ANNO XIX -N. 2 MARZO -APRILE 1967 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1967 - ABBONAMENTI ................................. L. 5.000 UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . . . 900 ANNO Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO , PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/40500 Stampato in ItaUa Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (6212787) Roma, 1967 Istituto Poligrafico dello Stato P. V. - ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI LA REDAZIONE, Dal Capitolato Generale dei LL. PP. del 1895 a quello del 1962 . . . . . . . . . . . . . . . . . . II, 37 GIARDINI U., Attivit materiali della pubblica amministrazione e condanna ad un facere o ad un non facere . I, 232 GIARDINI U., In tema di occupazione, preordinata alla espropriazione per p. u. protratta oltre il biennio e di inefficacia della dichiarazione di p. u. . . . . . . . . . . . . . I, 245 DEL GRECO G., In tema di riserva per sospensione di lavori . I, 321 INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICIT -Acque pubbliche -Acque del subalveo -Natura giuridica, 317. -Acque pubbliche -Norme di polizia -Acque sotterranee -Applicabilit -Limiti, 314. AGRICOLTURA E FORESTE -Tutela dei boschi e terreni montani -Legge forestale che autorizza le Camere di commercio ad emanare prescrizioni di massima -Infondatezza della questione, 219. AMMINISTRAZIONE DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI -Aziende dei mezzi meccanici e dei magazzini portuali -Natura di organo statale, 279. Contratti -Contratto d'appalto d'opera pubblica -Gara per licitazione privata -Momento perfezionativo del contratto -Approvazione dell'aggiudicazione Annullamento della aggiudicazione -Risarcimento dei danni Esclusione, 243. -Notifcazione ad Amministrazione statale di ricorso per cassazione non eseguita presso l'Avvocatura Generale dello Stato -Nullit assoluta ed insanabile -Eclusione della inammissibilit del ricorso in caso di litisconsorzio necessario e di rituale notifica del ricorso ad almeno uno dei litisconsorti, 267. APPALTO -Appalto di opere pubbliche Controlli preliminari di cui all'art. 5 r. d. 25 maggio 1895, n. 350 -Finalit ed estensione, 328. -Appalto di opere pubbliche Eventi e situazioni che si manifestano per gradi -Tempo della riserva, 328. ' -Appalto di opere pubbliche Finalit delle riserve -Assolutezza ed inderogabilit dell'onere relativo, 328. -Appalto di opere pubbliche Sorpresa geologica -Fattispecie, 328. -Appalto di opere pubbliche Sospensione dei lavori -Mancata riserva nel verbale di sospensione ed in quello di ripresa -Conseguente decadenza per eventuali danni, con nota di G. DEL GRECO, 320. - V. anche Amministrazione dello Stato, Case economiche e popolari. APPROVVIGIONAMENTI E CONSUMI -Frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini e aceti -Pubblicazione della sentenza di condanna -Violazione della legge di delega -Esclusione, 218. -Vendita di piante e semi senza l'autorizzazione prefettizia -Violazione del principio di libert di iniziativa economica e della riserva di legge -Illegittimit costituzionale della relativa norma -Esclusione, 208. CASE POPOLARI ED ECONOMICHE -Appalto stipulato da ente concessionario della Gestione INACasa -Richiamo di norme del capitolato generale per gli appalti delle opere dipendenti dal Ministero dei Lavori Pubblici Natura contrattuale -Sussiste, 255. - VI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO COLLEGIO -Impiego pubblico -Ente pubblico in genere ed enti pubblici -Componente dei collegio -Posizione di componente del collegio e di titolare di organo individuale, coincidenti nella stessa persona fisica -Autonomia -Attivit compiute nella qualit di comP,onente e nella qualit di titolare dell'organo -Autonomia, 278. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Attivit materiali della p. a. -Distinzi one -Condanna della p. a. ad un facere o ad un non facere Ammissibilit -Limiti, con nota di U. GIARDINI, 231. -Atto amministrativo -Incompetenza relativa dell'organo -Inosservanza di forme dettate per l'esclusiva tutela dell'interesse pubblico -Vizi di legittimit Giurisdizione del Giudice amministrativo, 220. -Atto amministrativo Affievolimento dei diritti soggettivi -Controversie tra privati -Difetto di giurisdizione del Giudice ordinario, 220. -Aziende di mezzi meccanici e dei magazzini portuali -Dipendenti e agenti contabili -Giurisdizione della Corte dei Conti in materia di responsabilit (amministrativa e contabile) -Sussiste, 280. Competenza dell'A. G. in sede ordinaria e dei Tribunali regionali delle acque pubbliche -Criterio discriminatore -Oggetto della controversia -Controversie ex art. 140, lett. d, t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775 -Irrilevanza della circostanza che per l'esecuzione dell'opera pubblica vi sia stata occupazione senza titolo di immobile di propriet privata, 267. -Elezioni -Dichiarazione di illegittimit costituzionale delle norme attributive di funzioni giurisdizionali ai Consigli comunali Effetti, 225. economici -Caratteri -Effetti, 227. Impiego pubblico -Pretesa del dipendente all'alloggio gratuito Procedura per la riscossione delle entrate patrimoniali -Opposizione -Giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo, 238. -Pensioni -Pensioni di guerra Giurisdizione della Corte dei Conti -Estensione, 240. -Prigionieri di guerra italiani in mano americana -Accordo internazionale 14 gennaio 1949 -Diritti soggettivi del cittadino verso lo Stato italiano -Esclusione Domanda di pagamento di (maggiori) compensi per il lavoro prestato in prigionia, proposta da cittadino italiano, ex prigioniero di guerra cooperatore negli U.S.A., contro lo Stato italiano Difetto di giurisdizione dell'A. G. per carenza .assoluta di diritto soggettivo -Sussiste, 270. -Regolamento di competenza Pluralit di parti -Inscindibilit processuale necessaria delle cause -Sussiste, 267. COMUNE -Municipalizzazione Servizio pubblico di alimentazione idrica -Procedura applicabile, 278. CORTE COSTITUZIONALE -Sindacato di legittimit costituzionale in via incidentale -Prescrizioni di massima della Camera di commercio sulla tutela dei boschi e terreni montani -Natura regolamentare -Inammissibilit della questione, 218. CORTE DEI CONTI -Poteri sindacatori -Presupposti, 281. VIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO IMPOSTA DI REGISTRO Disposizioni necessariamente conVIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO IMPOSTA DI REGISTRO Disposizioni necessariamente con-::: nesse e derivanti per intrinseca loro natura le une dalle altre Contratto per persona da nomi Disposizioni autonomamente con nare -Dichiarazione di nomina figurabili ma connesse per volon della persona per la quale si t di legge -Applicabilit del contrattato -Applicabilit della imposta a norma dell'art. 9 cpv. tassa fissa -Condizioni -Fatti della legge di registro -Sussiste, specie in tema di dichiarazione 296. resa da procuratore legale aggiudicatario per persona da nomiPrescrizione -Ricorso del contrinare nel procedimento di esecubuente a sensi dell'art. 141 della zione forzata immobiliare, 283. legge organica -Effetti interrut tivi e sospensivi della' prescri Contratto per persona da nomi zione, 289. nare -Dichiarazione di nomina della persona per la quale si -Vendita -Vendita tra parenti contrattato -Applicabilit della Presunzione di liberalit in mantassa fissa -Condizioni -Tercanza di prova della provenienza mine di tre giorni previsto dele della destinazione del prezzo l'art. 58 della legge di registro --Nozione di prezzo pagato Aggiudicazione per persona da Identificazione col valore concornominare -Decorrenza del terdato -Esclusione -Liquidazione mine per la dichiarazione daldell'imposta sul maggior valore l'aggiudicazione provvisoria e non per un trasferimento che si predalla definitiva, 284. sume gratuito soltanto in parte -Applicazione delle aliquote dei Delegazioni di pagamento -De trasferimenti a titolo gratuito legazioni sulle imposte di con sulla sola corrispondente propor sumo ad estinzione di mutui con zfonale parte del maggior valore tratti dai comuni -Connessione -Ammissibilit, 291. necessaria tra mutui e delegazioni, nei sensi previsti dall'art. 9 -Vendita -Vendita tra parenti cpv., della legge di registro -Presunzione di liberalit -Prova Sussiste -Assunzione da parte contraria -Prova della provedegli esattori o tesorieri delegati nienza e della destinazione del dell'obbligo del non riscosso per prezzo -Sussistenza al momento riscosso -Irrilevanza, 297. della stipulazione -Necessit Prova fornita per una parte sol Delegazioni di pagamento -Ob tanto del prezzo -Liquidazione bligo assunto verso il comune, dell'imposta con le aliquote dei dall'appaltatore delle imposte di trasferimenti a titolo oneroso, consumo, di accettare delegazio per la parte per la quale data ni a favore di terzi indeterminati la prova richiesta, e con quelle e per importi da precisare -Non dei trasferimenti a titolo gratuito, costituisce valida delegazione di per l'altra parte -Ammissibilit, pagamento Convenzione ag 291. giuntiva per l'indicazione del creditore delegatario e dell'im porto da pagare -Costituisce an che ai fini tributari il negozio IMPOSTA DI SUCCESSIONE di delegazione, 298. Disposizioni necessariamente con- Prescrizione -Interruzione per nesse e derivanti per intrinseca effetto di notifica di ingiunzione loro natura le une dalle altre --Giudizio di opposizione all'inApplicabilit dell'imposta a norgiunzione -Estinzione di tale ma dell'art. 9 cpv., della legge giudizio -Nuovo termine di predel registro -Necessit che si scrizione -Decorrenza dalla data tratti di disposizioni connesse di notifica dell'ingiunzione e non contenute in uno stesso atto -dalla data di estinzione del giu Sussiste, 298. dizio di opposizione, 311. ! rnwmrnr=::::::.':':':=7;np=:T:m:rnm;;;rnm:'ffti{f@)'.:::7%i~i=@i%W8iMNf%i@WM'ilf@t:t:fi@WW@W:H1#1M!'.:WMM@WW'::::::::==:w:;rn:::::::::n=HfWJi INDICE IX IMPOSTA STRAORDINARIA SUL PATRIMONIO -Privilegio -Estensione alla sopratassa -Sussistenza, 305. IMPOSTA SULLE SOCIET -Determinazione del reddito complessivo netto -Red,dito di fabbricati -Detrazione degli interessi passivi sui mutui contratti per l'acquisto degli immobili Ammissibilit, 290. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Privilegio -Imposta straordinaria sul patrimonio -Estensione del privilegio alla sopratassa Sussistenza, 305. Sopratassa -Pene pecuniarie Natura -Differenze, 305. IMPUGNAZIONE -Legittimazione del terzo chiamato in garanzia ad impugnare la pronuncia di responsabilit del garantito -Presupposto -Interdipendenza della causa principale e di quella di garanzia -Quando ricorre, 254. -Ricorso per cassazione incidentale condizionato dalla parte vittoriosa -Necessit di esame dopo quello del ricorso principale Sussiste -Eccezione -Ricorso incidentale condizionato adesivo, 255. - Ricorso per cassazione -Potest della Corte regolatrice di accertare la portata di norme contrattuali -Esclusioni, 255. LAVORO -Decreto legislativo che rende obbligatorio erga omnes il contratto colletivo nazionale per i dipendenti delle aziende di credito -Obbligo della previa segnalazione del lavoro straordinario -Illegittimit costituzionale, 213. MINIERE E CAVE -Possibilit di concedere a terzi le miniere e le cave non sfruttate -Contrasto con la tutela del diritto di propriet -Esclusione, 193. OCCUPAZIONE -OccupazioEe d'urgenza d'immobile alieno da parte della P. A. per la costruzione di opera pubblica -Mancato perfezionamento nel biennio della procedura espropriativa -Illeceit dell'ulteriore possesso del bene -Sussiste -Sopravvenienza del decret o di espropriazione -Cessazione dell'illegitimit dell'abusiva occupazione, a decorrere dalla data di emanazione della pronuncia espropriativa -Sussiste, con nota di U. GIARDINI, 244. PENSIONI -V. Competenza e giurisdizione. PRESCRIZIONE -V. Imposta di successione, Imposta di regi!stro. PROCEDIMENTO CIVILE -Estinzione -Giudice competente a dichiararla Eccezione di estinzione -Necessit di formulazione espressa -Esclusione Necessit di un provvedimento dichiarativo anche nel caso di estinzione non contestata -Esclusione, 311. -Termini processuali -Sospensione durante il periodo estivo dei termini processuali stabiliti per il compimento di atti richiedenti l'opera di avvocato o di procuratore -Portata, 252. Termini processuali -Sospensione durante il periodo estivo dei termini processuali stabiliti per il compimento di atti richiedenti l'opera di avvocato o di procuratore -Decorrenza del periodo di sospensione dei termini processuali per il primo anno di applicazione della legge 14 luglio 1965, n. 818, 254. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO X -Termini processuali -Sospensione durante il periodo estivo deitermini processuali stabiliti per il compimento di atti richiedenti l'opera di avvocato o di procuratore -Decorrenza del periodo di sospensione dei termini processuali per il primo anno di applicazione della legge 14 luglio 1965, n. 818, 253. PREVIDENZA E ASSISTENZA -Assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro -Accertamento del reato in sede civile solo nell'ipotesi di estinzione del reato per morte del reo o per amnistia, e non pure per prescrizione Violazione del principio di eguaglianza, 198. -Assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro Esonero di responsabilit del datore lavoro per il fatto dei dipendenti non preposti -Violazione del principio di eguagliana, 198. -Assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro Limitazione del risarcimento alinfortunato rispetto ale norme generali -Violazione degli artt. 3, 35, 38 Costituzione -Esclusione, 198. REATO -Reati e pene -Vendita di generi alimentari senza indicazione del prezzo -Conciliazione amministrativa demandata al Prefetto Illegittimit costituzionale Esclusione, 210. RELIGIONE -Offesa alla religione dello Stato mediante vilipendio di persone -Elemento psicologico del reato, con nota di D. SALVEMINI, 335. RESPONSABILITA CIVILE -Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Lesione di interessi legittimi -Annullamento di atti amministrativi illegittimi -Diritto al risarcimento dei danni -Insussistenza, 243. Circolazione stradale -Comandante di autocolonna militare Non risponde dell'errata manovra del' conducente dell'automezzo che lo trasporta, 281. -Giudizi di responsabilit -Azione del Procuratore Generale Danno erariale -Presupposto, 281. - Lesione di interessi legittimi Risarcibilit del danno -Esclusione -Improponibilit della domanda, 220. REVOCAZIONE -Revocazione della sentenza per rinvenimento di documenti decisivi -Accertamento della non colposit della mancata produzione in giudizio del documento e della idoneit di questo ultimo a determinare una diversa decisione della controversia -Apprezzamento di fatto, incensurabile in Cassazione, 266. -Revocazione della sentenza fondata su un fatto erroneamente supposto o escluso -Necessit che l'errore di fatto, risultante dagli atti o documenti della causa, sia caduto su un punto determinante per la decisione contenuta nella sentenza impugnata -Sussiste, 266. RICORSI AMMINISTRATIVI -Ricorso gerarchico improprio Poteri dell'Autorit decidente Integrazione o sostituzione di elementi dell'atto impugnato Inammissibilit -Fatispecie, 278. SENTENZA -Motivazione -Motivazione contradditoria -Nozione, 273. INDICE Xl SICILIA -Legge regionale recante interpretazione autentica di precedente legge concernente la trasformazione dell'ERAS in ESA -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 206. SOCIET -Societ di persone -Societ di fatto -Rappresentanza processuale -Legittimazione di ciascun socio -Sussiste -Presunzione semplice di esistenza di un mandato reciproco fra i soci ad aro- ministrare e rappresentare la societ -Sussiste, 252. TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI -Diritti soggettivi dei cittadini verso lo stato italiano -Fonte -Necessit di atti normativi interni -Sussiste, 269. VIOLAZIONI DI LEGGI FINANZIARIE -Sopratassa -Pene pecuniarie Natura -Differenze, 305. -V. Imposte e tasse in genere. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 9 marzo 1967, n. 20 . pag. 193 9 marzo 1967, n. 22 . 198 9 marzo 1967, n. 23 . 206 9 marzo 1967, n. 24 . 208 9 marzo .1967, n. 25 . 210 9 marzo 1967, n. 26 . 213 22 marzo 1967, n. 30 . 214 22 marzo 1967, n. 31 . 217 22 marzo 1967, n. 32 . 217 22 marzo 1967, n. 33 . 217 22 marzo 1967, n. 34 (ordinanza) 218 4 aprile 1967, n. 37 . . . . . . 218 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un., 3 maggio 1966, n. 1109 . pag. 243 Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1344 . 283 Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1349 . 284 Sez. I, 22 giugno 1966, n. 1593 (in nota a Sez. Un,, 25 febbraio 1967, n. 429) . . . . . . . . 297 Sez. Un., 22 luglio 1966, n. 1986 . 244 Sez. I, 10 agosto 1966, n. 2180 . . 252 Sez. Un., 10 ottobre 1966, n. 2422 220 Sez. Un., 10 ottobre 1966, n. 2426 225 Sez. Un., 22 novembre 1966, n. 2781 227 Sez. Un., 30 novembre 1966, n. 2809 230 Sez. I, 15 dicembre 1966, n. 2945 289 Sez. III, 16 dicembre 1966, n. 2952 254 Sez. I, 5 gennaio 1967, n. 28 290 Sez. I, 7 gennaio 1967, n. 65 291 Sez. II, 7 gennaio -967, n. 74 253 Sez. II, 18 gennaio 1967, n. 170 254 Sez. I, 23 gennaio 1967, n. 202 266 Sez. Un., 3 febbraio 1967, n. 303 . 231 Sez. Un., 25 febbraio 1967, n. 429 296 Sez. Un., 25 febbraio 1967, n. 430 238 Sez. I, lo marzo 1967, n. 446 . 305 Sez. I, 10 marzo 1967, n. 447 (in nota a Cass., 1 marzo 1967, 297 Sez. I, 10 marzo 1967, n. 450 (in nota a Cass., 10 marzo 1967, n. 452) . . . . . n. 452) . . . . . . . 297 Sez. I, lo marzo 1967, n. 452 . 297 !; ~: i:: ;:: t:; INDICE xm Sez. I, 17 marzo 1967, n. 593 . pag. 267 Sez. I, 17 marzo 1967, n. 605 . 269 Sez. Un., 21 marzo 1967, n. 631 269 Sez. I, 22 marzo 1967, n. 642 . 311 Sez. I, 22 marzo 1967, n. 651 . 273 Sez. Un., 29 aprile 1967, n. 798 240 TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE 6 marzo 1967, n. 5 . pag. 317 31 marzo 1967, n. 10 . 314 TRIBUNALI Roma, 25 febraio 1967 . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 328 LODI ARBITRALI 17 marzo 1967, n. 18 (Roma) . . . . . . . . . . . . . . pag. 320 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, Io febbraio 1967, n. 10 pag. 275 Sez. IV, 10 febbraio 1967, n. 12 276 Sez. IV, 15 febbrai'O 1967,, n. 34 276 Sez. V, 13 gennaio 1967, n. 7 277 Sez. V, 20 gennaio 1967, n. 25 . 277 Sez. V, 31 gennaio 1967, n. 30 . 278 CORTE DEI CONTI Sez. II, 4 giugno 1966, n. 12 . . pag. 279 Sez. II, 4 giugno 1966, n. 13 . . 281 Sez. II, 8 settembre 1966, n. 77 281 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un., 20 luglio 1966, n. 3 pag. 334 Sez. III, 21 settembre 1966, n. 1799 335 SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA QUESTIONI SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA QUESTIONI LA REDAZIONE, Dal Capitolato Generale dei LL. PP. del 1895 a quello del 1962 . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 37 .;:, RASSEGNA DI DOTTRINA LA GIUSTIZIA COSTITUZIONALE, Atti di Ulna tavola rotonda, a cura di MARANINI, Vallecchi editore, .Firenze, 1966 . . . . pag. 42 D'ORAZIO G., Aspetti dello status di giudice della Corte Costitu zionale, Giuffr editore, Milano, 1966 . . . . . . . . . 45 PuGLIATTl S., Studi sulla Rappresentanza, Giuffr, Milano, 1966 46 LoPEs S., Repertorio delle norme dichiarate incostituzionali, Casa ed. Mondo giudiziario, Roma, 1967 . . . . . . . . 47 SEGNALAZIONI BACHELET V., I ricorsi amministrativi nel sistema della giustizia amministrativa, Riv. Trim. di dir. pubblico . . . . . . . pag. 47 BARILE P., Capacitd cont1ibutiva e Imposte sulle Aree -Efficacia della sentenza della Corte Costituzionale sui rapporti pre gressi, Giur. cost., 1966, 74465 . . . . . . . . . . . . 48 BARTOLOMEI F., Espropriazione ope legis e limiti di ordine tecnologico, Giur. cost., 1966, 1179 . . . . . . . . . . . 49 CAIANIELLO V., Problemi attuali della giustizia amministrativa, Foro It., 1967, V, 34 . . . . . . . . . . . . . . . . . 50 GALGANO F., Pubblico e Privato nella qualificazione della persona giuridica, Riv. Trim. di dir. pubblico, 1966, 279 . . 50 PAGLL".RO A., La reisponsabilitd del partecipe per il reato diverso da quello voluto, Giuffr, Milano, 1966 . . . . . . . . . 51 SALVATORE P., Le autorizzazioni amministrative -struttura natura giuridica -revocabilitd, Cons. Stato, 1965, IV, 483 . . 51 SPASARI M., Diritto penale e Costituzione, Giuffr, Milano, 1966, pagg. 170 .................. . 52 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE LEGGI E DECRETI (segnalazioni) . . . pag. 53 NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE Norme dichiarate incostituzionali: r. d. 17 agosto 1935, n. 1765, art. 4 terzo comma, quinto comma ....... . 54 d. lgt. 12 aprile 1945, n. 203, art. 1 . . . . . . . . . 54 ~j " INDICE xv d. P. R. 9 maggio 1961, n. 715, art. unico . . . . . . pag. 54 d. P. R. 2 gennaio 1962, n. 934, art. unico . . . . . . 55 d. P. R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 10, terzo e quinto comma . . . . . . . 55 1. reg. sic. approv. 25 maggio 1966 55 1. reg. sic. approv. 7 luglio 1966 . 55 -Norme delle quali stata dichiarata non fondata la questione di legittimit costituzionale: codice penale, art. 11, primo comma . 56 codice di procedura penale, art. 231 . 56 codice di procedura penale, art. 398 . 56 1. 13 giugno 1912, n. 555. art. 8, secondo comma . 56 1. 30 settembre 1920, n. 1349, art. 13 56 r. d. l. ll gennaio 1923, n. 138, art. 5 . . 57 r. d. 29 luglio 1927, n. 1443, art. 45 . 57 r. d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 15, primo comma . 57 1. 18 giugno 1931, n. 987, art. 1 . 57 r. d. 17 agosto 1935, n. 1765, art. 4 primo e secondo comma . . . . . . . . . . 57 r. d. 5 giugno 1939, n. 1016, art. 40 . 57. d. P. R. 5 aprile 1951, n. 203, art. 86 58 d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 93 . 58 1. 3 febbraio 1965, n. 14 . . . . . . . 58 d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 . . . . 52 d. P:R. 12 febbraio 1965, n. 162, artt. 117 e 118 59 1. reg. sic. approv. 18 marzo 1966 . 59 1. reg. sic. approv. 4 maggio 1966 . . 59 -Norme delle quali stato promosso giudizio di legittimit costituzionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59 Norme delle quali il giudizio di legittimit costituzionale stato definito con pronunce di estinzione di inammissibilit, di manifesta infondatezza o di restituzione degli atit al giudice di merito . . . . . . . . . . . . . . 64 INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) Acque pubbliche . pag. 78 Concessioni ammini- Aereonautica e Aereo-strative . pag. 79 mobili 78 Imposta di registro . . 86 Affissioni 79 Imposta di successione 87 Appalto 79 Imposta generale sul- Assicurazione 79 l'entrata 87 Bonifica 79 Imposte e tasse 88 - XVI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Lavoro pag. 88 Lotto e lotteria . 88 Navi 88 Contrabbando 80 Contributi 80 Costituzione . 80 Importazione ed esportazione Obbligazioni e contratti . Pensioni Piani regolatori Pignoramento pag. 85 89 89 89 89 I XVI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Lavoro pag. 88 Lotto e lotteria . 88 Navi 88 Contrabbando 80 Contributi 80 Costituzione . 80 Importazione ed esportazione Obbligazioni e contratti . Pensioni Piani regolatori Pignoramento pag. 85 89 89 89 89 I Danni di guerra . Dazi doganali Demanio e Patrimonio Difesa dello Stato . Donazione . Edilizia economica e popolare Elettricit ed elettro dotti Esecuzione forzata . Espropriazione per p.u. Farmacie 81 Prescrizione . 81 Prezzi 82 Reati finanziari 82 Regioni. 82 Responsabilit civile Ricorsi amministrativi 82 Ricostruzione Riforma fondiaria 83 Riscossione coattiva 83 Societ 83 Spese giudiziali 84 Transazioni 90 90 90 91 91 91 91 92 92 92 93 93 Ferrovie 84 Impiego pubblico . 84 Trattati e convenzioni internazionali 93 PARTE PRIMA 2 GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 9 marzo 1967, n. 20 -Pres. Ambrosini - Rel. Fragali -Barreca (avv. Mazzei) e Presidente Consiglio Ministri (Sost. avv. gen. Stato Giorgio Azzariti). Miniere e cave -Possibilit di concedere a terzi le miniere e le cave non sfruttate -Contrasto con la tutela del diritto di propriet -Esclusione. (Cost., art. 42, comma terzo, e 43; r. d. 29 luglio 1927, n. 1443, art. 45). La sottrazione delle cave alla disponibilit privata, senza indennizzo, nelle ipotesi previste dall'art. 45 r. d. 29 luglio 1927, n. 1443 svolge il limite connesso al regime di quei beni come categoria, per la loro inerenza ad un interesse della Pubblica Amministrazione; rientra, cio, tra le ipotesi per le quali la Costituzione non d garanzia di indenizzo (1). (Omissis). -Che l'art. 45i, quarto comma, del r. d. 29 luglio 1927, n. 1443, non abbia illegittimamente negato l'indennit reclamata innanzi al giudice a quo, pu arguirsi dalla constatazione che il trattamento giuridico fatto alle cave e quello adottato per le miniere hanno una (1) La qu,~stione era stata proposta con ordinanza 10 luglio 1965 della Sezione della Corte di Appello di Reggio Calabria (Gazzetta Ufficiale 28 agosto 1965, n. 216). Il r. d. 29 luglio 1927, n. 1443, fu emanato in forza della delega concessa al Governo con legge 14 aprile 1927, n. 571, per unificare la legislazione italiana nelle miniere e sostituire le leggi degli antichi Stati ancora vigenti nelle varie provincie d'Italia. TTa i vari sistemi possibili (quello fondiario, quello negalistico, quello demaniale e quello industriale) fu attuato quello demaniale e fu cos stabilita ,La necessit dell'autorizzazione governativa per La ricerca minemria (art. 14) e della concessione per la coltivazione delle mini'ere (art. 14.); nessuna preferenza venne attribuita, . 194. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO comune ispirazione, e che la coltivazione delle cave assolve a fini di utilit generale come quella delle miniere; per cui, nel diritto accordato al proprietario del fondo sulla cava che vi affiora, si immedesima una destinazione che lo fa divendire mezzo di realizzazione di un interesse pubblico, e sostanzialmente lo affievolisce. Le cave formano, vero, una categoria di beni distinta dalle miniere. Ma l'art. 2 del predetto r. d. 29 luglio 1927, n. 143,, le riunisce alle miniere sotto la denominazione di lavorazioni minerarie, delle quali le cave costituiscono la seconda classe. Tale unificazione trova conforto nella legge di delegazione 14 aprile 1927, n. 571, la quale autorizzava il Governo ad emanare norme aventi carattere legislativo per disciplinare la ricerca e la coltivazione delle miniere, intendendo riferirsi anche all'assetto delle cave, e indusse a dare un comune fondo alla disciplina delle due categorie di beni: lo si rileva fin nel primo atto illustrativo dell'ordinamento vigente, la fondamentale relazione Fadda, ove il sistema della concessione proposto per le miniere lo si qualificava demaniale, e l'altro progettato per le cave, di disponibilit privata limitata dal potere statale di concessione, lo si definiva di demanialit attenuata o potenziale: si riteneva che implicasse una generale e preventiva concessione ope legis, la quale non escludesse un altro dominio dello Stato sul bene, e che attuasse una gradazione nel regime di pubblica utilit cui era conveniente assoggettare la propriet del suolo e del sottosuolo. La riducibilit dei due regimi ad unit fu ammessa anche da chi, all'indomani dell'emanazione della legge delegata, nel conte- per l'ottenimento della concessione, al proprietario del suolo, la preferenza stessa venendo riconosciuta esclusivamente al ricercatore (art. 16); elemento essenziale per ottenere la concessione , invece, la riconosciuta idoneit tecnica ed economica del concessionario (art. 15). Il legislatore ritenne, peraltro, che il principio della demanialit, cos rigorosamente applicato per le miniere, potesse essere attenuato per Le cave e le torbiere. Ci per due fondamentali ragioni: da un lato la minore importanza, in relazione alle esigenze economiche del paese, dei materiali che si estraggono dalle cave e torbiere, indicati all'art. 2; d'altro canto la maggiore facilit dei lavori di estrazione, tale da far presumere che qualsiasi proprietario sia in possesso di capacit tecniche ed economiche sufficienti alla adeguata coltivazione delle cave e delle torbiere che si trovano nel suo fondo. Si volle cosi stabilire, a favore dei proprietari dei fondi, una concessione ope legis alla coltivazione delle cave e torbiere; concessione anche questa perpetua, ma soggetta, per l'ipotesi di inadeguato sfruttamento, a decadenz'a con conseguente facolt dell'Amrniniswazione di procedere alla concessione delle cave. Che questa fosse l'intenzione del legislatore appare evidente dall'esame degli atti parlamentari. La relazione della Commissione FADDA, riportata in allegato al progetto di legge MLCHELI, del quale l'art. 52 pressoch PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 195 stare, per la prima volta, che le miniere e le cave fossero state inquadrate insieme nell'ambito della demanialit, sostenne che tuttavia nessun inconveniente avrebbe potuto venire se si fosse parlato di sistema demaniale qualora, con ci, si fosse inteso alludere ad un ordinamento che implicasse, rispetto a determinate cose, poteri della pubblica amministrazione, e addirittura il potere di essa di fare la cosa oggetto di concessione; e si soggiunse, in tale occasione, che il principio demaniale, nel senso proposto, dominava anche il trattamento approntato per le cave, trovando in esso una differenza di intensit, per modo che la pubblica amministrazione, e non il privato, era costituita arbitra della ricerca e della coltivazione delle miniere e delle cave. S'intuiva cio, fin d'allora, che un potere di concedere queste coltivazioni risultava attribuito allo Stato per entrambi i due beni, ma era esercitabile per le miniere subito dopo la scoperta, e, per le cave, era differito al tempo in cui si fosse accertato che il privato non imprimeva alla cosa quella destinazione all'utilit generale che nella sua essenza. Ancora oggi si pu dire che la funzione economico-sociale delle cave, secondo la valutazione fattane dal'ordinamento giuiridico, si differenzia solo quantitativamente da, quella che svolgono le miniere; e che l'attribuzione al proprietario del fondo di un diritto sulla cava che vi esiste, fino a quando l'inter~sse della produzione cui essa specificatamente serve non ne renda opportuna la concessione a terzi, rispecchia la minore intensit del vantaggio generale che le cave possono rendere, secondo la loro natura, essendosi ritenuta sproporzionata una sottrazione originaria del bene al proprietario del fondo, e viceversa congrua identico all'attuale art. 45 (Atti Parlamentari XXVI legislatura, Sessione 1921, Doc. n. 718) cosi si esprime sul punto: Chiarita in tal guisa la distinzione tra miniere e cave, la Commissione ha considerato che, se l'interesse della collettivit richiede che le prime siano senz'altro sottratte alla propriet privata, di guisa che la dichiarazione di demanialit deve avere la sua pi ampia applicazione, per le cave la demanialit potrebbe essere, per dir cos, attenuata, potenziale, nel senso cio, che esse possano essere lasciate nella disponibilit del proprietario della superficie, fino a che un interesse superiore dello Stato non richieda che la demanialit, trasformandosi da potenziale in reale, si esplichi nella sua completa efficacia . Dopo avere illustrato il contenuto della norma proposta la relazione cos continua: stato osservato che potrebbe sorgere una contraddizione fra la dichiarazione ~enerica ed ampia di demanialit per tutte le sostanze minerali, fatta dall'articolo 1 del progetto ed il trattamento speciale che si fa per le cave; ma tal:e pretesa contraddizione effettivamente non sussiste. Lo Stato ,infatti, che senza suo permesso non consente la ricerca della miniera e ne autorizza poi la coltivazione di volta in volta, per le cave, invece, fa una generale 'e preventiva concessione -ope legis -conservando per sempre il suo alto dominio, che viene esercitato, quando se ne 196 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'assegnazione di un limite al diritto di quel proprietario. Cos essendo, I questo diritto risulta accordato per fare, dell'iniziativa privata, uno stru' mento d'attuazione del pubblico interesse, e perch si ravvisato che l'iniziativa privata avrebbe potuto ugualmente attendere alla realizza' ' zione di questo interesse; e dovr riconoscersi, in conseguenza, che quel I . diritto convive con un potere dell'amministrazione, tanto vero che la coltivazione delle cave assoggettata alla sua vigilanza, e ad una vigilanza tendente a mantenere il rispetto delle esigenze pubbliche nel modo del suo svolgimento, quella stessa alla quale soggetta la coltivazione della miniera (art. 2.9), perch essa, dall'art. 45, ultimo comma, estesa alla cava. Venuta meno la fiducia nell'iniziativa del proprietario del fondo, l'amministrazione pubblica provvede alla tutela dell'interesse generale senza il tramite del procedimento tipico di espropriazione per pubblico interesse, cos come senza ricorrere a questo procedimento concede originariamente la miniera; in una guisa cio che, se non toglie al proprietario del fondo garanzia di difesa, nell'ipotesi di atto illegittimo, si profila quale espressione di una relazione immediata con la cava. Non importa individuare la natura del diritto del privato sulla cava: la propriet, l'usufrutto, o che altro .sia, sarebbero attribuiti con i limiti impressi dalla rilevanza pubblica del bene, e questi limiti si inseriscono nella struttura del diritto, comunque esso si qualifichi, caratterizzandolo nella sua giuridica essenza, vincolandolo indissolubilmente ad un esercizio che svolga quella funzione d'interesse generale cui la cava , di per s, destinata. manifesta la necessit, quando, cio, il proprietario con La sua inerzia possa danneggiare l'economia nazionale ". Gli stessi concetti vennero ripetuti nella relazione ministeriale al prog, etto di legge n. 1 della XXVII legislatura presentato il 3 giugno 1924, che del seguente tenore: La disponibilit delle cave e torbiere, data la natura e il carattere della loro coltivazione che si collega con la disponibilit del soprassuolo, lasciata ope legis al proprietario del terreno. Tuttavi,a, in considerazione dell'accennato principio della deman1alit, ove il proprietario n direttamente n indirettamente intra!)['enda la coltivazione della cava o torbiera e non dia ad essa sufficiente sviluppo, quando ragioni di .pubblico interesse lo richiedano, il Governo pu prefiggergli un termine per l'inizio o la ripresa o l'intensificazione dei lavori, e questo elasso infruttuosamente, ne pu di' sporre per concessione ad altri, salvo al proprietario stesso il risarcimento e gli eventuali rimborsi spettantigli per precedenti opere eseguite . Tale espresso intendimento del legislatore venne poi fedelmente rispecchiato dalla lettera dell'art. 45 che la Corte, con la sentenza in esame, ha dichLarato costituzionalmente legittimo. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 197 Nemmeno 'importa discutere, ai fini della questione da decidere, se la concessione della cava al terzo sulla base della disposizione denunciata sia un atto di carattere ablativo: l'atto incide sul diritto del privato per l'attivarsi del limite cui sottostava, il che basta a far ritenere che la fattispecie esula dal tenore del terzo comma dell'art. 42 della Costituzione. Questo comma contempla l'ipotesi del sacrificio di una situazione patrimoniale per un interesse pubblico che essenzialmente sta fuori di essa e ad essa si sovrappone: se per l'interesse pubblico limite della situazione, la sua tutela preferenziale sviluppo naturale o normale del rapporto da cui il diritto del privato trae origine e non induce acquisizione aliena di un valore. Infatti il diritto sacrificato, in tal caso, non contiene il valore di quello prevalso; e deve stimarsi avendo presente la coesistenza di un altro diritto capace di assorbirlo, quindi con detrazione del valore di questo. La fattispecie regolata dall'art. 838 c. c., cui la parte privata si richiamata per dar maggior vigore alla sua denuncia di illegittimit, del tutto diversa da quella in e,same. In tale articolo si prevede un indennizzo per l'espropriazione di beni che interessano la produzione nazionale e che il proprietario usa in modo da nuocere alle esigenze della produzione stessa; si ha cio riguardo ad un diritto su beni che sono utili alla produzione, non che sono ad essa necessari, come i prodotti delle cave, per loro natura insostituibili: in quel caso l'interesse generale toccato di riflesso dal comportamento del privato, il diritto sul bene non essendo dato perch con esso possa realizzarsi un interesse pubblico, come invece per il diritto sulla cava. Questa Corte ha gi osservato (sentenza 19 gennaio 1966, n. 6) che la legge pu non disporre indennizzi quando segna modi e limiti che attengano al regime di appartenenza o a quello di godimento dei beni in generale o di intere categorie di beni, ovvero quando regoli la situazione .che i beni stessi abbiano, rispetto a beni o ad interessi della pubblica amministrazione: necessario, in tal caso, soltanto che la legge sia destinata alla generalit dei soggetti i cui beni si trovino nelle accennate situazioni, vale a dire che l'imposizione di limiti abbia carattere obiettivo, quindi scaturisca da disposizioni che diano un certo carattere a determinate categorie di beni, identificabili a priori per contrassegni intrinseci. Da quanto si esposto appare indiscutibile che la sottrazione delle cave alla disponibilit privata ex art. 45 del r. d. 29 luglio 1927, n. 1443, svolge il limite connesso al regime di quei beni come categoria, per la loro inerenza ad un interesse della pubblica amministrazione; rientra cio fra le ipotesi genericamente ,. descritte dalla Corte, per le quali la Costituzione non d garanzia d'indennizzo. Per le stesse ragioni infondata la questione di legittimit costi tuzionale proposta in relazione all'art. 43 della Costituzione. -(Omissis). 198 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 9 marzo 1967, n. 22 -Pres. Papaldo -Rel. Mortati -Pregnolato (avv. Smuraglia), Soc. Righini (avv. Gentile, Biamonti) e Presidente del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. Stato Albissini). Previdenza e assistenza -Assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro -Limitazione del risarcimento all'infortunato rispettto alle norme generali -Violazione degli artt. 3, 35, 38 Cost. -Esclusione. (Cost., art. 3, 35, 38; r. d. 17 agosto 1935, n. 1765, art. 4 primo e secondo comma). "' Previdenza e assistenza -Assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro -Esonero di responsabilit del datore di lavoro per il fatto dei dipendenti non preposti -Violazione del principio di eguaglianza. (Cost., art. 3; r. d. 17 agosto 1935, n. 1765, art. 4, terzo comma; d. p. r. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 10). Previdenza e assistenza -Assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro -Accertamento del reato in sede civile solo nell'ipotesi di estinzione del reato per morte del reo o per amnistia, e non pure per prescrizione -Violazione del principio di eguaglianza. (Cost., art. 3; r. d. 17 agosto 1935, n. 1765, art. 4, quinto comma; d. p. r. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 10). Non fondata, con riferimento ai principi costituzionali di eguaglianza e di tutela del lavoro, la questione di legittimit costituzionale delt'art. 4, primo e secondo comma, r. d. 17 agosto 1935, n. 1165, iimitativo dell'azione di risarcimento nei confronti del datore di lavoro, in quanto la posizione del lavoratore infortunato, nel complesso sistematico delle norme speciali assicurative, assume caratteri cos peculiari da non renderla assimilabile a quella cui hanno riguardo le altre noirme di diritto privato (1). (1-3) La questione era stata proposta con ordinanza 25 marzo 1965 del Tribunale di Milano (Gazzetta Ufficiale 10 luglio 1965, n. 171). Il principio della limitazione della responsabilit civile del datore di lavoro aveva gi da tempo trovato fonti critiche in dottrina (cfr. MARCHETTI, ancora in vigore l'art. 4 r. d. 17 agosto 1935, n. 1165?, Riv. giur. lav., 1950, 259), come derogativo ai doveri che l'art. 2087 c. c. pone a suo carico. Con la sentenza in rassegna la Corte ha escluso la soluzione pi drastica, limitando la dichiarazione di incostituzionalit, nel senso indicato nelle massime (2) e (3), alle ipotesi in cui effettivamente la sperequazione legislativa non avrebbe avuto alcuna razionale giustificazione. In generale, sui problemi pos~i dall'art. 4 del decreto del 1935 cfr. DE LITALA,, Assicurazioni sociali (Inf. sul lavoro e malattie professionali), Novis:.- imo Digesto It., 1287 e segg.). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 199 fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, Za questione di Zegittimitd costituzionale deU'art. 4, terzo comma, r. d. 17 agosto 1935, n. 1765, nena parte in cui limita Za responsabiZitd civile del datore di lavoro per infortunio derivante da reato aUe sole ipotesi di reato commesso dagli incaricati della direzione e sorveglianza del lavoro e non anche di tutti gli altri dipendenti, di cui iZ datore di lavoro debba rispondere secondo iZ codice civile (2). fondata, con rifferimento al principio di eguaglianza, Za questione di Zegittimitd costituzionale deZZ'art. 4, quinto comma r. d. 17 agosto 1935, n. 1765, in auanto consente che iZ aiudice civile :possa accertare che iZ fatto generatore dell'infortunio costituisca reato solo neZZe ipotesi di estinzione del reato per morte dell'imputato o per amnistia, e non anche per l'ipotesi di estinzione del reato per prescrizione (3). (Omissis). -1. Per potere apprezzare la fondatezza della censura di violazione del principio consacrato nell'art. 3, primo comma, che l'ordinanza rivolge contro l'art. 4 del r. d. 17 agosto 1935, n. 1765, occorre richiamarsi alle pronuncie con le quali la Corte ha costantemente ritetuto~ che il contrasto con il principio di eguaglianza rilevabile dal giudice della legittimit costituzionale, cui precluso ogni apprezzamento di merito, solo quando la disparit di trattamento risultante dal confronto fra le discipline adottate dal legislatore in ordine a pi fattispecie relativamente omogenee sia tale da non trovare alcun ragionevole fondamento nella diversit delle situazioni alle quali ognuna di esse ha inteso provvedere. Si rende pertanto necessario accertare se nella specie un siffatto fondamento, a giustificazione del contrasto che si allega fra il citato art. 4 del r. d. n. 1765 e gli artt. 2043, 2049 e 2054, terzo comma, del codice civile, non possa rinvenirsi nei principi che ispirano il sistema previdenziale-assicurativo in materia di infortuni sul lavoro, del quale l'art. 4 parte integrante. Risulta che, in tale sistema, alla riduzione della misura del risar cimento a danno dell'infortunato, rispetto a quello che spetterebbe nella generalit dei casi in cui il danno sia stato cagionato dal fatto doloso o colposo altrui, sulla quale si appunta la censura del Tribunale, fa ri scontro una serie di altre norme, anch'esse derogatorie del codice civile, le quali si risolvono in un sensibile beneficio per il lavoratore, sia sotto l'aspetto sostanziale, in quanto garantiscono a lui il risarcimento in ogni caso, pur quando l'infortunio sia occorso per caso fortuito o addirittura per sua colpa, sia sotto quello procedimentale, per l'automaticit dela liquidazione dell'indennizzo, che giova a sottrarlo all'esigenza del pro muovimento di apposita azione giudiziaria e della conseguente osser vanza delle regole sull'onere della prova; mentre poi nessuna eccezione pi si oppone all'impero del diritto comune allorch l'infortunio risulti - 200 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dovuto del Pertanto la200 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dovuto del Pertanto la a colpa grave datore, penalmente sanzionata. I m posizione del lavoratore infortunato, quale deriva dal complesso siste matico delle norme speciali relative al trattamento assicurativo, assume caratteri cosi peculiari da renderla non assimilabile a quella cui hanno .: riguardo le altre norme di diritto privato in materia di responsabilit civile; e di conseguenza non pu, sotto questo aspetto, ritenersi che faccia difetto quel ragionevole motivo del trattamento differente da quello spettante agli altri cittadini, sufficiente a far considerare infon data la censura di violazione dell'art. 3, primo comma. Una tale violazione non pu riscontrarsi neanche se si prenda in considerazione la diversit che viene a determinarsi nell'ambito della stessa categoria dei lavoq1tori, secondo le allegazioni della difesa del Pregnolato, dato che tale diversit la legge fa discendere dalla differente gravit delle lesioni prodotte dall'infortunio, e non irragionevole assumere tale gravit come criterio di differenziazione del trattamento praticato, tanto pi quando si tenga presente che alla minore entit del danno subito corrisponde anche una diminuzione dello scarto fra l'indenit assicurativa e quella che si sarebbe potuta conseguire alla stregua delle norme comuni. 2. -L'ordinanza prospetta il dubbio di incostituzionalit anche sotto l'aspetto della violazione del secondo comma dell'articolo ora citato: dubbio che sembra voglia mettere in rilievo la particolare qualificazione che la riduzione del diritto al risarcimento assume allorch sia disposto a carico di lavoratori, in quanto conduce ad aggravare la situazione di inferiorit nella quale costoro si trovano, ponendosi cos in contrasto con l'obbligo imposto dal comma predetto di rimuvere gli ostacoli che la determinano. chiaro che l'apprezzamento del motivo di incostituzionalit, cos prospettato, deve effettuarsi non pi -come prima si fatto -in base al confronto con quanto disposto in generale per gli altri cittadini, ma invece con riguardo alle parti dello stesso rapporto di lavoro, trattandosi di accertare se, tenuto conto delle particolari condizioni in cui si svolge il lavoro di fabbrica o quello ad esso equiparato, il trattamento infortunistico, quale risulta dal sistema assicurativo vigente, non sia tale da determinare una sperequazione a danno del lavoratore, contraddicendo cos all'esigenza, fatta valere dal citato secondo comma, della speciale tutela spettante alla parte pi debole del rapporto lavorativo. Ora incontestabile che i danni da infortunio sul lavoro assumano caratteri peculiari, ed appunto in relazione ad essi che appaiono privi di rilievo i richiami fatti dalla difesa dei resistenti alle varie disposizioni di legge le quali dispongono eccezioni alla normale determinazione e misura del contenuto del danno, come nel caso PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 201 degli albergatori e simili (artt. 1784, 1796 c. c.), o dei vettori, o esercenti di trasporti marittimi o aerei (aritt. 412, 423, 943 cod. navig.) poich dette norme si riferiscono a danni alle cose o anche alle persone, ma sempre occorsi in occasione di un rapporto precario di alloggio o di trasporto. Invece il lavoro di fabbrica, mentre assoggetta l'intera attivit del lavoratore al potere organizzativo e di direzione dell'imprenditore, importa in larga misura l'impiego di macchine, al quale fatalmente connesso il rischio di danno alla persona del lavoratore, anche senza che ricorra alcun comportamento colposo, per effetto di eventi del tutto fortuiti. E non pu esser dubbio che (in virt del principio secondo cui i particolari oneri inerenti all'esercizio di determinate attivit sono da addossare al soggetto che dall'esercizio di tali attivit ricava particolari vantaggi) debba gravare sul datore di lavoro la responsabilit del risarcimento dei danni subiti dal lavoratore in occasione del lavoro prestato alle dipendenze di lui nel caso che i danni stessi provengano (oltrech, com' ovvio, dall'imperfetto adempimento dell'obbligo di predisporre ogni specie di misura idonea a prevenire gli infortuni) dal caso fortuito o dalla forza maggiore. E poich gli eventi ora menzionati sembrano costituire i fattori determinanti gli infortuni sul lavoro pi rilevanti, sia sotto l'aspetto numerico che sotto quello qualitativo, potrebbe sorgere un qualche dubbio sul punto se l'esonero dalla responsabilit civile del datore, qual' sancito in via generale dal primo comma dell'art. 4 in esame, non determini nei suoi riguardi una posizione di maggior favore rispetto a quella in cui viene a trovarsi il lavoratore, costretto a subire in ogni caso una decurtazione dell'ammontare del risarcimento che gli sarebbe dovuto. Tuttavia una indagine su questo punto, allo scopo di accertare un'eventuale violazione dell'art. 3, richiederebbe una particolareggiata analisi delle varie componenti causali del rischio assicurato e della loro diversa incidenza media sugli infortuni, indagine che esula del tutto dai poteri della Corte. N a differente avviso potrebbe condurre la considerazione, fatta valere dalla difesa del Pregnolato, secondo cui l'onere dei contributi assicurativi solo apparentemente grava sul datore, poich in realt viene trasferito sul lavoratore, che quindi dall'attuale assetto del congegno assicurativo verrebbe a sopportare, in definitiva, una riduzione di salario. Infatti, a parte il rilievo circa l'ostacolo opposto all'allegata traslazione dalla regolamentazione salariale risultante dai contratti collettivi di lavoro, da osservare che l'eventuale suo verificarsi corrisponderebbe ad una situazione di fatto, non apprezzabile in questa sede. La difesa stessa ha anche invocato, a sostegno della censura di violazione dell'art. 3, la sentenza n. 1 del 1962 di questa Corte; ma deve escludersi che la questione allora decisa possa comunque assimilarsi alla presente, poich la pronuncia di illegittimit costituzionale allora emessa riguardava una legge che, in alcuni casi, escludeva nei confronti 202 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di una categoria di cittadini ogni indennizzo per danni alla persona, derivanti da causa di servizio prestato a favore dello Stato, ed in altri casi, concedeva loro un indennizzo solo apparente. 3. -Infondata deve ritenersi la questione di illegittimit costituzionale prospettata anche se la si esamini con riguardo all'altro motivo, che l'ordinanza deduce dall'art. 35 della Costituzione. Infatti il principio da questo enunciato nel suo primo comma nulla aggiunge alle dichiarazioni risultanti dall'art. 1 della Costituzione, nonch dal secondo comma dall'art. 3 e dall'art. 4, primo comma, venendo piuttosto ad assumere, collocato. com' all'inizio del titolo II, solo una funzione introduttiva alle disposizioni che entrano a far parte di questo: cio vuole, non gi determinare i modi e le forme della tutela del lavoro, ma solo enunciare il criterio ispiratore comune alle disposizioni stesse, nelle quali ultime esclusivamente sono poi da ritrovare le specificazioni degli oggetti della tutela voluta accordare. 4. -Pi consistente potrebbe sembrare l'altra denuncia di incostituzionalit che l'ordinanza ricava dall'art. 38, nella parte in cui questo garantisce ai lavoratori infortunati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita. Ma tale non si rivela ad un pi approfondito esame. anzitutto da notare che l citato articolo pone un principio generale, riguardante tutte le situazioni bisognevoli di prestazioni previdenziali, e pertanto non esclude che la legge disciplini variamente gli ordinamenti che meglio si adeguino in concreto alle particolarit delle singole situa.zioni, predisponendo i mezzi finanziari all'uopo necessari. In particolare, per quanto riguarda le prestazioni dovute in conseguenza di infortuni sul lavoro, non si rende possibile la loro commisurazione alle esigenze di vita se non si proceda preventivamente alla determinazione dei criteri che debbano presiedervi. Una volta che si fossero ritenute inapplicabili le norme vigenti, per il loro asserito contrasto con l'art 38, il criterio che si ricerca non potrebbe rintracciarsi nelle disposizioni di diritto comune, alle quali l'ordinanza ha fatto richiamo, poich, a tenore delle medesime, il risarcimento per danno da fatto illecito non da commisurare sulla base delle esigenze di vita, bensi solo sul grado di riduzione dell'integrit fisica. D'altra parte, l'affermazione che la riduzione dell'indennizzo, qual' disposto dalla legge denunziata, sia tale da compromettere la soddisfazione delle esigenze di vita (che sono da determinare sulla base di valutazioni differenti dalle altre che riguardano il salario sufficiente, a termini dell'art. 36, secondo ha messo in rilievo la sentenza n. 67 del 1964 della Corte) non trova riscontro nella I ' legislazione vigente, poich questa contempla una serie di provvidenze (come quelle che tengono conto del fattore familiare nella determina ! ! I . I PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 203 zione di alcune prestazioni previdenziali, ai sensi degli artt. 77 e 85 del t. u. n. 1124 del 1965, o le altre che dispongono la rivalutazione periodica delle rendite, cosi da farle variare in dipendenza dei mutamenti dei livelli salariali) le quali tendono appunto ad adeguare, almeno in una certa misura, l'entit dell'indennizzo alle esigenze di vita del lavoratore. In conclusione, deve ritenersi che la norma denunciata non contrasta con l'art. 38, mentre l'integrale applicazione del precetto in esso contenuto esige la strutturazione su nuove basi dell'intero congegno previdenziale e del relativo sistema di finanziamento. 5. -A soluzione diversa da quella prima adottata si deve giungere quando si esamini la conformit con l'art. 3,, primo comma, del terzo comma dell'art. 4, che esonera dalla piena responsabilit il datore di lavoro allorch il danno alla persona del lavoratore sia stato cagionato da colpa grave, sanzionata con condanna penale, di uno dei suoi dipendenti, che non rivesta la qualifica .di incaricato della direzione o di sorvegliante dei lavori, anche se del fatto di lui egli dovrebbe rispondere secondo il codice civile. Tale limitazione all'esercizio dell'azione di risarcimento (limitazione che appare tanto pi grave quando si tenga presente l'interpretazione restrittiva che la giurisprudenza ha dato della natura delle mansioni atte a qualificare l'incaricato o il sorvegliante, e dell'esigenza fatta valere dalla giurisprudenza stessa di una specifica investitura nell'incarico da parte dell'imprenditore) sembra sfornita di ogni anche minimo fondamento razionale, che valga a spiegare il contrasto in cui la medesima si pone, sia con la regola generale vigente in materia, sia con quelle risultanti dalla legislazione speciale. Secondo la prima, quale risulta consacrata nell'art. 2049 del codice civile, risale ai padroni ed ai committenti la responsabilit per fatto illecito dei domestici e commessi nell'esercizio delle incombenze a cui sono addetti, indipendentemente dalla prova di qualsiasi loro colpa, anche solo in eiigendo, e senza alcuna discriminazione derivabile dalla natura delle mansioni esplicate dai medesimi. Ma anche le leggi speciali equiparano sempre il fatto di tutti i dipendenti o preposti a quello del vettore o dell'esercente (cosi per esempio quelle dettate per l'esercizio della navigazione artt. 414, 942, 943, 944, cpv., 952, 965, 971 cod. nav.) ed anche nei casi in cui deve aversi riguardo al grado della colpa o all'intensit del dolo, tale requisito esteso, senza discriminazioni, alla colpa o al dolo dei dipendenti o preposti (artt. 943, 944 cpv., 952, 971). Non varrebbe obbiettare che le disposizioni per ultimo richiamate si riferiscono a danni recati a terzi, e che quindi non sono invocabili per coloro che beneficiano del regime assicurativo, poich ci pu valere fin dove vale tale regime, mentre nei casi in cui questo faccia difetto, o quando si RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO superino i limiti entro cui il regime stesso opera, il dipendente colpito dal fatto illecito di altro dipendente (quando l'uno e l'altro agiscano nell'esercizio del lavoro loro commesso) viene ad assumere la posizione di terzo, ed a beneficiare delle norme di diritto comune. L'affermazione secondo cui la disposizione denunciata troverebbe fondamento nella considerazione che l'infortunio occorso ad un lavoratore pel fatto di altro dipendente dalla stessa impresa, allorch questi non eserciti funzioni di direzione o di sorveglianza, rientra nel rischio specifico che l'industria comporta, non fornisce in r~alt alcuna giustificazione, risolvendosi piuttosto in una pura e semplice constatazione di quanto disposto dal legislatore. Quello che sarebbe necessario accertare se, una volta esclusi dal rischio professionale coperto dall'assicurazione gli infortuni provocati da colpa grave, configurabili come reati, e come tali accertati in una sentenza di condanna, risponda ad una qualche esigenza di ragione far dipendere la soddisfazione della pretesa all'integrale risarcimento dalla natura d'el1e mansioni espletate dal dipendente che abbia provocato il danno. Si affermato che siffatta giustificazione possa ritrovarsi nel diverso grado di utilit che proviene all'imprenditore dall'attivit esplicata dai propri dipendenti, secondo la diversit delle posizioni rivestite da que sti. Ma, una volta ammesso che la responsabilit pel fatto dei dipendenti si fonda sul principio cuius commoda eius incommoda, non si rende pos sibile operare discriminazioni sulla base della entit dei vantaggi con seguiti, dato che tutti i dipendenti rivestono la stessa posizione di ele menti dell'impresa o dell'azienda, e per tutti l'unica circostanza che, nella fattispecie considerata, pu venire in considerazione, la gravit del reato commesso a danno dell'infortunato. Informato a questo prin cipio l'art. 19 della legge 31 dicembre 1963, n. 1860, sull'impiego pacifico dell'energia nucleare, che stabilis~e l'obbligo dell'esercente di risarcire il danno, senza alcuna limitazione, nel caso che questo sia derivato da reato commesso da lui o da coloro del cui operato esso risponde a norma del codice civile. Neppure varrebbe invocare il personale rapporto fidudiario, che lega il datore di lavoro ad alcuni e non ad altri dipendenti, perch ci condurrebbe ad introdurre nella figura della responsabilit oggettiva, qual' quella gravante sull'imprenditore, un elemento di culpa in eli gendo che deve rimanere irrilevante. La deroga ai principi ed alle norme che si sono richiamate, qual' apportata dal terzo comma dell'art. 4 in esame, viene a porsi in con trasto con l'art. 3, per l'ingiustificata differenza di trattamento che im porta a carico dei lavoratori colpiti dall'altrui fatto delittuoso, non solo in confronto con i comuni cittadini, ma anche con gli altri lavoratori che risultino danneggiati per effetto di un reato, secondo che questo sia PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 205 addebitabile ad un incaricato o un sorvegliante o ad altro dipendente. Mentre nel caso prima considerato la diversit del risarcimento spettante ai lavoratori danneggiati da un infortunio che consegua da un fatto delittuoso perseguibile d'ufficio rispetto a quello spettante agli altri lavoratori infortunati, poteva (sotto quest'ultimo aspetto della diversit di disciplina dei lavoratori,fra di loro) trovare giustificazione nella differente entit delle lesioni subite, analogo carattere di ragionevolezza non pu riscontrarsi quando la diversit si colleghi alla natura delle attribuzioni esercitate dal dipendente al quale risale l'evento dannoso perseguibile penalmente. 6. -La difesa dell'attore ha, nella memoria, fatto altres rilevare la incostituzionalit del quinto comma dell'art. 4, in quanto questo, nello stabilire che spetta al giudice civile decidere circa la sussistenza della responsabilit, a norma dei precedenti commi, per il fatto che avrebbe costituito reato, allorch l'azione penale si sia estinta per morte dell'imputato o per amnistia, ha omesso di considerare il caso analogo dell'estinzione per effetto di intervenuta prescrizione. Tale questione non risulta formalmente proposta dall'ordinanza, ma pu tuttavia ritenersi compresa nella generica denuncia di violazione dell'art. 3, in quanto fondata sull'asserito trattamento differenziale di fattispecie legali fra loro equivalenti. Le censura cos formulata sembra fondata, in quanto la prescrizione dell'azione penale, per i casi presi in considerazione dall'art. 4, che sono procedibili solamente per azione pubblica, viene ad operare con la stessa efficacia degli altri eventi considerati nello stesso comma quinto. L'anomalia potrebbe venire superata anche in via di interpretazione sistematica, dato che questa conduce a far ritenere estensibile alla prescrizione la norma stabilita per la morte o per l'amnistia. Tuttavia, per meglio assicurare la certezza del diritto, si deve procedere ad un'espressa statuizione in questo senso. 7. -In applicazione dell'art. 27 della legge n. 87 del 1953 si deve dichiarare anche l'illegittimit costituzionale dell'art. 10 del d. p. r. 30 giugno 1965, n. 1124, che, in esecuzione della legge di delegazione 1'9 gennaio 1963, n. 15 ha emanato il t. u. delle leggi sugli infortuni, nella parte che riproduce testualmente le statuizioni dell'art. 4 ritenute affette da tale illegittimit. Analoga applicazione non si rende necessaria in confronto all'art. 186 t. u. n. 1124, che estende la disposizione dell'art. 10 anche ai casi di infortunio nell'agricoltura, dato che esso rinvia alla norma che si dichiara illegittima. -(Omissis). - 206 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO t 1CORTE COSTITUZIONALE, 9 marzo 1967, n. 23 -Pres. Ambrosini - ReL. Manca -Commissario Stato per la Regione Siciliana (Sost. avv. gen. Stato Guglielmi) e !>residente Regione Siciliana (avv. i Virga). Sicilia -Legge regionale recante interpretazione autentica di precedente legge concernente la trasformazione dell'ERAS in ESA Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 25, 81; 1. reg. 18 marzo 1966; 1. reg. 10 agosto 1965, n. 21). Non fondata la questione di legittimit costituzionale della legge regionale siciliana 18 marzo 1966, recante interpretazione autentica della precedente legge regionale 10 agosto 1965, n. 21, concernente la trasformazione dell'ERAS in ESA, in quanto non risultano violati n il principio costituzionale, relativo alla irretroattivit delle leggi, valido solo per la materia penale; n il principio della copertura finanziaria di nuove spese regionali, dato che la legge non comporta alcun onere finanziario attuale per la Regione (1). (Omissis). -1. opportuno premettere che la censura mossa dal Commissario dello Stato con il primo motivo del ricorso, non riguarda la questione, sollevata dall'Avvocatura, se alla Regione sia consentito o meno emanare, anche nella sua competenza legislativa primaria, leggi con efficacia retroattiva. La censura invece si limita a dedurre che la legge impugnata, approvata dall'Assemblea regionale il 18 marzo 1966, anzich interpreta (1) La sentenza ha lasciato impregiudicata la questione, sollevata dalla Avvocatura nel corso del giudizio, se la Regione, sia pure a statuto speciale, sia tenuta a rispettare il limite del principio della legislazione statuale secondo cui, normalmente, la legge (ad eccezione di quella penale, per la quale l'avverbio non ha ragione d'essere) dispone solo per l'avvenire. noto, che, mentre, almeno per la Regione Siciliana, l'e,sigenza del rispetto di tale limite viene negata da una parte della dottrina, riconoscendosi solo il limite delle leggi costituzionali dello Stato (VIRGA, La regione a statuto speciale, Palermo, 1955, 27; DE FINA, il.utonomia l.egislativa della Regione Siciliana, Milano 1957, 206), la maggioranza della dottrina ammette anche il .c. d. limite dei principi (MoRTATI, Ist. dir. pubb., Padova, 1962, 778; PALADIN, La potest legislativa regionale, Padova, 1958, 135; MAzZIOTTI, Potest legislativa delle Regioni, Milano, 1961, 112). Per quanto riguarda il pi recente orientamento della Corte Costituzionale in merito all'interpretazione dell'art. 81 Cost., si rinvia alla sentenza 10 gennaio 1966, n. 1, ed alla nota redazionale in questa Rassegna, 1966, 1, anche nei riflessi peculiari della legislazione regionale. !~ I' -I, PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 207 tiva (come indicata nell'intestazione), sarebbe innovativa rispetto all'art. 28 della precedente 1. regionale n. 21 del 10 agosto 1965 (concernente la trasformazione dell'ERAS nell'ESA). Ci perch, per il trattamento del personale, non farebbe riferimento ai principi del rapporto di impiego dello Stato, come sarebbe prescritto dal detto art. 28. La censura peraltro non ha fondamento, in quanto, anche se la legge impugnata avesse il carattere sostenuto dal Commissario ricorrente, non ne risulterebbero violati alcuna norma o principio costitu~ zionale. Dati quindi i termini nei quali stato formulato il motivo del ricorso, non pu ritenersi richiamato a proposito l'art. 11 delle preleggi; a parte il rilievo che il principio della non retroattivit della legge stato, com' noto, costituzionalizzato soltanto riguardo alla materia penale (art. 25 della Costituzione). 2. pure infondato il secondo motivo. Lo se la censura si considera per se stessa, perch non dato riscontrare alcuna illegittimit costituzionale nel fatto che una legge faccia riferimento anche ad atti o documenti di carattere amministrativo. Ci potr se mai rendere meno agevole l'interpretazione della legge stessa, ma non pone in essere questione di costituzionalit. La censura, d'altra parte, appare altres infondata, se la si collega col terzo motivo (che riguarda la violazione dell'art. 81 della Costituzione), in quanto cio l'accennata formulazione, secondo l'assunto del ricorrente, non consentirebbe di accertare la rilevanza del maggior onere finanziario, che verr eventualmente ad assumere direttamente l'Ente e indirettamente la Regione, per i contributi che deve erogare al riguardo. Tale censura infatti resta superata dal considerare che, nella legge impugnata, non si riscontra la violazione del citato art. 81. Non si contesta, infatti, che l'ESA (gi ERAS) costituisca un ente pubblico, con amministrazione e bilancio distinti da quelli della Regione. La quale, come risulta dall'art. 33 della legge regionale n. 21 del 1965, non assume direttamente l'onere finanziario relativo all'attuazione dei compiti affidati all'Ente, ma vi contribuisce con erogazioni a carico del proprio bilancio, nei limiti e nei modi indicati dal predetto art. 33, e che qui non vengono in discusione. Ci posto, se nella legge impugnata, come si assume nel terzo motivo del ricorso, non preveduta alcuna copertura per la maggiore spesa eventualmente derivante dalle nuove disposizioni, ci non importa illegittimit costituzionale. La maggiore spesa, infatti, data l'autonomia del bilancio del nuovo Ente, graver sul bilancio del medesimo; e sol 3 - RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tanto se tale maggior onere render necessario un maggior contributo finanziario da parte della Regione, questa, con apposita legge, potr provvedere all'aumento del contributo medesimo ed alla necessaria copertura. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 9 marzo 1967, n. 24 -Pres. Arribrosini - Rel. Verz -Actis (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. Stato Giorgio Azzariti). Approvvi~ionamenti e consumi -Vendita di piante e semi senza l'autorizzazione prefettizia -Violazione del principio di libert di iniziativa economica e della riserva di le~~e -Ille~ittimit costituzionale della relativa norma -Esclusione. (Cast., art. 41; 1. 18 giugno 1931, n. 987, art. 1). Non fondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 1 della legge 18 giugno 1931 n. 987, che prescrive l'autorizzazione prefettizia per il commercio di piante e semi, con riferimento' all'art. 41 della Costituzione, in quanto l'imposizione del predetto limite alla libera iniziativa privata legittimata dalla sussistenza di particolari motivi di utilit sociale, e, d'altra parte, collegata con preventivi accertamenti tecnici che escludono l'esercizio assolutamente discrezionale del potere della P. A. (1). (Omissis). -L'art. 1 della 1. 18 giugno 1931, n. 987, che prescrive l'autorizzazione prefettizia per l'impianto di vivai e per il commercio di piante e di semi, violerebbe, secondo l'ordinanza di rimessione, l'art. 41 della Costituzione, sia perch siffatta autorizzazione dovrebbe verificare se l'iniziativa economica sia o meno contrastante con l'utilit sociale o con gli altri interessi espressamente tutelati dal precetto costituzionale; sia perch, in ogni caso, non sarebbe rispettata la riserva di legge per delimitare la discrezionalit della pubblica amministrazione dal mo (1) La questione era stata sollevata con ordinanza 27 luglio 1965 dal Pretore di Strambino (Gazzetta Ufficiale 25 settembre 1965, n. 242). In ordine al rispetto dei requisiti sostanziali e formali prescritti dall'art. 41 per l'imposizione di limiti alla libert di iniziativa economica, cfr. la precedente sentenza della Corte, richiamata in motivazione, 14 febbraio 1962, n. 4, Giur. cost., 1962, 33, e nota di ESPOSITO, I tre commi dell'art. 41 deHa Costituzione. !:: . ... I PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INi'ERNAZIONALE 209 mento che la norma non stabilisce n i criteri n i requisiti occorrenti per il rilascio dell'autorizzazione. La Corte rileva che l'imposizione di limiti alla libera iniziativa privata, nel caso in esame, legittimata dalla sussistenza di particolari motivi di utilit sociale, i quali risultano dal complesso delle norme della legge impugnata, emanata allo scopo di difendere le piante ed i semi dalle cause nemiche . Nel caso in esame il legislatore ha adottato misure particolari perch i vivai di piante ed i semi siano immuni da malattie e da parassiti diffusibili o pericolosi; ha vietato la vendita di prodotti ritenuti infetti, dei quali in taluni casi pu essere ordinata la distruzione; e ha dettato norme speciali per il commercio e per la esportazione di tali prodotti. Per raggiungere questi scopi, i vivai e gli stabilimenti relativi vengono sottoposti alla vigilanza di speciali organi dipendenti dal Ministero dell'agricoltura, ed in relazione a tale controllo prescritta la preventiva autorizzazione prefettizia di cui all'art. 1. Ed appare evidente che la protezione delle piante e dei semi contro le malattie e contro la diffusibilit di esse risponde all'interesse generale dell'agricoltura, nei riflessi di un continuo miglioramento della produzione, dell'aumento del reddito, e del commercio all'interno ed all'estero. La questione non fondata neppure sotto il profilo del rispetto della riserva di legge, quando si tratti di limitare il diritto di libert della iniziativa economica privata. Come ha gi deciso questa Corte, riferendosi i limiti di cui si tratta a diritti su mezzi. o su attivit rivolte alla produzione economica, la riserva di legge di cui all'art. 41 in parola non esige che l'intera disciplina dei rapporti venga regolata con atto normativo del Parlamento, dovendosi ritenere sufficiente che questo determini i criteri e le direttive atte a contenere in un ambito ben delineato l'esercizio tanto dell'attivit normativa secondaria quanto di quella particolare e concreta di esecuzione affidata al Governo, evitando che esse si svolgano in modo assolutamente discrezionale (sent. n. 4 del 1962). E la norma impugnata soddisfa a questa esigenza. Il provvedimento del Prefetto non soltanto deve essere circoscritto dai limiti segnati dagli scopi che la legge si prefigge e che costituiscono criteri precisi per dirigere l'attivit della pubblica amministrazione; ma deve altres essere emesso su parere favorevole del 'Commissario provinciale per le malattie delle piante. Questo parere, evidentemente di carattere tecnico, collegato con la segnalazione della concessione al Ministero dell'agricoltura per il successivo controllo, appare sufficiente a delimitare la sfera di discrezionalit amministrativa in ordine ai requisiti che debbono essere tenuti presenti ai fini del rilascio o meno dell'autorizzazione. Ed soltanto nell'ambito di siffatti criteri che la legge consente una limi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 210 tazione degli operato;i economici del settore, in funzione di un pi efficiente controllo volto ad evitare preventivamente che siano posti in commercio piante e semi deteriorati. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 9 marzo 1967, n. 25 -Pres. Ambrosini Rei. Petrocelli -Rezzadore e D'Aprile (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. Stato Chiarotti). Reato -Reati e pene -Vendita di generi alimentari senza indicazione del prezzo -Conciliazione amministrativa demandata al Prefetto Illegittimit costituzionale -Esclusione. / (Cost., art. 3, 102, 25; 1. 30 settembre 1920, n. 1.349 art. 13, mod. da ari. 5 r. d. 1. 11 gennaio 1923, n. 138). Il potere attribuito al Prefetto di accogliere o respingere La domanda di conciliazione amministrativa in materia di vendita di generi alimentari senza indicazione del prezzo, a sensi dell'art. 13 della legge 30 settembre 1920 n. 1349, nel testo modificato dall'art. 5 del r. d.L. 11 gennaio 1923 n. 138, non contrasta coi principio costituzionale di eguaglianza, n con queLlo di esclusivit della funzione giurisdizionale, n con quello del Giudice naturale precostituito per Legge (1). (Omissis). -La questione non ha fondamento. Non sussiste il primo dei presupposti da cui muove l'ordinanza del Pretor,e di Cortina d'Ampezzo, cio che la norma impugnata attribuirebbe al Prefetto il potere discrezionale di accogliere o respingere la domanda di conciliazione amministrativa. La interpretazione che il Pretore assume essere data in (1) La questione era stata proposta con le ordinanze 8 settembre 1965 del Pretore di Cortina d'Ampezzo (Gazzetta Uffec'iale, 27 novembre 1965, n. 297), e 23 febbraio 1966 del Pretore di Fermo (Gazzetta Ufficiale 14 maggio 1966, n. 118). Si pu ricordare la precedente sei;itenza della stessa Co!rte 13 novembre 1963, n. 154 (Giur. cast., 1963, 1541) a proposito della facolt conferita al Prefetto dall'art. 378, terzo comma, legge sui lavori pubblici 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, di promuovere l'azione penale contro il trasgressore allorch lo giudichi necessario ed opportuno .. In tale sentenza, la Corte, dato atto del significato non tecnico della. espressione usata dal legislatore, dichiarava non fondata la questione. Per quanto riguarda la fattispecie, data l'equiparabilit piena della conciliazione amministrativa alla oblazione (MAZZANTI, Oblazione, Novissi PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 211 tal senso dalla prassi non trova riscontro alcuno nel testo della norma; n pu aver valore il fatto che il decreto prefettizio abbia adoperata la formula: considerato che non sussistono motivi per respingere l'istanza . D'altra parte la potest che si vorrebbe attribuita al Prefetto nemmeno deducibile, come si assume, da un preteso collegamento sistematico fra la norma impugnata e quelle altre norme dell'ordinamento (art. 14 1. 7 gennaio 1929, n. 4; art. 41 t. u. delle leggi sulla pesca, ecc.) dalle quali, per i casi in esse regolati, una potest siffatta esplicitamente preveduta. E ci perch non sussiste alcun elemento che valga a costituire un legame idoneo, dal punto di vista logico e giuridico, a far estendere ad altre norme, come principio generale valido per tutte, una disposizione che si presenta invece, per speciali esigenze, come propria e particolare di qualcuna, e sulla cui legittimit questa Corte non attualmente chiamata a giudicare. Riconosciuta la inesistenza del preteso potere discrezionale del Prefetto di accogliere o respingere la domanda, rimane assorbita ogni considerazione circa gli effetti, di diritto sostanziale e processuale, che secondo l'ordinanza ne sarebbero seguiti (esistenza o inesistenza del reato subordinata alla decisione amministrativa di accoglimento o di rigetto; disuguaglianza nell'assoggettamento o meno dei cittadini alla giurisdizione penale; disparit di trattamento fra i casi regolati dalla norma in questione e quelli che rientrano nella disciplina dell'art. 162 del c. p. ,ecc.), e circa i principi costituzionali di cui si denunziata la violazione (artt. 112, 25, 3, 102 della Costituzione). Egualmente infondato si ravvisa l'altro presupposto da cui muove l'ordinanza, cio che al Prefetto spetterebbe il potere di stabilire discrezionalmente la somma da pagare senza alcun limite, n minimo n massimo. Nella norma impugnata il primo e il secondo comma, l'uno che determina il minimo e il massimo della pena pecuniaria, l'altro mo dig. it., 720 e segg., e giurisprudenza ivi citata), attraverso la rinunzia del, privato alla garanzia giurisdizionale e l'assoggettamento del medesimo al pagamento di una somma, si realizza la rinunzia dello Stato all'attuazione della pretesa punitiva. E ci attraverso una duplice via: se l'intervento dell'autorit amministrativa, per l'esercizio delle facolt demandatele dalla legge di comporre in via amministrativa le infrazioni per le quali sia prevista la conciliazione, si esplica prima che l'autorit giudiziaria promuova l'azione penale, si ha la riduzione dell'illecito penale ad illecito amministrativo; se tale intervento si esplica dopo che l'azione penale sia stata promossa si ha l'estinzione del reato. In entrambe le ipotesi, l'autorit amministrativa soggetta all'osservanza dei limiti posti dalla legge nella determinazione della somma da pagare. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che, immediatamente dopo, stabilisce la possibilit della conciliazione amministrativa in base al pagamento della somma che, a titolo di pena pecuniaria , sar fissata dal Prefetto, si presentano uniti in una correlazione testuale e logica cos evidente da escludere che il secondo comma assuma tale funzione autonoma da autorizzare il Prefetto aprescindere dai limiti di penalit fissati dal primo. Un tal potere, d'altra parte, non soltanto si presenterebbe senza alcuna ragionevole spiegazione, ma l'ammetterlo importerebbe accogliere l'assurdo di una legge che all'autorit giurisdizionale, la quale dichiara l'illecito e le sue conseguenze con tutte le garanzie e le forme di un regolare procedimento, avrebbe imposto il limite minimo e massimo della pena da irrogare, mentre al Prefetto, a conclusione della sua sommaria delibazione amministrativa, avrebbe lasciata piena libert di fissare la pena pecuniaria senza alcun limite n minimo n massimo. Nemmeno infine ha fondamento il terzo punto dela questione, cio che il potere discrezionale del Prefetto di determinare la somma per la conciliazione importa che questa venga di fatto accordata a condizioni diverse in situazioni identiche (ordinanza del Pretore di Cortina d'Ampezzo), ovvero che il pagamento di somme diverse entro limiti discrezionali si traduce di fatto in trattamenti differenziali dei contravventori (ordinanza del Pretore di Fermo); e ci con la violazione del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione. In tal mc;>do la censura scende dalla norma al particolare della sua applicazione concreta, con le valutazioni e decisioni singole che essa necessariamente comporta, e che non possono riguardare il giudizio di legittimit costituzionale. Questo inderogabile processo di individuazione trova la sua peculiare manifestazione nel diritto penale, dove l'ordinamento, tranne casi eccezionali di penalit fisse, non pu realizzare una adeguata corrispondenza della sanzione al fatto illecito se non mediante la concreta valutazione del singolo caso, e con quella determinazione di pena che volta per volta, con regolata discrezionalit, ne vien fatta dal giudice. Si assume che con ci, in definitiva, casi in certo modo identici vengono a subire un trattamento diverso. Ma, anche a non voler obbiettare che nessun.a situazione concreta pu dirsi propriamente identica ad un'altra, bisogna riconoscere che trattasi di inconvenienti che si pu e si deve tendere a ridurre al minimo, ma che non possono essere eliminati, per la natura stessa del procedimento di applicazione delle norme. Non il caso di soffermarsi, da ultimo, sul fugace accenno del Pretore di Fermo all'art. 25 della Costituzione e al divieto di sottrarre il cittadino ;:il giudice naturale precostituito per legge, in quanto, a giudizio della Corte, un tale profilo non presenta aicuna possibilit di essere riferito al caso in esame. -(Omissis). ~::: I r=:: (.. f PARTE l, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 213 CORTE COSTITUZIONALE, 9 marzo 1967, n. 2,6 -Pres. Ambrosini - Ret. Cassandro -Taberini (avv. Moschella) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. Stato Chiarotti). Lavoro -Decreto legislativo che rende obbligatorio erga omnes il contratto collettivo nazionale per i dipendenti delle aziende di cre dito -Obbligo della previa segnalazione del lavoro straordinario Illegittimit. costituzionale. (Cost., art. 76; 1. 14 luglio ,1959, n. 741, art. 1 e 8; d. p.r. 2 gennaio 1962, n. 934). il: costituzionaZmente illegittimo, per esorbitanza dai limiti oggettivi deita delega contenuta negti artt. _1 e 8 i. 14 luglio 1959, n. 741, il d. p. r. 2 gennaio 1962, n. 934, che rende appUcabiZe erga omnes l'art. 41 del contratto collettivo nazionale dei dipendenti deUe aziende di credito, secondo it quale esse devono segnalare alle organizzazioni sindacali dei lavoratori il lavoro straordinario di qalsiasi natura che intendano far svolgere ai propri dipendenti (1). (Omissis). -La questione fondata. La Corte ha gi avuto pi volte occasione di definire il carattere eccezionale e transitorio della legge di delegazione 14 luglio 1959, n. 741, diretta a sostituire una tantum il procedimento previsto dalla Costituzione (art. 39), per estendere l'efficacia e la validit della contrattazione collettiva erga omnes, e di affermare quali siano i limiti segnati al Governo nell'esercizio del potere legislativo delegato. Tali limiti si riassumono, essenzialmente, nella finalit della legge di delegazione, che ha voluto fossero garantiti ai lavoratori, anche non iscritti alle associazioni sindacali, minimi inderogabili di trattamento economico e normativo. Ne consegue che restano fuori dell'ambito della delegazione non soltanto le clausole dei contratti collettivi contrarie a norme imperative di legge (art. 5), ma anche quelle che non siano necessarie ad assicurare al lavoratore un'esistenza corrispondente alla dignit della persona umana o non attengano alla diretta disciplina dei rapporti di lavoro, o non si rivelino strettamente necessarie, pur nel loro carattere strumentale, al conseguimento dei fini che la legge ha voluto perseguire (sent. nri. 106 e 107 del 1962, 129 (1) La questione era stata proposta con ordinanza 10 marzo 1965, dalla Corte Suprema di Cassazione, Sez. III penale (Gazzetta UjJciale, 13 novembre 1965, n. 284). Sui problemi connessi all'interpretazione ed applicazione della 1. 14 luglio 1959, n. 741 (la c. d. erga ornnes), si rinvia al capitolo: La tutela giuridica della contrattazione coUettiva, nel volume I giudizi di costituzionalit, 1961-65, pag. 242. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 214 del 1963, 56 del 1965, 8, 45 e 50 del 1966). Ora, non si pu di-re che la norma impugnata rientri tra le clausole che il legislatore delegato era autorizzato a rendere efficaci erga omnes, limifandosi essa ad imporre alle aziende di credito l'obbligo di segnalare alle organizzazioni sindacali dei lavoratori il lavoro straordinario di qualsiasi natura , che le aziende stesse intendano far svolgere dai propri dipendenti. Anche nell'ipotesi, contestata del resto dalla parte privata, che la ratio della clausola sia quella di evitare lo sfruttamento fisico e psichico dei dipendenti delle aziende di credito, non si pu dire che essa sia strettamente necessaria al raggiungimento di questo fine, che certamente da porre tra quelli perseguiti dalla legge di delegazione mediante la garanzia dei minimi inderogabili di trattamento economico e normativo. Questo dovere di avviso., come lo qualifica l'Avvocatura dello Stato, non si rivela, infatti, strettamente indispensabile a quel fine, che invece direttamente raggiunto mediante le norme sostanziali contenute nel medesimo art. 41, le quali consentono il lavoro straordinario per le chiusure periodiche dei conti entro il limite massimo di 80 ore annuali, regolano le prestazioni di lavoro straordinarie nei giorni 24 e 31 dicembre e 1-0 gennaio, limitano a due ore giornaliere, e, comunque, vietano che superino le 12 ore settimanali, tutte le altre prestazioni di lavoro straordinario. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 22 marzo 1967, n. 30 -Pres. Ambrosini - Rel. Sandulli -Dantonia (n. c.). Giunta Provinciale Amministrativa -Composizione della G. P. A. in sede giurisdizionale -Prevalenza di funzionari di prefettura -Ille gittimit costituzionale delle relative norme. (Cost., art. 101, 108; d. 1. 12 aprile 1945, n. 203, art. 1; d. 1. 4 aprile 1944, n. 111). costituzionalmente illegittimo, in relazione agli artt. 101 e 108 Cast., l'art. 1 del decreto legislativo 12 aprile 1945, n. 203, recante norme integrative del decreto legislativo 4 aprile 1944, n. 111 sulla composizione della G. P. A. in sede giurisdizionale e per la risoluzione dei ricorsi in materia di tributi locali, in quanto tale composizione, dando prevalenza ai funzionari di prefettura, non assicura l'indipendenza e l'imparzialitd del Collegio (1). (1) La questione era stata sollevata dal Consiglio di Stato, Sez. V, con ordinanza 8 luglio 1966 (Gazzetta Ufficiale 29 ottobre 1966, n. 271). Essa PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 215 (Omissis) . .....,... 2. -Per quanto proposta in un giudizio in materia elettorale, e con riferimento alla competenza della Giunta provinciale amministrativa in tale materia, la questione rimessa a questa Corte riguarda la composizione della Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale, regolata dall'art. 1 del decreto legislativo 12 aprile 1945, n. 203, e comune a tutte le competenze giurisdizionali spettanti a tale organo nell'anzidetta composizione. 3. -Il primo profilo sotto il quale la questione viene proposta quello della mancanza di indipendenza e di imparzialit del giudice -quindi del contrasto con gli artt. 101, comma secondo, e 108, comma secondo, .della Costituzione -pel fatto che tre dei cinque componenti della Giunta sono funzionari statali e non si trovano in condizioni di indipendenza dal Governo. Tali componenti sono, in base all'impugnato art. 1, il prefetto (o chi ne fa le veci), che presiede la Giunta, e due consiglieri di prefettura (ora, in base alle innovazioni introdotte dal t. u. sullo statuto degli impiegati civili dello Stato approvato con d. P. R. 10 gennaio 1957, n. 3, due funzionari della carriera prefettizia -e cio appartenenti alla carriera direttiva dell'Amministrazione dell'interno -aventi, di norma, la qualifica di direttori di sezione). Questi ultimi vengono designati al principio di ogni anno dal prefetto e vengono sostituiti, in caso di assenza o di impedimento, da un supplente designato tra gli stessi funzionari e allo stesso modo (art. 1 cit., comma secondo, e art. 9, comma secondo, d. lgsl. 4 aprile 1944, n. 111). Con la sentenza n. 55 del 1966 questa Corte ebbe gi a constatare che, in base alla legislazione vigente, tanto il prefetto (o il suo vicario), quanto gli anzidetti funzionari di prefettura si trovano in posizione di dipendenza gerarchica dal potere esecutivo, il quale anche competente ad adottare nei loro confronti i provvedimenti relativi alla carriera, allo stato giuridico, ai trasferimenti; che i prefetti sono i principali strumenti operativi del Governo in sede locale e che il Governo dispone della possibilit di collocarli a disposizione e a riposo con provvedimento pienamente discrezionale; che gli altri due funzionari di prefettura sono a loro volta dipendenti diretti del prefetto, il quale altresi competente a redigerne i rapporti informativi. Tali constatazioni la Corte ebbe ad effettuare in una controversia nella quale si discuteva stata decisa con la procedura della Camera di Consiglio non essendovi stata costituzione alcuna di parti. La sentenza pu dirsi gemella della precedente sentenza della stessa Corte pronunciata in materia di composizione dei Consigli di Prefettura (sent. 3 giugJno 1966, n. 55, in questa Rassegna, 1966, 538 con nota). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 216 della legittimit costituzionale delle disposizioni relative alla composizione dei Consigli di prefettura in sede giurisdizionale, dei quali ugualmente facevano parte il prefetto (o il suo vicario) e due funzionari di prefettura dello stesso rango di quelli che entrano a far parte delle giunte provinciali amministrative. Dalla riferita constatazione, riguardante la posizione dei tre funzionari in questione, e dalle modalit, assolutamente discrezionali, della destinazione di essi al consesso giurisdizionale e della loro sostituzione -affatto analoghe a quelle relative ai Consigli di prefettura e considerate nella ricordata sentenza -risulta chiaramente che i funzionari stessi -i quali costituiscono la maggioranza dei componenti della Giunta -non si trovano in posizione di indipendenza rispetto al Governo, e che, per di pi, due di essi si trovano in posizione di stretta subordinazione rispetto al presidente del consesso. Ci sufficiente a far escludere che le Giunte provinciali amministrative (non diversamente da quanto la Corte ebbe ad affermare per i Consigli di prefettura) possano essere considerate organi giurisdizionali indipendenti. Il pericolo poi che la mancanza di indipendenza possa degenerare in mancanza di imparzialit non difficile a intuire, quando si considerino le materie spettanti alla giurisdizione di quest'organo, tra le quali rientrano le controversie sulle elezioni amministrative, i provvedimenti delle amministrazioni locali autonome, e persino provvedimenti dell'autorit governativa locale. 4. -Siccome le affermazioni che precedono sono sufficienti a far dichiarare l'illegittimit dell'attuale composizione della Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale, quale risulta regolata dall'art. 1 del d. lgsl. 12 aprile 1945, n. 203, pu considerarsi assorbita ogni altra questione riguardante la composizione stessa. 5. -Poich le disposizioni riguardanti la competenza delle Giunte provinciali amministrative in sede giurisdizionale e quelle riguardanti la procedura davanti ad esse trovano applicazione anche per altre giurisdizioni -le prime per la Giunta giurisdizionale amministrativa per la Valle d'Aosta (art. 2 d. lgsl. 15 novembre 1946, n. 367), le altre per quest'ultima e per i tribunali regionali amministrativi di recente istituzione (rispettivamente, art. 5 d. lgsl. citato e art. 83/11 t. u. 16 maggio 1960, n. 570, introdotto con l'art. 2 della legge 23 dicembre 1966, n. 1147) -la Corte ritiene di non dovere estendere anche ad esse la presente dichiarazione di illegittimit costituzionale. Ci vale per lo stesso terzo comma dell'art. 83 del t. u. 570 del 1960 impugnato in questa sede. -(Omissis). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 217 I CORTE COSTITUZIONALE, 22 marzo 1967, n. 31 -Pres. Ambrosini - Rel. Papaldo -Livi (n. c.). Costituzione della Repubblica -Legge di delega al Governo -Disciplina organica della materia di repressione delle frodi nella preparazione ed il commercio dei vini -Richiamo a norme precedenti -Comminazione di pene accessorie -Legittimit costituzionale. (Cost., art. 76; I. 9 ottobre 1964, n. 991; d. p. r. 12 febbraio 1965, n. 162). Non fondata la questione di legittimit costituzionale ex art. 76 Cost., per la violazione dei limiti della delega concessa al Governo dalla legge 9 ottobre 1964, n. 991, del d. P. R. 12 febraio 1965, n. 162, sulla repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini e aceti, in quanto disciplinare in via organica una determinata materia non esclude la compilazione di un corpo di norme che richiamino in parte norme precedenti; e la comminazione di pene accessorie risulta nei limiti della delega (1). II-III CORTE COSTITUZIONALE, 22 marzo 1967, n. 32 e 33 -Pres. Ambrosini -Rel. Papaldo -Bertolli e Dragoni (n. c.). Costituzione della Repubblica -Legge di delega al Governo -Scadenza del dies ad quem -Ritardo nella pubblicazione -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 76; I. 9 ottobre 1964, n. 991; d. p. r. 12 febbraio 1965, n. 162, c. p. c., art. 155). Non fondata la questione di legittimit costituzionale, con riferimento agli artt. 76 e 73 della Costituzione, del d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 sulla repressione delle frodi nella preparazione e nel com (1-3) Con le quattro decisioni in rassegna, la Corte Costituzionale riafferma l'infondatezza della questione di esorbitanza dalla delega del d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162, sotto diversi profili, confermando la precedente sentenza 9 febbraio 1967, n. 14 (pubblicata, unitamente alla coeva sentenza n. 13, su questa Rassegna, 1967, I, 22). Di nuovo, da segnalare l'affermazione contenuta nelle sentenze nn. 32 e 33, circa l'applicabilit della regola sul computo dei termini anche per - 218 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mercio dei mosti, vini e aceti, per la pretesa scadenza del dies ad quem per l'esercizio del potere del<:{Jato alla data dell'll e non del 12 febbraio 1965 in quanto, se esatto che anche lo stesso giorno di entrata in vigore della legge .(12 novembre 1964) il Governo avrebbe potuto esercitare il potere delegato, ci non impo1ta che nel computo dei termini si possa decampare dalla regola generale per cui dies a quo non computatur in termine (art. 155 c. p. c.) (2). IV CORTE COSTITUZIONALE, 22 marzo 1967, n. 34 (ordinanza) -Pres. Ambrosini -Rel. Papaldo -Poletti (n. c.). Approvvigionamenti e consumi -Frodi nella preparazione e nel com mercio dei mosti, vini e aceti -Pubblicazione della sentenza di con danna -Violazione della legge di delega -Esclusione. (Cost., art. 76; 1. 9 ottobre 1964, n. 991; d. p. r. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 108). manifestamente infondata, con riferimento all'art. 76 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 108 d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162, che prevede la pubblicazione della sentenza di condanna per reati in materia di frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini e aceti, in quanto l'ordinanza di remissione non reca nessuna nuova o diversa argomentazione rispetto a quelle gi esaminate e respinte con la precedente sentenza della Corte Costituzionale 9 febbraio 1967, n. 14 (3). l'esercizio del potere di legislazione delegata da parte del Governo. Il che completa il panorama dell'interpretazione dell'art. 76 della Costituzione, ricordata in nota alla sentenza n. 13. CORTE COSTITUZIONALE, 4 aprile 1967, n. 37 -Pres. Ambrosini - Rel. Sandulli. Corte costituzionale -Sindacato di legittimit costituzionale in via inci dentale -Prescrizioni di massima della Camera di commercio sulla tutela dei boschi e terreni montani -Natura regolamentare Inammissibilit della questione. (Cost.. art. 134). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 219 Agricoltura e foreste -Tutela dei boschi e terreni montani -Legge forestale che autorizza le Camere di commercio ad emanare prescrizioni di massima -Infondatezza della questione. (Cost., art. 25, 70, 77; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3267 artt. 10, 11; r. d. 1. 18 aprile 1926, n. 731, art. 35). inammissibiie, perch proposta contro atti aventi natura regolamentare, la questione di legittimit costituzionale delle prescrizioni di massima adottate dalle Camere di Commercio, subentrate ai Comitati forestali, per la tutela dei boschi e terreni montani (1). manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale degli artt. 10 e 11 r. d. l. 30 dicembre 1923, n. 3267, perch gi decisa, nei medesimi termini, con la sentenza 23 marzo 1966, n. 26 (2). (1-2) La questione era stata proposta con varie ordinanze dal Pvetore di S. Stefano di Carnastra: 8 aprile 1966 (Gazzetta Ufficiale 25 giugno 1966, n. 156); 8 aprile 1966 (Gazzetta Ufficiale 9 luglio 1966, n. 168); 2 maggio 1966 (Gazzetta Ufficiale 27 agosto 1966, n. 213). Sulla prima massima, si pu richiamare, in conformit, Corte cost. 19 novembre 1966, n. 102 (in questa Rassegna, 1966, 1195). Sulla seconda, v.eggasi la precedente sentenza della Corte in questa Rassegna, 1966, 489. SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA .SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 10 ottobre 1966, n. 2422 -Pres. Flore -Rel. D'Amico -P. M. Pedote (conf.) -Ferrazza (avv. Klitsche de la Grange) c. E.N.E.L. (avv. Guerra) e soc. p. az. romana finanziaria (n.c.). Competenza e giurisdizione -Atto amministrativo -Affievolimento dei diritti soggettivi -Controversie tra privati -Difetto di giurisdizione del Giudice ordinario. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, artt. 2, 4 e 5). Energia elettrica -Elettrodotti -Espropriazione per p. u. -Servit Facolt dei proprietari dei fondi serventi. (t. u._ 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 116 e 122). Competenza e giurisdizione -Atto amministrativo -Incompetenza relativa dell'organo -Inosservanza di forme dettate per l'esclusiva tutela dell'interesse pubblico -Vizi di legittimit -Giurisdizione del Giudice amministrativo. (t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 26). Responsabilit civile -Lesione di interessi legittimi -Risarcibilit del danno -Esclusione -Improponibilit della domanda. (c. c., art. 2043). Quando un atto amministrativo incide sui diritti soggettivi, affievolendoli, anche nelle controversie tra privati l'oggetto della lite rappresentato da un interesse legittimo, onde il Giudice ordinario difetta di giurisdizione (1). Per la costruzione di elettrodotti consentita sia la espropriazione della propriet del suolo, sia la costituzione, a base espropriativa, della servit e solo in quest'ultimo caso i proprietari dei fondi attraversati dalle linee possono chiederne la rimozione o lo spostamento, nelle ipotesi e con le conseguenze previste dalle disposizioni relative (2). (1-4) La sentenza, di cui si tratta, appare di notevole importanza per taluni dei principi precisati o ribaditi. .In particolare con riferimento alla prima massima, tra le numerose sentenze richiama.te in motivazione, v. Cass., Sez. Un., 27 febbraio 1964, n. 437, PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 221 La incompetenza relativa dell'organo della pubblica Amministrazione, che ha emesso un provvedimento, e la inosservanza di forme dettate per l'esclusiva tutela dell'interesse pubblico possono essere fatti valere solo davanti al Giudice amministrativo, come vizi di legittimit dell'atto (3). improponibile la domanda di risarcimento dei danni per la lesione di un interesse legittimo (4). (Omissis). -Con il primo mezzo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 4, 5 della 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, 949 c. c. 102, 103, 113 della Costituzione, e sostengono che, svolgendosi la presente controversia fra privati e non nei confronti della Pubblica Arnrninistrazione, era richiesta una cognizione rnerarnente incidentale degli atti arnrninistrativi in discussione (decreto del Ministro dei Lavori Pubblici di autorizzazione, previa dichiarazione di pubblica utilit, a costruire una linea elettrica e decreto di costituzione di servit permanenti di elettrodotto sui loro terreni con parziale espropriazione di suolo per le fondazioni, emesse dal VicePrefetto di Roma), cosicch, diversamente da quanto ha ritenuto la Corte di Appello, doveva essere affermata la giurisdizione del giudice or~inario. Precisano che da essi ricorrenti non era stato chiesto l'annullamento dei due decreti predetti rna soltanto l'accertamento della loro illegittimit al fine di ottenere, in via principale, negata l'esistenza della servit, la rimozione dai loro terreni dell'elettrodotto e, in via subordinata il risarcimento del danno. Il mezzo deve essere disatteso. vero che con varie pronunce (tra le altre 27 gennaio 1959, n. 221, 27 febbraio 1964, n. 437, 9 marzo 1964, n. 506, 3 febbraio 1965, n. 169) queste Sezioni Unite, mutando la precedente giurisprudenza (sentenze n. 184 e 186 del 1956; 1611 del 1958), hanno arnrnesso, in controversie fra privati, in terna di attivit soggetta ad autorizzazione, la in questa Rassegna, 1964, I, 468, ed ivi, 470, nota 3; cfr. pure Cass., Sez. Un., 19 luglio 1965, n. 1631, in questa Rassegna, 1966, I, 783 e ivi, nota 1, nonch Cass., Sez. Un., 2 marzo 1966, n. 619, in questa Rassegna, 1966, I, 818 ed ivi 819, nota 1-2. Sulla seconda massima cfr. Cass., Sez. Un., 18 giugno 1962, n. 1530, in Massime, 1962, 461 e Cass., Sez. Un., 16 luglio 1959, n. 2350, in Acque, bonif. e costr., 1959, 388. In proposito va rilevato come nella prima di tali sentenze si afferma che la legge attribuisce al Prefetto il potere di imporre, me diante espropriazione, servit perpetue ed inamovibili di elettrodotto . La terza e la quarta massima riaffermano per la specie, quale risulta dalla motivazione, e sotto questo aspetto si possono rivelare interessanti, una giurisprudenza costante. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 222 competenza giurisdizionale dell'autorit giudiziaria ordinaria, purch non fosse stato investito direttamente l'atto di autorizzazione (rispetto al quale non sono configurabili che interessi legittimi) chiedendosene l'annullamento. Queste decisioni, peraltro, riguardavano esclusivamente le situazioni che si determinano in conseguenza di atti autorizzativi (autorizzazioni, licenze, dispense, ecc.) e, pi specificamente, i conflitti tra il privato autorizzato all'esercizio del suo diritto di propriet, sotto l'aspetto del potere di costruire, ed il terzo che da questo esercizio si ritiene danneggiato. Le autorizzazioni - stato ritenuto -se influiscono sull'esercizio del diritto del destinatario di esse, nel senso che lo legittimano davanti alla pubblica amministrazione, lasciano per contro sussistere intatto il diritto reale del terzo, tanto vero che le autorizzazioni sono rilasciate con salvezza dei dlritti di questo terzo, la lesione dei quali, per di pi non si consuma con l'autorizzazione, ma con l'esercizio dell'attivit autorizzata, che non mai imputabile all'amministrazione, ma al privato. Infine l'attivit da autorizzare viene, in rapporto all'interesse pubblico, apprezzata soltanto da un punto di vista negativo, nel senso che non si palesi in contrasto con il detto interesse, per il quale indifferente, di norma, se il privato eserciti poi il diritto o no. Talch, anche da questo punto di vista, l'attivit autorizzata rimane nella sfera del diritto privato. Questi sono i motivi che sorreggono la conclusione alla quale le Sezioni Unite sono pervenute: che, quando i privati contendano circa pretese lesioni di diritto che sarebbero causate dall'esercizio di attivit autorizzate, le controversie relative concernono diritti soggettivi e sono devolute alla cognizione del giudice ordinario. Invece, in casi come quelli di specie, l'atto amministrativo non consiste nell'autorizzazione all'esercizio di un diritto, che lascia intatta nella sua struttura la posizione soggettiva, cio il diritto del contrinteressato. Questo diritto, al contrario, mediante la dichiarazione di pubblica utilit, si affievolisce ed assume la sostanziale consistenza di interesse legittimo; dopo di ch il bene, che ne era oggetto, .viene trasferito o gravato di servit. Pertanto chiedere -come hanno fatto i ricorrenti -la tutela del diritto di propriet come se questo ancora esistesse nella sua pienezza, non si pu senza annullare l'atto che lo ha affievolito: e ci (a meno che l'autorit amministrativa fosse priva del potere e che l'atto amministrativo sia inesistente) rientra esclusivamente nella giurisdizione del giudice amministrativo. N ad evitare questa inevitabile conseguenza, vale convenire in giudizio soltanto il destinatario del trasferimento: non per questo muterebbe l'oggetto della lite, che ormai un interesse legittimo. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 223 Altrimenti, per aggirare i limiti fra le giurisdizioni, basterebbe eli I minare dal contraddittorio la pubblica amministrazione, non agendo ' ! nei suoi confronti. 1 Resta dunque da vedere se realmente l'amministrazione fosse priva ! l i del potere di affievolire il diritto o se la sua attivit si sia svolta nell'assoluta mancanza di presupposti che n~ condizionano i poteri. Sotto un duplice profilo i ricorrenti deducono l'inesistenza del potere: I 1) la mancanza, nel testo unico predetto sulle acque e sugli impianti elettrici, di norme che consentano l'espropriazione di suoli per le costruzioni di elettrodotti e l'imposizione coattiva di elettrodotti inamovibili; 2) il difetto assoluto di potere del Vice-Prefetto di emettere il relativo decreto (peraltro pronunciato oltre i limiti consentiti dal decreto del Ministro dei Lavori Pubblici), in quanto il potere medesimo sarebbe affidato dalla legge esclusivamente al Prefetto. Senonch, a norma dell'art. 116 del predetto testo unico consentito agli interessati, dopo l'emanazione del decreto di autorizzazione alla linea elettrica con la dichiarazione di pubblica utilit delle opere, di presentare i piani particolaregigati di quei tratti di linea interessanti la propriet privata rispetto ai quali necessario procedere ai termini della legge sull'esproprazione per pubblica utilit 23 giugno 1865, n. 2359; il richiamo alla legge medesima rende evidente che consentita l'espropriazione della propriet del suolo e che ugualmente consntita la costituzione a base espropriativa della servit di elettrodotto. Ne consegue, tra l'altro, che diversamente da quanto mostrano di ritenere i ricorr~nti i proprietari dei fondi attraversati dagli elettrodotti non possono chiedere la rimozione e lo spostamento delle linee, ai sensi dell'art. 122 del t. u., che trova applicazione solo quando non vi sia perdita di propriet del fondo servente. Questi sono i principi affermati, anche di recente, dalle Sezioni Unite (sentenze 16 luglio 1959, n. 2350 e 18 giugno 1962, n. 1530). Quanto all'asserita inesistenza del potere nell'organo prefettizio, che ha emesso il decreto richiesto dalle leggi richiamate in sede di presentazione dei piani particolareggiati dopo l'emissione del decreto del Ministro dei Lavori Pubblici. limitato, in conformit del t. u. n. 1775 del 1933 alla dichiarazione di pubblica utilit e alla autorizzazione dell'impianto e dell'esercizio della linea elettrica, facile osservare che, se mai, si tratta di incompetenza relativa, la quale pu essere fatta valere soltanto davanti al giudice amministrativo (Cass., Sez. Un., 3 luglio 1961, n. 1583). 4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 224 Ugualmente attiene all'esclusiva inosservanza di forme dettate per l'esclusiva tutela dell'interesse pubblico e a vizio di illegittimit del procedimento, che perci esula dalla competenza giurisdizionale del giudice ordinario, il dedotto difetto di assenso del Ministero del l'Industria, prima dell'emissione del decreto del Ministro dei Lavori Pubblici, peraltro soltanto accennato sia nel ricorso che nella memoria. Poich il diritto soggettivo dei ricorrenti si affievolito riducendosi ad interesse legittimo, e non pu ritenersi consentito nella materia _;, oggetto della lite, come sopra si detto, che la posizione giuridica di un soggetto si atteggi diversamente come diritto soggettivo e come interesse legittimo, a seconda del soggetto contro il quale la pretesa fatta valere, deve ritenersi improponibile la domanda di risarcimento di danni profilata subordinatamente contro la convenuta societ elet trica, con il conseguente difetto di giurisdizione della autorit giudiziaria ordinaria. La distinzione fra diritto ed interesse ha riflessi anche nel campo del diritto privato: non ogni privazione di vantaggi deve essere indennizzata ma soltanto quella di un vantaggio giuridico; il danno cio presuppone necessariamente la lesione di un diritto soggettivo ed perci da escludere il risarcimento per la lesione di un interesse legittimo. Se poi l'azione di risarcimento di danni sia proponibile davanti al giudice ordinario dopo che sia stato ottenuto, nei confronti della Pubblica Amministrazione, l'annullamento dell'atto illegittimo nella competente sede giurisdizionale amministrativa, problema che estraneo al thema decidendum della causa presente. Col secondo mezzo i ricorrenti si dolgono che la Corte d'Appello, pur avendo negata la giurisdizione del giudice ordinario, abbia esaminato il merito della controversia, incorrendo cos in un doppio errore, poich, se difettava di giurisdizione, non doveva esaminare il merito, e se riconosceva la giurisdizione, doveva rimettere la causa al primo giudice. Il mezzo deve essere parimenti disatteso. infatti evidente che la sentenza impugnata non contiene alcuna decisione di merito, essendo il dispositivo di conferma della sentenza di primo grado, che aveva emesso soltanto una pronuncia negativa sulla giurisdizione, e non avendo alcun riflesso sul dispositivo l'incidentale e fuggevole accenno all'insussistenza delle asserite irregolarit dei provvedimenti ammini strativi, peraltro immediatamente seguito dal completamento dell'esame del ben diverso problema, attinente sempre alla giurisdizione sotto il profilo dell'inesistenza o meno del potere, se fosse o no consentito imporre servit inamovibili di elettrodotti e procedere all'espropria zione delle propriet dei terreni. -(Omissis). PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 225 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 10 ottobre 1966, n. 2426 -Pres. Scarpello -Rel. Modigliani -P. M. Di Majo (parz. conf.) -De Focatis (avv. Jaccarino) c. Gammaldi (avv. Galdi) ed altri. Competenza e giurisdizione -Elezioni. -Dichiarazione di illegittimit costituzionale delle norme attributive di funzioni giurisdizionali ai Consigli comunali -Effetti. (Cost., art. 136; t. u. 16 maggio 1960 n. 570, artt. 82 e 83). La dichiarazione di illegittimit costituzionale delle norme che, in materia elettorale, attribuivano funzioni giurisdizionali ai Consigli comunali, facendo venir meno la giurisdizione di tali Consigli e quella della Giunta provinciale amministrativa e delle Corti di appello, quali Giudici delle impugnazioni, in detta materia, ripristina la giurisdizione dei Tribunali ordinari, come Giudici di primo grado, onde, esclusa la predusione al rilievo del difetto di giurisdizione prima che su questa si sia formato il giudicato, importa la nullit dell'intero giudizio (svoltosi secondo le norme oggetto della pronunzia di illegittimit costituzionale) e (pendendo il giudizio in Cassazione) la .-cassazione senza rinvio della sentenza della Corte di appello (1). (Omissis). -Pregiudiziale e assorbente, rispetto all'esame del motivo del ricorso la questione, rilevabile d'ufficio, relativa alla giurisdizione del giudice adito. noto che con la sentenza n. 93 del 27 dicembre 1965 la Corte -Costituzionale ha dichiarato la illegittimit costituzionale delle norme che, in materia di contenzioso elettorale amministrativo, attribuiscono funzioni giurisdizionali al consiglio comunale, considerandolo un giudice speciale, senza garantirne l'imparzialit, in particolare per quanto concerne la costituzione del collegio, lo svolgimento del giudizio e l'obbligo di astensione, e pi precisamente degli artt. 82, 83 D.P.R. 16 mag (1) La sentenza, di cui si tratta, appare interessante per la statuizione in ordine agli effetti della pronuncia della Corte costituzionale, 27 dicembre 1965, n. 93 (cfr. in questa Rassegna, 1965, I, 1112 ed ivi nota 1; per la motivazione v. Foro it., 1966, I, 17). La parziale difformit delle conclusioni del P. M. consiste nel fatto che questo aveva richiesto la cassazione della sentenza impugnata con rinvio al Tribunale competente, di cui le sezioni unite della Corte di Cassazione si sono, invece, limitate ad affermare la giurisdizione, cassando la sentenza stessa senza rinvio. In marteria, peraltro, di recente istata pubblicata la l. 23 dicembre 1966, n. 1147 ( G. U. 31 dicembre 1966, n. 329), contenente appunto modificazioni alle norme sul contenzioso elettorale amministrativo. 226 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STA'l'!> gio 1960; n. 570, 43 1. 23 marzo 1956, n: 136 .(artt. 74 e 75 d.P.R. 5 aprile 1951, .n. 203), nelle parti che riguardano i consigli comunali, nonch degli artt. 84 del predetto q.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 e 76 d.P.R. 5 aprile 1951, n. 203, limitatamente alle parole il consiglio comunale. In proposito la Corte Costituzionale, dopo aver premesso che l'attivit dei consigli comunali in materia di contenzioso elettorale attivit giurisdizi;tiale e che anche in essa devono essere garantite l'indipendenZa e l'imparzialit del giudicante, ha osservato che le nrme impugnate di incostituzionalit hanno tralasciato di regolare il J;>roedimentq che :si s"\t()lge davanti ai detti consigli e che ci ha provot:: ato una lacuna, n(>ti; eliminabile con le altre norme relative ai procedimenti giUdizifil.t <;> amministrativi e cos grave da non esserne assolutamente0 gal:@tita l'bnparzialit .del. giudicante. Per effetto di tal.e prcmuncia di incostituzfofialit sono divenute inapplicabili le ndrirle .. che, in materia di con.tenzioso . elettorale amministrativo, attribuiscono funzioni giurisdizionali al Consiglio Comunal, c1lsiderandolo un gh:tdice speciale, e in conseguenza, venuta meno allo stato attuale della legislazione, la giurisdizione del detto consiglio, quale giudice di primo grado nella soggetta materia. N pu ritenersi che permanga la giurisdizione della giunta provinciale amministrativa e della Corte di Appello, dato che a tali organi demandata la cognizione delle controversie in parola solo in sede di impugnazione dele decisioni, rispettivamente emesse dal consiglio comunale e dalla giunta provinciale amministrativa. da aggiungere che si deve escludere la sussistenza di alcuna preclusione al rilievo, da parte di queste Sezioni Unite, del difetto di giurisdizione dei consigli omunali .nelle controversie in discorso, essend~ noto che il difetto di giurisdizione, eccettuato il caso (non ricorrente n<'11la specie) di un giudicato che si sia formato sulla giurisdizicfne, rilevabile anche di Ufficio in ogni stato e grado del giudizio (art. 37 c. p. c.). Rimane da stabilire quale sia, allo stato attuale della legislazione, il giudice cui spetta la giurisdizione a conoscere delle controversie in tema, (c.ome qu,ella ~n ..esame) di eleggibiUt alla carica di consi ' gliere comunale. In proposito si osserva che la soppressione di un giudice speciale fa rivivere le ordinarie norme sulla giurisdizione, che la istituzione di quel giudice aveva modificato. Ond' che, essendo le controversie in tema di eleggibilit alla carica di consigliere comunale relative ad un diritto politico (qual il diritto di accedere alle cariche elettive), deve ricevere applicazione il disposto dell'art. 2 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, a tenore del quale tutte le materie nelle quali si faccia PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE questione di un diritto civile o politico sono attribuite alla cognizione dei tribunali ordinari. Consegue da quanto si esposto che la denunziata sentenza deve essere cassata, senza rinvio, che deve essere dichiarato nullo l'intero giudizio e che deve essere dichiarata la giurisdizione del Tribuna~e di Salerno (nella cui circoscrizione, si trova il Comune di Controne) a statuire, quale giudice di primo grado, sulla presente controversia. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 novembre 1966, n. 2781 -Pres. Flore -Rel. Restaino -P. M. Tavolaro I. (conf.) -Marchetti (avv. D'Abbiero) c. Istituto autonomo ca.se popolari ed economiche per i dipendenti del Comune di Roma (n. c.). Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Ente pubblico in genere ed enti pubblici economici -Caratteri -Effetti. ,(t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 29, primo comma, n. 1). Un ente deve essere considerato pubblico, ove l'attivit da esso esplicata cost~tuisca una integrazione dei fini dello Stato caratterizzata dalla ricorrenza di elementi attinenti alla sua costituzione ai controlli sui propri atti ed alla potest di imperio; in tale ambito gli enti pu:tJblici economici sono caratterizzati dallo svolgimento di un'attivit produttiva di beni o servizi, analoga a quella dei comuni imprenditori privati e diretta, ancorch strumentalmente collegata ai propri fini, al conseguimento di lucri, con la partecipazione alla vita degli affari, esercitata od esercitabile in regime di concorrenza: le controversie relative al rapporto di impiego tra gli enti pubblici non economici ed i propri dipendenti rientrano nella giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo (1). (1) La sentenza, di cui si tratta, appare interessante non tanto per la qualificazione dell'Istituto in causa come ente pubblico non economico e per le conseguenze trattene agli effetti della statuizione sulla giurisdizione, quanto per la indicazione degli elementi, che caratterizzano gli enti pubblici in genere e gli enti pubblici economici in particolare. Cfr. con riferimento a questi ultimi e specialmente per ci che riguarda le questioni di giurisdizione sulle controversie relative ai rapporti di impiego Cass., Sez. Un., 27 giugno 1966, n. 1649, in questa Rassegna, 1966, I, 1222 ed ivi, 1223, nota 1, nonch Cass., Sez. Un., 23 dicembre 1965, n. 2477, in questa Rassegna, 1966, I, 295, ed ivi, nota 1. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Con il primo motivo di ricorso la Marchetti, conftiiando l'eccezione sollevata davanti alla Giunta provinciale amministrativa dall'Istituto autonomo per le case popolari ed economiche per i dipendenti del Comune di Roma, che aveva sostenuto la propria natura di persona giuridica privata, ribadisce il carattere pubblicistico dell'Ente desunto dal suo statuto, dallo scopo di interesse pubblico che l'Istituto persegue, dal controllo esercitato sulla sua attivit dagli organi di governo, nonch dal godimento di una potest di imperio nei confronti sia dei dipendenti, sia degli assegnatari e locatari degli immobili. Il motivo fondato. Per determinare il carattere pubblico o privato di un ente, ai fini della discriminazione della giurisdizione nelle controversie con i propri dipendenti, e cio tra quella esclusiva del giudice amministrativo a norma dell'art. 29, n. 1 t. u. n. 1054 del 1924 e quella dell'autorit giudiziaria ordinaria, bisogna aver riguardo al. l'attivit esplicata dall'Ente e al rapporto in cui esso viene a trovarsi di fronte allo Stato. Ove tale attivit costituisca una integrazione dei fini di interesse generale che lo Stato persegue e sia caratterizzata da elementi che, in relazione all'ente cui si rifriscono, attengono alla sua costituzione, all'esistenza di controlli dell'autorit governativa e ad una potest di imperio per attribuzione dello Stato, la natura pubblica dell'ente ne discende con evidenza. Di tali elementi non pu disconoscersi che l'Ente in oggetto risulti fornito. Sorto con atto deliberativo nel Comune di Roma, che faceva propria l'iniziativa dei suoi dipendenti, e riconosciuto come ente morale con r. d. 6 settembre 1922, l'Istituto autonomo per le case popolari ed economiche per i dipendenti del Comune di Roma, per la sua costituzione statutaria e per le finalit che persegue, pu dirsi assimilato agli Istituti autonomi per le case popolari ed economiche previsti dall'art. 16 del t. u. 28 aprile 1938, n. 1165. Esso infatti retto non solo da uno statuto modellato sul tipo di quello stabilito per gli Istituti autonomi, approvato con r. d. 25 maggio 1936, n. 1049, ma benanche dalla legislazfone sull'edilizia popolare ed economica di cui al citato testo unico, che autorizza i Comuni, quando sia riconosciuto il bisogno di alloggi per le classi meno agiate, a concorrere nella dotazione di Istituti per case popolari (art. 21). Quanto allo scopo, non v' dubbio che esso persegua un interesse pubblico di natura assistenziale, quale quello di costruire case di abitazione da destinare ai dipendenti del Comune di Roma in pianta stabile o in attivit di servizio, scopo che, secondo le premesse indicate nel decreto di approvazione dello statuto, deve essere realizzato con l'osservanza delle norme sull'edilizia popolare ed economica e delle norme PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 229 che disciplinano l'assunzione diretta di pubblici servizi, ai sensi dello art. 15 della 1. 15 ottobre 1925, n. 2578. La conferma del carattere pubblico dell'Ente data peraltro dal controllo che sull'attivit dell'Istituto esercitano rispettivamente il Ministero dei Lavori pubblici ed il Comune di Roma, ai quali deve essere rimesso nell'ottobre e nel maggio di ciascun anno il bilancio preventivo e il conto consuntivo. L'Istituto gode infine di una potest di imperio sia nei confronti del personale, il cui rapporto di prestazione d'opera disciplinato da un regolamento autoritativo anzich da contratti collettivi, sia nei confronti degli assegnatari e dei locatari delle case, essendo all'Ente attribuiti tutti i poteri di cui fruiscono gli Istituti autonomi per le case popolari. Con il secondo motivo la ricorrente deduce che, stante la sua assimilabilit agli Istituti autonomi per le case popolari, l'Istituto in oggetto non potrebbe essere considerato ente pubblico economico, non agendo in regime di concorrenza n perseguendo finalit di lucro, e pertanto la controversia in esame, non rientrando tra quelle previste dall'art. 429 n. 3 c. p. c., rimarrebbe sottratta alla cognizione del giudice ordinario. Anche sotto questo profilo, il rilievo fondato. Sulla nozione di ente pubblico economico la giurisprudenza del Supremo Collegio ormai pacifica nel senso che caratteristica di tale ente lo svolgimento di un'attivit produttiva di beni o servizi, la quale, ancorch strumentalmente collegata con il fine dell'ente, sia diretta immediatamente al conseguimento di lucri, partecipando alla vita degli affari, e sia esercitata, o sia esercitabile, in regime di concorrenza con analoga attivit di comuni imprenditori privati. Tali estremi non si riscontrano nell'attivit degli Istituti autonomi per le case popolari, i quali non solo non agiscono in regime di concoorrenza rispetto agli altri costruttori, essendo tenuti alla rigorosa osservanza dei criteri stabiliti dal t. u. 28 aprile 1938, n. 1165, ma tengono a conseguire una finalit eminentemente assistenziale, quale quella della costruzione e assegnazione di alloggi a determinate categorie di persone aventi determinati requisiti. In particolare, poi, il fine di lucro o di speculazione espressamente escluso dallo statuto dell'Istituto in oggetto, il quale non solo dispone che nella determinazione dei canoni di affitto si tenga conto di tutte le entrate ed esigenze dell'Istituto in modo da assicurarne il pareggio del bilancio (art. 17), ma stabilisce, a proposito della costituzione del fondo di riserva, che gli utili residui debbano venir destinati esclusivamente al raggiungimento degli scopi dell'Istituto, vale a dire ad incrementare l'attivit normale 230 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dell'ente (art. 20), disponendo infine, in caso di liquidazione la devoluzione del patrimonio all'Ente comunale di assistenza. Accertata dunque la finalit prevalentemente assistenziale ed escluso lo scopo di lucro, di speculazione o di concorrenza, l'Istituto intimato rimane inquadrato tra gli enti pubblici non economici, con la conseguenza che le controversie relative al rapporto di impiego con i propri dipendenti rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 novembre 1966, n. 2809 -Pres. Scarpello -Rel. Mirabelli -P. M. Pedote (conf.) -Bazzoero ed altri (avvocati Cartoni e Malorni) c. Prefetto di Roma e Ministero Trasporti (avv. Stato Carbone) nonch c. Soc. Romana Ferrovie Nord (avv. Lorenzoni e Sambiagio) e Soc. Imprese Centro Italia (avv. De Pompeis e Pallottino). Espropriazione per p. u. -Retrocessione -Mancata utilizzazione del bene espropriato -Distinzioni -Fattispecie. (1. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 60-63). L'ipotesi in cui l'immobile espropriato per l'esecuzione di un'opera di pubblico interesse non venga usato perch l'opera non sia stata eseguita e l'ipotesi in cui non venga usato perch l'opera sia stata eseguita in luogo diverso (e pi non tocchi quell'immobile) sono entrambe regolate dall'art. 63 della legge fondamentale sulle espropriazioni laddove gli artt. 60 e 61 della stessa legge prevedono l'ipotesi diversa, in cui dopo l'esecuzione dell'opera qualcuno degli immobili a tal fine espropriati non abbia ricevuto in tutto od in parte la prevista destinazione; n tale principio subisce deroga allorch sull'immobile espropriato e non pi usato siano stati intrapresi alcuni lavori rimasti del tutto estranei all'opera eseguita poi altrove (1). (1) La decisione stata adottata in conformit della tesi sostenuta dall'Avvocatura Generale dello Stato. Su un piano pi di principio in merito v., da ultimo, Cass., Sez. Un., 4 marzo 1966, n. 634, Giust. civ., 1966, I, 1786, con la quale la differenza tra le due figure di retrocessione previste, rispettivamente, negli artt. 60-61 e nell'art. 63 della legge fondamentale sulle espropriazioni per pubblica utilit viene individuata non nel carattere totale o parziale della retrocessione, ma nella causa della sopravvenuta inutilizzabilit del bene espropriato ., Pi precisamente nella ipotesi, di cui agli artt. 60 e 61 della legge citata, la inutilizzabilit consegue all'avvenuta esecuzione dell'opera pubblica e riguarda quel singolo bene o parte di esso che colui a favore del quale venne pronunciata l'espropriazione riconosce PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 231 non pm occorrente all'esecuzione dell'opera stessa, mentre nella ipotesi, di cui all'art. 63 della legge summenzionata, l'inutilizzabilit anteriore all'esecuzione dell'opera e discende dall'impossibilit giuridica di dare ai beni espropriati o ad alcuni di essi la prevista destinazione in seguito alla decadenza dalla dichlarazfone di pubblica utilit per scadenza del termine o per fatti, i quali diano l'assoluta certezza che tutti i beni espropriati, o alcuni di essi, non possano pi essere destinati al compimento dell'opera pubblica. Con la stessa sentenza ora richiamata le sezioni unite della Corte di C:assazione hanno riconosciuto che quando l'opera prevista nel decreto di espropriazione sia stata compiuta nel termine prescritto e, solo dopo la sua esecuzione, sia diventata non pi idonea a servire all'uso pubblico, non pu proporsi la domanda di retrocessione ai sensi del citato art. 63, bens quella consentita dal citato art. 60, la quale per proponibile davanti all'Autorit giudiziaria solo quando sia intervenuta la pronuncia della Autorit amministrativa prevista nel successivo art. 61 aggiungendo che ai fini della proponibilit della domanda di retrocessione del bene espropriato per sua mancata utilizzazione, non pu ritenersi sufficiente il generico riconoscimento da parte di colui a cui favore venne pronunciata l'espropriazione di cessazione della destinazione all'uso pubblico dopo il compimento dell'opera in quanto l'art. 61 citato prevede il compimento di precise formalit, ... onde solo se queste siano state eseguite o, in mancanza, se sia stato emesso dal prefetto, al quale la parte interessata pu ricorrere, il decreto indicato nel surrichiamato art. 61, consentito esercitare, davanti all'Autorit giudiziaria, il diritto alla retrocessione. Sull'argomento cfr. pure Cass., I Sez. civ., 7 maggio 1965, n. 836, in questa Rassegna, 1965, I, 940 ed ivi, 941, nota 1. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 3 febbraio 1967, n. 303 -Pres. Scarpello -Rel. Geri -P. M. Di Majo (conf.) -GESCAL (avv. Stato Colletta) c. Castiglione (avv. Greco e Romita). Competenza e ~iurisdizione -Attivit materiali della p. a. -Distinzioni -Condanna della p. a. ad un <T$p.zq; d servizi pubblici necessari al vivere civile (acqua, luce, fo gfut,t~r(';/ec;f (3). >. ..... .. (Om,issis). -I primi quattro mezzi di ricorso, per la loro evidente ' ci:>W:isst<:me logico-giuridica, debbono formare oggetto di esame congiunto e vanno rigettati. Innanzi al Tribunale la Calabr sostenne, in sede di conclusioni definitive, l'inapplicabilit alla specie, per la liquidazione delle indennit di esproprio, della legge speciale per il risanamento della Citt di Napoli (n. 2892 del 25 gennaio 1885, artt. 12 e 13, richiamati dalla 1. p. u. conserva la sua efficacia, permane integro nel titolare il diritto di procedere a quelle operazioni che sono previste come necessarie per il compimento dell'opera e, quindi, anche alle espropriazioni, anche se il termine particolare, per le stesse fissato, sia inutilmente decorso. Tale principio ha valore di norma generale ; v. anche, ivi, nota 1. Contrariamente alla sentenza in rassegna (v. in motivazione), avverte Cass., 11 maggio 1964, n. 1123, Giust. it., Mass., 1964, 362, che la norma dell'art. 13 1. n. 2359 del 1965... diretta a regolare l'attivit della P. A. in vista dell'interesse pubblico da perseguire (norma d'azione)... pertanto per la violazione di tale norma... il cittadino pu agire a tutela del suo interesse non d~nanzi al G. O., ma dinanzi al Giudice amministrativo e nei limiti in cui l'interesse privato coincida con quello pubblico . (3) Cfr. Cass., 30 marzo 1965, n. 557, in questa Rassegna, 1965, I, 1139, sub 5 (1141) ed ivi (1146) riferimenti. Segue annotazione di U. GIARDINI: (1-3) In tema di occupazione, preordinata all'espropriazione per p. u .. protratta oltre il biennio e di inefficacia della dichiarazione di p. u. 1. -I ricorrenti avevano sostenuto, durante il giudizio di primo grado di opposizione alle stime delle indennit (che nei decreti di espropriazione erano state liquidate in base alla 1. 25 gennaio 1885, n. 2892, sul risanamento della citt di Napoli), che le indennit a loro favore dovevano essere calcolate appUcando la 1. generale n. 2359 del 25 giugno 1865, essendo i decreti espropriativi sopravvenuti dopo lo spirare del biennio dell'occupazione legittima. In grado di appello, gli stessi ricorrenti, intendendo soltanto precisare meglio la causa petendi ,avevano espressamente chiesto che ve RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 246 n. 429 del 7 luglio 1907 sull'ordinamento delle ferrovie dello Stato non concesse ad imprese private) e la applicabilit di quella n. 2359 del 25 giugno 1865, poich i decreti prefettizi di esproprio erano sopravvenuti, in violazione dell'art. 73 della 1. n. 2359 del 1865, oltre il biennio stabilito da quelli di occupazione temporanea e urgente dei terreni da espropriare: salvi, s'intende, l'indennit per occupazione temporanea lecita e i danni per quella abusiva. Invece nell'atto d'appello gli espropriati, facendo leva (sebbene male interpretandolo, come poi si dir) sull'art. 13 della 1. n. 2359 del 1865, chiesero che si dichiarasse l'illegittimit dei decreti di espropriazione, perch emessi quando la declaratoria di pubblica utilit era divenuta inefficace, per essere decorso il termine previsto, per il compimento delle operazioni d'esproprio, dai dd. mm. del 12 novembre 1948 e del 26 aprile 1950, che avevano, appunto, approvato i lavori di elettrificazione della linea ferroviaria Messina-Barcellona, cosicch, in tanto le espropriazioni sopravvenute sarebbero state legittime, in quanto la P. A. si fosse munita di una nuova dichiarazione di pubblica utilit. In conseguenza, chiesero il pagamento del valore venale dei terreni espropriati e somme varie per gli anni di loro occupazione. nisse accertata e dichiarata l'illegitt~mit dei decreti di espropriazione, per essere questi ultimi intervenuti posteriormente al decorso del termine stabilito per il compimento delle operazioni espropriative, circostanza che avrebbe determinato, ad opinione dei ricorrenti, la decadenza della dichiarazione di pubblica utilit, e, conseguentemente, avrebbe giustificato l'adeguamento delle indennit. La S.C. ha ritenuto applicabile l'art. 345 c. p. c., ravvisando mutamento, in ap.pello, ,sia del petitum che della causa petendi . L'asserita illegittimit dei decreti prefettizi in rapporto all'eventuale inefficacia della dichiarazione di pubblica utilit costituisce una pretesa non riconducibile all:a domanda originaria. Peraltro l'indennizzo derivante dall'eventuale accertamento dell'illegittimit dedotta in grado di appello si sarebbe concretato nell' integrale riparazione del pregiudizio economico sofferto dall'espropriato, con riguardo anche alla svalutazione monetaria; mentre l'indennit di cui alla 1. n. 2359 del 1865 non consiste in un ristoro complet'O del danno pa.trimoniale subito dall'espropriato, in quanto non si commisura a questo , dovendosi fare riferimento, per la determinazione del valore, alla data del decreto di espropriazione, senza tener conto delle eventuali possibilit di incrementi o perdite di valore del bene espropriato . Sul concetto di domanda nuova: Cass., Sez. Un., 5 luglio 1965, n. 1405, Giust. civ., 1965, I, 1763; 25 giugno 1965, n. 1335, ibidem, 1532; Sez. II, 5 maggio 1965, n. 806, ibidem, 1598. 2. -Per quanto concerne la cessazione di" efficacia della dichiarazione di pubblica utilit, la S.C., respingendo le tesi dei ricorrenti, ritiene, interpretando l'art. 13 1. n. 2359 del 1865, che il presupposto per la cessazione stessa sia costituito dall'inutile decorso sia del termine fissato per il compimento delle operazioni espropriative che di quello stabilito per l'esecuzione PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 247 Orbene, come esattamente ha rilevato, sul punto, la Corte d'appello, gli espropriati non avevano in tal modo semplicemente precisata, in secondo grado, la causa petendi, ma l'avevano del tutto modificata, e cos anche il petitum. Invero, in riferimento alla domanda proposta avanti al Tribunale, questa Suprema Corte ha gi precisato (sentenze n. 753 del 18 aprile 1962; n. 1987 del 23 luglio 1964; n. 2173 del 21 ottobre 1965) che, quando un immobile sia stato occupato d'urgenza e temporaneamente dalJ.a P. A. e sia decorso il termine di due anni previsto dall'art. 73 della I. n. 235,9 del 1865, senza che il Prefetto abbia pronunciato l'espropriazione per pubblica utilit del bene stesso, tuttavia l'illegittimit dell'abusiva, ulteriore occupazione di questo da parte della P. A. cessa, se sopravvenga il decreto di espropriazione, po1ich, avverandosi dal giorno di emanazione del detto decreto il trapasso del bene allo occupante, l'attivit amministrativa, da tale giorno, diviene legittima. Soltanto che, in tale ipotesi, al proprietario del bene e,spropriato spettano: a) l'indennit per l'occupazione temporanea legittima; b) l'indennit di espropriazione nella misura stabilita dal relativo decreto o, in caso d'opposizione, in quella determinata dagli organi giurisdizionali competenti secondo la legge sull'espropriazione per pubblica utilit; c) dell'opera. Anteriormente alla scadenza di quest'ultimo termine, l'emanazione del decreto di esproprio pienamente legittima, ch anzi tale decreto, sia pure di data posteriore alla scadenza del biennio ex art. 73 I. n. 2359 del 1865, determina la cessazione dell'illegittima, ulteriore (dopo il biennio) occupazione da parte della P. A., la cui attiviE1 divicene legittima dal giorno di emissione del decreto prefettizio. Ricorda la Cassazione che, in tale ipotesi, a'l soggetto espropriato spettano l'indennit per l'occupazione temporanea nel biennio, l'indennit di esproprio, ed il risarcimento del danno per il periodo di occupazione intercorrente tra la scadenza del biennio ed il sopravvenuto decreto espropriativo. Sull'interpretazione dell'art. 13 I. 25 giugno 1865, n. 2359, cfr. Cass., Sez. Un., 26 giugno 1957, n. 2481, in Giust. civ., 1957, I, 1682. Sulle possibilit di emanare. decreti di espropriazione dopo il decorso del biennio dell'occupazione temporanea ed urgente e sulla cessazione della illegittimit dell'occupazione: Cass., Sez. I, 21 ottobre 1965, n. 21173, Foro Amm., 1965, I, 1, 629; Sez. Un., 17 lugUo 1965, n. 1591, ivi, 512, Cass., Sez. I, 28 luglio 1964, n. 2142, id., 1964, I, 1, 554; Cons. Stato, Sez. IV, 27 maggio 1964, n. 621, ivi, I, 2, 596; 13 novembre 1963, n. 758, Mass. Amm., 1963, II, 484; Cass., Sez. I, 18 aprile 1962, n. 753, Giust. civ., 1962, I, 1013; Cons. Stato, Sez. IV, 5 luglio 1961, n. 387, Foro amm., 1961, I, 1392; Cass., Sez. I, 19 aprile 1961, n. 862, ivi, II, 368; Sez. Un., 22 luglio 1960, n. 2087, ivi, II, 6. In dottrina, cfr. V1TARELLI, Decreto di espropriazione successivo ad occu pazione divenuta illegittima, in Giur. Sic., 1963, 626; CARUGNO, L'espropria zione per pubblica utilit, Milano. 1958. Sui diritti patrimoniali degli espropriati ed in particolare sul diritto al risarcimento del danno per l'occupazione ultra-biennale: Cass., S'ez. I, .RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il risarcimento del danno per il periodo corrente dalla scadenza del biennio di legittima occupazione alla data di emanazione del decreto di esproprio, nel valore corrispondente alla privazione del godimento del bene illegittimamente ed irreparabilmente subita dagli espropriati. Ed quanto agli attuali ricorrenti hanno riconosciuto i giudici del merito. Invece, con la domanda proposta in appello, gli espropriati chiedevano ben altro. , al riguardo, da premettere che l'inefficacia della dichiarazione di pubblica utilit consegue non gi (come ritengono i ricorrenti) soltanto, all'inutile decorso del termine fissato per d.l compimento delle operazioni di esproprio, sibbene anche alla scadenza dell'altro termine fissato per il compimento dell'opera. Cosicch, dovendosi questo ritenere nella specie non scaduto, non avendo ci gli espropriati mai affermato, ben poteva ancora la P. A. emanare legittimi decreti di espropriazione (cfr. Cass., sent. n. 2481 del 26 giugno 1957), con la conseguenza che, in concreto, la liquidazione dell'indennit non sarebbe potuta avvenire in modo diverso da quello seguito. Comunque, con la domanda cosi come prospettata in appello, gli espropriati hanno proprio tentato di far valere una pretesa non ricon 21 ottobre 1965, n. 2173, Foro amm., 1965, I, 1, 629; Sez. I, 22 luglio 1965, n. 1715, ivi, 544; Sez. Un., 17 luglio 1965, n. 1591, ivi, 512; Sez. I, 14 aprile 1965, n. 685, ivi, 276; 20 marzo 1965, n. 463, ivi, 187; 13 febbraio 1965, n. 223, ivi, 85; 22 gennaio 1965, n. 119, ivi, 49; Sez. Un., 7 dicembre 1964, n. 2858, ivi, 14; Sez. I, 28 luglio 1964, n. 2142, id., 1964, I, 1, 554; 29 maggio 1964, n. 1352, ivi, 415; 21 aprile 1964, n. 945, ivi, 312; Sez. Un., 2 marzo 1964, n. 471, ivi, 187; Sez. I, 30 marzo 1963, n. 800, id., 1963, II, 451; 30 gennaio 1963, n. 154, ivi, 231; 24 novembre 1962, n. 3184, ivi, 275; 10 ottobre 1962, n. 2919, id., 1963, I, 1110; 29 maggio 1962, n. 1282, Giust. civ., 1963, I, 147; 16 maggio 1962, n. 1105, .Poro amm., 1962, II, 295; 14 dicembre 1960, n. 3249, Giust. civ., 1961, I, 1265; Sez. Un., 24 ottobre 1960, n. 2892, Foro it., 1961, I, 61. In dottrina, oltre all'opera citata del CARUGNO, cfr. SANDULLI, Sull'occupazione sine titulo da parte dell'Amministrazione di immobili privati destinati ad opere pubbliche, Giust. civ., 1961, I, 1264; Lo Coco, Sulla responsabilit della Pubblica Amministrazione per occupazione oltre il biennio, Giur. sic., 1957, 549; LANDI, Indennit di occupazione e risarcimento del danno, Foro amm., 1964, II, 15. 3. -La questione concernente la giurisdizione viene affrontata soltanto incidentalmente, per correggere una contraria affermazione contenuta nella sentenza di appello. Tuttavia la controversia sul punto non di facile soluzione, come sta ad indicare il contrario, costante avviso del Consiglio di Stato. Ad avviso della S.C., l'inefficacia della dichiarazione di pubblica utilit, e cio del presupposto per l'esercizio del potere di cui all'art. 834 c. c., importa la riesp,ansione del diritto gi affievolito : nel caso in cui si chieda l'accertamento dell'illegittimit dell'espropriazione in rapporto alla PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 249 ducibile alla domanda originaria, perch, intanto, introducevano un nuovo tema d'indagine, fondato su una situazione radicalmente diversa da quella delimitata in primo grado, che comportava la necessit di nuove indagini e accertamenti, in effetti richiesti: il che costituisce gi domanda nuova (dr. Cass., sent. n. 1335 del 25 giugno 1965). Infatti, come si sopra detto, la situazione in appello venne prospettata non come in primo grado, quale illegittimit dei decreti espropriativi in rapporto a quelli precedenti d'occupazione temporanea e urgente (quindi, senza contestare il potere espropriativo della P. A., cosicch la competenza giurisdiz[onale a decidere su tale illegittimit in s sarebbe spettata al giudice amministrativo: cfr. Cass., sent. n. 255 del 16 febbraio 1965), sibbene l'illegittimit suddetta venne prospettata in rapporto al contenuto dei dd. mm. costitutivi della declaratoria di pubblica utilit, situazione mai dedotta in primo grado, negandosi, quindi, il potere di esproprio della P. A., con la conseguenza che, come hanno ben compreso i ricorrenti (non cosi la Corte del merito, come si dir), la giurisdizione a decidere su tale illegittimit sarebbe spettata al giudice ordinario. Ma la domanda proposta in appello comportava anche, almeno in linea di principio, conseguenze patrimoniali, a favore degli espropriati, ben inefficacia della dichiarazione di pubblic utilit, si viene a negare il potere di esproprio, per cui la giurisdizione sulla relativa questione spetta all'A.G.0. Il Consiglio di Stato ha egpresso diversa opinione (Ad. Plen., 4 dicembre 1964, n. 24, Foro amm., 1964, I, 2, 1387): ... il giudizio sulla competenza deve essere fondato sulla qualificazione del rapporto tra il potere pubblico ed il diritto soggettivo; avendo la cognizione della competenza carattere pregiudiziale, va fatta con riferimento al momento in cui quel rapporto si stabilisce. Una volta che il potere si in concreto manifestato in presenza dei presupposti che determinano l'affievolimento del diritto soggettivo, la competenza a giudicar.e spetta al giudice amministrativo, anche se si affermi che il potere stato esercitato oltre il termine stabilito dalla legge. Gli atti emessi successivamente dall'Amministrazione rappresentano lo svolgimento del rapporto, che si ormai stabilito, e attengono all'esercizio del potere pubblico. Se l'autorit amministrativa ha valicato il limite temporale posto dalla legge per l'esecuzione dell'opera, questa circostanza costituisce un vizio dell'atto amministrativo, che pu essere riconosciuto soltanto dal giudice di legittimit . Sulla questione, cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 29 settembre 1966, n. 600, Foro amm., 1966, I, 2, 1313; Cass., Sez. Un., 20 febbraio 1965, n. 255, id., 1965, I, 1, 157; 19 maggio 1964, n. 1223, id., 1964, I, 1, 404: Cons. Stato, Sez. IV, 25 ottobre 1961, n. 482, id., 1962, I, 108; 5 luglio 1961, n. 395, id., 1961, I, 1383; Cass., Sez. Un., 3 luglio HJ61, n. 1583, ivi, II, 447; 28 febbraio 1961, n. 419, Mass. amm., 1961, II, 65; 22 luglio 1960, n. 2087, Foro amm., 1961, II, 6. Si vedano anche le note di LASCHENA (in Foro amm., 1962,. I, 108) e di SANDULLI (in Giust. civ., 1960, I, 881). UMBERTO GIARDINI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 250 diverse da quelle che si sono sopra elencate per l'ipotesi prevista dall'art. 73 della 1. n. 2359 del 1865. Infatti, non essendo pi possibile la retrocessione degli immobili, sarebbe spettato agli attuali ricorrenti il pieno risarcimento dei danni, atto a reintegrare il loro patrimonio del reale pregiudizio sofferto, attraverso il corrispettivo pecuniario. Reintegrazione non solo inattuabile con i criteri fissati per la determinazione dell'indennit di esproprio dalla legge per il risanamento della Citt di Napoli (date le particolari finalit che con detta legge si intesero perseguire), ma neppure con quelli stabiliti per l'indennizzo dalla legge fondamentale n. 2359 del 1865, sia perch neppure tale indennizzo consiste in un ristoro completo del danno patrimoniale subito dall'espropriato, in quanto non si commisura a questo, sia perch, siccome il diritto espropriato passa all'espropriante nel giorno in cui emesso il decreto d'esp;ropriazione, a tale momento bisogna rifarsi per la determinazione del valore di scambio del diritto stesso, senza tener conto delle eventuali possibilit d'incrementi o perdite di valore del bene espropriato. Invece, dovendo il risarcimento del danno consistere nell'integrale riparazione del pregiudizio economico sofferto dal creditore, il danno si deve valutare, quale in tutta la sua estensione si presenta al momento della sentenza; e poich trattasi di debito di valore si deve anche tener conto dell'eventuale svalutazione monetaria sopravvenuta dal momento della produzione del danno a quello della sua liquidazione giudiziale (cfr. Cass., sent. n. 2052 del 28 settembre 1965; n. 296 del 24 gennaio 1966). Onde, effettivamente, si avuta in appello immutazione sia della causa petendi che del petitum. Rimane da precisare che e:rirata l'affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui la domanda degli appellanti, se non nuova, sarebbe sfuggita alla giurisdizione della magistratura ordinaria, in quanto, affermandosi da quelli essere causa dell'asserita illegittimit dei decreti di espropriazione, la decadenza della dichiarazione di pub blica utilit, se questa fosse avvenuta, sarebbe venuto meno il presup posto per l'esercizio del potere previsto dall'art. 834 c. c. a tutela del diritto di propriet. Il venir meno del presupposto avrebbe importato la riiespansione del diritto, gi affievolito, con la conseguenza che l'azione sarebbe stata sempre devoluta al giudice ordinario e, quindi, come si sopra gi accennato, la giurisdizione sarebbe stata del giudice ordinario (cfr. Cass., sent. n. 1583 del 3 luglio 1961; n. 255 del 16 febbraio 1965). Infondata per la censura, secondo cui i giudici di merito avrebbero dovuto, d'ufficio, esaminare la questione della asserita illegittimit del decreto di espropriazione. t~ Essa si basa, espressamente, su un princ1p10 altra volta affermato fl da questo Supremo Collegio (sent. n. 2481 del 26 giugno 1957), in base ~:: H ii; _.,Ail"J!l!i"'A!\f~~~j 251 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE al quale, ove si invochi innanzi al giudice ordinario un atto amministrativo, per trarne determinate conseguenze giuridiche a proprio favore, il giudice ha il potere-dovere di indagare e accertare se il provvedimento amministrativo invocato esista giuridicamente e corrisponda a legge. Senonch, nella specie, gli espropriati contestavano,. invece, la legittimit dei decreti di espropriazione; ed allora spettava ad essi l'onere di allegazione dei vizi dell'atto e soprattutto di esibizione dell'atto. Del resto, si gi detto che, cos come formulata, la pretesa caducazione della dichiarazione di pubblica utilit, collegata con lo spirare del termine per le espropriazioni, infondata, perch, si ripete, occorre che spiri anche il termine per l'esecuzione dell'opera pubblica (1). Infondati sono anche il quinto e il sesto motivo, rivolti contro apprezzamenti di fatto della Corte del merito, che, contrariamente all'assunto dei ricorrenti, sono motivati adeguatamente e senza vizi di logica ed e11rori di diritto; quindi insindacabili in sede di legittimit. Invero da avvertire (circa la ritenuta qualit agricola dei terreni espropriati) che il carattere edificatorio di un suolo si pu desumere o direttamente, dal fatto che esso compreso in un piano regolatore particolareggiato, non essendo sufficiente che sia inserito in una zona definita come nucleo edilizio dal piano regolatore; ovvero -nonostante la sua attuale, concreta destinazione agricola -in via indiretta, da un complesso di qualit obiettive e inequivoche, intrinseche all'immobile stesso, le quali attestino una sua attuale e concreta edificabilit, e che possono consistere nella facilit di accesso, nella esistenza di vie pubbliche e di collegamenti con la citt vicina, in un'edificazione gi iniziata nella zona, nella presenza di servizi pubblici necessari al vivere civdle: acqua, luce, fognature... (cfr. Cass., sent. n. 1213 del 18 giugno 1964; n. 2229 del 25 ottobre 1965). Ora esclude la sentenza impugnata che i terreni in questione fossero, al momento dell'espropriazione, inclusi nel piano regolatore particolareggiato della citt di Messina; mentre esattamente la Corte del merito ha negato valore alla circostanza che siano stati, poi, inseriti in un progetto di nuovo piano regolatore, di realizzazione non attuale e concreta, ma futura e problematica. D'altra parte, i giudici del merito, di primo e di secondo grado, hanno anche escluso che gli immobili degli espropriati fossero in possesso degli elementi sopra accenooti, atti ad attribuir loro natura edificatoria: non solo per la loro attuale e concreta destinazione agricola, ma anche perch a distanza dalla via consolare Valeria Messina-Catania , perch non prospettanti su strade pubbliche, mal serviti da due strade del tutto inadeguate, senz,a trasporti pubblici e idonei servizi igienici e di elettricit e perch ~i insistono pochi e distanziati edifici sorti ad opera di enti per case popolari (che non perseguono fini speculativi): in conclusione perch trattasi di terreni ancora inidonei ad essere oggetto di vero e proprio sfruttamento edilizio. Per ultimo la RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 252 Corte del merito non ha mancato di rilevare che, tranne I'Abbat, tutti gli altri espropriati, negli atti d'opposizione, non avevano neppure contestata la qualit agricola attribuita, ai loro terreni dai decreti espropriativi. E in tal modo i giudici del merito hanno anche adempiuto al loro dovere di dimostrare il loro dissenso dal consulente tecnico d'ufficio, che aveva, invece, affermato la qualit edificatoria dei terreni in questione. -(Omissis). I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 agosto 19>66, n. 2180 -Pres. Pece Est. D'Armiento -P. M. Toro (conf.) -Mazzoni (avv. Vestri) c. Fallimento Magnelli (avv. Bechi, Merlini). Procedimento civile -Termini processuali -Sospensione durante il periodo estivo dei termini processuali stabiliti per il compimento di atti richiedenti l'opera di avvocato o di procuratore -Portata. (I. 14 luglio 1965, n. 818, art. 1). Societ -Societ di persone -Societ di fatto -Rappresentanza processuale -Legittimazione di ciascun socio -Sussiste -Presunzione semplice di esistenza di un mandato reciproco fra i soci ad amministrare e rappresentare la societ -Sussiste. (C. C., artt. 2257, 2266, 2297). L'art. 1 l. 14 luglio 1965, n. 818 non ha prorogato al 16 settembre di ogni anno. tutti i termini che vengano a scadere entro tale data, ma ha disposto che per i quarantacinque giorni di ferie estive, dal 1 agosto al 15 settembre, i termini processuali che scadrebbero in tale periodo restino sospesi. E sospensione significa frattura del termine per il periodo che entra nella sospensione, che non si calcola, cos come avviene in materia di prescrizione a norma degli artt. 2941 e seg. c. c., salvo a riprendere a decorrere subito dopo ed a ricongiungersi con la parte decorsa anteriormente alla sospensione (1). (1) Dispone, infatti, l'art. 1 1. 14 luglio 1965, n. 818 che il corso dei termini processuali stabiiiti per il compimento di atti i quali richiedono l'opera di avvocato o di procuratore, scadenti tra il lo agosto e il 15 settembre, sospeso di diritto fino a quest'ultima data . GIURISl?l'll1:0ENZA CIVIJ:..E 253 GIURISl?l'll1:0ENZA CIVIJ:..E 253 Netle societ di fatto ciascun socio pu stare i-n, giudizio per la societ \con effetto anche per gli altri soci, sia come attore che come convenuto, presumendosi fra i soci, fino a prova contraria, l'esistenza di un reciproco mandato ad amministrare e rappresentare la societ (2). II CO:$.':['E DI CASSAZIONE, Sez. II, 7 gennaio 1967, n.. 74 -Pres. Gion< ':f~ida P. -Est. '.Pratis -P. M. Raja (conf.). -Fascia (avv. Carbone) , Fascia (avv. Fazzalari). // (> :~~t>t:eclhlneinto civile -Termini processuali -Sospensione durante ilperiodo estivo dei terniini processuali stabiliti per il compimento di atti richiedenti l'opera di avvocato o di procuratore -Decorrenza del periodo di sospensione dei termini processuali per il primo anno di applicazione dell 1. 14 lu~lio 1965, n. 818. (I. 14 luglio 1965, n. 818, art. 1). Anclie per il primo anno di applicazione della l. 14 luglio 1965, n. 818 l'effetto deila sospensione dei term.ini processuali si deve far decorrere dal 1 agosto, non avendo l'art. 1 della citata legge operato alcuna esclusione per l'anno 1965 e dovendo, perci, ritenersi sussistente in proposito una implicita volont del legislatore di fare eccezione al principio generale enunciato -q.ell'art. 11 preleggi (3). (2) Cfr. Cass., Sez. Un., 3 ottobre 1964, n. 2494, Giust. civ., Mass., 1964, 1161-1162, sub 3, ed ivi riferimenti; Cass., 27 gennaio 1960, n. 94, id., Mass., 1960, 38-39, sub 2 (sull'apparenza della societ di fatto, ivi, sub 1). (3) Avverte, infatti, la sentenza -la motivazione della quale si legge in Foro it., 1967, I, 241 -che, a prescindere dalle leggi punitive, per le quali il principio della irretroattivit risulta costituzionalizzato, il legislatore non vincolato dal J?rincipio stesso e ben pu dettare disposizioni ad esso contrarie sia pure per implicito , facendo riferimento a Cass., 12 maggio 1965, n. 905, Foro it., Rep., 1965, voce Legge, n. 34 (v. anche, sul potere del legislatore civile di derogare al principio generale della irretroattivit delle leggi, Cass., 7 maggio 1965, n. 836, in questa Rassegna, 1965, I, 940, sub 2, ed ivi nota di riferimenti). In senso contrario alla massima sopra enunciata v., invece, Cass., 18 gennaio 1967, n. 170, qui sopra massimata sub III, nonch nota seguente. 254 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO III CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 18 gennaio 1967, n. 170 -Pres. Danzi -Est. Iannitti Piromallo -P. M. Gentile (conf.). -Liverotti (avv. Tornassi) c. Fabrizi (avv. Mancini). Procedimento civile -Termini processuali -Sospensione durante il periodo estivo dei termini processuali stabiliti per il compimento di atti richiedenti l'opera di avvocato o di procuratore -Decorrenza del periodo di sospensione dei termini processuali per il primo anno di applicazione della 1. 14 luglio 1965, n. 818. (1. 14 luglio 1965, n. 818, art. 1). Poich la l. 14 luglio 1965 n. 818 deve ritenersi, in mancanza di diversa sua norma, entrata in vigore quindici giorni dopo la sua pubblicazione, avvenuta nella Gazzetta Ufficiale del 20 luglio 1965, il periodo di sospensione dei termini processuali da essa disposto deve, per il primo anno di appLicazione, farsi decorrere dal 4 agosto (4). (4) Per l'esclusione della retroattivit della 1. 14 luglio 1965, n. 818, v. gi Cass., 13 luglio 1966, n. 1869, in questa Rassegna, 1966, I, 1027. La sentenza sopra massimata -la motivazione della quale, per quanto di ragione, si legge in Foro it., 1967, I, 240 -ritiene di potere inferire la esclusione di tale retroattivit (viceversa affermata da Cass., 7 gennaio 1967, n. 74, qui sopra massimata sub II, sul rilievo della portata indiscriminata e perentoria dell'art. 1 1. n. 818 del 1965), argomentando dalla circostanza che, in sede di elaborazione della legge, non fu accolta la proposta (on. Cacciatore) di introdurre una norma cosi concepita: la presente legge entrer in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (avvenuta nella G.U. del 20 luglio 1965, n. 180). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 16 dicembre 1966, n. 2.952 -Pres. Cannizzaro -Est. De Saqtis -P. M. Caldarera (difl'.) -I.N.P.S. (avv. Ca11acciolo, Bosco, Pizzicannella) e Gescal (avv. Stato Del Greco) c. Impresa Barello (avv. Sequi, Galante Garrone). Impugnazione -Legittimazione del terzo chiamato in garanzia ad impugnare la pronuncia di responsabilit del garantito -Presupposto -Interdipendenza della causa principale e di quella di garanzia Quando ricorre. (c. p. c., artt. 106, 323). - PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 255 Impugnazione -Ricorso per cassazione incidentale condizionato della parte vittoriosa -Necessit di esame dopo quello del ricorso principale -Sussiste -Eccezione -Ricorso incidentale condizionato adesivo. (c. p. c., artt. 333, 371). Impugnazione -Ricorso per cassazione -Potest della Corte regolatrice di accertare la p~rtata di norme contrattuali -Esclusione. (c. p. c., artt. 360 e segg,). Case popolari ed economiche -Appalto stipulato da ente concessionario della Gestione INA-Casa -Richiamo di norme del capitolato generale per gli appalti delle opere dipendenti dal Ministero dei Lavori Pubblici -Natura contrattuale -Sussiste. Quando iL terzo chiamato in garanzia non si limiti a contestare di essere tenuto a prestarla, ma neghi altresi la responsabilit del convenuto principale, che ha chiesto di essere da lui rilevato, la interdipendenza che si determina tra le due cause, quella principale e quella di garanzia, legittima il terzo ad investire con la sua impugnazione anche le statuizioni della pronuncia relative al rapporto principale, dalle quali dipende o dovrebbe dipendere la sua condanna (1). (1) Insegna, Cass., 6 maggio 1966, n. 1165 -Giiir. it., Mass., 1966, 517518 -che l'interesse del chiamato in garanzia ad interloquire nella causa principale pu derivare dall'atteggiamento difensivo del convenuto (che, ad esempio, abbia sostenuto essere imputabile al chiamato il fatto generatore del danno). In tal caso, il convenuto ni;lla causa di garanzia assume anche la veste di parte accessoria nel rapporto processuale relativo alla parte principale. Ne discendono le conseguenze relative all'ipotesi di unico giudizio con pluralit di parti, con l'effetto che la notificazione della sentenza eseguita ad istanza di una sola di esse vale a far decorrere, per il notificato, il termine di impugnazione anche nei confronti delle altre parti ; Cass., 14 settembre 1963, n. 2522 -Giust. civ., 1964, I, 139 -avverte, cosi, che quando il convenuto principale ha chiamato nel processo il terzo, non solo ai :fini di una eventuale rivalsa in caso di soccombenza, ma anche per la necessit della trattazione della causa o per la sua stessa difesa, essendo unicamente imputabile al terzo il fatto generatore dell'inadempimento e della _conseguente responsabilit di entrambi, si verifica tra le due cause, principale e di garanzia, una stretta connessione, per cui il terzo ha interesse e legittimazione ad impugnare la condanna del convenuto (garantito), cio ad investire con l'impugnazione il rapporto principale e nel giudizio relativo applicabile l'axt. 331 c. p. c. . Sul concetto di causa inscindibile in fase di impugnazione, costituente presupposto per l'ammissibilit dell'impugnazione incidentale tardiva ex art. 334 c. p. c., v. Cass., 21 ottobre 1965, n. 2173, in questa Rassegna, 1966, I, 1180, sub 8 (1185) ed ivi riferimenti; 12 novembre 1965, n. 2360, ibidem, 1200. 6 256 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Quando la parte vittoriosa ha proposto ricorso incidentale condizionato, questo, anche se abbia ad oggetto una questione preliminare, deve essere esaminato dopo il ricorso principale. Il principio, tuttavia, patisce eccezione nel caso di ricorso incidentale adesivo, il quale, anche se condizionato, va esaminato congiuntamente. a quello principale (2). compito del giudice di merito stabilire la portata di norme contrattuali (3). Se negli appalti dei lavori dipendenti dal Ministero del Lavori Pubblici le norme del Capitolato del 1895, come di quello che ora lo ha sostituito (d. P. R. 10 luglio 1962, n. 1063), hanno forza di legge, negli appalti stipulati da aitri enti o da privati, in cui quelle norme siano richiamate, e cosi in quelli stipulati da ente concessionario della Gescal, la loro efficacia, traendo origine dalla volont delle parti, solo quella di norme contrattuali (4). (2) Ma avverte la stessa III sezione della Corte regolatrice, nella sentenza 2 aprile 1966, n. 857, Giur. it., Mass., 1966, 376-377, che l'impugnazione incidentale, anche se proposta iri. via condizionata, presuppone sempre un interesse ed quindi configurabile solo nel caso di parziale soccombenza e, nella sentenza 3 ottobre 1966, n. 2399, ibidem, 1069, ribadisce che inammissibile il ricorso incidentale condizionato, con cui si ripropongono le questioni e le difese gi prospettate al giudice di appello e rimaste superate o assorbite dalla motivazione della sentenza dello stesso, proveniente dalla parte iI'imasta pienamente vittoriosa in secondo grado, alla quale non pu essere riconosciuto un interesse alla cassazione della sentenza impugnata, dato che la stessa non contiene alcuna statuizione ad essa sfavorevole: dette questioni rimangono, tuttavia, impregiudicate, nell'ipotesi di accoglimento del ricorso principale, e dovranno essere esaminate dal giudice di rinvio; v. anche, in senso conforme, Cass., 5 settembre 1966, n. 2318, ibidem, 1040; 12 marzo 1966, n. 711, ibidem, 310-311. In senso conforme alla prima parte della massima, v., invece, Cass., 13 luglio 1963, n. 1857, in questa Rassegna, 1964, I, 727, sub 1, secondo cui la parte totalmente vittoriosa pu proporre ricorso incidentale per cassazione su questioni preliminari o pregiudiziali, condizionandolo all'accoglimento del ricorso principale. In tal caso l'esame del ricorso principale deve precedere quello del ricorso indicentale, al fine di stabilire se sussista o meno l'interesse del ricorrente incidentale all'annullamento della sentenza impugnata. (3) Conf. Cass., 13 luglio 1966, n. 1872, Giur. it., Mass., 1966, 827, ed ivi riferimenti. Quanto alla incensurabilit in Cassazione della interpretazione dei contratti effettuata dai giudici di merito, purch condotta con l'osservanza dei canoni ermeneutici legali e sorretta da motivazione adeguata, v. giurisprudenza citata in nota sub 3 a Cass., 5 maggio 1965, n. 819, in questa Rassegna, 1965, I, 554, ed in nota sub 2 a Cass., 25 maggio 1965, n. 1005, in questa Rassegna, 1966, I, 75. (4) Conf. Oass., 10 agosto 1966, n. 2176, Giur. it., Mass., 1966, 966-967. Ma, per quanto riguarda la questione che qui interessa, v., tuttavia, Cass., 15 luglio 1965, n. 1557, Giust. civ., 1965, I, 1737, secondo cui il richiamo del capitolato della Gestione, uniformato a quello generale per le opere di PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 257 (Omissis). -L'eccezione di inammissibilit del ricorso incidentale della Gescal basata su duplice ordine di ragioni. La societ impresa Barello sosUene, cio, in primo luogo, che, non avendo essa proposto alcuna domanda contro la Gestione INA-Casa, non possa l'ente, che a questa succeduto, proporre una impugnazione nei suoi confronti, ma soltanto aderire alla impugnazione dell'I.N.P.S., per superare la domanda di garanzia, che questo ha svolto contro -di essa. Inoltre la societ Barello sostiene che le censure della Gescal sono tutte dirette contro apprezzamenti di fatto. La suddetta societ aveva anche dedotto che il l'licorso incidentale non fosse ricevibile, mancando in esso ogni esposizione dei fatti; a questo ultimo rilievo, contenuto nella memoria difensiva, si per rinunziato nella discussione orale, riconoscendosi che nel controricorso della Gescal invece integralmente trascritta la sentenza impugnata, con la completa esposizione dei fatti. Le ragioni di pretesa inammissibilit del ricorso incidentale, dipendenti dalla natura delle censure, in cui esso si sostanzia, saranno prese in esame e risulteranno confutate, quando tali censure saranno vagliate. Qui va subito rilevato che infondatamente si nega alla Gescal la legittimazione a proporre una propria impugnazione, per contestare la legittimit della decisione di accoglimento della domanda principale della societ Barello. Invero, quando il terzo chiamato in garanzia non si limiti a contestare di essere tenuto alla garanzia stessa, ma, come accaduto nella specie, neghi altresi la responsabilit del conv~nuto principale, che ha chiesto di essere da lui rilevato, l'interdipendenza che si determina tra le due cause, quella principale e quella di garanzia, legittima il terzo ad investire, con la sua impugnazione, anche il rapporto principale, al fine di far rimuovere la pronuncia, da cui dtipende, o dovrebbe dipendere, la sua condanna. N varrebbe obiettare che nel caso in esame la Gestione INA-Casa stata assolta dalla domanda di garanzia, seppure l'I.N.P.S. ha subito condanna, in accoglimento della domanda principale. conto del Ministero dei lavori pubblici, non ha carattere contrattuale, ma legale ed inderogabile, e concerne anche gli appalti stipulati con i terzi dagli enti concessionari dalla Gestione, e ci a sensi dell'art. 6 d. P. R. 9 aprile 1956, n. 1265 (v. anche art. 36 1. 14 febbraio 1963, n. 60). In argomento, v. DEL GRECO, Sulla natura giuridica del Capitolato di appalto della Gestione Case per lavoratori ecc., in questa Rassegna, 1964, I, 603 e segg.; CARUSI, Spunti in tema di efficacia regolamentare ecc., id., 1965, I, 225 (segnatamente, 232 e seg.). 258 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'I.N.P.S. ha, invero, impugnato la decisione della Corte di merito, investendo, con le sue denunzie di illegittimit, sia la pronuncia di accoglimento della domanda della societ impresa Barello, sia la pronuncia di rigetto della sua domanda di garanzia, sicch entrambi i rapporti, tra loro interdipendenti, come si gi detto, vengono ancora in discussione, con il conseguente interesse della Gescal a sostenere e dedurre la illegittimit della condanna subita dall'I.N.P.S., prima ancora che la legittimit della decisione di rigetto della domanda di garanzia, gi adottata in suo 'favore. Del resto, la stessa societ impresa Barello riconosce alla Gescal la possibilit di aderire alla impugnazione dell'I.N.P.S. nei suoi con. fronti. Ed il ricorso incidentale della Gescal in realt adesivo rispetto a quello dell'I.N.P.S. N si pu dubitare che l'adesione al ricorso principale dovesse necessariamente svolgersi nella forma di un ricorso incidentale, consistendo essa pure in denunzia di illegittimit della decisione impugnata, in concorso con la denunzia contenuta nel ricorso principale. La necessit del ricorso incidentale appare ancora pi chiara, ove I si consideri che i motivi in esso dedotti sono pi ampi di quelli che ~ delimitano la impugnazione principale, circostanza questa che non toglie nondimeno al ricorso incidentale il carattere di ricorso adesivo, I ' I siccome volto a far rimuovere, mediante l'annullamento, la stessa deci sione impugnata con il ricorso principale ed in favore della stessa parte che ha proposto quest'ultimo. La situazione innanzi delineata, oltre che rendere manifesta la ammissibilit del ricorso incidentale, determina altresl che non possa I essere ritenuta operante la subordinazione od il condizionamento del ricorso medesimo all'esito della impugnazione proposta dall'I.N.P.S. nei confronti della Gescal. Se vero, infatti, che, quando la parte vittoriosa ha proposto ricorso condizionato, que,sto, anche se abbia per oggetto una questione di carat tere preliminare, deve essere esaminato dopo il ricorso principale, avendo la parte stessa mandfestato che solo in caso che quest'ultimo risulti fondato ha essa interesse a :fiar risolvere la causa sulla base delle questioni preliminari o pregiudiziali che prospetta, tuttavia questa solu zione non pu essere adottata nel caso di specie, che del tutto par ticolare. Il ricorso incidentale della Gescal, in quanto adesivo a quello pro posto dell'I.N.P.S., non pu essere esaminato se non congiuntamente con esso: d'altro canto, secondo ordine logico, che quello proposto dalla parte, l'esame dei motivi del ricorso principale, rivolti contro la PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 259 decisione di condanna dell'I.N.P.S., deve precedere l'esame del terzo motivo, rivolto contro la decisione di rigetto della domanda di garanzia. Ci premesso, si osserva che i primi due motivi del ricorso principale e quello del ricorso incidentale sono tra loro intimamente connessi e pertanto appare opportuno esaminarli insieme. Con il primo mezzo dedotto dall'I.N.P.S. si denunzia la violazione e la falsa applicazione dell'art. 1372 c. c. e conseguentemente degli artt. 8, 14, 83, 84, 1'1 del Capitolato generale per gli appalti delle opere pubbliche eseguite per conto della Gestione INA-Casa e dell'art. 14 del Capitolato generale del 1895, per gli appalti delle opere dipendenti dal Ministero dei Lavori Pubblici. Con il secondo mezzo si denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1453 e 1454 e segg. c. c. A fondamento di tali censure si sostiene che non era possibile far ricorso all'art. 14 del Capitolato generale per gli appalti delle opere dipendenti dal Ministero dei Lavori Pubblici, onde desumerne che la consegna dei lavori doveva nella specie aver luogo nel termine d~ tre mesi. Invero, la materia era regolata dall'art. 83 del Capitolato della Gestione INA-Casa e pertanto risultava inoperante il rinvio all'altro Capitolato, disposto dall'art. 101 solo per quanto non previsto e non stabilito nel Capitolato stesso (della Gestione INA-Casa) e nel contratto di appalto. Si sostiene inoltre che l'I.N.P.S., anteriormente alla proposizione della domanda, aveva comunque purgato la mora in cui era incorso, offrendo la consegna dei lavori; che la lettera del . 3 aprile 1958 non conteneva una diffida ad adempiere, intesa nel senso voluto dal l'art. 1454 c. c.; che il termine in essa prefissato non era congruo; che la inadempienza in cui l'I.N.P.S. era incorso (anche a ritenere che si fosse verificata) non era grave; che il contratto non poteva pertanto essere risolto a norma degli artt. 1453 e segg. c. c. Il ricorso incidentale della Gescal, che si articola in un solo mezzo, denunzia anch'esso la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1453 e 1454, in relazione agli artt. 1219 e 1363 c. c. nonch agli artt. 14 Capitolato generale per i lavori pubblici del 1895 e 101 Capitolato generale della Gestione INA-Casa. La Gescal deduce inoltre omissione, insufficienza e contraddittoriet di motivazione, ai sensi dell'art. 360, n. 5, c. p. c. A fondamento della denunzia di errori giuridici e di vizi di moti vazione, con analitica esposizione, si sostiene quanto appresso: a) anche ad ammettere che la consegna dei lavori dovesse aver luogo nel termine di tre mesi, decorrenti dalla ratifica della aggiudicazione da parte della Gestione INA-Casa, nella specie tale termine 260 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO non sarebbe neppure cominciato a decorrere, al momento della introduzione della lite, in quanto che la Gestione INA-Casa aveva ratificato l'aggiudicazione con riserva, che era venuta meno solo dopo l'acquisto dell'area, su cui il costruendo edificio doveva sorgere; b) il termine di tre mesi, stabilito dall'art. 14 Capitolato generale lavori pubblici per la consegna dei lavori, non essenziale, n, dopo il decorso di esso, consentito all'appaltatore assegnarne altro per conseguire la risoluzione automatica del rapporto. La stessa Corte di merito ha riconosciuto ci, ma subito dopo, contraddicendosi, ha ammesso la possibilit di rivolgere all'Amministrazione Pubblica una diffida ad adempiere, con gli effetti stabiliti dall'art. 1454 c. c.; c) era al contrario possibile solo promuovere la risoluzione giudiziale del contratto, ma, nel1a specie, neppure questa poteva essere pronunciata, stante la intervenuta purgazione della mora; d) l'applicazione dell'ultimo comma dell'art. 1453 c. c. non poteva essere ostacolata da intervenuta onerosit dell'appalto, a seguito di aumenti dei costi di costruzione, sia perch questo non stabilito da alcuna norma, sia perch tale situazione non si era verificata, sia perch infine ad essa si sarebbe potuto rimediare, eventualmente, con la revisione dei prezzi; e) infine, la lettera del 3 aprile 1q5s non aveva i caratteri di una diffida ad adempiere. Su tutti i punti innanzi esposti, la Gescal lamenta anche, come si visto, difetto od insufficienza o contraddittoriet di motivazione. Per la migliore comprensione delle censure sopra riassunte ed al fine che risultino, altres, ben chiare le ragioni che ne impongono il parziale accoglimento, entro i limiti, cio, che risulteranno dalla esposizione seguente, appare opportuno spiegare che la Corte di Torino, postasi in primo luogo a ricercare se vi era un termine entro il quale l'I.N.P.S. fosse tenuto a consegnare i lavori alla societ appaltatrice, ha ritenuto di dover dare a tale quesito una risposta affermativa ed ha quindi affermato che il termine era quello di tre mesi stabilito dall'art. 14 Capitolato generale per gli appalti dei lavori pubblici del 1895, che doveva intendersi applicabile, per effetto del richiamo contenuto nell'art. 101 del Capitolato della Gestione INA-Casa. Poich il termine suddetto, secondo il disposto dell'art. H citato, decorre dalla approvazione del contratto, la Corte ha spiegato che, nel caso di appalto per conto della Gestione INA-Casa, non essendo necessaria una approvazione del contratto, il termine doveva intendersi invece decorrente dalla ratifica della aggiudicazione ed ha escluso che, per effetto dell'art. 83 del Capitolato della Gestione INA-Casa, che disciplina segna dei lavori doveva essere calcolato con decorrenza almeno dalla data di conclusione del contratto di appalto e cio dal 25 settembre 1957 e da ci derivava una palese gravit della inadempienza .per l'intervenuto aumento dei prezzi, con la conseguenza che il costo della costruzione si era fatto pi oneroso, fino ad annullare e forse superare il guadagno che l'appaltatore '.:l.vrebbe dovuto ricavarne. ---}~ 262 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La precedente esposizione, che di proposito stata particolarmente minuziosa, rende da sola evidenti i gravi difetti della sentenza, riconducibile nell'ambito delle censure che ad essa si muovono dai ricorrenti e che ne impongono l'annullamento. Come si visto, la risoluzione della presente controversia imponeva innanzi tutto di stabilire se la consegna dei lavori da parte dell'ente all'appaltatore doveva o meno avvenire in un termine prefissato. La soluzione di tale questione adottata dalla Corte di merito, sorretta da motivazione tutt'altro che soddisfacente, non si sottrae ad una parte delle censure che contro di esse sono rivolte dai ricorrenti. Il termine di tre mesi per la consegna dei lavori, stabilito dall'art. 14 Capitolato generale per i lavoTi pubblici del 1895, decorre dalla approvazione del contratto di appalto. La Corte di Torino, riconoscendo che tale approvazione non richiesta per i contratti di appalto della Gestione INA-Casa, ha ritenuto, come si visto, doversi sostituire alla approvazione suddetta la ratifi:ca della aggiudicazione provvisoria da parte della Gestione INA-Casa. Non ha per spiegato, limitandosi a questa affermazione, in qual modo possa avere inizio il decorso di un termine per la consegna dei lavori, prima che il contratto di appalto sia addiTittura stipulato, sfuggendole la circostanza, per altro evidente e saliente, che la aggiudicazione provvisoria deve precedere ed distinta dalla conclusione del contratto, prima della quale la Amministrazione Pubblica non pu assumere obbligazioni, quanto meno di natura contrattuale. La Corte di Torino ha inoltre messo in rilievo, in altra parte della sua sentenza, che, a norma dell'art. 83 Capitolato Gestione INA-Casa, il ritardo nella consegna dell'area non attribuisce all'appaltatore altro diritto che quello di una proroga per la ultimazione dei lavori, malgrado ci confermando i.a gi espressa opinione, che il ritardo nella consegna dei lavori possa invece determinare la risoluzione del contratto, senza per soffermarsi a spiegare come possa essere ritardata la consegna dell'area, senza che il ritardo riguardi anche .la consegna dei lavori, e cio come possano questi essere consegnati, senza consegnare altresi l'area su cui la costruzione deve sorgere. Solo se alla motivazione insufficiente ed erronea potesse esserne sostituita altra convincente e valida, a confortare la opinione, che anche negli appalti conclusi da altri enti per conto della Gestione INA-Casa pu svolgere efficacia il termine di tre mesi per la consegna dei lavori, stabilito dal Capitolato del 1895, potrebbe ritenersi operante al riguardo il generico richiamo delle norme di tale Capitolato, contenuto nell'art. 101 di quello per gli appalti della Gestione INA-Casa. In mancanza, invece, si dovrebbe ritenere che la introduzione del termine arbitraria e volta a regolare il rapporto in difformit da I F [ !;; t 11Mrnn1mrnnmrn1rrn:=n1rnmet%:tnr':wwnn1rn1rmrnrm1nwmwrnwnnnnm1rn1;m;gnwiiw~wrnmw@mm@mrnmm1rnmwmmrnlll 263 c:i'i.lll1tOJV()li}to .e:Jtjtp1!la1;o daUe parti, con violazione delle norme che contratti (art. 1372 c. c.). In tali limiti debbono essere accolte le censure dei ricorrenti sul puntOJ .esamJnat~i mentre per ogni altra parte esse vanno disattese. .o/oil si pl.lg, invero, procedere in questa sede ad una esatta delirn; itazion d(':lJl portata delle norme dei Capitolati sopra menzionati, ~~ q.i Vetl.:AJ9n(l:in discussione (art. 83 e 101 Capitolato Generale INA . eya~a.1:1 l~ (t~pltOilato 11. pp. del 1895), poich compito del giudice di l):t~itc:> ~#~~illre la portata di norme contrattuali, e nella presente con- tro:V:rsfl:tt)a stessa norma dell'art. 14 Capitolato 11. pp. del 1895, se ( ... )/ ~:PPJ~~ijiJ~, non avrebb altra natura ed altra efficacia che quelle di I :Iilll~?u=~::~~:i~::t~:::~:;~!:;{~~~~..~:~~~: ? h~hh~. forza di legge, negli appalti stipulati da altri enti o da privati, .. . < i:tl. cui esse siano eventualmente richiamate, la loro efficacia, traendo origine dalla volont delle parti, solo quella di norme contrattuali. Tanto meno si pu, portando la indagine su elementi di mero fatto, come la Gescal vorrebbe, esaminare se da parte della sua dante causa vi fu o meno la ratifica d~ella aggiudicazione provvisoria. Sebbene l'esito della intera controversia possa dipendere eventualmente anche dalla sola decisione, che H giudice di rinvio riterr di adottare sul punto sin qui esaminato, appare necessario proseguire nel rilevare alcuni altri salientissimi eNori, in cui la Corte di merito incorsa, affinch, comunque, essi siano evitati nell'ulteriore svolgimento del giudizio. Questi errori consistono nell'aver ritenuto possibile per l'appaltatore, dopo la scadenza del termine non essenziale di mesi tre, di intimare una diffida ad adempiere con la prefissione di un nuovo termine per fa consegna dei lavori, decorso il quale, senza che l'adempimento sia avvenuto, il contratto sia risoluto di diritto, ai sensi dell'art. 1454 c., e ci dopo avere affermato che, decorso il termine di tre mesi sta}? Uito dall'art. 14 Capitolato 11. pp., solo alla stazione appaltante con$ entito di prefiggere un nuovo termine onde conseguire la risoluzione fil diritto del contratto, mentre l'appaltatore, in caso di persistente inadempienza, ha meramente la possibilit di ottenere la risoluzione giudiZiale. La Corte di Torino non si era neppure limitata a questa affermazione, ma aveva gpiegato le ragioni del differente trattamento riservato alle due parti, consistenti nella div.ersa natura degU interessi, di cui ciascuna portatrice, ma ometteva poi di considerare che in realt nessuna differenza sussisterebbe, se l'appaltatore potesse anch'egli conse-'-~ .~'7 264 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO guire la risoluzione di diritto del contratto, facendo ricorso alla diffida ad adempiere. Nell'ulteriore disamina delle questioni propostele dalle parti, la Corte di merito esprimeva peraltro il concetto che anche dopo la scadenza del termine fissato nella diffida dalla impresa Barello, ma prima della domanda di risoluzione, sarebbe stato possibile all'I.N.P.S. di adempiere la sua obbligazione, a norma dell'art. 1453, u. p., c. c., se avesse per anche offerto di rimuovere ogni effetto dannoso della mora, in cui era precedentemente incorso, in tal modo esC'ludendo che con il decorso del termine assegnato si fosse verificata la risoluzione di diritto del contratto. Appare quindi impossibile, a causa delle molteplid, ricorrenti contraddizioni, di stabilire quale sia stata la vera ragione del decidere e, nel tempo stesso, risultano applicati frammistamente i principi che disciplinano la risoluzione giudiziale dei contratti e quelli che regolano la risoluzione di diritto, con conseguente violazione e falsa appliC'azione sia dell'art. 1453 sia dell'art. 1454 c. c. A superare i rilievi e le considerazioni innanzi esposti non giova opporre, come si fa con la memoria difensiva depositata per la societ Barello, che l'I.N.P.S. non ha impugnato la statuizione dei giudici torinesi, secondo cui, anche in mancanza dell'applicazione dell'art. 14, si riconosceva il diritto al privato cittadino di risolvere il contratto per inadempimento e mancata consegna entro un termine congruo; pertanto questa statuizione ormai definitiva e sorregge autonomamente la decisione. Con queste proposizioni la parte resistente manifesta che, a suo avviso, debba rimaner ferma almeno la decisione di risoluzione giudiziale del contratto. Senonch incerto, come si visto, che una tale pronuncia possa rinvenirsi nella sentenza impugnata; inoltre inesatta la affermazione che essa non sia stata investita dalle impugnazioni delle altre parti, dato che queste hanno entrambe denunciato la violazione dell'art. 1453 oltre che dell'art. 1454 c. c. e, per quanto attiene alle Gescal, anche vizi di motivazione sul punto. Le deduzioni della resistente servono anzi a controllare la esattezza dei rilievi gi esposti, circa le contraddizioni e violazioni di legge, in cui la sentenza impugnata incorsa. La risoluzione giudiziale avrebbe potuto cio essere pronunciata, come la stessa societ Barello riconosce, solo se, indipendentemente dal termine fissato dalla parte, il giudice avesse ritenuto che il ritardo nell'adempiere da parte dell'I.N.P.S. si fosse protratto oltre i limiti del tollerabile. Ma la Corte di Torino non ha detto ci e non si neppure l!l r.: mi: PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 265 fermata a considerare se il termine fissato nella diffida ad adempiere era congruo, cosa che, stante la contestazione dell'interessato, era necessario accertare, anche ai fini della pronuncia meramente dichiarativa di una risoluzione verificatasi de jure. Sempre nell'ambito delle censure mosse dai ricorrenti, si deve ancora osservare che indubbiamente compito dei giudici di merito stabi:live se una richiesta di adempimento costituisca una formale diffida ad adempiere e se una inadempienza rivesta carattere di gravit tale da giustificare la risoluzione di un contratto: valutazioni siffatte non possono essere perci compiute in questa sede, come sembra che i ricorrenti tra l'altro richiedano. Tuttavia deve rilevarsi, in ci accogliendo la relativa censura della Gescal, che non esente da vizi neppure su tali punti la motivazione della sentenza impugnata. Si infatti riconosciuto esservi stata diffida ad adempiere mediante la lettera 3 aprile 1958, in quanto che questa conteneva bens una richiesta di revisione dei prezzi, ma anche, in via principale, la intimazione di consegna dei lavori nel termine perentorio assegnato. Successivamente, per, occupandosi della possibilit di adempiere da parte dell'I.N.P.S., effettuando la consegna dei lavori nell'intervallo tra la scadenza del termine assegnato dalla societ impresa Barello e la citazione introduttiva del presente giudizio, tale possibilit la Corte ha escluso, a causa della intervenuta, maggiove onerosit del contratto per l'appaltatore, mostrando in tal modo di ritenere che la richiesta di consegna dei lavori e quella di revisione dei prezzi non fossero tra loro indipendenti e distinte, come prima si era lasciato intendere, ma tra loro intimamente connesse. Infine, sul punto della gravit della inadempienza, l'affermazione che il ritardo nella consegna dei lavori doveva computarsi con decorrenza dalla data di stipulazione del contratto contraddice quella precedente che, per la consegna dei lavori, a favore di entrambe le parti, fosse stabilito un termine di tre mesi, neppure essenziale. Non si intende infatti come possa essere ritenuta in mora la parte, mentre non ancora decorso il termine stabilito in contratto per adempiere la propria obbligazione. Poich le considerazioni innanzi svolte impongono l'accoglimento dei ricorsi proposti dall'I.N.P.S. e dalla Gescal contro la societ in nome collettivo impresa Barello, nei limiti che dalle considerazioni medesime emergono, resta assorbito il motivo di ricorso proposto dall'I.N.P.S. contro la Gescal: ogni questione sulla fondatezza della domanda di garanzia infatti subordinata alla nuova decisione che dovr essere adottata sulla domanda principale. Annullandosi, in relazione alle censure accolte, la sentenza impugnata, la causa deve essere rinviata per nuovo esame ad altra sezione - RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della Corte di appello di Torino, che, nel deciderla, si atterr ai principi risultanti dalla esposizione che precede e dar pi completa ed esatta motivazione nei sensi che sono pure stati innanzi precisati. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 gennaio 1967, n. 202 -Pres. Vistoso -Est. D'Armiento -P. M. Colonnese (conf.). -Delfino (avv. De Villa, Andrioli) c. Ministero Difesa-Marina (avv. Stato Carafa). Revocazione -Revocazione della sentenza per rinvenimento di documenti decisivi -Accertamento della non colposit della mancata produzione in giudizio del documento e della idoneit di quest'ultimo a determinare una diversa decisione della controversia Apprezzamento di fatto, incensurabile in Cassazione. (c. p. c., art. 395, n. 3). Revocazione -Revocazione della sentenza fondata su un fatto erroneamente supposto o escluso -Necessit che l'errore di fatto, risultante dagli atti o documenti della causa, sia caduto su un punto determinante per la decisione contenuta nella sentenza impugnata Sussiste. (c. p. c., art. 395, n. 4). NeU'ipotesi di revocazione della sentenza pel successivo rinvenimento di uno o pi documenti decisivi, che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario, l'accertamento da parte del giudice, sia della non colposit della mancata produzione in giudizio del documento (recuperato), che della sua idoneit a determinare una diversa decisione della controversia, costituisce apprezzamento di fatto, incensurabile in Cassazione (1). La domanda di revocazione della sentenza, che si assuma viziata da un errore di fatto risultante dagli atti o documenti di causa, pu essere accolta solo quando la pronuncia impugnata abbia posto a proprio fon (1) Giurisprudenza consolidata: cfr. Cass., 19 luglio 1965, n. 1624, Foro it., Mass., 1965, 478. Beninteso l'ipotesi di revocazione di cui al n. 3 dell'art. 395 c. rp. c. presuppone che il documento dec1sivo, che la parte non ha potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario, preesista alla decisione impugnata : Cass., 14 dicembre 1966, n .2930, Giur. it., Mass., 1966, 1277. 267 PRTl!l I:. $EZ. III, QIVRISPRUDENZA CIVILE damento il fatto rroneamente supposto o escluso, ma non anche quando sia accertato che Z'error di fatto, bench sussistente, non sia caduto su un punto determinante per la decisione della controversia (2). (2) GilJ;:ioisprudenza l)arimenti consolidata: cfr. Cass., 24 giugno 1965, n. 1324, Ifofo it., Mass., 1965, 384-385; 14 aprile 1965, n. 687, ibidem, 195. Ql;ti;lsta volta ilcas() di avvertire che concorrendo le altre condizioni di lige~ )itrore ((i. fatto pu assurgere a motivo di revocazione soltanto se il fa~ici(Q:ht:fne ()ggetto non abbia formato materia di contestazione fra le p~];'ti, J:l.11! ~spressam.ente, n implicitamente, giacch in caso contrario la divergetij: a fra la pronuncia del giudice e la realt processuale si risolverebbe .... . . n J;:>ii'.i ih 1lri e:rrore di percezione degli atti, cio in una semplice svista, < ma in un errore di apprezzamento: Cass., 13 dicembre 1966, n. 2923, Giur. t., lY.tiijs., 1sea, 1215. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 marzo 1967, n. 593 -Pres. Favara -Est. Pascasio -P. M. Antod (conf.) -Mo11ini (avv. Gentili, Nicolussi) c. Societ S.I.C.E.M. (avv. Dosi, Bassi) e Ministero delle Finanze (avv. Stato Carbone). Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Notificazione ad Amministrazione statale di ricorso per cassazione non eseguita presso l'Avvocatura Generale dello Stato -Nullit assoluta ed insanabile -Esclusione della inammissibilit del ricorso in caso di litisconsorzio necessario e di rituale notifica del ricorso ad almeno uno dei litisconsorti. (t. u. 30 ottobre i.933, n. 1611, art. 11; 1. 25 marzo 1958, n. 260, art. 1; c. p. c., art. 331). Competenza e giurisdizione -Regolamento di competenza -Pluralit di parti -Inscindibilit processuale necessaria delle cause -Sussiste. Chiarare il diretto di giurisdizione per improponibilit assoluta della domanda, in accoglimento del ricorso incidentale. Quello principale resta completamente assorbito. La sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio, con condanna del ricorrente alla perdita del deposito. Ricorrono giusti motivi per una totale compensazione delle spese. ( Omisis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 marzo 1967, n. 651 -Pres. Rossano -Est. D'Armiento -P. M. Chir (conf.) -Assessorato LL. PP. Regione Siciliana (avv. Stato Peronaci) c. Baiamonte (intimato). Sentenza -Motivazione -Motivazione contraddittoria -Nozione. (c. p. c., artt. 132, n. 4, 276, ult. comma, 360, n. 5; disp. att. c. p. c., artt. 118, 119). Il vizio di contraddittoria motivazione della sentenza sussiste quando le argomentazioni enunciate dal giudice a sostegno della propria \ 274 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO decisione siano insanabilmente contrastanti tra loro, in modo da elidersi reciprocamente e da non consentire, quindi, la identificazione della ratio decidendi (1). (1) Cfr. Cass., 19 ottobre 1966, n. 2535, Giur. it., Mass., 1966, 1122, sub c: la contraddittoriet della motivazione, prevista dall'art. 360, n. 5, c. p. c., in tanto pu ritenersi sussistente, in quanto le argomentazioni addotte siano tra loro inconciliabili, cosi da elidersi a vicenda e da rendere impossibile la identificazione dell'iter logico posto a base della decisfone e cio incomprensibile la ratio decidendi. Detto vizio non pu, quindi, consistere in apprezzamenti dei fatti e delle prove difformi da quelli pretesi dalla parte, perch spetta soltanto al giudice del merito individuare le fonti del proprio convincimento ed all'uopo valutare le prove, controllarne l'attendibilit e la concludenza, scegliere fra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti costitutivi della domanda o dell'eccezione, dare prevalenZia all'uno o all'altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge, stabilire se sussistano fatti idonei a dare fondamento a presunzioni semplici, tutto ci rientrando nel suo potere discrezionale a norma dell'art. 116 c. p. c .; ed infatti i vizi di motivazione della sentenza, deducibili ai sensi dell'art. 360, n. 5, c. p. c. come motivo di ricorso per cassazione sono sofo auelti attinenti all'accertamento ed alla vatutazione dei fatti rilev~nti ai fini della decisione della causa e non anche quelli che si riferiscono alla soluzione di questioni di puro diritto : Cass., 5 novembre 1966, n. 2727, in questa Rassegna, 1966, I, 1281, sub 3, ed ivi riferimenti; benvero, perch sussista il vizio ex art. 360, n. 5, c. p. c., necessario che esso incida su punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d'ufficio.: Cass., 17 ottobre 1966, n. 2478, Giur. it., Mass., 1966,, 1101. In senso conforme alla sentenza in rassegna v. anche Cass., 24 gennaio 1966, n. 274, Giust. civ., Mass., 1966, 144, sub 1; 4 gennaio 1966, n. 62, ibidem, 35, sub 1. SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 1 febbraio 1967, n. 10 -Pres. Polistina -Est. Daniele -Santarini (avv.ti Menghini e Tedeschi) c. Prefetto di Grosseto, Ministeri LL.PP., Interno e Turismo e Spettacolo (avv. Stato Ciardulli) e Comune di Grosseto (avv. Gelso). Espropriazione per p. u. -Campi sportivi -Previsione di zona sportiva nel piano regolatore generale -Non influisce sull'applicazione della legislazione speciale. La previsione nel piano regolatore di un vincolo a zona sportiva ai sensi degli artt. 13 e segg., i. 17 agosto 1942, n. 1150, in base aUa quale pu essere disposta la espropriazione deHe aree, si pone su un piano diverso e distinto daHa espropriazione che pu essere disposta ai sensi del r. d. 2 febbraio 1939, n. 302, per la costruzione di campi sportivi; legittimamente, pertanto, la p. a. si avvale di quest'ultima espropriazione, liquidando la indennit prevista dalla legge n. 302, anche laddove esiste un vincolo secondo il piano regolatore (1). (1) La massima appare esatta. Nella specie era stato compilato un piano particolareggiato che destinava una zona a impianti sportivi ai sensi degli artt. 13 e segg. della legge urbanistica, la quale, come noto (art. 17), prevede che l'approvazione dei piani equivale a dichiarazione di pubblica utilit delle relative opere e attribuisce ai Comuni la facolt di espropriare, entro certi limiti, le aree secondo la destinazione disposta nei piani stessi (art. 18). In relazione alla particolare natura delle opere da costruire (opere sportive) il Comune poteva avvalersi di un'altra legge (I. 2 febbraio 1939, n. 302), la quale prevede l'espropriazione per la costruzione di campi sportivi, rinviando per la determinazione dell'indennit alla legge 15 gennaio 1895, n. 2892. Il Consiglio di Stato ha ritenuto legittimo l'operato del Comune che si avvalso della legge speciale n. 302, e non della legge generale urbanistica. Per un'ipotesi di concorso di sue leggi speciali (piano regolatore r. d. n. 302 del 1939) cfr. Sez. IV, 28 luglio 1943, n. 286, Foro amm., 1944, I, 1, 41); per un'ipotesi di concorso della legge urbanistica con la citata legge n. 302, e per. la irrilevanza dei vizi inerenti al piano regolatore sulla procedura espropriativa adottata ai sensi della legge n. 302, cfr. Sez. IV, 27 dicembre 1963, n. 951, Riv. giur. ed., 1964, I, 242 con nota. 276 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 1<> febbraio 1967, n. 12 -Pres. Polistina 276 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 1<> febbraio 1967, n. 12 -Pres. Polistina -Est. Risi -Modeo (avv.ti Barra Caracciolo e Orlando) c. Comune di Sezze (avv.ti Sauzzi e Gaeta). Impiego pubblico -Dimissioni volontarie -Domanda -Sottoposta a condizione sospensiva -Ammissibilit -Mancato avverarsi della condizione -Effetti. legittima la domanda di dimissioni volontarie qualora sia sottoposta a condizione; ed perci illegittimo il provvedimento di accoglimento della domanda stessa qualora la condizione non si sia verificata (1). (1) La giurisprudenza costante nel ritenere legittima la domanda di collocamento a riposo o di dimissione volontaria se sottoposta a condizione sospensiva: cfr. Sez. VI, 7 novembre 1959, n. 797, Il Consiglio di Stato, 1959, I, 1543; Sez. V, 2 dicembre 1950, n. 1229, ivi 1950, 774. Pertanto il provvedimento di accoglimento che risolve il rapporto non pu essere emesso se la condizione non si verificata. I( ~i CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 15 febbraio 1967, n. 34 -Pres. Poli- II stina -Est. Battara -Pezzoli (avv. Andreicich) c. Ministero Tesoro (avv. Stato Peronaci). Danni di guerra -Beni perduti all'estero per trattato di pace -Jugoslavia -L. 29 ottobre 1954, n. 1050 e d. P. R. 8 agosto 1955, J n. 946 -Contrasto con gli artt. 43 e 42, terzo comma, Cost. I I0 Manifesta infondatezza. I cittadini che hanno perduto beni all'estero per effetto del trattato di pace sono titolari di un interesse legittimo e non di diritto sog- ; !I-~ gettivo all'indennizzo del danno subito, e il diverso trattamento loro , -: riservato risponde a un interesse pubblico che trova un limite nelle possibilit finanziarie dello Stato; pertanto manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalit per preteso contrasto con l'art. 3 e con ro ill l'art. 42 CoSt., per ci che concerne il criterio di indennizzo dei beni italiani situati nel vecchio territorio iugoslavo (1). i! ~:: t !.: (1) La giurisprudenza in tal senso pacifica: cfr., Sez. IV, 30 luglio r ~:: 1965, n. 537, in qu.,ta Ra,.gna, 1965, I, 985, eon nota. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 277 CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 13 gennaio 1967, n. 7 -Pres. BarraCaracciolo -Est. Cesareo -Bardelli (avv. Sodi) c. Medico Provinciale Milano (avv. Stato Carafa), Comune di Milano (avv. Consolini e Sartago) ed altri. Edilizia -Licenza di abitabilit -Irregolarit preesistenti o sopravvenute -Provvedimento di. revoca -Legittimit. Il potere del Sindaco per la salvaguardia dell'igiene continuo ed ~mmanente e non si esaurisce con la dichiarazione di abitabilit, la quale ha valore in quanto i requisiti igienici voluti dalle norme di legge e di regolamento sussistano effettivamente. al momento del rilascio della dichiarazione e perdurino anche in prosieguo di tempo; pertanto da ritenere legittimo il successivo provvedimento del Sindaco inteso a rimuovere le irregolarit, siano esse sopravvenute o preesistenti, della dichiarazione di abitabilit (1). (1) Sul punto che il rilascio della licenza di abitabilit non elemento sufficiente a dimostrare la regolarit della costruzione cfr. Cons. Stato, Sez. V, 6 dicembre 1963, n. 1032, Riv. giur. edil., 1964, I, 209, la quale ha precisato che in tal caso 1 Sindaco pu esercitare i poteri repressivi di cui all'art. 32 della I. n. 1150 del 1942. In genere circa la natura autorizzativa della licenza di abitabilit v. Cons. Stato, Sez. V, 19 dicembre 1958, n. 1108, Riv. giur. edil., 1959, I, 116, ed, in dottrina, VIRGA, La potest di polizia, Milano, 1954, 128; MENGOLI, Urbanistica e costruzioni edilizie, Milano, 1959, 299. Sulle esigenze che il Sindaco deve tutelare con il ril!ascio della licenza di abitabilit, dr. TESTA, Legittimit del diniego della licenza di abitabilit, L'amm. ital., 1957, I segg. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 20 gennaio 1967, n. 25 -Pres. BarraCaracciolo -Est. Bartolotta -Soc. Pia Antica Marcia (avv. Sorrentino, Andrioli e Conte), c. Ministero Interno (avv. Stato Coronas), Comune di Roma (avv. Bozi e Colamartino) e A.e.E.A. (n. c). Giustizia amministrativa -Deliberazione comunale di municipalizzazione di servizio pubblico -Impugnabilit immediata. Giustizia amministrativa -Provvedimento messo in esecuzione su difetto della prescritta autorizzazione -Impugnabilit immediata. 278 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Comune -Municipalizzazione -Servizio pubblico di alimentazione idrica -Procedura applicabile. La deliberazione del Consiglio comunale con La quale si decide di assumere il servizio di distribuzione di tutte Le acque a mezzo della Locale Azienda comunale non ha carattere preparatorio, ed pertanto immediatamente impugnabile in sede giurisdizionale (1). Non pu ritenersi inefficace, ed pertanto immediatamente impugnabile in sede giurisdizionale, il provvedimento ai quale manchi La prescritta approvazione deHa competente Autorit se L'Amministrazione che io ha emanato abbia dato ad esso esecuzione ed abbia dimostrato con il suo comportamento di considerare chiuso il procedimento deHa sua formazione e di non ritenere necessario o comunque di non volere provocare L'intervento deH'Autorit di controllo (2). La procedura prevista daHe disposizioni contenute nei t. u. 15 ottobre 1925, n. 2578 e nei regolamento approvato con r. d. 10 marzo 1904, n..108 per L'assunzione diretta ex novo di un pubblico servizio ovvero per il riscatto di una concessione gi esistente va osservata daHe Amministrazioni comunali anche nell'ipotesi di estensione della municipalizzazione ai servizio di alimentazione idrica per mezzo deU'Azienda municipalizzata gi esistente (3). (1) Nello stesso senso implicitamente cfr. Cons. Stato, Sez. V, 26 gennaio 1963, n. 25, Il Consiglio di Stato, 1963, I, 39. (2) In termini, Cons. Stato, Sez. V, 10 dicembre 1965, n. 1097, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 2160. (3) Per qualche precedente cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 20 ottobre 1964, n. 1016, l!'oro amm., 1964, I, 2, 1084. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 31 gennaio 1967, n. 30 -Pres. BarraCaracciolo -Est. Carelli -Klotz (avv. Florio) c. Giunta Provinciale di Bolzano (avv. Piccardi). Ricorsi amministrativi -Ricorso gerarchico improprio -Poteri del!' Autorit decidente -Integrazione o sostituzione di elementi dell'atto impugnato -Inammissibilit -Fattispecie. Collegio -Componente del collegio -Posizione di componente del colle~io e di titolare di organo individuale, anche se coincidenti PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 279 nella stessa persona fisica -Autonomia -Attivit compiute nella qualit di componente e nella qualit di titolare dell'organo Autonomia, L'Autorit che decide un ricorso gerarchico deve pronunciarsi nei limiti delle questioni proposte e nei limiti dell'oggetto dedotto, con riferimento all'atto impugnato, di cui non pu sostituire n un elemento (ad esempio motivazione), n un atto preliminare, che ne costituisce il presupposto (1). Le funzioni che_ una stessa autorit amministrativa svolge in seno al collegio, nella qualit di componente e come titolare di un organo cui preposto, sono tra di loro indipendenti ed autonome, con la conseguenza che la stessa autorit, neUa sua posizione di titolare deU'organo, non vincolata daU'attivit collegiale, e viceversa (specie relativa alle funzioni attribuite in materia ediiizia al Presidente della Giunta provinciale di Bolzano in tale sua quaLit di organo individuale e nella qualit di Presidente dell'organo collegiale, in sede di ricorso gerarchico improprio (2). (1) L'orientamento della giurisprudenza e della dottrina in tal senso pu ritenersi pacifica: l'autorit che decide un ricorso gerarchico, proprio o improprio, non pu sostituire gli elementi costitutivi dell'atto impugnato (ad es. la motivazione), n pu sostituire un elemento preparatorio dell'atto stesso, perch in tal caso emanerebbe un atto diverso, esplicando cosi poteri di amministrazione-attiva e non poteri decisori; ma deve invece pronunciarsi, con riferimento all'atto impugnato, sulle questioni proposte col ricorso. (2) Non vi dubbio che la posizione di componente di un ufficio collegiale e la posizione di titolare di un organo, anche se si identificano nella stessa persona, sono autonome; e perci anche le attivit che la stessa persona svolge nell'una o nell'altra qualit sono distinte e indipendenti. Infatti le attribuzioni che il componente svolge in seno all'uffido collegiale rientrano nella sfera di competenza del collegio e ne costituiscono esercizio, venendo imputate al collegio direttamente. Le attribuzioni che egli invece svolge allorch agisce come titolare dell'ufficio individuale, rientrano nella sfera di competenza di tale ufficio cui l'attivit viene imputata. Di conseguenza le deliberazioni collegiali non vincolano n gli uffici che sono rappresentati in seno al collegio, n i relativi titolari allorch agiscono nell'esercizio delle funzioni di competenza di tali uffici: pi ampiamente su tale punto, cfr. GARGIULO, I collegi amministrativi, 130 e segg. CORTE DEI CONTI, Sez. II, 4 giugno 1966, n. 12 -Pres. Palla -Est. Raus -P. G. Pietranera -P. G. c. Macis e altri. Amministrazione dello Stato -Aziende dei mezzi meccanici e dei magazzini portuali -Natura di organo statale. 280 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Competenza e giuridsizione -Aziende di mezzi meccanici e dei magazzini portuali -Dipen,denti e agenti contabili -Giurisdizione della Corte dei Conti in materia di responsabilit (amministrativa e contabile) -Sussiste. La natura di organo dello Stato delle Aziende dei mezzi meccanici e dei magazzini portuali non pu essere messa in dubbio ove si ponga mente al fatto: che esse sono costituite presso Uffici dipendenti dal Ministero della Marina Mercantile per il conseguimento di interessi isttuzionali dello Stato (gestione dei beni demaniali portuali, potenziamento del lavoro portuale), e che allo Stato si riportano i risultati della loro gestione mediante il miglioramento e il potenziamento delle attrezzature portuali (1). I dipendenti e gli agenti contabili dell'Azienda dei mezzi meccanici del porto di Cagliari sono soggetti alla giurisdizione della Corte dei Conti in materia di responsabilit amministrativa e contabile (2). (1) La soluzione data alla questione, di cui alla prima massima, costituisce il presupposto dell'affermata giurisdizione della Corte dei Conti nel caso di specie (seconda massima). L'argomento ha rilevanza anche sotto altri vari profili, in particolare sotto quello delle norme sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato (legitimatio ad processum che spetta all'Amministrazione della Marina Mercantile in persona del suo Ministro in cadca; notificazione delle citazioni e in genere degli atti istitutivi di giudizi, che deve avvenire presso l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato competente per territorio; foro dello Stato). La parte della decisione relativa alla prima massima trovasi pubblicata in Foro amm., 1966, I, 3, 279. Contiene una rapida rassegna delle varie disposizioni relative ai mezzi meccanici e ai magazzini portuali (Regolamento dei porti, spiagge e fari approvato con R. D. 26 novembre 1904, n. 713, art. 122 e art. 123; R. D. 9 gennaio 1941, n. 541, circa la facolt del Ministro della Marin11 Mercantile di costituire le Aziende in parola presso le Capitanerie o altri uffici dipendenti; art. 29 del codice della navigazione, sulle pertinenze del demanio marittimo) e del conseguente regime di detti beni. Ad integrazione appare opportuno ricordare che particolari situazioni sussistono in alcuni porti, cui sono preposti enti portuali i quali, a differenza delle Aziende dei mezzi meccanici, sono forniti di propria personalit giuridica (pubblica) distinta da quella dello Stato. I precedenti giurisprudenziali editi, sulla natura delle Aziende predette, sono scarsi e tutti -a quanto risulta -nel senso della decisione all'esame: Trib. La Spezia, 24 aprile 1950, in questa Rassegna, 1951, 170 con nota redazionale, nonch in Riv. dir. nav., 1952, II, 79 con nota di CRISCI; Trib. Firenze, 3 luglio 1963, in Foro it., 1964, I, 454. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 281 CORTE DEI CONTI, Sez. II, 4 giugno 1966, n. 13 -Pres. Palla -Est. Lettieri -P. G. D'Acunzo -P.G. c. S.A.U.R.A. Responsabilit civile -Giudizi di responsabilit -Azione del Procuratore Generale -Danno erariale -Presupposto. Corte dei Conti -Poteri sindacatori -Presupposti. Il Procuratore Generale presso la Corte dei Conti, nel giudizio speciale di responsabilit, ha ampi poteri non vincolati dai pareri deduzioni e simili dell'Amministrazione interessata, ma istituzionalmente volti a provocare l'attuazione della legge quando siano da tutelare interessi patrimoniali dell'erario. Detti ampi poteri hanno peraltro un limite al loro esercizio, costituito da un elemento che si pone quale presupposto essenziale per la proponibilit dell'azione: il danno erariale, che deve essere effettivo, attuale e concretamente determinato o determinabile (1). In mancanza del danno erariale, n i poteri sindacatori riconosciuti al Giudice contabile, n i ricordati ampi poteri del Procuratore Generale, possono risolversi in una forma di sindacato generale sugli atti della Pubblica Amministrazione, non prevista dalla normativa in vigore (2). (1-2) Giurisprudenza costante. Si vedano: Corte dei conti, II, 12 giugno 1962, n. 17, Riv. Corte dei conti, 1962, II, 152; Corte dei conti, II, 6 giugno 1964, n. 132, Foro amm., 1965, I, 3, 87. In dottrina: BORZELLINO, n Procuratore generale presso la Corte dei Conti nella funzione del pubblico ministero e la tutela del danaro pubblico, Riv. amm., 1966, I, 437. Cfr. Corte dei conti, Sez. Un., 6 giugno 1961, Giur. it., 1962, III, 130. In dottrina, aut. e op. cit. Nel testo della stessa decisione (pubblicata in Foro amm., 1966, I, 3, 226) si accenna che il danno erariale non deve essere necessariamente diretto, ma pu essere anche indiretto. In proposito: Corte dei conti, Sez. Giur. reg. sic., 3 maggio 1961, n. 657, Rep. gen. giust. civ., 1962, 970, n. 58. CORTE DEI CONTI, Sez. II, 8 settembre 1966, n. 77 -Pres. f. f. Tempesta -Est. Valori -P. G. Aliqu -P. G. c. Mariani. Responsabilit Civile -Circolazione stradale -Comandante di autocolonna militare -Non risponde dell'errata manovra del conducente dell'automezzo che lo trasporta. Il Comandante di un'autocolonna militare, con compiti disciplinari relativi al contegno degli equipaggi, e con mansioni tecniche riguardanti la marcia della colonna, la scelta delle strade da percorrere, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 282 la vefocit da tenere, la distanza fra l'uno e l'altro veicolo e simili e non riguardanti invece la condotta materiale di un singolo veicolo, non pu ssere considerato addetto aHa conduzione di autoveicoli, ai sensi e per gli effetti della legge n. 1833 del 1962. Egli pertanto non risponde dei danni provocati da manovra imprudente o irregolare compiuta, sia pure dietro suo consiglio, dal conducente dell'automezzo che lo trasporta (1). (1) Con l'entrata in vigore della legge 31 dicembre 1962, n. 1833 (ma si veda anche il precedente Statuto degli impiegati civili dello Stato -d. P. R. n. 3 del 1957 -all'art. 22, limitato peraltro a tali impiegati) ha acquistato rilevanza il problema della determinazione della sfera di applicabilit della speciale disciplina circa la responsabilit patrimoniale dei dipendenti dello Stato, adibiti alla conduzione di autoveicoli o altri mezzi meccanici. La decisione all'esame (il testo pu leggersi in Foro amm., 1966, I, 3, 309), che si soffermata sulla figura del Comandante di autocolonna militare , rientra appunto fra quelle della Corte dei Conti che hanno affrontato il detto problema e delle quali ricordiamo ancora: Sez. II, 23 novembre 1963, n. 18, .in questa Rassegna, 1965, I, 178, e (particolarmente importante) Sez. II, 20 maggio 1964, n. 131, sempre in questa Rassegna, 1965, I, 182. Sull'argomento rinviamo poi genericamente alle massime contenute in Rep. gen. giust. civ., 1965, s. v. Impiegati dello Stato ., dal n. 411 al n. 430 (pag. 1511 e segg.). In dottrina si veda GARRI, La responsabilit dei dipendenti dello Stato per danni derivanti dalla circolazione dei veicoli statali, Riv. circ. trwsp., 1964, 518. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2,5 maggio 1966, n. 1344 -Pres. Vistoso -Est. Perrone Capano -P. M. Pedote (conf.) -Ministero Finanze (~vv. Stato Peronaci) c. Marzocchi (avv. Tornabuoni). Imposta di registro -Contratto per persona da nominare .-Dichiarazione di nomina della persona per la quale si contrattato -Applicabilit della tassa fissa -Condizioni -Fattispecie in tema di dichiarazion~ resa da procuratore legale aggiudicatario per persona da nominare nel procedimento di esecuzione forzata immobiliare. (c. c., art. l:a1.1a provenienza del documento e alle dichiarazioni sostanza, i giudici di merito (sia quelli di primo s~condo grado) hanno incensurabilmente accertato che .:lJ;JU.SpOSl:O n,,.,,,....,... 583 C. p. C. venne osservato non solo nel SUO con( regolare dichiarazione d nomina nel termine pre . ᥥ\ 'tii~ld~&t~~.Qli~Ca::~:.i:s~~u~e~:iP'.~rescrizioni formali, cil mediante un atto . definitivi) che era giUl'idicamente equi ᥥ.:fuli~~biJ:e,i~q;: :ig[v:~r:oa:te redatto dal cancelliere, dato che~ cosi leggesi #~11~~k9l~~~'pl(:;1~ta sentenza -dichiarazione di parte e certificazione del in definitiva a concretare l'atto richiesto dalsenza dubbio natura ed effetti di atto II -Con l'unico mezzo, il ricorrente denuncia violazione applicazione degli articoli 1, 50, 58 e 93 della Tariffa ali. A I. r. in relazione agli articoli 65,84, 87 del Regolamento sulla Contabilit dello Stato r. d. 23 maggio 1924 n. 827 e 1321, 14'70 c. c. Premette che, nel primo incanto, aggiudicatario dell'immobile messo in vendita dal Pio Istituto di Santo Spirito, risult -come da verbale 24 gennaio 1948, notaro Cardelli -certo Ligi Strogato. Pubblicata la eseguita aggiudicazione e determinati i fatali esso ricorrente, per persona da nominare, il 23 febbraio 1948 present offerta di aumento di 1/20, a seguito della quale il Presidente del Pio Istituto, con verbale di pari data, notaro Cardelli, diede atto, in sua assenza, dell'avvenuta offerta e lo dichiar aggiudicatario provvisorio, riservandosi di pubblicare altro avviso di asta per il nuovo incanto. Questo ebbe ll.logo il 22 marzo 1948 e, non essendosi presentati altri offerenti, rimase aggiudicatario definitivo . . . / Ci premesso, il Gualdi sostiene che, nel verbale 22 marzo 1948, if~ jfijltro da lui non sottoscritto si sia parlato impropriamente di aggiu . <'ti~li.Zione provvisoria, comportando l'offerta in aumento soltanto la ftssaZlotle Cli un nuovo incanto e, di conseguenza, la Corte del merito abbia eif 9':J#~l~ sta di registro -Vendita -Vendita tra parenti -Presunzione di liberalit in mancanzadi prova della provenienza e della destinazione del prezzo -Nozione di prezzo pagato -Identificazione col valore concordato -Esclusione -Liquidazione dell'imposta sul maggior valore per un trasferimento che si presume gratuito soltanto in parte -Applicazione delle aliquote dei trasferimenti a titolo gratuito sulla sola corrispondente proporzionale parte del maggior valore -Ammissibilit. (d. I. 8 marzo 1945, n. 90, art. 5; d. I. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 15 ss.). La prova detia provenienza e della destinazione del prezzo, idonea a vincere la presunzione di liberalitd nei trasferimenti immobiliari tra -Parenti entro il terzo grado (d. l. 8 marzo 1945, n. 90, art. 5) deve sussistere al momento della stipulazione, poich l'ufficio, in sede di registrazione, chiamato ad applicare la detta presunzione con riferimento agli e~ementi contenuti nell''!-tto. Pertanto, nel caso di vendita con prezzo in parte pagato contestualmente ed in parte dilazionato, non ha rilevanza tale di$tinzione, ai fini tributari, bens l'altra, tra parte del prezzo, per la quale fo prova della provenienza e destinazione sussista al momento della stipidazio.ne e sia data in sede di registrazione, e parte per la quale tale dimos~taz~.one non sia fornita, restando applicabili a ciascuna parte le aliquote rispettivamente previste per i trasferimenti a titolo oneroso e per quelli a titolo gratuito (1). (1) Gi in precedenza la Corte Suprema aveva sottolineato che la disponibilit del prezzo deve risalire, in base a titoli di data certa., a momento anteriore a quello del pagamento del prezzo stesso (Cass. 2 ottobre 1956, n. 3309, Foro it., 1956, I, 1794), chiarendo, in ordine alla certezza della data, e con riferimento ad epoca anteriore all'istrumento RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Per prezzo pagato -della cui provenienza e dei cui impiego deve essere data ia dimostrazione per iL superamento della presunzione di HberaHt dei trasferimenti tra parenti entro ii terzo grado ~ deve inten~ dersi ia somma pattuita tra ie parti, e cio, fino a prova contraria, quella risuitante dall'atto, e non gi ia somma corrispondente ai maggior vafore eventuaimente concordato a seguito di accertamento notificato dall'ufficio. Nei caso, per, che ia prova contraria aUa presunzione sia fornita soitanto per una parte dei prezzo pagato, con conseguente appiicabiiit delle aiiquote dei trasferimenti a titoio oneroso per ia detta parte, e di quelle dei trasferimenti a titoio gratuito per ia differenza dei prezzo stesso, anaiogamente ie distinte aiiquote devono appiicarsi sulle corrispondenti proporzionaii parti dei maggior vafore definitivamente accertato a seguito della procedura di vaiutazione (2). (Omissis). -Con l'unico mezzo i ricorrenti prospettano due distinte censure: una principale, l'altra subordinata. Con la prima, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione degli articoli 5 del d. 1. 8 marzo 1945, n. 90, 7 all. B al r. d. 2,6 settembre 1935, n. 1749, e 1 tariffa all. A alla legge di registro, in relazione all'art. 360 n. 3 c. p. c., investono l'impugnata decisione per avere ritenuto che la dimostrazione della provenienza e destinazione dell'intero prezzo convenuto per la compravendita debba essere fornita contestualmente alla stipulazione dell'atto pubblico, laddove tale dimostrazione concerne il solo prezzo pagato, sicch fino a quando non avviene il pagamento la presunzione di liberalit non pu operare; che, nella specie, per la differenza di lire 2.235.890 la dimostrazione fu effettuata al momento del saldo, avvenuto il 16 .gennaio 1960, onde anche per tale residuo la presunzione doveva ritenersi vinta. Con la seconda censura i ricorrenti addebitano alla Commissione Centrale l'errore di avere ritenuto applicabile l'aliquota per le dona- di compuavendita immobiliare., che essa deve sussistere sia in relazione alla disponibilit della somma necessaria all'acquisto... sia al versamento della ,somma stessa alla parte venditrice, a titolo di pagamento di prezzo (Cass. 25 novembre 1963, n. 3031, Foro it., 1964, I, 892). In merito al collegamento, ai fini della richiesta prova, tra una alienazione di titoli, posta. in essere per realizzare la disponibilit della somma, e l'effettivo impiego di questa nel pagamento del prezzo, cfr., oltre le due citate sentenze della C:assazione, Comm. centr. 26 ottobre 1961, n. 82215, Foro it., 1962, III, 408; Comm. centr. 12 giugno 1963, n. 100465 e 9 maggio 1963, n. 98931, Foro it., rep., 1964, voce Registro, nn. 494, 495; per la nozione di titolo avente data certa, cfr. giurs. cit., nonch App. Napoli, 6 aprile 1959, Banca, borsa, 1960, II, 56, che esclude la certezza della data per le certificazioi; ii bancarie in genere. (2) In relazione a questa massima, pu osservarsi che la citata Cass. 2 ottobre 1956, n. 3309, richiamata in motivazione, aveva gi affermato che il prezzo, ai fini della prova contraria di cui all'art. 5 del d. 1. 8 mar PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 293 zioni su tutto il maggior valore concordato, mentre invece le due tassa- zfoni con aliquote differenziate andavano fatte sul detto valore nella stessa proporzione in cui erano state praticate per il prezzo dichiarato. La prima censura priva di fondamento. L'art. 5 del d. 1. 8 marzo 1945, n. 90 dispone che le trasmissioni di immobili a titolo oneroso tra parenti entro il terzo grado si presumono liberalit, e come tali sono soggette all'imposta relativa, quando la provenienza del prezzo pagato non viene dimostrata in base a titoli aventi data certa ai sensi del codice civile, e sempre che l'imposta di trasferimento a titolo oneroso risulti inferiore ~ quella stabilita per i trasferimenti a titolo gratuito. La Commissione Centrale ha ritenuto dimostrata la provenienza e la destit:iazi : con l precisazione che, in caso di contestazione, non sufficiente... ch venga provato dal compratore che egli aveva la disponibilit di una somma corrispondente solo al prezzo dichiarato nell'atto, senza che venga data la prova della .coincidenza tra il prezzo dichiarato nell'atto ed il p't'ezzo effettivamente pattuito., e con il rilievo che un eventuale distacco tra il prezzo dichiarato dalle parti ed il valore successivamente accertato in via definitiva (e cio anche a seguito delle contestazioni, agli effetti fiscali, da parte del debitore dell'imposta) potr essere valorizzato dal giudice del merito sia pure solo quale elemento di prova, per accertare, ai fini 294 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Non regge l'assunto dei ricorrenti, secondo cui per la parte residua del prezzo, della quale era stato differito il pagamento, non occorresse dare la dimostrazione della provenienza e destinazione della somma contestualmente alla stipula dell'atto, potendo essere fornita anche successivamente al momento del saldo. Invero, la Commissione Centrale non ha posto a fondamento della propria decisione la distinzione tra parte del prezzo pagato al momento della stipulazione del contratto e parte del detto prezzo da effettuarsi con pagamento dilazionato, bensi l'altra, che era stata fatta in sede di registrazione, tra parte del prezzo, della quale era stata data la prova della provenienza e destinazione, e parte del prezzo, della quale tale dimostrazione non era stata data. N la Commissione poteva tenere conto della prima distinzione perch, al fine di vincere la presunzione di liberalit, l'art. 5 ammette la prova della provenienza e, quindi, della sua disponibilit e destinazione, soltanto per il prezzo pagato e non pure per quello promesso o dilazionato. E poich il prezzo pagato non pu essere -fino a prova co.ntraria ~ be quello risultante dall'atto, la dimostrazione dell::i '"''""'"'mienza del prezzo stesso deve esistere al momento della stipulazione, dato che l'ufficio, in sede di registrazione, chiamato ad applicare la presuzione di liberalit con riferimento agli elementi contenuti nell'atto stesso. Non probante il richiamo, fatto dai ricorrenti, all'art. 7 all. B al r. d. 29 settembre 1935, n. 1749, ora abrogato, che si riferiva al corrispettivo soltanto promesso o dilazionato, perch tale riferimento era fatto appunto per escludere, in tali casi, la prova della provenienza e della dell'art. 5 del d. 1. n. 90 del 1945, l'importo del prezzo effettivamente pattuito. D'altra parte, e con riferimento al principio di cui alla seconda parte della prima massima, secondo cui l'imposta deve applicarsi con le aliquote previste per i trasferimenti onerosi e con quelle stabilite per i trasferimenti gratuiti, rispettivamente per la parte del prezzo per la quale sia fornita la richiesta prova contraria, e per la differenza, pu rilevarsi che l'applicazione del principio stesso (ed anche per le conseguenze in ordine alla liquidazione dell'imposta, con gli stessi criteri, e proporzionalmente, sul maggior valore: cfr. seconda parte della seconda massima) si risolverebbe in un disfavor.e per i contribuenti che dichiarino un prezzo pi rispondente al valore venale, ma non siano poi in grado di dimostrarne, o di dimostrarne per l'intero, la provenienza, laddove altri, dichiarando un prezzo irrisorio, per il quale quella prova potrebbe agevolmente darsi per la II totalit, riuscirebbero ad evitare, ed anche per tutto il maggior valore, l'applicazione delle pi elevate aliquote dei trasferimenti a titolo gratuito. E ci si pu domandare, allora, se -coordinando il principio accennato (alla cui enunciazione la Cassazione pervenuta nel rilievo che la dispo I,. sizione dell'art. 5 in esame prende in considerazione anche il negozio la cii:'costanza, che la vigente legge 8 marzo 1945 n. 90 all'art. 5 rio# h pi riprodotto qu~lla disposizione, sta a significare -come pre t~#~:l:'~l:>"tiefo {#c~rrenti -che per il prezzo promesso o dilazionato sia (l:t'i. c0n~en.dta di fotnire la prova della provenienza in un tempo succe.s13. i}i:(l ~l~li\ ~t~ll~l~iqJ:le dell'atto di trasferimento oneroso. . ? Jfi'.Y.##. ~~~i:;Uendo il citato art. 5 che per vincere la presunzione di lfb~i~ntl 6~~h#e dimostrare la provenienza del prezzo pagato, tale es1#~$~~~he;, thlramente indicativa del fatto che deve trattarsi di prezzo ~~~t.)~~t~tA>pagato al momento della stipulazione per quel negozio sog 1111111! 1r~~~~~~~~~;~;::~~~~;:.~::;. . 18 presunzione di liberalit, non pu essere identificato Con il maggior valore accertato per concordato tributario, ma con il prezzo effettivamente pagato, risultante, fino a prova contraria, dal rogito presentato per la registrazione, in quanto l'art. 5 della 1. n. 90 del 1945, i.spirato da motivi esclusivamente fiscali, non opera affatto -come si gi accennato .,..-una conversione del negozio giuridico, che, sabbene tassato con l'imposta dovuta per i trasferimenti a titolo gratuito, limitatamente al prezzo pagato, rimane sempre quello di conpravendita. E, di fronte alla rilevata dizione della norma, quanto mai precisa c.ol riferimento al prezzo pagato, non pu la provenienza di esso riferirsi, $enza contraddire alla volont della legge, all'importo del maggiore . valore quale concordato a seguito della procedura di valutazione esperita .m~:#mw cum d.onatione >), con l'altro relativo alla nozione di prezzo, da j!iteldWe come il prezzo pattuito (ma secondo i chiarimenti della citata Pi~fll:; 33()9 del 1956), e considerando che tale prezzo potrebbe essere modtisto proprio perch, per i rapporti di stretta, parentela tra le parti, l'alienante abbia VOlUtO fare una liberalit almeno parziale -non sia pi,l:l#()~ti) dll ritenere che la legge abbia inteso escludere la presunzione .solt~#t neJ!. lifuiti Il.ei quali la prova contraria sia raggiunta: nel senso, cio, cbe 11 negozio, in principio da presumere e da tassare come gratuito per l'intero imponibile, cio per l'intero valore definitivamente accertato dei beni trasferiti, sia sempre come tale da considerare, tranne per la parte per la quale si dimostri, nei modi previsti, che un corrispettivo sia stato pattuito ed effettivamente erogato dall'acquirente, restando per la differenza (tra l'importo dell'inter imponibile e quello del prezzo sborsato) ferma la presunzione, la quale, del resto, da ritenere tanto pi valida, almeno come presunzione di parziale liberalit, per quanto maggiore risulti il distacco tra il prezzo ed il valore venale. 296 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dall'ufficio, perch, in tal caso, si introdurrebbe un elemento soprav296 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dall'ufficio, perch, in tal caso, si introdurrebbe un elemento sopravvenuto alla registrazione (valore concordato), mentre la legge esige che la dimostrazione sia contestuale alla stipulazione del contratto. E ci senza considerare che il valore venale costituisce una entit giuridicamente diversa dal prezzo, sia sotto il profilo generale, sia sotto il profilo particolare, per quanto concerne la 1. 8 marzo 1945, n. 90. Questa Suprema Corte, che ha avuto occasione di occuparsi della questione, ha escluso che il prezzo, del cui ammontare deve essere provata la provenienza per vincere la presunzione di liberalit di cui al citato art. 5, sia quello fissato con l'accertamento di maggior valore eseguito dall'Ufficio finanziario (sent. n. 3309 del 1956), e da tale indirizzo non il caso discostarsi, non avendo l'Amministrazione resistente fomito nuovi e validi elementi. Del resto, lo stesso Ministero delle Finanze ha reiteramente riconosciuto che per l'applicazione della detta presunzione non possa farsi riferimento al maggior valore concordato dall'ufficio in un secondo tempo (risoluzione n. 166955 del 28 agosto 1953 e n. 110934 del 9 aprile 1959). Dovendosi, quindi, applicare al maggior valore l'aliquota prevista per i trasferimenti a titolo oneroso, e tenuto presente che nella specie il rogito Nannarone stato considerato, come si visto, compravendita per lire 11.764.110 e donazione per il residuo prezzo di lire 2.235.890, di intuitiva evidenza che le due tassazioni devono essere fatte proporzionalmente sull'aumento di valore, nel senso che detto maggiore valore deve scOllltare in parte l'aliquota dei trasferimenti onerosi ed in parte quella delle donazioni, nella stessa proporzione in cui la tassazione fu praticata per il prezzo dichiarato nell'atto. -(Omissis). I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 25 febbraio 1967, n. 429 -Pres. Flore -Est. Maltifano -P. M. Pedote (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Cavalli) c. Citt di Torino (avv. Astuti, Giusiana) e Istituto Bancario San Paolo di Torino (avv. De Cocci, Capello). Imposta di registro -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti per intrinseca loro natura le une dalle altre -Disposizioni autonomamente configurabili ma connesse per volont di legge - Applicabilit dell'imposta a norma dell'art. 9 cpv. della legge di registro -Sussiste. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 9). Imposta di registro -Delegazioni di pagamento -Delegazioni sulle imposte di consumo ad estinzione di mutui contratti dai comuni PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 297 Connessione necessaria tra mutui e delegazioni, nei sensi previsti dall'art. 9 cpv. della legge di registro -Sussiste -Assunzione da parte degli esattori o tesorieri delegati dell'obbligo del non riscosso per riscosso -Irrilevanza. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 9; r. d. 14 settembre 1931, n. 1175, art. 94 e succ. modiff.; r. d. 3 marzo 1934, n. 383, art. 299). La connessione necessaria tra pi disposizioni, richiesta dall'art. 9 cpv. della legge del registro ai fini dell'imponibilit della sola disposizione che d luogo all'imposta pi grave, non soltanto quella derivante dall'intrinseca natura delle disposizioni stesse, ma anche quella voluta dalla legge (1). Poich i comuni non possono assumere mutui se non garantendone l'ammortamento e determinando i mezzi per provvedervi (t. u. 3 marzo 1934, n. 383, art. 299), e poich tra tali mezzi espressamente previsto quello del rilascio di delegazioni di pagamento (t. u. 14 settembre 1931, n. 1175, art. 94 succ. modif.), le delegazioni stesse devono ritenersi strumento di attuazione di una precisa norma di legge e, pertanto, ai fini dell'applicabilit dell'imposta di registro secondo il disposto dell'art. 9 cpv. della legge organica, va riconosciuta la Loro necessaria connessione con i mutui cui si riferiscono. irrilevante, poi, nel caso di delegazioni a carico di esattori o tesorieri comunali, che tali delegati si obblighino a rispondere del non riscosso per riscosso, derivando anche un tale obbligo direttamente dalla legge, ed essendo da escludere che esso concreti un'obbligazione indipendente dei delegati, e su di loro gravame in proprio, sia verso i comuni che verso i mutuanti (2). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 1 marzo 1967, n. 452 -Pres. Rossano Est. Gambogi -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Soprano) c. Comune di Massa (avv. Clarizia). Imposta di registro -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti per intrinseca loro natura le une dalle altre -Applicabilit del (1-4) Negli stessi sensi di cui alla sentenza in rassegna delle Sezioni Unite, cfr. gi Cass. Sez. I, 22 giugno 1966, n. 1593, che pu leggersi in Riv. leg. fisc., 1966, 1894. In tutto conformi all'altra sentenza (n. 452/67) qui pubblicata sono le coeve Cass., 1 marzo 1967, nn.447 e 450. Sul principio di cui alla prima massima, nella sua formulazione generale, secondo cui la connessione necessaria tra pi disposizioni, per l'appli 298 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'imposta a norma dell'art. 9 cpv. della legge del registro -Necessit che si tratti di disposizioni connesse contenute in uno stesso atto -Sussiste. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 9). Imposta di registro -Delegazioni di pagamento -Obbligo assunto verso il comune, dall'appaltatore delle imposte di consumo, di accettare delegazioni a favore di terzi indeterminati e per importi da precisare -Non costituisce valida delegazione di pagamento -Convenzione aggiuntiva per l'indicazione del creditore delegatario e dell'importo da pagare -Costituisce anche ai fini tributari il negozio delegazione. (c. c., art. 1346; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, artt. 30, 31). La norma deH'art. 9 cpv. della legge del registro, secondo cui le disposizioni connesse, derivanti per intrinseca loro natura le une dalle altre, sono imponibili per la soia disposizione che dd luogo all'imposta pi grave, trova applicazione nel solo caso che le dette disposizioni siano contenute in uno stesso atto (3). L'obbligazione assunta in via generica, col contratto di appalto, dall'appaltatore delle imposte di consumo, di accettare delegazioni da rilasciarsi dal comune in favore di terzi non ancora determinati e per importi da precisare, non integra un valido negozio di delegazione, che viene posto in essere, invece, ed allora va considerato anche ai fini dell'imposta di registro, quando con successivo atto sia indicato il creditore delegatario verso il quale il delegato si obblighi, e sia specificato l'importo(4). I (Omisssi). -Con i due motivi del ricorso, strettamente connessi, denunziandosi la violazione degli articoli 9 della 1. di registro 30 dicembre 1923, n. 3,269, 30 della tariffa allegato A della legge medesima e 5 cabilit dell'imposta a norma dell'art. 9 cpv. della legge del registro, non soltanto Quella derivante dall'intrinseca natura delle disposizioni stesse, bensi anche queHa voluta dalla legge, andrebbero confermate le riserve espresse in nota a Cass., 28 gennaio 1966, n. 3132, in questa Rassegna, 1966, I, 179, con la quale peraltro la stessa Corte Suprema avvertiva l'esigenza, al fine, che per legge vi sia, tra la pluralit dei negozi giuridici posti in essere, un collegamento necessario tale che essi possano essere tutti riassorbiti, per la loro intrinseca natura, nell'unico rapporto tassabile . Le riserve, tuttavia, potrebbero non doversi estendere all'applicazione che di quel principio si ora fatta in tema di delegazioni di pagamento 299 14111\ .n:()!JcMJl. difetto di motivazione di cui si cen.sut i sentenza impugnata per aver riteautonoma g~lle dlegazioni di pagamento 9~~sumo rilasciate dal l:9mul'.le di Torino all'Istituto S . ..,,._..,,.,.,......~ J'1;1p~j.;Q.91),ta1~e del mutuo con qll:esfo contratto, sul riflesso che >>lis:se:ro necessariamente connesse _con il negozio di mu "'"'"~-""-''""'"'"'t+n all'applicazione del1'impl;)$ta di registro. deduce che l'art. 9 delle legge/ di t~Mro esclude soltanto quelle disposizioni che per la loro sono necessariamente connesse al negozio tassabile, possono ritenersi comprese nella previsione della inorma accessorie, che, come le delegazioni di pagamento J#tP:<~ste di consumo, costituiscono .garanzie prescritte dalla legge propri del negozio. al quale accedono, ma per esigenze di amministrativa. aggiunge che la Corte di merito ha erroneamente ritenuto che il "'-nuu:ul., di Torino fosse obbligato a garantire l'ammortamento del mutuo le delegazioni di pagamento sulle imposte di consumo e che l'Esattore comunale, nei confronti del quale le delegazioni furono emesse, fosse tenuto ad assumere l'obbligo del non riscosso per riscosso, sia perch l'art. 299 della I. comunale e provinciale impone ai comuni di garantire l'ammortamento dei mutui determinando i mezzi per provvedervi, ma lascerebbe ad essi la facolt di scegliere tali mezzi, sia perch l'obbligo del . non riscosso per riscosso, non essendo le imposte di consumo riscuotibili in base a ruoli predeterminati, sarebbe stato assunto dal Tesoriere C<>munale non per imposizione di una norma di legge, ma come volont~ da. prestazione di garanzia. :: :.;::..:.:::;;:.:.::.:::.;;;.:;;.:_:.-. La censura infondata. :....:.._::.:: ;.t,.'art.. 9, secondo comma della I. di registro 30 dicembre 19213, ........... n: ~~$9 stabilisce che un atto il quale comprende pi disposizioni Pi~~~~atiamente connesse _e derivanti, per l'intrinseca natura, le une . >9~ll~ altre, considerato, quanto alla tassa di registro, come ~e compren .. ~~$Ile la sola disposizione che d luogo alla tassa pi grave. .:-:..-.::-.. .. . ............... Hl~~~jllf.t~ dai omuni, quando si possa sostanzialmente considerare, come sll:il:ltii ~itenuto dalla sentenza in rassegna, che il rilascio delle delegazioni rientri riel paradigma normale dei contratti di mutuo dei comuni, coS configurandosi per tali contratti uno schema legale proprio ed inscindibile (mutuo pi delegazione), diverso da quello tipico di diritto comune dei distinti negozi di mutuo e di delegazione. E deve rilevarsi, ad ogni modo, che la pronuncia delle Sezioni Unite nei sensi di cui alla seconda massima -sul trattamento tributario delle delegazioni rilasciate dai comuni a norma dell'art. 94 del t. u. sulla finanza locale, in connessione a mutui da essi contratti, ed anche per ci che attiene all'irrilevanza, ai fini di una diversa soluzione, dell'obbligo che i delegati assumano del non riscosso 300 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ora, questa Corte Suprema ha pi volte affermato (v. sent. 1971 del 1943, 912 del 1947, 3087 e 3106 del 1958) che la connessione necessaria che rende tassabile la sola disposizione soggetta alla tassa maggiore non solo quella derivante dalla intrinseca natura delle disposizioni, ma .anche quella derivante da norme di legge, e tale indirizzo, conforme alla interpretazione della dottrina, va mantenuto, non sussistendo alcun motivo per mutarlo. Alla stregua di questa interpretazione la Corte di merito ha correttamente ritenuto che l'atto comprendente il contratto di mutuo stipulato tra il Comune di Torino e l'Istituto S. Paolo e le disposizioni relative alle delegazioni di pagamento sulle imposte di consumo fosse soggetto soltanto alla applicazione dell'imposta prevista per il mutuo, perch tra quello e le delegazioni di pagamento sussisteva una connessione necessaria derivante da specifiche norme di legge. Invero, l'art. 299, n. 3, della leg.ge comunale e provinciale pone tra le condizioni, alle quali i comuni e le provincie possono contrarre mutui, l'obbligo di garantirne l'ammortamento determinando i mezzi per provvedervi, nonch i mezzi per il pagamento degli interessi, e l'art. 94 del t. u. sulla finanza locale, modificato dall'art. 11 della legge 18 dicembre 1959 n. 1079, stabilisce: I Comuni, in mancanza di altri cespiti delegabili per legge, possono rilasciare delegazioni sulle imposte di consumo a garanzia di debiti .assunti o da assumere, purch la riscossione sia .data in carico all'appaltatore delle dette imposte e, nel caso di gestione diretta, all'esattore delle imposte dirette o al tesoriere comunale, con le condizioni stabilite dalla legge sulla riscossione delle imposte dirette, e il Prefetto dia il benestare con riferimento ai quattro quinti del cespite netto, tenuto conto di tutti .gli altri vincoli su esso imposti. Qualora, in qualsiasi momento del periodo di ammortamento del debito, la riscossione del cespite risultasse insufficiente, il Comune debitore dovr rilasciare delegazioni suppletive su altri cespiti comunali, ammissibili per legge, da darsi in riscossione con le forme e con le condizioni del presente .articolo. Ora, da queste norme si desume chiaramente che tra il negozio di mutuo e le delegazioni di pagamento rilasciate dal Comune per garanper riscosso -viene a consolidare un orientamento giurisprudenziale che gi si era venuto a formare in materia (cfr. Cass., 22 giugno 1966, n. 1593, cit.. che confermava App. Torino, 11 novembre 1963, in questa Rassegna, 1963, 199). Resta chiaro, per, che l'unicit di imposizione, ai sensi dell'art. 9 cpv. della legge del registro, presuppone che la delegazione sia stipulata con lo stesso atto di mutuo (cfr. terza massima, che esprime un principio gi altre volte de plano affermato: Cass., 12 marzo 1965, n. 416, in questa Rassegna, 1965, I, 781, in motivazione); ed anche evidente, a parte l'ovvia esigenza di riferire ogni indagine al negozio di delegazione che in concreto jj r:: k sia posto in essere (cfr. quarta massima), che la connessione pu ritenersi !j :::: ~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 301 tirne l'ammortamento esisteva quella connessione ex lege che esclude la possibilit di ritenere che il Tesoriere comunale, nell'accettare le delegazioni, abbia assunto una obbligazione autonoma, in proprio, suscettibile di tassazione separata da quella del mutuo. Invero, senza il rilascio delle delegazioni di pagamento, soggette al preventivo benestare del Prefetto, il Comune non avrebbe potuto contrarre il mutuo, la relativa deliberazione non avrebbe potuto essere approvata dalla Giunta provinciale amministrativa, e il contratto di mutuo non avrebbe potuto essere dichiarato esecutivo dal Prefetto. Il rilascio delle delegazioni di pagamento -che, in rapporto agli altri soggetti non contemplati dalle norme in esame, potrebbe certo ritenersi liberamente convenuto -nella specie si presenta, invece, come strumento di attuazione di una precisa norma di leg.ge e, pertanto, non pu ragionevolmente disconoscersi che esso sia Connesso al mutuo anche ai fini della disposizione di cui al secondo comma dell'art. 9 della 1. di registro. N pu affermarsi che il rilascio delle delegazioni sulle imposte di consumo fu un mezzo liberamente scelto dal Comune di Torino per garantire l'ammortamento del mutuo, perch la Corte di merito ha incensurabilmente accertato che tale rilascio fu determinato dal fatto che il Comune non aveva altri mezzi di garanzia. Comunque, poich le delegazioni sulle imposte di consumo sono possibili soltanto se manchino altri cespiti delegabili, e in quanto il Prefetto constati tale mancanza e autorizzi il vincolo sulle imposte di consumo (art. 32 d. P. R. 4 febbraio 1955, n. 72), il rilascio di esse non rientra nella libera scelta del Comune, ma imposto dalla legge. Neppure pu sostenersi che, non essendo le imposte di consumo riscuotibili mediante ruoli predeterminati, l'obbligo del non riscosso per riscosso fu assunto dal Tesoriere comunale come volontaria prestazione di garanzia e non in adempimento di una disposizione di legge. Invero, a norma dell'art. 94 del t. u. sulla finale locale, il Tesoriere comunale aveva l'obbligo di provvedere al pagamento delle delegazioni con le condizioni stabilite dalla legge sulla riscossione delle imposte dirette, tra le quali vi l'obbligo del non riscosso per riscosso. E che questo obbligo riguardi sussistente tra la delegazione ed il mutuo, e non gi tra la delegazione ed il contratto di appalto o di riscossione delle imposte il cui ricavato formi oggetto della delegazione stessa, rispetto alla quale, invero, quel contratto si pone come mero presupposto di provvista. Per altra questione in tema di delegazioni di pagamento dei comuni, in ordine all'applicabilit alle stesse, secondo il noto indirizzo finalistico adottato dalla giurisprudenza, di agevolazioni che siano previste per i mutui cui si riferiscono, cfr. la citata Cass., 12 marzo 1965, n. 416, in questa Rassegna, 1965, I, 781, con nota di L. OoRREALE, e Cass., :25 ottobre 1965, n. 2238, ivi, 1276, entrambe concernenti delegazioni stipulate in rela RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 302 anche le imposte di consumo, oltre che i tributi riscuotibili mediante ruoli, risulta in modo certo dall'art. 9 dei capitoli normali per l'esercizio delle ricevitorie ed esattorie delle imposte dirette di cui al d. m. 18 settembre 1923, le cui disposizioni, emanate in virt dell'art. 4 del t. u. n. 1401 del 1922, hanno natura di norme esecutive e integrative della legge e del regolamento di riscossione, Tale articolo, infatti, stabilisce che l'esattore o il ricevitore provinciale sono tenuti a firmare le delegazioni emesse dai Comuni o dalla Provincia sulle rispettive, sovrimposte ed a versare l'importo a ogni scadenza, con l'obbligo del non riscosso per riscosso, nelle casse dell'Erario, della Cassa Depositi e Prestiti e degli enti morali e istituti a favore dei quali fossero state emesse le delegazioni, e che lo stesso obbligo applicabile per le delegazioni sui proventi del dazio consumo e delle tasse comunali, emesse a garanzia di prestiti che si fanno dalla Cassa Depositi e Prestiti e da altri istituti. D'altra parte l'obbligo del non riscosso per riscosso non pu mai esporre il tesoriere comunale o l'appaltatore della riscossione delle imposte a un rischio in proprio perch, come si rilevato innanzi, l'art. 94 del t. u. sulla finanza locale stabilisce che qualora, in qualsiasi momento del periodo di ammortamento del debito, la riscossione del cespite dato in garanzia risultasse insufficiente, il comune debitore dovr rilasciare delegazioni suppletive su altri cespiti comunali. Ci, evidentemente, esclude che l'assunzione dell'obbligo del non riscosso per riscosso da parte del tesoriere comunale possa configurarsi come assunzione di una obbligazione indipendente sia verso il comune, sia verso l'ente che ha concesso il mutuo e, come tale gravare in proprio su di lui. -(Omissis). II (Omissis). -Col primo mezzo del ricorso l'Amministrazione, denunziando la violazione degli artt. 1 e 9 della legge organica di registro e dell'art. 360 n. 3 e 5 c. p. c., lamenta che la sentenza impugnata, pur zione a mutui contratti per l'esecuzione di opere pubbliche, per i quali sia applicabile il trattamento tributario previsto dall'art. 18 della 1. 3 agosto 1949, n. 589: trattamento che si concreta, per, non in una oggettiva esenzione, bensi nell'assimilazione degli atti dei comuni a quelli dello Stato, e che, pertanto, applicato alle delegazioni, dovrebbe soltanto comportare l'esclusione dell'onere tributario per i comuni, e non anche per i delegati, poich per gli atti dello Stato relativi ad obbligazioni l'imposta dovuta (art. 94 della legge del registro) dalle parti debitrici, quali i delegati sono, appunto, da qualificare. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA avendo riconosciuto che il contratto di appalto sottoposto a tassa di concessione mentre la delegazione di pagamento gravata di imposta di registro, non abbia da ci dedotto la impossibilit di applicare alla fattispecie il capoverso dell'art. 9 1. o. r. suddetto, relativo alle disposizioni necessariamente connesse e derivanti le une dalle altre, e si sia, in definitiva, contraddetta rispetto alla premessa col negare la tassazione del secondo atto perch la obbligazione in esso contenuta era compresa nella obbligazione prevista dal primo. Queste censure sono infondate perch attribuiscono alla sentenza impugnata un contenuto che essa non ha, limitandosi poi a criticare tale immaginario contenuto. La Corte di Appello, infatti, a parte la considerazione che nella pronuncia impugnata nessun accenno esista all'art. 9 della I. di registro, nemmeno sostanzialmente ha ritenuto che il secondo atto intervenuto tra il Comune di Massa e la Langione andasse esente da imposta perch contenesse una obbligazione dipendente o derivante necessariamente da una di quelle contenute nel contratto di appalto; essa invece partita dal ben diverso presupposto che il secondo atto non d.esse origine a nessuna obbligazione, n autonoma n connessa, ma semplicemente specificasse delle modalit di esecuzione e fornisse delle precisazioni necessarie per il funzionamento degli obblighi accessori assunti con l'apporto. Tale interpretazione dell'atto in esame, potr, come tale, nei limiti consentiti dal giudizio di legittimit, esser criticata, ma non con riferimento a disposizioni di legge che non la riguardano; e pertanto, pur essendo scontato che il capoverso dell'art. 9 della I. organica di registro si applichi solo nel caso di diverse disposizioni dello stesso atto, il mezzo di ricorso deve essere rigettato perch tale norma di legge non concerne la fattispecie. Col secondo mezzo l'Amministrazione delle Finanze, denunziando la violazione dell'art. 94 del t. u. per la finanza focale, dell'art. 9 del capitolato di norme per l'appalto delle imposte di consumo e dell'art. 360, n. 3 e 5, c. p. c., sostiene che, diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, la obbligazione delegazione, anche se prevista in via generica ed eventuale dal contratto di appalto, sorta nella specie solo con il successivo atto del 1950, che concreta il negozio, ne fissa il contenuto e le modalit e gli d vita, rendendolo quindi tassabile ai sensi degli articoli 28, 30 e 31 della tabella allegato A alla 1. di registro. Questa censura fondata, anche se il suo fondamento giuridico deve ricercarsi in disposizioni di legge diverse da quelle delle quali lAmministrazione ricorrente deduce la violazione, e precisamente nell'art. 1346 c. c., che stabilisce che l'oggetto del contratto deve essere determinabile, e nel principio fondamentale della legge di registro, per cui presupposto di tale imposta l'esistenza di un atto che, considerato in s e per s, sia idoneo a produrre una obbligazione o ad attuare un 304 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO trasferimento di beni (in questo senso: sentenza n. 263 del 1964 e n. 2446 del 1954). Nella specie, infatti, la Corte d'appello ha ritenuto che la delegazione di pagamento si fosse perfezionata col contratto di appalto, anzi col capitolato a questo annesso, e che la convenzione aggiuntiva, avendo solo specificato l'Ente mutuante, delegatario del pagamento, e l'importo dei mutui per la cui estinzione venivano emesse dal Comune le corrispondenti delegazioni di pagamento, non desse vita, cosi, ad alcuna autonoma obbligazione. Tale configurazione giuridica inesatta, perch una delegazione di pagamento, della quale non si conosca l'importo n la persona del delegatario, che dovranno solo successivamente e con autonoma pattuizione essere designati, non pu considerarsi un valido contratto per mancanza di oggetto determinato. Vero che la legge consente che l'oggetto stesso sia semplicemente determinabile; ma ius receptum che tale determinabilit debba risultare dallo stesso contratto, dal quale si possano desumere, sia pure implicitamente, elementi idonei per la determinazione dell'oggetto (in tal senso: sentenze n. 3451 del 1958, n. 1101 del 1957, n. 2854 del 1956), e ci, ripetesi, non avvenuto nella specie, deve, secondo lo stesso assunto della sentenza impugnata, solo con la convenzione aggiuntiva sono stati stabiliti gli elementi, evidentemente essenziali per individuare la delegazione, delle persone dei delegatari e dell'importo del pagamento. Giustamente, quindi, l'Ufficio del Registro non ha preteso il pagamento delle imposte di cui agli articoli 30 e 31 della tariffa sul contratto di appalto, dal quale risultava solo un generico impegno da parte del Comune delegante e della Langione delegata, e non risultava, invece, il consenso del delegatario, ancora ignoto, n, l'importo della delegazione; ed ha invece richiesto dette imposte quando, con l'atto aggiuntivo, precisati anche detti elementi, l'obbligazione sorta, completa in tutte le sue parti essenziali. Una riprova della esattezza di questo modus proced.end.i la si ritrova, del resto, nel fatto che la tariffa di registro tassa distintamente, come si premesso, la accettazione della delegazione da parte del creditore (art. 30) e la accettazione da parte del debitore (art. 31). Per quanto concerne questa seconda accettazione da parte della delegata Langione, la sentenza impugnata afferma che l'accettazione stessa veniva data col contratto di appalto, per tutto l'importo dovuto dall'appaltatore al Comune per riscossione della imposta; e, pertanto, da questo punto di vista, si potrebbe effettivamente affermare che dal contratto di appalto stesso emergevano gi elementi sufficienti per esigere l'imposta; ma lo stesso non pu, evidentemente, dirsi per la accettazione da parte del creditore delegatario, che nell'appalto non era indicato, come non era indicato l'importo della delegazione dallo stesso delegatario accettata, venendo ,, : ili f.' TRIBUTARIA 305 /:tllt~tl@i~l'$ q:.l!l;~'Eiss1en:tiale Plt~:l;p!pl1sto per l'applicazione di una che costituito dall'im.appunto; proporzionata. l'imposta. Anche da cio dal punto.divista della pratica possibilit liquidazione della :imposta, giusta rivelasi, Amministrazione' finanziaria. di sottoporre a JS.i>sa~d()ii~ 1~a.tt1i "''"'"",--~'"'--del 1950. -lo:tuto) -consentono pertanto di ravvisare nella sopratassa una .................. . . pf~tazione integrativa del tributo, una maggiorazione cio di questo, ~Y'ell:te. il duplice scopo di stimolare, da una parte, il contribuente ad tjpj. i>#r scrupolosa e solledta osservanza dell'obbligo tributario, e di H$a,ftlvo l'Amministvazione dn'tjri<:ia la viofazione del 89 4~11~ J~~ie sulle successioni riproponendo la questione, disat c:la j$t,i~Fc:ti merito, secondo la quale, interrotto il, corso della prscd#i'.)#~ $,diante la notifica dell'ingiunzione, il nuovo termine dco#'~~~'t>'f:i:~ (ialla data di estinzione del processo invece che da quella in eP. ii !riftc l'atto interruttivo. . . ~~ ~~~~. si fonda sulla norma del seondo comma del citato art. 89, ~i. ~j:t~l gli effetti della interruzione permangono anche se l'ingiun~~ l'J#~ 4Wenta inefficace per perenzione (ora estinzione) del processo. : j $.a/tesi, disattesa dal Tribunale e dalla Corte di appello, non pu $$E!<~ condivisa nemmeno da questa Corte Suprema. Infatti, l'espres ....................... .. $ine gli effetti deUa interruzione permangono altro non significa che ove l'ingiunzione sia divenuta (come nella specie) ineffi'cace per estinzione del processo, permane tuttavia l'effetto interruttivo (ossia di far decorrere un nuovo periodo di prescrizione restando senza valore il tempo gi decorso), determinato dalla notifica della stessa. E poich tale effetto si determinato dal giorno di detta notifica, da tal giomo e non da quello in cui si verificata l'estinzione che la prescr.izione interrotta comincia nuovamente a decorrere. Scopo dell'ingiunzione fiscale la vealizzazione della pretesa tributaria mediante lo speciale procedimento che con essa si instaura; e sei per effetto della estinzione, gli effetti di tale procedimento vengono t(ieno; ci che resta, in virt della norma in esame che lo fa salvo, }'ifetto sostanziale della notificazione quale atto interruttivo del corso .c'l~l~ .prescrizione, effetto che decorre dalla data della medesima e non .,1;).9 .~$~ere protratto per la durata del processo estinto il quale dal. l'Ei$#!l'l.zione stato posto nel nulla e, peritanto, non idoneo a spiegare 1'e~i#aia sospensiva pretesa dall'Amministrazione. -(Omissis). SEZIONE SESTA SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 31 marzo 1967, n. 10 -Pres. Reale - Est. Tozzi -Iacono (avv. Sorrentino) c. Assessorato LL. PP. Reg. Siciliana (avv. Stato Carbone). Acque pubbliche ed elettricit -Acque pubbliche -Norme di polizia - Acque sotterranee Applicabilit Limiti. (t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 92, 216, 217, 224; t. u., 25 luglio 1904, n. 52.3, artt. 2, 93 e segg.). Poich le norme di polizia delle acque pubbliche sono dirette a prevenire e reprimere i danni che alcuni' atti o alcune opere possono arrecare al regime delle acque pubbliche, esse sono applicabili a tutte le acque pubbliche, sia superficiali, sia sotterranee; e pertanto la speciale disciplina, prevista per queste ultime (t. u. n. 1775, artt. 92 e segg.), non esclude l'applicabilit delle norme generali di polizia, previste dal t. u. n. 523 artt. 2, 93 e segg. e dal t. u. n. 1775, artt. 216, 217, 224 (1). (Omissis). -Deduce la ricorrente con il primo motivo la violazione dell'art. 106 del t. u. del 1933, n. 1775, in quanto detto articolo, per le zone non soggette a tutela ai sensi del precedente art. 94, ammette l'intervento del Genio civile nella disciplina delle acque sotterranee soltanto per regolare la erogazione dei pozzi salienti a getto continuo. Nella specie, assume la ricorrente, trovandosi il pozzo scavato in una zona non soggetta a tutela, non avrebbe potuto il Genio civile adottare il provvedimento impugnato, che sarebbe legittimo soltanto se il pozzo si trovasse in una zona soggetta a tutela; n detto provvedimento pu esser fondato, contrariamente a quanto ritenuto dal Provveditore alle Opere Pubbliche, sugli artt. 2 e 96, lett. k) del t. u. sulle opere idrauliche 25 luglio 1904, n. 523, in quanto le norme di polizia delle acque pub( 1) Massima esatta: le norme speciali di polizia, previste dall'art. 105 t. u. n. 1775 per le acque sotterranee, non escludono che a queste ultime siano applicabili le norme generali previste dallo stesso t. u. e, in particolare, dal t. u. n. 523 del J904. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 315 bliche (fra le quali i detti articoli sono compresi) non possono trovare applicazione per le acque sotterranee, la cui disciplina totalmente contenuta nel t. u. sulle acque del 1933. Ritiene il Collegio che la tesi della ricorrente sia infondata. Caratteristica essenziale delle norme di polizia delle acque pubbliche lo scopo di prevenire o repri~ere ogni attivit dei privati che possa nuocere al regime delle acque pubbliche e detto scopo si attua o vietando il compimento di dati atti od opere, ritenuti dal legislatore dannosi al regime delle acque pubbliche in via assoluta o previa una valutazione dell'Amministrazione (artt. 93, 95, 96, 97 e 98 del t. u. del 1904; 216, 217 e 234 del t. u. del 1933), o concedendo all'Amministrazione in via generale un potere di intervento su tutti gli altri atti ed opere non espressamente previsti, che siano riconosciuti dannosi al regime delle acque pubbliche (art. 2 del t. u. del 1904). Del tutto diversa la natura e la portata dell'art. 105 del t. u. del 1933, il quale conferisce al Genio civile, nelle zone soggette a tutela, un potere di vigilanza sulle eduzioni ed utilizzazioni di tutte le acque sotterranee siano o no iscritte negli elenchi delle acque pubbliche . Detto potere, per la parte che ha per oggetto l'adozione di provvedimenti idonei ad evitare danni al regime delle acque pubbliche, sicuramente lo stesso potere di polizia previsto dall'art. 2 del t. u. del 19-04, ma per il resto ha contenuto diverso iI1 quanto, a differenza di ci che accade per le acque superficiali, nelle zone soggette a tutela l'Amministrazione ha facolt di adottare tutti i provvedimenti che siano ritenuti idonei alla tutela degli interessi generali e del regime idraulico della regione, anche se gli atti e le opere non siano dannose al regime delle acque pubbliche, e pu persino sospendere la esecuzione delle ricerche, della estrazione e delle utilizzazioni e revocare le autorizzazioni e concessioni accordate. Ora, dal fatto che nell'art. 105 siano previsti, nelle zone soggette a tutela, anche provvedimenti di polizia delle acque, non si pu certamente dedurre che nei confronti delle acque sotterranee il legislatore abbia voluto adottare un sistema diverso di norme di polizia, abrogando implicitamente le norme di polizia delle acque contenute nel t. u. del 1904 e nel t. u. del 1933. Posto infatti che le norme di polizia delle acque pubbliche sono dirette a prevenire e reprimere i danni che alcuni atti e alcune opere possono arrecare al regime delle acque pubbliche (art. 2 t. u. dl 1904), evidente che con esso si vogliono tutelare tutte le acque publiche, siano esse sotterranee o superficiali, e perci non ha senso l'affermazione che, avendo il legislatore dettato una particolare e compiuta disciplina per le acque sotterranee, si deve ritenere che per dette acque siano state dettate anche norme speciali di polizia. Detta affermazione potrebbe aver - RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 316 valore solo se le norme di polizia contenute in altre leggi si riferissero esclusivamente alle acque sotterranee, mentre, come si detto, si riferiscono a tutte le acque pubbliche, sicch non si pu ritenere che con lo stabilire alcune norme di polizia nel dettare la disciplina delle acque sotterranee, il legislatore abbia voluto anche modificare le norme di polizia vigenti per le acque pubbliche superficiali. La tesi della ricorrente, infatti, porterebbe alla st~ana conseguenza che le norme di polizia delle acque pubbliche contenute nel t. u. del 1904 e in altre leggi non si potrebbero pi applicare in nessun caso e si dovrebbero ritenere . abrogate non soltanto per le acque sotterranee, :rp.a per tutte le acque publiche. E invero, se si considera che in ogni parte del territorio dello Stato esistono acque sotterranee, e che pertanto tutto il territorio dello Stato si divide, per la disciplina delle acque sotterranee, in zone soggette a tutela e in zone non soggette a tutela, la tesi della ricorrente porta fatalmente alla conseguenza che in ogni caso le norme di polizia generali non sarebbero pi applicabili, dovendo invece ritenersi che nelle zone soggette a tutela l'Amministrazione conserverebbe il generale potere di polizia concesso dall'art. 105 del t. u. del 1933, mentre nelle zone non soggette a tutela ogni potere di polizia sarebbe negato. Di qui l'ulteriore osservazione che il potere di polizia, concesso per la tutela di tutte le acque pubbliche, sarebbe stato limitato o addirittura negato anche nei confronti delle acque superficiali, senza alcuna ragione logica e senza pi tener conto dell'esigenza di tutela delle acque pubbliche. Tutto ci dimostra che il richiamo, contenuto nell'art. 105, a norme di polizia ha soltanto il limitato valore di chiarire l'estensione dei poteri di vigilanza accordati all'Amministrazione nelle zone soggette a tutela per le acque sotterranee e che gli artt. 105 e 108 non hanno in alcun modo sostituito o abrogato tutte le norme di polizia delle acque contenute nel t. u. del 1904, nel t. u. del 1933 e in altre leggi. Bene pevtanto l'Amministrazione n.ella specie ha applicato l'art. 2 e l'art. 96, lett. k) del t. u. del 1904, che vieta in maniera assoluta l'apertura di pozzi a distanza dai fiumi, torrenti e canali pubblici minore di quella riconosciuta necessaria per evitare il pericolo di diversioni e indebite sottrazioni di acque. Con il secondo motivo la ricorrente deduce che gli utenti delle acque del Vallone Dichiara e della sorgente Canalicchi, il consorzio di utilizzazione delle acque del fiume Dirillo e in genere tutti coloro che si sono opposti alla utilizzazione delle acque del pozzo scavato dalla Iacono, non avendo il diritto di utilizzare le acque, non potevano ottenere il provvedimento impugnato. Ma facile osservare che detto provvedimento non soltanto poteva, ma doveva essere emanato d'ufficio, perch l'art. 96, lett. k) impone un divieto assoluto, che nemmeno l'Amministrazione potrebbe eliminare, sicch la opposizione presentata ha sol \ PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 317 tanto il valore di una denuncia e non pu nemmeno dirsi che l'Amministrazione abbia usato del suo potere per favorire l'interesse dei privati, in quanto la legge tassativa e presume, senza possibilit di prova in contrario, che lo scavo del pozzo, effettuata a distanza minore da quella necessaria per evitare il pericolo di diversioni o sottrazioni di acque pubbliche, sia in ogni caso dannoso al regime delle acque pubbliche. -(Omissis). TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 6 marzo 1967, n. 5 -Pres. Reale Est. Giannattasio -Chirico (avv. Magrone) c. Consorzio Utenti Acque ditta Vianisi (avv. Moschella) e Assessorato LL. PP. Reg. Siciliana (avv. Stato Carbone). Acque pubbliche ed elettricit -Acque pubbliche -Acque del subalveo Natura ~iuridioa. (I. d. 11 dicembre 1933, n. 1775, tit. I). Le acque subalvee di un corso di acqua pubblica hanno la stessa natura giuridica del corso d'acqua cui appartengono, concorrendo a formarne la complessa esistenza, e pertanto rientrano nel regime giuridico del titolo I, t. u. n. 1775 del 1933, che contiene le norme sulle derivazioni e utilizzazioni delle acque pubbliche (1). (Omissis). -Il Tribunale regionale ha fatto proprio il contenuto della relazione, redatta, come si detto, sulla falsariga del verbale d'ispezione, per cui si attenuto, sostanzialmente, a detto verbale, e non neppure esatto che abbia pedissequamente seguito le conclusioni del tecnico, perch, invece, le ha accettate dopo averle sottoposte ad esame critico. La natura demaniale dell'acqua non apoditticamente affermata, ma il risultato di un'analisi del verbale d'ispezione giudiziale, dal quale emerge che: 1) il pozzo Mangano, sito alla destra del torrente San Filippo, dista dall'argine metri 7,40 e che il piano su cui esso poggia costituito da materiale alluvionale di ciottoli e sabbia; 2) il fondo del pozzo si trova a metri 22.29 al disotto del piano dell'alveo del torrente, in corrispondenza della sua parte centrale; 3) il detto torrente, in corrispondenza del pozzo Mangano, arginato da due muri di conteni (1) Massima esatta: non vi dubbio che le acque subalvee concorrono, insieme con l!a acque superficiali, a formare, in un unico complesso, il corso d'acqua. E pertanto sono sottoposte alle stesse norme che disciplinano il corso stesso. 318 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mento e il suo alveo, nello stesso tratto, resta compreso tra due colline, delle quali quella di destra dista, con le sue pendici, rispettivamente metri 74 dall'argine destro e metri 67 dal pozzo Mangano. In base a questi elementi, non contrastati, da approvarsi la conclusione alla quale pervenuto il tecnico del Tribunale e cio che le aque del pozzo Mangano provengono dalla massa alluvionale permeabile, che costituisce per uno spessore di notevole entit il sottosuolo di tutta la zona pianeggiante compresa fra le colline site alla destra e alla sinistra dell'alveo propriamente detto. E se si considera, inoltre, che in epoca imprecisabile le zone pianeggianti laterali all'attuale alveo del torrente costituivano relitti alveari, l'indubbia esistenza in tutta la zona di una massa alluvionale permeabile, che determina la falda acquifera sotterranea, nonch l'ubicazione del pozzo in zona molto prossima all'argine del torrente, fanno ritenere che le acque emunte col detto pozzo provengono dalla anzidetta falda acquifera, mentre deve escludersi che esso sia alimentato da una vena d'acqua indipendente dalle acque subalveari del torrente. Queste conclusioni sono sufficienti ad indicare la natura pubblica dell'acqua e a giustificare la sua iscrizione dell'elenco (comunque non impugnato nel termine perentorio di cui all'art. 2 del r. d. 14 agosto 1920, n. 1285 e all'art. 1, ultimo comma, t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775), perch le acque subalvee di un corso d'acqua pubblica hanno la stessa natura del corso d'acqua e rientrano nel regime giuridico del titolo I del t. u. n. 1775 del 1933, che contiene le norme sulle derivazioni e sulle utilizzazioni delle acque pubbliche. Tali acque, come acque superficiali, non possono essere considerate avulse dal corso d'acqua a cui appartengono e concorrono a formarne la complessa esistenza. Il Tribunale regionale ha confutato tutti i rilievi critici che erano stati avanzati dal Chirico, ma poich quei rilievi, unitamente ad altri, sono riproposti in grado d'appello, per sostenere che l'acqua del pozzo Mangano abbia natura privata, occorre prenderli partitan,iente in esame. Devesi, innanzi tutto, escludere che atti e documenti relativi a rapporti tra privati nella disposizione delle acque (che, fra l'altro, sono tutti anteriori all'iscrizione del torrente Fiumana S. Filippo nell'elenco suppletivo del 1922, non impugnato e non pi impugnabile) possano valere a distruggere la natura pubblica del corso d'acqua accertata in sede di indagine tecnica. Trattasi di considerazione ovvia, che non ha bisogno di essere dimostrata: basti considerare che, diversamente opinando, sarebbe facilissimo, con una semplice scrittura privata intervenuta tra interessati, sottrarre un corso d'acqua all'uso genera.le. N sono idonei a modificare la natura dell'acqua il provvedimento prefettizio 16 settembre 1903 ed il disciplinare del Genio civile 23 agosto 1903, che autorizzavano la costruzione di una conduttura: da quei documenti l'ARTJil I, SEZ; VI:; GlVl'tIS. IN MATERIA DX ACQVE, APPALTI ECC. 319 l'ARTJil I, SEZ; VI:; GlVl'tIS. IN MATERIA DX ACQVE, APPALTI ECC. 319 si tiesume l'autorizzazione ad un attraversamento, ma non il riconoscimnto d'utenza e tanto meno la declaratoria del carattere privato dell'~ cqua. E ciuand'anche la pubblica autorit, in quell'occasione, avesse inidentalmente fatta 'J!.lropria la qualifica di acqua privata, addotta dal Mangano nella sua istanza, si tratterebbe di una qualificazione immo' tivata e co:r;riilli:que erronea, in ogni caso insufficiente a dare al corso d'acqua una natura diversa da quella che effettivamente gli appartiene, per l'attittj(iJ.riE! ad uso di pubblico, generale interesse. N td:o'*a il richiamo di autorevoli voci dottrinali, che, in realt, si Iimjfa#o .ad affermare la natura privata dei pozzi, nell'ovvio pre supp()$tg ~he l'acqua da essi estratta sia privata. Se, invece, l'acqua ha t:i#~. te caratteristiche per farla divenire pubblica, non sar certo l;st~~~i6J:l~ a mezzo di pozzo che possa renderla privata. Sl)sserva, per, dall'appellante che l'acqua in questione, prima .ij ~1'11\.g~it~io 'Cl!cl~~~~lc$i )fJ~L qtJJ,e~lli riconosciutigli in contabilit, in relazione via via eseguite . E poich il sistema di del compenso globale dovuto. all'appai unit di lavoro, rimane fuori del sistema la i;;urull~l:>""'n" ragioni di compenso che a quell'onere siano evidente che tanto le questioni cosi dette di intercontratto quanto quelle cosi dette generali si riverbesi esauricono, a guisa di un fenomeno di riflessione delsulle pi facce di un prisma, nelle singole unit di costo di questo vengono a determinare l'onere economico complessivo sopportato dal- l'appaltatore per l'esecuzione. dell'opera. N alla regola si sottraggono le ragioni di compenso che l'appaltatore fa valere quando chiede un indennizzo per maggiori spese sopportate in dipendenza del prolungamento dei lavori dovuto a fatto dell'Amministrazione oltre il termine contrattuale: invero, le voci che in tal caso vengono in gioco (costo della mano d'opera e dei materiali,_, ammortamento degli impianti e del macchinario, spese di custodia e di manutenzione del cantiere, ulteriori spese generali) non hanno nel sistema di determinazione del .compenso contrattuale una rilevanza . . 2. -Accanto alle ragioni d'indole sistematica e generale, il lodo ha st.tP:to individuare le specifiche disposizioni che rendono comunque evid:~ te. l'obbligo della immediata riserva. Tali disposizioni sono contenute #e~li artt. 16 ed 89 del Regolamento 25 maggio 1895, n. 350, e l'interpre~ a#:o111e che la decisione ne d ineccepibile . . \A conforto di essa non inutilmente stato anche richiamato il principiodi:ll,1" comma). Se questi termini vengono superati, l'appaltatore pu chiedere la risoluzione del contratto, senza indennit: qualora l'Amministrazione la rifiuti, egli ha diritto alla rifusione dei maggiori oneri derivanti dal prolungamento della sospensione oltre i termini suddetti (art. cit., 2<> comma). Le considerazioni che da tale regolamentazione facilmente si traggono sono le seguenti. In primo luogo, non pu esservi dubbio sull'inderogabile obbligo dell'appaltatore di inserire nello stesso verbale di sospensione le eventuali riservie. Data la dive1rsa disciplina delle due ipotesi, la sospensione dovr essere esplicitamente motivata; ed alla mancata contestazione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 326 In base al sistema facente capo a,l combinato disposto dagl{artt. 16 e 89 del Reg. cit., l'appaltatore dovr: a) normalmente, sottoscrivere i verbali di sospensione e di ripresa dei lavori; b) in caso ricusi la sottoscrizione, essere invitato a farlo in un perentorio termine, comminandosi, per la ipotesi di inottemperanza, la insuperabile presunz!i.one di corrispondenza dei fatti aJ.le registrazioni non sottoscritte; c) in caso di sottoscrizione con riserva, ripetere la riserva nel registro di contabilit nei modi e nei termini di cui agli artt. 53 e 54 dello stesso Reg., comminandosi, per la ipotesi di inottemperanza, la radicale inefficacia delle riserve non ripetute. Ci posto, non sembra contestabile, come stato osservato, che la dichiarata perentoriet del termine da assegnarsi all'appaltatore, nel caso di mancato intervento alla firma (dei verbali) e la sanzione della inefficacia, espressamente comminata per le eccezioni e le domande proposte con rituale riserva (nei verbali stessi) ma non riproposte nei registri di contabilit, nei modi e nei termini (previsti dagli artt. 53 e 54 del Reg.), ben valgono a giustificare l'affermazione che la firma senza riserva dei verbali di sospensione e di ripresa dei lavori preclude -al pari dell'inutile decorso del cennato termine di grazia -la facolt dell'~ppaltatore di proporre utilmente. eccezioni e domande comunque afferenti alla legittimit della sosp~nsione e ailla sua durata; essendo ovvio che a eccezioni e domande non proposte con rituale e tempestiva riserva debba negarsi -a fortiori -quella efficacia che il Regolamento nega a eccezioni e domande proposte con rituale e tempestiva riserva, ma non ripetute ritualmente e tempestivamente nel registro di contabilit (cfr. lodo arbitrale 19 dicembre 1962, Fallimento Impresa Strovaggi c. Istituto Autonomo Case Popolari di Messina, in Arbitrati e Appalti, 1963, 201). della motivazione, non potr negarsi valore di acquiescenza alla situazione dedotta in verbale. Inoltre una controvevsia, in sede di ripresa dei lavori o addirittura alla fine dell'appalto sulle ragioni della sospensione, non avrebbe ragione d'essere; poich pure nella seconda ipotesi l'appaltatore non ha diritto a compensi o indennzzi per i p:rimi sei mesi di sospensione. Decorsi i quali, se non avr usato 4el diritto di recesso che la legge gli ricOnosoe, continuer a non avere doglianze da proporre. Infatti, il capitolato generale prev, ede l'obbligo dell'Amm!i.nistrazione di rimborsave i maggiori oneri, derivanti dal prolungamento della sospensione oltre il semestre, solo quando la stessa si oppon~a ,alla domandata risoluzione: pertanto, nel caso, il diritto dell'appaltatore alla risoluzione si configura come una condizione risolutiva potestativa. Se il titolare non la fa valere, evidentemente rinuncia alle conseguenze favorevoli che ne deriverebbero; e non pu, conseguentemente, pretendere di essere compensato degli oneri che, con l'esercizio del relativo diritto, PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN M.,_TERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 327 Si ricorder che, nella specie, l'Impresa, non solamente si astenne dall'introdurre riserve nei verbali di sospensione e di ripresa dei lavori, ma lasci anche ivi constatare di non trovare nulla .da osservare in ordine all'una e all'altra. Ben s'intende, pertanto, come, anche seguendo. questo secondo crite;rio d'interpretazione del sistema normativo sorreggente la materia delle riserve, debba pervenirsi ancora all'affermazione della inammissibilit della domanda, siccome preclusa per effetto della omessa iscrizione della relativa riserva nel verbale di ripresa dei lavori. N diversa sar la conclusione quando -esaurendo il triplice ordine successivo delle preannunciate ragioni di preclusione della domanda -si avr chiaro che tale preclusione sussiste, quanto meno, per effetto della mancata iscrizione della riserva in parola alla prima presentazione dei registro di contabilit, successiva alla ripresa dei lavori; sussiste, cio, anche secondo la visione giuridica meno rigorosa del sistema in esame (cfr. lodo arbitrale 27 dicembre 19,5,5, Impresa Fabbri c. Comune di Grosseto, in Giurisprudenza 00. PP., 1955, I, 15'8). Invero, l'ultimo comma del pi volte cit. art. 89 Reg. 1895 -cui rinvia il precedente art. 16, che dispone, tra l'altro, sugli oneri formali connessi alla sospensione dei lavori -dispone che le riserve e domande, eventualmente inserite in altri documenti, devono dall'appaltatore essere ripetute nel registro di contabilit nei termini e nei modi indicati dai successivi artt. 53 e 54. Questi prevedono, a loro volta, che sia le domande sia le riserve debbono essere inserite nel registro di contabilit immediatamente di seguito alle iscrizioni amministrative cui esse si riferiscono e sottoscritte nel giorno stesso della presentazione ' del registro medesimo. Il principio che da tale sistema si trae sopperisce, senza dubbio, nell'assenza di una disposizione espressa, anche per la decisione della specie avrebbe evitato. Tra le due situazioni sussiste una ovvia incompatibilit logica t' giuridica: se l'appaltatore era in grado di sottrarsi al pregiudizio economico derivante dalla sospensione oltre il semestre, esercitando una facolt dalla quale conseguiva la fine del vincolo contrattuale, evidentemente non pu poi pvetendere di essere risarcito del pregiudizio istesso, se ha preferito mantenere in vita l'appalto. Per concludere, sembra appena il caso di dire, che anche quando l'Amministrazione mantenga la sospensione oltre i sei mesi e rifiuti la risoluzione chiesta dall'appaltatove, gli oneri da rimborsare sono solo quelli verificatesi dopo il semest1e. Ci .si desume dalla logica del sistema, che lascia all'Amministrazione la facolt di sospendere ,senza indennizzo per un semestre; ed confermato espressamente dalla stessa norma, che fa riferimento alla rifusione dei maggiori oneri derivanti dal prolungamento della sospensione oltre i termini suddetti . DEL GRECO 328 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in esame, che (agli anzidetti fini di completezza) ora si pone nella prospettiva di questo ulteriore angolo visuale. Detto principio, infatti, pafosemente informato al duplice criterio della coordinazione documentale tra accertamento della situazione dannosa e denuncia, e della immediatezza temporale della medesima, traducentesi, per l'appaltatore, nell'onere di formulare le proprie rj.serve in occasione della prima sottoscrizione del registro di contabilit, successiva al ritlevamento del fatto che le d causa. In definitiva, anche non condividendo nessuno dei due sopraesposti argomenti di ordine sistematico pi generale, deponenti, come si visto, per la necessit della iscrizione delle riserve da sospensione nel verbale relativo o in quello di ripresa, quando la ragione del pregiudizio sia gi definita, non sembra, tuttavia, possibile sottrarsi, in forza della meno rigida considerazione da ultimo fatta, alla conclusione che la suddetta necessit di iscrizione sussiste, nella ipotesi anzidetta, quanto meno, per quel che riguarda il registro di contabilit alla prima sottoscrizione di esso, successiva all'obiettivarsi della relazione causale tra la sospensione e il pregiudizio. Discende dall'anzidetta triplice equivalente alternativa che la rag- I gera delle possibili irpotesi interpretative della normativa in esame, r 11' manda di cui al primo quesito per intervenuta decadenza; e respinge, . con ciascuna delle formulazioni, che si son qui venute esponendo secondo , la graduazione di estensione del rispettivo criterio informatore, la con' traria opinione prospettata dalla parte, la quale, in definitiva, appare, perci, effettivamente non giustificabile, come gi detto, dalla mera 1/ lf assenza di una espressa disposizione di legge in materia. -(Omissis). . . ' ~, ffi . I ~:~ TRIBUNALE DI ROMA, 25 febbraio 1967 -Pres. Maccarone -Est. r Virgilio -Impresa Mambrini (avv. Ambrosio) c. A.N.A.S. (avv. Stato Pentinaca). I Appalto -Appalto di opere pubbliche -Finalit delle riserve -Assolutezza ed inderogabilit dell'onere relativo. I Appalto -Appalto di opere pubbliche -Eventi e situazioni che si mani- I festano per gradi -Tempo della riserva. Appalto -Appalto di opere pubbliche -Sorpresa geologica -Fattispecie. I I iii Appalto -Appalto di opere pubbliche -Controlli preliminari di cui f~ all'art. 5., r. d. 25 maggio 1895, n. 350 -Finalit ed estensione. I L'onere della immediata denuncia del fatto o della situazione og-;:: getto di riserva ha carattere di assolutezza ed inderogabilit. Tanto i~~: !? r r~ 1::1j PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 32!) risulta da tutta la normativ.a del Regolamento 25 maggio 1895 n. 350, improntata all'essenziale finalit che gli organi dell'Amministrazione siano prontamente informati, nel corso dello svolgimento del rapporto, di tutte le pretese atte a turbare l'equilibrio economico del contratto. Ci sia per poterle esaminare e fronteggiare con adeguati provvedimenti, e sia allo scopo di conservare in ogni momento, la possibilit di valutare la convenienza ed opportunit dell'opera pubbLica, e di esercitare eventualmente la facolt di risoluzione di. cui all'art. 345 della legge 20 marzo 1865 sui lavori pubblici (1). Nello svolgimento del rapporto di appalto, eventi e situazioni speciali possono manifestarsi istantaneamente e con immediatezza, mentre altre volte la loro manifestazione pu avvenire per gradi ed a tratti successivi. Quando tale manifestazione assume carattere di certezza, diviene operante l'onere della riserva (2). La pattuizione secondo cui il prezzo di scavo riguarda lo scavo di sbancamento di materie di qualsiasi natura e consistenza, asciutte o bagnate, compresa la roccia da mina, denota chiaramente la volont di comprendere nella previsione tutte le possibili ipotesi in ordine alle caratteristiche della massa da sbancare. L'espressione esprime il concetto che ogni tipo di roccia, senza a~cun limite percentuale, rientra tra le componenti aleatorie dell'esecuzione dell'opera, e pertanto deve escludersi la sorpresa geologica per difetto di imprevisione dell'evento (3). (1-2) Sulla linea tracciata dalle decisioni ricordate nella nota al lodo che precede, continua da parte della giurisprudenza pi avvertita il processo di definizione di princpi direttivi in tema di riserve. La sentenza non si pronuncia ex professo sulle note tesi dei fatti continuativi o accertabili in ogni tempo e delle contestazioni d'ordine generale , data la loro non conferenza ai fini della lite. Ma, con la riaffermazione degli scopi peculiari all'istituto e con il fermo richiamo ai concetti della assolutezza ed inderogabilit dell'onere della riserva, implicitamente mostra di ritenere infondate queste tesi. Per altro, non sembra inutile aggiungere che l'Impresa si era riferita alle tesi ripetute, per essersi frequentemente giunti in sede arbitrale a qualificare quale fatto continuativo la fattispecie in controversi, sotto il profilo della continuit dell'onere. Invece, deve essere chiaro che la continuit non va riguardata in relazione al perdurare dell'onere nel tempo, ma alla stregua della evidenza nel tempo della situazione dalla quale l'onere causato. L'identificazione del momento in cui l'obbligo della riserva diventa attuale, in presenza di circostanze che manifestino la loro incidenza sulla corrispettivit del contratto in stadi successivi, precisata con adeguato criterio, tenendo conto delle esatte precisazioni risultanti dalla sentenza della Corte di Appello di Roma 19 aprile 1966 (in questa Rassegna, 1966, I, 723). (3) Massima del tutto esatta. In alcune aberranti decisioni arbitrali, la voce contrattuale stata addirittura definita di stile perch normal 330 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'art. 5, r. d. 25 maggio 1895, n. 350 pone una norma di condotta nei confronti degli organi amministrativi. Essa non idonea a determinare nell'appaltatore un affidamento in ordine all'entit ed esattezza delle operazioni previste, e l'eventuale violazione della norma non pu essere dedotta al fine di desumerne una autonoma fo"l,te di responsabiLit a carico dell'Amministrazione (4). (Omissis). -Ha carattere preliminare l'esame dell'eccezione di inammissibilit della domanda a causa della dedotta ta11divit delle riserve espresse dall'impresa nel registro di contabilit dell'appalto. Al riguardo l'Amministrazione si riporta al combinato disposto degli artt. 53, 54, 64 e 89 del r. d. 25 maggio 1895, n. 350, secondo il quale l'impresa ha l'onere -sotto comminatoria di inefficacia della richiesta -di iscrivere tempestivamente nel r:egistro di contabilit le domande relative ad indennit o compensi cui crede di aver diritto . Il fondamento razionale del sistema predetto consiste, come noto, nell'esigenza che gli organi dell'Amministrazione siano prontamente informati, nel corso dello svolgimento del rapporto, di tutte le pretese atte a turbare l'equilibrio economico del contratto, sia per poterle esaminare e fronteggiare con adeguati provvedimenti, e sia al fine di conservare in ogni momento J.a possibilit di compiere quelle valutazioni di convenienza e di opportunit dell'opera pubblica, volute dalla legge (anche sotto il profilo della spesa che essa comporta), e di esercitare eventualmente la facolt di risolvere l'appalto nei modi previsti dall'art. 345 della 1. 20 marzo 1965, n. 2248, sui lavori pubblici. mente usata nei capitolati speciali. In altre, con evidentissima esasperazione terminologica, si voluto distinguere tra materia e terreno di scavo, riferendo la prima espressione unicamente a suoli sciolti e non compatti. La sentenza fa giustizia di questi bizantinismi, e giustamente rileva che proprio nella genericit dell'espressione la sua comprensivit di ogni ipotesi, relativamente alla natura e compattezza della massa da scavare. Conseguentemente il riferimento all'art. 1664, 2 comma, c. c., impossibile. (4) La massima di grande 'interesse. L'art. 5 del Regolamento 25 maggio 1895, n. 350 (come le norme del regolamento approvato con decreto ministeriale 29 maggio 1895 per la compilazione dei progetti), pongono disposizioni di cui destinataria la sola Amministrazione, e sono dirette a regolarne l'attivit nella fase precontrattuale. In quanto tali sono prive di rilevanza esterna, e perci inidonee ad offrire un sia pur generico affidamento all'appaltatore (per ulteriori profili, circa l'estraneit al conI iltratto di ogni documento preparatorio del capitolato speciale, cfr. in questa Rassegna, 1964, I, 606, nota 2). Giustamente, infine, nella sentenza viene rilevato, che qualunque presunta difformit tra progetto e condizioni locali di esecuzione, soggiace all'onere dell'immediata riserva, ai sensi dell'art. 11 del Regolamento pi volte detto. fil fil -"-"Z,,,_Z'W/Z/-//,&,W_W_f_.M~yp<gni caso a carico dell'.esportatore (assicurato) una valore complessivo del credito (n. 47). consentire, all'atto della imm1ss1one nello Stato in ~po1J:~~~!i :lr+\l>'briiJ1Zic::me del cacao in grani alla importazione diretta e parte della merce che dalla lavorazione del prodotto ri:ne1r in polvere di cacao (n. 48). J~a1~cclta proroga o annullamento del certificato -Effetti. Se la mancata presentazione della domanda di proroga o di annul lamento del certificato di importazione, rilasciato dal Ministero Commercio Estero ai sensi dell'art. 8 d.1. 30 luglio 1962, n. 955 '(conv. in 1. 28 settembre 1962, n. 1433), prima della scadenza del termine di validit dello stesso, precluda alla ditta importatrice ogni possibilit di far valere la causa di forza maggiore addotta a giustificazione della non avvenuta im . ;portazione (n. 49). > > S l'avaria generale della nave avvenuta prima del caricamento della riierce costituisca causa di forza maggiore che giustifica la mancata impor tazione nel termine (n. 49). Se in tutti i casi di forza maggiore, l'importatore abbia un vero e proprio diritto soggettivo alternativo alla proroga del termine di validit del certificato o all'annullamento di esso (n. 49). Provvedimenti C.I.P. -Importazioni di zucchero. Se, in relazione al provvedimento C.I.P. n. 1025 del 25 maggio 1963 che dispose a favore degli importatori di zucchero una integrazione di 86 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO prezzo pari alla differenza fra mercato internazionale e mercato interno, la determinazione della P. A. di partecipare finanziariamente alla singola operazione di importazione possa essere legittimamente presa solo prima del compimento dell'operazione stessa, e se quindi il compimento dell'operazione da parte del privato prima della deliberazione della p. a. significhi rinuncia alla partecipazione finanziaria dell'Amministrazione (n. 68). Se, in relazione al provvedimento C.I.P. n. 1036 del 7 agosto 1963, relativo al nulla osta alla concessione del beneficio conseguente alla comunicazione di disponibilit dello zucchero sdoganato, possa tale nulla osta essere concesso quando la comunicazione di disponibilit da parte delle ditte sia successiva alla immissione in consumo (n. 68). IMPOSTA DI REGISTRO Agevolazioni fiscali per l'acquisto di terreni sottoposti a bonifica. Se il Ministero dell'Agricoltura e Foreste, nel rilasciare il certificato previsto dall'art. 41 r. d. 22 gennaio 1911, n. 248 per poter fruire del beneficio fiscale disposto dall'art. 8 1. 17 luglio 1910, n. 491 a favore degli acquirenti di terreni da sottoporre ad opere di bonifica siti in agro romano, possa ridurre il termine quinquennale previsto nell'art. 8 della citata legge per il compimento delle opere di bonifica (n. 242). Agevolazioni nel settore dell'edilizia -Legge 2 luglio 1949, n. 408. Se la 1. 6 ottobre 1962, n. 1493 in materia di agevolazioni tributarie nel settore dell'edilizia abbia implicitamente abrogato le disposizioni riguardanti i negozi, contenute nell'art. 17 della 1. 2 luglio 1949, n. 408 (n. 243). Art. 117 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3629. Se la sentenza n. 80 in data 7 lugilio 1966 della Corte Costituzionale abbia dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 117, primo comma dle r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 solo limitatamente al rila.scio, da parte dei cancellieri, di copie o estratti di sentenze che debbano essere depositati in un giudizio di appello (n. 244). Associazione in partecipazione -Agevolazione. Se l'agevolazione fiscale della registrazione a tassa fissa prevista dall'art. 38 lett. d) 1. 29 luglio 1957, n. 634 relativamente agli atti di concentrazione di ditte possa estendersi alla ipotesi di associazione in partecipazione (n. 245). Contratti di credito agrario -Benefici -Applicabilit. Se la 1. 6 dicembre 1965, n. 1381, che fa comprendere nel trattamento tributario di favore previsto dall'art. 21 del d.1. 29 luglio 1927, n. 1509 tutti gli atti e contratti relativi alle operazioni di credito agrario, anche se contengono clausole inerenti alla decadenza dal beneficio del termine PARTE II, CONSULTAZIONI 87 ed alla pattuizione di interessi moratori, comporti l'applicabilit del beneficio anche ai contratti posti in essere anteriormente alla sua entrata in vigore (n. 246). Contratto di mutuo. Se, in tema di contratto di mutuo, la tassazione di registro debba limitarsi alla somma nominale per la quale si contratto il mutuo (capitale mutuato) ovvero debba estendersi anche all'ammontare degli interessi di cui il mutuatario abbia assunto l'obbligo del pagamento nei confronti del mutuante (n. 247). Edifici scolastici, Ospedali, Collegi, Asili ecc. Se la legge 19 luglio 1961, n. 659 -che estende ai fabbricati destinati ad alloggiare collettivit (scuole, ospedali, collegi, case di cura, orfanatrofi) i benefici fiscali gi previsti dalla I. 2 febbraio 1949, n. 408 per gli immobili destinati ad abitazione dei nuclei familiari -debba ritenersi innovativa (sia pure con espresso effetto parzialmente retroattivo) ovvero meramente interpretativa (n. 248). Pagamento effettuato in modo diverso da quanto stabilito dalla legge di registro. Se possa attribuirsi efficacia liberatoria ad un pagamento effettuato in modo difforme da quello stabilito dalla legge di registro e, con riguardo alla prova dell'avvenuto pagamento, se questa possa essere data con un mezzo diverso dalla quietanza di cui all'art. 96 legge registro (n. 249). Transazioni con la P.A. -Registrazione. Se la registrazione di un atto di transazione fra la P.A. e l'A.N.M.I. sia inderogabilmente disciplinata dall'art. 94 della legge di registro (n. 250). IMPOSTA DI SUCCESSIONE Rateizzabilit degli interessi moratori. Se siano rateizzabili gli interessi moratori stabiliti dalla I. 26 luglio 1961, n. 29, in caso di rateizzazione delle imposte complementari di successione da cui gli interessi stessi derivano (n. 50). IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA Vendita merci negti spacci aziendali. Se in relazione alle vendite di merci di propria produzione effettuata da ditte fabbricanti al personale da esse dipendente attraverso spacci aziendali o di fabbrica, sia esente dall'I.G.E. solo il trasferimento delle merci da tali spacci al consumatore oppure anche il passaggio delle stesse dal fabbricante agli spacci (n. 115). li1r11J11r1111t1:1111111111JJt11111ia1Jt11~1t 88 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO IMPOSTE E TASSE Contenzioso tributario. Se la sola enunciazione degli articoli di legge di cui si denuncia la violazione soddisfi il precetto dell'art. 46 r. d. 8 luglio 1937, n. 1516 (n. 435). Esenzione dall'imposta erariale sul consumo dell'energia elettrica a gestore di aeroporto. Se l'esenzione dall'imposta erariale sul consumo dell'energia elettrica di cui all'art. 1 d. 1. 26 aprile 1945, n. 223, all. 4, possa riconoscersi al gestore di un Aeroporto limitatamente all'energia destinata all'