ANNO XXI -N. 2 MARZO -APRILE 1969 ANNO XXI -N. 2 MARZO -APRILE 1969 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1969 - ABBONAMENTI ANNO ................................ L. 7.500 UN NUMERO SEPARATO ................. , 1.300 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/40500 Stampato in Italia -Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (18212680) Roma, 1969 -Istituto PO'Hgrl!Tico deHo Stato P. V. INDICE Parte prima: GIU.R0ISiPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTER- NA~IONALE (a cura del/'avv. Michele Savarese) pag. I75 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SDIZIONE (a cura SU QUESTIONI DI GIURIdel/' avv. Benedetto Saccari) 230 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura tro de Francisc11 , . . . dell'avv. Pie 245 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/' avv. Ugo Gargiulo) . . . 261 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura del/'avv. Giuseppe Angelini Rota e del/'avv. Carlo Bafi/e) 268 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE (a cura del/'avv. Franco Carusi) . , . 347 Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Antonino Terranova} . I 36 r Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOT0IZIARIO RASSEGNA DI DOTTRINA (a cura dell'avv. luigi Mazzella} . . . pag. 43 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE (a cura dell'avv. Arturo Marzano) 45 CONSULTAZIONI 46 La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO ARTICOLI, NOTEt OSSERVAZIONI, QUESTIONI BAFILE C., Nuove considerazioni sul trattamento fiscale delle cessioni di credito connesse con operazioni bancarie di finanziamento . . ...., . . . . . . ..... pag. 273 BAFILE C., Considerazioni. sull'interruzione della prescrizione delle imposte indirette . . . . . . . . . . 280 LAPORTA. S., L'inapplicabilit delle agevolazioni della legge n. 408 det 1949 aHa vendita isolata dei negozi . . . . . . 336 PALATIELLo A., Il principio della !correlazione tra l'accusa e la sentenza, con particolare riguardo ai reati colposi . . 359 DI TARSIA P., Il momento consumativo del reato di truffa e il reato continuato . . . . . . . . . . . . . . . . . 369 INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA APPALTO -Appalto di opere pubbliche Contratti di appalto stipulato dalla Cassa per il Mezzogiorno o dai suoi concessionari -Obbligo contrattualmente assunto dalle parti di uniformarsi alle disposizioni del capitolato generale della Cassa -Validit limitata alle materie parallelamente disciplinate dal Cap. gen. 00. PP. 1962 con norme di carattere dispositivo -Sussiste Prevalenza delle regole stabilite dal Cap. gen. 00. PP. 1962 con norme di carattere inderogabile -Sussiste -Applicazione in materia di controversie fra appaltatore e stazione appaltante, 348. -Appalto di opere pubbliche Onere della riserva immediata incombente sull'appaltatore Funzione -Portata generale in ordine a qualsiasi pretesa a maggiori somme di danaro da parte dell'appaltatore -Sussiste -Momento di operativit, 350. -Arppalto di opere pubbliche Riserve dell'appaltatore -Esame in via amministrativa -Provvedimento generico di rigetto delle riserve perch infondate in fatto e in diritto -Portata Rinunzia dell'Amministrazione committente ad avvalersi in giudizio dell'eccezione di decadenza delle riserve per intempestivit delle medesime Esclusione, 351. -Appalto di opere pubbliche Sospensione dei lavori disposta dall'Amministrazione committente -Pretese dell'appaltatore a maggiori compensi o indennizzi per il fatto della sospensione Necessit della riserva immediata -Sussiste -Momento di operativit, 350. -V. anch Regioni. AMMINISTRAZIONE DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI V. Imposta di registro, Procedimento civile, Reato, Tributi locali. ARBITRATO -Impugnazione per nullit della sentenza arbitrale -Giudizio di impugnazione Ammissibilit di impugnazioni incidentali Esclusione, 351. AUTORIZZAZIONE AMMINISTRATIVA V. Imposta di registro. CACCIA E PESCA -V. Sicilia. CASSAZIONE -V. Procedimento civile. CITAZIONE -V. Procedimento civile. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Impiego pubblico -Atto formale di nomina -Mancanza -Giurisdizione del giudice ordinario, 240. Impiego pubblico -Elementi essenziali del rapporto -Atto formale di nomina, 236. Sequestro giudiziario di un bene che abbia formato oggetto di provvedimento amministrativo di rilascio -Ammissibilit, 230. VI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO COMUNI E PROVINCIE -Vari.azioni alle circoscrizioni dei Comuni -Diritto di iniziativa spettante ai cittadini contribuenti -Illegittimit costituzionale, 226. - Variazioni alle circoscrizioni dei Comuni -Riserva di legge Inapplicabilit al legislatore statale, 226. CONFLITTO DI ATTRIBUZIONI -Sardegna -Ente di sviluppo dell'agricoltura in Sardegna -Approvazione del bilancio da parte del Ministero dell'agricoltura e foreste -Legittimit, 179. -Sardegna -Ente di sviluppo dell'agricoltura in Sardegna Commissione d'indagine nominata dalla Regione -Illegittimit, 179. CONTRATTI .AJGRARI -Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue - Assoggettabilit alla normativa anche dei rapporti conclusi successivamente al 28 ottobre 1941 Illegittimit costituzionale, 212. - Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue Illegittimit costituzionale delle norme nel complesso relative a singole disposizioni -Esclusione, 212. COSA GIUDICATA -V. Imposta di registro, Imposte e tasse in genere. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -Decreti legge -Legge di convei:sione -Emendamenti -Efficacia -Legge di conversione 18 dicembre 1964, n. 1350 -Emenda menti soppressivi -Efficacia ex nunc -Fattispecie in tema di disciplina fiscale di prodotti petroliferi, 256. -V. anche Comuni e Provincie, Conflitto di attribuzioni, Contratti agrari, Fallimento, Filiazione, Imposta di registro, Nobilt, Pensione, Previdenza e assistenza, Procedimento civile, Procedimento penale, Rapporto di lavoro, Reato, Sicilia, Sicurezza pubblica. DANNI DI GUERRA -Contributo di riparazione -In luogo di contributo di ricostruzione -Discrezionalit -Insindacabilit, 267. -C:ontributo di riparazione Provvedimento concessivo -Motivazione per relationem -Legittimit, 266. EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA -Case popolari per famiglie bisognose e senza tetto delle zone alluvionate in Calabria -Costruzioni effettuate dal Ministero dei Lavori Pubblici -Espropriazione -Indennit -Criteri di determinazione -Legge di Napoli -Applicabilit, 252. -Cessione in propriet di alloggi costruiti con contributo statale Alloggi la cui concessione sia essenzialmente condizionata alla prestazione in loco di un determinato servizio presso pubbliche Amministrazioni Esclusione dalla cessione in '.Propriet -Condizioni, 230. ENFITEUSI - V. Contratti agrari. ENTE ECCLESIASTICO - V. Imposta di registro. IN!>ICB ' ' VII ESl'ROPRIAZIONE PER P. U. -Indennit -Legge reg,i.onale siciliana 21 aprile 1953, n. 30 Determinazione -Criteri, 253. '.""'""V. anche Edilizia popolare ed economica. FALLIMENTO ...,.... Obbligo del fallito di presentarsi personalmente al giudice delegato, al curatore o al comitato di creditori ... Contrasto con il ;Principio d.ella libert personale ~ diquella di circlazione e soggiorno -Esclusione, 195. ...;;.. V. anche Imposta di registro. FILIAZIONE~ - Azione per riconoscimento di pa . ternit -Invalidazione dell'art. 123 disp. att. codi.ce civile Termine anche per i nati prima del 1 luglio 1939 -Violazione del .principio di eguaglianza Esclusione, 197. -Azione per riconoscimento di paternit -Termine di decadenza Differenza di trattamento rispetto all'azione di riconoscimento di maternita -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 196. GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE -Legge regionale siciliana -Promulgazione e pubblicazione Processo di legittimit in corso Dichiarazione di illegittimit costituzionale -Efficacia retroattiva, 247. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Ricorso giurisdizional -Rinunzia -Adempimenti necessari ad validitatem, 265. -Ricorso giurisdizionale -Rinunzia -In udienza .,. Pu essere fatta solo dal difensore ed alla presenza dei difensori delle altre parti, 265. IMPIEGO PUBBLICO -Procedimento disciplinare -Ac. certamenti preliminari -Convincimento di incolpevolezza dell'organo officiato di tali accertamenti -Non preclude l'azione disciplinare, 264 . -Procedimento disciplinare -Estinzione -Per decorrenza di termini -Non pu verificarsi prima della contestazione degli addebiti -Fa~ispecie, 264. -Promozione -Merito comparativo -Attitudine alla qualifica su. periore -Punti 50 su 170 -Legittimit, 26~. - Promozione -Merito comparati . vo -Criteri di massima -Periodo di tempo preso in considerazione nell'ambito dell'art. 62 d. P. R. n. 686 del 1957 -Insindacabilit, 261. -Promozione -Merito comparativo -Criteri di massima -Ripartizione in pi voci di tutte le categorie di titoli -Non occorre, 261. -Promozione -Merito comparativo -Discrezionalit del giudizio -Eccesso di potere -Limiti Disparit di trattamento -Inconfigurabilit, 261. -Promozione -Merito comparativo -Note di qualifica -Non sono i soli elementi di valutazione Disparit di trattamento fra scrutinandi con massime qualifiche -Inconfigurabilit, 261. -Promozione -Merito comparativo -Preparazione professionale Valutazione in voce autonoma Legittimit, 261. -Promozione -Rinnovazione dello scrutinio a seguito di annullamento in s. g, -Annullamento per illogicit e disparit di trattamento nell'attribuzione dei punti -Revisione solo dei punti del ricorrente -Insufficienza, 266. . - Promozione -Rinnovazione dello scrutinio a seguito di annullamento fo s. g. -Rinnovazione solo a partire dall'ultimo atto valido -Rinnovazione di tutto il procedimento -Esclusione, 265. - VIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Promozione -Merito comparativo -Schede personali -Finalit e criterio di compilazione, 261. V. anche Competenza e giurisdizione. IMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazioni per il trasferimento di case di abitazione non di lusso -Vendita isolata di negozi Inapplicabilit, con nota di S. LAPORTA, 336. -Atti compiuti dal falsus procurator e non ratificati -Equiparazione agli atti nulli ed annullabili -Esclusione -Efficacia traslativa -Esclusione, con nota di R. SEMBIANTE, 300. -Atti soggetti ad approvazione ed omologazione -Autorizzazione all'acquisto degli enti ecclesiastici -Inapplicabilit dell'art. 81 della legge di registro, con nota di c. BAFILE, 287. -Atti soggetti ad autorizzazione governativa Decorrenza del termine per la registrazione Beni immobili e diritti reali immobiliari -Irrilevanza della distinzione, con nota di C. BAFILE, 287. Cessione di crediti verso la Pubblica Amministrazione in relazione a finanziamenti concessi da aziende ed enti di credito a favore di ditte commerciali e industriali -Aliquota ridotta Correlazione fra i due negozi Estremi -Criteri di determinazione, 272. Cessione di crediti verso la Pubblica Amministrazione in relazione a finanziamenti concessi da aziende ed enti di credito a favore di ditte commerciali e industriali -Aliquota ridotta Correlazione fra i due negozi Estre- mi -Criteri di determinazione -Fattispecie, 275. -Cessione di crediti verso la Pubblica Amministrazione in relazione a finanziamenti concessi ad aziende ed enti di credito a favore di ditte commerciali e industriali -Aliquota ridotta Interpretazione dei negozi soggetti ad imposta -Apprezzamento del giudice di merito -Incensurabilit, 272. -Cessione di ere.diti verso la Pubblica Amministrazione in relazione a finanziamenti concessi da aziende ed enti di credito a favore di ditte commerciali ed industriali -Aliquota ridotta -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti per intrinseca natura le une dalle altre -Deposito bancario collegato a finanziamento garantito da cessioni di credito -Applicabilit dell'imposta a norma dell'art. 9 capov. legge di registro -Esclusione, con nota di C. BAFILE, 278. Delegazioni di pagamento -Delegazioni sulle imposte di consumo ed estinzione dei mutui contratti dai Comuni -Agevolazioni di cui all'art. 18 1. 3 agosto 1949, n. 583 -Estensione alle delegazioni -Applicabilit anche nei confronti del soggetto delegato, 321. -Delegazioni di pagamento -Delegazioni sulle imposte di consumo ed estinzione dei mutui contratti dai Comuni -Natura giuridica -Intassabilit, 321. Delegazioni di pagamento -Delegazioni sulle imposte di consumo ed estinzione dei mutui contratti dai Comuni -Tassazione autonoma -Esclusione, 321. -Fallimento -Atti del fallito Registrazione in termine fisso Pagamento dell'intero ammontare dell'imposta Violazione della par condicio creditorum e del principio di eguaglianza -Esclusione, 192. Sentenza dichiarativa dell'inefficacia dell'atto compiuto dal falsus procurator e non ratificato -Imposta di retrocessione Non dovuta, con nota di R. SEMBLANTE, 300. Supplemento -Giudic~to formatosi su precedente ,supplemento Preclusione, 309. -V. anche Imposte e tasse in genere. INDICE IX IMPOSTA' GENERALE SULL'ENTRATA -EF1.trata imponibile -Rimborso del costo dei libretti consegnati dall'l.N.A.M. agli assistiti Esclusione -Funzione accessoria ad attivit esente da imposta, 319. IMPOSTA STRAORDINARIA SUL PATRIMONIO .....:: V; anche Imposte e tasse in ge. nere~ IMPOSTA SULLE SOCIET -Agevolazioni -Cooperative di . consumo -Aecerttnento dei preStipi;> osti -Rilevanza esclusiva dell'attivit svolta, 316. IMPOSTE DOGANALI -Ingillnzione -Opposizione giudiziaria -Termine -Inosservan'" za -Decadenza, 335. -Liquidazione con ingiunzione a seguito di condanna generica al risarcimento del danno -Legittimit, 335. IMPOSTE E TASSE IN GENERE. -Accertamento -Imposta straordinaria sul patrimonio -Rettifica dell'accertamento da parte della Commissione distrettuale delle Imposte ex art. 48 t. u. 9 maggio 1950, n. 203 -Abrogazione per effetto dell'art. 5 1. 5 gennaio 1956, n. 1 -Sussistenza, .332. -Accertamento -Intestazione a perSt>na defunta -Nullit, 306. -Aecertamento -Profitti di ontingenza -Rettifica da parte della Commissione centrale -Difetto di potere, 333. -Accertamento -Requisiti -Fattispecie -Nullit -Insussistenza, 316. ~ Imposta di registro -Prescrizione -Notifica di seconda ingiunzione -Cumulo degli effetti interruttivi, 268. -Imposte indirette -Prescrizione -Consolidazione del criterio di tassazione -Fattispecie, con nota di C. BAFILE, 280. -Imposte indirette -Prescrizione -Consolidazione del criterio ditassazione -Interruzione -Ricorso alla Commissione -Effetti, con nota di C. BAFILE, 287. -Imposte indirette -Prescrizione -Interruzione -Avviso di accertamento di valore e concordato -Effetti, con nota di C. BAFILE, 280. -Imposte indirette -Riscossione Ingiunzione fiscale -Natura Posizione processuale delle parti -Poteri dell'ente creditore di mutare il titolo della pretesa, 261}. -Procedimento dinanzi alle Commissioni -Imposte indirette nei trasferimenti -Controversie di valutazione Decisioni della Commissione provinciale -Omissione di motivazione -Ricorso immediato in Cassazione, ai sensi dell'art. 111 della Costituzione -Ammissibilit, 311. -Procedimento dinanzi alle Commissioni -Imposte indirette sui trasferimenti -Controversie di valutazione -Rogatoria alla commissione distrettuale nel cui territorio si trovino i beni da valutare -Necessit di ulteriore rogatoria da parte della commissione provinciale adita in sede di appello -Esclusione, 311. -Procedimento -Legittimazione attiva -Liquidatore di societ Azione in proprio -Esclusione, 332. - Quietanza -Valore probatorio Limiti, con nota di C. BAFILE, 280. - Soggetti attivi e passivi della potest tributaria -Stato -Enti pubblici minori -Regola dell'assoggettamento dello Stato alla potst tributaria degli enti minori -Sussistenza, 298. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO -Solidariet tributaria -Nozione Giudicato intervenuto nei confronti di alcuni dei coobbligati solidali -Opponibilit agli altri -Esclusione, 293. IMPOSTE INDIRETTE -V. anche Imposte e t(L$se in genere. INGIUNZIONE -V. Imposte e tasse in genere, Procedimento civile. LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI -Dichiarazione di incostituzionalit -Effetti -Influenza su altro giudizio pendente con deduzione di incostituzionalit della norma applicata -Operativit della sentenza di incostituzionalit -Fattispecie, 264. -V. anche Comuni e Provincie, Costituzione della Repubblica, Giudizio di legittimitd costituzionale. MANDATO - V. Imposta di registro. MEZZOGIORNO - V. Appalto. NOBILT Ordinamento araldico-nobiliare Declaratoria di illegittimit costituzionale -Limite, 250. -Predicati nobiliari anteriori al 28 ottobre 1922 riconosciuti prima della costituzione repubblicana -Accertamento -Proponibilit della domanda -Legittimazione passiva -Presidenza del Consiglio dei Ministri -Ufficio Araldico -Sussiste, 251. -Predicati nobiliari esistenti negli ordinamenti giuridici preunitari -Riconoscimento dopo l'emanazione della Costituzione repubblicana -Esclusione, 251. OPERE PUBBBLICHE - V. Appalto. PENSIONI - Trattenute per crediti dell'I.N.P. S. -Illegittimit costituzionale, 192. PRESCRIZIONE -V. Imposte e tasse in genere, Violazione delle leggi finanziarie. PREVIDENZA E ASSISTENZA -Assicurazione obbligatoria contro le malattie -Misura dei contributi -Questioni infondate di costituz'ionalit, 183. - V. anche Pensioni. PROCEDIMENTO CIVILE -Atto di citazione -Sottoscrizione del difensore sull'originale e sulla copia notificata -Natura giuridica -Distinzione -Omissione -Effetti, 254. -Citazione -Soc~et non aventi personalit giuridica -Erronea od omessa indicazione dell'organo che ne ha la rappresentanza Nullit della citazione -Limiti, 245. ~ Giudizio di rinvio -Sopravvenuta declaratoria di illegittimit costituzionale -Principio .di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione -Efficacia vincolante -Non sussiste, 250. -Procedimento per ingiunzione Esecuzione provvisoria previa cauzione -Contrasto con il diritto di difesa ed il principio di eguaglianza -Esclusione, 175. INDICE XI -Ricorso per Cassazione -Ammi- nistrazione dello Stato -Notificazione presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato -Nullit Rinnovazione della notifica -Sanatoria, 249. -V. anche Arbitrato. PROCEDIMENTO PENALE -Revisione in materia contravvenzionale -Limitazione ai soli casi di abitualit o professionalit contravvenzionale -Illegittimit costituzionale, 201. RAPPORTO DI LAVORO -Divieto di licenziamento per matrimonio delle lavoratrici -Presunzione di licenziamen'to per causa di matrimonio -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 197. . -Lavoro domestico -Ferie -Necessit di un anno di ininterrotto servizio -Illegittimit costituzionale, 175. REATO -Abbandono collettivo di pubblici uffici o servizi -Violazione del diritto di sciopero -Illegittimitcostituzionale parziale, 204. -Contestazione dell'accusa Relazione tra sentenza ed accusa contestata -Reato colposo -Ritenuto elemento di colpa non contestato in aggiunta ad altro contestato -Nullit -Esclusione, con nota di A. PALATIELLO, 359. . REGIONI -Regione Siciliana -Appalti di opere rpubblkhe ap,paltate dalla Regione -Capitolato generale per le opere pubbliche appaltate dallo Stato -Valore regolamentare -Esclusione -Necessit di richiamo contrattuale -Sus- siste -Applicabilit, pur in man canza di tale richiamo, delle norme processuali inderogabili e d'immediata applicazione del Cap. gen. 00. PiP. dello Stato aprprovato .con d. P. R. 16 ruglio 1962, n. 1063 -Esclusione, 345. SARDEGNA -V. Conflitto di attribuzioni. SCIOPERO -V. Reato. SENTENZA -V. Arbitrato, Imposta di registro. SICILIA -Norme in materia di caccia Legge regionale 26 luglio 1968 Illegittimit costituzionale Esclusione, 177. -Piattaforma continentale marittima -Permesso di ricerca e di coltivazione degli idrocarburi liquidi -Spettanza del relativo potre allo Stato, 204. -V. anche Espropriazione per pubblica utilit, Giudizio di legittimit costituzionale, Regioni. SICUREZZA PUBBLICA -Misure di prevenzione nei confronti di persone pericolose per la sicurezza e la pubblica moralit -Discrezionalit del questore -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 210 . TRIBUTI LOCALI r -Soggezione dello Stato. ai tributi previsti dal t. u. della Finanza locale per i quali non sia espres\, samente disposta l'esenzione Sussiste -Soggezione all'imposta - XII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di licenza -Spacci della gestione La Provvida -Sussiste, 298. TRUFFA Danno e profitto attraverso atti necessari all'assunzione dell'obbligazione - reato continuato, con nota di P. DI TARSIA, 369. -Momento consumativo -Esistenza di un danno concreto effetti vo -Assunzione dell'obbligazione -Costituisce tentativo, con nota di P. DI TARSIA, .369. VIOLAZIONE DELLE LEGGI FINANZIARIE E VALUTARIE -Pena pecuniaria -Natura -Prescrizione -Norme applicabili Verbale di accertamento -Idoneit quale atto interruttivo, 335. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 17 febbraio 1969, n. 16 pag. 175 l 7 febbraio 1969, n. 17 175 17 febbraio 1969, n. 18 177 17 febbraio 1969, n. 19 179 20 febbraio 1969, n. 21 183 20 febbraio 1969, n. 22 192 20 febbraio 1969, n. 23 192 20 febbraio 1969, n. 24 195 5 marzo 1969, n. 26 196 5 marzo 1969, n. 27 197 5 marzo 1969, n. 28 201 5 marzo 1969, n. 29 204 .' 17 marzo 1969, n. 31 204 17 .marzo 1969, n. 32 210 21 marzo 1969,. n. 37 212 21 marzo 1969, n. 38 226 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 13 luglio 1968, n. 2497 pag. 245 Sez. I, 24 luglio 1968, n. 2673 . 268 Sez. I, 2 agosto 1968, n. 2750 . 275 Sez. I, 2 agosto 1968, n. 2752 . 278 Sez. I, 5 settembre 1968, n. 2866 . 272 Sez. I, 5 settembre 1968, n. 2871 . 247 Sez. I, 25 ottobre 1968, n. 3509 . 280 Sez. I, 29 ottobre 1968, n. 401 . . 249 Sez. I, 11 dicembre 1968, n. 3939 . 287 Sez. Un., 20 gennaio 1969, n. 126 230 Sez. I, 20 gennaio 1969, n. 135 . 293 Sez. I, 6 marzo 1969, n. 710 . 345 Sez. I, 6 marzo 1969, n. 725 . 298 Sez. I, 8 marzo 1969, n. 754 . 300 Sez. I, 12 marzo 1969, n. 781 306 Sez. I, 12 marzo 1969, n. 782 . 309 Sez. I, 15 marzo 1969, n. 825 . 311 Sez. I, 15 marzo 1969, n. 827 . 316 Sez. I, 17 marzo 1969, n. 857 . 348 Sez. I, 21 marzo 1969, n. 898 . 319 sez. Un., 24 marzo 1969, n. 933 . 321 Sez. Un., 24 marzo 1969, n. 937 251 Sez. Un., 24 marzo 1969, n. 938 . 250 XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLU STATO Sez. Un., 24 marzo 1969, n. 939 . Sez. I, 25 marzo 1969, n. 959 . Sez. I, 28 marzo 1969, n. 997 . Sez. I, 28 marzo 1969, n. 1000 Sez. I, 29 marzo 1969, n. 1033 . Sez. I, 9 aprile 1969, n. 1136 . Sez. I, 9 aprile 1969, n. 1139 . Sez. Un., 14 aprile 1969, n. 1178 . Sez. I, 14 aprile 1969, n. 1186 . Sez. I, 14 aprile 1969, n., 1188 . GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 5 febbraio 1969, n. 31 Sez. IV, 5 febbraio 1969, n. 33 Sez. IV, 28 febbraio 1969, n. 45 Sez. IV, 28 febbraio 1969, n. 46 Sez. IV, 28 febbraio 1969, n. 51 GIURISDIZIONI PENALI Sez. IV, 18 febbraio 1967, n. 1883 Sez. Un., 22 marzo 1969, n. 2 . . CORTE DI APPELLO Napoli, Sez. I, 23 novembre 1968, n. 2563 . Roma, Sez. I, 23 gennaio 1969, n. 113 . . Venezia, Sez. I, civ. 28 marzo' 1969, n. 189 pag. 236 252 332 253 333 254 332 240 335 335 pag. 261 263 265 265 26.6 pag. 359 369 pag. 336 350 256 SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA F. A. RoVERsI MONACO, Gli Enti di Ges_tione, Giuffr editore, Milano, 1967 . 00 pag. 43 C. VINCI, -E. ALTANA,.L;at~iv~ ~r~ditarlo n~Zl~ ~e~u~zia 0di. s~c- cessione, L. di G. Pirola, Milano, 1969 . . . . . . . . . 43 INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) Acque pubbliche . pag. 46 Espropriazione per Agricoltura 46 pubblica utilit pag. 50 Amministrazione pub-Fallimento 50 blica ..... Ferrovie' 46 50 Antichit e Belle Arti 47 Impiego pubbli 0 co 51 Appalto Importazione ed E .... 47 sportazione Atti amministrativi. 51 Circolazione stradale . 47 In:iposta di regi~tro : : 51 48 Imposta di ricchezza Comunit Economica ~ mobile 52 Europea 48 Imposte e tasse 52 Concessioni ammini-Locazione 53 strative 48 Lotto e Lott~ri~ 53 Concorsi Mezzogiorno 49 54 Contabilit generale Obbligazioni e Contratti dello Stato 54 49 Opere p~bblich~ Contenzioso tributa- 54 Regioni rio 54 49 Ricostruzione 54 Dazi doganali 49 Successioni 55 - 1:1 ,_,,.-#"~'-'~'-'_"_,__M#W#<7_, ,,_W~#,7 ,_/'"~"'7'#;;_,_,~_,_J __,__,.,.,,,,,_,___ __ PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIU!lISPRUDENZA COSTITUZIONALE . > B.INTERNAZIONALE* "/: :::-.:-:.'.'. .:><.... .. .. . ...... .. . . . . ... . . CQBtt; COS~'l'llz1NALE, 17 febbraio 1969, n. 16 ."' Pres. Saridulli .. ~~Xftr~iIDilf~lit ~ Ttitdi (n.c.) c. D'Alessandro (ri'.c.) . ... .-~-E:E~;i,;=:~unanno ... t==~~l~~~~~ . ;:t:.e Q:i N;:t];!ol~.(Gazzetta Ufficiale 2 settembre 1967, n. 221). COR'rl!: COS'!'lTtrZIONALE, 17 febbraio 1969, n. 17 -Pres. Sandulli - ReZ. .Benedetti -Officine meccaniche di Cogoleto (n.c.) c. societ ta:vol'a.Ziri metalli di Cisterna Latina (n.c.) -Olivieri (n.c.) c. FetJ.'ari (n.c;), Ptoe~hnell,to ivile -Procedimento per ingiunzione -Esecuzione provvispria .previa cauzione -Contrasto con il diritto di difesa ed il Pl."mCipio di uguaglianza -Esclusione. (Co$1:., a,1,'tt. 3; 24; c.p.c., art. 648, secondo comma). Non . fondata, in riferimento agii artt. 3 e .24 della Costituzione, la que.stione di legittimit costituzionale dell'art. 648, secondo comma, del codice di procedura civile (1). (1) La questione stata proposta con ordinanza 4 aprile 1967 del giu~ dice istruttore del tribunale di Genova (Gazzetta Ufficiale 11 novembre (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa sezione ha collaborato anche Z'avv. RAFFAELE CANANZI. -- ~ , -%.. - , ~---,_ --, 176 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). __:_ Il giudice istruttore del tribunale di Genova nella sua ordinanza prospetta il dubbio che la cauzione possa dimostrarsi inidonea ad assicurare alla parte assoggettata alla anticipata esecuzione del decreto ingiuntivo l'integrale risarcimento del danno che in ipotesi pu derivarle dall'esecuzione stessa ed esprime inoltre il timore che il creditore possa avvalersi della norma denunciata per scopi vessatori ed emulativi. La risposta a tali rilievi implicita nella motivazione della richiamata sentenza nella quale stato posto in luce che la determinazione dell'importo della cauzione e del modo nel quale deve essere prestata affidata al prudente apprezzamento del giudice. Se la valutazione delle ragioni di entrambe le parti sar eseguita in modo giusto e scrupoloso, secondo le finalit della disposizione, la cauzione ben potr assolvere allo scopo di garanzia assegnatole dal legislatore per l'ammontare di eventuali restituzioni, spese e danni e richiamare altres il creditore alla responsabilit di fare un corretto uso della norma in esame e non di servirsene per fini vessatori ed emulativi che determinerebbero in ogni caso la responsabilit aggravata prevista dall'art. 96 del codice di rito. 3. -Del pari infondata la eccezione di incostituzionalit pr-0spettata sotto il nuovo profilo della pretesa violazione dell'art. 3 della Costituzione. Nel rapporto creditore-debitore si gi visto che la norma non comporta il disconoscimento del diritto alla tutela giurisdizionale del debitore e quindi diseguaglianza di trattamento sotto questo aspetto, dato che la cauzione, posta a carico della parte che, sia pure in una fase sommaria del giudizio, ha .gi sottoposto al vaglio del giudice la consistenza delle ragioni poste a base della sua pretesa, ha proprio la funzione di garantire il debitore dai danni eventualmente derivantigli dalla anticipata esecuzione del decreto. altres da escludere che la disposizione censurata abbia inteso fare' un trattamento diverso a cittadini trovantisi in identica situazione, in relazione alla diversit delle loro condizioni economico-sociali, assicurando solo ai creditori abbienti l'utilizzazione di un particolare strumento processuale. Vero per contro che, nella disciplina di tale strumento, il legislatore ha soprattutto preso in considerazione la particolare posizione processuale nella quale viene a trovarsi il debitore per effetto della richie~ta di immediata esecuzione del decreto 1967, n. 282) e 29 settembre 1967 del pretore di Empoli (Gazzetta Ufficiale 23 dicembre 1967, n. 321). La questione in riferimento all'art. 24 della Costituzione, gi stata esaminata e decisa dalla Corte Costituzionale con la sentenza del 10 giugno 1966, n. 62, in questa Rassegna, 1966, I, 755, con ampi richiami in dottrina e giurisprudenza. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 177 ed ha opportunamente condizionato l'accoglimento di tale richiesta alla prestazione di una cauzione per l'ammontare delle eventuali restituzioni, spese e danni. La previsione di quest'onere processuale per il creditore non viola perci il principio di eguaglianza essendo fondata su presupposti evidentemente logici ed obbiettivi che ne giustificano l'adozione -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 17 febbraio 1969, n. 18 -Pres. Sandulli - Rel. Mortati -Commissario dello Stato per la Regione siciliana (sost. avv. gen. Stato Carafa) c. Presidente Regione siciliana (avvocato Silvestri). Sicilia -Norme in materia di caccia -Legge regionale 26 luglio 1968 Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., artt.5, 97; St. spec. reg. sic., art. 12; l.r. 26 luglio 1968). In riferimento agli artt. 5 e 97 detta Costituzione e 12 deilo Statuto regionale siciliano, infondata la questione di legittimit costituzionale delta legge approvata dall'Assemblea regionale. siciliana il 26 luglio 1968, recante norme suzia caccia, in quanto l'art. 1 di detta legge demanda all'assessore per l'agricoitura e le foreste il po,tere di emanare provvedimenti di natu1a esclusivamente amministrativa ed in quanto l'art. 2 deUa stessa legge non ha fatJto altro che confermare quanto gi risultava aU'art. 2 della legge regionale 8 luglio 1948, numero 35 (1). (Omissis). -1. -Per l'esatta interpretazione della legge regionale oggetto del presente giudizio da mettere in rilievo come la competenza legislativa primaria in materia di caccia, attribuita alla Regione siciliana dall'art. 14 lettera l) dello Statuto, non stata finora esercitata, sicch nel territorio della medesima continuano a vigere, seconlo i principi, le leggi statali. Invece sono state trasferite alla Regione con l'art. 1 del decreto legislativo presic!l.enziale 7 maggio 1948, n. 789, in conformit al disposto dell'art. 20 dello Statuto, le attribuzioni di ,carattere amministrativo gi spettanti nella materia dell'agricoltura all'omonimo Ministero, fra cui era compresa la caccia, mentre (1) Sul decentramento amministrativo in materia di caccia, vedansi le sentenze n. 11 del 1959, Giur. it., 1959, I, 815 e n. 101 del 1964 in questa Rassegna, 1964, I, 1004, con nota di richiami. 178 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO con il successivo art. 2 tutti gli uffici periferici del Ministero stesso operanti nel territorio della Regione venivano dichiarati organi della Amministrazione regionale, e ad essa trasferiti con l'assegnazione a : questa anche dei compiti di vigilanza e tutela sugli enti ed istituti esistenti, compresi quelli consorziali. Con successiva legge regionale 8 luglio 1948, n. 35, esecutiva delle predette norme di attuazione, ed intitolata all'ordinamento dei servizi dell'assessorato per l'agricoltura e le foreste, venjvano devolute a quest'ultimo tutte le attribuzioni del Ministero risultanti dall'ordinamento esistente alla data del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (art. 1) e riprodotte testualmente le disposizioni di cui alle lettere a) e b) delle norme citate (ar ticoli 2 e 3). Considerata alla stregua della situazione normativa che si deli neata, non sembra fondata la interpretazione dell'art. 1 della legge in esame assunta a fondamento dell'impugnativa del Commissario del Governo, che fa leva sull'inciso dell'articolo medesimo con .cui si con ferisce carattere temporaneo ai poteri dell'Assessore fino a quando la materia non sar regolata con legge organica regionale , per de durne che si sia voluto consentire all'Assessore stesso di colmare le lacune derivanti dalla mancata emanazione di detta legge, dando vita ad atti normativi: o legislativi o regolamentari, e sostituendosi quindi all'Assemblea ed al Governo regionale, i soli forniti della competenza corrispondente a siffatti atti. Sembra per che tale interpretazione si regga sull'equivoco di ritenere che la materia , che dovr es sere oggetto della futura legge ~egionale si identifichi con i modi e le forme dell'esercizio della cacda affidati all'Assessore. In realt la mancanza di una legge regionale sulla caccia ha per effetto di man tenere nella Regione la piena efficacia delle norme statali, in ogni loro parte, e pertanto i provvedimenti relativi all'esercizio della caccia non potranno (come la stessa dizione adoperata conferma) non rive stire carattere meramente amministrativo e non normativo, n avere oggetto e contenuto diversi da quelli che gi competevano al Ministro per l'agricoltura, a tenore del testo unico sulla caccia, approvato col regio decreto 5 giugno 1939, n. 1016 e delle successive modificazioni apportate con la legge 2 agosto 1967, n. 799; e, si pu aggiungere, non diversi da quelli presumibilmente esercitati finora dall'Assessore stesso durante tutto il ventennio decorso dal 1948. Proprio il carattere puramente riproduttivo della preesistente normazione rivestito dall'articolo in esame pu avere alimentato i dubbi del Commissario dei Governo circa la violazione delle disposi zioni costituzionali invocate. Ma chiaro che nessuna violazione dello art. 97 della Costituzione dato riscontrare, in quanto la specifica zione delle modalit dell'esercizio dei poteri assessoriali, richiesta da detto articolo, deve ritrovarsi nelle leggi statali richiamate, e nep PA!ITE I, pure .dellla~t12deUo.~tat~~ct.s(!Ufan()..dit~1i'e camp(( ~ pr?~ved~entale , e quindi,. oltre . eh~. non avere gola*n~~~~ .. e tanto ;meno legislativo/ il~vono rimanere n~ll~ $tr~ttl) a~btt<> delle comp.etenze defl\Uni$tro (0; degli :.;::I:~: caccffi, che . ~~ $t~f!S.l <)l'~~rii di decentramento ...... (Omis&). 17 febbraio 1969, n, 19 -Pres. Sandulli ᥥ i .Jk;i. )3t'a~c~ -Presidente Consiglio dei Ministri e Ministero Agri ~oltr~ e F. Poich essa ha il compito di indagare e riferire e sulla gestione e sui compiti > dell'ETFAS, ente statale (sentenza n. 37 del 1966), l'atto di nomina ha rilevanza esterna ed idoneo a determinare un conflitto di attribuzione fra lo Stato e la Regione. Perci non :pu accogliersi l'eccezione di improponibilit avanzata daUa difesa regionale. Il ricorso fondato. Se al compito di attingere notizie non si accompagnassero corrispondenti obblighi o soggezioni di organi, funzionri od agenti dell'ETFAS, il provvedimento impugnato sarebbe incensurabile. L'indagine della Commissione si arresterebbe alla soglia dell'ETFAS mentre, esercitandosi dall'esterno con la raccolta di informazioai su di ,esso, potrebbe giovare alla politica agraria della Sardegna; il Consiglio regionale ne trarrebbe orientamenti per la propria attivit legislativa (art. 3, lettera d stat.) o per avanzare alle Camere voti e proposte (articolo 51); n i confini della competnza statale sarebbero varcati ch l'ente di sviluppo non ha verso la Regione un diritto alla propria riservatezza >. Ma la Commissione nominata dalla Presidenza del Consiglio regionale una vera Commissione d'inchiesta > con poteri d'intervento (1-2) Si tratta di due giudizi per conflitti di attribuzione promossi, rispettivamente, con ricorso del Presidente del Consiglio a seguito della nota 4 maggio 1968 della Regione sarda, relativa alla nomina, da parte del Consiglio regionale, di una Commissione speciale di indagine sulla gestione e sui compiti dell'ETF AS e con ricorso del Presidente della Regione sarda a seguito del provvedimento con cui il Ministero dell'agricoltura e delle foreste ha approvato il bilancio preventivo dell'ETFAS per l'esercizio 1967. La sentenza 14 maggio 1966, n. 37, pi volte richiamata in motivazione, riportata, con ampia nota di richiami in giurisprudenza e dottrina, in questa Rassegna, 1966, I, 503. PARTE I, SEZ. I, GIURI$. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 181 all'interno dell'ETFAS: lo si ricava dalla natura dei compiti che le sono stati assegnati, non potendosi indagare sulla situazione patrimoniale e sulla struttura concreta dell'ente senza l'esame di documenti interni e senza l'interrogazione di funzionari; lo si legge nelle premesse della deliberazione consiliare, che ricollega l'inchiesta all'inefficienza del controllo de Presidente della Giunta regionale e alla necessit di avere un quadro completo, aggiornato e diretto della situazione dell'ente ; lo si scorge nelle deduzioni della stessa Regione, che tra l'altro indivi~ nell'ETFAS uno strumento della politica e dell'amministraZiorie regionale . Sotto questo aspetto il provvedimento impugnato eccede la competenza regionale poich presuppbne una potest di vigilanza e di controllo consiliare su un ente di :Stato che svolge essenzialmente funzioni statali di riforma fondiaria ed agraria (citata sentenza 1966, n. 37); funzioni che non mutano natura se vengono delegate alla Regione. Che questa abbia ~ legislazione esclusiva in materia di agricoltura -e foreste -e che perci I'ETFAS operi anche in un campo riservato alla Regione, innegabile: tanto vero che alla nomina del consiglio --d'amministrazione e del collegio sindacale partecipa l'esecutivo regionale (art. 2 della legge di delegazione n. 901 del 1965 e artt. 4, 7 della legge delegata n. 257 del 1966); ma l'interesse e l'azione propriamente regionale sono cosi amalgamati, nella struttura e nei compiti dell'ETF AS, con l'interesse e l'azione statale ,che il controllo giustificato da quelli non .pu svolgersi senza incidere profondamente su questi: come dire che la Commissione inquirente, indagando nel nome della competenza regionale, colpirebbe necessariamente la potest dello Stato; conseguenza del difetto d'un coordinamento che, richiesto dal sistema oltrech dalla legge di delegazione n. 901, non stato ancora attuato (vedi anche sentenza citata della Corte, n. 37 del. 1966). La Regione sarda ha osservato che l'art. 54 dello Statuto non potrebbe attuarsi se non si consentisse al suo Consiglio di raccogliere elementi per far voti e proposte alle Camere su materie che interessano la Sardegna; ma l'argomento prova troppo e, se fosse esatto, permetterebbe alla Regione di esercitare, a quello scopo, un controllo penetrante su tutti gli uffici e gli enti statali che operano nel suo territorio: l'art. 54, piuttosto, deve essere inteso nel senso che quegli elementi potranno essere raccolti dal Consiglio regionale solo nello esercizio di poteri derivantigli, sulle singole_ materie, da altre norme statutarie, come s' detto che avverrebbe nel caso della semplice raccolta di notizie. v:ro che la Regione, sotto la vigilanza dei suoi organi, pu affidare all'ente di sviluppo altri compiti nell'ambito della propria competenza (art. 1, penultimo comma, del decreto del Presidente 182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della Repubblica 1966, n. 257): in questo campo una Commissione consiliare d'inchiesta sarebbe legittima se il suo potere si limitasse al controllo dell'efficienza dell'ETFAS rispetto all'esplicazione di tali compiti; ma la deliherazfone del Consiglio regionale va tanto oltre quei limiti che non possibile isolare, in seno ad essa e giudicandosi un conflitto di attribuzione, la parte da ritenere legittima: insomma il vizio gi rilevato travolge necessariamente l'intero atto. 3. -Quanto alla seconda causa, il c.ontrasto fra Stato e Regione si pone in questi termini: l'uno ritiene che coldecreto del Presidente della Repubblica 1966, n. 257 si siano delegate alla Regione solo le funzioni attribuite espressamente al Ministero dell'agricoltlira dalla precedente legge 1965, n. 901 (escluse quelle relative al personale); l'altra nel suo ricorso afferma che le siano state delegate tutte le funzioni amministrative spettanti al Ministero (escluse quelle relative al personale) e perci comprese quelle di vigilanza e di tutela: poich in queste rientra l'approvazione del bilancio preventivo dell'ETFAS (art. 5 lettera c), il provvedimento con cui il MiniStro lo ha approvato per l'anno finanziario 1967 sarebbe illegittimo. Il ricorso infondato. Nel testo dell'art. 1, comma quinto, del decreto del Presidente della Repubblica 1966, n. 257 ( Sono delegate alla Regione sarda le funzioni amministrative che la legge 14 luglio 1965, n. 901 demanda al Ministero dell'agricoltura salvo eccetera ) la delegazione limitata alle potest attribuite al Ministero dalla legge precedente (escluse quelle relative al personale): potest inerente a materie (piani di valorizzazione, studi e ricerche) delle quali non fa parte l'approvazione del bilancio (v. art. 3, ultimi due commi, e art. 6, penultimo comma, legge 1965, n. 901). Il terzo comma dello stesso art. 1 sottopone gli enti di sviluppo alla vigilanza e alla tutela del Ministero dell'agricoltura : se l'esercizio di tali potest, in cui rientra l'approvazione del bilancio, si fosse voluto delegare alla Regione, anche a questo terzo comma si sarebbe richiamato il successivo comma quinto, anzich alla sola legge precedente. Del resto, che i poteri di vigilanza e di tutela non siano stati delegati alla Regione, si pu dedurre anche dai lavori preparatori della legge 1965, n. 901: la proposta di delegare alla Sardegna l'esercizio di ampie potest amministrative, presentata in ciascuno dei rami del Parlamento, fu immediatamente respinta e il Ministro dell'agricoltura osserv che, dopo l'approvazione della legge, si sarebbe soltanto dato corso ad una delega per alcuni compiti (Atti parlamentari del Senato, IV legislatura, volume XV, pagine 14413, 14753, 14755 e della Camera, IV legislatura, volume XVII, pagine 16810, 16812): per fo meno improbabile che poco dopo lo stesso Governo, col successivo de PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 183 creto del Presidente della Repubblica, abbia concesso alla Regione proprio quanto aveva negato di poteTle attribuiria. L'approvazione del bilancio da parte del Ministero dell'agricoltura perci atto legittimato, emanato da esso nell'esercizio di. propria potest. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 20 febbraio 1969, n. 21 -Pres. Sandulli Rei. FOC'gli -Lmp. Rossi (avv. Balladore Pallieri, Ukmar, Gallarati Scotti) ~ . Soc. Etna trasporti (avv. Gismondi) c. l.N.A.M. (avv. Jemolo e Sorrentin.o) -E.T.F.A.S. (n.c.) c. E.N.P.D.E.P. (avv. Carbone) -interv. Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Coronas). PreVidenza e assistenza -Assicurazione obbli~atoria contro le malat tie -Misura dei contributi -Questioni infondate di costituzionalit. (Cost., artt. 23, 32, 38, 76 e 89; 1. 14 aprile 1956, n. 307, art.1, secondo comma; .1. 28 luglio 1961, n. 830, art. 15, terzo comma; 1. 31 dicembre 1961, n. 1443, art. 5; d.P.R. 31 dicembre 1963, n. 2194). Non sono fondate Ze questioni dii Zegittimit costituzionali concernenti: 1) Z'art. 1 secondo comma legge 14 aprile .1956, n. 307, in riferimento agli ar'()t. 23 e 76 deUa Costituzione; 2) l'art. 15 terzo omma legge 28 luglio 1961, n. 830, in riferimento agli artt. 32 e 38 delZa Coistitmzione; 3) l'art. 5 legge 31 dicembre 1961, n. 1443, in riferimento agli artt. 32 e 38 della Costituzione; 4) l'art. 5 terzo e quarto comma della stessa legge 31 dicembre. 1961, n. 1443, in riferimento agli artt. 23 e 76 deilla Costituzione; 5) l'art. 1 deZ decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1963, n. 2194, i!" riferimento agli artt. 32 e 38 della Costituzione; 6) Zo stesso decreto del Presidente della Repubblica 31 dicem bre 1963, n 2194, in riferimento all'art. 89 delLa Costituzione (1). (Omissis). -1. -Le cause possono riunirsi perch riguardano le medesime questioni o questioni collegate. (1) La sentenza ha deciso nei giudizi riuniti di legittimit costituzionale degli articoli 1, secondo comma, della legge 14 aprile 1956, n. 307; 5 della legge 31 dicembre 1961, n. 1443; 15, terzo comma, della legge 28 luglio 1961, n. 830; e del decreto del Presidente della Repubblica 31 dicem 184 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 2. -Esse possono decidersi nel merito perch non sono attendibili le pregiudiziali proposte dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro Ie malattie. Non fondato infatti che le ordinanze dei giudici di merito mancano di motivazione o di congrua motivazione sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimit costituzionale. Esse invece hanno dato sufficiente ragione della convinzione conclusiva, per un verso, quando si sono limitate a negare che le norme denunciate pongano criteri o principi direttivi o comunque limiti di discrezionalit all'organo chiamato .al compito di determinare i contributi assicurativi generali e l'addizionale pensionati, e, per un altro verso, quando hanno unicamente rilevato che il decreto relativo all'addizionale manca della controfirma del Presidente del Consiglio dei Ministri. Non poi accoglibile l'assunto secondo il quale l'art. 1 secondo comma della legge 14 aprile 1956, n. 307, riguardante i contributi generali, non si sarebbe dovuto sottoporre al sindacato di costituzionalit senza promuovere eguale controllo per le leggi cui rimanda, circa le forme e le modalit di esercizio della potest attribuita. Con tale rinvio la norma suddetta ha assunto le forme e le modalit richieste dalle leggi precedenti, come oggetto di una propria normativa in via di relatio; essa ha perci una propria autonomia e pu essere assoggettata al sindacato di questa Corte come norma completa, indipendente dalle altre richiamate, che sono state recepite nella loro integralit. 3. -Non giustificato l'assunto del tribunale di Como secondo cui l'onere finanziario dell'assicurazione malattia costituisce una spesa inerente ad un compito statale e deve gravare sulla totalit dei cittadini, anzich sui datori di lavoro e sui lavoratori. Esso stato esposto con riferimento all'assicurazione dei pensionati, sulla quale soltanto si discusse innanzi a quel tribunale; ma ha una portata pi ampia, per la bre 1963, n. 2194, concernenti la misura dei contributi dovuti per l'assicurazione obbligatoria contro le malattie, promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 6 dicembre 1967 dal tribunale di Milano nel procedimento civile vertente tra Mangia Adriano, Orcesi Umberto e l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro le malattie, iscritta al n. 16 del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50 del 24 febbraio 1968; 2) ordinanza emessa il 29 novembre 1967 dal pretore di Milano nel procedimento penale a carico di Rossi Walter, iscritta al n. 20 del registro 1Jrdinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 84 del 30 marzo 1968; 3) ordinanza emessa il 10 febbraio 1967 dal tribunale di Cagliari nel procedimento civile vertente tra l'Ente per la trasformazione fondiaria e agraria in Sardegna e l'Ente nazionale di previdenza per i dipendenti da enti di diritto pubblico, iscritta al n. 37 del registro ordinanze 1968 e PARTE I, SEZ. I, GIVRIS. COSTITUZlON.A.:t.E E l~TERNAZIONALE 1811 sua idoneit a riflettersi anche sul sistema di finanziamento dell'assicuPARTE I, SEZ. I, GIVRIS. COSTITUZlON.A.:t.E E l~TERNAZIONALE 1811 sua idoneit a riflettersi anche sul sistema di finanziamento dell'assicurazione malattfa dei lavoratori in attivit di servizio. E va perci esaminata in tale pi vasta prospettiva. Non giova per al suo sostegno i1 richiamo dell'art. 32 della Costituzione; esso garantisce cure gratuite agli indigenti privi di qualsiasi altra ptoteaio))e sanitaria. Ma per i la'\1'oratori l'assistenza malattia og~ttg del .sU()t::l1)iSsivo aJ:t 38, secondo comma; il quale. VU()ler he lo $#\t9 ~49tii ~ ~iire neces$arie a rendere effettiva l'assistenza stessa, s~za :fol'fu.ulal'e .di~f$e s().1uzioni'. L'art. 38 quarto comma si limita a staJ:lntr~ he ;i,i c()mpitf :i:'fativi Ptovvedano organi ed istituti predisposti 6 integ:t'atl 4ell6 Stato, e l:lUlla dispone di categorico sul finanziamento Cl.i tilt ii 4at~l'i!UlaV()i'Qe ai lavorat()ri,. prestazioni .patrimoniali di copert4: i:a t;l:elbf$pesa di as$istenza malattia sul fondamento di meditate solu#'. 9tl:f(1L gfost!Zfa sociale e su questa linea gi la giurist;>rudenza di ..q\:~til Qorte, la.q.a1e,. nelle sue .sentenze 6 dicembre 1960, n. 'i, 20 maggio, 19$~. n, 44;.ie a.aprile 1968, n .23, ha deciso che l'art. 38 della . q~tit1l:?:i9~E;) n()tl E;)sCll:ld(;l che .possano farsi gravare su: sing.c>le categorie di s(i.ggettfg11. oneri flna.nziari inerenti ai compiti cui esso si riferisce. 4.. ,,. :t;e nol;m denunciate si mantengono sulla linea dell'art. 38, q.a:rto C()mma,. della C9stituzione, per.eh fanno proprio il sistema del . . ... . . . . . ~1:1nz~atnento. per contributi caleolati suU~importo delle tetribuzioni dovute ai lawratodvsenza respingere l'obbligo integrativo dello Stato c:he, infatti, negli ultimi anni com' noto, ha trovato pi di una attuazione, La determinazione dei contributi, fino ai 18 maggio 1963, fu rimessa, per l'assicurazione dei lavoratori in attivit di servizio, ad un decreto del Presidente della Repubblica, emanato su proposta del Mini- pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 102 del 20 aprile 1968; 4) ordinanza emessa il 14 gennaio 1968 dal tribunale di Milano nel procedimento civile vertente tra la ditta Termotecnica Russo e l'INAM, iscritta al n; 75 del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Rpubblica n. 139 del 1<> giugno 1968; Il) ordinanza emessa il 5 marzo. 196ll dal tribunale di Como nel procedimento civile vertente tra la societ SALVI e l'INAM, iscritta al n. 84 del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 170 del 6 luglio 1968); 6) ordinanza emessa il 10 gennaio 1968 dal tribunale di Milano nel procedimento civile vertente tra la Societ genrale ..esercizi automobilistici e l'INAM, iscritta al n. 127 del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 222 del 31 agosto 1968;. 7) ordinanza emessa il 22 maggio 1968 dalla Corte d'appello di Caltanissetta nel procedimento. civile vertente tra la societ Etna trasporti e 186 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STA'l'O stro per il lavoro e la previdenza sociale, di concerto con il Ministro per il tesoro, sentito l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro le malattie e -le organizzazioni nazionali sindacali interessate (art. 1, secondo comma, legge 14 aprile 1956, n. 307, in relazione all'art. 1, terzo comma, del d.lg. 9 aprile 1946, n. 212, all'art. 1, secondo comma, del d.lg. 19 aprile 1946, n. 213, e all'art. 1 del d.lg. 31 ottobre 1947, n. 1304). Per l'assicurazione a favore dei pensionati, la determinazione stessa fu deferita ad un decreto del Presidente della Repubblica, da emanarsi entro il 31 dicembre 1963, su proposta pure del Ministro per il lavoro, di ,concerto con quello per il tesoro, sentiti soltanto i consigli di amministrazione degli enti gestori dell'assicurazione di malattia interessati (art. 5, quarto c~mma, legge 31 dicembre 1961, n. 1443); ,l'art. 15, legge 28 luglio 1961, n. 830, concernente gli addetti ai pubblici servizi di trasporto, denunciato unicamente ex artt. 32 e 38 della Costituzione, ed essendosi ritenuta non fondata la questione inerente a detti articoli, non viene pi in esame. Le questioni proposte fanno tutte centro su un dubbio sorto innanzi ai giudici di merito, circa la natura della potest attribuita dalle norme predette per la determinazione dei contributi principali e dell'addizionale, e circa l'osservanza dei predetti contenuti negli artt. 23 e 76 della Costituzione per. ci che concerne i limiti da segnare all'attivit, rispettivamente legislativa o amministrativa, da tali articoli consentita al potere esecutivo o all'autorit amministrativa. 5. - innegabile che, riguardo ai contributi principali, con l'art. 1, secondo comma, legge 14 aprile 1956, n. 307, si posta in essere una delegazione legislativa. L'articolo rinvia, per la determinazione dei contributi, alle forme e alle modalit previste nelle delegazioni risultanti dalla legislazione anteriore, e quindi a quelle indicate nei citati decreti legislativi 9 aprile 1946, n. 212, 19 aprile 1946, n. 213, e 31 ottobre l'INAM, iscritta al n. 133 del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 222 del 31 agosto 1968; 8) ordinanza emessa il 10 aprile 1968 dal tribunale di Imperia nel procedimento civile vertente tra la Compagnia impianti elettrici e l'INAM, iscritta al n. _140 del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Uffidale della Repubblica n. 222 del 31 agosto 1968; 9) ordinanza emessa il 27 febbraio 1968 dal tribunale di Livorno nel procedimento civile vertente tra la Compagnia impianti elettrici e l'INAM, iscritta al n. 148 del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2a5 del 14 settembre 1968; 10) ordinanze emesse il 29 maggio 1968 dal tribunale di Varese nei procedimenti civi:li vertenti tra la Societ Cromos e l'INAM, iscritte ai nn. 147 e 148 del registro ordinanze 1968 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 235 del 14 settembre 1968; 11) ordinanza emessa il 31 maggio 1968 dal pretore di Piacenza nel procedimento penale a carico di Vita Finzi Zalmann Emilio Dattolo, iscritta 188 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Parlamento al Governo, cosi staccando la forma del decreto presidenziale dal titolo di una delegazione. Ci confermato dal quarto comma dello stesso art. 5, ove si specifica che quelle forme doyevano consistere in un decreto del Presidente della Repubblica, senza alcun accenno a deliberazione del Consiglio dei Ministri, come invece era stato previsto nella legge del 1956, per l'indiretto richiamo all'art. 1, n. 3, della legge 31 gennaio 1926, n. 100; non concludente osservare che il comma contiene un termine entro cui il potere si sarebbe dovuto esercitare, perch anche all'esercizio di una potest amministrativa pu assegnarsi un termine; che, nella specie, era acceleratore, dato che coincideva con la data in cui avrebbe iniziato il suo vigore un nuovo sistema di erogazione delle prestazioni assicurative. Che non vi sia delegazione legislativa confermato poi dal fatto che l'iter formativo della legge si concluse il 31 dicembre 1961 con l'approvazione di essa, non da parte dell'Assemblea della Camera dei deputati, ma dalla sua XIII Commissione permanente (Camera dei deputati, Atti parlamentari, 1958-1963, Discussioni della XIII Commissione in sede legislativa, pagina 543) e quindi senza l'uso.del procedimento previsto dall'art. 72, quarto comma, della Costituzione per le leggi che delegano al Governo l'esercizio della funzione legislativa. Ben poteva quindi il decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1963, n. 2194, essere emesso senza la controfirma del Presidente del Consiglio dei Ministri, e senza la previa deliberazione del Consiglio stesso; epper manca in esso la natura di atto avente forza di legge. :E un atto amministrativo riconducibile alla riserva di cui all'art. 23 della Costituzione, ritenuta da questa Corte di portata relativa fin dalla sua sentenza 16 gennaio 1957, n. 4, quindi tale da pe_rmettere una determinazione di aliquote mediante atto dell'amministrazione: il richiamo che vi si fa all'art. 87, comma quinto, della Costituzione attiene stavolta alla potest presidenziale di emanare i regolamenti. 6. -La delegazione legislativa per ladeterminazione dei contributi generali non avrebbe potuto contenere pi che l'indicazione di un modulo di misura dell'aliquota, in maniera da evitare ogni manifestazione di arbitrio; e l'attribuzione della potest amministrativa di determinare l'addizionale per i pensionati non avrebbe potuto ricevere se non vincoli dipendenti da moduli di quel genere, escludenti qualsiasi discrezionalit. Le norme sottoposte al controllo di questa Corte rispondono a tali criteri. Il contributo principale avrebbe dovuto essere determinato in relazione alle esigenze della gestione e l'addizionale in relazione al fabbisogno dell'assistenza ; con ci non si per prescritta, come si sostiene, una generica relazione tra entit del contributo o dell'addizionale e imprecisate esigenze della gestione e dell'assistenza, ma si portata l'assicurazione obbligatoria contro le malattie sotto il cosiddetto PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 189 regime di ripartizione che, com' noto, una delle basi finanziarie che pu sorreggere il rapporto di assicurazione, e che divide tra gli assicurati o tra gli obbligati al contributo; il costo della prestazione dell'assicuratore. Siffatto regime riceve netti contorni nella scienza e nella tecnica assicurativa; e nella specie implica l'esigenza di un rapporto matematico fra il costo globale dell'assistenza e la massa salariale imponibile, l'una e l'altra calcolate sulla base dei risultati ponderali delle gestioni precedenti e delle probabilit di variazioni desunte da indici elaborati in modo obiettivo secondo precise regole attuariali, salve le contribuzioni integrative che lo Stato avesse ritenuto di disporre a favore dell'ente erogatore dell'assistenza e a sgravio dei soggetti obbligati ai contributi. In questo sistema, i coefficienti che concorrono a formare l'importo percentuale della prestazione dovuta si desumono da fattori demografici, economici, sanitari, organizzativi e simili, da rilevazioni e da giudizi formatisi in campo scientifico, quelli che si sogliono financo riassumere in vere e proprie formule algebriche. Onde la relazione ministeriale alla legge 14 aprile 1956, n. 307, poteva ben avvertire che l'ammontare del contributo doveva determinarsi mediante un procedimento di carattere squisitamente tecnico, dal quale avrebbero dovuto esulare apprezzamenti cli natura discrezionale e politica. La relazione che illustra la legge 4 agosto 1955, n. 692, istitutiva dell'assicurazione malattia per i pensionati, procede poi elaborando indici tratti financo dall'esperienza straniera, che hanno permesso altresl di ricavare il costo medio dell'assistenza per ciascun pensionato con carico di famiglia; e sullo stesso terreno si pone pure la relazione alla legge 31 dicembre 1961, n. 1443, oggetto delle odierne cause. L'assicurazione obbligatoria contro le malattie, all'entrata in vigore delle leggi denunziate, era gi in attuazione da lungo tempo, e le norme in esame non potevano non essersi riferite pure ai computi attuariali che si sarebbero potuti elaborare sulla base di tali esperienze. Si pu pertanto ritenere voluto dalle leggi denunziate l'uso di parametri precisi, i quali, men che ridurre ogni possibilit di apprezzamento libero da parte dell'organo designato alla funzione, la eliminavano; e la Corte che, fin dalla sua sentenza del 4 luglio 1957, n. 122, ha ritenuto legittima l'assegnazione ad organi amministrativi del compito di prefiggere elementi o presupposti di una prestazione imposta in applicazione di conoscenze tecniche, a fartiori deve ritenere che implichi principio o criterio direttivo per l'esercizio di una potest delegata il rinvio a conoscenze del genere. Non a dire che, nella specie, il costo della prestazione contributiva, dovendo inoltre tener conto di quello dell'organizzazione amministrativa, avrebbe potuto risultare dal calcolo di componenti arbitrariamente maggiorate attraverso una politica di gestione destituita di 3 - RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO severit o comunque indulgente alla spese. Le leggi in esame, rappor~ tandosi alle esigenze o al fabbisogno della gestione o dell'assistenza, hanno voluto che il contributo e l'addizionale si commisurassero ad un concetto di spesa che in nesso di necessit con lo scopo da perseguire; e da tale pro:(i.lo non si pu ravvisare alcuna imprecisione df principi, di direttive, o di limiti. Le prestazioni dovute all'assicurazione sono tassativamente indicate dalle leggi rispettive, per tipo e per durata (art. 5 legge 11 gennaio 1943, n. 138, e art. 3 legge 4 agosto 1955, n. 692, modificato dall'art. 7 legge 31 dicembre 1961, n. 1443); che di costo di gestione si sarebbe potuto discorrere soltanto in ordine a ci che fosse stato strettamente coordinato dalle finalit assicurative confermato dall'art. 31 n. 4 della citata legge 11 gennaio 1943, il quale proibisce all'Istituto di impiegare i capitali disponibili nell'acquisto di beni immobili non destinati all'esplicazione delle sue funzioni sociali; si pu anche ricordare che il trattamento economico del personale dell'Istituto era regolato dal d.lg. 21 novembre 1945, n. 722 (oggi, rpi precisamente, dalla legge 29 maggio 1967, n. 337), che non.dava margini di arbitrio; si pu infine soggiungere che la stessa spesa del personale avrebbe dovuto essere portata a base dell'aliquota in quanto fosse stata giustificata dalle occorrenze di servizio, quindi da una dimensione organizzata a queste raggua.gliata. Non esatto che i criteri stabiliti non erano suscettibili di controllo. A parte quello preventivo spettante ai ministri che dovevano assumere l'iniziativa dei decreti determinativi del contributo e dell'addizionale e a parte il controllo della Corte dei conti in sede di registrazione di tali decreti, si pu rilevare che questi ultimi sono soggetti a controllo di legittimit, pienamente esercitabile da parte dei competenti organi di giustizia, dato il carattere tecnico dei criteri di base prescritti dalle leggi impugnate, ai fini di verificare se essi effettivamente hanno superato quei criteri. Comunque si deve rileva~e che n si pu giudicare la legittimit delle leggi impugnate dal modo come esse sono state attuate, n utile accertare se le leggi stesse contengono norme di garanzie per gli anni futuri, in quanto la competenza dalle medesime attribuita si del tutto esaurita con l'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica del 6 agosto 1959, n. 870, e del 31 dicembre 1963, n. 2194. Il vaglio di pericoli futuri si risolve nel sindacato sulla regolarit della gestione I.N.A.M. che nulla ha da vedere con il controllo costituzionale cui sono state sottoposte le due leggi del 1956 e del 1961: l'I.N.A.M. stato assoggettato al riscontro della Corte dei conti con il decreto del Presidente della Repubblica 20 giugno 1961, e la giurisprudenza di detta Corte e le relazioni che essa ha presentato al Parlamento sui consuntivi dell'Istituto dnn,o il segno della puntualit ed oculatezza con cui il riscontro stesso stato esercitato. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 20 febbraio 1969, n. 22 -Pres. Sandulli Rel. Reale -Cipriani (n.c.) c. I.N.P.S. (avv. Cannella). Pensioni -Trattenute per crediti dell'I.N.P.S. -Illegittimit costituzionale. (Cost., art. 38, secondo comma; r.d. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 128, secondo comma). In riferimento all'art. 38, secondo comma, della Costituzione, illegittimo L'art. 128, secondo comma, del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, convertito neUa legge 6 aprile 1936, n. 1155, nella parte in cui attribuisce all'Istituto nazionale della previdenza sociale il diritto di trattenere sulle pensioni l'ammontare delle somme ad esso dovute in forza di provvedimenti dell'Autorit giudiziaria (1). (1) Sul primo comma dello stesso art. 128, consacrante il principio della intangibilit delle pensioni corrisposte dall'INPS in ordine alla cessione ed a procedure esecutive o cautelari, vedasi la sentenza 4 aprile 1960, n. 18, Giur. it., 1960, I, 1, 600. Sul primo comma dell'art. 38 Cost., la Corte si pronunciata con le sentenze 2 aprile 1968, n. 29, in questa Rassegna, 1968, I, 349 e 14 aprile 1965, n. 27, ibidem, 1965, I, 283. Il giudizio stato introdotto con ordinanza emessa il 15 giugno 1967 dal Tribunale di Bari (Gazzetta Ufficiale 28 ottobre 1967, n. 271). CORTE COSTITUZIONALE, 20 febbraio 1969, n. 23 -Pres. Sandulli - Rel. Trimarchi -Fallimento Rossi (avv. Rescigno) c. Marchesi (n.c.) -interv. Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Tracanna). Imposta di registro -Fallimento -Atti del fallito -Registrazione in termine fisso -Pagamento dell'intero ammontare dell'imposta Violazione della par condicio creditorum e del principio di eguaglianza -Esclusione. (Cost., art. 3; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 91). L'art. 91 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3.269, che approva la legge del registro, imponendo al curatore del faLlimento, che voglia avvalersi in giudizio di scrititure private poste in essere dall'imprenditore commerciale non ancora dichiarato faHito e soggette a registrazione in termine fisso, l'obbligo di pagare l'intero ammontare dell'imposta, non contrasta con l'art. 3 della Costituzione, sia perch al momento della INTERNAZIONALE {1) La questione stata proposta con ordinanza 10 novembre 1966 dal Tribunale di Milano (Gazzetta Ufficiale 22 aprile 1967, n. 102). _, 194 dASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gato a pagare per imposta di registro l'intero ammontare di essa con temporaneamente alla registrazione della scz:ittura. Il fatto che il cura tore -sia tenuto a pagare la intera imposta al momento della registra~ zione non perci connesso alla natura del debito (del fallito o meno), ma all'atto da lui posto in essere: la richiesta di registrazione per il curatore un atto di gestione, la cui spesa non pu che gravare sulla massa. Ma, pur dovendo il curatore provvedere all'integrale pagamento dell'imposta, tale debito, rientrando tra quelli del fallito, non cessa di rimanere tale. Il curatore, infatti, con la richiesta di registrazione della singola scrittura privata, si presenta, nei confronti dell'atto e dell'Amministrazione finanziaria dello Stato come portatore di un interesse autonomo, e sopra di lui non grava un obbligo di registrazione, sibbene un semplice onere. Viene, cosi, immediatamente realizzato l'interesse dell'ufficio fallimentare, a disporre per il giudizio della singola scrittura registrata; e ci anche se ad ogni modo ricorre e del pari viene realizzato l'altro interesse dell'Amministrazione finanziaria dello Stato alla riscossione del tributo. 3. -La circostanza che in relazione ad un debito del fallito, destinato a seguire la sorte degli altri debiti dello stesso fallito, il creditore (Amministrazione finanziaria dello Stato) possa pretendere ed ottenere il pagamento dell'intero non in sede di riparto delle somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo ed a prescindere dalla legittima causa di prelazione (privilegio ex art. 97 legge registro), non significa che l'Amministrazione finanziaria dello Stato, in quanto creditrice del fallito, si viene a trovare in una posizione di ingiustificato vantaggio nei confronti degli altri creditori dello stesso fallito, e non comporta che l'art. 91 della legge di registro violi l'art. 3 della Costituzione e non rispetti il principio della par condicio credito1um. Sul terreno della ripartizione dell'attivo fallimentare, la posizione dell'Amministrazione finanziaria dello Stato, per il credito di imposta di registro, non viene alterata dagli effetti connessi al meccanismo e al fatto del pagamento della imposta; e rileva unicamente la partecipazione, con privilegio o pro quota, alla detta ripartizione. Di modo che, ragionandosi con riferimento a quel profilo, non entra in gioco l'art. 91 della legge di registro, oggetto della presente denuncia. Detto articolo si colloca invece sul terreno dell'esazione della imposta e contiene una regola che valutata in s e per s non crea n pu creare posizioni di vantaggio in favore dell'Amministrazione finanziaria dello Stato ed anzi, ed questo profilo che forse di pi interessa, pone tutti i debitori d'imposta sullo stesso piano, conformandosi interamente al disposto dell'art. 3 della Costituzione. Con la conseguenza che il citato art. 91 non destinato ad operare nell'ambito della procedura fallimentare, nella quale, invece, si -applicano unicamente le PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 195 disposizioni del codice. civile e della legge fallimentare che prevedono i modi ed i tempi della ripartizione dell'attivo. Non si pu dire, perci, che l'art. 91 della legge di registro, per la previsione in esso contenuta e come sopra enucleata dal tribunale di Milano, sia in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, in quanto violi il principio di eguaglianza di fronte alla legge (fallimentare). La norma non destinata ad operare entro i confini segnati dalle disposizioni relative alla ripartizione dell'attivo fallimentare, che presuppongono e rispettano la par condicio tra i creditori del fallito ma esclusivamente entro quelli posti dalle disposizioni relative alla riscossione del tributo di registro. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 20 febbraio 1969, n. 24 -Pres. Sandulli - Rel. Crisafulli -Imp. Monticciolo (n.c.) -interv. Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Azzariti). Fallimento -Obbligo del fallito di presentarsi personalmente al giudice delegato, al curatore o al comitato di creditori -Contrasto con il principio della libert personale e di quella di circolazione e soggiorno -Esclusione. (Cost., artt. 13, 16; r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 41 e 220). Non fondata la questione di legittimit costituzionale, in riferimentJo agii artt. 13 e 16 della Costituzione, dell'art. 220 in relazione aH'art. 49 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267, in quanto l'obbligo di presentazione del fallito configura una prestazione personale giustificabile per la sua natura strumentale in ordine alla procedura fallimentare (1). (Omissis). -Gli obblighi di cui questione nel presente giudizio configurano una ipotesi di prestazioni personali che, a norma dell'art. 23 della Costituzione, possono dalla legge essere validamente imposte per soddisfare interessi considerati meritevoli di particolare tutela, e costituzionalmente rilevanti, come sono, nella specie, gli interessi di giustizia inerenti alla procedura fallimentare, della quale il (1) La norma dell'art. 49 del r. d. 267/1942, nella parte in cm impone al fallito di non allontanarsi dalla sua residenza senza autorizzazione del giudice delegato aveva in precedenza formato oggetto di analoga questione di legittimit costituzionale, in riferimento agli stessi articoli 13 e 16 della Costituzione, dichiarata non fondata con la sentenza 8 marzo 1962, n. 20 (Foro it., 1962, I, 597). Il giudizio de quo . stato introdotto con ordinanza del pretore di Saronno emessa il 10 marzo 1967 (Gazzetta Ufficiale 27 maggio 1967, n. 132). S{ffffst1frttr1tffff~f1t1Ir:{~?r:t~~~{}tffr1fIrrtr:fff:?r:r:r:?f:fr:r:?fffI?Iff:fff@ffrtfI??f~~r:f:~t?~~{J~~fr:r:r:~?~~Jit~~~~r?~~W?t?r?~g~~t?JJ?~~~J~~~rrn~r~r~tr~rrrrnn~tr?rtt~ 196 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 196 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO fallito il soggetto passivo ed alla base della quale si pone, comunque, un atto del giudice, qual' appunto la sentenza dichiarativa di fallimento. Ed a'Ppena il caso di rilevare che, avendo la presentazione del fallito carattere strumentale rispetto alle esigenze della procedura in corso, dalla legge stessa che si ricavano, anche se implicitamente, i limiti della discrezionalit degli organi del fallimento nel prescriverla di volta in volta quando sia necessaria, tanto vero che, in caso di legittimo impedimento, il fallito pu essere autorizzato dal giudice a farsi rappresentare da un mandatario speciale. Non perci violato il principio della riserva di legge posto a garanzia del cittadino dall'art. 23 della Costituzione secondo l'interpretazione costantemente affermatane dalla giurisprudenza di questa Corte. Sotto il profilo ora accennato, l'obbligo di presentazione del fallito non ha natura diversa dal dovere, che grava su ogni cittadino, di prestare testimonianza in giudizio, o dagli obblighi che possono essere imposti nelle ipotesi di cui all'art. 652 del cod. pen. (in ordine ai quali questa Corte, con sentenza n. 49 del 9 luglio 1959, ebbe a dichiarare non fondata una questione di legittimit costituzionale sollevata con riferimento all'art. 13), o dall'obbligo di presentarsi all'autorit di pubblica sicurezza previsto dall'art. 15 del t.u. del 1931 (questo pure ritenuto, con sentenza 24 aprile 1967, n. 52, non contrastante con l'art. 13), od anche, sopra un piano diverso, da quelli autorizzati dall'art. 2 della legge 30 agosto 1868, n. 4613, giudicati a loro volta non incompatibili, tra l'altro, con gli artt. 13 e 16 della Costituzione (sentenza 15 marzo 1960, n. 12). Ovviamente l'adempimento di obblighi siffatti implica come conseguenza la limitazione di attivit che il soggetto cui sono imposti potrebbe altrimenti svolgere liberamente e a suo pieno arbitrio, poich sempre e per definizione l'imposizione di prestazioni personali comporta -in fatto -conseguenze. del genere. Ma, come si sopra rilevato, nel caso in esame tali limitazioni, mentre da un lato sono funzionalizzate ad una procedura giudiziaria e derivano ope legis dalla sentenza dichiarativa di fallimento, d'altro lato non incidono direttamente nell'ambito delle fattispecie tipiche garantite dagli artt. 13 e 16 della Costituzione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 5 marzo 1969, n. 26 -Pres. Sandulli - Rel. Mortati -Cantelli (avv. Giannini), Marsigli (avv. Allorio). Filiazione -Azione per riconoscimento di paternit -Termine di decadenza -Differenza di trattamento rispetto all'azione di riconoscimento di maternit -Ille~ittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 30; e.e., art. 271). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 197 Filiazione -Azione per riconoscimento di paternit -Invalidazione dell'art. 123 disp. art. codice civile -Termine anche per i nati prima del 1 luglio 1939 -Violazione del principio di eguaglianza Esclusione. (Cost., art. 3; e.e., disp. att., art. 123). Non fondata, cow riferimento all'art. 3 ed all'art. 30 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale delt'art. 271 Codice civile, l dove prescrive un termine di decadenza per l'azione di riconoscimento di paternit, con differenziazione rispetto all'analoga azione di riconoscimento di maternit (1). Non fondata, con riferimenfJo all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 123 disp. attuaz. cod. civile, anche dopo la sentenza 61 febbraio 1963, n. 7 deUa CoTte Costituzionale, peTch l'efficacia di tale sentenza si estende anche ai nati prima del 10 luglio 1939, salvo che nel frattempo non siano intervenuti eventi che li abbiano sottratti ad ogni possibilit di muta ~enti (2). ~) Le questioni erano state proposte dalla Corte di Appello di Bo' ordinanza 18 novembre 1966 (Gazzetta Ufficiale 22 aprile 1967, '1mza si ricollega alle precedenti decisioni della Corte 16 feb. 7 (Giur. Cast. 1963, 64 e nota di PALADIN, Eguaglianza davanti '\vilegi odiosi verso i figli naturali), e 5 maggio 1967, n. 58 ((na, 1967, 360, e .nota di richiami). >i:ALE, 5 marzo 1969, n. 27 -Pres. Sandulli ' taneo ed altri (n.p.) c. Presidente Consiglio ' ,, avv. gen. dello Stato Agr). 1voro -Divieto di licenziamento per matrimonio delle ..-atrici -Presunzione di licenziamento per causa di matri.. nonio -Illegittimit costituzionale -Esclusione (Cost., art. 41; 1. 9 gennaio 1963, n. 7, art. 1). Non fondata, con riferimento al principio della libert di iniziativa economica stabilito dall'art. 41 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 1 della legge 9 gennaio 1963, n. 7, sul divieto di licenziamento per causa di matTimonio delle donne 198 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lavoratrici, in quanto, con la presunzione ivi prevista, la libert del datore di lavoro limitata, ma non compromessa (1). (Omissis). -3. -Dai lavori preparatori -ed in particolare dalla relazione del Governo e dal .parere espresso dal Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro nella seduta del 24 maggio 1962 -risulta che prima dell'emanazione della legge impugnata era diffusa la prassi dei licenziamenti delle donne in caso di matrimonio e che tale feno meno aveva assunto dimensioni ancora pi gravi a seguito dell'entrata in vigore della legge 26 agosto 1950, n. 860 sulla tutela fisica ed eco nomica delle lavoratrici madri ed a causa dei disagi ed oneri che que sta aveva imposto agli imprenditori. tale situazione di fatto -con validata dalla comune esperienza e confermata dai frequenti dibattiti sindacali e dottrinali, da studi condotti dallo stesso CNEL, da inda gini disposte dal Governo e da varie proposte legislative di iniziativa parlamentare -che ha indotto il legislatore a valutare l'interesse delle lavoratrici alla conservazione del posto di lavoro ed il contrap psto interesse dei datori di lavoro e ad introdurre una disciplina idonea a dirimere il conflitto. nel senso ritenuto pi rispondente alle esigenze della societ: finalit, giova rilevarlo, che la legge ha perse guito non solo con le disposizioni relative ai licenziamenti, ma anche attraverso una pi ampia mutualizzazione degli oneri finanziari deri vanti dal trattamento concernente le lavoratrici madri (cfr. articoli 3 e segg.). Nel quadro di questa premessa la tutela accordata alle lavoratrici che contraggono matrimonio trova legittimo fondamento in una pluralit di principi costituzionali che concorrono a giustificare misure legislative che, in definitiva, perseguono lo scopo di sollevare la donna dal dilemma di dover sacrificare il posto di lavoro per salva. guardare la propria libert di dar vita ad una nuova famiglia o, viceversa, di dover rinunziare a questo suo fondamentale diritto per evi tare la disoccupazione. Gi nella sentenza n. 45 del 1965 questa Corte afferm che nel principio formulato dall'art. 4 della Costituzione contenuta una di (1) La questione era stata proposta con ordinanza 9 gennaio 1967 del Tribunale di Como (Gazzetta Ufficiale 24 giugno 1967, n. 157), e con ordinanza 14 maggio 1968 del Tribunale di Genova (Gazzetta Ufficiale 28 settembre 1968, n. 248). La sentenza collegata, nella sostanza, con la precedente sentenza della Corte 9 giugno 1965, n. 45 (in questa Rassegna, 1965, 862) sul divieto di licenziamento ad nutum, del lavoratore in genere. Essa, d'altra parte, anche in linea con la successiva legge 15 luglio 1966, n. 604 sulla giusta causa nei licenziamenti. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 199 rettiva in forza della quale il legislatore abilitato a circondare di doverose garanzie e di opportuni temperamenti le ipotesi di licenziamento. I motivi allora esposti valgono a pi forte ragione quando, come nel caso attuale, l'incombente minaccia di licenziamento pu comportare il sacrificio di un altro interesse parimenti tutelato dalla Costituzione: dall'art. 2, che garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, fra i quali non pu non essere compresa la libert di contrarre ma\. trimonio; dall'art. 3, secondo comma, che impone di rimuovere ogni \ ostacolo, anche di fatto, che impedisca il pieno sviluppo della persona 'vnana; dall'art. 31, che affida alla Repubblica il compito di agevolare \.formazione della famiglia e, quindi, di intervenire l dove questa \'\nche indirettamente ostacolata; e dall'art.' 37, che stabilendo che -,\dizioni di lavoro devono consentire alla donna l'dempimento \~ funzione familiare non pu non presupporre, in primo luogo, '\ assicurata la libert di diventare sposa e madre. Dal con\~ rincipio espresso dall'art. 4 e dalla garanzia della libert -\llle citate norme costituzionali deriva -che la legge in \e, nel settore in essa considerato, l'attuazione di quel <,la del lavoro -rt. 35, primo comma -che la Co\ mza con l'art. 1, colloca in testa al titolo terzo rela ,_ \.omici; e si pu concludere che le restrizioni apV. cenziamento appaiono giustificate dal fenomeno \~;1uto far fronte e dall:a esigenza di salvaguar._, i_t umana dei soggetti in favore dei quali la '\~.. . t ' l \<:p.zioni hanno un peso determinante nella '',Qne sottoposta a questa Corte. \i~_sposizione impugnata, in quanto pre" .ori dei casi tass~tivamente previsti) 1 I \~nziamento non stato disposto a I --,,~a presunzione stabilita nel terzo -'t_o temporaneo di licenziamento 'a quelle elencate nell'ultimo ,d pu non essere valutato nella ,,,oiettivi perseguiti dal legislatore. La I ..gge, peraltro limitata ad un ben definito lI ;rdina con il principio della nullit del licenmatrimonio, perch esonera la lavoratrice dal difdi provare che il matrimonio o la promessa di maI { .stato l'unico motivo del recesso del datore di lavoro. E ! ....abbio che, una volta posta la presunzione, il legislatore do: 1 Je necessariamente stabilire i casi nei quali la controparte pu ! j provare l'esistenza di una legittima causa di licenziamento e delimi- J I " t l I I RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tarli in modo tale da evitare frodi e da consentirne il controllo giurisdizionale. Risulta chiaro, :perci, che le ragioni illustrate nel paragrafo precedente giustificano costituzionalmente i mezzi scelti dal legislatore per rendere effettivamente operante il divieto di licenziamento a causa di matrimonio: da un lato la particolare situazione delle donne lavoratrici cui si voluto far fronte legittima il trattamento ad esse riservato nei confronti degli altri lavoratori; dall'altro la tutela della loro dignit e libert realizza una disciplina dell'esercizio dell'iniziativa economica rispettosa dei limiti previsti dall'art. 41 della Costituzione. N pu dirsi che la violazione di questa norma costituzionale e del principio di eguaglianza discenda dalla circostanza che la disposizione impugnata, tassativamente indicando i casi nei quali, nel periodo predetto, la presunzione pu essere vinta dalla prova offerta dal datore di lavoro, impedisce il recesso in ogni altra ipotesi. Come innanzi si detto, la legge considera legittimo il licenziamento se la lavoratrice incorra in colpa costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto, se cessa l'attivit della azienda cui essa era addetta, se ultimata la prestazione per la quale era stata disposta l'assunzione o se sopraggiunto il termine per il quale il rapporto era stato stipulato. Come risulta da questa elencazione (che stabilita con il rinvio a quella dei casi nei quali, in forza del secondo comma dell'art. 3 della legge 26 agosto 1950, n. 860, si fa eccezione al divieto di licenziare le lavoratrici durante,. la gestazione e fino al termine massimo di un anno dal parto), la libert del datore di lavoro , certo, limitata, ma non affatto compromessa come suppongono le ordinanze di rimessione. Vero che dalle ipotesi contemplate dalla legge esclusa quella concernente la riduzione del personale: ma anche in questo caso l'imprenditore resta libero di valutare le esigenze connesse al ridimensionamento della sua azienda ed solo vincolato a non includere fra i dipendenti sacrificati la donna che s trovi nella situazione prevista dalla legge. E questa particolare protezione accordata alla lavoratrice nubenda o sposata da meno di un anno -protezione, dunque, ben limitata nel tempo -non costituisce un ingiustificato privilegio nei confronti degli altri lavoratori coinvolti nelle vicende della azienda. Il legislatore, infatti, pu ben stabilire, nell'esercizio della sua valutazione politica, un !regime preferenziale di garanzia di conservazione del lavoro in favore di determinate categorie tutte le volte in cui sussistano motivi che lo giustifichino: e nel caso in esame, per tutto quanto si detto innanzi, la legge sorretta da ragioni che trovano valido riscontro nella realt sociale e nella Costituzione ( Omissis). ~::.. ~~!i~ !i!i ~:::: n ~:::: w PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 201 CORTE COSTITUZIONALE, 5 marzo 1969, Rel. Reale -Tiozzo Alberto (n.c.). n. 28 -Pres. Sandulli Procedimento penale -Revisione in materia contravvenzionale Limitazione ai soli casi di abitualit o professionalit contravvenzionale -Ille~ittimit costituzionale. (Cost., art. 3; c.p.p., art. 553, n. 2). costituzionalmente itiegittimo, per violazione del principio di eguaglianza, l'art. 553 n. 2 del codice di procedura penale, nella parte in cui limita il diritto di chiedere la revisione di condanna ;Per contravvenzione al solo caso che, in. conseguenza di essa, il condannato sia stato dichiarato contravventore abituale o professionale (1)...: (Omissis). -La questione fondata. L'istituto della revisione si pone nel sistema delle impugnazioni penali quale mezzo straordinario di difesa del condannato ed preordinato alla riparazione degli errori giudiziari, mediante l'annullamento di sentenze di condanna, che siano riconosciute ingiuste posteriormente alla formazione del giudicato. Esso risponde all'esigenza, di altissimo valore etico e sociale, di assicurare, senza limiti di tempo ed anche quando la pena sia stata espiata o sia estinta, la tutela dell'innocente, nell'ambito della pi generale garanzia, di espresso rilievo costituzionale, accordata ai diritti inviolabili della personalit. La revisione necessariamente subordinata a condizioni, limitazioni e cautele, nell'intento di contemperarne le finalit con l'interesse, fondamentale in ogni ordinamento, alla certezza e stabilit delle situazioni giuridiche ed alla intangibilit delle pronunzie giurisdizionali di condanna, che siano passate in giudicato. Ma l'evoluzione della nostra legislazione positiva dimostra una graduale estensione delle categorie dei soggetti in favore dei quali la revisione dei giudicati penali stata ammessa, sul riflesso di un sempre pi accentuato favor per la tutela degli interessi materiali e morali di chi sia stato a torto condannato. Il d~tto rimedio, previsto come eccezionale nel codice di rito del 1865, acquist, nel codice di procedura penale del 1913, la figura di mezzo di impugnazione, ancorch straordinario, di tutte le sentenze di condanna irrevocabili per delitto. li li Iji . I I (1) La questione era stata sollevata con ordinanza 7 dicembre 1967 della Corte Suprema di Cassazione (Gazzetta Ufficiale 30 marzo 1968, n. 84). 202 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO E soltanto il legislatore del 1930 ne estese l'ambito di applicazione ai condannati a titolo contravvenzionale, nei limiti sopra ricordati. Dai lavori preparatori risulta che tali limiti erano intesi a non provocare giudizi di revisione per reati lievissimi, non importanti alcuna menomazione morale, mentre ad altri pregiudizi avrebbe potuto sopperire la concessione della grazia. L'estensione dell'istituto, a favore dei condannati dichiarati contravventori abituali o professionali, venne spiegata, d'altra parte, con la gravit di tale dichiarazione, per gli effetti ad essa conseguenti. Dopo l'entrata in vigore della Costituzione (a parte la legge 23 maggio 1960, n. 504 che ha dettato nuove norme solo in materia di riparazione degli errori giudiziari accertati in sede di revisione), l'istituto ha subito modifiche per effetto della legge 18 giugno 1955, n. 517 e della sulcessiva legge 14 maggio 1965, n. 481, che, fra l'altro, ha ampliato il numero dei casi di revisione e i limiti di essa (artt. 554 e 555). Ma le innovazioni non hanno riguardato l'art. 553 n. 2 e quindi, rimasta ferma l'esclusione, dal dkitto all'accertamento dell'errore giudiziario, di coloro che siano stati condannati per contravvenzione e non siano stati dichiarati, .in onseguenza, contravventori abituali o professionali. Orbene tale esclusione appare in evidente violazione del principio di eguaglianza (art. 3, primo comma, Cost.). Se infatti pr una esigenza di giustizia sostanziale (che ha riflesso nei principi enunciati nell'art. 24, quarto comma, Cost.) l'istituto della revisione stato positivamente preordinato anche a tutela di coloro che siano stati ingiustamente condannati per contravvenz.ioni, la restri~ zione contenuta nella norma impugnata, in danno della parte pi numerosa dei condannati predetti, appare evidentemente non sorretta da motivi razionali e logicamente Tispondenti ad una obiettiva diversit di situazioni. appena il caso di ricordare che il legislatore, di fronte alle difficolt di stabilire un criterio sostanziale di differenziazione fra delitti e contravvenzioni, ritenne opportuno adottare il criterio meramente estrinseco e formale della diversa specie di pena principale stabilita per ciascuna delle due categorie (art. 39 cod. pen.): l'arresto e l'ammenda per le contravvenzioni. Tali sanzioni possono, in concreto, risultare di notevole gravit, ove se ne considerino la natura e i limiti quantitativi nonch le altre conseguenze previste dall:a legge penale. Con l'arresto, la restrizione della libert personale del condannato pu giungere sino ad un massimo di tre anni, aumentabili sino a cinque e a sei anni, se concorrono, rispettivamente, pi circostanze aggravanti o pi reati. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 203 D'altra parte l'ammenda (convertibile in arresto fino ad un massimo di due anni e, in caso di concorso di reati, di tre anni), pu ascendere alla somma di lire 400.000, aumentabile fino al triplo per le condizioni economiche del reo e pu non essere limitata nelle ipotesi di determinazione proporzionale del suo ammontare, mentre dei massimi molto elevati risultano preveduti anc,he da leggi speciali. La condanna per contravvenzione pu importare pene accessorie, le quali incidono gravemente sulla sfera soggettiva del condannato, come la sospensione dall'esercizio da una professione o da un'arte e la pubblicazione della sentenza di condanna nonch, in casi determinati, altre che sono proprie dei delitti. E pu, altresi, avere effetti sul giudizio circa la capacit dell'imputato a commettere ulteriori infrazioni, nei casi di recidiva, o per l'applicazione di una misura di sicurezza, come la libert vigilata, che, talora, comminata indipendentemente dalla declaratoria di abitualit o professionalit nel reato. Detta condanna inoltre soggetta, salvo alcuni temperamenti, ad iscrizione nel casellario giudiziale e comporta, con l'obbligo delle spese processuali, anche quello (enunciato nell'art. 185 cod. pen.) delle restituzioni e del risarcimento del danno, nei casi in cui il fatto accertato ne abbia arrecato a terzi. Le situazioni, conseguenti all'applicazione delle norme sopra menzionate, dimostrano come in molti casi, diversi da quelli contemplati dal legislatore nell'art. 553 n. 2 cod. proc. pen., la condanna per contravvenzione possa caus;:ire serio pregiudizio non solo alla libert e al patrimonio, ma anche alla onorabilit e alla dignit morale e soiale dei soggetti. Beni morali che devono essere tutelati di fronte alla riprovazione sociale, la quale, anche indipendentemente dalla specie e dalla misura della pena inflitta, accompagna la dichiarazione giudiziale di colpevolezza in ordine a taluni reati contravv.enzionali. Tale riprovazione determinata da valutazioni etico-sociali della condotta dei soggetti, in quanto ritenuta lesiva di principi fondamentali della civile convivenza, quali ad esempio la pubblica .fede, la incolumit individuale, la pubblica salute e il buon costume, che risultano salvaguardati anche nei confronti di mere situazioni di pericolo e per fini di prevenzione, da norme ipotizzanti reati contravvenzionali, contenute nel codice penale e in leggi speciali. Dalle considerazioni che precedono emerge che la discriminazione operata dal legislatore in danno di alcune categorie di condannati per contravvenzione, come eccezione all'esercizio del diritto di veder riconosciuta la propria innocenza, anche avverso le risultanze di un giudicato e quale che sia il reato per cui intervenuta condanna, lede il principio di eguaglianza, in quanto non ha alcuna apprezzabile rispon i l ' - 204 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO denza alla realt e non basata su presupposti logici ed obiettivi, che valgano a giustificarne l'adozione. Pertanto la norma dell'art. 553 n. 2 cod. proc. pen. va dichiarata costituzionalmente illegittima, nena parte in cui limita il diritto di chiedere la revisione di condanna per contravvenzione al solo caso che, in conseguenza di essa, il condannato sia stato dichiarato contravventore abituale o professionale. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 5 marzo 1969, n. 29 -Pres. Sandulli - Rel. Fragali -Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Casamassima) c. Presidente Regione Siciliana (avvocato Villari). Sicilia -Piattaforma continentale marittima -Permesso di ricerca e di coltivazione degli idrocarburi liquidi -Spettanza del relativo potere allo Stato. (St. Reg. Sic., art. 14, lett. h). Spetta allo Stato, e non alla Regione siciliana, il potere di accordare permessi di ricerca mineraria sulla piattafCYl'ma continentale adiacente alle isole di Lampedusa e di Lampione (1). (1) La sentenza si riallaccia al1a precedente sentenza della Corte 17 aprile 1968, n. 21, che dichiarava non fondata la questione di legittimit costituzionale della legge 21 luglio 1967, n. 613 (in questa Rassegna, 1968, 163 e nota di richiami). La presente decisione, poi, nell'ultima parte della sua motivazione, fa salve le esigenze di coordinamento fra potere statale sulla piattaforma continentale e potere regionale sugli adunamenti della terraferma. CORTE COSTITUZIONALE, 17 marzo 1969, n. 31 -P1es. Sandulli - Rel. Mortati -Agostinelli ed altri (avv. De Leon, Martuscelli, Summa, Ventura, Giannini, Bussi). Reato -Abbandono collettivo di pubblici uffici o servizi -Violazione del diritto di sciopero -Illegittimit costituzionale parziale. (Cost., art. 40; c.p. art. .330, comma primo e secondo).* fondata, con riferimento aWart. 40 deUa Costituzione, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 330, primo e secondo comma, PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 205 cod. pen., limitatamente alla perseguibilit dello sciopero economico che non comprometta funzioni o servizi pubblici essenziali, aventi carattere di preminente interesse generale ai sensi della Costituzione (1). (Omissis). -1. -L'ordinanza del giudice istruttore denuncia l'illegittimit costituzionale dell'art. 330 del cod. pen., per violazione, oltre che dell'art. 40 della Costituzione, gi preso in esame dalla precedente sentenza n. 123 del 1962, anche dell'art. 39, mentre le due del pretore aggiungono a queste la violazione dell'art. 3. Si rende opportuno, prima di procedere all'esame delle censure riferite, prendere in considerazione il motivo, fatto valere pi particolarmente dalla difesa di parte, che, se vero, sarebbe assorbente, secondo cui, avendo l'art. 330 recepito in ogni sua parte (con in pi l'aggravamento delle pene) l'art. 19 della legge 3 aprile 1926, n. 563, sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi di lavoro, ed essendo perci permeato dell'ideologia corporativa della quale quella legge fu tipica espressione, non se ne pu ammettel'e la permanenza in un ordinamento come quello ora vigente poggiante su concezioni con essa contrastanti. Sicch, anche a non volerne dichiarare l'avvenuta abrogazione (come la Corte ebbe a ritenere nei confronti dell'art. 502, con la sentenza 29 del 1960), sia da statuire l'illegittimit dell'intera disciplina ivi contenuta. Il richiamo all'art. 502 per inconferente perch questo puniva lo sciopero effettuato per motivi contrattuali, contrastante con l'ordine del layoro e rubricato fra i delitti contro l'economia pubblica, sicch, strettamente collegato com'era ad un insieme di istituti creati per la composizione in via giurisdizionale dei conflitti fra le classi addette alla produzione, non rpot sopra-VVivere alla loro caduta. Differente invece la valutazione da fare dell'art. 330, riguardante un reato irriducibile all'altro per la diversit dei soggetti e degli interessi coinvolti nell'abbandono del servizio. Infatti il codice lo fa rientrare fra .i reati contro la pubblica amministrazione, considerando suoi soggetti attivi, oltre ai lavoratori dipendenti, anche alcune categorie di lavoratori autonomi e persino soggetti, quali i pubblici funzionari, del (1) La questione era ,stata proposta con ordinanza 21 luglio 1966 dei G. I. presso il Tribunale di Roma (Gazzetta Ufficiale 24 giugno 1967, n. 157); con ordinanza 2 marzo 1968 del Pretore di Roma (Gazzetta Ufficiale 15 giugno 1968, n. 152); e con ordinanza 7 marzo 1968 del Pretore di Roma (Gazzetta Ufficiale 10 agosto 1968, n. 203). Non vi stato intervento in causa del Presidente del Consiglio dei Ministri. Sul diritto di sciopero nella giurisprudenza della Corte Costituzionale, si rinvia al volume 1 giudizi di Costituzionalit, 1961-65, 234 segg. 4 ~:r~Wf%frtP!t%r:t:::~f:tf=rrr111~{~~::1~1~111~1::1{{1tt11t~{~~t~11t?~1~1{1::8?~t?~1:~:~1111:~{111:~111:?~11:?~=~=~1:::?~:~1@?~tt~::11?:~@~11:~1:???:????~?~:~:~:::~:?~{1:~1{:)????~:?~:?~=?~:~ 206 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tutto estranei ai rapporti di lavoro cui si riferiva l'ordinamento corporativo. Si pu aggiungere che nei confronti di questi ultimi anche il codice penale prefascista del 1889, puniva all'art. 181 l'indebito allontanamento dall'ufficio effettuato previo concerto in numero di tre o pi persone. Allontanamento che, secondo le concezioni del tempo, era considerato indebito pur quando fosse stato promosso dall'intento di ottenere mutamenti delle norme regolanti rapporti di lavoro con lo Stato o con altri enti pubblici (come pu desumersi anche dal confronto con .n disposto dell'art. 166, dettato per i rapporti disciplinati da convenzioni di diritto privato, rispetto ai quali perseguito penalmente era l'abbandono del lavoro solo se promosso o accompagnato da violenza o da minacce). Se una correlazione datoc riscontrare fra l'art. 330 e l'assetto politico vigente al tempo della sua emanazione, essa non attiene alla disciplina giuridica dei rapporti di lavoro o di servizio ivi considerati, ma piuttosto alla generale concezione autoritaria della posizione dello Stato nei rapporti con i cittadini che ispirava il regime dell'epoca e condu~eva a ridurre la tutela dei diritti pubblici soggettivi di costoro, quando non anche a nega,rne il riconoscimento; concezione che trova un riflesso, per quanto riguarda l'articolo in .esame, nella gravit delle sanzioni penali dal medesimo comminate (tanto pi evidente quando si pongano a con:llronto con quelle prima disposte dall'articolo 181, fatte consistere solo .nella multa e nell'interdizione temporanea dall'ufficio). Ma, a parere della Corte, tale circostanza non sufficiente a far ritenere caducato l'articolo, n per la parte precettiva, n per quella sanzionatoria. Che l'art. 330 non possa in nessun caso venir m~no nella sua totalit emerge poi anche dall'altro rilievo che la genericit della sua formulazione lo rende applicabile a fatti di abbandono collettivo del lavoro i quali non abbiano finalit rivendicative degli interessi economici di coloro che l'effettuano, sicch verrebbe a conservare una sua propria ragione d'essere (contrariamente a quanto si sostiene, e senza considerare il precedente rilievo sull'incongruenza della pena) anche se dovesse venire affermata l'incostituzionalit della particolare fattispecie criminosa costituita dallo sciopero in senso tecnico. N vale a far ritenere diversamente l'argomento desunto dall'intitolazione data all'articolo in esame poich, se pure essa corrispondeva all'intenzione del legislatore dell'epoca di considerare lo sciopero come fattispecie tipica del crimine voluto reprimere, non esclude la possibilit di far rientrare nell'ampia sua formulazione anche ipotesi differenti da quella tipica. Pu aggiungersi che l'ordinamento antecedente .prevedeva come reato a s stante l'abbandono dell'ufficio da parte di un singolo pubblico ufficiale (art. 181, secondo comma), dal PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 207 che pu argomentarsi che la pluralit degli agenti era considerata costitutiva di un reato a s stante, differenziabile quindi da quello cui d luogo la comune figura del concorso di pi persone in uno stesso reato. Il che sembra sufficiente a contestare l'esattezza della tesi enunciata dalla difesa di parte, secondo cui la caduta dell'art. 330 non determinerebbe alcuna lacuna riguardo alla repressione dell'abbandono collettivo dell'attivit, per il fatto che vi si potrebbe provvedere ricorrendo all'applicazione dell'art. 333 del codice penale. La diversit delle due ipotesi appare comprovata dal fatto che, mentre questo ultimo articolo condiziona la punibilit alla ;prova del dolo specifico (abbandono al fine di turbare la continuit o regolarit del serviz.io), l'altro ne prescinde, nella presunzione che tale turbamento si accompagni necessariamente all'abbandono effettuato da un gruppo di persone d'accordo fra loro. Pi persuasivo dei precedenti non neppure un ultimo argomento che si ritiene di poter trarre dall'aggravamento di pena sancito dal n. 2 del secondo comma dell'art. 330 pel caso che l'abbandono abbia determinato dimostrazioni o tumulti, poich, comprendendo la disposizione, come si detto, ogni specie di astensione dal lavoro, -non $i sarebbe potuto non considerare l'ipotesi che i fin.i perseguiti da qualcuna di esse o le modalit del suo svolgimento inducessero a fatti di violenza o di turbamento dell'ordine pubblico. 2. -Passando ora a considerare le censure dedotte dall'art. 40, con riferimento allo sciopero ivi considerato, caratterizzato (secondo l'origine e la funzione attribuita al termine nell'attuale fase storica) dalla sospensione dell'attivit di lavoro da parte di lavoratori dipendenti, strumentale pel conseguimento dei beni economico-sociali che il sistema costituzionale collega alle esigenze di tutela e di sviluppo della loro personalit, la Corte deve riconfermare l'interpretazione data nella precedente sentenza n. 123 del 1962 Circa l'ambito da assegnare ai limiti che l'articolo stesso connette all'esercizio del diritto di sciopero. Si in contrario pregiudizialmente sostenuto che, avendo l'articolo 40 assegnato alla legge la determinazione di siffatti limiti, l'interprete non potrebbe sostituirsi ad essa senza violare la riserva disposta a suo favore. agevole replicare che la libert del legislatore in materia non pu esercitarsi in misura tale da riuscire lesiva di altri principi costituzionali, indirizzati alla tutela o di beni di singoli, pari ordinati rispetto a quelli affidati all'autotutela di categoria, oppure delle esigenze necessarie ad assicurare la vita stessa della comunit e dello Stato. E non pu esser dubbio che competa alla Corte costituzionale la funzione di accertare se limiti di tal genere si desumano dal sistema, procedendo nell'affermativa alla loro determinazione, allorch ci si renda necessario, come avviene nella specie, per potere - 208 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO decidere della loro applicabilit alla legge denunciata. Ove si ritenesse diversamente risulterebbe violata non gi la riserva di legge, ma l'altra riserva che l'art. 134 dispone nei confronti della Corte quando le affida il compito di giudicare della legittimit costituzionale delle leggi. L'ampia discrezionalit spettante al legislatore per l'assolvimento del compito conferitogli dall'art. 40 non potrebbe mai esercitarsi in modo da pregiudicare gli interessi fondamentali dello Stato previsti e protetti dalla Costituzione. N pu ammettersi che l'intervento della Corte si renda possibile solo dopo che il potere predetto sar stato esercitato ed in confronto alla legg.e a tale scopo emanata, perch, a parte l'assurdo di un diritto suscettibile di svolgersi per un tempo indeterminato all'infuori di ogni limite, il vincolo a carico del legislatore, proveniente da una fonte sopraordinata, com' la Costituzione, precede e condiziona la sua attivit. La tesi enunciata dalle ordinanze secondo cui l'art. 40, prevedendo solo limitazioni all'esercizio del diritto, non tollera che esse si estendano alla sua titolarit, si dimostra inesatta sulla base dell'osservazione che queste ultime sono necessariamente collegate alle prime. Infatti, una volta ammesso, com' indubbio, che la libert di sciopero, per rimanere nell'ambito corrispondente al suo oggetto, di libert di non fare, deve svolgersi in modo da non ledere altre libert costitu: zionalmente garantite, com' quella consentita a quanti non aderi . scono allo sciopero, di conttnuare nel loro lavoro, o altri diritti ugualmente protetti, quale quello di poter continuare a fruire dei beni patrimoniali privati o di appartenenza pubblica senza che essi siano esposti al pericolo di danneggiamenti o ad occupazioni abusive, se ne deve dedurre che, gi pur sotto questo circoscritto punto di vista, non sia contestabile l'esigenza di limitare il diritto in parola per coloro cui siano demandati compiti rivolti ad assicurare il rispetto degli interessi che potrebbero riuscire compromessi da scioperanti indotti a sostenere le proprie ragioni con intimidazioni o violenze, e rispetto a cui si r.ende indispensabile l'impiego di congrui mezzi di preven . zione o di repressione. Rilievo ancora maggiore assumono le prospettate esigenze .. garantiste quando si abbia riguardo ai valori fondamentali legati all'integrit della vita e della personalit dei singoli, la cui salvaguardia, insieme a quella della sicurezza verso l'esterno, costituisce la prima ed essenziale ragion d'essere dello Stato. Si potrebbe ritenere che la soddisfazione di tali finalit non richieda necessariamente e sempre l'esclusione dall'esercizio del diritto per tutti i preposti ai compiti di protezione di cui si parlato, potendo risultare sufficiente, almeno per alcuni di essi, consentire l'esercizio stesso in una misura tale da assicurare almeno un minimo di prestazioni che attengano ai servizi essenziali. Ma chiaro che la disciplina di un siffatto uso parziale non potrebbe essere consentita altrimenti - PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE-. 209 che con apposita legge, cui competerebbe fissarne i casi di ammissi bilit, nonch le condizioni ed i modi necessari ad assicurare la effi. cienza e la continuit dei servizi stessi. Le conclusioni alle quali si pervenuto nell'interpretazione del, l'art. 40 non sono in nessun modo influenzate dal richiamo che le ordinanze fanno all'art. 3, dato che l'eguaglianza nel godimento dei diritti pu farsi valere fino a quando sussista parit di situazioni, e tale presupposto non si verifica per i preposti ad organi e per gli appartenenti a corpi che importano l'assoggettamento dei medesimi a quei particolari doveri ai quali legato il conseguimento delle finalit prima menzionate. Parimenti non decisivo deve ritenersi il richiamo all'art. 39 poich, anche ad ammettere che la libert di associazione di categoria per coloro il cui rapporto di lavoro non sia regolato dalla contrattazione collettiva trovi fondamento in detta norma, e non debba piuttosto farsi discendere dal principio consacrato nell'art. 18, e pur tenendo presente quanto la Corte ha statuito con le due sentenze n. 29 del 1960 e n. 141 del 1967, secondo cui la libert di organizzazione sindacale trova il suo necessario corollario nella libert di azione, noli pu senz'altro farsene discendere in ogni caso una sua indiscriminata pienezza di esercizio, una volta dimostrato, come si fatto, che la libert stessa, considerata in s e nel sistema, non pu non risultare limitata. Ed chiaro che anche l'art. 81 lettera e della legge delegata n. 3 del 1957, sullo statuto degli impiegati civili dello Stato, invocato dalla difesa di :parte, deve essere interpretato alla stregua del criterio delineato. Naturalmente competer poi al legislatore stabilire i mezzi di azione sindacale per la difesa degli interessi di categoria dei funzionari, per i quali il limite in parola fosse fatto valere. Discende dalle precedenti considerazioni che per i soggetti non addetti alle menzionate funzioni essenziale debba riconoscersi pienezza di esercizio del diritto di sciopero, salva sempre la potest del legislatore di regolarne le modalit. 3. -Il compito affidato alla Corte non pu spingersi al di l della determinazione del criterio generale, qual' desumibile dalla interpretazione sistematica dell'art. 40 della Costituzione. Compete al giudice di merito procedere alla applicazione del criterio stesso ai casi concreti, che dovr effettuarsi in base alla valutazione di tutti gli elementi che, nelle singole situazioni, concorrono a far decidere circa l'appartenenza a categorie per le quali il riconoscimento del diritto all'astensione .collettiva dal lavoro rischi di compromettere fu;izioni o servizi da considerare essenziali pel loro carattere di preminente interesse generale, ai sensi della Costituzione. Non esatto quanto asserito in qualcuna delle ordinanze, che cio sfugga al potere del giudice la valutazione comparativa degli in 210 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO teressi, quale si rende necessada per la risoluzione delle controversie in materia, poich a valutazioni siffatte l'organo giudicante necessariamente deve procedere tutte le volte che la formulazione delle norme da applicare le richieda -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 17 marzo 1969, n. 32 -Pres. Sandulli - Rel. De Marco -Cecconi ed altri (n.c.) c. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Soprano). Sicurezza pubblica -Misure di prevenzione nei confronti di persone pericolose per la sicurezza e la pubblica moralit -Discrezionalit del questore -Ille~ittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 13; 1. 27 dicembre 1956, n. 1423, artt. 1 e 2). La facolt attribuita al Questore dagli artt. 1 e 2 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, di diffidare le persone pericolose per la sicurezza e la pubblica moralit, non in contrasto con gli artt. 3 e 13 della Costituzione, in quanto l'appartenenza del soggetto a quella categoria condizione necessaria ma non sufficiente per la sottoposizione a misure di prevenzione, occorrendo anche un particolare comportamento che dimostri come la pericolosit sia effettiva e attuale e non meramente potenziale (1). (Omissis). -Anzitutto la discrezionalit non implica arbitrio: anche nell'esercizio del potere discrezionale l'autorit amministrativa non libera nelle sue determinazioni; comunque essa deve aver sempre di mira il conseguimento dei fini ad essa assegnati, e non pu discostarsene, e deve operare ponderando adeguatamente e imparzialmente i diversi interessi, pubblici e.privati, implicati nella fattispecie. Nel caso presente vi qualche cosa di pi, in quanto nel testo stesso dell'art. 1 impugnato, risulta chiaramente che anche il criterio notevolmente limitato, dato che il potere si risolve nell'accertamento di una specifica maggiore pericolosit di persone, che gi, in potenza, I (1) La questione era stata proposta con ordinanze: 20 luglio 1967 del II Pretore di Firenze (Gazz. Uff. 28 ottobre 1967, n. 271); 1 febbraio 1968 del Pretore di Genova (Gazz. Uff. 20 aprile 1968, n. 102); 13 febbraio 1968 del Pretore di Sestri Ponente (Gazz. Uff. lo maggio 1968, n. 127); 28 marzo I 1968 del Pretore di Lentini (Gazz. Uff. 31 agosto 1968). I Le precedenti sentenze della Corte sulla stessa legge, 28 marzo 1964, I I n. 23 e 30 giugno 1964, n. 68 sono pubblicate in questa Rassegna, 1964, rispetI tivamente, 257 e 821. I I I I ! I I I I PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 211 sono da considerare pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralit. Riconosciuta, infatti (come :risulta dalle citate sentenze di questa Corte), la legittimit costituzionale del provvedimento di identificazione concreta di coloro che vanno compresi nelle categorie di persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralit, non si pu disconoscere che tale elencazione , bensi, tassativa, ma non anche vincolante, nel senso che il solo fatto di essere compresi in una di quelle categorie renda obbligatoria, nei confronti di tutti coloro che vi appartengono, l'adozione di misure di prevenzione. L'appartenenza a quelle categorie invero condizione necessaria, ma non sufficiente per la sottoposizione a misure di .prevenzione: perch in concreto tali misure possano essere adottate, occorre, infatti, anche un particolare comportamento che dimostri come la pericolosit sia effettiva ed attuale e non meramente potenziale. L'accertamento di questa specifica pericolosit -la quale tra l'altro realizza una differenza tra le persone comprese nelle categorie genericamente ritenute pericolose --si raggiunge necessariamente attraverso un apprezzamento di merito. Che, poi, come in sostanza stato ritenuto con le citate sentenze di questa Corte, in ogni apprezzamento di merito, diretto ad accertare la sussistenza degli estremi per l'applicazione di una norma di legge, vi sempre un certo margine affidato alla discrezionalit, non per questo, chiarita quale sia la natura funzionale dell'accertamento affidato al questore, si pu parlare di violazione del principio di eguaglianza, tanto pi che in ogni caso l'esercizio del potere discrezionale soggetto al controllo del giudice, il quale sicuramente si estende alla irrazionalit, alla imparzialit, alla parit di trattamento. Si deve, quindi, concludere che sotto questo primo profilo la sollevata questione risulta infondata. 4. -Per le stesse ragioni deve essere dichiarata infondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 2 della stessa legge n. 1423 del 1956, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, sollevata con le due ordinanze, entrambe in data 1 febbraio 1968, del pretore di Genova e con ordinanza 13 febbraio 1968 del pretore di Sestri Ponente, sempre sotto il profilo che la discrezionalit conferita al questore con la dizione Il Questore pu rimandarvele sia suscettibile a creare una disparit di trattamento nei confronti di persone che ugualmente si trovino nelle condizioni da detto art. 2 prevedute. 5. -Comune a tutti i giudizi, tranne quello instaurato per effetto dell'ordinanza 13 febbraio 1968 del pretore di Sestri Ponente, , infine, la questione di illegittimit tanto dell'art. 1 quanto dell'art. 2 della citata legge, in riferimento all'art. 13, secondo comma, della Costituzione. 212 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Come s1 e posto in rilievo in narrativa, tale questione poggia sul pre~upposto della arbitrariet dei poteri attribuiti al questore con le norme suddette. Poich questo presupposto, dato quanto precede, viene a mancare, anche sotto il profilo del contrasto con l'art. ,13, secondo comma, della Costituzione, la questione di legittimit dei ripetuti artt. 1 e 2 risulta infondata -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 21 marzo 1969, n. 37 -Pres. Sandulli - Rel. Oggioni -Mantucci ed altri (avv. Orlando Cascio ed altri) e Presidente Consiglio dei Ministri, (sost, avv. gen. Stato Agr). Contratti agrari -Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue -Illegittimit costituzionale delle norme nel complesso relative a singole disposizioni -Esclusione. (Cost., artt. 2, 3, 24; 1. 22 luglio 1966, n. 607, nel suo complesso e artt. 1, 2, 8, 13, 15, 18). Contratti agrari -Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue -Assoggettabilit alla normativa anche dei rapporti conclusi successivamente al 28 ottobre 1941 -Illegittimit costituzionale. (Cost., art. 42, terzo comma; 1. 22 luglio 1966, n. 607, art. 1). La legge 22 luglio 1966, n. 607, che detta nuove norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue -non applicabile alle enfiteusi urbane ed a quelle ad aedificandum -non contrasta, sia nel suo complesso, sia nelle sue disposizioni particolari, con i principi della Costituzione (1). costituzionalmente illegittimo l'art. 1 della legge 29 luglio 1966, n. 607 che detta norma in materia di enfiteusi e di prestazioni fondiarie perpetue, limitatamente alla parte di cui comprende nella normativa anche i rapporti che formano oggetto della legge, conclusi successivamente alla data del 28 ottobre 1941, in quanto pu dar luogo a dissociazione profonda e incolmabile tra. momento dell'incidenza dell'indennizzo e momento di rife1imento del calcolo dello stesso, con violazione dell'art. 42, terzo comma, della Costituzione (2). (1-2) La questione era stata sollevata con numerose ordinanze di giudici di merito, investiti d~ll'applicazione della legge, e prospettata sotto molteplici profili, tutti esaminati nella motivazione della sentenza della Corte. Per la dottrina che si occupata, sotto il profilo della costituzionalit, della legge in questione, cfr. TRIBULATO, Alcune norme deila legge sull'enfiteusi al vaglio della Corte Costituzionale, Giustizia Civile, 1967, III, 213; MERCOGLIANO, Tramonto dell'enfiteusi ed espropriazione senza indennizzo dei diritti del corilc;edente, Riv. giur. edilizia, 1966, II, 179. 11 ~-~~-==~~~-,$--~=,,=,,,-,,=,,,,,,,p=-pw,=MM,mPde_,_,,,,_=-~~"''~'-J :::::::::::-:-:-::-:-:.:-:-:-:.:-:-:--:-..::-..........:.........:.:..-.......-........-..-..-..-...'..............-.....-...-..-.........-..-:-:::-:--:-::'.<<>::'.->'.::::-.................-......-.- PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 213 (Omissis). -2. -Le questioni sottoposte all'esame della Corte concernono motivi, in parte comuni, in parte proposti soltanto in alcune ordinanze: nonch motivi, alcuni relativi alla dichiarazione di illegittimit della intera legge ed altri limitati a parte delle norme che la compongono. La Corte procede, nell'ordine logico, anzitutto all'esame delle que' he riguardano globalmente l'intera leg~e e poi all'esame delle 'O.e la riguardano parzialmente. ;I primo ordine di motivi, si pone in discussione la costi. ll'intero sistema normativo di cui alla legge suindicata, sarebbe viziato da eccesso di potere legislativo per disar/ precedente sistema favorevole all'istituto dell'enfiteusi, per /con i fini di utilit sociale della propriet privata e perch /dato luogo ad una sostanziale espropriazione dei beni dei coni, dissimulata sotto l'apparenza pretestuosa di una aggiornata .amentazione dell'istituto, risolventesi in una sua graduale sop kione. La questione non fondata. Si pu osservare, anzitutto, che, a smentire un deliberato intento )li procedere all'eliminazione dell'istituto dell'enfiteusi, sta l'emanazione di altra legge coeva a quella in esame (legge 22 luglio 1966, n. 606) con la quale (art. 1) si dispone che ogni affitto a conduttori non colti-i ! vatori diretti debba cedere di fronte ad una concessione in enfiteusi del fondo a coltivatori diretti. Comunque, l'ipotizzabilit stessa di un vizio di eccesso di potere f legislativo, rilevabile dalla Corte, deve escludersi. I Si pu ricordare che, secondo giurisprudenza (sentenze 24 feb' braio 1964, n. 14; 8 aprile 1965, n. 30; 1 giugno 1966, n. 65; 22 giugno 1966, n. 95) dal sindacato spettante alla Corte esula ogni possibilit I f di controllo sulle scelte politiche, in senso lato operate dal legislatore, I sotto la sua responsabilit. Onde, il controllo della Corte deve inten-I dersi circoscritto alla verifica se il provvedimento legislativo sia inficiato da carenza assoluta di motivi logici e coerenti o da. contraddizione I I palese sui presupposti, in modo da incidere negativamente nel campo di altri diritti costituzionalmente garantiti (sul punto sono particolarl mente da tenere presenti le citate sentenze n. 14 del 1964 e n. 65 l del 1966). l Con riferimento alla specifica situazione in esame, attiene alle li scelte politiche, insindacabili in questa sede, il criterio che ha orientato il legislatore verso un riassetto dei rapporti enfiteutici agrari. Questo ! criterio palese: correggere n vetusto apparato dell'istituto, confor-' I ~ mando il nuovo assetto alla tendenza, espressa nell'art. 44 della Costituzione, di incentivare lo sfruttamento della terra, riconducendo ad .; equa socialit i rapporti che ineriscono alla propriet terriera: nella l ! } 1 I ! I, . I RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 214 specie, i rapporti tra chi si limita a concedere la terra perch sia lavorata da altri e rimane, poi, assenteista, e chi vi appresta invece diuturne forze di lavoro. (L'ipotesi di fatto che enfiteuti o coloni eventualmente non siano personalmente coltivatori diretti, ipotesi solo marginale ed occasionale, che lascia intatta la regola generale che non distingue l'un caso dall'altro). Accertare, sul terreno storico-politico, la sopraggiunta esigenza di un ridimensionamento dell'istituto e deve restare prerogativa del Parlamento, esente da controlli al riguardo: salvo, come si detto, il controllo sulla carenza assoluta di motivi, che qui va ovviamente esclusa, ed il controllo sulla costituzionalit di alcune norme particolari, assunte come mezzo al fine: controllo, quest'ultimo, che esula dal profilo qui considerato. 4. -Altra questione, che riguarda l'incostituzionalit della legge nel suo complesso, viene proposta, nel senso che il sistema adottato, pel favore mostrato verso la categoria degli enfiteuti, vulnererebbe i diritti inviolabili dell'uomo garantiti, ai fini di solidariet economicosociale, dall'art. 2 della Costituzione. Questa Corte ha gi ritenuto (sentenze 19 giugno 1956; n. 11 e 22 marzo 1962, n. 29) che l'art. 2 enuncia, solo in via generale, la tutela bilit di quei diritti di base, che formano il patrimonio irretrattabile della persona umana, mentre nelle norme successive che quei diritti sono poi, singolarmente presi in considerazione e, come tali, in vario modo e misura, garantiti, tutelati e tutelabili. Dato il profilo sotto cui proposta la questione, rapportandola sommariamente, nell'ambito dell'art. 2, senza collegamento, immediato e diretto, con una denuncia di specifiche violazioni di diritti umani, la questione stessa va disattesa. 5. -Tra i motivi, frequentemente ripetuti nelle ol'dinanze, v' quello che la legge in esame, dando luogo, mediante gli artt. 1 e 13 ad uniformit di normativa, anche per rapporti differenziati dai rapporti enfiteutici tipici, contrasterebbe col fondamentale principio di cui all'art. 3 della Costituzione. Nel novero dei rapporti, assimilati nel trattamento, e sempre sul presupposto, comune a tutti gli istituti, della loro natura reale, figurano le prestazioni fondiarie perpetue, i rapporti a miglioria in uso nelle provincie del Lazio e in altre parti del territorio nazionale, i contratti agrari atipici, nella loro multiforme variet: ai quali rapporti, elencati testualmente negli artt. 1 e 13 si assume che dovrebbero aggiungersi, ritenendoli implicitamente regolati dalla legge, i rapporti aventi per oggetto enfiteusi urbane ed enfiteusi ad aedificandum, mentre ogni loro assimilabilit nelle conseguenze, alle enfiteusi rustiche sarebbe, per diversit di contenuto e di caratteristiche, illegittima. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 215 Per quanto concerne le enfiteusi Ul'bane e quelle ad aedijcandum, considerate le prime come aventi generalmente per oggetto terreni gi coperti da edifici da conservare e migliorare e le seconde, come aventi per oggetto terreni concessi in enfiteusi per essere migliorati mediante la costruzione di edifici, la Corte ritiene che il sistema della legge, desunto dalla sua coordinazione, comporti la esclusione di esse dalla previsione legislativa. L dove la legge (art. 1) usa i termini di enfiteusi e di canoni enfiteutici parrebbe riferirsi comprensivamente a tutti i tipi di enfiteusi, nessuno escluso. Ma, un esame di dettaglio fa ritenere che l'oggetto della legge riguarda soltanto le enfiteusi di fondi rustici a fini di miglioramento agrario, cio quelle che prevalgono di gran lunga, per tradizione e diffusione, e che qui sono state considerate nel quadro generale di attuazione di riforme agrarie. Il calcolo prescritto per ottenere una corrispondenza tra canoni in danaro e canoni in derrate (art. 1); la ricorribilit contro l'ordinanza di affranco alla Sezione speciale del tribunale per i contratti agrari (art. 5); le agevolazioni agli affrancanti coltivatori diretti in relazione alle disposizioni sulla propriet contadina (artt. 11 e 12); il riferimento della misura dei canoni e delle prestazioni all'annata agraria (art. 15): sono tutte disposizioni che, non accompagnate da altre relative a fondi non rustici, denotano l'ambito esclusivo della legge. Vero che, nelle discussioni in sede parlamentare, sembrata prevalere la tendenza a considerare onnicomprensiva la formula dell'art. 1. Ma le tutt'altro che univoche opinioni soggettive in tale senso manifestate, non valgono a sovrapporsi al senso naturale e logico che risulta dal testo della legge, sistematicamente considerato; con la conseguenza che il giudizio della Corte va circoscritto, a tutti gli effetti normativi, generali e particolari, entro l'ambito segnato dall'oggetto della legge, delimitato, come ora si detto. Circa la prestazioni fondiarie perpetue (art. 1 della legge) alle quali sono proprie le regole sulla redimibilit delle ,rendite perpetue (artt. 1865 e 1869 cod. civ.) l'applicazione ad esse delle stesse regole dell'enfiteusi concetto consolidato per antica tradizione, che va dalla legge 24 gennaio 1864, n. 1636 in poi (legge 11 giugno 1925, n. 998 r.d. 7 febbraio 1926, n. 426 -d.lg. del Capo provvisorio dello Stato 4 dicembre 1946, n. 671). Soltanto la legge 1'0 luglio 1952, n. 701, non ha compreso le rendite fondiarie perpetue nella revisione dei canoni, ma dall'iter formativo della legge risulta che la esclusione fu dovuta non al disconoscimento di un principio equiparativo, bens a considerazioni di mera opportunit contingente. Per quanto concerne i rapporti a miglioria in uso del Lazio, va tenuto presente che l'art. 13 lettera a) . nelle province della legge in 'i 1I i ) !' I 216 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO esame, nell'annoverarli, non si limita ad un richiamo generico, ma testualmente li identifica e, nel contempo:, li circoscrive a quelli precisati negli artt. 1 e 2 della legge 25 febbraio 1963, n. 327: cio a quei rapporti che, dichiarati perpetui, vi sno definiti (art. 1) come quelli nei quali il coltivatore (possessore ultratrentennale) abbia migliorato il fondo con impianto di colture arboree o arbustive, od abbia pagato ~ migliorie esistenti all'atto dell'ingresso nel fondo al proprietario concedente o al miglioratario nel luogo del quale subentri, secondo convenzione od uso locale (condizione, questa ultima, anche per il cumulo del periodo di durata, secondo l'art. 2). Solo al verificarsi di queste condizioni, da accertarsi in fatto dal giudice ordinario competente, sottoposta l'applicabilit delle norme generali sull'enfiteusi e di quelle, speciali e successive, sull'affrancazione. Questa Corte ha gi sottoposto ad esame di costituzionalit i .citati artt. 1 e 2 della legge del 1963, riconoscendo legittimi con sentenza 20 marzo 1966, n. 30 l'assimilazione, negli effetti, all'enfiteusi dei rapporti a miglioria laziali purch aventi i dati caratteristici precisati nell'art. 1 ed il loro assoggettamento ad una stessa disciplina normativa. Appunto da questa premessa, la Corte ha fatto derivare l'illegittimit dei seguenti artt. 4 e 5, riguardanti l'applicazione a detti rapporti di peculiari norme di procedura sulla determinazione dell'equo canone di affitto di fondi rustici, ritenute estranee alla materia (enfiteusi e rapporti assimilati) cui avrebbero dovuto essere applicati. Con la stessa sentenza, la Corte, nel delineare l'ambito di assimilazione di istituti nei loro effetti, ha, poi, messo in evidenza che detti effetti vanno esclusi ove si tratti di rapporti di colonie parziarie con clausola migliorataria (art. 2164 cod. civ.) nelle quali prevalente il carattere associativo. La Corte, nel determinare il contenuto del citato art. 13 lettera a) per valutare se l'equiparazione si risolva in un inammissibile trattamento imposto in modo eguale per situazioni disuguali, non pu che adeguarsi alla propria succitata sentenza posto che in contrario non profilato alcun nuovo argomento decisivo. Valido argomento contrario non quello, ultimamente prospettato, che ogni assimilazione dovrebbe escludersi pel fatto solo che i rapporti a miglioria in uso nelle province laziali sono caratterizzati generalmente dalla limitazione dei diritti-doveri del miglioratario al soprassuolo, a differenza dei rapporti enfiteutici. Questo particolare rilievo, da considerarsi soprattutto sotto il riflesso della estensione e misura dell'esercizio del diritto di affranco, non tale da sovrapporsi a tutti gli altri criteri di accostamento tra i due rapporti: una volta ammesso che, anche per le colonie miglioratarie del tipo in esame, sussiste il diritto pieno all'affrancazione, riconosciuto testualmente per esse fin dalla legge 11 gennaio 1925, n. 998, la con PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 217 seguenzialit degli effetti di questa inerente alla natura dell'atto e ne discende, senza pi consentire distinzioni tra soprassuolo e sottosuolo. Alla stessa conclusione deve coerentemente addivenirsi per quanto riguarda i rapporti a miglioria relativi a fondi rustici situati in altre parti del territorio nazionale ed analoghi, per contenuto e caratteristiche, a quelli delle province del Lazio (art. 13, lettera b ed ultimo comma) salvo al giudice di merito verificare, caso per caso, la sussistenza di tutte le condizioni di analogia. Infine, va escluso alcun motivo di incostituzionalit per quanto riguarda la estensione della normativa ai rapporti costituiti in base a contratti agrari atipici (art. 13, lettera c). Questa categoria a contenuto variabile con la variet di situazioni locali, stata espressamente considerata dall'art. 13 della legge 15 settembre 1964, n. 756, sui contratti agrari, al fine di favorire la conversione ope legis di questi nella sfera dei contratti tipici, in dipendenza del premesso divieto di stipulare per l'avvenire contratti agrari di concessione di fondi rustici non appartenenti ad alcuno dei tipi di contratti conosciuti e nominati dalle leggi. L'art. 13 lettera e) condizionando l'equiparazione di trattamento all'accertamento che si tratti di contratti in cui siano prevalenti gli elementi del rapporto enfiteutico, si mantiene nel solco della suaccennata direzione normativa. In conclusione, anche sul punto riguardante la situazione dei rapporti elencati alle lettere a), b) e e) dell'art. 13 deve ritenersi la non fondatezza della questione di legittimit sollevata con riferimento all'art. 3 della Costituzione. 6. -Viene sollevata, come questione d'ordine generale, quella di legittimit costituzionale degli artt. 2 e seguenti, in quanto il sistema procedurale per addivenire all'affrancazione violerebbe, nella sua fase davanti al pretore, la garanzia del diritto di difesa (art. 24, secondo comma, Cost.). Si assume che l'ordinanza del pretore che dispone l'affrancazione del fondo viene emessa senza che delle osservazioni, riserve ed eccezioni delle parti sia fatto un esame ,che vada al di l di una loro sommaria presa d'atto (art. 4, quarto comma), mentre l'esame di tutta la possibile materia del contendere, a cominciare dal diritto stesso all'affrancazione, viene condizionato al futuro ed eventuale ricorso da proporsi alla Sezione speciale dei contratti agrari presso il tribunale competente (art. 5, quinto comma). Per cui si darebbe luogo all'anomala conseguenza che basta la notifica della predetta ordinanza a produrre l'estinzione dell'enfiteusi (art. 5, quarto comma) ed a costituire titolo per la sua trascrizione (art. 4, sesto comma). La questione non fondata. indubbio che l'attivit del pretore, nella fase di cui ai succitati articoli, dia luogo a un procedimento giurisdizionale. La procedura si 218 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO apre con la presentazione di una domanda giudiziale (art. 2): si svolge attraverso udienze (artt. 3, 4) nella prima delle quali, disposta con decreto la comparizione personale delle parti , il pretore ha l'obbligo di cercarne la conciliazione ai sensi dell'art. 185 del cod. proc. civ. tentando, cio, quella composizione della lite che inerisce alla fase iniziale dei giudizi civili: e la procedura si conclude con un provvedimento designato col nome di ordinanza, che, anch'esso, proprio del giudizio. Manca solo al provvedimento il carattere della definitivit nel senso che, essendo assegnato ai controinteressati un termine per adire il tribunale, la definitivit verr a derivare o dall'acquiescenza o dalla ~entenza con la quale il tribunale perverr a decidere definitivamente la controversia (art. 5, sesto comma). Ci premesso sulla natura degli atti, va esclusa la supposta menomazione del diritto di difesa. Da una parte, va considerato che l'affrancazione subordinata alla produzione e deposito di tutti i numerosi atti probatori elencati nell'art. 2 e controllabili da tutte le parti e anche dai loro patroni, poich, trattandosi di fase giudiziaria, regola che le parti siano rappresentate e assistite da procuratori e da difensori (art. 82, cod. proc. civ.) ai quali sono riconosciuti i diritti e gli onorari (art. 10 cpv). La produzione di atti di notoriet soltanto un surrogato di atti la cui mancanza dovr essere ovviamente giustificata. D'altra parte, riservata al pretore cognizione ampia su tutti i presupposti della domanda, sia mediante l'estensione dell'intervento alla procedura di altri interessati, risultanti da notizie e dalla documentazione., sia mediante i contatti diretti con le parti (e loro difensori) ai sensi dell'art. 185 cod. proc. civ., sia mediante l'ausilio di consulente tecnico (art. 4), sia mediante la determinazione del capitale d'affranco ed il controllo sul suo deposito preventivo (art. 4, secondo e terzo comma). Il provvedimento del pretore deve poi essere motivato e non pu darsi motivazione senza che la situazione da regolare sia tenuta presente dal giudicante per lo meno nelle sue linee essenziali, scaturenti dagli elementi probatori acquisiti. Vero che il citato art. 4 dispone che, nello stesso provvedimento, il pretore deve dare sommariamente atto delle osservazioni, delle riserve e delle eccezioni delle parti. Ma tutto ci, se vale a conservarne traccia scritta da servire per l'eventuale giudizio da svolgersi in seguito davanti al tribunale, non basta per far ritenere che il pretore debba rimanere del tutto passivo, quale semplice registratore di deduzioni difensive, senza delibarne la portata. Trattasi, in conclusione, di un procedimento sommario, volto ad operare, in vista del risultato sociale che la legge ha di mira ed anche in considerazione che il diritto all'affranco spetta all'enfiteuta come diritto primario di natura potestativa, l'immediata estinzione del diritto - PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 219 del concedente e l'affermazione del pieno diritto dell'ex enfiteuta sul fondo: salvo e riservato a tutte le parti il diritto a conseguire in fase successiva una pi piena tutela giurisdizionale. Si prospettano in contrario le conseguenze che potrebbero derivare dal fatto che la trascrizione dell'ordinanza del pretore (imposta dall'art. 4, ultimo comma) porrebbe a libito dell'affrancante il mezzo di disporre del bene prima della sentenza definitiva sulla controversia . Ma la facolt accordata al pretore di ordinare l'iscrizione di ipoteca giudiziale a favore del concedente per l'ammontare che riterr opportuno (art. 4, quinto comma), e, ancor pi, la pubblicazione mediante trascrizione degli atti inerenti al fondo, a cominciare dalla trascrizione della domanda di affranco (art. 2643, n. 7, cod. civ.) escludono la possibilit di conseguenze irreparabili in danno del proprietario. 7. -Compiuto l'esame delle questioni di costituzionalit che riguardano la legge considerata nei suoi aspetti pi generali, occorre procedere all'esame di particolari questioni che pi da vicino investono, pur nel quadro generale del sistema, determinate norme. La prima e pi rilevante questione concerne l'art. 1 che, per la fissazione dei canoni, innova alle norme del codice civile, prescrivendo (primo comma) che per essi debbasi far riferimento al reddito dominicale calcolato, a norma della legge 29 giugno 1939, n. 976, oltre la rivalutazione disposta con il d.lg. 12 maggio 1947, n. 356, precisandosi per di pi (ultimo comma) che tale reddito va riferito alla qualifica catastale risultante al 30 giugno 1939. Seguono nello stesso articolo le disposizioni sul capitale d'affranco calcolato in una somma corrispondente a quindici volte H valore dei canoni come sopra determinato. Si assume che la imposizione in via generale di un canone unico, diverso da quello pattizio, comprimerebbe l'autonomia contrattuale, contra~tando con la libert d'iniziativa economica privata (art. 41, Cost.) e, con l'abbassare notevolmente il livello dei valori, sovvertirebbe, a danno del concedente e della utilit sociale, l'equilibrio del rapporto e darebbe luogo ad un'affrancazione che di questa perde i caratteri per assumere quelli di una espropriazione, indennizzata in misura irrisoria, con violazione dell'art. 42 della Costituzione. La Corte, procedendo anzitutto all'esame della prima parte dell'art. 1 (determinazione del canone) osserva che l'autonomia contrattuale (gi subordinata dall'art. 1322, cod. civ. ai limiti imposti dalla legge e derogata dal seguente art. 1339 per quanto riguarda la sostituzione di diritto alla clausole pattizie ed ai prezzi di beni e servizi, di clausole imposte dalla legge) non riceve dalla Costituzione una tutela diretta. Essa la riceve bensi indirettamente da quelle norme della Carta fondamentale, che, come gli artt. 41 e 42 -riguardanti rispettivamente l'iniziativa economica e il diritto di pr~priet -, si riferiscono ai possibili oggetti di quella autonomia. Comunque, la giurisprudenza della - RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Corte, in casi riguardanti riduzioni di canoni d'affitto dei fondi rustici, rimunerazione del lavoro colonico, fissazione di prezzi minimi di prodotti terrieri, diritti del mezzadro sul valore delle scorte vive da riconsegnare (sentnze 20 febbraio 1962, n. 7; 13 maggio 1964, n. 40; 8 aprile 1965, n. 30; 2 luglio 1967, n. 118), ha ritenuto che, in materia, l'autonomia contrattuale deve cedere di fronte a motivi d'ordine supe.; riore, economico e sociale, considerati rilevanti dalla Costituzione. N vale obbiettare che i fini sociali r.imangono, nel caso, incerti perch non tradotti in programmi definiti,' ai sensi dell'art. 41, terzo comma, della Costituzione. A parte ogni rilievo circa l'invocabilit di quest'ultimo precetto fuori del campo dell'attivit d'impresa, va ricordato ancora una volta che il disegno che il legislatore si proposto con la legge in esam sufficientemente motivato ed evidenziato nell'ambito dell'esel'cizio di insindacabili scelte politiche. 8. -Premessa la legittimit di un intervento in materia del legislatore, va ora esaminato se altrettanto possa dirsi del sistema adottato al fine di determinare il canone. Il riferimento al reddito dominicale, costituito, come noto, dalla somma del reddito prodotto in modo specifico dalla terra secondo la sua fertilit (rendita fondiaria propriamente detta) con l'interesse dei capitali stabilmente investiti e incorporati nel suolo, costituisce un parametro di applicazione gi adottato in casi analoghi. Va ricordata, particolarmente, la legge 15 febbraio 1958, n. 74 (art. 1) riguardante i canoni livellari veneti, ai quali canoni l'art. 13, quarto comma, della legge attuale estende le proprie norme, ad eccezione di quella dell'art. 1 gi regolata dalla legge sui livelli nel senso che, anche agli effetti del prezzo di affrancazione, per i canoni costituiti prima del codice del 1865 fissata la misura massima nel triplo del reddito dominicale del fondo sul quale gravano, determinato secondo il d.l. 4 aprile 1939, n. 589, convertito in legge 29 giugno 1939, n. 976. Quest'ultimo sistema di riferimento e di calcolo stato sottoposto al controllo di costituzionalit da parte di questa Corte che, con sen tenza 9 luglio 1959, n. 46, lo riconosceva legittimo in s e nella con gruit dell'ammontare, anche se in taluni casi questo ammontare sarebbe venuto a risultare notevolmente basso. Vero che sussistono alcune differenze particolari tra le due leggi (quella sui livelli veneti e quella attuale) poich la prima limitata ai rapporti costituiti prima del codice del 1865 e fissa al triplo del reddito dominicale il limite massimo di canoni, e in pi non comprende la rivalutazione di cui al decreto 12 maggio 1947, n. 3, e non fa riferimento esclusivo alla qualifica catastale risultante al 30 giugno 1939. Ma, agli effetti del punto in esame, la ragione allora adottata per decidere, conserva la sua validit. 9. -Altra questione, che si .irirtesta sit ~l.l.~$ta premessa, quella riguardante in. c,onc:reto1 in relazione alla partfo<>l;u>it del rapPOrti regolati dalla legge, l misura d.el ca:none, quale deriva dal ealcolo legalmente imposto, anche in, considerazione '.dei riflessi diretti sull'affranco e sulla determinazione del capitale d'affranco; J.;e due prospettive, attenendo l'una co1lte l'altra al d.iritt<> di p~opriet, ai suoi . limiti; alla r~pportl:l ti-a le pa,11tl 11elcorsodella suadutata edal mom~to della sua eV'entuale . ce$$azi<>ne. . .. I.,a re~zion.e. del Ministei-() dell'agrieoltura, oft;re alcunl dati con c;reti.. ~eientem~t~ orientfltivi . ed .ausiliari. , . . ........ In prop0$ito;la valut;.i()ne deidati tmmiti dal Ministero e comvosti da e}ementi.indicativi $Peci6cio mediamente pre'\'alenti, consente uri pl'ittl,a conclusione:' che il divario tra canone in danaro pattizio e C80.ol1e leg.ale, , in< via generale, per quanto riguarda i rapporti di antici;I, .clilstit~zio11e* di. 1$lnita>ta entit, tale da non raggiungere, nella generl;ll,i~>def ca.si~ quel punto di rottura che renderebbe il canone Purapl:en.te apprente :e' sitilbolic<>. Trattasi. di canoni che, sin dall'origh1e 1011tan ~ n()il9$ta~t~l Jn.94erati lit():cchi accordati legislativa ... lX1entT neteottso, ~della l()ro ~*t.enz~. ha~o. conservato la portata di una misura es!gla, fu molti cSi ;sprav'Vissuta quasi .per forza di inerzia, .tra l'i1lcliif~e11za dei concedenti. La ~~1lsldetazi9ne di. ~uest? sqstrat1t dl f~tto .. solo un elemento, d~ec~l~~f0~~fiDriamel:lte~ ma $enzit ~$;l#ltirla,l. proposta questione Vi sono altri elementi che, pi intrinsecamente e ;pi da vicino, riguardano la tipologia originaria dei rapporti di antica costituzione: particolarmente l'elemento .della immutabilit del canone . . Il principio della revisione del canone, a seconda dell'aumentato o diminuito valore dl fondo e notevolmente condizionato secondo l'art. 962 secondo comma del cod. civ.; stato introdotto soltanto con 5 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 222 il Libro della propriet, approvato con r.d. 30 gennaio 1941, n. 15, entrato in vigore dal 28 ottobre 1941, trasfuso nel testo del cod. civ. approvato con r.d. 16 marzo 1942, n. 262 e reso esecutivo dal 21 aprile 1942. E per le enfiteusi costituite anteriormente al 28 ottobre 1941 l'art. 144 delle disposizioni transitorie al cod. iv. ha bens consentito la presentazione della relativa domanda, ma solo a decorrere dal 28 ottobre 1944 ed in pi per la prima revisione, con limitati effetti sulla nuova misura del canone. Il diritto a chiedere la revisione del canone, riconosciuto al concedente e all'enfiteuta ha conferito al contratto un nuovo elemento di rilievo, rispetto al tipo tradizionale: ma, per quanto riguarda le vecchie enfiteusi, con operativit alquanto ddotta. Da qui, un fondamento di ragione, nelle norme del primo e ultimo comma dell'art. 1 che, riferendo le valutazioni alla data del 30 giugno 1939 in rapporto alla qualifica catastale e ricavandone un reddito dominicale rivalutato per legge, a cui adeguare il canone, realizzano, in tal modo, una soluzione intermedia tra quella originaria e quella rprevista dal codice del 1942. Un simile risultato, del resto, non rivela sproporzioni tali da fare considerare ridotto a misura irrisoria, rispetto a quello iniziale, il compenso alla propriet sacrificata: in qualche caso perfino, come attesta la Relazione ministeriale, maggiorandolo, _rispetto al risultato ottenibile con la calcolazione di cui all'art. 971, ultimo comma, del cod. civ. Lo stesso, conseguentemente, deve dirsi per quanto riguarda il capitale di affranco (quarto comma dell'art. 1) ricavato moltiplicando per quindici volte il valore dei canoni. La Corte ritiene che la conclusione sia valida anche per i canoni e le altre prestazioni in natura, sempre nell'ambito dei rapporti di origine antica. L'art. 1 della legge in esame (secondo comma), sia per i versamenti in quantit fissa di derrate, sia per quelli in quota di derrate, li riduce, previa calcolazione dell'equivalente in danaro, al limite della stessa somma corrispondente al reddito dominicale di cui al primo comma. Per quanto concerne la predetta calcolazione dell'equivalente in danaro, l'art. 1 ha, ai fini dell'affranco, in parte seguito il criterio adot~ tato dall'art. 3 comma secondo della,legge 1 luglio 1952, n. 701, aggiornando tuttavia la rilevazione dei prezzi: soltanto la successiva riduzione al limite suindicato costituisce una particolarit inerente al nuovo sistema. Il divario che ne risulta, secondo dati indicativi allegati alla Relazione del Ministero dell'agricoltura, certo, almeno in molti casi, maggiore di quanto non sia il divario tra i canoni in danaro. Ma, data la natura e le origini dei remoti rappm:ti in questione e i fattori ai quali si collega il mutare dei prezzi dei prodotti agricoli, PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 223 questo divario tale da correggere ma non vanificare la sostanza economica del rapport. Il divisamento del legislatore di unificare, nella regolamentazione, forme diverse dello stesso istituto, trova, nel ;riferimento comune al reddito dominicale, un suo coerente punto d'incontro. 10. -Gli argomenti che si sono finora prospettati, trovano, tuttavia, la loro giustificazione, solo se riferiti alle enfiteusi ed istituti equiparati, di antica costituzione: non per quelli di pi recente formazione. La data dell'entrata in vigore del Libro della propriet (28 ottobre 1941) segna, a giudizio della Corte, runa importante demarcazione. Da una parte, l'accadimento di imponenti fa:tti storici ed economici ha inciso in profondit e progressivamente sui valori dei beni talvolta anche per effetto di una modifica di destinazione e la svalutazione della moneta ne stata, ad un tempo, causa ed effetto, pi o meno permanente. Dall'altra parte, i rapporti costituiti, in tempi, luoghi e situazioni diversi, dopo la data suindicata, hanno risentito della strutturazione, in parte nuova, che la legge civile ha loro assegnato. Particolarmente, l'assegiiazione di un diritto alla revisione del canone in relazione al valore attuale (art. 962 cod. civ.) ha segnato il passaggio da una concezione statica del rapporto ad una concezione dinamica: .ed i nuovi rapporti sono sorti -ab initio -e si sono svolti, sotto la garanzia della possibile operativit di quel diritto. Il riferimento alla qualifica catastale del 1939 viene quindi ad assumere, per i rapporti ora in esame, un aspetto inadeguato, anacro nistico, e tale da creare ingiuste sperequazioni, sia se considerato in relazione a quei beni che abbiano avuto -medio tempore -incre menti di valore, per cause obbiettive di trasformazione, anche indipen denti dagli apporti dei concessionari ed, eventualmente, degli stessi concedenti, sia, ed a maggior ragione, se considerato in relazione a rapporti aventi per oggetto terreni che gi, al momento della conces sione, si trovavano per .qualit e quantit di colture ed in genere, per i loro pregi intrinseci ed estrinseci, in condizione di redditivit ben diversa e maggiore di quella esistente nel lontano anno 1939. Il sistema della legge di procedere, per il calcolo, a ritroso nel tempo, viene cos a creare (e la Relazione del Ministero dell'agricoltura contribuisce coi suoi dati di confronto ad evidenziare la situazione) quella dissociazione tra il momento dell'incidenza indennizzabile sul diritto colpito e il momento cui va riferito il calcolo del valore di quest'ultimo, che questa Corte, con sentenza n. 22 del 5 aprile 1965 riguardante la legge 18 aprile 1962, n. 167, e gi prima con la sen tenza 2.2 dicembre 1959, n. 67, ha dichiarato illegittima. Nel caso in esame, la dissociazione profonda od incolmabile e conseguentemente ne resta viziato, limitatamente ai rapporti temporali in esame, il congegno della legge, sia per quanto riguarda la misura dei canoni sia, correlativamente, per quanto riguarda i capitali d'af 224 RASSEGNA DELL'AVVO.CATURA DELLO STATO franco, gli uni e gli altri resi suscettibili di scendere al di sotto del livello di un'equa valutazione, tra diritto colpito e corrispettivo, in violazione dell'art. 42 terzo comma della Costituzione. In questo senso, e dentro questi limiti, va dichiarata l'illegittimit costituzionale dell'art. 1. 11. -Nell'ordine delle norme, singolarmente sottoposte al controllo di costituzionalit, si presenta la norma dell'art. 8 e, correlativamente, quella dell'art. 9, che concernono l'abrogazione del divieto, stabilito dall'art. 972, ultimo comma, del cod. civ., di ammettere l'affrancazione qualora intervenga una domanda giudiziale di devoluzione per deterioramento del fondo o non adempimento dell'obbligo di migliorarlo. La Corte osserva anzitutto che la finalit abrogativa manifestata dalle norme in esame rientra nell'ambito dei poteri del legislatore, non sindacabili in questa sede per le ragioni di principio dianzi gi indicate. Non si tratta di una immotivata e immotivabile direttiva, carente in modo assoluto di razionalit: bensi si tratta di far entrare nell'alveo del principio della prevalenza dell'affrancazione sulla devoluzione (principio conclamato in termini accentuati anche nella Relazione ministeriale al codice) ogni ipotesi di fatto, senza alcuna eccezione. D'altra parte, l'eccezione di cui all'art. 972 del cod. civ. non era dallo stesso articolo condotta in ogni caso a rigorosa conseguenzialit, dappoich si era ritenuto sufficiente (art. 972, ultima parte dell'ultimo comma), l'intervento di una sentenza soltanto di primo, grado che avesse ammesso, pur senza costituire giudicato, l'affrancazine, per impedire la domanda di devoluzione. Trattasi, pertanto, di una eccezione marginale alla regola primaria dell'affrancabilit, eccezione sovente (e la norma da ultimo ricordata lo conferma) sollevata cometar:divo rimedio ad uno stato di inerzia precedente. ' L'abrogazione operata con l'art. 8, non pu dar luogo a rilievi di incostituzionalit. 12. -Viene sollevata questione di costituzionalit dell'art. 15 della legge che, nel dare decorrenza retroattiva alla misura dei canoni e deile altre prestazioni dell'annata agraria 1962-1963, ha fatto salvi i casi in cui il relativo versamento sia stato gi effettuato. 'Si assume che con questa norma sia stata creata una disparit di conseguenze tra i partecipi del rapporto, dando luogo ad una situazione irreversibile, potenzialmente dannosa solo e proprio nei casi in cui gli obblighi di versamento dei canoni siano stati puntualmente gi adempiuti. La questione, che viene posta in relazione all'art. 3 della Costituzione, non fondata. Per quanto riguarda gli effetti retroattivi, l'art. 25 secondo comma della Costituzione ne segna il divieto limitatamente alle norme pun - PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 225 tive: conseguentemente, questa Corte ha gi escluso l'esistenza di un principio generale di irretToattivit delle leggi (sentenze 15 maggio 1957, n. 71, e 2 luglio 1957, n. 118). Per quanto riguarda gli effetti dello ius superseniens sui rapporti anteatti, va considerato che l'art. 15 non d luogo ad una disparit di trattamento da valutare secondo l'art. 3 della Costituzione. Ma si uniforma al principio, riconosciuto largamente in tema di successione di leggi, secondo cui la legge nuova non incide sui fatti esauriti, in tutto o in parte, sotto il vigore di quella precedente: ci anche per favorire l'utilit sociale e della certezza dei rapporti preteriti posta in evidenza nell'ora citat sentenza 2 luglio 1957, n. 118. 13. -Va esaminata, da ultimo, la questione di costituzionalit relativa all'art. 18 della legge, che dispone 1'1].brogazione dell'art. 962 del cod. civ. sulla revisione dei canoni relativi ad enfiteusi rustiche. Si assume che, una volta pretermesso il motivo di questa norma, diretta a conservare attraverso la fluttuazione dei valori,. un equilibrio tra ammontare dei canoni, e valore del fondo, si darebbe luogo a conseguenze antieconomiche, socialmente dannose, tali da snaturare rapporto e da incidere gravemente, in relazione all'art. 42, terzo comma, della Costituzione, sulla quantificazione dei diritti di propriet. La questione non fondata. La disposizione dell'art. 962 ha costituito una innovazione non solo e non tanto in relazione all'immediato precedente legislativo del codice del 1865, quanto in relazione alla secolare caratterizzazione dell'istituto, data dalla inalterabilit del canone. Con l'art. 962 si ritenuto di apportare un correttivo (ne fa fede la Relazione ministeriale) ad una situazione che sembrava conducente a far cadere in desuetudine l'istituto : correttivo, tuttavia, poi non condiviso da autdrevole corrente di giuristi ed economisti, i quali, al contrario, hanno ritenuto che proprio l'inalterabilit del canone costituiva il presidio per mantenere l'originalit dell'istituto, specie a vantaggio dei lavoratori della terra. ,Ne consegue che l'abrogazione ora disposta dal legislatore con l'effetto del ritorno alla tradizione, appartiene ad una valutazione discrezionale dei motivi, che non pu formare oggetto di sindacato da parte di questa Corte. 14. -Poich le enfiteusi urbane e quelle ad aedijcandum sono, come si gi detto, da considerarsi escluse dall'ambito della legge in esame, l'abrogazione del diritto alla rivedibillt va qui considerata in funzione della materia, propria ed esclusiva, dell'enfiteusi sui fondi rustici. Ogni altra questione che possa riguardare l'estensione ovvero la non estensione dell'ambito dell'abrogazione ad altre ipotesi al di fuori 226 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della normativa in esame, vengono ad incidere negativamente, escludendolo, sul riconoscimento di una loro rilevanza in questo giudizio. 15. -Lo stesso art. 18 della legge contiene l'abrogazione degli artt. da 142 a 149 delle disposizioni transitorie al cod. civ. Per quanto riguarda la costituzionalit dell'abrogazione degli articoli 142, 144, 147 e 149 riguardanti rapporti costituiti sotto le leggi anteriori al codice, ai fini della revisione, affrancazione e devoluzione (e che solamente qui interessano in derivazione delle ordinanze di rinvio) la questione stessa, prospettata di scorcio in alcune ordinanze e "difese, viene ad inserirsi direttamente nel quadro dei motivi gi esposti per le antiche enfiteusi con la conseguenza del riconoscimento della loro legittimit costituzionale. 16. -In conclusione, la Corte perviene alla decisione di illegittimit costituzionale, concentrandola nel solo punto in cui l'art. 1 della legge in esame consente di estendere l'applicazione delle relative norme anche alle enfiteusi e rapporti analoghi conclusi successivamente al 28 ottobre 1941. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 21 marzo 1969, n. 38 -Pres. Sandulli - Rel. Benedetti -Comune di Sorianello (avv. Stoppani), Comune di Soriano Calabro (avv. D'Audino) c. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Azzariti). Comuni e Provincie -Variazioni alle circoscrizioni dei Comuni Riserva di legge -Inapplicabilit al legislatore statale. (Cost., artt. 117, 13,3; r.d. 3 marzo 1934, n. 383, artt. 33, 34 e 35). Comuni e Provincie -Variazioni alle circoscrizioni dei Comuni -Diritto di iniziativa spettante ai cittadini contribuenti -Illegittimit costituzionale. (Cost., art. 3; r.d. 3 marzo 1934, n. 383, artt. 33, 34 e 35). Non fondata la questione di legittimit costituzionale degli artt. 33, 34, e 35 del vigente t.u. della legge comunale e provinciale, in quanto la rise1va di legge, prevista dagli artt. 117 e 133 della Costituzione per le variazioni delle circoscrizioni terriboriali dei Comuni riguarda solo il legislat01e regionale, non anche lo Stato, il quale -fino aU'entrata in vigore dell'ordinamento regionale -legittimamente continua ad esercitare le sue funzioni in materia nelle forme e nei limiti della disciplina vigente (1). (1-2) La questione era stata proposta con ordinanza 5 novembre 1966 dal Consiglio di Stato -V Sezione -(Gazzetta Ufficiale 25 febbraio 1967, n. 51). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 227 Sono costituzicmalmente illegittimi, con riferimento al principio di eguaglianza, gli artt. 33, 34 e 35 del vigente t.u. deLla legge comunale e provinciale, limitatamente alle parti in cui riconoscono il diritto di iniziativa e di opposizione nel procedimento di modificazione delle circoscrizioni territoriali comunali ai cittadini che rappresentino la maggioranza numerica dei contribuenti delle borgate o frazioni, anzich della maggioranza dei cittadini elettori (2). (Omissis). -Col primo motivo di incostituzionalit viene denun ciato un contrasto tra gli artt. 33, 34 e 35 del t.u. della legge comunale e provinciale, approvato con r.d. 3 marzo 1934, n. 383, nella parte in cui stabiliscono che le variazioni alle circoscrizioni dei comuni sono disposte con decreto" del Capo dello ,Stato e gli artt. 117 e 133, comma secondo, della Costituzione i quali dispongono che alle suddette varia zioni si provvede con legge regionale. La ordinanza non nega che, nelle mm:e dell'attuazione dell'ordinamento regionale, lo Stato possa conti nuare ad esercitare la sua potest in materia, ma, basandosi sulla riserva di legge contenuta nei citati precetti costituzionali, sostiene che le mo dificazioni delle ircoscrizioni territoriali previste dalle norme censurate debbano essere disposte con atto legislativo e non gi con atto ammi n:istrativo. La censura fondata. Nel proporla l'ordinanza muove dall'inesatta premessa che la riserva di legge si riferisca anche al legislatore nazionale. Il testo degli artt. 117 e 133 della Costituzione non lascia, per contro, dubbi di sorta che c~ si trovi in presenza di una l'iserva di legge esclusivamente regionale, destinata quindi ad operare solo nel momento in cui gli organi legislativi della Regione verranno creati ed inizieranno a funzionare. Con le norme in esame il costituente ha inteso sottrarre alla competenza dello Stato e trasferire al nuovo ente regione, innegabilmente pi idoneo ad avvertire ed apprezzare la volont e gli 'interessi locali dei cittadini, la materia concernente l'istituzione Sulla prima massima, si pu ricordare che il Consiglio di Stato, Sez. V, con decisione 26 settembre 1952, n. 1105 (Il Cons. di Stato, 1952, 1252) aveva ritenuto che l'a riserva di legge posta dall'art. 133 Cost. una riserva di legge regionale, che postula l'esistenza della Regione e del suo ordinamento. Cosi poi stato riaffermato dallo ,stesso consesso con le successive decisioni 29 dicembre 1956, n. 1173 (ivi, 1956, 1475) e 13 giugno 1959, n. 337 (ivi, 1959, 845). Anche la Corte Suprema di Cassazione, con fa sentenza 15 novembre 1960, n. 30~8 (Foro it., 1961, I, 262) aveva espresso i medesimi principi. Con la seconda massima, si riafferma l'illegittimit di qualsiasi parametro che non sia fondato sulla comune qualit di cittadino, ma, come nella specie, sia fondato sul ,censo. 228 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di nuovi comuni e le modifiche delle loro circoscrizioni e denominazioni. A garanzia delle autonomie locali e per assicurare la necessaria tutela del diritto alla integrit territoriale dei comuni, il costituente ha inoltre disposto che la potest attribuita in materia alla Regione si manifesti sotto la forma di leggi e previa audizione delle popolazioni interessate. Ora, poich questa l'esatta portata dei precetti costituzionali in esame, ne discende ovvia la conseguenza che essi non hanno immediata applicazione, rivolgendosi unicamente ad organi di un nuovo ente territorfale non ancora concretamente istituito. Durante l'attuale periodo transitorio ben potr quindi lo Stato -nei cui riguardi i ripetuti precetti non hanno alcuna operativit -continuare ad esercitare le sue funzioni in materia nelle forme e nei limiti stabiliti dalla preesistente disciplina. La seconda censura di incostituzionalit sollevata d'ufficio dal giudice a quo riguarda quelle parti degli artt. 33 e 34 del t.u. della legge comunale e provinciale nelle quali viene disposto che alle modifiche delle circoscrizioni territoriali previste da detti articoli pu farsi luogo quando ne sia fatta domanda da un numero di cittadirti che rappresentino la maggioranza numerica delle borgate o frazioni e sostengano almenu la met dei tributi locali in esse applicati. La censura stata proposta in riferimento agli artt. 133, comma secondo, e 3 della Costituzione tra loro coordinati perch l'intervento nel procedimento della maggioranza dei soli cittadini contribuenti non soddisferebbe all'obbligo della preventiva audizione delle popolazioni interessate e violerebbe nel contempo il principio di eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. La Corte non ritiene per che la questione di legittimit possa porsi in riferimento a quella parte dell'art. 133, comma secondo, della Costituzione nella quale sancito l'obbligo di sentire le popolazioni interessate. E ci perch, come gi stato posto in rilievo, le disposizioni contenute .nel secondo comma e cio tanto la riserva di legge, quanto l'obbligo di sentire le popolazioni interessate, si riferiscono esclusivamente alla Regione. La questione di legittimit invece fondata in quanto posta in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Nei precedenti testi legislativi disciplinanti la materia (legge 20 marzo 1865, n. 2288 allegato A art. 15; legge 30 dicembre 1888, n. 5865, art. 3; r.d. 4 maggio 1898, n. 164, art. 115; r.d. 21 maggio 1908, n. 229, art. 115 e r.d. 4 febbraio 1915, n. 148, art. 120) l'iniziativa del procedimento di modificazione delle circoscrizioni comunali era stata sempre riconosciuta alla maggfo.ranza degli elettori e tale criterio di individuazione dei soggetti interessati a tali modifiche, abbandonato dal t.u. della legge comunale e provinciale del 1934, stato ripristinato, dopo l'en PARTE I, SEZ. I, GlURl.S.COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 22Q trata in vigore della Costituzione, con la legge 15 febbraio 1953, n. 71 sulla ricostUuzione dei comuni soppressi in regime fascista. Nel sistema delle fonti normative perci la previsione dgli articoli impugnati, che considera sufficiente l'intervento della maggioranza dei soli contribuenti, del tutto eccezionale. Ora rt()n pu di$Conoscersi che tale previsione, comportando una ingiustificapi.le re.strizlont:\ .della nozione dei soggetti interessatiai PJ:'oV vedimenti relatiyi alle yari~lzioni delle c;:ircoscr.izioni comunalij sia in contt'astc> c9J. Princ.il)~o ,t:ti~ne.e1'al5s'iegaziorie ad.\ln. comune.cont~rmine; intr~S$ailo . iridiibl>iameht~ tutti .. i . c.ittadi.ni.. resid.enti.... nella bfovvdjmerl'U, l'eleniento da prendere irt.onsideraz!C).ne la v.olont dei frazionisti. A Q.\lesfa esigenza non sono certo con:fi>rmi 1: deve essere altres dichiarata l'incostituzionalit dell'art. 35 nella parte in cui attribuisce a qualsiasi contribuente, anzich a qualsiasi elettore, la facolt di fare opposizione alle deliberazioni dei consigli comunali relative a variazioni alla circoscrizione dei comuni. -(Omissis) . .' ---~ SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 20 gennaio 1969, n. 126 -Pres. Scarpello -Rei. Iannuzzi -P. M. Di Majo (conf.). -Amministrazione Finanze (avv. Stato Tracanna) c. Delfino ed altri (avv. Mazzullo e Nonnis). Edilizia economica e popolare -Cessione in propriet di alloggi costruiti con contributo statale -Alloggi la cui concessione sia eventuahnente condizionata alla prestazione in loco di un determinato servizio presso pubbliche Amministrazioni -Esclusione dalla cessione in propriet -Condizioni. (d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, art. 2, lett. b). Competenza e giurisdizione -Sequestro giudiziario di un bene che abbia formato oggetto di provvedimento amministrativo di rilascio -Ammissibilit. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E, art. 4). La rlazione fra la concessione dell'alloggio ed il servizio -che coindizione ostativa alla cessione in propriet dell'alloggio medesimo ai sensi deil'art. 2 lett. b del d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 -deve essere e essenziale , nel senso che l'alloggio deve esser stato concesso, non nella semplice e generica considerazione della qualit di dipendente dello Stato deU'assegnatario, ma intuitu ministerii, con specifico riguardo alle funzioni da lui esercitate ed al fine di agevolarne lo svolgimento (1). Il sequestro giudiziario, diretto ad assicurare la custodia di un bene di cui sia controversa la propriet o il possesso, non incompatibile con l'attuazione degli effetti di un provvedimento amministrativo di rilascio del bene stesso, emesso nei confronti di colui che lo occupa per qualsiasi titolo (2). (Omissis). -Con il primo motivo l'Amministrazione ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione del d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 -in particolare degli artt. 1 e 2 lett. b), -dell'art. 116 c.ip.c., degli artt. 2699 e segg. e.e., delle norme e de! principi in materia (1) Conf.: Cass. 15 giugno 1965, n.' 1244, in Foro it., 1965, I, 1689. (2) La decisione non sembra esatta. In essa si riafferma espressamente il principio secondo cui il giudice ordinario non pu emettere alcun provvedimento diretto a modificare, PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 231 di concessione de,i beni del patri:p:ionio dello Stato e con;nesse facolt discrezionali della Amministrazione, anche sotto il profilo del difetto di giurisdizione, della legge 27 giugno 1949, n. 329, degli artt. 1362 e segg. e.e., del d.1.c.p.s. 10 aprile 1947, :ri. 261 e della legge 15. giugno 1949, n, 409, nonch difetto di motivazione ai sensi dell'art. 360, n. 5 c.p.c. Sostiene che la Corte d'appello ha errato nel ritenere che, per valuta:re 11i; oncreta applicazione delle norme sulla cessione in propriet degli alloggi. di tipo popolare ed economico (d.P.R. 17 gennaio 1959, n, 2 e legge 27 aprile 1962, n. 231), sia necessari? rifarsi alla situazfone delle assegnazioni quale risulta al momento dell'entrata in vigore delle norme stesse, e non al momento nel quale tali norme de'\Totio .essere concretamente.applicate: ia prima delle due leggi stabiUva i l:!4Uisiti con riferimento alla data della pubblicazione dei .singoli batl,(ti '.:::::'.:'.'.::<'.:-:'.'.-'.:'.:'.-: ........:-:-:'.'.-'.'.-'.'.'.'.'.:'.<''.'.'.-'.<<'.'.j: .;. ......... ...ᥥ.ᥥ..... ...........::::::<::.:::::::;::: '.'.'.-'."'.'.'.-'.'.'.'.'. :>:-'.'.'. ....-::'.'. :.:'.'.'.-'.-'.'.'.'.'.:::<::<< ..........;.:.:::<:'.:: .....-..;.:.z:'.Z'. 11111&r11;1111111:~11r1;r11r11111111&fiwllirlrll~ilflillrl1tliflrlrlillr~11r1~1111111:111111 PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 233 Invero la Corte di appello ha esaminato gli atti di assegnazione PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 233 Invero la Corte di appello ha esaminato gli atti di assegnazione degli alloggi anteriori al gennaio 1959, ed ha osservato che si trattava di scritture private aventi per oggetto la concessione in affitto , con la pattuizione di un corrispettivo~ e che non era stata affatto contemplata in tali atti la funzione esercitata in concreto dall'assegnatario dell'alloggio. Conseguentemente la Corte ha ritenuto che gli atti di atttjb~io:Il'~ (.'le~ ~()cl~ll1e11to degli alloggi non potevano qualificarsi come cdnee$$16:M ~iliilibiStratlve e eomunque mancavano elementi idonei a :faJ:"Hten.ere t~esisthza di un rapporto di natura pubblicistica, come sosteneval'AmmiriiStrazione. . ... .. .. . ... . ......... . .. . La l'io*-:rlte rileva che la . Corte d'appello non avrebbe potuto ~~l' .iriX~a alla situazine esistente. al momento dell'appUcazione 4~l~!l 9:!1 ~9~~1 n< ~ eq.indi al momento della proposizione della d)iliarifa dJ cessfone. in propriet degli alloggi. . Ma questa Corte Suprema< non. ritiene che rindagine potesse prescindere dal momentp delfa (lostittliiorie del rapporto ira la P.A. e l'assegnatario dell'alloggio e>q~:dn .di . cessazione dal srvizio o di trasferimento . ad altra sede era stato del tutto occasionale e non era rivelatore di una volont negoziale diretta a sottra;re gli alloggi gi oecupati all'applicazione del d.p. n. ~ Ael 1959, percn altri atti relativi ad alloggi compresi negli stessi edifici erano stati redatti su moduli diversi; nei quali non risultavano n l'intestazione concessione in uso di alloggio di servizio , n la Clausola di revoca, ma erano stati espressamente qualificati come scrittura privata >. Ulteriore argomento a conferma della persistente qualificazione del rapporto nell'ambito del diritto privato, anche dopo l'entrata in vigore del suddetto decreto presidenziale, la Corte d'appello ha tratto dal contenuto di una lettera scritta dall' Am.minis.trazione in risposta ad una nota del 9 ottobre 1963, nella quale si comunicava ---,17 RASSEGNA.DELL'AVVOCATURA DELLO STATO al Ministero dei lavori pubblici che gli alloggi dello stabile di via Pompeo Litta n. 8 erano stati assegnati in locazione a dipendenti statali di vari uffici di Milano ai sensi dell'art. 10 della legge 25 giugno 1949, n. 409, la quale norma non poneva la condizione di revocabilit dell'assegnazione per i casi di cessazione dal servizio o di trasferimento. Replica l'Amministrazione che, quand'anche le assegnazioni fossero avvenute ai sensi della citata legge n. 409 del 1949, ci non avrebbe importato l'esclusione dalla facolt, da parte della P.A., di porre la clausola di revoca per le predette ipotesi del trasferimento e della cessazione dal servizio dell'assegnatario dipendente dllo Stato, e che comunque la facolt stessa non si pu disconoscere a favore della P.A. perch attiene ad un suo potere discrezionale di porre la clausola di revoca nelle concessioni di beni o servizi. Ma la Corte d'appello non ha negato la predetta facolt dell'amministrazione, in via generale o in relazione ai casi concreti; la Corte, ha, invece, negato che la clausola di revoca, nei casi in cui era stata apposta, fosse operante ed efficace, avendo ritenuto, con apprezzamento incensurabile in questa sede perch congruamente motivato, che l'uso dei moduli contenenti la clausola stessa fu meramente occasionale e perci non rivelatore di una volont della P.A. diretta a disporre la revoca. Attiene ugualmente ad un apprezzamento di merito il convincimento della Corte d'appello, fondato sulle premesse di fatto sopra indicate, circa l'inesistenza di un rapporto di correlazione necessaria fra l'assegnazione degli alloggi e l'espletamento di un pubblico servizio da parte degli istanti. La Corte ha osservato che da nessuno degli atti d'assegnazione -qualificati, come si detto, contratti di locazione risultava che fosse stato tenuto presente l'espletamento del servizio pubblico da parte del fun~ionario, ma, invece, nei contratti anteriori al 1959 noo era stata neanche indicata la qualifica degli assegnatari. Pertanto la Corte h concluso che nei casi in esame si poteva ammettere soltant che la concessione dell'alloggio fosse avvenuta per la considerazione della qualit di funzionario dello Stato di ciascun assegnatario, e non, invece, con specifico riferimento alle speciali funzioni di cui ciascuno di essi era investito, ed al fine di r~ndere possibile o agevolare la prestazione del servizio in loco. Ora tale ragionamento risulta ispirato ad un esatto principio .giuridico, poich, come ha gi deciso questa Corte Suprema (sent. n. 1244 del 15 giugno 1965), la relazione fra la concessione dell'alloggio ed il servizio -che condizione ostativa alla cessione in propriet dell'alloggio medesimo ai sensi dell'art. 2 lett. b) del d. pres. 17 gennaio 1959, n. 2 -dev'essere essenziale., nel senso, cio, che l'alloggio sia stato concesso non nella semplice e generica considerazione della qualit di dipendente dello Stato dell'assegnatario, ma intuitu ministerii, con spe PARTE I, SEZ. II, GIURIS. S.U QUESTIONI DI GIURISDIZIONE cifico riguardo alle funzioni da lui esercitate ed a fine di agevolarne lo svolgimento. -(Omissis). (Omissis). -Con il terzo motivo, l'Amministrazione ricorrente, denunciando la violazione e la falsa applicazione dell'art. 670 c.p.c. e del d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, nonch il difetto di giurisdizione del giudic ordinario ai sensi (iegli. artt. 2. e 4 legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E;; sostiene che il sequestro giudiziario non poteva essere convalidato. Osserv:a che milme:nte .clll'~minist;t'.azione finanziaria, .dalla quale non poteva, in ii;>o~esi, pa$~re ~gli a.ttorise n<:>nprevia verifica di tutte le e.on.dizioni previ$te. dalla. legge .e par:Uolarmente di quelle. del pagamen,to integrale del !)rezzo (art. 15 d.1?.R.17 gennaio ;J.959, n. 2; b) non poteva esservi c()I!.trpversja sul p~esso,.. potendo l'Amministrazione, verificatesi . le conciizipni dell!atto di concessjpne, consguire la disponibilit degli allogg{ mediante le niisure di autotutela, espressamente previste negli attl di concessione; c) non susSisteva nei confronti della P.A. l'astratta ipottzzabilit di una valutazione circa l'opportunit di una custodia o di t.nagesti-0:ne.temporanea, e ci in .relazione sia alla qualit dell' A;rnministrazione pubblica proprietaria che alla natura del bene. Denuncia, ipoi,. il difetto di giurisdizione perch la disposta convalida influisce sulla dest~na.zione dei beni della P.A., in funzione sostitutiva della volont e dell'attivit di quest'ultima. La Corte di Cassazione osserva che, secondo quanto innanzi si detto, gli. alloggi dovevano :i:-eputarsi come appartenenti al patrimonio disponiblle dello Stato ed avevano formato oggetto di un rapporto di locazione. Inver, la nuova disciplina legislativa che consentiva .la cessione in propriet degli alloggi a richiesta degli assegnatari importava che venisse meno il vincolo d'indi~ponibilit e che essi passassero nel patrimonio disponibile,. conformemente alla nuova destinazione voluta dal legislatore. Quanto, poi, alla natura del rapporto costituito relativamente agli alloggi di cui trattasi, la sentenza impugnata ha ritenuto che non si trattasse di concessione per ragione di servizio, bensi di una locazione e su tale punto le censure dell'Amministrazione si sono rivelate infondate. Ci posto, non si pu contestare l'ammissibilit della tutela cautela. re relativamente ad un bene disponibile della P.A. che abbia formato oggetto di un negozio di diritto privato. Peraltro, una volta che non si contesta la giurisdizione del giudice ordinario a conoscere, in sede di cognizione, della controversia inerente alla cessione in propriet di alloggi ai sensi del citato d. pres. n. 2 del 1959 -la quale giurisdizione stata gi affermata da questa Corte Suprema con le sentenze n. 2832 del 5 dicembre 1966 e n. 2442 del 13 ottobre 1967 -, si deve parimenti RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 236 ammettere la possibilit della tutela cautelare che concreta uno dei modi di esercizio della funzione giurisdizionale del giudice ordinario. Si doveva inversamente negare, nella situazione sopra delineata, .~ ., che la P.A.. potesse emettere un ordine di rilascio in danno di coloro : che avevano il legittimo possesso di alloggi in virt di un rapporto di godimento che trovava giustificazione in un negozio di diritto privato. Pertanto l'ordine amministrativo di rilascio doveva considerarsi illegittimo; ci poteva riconoscere il giudice ordinario ai sensi dello art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, ma non poteva emettere un provvedimento diretto a modificare, a revocare o comunque ad incidere sugli ,effetti dell'atto illegittimo. Ora l'Amministrazione deduce che il sequestro giudiziario avrebbe influito negativamente sulla destinazione degli alloggi della P.A. ed importato una sostituzione nella sua volont discrezionalmente determinatasi. Senonch il sequestro giudiziario diretto ad assicurare la custodia di un bene di cui sia controversa la propriet o il possesso non tncompatibile con l'attuazione degli effetti di un provvedimento amministrativo di rilascio del bene stesso emesso nei confronti di colui che lo occupa per qualsiasi titolo. Il provvedimento -definito di revoca della concessione degli alloggi -adottato dall'Intendente di finanza di Milano nei confronti di alcuni assegnatari importava che essi fossero privati dal godimento, il quale doveva passare nella disponibilit della P.A. Ma ci non veniva affatto negato in virt del sequestro giudiziario, che assicurava la conservazione degli alloggi durante il tempo necessario a dirimere la controversia circa il diritto di cessione in propriet; n voleva che fossero stati nominati custodi gli stessi assegnatari colpiti dall'ordine di rilascio, poich la loro ulteriore permanenza negli alloggi era giustificata dalla nuova qualifica e poteva venir meno in qualsiasi momento in virt di un provvedimento di sostituzione del custode. Le altre deduzioni inerenti all'esistenza delle condizioni per potersi disporre il sequestro attengono ad apprezzamenti di merito. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 24 marzo 1969, n. 939 -Pres. Scaripello -Est. Aliotta -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero della Pubblica Istruzione (Avv. Stato Zagari) c. De Benedictis (avv. Troccoli). Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Elementi essenziali del rapporto -Atto formale di nomina. (t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 29). Costituiscono elementi essenziali del rapporto di pubblico impiego, la cui cognizione devoluta alla giurisdizione esclusiva del giu PARTE I, SEZ. II, GIURIS, SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 237 PARTE I, SEZ. II, GIURIS, SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 237 dice amministrativo, la natura di ente pubblico del datore di lavoro, l'inerenza deUe attribuzioni del dipendente agli scopi itituzionali dell'ente, la continuit della prestazione, la sua esclusivit o, quanto meno, la sua prevalenza rispetto alla capacit lavorativa del dipendente, la determinazione dello stipendio o del salario, la subordinazione gerarchica, l'esistenza di un atto formale di nomina (1). L'atto formale di nomina, indispensabile per la costituzione di un rapporto di impiego pubblico, ben pu essere ravvisato nella scrittura costibutiva del rapporto., purch questa contenga tutti gli altri elementi pe1 tale qualificazione, anche se sia stata data al rapporto stesso una diversa ed errata denominazione giuridica (2). L'atto di nomina pu anche desumersi da successivi atti posti in essere dalla pubbUca Amministrazione, dai quali risulti chiaramente it conferimento delle relative funzioni e l'assunzione del dipendente nell'ambito del personale impiegatizio dell'ente pubblico (3). (Omissis). -Con l'unico motivo il ricorrente Ministero, denunziando, ai sensi dell'art. 360 n. 1 c.p.c. la violazione degli artt. 103 della Costituzione, 29 n. 1 del t.u. sul Consiglio di Stato, approvato con r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, nonch delle disposizioni contenute nel d.P.R. 10 gennaio 1057, n. 3 e nella 1. 26 febbraio 1952, n. 67, deduce il difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato a conoscere della presente controversia, in quanto il rapporto de quo, intercorso tra la Soprintendenza ai monumenti e gallerie delle Pugile e della Lucania e il De Benedictis: a) non era inquadrabile nell'ambito della locatio operarum e non poteva quindi assumere natura di rapporto di pubblico impiego, integrando invece gli estremi di un appalto di servizi (locatio operis, sotto forma di una cosiddetta assuntoria di custodia ); b) che non poteva comunque essersi costituito un rapporto di (1) Giurisprudenza costante: V., per tutte, Cass., Sez. Un., 23 luglio 1966, n. 2007, in Giust. civ., 1966, I, 1459; id., 29 maggio 1963, n. 1423, ivi, 1964, I, 672. (2) Le necessit dell'atto formale di nomina per la costituzione di un rapporto di impiego pubblico costituisce ormai, com' noto, ius receptum. Cfr., ad es., Cass., Sez. Un., 9 ottobre 1967, n. 2345, in Giust. civ., 1968, I, 54; id., 10 ottobre 1967, n. 2357; id. 4 marzo 1966, n. 638, in questa Rassegna, 1966, I, 555, con nota redazionale contraria; v. anche Sez. Un. i4 aprile 1969, ti. 1178, ultra, 240. Per l'irrilevanza della qualificazione giuridica contenuta nell'atto di nomina: Cass., Sez. Un., 18 aprile 1968, n. 1157; id., 23 luglio 1966, n. 2007, cit. alla nota preced.; id., 27 ottobre 1959, n. 3125. (3) Questa nomina riduce notevolmente la portata della massima precedente, finendo quasi col fare dell'atto formale di nomina un semplice elemento di prova dell'esistenza di un rapporto di impiego pubblico, desumibile, peraltro, anche aliunde. 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 238 dipendenza da essa Amministrazione ricorrente senza l'osservanza delle norme previste nei citati d.p.r. 10 gennaio 1957, n. 3 e 1. 26 febbraio 1952, n. 67; c) che non era configurabile un rapporto d'impiego pubblico, mancando l'elemento essenziale di un formale atto di nomina. Il ricorso infondato. Costituiscono, infatti, com' ius receptum, elementi essenziali ael rapporto di pubblico impiego: a) la natura di ente pubblico del datore di lavoro; b) la prestazione di un'attivit lavorativa che sia in diretto collegamento con le finalit pubbliche proprie dell'ente; c) il carattere di continuit della prestazione, anche se limitata nel tempo; d) la esclusivit o quanto meno la .prevalenza della prestazione in favore dell'ente pubblico; e) la determinazione dello stipendio o del salario; f) l'esistenza di un vincolo di subordinazione gerarchica; g) un atto formale dinomina. Costituiscono invece elementi caratteristici dell'appalto, che rientra nell'ambito della categoria della locatio operis, (art. 1655 e.e.): a) l'obbligo assunto dall'appaltatore nei confronti del committente, in cambio di un compenso in denaro, della prestazione di un determinato risultato (opera o servizio); b) l'autonomia di gestione dell'impresa; c) l'assunzione del relativo rischio. Orbene, posto che nella specie non controversa l'esistenza del primo elemento, deve del pari ritenersi che sussistono tutti gli altri elementi atti a qualificare il rapporto de quo quale impiego pubblico. Infatti anzitutto evidente che l'incarico di vigilanza e pulizia del lato NordEst del castello Svevo di Bari implichi un'ttivit lavorativa che in diretto collegamento con il fine istituzionale dello Stato, volto alla tutela del patrimonio storico ed artistico nazionale, che rientra nell'ambito della competenza del Ministero della Pubblica istruzione e per esso della Soprintendenza ai monumenti e gallerie delle Puglie e della Calabria, organo locale dello stesso. Come del pari chiaro che tale prestazione lavorativa, che trova il suo corrispettivo in una retribuzione mensile determinata fin dallo inizio del rapporto, ha carattere continuativo, essendo stata inizialmente prevista per un anno e rinnovata annualmente, ed ha altres carattere di prevalenza, impegnando il De Benedictis a prestare otto ore lavorative al giorno. N pu poi dubitarsi della sussistenza di un vincolo di dipendenza gerarchica, come si desume dal contenuto stesso dell'atto di assunzione, nel quale sono indicate le mansioni che il De Benedictis era tenuto a svolgere personalmente e le relative modalit, secondo un orario da stabilirsi con apposito ordine di servizio e con obbligo per lo stesso di attenersi a tutte le disposizioni che il Soprintendente, nell'interesse del servizio, avesse ritenuto opportuno emanare, sia per iscritto che verbalmente. Il che ha trovato attuazione nei vari disciplinari ed ordini di servizio emessi in data 19 ottobre 1957, 26 e 31 agosto 1960, 6 giugno e 1 luglio 1961, nei quali si dettano parti.colareggiate e precise disposizioni circa le modalit del -- ;,~ .. -~ -~ .. -~ -~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 240 inquadrare, secondo le diverse mansioni, le varie categorie di impiegati e salariati pubbHci e a regolare il reclutamento, previsto normalmente con il sistema del concorso pubblico; ma nessun ,elemento decisivo se ne pu trarre al fine di escludere la sussistenza, nel caso in esame, di un rapporto di impiego pubblico, non attinendo il sistema di assunzione alla qualificazione del rapporto, ma s mai alla validit dello stesso, ed essendo del tutto indifferente l'inquadramento in una o nell'altra categoria di pubblici dipendenti ai fini della risoluzione della questione di giurisdizione. Ne consegue che, trattandosi di un rapporto di impiego pubblico, esattamente il Consiglio di Stato ha ritenuto la sussistenza della propria giurisdizione ai sensi dell'art. 29 n. 1 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 14 aprile 1969, n. 1178 -Pres. Tavolaro -Est. Ferrati -P. M. Criscuoli (conf.) -Pugliese (avv. D'Abbiero) c. Ministero Difesa (Avv. Stato Giorgio Azzariti). Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Atto formale di nomina -Mancanza -Giurisdizione del giudice ordinario. (t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 29). Qualsiasi rapporto di pubblico impiego caratterizzato, oltre che daZla natura di en'be pubblico del datore di lavoro e daZl'attivitd spiegata dal dipendente in diretta correlazione con i fini istituzionali dell'ente, anche dall'esistenza di un atto formale di nomina da parte dell'organo amministrativo competente. In difetto di tale atto, l'attivitd spiegata dal singolo neti'ambito dei fini propri dell'ente non pu dar luogo che ad un rappoTto di natura privatistica, che potrd, secondo le sue concrete modalitd di attuazione, concretare un vero e proprio rapporto di impiego privato, ovvero un contratto di prestazione autonoma di opera professionale (1). (Omissis). -Con il primo motivo, denunciando violazione degl~ artt. 29 e 30 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, della legge 15 giugno 1956, n. 612, degli artt. 12 preleggi, e 1362 cod. civ. in relazione all'art. 360 nn. 1, 3 e 5 cod. proc. civ., il ricorrente lamenta che il Consiglio di Stato abbia affermato l'inesistenza dell'atto formale di assunzione tra( 1) Cfr. la nota 2 alla sentenza precedente. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 241 visando il contenuto dell'atto 6 settembre 1954, esibito in giudizio e perfettamente conforme agli atti posti in essere negli anni precedenti e successivi; ad avviso del ricorrente detto atto contiene il provvedimento dispositivo dell'incarico, vale a dire la nomina, e il Consd.glio di Stato ha errato nell'affermare che il rapporto era stato instaurato con la Convenzione del 1<> settembre stesso anno, poich al contrario deve ritenersi che con la convenzione sia stato semplicemente stabiltto il trattamento economico e che il rapporto d'impiego sia stato instaurato con il successivo atto del 6 settembre. Si aggiunge che l'atto in questione redatto in forma quasi identica a quella usata dai presidi per conferire le supplenze negli istituti di istruzione media ed appare emesso dall'organo competente che il direttore della scuola . Con il secondo motivo, denunciandosi nuovamente violazione dell'art. 29 t.u. 26 giugno 1954, n. 1024 e degli artt. 1362, 2129 e 2222 cod. civ. in relazione all'art. 360 nn. 1, 3 e 5 cod. proc. civ., si sostiene che il rapporto di pubblico impiego doveva intendersi instaurato anche se si fosse presa in considerazione soltanto la convenzione denominata locatio operis perch il contenuto dellll: convenzione aveva dato vita ad un rapporto di lavoro subordinato, non ad una prestazione d'opera autonoma. Si precisa al riguardo che la convenzione, indipendentemente dal nomen iuris, un atto che esprime la volont dell'Amministrazione di assumere, quali incaricati, gli insegnanti per le scuole CEMM, il che implica la conversione della convenzione in atto amministrativo suscettibile di dar vita ad un rapporto di pubblico impiego, dai momento cheessa promana da un organo competente e in essa previsto un rapporto di lavoro subordinato e si pone in evidenza che le mansioni affidate al ricorrente, quali emergono dalla convenzione, sono del tutto identiche a quelle previste per un qualunque insegnante di una qualunque scuola pubblica o privata, che sono mansioni svolte con vincqlo di subordinazione, senza alcuna autonomia, retribuite uniformemente ad ora, secondo i medesimi criteri adottati per gli insegnanti non di ruolo delle scuole statali dipendenti dal Ministero della Pubblica Istruzione. Si lamenta quindi l'assoluto difetto di motivazione sul punto da parte del giudice amministrativo. Con il terzo motivo infine, denunciando violazione degli artt. 28, 29 e 30 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, e dell'art. 112 cod. proc. civ. in relazione all'art. 360 nn. 1, 3 e 5 cod. proc. civ., il ricorrente si duole che il Consiglio di Stato abbia del tutto omesso di esaminare il valore giuridico delle convenzioni ai fini della qualificazione del rapporto di pubblico impiego dedotto in giudizio trascurando la deduzione di illegittimit e di inefficacia delle convenzioni annuali. - PARTE I, SEZ. II, GIVRIS. su QUES'rIONI DI GXUR:tl!WlzXoNlll 243 Le convenzioni, di cui la resistente ha esibito gli esemplari relativi a diversi titii, appafotio intatti stipulate tra il Pugliese e il Comando del Gruppo Scuole CEMM rappresentato da un Capitano di Vascello che contrae su ordine della Direzione Generale del Corpo Equipaggi. della M,M., dal che. si evince come il potere rappresentativo dell' .ti\miflistrazione spettasse .solo a. quell'ufficiale e non aU'uffl.oss disconoscerne la rilevanza al fine della individuazione della volnt dei soggetti ed in particolare di quella dell'Amministr9; zirte: .$1 infatti ritenuto (sent. 18 aprile 1968, n. 1157) che la ~91'1t)t'll~ :rt<>:t:rli!la, da parte dell'ente pubblico,. tiece~~l,'11,"ia perch un deteritithato ~pporto possa essere qualificato come pubblico impiego ben pu essere ravvisata nell'atto che, pur enunciando l'intenzione dell'ente di voler attuare un rapporto di prestazione professionale e non di impiego, sia in realt diretto alla utilizzazione da parte dell'ente delle .prestazioni di lavoro subordinato del professionista inserendo nella organizzazione dell'ente medesimo. Nel caso concreto, tuttavia, non possibile utilmente invocare siffatto indirizzo, giacch talune clausole della convenzione contrastano ~ e istruzione media: chiaro infatti che ogni fattispecie va giudicata in relazione agli elementi costitutivi che la caratterizzano e nel caso concreto la questione di giurisdizione deve essere risolta in base alla con- venzione, che ha disciplinato il rapporto e che non presenta elementi idonei a qualificarlo di pubblico impiego. Quanto alle questioni prospettaite con l'ultimo motivo sufficiente il rilievo che esse attengono al merito della lite onde non dovevano essere prese in esame dal giudice amministrativo, carente di giurisdizione sulla controversia. -(Omissis). e istruzione media: chiaro infatti che ogni fattispecie va giudicata in relazione agli elementi costitutivi che la caratterizzano e nel caso concreto la questione di giurisdizione deve essere risolta in base alla con- venzione, che ha disciplinato il rapporto e che non presenta elementi idonei a qualificarlo di pubblico impiego. Quanto alle questioni prospettaite con l'ultimo motivo sufficiente il rilievo che esse attengono al merito della lite onde non dovevano essere prese in esame dal giudice amministrativo, carente di giurisdizione sulla controversia. -(Omissis). 244 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nettamente con le caratteristiche essenziali del rapporto d'impiego: all'insegnante invero non solo data facolt di recedere liberamente con un brevissimo preavviso, ma gli consentito addirittura di farsi sostituire temporaneamente da elemento di sua scelta, ferma permanendo la sua responsabilit per il regolare svolgimento dell'incarico: e q~esta circostanza dimostra chiaramente come la convenzione non importasse l'inserimento qell'insegnante nell'organizzazione dell'ente, cosicch deve escludersi che per effetto della convenzione si sia dato vita in realt, nonostante la diversa denominazione usata, ad un rapporto di impiego pubblico. Di fronte a simili accertamenti perdono rilievo e consistenza le considerazioni prospettate dal ricorrente circa l'analogia tra la posizione sua quella dei supplenti nominati dai presidi degli istituti di SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 luglio 1968, n. 2497 -Pres. Stella Richter -Est. Mazzacane -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Zagari) c. Impresa Cidonio. Procedimento civile -Citazione -Societ non aventi personalit ~iu ridica -Erronea od omessa indicazione dell'organo che ne ha la rappresentanza -Nullit della citazione -Limiti. (c.p.c., artt. 163, 164). Al pari deHa vocatio in ius delle societ munite di personaLit giuridica anche per queUa di persone irrilevante la erronea od omessa indicazione deU'organo che le rappresenta, qualora dal complesso dell'atto di citazione l'ente risulti individuato in maniera tale da escludere ogni incertezza (1). (Omissis). -La Corte deve, preliminarmente, dichiarare inammissibile il controricorso dell'ing. Giuseppe Cidonio. Questi si costituito in proprio ., ma in tale veste l'ing. Cidonio non legittimato a resistere in giudizio, n vi ha giuridico interesse, poich l'Amministrazione delle Finanze non ha ,proposto ricorso nei suoi confronti, bensi n~i confronti di un soggetto diverso, cio l'Impresa Cidonio, soc. in nome collettivo, in persona del suo rappresentante ing. Giuseppe Ci (1) Cfr. Cass. 5 agosto 1964, n. 2238; 17 giugno 1959, n. 1883. La sentenza conforme ad un orientamento ormai consolidato, secondo cui la omissione delle indicazioni prescritte dall'art. 163 n. 2 c. p. c., dirette alla identificazione delle parti, non hanno rilevnza se la individuazione dell'ente non dia luogo ad assoluta incertezza (cfr. Cass. 18 ottobre 1966, n. 2502; 28 aprile 1966, n. 1075; 31 gennaio 1966, n. 358 ecc.). Alla omissione stata equiparata l'ipotesi di erronea indicazione (Cass. 28 aprile 1966, n. 1076; 18 marzo 1959, n. 810, in Giust. It., 1959, I, 1, 1045; 23 marzo 1959, n. 874). . Incertezza assoluta sussiste allorch l'ente o l'or,gano 'o l'ufficio siano denominati in maniera tale da fare ragionevolmente ritenere che si sia inteso evocare in giudizio un ente diverso da quello al quale la citazione --- RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DE.LLO STATO 246 donio. Consegue da ci che non pu tenersi conto alcuno delle ragioni esposte dall'ing. Cidonio nel controricorso e nella memoria illustrativa. L'Amministrazione della Finanza, con l'unico motivo di ricorso, denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 342, 163, 164 c.p.c., nonch degli artt. 2298, 2266 (in quanto richiamato dall'art. 2293) e.e., in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c. Essa sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di merito, anche per le societ non aventi personalit giuridica sufficiente, per la vacatio in jus, l'indicazione della ragione sociale, e che la erronea od anche mancata indicazione della persona che ne ha la rappresentanza non produce la nullit dell'atto di cita:done quando l'ente sia stato esattamente individuato. La censura fondata. Le indicazioni previste dall'art. 163, n. 2 c.p.c. sono dirette alla " identificazione delle parti. A tal fine richiesta, per le persone giurijj ~ diche, solo l'indicaziOne dell'or:gano o dell'ufficio che ne ha le rappre~; < sentanza; quindi irrilevante la mancata indicazione della persona ~~ ~ fisica investita della rappresen~anza. del pari irrilevante, secondo il w ~: consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr. Cass. civ. 28 aprile t~ 1966, n. 1076), l'indicazione erronea dell'organo, o perfino l'omessa ~== :;::: indicazione, quando l'individuazione dell'ente risulti sicura, cio quando la persona giuridica possa essere ben individuata dal complesso dell'atto, senza alcuna incertezza in ordine ad essa. vero che l'art. 163, n. 2 c.p.c. parla di persone giuridiche, associazioni e comitati senza considerare le societ che non hanno personalit giuridica, ma vero altresi che esso parla anche di ditta, termine che non pu essere riferito agli enti considerati (cfr. art. 2563 e.e.). Non pu pertanto dubitarsi, nonostante la formula imperfetta della norma, che, per estensione, le regole dettate per le persone giuridiche si applichino ad ogni tipo di societ, anche a quelle non aventi personalit giuridica, le quali possono essere citate in persona dell'amministratore che le rappresenta ~~~ f;, (cfr. art. 2298 e.e.). Ci posto, anche per tali enti vale il principio per I 00cui l'atto di citazione ha come destinataria la societ e questa sta in ru stata notificata (Cass. 8 settembre 1962, n. 27527; 7 dicembre 1962, n. 330). Siffatto accertamento coinvolge una indagine di fatto, come tale incen surabile in Cassazione ove sia immune da vizi logici e giuridici (Cass. I ~~ 10 maggio 1967, n. 943; 3 luglio 1964, n. 1734; 27 novembre 1964, n. 2826). In conseguenza del principio che la nullit si verifica solo allorch vi assoluta incertezza della persona evocata in giudizio, il vizio inficia non la sostanza dell'atto ma la notificazione ed sanato, con effetto ex tunc, mediante la costituzione del convenuto (Cass. 19 aprile 1961, n. 854; 25 marzo 1954, n. 848; 19 febbraio 1952, n. 438). In dottrina S'ATTA, Commentario, Milano 1966, Vol. II, pagg. 19 e segg.; ANDRIOLI, Commento, Napoli 1960, vol. II, p. 6. l!i r w.-..........-u ......-.........."..-"..-"..".''."'.'..."....."...."..".."..".."..-"...'.._).''.....'...."..._:....".."..".."..".'."..-"...".-"..-"..".-"..."..-".'.'.......-.1_._i_.' . (.:-:~::::::::::(:::::::.:-:::::::::;:-:::::::::.::::::::::::::::::::.:::::.:::::::::::::::::.:::::::::::::::-:.:.:::::::::?'.:'.:'.:~:'.:'.:?:?:::::::::::::::?:?:::'.:?:'.:::::=:::::::::::::::::::::::::?:?'.::=:?:?:?:::~?:?::.::::::=:::?:?:?:? ::'.:...............'..:.: PARTE :i;, SEZ~ UI, GIURI$1?llUbllNZA CIVILE 247 giudizio in .persona dell'organo che la rappresenta; ed anche per tali enti vale l'ulterir principio suenunciato per cui le prescrizioni del l'art. 163, n. 2 c.p.c. hanno come loro fine precipuo la identificazione delle parti: ~ infattispt:icie ~versa ma analoga a quella in e~'tlie, h:~ ia. wan.cata indicazione della persona del rapprSentante d. tjr{!l~ ~oiietilv~ d luogo ad inammissibilit del ricorso per cas saaj.94e, s(J1q ll.tlal1M pi;()Cfuca .. incertezza assoluta sulla identit della P~tt~ i-iql'fillte (Qs$. iv. 15 febbraio 1967, n. 390). Pertanto, appare e\?'id~~t~ :t'etr~p~ 4~1 gi.(f.lce del medto H . quale ha ritenuto che, nel l~ (lt)~tl .$i. tl'attava. dl acettare se sussistesse o meno incer t~iia $u1' illiltviduazine .della pa~te convenuta in giudizio, poich lfajt.Q: tfU' a~~ell9 ~#a ~~()l.tamente nullo essendo stata evocata in giu d~*i<> .~~ $~ci~t~. l;lriva... di pe:r.s<>nalit giuridica mediante la citazione di ~:ha :1'~tsQl'la :fl$fca (Pietro Cidoni) che non aveva mai avuto la J'ClJlp?ese11t~.1lza c:lUa societ stessa, . ed era per di pi deceduta, e quindi di uria p~rsoria. divEl'rSli d (;IUlla che era stata parte nel procedimento f:Jt pritll,9 gt;c{o. Per co:ntto, pok:h, per 1e ragioni esposte, la disciplina C!!itioin 3us dell~ societ di persone non diversa da .quella 4~11~ <~()-f:~~t~ :PEl'l'sQne. giuridiche, la Corte del merito avrebbe dovuto J;)r'<><:M~rlil' al ne~~ssario accettamento (al quale invece si sottrtta, partendo da erronee premesse) in ordine alla sussistenza o meno del l'incertezza assolqta sugli elementi che, a norma degli artt. 163 e 164 c.p.c:., sP!fo indispensabili per la identi.ticazione delle parti. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 settembre 1968, n. 2871 -Presidente Stella Richter -Est. Gambogi -P.M. Silocchi (conf.) -Coaarma. (avv.ti Restivo e Morelli) c. Ministero delle Finanze (Avv. StatiPeronaci). Giudizi.o di legJttinilt costituzionale -Legge regionale siciliana - Promlllgzfone pubblicazione -Processo di legittimit in corso - Dichiarazfone di illegittimit costituzionale -Efficacia retroattiva. (C:ost., artt. 127, ;136; i. reg. sic. 23 aprile 1958, n. 13; St. reg. sic., artt. 28, 29). La dichiarazione di illegittimit costituzionale di una legge regionale siciLiana, che sia stata promulgata e pubblicata in pendenza di ricorso di illegittimit costituzi01iale da parte del Commissario dello Stato, opera retroattivamente, facendo caducare tutti gli effetti medio, 248 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 248 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tempore prodotti, in appiicazione del concetto di controllo preventivo di legittimit costituzionale (1). (Omissis). -Con l'unico mezzo del suo ricorso la COSARMA, denunziando la violazione e falsa applicazione della legge regionale siciliana n. 13 del 1958, degli artt. 28 e 29 dello Statuto Regionale Siciliano, degli artt. 127 e 136 della Costituzione e dell'art. 7 della legge di Registro, formula due censure contro la sentenza impugnata, sostenendo: a) che la legge regionale siciliana, una volta che sia promulgata e pubblicata ai sensi dell'art. 29 dello statuto regionale, anche in pendenza del giudizio di impugnazione costituzionale, produce medio tempore i suoi effetti anche se poi venga dichiarata costituzionalmente illegittima; b) che comunque nella specie non poteva essere richiesto il pagamento di imposta suppletiva, perch tale pagamento, ai sensi dell'art. 7 della legge di Registro, pu essre imposto solo nel caso di errore od omissione da parte dell'Ufficio all'atto della registrazione, errore ed omissione che non erano stati commessi quando si er_a registrato a tassa fissa, secondo la legge regionale allora vigente, l'atto de quo. Entrambe le censure sono infondate. Secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale (sentenze n. 9 dell'll marzo 1958 e n. 60 del 24 novembre 1958) la dichiarazione di illegittimit Costituzionale della legge regionale siciliana promulgat~ e pubblicata in pendenza di ricorso di incostituzionalit da parte del commissario dello Stato, ai sensi dell'art. 29 dello statuto regionale, opera giuridicamente, nella pienezza dei suoi effetti, del tutto identici a quelli che si avrebbero se non fossero avvenute la promulgazione e la pubblicazione; cosicch la pronunzia della Corte Costituzionale pone nel nulla e travolge tutti gli effetti che la legge regionale medio tempo1e ipossa aver prodotto. Pertanto in conformit di questi precedenti, che costituiscono esatta applicazione, . del concetto del controllo preventivo di legittimit costituzionale, deve ritenersi che se una differenza esiste tra le conseguenze di tale controllo preventivo e quelle del giudizio incidentale di costituzionalit, essa consiste nel fatto che, mentre sulla efficacia retroattiva della dichiarazione di illegittimit costituzionale emessa in (1) Cfr. in senso conforme Cort. Cost. 11 marzo 1958, n. 9, Giuris. Cost. 1958, 68 e 24 novembre 1958, n. 60 ivi, 1958, 903. Diversamente da quanto pu ritenersi per la efficacia della mancata convalida, da parte del Parlamento, di decreti legge, non vi dubbio che la dichiarazione di illegittimit di leggi regionali, anche se promulgate e pubblicate, opera retroattivamente, come se la promulgazione e la pubblicazione non avessero mai avuto luogo. Sulla efficacia retroattiva degli emendamenti approvati in sede di conversione di decreti-legge, cfr. Appello Venezia, 28 marzo 1969, n. 189, ultra 256. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRU])~ZA CIVILE 249 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRU])~ZA CIVILE 249 via appnto incidentale ai sensi dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 si pu discutere e si , difatti, discusso, nessun ragionevole dubbio pu sorgere circa la efficacia: retroattiva assoluta della dich.iarazione di illegittimit costituzionale. a seguito di controllo preventivo, ~e detto controllo non sarebbe preventivo ma successivo se . op~a$~e ~<>P<>la effettiva entrata in vigore della legge . regio :t~;J;~[hfei111liia1: ~~e>j~~lodist!f~:~f!Jf;:o,.P:!~t!~T::e,1~v~~!!~ tementeltf ci si <.mt:>st~a anche,, la .lfondate~a. della.. sec.onda . censura dtliltn,zzo{cQncemente la pretesa inapplicabilit nella specie della im~ Q~a s~PJ;>leti.yg, ~a registtazione.. a tassa fissa, .infatti, fu inizialmente crices$~ su.i falso E!d errato presupposto che esistesse una legge che 1ale ageyolaziori.e concedeva; pe>ich la legge stessa deve considerarsi i#v~~ J:l~i esistna per effetto della dichiarazione di illegittimit costitlzionale in ~de di controllo preventivo, ce>n ci stesso si viene a qri.fij'1~are, $ia pure per effetto della :fl,ctis iuris in cui si sostanzia la rett7oattivi.t, l' errrore e la omissione iniziale da parte della Ftnanza. (Qmi8'~). COR'l'E I>l C4-SSAZIONE, Sez. I, 29 ottobre 19.68, n. 401 (ordinanza). PTes~ :Jravat -Est. Falce>ne -P.M. Ttfto (conf.) -Sacca! (avv. Felici) C:. Ministero Finanze (Avv. Stato Salvatori). Procedimento civile -Ricorso per Cassazione -Amministrazione dello <~tato -Notificazione presso l'Avvocat.:nl :oistrettuale dello Stato : IS'ullit -Rinnovazione della notifica -Slltoria. (c.p.c., art. 291; t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11). A seguito deUa declaratoria di itiegittimit costituzionale del 30 comma deU'art. 11 r.d. 30 otilobre 1933, n. 1611 del t.u. delLe leggi sulla rappresentanza e difesa in giudizio deZlo Stato, la nunit di notifica del ricorso per Cassazione eseguita presso l'Avvocatura Distrettuale invece che presso l'Avvocatura Generale dello Stato, pu essere RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sanata attraverso la rinnovazione delta notifica del ricorso disposta ai sensi dell'art. 291 comma 1 c.p.c. (1). (1) L'ordinanza pubblicata in Foro pad., 1969, I, 263. Per effetto della declaratoria di incostituzionalit dell'ultimo comma dell'art. 11 r. d. 30 ottobre 1933, n. 1611, a mente del quale la nullit per la irregolare notificazione degli atti menzionati nei primi due commi era insanabile, tale cio da non potersi ad essa ovviare n con la costituzione dell'Amministrazione convenuta n con la rinnovazione della notifi.ca (Cass. 23 novembre 1965, n. 2402), in quanto ritenuta risolversi nella violazione dei principi di ordine pubblico relativo, alla distribuzione delle competenze tra i vari Uffici dell'Avvocatura dello Stato (Cass. 20 gennaio 1962, n. 89 Fo10 amm., 1962, II, 79), la peculiare disciplina dettata per le Amministrazioni dello Stato stata ricondotta nell'ambito della generale regolamentazione sulla sanatoria dei vizi di notifica, sicch ove gli atti siano stati notificati direttamente all'Amministrazione o ad Avvocatura incompetente, la relativa nullit sanabile con effetti ex tunc mediante la costituzione in giudizio dell'Amministrazione (Cass. 5 febbraio 1969, n. 366, Foro Padano, 1969, I, 260; 28 gennaio 1968, n. 254 in questa Rassegna 1968, I 417) ovvero attraverso la eseguita rinnovazione della notifica stessa, nel termine perentorio assegnato dal giudice ai sensi dell'art. 291 c. p. c., applicabile anche al ricorso per Cassazione. In dottrina cfr. ToMAs1ccH10 in Dir. e prat. Tributaria, 1967, II, 1005. I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 24 marzo 1969, n. 938 -Pres. Scarpello -Est. Gambogi -P. M. Di Majo (conf.) -Presidenza Consiglio Ministri (Avv. Stato Pentinaca e Vitaliani) c. Gabrielli (avv. Morelli e Andrioli). Procedimento civile -Giudizio di rinvio -Sopravvenuta declaratoria di ille~ittimit costituzionale -Principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione -Efficacia vincolante -Non sussiste. (c.p.c., art. 384). Nobilt -Ordinamento araldico-nobiliare -Declaratoria di ille~ittimit costituzionale -Limite. (r.d. 21 gennaio 1929, n. 61, art. 3; r.d; 7 giugno 1943, n. 657, artt. 2, 72). Nel giudizio di rinvio l'efficacia vincolante del precetto di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione presuppone il permanere della disciplina giuridica del tempo in cui la sentenza fu emanata; onde, ove sia sopravvenuta la declaratoria di megittimit costituzionale della nonna Il giudice di 'invio, eorl eome ne! ""o di iuo upe..venien, PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 251 dovr invece decidere sulla scort della normazione in vigore-aU'atto della sua pronunzia (1). La declaratoria di illegittimit costituzionale dei vigenti testi legislativi in materia araldico nobiiiare, pronunziata con sentenza 8 lugtio 1967, n. 101, non si estende alle norme che avevano abrogate le disposizioni. degli stati pre-unitari (2). II CORTE Dl CASSAZIONE, Sez. Un., 24 marzo 1969, n. 937 -Presi< l:ente $ca~elto Est. Gambogi -p, M. Di Majo (con:f.) -Presidenza ... CP-n,sigliodeiJVJ:inistri (Avv. Stato Peniinaea e Vitaliani) c. D'Avalos (avv. Ussani, Del Balzo e. De Martini) e Ufficiale dello Stato Ci'.vile del Comune di Napoli. Nobilt.-Predf.:ili!ild antedod al 28 ottobre 1922 riconosciuti pdn:.aCfn)ento dopo l'emanazione della Costituzione rep.bblican,a. -Esclusione. (Cost,, disp; traiu;;. XIV; r.d. 21 gennaio 1929, n. 61, art. 3; r.d. 7 giugno 1943, n. 657, artt. 2, 72). Legifitmati passivi nel giudizio di cognomizzazione dei predicati e:x: nobiliari debitamente riconosciuti anteriormente ai 28 ottobre 1922 e tutt'ora tutelabili ai sensi della disposizione XIV delia Costituzione, (1) Cfr. Cass. 5 giugno 1967, n. 1226 in Foro It. Mass. 348; sui rapporti. del princ$pio di diritto enunciato dalla Oorte di Cassazione e successiva sentenza della Corte Costituzionale, nonch sulla rilevanza dello ius superveniens in sede di giudizio di rinvio cfr. altresl la giurisprudenza indicata in Foro lt.~ 1969,,I, 833 in nota a sentenza 1969, n. 938. La efficacia vincolante del giudizio della Cassazione, sia in sede di ,rinvio (art. 384 c. p. c.) che in caso di estinzione del processo (art. 393), esaminata con particolare riguardo allo ius superveniens, limitata, secondo la prevalente opinione, al permanere della disciplina giuridica, nel senso cio che per la natura meramente processuale (o pan processuale ove esorbiti dal processo in atto -cfr. SATTA -Commentario 1966, II, 275) di siffatta pronunzia, il giudice di rinvio od il nuovo g.fudice dovr applicare la nuova legge, ancorch meramente interpretativa, nella more sopravvenuta, senza che il principio di diritto enunciato. costituisca vincolo alcuno, cos come dovrebbe verificarsi qualora alla pronunzia della Corte di Cassa 252 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sono in via principale i privati interessati ed il competente Ufficiale dello Stato civile ed in via secondaria L'Ufficio StJralcio della Consulta Araldica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, per i riflessi in materia araldico-nobiliare delLa sentenza dichiarativa del cognome (3). La declaratoria di illegittimit costituzionale di tutti i decreti in maveria araldica-nobiliare, nei Limiti indicati dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 101 dell'8 luglio 1967, mantiene in vigore siffatte norme per la parte in cui, in armonia con il principio costituzionale della abolizione dei titoli nobiliari, avevano abrogato o limivato le disposizioni degli ordinamenti giuridici pre-unitari, sulle quali pervanto non pu pi essere fondato alcun giudizio di accertamento per il rtconoscimento degli antichi titoli nobiliari, ancorch in via incidentale in sede di tutela del diritto al nome (4). zione fosse da attribuirsi carattere sostanziale, sul medesimo cio piano della cosa giudicata. In dottrina cfr. ANDRIOLI, Commento 1960, II, 580 ed autori citati per talune distinzioni sull'effettiva portata della sentenza di rinvio della Corte di Cassazione cfr. SATTA, op. e loc. cit. (2-4) Con le sentenze su riportate, conformi alle altre in pari data nn. 935 e 936, pu ben dil'si ormai portata a termine la lunga e laboriosa evoluzione giurisprudenziale in materia di cognomizzazione dei titoli nobiliari e ricondotta nell'ambito della Costituzione repubblicana la complessa disciplina giuridica emanata. a partire dagli albori dell'unit patria. Sui precedenti giurisprudenziali cfr. Corte Costituzionale 8 luglio 1967, n. 101 in questa Rassegna 1967, i, 701 con nota di riferimento; Cass. 20 maggio 1965, n. 987 in questa Rassegna 1965, I, 516; 18 dicembre 1963, n. 3189 in questa Rassegna 1964, I, 294 con richiami e nota critica di CARUSI. Cfr. altres, sulle funzioni dell'Ufficio araldico Cass. 6 aprile 1964, n. 751 in Giust. civ., 1964, I, 277. In dottrina ~r. CoTsACCHI, Predicato e titoli nobiliari, in Nuovissimo Digesto, XIII pagg. 588 e segg. Per un'ampia nota critica alla sentenza della Corte Costituzionale, cfr. PEZZANA in Rivista Araldica 1967, 215 e segg. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 marzo 1969, n. 959 -Pres. Favara -Est. Pascasio -P.M. Chir (conf.) Ministero dei Lavori Pubblici (avv. Stato Cavalli) c. Massa(l"a (avv. M. S. Giannini e Zimatore). Edilizia popolare ed economica -Case popolari per famiglie bisognose e senza tetto delle zone alluvionate in Calabria -Costruzioni effet PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 253 tuate dal Ministero dei Lavori Pubblici -Espropriazione -Indennit -Criteri di determinazione -Legge di Napoli -Applicabilit. (t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, artt. 16 e 46; I. 2 luglio 1949, n. 408, art. 21; I. 27 dicembre 1953, n. 9.38, artt. 1 e 4). La indennit di espropriazione per la costruzione di case a carattere economico e popolare eseguite direttamente dal Ministero dei LL.PP. per le famiglie bisognose e senza tetto delle zone alluvionate della Calabria, va determinata in base ai criteri stabiliti dagli artt. 12 e 13 della legge 15 gennaio 1885 sul risanamenvo della citt di Napoli, richiamati dall'art. 46 del t.u. 1938, n. 1165 sull'edilizia popolare ed economica (1). (1) Non risultano precedenti in termini. La sentenza costituisce peraltro corretta applicazione delle disposizioni contenute negli artt. 16 e 46 del t. u. 1938, n. 1165 in relazione all'art. 21 della legge 2 luglio 1949, n. 408, che ha esteso i benefici disposti con il quarto comma del successivo art. 46 a tutti gli Enti indicati dall'art. 16 del t. u. e dei quali il Ministero dei LL.PP. ha facolt di avvalersi o meno rper siffatte costruzioni (art. 4 legge 27 dicembre 1953, n. 938). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 marzo 1969, n. 1000 -Pres. Favara -Est. Elia -P.M. Cutrupia (conf.) -Assessorato ai Lavori P:ubblici della Regione Siciliana (Avv. Stato Del Greco) c. Mangano (avv. Moschella e Crisafulli) e Comune di Messina. Espropriazione per p. u. -Indennit -Legge regionale siciliana 21 aprile 1953, n. 30 -Determinazione -Criteri. (1. reg. sic. 21 aprile 1953, n. 30, artt. 10, 26 e 29; I. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 39, 50). Stante il rinvio fatto dal.l'art. 29 della legge regionale siciliana 1953, n. 30 alle disposizioni della legge nazionale 25 giugno 1865, numero 2359 in ordine alla misura della indennit di espropriazione, questa va riferita al valore venale dell'immobile al momento dello esproprio, facendosi tuttavia astrazione per il calcolo di siffatto valore, giusto il disposto dell'art. 10 della legge regionale, degli incrementi attribuibili ai programmi di cui all'art. 3 della stessa legge regionale, nonch alle previsioni dei progetti ed alla esecuzione delle opere ivi previste (1). (1) Giurisprudenza costante. Cfr. Cass. 8 novembre 1968, n. 3702 in questa Rassegna 1968, I, 986 con nota di riferimento. 7 - 254 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 aprile 1969, n. 1136 -Pres. Favara Est. Falcone -P. M. Cutrupia (conf.) -Saccal (avv. Filippi) c. Mi nistero delle Finanze (avv. Stato Salvatori). Procedimento civile -Atto di citazione -Sottoscrizione del difensore sull'originale e sulla copia notificata -Natura giuridica -Distinzione -Omissione -Effetti -Fattispecie in tema di omessa sottoscrizione della copia dell'atto di appello. (c.p.c., artt. 125, 163, 342). La sottoscrizione del difensore costituisce un elemento essenziale dell'originale delt'atto di citazione, diretto a soddisfare la esigenza di documentazione scritta delle dichiarazioni ivi contenute, la cui omis sione ne determina la inesistenza giuridica, come tale non suscettibile di sanatoria. La sottoscrizione della copia notificata ha valore invece di mero requisito formale dell'atto inteso a certificare la provenienza, onde la sua omissione motivo di nullit, sanabile ex nunc con la costituzione del convenuto, le quante volte dalla copia stessa non sia dato desu merne in altro modo ed in maniera certa, la provenienza. (Fattispecie in tema di omessa sottoscrizione della copia notificata dell'atto di ap pello, in cui la provenienza dal difensoll'e munito di procura stata tuttavia desunta dalla firma apposta in calce alla trascrizione della procura alle liti, riportata a margine, pe1 certificarne la confoirmit a quella esistente sull'originale dell'atto). (1) (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso si denuncia la violazione degli artt. 125 e 156 c.p.c., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5 dello stesso codice, per avere la Corte di merito dichiarato inammissibile l'appello per mancanza della sottoscrizione del difensore in calce alla copia dell'atto di impugnazione, sulla base dell'erronea considera (1) Giurisprudenza costante; oltre alle decisioni citate in motivazione cfr. Cass. 15 febbraio 1958, n. 481; 30 luglio 1958, n. 2780. In dottrina la questione tutt'ora dibattuta. Cfr. ANDRIOL:t, Commento, 1961, vol. I, pag. 356 e segg. per il quale appunto, in considerazione della necessit della forma scritta per tali atti, la sottoscrizione ha natura di requisito essenziale in quanto, a termine dell'art. 2702 c. c., costituisce l'elemento di identificazione della scrittura e quindi della provenienza delle dichiarazioni da chi ha firmato l'atto. In senso contrario cfr. SATTA, Commentario, 1966, vol. I, pagg. 482 e segg., secondo cui il difetto di sottoscrizione darebbe luogo a mera irregolarit, ovviabile con la sottoscrizione dell'atto in qualunque momento, in quanto l'art. 125 c. p. c. si limiterebbe a riprodurre, estendendolo alla citazione, la norma di cui all'art. 50 del codice abrogato, che non sanciva, al ! pari del resto di quello vigente, nullit alcuna. i l I I l - PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 255 zione che la nullit di tale atto pu considerarsi esclusa dalla sottoscrizione del difensore apposta di seguito alla trascrizione della procura sulla copia notificata, soltanto quando detta trascrizione risulti stilata in calce alla copia stessa; valendo unicamente in questo caso a stabilire il nesso di provenienza dell'atto di impugnazione del difensore. La censura fondata. I giudici di merito hanno distinto esattamente l'ipotesi della mancanza di sottoscrizione nell'originale della citazione, di primo grado o di appello, da quella della mancanza di sottoscrizione nella copia notificata, affermando che nel secondo caso, di cui si discuteva nella specie, non ricorre alcuna nullit quando sia possibile accertare la provenienza dell'atto dal difensore munito di procura. Essi, peraltro, hanno finito con il contraddire il corretto principio I enunciato quando, nel farne applicazione, hanno affermato che alla sottoscrizione del difensore di seguito alla trascrizione dHa procura sulla copia notificata pu essere attribuito il valore di fatto determinativo della certezza circa la provenienza dell'atto dallo stesso difensore, sol I tanto nel caso che detta trascrizione risul!i effettuata in calce all'atto, ! richiedendo, cosi, in sostanza, anche per la copia una sottoscrizione l legittimatrice della paternit dell'atto, come per l'originale. i Questa inesatta conclusione dimostra come non sia stata bene in tesa la vera funzione che la sottoscrizione del difensore sulla copia notificata destinata ad assolvere. I Mentre, infatti, la sottoscrizione dell'originale costituisce un elemento essenziafo dell'atto, poich l'esigenza di documentazione scritta l della dichiarazione non pu ritenersi soddisfatta se non risulti attra verso la sottoscrizione l'assunzione della paternit di essa da parte del l suo autore, la sottoscrizione della copia ha, invece, il valore di una semplice certificazione con la finalit di dar conto al convenuto della ! provenienza dell'atto. Questa diversit di funzioni importa, come necessaria conseguenza, una profonda differenza negli effetti che discendono dall'omissione della sottoscrizione nelle due ipotesi considerate. Nel primo caso, infatti, trattandosi della mancanza di un requisito essenziale, si determina, secondo i principi generali che regolano gli I atti giuridici, e senza che possa farsi ricorso ad equipollenti, l'inesistenza della citazione (di primo grado o di appello), con la conseguente J. impossibilit di applicazione dell'istituto della sanatoria per raggiungiI mento dello scopo, il quale s riferisce solo agli atti nulli, supposti I esistenti, ma non anche agli atti inesistenti (Cass. 23 luglio 1964, I I n. 1979). Nel secondo caso, invece, trattandosi della mancanza di un requil ? sito meramente formale, si verifica, sempre per che dalla stessa copia '(; non risulti comunque certa la provenienza dell'atto, una semplice nul-! l jI ! RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 256 lit (art. 156, 20 c. c.p.c.), sanabile con la costituzione del convenuto, salvi i diritti sostanziali e processuali anteriormente questiti (art. 164, u.c. c.p.c.). E se cosi, non pu farsi distinzione, in questa ultima ipotesi, come hanno erroneamente ritenuto i giudici di merito, secondo che la trascrizione della procura al difensore, seguita dalla sottoscrizione di lui, sia stata vergata in calce o a margine della copia notificata, per riconoscere nella prima eventualit e negare nella seconda la sussistenza dell'accennata nullit, perch l'anzidetta sottoscrizione, pur se diretta ad attestare la conformit della rtrascrizione alla procura esistente sull'originale, sufficiente in entrambi i casi a certificare anche la .paternit dell'atto, bastando ad eliminare ogni dubbio sulla provenienza di esso dal difensore munito di procura (Cass. 28 gennaio 1964, n. 216; Cass. 11 maggio 1967, n. 980). -(Omissis). CORTE DI APPELLO di Venezia, Sez. I, civ., 28 marzo 1969, n. 189 - Pres. Di Oreste -Est. Benfenati -Ministero delle Finanze (Avv. Stato Saltmei) c. S.rp.az. Vetrocoke (avv. Cargnani). Costituzione della Repubblica -Decreti legge -Legge di conversione Emendamenti -Efficacia -Legge di conversione 18 dicembre 1964, n. 1350 -Emendamenti soppressivi -Efficacia ex nunc -Fattispecie in tema di disciplina fiscale di prodotti petroliferi. (Cost., art. 77; I. 18 dicembre 1964, n. 1350). Neil'ambito dei poteri costituziO'nali spettanti al Parlamento, di attribuire o meno efficacia retroatf:iiva agli emendamenti approvati in sede di conversione dei decreti legge, con la legge 18 dicembre 1964, n. 1350 che ha convertito il d.i. 23 ottobre 1964, n. 989 recante modifiche alla disciplina fiscale dei prodotti _petroliferi, stata abrogata con efficacia ex nunc la disposizione di cui alla lettera c) terzo comma dell'art. 1 di tale decreto, la quale pertanto conserva effetti giuridici nel periodo antecedente la norma abrogativa (1). (Omissis). -La tesi dell'Amministrazione appellante, articolata in distinti motivi, si compendia nell'assunto che la legge 18 dicembre 1964, n. 1350 oper la conversione integrale del d.l. 23 ottobre 1964, ' (1) La questione, correttamente risolta dalla sentenza, va inquadrata alla luce dei principi che, nel vigente sistema, presiedono alla conversione dei provvedimenti con forza di legge cui dato al Governo di far ricorso in via provvisoria, e l'ambito dei quali appare delineato nei precisi termini - PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 257 n. 989 introducendo modificazioni operanti solo per l'avvenire, con la conseguenza che, rispetto al periodo intercorso fra l'entrata in vigore del decreto-legge e quella della legge di conversione, restando operanti nella loro integrit le norme del decreto convertito. L'assunto fondato e merita accoglimento. Dispone l'art. 77 della Costituzione che quando, in casi straordinari di necessit e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilit, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presenta.do per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni. I decreti perdono efficacia si.n dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. ' Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti. La norma non pone, dunque, limiti specifici ai poteri del Parlamento, cui deve perci manifestamente riconoscersi tanto la possibilit della conversione parziale, con conseguente caducazione ex nunc delle parti del decreto non convertite, quanto la possibilit della conversione totale, con contestuale modificazione o abrogazione di norme destinate ad operare soltanto per l'avvenire, ci significa che, in astratto, entrambe le alternative dibattute nella presente lite sono egualmente ammissibili. La controversia deve pertanto essere risolta interpretando la volont manifestata nel testo normativo, secondo i canoni ermenautici stabiliti nello art. 12 c. 1 delle disposizioni sulla legge in generale. dal legislatore stesso, con l'applicazione fattane mer le norme di cui alla legge di conversione 1964, n. 1350. La interpretazione di queste ultime nel senso evidenziato della Corte di Venezia, oltre a desumersi in base ai comuni canoni di ermeneutica, discende in particolare dai lavori parlamentari in sentenza richiamati, nei quali si sottolinea, facendo anche riferimento ad una prassi parlamentare, la efficacia ex nunc degli emendamenti soppressivi, apportati in sede di conversione dei decreti legge con il conseguente permanere in vigore, nel periodo intercorrente tra l'emanazione di questi ultimi e la leg.ge di conversione contenente gli emendamenti, della disciplina giuridica con i primi adottata. L'intervento del Parlamento, con le modalit che la Costituzione ha sancito nell'art. 77 per circondare di severe cautele la emanazione dei decreti legge, ,che importano grave deviazione alla fondamentale struttura dello Stato basata sulla separazione dei poteri (cfr. CERETI, Diritto Cost., Torino 1966, 506), diretto infatti in maniera preminente al controllo di quei motivi di necessit ed urgenza che solo valgono a consentire un tale provvedimento governativo ed al tempo stesso, in caso di giudizio positivo, ad esonerare il Governo dalla responsabilit politica per l'atto emanato (cfr. MoRTATI, Ist. Dir. pubbl., Padova, 1967, vol. II, 596). Dal che consegue che l'esame in sede di conversione, per tal profilo j almeno, riflette unicamente il provvedimento come tale, cio l'atto nel suo n. "J'. .. :-"//. :--: ...{.Y/..:..:--:-:.-..x-:.-..-..-..-..:-:-:w. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 258 Un'indicazione non equivoca emerge al riguardo dai lavori prepa ratori. Dal resoconto stenografico della 220 seduta d'assemblea del Senato della Repubblica, svoltasi 1'11 dicembre 1964 sotto la presidenza del vice-presidente Sen. Zelioli-Lanzini, risulta che, dopo ch'era stata approvata la sorppressione dell'art. 1 c. 3<> lett. C) del decreto legge, vennero in esame emendamenti intesi alla soppressione degli artt. 7 ed 8. Il sottosegretario di Stato per le Finanze, on. Valsecchi, cosi testualmente si espresse: " Il Governo pregherebbe gli onorevoli proponenti di ritirare il loro emendamento all'al't. 7, come anche l'altro presentato all'art. 8. Gli artt. 7 ed 8 infatti dettano una disciplina che stata creata con l'entrata in vigore del decreto-legge. Ora, il decretolegge esplica la sua efficacia dal momento della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, e attualmente in vigore. Noi possiamo pure abolire la lettera C, ma l'aboliamo da oggi in avanti; tutta questa regolamentazione si riferisce a situazini che dal decreto sono state poste in essere anche nei riguardi di ci che dettava la soppressa lettera C. peraltro prassi che le modifiche dei decreti-legge, apportate in sede di conversione, operino ex niinc. Qualunque sia la situazione che ne rimane, se voi chiedete questa abolizione praticamente veni,te ad abolfre la documentazione, tanto nei riguardi d~gli interessati, quanto nei riguardi del Governo. Ed abolite anche l'imposta pagata; il che non , ripeto, nelle consuetudini delle ratifiche, chiaro essendo, al riguardo l'atteggiamento assunto anche recentemente in sede di conversione del decreto e di approvazione della legge sull'IGE . insieme, mediante il quale il Governo, superando la divisione dei poteri, ha esercitato la potest legislativa, ed ove il Parlamento ravvisi quei presupposti indicati dalla Costituzione per giustificare una tale deviazione, con la legge di conversione, che ne incorpora il contenuto, riporta l'atto nell'ambito del potere legislativo e vi d efficacia stabilizzatrice sia per il passato che per il futuro (cfr. PERGOLESI, Diritto 'cast., Padova, 1965, 312). Oggetto della conversione, in altri termini, non sono le singole disposizioni nel decreto contenute (cfr. ESPOSITO, Decreto legge, in Enciclopedia del diritto) rispetto alle quali l'intervento del Parlamento, ancorch si estrinsechi con la medesima legge di conversione, si pone invece su di un piano del tutto distinto che riposa sulla normale sua funzione legislativa, per la quale adotta le statuizioni ritenute pi opportune, attraverso emendamenti modificativi o soppressivi, innovando alla disciplina giuridica posta in essere con il decreto legge, resa non pi caducabile dalla effettuata conversione. Per ci stesso per, in base ai principi generali in materia, gli emendamenti al testo del decreto, siano essi semplicemente modificativi o soppressivi di qualcuna delle sue disposizioni, valgono normalmente dal momento dell'entrata in vigore della legge, e non dato quindi intendere la distinzione che a questo effetto si vorrel;>be operare, per attribuir efficacia ex tunc agli emendamenti soppressivi, ove si consideri che per entrambe le categorie sussiste una medesima ragione. If PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 259 In seguito a tali precisazioni del Governo, gli emendamenti furono ritirati, e la legge di conversione fu approvata nel testo oggi vigente. L'importanza decisiva del passo surriportato deriva dal fatto che l'intenzione ivi espressa non rest circoscritta alla sfera psichica dei :~ partecipanti alla seduta, ma si tradusse in realt normativa. La legge I di conversione infatti, soppresse bensl la lett. C del comma 30 dell'articolo 1, ma converti e lasci in vigore gli artt. 7 ed 8 del decretolegge. Entrambi hanno esclusiva attinenza ai prodotti di cui alla sop I pressa lettera C e concernono, l'art. 7 il termine e le modalit di denuncia dei prodotti, l'imposizione del tributo e l'indennit di mora, e l'art. 8 la pena pecuniaria comminata per il caso di denuncia omessa, inesatta o tardiva. Esse dunque non avrebbero ragion d'essere nella ipotesi di caducazione retroattiva della norma di cui all'art. 1, c. 30 lett. C, m_entre trovano possibilit d'applicazione nel caso di soppressione non retroattiva di tale norma, giacch continuano, in tal caso, a regolare i rapporti giuridici venuti in essere nel breve tempo in cui la stessa fu vigente, vale a dire dall'entrata in vigore del decreto-legge all'entrata in vigore della legge convertitrice e modificatrice. Ed infatti, come l'Amministrazione osserva, nel caso di speeie l'indennit di mora venne a maturazione in tempo successivo all'entrata in vigore della legge di conversione. Il Tribunale ha ritenuto priva di rilievo la conservazione degli artt. 7 ed 8, osservando trattarsi di disposizioni accessorie a quella caducata, e perci implicitamente travolte con essa. Ma affermar ci significa at L'opinione infatti che tali emendamenti produrrebbero gli stessi effetti della mancata conversione (cfr. MoRTATI, op. cit., 597) non appare sostenibile alla luce delle considerazioni innanzi svolte, circa l'oggetto della conversione costituito, come si conviene prevalentemente, dal decreto e non dalle sue singole disposizioni. D'altra parte, allorquando in sede di valutazione il Parlamento riconosce lo stato di necessit e di urgenza, il decreto legge costituisce un atto con una propria legittimit costituzionale dalla quale, come logico corollario, consegue non solo il discarico di responsabilit politica del Governo ma, agli effetti generali, il permanere della sua efficacia di legge a far tempo dalla sua emanazione fino alla sua conversione in legge sicch, quale che possa essere la eventuale successiva disciplina, valgono al riguardo delle singole disposizioni per esso emanate i principi che presiedono la successione delle leggi nel tempo (cfr. PALADIN, In tema di decreti l'egge, Riv. Trim. dir. pubb., 1958, 533). La mancata conversione invece, col porre il provvedimento governativo al di fuori dei rigorosi limiti costituzionali per una tare straordinaria assunzione di potest legislativa da parte del Governo, priva fin dall'origine il decreto della peculiare efficacia di legge. onde la prevista eventualit (art. 77 u. p. Cost.). di regolare con legge l'ordine giuridico per tal modo turbato. 260 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 260 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tribuire, implicitamente, al Legislatore un errore tecnico, o quanto meno una dimenticanza, giacch la legge 18 dicembre 1964, n. 1350 avrebbe, secondo la tesi dal Tribunale accolta, da un lato cancellata la norma principale (art. 1 c. 30 lett. C), e dall'altro non solo lasciato sussistere, ma convertito in legge le disposizioni accessorie che trovano, in quella, il necessario presupposto. Siffatto avviso non pu essere accolto, essendo in palese contrasto con l'intenzione chiaramente enunciata nel corso dell'approvazione del testo legislativo. Conseguente il tributo de quo legittimamente preteso dall'Amministrazione Finanziaria, la quale fondamente ha disposto l'incameramento della cauzione, ed ha diritto all'ulteriore corresponsione oggetto di domanda riconvenzionale. Sull'ammontare delle singole cifre non sorta contestazione. -(Omissis). :?: SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 5 febbraio 1969, n. 31 -Pres. Chiofalo -Est. Giura -Bartolini (avv.ti C. e N. Sciacca) c. Ministero della Difesa (Avv. Stato Terranova). Impiego pubblico -Promozione -Merito comparativo -Preparazione professionale -Valutazione in voce autonoma -Legittimit. Impiego pubblico -Promozione -Merito comparativo -Criteri di massima -Periodo di tempo preso in considerazione nell'ambito dell'art. 62 d. P. R. n. 686 del 1957 -Insindacabilit. Impiego pubblico -Promozione -Merito comparativo -Attitudine alla qualifica superiore -Punti 50 su 170 -Legittimit. Impiego pubblico -Promozione ,,. Merito comparativo -Criteri di massima -Ripartizione in pi voci di tutte le categorie di titoli Non occorre. Impiego pubblico -Promozione -Merito comparativo -Schede personali -Finalit e criterio di compilazione. Impiego pubblico -Promozione -Merito comparativo -Note di qualifica -Non sono i soli elementi di valutazione -Disparit di trattamento fra scrutinandi con massime qualifiche -lnconfgurabilit. Impiego pubblico -Promozione -Merito comparativo -Discrezionalit del giudizio -Eccesso di potere -Limiti -Disparit di trattamento -Inconfgurabilit. In sede di precisazione dei criteri di massima relativi allo scrutinio di promozione per merito comparativo, non incompatibile con le disposizioni dell'art. 169 t.u. 10 gennaio .1957, n. 3, la determinazione che, abbinando la voce cultura con quell.a requisiti intellettuali preveda una valutazione autonoma per la preparazione professionale , essendo oppo?tuno it raggruppamento delle due prime voci -le quali, riferendosi ad elementi di giudizio che si integrano reciprocamente, ben si prestano ad una valutazione unitaria -con una 262 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO valutazione a parte rella preparazione professionale, allorch si tratti di promozione nell'ambito di una carriera spiccatamente tecnica e, in genere, in tutti i casi in cui i requisiti di preparazione professionali assumano particolare importJanza (1). Una volta che, nella formazione dei criteri di massima relativi allo scrutinio di promozione per merito comparativo:, risultino osservate le disposizioni delt'art. 62 d.P.R. 3 m.aggio 1957, n. 686 e, in particolare, quella del secondo comma del citato articolo (ai sensi del quale il periodo di tempo al quale devono riferirsi alcuni titoli non pu essere di regola inferiore a cinque anni), l'affermazione che si sarebbe in tal modo fatta distinzione fra titoli della stessa categoria, secondo che si riferiscano al periodo in cui lo scrutinando rivestiva la qualifica immediatamente inferiore a quella da conferire oppure al periodo precedente, attfone alla valutazione che in concreto stata fatta della quaut del servizio prestato e costituisce na questione di merito, inammissibile in sede di legittimit (2). In sede di scrutinio di promozione per merito comparativo., il punteggio relativo alla voce . attitudine alle funzioni della qualifica da conferire implica una valutazione complessiva della personalit dell'impiegato censurabile in sede di legittimit solo in caso di vizio logico, per l'esistenza del quale si richiede che sia stato attribuito ad una categoria di titoli un punteggio tanto elevato (nella generalit dei casi superiore al 30 % del totale dei punti disponibili), da rendere praticamente ininfluenti gli aitr.i elementi di giudizio; non , quindi, illegittima l'attribuzione alla' voce attitudinale di punti 50 su un totale di 170 a disposizione del Consiglio di amministrazione (3). Il principio in base al quale nelle promozioni per merito comparativo, i criteri di massima vanno predeterminati in modo adegua tamente specifico non importa necessariamente che tutte le categorie di titoli debbano articolarsi in pi voci e che, correlativamente, debba essere ripartito in punteggi parziali il cofficiente numerico previsto per ciascuna di dette categorie (4). Negli scrutini di promozione per merito comparativo le schede personali ed il quaderno di scrutinio sono rispettivamente destinati, le prime a rappresentare in forma sintetica la posizione di ciascuno scrutinando e il secondo, a dare, di tutti gliscrutinabili, una visione quanto pi possibile esauriente e completa, in modo da rendere age vole la formazione della graduatoria; pertanto, le schede personali devono considerarsi legittimamente formate, quando contengano tutti gli elementi presi a base del giudizio, in applicazione degli artt. 62 e 64 d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686, e quando dal verbale del Consiglio (1) Cfr. Ad. plen. 25 ottobre 1968 n. 28, Il Consiglio di Stato 1968, I, 1419. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 263 di amministrazione risuiti che questo, dopo aver desunto daH'apposito elenco redatto dali'Ufficio del personale i titoli di cui ciascun candidato in possesso ed averli distribuiti nelle categorie fissate nei criteri di massima, li abbia sinteticamente riportati nelle schede medesime, unitamente agli altri dati, desunti dai rapporti informativi per ciascuno degli anni compresi nel periodo considerato, e che servono a mettere in luce la personalit dell'impiegato meglio delle sintetiche notazioni (come molto , e moltissimo ., oppure spiccato ) delle note di qualifica annuali (5). Nel procedimento di promozione per merito comparativo, le qualifiche annuali riportate dagli scrutinandi non costituiscono i soli elementi del giudizio espresso con punteggio assegnato per le singole categorie, dovendovi essere aggiunti gli ulteriori elementi tratti dai rapporti annuali e senza i quali non sarebbe, in molti casi, possibile districarsi da serie e spesso numerose classifiche ex aequo e pervenire aita formazione della graduatoria, che costituisce l'operazione finale necessaria ed indeclinabile, di uno scrutinio per merito comparativo; pertanto, in relazione a tale procedimento, non configurabile la disparit di trattamenf!o (di cui pu parlarsi solo quando una potest venga dalla p.a. esercitata in maniera diversa rispetto a situazioni obiettivamente e subiettivamente identiche) per il solo fatto che tutti gli scrutinandi abbiano riportato le massime qualifiche annuali (6). Nel procedimento di promozione per merito comparativo, l'attribuzione del punteggio a ciascun candidato per le singole categorie di titoli rientra nell'ampio potere discrezionale della p.a. insindacabile in sede di legittimit, tranne che per manifesta arbitrariet dovuta ad erronea presupposizione di fatti, o per illogicit di valutazioni; pertanto, in mancanza di tale vizio, la diversit del punteggio assegnato agli scrutinandi esclude l'identit di situazioni in senso obiettivo e subiettivo, epper la configurabilit del vizio di eccesso di potere per disparit di trattamento (7). (2-7) Giurisprudenza costante, cfr. fra le tante, sez. IV 30 novembre 1966 n. 887 e Ad. plen. 25 ottobre 1968 n. 28, ivi, 1966, I, 2079 e 1968, I, 1419; sulla quarta massima v. in particolare, Sez. VI, 27 settembre 1966 n. 685, ivi 1966, I, 1548. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 5 febbraio 1969, n. 33 -Pres. Potenza -Est. Fortunato -Tornei (avv. Brusca S.A.) c. Ministero Grazia e Giustizia (Avv. Stato Carafa). Leggi e decreti -Dichiarazione di incostituzionalit -Jj:ffetti -Influenza i su altro giudizio pendente con deduzione di incostituzionalit della ' Il ' I I 264 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO norma applicata -Operativit della sentenza di incostituzionalit -Fattispecie. Impiego pubblico -Procedimento disciplinare -Accertamenti preliminari -Convincimento di incolpevolezza dell'organo officiato di tali accertamenti -Non preclude l'azione disciplinare. Impiego pubblico -Procedimento disciplinare -Estinzione -Per decorrenza di termini -Non pu verificarsi prima della contestazione degli addebiti -Fattispecie. La sopravvenuta pronuncia di illegittimit costituzionale dell'articolo 17 l. 31 luglio 1956, n. 991 (secondo cui i cancellieri e i segretari degli Uffici giudiziari sono responsabili deil'osservanza deLla disposizione dello ste8so articolo che vieta che siano ricevuti dai competenti uffici gli atti per i quali non siano stati corrisposti contributi di previdenza), per contrasto con l'art. 24 Cost., bench resa in re1lazione ad altro giudizio, idonea a reagire sulla legittimit del provvedimento disciplinare che ne ha fatto applicazione anteriormente alla pronuncia medesima, ove il provvedimento applicativo sia stato tempestivamente impugnato proprio per il vizio inerente alla incostituzionalit della norma applicata; pertanto, in tale ipotesi, illegittimo il provvedimento disciplinare irrogato ad un .cancelliere per grave negligenza in servizio configurata nell'inosservanza del precetto dell'art. 17 l. n. 991 del 1956 civ. (1). Un eventuale convincimento di incolpevolezza dell'organo officiato degli accertamenti preliminari non idoneo a precludere il promovimento del procedimento disciplinare da parte dell'organo titolare della potest di formale contestazione dell'addebito; pertanto, un canceUiere legittimamente sottoposto al giudi.zio della Commissione distrettuale di disciplina, quand'anche il Presidente del tribunale, officiato degli accertamenti preliminari, abbia escluso la responsabilit disciplinare del funzionario (2). Con riguardo ad una determinata infrazione, nessuna estinzione del procedimento disciplinare pu verificarsi prima che il procedimento stesso abbia avuto inizio con la contestazione del relativo addebito; pertanto, il termine previsto dall'art. 147 l. 23 ottobre 1960, n. 1196 (secondo cui il procedimento disciplinare a carico del personale deLle Cancellerie e Segreterie giudiziarie si estingue decorsi 90 giorni dall'ultimo atto senza che nessun ulteriore atto sia stato compiuto), si riferisce agli atti ulteriori del procedimento, e non all'atto di contestazione di un nuovo addebito (3). (1-3) In dottrina, per riferimenti in generale sul potere disciplinare e sulle fasi del relativo procedimento, cfr. N. SPERANZA, Considerazioni sul potere disciplinare della P. A., Nuova rassegna 1966, 2862. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 265 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 28 febbraio 1969, n. 45 -Pres. Potenza -Est. Granito -Santamaria (avv. Ca:ssola) c. Ministero dell'Interno, Questore di Roma e Commissario di P.S. S. Lorenzo di Roma (Avv. Stato Lancia). Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Rinunzia -Adem I pimenti necessari ad validitatem. Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Rinunzia -In I udienza -Pu essere fatta solo dal difensore ed alla presenza dei difensori delle altre parti. I l La rinunzia al ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato, per essere valida, deve essere: a) firmata dall'a_vvocato munito di mandato speciale, o dallo stesso ricorrente (la cui firma deve essere per autenticata quanto meno dal suo difensore, analogamente a quanto preI scritto per la procura ad litein); b) notificata all'Amministrazione ed alle altre parti, ovvero controfirmata da esse per presa conoscenza, I non occorrendo che venga anche accettata; e) depositata in Segreteria., prima dell'udienza, o esibita dal difensore all'udienza, prima che la I l causa passi in decisione. La rinunzia al ricorso giurisdizionale pu anche farsi oralmente I in udienza; peraltro, non essendo consentito alle parti di intervenire t personalmente alla trattazione orale della causa (ai sensi dell'art. 41 I primo comma t.u. 26 giugno 1934, n. 1054), essa pu essere verba ~ lizzata solo se fatta dal difensore munito di mandato speciale, e sempre che siano presenti anche i difensori dell'Amministrazione e dei l resistenti (1). (1) Giurisprudenza costante; Sez. VI, 23 novembre 1960, n. 989, Il Consiglio di Stato, 1960, I, 2153. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 28 febbraio 1969, n. 46 -Pres. Stumpo -Est. Granito -Riggio (avv. Piccardi) c. Ministero Grazia e Giustizia (Avv. Stato Giorgio Azzariiti), Tartara ed altri (n.c.). Impiego pubblico -Promozione -Rinnovazione dello scrutinio a seguito di annullamento in s. g. -Rinnovazione solo a partire dall'ultimo atto valido -Rinnovazione di tutto il procedimento Esclusione. 1 l J ! I ~ ,, 'l 266 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Impiego pubblico -Promozione -Rinnovazione dello scrutinio a seguito di annullamento in s. g. -Annullamento per illogicit e disparit di trattamento nell'attribuzione dei punti -Revisione solo dei punti del ricorrente -Insufficienza. In caso di annullamento di un concorso o scrutinio di promozione in sede giurisdizionale, per illegittimit di una fase o di un atto del procedimento, le operazioni relative vanno rinnovate a partire dall'ultimo atto validamente posto in essere; pertanto, in caso di annullamento di uno scrutinio di p1omozione ed ad aitri scrutinati promossi ' per un dato titolo, il Consiglio di amministrazione, nel rinnovare il procedimento in esecuzione del giudicato, non tenuto n a riesaminare ed (eventualmente) modificare i criteri di massima; n a compilare nuovi elenchi di titoli e nuove schede personali per ciascun impiegato; dovendo solo procedere ad una nuova attribuzione in con::: o " creto del punteggio prestabilito per quel titolo, fermi restando i cri, teri ed i coefficienti a suo tempo fissati e le valutazioni in precedenza ' I effettuate delle altre categorie di titoli (1). Una volta che, in sede di annullamento di uno scrutinio di promozione per merito comparativo., il giudice amministrativo abbia ri, I Iti' scontrato un vizio di illogicit e di disparit di trattamento nell'attribuzione del punteggio relativo ad una data categoria di titoli fra i vari candidati (per essere stati usati criteri di larga benevolenza nei e confronti di alcuni degli impiegati, e viceversa criteri pi restrittivi lii nei confronti dell'impiegato ricorrente), illegit~imamente l'Ammini ~::: straziane, nel rinnovare la valutazione, si limita a rivedere il punteg m gio attribuito al ricorrente stesso (aumentandolo), ferme restando le l !i, valutazioni effettuate nel precedente scrutinio nei confronti degli altri ] scrutinandi, in tal modo violando uno dei principi essenziali dello scru . tinio per merito comparativo, il quale esige una vq,lutazione individuale e comparativa dei titoli e del merito de.i singoli scrutinandi (2). ' :::o @ { (1-2) Cfr. Sez. IV, 21 aprile 1965 n. 344, Il Consiglio di Stato, 1965, la I, 658; Sez. VI, 28 gennaio 1966 n. 67, ivi, 1966, I, 122. :~ i i X ~ CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 28 febbraio 1969, n. 51 -Pres. Pa$.~ w paldo -Est. Bruno -Soc.p.az. Riunione adriatica di sicurt (avv. fil Stoppani) c. Ministero dei lavori pubblici (Avv. Stato Ciardulli). Danni di guerra -Contributo di riparazione -Provvedimento concessivo -Motivazione per relationem -Legittimit. ~ !::~ ~:=-;; n i~; lii@ PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 267 Danni di guerra -Contributo di riparazione '." In luogo di contributo di ricostruzione -Discrezionalit -Insindacabilit. Il provvedimento di concessione di un contributo statale per Za riparazione di un fabbricato danneggiato dagU eventi benici, ai sensi deZZ'art. 5 pximo comma Z. 17 dicembre 1951, n. 1233, congruamente motivato, in ordine aZ criterio adottato daffAmministrazione per Za Liquidazione del danno betiico, coZ rinvio aUe note deH'Ufficio deZ Genio Civile e del Provveditorato regionale azze opere pubbliche, che di tale criterio danno ragione. Legittimamente l'Amministrazione concede un contributo di riparazione per un fabbricato danneggiato daZZa guerra, ai sensi del primo comma dell'art. 5 Z. 17 dicembre 1951, n. 1238, e non gi un contributo di ricostruzione, ai sensi del secondo comma dell'art. 5 cit., ove, suZZa base di un discrezionale apprezzamento (non sindacabile in sede di legittimit, tranne che per vizi logici), risulti l'esistenza di elementi sufficienti per la valutazione obiettiva del danno stesso. I I I j l l l I SEZIONE QUINTA -:~ GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 luglio 1968, n. 2673 -Pres. Pece - Est. Milano -P. M. Pedote (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Savarese) c. Carrozza (avv. Barlieri). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Riscossione -Ingiunzione fiscale -Natura -Opposizione Posizione processuale delle parti Poteri dell'ente creditore di mutare il titolo della pretesa. (t.u. 13 aprile 1910, n. 639). Imposte e tasse in genere -Imposta di registro -Prescrizione -Notifica di seconda ingiunzione -Cumulo degli effetti interruttivi. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 140). L'ingiunzione fiscaie un atto amministrativo sui generis che si distingue sia dal titolo esecutivo che dal precetto dell'ordinario procedimento, pur cumulandone in s le caratteristiche di forma e di efficacia, sicch la domanda introduttiva del giudizio di cognizione non l'ingiunzione ma l'opposizione del debitore intimato in quanto voita a contestare l'esistenza del credito della P.A. o la procedura seguita. Poich La posizione delle parti invertita, assumendo l'ente creditore sotto ogni riguardo la posizione processuale e sostanziale di convenuto e il debitore quella di attore, l'allegazione di una diversa ragione a fondamento della pretesa creditoria da parte della Finanza si concreta in una semplice eccezione difensiva, sempre proponibile dal convenuto, e non in un mutamento della causa petendi implicante sostituzione del titolo (applicazione in tema di presCTizione ai fini di escludere che l'allegazione di una diversa ragione a fondamento deUa pretesa tributaria comporti rinuncia all'originario titolo ed ai suoi effetti interrutt! ivi) (1). L'intimazione di una seconda ingiunzione per il pagamento della ste'Ssa imposta fondata su di una diversa ragione si riconnette alla prima ingiunzione ai fini della continuit dell'interruzione della prescrizione, essendo unico il diritto fatto valere (2). ::: 00 (1-2) Sulla natura dell'ingiunzione amministrativa e sulla pos1z1one delle parti nel giudizio di opposizione la giurisprudenza pu dirsi ormai ,I!t PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 269 (Omissis). -Il ricorso principale e quello incidentale, essendo diretti contro la stessa sentenza, devono, a norma dell'art. 355 c.p.c., essere riuniti sotto il numero di ruolo pi antko e formare oggetto di unica decisione. Con il primo mezzo del ricorso principale, l'Amministrazione finanziaria, denunciando la violazione degli avtt. 140 legge di registro, 184 c.p.c., 2943 e 2945 e.e., in relazione all'art. 360, n. 3 c.ip.c., lamenta che la Corte di merito, dalla premessa della ritenuta ammissibilit del mutamento della causa petendi operata da essa Amministrazione, abbia tratto l'erronea conseguenza che tale mutamento importava rinuncia alla prima ingiunzione ed estinzione degli effetti interruttivi ad essa con I nessi. Si sostiene che, essendo, pur dopo l'asserito mutamento della causa petendi, proseguito l'unico originario giudizio, la Corte avrebbe dovuto applicare l'art. 150 legge di registro, alla stregua del quale l all'effetto interruttivo dell'ingiunzione, seguita da opposizione, si accompagna un effetto sospensivo sino al passaggio in giudicato della I sentenza che decide sull'opposizione. Con il secondo mezzo, poi, denun I ciando la violazione degli artt. 144, 145 legge di registro, 3, 5 e 31 t.u. 14 aprile 1910, n. 630, l'Amministrazione ricorrente sostiene che, costiI tuendo l'atto di opposizione ad inginzione fiscale fa domanda introI duttiva di un ordinario processo di cognizione, inesatto parlare di l mutamento della causa petendi, trattandosi invece solo di un adegual mento della condotta . difensiva dell'Amministrazione di fronte alla I produzione, da par.te dell'attore Carrozza, della certificazione ministeriale, racchiudente in s, in forza della nuova legge sopravvenuta, la J possibilit di sanare la decadenza nella quale l'attore stesso era certa, mente incorso. I due mezzi, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro stretta interdipendenza, a giudizio di questa Corte; sono fondati. concorde: Cass. 10 gennaio 1966 n. 178, in questa Rassegna, 1966, I, 458; 12 novembre 1965, n. 2356, ivi, 1965, I, 1196 con annotazione di L. MAZZELLA; 16 luglio 1965 n. 1574, ivi, 1965, I, 712; 9 ottobre 1967, n. 2339, ivi, 1968, I, 90, con nota di DI TARsIA; 30 marzo 1968, n. 975, ivi, I, 271. La sentema sopra pubblicata fa un'ulteriore importante applicazione del principio sul punto della prescrizione del diritto alla pretesa tributaria; la Finanza, quale convenuta, nel dedurre nuove ragioni a fondamento dell'imposta non muta n U petitum n la causa petendi ma semplicemente svolge un'eccezione difensiva che non pu mai incontrare preclusionl. Nel caso di specie la Finanza aveva preteso il pagamento dell'imposta normale di registro dopo che il contribuente era decaduto dall'agevolazione ex I. 14 dicembre 1947 n. 1598 sull'industrializzazione del Mezzogiorno per non aver presentato entro il termine la certificazione ministeriale sulla realizzazione del fine industriale; sopravvenuta la 1. 5 ottobre 1962 n. 1492 che ammetteva una sanatoTia per la mancata osservanza del termine, l'Ufficio eccepl che l'opificio realizzato non poteva qualificarsi 8 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 270 Sono principi ormai pacifici, pi volte affermati da questo Supremo Collegio, che l'ingiunzione fiscale, a differenza di quella ordinaria che ha na,tura giudiziale, un atto amministrativo sui generis caratteristico del procedimento di riscossione delle imposte e, in via generale, di tutte le entrate patrimoniali dello Stato e ripete la sua efficacia direttamente dal potere dell'ente pubblico di realizzare in via coattiva le sue pretese. Come tale, essa si distingue sia dal titolo esecutivo che dal precetto dell'ordinario procedimento, regolato dal codice di rito, pur cumulandone in s le caratteristiche di forma e di efficacia, sicch la domanda introduttiva del giudizio di cognizione non l'ingiunzione, ma la opposizione del debitore intimato, in quanto volta a contestare l'esistenza del credito della pubblica amministrazione e la procedura eseguita. Dal che deriva che la posizione processuale delle parti invertita, assumendo l'ente creditore, sotto ogni riguardo, la posizione processuale e sostanziale di convenuto, mentre il debitore riveste quella di attore. Sulla base di tali principi si deve riconoscere che la Corte di me rito ha errato nel ritenere che 1'Amministrazione finanziaria aveva operato un mutamento della causa petendi, con conseguente implicita rinuncia alla prima ingiunzione ed agli effetti interruttivi e sospensivi ad essa connaturati, per aver contestato l'esistenza delle condizioni stabilite dalla legge per la concessione dell'invocato beneficio fiscale con il dedurre, in un primo tempo, l'intervenuta decadenza e succes sivamente l'illegittimit della predetta attestazione ministeriale. Ed invero, assumendo l'Amministrazione finanziaria, in sede di opposizione ad ingiunzione fiscale, la posizione, non soltanto proces suale, ma anche sostanziale di convenuta, deve, fondatamente, ritenersi legittimata a dedurre tutte le ragioni che giustificano la pretesa tribu taria fatta valere con la ingiunzione opposta, ragioni che si concretano industriale ai fini della norma di agevolazione. Non vi preclusione a danno della Finanza (anche se la seconda pi assorbente ragione poteva essere dedotta fin dall'origine) a indicare un nuovo fondamento della sua pretesa, perch la difesa del convenuto non pu incontrare limiti. La seconda massima esatta: la notifica di una seconda ingiunzione per il pagamento della stessa imposta fondata su una diversa ragione, non solo non comporta rinuncia agli effetti, anche interruttivi, della prima ingiunzione, ma si inserisce nell'azione amministrativa diretta alla rea lizzazione dell'unico diritto e si giova quindi dei precedenti atti compiuti. infatti un principio generale che ogni atto idoneo ad interrompere la prescrizione in materia di imposte indirette c.onsente di rimettere in discussione tutta la materia tassabile e quindi non solo di cambiare il fondamento dell'imposta gi domandata nei limiti della stessa somma, ma anche di avanzare nuove e maggiori pretese, anche verso altri soggetti partecipi dello stesso atto, purch nei limiti dello stesso tributo. Sull'argo mento cfr. C. BAFILE, Considerazioni sull'interruzione della prescrizione delle imposte indirette, nota a Cass. 25 ottobre 1968, n. 3509, ultra, pag. 280. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 271 sostanzialmente e processualmente in mere eccezioni dirette natural mente a contrastare, anche per motivi diversi da quelli indicati nell'atto di accertamento del tributo, la domanda tendente alla declaratoria di illegittimit di tale ~tto, e che essendo eccezioni ritualmente proposte, a norma dell'art. 184 c.p.c., innanzi al giudice istruttore, non possono, quindi, trovare alcuna preclusione alla loro ammissibilit. Nella specie l'attuale resistente, nell'atto di opposizione, impugn il credito dell'Amministrazione, assumendo di aver diritto alla agevolazione tributaria di cui alla legge n. 1598 del 1947 per aver gi inoltrato al competente Ministero la domanda intesa ad ottenere il certificato attestante l'avvenuta realizzazione dell'impianto industriale, e soltanto nel corso del giudizio, avvalendosi della sopravvenuta legge sanatoria del 1962 e presentando all'Ufficio del Registro l'attestato del Ministero dell'Industria nel previsto termine di tre mesi, invoc l'effetto certificante di detto documento. Di fronte a tale variazione del motivo posto a fondamento dell'opposizione -variazione giustificata dalla legge sopravvenuta che introduceva una nuova regolamentazione giuridica del rapporto controverso -non soltanto non era interdetto all'Amministrazione di contestare le risultanze della prodotta certificazione ministeriale, negando che la medesima fosse idonea, per il suo contenuto intrinseco, a giustificare la richiesta agevolazione, ma tale contestazione, concretante una mera eccezione destinata a giustificare, per altra via, l'inapplicabilit alla specie dell'invocato beneficio fiscale e, quindi, la richiesta del tributo ordinario, non importava certo, come si ritenuto dalla denunciata sentenza, implicita rinuncia all'ingiunzione e, di conseguenza, agli effetti interruttivi permanenti ad essa connessi. Vero che l'Amministrazione, oltre a far valere innanzi al giudice istruttore la nuova ragione che giustificava l'esclusione dell'invocato beneficio fiscale, intim al Carrozza altra ingiunzione per il pagamento del medesimo tributo, ma tale nuova ingiunzione, che non form oggetto di opposizione da parte del Carrozza, si rilegava strettamente all'accertamento tributario contenuto nella precedente e non diede luogo all'insorgenza di un nuovo giudizio di cognizione al posto di quello in corso. Ed al riguardo del tutto fuori di luogo il richiamo fatto dalla denunciata sentenza al principio ripetutamente affermato da questa Corte secondo cui gli effetti interruttivi vanno circoscritti, sotto il profilo oggettivo, al diritto che fatto valere in giudizio, perch chiaro come, nella specie, la pretesa che costituiva la materia del rapporto dedotto in giudizio sia rimasta invariata anche dopo che l'Amministrazione, intimata la seconda ingiunzione, ebbe ad eccepire altra ragione giustificatrice dell'inapplicabilit dell'invocato beneficio fiscale. -(Omissis). 272 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 settembre 1968, n. 2866 -Pres. Stella Richter -Est. Mazzacane -P. M. Toro (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. Stato Masi) c. Panarello. Imposta di registro -Cessione di crediti verso la Pubblica Amministrazione in relazione a finanziamenti concessi da aziende ed enti di credito a favore di ditte commerciali e industriali -Aliquota ridotta -Correlazione fra i due negozi -Estremi -Criteri di determinazione. (r.d., 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, art. 4, lett. e, e nota aggiunta, art. 28, lett. e; 1. 4 aprile 1953, n. 261, art. 1 e 2). Imposta di registro -Cessione di crediti verso la Pubblica Amministrazione in relazione a finanziamenti concessi da aziende ed enti di credito a favore di ditte commerciali e industriali -Aliquota ridotta -Interpretazione dei negozi soggetti ad imposta -Apprezzamento del giudice di merito -Incensurabilit. Secondo la nota aggiunta all'art. 4 lettera c) della tariffa A della legge di registro (nel testo modificato dail'.art. 1 della legge 4 aprile 1953, n. 261), nel caso di cessioni pro-soluto o pro-solvendo di annuaLit o contributi governativi o di enti pubblici ovvero di crediti verso Pubbliche Amministrazioni, stipulate in relazione alle operazioni di finanziamento, di cui all'art. 28 lett. c) della medesima tariffa (modificato dall'art. 2 della citata legge n. 261 del 1953), tanto alle cessioni di credito che agli atti di finanziamento si applica la minore aliquota dello 0,25 % , purch nell'atto di cessione siano specificamente indicate le operazioni in relazione alle quali esso stipulato e l'efficacia della cessione stessa non sia estesa ad altre operazioni. Essendo richiesto, ai fini dell'agevolazione, un rapporto di strumentalit necessario ed esclusiva tra cessione e finanziamento, occorre che il negozio sia concepito in modo tale da escludere ab origine che esso possa comunque servire ad operazioni diverse da quelle specificate nell'atto di cessione. A tal fine l'indagine del giudice di merito deve essere condotta in conformit del disposto dell'art. 8, comma I, 'della legge di registro, prendendo in considerazione l'intrinseco contenuto dell'atto e gli effetti che esso possa ,comunque determinare, indipendentemente dalla comune intenzione dei contraenti, per accertare se, oggettivamente, il potenziale valore strumentale dell'atto escluda che le sue clausole considerate individualmente o nel loro complesso, possano aprire un varco attraverso il quale il negozio, nel corso dello svolgimento del rapporto, devii dalla sua originaria ed apparente destinazione, estendendosi ad PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 273 alPre operazioni che verrebbero ad usufruire indebitamente del trattamento tributario di favore. Pertanto,. in caso di ecc.edenza della cessione rispetto alla sovvenzione, occorre che l'atto contenga clausole limitative del normale effetto della cessione dei crediti, le quaU escludono che il credito ceduto possa essere destinato dal cessionario a scopo diverso da quello deLl'estinzione del finanziamento (1). (1-4) Nuove considerazioni sul trattamento fiscale delle cessioni di credito connesse con operazioni bancarie di finanziamento. Con un folto gruppo di sentenze del 1966 la S. C. spian la via per la risoluzione delle numerosissime controversie sull'applicazione delle aliquote di favore degli artt. 4 e 28 tabella A della legge di registro (nel testo modificato con gli artt. 1 e 2 della 1. 4 aprile 1953, n. 261); in una nota pubblicata in questa Rassegna, 1966, I, 1308 (Considerazioni sul trat tamento fiscale. delle cessioni di credito connesse con operazioni bancarie di finanziamento) tentai di riassumere gli aspetti pi discussi del pro blema e di tracciare una linea dei prevedibili sviluppi che l'affermazione in assoluto dei principi poteva avere nell'applicazione concreta innanzi ai giudici di merito, anche in relazione alle varie modificazioni che si anda vano proponendo ai tipi dei contratti bancari. . La questione tornata pi volte all'esame della S. C. nel tempo pi recente, sicch sembra oggi opportuno riprendere l'argomento per veri ficare se lo stato della giurisprudenza abbia subito deviazioni. In tutte le -decisioni la S. C. ha dovuto porsi il problema dei limiti del suo sindacato sull'interpretazione data all'atto tassato dal giudice di merito; ed sempre su questo punto che si creata una certa disugua. glianza di giudizi. Le decisioni del 1966 affrontarono con notevole ampiezza di oriz zonte l'intero problema, scendendo a considerare in modo specifico e minuzioso singole clausole contrattuali; era del resto indispensabile un tale metodo per non rimanere al di qua della soglia del vero problema. Segue questo stesso metodo la decisione 1 marzo 1967, n. 451 (in questa Rassegna 1967, I, 447). Ma subito dopo la S. C. si trincerata rigorosamente dietro la bar riera dell'incensurabilit, rifiutando di esaminare da vicino gli stessi pro blemi altre volte dibattuti (23 maggio 1967, n. 1125, Foro It., 1967, I, 2067) ovvero esaminando con maggiore ampiezza il caso concreto ma solo per ritener immune da vizi la motivazione della decisione impugnata (12 lu glio 1967, n. 1223, ivi, loc. cit., nonch 11 novembre 1967, n. 2723, Riv. leg. '{isc., 1968, 700 e 27 aprile 1968, n. 1301, ivi, 1968, 1969); ritorna invece all'orientamento del 1966 l'altra decisione 27 gennaio 1968 n. 271 (ivi, 1968, 1138). Fra le sentenze sopra pubblicate, quelle n. 2750 e 2752 verificano con criterio restrittivo la rispondenza della fattispecie ai presupposti di legge, mentre quella n. 2866, pur riconfermando in astratto i noti principi, si arresta dinanzi all'apprezzamento del giudice di merito. I Si cosi ricreata una notevole incertezza, che le decisioni del 1966 avevano invece dissolto, sulla concreta e pratica attuazione nelle singole fatti I specie di principi che, pur rimanendo immutati, danno luogo a pronunce l contrastanti; e mentre l'orientamento delle Corti di Appello eterogeneo, l non sempre l'intervento della S.C. produce l'effetto unificatore che sarebbe l i desiderabile. Si evidenziano cosi contrasti notevoli: tra le decisioni della S.C. che non sono che il riflesso dei contrasti non eliminati fra le diverse j ' ' i I I . I 274 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO incensurabile in Cassazione la decisione del giudice di merito che, con motivazione adeguata, ha interpretato le clausole del contratto al fine di accertare la rispcmdenza di esso ai requisiti voluti dalla legge tributaria di agevolazione (2). Corti di Appello; questi contrasti vengono poi esaltati quando si massimano o si commentano le sentenze senza tener conto di quanto il pensiero della S.C. sia determinato dall'impossibilit di censurare l'apprezzamento di merito. Le sentenze gi citate 1723-67, 2723-67, 1301-68 ed anche, sia pure in modo meno esplicito, quella 2866-68 qui pubblicata, hanno ritenuto non contrastanti con le condizioni dettate dalla legge di agevolazione: a) la clausola con la quale la banca abilitata a soddisfare con la riscossione del credito ceduto ogni suo credito verso il cliente in dipendenza dei lavori cui il finanziamento si riferisce; b) la clausola con cui la banca si riserva il diritt di chiedere direttamente al clienteil rimborso delle somme finanziate senza aver richiesto o atteso il pagamento del credito ceduto; e) la clausola che prevede la rinnovabilit delle cambiali; d) la clausola che accorda alla banca la facolt di revoca del finanziamento senza una espressa previsione 'Per tale ipotesi di contemporanea cessazione degli effetti della cessione. Sembrerebbe che le numerose limitazioni ritenute in via astratta necessarie siano ora soddisfatte con la semplice clausola (o meglio, mera dichiarazione descrittiva) che collega la cessione con l'operazione di finanziamento ( la cessione stipulata allo scopo di garantire ed estinguere il finanziamento pattuito); con questa clausola sarebbe escluso che la cessione possa utilizzarsi per operazioni diverse e si anzi precisato che in questo modo la cessione, sebbene di ammontare grandemente superiore, resta limitata nei suoi effetti, come voluto della legge, e pu garantir soltanto la somma sovvenuta, i crediti per relativi interessi e il credito di rimborso delle spese giudiziarie e stragiudiziali anche irripetibili ., mentre non pu conservare efficacia oltre la copertura del finanziamento; poste queste limitazioni, _che deriverebbero tutte dalla semplice dichiarazione di connessione, non sarebbe di ostacolo all'agevolazione n la facolt della . banca di chiedere direttamente al cliente la copertura delle somme finanziate, n la rotativit attuata col rinnovo delle cambiali, n la facolt di revoca del finanziamento. Tutto si risolverebbe insomma col dichiarare il nesso teologico, quasi che la nota aggiunta all'art. 4 della tablla A non :iggiungesse nulla a quanto gi stabilito nella lettera c). Poich una pura e semplice dichiarazione di conessione sempre stata contenuta in tutti gli atti, si dovrebbe dire che tutto quell'approfondimento giurisprudenziale del 1966, cui si fa ancora ossequio, sia stato messo completamente da parte, perch tutte quelle limitazioni affer$ mate e ribadite sono solo una parvenza che si scioglie con una semplice Iill formuletta che non costa nulla a nessuno e che si trova, e si sempre trovata, in qualunque atto. Bisognerebbe cosi ammettere che le numerosissime pronuncie della S. C. con cui tante sentenze di merito furono cassate sono state inutili; ma si dovrebbe anche constatare che le pi recenti sentenze sono nel loro contenuto gravemente contraddittorie in quanto enunciano in tesi un complesso di condizioni e di limiti cui l'agevolazione subordinata, ma nell'applicare i principi ritengono estensibile l'agevolazione a qualunque atto. I lw a :~'. . I. ~=: PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 275 II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 agosto 1968, n. 2750 -Pres. Stella Richter -Est. D'Armiento -P. M. Chir (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Savarese) c. Banca Nazionale del Lavoro (avv. Del Nunzio). Imposta di registro -Cessione di crediti verso la Pubblica Amministrazione in relazione a finanziamenti concessi da aziende ed enti di credito a favore di ditte commerciali e industriali -Aliquota ridotta -Correlazione fra i due negozi -Estremi -Criteri di determinazione -Fattispecie. (r.d., 30 dicembre 1923, n. 2369, tariffa A, art. 4, lett. e, e nota aggiunta, art. 28, lett. e; 1. 4 aprile 1953, n. 261, art. 1 e 2). L'applicabilitd delle aliquote ridotte previste dall'art. 4 lett. c) e dall'art. 28 lett. e) deUa tabella A allegata alla legge di registro (nel Ma questa conclusione non pu essere esatta. Basta ad escluderlo la considerazione che altre recenti pronunce sono di ben diverso contenuto. La sentenza 271-68 chiaramente afferma che, nonostante esista una norma contrattuale con la quale le parti dichiarano che la cessione non garantisce altri crediti oltre quello indicato nello stesso atto, la facolt di revoca o sospensionej del finanziamento e l'obbligo del cliente di coprire direttamente l'esposizione, consen_tono alla cessione che sopravvive di acquistare una sua autonomia, se non altro in base all'art. 1853 c. c.; questa sentenza ha precisato che di fronte ad un'evidente sproporzione fra gli importi dei due negozi sono necessarie clausole particolari che limitino i poteri delle parti contraenti (non mere dichiarazioni di propositi) tali da escludere in modo assoluto la possibilit di utilizzare l'eccedenza per diverse operazioni, anche attraverso compensazioni. La sentenza 2750-68, sopra riportata, ha statuito che la Corte di merito non avrebbe dovuto ritenere compatibile con i principi a cui si ispira l'agevolazione la clausola con la quale si riserva alla banca la facolt di porre in tutto o in parte a libera disposizione del cliente, senza pregiudizio della validit della cessione, le somme riscosse in dipendenza della cessione stessa, perch in tal modo la cessione acquista una connessione eventuale e non esclusiva col finanziamento; la stessa decisione aggiunge che del pari inconciliabile con l'agevolazione l'altra clausola che consente di pr,esentare per lo sconto altri effetti, genericamente considerati, perch in tal modo con la cessione si vengono a garantire altri crediti della banca generici e indeterminati non necessariamente connessi con l'operazione diretta a finanziare il contratto del cliente con la pubblica amministrazione. Infine la sentenza 2752-68 qui pubblicata, richiamandosi al giudicato commentato nel mio precedente scritto (sentenza 1560-66), ha ritenuto che la costituzione di un terzo rapporto, oltre i due fondamentali, avente per oggetto il deposito delle somme incassate dalla banca per effetto della cessione e non utilizzate per estinguere il finanziamento concesso, non d luogo ad una connessione necessaria tale da giustificare l'applicazione dell'art. 9 capoverso nella legge di registro ed quindi soggetta a separata tassazione, - RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 276 testo modifiato con gU artt. 1 e 2 deUa legge 4 aprile 1953, n. 261) richiede un collegamento diretto ed immediato fra i due rapporti negoziali, finanziamento e cessione di credito, ed da escludere quando il concesso finanziamento sia anche potenzialmente utiilizzabile per operazioni diverse da quelle inizialmente previste. Non spetta l'agevolazione quando nell'atto sia inserita una clausola con cui la banca si ma ha riconfermato che nel sistema dell'agevolazione degli art. 4 e 28 della tabella A insito, come necessit ineliminabile imposta dalla legge, l'obbligo della banca di restituire senza altra utilizzazione i proventi della cessione eccedenti sul finanziamento. L'esposizione fin qui fatta degli orientamenti della pi recente giurisprudenza metterebbe in luce dei contrasti veramente profondi, a volte sorprendenti (come ad esempio tra le due sentenze ora in rassegna n. 2686 e 2750 emesse a breve intervallo di tempo dalla I Sezione retta dallo stesso Presidente), e rivelerebbe una certa tendenza a far diventare inutili nella pratica, pur senza ripudiarli, tutti i principi teorici ormai consolidati sul carattere dell'agevolazione. Ma, come si accennato, questo solo il riflesso della insindacabilit dei difformi orientamenti dei giudici di merito: nelle varie sentenze esaminate l'apprezzamento del giudice di merito a volte rispettato integralmente senza un esame approfondito delle singole questioni (sentenza 112i-66 e 2866-68), a volte egualmente rispettato ma con una motivazione pi ampia che sembra condividere la decisione impugnata ma che invece esposta soltanto per escludere la esistenza di vizi logici o di errori giuridici della motivazione (sentenza 1723-67, 2723-67 e 1301-68), altre volte invece, come gi nelle pil). remote decisioni, forzato per ricercare una completa rispondenza dei ;principi al caso concreto (sentenza 271-68 e 1750-68). Il problema quindi si sposta dal campo specifico dell'interpretazione delle norme tributarie a quello pi vasto def limiti del sindacato consentito alla Corte regolatrice. su questo punto che occorre meditare pi a fondo per superare le incertezze che si sono illustrate e che sono causa di grave disagio in sede di merito. Dovrebbe essere superfluo dimostrare che la pi corretta definizione della portata dell'agevolazione quella, del resto mai smentita, affermata anche dalle Sezioni Unite nel 1966, mentre le apparenti, tiepide e contrastate deviazioni che oggi si possono riscontrare non meritano fortuna. Ho gi nel precedente scritto dimostrato che i tentativi per eludere i rigori della giurisprudenza dominante, anche se attuati attraverso modifiche non sostanziali del testo dei contratti tipo, non potranno aver successo fino a che non muti radicalmente il meccanismo dell'operazione bancaria e gli istituti di credito non rinuncino ad alcune facolt, che ritengono invece irrinunciabili. .::, Mi limiter quindi ad esporre alcune brevi considerazioni su quelle ffi sentenze che, convalidando con troppa indulgenza le decisioni impugnate, f:: ~= hanno dato a molti l'impressione (e la speranza) di un netto mutamento dell'orientamento giurisprudenziale dominante. !i Come si detto nulla mutato rispetto al 1966 riguardo alle defini 1 zioni fondamentali dell'agevolazione; la sentenza 2866-68, sopra riportata, riassume, come si legge nella massima, un concetto ormai assai i:: noto e ripetuto. Questa chiara e veramente consolidata enunciazione non i::. dovrebbe dar luogo ad incertezze in sede di merito. 1 11 I. . . I :~ . : PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 277 riserva la facolt di porre in tutto in parte a libera disposizione del cliente, senza pregiudizio della validit della cessione, le somme riscosse in dipendenza della cessione stessa, ovvero l'altra clausola che preveda la facolt per il soggetto finanziato di presentare alio sconto in tempo successivo effetti cambiari genericamente considerati da garantire con la cessione (3). Ho gi messo in luce nel precedente mio scritto come l'insufficiente correlazione tra cessione e finanziamento e l'ultrattivit della cessione si ritrovano quasi sempre, anche quando ci si sforza di mascherarle, ogni volta che sussiste una forte sproporzione ,fra gli importi dei due negozi che vada oltre quel ragionevole margine destinabile a coprire maggiori interessi, spese e risarcimenti. In sostanza, pu dirsi in forma assai riassuntiva, se sull'intero importo della cessione si accetta di pagare l'imposta, non si pu facilmente presumere che per una larga parte la cessione resti priva di effetti, che cio le somme eccedenti sul, finanziamento vengano pacificamente restituite dalla banca al cliente senza una utilizzazione, nell'interesse comune, per un'altra operazione bancaria; inoltr,e la banca, che in ogni caso conserva verso il terzo ceduto il potere di esigere , il credito, pu, anche contro la volont del cliente, compensare gli importi eccedenti con altri conti aperti per diverso titolo sia a norma dell'art. 1853 c. c. sia in forza delle condizioni generali che ogni istituto di credito impone in tutte le operazioni. Per rispettare le condizioni dell'agevolazione quindi necessario pattuire l'obbligo (non la facolt) della banca di restituire al cliente gli avanzi della cessione, anche se altri conti dello stesso cliente siano gravemente scoperti, senza alcuna possibilit di storno, ritenzione o compensazione; in definitiva deve essere osservata senza deviazioni la norma dell'art. 1844 c. c. secondo la quale i mezzi di garanzia devono mantenere un andamento rigidamente parallelo all'operazione garantita. Nel valutare la portata dell'atto da tassare non deve dimenticarsi che banca e cliente hanno un comune interesse ad impiegare i proventi della cessione agevolata per diverse operazioni (ed in vista di questo fine possono inserirsi nell'atto, anche in un momento successivo, dichiarazioni separate che sfuggono al controllo della finanza) mentre la banca si riserva sempre una massa di poteri verso il cliente, rper lo pi inerme, che assicurano la possibilit di creare vasi comunicanti tra l'operazione agevolata e tutte le altre passate e future, ed a tal fine la banca pu perfino mantenere il finanziamento garantito dalla cessione entro ristretti limiti in ragione dell'esposizine del cliente in altri rapporti. Queste considerazioni dovrebbero costituire il criterio orientativo sostanziale e pratico da tener sempre presente quando si affrontano i problemi, spesso troppo formali, che si pongono di volta in volta. Non .pu quindi persuadere l'affermazione che con una clausola intesa semplicemente a dichiarare, senza implicare reciproche obbligazioni, che la cessione ha lo scopo di garantire l'operazione di finanziamento contemplata (senza per perentoriamente escludere che possa comunque garantire altre operazioni o spiegare i suoi normali effetti) sia sufficiente a far rientrare l'atto nella previsione della norma di agevolazione, come se una tale dichiarazione escluda l'ultrattivit e l'autonomia della cessione ed impedisca alla prevista rotativit di operare in modo da rompere la connessione esclusiva :fra i due atti. La connessione fra cessione e finanzia 278 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO III CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 agosto 1968, n. 2752 -Pres. Stella Richter -Est. Geri -P. M. De Marco (diff.) -Cassa di risparmio di Genova (avv. Villani) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Varvesi). Imposta di re~istro -Cessione di crediti verso la Pubblica Amministrazione in relazione a finanziamenti concessi da aziende ed enti di credito a favore di ditte commerciali ed industriali -Aliquota ridotta -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti per intrinseca natura le une dalle altre -Deposito bancario collegato a finanziamento garantito da cessioni di credito -Applicabilit dell'imposta a norma dell'art. 9 capov. legge di registro -Esclusione. (r.d., 30 dicembre 1923, n. 2369, tariffa A, art. 4, lett. e, e nota aggiunta, ,, art. 28, lett. e; I. 4 aprile 195\3, n. 251, art. 1 e 2). ~= rn I ~= Allorch nell'atto di finanziamento bancario garantito da cessione f di crediti sia prevista anche ia .creazione di un terzo negozio di deposito destinato a ricevere i proventi deLta cessione eccedenti suita coper rf~ mento non deve essere soltanto dichiarata, ma deve sussistere in concreto in relazione agli effetti, anche meramente potenziali, propri dell'atto !Il considerato nel suo complesso e interpretato con i criteri dell'art. 8. Se 1~:; quindi la cessione non contiene una specifica ed espressa limitazione dei suoi normali effetti (limitazione che tra l'altro, escludendo ogni facolt di storno, ritenzione o coill(pensazione, deve contenere il patto contrario all'art. 1853 c. c.), essa potr sempre essere utilizzata per altre ope I razioni nonostante la dichiarazione di servire a garantire una deter~'-' minata operazione (ma non quella soltanto); non potrebbe infatti seriamente affermarsi che per effetto di una tale dichiarazione la cessione si estingua (in nessun caso per perde efficacia verso il terzo ceduto) r & '~ non appena il finanziamento venga coperto e che la banca, venuta in lh . possesso delle somme riscosse dal terzo debba ineluttabilmente restituire . al cliente tutte le eccedenze. Se esiste fin dall'inizio un'eccedenza dell'importo della cessione su quello del finanziamento, ovvero tale divario ::5 si crea o si accentua perch il finanziamento viene mantenuto dalla banca con i suoi discrezionali poteri entro bassi limiti o viene sospeso o revocato 1 oppure coperto con pagamenti diretti del cliente, deve essere stabilito con espresse clausole quale sorte deve avere questa eccedenza che il I pi delle volte vistosissima. Ritornano perci in questione tutti i rilievi tante volte fatti dalla S. C. I ~:::i riguardo ad atti, che certamente contenevano urta dichiarazione di con f:~ nessione pi o meno priva di effetti vincolanti, ma che nel loro complesso, f.: e almeno in modo potenziale, consentivano una dilatazione della funzione r?: della cessione. Di fronte poi all'espressa facolt di revoca o sospensione del finan!! li ziamento (prevista peraltro dall'art. 1845 c. c. per i rapporti a tempo inde t.ij~ terminato) non accompagnata dall'espressa dichiarazione di perdita di efficacia della cessione, veramente arduo escludere l'ultrattivit della r ~~~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 279 tura del finanziamento, non si verifica rispetto al deposito nessuna connessione necessaria che giustifichi 1l'applicazione del cpv. dell'art. 9 della legge di registro, perch l'obbligo che la legge tributaria impone per fruire dell'agevolazione degli artt. 4 lett. c) e 28 letit. c) della tariffa A costituito soltanto dalia necessit di restituire al correntista le somme riscosse per effetto della cessione che superano il pareggiamento del finanziamento (4). cessione come necessaria conseguenza della sopravvivenza dei normali effetti di essa. Infine quanto alla rotativit del finnaziamento (per la ammissibilit della quale si richiedono, oltre che limitazioni concrete agli effetti normali della cessione, precisazioni adeguate delle modalit di funzionamento dell'operazione di finanziamento), ancor pi evidente che non pu bastare una semplice dichiarazione di propositi ad evitare che essa si trasformi in un comune rapporto bancario privo di ogni qualificazione; in particolare il rinnovo delle cambiali, Tilasciante dopo la sottoscrizione dell'atto, e quindi in esso n trascritte n richiamate, necessariamente si risolve (come mette in luce la sentenza 2750-58) nella copertura, con i proventi della cessione, di crediti generici e non qualificabili portati in cambiali di cui la banca sia in qualunque modo in possesso. Si pu quindi agevolmente concludere che queste affermazioni che sembrano allontanarsi dall'orientamento cpi costante non possono convincere e che nel contrasto, se contrasto vi , meritano maggior credito le altre decisioni che seguono un criterio pi restrittivo e pi aderente alle definizioni generali. Ma in questo contrasto, soltanto apparente, deve intervenire una chiarificazione che, come si visto, deve operarsi in ordine al limite dell'incensurabilit dell'apprezzamento di merito. Numerose volte, giustamente, la S. C. non ha esitato a cassare le sentenze di merito censurandone la motivazione anche sulla rispondenza dell'atto tassato ai presupposti di legge. Non sembra che ci travalichi i limiti del sindacato di legittimit. Dopo avere enunciato dettagliatamente le numerose Umitazioni a cui l'agevolazione subordinata ed aver ribadito i criteri da seguire per l'interpretazfone dell'atto ai fini tributari, non pu certo dirsi immune da vizi logici e da errori giuridici la decisione di merito che dichiara conforme ai presupposti di legge un atto che tale assolutamente non ; pi specificamente non pu non censurarsi una sentenza che dando importanza decisiva ad una isolata mera dichiarazione di propositi, trascura di considerare tutti gli altri effetti che l'atto nel suo complesso produce. Infine non pu non sorprendere il fatto che il medesimo contratto tipo dello stesso istituto di credito sia diversamente valutato ai fini fiscali dalle varie Corti di appello. quindi auspicabile che la S. C. riconsiderando a fondo il problema, senza troppa timidezza verso il giudicato di merito, elimini ogni incertezza e risolva tutte le disparit di giudizio, ritornando a quella ferma e chiara posizione che si era raggiunta nel 1966; la preoccupazione di invadere il merito, che non ha ragione di sussistere, non deve dar causa a contrasti che possono riportare ad un preocupante fermento una materia che ha gi avuto una definitiva elaborazione. C. BAFILE 280 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELL<' STATO 280 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELL<' STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 ottobre 1968, n. 3509 -Pres. Stella Richter -Est. Boselli -P. M. Trotta (conf.) -Campagna (avv. Diambrini) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Agr). Imposte e tasse in genere -Quietanza -Valore probatorio -Limiti. Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Prescrizione -Interruzione -Avviso di accertamento di valore e concordato -Effetti. (r.a. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 140, 141; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, artt. 89, 90). I Imposte e tasse in genere Imposte indirette Prescrizione Consolidazione del criterio di tassazione -Fattispecie. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 136; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 86). La quietanza un atto unilaterale certificativo del fatto materiale di un pagamento e fa prova soltanto dell'avvenuta percezione della somma e non anche della veridicit dell causale enunciata come titolo del pagamento (1). (1-3) Considerazioni sull'interruzione della prescriziane delle imposte indirette. I. La sentenza surriportata, pur decidendo correttamente la controversia specifica, ha rimesso in discussione concetti che avevano avuto una diversi sistemazione in numerosi precedenti gforisprudenziali della S. C. Sembra quindi opportuno tentare una chiarificazione del tema dell'interruzione della prescrizione delle imposte indirette che suscita ancora molte incertezze. Lo stato della questione dibattuta pu riassumersi nei seguenti termini. In merito agli artt. 141 della legge di registro e 90 della legge sulle successioni prevalsa, si legge nella sentenza annotata, l'interpretazione restrittiva che riconosce effetto interruttivo della prescrizione per ambedue le parti solo alla domanda in via amministrativa, mentre per gli altri atti interruttivi (compresa la domanda giudiziale) vale il principio fissato negli artt. 140 e 89 secondo i quali l'interruzione si verifica solo a vantaggio del soggetto nel cui interesse opera l'atto; la decisione che si commenta, per confermare la tesi affermata, ha anche inteso in un modo piuttosto unilaterale il precedente delle Sezioni Unite 18 febbraio 1963, n. 393 (Foro lt., 1963, I, 710). Numerose pronunce della S. C. hanno invece con chiarezza elaborato il principio che sia il ricorso amministrativo, sia il ricorso alle Commissioni, sia la domanda giudiziale interrompono la prescrizione in favore di ambedue le parti non soltanto in relazione all'oggetto specifico controverso ma rispetto a tutta la materia tassabile (18 settembre 1962, n. 2768 in questa Rassegna, 1963, 87; 28 maggio 1966, n. 1396, ivi, 1966, 693, 18 feb PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 281 La notificazione dell'avviso di m.aggior valore e la sottoscrizione del concordato interrompono la prescrizione soltanto a favore della braio 1963, n. 393, cit.; 28 giugno 1963, n. 1769, Riv. leg. fisc. 1963, 2010; le prime due sentenze hanno anche attribuito al principio affermato por tata generale e ne hanno fatto applicazione per l'I.G.E.). Si contesta tut tavia vivacemente che nell'ambito dell'art. 141 che, con riferimento alla legislazione del tempo, fa menzione soltanto della domanda in via ammi nistrativa, possa ricondursi anche l'azione ordinaria, atteso che quest'ul tima nominata nell'art. 140 che si riporta agli effetti normali dell'atto interruttivo. stato anche affermato (Cass. 16 gennaio 1962, n. 67, Riv. leg. fisic., 1962, 1028) che anche il ricorso alle Commissioni, in quanto a carattere giurisdizionale, produce l'interruzione solo a favore del ricor rente, dovendosi intendere limitata la portata dell'art. 141 ai soli ricorsi amministrativi veri e propri (ricorso gerarchico e opposizione); col che l'art. 141 sarebbe ridotto ad un rudere. Quest'ultimo orientamento specialmente restrittivo per quasi universalmente ripudiato. Anche la prevalente dottrina e la meno recente giurisprudenza della Commissione Centrale sono dell'avviso che con la soppressione dell'art. 143 della legge di registro i ricorsi alle Commissioni .abbiano preso il posto dei ricorsi amministrativi nel costrutto dell'art. 141. La S. C. andata oltre, ponendo sullo stesso piano i ricorsi amministrativi veri e propri, i ricorsi alle Commissioni e la domanda giudiziale, considerando che il fondamento della norma sta nella impossibilit per l'Amm.ne di compiere attivit dirette all'attuazione del diritto controverso mentre pendente il procedimento di opposizione alla fondatezza della pretesa tributaria, ragione questa che vale anche, e a maggior ragione, per l'oppo sizione giudiziale. Questa conclusione, che certamente la pi corretta, incontra un osta colo non privo di rilevanza nell'inclusione della domanda giudiziale nel testo dell'art. 140, sul quale si appuntano le tesi contrarie tuttora sostenute. Ancor pi aperto il contrasto sul punto se gli atti tendenti alla determinazione del valore (avviso di accertamento e ricorso contro di esso) siano capaci di interrompere la prescrizione riguardo alle questioni di imponibilit. Infine quanto nelle varie direzioni viene affermato in generale sulla interruzione della prescrizione, spesso non si concilia con le conclusioni raggiunte sul principio della consolidazione del criterio di tassazione. Allo stato delle cose non pu dunque dirsi risolto con chiarezza il problema, di grande rilevanza pratica, della interuoi effetti, con un elemento costitutivo del negozio medesimo. Non qui il caso di affrontare e risolvere il problema se sia possibile ricondurre entro un medesimo schema giuridico sia la condizione di fatto sia la condizione legale o se, piuttosto, non debbano distinguersi nettamente i due fenomeni vuoi sotto il profilo della loro essenza, vuoi sotto quello della loro disciplina giuridica, tanto pi che le divergenze .dottrinali investono la questione stessa dei limiti concettuali della condizione legale e del modo in cui reagisce rispetto al negozio cui si riferisce. Preme per rilevare che secondo l'opinione pi accreditata la condicio iuris non certamente elemento del contratto ma costituisce non soltanto una concausa della efficacia, bens anche un elemento arbitrario ed accidentale rispetto alla categoria in cui rientra il tipo singolo di atto condi - 304 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ora, sebbene nella discussione orale sia stato affacciato qualche dubbio. in proposito, da parte del difensore dell'Amministrazione Finanziaria, la sentenza della cui registrazione si tratta ebbe, per l'appunto, a dichiarare l'inefficacia dell'atto di concentrazione in quanto Antonio Castigliani, che lo pose in essere in nome della societ in nome collettivo, aveva agito sorpassando i limiti dei poteri rappresentativi conferitigli dalla legge e dallo statuto sociale. Ci risulta spiegato nella maniera pi chiara dalla motivazione, sicch l'endiadi, impropriamente adoperata nel dispositivo -che dichiara l'atto di concentrazione nullo e privo di e~etti -non , in realt, un'endiadi. Quell'atto venne ritenuto !Privo di effetti non peroh nullo e, quindi, inefficace per tale ragione, ma inefficace per la diversa ragione, inequivocabilmente puntualizzata nella parte motiva, della carenza dei necessari poteri di rappresentanza in uno dei contraenti e della mancata ratifica da parte della societ in nome collettivo. D'altFo canto le disposfzioni ulteriori della sentenza relative alla condanna dei convenuti a determinati adempimenti e della societ per azioni alla riconsegna dei beni di cui all'atto di concentrazione, non sno ricollegabili ad un trapasso di propriet, trapasso che la sentenza esclude, sibbene al fatto che la detta societ era entrata in P.Ossesso di quei beni senza alcun titolo giustificativo, non essendosene, per lo zionato: un elemento cio che pu venire soppresso dal quadro della fattispecie, senza che con ci risulti compromessa la esistenza e la efficacia del negozio (FALZEA, Ld costituzione e gli elementi dell'atto giuridico, pag. 118, ed. 1941). Pertanto, proprio perch la ratifica, in quanto diretta ad influire non sull'effetto negoziale, e cio sul vincolo irrevocabile che nasce con la conclsione del contratto , ma sull'effetto finale, vale a dire sull'assetto definitivo degli interessi quale si compir in conseguenza del negozio (RESCIGNO, Condizione dir. vig., in Enciclopedia del diritto), si colloca nell'ambito delle condicione.s iuris in quanto l'effetto finale voluto dalle parti consiste nell'attribuzione di un diritto ad un terzo estraneo al negozio. donde la necessit di un atto di adesione del terzo che dichiari di voler profittare o accettare o ratificare (RESCIGNO, op. Zoe. cit.), non pu condividersi la tesi del negozio in itinere eleborata dalla Corte Suprema a meno che non si rin.nci a distinguere tra elementi costitutivi della fattispecie negoziale ed elementi a questa estranei ed aventi la sola funzione di attribuirle efficacia nei confronti di determinati terzi. Tuttavia giocoforza ammettere che, anche ripudiando il principio del negozio in itinere, la collocazione della ratifica nell'ambito della categoria delle condizioni legali conduce, agli effetti dell'imposta di registro, alle medesime conclusioni cui pervenuta la sentenza in esame e prima di essa quella, dianzi citata, del 29 ottobre 1967, n. 2668 (in Riv. leg. fiscale 1968, 280; conf. Comm. cent. 10 marzo 1958, n. 2829, ivi, 1958, 1146). Ci perch l'art. 17 della legge di registro, sancendo esplicitamente che il pagamento della tassa progressiva, proporzionale o graduale per gli atti di. trasferimento vincolati a condizione sospensiva dovuto quando PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 305 appunto, con l'atto di concentrazione, effettuato alcun trapasso. Pertanto, estranea rimanendo al tema della presente controversia, nella quale si discute della legittimit dell'assoggettamento ad imposta proporzionale di retrocessione di una sentenza che ha negato efficacia traslativa ad un atto di concentrazione di aziende, la diversa questione se le cennate pronuncie di condanna siano da registrare con altra imposta che quella fissa (gi pagata) e quella proporzionale (della quale, a titolo d'imposta di retrocessione, l'Ufficio del Registro di Busto Arsizio ha ingiunto il pagamento), l'unico principio che deve essere riaf . fermato nella specie che n la legge comune riconosce, n la legge tributaria fittiziamente attribuisce, efficada traslativa agli atti stipulati dal falsus procurator o da procuratore che esorbiti dai limiti del suo mandato. L'enunciato principio -il quale altro non esprime che la stessa giuridica essenza del negozio rappresentativo stipulato senza i necessari poteri di rappresentanza, come atto in .itinere che attende di essere completato -, difatti, valido anche nell'ambito della legge tributaria, nonostante che questa a volte, e per ben note esigenze, si discosti dalla legge comune. Ma l'equiparazione che essa f. agli atti validi, di una certa categoria di atti nulli (di quegli atti nulli per i quali non . ammette la ripetibilit dell'imposta) non argomento suffidente per estendere l'equiparazione agli atti che, per non essersi ancora formati, la condizione si verifica e precisando che tra gli atti sottoposti a condizione sospensiva sono compresi anche quelli soggetti ad approvazione, che non pu confondersi con l'approvazione amministrativa prevista dal successivo art. 81 (!AMMARINO, Commento alla legge. sulle imposte di registro, par. 64), ma che indica ogni atto con cui un terzo conferisce efficacia al contratto concluso tra le parti, dimostra chiaramente di distinguere tra atti nulli soggetti ad imposta irripetibile (art. 11 della legge di registro), in relazione ai quali la dichiarazione di nullit da luogo al feno .meno della retrocessio:qe tassabile, ed atti inefficaci soggetti a tassa fissa a norma dell'art..79 tariffa all. A rispetto ai quali, non essendo configurabile un trasferimento, non nemmeno concepibile la retrocessione. Sembra, pertanto, inevitabile che la sentenza con cui si dichiari l'inefficacia del negozio concluso dal falsus procurator e non ratificato, non importando un ritrasferimento di beni, debba necessariamente essere soggetta alla sola tassa fissa prevista dall'art. 114, lett. a della tariffa all. A. invece del tutto estranea al problema trattato la disposizione dell'art. 32 della legge di registro, citata anch'essa dalla sentenza annotata a sostegno della decisione adottata, perch la tassazione provvisoria ivi prevista non in funzione dell'efficacia sospesa del contratto, ma dell'impossibilit di determinare, all'atto della registrazione, la base imponibile nella sua interezza. Atteso, quindi, il diverso ambito di operativit della norma contenuta nell'art. 32 chiaro che essa non pu essere invocata per dimostrare l'inesistenza della discussa retrocessione. R. SEMBIANTE RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 306 rimangono fuori della dicotomia basafa sul criterio della validit giuridica. Al contrario, che l'obbligo tributario non gravi sugli atti ancora incompleti nella loro stessa essenziale struttura negoziale, , reso evidente da quelle norme della legge organica di registro per le quali persino fa semplice mancanza di un requisito di eseguibilit (condizione sospensiva, approvazione) o la semplice mancanza di determinatezza o di liquidit del corrispettivo del contratto, comportano il rinvio della tassazione sino al momento in cui il requisito di eseguibilit venga all'esistenza (art. 17) o la riscossione dell'imposta in via provvisoria, in attesa che il detto corrispettivo sia determinato o liquidato (articolo 32). -(Omissis). , CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 marzo 1969, n. 781 -Pres. Rossano -Est. Geri -P. M. Trotta (conf.) -De Santis (avv. Ingaramo) c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato Soprano). Imposte e tasse in ~enere -Accertamento -Intestazione a persona defunta -Nullit. f E' nuHo l'accertamento tributario intestato a persona defunta, anche se notificato all'e1ede che ne abbia dedottJa la nullit, (1). (Omissis). -Nel terzo mezzo del ricorso si sostiene la nullit della notifica eseguita a Teresa Goduti quale cognata del De Santis Vincenzo ed altri , in quanto incerta la persona del destinatario, postoch il De Santis Vincenzo era morto gi da tempo (precisamente il 30 giugno 1959 secondo le non contraddette affermazioni dei ricorrenti). (1) L'affermazione della nullit dell'accertamento intestato a persona defunta sembra troppo assoluta. Bisogna innanzi tutto tener conto della norma dell'art. 16 del t. u. 29 gennaio 1958 n. 645 e, per le imposte reali, dell'art. 51. Non spetta solo all'Amministrazione aggiornarsi sullo status personale dei contribuenti, ma anche a questi di collaborare per mettere gli uffici nella condizione di conoscere, cosa non sempre agevole, le modificazioni soggettive del rapporto. In difetto delle dichiarazioni a cui sono tenuti i contribuenti, non si pu con troppa franchezza proclamare la nullit degli atti dell'Amministarzione. questo un grosso problema, che non pu essere affrontato in questa sede, su cui molto occorrerebbe meditare. La accennata correlazione tra onere del contribuente e obbligo dell'Amministrazione appare rilevante anche sotto un altro profilo. La decisione in rassegna ha dichiarato la nullit dell'accertamento senza preoccuparsi di verificare, nell'ambito del procedimento, il legame che esso PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 307 Tale nullit non poteva considerarsi sanata, poich i ricorrenti stessi avevano avuto conoscenza dell'accertamento soltanto in seguito alla notifica delle cartelle esattoriali, eseguita mediante affissione, nell'albo comunale. Questa censura, dato il suo carattere preliminare, deve essere esaminata per prima, poich se fondata, sarebbe suscettibile di assorbire tutte le altre, ivi compresa quella fondamentale relativa ai nuovi orientamenti contro la sussistenza di una solidariet tributaria di natl: lra processuale. Essa pienamente fondata. Un antico orientamento giurisprudenziale ha costantemente affermato l'invalidit dell'accertamento tributario intestato a persona defunta, per mancanza del soggetto destinatario della imposizione. Uguale vizio inficia l'avviso di siffatto accertamento anche se pervenuto all'erede, che ne abbia dedotta la nullit. Non ha rilevanza, nella fattispecie, stabilire se si tratta di una nullit assoluta 'o relativa, sanabile o insanabile, che debba essere eccepita o possa essere rilevata d'ufficio, perch il vizio stato costantemente opposto dai contribuenti, ai quali peraltro non pervenne alcun avviso di accertamento o di rettifica. Inesattamente l'Amministrazione finanziaria sostiene che la no tifica venne eseguita alla Goduti Teresa, nella sua qualit di moglie convivente del dichiarante De Santis Oreste, perch in realt l'atto, che porta la data del 13 dicembre 1963 fu notificato alla cognata del De S'antis Vincenzo ed altri senza altra indicazione oltre la sotto scrizione della Teresa Goduti. Essendo il De Santis Vincenzo, in detta epoca, morto gi da tempo, la generica qualit di cognata attribuita alla consegnataria dell'atto doveva avere con l'atto del contribuente (denuncia annuale dei redditi). Nel caso di specie un solo contribuente aveva denunciato ai fini del l'imposta, sui fabbricati un immobile di propriet di parecchie persone; l'accertamento stato dichiarato nullo perch non regolarmente notifi cato agli eredi di alcuni dei comproprietari non denunzianti. Sembra evi dente che coloro che non hanno presentato la denuncia non possono pre tendere tanta diligenza dell'Ufficio in sede di accertamento; denuncia ed accertamento sono due atti dello stesso procedimento che ha i medesimi soggetti, sicch o si ritiene valido l'accertamento notificato al solo denun ziante, ovvero deve ammettersi che assieme all'accertamento sia inficiata di nullit anche la denuncia. E qui si innesta un altro problema sul quale ancora molto occorre riflettere: quello della solidariet che, comunque la si voglia intendere, non potr sussistere se a vantaggio e non sussistere se a danno del contribuente. Nel caso discusso affiorava un'ulteriore questione esattamente messa a punto della Commissione centrale e disattesa dalla S. C. Per le ditte - 308 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO non valeva certo ad individuare alcuno dei contribuenti destinatari dell'accertamento, per assoluto difetto della indicazione di costoro oltre il nome del defunto. Venne cfunque a crearsi una situazione di incertezza sulla individuazione della persona o delle persone, alle quali doveva essere notificato l'avviso e questo basta per determinarne la nullit. Tanto. ci vero che l'instaurazione della presente controversia ebbe inizio in base alla notifica delle cartelle esattoriali, ad avvenuta iscrizione a ruolo, confermando cosi da un Iato, l'inidoneit dell'atto a raggiungere il suo scopo e quindi la sua nullit e dall'altro, la carenza di. ogni sanatoria. Quest'ultima infatti ha quale necessario suo presuppossto, il rag giungimento dello scopo cui l'atto destinato. Non pu per considerarsi raggiunto detto scopo da parte di un atto di accertamento tributario il quale, non essendo mai pervenuto al destinatario, ha lasciata tuttora aperta la fase dell'accertamento medesimo, rendendo cosi invalida ed illegittima la 'successiva iscri zione a ruolo. Pertanto, quand'~nche si dovesse considerare ancor valida -con tro il generale presente orientamento -la configurazione di una soli dariet tributaria di carattere processuale, la rilevata nullit sarebbe pur sempre, da sola, idonea a travolgere l'eseguito accertamento e la conseguente iscrizione. Essendo quest'ultima rimasta ferma, per effetto della denunziata decisione, devesi procedere alla cassazione della decisione medesima con rinvio alla stessa Commissione Centrale, affinch uniformandosi ai principi sopra illustrati provveda ad eliminare l'illegittima iscri zione predetta. Ogni altro motivo , come si premesso, assorbito. -(Omissis). collettive non tassabili in base a bilancio, quale la cpmpropriet di fabbricati, esiste una capacit giuridica di diritto tributario (art. 8 I comma e 11 del t. u.) in forza della quale e in modo unitario ed autonomo il procedimento si svolge nei confronti della ditta collettiva ( essa soggetto passivo dell'imposta e non i singoli comproprietari) attraverso le persone fisiche che ne hanno l'amministrazione di fatto (che hanno cio presentato la denuncia per la ditta); la ditta collettiva ha un suo domicilio fiscale, che pu essere diverso da quello dei contitolari, ed una sua unitaria soggettivit che d luogo (o almeno pu dar luogo) ad una sola I denuncia e conseguentemente ad un solo accertamento. Esiste quindi una rappresentanza della ditta collettiva che si manifesta attraverso la I ! i persona che presenta la denuncia. Non si pone quindi il problema generale 1 della solidariet fra condebitori di imposta, ma l'altro ben diverso della r. rappresentanza di quei particolari soggetti passivi del rapporto tributario che .non .sono n persone fisiche n persone giuridiche. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 309 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 marzo 1969, n. 782 -Pres. Pece -Est. Pascasio -P. M. Raja (conf.) -Mip.istero delle Finanze (Avv. Stato Castiglione Morelli) c. S.p.A. NavaImeccanica (avvocato Turco). Imposta di registro -Supplemento -Giudicato formatosi su precedente supplemento -Preclusione. n giudica1Jo formatosi su di una prima pretesa di supplemento, in quanto copre il dedotto e il deducibile, preclude la possibilit di. elevare ulteriori supplemooti sullo stesso atto (1). (Omissis). __.:. Con l'unico motivo si sostiene che eNoneamente sia stato negato l'effetto interruttivo della prima ingiunzione 13 febbrio 1957 sul presupposto che la differente qualifica data all'atto sottoposto a registrazione desse luogo ad una pretesa fiscale diversa da quella iniziale, mentre si trattava della stessa pretesa derivante dall'unico diritto dell'Amministrazione alla percezione della imposta. Erroneamente inoltre sarebbe stata negata la efficacia interruttiva del ricorso proposto dalla Societ contribuente alla Commissione provinciale. (1) L'affermazione contenuta nella sentenza non pu essere condivisa. Il giudicato intervento sul primo supplemento sarebbe di ostacolo ad ogni altra pretesa di imposta inerente allo stesso atto; e data l'assolutezza dell'affermazione, sussisterebbe la preclusione anche se il nuovo supplemento riguardasse altra convenzione COI\tenuta nello stesso atto plurimo che potrebbe avere un soggetto diverso da quella in confronto della quale si formato il giudicato. invece evidente che il giudicato, secondo i concetti generali, spiega efficacia sul rapporto dedotto in giudizio e non su altri; il dedotto e il deducibile vanno intesi in relazione a tutte le possibili ragioni influenti sull'oggetto del supplemento controverso ma non in relazione a supplementi diversi, anche se connessi, per l'oggetto e per il titolo. Con il supplemento tributario si esercita non gi ogni possibile pretesa nascente dall'atto registrato, ma una specifica pretesa concretantesi nel pagamento di una certa somma e per una determinata ragione; nulla esclude che i supplementi siano molteplici e tutti diversi tra loro. Nel caso di specie un contratto originariamente registrato come locazione aveva dato luogo ad un primo supplemento per la somma di L. 3.032.560 fondato sull'esistenza di un contratto di appalto e ad un secon.do supplemento per la somma di L. 16.462.810 che si basava sulla costituzione di un diritto reale. Evidentemente il giudicato intervenuto sul primo supplemento non preclude all'Amministrazione di pretendere il secondo. Gli effetti del giudicato possono estendersi soltanto all'oggetto ed al titolo del primo sup 310 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Le censure sono resistite dall'accertamento compiuto dalla Corte d'ppello circa il giudicato formatosi a seguito della precedente sentenza 30 settembre 1961 della stessa Corte, che, definendo il ,giudizio di opposizione .Proposto avverso l'ingiunzione 13 febbraio 1957, incontrastabilmente accert quale fosse il diritto dell'Amministrazione alla percezion~ dell'imposta relativa all'atto di concessione registrato il 27 marzo 1956 identificando ad un tempo i presupposti, il contenuto ed i limiti del diritto medesimo. La sentenza impugnata, con apprezzamento che, concernendo la formazione di un giudicato esterno ed essendo congruamente e logicamente motivato, si sottrae alla possibilit di censura in questa sede, ha ritenuto che la questione allora decisa rimase circoscritta nei precisi limiti della pretesa azionata dalla Finanza con la predetta ingiunzione, a fondamento della quale stava la diversa qualificazione di appalto data all'atto di concessione dapprima assoggettato ad imposta come semplice locazione. Col rigetto di una simile pretesa e per l'effetto proprio del' giudicato che copre sia il dedotto sia il deducibile, rest precluso -in relazione al diritto all'imposta dedotto in giudizio -l'esperimento di ogni altra richiesta che gi in quella sede I'Amministrazione te1~t di proporre in quanto (come nota l'impugnata sentenza) domand per la prima volta nella comparsa conclusionale che ,l'atto registrato fosse plemento, cio ad ogni possibile pretesa di imposta di L. 3.032.560 fondata su un contratto di appalto o altro simile rapporto personale. noto che l'obbligazione tributaria nasce dalla legge, e non dall'atto dell'ufficio che ha liquidato l'imposta, e deve ottenere la sua attuazione in conformit al paradigma legale con l'eliminazione degli errori che possono aver creato un divario tra l'obbligazione, quale ex lege, e la pretesa in oncreto vantata dall'Ufficio (Cass. 21 ottobre 1967, n. 2565 in questa Rassegna, 1967, 1057). Su questo presupposto il giudicato non pu essere inteso nel senso che con la prima pretesa di supplemento si consumi definitivamente relativamente a quell'atto il potere dell'Amm.ne di correggere gli errori commessi nella liquidazione dell'imposta principale. Altro problema quello, discusso avanti ai giudici di merito, della prescrizione del diritto al supplemento. L'effetto interruttivo determinato dal primo supplemento (ingiunzione opposta), che consente di rimettere in discussione tutta la materia tas sabile (artt. 140 e 141 legge di registro), rimane in vita finch dura il giu dizio e cessa quando interviene il giudicato. Sotto ,questo riguardo il giu dicato sul primo supplemento, non preclusivo per l'effetto suo proprio, pu far venir meno il potere di elevare un secondo supplemento iperch con esso cessato l'effetto interruttivo e pu quindi nuovamente maturarsi la prescrizione. Ma se il potere dell'Amministrazione non prescritto, il giudicato non pu spiegare alcuna efficacia preclusiva che non sia quella sua propria circoscritta all'oggetto ed al titolo dedotti in giudizio. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 311 qualificato come costitutivo di diritti reali. La domanda fu allora considerata non soltanto inammissibile in rito perch tardivamente proposta ma fu anche ritenuta improponibile affermandosi essere inibito al giudice ordinario, investito di un controllo di mera legittimit della pretesa tributaria nell'ambito del rapporto costituito in base ad uno specifico titolo, di variare quest'ultimo attribuendo all'atto una qualifica diversa da quella attribuitagli al momento della instaurazione del rapporto di imposizione. < Sicch la pretesa di un supplemento di imposta -sia essa da considerare la stessa come sostiene I'Amministrazione ricorrente, sia essa da considerare diversa come ha ritenuto la sentenza impugnata trova insormontabile ostacolo nella formazione del giudicato che ha negato il diritto dell'Amministrazione alla percezione del supplemento in quanto questa in ogni caso si fonda sulla questione relativa alla qualificazione dell'atto come costitutivo di diritti reali, questione preclusa dal giudicato che definitivamente ha liberato la societ dalla pretesa di supplemento per l'atto di concessione sottoposto a registrazione. Pertanto, l'azione della finanza, che si era esaurita con la definizione del giudizio seguito alla ingiunzione 13 febbraio 1957, nell'ambito del quale l'interruzione della prescrizione dalla ingiunzione operata ed anche l'altra interruzione che si pretende fosse derivata dal ricorso in data 8 marzo 1957 presentato dalla Navalmeccanica alla Commissione provinciale, avevano del pari esauriti i loro effetti, non poteva essere riproposta, a titolo diverso, con l'ingiunzione 9 giugno 1962 che ha dato luogo al giudizio presente, quando gi la sentenza 30 ottobre 1961 aveva, passando in cosa giudicata, reso incontrovertibile il rapporto tributario sorto daHa registrazione dell'atto in discussione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 marzo 1969, n. 825 -Pres. Stella Richter -Est. Leone -P. M. De Marco (conf.) -Gioggi (avv. Manfredonia) c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato Savarese). Imposte e tasse in ~enere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Imposte indirette sui trasferimenti -Controversie di valutazione Ro~ atoria alla commissione distrettuale nel cui territorio si trovano i beni da valutare -Necessit di ulteriore ro~atoria da parte della commissione provinciale adita in sede di appello -Esclusione. (r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 31). Imposte e tasse in ~enere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Imposte indirette su trasferimenti -Controversie di valutazione ! 1 l -l 312 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Decisioni della commissione provinciale -Omissione di motivazione -Ricorso immediato in Cassazione, ai sensi dell'art. 111 della Costituzione -Ammissibilit. (Cost. art. 111; r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 42). Quale mezzo istruttorio, la valutazione in sede di rogato1Tia della Commissione, distrettruale nel cui territorio si trovano gli alt'Ti beni, dovr essere rinnovata, anche in appello, solo in caso di nunit formale della valutazione medesima, che implichi mancanza del mezzo istruttorio richiesto obbligato'Tiamente dalla legge. Fuori di questo caso la valutazione della Commissione in sede di rogato1Tia ha contenuto ed efficacia di elemento pro,batolfio che deve essere tenuto p'Tesente neUa decisione della commissione competente a p1Tovvedere sul reclamo ed asso1Tbita in questa, a tutti gli effetJti, anche per quanto attiene ai mezzi di impugnazione (1). (1) La Cassazione ha affrontato per la prima volta, a quanto consta, la questione della natura giuridica dalla pronuncia emessa, in sede di rogatoria, dalla Commissione distrettuale nel cui territorio si trovino alcuni dei beni oggetto della controversia di valutazione e l'ha risolta, accogliendo le tesi dell'Avvocatura, con perfetta aderenza al dettato legislativo. Detta rogatoria non che un mezzo istruttorio, imperativamente richiamato dalla legge (art. 31 r. d. l. 7 agosto 1936 n. 1639), equiparabile alla perizia (conf. BERLLRI, Il processo tributario amministrativo, vol. II, pag. 170). La stessa norma, dichiarando espressamente che la valutazione effettuata per rogatoria non soggetta a gravame, esclude che la pronuncia della commissione rogata abbia natura giurisdizionale ed implicitamente ammette che essa venga considerata dall'organo rogante come dato istruttorio soggetto a libera valutazione al pari di qualsiasi altro mezzo di prova. Da ci discende che, laddove la rogatoria sia stata legittimamente reclinata e regolarmente espletata, essa viene acquisita al processo tributario in via definitiva e deve essere tenuta presente dall'organo giudicante, come qualsiasi altro elemento dell'istruttoria, sia in primo grado che in grado di appello. Le censure rivolte contro la decisione della Commissione distrettuale non importano, quindi, l'obbligo della Commissione di appello di rinnovare il mezzo istruttorio legittimamente acquisito, ma semplicemente di riesaminare la pronuncia dei primi giudizi in relazione all'intero materiale probatorio raccolto in prime cure e, pertanto, anche ad essa rogatoria. Questo evidentemente il senso della sentenza annotata laddove afferma che la rogatoria assorbita nella decisione della commissione competente a provvedere sul reclamo, anche per quanto attiene ai mezzi di impugnazione. In altre parole, non avendo natura giurisdizionale autonoma, la pronuncia emessa in sede di rogatoria non pu formare oggetto di impugnazione autonoma, onde l'esclusione della necessit che essa venga rinnovata dalla commissione di appello il cui compito, in merito, si esaurisce nella valutazione della fondatezza dei vizi denunciati dalle parti con~ro I -I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 313 L'inosservanza dell'obbligo della motivazione della decisione, che discende dai principi generati del processo e dall'art. 111, comma primo, della Costituzione ed ribadito specificamente in tema di decisioni delle Commissioni tributarie dall'art. 42 r.d. 8 luglio' 1937, numero 1516, concreta violazione di legge, ai fini dell'ammissibilitd del ricorso per cassazione ex art. 111, secondo comma, della Costituziione (2). (Omissis). -Col primo motivo i ricorrenti deducono che la legge n. 1639 del 1936 nel prescrivere che, nelle controversie di determinazione di .valore dei trasferimenti, la competenza delle Commissioni distrettuali determinata dalla sede dell'ufficio che ha proceduto allo accertamento e nel soggiungere che, allorquando nell'accertamento siano compresi beni situati in altre province, il Presidente della Commissione adita deve rinviare rogatoria di revisione e di determinazione del valore al Presidente della Commissione distrettuale nel cui territorio si trovano gli altri beni, ha posto una regola di competenza territoriale inderogabile, valevole anche per le.Commissioni provinciali di appello, sicch nella specie si doveva rinnovare la rogatoria alla Commissione distrettuale di Roma, stabilendo all'occorrenza i criteri di stima ed i nuovi elementi ai quali la Commissione Provincia'.le avrebbe dovuto attenersi nella nuova valutazione richiesta con la rogatoria. La tesi non trova fondamento nella legge, la quale espressamente spiega che la valutazione fatta, in esecuzione della rogatoria, dalla Commissione distrettuale non soggetta a gravame ed _ha efficacia di mezzo istruttorio per la Commissione competente alla quale spetta di decidere sul complessivo accertamento . L'oggetto della rogatoria, dunque, un semplice giudizio tecnico, relativo alla valutazione dei beni secondo la consistenza che la Commissione del luogo in cui essi sono posti pu direttamente constatare la decisione impugnata anche per quanto attiene a quella parte di e quindi non 'le competesse la esenzione dall'imposta sulle societ. d'intuitiva evidenza, infatti, che avendo la legge riservata la. esenzione alle cooperative di consumo (art. 3 I. 31 agosto 1954, n. 603) la qualificazione di una cooperativa come appartenente o non appartenente a detta categoria non pu essere che giuridica, ossia dipendere non solo e non tanto dalla denominazione sociale e dal con- testo dell'atto costitutivo e dello statuto, quanto e principalmente dall'attivit concreta ed effettiva svolta dalla Cooperativa. E deve, invece, escludersi che la iscrizione di una Cooperativa nell'apposito Registro della Prefettura valga a qualificarla come di consumo, agli effetti della norma in parola, anche quando (caso di specie) l'attivit svolta di fatto porti indubbiamente a negarle tale qualifica. Ci detto, osserva inoltre il Collegio che non pu sindacarsi in questa sede la valutazione di merito con cui le Commissioni tributarie prima e la Commissione Centrale dopo hanno ritenuto che la Coope PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 315 a fitto bloccato valori di lire 64 milioni, 43 milioni e 50 tdicazioni dei contribuenti la Commissione ha dedotto la che le quote dovessero essere non eguali. Dopo di che, importi valutati-dell'ufficio tecnico erariale di Roma, one, senza alcun'altra argomentazione, ha" stabilito il vanmobili in lire 157 milioni e quello delle quote in lire ~3 milioni, 50 milioni di lire. 'satto che in materia di valutazione ai fini delle imposte tenti della ricchezza la legge richiede una sommaria molla quale risultino ,gli elementi di fatto tenuti a calcolo 1inazione dei valori imponibili, ma proprio perci la .moativa ad una determinazione di valori non tale se non individuare i dati in base ai quali si proceduto al cal> ri da considerare. ,ecie la Com~issione provinciale non solo non ha risposto dse deduzioni dei contribuentf in ordine alle valutazioni .s' riferita puramente e semplicemente alla determina1re fatta dall'Ufficio tecnico erariale senza considerare che one era stata disattesa sia dalla Commissione distrettuale estita con rogatoria, sia dalla Commissione Distrettuale di sede di decisione sui reclami dei contdbuenti e bisognava 1anto meno alle ragioni che consigliavano di modificare ospettato dall'Ufficio tale giudizio della Commissione di impugnata non solo dall'Ufficio, ma anche dai con- e in linea generale il giudice pu riferirsi aHe risultanze nza tecnica senza bisogno di apposita motivazione quando ndividere le determinazioni del tecnico, deve considerarsi tem:iico erariale non ha, nell'ambito dell'organizzazione izione di indipendenza che ne garantisca l'imparzialit, !essaria perch si abbia la figura del consulente tecnico re del giudice e perci non pu la. sua attivit di valuta- considerata quale consulenza tecnica rituale; deve agmunque, che anche nel rito ordinario il principio ,giuririchiamato innanzi non trova applicazione nei processi one, quando siano contestati i criteri adottati dal consuropri dal giudice di primo grado. In tal caso il giudice :ione non pu esimersi dal verificare l'esattezza e la le- criteri adottati nella decisione impugnata e, mediatateri applicati nelle sue indagini dal consulente tecnico. ~cie invano si cercherebbe di capire perch, nella deciata, la Commissione provinciale abbia attribuito alla va.' U.T.E. quella rispondenza a realt che era stata esclusa 1tituzionale te si tratta (guardevolit parte dei ~lore reale !operazione ~ problemaJ pone una kna) a non i in cui si Ja. hibile come h di servizi Ivo in senso b,uesta Rasi. che i benib e che la 1: ragione di Iituisce cor~ ntrata imyo del costo ione non ha be non puim costo ed ~ cedibile o (. tzzazione di ~ltativo) di fumenti con i il soggetto )nprenditore ~t pu aspeculazione; I il soggetto jper il comi addirittura rma di rim~ o di distriha tale atti~ i del genere :: col gestoreia (il richie ;_ una certa hstandoli da lro, lo stesso (lumenti pre\ arrotondato ha autonoma bonegament.o jpale; che il k:ione (art. 1 $una diversa l'ente orga PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 315 immobili se a fitto bloccato valori di lire 64 milioni, 43 milioni e 50 milioni. Dalle indicazioni dei contribuenti la Commissione ha dedotto la convinzione che le quote dovessero essere non eguali. Dopo di che, applicati gli importi valutati dell'ufficio tecnico erariale di Roma, la Commissione, senza alcun'altra argomentazione, ha stabilito il valore degli immobili in lire 157 milioni e quello delle quote in lire 63 milioni, 43 milioni, 50 milioni di lire. Ora esatto che in materia di valutazione ai fini delle imposte sui trasferimenti della ricchezza la legge richiede una sommaria motivazione dalla quale risultino ,gli elementi di fatto tenuti a calcolo nella determinazione dei valori imponibili, ma proprio perci la motivazione relativa ad una determinazione di valori non tale se non consente di individuare i dati in base ai quali si proceduto al calcolo dei valori da considerare. Nella specie la Com~issione provinciale non solo non ha risposto affatto a precise deduzioni dei contribuenti' in ordine aHe valutazioni da farsi, ma .s' riferita puramente e semplicemente alla determinazione di valore fatta dall'Ufficio tecnico erariale senza considerare che tale valutazione era stata disattesa sia dalla Commissione distrettuale di Roma investita con rogatoria, sia dalla Commissione Distrettuale di L'Aquila in sede di decisione sui reclami dei contribuenti e bisognava accennare quanto meno alle ragioni che consigliavano di modificare nel senso prospettato dall'Ufficio tale giudizio della Commissione di primo grado, impugnata non solo dall'Ufficio, ma anche dai contribuenti. Invero se in linea generale il giudice pu riferirsi aHe risultanze della consulenza tecnica senza bisogno di apposita motivazione quando ritenga di Condividere le determinazioni del tecnico, deve considerarsi che l'Ufficio tecnico erariale non ha, nell'ambito dell'organizzazione statuale, posizione di indipendenza che ne garantisca l'imparzialit, posizione necessaria perch si abbia la figura del consulente tecnico quale ausiliare del giudice e perci non pu la. sua attivit di valuta zione essere considerata quale consulenza tecnica rituale; deve ag giungersi, comunque, che anche nel rito ordinario il principio .giuri sprudenziale richiamato innanzi non trova applicazione nei processi di impugnazione, quando siano contestati i criteri adottati dal consu lente, fatti propri dal giudice di primo grado. In tal caso il giudice dell'impugnazione non pu esimersi dal verificare l'esattezza e la le gittimit dei criteri adottati nella decisione impugnata e, mediata mente, dei criteri applicati nelle sue indagini dal consulente tecnico. Nella specie invano si cercherebbe di capire perch, nella deci sione impugnata, la Commissione provinciale abbia attribuito alla va lutazione dell'U.T.E. quella rispondenza a realt che era stata esclusa 316 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dalla Commissione distrettuale e che ancora veniva contestata dai contribuenti. Ricorre dunque il vizio di violazione di legge per omessa motiva zione della determinazione di valore adottata: per il che la decisione impugnata dev'essere cassata, con rinvio della causa per il riesame alla medesima Commissione Provinciale. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 marzo 1969, n. 827 -Pres. Pece -Est. D'Armiento -P. M. Toro (conf.) -Coop. Industrie Alimentari Modenesi (avv. Gaeta) c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato Foligno). Imposte e tasse in genere -Accertamento -Req.isiti -Fattispecie Nullit -Insussistenza. (1. 5 gennaio 1956, n. 1, art. 1). Impo$ta sulle societ -Agevolazioni -Cooperative di consumo -Accertamento dei presupposti -Rilevanza esclusiva dell'attivit svolta. (1. 1 giugno 1954, n. 603, art. 31, n. 1). L'avviso di accertamento deve contenere elementi sufficienti per porre il contribuente nella condizione di conoscere, fin dal primo atto, in che cosa si sostanzi la pretesa deU'Amministrazione in tutti i suoi elementi essenziali ~ di poter opporre le proprie ragioni per una effi cace contestazione sull'an e sul quantum. Non quindi richiesta nella motivazione dell'avviso di accertamento la specificazione delle ragioni per le quali non s.i ritiene di concedere una agevolazione, essendo la esclusione del beneficio contenuta impticitamente nella pretesa tribu taria che si fa valere (1). Agli effetti dell'agevolazione deU'art. 31, n. 1 della legge 1 giu gno 1954, n._ 603, per stabilire se una cooperativa sia b no esclusiva mente di consumo, non ha rilevanza la costituzione formale dell'ente e la sua. iscrizione nel relativo registro tenuto dalla PrefeUura, ma invece influente l'effettiva attivit svolta (2). (Omissis). -Si denunzia con il primo mezzo la violazione del. l'art. 1 legge 15 gennaio 1956, n. 1, sostenendosi che erroneamente la decisione impugnata non ha ritenuto e dichiarato nullo per difetto (1-2) Massime cli evidente esattezza da condividere pienamente. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 317 di motivazione .l'avviso di accertamento, notificato ad essa Cooperativa. Detto avviso -si argomenta -non poteva sfuggire alla eccepita nullit, in quanto non conteneva alcuna spiegazione sul punto essenziale, e cio su quello concernente la esenzione dal tributo, peraltro, richiesta ed-arbitrariamente non concessa. Si aggiunge, inoltre, dalla ricorrente Cooperativa che l'obbligo delle motivazioni, per gli avvisi di accertamento, non limitato alla sola giustificazione del quantum dell'imposta -come sembra abbia ritenuto la Commissione Centrale nell'impugnata decisione -ma deve riguardare, anzitutto, se l'imposta stessa sia o non sia dovuta. Ritiene il Collegio che la censura non abbia consistenza, proprio per le ragioni indicate nelle decisioni della Commissione provinciale e della Commissione Centrale, le quali hanno posto bene: in luce che l'avviso di accertamento de quo, precisando la natura dell'imposta richiesta e l'imponibile, ai fini della liquidazione del quantum, poneva il contribuente nelle condizioni di contestare, cos come ha fatto, la pretesa fiscale con perfetta cognizione di causa. Ora, ci soddisfa in pieno il precetto di legge (art. 1 legge 5 ottobre 1956, n. 1) che mira appunto a tutelare l'interesse del contribuente poter conoscere, fin dal primo atto, in che cosa si sostanzi la pretesa fatta valere dall'Amministrazione finanziaria, cos da poter subito opporre le proprie ragioni a difesa, per una contestazione totale o parz~ale. Fuori di questo limite e oltre la salvaguardia di tale esigenza, l'obbligo di motivazione dell'avviso di accertamento non si comprende, e un maggiore rigore formale si risolve in un vuoto formaUsmo a danno della sostanza. Ci premesso, deve riconoscersi che il giudizio delle Commissioni di merito sull'idoneit dell'avviso di accertamento de quo a soddisfare il precetto di legge, risulta corretto; stato ben rilevato, infatti, che per quanto riguarda il patrimonio imponibile, la somma accertata corrisponde esattamente a quella dichiarata; per quanto riguarda poi, il reddito imponibile, esso calcolato sulla base del reddito netto di ricchezza mobile cat. B (e su tale reddito la Cooperativa non ha sollevato alcuna specifica contestazione). Osserva da ultimo il Collegio che nessun pregio pu attribuirsi alla tesi, sostenuta daUa ricorrente societ cooperativa, secondo cui la nullit dell'avviso di accertamento deriverebbe dalla mancata precisazione, in esso, delle ragioni per le quali l'Amministrazione finanziaria non aveva ritenuto di consentire l'esenzione della Cooperativa dalla imposta, siccome Cooperativa di consumo a carattere non industriale. E' sufficiente considerare, invero, che la esclusione del beneficio fiscale risulta in re ipsa ossia dalla stessa pretesa che si fa valere con l'avviso di accertamento, e che ogni altra precisazione appariva su 11 318 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO perflua in qulla sede dato che -come gi detto -il contribuente deve essere posto in condizioni solo di conoscere la pretesa fiscale in tutti i suoi elementi essenziali, ai fini di una efficace contestazione sull'an e sul quantum. Si denunzia col secondo motivo la violazione dell'art, 31, n. 1 1. 6 agosto 1954, n.603; 2511 -2539 cod. civ., 23 -13 -22 d.1. 14 dicembre 1947, n. 1577; sostenendo che trovandosi la societ cooperativa ricorrente (CIAM) nel possesso di tutti i requisiti, richiesti dalla legge per essere considerata cooperativa di consumo, e, trovandosi, altres, quale cooperativa di consumo iscritta negli appositi registri della Prefettura, l'Amministrazione finanziaria non poteva negarle detta qualifica, atteso il valore costitutivo della particolare iscrizione e l'efficacia della stessa erga omnes~ Comunque -cosi prosegue l'argomentazione della ricorrente ammesso e non concesso che l'Amministrazione finanziaria potesse riesaminare la natura dell'attivit svolta dalla Cooperativa, anche in tale caso l'impugnata decisione risulterebbe viziata, non essendo affatto incompatibile -come erroneamente ritenuto -con la natura di cooperativa di consumo il fatto che di essa facevano parte come socie altre cooperative di consumo. Ma il mezzo ora riassunto non contiene, ad avviso di questo Col legio, censure che siano giustificate. Ed invero, correttamente la Commissione Centrale ha ritenuto che la circostanza che la Cooperativa OIAM fosse iscritta fra le Cooperative di consumo nel registro della Prfettura, non poteva im pedire agli Uffici tributari e conseguentemente alle Commissioni delle imposte, di accertare che di fatto la Cooperativa svolgesse attivit di diversa natura, da quella che avrebbe dovuto svolgere quale coope rativa di consumo e quindi non 'le competesse la esenzione dall'im posta sulle societ. d'intuitiva evidenza, infatti, che avendo la legge riservata la esenzione alle cooperative di consumo (art. 3 1. 31 agosto 1954, n. 603) la qualificazione di una cooperativa come appartenente o non appartenente a detta categoria non pu essere che giuridica, ossia dipendere non solo e non tanto dalla denominazione sociale e dal con- testo dell'atto costitutivo e dello statuto, quanto e principalmente dall'attivit concreta ed effettiva svolta dalla Cooperativa. E deve, invece, escludersi che la iscrizione di una Cooperativa nell'apposito Registro della Prefettura valga a qualificarla come di consumo, agli effetti della norma in parola, anche quando (caso di specie) l'attivit svolta di fatto porti indubbiamente a negarle tale qualifica. Ci detto, osserva inoltre il Collegio che non pu sindacarsi in questa sede la valutazione di merito con cui le Commissioni ttibutarie prima e la Commissione Centrale dopo hanno ritenuto che la Coope-i l I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 319 rativa di cui si discute abbia svolto un'attivit che rientra nel campo della produzione e del commercio dei salami in libera concorrenza, come qualsiasi altra societ similare. N vale opporre, per inficiare tale giudizio, che il giudizio stesso sia derivato dall'erroneo concetto, espresso nella decisione impugnata, che la Cooperativa non potesse qualificarsi di consumo in quanto di essa facevano parte come soci altre cooperative. '. Anche ammesso, infatti, che detto criterio possa essere errato, e non sembra errato, giacch i Consorzi che sono ammessi a fruire del beneficio dell'esenzione dall'imposta sulle societ ai sensi dell'art. 31 I. 6 agosto 1954, n. 603 concernono quelli fra societ cooperative di p~oduzione e di lavoro, e non quelli fra societ cooperative di consumo -la decisione impugnata, lungi dall'essere fondata su detto unico criterio, risulta che si basata, per giungere alla conclusione che non trattavasi di societ cooperativa di consumo, ma di una societ a carattere industriale e commerciale comune,, su di un altro elemento d'indiscusso valore probatorio (e peraltro non contestato), il quale si ricava dalla vendita di salumi in provincia di Modena e fuori provincia, effettuata dalla CIAM in libero commercio e senza alcuna discriminazione. Orbene, reggendosi la decisione impugnata su tale unica corretta considerazione, trovando in essa la sua mtio decidendi, la censura mossa dalla ricorrente non pu inficiarla. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 marzo 1969, n. 898 -Pres. Favara -Est. Iannuzzi -P. M. Pedate (conf.) -Ministero delle Finanze (Avv. Stato Freni) c. INAM (avv. Casaburi). Imposta generale sull'entrata -Entrata imponibile -Rimborso del costo dei libretti consegnati dall'I.N.A.M. agli assistiti -Esclusione -Funzione accessoria ad attivit esente da imposta. (1., 19 giugno 1940, n. 762, art. 1 Iett. e). Non costituisce entrata imponibile il pagamento eseguito in favore dell'INAM a titoio di rimborso del costo dei libretti di iscrizione rilasciati agli assistiti, e ci anche perch l'emissione dei librett.i ha una funzione strumentale ed accessoria rispetto al ve1samento dei contributi esente da imposta a norma dell'art. 1 lettera c) della legge 19' giugno 1940, n. 762 (1). (1) La decisione sopra riportata risolve piuttosto con buon senso che con rigore logico una questione che assai frequentemente si presenta. Il - 320 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rimborso del costo di oggetti o strumenti accessori all'attivit istituzionale di un soggetto determina o no un'entrata imponibile? Molte volte si tratta si poche lire rimborsate per costo di stampati, altre volte di ragguardevoli somme pagate per valore di materiali impiegati; nella maggior parte dei casi la somma rimborsata, arrotondata per eccesso, supera il valore reale dell'oggetto o almeno il costo di esso sicch nel complesso l'operazione costituisce una voce attiva di bilancio. Di qu l'importanza del problema assai rilevante nel suo aspetto quantitativo, rispetto al quale si pone una quasi istintiva tendenza (testimoniata dalla decisione in rassegna) a non complicare con la percezione dell'I.G.E. le minute prestazioni in cui si frazione un'attivit che nel suo complesso non sempre modesta. Non dovrebbe nascer dubbio sul concetto di entrata imponibile come corrispettivo, in senso ampio di cessioni di beni o di prestazioni di servizi intesi indipendentemente da uno scambio a carattere commutativo in senso stretto o di natura speculativa (Cass. 17 marzo 1967, n. 602 in questa Rassegna, 1967, I, 866 e precedenti ivi citati). quindi irrilevante che i beni ceduti non siano tali in senso economico (non commerciabili) e che la prestazione non sia economicamente valutabile; se vi una ragione di l~ scambio, ampiamente intesa nel senso che la somma pagata costituisce cor ro rispettivo di un valore (bene o servizio) offerto, vi sar un'entrata im . ponibile. Quindi anche la somma che si paga come corrispettivo del costo . (valore) di uno stampato costituisce entrata, anche se l'operazione non ha carattere commutativo e non d luogo ad una speculazione (che non pu j ' tuttavia escludersi) ed anche se l'oggetto (stampato), che ha un costo ed un valore di cui si pretende il corrispettivo, non un bene cedibile o commerciabile. Sono numerosissimi nella pratica gli esempi di organizzazione di ::: servizi di vario genere .con l'inserimento (per lo pi facoltativo) di una gestione di economato per la fornitura di mezzi e strumenti con l'onere di rimborso a carico del richiedente. In questi casi il soggetto I preposto ad un servizio assume anche una diversa veste di imprenditore in un diverso settore e spesse volte questa accessoria attivit pu as jsumere anche dimensioni 'cospicue e diventare oggetto di speculazione; ad esempio negli allacciamenti di utenze di energia elettrica il soggetto preposto al servizio di distribuzione pu diventare un'impresa per il commercio di materiali elettrici di cui si provvede all'ingrosso, o addirittura producendoli da se stesso, e che :riv:ende al minuto (sotto forma di rimborso del costo) ai privati utenti ai prezzi correnti sul mercato di distrii' buzione o anche a prezzi superiori. Non sembra dubbio che una tale attivit dia luogo ad entrate imponibili. Talvolta, infatti, operazioni del genere ., I vengono compiute da un soggetto diverso, magari collegato col gestore del servizio, che svolge una vera e propria attivit speculativa (il richiedente del servizio deve fornire in natura determinati oggetti -una certa ' quantit di conduttori elettrici o di stampati ecc. -acquistandoli da privati commercianti). Quando, in modo esclusivo o facoltativo, lo stesso ~. ' soggetto preposto al servizio organizza la fornitura degli strumenti pretendendo il rimborso del costo, per lo pi maggiorato o arrotondato rispetto al prezzo corrente, esercita un'attivit accessoria in via autonoma soggetta all'I.G.E. Ovviamente non ha importanza ai fini dell'imposizione il collegamento con cui l'attivit accessoria si pone rispetto a qqella principale; che il pagamento dei contributi previdenizali sia esente dall'imposizione (art. 1 lettera c della legge istitutiva) non ha alcuna rilevanza sulla diversa I attivit di approntamento degli stampati, che liberamente l'ente orga PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 321 nizza al di fuori della sua competenza istituzionale; l'ente potrebbe addirittura diventare produttore in proprio dei materiali da distribuire a pagamento (ed in regime di monopolio) ed assumere una funzione di imprenditore privato nettamente separata da quella di soggetto pubblico preposto al servizio assistenziale. La modestia del gettito (che non sempre tale e che comunque nel complesso dell'organizzazione pu assumere dimensioni rilevanti) ed il meccanismo, solo apparente, del rimborso di spese non debbono trarre in inganno; nell'attivit di fornitura di oggetti o strumenti che sono comunque beni, aventi un valore, che si cedono ad un prezzo Bempre insita un'operazione, spesse volte anche lucrativa, costituente entrata imponibile. CORTE DI CASSAZIONE, Sezioni Unite, 24 marzo 1969, n. 933 - Pres. Tavolaro -Est. Malfitano -P. M. Di Maio (conf.) -Ministero delle Finanze (Avv. Stato Coronas) c. Comune di Foligno (avv. Leonelli). Imposta di registro -DelegaziOni di pagamento -Delegazioni sulle imposte di consumo ad estinzione dei mutui contratti dai Comuni Tassazione autonoma -Esclusione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. l, 8, 9 e 13, tariffa all. A artt. 28, 30, 31 e 79). ' Imposta di registro -Delegazioni di pagamento -Delegazioni sulle imposte di consumo ad estinzione dei mutui contratti dai Comuni Natura giuridica -Intassabilit. (t.u. 3 marzo 1934, n. 383, art. 299; r.d. 14 settembre 1931, n. 1175, art. 94; d.m. 18 settembre 1923, art. 9). Imposta di registro -Delegazioni di pagamento -Delegazioni sulle imposte di consumo ad estinzione dei mutui contratti dai Comuni Agevolazioni di cui all'art. 18 1. 3 agosto 1949, n. 589 -Estensione alle delegazioni -Applicabilit anche nei confronti del soggetto delegato. (l. 3 agosto 1939, n. 589, art. 18; I. 6 febbraio 1951, n. 126, art. 1; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 94). Le delegazioni di pagamento rilasciate dai Comuni sulle imposte di consumo ad estinzione de,i mutui da essi contratti, ancorch consacrate in atti distinti da queUi di mutuo, costituiscono convenzioni strumentalmente connesse ex lege con i mutui, e non sono pertanto tassabili in via autonoma rispetto a questii (1). (1-3) L'estremo interesse della presente i;;entenza evidente. Le Sezioni Unite della Cassazione, riesaminata l'intera materia relativa alla tassazione di registro degli atti di rilascio ed accettazione delle RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 322 La accettazione di dette delegazioni si presenta sempre, nei confronti del Comune, come modalit di esecuzione degli obblighi ricadenti sul delegato in conseguenza del rapporto di appalto per la gestione delle imposte di consumo o del rapporto di semplice tesoreria o del rapporto di esattora-tesoreria e, nei confronti dell'ente mutuante, come assunzione di obbligazione non in nome proprio, ma per conto del Comune, onde il soggetto sul quale vengono rilasciate le delegazioni di pagamento assume la veste di semplice adiectus solutionis causa. Pertanto l'atto di rilascio di dette delegazioni e la relativa accettazione non sono tassabiLi n com{! delegazfoni ai sensi degli artt. 30 e 31 della tariffa all. A, n con l'imposta d'obbligo di cui al precedente art. 28 (2). Il beneficio fiscale di cui al combinato disposto degli artt. 18 legge 3 agosto 1949, n. 589 e 94 l. di registro si estende anche agli atti che si trovano in rapporto strumentale c.;on lo scopo previsto dalla legge di favore e quindi anche agli atti di riLascio e di accettazione delle delegazioni emesse per la estinzione dei mutui agevolati; esso giova altres anche al soggetto sul quale vengono rilasciate le delegazioni il quale non riveste, nei confronti dell'ente mutuante, la qualifica di obbligato diretto o di coobbligato con il Comune, ma quella di sempLice delegato al pagamento in nome e per conto del Comune (3). (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso l'Amministrazione delle Finanze censura la sentenza della Corte di Appello di Perugia sotto il profilo della. violazione ed errata applicazione degli artt. 1, 4, terzo .comma, ed 8 della legge organica di registro (r.d. 30 dicembre delegagioni sulle imposte di consumo emesse dai Comuni per la estinzione dei mutui da essi contratti, in parte confermando ed in parte modificando la precedente giurisprudenza dettagliatamente richiamata in motivazione, hanno sostanzialmente ritenuto che, in ogni caso, i detti atti non possono essere assoggettati ad autonoma tassazione. Per la verit non tutte le argomentazioni ed affermazioni contenute nella sentenza in esame possono essere condivise. Cos non sembra dubitabile che l'art. 9 della legge di registro riguardi le convenzioni, indipendenti o connesse, contenute in uno stesso atto, e non possa pertanto essere utilizzato per la disciplina di convenzioni contenute in atti diversi. Ugualmente a dirsi per quanto riguarda la natura di semplici indicazioni di pagamento attribuita alle delegazioni in esame, dato che non si riesce a comprendere come, in tal modo, esse possano assumere quella funzione di garanzia di debiti assunti o da assumere espressamente indicata nell'art. 94 del T.U.F.L. Ciononostante, non dato prevedere che i principi affermati con la sentenza in esame possano essere disconosciuti da ulteriori pronuncie della Suprema Corte.. PARTE I, SEZ. V, GIRISPRUDENZA TRIBUTARIA 323 1923, n. 3269), in relazione all'art. 28 della tariffa all. A alla predetta I legge, nonch al:l'art. 94 del t.u. per la Finanza locale (r..d. 14 settembre 1931, n. 1175), all'art. 5 del t.u. sulla riscossione delle imposte 1 j dirette di cui al r.d. 17 ottobre 1922, n. 1401, e all'art. 9 del d.m. 19 ,J ' settembre 1923 contenente i capitoli normali per l'esercizio delle Esati i torie delle imposte dirette. l I I In particolare l'Amministrazione ricorrente ha posto in evidenza la distinzione cronologica e di contenuto tra l'atto del 20 maggio 1957 (contenente il rilascio delle delegazini di pagamento e della cui tas l sazione si discute) e l'atto 10 luglio 1957 (contenente la stipulazione del mutuo tra.il Comune di Foligno e rn.N.A.). I Sul presupposto della enunciata separazione tra i due atti, l'Ami ministrazione ha proposto varie censure che possono essere riassunte ,j come segue: j a) con l'atto 20 maggio 1957 non venne conferito alla Cassa di I Risparmio di Foligno, esattore-tesoriere del Comune di Foligno, anche ! ! il servizio di esazione delle imposte di consumo, cosi come prescritto ' dall'art. 94 del t.u. sulla finanza locale. In conseguenza di tale situaI zione deve ritenersi che la predetta Cassa di Risparmio assunse in via diretta ed autonoma l'obbligo di pagare all'I.N.A. (Ente mutuante) l'importo delle delegazioni emesse dal Comune a favore dell'I.N.A. I j per la estinzione del mutuo; b) il carattere. autonomo dell'obbligazione della Cassa di Risparl mio ribadito dalla clausola del non riscosso per riscosso, contenuta j nell'atto di rilascio delle delegazioni. Poich il gettito delle imposte di 1 consumo non predeterminato in base a ruoli, la clausola di cui sopra j esponeva la Cassa di Risparmio a pagare all'I.N.A. anche la eventuale differenza tra l'importo delle delegazioni e l'eventuale minore gettito I delle imposte delegate; c) l'obbligo per gli esattori, derivante dall'art. 9 del d.m. 19 settembre 1923 (contenente i capitoli normativi per l'esercizio delle Esattorie delle imposte diTette e richiamato dalla Corte d'appello), di I accettare le delegazioni di pagamento rilasciate dai Comuni sui pro l i venti delle imposte di consumo non esclude la necessit di una succes siva e specifica manifestazione di volont dll'esattore per accettare le predette delegazioni, cosi come si verificato nella specie proprio I con l'atto 20 maggio 1957. Ed tale nuova. manifestazione di volont I \ che d vita ad una obbligazione autonoma (tassabile a s, rispetto al contratto di mutuo), in base all'art. 28 della tariffa all. A della legge di registro, il quale ultimo sarebbe in ogni caso applicabile quand'anche si potesse parlare di un atto meramente ricognitivo di un'obbligazione ! ex lege; RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 324 d) il terzo comma dell'art. 4 del d.P.R. 30 giugno 1955, n. 1544, testimonia ulteriormente il carattere autonomo e convenzionale del rilascio e dell'accettazione (da parte dell'appaltatore delle imposte o dell'esattore tesoriere) dell delegazioni di pagamento; e) l'art. 14 del d.1.1. 8 marzo 1945, n. 62, richiamato dalla Corte d'appello ad ulteriore giustificazione della propria decisione, limita l'obbl,igo di soddisfare le delegazioni di pagamento intra vires del riscosso solamente se la gestione delle imposte di consumo data in appalto e se le delegazioni sono state emesse da un Comune danneggiato gravemente dalla guerra. L'argomentazione che, ragionando a contrariis, la Corte d'appello ha ricavato da tale disposizione, per dedurne che in tutti gli altri casi anche l'obbligo del non riscosso per riscosso deriva ex lege, inesatta. Infatti, la norma dell'art. 14 del d.1.1. n. 62 del 1945 norma del tutto eccezionale e non pu valere per la risoluzione del problema generale, tanto pi -per quel che riguarda la specie in esame -che il Comune di Foligno non un comune gravemente danneggiato dalla guerra ed aveva ed ha la gestione diretta delle imposte di consumo. Le prime quattro censure non sono fondate; la quinta non rilevante. L'Amministrazione ripropone a queste Sezioni Unite la tesi della tassabilit in via autonoma (questa volta in base all'art. 28 della tariffa all. A alla legge di registro) del rilascio delle delegazioni di pagamento sulle imposte di consumo o su altri cespiti delegabili per legge, effettuato da un comune al fine della regolare estinzione di un mutuo da esso contratto per la esecuzione di opere pubbliche. La questione ha formato oggetto di non sempre concordi pronunzie di questa Corte Suprema. Con sentenza n. 1132 del 1936, con sentenza 18 luglio 1941 (in Giur. Imp. Registro, 1943, I, 1) e con sentenza 20 maggio 1946 (in stessa rivista 1946, I, 176) questa Corte statui che il rilascio delle delegazioni di pagamento, costituendo un semplice strumento di pagamento per la restituzione della somma mutuata al Comune, non tassabile in via autonoma. Con le sentenze n. 450 e n. 452 del 1967 il rilascio delle delegazioni di pagamento venne ritenuto tassabile in via autonoma ai sensi degli artt. 30 e 31 della tariffa all. A alla legge di registro. Con le sentenze n. 1200 e n. 1451 del 1968 stata affermata la tassabilit autonoma, ai sensi dell'art. 28 della tariffa all. A (e cio come dichiarazione, quanto meno ricognitiva, della obbligazione di una somma di denaro), del rilascio delle delegazioni contenute in atto separato da quello del mutuo. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 325 Con la sentenza n. 1526 del 1968 stato escluso che il rilascio delle delegazioni di pagamento possa rientrare nel concetto del <'.ontratto di esattoria da registrarsi gratuitamente ai sensi dell'art. 12 della tabella c della legge di registro. Con altro gruppo di pronunzie (sentenz n. 1593 del 1966; sentenze n. 1151 e n. 1629 del 1967; sentenza n. 1278 del 1968) stato invece ritenuto che il rilascio delle delegazioni di pagamento non tassabile in via autonoma, perch inscindibilmente connesso ex lege con l'atto di mutuo cui accede. Con le sentenze n. 416 e n. 2238 del 1965 il problema stato invece esaminato, e risolto positivamente, sotto il profilo della applicabilit del beneficio fiscale (registrazione gratuita come per gli atti dello Stato) ai sensi dell'art. 18 della legge 3 agosto 1949, n. 589. Con la sentenza n. 429 del 1967 queste Sezioni Unite, esaminando il caso in cui il rilascio delle delegazioni contenuto nello stesso atto del mutuo, hanno escluso la tassabilit delle delegazioni. Ci premesso, va anzitutto precisato che non ha influenza, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente Amministrazione a presupposto delle ulteriori censure, il particolare che, nella specie, il rilascio delle delegazioni di pagamento e il rapporto di mutuo si trovino consacrati in due atti separati (rispettivamente, in data 20 maggio e 10 luglio 1957). pacifico che nell'atto di rilascio delle delegazioni vi la esplicita affermazione del carattere strumentale di tali delegazioni rispetto al mutuo da contrarsi dal Comune. Consegue che, in ogni caso, la efficacia delle delegazioni restava necessariamente e sospensivamente condizionata, anche ai fini fiscali e in base all'art. 17 della legge di registro, alla futura stipulazione del mutuo. E poich detta stipulazione del mutuo non dipendeva dalla mera ed esclusiva volont del Comune di Foligno, ma anche dal consenso dell'ente mutuante e dalle necessarie approvazioni dell'autorit tutoria, non sarebbe stata possibile, in ogni caso, tassazione diversa dalla imposta fissa in base al combinato disposto del menzionato art. 17 della legge organica di registro e dell'art. 79 della tariffa all. A della predetta legge. D'altra parte pure pacifico che l'atto di mutuo conteneva il richiamo esplicito al precedente atto di rilascio delle delegazioni, tanto che era stata allegata, all'atto di mutuo, la copia della approvazione del Prefetto al rilascio delle delegazioni. In definitiva i due atti (rilascio delle delegazioni e stipulazione del mutuo) si integravano necessariamente e vicendevolmente, sia per il reciproco richiamo dell'uno all'altro, sia per il loro contenuto obiettivo; e dettero vita, in tal modo, ad un unico rapporto complesso, che quello che va tenuto presente ai fini della. tassazione. 326 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 326 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Infatti, in via generale va rilevato che vero che la tassa dl registro tassa di atto, ma anche vero che l'art. 9 della legge di registro, statuendo che ogni negozio giuridico sconta la propria tassa anche se pi negozi risultano consacrati in un unico atto in senso materiale, ha voluto evitare eventuali frodi fiscali e precludere alle parti la possibilit di eludere, attraverso l'espediente della unicit del documento, la tassazione per ciascun distinto negozio. Se, al contrario, in un unico documento sono consacrati pi negozi giuridici (in tal senso, per costante giurisprudenza di questa Corte Suprema:, va intesa la espressione e disposizioni dell'art. 9 in esame) inscindibilmente connessi, per volont di legge o per la loro intrinseca natura, in tal caso ci si trova di fronte ad una fattispecie di negozio complesso ovvero di negozio misto, e, sempre in virt del menzionato art. 9, la tassazione unica. Da ci si desume che la unicit o la molteplicit della tassazione conseguente rispettivamente alla unicit del negozio o alla molteplicit di negozi che non siano -per -tra essi inscindibilmente connessi in virt di legge o per la loro intrinseca .natura. E, se anche gli elementi del negozio unico o dei negozi inscindibilmente connessi risultino, come nella specie, consacrati in pi scritture che si iptegrano a vicenda, in tal caso alla unicit del negozio (semplice o complesso) deve corrispondere unicit di tassazione, atteso -da un lato -il principio generale per cui uno stesso negozio non pu ai fini della legge del registro essere tassato che una volta sola (sentenze n. 2590 del 1949; n. 397 del 1944; n. 1865 del 1928) e, dall'altro, il principio costantemente affermato da questa Corte Suprema secondo cui, in base all'art. 8 della legge di registro, la tassazione va fatta in relazione al contenuto degli atti sottoposti a registrazione, previa la identificazione dei loro effetti anche potenziali. Va, poi, rilevato che lo stesso art. 94 del t.u. sulla finanza locale a disciplinare in modo uniforme il rilascio delle delegazioni, sia se queste tendano alla estinzione di debiti assunti dal Comune, sia se tendano alla estinzione di debiti da assumere dallo stesso. Alla stregua delle suesposte considerazioni la situazione in cui il rilascio delle delegazioni ed il mutuo risultano da atti separati si presenta, ai fini della questione relativa alla tassabilit o meno delle delegazioni in via autonoma, uguale alla situazione, gi esaminata e decisa da queste Sezioni Unite con la menzionata sentenza n. 429 del 1967, in cui il rilascio delle delegazioni ed il rapporto di mutuo risultano da un unico atto. Queste Sezioni Unite, con la menzionata sentenza n. 4~9 del 1967 hanno precisato Che: a) ai sensi dell'art. 9, comma secondo, della legge di registro, la connessione necessaria che legittima la unicit della tassazione pu derivare anche da nol'lllle di legge; b) che il contratto di mutuo tra il Comune e l'Ente mutuante inscindibilmente connesso ex PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 327 lege con il rilascio delle delegazioni di pagamento sulle imposte di consumo destinate alla estinzione del predetto mutuo. Ora, tali conclusioni vanno tenute ferme nonostante i rilievi critici enunciati nelle censure del ricorso in esame. Va, anzitutto, tenuto fermo il concetto centrale di cui alla menzionata sentenza n. 429 del 1967, secondo cui il rilascio delle delegazioni di pagamento sulle imposte di consumo o su altri cespiti delegabili , in virt di legge, inscindibilmente connesso con il mutuo per il quale le delegazioni sono state rilasciate e che di tale mutuo costituiscono il necessario presupposto di legittimit e il no:rnnale mezzo di pagamento. Ci si ricava dal n. 3 dell'art. 299 della legge Comunale e Provinciale (che impone ai Comuni, perch possano contrarre un mutuo, di predeterminare i mezzi per la estinzione) e dall'art. 94 del t.u. sulla finanza local~, come modificato dall'art. 11 della legge 18 dicembre 1959, n. 1079 (secondo cui, se non sussistono altri cespiti delegabili per legge, i Comuni sono tenuti a rilasciare delegazioni sulle imposte di consumo, onde procedere alla estinzione del mutuo, purch fa riscossione delle predette imposte sia data in carico all'appaltatore di esse, e, nel caso di gestione diretta, all'esattore delle imposte dirette o al tesoriere comullJlle, con le condizioni stabilite dalla legge sulla riscossione delle imposte dirette, e il Prefetto dia il benestare con riferimento ai quattro quinti del cespite netto, tenuto conto di tutti gli altri vincoli gi gravanti su detto cespite). Dalla strumentabilit ex lege tra il mutuo e le delegazioni di pagamento, la sentenza n. 429 del 1967 di queste Sezioni Un~te ha desunto, come si detto, che il rilascio delle delegazioni di pagamento .non tassabile in via autonoma rispetto al mutuo. Le censure del ricorso in esame mirano a contrastare su un piano generale e con riferimento al caso di specie, il principio di cui sopra. Come si rilevato l'Amministrazione ricorrente ha posto in evidenza che, nella specie, l'atto del 20 maggio 1957 non contiene l'affidamento alla Cassa di Risparmio (che svolgeva le funzioni di esattoretesoriere del Comune) anche del servizio di riscossione delle imposte di consumo. L'Amministrazione ne deduce che mancherebbe un presupposto richiesto dall'art. 94 del t.u. sulla finanza locale e che, di conseguenza, la Cassa di Risparmio, accettando le delegazioni, assunse una separata obbligazione in proprio verso l'Ente che avrebbe, poi, eseguito il mutuo al Comune. La censura non fondata perch non sussiste la dedotta violazione dell'art. 94 del t.u. sulla finanza locale. pacifico che il Comune di Foligno si avvale, per le imposte di consumo, del sistema della gestione diretta. Ora, tale gestione ' disciplinata da precise norme di legge (art. 20 del t.u. sulla finanza locale; artt. 248 a 257 del r.d. 30 aprile 1936, n. 1138). 328 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Tale particolare disciplina esclude la possibilit che al tesoriere comunale possano venire demandate quelle funzioni di riscossione diretta delle imposte di consumo, che sono invece devolute (artt. 253 e 254 del menzionato r.d. n. 1138 del 1936) ad un corpo speciale di impiegati e di agenti di vigilanza, nominati e dipendenti del Comune, muniti di apposita patente, nonch di apposita uniforme o particolare distintivo. Infatti, dette funzioni di riscossione presuppongono, p:er le imposte di consumo, l'accertamento, la liquidazione e la. percezione dell'imposta. Tali operazioni sono devolute all'appaltatore ad hoc nella ipotesi di gestione per appalto (art. 284 e seguenti del r.d. n. 1138 del 1936) ma, nella i-potesi di gestione diretta da parte del Comune, non possono essere svolte, logicamente, dal tesoriere comunale. A quest'ultimo, invece, come dettato dagli artt. 264 e 282 del r.d. n. 1138 del 1936, lo speciale personale adibito alla riscossione delle imposte di consumo deve versare gli introiti delle predette imposte. Da ci consegue che quando l'art. 94 del t.u. sulla finanza locale richiede che, nel caso di gestione diretta, la riscossione sia data in carico al tesoriere, intende necessariamente ed esclusivamente significare che il tesoriere deve avere la disponibilit del gettito delle imposte di consumo e, quindi, la possibilit di versare l'introito, nei limiti delle delegazioni, e in nome e per conto del Comune, direttamente all'ente che ha effettuato il mutuo al Comune stesso. L'Amministrazione ricorrente ha posto in rilievo che le imposte di consumo non presuppongono i ruoli dei debitori, come invece si verifica per le imposte dirette, e ne deduce che la clausola del non riscosso per riscosso a carico dell'esattore delle imposte dirette, al quale venga affidata anche la riscossione delle imposte di consumo, o a carico del tesoriere comunale (per la ipotesi, in entrambi i casi, di gestione diretta del Comune per le imposte di consumo) ovvero a carico dell'appaltatore (nella ipotesi di gestione delle imposte di consumo mediante appalto) d vita ad una obbligazione diretta e separata dal mutuo, in quanto espone i soggetti sopra menzionati (a seconda delle varie modalit con le quali si svolgono la gestione e riscossione delle imposte di consumo) al rischio di dovere anticipare all'ente mutuante l'eventuale differenza tra il maggiore importo delle delegazioni e l'eventuale minore importo effettivo delle imposte delegate. L'Amministrazione ricorrente ravvisa quindi una conferma della obbligazione diretta dei soggetti, sui quali sono state rilasciate le delegazioni di pagamento, nel fatto che i predetti soggetti, pur essendovi tenuti in virt di norma espressa (art. 9 del d.m. 19 settembre 1923, emesso in adempimento dell'art. 4 del t.u. 17 ottobre 1922, n. 1401), debbono tuttavia compiere un.a specifica manifestazione di volont per accettare, di volta in volta, le delegazioni rilasciate dal Comune. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 329 L'Amministrazione ricorrente ha ulteriormente sottolineato che il terzo comma dell'art. 4 del d.P.R. 30 giugno 1955, n. 1544, prevede che, per le delegazioni di pagamento, l'obbligo del non riscosso per riscosso risulti da apposita clausola a carattere convenzionale, purch inserita nel contratto di appalto per la ris.cossione delle imposte di consumo, oppure in apposita aggiunta al predetto contratto o, anche, in una convenzione autonoma. Nessuno dei rilievi di cui sopra ha carattere decisivo. Nessuno di essi, infatti, vale a superare l'argomentazione centrale di cui alla men zionata sentenza di queste Sezioni Unite n. 429 del 1967, in quanto l'obbligazione. assunta dal soggetto sul quale vengono rilasciate le dele gazioni. di pagamento resta pur sempre imposta dalla legge per la sua necessaria funzione strumentale rispetto alla legittimit di assunzione del mutuo ed alla estinzione di esso e, quindi, con quest'ultimo resta inscindibilmente connessa in virt dei menzionati art. 299 della legge Comunale e Provinciale e art. 94 del t.u. sulla finanza locale. E di ci si ha conferma nello stesso art. 4 del d.P.R. 30 giugno 1955, n. 1544, (richiamato dalla ricorrente Amministrazione), il quale esplicitamente riconduce entro l'ambito dell'art. 94 del t.u. sulla finan za locale tutte le elencate diverse modalit di assunzione deH'obbligo del nn riscosso per riscosso in relazione alle delegazioni di pagamento. In definitiva, nella J;>revisione legislativa, quale si ricava dal combi nato disposto delle norme citate, l'obbligazione del soggetto sul quale vengono rilasciate le delegazioni di pagamento non riveste carattere autonomo n nei confronti del Comune delegante, ne nei confronti dell'Ente mutuante. Giova, per chiarezza di trattazione, ricordare che l'art. 96 del t.u. sulla legge comunale e provinciale (t.u. 3 marzo 1934, n. 383), dopo di avere prescritto che ogni Comune ha un servizio di tesoreria, precisa -al secondo comma -che tale servizio pu essere affidato dal Comune ad un tesoriere speciale (e cio ad un soggetto, che normalmente un Istituto di credito, delegato appositamente dal Comune solo per le funzioni di tesoreria) mentre, se il Comune non procede alla nomina del tesoriere speciale, il servizio (di tesoreria) deve essere assunto dall'esattore delle imposte dirette a norma del1a legge sulla riscossione di tali imposte (e cio a norma di quanto prescritto, per l'ufficio di tesoreria del Comune, dall'art. 93 del t.u. 17 ottobre 1922, n. 1401). Ci premesso, chiaro che nei confronti del Comune l'accettazione delle delegazioni, pur necessitando della idonea manifestazione di volont da parte del soggetto delegato, si presenta pur sempre, sul piano giuridico, come modalit di esecuzione degli obblighi ricadenti sul predetto soggetto in conseguenza o del rapporto di appalto per la gestione delle imposte di consumo (art. 76 e 94 del t.u. finanza locale) RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 330 o del rapporto di semplice tesoreria (art. 96 del t.u. della legge comunale e provinciale 3 marzo 1934 e art. 94 del t.u. sulla finanza locale) o del rapporto di esattoria-tesoreria (citato art. 96 del t.u. della legge comunale e provinciale). Nei confronti, invece, dell'Ente mutuante, il soggetto che accetta le delegazioni non assume una obbligazione in proprio nome, ma sempre come delegato del Comune e per conto di quest'ultimo, dato che le delegazioni di pagamento di presentano quale mezzo normale di estinzione del mutuo e rientrano nella predeterminazione, imposta ai Comuni dalla legge, dei mezzi di estinzione del mutuo stesso. Pertanto, sia nei confronti del Comune, sia nei confronti dell'Ente mutuante, il soggetto sul quale vengono rilasciate le delegazioni di pagamento assume la veste di semplice adiectus solutionis causa. Tali conclusioni non possono restare infirmate dal particolare (in realt del tutto marginale, stanti le cautele imposte dall'art. 94 del t.u. sulla finanza locale e il rilascio obbUgatorio di delegazioni suppletive su altri cespiti) che, ove il gettito delle imposte di consumo delegate risulti concretamente insufficiente, il soggetto delegato si trova esposto ad anticipare all'Ente mutuante l'eventuale differenza tra l'ammontare delle delega~ioni ed il gettito inferiore del cespiste delegato, salvo, poi ad esserne rimborsato dal Comune. Infatti, anche il versamento di tale eventuale differenza verrebbe fatto all'Ente mutuante sempre in attuazione del rapporto di appalto della gestione delle imposte di consumo ovvero di esattoria ovvero di tesoreria, nel contenuto che per ciascuno dei menzionati rapporti dettato, relativamente alle delegazioni di pagamento, direttamente dalle richiamate norme di legge. Le esposte considerazioni non solo confermano che (come gi precisato con la sentenza n. 429 del 1967 di queste Sezioni Unite) le delegazioni di pagamento di cui all'art. 94 del t.u. sulla finanza locale non possono essere ricondotte nello schema delle normali delegazioni di pagamento di cui all'art. 1269 e.e. e, agli effetti fiscali, degli artt. 3(} e 31 della tariffa ali. A alla legge di registro, ma valgono anche a sottrarre l'atto di rilascio ed accettazione delle delegazioni all'imposta d'obbligo di cui all'art. 28 della tariffa ali. A, sulla quale particolar, mente ha insistito la ricorrente Amministrazione nel ricorso in esame. Infatti, l'obbligazione di somma in tanto passibile della tassazione autonoma di cui al predetto art. 28 tariffa all. A, in quanto trovi il proprio titolo (originario o ricognitivo, ma sempre autosufficiente) nella dichiarazione che la consacra e non quando, al contrario, da quella stessa dichiarazione risulta, come nella fattispecie, che quella obbligazione costituisce, invece, attuazione di una prestazione dovuta in conseguenza di un diverso titolo previsto in modo autonomo, ai fini fiscali, dalla legge di registro o dalle tarJffe a questa allegate. In PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 331 quest'utima ipotesi, infatti, quello che soggetto a tassazione ai fini della legge di registro, il rapporto nel quale l'obbligazione di somma trova la propria dichiarata causale. Se alla tassazione di tale rapporto secondo la legge di registro si aggiungesse l'altra in base all'art. 28 della tariffa all. A alla predetta legge, in tal caso si violerebbe il menzionato principio che vieta, per lo stesso negozio, una duplicit di tassazione agli effetti della legge di registro. E, nella specie, si gi detto come, in virt di legge, il rilascio e l'accettazione delle delegazioni si presentino, nei rapporti tra il Comune ed il soggetto delegato, quale esecuzione o del rapporto di appalto per la gestione delle imposte di consumo o del rapporto di esattoria-tesoreria o del rapporto di sola tesoreria. Nei confronti, invece, dell'ente mutuante, l'obbligo -da parte del soggetto delegato -di pagamento delle delegazioni si presenta come. semplice modalit per la estinzione del mutuo in nome e per conto del Comune. Ne consegue che il regime delle delega~ioni di pagamento ai fini dell'imposta di registro resta assorbito, da un lato, dalla tassazione del contratto di gestione in appalto delle imposte di consumo o del contratto di esattoria-tesoreria o del contratto di semplice tesoreria e, dall'altro, dal regdme di tassazione che proprio del m.tuo tra il Comune e l'Ente mutuante. Per quanto concerne il caso di specie, pu, poi, aggiungersi che il Comune di Foligno, come pacifico, contrasse il mutuo per l'esecuzione di opere pubbliche, tanto che il relativo atto venne, senza ulteriorii contestazioni, registrato a tassa fissa in virt del combinato disposto dell'art. 18 della legge 3 agosto 1949, n. 589, dell'art. 1 della legge 6 febbraio 1951, n. 126, e dell'art. 94 della legge di registro. Dello stesso beneficio fiscale, come esattamente rilevato dal resistente Comune, dovrebbe, in ogni caso, godere anche l'atto di rilascio e di accettazione delle delegazioni di pagamento della cui tassazione si discute. , infatti, giurisprudenza costante di questa Corte Suprema (sentenze n. 2238 e n. 416 del 1965; sentenza n. 1379 del 1963) che il regime fiscale di favore previsto dall'art. 18 della legge 3 agosto 1949, n. 589, si estende anche agli atti che si trovino in rapporto strumentale con lo scopo previsto dalla legge di favore. D'altra parte, poich -come s,i dett.o le delegazioni di pagamento costituiscono la modal1t nol'male, prevista dalla legge, per estinguere i mutui contratti dai Comuni, non v' dub., bio che, ai fini dell'art. 94 della legge del registro (richiamato, per gli enti locali, dall'art. 1 della legge 6 febbraio 1951, n. 126) la qualifica di debitore che il Comune ha verso l'Ente mutuante, rilevante anche nei confronti della Cassa di Risparmio di Foligno che, attesa la sua veste di esattore-tesoriere, non riveste, nei confronti dell'Ente mutuante, la qualifica di obbligato diretto o di coobbligato diretto con il Comune, ma quella di semplice delegato al pagamento in nome e per conto del Comune. Consegue che resta ulteriormente conformata, anche 332 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sotto l'accennato profilo della tassazione di favore, l'esattezza della decisione della Corte d'appello. Va, infatti, rilevato che la questione sull'applicabilit del regime fiscale di favore di cui alla menzionata legge n. 589 del 1949 non costituisce, contrariamente a quanto ha eccepito l'Amministrazione ricorrente nella memoria, questione nuova non proponibile in questa sede. Invero, mentre la .situazione di fatto risulta gi acquisita in sede di merito, in quella stessa sede, come risulta dagli atti processuali, la questione predetta form oggetto di discussione tra le parti in entrambi i gradi del giudizio e, soltanto, fu rd.tenuta assorbita dalla impugnata decisione: sicch legittimamente il Comune di Foligno ha potuto riproporla in questa .sede senza che fosse necessario il ricorso incidentale. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 marzo 1969, n. 997 -Pres. Jannuzzi -Est. Mirabelli -P. M. Sciaraffia (conf.) -D'Acunzo (avv. Laviani) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposte e tasse in genere -Procedimento -Legittimazione attiva Liquidatore di societ -Azione in proprio -Esclusione. (e.p.e., art. 99 e 100; e.e., art. 2456). Il liquidatore deLla societ non legittimato ad agire in proprio per far valere l'insussistenza di un debito di imposta deLla societ, nemmeno sul presupposto che egli pu essere soggetto passivo di pretese recuperatorie da parte dei soci o dei terzi a norma deLl'art. 2456 e.e. (1). (1) La massima evidentemente esatta. L'amministratore o il liquidatore della societ non pu mai agire in proprio per tutelare un interesse della societ; il presupposto di eventuali risponsabilit connesse al dovere di diligenza non pu giustificare una deroga al principio generale, anche perch il dovere di amministrare diligentemente deve appunto esplicarsi nell'azione che il preposto compie come tale a nome della societ. I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 aprile 1969, n. 1139 -Pres. Stella Richter -Est. Geri -P. M. Gedda (diff.) -Boeri (avv. Mosca) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cavalli). Imposte e tasse in genere -Accertamento -Imposta straordinaria sul patrimonio -Rettifica dell'accertamento da parte della Commis PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 333 sione distrettuale delle Imposte ex art. 48 t. u. 9 maggio 1950, n. 203 -Abrogazione per effetto dell'art. 5 1. 5 gennaio 1956, n. 1 Sussistenza. (t.u. 9 maggio 1950, n. 203, art. 48; 1. 5 gennaio 1956, n. l, art. 5). La soppressione, stabiiita con l'art. 5, ultimo comma, delta legge 5 gennaio 1956, n. 1, delta facoitd concessa alle Commissioni distrettuali delle imposte di aumentare i redditi accertati dagU uffici e di accertare quem omessi, si riferisce a tutte le imposte dirette e quindi anche ait'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio. Di conseguenza affetto da nuUitd assoluta ed insanabile l'accertamento di cespiti omessi eseguito dalla Commissione delle imposte dopo l'entrata in vigore della legge 5 gennaio 1956, n. 1 (1). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 marzo 1969, n. 1033 -Pres. Rossano -Est. Boselli -P. M. Tuttolomondo (diff.) -Romualdi c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cascino). Imposte e tasse in genere -Accertamento -Profitti di contingenza Rettifica da part~ della Commissione centrale -Difetto di potere. (t.u., 24 agosto 1877, n. 4021, art. 43; 1. 27 maggio 1946, n. 436, art. 21; I. 5 gennaio 1956, n. 1, art. 5). Solo alla Commissione di prima istanza attribuito il potere ex art. 43 del t.u. 24 agosto 1877, n 4021 di aumentare i redditi proposti . dall'ufficio e di accertare i cespiti omessi, n bale potere poteva rite (1-2) Sul punto dell'abrogazione delle norme che abilitavano le Com .. missioni di prima istanza a rettificare gli accertamenti dell'Ufficio e ad accertare i cespiti omessi, la giurisprudenza stata alquanto oscillante riguardo alle imposte straordinarie. Dopo aver adottato la soluzione favorevole alla soppressione (24 febbraio 1964, n. 404 e 15 febbraio 1965, n. 235 in questa Rassegna, 1964, I, 756 e 1965, I, 210 con ampie note critiche), le Sezioni Unite con la sentenza 2 marzo 1964, n. 465 (ivi, 1964, I, 465) si pronunziarono invece, con riferimento ai profitti di regime, per la sopravvivenza del potere delle Commissioni, affermando. che la norma abrogativa della legge n. 1 del 1956 era estensibile solo alle imposte disciplinate nel t. u. 29 gennaio 1958 n. 645. Ed infatti la successiva sentenza 15 luglio 1965 n. 1551 (ivi, 1965, I, 801) si adegu al responso delle Sez. Un. e ritenne escluso dall'abrogazione anche l'art. 48 del t. u. sulle imposte straordinarie sul patrimonio che defini di carattere speciale rispetto alla normativa generale del contenzioso tributario . Sembrava cosi risolta la controversia, senonch con la sent. 10 agosto 1966 n. 2178 (Riv. leg. fisc., 1966, 2455), la S. C. ritenne che solo per i profitti di regime, aventi carattere sanzionatorio, poteva rinvenirsi una specialit differenziante, mentre anche 12 ! - 334 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nersi esteso per i profitti di contingenza ,aria Commissione centrale che in forza deU'art. 21 del d.l. 27 maggio 1946~ n. 436 ha competenza di merito. La facolt attribuita aLla Commissione di prima istanza comunque venuta meno per effetto dell'art. 5, ultimo comma, deUa legge 5 gennaio 1956, n. 1 anche relativamente ai profitti di contingenza. Conseguentemente la Commissione centrale che abbia annullato l'.accertamento notificato ad un soggetto quale socio di una societ di fatto ritenuta inesistente, non pu dichiarare valido per una parte lo stesso accertamento contro la medesima persona quale singolo contribuente, perch in tal modo compie un nuovo accertamento senza averne ii potere (2). l'imposta straordinaria sul patrimonio doveva ricomprendersi nell'ordinario contenzioso tributario modificato con la 1. 5 gennaio 1956 n. 1. Questo ultimo orientamente si consolidato nel tempo pi recente (6 settembre 1966 n. 2321, Bol. trib. inform., 1966, 2569; 25 gennaio 1968, n. 226, Riv. leg. fisc., 1968, 1214; 12 novembre 1968, n. 3716, in .questa Rassegna, 1968, I, 1060). Anche la ben nota recente decisione della Corte Costituzionale 10 febbraio 1969, n. 10 (Giur. it., 1969, I, 1, 580) che ha individuato nella facolt della Commissioni di aumentare i redditi proposti dall'Ufficio una delle ragioni per escludere la natura giurisdizionale di tali organi, lia ritenuto tuttora sussistente il cennato potere soltanto per le imposte indirette sui trasferimenti della ricchezza. La seconda sentenza conclude alla stessa maniera anche per i profitti di contingenza per i quali il carattere speciale e sanzionatorio del prelievo fiscale avrebbe potuto giustificare la diversa soluzione che si adottata per i profitti di regime. Nelle sentenze gi citate stata sempre riaffermata la nullit assoluta, insanabile e rilevabile d'ufficio dell'accertamento eseguito dall'organo carante di potere. Invero stato sottolineato che uno dei motivi che giustificano la estensione della soppressione disposta con l'art. 5 della 1. n. 1 del 1956 a tutte le imposte dirette anche straordinarie da individuare nella separazione tra i poteri amministrativi degli uffici e i poteri giurisdizionali delle Commissioni e nell'intento della norma abrogatrice di eliminare l'ingerenza di organi giurisdizionali nella fase di accertamento riservato all'Amministrazione attiva; di qui la evidente nullit dell'atto di natura amministrativa pronunciato da un organo giurisdizionale non specificamente abilitato. Ma se proprio la facolt di accertamento da parte delle Commissioni si assume come una delle ragioni per affermare la natura amministrativa delle Commissioni medesime, sia il problema dell'estensione della norma di soppressione sia quello della nullit insanabile degli accertamenti eseguiti dalle Commissioni si ripropongono su basi nuove. Resta comunque ancora aperta la questione se l'accertamento nullo eseguito dalla Commissione sul presupposto erroneo dell'attuale vigenza della norma che attribuiva tale potere, possa convertirsi nel rinvio all'Ufficio per integrazione dell'accertamento, facolt questa tuttora attribuita alle Commissioni dall'art. 5 I comma della 1: 5 gennaio 1956 n. 1 e dall'art. 36 del t. u. delle imposte dirette in sostituzione della soppressa facolt di accertamento diretto. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 335 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 aprile 1969, n. 1186 -Pres. Rossano -Est. Arienzo -P. M. De Marco (conf.) -Del Vicario (avv. Del Vecchio) c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Carafa). Violazione delle leggi finanziarie e valutarie -Pena pecuniaria -Natura -Prescrizione -Norme applicabili -Verbale di accertamento Idoneit quale atto interruttivo. (1. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 17; r.d. 5 dicembre 1938, n, 1928, art. 3; r.d. 12 maggio 1938, n. 794, art. 3; e.e., art. 2943). La pena pecuniaria comminata per la vioiazione di norme in materia valutaria ha natura di obbligazicme civile e quindi, quanto alla prescrizione, soggetta alle norme del cod. civ. Di conseguenza il corrso delia presc1izione interrotto con la notifica del verbale di accertamento dell'infrazione, anche se esso non contiene la liquidazione della somma costituente la sanzione, e con gli atti successivi del procedimento amministrativo, nulia rilevando che questi atti promanino da organi (Polizia tributaria, Ufficio italiano dei cambi) diversi da quello (Ministero del Tesoro) titolare della pretes-a (1). (1) Massima esattissima e conforme a costante giurisprudenza: 29 gennaio 1964_ n. 241 in questa Rassegna, 1964, I, 367 con nota di L. CoRREALE; 15 luglio 1967, n. 1399, ivi, 1967, I, 880; 8 gennaio 1968, ri. 34, ivi, 1968, I, 102; v. anche 10 febrbaio 1967 n. 292 in Dir. e prat. trib., 1968, II, 575 con nota di A. VACCARO. . Notevole la precisazione, implicita nelle precedenti pronunce, che gli organi che agiscono legittimamente nell'interesse del titolare, anche se non facenti parte dell'Amministrazione dello Stato, possono con i loro atti interrompere la prescrizione del credito. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 aprile 1969, n. 1188 -Pres. Pece Est. Jannuzzi -P. M. Sciaraffia (conf.) -Zanarotti (avv. Stoia) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Castiglione Morelli). Imposte doganali -Ingiunzione -Opposizione giudiziaria -Termine Inosservanza -Decadenza. (1. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 24). Imposte doganali -Liquidazione con ingiunzione a seguito di condanna generica al risarcimento del danno -Legittimit. Il termine stabilito nell'art. 24 della legge 25 settembre .1940, n. 1424 per l'opposizione contro l'ingiunzione per il pagamento dei - 336 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO diritti doganali di decadenza ed il suo decorso preclude al cointri. buente la possibilit di cointestare la pretesa tributaria; ci vale anche quando la menzionata legge non sia richiamata nell'ingiunzione, purch l'atto nel suo complesso riv~li 1che la pretesa tributaria abbia per oggetto diritti doganali (1). Quando l'Amministrazione Finanziaria, costituitasi parte civile nel giudizio penale di cointrabbando abbia ottenuto la coindanna generica del contribuente al risarcimento del danno consistente nell'evasioine del tributo, pu procedere alla liquidazioine del tributo stesso mediante ingiunzione amministrativa senza dover promuovere il giudizio di liquidazioine innanzi al giudice civile (2). (1-2) Per giurisprudenza costante il termine di quindici giorni stabilito nell'art. 24 della 1. 25 settembre 1940 n. 1424 di decadenza (Cass. 23 gennaio 1964 n. 164, citata nel testo, in questa Rassegna, 1964, I, 358). poi evidente che la natura dell'imposta pretesa deve risultare dal complesso dell'atto e non necessariamente dalla menzione di una norma di legge. Esattissima appare la seconda massima. L'Amministrazione pu sempre procedere alla liquidazione dell'imposta anche se esiste gi, sotto forma di condanna generica al risarcimento del danno pronunciata dal Giudice penale, un giudicato sulla sussistenza dell'obbligazione tributaria; anzi dubbio che la liquidazione dell'imposta possa essere pronunciata dal giudice civile nel giudizio sul quantum debeatur, essendo questa un'attivit amministrativa sottratta al potere dell'A.G.0., a cui spetta soltanto di controllare la legittimit dei presupposti di imposta. CORTE DI APPELLO DI NAPOLI, 23 novembre 1968, n. 2563 -Pres. Rossi -Est. Sandulli -Ministero delle Finanze (Avv. Gen. Stato) c. Ricciardiello (avv. Pascucci). Imposta di registro -Agevolazioni per il trasferimento di case di abitazione non di lusso -Vendita isolata di negozi -Inapplicabilit. (1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 17; 1. 6 ottobre 1962, n. 1493, art. 1; 1. 2 dicembre 1967, n. 1212, art. 1). Le leggi 6 ottobre 196.2, n. 1493 e 2 dicembre 1967, n. 1212, aventi natura interpretativa, non hanno modificato il regime tributario delineato, dal secoindo e terzo comma dell'art. 17 della legge 2 luglio 1949, n. 408, per la vencUtla isolata di negozi che resta, pertanto, soggetta ! alle normali imposte di trasferimento (1). ! ! ! (1) L'inapplicabilit delle agevolazioni della legge n. 408 del 1949 alla 1 vendita isolata di negozi. Con la sentenza in rassegna, le .cui affermazioni devono condividersi I pienamente. la Corte di appello di Napoli, affrontando una questione gi I I i PARTE I, SEZ. V. GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 337 (Omissis). - incontroverso tra le parti che nel caso di vendita isolata -non contestuale cio con quella dell'intero fabbricato -di negozi costituenti undt economiche a s stanti (caso con il quale si identifica la fattispecie in esame) non competono, ai sensi dell'art. 17 secondo e terzo comma, della legge 2 luglio 1949, n. 408, le agevolat zioni fiscali, quali la riduzione alla met della imposta di registro e quella al quarto dell'.imposta ipotecaria, previste dal primo comma del I suddetto articolo. vivamente controvel'l$o invece se il suddetto requisito della con I testualit -presupposto sicuro per la citata legge al fine d~lle sudl dette agevolazioni -in vendite del genere, sia stato mantenuto o I meno fermo dalla legge successiva del 6 ottobre 1962, n. 1493, la quale, all'art. 1, ha previsto l'applicabilit delle agevolazionii fiscali di cui l godono le case di abitazioni non di lusso a norma della citata legge n. 408 del 1949 e delle successive (legge 16 aprile 1954, n. 111; legge 27 gennaio 1955, n. 22; legge 15 marzo 1956, n. 166; legge 27 dicembre 1956, n. 1416 e legge 10 dicembre 1957, n. 1218), anche ai locali destinati ad ufficd e negozi, quando a questi uitimi sia destinata una ! superficie non eccedente il quarto di quella totale nei p~ani sopra i J! terra. Il contribuente, come anche i primi giudici, sono per la tesi posil tiva, nel senso cio che il requdsito in parola -come gi nella legge I 2 febbraio 1960, n. 35, con la stessa previsione di quella n. 1493 del lI 1962, ma in riferimento alla esenzione dell'imposta sui redditi dei fabbricati -sarebbe stato soppresso in sede di regolamentazdone ex novo dei requisiti richiesti per il godimento delle previste agevolazioni fiscali, j l 1 esaminata e in vario modo risolta cosi dalle Commissioni tributarie come l dai giudici ordinari, pervenuta alla conclusione che la legge 6 ottobre 1962 n. 1493, di natura meramente interpretativa, nulla ha innovato in ordine al regime tributario della vendita isolata di negozi, che resta sog I getta, a norma del secondo e te,rzo comma dell'art. 17 della legge 2 luglio 1949, n. 408, alle normali imposte di trasferimento. Com' noto, la materia della controversia disciplinata dalla legge n. 408 del 1949 agli articoli 13, 14 e 17, essendosi le leggi successive limitate a prorogare i termini originariamente previsti per l'applicazione dei relativi benefici fiscali. noto, altres, che con la legge 6 ottobre 1962, n. 1493 si inteso precipuamente dirimere le molteplici incertezze e perplessit manifestatesi nella applicazione della normativa in materia e l riguardanti l'applicabilit o meno delle agevolazioni fiscali alle case di l abitazione non di lusso, comprendenti uffici e negozi. I Il criterio adottato dal legislatore per risolvere le accennate perplessit stato ricalcato dalla legge 2 febbraio 1960, n. 35, che gi aveva I introdotto, ai fini della esenzione dalla imposta fabbricati, il criterio della I! prevalenza delle superfici destinate ad abitazioni. j Fatte tali brevi premesse, deve rilevarsi come la sentenza in esame I abbia esattamente disatteso la tesi, secondo cui l'art. 1 della legge 6 otto RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 338 con la conseguenza che la legge in parola, e cio la citata n. 1493 del 1962, sarebbe essen~ialmente innovativa sul punto: conclusione questa che, ad avviso del contribuente, troverebbe la pi ampia convalida nella recente legge 2 dicembre 1967, n. 1212, che con peculiare chiarezza avrebbe tassativamente indicati i necessari requisiti al noto fine. L'Amministrazione finanziaria per la tesi assolutamente opposta in una posizione perfettamente antitetica a quella di controparte e del tribunale, nel rilievo che la legge in parola si sarebbe limitata a dirimere i contrasti sorti sui limiti di proporzione tra la superficie destinata ad uffici e negozi e quella destinata ad abitazioni, attraverso una determinazione precisa del rapporto di accessoriet tra quelli e queste, con la conseguenza, nettamente diversa, che la successiva legge, de qua agitur, sarebbe mevamente interpretativa. Ad avviso della Corte la tesi della Finanza indubbiamente la pi attendibile, ispirata com' alla ratio intima della legge n. 1493 del 1962 ed in quanto pi aderente ai canoni di ermeneutica legislativa sulla base della formulazione delle norme, mentre la recente legge . del 1967 non ha alcun valore decisivo per una diversa soluzione. Ben vero, subito dopo la emanazione della legge 2 luglio 1949, n. 408 -nota con la denominazione legge Tupini dal nome del suo presentatore -sorse vivacissimo in pratica, nell'attuazione della legge, in relazione ai vari avvisi del fisco, il contrasto sulla interpretazione dell'inciso -di cui all'art. 13 della citata legge n. 408 nel titolo II, ad oggetto le agevolazioni fiscali e tributarie -con il quale si faceva riferimento agli uffici e negozi compresi nelle case di abitazione. E soprattutto il contrasto sorse sui limiti di proporzione tra queste e bre 1962, n. 1493 avrebbe innovato la materia in esame, sopprimendo le limitazioni previste dai commi secondo e terzo dell'art. 17 della legge 2 luglio 1949, n. 408. Ai sensi dell'art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale, l'abrogazione di una norma di legge pu avvenire per dichiarazione espressa del legislatore, ovvero per incompatibilit tra le nuove disposizioni e le precedenti ovvero, infine, perch la nuova legge regola interamente la materia gi regolata dalla legge anteriore. Ora, escluso evidentemente che nella specie ricorra la prima deile ipotesi contemplate dal citato art. 15 (abrogazione espressa), si tratta di vedere se possa parlarsi di abrogazione implicita per incompatibilit o per nuova regolamentazione dell'intera materia. E per, senza alcuna incertezza, da affermrsi che tale seconda ipotesi (terza nell'ordine dell'articolo 15 disp. sulla legge in generale) va esclusa, al pari di quella dell'abrogazione espressa, dal momento che la legge 6 ottobre 1962, n. 1493 (la quale per ipotesi -dovrebbe essere la legge abrogativa) significativamente intitolata Modifiche ed interpretazioni di norme legislative in materia di agevolazioni tributarie nel settore dell'edilizia : dunque, se soltanto di modifiche (ed interpretazioni) si tratta (com' confermato, d'altra PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 339 quelli in ordine al criterio adottabile per la determinazione precisa del rapporto di accessoriet tra gli stessi nella logica ed intuitiva considerazione che, riguardando la legge, e quindi le agevolazioni fiscali e tributarie relative, esclusivamente le case di abitazione che non avessero caratteri di lusso, il riferimento all'altro genere di costruzioni che gi di per s conferiva un tono pi elevato al fabbricato, e che il legislatore, nonostante ci, non disconoscendo le sentite esigenze dei nuovi tempi, anzi, nella pi chiara maniera, sensibile a queste, ravvis compatibile con la finalit e con il genere di costruzioni previste, in linea primaria dal carattere quasi popolare -fosse da ritenersi come fatto per un ambito di pi circoscritta attuazione, in una necessaria determinazione di limiti al fine di evitare che, nella prevalenza del genere non primario, eccezionalmente compreso ., sull'altro principale, venisse frustrata la finalit della legge di incrementare le costruzioni edilizie dando la possibilit ai lavoratori di procurarsi una casa propria. E cos, in tale contrasto, fu merito della giurisprudenza della C.S. che, cogliendo lo spirito della norma, fiss di questa il giusto ambito e gli esatti Hmiti in ordine al punto de quo -la determinazione del principio, per il predetto vivamente sen~ito, che la estensione delle agevolazioni fiscali agli uffici ed ai negozi, incorporati in case di abitazioni non di lusso, costruite nei termini di legge, restava condizionata alla circostanza che la incoxiporazione non fosse di tale entit da snaturare la fondamentale natura e destinazione deHa costruzione, ossia che la parte di edificio destinata ad uso di uffici e negozi non raggiungesse parte, dalle norme contenute nella legge), pacifico c_he non si di fronte ad una nuova regolamentazione della intera materia. Resta l'ipotesi dell'abrogazione implicita per incompatibilit tra vecchie e nuove disposizioni, ma anche questa pu agevolmente escludersi per pi ordini di motivi. Anzitutto, perch possa parlarsi di abrogazione del secondo e terzo comma dell'art. 17 della legge 2 luglio 1949, n. 408, l'incompatibilit dovrebbe sussistere tra tali disposizioni e quelle di cui all'art. 1 della legge del 1962. E dovrebbe, com' chiaro, trattarsi di uno stridente contrasto di norme, tale da determinare una inconciliabilit assoluta di. disposizioni per cui l'una non possa coesistere con l'altra. Orbene, questo stridente contrasto, questa assoluta inconciliabilit non sussistono davvero se l'art. 1 citato esordisce richiamando in blocco tutta la precedente normativa in materia (ivi compresa, e prima fra tutta, la legge 2 luglio 1949, n. 408) per dichiararla subito dopo applicabile, a determinate condizioni, anche ai locali destinati ad uffici e negozi. Inoltre, mentre il secondo e il terzo comma dell'art. 17 della legge 2 luglio 1949, n. 408, disciplinano specificamente il regime tributario del trasferimento isolato di negozi costituenti entit economiche a s stanti, l'art. 1 della legge 6 ottobre 1962, n. 1493 ha una portata pi generale e nient'affatto specifica, sicch, anche avendo riguardo a tale profilo, - 340 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e tanto meno superasse la parte destinata ad abitazione (Cass. Sez. Un., 23 novembre 1963, n. 3023). Ma, un tale principio oltre il quale l'interiprete non poteva andare, non essendogli consentite determinazioni concrete di limiti, essendo questo compito del legislatore, non sopi i contrasti, sentendosi viva la necessit di una tale determinazione in una maniera formale attraverso la legge. Indi venne emanata la legge in parola, quella del 6 ottobre 1962, n. 1493, la quale, come si innanzi evidenziato, con il richiamo testuale della disposizione, all'art. 1 ebbe a determin.are in concreto i limiti di proporzione tra la superficie destinata a negozi e quella destinata ad abitazioni. Ora se questo stato l'iter logico della legge in parola, il quale iter ne denunzia la ratio in maniera chiara .ed evidente, fuor di dubbio che, con la citata disposizione, la legge abbia inteso soltanto, allo scopo di dirimere gli insorti dubbi interpretativi, dare una concreta regolamentazione sul punto, con una esatta precisa determinazione del criterio di prevalenza, che era gi nella legge precedente n. 408 del 1949, e solo difettava di concretezza, tanto necessaria, come la pratica dimostr, e che quindi in ci fare non abbia inteso modificare il.sistema della legge precedente suddetta, con particolare riguardo ai requisiti richiesti per il godimento delle previste agevolazioni fiscali : tra i quali, primario, quello, della contestualit nella vendita dei negozi. Ed una tale conclusione che si coglie in maniera evidente attraverso un esame penetrante della norma in base alla sua intima ratio, parlare di abrogazione implicita per incompatibilit appare veramente arduo. Ma c' dell'altro. Si ricordato, pi sopra, il titolo della legge: Modifiche ed interpretazioni ecc. . Ora, posto che dei tre articoli di cui si compone la legge il secondo e il terzo modificano, rispettivamente, l'art. 4 legge 2 febbraio 1960, n. 35 e l'art. 4 legge 18 luglio 1961, n. 651, di intuitiva evidenza che la norma interpretativa, preannunciata nel titolo della legge, quella contenuta nell'art. 1. Il che confermato, del resto, dal secondo comma della disposizione in parola che fa salvi gli accertamenti gi divenuti definitivi ed esclude la ripetibilit dell'imposta gi pagata, contro il c. d. principio della retroattivit della norma interpretativa. Ed una volta accertata la natura della disposizione in esame, continuare a parlare di incompatibilit tra due norme, di cui l'una destinata ad interpretare l'altra, sarebbe un non senso, un vero e proprio assurdo, essendo per definizione (istituzionalmente, potrebbe dirsi) la norma interpretativa destinata a confermare la efficacia ed imperativit della norma interpretata. Ben altro, dunque, della inconciliabilit assoluta e della impossibilit di coesistenza cui pi sopra si accennato. Ma dalla rilevata natura interpretativa (sottolineata anche nella relazione al progetto di legge: cfr. Atti del Senato, 1683) dell'art. 1 della legge n. 1493 del 1962 pu desumersi, anche per altro verso, l'erroneit della tesi accolta dai giudici di primo grado e nitidamente confutata ! PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 341 trova la conferma pi valida in quello che per cosi dire l'aspetto formale della legge, in riferimento ai criteri di tecnica legislativa. Invero, e ci in primo luogo, il legislatore se avesse inteso derogare cos profondamente al sistema precedente, sovvertendolo nel suo rigore in riferimento ad uno dei pi importanti requisiti -certo che la vendita contestuale del negozio unitamente al fabbricato si pone come circostanza significativa della subordinazione di q);lello a questo nel quadro della finalit della legge, laddove la vendita isolata di tale genere di costruzione costituente, come nella specie, unit economica a s stante, vale a denunziarne la sua autonoma destinazione, nella pi assoluta indipendenza dal complesso edificato -lo avrebbe espressamente detto o comunque avrebbe fatto ricorso ad espressioni adeguate dalle quali sarebbe stato possibile cogliere lo spirito innovativo della norma. E ci tanto pi era necessario in quanto . -nella esclusione quindi della tesi di una abrogazione tacita e pertanto implicita per il contrasto tra norma successiva e norma precedente -la nuova regolamentazione, diretta a quel fine innanzi delineato, e cio di una concreta determinazione del rapporto di prevalenza, non si poneva in contrasto con quella precedente, ben .potendo con questa logicamente coesistere in un organico completamento del sistema, certo che le esclusioni previste dalla legge nel secondo e terzo comma dell'art. 17 non contrastavano con la suddetta determinazione in concreto, ricollegabile ad un principio di prevalenza gi insito nella legge precedente. Ed in relazione a ci, a conferma, torna vieppi attuale, siccome _pertinente, dalla sentenza della Corte. Secondo tale tesi il legislatore, allo scopo di dirimere i dubbi interpretativi ed il contrasto giurisprudenziale delineatosi in materia, avrebbe sostanzialmente tagliato la testa al toro estendendo anche alla vendita, con atto separato, di negozi le agevolazioni gi accordate al trasferimento di case di abitazione. agevole, per, replicare che le perplessit che si inteso superare non riguardavano tale particolare punto, nitidamente disciplinato dal secondo e terzo comma dell'art. 17 della legge n. 408 .del 1949, essendo viceversa alimentate dall'ambiguo riferimento fatto ai trasferimenti di case di abitazione non di lusso anche se comprendenti uffici o negozi . Ed per l'appunto allo scopo di chiarire tale espressione che si fatto ricorso ad un criterio di prevalenza di superfici che non avrebbe avuto senso ove la reale intenzione del legislatore fosse stata -come si pretende da taluno -quella di agevolare anche il trasferimento isolato di negozi. Il problema interpretativo, in sostanza, si poneva -ed stato risolto -solo con rig.ardo ad un intero fabbricato comprendente case di abitazione e locali destinati ad uffici e negozi: con riguardo a tale fattispecie che poteva dubitarsi del limite di accessoriet oltre il quale le finalit del legislatore del 1949 rischiavano di venir travisate. Potrebbe, a tal punto, opporsi, sul rilievo che nella specie si di fronte ad un atto di interpretazione autentica, che l'accertata natura della disposizione in esame non esclude, di per s, la possibilit di annet 342 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il richiamo del ricordato insegnamento della Corte Suprema nel quale, in motiviazione, si precisa proprio che i predetti commi dell'art. 17, nei quali prevista la esclusione in parola, non escludono bens confermano quella interpretazione innanzi delineata e data dalla stessa Corte, in ordine al ra1pporto di prevalenza, perch precisano che il legislatore ha inteso accordare la riduzione dell'imposta a tutti gli_ elementi della costruzione in caso di vendita dell'intero fabbricato con un unico atto nel primo quadriennio ed escluderla nel caso di vendite isolate di negozi costituenti autonome unit economiche. E se i predetti commi della norma confermano quella interpretazione, che proviene dal giudice, parimenti non possono non confermare la interpretazione, fatta dal legislatore, che si divaria dall'altra solo perch quantifica, in un rapporto di concretezza, il principio. In secondo luogo non pu non tenersi presente che la legge in parola porta nella sua intestazione una duplice indicazione che ne qualifica e determina il contenuto, precisamente limitato e cio modifiche ed altres interpretazioni di nol'me legislative in mater.ia di agevolazioni tributarie nel settore dell'edilizia. E se si tien presente che la legge in parola, che si 1compone di soli tre ar.ticoli, in due di essi, e precisamente il secondo ed il terzo, attua precise modifiche di precedenti nol'me e propriamente dell'art. 4 della legge 2 febbraio 1960, n. 35 (su ricordata perch ha in comune con la legge de qua la determinazione in concreto del rapporto di prevalenza in riferimento ad altra imposta) e dello stesso articolo della legge 19 luglio 1961, tere alla norma una portata sostanzialmente abrogatrice delle precedenti disposizioni; interpretazione (autentica) ed abrogazione, in altre parole, non sarebbero due termini antitetici e tali che l'uno escluda necessariamente l'atto, potendo configurarsi una interpretatio abrogans, vale a dire una estensione (o, eventualmente, riduzione) della portata di una disposizione per effetto della interpretazione autentica fornitane con la norma successiva. L'obiezione,. peraltro, avrebbe il torto di perdere di vista il punto focale dell'indagine, consistente nello stabilire se sussista incompatibilit tale tra le nuove e le precedenti disposizioni da escludere ogni possibilit di una loro coesistenza. Ora chiaro che per parlare di incompatibilit occorre'preliminarmente verificare quale sia la materia delle due disposizioni, potendo darsi abrogazione tacita solo in presenza di una perfetta identit di materia tra vecchia e nuova norma. E tale identit di materia non sussiste tra l'art. 17, secondo e terzo comma, legge 2 luglio 1949, n. 408 e l'art. 1, primo comma, legge 6 ottobre 1962, n. 1493. La precedente disposizione, invero, parla di vendita di negozi con una terminologia che non figura nella norma nuova, la .quale si limita a far parola di locali destinati ad uffici e negozi ., senza alcun specifico riferimento alla compravendita di questi ultimi. Da una parte, si esclude dalle agevolazioni tributarie la vendita separata di negozi; dall'altra, si estendono i benefici ai locali destinati ad PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 343 n. 659, dei quali articoli si sanziona la sostituzione ., se ne deriva, non potendosi negare valore alle chiare parole del legislatore ed escludere che questi non le abbia usate nel loro giusto senso tecnico, che le interpretazioni non possono che riflettere l'art. 1 in esame, con la determinazione in concreto del r.a1pporto di prevalenza. In tal modo la natura interpretativa della legge sul punto in parola trova nella parola della stessa legge la pi autorevole conferma. Ci detto di nessun valore si palesa l'argomento che l'appellato contribuente ritiene di poter trarre -ed a suo avviso in maniera decisiva -dalla legge del 2 dicembre 19'67, n. 1212, che suonerebbe come esplicita conferma alla tesi sostenuta che il requisito della contestualit da ritenersi dalle leggi successive alla n. 408 del 1949 ormai superato, nella sola limitazione della proporzione, di prevalenza, in conc!'eto determinata. Invero, tale nuova legge, nella intestazione si definisce, come nel contenuto si presenta, quale legge squisitamente di interpretazione autentica dell'art. 1 della legge n. 1493 in parola: e se il contenuto di questa nei sensi innanzi indicati, la legge del 1967, dal limitato valore interpretativo, non 1pu tale contenuto alterare o modificare, potendo ci fare solo una legge di ben diverso valore. Aggiungasi comunque che la nuova legge sul punto, sia pure nella premessa di espressioni non improntate a quel necessario rigore dl tecnica legislativa, di cui non devono difettare le norme, si limita a ricalcare puramente e semplicemente quel rapporto di proporzione quantificato dalla legge precedente. D'altra parte non manca la ragione 1Iuffici e negozi; l, il legislatore ha avuto presente un quid iuris (contratti aventi particolare oggetto); qua, invece, la norma ha riferimento ad un quid facti, ad un dato spaziale (locali). Sembra, dunque, di poter dire che la precedente disposizione, non che usare solo una terminologia diversa, ha un contenuto precettivo speciale ignoto alla nuova, che si pone su un piano diverso. Agli argomenti addotti dalla sentenza a sostegno della decisione pu, infine, aggiungersi una ulteriore considerazione. L'art. 1 della legge del 1962 richiama tutti i precedenti provvedimenti legislativi, ad eccezione della legge 2 febbraio 1960, n. 35 che, all'art. 3, ulteriormente prorogava fino al 31 dicembre 1967 le agevolazioni tributarie in discorso. Dunque, se la legge del 1962 avesse portata innovativa troverebbe applicazione soltanto alla vendita isolata di negozi incorporati in fabbricati costruiti fino a tutto il 31 dicembre 1959, che il termine fissato dall'ultima legge (10 dicembre 1957), n. 1218) richiamata dall'art. 1 della legge n. 1493, ed a quelle sole, di dette vendite, fatte entro lo stesso termine: cosa evidentemente assurda non potendo spiegarsi perch il legislatore avrebbe ampliato la portata dei benefici soltanto per un periodo del passato, e l'avrebbe confermato nella ristrettezza originaria per il tempo successivo. Ove, invece, si consideri che la legge 2 febbraio 1960, n. 35 aveva, all'art. 1, gi introdotto -ai soli fini della esenzione dalla imposta sui SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 marzo 1969, n. 710 -Pres. Stella Richter -Est. Tafuri -P. M. Pedace (conf.) -Assessorato LL. PP. della Regione siciliana (avv. Stato Del Greco) c. Impresa Mustica (avv. Pasquale). Regioni -Regione Siciliana -Opere pubbliche appaltate dalla Regione Capitolato generale per le opere pubblich~ appaltate dallo Stato -Valore regolamentare per gli appalti della Regione -Esclusione Necessit di richiamo contrattuale -Sussiste -Applicabilit, pur in mancanza di tale richiamo, delle norme processuali inderogabili e d'immediata applicazione del Cap. ge:q. 00.PP. dello Stato approvato con D. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063 -Esclusione. (1. reg. sic. 1 luglio 1947, n ..3, art. 1; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063). H Capitolato generale per le opere pubbliche appaltate dallo Stato (una volta d.m..28 maggio 1895, oggi d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063) ha valore normativo interno solo per lo Stato e non anche per. la Regione siciliana, la quale, al pari degli altri enti pubblici, pu assumerlo, solo .contrattualmente a regolamento dei suoi appalti (1). (Omissis). -Con il primo mezzo, l'Assessorato siciliano per i 11.pp., denunziando sia la violazione e falsa applicazione del d.P.R. 16 luglio (1) Nonostante la motivata resistenza dell'Avvocatura, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ripete acriticamente un insegnamento di massima (v. Cass. 7 marzo 1967, n. 528; in questa Rassegna, 1967, I, 580 con nota critica di AzzARITI .(GIORGIO) frutto di equivoco e fonte di contraddizione. La sentenza in rassegna assume, infatti, come presupposto del suo ragionamento la natura interna delle norme del Cap. Gen. oo. pp. In questo stesso fascicolo della Rassegna viene riportata, qui di seguito (pag. 348, in part. 350, nella motiv.), la sentenza 17 marzo 1969, n. 857 della stessa I Sezione Civile della Corte di Cassazione, la quale, diversamente, ribadisce altra prevalente giurisprudenza della Corte di Cassazione, secondo cui il Cap. Gen. oo. pp. si articola in norme regolamentari dotate dell'a imperativitd esterna che propria delle norme di diritto obiettivo (cfr. Cass., 12 gen 346 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1962, n. 1063, in relazione al'art. 1 della legge regionale siciliana 1~ luglio 1947, n. 3, 14 (lett. g) e 20 Statuto regione siciliana, approvato con r.d.1. 15 maggio 1946, n. 455, convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, sia l'omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia, sostiene che, in virt del d.P.R.. 30 luglio 1950, n. 878, la Regione siciliana svolge nell'ambito del proprio territorio le attribuzioni del Ministero dei lavori pubblici, previste dall'art. 20 dello Statuto regionale, e si avvale del Provveditorato e degli uffici del genio civile statali funzionanti nel suo territorio. Essendosi stabilito un rapporto di successione tra enti, la normativa in materi~ di opere pubbliche sarebbe vincolante per l'ente successore. In particolare il tribunale avrebbe omesso di esaminare la legge regfonale 10 luglio 1947, n. 3, che proroga, fino a quando l'Assemblea regionale non abbia diversamente disposto, l'applicazione, nelle materie attribuite alla competenza regionale, della legislazione dello Stato fin allora in vigore. In conseguenza, il Capitolato generale dello Stato approvato con d.m. 28 maggio 1895 avrebbe per la Regione la stessa forza normativa che ha per lo Stato. E, poich le forme e i modi di risoluzione delle controversie con gli appaltatori, attenendo alla materia processuale, sono inderogabili e d'immediata applicazione, l'art. 47 del nuovo Capitolato generale di cui al d.P.R. 16 luglio 1_962, consentendo di declinare la competenza arbitrale, legittimerebbe la facolt esercitata dall'Amministrazione regionale nei confronti del Mustica. La censura priva di fondamento. Anzitutto l'argomento, che l'Avvocatura dello Stato vuo,l desumere dalla successione tra enti, si dimostra inconferente: atteso che la Regione siciliana, soggetto di diritto pubblico, con capacit di diritto naio 1956, n. 27, Giur. it., 1957, I, 1, 1048-1050; 14 giugno 1962, n. 1478, Il foro amm., 1963, II, 83-84; per il Cap. gen. 1962, v. C:ass., 23 luglio 1964, n. 1989, in questa Rassegna, 1964, I, 969-971) ed in armonia con tale concetto sono ad es. comprese tra le norme vigenti per l'esecuzione delle opere pubbliche di competenza del Ministero Lavori Pubblici ., a cui rinvia per la disciplina degli appalti della Cassa per il Mezzogiorno o suoi concessionari l'art. 8 1. 10 agosto 1950 n. 646, anche le disposizioni del Cap. Gen. oo. pp. del 1895 (Cass., 23 giugno 1958, n. 2219, Foro it., 1958, I, 1450; 19 gennaio 1963, n. 67, Giur. it., Mass., 1963, 20) e del Cap. Gen. oo. pp. del 1962 (Cass., 6 aprile 1963, n. 909, in questa Rassegna, 1966, I, 843; 6 settembre 1968, n. 2878, ivi, 1968, 842). Ed allora? Con quanta coerenza pu continuare ad affermarsi che, invece, fra le norme della legislazione materiale dello Stato richiamate dall'ampia dizione dell'art. 1 1. reg. sic. 1 luglio 1947, n. 3 non sono da comprendere le disposizioni del Cap. Gen. oo. pp., perch queste sarebbero proprie di un regolamento interno statale, con d, per di pi, obliterandosi che il rapporto fra stazione apipaltante ed appaltatore di opera pubblica un rapporto intersoggettivo, rilevante per l'ordinamento giu PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 347 distinta da quello dello Stato, nell'ambito della propria competenza, detemiinafa dalle leggi istitutive, gode delle relative potest e le esplica in via primaria ed autonoma. E non pu revocarsi in dubbio che ci valga in ispecie quanto all'attivit sostanzi-almente contrattuale che esplica nell'esercizio delle funzioni ad essa attribuite. Il richiamo alla successione avrebbe rilevanza ,soltanto se il contratto de quo fosse stato concluso con lo Stato e, solo in un secondo momento, la Regione fosse subentrata nella relativa posizione contrattuale. Quanto poi all'invocata disposizione di rinvio, di cui all'art. 1 della legge regionale 1 luglio 1947, n. 3, questo Supremo Collegio si ripetutamente prenunciato nel senso che il Capitolato generale per le opere pubbliche appaltate dello Stato (una volta d.m. 28 maggio 1895 oggi d.P. 16 luglio 1962, n. 1063) ha valore normativo interno, solo per lo Stato e non anche 1per la Regione siciliana, la quale, al pari degli altri enti pubblici, pu assumerlo solo contrattualmente a regolamento dei suoi appalti (Cass. 7 marzo 1967, n. 528; 17 aprile 1968, n. 1143). E anzi, quando la Regione ha ritenuto, con la legge 25 settembre 1957, n. 54, di provvedere in materia, la Corte costituzionale, con sentenza 2 maggio 1958, n. 35, ha dichiarato l'illegittimit, costituzionale dell'art. 8 di detta legge, osservando che la potest di emanare norme materiali per disciplinare certi rapporti giuridici, come quelli relativi al compimento delle opere pubbliche, non com'Prende certamente anche il potere di regolare preventivamente, mediante norme strumentali ben differenti per funzione o per struttura, perfino le forme e i modi del giudizio sulle controversie concernenti quei rapporti, sottraendolo alla giurisdizione competente per deferirlo, invece, ridico generale, che, per altro verso, non si dubita sia regolato da norme di diritto obiettivo, come sono quelle della legge sui lavori pubblici, della legge di contabilit generale dello Stato, quelle sulla revisione dei prezzi, ecc. Problema diverso era quello dei limiti di legittimit costituzionale del rinvio legislativo regionale, nella materia considerata, alla legislazione statale (v. Corte Cost., sent. 2 maggio 1958, n. 35, Giur. cost., 1958, 481, con nota di ESPOSITO). Rispetto al quale, a prescindere dal caso di specie, pu ben avvertirsi che una legge regionale, che, per la disciplina degli appalti oo. pp. stipulati dalla Regione siciliana o suoi concessionari, dichiarasse applicabili le norme del Cap. Gen. oo. pp. appr. con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, non potrebbe, comunque, incorrere nelle censure di cui alla citata sentenza della Corte Costituzionale, poich il Cap. Gen. statale del 1962, con le norme che ,qui interessano, non sottrae controversie alla sfera di competenza dell'A. G., sibbene concede alle parti una facolt di scelta fra due, giudici, cfr. Corte Arpp. Roma, 18 febbraio 1969, n. 336, in questa Rassegna, 1969, I, 151. 348 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ed in via obbligatoria, a soggetti o ad organi diversi . Altra cosa 348 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ed in via obbligatoria, a soggetti o ad organi diversi . Altra cosa esercitare, rispetto ad una o anche a pi controversie determinate o determinabili, un potere di disposizione, che strettamente collegato al potere di azione, seppure non ne addirittura un aspetto o uno svolgimento, di guisa che concepibile che la Regione ne sia titolare; altra cosa dettare una norma legislativa, diretta a vincolare non soltanto la Regione, ma anche i terzi e per di pi a sottrarre preventivamente ed in via generale tutte le controversie concernenti i rapporti in certe materie alla sfera di competenza delle autorit giurisdizionali. Con il secondo motivo, sotto altro profilo, si denunzia la violazione del d.P.R. n. 1063 del 1962, perch non sarebbe pi possibile I.a costituzione dei Collegi arbitrali nei modi previsti dal, Capitolato del 1895, non potendo l'attivit degli organi statali essere spiegata j::he nel rigoroso rispetto delle attribuzioni previste dalle leggi istituzionali. Anche sul punto questo Supremo Collegio ha sottolineato che la legge non ostacola, ma favorisce in generale che la nomina degli arbitri abbia luogo ad opera della pubblica autorit. E se, in astratto, pu prospettarsi che questa, non vincolata da norma apposita, si rifiuti di procedere alla nomina, rpu sopperire il criterio sussidiario, previsto dall'art. 810 c.p.c., valido anche se la clausola compromissoria nulla disponga a riguardo o predisponga un sistema comunque non funzionale. Con il terzo motivo l'Assessorato Regionale denuncia la nullit della clausola compromissoria perch non approvata, in forma specifica, per iscritto dal Mustica. Anche quest'ultimo motivo infondato. Invero, qualora fosse in tesi raffigurabile il contratto per adesione, l'Amministrazione che ha predisposto il testo non potrebbe addurre l'inefficacia, atteso che la sanzione pu essere fatta valere esclusivamente dal contraente ;pi debole nel cui interesse la protezione apprestata (Cass., 13 febbraio 1968, n. 495); se non che, nella specie, la clausola compromissoria, essendo propriamente contenuta nell'atto predisposto da un terzo, al quale le pariti si sono concordemente richiamate, concreta l'ipotesi di formazione del contratto per relationem perfectum, per cui non applicabile l'art. 1341 c.p.c. (Cass., 12 febbraio 1968, n. 470). -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 marzo 1969, n. 857 -Pres. Pece -Est. Virgilio -P. M. Antoci (conf.) -Cassa per il Mezzogiorno (Avv. Stato Angelini Rota) c. D'Agostino (avv. Fortuna). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Contratti di appalto stipulati dalla Cassa per il Mezzo~iorno o dai suoi concessionari -Obbli~o PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 349 contrattualmente assunto dalle parti di uniformarsi alle. disposizioni del Capitolato generale della Cassa -Validit limitata alle materie parallelamente disciplinate dal Cap. gen. oo.pp. 1962 con norme di carattere dispositivo -Sussiste -Prevalenza delle regole stabilite dal Cap. gen. oo.pp. 1962 con norme di carattere inderogabile -Sussiste -Applicazione in materia di controversie fra appaltatore e stazione appaltante. (1. 10 agosto 1950, n. 646, art. 8; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063). In virt. del richiamo operato dall'art. 8 l. 10 agosto 1950, n. 646 alla disciplina legale e regolamentare degli appalti delle opere dipen I denti dat Ministero dei Lavori Pubbiici, gli appalti di opere pubbliche stipulati dalla Cassa per il Mezzogiorno o da suoi concessionari pos I sono essere pattiziamente assoggettati aiza disciplina del Capitolato generale della Cassa soUanto per quanto concerne regole dispositive l del Cap. gen. oo.pp., ma non anche per quelle aventi carattere inckrogabile, fra cui sono da annoverare le norme relative al contenzioso l fra l'.appaltatore e la stazione appaltante (1). l (Omissis). -Con unico motivo la Q'icorrente deduce che l'art. 39 del Ca1pitolato generale approvato dalla Cassa per il Mezzogiorno nella l seduta del 6 luglio 1954 (in base ai poteri previsti dell'art. 45 del Regolamento 23 maggio 1924, n. 827, per l'esecuzione della legge sulla I contabilit generale dello Stato) riserva soltanto alla parte convenuta la facolt di escludere unilateralmente la competenza arbitrale stabi J lita dall'art. 43 dello stesso capitolato e ne trae la conseguenza che tale normativa -espressamente richiamata nel contratto di. appalto l stipulato con l'impresa D'Agostino -avrebbe dovuto indurre il Tri I bunale ad escludere che anche l'impresa potesse declinare la competenza arbitrale, optando per quella ordinaria. Aggiunge la ricorrente che non contrasta con la indicata conclusione la disposizione dell'art. 8 della legge 10 agosto 1950, n. 646 (istitutiva della Cassa per il Mezzogiorno), in quanto detta norma si limita a stabilire che solo in quanto applicabili si osservano le disposizioni vigenti per l'esecuzione delle opere di pertinenza del Ministero dei Lavori Pubblici, per cui la normativa speciale contenuta nel Capitolato della Cassa deve prevalere rispetto a quella generale del Capitolato generale approvato con d.p. 16 luglio 1962, n. 1063, secondo il quale (art. 47) consentito ad entrambe le parti di escludfile la competenza arbitrale. (1) Giurisprudenza consolidata: cfr. da, ultimo, Cass., 6 settembre 1968, n. 2878, in questa Rassegna, 1968, I, 842 ed ivi ulteriori riferimenti sub 1-2 (v. ora il C:ap. gen. app. appr. dal Cons. d'amm. della Cassa per il Mezzogiorno con del. 20 gennaio 1965 e mod. con del. 7 giugno 1968). 13 350 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La tesi non ha fondamento. Questa Corte Suprema ha pi volte avuto occasione di affermare, con specifico riferimento alle opere da eseguirsi dalla Cassa per il Mezzogiorno, che a termini dell'art. 8 della citata legge n. 646 del 1950 gli appalti stipulati da tale ente sono considerati alla stessa stregua di quelli sttpulati dallo Stato, e che ad essi debbono applicarsi le disposizioni contenute nei Capitolati generali per le opere pubbliche dello Stato, che hanno natura regolamentare, e quindi l'imperativit esterna che propria delle norme di diritto obbiettivo. Ha, inoltre, affermato questa Corte che l'obbligo, assunto eventualmente dalle parti, di uniformarsi alle. diverse disposizioni del Capitolato della Cassa pu valere soltanto nell'ambito delle regole del Capitolato delle opere pubbliche aventi carattere dispositivo, tra le quali -tuttavia -non possono annoverarsi quelle sulla disciplina dell'arbitrato, che sono al contrario inderogabili. " Alia stregua del consolidato orientamento della giurisprudenza di questo Supremo Collegio nei sensi indicati (14 ,giugno 1965, n. 1193; 28 marzo e 6 aprile 1966, nn. 815 e 909; 13 maggio 1968, n. 1493), il Tribunale di Roma ritenne la propria competenza in ordine alla controversia insorta tra il D'Agostino e la Cassa per il Mezzogiorno. Il ricorso di questa, non sussistendo validi argomenti per discostarsi dal menzionato orientamento giurisprudenziale, deve essere rigetta, to. -(Omissis). CORTE DI APPELLO DI ROMA, Sez. I, 23 gennaio 1969, n. 113 - Pres. De Rosa -Est. Bonelli -Comune di Roma (avv. Precone) c. Societ Costruzioni Industriali e lavori pubblici (avv. Petraccia). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Onere della riserva immediata incombente sull'appaltatore -Funzione -Portata generale in ordine a qualsiasi pretesa a maggiori somme di danaro da parte dell'appaltatore -Sussiste -Momento di operativit. ( I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, artt. 343 e 345; r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 11, 16, 20, 21, 22, 23, 36, 37, 53, 54, 64 e 89; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 42). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Sospensione dei lavori disposta dall'Amministrazione committente -Pretese dell'appaltatore a maggiori compensi o indennizzi per il fatto della sospensione Necessit della riserva immediata -Sussiste -Momento di operativit. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 16 e 89). PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 351 Appalto -Appalto di opere pubbliche -Riserve dell'appaltatore -Esame in via amministrativa -Provvedimento generico di rigetto delle riserve perch infondate in fatto e in diritto -Portata Rinunzia dell'Amministrazione committente ad avvalersi in giudizio dell'eccezione di decadenza delle riserve per intempestivit delle medesime -Esclusione. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 109; d.m. 28 maggio 1895, art. 41; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 42). Arbitrato -Impugnazione per nullit della sentenza arbitrale -Giudizio d'impugnazione -Ammissibilit di impugnazioni incidentali Esclusione. ("f:i.W:'.1W:r.f:Z:ff.f:tr:~xq{fWY.#.1%7~f.%:%%:tr:::'t@=tff:f:~%:f:lf.f."0 ra@.l-lllll11Bllllllal6lt1lI rispettate senza la considerazione di ci che in concreto -malgrado la loro violazione -sia vvenuto del diritto alla difesa: la violazione del diritto alla difesa in re ipsa, nell'atto della violazione alla norma che lo assicura. 362 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 2. -D'altra parte, che il diritto alla difesa non sia il bene giuridico tutelato dalla norma, ma, al pi, il criterio che ha ispirato il legislatore nella opzione della formula di cui all'art. 477, mi pare possa arguirsi .da una circostanza molto importante: il giudice pu dare al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nella sentenza di rinvio a giudizio (art. 374), nella richiesta (art. 396) o nel decreto di citazione (art. 405 segg.), infliggere le pene corrispondenti quantunque pi gravi e applicare le misure di sicurezza, con l'unico limite che deriva dalla competenza o dalla giurisdizione. Orbene, poich l'art. 185 n. 3 c. p. p. assicura, a pena di nullit assoluta, l' assistenza dell'imputato in ogni fase e grado del giudizio e poich, d'altro lato, a nessuno pu sfuggire quanto, in pratica, sia importante, nello sviluppo di una tesi difensiva, tener conto anche dell'aspetto tecnico-giuridico del reato contestato, si dovrebbe dedurre che l'art. 477 contenga una norma contraddittoria rispetto a quella di cui al citato art. 185, tale da menomare gravemente de facto et de iure il concreto esplicarsi della difesa stessa, ben potendo, ad esempio, il giudice condannare per altro titolo di reato, dopo che il difensore dell'imputato si sia battuto per dimostrare l'assenza giuridica degli elementi caratterizzanti il reato contestato (7): tale incongruenza dell'art. 477 rispetto all'art. 185 n. 3 potrebbe addirittura risolversi in una difformit dal precetto costituzionale (art. 24 capv.). Ma tale contraddizione e tale sospetto di incostituzionalit scompaiono allorch si consideri che il bene protetto dall'art. 477, mediante il principio della correlazione tra l'accusa e la sentenza, non tanto la difesa dell'imputato, quanto l'armonia del processo, sotto il profilo dell'investitura e della legittimazione del giudice nonch dei poteri e dei diritti dei soggetti del rapporto in ordine ad un determinato thema decidendum: thema, che, cristallizzato e puntualizzato attraverso la contestazione, funziona da vero e proprio presupposto processuale, nel senso -positivo e negativo - sopra rammentato. La diversa qualificazione giuridica del fatto, dunque, consentita non perch qualificare in termini giuridici un certo fatto in maniera diversa sia indifferente alla difesa dell'imputato, per lo meno sotto l'aspetto tecnico della medesima, ma perch la diversa qualificazione giuridica irrilevante rispetto al sistema del contraddittorio e, in specie, in ordine alla potestas iudicandi: con la diversa qualificazione giuridica non si fuoriesce dai binari del rapporto giuridico, segnato da un determinato oggetto materiale -il fatto -a meno che il fatto stesso e con esso il rapporto, che su di esso si fonda, non venga sussunto dalla norma come reato di competenza di altro giudice. 3. -Le incertezze che hanno travagliato la giurisprudenza nella esatta applicazione dell'art. 477 sono il frutto della errata riconduzione del principio della correlazione unicamente negli schemi del rispetto del (7) Non pare che l'argomento sia stato posto dalla dottrina nella debita luce: un accenno in ScuccEs Muccro, Considerazioni sui principio di correlazione sancito neU'art. 477 c.p.c., in Giur. it., 1961, II, 244, il quale si limita a rilevare he e il difensore... dovrebbe poter apprestare l'apparato tecnico giuridico della difesa stessa in relazione, appunto, alla possibilit di diversificazione del nomen iuris , ed auspica, de iure condendo, che venga in qualche modo temperato il disposto dell'art. 477, I, c.p.c. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 363 diritto alla difesa, e cio, nell'aver riguardato il menzionato principio unilateralmente, sotto un unico profilo. Perci si adottato in giurisprudenza un criterio di valutazione empirico, che ha disorientato la dottrina, sp~sso inducendola verso posizioni agnostiche o verso la rinunciataria soluzione del caso per caso (8); d'altro lato, attraverso l'evitata elaborazione di un criterio di massima, si spesso rischiato, come si rischia, di adottare, per le stesse fattispecie, soluzioni diverse. Si invoca, infatti, il principio della difesa e dell'interesse 'come criteri ermeneutici. dell'art. 477 (9) e si sostiene che la correlazione esiste quando non sia violato il diritto della difesa e, comunque, quando, attraverso la mutatio, non sia peggiorata la difesa dell'imputato (10): la giustificazione del criterio del caso per caso fondata, in giurisprudenza, sulla circostanza che, come promana da tutto il sistema..., il processo penale non ha scopi gnoseologici ma essenzialmente pratici. Il giudice penale non mira ad accertare ci che avrebbe potuto configurarsi nel fatto commesso, ma , invece, strettamente vincolato, per le necessit difensive, alla contestazione proposta nel cui ambito la sentenza penale deve dare l'accertamento di un fatto e la definizione giuridica del fatto stesso (11). Certamente, l'aspetto prasseologico del pro":" cedimento penale si pone su di un piano ben pi alto dell'aspetto gnoseologico: tuttavia non pu dimenticarsi che lo stato di diritto coltiva il bene della certezza delle norme quale strumento di garanzia dell'assetto democratico e delle civili libert: e la certezza del diritto -che postula la previa conoscenza della valutazione giuridica di ogni comportamento non certo garantita dalla massima -empirica e quindi pericolosa -del caso per caso. 4. -Ma fin dai primi anni della entrata in vigore dell'attuale codice di procedura, la giurisprudenza si orientata nel senso suddetto, in genere e in specie per la .valutazione della colpa. Per esempio, in tema di (8) La dottrina si . chiesta se sia possibile rinvenire un criterio certo per stabilire quali mutamenti della contestazione realizzino, in concreto, la violazione del principio della correlazione tra l'accusa e la sentenza. Gi il FISHER, Das Problem der Identitit und Neueheit, 1892, 83, avvertiva che, non essendo possibile pervenire alla identit assoluta, aristotelica , di cui alla formula a=a, non si pu elaborare una regola generale, ma occorre compiere una indagine caso per caso. Alla stessa conclusione pervenne DENOTARISTEFANI, Commento al Codice di Procedura Penale, 1914, 688, mentre, a soluzione opposta, e cio a sostenere la necessit di un criterio rigoroso e preciso, giunse il GREGORI, Individuazione ed identificaZione tra accusa e sentenza, 1935, 265. Recentemente, anche il DE MAasrco, Diritto Prosuale Penale, 1966, 275, ha sostenuto che e di volta in volta che l'innocuit o meno di questo o quell'elemento del fatto pu essere apprezzata e che si pu ritenere o meno contenuta nella imputazione originaria quella rispondente ai nuovi risultati del dibattimento . Si oppone al criterio del caso per caso, tra i pi recenti, il LEONE F., Sulla correlazione ecc., cit., osserV'ando che il detto criterio pu risolversi nell'arbitrio: secondo l'Autore, il criterio certo e preciso da adottare pu essere questo: ... non c' mutazione solo quando da un maior si passi a un minor gi compreso nella contestazione . (9) Cfr. ad esempio CARNELUTTI F., Principi del Processo Penale, 1960, 128. che ritiene che la chiave di volta dell'art. 477 sia il favor innocentiae. (10) Cosi ritenne Cass. 26 marzo 1941, Giust. pen., 1942, IV, 21.3, in una fattispecie in cui si contest all'imputato di aver provocato la morte di un uomo per una erronea manovra di retromarcia, ma si condann per la imprudenza riscontrata nella frenata improvvisa. (11) Cosi si legge in Cass. 5 febbraio 1965, in Giur. it., 1965, II, 305. 364 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 364 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO omicidio colposo, fu ritenuto che non ci fosse la violazione del principio di cuf all'art. 477 c. p. c. allorch, contestata la causazione dell'evento nella errata manovra di retromarcia, la condanna fosse avvenuta per l'attribuzione di colpa nella frenata improvvisa: si motiv infatti con la circostanza che il .giudice di merito non aveva peggiorato, ma migliorato la posizione processuale dell'imputato, avendo, peraltro, solo precisato un particolare momento del fatto (12). In altre decisioni si sostenne che non si verifica la violazione dell'art. 477 quando nel capo di imputazione si parli di colpa per imprudenza, ma negli interrogatorii siano state precisate altre modalit del fatto, perch non viene violato il diritto alla difesa dell'imputato (13). In altre ancora si detto che, in materia di colpa penale, ben pu il giudice. aggungere ai titoli di colpa contestati altri non contestati, purch risultanti dal dibattimento, essendo in sostanza la colpa penale costituita da un illecito comportamento che deve essere valutato in tutti i suoi elementi (14). Nessuna delle tre motivazioni, che pure sono molto frequenti, sembra potersi approvare: la prima, infatti, degenera in un empirismo deleterio che, addirittura, supera quel po' di nucleo solido costituito dal rispetto del diritto alla difesa, correndo il rischio di condurre a facili abusi. La seconda pone l'accento sul diritto alla difesa, e, pur presentandosi con una migliore caratterizzazione, si appalesa, sotto il profilo scientifico, insufficiente, per quanto si detto in ordine al bene protetto dall'art. 477 e alla conseguente impossibilit di interpretare la norma tutta in chiave di diritto inviolabile alla difesa; d'altra parte, come stato esattamente osservato, non solo manca un criterio per sapere quando che si debba ritenere violato il diritto di difesa, ma... a ben vedere proprio la illegittima variazione della fattispecie il presupposto della lesione del diritto di difesa, e non viceversa (15): e d'altronde, il criterio della difesa una specie di fisarmonica che pu essere allargata all'infinito (16). La terza motivazione -quella fondata sulla unitariet giuridica della colpa penale - ininfluente: vero che la colpa giuridica rappresenti un concetto unitario, e che sia sempre costituita da un illecito comportamento, che deve essere valutato in ogni suo aspetto, ma [pur vero che -psicologicamente ed ontologicamente -sono innumerevoli gli aspetti della condotta che il diritto qualifica come colposa : l'art. 477 pretende proprio che il thema decidendum venga fissato con riguardo a quello o a quell'altro comportamento particolare, storico, concreto, che il diritto sussume sotto la nozione unitaria di colpa: il ragionamento che qui si critica comporta una tale vaghezza da vanificare -praticamente -gli stessi principi della imputazione e della contestazione. Pi sobriamente, altre decisioni, tra le quali quella che si annota, hanno ritenuto che, sempre in ordine ai delitti colposi, non vi sia nullit della sentenza per immutazione del fatto, quando il giudice abbia ritenuto che la causa dell'evento sia da ricercarsi, oltre che nell'elemento di colpa (12) Cass. 26 marzo 1941, cit. (13) Cass. 28 novembre 1951, Ist. St. Leg., 1951, III, 390; 16 giugno 1950 ivi XXXI; 7 novembre 1950 ivi; 16 ottobre 1950 ivi; 11 maggio 1951 ivi; 21 maggio 1951 ivi. (14) Cass. 21 novembre 1951, Ist. St. Leg., 1951, III, 521. (15) FoscHINI, Sistema ecc., cit., 42. (16) PISAPIA, In tema di correlazione ecc., cit. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 365 contestato, anche in altro elemento non contestato: in questa ipotesi, infatti, la condanna rimane fondata sull'elemento di colpa gi contestato (17). L'argomento appare esatto, perch in. questi casi non si determina una modificazione del rapporto processuale, che si ripercuota sulla legitimatio decidenti o sulla posizione giuridica delle altre parti: c' correlazione tra il thema fissato nella contestazione e la sentenza: e dire che gli elementi contestati sarebbero stati di per s sufficienti a fondare la identica condanna, significa sostenere che gli ulteriori elementi non contestati aggiungono un quid pluris che nulla toglie o aggiunge al rapporto processuale: si tratta, in fqndo, di un quid pluris che non vitiat. Anche esatto appare ritenere che ben pu il giudice condannare per una ipotesi specifica di colpa (ad esempio, per imprudenza) laddove, nella contestazione, il medesimo comportamento sia stato qualificato come altra ipotesi specifica di colpa (ad esempio per negligenza) (18): infatti, come mi sembra, la qualificazione di un certo comportamento come imprudenza, imperizia, negligenza ecc. attiene solo alla definizione giuridica del medesimo fatto, la quale, come gi accennato, pu variare: naturalmente essenziale che il fatto -qualificato come colposo in sede di contestazione e in sede di condanna -sia esattamente il medesimo. 5. -Come si osservato, la ,giurisprudenza insiste nell'adottare a criterio ermeneutico dell'art. 477 il principio del diritto di difesa dell'imputato; ma, con palese contraddizione (cfr. art. 185 capv. c. p. p.), la stessa giurisprudenza osserva che la nullit, che si determina attraverso la violazione alla citata norma, di carattere relativo, onde si sana se non viene dedotta in appello (19). Pi esattamente, invece, quella parte della dottrina che fonda il divieto della mutatio libelli nel principio della difesa, sostiene che la (17) Ad es.: Cass. 23 marzo 1966, Mass. pen., 1966, 431 m. 757; 4 febbraio 1964 ivi citata; 24 gennaio 1966, Giust. pen., 1967, III, 43, n. 51; 7 luglio 1966, in Mass. pen., .1966, 914, m. 1592. (18) Cfr. Cass. 25 maggio 1960, Giu,st. pen., 1960, III, 163; 12 giugno 1951 ivi, 1951, III, 707; 11 marzo 1966 ivi, 1967, III, 836; n. 1050. Occorre, comunque, che ricorrano gli estremi materiali della condotta attribuita con la contestazione, e ci che pu essere mutato solo il nome iuris, cio, appunto, la definizione giuridica di quel comportamento, sussunto, nella decisione, sotto una diversa specie di colpa, stato in proposito esattamente ritenuto, da Cass. 20 maggio 1961, Giur. it., 1962, Il, 77, che mentre l'art. ;376 parla di fatto costituente oggetto della imputazione, gli artt. 384 e 396 parlano di enunciazione del fatto e del titolo di reato, delle circostanze aggravanti, e di quelle che possono importare l'applicazione di misure di sicurezza; vale a dire, tali norme si riferiscono al contenuto della imputazione, che, secondo le norme stesse, consiste nella affermazione di una o pi fattispecie penali e di uno o pi fatti conformi a tali fattispecie. Se ne deduce quindi che l'art. 376 c.p.c. ha per oggetto la contestazione del fatto storico, che ha realizzato la fattispecie astratta, e non la contestazione dell'imputazione che comprende anche la qualifica giuridica del fatto . Pertanto, mi pare che, contestata una certa condotta colposa, .ben possa il giudice condannare valutandola in sentenza come, ad es., violazione di norme, malgrado, in contestazione, sia stata definita come imprudenza o negligenza, ecc. Di conseguenza non pu affermarsi, sic et simpliciter, che quando si contesta una ipotesi diversa si ha violazione dell'art. 477 c.p.p. (Cass. 25 gennaio 1966, Mass. pen., 1967, 110). (19) Da ult.: Cass. 17 febbraio 1967, Giur. It., 1968, II, 109. Il principio consolidato: cfr. Cass. 23 giugno 1966, Cass. Pen. Mass., 1967, 641, m. 997; 19 gennaio 1966 ivi, 1967, 644, m. 1002; 25 marzo 1966 ivi, 1967, 645 m. 1003; 28 febbraio 1967, Giur. it., 1968, II, 242. Tuttavia la Cassazione a Sezioni Unite afferm che la nullit 14 - 366 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nullit che si determina ha carattere assoluto (20). A mio avviso, muovendo dalla considerazione della contestazione quale presupposto processuale e quale elemento della legitimatio iudicandi in ordine ad una determinata fattispecie, si dovrebbe concludere che il difetto della immutatio libelli sia, addirittura, sanzionabile con la giuridica inesistenza della sentenza dibattimentale (21): il giudice non ha il potere -e correlativamente non ha il dovere -di emettere la decisione; l'imputato non :pi tale rispetto al fatto non contestato; il P. M. non ha alcuna veste di rappresentare la pubblica accusa, perch, attraverso la mutatio, le parti si trovano di fronte ad una fattispecie rispetto alla quale non stata promossa l'azione penale: il fatto diverso legittima unicamente il giudice a trasmettere gli atti al pubblico ministero, affinch questi promuova la azione penale (salvo i casi in cui rpossa farsi ricorso alla c. d. contestazione suppletiva: art. 445). Ci pu anche avvenire nella ipotesi del reato colposo: per esempio, se viene contestato all'imputato di aver cagionato la morte di un uomo per aver mantenuto, alla guida del proprio autoveicolo, una velocit eccessiva e non aver fatto uso delle segnalazioni acustiche, mentre la sentenza condanna non per l'una n per l'altra specie di colpa, ma per aver compiuto una erronea sterzata a destra, c' violazione del principio di cui all'art. 477, e la sentenza inesistente (22): il giudice, nel difetto della contestazione di quel determinato comportamento (erronea sterzata) non ha la legitimatio, il P. M. non ha alcun potere, il condannato non mai stato imputato: il thema decidendum, rispetto al quale il Magistrato era giudice, il P. M. ;promotore dell'azione, la persona imputato, era un altro: dunque, altra era l'azione penale, altro il rapporto processuale. Valida, tuttavia, sotto il profilo del rapporto processuale, quantunque irregolare, dovrebbe ritenersi la contestazione della generica condotta colposa, quando, puntualizzata nel dibattimento, essa sia qualificata in sentenza sotto profili specifici, compresi, implicitamente, in contestazione, sotto la generica denominazione di colpa. Tuttavia, una simile contestazione, purtroppo abbastanza frequente (23), pur non urtando contro il divieto dell'art. 477, rende egualmente i~valida la sentenza, perch determina una violazione dei principi della difesa, e, correlativamente, dell'accusa (arti in questione di carattere assoluto: 7 dicembre 1963, Mass. pen., 1964, 428 m. 713, ma l'insegnamento, come risulta dalle citazioni che precedono, rimasto lettera morta. (20) Ad es.: CARULLI, Il diritto di difesa dell'imputato, 1967, 2'57 segg.; CAVALLARI, Contraddittorio (dir. proc. pen.), in Enciclopedia dei diritto, vol. IX, 1961, 733; CORDERO, Considerazioni sui principio di identit dei fatto, Riv. it. dir. e proc. pen., 1958, 943; GIARDA, in nota a Cass. 17 febbraio 1967, Giur. it., 1968, II, 109. Contra: MARuccr, Contestazione deU'imputazione e nuitit assoiuta, Riv. it. dir. e proc. pen., 1964, 1220 segg. (21) Cosi ha ritenuto anche il SANS, La correiazione tra imputazione contestata e sentenza, 1953, 331. (22) La fattispecie stata esaminata da Cass. 27 marzo 1953, Giust. Pen. 1953, III, 515, ma stata risolta, in conformit con il gi rammentato indirizzo, quale ipotesi di nullit relativa. (23) Cfr. Cass. 25 maggio 1960, Giust. pen., 1960, III, 163; 19 febbraio 1959, Giust. pen., 1959, III, 731; 17 gennaio 1959, Giust. pen., 1959, III, 587; 14 giugno 1967, Giur. it., 1968, II, 102; 24 giugno 1953, Ist. St. Leg. 1953, III, 231; 29 aprile 1953 ivi, 1953, II, 247, dove si afferma che il giudice pu tener conto di elementi di colpa non specificamente indicati nella imputazione, ma in questa compresi sotto la generica contestazione della colpa . PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 367 colo 185 nn. 2 e 3): l'imputato non conosce esattamente i fatti dei quali dovr rispondere nel dibattimento n, d'altro lato, il suo difensore (e il P. M.) conosono gli esatti limiti della propria funzione tecnica: qui si ha una nullit assoluta, non tanto per la violazione dell'art. 477, ma per quella dell'art. 185 nn. 2 e 3: infatti la nullit qui non si determina sotto il profilo della mancata correlazione tra la contestazione e la sentenza, ma rispetto alla contestazione di per s, che -a parte quello che sar la sentenza -insufficiente a mettere l'imputato nella possibilit di difendersi concretamente. 6. -Mi pare che, con particolare riguardo alla correlazione dell'accusa con la sentenza nell'ambito dei reati colposi, possano enuclearsi cinque situazioni, giuridicamente valutabili cosl come segue: a) l'accusa contiene la contestazione di una specifica condotta colposa (ad esempio, la omessa segnalazione acustica), mentre la sentenza condanna l'imputato per una ipotesi specifica diversa (ad esempio, per la brusca sterzata a destra) (24): in questo caso c' violazione dell'art. 477 per difetto di un presupposto processuale (la contestazione del fatto sul quale si basa la condanna): di conseguenza, la-sentenza giuridicamente inesistente; b) l'accusa contiene la contestazione di pi specifici comportamenti colposi (ad esempio, la omessa segnalazione acustica e la brusca sterzata} mentre la sentenza fonda la condanna su una soltanto delle ipotesi specifiche contestate (25): di immediata evidenza che la decisione perfettamente valida, e ci anche quando nel dibattimento o nella motiva (24) Cfr. Cass. 27 marzo 1953, Giust. pen., 1953, III, 515, che, come si rammentato affronta la fattispecie suddetta; in altra sentenza la Cass. 6 settembre 1958 ivi 1959, III, 180, ritenne la violazione dell'art. 477 in un caso in cui fu fondata la condanna sulla considerazione dell'eccessiva velocit, mentre si era contestata la omissione delle segnalazioni acustiche. Viceversa, si ritenuto che sia valida la condanna fondata sulla violazione dell'art. 106, VII Cod. Str. (sorpasso vietato) mentre si sia contstata la violazione dell'art. 107, I Cod. Str. (mancato rispetto della distanza di sicurezza): Cass. 13 giugno 1964, Mass. pen., 1965, 326 m. 567; o la condanna fondata sulla mancanza dell'autorizzazione ad esercitarsi, laddove era stata contestata la guida senza il possesso della patente: Cass. 19 giugno 1962, Giust. pen., 1963, III, 287 m. 342; o la condanna basata sulla contravvenzione di cui all'art. 102 Cod. Str., a seguito della contestata velocit eccessiva: Cass. 24 febbraio 1961, Giust. pen., 1962, III, 56 m. 113. In altra fattispecie stato ritenuto che non violi il precetto dell'art. 477 la sentenza che condanni sulla scorta della mancata assicurazione che la visibilit fosse sufficiente per il sorpasso, mentre era stata contestata la mancanza di un adeguato spazio per il sorpasso medesimo : Cass. 11 marzo 1966, Giust. pen., 1967, III, 836 m. 1050; stato anche ritenuto che non violato il detto precetto quando, contestata la errata manovra di retromrcia, si condanni per imprudenza nella brusca frenata: Cass. 26 marzo 1941, Giust. pen., 1942, IV, 213; mentre, viceversa, si ritenuta la violazione del menzionato articolo in una ipotesi in cui si era contestata la marcia fuori mano, e si era fondata la condanna sulla eccessiva velocit: Cass. 11 aprile 1951, Giust. p11n., 1952, m, 110; ed in altra ipotesi in cui si era contestato di aver adibito un ragazzo a lavori pesanti > (che ne avevano indebolito il fisico, determinandone la caduta da un carro e quindi le lesioni), mentre si era condannato per aver adibito la vittima a lavori non adatti : Cass. 17 -gennaio 1951, Giust. pen., 1951, III, 444. (25) La sentenza potr essere irregolare sotto il profilo del mancato adempimento del giudice all'obbligo della motivazione su ogni aspetto del thema decidendum: ma non mi pare che detta irregolarit possa dar luogo alla invalidit della sentenza. - 368 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione non si sia discusso del comportamento colposo non determinante la condanna; e) nella contestazione non contenuta una ipotesi specifica di colpa, e la sentenza fonda la condanna, oltre che su detta ipotesi, anche su altra non contestata: la sentenza valida quando l'ipotesi contestata sarebbe da sola idonea a fondare la condanna (26); viceversa, se il giudice ha condannato per la considerazione globale del comportamento, risultante dalla combinazione tra le due ipotesi specifiche (la ipotesi contestata e quella non contestata) e si ricava dalla motivazione che l'ipotesi conte stata non sarebbe stata, da sola, sufficiente a determinare la condanna, si versa nella ipotesi esaminata sub a); d) nella contestazione contenuta una specifica ipotesi di comporta mento colposo, valutata in un certo modo (per esempio: la omessa segna lazione acustica valutata come imprudenza); la sentenza si fonda sulla detta fattispecie, ma la qualifica in modo diverso (ad esempio, come viola zione di norme giuridiche) (27): l sentenza perfettamente valida, perch il mutamento suddetto solo una diversa rubricazione giuridica della medesima condotta, espressamente consentita dal. cit. art. 477; e) la contestazione menziona, vagamente, un comportamento colposo (imprudente, negligente, ecc). senza specificare in quale azione od omis sione si sia puntualizzata la colpa (28); qui nulla in modo assoluto la contestazione, in particolare ex art. 185 n. 3 c. p. p., onde non sorge problema di rapporti tra accusa e sentenza: questa ultima nulla per la violazione del diritto di difesa, non per la indebita mutatio libelli. ANTONIO PALATIELLO (26) Infatti, come gi osservato, la condanna rimane fondata ,sull'elemento di colpa gi contestato : Cass. 23 marzo 1966, Mass. pen., 1966, 431 m. 757; 4 febbraio . 1964 ivi cit.; 24 gennaio 1966, Giust. pen., 1967, III, 43 n. 51; 7 luglio 1966, Mass. pen., 1966, 914 m. 1592. Contra, tuttavia, G. $ABATINI, Correlazione tra sentenza ed accusa ecc., cit. L'Autore osserva che la contestazione necessaria per ogni elemento di fatto che possa dar luogo all'una o all'altra forma di qualificazione della colpa. A me pare che questo sia eccessivo, per i motivi sopra esposti. (27) Cosi stato, ad esempio, deciso che non c' violazione del principio della correlazione quando, in tema di lesioni colpose, si sia contestata l'imprudenza, mentre la condanna si sia avuta per inosservanza di legge, in ordine al medesimo comportamento: Cass. 12 giugno 1951, Giust. pen., 1951, III, 707; o quando, contestato il comportamento imprudente, si sia fondata la sentenza sul~a violazione di un regolamento: Cass. 21 gennaio 1951, Ist. St. Leg., 1951, III, 521: cfr. anche, negli stessi termini, Cass. 11 dicembre 1950, Giust. pen., 1951, III, 423; 10 luglio 1950, sit. St. Leg., 1950, II, 448; 5 maggio 1952 ivi 1952, II, 292. (28) Contra: Cass. 25 maggio 1960, Giust. pen., 1960, III, 163; 19 febbraio 1959 ivi 1959, III, 731; 17 gennaio 1959 ivi 1959, III, 587, in un caso in cui un medico era stato condannato per non aver prestato cura all'emorragia seguente l'aborto di una paziente, senza che in contestazione fosse stato precisato cosa egli avrebbe dovuto esattamente fare in que1la occasione; 14 giugno 1967, Giur. it., 1968, II, 102; 24' giugno 1953, Ist. St. Leg., 1953, m, 231; 29 aprile 1953 ivi 1953, II, 247; 24 marzo 1952, Ist. St. Leg., 1952, I, 389 (nella specie fu ritenuto che, nella larga formulazione della colpa, determinata nell'avere il direttore di un opera di sterro fatto procedere ai lavori di escavazione di un terreno non a regola d'arte ., fosse compresa anche la mancata segnalazione, con gli opportuni mezzi, del pericolo di frane); 21 maggio 1951, Ist. St. Leg., 1951, II, 280 (si era nella specie contestata la colpa., e la condanna si fond sull'accertata omissione di speciali cautele nella manovra dell'automezzo); 6 luglio 1951, Arch. pen., 1952, II, 74, con la motivazione che tutte le ipotesi della colpa debbono ritenersi implicitamente intimate in base alla formazione generica dell'accusa: 11 maggio 1951, Giust. pen., 1951, III, 649. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 3&9 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 marzo 1969, n. 2 -Pres. Lattanzi -Rel. Guadagno -P. M. Di Gennaro (conf.) -Rie. P. M. c. Carrara e Toffanin. Truffa -Momento consumativo -Esistenza di un danno concreto effettivo -Assunzione dell'obbligazione -Costituisce tentativo. Truffa -Danno e profitto attraverso atti successivi all'assunzione dell'obbligazione - reato continuato. Il reato di truffa si perfeziona q'l!-ando l'agente consegue la materiale disponibiLit del fine con l'effettivo altrui danno, mentre quelle situazioni in cui il soggetto passivo pone a disposizione il fine, ma questo non ancora pervenga nella materiale disponibilit dell'agente, costituiscono atti intermedi dell'iter criminis, che possono dar luogo soltanto alla figura del tentativo. I Nel caso in cui il profitto e il comreto danno si verificano attra I verso successivi atti (nella specie, riscossione di ratei di pensione successivi al primo), si realizza un'ipotesi di reato continuato poich ogni riscossione di ratei pone in essere altret1Ja_nti atti esecutivi dello stesso I disegno criminoso, ravvisandosi l'iniziale proposito fraudolento attraverso le successive condotte, sia mantenendo il silenzio nella iili I ceitd della situazione, sia manifestando un comportamento idoneo al If. persistere dell'erro1e in cui era caduta la Pubblica Amministrazione (1). ) I I Fatto e diritto j Il giudice istruttore del Tribunale di Roma aveva ordinato il rinvio a giudizio di Carraro Italo e Toffanin Alfredo per rispondere, tra l'altro, ciascuno di truffa aggravata (art. 640 cpv. n. 1, 61 n. 9 cod. Pen.) per essersi, mediante falsificazione dei certificati medici ed inducendo in errore la Commissione medica, procurato l'ingiusto pro I fitto, a danno dello Stato, di una pensione vitalizia di prima categoria i non dovuta, che veniva loro corrisposta a seguito del d. m. n. 1083 del 15 luglio 1955. (1) Il momento consumativo del reato di truffa e il reato continuato. La sentenza delle Sezioni Unite, risolvendo il contrasto fra le sezioni singole (v. in senso conforme alla decisione che si annota: Cass., 29 gennaio 1962, in Cass. pen., 1962, 452, n. 791; Cass. 8 maggio 1962, ivi, 1102, 370 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il Tribunale, con sentenza del 23 giugno 1967, dichiarava non doversi procedere a carico dei due imputati perch estinti i reati di truffa per prescdzione, ritenendo che il momento consumativo di detti reati si era verificato all'atto della emissione del provvedimento di concessione della pensione. E la Corte di Appello, su impugnazione del P. M. e degli imputati confermava la decisione impugnata, osservando che ai fini della mozione di danno occorreva avere riguardo al complesso dei rapporti giuridici che attengono ad un persona o ad un ente, senza che fosse necessario la concreta diminuzione del patrimonio del soggetto passivo. n. 2052; Cass. 5 giugno 1962, ivi, 1963, 713 n. 1260; Cass. 5 settembre 1962, ivi, p. 67, n. 60; Cass. 15 gennaio 1963, ivi, 901, n. 1647; Cass. 19 luglio 1963, ivi, 1964, 163, n. 228; Cass. 12 marzo 1964, ivi, 1965, p. 73, n. 82; Cass. 11 febrbaio 1965, ivi, 377, n. 674; Cass. 7 febbraio 1966, iv.i, 1966, 1243, n. 1936; Cass., 17 febbraio 1965, ivi, 406 n. 595; Cass. 8 luglio 1966, in Mass. Uff,, 1966, n. 101.995: v. in senso contrario: Cass. 31 luglio 1967, n. 1580 (105-116); 9 maggio 1967 n. 850 (106.132); 8 settembre 1967, n. 670 (105.257), ha risolto nel senso sostenuto dall'Avvocatura, il problema del momento consumativo della truffa. noto che si sostengono in proposito tesi contrastanti: taluni ritengono che la truffa si consumi nel momento in cui sorge l'obbligazione truffaldinamente estorta come conseguenza degli artifizi e raggiri posti in essere dal reo e che i successivi eventi relativi alla materiale percezione del profitto -atti esecutivi dell'obbligazione -;-siano fatti penalmente irrilevanti, costituenti utilizzazione, anche frazionata in successivi atti e momenti, dell'evento (costituito quindi solamente dall'atto di disposizione patrimoniale che integra sia il profitto che il danno). Chi sostiene questa tesi, si rif sostanzialmente alla definizione civilistica di patrimonio, inteso come complesso dei rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo ad una persona e che quindi leso dal mero atto di disposizione patrimoniale, senza che ad esso faccia seguito alcun atto esecutivo. Altri viceversa, tenendo presente la funzione tipica di tutela della norma penale, assumono del patrimonio tina definizione economica e di fatto ritenendolo come un complesso di situazioni possessorie che gravitano attorno a valori economici e sostengono quindi che i concetti di danno e di profitto non possono essere oggetto di una considerazione puramente formale e che non possono quindi ritenersi realizzati gi nel momento della costituzione del rapporto obbligatorio, ma che vadano pi realisticamente colti nel momento in cui tale rapporto produce i suoi effetti concreti, risol-. vendosi solo in questo momento come effettiva, quella che prima era una mera possibilit di profitto e di danno patrimoniale. Secondo queste tesi il delitto di truffa si perfeziona pertanto solo con l'effettivo conseguimento materiale -del bene economico e la correlativa perdita di esso da parte del soggetto passivo, onde ogni momento intermedio fa parte dell'iter criminis e rappresenta un tentativo. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 371 Ricorre per Cassazione il procuratore generale della Corte di Appello che denunzia la violazione dell'art. 524 n. 1 c. p. p. in relazione all'art. 640 c. p. perch occorreva ritenere che il reato di truffa si per- feziona con l'effettivo verificarsi del danno patrimoniale, correlavamente al conseguimento dell'ingiusto profitto da parte dell'agente. Osservasi che tra l due tesi in contrasto, quella secondo cui il delitto di truffa si consuma nel momento in cui il soggetto passivo assume, per effetto di artifizi e raggiri, l'obbligazione e l'altra, che non ritiene sufficiente la sola drcolazion'e giuridica dei beni, ma richiede la loro circolazione economica e quindi l'esistenza di un danno con- Questa seconda tesi accolta ora dalla Suprema Corte, la pi persuasiva, anche se in dottrina molti .sostengono la prima soluzione (PETTENATI, in Riv. it. dir. proc. pen., 1962, 525; con ampi richiami, contra v. BETTIOL, Concetto penalistico di patrimonio e momento consumativo della truffa in Giur,. it., 1947, IV, e G e ss.). La Corte di Cassazione, nella esemplare e lapidaria sentenza annotata, ha ritenuto che accogliere l'una tesi piuttosto che l'altra non importa disconoscere il carattere unitario del patrimonio, e che pu invece parlarsi di diversit di aspetti che il patrimonio assume nella configurazione dei singoli illec ti. , Invero non c' dubbio che punto determinante per la soluzione del problema quale nozione di patrimonio si voglia assumere. Al patrimonio sono necessariamente riferiti i termini di danno e di profitto che si leggono nella norma int:riminatrice (art. 640 c. p.) e d'altronde quest'ultima inserita nel capo II Dei delitti contro il patrimonio mediante frode del titolo XIII Dei delitti contro il patrimonio del libro II del codice penale. Da questa collocazione sistematica della norma, tutt'altro che irrilevante, gi si possono trarre argomenti per accettare l'una o l'altra definizione, astrattamente possibile, di patrimonio . Se vero infatti che il reato di truffa un delitto plurioffensivo, essendo il bene protetto non solo il patrimonio, ma anche la libert contrattuale -che poi in fondo niente altro che un aspetto della libert morale altrettanto vero che il legislatore con quella collocazione, ha voluto denunciare la necessit di tutelare, sopratutto e particolarmente, il patrimonio: ch altrimenti, avrebbe ben potuto collocare la norma nel titolo dei delitti contro la persona, capo dei delitti contro la libert morale. Non v' dubbio perci che la sistemazione della norma nel titolo dei delitti contro il patrimonio fa propendere per la conclusione che la legge penale assume di questo una definizione materialistica e possessuale, attagliandosi ben di pi al riferimento alla persona -e quindi a una diversa collocazione della norma -la definizione di patrimonio come complesso di rapporti, che non quella contraria, di patrimonio come complesso di situazioni effettive e possessorie. Ma il vago e pur indicativo criterio che questa osservazione suggerisce rafforzato da altre considerazioni: proprio del diritto penale infatti, per l'esigenza di tutela sostanziale de! bene protetto, e per la gravit delle sanzioni che lo caratterizzano, rifuggire dalle definizioni formalistiche ed 372 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO creto ed effettivo del patrimonio, questa orte, accogliendo la seconda delle dette tesi, ritiene che il reato di truffa si perfeziona quando l'agente consegue la materiale disponibilit del bene con l'effettivo altrui danno, consistente nella perdita in modo definitivo del bene stesso da parte del soggetto passivo. 'Futte quelle situazioni in cui il soggetto passivo pone a disposizione il bene, ma questo non ancora pervenga nella materiale disponibilit dell'agente, costituiscono atti intermedi dell'iter criminoso, che possono dar luogo soltanto alla figura del tentativo. Partendo infatti dalla premessa che il momento consumativo del reato coincide con quello in cui si realizza l'evento, ed esaminando la stessa fattispecie legale (art. 640 c. p.) si evince che l'evento del delitto di truffa consiste nel conseguimento del profitto con il danno astratte care ad altri rami del diritto e delle quali avverte viceversa l'insufficienza. Si pensi ai concetti di appartenenza, di i)Ossesso, di detenzione, di altruit della cosa, che in dottrina e in giurisprudenza sono stati elabo rati, con sensibili scostamenti dal significato che quei termini hanno nel diritto civile, dal quale per mera comodit venivano mutuati e che hanno ricevuto un contenuto nettamente diverso. Ebbene, c' un minimo comune denominatore che unifica quegli sforzi interpretativi: la necessit di giungere a definizioni effettive e concrete. Cos per il possesso, indicato come il potere di disposizione della cosa al di fuori dell'altrui sfera di vigilanza, cos per l'appartenenza, nei reati di peculato o malversazione, ravvisata nella disponibilit del bene per le esigenze funzionali. dell'Ente (non quindi nel diritto di .propriet o altro diritto reale sul bene, ch sarebbe stata nozione insufficiente). Sarebbe quindi veramente curioso e ingiustificato che proprio per il concetto fondamentale di patrimonio che, insieme, riassume e presuppone tutti gli altri, si seguisse la strada contraria: quella del trapianto, sic et simpliciter, della nozione civilistica. D'altronde, anche quegli autori che accettano la definizione civilistica di patrimonio, lo fanno con temperamenti tali da consentire l'utilizzazione efficiente in diritto penale (v. .ANTOLISEI, Manuale 1954, parte speciale, I, 180). Argomenti ancor pi puntuali offre il confronto con altre disposizioni del codice penale, il quale, quando ha voluto far riferimento a rapporti, anzich a situazioni (alla costruzione giuridica cio, anzich ar fatto reale) lo ha esplicitamente previsto: l'assunzione dell'obbligazione nell'insolvenza fraudolenta tanto che secondo la costante giurisprudenza, l'adempimento (id est: situazione effettiva) elemento essenziale del reato (641 c. p.), l'atto che importi qualsiasi effetto giuridico, nella circonvenzione d'incapaci (643 c. p.), la promessa di una prestazione di interessi usurarii nell'usura (644 c. p.) fanno appunto preciso riferimento a stati di dover essere anzich di essere, a imperativi e obblighi giuridici. Altrettanto non avviene invece nella descrizione legislativa del reato di truffa, ove si parla meramente di procurato ingiusto profitto con altrui danno, mentre sarebbe stato semplice al legislatore parlare, anche qui, di dare o promettere di obbligazione o di effetto giuridico. ' PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 373 altrui, elementi questi che sono collegati tra loro in modo da costituire i due aspetti di un'unica realt fisica e concettuale. N ci importa disconoscere il carattere unitario del patrimonio. Pu invece parlarsi di diversit di aspetti che iJ patrimonio assume nella configurazione dei singoli illeciti e ci in rapporto alla variet dei mezzi con cui esso. viene aggredito da parte dei singoli ed alle esig~nze proprie della tutela dei diversi interessi. Pi utile risulta la cop.siderazione ci~ca il carattere di reato di danno, che in istretto rapporto con l'evento di danno che caratterizza l'art. 640, a differenza di altre ipotesi criminose, che pure offendono il patrimonio, per le quali basta una situazione di pericolo. perci richiesta una modificazione realmente sul bene cui si riferisce l'interesse che frma oggetto della tutela, a differenza del reato di pericolo per cui suffi- Del resto, come puntualmente osserva la sentenza delle Sezioni Unite, il reato di truffa reato di danno e danno non si ha se non con la effettiva traditio rei. Gli stessi autori d'altronde che seguono la contraria opinione, indagando sull'atto di disposizione patrimoniale, finiscono col concludere che questi -nel negozio nullo o annullabile perch viziato per errore non possono essere che quelli materiali di esecuzione (v. PETTENATI, op loc. cit.). Pertanto nella truffa negoziale, l'assunzione dell'obbligazione e il sorgere in genere del negozio giuridico, cui il soggetto passivo stato determinato con gli artifici o i raggiri, costituir mero tentativo di truffa. Non v' dubbio che in tal caso si ampliano le ipotesi di truffa tentata e diminuiscono quelle di truffa consumata, ma ci non appare in contrasto con il sistema. proprio infatti della norma penale punire con la pi grave delle sanzionipreviste dall'ordinamento -la pena -i comportamenti che pi gravemente contrastano il bene comune e non v' dubbio che ben pi nocivo l'aver subito il danno che non il doverlo subire in virt di un negozio annullabile. L'ordinamento giuridico non lascia infatti senza rimedi il negozio viziato da errore, n senza sanzione il responsabile: a parte infatti la pena per il reato tentato, v' l'annullabit del negozio, che rende quanto meno incerto l'adempimento dell'obbligazione o paralizza l'eventuale azione del creditore-reo. Sembra verani'ente eccessivo che il diritto penale, estrema barriera difensiva, debba intervenire in questa fase con la massima delle sanzioni (quella appunto per il reato consumato) lasciando magari impuniti -come appresso si vedr -fatti successivi molto pi gravi, magari in ossequio al coi:icettualismo del postfatto non punibile; senz'altro pi equilibrata appare quindi la decisione delle Sezioni Unite. La Suprema Corte, per quanto non investita esplicitamente della questione, ha affrontato in motivazione un altro problema estremamente importante. Accettata la tesi che il reato di truffa si consuma nel momento della percezione materiale del profitto, occorre infatti stabilire come possano configurarsi giuridicamente i ripetuti e costanti episodi di riscossione di somme successive alla prima nelle ipotesi in cui ci accada: del tutto \"!Vidente che questi non possano essere considerati dei fatti penalmente irrilevanti, n dei fatti dai quali esuli ogni condotta del reo. In materia di 374 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ciente la sola possibilit, anche se rilevante, del verificarsi del danno. Proprio in virt del carattere di evento di danno dell'art. 640 c. p., mentre il requisito del profitto ingiusto, elemento materiale ed insieme finalistico della fattispecie, pu comprendere in s qualsiasi utilit anche a carattere non strettamente economica, l'elemento del danno deve necessariamente avere contenuto patrimoniale, dovendo consistere in una lesione concreta e non soltanto potenziale che abbia lo effetto di produrre la perdita definitiva del bene da parte del soggetto passivo. L'induzione in errore, pure rappresentando il momento in cui si determina il vizio del consenso e si ha l'incidente degli artifizi ~ raggiri, se guardata avulsa dal successivo svolgersi dell'iter criminoso e dall'evento di danno nel senso come sopra precisato, di per s im pensioni di guerra, che il caso esaminato della cassazione, dopo la concessione della pensione, il pagamento dei ratei mensili avviene attraverso l'invio all'interessato di un assegno di conto corrente speciale postale, sulla faccia del quale sono ipdicati il numero dell'assegno, il numero di iscrizione, l'importo, { numeri dell'Ufficio pagatore e del capitolo nonch cognome e indirizzo del reo; sul retro dell'assegno vi una serie successiva di diciture sotto una delle quali, corrispondente alla situazione concreta, il destinatario dell'assegno espone la firma di quietanza. Il destinatario si presenta quindi all'ufficio postale per richiedere il pagamento munito di documenti che -solo apparentemente in quanto frutto di una attivit truffaldina -lo legittimano alla riscossione: l'assegno e il libretto di pen- sione sul quale ad ogni singola riscossione di rateo, viene apposta una vidimazione dall'ufficio: riscossa la somma, il reo a1ppone nello spazio sul retro dell'assegno che si addice alla situazione in cui si trova, la propria firma per quietanza. evidente che, cosi facendo, l'imputato pone in essere tutta una serie di comportamenti validi, attraverso l'apparente legittimazione trarre ulteriormente in inganno l'Amministrazione che paga e che, pagando, subisce un ulteriore danno. Nell'economia dell'azione delittuosa la periodica riscossione dei ratei mensilidi pensione integra un sempre maggiore profitto per il reo e un sempre maggior danno per il soggetto pssivo, onde del tutto evidente che in siffatta ipotesi questi fatti non possono considerarsi successivi al fatto descritto dalla norma fncriminatrice e privi di rilevanza giuridica, in quanto proprio attraverso essi che profitto e danno si vanno progressivamente conseguendo e realizzando. Non pu dirsi, in questi casi, con il MANZINI (Trattato, 1964, vol. IX, pag. 693) che, conseguito il profitto e verificatosi il danno correlativo i fatti successivi, ancorch immediati, sono privi di rilevanza giuridica, per ci che concerne la consumazione della truffa : infatti, qui, danno e profitto sono in itinere. D'altronde, il reato di truffa non pu considerarsi reato permanente, n in astratto n in concreto nella fattispecie esaminata. Esso non reato permanente n essenzialmente n eventualmente, non consentendo una protrazione ininterrotta dell'attivit dell'agente, con la costituzione di uno stato oggettivo e soggettivo giuridico duraturo. I vari episodi, che integrano rispettivamente. danno e profitto, sono periodici e non vi fra l'uno e l'altro PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 375 produttiva degli effetti proprii richiesti per la realizzazione della fattispecie dell'art. 640 c. p .. Alla stregua dei suaccennati principi, questa Corte a Sezioni Unite ritiene che il reato di truffa sia perfezionato soltanto con l'effettivo conseguimento del bene economico o di altro bene che sia idoneo ad una valutazione patrimoniale, con la definitiva perdita di esso da parte del soggetto passivo. Osserva poi la Corte che nella situazione particolare in cui il profitto e il danno si verificano attraverso successivi atti non pu parla; rsi n di conseguenza dell'inganno iniziale, n di utilizzazione di un unico evento. Eliminata la ipotesi di una consumazione che si protrae nel tempo, mancando un comportamento omissivo capace di realizzare una condotta antigiuridica e quella di una fase successiv.a e conseguente alla consumazione, occorre riferirsi alla forma del reato continuato. Una volta ritenuto che l'evento del reato di truffa scatta nel quella continuit di attivit del reo, che costituisce presupposto essenziale del reato permanente. I successivi episodi, per, sono sicuramente collegati tra di loro da una identit di disegno criminoso, ognuno di essi contiene gli elementi del profitto ingiusto e del danno, in ognuno di essi si realizza compiutamente una condotta del reo che integra gli estremi dell'artifizio o del raggiro. Quanto agli artifizi e raggiri infatti, esiste tutta una consolidata traccia giurisprudenziale che non solo ravvisa questi nella mera menzogna (Cass. 2 luglio 1963, in Cass. pen., 1963, 984, n. 1803; Cass. 18 febbraio 1963, ivi, 618, n. 1060; Cass. 3 dicembre 1965, ivi, 1966, 1405, n. 1510) ma che afferma che il silenzio pu concretare artifizio integratore di truffa, quando la condotta dell'agente si esplica in un contegno capace di ingenerare errore per effetto di simulati atteggiamenti o di equivoche manifestazioni suggerite dal pravo intento di secondare l'errore altrui -comunque generato e di sfruttarne le conseguenze. In siffatti casi -afferma la giurisprudenza non v' dubbio che non si profitta solo passivamente di tale errore, ma lo si crea meditatamente con preordinato inganno (Cass. 29 maggio 1962, in Cass. pen., 1962, 1102, n. 2050; 8 maggio 1961, ivi, 1961, 921, n. 1905; Cass. 6 aprile 1962, in Riv. pen. 1962, II, 995; Cass. 22 marzo 1965, in Cass. pen., 1966, 270, n. 355). A maggior ragione quindi nel caso di specie, in cui v'era nel comportamento dei rei molto pi che una mera reticenza, doveva ravvisarsi il reato di truffa in ogni singola riscossione. Se truffa continuata stata ravvisata in ipotesi di una unica riscossione di una somma, cui il soggetto passivo era stato indotto attraverso esibizioni periodiche di false ricette mediche (Cass. 18 agosto 1965, in Cass. pen., 1966, 405, n. 594) in ipotesi cio in cui il danno derivante da pi azioni si verific in una sola volta, tanto pi la truffa continuata -cio vari reati di truffa collegati dal vincolo dell'identico disegno criminoso -va ravvisata in ipotesi in cui vi sia una pluralit di azioni, cui corrisponde una pluralit di danni. Cos statuendo, le Sezioni Unite hanno correttamente deciso, confermando la validit di un'op~nione che in questa Rassegna (1967, I, 1074) si era gi espressa. PAOLO DI TARSIA 376 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO momento in cui l'agente consegue la materiale disponibilit del bene economico, nella $pecie ogni qualvolta gli imputati effottuavano la riscossione dei ll"atei della pensione ponevano in essere altrettanti atti esecutivi dello stesso disegno criminoso, ravvisandosi l'iniziale proposito fraudolento attraverso le successive condotte, sia mantenendo il silenzio sulla illiceit della situazione, ,sia manifestando un comportamento idoneo al persistere dell'errore in cui era caduta la pubblica amministrazione. Perfezionandosi il reato di truffa nella riscossione del primo rateo di pensione, non essendo stata contestata la continuazione del reato, non si era ancora verificata la causa estintiva della pre$crizione che ai sensi dell'art. 157 n. 4 c. p. si verifica invece al 30 novembre 1972. PAR TE SE CO ND:A I l I I I I ---I II RASSEGNA DI DOTTRINA F. A. RovERSI MONACO, Gli Enti di gestione, Giuffr editore, Milano, 1967, pagg. 427. Questo libro sulla struttura, sulle funzioni e sui limiti degli Enti di gestione segue un altro scritto dell'A. sull'argomento (Osservazioni sulla natura pubblica degli enti di gestione deHe partecipazioni statali, Diritto ed Economia, 1965, 299 sgg.) e si aggiunge ai contributi del CASSESE (Partecipazioni statali ed Enti di gestione, Milano, 1962) e del D'ALBERGO (Sistema positi'l{o degli enti pubblici nell'ordinamento italiano, Milano, 1965) nella materia. L'A. parte dal presupposto della natura pubblica degli enti di gestione e della non irrilevanza di tale qualifica, per delineare la posizione degli enti di gestione nella generale categoria degli enti pubblici e per fissare i caratteri tipici ed il contenuto della loro pubblicit. Lo studio si sviluppa attraverso un esame della tipologia degli enti di gestione ed un'analisi dell'autonomia di tali enti, inteso il termine in senso atecnico e particolare. Notevole interesse presenta il capitolo dei rapporti tra Stato ed Ente di gestione perch in esso vengono individuati i complessi modi di manifestazione del rapporto di direzione e di supremazia dello Stato, specie in relazione alla nomina dei titolari degli organi direttivi. A giudizio dell'A. l'Ente di gestione dev'essere riguardato come impresa holding, coesistendo in tale tipo di Ente sia la natura pubblica che la struttura di impresa, come organismo economico. Dopo brevi cenni generali sull'attivit privatistica della Pubblica Amministrazione, il R. M. esamina i caratteri dell'attivit degli enti di gestione, sottolineando la mancanza di una normazione precisa al riguardo ed individuando un problema di fondo nella necessit di trovare un adeguato collegamento fra natura dell'attivit e natura del soggetto. Secondo l'A., nel sistema delle partecipazioni statali si sarebbe in presenza di una formula organizzatoria i cui elementi caratteristici sarebbero dati dalla direttiva e dalla natura neutra (non autoritativa) degli enti di gestione: formalmente l'attivit si svolgerebbe esclusivamente iure privato ma sostanzialmente non si avrebbe una posizione di autonomia privata. Il fine dell'ente sarebbe, comunque, prefissato ed il pubblico interesse verrebbe soddisfatto dall' esecuzione di determinate scelte imprenditoriali. Un ultimo capitolo dedicato all'analisi della capacit di diritto privato degli enti di gestione e dei suoi limiti. Il libro, affrontando un tema di rilevante interesse e di estrema attualit, deve essere segnalato a tutti coloro che si occupano del delicato settore del diritto dell'economia. L. M. C. VINCI -E. ALTANA, L'attivo ereditario nella denunzia di successione, L. di G. Pirola, Milano, 1969, pagg, 310. Il volume in rassegna si propone il fine di fornire una guida pratica e sicura per la compilazione della denunzia di successione ed anche l'esame 44 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO piuttosto dettagliato, dei fattori che compongono l'attivo ereditario fatto in funzione di suggerire criteri per una corretta denunzia. 44 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO piuttosto dettagliato, dei fattori che compongono l'attivo ereditario fatto in funzione di suggerire criteri per una corretta denunzia. .: :: Dei numerosi problemi relativi all'imposizione tributaria successiva vengono presi in considerazione dagli AA. soltanto quelli relativi all'attivo ereditario. Il volume corredato da un'appendice-contenente i testi legislativi sulla materia, le tavole di liquidazione, un indice cronologico di decisioni giudiziarie ed amministrative ed un indice analitico-alfabetico. CONSULTAZIONI ACQUE PUBBLICHE Distanze dai corsi di acqua -Norme regolamentari per l'accertamento di contravvenzioni in tema di polizia idraulica. Se la distanza di mt. 10 stabilita per le costruzioni lungo i corsi di acqua riguardi anche le costruzioni prospicienti corsi d'acqua secondari e quelli le cui sponde siano difese da opere in muratura (n. 100). Se per l'accertamento delle contravvenzioni in tema di polizia idraulica possano seguirsi le norme regolamentari approvate con r. d. 9 dicembre 1937, n. 2669, anche se relative ad opere non classificate nella la e 2a categoria di quelle idrauliche o non di bonifica (n. 100). AGRICOLTURA Indennizzi per giacenza di olive e tardivit della denuncia. Se possa farsi luogo alla concessione dell'indennizzo previsto dal D. L. 9 novembre W66, n. 912 per le giacenze di olio superiori a 5 q. quando l'UTIF non sia stato in grado di compiere i necessari accertamenti entro il 16 novembre 1966 a causa del ritardo con cui sono pervenute le prescritte denuncie, inviate tramite il servizio postale (n. 61). AMMINISTRAZIONE PUBBLICA Aziende autonome. Se la gestione governativa delle linee di navigazione sui laghi Maggiore, di Garda e di Como, istituita dalla legge 18 luglio 1957, debba considerarsi come azienda autonoma. Se l'amministrazione e la vendita 4ei beni facenti parte del patrimonio dell'azienda autonoma siano di competenza della azienda medesima (n. 34). Ente Italiano Zolfi -Decorrenza del termine per la presentazione delle domande di riconoscimento crediti. Se il termine di sessanta giorni per la presentazione delle domande di riconoscimento dei crediti nei confronti dell'Ente Zolfi Italiani, posto in liquidazione con legge n. 411 del 1968, debba decorrere dalla data di entrata in vigore di detta legge (n. 342). r': PARTE II, CONSULTAZIONI 47 ANTICHIT E BELLE ARTI Sovvenzioni Liriche. Se i requisiti di prestazione di pregevole attivit nel settore lirico per un minimo di sei anni e di beneficio negli ultimi sei anni di sovvenzioni per attivit lirica debbano riferirsi all'impresa e non alla persona fisica del titolare attuale (n. 63). APPALTO Trattamento di favore. Se i contratti per le somministrazioni e l'appalto dei servizi negli Istituti di prevenzione e pena debbano considerarsi come contratti per il mantenimento di persone, di cui all'art. 42 Tariffa alleg. A alla legge di registro R. D. 30 dicembre 1923, n. 3269 (n. 327). ATTI AMMINISTRATIVI Atti dovuti -Pronunce su istanze i iscrizione agli albi nazionali degli esportatori di prodotti ortofrutticoli ed agrumari. Se l'Istituto Nazionale per il commercio estero (ICE) debba deliberare entro 90 giorni dalla ricezione delle istanze avanzate da privati dirette ad ottenere l'autorizzazione allo svolgimento dell'attivit di esportazione di prodotti agrumari (n. 17). Se detto termine possa essere prorogato in relazione ap'esigenza di disporre un supplemento di istruttoria (n. 14). Autorizzazione governativa agli acquisti a titolo di liberalit. Se l'alienazione di immobili da parte di enti pubblici (nella specie l'Istituto Siciliano dei mutilati ed invalidi di guerra) sia soggetta all'autorizzazione governativa istituita dal d. lgt. 19 ottobre 1916, n. 1442 (n. 18). Provvedimenti di ritiro della patente doganale di competenza dell'Intendente di Finanza. Se legittimamente l'Intendente di Finanza possa sospendere dall'esercizio delle loro funzioni mediante ritiro della patente gli spedizionieri doganali denunciati all'autorit giudiziaria per pene gravi (art. 39 R. D. 13 febbraio 1896, n. 65) (n. 19). Retroattivit. Se gli atti amministrativi che introducono per i soggetti destinatari di disposizioni meno favorevoli di quelle precedentemente in vigore abbiano efficacia retroattiva (n. 20). 15 48 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Se le rette di degenza di un ente ospedaliero vadano deliberate in sede di bilancio preventivo o nel corso dell'anno (n. 20). Se in base a quanto sopra l'Amministrazione del Tesoro possa legittimamente contestare di essere tenuta, nei confronti di Amministrazioni provinciali, al rimborso degli aumenti di spedalit, deliberati in violazione del termine sopraindicato (n. 20). ' CIRCOLAZIONE STRADALE Art. 57, 60 comma c. d. s. -Sanzioni. Se alle infrazioni al sesto comma dell'art. 57 del Codice della strada commesse anteriormente all'entrata in vigore della legge 9 luglio 1967, n. 572 possa applicarsi retroattivamente la sanzione amministrativa della sospensione della carta di circolazione (n. 16). COMUNIT ECONOMICA EUROPEA Causa di forza maggiore ed incameramento di cauzione. Quali siano e come debbano essere determinate le cause atipiche di forza maggiore che ai sensi dell'art. 9, n. 4 del Regolamento della CEE evitano l'incameramento della cauzione in caso di mancata importazione nel termine fissato nel certimport (n. 3). CONCESSIONI AMMINISTRATIVE Concessione di accesso agli impianti di distributori di carburante lungo le strade comunali -Canone di licenza di accesso e tassa di occupazione di suolo pubblico. Se per la installazione di distributore di carburante su fondo privato per il cui accesso alla via sono effettuate opere visibili e permanenti, sia dovuto, oltre alla tassa di occupazione per il passo carrabile nella misura prevista dall'art. 195 t. u. modificato dalla legge 18 aprile 1962, n. 208, anche il canone di licenza di accesso imposto ex art. 8, 2<> comma t. u., n. 1 1740/1933 (n. 90). Vertenze di risarcimento danni tra Aziende Concessionarie di pubblici servizi di trasporto e dipendenti -Poteri della Direzione Compartimentale M. T. C. Se ai sensi dell'art. 38, all. A) r. d. 8 gennaio 1931, n. 148 (come modificato con legge 3 novembre 1952, n. 1982) l'intervent deliberativo della Direzione Comp. M.C.T,c. nelle vertenze tra Aziende concessionarie di pubblici servizi di trasporto e i propri dipendenti, sia sempre necessario: a) quando l'entit complessiva del risarcimento danni superi le lire 5.000; b) ovvero solo quando la trattenuta mensile sullo stipendio sia superiore a tale cifra (n. 91). -' ,, :-: !:. i:: ~11 I; r i:: ....~ PARTE II, CONSULTAZIONI 49 Se la determinazione amministrativa della misura del risarcimento del danno debba tener conto anche della situazione personale del dipendente (personalit, precedenti, ecc.) (n. 91). ' ~ j CONCORSI I ! Concorso per titoli -Valutazione. Se il candidato in un concorso per titoli (conferimento della gestione I di una tabaccheria) fornito di due titoli di una categoria ritenuta preva! lente rispetto ad altra sia legittimamente preferito a colui che in possesso ! ! di un solo titolo appartenente alla stessa categoria del vincitore e di altro ! ! titolo appartenente alla categoria inferiore (cfr. art. 50 Regolamento appro! I! vato con R. D. 24 ottobre 1958, n. 1074) (n. 14). I ! CONTABILIT GENERAl..E DELLO STATO I Aziende autonome. i i Se la gestione governativa delle linee di navigazione sui laghi MagI giore, di Garda e di Com, istituita dalla legge 18 luglio 1957 debba consii j I I derarsi come azienda autonoma (n. 233). Se la amministrazione e la vendita dei beni facenti parte del patrimonio dell'azienda autonoma siano di competenza della azienda medesima (n. 233). l j j <;; I CONTENZIOSO TRIBUTARIO Sopratassa. Se per il caso di continuate infrazioni alla stessa norma tributaria, sanzionate come sopratas!la, possa applicarsi la disciplina dell'art. 8 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 relativa alle ipotesi di violazioni continuate (n. 5). . Se la disciplina prevista dall'art. 8 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 possa applicarsi alle sopratasse dichiarate non riducibili di cui all'art. 5 della legge 29 dicembre 1962, n. 1744. DAZI DOGANALI Contravvenzione. Se la importazione di merce denunciata come specie di carne suina pancetta, e per tale riconosciuta alla visita doganale, e in sede di verifica della polizia tributaria risultata come suina, sia passibile della contravvenzione di cui all'art. 118 della legge doganale, ovvero ipotizzabile come reato di contrabbando ex art. 107 legge (n. 42). 50 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT Artt.1 e 3 l. 20 marzo 1968, n. 391 in relazione agli artt. 25 e 30 l. 25 giugno 1965, n. 2359. Se, ai sensi dell'art. 30 1. 25 giugno 1865, n. 2359 come modificato dall'art. 1 legge 20 marzo 1968, n. 391, sia necessaria, in ogni caso, la preventiva accettazione dell'indennit determinata per l'espropriazione da parte dell'espropriato, per ordinare il deposito dell'indennit stessa presso la Cassa depositi e prestiti (n. 273). Consorzi per l'area di sviluppo industJriale -Art. 147 del t. u. n. 1523 del 30 giugno 1967. Se il Prefetto nel pronunciare l'esproprio, ai sensi del 40 comma dell'art. 147 del t. u'. n. 1523 del 30 giugno 1967 che prevede la pronuncia di esproprio in favore dei Consorzi per lo sviluppo industriale, indipendentemente dall'effettivo deposito Q.ell'indennit, debba assicurarsi dell'avvenuto finanziamento del Consorzio da parte della Cassa per il Mezzogiorno (n. 274). Svincolo della cauzione durante il giudizio di opposizione alla stima. Se l'Autorit Giudiziaria, mentre in corso il processo di opposizione alla stima, possa emettere, su richiesta dell'espropriato, il provvedimento di svincolo della indennit di espropriazione depositata presso la Cassa DD.PP. quando il Prefetto certifichi che l'unica opposizione notificata appunto quella dell'espropriato (n. 275). FALLIMENTO Annullamento contributi concessi dalla Cassa per il Mezzogiorno. Se nei confronti di imprese dichiarate fallite debba procedersi all'annullamento ex tunc dei contributi concessi dalla Cassa per il Mezzogiorno in base alla legge 29 luglio 1957, n. 634 d alla legge 25 giugno 1965, n. 717 (n. 116). Compenso al curatore in caso di mancanza di attivo. Se il Tribunale possa legittimamente liquidare il compenso al curatore di un fallimento, che non presenti alcun attivo, disponendo che la somma relativa sia anticipata dall'Erario (cfr. art. 91 L. F. e D. M. 16 luglio 1965) (n. 117). FERROVIE Alienazione ex art. 64 legge 27 luglio 1967, n. 668 e nulla osta. Se per le alienazioni in base all'art. 46 legge 27 luglio 1967, n. 668 da parte dell'Azienda Autonoma F.S. dei beni ricevuti in dotazione e di PARTE II, CONSULTAZIONI 51 quelli acquisiti durante la sua gestione, occorra il nulla osta dell'Amministrazione Finanziaria previsto dal D. L. 7 maggio 1948, n. 598, e se tali alienazioni possano effettuarsi in favore di altre Amministrazioni a prezzo di mercato (n. 404). IMPIEGO PUBBLICO Pensionati dello Stato assunti in servizio presso enti pubblici che perseguano finalit di lucro. Assegni accessori di quiescenza. Se il divieto, posto dall'art. 4 del R.D.L. 15 ottobre 1936, n. 1870, di corrispondere assegni accessori di quiescenza ai pensionati dello Stato riassunti in servizio presso altri enti, sussista allorch si tratti di enti pubblici che perseguano finalit di lucro (n. 69). Se i Monti di credito su pegno di prima categoria, assumendo carattere prevalente di istituti di credito (R. D. 25 aprile 1929, n. 967) siano enti pubblii economici, in quanto compiono una vera e propria attivit imprenditoriale, diretta all'immediata realizzazione di profitti, anche se tali profitti vengono poi destinati, per la parte disponibile, ad erogazioni di assistenza, beneficenza e pubblica utilit (n. 690). IMPORTAZIONE ED ESPORTAZIONE Importazione e produzione di saccarina, dulcina ed altri edulcoranti sintetici assimilabili a dette sostanze. Se l'importazione della saccarina, della dulcina e delle altre sostanze a questa assimilabili sia permessa dalla legge (n. 53). Se la produzione della saccarina possa essere da parte di ditte tecnicamente attrezzate al solo scopo di cedere il prodotto stesso allo Stato (n. 53). Se l'Amministrazione possa legittimamente concedere i permessi di importazione delle sostanze suddette a terzi (n. 53). Se possa legittimamente determinarne il prezzo di vendita, attesa la natura tributaria della determinazione stessa (n. 53). IMPOSTA DI REGISTRO Applicabilit dei benefici fiscali all'appalto .di lavori di completamento del fabbricato alienato -Tassabilit autonoma della clausola contenente la nomina di un supplente. Se siano applicabili le agevolazioni fiscali, previste dall'art. 14 1. 2 luglio 1949, n. 408 all'appalto dei lavori di completamento del fabbricato alienato (n. 301). Se la clausola contrattuale contenente la nomina di un supplente che si assume l'obbligo di proseguire e completare i lavori in luogo dell'ap: r;>altatore, in caso di impedimento o di inadempienza, sia suscettibile di tassazione autonoma (n. 301). 53 Valga Petto :fatto ~une ~ega ro le le !a e I. I lrl~ .:--f.@}fi"t -"'~..::.:.. ,.-,,, ::::::W"ffiJ:::=:::-:-.-::-"A PARTE II, CONSULTAZIONI 51 quelli acquisiti durante la sua gestione, occorra il nulla osta dell'Amministrazione Finanziaria previsto dal D. L. 7 maggio 1948, n. 598, e se tali alienazioni possano effettuarsi in favore di altre Amministrazioni a prezzo di mercato (n. 404). IMPIEGO PUBBLICO Pensionati dello Stato assunti in servizio presso enti pubblici che perseguano finalit di lucro. Assegni accessori di quiescenza. Se il divieto, posto dall'art. 4 del R.D.L. 15 ottobre 1936, n. 1870, di corrispondere assegni accessori di quiescenza ai pensionati dello Stato riassunti in servizio presso altri enti, sussista allorch si tratti di enti pubblici che perseguano finalit di lucro (n. 69). Se i Monti di credito su pegno di prima categoria, assumendo carattere prevalente di istituti di credito (R. D. 25 aprile 1929, n. 967) siano enti pubblii economici, in quanto compiono una vera e propria attivit imprenditoriale, diretta all'immediata realizzazione di profitti, anche se tali profitti vengono poi destinati, per la parte disponibile, ad erogazioni di assistenza, beneficenza e pubblica utilit (n. 690). IMPORTAZIONE ED ESPORTAZIONE Importazione e produzione di saccarina, dulcina ed altri edulcoranti sintetici assimilabili a dette sostanze. Se l'importazione della saccarina, della dulcina e delle altre sostanze a questa assimilabili sia permessa dalla legge (n. 53). Se la produzione della saccarina possa essere da parte di ditte tecnicamente attrezzate al solo scopo di cedere il prodotto stesso allo Stato (n. 53). Se l'Amministrazione possa legittimamente concedere i permessi di importazione delle sostanze suddette a terzi (n. 53). Se possa legittimamente determinarne il prezzo di vendita, attesa la natura tributaria della determinazione stessa (n. 53). IMPOSTA DI REGISTRO Applicabilit dei benefici fiscali all'appalto .di lavori di completamento del fabbricato alienato -Tassabilit autonoma della clausola contenente la nomina di un supplente. Se siano applicabili le agevolazioni fiscali, previste dall'art. 14 1. 2 luglio 1949, n. 408 all'appalto dei lavori di completamento del fabbricato alienato (n. 301). Se la clausola contrattuale contenente la nomina di un supplente che si assume l'obbligo di proseguire e completare i lavori in luogo dell'ap paltatore, in caso di impedimento o di inadempienza, sia suscettibile di tassazione autonoma (n. 301). --. ~- 52 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Conseguenze della dichiarazione incostituzionafit della solidariet processuale. Se il principio stabilito dalla sentenza della Corte Cost. 30 aprile 1968, n. 48 (incostituzionalit degli artt. 20 e 21 D. L. 1936, n. 1639 che fanno decorrere i termini per l'impugnativa per tutti i coobligati dalla notifica dell'accertamento anche ad uno solo), sia estensibile al caso delle notifiche delle cartelle esattoriali alle societ irregolari e di fatto (n. 302). Criteri per la valutazione dell'usofrutto trasferito a titolo oneroso. Se, ai fini della determinazione del valore dell'usufrutto costituito o trasferito a titolo oneroso, debba applicarsi l'art. 15 cod. proc. civ. ovvero debbano seguirsi i criteri indicati nella circolare ministeriale 19 ottobre 1968, n. 61 (n. 303). Trattamento di favore. Se i contratti per le somministrazioni e l'appalto dei servizi negli Istituti di prevenzione e pena debbano considerarsi come contratti per il mantenimento di persone, di cui all'art. 42 Tariffa all. A alla legge di registro R. D. 30 dicembre 1923, n. 3269 (n. 304). IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE Conseguenze della dichiarazione di incostituzionalit della solidariet processuale. Se il principio stabilito dalla sentenza della Corte Cost. 30 aprile 1968, n. 48 (incostituzionalit degli artt. 20 e 21 D. L. 1936, n. 16S9 che fanno decorrere i termini per l'impugnativa per tutti i coobligati dalla notifica dell'accertamento anche uno solo), sia estensibile al caso delle notifiche delle cartelle esattoriali alle societ irregolari e di fatto (n. 45). IMPOSTE E TASSE Agevolazioni fiscali -Rapporto tra D. L. 15 marzo 1965, n. 124 e l. 3 agosto 1949, n. 589. Se ai contratti di mutuo per opere di urbanizzazione intervenute tra Cassa DD.PP. e i comuni, in base al D. L. 15 marzo 1965, n. 124 (conv. con 1. 13 maggio 1965, n. 431), siano applicabili i benefici fiscali previsti dall'art. 18 legge 3 agosto 1949, n. 589 (n. 496). Capacit contrib'utiva -Legittimit costituzionale della Legge sulla imposta di fabbricazione sugli oli d'oliva. Se il sistema della pluralit delle imposizioni, quale risulta dall'art. 2~ della Cost. comporti l'autonomia di ciascuna di esse e se, in conseguenza, PARTE II, CONSULTAZIONI 153 il princ1p10 della proporzionalit rispetto alla capacit contributiva valga con riferimento agli indici specifici di ciascun tributo e non gi rispetto ad imposte diverse (n. 497). Se risponda ai principi costituzionali posti dall'art. 23 Cost. il fatto che la legge chiami a collaborare all'accertamento di un tributo alcune categorie di persone, in relazione all'attivit da esse svolta che si ricollega alla nascita del rapporto tributario (n. 497). Conseguenze della dichiarazione di incostituzionalitd della solidarietd processuale. Se il principio stabilito dalla sentenza della Corte Cost. 30 aprile 1968, n. 48 (incostituzionalit degli artt. 20 e 21 D. L. 1936, n. 1639 che fanno decorrere i termini per l'impugnativa per tutti i coobligati dalla notifica dell'accertamento anche ad uno solo), sia estensibile al caso delle notifiche delle cartelle esattoriali alle societ irregolari e di fatto (n. 498). Imposta complementare sul reddito dovuta dagli eredi del de cuius. Se l'imposta complementare sul reddito sia dovuta fino al giorno della morte del de cuius, mentre per il restante periodo dell'anno solare gli eredi possano ottenere lo sgravio (n. 499). Se gli eredi del contribuente defunto debbano presentare dichiarazione dei redditi del defunto nell'anno successivo alla morte e per il periodo che va dal lo gennaio al giorno della morte (n. 499). LOCAZIONE Locazione di immobili urbani -Blocco dei canoni (0.N.1.G.). Se i canoni delle locazioni di immobili urbani nei quali si eserciti da parte del conduttore un'attivit assistenziale e che ,siano in corso alla data del 10 novembre 1964 e non siano soggetti a regime vincolistico, possano essere aumentati a decorrere dalla data suddetta fino al 31 dicembre 1968 (cfr. art. 5 D. L. 23 dicembre 1964, n. 135, art. 7 D. L. 27 giugno, n. 460) (n. 135). LOTTO E LOTTERIE Giocate a prezzo multiplo. Se il premio massimo cui pu dar luogo ogni bolletta vincente nel gioco del lotto possa eccedere la somma di L. 20.000.000 (n. 33). Se tale limitazione si applichi nel caso previsto dall'art. 16 della vigente legge sul lotto di giocata effettuata a mezzo prezzo multiplo di una bolletta, se questo sia rappresentato da du o pi bollette (n. 33). 54 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO MEZZOGIORNO Contributi concessi alle imprese dichiarate fallite. Se nei confronti di imprese dichiarate fallite debba procedersi all'annullamento ex tunc dei contributi concessi dalla Cassa per il Mezzogiorno in base alla legge 29 luglio 1957, n. 634 ed alla legge 25 giugno 1965, n. 717 (n. 46). OBBLIGAZIONI E CONTRATTI Obbligazioni pecuniarie -Svalutazione della moneta. Se l'art. 1820 c. c. possa trovare applicazione nei casi in cui non possa desumersi dalla interpretazione del contratto la volont delle parti di far riferimento al contenuto metallico di una moneta (n. 48). Se in tal caso, pertanto, legittimamente l'Amministrazione possa rifiutare il pagamento di una somma maggiore di quella pattuita in epoca anteriore a quella della svalutazione della moneta in questione (n. 48). OPERE PUBBLICHE Applicabilit del Capitolato Generale-Conseguenze del ritardo nella stipulaozione del contratto da parte della P. A. Se le norme del Capitolato Generale del 1962, n. 1063, siano applicabili anche agli appalti di opere pubbliche realizzate da enti pubblici diversi dallo Stato, ma con il concorso di questo (n. 82). Se nel caso di ritardo nella stipulazione del contratto da parte dell'Amm. ne, dopo l'aggiudicazione, sia applicabile l'art. _10 del Capitolato Generale, relativo al ritardo nella consegna dei lavori (n. 82). REGIONI Regioni a statuto spetoiale -Intervento sostitutivo del Governo -Espropriazione. Se sia legittimo l'intervento sostitutivo del Governo nel caso che il Presidente della Regione della Valle d'Aosta, stante la dichiarazione ministeriale di indifferibilit ed urgenza dei lavori, ometta di pronunziare il conseguente decreto di occupazione, ai sensi dell'art. 71 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 (n. 168). RICOSTRUZIONE Legge 13 luglio 1966 n. 610 -Applicabilit alla ricostruzione di fabbricati rurali. Se le norme di cui agli artt. 5, 10 e 11 della legge 13 luglio 1966, n. 610 siano da ritenere applicabili alla ricostruzione di fabbricati rurali PARTE II, CONSULTAZIONI 55 (oltre che alla ricostruzione di fabbricati di c1v1ca abitazione siti in ambienti urbani) malgrado che non siano richiamate dall'art. 6 della legge stessa (nn. 19). SUCCESSIONI Identificazione della disciplina normativa. Se il testamento redatto all'estero da un cittadino italiano sia regolato per quanto attiene al suo contenuto dalla legge italiana e relativamente alla sua forma dalla legge del luogo in cui stato redatto (n. 80). Se il testamento olografo congiuntivo redatto all'estero dal cittadino produca effetti nell'ordinamento italiano (n. 80). ~???tf~?~~~t??????tr~rt)~(r0~r1f?Trs?~~~?f~{f~:{?~r~frrr;111??r~r5rorrtrttf~~?f~tf~1~~~tf?n\:ftI~r~~ffff~mrrr~~rfr0rfffftK~r0~ir~~rff~~r~rffffftffW