250, in questa Rassegna, 1965, I, 339; id., 18 giugno 1964, n. 1572, Giust. civ., Mass. Cass., 1964, 717; id., 18 giugno 1964, n. 1567, Giur. it., Mass., 1964, 512. 478 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La nuUit comminata daU'art. 11, terzo comma, del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611 per la notificazione non eseguita presso l'Avvocatura dello Stato assoluta, rilevabile di ufficio e non sanabile neppure con la costituzione in giudizio deU'Amministrazione interessata; n pu il giudice, in tale ipotesi, disporre la rinnovazione della notificazione (3). (3) Principio ormai consolidato: Cass., 22 dicembre 1964, n. 2964, in questa Rassegna, 1964, I, 1109; id., 18 maggio 1964, n. 1215, Foro it., Mass., 1964 313 id., 29 agosto 1963, n. 2377, Giur. it., Mass., 1963, 808; id., 8 agosto 1963'. n. Z250, Giitst. civ., 1963, III, 336; id., 30 gennaio 1963, n. 161, Foro it., Mass., 1963, 45; id., 7 agosto 1962, n. 2440, ivi, 1962, 701; id., 16 giugno 1962, n. 1522, ibidem, 457; id., 20 aprile 1962, n. 798, ibidem, 242; id., 20 gennaio 1962, n. 89, ibidem, 29; per altri precedenti, cfr.: Rel. Avv. Stato, 1956-1960, III, 694 segg. Il principio, applicato di frequente all'ipotesi di notifica del ricorso per cassazione invalidamente eseguita presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato risulta generalmente affermato con riguardo alla prevalenza della nor~ speciale, richiamata dall'art. 144 c.p.c., sul principio generale sancito dall'art. 156 c.p.c. Sull'ultima parte della massima, e con la stessa motivazione, cfr.: App. Firenze 16 dicembre 1959, Giust. civ., Rep., 1960, v. notificazione civile, n. 15 e'v. citazione civile n. 21. Sull'impossibilit di disporre la rinnovazione in ipotesi di mancanza della notificazione, cfr.: 16 febbraio 1965, n. 250, citata sub 2. SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 20 gennaio 1965, n. 98 -Pres. M1chienzi -Rel. Leone -P. M. Pace -Rie. Pallotta. Oltraggio -Scriminante dell'arbitrariet dell'atto del pubblico ufficiale -Consapevolezza della arbitrariet da parte dell'agente. (c. p., art. 341; d. I. I. 14 settembre 1944, n. 288, art. 4). La discriminante di cui all'art. 4 r. d. l. 14 settembre 1944, n. 288, richiede, per la sua applicabilit., l'elemento soggettivo della consapevolezza che la spinta criminosa sia causata dall'eccesso arbitrario del p. u. e quindi la conoscenza antecedente o contemporanea dell'arbitrariet. dell'atto del p. u. (fattispecie in tema di oltraggio a p. u.) (1). (Omissis). -L'impugnata sentenza, rilevando che, in virt dell'art. 15 del codice della strada del 1944, l'intervento coercitivo della P. A. per lo sgombro di quanto si protenda oltre il ciglio della strada, previsto solo quando sia rimasto senza effetto l'invito a tal uopo diretto al privato, proprietario del fondo costiero, e che nella specie l'invito in parola non era stato rivolto all'imputato, ha ritenuto legittima la sua reazione all'intervento della Guardia Comunale, che, per ordine del Sindaco, si era recato sul posto per il decespugliamento, senza per potere eseguire l'ordine per l'attegiamento minaccioso dell'imputato. Ma va subito osservato che la discriminante in parola richiede, per la sua applicabilit, l'elemento soggettivo della consapevolezza che la spinta criminosa sia causata dall'accesso arbitrario del p. u., e quindi la conoscenza antecedente o contemporanea dell'arbitrariet dell'atto del p. u. (1) La sentenza riportata si pone nell'ambito di una costante direttrice rigoristica, volta a limitare la portata della norma di cui all'art. 4 d. 1. 1. 14 settembre 1944, n. 288. Si veda, per tutti, Cass., 17 marzo 1964, VETTORAZZI, in questa Rassegna, 1964, I, 1187, con nota di richiami. 16 480 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nella specie, per, a prescindere della questione se l'atto illegittimo sia da considerare o meno in s per arbitrario, sta di fatto che l'imputato, al momento in cui il vigile si accingeva ad eseguire l'ordine del Sindaco, non contest al p. u. il potere di procedere coattivamente al decespugliamento della strada, per non avergli il Sindaco rivolto prima l'invito prescritto dall'art. 15 della legge della strada; perci non pu dirsi, come erroneamente presume l'impugnata sentenza, ch'egli avesse coscienza della illegittimit dell'atto che stava per essere compiuto, e, conseguentemente, che la sua condotta fosse improntata a legittima reazione ad un atto arbitrario e alla tutela pronta ed efficace del suo diritto minacciato. Pertanto l'esimente in parola non pu trovare applicazione nella fattispecie, per difetto dello elemento soggettivo di cui sopra si detto, consistente nella consapevolezza dell'agente che l'atto contro cui si opposto fosse eccessivo per difetto di potere del p. u. e arbitrario perch deliberatamente posto in essere, nonostante il manifesto contrasto di esso con l'ordinamento giuridico vigente. La consapevolezza successiva evidentemente non pu esser fatta valere a scusante dal colpevole. (Omissis). CORTE, DI CASSAZIONE, Sez. III, 25 gennaio 1965, n. 165 -Pres. Vinci -Rel. Tripepi -P. M. Bracci -Rie. Ricci. Reato Elemento psicologico Errore sulla legge penale dipendente da prassi contra legem -Irrilevanza. (C. p., art. 5). Ostandovi il disposto dell'art. 5 c. p., non serve a giustificare l'atto del pubblico ufficiale contrario a precise norme penali il fatto che l'agente incorra nella falsit per ignoranza o per erronea interpretazione delle dette norme, o che vi incorra perch indotto in errore dalla conoscenza di una prassi consolidatasi contra legem (1). (1) C'Ome stato rilevato in questa Rassegna (v. 1965, 422, con richiami) la giurisprudenza applica in senso rigoroso il principio di cui all'art. 5 c. p. in tema di delitti mentre, talvolta, ne fa benevola applicazione in tema di contravvenzioni (c:lir. Cass., 18 febbraio 1964, n. 219, Rassegna, 1965, 855 con nota di I. F. CARAMAZZA). Nella specie, il principio della irrilevanza dell'errore ingenerato da una prassi consolidata contra legem stato applicato in tema di falsit in atto 481 PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE (Omissis). -Avverso la sentenza della Corte d'Appello ha proposto ricorso per cassazione l'imputato per motivazione difettosa e insufficiente in ordine al motivo dell'appello con il quale si era dedotta la insussistenza dell'elemento intenzionale dell'ascrittogli reato di falsit ideologica in atto pubblico; commesso questo solo per la sua inesperienza dell'uso di regole e di procedure amministrative o di interpretazioni, radicate in consuetudini legittimatrici ormai generalizzate nelle pubbliche amministrazioni e in un clima di piena pubblicit, senza nessun nocumento, e, anzi, con vantaggio sostanziale della Pubblica Amministrazione. In proposito osservasi. La Corte d'Appello ha disatteso le difese dell'imputato in punto di insussistenza dell'elemento psicologico del delitto de quo, rilevando che nessuna importanza avesse il fatto, da quello addotto, che dell'alterazione della contabilit del primo stato di avanzamento dei lavori fossero informati, sia i componenti dello stesso Consiglio comunale da lui presieduto, sia i cittadini, posto che ai fini del dolo di detto reato sufficiente la coscienza e la volont di immutare il vero. E che, comun~ que, in ordine a tale assunto, e perch ogni dubbio sulla pretesa buona fede di esso imputato in relazione alla presunta innocuit del suo fatto venisse meno, bastava solo ricordare che col sistema da lui adottato, da un lato, veniva esposta al Ministero dell'Agricoltura una situazione contabile difforme a quella vera e ci per indurlo a un rimborso di somme maggiori di quelle che al Comune spettavano; mentre, dall'altro, si prevvedeva all'esecuzione di opere pubbliche non autorizzate dall'Autorit tutoria e quindi con effettiva ed esclusiva pertinenza del Comune medesimo. Ci posto, si deve riconoscere la rispondenza di tali rilievi ai principi che regolano la materia dell'elemento intenzionale dei delitti di falsit in atti pubblici, elemento intenzionale che consiste nelle semplici coscienza e volont della immutatio veri. Sicch agli effetti dell'integrazione di siffatti reati rilevante soltanto la situazione di pericolo, attinente alle garanzie probatorie dell'atto od alla regolarit della pubblica amministrazione, deformata dalla falsit; ed irrilevante, invece, sia pubblico, ponendosi in evidenza che, agli effetti della integrazione di tale reato, rilevante soltanto la situazione di pericolo attinente alle garanzie probatorie dell'atto od alla regolarit della pubblica amministrazione, determinata dalla falsit, mentre del tutto irrilevante sia il fatto che l'agente non abbia eventualmente l'intenzione di procurare a se o ad altri un vantaggio o di arrecare ad altri un danno, sia, ed ancor pi, che il falso venga o no commesso clandestinamente. 482 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il fatto che l'agente non abbia eventualmente l'intenzione di procurare a s o ad altri un vantaggio o di arrecare ad altri un danno, sia ed ancor pi, poi, che il falso venga o no commesso clandestinamente. .< Mentre -e sempre a prescindere dalla manifesta infondatezza anche in punto di fatto dell'assunto difensivo circa la esistenza di una prassi amministrativa generalizzata cui il Riccione si sarebbe uniformato ovvio che, ostandovi il disposto dell'art. 5 c. p., non serva a giustificare l'atto del pubblico ufficiale contrario a precise norme penali, o ad altre norme che nelle norme penali debbano ritenersi incorporate, il fatto, o che l'agente incorra nella falsit per ignoranza o per erronea interpretazione delle dette norme, o che vi incorra perch indotto in errore dalla conoscenza di una prassi consolidatasi contra legem. ( Omissis). I I I ffi ili .-:; .: PARTE SECONDA QUESTIONI LA SINDACABILIT DEL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO NEL PROCESSO PENALE SOMMARIO -1. Posizione del problema in riferimento all'elaborazione giurisprudenziale e dottrinale. -2. Necessit di una autonoma considerazione della problematica dell'eccesso di potere nel processo penale. -3. Distinzine fra processo civile e processo penale : il provvedimento amministrativo come oggetto dell'accertamento giudiziale. -4. Di alcuni casi sintomatici: A) l'a,zione di mero accertamento; B) l'opposizione all'ingiunzione fiscale. -5. Ancora della distinzione fra processo civile e processo penale in riferimento alle posizioni soggettive delle parti. -6. La sindacabilit del provvedimento in sede penale sotto il profilo dell'eccesso di potere. L'e.p. come violazione di norma interna. Corollari: A) l'e.p. come vizio di legittimit; B) la pubblica amministrazione come fonte della norma interna. -7. Dimostrazione dell'assunto: in relazione al problema dei poteri istruttori del giudice... -8. ed alla struttura delle singole figure sintomatiche dell'e.p. -9. La pluralit degli ordinamenti giuridici come presupposto della giuridicit della norma interna. Il problema dei rapporti fra ordinamenti nell'ambito della normazione civile... 10. ed in quella penale. Inammissibilit di interferenze dell'ordinamento interno nell'ambito del giudizio di qualificazione di reato. Conseguenze in tema di e.p. con particolare riferimento ad ipotesi di: A) violazione di circolare; B) manifesta ingiustizia (o disparit di trattamento); C) illogicit manifesta. -11. .La pregiudiziale amministrativa nel processo penale (art. 20 c.p.p.). 1. -Il problema della sindacabilit del .provvedimento amministrativo da parte del giudice ordinario, e di quello penale in particolare, tradizionalmente impostato sul testo dell'art. 5 della legge sul contenzioso amministrativo (1), discutendosi se il giudizio di legittimit debba essere condotto alla stregua della rilevazione dei tre classici vizi dell'atto o non piuttosto di una pi ridotta qualificazione di conformit dell'atto alla legge che si risolverebbe nell'esclusione della possibilit di rilevare l'eccesso di potere. (1) Una origioole impostazione quella di RESTA, La legittimit degli atti giuridici, Riv. trim. dir. pubbl., 1955, 28, il quale dal rilievo dell'origine meramente processuale del concetto di eccesso di potere, e della inammissibilit della trasposizione di tale concetto all'ambito del diritto sostanziale, ritiene di inferire che la nozione di legittimit non possa essere costruita come immunit dai tre vizi tradizionali sibbene come mera perfezione dell'atto giuridico: in questo senso il sindacato sulla legittimit dell'ordine di cui all'art. 51 c. p. signdficherebbe puramente e semplicemente e riscontro della perfezione formale dell'ordine da parte del destinatario tenuto al dovere di obbedienza ; pertanto, si dovrebbe escludere che il destinatario possa sindacare l'immunit dell'ordine ricevuto da incompetenza, viol'azione di legge o eccesso di potere. 40 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Allo stato attuale della questione la giurisprudenza della Corte di Cassazione costante nell'escludere la possibilit che il sindacato del giudice penale si estenda alla rilevazione dell'eccesso di potere (1). Ci particolarmente per il rilievo che l'esame su tale vizio non pu non risolversi in una indagine sul merito del provvedimento, da rite nersi, secondo i principi, interdetto al giudice ordinario. Pi vario il panorama della dottrina. Fra le due soluzioni radi cali, che rispettivamente ammettono ed escludono che il giudice ordi nario possa rilevare l'eccesso di potere, si colloca la tesi intermedia di chi sostiene che occorra distinguere fra competenza principale ed occasionale del giudice, ritenendosi soltanto nel secondo caso una pi ampia sfera di poteri di accertamento (2). In genere pu dirsi che gli autori meno recenti propendono per la tesi pi restrittiva (3). Sintetiz zando una intera fase della dottrina, lo ZANOBINI giustifica questa inter pretazfone sulla base di una esegesi logico-formale del testo dell'art. 5, in cui la formula conformit dell'atto alla legge. viene intesa come equivalente a violazione di legge . Gli autori pi recenti, invece, sono di preferenza orientati verso la soluzione opposta (4). A pre ~cindere da particolari formulazioni che si riconnettono alle varie im ~ (1) Cfr., in relazione alla nota questione delle ordinanze prefettizie ' ex art. 2 legge rp.1s., Cass. 31 marzo 1951, Giust pen., 1951, III, 926; Cass. 2 , luglio 1955, ivi, 1955, II, 769. In prospettiva pi generale, v. nello stesso senso, Cass. 13 maggio 1954, Foro It., 1955, I, 58; Cass. 15 febbraio 1960, ' t Giust pen. 1960, II, 854; Cass. 24 febbraio 1960, Giur. agr. it., 1960, 587; Cass. iii:i ' 6 aprile 1961, Temi nap. 1962, I, 210. La soluzione contraria .stata accolta oltre che da talune magistrature di merito, anche dalla sentenza 28 novem' bre 1961 della Cassazione (Foro It., 1962, II, 106). ' (2) la nota tesi di CANNADA-BARTOLI, L'inapplicabilit degli atti amf::~ ministrativi, Milano, 1950. Dello stesso autore v. pure, La tutela giudiziaria < l del cittadino verso la pubblica Amministrazione, Milano, 1956, 148. (3) Cfr. RANELLETTI, Le guarentigie della giustizia nella pubblica amministrazione, Milano, 1937, 338; VITTA, Diritto amministrativo, Torino, 1955, I, 485; ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, Milano, 1958, II, 162; MIELE, Questioni vecchie e nuove in materia di distinzione del diritto dall'interesse nella giustizia amministrativa, Foro amm., 1940, IV, 59; BoRsI La giustizia amministrativa, Padova, 1941, 120; ROMANO e D'AMELIO, Contatti I giurisdizionali fra la Cassazione e il Consiglio di Stato, Riv. trim. Dir. pubbl., 1929. Anche nelLa letteratura meno recente non erano, per, mancate voci contrarie: v. PRESUTTI, I limiti del sindacato di legittimit, Milano, 1911, 65; GuicCIARDI, La giustizia amministrativa, Padova, 1954, 333 e 282. (4) Cfr. 8'.\NDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1964, 699; ALEssI Sistema istituzionale del diritto amministrativo italiano, Milano, I1958, 635; CASSARINO, Le situazioni giuridiche soggettive e l'oggetto della giurisdizione amministrativa, Milano, 1956, 362; BACHELET, La giustizia am~ ministrativa nella costituzione italiana, Milano, 1962, 52; DAL PIAZ, Osserva- I ~ I t.~~f~T?..:illi"Iff~3%kiillV"ffii '', , I __,,_,______,,_ r::;::~~~-~~:~::~f~:,;.;:=:<-=::::~=::~:~_-=:~::::~'.:::~,-~~,,,~:~;:-.~::ii'.::::~::~~:.:_::::::~'.::::'.:~.,-=:=:~'.:~~:~~~::::~:: PARTE II, QUESTIONI 41 postazioni di principio (1), gli argomenti cui si richiama questo orientamento sono essenzialmente due: a) la circostanza che l'eccesso di potere pur sempre un vizio di legittimit dell'atto; in questo ordine di idee il collegamento fra eccesso di potere e merito non che una mera eventualit, da cui pu tutt'al pi derivare una esigenza di attenta discriminazione per evitare di travalicare dai confini del vizio di legittimit nell'ambito del merito; b) il rilievo che la nozione di conformit a legge posta dall'art. 5 andrebbe interpretata come normale illegittimit dell'atto alla stregua dell'art. 26 del t.u. sul Consiglio di Stato. Sul primo punto si avr occasione di tornare in seguito. zioni sui limiti del sindacato di legittimit dell'autorit giurisdizionale ~rdinaria sugli atti amministrativi con particolare riferimento al vizio di ec,~ so di potere, Giur. lt., 1957, II, 17; DAL P1AZ, Osservazioni sulla configu\ ilit di limiti alla competenza del giudice ordinario in tema di atto am\"$._ trativo viziato da eccesso di potere, ivi, 1959, II, 223; FRANCHWI~ Aspetti ~dacato del giudice penale sugli atti amministrativi, Riv. trim. dir. \1957, 337; ABBAMONTE, Sulla sindacabilit dell'eccesso di potere da --\giudice ordinario, Temi nap., 1962, I, 211; DELFINO, Osservazioni in \dacato del giudice penale sull'eccesso di potere, Foro it., 1962, II; -"o, Eccesso di potere sviamento di potere ed eccesso arbitrario, \~55, II, 360; VENDITTI, Dell'inosservanza dei provvedimenti il... -'rit in relazione all'art. 650 c. p., ivi, 1953, II, 460; KLITSCHE \.La giurisdizione ordinaria nei confronti delle pubbliche '~adova, 1961, 180; GALLIANI, Il sindacato del giudice penale '4co ufficiale in riferimento al reato di abuso innominato \ 1962, I, 443; VENDITTI, Il sindacato del giudice penale \47i, Riv. it. dir. proc. pen., 1965, 28; FERRARI, Osserva--(! egli atti amministrativi, Giur. it., 1958, II, 225; SA "'i, Milano, 1961, 146 ss. 'tutamente criticato questo indirizzo: cfr. Gu\ 1952, 37-40; 1953, 125; 1962, 15; 1964, 399. ~izia, clt., 333 segg., secondo il quale il signifi_.. e8umersi da un parallelo con l'art. 28 del T. U. _..-!tenendosi che il giudice investito incidenter tantum ,61udiziale sia dotato degli stessi poteri spettanti al giu_.,, l.n via principale, si dovrebbe concludere che il giudice _. fo subiecta materia gli stessi poteri di cui investito quello ,.tativo. La tesi, peraltro, - stata acutamente criticata da DAL PIAZ, .-vazioni, cit., 227, sotto il profiio che, essa elude, in certa Inisura il ,-Oblema, ricorrendo ad una soluzione di rinvio, aperta a sua volta a molte plici incertezze . Un atteggiamento particolare quello di MoNTESANO, Processo civile e pubblica amministrazione, Napoli, 1960, 71 segg., secondo il quale la disappli. cazione non si riferirebbe all'atto sebbene alle norme contenute nell'atto, con l'ulteriore conseguenza che il giudice, ai fini della disapplicazione, non pronuncerebbe mai sull'atto in quanto tale. Sul punto cfr. GuGLIELMI, Note di dottrina, in questa Rassegna, 1962, 15. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 42 Sul secondo occorre immediatamente avvertire come non sia possibile giungere ad una rigorosa soluzione del problema sulla base di una esegesi logico-formale del solo testo dell'art. 5 (1). La validit di un metodo ermeneutico, concepito come analisi della proposizione normativa, postula l'esigenza di integrare la lettera della norma, che di per s pu essere multivalente, con tutte le altre proposizioni desumibili dal sistema che abbiano riferimento a quella norma. Il problema si risolve, dunque, sul piano dei princpi. Qui baster aggiungere che l'argomento, che si preteso trarre dalla relazione parlamentare alla legge sull'abolizione del contenzioso amministrativo (2) non pu avere rilievo. Un discorso completo sul valore dei lavori preparatori nel procedimento di interpretazione della norma porterebbe troppo lontano, e sarebbe fors'anche inconcludente, perch l'accettazione o meno della rilevanza di quel valore dipende da una scelta di fondo fra interpretazione teleologica e logica-formale; dunque, in ultima analisi, da un atto di tipo pi emozionale che logico. Per quanto qui interessa, rimanendo sul piano della esperienza pratica, sar sufficiente ricordare che la giurisprudenza, anche di recente, ha escluso la rilevanza dei lavori preparatori nell'atto di interpretazione (3). 2. -Prescindendo per il momento dal merito delle soluzioni delineate, occorre preliminarmente sottolineare come l'elaborazione dottrinale sulla sindacabilit del provvedimento amministrativo da parte del giudice ordinario (particolarmente sotto la visuale della rilevabilit dell'eccesso di potere) sia limitata per lo pil all'ambito del processo civile. Per quanto attiene alla problematica del processo penale, malgrado taluni recenti studi ( 4) che fanno fede di una maggiore con( 1) Tuttavia, se una conclusione possibile trarre dall'analisi della lezione dell'art. 5, essa dovrebbe essere semmai in favore della tesi pi restrittiva. Sul punto si vedano le acute osservazioni di GuGLIELMI, Recensioni e note bibliografiche, Riv. trim. dir. pubbl., 1952, 159 segg., particolarmente sul valore del concetto di non conformit a legge. (2) CANNADA BARTOLI, Inapplicabil'it, cit., 169. La relazione Rastelli recita, importi sancire codesta disposizione (dell'art. 5) a tutela degli interessi e dei diritti civili e politici, che possano per avventura essere lesi da atti e regolamenti amministrativi, in quanto non siano conformi alle leggi. Da questo pa.sso sarebbe dato inferire, secondo il CANNADA BARTOLI, che la tutela degli interessi, sottratta dall'art. 3 della legge alla competenza principale della autorit giudiziaria, viene, attraverso l'art. 5, affidata alla competenza occasionale della medesima. (3) Cass. 11 luglio 1963, n. 1879, Riv. dir. fin., 1964, II, 37; Cons. Stato, 1~~;.: Sez. VI, 9 luglio 1965, n. 514, in questa Rassegna, 1965. =~; (4) Cfr. FRANCHINI, Aspetti del sindacato, cit.; DAL PIAZ, Osservazioni, cit.; VENDITTI, Il sindacato, cit.; GALLIANI, Il sindacato, cit. i J . ' . I - ' ' @tf:tirtwm-~rmi: .....-::-r:~roof.=r?.*rrr-r~:r:.f~r:::r--=q_$rm*~w.a:w.::r=;y-MW:fr.9=-fMillr*:-)w;(ifWJ:~~~p1:rig1w=r=rJ.~w..::;?.:r:rgr~l;r1w:=::t-====::~qrr:r==-f:r$.w-m-==-=filrw ~&ffef__...4-,%%-"'J='v#.Jf:tf".#f4kt=9$i%%f.tkAf&ilef.f@Jtf@:/ief.%+Wi:,..g;@1&.,4r::::::t.t+JWY#f~Ait-:=t.lX.i%%h.* <::-lli:~&.t:::=Vifilit===x-:::.:::1Ax:::::.::::::.frmt~Y::=/.tJ~iw.r&.f.Ji:.Jib.@#.z.;0;k:.:--.:::V::::i.i.t:H::::%%'M;:::-;:=:::;::;fa::.%i::<%df:-::N{~~=-M!k:: ~........t:........::-::..-:.-:. ..-..z.-....-...::-:-:.......-:=:.-....::-:....-...-:.........-::..::.::::....-:.. ............-....-..-.......-.........'?f;;:..f..-....-.....m...:-:...::.:=..::..-=.-....-=.-:..=-==..-:.-...Z:-:...-:z ....... :::::-....::::......m=::::-.... --~ ~.. 43 PARTE II, QUESTIONI sapevolezza dell'interesse dell'argomento, bisogna riconoscere che i con tributi elaborati in generale prospettiva del problema sono tuttora molto scarsi: fa eccezione l'elaborazione formatasi su quel particolare aspetto della questione che attiene all'interpretazione della fattispecie prevista dall'art. 650 c.p. (1). La ragione di questo stato di cose probabilmente da ricercarsi in un duplice atteggiamento della dottrina. Da una parte, i penalisti, che si sono occupati del problema, lo hanno di preferenza impostato sotto il profilo della nozione di legalit formale e sostanziale del provvedimento amministrativo, obliterando l'inquadramento della nozione di le~ gittimit in relazione all'art. 26 t.u. sul consiglio di Stato (2). Seguendo lo sviluppo dottrinale dell'analisi del concetto di legalit formale e sostanziale, peraltro, ci si avvede come la chiarezza di questa impostazione metodologica non sia che apparente. Talvolta l'indagine si Notevole risalto all'argomento dato anche dia GIANNINI, La giustizia amministrativa, Roma, 1960, 147, dove, per, non risulta una presa di posizione in ordine al problema della rilevabilit dell'eccesso di potere. (1) Cfr. S:ABATINI, Contravvenzioni, cit., 133 segg.; IANNUZZI, Le ordinanze di urgenza e il sindacato del giudice, Giust. pen., 1950, II, 937; GAzZARA, Condizioni di applicabilit dell'art. 650 c. p., ivi, 1951, I, 89; ScARDIA, Osservazioni sui limiti di applicazione dell'art. 650 c. p., Giur. compl. Cass. pen., 1950, III, 67; MIGLIOLI, Falsa applicazione del.l'art. 650 c. p. ed eccesso di potere dell'autorit di P. S., Riv. giur. lav. 1955, II, 299; L\NNITTI -PIROMALLO, Sequestro di una cambiale falsa in possesso di una banca e applicabilit dell'art. 650 c. p., Banca, borsa, 1956, 549; GUIDA, Sull'inosservanza di ordinanze del sindaco illegittime, Foro pen., 1956, 484; CATURANI:. La inosservanza dei provvedimenti dell'autorit, Riv. pen., 1957, I, 508; MASTURSI, Sul sindacato di legittimit del giudice ordinario, Temi nap., 1960, II, 76; PEs, La portata dell'art. 650 c. p. nei confronti dei provvedimenti det sindaco, Corriere amm., 1960, 2030; BoNICHI, Inosservanza di provvedimenti dell'autorit, Riv. polizia, 1960, 3; IAZZETTI, Potere di ordinanza del Prefetto secondo la legge di P. S., ivi, 1960, 222; JACONIANNI, Abuso dell'art. 650 c. p., Riv. pen., 1963, I, 84; MANZINI, Trattato di diritto penale italiano, Torino, 1964, X, 7 segg. (2) Cfr. MANZINI, Trattato, cit., I, 262, X, 21; A.NTOLISEI, Manuale di diritto penale, Milano, 1955, I, 196; MAGGIORE, Principi di diritto penale, Bologna, 1958, II, 826. Sostanzialmente conforme anche PANNAIN, Manuale di diritto penale, Torino, 1950, 528, sia pure con l'avvertimento che il destinatario dell'ordine dell'autorit non pu rilevarne l'eventuale eccesso di potere. Con particolare riferimento al sindacato sulla legittimit dell'ordine dell'autorit, in relazione all'ipotesi dell'art. 51 c. p., c:fr. BETTIOL, L'ordine del.l'autorit nel diritto penale, Milano, 134; DI VIco, Dell'obbedienza gerarchica, Riv. dir. proc. pen. milit., 1935; MESSINA, L'ordine insindacabile dell'autorit come causa di esclusione del reato, Roma, 1942; SANTORo, L'oTdine del superiore nel diritto penale, Torino, 1957. Anche la problematica di questi scrittori si muove prevalentemente nell'ambito della distinzione fra legalit sostanziale e formale del provvedimento. 44 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO polverizza in una minuta casistica che non consente di ricavare una regola di ordine generale; altre volte l'approfondimento del concetto porta a meglio individuare i connotati di legalit (sia essa formale o sostanziale), ma allora sorgono problemi che non paiono facilmente risolubili nell'ordine di idee proposto. Cosi si trova affermato che la legalit formale del provvedimento implicherebbe la competenza del-~ l'autorit che lo emana e l'emanazione nelle forme di legge, mentre la legalit sostanziale esigerebbe il concorso dei presupposti stabiliti dalla legge per l'emanazione del provvedimento. Sul primo punto si pu osservare che la formula emanazione nelle forme di legge quanto mai equivoca, perch non d conto del thema decidendum, e cio del se uri eventuale vizio per eccesso di potere integri l'ipotesi di violazione delle forme di legge; sul secondo, che non sempre la norma stabilisce in modo vincolante le circostanze di fatto in presenza delle quali il presupposto deve ritenersi verificato: ci sono presupposti, ad es. l'urgenza, in relazione ai quali esiste un ampio potere discre zionale di valutazione da parte della P.A., ed allora l'accertamento della relativa sussistenza implica (o pu implicare) una indagine di merito, che gli stessi fautori dell'impostazione qui criticata ritengono sottratta al giudice ordinario. Per concludere, non pu non convenirsi nella critica del SABATINI, il quale -nell'impostare il problema che ne occupa sotto il profilo della rilevabilit dei tre classici vizi ex arti colo 26 -rileva come l'adozione del criterio della legalit formale o sostanziale porti necessariamente a confondere vari delicati problemi attinenti a) alla distinzione fra legittimit e merito dell'atto amministra tivo; b) alla distinzione fra attivit vincolata e attivit discrezio nale (1). La ragione del diffuso disinteresse della dottrina amministrativa , invece, probabilmente da ricercare nel convincimento che gli stessi problemi, e dunque le medesime soluzioni, che emergono dallo studio dell'argomento in sede di giudizio civile, si ripropongono puntualmente in sede penale. Cosi il CANNADA BARTOLI scrive: Lo studio della disapplicazione giurisdizionale in materia penale non presenta sostanziali diversit rispetto a quanto stato detto relativamente alla materia civile: basta all'uopo richiamare quanto si esposto rispetto alla competenza occasionale dell'autorit giudiziaria, alla quale devoluta la materia delle contravvenzioni, secondo l'art. 2 della legge sul contenzioso amministrativo (2); ed il FRANCHINI, pi di recente, ribadisce che non vi (1) Cosi testualmente, SABATINI, Contravvenzioni, cit., 146. (2) CANNADA-BARTOLI, Inapplicabilit, cit., 205. 45 PARTE II, QUESTIONI differenza (n vi sarebbe motivo logico oltre che alcun effettivo elemento giuridico di appoggio negli articoli di legge che altrimenti fosse) fra sindacato del giudice penale e sindacato del giudice civile: l'uno e l'altro conoscono, infatti, dell'atto amministrativo ai limitati fini del giudizio (1). Di tale convincimento sembra lecito dubitare. Ed la stessa giurisprudenza, nella variet delle sue soluzioni, che indica come non sia possibile accettare sic et sempliciter l'equiparazione proposta dalla dottrina. Baster ricordare una recentissima decisione (2) con la quale le Sezioni Unite, pur precisando che la disapplicazione dell'atto amministrativo da parte del giudice civile possa aver luogo unicamente se l'atto sia direttamente lesivo di un diritto soggettivo, hanno ritenuto che i poteri del giudice si estendano, oltre che alla rilevazione della incompetenza e della violazione di legge, anche a quella dell'eccesso di potere. In questo senso la decisione si posta contro altri precedenti pronunciati dalla stessa Corte, ed stata, perci, anche sotto questo profilo, sottoposta a critica, ma quel che pi conta, per quanto qui interessa, si che in tal modo le Sezioni Unite hanno dato una soluzione del problema in sede civile che si differenzia radicalmente da quella che la stessa Corte adotta in sede penale. Risulta cos di tutta evidenza, attraverso la pi irrefutabile delle prove (e cio la differenza delle soluzioni giurisprudenziali), la necessit di una autonoma considerazione del problema in relazione al processo penale, onde verificarne la riducibilit o meno agli schemi elaborati per il processo civile. 3. -In primo luogo va detto che il provvedimento amministrativo, di per s solo, non pu mai costituire oggetto dell'accertamento demandato al giudice penale. L'affermazione appare intuitivamente esatta quando si tratti di una imputazione in cui il provvedimento rilevi esclusivamente come termine di qualificazione della liceit penale del fatto del privato: cosi nel noto esempio dell'inosservanza dell'ordine dell'autorit (art. 650 c.p.) l'indagine sulla legalit dell'atto rivolta a stabilire la esistenza del presupposto, in presenza del quale il comportamento inottemperante si qualifica come reato; cos ancora nella questione, vivamente dibattuta in giurisprudenza (3), della inosser( 1) FRANCHINI, Aspetti del sindacato, cit., 357. (2) Oass., Sez. Un., 12 gennaio 1965, n. 63, in questa Rassegna, 1965, 290, con nota critica di SACCHETTO. (3) Cfr. Cass. 13 novembre 1961, Foro It., 1962, II, 17, con la quale venne ritenuta la legittimit delle ordinanize istitutive del disco orario. In precedenza taluni giudici di merito avevano accolto la soluzione opposta: cfr. Pret. Roma, 6 maggio 1961, Foro It., 1961, II, 130. Per la dottrina v. DuNI, 46 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vanza dell'uso del disco orario, la legittimit dell'ordinanza del sindaco, istitutiva dell'obbligo relativo, veniva in discussione al fine di accertare la liceit penale dell'omissione dell'uso del disco. Qui si tratta evidentemente di casi in cui l'esame del provvedimento in funzione qualificante di una azione (il comportamento del presunto contravventore) che costituisce essa stessa oggetto dell'indagine attribuita al giudice. Il provvedimento in quanto tale si inserisce in una pi ampia fattispecie: l'indagine sulla sua legalit ben lungi dall'esaurire il compito di accertamento che si andr a svolgere nel processo. Pi delicato il caso in cui il provvedimento venga in considerazione al fine di integrare un reato attribuibile ad un organo della pubblica Amministrazione. In prima approssimazione giover ipotizzare alcune situazioni concrete. In molti di questi casi, a rigore, non pu neppure parlarsi di provvedimento. Si ipotizzi un atto di controllo che sia vincolato quanto al tempo della sua emanazione, nel senso che esso debba essere emesso entro un termine stabilito per legge. L'omissione del provvedimento potr in astratto essere inquadrabile come omissione di atti di ufficio (art. 328 c.p.), ma ci che viene in considerazione ai fini dell'accertamento del reato non il provvedimento -per definizione mancante -bens un comportamento del funzionario che si concreta in mancata emissione dell'atto richiesto. Se poi il comportamento omissivo non sia inquadrabile nell'ambito dell'art. 328 c.p., ma -per diversi elemnti attinenti alla situazione di fatto (ad es. per avere il funzionario agito nell'intento di agevolare altri soggetti) -sia piuttosto configurabile come concorso in altre figure di reato, non perci cambieranno le conclusioni: l'accertamento del giudice non si porter su. alcun provvedimento ma su un . m.ero comportamento. Ma vi sono esempi pi significativi. Si ipotizzi una imputazione di peculato nei confronti di .n funzionario pubblico, che si assuma essersi realizzata mediante un provvedimento di spesa di cui sia in contestazione la legittimit. Possono darsi diversi casi : a) spesa disposta per fini istituzionali dell'ente pubblico; b) spesa per fini totalmente estranei all'ente, ma personali del funzionario; e) spesa per fini istituzionali dell'ente ma disposta senza l'osservanza di determinate norme. Parcheggi custoditi e sosta limitata, Dir. autom., 1964, 2; PIOLETTI, La vexata quaestio del disco orario, Riv. polizia, 1964, 137; PERSEO, In tema di disco orario, Arch. circolaz., 1963, 1262. Successivamente la questione, sia pure con diverse caratteristiche di specie, .stata agitata anche nei confronti delle ordinanze istitutive di parchimetri a pagamento: cfr. Oass. 26 febbraio 1964, Riv. penale, 1964, 920. 47 PARTE II, QUESTIONI Due rilievi sembrano consentiti: 1) in ciascuno dei casi previsti l'indagine del giudice deve investire la legalit del provvedimento di spesa; 2) l'indagine sulla legalit del provvedimento non esaurisce il compito di accertamento del giudice. Ci che questi deve accertare, infatti, la sussistenza di un fatto complesso che corrisponda alla fattispecie prevista dalla norma penale; e, dunque, non soltanto l'esistenza di un provvedimento illegittimo ma anche ogni altro estremo del reato (ad es. il profitto proprio dell'autore del provvedimento od altrui). Questo ordine di idee sembra espresso con particolare chiarezza da una sintomatica pronuncia (1) della Corte Suprema con la quale, per una fattispecie inquadrabile nell'ipotesi prospettata sub c), stato deciso che non sussiste il reato di peculato per distrazione nel caso di operazioni che, sebbene attuate senza l'osservanza delle regole previste, realizzino uno scopo di pubblico interesse conforme a quello stabilito dalla legge . Qui appare di tutta evidenza che, se vero che la configurabilit del reato di peculato discende dall'essere il provvedimento rivolto o meno allo scopo istituzionale dell'ente, il giudice penale non potr prescindere dal valutare la rispondenza dell'atto a quello scopo. Ma la legalit del provvedimento si misura anche su siffatto metro, ond' che una delle figure tipiche dell'eccesso di potere si configura appunto come sviamento di potere, e cio come deviazione della potest di cui l'ente munito ad uno scopo diverso da quello in vista del quale la legge lo concede. Un altro esempio. Di fronte alla istanza del privato tendente ad ottenere un provvedimento di ammissione, che si assume vincolato quanto alla emanazione ed al contenuto, l'atto con il quale l'istanza viene respinta, pu essere in astratto configurabile come omissione di atti di ufficio (quando, si capisce, ne ricorrano tutti gli altri estremi). In questo caso l'esistenza del reato dipende dalla valutazione della legittimit del comportamento omissivo. Ma l'omissione si concretata nella emanazione di un provvedimento diverso da quello dovuto. E dunque, in ultima analisi, la legittimit del comportamento dipende da quella del provvedimento emanato. Insomma, dalla breve casistica esposta sembra consentito trarre una duplice conclusione: se vero che l'indagine del giudice penale pu talvolta portarsi sulla legittimit di un provvedimento ammini strativo (2), come elemento di qualificazione della condotta (non sol (1) Cass. 8 ottobre 1964, Foro It., 1965, II, 253. (2) L'affermazione potrebbe sembrare superflua se non vi fosse il pericolo di una eccessiva estensione della ipotesi, pure prospettata nel testo, in cui il giudizio penale non investe alcun provvedimento. In altre parole, dal rilievo che oggetto dell'accertamento penale sempre un comportamento si potrebbe essere indotti a conc1udere che in nessun caso il giudizio 48 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tanto si badi bene -del privato ma anche del funzionario pubblico eventualmente imputato), non men vero che il provvedimento, rilevando unicamente in quanto componente di una pi .ampia situazione, non pu mai costituire oggetto unico ed esclusivo dell'accertamento del giudice. 4. -Se questo vero, una prima differenza, particolarmente rilevante ai fini che qui interessano, tra processo penale e processo civile consiste in ci che in quest'ultimo, e non nel primo, il provvedimento amministrativo pu ben costituire tutto l'oggetto dell'accertamento. Questa affermazione, peraltro, non senza contrasti. Di recente, e con molta autorevolezza (1), si sostenuto che il giudizio civile non investirebbe mai direttamente il provvedimento amministrativo, del quale il giudice si limiterebbe a conoscere o come presupposto di un rapporto, o come fatto, o come componente di fattispecie avente diversa qualificazione. La tesi impeccabile purch se ne accetti il presupposto, che consiste nel ritenere la equiparazione del provvedimento illegittimo a quello legittimo quanto all'effetto che l'uno e l'altro dispiegano sulle posizioni soggettive del privato. Una volta accettata la tesi secondo cui il provvedimento, ancorch illegittimo, essendo nondimeno munito di irr;i.perativit, degrada ad interessi legittimi gli eventuali diritti su cui incide, di tal ch non potrebbe mai esservi giurisdizione del giudice ordinario se non previa pronuncia di quello amministrativo che, annullando il provvedimento, ristabilisca l'interesse nella sua consistenza di diritto, ne segue di tutta evidenza che il giudice ordinario non potr mai essere sollecitato al giudizio in relazione ad un provvedimento in senso proprio. Senonch, come avverte lo stesso GIANNINI, la scelta della tesi della equiparazione rispetto alle altre tesi pure teoricamente possibili (lo della separazione, e 20 della distinzione) di quelle che non si giustificano tanto sulla base di princpi logico-esegetici -quanto in virt di una presa di posizione a carattere eminentemente pratico che nel nostro si svolga sul provvedimento. Una conclusione del genere peccherebbe, per, per eccesso, in quanto -come risulta dagli esempi proposti vi sono numerosi casi (che costituiscono staticamente la regola e non l'eccezione) in cui il provvedimento rileva come tel'lllline di qualificazione della condotta. Qui occorre sottolineare che questa funzione del provvedimento si esplica non soltanto in rapporto all'azione del privato ma anche del funzionario. II rilievo sembra degno di nota perch la dottrina, mentre ha chiaramente ipotizzato il primo caso, trascura generalmente il secondo. (1) GIANNINI M. S., Discorso generale sulla giustizia amministrativa, Riv. dir. proc. civ., 1963, 552, 1964, 12 e 217. PARTE II, QUESTIONI 49 caso assume particolare forza per essere la tesi di una costante giurisprudenza; ci che in subiecta materia, per la deficienza di un organico sistema normativo, acquista quasi il valore di.uno jus praetorium. Ma, d'altra parte, vero che alla giurisprudenza, premuta com' dalla urgenza del caso concreto, non pu chiedersi la rigida consequenziariet di un sistema logico: ed ecco che quella stessa giurisprudenza, la quale ammette la tesi dell'equiparazione ed ammettendola le attribuisce diritto di cittadinanza nel sistema, non si perita di riconoscere casi in cui oggetto dell'accertamento del giudice civile direttamente ed esclusivamente il provvedimento amministrativo. Il primo e pi evidente esempio quello deil'azione di accertamento della iilegittimit di un provvedimento amministrativo. La giurisprudenza ne riconosce la proponibilit dinanzi al giudice ordinario, anche indipendentemente dall'azione di danni che astrattamente ipotizzabile in relazione ad un provvedimento illegittimo (1). In dottrina le conclusioni possono essere diverse a seconda delle varie impostazioni di principio da cui si voglia prendere le mosse (2). Prescindendo dal merito della soluzione, che qui non interessa, resta il fatto che lo stato attuale della giurisprudenza su questa questione la migliore prova dell'esattezza di quanto si diceva dianzi. Altrettanto pu dirsi in determinate ipotesi del processo tributario. ben noto che dottrina e giurisprudenza ripetono ad una voce che nelle controversie tributarie, portate all'esame del giudice ordinario, ci che viene in considerazione non il provvedimento di imposizione bens l'esistenza della obbligazione del contribuente. Ci malgrado, la giurisprudenza molte volte si comporta come se cos non fosse. Si pensi al caso di una opposizione che sia proposta per vizi formali della ingiunzione. Se fosse vero che la contestazione pur sempre sul merito della pretesa finanziaria, anche se l'opponente ha formulato le sue richieste in relazione a vizi formali dell'atto, allora non dovrebbe essere neppure possibile distinguere processualmente fra l'una ipotesi e l'altra, perch la contestazione formale implicherebbe, sempre e necessariamente, la contestazione di merito; e, invece la giurisprudenza (3) ha deciso che sia possibile una contestazione della validit formale dell'ingiunzione senza coinvolgere la fondatezza della pre (1) Cfr. Cass. 14 luglio 1961 n. 1714, Giust. civ., 1961, I, 1179; Cass. 14 aiPrile 1964, n. 895, ivi, 1964, I, 1365; App, Roma, 11 aprile 1961, Giur. it., 1963, I, 2, 56; Cass. 7 aprile 1965 n. 592, Giust. civ. mas1'., 1965, 296; Cass. 19 luglio 1965, Giust. civ. mass., 1965, 842. Sul punto in dottrina, cfr. CANNADA BARTOLI, La tutela giudiziaria del cittadino verso la p. a., Milano, 149. (2) Cfr. MoNTESANO, Mero accertamento e limiti della giurisdizione civile riguardo alta Pubblica Amministrazione, Giur. it., 1963, 1, 2, 57. (3) Cfr. Cass. 14 giugno 1965 n. 1207," Riv. leg. fisc., 1965, 1863. 50 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tesa tributaria. Ma allora dovrebbe inferirsi che, quando l'opponente si limiti a contestare la regolarit formale del provvedimento, il giudice non possa entrare nel merito dell'obbligazione senza incorrere nel vizio di extrapetizione (1) . .A questo punto sembra evidente che, al di l delle posizioni di principio, il giudizio si atteggia come un vero e proprio accertamento sulla legittimit dell'atto. Ancora: se nell'esempio dato il giudice entrasse nel merito, le eventuali ragioni dell'amministrazione, risolvendosi nell'affermazione del credito tributario e dunque nella negazione della domanda attrice, dovrebbero potere essere fatte valere in via di semplice eccezione. L'accertamento negativo della pretesa attrice implicherebbe necessariamente, e senza che occorra esplicita domanda riconvenzionale, l'affermazione positiva dell'obbligo tributario. Ma la giurisprudenza contraddice tale ordine di idee, richiedendo esplicitamente l'azione riconvenzionale, ed anzi esigendo che essa sia proposta tempestivamente (2); ci he sembra giustificabile soltanto sul presupposto (quale che sia al riguardo la consapevolezza delle decisioni citate) che l'opposizione si configuri . sul tipo della impugnazione dell'atto. Per concludere, richiamando quanto si svolto finora, sembra lecito affermare che nel giudizio civile, almeno allo stato attuale dell'elaborazione giurisprudenziale, esistono svariati casi in cui oggetto dell'accertamento unicamente e direttamente il provvedimento amministrativo : ci che, invece, come si disse in precedenza, non si verifica mai nel giudizio penale. 5. -Un secondo punto, di estremo interesse al fine di mettere in evidenza le pi notevoli differenze fra processo civile e processo penale (3), il diverso atteggiarsi delle posizioni soggettive delle parti (1) Una autorevole conferma di questa interpretazione, sia pure per la distinta ma concettualmente analoga ipotesi che l'opponente contesti la sussistenza della pretesa tributaria ed il giudice accolga l'opposizione per vizi di forma della ingiunzione, si trova nella sentenza 20 maggio 1963 n. 1300, Riv. teg. fisc., 1963, 1934, secondo la quale incorre nel vizio di ultrapetizione il giudf.ce che dichiari nulla una ingiunzione fiscale per vizi di forma, sebbene il contribuente si fosse limitato a contestare nel merito la pretesa della Finanza . (2) Cfr. Trib. Macerata, 22 marzo 1961, Foro it. Rep., 1962, voce: esazione n. 85, e Riv. fin. loc., 1962, 173, il quale, coerentemente del resto alle premesse assunte, ha deciso che inammissibile l'azione riconvenzionale proposta per l'esame del merito dall'ente pubblico che ha emesso l'ingiunzione, se tale azione sia stata proposta soltanto nell'udienza di precisazione delle conclusioni . (3) Sempre, ben si intende, ai limitati fini che qui interessano, e senza fJ pretesa di eccessive generalizzazioni. flf~ , j < ~ IDI:: , :: F:f:%@mdJ1 W-ffl.Wff{:f.;.:;~dM7,M{jg$Y.;J{;f.itf{{-:???<7.ffe::}i}70![f<:.ij;'-i:Y.< fatto si possa procedere sotto l'imputazione di furto. Ci significa che il giudicato si forma non soltanto sull'esistenza e le modalit del fatto ma anche sull'applicabilit a quel fatto di una data norma. Ora, quando, la norma qualificante sia formulata in modo tale che il giudizio di qualificazione si completi in relazione ad un provvedimento (art. 650 c.p.p.), quest'ultimo diviene esso stesso norma di qualificazione. Ma l'applicabilit di una norma implica logicamente l'esigenza di controllare non soltanto la coerenza di un fatto a quella norma, ma anche,. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 52 e soprattutto, l'esistenza e la legittimit della norma: dunque, quando la norma sia, o si integri in un provvedimento amministrativo, la legittimit di quest'ultimo. Perci, se il giudizio di applicabilit coperto dal giudicato, dovr ritenersi che lo sia anche quello di legittimit del provvedimento. Spunti testuali in questo senso non mancano in dottrina. Cos ABBAMONTE (1) ritiene che in caso di assoluzione del contravventore al foglio di via obbligatorio l'autorit di P. S. dovr conformarsi alla sentenza del giudice penale quanto al caso deciso, a norma del 2 comma dell'art. 4 della legge del contenzioso: quest'obbligo della p.a., importa praticamente che il destinatario del f.v.o., una volta assolto in sede penale, non pu essere altrimenti costretto dalla autorit di P. S. all'osservanza dell'ordine di rimpatrio. Sembra evidente come il contenuto minimo di questa proposizione sia l'affermazione che l'accertamento della illegittimit del f.v.o. sia coperto dal giudicato penale (2). (1) .BBAMONTE, La motivazione del foglio di via obbligatorio, Rass. dir. pubbl., 1955, 207, n. 210. Non diversamente orientato sembra anche FRANCHINI, Sindacato, cit., "358, dove, in relazione amaccertamento della legittimit dell'atto amministrativo, che costituisce presupposto del reato contravvenzionale, detto Che e ci troviamo di fronte ad un caso nel quale la risoluzione della c. d. pregiudiziale, che funziona da premessa indispensabile per l'accertamento dell'esistenza di un reato, manca in maniera assoluta di quella autonomia che contraddistingue e deve necessariamente Contraddistinguere ogni pregiudiziale propriamente intesa in senso giuridico . E gli esempi possono continuare: BucoLO, Sul giudicato penale, Giust. pen., 1963, III, 423, ritiene che il giudicato penale faccia stato circa l'antigiuridicit del fatto, il che -se non mi inganno -significa esprimere con pi concisione quanto si venuto svolgendo nel testo; FosCHINI, Cumulo necessario delle questioni penali e tributarie in materia di contrabbando, Foro itt., 1950, I, 1182, riconduce all'ordine di concetti fin qui illustrato il problema dell'efficacia della sentenza penale per il reato di contrabbando nel successivo giudizio civile in cui si controverta circa la sussistenza dell'obbligo tributario. (2) Parlo di contenuto minimo perch la affermazione di .BBAMONTE :risolve anche, com' evidente, il diverso problema della efficacia della sentenza in sede extrapenale. Il rilievo importante perch introduce un discorso critico su una tesi che stata di recente avanzata. Sostiene il VENDITTI, Questioni sulla sindacabilit degli atti amministrativi da parte del giudice penale, Riv. it. dir. proc. pen., 1964, 1136, che il sindacato del giudice penale sul provvedimento si estenderebbe non soltanto all'eccesso .di potere ma anche al merito dell'atto, e ci perch le sentenze pronunciate in sede penale non produrrebbero effetti oltre l'ambito proprio del processo 'Penale. La tesi non pu essere accettata. Per quanto pi particolarmente -concerne l'estensione al merito del sindacato sembra determinante il rilievo, .che gi accennato dallo stesso VENDITTI, senza peraltro trarne le logiche 53 PARTE II, QUESTIONI Quanto all'art. 27 c.p.p., esso stabilisce che nel giudizio per le restituzioni e per il risarcimento del danno la sentenza penale di condanna ha autorit di cosa giudicata non solamente. circa la sussi-. stenza del fatto e la responsabilit del condannato ma anche per ci che attiene alla qualificazione di illiceit del fatto. Questa qualificazione discende da un giudizio di conformit del fatto ad un termine di raffronto, dunque implica necessariamente la valutazione di quest'ultimo. Ne segue che la pronuncia di illiceit penale, quando, per la particolare struttura della fattispecie, risulti dalla valutazione di conformit del fatto ad una regola di condotta imposta da un provvedimento amministrativo, contiene in s, come termine non eliml nabile, la ponderazione della legittimit del provvedimento. Ci che pi conta, per espressa .dizione normativa, questa ponderazione ha efficacia di cosa giudicata. Un esempio verr a chiarire quanto si dice. Il penultimo comma dell'art. 1 r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740, fa divieto di eseguire costru conclusioni, che cio nemmeno il giudice istituzionalmente competente a pronunciare sull'atto ( e cio il giudiee amministrativo) ha in ogni caso giurisdizione di merito. In questo senso merita piena approvazione la decisione 27 aprile 1964, Riv. It. Dir. proc. pen., con la quale la Corte Suprema ha ribadito l'assoluta interdizione del giudizio di merito al giudice ordinario, sia esso civile o penale. Ma quel che qui maggiormente interessa la tesi di fondo di VENDITTI, sul punto della non rilevanza della sentenza penale oltre l'ambito del processo penale. Si pu osservare, anzitutto che, seppure l'affermazione fosse esatta, si tratterebbe pur sempre di un rilievo di modesta incidenza, non certo tale da consentire un cosi clamoroso scardinamento del principio fondamentale della divisione delle competenze tra autorit amministrativa e giurisdizionale, o -se si vuole -tra giudice ordinario e giudtce amministrativ. Sarebbe, invero, eccessivo desumere da un fatto meramente pratico (si dice: poich la sentenza rpenale non rileva fuori del giudizio il 1giudice pu a suo piacere invadere un campo che si riconosce in via di principio interdetto all'autorit giudiziaria), sarebbe eccessivo, dicevo, desumerne lo sconvolgimento di un sistema che si appoggia al principio della divisione dei poteri, pur se quest'ultimo voglia essere inteso nel pi li!mitato valore di principio di organizzazione (GIANNINI, Giustizia, cit., 138). Ma resta il fatto decisivo che l'affermazione non esatta; e la prova, mi pare, risulta a chiare note dal meccanismo di rilevanza della sentenza sul punto della legittimit del provvedimento di cui si dato nel testo qualche esempio. Del resto lo stesso VENDITTI ammette eccezioni alla sua regola per le ipotesi degli artt. 27 e 28 c. p. p., ma quelle eccezioni hanno certamente anch'esse un loro rilievo pratico: ci che, trattandosi di una tesi svolta, come si visto, su un piano essenzia1mente empirieo, basta a distruggere la pretesa di inferire una posizione di principio da una notazione di mera opportunit. 18 54 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ziom m corrispondenza di curve stradali di raggio inferiore a cento metri (o di incroci o di biforcazioni), e ogni qualvolta sia riconosciuto a giudizio insindacabile (dove l'insindacabilit si riferisce evidentemente al merito) delle competenti autorit che tale costruzione possa ostacolare o ridurre il campo visivo necessario a salvaguardare la incolumit della circolazione. La infrazione al divieto perseguita come illecito penale (ult. comma dell'art. 1). Ora, una volta che in sede penale si sia avuta una sentenza irrevocabile di condanna, se l'amministrazione agisca in via civile per ottenere la restitutio in integrum mediante demolizione del fabbricato, potr l'interessato difendersi eccependo l'illegittimit del provvedimento dichiarativo della pericolosit della costruzione? In virt dell'art. 27 c.p.p. la risposta dovrebbe essere senz'altro negativa. Ma allora occorre riconoscere che il giudizio compiuto in sede penale sulla legittimit del provvedimento risulta coperto dal giudicato: dunque che esso risulta attuat0> in via di cognizione diretta. Per concludere: esistono nell'ordinamento spunti testuali per sostenere la validit dell'affermazione che il giudizio penale sul provvedimento in tutti i caso in precedenza illustrati si risolva in accertamento diretto. Ma allora, applicando a questa situazione l'ordine di concetti elaborati da CANNADA-BARTOLI, se ne dovrebbe inferire che, trattandosi di cognizione non meramente occasionale, la sindacabilit dell'eventuale eccesso di potere dell'atto amministrativo debba essere sempre esclusa in sede penale. E tuttavia una conclusione del genere lascia perplessi, non tanto per il merito della soluzione proposta quanto per l'ordine di conside razioni svolto. Si tentato di dimostrare come la trasposizione pura e semplice in sede penale di concetti elaborati per il giudizio civile porti a conclusioni completamente difformi. Si arrivati alla conclu sione paradossale che proprio applicando l'ordine concettuale della tesi ripudiata si pu giungere alle stesse soluzioni qui sostenute. Oc corre adesso aggiungere che proprio su quel procedimento di traspo sizione che non possibile consentire. La vera ragione dell'irriducibilit della problematica civilistica al processo penale risiede, a mio parere, nella impossibilit di ripro durre in quest'ultimo quella distinzione fra diritto soggettivo ed inte resse legittimo che l'arco di volta della teoria della tutela giudiziaria nei confronti dell'azione amministrativa. Vero che autorevole dot trina continua ad identificare l'oggetto del processo penale nel con flitto tra il diritto di punire dello Stato ed il diritto di libert del privato (1); non men vero che, secondo una problematica tutt'altro. (1) MANZINI, Trattato, cit., I, 82 ss.; LEONE, Trattato, cit., I, 180. PARTE II, QUESTIONI anto all'art. 27 c.p.p., esso stabilisce che nel giudizio per le ioni e per il risarcimento del danno la sentenza penale di na ha autorit di cosa giudicata non solamente. circa la sussi-. del fatto e la responsabilit del condannato ma anche per ci tiene alla qualificazione di illiceit del fatto. Questa qualifica iiscende da un giudizio di conformit del fatto ad un termine di ito, dunque implica necessariamente la valutazione di que mo. Ne segue che la pronuncia di illiceit penale, quando, per rticolare struttura della fattispecie, risulti dalla valutazione di rmit del fatto ad una regola di condotta imposta da un prov nento amministrativo, contiene in s, come termine non elimi .e, la ponderazione della legittimit del provvedimento. Ci che conta, per espressa . dizione normativa, questa ponderazione ha acia di cosa giudicata. Un esempio verr a chiarire quanto si dice. I.I penultimo comma .'art. 1 r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740, fa divieto di eseguire costru .1clusioni, che cio nemmeno il giudice istituzionalmente competente a :>nunciare sull'atto ( e cio il giudice amministrativo) ha in ogni caso urisdizione di merito. In questo senso merita piena approvazione la deci 1>ne 27 aprile 1964, Riv. It. Dir. proc. pen., con la quale la Corte Suprema a ribadito l'assoluta interdizione del giudizio di merito al giudice .ordinario, .a esso civile o penale. Ma quel che qui maggiormente interessa la tesi di fondo di VENDITTI, ul punto della non rilevanza della sentenza penale oltre l'ambito del rocesso penale. Si pu o8serV'are, anzitutto che, seppure l'affermazione fosse esatta, si cratterebbe pur sempre di un rilievo di modesta incidenza, non certo tale da consentire un cosi clamoroso scardinamento del principio :fondamentale della divisione delle competenze tra autorit amministrativa e giurisdiZionale, o -se si vuole -tra giudice ordinario e giudice amministrativo. Sarebbe, invero, eccessivo desumere da un fatto meramente pratico (si dice: poich la sentenza penale non rileva fuori del giudizio il giudice pu a suo piacere invadere un campo che si riconosce in via di principio interdetto all'autorit gtudiziaria), sarebbe eccessivo, dicevo, desumerne lo sconvolgimento di un sistema che si appoggia al principio della divisione dei poteri, pur se quest'ultimo voglia essere inteso nel pi limitato valore di principio di organizzazione (GIANNINI, Giustizia, cit., 138). Ma resta il fatto decisivo che l'affermazione non esatta; e la prova, mi .pare, risulta a chiare note dal meccanismo di rilevanza della sentenza sul punto della legittimit del provvedimento di cui si dato nel testo qualche esempio. Del resto lo stesso VENDITTI ammette eccezioni alla sua regola per le :Lpotesi degli artt. 27 e 28 c. p. p., ma quelle eccezioni hanno certamente anch'esse un loro rilievo pratico: ci che, trattandosi di una tesi svolta, come si visto, su un ;piano essenzialmente empirico, basta a distruggere la pretesa di inferire una posizione di principio da una notazione di mera opportunit . .18 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 56 mazione del genere, in quanto pretenda di porre una formulazione di principio, non corretta; e ad essa si , infatti, obbiettato a buon diritto (1) che, in quanto vizio di legittimit, l'eccesso di potere non pu per definizione sconfinare nel merito, e pertanto non pu sottrarsi alla sorte comune agli altri due vizi di legittimit. Ammessa l'impropriet dell'affermazione, occorre tuttavia riconoscere che essa contiene una intuizione profondamente vera che si pu enucleare al di l della forma verbale sicuramente impropria. E' ben noto come l'eccesso di potere sia stato di volta in volta definito come vizio della volont (2) o dei motivi (3) o della causa (4), o infine della funzione (5) dell'atto amministrativo. Qui non interessa tanto prendere posizione in favore dell'una o dell'altra tesi quanto piuttosto, abbandonando ogni pretesa sistematica in relazione alla struttura dell'atto, tentare una precisa individuazione del contenuto del vizio. In questo ordine di idee appaiono estremamente significativi quei recenti orientamenti dottrinali che vanno inquadrando il fenomeno in una sorta di violazione di regole di condotta, rapportabili in ultima analisi al concetto di norma interna (6). (1) Cfr., tra gli altri, DELFINO, L'eccesso di potere amministrativo e il giudice rdinario, Napoli, 1963, 292. (2) MoRTATI,La volontd e la causa nell'atto amministrativo e nella legge, Roma, 1935, 119; AMORTH, Il merito dell'atto amministrativo, Milano, 1939, 105; ROMANELLI, L'annullamento degli atti amministrativi, Milano, 1939, 82 ss. (3) RANELLETTI, La giurisdizione amministrativa, Napoli, 1924, 44; FORTI, I motivi e ta causa negli atti amministrativi, in Studi di diritto pubblico, Roma, 1937, I, 492; GIANNINI M. S., Lezioni di diritto amministrativo, 1950, 391 ss.; ZANOBINI, Corso, cit., I, 250 ss. (4) PAPPALARDO, L'eccesso di potere amministrativo secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, in Studi in occasione del centenario del Consiglio di Stato, Roma, 1932, II, 452 ss.; RESTA, La natura giuridica dell'eccesso di potere come vizio degli atti amministrativi, in Annali dell'Universitd di Macerata, 1932, 34; BoDDA, La nozione di causa giuridica della manifestazione di volontd nel diritto amministrativo, Torino, 1933, 44 ss.; CAMMEO, La violazione delle circolari come vizio di eccesso di potere, Giur. it., 1912, III, 107; CARNELUTTI, Eccesso di potere, Riv. dir. proc. civ., 1924, 33 ss. (5) BENVENUTI, Eccesso di potere amministrativo per vizio della funzione, Rass. dir. pubbl., 1950, 1 ss.; SANDULLI, Manuale, cit., 384 ss. (6) Oltre alle trattazioni che verranno indicate di seguito nel testo, cfr. BACHELET, L'attivitd di coordinamento nell'amministrazione pubblic dell'economia, Milano, 1957, 129 ss.; SILVESTRI, L'attivitd interna detla pubblica amministrazione, Milano, 1950, 186 ss. 56 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mazione del genere, in quanto pretenda di porre una formulazione di principio, non corretta; e ad essa si , infatti, obbiettato a buon diritto (1) che, in quanto vizio di legittimit, l'eccesso di potere non pu per definizione sconfinare nel merito, e pertanto non pu sottrarsi alla sorte comune agli altri due vizi di legittimit. Ammessa l'impropriet dell'affermazione, occorre tuttavia riconoscere che essa contiene una intuizione profondamente vera che si pu enucleare al di l della forma verbale sicuramente impropria. E' ben noto come l'eccesso di potere sia stato di volta in volta definito come vizio della volont (2) o dei motivi (3) o della causa (4), o infine della funzione (5) dell'atto amministrativo. Qui non interessa tanto prendere posizione in favore dell'una o dell'altra tesi quanto piuttosto, abbandonando ogni pretesa sistematica in relazione alla struttura dell'atto, tentare una precisa individuazione del contenuto del vizio. In questo ordine di idee appaiono estremamente significativi quei recenti orientamenti dottrinali che vanno inquadrando il fenomeno in una sorta di violazione di regole di condotta, rapportabili in ultima analisi al concetto di norma interna (6). (1) Cfr., tra gli altri, DELFINO, L'eccesso di potere amministrativo e il giudice ordinario, Napoli, 1963, 292. (2) MoRTATI,La volont e la causa nell'atto amministrativo e nella legge, Roma, 1935, 119; AMORTH, Il merito dell'atto amministrativo, Milano, 1939, 105; ROMANELLI, L'annullamento degli atti amministrativi, Milano, 1939, 82 ss. (3) RANELLETTI, La giurisdizione amministrativa, Napoli, 1924, 44; FORTI, I motivi e ta causa negli atti amministrativi, in Studi di diritto pubblico, Roma, 1937, I, 492; GIANNINI M. S., Lezioni di diritto amministrativo, 1950, 391 ss.; ZANOBINI, Corso, cit., I, 250 ss. (4) PAPPALARDO, L'eccesso di potere amministrativo secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, in Studi in occasione del centenario del Consiglio di Stato, Roma, 1932, Il, 452 ss.; RESTA, La natura giuridica dell'eccesso di potere come vizio degli atti amministrativi, in Annali dell'Universit di Macerata, 1932, 34; BonnA, La nozione di causa giuridica della manifestazione di volont nel diritto amministrativo, Torino, 1933, 44 ss.; CAMMEO, La violazione delle circolari come vizio di eccesso di potere, Giur. it., 1912, III, 107; CARNELUTTI, Eccesso di potere, Riv. dir. proc. civ., 1924, 33 ss. (5) BENVENUTI, Eccesso di potere amministrativo per vizio della funzione, Rass. dir. pubbl., 1950, 1 ss.; SANDULLI, Manuale, cit., 384 ss. (6) Oltre alle trattazioni che verranno indicate di seguito nel testo, cfr. BACHELET, L'attivit di coordinamento nell'amministrazione pubblic dell'economia, Milano, 1957, 129 .ss.; SILVESTRI, L'attivit interna deZ:Za pubbl'ica amministrazione, Milano, 1950, 186 ss. 'VRA DELLO STATO \l.e teq:rica, che si riferita, 'te meritq l'avei:" contributo a. ~~ .neJl'eccessp di ..pote:re) che 1~ne..ad, una.. norma in qualllco, ed.nque come :tipico \regqlJll. !fL. 'buona am.,m,ini" vedimento possa dirsi vi'~ i regole occorre . che. si '~tnlll,inistraziELL'AVVOCATURA l>ELLO STATO 60 7. -Quanto si venuto finora svolgendo pu essere confermato al vaglio di talune osservazioni. Anche quella giurisprudenza che ammette il sindacato del giudice penale sull'eccesso di potere riconosce che il giudice carente di poteri istruttori per rilevarlo. Cos la decisione 28 novembre 1961, dianzi citata; testualmente si esprime: Un limite peraltro esiste al potere di sindacato del giudice ordinario sulla legittimit dell'atto amministrativo, (1). Questa tesi non andata esente da critica. Cos ABBAMONTE, il quale, argomentando sia dal principio del libero convincimento del giudice penale, sia dal rilievo che mancherebbe qualsiasi limitazione normativa dei poteri istruttori dello stesso giudice (ch, al contrario, una serie di disposizioni, e specialmente gli artt. 308, 332, 352 c.p.p., sarebbero indicative della latitudine di siffatti poteri), conclude con l'affermare che i poteri del giudice penale sono amplissimi tanto da poter acquisire, salvo casi eccenzionali, tanto gli elementi della motivazione che della giustificazione, successivamente alla formazione dell'atto e per impulso d'ufficio (2). Per i fini che qui interessano non importa tanto prendere posizione in questo contrasto dottrinario (3), quanto piuttosto rilevare (1) FRANCHINI, Sindacato, cit., 372. Non altrimenti sembra orientato GIANNINI M. S., Il potere discrezionale della pubblica amministrazione, Milano, 1939, 175. Per la giurisprudenza cfr. Cass. 18 febbraio 1952, Giust. pen., 1952, II, 711. (2) ABBAMON'l'E, Motivazione, cit., 236. (3) La questione di troppo impegno perch possa essere affrontata funditus in questa sede. Baster qualche cenno per giustificare l'adesione alla tesi pi restrittiva. L'art. 44 del testo unico sul Consiglio di Stato, che ha certamente valore di disposizione fondamentale in materia di istruzione del processo innanzi al Consiglio di Stato (cfr. BENVENUTI, L'istruzione nel processo amministrativo, Padova, 1953, 154 ss.; SANDULLI, Il giudizio davanti al Consiglio di Stato e ai giudici sottordinati, Napoli, 1963, 382 ss.) attribuisce, com' noto, al giudice amministrativo un ampio potere di acquisizione della prova, che si risolve (ci che pi conta per i nostri fini) in un penetrante intervento di tipo sindacatorio nell'ambito dell'attivit dell'amministrazione. La ratio della norma appare particolarmente evidente proprio in relazione a quanto si venuto finora svolgendo sulla natura dell'eccesso di potere: se l'indagine 'SU tale vizio si esprime (o pu esprimersi) in una delicata ponderazione del provvedimento in rapporto ad una precedente norma di condotta attuata dalla stessa p. a., ben naturale che il relativo giudizio di accertll.!llento implichi l'esigenza di una serie di poteri istruttori Che siano rivolti precisamente a raccogliere il necessario materiale probatorio presso gli uffici della amministrazione. Nulla di simile, almeno per quanto riguarda la latitudine dei poteri riconosciuti al giudice, rintracciabile nella normativa della istruzione penale. Qualche breve riferimento sar sufficiente: 1) manca per il processo penale una norma equivalente all'art. 213 c.p.c.; 2) vero che a norma dell'art. 242 c.p.p. esiste un obbligo di consegnare all'autorit giudiziaria richiedente gli atti e documenti esistenti presso pubblici uffici, ma a prescindere dal rilievo che ci non sempre vero (cfr. per le inchieste ferroviarie Cass. Sez. Un. 62 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO come la prima tesi, che poi quella della giurisprudenza consolidata, e dunque -se si accetta l'impostazione del GIANNINI (1) -costituirebbe una sorta di :ius pretorio dal quale non potrebbe prescindersi, presupponga necessariamente una concezione dell'eccesso di potere come violazione di una norma di condotta che l'amministrazione abbia dettato a se stessa. Infatti, dire che l'archetipo, in relazione al quale si svolge il giudizio di conformit del provvedimento, non pu essere ulteriormente sindacato dal giudice, sia pure sotto un profilo di carenza di mezzi istruttori, equivale a dire, mi sembra, che la dichiarazione dell'amministrazione costituisce essa stessa una sorta di regola non sindacabile,. cio un termine di paragone, assunto come ipotesi normativa, in relazione al quale non concepibile ulteriore giudizio di legittimit. Un altro rilievo conferma questa conclusione. noto che sulle orme di GuGLIELMI, il quale per primo ebbe a sviluppare la tesi, la 20 maggio 1950, in questa Rassegna, 1950, 224, con nota di F. C. ed, in dottrina, ScAPPucc1, Non comunicabilit aU'autorit giudiziaria da parte delle FF. SS. delle relazioni di inchiesta in tema di sinistri, Arch. pen., 1949, II, 413 ss.), sta di fatto che il funzionario pu rifiutarsi di eseguire l'ordine del giudice trincerandosi dietro una dichiarazione, (si badi bene) non motivata, di segreto politico o militare ovvero di ufficio ,professionale: nel primo caso (segreto politico o militare) la limitazione del potere del giudice sembra assoluta, perch, quand'anche egli non ritenga fondata la dichiarazione del funzionario, non pu insistere per l'acquisizione dei documenti ma deve limitarsi a promuovere ai sensi dell'art. 352 ultimo comma, un'azione penale per falsa testimonianza, anch'essa a sua volta subordinata all'autorizzazione del Ministro della Giustizia, e, dunque, in ultima analisi, esperibile soltanto ove la stessa amministrazione lo ritenga opportuno; nel secondo caso, il limite non altrettanto assoluto perch il giudice pu eventualmente ordinare il sequestro dei documenti ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 342 c.p.p., ma anche questa facolt subordinata a notevoli condizioni che impediscono di definirla come assolutamente discrezionale; 3) lo stesso deve dirsi, ai sensi dell'art. 352 c.p.p., di ventuali testimonianze di pubblici ufficiali; 4) comunque, e premesso quanto si detto in 011dine ai limiti dell'equivalente in sede penale della richiesta di nuovi schieramenti o documenti di cui all'art. 44, resta il fatto che la possibilit di ordinare all'amministrazione nuove verificazioni rimane completamente estranea al processo penale. Rimane, infine, il rilievo che quel principio del libero convincimento del giudice penale, cui troppo spesso si d un valore pressoch taumaturgico, ha in realt, quando se ne vada a cercare i fondamenti normativi (artt. 308 28 c.p.p.), un pi modesto significato di contrapposizione all'istruttoria civile; salvo che con esso si voglia fare rifedmento al processo, in buona sostanza meramente psicologico, in virt del quale il convincimento del giudice si svolge, in assoluta libert di giudizio, dal materiale probatorio raccolto alla decisione, nel qual caso evidentemente siamo fuori del problema della determinazione dei poteri di istruzione concessi dalla legge. (1) GIANNINI, Disc01so generate, cit., passim. 63 '. -~.lol in prevalenza orientata nel senso iliescludere he il privato, "';i:>io del provvedimento (ad es, demordine di cui all'art, 650 ~a sindacare l'eventuale vizio di eccesso di potte di questo '\\via non sono mancate voci discordi:< coSi ilCANN'ADABAR \': che il controllo di legalit del pr<:>vvedimento, dovendo ''<~aloghilimiti sia>per quanto concerne ilprivato. che "~a anche per il destinatario dell'atto all'eccesso di \. \:. ;tp.erito della soluzi011e che non p.i;) evidente 'mtomatico come. anche. la tesi di/ CANNADA \'Qrospettiva>che presuppone .la valutazione ~tesi del giudizio di.. legittimit svolgen'\~ i condotta dichiarata ~Ila p.a. Qui '\. potere istruttori'<:> sia configurabile ''\te, si ammette che quest'ultimo "11'eccesso di potere, vuol dire ,'\ poteri istruttori a rigore ....che, in altre parole, quel "~J:>bero l'attivit del giu~ \"~-alla soglia= del con ~ale. di una diversa ""~la regola attuata -~ue .una vera e \\ : del giudizio ":..;.:_ \;;._ :::..~ ,ttenta -,,,._ \:. '<.,. dlza _4;;! vi ,,,;bero: nel ,/:..,,,... ciascuna ,4~to che viene ,tfa p.a., resattezza ,,.;i1ta li tutta evidenza; .dsce proprio dalla ccm..- Orma, e dunque -come che ,.tt, cit., 213 ss. . .ftiche di GuGLIELMI, Note di dottrina, '.. : .A~ Attivit e atto amministrativo, Riv. dir. Ai. ampie indicazioni della dottrina. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO debba poi costruirsi, sul piano della struttura dell'atto, l'eccesso di potere - giocoforza ammettere un necessario collegamento logico fra quest'ultimo e la violazione della norma interna: ci tanto pi quando si consideri che l'unico elemento, che le varie figure hanno in comune fra di loro, e dunque il solo dato che consenta di risalire ad una costruzione unitaria dell'eccesso di potere qual' presupposto in siffatta concezione, appunto l'estremo di quella violazione. Occorre dunque dimostrare che una deviazione del tipo accennato ricorre in ognuna delle figure sintomatiche, che dottrina e giurisprudenza sono venute finora enucleando. Quanto alla violazione delle c.d. norme interne in senso stretto (circolari o prassi) poco c' da dire. Qui l'assunto che la sostanza dell'eccesso di potere si risolva in non conformit ad una regola o ad un sistema di regole predeterminate dalla p.a. appare di tutta evidenza (1). Pi interessante l'esempio della disparit di trattamento (2) (e. della manifesta ingiustizia, che -come tradizionale osservazione dottrinale -in quella si risolve). In questo caso l'eccesso .(li .potere si fa risultare dal rilievo che l'amministrazione, avendo gi attuato un certo assetto di interessi per una determinata specie, ha con ci implicitamente dichiarato quale sia, a suo insindacabile giudizio, l'uso migliore del potere discrezionale da farsi in tutti i casi che siano identici a quello regolato, donde l'eventuale successiva adozione di un diverso provvedimento pu ragionevolmente essere assunto come indice di un deteriore uso di quel potere; deteriore -si badi bene -unicamente in rapporto alla predeterminazione valutativa che ne ha dato la stessa p.a. (3). Non si potrebbe desiderare, mi sembra, miglior conferma della tesi qui sostenuta. (1) In senso contrario cfr. per, CASETTA, Attivit, cit., 314, secondo il quale la violazione di norme interne sarebbe addirittura da espungere dalla categoria delle figure sintomatiche; e ci perch l'individuazione dell'interesse proprio dell'atto avverrebbe ad opera della fattispecie normativa, negandosi pertanto ogni rilevanza a norme estranee all'ordinamento giuridico generale. Sembra superfluo osservare come questa concezione si muova in un ordine di idee completamente opposto a quello sostenuto dalla prevalente dottrina, ed accolto nel testo. Pu essere, invece, utile ribadire che ridurre la problematica dell'eccesso di potere ad una questione di conformit alla legge, eliminando il tramite della norma interna, significa risolvere il problema in quello della violazione di legge; cio, in ultima analisi, negare la stessa autonomia concettuale del vizio di eccesso di potere. Ci sembra avvertito anche da BASSI, Norma, cit., 285. (2) Per un recente acuto ripensamento della materia cfr. SAMBATARO, Giurisprudenza in tema di disparit di trattamento e spunti ricostruttivi dell'a nozione, Foro amm., 1964, III, 8 ss. (3) Anche qui il CASETTA, Attivit, cit., 315, nega che si tratti di ipotesi di eccesso di potere, e ci perch, avendo l'art. 97 della Costituzione codif PARTE II, QUESTIONI 65 Lo stesso, e per gli identici motivi, a dirsi nell'ipotesi di contraddittoriet di provvedimenti. Pi delicato si fa il discorso per quanto concerne la manifesta illogicit della motivazione, perch qui -trattandosi a prima vista di un difetto logico, e dunque della violazione di un sistema di norme la cui validit indipendente dall'atto della p.a. -il momento della posizione discrezionale della regola risulta meno evidente. Occorrer riflettere, tuttavia, che le regole logiche possono operare con il rigore, che loro proprio, soltanto in presenza di determinate premesse; che la loro funzione si limita ad imporre la deduzione di alcune conclusioni da quelle premesse, ma la posizione del dato-premessa rimane effetto di un atto di libera scelta del soggetto. Cos, nel provvedimento che motivi il licenziamento di un impiegato per scarso rendimento con l'addebito della mancanza di rispetto verso i superiori (1), la frattura logica indubbiamente nell'assunzione di una conseguenza non collegata con la premessa, ma la posizione della premessa attuata discrezionalmente dalla p.a. (e la relativa indagine, costituendo apprezzamento di merito, deve ritenersi interdetta al giudice ordinario): onde tutto l'ulteriore svolgimento del ragionamento, seppure vincolato alle n?rme di logica, deve realizzarsi nell'ordine originariamente prescelto; in questo senso alle regole logiche pu tutt'al pi riconoscersi un valore integrativo della proposizione normativa, le cui conseguenze debbono essere integralmente accettate dall'Amministrazione come norma di condotta. In altri termini, quel che conta in questo esempio, al fine di stabilire il momento normativo, non la logicit della articolazione della premessa ma la posizione della premessa: ci tanto pi ove si consideri che la struttura del metodo deduttivo si risolve in una serie di proposizioni analitiche, cio di specificazioni tautologiche. Sicch sembra consentito concludere che l'esigenza non soltanto di una determinata conclusione ma anche di un certo tipo di articolazione gi contenuta nella posizione della premessa. In questo ordine di idee non pu evidentemente accettarsi quell'affermazione, secondo la quale cato un dovere di imparzialit da parte della p. a., la violazione di quel dovere, in cui si risolverebbe la disparit di trattamento (e la manifesta ingiustizia), realizzerebbe un caso di violazione di legge. Su questa norma della Costituzione si dovr tornare in seguito per altri fini. Qui baster osservare che nel caso di disparit di trattamento non viene in considerazione soltanto l'eventuale pregiudizio del privato ma anche la lesione dell'interesse pubblico che deve presumersi connesso a'l cattivo uso del potere discrezionale. E la valutazione di questo uso non pu essere fatta che dalla stessa amministrazione appunto attraverso la posizione di quella regola di condotta, che si va tentando di rapportare al concetto di norma interna. (1) L'esempio tratto da SANDULLI, Manuale, cit., 386. \; ~A DELL'AVVOCATURA :DELLO STATO \~prmazione delprovvedimento dovrebbe inclu ~ere conto di tutti i presupposti che pos\ dt cui il pro\tvedimnto espressione (1). \~ s unicamente un procedimento neces \9. CJ. tanto vero che in quelle pro- \\etnpideo (pr<)'pbstiioni sintetiche) il "~edienza a qulhe necessit logica, '\tic:io di convenienza (regola stati'" ,,etti di uria situazione su cui il \~fonenon affatto necessario '1;,~me. .J!ld infatti, ove il sot;t-" ''asptti, la sua deci$tone w alla premessa, pur se \gaᥥ.quello ch sarebbe \'l. a tutti i> dati della \~btM della proble \dire che il prov\\: protlO forml:lle \'\Il quali limiti \ 'blema del ~costru\ pi dot,.. 'mine.. \ ~ro /dir. .+O stesso ...t obbiettivi ~1informit dei .-tr quindi venire PARTE II, QUESTIONI 67 mente riportarsi ad un concetto sostanziale di eccesso di potere (1). Ed allora il problema sar di stabilire in qual modo lo sviamento pu essere concretamente rilevato dal giudice. Occorre riflettere a questa alternativa: o il provvedimento esplicitamente emesso in vista di un fine diverso da quello per il conseguimento del quale era concesso il potere, ed allora il vizio sar certamente rilevabile dal giudice: ma in questa ipotesi pi che di eccesso di potere dovr parlarsi, secondo i casi, di incompetenza o di violazione di legge o, perfino, di inesistenza dell'atto; oppure lo sviamento coperto dallo schermo di un provvedimento formalmente in regola, e cio indirizzato al fine di legge: ed allora, poich l'accertamento della realt di questo fine presuppone l'accertamento dei presupposti da cui nasce il corrispettivo interesse pubblico che la p.a. dichiara di voler soddisfare, e dunque necessariamente conduce ad una indagine di merito,. come tale non ammissibile, r giocoforza ricorrere al consueto ordine di concetti dianzi illustrato, concludendo che anche in questo caso la rilevabilit del vizio subordinata alla violazione di una proposizione normativa, posta dalla p.a., e desumibile dalle ordinarie ipotesi di figura sintomatica, ed eventualmente da altri fatti parimenti significativi. 9. -Quanto s' venuto finora svolgendo, sulla scorta della preva- lente dottrina, consente di trarre finalmente alcune conseguenze in materia di sindacabilit dell'eccesso di potere in sede penale. La concezione della norma interna come posizione di una regola. di condotta da parte della p.a., nell'esercizio del suo potere discrezionale~ presuppone, se non mi inganno, l'accettazione della teoria della pluralit degli ordinamenti giuridici (2). La giuridicit della norma interna~ (1) Infatti la deviazione del potere discrezionale dal fine prestabilit0< per legge realizza quella divergenza dell'atto dalla sua funzione istituzionale, in cui s' visto consistere la pi moderna ed accreditata teoria circa l'inquadramento dell'eccesso di potere nella struttura del provvedimento. (2) Diverso problema quello di decidere se in ogni caso di ordina~ mento sia necessario ammettere un fenomeno di entificazione del medesimo, questione per la quale sembra potersi accettare la soluzione negativa proposta di recente da PIRAS, Interesse. cit., 330, nota 121. Forti perplessit, quanto meno per i fini che qui interessano, ingenerano, invece, quelle affermazioni con le quali la pi recente dottrina va tentando di svincolare la nozione di norma interna dalla teoria della plura'lit degli ordinamenti (cfr. PIRAS, op. loc. cit.; BASSI, Norma, cit., 17 ss.). Qui non occorre prendere posizione sul problema di teoria generale circa l'identificazione tra norma interna e norma giuridica. Baster accennare che, per quanto si detto in precedenza nel testo sulla necessit che la norma di condotta, in rapporto alla quale ipotizzabile un vizio per eccesso di potere, sia. 68 RASSJ,i:GNA DELL'AVVOCATURA. DELLO STATO infatti, non dipende da una valutazione dell'ordinamento generale, tanto vero chel'uso del potere di cui essa attuazione (e, cio, il potere discrezionale) non pu neppure .essere .controllato dagli organi giuri sdizional~ dLquei:;t'.ultimo; Dunque necesi:;ario.ammettereuna originaria attUucime ciell'Ammmistrazicme alla produzione di norme interne di cui non PU: contt!statsi la giuridicit... lY.(a la teoria del!a pluralit degli ordinamenti fin dalla i:;ua prima e pif:l autoI:'eV()le aftetmaZ()!le (1) b.a dovuto porsi il problema dei rapporti fra quegli ordmamenti di cui ei:;sa veuiva ad affermare l'esistenza. E, fatto i:;a}vo .il principi() (I.ella loro :rii:;p.ettiva indipendenza, i:;i finito con il ric()noi:;cerela p9i:;sibilit..di una graer <;).eftnire questa situazfone si :flitto . talvolta (2) ricorso alla dist.it.lzione fra disP9sitivit e.. inderogabilit della norma ammettendosi nel primo caso e .~gandosi nel secondo ogni possibilit di deviazione dalla norma dell'ordinamento sopraordinato. In questo ordine di idee il problema della rilevazione dell'eccesso di potere da parte del giudice ordinario si risolve in una indagine sui rapporti intercorrenti fra .l'ordinamento interno .di cui espressione la regoJa di. condotta attuata dalla p.a., e l'ordinamento sopraordinato, che si cqnye:tiuto dlchiamare generale .... Ora, ill.cb.~ si rimanga5\ll. p~ano delfa normazione civile, la coesistenza dei d.ue ordinamenti pu agevolmente .risolversi sul piano del ric~~oscimento dell;ordina'me~to ... interno. Q\li opportuno ricordare PQSta in essere dalla stessa .p. a., particolarmente essendosi affermato che il ri<:hiamo a. norme di per. s non ordinamentali, quaU ad esempio quelle logiche, abbia un valore. limitato da un atto Qriginario di scelta dell'or gano amministrativ9 in rllPPQrto aila posizione (I.ella premessa del sillogismo, la norma che viene in considerazione ai fini dell'eccesso di potere n..'.Pu che essel'E! ordinamentale in senso stretto, in quanto proposizione prescrittiva che promana dalle :fonti normative dell'ordinamento della p, Il. (cosi, BAS$I, ap. toc. ~t.) .(1) SAN'l't ROM,l\NO, L'ordnamento giwridio, Firenze, 1946, 104 ss. J;>er la letteratura. pil }'ecente c:fr. l30BBio, Teoria dell'ordinamento giuridico, Torino, 1960; 197, ss.; SALVA'l'ORE RoMANO, Introduzione allo studio del procedimento giuridico nel. diritto privato, Milano, 1961, 106 ss.; BAss1, Norma, cit., passim, e specialmente 475 ss., 560 ss. In analogo ordine di concetti, 1Per quanto concerne l'autonomia privata, c:fr. tra gli altri, DE GIOVANNI, Fatto e valutazione nella teoria del negozio giuridico, Napoli, 1958, 109. (2) BASSI, Norma, cit., 374 ss. PARTE II, QUESTIONI 69 quanto si detto in precedenza circa il diverso atteggiarsi delle posizioni soggettive degli interessati in sede civile e in sede penale. Ci che pi conta nella problematica dell'eccesso di potere, per quanto concerne l'ambito di interessi civilistici, l'attuazione di un regime di legittimit, quanto pi possibile sostanziale, del provvedimento, e ci nel senso che non ammissibile il sacrificio di un interesse privato in forme e condizioni diverse da quel che accade per un altro interesse, pur esso privato, e che si presenti in identica situazione di fatto rispetto al primo interesse. In questo senso l'esigenza di pi approfondita giustizia che ha condotto la giurisprudenza a costruire il vizio dell'eccesso di potere si enuclea, storicamente e logicamente, dalla necessit di garantire al cittadino la pi assoluta imparzialit dell'azione amministrativa: l'ipotesi paradigmatica dell'eccesso di potere, in questa prospettiva, pu bene identificarsi nella disparit di trattamento. Ne riprova il tentativo ricorrente in dottrina di costruire, sotto diverse formulazioni, un sistema di garanzie del privato in tal senso. Esempio illustre la teoria, a suo tempo elaborata con estrema autorevolezza, di un preteso diritto del cittadino alla legittimit dell'atto amministrativo, o forse, con pi ampia formulazione, dell'attivit amministrativa. Questa tesi, come noto, non ha avuto fortuna. Ma l'esigenza resta: ed essa torna a suggerire, anche di recente e sulla scorta di pi solidi argomenti testuali, nuove formulazioni. Cos si sostenuto (1) che, in virt della norma dell'art. 97 della Costituzione, la pretesa di fatto alla imparzialit della pubblica amministrazione sarebbe stata elevata a diritto fondamentale del cittadino (con l'ulteriore conseguenza, in alcuni, almeno, di quegli autori, che la disparit di trattamento e la manifesta ingiustizia sarebbero da espungere dalla categoria dell'eccesso di potere, dovendosi ormai pi correttamente configurare come ipotesi di violazione di legge). Qui , evidente, non interessano tanto le conclusioni, ed eventualmente gli ulteriori sviluppi, di simili posizioni, quanto piuttosto il sottolineare come tutto questo travaglio dottrinale sia riferibile all'esigenza di attuare una pi perfetta legittimit dell'atto, che, andando al di l degli schemi formali del vizio di vio1azione di legge, consenta di tutelare gli interessi subbiettivi, in modo tale da realizzare una giustizia il pi possibile sostanziale: ci che, trattandosi di un ordinamento (1) CASETTA, Attivit, cit., 315; BARILE, Il dovere di imparzialit delta p. a., in Scritti in onore di Calamandrei, Padova, 1956; ESPOSITO, La Costituzione italiana, Padova, 1954, 42 e 249; PALADIN, Considerazioni sul principio costituzionale di eguaglianza, Riv. Trim. Dir. Pubbl., 1962, 909; ABBAMONTE, Il processo costituzionale italiano, Napoli, 1962, 434. Per la giurisprudenza cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 14 gennaio 1952 n. 2, Foro amm., 1952, I, 3, 37. 19 70 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO come quello civile, il cui problema di fondo di regolare un conflitto di interessi paritetici (tanto da giustificare la costruzione di una teoria generale imperniata sulla problematica del rapporto) (1), si risolve principalmente nella necessit di una regolamentazione che assicuri parit di trattamento a parit di condizioni di fatto. Ed allora evidente come alla produzione normativa dell'ordinamento sottordinato (la norma interna nel nostro caso, l'autonomia privata in un diverso ambito) possa essere riconosciuta una determinata rilevanza anche nell'ordinamento sopraordinato. 10. -Molto diversamente stanno le cose quando l'ordinamento sopraordinato sia quello penale. Qui occorre spostare completamente il punto di osservazione. Non pi un problema di interessi, ma di semplice legittimit: non un contrasto di posizioni soggettive, tendenzialmente paritetiche, ma un giudizio di valutazione secondo criteri di riferimento, che, in quanto espressione di valori assunti come assoluti, non consentono deroghe di nessun genere. Tutto il processo penale dominato dall'esigenza fondamentale di controllare il fatto sugli schemi della norma: ci che pi conta, questa norma ha una rigidit assoluta, nel senso che essa non ammette altri termini di riferimento che se stessa. L'ordinamento penale non ammette norme dispositive. Un fenomeno come quello della autonomia. privata non qui neppur concepibile. In questo ordine di idee interferenze di un diverso ordinamentonon possono essere ammesse. Talvolta esse si risolverebbero in uno sfalsamento dello scopo perseguito dalla norma dell'ordinamento sopraordinato e dunque in una sostanziale disapplicazione della norma; ci che, trattandosi di norma non dispositiva, equivarrebbe a violazione della stessa. Altre volte la valutazione dell'ordinamento subordinato potrebbe non modificare le conclusioni da assumere sulla scorta di quello principale, ma, trattandosi di una coincidenza puramente occasionale e non necessaria, il meno che si possa dire che allora quella valutazione sar del tutto indifferente, e dunque superflua, ai fini di un giudizio condotto sulla scorta dell'ordinamento sopraordinato. In materia di eccesso di potere qualche esempio varr a chiarire, meglio di qualsiasi discorso, quel che si viene affermando. a) Ipotesi di rilevanza nel giudizio penale di un provvedimentoamministrativo che si assuma viziato da eccesso di potere per violazionedi una circolare. (1) Cfr. per tutti, l'opera fondamentale di CICALA, Il rapporto giuridico, Milano, 1959. PARTE II, QUESTIONI Si faccia il caso di una circolare che vieti l'imposizione dell'obbligo del disco orario in determinate zone della citt, e di una ordinanza sindacale che, ci malgrado, imponga l'obbligo. Nella prospettiva in precedenza delineata la circolare rappresenta la regola di condotta che la p.a. ha ritenuto di dovere stabilire in attuazione del proprio potere discrezionale. L'ordinanza il provvedimento viziato. Nel processo penale per contravvenzione all'obbligo dell'uso del disco, di fronte all'imputato che si difenda eccependo l'eccesso di potere del provvedimento impositivo, quali saranno i poteri del giudice? Sembra evidente che egli possa valutare la legittimit dell'ordinanza del sindaco in relazione agli artt. 3 e 4 del codice della strada, ritenendo ad esempio che il potere di imporre l'uso del disco sia stato legittimamente esercitato. Ma l'ordinanza tuttavia affetta da eccesso di potere per contraddizione con la circolare. Se il giudice potesse e dovesse rilevare (1) questo vizio, egli sarebbe obbligato a disapplicare il provvedimento impositivo del disco assolvendo l'imputato. Ecco, dunque, che il gioco della valutazione dell'ordinamento subordinato porta alla conclusione di disapplicare la norma penale. Per un curioso gioco del meccanismo logico messo in moto, che si verifica con pi frequenza di quanto non si pensi, ci che viene annunciato come una garanzia di maggiore legittimit (quale dovrebbe essere la sindacabilit del provvedimento sotto il profilo dell'eccesso di potere) si risolve in una spoliazione della funzione istituzionale del giudice; la configurabilit del reato dipenderebbe addirittura dalla regola dell'ordinamento subordinato, cio, in ultima analisi, dall'esercizio del potere discrezionale della p.a. Ma, si potrebbe obbiettare, la violazione della circolare soltanto un sintomo dell'eccesso di potere; nulla impedisce che il giudice, valutata aliunde, e sul diretto riscontro della legge, la legittimit dell'ordinanza, ritenga inesistente il vizio del provvedimento. Anche in tal caso le conclusioni, per quanto qui interessa, non sarebbero gran ch differenti. Escluso il contrasto dell'ordinamento subordinato con la norma penale, resta il fatto che la valutazione di quell'ordinamento del tutto indifferente ai fini del giudizio penale. Ci che il giudice deve accertare una qualificazione che nasce, e non pu che nascere, da una (1) Questo punto va ben chiarito. La natura funzionale dei poteri del giudice implica che il loro esercizio va considerato un dovere di ufficio, salvo che, beninteso, la norma stessa non conferisca esplicitamente al giu-dice un margine pi o meno ampio di discrezionalit. Ma questa discre-zionalit pu concernere ipotesi di esercizio di poteri istruttori o meramente ordinatori (es.: sospensione del processo), non anche la valutazione dell'oggetto dell'accertamento, qual' precisamente il caso che qui interessa. N, d'altra parte, la rilevazione in sede :penale delil'eccesso di potere subordinata all'istanza di parte. 72 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO regola dell'ordinamento penale. Ogni altra norma di condotta traente origine da diversa fonte si pone come contraddittoria o come indifferente: nel primo caso la valutazione dell'eccesso di potere inammissibile, nel secondo irrilevante. b) Provvedimento viziato da eccesso di potere per manifesta ingiustizia (o disparit del trattamento). Gi il Casetta ha osservato (1) che in sede penale la contraddittoriet di un provvedimento con altro precedente nulla dimostra, potendo essere illegittimo il primo e non il secondo. Qui baster qualche ulteriore breve cenno. A ben guardare, il valore sintomatico dell'ipotesi di disparit di trattamento si fonda su un dato unicamente (2) temporale (l'essere un provvedimento diverso da un altro precedentemente adottato). Si tratta di un elemento estremamente equivoco perch in ipotesi nulla impedisce di considerare che il pi corretto uso del potere discrezionale sia stato fatto con il secondo provvedimento e non con il primo. Tuttavia in una prospettiva esclusivamente civilistica, richiamando quell'esigenza di imparzialit dell'azione amministrativa di cui s' in precedenza discusso, l'impostazione tradizionale pu avere un suo valore sintomatico. Nulla del genere, invece, in sede penale, in cui la logica del processo appartiene a ben diversa ispirazione. Si faccia il caso di un ordine dell'autorit emesso nei confronti di taluno che ne lamenti la illegittimit assumendo che nei confronti di altra persona, trovantesi nelle sue stesse condizioni, il provvedimento non fu emesso o fu emesso con differenti modalit di contenuto. Si riproduce qui una situazione simile a quella rilevata per la violazione di circolari. L'emanazione dell'ordine subordinata all'esistenza di certi presupposti definibili sulla base della norma penale (e riscontrabili dal giudice sulla scorta della motivazione del provvedimento). O essi sussistono oppure no: nel primo caso la disapplicazione del provvedimento per eccesso di potere implicherebbe una sostanziale, e inammissibile, disapplicazione della norma; nel secondo, l'indagine sull'eccesso di po (1) CASETTA, Attivit, cit., 316. (2) Per quanto concerne il giudizio amministrativo, un'altro elemento indicativo dato dal fatto che il provvedimento impugnato, a differenza di quello assunto come termine di confronto, non pu mai essere inoppugnabile. Senonch, a prescindere dal fatto che, almeno in teoria, nuUa impedisce di ipotizzare che anche il provvedimento di confronto (quanto meno al momento iniziale del giudizio) non sia ancora inoppugnabile, resta il fatto che l'elemento della inoppugnabilit come espressivo della definiti: va determinazione della p. a. in ordine alla posizione delle regole di condotta non pu essere sopravvalutato perch rimarrebbero comunque salvi i poteri di autotutela della p. a. PARTE II, QUESTIONI '13 tere si rivela del tutto inconferente, perch il relativo eventuale vizio viene assorbito nel decisivo rilievo di illegittimit per difetto dei presupposti, e dunque per violazione di legge in senso stretto. c) Provvedimento viziato da eccesso di potere per illogicit manifesta. Si pu pensare ad un provvedimento (rilevante ai fini della fattispecie penale dell'art. 650 c.p.)., in cui l'autorit faccia leva su motivi di sicurezza pubblica per poi dichiarare nella parte dispositiva dell'ordine che il provvedimento adottato a fine di igierie. Se vero che il sindacato sulla legittimit del provvedimento, nel caso dell'art. 650 c.p., riguarda la sussistenza dei presupposti stabiliti dalla legge per la emanazione dell'ordine (sussistenza che deve risultare dall'atto medesimo) (1), mentre la effettiva esistenza dei presupposti, e cio il concreto accertamento delle circostanze atte ad integrare quei presupposti, oggetto del sindacato di merito precluso al giudice ordinario (2), allora sembra lecito affermare che nel caso ipotizzato il vizio di illogicit non pu avere alcun rilievo ai fini del giudizio penale. Infatti, non dubbio che il provvedimento legalmente dato per ciascuno dei tre tipi di motivi ipotizzati nella norma; una volta che l'amministrazione abbia dichiarato, adeguatamente motivando al riguardo, che una di queste tre ipotesi ricorre, c' quanto basta per ritenere la sussistenza del potere di emanare l'ordine, dunque l'insorgenza del dovere del destinatario di ottemperarvi. In altre parole: posto che il reato consiste nell'inosservanza di un provvedimento emanato alternativamente per uno dei tre motivi indicati dalla norma, tutto ci che il giudice penale pu e deve fare accertare che l'autorit abbia congruamente motivato circa l'esistenza dei presupposti che legittimerebbero la configurazione di almeno uno di quei motivi: tanto basta, infatti, per l'insorgenza del dovere di ottemperare. Eventuali difetti dell'atto, del tipo considerato, seppure possono rilevare ad altri fini, rimangono estranei alla fattispecie penale. Diversamente stanno le cose in un caso di provvedimento (ipotesi, invero, di scuola, ma che occorre pur. :liare per completezza di esposizione), in cui l'autorit, dopo avere essa stessa ammesso che non ricorrono i presupposti di alcuna delle tre ipotesi previste dalla legge, finisca nondimeno per emanare l'ordine. Qui evidentemente il difetto dell'atto rilevante per l'integrazione della fattispecie penale. Ma qui, a quanto sembra, il vizio che viene in considerazione non tanto l'eccesso di potere (che pure sussiste ma ancora una volta irrilevante), quanto piuttosto una vera e propria carenza di potere all'emanazione dell'atto per (1) Cosi Cass. 27 ma:ggio 1955, Giust. pen., II, 970. (2) Cass. 22 febbraio 1957, Giust. pen., 1957, II, 535. 74 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ch risultano esclusi -per dichiarazione della stessa p.a. -quei presupposti cui la legge subordina la possibilit di emettere l'ordine. Dunque, si tratter, secondo l'orientamento dogmatico che si preferisca, o di radicale inesistenza del provvedimento o di vizio per violazione di legge, in cui l'ulteriore eccesso di potere finisce con l'essere assorbito. 11. -Prima di concludere in argomento, occorre darsi carico di una obbiezione che potrebbe nascere da una lettura affrettata dell'art. 20 c.p.p. (1). Questa norma, com' noto, dispone al suo primo comma che, qualora la decisione sull'esistenza di un reato dipenda dalla risoluzione di una controversia di competenza di un giudice amministrativo, il giudice penale pu anche di ufficio con ordinanza rimettere la risoluzione di tale questione al giudice competente, assegnando un termine durante il quale il procedimento penale rimane sospeso; e aggiunge, al suo quarto comma, che se la controversia non decisa in sede amministrativa nel termine assegnato da giudice penale, questi anche di ufficio revoca la sospensione e decide su ogni elemento dell'imputazione. Il dubbio che pu nascere al riguardo il seguente: posto che il giudice penale pu avocare a s la decisione della pregiudiziale, senza rimetterla affatto al giudice amministrativo ovvero successivamente all'inutile decorso del termine, poich, d'altra parte, non dubbio che nella decisione della controversia il giudice amministrativo esplicher senza alcun particolare limite i suoi ordinari poteri, si deve forse concludere che la norma attribuisca al giudice penale una eccezionale latitudine di poteri, modellata ad esempio di quelli del giudice amministrativo? Una conclusione del genere sarebbe evidentemente eccessiva, sembrando ictu oculi non ammissibile che simile capovolgimento dei principi in materia di distribuzione della giurisdizione sia fatta quasi per incidens in una norma evidentemente destinata a regolare un problema di coordinamento processuale. Basterebbe pensare che su quella strada si dovrebbe finire con l'ammettere che il giudice penale in determinati casi possa sindacare anche il merito del provvedimento. Occorre dunque capovolgere l'impostazione e leggere la norma dell'art 20 c.p.p. al lume dei principi. In questa prospettiva appare di tutta (1) Sul principio dell'art. 20 c.p.p., cfr. oltre alle opere di carattere generale, SALEMI, La pregiudiziale amministrativa nel processo penale, Riv. dir. proc. civ., 1924, 319 ss., 1925, 97 ss.; FoscHINI, La pregiudizialit nel processo penale, Milano, 1942, 234 e 311; SABATINI, Trattato dei procedimenti incidentali ner processo penale, Torino, 1953, 19 ss. Sulla pregiudiziale tributaria cfr. FERRARI, Rapporti fra ingiunzione fiscale e costituzione di parte civile nei reati da evasione di tributi indiretti, in questa Rassegna, 1960, 33 ss. "1i:i ~ ' ' '~ . . J PARTE II, QUESTIONI 75 esattezza quella giurisprudenza (1) che ha affermato come la sentenza del giudice civile faccia stato nel processo penale soltanto quando trattasi di controversie civili o amministrative che non rientrano nella normale competenza del giudice penale, rimanendo escluse, quindi, quelle che il giudice penale pu risolvere da s, a prescindere se abbia competenza a risolverle anche il giudice civile. La soluzione sembra, dunque, essere questa: alternativit facoltativa fra la remissione al giudice amministrativo e la decisione immediata da parte del giudice penale, quando la soluzione della questione non ecceda dagli ordinari poteri del giudice penale; rimessione necessaria al giudice amministrativo, in caso contrario: in questa ipotesi, peraltro, il giudice penale rimane discrezionalmente arbitro di valutare l'incidenza della questione sulla decisione circa l'esistenza del reato, e dunque, in questo senso, la pregiudiziale rimane pur sempre facoltativa. In questo ordine di idee occorre soltanto aggiungere che, se vero che l'ordinanza di rimessione al giudice amministrativo implica un accertamento negativo della giurisdizione del giudice penale, allora non possibile condividere quel ripetuto orientamento giurisprudenziale (2) che esclude qualsiasi possibilit di impugnazione dell'ordinanza: infatti, implicando essa ordinanza una decisione sulla giurisdizione, parrebbe pi corretto riconoscerle la natura sostanziale di sentenza; con l'ulteriore conseguenza che dovrebbe essere proponibile il ricorso per Cassazione alla stregua dell'art. 111 della Costituzione. TOMMASO ALIBRANDI n lavoro prende le mosse dal rilievo di un vizio metodologico della dottrina in materia, la quale -malgrado alcuni recenti studi -continua in prevalenza ad estendere sic et simpliciter all'argomento in questione svolgimenti e conclusioni elaborate in sede civilistica. L'esigenza di un'autonoma considerazione del fenomeno nel processo penale emergerebbe, invece, principalmente da due rilievi: a) in primo luogo, il fatto che il provvedimento amministrativo non pu mai costituire oggetto unico ed esclusivo dell'accertamento demandato al giudice penale. Ci potrebbe, invece, verificarsi nel processo civile, quanto meno in riferimento alle azioni di mero accertamento della legittimitd dell'atto amministrativo, ed in determinate ipotesi del processo tributario ( opposizione all'ingiunzione fiscale per vizi di forma dell'atto); b) in secondo luogo, il diverso atteggiarsi delle posizioni soggettive delle parti in sede (1) Cass. 15 febbraio 1956, Riv. dir. pen., 1956, 508. (2) C'ass. 12 dicembre 1958, Giust. pen., 1959, III, 241; Cass. 22 giugno 1960 n. 1650, Foro it. Rep., 1960, voce: giudizio (rapp.), n. 68; Cass. 20 novembre 1962, ivi, 1963, voce cit., n. 42. 76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO civile e penale. Ch, ove volesse applicarsi al processo penale la distinzione fra valutazione di legittimit e di liceit del provvedimento elaborata per la sede civile, poich l'accertamento del giudice penale sul provvedimento non avviene in via incidentale ma come effetto di cognizione diretta, si dovrebbe comunque pervenire alla conclusione (paradossale rispetto alle premesse adottate) che la sindacabilit dell'eccesso di potere ad opera del giudice penale sia sempre da escludere. Ci premesso, e passando al nucleo centrale del problema, dopo una rapida rassegna delle principali teorie in materia di eccesso di potere, si finisce con l'inquadrare quest'ultimo nell'ambito della violazione della c. d. norma interna, di cui si ricordano, sulla scorta della pi recente dottrina, i connotati principali. Tale impostazione, peraltro, comporta due importanti corollari: A) essendo la norma interna vera e propria norma giuridica, l'e. p. deve configurarsi come vizio di legittimit e non di merito; B) essendo l'Amministrazione stessa fonte della norma interna, l'e. p., in ultima analisi, non pu costruirsi se non come violazione di una regola di condotta che la p. a. abbia dettato a se stessa. Questa conclusione, in particolare, risulta confermata sia in relazione alla nota questione del limite dei poteri istruttori del giudice circa l'accertamento della legittimit del provvedimento, sia in relazione alle principali figure sintomatiche dell'e. p., che vengono partitamente analizzate in vista dell'individuazione, in ciascuna di esse, della predeterminazione da parte dell'autorit amministrativa della regola di condotta. Ma allora, poich il concetto di norma interna presuppone necessariamente l'accettazione della teoria della pluralit degli ordinamenti giuridici, il problema della rilevazione dell'e. p. da parte del giudice 01dinario si risolverebbe in una indagine sui rapporti intercorrenti fra l'ordinamento interno, di cui espressione la regola di condotta attuata dalla p. a., e l'ordinamento generale. In particolare, per quanto concerne l'ordinamento penale, poich quest'ultimo preordinato alla formulazione di giudizi di valutazione secondo criteri di rifierimento, che -in quanto espressione di valori assunti come assoluti -non consentono deroghe di nessun genere, dovr concludersi che la valutazione della norma interna in sede penale o indifferente o contraddittoria con la norma dell'ordinamento sopraordinato: e dunque, che la sindacabilit del provvedimento sotto il profilo deU'e. p. deve ritenersi non consentita. Tale conclusione viene confermata con alcuni esempi, tratti dalla casistica, in relazione ad ipotesi di e. p. per violazione di circolare, per manifesta ingiustizia (o disparit di trattamento) e per illogicit manifesta. Il lavoro si conclude con una succinta indagine sulla pregiudiziale amministrativa, al limitato fine di dimostrare come la norma dell'art. 20 c. p. p. non sia in contrasto con le conclusioni assunte. RASSEGNA DI DOTTRINA F. BATISTONI FERRARA, La determinazione della base imponibile nelle imposte indirette, Jovene, Napoli, 1964, pagg. 198. In una lunga premessa, che occupa circa un terzo delle pagine dell'intero volume, l'A. affronta i problemi di carattere generale del contenzioso tributario, entrando nel vivo della disputa relativa alla distinzione giurisprudenziale tra questioni di estimazione semplice e questioni di estimazione complessa ed esaminando il delicato tema della natura giuridica delle Commissioni tributarie. -Dopo essersi espresso in favore della tesi che riconosce natura amministrativa alle predette Commissioni (tesi contraria alla giurisprudenza sostenuta dalla Corte Suprema) e dc>po avere svolto brevi considerazioni sulla progettata riforma del Contenzioso tributario, il B. F. passa ad esaminare i vari criteri singolarmente dettati dall'ordinamento giuridico per procedere alla determinazione della base imponibile ai fini delle imposte sui trasferimenti della ricchezza e si sofferma, in particolare, sul criterio del valore venale dei beni in comune commercio, rilevandone l'astrattezza e la relativit. Segue l'esame dei noti problemi relativi all'accertamento amministrativo del valore, tra i quali, primo, quello della natura giuridica dell'avviso di accertamento, inteso dall'A. come atto di autorit idoneo, di per s, a determinare la base imponibile, anche se soggetto ad impugnazione da parte del contribuente, e non come proposta o domanda giudiziale avent~ad oggetto la determinazione della base imponibile. Dopo aver ricordato gli orientament dottrinali e giurisprudenziali sul problema della competenza deile Commissioni tributarie, il B. F. esamina l varie categorie di questioni di diritto al fine di discriminare J.a competenza tra Commissioni di valutazione e Commissioni di diritto.. Un capitolo a s stante dedicato alla motivazione delle decisioni delle Commissioui ed al noto tema del ricorso all'Autorit giudiziaria per mancanza o insuffici.enza di calcolo e per grave ed evidente errore di apprezzamento. Il volume si chiude, infine, con l'esame della questione della competenza della Commissione Centrale sulle controversie riguardanti le imposte indirette sui trasferimenti della ricchezza. A conclusione d queste brevi note, riassuntive solo per sommi capi del contenuto del libro, possiamo dire che quest'ultimo si presenta ben costruito nell'insieme, ricco di osservazioni acute e, sopratutto, semplice e chiaro nell'esposizione. Anche laddove non possono condividersi le soluzioni adottate, si devono riconoscere il rigore logico che sempre presiede alle argomentazioni e l'incisivit con cui viene reso il pensiero dell'A. L. M. 78 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO D. FOLIGNO, L'Attivit Amministrativa, Giuffr, Milano, 1966, pagg. VIII-319. Con l'opera di cui si segnala ai lettori la pubblicazione del primo volume, l'A. vuole estendere la sua indagine a tutto il campo dell'attivit giuridica di tipo imperativo della Pubblica Amministrazione, concepita come realizzazione originaria e primaria del principio di giustizia ., sia nell'onere di formazione dell'atto amministrativo e nelle correlative sanzioni, reazioni tipiche fino ai rimedi amministrativi e contenzioso-amministrativi ( questa la materia del lo volume suddivisa in 5 capitoli) e sia nel caso dei procedimenti giurisdizionali (a quest'ultima parte l'A. provveder con il 2 volume dell'opera). L'A., dopo propedeutiche nozioni di diritto e di ordinamento giuridico, di poteri, funzioni e attivit dello Stato, prospetta una teoria dell'attivit amministrativa come fattispecie giuridica, che consente di ridurre a sistema unitario la sua vasta e poliforme struttura, ricollegabile allo schema essenziale di serie di avvenimen~i cui l'o. g. ricollega il verificarsi di particolari conseguenze o vicende giuridiche, unificabili nell'unica conseguenza giuridica della cura generale degli interessi pubblici, in concreto. Con ulteriore processo di sintesi il F. individua, anzi, il principio di giustizia -di cui assume una nozione dialettica fra legislazione nello Stato di diritf e tipologia della realt -come elemento causale tipico di attuazione della fattispecie legale in fattispecie concreta, rispetto all'attivit amministrativa, intesa nella sua astrazione, operante, invece, come elemento causale tipico di attuazione della fattispecie reafo, rispetto alle singole fattispecie di attivit amministrativa. Nel quadro delle guarentigie politiche, amministrative e contenziose assicurate ai cittadini di uno Stato democratico, enuncia il piano della trattazione intesa a ricondurre ad elementi della fattispecie generale di attivit Amministrativa l'onere della formazione dell'atto amministrativo, le sanzioni dell'o.g., le reazioni tipiche, i rimedi dell'autocorrezione e dell'autoimpugnazione, e quelli contenzioso-amministrativi (ricorsi). Si sofferma, quindi (nel 2 capitolo), con pi approfondita analisi, sull'atto amministrativo, mettendone in luce la sua collocazione nella fenomenologia giuridica, il complesso procedimento della sua formazione ponendo cosi le basi per ricollegare ai gradi di formazione altrettante ipotesi di difformit -la sua discriminazione dagli atti di altri poteri e dagli atti politici, la individuazione degli atti generali e speciali, i caratteri peculiari dell'atto amministrativo: tipicit, nominativit, esecutoriet ed irretroattivit. L'A. fa seguire un esame degli elementi essenziali dell'atto amministrativo dedicando particolare attenzione ai delicati problemi della negozialit e della causa, oggetto di numerosi studi sia nell'ambito del diritto privato che in quello del diritto pubblico. n tema della classificazione degli atti amministrativi viene trattato dall'A. nel terzo capitolo, facendo ricorso ad una serie di tavole sinottiche che raggruppano, in modo necessariamente schematico ma particolarmente incisivo, le principali distinzioni escogitate dalla dottrina e dalla giurisprudenza. Ai pi recenti tentativi sistematici, che muovono sempre da criteri unilaterali, il F. oppone la necessit di dare una visione eclettica del fenomeno della classificazione e procede, conseguentemente, all'elenca 79 PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA .zione di una serie di distinzioni relative, che finiscono con il consentire la sovrapposizione di distinzioni riguardanti gli stessi fenomeni giuridici ma fondate su punti di vista nettamente diversi. Cosi, alla distinzione basata sul criterio soggettivo (o della titolarit del potere) l'A. fa seguire quella articolata sul criterio oggettivo (o della sfera di attribuzione del potere) e, poi ancora, quelle che fanno leva, rispettivamente, sul contenuto, sulla :forma e sulla causa dell'atto amministrativo. Esse non appaiono, quindi, come strumenti espositivi o didattici, ma rappresentano, piuttosto; il modo di dare evidenza alla sistematica e quindi il punto di arrivo di una ricerca. Passando a parlare (nel quarto capitolo) dell'invalidit dell'atto amministrativo, ilF. sussume tale nozione sotto ilpi ampio paradigma delle difformit dell'atto medesimo dall'o.g. e trae da tale collocazione lo spunto per :ricollegare ai gradi di formazione dell'atto (esaminati nel secondo capitolo) le fattispecie di difformit dall'o.g. (inesistenza, imputazione, invalidit, nullit, illiceit, anriUllabilit, illegittimit e inefficacia) come sanzioni dell'o. g. o ca:use impeditive di perfezione, validit, efficacia. Ne tratta poi singolar.mente con riguardo al requisito dell'esecutoriet e trae dalla distinzione rigorosamente posta e dall'identificazione della nullit con l'illiceit e dell'annullabilit con l'illegittimit, conclusioni puntuali sul vessato problema. L'analisi delle reazioni tipiche dell'ordinamento gitiridico per ciascuna fattispecie di difformit viene compiuta mediante riferimento a privazioni di requisiti, legittimazione degli atti, invalidazione in ,corrispondenza ai singoli tipi di sanzione. Le nozioni di autoc01rezione ed autoimpugnativa degli atti amministra tivi sono poste alla luce del collegamento fra i vari istituti on le anzidette specie di reazioni tipiche. L'Ultima parte del volume in rassegna dedicata al tema dei ricorsi amministrativi. Precede l'esame dei caratteri generali di tali rimedi, dei presupposti comuni, dei requisiti nonch la ricerca dei dati strutturali che diversificano una forma di ricorso dall'altra; se1Ue la trattazione dei singoli ricorsi, con priorit, sul ricorso gerarchico (proprio ed improprio) e sul l'opposizione o rimostranza, di una individuata categoria di ricorsi (quali ficati semplici), in cui l'A. raggruppa, cogliendone elementi strutturali comuni, varie specie di ricorsi atipici. La vastitil e complessit della materia, oggetto del volume, che con centra una vasta problematica e il risultato di una esperienza, sotto la specie di una trattazione istituzionale, non consentono, attesi, altres, i ri stretti limiti del presente scritto, di scendere ad una analisi pi dettagliata ed approfondita dei singoli problemi affrontati nel lavoro. Si. pu concludere, quindi, che l'opera, oltre alla impostazione teorica, presenta notevole interesse per la organicit della trattazione, evidenziata ancor pi dalle frequenti tavole sinottiche aggiunte e fuori testo, e si impone per la dovizia di citazioni della pi moderna e qualificata dottrina amministrativistica, nonch per la rilevante utilit dei richiami alla giurisprudenza ed ai pi recenti progetti di riforma del procedimento e del pro. cesso amministrativo. A. SALVATORJ: 80 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO S. RonoTA, Il problema della responsabilit civile, Giuffr, Milano, 1964, pagg. L'A., partendo dalla constatazione che i tempi moderni comportano nuove occasioni di danneggiamenti, con una modificazione qualitativa dei fatti causativi di danni, e quindi impongono un accresciuto bisogno di protezione del singolo di fronte a tali fonti di danno, esamina sotto un nuovo profilo il problema della responsabHit civile da illecito. Secondo il R., compito, infatti, del giurista non soltanto quello di classificare ipotesi e fattispecie, ma di procedere ad una ricostruzione del sistema su basi nuove in relazione all'ampliamento dell'area deHa responsabilit civiile e dei riflessi di tale ampliamento sulle modalit di applicazione della normativa predisposta dal legislatore. L'A. osserva che i nuovi casi di danneggiamenti sono molto spesso irriducibili allo schema tradizionale del danno conseguente ad un comportamento volontario imputabile a titolo di colpa ad un soggetto, sicch nei tempi moderni non si ha soltanto una moltiplicazione delle ipotesi note, bens un emergere di ipotesi nuove e diverse che danno luogo talora a danni anonimi, in relazione ai quali si pone l'alternativa dell'esclusione del risarcimento ovvero dell'applicazione, per quanto possibile, dei principi generali e della normativa in vigore anche a tali fattispecie. Aderendo a tale seconda alternativa, l'A. propone uno schema nuovo della responsabilit civile che sia formaimente rispettoso delle caratteristiche proprie delle nuove situazioni e nel contempo capace di disciplinarle alla luce delle norme vigenti. Rilevato lo scarso interesse della dottrina italiana per il .problema in esame, il R. pone in rilievo il profilo riparatorio della responsabilit civile al quale consegue il venir meno del tradizionale carattere di retribuzione e di prevenzione dell'obbligo risarcitorio in conseguenza della socializzazione dei rischi individuali e dello spostamento di attenzione dall'autore del danno alla vittima di esso. D'altra parte, i tempi moderni e l'evoluzione della stessa coscienza sociale impongono la risarcibilit anche dei danni anonimi, i quali non possono non suscitare ia reazione dell'ordinamento giuridico. Rilevata, quindi, l'insufficienza della sistemazione data per questi nuovi profili della responsabilit dalla dottrina corrente, l'A., procedendo nella indagine intrapresa, esamina i vari significati dell'espressione responsabilit civile per giungere ad una accettabile definizione del concetto. Posta in rilievo l'impropriet del riferimento al concetto di illecito per tutte quelle ipotesi nelle quali un danno deve necessariamente accadere e per le quali ovviamente non si pu parlare di un dovere di tenere indenne un altro soggetto (danni anonimi), l'A. sgombra il campo dell'indagine da tre pregiudizi correnti: a) il primo storico, cio di quel modo d'intendere la tradizione per cui si cerca d'imporre la vecchia disciplina anche a situazioni profondamente mutate; b) il secondo ideologico, consistente nell'asserita superiorit del criterio della colpa; c) il terzo, infine, logico, consistente nella costante preoccupazione di elaborare costruzioni in cui non esiste alcun elemento di contraddittoriet. Ci premesso, l'A., per definire la responsabilit civile, richiama la formula proposta dal CASETTA (L'illecito degli enti pubblici, Torino 1953, PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 81 78) secondo la quale pu chiamarsi responsabilit in senso sostanziale l'imputazione della fattispecie d'illecito al soggetto ., ponendo in rilievo che, quale che sia il concetto di danno che si vuole accogliere, la sua rilevanza sar sempre condizionata alla possibilit di far luogo ad un criterio che permetta di attribuirlo ad un soggetto; mancando, infatti, tale possibilit, l'evento dannoso rimane un fatto naturale. A fondamento, quindi, della responsabilit, per '1'A., sta un fatto giuridico, il fatto dannoso: un elemento unitario, dunque . Molteplici, invece, sono i criteri per l'imputazione di tale fatto ad un soggetto e tutti comunque ritrovabili nell'ordinamento giuridico. Alla luce delle considerazioni svolte, l'A. ritiene prive di reale fondamento le varie contrapposizioni che solitamente dottrina e giurisprudenza operano, come quelle, ad es., tra responsabilit diretta ed indiretta, responsabilit per colpa ed oggettiva; ci in quanto la responsabilit cOltlsiste sostanzialmente nella imputazione di un fatto dannoso ad un soggetto e tutto il resto concerne soltanto i vari criteri in ragione dei quali siffatta imputazione viene operata. Dall'esame dell'art. 2043 c. c., e principalmente dal valore innovativo del requisito dell'ingiustizia riferito al danno anzich alla condotta, l'A. afferma che nel nostro sistema giuridico vi una clausola generale di responsabilit in forza della quale si pu dedurre l'obbligo di risarcire tutti i danni arrecati ad altri quando, naturalmente, concorrano determinati requisiti. Dal rilievo che esistono numerose disposizioni legislative (artt. 833, 1175, 1337 c. c.) che fanno ritenere la esistenza di un principio di solidariet o di correttezza nelle relazioni interindividuali, indipendemente dall'esistenza di una preesistente relazione giuridica tra i consociati, il R. afferma che il limite della solidariet opera anche nel campo della responsabHit extracontrattuale, in quanto esso non esaurisce la propria operativit in rapporti gi definiti, ma investe le posizioni dei soggetti in quanto membri della medesima comunit. Tuttavia il princ~pio della solidariet indubbiamente legato al requisito previsto dall'art. 2043 dell'ingiustizia del danno che viene sottoposto acutamente ad esame. C:onsiderato che non configurabile una violazione del principio di solidariet disgiunta dalla lesione della situazione giuridica cui esso si riferisce e per la rilevanza della quale occorre una qualsiasi forma di protezione legislativa, l'A. propone una lettura dell'art. 2043 c. c. che porti ad individuare in esso due diverse previsioni, la Prima relativa alla posizione di una clausola generale di responsabilit e la seconda che pone il primo criterio di collegamento (il dolo o la co1pa) per l'imputazione del fatto dannoso. Oltre a tale criterio, poich l'attivit dell'uomo non l'unico mezzo di imputazione soggettiva degli effetti della responsabilit, sussistono altri criteri di imputazione costituiti da riferimenti a elementi diversi dall'attivit (qualit soggettiva, titolarit di una posizione giuridica, rischio, etc.) i quali sono insensibili al fatto che vi sia stato o meno un effettivo spiegamento di attivit umana. Rilevata l'esistenza, dall'esame dell'art. 2043 c. c., nel nostro ordinamento della clausola generale di responsabilit la quale rappresenta lo strumento pi idoneo a regolare una realt dal dinamismo crescente, per ci 82 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sfuggente ad una disciplina intesa come tipizzazione di ipotesi gi definite, l'A. osserva che il giudice non Ubero di ricostruire a suo piacimento la fattispecie, giacch i criteri di imputazione del fatto dannoso al soggetto sono stabiliti dall'ordinamento. Essi poi non costituiscono soltanto lo strumento logicamente necessario al collegamento del fatto al responsabile del suo risarcimento, ma adempiono anche alla funzione di circoscrivere l'operativit della causola generale. In tale visione del problema il R. riUene che sia del tutto fuori luog<> continuare a fare riferimento ai concetti di presunzione di colpa e di inversione dell'onere della prova comunemente adoperati dalla giurisprudenza; cosi per l'ipotesi di cui all'art. 2048 c. c., concernente la responsabilit dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d'arte, non pu parlarsi di presunzione di colpa, bens di una diretta imputazione del fatto dannoso ad un soggetto individuato in base alla sua qualit di genitore o di tutore o di precettore e questa imputazione viene compiuta daliJ.a norma senza la mediazione della colpa, ma appunto mediante la scelta del criterio di collegamento dato dalla qualit considerata. Nella stessa norma il riferimento alla colpa contenuto nel terzo comma non si pone come presupposto del giudizio di responsabilit, ma unicamente come condizione per l'esclusione dell'operativit del criterio. Attraverso l'esame di alcuni dei criteri di imputazioni previsti dal codice (in particolare per l'ipotesi di cui all'art. 2054 c. c.), l'A. deduce l'impossibilit di far capo soltanto al criterio della colpa per la ricostruzione unitaria del sistema e ritiene necessaria una riduzione della stessa a pi esatti termini aderenti alla realt normativa, particolarmente con riferimento al principio della solidariet. Egli pone, inoltre, in riliev<> che un medesimo fatto dannoso pu essere imputato a pi s<>ggetti in base a criteri diversi o ad uno solo soggetto in base a titoli diversi. In tali ipotesi, mentre non pu escludersi il concorso di pi soggetti responsabili c<>n conseguente rafforzamento della garanzia del danneggiato, da considerare, invece, prevalente il pi vigoroso tra i vari criteri possibili quando l'unico sog.getto pu essere chiamato a rispondere del danno in base a titoli diversi. Nell'ultima parte del lavoro il R. precisa i limiti dell'area dei danni risarcibili in base alla clausola generale di responsabilit e per mezzo dei criteri di collegamento. Egli esamina cos H tradizionale e grave problema dell'oggetto della lesione ponendo in rilievo l'insufficienza del riferimento al concetto di lesione del diritto soggettivo assoluto come unica fonte di responsabilit civile extracontrattuale. In sostanza il riferimento al diritto soggettivo assoluto, ad avviso dell'A., non appare per s idoneo ad esaurire la valutazione dell'ingiustizia del danno secondo l'interpretazione dell'articolo 2043 c. c. tradizionalmente proposta, essendo sufficiente, perch sussista l'inguistizia, la !lesione di qualsiasi situazione giuridica rilevante con la precisazione che la possibilit di considerare giuridicamente rilevante, ai fini risarcitori, una determinata situazione soggettiva dipende unicamente dalla qualificazione operata da una norma. Circa il problema della identificazione della rilevanza di tale situazione giuridica, l'A. afferma che un sicuro e rigoroso criterio pu appunto essere ritrovato soltanto nella idoneit oggettiva della situazione c<>nsiderata ad PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 83 essere ingiustamente lesa, idoneit che pu essere valutata esclusivamente in termini strutturali. Siffatta idoneit manca ovviamente nelle situazioni giuridiche di svantaggio (dovere, obbligo) ovvero in quelle che si esaw-iscono nella sfera giuridica del titolare (diritti potestativi), mentre sussiste quando la situazione si manifesti verso soggetti estranei siano essi determinati o indeterminati. In tale prospettiva, conclude l'A., la disciplina della responsabilit, con il riferimento al concetto di situazione giuridica rilevante ed al limite della solidariet, ritrova intatta la sua capacit di corrispondere alle esigenze dei terzi. La pubblicazione in rassegna viene segnalata per il suo particolare interesse e per la nuova impostazione che il R. d al problema della responsabilit civile con riferimento in ispecie alle nuove occasioni di danneggiamento che costituiscono un ineliminabile portato dell'era tecnica nella quale viviamo. Con ricca informazione sia della dottrina italiana che della dottrina straniera, particolarmente tedesca e inglese, l'A. propone una impostazione del problema molto acuta e seducente mediante l'enucleazione della clausola generale di responsabilit nel nostro ordinamento e del principio di solidariet. Tuttavia non si pu condividere la soluzione prospettata per quanto concerne l'oggetto della lesione e la circoscrizione dell'area del danno risarcibile. Ci sembre, in particolare, che il ripudio del riferimento, come unico possibile oggetto della lesione, al diritto soggettivo assoluto non trovi adeguata giustificazione sul piano teorico, mentre l'indicazione in sua vece del concetto di situazione giuridica rilevante introduce un criterio molto discutibile per la sua genericit e per il conseguente empirismo che potrebbe derivare dalla sua applicazione. A. QUARANTA A. Ross, Diritto e Giustizia, Einaudi, Torino, 1965, rpagg. XXII-365. (Introduzione e traduzione di G. Gavazzi; titolo originale dell'opera: On Law and Ju.stice ., Stevens & Sons Ltd., London). Nella stessa collana in cui stato recentemente pubblicato il libro di HERBERT L. A. HART, Il concetto di diritto, gi da noi recensito (v. questa Rassegna 1965, II, 67), i'editore Einaudi, nell'intento di offrire al lettore italiano un panorama del mondo del diritto corrispondente ai nuovi confini del mondo del ventesimo secolo, ha dato alle stampe, su consiglio di Norberto Bobbio e di Alessandro Passerin D'Entreves, quest'opera di Ross. che, come quella di Hart, non mancher di suscitare interesse per l'originalit e novit delle tesi espressevi. L'autore del libro, che oggi professore di diritto presso !la Universit di Copenaghen e che ha svolto per parecchi anni attivit di operatore pratico del diritto presso il Kammeradvokat danese, corrispondente alla nostra Avvocatura dello Stato, ha subito a lungo l'influenza di Hans Kelsen, di cui stato allievo alla Universit di Vienna, oltre a quella dei maggiori esponenti della scuola giuridica scandinava . 84 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il volume che segnaliamo e che pu considerarsi una raccolta di sag7 gi sulla filosofia, politica e teoria generale del diritto mira dichiarata--=~ mente a sottoporre a revisione critica gli stessi fondamenti dell'attuale j scienza giuridica e chiarisce, in modo particolarmente incisivo, le notevoli, sostanziali differenze che intercorrono tra la scuola realistica scandinava e quella omonima americana. Partendo da una concezione del diritto come scienza empirica e respingendo, sulla scorta dei risultati raggiunti dalle correnti neopositivistiche di origine inglese, ogni tipo di metafisica giuridica, il R. critica le teorie tradizionaili propugnando un realismo giuridico che non ha nulla in comune con quello di tipo americano, il quale, com' noto, finisce per dissolvere il diritto in concezioni sociologiche o paragiuridiche. Per la stringatezza con cui viene condotto, il ragionamento dell'A. avvince sempre il lettore anche laddove non riesce a fugare le sue perplessit. Cosi tutto il discorso del R. sul concetto di diritto valido ., che costituisce il nucleo essenziale della teoria realistica da lui propugnata e che intende individuare la validit della norma nella probabilit di assunzione della norma medesima da parte dei giudici come criterio per >la decisione di future controversie, anche se non convince lo studioso di men-,.; talit giuridica continentale, desta comunque interesse per il modo in cui le argomentazioni vengono svolte ed i problemi approfonditi. La parte pi interessante del libro, quella che, da sola, varrebbe a farne raccomandare a lettura, , a nostro avviso, quella relativa all'interpretazione delle norme giuridiche: in essa il problema dell'analisi del linguaggio normativo, con tutti i suoi corollari, viene affrontato con un'acutezza e sottigliezza d'indagine e con una dovizia di efficaci esemplificazioni, quali difficilmente si riscontrano in opere sull'argomento anche di pi ampio respiro. L'attualit dei temi contenuti nel volume e l'eco che molti di essi hanno avuto anche nel recente congresso dei Magistrati italiani, tenutosi a Gardone Riviera (V. relazione Maranini), contribuiscono ancor pi a rendere la lettura del libro veramente stimolante per il cultore del diritto. L. MAZZELLA SEGNALAZIONI * M. CASTELLUCCI, Carenza della funzione del Prefetto nella Regione della Valle d'Aosta, Comuni d'Italia, 1966, n. 2. Dall'esame delle norme contenute nel d.1.1. 7 settembre 1945, n. 545, istitutivo della Regione a Statuto Autonomo della Valle d'Aosta, dell'arti- I r:!: i ili~. (*) La redazione di queste brevi segnalazioni, a carattere meramente espo . sitivo, di libri, articoli e note a sentenza stata curata dall'avv. LUIGI MAzzELLiA. . , -J . lli . , 7' ...imamVA"'"'ffi'"'@.:"w.rr-'"-'Xw.==:w.r1" '*'"':$'"""'"""~--""* XW/J0="'"-wr,irw.""w.""' ,,..,tr:::x-x-0''%""''"/. ""'"" m1vw.m.0 er l'assog.gettabilit della sentenza in discorso ad imposta fissa di registro, rilevando che nessuna norma si potrebbe invocare a sostegno della contraria tesi, fatta, peraltro, propria dalla giurisprudenza. G. ToRREGROSSA, Il problema della responsabilit da atto lecito, Giuffr, Milano, 1964, pagg. 212. Il volume suindicato si divide in tre parti ben distinte. Nella prima, dedicata all'esame dell'ingiustizia del danno, l'A. comincia a porre le necessarie premesse per la trattazione del tema che d titolo al libro ed affronta, tra l'altro, anche il delicato e ben noto problema della risarcibilit dei danniper lesione di interessi legittimi. Dopo aver preso nettamente posizione in favore de1la tesi tradizionale, che limita l'ammissibilit del diritto al risarcmento del danno alle sole iipotesi di violazione di un diritto soggettivo, il T. esamina distintamente i casi che, in diritto privato, hanno dato luogo a discussione per la questione anzidetta (ipotesi di responsabilit del notaio ex art. 76 del r. d. I. 16 febbraio 1913, n. 89; ipotesi di responsabilit ex art. 872 c. C per inosservanza di norme edilizie non concernenti le distanze tra le costruzioni: ipotesi di responsabilit ex art. 64 c.p.c. del consulente tecnico d'ufficio; ipotesi di responsabilit ex art. 2675 e.e. del Conservatore dei Registi Immobiliari) per concludere che in essi si riscontrano le note distintive del diritto soggettivo. 90 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nella seconda parte del libro, l'A. entra nel vivo dell'argomento della c. d. responsabilit per attl legittimi, affrontando il problema innanzitutto nel campo del diritto pubblico. Dopo aver premesso, in via generale, che la predetta responsabilit, lungi dall'essere una responsabilit da atto lecito, presuppone un'illiceit di comportamento che rende agevolmente sussumibile la fattispecie sotto il paradigma degli artt. 2043 e segg. del c. c., il T. rileva la stessa e contraddizione in termini dell'espressione responsabilit da atto lecito e sottQPone ad esame l'art. 46 deilla legge 25 giugno 1865 n. 2359 sull'espropriazione per pubblica utilit, per dedurne la conseguenza che tale norma prevede elementi costitutivi di responsabilit del tutto analoghi a quelli della responsabilit da fatto inecito. Passando ad esaminare, nella terza parte, lo stesso problema sotto il profilo del diritto privato, l'A. afferma l'inaccettabilit della concezione dell'atto dannoso necessitato come atto lecito e si sofferma prima 'Sull'ipotesi prevista dall'art. 2045 c. c. e successivamente su quelle disciplinate dagli artt. 1017, 937, 938, 2041, 1338, 843, 924 e 925 dello stesso codice. A giudizio del T. in queste ipotesi come in quelle di diritto pubblico il termine indennit usato dal Legislatore starebbe per risarcimento indiretto, con esso volendosi solo escludere il risarcimento in forma specifica. Il Ubro termina con un esame degli argmenti storici che, secondo l'A., provano che il termine indennit stato sempre usato dal legislatore nella sua accezione di risarcimento per equivalente. <:(:. /t960, . <:(:. /t960, . RASSEGNA DI LEGISEAZIONE ',; ,,. \;;;~::. :~ ""cli legg.e n. 1620 (Senato) (Mo4i;fcazioni a.lle normesuicooten,,. \4z ammi1"istratit1o); "<: . ART. 1. ''\ J.le ne ha interesse, (.-: ''\~1:ttrativa alll 4 cui al titolo -::'',/ _,tt;>provato con decreto del Presidente n. 570, abrogato e sostituito dal Ahl per l'elezione dei consigli comunali, succes.. tei d.ecreto d.i ccmvoazione. dei comizi, ogpi citta_./ hnp.gnazione innanzalla Giunta .provinciale ammiA:" giurisdizioinale, con ricorso da depositarsi nella segre 92 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO teria della Giunta medesima entro trenta giorni dalla proclamazione degli eletti. Il ricorso, a cura di chi l'ha proposto, deve essere notificato giudiziariamente, nel termine di cinque giorni, alla parte che ne ha interesse, la quale ha dieci giorni per rispondere. Contro la decisione della Giunta provinciale amministrativa ammesso il ricorso, anche di merito, al Consiglio di Stato. Le cause di cui al presente articolo sono decise senza che occorra ministero di procuratore o di avvocato. Per i ricorsi di cui al presente articolo e per quelli di cui all'articolo precedente si applica il disposto dell'art. 40 della I. 7 ottobre 1947, n. 1508 . ART. 3. All'art. 84 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, le parole Il Consiglio comunale sono soppresse. ART. 4. I ricorsi m materia di eleggibilit o di operazioni elettorali pendenti innanzi ai consigli comunali, devono essere trasmessi, d'ufficio, alla Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale nel termine di quindici giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. I termini per la presentazione dei ricorsi di cui ai precedenti artt. 1 e 2 decorrono dalla data di entrata in vigore della presente legge per le questioni in materia di eleggibilit o di operazioni elettorali sorte successivamente al 31 dicembre 1965, o per le quali, alla predetta data, non era stato presentato ricorso e non era scaduto il termine per l'impugnativa davanti al consiglio comunale. I ricorsi in materia di eleggibilit o contro le operazioni elettorali pendenti innanzi alla Giunte provinciali amministrative in sede giurisdizionale, sia per avocazione che in appello, contro le decisioni dei consigli comunali sono decisi dalle Giunte medesime come giudici di primo grado. @ @ ~ fil ART. 5. Le norme contenute nell'art. 75 nonch negli artt. 82, 83 e 84 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, modificati dalla presente legge, e le norme di cui al precedente art. 4, si applicano anche per i consigli provinciali. L'art. 2 della 1. 28 maggio 1951, n. 328, abrogato. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 93 ART. 6. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta U:f}ciale della Repubblica. OSSERVAZIONI: Nel decorso anno, su questa Rassegna (1965, I, 1112) stata pubblicata la sentenza 27 dicembre 1965, n. 93, della Corte Costituzionale con cui stata dichiarata l'illegittimit costituzionale degli artt. 82 ed 83 del d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 (t. u. delle leggi per la composizione e l'elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), nonch dall'art. 43 della legge 23 marzo 1956, n. 136, (rtt. 74 e 75 del d.P.R. 5 aprile 1951, n. 203), esclusivamente nelle parti che riguardano i Consigli Comunali, in riferimento all'art. 108, comma 2, d.ella Costituzione. Come si ricorder, con la stessa decisione stata, inoltre, dichiarata, a norma dell'art. 27 della legge 2 marzo 1953, n. 87, l'illegittimit costituzionale degli artt. 84 del predetto t.u. approvato con d.P.R. 16 maggio 1960, n. 57, e 76 del d.P.R. 5 aprile 1951, n. 203, limitatamente alle parole il Consiglio Comunale , nonch dell'art. 2 della l. 18 maggio 1951, n. 328, nella parte in cui attri.buisce ai Consigli Provinciali, in materia di contenzioso elettorale, una competenza analoga a quella dei Consigli Comunali. La lacuna legislativa verificatasi nel contenzioso elettorale ammi nistrativo a seguito della predetta declaratoria d'incostituzionalit e l'urgente necessit di colmarla adeguando l'ordinamento vigente ai precetti contenuti nella decisione della Corte, hanno indotto prima i senatori Palumbo e Trimarchi e poi lo stesso Ministro dell'Interno, di conerto col Ministro di Grazia e Giustizia, a presentare al Senato della Repubblica due disegni di legge, portanti rispettivamente i nn. 1592 e 1620. Come appare chiaro dall'esame del testo del secondo disegno di legge, sopra pubblicato, tra le varie soluzioni possibili si scelta quella pi radicale ed indubbiamente pi soddisfacente, attese anche le deformazioni interpretative delle vecchie norme operate, nel passato, sul piano processuale-giudiziario, dai Consigli comunali e provinciali, di accantonare in maniera definitiva le attribuzioni giurisdizionali dei Consigli medesimi e di riportare il contenzioso elettorale nell'ambito delle competenze giurisdizionali della G.P.A., in primo grado, e della Corte d'Appello o del Consiglio di Stato e della Corte di Cassazione, in sede di gravame. Si provveduto, a tal fine, a sopprimere del tutto l'attuale primo grado di giurisdizione, finora di competenza dei Consigli comunali e provinciali, lasciando inalterato tutto il restante precedente ordinamento. 94 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In particolare, con i primi due articoli del disegno si sostituito il dettato degli artt. 83 ed 82 del t.u. 16 maggio 1960, n. 570, e si sono resi applicabili alla materia elettorale le disposizioni di leggi e di regolamenti che disciplinano il procedimento innanzi alla G.P.A. in sede giurisdizioinale; con il terzo articolo si sono soppresse, in ade- 1enza al dettato della Corte Costituzionale, le parole il Consiglio comunale nell'art. 84 del predetto t.u.; con il quarto articolo si dettata la norma di transizione dal sistema precedente quello nuovo per i ricorsi giurisdizionali eventualmente pendenti innanzi ai Consigli comunali e provinciali e davanti alla G.P.A. in sede giurisdizionale, in caso d'avocazione o d'appello, nel giorno di entrata in vigore della legge; e con il quinto articolo, infine, si estesa l'applicabilit delle disposizioni dell'art. 75 del t.u. n. 570 del 1960 e di quelle degli artt. 82 ed 83 della nuova formulazione al contenzioso riguardante i Consigli provinciali. NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE (*) NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI c:odic:e di procedura penale, art. 398 (Poteri del Pretore nel procedimento con istruzione sommaria), limitatamente alle parti in cui, nei procedimenti di competenza del Pretore, non prevede la contestazione del fatto e l'interrogatorio dell'imputato, qualora si proceda al compimento di atti di istruzione. Sentenza 28 aprile 1966, n. 33, G.U. 30 aprile 1966, n. 105. Ordinanze di remissione 23 febbraio 1965 del Pretore di Iseo (G.U. 15 maggio 1965, n. 122, e in questa Rassegna, 1965, II, 78), 9 marzo 1965 del Pretore di Codigoro (G.U. 5 giugno 1965, n. 139, e in questa Rassegna, 1965, II, 78), 26 marzo 1965 del Tribunale di Ferrara (G.U. 15 maggio 1965, n. 122, e in questa Rassegna, 1965, II, 78), 8 maggi' 1965 del Pretore di Chieti (G.U. 17 luglio 1965, n. 178, e in questa Rassegna, 1965, II, 107), 23 giugno 1965 del Comandante del porto di Trapani (G.U. 28 agosto 1965, n. 216, e in questa Rassegna, 1965, II, 107), 5 luglio 1965 del Pretore di Reggio Emilia (G.U. 28 agosto 1965, n. 216, e in questa Rassegna, 1965, II, 107) e 8 luglio 1965 del Pretore di Padova (G.U. 4 settembre 1965, n. 223, e in questa Rassegna, 1965, II, 142). (*) Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento ai quali sono state proposte o decise le questioni di legittimit costituzionale. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 95 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3267 (Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e terreni montani), art. 11. Sentenza 23 marzo 1966, n. 26, G.U. 26 marzo 1966, n. 76. Ordinanze di remissione 12 aprile 1965 (G. U. 17 luglio 1965, n. 178, e in questa Rassegna, 1965, Il, 107), e 10 maggio 1965 (G.U. 25 settembre 1965, n. 242, e in questa Rassegna, 1965, Il, 143) del Tribunale di Ascoli Piceno. I. 5 ottobre 1962, n. 1539 (Provvedimenti in favore dei mutilati ed invalidi civili), art. 5, primo e quinto comma, nella parte in cui dispone che un medico nominato componente della Commissione provinciale o della \ Commissione centrale sia della libera assoCiazione nazionale mutilati \invalidi civili o di altri enti o associazioni pi rappresentativi . \Sentenza 23 marzo 1966, n. 25, G.U. 26 marzo 1966, n. 76. ~rdinanza di rimessione 9 luglio 1964 del Pretore di Bologna, '1; novembre 1964, n. 282, e in questa Rassegna, 1964, II, 211. \f,bralo 1963, n. 327 (Norme sui contratti a miglioria in uso \~ del Lazio) art+. 4, 5, 7 e 8. '~ aprile 1966, n. 30, G. U. 30 aprile 1966, n. 105. \;_ rimessione 28 marzo 1964 del Pretore di Alatri ''Q64, n. 126, e in questa Rassegna, 1964, II, 99); 13 \1lllale di Frosinone e 15 maggio 1964 del Pretore dio 1964, n. 169, in questa Rassegna, 1964, II, '';I.'ribunale di Frosinone (G. U. 29 agosto 1964, ''\p., 1964, II, 155); 23 luglio 1964 del Pretore 1964, n. 238, e in questa Rassegna, 1964, 156 (Norme in materia di contratti agrari), ..,,dle 1966, n. 30, G. U. 30 aprile 1930, n. 105. s1c. approv. 15 giugno 1965 (Proroga di agevolazioni tribumateria di edilizia), art. 1, salve le parti in cui proroga per gli .~-i non destinati ad albergo le norme contenute nell'art. 5 della ,,gge regionale 28 aprile 1954, n. 11 e negli artt. 1 e 2 della legge regionale 11 gennaio 1963, n. 4; artt. 2 e 4. Sentenza 10 marzo 1966, n. 23, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. (1) Illegittimit costituzionale dichiarata a norma dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87. 96 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO NORME DELLE QUALI STATA DICHIARATA NON FONDATA LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE codice penale, art. 204 (Accertamento di pericolosit. Pericolosit sociale presunta), secondo comma (art. 13 della Costituzione). Sentenza 10 marzo 1966, n. 19, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. Ordinanza di rimessione 30 ottobre 1964 della Corte di Appello di Genova, G. U. 13 febbraio 1965, n. 39, e in questa Rassegna, 1965, II, 13. codice penale, art. 684 (Pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento) (artt. 3 e 31 della Costituzione). Sentenza 10 marzo 1966, n. 18, G. U. 12 marzo, 1965, n. 64. Ordinanze di rimessione 14 ottobre 1964 (due) del Tribunale di Bologna, G. U. 14 novembre 1964, n. 282 e 28 novembre 1964, n. 295, e in questa Rassegna, 1964, II, 209. codice di procedura penale, art. 164, n. 1 (Divieto di pubblicazione di determinati atti) (artt. 3 e 21 della Costituzione) (2). Sentenza 10 marzo 1966, n. 18, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. Ordinanze di rimessione 14 ottobre 1964 (due) del Tribunale di Bologna, G. U. 14 novembre 1964, n. 282 e 18 novembre 1964, n. 295, e in questa Rassegna, 1964, II, 209. codice di procedura penale, art. 506 (Casi di giudizio per decreto e poteri del Pretore), nella parte in cui d facolt al Pretore di pronunciare condanna per decreto penale senza aver prima interrogato l'imputato od enunciato il fatto in un mandato rimasto senza effetto (art. 24 della Costituzione (3). Sentenza 23 marzo 1966, n. 27, G. U. 26 marzo 1966, n. 76. Ordinanza di rimessione 19 luglio 1965 del Pretore di Padova, }. G. U. 30 ottobre 1965, n. 273, e in questa Rassegna, 1965, II, 143. ' (2) Con sentenza 14 aprile 1965, n. 25 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimit costituzionale dell'art. 164 c. p. p., ai sensi e nei limiti di cui in motivazione, nella parte fino a che siano trascorsi i termini stabititi dalle norme @ II X sugli archivi di Stato riferita all'ipotesi di cui all'art. 423 c. p. p. e quando avven-. gono da parte del pubblico manifestazioni che possono turbare la serenit de dibattimento ., e dell'art. 164, n. 3, c. p. p., limitatamente alle ipotesi di dibattimento . celebrato a porte chiuse perch la pubblicit e pu eccitare riprovevole curiosit ~100' e per ragioni di pubblico igiene . , (3) Altra questione di legittimit costituzionale dell'art. 506 c. p. c., in quanto , . consente di pronunciare decreto di condanna senza dibattimento, stata dichiarata . non fondata con sentenza 23 dicembre 1963, n. 170. I PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 97 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3267 (Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e terreni montani), art. 1 O (artt. 3, 25 e 70 della Costituzione). Sentenza 23 marzo 1966, n. 26, G. U. 26 marzo 1966, n. 76. Ordinanze di rimessione 12 aprile 1965 (G. U. 17 luglio 1965, n. 178, e in questa Rassegna, 1965, II, 107) e 10 maggio 1965 (G. U. 25 settembre 1965, n. 242, e in questa Rassegna, 1965, II, 143) del Tribunale di Ascoli Piceno. r. d. I. 8 settembre 1932, n. 1390 (Approvazione del piano regolatore di alcune zone del centro della citt di Genova e delle relative norme di attuazione), convertito in 1. 30 marzo 1933, n. 361, art. 17 (artt. 76 e 77 della Costituzione). Sentenza 28 aprile 1966, n. 32, G. U. 30 aprile 1966, n. 105. Ordinanza di rimessione 30 giugno 1964 del Tribunale di Genova, G. U. 26 settembre 1964, n. 238 e in questa Rassegna, 1964, II, 179. I. 30 marzo 1933, n. 361 (Conversione in legge del r. d. l. 8 settembre 1932, n. 1390, con il quale sono stati approvati il piano regolatore di alcune zone del centro della citt di Genova e le relative norme di attuazione), in quanto converte l'art. 17 del r.d.l. 8 settembre 1932, n. 1390 (artt. 76 e 77 della Costituzione). Sentenza 28 aprile 1966, n. 32, G. U. 30 aprile 1966, n. 105. Ordinanza di rimessione 30 giugno 1964 del Tribunale di Genova, G. U. 26 settembre 1964, n. 238, e in questa Rassegna, 1964, II, 179. r. d. 27 febbraio 1936, n. 501 (Modificazione dell'art. 14 delle norme di attuazione del r.d.l. 8 settembre 1932, n. 1390, relativo all'approvazione del piano regolatore di alcune zone del centro di Genova) (artt. 76 e 77 della Costituzione). Sentenza 28 aprile 1966, n. 32, G. U. 30 aprile 1966, n. 105. Ordinanza di rimessione 30 giugno 1964 del Tribunale di Genova, G. U. 26 ottobre 1964, n. 238, e in questa Rassegna, 1964, II, 179. I. 10 giugno 1940, n. 653 (Trattamento degli impiegati privati richiamati alle armi), art. 32 (art. 27, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 12 febbraio 1966, n. 12, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. Ordinanza di rimessione 19 novembre 1964 del Pretore di Torino, G. U. 13 febbraio 1965, n. 39, e in questa Rassegna, 1965, II, 14. d. I. lgt. 9 novembre 1945, n. 788 (Istituzione della Cassa per l'integrazione dei guadagni degli operai dell'industria e disposizioni transitorie 98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO a favore dei lavoratori dell'industria dell'alta Italia), art. 16 (art. 27, terzo comma, della Costituzione (4). Sentenza 12 febbraio 1966, n. 12, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. Ordinanza di rimessione 19 novembre 1964 del Pretore di Torino, G. U. 13 febbraio 1965, n. 39, e in questa Rassegna, 1965, II, 14. d. I. C. P. S. 28 novembre 1947', n. 1430 (Esecuzione del trattato di pace tra l'Italia e le potenze alleate ed associate, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947), art. 1 (artt. 3, 24 e 42 della Costituzione). Sentenza 10 marzo 1966, n. 20, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. Ordinanze di rimessione 6 febbraio 1964 (due) del Tribunale di Venezia, G. U. 26 settembre 1964, n. 238, e in questa Rassegna, 1964, Il, 180, e G. U. 5 giugno 1965, n. 139, e in questa Rassegna, 1965, II, 79. I. 4 aprile 1952, n. 218 (Riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidit, la vecchiaia e i superstiti), art. 23" (art. 27, terzo comma, della Costituzione (4). Sentenza 12 febbraio 1966, n. 12, G. U. 12 marzo 1965, n. 64. Ordinanza di rimessione 19 novembre 1964 del Pretore di Torino, G. U. 13 febbraio 1965, n. 139, e in questa Rassegna, 1965, II, 14. d. P. R. 30 maggio 1955, n. 797 (Testo unico delle norme conce1nenti gli assegni familiari), artt. 82 e 85 (art. 27, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 12 febbraio 1966, n. 12, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. Ordinanza di rimessione 19 novembre 1964 del Pretore di Torino, G. U. 13 febbraio 1965, n. 39, e in questa Rassegna, 1965, Il, 14. I. 5 ottobre 1962, n. 1539 (Provvedimenti in favore dei mutillati e invalidi civili), art. 4, secondo c:omma (artt. 3, 2, 4 e 18 della Costituzione). Sentenza 23 marzo 1966, n. 25, G. U. 26 marzo 1966, n. 76. Ordinanza di rimessione 9 luglio 1964 del Pretore di Bologna, G. U. 14 novembre 1964, n. 282, e in questa Rassegna, 1964, Il, 211. I. 25 febbraio 1963, n. 327 (Norme sui contratti a miglioria in uso nelle Provincie del Lazio) artt. 1, 2 e 3 (artt. 3, 41 e 42 della Costituzione). Sentenza 28 aprile 1966, n. 30, G. U. 30 aprile 1966, n. 105. Ordinanze di rimessione 28 marzo 1964 del Pretore di Alatri (G. U. 23 maggio 1964, n. 126, e in questa Rassegna, 1964, II, 99); 13 maggio 1964 del Tribunale di Frosinone e 15 maggio 1964 del Pretore di (4) In riferimento all'art. 13 della Costituzione la questione stata dichiarata non fondata con sentenza 2.3 aprile 1965, n. 32. r: PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 99 Veroli (G. U. 11 luglio 1964, n. 169, e in questa Rassegna, 1964, II, 135); 8 giugno 1964 del Tribunale di Frosinone (G. U. 29 agosto 1964, n. 212, e in questa Rassegna, 1964, Il, 135); 23 luglio 1964 del Pretore di Sora (G. U. 26 settembre 1964, n. 238, e in questa Rassegna, 1965, Il, 181). I. reg. sarda approv. 15 gennaio 1964 (Utilizzazione dei mezzi, dei fondi e del personale a disposizione delle Giunte regionali nel corso delle elezioni del quarto Consiglio regionale della Sardegna). Sentenza 28 aprile 1966, n. 29, G. U. 30 aprile 1966, n. 105. I. reg. si-:. approv. 3 giugno 1965 (Provvedimenti riguardanti gli insegnanti delle scuole secondarie) (artt. 3, 81, 36 e 97 della Costituzione). Sentenza 10 marzo 1966, n. 22, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. NORME DELLE QUALI STATO PROMOSSO GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE -:odice civile, art. 271 (Legittimazione attiva e termine), primo comma, in quanto limita nel tempo, con sanzione di decadenza, la proponibilit dell'azione di dichiarazione giudiziale di paternit naturale (art. 30 della Costituzione (5). Tribunale di Roma, ordinanza 8 novembre 1965, G. U. 30 aprile 1966, n. 105. codice civile, art. 316 (Esercizio della patria potestd), in quanto attribuisce solo al padre l'esercizio della patria potest (artt. 3, 29, secondo comma, e 30, prima parte, della Costituzione) (6). Pretore di Imola, ordinanza 7 gennaio 1966, G. U. 30 aprile 1966, n. 105. codice civile, art. 320 (Rappresentanza e amministrazione), in quanto attribuisce solo al padre la rappresentanza dei figli e l'amministrazione dei loro beni (artt. 3, 29, secondo comma, e 30, prima parte, della Costituzione). Pretore di Imola, ordinanza 7 gennaio 1966, G. U. 30 aprile 1966, n. 105. (5) Questione gi proposta, in riferimento anche all'art. 3 della Costituzione, con ordinanza 28 maggio 1965 dal Tribunale di Torino (G. U. 31 dicembre 1965, n. 236, e in questa Rassegna, 1965, Il, 172). (6) Questione gi proposta, .in riferimento al solo art. 29, secondo comma, della Costituzione, con ordinanza 10 giugno 1964 del Pretore di Tricarico (G. U. 12 settembre 1964, n. 225, e in questa Rassegna, 1964, II, 178). 100 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO c:odlc:e di proc:edura c:ivlle, art. 301 (Morte o impedimento del procuratore), primo c:omma, e. art. 305 (Mancata prosecuzione o riassunzione del processo), primo c:omma, in quanto ispirati ad una presunzione iuris et de iure di conoscenza dell'evento interruttivo del processo (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Catania, ordinanza 17 gennaio 1966, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. c:odlc:e di proc:edura c:lvile, art. 513 (Ricerca delle cose da pignorare), primo c:omma, ultima parte, in quanto, nell'autorizzare l'ufficiale giudiziario a ricercare le cose da pignorare anche sulla persona del debitore, consente una perquisizione personale senza atto motivato dell'autorit giudiziaria (art. 13, primo e secondo comma, della Costituzione). Pretore di Fermo, ordinanza 28 novembre 1965, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. c:odic:e di proc:edura penale, art. 177 &is {Notificazione aU'imputato all'estero), primo c:omma, per la parte in cui dispone che le formalit dell'avviso di procedimento all'imputato residente all'estero non sospende e non ritarda il procedimento (artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione (7). Pretore di Castiglione delle Stiverie, ordinanza 21 gennaio 1966, G.. U. 30 aprile 1966, n. 105. c:odlc:e di proc:edura penale, art. 231 (Atti e informative del Pretore), primo c:omma, in quanto consente al Pretore di emettere decreti di citazione a giudizio senza che l'imputato sia stato interrogato (artt. 3 e 24 della Costituzione) (8). Pretore di ?llovara, ordinanza 12 febbraio 1966, G. U. 30 aprile 1966, n. 105. c:odlc:e di proc:edura penale, art. 356 (Norme relative all'assunzione di determinati. testimoni), primo c:omma, in quanto prescrive modalit particolari (accordi preventivi e spostamento dell'autorit giurisdizionale nel luogo indicato dal teste) per il raccoglimento della deposizione testimoniale dei Grandi Ufficiali dello Stato (art. 3 della Costituzione). Pretore di Fermo, ordinanza 27 dicembre 1965, G. U. 12 marzo 1966, n. 12. (7) L'art. 177 bis, nella parte e nel luogo in cui Bi procede ., stato dichiarato incostituzionale con sentenza 23 aprile 1965, n. 31. (8) Nello. stesso senso, stato dichiarato illgittimo l'art. 398 c. p. p. (sentenza 28 aprile 1966, n. 33). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 101 codice di procedura penale, art. 392 (Forme, avocazione e trasformamazione della istruzione sommaria), nella parte in cui, con l'inciso in quanto applicabili ., rende possibile non applicare alla istruzione sommaria le disposizioni degli artt. 304 bis, 304 ter e 304 quater c.p.p. (art. 24 della Costituzione) (9). Pretore di Empoli, 5 gennaio 1966, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. codice di procedura penale, art. 392 (Forme, avocazione e trasformamazione della istruzione sommaria), primo comma, nella parte in cui, con l'inciso in quanto applicabili , rende possibile non applicare alla istruzione sommaria l'art. 372 del c.p.p. (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (10). Pretore di Pieve di Cadore, ordinanze 25 gennaio 1966 (due), G. U. 12 marzo 1966, n. 64 e 30 aprile 1966, n. 105. codice di procedura penale, art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento con istruzione sommaria), terzo comma, in quanto implicitamente consente al Pretore di emettere decreto di citazione a giudizio senza che l'imputato sia stato interrogato (art. 24, secondo comma, della Costituzione (11). Tribunale di Ferrara, ordinanze 7 dicembre 1965 e 21 dicembre 1965 (quattro), G. U. 12 marzo 1966, n. 64; 24 gennaio 1966 e 1 febbraio 1966 (tre), G. U. 30 aprile 1966, n. 105. Pretore di Castelfranco Veneto, ordinanza 17 dicembre 1965, G. U. 11 marzo 1966, n. 64. Pretore di Novara, ordinanza 12 febbraio 1966, G. U. 30 aprile 1966, n. 105 (12). codice di procedura penale, art. 419 (Anticipazione di spese), in quanto impone anche all'imputato, quale e parte privata ., di anticipare (9) La disposizione, nella parte denunciata, stata gi dichiarata illegittima con sentenza 26 giugno 1965, n. 52. La questione stata nuovamente. sollevata ( in via subordinata rispetto alla richiesta di decisione sul confiitto sorto tra la Corte costituzionale e la Corte di cassazione e al provvedimento di sospensione del processo in attesa della risoluzione, d'ufficio, del confiitto) nel condizionante presupposto che possa considerarsi necessario provocare in ciascun processo, perch rispetto ad esso risulti _operante, la decisione della Corte costituzionale sulla legittimit costit~ionale delle disposizioni (cfr., infra, nota 17). (10) La disposizione stata gi dichiarata illegittima, in quanto rende possibile non applicare all'istruzione sommaria gli artt. 304 bis, 304 ter, e 304 quater, c. p. p., con sentenza 26 giugno 1965, n. 52. (11) La disposizione stata dichiarata illegittima con sentenza 28 aprile 1966, n. 33. (12) Per altre ordinanze di rimessione fr. retro, II, 22, con richiamo ai precedenti. 21 102 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO le spese per la citazione dei testimoni di cui ha chiesto l'escussione (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Venezia, ordinanza 24 gennaio 1966, G. U. 30 aprile 1966, n. 105. c:odlc:e delle navigazione, art. 84 (Ingiunzione per rimborso di spese), terzo comma. in quanto limita i motivi di opposizione a quelli inerenti all'esistenza e all'ammontare del credito (artt. 24 e 113 della Costituzione) e in quanto condiziona la proponibilit dell'opposizione al previo versamento della somma indicata nell'atto di ingiunzion (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). Pretore di Civitavecchia, ordinanza 14 febbraio 1966, G. U. 30 aprile 1966, n. 105. I. 30 gennaio 1896, n. 26 (Testo unico delle leggi sugli spiriti). art. 18, in quanto obbliga il giudice ad emettere giudizio di responsabilit sulla sola base di una presunzione iuris et de iure (artt. 3, 24. terzo comma, 27 e 111, primo comma, della Costituzione (13). Tribunale di Belluno, ordinanza 28 gennaio 1966, G. U. 30 aprile 1966, n. 105. r. d. 16 settembre 1909, n. 704 (Testo unico delle leggi sugli spiriti),. art. 23, in quanto obbliga il giudice ad emettere giudizio di responsabilit sulla sola base di una presunzione iuris et de iure (artt. 3, 24. terzo comma, 27 e 111, primo comma, della Costituzione) (13). Tribunale di Belluno, ordinanza 28 gennaio 1966, G. U. 30 aprile 1966, n. 105. r. d. 30 dicembre 1923, n. 3267 (Riordinamento e riforma della legisla~ zione in materia di boschi e di terreni; montani), se ed in quanto conferisce ai Comitati provinciali forestali il potere di dettare norme perla previsione e la repressione dei reati (artt. 25 e 77 della Costituzione). Pretore di Troina, ordinanza 11 novembre 1965, G. U. 12 marzo. 1966, n. 64 (14). (13) La stessa questione, proposta per l'art. 37, terzo comma, del d. m. 8 luglio. 1924 con ordinanza di rimessione 30 aprile 1965, dallo stesso Tribunale di Belluno. (in questa Rassegna, 1965, II, 107), stata dichiarata manifestamente infondata dalla Corte costituzionale con ordinanza 6 dicembre 1965, n. 81 (in questa Rassegna, 1965, II, 176), con riguardo alla natura amministrativa del provvedimento sottopostO. a giudizio di legittimit costituzionale. (14) Dal testo dell'ordinanza la questione risulta proposta, in riferimento al r. d. 30 dicembre 1923, n. 3267, per gli artt. 27 e 30 delle prescrizioni di massima e di polizia forestale._per la_ provincia di Enna. Per altra ordinanza di remissione, dl pari data, dello stesso Pretore in Troina, cfr. retro, II, 23. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 103 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (Legge deZ registro), art. 72, in quanto consente di sottoporre all'imposta proporzionale di registro le sentenze non passate in giudicato, imponendo il pagamento di un tributo che, per essere liquidato su convenzioni ancora in contestazione, potrebbe poi risultare non dovuto (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione (15). Corte di appello di Milano, ordinanza 21 gennaio 1966, G. U. 30 aprile 1966, n. 105. r d. I. 15 marzo 1927, n. 436 (Disciplina dei contratti di compravendita degli autoveicoli ed istituzione del pubblico Registro Automobilistico presso le sedi dell'Automobile Club d'Italia), art. 7, quarto comma, in quanto impone l'esecuzione del decreto di vendita quando il debitore opponente non documenti, alla prima udienza, l'avvenuto pagamento delle somme dovute (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Catania, ordinanze 14 gennaio 1966, G. U. 26 marzo 1966, n. 76 e 25 gennaio 1966, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. r. d. 28 maggio 1931, n. 602 (Disposizioni di attuazione deZ codice di procedura penale) art. 28, in quanto richiama l'art. 419 del codice di procedura penale nella parte in cui impone anche all'imputato di anticipare le spese per la citazione dei testimoni di cui ha chiesto l'escussione (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Venezia, ordinanza 24 gennaio 1966, G. U. 30 aprile 1966, n. 105. r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), art. 156, in quanto condiziona ad un provvedimento discrezionale della pubblica Amministrazione la possibilit di fare raccolta di fondi o di oggetti, collette o questue > (artt. 2, 3, 18, 21 e 49 della Costituzione) ed esclude dalla disciplina la materia religiosa (art. 3 della Costituzione) (16). Pretore di Gonzaga, ordinanza 19 novembre 1965, a. U. 12 marzo 1966, n. 12. (15) La questione, proposta dalla stessa Corte di appello di Milano, stata gi cliehiara:fta non :fi>ndata con; sentenza 8 giugno-19'63, II. 82. (16) Questione gi dichiarata infondata, in riferimento agli artt. 17, 18, 19, 21, 33, 39, 45 e 49 della Costituzione, con sentenza, 26 gennaio 1957, n. 2. La questione stata riproposta, in riferimento agli artt. 2, 3 e 21, con ordinanza 12 febbraio 1965 del Tribunale di Reggio Emilia (G. U. 30 aprile 1965, n. 102, e in questa Rassegna, 1965, ll, 48) e, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con ordinanza 14 giugno 1965 del Pretore di Avezzano (G. U. 28 agosto 1965, n. 216, e in questa Rassegna, 1965, II, 108) e 14 settembre 1965 del Tribunale di Brescia (G. U. 30 ottobre 1965, n. 273, e in questa Rassegna, 1965, II, 143). 104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r. d. 3 marzo 1934, n. 383 (Testo unico del"la legge comunale e provinciale), art. 108, primo c:omma, in quanto rimette la determinazione della somma da pagare a titolo di oblazione alla discrezione del sindaco (art. 3 della Costituzione). Pretore di Orvieto, ordinanze 5 febbraio 1966 (sei), G. U. 30 aprile 1966, n. 105. r. d. 5 giugno 1939, n. 1016 (Testo unico delle leggi sulla protezion6 della selvaggina e per l'esercizio della caccia), art. 67, primo comma, in quanto consente solo agli iscritti alla Federazione italiana della caccia l'esercizio della caccia nelle riserve costituite dai Comuni nella zona delle Aipi (art. 3 della Costituzione). Pretore di Saluzzo, ordinanza 17 gennaio 1966, G. U. 30 aprile 1966, n. 105. r. d. 5 giugno 1939, n. 1016 (Testo unico delle leggi sulla protezione della selvaggina e per l'esercizia della caccia), art. 77, in quanto attribuisce al Prefetto la facolt di accogliere o rigettare le domande di oblazione e il potere di determinare discrezionalmente la somma da pagare (artt. 3, 25 e 102 della Costituzione). Pretore di Narni, ordinanza 18 gennaio 1966, G. U. 26 marzo 1966, n. 76. r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), art. 16, primo ~ c:omma, se ed in quanto non consenta ai magistrati di essere eletti consi. glieri comunali (art. 51 della Costituzione). ~,:~ Consiglio comunale di Borbona, deliberazione 30 ottobre 1965, , G. U. 12 marzo 1965, n. 64. ' I . d. P. R. 5 1uglio 1951, n. 573 (Norme sull.a dichiarazione unica annuale dei redditi soggetti alle imposte dirette), art. 22, primo c:omma, in quanto, disponendo che in caso di omessa dichiarazione i redditi ~ accertati per l'anno precedente continuano ad essere iscritti a ruolo, aumentati, per i redditi di categoria A, B e Cl, del 10 per cento, esclude, 'IInel caso di omessa (o ritardata) dichiarazione che il debitore d'imposta possa assolvere l'obbligazione tributaria in proporzione della sua capacit contributiva, e che l'imposizione nei suoi confronti possa essere eguale a qud,la degli altri deb~tori d'imposta che, nello stesso periodo, abbiano realizzato un identico reddito (artt. 53 e 3 della Costituzione). I Commissione provinciale delle imposte di Catania, ordinanza 17 no I vembre 1964, G. U. 26 marzo 1966, n. 76. ~ I. 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), art. 30, se ed in quanto escluda, secondo I' l'interpretazione adottata dalla Corte di Cassazione, efficacia retroattiva I .. -If: 108 --- PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (Legge del registro), art. 72, in quanto Jnsente di sottoporre all'imposta proporzionale di registro le sentenze on passate in giudicato, imponendo il pagamento di un tributo che, fer essere liquidato su convenzioni ancora in contestazione, potrebbe poi 'isultare non dovuto (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione (15). Corte di appello di Milano, ordinanza 21 gennaio 1966, G. U. 30 iprile 1966, n. 105. r d. I. 15 marzo 1927, n. 436 (Disciplina dei contratti di compravendita degli autoveicoli ed istituzione del pubblico Registro Automobilistico presso le sedi dell'Automobile Club d'Italia), art. 7, quarto comma, in quanto impone l'esecuzione del decreto di vendita quando il debitore opponente non documenti, alla prima udienza, l'avvenuto pagamento delle somme dovute (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore d Catania, ordinanze 14 gennaio 1966, G. U. 26 marzo 1966, n. 76 e 25 gennaio 1966, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. r. d. 28 maggio 1931, n. 602 (Disposizioni di attuazione del codice di procedura penale) art. 28, in quanto richiama l'art. 419 del codice di procedura penale nella parte in cui impone anche all'imputato di anticipare le spese per la citazione dei testimoni di cui ha chiesto l'escussione (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Venezia, ordinanza 24 gennaio 1966, G. U. 30 aprile 1966, n. 105. r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), art. 156, in quanto condiziona ad un provvedimento discrezionale della pubblica Amministrazione la possibilit di fare raccolta di fondi o di oggetti, collette o questue > (artt. 2, 3, 18, 21 e 49 della Costituzione) ed esclude dalla disciplina la materia religiosa > (art. 3 della Costituzione) (16). Pretore di Gonzaga, ordinanza 19 novembre 1965, 'G. U. 12 marzo 1966, n. 12. (15) La questione, proposta dalla stessa Corte di appello di Milano, stata gi dfdrtarata non. flmdata con sentenza 8 giugno ISJffS,. :rr. 82. (16)-Qttestione gi dichiarata infondata, in riferimento agli artt. 17, 18, 19, 21, 33, 39, 45 e 49 della CostitUZlne, con sentenza, 26 gennaio 1957, n. 2. La questione stata riproposta, in riferimento agli artt. 2, 3 e 21, con ordinanza 12 febbraio 1965 del Tribunale di Reggio Emilia (G. U. 30 aprile 1965, n. 102, e in questa Rassegna, 1965, n, 48) e, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con ordinanza 14 giugno 1965 del Pretore di Avezzano (G. U. 28 agosto 1965, n. 216, e in questa Rassegna, 1965, II, 108) e 14 settembre 1965 del Tribunale di Brescia (G. U. 3() ottobre 1965, n. 273, e in questa Rassegna, 1965, ll, 143). 106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d. P. R. 14' luglio 1960, n. 1032 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai e degli impiegati addetti alle industrie edilizie ed affini), articolo unico, per la parte con cui rende obbligatorio erga omnes l'art. 56 del contratto collettivo di lavoro 24 luglio 1959 per gli operai addetti all'industria edilizia ed affini (artt. 76 e 24 della Costituzione) (19). Tribunale di Catania, ordinanza 9 novembre 1965, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. d. P. R. 11 settembre 1960, n 1326 (Norme sul trattamento economico e normativo dei lavoratori dipendenti dalle imprese grafiche e affini), articolo unico, per la parte in cui rende obbligatorio erga omnes l'art. 10 del contratto collettivo di lavoro 1 ottobre 1959 (artt. 39, 76 e 77 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 14 febbraio 1966, G. U. 30 aprile 1966, n. 105. d. P. R. 9 maggio 1961, n. 715 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai dipendenti dalle imprese edili ed affini delle provincie di Genova, Imperia, La Spezia e Savona), articolo unico, per la parte in cui rende obbligatori erga omnes l'art. 11 del contratto collettivo integrativo per la provincia di La Spezia, l'accordo collettivo 30 settembre 1959 per la costituzione della Cassa edile spezzina di mutualit e di assistenza e l'accordo 2 ottobre 1959 per la redazione dello statuto e del regolamento della Cassa (artt. 70, 76 e 77 della Costituzione). Tribunale di La Spezia, ordinanza 25 ottobre 1965, G. U. 30 aprile 1966, n. 105. d. P. R. 9 maggio 1961, n. 866 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai dipendenti dalle imprese edili ed affini delle provincie di Catanzaro, Cosenza e Reggio Calabria), articolo unico, per la parte in cui rende obbligatorie erga o1fl,nes le clausole concernenti la Cassa edile contenute nell'art. 11 del Contratto integrativo collettivo 10 luglio 1959 per gli operai edili della provincia di Reggio Calabria (art. 76 della Costituzione) (20). (19) Questione gi proposta, contestualmente a quella relativa all'art. 55 del contratto collettivo 24 luglio 1959 e in riferimento al solo art. 76 della Costituzione, con ordinanze 15 aprile 1965 del Pretore di Fermo (G. U. 5 giugno 1965, n. 139, e in questa Rassegna, 1965, II, 82) e 30 aprile 1965 del Tribunale di Fermo (G. U. 3 luglio 1965, n. 163, e in questa Rassegna 1965, II, 111). Il d. P. R. 14 luglio 1860, n. 1032 stato gi dichiarato illegittimo per la parte in cui rende obbligatorie erga, omnes le seguenti disposizioni del contratto collettivo di lavoro 24 luglio 1959 : art. 34, per il riferimento alle casse edili di cui alla fine del terzultimo comma. (sentenza 13 luglio 1963, n. 129), art. 55 (sentenza 6 luglio 1965, n. 56), art. 61 (sentenza 9 giugno 1965, n. 43), art. 62 (sentenza 13 luglio 1963, n. 129). (20) Questione gi proposta, con riguardo all'intero art. 11 del contratto integrativo 1 luglio 1959, con ordinanza 26 febbraio 1965 della Corte di Cassazione (G. U. 28 agosto 1965, n. 216, e in questa Rassegna, 1965, II, 112).. / : . .. r r ~i . Wf.Y.Jr%r9'-=r_.-::rp%-f.':r.0.f.f%f.J@o/.&'Tlff*~Wf[1.:itffiW'ffil'f:Wif.MWtmr==m-r-'*='ff:'Fw~~o/:,..-""==:'"w"="'""'='===--xs==:::=m:,:::::::J - 103-- PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (Legge del registro), art. 72, in quanto isente di sottoporre all'imposta proporzionale di registro le sentenze n passate in giudicato, imponendo il pagamento di un tributo che, r essere liquidato su convenzioni ancora in contestazione, potrebbe poi iultare non dovuto (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione (15). Corte di appello di Milano, .ordinanza 21 gennaio 1966, G. U. 30 )rile 1966, n. 105. r d. I. 15 marzo 1927, n. 436 (Disciplina dei contratti di compravendita .egli autoveicoli ed istituzione del pubblico Registro Automobilistico 1resso le sedi dell'Automobile Club d'Italia), art. 7, quarto c:omma, in tuanto impone l'esecuzione del decreto di vendita quando il debitore )pponente non documenti, alla prima udienza, l'avvenuto pagamento ielle somme dovute (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Catania, ordinanze 14 gennaio 1966, G. U. 26 marzo 1966, n. 76 e 25 gennaio 1966, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. r. d. 28 maggio 1931, n. 602 (Disposizioni di attuazione del codice di procedura penale) art. 28, in quanto richiama l'art. 419 del codice di procedura penale nella parte in cui impone anche all'imputato di anticipare le spese per la citazione dei testimoni di cui ha chiesto l'escussione (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Venezia, ordinanza 24 gennaio 1966, G. U. 30 aprile 1966, n. 105. r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), art. 156, in quanto condiziona ad un provvedimento discrezionale della pubblica Amministrazione la possibilit di fare e raccolta di fondi o di oggetti, coUette o questue > (artt. 2, 3, 18, 21 e 49 della Costituzione) ed esclude dalla disciplina la materia religiosa > (art. 3 della Costituzione) (16). Pretore di Gonzaga, ordinanza 19 novembre 1965, a. U. 12 marzo 1966, n. 12. (15) La questione, proposta dalla stessa Corte di appello di Milano, stata gi ctiehtamta: non fbndata: con senteDza: 8 g:iug'DO ISfff3, :n:. 82. (16} Questione gi dichiarata infondata, in riferimento agli artt. 17, 18, 19, 21, 33, 39, 45 e 49 della Costituzione, con sentenza, 26 gennaio 1957, n. 2. La questione stata riproposta, in riferimento agli artt. 2, 3 e 21, con ordinanza 12 febbraio 1965 del Tribunale di Reggio Emilia (G. U. 30 aprile 1965, n. 102, e in questa Rassegna, 1965, n, 48) e, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con ordinanza 14 giugno 1965 del Pretore di Avezzano (G. U. 28 agosto 1965, n. 216, e in questa Rassegna, 1965, II, 108) e 14 settembre 1965 del Tribunale di Brescia (G. U. 3() ottobre 1965, n. 273, e in questa Rassegna, 1965, n, 143). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE r. d, 30 dicembre 1923, n. 3269 (Legge del registro), art. 72, in quanto consente di sottoporre .all'imposta proporzionale di registro le sentenze non passate in giudicato, imponendo il pagamento di un tributo che, per essere liquidato su convenzioni ancora in contestazione, potrebbe poi risultare non dovuto (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione (15). Corte di appello di Milano, .ordinanza 21 gennaio 1966, G. U. 30 aprile 1966, n. 105. r d. I. 15 marzo 1927, n. 436 (Disciplina dei contratti di compravendita degli autoveicoli ed istituzione del pubblico Registro Automobilistico presso le sedi dell'Automobile Club d'Italia), art. 7, quarto c:omma, in quanto impone l'esecuzione del decreto di vendita quando il debitore opponente non documenti, alla prima udienza, l'avvenuto pagamento delle somme dovute (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Catania, ordinanze 14 gennaio 1966, G. U. 26 marzo 1966, n. 76 e 25 gennaio 1966, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. r. d. 28 maggio 1931, n. 602 (Disposizioni di attuazione del codice di procedura penale) art. 28, in quanto richiama l'art. 419 del codice di procedura penale nella parte in cui impone anche all'imputato di anticipare le spese per la citazione dei testimoni di cui ha chiesto l'escussione (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Venezia, ordinanza 24 gennaio 1966, G. U. 30 aprile 1966, n. 105. r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), art. 156, in quanto condiziona ad un provvedimento discrezionale della pubblica Amministrazione la possibilit di fare raccolta di fondi o di oggetti, collette o questue > (artt. 2, 3, 18, 21 e 49 della Costituzione) ed esclude dalla disciplina la e materia religiosa > (art. 3 della Costituzione) (16). Pretore di Gonzaga, ordinanza 19 novembre 1965, a. U. 12 marzo 1966, n. 12. (15) La questione, proposta dalla stessa Corte di appello di Milano, stata gi die~Df.'111 fbndata .con: senteDza 8 giugno Iil63, n. 82. (16)' Qttestione gili dichiarata infondata, in riferimento agli artt. 17, 18, 19, 21, 33, 39, 45 e 49 della Costituzione, con sentenza, 26 gennaio 1957, n. 2. La questione stata riproposta, in riferimento agli artt. 2, 3 e 21, con ordinanza 12 febbraio 1965 del Tribunale di Reggio Emilia (G. U. 30 aprile 1965, n. 102, e in questa Rassegna, 1965, n, 48) e, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con ordinanza 14 giugno 1965 del Pretore di Avezzano (G. U. 28 agosto 1965, n. 216, e in questa Rassegna, 1965, II, 108) e 14 settembre 1965 del Tribunale di Brescia (G. U. 3() ottobre 1965, n. 273, e in questa Rassegna, 1965, n, 143). PARXE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE. 109' d. I. I. 7 gennaio 1946, n. 1 (Ricostruzione delle amministrazioni comunali su basi elettive) (22). Ordinanza 22 febbraio 1966, n. 17, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. Deliberazione 8 aprile 1965 del Consiglio comunale di Pomezia,. G. U. 17 luglio 1965, n. 178, e in questa Rassegna, 1965, II, 108. I. 23 marzo 1956, n. 136 (Modificazioni al testo unico delle leggi. per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali, approvato con d. P. R. 5 marzo 1951, n. 203, e alla legge8 marzo 1951, n. 12.2, recante norme per la elezione dei Consigli provinciali) art. 43 (22) (24). Ordinanza 22 febbraio 1966, n. 16, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. Deliberazioni 7 febbraio 1965 del Consiglio comunale di S. Andrea del Garigliano (G. U. 3 aprile 1965, n. 85, e in questa Rassegna,. 1965, II, 48 e 50); 15 maggio 1965 del Consiglio comunale di Castello' d'Argile (G. U. 31 luglio 1965, n. 191, e in questa Rassegna, 1965, II,. 109 e 110); 31 maggio 1965 del Consiglio comunale di Lancian<> (G. U. 31 luglio 1966, n. 191, e in questa Rassegna, 1965, II, 109 e 111);. 14 giugno 1965 del Consiglio comunale di Noto (G. U. 25 settembre 1965,. n. 242, e in questa Rassegna, 1965, II, 145). I. 31 luglio 1956, n. 991 (Modificazioni alla _legge 8 gennaio 1952,, n. 6 sulla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore degli avvocati e dei procuratori), art+. 5 e 6 -restituzione degli atti per nuovo esame sulla rilevanza (25). Ordinanza 12 febbraio 1966, n. 14, G. U. 12 marzo 1963, n. 64. Ordinanza di rimessione 22 ottobre 1964 del Pretore di Foligno,. G. U. 9 gennaio 1965, n. 7, e in questa Rassegna, 1965, II. 15. I. 31 luglio 1956, n. 991 (Modificazioni alla legge 8 gennaio 1952,. n. 6, sulla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore degli. avvocati e dei procuratori), art. 17 (artt. 3, 36, 53, 102, 111 e 113 della Costituzione) -inammissibilit. Sentenza 12 febbraio 1966, n. 13, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. Ordinanza di rimessione 9 marzo 1965 del Presidente del Tribunale di Aosta, G. U. 30 aprile 1965, n. 109 e in questa Rassegna, 1965, II, 48. (24) La disposizione, nella parte che riguarda i Consigli comunali, stata. dichiarata illegittima con sentenza 27 dicembre 1965, n. 93. (25) La questione di legittimit costituzionale dell'art. 6 della legge 31 luglio 1956, n. 991, in riferimento all'art. 53, primo e secondo comma, della Costituzione, stata dichiarata non fondata con sentenza 2 aprile 1964, n. 30. 110 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d, P~ R>29 gennaio 1958,. n 645 (TestO unico deUe leggi. sulle imposte -dirette), art. 136, let. lt -restituzione degli atti per un nuovo giudizio :sulla ril~vanza. Ordfnanza 28 aprile 1966, n. 36, G. U. 30 aprile 1966, rt; 105. Ordinanza di :rimessione 20 novembre 1964 della Commissione provinciale delle imposte di Genova, G. U. 13 marzo 1965, n. 65, e in que- sta Rassegna, 1.965, II, 48. cl. P, R. 16 ll'iagglo 1960, n. 570 articolate, i nn. 3, 4, 6, 7, 8 e 9) (22). Ordinanza 22 febbraio 1966, n. 17, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. Deliberazioni 27 gennaio 1965 del ConSiglio comunale di Portofino (q,. U. 3 aprile 1965, n. 85, e in questa Rass.egna 1965, II, 49); 19 febbraio :i.965 del Consiglio comuna1e di Belcastro (G. U. 25 settembre 11)65, n. 242, e in questa Rassegna~ 1961), II, 143); 24 febbraio 1965 del Consiglio comunale di Cassoa (G. U. 17 aprile 1965, n. 98, e in questa Rassegna, 1965, II, 49); 27 febbraio 1965 del Consiglio comunale c San Vitaliano (G~ TJ. 15 maggio 1965, n. l22(e in questa Rassegna, 1965, II, 80); 27 febbraio 1965 (due) del Consiglio comunale di Cagnano VaTano (G. U. 15 maggio 1965, n. 122, e in questa Rassegna, 1965, II, 81); :27 febbraio 1965 del Consiglio comunale di Brescello (G. U. 31 luglio 1965, n, 191, e in questa Rassegna, 1965, II, 110).; 27 febbraio 1965 aprile 1965 del Consiglio comunale di Calanna (G. U. 5 giugno 1965, n. 139, e in questa Rassegna, 1965, II, 78); 5 giugno 1965 del Consigli.o comunale di :aass,!i.ano (G.U. 17 luglio 1965, n. 178, e in questa Rassegna, 1965, II, 110); 15 giugno 1965 del Consiglio comunale di Maenza (G. U. 28 agosto 1965, n. 216, e in questa Rassegna, 1965, II, 110); 6 luglio 1965 del Consiglio comunale di Lucera (G. U. 25 settembre 1965, n. 242, e in questa Rassegna, 1965, II, 143). d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), art. 41 (22). Ordinanza 22 febbraio 1966, n. 17, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. Deliberazione 10 febbraio 1965 del Consiglio comunale di Calanna, G. U. 17 aprile 1965, n. 98, e in questa Rassegna, 1965, II, 49). d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570, (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), arft. 54, 64 e 65 (22). Ordinanza 22 febbraio 1966, n. 17, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. Deliberazione 10 febbraio 1965 del Consiglio comunale di Calanna, G. U. 30 aprile 1965, n. 109, e in questa Rassegna, 1965, II, 49. d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), art. 79 (22). Ordinanza 22':febbraio 1966, n. 17, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. Deliberazioni 1<> febbraio 1965 del Consiglio comunale di Carrara, (G. U. 27 marzo 1965, n. 78, e in questa Rassegna, 1965, II, 49), e 9 febbraio 1965 del Consiglio comunale di Sansepolcro (G. U. 3 aprile 1965, n. 85, e in questa Rassegna, 1965, II, 49). d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), art. 82 (22) (26). Ordinanza 22 febbraio 1966, n. 16, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. Deliberazioni 19 dicembre 1964 del Consiglio comunale di Montefalcione (G. U. 13 marzo 1965, n. 65, e in questa Rassegna, 1965, II, 50); 20 febbraio 1965 del Consiglio comunale di Calabritto (G. U. 17 aprile 1965, n. 98, e in questa Rassegna, 1965, II, 50); 26 febbraio 1965 del (26) La ,!iisposizione, nella parte che riguarda i consigli comunali, stata dichiarata illegittima con sentenza 27 dicembre 1965, n. 93. 112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Consiglio comunale di Capri (G. U. 15 maggio 1965, n. 122; e in questa Rassegna, 1965, II, 80 e 81); 13 marzo 1965 (due) del Consiglio comunale di Castelfranci (G. U. 31 luglio 1966, n. 191, e in questa Rassegna, 1965,.II, 111); 25 marzo 1965 (due) del Consiglio provinciale di Reggio Emilia (G. U. 31 luglio 1965, n. 191, e in questa Rassegna, 1965, II, 111); 8 aprile 1965 del Consiglio comunale di Ravarino (G. U. 17 luglio 1965, n. 178, e in questa Rassegna, 1965, II, 110); 15 maggio 1965, del Consiglio comunale di Castello d'Argile (G. U. 31 luglio 1965, n. 191, e in questa Rassegna, 1965, II, 110); 31 maggio 1965 del Consiglio comunale di Lanciano (G. U. 31 luglio 1965, n. 191, e in questa Rassegna, 1965, II, 110). d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), art. 83 (22) (26). Ordinanza 22 febbraio 1966, n. 16, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. Deliberazioni 19 dicembre 1964 del Consiglio comunale di Montefalcione (G. U. 13 marzo 1965, n. 65, e in questa Rassegna, 1965, II, 50); 7 febbraio 1965 del Consiglio comunale di S. Andrea del Garigliano (G. U. 3 aprile 1965, n. 85, e in questa Rassegna, 1965, II, 50); 26 febbraio 1965 del Consiglio comunale di Capri (G. U. 15 maggio 1965, n. 122, e in questa Rassegna, 1965, II, 80 e 81); 25 marzo 1965 (due) del Consiglio provinciale di Reggio Emilia (G. U. 31 luglio 1965, n. 191, e in questa Rassegna, 1965, II, 111); 8 aprile il.965 del Consiglio comunale di Ravarino (G. U. 17 luglio 1965, n. 178, e in questa Rassegna, 1965, II, 110). d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), art. 84 (22) (27). Ordinanza 22 febbraio 1966, n. 16, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. Deliberazione 26 febbraio 1965 del Consiglio comunale di Capri, G. U. 15 maggio 1965, n. 122, e in questa Rassegna, 1965, II, 80 e 81. d. P. reg. sic. 20 agosto 1960, n. 3 (Testo unico per l'elezione dei Consigli comunali nella Regione siciliana), art. 5 (22). Ordinanza 22 febbraio 1966, n. 17, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. Deliberazioni 10 aprile 1964 del Consiglio comunale di Venetico (G. U. 25 luglio 1964, n. 182); 11 febbraio 1965 del Consiglio comunale di Giarratana (G. U. 3 aprile 1965, n. 85); 28 febbraio 1965 (quattro) del Consiglio comunale di Furnari (G. U. 3 aprile 1965, n. 85, e G. U. 30 aprile 1965, n. 109). (27) La disposizione, limitatamente alle parole Il consiglio comunale >, stata dichiarata illegittima (a norma dell'art. 27 della legge 11 marz9 1953, n. 87) con sentenza 27 dicembre 1965, n. 93. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 113 d. P. reg. sic. 20 agosto 1960, n. 3 (Testo unico per l'elezione dei Consigli comunali nella Regione siciliana), art+. 60 e 61 (22). Ordinanza 22 febbraio 1966, n. 16, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. Deliberazioni 18 febbraio 1965 del Consiglio comunale di Furnari (G. U. 3 aprile 1966, n. 85); 11 maggio 1965 del Consiglio comunale di Siracusa (G. U. 28 agosto 1965, n. 216); 14 giugno 1965 del Consiglio comunale di Noto (G. U. 25 settembre 1965, n. 242). I. 25 febbraio 1963, n. 289 (Modifiche alla legge 8 gennaio 1952, n. 6, sull'istituzione della Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore degli avvocati e procuratori), artt. 3 e 4 (artt. 3, 36, 53, 102, 111 e 113 della Costituzione) -Inammissibilit (28). Sentenza 12 febbraio 1966, n. 13, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. Ordinanza di rimessione 9 marzo 1965 del Presidente del Tribunale di Aosta, G. U. 30 aprile 1965, n. 109, e in questa Rassegna, 1965, II, 48. (28) Le disposizioni, rispettivamente nelle parole e alla Corte costituzionale e e della Corte costituzionale sono state dichiarate illegittime con sentenza 6 dicembre 1965, n. 75. CONSULTAZIONI AERONAUTICA E AEROMOBILI Aeroporti -Vincoli alla propriet privata. Se con l'entrata in vigore della legge 4 febbraio 1963, n. 58, che ha modificato gli artt. 714-717 del Codice della Navigazione, sia rimasto fermo il principio che al proprietario del fondo vincolato per la sicurezza degli impianti aeronautici sia dovuta indennit soltanto nei casi in cui l'imposizione del vincolo comporti l'abbattimento di ostacoli alla navigazione aerea esistente alla data d'emanazione del D. M. previsto dal 2 comma dell'art. 715 quater, e non anche nei casi in cui il vincolo consista in semplici divieti (n. 15). AGRICOLTURA E FORESTE A.S.F.D. -Terreni boschivi -Esenzioni fiscali. Se possa l'Azienda di Stato per le Foreste Demaniali giovarsi de[le esenzioni fiscali previste dall'art. 90 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3267 (n. 43). AMMINlSTRAZIONE PUBBLICA Contratto non approvato -Indebito arricchimento. Se possa configurarsi un arricchimento senza causa della P. A. con correlativo diritto in capo all'ingegnere progettista di opera qualora la convenzione con la stessa non ottenga il pare!l'e favorevole del C'onsig(lio di Stato, ma il progetto venga utilizzato dalla P. A. (n. 308). Responsabilit civile -Registrazione medicinali dannosi. Se l'Amministrazione possa ritenersi responsabile, per il fatto della concessa registrazione, delle conseguenze provocate da nuove specialit medicinali che l'uso ha poi rivelato dannose (n. 309). Ufficio Italiano Cambi -Fondazione a favore figli dei dipendenti. Se il Consiglio di Amministrazione dell'Ufficio Italiano Cambi possa legittimamente deliberare assegnazione di fondi in favore della Fondazione costituita per i figli dei dipendenti de1'l'Uflcio medesimo (n. 310). AMNISTIA ED INDULTO Condono. ~ Se, doP.O la sente:p.za della C.orte CostituziQnale n. 85/65, si debba concedere il condono delle sopratasse per omessa o infedele dichiarazione a PARTE II, CONSULTAZIONI 11$ coloro che lo hanno richiesto nei modi e nel termine stabilito dalla 1. 30. il.uglio 1959, n. 559, sulla semplice base della definizione amministrativa dell'accertamento, indipendentemente da quando verr effettuata (n. 16). Se i pagamenti di sopratassa effettuati prima del giorno successivo a quello della pubblicazione della sentenza della Corte, debbano essere rimborsati (n. 16). APPALTO Fall'imento deti'appaltatore. Se, dopo il faO.limento dell'appaltatore, l'Amministrazione conservi fa facolt -preveduta dall'art. 17 del vigente Capitolato generale approvate> con d. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063 -di pagare di ufficio le retribuzioni arretrate alle maestranze gi alle dipendenze dell'appaltatore fallito (n. 292)~ ASSICURAZIONI Assicurazione crediti all'espo1tazione. Se in materia di assicurazione di crediti per la esportazione di forniture destinate all'estero l'assicurato pu cedere ad un terzo il diritto di farsi pagare direttamente dal debitore straniero le somme che saranno ancora dovute, in relazione alle rate assicurate, dopo che l'impresa assicuratrice si. rimborsata di tutto l'indennizzo pagato e relativi accessori (n. 69). Se l'assicurato pu cedere i diritti derivantigli dall'assicurazione, tra.. cui quello di ottenere il pagamento delle somme che l'assicuratore riscuote dal debitore straniero in pi dell'indennizzo pagato in relazione aUe singole rate assicurate (n. 69). Immobili offerti a cauzione da societd assicuratrici. Se, ai fini dell'accertamento della libert degli immobili offerti dalle Societ di assicurazione a copertura delle cauzioni legali e delle riserve matematiche, debba essere prodotta la documentazione afferente alla situazione tributaria di tutti gli atti di trasferimento compresi nel ventennio. (n. 70) BORSA Societd commissionaria -Tessera per l'ingresso al rappresentante. Se l'interesse delle Societ commissionarie operatrici di Borsa, all'ingresso, mediante rappresentanti, nei locali. della stessa. o in particwairi recinti, debba configurarsi quale interesse legittimo ovvero come diritto sog-... gettivo (n. 21). w~wzJITB"4%rJWwrrrgv121ar.mrmwv=&1fqw;w@@.ff!iM=FW.:&1Wffi!w.117%JwxwrwifNwrr&;m - .116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Cl.ACCIA E PESCA ,Pesca -Credito peschereccio. S'e il privilegio previsto a garanzia del credito derivante dai finanzia: menti a favore della pesca, dall'art. 9, 1. 27 dicembre 1956, n. 1457, sopra i macchinari e le attrezzature di bordo sia soggetto a forme speciali di pub blicit (n. 31). Caccia -Trasporto gratuito dei cani sui treni. Se, ai sensi delll"art. 15, par. 2, delle C.T. per il trasporto delle cose .sulle F.S., il trasporto gratuito di cani da caccia sui treni debba intendersi ]imitato ai soli periodi dell'anno in cui la caccia aperta (n. 32). COMUNI E PROVINCIIE Contributi dei Comuni per opere e lavori portuali. Se il termine prescrizionale del diritto dello Stato ai contributi dei Comuni per le opere e lavori portuali decorra dalla data di ultimazione dei lavori o da quella della compilazione del prospetto di liquidazione e riparti: zione delle spese (n. 120) . .Spedalit manicomiali. Se sia ammissibile il ricorso gerarchico al Prefetto in tema di spedalit .manicomiali (art. 7 1. 14 febbraio 1904, n. 36) (n. 121). mputarsi dalla data-di scadenza delle singole rate, -od invece dalla .data di passaggio in giudicato della sentenza di omologazione (n. 98). PARTE II, CONSULTAZIONI 121 Faltimento dell'appaltatore di 00.PP. Se, dopo il fallimento dell'appaltatore, l'Amminiskazione conservi la facolt -preveduta dall'art. 17 del vigente Capitolato generale approvato con d. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063 -di pagare di ufficio le retribuzioni arretrate alle maestranze gi alle dipendenze dell'appaltatore fallito (n. 99). Rivendita generi di monopolio -Fallimento del titolare. Se il curatore fallimentare del titola.re di una rivendita di rgeneri di monopolio possa sottoscrivere l'atto di rinuncia alla rivendita previsto dall'art. 31 della 1. 22 dicembre 1957, n. 1923 in luogo e contro la volont del fallito, prima che, essendo decorso un biennio dalla dichiarazione di fallimento, seriza che il fallito abbia ottenuto la cancellazione dal registro dei falliti, questi decada automaticamente, ai sensi dell'art. 13, lett. e) della succitata legge, dalla concessione (n. 100). FARMACIA Registrazione medicinali dannosi. Se l'Amminiskazione possa ritenersi responsabile, per il fatto della concessa regiskazione, delle conseguenze provocate da nuove specialit medicinali che l'uso ha poi rivelato dannose (n. 13). FERROVIE Procedimento disciplinare. Se il dipendente delle F. S., punito disciplinarmente con la sanzione della multa, possa ricusare, ai fini della decisione del ricorso gerarchico, il proprio superiore, competente a decidere del !ricorso a norma dell'art. 151 della S.G.P., il quale risulti per esso stesso offeso dalla contestata infrazione disciplinare (n. 373). Trasporto cani da caccia. Se, ai sensi dell'art. 15, par. 2, della C. T. per il trasporto delle cose sulle F. S., il trasporto gratuito di cani da caccia sui treni debba intendersi limitato ai soli periodi dell'anno in cui la caccia aperta (n. 374). IMPIEGO PUBBLICO Concorsi -Revoca. Se l'Amministrazione possa revocare concorsi gi banditi, ricorrendo fini di pubblico interesse (n. 606). Istituto per il Commercio Estero -Impi.egati locali. Sul trattamento economico e normativo del personale assunto alle dipendenze de.gli Uffici esteri dell'Istituto Nazionale per il Commercio Estero (n. 607). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 122 Istituto per il Commercio Estero -Servizio di prova -Riscatto. Se i dipendenti delle carriere di concetto e d'ordine dell'I.C.E., assunti in servizio anteriormente alla data di entrata in vigore del nuovo regoi~ 'mento per ilpersonale (20 arprle 1961") possano essere ammessi a: riscattare, ai fini del calcolo dell'anzianit per gli effetti del trattamento di previdenza e di quiescenza, il periodo trascorso in servizio di prova (n. 608). Istituti di Assistenza per dipendenti pubblici -Recupero anticipazioni. Se gli Istituti sforniti di persona giuridica costituiti da 0Entf Pubblici per l'assistenza ai propri dipendenti: possano recuperare le anticipazioni an:. cora scoiperte al momento della cessazion del rapporto di impiego suli -indennit dovute all'impiegat dal Fondo istituito con ff r. d. l.' 8 gen;; naio 1942, n. 5 (n. 609). Procedimento disciplinare -Recusazione. Se il dipendente delle F. S., punito disciplinarmente con la sanzione dlfa mtilta, possa ricusar, ai fini della decisione del ricorso gerarchico, il proprio superiore, competente a decidere del ricorso a norma dell'art. 151 dello S.G.P., il quale risulti pero esso stess offeso daMa ontestata infra'" zione disciplinare (n. 610). Ufficio Italiano Cambi -Personale -Benefici ai .combattenti.. Se, in seguito alla estensione. nel quadro dell'applicazione della 1 .. 1 luglio 1955, n. 565,_ ai dipendenti dell'Ufficio Italiano Cambi dei benefici-di natura combattentistica previsti dall'art. 207 dello Statuto degli impiegati civili dello Stato, operata.con d. m. 10 aprile 1963 la valutazione della: an"' zianit convenzionale ai fini delle promozioni debba essere effettuata retroattivamente, con riguardo alla data di entrata in vigore della suddetta legge (n. 611). IMPORTAZIONI-ESJ>ORTAZIONI Assicurazione credit-i all'esportazione. Se in materia di assicurazione di crediti per la esportazione di foll'niture destinate all'estero, l'assicurato pu cedere ad un terzo il diritto di farsi pagare direttamente dal debitore straniero le somme che saranno 'ancora dovute, in relazione alie rate assicurate, dopo che 1',impresa assicuratrice si rimborsata di tutto l'indennizzo pagato e relativi accessori (n. 38). Se l'assicurato pu cedere i diritti derivantigli dall'assicurazione, tra .cui quello di ottenere il pagamento delle somme che l'assicuratore riscuote .dal de}Jitore straniero in. pi 'dell'indennizzo pagatom relazione alle stngole rate assicurate (n. 38). PAR'l'E II, CONSULTAZIONI 123 Jmportazione zucher. Se, a termini dei provvedimenti C.I.P. n. 1025 del 25 maggio 1963 e n. 1036 del 7 agosto 1963, sia ammesso il rimborso in favore degli importatori di zucchero degli interessi bancari sui finanziamenti loro concessi luglio 1959, n. 559, sulla semplice base della definizione amministrativa dell'accertamento, ind~pendentemente da quando verr effettuato (n. 409). Se i pagamenti di sopratassa effettuati prima del giorno successivo a quella della pubblicazione della sentenza della Corte, debbano essere rimborsati (n. 409). Imposta di fabbricazione SPiriti. Se l'avere stabilito che per gli. spiriti agevolati, tuttora gravati d'imposta, perch non estratti dai magazzini fiduciari, al momento dell'entrata in vigore del d. 1. 30 luglio 1964, n. 619 la percentuale di abbuono debba essere calcolata sull'intera imposta, mentre per gli spiriti gi liberi da imposta, anche se di provenienza agevolata, per i quali la percentuale di abbuono fosse stata, quindi, gi scontata, al momento della estrazione dai magazzini fiduciari, sull'ammontare dell'imposta allora vigente, debba essere integralmente corrisposta la differenza tra l'imposta vigente e quella successivamente disposta, offenda il principio dell'eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione (n. 410). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 126 lstituti di credito -Trattamento tributario. Quale sia la portata delle disposizioni della 1. 27 luglio 1962, n. 1228 ,concernente la disciplina tributaria delle operazioni di credito a medio e lungo termine e quale la sua incidenza sulle norme di agevolazioni tribuiarie presistenti relative a tali operazioni (n. 411). Spese giudiziali. Se gli interessi sulle somme liquidate a titolo di spese in sentenza di .condanna dell'Amministrazione nelle vertenze tributarie abbiano anche essi natura tributaria (n. 412). Se i detti interessi decorrono dal passaggio in giudiato della sentenza -0vvero dalla messa in mora (n. 412). Se il dies a quo costitutivo della mora nei confronti dell'Amministra: zione sia dato d.Ha normale interpellatio di cui all'art. 1219 c. c. ovvero dal momento irt cui la spesa viene ordinata con l'emJssione del relativo titolo di pagamento (n. 412). INVALIDI DI GUERRA Spedalit manicomiali. Se sia ammissibile il ricorso gerarchico ai Prefetto in tema di spedalit manicomiali (art. 7 I. 14 febbraio 1904, n. 36) (n. 2). LOCAZIONI Successioni. Se il rapporto locatizio pu validamente essere costituito da chi non - titolare di un diritto reale sull'immobile locato, purch sia in condizione
  • ELL'AVVOCATURA DELLO STATO RESPONSABILIT CIIVILE Amministrazione Pubblica -Registrazione medicinali dannosi. S'e l'Amministrazione possa ritenersi responsabile, per n fatto della concessa registrazione, delle conseguenze provocate da nuove specialit medicinali che l'uso :ha poi rivelato dannose (n. 223). Fatti costituenti reato -Prescrizione. Se, nell'ipotesi di risarcimento prevista dall'art. VIll della Convenzione di Londra, possa trovare applicazione il termine di prescrizione di cui all'art. 2947, 3 comma c. c. (n. 224). ' Incidenti stradali causati da automezzi den'Amministrazione -Onorari ai consulenti tecnici dei terzi danneggiati. Se, nella definizione stragiudiziale di vertenze relative a danni pro dotti a privati dalla circolazione di autoveicoli dell'Amm.ne, quest'ultima sia tenuta a corrispondere oltre all'indennizzo concordato, anche eventuali compensi. ai consulenti tecnici per l'opera professionale prestata nell'interesse dei danneggiati (n. 225) .. Se, nell'ipotesi di cui sopra, la parte danneggiata possa pretendere dal I l'Amministrazione il rimborso dl quanto da essa pagato per l'eventuale perizia (n. 225). l i:: SPESE GIUDIZIALI f.:i Interessi di mora. Se gli interessi sulle somme !liquidati a titolo di spese in sentenza di condanna dell'Amministrazione nelle vertenze tributarie abbiano anch'essi natura tributaria (n. 19). Se i detti interessi decorrono dal passaggio in giudicato della sentenza ovvero dalla messa in mora (n. 19), Se il dies a quo costitutivo della mora nei confronti dell'Amministrazione sia dato dalia normale inte1pellatio di cui all'art. 1219 c. c. ovvero dal momento in cui la spesa viene ordinata con l'emissione del relativo titolo di pagamento (n. 19). SUCCESSIONI Locazioni. Se il rapporto locatizio pu validamente essere costituito anche da chi non titolare di un diritto reale sull'immobile locato, purch sia in condizione di trasferire materialmente al conduttore la detenzione e il godimento dell'immobile stesso (n. 75). PARTE II, CONSULTAZIONI 131 Se l'erede di colui che ha locato l'immobile pur essendo il proprietari<> dello stesso fin da prima della locazione, subentri nel'l.a posizione del locatore e nelle relative obbligazioni verso il conduttore (n. 75). TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI Convenzione di Londra -Responsabilit per fatti costituenti reato. Se, nell'ipotesi di risarcimento prevista dall'art. VIII della Convenzione di Londra, possa trovare applicazione il termine di prescrizione di cui all'art. 2947, 3 co:m.ia, c. c. (n. 25). NOTIZIARIO CONVEGNO DI STUDI Il convegno di studi avente ad oggetto il problema dei riflessi .giuridici -ed economici della sentenza 20 gennaio 1966, n. 6 della Corte Costituzionale, di cui abbiamo dato notizia nel precedente numero di questa Rassegna, si svolto a Napoli alla data prefissata del 12 marzo 1966 con l'intervento di eminenti, giuristi e di insigni cultori di urbanistica. Tutti gli intervenuti alla manifestazione hanno messo nel dovuto rilievo le conseguenze che potr avere, in futuro, sulle situazioni regolate dalle norme urbanistiche, la recente sentenza 20 gennaio 1966, n. 6 della Corte Costituzionle (che, com' noto, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 3, comma 2, della 1. 20 dicembre 1932, n. 1849 sulle servit militari, in riferimento all'art. 42, comma 3, della Costituzione, per la mancata previsione di indennizzo ed ha, altresi, precisato che sono da considerarsi
  • Urbanistica.