MARZO -APRILE 1970 ANNO XXII -N. 2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1970 ABBONAMENTI ANNO ................................. L. 7.500 UN NUMERO SEPARATO .. 1.300 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/40500 Stampato in Italia -Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (9212284)' Roma, 1970 Istituto Poligrafico dello Stato P.V. INDICE Parte prima: GIURl~PRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE (a cura del/'avv. Michele Savarese) pag. 175 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (a cura del/'avv. Benedetto Baccari) 217 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura del/'avv. Pietro de Francisci) . 228 Sezione quarta: GIRISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/' avv. Ugo Gargiulo) . 254 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati Giuseppe Angelini-Rota e Carlo Bafi/e) 258 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE (a cura del/'avv. Franco Carusi) 3 I 8 Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Antonino Terranova) 332 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE CONSULTAZIONI NOTIZIARIO RASSEGNA DI DOTTRINA (a cura del/'avv. Luigi Mazze/la) . . pag. 35 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE (a cura del/'avv. Arturo Marzano) 39 CONSULTAZIONI 69 La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO ARTICOLI, NOTEt OSSERVAZIONI, QUESTIONI BAFILE C., Finanziamento su cambiali e costituzione di ipoteca pag. 258 DI TARSIA P., Costituzione di parte civile: accessoriet e immanenza . 332 f. ,,f I I1 f. ~At~~I~ INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICITA -Concessioni di acqua pubblica Canone -Caratteri -Aumento dei canoni disposti dalla I. 21 dicembre 1961, n. 1501 -Decorrenza, 318. -Concessione di grande derivazione per la produzione di forza motrice -Costruzione dell'impianto in pendenza del perfezionamento dell'acquisto coattivo o consensuale del relativo sedime -Operativit del principio dell'accessione -Esclusione Applicazione in tema di presunzione ex art. 47 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, 322. AMMINISTRAZION1i: DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI -Cassa per il Mezzogiorno -Natura di organo statale munito di personalit giuridica -Sussiste Corollario in ordine ai rapporti di appalto di opere pubbliche, 325. APPALTO -Appalti di opere pubbliche disciplinati dal Capitolato generale d'appalto delle opere e forniture finanziate dalla Cassa per il Mezzogiorno -Controversie insorgenti dal contratto -Domanda azionata dall'appaltatore innanzi al G. O. -Foro competente, 325. - Appalto di opera pubblica -Pretese dell'appaltatore agli interessi moratori dedotto colpevole ritardo della P. A. committente nella redazione dello stato finale e nel collaudo dell'opera rispetto a termini di capitolato speciale -Necessit della proposizione di apposite tempestive riserve da parte dell'appaltatore -Sussiste, 326. -V. anche Contratti pubblici. CASSA PER IL MEZZOGIORNO - V. Amministrazione dello Stato. COMPETENZA E GIURISDIZIONE. - Attivit posta in essere dalla P. A. iure privatorum -Condanna ad un facere -Ammissibilit -Limiti, 220. -Demanio e patrimonio -Patrimonio indisponibile -Edificio costruito a distanza inferiore a quella legale e destinato ad uso di pubblico servizio -Domanda tendente ad ottenere la condanna all'abbattimento parziale dell'edificio -Improponibilit, 220. -Lesione di interessi legittimi Domanda di risarcimento del danno -Improponibilit, 224. - Questione di giurisdizione -Indagine del giudice -Criteri, 224. CONCESSIONI AMMINISTRATIVE - V. Acque pubbliche. CONFLITTI DI ATTRIBUZIONI - V. Corte Costituzionale. CONTRATTI PUBBLICI -Aggiudicazione -Adempimenti preliminari alla stipulazione del contratto -Assegnazione di termini, senza diffida -Scadenza Conseguenza, 254. -Aggiudicazione -Annullamento, con esperimento di nuova gara Ditta aggiudicataria -Posizione giuridica -Interesse legittimo Controversie -Giurisdizione del Consiglio di Stato, 254. -Appalti di opere pubbliche stipulati dalla Cassa per il Mezzogiorno -Clausole contrattuali RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO predisposte dalla Cassa -Necessit di specifica approvazione per iscritto da parte dell'appaltatore -Esclusione, 325. CORTE COSTITUZIONALE -Costituzione delle parti in giudizio -Perentoriet dei relativi termini -Inapplicabilit della sospensione feriale, 178. -Giudizi di legittimit costituzionale in via principale -Omessa impugnativa di leggi anteriori analoghe -Preclusione -Esclusione, 181. -Giudizi di legittimit costituzionale in via incidentale -Regolamenti -Inammissibilit, 203. -Giudizi incidentali di legittimit costituzionale -Profili ron dedotti nell'ordinanza di remissione -Inammissibilit, 185. ~ Giudizi per conflitto di attribuzione fra Stato e Regione -Necessit dell'invasione di competenza del ricorrente -Semplice ripartizione di competenza nell'ambito dello stesso organo Inammissibilit del .ricorso, 178. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -V. Corte Costituzionale, Elezioni amministrative e politiche, Imposte e tasse in genere, Lavoro, Pena, Previdenza ed assistenza, Procedimento civile, Procedimento penale, Reato, Sicilia, Sicurezza pubblica. DEMANIO E PATRIMONIO - V. Competenza e giurisdizione. ELEZIONI AMMINISTRATIVE E POLITICHE -Disciplina dell'elettorato attivo Norma di esclusione temporanea per i commercianti falliti -Illegittimit costituzionale -Insussistnza, 205. -Disciplina dell'lettorato attivo Visione delle liste elettorali Acquisto o riacquisto del diritto di voto solo dall'inizio del semestre successivo alla revisione Illegittimit costituzionale, 206. ENTI PUBBLICI -Aeroclub d'Italia -Clubs locali Scioglimento degli organi e nomina del Commissario -Controversie -Difetto di giurisdizione dell'A.G.O., 256. -Azienda municipalizzata -Controllo prefettizio -Annullamento di deliberazione -Comunicazione dei motivi -Necessit, 255. ESECUZIONE FORZATA -Opposizione di terzo coabitante non in via occasionale con il debitore esecutato -Onere della prova -Limiti -Prova dell'affidamento dei mobili pignorati Non necessaria, 238. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Ricorso giurisdizionale -Legittimazione -Nomina di Commissario di un Ente pubblico -Ex presidente dell'Ente -Impugnativa -Difetto di legittimazione, 256. IMPIEGO PUBBLICO -Cancelliere -Procedimento disciplinare -Deliberazione della Commissione di disciplina -Partecipazione all'Avvoca.to Generale della Corte di Appello -Illegittimit, 254. -Dimissioni volontarie -Effetto estintivo del rapporto -Decorrenza -Data di delibera della Amministrazione -Data di comunicazione -Irrilevanza -Revoca della domanda dopo la delibera e prima della comunicazione Irrilevanza, 257. -Dimissioni volontarie -Vizio della volont -Dimissioni nel mo IN.DICE Vll mento in cui si profilano responsabilit penali o amministrative o procedimenti disciplinari Esclusione del vizio, 257. -Stipendi -Prescrizione -Dipendenti da enti pubblici (C.R.I.) Decorrenza del termine in costanza di rapporto -Dichiarazione di incostituzionalit dell'art. 2948 e.e. -Applicabilit -Presupposti, 256. IMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazioni per l'incremento delle costruzioni edilizie previste dalla legge 2 luglio 1949, n. 408 Concessione reciproca del diritto di superficie -Inapplicabilit delle agevolazioni, 292. -Anticipazioni sul pegno -Imposta surrogatoria -Pegno prestato da un terzo -Si estende, 305. -Apertura di credito -Somma finanziata trattenuta presso la banca -Contemporaneo contratto di deposito -Esclusione, 267. -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti per loro natura le une dalle altre -Fattispecie, 292. -Enunciazione -Enunciazione in sentenza -Qualificazione giuridica dell'atto enunciato -Fattispecie, 264. -Finanziamento bancario -Imposta di bollo -Surrogatoria della imposta di registro -Finanziamento mediante cambiale -Costituzione di ipoteca -Si estende, con nota di C. BAFILE, 258. -Mutuo -Temporanea ritenzione della somma mutuata -Contratto di deposito -Esclusione, 268. -Vendita immobiliare simulata Donazione dissimulata nulla per vizio di forma -Imposta di retrocessione - dovuta, 315. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Imposta sul valore globale Autonomia -Addizionale istitu ta con d. 1. 7 novembre 1954, n. 1025 -Non si estende all'imposta sul valore globale, 294. IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Entrata imponibile -Contributi dovuti ad associazioni sindacali-Associazioni miste -Tassabilit, 307. IMPOSTE DOGANALI -Importazione di merci tassabili ad valorem -Prezzo normale -Prezzo indicato in fattura Valore mm1mo imponibile Esclusione, 283.. -Prescrizione -Effetto del giudicato sulle prescrizioni brevi Sentenza del Giudice penale, 275. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Apparecchi automatici di accensione -Diritto fisso per la detenzione -Detenzione da parte del venditore autorizzato -Soggezione al pagamento del diritto fisso, 288. -Imposta di pubblicit sulle targhe apposte alle cose assicurate Corresponsione in modo virtuale -Eccesso rispetto alla legge di delega -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 185. -Imposte dirette -Azione giudiziaria -Necessit della preventiva decisione definitiva di una Commissione -Questioni di estimazione complessa -Sussiste, 278. -Imposte dirette -Concordato Nozione -Impugnazione -Vizi di forma e di legittimit -Preventiva decisione di una Commissione -Necessit, 278. -Imposte dirette -Domanda di rimborso di somme indebitamente percette -Ricorso alla Com- I ~: I !: mr1AP~~~l~~APIAiiliVAW'&JIPlll~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO missione Necessit -Limiti, 279. -Procedimento dinanzi alle Commissioni -Impugnazioni della Amministrazione -Notifica con unico atto della sentenza e della dichiarazione di impugnazione Nullit -Sanatoria -Ammissibilit, 309. -Procedimento dinanzi alle Commissioni -Impugnazioni della Finanza -Forme -Deposito presso la Commissione dell'atto contenente i motivi e comunicazione al contribuente - regolare, 287. -Procedimento dinanzi alle Commissioni -Interpretazione del giudicato esterno -Incensurabilit in Cassazione, 273. - Procedimento dinanzi alle Commissioni -Notifica delle impugnazioni -Nullit -Comparizione dell'intimato -Sanatoria della nullit, 313. -Procedimento dinanzi alle Commissioni -Notificazione al contribuente -Portata generale dell'art. 38 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645 -Cambiamento di abitazione nell'ambito dello stesso Comune -Notifica per affissione nell'albo comunale Nullit, 309. -Procedimento dinanzi alle Commissioni -Procura al difensore Dichiarazione scritta successiva alla proposizione del ricorso e anteriore alla trasmissione di esso alla Commissione - sufficiente Forma della procura -Fattispecie, 301. -Violazione delle leggi finanziarie -Esecutoriet dell'ordinanza dell'Intendente di Finanza e del decreto del Ministero delle Finanze -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 211. LAVORO -Tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti -Minimo edittale della pena -Violazione del principio di uguaglianza -Esclusione, 212. LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI -Dichiarazione . di incostituzionalit -Effetti sui rapporti, per i quali non sia scaduto il termine della impugnativa giurisdizionale, 255. -Regolamento -Regolamento di esecuzione -Abrogazione della legge in virt di nuova legge Contemporanea abrogazione del regolamento -Esclusione, 255. OBBLIGAZIONI E CONTRATTI. -Rappresentanza -Revoca della procura -Terzo di buona fede - Opponibilit -Condizioni -Revoca tacita, 240. OPERE PUBBLICHE - V. Appalto. PENA -Onere del mantenimento in carcere dei detenuti -Ordine dei prelievi sugli stabilimenti designati dal Ministro della Giustizia -Illegittimit costituzionale Esclusione, 203. PRESCRIZIONE -Responsabilit civile -Fatto illecito costituente reato -Sentenza istruttoria di non doversi procedere perch ignoti gli autori -Decorrenza della prescrizione, 236. -V. anche, Imposta di registro, Imposte doganali. PREVIDENZA ED ASSISTENZA. -Istituti di patronato e di assistenza sociale Competenza esclusiva per la tutela dei lavoratori in sede amministrativa Non esiste -Infondatezza della questione di legittimit costituzionale, 177. .la soccombenza, con nota di P. DI TARSIA, 332. Competenza esclusiva della Regione, 182. .la soccombenza, con nota di P. DI TARSIA, 332. Competenza esclusiva della Regione, 182. INDICE IX PROCEDIMENTO CIVILE -Consulente tecnico -Omessa comunicazione dell'inizio delle operazioni -Nullit sanabile, 230. -Delibazione -Sentenza straniera di accertamento di paternit naturale e condanna agli alimenti -Dichiarazione di efficacia limitata al capo relativo agli alimen- Spese giudiziali -Sentenza di assoluzione preclusiva dell'azione ' civile -Impugnazione dell'imputato -Legittimazione ad intervenire della parte civile -Non sussiste -Spese -Criterio della soccombenza -Non sussiste, con nota di P. DI TARSIA, 332. REATO ti -Ammissibilit, 245. -Esecuzione mobiliare -Pignorabilit di stipendi e salari nella misura di un quinto -Contrasto .,.c~n .SHJ1rti.coli 3 e. 36 della Co .. S't1tuz1one-;. Eschts1one, 200. -Prove -Presunzioni semplici Valutazione -Potere discrezionale del giudice di merito, 249. -Ricorso per Cassazione -Deposito per multa -Esonero -Ricorsi nell'interesse dello Stato -Concetto, 245. Sospensione del giudizio per rimessione degli atti alla Corte Costituzionale -Riassunzione -Termini -Disciplina, 228. Sospensione necessaria del processo -Decorrenza del termine per la richiesta d prosecuzione Data di cessazione della causa di sospensione -Illegittimit costituzionale, 198. PROCEDIMENTO PENALE Competenza pretorile -Mancanza di atti istruttori -Violazione del principio di uguaglianza e del diritto di difesa -Esclusione, 175. Notificazioni all'imputato detenuto -Stato di detenzione non risultante dal proce.d}Illi!lnto Notificazione col rito prvisto per gli irreperibili -Illegittimit costituzionale, 183. -Spese giudiziali -Sentenza di assoluzione non preclusiva dell'azione civile -Impugnazione dell'imputato -Legittimazione ad intervenire della parte civile Sussistenza -Spese -Regola del Codice penale -Imputabilit per reati commessi in stato di ubriachezza -Violazione de~ principiodi-eguaglianza, e della..personalit della responsabilit -Esclusione, 195. Omesso adempimento degli obblighi di assistenza familiare -PerseguibiUt d'ufficio -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 214. Sanzioni per la violazione del Codice Stradale e dei regolamenti locali -Depenalizzazione -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 189. RESPONSABILIT CIVILE -Amministrazione pubblica -Strade -Manutenzione -Insidia Colpa dell'Amministrazione Elemento psicologico, 249. Insegnanti -Presunzione di responsabilit per il fatto illecito dei propri allievi -Affidamento non occasionale -Insegnanti pubblici dipendenti -Responsabilit della Pubblica Amministrazione -Sussiste, 230. -Minori -Responsabilit degli insegnanti per culpa in vigilando -Responsabilit del genitore per culpa in educando Presunzione -Permane, 230. SICILIA -Agricoltura e Foreste -Opere che incidono sulla difesa del suolo -Rapporti con la programmazione economica nazionale RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ~ Legge regionale recante riliquidazione dell'indennit di buonuscita ai dipendenti regionali Illegittimit costituzionale parziale, 182. SICUREZZA PUBBLICA -Contravvenzione al divieto di comparire mascherato in luogo pubblico o aperto al pubblico Arresto in flagranza -Illegittimit costituzionale, 202. TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI -Accordo 14 gennaio 1949 -Preteso diritto soggettivo del cittadino italiano ex prigioniero in ~ano americana -Improponibiht della domanda -Difetto assoluto di giurisdizione, con nota di M. CASACCIA, 217. VENDITA - V. Imposta di registro. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 4 febbraio 1970, n. 16 pag. 175 4 febbraio 1970, n. 17 , 177 18 febbraio 1970, n. 18 178 18 febbraio 1970, n. 19 181 18 febbraio 1970, n. 20 182 23 febbraio 1970, n. 25 183 23 febbraio 1970, n. 28 185 4 marzo 1970, n. 32 189 4 marzo 1970, n. 33 195 4 marzo 1970, n. 34 198 20 marzo 1970, n. 38 200 20 marzo 1970, n. 39 202 20 marzo 1970, n. 40 203 23 marzo 1970, n. 43 205 23 marzo 1970, n. 44 211 23 marzo 1970, n. 45 212 23 marzo 1970, n. 46 214 23 marzo 1970, n. 47 206 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 19 agosto 1969, n. 3013 pag. 268 Sez. I, 11 novembre 1969, n. 3666 258 Sez. I, 13 dicembre 1969, n. 3946 264 Sez. I, 13 dicembre 1969, n. 3956 267 Sez. I, 13 dicembre 1969, n. 3962 273 Sez. I, 3 gennaio 1970, n. 1 . . . 275 Sez. Un., 19 gennaio 1970, n. 103 278 Sez. Un., 20 gennaio 1970, n. 112 318 Sez. I, 21 gennaio 1970, n. 125 283 Sez. I, 29 gennaio 1970, n. 184 . 322 Sez. I, 30 gennaio 1970, n. 212 287 Sez. I, 5 febbraio 1970, n. 241 . 228 Sez. I, 6 febbraio 1970, n. 246 288 Sez. I, 6 febbraio 1970, n. 255 . 292 Sez. III, 6 febbraio 1970, n. 263 230 Sez. III, 6 febbraio 1970, n. 268 236 Sez. III, 6 febbraio 1970, n. 280 238 Sez. Un., 7 febbraio 1970, n. 284 217 Sez. I, 9 febbraio 1970, n. 304 . 294 Sez. I, 10 febbraio 1970, n. 321 294 Sez. I, 10 febbraio 1970, n. 323 . 301 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sez. I, 11 febbraio 1970, n. 403 pag. 240 Sez. Un., 12 febbraio 1970, n. 341 220 Sez. Un., 13 febbraio 1970, n. 344 224 Sez. I, 17 febbraio 1970, n. 372 305 Sez. I, 21 febbraio 1970, n. 401 307 Sez. I, 24 febbraio 1970, n. 427 309 Sez. I, 24 febbraio 1970, n. 428 313 Sez. I, 18 marzo 1970, n. 557 245 Sez. I, 18 marzo 1970, n. 718 325 Sez. III, 18 marzo 1970, n. 737 249 Sez. I, 27 marzo 1970, n. 841 315 TRIBUNALE Roma, Sez. I, 23 settembre 1963, n. 7293 . . . . . . . . . . pag. 327 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 23 gennaio 1970, n. 36 pag. 254 Sez. IV, 31 gennaio 1970, n. 54 254 Sez. V, 13 gennaio 1970, n. 8 255 Sez. V, 20 gennaio 1970, n. 48 255 Sez. VI, 20 gennaio 1970, n. 30 256 Sez. VI, 27 gennaio 1970, n. 31 257 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 27 maggio 1969, n. 1569 pag. 332 Sez. IV, 30 ottobre 1969, n. 1463 332 J SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA BIANCHI D'EsPINOSA L., Valori socio-culturali della giurisprudenza, Ed. Laterza, Bari, 1970 . . . . . . . . , . . . NEPPI MoDONA G., Sciopero, potere politico e magistratura 18701922, Ed. Laterza, Bari, 1969 . . . . . . . . . . . . . FERRARA G., Regolamenti parlamentari e indirizzo politico, in Scritti degli allievi offerti ad Alfonso Tesauro, voi. I, Giuffr editore, Milano . . . . . . . . . . . . . . . CRISCI G. -GIOVANNEI.LI, Testo Unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, Giuffr editore, Milano, 1969 . . . . . pag. 35 36 37 38 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE LEGGI E DECRETI (segnalazioni) ............. pag. 39 NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE -Norme dichiarate incostituzionali: codice di procedura civile, art. 297, primo comma . pag. 39 J codice penale, art. 666 . . . . . . 39 1 r. d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 68 . . . . . . . 39 r. d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 220 . . . . 40 I d. P. R. 20 marzo 1967, n. 223, artt. 7, secondo comma, 11, quinto comma, e 31, primo comma ..... 40 I -Norme delle quali stata dichiarata non fondata la questione di legittimit costituzionale: I Codice civile, disp. prel. art. 11 . . . . . . . . . . pag. 40 codice civile, art. 407 e art. 350, n. 5 41 codice di pa:ocedura civile, art. 545, quarto comma, e art. 553 .......... . 41 I codice penale, art. 92, primo comma . 41 ~ codice penale, art. 570, primo comma 41 codice penale, disp. trans., art. 57 41 codice di procedura penale, art. 412 41 codice di procedura penale, art. 544 42 codice di procedura penale, art. 546, primo comma . 42 codice di procedura penale, disp. att., art. 65 . . 42 r. d. 1. 15 ottobre 1925, n. 2033, art. 44, secondo comma 42 legge 7 gennaio 1929, n. 4, art. 56, primo comma, e 58, secondo comma . . . . . . . 42 r. d. 28 maggio 1931, n. 601, art. 57 . . . . . . . . 42 XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r. d. 28 maggio 1931, n. 602, art. 65 . . . . . pag. 43 legge 22 aprile 1941, n. 633, artt. 12, 15, 61, n. 3, 171 e 175 . . .............. . 43 legge 11 marzo 1950, n. 87, art. 30, terzo comma . 43 d. P. R. 8 agosto 1955, n. 666, art. 16 . . . . . 43 d. P. R. 2 gennaio 1962, n. 481 . . . . . . . . . 43 legge 2 marzo 1963, n. 320, artt. 3, quarto comma, e 4 43 d. P. R. 20 marzo 1967, n. 223, art. 2, n. 2 . . . . . 44 legge 3 maggio 1967, n. 317, artt. 8 e 9 . . . . . . 44 legge 17 ottobre 1967, n. 977, art. 26, primo comma . 44 -Norme delle quali stato promosso giudizio di legittimit costituzionale 44 -Norme delle quali il giudizio di legittimit :costituzionale stato definito con pronunce di estinzione, di inammissibilit, di manifesta infondatezza, o di restituzione degli atti al giudice di merito . . . . . . . . . . . 66 INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) Acque pubbliche pag. 69 Elettricit ed elettroAgricoltura . . 69 Espropriazione perAmministrazione pub-dotti pag. 72 blica 69 pubblica utilit 72 Appalto 69 Fallimento 72 Assicurazioni 69 Farmacie 73 Atti pubblici 70 Ferrovie 73 Impiego pubblico Circolazione stradale . 70 73 Imposta di registro 73 Comuni e provincie . 70 Imposte e tasse 74 Concessioni ammini- Imposte varie . . . . 74 strative 70 Infortunio sul lavoro . 74 Contabilit generale Invalidi di guerra 74 dello stato 70 Lotto e Lotterie 75 Contributi 71 Opere pubbliche ~ 75 Danni di guerra 71 Previdenza ed assi- Dazi doganali 71 stenza 75 Edilizia economica e Societ 75 popolare 71 Successioni 76 PARTE PRIMA 176 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO petenza del tribunale, le ordinanze hanno impugnato, oltre aH'articolo 398, anche l'art. 372 c.p.p. (deposito degli atti e facolt dei difensori prima della chiusura della formale istruttoria) e l'art. 392 stesso codice (forme, avocazione e trasformazione dell'istruzione sommaria) in quanto omettono di estendere gU stessi incombenti anche ai procedimenti di competenza pretorile. 2. La questione infondata. Il procedimento penale dinanzi al pretore ha una struttura propria, caratterizzata da semplicit di forme rispondenti alla minore entit dei reati ed alla esigenza di definire sollecitamente un rilevante numero di processi. Una delle pi importanti norme di questo procedimento contenuta nell'art. 231 del codice di procedura penale, che d facolt al pretore di procedere ad atti istruttori allorch li ritenga utili e necessari, oppure di emettere il decreto di citazione a giudizio in base soltanto alle risultanze della denunzia o della querela. In conseguenza di siffatta facolt di scelta, la norma stata denunziata per illegittimit costituzionale, ma la Corte ha ritenuto che essa non viola n l'art. 3 n l'art. 24, secondo comma, della Costituzione, perch l'esercizio della facolt non rimesso alla mera discrezionalit del giudice, ma condizionato dalla valutazione delle circostanze probatorie e dalla semplicit dei fatti; e perch, inoltre, il differente trattamento derivante ai vari imputati giustificato dalla particolare struttura del processo davanti al pretore (sent. n. 46 del 12 aprile 1967). Col sostenere ora che la discriminazione fra imputati, che possono o non possono esercitare il diritto di difesa secondo che vi sia o no istruttoria prima del dibattimento, violi il principio di uguaglianza, viene riproposta sostanzialmente la medesima questione, gi dichiarata infondata. 3. Da questa Corte stato gi affermato il principio che il diritto di difesa, sancito dal secondo comma dell'art. 24 della Costituzione, non pu essere esercitato con identiche modalit in ogni caso, ma pu essere regolato in modo diverso per essere adattato alle esigenze delle speciali caratteristiche dei singoli procedimenti, purch vengano assicurati lo scopo e la funzione di tale diritto. Essendo il procedimento pretorile, per le ragioni suesposte, differentemente regolato da quello davanti al tribunale, non si pu ragionevolmente pretendere che il diritto di difesa venga esercitato in maniera eguale. E, nell'ambito della stessa giurisdizione pretorile, la circostanza che alcuni processi sono istruiti prima del dibattimento ed altri no impone necessariamente variazioni nell'esercizio di tale diritto, senza che con ci possa dirsi vio'1ato il precetto costituzionale. 4. L'art. 398 del codice di procedura penale disciplina i poteri del pretore nel procedimento con istruttoria sommaria: esso detta norme sulla raccolta delle prove, sulla spedizione dei mandati, sulla sentenza di non doversi procedere e sulla emissione del decreto di citazione a r'' PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE . 177 giudizio. Epper, .fistruzione sommaria implica, di per se stessa, l'intervento della difesa, necessaria anche per l'imparziale accertamento dei fatti. Per questo motivo la Corte ha riconosciuto che vi violazione del diritto di difesa se, dopo aver proceduto ad istruzione sommaria, il pretore emette il decreto di citazione a giudizio senza avere prima interrogato l'imputato o contestato il fatto in un mandato rimasto senza effetto; ed ha dichiarato in tal senso la parziale illegittimit dell'art. 398 (sentenza n. 33 del 20 aprile 1966). Allorquando, invece, il pretore prima del dibattimento non procede ad alcuna istruttoria n ad atti istruttori di polizia giudiziaria, la situazione del tutto differente perch, cosi come avviene per il giudizio per decreto o per il giudizio direttissimo, tutto viene rinviato alla fase dibattimentale. La Corte ha gi deciso in precedenza che questo rinvio al dibattimento dell'esercizio del diritto di difesa non viola l'art. 24 della Costituzione (sent. n. 170 del 1963, n. 27 del 1966, n. 46 del 1967). Dal che deriva che neppure il mancato deposito degli atti in cancelleria prima della emissione del decreto di citazione a giudizio costituisce quel vizio di legittimit prospettato dalle ordinanza. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 4 febbraio 1970, n. 17 -Pres. Branca - Rel. Benedetti -Cuscolo (n.c.). Previdenza e assistenza -Istituti di patronato e di assistenza sociale Competenza esclusiva per la tutela dei lavoratori in sede ammi nistrativa -Non esiste -Infondatezza della questione di legitti mit costituzionale. (Cost., art. 39, primo comma; d.l. C.P.S. 29 luglio 1947, n. 804, art. 1). Poich l'art. 1, comma primo del d.l. C.P.S. 29 luglio 1947, n. 804, ratificato con legge 17 aprile 1956, n. 561, non demanda, in via esclusiva, agli Istituti di patronato giuridicamente riconosciuti il compito di assistere i lavoratori e i loro aventi causa per il conseguimento, in sede amministrativa, delle prestazioni previdenziali di qualsiasi genere, e neppure demanda, in via esclusiva, il compito di rappresentare i lavoratori davanti agli organi di liquidazicme di dette prestazioni o a collegi di conciliazione, la citata norma non contrasta ceni l'art. 39, primo comma, della Cost;i,tuzione (1). (1) La questione stata sollevata con ordinanza 4 luglio 1968 del pretore di Prato (Gazzetta Ufficiale 28 settembre 1968, n. 248). Sul giudizio della libert sindacale, cfr. le sentenze 19 dicembre 1962, n. 106 e 8 luglio 1967, n. 98, rispettivamente in Giur. Cost. 1962, 1408 e 1967, i084 con note e richiami giurisprudenziali. 178 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 18 febbraio 1970, n. 18 -Pres. Branca - Rel. Crisafulli -Presidente del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese) c. Presidente Regione Sarda (avv. Jemolo, Gasparri). Corte costituzionale -Costituzione delle parti in giudizio -Perentoriet dei relativi termini -Inapplicabilit della sospensione feriale. (Legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 41; Norme integrative art. 27). Corte Costituzionale -Giudizi per conflitto di attribuzione fra Stato e Regione -Necessit dell'invasione di competenza del ricorrente Semplice ripartizione di competenza nell'ambito dello stesso organo -Inammissibilit del ricorso. (Cost. art. 134, legge 11 marzo 195.3, n. 87, art. 39). I termini per la costituzione in giudizio davanti alla Corte Costituzionale sono perentori per tutte le parti e ad, essi non sono applicabili le norme sulla sospensione durante il periodo feriale (1). inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione allorquando con esso si denunci non una invasione deUa sfera di competenza del soggetto ricorrente, ma un vizio di incompetenza pr violazione di norme svatutarie, e precisamente di quelle che presiedono alla ripartizione della competenza non tanto fra ?rgani diversi del sogpetto convenuto, quanto addirittura tra diverse forme di esercizio da parte del medesimo organo (2). (Omissis). -2. -Si costituito in giudizio il Presidente della Regione della Sardegna con atto depositato il 23 agosto 1969, e cio oltre venti giorni dopo l'avvenuta notificazione del ricorso. (1) Dopo la sentenza 8 febbraio 1967, n. 15 (in questa Rassegna, 1967, 26) la quale riguarda i termini per la proposizione del ricorso, la Corte Costituzionale ribadisce il suo orientamento sulla inapplicabilit della norma sulla .sospensione feriale anche ai termini di costituzione delle parti in giudizio. (2) La Corte sembra re.stringere, con questa decisione, l'ambito di applicabilit dello strumento del conflitto di attribuzione a favore dello Stato solo quando, anche da parte sua, si abbia una vindicatio potestatis, e non si deduca solo una violazione del suo potere costituente ., come era stata affermato nena sentenza 12 marzo 1965, n. 14 (in questa Rassegna, 1965, 255). In dottrina, sui riflessi del potere regolamentare nell'ambito costituzionale, dr. CHELI, Potere regolamentare e struttura costituzionale, Milano 1967, passim. Pi in generale, CAPOTOSTI, Questioni in tema di ammissibilit del ricorso per conflitto di attribuzione, Giur. it., 1968, I, 1, 257; GROTTANELLI DE' SANTI, I conflitti di attribuzione tra lo Stato e la Regione e tra le Regioni, Milano 1961. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 179 3. -ALi'udienza le parti hanno discusso sulla tempestivit o meno della costituzione in .giudizio della Regione. La Corte ritiratasi in camera di consiglio, ha emesso la seguente ordinanza: Ritenuto che la difesa della Regione sarda si costituita in giudizio il 23 agosto 1969, cio in ritardo (oltre 20 giorni dopo la notificazione del ricorso da parte dell'Avvocatura generale dello Stato), e che, secondo la difesa regionale il termine non sarebbe scaduto, data la sospensione per ferie ex legge 14 luglio 1965, n. 818, e che comunque non sarebbe perentorio almeno per la parte convenuta; Visti l'art. 41 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e gU artt. 18 e 27, terzo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale; Considerato, in conformit alla propria giurisprudenza (v. sentenza 1967, n. 15), che la rico.rdata legge n. 818 del 1965 si riferisce alle sole giurisdizioni ordinaria e amministrativa e non pu essere estesa ai procedimenti che si svolgono dinanzi a questa Corte e, sulla base di norme costituzionali, presentano caratteri tipici corrispondenti a funzioni diverse da quelle dei giudizi in detta legge preveduti; che, come la Corte costituzionale ha sempre ritenuto, i termini per la costituzione in giudizio presso di essa sono perentori per tutte le parti. PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara inammissibile per tardivit la costituzione nel presente giudizio della Regione della Sardegna e dispone la prosecuzione del dibattimento >. 4. -Ripreso il dibattimento, l'Avvocatura dello Stato ha insistito per l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto: 1. -Il ricorso dello Stato si rivolge contro le modifiche apportate con deliberazione del 9 maggio 1969 dal Consiglio della Regione della Sardegna all'art. 138 del proprio regolamento interno, che si sostanziano nel demandare alla competenza del Consiglio di presidenza (oltre che le nomine, promozioni e destituzioni relative al personale degli uffici del Consiglio, come gi stabilito secondo il testo originario) anche il trattamento economico e la determtnazione della pianta organica del personale stesso. Cosi disponendo, il Consiglio regionale avrebbe violato, secondo il ricorrente, la riserva di legge regionale posta dall'art. 3, lett. a, in relazione all'art. 33 dello Statuto speciale, quanto all' ordi di attribuzione a norma degli artt. 134 della Costituzione e 39 della 180 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO namento degli uffici e degli enti amminisrtativi della Regione e stato giuridico ed ecoi;i.omico del ipersonale , neppure rispettandosi per di pi la competenza dell'intero Consiglio, con ulteriore violazione, quindi, in subordinata ipotesi, anche dell'art. 19 dello Statuto, nel quale trova fondamento la potest regolamentare del Consiglio medesimo. Ma il ricorso, nei termini in cui prospettato, deve ritenersi inammissibile, non profilandosi, nella specie, un'ipotesi di conflitto legge 11 marzo 1953, n. 87. Il ,ricorso in sede di conflitto di attribu-" zione dato, infatti, sia alJ.o Stato sia alle Regioni interessate, quando una Regione invade con un suo atto la sfera di competenza assegnata dalla Costituzione allo Stato ovvero ad altra Regione , oppure, all'inverso, quando la sfera di competenza costituzionale di una Regione sia invasa da un atto dello Stato (art. 39 ult. cit.). La formula adoperata (invasione della altrui sfera di competenza) la stessa I~ usata dagli artt. 32 e 33 della legge n. 87, e gi prima dall'art. 2 della ~ legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, con riferimento alla impu-ili gnazione da parte di una Regione di leggi statali o di altre Regioni; ~ laddove il rinvio di leggi regionali per nuova deliberazione ammesso n [:=; ogni volta in cui, pi largamente, si assuma che la legge regionale r== eccede dalla competenza della Regione, mentre poi l'impugnazione ff~, davanti alla Corte ne prevista con la dizione promuovere la que-,., stione di legittimit costituzionale (art. 127 de1la Costituzione e !lli corrispondenti disposizioni degli Statuti speciali: art. 33 Statuto della Wi Sardegna, art. 31 Statuto dell Valle d'Aosta e art. 49 Statuto del 1i..=.:...=.i.= ..=.=.,: ..'=. Trentino-Alto ~dige, nonch art. 31 della legge n. 87 del 1953). ~ .." Del resto inerisce al concetto stesso di conflitto di attribuzione ,,,.,., (o, come anche si esprime l'art. 39 della leg,ge n. 87, regolamento di ~ ''.,r,.,:, .... ::.=' competenza ), cui pu dar luogo l'atto di un soggetto od organo, che ~. l'atto medesimo illegittimamente incida nella sfera riservata ad altro l~:::t.:!. soggetto od organo, menomandone una competenza o impedendogli di '=' esercitare poteri e diritti ad esso spettanti. Non, ,dunque, il mero eccedere dalla propria competenza, che non si rifletta dannosamente in l,x,,~.,; quella altrui, n tanto meno un qualsiasi vizio di legittimit, sono rm richiesti ad aversi conflitto di attribuzione, ma -per drpetere la for-~ @ :~~:re~~~. testi vigenti -una invasione nella sfera del soggetto I 2. -Nel caso deciso con la sentenza n. 14 del 1965, questa Corte li ebbe a ravvisare in alcune disposizioni del regolamento del Consiglio @:' della Regione Friuli-Venezia Giulia esercizio di una competenza sot-i::::j tratta in toto aUa Regione unitariamente considerata nel complesso ({ delle funzioni legislative ed amministrative ad essa attribuite, e per m:: ci stesso riservata allo Stato: sia perch il regolamento disponeva Li; diversamente dalla normativa contenuta nello Statuto, adottato con PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 181 logge costituzionale a norma dell'art. 116 della Costituzione, e perci non modificabile dalla Regione; sia perch il regolamento medesimo incideva su materie, come la tutela delle minoranze linguistiche o la disponibilit della forza pubblica, non rientranti a loro volta in alcuna delle competenze regionali. Nel caso presente, invece, fuori dubbio, e non si contesta nel ricorso, che la materia oggetto delle modifiche introdotte all'art. 138 del regolamento consiliare di competenza della ~egione, solo deducendosi che tale competenza si sarebbe esplicata tn violazione di determinate norme statutarie, ed in special modo di quelle che presiedono alla ripartizione delle competenza stessa, non tanto tra organi diversi della Regione, quanto addirittura tra diverse forme di esercizio da parte del medesimo organo. Qualunque dovesse essere, nel merito, l'esito del giudizio, la sentenza di questa Corte non potrebbe perci conformarsi alle norme di :legge (art. 38 della leg.ge n. 87 richiamato dal successivo art. 41) prescriventi che le decisioni adottate su conflitti di attdbuzione si concludano con la dichiarazione del potere al quale spettano le attribuzioni in contestazione , essendo pacifico che le attribuzioni in contestazione erano di spettanza della Regione. Quanto poi alla preoccupazione espressa nel ricorso, che un Consiglio regionale abbia a dare veste e parvenza di disposizioni regoJ.amentari a norme che, per il loro oggetto, dovrebbero avere forma legislativa, nell'intento di sottrarle cosi ai controlli costituzionalmente stabiliti per le leggi regionali, da osservare che, stante il sistema monocamerale vigente nelle regioni, le delibere che approvano i regolamenti consiliari sono analoghe, salvo che per il nome e per la maggioranza richiesta, alle delibere legislative dei Consigli regionali, che formano oggetto dell'impugnativa statale, preventiva -com' noto rispetto alla loro promulgazione. Di guisa che, in quella ipotesi, non sarebbe esclusa la possibilit di impugnare la delibera consiliare entro i termini prescritti per ricorrere contro le leggi regionali. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 18 febbraio 1970, n. 19 -PTes. Branca - ReL. Mortati -Commissario dello Stato per la Regione Siciliana (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese) c. Presidente Regione Siciliana (avv. Virga). Corte Costituzionale -Giudizi di legittimit costituzionale in via prin cipale -Omessa impugnativa di leggi anteriori analo~he -Pre elusione -Esclusione. ( Cost., art. 134). 182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sicilia -Legge regionale recante riliquidazione dell'indennit di buonuscita ai dipendenti regionali -Illegittimit costituzionale parziale. (Cast., art. 3; legge reg. 12 novembre 1969). L'omessa impugnativa di legge anteriore a quella impugnata in via principale davanti alla Corte Costituzionale non dd luogo a preclusione, specie quando si tratti di legge a contenuto innovativo rispetto alla altra (1). costituzionalmente illegitima, con riferimento al principio di eguaglianza, la legge regionale siciliana 12 novembre 1969 recante conglobamento ed adeguamento delle retribuzioni del personale regionale, nella parte in cui dispone la riliquidazione dell'indennitd di buonuscita al personale collocato a riposo prima del 1 gennaio 1962, commisurandola agli stipendi in vigore a tale data, anzich a quelli tn vigore all'atto del collocamento a riposo dei singoli dipendenti (2). (1-2) Sulla affermazione di cui alla massima, si richiamano, da ultimo, le sentenze 12 luglio 1967, n. 113, Giur. Cost., 1967, 1243; 9 aprile 1963, n. 49, ivi, 1963, 213. Nel merito, accogliendo il ricorso del Commissario dello Stato, J.a Corte ha fatto una puntuale applicazione del principio costituzionale di eguaglianza nel testo legislativo denunciato. CORTE COSTITTUZIONALE, 18 febbraio 1970, n. 20 -Pres. Branca - Rel. Fragali -Commissario dello Stato per la Regione Siciliana (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese) c. Presidente Regione Siciliana (avv. Orlando Cascio) Sicilia -Agricoltura e foreste -Opere che incidono sulla difesa del suolo -Rapporti con la programmazione economica nazionale Competenza esclusiva della Regione. (St. reg. sic., art. 14 lett. a; legge reg. 10 dicembre 1969). Poich la materia di incidenza immediata che delimita la competenza statale e quella regionale, non la materia segnata dal risultato da conseguire, rientra nella competenza esclusiva della Regione siciliana provvedere in materia di agricoltura e foreste, (dismissione a pascolo di terreni boschivi vincolati), anche se ci impinga sulla difesa e conservazione del suolo; e tale competenza non pu sospendersi PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 183 I nell'attesa della determinazione del modo di inserimento delle Regioni I ~ nel quadro della programmazione economica nazionale (1). ~ (1) La Corte ha respinto il ricorso del Commissario dello Stato, ma ha ; f. posto in rilievo, nella motivazione, la necessit di rin e proporzionato apI prezzamento delle contrapposte regioni della difesa del suolo e di. quelle della ricostituzione dei pasce>li. In generale, sui rapporti fra programmazione nazionale e competenza I regionale, cfr. in de>ttrina, PALADIN, Programmazione e ordinamento regionale, Riv. trim. dir. pubblico, 1967, 5. Ii CORTE COSTITUZIONALE, 23 febbraio 1970, n. 25 -Pres. Branca I Rel. Rocchetti -Tonchi (n.c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). Procedimento penale -Notificazioni all'imputato detenuto -Stato di detenzione non risultante dal procedimento -Notificazione col I \ rito previsto per gli irreperibili -Illegittimit costituzionale. (Cost. art. 24; c.p.p. art. 168). I { fondata, con riferimento al diritto di difesa, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 168, secondo comma, codice di procedura penale, nella parte in cui, subordinando l'obbligo della notificazione in mani proprie dell'imputato alla condizione che lo stato di detenzione risulti dagli atti del procedimento, consente che all'imputato detenuto la notifica possa venire effettuata anche nelle forme di cui all'art. 170 stesso codice (1). (Omissis). -1. Il pretore di Empoli ha sollevato questione di legittimit costituzionale dell'art. 168, comma secondo, del codice di procedura penale in rapporto al:l'art. 24 della Costituzione. (1) La questione era stata proposta con 011dinanz1a 25 aprile 1968 del Pretore di Empoli (Gazzetta Ufficiale 16 settembre 1968, n. 235). La giurisprudenza della Cassazione era concorde nell'escludere ogni sanzione di nullit per l'ipotesi di notificazioni in base all'art. 170 c.p.p. alrnmputato detenuto, relativamente al quale non fosse conosciuta tale circostanza (Cass. 1 febbraio 1967 rie. Turati, Giust. pen., 1967, III, 765; Cass. 17 ottobre 1966 rie. D'Avianzo, ivi, 1967, III, 199; Cass. 16 dicembre 1964, rie. P.M. c. Trento, ivi, 1965, 594). Sull'indirizzo della Corte verso il -contenimento dei casi di applica bilit dell'art. 170 codice di procedura penale, si richiama la precedente sentenza 9 giugno 1967, n. 70, in questa Rassegna, 1967, 497. 184 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Argomenta il pretore che se le notificazioni all'imputato detenuto debbono essere effettuate, perch si abbia conoscenza certa da parte di lui, mediante consegna della copia dell'atto alla persona, non si giustifica l'eccezione per la quale la notifica pu invece aver corso nelle forme ordinarie quando si riferisce a processo diverso da quello per cui l'imputato detenuto e dagli atti di questo non risulti il suo stato di detenzione. La notifica effettuata in tal modo, aggiunge il pretore, potrebbe sfuggire alla conoscenza del detenuto, e quindi il suo diritto di difesa restarne menomato. La questione, cosi prospettata, pu ritenersi solo parzialmente fondata. 2. La notifica nelle forme ordinarie, nei confronti di chi sia detenuto per altro processo, non importa menomazione del suo diritto di difesa fin quando viene eseguita alle persone e nei luoghi con cui ragionevole presumere l'imputato conservi, nonostante il suo stato di detenzione, contatti e rapporti. Cosi deve ritenersi accada quanto alla notifica effettuata ai sensi dell'art. 169 del codice di procedura penale, e cio mediante consegna della copia nei luoghi ove l'imputato ha residenza o dimora; oppure per quella effettuata ai sensi dell'art. 171 c.p.p. nei luoghi ove l'imputato, prima che il suo stato di detenzione intervenisse, aveva eletto domicilio. In entrambi i casi le persone cui la copia consegnata, o per i vincoli e i rapporti che esse hanno con l'imputato e sono dalle leggi indicati, o per la scelta fiduciaria che egli stesso ebbe a farne, da ritenere inoltreranno a lui l'atto notificato. In altri termini, la notifica in tal modo effettuata deve considerarsi valida a raggiungere l'imputato perch cade nel suo ambiente di vita col quale il suo stato di detenzione non ha reciso ogni legame. Diversamente a dirsi invece per quanto concerne la notifica eseguita ai sensi dell'art. 170 c.p.p. relativa all'imputato irreperibile. Com' noto, la giurisprudenza dei giudici ordinari orientata nel senso della validit di tale !forma di notificazione anche nei confronti di imputato detenuto per altro processo e il cui stato di detenzione non risulti dagli atti. Ma, in termini di ragionevolezza e di giustizia, stridente appare il contrasto fra la dichiarata condizione di irreperibilit dell'imputato e il suo reale stato di permanente reperibilit determinato dal fatto della sua detenzione. N la ignoranza che in realt l'autorit procedente, per la complessit dell'organizzazione giudiziaria e il rilevante numero dei detenuti, pu avere della sua condizione di ristretto in carcere, pu rendere legittima una dichiarazione di irreperibilit con conseguenze cosi gravi per la tutela del suo diritto di difesa. E ci tanto pi che quella ignoranza, come pure stato osservato, pu essere m ml: :~ @ fi !11 ~-:=: !j@ ~ Ii PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 185 superata, mediante opportuni strumenti d'indagine che rendano possibile e sicuro l'accertamento dello stato di detenzione nel quale pu venirsi a trovare l'imputato. I N, secondo l'Avvocatura osserva, potrebbe al caso di cui alla pro {. posta questione di legittimit costituzionale, porre rimedio l'istituto della remissione in termini reintrodotta nell'ordinamento dall'articolo 183bis c.p.p., perch la stessa giurisprudenza ordinaria ritiene che quell'istituto non possa avere applicazione a causa di mancata notizia da parte dell'interessato di atti che siano stati a lui regolarmente no ., tificati nelle forme previste dalla legge. In tali limiti la questione proposta dal pretore di Empoli da ritenersi fondata. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 23 febbraio 1970, n. 28 -Pres. Branca - Rel. Oggioni -Alleanza Securitas Esperia (avv. Biaimonti, Barile) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Sta.to Terranova). I I Corte Costituzionale -Giudizi incidentali di legittimit costituzio I ~ nale -Profili non dedotti nell'ordinanza di remissione -Inammis sibilit. (Cast., art. 134; legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 23). Imposte e tasse -Imposta di pubblicit sulle targhe apposte alle cose assicurate -Corresponsione in modo virtuale -Eccesso rispetto alla legge di delega -Illegittimit costituzionale -Esclusione. I (Cast., art. 76; d.P.R. 24 giugno 1954, n. 342, tab. all. A art. 4; legge 27 dicembre 1952, n. 3596, art. 5). I Nel giudizio di legittimit costituzionale in via incidentale davanti alla Corte Costituzionale non possono essere presi in considerazione profili della questioine non risultanti dalla ordinanza di remissione, ma prospettati dalle parti (1). Non fondata, in quanto non eccede dai principi posti dall'art. 5 della legge di delegazioine 27 dicembre 1952, n. 3596, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 4 della tabella all. A al decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1954, n. 342, recante nuove norme sulla imposta di pubblicit da corrispondere in modo virtuale sulle targhe e tabelle da apporsi sulle cose assicurate (2). (1-2) La questione era stata proposta con due ordinanze 7 febbraio 1968 della Corte Suprema di Cassazione (Gazzetta Ufficiale 6 .luglio 1968 n. 170), che leggonsi anche in Foro it. 1968, 200. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -2. Va, anzitutto, precisato l'ambito della proposta questione di legittimit costituzionale, in relazione al contenuto delle ordinanze. Il dubbio di costituzionalit verte sulla legittimit dell'art. tariffa allegato A, con nota marginale, del decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1954, n. 342, sulla imposta di pubblicit esplicata dalle societ di assicural!tone, in quanto, col disporre che l'imposta dev'essere corrisposta indipendentemente dalla effettiva distribuzione delle tabelle e targhe avrebbe deviato, con violazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione, dai princpi e criteri direttivi posti dall'art. 5 della legge delega 27 dicembre 1952, n. 3596, di cui il predetto decreto presidenziale derivazione. Cos delimitata la questione, va escluso che il suo esame possa estendersi anche ai profili adombrati nelle deduzioni della parte privata in relazione agli artt. 3, 23, 24 e 53 della Costituzione: poich tali profili, poggiando su motivi diversi e pi vasti di quelli dell'eccesso di delega, unicamente dedotti nelle ordinanze, non possono che essere qui disattesi, in conformit a ~ostante giurisprudenza (da ultimo, sentenza n. 39 del 1969). 3. L'Avvo.catura dello Stato, sia pure senza trarne conclusioni specifiche, prospetta il dubbio che la questione proposta difetti di rilevanza nel presente giudizio: infatti, risulterebbe dagli atti del giudizio di merito che non sia stato, nel caso, contestato il fatto della effettiva distribuzione delle targhe e delle tabelle per il ramo incendio, essendosi limitato il dibattito alla questione relativa al1a legittimit della estensione della base imponibile ai premi rise.ossi per i rami diversi dall'incendio e non esteso alla questione della legittimit, in via di principio, dell'imposizione, in quanto indipendente dalla effettiva distribuzione delle tabelle e targhe. L'assunto , tuttavia, smentito dalle stesse ordinanze di rinvio, che, nel descrivere le precedenti fasi del giudizio, pongono in luce come la questione sia sorta a seguito dell'ingiunzione fiscale, comprensiva dell'imposta di pubblicit anche per altre attivit assicurative, oltre quelle del ramo incendi e si sia poi sviluppata nel senso della predetta questione di principio. 4. Tra i concetti direttivi che la giurisprudenza di questa Corte ha ,elaborato in materia di delegazione legislativa, v' in via principale, quello che il potere delegato deve essere esercitato in modo conforme Sulla prima massima si veda la precedente sentenza della Corte 21 mar zo 1969, n. 39, in Sent. e ord. Corte Costituzionale, 1969, 302. Per quanto riguarda, pi in generale, le imposte (comunali) sulla pub blicit e sulle insegne cfr. la rassegna di giurisprudenza di MARONGIU, La tassa sulle insegne (1935-64), in Dir. e prat. trib., 1965, II, 106. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 187 alle finalit che l'hanno determinato e non divergente da dette finalit. Sicch alla delega ed alla sua formula, a carattere normativo generale, deve risultare corrispondente l'esercizio del potere delegato, con particolare riguardo al sistema accolto nella legislazione precedente (sentenze n. 3 del 1957; nn. 31 e 135 del 1967). 5. Lo stato della legislazione anteriore alla legge delegante del 1952 e relativa alle imposte dovute per l'uso, da parte delle societ assicuratrici, di targhe o tabelle da apporsi sulle cose assicurate, risiedeva nelle disposizioni originarie del R. D. 30 dicembre 1923, n. 3268, sulle tasse di bollo, integrate dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 11 aprile 1947, n. 242: L'imposizione era .prevista negli articoli 1, ultimo comma, del primo decreto e 86, n. 5, dell'annesso allegato A, nonch nell'art. 18 del suindicato secondo decreto il quale, con effetto dal 1 giugno 1947, precisava doversi il tributo corrispondere in modo virtuale ., liquidandolo sui premi risultanti dal bilancio annuale sui quali si effettua la distribuzione delle targhe . La cosiddetta virtualit nella corresponsione e percezione del tributo veniva fatta consistere (art. 4 del primo decreto) 'nel fatto che, pur trattandosi di tributo a carattere cartolare, tuttavia l'adempimento, nel caso specifico, era da compiersi, per motivi pratici e di pi comoda esazione, presso l'ufficio competente senza materiale apposizione di bollo. Inoltre fin dal decreto del 1923 il modo virtuale del versamento veniva considerato non disgiunto dall'onere di denuncia da parte del contribuente (vedi art. 86 n. 2 dell'allegato). Questo sistema, considerato nel suo complesso e soprattutto con riguardo alla citata disposizione del decreto del 1947 era caratterizzato dal fatto del collegamento diretto in percentuale dell'imposta ai premi iscritti in bilancio: il che veniva a riguardare non solo e non tanto le modalit di pagamento, ma significava che la base dell'accertamento era spostata dai dati singoli di concreta utilizzazione di targhe a dati anteriori emevgenti dal bilancio di competenza e come tali sostanzialmente sganciati dalla materialit dell'evento pubblicitario. N questa era la sola ipotesi di riferimento a dati anteriori. Infatti, l'art. 86, n. 4, della tariffa allegata al decreto del 1923 imponeva anche il pagamento preventivo della tassa di bollo nel momento della pattuizione dei corrispettivi per proiezioni pubblicitarie cinematografiche da eseguirsi successivamente: disposizione poi ribadita col R.D.L. 16 luglio 1936, n. 1427. La formula usata dalla legge delega dimostra che non si inteso abrogare o modificare il sistema precedente, bensi corrisponde all'intento di perfezionarlo per renderlo, come detto pi semplice e pi comodo non solo nel pagamento ma anche nell'accertamento . Come " . . " m ..,, i!ii?. ami 00 . N"*'lllW * /" ' -. " "11!0 .. 'I ...-.r~~IIlrBlll 188 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO risulta anche dagli atti parlamentari (relazione del Ministro Vanoni sulla delega al Governo) l'obiettivo era un assetto pi organico della materia, mantenendo tuttavia gli essenziali princpi direttivi, con richiamo espresso a quello ora ricordato dell'art. 86, n. 4, della suindicata tariffa. La legge delegata, che ha regolato separatamente dalla imposta di bollo, l'imposta di pubblicit appunto per le peculiari e proteiformi manifestazioni di quest'ultima, risulta conforme ai cennati princpi. Nella fissazione dei cardini del sistema, i concetti ed i requisiti di denuncia, di virtualit in base denuncia e di riferimento percentuale alli'ammontare dei premi di competenza, risultano mantenuti. Di questi elementi, la denuncia, ad opera della parte contribuente l'elemento che condiziona l'imposizione e ne delimita l'oggetto. Con l'adempimento dell'obbligo di denunciare, per rimanere nel sistema, la predisposizione e l'allestimento delle targhe pubblicitarie, indipendentemente da contingenti fatti successivi, spesso di difficoltosa verificazione, e di corrispondere conseguentemente il tributo, gli enti assicuratori vengono cosi a porre essi stessi le basi dell'accertamento. La societ Securitas, nelle deduzioni presentate, riconosce esatto che per giudicare del collegamento tra legge delegante e legge delegata si deve aver riguardo alla particolare situazione giuridica come regolata nella legge precedente alla delegante. Ma assume, tuttavia, che il decreto del 1947, con il far rif~rimento alle targhe distribuite, aveva condizionato la imposizione alla effettiva esteriorizzazione delle targhe stesse: per cui l'art. 4 della tariffa allegata alla legge delegata, nel punto in cui dichiara doversi prescindere dalla effettiva distribuzione delle targhe, sarebbe in antitesi con lo stato precedente alla delega, tanto pi che nel corpo dello stesso art. 4 si parla in altro punto di targhe e distribuite . L'argomento ha per un ristretto valore esegetico farmale, mentrP principio interpretativo (art. 12 preleggi) che debbasi aver prevalente riguardo sia ad elementi di connessione tra norma e norma, sia all'intenzione del legislatore. Per cui, anche nel caso in esame, la terminologia usata va considerata come inserita nel contesto del sistema, dal quale riceve limitazioni di significato. Quanto si detto con riferimento ai decreti del 1923 e del 1947 ha la sua conferma nelle disposizioni della legge delegata, la quale, precisando negli artt. 8 e 9. che la denunzia va presentata prima dell'inizio della pubblicit e l'imposta va pagata al momento della presentazione della denuncia, dimostra che la dizione targhe distribuite contenuta nella tariffa, inserita nel corpo della stessa legge, ha valore pleonastico e significato improprio, se posta in relazione al sistema, bene identificabile nel suo complesso. 6. Ne consegue che la questione, considerata entro i limiti segnati dalle ordinanze di rinvio, va dichiarata non fondata. -(Omissis). ~ ~=:~ *!::I in [I j~lil PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 189 CORTE COSTITUZIONALE, 4 marzo 1970, n. 32 -Pres. Branca -Rel. De Marco -Bozzi ed altri (n.c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). Reato -Sanzioni per la violazione del Codice Stradale e dei regola menti locali -Depenalizzazione -Illegittimit costituzionale Esclusione. (Cast. artt. 24, 113, 102; 1. 3 maggio 1967 n. 317 artt. 8, 9). N; . . Irn I 206 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO m 1] I fj II CORTE COSTITUZIONALE, 23 marzo 1970, n. 47 -Pres. Branca -Rel. Chiarelli -Mondillo ed altri (n.c.). Elezioni amministrative e politiche -Disciplina dell'elettorato attivo Revisione delle liste elettorali -Acquisto o riacquisto del diritto di m voto solo dall'inizio del semestre successivo alla revisione -Illegittimit costituzionale. (Cost. artt. 3, 48; d.p.r. 20 marzo 19l7 n. 223, artt. 7, secondo comma, 11 quinto I comma, e 31, primo comma). Sono costituzionalmente iLlegittimi, per violazione degli artt. 3 e 48 della Costituzione, gli artt. 7, secondo comma, 11 quinto comma e ~ 31, primo comma, del t.u. per la disciplina dell'elettorato attivo, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, I n. 223, nella parte in cui dispongono che l'acquisto ecL il riacquisto del I ~~ diritto di voto, fuori dei casi di anticipata iscrizione nelle liste elettoraz. i, decorrono dal primo gennaio o dal primo luglio successivo aila @ iscrizione (2). !W. I (Omissis). -2. -Il merito della causa va esaminato anzitutto avendo presente l'iter formativo dell'art. 48, secondo comma, della Costituzione. Questo articolo, nella sua formulazione originaria, contemplava soltanto limitazioni del diritto di voto a causa di incapacit -civile o per ffetto di sentenza penale irrevocabile. Il 21 aprile 1947 venne .perq presentato all'Assemblea costituente un disegno di legge ordinaria sulla disciplina dell'elettorato attivo, che contemplava casi di esclusione dal voto per indegnit morale; e, durante il suo esame da parte della com- II !ili missione referente, si rilev che si sarebbe potuto mantenere questa terza categoria di esclusione del voto solo se il testo del progetto di Costituzione l'avesse ricompresa nella sua formulazione definitiva. Nella seduta del 21 maggio 1947, nel corso dellla discussione di tale progetto, il presidente della su indicata commissione prospett all'Assemblea il contrasto con il testo del disegno di legge. Rinviata la discussione al If giorno successivo, il relatore del testo costituzionale prospett la necessit di metterlo in perfetto accordo con la futura legge elettorale; 1il~ ~r.~ 1:::; bre 1968, n. 85 (Gazzetta Ufficiale 2 aprile 1969, n. 85) e dalla Corte di 11:::: Aippello di Roma, con varie ordinanze del maggio i968. In dottrina, sulla questione, GIANNATTASIO, Ancora in tema di iscrizione nelle liste elettorali per ordine det giudice. Giust. civ., 1967, I, 253. ~,.:: iliii .:ii :~ -----~Alliii\1'~~ PARTE I, SEZ. I, GiURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 207 rilev la difformit che ne sarebbe derivata nei riguardi dei commercianti falliti e opin che, se alla disposizione della Costituzione che doveva regolare la materia, si fosse aggiunta la categoria dei casi di indegnit morale, si sarebbero potuti e dovuti comprendere anche i cittadini che non hanno fatto onore ai loro impegni. L'aggiunta fu approvata nello stesso giorno, e il testo del progetto costituzionale dvenne l'attuale art. 48; parallelamente la stessa Assemblea costituente il 24 settembre 1947 approv la norma del disegno di legge sull'elettorato attivo, ora in discussione, in una formulazione che manteneva l'ipotesi di indegnit morale fra lle cause cl.i incapacit all'elettorato attivo. Il disegno di legge divenne la legge 7 ottobre 1947, n. 1058. La modificazione apportata al testo del progetto costituzionale segna indubbiamente adesione dell'Assemblea costituente ai criteri adottati nel disegno di legge ordinaria; e la Assemblea ebbe a ribadire talle adesione quando approv la legge ordinaria in esame, la quale, a sua volta, deve perci intendersi che rispecchi i criteri normativi adottati nella sede costituente. chiaro cio che l'Assemblea intese dare alla nozione di indegnit morale un significato che comprendesse la qualit di fallito, e via via si andasse attenuando in corrispondenza al giusto grado di valutazione che deve darsi alla qualit stessa; non certo parificabile .al grado di indegnit morale di altre ipotesi di privazione del diritto elet torale, ma, intesa nella sua caratteristica concreta, assimilabile quoad 1itteram ad una indegnit morale sia pure considerata nella pi lieve delle sfumature. 3. -L'art. 48 della Costituzione, vero, rimise alla legge ordinaria l'individuazione dei casi di indegnit che legittimano l'esclusione dal diritto elettorale; ma, diversamente da quanto sostiene l'Avvocatura dello Stato, la Corte non tocca la discrezionalit che accompagna l'esercizio della potest legislativa quando accerta se la norma impugnata coerente alle tendenze affiorate durante il dibattito svolto in sede di formulazione della norma costituzionale alla quale si doveva adeguare, e soprattutto quando verifica se quella norma corrisiponde al concetto di indegnit morale cos come, in una variabilit di contenuto, pu essere delineato. La realt che, almeno nell'ordinamento attuale, il fallito subisce una diminuzione nella sua capacit -che prescinde dalle ragioni del .dissesto e ha base in una sfiducia dell'ordine giuridico verso la sua persona: si pu inoltre ricordare che il fallito viene iscritto in un albo pubblico, che alcuni suoi atti sono colpiti da presunzione di frode sia pure iuris tantum, e che non pu assumere alcuni uffici determinati dalla legge, n svolgere alcune professioni da essa pure precisate e, secondo l'opinione comune, quegli altri uffici e quelle altre professioni per la cui esplicazione si richiede il possesso dei diritti civili. E pure in tali casi si prescinde dalla indagine sulle cause del fallimento. 4 '208 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Non irrazionale dunque che, senza aver riguardo ai fatti che hanno determinato il dissesto, si privi il fallito anche della capacit elet torale, sotto la specie dell'indegnit, perch l'elettorato attenendo a diritti attribuiti nell'interesse generale, presuppone, nel cittadino qua lit adeguate all'altissima portata civica del suo contenuto: deve ricor darsi che v' perfetta coincidenza tra capacit elettorale attiva e capa- c.it elettorale passiva, onde la prima va attribuita solo se pu attri buirsi la seconda. L'incapacit termina con la cessazione del fallimento e comunque non pu durare oltre i cinque anni dalla data della sentenza che ebbe a dichiararlo. Siffatta limitazione temporale non contraddice, come so stiene la Corte d'appello di Milano, all'apprezzamento sfavorevole delle qualit del fallito che la legge trae dalla dichiarazione di fallimento: dim-0stra soltanto~ che l'ordinamento non vuole fargli gravare le conse guenze del protrarsi della durata del fallimento, che eglil non pu ab breviare, non avendo poteri d'impulso processuale. Vero che quel etr mine pu concludersi, rispetto all'imputato di bancarotta fraudolenta. ove il procedimento penale, nel quinquennio, non si sia ancora definito; ma l'argomento non ha rilievo speciale, data la presunzione di non col pevolezza che assiste, in tal caso, il fallito fino alla condanna definitiva. 4. -Non convince l'assunto che la norma denunciata lede il principio di parit avuto riguardo alla situazione fatta all'insolvenza del. fallito nel confronto con quella del piccolo imprenditore e con la insolvenza civile: unico argomento al quale la c-0rte di appello affida il sostegno del suo dubbio con riferimento a quel principio. L'ordinamento ha escluso dal fallimento il piccolo imprenditore e l'insolvente civile a sguito di una valutazione di politica economico- sociale e di opportunit giuridica, che non pu essere ripetuta in questa sede. Non pu, del resto, omettersi di rilevare che l'insolvenza civile pro-duce al dissestato soltanto svantaggi relativi a singoli rapporti obbligatori; non provoca alcune delle conseguenze che sopra si sono sinteticamente delineate; e soprattutto non agevola la pauliana con presunzioni di frode, sia pure relative, e rispetto soltanto ad alcuni atti. Ci deve necessariamente influire sulla configurazione delle qualit soggettive del- l'insolvenza civile; e la distinzione che la norma denunciata pone in essere fra il commerciante fallito, da un lato, e il piccolo imprenditore o il non Commerciante insolvente dall'altro, altro non quindi se non la rifrazione di una indiscutibile diversit di fatto nelle posizioni che il. piccolo imprenditore o il non commerciante occupano in confronto al commerciante fallito, nella con1ice dell'ordinamento economico generale. Pu pertanto ritenersi ragionevole, posto che essa dipende, a sua volta, dalla particolare nozione dell'insolvenza civile meditatamente accolta dall'ordinamento, e dal fatto che l'ordinamento, come si suol dire,. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 209 vuole suscitare, nel commerciante soggetto al fallimento, l'interesse ad evitare che la sua impresa cada in crisi e, quando la crisi si manifesti, l'interesse a porvi dparo prima che provochi pregiudizio, oltre che nel ceto dei creditori, nel sistema creditizio, fondamento della vita del commercio. -(Omissis). II (Omissis). -Il testo unico delle le.ggi per la disciplina dell'elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali (approvato con d.P.R. 20 marzo rn67, n. 22,3) regola, negli artt. 7 e seguenti, un sistema di aggiornamento d'ufficio delle liste mediante revisioni semestrali. Queste avvengono con procedimenti .che si svolgono dal febbraio al giugno (prima revisione) e dall'agosto al dicembre (seconda revisione) di ciascun anno, e che portano all'iscrizione nelle liste di coloro che compiranno il ventunesimo anno, rispettivamente, nei semestri dal 1 luglilo al 31 dicembre dello stesso anno o dal 1 gennaio al 30 giugno dell'anno successivo (ex art. 8). Per l'art. 7, secondo comma, le variazioni apportate alle liste con i detti aggiornamenti hanno effetto dal 1 gennaio e dal 1 luglio .successivi all'iscrizione. In tal modo si ha una iscrizione anticipata rispetto all'effettivo compimento del ventunesimo anno, salva la cancellazione, prevista dall'art. 33, dei nomi di coloro che non abbiano raggiunto tale et il primo giorno fissato per le elezioni. Con questo sistema si inteso garantire l'esercizio del diritto di voto a tutti coloro che, al momento delle elezioni, si trovino nella richiesta condizione di et, oltre che nel '.{lOssesso degli altri requisiti per essere elettori. Se non che la garanzia vien meno quando la norma dell'art. 7, secondo comma, che fa decorrere dal 1 gennaio e dal 1 luglio gli effetti delle variazioni delle liste, si applica, per il combinato disposto della norma stessa con gli artt. 11, quinto comma, e 31, primo comma, a casi diversi da quelli dell'anticipata iscrizione nelle liste ai sensi del primo comma dell'art. 7. Infatti l'art. 11 .stabilisce che per le domande di iscrizione dei cittadini italiani residenti all'estero il sindaco :provvede, su decisione delle commissioni elettorali o mandamentali, con la prima revisione semestrale utile. E l'art. 31 prescrive, in generale, che le liste elettorali, salvo il disposto dell'art. 32, non possono essere modificate se non per effetto delle revisioni semestrali. Ne consegue che ogni iscrizione o reiscrizione non pu aver effetto che dal 1 gennaio o 1 luglio successivo alla revisione seme.st:r~ale, anche se il diritto di voto sia precedentemente maturato. da tener presente che l'art. 32, richiamato nell'inciso del 31, dispone che variazioni alle liste elettorali possono essere apportate con 210 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO revisioni, diverse dalle semestrali di cui al primo comma dell'art. 7, le quali nel linguaggio delle circolari ministeriali prendono il nome di revisioni dinamiche. E.sse sono affidate alle commissioni elettorali, le quali, per provvedervi, debbono riunirsi ogni sei mesi e in ogni caso non oltre la pubblicazione del manifesto di convocazione dei comizi elettorali. Ma queste variazioni .sono previste solo per i casi di morte, perdita della cittadinanza o del diritto elettorale, trasferimento di residenza, e per il caso di decisione della comrrissione mandamentale su ricorso del cittadino residente all'estero (art. 29 ultimo comma). Da ci deriva che, mentre nel momento immediatamente precedente le elezioni si procede alla cancellazione di coloro che non hanno raggiunto l'et o che hanno perduto il diritto elettorale, alla iscrizione o alla reiscrizione di coloro che ne abbiano fatto domanda o abbiano acqui. stato tale diritto non per effetto del compimento del ventunesimo anno o lo abbiano riacquistato per il venir meno di cause impeditive, non si procede se non con la revisione semestrale, che pu essere successiva alle elezioni. Tali sono i casi, oltre quello del provvedimento del sindaco su domanda del cittadino residente all'estero, della straniera che abbia conseguito la cittadinanza per matrimonio, di coloro per i quali siano cessate .le cause di impedimento all'esercizio del diritto di voto (cessazione dello stato di fallimento, cessazione degli effetti del provvedimento di sottoposizione a misure di prevenzione o di sicurezza, cessazione dell'interdizione dai pubblici uffici ecc.; v. art. 2, primo comma, nn. 2, 3, 6, 7; stesso articolo, .secondo comma; art. 3 t..u.) e di tutti coloro che comunque non siano stati compresi nell'iscrizione semestrale. In tutti questi casi, il collegamento dell'iscrizione o reiscrizione nelle liste alle revisioni semestrali, e il differimento degli effetti dell'iscrizione al 1 gennaio o al 1 luglio successivi, impediscono l'esercizio del diritto di voto nel periodo tra l'acquisto o il riacquisto di esso e le predette date; impedimento che si concreta in una effettiva limitazione del diritto elettorale ove in tale periodo siano indette le elezioni. pertanto palese il contrasto con l'art. 48 della Costituzione. Egualmente fondata la questione di legittimit costituzionale proposta in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Per effetto delle norme esaminate si ha infatti che, mentre con l'iscrizione anticipata assicurato l'esercizio del diritto di voto a coloro che, trovandosi nelle condizioni di cui all'art. 7, primo comma, sono compresi nella revisione semestrale, per i casi, invece, innanzi indicati, di coloro che acquistano o riacquistano il diritto di voto indipendentemente dal raggiungimento del ventunesimo anno nel semestre oggetto di revisione, la possibilit di esercitare tale diritto posticipata a una data successiva a quella in cui si sono verificate le condizioni per l'iscrizione nelle liste e successiva anche alla ottenuta iscrizione o reiscrizione. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 2n Si determina cos un incongruo e irrazionale trattamento differenziato, di cui chiaro il contrasto con l'art. 3 della Costituzione, e che, in conseguenza della dichiarazione di illegittimit costituzionale delle norme in questione, potr essere eliminato, nei casi predetti, con l'immediata operativit dell'iscrizione nelle liste, da effettuare appena verificatosi l'acquisto o il riacquisto del diritto di voto, o quanto meno in sede di revisione cosiddetta dinamica, come lo stesso testo unico dispone per le decisioni delle commissioni mandamentali su ricorso del cittadino residente all'estero. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 23 marzo 1970, rt. 44 -Pres. Branca -Rel. Benedetti -Gioffre (n.c.), Amm.ne Finanze de1lo Stato e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Agr). Imposte e tasse in genere -Violazione delle leggi finanziarie -Esecutoriet dell'ordinanza dell'Intendente di Finanza e del decreto del Ministro delle Finanze -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 24, 113; legge 7 gennaio 1929, n. 4, artt. 56, comma primo, 58, comma secondo). Gli artt. 56, comma primo, e .58, comma secondo, deUa legge 7 gen I naio 1929, n. 4, contenente norme generali sulla repressione della vioiazione delle Leggi finanziarie, attribuendo efficacia di titolo esecutivo I rispettivamente aLl'ordinanza, non impugnata in termine dal trasgressore, con la quale l'intendente di finanza determina l'ammontare della I pena pecuniaria e al decreto del Ministro delle Finanze che stabilisce in misum diversa, rispetto aH'ordinanza, !~ammontare di detta pena, non contrastano con H disposto degli ari-t. 3, 24 e 113 della Costituzione (1). (Omissis). -2. -La questione non fondata. Le norme denunziate non hanno alcuna relazione con la regola del sohJe et repete che la Corte ha pi volte dichiarato contrastante con gli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione; ma costituiscono applicazione del principio dell'esecutoriet dell'atto amministrativo nel campo tributario la cui legittimit, in riferimento agli stessi precetti costituzionali, stata affermata in diverse occasioni (sentenze 21 del 1961, 86 e 87 del 1962). (1) La questione stata promossa con ordinanza 28 maggio 1968 del tribunale di Locri (Gazzetta Ufficiale 31 agosto 1968, n. 222). Sui limiti d'incostituzionalit del principio del salve et repete, si vedano le sentenze n. 21 del 1961 (Giur. it., 1961, I, 1, 529) e n.'79 del 1961 (Giur. it., 1962, I, 1, 760); sulla legittimit del principio dell'esecutoriet dell'atto amministrativo le sentenze nn. 86 e 87 del 1962 (Giur. it., 1962, I, 1, 1284 e 1281) e la sentenza n. 13 del 1970 in questa Rassegna, 1970, 44. 212 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il principio dell'esecutoriet di fondamentale importanza nel nostro ordinamento poich garantisce il regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato assicurandogli la pronta disponibilit di quei mezzi economici che sono indispensabili per assolvere i compiti di pubblico interesse (sentenza 13 del 1970). Gli scopi ai quali il regime giu212 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il principio dell'esecutoriet di fondamentale importanza nel nostro ordinamento poich garantisce il regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato assicurandogli la pronta disponibilit di quei mezzi economici che sono indispensabili per assolvere i compiti di pubblico interesse (sentenza 13 del 1970). Gli scopi ai quali il regime giuridico dell'esecutoriet preordinato si realizzano, peraltro, senza violazione dei precetti costituzionali che assicurano l'eguag;lianza dei cittadini dinanzi alla legge e l'intangibilit del loro diritto di agire in giudizio per la tutela dei diritti e interessi legittimi contro tutti gli atti lesivi della pubblica amministrazione. Nei confronti del principio de1l'esecutoriet, che consente la riscossione, anche in via coattiva, di una entrata senza che sia necessario il previo accertamento della legittimit dell'imposizione, tutti i contribuenti si trovano in identica situazione; mentre, per quanto riguarda il I rapporto fisco-contribuente, la diversit di trattamento riservato al primo trova giustificazione, come stato gi rilevato, nell'esigenza di garantire allo Stato la percezione delle entrate necessarie al perseguimento dei suoi fini pubblici. IIrn fr:-' In ordine poi ai diritti di tutela e difesa giuridica delle proprie I@ ragioni di tutta evidenza che ~'esecutoriet dell'atto amministrativo non esclude la proponibilit deH'azione davanti all'autorit giudiziaria, non preclude cio al contribuente la possibilit di esperire quei gravami diretti ad ottenere l'eventuale accertamento giudiziale d'illegittimit della pretesa tributaria, n peraltro sottopone tali azioni ad alcun onere preliminare. I Queste le ragioni poste dalla Corte nelle ricordate sentenze a sostegno della legittimit costituzionale del principio dell'esecutoriet dell'atto amministrativo, ragioni che si appalesano valide e decisive anche !il rispetto alle norme ora in es.ame che tale principio riaffermano in materia di applicazione di pene pecuniarie per violazioni di leggi finan I ~. ziarie. -(Omissis). ; I CORTE COS.TITUZIONALE, 23 marzo 1970, n. 45 -Pres. Branca -llij Rel. Reale -Felici (n.c.) -Faide (n.c.) e Presidente Consiglio dei !ii r.X: ~ Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Agr). ~ ~ ~.-.:: Lavoro -Tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti -Minimo edittale della pena -VioJazione del principio di uguaglianza Esclusione. (Cost., art. 3; legge 17 ottobre 1967, n. 977, art. 26, primo comma). ~ fii L'art. 26, primo comma, della legge 17 ottobre 1967, n. 977, dispo-e r.endo che l'inosservanza di alcune norme stabilite dalla stessa legge a k'\ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 213 tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti punita con l'ammenda da lire 3.000 a lire 6.000 per ogni minore occupato e per ogni giorno di lavoro, con un minimo di lire 100.000, non contr~sta con l'art. 3 della Costituzione (1). (Omissis). 3. -La determinazione di un elevato minimo edittale, a temperamento del criterio di proporzionalit dell'ammenda adottato nell'art. 26 della citata legge n. 977 del 1967, giustificata dall'intento legislativo di una efficace salvaguardia dell'interesse sociale a che il lavoro dei minori venga protetto. E ci tanto in relazione alla grave esigenza di garantire, in ossequio anche ad impegni di carattere internazionale assunti dal nostro Paese, un sano sviluppo psico-fisico dei fanciulli e degli adolescenti, con particolare riguardo alla sicurezza, salubrit ed igiene delle condizioni e dell'ambiente di lavoro, quanto, sotto l'aspetto morale, ai fini della pratica attuazione del diritto alla istruzione, affinch esso non risulti violato da un precoce avviamento dei minori ad attivit lavorative. La relativa rigidezza che, nei limiti della misura minima della pena, si vorrebbe far derivare dalla disposizione predetta, non importa violazione del principio di uguaglianza. Si deve, infatti, scorgere nel rigore della sanzione il riflesso della valutazione politica legislativa della gravit del reato, con apprezzamenti di esclusiva competenza del legislatore e non suscettibili di sindacato da parte di questa Corte. A buon conto pu rilevarsi che la gravit del reato non necessariamente e soltanto dipendente da elementi quantitativi, come il numero delle persone che ne subiscono detrimento e la durata della condotta antigiuridica, ma rimane legata altres a considerazioni di ordine sociale. Tali considerazioni, esposte nella relazione ministeriale al progetto della legge in esame, e nelle relazioni parlamentari compilate nel corso dell'iter formativo della legge stessa, valgono a spiegare perch, attese le condizioni psico-fisiche dei minori e la pericolosit ed onerosit delle prestazioni ad essi imposte, si , nella previsione legislativa, ritenuta la gravit della violazione delle norme contenute ne~i artt. 3, 4 e 5 della stessa legge, anche quando. essa riguardi un solo fanciullo e per un tempo relativamente breve. tuttavia da osservare, analogamente a quanto da questa Corte fu affermato nella sentenza n. 67 del 1963 con riguardo a sanzioni determinate in misura fissa senza limiti minimi e massimi, che anche nella (1) La questione stata introdotta con ordinanze 15 novembre 1968 del pretore di Velletri (Gazzetta Ufficiale 12 febbraio 1969, n. 38) e 29 gennaio 1969 del pretore di Fondi (Gazzetta Ufficiale 9 aprile 1969, n. 91). La sentenza n. 67 del 1963, richiamata in motivazione, riportata in Giur. it., 1963, I, 1, 1083. I I . ! I I I 214 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ipotesi prospettata nelle ordinanze di rinvio, non_ manca, nel sistema, la possibilit di adeguare la pena 'pecuniaria al caso concreto. Fu opportunamente ricordato nella suddetta sentenza che, anche in caso di sanzioni prevedute in misura fissa, non escluso che il giudice, nel pronunziare condanna, le applichi tenendo conto di eventuali circostanze sia aggravanti sia attenuanti, e fra queste ultime, in particolare, di quelle generiche di cui a1l'art. 62 bis del c.p. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 23 marzo 197C, n. 46 -Pres. Branca -Rel. Mortati -Pisano (avv. Catalano) .e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Cavalli). Reato -Omesso adempimento degli obblighi di assistenza familiare Perseguibilit d'ufficio -Illegittimit costituzionale -Esclusione. {Cost., art. 29; c.p., art. 570, primo comma). La perseguibilit d'ufficio del reato di omesso adempimento degli obblighi di assistenza familiare disposta dall'art. 570 c.p. non contrasta con il principio dell'autonomia della famiglia sancito dall'art. 29 della Costituzione (1). (Omissis). -2. -11 dubbio sulla costitzionalit del primo comma dell'art. 570 fondato sull'opinione che la persegui,bilit di ufficio del reato di omesso adempimento degli obblighi di assistenza familiare, quale ivi disposta, si ponga in contrasto con la posizione, assegnata dalla Costituzione alla famiglia, di societ naturale, come tale dotata di un'autonomia di fronte allo Stato, suscettibile di essere assoggettata a limHi solo quando questi si palesino necessari ad assicurare l'eguaglianza dei coniugi e l'unit della famiglia. Il che non si verificherebbe nei riguardi della sanzione irrogata dall'articolo in esame in quanto il fatto di non richiedere per la perseguibilit del reato la querela di parte pu5 pi.ttosto condurre al risultato di compromettere quell'esigenza della unit che costituzionalmente protetta. A parte ogni indagine, non necessaria al fine della soluzione della questione, circa l'esatta portata della qualificazione di societ natu (1) Questione introdotta con ordinanze 18 aprile 1968 del Pretore di Roma (Gazzetta Ufficiale 31 agosto 1968, n. 222) e 13 febbraio 1970 del Pretore di Torino (Gazzetta Ufficiale 21 maggio 1969, n. 128). La Corte ha sostanzialmente accolto la tesi prospettata dall'Avvocatura, secondo la quale la questione non pu che costituire oggetto di una complessa valutazione di politica criminale rimessa alla discrezionalit del legislatore. PARTE I, SEZ, I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 215 ra'le attribuita alla famiglia, da escludere che gli interventi autoritativi- in ordine alla sua gestione siano consentiti solo ai fini di assicurare l'unit del nucleo familiare, nel senso restrittivo con cui. questa intesa nelle ordinanze. Infatti la stessa Costituzione, al successivo art. 30, dispone che la legge pu provvedere a che siano assolti i compiti di spettanza dei genitori nel caso di una loro incapacit ad adempierli, allontanando quindi, se necessario, i figli minori dalla famiglia. Del resto le stesse ordinanze finiscono con il convenire che l'autonomia da esse richiamata debba venir meno quando il suo esercizio sia tale da determinare un contrasto con i fini dello Stato. E non si pu dubitare del verifkarsi di tale ipotesi allorch soggetti passivi della violazione degli obblighi di assistenza siano i minori, ai quali, ove si aderisse all'opinione confutata, verrebbe a mancare ogni possibilit di tutela di fronte alle inadempienze dei genitori, almeno nel caso che esse siano da addebitarsi proprio ad essi o all'unico genitore superstite. 3. -Anche se, seguendo siffatto ordine di considerazioni, la questione venga limitata (come sembra messo in evidenza dall'ordinanza del pretore di Torino, e come pi esplicitamente risulta dalla memoria della difesa di parte nella causa proveniente dalla pretura di Roma) alla sola ipotesi della sottrazione degli obblighi di assistenza inerenti alla qualit di coniuge, la si deve egualmente ritenere non fondata. Il contrasto che viene allegato con l'art. 29, prospettato com' sotto la specie del pregiudizio a1l'unit della famiglia, fatto discendere dalla considerazione che il promuovimento ex officio dell'azione penale fa venire meno gli effetti riparatori di una riconciliazione fra coniugi che abbia a verificarsi prima del giudizio. Che siffatte considerazioni non siano decisive a far ritenere la fondatezza dell'assunto, ed anzi appaiano in certo modo reversibili, dimostrato dalla constatazione che, allorch iJ legislatore del 1930 ebbe ad introdurre il reato in parola, innovando al precedente codice che lo ignorava, a giustificare la perseguibilit di ufficio si fecero valere, non solo ragioni a,ttinenti alla tutela dell'interesse generale al mantenimento di, un sano ordine, familiare (che sarebbe potuto rimanere pregiudicato dal sistema della querela, il cui esercizio avrebbe ptuto trovare una remora nel timore suscitato nell'animo del soggetto passivo dall'indo'le violenta del coniuge colpevole, oppure dalla tendenza del soggetto stesso a sopportare sofferenze, pur se gravi, compatendo quegli che ne causa), ma anche motivi desunti dalla preoc'cupazione di evitare ragioni di rancore fra i coniugi, come quella derivabile dalla proposizione della querela. Risulta pertanto come non sussistano elementi cos decisivi da fornire un sicuro criterio atto a vincolare il legislatore (sotto il riguardo della preservazione dell'unit della famiglia voluta garantire dalla Costituzione) nella scelta del modo di procedibilit pel reato in esame. Scelta che deve di conseguenza rimanere affidata a vailutazioni discre RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zionali, insindacabili in questa sede, circa l'opportunit di attribuire peso prevalente all'una o all'altra serie di motivi addotti a sostegno dei due orientamenti prospettati. N sussiste il pericolo che, assumendosi un'interpretazione troppo rigida degli .obblighi inerenti alla qualit di coniuge, J.a perseguibilit d'ufficio della loro violazione possa condurre, come si afferma nella difesa della parte privata, ad un eccessivo controllo del pubblico potere suJ.l'intimo andamento della societ coniugale: infatti la norma impugnata colpisce .solo quei comportamenti illeciti (come l'abbandono del domicilio domestico, o la condotta contraria all'ordine ed alla morale della famiglia), che costituiscono le pi gravi mancanze ai doveri provenienti dal vincolo maritale, e non gi tutti quelli che possono farsi derivare dalla violazione degli artt. 143 e seguenti del e.e. Nessuna rlevanza pu esercitare sulla questione, cos com' stata prospettata, la considerazione che altri reati, anch'essi contrastanti con l'ordine delle famiglie (.perseguibili in luogo di quello di cui all'art. 570, che perci viene a rivestire carattere di sussidiariet) siano punibili solo su querela, come avveniva per l'adulterio e il concubinato, e come w ancora avviene per le ingiurie, le minacce non gravi, le percosse e le I w lesioni lievi. vero, per quanto riguarda quest'ultimo reato, che durante Il ili i lavori preparatori per l'emanazione della legge 26 gennaio 1963, numero 24 (la quale, a modifica dell'art. 582 c.p., ha richiesto la querela per la punibilit delle dette lesioni, se cagionate a danno di familiari, e m Il Il lif .; ci al proclamato scopo di meglio assicurare l'unit familiare) venne prospettata l'esigenza che analogo trattamento dovesse disporsi anche pel reato di cui all'art. 570, primo comma. Ed altres vero che una , proposta di 'legge per la modifica di quest'ultima norma, nel senso pro ' I IITT spettato, era stata effettivamente presentata in precedenza, nella seduta del 25 settembre 1958 (doc. n. 242 Camera, 3 Legislatura), poi decaM duta per la fine della legislatura. Ma le circostanze riferite sembrano invocabili proprio a comprovare l'esattezza di quanto prima asserito: che cio la diversa rilevanza dei reati attinenti ai rapporti familiari, al fine della scelta delle modalit di impulso processuale (scelta, come noto, non collegabile a considerazioni relative alla maggiore o minore gravit delle pene previste), materia di politica legislativa, cos da sfuggire a censure di legittimit costituzionale, sotto l'aspetto delLa conformit all'art. 29. ( Omissis). SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 7 febbraio 1970, n. 284 -Pres. Stella-Richter -Est. Greco -P. M. Tavolaro I. (conf.) -Ministero Difesa Esercito (avv. Stato Azzariti) c. De Paoli, Bazzanella ed altri. Trattati e convenzioni internazionali -Accordo 14 gennaio 1949 -Preteso diritto soggettivo del cittadino italiano ex prigioniero in mano americana -Improponibilit della domanda -Difetto assoluto di giurisdizione. (Accordo italo-statunitense dell'll gennaio 1949). Le ragioni spettanti ai cittadini italiani verso lo Stato italiano hanno la loro parte esclusiva in provvedimenti normativi interni e non anche in accordi e convenzioni internazionali: pertanto non potendo i trattati internazionaU avere efficacia all'interno dello Stato se non attraverso l'uso dei mezzi all'uopo idonei (fra i quali, in particolare, l'ordine di esecuzione dispolito con legge), le domande proposte davanti al giudice ordinario italiano sulla base di accordi internazionali non eseguiti all'interno dello Stato, sono improponibili ed il giudice adito rispetto al esse carente di giurisdizione (1). (Omissis). -Con il primo mezzo la ricorrente Amministrazione, denunciando la violazione e falsa applicazione dei principi in materia di accordi internazionali e della loro rilevanza sul piano giuridko interno, ! (1) La Suprema Corte di. Cassazione in questa sentenza ha avuto occasione di ribadire, come in precedenti giudicati (Cass. 9 ottobre 1967, n. 2341 e 31 marzo 1967, n. 631) il fondamentale principio, secondo il quale un diritto soggettivo configurabile nei confronti dello Stato solo se esso trovi la sua fonte esclusiva in provvedimenti normativi interni, e non gi in accordi e convenzioni internazionali. Ci logico corollario del principio, che i trattati internazionali non possono avere efficacia all'interno dello Stato se non attraverso l'uso dei mezzi all'uopo idonei, fra i quali, in particolare, l'ordine di esecuzione disposto con legge. Questo principio stato giustamente applicato nella specie, ove, in virt dell'accordo stipulato il 14 gennaio 1949 tra il Governo Americano e il Governo 218 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sostiene che gli attori non sono titolari di una situazione soggettiva pro tetta nei confronti dello Stato Italiano. Premesso che lo Stato Italiano, con l'art. 76 del trattato di pace del 10 febbraio 1947, reso esecutivo con d.l. del C.P.S. 28 novembre 1947, n. 1420, aveva rinunciato ad ogni domanda o credito risultante dalle convenzioni sui prigionieri di guerra e che il governo U.S.A. con gli accordi Lombardi-Lovet del 14 agosto 1947, resi esecutivi con il d.C,P.S. 31 dicembre 1947, n. 1747, rinun ciando, a sua volta, ad avvalersi dell'anzidetta clausola del trattato di pace, si era impegnato a pagare ai prigionieri di guerra quanto ad essi fosse risultato ancora dovuto, secondo le valide documentazioni di im.> pegni emessi da esso Governo degJi U.S.A., la ricorrente afferma che manca una qualsia.si norma giuridica interna dalla quale, con riferi n;iento ai ricordati trattati ed accordi, derivi un diritto soggettivo da far va'lere contro lo Stato Italiano e che non pu vantarsi un diritto, azionabile verso lo Stato, da cittadini che per avventura si ritengono lesi da accordi stipulati in sede internazionale. Deduce inoltre la ricorrente che nessun diritto azionabile deriva dall'accordo 14 gennaio 1949 Pella-Dunn, il quale contiene una liberazione del Governo U.S.A., ma non conferisce ness1m diritto al cittadino verso lo Stato Italiano che non ha assunto alcun obbligo nei confronti degli stessi attraverso una norma giuridica dell'ordinamento nazionale. Le censure sono fondate. Invero, come questa Corte ha avuto occasione di affermare in precedenti giudicati (Cass. 9 ottobre 1967, n. 2341 e 31 marzo 1967, n. 631), Italiano (cos detto accordo Pella-Dunn), il Governo italiano aveva assunto l'obbligo di pagare ai prigionieri italiani, collabo..ratori degli U.S.A., le somme da essi guadagnate per il lavoro prestato durante la prigionia (e diverso dalla manutenzione dei campi di prigionia). A tale accordo, non seguito un provvedimento interno di adattamento, sicch l'obbligazione derivatane rimasta di puro diritto internazionale vale a dire non immessa nel diritto interno, n determinante dell'insorgere di alcun diritto di credito a favore del cittadino ex prigioniero. N, come giustamente ritenuto nella sentenza che ci occupa, un'obbligazione di tal fatta pu mutarsi in un'obbligazione di diritto interno in virt della semplice e spontanea esecuzione dell'accordo internazionale, ch, sempre, il diritto soggettivo verso lo Stato sorge da una norma interna posta in essere mediante un atto statale di produzione giuridica. Talvolta, come noto, l'ordinamento statale, pu conformarsi alle norme internazionali, mediante un procedimento automatico di adattamento, senza, cio, far ricorso ad un atto di produzione giuridica: epper ci non significa che manchi una qualche norma la quale giustifichi l'adattamento automatico, ch, stante la separazione tra l'ordinamento interno e l'ordinamento internazionale, pur sempre necessaria quella norma la quale, contemplando l'adattamento automatico, assuma la specie di norma sulla produzione giuridica. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 219 le ragioni spettanti ai cittadini italiani verso 10 Stato italiano hanno la loro fonte esclusiva in provvedimenti normativi interni e non anche in accordi e convenzioni internazionali diretti a regolare esclusivamente i rapporti fra gli Stati contraenti .sul piano internazionale. Tra questi ultimi da ricomprendersi l'accordo internazionale tra il Governo e gli Stati Uniti d'America, cosidetto Pella-Dunn, del 14 gennaio 1949, con iil quale il Governo Italiano ha assunto l'obbligo, sotto forma di accolTo, di soddisfare in favore dei prigionieri italiani, collaboratori in U.S.A., i debiti contratti dal Governo Americano per la giusta retribuzione dovuta loro per il lavoro prestato a suo favore. A questo accordo non seguito alcun provvedimento legislativo di carattere interno che abbia consentito il trasferimento de1l'obbligazione nel diritto interno italiano e che quindi lo abbia reso valido ed operante anche a favore del creditore privato. I .so'li provvedimenti legislativi adottati nel nostro ordinamento interno in questa materia sono i dd.11. C.P.S. del 28 novembre 1947, numero 1430 e 13 dicemb;re 1947, n. 1747, che diedero esecuzione in Italia, rispettivamente, al Trattato di pace e agli accordi di Washington 14 agosto 1947, dai quali, per, nessuna obbligazione sorta a carico deUo Stato italiano verso cittadini ex prigionieri in U.S.A. e nessun debito, vero o presunto, del Governo U.S.A. verso gli ex prigionieri stato accollato allo Stato italiano. N 'la avvenuta spontanea esecuzione dell'accordo da parte del Governo italiano, che ha pag;ato ad alcuni prigionieri le somme ricevute La logica conseguenza di quanto detto che la pretesa degli ex prigionieri, non pu trovare fondamento nella Convenzione di Ginevra del 27 luglio 1929, secondo la quale la retribuzione del lavoro ai prigionieri deve essere adeguata alla mercede percepita dai militari della potenza detentrice addetti a lavori analoghi, perch, a parte la circostanza che tale criterio non stato recepito nell'accordo Pella-Dunn, si tratterebbe in ogni caso di un principio valido per lo Stato Italiano in quanto soggetto di diritto internazionale. Parimenti, esatto quanto asserito nella sentenza che si annota, che l'art. 36 della Carta Costituzionale non possa trovare applicazione nel caso, in quanto opera solo per i rapporti disciplinati dal diritto interno. Semmai, come stato affermato dalla Corte Costituzionale, 10 marzo 1966, n. 20, ove i trattati internazionali resi esecutivi in Italia risultino in tutto o in parte lesivi di situazioni giuridiche tutelate dalla Costituzione spetta alla Corte Costituzionale la competenza a conoscere della legittimit costituzionale delle norme immesse. Naturalmente, ove non c' nessuna norma immessa nel nostro ordinamento, la questione della legittimit costituzionale non da porre. Concludendo da condividere appieno la improponibilit della domanda e quindi il difetto assoluto di giurisdizione in tutte le specie di tal fatta, nelle quali manca una qualche norme interna di adattamento ad un accordo internazionale. M. CASACCIA 220 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dagli Stati Uniti Americani, vale a creare un diritto a favore dei privati cittadini in mancanza di norme dell'ordinamento interno . La pretesa dei resistenti non pu trovare fondamento nella Convenzione di Ginevra del 27 settembre 1929, sancente l'obbligo dello. Stato a cui favore lavora il prigioniero di guerra, in quanto la sua violazfone eventualmente si sarebbe verificata nei confronti degli Stati Unitl d'America e non dello Stato italiano. Ma in sostanza il Governo americano non ha commesso alcuna violazione perch, a parte la rinuncia del Governo italiano contenuta nel trattato di pace, ha anticipato la successiva Convenzione di Ginevra del 12 agosto 1949, secondo cui lo Stato da cui di1xmde il prigioniero deve regolare il debito dello Stato detentore, concludendo con l'Italia l'accordo suddetto del 14 gennai' 1949 diretto a regolare i rapporti relativi alla retribuzione spettante ai. prigionieri, dal quale accordo, come gi si detto, sono scaturite obbligazioni per dl Governo italiano al solo livello internazionale e non sul piano del diritto intemo. Nemmeno la rinuncia ad ogni domanda o credito, risultante dalle convenzioni sui prigionieri di guerra, effettuata dall'Italia nel Trattato di pace ha fatto sorgere a favore di cittadini italiani diritti di sorta, in quanto essa da rtenersi necessaria e non illegittima e comunque rimarrebbe sempre sul piano del diritto internazionale. Non pu trovare applicazione 'l'art. 36 della Costituzione, il quale opera solamente per i rapporti di lavoro disciplinati dal diritto interno. Attesa la improponibilit assoluta della domanda devesi dichiarare il difetto assoluto di giurisdizione del giudice ordinario. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 febbraio 1970, n. 341 -Pres. Flore -Est. Aliotta -P. M. Tavolaro I. (conf.) -Gualandi (avv. Jossa e Gualandi) c. E.N.P.A.S. (avv. Stato Lancia). Competenza e giurisdizione -Attivit posta in essere dalla P. A. iure privatorum -Condanna ad un facere -Ammissibilit -Limiti. (legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4). Competenza e giurisdizione -Demanio e patrimonio -Patrimonioindisponibile -Edificio costruito a distanza inferiore a quella legale e destinato ad uso di un pubblico servizio -Domanda tendente ad ottenere la condanna all'abbattimento parziale dell'edificio -Improponibilit. (e.e., artt. 828, 830). Anche in materia di attivit vosta in essere iure privatorum la. possibilit di condanna della pubblica Amministrazione ad un facere _,AiiUiWJJ?Jm\YIJllil'l~l~ll~ll~l'J PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 221 deve essere esclusa quando tale pronunzia verrebbe ad incidere su un successivo comportamento della pubblica Amministrazione, posto in essere iure publico , che si inserisca nel precedente rapporto di natura privatistica (1). Non pertanto proponibile una domanda tendente ad ottenere la condanna di un ente pubblico all'abbattimento parziale di un edificio costruito in violazione delle norme sulle distanze, ove l'edificio stesso sia stato successivamente destinato ad un pubblico servizio ed abbia, perci, acquisito la qualit di bene patrimoniale indisponibile (2). (Omissis). -Del pari infondato il ricorso incidentale proposto dalla Gualandi. Questa con l'unico motivo, denunziando la violazione degli artt. 2 e 4 della legge 20 marzo 1865 all. E sul contenzioso amministrativo, 25 legge 19 gennaio 1942 n. 22, 823, 29 e 830 e.e., sostiene sotto un primo.profilo che, essendo l'E.N.P.A.S. equiparato alle amministrazioni dello Stato ai soli fini tributari e diversa essendo la posizione .giuridica dei beni demaniali e patrimoniali dello Stato delle province e dei comuni rispetto a quelli degli enti pubblici non territoriali, non era operante nei confronti dell'E.N.P.A.S. il limite di potere dell'Autorit giudiziaria, previsto neil citato art. 4 della legge sul contenzioso amministrativo, sia perch l'ente convenuto non poteva essere considerato, dal punto di vista soggettivo, una pubblica amministrazione, sia perch la costruzione dell'intercapedine, dal punto di vista oggettivo, non poteva essere considerata un'attivit amministrativa, costituendo invece un'attivit materiale posta in essere iure privatorum . Sotto un secondo profilo poi, denunciando la violazfone degli artt. 830, 828 e 948 e.e., sostiene che, nel negare la possibilit di emettere l'ordine di eliminazione dell'intercapedine, la Corte di Appello aveva arbitrariamente sottratto al regime giuridko previsto in materia di distanze tra edifici confinanti per la propiet privata beni che non facevano parte del patrimonio indisponibile, categoria questa nella quale, per quanto attiene all'E.N.P.A.S., andava compreso soltanto il fondo di riserva, mentre l'edificio de quo era stato costruito con l'investimento delle eccedenze; che d'altra parte la eliminazione (1-2) Esatta applicazione dei principi in materia di limiti del potere giurisdizionale di fronte alla pubblica Amministrazione. Per l'ammissibilit della condanna del\La P.A. ad un facere qualora si tratti di attivit posta in essere iure privatorum (ammissibilit riconosciuta, in linea di principio, anche dalla sentenza in rassegna), cfr.: Cass.,. 8 luglio 1968, n. 2331. Sull'applicabilit delle norme .sulle distanze anche ai beni del patrimonio indisponibile, cfr. Cass., Sez. Un., 16 febbraio 1966, n 477, in questa I Rassegna, 1966, I, 313. I ~~~~~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dell'intercapedine non importava sottrazione dell'edificio all'uso del pubblico servizio al quale era destinato. In merito a tali censure si rileva che, com' noto, anche per le questioni attinenti a diritti soggettivi, che normalmente rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, questi incontra nei suoi pote:ri giurisdizinali un limite che trova la sua formulazione nell'art. 4 della citata legge sul contenzioso amministrativo, in base al quale, accertata l'illegittimit di un atto amministrativo, deve limitarsi ad emettere la relativa declaratoria, con conseguente condanna della pubblica amministrazione al risarcimento dei danni, ma non pu n annullare, n revocare, n modificare, n sospendere l'atto illegittimo, perch altrimenti invaderebbe, incorrendo in eccesso di potere in senso giurisdizionale, la sfera di attivit riservata alla pubbliea Amministrazione. In relazione alla indicata ratio della norma, secondo la tesi seguita dalla prevalente dottrina, il divieto non si applica quando S'i tratta di attivit posta in essere iure privatorum. Meno recisa in proposito la giurisprudenza di questa Corte, pur essendo prevalentemente indirizzata in tale senso. Il problema va posto in relazione alla natura del provvediemnto da emettersi dal giudice nei confronti della pubblica Amministrazione, distinguendosi tra sentenze dichiarative, costitutive o di condanna. In proposito, mentre nessuna questione sorta per le sentenze dfchiarative, la cui ammissibilit nei confronti della pubblica Amministrazione costituisce ormai un ius receptum , incerta la situazione per quanto attiene alle sentenze costitutive, ch, mentre si ammette senz'altro la possibilit di emanazione di sentenze di annullamento o di risoluzione di contratti !>Osti in essere 'iure privatorum (Cass. 1 aprie 1964, n. 564), si invece negata la possibilit di emanazione di sentenze costitutive in materia di adempimento specifico di un obbligo a contrarre (Sez. Un. 5 aprile 1969, n. 872), ed il problema assume aspetti delicati e non mancano contrasti in materia di sentenze di condanna. Relativamente a tale categoria di pronunzie, tenendo presente la distinzione tra condanne ad un dare o ad un facere e un non jacere, si sempre ammessa la possibilit di condannare la pubblica Amministrazione al pagamento di una somma di denaro, come del resto espressamente previsto dalla legge sul contenzioso amministrativo anche in materia di attivit iure pubblico, o a consegnare determinate cose. Per quanto invece attiene alle condanne ad un facere o a un non jacere, la giurisprudenza era in genere restia ad ammettere la possibilit di emanazione di pronunzie del genere nei confronti della pubblica Amministrazione anche nell'ambito dell'attivit posta in essere iure privatorum. Senonch una prima deroga a tale indirizzo g-iurisprtidenziale si avuta in materia di azioni possessorie e di denunzia di nuova opera o danno temuto, che implicano la possibilit da parte PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 223 giudice di emanare divieti o ordini di sospensione o di riduzione in pristino di opere o di esecuzione di opere di assicurazione e, quindi, condanna ad un facere o a un non facere, delle quali stata ammessa la proponibilit nei confronti della pubblica Amministrazione, tra l'altro, quando questa abbia agito iure privatorum, o assolutamente al di fuori dei suoi poteri il che costituisce ormai ius receptum. Il principio stato quindi esteso in via generale ad ogni azione personale o reale, ammettendosi in tale ipotesi la condanna ad un facere della pubblica Amministra2lione (Sez. Un. 3 febbraio 1968, n. 203, 8 luglio 1968, n. 1331 e 22 luglio 1968, n. 2618). Senonch, anche in materia di attivit posta in essere iure privatorum, la possibilit di condanna della pubblica Amministrazione ad un facere deve essere esclusa quando tale pronunzia venga ad incidere su un successivo comportamento della pubblica Amministrazione, posto in essei:e iure pubLico, che si inserisca nel precedente rapporto di natura pdvatistica. H che si verifica aippunto nella specie in quanto la condanna dell'E.N.P.A.S., ente di diritto pubblico per legge (art. I comma 2 legge 19 gennaio 1942, n. 22) all'eliminazione dell'intercapedine mediante demolizione, parziale, dell'edificio, costruito in violazione delle norme che regolano le distanze tra edifici confinanti, come richiesto dalla Gualandi con l'atto introduttivo del giudizio, trova un ostacolo nella avvenuta concreta destinazione ad uso di un pubbl,ico servizio, quale nuova sede locale dell'Istituto, in conseguenza della quale ha assunto natura di bene patrimoniale indisponibile. Stabilisce, infatti, tra l'altro il cUato art. 830 e.e. che ai beni degli enti pubblici non territoriali, destinati a un pubblico servizio, tra i quali rientra, come si detto, l'edificio costruito dall'E.N.P.A.S., si applica la disposizione dell'art. 828 comma 2 e.e., cio anche tali beni, come quelli costituenti il patrimonio indisponibile dello Stato, delle province e dei comuni, non possono essere sottratti alla loro destinazione se non nei modi stabiliti nelle leggi che li regolano. Disposizione questa che diretta appunto a garantire che i beni suddetti realizzino le finalit dd natura pubblica cui sono destinati; donde la necessaria conseguenza della improponibilit di azioni dirette a conseguire l'emanazione da parte della Autorit giudiziaria ordinaria di pronunzie tendenti, come nella specie, a sottrarre, sia pure parzialmente, U bene a tale destinazione impressagH in virt di provvedimenti amministrativi. N vale ancora eccepire che il citato art. 830 comma I stabiUsce che i beni degli enti pubblici non territoriali sono soggetti al regime dei beni privati, onde l'applicabilit riguardo agli stessi delle citate Hmitazioni di distanza per le costruzoni a confine previste nel codice civile, perch ci implica soltanto che le costruzioni effettuate in violazione di taH norme sono illegittime (Sez. Un. 16 febbraio 1966, n. 477) ma non pu importare alcuna deroga per quanto attiene ai principi che regolano i limiti 5 224 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di potere dell'Autorit giudiziaria nei confronti della pubbldca Ammi nistrazione; per cui la destinazione a finalit :pubbliche impressa dalla stessa, a determinati beni, non pu essere annullata, revocata o mo dificata o sospesa dal giudice ordinario ai sensi del citato art. 4 della legge sul contenzioso amministrativo. N esatto sostenere he nella specie non si tratta di bene patri moniale indispensabile in quanto per l'E.N.P.A.S., a norma delle dispo sizioni contenute nella legge istitutiva 19 gennaio 1942 n. 22 e del relativo regolamento emanato con r.d. 30 luglio 1942, n. 917, attribuita soltanto al fondo di riserva (art. 27 della legge) e non invece. prevista per gl'investimenti dell'eccedenza, disciplinati negli artt. 29 della legge e 41 lett. e) e 51 del regolamento, dalla q'ijale sarebbe stata prelevata la somma occorrente per la costruzione del l'ed!ificio in questione. Infatti l'art. 27 della legge si limita ad aggiun gere per l'E.N.P.A.S. una particolare categoria di beni patrimoniali indisponibili, per cui non importa alcuna deroga alle citate disposi zioni, contenute nel codice civile, che attribuiscono la natura di patri monio indisponibile ai beni appartenenti ad enti pubblici in quanto destinati ad un pubblico servizio. Ne consegue che la pronunzia emessa dalla Corte di Appello, che ha ritenuto la improponibilit della do manda di condanna dell'E.N.P.A.S. alla eliminazfone della intercape dine mediante abbattimento parziale dell'edificio, si sorregge egual mente sotto ndicato profilo, anche se errata, come si dimostrato, la motivazione adottata dalla stessa che l'ha basata invece sul presup posto che non sia consentito al giudice ordinario in materia di attivit compiuta iure privatorum di emettere condanne ad un facere nei confronti della pubblica Amministrazione. -(Omissis) . . CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 13 febbraio 1970, n. 344 -Pres. Flore -Est. Berri -P. M. Trotta (conf.) -Quilici (avv. Spada, Montanti Mancini) c. Ministero Industria e Commercio (avv. Stato Zagari). Competenza e giurisdizione Questione di giurisdizione -Indagine .@ del giudice -Criteri. {: (c.p.c., art. 386). $~ f" Competenza e giurisdizione -Lesione di interessi legittimi -Domanda ("" di risarcimento del danno -Improponibilit. 1:1111 (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 2). 1:: Per stabilire se una controversia appartenga alla giurisdizione del giudice ordinario occorre ricercare se un diritto soggettivo sia confi PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 225 gurabile astrattamente nel thema decidendum posto con le allegazioni dell'attore, indagando ed accertando la natura e la finalit delle norme che si assumono violate dall'Amministrazione, con la conseguenza che. la controversia deve considerarsi relativa ad un diritto soggettivo se le norme sono rivolte a disciplinare rapporti tra privati e la pubblica Amministrazione, dai quari scaturiscano reciproci diritti ed obblighi, mentre deve, invece, considerarsi devoluta alla giurisdizione del git1idice amministrativo se la violazione riguarda norme poste per assicurare la conformit dell'azione dell'Amministrazione al pubblico interesse per la cui tutela sono state predisposte (1). Il giudice ordinario difetta di giurisdizione a conoscere di una domanda di risarcimento di pretesi danni dipendenti dalla dedotta violazione di un interesse legittimo (2). (Omissis). -I quattro motivi di ricorso, che assumono l'erroneit dell'impugnata sentenza per aver negato nel caso la sussistenza di un diritto soggettivo ingiustamente leso dalla P.A., comportano che le Sezioni Unite stabHiscano se un diritto soggettivo sia configurabile astrattamente nel thema decidendum posto con le alligazioni dell'attore, indagando ed accertando la natura e la finalit delle norme che si assumono violate dall'amminisrtazione, con la conseguenza che la controversia sar relativa ad un diritto soggettivo se le norme sono rivolte a disciplinare rapporti tra privati e la pubbMca amministrazione dai quali scaturiscano reciproci diritti ed obblighi, mentre invece apparterr alla giurisdizione del giudice amministrativo, se la violazione riguarda norme poste per assicurare la conformit dell'azione della Amministrazione al pubblico interesse per la cui tutela sono state predisposte (da ult. sent. 19 aprile 1968 n. 1175). I motivi hanno per presupposto, diretto o indiretto, l'assunto deHa sussistenza di un provvedimento 27 dicembre 1938 del Ministero delle Corporazioni con il quale -cos testualmente detto .rJ.el primo motivo -veniva ordinata la rimozione di tre distributori di. carbu rante appartenenti alla S.I.A.P. (e gestiti da Quilic1 Luigi) posti in Lucca, Via Cavalieri, avanti l'immobile di propriet della Galli, ma ceduto in locazione al figlio Giuseppe Quilici, che vi esercitava lo (1) Il criterio di discriminazione fra giurisdizione ordinaria e amministrativa fondato sulla distinzione fra norme di relazione e norme d azione , ormai, largamente accolto nella giurisprudenza delle Sezioni Unite. Cifr., d;i ultimo, Cass., Sez. Un., 19 aprile 1968, n. 1175, in Giust. civ., 1968, I, 1142; id., 19 giugno 1968, n. 2027, in questa Rassegna, 1968, I, 386. (2) Giurisprudenza costante. V., da ultimo, Cass., Sez. Un., 30 giugno 1969, n. 2371, in Giust. civ., 1969, I, 1832; id., 17 febbraio 1969, n. 543, hli, 811. i F ~~ .-~1~%if?%0W8ff}Jjfiff@z@W-Yt8fWWfi~WWM,. :;wl , )r.a - ""' -tw~..-Ad:dtf&..-r"x~==-,===twmrutv 226 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stesso commercio (vendita di carburante). Osservano sul punto le Sezioni Unite che il presupposto non risponde al vero, perch, come rdsulta dall'impugnata sentenza, a seguito della sentenza 8 settembre 1938 del Tribunale di Lucca, disponente la rimozione dei distributori di carburante in oggetto, (sentenza poi riformata in toto sul punto dalla Corte di appello di Firenze, che ha ritenuto la carenza di azione di Giuseppe Quilici alla rimozione dei distributori, come risulta dalla prima parte della presente decisione), il Ministero delle Corporazioni, con lettera ciel 27 dicembre 1938, si era limitato a pregare la Prefettura di Lucca di invitare la Societ italo-americana del petrolio, titolare dei distributori di carburante in .contestazione, a presentare regolare doman~ a di spostamento, cio ad avviare il relativo procedimento amministrativo. Bene, quindi, la Corte di appello ha affermato che non si era :in presenza di un provvedimento modificativo della concessione alla S.I.A.P. a suo tempo disposta dalla Prefettura. TaJe invito, a presentare domanda di spostamento, successivamente ripetuto nel 1948, per le vicende sopra esposte non ebbe segu~to per molti anni e precisamente dal 1949 al 1961 per fatto di aventi causa dello stesso ricorrente, che ne avevano chtesto la sospensione d'accordo con la S.I.A.P., pendente il giudizio di divisione degli immobili davanti a cui i distributovi erano posti, a seguito del decesso della loro comune dante causa, Amabilia Galli ved. QuiHci. Soltanto alla fine del 1961 Giuseppe Quilici aveva domandato all'autorit amministrativa che fosse ordinata la rimozdone dei distributori, ma questa, essendo nel fratempo intervenuta la legge 23 febbraio 1950 n. 170, che trasformava in semplice autorizzazione l'esercizio dei distributori di carburante prdma sottoposto a concessione, aveva risposto negativamente perch l'impianto esistente della S.I.A.P. rispondeva ai requisiti dli legge. La conseguenza che, non essendo mai esistito un provvedimento della P.A. che disponesse a carico della S.I.A.P. la rimozione dei contestati distributori di carburante, l'dnteresse dli Giuseppe Quilici a detta rimozione, mai disposta, (interesse costituito dall'aspirazione di impiantare in loco dei distributori propri per l'esercizio della sua attivit commerciale e cos evitare una scomoda concorrenza) non ha mai avuto la consistenza di un diritto soggettivo, perch mai stato istituito un rapporto giuridico tra la P.A. ed esso Quilici. E del resto, se il provvedimento di rimozione fosse stato disposto, mai il Quilici (prima che gli fosse stato concesso ovvero, dato il mutato regime giurddico della materia, prima che fosse stato autorizzato ad impiantare sul posto i suoi distributori) avrebbe potuto vantare un diritto soggettivo, tanto pi che non si trattava di liberare aree di sua propriet. Esattamente la Corte di Firenze ha considerato che la domanda di risarcimento dei danni per la negata revoca di un'autorizzazione Im rtj, [fil ifj I t# ~:::::: PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 227 (ch di autorizzazione ormai si trattava dopo la leg,ge del 1950), era dipendente da un preteso cattivo uso di un potere discrezionale indubbiamente spettante alla P.A., cattivo uso che al pi avrebbe potuto configurare la lesione di un interesse legUtimo del privato. La conseguenza, in definitiva, era che il giudice ordinario difettava di giurisdizione a conoscere di una domanda di pretesi danni dipendenti dalla dedotta violazione di un interesse legittimo. In conclusione risultano infondati tutti e quattro i motivi: il primo e il quarto perch direttamente basati sul presupposto della esistenza di un provvedimento ministeriale di rimozione in realt inesistente; il secondo perch invocante la violazione della norma del neminem laedere, violazione ipotizzabile solamente se leso un diritto soggettivo; il terzo, perch diretto a far valere un ipotetico concorso di diritto soggettivo e di interesse legittimo, quando invece risultata la non configurabilit di un diritto soggettivo per le ragioni sopra esposte. -(Omissis). SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 febbraio 1970, n. 241 -Pres. Pece - SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 febbraio 1970, n. 241 -Pres. Pece - Est. Falletti -P. M. Gentile (conf.) -Sp.Az. Citom-Sorima (avv. Uckmar) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas). Procedimento civile -Sospensione del giudizio per rimessione degli atti alla Corte Costituzionale -Riassunzione -Termini -Disciplina. (c.p.c. artt. 297, 307; legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 23). Disposta la sospensione del giudizio civile per la risoluzione della ] r:' questione di legittimit costituzionale ai sensi dell'art. 23 deUa legge J.ili 11 marzo 1953, n. 87, la riassunzione della causa va effettuata a norma V'r!! delle disposizioni del codice di procedura civile che regolano in via ~~~= generale la materia, nei termine perentorio di sei mesi dal deposito del provvedimento con cui La Corte Costituzionale ha definito il giudizio in rapporto al quale la sospensione era stata ordinata (1). (Omissis). ~ La ricorrente sostiene che gli artt. 295 e segg. c.p.c. non sono applicabili alla sospensione disposta secondo l'art..23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e che pertanto illegittimamente, con vio ~ lazione delle menzionate norme, la Corte di appello ha confermato la % estinzione del processo, siccome non riassunto entro il termine di sei m IM (1) La sentenza 2 ottobre 1959, n. 2634 in senso conform, menzionata in motivazione, si legge, in Foro it., 1959, I, 1662 con nota di richiami. I Sul principio di carattere generale che la normativa del codice di rito ~ debba applicarsi anche alle ipotesi di sospensione necessaria prevista da 00 leg.gi speciali, qualora manchi una specifica regolamentazione, la giuri ru sprudenza concorde. Cfr. Cass., 8 giugno 1955, n. 1773, in tema di giudizi ~ sospesi a causa della guerra ai sensi dell'art. 3 leg.ge 22 maggio 1942, f~ n. 568; Cass., 16 giugno 1955, n. 1847 in tema di sospensione dei giudizi ili concernenti i beni appartenenti agli Stati facenti parte delle Nazioni Unite od alle persone aventi la nazionalit di tali Stati, ai sensi dell'art. 7 d.l.l. ~! lo febbraio 1945, n. 36; Cass., 11 giugno 1964, n. 1447, in tema di sospensione del giudizio per la regolarizzazione degU atti agli effetti della legge JJijj ed i I V i f~~~ ~::=; ~ifirfil'fiiffftHf&fMfitfftMfilfiltf=#:f:ftiMf:ffWffWifwfltl1ffi@MtiffiWMf@fffT61ffifff1fffflffffffffffW@Nf@'fff~ di registro (artt. 106, 108, r.d. 1923, n. 3269). In dottrina BARALDI, La questione di legittimit costituzionale provvedimenti del giudice nel processo civile, Giur. it., 1958, IV, 1. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 229 mesi dal deposito dell'ordinanza con cui la Corte Costituzionale defini il giudizio in rapporto al quale la sospensione era stata ordinata. La questione, nei medesimi termini, fu gi decisa da questa Suprema Corte, nel senso che anche alla sospensione prevista dall'art. 23 citato sono 1 applicabili le disposizioni degli artt. 295 e segg. c.p.c., quelle in particolare degli artt. 2,97 e 307 c.p.c. che fissano il termine perentorio di sei mesi per la prosecuzione del .giudizio e ne comminano l'estinzione se tale adempimento non venga osservato (Cass., 1959, n. 2634). E la Corte ritiene di confermare ~a massima e gli argomenti di quella pronuncia. Vanno posti anzitutto in rilievo i principi generali accolti dalla legge processuale, radicati nel concetto stesso e nell'istituto della sospensione, i quali non consentono, per pratica esigenza e sistematica coerenza, che in alcun caso il giudizio possa restare indefinitivamente sospeso, in istato di quiescenza; mentre in tutte le ipotesi di sospensione (oltre le ipotesi previste dall'art. 295 anche quelle disciplinate mediante regole particolari, dall'art. 50 ad esempio, o dagli artt. 367, 393 c.p.c. o dagli artt. 133 bis e 135 disp, att.) costantemente stabilito un termine perentorio per la riassunzione del processo ed sancita in difetto la conseguenza dell'estinzione. Quindi, gi sulla base razionale di questo criterio (la cui adozione :fu anche ravvisata in ipotesi non ricollegabili ad un'attivit giurisdizionale, nel caso ad esempio deU'art. 108 legge di registro), si deve ammettere che la sospensione e che, salva la diversa misura di termini specificamente previsti, occorra applicare il termine generalmente stabilito dall'art. 297 c.p.c. N .sovviene in tal modo, contro il divieto dell'art. 14 prelessi, un risultato esegetico ottenuto mediante estensione analogica, quale la ricorrente denuncia nella sentenza impugnata, ma sono -al contrario -la ragione intrinseca e la capacit propria delle norme positivamente codificante (quelle del sistema processuale) e l'adesiva unifor.mit delle norme particolari regolanti il rapporto tra il giudizio ordiinario e il giudizio di legittimit costituzionale (art. 2,3 1. 11 marzo 1953, n. 87) che portttno ad affermare l'applicabilit delle disposizioni in oggetto. Invero il contenuto e la portata dell'art. 23', nel senso appunto della rilevata conformit, risultano chiaramente dalla sua stessa formulazione letterale, dalla definizione in esso ripetuta dei presupposti a cui la norma subordiina la sospensione necessaria del processo che cio il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimit costituzionale (art. 23 cit.): una proposizione avente l'identico contenuto e quasi le medesime parole dell'art. 2195 c.p.c. e dell'art. 3 c.p.p. e un sig:nificato dunque, che per s induce a ritenere che il legislatore abbia inteso aggiungere alle iipotesi di pregiudizialit e di sospensione l) necessaria ivi previste (procedimento civile, procedimento penale, proi: cedimento amministrativo) un'altra ipotesi analoga (procedimento di I I >: I ~ i: Bil'l!Vdi11R17A'if7di11R17~~di!7419'dlY6fA'!f764@V~ ~: 230 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legittimit costituzionale); con evidente richiamo all'istituto della sospensione del procedimento, regolato in via generale dagli artt. 295 e segg. c.p.c. ed a tutte le disposizioni che ne completano la disciplina, compresa quella dell'art. 297 c.p.c. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 6 febbraio 1970, n. 263 -Pres. Vinci-Orlando -Est. Aliotta -P. M, Antoci (parz. diff.) -Ministero della Pl:lbblica Istruzione (avv. Stato Foligno) c. Benedet Lorenzo (avv. Panizzoni). Responsabilit civile -Insegnanti -Presunzione di responsabilit per il fatto illecito dei propri allievi -Affidamento non occasionale Insegnanti pubblici dipendenti -Responsabilit della Pubblica Anunin.istrazione -Sussiste. Responsabilit civile -Minori -Responsabilit degli insegnanti per culpa in vigilando -Responsabilit del genitore per culpa in educando -Presunzione -Permane. (c.p.c. art. 364, n. 2). Procedimento civile -Consulente tecnico -Omessa comunicazione dell'inizio delle operazioni -Nullit sanabile. La presunzione di responsabilit prevista dall'art. 2048 e.e. sussi~te nei confronti de:gii insegnanti in genere per il fatto illecito dei loro amevi allorch l'affidamento del minore, sia pure contenuto in determinati periodi, abbia carattere continuativo e non meramente occasionale. Siffatta presunzione si verifica aitres nei confronti degli insegnanti i quaLi siano dipendenti pubblici, .ed in tai caso si estende, in virt del relativo rapporto organico, alla PubbLica Amministrazione (1). (1) In senso conforme cfr. Cass., 7 dicembre 1968, n. 3933 in questa Rassegna, 1969, I, 642 con nota di richiami e riferimenti; Tribunale l'Aquila, 31 dicembre 1962, in Foro it., 1963, I, 1804. Pi in generale, circa la presunzione di responsabilit nei confronti della P. A. ex art. 2051 e.e., cfr. Cass., 18 marzo 1968, n. 882, in questa Rassegna, 1968, I, 731 con nota di richiami. In senso contrario, per la non applicabilit nei confronti degli insegnanti della scuola pubblica della presunzione di colpa stabilita a carico dei precettori e di coloro che insegnano un'arte o un mestiere, cfr. Tribunale Venezia, 3 giugno 1964, in Foro it., 1965, I, 517; cfr. altres Cass., 7 luglio 1964, n. 17'17, in Foro it., 1964, I, 1359, secondo cui non confi ~ lt~ ~i ........~~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 231 Anche i'J'I, caso di responsabilit dei precettori per culpa in vigilando sui minori affidati aUe loro cure, permane Za presunzione di responsabilit dei genitori per culpa in educando (2): L'omesso avviso aHe parti della data, ora e luogo di inizio deZZe operazioni peritali, determina la nuUit deHa consulenza tecnica, tuttavia sanabile ove non sia fatrta valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito deZZa relazione (3). (Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente Ministero della Pubblica Istruzione, denunziando la violazione degli artt. 2048 e.e. e 4 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.p., sostiene che erroneamente la Corte di Appello ha fondato la responsabilit dell'insegnante Pizzutelli sulla presunzione posta a carico del precettore dall'art. 2048 :e.e., non considerando che responsabile non poteva la stessa ritenersi a cagione del fenomeno giurtdico d'immedesimazione nascente dal rapporto organico, che esclude l'applicabilit di tale norma, in quanto fondamento unico della regponsabilit extracontrattuale della pubblica Amministrazione soltanto il principio generale sancito nel citato art. 4 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E; in tal modo il giudice di appello, determinando una inammi8sibile comunicazione della presunzione di responsabilit a carico della pubblica Amministrazione, ha finito per configurare un'ipotesi di responsabilit indiretta della. stessa, incompatibile con la natura propria del rapporto organico, in virt del quale la qualifica di precettore , ammesso e non concesso che nella specie ne ricorressero i presupposti in relazione all'attivit posta in essere con la gestione delle sci,10le elementari, sarebbe riferibile alla pubblica Amministrazione, nei confronti della quale inapplicabile la presunzione di responsabilit perch implicherebbe gurabile responsabilit della P. A. per presunzione di colpa in eligendo o in vigilando, n ai sensi dell'art. 2049 n del successivo art. 2050 e.e. Sulla responsabilit diretta della P. A. per atti dei suoi funzionari e dipendenti, i quali abbiano agito nell'ambito dei compiti ad essi affidati cfr. Cass., 4 gennaio 1964, n. 3, in questa Rassegna, 1964, I, 317 e 29 gennaio 1964, n. 233, ivi, 327 con note di F. CARUSI. (2) In senso conforme, Cass., 19 ottobre 1965, n. 2132, in Giur. it., 1966, I, 1281. Cfr. altre.s, Appello Palermo, 27 aprile 1962, in Foro sic., 1962, 51; contro Cass., 3 aprile 1967, n. 1137, in Foro it. Mass. (3) Cfr. Cass., 31 marzo 1967, n. 734; Appello Firenze, 13 luglio 1967, in Giur. Toscana, 1967, 806; cfr. altres, Cass., 16 aprile 1968, n. 1114, in Giur. it. Mass., per la quale l'omessa comunicazione dell'inizio delle ope.: razioni da parte del consulente tecnico importa la nullit della consulenza solo nel caso che le parti non siano state poste in grado di svolgere le proprie difese tecniche e di controllare l'attivit del perito di Ufficio, con apprezzamento riservato al giudice di merito. 232 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sindacato nella sfera di discrezionalit attribuita alla stessa nell'organizzazione del detto pubblico servizio. Con il terzo motivo poi il ricorrente Ministero, denunziando la violazione dello stesso art. 2048 e.e., sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di Appello, la presunzione prevista in detta norma poteva applicarsi agli insegnanti solo in quanto vi fosse stato un affidamento continuato ed esclusivo, come ouello che si verifica nei convitti pubblici, e non anche sulla base di un semplice rapporto didat tico, limitato a poche ore al giorno. I due motivi, che implicando l'esame di questioni tra loro intima mente connesse vanno unitamente esaminati, sono per altro entrambi infondati. In proposito si rileva che la disposizione fondamentale in materia di responsabilit extracontrattuale della pubblica amministrazione contenuta nell'art. 28 della Costituzione, che, con norm di carattere precettivo e di applicazione immediata e diretta, stabilisce testual mente: I funzionari e dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e ammi nistrative ,degli atti compiuti in violazione di diritti, n tali casi la responsabilit civile si estende allo Stato e agli enti pubblici. L'anzidetta disposizione postula, com' chiaro, due distinte norme: l'una che stabilisce il principio della responsabilit in proprio delle persone che agiscono quali organi della pubblica Amministrazione; l'altra la responsabilit della pubblica Amministrazione per gli illeciti commessi dai suoi funzionari e dipendenti, che ha natura diretta in virt del cosiddetto rapporto organico, che immedesima l'attivit degli organi con quella dell'ente pubblico, il quale estrinseca la propria attivit a mezzo degli stessi. Nell'un caso come nell'altro 1'1art. 28 della Costituzione opera un rinvio alle disposizioni contenute nelle leggi e regolamenti, che disciplinano i rapporti tra privati in materia di responsabilit per_fatto illecito, le quali debbono quindi ritenersi applicabili in materia, salvo che non vi sia una disposizione contraria o sussista una ragione di incompatibilit in relazione alla natura soggettiva dell'ente pubblico o della relativa attivit~. Orbene, ai fini della risoluzione della questione in esame occorre stabilire se l'art. 2048 e.e., il quale disciplina tra l'altro la responsabilit dei 9recettori, per i fatti illeciti commessi dagli allievi, sia applicabile anche nei confronti della pubblica Amministrazione, pur essendo prevista una presunzione di responsabilit a carico dell'agente, atta a produrre, in virt del rapporto organico, effetti probatori in danno della stessa pubblica Amministrazione. La soluzione del problema, in conformit dell'indirizzo seguito dalla prevalente dottrina e dalla giurisprudenza di questa Corte (sen ;~ tenza 7 ottobre 1968, n. 3933), non pu essere che affermativa, non essendovi alcuna norma di legge o ragione di incompatibilit che osti PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 233 all'applicabilit della disposizione .in esame nei confronti della pubblica Amministrazione. Infatti, in base agli enunciati iprincipi, non vi dubbio che il precettore, che agisce quale organo della stessa, sia tenuto, in virt del tassativo disposto del citato art. 28 della Costituzione, a rispondere in proprio, come ogni altro soggetto, del fatto illecito commesso dall'allievo; come del pari non vi pu essere dubbio che in tali ipotesi la responsabilit del precettore risalga, in virt del rapporto organico, direttamente alla pubblica Amministrazione. N vale, opporre, al fine di escludere l'applicabilit della norma, che il rapporto che si instaura tra la pubblica Amministrazione e il privato che usufruisce del servizio di insegnamento pubblico non ha natura .contrattuale, rientrando invece nell'ambito pubblicistico della prestazione di un pubblico servizio, del quale il privato utente usufruisce mediante pagamento di una tassa. Infatti la natura contrattuale o meno del rapporto indifferente ai fini dell'applicabilit dell'art. 2048 e.e., che trova il suo presupposto nel dovere di vigilanza del minore, incombente sulle persone I che sono tenute a provvedere alla sua educazione od istruzione per un obbligo nascente dalla legge o da un atto negoziale. Il che si desume I dal fatto che la disposizione in esame .concepita e si applica non soltanto nei confronti di precettori e maestri d'arte e mestieri ma anche I 1 ! nei confronti dei genitori e tutori, titolari di un potere-dovere di diritto familiare, nei rapporti dei quali l'obbligo di vigilanza del minore non rientra evidentemente nell'ambito di un rapporto negoziale. N 1' l'applicabilit della presunzione di responsabilit ne.i confronti della ! pubblica Amministrazione trova ostacolo nel carattere discrezionale della organizzazione e funzionamento dell'attivit della pubblica istruzione, che, come ogni altra attivit discrezionale, trova un limite, oltre I che nel precetto del neminem laedere, nelle norme di legge e in quelle regolamentari, con le quali ultime la pubblica Amministrazione autoI limita i suoi poteri; ipotesi questa che nella specie si verifica in con! I I ! ~ seguenza della norma contenuta nell'art. 350 del regolamento generale sul servizio scolastico, emanata con r.d. 26 giugno 1923, n. 1295, che sar pi innanzi oggetto di particolare esame. D'altra parte occorre considerare che, secondo l'interpretazione letterale e logica, non vi dubbio che, contrariamente a .quanto sostenuto dal ricorrente Ministero, rientrano nella previsione dell'art. 2048 e.e., tra gli altri soggetti ivi indicati, anche gli insegnanti delle scuole elementari (in tal senso, Cass., I 22 ottobre 1965, n. 386). In proposito va infatti considerato che, pur i esclusa per la natura eccezionale della norma l'interpretazione analogica g i e riconosciuto il carattere di tassativit delle elencazioni dei soggetti a carico dei quali si applica la presunzione di responsabilit, pur sempre ! f: ammessa l'interpretazione estensiva (in tal senso Cass., 7 ottobre 1968, f f ~ n. 3933). qrbene la iparola precettore dal latino praeceptor , nel suo f i significato lessicale, sta ad indicare anzitutto i maestri e gli insegnanti i I I 234 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in genere e soltanto in senso particolare usata per indicare gl'insegnanti privati, d'uso un tempo presso le famiglie signorili, ai quali veniva affidata la educazione ed istruzione dei minori, per i quali era pi specificamente adottata la denominazione di aio, di origine spagnola. D'altra parte in proposito, dal punto di vista dell'interpretazione logica, importante .considerare che nell'art. 2048 e.e. i precettori sono accomunati sotto la stessa disciplina con i maestri d'arte o mestiere, per i quali il dovere di vigilanza discende appunto, come per gli insegnanti elementari, dallo affidamento del minore .per ragioni di istruzione l'applicabilit della presunzione di responsabilit ancor pi giustificata in quanto all'obbligo dell'insegnamento si accompagna per questi ultimo quello d'impartire agli scolari gli opportuni principi educativi, per cui la scuola, magistra vitae, costituisce la necessaria reintegrazione dell'educazione impartita dai genitori. N requisito essenziale per l'applicazione dell'art. 2048 e.e. che l'affidamento del minore al precettore abbia carattere continuativo ed esclusivo, sussistendo la presunzione di responsabilit ogniqualvolta l'affidamento del minore per ragioni di educazione o istruzione, se pur limitato ad alcune ore al giorno o alla settimana, assuma carattere continuativo e non sia quindi meramente saltuario ed occasionale. Del pari infondato il secondo motivo, con il quale il ricorrente Ministero, denunziando la violazione dell'art. 350 r.d. 26 aprile 1928, n. 1297, nonch contraddittoriet di motivazione, deduce che erroneamente la Corte di Appello .giunta alla affermazione della responsabilit della Pizzutelli: a) omettendo di esaminare se il cortile, aperto al pubblico e comune ad altri uffici, potesse costituire una pertinenza della scuola; b) estendendo la tassativit dell'obbligo regolamentare di vigilanza, previsto in detta disposizione, ad obblighi di ottemperanza ad ordini di servizio assolutamente non provati; e) non considerando che l'incidente si era verificato tra le ore 16,05 e le ore 16,15, al di l dei limiti dell'orario scolastico, quando gli seolari erano stati gi accompagnati fuori dalla maestra, che aveva dato il rompete le righe. In proposito, relativamente alla censura sub a), si rileva che il giudice di appello ha adeguatamente motivato sul punto, affermando che il cortile costituiva, ai sensi dell'art. 817 e.e., pertinenza della scuola, essendo destinato in modo durevole al servizio dell'edificio scolastico, in quanto costituiva passaggio obbligato per accedere allo stesso. N ad escludere il rapporto pertinenziale vale l'assunto che il cortile fosse destinato anche all'uso di altri uffici pubblici in quanto perfettamente ipotizzabile l'esistenza di una cosa che costituisca nel contempo pertinenza di pi cose principali. In quanto attiene poi alla cesura sub b), va considerato che esattamente il giudice di' appello ha ritenuto che l'obbligo di vigilanza sulla scolaresca di cui all'art. 350 del regolamento generale sul servizio sco- I l I 1 I I I ! PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE lastico, approvato con r.d. 26 aprile 19:213, n. 1297, si estendesse fino al momento in cui gli alunni fossero stati accompagnati al detto cancello d'uscita. Stabilisce infatti il citato art. 350, anche ai fini della ottemperanza dell'obbligo di vigilanza, che agli insegnanti fatto obbligo di essere presenti nella scuola dal momento dell'ingresso degli alunni a quello della loro uscita. Orbene, il giudice di appello interpretando estensivamente la norma in questione, anche in relazione alle disposizioni impartite1 dai superiori gerarchici della Pizzutelli che ne hanno precisato la portata spaziale e temporale, ha esattamente ritenuto che a costei incombesse l'obbligo di accompagnare la ,scolaresca, al termine delle lezioni, fino al detto cancello, perch fino a tale momento doveva considera:rsi operante l'obbligo di vigilanza. ben vero che le istruzioni, costituendo atti interni, sono normalmente vincolanti soltanto per i dipendenti gerarchici e non per la .generalit, per cui la loro inosservanza incide .soltanto sul rapporto di servizio; quando per non sono rivolte soltanto a dare una disciplina autonoma ad una determinata materia per regolare il servizio a meri fini interni e nel loro interesse della pubblica Amministrazione, ma hanno invece per oggetto la specifica regolamentazione di una materia, alla cui disciplina gi provvede, sia pure in modo generico una norma giuridica, in modo che le istruzioni di servizio si limitano in sostanza a precisare le concrete modalit esecutive di attuaz_ione della norma, esse si identificano con la stessa, costituendo elemento d'integrazione del precetto giuridico. In quanto attiene poi alla censura sub e), a dimostrarne l'infondatezza sufficiente considerare che la Corte di appello, nel suo insindacabile giudizio di merito, ha accertato che l'incidente si era verificato al momento dell'uscita degli alunni dalla scuola, mentre la Pizzutelli, alla quale incombeva l'obbligo di accompagnare la scolaresca fino al cancello d'uscita, era assente; per cui doveva ritenersi verificato nell'ambito temporale al quale si estende, come si test dimostrato, l'obbligo di vigilanza di cui al citato art. 3150 del regolamento .generale sul servizio scolastico. Fondato invece il quinto motivo, con il quale il Ministero, denunziando la violazione dell'art. 2055 e.e. e 345 c.p.c., in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p_.c., sostiene che erroneamente la Corte di Appello ha escluso la sussistenza di un concorso di colpa a carico del padre del minore Giust Luigino, ritenendo .che, nel caso di affidamento ad un istituto, come nella specie, idoneo ad esercitare un'adeguata vigilanza, la responsabilit dei genitori non pu essere presunta ma la prova della colpa in educando incombe a chi vi ha interesse. Infatti, com' noto, la responsabilit a carico dei genitori di cui all'art. 2048 e.e. ; basata su di una presunzione di colpa in educando. o in vigilando. Orbene chiaro che, mentre nel caso di affidamento a persona idonea viene meno la presunzione per colpa in vigilando, non cosl pu dirsi per 236 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la colpa in educando , potendo il comportamento del minore farsi risalire, a prescindere dall'obbligo di vigilanza incombente sul terzo precettore, alla cattiva educazione impartita dai genitori. Ne consegue che, nell'ipotesi di affidamento, permanendo la presunzione di responsabilit a carico dei genitori per colpa in educando, la relativa prova liberatoria deve essere fornita dagli stessi (in tale senso Cass., 19 ot tobre 1965, n. 2132). Pertanto ha evidentemente errato il giudice di appello per avere invece ritenuto che tale onere probatorio incombesse sul' danneggiato e, su tale presupposto, considerato che nessuna prova questi aveva offerto sul punto, ha escluso la responsabilit del Giust Paolo. Infondato infine il quinto motivo, con il quale il ricorrente Ministero, denunziando la violazione degli artt. 194, comma 2, c.p.c., 91, disp. att. c.p.c. e 354 c.p.c. nonch difetto di motivazione, sostiene che erroneamente la Corte di Appello ha omesso di dichiarare la nullit della consulenza tecnica e di ordinarne la rinnovazione, nonostante fosse stato omesso l'avviso dell'inizio delle relative oprazioni al consulente di parte designato da esso ricorrente. Infatti, com' ormai ius receptum di questa Corte, l'omessa comunicazione alle parti del giorno, ora e luogo dell'inizio delle operazioni peritali d lu_ogo soltanto ad una nul Ilit relativa della consulenza tecnica, che .sanata ai sensi dell'art. 157 comma 2 c.p.c., quando non sia stata fatta valere nella prima istanza l o difesa successiva al depsito della relazione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 6 febbraio 1970, n. 268 -Pres. Vallillo -Est. Minerbi -P. M. De Marco (conf.) -Ferrovie dello Stato (avv. Stato Ricci) c. Valento (avv. Geraldini e Gilardoni). Prescrizione -Responsabilit civile -Fatto illecito costituente reato - Sentenza istruttoria di non doversi procedere perch ignoti gli autori -Decorrenza della prescrizione. (e.e., art. 2947). La prescrizione del diritto al risarcimento del danno per il fatto considerato dalla legge corrie reato decorre dal giorno in cui il fatto si verificato, ove nel procedimento penale sia intervenuta sentenza istruttoria di non doversi procedere perch ignoti gli autori del reato (1). (Omissis). -Deducendo la violazione dell'art. 2947, 3 comma e.e., e degli artt. 378 e 87 c.p.p., l'Amministrazione ricorrente sostiene che, (1) La sentenza si ricollega all'ormai consolidato orientamento della giurisprudenza, secondo cui la formula sentenza irrevocabile nel giudizio penale contenuta nel comma terzo deU'articolo 2947 c. civ., dalla cui data PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 237 ai fini del decorso del termine di prescrizione dell'azione civile di dannl derivanti da reato, sentenza penale irrevocabile ogni sentenza contro la quale non ammessa, o non pu proseguirsi, impugnazione diversa dalla revisione, senza che vi sia luogo a distinguere tra le sentenze irrevocabili di condanna e le sentenze di proscioglimento pronunciate in istrutforie; n fra le sentenze istruttorie di proscioglimento potrebbe introdursi una discriminazione tra quelle che possono acquisire definitivit per l'applicazione della legge al caso concreto e per la valutazione del materiale probatorio, e quelle invece che richiarano non doversi procedere, per essere rimasti ignoti gli autori del reato. Il ricorso non pu accogliersi. Gi questa S.C. nella sentenza 8 novembre 1965, n. 2329 in causa Regione Siciliana-Schirru, confermando precedenti decisioni, ha ritenuto che con la locuzione sentenza irrevocabile nel giudizio penale il legislatore abbia inteso riferirsi alle pronuncie rese a seguito di dibattimento e come tali, suscettibili di passaggio in cosa giudicata, a norma dell'art. 576 c.p.p. che, ai fini dell'esecuzione, prevede il caso limite di consumazione dell'azione penale; tuttavia, alla stregua di un costante I indirizzo giurisprudenziale, si ritenuto che possa ricondursi nell'ambito del 3 comma dell'art. 2947 anche la ipotesi in cui l'azione penale venga I dichiarata non pi proseguibile con sentenza di proscioglimento in istrut ! toria, poich siffatta pronuncia, bench non irrevocabile, suscett,ibile, in difetto di impugnazione, di divenire definitiva e di avere autorit f ~ equivalente a quella della cosa giudicata, per quanto concerne l'appli I ~ cazione della legge al caso concreto e la valutazione del materiale probatorio. Nella decisione che oggetto di censura, la Corte di merito si uniformata al riferito orientamento giurisprudenziale, da cui questo S.C. non ha oggi motivo di discostarsi. I I decorre la prescrizione, ricomprende anche le sentenze istruttorie di proscioglimento, cfr. Cass. 23 luglio 1966 n. 2037 in Giur. it., 1967, I, 660; 5 novembre 1966, n. 2727, in questa Rassegna, 1966, I, 1281; 1 aprile 1968, I n. 1014 Giust. civ., 1968, I, 1178, in tema di decreto di archiviazione; 7 maggio 1958, n. 1493 in tema di sentenza istruttoria di non doversi procedere perch il fatto non costituisce reato; 31 luglio 1962, n. 2277 in tema di sentenza istruttoria di non doversi procedere per mancanza di querela cfr. altres Cass. 8 novembre 1965, n. 2329; 31luglio1962, n. 2277; 10 agosto 1960, n. 2355, Foro Pad, 1961, I, 556. Quanto invece alle sentenze pronunziate perch ignoti gli autori del I reato, la loro esclusione dalla nozione di sentenza irrevocabile per gli effetti > su cennati, consegue dalla peculiare loro disciplina, che rende inapplicabili ! le norme sulle inammtssibilit di un secondo giudizio (arit. 90 cp.p.) e suna > riapertura dell'istruzione (artt. 402 c.p.p.). ! In dottrina cfr. RovELLI. Il risarcimento del danno alla persona, Torino, f 1965, 226; PoGLIANI, Relazione tra il giudizio penale e l'azione civile di risarcimento, in Temi, 1963, 1055. 238 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'Amministrazione ricorrente, per assume che tra le sentenze di proscioglimento in sede istruttoria debbono comprendersi anche le sentenze di non doversi procedere per essere rimasti ignori gli autori del reato; ma questo assunto non pu essere condiviso. Le sentenze istruttorie di proscioglimento, a cui applicabile il principio su enunciato, non possono essere che quelle rese in un .procedimento in cui l'imputato o gli imputati siano noti, e siano stati prosciolti per i motivi pi diversi (perch il fatto non costituisce reato, per difetto di querela, per amnistia), senza che il P.M. abbia esercitato il suo diritto di impugnazione; e a queste ipotesi si riferiscono le decisioni di questo S.C. citate dall'Amministrazione ricorrente. Ma alle suddette pronuncie non sono assimilabili le sentenze di non doversi procedere per essere rimasti ignoti gli autori del reato. Non essendovi imputati, solo impropriamente potrebbe parlare di proscioglimento; la declaratoria di non doversi procedere in tale ipotesi, sentenza solo in senso formale, poich, nei confronti di ignoti impossibile l'applkazione delle norme di legge e la valutazione delle prove raccolte. Le sentenze in questione non contengono alcun giudizio, ma solo la dichiarazione dell'impossibilit di rendere un giudizio qualsiasi; n esse sono impugnabili dall'ufficio del P.M., poich questi, se ravvisasse elementi di colpevolezza a carico di persona determinata, non avrebbe alcun bisogno di impugnarle potendo promuovere senz'altro, l'esercizio dell'azione penale c.ontro il supposto autore del reato. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 6 febbraio 1970, n. 280 -Pres. Laporta -Est. Ginetti' -P. M. Antoci (conf.) -Tocchio (avv. Valentino) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Mazzella). Esecuzione forzata -Opposizione di terzo coabitante non in via occasionale con il debitore esecutato -Onere della prova -Limiti Prova dell'affidamento dei mobili pignorati -Non necessaria. (c.p.c., artt. 619, 621). Al terzo che reclama la propriet od altro diritto reale sui mobili pignorati incombe, con i limiti di cui aLl'art. 621 c.p.c., l'onere della prova del preesistente suo diritto nonch del possesso dei mobiii, a titolo diverso da quello di propriet da parte del debitore esecutato; quest'ultima prova non per necessaria qualora tra i due vi sia un rapporto non occasionale di coabitazione, in quanto questo vale a giustificare nel debitore non proprietario il possesso dei mobili (1). (1) Giurisprudenza ormai costante anche nelle pronunzie dei giudici di merito: oltre alle sentenze della Corte di Cassazione menzionate in mo.. --I ~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 2:l9 (Omissis). -Il Tribunale di Roma ha ritenuto che ;per vincere la presunzione di appartenenza dei beni pignorati al debitore Serafini non era sufficiente la prova offerta dalla Tocchio che fin da epoca anteriore al pignoramento detti beni erano di sua propriet, ma che occorreva anche la prova deH'affidamento o dell'attualit del proprio diritto, e cio che i beni stessi, all'atto del pignoramento, erano detenuti o posseduti dal debitore per un titole diverso da quello di propriet; che tale proroga era soggetta alle limitazioni previste dall'art. 621 c.p..c. Detta statuizione, per, non pu essere condivisa. Invero l'opposizione di terzo nella sua sostanza un'azione di accertamento negativo, tendente cio all'accertamento della illegittimit materiale dell'esecuzione in rapporto al suo oggetto di fronte al terzo. Essa, di conseguenza, implica l'accertamento positivo del diritto che il terzo opponente pretende avere in rapporto all'oggetto dall'esecuzione. Nel caso di specie, come risulta dalla stessa sentenza impugnata, la Tocchio ha data la dimostrazione della propriet dei mobili pignorati con la esibizione del relativo contratto scritto di compravendita, intervenuto tra essa acquirente ed il venditore Otello Caporilli, portante la data del 25 dicembre 1959 e registrato a Roma il 7 gennaio 1960, in epoca anteriore al pignoramento eseguito il 6 aprile 1961, mentre con la prova testimoniale assunta l'opponente ha dimostrato che essa conviveva col debitore Serafini nella stessa casa in cui il suddetto pignoramento fu eseguito. Talch la Tocchio, in base all'art. 621 c.p.c. ha documentalmente provato il suo diritto di propriet sui beni pignorati, mentre l'altro requisito dell'affidamento dei beni stessi al debitore esecutato, per derivarne la detenzione o il possesso da parte dello stesso a titolo diverso da quello di propriet, consisteva, nella fattispecie, nella dimostrata convivenza e coabitazione non occasionale della Tocchio -terzo opponente -e del Serafini -debitore pignorato: prova del tutto ammissibile, perch fuori dei limiti di cui al citato art. 621 c.p.c., in quanto non diretta a provare la propriet dei beni pignorati. tivazione cfr. Pretura Roma 10 gennaio 1966 Rep. Foro it., 1966, voce esecuzione in genere, n. 147; Pret. Roma 8 febbraio 1964, Temi romana, 1964, 234; Pretura Palermo 16 dicembre 1963, Rep. Foro it., voce cit. n. 133. Contra: Pret. Roma 2 maggio 1960, Temi romana, 1960, 112 con nota. L'azione del terzo opponente, prevista dagli artt. 619 e segg. c.p ..c., non infatti un'azione di rivendicazione ma di accertamento negativo dell'appartenenza dei beni pignorati nella casa di abitazione o nell'azienda del debitore onde non basta che fornisca la prova che in epoca pregressa i beni gli siano appartenuti, ma deve dimostrare altres che, all'atto del pignoramento, siano detenuti o posseduti dal debitore a titolo diverso da quello di propriet cfr. Cass. 14 aprile 1961, n. 807; 8 maggio 1965, n. 856; 24 luglio 1965, n. 1741; 25 luglio 1966, n. 2048 ecc. 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO evidente che, nel caso di detta convivenza o coabitazione, l'affidamento dei beni al debitore trova titolo e giustificazione proprio in tale rapporto, dal momento che i mobili di casa caduti nel pignoramento erano destinati a soddisfare le esigenze sia della Tocchio che del Serafini, ed entrambi si trovavano in eguale relazione materiale con le cose pignorate (sent. Cass. 3 febbraio 1968, n. 359 e 16 dicembre 1968, n. 3999). Perci il giudice di rinvio, nel riesaminare la controversia, dovr applicare il seguente principio: il terzo opponente ha l'onere di provare, nei limiti imposti dall'art. 621 c.p.c., il suo diritto di propriet od altro diritto reale pi o meno remoto sui beni pignol"ati, nonch l'affidamento dei medesimi al debitore esecutato atto a giustificare che essi, al tempo del pignoramento erano detenuti o posseduti dal debitore a titolo diverso da quello di propriet; tale ultima prova, per, non necessaria allorquando risulti che terzo opponente e debitore pignorato convivano o coabitino non occasionalmente nella stessa casa in cui fu eseguito il pignoramento, poich in tal caso 1a detenzione o il possesso delle cose pignorate da parte del debitore esecutato a titolo diverso da quello di propriet trova titolo proprio in detto rapporto di convivenza o coabitazione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 febbraio 1970, n. 403 -Pres. Giannattasio -Est. SanduHi -P. M. Pandolfelli (conf.) -Ajudi (avv. Massafra) c. Azienda F.S. (avv. Stato Gentile). Obbli~azioni e contratti -Rappresentanza -Revoca della procura -Terzo di buona fede -Opponibilit -Condizioni -Revoca tacita. (e.e. artt. 1396, 1724). Sentenza -Motivazione insufficiente -Estremi. (c.p.e.. art. 360, n. 5). La tutela deH'affidamento dei terzi di buona fede richiede che la revoca della prociira possa opporsi dal rappresentato al terzo soio ove gli sia stata resa nota con mezzi idonei ovvero si wovi che ne abbia avuto in altro modo conoscenza. In base alla disciplina detta dal'l'art. 1724 e.e. in tema di revoca tacita del mandato, applicabile in via analogica, pu aversi revoca tacita della procura desumibile implicitamente per facta concludentia, solo quando sia stato conferito ad altro procuratore l'incarico per lo svolgimento della medesima attivit ovvero l'affare sia stato compiuto dallo stesso rappresentato (1). (1) In dottrina (cfr. MINERVINI, 1l mandato, la commissione, la spedi-zione, 1957, 186 e segg.) prevalente la opinione che le ipotesi in cui l'effetto della dichiarazione (r. espressa) o del comportamento (r. tacita) PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Sussiste il vizio di insufficiente motivazione della sentenza ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c., solo quando le circostanze obliterate dal giudice siano tali da infirmare, se esaminate attraverso un procedimento valutativo di certezza e non di mera possibilit, l'efficienza degli elementi processuali posti a fondamento della decisione ed a determinare una diversa soluzione della controversia (2). (Omissis). -Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente, denunciando la violazione degli artt. 17214 e.e., 132, n. 4 e 360, n. 5 c.p.c., si duole che la Corte del merito abbia escluso la conoscenza da parte della procura, la Q.uale sarebbe stata desumibile dalle circo.stanze (non tenute presenti dalla Corte del lungo periodo di tempo intercorso fra il conferimento della rappresentanza ed il perfezionamento della transazione, dello .scambio di corrispondenza fra il rappresentato e l'Amministrazione, del colloquio avuto con un funzionario di Questa dal rappresentato, assistito da altro legale, e della differenza fra il contenuto economico della transaizone e le pretese creditorie vantate dal rappresentato. La censura non fondata. determini la cessazione del rapporto con efficacia ex nunc, siano da catalogare nella figura del recesso unilaterale, accolta in via generale nel vigente ordinamento ancorch ne difetti una compiuta disctplina ed una sistematica costruzione, riservando invece la nozione di revoca a quelle in cui gli effetti dell'atto precedente siano posti nel nulla con efficacia retroattiva (cfr. Cass., 16 gennaio 1950, n. 128, Giur. Cass. civ., I, 340 in cui si parla congiuntamente di recesso e di. revoca). L'atto con cui si revoca o modifica la procura ha natura recettizia con destinatario indeterminato e si perfeziona allorch sia reso conoscibile ai terzi destinatari con mezzi idonei ovvero nel momento in cui costoro ne abbiano avuto conoscenza in altro modo (cfr. Cass., 5 maggio 1951, n. 1063, Giur. it., 1952, I, 682 con nota di richiami). La .prova dell'effettiva conoscenza, al pari di quella dell'adempimento dell'onere, ed in definitiva del difetto di diligenza dei destinatari, a carico del rappresentante (cfr. Appello Bari, 8 aprile 1953, in Foro it. Rep., 1953, voce Mandato n. 78-80; Cass., 9 giugno 1943, n. 1421). La revoca tacita deducibile dal comportamento del soggetto, (Cass., 16 gennaio 1950, n. 128; 28 aprile 1950, n. 1137; 29 gennaio 1953, n. 234; 18 ottobre 1956, n. 3704), valida ancorch la procura sia stata conferita con atto formale (cfr. App. Firenze, 23 luglio 1950, in Giur. Toscana, 1950, n. 412; Css., 15 agosto 1958, n. 1514, Giur. Compl. Cass. civ., 1948, III, 286; 5 maggio 1951, n. 1063, Riv. dir. comm., 1952, II, 77), occorre del pari che sia resa conoscibile ai terzi (cfr. Cass., 7 agosto 1941, n. 2759), attraverso fatti precisi ed univoci (Cass., 18 maggio 1942, n. 1308; 18 agosto 1948, n. 1514; 28 aprile 1950, n. 1137; 15 novembre 1968, n. 3740). (2) Giurisprudenza pacifica (cfr. Cass., 30 gennaio 1969, n. 269; 23 marzo 1968, n. 2926; 24 febbraio 1968, n. 643; 22 luglio 1964, n. 1963; 21 marzo 1964, n. 647). 242 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La Corte del merito, muovendo dall'esatta premessa che la revoca della proura pu essere anche tacita, potendo risultare da un particolare comportamento del dominus negotii, incompatibile con la ulteriore prosecuzione del rapporto di rappresentanza originato dall'atto attributivo dei poteri gestori, pur se la rappresentanza sia stata conferita con un atto formale, ha escluso, sulla base delle risultanze rprocessuali e degli elementi probatori, che dai fatti posti in essere dal rappresentato e dall'atteggiamento da lui tenuto potesse inferirsi implicitamente la volont di privare il rappresentante dei poteri conferitigli, si che bene l'Amministrazione Ferroviaria avrebbe contratto con il procuratore ancora investito del potere rappresentativo. Le conclusioni giuridiche, alle quali i giudici del merito sono pervenuti, attraverso una corretta valutazione degli elementi processuali, sono indubbiamente esatte. m La revoca della procura, per essere opponibile ai terzi, e cio effi 00 ~m cace nei loro sonfronti, deve essere, a norma del primo comma del-~: l'art. 1396 e.e. oortata a conoscenza di essi non idonei mezzi partecipativi f:~ IB (Cass., 15 novembre 1968, n. 3740). Tale onere di partecipazione -connesso al generale fenomeno w. i=x. della pubblicit -si ricollega alla esigenza deHa tutela dell'affida-e=-= mento dei soggetti versanti in buona fede, con i quali il rappresentante venga in relazione nell'esplicazione dell'attivit giuridica (negoziale e non negoziale) commessagli, mediante l'espressione della contemplatio domini, di fronte al meccanismo della ra9presentanza ed ai rischi ad esso afferenti (cfr. Cass., 15 novembre 1968, n. 3740; Cass., 27 giugno 1963, n. 1532). La revoca non esplica, quindi, effetti rispetto ai terzi destinatari delle determinazioni e degli atti del rprocuratore sino a che dell'avvenuto ritiro dei poteri rappresentativi, non sia data loro comunicazione, con Il adeguati mezzi di partecipazione. r Sino a tale. momento, permanendo nel procuratore, il potere di rl rappresentanza, gli atti da lui compiuti nell'esplicazione dell'attivit w w. @=;: gesto.ria sono operativi di effetti sia nei confronti dei terzi che nei con- ;;: l' fronti del rappresentato, incidendo, con la loro carica effettuale, nella [f: sfera giuridica di quest'ultimo. Ma d sempre che della revoca della procura i terzi non abbiano ' avuto altrimenti conoscenza al momento del compimento dell'attivit i=:.::' giuridica del procuratore (Cass., 5 maggio 1951, n. 1063). i# Invero, la revoca della rprocura, dichiarazione recettizia con destinatario indeterminato, si perfeziona nel momento in cui resa cono!~ scibile ai terzi destinatari con mezzi idonei o, in mancanza, nel momento in cui viene in qualunque modo a conoscenza di essi. 1:1111 La conoscenza dei terzi supplisce all'inadempimento dell'onere di \j conoscibilit. ~l~ll~l~All!BVllll~IJ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 243 Ma, la prova dell'effettiva conoscenza e della deficiente diligenza dei destinatari nell'apprendre la dichiarazione resa conoscibile a carico del rappresentato (Cass., 9 giugno 1943, n. 1421). Nella specie in esame, non si proceduto, come si sarebbe dovuto (Cass., 18 maggio 1942, n. 1308), alla comunicazione della revoca della procura all'Amministrazione Ferroviaria e :non si fornita in alcun modo la prova che questa fosse a conoscenza della stessa al momento del perfezionamento del contratto transattivo. Anzi, la Corte del merito ha escluso che fosse intervenuta la revoca tacita della procura -desumibile implicitamente, per facta concludentia, del comportamento del rappresentato (Cass., 18 ottobre 19.56, n. 3704) -, sulla considerazione che gli interventi, epistolari o verbali, del rappresentato, presso la pubblica Amminist~azione, intesi ad ottenere la sollecita definizione transattiva della vertenza, non costituissero circostanze atte a far dedurre l'esistenza di una siffatta fattispecie. La soluzione adottata dai giudici del merito perfettamente rispondente al sistema. Ai sensi dell'art. 1724 e.e., contenente la normativa posta a regolamento della revoca tacita del mandato ed applicabile in via di espansione analogica all'autonomo istituto giuridico della procura, pu aversi revoca tacita del negozio unilaterale attributivo del potere gestorio soltanto quando l'incarico per lo svolgimento della stessa attivit sia conferito ad altro procuratore o quando l'affare, per n compimento del quale sia stata conferita la procura, venga compiuto dal rappresentato. Nel caso di specie, non essendosi verificata n l'una n l'altra delle due ipotesi delineate nella fattispecie legale descritta dall'art. 1724 (per non avere il dominus provveuto alla nomina di un nuovo procuratore, essendosi soltanto fatto accompagnare da un legale al colloquio avuto con un dirigente dell'Amministrazione, e per non avere il rappresentato portato egli stesso a compimento l'affare, per la realizzazione del quale era stata attribuita la rappresentanza), deve ritenersi che bene la Corte del merito abbia escluso che ricorressero i requisiti strutturali tipici, oggettivi e subiettivi, della revoca tacita della procura. N pu sostenersi che al diverso risultato della sussistenza di detta fattispecie i giudici del merito avrebbero dovuto pervenire ove avessero esaminato le ulteriori .circostanze del lungo intervallo cronologico trascorso fra il momento di conferimento della rappresentanza e quello di perfezionamento della transazione, e della rilevante differenza economica esistente fra il contenuto del negozio transattivo e l'entit delle pretese creditorie vantate dal rappresentato. L'obliterazione di tali partcolari, privi di ogni carattere di decisivit, attesa la mancanza di un rapporto di causalit logica con la soluzione giuridica adottata, non vale a sostanziare la violazione della disposizione normativa dell'art. 360 n. 5 c.p.c. 244 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, perch sussista il vizio descritto dall'art. 360 n. 5 occorre che la circostanza trascurata sia atta ad infirmare l'efficienza degli elementi processuali, posti a fondamento della ratio decidendi, e cio tale da determinare, se esaminata attraverso un procedimento valutativo di certezza e non di mera probabilit, l'adozione di una diversa soluilione. Pertanto, attesa l'assenza di ogni carattere di decisivit nelle circostanze pretermesse (non avendo, invero, alcuna rilev.anza giuridica, ai fini della decisione della questione controversa, n l'intervallo intercorso fra il conferimento della procura ed il perfezionamento della transazione, trattandosi, nella specie, di wn rapporto interno di gestione a tempo indeterminato, vale a dire senza predeterminazione dell'elemento temporale, e cio di un termine di scadenza, n la differenza economica sussistente fra il contenuto della transazione e le pretese creditorie del rappresentato, rientrando nelle precipue connotazioni del contratto transattivo l'elemento caratterizzante delle redproche concessioni), deve escludersi che la Corte del merito sia incorsa nella violazione dell'art. 360 n. 5. N pu, d'altro canto, ritenersi che sussista vizio di motivazione quando il giudice abbia fondato il proprio giudizio sulla valutazione unitaria e complessiva delle risultanze probatorie, disattendendo impli citamente quelle in contrasto con gli elementi processuali presi in considerazione. Ai fini di UJna corretta valutazione delle risultanze processuali non. occorre, invero, una'nalisi particolareggiata ed analitica di tutte le deduzioni dei soggetti processuali e di tutti gli elementi probatori, essendo sufficiente l'esame globale delle risultanze di causa con l'indicazione delle ragioni poste a fondamento della statuizione. Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente, denunciando la violazione degli artt. 132 n. 4 e 360 n. 5 c.p.c., lamenta che la Corte del merito abbia ritenuto ~ab abundantiam -che la lettera da lui indirizzata all'Amministrazione Ferroviaria in data 13 ottobre 1959 costituisse ratifica della transazione stipulata dal Della Scala, giacch, non avendo egli, all'atto dell'invio della lettera, conoscenza del tenore di tale trainsazione, la ratifica si sarebbe riferita al negozio transattivo perfezionatosi nel 1954. Anche tale doglianza priva di fondamento. Innanzi tutto, va osservato che le affermazioni ab abundantiam, le quali non hanno efficacia determinante sulla decisione, non possono condurre anche se inesatto, all'annullamento della sentenza (Cass., 7 dicembre 1968, n. 3929). Invero, quando la decisione impugnata sia fondata su pi ragioni giuridiche, distinte ed autonome, costituenti tutte validi supporti della pronuncia, deve ritenersi che la denuncia di violazioni inerenti ad una sola di tali ragioni non sia idonea a determinare l'annullamento della PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 245 decisione, rimanendo la stessa ferma in base alle altre ragioni poste a suo sostegno (Cass., 20 dicembre 1968, n. 4041). Va, d'altra parte, considerato che esattamente la Corte del merito ha riferito la ratifica, contenuta nella lettera inviata dal ricorrente alla Amministrazione in data 13 ottobre 1959, alla transazione stipulata dal Della Scala, in quanto, richiamandosi la cennata lettera alla transazione del marzo scorso, la stessa non sarebbe stata in alcun modo riferibile al contratto transattivo intervenuto in data 14 ottobre 1954. Per le sopra esposte considerazioni, il ricorso va rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente alla perdita del deposito per il caso di soccombenza, a norma dell'art. 381 c.p.c. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 marzo 1970, n. 557 -Pres. Giannattasio -Est. Santosuosso -P. M. Gentile (conf.) -Ministero dell'Interno (avv. Stato Agr) c. Sempini (avv. Pugliesi). Procedimento civile -Ricorso per Cassazione -Deposito per multa Esonero -Ricorsi nell'interesse dello Stato -Concetto. (e.p.e., art. 364, n. '2). Procedimento civile -Delibazione -Sentenza straniera di accertamento di paternit naturale e condanna agli alimenti -Dichiarazione di efficacia limitata al capo relativo agli alimenti -Ammissibilit. (e.e. artt. 269, 279, n. 1; e.p.e. art. 797, n 7). L'esenzione dai deposito stabilito, a pena di improcedibilit del 'ricorso, per il caso di soccombenza in Cassazione limitata, neU'ipotesi prevista dall'art. 364 n. 2 c.p.c., agli organi deito Stato, il cui interesse oggettivamente pubbLicistico, che vaie a Legittimare l'esenzione, sussiste per il fatto stesso detta proposizione dei ricorso per Cassazione avverso ia sentenza in cui siano stati soccombenti (1). (1) Non constato precedenti in termini. La natura del deposito per multa stata identificata, cfr. Cass., 13 dicembre 1951, n. 2808, in Foro it., 1952, I, 311, in una cauzione a carico del ricorrente per Cassazione, la quale segue le sorti del ricorso, escludendosi cosi che possa assimilarsi invece ad una imposta, tassa o altro tributo. La esenzione da tale deposito, previsto dall'art. 364 n. 2 c.p.c. per i :ricorsi nell'interesse dello Stato ., si conviene limitata ai soli organi dello Stato, con esclusione quindi di ogni altro soggetto pubblico o privato perseguente fini pubblici, cfr. Cass., 27 aprile 1954, n. 1287; 16 maggio 1957, n. 1753, rispetto ai quali poi, la sentenza che si annota, puntualizza che l'indagine circa la sussistenza del pubblico interesse, in virt del quale, La delibazione della sentenza straniera w essere limitata anche a taluno dei capi della stessa, ancorch la sua autonoma configurazione presupponga le conclusioni cui pervenuto il giudice straniero in altro punto della sentenza. Pertanto ove il capo di sentenza relativo alla declaratoria di paternit naturale non possa ricevere efficacia per divieti attinenti all'ordine pubblico, tuttavia ben pu formare oggetto di accertamento incidenter tantum sulla base delle conclusioni cui pervenuta la sentenza straniera, al fine dell'efficacia neU'ordinamento italiano dell'altro capo concernente la condanna agli alimenti (2). (Omissis). -Il resistente eccepisce preliminarmente l'inammissibilit del ricorso non. essendo stato effettuato il deposito per il caso di soccombenza; ed osserva che l'esenzione di cui al n. 2 dell'art. 364 c.p.c. concerne i ricorsi nell'interesse dello Stato, mentre nella specie il Ministero dell'Interno ha proposto il ricorso nell'interesse della sig.na Oldr e del figlio minore Stefan. L'eccezione non fondata. Per precisare la portata della citata espressione, deve anzitutto escludersi Che l'interesse di cui parla l'art. 364 ll1. 2 e.o.e. sia .identificabile, mediante il solo criterio og:gettivo, in un qualsiasi interesse pubblicistico. La lettera della legge infatti .chiaramente limita l'esenzione a quei ricorsi il cui interesse sia riconducibile ad un organo inquadrato nella struttura statale; mentre, come noto, molti interessi di 11atura pubblica sono perseguiti e tutelati da altri enti della pubblica Amministrazione e talvolta da persone private: Viceversa, ove sussista l'elemento soggettivo (se cio il ricorso sia :proposto da un organo dello Stato), ivi ou ravvisarsi anche l'interesse per un profilo obbiettivo, l'esenzione si pone, sfugge al sindacato dell'autorit giudiziaria dovendosi ravvisarlo ogni qual volta l'organo statale, ritenutolo sussistente, proponga ricorso per Cassazione a tutela dei diritti fatti valere in giudizio. (2) Cfr. Cass., 24 ottobre 1964, n. 3449, in Giust. civ., 1969, I, 1568; App. Milano, 28 giugno 1968, in Riv. dir. inter. priv. e proc., 1969, 937. Ai sensi dell'art. 1 della convenzione dell'Aja 15 aprile 1958 ratificata con legge 4 agosto 1960, n. 918, le sentenze straniere in materia di obbligazioni alimentari nei confronti di minori sono suscettibili di avere riconoscimento ed esecuzione in Italia indipendentemente dal rapporto che d origine al credito alimentare e limitatamente alle disposizioni di ordine patrimoniale in esse contenute. La sentenza dela Corte di Cassazione in data 31 maggio 1969, n. 1950 menzionata in motivazione riportata in questa Rassegna, 1969, I, 649, con nota di richiamo. In dotti:ina, cfr. D'AGOSTINO, Sulla dichiarazione di efficacia parziale della sentenza straniera, in Riv. dir. inter., cit., 1969, 341. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 247 oggettivamente pubblicistico ,in quanto se l'organo statale soccombente in giudizio pur senza essere stato condannato alle spese, ritiene doveroso ricorrere per Cassazione ci fa ovviamente dopo aver valutato il pregiudizio che quella sentenza determina ad un proprio interesse anche se tale valutazione, da altri punti di vista od ez post, dovesse per caso rivelarsi fallace. , L'interesse dello Stato che legittima l'esenzione del deposito per soccombenza va ravvisato, quindi, ogni qualvolta un organo statale, ritenutolo sussistendo, proponga ricorso per Cassazione avverso una sentenza che abbia dichiarato la soccombenza di quell'organo. Queste considerazioni sono poi corroborate dal rilievo che, nel caso di qualsiasi ricorso da parte di un organo statale, non da temere il pericolo cui ha inteso ovviare il devosito :per il caso di soccombenza, per in.frenare cio gli eccessi della litigiosit. I due criteri, comunque, quello soggettivo e quello sostanziale, concorrono chiaramente nella specie, in quanto si tratta di un ricorso proposto da un organo dello Stato per un interesse ch anche pubblicistico. Se, infatti, l'Italia, al momento del deposito dell'atto di ratifica della Convenzione internazionle per il riconoscimento all'estero degli obblighi ailmentari (firmta a New-York il 20 giugno 1956) ha ritenuto di dover indicare il Minister dell'Interno quale autorit esercente nel suo territ-0rio le funzioni di istituzione intermediaria, pur essendo autorizzata ad indicare a tale fine uh organo :privato (art. 2 della Conve nzione)., evidentemente ci ha fatto ritenendo inqudrabile fra -le funzioni istituzionali dell'organo statale l'onere di tutela d quegli obblighi alimentari tra persone r:esidenti in paesi diversi che hanno notevole rilevanza sociale e quindi riflessi di natura pubblicistica. Anche in altre materie -come quella matrimoniale -sono con~ cessi ad uri diverso orgooo statale (il P. M.) determinati poteri di azione, di intervento e di impugnazione, appunto perch, oltre al fondamentale interesse di natura certamente privatistica, si ravvisato un superiore interesse sociale meritevole di tutela; e questa Corte ha pi volte escluso (da ultimo .con sent. n. 2011 del 1962) che il ricorso proposto da detto organo pubblico debba essere corredato dal deposito cauzionale. Con il primo mezzo del ricorso principale si censura la sentenza della Corte d'appello di Bologna nel punto in cui ha escluso, ai fini dell'accertamento della competenza internazionale del giudice straniero, il momento di collegamento di cui al n. 2 art. 4 c.p.c. (cio la competenza del forum natae obbligationis o di quello destinatae solutionis), non ritenendo possibile dare esecuzione al capo della sentenza che riguarda l'obbligazione alimentare senza deliberare anche il capo che contiene la declaratoria di paternit naturale. Osserva il Ministero ricorrente che la domanda di delibazione riguardava soltanto il capo 248 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della sentenza concernente la condanna agli alimenti, non quello della dichiarazione di paternit. Il motivo fondato. Questa Corte Suprema ha gi avuto occasione (24 ottobre 1968, n. 3449; 31 maggio 1969, n. 1950) di affermare il principio della delibabilit di una sentenza straniera limitatamente ad un capo della stessa, in casi nei quali si trattava appunto di pronunce sulla paternit naturaie. di cittadini italiani e di condanna degli stessi a corrispondere gli alimenti. Nel confermare questo orientamento giurisprudenziale, va premesso che, ai fini della delibazione di una sentenza straniera, la scindibilit di un capo possibile anche quando la sua autonoma configurazione presuppone la conclusione cui pervenuto .il giudice straniero in un altro punto della stessa sentenza. Allorquando il capo della pronuncia straniera relativo alla declaratoria di paternit naturale non pu essere riconosciuto in Italia per divieti attinenti all'ordine pubblico, ci non impedisce che tale paternit possa essere accertata incidenter tantum, sulla base delle conclusioni cui pervenuta la sentenza straniera, non per conferire al minore uno status familiare, n per riconoscere i vari effetti morali e patrimoniali che da tale status derivano, ma limitatamente all'efficacia in Italia della condanna agli obblighi alimentari, che forma oggetto di un altro capo della sentenza straniera, e in esecuzione della convenzione internazionale intesa a facilitare al massimo il riconoscimento all'estero di detti obblighi. A conferma di tale conclusione, va rilevato che il nostro ordinamento prevede il caso art. 279 cod. civ.) che sul mero fatto della generazione -sia pure. risultante indirettamente da una sentenza ~possa basarsi il credito alimentare, senza che da tale fatto derivi alcun riconoscimento di stato familiare. E va aggiunto che questa scindibilit costituisce un principio ripetuto anche in altre convenzioni internazionali, e precisamente in quelle sottoscritte all'Aja il 24 ottobre 1956 e 15 aprile 1958, entrambe ratificate e rese esecutive in Italia con legge 4 ago.sto 1960, n. 918. La prima, concernente la legge applicabile alle obbligazioni alimentari nei riguardi dei figli minori, prevede all'art. 5, secondo comma, che Les dcision rendues en application de la presente Convention ne pourront p:rijuger des questions de filiation et des rapports familiaux entre le dbiteur et le orancier . La seconda, concernente il riconoscimento e l'esecuzione delle .sentenze sugli obblighi alimentari verso i figli minori, stabilisce all'art. 1, secondo comma, che Si la dcision contient des dispositions sur un point autre que l'obligation alimentaire, l'effet de la Convention reste limit acette dernire . \:~: I~, Ir; ~4i!!!IVJi&l?'AilWAillllili'V41liifiWJiliW~A'FA!lW~liiii!JVJll\lV~J PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 249 Erroneo quindi il punto della sentenza impugnata in cui si afferma -che una piena delibazione della declaratoria di paternit naturale a tutti gli effetti giuridici costituisca il presupposto inde:fettibile per dare esecuzione al capo della .sentenza che riguarda l'obbligazione alimentare. La competenza internazionale del giudice straniero andava ricono. sciuta in v:irt del momento di collegamento di cui al n. 2 dell'art. 4 e.p.c., e per conseguenza risulta superfluo esaminare se lo stesso giudice dovesse ritenersi competente anche ai sensi del diverso criterio di cui al n. 4 del citato art. 4. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 18 marzo 1970, n. 737 -Pres. Vinci Orlando -Est. Delfini -P. M. Silocchi (conf.) -Azienda Autonoma Nazionale della Strada (avv. Stato Savarese) c. Di Giorgio (avv. Silvestre). Procedimento civile -Prove -Presunzioni semplici -Valutazione Potere discrezionale del giudice di merito. (e.e. artt. 2727, 2729; e.p.e. art. 116). Responsabilit civile -Amministrazione pubblica -Strade -Manutenzione -Insidia -Colpa dell'Amministrazione -Elemento psicologico. (e.e. art. 2043). Nella ricostruzione dei fatti della causa ben pu il giudice, sulla base di quelli accertati, trarre argomento di prova secondo l'id quod pformnque accidit, senza con ci trasferire L'onere della prova da una parte all'altra e senza pertanto Jncorrere in viotazioine di legge (1). La iUiceit del.la condotta della P. A. conseguente ad un mero comportamento lesivo degti altrui diritti, richiede non soltanto un rapporto di causalit materiale ma la imputabilit psicologica. (1) La massima costituisce corretta applicazione dei princ1p1 m materia: la prova per presunzioni ha valore infatti di prova completa, alla quale il giudice ben pu far ricorso nell'ambito del suo discrezionale apprezzamento in ordine alle fonti del proprio convincimento; cfr. Cass., 14 febbraio 1969, n. 520; 17 maggio 1969, n. 1686; 20 giugno 1969, n. 2179; 4 marzo 1968, n. 694, ecc. Il concetto di presunzione si sustanzia non tanto nella conseguenza che si deduce da un fatto noto per risalire ad uno ignoto, quanto nel procedimento logico attraverso il quale, accertate talune premesse di fatto e tenendo conto dell'id quo plerumque accidit, si afferma l'esistenza di fatti ulteriori che normalmente si pongono come conseguenze logiche e RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Per tale aspetto per, poich anche la P. A. soggiace aU'osservanza del precetto del neminem laedere per quanto attiene aUa manutenzione di opere pubbliche, ove sia stato accertato la esistenza di uno stato di insidia o trabocchetto per gli utenti stradali i quali ragionevolmente fanno affidamento sullo stato di apparente transitabilit, la colpa della P. A. insita in tale accertamento ed incombe ad essa l'onere di provare circostanze e modwlit che non abbiamo consentito di eliminare o segna zare il pericolo (2). (Omissis). -Con il primo mezzo di ricorso si denuncia, ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c. l'insufficienza, l'illogicit e la contraddittoriet della motivazione della sentenza impugnata su un punto decisivo della controversia. Sostiene a questo proposito il ricorrente che il generico richiamo ai criteri logici ed alla comune esperienza non valgono a comprovare il fatto ritenuto dal tribunale, che cio l'albero non trova~ vasi a perfetta dimora, onde su tale punto mancherebbe la necessaria indagine specifica, mentre l'attore aveva l'onere di di:qiostrare la sussi stenza dei fatti dedotti. Osserva la Corte che la sentenza impugnata, con motivazione sobria e concisa, ma non lacunosa, ha rindicato le ragioni per le quali doveva ritenersi .che l'albero caduto non fosse a perfetta dimora. Essa a tale riguardo non si limita ad accennare ai criteri logici ed alla comune esperienza, ma espressamente argomenta dal fatto che, in quella circo stanza, fu sradicato solo quell'albero e non gli altri alberi della zona, e ne deduce che il temporale non fu la causa esclusiva della caduta dell'albero, ma necessariamente concorse con altra causa, relativa a quell'albero determinato e consistente nel fatto. che esso non trovavasi a perfetta dimora. necessarie: cfr. Cass., 27 febbraio 1969, n. 662; Cass., 24 giugno 1968, n. 2131, secondo cui l'esistenza del fatto ignoto deve rappresentare l'unica ed univoca conseguenza logica possibile di determinate premesse in base alla comune esperienza e non gi il risultato probabile di una sia pur non arbitraria deduzione. (2) Sulla prima parte della massima, con cui si ribadisce che del pari nei confronti della P. A. la responsabili( per danni da comportamento materiale presuppone, in conformit del generale principio di cui all'art. 2043 e.e., la sussistenza dell'elemento psicologico, cfr. Cass., 2 maggio 1967, n. 814, in questa Rassegna, 1967, I, 396. In dottrina, cfr. MAND, In tema della responsabilit della P. A., ivi, 397 con richiami e riferimenti. In ordine alla seconda parte della massima cfr. Cass., 8 maggio 1968, n. 1421; 29 novembre 1966, n. 2806, in questa Rassegna, 1967, I, 389 con nota di riferimenti; 30 novembre 1965, n. 2482, in Riv. giur. circ. e trasporti, 1966, 166. Circa la presunzione di responsabilit nei confronti della P. A., cfr. giurisprudenza in nota a Cass., 6 febbraio 1970, n. 263, retro, 230. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 251 Con questo procedimento logico (del quale, in questa sede di legittimit, non pu sindacarsi l'intrinseco contenuto senza invadere il campo riservato a la sovrana discrezionalit del giudice di merito) il tribunale ha adempiuto al suo dovere di valutare razionalmente tutti i fatti che erano stati :provati (e cio sia la caduta dell'albero che il temporale) e di trarre da essi la prova dei fatti non direttamente conosciuti (e cio le condizioni di instabilit dell'albero e la causa di essa) facendo ricorso ad elementi che non costituiscono semplici presunzioni, ma si richiama a quei principi logici ed a quelle nozioni di comune esperienza dei quali il gh1dice di merito deve far uso, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, per addivenire alla ricostruzione dei fatti di causa (v. sentenza n. 1093 del 1967). Devesi inoltre osservare che desumere un argomento di prova dall'id quod plerumque accidit e dalla comune esperienza cosa ben diversa, dal punto di vista logico, dal trasferire l'onere della prova da una parte all'altra anche se, nei riflessi pratici, pu produrre effetti equivalenti; soltanto nel secondo caso il giudice commette un errore giuridico, mentre nel primo caso egli esercita legittimamente i suoi poteri in ordine all'accertamento dei fatti. L.a distinzione tra i due casi non pu farsi considerando gli effetti della pronuncia del giudice, che -come si detto -possono apparire equivalenti nelle diverse ipotesi; essa possibile soltanto in relazione al rag.ionamento concretamente seguito dal giudice nel formulare la sua decisione, e dipende interamente da esso. E nel caso in esame manifesto che il tribunale non incorso in un tale errore di diritto, ma rimasto rigorosamente nell'ambito a lui riservato dello accertamento dei fatti e della discrezionale valutazione delle prove. N pu censurar.si la sentenza impugnata per non aver considerato, oltre ai fatti certi e provati, la possibilit del concomitante concorso di altri fatti (quali, ad esempio, la caduta di un fulmine, la concentrazione in quel punto di una fiumana d'acqua etc.) che, secondo il ricorrente, potrebbero astrattamente ipotizzarsi per spiegare la caduta di quell'unico albero. A prescindere dal carattere di eccezionalit che rivestono fatti di tal genere, si deve riconoscere che il giudice deve giudicare in base ai fatti provati. In difetto di questa prova, rettamente i giudici di merito hanno risolto la controversia sottoposta al loro esame argomentando sol tanto dai fatti accertati e trascurando ogni altra ipotesi, meramente con getturale. La motivazione della sentenza impugnata non quindi n insuffi ciente n illogica. Sulla dedotta contraddittoriet di essa si deve rilevare che la cen sura mossa dal ricorrente si basa sul raffronto tra una esplicita affer mazione contenuta nella sentenza (la responsabilit dell'A.N.A.S. non da ricollegarsi al fatto in s della caduta dell'albero, ma alla situazione di pericolo venuta a crearsi) e una di'.versa affermazione (la non perfetta 252 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tenuta a dimora dell'albero importerebbe, di per s sola, la responsabilit aquiliana) di cui il ricorrente sostiene la giuridica validit, ma che i giudici di merito non hanno fatto, e che appare del tutto estranea alla ratio decidendi espressa nella sentenza medesima. Si deve quidi esclu-dere che l'impugnata mativazione sia intrinsecamente contraddittoria. Con il secondo mezzo di ricorso si lamenta la violazione dell'articolo 2043 cod. civ. e dei principi generali sulla responsabilit della pubblica amministrazione. Osserva il ricorrente che la pubblica amministrazione, cui compete la manutenzione di una strada, ha l'obbligo di segnalare l'eventuale situazione di pericolo, ma tale obbligo strettamente correlativo al precedente dovere di vigilanza, onde chi pretende un risarcimento di danni per il mancato adempimento di quell'obbligo tenuto a provare che questa omissione colpevole, e cio che la pubblica amminsitrazione ha avuto conoscenza della situazione di pericolo ed ha lasciato trascorrere molto tempo senza adottare i provvedimenti necessari. Osserva la Corte che i principi di diritto richiamati dal ricorrente sono sostanzialmente esatti. Invero l'illiceit di una condotta, quale fonte generatrice di un danno risarcibile, esige non solo un rapporto di causalit materiale, ma anche l'imputabilit psicologica al soggetto della condotta. Tale principio fondamentale applicabile anche nei confronti della pubblica amministrazione, quando di discuta di un mero comportamento della stessa, rispetto al quale occorre accertare, ai fini di una pronuncia sul risarcimento del danno, il dolo o la colpa dell'amministrazione (v. sentenza n. 3612 del 1968). Questo principio generale deve essere coordinato, in materia di manutenzione di strade pubbliche, .con il precetto del neminem laedere, alla cui osservanza sottoposta anche la pubblica amministrazione, e che impone ad essa di tenere le strade in condozioni tali che non derivi per gli utenti, i quali ragionevolmente fanno affidamento sullo stato di apparente transitabilit, una situazione diversa dall'apparenza e costituisca pericolo occulto (insidia o trabocchetto) sia per il carattere obbiettivo della non visibilit del pericolo, sia per quello soggettivo della non prevedibilit. Pertanto, accertata l'esistenza di uno stato di insidia o trabocchetto stradale, la colpa della pubblica amministrazione o dell'ente tenuti alla manutenzione insita in tale accertamento, a meno che essi non dimostrino che quella situazione di .cose sia stata originata in circostanze e con modalit tali da non consentire di .provvedere tempestivamente ad eliminare o segnalare il pericolo (v. sentenza n. 14'.21 del 1968). Ci non importa, ovviamente, l'affermazione di una responsabilit obbiettiva, ma il riconoscimento di una responsabilit per colpa consistente nell'omesso adempimento dei doveri f:~~~~j li V'' che gravano sul soggetto tenuto alla manutenzione della strada, tra i quali particolarmente rilevante il dovere di vigilanza sulle condizioni r --..~~~ PAJ:ITE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 253 della sede stradale in relazione ai pericoli per la circolazione dei veicoli e delle persone. Riguardo a questi doveri, la colpa di colui che non vi ha adempiuto e, quindi, la sua responsabilit per gli eventi dannosi che da tale omissione sono derivati, non deve essere specificatamente provata, ma si identifica nell'omissione stessa. Il che non esclude che possano essersi verificati fatti, non imputabili all'obbligato, che hanno reso impossibile l'adempimento dei suoi doveri, ma la prova negativa di fatti di tal genere non pu considerarsi un elemento necessario per la prova della colpa, pu dovendosi ammettere che la prova positiva di essi possa essere fornit dall'obbligato al fine di negare la propria colpa. Applicando tali considerazioni al caso in esame si rileva che non soltanto l'A.N.A.S. nulla ha provato sui fatti che avrebbero potuto, in ipotesi, escludere la sua colpa, ma che, al contrario, i giudici di merito hanno accertato i fatti in modo tale da rendere evidente la colpa di essa. Invero la sentenza impugnata ha accertato, in base alle deposizioni testimoniali: che sulla strada sussisteva un situazione che costituiva un pericolo per gli utenti di essa; che tale situazione durava da alcune ore quando avvenne l'incidente de quo; che prima di esso era avvenuto un altro incidente; che nessun .segnale di avvertimento per gli utenti era stato posto sulla strada. Essi inoltre hanno considerato che la strada in questione costituiva un'importantissima strada nazionale, nella quale il traffico era notoriamente intenso e continuo e che, per questo, era necessaria la sorveglianza pi opportuna . Il rilievo dato a questi accertamenti e a queste considerazioni costituisce, ad un tempo, una logica motivazione ed una chiara affermazione della colpa dell'A.N.A.S., anche se tale parola non viene es'!)ressa.mente usata nella sentenza impugnata; questa, per, esprime il concetto sinteticamente con la frase il .che ancora pi grave, la quale evidentemente si riferisce alla gravit di una colpa che si intende riconoscere ed affermare. Si deve perci giudicare che la sentenza impugnata non incorsa nell'errore di diritto denunciato dal ricorrente, poich essa ha dichiarato la responsabilit dell'A.N.A.S. soltanto dopo aver accertato -mo motivazione corretta e insindacabile -la colpa di essa. -(Omissis). SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 23 gennaio 1970, n. 36 -Pres. Meregazzi -Est. Giura -Togna (avv. Brusca) c. Ministero Grazia e Giustizia (avv. Stato Casamassima). Impiego pubblico -Cancelliere -Procedimento disciplinare -Deliberazione della Commissione di disciplina -Partecipazione del1' Avvocato Generale presso la Corte di Appello -Illegittimit. iilegittima la partecipazione ad una eliberazione deUa Commissione di disciplina per il personale delle CancelLerie dell'Avvocato Generale della Corte di Appello, che sia delegato dal Procuratore Generale cui spetta promuovere e trasmettere gli atti alla Commissione (1). (1) Si tratta di un principio generale gi applicato in sede di procedimento disciplinare: Sez. IV, 15 novembre 1961, n. 583, n Consiglio di Stato, 1961, I, 1871. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 3,1 gennaio 1970, n. 54 -Pres. Meregazzi -Est. Benvenuto -Soc. Mantovani (avv. Scarnati) c. Ministero Difesa (avv. Stato Giorgio Azzariti). Contratti pubblici -Aggiudicazione -Annullamento, con esperimento di nuova gara -Ditta aggiudicataria -Posizione giuridica -Interesse legittimo -Controversie -Giurisdizione del Consiglio di Stato. Contratti pubblici -Aggiudicazione -Adempimenti preliminari alla stipulazione del contratto -Assegnazione di termini, senza diffida -Scadenza -Conseguenze. La posizione soggettiva della ditta che sia aggiudicataria di un contratto e che si assuma lesa in seguito all'annullamento dell'aggiudicazione con la indicazione di nuova gara, configurabile come interesse PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 255 legittimo; pertanto, le relative controversie rientrano nella giurisdizione del Consiglio di Stato (1). legittimo il comportamento deLl'Amministrazione la quale abbia fissato un termine perentorio, ancorch breve, per il compimento, da parte dell'aggiudicatario, degli adempimenti preliminari alla stipulazione del contmtto e, di conseguenza, una volta scaduto tale termine, abbia disposto, insieme con l'annullamento delL'aggiudicazione, l'esperimento di nuova gara in danno della ditta aggiudicataria (2). (1-2) 'Massime esatte. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 13 gennaio 1970, n. 8 -P1es. Roehrssen Est. Cesareo -Azienda Tranviaria Municipale di Bologna (Avv. Piccardi) c. Ministero Interno (avv. Stato Mataloni). Leggi, decreti e regolamenti -Regolamento -Regolamento di esecuzione -Abrogazione della legge in virt di nuova legge -Contemporanea abrogazione del regolamento -Esclusione. Enti pubblici -Azienda municipalizzata -Controllo prefettizio -Annullamento di deliberazione -Comunicazione dei motivi -Necessit. L'abrogazione di una legge per effetto dell'entrata in vigore di una nuova legge che disciplina la materia non comporta l'automatica abrogazione del regolamento deLla legge precedente, ma solo delle norme regolamentari incompatibili con la nuova legge (1). Il t. u. 15 ottobre 1919, n. 2578 non ha modificato il sistema dei controlli esercitati dal Prefetto sulle deliberazioni delle Aziende municipalizzate, ma ha solo soppresso la facolt di sospendere la esecuzione delle deliberazioni; pertanto, il Prefetto ha tuttora l'obbligo di comunicare preventivamente all'azienda i motivi per i auali intende annullare una determinazione (2). (1-2) La prima massima applicazione di un principio generale, ed appare esatta; sulla seconda non constano precedenti. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 20 gennaio 1970, n. 48 -Pres. Roehrssen -Est. Caianiello -Nonis (avv. Maccherioni) c. C.R.I. (avv. Stato Sembiante). Leggi, decreti e regolamenti -Dichiarazione di incostituzionalit Effetti sui rapporti, per i quali non sia scaduto il termine dell'impugnativa giurisdizionale. 7 256 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Impiego pubblico -Stipendi -Prescrizione -Dipendenti da enti pubblici (C.R.I.) -Decorrenza del termine in costanza di rapporto Dichiarazione di incostituzionalit dell'art. 2948 c. c. -Applicabilit -Presupposti. La dichiarazione di incostituzionalit di una norma investe anche f rapporti in ordine ai quali, per non essere decorso ii termine di decadenza, o di prescrizione, sia ancora possibile la tutela: giurisdizionale (1). La dichiarazione di incostituzionalit deU'art. 2948 c. c. per la parte in cui consentiva che la prescrizione del diritto aUa retribuzione decorreva in pendenza del rapporto di lavoro, ha effetto anche nei confronti. dei dipendenti degli enti pubblici (nella specie, Croce Rossa Italiana), la cui retribuzione sottoposta alla prescrizione in base alle norme del codice civile (2). (1-2) Sulla prima massima cfr. NAPOLETANO, Influenza della pronuncia di incostituzionalit della normativa relativa allti decorrenza della prescrizione del diritto alla retribuzione sui diritti gi prescritti, Mass. giur. lav.,. 1966, 329. La .seconda massima pu ritener,si esatta soltanto per H tempo. in cui il rapporto di lavoro dei dipendenti della C.R.I. era regolato dal codice civile e durante tale tempo le relative controversie venivano pro- poste e decise, ma non nel tempo attuale, nel quale in virt del nuovo regolamento organico vi parificazione giuridica tra la disciplina del rapporto dei dipendenti della C.R.I. e quella degli impiegati dello Stato (a questi uJ.timi, come noto, la citata norma, e quindi la relativa pronun- eia di incostituzionalit, non applicabile). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 20 gennaio 1970, n. 30 -Pres. Uccellatore -Est. Brignola -De Julio (avv. Codacci-Pisanelli) c. Ministero dei Trasporti (avv. Stato Peronaci), e Aeroclub d'Italia (avv. Pisano).. Enti pubblici -Aeroclub d'Italia -Clubs locali -Scioglimento degli organi e nomina di Commissario -Controversie -Difetto di giu-risdizione dell'A.G.O. Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Legittimazione Nomina di Commissario di un Ente pubblico -Ex presidente- dell'Ente -Impugnativa -Difetto di legittimazione. Allorch sorgono controversie sull'esercizio del potere di controllo da parte di un ente pubblico -e nell'attivit di controLlo rientra lo scioglimento degli organi collegiali degli aeroclubs locali e la nomina. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA di un Commissario -, possono configurarsi soltanto posizioni di interesse legittimo, sulla cui pretesa lesione l'A.G.O. non ha giurisdizione (1). inammissibile, per difetto di fogittimazione, il ricorso che l'ex presidente di un aeroclub locale abbia proposto avverso il provvedimento di scioglimento del comitato direttivo, giacch egli, per l'immediata efficacia di tale provvedimento, non riveste pi la carica di presidente (2). (1-2) Massime esatte. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 27 gennaio 1970, n. 31 -Pres. Di Pace Est. Daniele -Sapegno (avv. Piccrdi) c. Ministero della pubblica istruzione (avv. Stato Tracanna) e Universit degli Studi di Roma (avv. Santoro Passarelli). Impiego pubblico -Dimissioni volontarie -Vizio della volont -Dimissioni nel momento in cui si profilano responsabilit penali o amministrative o procedimenti disciplinari -Esclusione del vizio. Impiego pubblico -Dimissioni volontarie -Effetto e.stintivo del rapporto -Decorrenza -Data di delibera dell'Amministrazione Data di comunicazione -Irrilevanza -Revoca della domanda dopo la delibera e prima della comunicazione -Irrilevanza. La circostanza che le dimissioni volontrie siano state presentate da un dipendente pubblico, in un momento in cui si profilavano responsabilit penali o amministrative o si sollecitava la instaurazione di un procedimento disciplinare, non costituisce vizio della volont, essendo la determinazione del dipendente adottata con una libera valutazione dei fatti (1). L'effetto estintivo del rapporto di impiego per dimissioni volontarie va riferito alla data in cui l'Amministrazione delibera di accettare le dimissioni stesse, e non alla data di comunicazione del relativo provvedimento; pertanto, ai fini de'lla legittimit delle dimissioni, non ha rilevanza la circostanza che il dipendente sia venuto a conoscenza della. deliberazione successivamente alla data di presentazione della revoca. delle .dimissioni, sempre per che l'Amministrazione le abbia in precedenza accettate (2). (1-2) Per i precedenti cfr. Sez. V, 26 novembre 1960, n. 807, Il Consiglio di Stato, 1960, I, 2091; Sez. VI, 8 mag.gio 1956, n. 326, ivi, 1956, I. 756; Sez. IV, 14 novembre 1962, n. 614, ivi, 1962, I, 1773. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 novembre 1969, n. 3666 -Pres. Rossano -Est. Leone -P. M. Silocchi (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano) c. Soc. Arvis (avv. Avezza). Imposta di registro -Finanziamento bancario -Imposta di bollo surrogatoria dell'imposta di registro -Finanziamento mediante cambiali -Costituzione di ipoteca -Si estende. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, artt. 28, 28, 57 e 59; legge 4 aprile 1953, n. 261, art. 2). L'imposta di bollo sulle cambiali surroga l'imposta di registro sul negozio di finanziamento bancario .a norma dell'art. 28 tabella A della legge di registro a tutti gli effetti, sicch il fi1ianziamento mediante cambiali da considerare come sottoposto a tassa proporzionale di registro agli effetti dell'art. 57 della stessa tabella che prevede l'imposta fissa sulla costituzione di ipoteca (1). (Omissis) . .....__ L'Amministrazione ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 28, 57, 59 della tar. all. A del t.u. delle leggi di registro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269) in quanto la legge (1) Finanziamento su cambiali e costituzione di ipoteca La sentenza sopra riportata non pu essere condivisa. Con la precedente decisione 5 settembre 1968, n. 2868, citata nel testo (Riv. leg.. fisc., 1969, 668), la S.C. opportunamente afferm che in forza della nota all'art. 28 della tariffa A della legge di registro (nel testo modificato dall'art. 2 della 1. 4 aprile 1953, n. 261) la tassa di bollo sulle cambiali surroga le imposte proporzionali previste nelle precedenti lettere b) e c) dello stesso art. 28 e non anche le imposte graduali previste negli artt. 54 e 59 della tabella medesima e sottoline che l'unico beneficio accordato dalla legge 4 aprile 1953, n. 261, diretta ad agevolare le cessioni di credito, i mutui e gli appalti, si esaurisce nell'operazione di finanziamento senza per nulla incidere su ogni altra impoi;ta eventualmente dovuta . Con ci si affermava, correttamente, che la nota all'art. 28 non d luogo a surrogazione in senso tecnico tributario ma si risolve in una semplice agevolazione valevole per il solo atto contemplato nell'art. 28 tabella A. Il bollo sulle cambiali surroga cio soltanto l'imposta di registro sulle aperture di credito, anticipazioni di somme e finanziamenti, ma non PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 259 4 aprile 1953, n. 261, modificante, all'art. 2, il testo dell'art. 28 della suindicata tariffa, nello stabi!i::-e, con la nota esplicativa che, se il :finanziamento po~t0 ~n essere mediante cambiali, la tassa graduale di bollo ~contata sulle cambiali surroga ad ogni effetto l'imposta proporzionale prevista per il finanziamento, sempre che le cambiali siano integralmente trascritte nell'atto, stabilirebbe non una surrogazione in senso tecnicotributario ma un'agevolazione tributaria, con assorbimento nell'imposta graduale di bollo dell'imposta proporzionale sul finanziamento che non verrebbe, perci, pagata. Di conseguenza, nella specie, l'atto costitutivo d'ipoteca a garanzia del finanziamento registrato senza il pagamento dell'imposta proporzionale dovrebbe scontare l'imposta graduale di registro stabilita dall'art. 59 della tariffa e non troverebbe applicazione il disposto dell'art. 57 della stessa tariffa, che stabilisce la tassa fissa di registro per l'atto di costituzione dell'ipoteca a garanzia di finanziamento stipulato dallo stesso costituente, ,con atto sottoposto a tassa proporzionale di registro. L'Amministrazione ricorrente aggiunge che l'applicabilit della tassa graduale di registro dovrebbe essere ammessa, quanto meno, per la I garanzia di cinquanta milioni, afferente agli eventuali interessi moratori sul finanziamento, credito questo, per il quale non era stata pagata I neppure la tassa di bollo, perch non coperto da cambiali. Le censure sono prive di giuridico fondamento. I I f tutte le imposte su ogni convenzione contenuta nell'atto e, in particolare, sulle convenzioni di garanzia del finanziamento stesso; infatti proprio l'articolo 28 riconferma che la cessione di credito connessa con il finanziamento soggetta all'imposta dell'art. 4, poi certamente dovuta l'imposta I specificamente prevista per la fideiussione del terzo (cfr. la sent. citata), per il mandato irrevocabile, per le delegazioni di pagamento, per i depositi cauzionali, ecc.; la S.C. ha anche precisato che la garanzia del terzo non soggetta all'imposta dell'art. 54 se si attua mediante avallo delle cambiali, ma lo negli altri casi (Cass., 26 ottobre 1966, n. 2616, in questa I Rassegna, 1967, I, 432). Se quindi il negozio, oltre il finanziamenw su cambiali, contiene anche il negozio di garanzia reale (ovvero se questo atto viene successivamente stipulato) sar soggetto alla imposta per esso prevista. La sentenza che si commenta ha eluso il problema, messo a fuoco nel ricorso, della esistenza di una vera e propria surrogazione e, di.scostandosi pi di quanto non ammetta, dal precedente recente giudicato, ha deciso la controversia sulla base di considerazioni sull'adeguatezza delle aliquote che, oltre a non essere risolutive, appaiono anche criticabili. La S.C. ha infatti ritenuto di dover applicare l'imposta fissa dell'art. 57 per questa ragione d'ordine contabile: l'ordinaria operazione di finanziamento (non cambiario) assistita da ipoteca soggetta all'imposta proporzionale di registro sul finanziamento dello 0,50 % (art. 28 lettera b) e all'imposta fissa (art. 57) sulla costituzione di ipoteca; accogliendo la tesi della Finanza il finanziamento su cambiali sarebbe soggetto all'imposta di bollo del 5 %o (= 0,50 % ) sulle cambiali in surrogazione del finanziamento e all'imposta graduale del 10 %o (= 1 %), sulla costituzione di ipo dovuta l'imposta proporzionale sul finanziamento del 2 %o in aggiunta alla imposta di bollo sulle cambiali, sicch non pu dirsi che la norma innovatrice non abbia agevolato le operazioni bancarie. La S.C. non ha considerato che gli artt. 28 e 59 istituiscono due imposte diverse per due atti diversi (che nella visione del legislatore sono distinti e distanziati nel tempo) fra i quali vi un collegamento ma non una connessione necessaria. Occorre quindi esaminare distintamente i due atti di finanziamento e di costituzione di ipoteca tenendo presente che gli artt. 57 e 59 si riferiscono ad ogni costituzione di ipoteca e non soltanto a quella connessa con atti rientranti nella previsione dell'art. 28. Riguardo al negozio di finanziamento la norma favorisce l'inserimento di cambiali nel meccanismo, sicch non vi pi cumulo di imposta di bollo e imposta di registro; ma se nel negozio o in altro successivo contenuta anche l'altra convenzione, autonomamente tassabile, di costituzione di ipoteca j,,, ~::; ffi,;: :-: dovuta l'imposta proporzionale sul finanziamento del 2 %o in aggiunta alla imposta di bollo sulle cambiali, sicch non pu dirsi che la norma innovatrice non abbia agevolato le operazioni bancarie. La S.C. non ha considerato che gli artt. 28 e 59 istituiscono due imposte diverse per due atti diversi (che nella visione del legislatore sono distinti e distanziati nel tempo) fra i quali vi un collegamento ma non una connessione necessaria. Occorre quindi esaminare distintamente i due atti di finanziamento e di costituzione di ipoteca tenendo presente che gli artt. 57 e 59 si riferiscono ad ogni costituzione di ipoteca e non soltanto a quella connessa con atti rientranti nella previsione dell'art. 28. Riguardo al negozio di finanziamento la norma favorisce l'inserimento di cambiali nel meccanismo, sicch non vi pi cumulo di imposta di bollo e imposta di registro; ma se nel negozio o in altro successivo contenuta anche l'altra convenzione, autonomamente tassabile, di costituzione di ipoteca j,,, ~::; ffi,;: :-: .w:;-x;;c,x'x' Wz W/,''::--.-::: 'w..x, ::::.:::; !//./, . ::::: fu'b .::z:zi:::::'.; . zu .. -- -.;;-$-;x;-;Y.,:{f.;:_" ,<:;:raw:,< '"<>"#.i"/X-#.ffe'" .. ,.,.._.;:, ... w m x::&t.ill /:::<:,<<:7.& m::::: 0x: ,;;;,. . "' adempimento di alcune formalit, specificamente previste ed attinenti alla sicurezza dell'operazione; ha anche ritenuto che il fatto dell'istitu2lione di tale conto intestato alla Soc. Biorgan-Albanese non comportava la consegna della somma, neppure per equivalenti simbolici, alla societ finanziata e, di conseguenza, ha escluso il trasferimento della propriet del danaro dalla Efibanca a1la suddetta societ, giungendo alla conclusione che non era possibile .configurare un mutuo con contestuale deposito, presso l'istituto bancario, della somma mutuata. Per quanto concerne l'identificazione del contenuto oggettivo del negozio, individuato dalla Corte del merito in quello di apertura di credito bancario, le censure della ricorrente di omessa o, quanto meno, insufficiente motivazione, non sono fondate. La Corte d'appello ha preso in ampia disamina n contratto per accertare la comune intenzione delle parti (art. 1362 e.e.) ed ha considerato le varie clausole, correttamente interpretate, collegando le une alle altre ed attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell'atto (art. 1263 e.e.). N, contrariamente a quanto lamenta la ricorrente, sussiste il denunciato vizio di contraddittoriet di motivazione. Non invero esatto che la sentenza impugnata, dopo aver enunciato il principio che l'obbligo degli interessi non costituisce elemento essenziale del contratto di mutuo, potendo que ' I ~~~~ffB"z:J 270 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sto essere anche non oneroso, abbia poi escluso l'esistenza di tale negozio proprio sulla base del previsto abbuono degli intere:Ssi per il periodo anteriore all'utilizzazione del credito. Infatti, la Corte del merito ha escluso che con l'operazione di finanziamento fosse stato realizzato un mutuo sul rilievo che non vi era stata, al momento della conclusione de1 contratto, consegna materiale o giuridica del danaro dalla Efibanca alla Soc. Biorgan-Albanese, mentre dalla pattuizione relativa agli interessi ha soltanto tratto ulteriore argomento a sostegno della accolta configurazione giuridica del negozio. Per quanto, poi, attiene ai presupposti g. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 gennaio 1970, n. 1 -Pres. Favara Est. Gambogi -P. M, Cutrupia (di:ff.) -Pedemonte (avv. Menghini) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Freni). Imposte doganali -Prescrizione -Effetto del giudicato sulle prescrizioni brevi -Sentenza del Giudice penale. (e.e. art. 2953; legge 25 settembre 1940, n. 1424, art. 27). Con la condanna emessa dal giudice penale al pagamento dei diritti doganali evasi in favore deii'Amministrazione finanziaria costituita RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO parte civile, la prescrizione quinquennale dell'art, 27 della legge 25 settembre 1940, n. 1424, si trasforma nella prescrizione decennale dell'actio judicati a norma dell'art. 2953 e.e.; infatti la condanna deWimputato al pagamento delle imposte evase ha natura civile al pari di quella emessa dal giudice civile (1). (Omissis). -I ricorsi debbono essere riuniti comech diretti contro la stessa sentenza. Col primo mezzo di ricorso il Pedemonte, denunziando la violazione e falsa applicazione dell'art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale in relazione all'art. 27 comma terzo della legge doganale e 2,953 e.e., lamenta che la sentenza impugnata abbia ignorato il principio lex specialis derogat generali quando ha ritenuto che invece, nella fattispecie, la norma generale dell'art. 2953 e.e. predetto (prescrizione decennale della actio iudicati) doveva prevalere su quella speciale dell'art. 27 della le.gge doganale (prescrizione quinquennale del 'credito tributario dello Stato, decorrente dal passaggio in gh,1dicato della sentenza penale di condanna del contrabbandiere). La censura infondata, perch il conflitto tra legge generale e legge speciale sorge solamente quando le due norme contrastanti debbano essere applicate alla stessa fattispecie. Nel presente caso, invece, la sentenza impugnata -con statuizione la cui esattezza giuridica sar controllata in sede di esame del secondo mezzo -ha ritenuto che la ipotesi prevista dall'art. 27 della legge doganale sia soltanto quella della condanna penale per reato, e non anche quella della condanna (civile o fiscale) al pagamento dei tributi doganali evasi pronunziata dal gtudice penale come conseguenza dell'accertamento del reato. Tale distinzione giuridica -che sar, ripetesi, pi avanti riesaminata -potr essere erronea, ma comunque non costituisce una disapplicazione del principio sancito dall'art. 14 delle Preleggi, non avendo la Corte di appel,1o affatto ritenuto, ripetesi, di dovere regolare il conflitto tra una norma generale ed una speciale destinate a regolare la stessa ipotesi di legge. (1) La sentenza in esame, occupandosi della pi ristretta questione se la sentenza del giudice penale in favore della parte civile abbia la stessa natura di quella del giudice civile, d per pacifica l'applicabilit dell'articolo 2953 e.e. anche alla materia tributaria ed cosi in netto contrasto con quella 19 giugno 1968, n. 2032 (in questa Rassegna, 1968, I, 490, con nota contraria di M. FANELLI) che aveva invece affermato che l'art. 2953, di carattere eccezionale, fosse applicabile alle sole prescrizioni brevi previste dal e.e. e non fosse estensibile alle altre prescrizioni brevi stabilite in leggi speciali. La sentenza in rassegna, seppure su questo punto non offra un'ampia motivazione, certamente la pi corretta, e si uniforma alla precedente giurisprudenza della Cassazione (v. nota cit.). PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 277 Il primo motivo del ricorso principale deve essere quindi rigettato. Col secondo mezzo il Pedemonte, denunziando la violazione e falsa applicazione dell'art. 12 e -ancora -dell'art. 14 delle Disposizioni .sulla legge in generale in relazione agli artt. 2_953 e 2947 e.e., prospetta due censure; lamenta cio che la sentenza impugnata: a) abbia applicato indebitamente alla fattispecie, con interpretazione analogica in questo caso inammissibile, l'art. 2947 e.e.; b) abbia comunque errato nel ritenere Che nel caso di condanna al pagamento del tributo evaso in sede di giudizio penale si applichi la prescrizione decennale della actio itidicati. Anche la censura sub a) non corrisponde al -contenuto reale della sentenza impugnata, la quale ha regolato la fattispecie con l'applicazione diretta dell'art. 2953 e.e., non con l'applicazione analogica dell'art. 2947. Il disposto di tale seconda norma stato richiamato solo come argomento sistematico per rilevare che il legislatore, di fronte ad altro caso di condanna civile inserita nel giudizio penale, ha inteso applicare, anche in materia diversa da quella doganale, il termine di prescrizione della actio iudicati; ma ci stato affermato senza sottrarre il caso in esame alla applicazione di una norma per esso -sia pure in via generale --dettata, e cio l'art. 2953 e.e. Nessuna vioJ.azione del 2 comma dell'art. 12 delle Preleggi stata quindi commessa dalla Corte di appello. Con la censura sub b) si giunge finalmente al nucleo centrale della questione, che consiste, appunto, nel domandarsi se la prescrizione breve di cui all'art. 27 della legge doganale, e do la prescrizione quinquennale del credito per tributi evasi con decorrenza dal giorno in cui diventata irrevocabile la sentenza pronunciata nel procedimento penale, si applichi nel .caso che detta sentenza contenga anche 1:a condanna al pagamento dei tributi evasi. La interpretazione sostenuta dal ricorrente, nel senso della appli cazione della prescrizione breve anche in questo caso, consentita dalla lettera della legge, che parla genericamente di sentenza pronunciata nel procedimento penale, ma palesemente resistita dalla logica e dalla sistematica. Basta all'uopo considerare che il termine prescrizionale de quo sa rebbe di cinque anni nel caso che lo stato si costituisca parte ivile nel processo penale contro l'evasore doganale e di dieci anni, invece, nel caso in cui lo Stato medesimo, non avendo voluto o potuto procedere aHa costituzione di parte civile, abbia atteso l'accertamento definitivo del reato per chiedere poi, con autonoma azione in sede civile, la con danna del reo al pagamento dei tributi evasi, -cos come l'ordinamento certamente gli consente di fare, (artt. 23 e 24 del c.p.p.). La sola possi bilit di tale disparit di -conseguenze sostanziali a causa di una sem 278 RA~SEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO plice diversa modalit di esercizio dell'azione tributaria spettante allo Stato dimostra l'assurdit della tesi del :icorrente. Ne si potrebbe, in proposito, sostenere che proprio la stessa legge doganale che istitJUisce, con l'art. 27, un doppio termine prescrizionale. Il termine di prescrizione quinquennale colpisce, infatti, l'azione di accertamento e canonizzazione del credito per tributi evasi; mentre nella specie trattasi di actio iudicati, essendo indubbio che tale anche l'azione con la quale il fisco chieda la esecuzione della condanna civile pronunziata in sede penale; rispetto a tale actio iudicati, quindi, che il ricorrente prospetta la esistenza (ingiustificata) di un duplice termine prescrizionale secondo le modalit procedurali prescelte dal creditore per ottenere la condanna del debitore. La interpretazione adottata dalla Corte di appello concreta invece un sistema perfettamente armonico: l'Amministrazione della finanza, qualora non eserciti l'azione civile (fiscale) nello stesso giudizio penale instaurato contro l'evasore doganalE1, ha cinque anni di tempo a partire dal definitivo accertamento del reato per proporre tale azione nella competente sede civile; quando ha ottenuto la canonizzazione del suo I credito e la condanna del contrabbandi.ere al pagamento del tributo, !isia ci avvenuto nell'una o nell'altra sede giudiziaria, ha dieci anni di i I ~ tempo a partire da tale condanna per esigere detto pagamento. Per ri' i. tenere il contrario bisognerebbe affermare, contro il disposto degli articoli 22 e segg. c.p.p., che la condanna al pagamento di so~e ottenuta nel giudizio penale non abbia natura civile, cos da non esser compresa ! I ( nel generale precetto dell'art. 2953: proposizione questa evidentemente inammissibile. Anche il secondo mezzo del ricorso deve essere quindi rigettato. -(Omissis). I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 19 gennai:o 1970, n. 103 -Pres. I Flore -Est. Berarducci -P. M. I. Tavolaro (conf.) -Soc. La Vinicola Broni di Cal (avv. Solimena) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Azione giudiziaria -Necessit della preventiva decisione definitiva di una Commissione Questioni di es~imazione complessa -Sussiste. (legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, art. 6; d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22). Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -'concordato -Nozione Impugnazione -Vizi di forma e di legittimit -Preventiva decisione definitiva di una Commissione -Necessit. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 31 e 34; legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 6; d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 279 Imposte e tasse in ~enere -Imposte dirette -Domanda di rimborso di .somme indebitamente percette -Ricorso alla Commissione - Necessit -Limiti. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 188 e 198). L'autorit giudiziaria ordinaria non pu essere adita nelle controversie sulle imposte dirette se preventivament non sia intervenuta almeno la decisione definitiva della Commissione distrettuale, anche se la controversia ha per oggetto questione di estimazione complessa (1). Il concordato tributario non ha caratter di transazione o di altro negozio di diritto privato, ma un atto unilaterale della Finanza che pone in essere, con L'adesione del contribuente, un mezzo di accertamento dell'imponibile su cui deve essere applicata l'imposta; di conseguenza l'impugnazione del concordato, sia per vizio di forma che per vizio di legittimit, si configura come impugnazione di un atto amministrativo e va proposta innanzi alla Commis~ione di primo grado, secondo quanto dispongono gli artt. 34 e 31 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, prima di poter adire il giudice ordinario (2). La domanda di rimborso di somme che si assumono indebitamente percette o si risolve in un ricorso contro la iscrizione a ruolo che va proposto innanzi alla Commissione prima di poter adire il giudice ordinario (art. 188 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645) ovvero si concreta in una domanda di sgravio che d diritto al rimborso solo se l'illeggittimit dell'imposizione sia stata gi dichiarata (art. 198). Nell'uno e nell'altro caso, ove non si contesti l'inesistenza del potere impositivo della Finanza, la domanda di rimborso pu essere proposta innanzi all'A.G.O. solo dopo che l'illegittimit dell'imposizione risulti accertata o sia stata oggetto di pronuncia definitiva di una commissione (3). (Omissis). -Con il primo motivo si lamenta che la sentenza denunziata abbia affermato l'inammissibilit, nella fattispecie, del ricorso (1-3) Sulla prima massima la giurisprudenza costante; cfr. le sent. 3 febbraio 1968, n. 354 e 21 giugno 1968, n. 2063 (in questa Rassegna, 1968, I, 115 e 498, con note di richiami) con le quali si precisato che per decisione definitiva deve intendersi quella che in senso sostanziale abbia operato il regolamento conclusivo del rapporto tributario, e non quella che abbia soltanto risolto questioni pregiudiziali. Va ricordato che la Corte Costituzionale, con la sent. 11 luglio 1969, n. 125 (Giur. it., 1969, I, 1, 1953), dichiarando l'illegittimit costituzionale dell'art. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E e dell'art. 22 del d.1. 7 agosto 1936, n. 1639, limitatamente alle parti che condizionano l'esercizio dell'azione del contribuente dinanzi all'A.G.O. alla pubblicazio;ne dei ruoli, ha espressamente confermato la necessit della preventiva decisione definitiva della ommissione almeno in un grado. 280 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO diretto all'autorit giudiziaria ordinaria e, quindi, il difetto temporaneo di giurisdizione di quest'ultima. In particolare, si assume che, in tema di imposte dirette, l'art. 22 r.dJ. 7 agosto 1936, n. 1639, al contrario di quanto ritenuto dalla Corte d'Appello, attribuisce alle Commissioni tributarie la cognizione delle sole questioni di estimazione semplice, mentre riserva, all'assoluta e diretta cognizione del giudice ordinario, le controversie che si riferiscono ad estimazione complessa, quale, appunto, quella di specie, in cui, a fondamento della domanda di rimborso della imposta di ricchezza mobile, si era dedotta la violazione del disposto dell'art. 18 legge 11 gennaio 1951, n. 25, e della norma del secondo comma dell'art. 10 d.P.R. 5 luglio 1951, n. 573, nonch la invalidit del concordato intervenuto fra l'Amministrazione finanziaria e la contribuente societ La Vinicola Broni , sia per vizio del consenso, sia per mancato riS!Petto delle forme previste dall'art. 53 legge 16 febbraio 1913, n. 69, in relazione all'art. 2699 e.e. Il motivo infondato. Ripetute volte questa Suprema Corte ha affermato il princ1p10 secondo cui, in tema di imposte dirette, il preventivo svolgimento della fase giurisdizionale avanti i giudici speciali costituisce il presupposto del processo tributario di accertamento devoluto ai giudici ordinari, nel senso che la controversia tributaria pu essere trasferita e proseguita nella sede giudiziale ordinaria solo dopo la decisione di essa da parte delle commissioni tributarie, di modo che la cognizione del giu- Sulla ormai pacifica nozione di concordato cfr. le sent., citate nel testo, 18 ottobre 1968, n. 3347 e 12 maggio 1969, n. 1625 in questa Rassegna, 1968, I, 1037 e 1969, I, 697; lineare conseguenza l'affermazione che l'impugnazione del concordato, a cui totalmente estraneo ogni riferimento all'impugnazione del negozio di diritto privato, debba seguire le norme comuni del contenzioso tributario. Della terza massima deve condividersi pienamente l'affermazione che lo sgravio di imposta non pu commutarsi in un'azione di ripetizione esperibile direttamente innanzi all'A.G.O. Se infatti la domanda di rimborso, ritualmente e tempestivamente introdotta, si tramuta in un'opposizione contro il ruolo ex art. 188 del t.u. sulle imposte dirette, si apre, ove non sia accolta, un procedimento innanzi alla Commissione; se invece il termine decorso, la domanda di sgravio, a meno che non esista un anteriore giudicato, semplicemente un'istanza graziosa dalla quale non nasce un diritto ad ottenere un provvedimento; sar quindi possibile portare innanzi all'A.G.O. la domanda di rimbrso solo quando esista gi un giudicato sulla illegittimit dell'imposizione, cio quando la domanda in sede ordinaria perfettamente inutile. Nella decisione si accenna peraltro alla domanda proponibile innanzi all'A.G.O. con la quale si contesti l'inesistenza del potere impositivo della Finanza; si allude all'ipotesi in cui, mancando radicalmente la potest impositiva, le somme pagate, che tributi non sono, sono ripetibili secondo le regole comuni dell'indebito (Cass., 23 aprile 1969, n. 1304, in questa Rassegna, 1969, I, 517 con nota di richiami). _,. _,. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 281 dice ordinario non sorge che in via successiva, vale a dire solo quando il primo giudizio, avanti al giudice speciale, sia definito (cfr. tra le altre, sent. n. 2063 del 1968, sent. n. 2262 del 1966, sent. n. 987 del 1964, sent. n. 62 del 1954). Questo indirizzo giurisprudenziale -che trova suo J:ogico fondamento nell'interpretazione deU'art. 22 r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, sulla riforma degli ordinamenti tributari, laddove, nel terzo comma, si dispone, sostanzialmente, che l'autorit giudiziaria ordinaria pu essere adita anche nella ipotesi che nel procedimento tributario sia stata pronunciata una sola decisione, purch definitiva, o della commissione distrettuale, o della commissione provinciale -va mantenuto fermo anche nel presente giudizio. La tesi secondo cui, in tema di imposte dirette, la giurisdizione del giudice ordinario non sarebbe condizionata dal preventivo ricorso alle Commissioni tributarie, allorquando si tratti di controversie aventi per oggetto questioni di estimazione complessa, , invero, affatto arbitraria. sufficiente, infatti rilevare che dall'art. 22 del r.d.l. del 193,6, n. 1639, sopra citato, laddove si dispone che mantenuta la competenza dell'autorit giudiziaria, ai sensi dell'art. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, su ogni controversia che non si riferisce a semplice estimazione dei redditi, si desume, chiaramente, il principio secondo cui, nella materia tributaria in genere -ed, in modo specifico, in tema di imposte dirette -, di rngofa, esclusa la competenza del giudice ordinario per le questioni di estimazione semplice (cfr. sent. di queste Sez'. Un. 17 luglio 1965, n. 1593), e che da questo principio discende evidente la dimostrazione che, allorquando il legislatore ha attribuito alla cognizione del giudice ordinario, in via successiva, le controversie in materia di imposte dirette, ad altre controversie non ha inteso riferirsi che -esclusivamente a queUe che rientrano nella giuri:sdizione di detto giudice, ossia alle controversie aventi per oggetto questioni di estimazione complessa. N giova opporre che, nel caso in esame, era stata dedotta l'invalidit del concordato per vizi di forma e per vizi di legittimit. Per vizio di forma il concordato, infatti, non pu, a' sensi dell'articolo 34 del t.u. delle leggi sul.le imposte dirette, essere impugnato che mediant ricorso alla commissione tributaria di primo grado, mentre, per quanto riguarda i vizi di legittimit, da tener presente che il concordato, com' consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte (cfr. sent. n. 1625 del 1,969, sent. n. 3347 del 1968, sent. n. 987 del 1964), non ha carattere di transazione o di altro negozio di diritto privato, ma un atto unilaterale dell'Amministrazione finanziaria, che pone in essere, con. l'adesione del contribuente, un mezzo di accertamento dell'imponibile su cui deve essere applicata l'imposta; di talch l'impu_ gnazione contro di esso, per vizi di legittimit, pur essendo consentita, 282 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO non pu essere configurata che quale impugnazione avverso accertamento illegittimo da proporsi, pertanto, nel rispetto delle disposizioni sul contenzioso tributario (v. art. 31, secondo comma, t.u. sopra citato). La Conferma dell'esattezza di questa conclusione la fornisce, d'altra parte, il rilievo che, diversamente, si verrebbe ad ammettere la possibilit di eludere, a mezzo del ricorso drretto all'autorit giudiziaria ordinaria, il principio della preJiminarit necessaria, per le imposte dirette, del ricorso alle commissioni tributarie, che, dalle anzidette disposizioni i posto per rispondere a note esigenze di pubblico interesse, che qui non necessario ricordare. Con il secondo motivo si lamenta che la sentenza impugnata non abbia ritenuto la giurisdizione del giudice ordinario, quanto meno in ordine alla domanda di rimborso, per duplicazione di iscrizione, dell'imposta corrispondente all'imponibile di lire 10 milioni, relativo al primo semestre del 1955. Si assume, in particolare, che l'art. 198 del t.u. delle leggi sulle imposte dirette, di cui al d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, fa obbligo all'Amministrazione finanziaria, in qualunque momento, allorch risulta che sono state iscritte a ruolo somme non dovute, di disporre lo sgravio, dandone avviso al contribuente. In tal caso -si afferma -il previo ricorso al giudice amministrativo tassativamente escluso dall'ultimo comma dell'anzidetto articolo, in cui detto che l'Ufficio pu procedere, mediante reiscrizione a ruolo, entro due anni dallo sgravio da esso disposto, al recu~pero delle somme erroneamente sgravate. Anche questo motivo immeritevole di accoglimento. La domanda di rimborso di somme, che si assumono indebitamente percette dal!'Amministrazione finanziaria a titolo di imposta di ricchezza mobile, allorquando, come nel caso di specie, .si basa su una pretesa duplicazione di iscrizione a ruolo, .si risolve in un ricorso contro tale iscrizione, che, come risiulta dal combinato disposto deH'articoJ. o f8<8 del i.u. delle leggi sulle imposte dirette, pi volte citato, e dell'art. 22 del r.d.l. del 1936, n. 1639, deve essere prop<>sto innanzi alle commissioni: tributarie e, solo successivamente, ossia dopo una decisione definitiva di tali commissioni, innanzi al giudice ordinario. A questo principio non deroga l'art. 198 del detto t.u., giacch tale articolo, come chiaramente si evince dalla sua letterale formulazione, contiene una norma di condotta da osservarsi dall'Amministrazione finanziaria in conseguenza dell'accertamento della illegittimit della iscrizione a ruolo. Dispone, infatti, detto articolo che, quando risulta l'iscrizione a ruoJ..o di somme non dovute, l'Amministrazione finanziaria ha l'obbligo di disporre lo sgravio. Trattasi, quindi, di una norma che, volta a far conseguire al contribuente, senza ulteriori istanze, gli effetti dell'accertamento dell'illegittimit della iscrizione a ruolo, postula, come necessario presupposto, tale accertamento, il quale, quando l'Amministra- I I ~~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 283 zione non riconosca da s l'errata iscrizione a ruolo, non pu conseguirsi che nel rispetto dell'anzidetta principio. L'argomento che, in ,contrario, si pretende trarre dalla norma dell'ultimo comma dello stesso art. 198, risulta prvo di consistenza giuridica, ove si consideri che l'accertamento della illegittimit della iscrizione a ruolo si consegue. oltre che in sede giudiziale, attraverso, cio, le 4ecisioni delle Commissioni tributarie, o, in via successiva, del giudice ordinario, anche attraverso l'atto posto in essere dall'Amministrazione finanziaria, nell'esercizio del suo potere-dovere di correggere, d'ufficio, i propri errori. Ed , evidentemente, in riferimento a questa ipotesi che, a tutela del fisco, stata dettata la norma invocata dalla ricorrente a sostegno del suo assunto, giacch se un errore, da parte dell'Amministrazione finanziaria, sullo sgravio delle somme iscritte a ruolo, non ipotizzabile nel caso in cui fale sgravio sia conseguenza di una decisione giudiziale, bene, invece, ipotizzabile con riferimento al caso in cui lo sgravio sia conseguenza di un atto della stessa Amministrazione. Sul punto in questione deve, quindi, ,confermarsi il principio -che si evince da tutto il sistema delle leggi sulle imrposte dirette -secondo cui, allorquando non si contesta l'esistenza del potere impositivo del1' Amministrazione finanziaria, la cognizione del giudice ordinario sulla domanda di rimborso di somme che si assumono indebitamente percette da detta Amministrazione a titolo di imposta, sussiste semprech l'illegittim~t della iscrizione a ruolo risulti accertata in uno dei modi sopra specificati. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 gennaio 1970, n. 125 -Pres. Rossano -Est. Falcone -P. M. De Marco (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Peronaci) c. Soc. Acciaieria e Tubificio d Brescia (avv. Ozzola). Imposte doganali -Importazione di merci tassabili ad valorem Prezzo normale -Prezzo indicato in fattura -Valore minimo imponibile -Esclusione. (d.P.R. 23 dicembre 1955, n. 1280, art. 7; d..P.R. 26 dicembre 1958, n. 1105, artt. 18-29). In adempimento degli obblighi assunti con la convenzione internazionale di Bruzelles firmata dalL'Italia l'll gennaio 1951, approvata e resa esecutiva con legge 31 ottobre 1952, n. 1976, l'ordinamento tributario risultante dal d.P.R. 23 dicembre 1955, n. 1280, riprodotto nella nuova tariffa doganale apvrovata con d.P.R. 26 dicembre 1958, n. 1105, 284 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stato adeguato al sistema di imposizione ad valorem secondo il:. quale i dazi sono commisurati al prezzo normale, cio al plT'ezzo teorico che pu ritenersi stabilito in una vendita che si supponga conclusa in regime di libem conco!T'renza tra un venditore e un compratore indipendenti, valore questo che pu discostarsi dal plT'ezzo in concreto pattuito e risultante dalla fattura. La legge prevede anche, in determinati casi,. la possibilit di considerare come valo!T'e imponibile il prezzo di fattura siccome corrispondente a quello normale; ma un tale criterio di determinazione dell'imponibile sussidiario e non alternativo IT'ispetto a quello principalmente considerato nella norma. Conseguentemente qua- lora la Dogana abbia liquidato il tributo sulla base del prezzo normale teorico, non si pu in sede di verifica e dopo L'uscita delle merci dagli spazi doganali, pretendere la maggi01e imposta riferibile al prezzo di. fattura, non essendo ravvisabile nella prima liquidazione un'erronea applicazione della legge che giustifichi l'annullamento di un accertamento illegittimo (1). (Omissis). -Con unico motivo, l'amministrazione finanziaria de- nuncia la violazione e faJ.sa applicazione dell'art. 7 (sotto artiQ{)li da 1 T a 29) del d.P.R. 23 dicembre 1955, n. 1280; degli artt. da 18 a 29 delle disposizioni preliminari al d.P.R. 26 dicembre 1958, n. 1105; degli articoli 16, 27, 29 della legge doganale (legge 25 settembre 1940, n. 1424),. nonch la violazione degli articoli da 1 a 8 del t.u. 9 aprile 1911, numero 330, e successive modificazioni, e, dopo avere premesso che per l'accertamento del valore imponibile delle merci tassabili ad valorem le suddette leggi doganali prevedono un duplice sistema, facendo ricorso al loro prezzo normale, definito legislativamente, ovvero al prezzo. di fattura, sostiene che, allorquando l'Ufficio di dogana abbia fatto ricorso ad un sistema e tale sistema appaia in sede di revisione compartimentale essere stato non congruo e non rispondente al fine, ben pu l'amministrazione far ricorso all'altro sistema, senza incontrare alcuna preclusione, trattandosi non di procedere ad una diversa valutazione delle merci, per cui possa essere richiesta la perdurante presenza delle merci in dogana, ma di far capo ad un diverso sistema di determinazione legale dell'imponibile. La doglianza priva di fondamento. La questione di fondo dibattuta in sede di merito ed ora riproposta pu essere sintetizzata nel quesito se il prezzo delle merci dichiarato dall'importatore possa essere accettato dalla dogana, dopo le opportune indagini, come prezzo normale e quindi come valore imponibile, anche quando sia inferiore al prezzo di fattura, ovvero se quest'ultimo rap (1) Non constano precedenti. Conforme la sent. in pari data n. 124_ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 28& presenti un minimo inderogabile, sicch all'amministrazione sia consentito assumer.lo come base imponibile in sede di verifica, qualora l'imposta sia stata prima liquidata su di un valore ad esso inferiore. In adempimento degli obblighi assunti con la convenzione internazionale di Bruxelles sul valore in dogana delle merd, firmata dall'Italia 1'11 gennaio 1.951, approvata e resa esecutiva con la legge 31 ottobre 1952, n. 1976, il nostro ordinamento stato adeguato, per quanto riguarda la normativa in materia, con il d.P.R. 23 dicembre 1955, n. 1280, al sistema di imposizione ad valorem, sistema, peraltro, gi in parte accolto con il d.P.R. 7 luglio 1950, n. 442 quando la convenzione internazionale era ormai in fase di avanzata realizzazione. Nelle norme degli articoli dal 7-17 al 7-28 di detto provvedimento del 1955 (riprodotto nelle disposizioni preliminari alla nuova tariffa doganale emanata con d.P.R. 26 dicembre 1958, n. 1105) risulta accolta la nozione teorica del valore imponibile, ponendosi .la regola generale che i dazi doganali di importazione vanno commisurati, per le merci tassabili ad valorem, sul loro valore imponibile, valore, questo, che si identifica col loro prezzo normale, ossia con quel prezzo (teorico) che pu ritenersi pattuito in una vendita che si supponga conclusa in regime di libera concorrenza tra un compratore ed un venditore indipendenti. alle .condizioni di luogo e di tempo gi innanzi precisate. In siffatto sistema l'organo accertatore deve prescindere dal prezzo contrattuale risultante dalla fattura anche se reputato effettivo, come risulta in particolare dall'art. 7-20 del d.P. 1955 (21 del d.P.. 1958) il quale, disponendo che se il prezzo normale dipende dalla quantit della merce oggetto della vendita, esso va determinato in rapporto al solo quantitativo della merce stessa presentata in dogana, esclude, nella determinazione del valore imponibile, lo sconto c.d. di quantit, normalmente praticato nelle vendite di grossi quantitativi, e dall'art. 7-21 del d.P. 1955 (22 del d.P. 1958), il quale stabilisce che la determinazione anzidetta si far considerando che il prezzo normale comprende il valore del diritto di utilizzazione del brevetto, del disegno o del modello depositato o del diritto di autore o del marchio di fabbrica o d>i: commerdo relativo alle merci importate. D'altra parte l'art. 7-26 del d.P. 1955 (27 del d.P. 1958), come logico contrapposto, fa obbligo al proprietario di dichiarare all'ufficio do-ganale non il prezzo contrattuale, bens il valore Imponibile delle merci, determinato secondo le norme degli artt. 18 e seguenti, e di rettificare il valore dichiarato ad ogni eventuale variazione dei prezzi di mercato se la sua dichiarazione non seguifa immediatamente da verifica. L'accertamento del prezzo delle merci nel tempo, nel luogo ed alle condizioni gi dette, pu .condurre alla constatazione di un divario in pi o in meno sia rispetto al prezzo dichiarato corrente al momento della presentazione doganale delle merci non seguita da immediata ve ,_ ! ~ . i RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rifica, sia riguardo a quello risultante dalla stessa fattura; il che risponde alla ragion d'esser della normativa, la quale tende a rendere, per quanto possibile, uniforme presso tutte le dogane per una identica merce e nello stesso periodo di tempo, l'incidenza specifica dei dazi a valorem evitando le sperequaz~oni che, altrimenti, deriverebbero, a prescindere da altre circostanze, dalle condizioni congiunturali pi o meno favorevoli nelle quali siano stati operati gli acquisti. Con fondamento l'Amministrazione .sostiene che accanto alla nozione teorica del valore imponibile, stata accolta come minimo inderogabile di valutazione, anche la nozione positiva, quella, cio, basata, ai fini della tassazione, sull'effettivo prezzo pagato o da pagare per le merci presentate in dogana. La facolt accordata alla dogana di considerare come valore imponibile il prezzo di: fattura (art. 7-17 d.P. 1955, art. 18 d.P. 1958) costituisce, in realt, un indispensabile complemento del sistema, di rilevante portata. pratica, ma utilizzabile sempre che le merci importate abbiano formato oggetto di una vendita effettuata in condizioni di libera concorrenza tra un ven.ditore ed un compratore indipendenti (art. 7-22 d.P. 1955, art. 23 d.P. 1958) e cio sempre che corrisponda al valore normale. Trattasi, in ogni caso, di un criterio sussidiario per raggiungere pi agevolmente, in talune ipotesi, l'individuazione del prezzo normale, e non di un sistema alternativo rispetto a quello fondamentale cui si ispira la legge. L'importatore, ha l'obbligo di dichiarare alla dogana il valore imponibile delle merci determinato secondo .i criteri gi richiamati e non tenuto a presentare la fattura, la quale pu essergli richiesta dalla dogana ove ritenuta utile ai fini dell'accertamento del valore imponibile (art. 7-26 d.P. 1955, art. 27 d.P. 1958) cio del prezzo normale delle merci. Questa diversit di disciplina, se pu essere spiegata con la diversa considerazione che la dichiarazione doganale e la fattura ricevono rispettivamente nel sistema, secondo quanto innanzi esposto, sarebbe non congruente nell'ambito di un sistema, come quello configurato dalla ricorrente, nel quale H prezzo indicato in fattura, costituendo un autonomo parametro per la liquidazione dell'imposta, sempre vincolante per l'importatore come minimo imponibile, dovrebbe in ogni caso e contestualmente alla dichiarazione essere ;posto a disposizione dell'ufficio doganale. In conclusione, quando la dogana, esperite le opportune indagini, senza sollevare alcuna contestazione sulla .sua corrispondenza al prezzo teorico, liquidi il tributo relativamente alle merci tassabili a valorem sul valore dichiarato dall'importatore, non pu, in sede di verifica ritenere inaccettabile quel valore perch inferiore al prezzo di fattura, non potendosi configurare in tale ipotesi l'annullamento di un accerta-"' PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 287 mento illegittimo. per erronea applicazione della legge da parte della amministrazione, e la sostituzione dello stesso con altro legittimamente compiuto su valori vincolanti per l'importatore. Ricorre, invece, in questo caso, un nuovo accertamento del valore delle merci per il quale sussiste preclusione in conseguenza dell'uscita delle merci dagli spazi doganali perch il eontribuente, non essendo pi possibile n la verifica delle merci, .n il prelevamento di campioni di esse, si troverebbe nell'impossibilit di sollevare una controversia doganale, e quindi privo di ogni tutela di fronte alla nuova pretesa dell'amministrazione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 gennaio 1970, n. 212 -Pres. Giannattasio -Est. Santosuosso -P. M. Gentile (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano) c. Soc. Taurea. Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Impugnazioni della Finanza -Forme -Deposito presso la Commissione dell'atto contenente i motivi e comunicazione al contribuente - regolare. (r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 38). Legittimamente 7Y1'oposta l'impugnazione della Finanza mediante deposito 7Y1'esso la segreteria deLla Commissione di grado superiore del- l'atto di impugnazione contenente i motivi di cui sia data comunicazione al contribuente o con lo stesso avviso di notificazione della decisione o con atto separato (1). (Omissis). -Con il primo mezzo, l'Amministrazione ricorrente, denunziando la violazione dell'art. 42 d.1. 8 luglio 1937, n. 1516, si duole che la decisione della Commissione centrale sia troppo apoditticamente motivata. Che se detta laconica motivazione avesse inteso affermare la coincidenza della data dell'impugnazione con quella della comunicazione al contribuente col Mod. 108, la ricorrente denunzia la violazione degli artt. 35 e 38 del citato d.1. Osserva in proposito che nel contenzioso tributario sono distinguibili tre atti: la comunicazione della decisione, (1) Giurisprudenza costante: cfr. Cass., 3 ottobre 1968, n. 3065, in questa Rassegna, 1968, I, 816. 9 288 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I Ifili l'appello diretto alla Commissione entro 30 gg. dalla precedente comu nicazione, ed infine la comunicazione al contribuente mediante il Mod. 108 o contestualmente alla notifica della decisione. Nella specie, rileva l'ufficio ricorrente, l'appello era stato redatto con atto distinto dal Mod. 108 ed era pervenuto alla Commissione Centrale il 13 novembre 1959. Mentre il primo motivo va disatteso, in quanto dalla sommaria motivazione della Commissione Centrale dato controllare l'iter seguito per la formazione del suo giudizio, invece fondato il secondo mez:w di ricorso, alla luce della. giurisprudenza di questa Corte. stato, infatti, pi volte affermato che l'atto di impugnazione delle decisioni tributarie da parte dell'amministrazione delle finanze non si identifica necessariamente con l'atto notificato al contribuente (il Mod. 108). La procedura di cui all'ultima parte dell'art. 38 r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, consistente nella .comunicazione dell'appello e dei relativi motivi al contribuente insieme alla comunicazione della decisione impugnata non obbligatoria, nel senso che l'ufficio finanziario pu proporre l'appello anche con atto separato dalla notifica della decisione impugnata, purch depositi detto atto presso la commissione di grado supe- riore entro il termine di trenta giorni dalla notifica della decisione al contribuente (sent. 9 aprile 1969, n. 1127; 15 gennaio 1969, 11. 54; 3 ottobre 1968, n. 3065 ed altre). Nella specie appunto accaduto che l'ufficio finanziario ha comunicato al contribuente con il Mod. 108 la decisione impugnata e l'impugnazione della stessa, non curando la tempestiva trasmissione di questo atto alla Commissione Centrale poich con separato atto, tempestivamente pervenuto alla Commissione, aveva gi manifestato chiaramente la sua volont di appellare e ne aveva specificato i motivi. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 febbraio 1970, n. 246 -P1es. Pece Est. Milano -P. M. Di Majo (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Giorgio Azzariti) c. Rascon. Imposte e tasse in genere -Apparecchi automatici di accensione -Diritto fisso per la dete;nzione -Detenzione da parte del venditore, autorizzato -soggezione al pagamento del diritto fisso. (d.l. 11 gennaio 1956, n. 2, artt. 2, 3 e 4). . I "1m Poich ii diritto fisso di cui agii artt. 2, 3 e 4 dei d.l. 11 gennaio 1956, n. 2, dovuto per la detenzione di apparecchi automatici di ac PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 289 censione, anche i rivenditori autorizzati, per non incorrere nelle sanzioni di legge, devono essere in possesso della relativa marca di contrassegno per ogni apparecchio detenuto, salvo ad ottenere, a fine anno, il cambio delle marche non esitate unitamente agli apparecchi (1). (Omissis). -Con l'unico motivo, l'Amministrazione finanziaria denuncia la vioJazfone degli artt. 2, 3 e 4 d~l d.l. 11 gennaio 1956, n. 2, convertito nena legge 16 marzo 1956, n. 109, e censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che il nuovo trfbuto istituito con l'art. 2 del citato decreto sia dovuto soltanto da chi detiene gli accenditori automatici per usarli in luogo dei fiammiferi e non da chi li detiene per venderli. La censura fondata. Giova ricordare che, prima della entrata in vigore del d.l. n. 2 del 1956, il regime fiscale degli accenditori automatici era integralmente disciplinato dal r.d. 26 marzo 1930, n. 105, che regolava, appunto, sia la fabbricazione che l'importazione, la vendita e la detenzione degli apparecchi in questione. Esso stabiliva un diritto fisso unico, dovuto una tantum per ogni apparecchio e da corrispondersi (art. 1), se all'atto dello sdoganamento, presso l'ufficio doganale, e, se all'atto della estrazione dai magazzini della fabbrica, presso l'Ufficio tecnico di finanza. In ogni caso il pagamento del diritto fisso aveva luogo con l'apposizione sugli apparecchi di apposito contrassegno, da. imprimersi mediante bo1lo a punzone, il quale costituiva la prova unica e legale dell'avvenuto pagamento del tributo. L'art. 10 prevedeva, infine, H fatto della fabbricazione, importazione, detenzione, vendita e cessione di accenditori privi di punzone come ipotesi di contrabbando punibili con la pena della multa, oltre alla sopratassa proporzionale al diritto evaso. Il decreto n. 2 del 1956 ha, invece, alterato l'unitariet della disciplina perch, come si evince dalla stessa sua intitolazione (Diritto fisso dovuto all'Erario per la detenzione di apparecchi di accensione), disciplina il regime fiscale della sola detenzione; esso ha abolito il precedente diritto fisso (art. 1) e l'ha sostituito con altro diritto annuale nella misura di lire trecento dovuto per la detenzione (art. 2), e da corrispondersi mediante l'acquisto di una speciale marca, che l' utente pti apporre sull'apparecchio o su qualsiasi documento di riconoscimento personale (art. 3); la detenzione di un apparecchio senza il simultaneo possesso della corrispondente marca, attestante il pagamento del diritto annuale, punita con una pena pecuniaria (art. 4), e non costituisce, quindi, (1) Identica la sent. in pari data n. 247. Massima da condividere; non constano precedenti. I 290 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I reato, trattandosi di una sanzione di carattere amministrativo, secondo la nota distinzione dell'art. 3 della legge 7 gennaio 1929, n. 4. In conseguenza deI.la nuova disciplina dettata dal predetto decreto per la sola detenzione di apparecchi automatici di accensione sorge la questione se nel concetto di detenzione, per il suo largo significato I giuridico, debba o meno comprendersi anche quel rapporto che si stabilisce in chi, debitamente autorizzato, proceda alla vendita ed alla distl'ibuzione degli accenditori. Il Tribunale, prima, e la Corte d'appello, poi, hanno risolto negativamente la que.stione, basandosi essenzialmente sulla considerazione che, ai sensi dell'art. 3 del decreto n. 2 del 1956, debitore del diritto annuale l'utente il quale dovrebbe identificarsi soltanto con il soggetto che usa l'apparecchio in luogo dei fiammiferi. Senonch non sembra a questa Corte Suprema eh~ la questione sia stata rettamente decisa. Innanzi tutto da osservare facilmente che la formula della leg.ge, da cui la sentenza impugnata ha tratto il motivo di interpretazione, ha un significato molto pi modesto, perch la locuzione utente, invece dell'altra chi detiene o altra equivalente, adoperata dall'art. 3 del decreto in questione per indicare il soggetto di una mera operazione materiale di applicazione della marca, e non certo per configurare un nuovo tipo di debitore dell'imposta e per apportare una limitazione al: pi vasto concetto di detenzione. E di detenzione si parla, senza alcuna discriminazione che ne restringa la portata, sia laddove (art. 2)' il legislatore introduce la norma sostanziale di riforma del precedente regime fiscale per indicare la nuova fattispecie generativa del debito d'imposta e per precisare quali apparecchi di accensione siano previsti dalla norma, sia quando all'art. 4 determina J.a sanzione per chi in possesso dell'accenditore ,senza essere .simultaneamente :fornito della marca contrassegno di nuova istituzione. Pu, inoltre, osservarsi che la precedente legge n. 105 del 1930, della quale l'art. 8 del nuovo decreto mantiene in vigore tutte le disposizioni non in contrasto con le nuove norme, quando ha voluto restringere la concezione di detenzione in quella per uso personale lo ha espressamente detto, come nel 1 e nel 2 cpv. dell'art. 14, che nel prevedere una agevolata regolarizzazione di apparecchi sprovvisti dello speciale contrassegno e destinati all'uso personale del possessore, o la I temporanea importazione di apparecchi accenditori, cos rispettivamente si espressa chiunque detiene per uso personale... , viaggiatori che detengano per uso personale. Del resto, anche nella relazione al progetto di legge .si usano le parola utenti e detenzione, mentre nella relazione al Senato per Ila conversio11e in legge del decreto, si parla, del pari alternativamente, di cittadino (in possesso dell'apparecchio), di utente e di pos ~ I PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 29i sessore . Il che sta a .si-gnificare che il legislatore, nell'usare la duplice espressione (utenza e detenzione), non ha voluto n attribuire alla seconda un significato restrittivo, cio di uso effettivo e personale dell'appareechio di accensione, n di distinguere tra i differenti concetti di uso, possesso e di detenzione, ma ha, inteso, invece, riferirsi al generico rapporto tra il soggetto e la cosa, che si trovi entro la sfera della sua custodia o della sua disponibilit e, quindi, anche a quel rapporto tra la persona e la cosa che si stabilisce in chi proceda, debitamente autorizzato, alla vendita ed alla distribuziione degli apparecchi di accensione. E di ci si trova conferma negli stessi lavori preparatori, che ben possono servire a chiarire il contenuto e la finalit di una legge. Nella relazione al Senato, infatti, dopo la premessa che uno deglri scopi del l.l. era quello di assicurare all'Erario un gettito molto superiore a quello che si conseguiva con il precedente sistema di assolvimento dell'imposta mediante punzonatura, si afferma che tale finalit sarebbe stata raggiunta fin dal primo anno con il previsto incasso di circa un miliardo con il prelevamento delle nuove marche da parte dei rivenditori dei generi di monopolio, inclusi quelli autorizzati alla vendita degli accendini, anche se, come si precisa, doveva prevedersi, con le dovute cautele, un sistema di cambio ogni anno delle marche rimaste invendute. A ci venne provveduto con la circolare n. 1881 del 23 febbraio 1956, nella quale, tra l'altro, allo scopo di evitare una facile possibilit di frode, il Ministro delle finanze rivolse ai l"ivenditori l'avvertenza di aver cura di non staccare le marche dai bordi di ciascun foglio se non all'atto della vendita, in quanto non sar poi consentito a fine d'anno il cambio delle marche sfuse . , pertanto, da concludere che dal.la lata interpretazione da darsi, per i rilievi che precedono, alla dizione detenzione degli artt. 2 e 4 in esame, derivi la logica conseguenza che anche la detenzione di apparecchi accenditori per venderli, ove non 1sia accompagnata dal simultaneo possesso di una marca contrassegno per .ciascuno di essi, rientra nella previsione del detto art. 4. Ed al riguardo appena il caso di preeisare che, trattandosi nella specie di apparecchi detenuti per la vendita da un rivenditore autorizzato di generi di . monopolio, non si pone nel presente giudizio la questione, pi volte .~ottoposta all'esame delle Sezioni Penali di questa Corte Suprema, se la detenzione per la vendita d accenditori sprovvisti della speciale marca da parte di chi non sia munito della prescritta licenza costituisca, anzich semplice illecito tributario, reato di contrabbando punibile ai sensi dell'art. 10 della legge n. 105 del 193.0, rimasto abrogato dalla nuova legge limitatamente alJ:a sola detenzione e non anche per quanto riguarda la fabbricazione, l'importazione e la vendita di accenditori automatici. (Omissis). 292 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 febbraio 1970, n. 255 -Pres. Pece -Est. Pascasio -P. M. Gedda (conf.) -Soc. Costruzioni Verona (avv. Cevolotto) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Masi). Imposta di registro -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti per loro natura le uno dalle altre -Fattispecie. (r.d. .30 dicembre 1923, n. 3269, art. 9). Imposta di registro -Agevolazioni per l'incremento delle costruzioni edilizie previste dalla legge 2 luglio 1949 n. 408 -Concessione reci proca del diritto di superficie -Inapplicabilit delle agevolazioni. (legge 2 luglio 1949, n. 408, art. 14). Per potersi applicare un'unica imposta, a norma dell'art. 9 della legge di registro, a diverse convenzioni, deve sussistere fra esse un'oggettiva necessit giuridica e concettuale di connessione e compenetrazione, non essendo sufficiente una mera connessione soggettiva; quindi separatamente tassabile il contratto di costituzione reciproca del diritto di superficie connesso con quello di vendita di area edificabile (1). L'agevolazione dell'art. 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408 applicabile alla costituzione del diritto di superficie su cosa altrui dalla quale viene distaccata una componente dei diritti di propriet per essere attribuita ad altri, ma non alla concessione reciproca dei diritti di superficie che non realizza un acquisto di area edificabile (2). (Omissis). --Col primo motivo la Societ ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione dell'art. 9 della legge 30 dicembre 1923, n. 3269, in relazione agli artt. 1117 e segg, e.e. in quanto l'acquisto dell'area ed i patti condominiali sarebbero collegati da una connessione necessaria e perci soggetti ad una sola imposta. La censura non fondata. La norma del dtato art. 9 disciplina infatti l'ipotesi di disposizioni necessariamente .connesse e derivanti, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre. Ma le pttuizioni in esame non rientrano in simile previsione legislativa in quanto l'una concerne il trasferimento dell'area (1-2) La prima massima conforme ad un tradizionale orientamento giurisprudenziale: Cass., 12 marzo 1965, n. 416 in questa Rassegna, 1965, I, 781 con nota di L. CoRREALE; 28 gennaio 1966, n. 332 e 17 febbraio 1966, n. 496, ivi, 1966, I, 179; 17 giugno 1966, n. 1560, ivi, 1966, I, 1307 con nota di C. BAFILE; 2 agosto 1968, n. 2752, ivi, 1969, 278. Non si pu tacere, per, che spesse volte la S.C. ha interpretato con ben diversa larghezza l'art. 9 quando ha voluto ricomprendere atti in connessione strumentale in una PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 293 per quote millesi:mali, l'altra la costituzione del diritto di edificare mediante attribuzione in propriet separata delle singole parti del costruendo edificio. Le due convenzioni sono pertanto intrinsecamente del tutto autonome e nient'affatto necessariamente connesse n dipendenti. E poich la seconda pattuizione d luogo a dei diritti .di superficie per i quali non prevista l'agevolazione fiscale, esattamente la decisione impugnata ha ritenuto che la pretesa tributaria fosse legittima. Col secondo motivo .si denuncia la violazione dell'art. 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408 in quanto i patti anzidetti erano stati formulati dalle parti quanto meno in correlazione con la vendita, regolando le modalit .della costruzione da edificare, sicch ad essi doveva estendersi l'agevolazione tributaria. Anche questa censura infondata. Come questa Corte suprema ha avuto gi occasione di affermare, perch un atto possa scontare una sola volta .la tassa di registro, a1i: sensi dell'art. 9 innanzi citato, deve sussistere una oggettiva necessit giuridica e concettuale di .connessione e compenetrazione, non essendo all'uopo sufficiente una mera connessione .soggettiva (sent. n. 2297 del 6 luglio 1968; Sez. Un. 28 novembre 1969) . .Se, pertanto, si richiede un rapporto di s stretta natura, non pu essere sufficiente una mera correlazione fra i patti stipulati. Peraltro, questa stessa Corte ha puntualizzato che la costituzione del diritto di superficie realizza un trasferimento di diritti solo quando sorge su cosa complementare altrui dalla quale viene distaccata una componente dei diritti di propriet per essere attribuita ad altri. Nel caso di concessione reciproca di diritti ad aedificandum (come nella specie) non si ha l'acquisto di area edificabile previsto dalla legge 2 luglio 1949, n. 408, ma s.i ha la trasformazione di un determinato e quantificato diritto di .superficie che prima si estendeva in maniera po I ~ tenziale su tutta la cosa indivisa ed era limitata solo dal concorso de1Ie quote ideali altrui: per cui non spetta l'agevolazione tributaria in questione. -(Omissis). unica agevolazione (cfr., ad esempio, Cass., 24 marzo 1969, n. 933, ivi, 1969, I, 321). Di notevole interesse la seconda massima con la quale si esclude che il negozio di reciproca costituzione del diritto di superficie rientri nella legge n. 408 (cfr. Cass., 6 luglio 1968, n. 2297, ivi, 1968, I, 788). Di conseguenza nel caso di vendita di una quota in millesimi della propriet I del suolo e di assunzione di impegno a costruire in condominio un fabbri!~ cato da assegnare in propriet per quote millesimali secondo la propriet li del suolo, il negozio relativo alla parte del suolo utilizzata per l'edifica I I ~= zione in comune mediante costituzione del diritto reciproco di superficie sull'intera area non gode dell'agevolazione n in via autonoma n in quanto connesso col contratto di vendita. ! I I 1: fj l?li!DmP~AFA9'AF~IAFlli!DmP~~ 294 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. L 9 febbraio 1970, n. 304 -Pres. Pece Est. Berarducci -P. M. De Majo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Giorgio Azzariti) c. Bertolini. II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 febbraio 1970, n. 321 -Pres. Giannattasio -Est. Valore -P. M. Gentile (conf.) -Ministero delle Jfinanze (avv. Stato Soprano) c. Toja. Imposta di successione -Imposta sul valore globale -Autonomia Addizionale istituita con d. 1. 7 novembre 1954, n. 1025 -Non si estende all'imposta sul valore globale. (d.l. 8 marzo 1945, n. 90, artt. 6, 11 e 13; d.1. 7 novembre 1954, n. 1025, art. 1). L'imposta sul valore globale, sebbene 1.nformata alla stessa finalit di colpire i trasferimenti della 1icchezza a causa di morte, nettamente distinta dall'imposta di successione; mentre quest'ultima imposta si applica sul valore delle singole quote ereditarie ed ha carattere personale, la prima colpisce il patrimonio relitto prima della distribuzione ed ha carattere prevalentemente reale; conseguentemente L'aumento dell'imposta addizionale stabilito con L'art. 1 del d.l. 7 novembre 1954, n. 1025, limitatamente all'imposta di registro, di successione e ipotecaria, non si estende all'imposta sul valore globale (1). I (Omissis). -L'unko motivo di gravame formulato dall'Amministrazione finanziaria si articola in numerose censure con Je quali si sostiene che la sentenza denunciata avrebbe escluso l'applicabilit del (1) Il princ1p10 affermato dalla. Cassazione con le due sentenze in esame suscita qualche perplessit. Difatti la Suprema Corte, per risolvere negativamente il quesito relativo alla applicabilit del d.l. 7 novembre 1954, n. 1025 all'imposta sul valore globale, ha posto l'accento su di una interpretazione letterale di tale norma che dispone l'aumento di aliquota dell'addizionale limitatamente alle imposte di registro, di successione ed ipotecarie, ed ha iritenuto che la estensione di tale formula alla imposta sul valore globale costituirebbe una interpretazione analogica non consentita in materia. Ma sembra possibile osservare, in contrario, che se la legge fondamentale sull'imposta globale tale, come pacifico, da consentire l'applicabilit ad .essa di tutte le norme sull'imposta di successione comprese PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 295 l'aumento dell'addizionale di cui all'art. 1 della J.egge n. lQ.25 del 1954, all'imposta sul valore globale dell'asse ereditario, non considerando: I a) che l'imposta sul valore globale dell'asse ereditario rientra essenI zialmente nel sistema e nel regime tributario dell'imposta di succesI I I sione, alla quale viene comunemente assimilata ed equiparata, con la conseguenza che, qualora il legislatore fatenda limitare l'applicazione di un'addizionale alla sola imposta di successione ed escluderla rispetto all'imposta sul valore globale, deve specificare espressamente questa sua volont; b) ,che il rinvio di cui al secondo comma dell'art. 13 del I d.1.1. 8 marzo 1945, n. 90, non riguarda soltant9 il r.d. 30 dicembre 1923, n. 3,270, ma anche le successive modificazioni ed aggiunte , e che, I perci, si tratta, non gi di rinvio ad un determinato testo legislativo, ma alla complessiva regolamentazione legislativa riguardante l'imposta l di successione, regolamentazione che, pertanto, resta applicabi:le anche alla imposta sul valore globale; e) che qualsiasi dubbio sulla interpretazione della sopra citata norma del secondo comma dell'art. 13 del d.J.l. del 1945, n. 90, superato dal chiaro disposto dell'art. 11, terzo comma, dello stesso decreto, che dichiara applicabile all'imposta sul valore globale le disposizioni della legge tributaria sulle successioni... comprese quelle reJative all'addizionale istituita dal d.1. 30 novembre 1937, n. 2145 -; d) che l'art. 1 d.1. 7 novembre 1954, n. 1025, dispone che la addizionale istituita col d.l. 30 novembre 1937, n. 2145 ... quelle relative all'addizionale (d.1. 5 marzo 1945, n. 90, arrt. 11), il ragionamento da farsi opposto a quello seguito dalla Suprema Corte, ed importa che di ogni disposizione dettata per il tributo successorio si debba, in mancanza di espress norme in contrario, ritenere la piena applicabilit anche all'imposta sul valore globale. D'altra parte, da considerare che la espressione limitativa, contenuta nel d.1. del 1954, aveva il solo evidente scopo di discriminare, con riguardo al sistema introdotto dalla legge fondamentale sull'addizionale, le diverse ipotesi di addizionale sui tributi diretti erariali e sui tributi degli enti locali, rispettivamente previsti dalle lettere a) e c) dell'art. 1 del r.d. 30 novembrre 1937, n. 2145, per i quali si intendeva escludere l'aumento, senza modificare per le altre imposte che erano previste alla lettera b) del citato articolo, e cio, oltre l'imposta di manomorta nel frattempo abolita, appunto le imposte di registro, di successione ed ipotecarie, nella disciplina delle quali era ormai definitivamente assunta anche quella dell'addizionale sull'imposta globale. Del che si avuta una riprova, del resto, con la successiva legge 10 dicembre 1961, n. 1346, la quale, con la disposizione dell'art. 1, volendo fare :un trattamento differenziato per l'imposta globale, a ci ha provveduto ponendo la relativa norma in guisa di eccezione, ed enucleando la corrispondente ipotesi impositiva da quella pi ampia, comprendente anche i il tributo in parola, contenuta nella prima parte della disposizione stessa. Nonostante tali perplessit, -non appare prevedibile un mutamento dell'indirizzo giurisprudenziale di cui alle sentenze in esame. I I I' Eiii?~Alf?4\llllf#~~..,Jllffl1irA1l!!VA1l!!V4ilr4\llllf#aj ~ASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ulteriormente aumentata a centesimi 10 ... e che tale disposizione dimostra 'che si tratta di una mera modifica della legge precedente, di un semplice ritocco di aliquote per tributi gi esistenti, i quali mantengono H loro precedente carattere; e) che il fatto che la legge n. 1025 del 1954 non contenga alcun cenno all'imposta sul valore globale non pu, pertanto, essere interpretato nel senso che il legislatore abbia inteso raggiungere i fini particolari attingendo unicamente all'imposta indiretta sul vaJ.ore delle singole quote ereditarie, in quanto per essere interpretato in tal senso sarebbe occorso, data la comune assimilazione ed equiparazione delle imposte successorie, che il legislatore avesse specificato espressamente la propria volont di limitare l'applicazione dell'addizionale all'imposta sulle singole quote ereditarie e di escluderla rispetto a quella sul valore globale; f) che se vero che l'uso del plurale per il sostantivo imposta non offre alcun sicuro elemento interpretativo, , per, anche vero che, dopo l'istituzione dell'imposta sul valore globale, la formula generica imposte di successione, non seguita da alcuna specificazione, stata usata dal nostro legislatore per indicare cumulativamente entrambi i tributi successori, come dimostrato dalle intitolazioni del d.l. 8 marzo 1945, n. 90, della J.egge 12 maggio 1949, n. 206, della legge 20 ottobre 1954, n. 1044, della legge 13 luglio 1954, n. 551, e dal contenuto dell'articolo unico di detta ultima legge; g) che la norma dell'art. 1 della legge 10 dicembre 1961, n. 1346, non offre alcun argomento in contrario, non essendo tale norma idonea a dimostrare altro se non il fatto che il legislatore ha inteso disporre un trattamento diverso per l'imposta S'lll valore globale rispetto a quello dell'imposta di successione. Le censure sono infondate. La prima osservazone che si impone, perch di fondamentale im portanza ai fini della decisione della questione se l'aumento dell'addi zionale disposto con l'art. 1 della legge n. 1025 del 1954 si applica, oltre che all'imposta normale di successione, anche all'imposta sul valore globale dell'asse ereditario, che le anzidette due imposte, anche se tra J.oro coordinate ed informate alla stessa finalit di colpire i: trasfe rimenti della ricchezza a causa di morte, sono nettamente distinte fra loro, in quanto, mentre l'imposta di successione, disciplinata dal r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, e successive modificaz.i:oni, colpisce l'arric chimento dell'erede e sL applica sul valore delle singole quote, ed ha, pertanto, carattre personale, l'imposta sul valore globale dell'asse ere ditario, istituita originariamente con il r.d.l. del 1942, n. 434, e ridi.sci plinata con il decreto n. 90 del 1945, colpisce, invece, il patrimonio relitto dall'autore della successione, prima della sua distribuzione fra gli eredi ed i legatari, ed ha, pertanto, carattere prevalentemente reale. Invero, questa distinzione -che nell'essenza delle due imposte e che, peraltro, i; espressamente riconosciuta dallo stesso legislatore laddove PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 297 afferma che l'imposta sul valore globale autonoma e indipendente dall'imposta di successione (v. art. 4 r.d.l. 4 maggio 1942, n. 434, e art. 6 d.1.1. 8 marzo 1945, n. 90) -impedisce che l'imposta sul valore globale venga assimilata ed equiparata all'imposta di successione sino ad identificarla con questa, e, conseguentemente, non consente che la norma dell'art. 1 del d.l. 7 novembre 1954, n. 1025, sia interpretata nel .senso sostenuto dalla ricorrente, ossia nel senso che detta norma, disponendo in ordine all'imposta di successione, abbia disposto anche in :ordine all'imposta 1sul valore globale. A tale interpretazione si oppone, d'altra parte, la stessa J.ettera della norma, il cui significato chiaro ed inequivocabile ove si consideri che essa, dopo aver ricordato H precedente aumento dell'addizionale, disposto con il d.l. 18 febbraio 1946, n. 100 -applicabile, com' noto, anche all'imposta sul va.Iore globale -dispone che detta addizionale ulteriormente aumentata, ma limitatamente alle imposte di registro, di successione e ipotecarie, e, quindi, non anche in ordine a tutte le altre imposte cui era applicabile il precedente aumento, fra le quali l'imposta sul valore globale. Limitare significa porre un confine, restringere, e, quindi, l'uso dell'avverbio limitatamente con riferimento (oltre che alle imposte di r.egistro ed ipotecarie) all'imposta di successione, senza alcun'altra specificazione, non pu avere altro significato, data la distinzione fra detta ultima ioni, mirano allo stesso risultato, a ottenere, cio, il w I ~ rinvio della causa alla Commissione provinciale per l'esame dell'appello ITT dell'Ufficio. -(Omissis). CZ (1) Giurisprudenza pacifica: Cass., 25 maggio 1966, n. 1330, in questa 1-::-: Rassegna, 1966, I, 1296 con nota di richiami; per l'altro aspetto della sanaii' ~:::::: E::{ toria della nullit mediante la rinnovazione della notifica che il giudice ~ ::::; deve ordinare a norma dell'art. 291 c.p.c., v. Cass., 14 febbraio 1970, n. 427, retro, p. 311. I %:: v:: ~,~~,&'~lii! PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 315 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 marzo 1970, n. 841 -Pres. Giannat tasio -Est. Elia -P. M. Chir (conf.). -Fioretti (avv. Magnani) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Angelini Rota). Imposta di registro -Vendita immobiliare simulata -Donazione dis simulata nulla per vizio di forma -Imposta di retrocessione dovuta. (r.d. 30 dicembre 1923. n. 3269, artt. 11, 14, nn. 2 e 72, tariffa au.. A, art. 1). La legge fiscale, assoggettando all'imposta, irripetibile, l'atto simulato, deve coerentemente attribuire alla sentenza dichiarativa della nullit per simulazione L'effetto di oorre in essere un nuovo trasferimento del bene, gi simulatamente trasferito; onde la sentenza, ponendo in essere un nuovo trasferimento non registrato, soggiace perci alla imp-0sta cosiddetta di tit0Zo1 > dovu.ta per tale trasferimento; imp-0s.ta che, anche per espressa disposizione dell'art. 72 deLla legge, dovuta in misura proporzionale, non graduale, n fissa, e prescinde dalla uiteriore dichiarazione di nullit, come dalla validit ed efficacia, deH'att-0 dissimulato (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso si denuncia violazione degli articoli 14 n. 2 e 69 del t.u. 30 dicembre 1923, n. 31269, in relazione agli articoli 782 e 1418 e.e. ed all'art. 360 n. 3 c,p.c., deducendosi dal ricorrente che la sentenza, per cui .si richiedeva dall'ufficio l'imposta proporzionale, aveva dichiarata la nullit della donazione di una villa, per vizio radicale di forma indipendente dalla volont delle parti, consistente nella mancata assistenza di testimoni all'atto notarile, e solo da tale nullit la sentenza aveva derivata la dichiarazione che la villa era rimasta in propriet degli aventi causa del donatore; onde non vi era stato mai alcun trasferimento, n, dunque, alcuna retrocessione, dell'immobile. Deduce il ricorrente essere irrilevante che la sentenza avesse, anche, dichiarata la simulazione ~lella compravendita, mediante la quale (1) Con la presente sentenza la Cassazione ha confermato la sua precedente giurisprudenza in ordine alla tassabilit della retrocessione fo caso di dichiarazione giudiziale di simulazione dell'atto di trasferimento, e per cui cfr. sent. 7 agosto 1935, n. 3438, in Riv. leg. fistc. 1935, 736; sent. 27 luglio 1939, n. 2822, ivi, 1939, 948; sent. 14 gennaio 1946, n. 27, in Foro it., 1944-46, 1, 467, sent. 2(} marzo 1958, n. 919, ivi, 1959, 1, 640. La patticolare importanza della sentenza in esame sta per nella precisazione dei principi in base ai quali da ammettersi tale tassabilit, ed in iparticolare nella affermazione della completa autonomia, ai fini fiscali, dell'atto simulato rispetto a quello dissimulato, entrambi soggetti a tassazione secondo la propria natura ed in conformit delle norme, anche diverse, dell'ordinamento, che a ciascuno di essi siano applicabili. si era voluto mascherare la donazione, gi di ,per s nulla per vizio di forma, in quanto la compravendita era solo un mezzo, per giungere alla donazione, e la dichiarazione di simulazione della compravendita era, dunque, solo un tramite, per annullare la donazione, unico atto effettivamente esistente, ed affetto da nullit. La censura infondata. Il Tribunale di Brescia, con la sentenza per oui si chiede imposta proporzionale di registro, dichiar nullo per simulazione relativa il rogito notarile col quale si era simulata la compravendita di una villa. L'atto contenuto nel rogito era stato registrato, mediante pagamento di imposta, la quale non ripetibile, nonostante la nullit della compravendita, perch la nullit dipende da simulazione, ossia dalla volont simulatrice dei contraenti. Dispone, infatti, l'art. 11 della Legge di Registro che l'imposta dovuta anche per gli atti nulli. In deroga a tale principio generale, l'art. 14 n, 2 della stessa Legge dispone, invece, che l'imposta deve essere restituita, in quanto non dovuta, se l'atto dichiarato nullo, giudizialmente, per vizio radicale che non dipende dalla volont delle parti. Poich la simulazione dipende dalla volont dei contraenti simulatori, in ipotesi di atto nullo per simulazione non vale la deroga dell'art. 14 n. 2 e in base al principio generale di cui all'art. 11 non ammesso rimborso dell'imposta. Ai fini, cio, dell'imposta, sull'atto simulato e registrato la dichiarazione di nullit per simulazione deve considerarsi non avvenuta, e da ci deriva che, sempre ai fini fiscali, deve considerarsi come avvenuto il trasferimento simulato; con la conseguenza che la sentenza, la quale dichiara la nullit del detto trasferimento, viene, fiscalmente, a porre in essere, ai soli fini dell'imposta, una retrocessione, soggetta ad imposta proporzionale, a termini dell'art. 1 della Tariffa allegato A, parte prima, con aliquota eguale a quella stabilita per le vendite (Cass. 25 gennaio 1954, n. 18'4). Con tale sistema, la le.gge fiscale, disciplinando la speciale materia d'imposta, avente carattere pubblicistico, deroga alle comuni norme del diritto privato, considerando oggetto di retrocessione il bene simulatamente trasmesso, ai soli fini della imposizione tributaria (Cass. 20 marzo 1958, n. 919). Assoggettando all'imposta, irripetibile, l'atto simulato, la legge fiscale deve, infatti, coerentemente, attribuire, alla sentenza dichiarativa della nullit per simulazione, l'effetto di porre in essere un nuovo trasferimento del bene, gi simulatamente trasferito; onde la sentenza, ponendo in essere un nuovo trasferimento non registrato, soggiace perci alla imposta cosiddetta di titolo , dovuta per tale trasferimento~ imposta che, anche per espressa disposizione dell'art. 72 della Legge, dovuta in misura proporzionale, non graduale, n fissa. (Ca.ss. 1 sez. civ. 30 ottobre 1969, n. 3591). Per il solo fatto che dichiar la nullit della compravendita per simulazione, dunque, la sentenza del Tribunale di Brescia doveva essere assoggettata all'imposta proporzionale, come richiesto dall'Amministrazione Finanziaria dello Stato. Irrilevante, cio. PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 317 ai fini dell'imposta, era, quindi, non la dichiarazione di simulazione, come, erroneamente, sostiene il ricorrente, ma la dichiarazione di nullit dell'atto dissimulato, che, per la leg.ge fiscale, non spiega effetti, in ordine alla retrocessione del bene, oggetto del trasferimento simulato, retrocessione che deriva, solo, dalla dichiarazione di simulazione. La Legge fiscale considera, infatti, l'atto simulato come autonomo, rispetto all'atto dissimulato: causa dell'imposizione e resta la compravendita, la nullit della quale pone in essere, in deroga alle norme del diritto privato, ed ai soli fini dell'imposta, un nuovo trapasso, che dipende, esclusivamente, dalla nullit dell'atto simulato, nullit che la legge fiscale considera sopravvenuta, ai fini dell'imposta. L'esistenza, e la validit, dell'atto dissimulato non pu, dunque, interferire nel rapporto tributario, autonomo, distinto, ed esclusivamente relativo all'atto simulato, n sulla presunzione legale di retrocessione, che dipende solo, dall'atto simulato e prescinde dalla sua efficacia. Il ricorso, perci, deve essere rigettato e conseguono la perdita del deposito e la condanna alle spese. -(Omissis). SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 20 gennaio 1970, n. 112 -Pres. Flore -Est. Pratis -P. M. Trotta (conf.) -E.N.EL. (avv. Mazzullo) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Albisinni). Acque pubb~iche ed elettricit -Concessioni di acqua pubblica -Ca none -Caratteri -Aumento dei canoni disposti dalla 1. 21 dicem bre 1961, n. 1501 -Decorrenza. (t.u. 11 novembre 1933, n. 1775, artt. 35 e segg.; I. 21 dicembre 1961, n. 1501, art. 1). Il canone di utenza di acqua pubblica, pur essendo pagato in annualit anticipate e non frazioncibiU, ha sempre riferimento ai periodo annuale di godimento della concessione e la sua misura stabilita non gi in base ad una contrattazione, ma sulLa base di criteri legali, epper la legge che dispone l'aumento dei ca.noni demaniali dal momento deila sua entrata in vigore, applicandosi anche aUa fase annuale del rapporto eventualmente non ancora esaurita, operativa anche rispetto aUa corrispondente parte di canone di utenza d'acqua pubblica che risulti anticipatamente pagata (1). (Omissis). -L'E.N.EL., ricorrente, deduce vioTazione degli articoli 35, 36, 37, 48 e 55 del 't.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, dell'art. 17, lett. b), del r.d. 14 agosto 1920, n. 12'85, degli artt. 1 e 6 della l; 21 dicembre 1961, n. 1501, nonch dei principi generali sull'efficacia della legge nel tempo e dei principi relativi ai contratti di durata. Il ricorrente censura, in particolare, la premessa, contenuta nella sentenza impugnafa, secondo llJa quale il canone pagato dai concessionari per l'utilizzazione di acqua pubblica costituirebbe il corrispettivo del bene (1) V. Cass., Sez. Un., 29 maggio 1969, n. 1893, in questa Rassegna, 1969, I, 729 e segg., con nota di ALBISINNI; v. anche, sulla natura del canone delle concessioni demaniali, Cass., 12 giugno 1969, n. 2080, ivi, I, 737, snb 3; 24 maggio 1968, n. 1581, Giust. civ., Mass., 1968, 797; 11 mag,gio 1965, numero 898, in questa Rassegna, 1965, I, 689 e 691; v. altres CARUSI, in note, in questa Rassegna, 1964, I, 1066 e segg., e 1965, I, 321 e segg. _.,,~~~~ PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 319 dato in concessione, e sostiene che detto canone riveste i caratteri di una prestazione di diritto pubblico (pi precisamente: di natura rtributaria), dovuta dal cittadino allo Stato per la situazione di privilegio creatagli dall'atto essenzialmente sovrano della Concessione. Ora -rileva il ricorrente -se iii. canone presenta una propria autonomia ed indipendenza rispetto al godimento dell'acqua, una volta scaduto il termine annuale di pagamento, il credito dell'amministrazione ed il debito del privato rimangono, per tale rateo annuale (anticipato e non frazionabile), definitivamente consolidati e, quindi, sottratti alla immediata applicazione della legge successiva, che disponga l'aumento dell'ammontare dei canoni. In secondo luogo -sempre secondo il ricorrente -quando anche quella del pagamehto del canone fosse una obbligazione. di natura contrattuale, si dovrebbero richiamare i principi geneTali relativi ai contratti ad esecuzione periodica, secondo i quali i singoli atti di esecuzione sono giuridicamente autonomi, l'uno rispetto all'altro, con la conseguente irretroattivit, rispetto alJ.e prestazioni gi eseguite, dei fatti posteriori e del jus superveniens . Le censure non sono fondate. Come questa Corte Suprema ha di recente rilevato (sentenze da n. 1893 a n. 1998 del 1969), in occasione di altre analoghe controversie, alla risoluzione della. delicata questione di diritto transitorio -consistenie nel decidere se l'aumento dei canoni .per la concessione di acque pubbliche, disposto dalla legge 21 dicembre 1961, n. 1501, avente efficacia, a norma dell'art. 6 della legge stessa, dal 1 febbraio 1962, si applichi anche ai canoni gi corrisposti prima di quest'ultima data, per il periodo di utilizzazione delle acque ricadente sotto il vigore della legge suddetta -non d alcun apporto utile n il richiamo alla natura pubblicistica della concessione (per la preminenza che in essa si attribuisce all'interesse pubblico), n un'indagine particolare sulla natura del canone. Ed invero, ammessa senz'altro la natura prevalentemente pubblicistica della concessione di acque pubbliche, non si pu, comunque, contestare che da essa, e per la durata relativa, derivi ail. concessionario, anche nei confronti dell'Amministrazione, un diritto al conseguimento dell'utilit che oggetto della concessione stessa, sino a che non si verifichi ]:'esigenza del suo sacrificio per ragioni di pubblico interesse. Correlativamente, l'Amministrazione ha, per tutta la durata della concessione, il diritto al conseguimento del canone. Non pu, pertanto, disconoscersi la sussistenza, in tale tipo di concessione, di prestazioni reciproche, l'una in correlazione con l'altra. N tale rapporto di correlazione tra il pagamento del canone ed i1 godimento deil.l'acqua da escludersi, come vorrebbe il ricorrente, sulla base delle disposizioni degli artt. 35 e segg. del t.u. n. 1775 del 1933. Queste disposizioni, infatti, nel prevedere la sottoposizione delle utenze di acqua pubblica al pagamento d'un canone, ragguagliato quest'ultimo 11 320 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rigorosamente al quantitativo di acqua o di forza motrice utilizzabile dal concessionario, variano la misura proporzionale del canone solo in relazione alla .possibilit di restituzione delle colature e ai diversi usi della derivazione assentita (artt. 35 e 36). Il fatto, poi, che la decorrenza del pagamento del canone sia fissata prescindendo anche dall'utilizzazione effettiva e riferendosi soprattutto alla possibilit di utilizzazione del bene (art. 37) non pu ritenersi in contrasto con il carattere corrispettivo (entro certi limiti) del canone, in quanto perfettamente compatibile con tale carattere che non venga assunta a motivo di esonero del relativo pagamento la mancata utilizzazione dell'acqua, se non quando essa non sia imputabile al concessionario. E cosi pure, mentre da un lato la norma dell'art. 48 del t.u. -che prevede, rispettivamente, Ja riduzione o la cessazione del canone, quando rimanga diminuita o soppressa l'utilizzazione dell'acqua in conseguenza della modificazione, per cause naturali, del regime del corso d'acqua -costituisce una conferma di-tale carattere, dall'aJ.tro lato non vi contrasta la disposizione del successivo art. 55 -secondo cui nei casi di decadenza o rinuncia il concessionario tenuto al .pagamento dell'intero canone annuale proprio perch in tali casi la mancata, ulteriore utilizzazione dell'acqua attribuibile al comportamento del concesisonario. Neppure accettabiile l'assunto del ricorrente, secondo il quale, essendo il canone una prestazione pecuniaria periodica, da adempiersi in annualit anticipate (art. 17 del r.d. 14 agosto 1920, n. 1285), le vicende del rapporto successive a ciascun pagamento annuale non potrebbero incidere su quest'ultimo, in quanto soccorrerebbero in proposito i principi genera'li relativi ai contratti ad esecuzione .periodica, secondo cui i singoli atti di esecuzione sono giuridicamente autonomi l'uno rispetto all'altro, derivandone, quindi, l'irretroattivit, nei confronti delle :prestazioni gi eseguite, dei fatti posteriori e del jus superveniens . Anzitutto, va rilevato che la circostanza che il canone debba esse.r:e pagato in annualit anticipate e non frazionabili riguarda una semplice modalit del pagamento, mentre resfa pur sempre f.ermo che questo fatto in corrispettivo della utilizzazione dell'acqua per tutto l'anno in corso. In secondo luogo, va rilevato che la misura del canone stabilita non sulla base d'una contrattazione, bens sul:la base di criteri tassativamente indica-ti dalla legge, con la conseguenza che la questione che qui interessa deve essere risolta non secondo le norme disciplinatrici dei contratti e delle foro vicende, bensi alla stregua dei principi che regolano la efficacia della legge nel tempo, e particolarmente il principio, per cui, di fronte ad un rapporto che non si esaurisce istantaneamente, ma si protrae nel tempo, la legge nuova si applica agli effetti non esauriti del rapporto ed alle fasi di esso che siano in via di svolgimento al momento deU'entrata in vigore della legge stessa, sempre che liL regolamento di quegli effetti e di quelle fasi non venga ad incidere sul fatto " ::::: illI <- PARTE I, SEZ!'ilJ, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 321 o sull'atto generatore del rapporto (cfr. Cass., n. 1115 del 1966). Ne deriva che, applicandosi la legge che dispone J.'aumento dei canoni demaniali immediatamente dal momento della sua entrata in vigore anche a quella fase annuale del rapporto che non sia ancora esaurita, da quel medesimo momento il canone aumentato, di tal che, se esso risulti anticipatamente pagato per un periodo successivo al momento stesso, il concessionario tenuto a corrispondere la relativa integrazione. N giova invocare, in contrario, la cosiddetta indivisibilit del canone annuale. Il fatto che questo non sia frazionabile riguarda (lo si ripete) le modalit di pagamento (cos come una modalit di pagamento la anticipazione dell'annualit), ma non ne riguarda l'ammontare, dovuto in caso di aumento sopravvenuto nel corso d un'annualit. L'immediata app:l:icaibilit delle disposizioni sull'aumento dei canoni demaniali a tutti i rapporti di concessione in corso al momento di entrata in vigore della relativa legge, con effetto anche sul periodo infrannale, per il quale il canone era gi stato anticipatamente pagato, poi del tutto in armonia con la ratio juris delle disposizioni medesime. Ed invero con queste il legislatore ha provveduto ad adeguare [a disciplina dei corrispettivi per l'utilit conseguibile con il godimento dei beni demaniali ad una situazione venutasi a modificare durante lo svolgimento del rappo!t"to di concessione, soddisfacendo cosi alla esigenza di ristabilire l'iniziale equilibrio patrimoniale. Ora, come ha notato il Tribunale Superiore, essendo le norme in esame rivolte a tutelare il debitore della prestazione divenuta eccessivamente onerosa, nessuna importanza pu attribuirsi a1la gi avvenuta scadenza del termine di pagamento anticipato del canone e, tanto meno, al fatto contingente dell'avvenuto pagamento, mentre l'unico termine di riferimento per l'adeguamento del canone, di fronte al rapporto in corso di svolgimento, quello dell'entrata in vigore della legge. Ci si adegua inoltre alla esigenza della parit di trattamento degli utenti, nei confronti dei quali, altrimenti, si verrebbero a determinare situazioni discriminatorie (in relazione alla diversa data di scadenza delle annualit di pagamento dei canoni), chiaramente contrastanti con il principio di uguaglianza, che vuole parit di trattamento '.Per situazioni sostanzialmente uguali. Neppure appare utile, per sostenere la contraria opinione dell'inap~ picabilit degli aumenti disposti dalla l. 21 dicembre 1961, n. 1501 ai canoni gi corrisposti prima dell'entrata in vigore della legge medesima, richiamarsi alla considerazione che la legge .suddetta non contiene una disposizione analoga a quella dell'art. 6 della I. 21 gennaio 1949, n. 8, che esplicitamente prevedeva l'applicazione degli aumenti anche ai canoni .gi corrisposti. Anche se il legislatore del 1949 ha dettato tale apposita norma, d non significa che la stessa fosse necessaria per la produzione di tale effetto, discendendo questo dal ricordato principio 322 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO S?ATO dell'applicabilit immediata della nuova legge agli effetti non esauriti dei rapporti in corso di svolgimento. D'altra parte, come gi hanno notato queste Sezioni Unite nelle recenti pronunce, indicate all'inizio di questa motivazione, non si pu escludere che il legislatore del 1961 non abbia alottata la stessa espressione letterale usata nel 1949, non solo e non tanto per averla ritenuta superflua, dato che il criterio da essa seguito potrebbe desumersi dai principi, quanto per il fatto che, essendo \La legge del 1961 rubricata come e adeguamento dei canoni demaniali... ai sensi della legge 21 gennaio 1949, n. 8 , la legge successiva da considerarsi integrativa della precedente, il cui sistema pu ritenersi tuttora vigente ed immutato per quanto riguarda l'aumento immediato dei canoni gi corrisposti per periodi non ancora interamente decorsi. Il ricorso deve, di conseguenza, essere rigettato ed il ricorrente deve essere condannato alla perdita del deposito. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 gennaio 1970, n. 184 -Pres. Rossano -Est. Milano -P. M. De Marco (conf.) -Soc. Cartiere Burgo, .quale incorporante della Societ Idroelettrica Industriale (avv. Scandale) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cavalli). Acque pubbliche ed elettricit -Concessione di grande derivazione per la produzione di forza motrice -Costruzione dell'impianto in pendenza del perfezionamento dell'acquisto coattivo o consensuale del relativo sedime -Operativit del principio dell'accessione -Esclusione -Applicazione, in tema di presunzione ex art. 47 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 2, 7, 20, 21, 25, 33, 55; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 47, comma terzo; e.e., art. 934). Nel caso in cui si trasferisca un terreno di propriet privata, che, in vista deHa progettata espropriazione, sia stato utilizzato dai concessionario di grande derivazione d'acqua pubblica per la costruzione di un complesso idroelettrico, non pu, rispetto a tale opera, trovare applicacazione ia presunzione di trasferimento di tutte le accessioni posta dati'art. 47 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, poich quell'opera, che soltanto il concessionario pu costruire, pur se su terreno altrui, resta in propriet del medesimo ed in caso di decadenza dalla concessione passa senza compenso in propriet dello Stato (1). (1) Cfr., analogamente, per l'esclusione dell'accessione, nei casi di sta- bile trasformazione di immobile alieno per la costruzione di un'opera pubblica, Cass., 3 ottobre 1968, n. 3071, Giur. it., Mass., 1968, 1126. PARTE I,. SEZ. VI, GlURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 323 (Omissis). -Con il primo motivo si denuncia la violazione degli artt.. 2, 7, 33, 20 e 55 del t.u. sulle acque e sugli impianti elettrici 11 di '!embre 1933, n. 1775, 47 legge di registro e 934 e.e., in relazione allo art. 360, n. 3, c.p.c, : > Preme,gso. che il regime giuridico delle concessioni dellle acque. publ:> V~M Pr la ;prodl:tzi'9'ne di .energia elettrica, come disciplinato dal ri: J:ll~ato t.u.; esclude che proprietario di un complesso idroelettrico sia persona diversa dal concessionario della lerivazione di acqua pubblica, si e:nsura. la sentnza impugnata, per aver ritenuto che si trattasse solo cf,i l!\qcertare se fosse stata o meno vinta la presunzione di trasferimento <$ tl:ttee ccfossiniposta datrart. 4'1.dellt legge di registro, senza consic1raJ7e che ta1e presunzione non era applicabile, non essendo possi1;)~ 1~ configurare un acquisto per accessione di un impianto idroelettrico clW~~rt~'(i:e}proprietariodel suolo sul quale l'impianto stesso insiste. tffootiv.:fon:dato. Vaffermazione che il compless.o. idroelettrico costruito dalla conces s!<;>narfa i19det S.lD.lN. fosse. passato, ~ jure accessionis , al proprietario itelsuolo, sul quale esso insisteva, stata fatta dalla Corte di merito sull'.erroneo presupposto del carattere assoluto del fenomeno giuridico lell'accessione, 'senza larsi. eccessivo carico delle disposizioni del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775 delle leggi sulle acque e sugli impianti elet trici; in forza delle quali quell'impianto era stato costruito. ,.... Per, il dia.posto degli artt, 2 e 7 del suddetto t.u. possono derivare ed, 'Utlllzzare acqua pubblica soltanto coloro che ne ottengono regolare c9ncessione, J.a qu;:tle, qualora, come nella specie, abbia p'er oggetto una 9siddetta grande derivazione, ha efficacia di dichiarazione di pubbiica utilit per tutti i lavori ed impianti occorrenti... (art. 33), mentre l'approvazione del progetto esecutivo equivale all'approvazione del pfano J;>articolareggiato agli effetti dell'art. 17 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 . Ai sensi., poi, dell'art. 55, iltitolare della .concessione decade da essa, olt~e che per non_u.so-o cattivo uso di essa, in relazione ai fini della utilizzazione dell'acqua, anche' rper cessione effettuata senza il nulla osta d c'l.li all;art. 20 o per il mancato compimento dell'opera nel termine fissato dal lisciplinare. La riassunta normativa della concessione di derivazione idrica per la produzione di energia elettrica esclude che sia applicabile fil principio secondo cui il piroprietario del suolo acquista la propriet delle costruzi( mi e piantagioni nel momento in cui vengano dal terzo eseguite: tale principio non applicabile nei casi in cui la legge predispone una disciplina particolare per preesistenti rapporti giuridici o per rapporti che sorgono in base ad essa. Ora, l'efficacia di 1dichiarazione di pubblica utilit attribuita dalla legge al decreto di concessione di una grande derivazione e quella di approvazione del piano particol:reggiato riconosciuta all'ap RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 324 provazione del progetto esecutivo dell'opera idroelettrica determinano l'affievolimento di quei diritti che siano venuti a trovarsi in conflitto con l'interesse pubblico alla realizzazione dell'opera, con la conseguenza che quanto di essi occorra per l'opera medesima resta sacrificato, dando luogo ad un fenomeno opposto a quello dell'accessione, il quale presuppone che il diritto di propriet conservi la sua pienezza e la sua efficacia espansiva. E, se vero che le norme del richiamato t.u. non attribuiscono direttamente la propriet del suolo al concessionario della derivazione, dovendo questi acquistarne la propriet portando a termine il procedimento di espropriazione, tale circostanza -che l'impugnata sentenza ha posto a fondamento della propria decisione -non ha in effetti rilievo, perch que11le norme consentono e prevedono la possibilit di una separata propriet del suolo e dell'opera idroelettrica su esso incombente. Ci non soltanto si desume dalla rilevata efficacia dell'atto di concessione e dell'approvazione del progetto esecutivo dell'opera, ma testuallmente si ricava anche dal disposto dell'art. 25 del t.u., il quale, in tutti i casi di decadenza dalla concessione e, quindi, anche in quello in cui non siano portati a termine le espropriazioni del suolo nel termine fissato dal decreto e dal disciplinare (art. 55, lett. f), prevede l'automatico trasferimento allo Stato, e non gi al proprietario del suolo, di tutti gli impianti nel suolo medesimo incorporati. L'applicazione del normalle principio dell'ac,cessione al caso di opera costruita da un concessionario di grandi derivazioni condurrebbe a conclusioni manifestamente inammissibili, non essendo possibile configurare un'acquisizione per accessione al proprietario del suolo di un'opera, che, come si evince dall'art. 20 del citato t.u., deve rimanere in relazione strumentale con il diritto all'utilizzazione dell'acqua pubb1:ica. Ed appunto in considerazione della strumentalit di un acquedotto alla disponibilit ed al godimento dell'acqua, questa Corte Suprema, con recente decisione (sent. 7 giugno 1968, n. 1730), ha avuto occasione di affermare il principio che il manufatto costruito dal terzo Strl. fondo altrui, al fine di convogliare l'acqua fuori dal fondo, resta di propriet di colui che ha diritto di utilizzare l'acqua medesima e non si verifica l'accessione del manufatto al suolo. Se, dunque, fondamento della presunzione di cui alil'art. 47 de'lla legge di registro la operativit del principio dell'accessione, pu bene affermarsi che, nel caso in .cui si trasferisca un terreno di propriet privata, che, in vista della progettata espropriazione, sia stato utilizzato per la costruzione di un complesso idroelettrico, non pu :vispetto a tale opera trovare applicazione la presunzione di trasferimento di tutte le accessioni posta dalla citata norma fiscale, appunto perch quell'opera, che soltanto il concessionario di una grande derivazione pot costruire, non si appartiene al proprietario del suolo e non costituisce acces iii?ldflili'AWAPldflili'dl'APllLld!WIK01WA'd1i%i!Wll4!#VlfilUfilll!'!iliWfilfill!J PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 325 sione del suolo medesimo ai sensi e per effetto delle disposizioni e dei principi di diritto comune. L'accoglimento del primo motivo deil ricorso determina l'assorbimento degli altri due motivi, con i quali, sotto altri profili, si contesta l'applicabilit alla fattispecie della disposizione del citato art. 47. La decisione impugnata deve essere, quindi, cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata, per nuovo esame, ad altra Corte d'appello, che si uniformer al principio di diritto sopra enunciato. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 marzo 1970, n. 718 -Pres. Giannattasio -Est. Elia -P. M. Pedace (coni.) -Brigante (avv. Guadagni) c. Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Carusi). Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici -Cassa per il Mezzogiorno -Natura di organo statale munito di personalit giuridica -Sussiste -Corollario in ordine ai rapporti di appalto di opere pubbliche. (1. 10 agosto 1950, n. 646, art. 8; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063). Contratti pubblici -Appalti di opere pubbliche stipulati dalla Cassa per ilMezzogiorno -Clausole contrattuali predisposte dalla Cassa Necessit di specifica approvazione per iscritto da parte dell'appaltatore -Esclusione. (e.e., art. 1341). Appalto -Appalti di opere pubbliche disciplinati dal Capitolato generale d'appalto delle opere e forniture finanziate dalla Cassa per il Mezzogiorno -Controversie insorgenti dal contratto -Domanda azionata dell'appaltatore innanzi al G. O. -Foro co~petente. (Cap. gen. app. Cassa Mezzogiorno 6 luglio 1954, art. 4.3, ultimo comma) (*). La Cassa per il Mezzogiorno, pur essendo fornita di personaiit giuridica, agisce perseguendo soltanto fini statali, onde si compenetra sostanzialmente con l'Amministrazione dello Stato ed soggetta alle norme regola,nti gli appalti delle opere pubbliche dello Stato (1). (*) Il Capitolato ,generale d'appalto della Cassa per il Mezzogiorno del 1954 stato sostituito, con decorrenza dal 10 aprile 1965, da altro, deliberato il 20 gennaio 1965. (1) In senso conforme, v. gi Cass., Sez. Un., 29 dicembre 1967, n. 3025, in questa Rassegna, 1968, I, 405 (nella motivazione). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'art. 1341 e.e. inapplicabile ai contratti stipulati con la P. A. (2). Per le domande innanzi al G.0. proposte dall'appaltatore di opera pubblica in virt di contratto d'appalto disciplinato dal Capitolato generale della Cassa per il Mezzogiorno il foro competente quello in cui si trova la sede principale dell'Amministrazione appaltante (3). (Omissis). -Deduce il ricorrente che il richiamo agli artt. 39 e 43 del Capitolato generale per le opere :!].nanziate dalla Cassa del Mezzogiorno, contenuto nell'art. 6 del contratto di appalto 22 dicembre 1960, concluso da esso ricorrente con la Cassa, era limitato. alla procedura del giudizio arbitrale o non poteva valere ai fini della competenza giudiziaria ordinaria. Deduce inoltre il ricorrente che la formulazione della clausola dell'art. 6, ove si volesse attribuire, in contrasto col suo reale significato, a tale clausola il valore di deroga della competenza ordinaria, sarebbe tale da indurre il contraente in errore, in ordine alla portata della pattuizione, predisposta dalla Cassa, e ci anche in relazione all'art. 1341 e.e. Le censure proposte dal ricorrente non hanno fondamento. Come con adeguata motivazione rilev la Corte di appello e come questa Corte Suprema rileva, nell'esercizio dei suoi poteri di' accertamento dei fatti rilevanti ai fini della determinazione del giudice competente (Cass. civ., 14 dicembre 1966, n. 2924), la clausola 6 del contratto di appalto fu accettafa dal ricorrente mediante sottoscrizione della convenzione. Atteso il carattere particolare dell'a Cassa del Mezzogiorno, che, pur fornita di personalit giuridica, agisce perseguendo soltanto fini statali, onde si compenetra sostanzialmente con l'Amministrazione dello Stato (Cass., Sez. Un., 29 dicembre 1967, n. 3025) ed soggetta, per i rapporti di appalto, alle norme regolanti gli appalti delle opere pubbliche dello Stato, per l'art. 8 della legge 19 agosto 1950, n. 646, non era richiesta specifica approvazione per iscritto delle clausole predette a termini dell'art. 1341 e.e., inapplicabile ai contratti stipulati con la Pubblica Amministrazione (Cass., 25 giugno 1960, n. 1676). La clausola 6 del contratto, chiarissima nella sua formulazione, richiama esplicitamente tutte le condizioni del Capitolato generale d'appa.'.Lto delle opere e forniture finanziate dalla Cassa del Mezzogiorno e, in modo particolare, quelle di cui agli artt. 39 e 43, che prevedono il deferimento (2) In senso conforme, v. Cass., 23 luglio 1969, n. 2766, in questa Rassegna, 1969, I, 762, sub 4, ed ivi (764) nota di riferimenti. " (3) Sulla portata del richiamo contrattuale delle norme del Capitolato generale della Cassa per il Mezzogiorno, in costanza del richiamo delle norme vigenti per la disciplina degli arppalti delle opere dipendenti dal Ministero dei Lavori Pubblici, operato dall'art. 8 1. 10 agosto 1950, n. 646 (cfr. anche art. 32 d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523), v. Cass., 17 marzo 1969, n. 857, in questa Rassegna, 1969, I, 348-349; 6 .settembre 1968, n. 2878, id., 1968, I, 842, ed ivi (843) nota di riferimenti. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 327 agli arbitri della risoluzione delle controversie insorgenti dal contratto, I con facolt del convenuto di escludere la competenza arbitrale, in modo I che la controparte, se intende proseguire il giudizio, deve proporre la ~: domanda davanti al giudice competente a norma delle disposizioni del I. c.p.c. L'art. 43, all'ultimo comma, espressamente dispone: Il foro comI petente quello in cui si trova la sede principale dell'Amministrazione appaltante, ed incontroverso che la sede dell'appellante Cassa del Mezzogiorno si trova in Roma, cos come incontroverso che nella 'Specie si adita la autorit giudiziaria ordinaria, essendosi esclusa la competenza arbitrale. Pertanto, rettamente la Corte di appello di Napoli determin la competenza del Tribunale di Roma ed il ricorso deve essere rigettato. Al riguardo, da rilevare che non vi prova in atti che il ricorrente abbia avuta notizia della decisione impugnata oltre trenta giorni prima della data del ricorso, onde il ricorso medesimo deve preI sumersi ammissibile (Cass., 8 novembre 1967, n. 2704), e, perci, stato esaminato in merito e viene, come sopra detto, rigettato. Deve I disporsi la restituzione del deposito, effettuato dal ricorrente, ma non dovuto, per la procedura di regolamento di competenza. -(Omissis). I TRIBUNALE DI ROMA, Sez. I, 23 settembre 1963, n. 7293 -Pres. Amatucci -Est. Vitali -Societ Ing. Provera e Carrassi (avv. Cianfoni) c. Amministrazione dei Lavori Pubblici (avv. Stato Del Greco). I Appalto -Appalto di opera pubblica -Pretese dell'appaltatore a~li <' interessi moratori per dedotto, colpevole ritardo della P. A. committente nella redazione dello stato finale e nel collaudo dell'opera rispetto ai termini di capitolato speciale -Necessit della proposizione di apposite, tempestive riserve da parte dell'appaltatore Sussiste. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 96, comma secondo; d.m. 29 maggio 1895 mod. con d.C.P.S. 15 luglio 1947, n. 763, art. 22, lett. h; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, artt. 36 e 38). Nel caso di ritardo nena compitazione deUo stato finale e nel collaudo dell'opera appaltata, improponibile la richiesta di interessi moratori sulle somme spettanti all'apqJaltatare, qualora questi non abbia sottoscritto con riserva H conto finale ed il certificato di collaudo (1). (Omissis). -Con la comparsa conclusionale dell'8 maggio 1969 l'Amministrazione convenuta ha eccepito la incompetenza funzionale J.i (1) Cfr. Cass., 19 novembre 1964, n. 2761, Giur. it., Mass., 1964, 927. !:: Avverte Cass., 3 febbraio 1965, n. 172 -in questa Rassegna, 1965, I, [: 137-138 -che i debiti pecuniari dello Stato, in deroga alla norma dettata dall'art. 1282 e.e., diventano liquidi ed esigibili e generano, come tali, I I I ~j ~~~~_.J 328 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del giudice ordinario rispetto a quella arbitrale, ai sensi dell'art. 42 del Capitolato generale per gli appalti delle opere pubbliche, approvato con d.m. del 27 maggio 1895, che, come noto, stabiliva che tutte le vertenze tra l'Amministrazione e l'appaltatore (insorte durante l'esecuzione del contratto od al termine di esso), nessuna esclusa, dovessero essere deferite al giudizio di un collegio arbitrale. Va ricordato che tale norma stata sostituita dall'art. 43 del Capitolato generale d'appalto per le opere di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici, approvato con d.P.R. del 16 luglio 1962, n. 1063: questa disposizione integrata dall'art. 47 del medesimo testo, che d facolt alle parti, secondo determinati modi o criteri, di escludere la competenza arbitrale. Obietta la societ attrice, pur accettando, con le note di replica del 13 maggio 1969, il contraddittorio sul mezzo, che tale eccezione avrebbe dovuto, se mai, essere proposta in limine litis , avendo la competenza del giudice arbitrale, allo stato, carattere relativo, ed essendo, pertanto, ogni questione al riguardo rinunciabile dalla parte anche con il suo comportamento processuale omissivo (Cass., 18 gennaio 1965, n. 94). Il rilievo dell'Impresa non rm essere condiviso. L'Amministrazione, infatti, ha prospettato la sua eccezione esclusivamente sotto il profilo della inderogabilit della competenza arbitrale, come statuita dall'art. 42 del Capitolato del 1895: trattandosi d'una questione attinente a principi di ordine generale, in una materia, che, secondo lo assunto, sarebbe sottratta al potere dispositivo delle parti, non pu ritenersi precluso da tardivit il mezzo, che di quei principi denuncia una pretesa violazione: questa, ove sussistente, dovrebbe essere accertata e dichiarata d'ufficio. L'eccezione va, tuttavia, disattesa sotto altro riguardo. L'art. 47 del nuovo capitolato ha natura di norma processuale, e, pertanto, trova applicazione immediata anche nei rapporti contrattuali, sorti, come quello di specie, in epoca antecedente ed ancora in corso di svolgimento e di esecuzione alla data della sua entrata in vigore (1 settembre 1962): Cass., 10 agosto 1966, n. 2176; 18 marzo 1965, n. 461; 6 aprile 1966, n. 909). l'obbligo del pagamento degli interessi di diritto a carico dell'Amministrazione soltanto dopo che la spesa della competente Amministrazione sia stata ordinata, con l'emissione del relativo titolo di spesa, laonde, in mancanza di pattuizioni o di speciali norme che prevedano gli interessi per il ritardo (ad es. art. 40 Capitolato generale per gli appalti delle opere dipendenti dal Ministero LL.PP. aipprovato con d.m. 28 maggio 1895), non pu farsi addebito all'Amministrazione di non aver osservato il termine per l'adempimento dell'obbligazione . E, sull'art. 40 Cap. gen. oo.pp. 1895, v. Cass., 27 agosto 1966, n. 2285 -in questa Rassegna, 1967, I, 688, sub 2, con nota di riferimenti -secondo cui trattasi di norma che non consente di attribuire indennizzi maggiori all'appaltatore, se non (a parte il problema dell'onere della riserva) nel caso di inattivit volontaria o gravemente colposa degli organi della P.A. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 329 Non essendovi stato, nel caso in esame, il procedimento amministrativo previsto dall'art. 42 del testo, non pu farsi questione circa la decorrenza del tel'lffiine di cui all'art. 47, (per l'esercizio della facolt di deroga, e del resto l'argomento non sollevato neppure dall'Amministrazione convenuta. Nel merito, la domanda attrice deve essere respinta. Sono circostanze pacifiche tra le parti, e, del resto, ampiamente dimostrate dalla documentazione prodotta in atti, che la Societ p.a. Ingg. Provera e Carrassi ottenne in appalto i lavori di costruzione del carcere giudiziario di Trapani; che gli atti negoziali relativi al rapporto furono dal1' Amministrazione e dall'Impresa 'Stipulati il 25 maggio 1955, il 16 febbraio 195'9, 1'8 aprile 1959, il 27 luglio 1960; che le opere, principali e di variante, avrebbero dovuto essere consegnate, rispettivamente, entro il 7 novembre 1959, il 2,4 dicembre 1959, il 20 ottobre 1960, il 14 dicembre 1961, come lo furono di fatto; che, da parte sua, il Ministero (artt. 64 e 65 del primo atto di stipula e artt. 39 e 40 dei successivi) avrebbe dovuto provvedere alla compilazione dei conti finali, rispettivamente, entro il 5 novembre 1960, il 22 giugno 1960, il 20 aprile 1961, il 9 giugno 1962, ed alla visita di collaudo, rispettivamente, entro il 5 febbraio 1961, il 22 dicembre 1960, il 20 ottobre 1961, il 9 dicembre 1962; che, invece, i conti finali vennero compilati tutti il 28 febbraio 1964, mentre le visite di collaudo furono eseguite, rispettivamente, il 18 agosto 1964, il 4 aprile 1964, il 13 aprile 1964, il 14 aprile 1964. altres dimostrato che l'Impresa non formul riserva, n in sede di redazione dei conti finali, n rdi collaudazione, rper tre dei quattro rapporti contrattuali. In ordine al primo di essi, quello sorto il 25 maggio 1955, risulta dalla documentazione prodotta che la societ avanz riserve, nei confronti del Ministero, gi durante la compilazione del registro di contabilit, e che esse furono confermate, con un puro e semplice richiamo a quanto in precedenza dichiarato, all'atto della sottoscrizione del conto finale e del processo verbale di collaudo. Non dato, in assenza del registro e di altri documenti esplicativi, di conoscere la natura e la estensione di tali riserve, non considerandole, evidentemente, di pertinenza del presente giudizio. Si deve, dunque, reputare che l'impresa, per tutti i quattro rapporti di aippalto stretti .con il Ministero convenuto, non abbia proposto riserve, all'atto della compilazione degli stati finali e durante le operazioni di collaudo, relativamente al ritardo, con il quale, rispetto alle date stabilite, tali adempimenti venivano compiuti, ed alle conseguenze di carattere patrimoniale, che ci importava per l'Amministrazione (una volta ritenuta la colpa negligente di questa), circa la decorrenza degli interessi moratori previsti dall'art. 40, II e III comma, del Capitolato d'appalto del 1895, (cui ambedue le parti fanno concorde riferimento, trattandosi di norma di diritto sostanziale, applicabile quindi, ai rapporti gi sorti 1 ! !I ~~~ILlilii1iYll~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO all'epoca d'entrata in vigore degli artt. 35 e 36 del nuovo capitolato) e l'eventuale risarcimento dei danni ulteriori. Orbene, la natura accertativa del collaudo, in ordine sia all'aspetto tecnico dei lavori eseguiti, sia alla liquidazione contabile di quanto effettivamente e concretamente dovuto all'appaltatore (Cass., 20 giugno 1968, n. 2038) determina che in quel punto debbano dalle parti indicarsi o richiamarsi con precisione e chiarezza tutti gli argomenti di contestazione e di disaccordo, ed avanzarsi le riserve circa pretesi inadempimenti del contratto ed i conseguenti diritti patrimoniali. Ove tali riserve non siano proposte tempestivamente e confermate, in corso di esecuzione delle opere, nel registro di contabilit (art. 54 del r.d. 25 maggio 1895, n. 350), al termine di esse, nell'atto di compilare e sottoscrivere il conto finale (art. 64) e, infine, in sede di operazioni di collaudo (art. 91 u.co.), nella formazione del relativo processo verbale, esse debbono ritenersi precluse e non pi assoggettabili ad esame. La vincolativit, per ambedue le parti, del conto finale e del collaudo, pi volte ribadita dalla giurisprudenza della Corte Suprema (Cass., 19 ottobre 1967, n. 2538; 15 giugno 1964, n. 1518; 8 ottobre 1957, n. 3669), oltre che dalle norme restrittive pi sopra citate, si trae dal considerare che l'atto di collaudazione (che delle precedenti. operazioni d'indagine e di documentazione costituisce il naturale compimento) ha caratteri essenzialmente pattizi (per gli accertamenti tecnici e contabili che dalla legge gli sono commessi) e che, di conseguenza, dal suo attuarsi sorge un nuovo vincolo obbligatorio, che si sovrappone al contratto originario, senza annullarlo, e quanto in esso viene stabilito ed accettato ha la stessa efficacia obbligatoria del primitivo negozio (Cass., 19 novembre 1964, n. 2761). Non pu ritenersi che la disciplina degli interessi moratori sia sottratta al regime delle riserve, nei sensi pi sopra accennati, specie in ordine alla necessit che esse siano formulate per i ritardi dell'Amministrazione nell'adempiere le formalit di sua competenza. di intuitiva chiarezza, infatti, che quei ritardi (nel redigere, come nella specie, conti finali e nel compiere le prescritte visite di collaudo), perch siano produttivi di un obbligo della pubblica Amministrazione a corrispondere un interesse moratorio sulle somme che siano per essere liquidate, debbano poter essere qualificati come colpevoli, da ascrivere, cio, a negligente omissione od a trascuratezza. N .la colpa del committente pu essere presunta e fatta scaturire dal semplice fattO del ritardo, obiettivamente ed isolatamente apprezzato, ben potendo esso attribuirsi ad una molteplicit di cause giustificatrici del comportamento dell'Amministrazione ed esimenti di una sua responsabilit patrimoniale. Indipendentemente dal considerare su chi gravi l'onere della prova, sul punto in questione, resta che una valutazione di tali cause, al fine PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 331 di accertarne la influenza, positiva o negativa, ai fini del decidere, e di stabilire se debba o no il commtitente rispondere della mora, non pu essere compiuta, per avvenuta preclusione, ciuando la parte interessata, intervenendo alla formazione degli stati finali ed alle operazioni di collaudo, non abbia tempestivamente e nei modi prescritti avanzato esplicita riserva al riguardo, ponendo in .contestazione il comportamento contrattuale dell'Ente ed escludendo, con ci, dall'area di quanto accettato e definitivamente statuito, il fatto del ritardo e la discussione su di esso. Si osserva che la Societ Provera e Carrassi non ha dedotto in gtudizio un ritardo nel pagamento delle rate d'acconto o di saldo, gi liquidate o facilmente liquidabili in virt dei certificati di avanzamento dei lavori (artt. 38 a 40 del Capitalato generale del 1895), bensi una omissione di ben maggiore portata e significato, relativa alla mancata redazione dei conti finali ed al mancato compimento delle visite di collaudo. Con il che perde ogni rilevanza il dedurre che l'art. 40 farebbe decorrere gli interessi, dille date in esso stabilite e sulle somme liquidate, per virt di legge, indipendentemente da un accertamento in concreto circa la responsabilit dell'Amministrazione e sulla base di una presunzione di colpa, In realt, pure ad ammettere un tale principio, nella speeie si ascrive al Ministero convenuto non tanto di aver omesso un pagamento quanto di aver mancato di porre in essere i presupposti essenziali perch si potesse pervenire tempestivamente alla liquidazione ed al versamento dl dovuto: e sotto questo profilo non pu ritenersi superabile la preclusione ad una disamina del comportamento del committente, posta dalla mancata proposizione di riserve relativamente ad esso, in sede ed in tempo opportuno, da parte dell'Impresa Provera e Carrassi. (in termini: Cass., 19 novembre 1964, n. 2761). Non contraddice tali principi l'avere la Corte Suprema (Cass., 27 agosto 1966, n. 2285) ritenuto l'ammissibilit di una interpretazione pi estensiva dell'art. 40 del capitolato generale del 1895, nel senso di chiamare l'Amministrazione a rispondere per inadempimento, ove ricorrano particolari requisiti di .colpa grave o di volontaria inattivit, nonostante l'esimente prevista dal primo comma della norma citata. La pronuncia della Corte va inquadrata nel sistema pi sopra delineato, restando fermo che solo nell'ipotesi di tempestivit di proposizione delle riserve (e di mancata formazione di un accordo negoziale in sede di collaudo) !!JO.ssano venire in discussione, davanti al Giudice ordinario od a quello arbitrale, addebiti e censure mossi all'operato dell'Amministrazione. Reputa, quindi, il Collegio che la documentazione prodotta dalla convenuta sia pertinente all'oggetto della causa ed utile ai fini del decidere. Le spese del giudizio gravano l'impresa attrice, che. soccombe. ~(Omissis). SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA PENALE I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, .27 maggio 1969, n. 1569 -Pres. Colli - Rel. Vigorita -P. M. Sullo (conf.) rie. Muther Franz ed altri. Procedura penale -Spese giudiziali -Sentenza di assoluzione preclusiva dell'azione civile -Impugnazione dell'imputato -Legittimazione ad intervenire della parte civile -Non sussiste -Spese Criterio della 1;>occombenza -Non sussiste. Quando l'imputato, prosciolto in primo grado con una deUe formule preclusive dell'azione civile, abbia inteso con la sua impugnazione conseguire altra formula assolutoria, ma ugualmente compresa fra quelle menzionate nell'art. 25 c.p.p., 1,a parte civile non legittimata a intervenire nel giudizio di impugnazione n, in caso di rigetto del gravame, ha diritto alle spese. II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 30 ottobre 1969, n. 1463 -Pres. Castaldi -Rel. Scotti -P. M. Bigazzi (conf.) rie. Campesato. Procedura penale -Spese giudiziali -Sentenza di assoluzione non preclusiva dell'azione civile -Impugnazione dell'imputato -Legittimazione ad intervenire della parte civile -Sussistenza Spese -Regola della soccombenza. In caso di sentenza di proscioglimento per una causa non preclusiva dell'azione civile, essendo la parte civile legittimata ad inte1venire nel giudizio di impugnazione provosto dall'imputato, le spese sostenute da detta parte seguono la regola della soccombenza (1). (1) Costituzione di parte civile: accessoriet e immanenza. La seconda massima sicuramente corretta e conforme ai principi da tempo elaborati dalla dottrina e dalla giurisprudenza, mentre altrettanto non sembra che possa affermarsi in ordine alla prima sentenza, l dove PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 333 I (Omissis). -Il ricorso proposto da Stanek Johann lamenta violazione dell'art. 489 c.p.p., in relazione anche agli artt. 23, 25, 213 e 214 c.p.p. e delle altre norme connesse, per erronea ed illegittima liquidazione delle spese di costituzione parte civile a carico del ricorrente. In via principale, sostiene lo Stanek non dovere essere egli condannato alle spese verso la p.c., sia perch l'art. 489 c.p.p. applicabile solo alle sentenze di condanna sia perchl egli, pur vedendo respinta la sua impugnazione per la formula ipiena, ha conservato in appello la formula dubitativa, che equipollente agli effetti civili, giusta il disposto dell'art. 25 c.p.p., s .che nessuna sua succumbenza configurabile nei confronti della parte civile, che , anzi, essa succumbente in giudizio, ove intervenuta per effetto dell'appello del P. M. per la condanna, appello dichiarato inammissibile per genericit dei motivi, in via subordinata, erronea la condanna solidale per le intere spese, liquidate in ragione dell'entit del danno (e lo Stanek, assolto, non ha alcun danno da risarcire). La censura da accogliere. La sentenza impugnata, per vero, non ha discusso il problema, affermando con generica motivazione che gli nega alla parte civile la legittimazione ad intervenire nel giudizio di im~ pugnazione. L'intervento della parte civile danneggiata dal reato nel processo penale attua, come noto, il cumulo dell'azione civile con l'azione penale e conseguentemente investe il giudice della cognizione dell'intera materia. Tuttavia gli art. 91 e seguenti c.p.p. non attuano sic et simpliciter il trasferimento dell'azione civile nel processo penale sicch, a parte la diversit di sede, sia lecito applicare a quell'azione i principi e le norme che ne disciplinano l'esercizio innanzi al giudice civile, perch sia le particolari esigenze de processo penale, sia taluni peculiari profili della stessa costituzione di parte civile impongono diverse conclusioni. Prescindendo dalle norme che stabiliscono le diverse forme dell'azione civile inserita nel processo penale rispetto a quelle dell'azione civile ordi naria e che non hanno, per i profili che qui interessano fondamentale im portanza, due articoli del codice di procedura introducono norme che ca ratterizzano profondamente l'azione civile e autorizzano l'affermazione, autorevolmente sostenuta, che essa svolge funzione penalistica di accusa privata (v. FoscHINI, Sistema del dir. proc. pen., 1956, I, p. 149) e che, dal punto di vista sostanziale non corrisponde ad un diritto soggettivo, ma ad una aspettativa legittima, come fattisipecie in via di completamento che, per acquistare efficacia, debba essere necessariamente integrata con l'ac certamento del fatto-reato da parte del giudice penale (v. GuALTI.ERI, La parte civile nel processo penale, 1968, p. 73 e ss..; v. in senso contrario per quanto concerne il fondamento dell'istituto della parte civile: DINACCI, Vecchi e nuovi orientamenti sul fondamento giustificativo dell'istituto del la parte civile nel processo penale, in Foro it., 1970, V, 47). Tali articoli sono il 23, che impedisce al giudice penale di decidere sull'azione civile, quando il procedimento .si chiude con sentenza che di 334 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO imputati il cui appello stato respinto, o nei cui confronti in ogni modo la sentenza di prima istanza non risulta in loro favore modificata, debbano essere condannti al pagamento delle spese processuali di questo grado, comprese quelle spettanti alle parti civili (pag. 658); la condanna dello Stanek sancita unitamente ad altri imputati, nel dispositivo (pag. 676). da dissentire da simile soluzione per quanto attiene al ricorrente. In materia fa tutora stato la ,pronunzia, ricordata anche in ricorso, delle Sezioni Unite in data 14 marzo 1959, rie. Ursini. Si afferma in essa che, nel giudizio di impugnazione proposte dall'imputato contro una sentenza di proscioglimento, la condanna dell'imputato stesso al pagamento delle spese verso la parte civile va esclusa in due casi: quando sia accolto il gravame e quando, pur rigettata la impugnazione, l'imputato, prosciolta in primo grado con una delle formule di cui all'art. 25 c.p.p. (una delle formule, cio, per le. quali l'azione civile non pu essere prQposta, proseguita o riproposta davanti al giudice civile o amministrativo: il fatto non sussiste, l'imputato non lo ha commesso, il fatto fu compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facolt legittima, non sufficiente la prova che il fatto sussista o che l'imputato lo abbia commesso), abbia inteso con la sua impugnazione conseguire altra formula assolutoria pi favorevole ma ugualmente com:presa fra quelle menzionate nel citato art. 25. Una tale chiari non doversi procedere o che pronuncia assoluzione per qualsiasi causa, e il 92 che afferma che la costituzione di parte civile produce i suoi effetti in ogni stato e grado del procedimento. Vengono cosi stabiliti i princLp dell'accessoriet dell'azione civile e della sua immanenza nel processo penale che modificano profondamente la struttura dell'azione: per il primo infatti l'esercizio dell'azione non si concreta in un diritto alla pronuncia in merito, quale che essa sia, n rimuove la condizione all'esercizio della funzione giurisdizionale, poich il giudice deve subordinare la pronuncia sulla regiudicanda civile ad un elemento estraneo all'esercizio dell'azione stessa. Per il principio di immanenza d'altronde. l'azione civile da un lato svincolata dal presupposto, ordinariamente necessario, dell'impulso di parte che opera solo nella fase della costituzione e della precisazione delle conclusioni (ed anche in questa fase con caratteristiche peculiari che hanno indotto taluni a ritenere che la specificazione cui la parte civile tenuta a norma dell'art. 468 c.p.c. non sia il petitum, ma solo il suo ammontare: v. GuALTIERI, op. cit., p. 81) e, dall'altro da una rigorosa subordinazione al requisito dell'interesse ad agire che viceversa principio cardine del processo civile. In effetti, in virt dell'art. 92 e dell'art. 517 c,p.p. la parte civile pu intervenire in sede di impugnazione e svolgere attivit processuale anche quando l'appello o il ricorso per cassazione siano proposti contro sentenze di proscioglimento, anche se emesse con una delle formule preclusive d!:!ll'azione civile indicate dall'art. 25 c.p.p. (v. in questo senso Cass., S.U., 14 marzo 1959, in Giust. pen., 1959, III, 705 richiamata dalla prima delle due sentenze sopra riportate e che costituisce tuttora il pi chiaro contributo giurisprudenziale in materia. In essa affermato, contro le in- t-;::: ~~~~~ PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 335 soluzione risponde ad un criterio logico-giuridico di tutta evidenza; la parte civile legittimata a resistere al gravame dell'imputato, allorch questi sia stato assolto con formula diversa da quelle dell'art. 25, perch il mantenimento di una tale formula le assicurerebbe la possibilit di esercitare l'azione civile nella distinta sede competente, ed parimenti legittimata a farlo, allorch l'imputato, assolto con formula compresa nell'art. 25, invochi una formula che in detto articolo non rientri, in quanto l'accoglimento dell'impugnazione dell'imputato le darebbe modo di esercitare quell'azione; non avrebbe, invece, veste alcuna per intervenire nel giudizio di appello allorch l'imputato fosse stato assolto con una delle formule menzionate nell'art. 25 ed invocasse altra formula ugualmente rientrante nell'ambito di detta norma, dal momento che, in tal caso, l'azione civile le resterebbe sempre e comunque preclusa. , in so.stanza, il criterio dell'interesse a legittimare la facolt d'intervento della parte civile nel giudizio di appello ed il criterio del pregiudizio di tale interesse a sorreggere la condanna dell'imputato impugnante al pagamento delle spese sostenute dalla parte privata intervenuta. Entrambi tali criteri esulano dal caso di specie, ove la giuridica equipollenza delle formule assolutorie interessate (insufficienza di prove nella sentenza di primo grado e formula piena nella impugnazione dell'impu tato), entrambe preclusive dell'azione civile a norma dell'art. 25 c.p.p., terpretazioni restrittive dell'intervento della parte civile che nessuna delle due disposizioni -artt. 92 e 517 -consente di formulare distinzioni, in ordine alle formule di proscioglimento, al fine di identificare durante il giudizio di impugnazione, l'interesse della parte civile e quindi di limitarne l'intervento a seconda dei casi. E nella stessa sentenza avvertita l'insufficienza dei riferimenti a nozioni civilistiche, quali i principi .dell'interesse ad agire e della soccombenza, per la soluzione dei problemi relativi all'intervento. della parte civile e della condanna dell'imputato alle spese). In questi casi la costituzione di parte civile non esplica evidentemente effettive funzioni civili risarcitorie o restitutorie e la sua presenza quindi adempie a funzioni di accusa penale privata (FoscHINI, op. cit., p. 216; DE MARSICO, Lezioni di dir. proc. pen., p. 82) o di tutela di interessi civili, ma necessariamente collegati al danno criminale (GUALTIERI, op. cit. p. 107) o meramente processuali in virt dell'inalterabilit e unitariet del rapporto processuale (Cass., S.U., 14 marzo 1959 cit.), in situazioni che comunque non consentono la mera trasposizione dei concetti elaborati sulla base dell'art. 100 c.p.c. La particolarit di queste situazioni d'altro canto accentuata, al fine di rimarcare le differenze fra la costituzione di parte civile nel processo penale e l'azione civile ordinaria, da una serie di disposizioni che consentono al giudice penale la condanna al risarcimento senza che vi sia esercizio dell'azione civile (art. 23 legge 4 aprile 1952, n. 428; 22 legge 7 gennaio 1929, n. 4; art. 22 legge 7 gennaio 1929, n. 4; art. 12 legge 8 febbraio 1948, n. 47; art. 373 c.p.m.p. casi citati dal GuALTIERI, op. cit., p. 76: il quale osserva a conclusione dell'elencazione che, impostando la costituzione di p.c. come esercizio del diritto so.ggettivo al risarcimento, in tali ipotesi bi12 336 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO non configurava alcun interesse della parte civile a contrastare il gravame in giudizio (a parte il separato ed autonomo interesse a fiiancheggiare l'appello del U. M., dichiarato, come s' visto, inammissibile) e quindi, non generava, pur nel rigetto della impugnazione dell'imputato, alcuna soccombenza di costui n alcun titolo a suo carico per rivalere la parte civile delle spese di intervento. Non sembra possa convincere del contrario l'art. 517 II co. c.p.p., Che dispone dover essere la parte civile citata anche se vi .sia la sola impugnazione dell'imputato contro una sentenza di proscioglimento, quasi a derivare in tal caso una integrale e permanente conservazione degli interessi della parte civile nel giudizio di appello: invero, quella citazione altro non significa che una sollecitazione alla parte civile ad operare la selezione concreta degli interessi rilevanti ex art. 25 c.p.p., selezione non attuabile alla stregua di una valutazione aliena; in ogni caso, quella norma statuisce tutt'al pi il diritto di partecipazione al giudizio di appello, ma non pure quello di vedersi ristorati delle spese processuali, .il cui pagamep.to per la compatibile estensione dell'art. 489 c.p.p. anche al grado di appello, non pu essere che conseguenza e dipendenza della condanna per il reato. N giova il rilievo che il rigetto della impugnazione dell'imputato configura sempre una soccombenza per l'impugnante, poich tale soccom sognerebbe affermare che ci si troverebbe di fronte ad un eserc1z10 di giurisdizione civile senza azione, assurdit dovuta, secondo l'A., al modo erroneo di concepire l'azione della p.c. come la stessa azione civile ordinaria). Sono quindi erronei in materia i riferimenti alle nrme del codice di procedura civile ed ai principi privatistici che non tengono conto della particolare struttura dell'azione civile che aui si esamina, cos come erronea l'affermazione della prima sentenza sul difetto di interesse della parte civile cui si collega la mancanza di legittimazione ad intervenire, mentre non si comprende perch la norma dovrebbe rispondere ad una mera funzione di sollecitazione alla parte civile ad operare la selezione concreta degli interessi rilevanti ex art. 25 c.p.p. selezione non attuabile alla stregua di una valutazione aliena : anche se ci fosse esatto, resterebbe pur sempre, in virt della chiamata nel processo, il diritto di intervenirvi. viceversa pienamente conforme al sistema determinare, secondo il principio della soccombenza l'onere delle spese, fin dove questo principio, prettamente civilistico, possa essere agganciato ad una ragione di concreta tutela di interessi civili. Ecco perch non possono essere poste a carico del. l'imputato le spese della parte civile, nelle ipotesi di proscioglimento preclusive dell'azione civile; fra queste, come noto, non rientra l'assoluzione per insufficienza di prove sull'elemento psicologico del reato. Nello stesso senso di questa seconda sentenza; v. Cass. 13 giugno 1969, n. 1563, in Mass. Uff., 1969, p. 886; 14 giugno 1967, n..1173, ivi 1967, p. 758; 11 novembre 1966, n. 2261, ivi 1966, p. 1315; 23 aprile 1968, in Giust. pen., 1969, III, 174; 13 marzo 1967, ivi, 1968, III, 137. PAOLO DI TARSIA _.,~~~~l~Ai!iii"'~I PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 337 benza indubbiamente sussiste, ma concern~ il tema penalel e si verifica esclusivamente nei confronti dell'organo di accusa, importando come solo effetto la condanna nelle spese dovute all'erario, mentre lascia del tutto estranea, dal punto di vista giuridico, la parte civile,. perch non fu la pretesa patrimoniale di costei il tema succitat e discusso in sede di appello. -JOmissis). II (Omissis). -Con il primo mezzo la difesa del ricorrente eccepisce nuovamente la mancanza di legittimazione delle parti civili ad intervenire nel giudizio d'appello promosso dall'imputato per ottenere il proscioglimento con formula piena, senza possibilit di accoglimento dell'azione risarcitoil'ia civile inserita nel procedimento penale, e denunzia inoltre la violatione dell'art. 489 c.p.p. per avere il giudice d'appello posto le spese sostenute dalle stesse parti civili nel giudizio di secondo grado a carico dell'imputato, sebbene questi non fosse stato condannato in ordine al fatto-reato per cui procedevasi. Ambedue le doglianze non appaiono giustificate. Circa l'intervento deve rilevarsi che la legge autorizza incondiziona..: tamente la parte civile ad intervenire nei gi4dizi d'impugnazione, per l'immanenza degli effetti della costituzione di rp.c. in ogni stato e grado del procedimento (art. 92 c.p.p.), tanto da prescriverne obbligatoriamente al citazione (art. 517 co. 2 c.p.p.). Relativamente al rimborso delle spese sostenute dalla parte civile per contrastare la pretesa dell'imputato appellante, diretta a conseguire l'assoluzione piena, la decisione impugnata non giuridicamente errata. Invero in questa situazione processuale il diritto al rimborso compete alla parte civile quando ricorrono le condizioni seguenti: a) interesse concreto della parte civile ad intervenire in giudizio; b) rigetto della imrpugnazione. La prima condizione discende dal principio .sanicto dall'art. 100 c.p.c. ( Per proporre una domanda o per contraddire alla stessa necessario avervi interesse), valido anche -naturalmente -per l'esercizio dell'azione civile nel processo penale. Quanto all'altra condizione essa si ricollega all'altro princ1p10 generale del vigente ordinamento giuridico, che addossa le spese -salvo espresse norme contrarie -alla parte soccombente. Ma la soccombenza dell'imputato nei giudizi d'impugnazione non deve riguardare motivi o punti che non siano minimamente influenti sulle richieste della parte civile. Ove non siano accolte doglianze relative ai rpunti della sentenza interessanti la parte civile, l'imputato da ritenere soccombente nei \: ~ I ~ i: i: " ~~Al?~~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 338 confronti di essa (anche se venga accolto motivo non incidente sugli interessi civili, per cui l'impugnante pu andare esente dalle spese erariali). In definitiva, nel caso di sentenza di proscioglimento per una causa non preclusiva dell'azione civile, come non pu negarsi alla parte civile la legitimatio ad causam per contraddire l'impugnazione dell'interessato, cos deve ammettersi il diritto della parte medesima alla rifusione delle spese secondo le regole della soccombenza (cfr. Cass. Sez. VI, 23 aprile 1968, Castriota, in Giust. pen. 1969, III, col. 174, mass. 391). -(Omissis). PAR TE SECONDA I I I I ~; f:: Il I ili I m :~ ~/.wr:-rw*Xt%ftifw&rmwr2&:1m11fffb.t/;1%rt.rrnrrrt;;::r1wr@1ffiwfza1w&x1wwrtwlm.;. ~/, % ,,,. ' , _,,<-. .z: ..,_. zz~..dllifjiffiffij@r!W..Y.Jf.Jt'J.JW--.J$#)$jJ@Jf~..x.1:::::=:ifP~::::.=---,-.:-:::::;;:::::::~='ii!f't.% ITT='"&lll':::" '.W'@----,,,;::::--xll,,'B"'llIJ'llF;..,:/x:.;11;::.:,IJ''W.:---/x _im(j@W)tii. . , . 't&fu '-g'_&;ttYd#.{JW'J~,:(x." . -: ;.: , -.... .... . . ---, ,-.., ,._.. .. . I ! PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 49 sia emessa dallo stesso magistrato che ha istruito il processo (artt. 107' 108 e 112 della Costituzione) (119). Pretore di Civitavecchia, ordinanza 14 novembre 1969, G. U. 1 aprile 1970, n. 82. codice di procedura penale, art. 170 (Notificazioni all'imputato irreperibile), in quanto consente di procedere nei confronti di persona che non abbia avuto conoscenza dell'accusa (art. 24 della Costituzione) (20). Giudice istruttore del tribunale di Milano, ordinanza 5 febbraio 1970, G. U. 1 aprile 1970, n. 82. codice di procedura penale, art. 185 (Nullit d'ordine generale), in quanto non prevede quale nullit insanabile per la fase istruttoria l'inosservanza di una disposizione che imponga la citazione della parte . offesa dal reato o l'avviso della esistenza del procedimento penale alla parte offesa dal reato (art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione) (21). Tribunale di Milano, ovdinanza 14 gennaio 1970, G. U. 1 aprile 1970, n. 82. codice di procedura penale, art. 223 (Ausiliari della po.zizia giudiziaria), in quanto consente a.gli ausiliari della polizia giudiziaria di effettuare operazioni tecniche senza l'intervento della difesa (art. 24 della Costituzione) (22). Tdbunale di Savona, ordinanza 3 dicembre 1969, G. U. 1 aprile 1970, n. 82. (19) Questione dichiarata non fondata (anche per l'art. 398 e per gli articoli compresi nel libro terzo, titoli primo e secondo, capi primo, secondo e terzo del codice di procedura penale, e in riferimento agli artt. 101, secondo comma, 102, primo comma, 107, primo e quarto comma, e 112 delll\ Costituzione) con sentenza 24 maggio 1967, n. 61, e gi riproposta (anche per gli artt. 231, 389, ultimo comma, 398 e 403 del codice di procedura penale) dal pretore di Prato in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione, ed all'art. 6, n. 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (ordinanza 24 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145), e dal pretore di Roma in riferimento agli artt. 107, 108 e 112 della Costituzione (ordinanza 3 giugno 1969, G. U. 7 gennaio 1970, n. 5). La stessa questione stata proposta anche per l'art. 72 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (v. infra, nota 41). Altra questione di legittimit costituzionale dell'articolo 74, ultima parte, del codice di procedura penale stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 101, secondo comma, e 107, terzo comma, della Costituzione, con sentenza 7 dicembre 1964, n. 102. (20) Questione dichiarata non fondata, nei sensi indicati in motivazione ed in riferimento all'art. 24, secondo comma della Costituzione, con sentenza 18 giugno 1963, n. 90. Analoghe questioni sono state proposte dal pretore di Iseo (ordinanza 15 ottobre 1968, G. U. 11 giugno 1969, n. 145) e dal pretore di Sannicandro Garganico (ordinanza 21 marzo 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152). (21) Questione proposta con richiamo ai principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza 20 dicembre 1968, n. 132. (22) Analoga questione di legittimit costituzionale stata proposta, sempre in riferimento all'art. 24 della Costituzione, dal pretore di Cassano d'Adda (ordinanza 7 ottobre 1969, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37). 50 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice di procedura penale, art. 271 (Decorrenza della custodia preventiva), ultimo comma, in quanto, non prevedendo la fungibilit tra pene e misure di sicurezza, non consente di detrarre la carcerazione preventiva dalla durata delle misure di sicurezza (artt. 3, 13 e 27 della Costituzione) (22 bis). Giudice di sorveglianza presso il tribunale di Livorno, ordinanza 11 dicembre 1969, G. U. 11 marzo 1970, n. 64. codice di procedura penale, art. 296 (Attivit e delegazioni del giudice istruttore), secondo comma, in quanto consente al giudice istrttore di delegare altri magistrati della circoscrizione territoriale di sua competenza per il ,compimento di attivit giurisdizionali (artt. 102, primo comma, 25, primo comma, e 3, primo comma, della Costituzione). Pretore di S. Agata Militello, ordinanza 5 novembre 1969, G. U. 8 aprile 1970, n. 89. codice di procedura penale, art. 304 bis (Attli a cui possono assistere i difensori), in quanto non consente al difensore di assistere all'interrogatorio dell'imputato e dell'indiziato (art. 24 della Costituzione) (23). Pretore di Roma, ordinanza 9 febbraio 1970, G. U. 25 marzo 1970, n. 76. codice di procedura penale, art. 306 (Facolt deUa persona offesa dal reato), in quanto, prevedendo determinate facolt per la persona offesa dal reato, esclude ogni altro diritto nel procedimento in fase istruttoria, e quindi anche il diritto alla citazione o all'avviso della esistenza del procedimento penale con la indicazione dell'autorit procedente (art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione) (24). Tribunale di Milano, 011dinanza 14 gennaio 1970, G. U. 1 aprile 1970, n. 82. codice di procedura penale, art. 372 (Deposito in canceUeria e facolt dei difensori) e art. 392 (Forme, avocazione e trasformazione della istruzione sommaria), in quanto, attraverso il secondo, non prevista l'applicazione del primo di essi al termine della istruzione (22 bis) Questione gi proposta dal giudice di sorveglianza presso il tribunale di Messina (ordinanza 3 aprile 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152). (23) Questione gi proposta, in riferimento anche all'art. 3 della Costituzione, dal pretore di Camposampiero (ordinanza 21 marzo 1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207) e, per l'art. 30,3 del codice di procedura penale, dal giudice istruttore del tribunale di Roma (ordinanza 10 marzo 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128). (24) Questione proposta con richiamo ai princ1p1 affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza 20 dicembre 1968, n. 132. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 51 pretorile e comunque prima dell'emissione del decreto di citazione da parte del pretore (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (25). Pretore di Prato, ordinanza 11 febbraio 1970, G. U. 8 aprile 1970, n. 89. codice di procedura penale, art. 391 (Istruziotne sommaria del procuratore derta Repubblica), primo e secondo comma, in quanto esclude la sindacabilit, nel corso del processo, della valutazione compiuta dal pubblico ministero sulla complessit e durata degli atti istruttori, in vista della loro compatibilit con il rito sommario, e sulla facilit e sulla brevit della indagine peritale, per la persistenza dell'istruzione sommaria (art. 25, primo comma, della Costituzione) (26). Tribunale di Teramo, ordinanze 6 febbraio 1970 (G. U. 1 aprile 1970, n. 82) e 28 febbraio 1970 (G. U. 22 aprile 1970, n. 102). codice di procedura penale, art. 398 (Poteri del pretore nel procedime; nto e.on istruzione sommaria), in quanto consente che la decisione sia emessa dallo stesso magistrato che ha istruito il processo (artt. 24, 25, 107, 111 e 112 della Costituzione) (27). Pretore di Roma, ordinanza 29 ottobre.1969, G. U. 8 aprile 1970, n. 89. (25) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, con sentenze 29 dicembre 1966, n. 127 e 4 febbraio 1970, n. 16. Il primo comma dell'art. 392 del codice di procedura penale stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 26 giugno 1965, n. 52, nella parte in cui, con l'inciso in quanto applicabili ., rende possibile non applicare all'istruzione sommaria le disposizioni degli artt. 304 bis, ter e quater. Il terzo comma, ultima parte, dello stesso articolo stato dichiarato incostituzionale con sentenza 2 aprile 1964, n. 32c (26) Questione proposta con richiamo alla sentenza 28 novembre 1968, n. 117 con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimit costituzionale dell'art. 389, terzo comma, del codice di procedura penale, nei limiti in cui esclude la sindacabilit, nel corso del processo, della valutazione compiuta dal pubblico ministero sulla evidenza della prova. (27) Questione dichiarata non fondata, anche per altre norme del codice di procedura penale (v. supra, nota 19) e in riferimento agli artt. 101, secondo comma, 102, primo comma, 107, primo e quarto comma, e 112 della Costituzione, con sentenza 24 maggio 1967, n. 61. La questione stata gi riproposta dal Pretore di Prato (ordinanza 24 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145). La stessa questione stata proposta anche per gli artt. 74, 231, 389, ultimo comma, e 403 del codice di procedura penale, e per l'art. 72 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (v. note 19 e 41). L'art. 398 del codice di procedura stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 28 aprile 1966, n. 33, limitatamente alla parte in cui, :riei procedimenti di competenza del pretore, non prevede la contestazione del fatto e l'interrogatorio dell'imputato, qualora si proceda al compimento di atti di istruzione. La questione di legittimit costituzionale della disposizione, nella parte in cui non prevede l'obbligo della contestazione del fatto qualora non si proceda al compimento di atti di istruzione, stata invece dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, con sentenza 18 aprile 1967, n. 46. 52 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice di procedura penale, art. 408 (Notificazione det decreto di citazione davanti al tribunate) e art. 422 (Sanatoria dette nultit verificatesi negli atti preliminari al giudizio), in quanto non prevedono la citazione delle persone danneg,giate dal reato che non si siano costituite parte civile e non siano parti offese o querelanti (artt. 3 e 24 della Costituzione) (28). Pretore di Napoli, ordinanza 21 gennaio 1970, G. U. 1 aprile 1970, n. 82. codice di procedura penale, art. 506 (Casi di giudizio per decreto e poteri del pretore), in quanto consente la emissione del decreto senza la preventiva contestazione del reato (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (28) (29). Pretore di Poggibonsi, ordinanza 2 febbraio 1970, G. U. 1 aprile 1970, n. 82. codice di procedura penale, art. 506 (Casi di giudizio per decreto e poteri del pretore), primo comma, e art. 510 (Giudizio conseguente aU'opposizione), primo comma, in quanto assicurano il dibattimento, con le garanzie a tale fase del giudizio correlate, solo condizionatamente alla tempestiva apparizione ed all'intervento in udienza dell'opponente impediscono di applicare, in ipotesi di pena alternativa, la pena detentiva, non consentono all'opponente di essere giudicato in contumacia, limitano i poteri del giudice del dibattimento e compromettono la presunzione di innocenza per la sola mancata comparizione dell'opponente, con trattamento diverso da quello stabilito per gli imputati rinviati a giudizio (artt. 3, 24, 25 e 111 della Costituzione) (29). Pretore di Roma, ordinanze 11 dicembre rn.69 (tre), G. U. 8 aprile 1970, n. 89. codice di procedura penale, art. 510 (Giudizio conseguente all'opposizione), primo comma, in quanto non consente all'opponente di essere giudicato in contumacia (artt. 24, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione) (30). (28) L'art. 422 del codice di procedura penale stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 20 dicembre 1968, n. 132, nella parte in cui prevede la sanatoria della nullit di cui all'art. 412 del codice di procedura penale, in relazione al precedente art. 408, anche nei confronti della parte civile, dell'offeso del reato e del querelante. (28) Questione gi proposta dal pretore di Tio;ne (ordinanza 28 gennaio 1969, G. U. 16 aprile 1969, n. 98). Sulla disposizione, cfr. sentenze 23 dicembre 1963, n. 170, 23 marzo 1966, n. 27 e 15 dicembre 1967, n. 136 della Corte costituzionale. (29) In argomento, cfr. sentenze 8 marzo 1957, n. 46, 23 dicembre 1963, n. 170, 23 marzo 1966, n. 27, 15 dicembre 1967, n. 136, 26 marzo 1969, n. 48 e 8 luglio 1969, n. 119. (30) Questione gi proposta dal pretore di Modena (ordinanza 22 ottobre 1968, G. U. 29 gennaio 1969, n. 25) e dal pretore di Torino (ordinanza 13 giugno 1969, PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 53 Pretore di Roma, ordinanza 17 ottobre 1969, G. U. 11 marzo 1970, n. 64. Pretore di Poggibonsi, ordinanza 2 febbraio 1970, G. U. 1 aprile 1970, n. 82. codic:e di procedura penale, art. 515. (Cognizione del giudice di a;ppeUo. Appetlo incidentale del pubblico ministero), ultimo comma, in quanto consente al pubblico ministero di impugnare la sentenza in via incidentale, senza che analoga facolt 'Sia prevista per l'imputato (articoli 3 e 24 della Costituzione). Corte di appello di Genova, ordinanza 28 gennaio 1970, G. U. 1 aprile 1970, n. 82. codice di procedura penale, art. 586 (Esecuzione di pene pecunarie), in quanto prescrive la conversione della pena pecuniaria in pena detentiva in ipotesi di insolvibilit del condannato (artt. 24, terzo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione) (31). Pretore di Torino, ordinanza 5 dicembre 1969, G. U. 4 marzo 1970, n. 57. codic:e della navigazione (r. d. 30 marzo 1942, n. 327), art. 1238 (Competenza per le contravvenzioni), art. 1240 (Competenza per territorio), art. 1242 (Decreto di condanna), art. 1243 (Dichiarazione di opposizione e d'impugnazione), art. 1245 (LettU1e permesse di d~osizioni testimoniali), e art. 1247 (Conversione delle pene peooniarie), in quanto attri buiscono funzioni giurisdizionali all'autorit amministrativa (artt. 101, secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione) (32). Corte di cassazione, sezioni unite penali, ordinanze 11 ottobre 1969 (due), G. U. 11 marzo 1970, n. 64 e 1 aprile 1970, n. 82. Corte di cassazione, terza sezione penale, ordinanza 13 novembre 1969, G. U. 25 marzo 1970, n. 76. IJ r. d. 7 dicembre 1923, n. 2590 (Nuove disposizioni sulle pensioni del personale dell'amministrazione delle ferrovie dello Stato), art. 9, ul G. U. 24 dicembre 1969, n. 324). Analoghe questioni sono state dichiarate non fonI date con sentenze 8 marzo 1957, n. 46, 23 dicembre 1963, n. 170 e 26 marzo 1969, ;n. 48. Differente questione, proposta per il secondo comma, ultima parte, della disposizione, stata dichiarata non fondata con sentenza 8 luglio 1969, n. 119. (31) Altra questione di legittimit costituzionale della disposizione stata proposta dal pretore di Catanzaro (ordinanza 6 maggio 1969, G. U. 24 settembre 1969, n. 243). Altra questione stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 2, 3 e 13, primo comma, della Costituzione, con sentenza 27 marzo 1962, n. 29. I (32) Questione dichiarata non fondata con sentenze 10 giugno 1960, n. 41 (art. 102 della Costituzione), 3 luglio 1967, n. 79 (art. 104, primo comma, della Costituzione), e 19 dicembre 1968, n. 128 (disp. trans. VI e artt. 25 e 102 della Costituzione). La questione stata gi riproposta da varie autorit giudiziarie (v. retro, II, 15, ed iv_i, nota 19). 11, ?f _.,,~~~~~,.,,~,....J RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO timo -comma, in quanto esclude la cumulabilit della pensione privilegiata con il risarcimento del danno (artt. 3 e 28 della Costituzione). Tribunale di Catanzaro, ordinanza 8 luglio 1969, G. U. 25 marzo 1970, n. 76. r. d. I. 30 dicembre 1923, n. 3267 (Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani), artt. 26 e 29, in quanto, nel demandare agli agenti forestali di accertare e valutare il danno forestale, condizionano la misura dell'ammenda (rapporta~ al danno accertato) al giudizio discrezionale ed insindicahile dell'autorit amministrativa, e senza consentire all'imputato di intervenire nel procedimento di accertamento e valutazione del danno (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (33). Pretore di Bronte, ordinanza 26 settembre 1969, G. U. 4 marzo 1970, n. 57. I r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (Legge tributaria sulle successioni), artt. 77, primo comma, e 78, in quanto condiziona l'esercizio e la ;procedibilit dell'azione alla preventiva osservanza di adempimenti fiscali (art. 24, primo comma, della Costituzione) (34). Tribunale di Roma, ordinanza 3 dkembre 1969, G. U. 1 aprile 1970, n. 82. r. d. I. 15 ottobre 1925, n. 1929 (Provvedimenti per combattere le frodi nella torrefazione del caff), artt. 5, 6 e 7, in quanto consentono di compiere indagini di ipolizia ed attivit istruttorie senza l'applicazione degli artt. 390, 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione) (35). Tribunale di Reggio Calabria, ordinanza 5 novembre 1969, G. U. 25 marzo 1970, n. 76. r. d. 8 gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento deile norme sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi del lavoro con quelle sul tratta, menvo giuridico-economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee I (33) Analoga questione stata proposta per l'art. 4 del d.lg. 27 luglio 1945, I'. n. 475 dal pretore di Gela (ordinanza 22 febbraio 1969, G. U. 18 giugno 1969, n. 152). . (34) Questione gi proposta, dallo stesso tribunale, con ord.inanza 10 giugno I 1969 (G. U. 28 gennaio 1970, n. 24). Gli artt. 77, 78, 79 e 80 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 sono stati dichiarati incostituzionali, con sentenza 7 dicembre 1964, ~ n. 150, nella parte in cui dispongono che le persone ivi indicate, quando fosse sca-;-: duto il termine per il pagamento della tassa, o quel termine scadesse nel corso del ~;:_;_., procedimento, non possano agire in giudizio o proseguirlo senza aver dato prova , dell'avvenuto pagamento, della ottenuta dilazione o della esenzione, e nella parte _:_ in cui sanzionano, con l'obbligo di corrispondere l'importo delle tasse e delle sopra-f, tasse, l'inosservanza di quello di richiedere la prova suddetta. \_,:_: (35) Cfr. sentenza 3 dicembre 1969, n. 149 della Corte costituzionale. ' . I i ~~~.:.:~~ PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 55 di navigazione interna in regime di concessione), modificato dalla legge 24 luglio 1957, n. 633, art. 10, quarto comma, in quanto condiziona la proponibilit dell'azione giudiziaria al preventivo reclamo in via gerarchica (artt. 3, 24, primo comma, e 35, primo comma, della Costituzione) (36). Pretore di Torino, ordinanza 3 gennaio 1970, G. U. 25 marzo 1970, n. 76. r. d. 18 giugno 1931, n: 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), art. 15, in quanto consente all'autorit di pubblica slcurezza di emettere provvedimenti restrittivi della li:bert personale (art. 13 della Costituzione) (37). Tribunale di Forll, ordinanza 13 gennaio 1970, G. U. 4 marzo 1970, n. 57. r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico deUe leggi di pubblica sicurezza), art. 18, terzo comma, in quanto consente di punire chi sia intervenuto a riunione non preavvisata per il solo fatto che prenda la parola (art. 21 della Costituzione) (38). Pretore di Pisa, ordinanza 6 dicembre 1969, G. U. 25 marzo 1970, n. 76. r. d. 14 se.ttembre 1901, n. 1175 (Testo' unico delle norme per la finanza locale), art. 39, in quanto non indica la persona tenuta alla prestazione patrimoniale, n stabilisce un criterio idoneo a delimitare la discrezionalit dell'ente impositore nella identificazione del soggetto obbligato (art. 23 della Costituzione); art. 344, in quanto, nell'autorizzare il Governo alla emanazione di regolamenti di esecuzione, non specifica la materia oggetto della delega e non indica a quali criteri debbano le norme adeguarsi (art. 76 della Costituzione). Tribunale di Crema, ordinanza 10 febbraio 1970, G. U. 8 aprile 1970, n. 89. r. d. 14 settembre 1931, n. 1175 (Testo unico delle norme per la finanza locale), art. 285, primo comma, in quanto esclude dalla cognizione (36) Questione dichiarata non fondata, con sentenza 21 marzo 1969, n. 39, in riferimento all'art. 36 della Costituzione. (37) Questione dichiarata non fondata con sentenza 24 aprile 1967, n. 53. (38) Questione gi proposta dal pretore di Verona (ordinanza 8 ottobre 1969, G. U. 10 dicembre 1969, n. 311). L'art. 18 del r.d. 18 giugno 19.31, n. 773 stato dichiarato incostituzionale, nella parte relativa alle riunioni non tenute in luogo pubblico, con sentenza 8 aprile 1958, n. 27. Altra questione stata invece dichiarata "non fondata, in riferimento all'art. 27 della Costituzione, con sentenza 3 luglio 1956, 11. 9. I ~ io I ~ T~Z'.llI:lT5tz1Z'ZP5'5%k'.2'.2'&37%;2IJ;;;:;z;;::z~z;:;:::;n:z;;;:;;;;;;;;:;;J ~ ~ 56 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dell'autorit giudiziaria ordinaria le controversie relative alla estima~ zione dei redditi imponibili (art. 113 della Costituzione) (39). Tribunale di Rimini, ordinanza 4 dicembre 1969, G. U. 4 marzo 1970, n. 57. r. d. 21 dicembre 1933, n. 1736 (Disp08izioni suWassegno bancario, sult'assegno circolare e su alcuni titoli speciali dell'Istituto di emissione, del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia), art. 116, limitatamente all'inciso e nei e.asi pi gravi , in quanto rimette al discrezionale potere del giudice d.i ravvisare gli estremi della maggiore gravit del reato, con applicazione di pena diversa (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione) (40). Pretore di Nuoro, o!rdinanza 1 dicembre 1969, G. U. 25 marzo 1970, n. 76. r. d. 25 agosto 1940, n. 1411 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di brevetti per modem industriali), art. 10, secondo comma, lettera a, in quanto rMuce il termine stabilito, per la rivendicazione della priorit da esposizione dei modelli di utilit, dall'art. 11 del r. d. 13 settembre 1934, n. 1602, con eccesso dalla delega conferita con r. d. l. 24 febbraio 1939, n. 317 (artt. 76 e 77 della Costituzione). Commissione dei ricorsi in materia di .brevetti per invenzioni, modelli e marchi, ordinanza 27 marzo 1969, G. U. 11 marzo 1970, n. 64. legge 23 gennaio 1941, n. 147 (Approvazione del piano regolatore generale edilizio e di ampliamento di Apuania e della Marma di Apuania e delle relative norme di attuazione), nella parte in cui prevede una zona da destinare a colonie marine, in quanto vincola, senza prevedere indennizzo, la destinazione di propriet private (art. 42, terzo comma, della Costituzione). Tribunale di Massa, ovdinanza 20 gennaio 1970, G. U. 25 marzo 1970, n. 76. r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), art. 72, primo comma, in quanto consente che la decisione sia emessa dallo stesso ma( 39) La stessa questione stata gi proposta, con analogo riferimento alla affermata natura amministrativa delle commissioni tributarie, per l'art. 22, terzo comi;na, del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 (ordinanza 18 aprile 1969 del tribunale di Milano, G. U. 10 dicembre 1969, n. 311). Il secondo comma dell'art. 285 del r.d. 14 settembre 1931, n. 1175 stato dichiarato incostituzionale con sentenza 7 luglio 1962, n. 85. (40) Questione gi proposta, i.n riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 25, secondo comma, della Costituzione, dal pretore di Bologna (ordinanza 22 gennaio 1969, G. U. 2 aprile 1969, n. 85). Altre questioni di legittimit costituzionale delle disposizioni sono state dichiarate non fondate con sentenze 11 luglio 1961, n. 53 e 7 giugno 1962, n. 47. ~ ~~ PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 57 gistrato che ha istruito il processo (artt. 107, 108 e 112 della Costituzione) (41). Pretore di Civitavecchia, ordinanza 14 novembre 1969, G. U. 1 aprile 1970, n. 82. r. d. 30 9ennaio 1941. n. 12 (0,idinamento giudiziario), art. 72, se condo e terzo c:omma, in quanto consente al pretore di investire delle :funzioni di pubblico ministero persone estranee alla magistratura (articoli 105, 106, primo comma, e 104, primo comma, della Costituzione) (42). Pretore di S. Agata Militello, ordinanza 22 .gennaio 1970, G. U. 8 aprile 1970, n. 89. r. cl. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), art. 101, se -condo c:omma, in quanto consente al presidente della corte di appello di trasferire di fatto ed anche in .perpetuo, con provvedimento di applicazione discrezionale ed insindacabile, un magistrato ad altro ufficio giudiziario del distretto (artt. 105 e 107, prima parte, della Costitu: zione) (43). Pretore di Palombara Sabina, ordinanza 23 gennaio 19'.70, G. U. 11 marzo 1970, n. 64. r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), artt. 132 e 136, in quanto condizionano la permanenza dell'uditore nell'ordine giudiziario (art. 106, primo comma, della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanze 10 dicembre 1969 (due), G. U. 4 marzo 1970, n. 57. r. d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina dei faUimento, dei concordato preventivo, den'amministrazione controUata e deUa Liquidazione coatta amministrativa), art. 15, in quanto consente la declaratoria di fallimento (41) Questione gi proposta dal pretore di Porretta Terme (ordinanza 25 gen naio 1969, G. U. 12 marzo 1969, n. 66) e dal pretore di Roma (ordinanza 3 giugno 1969, G. U, 7 gennaio 1970, n. 5), e, per gli artt. 74, prima parte e ultimo comma, 231, 389, ultimo comma, 398 e 403, ultimo comma, del codice di procedura penale, dal pretore di Prato (ordinanza 24 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145). Per .altre disposizioni (v. supra, nota 19) la stessa questione stata dichiarata p.on fondata con sentenza 24 maggio 1967, n. 61. (42) Questione gi proposta dal pretore di Torino, in riferimento anche agli .artt. 106, secondo comma, 107, quarto comma, e 108, secondo comma, della Costituzione (ordinanza 12 luglio 1969, G. U. 24 dicembre 1969, n. 324). (43) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 25, primo comma, 105 e 107, primo comma, della Costituzione, con sentenza 13 dicembre 1963, n. 156. Analoga questione stata gi proposta, in riferimento agli artt. 25, primo comma, e 107, primo comma, della Costituzione, dal pretore di San Ginesio (ordinanza 29 settembre 1969, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24). ,,. :W~f@jW:.mmlJif..P~iffPtfiFf@ ..WW..,,,mfil%Wt-N..:::::M-.Wf!:'" ll-:,,,F:ti., =W.:ffi)fffe /@.f@@J#/ ..z ,:;:;:=-.,:: w.:,:{~/J.ff.fa.-::::::::f'. ,,,. , W..s:;:::/.$~..:;lli:=J;;:.. ,;x %3.z:~:-: .. ;:?:,:::: rJf&Rfff-**~ ~ m I 58 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO m I senza preventiva audizione dell'interessato (art. 24, secondo comma, I della Costituzione) (44). 1 Tribunale di Pistoia, ordinanza 17 gennaio 1970, G. U. 22 aprile 1!1 i i rn1970, n. 102. . d. lg. lgt. 3 maggio 1945, n. 232 (Disposizioni temporanee circa Le apI :::: pLicazioni e supplenze di magistrati con funzioni deL grado superiore e circa il concorso per uditori), art. 2, in quanto consente al presidente delle corti di appeno di trasferirsi di fatto ed anche in perpetuo, con provvedimento di applicazione discrezionale ed insindacabile, un magistrato ad altro ufficio giudiziario dal distretto (artt. 105 e 107, prima parte, della Costituzione) (45). il~ Pretore di Palombara Sabina, ordinanza 23 gennaio 1970, G. U. I ~ 11 marzo 1970, n. 64. r. d. lgt. 31 maggio 1946, n. 511 (Guarentigie deiLa magistratura), m art. 2, in quanto esclude .gli uditori giudiziari dalla garanzia della inaw movibilit (art. 107, primo comma, della Costituzione) (46). I . I . Pretore di Torino, ordinanze 10 dicembre 1969 (due), G. U. 4 marzo 1970, n. 57. d. lg. 11 febbraio 1948, n. 50 (Sanzioni per .omessa denunzia di stranieri o apoliti), art. 2, in quanto prevede pene pi severe di quelle star bilite da altre norme per analoghe fattispecie criminose, e senza alcuna discriminazione tra le numerose ipotesi possibili (art. 3 della Costituzione) ( 47). Pretore di Genova, ordinanza 22 novembre 1969, G. U. 4 marzo 1970, n. 57. I I I; I ~ f.j (44) Questione gi proposta dal tribunale di Venezia (ordinanza 17 ottobre 1968, G. U. 26 marzo 1969, n. 78), dal tribunale di Roma (ordinanza 7 novembre ~ ' 1968, G. U. 2 luglio 1969, n. 165), dalla corte di appello di Brescia (ordinanza 29 gennaio 1969, G. U. 9 aprile 1969, n. 91), dal pretore di Roma (ordinanze 11 e I " 12 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145 e 9 luglio 1969, n. 172), dal tribunale di Roma (ordinanza 19 maggio 1969, G. U. 9 luglio 1969, n. 172f e, per l'art. 217 ' IIdella legge fallimentare, dal pretore di Roma (ordinanza 6 dicembre 1969, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50). (45) Questione gi proposta dal pretore di Voltri (ordinanza 15 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145) e, sotto differente profilo, dal pretore di San Ginesio (ordinanza 29 settembre 1969, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24). In argomento, cfr. sentenza 13 dicembre 1963, n. 156 della Corte costituzionale. (46) Questione gi proposta dal pretore di Legnano (ordinanza 20 febbraio 1::;. 1969, G. U. 21 maggio 1969, n. 128). (47) Altre questioni di legittimit costituzionale della norma sono state dichiarate non fondate, in riferimento agli artt. 76 e 77, 14, 3, 2 e 10 della Costituzione. con sentenza 26 giugno 1969, ;n. 104. I I d:::: ~ar11;1;rrrrm;r@m0mttrrffrgmrm1r;m:rffffff&mffililffffif:ffTfmmrrnmmE%rnmmr;rgm;mmmr@rnuEmEttr0hm:m:ill PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE d. lg. 9 aprile 1948, n. 437 (Proroga de.i termini di decadenza in conseguenza del mancato funzionamento degli uffici giudiziari), ultima parte dell'art. 1 e dell'art. 2, in quanto rimette al Ministro per la grazia. e giustizia di determinare in concreto, con valutazione discrezionale e a mezzo di provvedimento regolamentare, la eccezionalit dell'evento impeditivo del regolare funzionamento degli uffid giudiziari, condizionando a tale discrezionale valutazione l'esercizio del diritto del cittadino alla proroga del termine perentorio (artt. 87, quinto comma, 24, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Napoli, ordinanza 3 dicembre 1969, G. U. 25 marzo 1970, n. 76. d. P. R. 9 maggio 1950, n. 203 (Approvazione del testo unico deUe disposizioni riguardanti le imposte straordinarie sul patrimonio), arti colo 65, in quanto consente di esigere la prestazione senza limiti temporali e senza limiti di scelta dei soggetti passivi (artt. 3, secondo comma, 4, 35, primo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Varese, ordinanza 23 dicembre 1969, G. U. 4 marzo 1970, n. 57. legge 10 agosto 1950, n. 648 (Riordiname.nto delle disposizioni sulle pensioni di guerra), artt. 60, primo e secondo comma, 61, primo comma, 62, primo e secondo comma, 63, primo comma, e 65, in quanto escludono dal diritto alla pensione di guerra le figlie non nubili, con trattamento d,iverso da quello previsto per i fi1gli, per i quali non richiesta la condizione del celibato (art. 3, primo comma, della Costituzione) (48). Corte dei conti, quinta sezione giurisdizionale per le pensioni di guerra, Ol'dinanza 26 aprile 1969, G. U. 4 marzo 1970, n. 57. legge 5 marzo 1951, n. 190 (Norme per il funzionamento degli uffici giudiziari), art. 1, in quanto proroga l'art. 2 del d. lg. lgt. 3 maggio 1945, n. 232, che consente al presidente della corte di appello di trasferire di fatto ed anche in perpetuo, con provvedimento di applicazione discrezionale ed insindicabile, un magistrato ad altro ufficio giudiziario del distretto (artt. 105 e 107, prima parte, della Costituzione) (49). Pretore di Palombara Sabina, ordinanza 23 gennaio 1970, G. U. 11 marzo 1970, n. 64. (48} La questione di legittimit costituzionale degli artt. 62, terzo comma, e 64 della legge 10 agosto 1950, n. 648 stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 38, primo comma, 30, terzo comma, e 3, primo comma, della Costituzione, con sentenza 6 luglio 1966, n. 92. (49) Questione gi proposta, in riferimento anche all'art. 25 della Costituzione, dal pretore di Voltri (ordinanza 15 marzo 1969, G. U. 11 giugno 1969, n. 145}. In argomento, cfr. sentenza 13 dicembre 1963, n. 156 della Corte costituzionale. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 60 ordinanza ACIS 30 maggio 1951, art. 2, in quanto emesso, e con disposizioni di natura sanzionatoria, in difetto di delega legislativa (articolo 25, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Monfalcone, 011dinanza 5 febbraio 1970, G. U. 1 aprile 1970, n. 82. legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzlionale), art. 30, terzo comma, in quanto esclude, secondo la interpretazione adottata dalla Corte di cassazione, efficacia retroattiva alla declaratoria di illegittimit costituzionale (articolo 136 della Costituzione) (50). Pretore di Recanati, ordinanza 25 febbraio 1970, G. U. 22 aprile 1970, n. 102. legge 12 novembre 1955, n. 1137 (Avanzamento degli uffic.iali dello Esercito, della M.a1ina e dell'Aeronautica), art. 69, ultimo comma, nella parte in cui stabilisce che l'ufficiale non pu comunque, per effetto dello spostamento in ruolo, oltrepassare altro ufficiale della propria arma o servizio gi di lui pi anziano, che abbia conseguito uguale titolo in quanto pu impedire il conseguimento, a parit di titoli, dello stesso vantaggio di carriera (art. 3 della Costituzione). Consiglio di Stato, quarta sezione, 011dinanza 2 maggio 1969, G. U. 22 aprile 1970, n. 102. legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Norme di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralit), art. 2, in quanto rimette alla discrezionale valutazione della pubblica amministrazione di stabilire quali tra i cittadini che si trovano in luogo diverso da quello di residenza debbano considerarsi pericolose e debbano di conseguenza essere rimpatriate con foglio di via obbligatorio (artt. 3, 13 e 24 della Costituzione) (51). Pretore di Busto Arsizio, 011dinanza 19 dicembre 1969, G. U. 8 aprile 1970, n. 89. (50) Questione dichiarata non fondata con sentenze 29 dicembre 1966, n. 127 e 2 aprile 1970, n. 49. (51) Questione proposta con richiamo ai principi affermati nella sentenza 30 maggio 1963, n. 73 della Corte costituzionale. La questione stata gi proposta dal pretore di Legnano (ordinanza 10 luglio 1969, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24). Altre questioni di legittimit costituzionale dell'art. 2 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 sono state proposte, in riferimento all'art. 16 della Costituzione, dal tribunale di Vibo Valentia (ordinanza 31 gennaio 1969, G. U. 9 aprile 1969, n. 91) e dal pretore di Novi Ligure (ordinanza 18 settembre 1969, G. U. 26 novembre 1969, n. 299), e in riferimento agli artt. 3,#primo comma, e 13, secondo comma, della Costituzione, dal pretore di Ozieri (ordinanze 2 e 9 dicetnbre 1969, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37). Sull'art. 2 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, cfr. sentenze 30 giugno 1960, n. 45, 28 settembre 1962, n. 126, 30 giugno 1964, n. 68 e 17 marzo 1969, n. 32 della Corte costituzionale. :~~ mrrnwmrn:;rrnwrnmmmrnmmmrnrmmrnmrnrnmrmrnmw@mrli~rr0&ff:IiimiffffH1WGHM=&arzJWtIMf:rfM'mf:&tmmlfttrr;g1 PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 61 legge 27 dic:embre 1956, n. 1423 {Misure di prevenzione nei confronti detle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moratit), art. 4, sec:ondo c:omma, in quanto prevede come facoltativa l'assistenza di un difensore (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione) (52). Tribunale di Torino, ordinanza 15 dicembre 1969, G. U. 25 marzo 1970, n. 76. d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 207, lettera b, in quanto impedisce al coniuge, ai parenti ed agli affini entro il terzo grado del contribuente di proporre opposizione di terzo (artt. 42, 3, 24, 29, primo comma, 30, primo comma, e 113 della Costituzione) (53). Pretore di posizione), primo periodo del primo e del secondo comma (art. 24, quarto comma, e 3, primo comma della Costituzione) -Manifesta infondatezza (67). Ordinanza 20 marzo 1970, n. 42, G. U. 25 marzo 1970, n. 76. Ordinanza di rimessione 22 ottobre 1968 del pretore di Modena, G. U. 29 gennaio 1969, n. 25. (66) Gli artt. 9 e 10 della precedente legge regionale in argomento, approvata il .31 gennaio 1957, furono dichiarati incostituzionali con sentenza 8 luilio 1957, n. 123. (67) Cfr. sentenze 8 marzo 1957, n. 46, 23 dicembre 1963, n. 170, 26 marzo 1969, n. 48, e 8 luglio 1969, n. 119 della Corte costituzionale, con la declaratoria di non fondatezza delle varie questioni di legittimit costituzionale proposte per l'art. 510 del codice di procedura penale. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE r. d. I. 15 ottobre 1925, n. 2033 (Norme peir la repress.ione delle frodi -nella preparazione e nel commercio di sostanze di uso agrario e di prodotti agrari), convertito con legge l8 marzo 1926, n. 562, nel testo modificato dalla legge 27 febbraio 1958, n. 190, artt. 41, 42, 43, 44, 45 e 46 (artt. 3 e 24 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (68). Ordinanza 4 marzo 1970, n. 36, emessa nei giudizi riuniti promossi con ventidue ordinanze di varie autorit giudiziarie, G. U. 11 marzo 1970, n. 64. r. d. 18 giugit0 1931, n. 787 (Regolamento per gli istituti di prevenzione e di pena), artt. 123, terzo c:omma, 124, primo e sec:ondo c:omma, 125 e 126 (artt. 3, primo comma, 27, terzo comma, 36, primo e terzo comma, e 53 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (69). Sentenza 20 marzo 1970, n. 40, G. U. 25 marzo 1970, n. 76. Ordinanze di rimessione 18 giugno 1968 della corte d'assise di Torino (G. U. 14 dice;mbre 1968, n. 318), e 22 maggio 1969 del tribunale di Torino (G. U. 5 novembre 1969, n. 280). r. d. 3 marzo 1934, n. 383 (Testo unico della legge comunale e provinciale), artt. 99 e 103 -Restituzione degli atti per un nuovo giudizio sulla rilevanza. Ordinanza 2 aprile 1970, n. 54, G. U. 8 aprile 1970, n. 89. Ordinanza di rimessione 12 giugno 1968 del tribunale di Ferrara, G. U. 26 ottobre 1968, n. 274. d. P. R. 5 gennaio 1950, n. 180 (Testo unico deUe leggi coincernenti il sequestro, ii pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti dalle pubbliche Amministrazioni), art. 1 (art. 3 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (70). Ordinanza 4 marzo 1970, n. 37, G. U. 11 marzo 1970, n. 64. Ordinanza di rimessione 29 maggio 1968 del tribunale di Milano, G. U. 12 ottobre 1968, n. 261. legge 18 ottobre 1959, n. 945 (Modificazioni ed integrazioni del regio decreto-legge 15 ottobre 1925, n. 2033, convertito nella legge 18 mar (68) Con sentenza 3 dicembre 1969, n. 149 la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimit costituzionale dell'art. 44 del r.d.l. 15 ottobre 1920, n. 2033 (modificato dall'art. 1 della legge 27 febbraio 1958, n. 190) e non fondata, in rife. rimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale degli artt. 41, 42, 43, 45 e 46. (69) Questioni dichiarate inammissibili, per la natura regolamentare delle disposizioni, con sentenza 10 luglio 1968, n. 91. (70) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3 e 28 della Costituzione, con sentenza 9 giugno 1963, n. 88. La questione reciproca, sollevata cio per l'art. 545 del codice di procedura civile, stata dichiarata inammissibile con ordinanza 15 novembre 1967, n. 131. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zo 1926, n. 562, sulla repressione delle frodi nella preparazione deUe sostanze di uso agrario e di prodotti agrari), art. 1, (artt. 3 e 24 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (71). Ordinanza 4 marzo 1970, n. 36, G. U. 11 marzo 1970, n. 64. Ordinanza di rimessione 25 giugno 1969 del pretore di Reggio Calabria, G. U. 22 ottobre 1969, n. 269. legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli artt. 242, 243, 247, 250 e 262 del testo unico deUe leggi sanitarie approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della venditq, delle sostanze alimentari e delle bevande), art. 1, modificato dall'art. 1 della legge 26 febbraio 1963, n. 441 (artt. 3 e 24 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (72). Ordinanza 4 marzo 1970, n. 36, emessa nei giudizi riuniti promossi con ventidue ordinanze di varie autorit giudiziarie, G. U. 11 marzo 1970, n. 64. legge 4 luglio 1967, n. 580 (Disciplina per la lavorazione e commercio dei cereali, degli sfarinati del pane e delle paste alimentari), artt. 41, 42 e 43 (artt. 3 e 24 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (73). Ordinanza 4 marzo 1970, n. 36, emessa nei giudizi riuniti promossi coh ventidue ordinanze di varie autorit giudiziarie, G. U. 11 marzo 1970, n. 64. legge 9 luglio 1967, n. 572 (Modifica agli artt. 57 e 91 del testo unico sulla circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393), art. 1, secondo comma -Jnammi&sibilit (74). Sentenza 4 marzo 1970, n. 35, G. U. 11 marzo 1970, n. 64. Ordinanze di rimessione 28 maggio 1968 del pretore di Stradella, G. U. 12 ottobre 1968, n. 261). (71) Manifesta infondatezza dichiarata ai sensi della sentenza 3 dicembre 1969, n. 149. (72) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 3 dicembre 1969, n. 149, nella parte in cui per la revisione delle analisi esclude l'applicazione degli artt. 390, 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale. (73) L'art. 42 della legge 4 luglio 1967, n. 580 stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 3 dicembre 1969, n. 149, nella parte in cui per la revisione delle analisi esclude l'applicazione degli rtt. 390, 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale. (74) Cfr. nota 48 in questa Rassegna, 1968, II, 204. ITIMJ'~-, CONSULTAZIONI ACQUE PUBBLICHE Opere di difesa delle dighe che arrecano utilit all'Amministrazione. Se le opere di difesa della diga, eseguite dal concessionario di acque pubbliche ai sensi dell'art. 42 del t.u. sulle acque e sugli impianti elett:r;ici (r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775), arrecanti una qualche utilit di fatto alle opere di una pubblica amministrazione (nella specie, alle FF. SS.) determinino l'obbligo dell'Amministrazione pubblica di corrispondere un compenso o un indennizzo al concessionario (n. 102). AGRICOLTURA Denuncia di superfici seminate grano duro -Termine di decadenza. Se le denuncie delle superfici seminate a grano duro nell'annata agraria 1966-67 da farsi dai conduttori di aziende agricole ai Comuni di appartenenza entro il termine di decadenza del 22 luglio 1967, ai sensi degli artt. 1 e 3 del d.l. 20 maggio 1967, n. 288, cos come modificato dalla legge di conversione 14 luglio 1967, n. 548, debbano pervenire al Comune entro detto termine, escluso ogni equipollente come la spedizione a mezzo posta nello stesso ultimo gio;rno utile (n. 63). AMMINISTRAZIONE PUBBLICA Istituto della prorogatio di Consigli di amministrazione -Mutamento della qualifica di un componente -Applicabilit. Se l'istituto della prorogatio di un Consiglio di amministrazione (nella specie. dell'Ente Fondo trattamento di quiescenza e assegni straordinari al personale del lotto) sia applicabile pur nel mutamento della qualifica di uno dei suoi componenti (n. 348). APPALTO Applicabilit al contratto di appafto pubblico dell'art. 1674 e.e. Se sia applicabile ai contratti di appalto pubblico l'art. 1674 e.e. (n. 332). ASSICURAZIONI Rivalsa: art. 11 t.u. d.P.R. n. 1124/1965; art. 1916 e.e. Se l'Azienda F.S. possa esercitare verso i terzi responsabili il diritto di surrogazione previsto dagli artt. 1916 e.e. e 11 d.P.R. 1124/1965 per l'intero importo delle indennit corrisposte ai sensi dell'art. 91 I. 425/1958 (n. 81). - I! ! ~F~~Z~~7~".~ 70 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ATTI PUBBLICI Atti pubblici amministrativi -Contratti della P. A. Se possa essere richiesta ai sensi degli artt. 743 e segg. c.p.c. copia autentica di un contratto stipulato da un'Amministrazione dello Stato da chi non parte dello stesso genericamente all'Amministrazione che lo ha stipulato o specificamente all'ufficiale rogante, qualora: sia stato rogato in forma pubblica amministrativa (n. 6). CIRCOLAZIONE STRADALE Art. 124 cod. strad. -Responsabilit del proprietario del veicolo per la violazione della citata norma. Se, in caso di violazione dell'art. 124 cod. strad., oltre alla responsabilit solidale del proprietario del veicolo ex art. 3 legge n. 317 del 1967 (ed alla responsabilit solidale del conducente) concorra una ulteriore responsabilit sanzionabile dello stesso proprietario. Se sia applicabile per analogia il disposto dell'art. 196 c.p., con la conseguente esclusione della responsabilit solidale ora detta, quando possa ravvisarsi nella commissione della violazione un concorso tra il conducente ed il proprietario (n. 19). COMUNI E PROVINCE Contributi di miglioria specifica. Se il termine di un anno, previsto dall'art. 36 della l. 5 marzo 1963, n. 246 per l'istituzione del contributo di miglioria specifica da parte dei Comuni, decorra dalla data di approvazione finale degli atti di collaudo da parte del Comune committente dell'opera pubblica (n. 136). CONCESSIONI AMMINISTRATIVE Edilizia scolastica -Art. 16 l. 28 luglio 1967, n. 641 -Pagamenti in acconto. Se l'art. 16, quinto comma l. 28 luglio 1967, n. 641 regoli esclusivamente, quanto agli acconti da corrispondere agli enti concessionari, i rapporti fra tali enti e le ditte appaltatrici (n. 97). Se il contratto stipulato fra l'ente concessionario e l'appaltatore abbia esclusiva natura privatistica (n. 97). ~ tilli CONTABILIT GENERALE DELLO STATO !~; Atti pubblici amministrativi -Contratti della P. A. fm Se possa essere richiesta ai sensi degli artt. 743 e segg. c.p.c. copia autentica di un contratto stipulato da un'Amministrazione dello Stato da chi non parte dello stesso genericamente all'Amministrazione che lo ha stipulato o specificamente all'ufficiale rogante, qualora sia stato rogato in forma amministrativa (n. 239). ~; PARTE II, CONSULTAZIONI 71 CONTRIBUTI Contributi di miglioria specifica. Se il termine di un anno, previsto dall'art. 36 della 1. 5 marzo 1963, n. 246 per l'istituzione del contributo di miglioria specifica da parte dei Comuni, decorra dalla data di appro_vazione finale degli atti di collaudo da parte del Comune committente dell'opera pubblica (n. 85). DANNI DI GUERRA Domande di risarcimento dei danni di guerra carenti di documentazione Obbligo di fissazione di termine per la regolarizzazione -Insussistenza. Se debbano essere rigettate le denunce per risarcimento di danni di guerra carenti della documentazione di cui all'art. 10, legge 27 dicembre 1953, n. 968 (n. 137). Se a carico dell'Amministrazione sussista l'obbligo della prefssione di un termine ai presentatori di denunce incomplete (n. 137). Contributo per la ricostruzione di un immobile distrutto (l. 27 giugno 1953, n. 968) -Divisibilit del contributo tra gli aventi diritto. Se il contributo per la ricostruzione di un immobile distrutto dalla guerra sia divisibile tra gli aventi diritto quando la ricostruzione sia,avvenuta (n. 138). DAZI DOGANALI Interessi moratori su somme da rimborsare per dazio doganale indebitamente percetto. Se, una volta che risulti accertato l'obbligo dell'Amministrazione di :restituire un tributo, quest'ultima sia tenuta al pagamento degli interessi decorrenti dalla data della domanda di restituzione (n. 45). Reati doganali -Prescrizione del reato. Se per i diritti doganali dovuti in relazione a fatti costituenti reato, qualora il procedimento penale sia iniziato dopo che il reato siasi gi .estinto per prescrizione, possa ritenersi che il procedimento penale stesso -costituisca evento interruttivo della prescrizione dell'azione civile diretta .al recupero del tributo (n. 46). EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE .Alluvionati del 1966 -Assegnazione alloggi. Se nell'assegnazione degli alloggi costruiti, con o senza contributo dello Stato, da istituti od enti pubblici operanti nel settore dell'edilizia popolare ed economica la preferenza, spettante a norma dell'art. 13 bis RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del d.l. 18 novembre 1966, n. 976, convertito nella legge 23 dicembre 1966, n. 1142, alle famiglie che siano rimaste prive di alloggio in conseguenza degli eventi calamitosi dell'autunno 1966, valga anche nei confronti dei concorrenti non preferiti che abbiano un posto poziore in graduatoria (n. 220). ELETTRICITA ED ELETTRODOTTI Energia elettrica utilizzata dal medesimo impianto per usi diversi -Case di cura, cliniche, esercizi alberghieri -Applicazione delle diverse aliquote di imposta -Imposta di consumo di energia elettrica. Se siano applicabili, in mancanza di espresse disposizioni del Regolamento approvato con r.d. 29 settembre 1895, n. 624 e succ. mod., i principi fondamentali di cui all'art. 8 t.u. 8 luglio 1924 e all'art. 21 del d.1.C.P.S. 21 ottobre 1946, n. 236, per i quali, allorch in un impianto si utilizzi l'energia elettrica per usi diversi, poich l'imposta viene differenziata nelle aliquote in relazione alle diverse utilizzazioni, queste ultime devono essere fatte in maniera che, a giudizio insindacabile dell'Amministrazione. sia escluso il pericolo che l'energia venga deviata da usi esenti o tassati con aliquote inferiori ad usi rispettivamente soggetti ad imposta ovvero tassati con aliquota maggiore (n.45). ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA Indennit di espropriazione -Anibito di applicazione degli artt. 1 e 3 della legge 20 marzo 1968, n. 391. Se, una volta effettuato il deposito della indennit di espropriazione giusta le norme contenute negli artt. 1 e 3 1. 20 marzo 1968, n. 391, debbano essere seguite le norme ordinarie di cui alla legge organica sulle espropriazioni p& pubblica utilit (n. 289). Magistrato azie acque -Onere del pagamento di tributi per i provvedimenti giudizia1i in materia di espropriazione -Sussistenza. Se incomba sul Magistrato alle acque, nel cui interesse avviene una espropriazione, l'onere del pagamento dei diritti di cancelleria e dei con-; tributi a favore della Cassa Nazionale di previdenza e assistenza degli avvocati e procuratori, in ordine ai provvedimenti emessi in materia dai competenti organi giudiziari (n. 290). FALLIMENTO Comitato dei credit9ri -Nomina dell'Amministrazione finanziaria quale competente del comitato medesimo. Se sussista o meno la legittimazione di un ufficio del registro a partecipare al comitato dei creditori, a seguito di nomina in tal senso disposta dal Giudice Delegato (n. 120). Se la nomina del funzionario delegato all'incombente spetti all'Intendente di Finanza (n. 120). PARTE II, CONSULTAZIONI 73 FARMACIE Concorsi per farmacie vacanti. Se l'art. 23 del reg. 30 settembre 1938, n. 1706, che abilitava a procedere al cosidett concorso interno per l'assegnazione delle sedi di farmacie vacanti sia stato abrogato dall'art. 3 della legge 745/1968 (n. 25). FERROVIE Condono sanzioni disciplinari disposto dalla legge 250/1968. Se la legge 18 marzo 1968, n. 750, che ha disposto il condono delle sanzioni disciplinari sia nei confronti dei dipendenti dello Stato e di Enti pubblici che nei confronti di coloro che eserctano funzioni -pubblche o un'attivit professionale, sia applicabile anche agli incaricati di servizi da parte dell'Azienda F.S. (n. 408). Incaricati -Legge 12 dicembre 1966. n. 1078. Se gli incaricati di cui all'M:'t. 26 legge 30 dicembre 1959, n. 1236, possano considerarsi dipendenti, con conseguente estensione ai medesimi dei benefici previsti dall'art. 2 legge 1078/1966 (n. 409). IMPIEGO PUBBLICO Benefici di cui alla legge 28 dicembre 1950, n. 1079. Se i benefici previsti dall'art. 2 della legge 28 dicembre 195(}, n. 1079 siano da riconoscere anche a quei dipendenti che abbiano prestato servizio, nel periodo considerato, presso enti pubblici, anzich presso amministrazioni statali (n. 703). IMPOSTA DI REGISTRO Applicabilit dell'art. 44 Tab. B allegata alla detta legge -Appalto per la sistemazione di piazzali di complessi scolastici. Se l'agevolazione di cui all'art. 44 della Tabella B allegata alla legge di registro competa anche al contratto d'appalto per la sistemazione dei piazzali dei complessi scolastici, quando si tratti di piazzali funzionalmente destinati alle esigenze del complesso stesso (n. 319). Benefici di cui alla legge 408/49 -Atti separati riguardanti un medesimo edificio -Configurazione. Se sia possibile scindere un unico fabbricato in entit distinte, ai fini dell'applicazione o non dei benefici fiscali di cui alla legge 408/49, allorch due o pi parti dell'intero fabbricato costituiscono oggetto di separati appalti o di separati atti di contenuto diverso distintamente assoggettati alla registrazione (n. 320). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ente Teatrale Italiano: art. 29 L.R. Se sia applicabile il limite temporale del decennio, previsto dall'articolo 29 L.R., all'E.T.I. (n. 321). Se la parificazione degli enti pubblici all'Amministrazione statale, agli effetti delle imposte indiirette, sia fatta allo scopo di rendere applicabile agli enti predetti l'art. 94 L.R. (n. 321). IMPOSTE E TASSE Debito d'imposta -Cauzione prestata in numerario -Altri debiti nei confronti della P.A. -Incameramento della cauzione in via di compensazione~ di altri diversi debiti che gravitano il contribuente nei confronti della P.A. Se la risposta affermativa valga anche per il deposito cauzionale costituito con titoli del debito pubblico (n. 519). IMPOSTE VARIE Imposta sulle societ -Riscossione in unica soluzione -Mancato pagamento -Fallimento fiscale ex art. 261, 2 comma, t.u. n. 645/1958. Se sia promovibile il fallimento fiscale ex art. 261, 2 comma, t.u. n. 645/1958 nella ipotesi di mancato pagamento di imposta sulle societ da riscuotersi in unica soluzione (n. 28). INFORTUNIO SUL LAVORO Termini per la revisione della rendita. Se il diritto dell'interessato a proporre la istanza di revisione sia soggetto alla prescrizi<>ne triennale prevista dall'art. 112 d.P.R. 1124/1965 (n. 50). Se il termine posto dal penultimo comma dell'art. 83 d.P.R. 1124/1965 abbia natura perentoria (n. 50). INVALIDI DI GUERRA Applicabilit dei benefici previsti dal r.d. 30 settembre 1922, n. 1290 alle vittime civili di guerra. Se sia applicabile anche alle vittime civili di guerra l'art. 43 del r.d. 30 settembre 1922, n. 1290 (n. 27). Se sia applicabile anche agli invalidi e ai mutilati civili per fatti di guerra l'art. 44 r.d. 30 settembre 1922, n. 1290, nel caso che il rapporto d'impiego sia intercorso con una azienda privata (n. 27). Se per gli invalidi e mutilati civili per fatti di guerra i benefici debbano essere applicati con decorrenza dalla data del riconoscimento amministrativo e con riferimento alla categoria e alla qualifica d'impiego a quel tempo rivestiti dagli interessati (n. 27). PARTE II, CONSULTAZIONI 75 LOTTO E LOTTERIE Rilascio di ricevuta per ritiro delle boUette -Intestazione a persona diversa dall'esibitore -Esclusione. Se sia legittima l'intestazione delle ricevute, rilasciate dal ricevito;re ai sensi dell'art. 45 del regplamento sul gioco del lotto, a persona diversa dall'esibitore (n. 35). OPERE PUBBLICHE Conformit delle costruzioni statali alle prescrizioni del piano regolato1e e del regolamento edilizio. Se, a norma dell'art. 29 legge 17 agosto 1942, n. 1150, mod. ed integr. dalla legge 6 agosto 1967, n. 765 e dalla legge 19 novembre 1968, n. 1187 competa unicamente al Ministro dei LL.PP. accertare che le opere da eseguirsi da Amministrazioni statali non siano in contrasto con le prescrizioni del piano regolatore e del regolamento edilizio vigenti nel territorio comunale in cui esse ricadono. Se, nel caso di mancanza delle dette prescrizioni, il Ministro debba limitarsi a dare atto che il contrasto non esiste, mancando ogni termine normativo di confronto (n. 84). Ordinanza di sospensione dei lavori emessa dal Sindaco ex art. 32 della legge urbanistica, nei confronti dell'Azienda F.S. Se possa essere riconosciuto al Sindaco il potere di ordinare la sospensione ex art. 32 della legge urbanistica dei lavori in corso di attuazione da parte di amministrazioni statali (n. 85). PREVIDENZA ED ASSISTENZA Assicurazione generale obbligatoria del lavoratore -Obbligo del datore di lavoro -Ha natura contrattuale -Conseguenza. Se l'obbligo del datore di lavoro di provvedere alla tutela previdenziale del lavoratore secondo le leggi sull'assicurazione generale obbligatoria, nonch l'obbligo dello stesso datore di lavoro al risarcimento dei danni nel caso di omessa assicurazione, abbia natura contrattuale, e non legale, con tutte le conseguenze che ne derivano, specie in ordine alla durata della prescrizione (n. 70). SOCIET Assemblea dei soci -Procura -Eccezioni sostanziali mosse dal Presidente Opposizione alle deliberazioni assembleari. Se sia valida la procura rilasciata all'azionista ai fini della rappresentanza del rilasciante nell'assemblea delle societ, ove detta procura sia. generica e non consenta alcun sindacato da parte dell'organo preposto al controllo o alla vigilanza dell'ente che detta procura ha rilasciato. 76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Se sia la stessa assemblea, validamente costituita, a doversi pronunciare sulle eccezioni mosse dal Presidente circa la verifica dei poteri dei partecipanti e circa l'ordine dei lavori. Se, ai fini dell'esperimento del rimedio consentito al socio dall'articolo 2377 e.e., possa ritenersi esistente la deliberazione assembleare quando le decisioni siano state adottate dal Presidente, anzich dall'assemblea. Se il rimedio previsto dall'art. 2367 e.e. sia consentito quando, pur essendosi stata materialmente la convocazione assembleare, sia stata impedita all'assemblea ogni delibera (n. 124). SUCCESSIONI Successione dello Stato ex art. 586 e.e. -Necessit di una preventiva giacenza dell'eredit -Esclusione. Se la devoluzione allo Stato del compendio creditorio a norma dell'articolo 586 e.e. debba necessariamente essere preceduta da uno stato di giacenza dell'eredit (n. 81).