ANNO XXVIII -N. 2 MARZO-APRILE 1976 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CELEBRAZIONE DEL CENTENARIO DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1976 ABBONAMENTI ANNO L. 12.75.0 UN NUMERO SEPARATO . . . .. . . . . . . . . . . . . . 2.250 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -BIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/2640 Stampato in Italia Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1960 (6219041) Roma, 1976 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Glauco NORI, Ancona; Francesco Cocco, Bari, Michele DIPACE, Bologna; Giovanni CONTU, Cagliari; Americo RALLO, Caltanissetta; .Filippo CAPECE MINUTOLO DEL SASSO, Catanzaro; Raffaele TAMIOZZO, Firenze; Francesco GUICCIARDI, Genova; Adriano RossI, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Giuseppe MINNITI, Messina; Marcello DELLA VALLE, Milano; Aldo ALABISO, Napoli; Nicasio MANcuso, Palermo; Pier Giorgio LIGNANI, Perugia; Rocco BERARDI, Potenza; Umberto GIARDINI, Torino, Maurizio DE FRANCHIS, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo MAND, Venezia. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA del/'avv. Giuseppe COSTITUZIONALE Angelini-Rota) {a cura pag. 165 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE {a cura dell'avv. Arturo Marzano) . 182 Sezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI SDIZIONE {a cura del/'avv. Benedetto e del/'avv. Carlo Carbone) . GIURIBaccari 209 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA cato Adriano Rossi) CIVILE . {a cura de/l'avvo 225 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA del/'avv. Ugo Gargiulo) . {a cura 246 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA vocato Carlo Bafle) . {a cura dell'av 257 Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (a cura del/'avv. Arturo Marzano, per gli appalti e del/'avv. Paolo Vittoria, per le acque pubbliche) 280 Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a lo Di Tarsia di Be/monte) . cura del/'avv. Pao 304 Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO LEGISLAZIONE . pag. 17 CONSULTAZIONI 33 NOTIZIARIO 36 La pubblicazione dirtta dall'avvocato: UGO GARGIULO .-...--..-.......-....-....:-:---:-:-:-:-:-:-:-:-::-:::'.<<'.'.:-:-::'.'.".::'.:--:-:--:-:-:'.-:.'.'.-'.:<-::-:-:-:-:-:::'.->'.:::::-'.-:-::.:'.:::: . -....-.....-..---.-..-...-:-----:--:-:---- ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI FOGLIETTI F., In tema di opposizione ex art: 9 legge 3 maggio 1967, n. 317/1-2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 225 MARZANO A., Decisione comunitaria sul certificato DD4 e norme di attuazione . . . . . . . . I, 182 Celebrazione del centenario dell'Avvocatura dello Stato . Il, 36 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRIAMNISTIA E INDULTO CIT -Canoni -Diminuita o soppressa utilizzazione dell'acqua -Causa naturale -Illecito di dipendente del concessionario -Non tale, 295. -Canoni -Diminuita o soppressa utilizzazione dell'acqua -Per cause naturali -Rilevanza -Previo accertamento amministrativo della impossibilit di adattare la derivazione Necessit -Esclusione, 295. -Canoni -Diminuita o soppressa utilizzazione dell'acqua -Rilevanza Limiti, 295. -Canoni -I.G.E. -Rivalsa -Competenza dei tribunali delle acque, 295. -Canoni -Natura patrimoniale -Soggezione all'I.G.E., 295. -Competenza e giurisdizione -Sentenza che regola la competenza Effetti -Fattispecie, 298. -Concessione e derivazione -Passaggio alla Valle d'Aosta -Concessioni non utilizzate al 7 settembre 1945 Accertamento -Natura costitutiva, 284. -Concessione e derivazione -Passaggio alla Valle d'Aosta -Incidenza sul canone Disciplina dei casi di cessazione -Applicabilit, 284. -Corsi d'acqua -Accessione di golena al fondo limitrofo -Prova della non sommergibilit -Onere, 298. - Giudizio e procedimento -Ricorso alle sezioni unite della Corte di Cassazione -Termini Rinvio matriale al cod. proc. civ. del 1865, 280. AMMINISTRAZIONE DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI -Appalto -Divieto di intermediazione nella assunzione di mano d'opera Applicabilit, 213. -Reati finanziari -Limitazioni: della concessione -Legittimit costituzionale, 172. APPALTO -Appalto di opere pubbliche -Prezzi -Immutabilit -Revisione -Carattere di eccezione al principio della immutabilit dei prezzi, 280. -Appalto di opere pubbliche -Prezzi -Revisione -Accordi con il direttore dei lavori -Approvazione -Necessit, 281. -Appalto di opere pubbliche -Prezzi -Revisione -Situazione soggettiva dell'appaltatore, 280. ATTO AMMINISTRATIVO - Atti soggetti a ricorso amministra . tivo Avvertenza sul termine per ricorrere e sull'Autorit sovraordinata -Mancanza -Irrilevanza sull'efficacia e validit dell'atto, 255. -Comunicazione e notificazione -Notificazione -Norme applicabili -R.D. n. 642 del 1907 -Inosservanza -Irregolarit della notificazione, 248. - Comunicazione e notificazione -Notificazione a soggetto non legittimato -Nullit e non irregolarit, 249. -Eccesso di potere -Disparit di trattamento -Attivit vincolata -Inconfigurabilit del vizio -Precedente illegittimit -Non autorizza a perseverare nell'errore, 250. - Motivazione -Obbligo -Attivit vincolata -Insussistenza dell'obbligo, 250. - Norme applicabili -Sono quelle vigenti alla data di emanazione, 253. CACCIA E PESCA -In genere -Acque pubbliche -Divieto di immissione di rifiuto senza RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO autorizzazione -Interpretazione della disposizione e sua ratio -Acque pubbliche -Acque marine -Sono tali, 305. -Pesca -Inquinamento di acque Divieto -Destinatari della norma Sono tutti coloro che immettono nelle acque sostanze inquinanti, e non solo i pescatori, 304. -Pesca -Inquinamento di acque Divieto -Reato di mera condotta. Prova del danno arrecato alla fauna ittica -Irrilevanza, 304. CIRCOLAZIONE STRADALE -Depenalizzazione -Opposizione al1' ordinanza intendentizia -Oggetto dell'opposizione, con nota di F. FOGLIETTI, 225. -Depenalizzazione -Opposizione all'ordinanza prefettizia -Abilitazione del Prefetto a stare in giudizio Necessit di delega ministeriale Esclusione, con nota di F. FOGLIETTI, 225. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Enti Pubblici -Appalto -Assunta in"termediazione nella assunzione di mano d'opera -Fattispecie (in tema di lavori di pulizia) -Giurisdizione del giudice ordinario, 213. -Indennit di buonuscita E.N.P.A.S. Giurisdizione del giildice generale di legittimit -Dipendenti della Corte dei Conti -Giurisdizione . delle Sezioni Riunite, 214. -Sicilia -Bellezze naturali -Decreto presidenziale decisorio di gravame gerarchico contro atto della Sopraintendenza -Competenza Csi. -Conseguenza -Difetto di competenza dell'Ap. a risolvere contrasti di giurisprudenza, 247. -Ufficiali giudiziari -Contestazioni con l'ufficio del registro circa la entit dei proventi da versare allo Stato Provvedimento decisorio del capo dell'ufficio giudiziario -Natura giurisdizionale -Effetti, 209. COMUNIT EUROPEE -Responsabilit per atto normativo Domanda volta ad ottenere la resti tuzione di somme che si assumano versate in base a disposizioni comunitarie illegittime -Competenza del giudice nazionale, 187. -Unione doganale -Restrizioni quantitative -Abolizione -Monopoli na zionali -Riordinamento -Art. 37, n. l, del trattato C.E.E. -Efficacia diretta -Decorrenza, con nota di I. M. BRAGUGLIA, 199. -Unione doganale -Restrizioni quantitative -Abolizione -Monopoli nazionali -Riordinamento -Diritti esclusivi di importazione -Abolizione -Termine, con nota di I. M. BRAGUGLIA, 199. -Unione doganale -Scambi intracomunitari -Trattamento comunitario -Necessit del certificato DD4 - Inopponibilit da parte dello Stato membro che non abbia adottato ancora provvedimenti per la concreta attuazione della decisione istitutiva del certificato, con nota di A. MARZANO, 182. -Unione doganale -Termini stabiliti dal trattato C.E.E. -Provvedimenti delle Istituzioni comunitarie -Effetti nei confronti dei singoli, con nota di I. M. BRAGUGLIA, 199. CONFLITTO DI ATTRIBUZIONI -Tra Stato e Regioni -Passaggio di beni dallo Stato alle Regioni -Momento -Determinazione -Rilevanza per la soluzione del conflitto -Competenza della Corte Costituzionale, 284. - Tra Stato e Regione autonpma Valle d'Aosta -In materia di acque pubbliche -Inconfigurabilit, 284. CORTE COSTITUZIONALE -Trentino-Alto Adige -Normativa statale precedente alla attribuzione di competenza alla Provincia di Bolzano -Impugnativa da parte della Provincia -Difetto di interesse, 166. CORTE DEI CONTI - Dipendenti -Indennit buonuscita E.N.P.A.S. -Tredicesima mensilit Va compresa nel calcolo, 214. INDICE IX -Giurisdizione (domestica) delle Sezioni Riunite -Impugnazione di atto di Ente diverso dalla Corte Sussiste, 214. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -Amnistia e indulto -Corte costituzionale -Lavoro Pensioni Prescrizione Previdenza e assistenza Trentino-Alto Adige. DANNI -Illecito -Morte dell'impiegato Pregiudizio economico Sviluppo della carriera Ammissibilit, 237. -Illecito Pregiudizio economico Maggiore indennit di liquidazione Ammissibilit, 238. -Illecito Pregiudizio economico Nozione, 237. DEMANIO E PATRIMONIO -Demanio storico e artistico Bellezze naturali Dichiarazione di notevole interesse Notificazione Irregolarit -Conseguenze, 248. -Demanio storico e artistico Bellezze naturali Notificazione di notevole interesse Notificazione -Cognizione legale Necessaria -Conoscenza effettiva Irrilevanza, 249. -Demanio storico e artistico -Pronunzia della Commissione prevista dall'art. 31 della -legge n. 1089 del 1939 Natura, 241. -Patrimonio indisponibile -Opera appartenente ad Ente pubblico tale -Accessione -Inconfigurabi)it, 252. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT -Espropriazione Decreto di espropriazione In sanatoria Dopo la scadenza del termine di occupazione d'urgenza Legittimit, 252. - Espropriazione -Dichiarazione di p.u. -Legittimit Pendenza di giudizio civile Irrilevanza, 252. - Espropriazione -Impianto sportivo Disciplina R.D.L. n. 302 del 1939 Abrogazione ex 1. n. 865 del 1971, 252. -Espropriazione Indennit Determinazione Possibilit di applicazione di pi norme -Preferenza a quella che consente trattamento pi uniforme, 252. -Espropriazione Termini -Espropriazione in sanatoria Indicazione dei termini Non occorre, 252. -Espropriazione -Termini -Scadenza -Nuova dichiarazione di p.u. Necessit -Opera completamente eseguita Irrilevanza, 252. -Occupazione illegittima Interessi legali Scadenza Anatocismo Limiti, 240. -Opere pubbliche comunali previste dalla legge n. 517 del 1945 -Giudizi di risarcimento dei danni derivanti da occupazione illegittima -Legittimazione passiva Spetta allo Stato e non all'Ente locale, 245. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Interesse all'impugnazione In tema di pubblico impiego Modificazioni di stato giuridico -Da parte di nuovo regolamento Interesse all'impugnazione -Sussiste, 251. -Procedimento giurisdizionale -Rappresentanza in giudizio E.N.P.A.S. difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato Mandato Non occorre, 248. -Ricorso giurisdizionale -Atto impugnabile o no Atto di controllo Atto negativo su deliberazione di Ente pubblico - impugnabile, 251. -Sentenze T.A.R. Appello Poteri del C.d.S. -Correzione della motivazione Ammissibilit, 252. IMPIEGO PUBBLICO -Collocamento a riposo Competenza -Provvedimenti positivi o negativi -Competenza del Dirigente generale capo del personale, 254. -Collocamento a riposo Esodo volontario Dirigenti Diritto -Personale tecnico Art. 67 quinto comma D.P.R. n. 748 del 1972 -Contrasto con l'art. 3 Cost. -Manifesta infondatezza, 255. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO -Collocamento a riposo -Esodo volontario -Dirigenti -Diritto -Personale tecnico -Art. 67 quinto comma D.P.R. n. 748 del 1972 -Criterio di applicazione -Ex combattente ed assimilato -Combinazione con la 1. n. 336 del 1970 -Limite, 255. -Collocamento a riposo -Esodo volontario -Dirigenti statali -Art. 67 D.P.R. n. 748 del 1972 -Dipendenti non cessati dal servizio ma passati alle Regioni -Inapplicabilit del beneficio, 250. -Dipendenti C.N.R. -Norme applicabili -D.P.R. n. 748 del 1972 -Applicabilit solo al Segretario generale, 251. - Dipendenti Enti pubblici -Norme sulla dirigenza statale -D.P.R. n. 748 del 1972 -Inapplicabilit -Diniego di approvazione tutoria della deliberazione di estensione -Legittimit, 251. - Dipendenti regionali -Trasferimento di dipendenti statali -Artt. 67 e 68 D.P.R. n. 748 del 1972 e artt. 10, 11 e 12 D.P.R. n. 6 del 1972 -Contrasto con gli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 Cost. -Manifesta infondatezza, 250. - Infermit e lesioni -Assistenza E.N.P.A.S. -Prestazioni -Decisione del Consiglio di amministrazione su ricorso gerarchico -Difetto di .motivazione -Illegittimit, 248. IMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazione per l'agricoltura -Ac quisto di terreni allo scopo di ese guirvi opere di valorizzazione -Necessit che fo opere siano eseguite sullo stesso terreno acquistato -Ese cuzione delle opere su diverso terreno gi di propriet dell'acquirente Esclusione dell'agevolazione, 279. -Prescrizione -Consolidazione crite rio di tassazione -Accertamento e concordato -Interrompono la prescrizione solo a vantaggio dell'amministrazione -Decorrenza del termine dalla data della registrazione non dalla data del pagamento dell'imposta, 257. - Riscossione ad aggio o premio di bollette dell'energia elettrica - soggetta all'imposta dell'art. SO tariffa A r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 -Applicabilit dell'imposta dell'art. 52 Esclusione, 272. IMPOSTA GENERALE SULL'EN TRATA -Importazione -Presupposto -Pas saggio dalla linea doganale - sufficiente -Trasferimento di merci da una filiale alla sede principale -Irrilevanza, 259. IMPOSTE DOGANALI -Diritti amministrativi e diritti di statistica -Importazione da territori a regime di deposito franco Sono dovuti -Abolizione a seguit di direttive C.E.E. -Esclusione, 260. -Regime di deposito franco e deposito franco -Nozione e distinzioni Hanno carattere di extraterritorialit Introduzione di merci da essi in Italia -D luogo a passaggio del la linea doganale, 259. - Tariffa -D.P.R. 21 dicembre 1961, n. 1339 -Ha valore di legge dele gata -Criterio di onnicomprensivit della tariffa per giudizio di assimilazione -Sussiste, 259. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Agevolazione per le zone terremo tate del Belice -Comprende nche le imposte indirette, 269. -Interpretazione della norma tributaria di agevolazione -Interpreta zione estensiva -Criteri e limiti, 279. LAVORO -Controversie di lavoro della gente del mare -Applicabilit del rito del lavoro, 166. -Lavoro domestico -Indennit di licenziamento -Criteri di liquidazio ne -Legittimit costituzionale, 165. -Rito speciale del lavoro -Applicabilit ai rapporti di agenzia che si concretino in prestazioni prevalentemente personali -Inapplicabilit alle societ aventi per oggetto il disbrigo di affari di agenzia -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 174. INDICE XI LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI -Leggi -Interpretazione -Interpretazione estensiva -Nozione, 305. OPERE PUBBLICHE -Stadio comunale -Costruzione Norme applicabili -L. n. 865 del 1971 -Applicabilit, 252. PENSIONI -Pensioni di guerra -Giudizio dinanzi alla Corte dei Conti -Estinzione del giudizio interrotto per mancata riassunzione nei termini -Pronuncia in camera di consiglio su istanza del procuratore generale non notificata agli eredi del ricorrente -Illegittimit costituzionale, 180. -Pensioni di guerra -Giudizio dinanzi alla Corte dei Conti -Termine per la riassunzione del processo interrotto -Decorrenza dalla morte del ricorrente -Illegittimit costituzionale, 179. PRESCRIZIONE -Sospensione della prescnz1one fra coniugi legalmente separati -Legittimit costituzionale, 178. PREVIDENZA E ASSISTENZA -Pensioni di previdenza sociale -Parziale divieto di cumulo con la retribuzione -Legittimit costituzionale, 168. PROCEDIMENTO CIVILE -Intervento -Intervento adesivo dipendente -Nozione -Applicazioni in tema di giudizio di esproprio nelle zone industriali di Napoli, 244. RESPONSABILIT CIVILE -Responsabilit della p.a. per danni arrecati a terzi dai propri dipendenti -Responsabilit diretta -Criteri dell'imputazione -Nessi di occasionalit necessaria tra l'attivit del dipendente e le incombenze affidate Abuso di potere strumentalmente connesso con i fini istituzionali dell'Ente -Riferibilit dell'evento dannoso alla p.a. -Sussiste, con nota di C. LAMBERTI, 233. TRENTINO-ALTO ADIGE -Provincia di Bolzano -Associazioni Potere del Ministero dell'Interno di vietare l'uso in pubblico di uniformi -Violazione delle garanzie costi tuzionali e della competenza statutaria della Provincia di Bolzano Insussistenza, 165. -Provincia di Bolzano -I.N.V.IM. Esenzione per gli immobili locati per lo svolgimento di attivit culturali, ricreative, sportive, educative o sindacali da parte di circoli ade. renti alle organizzazioni nazionali legalmente riconosciute -Violazione del principio di tutela delle minoranze linguistiche tedesca e latina Insussistenza, 175. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 19 febbraio 1976, 19 febbraio 1967, 19 febbraio 1976, 19 febbraio 1976, 19 febbraio 1976, 19 febbraio 1976, 19 febbraio 1976, 19 febbraio 1976, 19 febbraio 1976, 19 febbraio 1976, n. 26 n. 27 n. 28 n. 29 n. 30 n. 32 n. 33 n. 34 n. 35 n. 36 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE 18 novembre 1975, nella causa 30/75 27 gennaio 1976, nella causa 46/75 3 febbraio 1976, nella causa 59/75 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un., 11 novembre 1974, n. 3497 Sez. I, 5 gennaio 1976, n. 9 Sez. III, 24 gennaio 1976, n. 227 Sez. I, 29 gennaio 1976, n. 273 Sez. Un., 2 febbraio 1976, n. 323 Sez. Un., 3 febbraio 1976, n. 356 Sez. III, 6 febbraio 1976, n. 421 Sez. I, 9 febbraio 1976, n. 427 Sez. I, 11 febbraio 1976, n. 447 Sez. I, 17 febbraio 1976, n. 514 Sez. I, 19 febbraio 1976, n. 545 Sez. Un., 21 febbraio Sez. Un., 24 febbraio Sez. I, 6 marzo 1976, Sez. I, 6 marzo 1976, Sez. I, 6 marzo 1976, 1976, n. 576 1976, n. 597 n. 755 n. 759 n. 760 pag. 165 )) 165 )) 166 )) 166 )) 168 )) 172 )) 174 )) 175 )) 178 )) 179 pag. 182 )) 187 )) 199 pag. 225 )) 257 )) 233 )) 259 )) 209 )) 213 )) 237 )) 269 )) 240 )) 241 )) 272 )) 280 )) 244 )) 279 )) 245 )) 280 INDICE XIII CORTE DEI CONTI Sezioni Riunite, 25 febbraio 1976, n. 63 . . . . . . . . . . . TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE 11 giugno 1975, n. 13 8 novembre 1975, n. 23 14 febbraio 1976, n. 3 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. plen., 4 dicembre 1975, n. 10 Sez. IV, 9 dicembre 1975, n. 1195 Sez. IV, 9 dicembre 1975, n. 1197 Sez. IV, 16 dicembre 1975, n. 1250 Sez. IV, 19 dicembre 1975, n. 1325 Sez. IV, 19 dicembre 1975, n. 1327 Sez. VI, 12 dicembre ,1975, n. 693 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. VI, 12 marzo 1974, n. 533 Sez. Ili, ud. 29 aprile 1974, n. 778 pag. 214 pag. 284 295 298 pag. 247 248 248 250 251 252 254 pag. 304 305 PARTE SECONDA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLE CONSULTAZIONI CQUE PUBBLICHE -Acque pubbliche Concessione di derivazioni a scopo idroelettrico Immobili e beni inerenti la concessione Esecuzione forzata a danno del concessionario, 33. -Acque pubbliche Concessione di derivazione a scopo idroelettrico Immobili e beni inerenti la concessione Esecuzione forzata Vendita all'asta Acquirente Trasferimento della concessione Nulla osta della P.A., 33. AGRICOLTURA E FORESTE -Agricoltura e foreste -Violazione a norme di tutela del patrimonio forestale -Depenalizzazione, 33. APPALTO -Appalti di opere pubbliche Revisione prezzi contrattuali Clausola di esclusione della revisione Ius superveniens, 33. -Appalti di opere pubbliche Revisione prezzi contrattuali Ricorso amministrativo -Silenzio rigetto Condizioni, 34. CIRCOLAZIONE STRADALE -Circolazione stradale Scontro tra veicoli Impianti semaforici Inefficienza Responsabilit civile, 34. ELETTRICITA ELETTRODOTTI -Acque pubbliche Concessione di grande derivazione Scadenza, decadenza e rinuncia della concessio ne -Opere di raccolta, regolazione e derivazione Trasferimento all'ENEL, 34. -Acque pubbliche Concessione di grande derivazione Scadenza, decadenza o rinuncia ENEL Domanda di concessione per scopi idroelettrici Istruttoria, 34. IMPIEGO PUBBLICO -Ufficio Italiano dei Cambi Dipendenti -Collocamento a riposo per limiti di et Indennit sostitutiva del preavviso Determinazione, 35. IMPOSTA DI REGISTRO -Imposta di registro -Condono Controversia pendente -Giudicato Successiva domanda di condono Effetti, 35. IMPOSTE DIRETTE -Imposte dirette Reati finanziari Dichiarazione unica dei redditi Presentazione tempestiva ad Ufficio delle Imposte territorialmente incompetente -Mancata trasmissione all'ufficio competente -Effetti, 35. REATI FINANZIARI -Imposte dirette Reati finanziari Dichiarazione unica dei redditi Presentazione tempestiva ad Ufficio delle Imposte territorialmente incompetente Mancata trasmissione all'ufficio competente Effetti, 35. INDICE xv LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE I -Norme dichiarate incostituzionali II -Questioni dichiarate non fondate III -Questioni proposte . NOTIZIARIO pag. )) )) )) 17 17 19 37 GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (*) CORTE COSTITUZIONALE, 19 febbraio 1976, n. 26 -Pres. Oggioni -Rel. Capalozza -Provincia di Bolzano (avv. Coronas) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). Trentino-Alto Adige Provincia di Bolzano Associazioni Potere del Mini stero dell'Interno di vietare l'uso in pubblico di uniformi Violazione delle garanzie costituzionali e della competenza statutaria della Provincia di Bolzano Insussistenza. (!. cost. 10 novembre 1971, n. 1, artt. 2, 5 e 51; d. I. 14 febbraio 1948, n. 43, artt. 3 e 2). Il potere che l'art. 3 del d.l. 14 febbraio 1948 n. 43 attribuisce al Ministero dell'Interno di vietare per un tempo determinato l'uso in pubblico di uniformi o di divise da parte di associazioni od organizzazioni di qualsiasi natura, non viola le garanzie costituzionali e la competenza statutaria della Provincia di Bolzano, dato che avverso il relativo provvedimento possibile l'esercizio dei normali mezzi di garanzia amministrativa e giurisdizionale. CORTE COSTITUZIONALE, 19 febbraio 1976, n. 27 -Pres. Oggioni Rel. Amadei -Spella (n. c.) c. Caneschi (n. c.). Lavoro Lavoro domestico Indennit di licenziamento Criteri di liqui dazione . Legittimit costituzionale. (Cost., artt. 1, primo comma, e 36, primo comma; I. 2 aprile 1958, n. 339, artt. 1 e 17 lett. b). Le disposizioni della legge 2 aprile 1958, n. 339 che non consentono, ai fini della liquidazione della indennit di licenziamento dei lavoratori domestici, il cumulo delle prestazioni svolte presso datori di lavoro diversi, non violano gli articoli 1 e 36 della Costituzione, in quanto ogni singolo datore di lavoro non pu essere gravato delle conseguenze della opera prestata dal dipendente anche a favore di altro datore di lavoro (1). (1) Sulle particolari caratteristiche del rapporto di lavoro domestico cfr. la precedente sentenza 13 febbraio 1974, .n. 27 (in questa Rassegna 1974, 1, 517). (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa sezione ha collaborato l'avv. F. FAVARA. 166 AASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 19 febbraio 1976, n. 28 -Pres. Oggioni -Rel. Reale -Provincia di Bolzano (avv. Coronas) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). Corte Costituzionale Trentino-Alto Adige Normativa statale precedente alla attribuzione di competenza alla Provincia di Bolzano . Impugnativa da parte della Provincia Difetto di interesse. (l. cost. 10 novembre 1971, n. 1, art. 5 n. 28; I. luglio 1967, n. 641). Le Regioni e le Provincie ad autonomia speciale, per rimuovere dalle materie attribuite alla loro potest legislativa le preesistenti leggi statali che eccedono dai limiti imposti alla competenza del legislatore nazionale in virt di norme di rango costituzionale emanate in epoca successiva all'entrata in vigore di quelle leggi, non hanno interesse a proporre ricorso al fine di ottenerne la declaratoria di illegittimit costituzionale, perch possono sostiturle con proprie leggi, nell'ambito della propria competenza e nel rispetto dei limiti prefissati a tale attivit, il risultato della quale soggetto al sindacato della Corte Costituzionale (1). (1) Cfr. Corte Cost. 23 gennaio 1974, n. 13, in questa Rassegna 1974, 1, 299. Lo stesso principio stato affermato dalla successiva sentenza 19 febbraio 1976, n. 31, fra le stesse parti. CORTE COSTITUZIONALE, 19 febbraio 1976, n. 29 -Pres. Oggioni -Rel. Gionfrida -Ursino ed altri (n. c.) c. Compagnia piloti di Augusta (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Zagari). Lavoro Controversie di lavoro della gente del mare Applicabilit del rito del lavoro. (Cost., art. 3, primo comma; c. p. c., art. 409; c. nav., art. 603). La norma dell'art. 409 c.p.c., nella formulazione dettata dall'art. 1 della legge 11 agosto 1973, n. 553, applicabile anche nei confronti dei dipendenti del settore nautico, dato che tale riforma del 1973 ha importato l'abrogazione tacita per incompatibilit dell'art. 603 cod. navigazione e delle norme ad esso collegate. (Omissis). -Nel formulare l'indicato quesito di costituzionalit, il giudice a quo muove dalla premessa che, anche dopo l'entrata in vigore della legge 533 del 1973 citata, le controversie di lavoro della gente del mare restino disciplinate dagli artt. 603 e norme collegate del codice della navigazione. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Ci per la ragione -esposta nella motivazione dell'ordinanza di rinvio -che, essendo il diritto della navigazione diritto speciale ed autonomo >>, le relative norme non potrebbero essere derogate da una legge di carattere generale, ancorch sopravvenuta, che non ne preveda espressamente l'abrogazione. Ora, anzitutto da rilevare che anche se la novella del 1973 (nell'articolo 409, che delimita l'ambiente della nuova procedura e nell'art. 413 che attribuisce al pretore la competenza esclusiva, in primo grado, in funzione di giudice del lavoro) effettivamente non fa espressa menzione delle controversie di lavoro nautico; e anche se indiscutibile il carattere speciale delle norme del codice della navigazione che quelle stesse controversie contemplano, non per questo pu, a priori, escludersi la eventualit dell'abrogazione, in forma tacita, delle norme speciali succitate ad opera della legge di riforma successiva. Nell'ipotesi di successione di una legge generale ad una legge speciale, non vera in assoluto la massima che lex posterior generalis non derogat priori speciali: giacch i limiti del detto princpio vanno, in effetti, di volta in volta, sempre verificati alla stregua dell'intenzione del legislatore. E non escluso che in concreto l'interpretazione della voluntas legis, da cui dipende la soluzione dell'indicato problema di successione di norme, evidenzia una latitudine della legge generale posteriore, tale da non tollerare eccezioni, neppure da parte di leggi speciali: che restano, in tal modo, tacitamente abrogate. La Corte ritiene che ci appunto ricorra nella specie. L'attribuzione al pretore della competenza a conoscere, in via generale ed esclusiva, le controversie del lavoro, con nuovi strumenti ispirati a princpi di oralit, concentrazione ed immediatezza, costituisce, infatti, l'elemento qualificante della riforma del '73; il suo puntb cardine, volto -nella dichiarata intenzione del legislatore -a sintonizzare con i precetti costituzionali di cui agli artt. 3 cpv. e 24 della Costituzione la disciplina processuale di tutte le vertenze individuali di lavoro, che abbiano come elemento comune la subordinazione socio-economica di una delle parti del rapporto sostanziale. Con il sistema cos radicalmente innovato, la regolamentazione delle controversie di lavoro marittim, quale risalente alle norme del codice della navigazione, non ha possibilit alcuna di coordinamento. E, pertanto, non vi ha dubbio che proprio tale incompatibilit de termini l'abrogazione, tacita, delle disposizioni del codice della navigazione menzionate, da parte della sopravvenuta legge 533 del 1973. Tanto pi che -come stato notato anche dalla Corte di cassazione (che nell'interpretazione dell'art. 409 cod. proc. civ. citato, pervenuta ad analoghe conclusioni, circa la sua portata generale e l'effetto abro 168 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gativo delle precedenti disposizioni incompatibili anche di carattere speciale) -non si comprenderebbe la ragione del mantenimento, da parte del legislatore, della competenza speciale del comandante di porto (sospetta, anche nella materia civile, di essere affetta dagli stessi vizi di illegittimit, che gi hanno. condotto alla declaratoria di incostituzionalit dell'analoga giurisdizione penale: cfr. sentenza di questa Corte n. 121 del 1970); ed incomprensibile sarebbe, altres, la ragione della perpetuazione, nelle controversie di lavoro nautico di valore superiore, delle soppresse attribuzioni del tribunale e (in secondo grado) della Corte di appello, implicanti gravi problemi attinenti, non soltanto alla organizzazione degli uffici, ma anche al coordinamento della norma di rinvio dell'art. 609 del codice della navigazione con quelle richiamate dal codice di procedura civile, ora sostituite dalla legge 533 del 1973. Per il complesso delle ragioni innanzi esposte deve, quindi, concludersi che la legge 1973 n. 533 pi volte citata ha tacitamente abrogato l'art. 603 e norme collegate del codice della navigazione: per cui anche le controversie di lavoro della gente del mare rientrano nella esclusiva competenza del pretore in funzione di giudice del lavoro: restando, nel contempo, soggette alla disciplina generale sul nuovo rito del lavoro. Escluso, per tale via, che sussista la prospettata disparit di trattamento tra lavoratori marittimi ed altri dipendenti, resta, conseguente mente, cos dimostrata la non fondatezza della questione di costituzio nalit, dell'art. 409 cod. proc. civ. citato, sotto tale profilo sollevata. (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 19 febbraio 1976, n. 30 Pres. Oggioni Rel. Rossi -De Corato (avv. Coronas) e Grenzi Nives (avv. Federici) c. I.N.P.S. (avv. Rossi Doria). Previdenza e assistenza -Pensioni di previdenza sociale Parziale divieto di cumulo con la retribuzione -Legittimit costituzionale. (Cost., artt. 3, 4, 35, 36 e 38; I. 30 aprile 1969, n. 153, art. 20). Non contrasta con gli articoli 3, 4, 35, 36 e 38 della Costituzione l'art. 20 della l. 30 aprile 1969, n. 153 nella parte in cui vieta il cumulo con la retribuzione da lavoro subordinato delle quote di pensione di vecchiaia eccedenti il trattamento minimo, nella misura del 50 per cento del loro ammontare e con il massimale di L. 100.000 mensili (1). (1) La sentenza 22 dicembre 1969, n. 155 richiamata in motivazione pubblicata in questa Rassegna 1969, 1, 1027. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (Omissis). -2. -La Corte costituzionale deve decidere se l'art. 20 Ch l'effetto estintivo proprio dell'amnistia debba spiegarsi nei confronti di reati finanziari, pur sempre connessi, direttamente o indirettamente, .alla inosservanza del precetto sancito dall'art. 53 della Costituzione, posto .a tutela -come la Corte ha pi volte affermato -dell'interesse generale alla riscossione dei tributi siccome interesse particolarmente differenziato che, attenendo al regolare funzionamento dei servizi necessari alla vita della comunit, ne condiziona l'esistenza. In siffatta prospettiva ben si colloca l'amnistia per reati in materia
  • Cessa con il citato d.P.R. 22 dicembre 1973, n. 834, a seguito della legge
  • ' n. 974/71 ed ancora in vigore. In secondo luogo -cosa che il regolamento n. 648/73 non aveva fatto esso accennava espressamente ai una differenza fra le carni bovine e tutti gli altri prodotti agricoli, che rendeva necessario, almeno secondo la Commissione, un diverso trattamento delle une e degli altri per quanto riguardav~ gli adattamenti degli i.c.m. Se ho ben capito, questa differenza consisteva nel fatto che sulle importazioni di carni bovine dai paesi terzi gravava (da solo o, talvolta, insieme con altri tributi) un dazio ad valorem >>, mentre sulle importazioni di tutti gli altri prodotti agricoli gravavano oneri (in genere prelievi) fissati con riferimento non gi al valore, bens al peso o a criteri similari. Ci significava che, nel caso di prodotti diversi dalle carni bovine, il calcolo della riduzione da effettuarsi sull'i.c.m., affinch esso, in conformit dell'art. 4 bis, n. 2, del regolamento n. 974/71, non superasse l'onere gravante sulle importazioni dai paesi terzi, non presentava alcuna difficolt. Poich l'i.c.m. e l'onere all'importazione erano fissati in base ad uno stesso criterio, non era difficile confrontarli. Nel caso delle carni. bovine, invece, il dazio per unit di peso varia~a iri base al valore delle merci. Per le importazioni da paesi terzi non sorgevano problemi in quanto, in tale eventualit, si doveva accertare il valore d'ogni partita di merce e calcolare il relativo dazio. Niente di simile era invece previsto per le esportazioni nei paesi terzi e, cosa forse ancor pi grave, per il commerciointracomunitario. Se si fosse preteso che le autorit doganali degli Stati membri valutassero ogni partita di merce oggetto di simili operazioni al solo fine di accertare se ed in quale misura le fosse applicabile l'adattamento dell'i.c.m., si sarebbe imposto alle suddette autorit un impegno sproporzionato e si sarebbero creati discutibili intralci al commercio. La Commissione concludeva che: l'unica soluzione possibile, quantunque non del tutto soddisfacente, era quellai di calcolare gli adattamenti degli i.c.m. relativi alle carni bovine in base ad una stima forfettaria: il calcolo sarebbe stato effettuato partendo non gi daI valore effettivo delle merci, bens dai prezzi all'importazione fissati dalla Commissione in forza del regolamento del Consiglio n. 805/68. (Quel regolamento instaurava, come ricorderete, l'organizzazione comune del mercato nel settore delle carni bovine e stabiliva, all'art. 10, che in base ai corsi registrati si mercati pi rappresentativi dei paesi terzi andavano calcolati prezzi alla importazione da confrontare con i prezzi d'orientamento comunitari perdeterminare se eventualmente si dovessero imporre prelievi sulle importazioni dai paesi terzi in aggiunta al dazio doganale). La Commissione aggiungeva che si sarebbero potute verificare artificiali deviazioni del traffico commerciale qua-lora gli adattamenti forfettari degli i.c.m., calcolati nel modo sopra indicato, non si fossero applicati a tutte le operazioni concernenti le carni bovine, ivi incluse le importazioni dai paesi terzi. Mi sembra che questo ragionamento avesse gi guidato la Commissione nel fissare gli adattamenti degli i.c.m. in applicazione dell'art. 6 del regolamento n. 648/73. La novit introdotta dal regolamento n. 1463/73 consiste nel fatto che tali considerazioni venivano ora svolte in forma esplicita. Un'altra innovazione introdotta, in conformit alle suddette considerazioni, dal regolamnto n. 1463/73 fu quella di affidare agli Stati membri il calcolo degli adatta RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO menti degli i.c.m. per tutti i prodotti diversi dalle carni bovine. La Commissione doveva perci limitarsi a fissare gli adattamenti forfettari valevoli per il settore delle carni bovine. Non credo sia necessario citare i corrispondenti passi nella motivazione del regolamento n. 1463/73. La norma, che si ispira alle considerazioni sopra illustrate, l'art. 5, il quale, nel. testo modificato dall'art. 1 del regolamento n. 1957/73, dispone quanto segue: 1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie ad assicurare il rispetto delle disposizioni dell'articolo 4 bis, paragrafo 2, del regolamento (C.E.E.) numero 974/71 (1). Tuttavia, nel settore delle carni bovine, gli Stati membri diminuiscono gli importi compensativi monetari degli importi loro comunicati a tal fine. La Commissione stabilisce tali importi in base al prezzo all'importazione, calcolato a norma dell'articolo 10, paragrafo 1, del regolamento (C.E.E.) n. 805/68... (2). Ho gi detto che la terza importazione, consistente in un carico di bovini vivi provenienti dall'Ungheria, fu effettuata dalla ricorrente il 10 agosto 1973. Su di essa andava riscosso un dazio ad valorem dell'8%. L'i.c.m., fissato dal regolamento (C.E.E.) della Commissione 31 luglio 1973, n. 2102, era di Lit. 136,78 il kg.. Il valore totale del bestiame era di Lit. 7.888.410; il relativo dazio ammontava a Lit. 631.080. Il peso totale era di 11.470 kg e l'i.c.m., calcolato in ragione di Lit. 136,78 il .kg, corrispondeva a Lit. 1.156.996. Esso superava quindi l'ammontare del dazio e, se non fosse stato ridotto, avrebbe avuto per effetto, ai sensi dell'art. 4 bis del regolamento n. 974/71, di cancellare il debito d'imposta. Le autorit doganali italiane, invece, detraevano dall'i.c.m. la somma di Lit. 85,48 il kg fissata, in base all'art. 5 del regolamento (C.E.E.) n. 1463/73, da una decisione della Commissione in data 30 luglio 1973 (73/268/C.E.E.). Rimane dubbio se questo modo di procedere fosse, in ogni caso, corretto, dal momento che le riduzioni contemplate dalla predetta decisione erano dichiarate applicabili agli i.c.m. fissati in precedenti regolamenti della Commissione, che erano stati abrogati dal regolamento n. 2102/73. Nessuna delle parti ha per accennato a questo problema. In seguito alla detrazione di Lit. 85,48 il kg, l'i.c.m. totale si riduceva da Lit. 1.156.996 a Lit. 588.420. Poich il dazio ammntava a Lit. 631.080, rimanevano a carico della ricorrente Lit. 42.660, che costituiscono la terza voce nel totale di Lit. 320.729 da essa reclamato. Nelle memorie da essa presentate, la Commissione sollevava il problema della ricevibilit del ricorso, ma non proponeva formalmente che esso venisse dichiarato irricevibile. Invitata a precisare in udienza la sua posizione al riguardo, essa ha chiesto che il ricorso sia dichiarato irricevibile. A sostegno di tale conclusione, la Commissione ha addotto due argomenti. In primo luogo, essa fa valere che il ricorso costituisce in realt una repetiti indebiti >>, cio un'azione che nasce da un quasi-contratto e dovrebbe venire assimilata, per quanto riguarda l'applicazione dell'art. 215 del Trattato, ad una azione contrattuale. In secondo luogo, essa afferma che il ricorso tocca le risorse proprie della Comunit come definite nella decisione adottata dal Consiglio il 21 aprile 1970 (70/243 C.E.C.A., e.E.E., Euratom) e che perci in conformit all'art. 6 della predetta decisione ed alla sentenza pronunziata dalla Corte nella .causa 96/71 (Haegeman c/ Commissione, Racc. 1972, vol. 2, pagg. 1014-1015), (1) G. U. 4 giugno 1973, n. L 146. (2) G. U. 20 luglio 1973, n. L 200. i\ !: -. . ~= PARTE I, SEZ. II, GIURIS. CO!\:t:UNIT~IA E INTERNAZIONALE 195 un ricorso sul quale dovrebbero pronunziarsi le competenti giurisdizioni dello Stato membro che raccoglie le suddette risorse, nella fattispecie l'Italia. Il primo argomento non mi convince. Non mi pare che nella. moderna legislazione di alcuno dei nostri Stati il quasi-contratto sia considerato come un settore del diritto contrattuale. Si vedano, a titolo d'esempio, l'art. 1370 del Codice Civile francese e l'impostazione del secondo libro del Codice Civile tedesco (BGB). Nella legislazione inglese, contratto e quasi-cntratto hanno, storicamente, un'origine comune nell'antica azione dell' assumpsit , ma sono oggi due settori ben distinti del diritto. In effetti, per meglio e~idenziare la foro differenza, la maggior pa,rte degli autori contemporanei preferisce usare, parlando del quasi-contratto, il termine restitution . Non credo che gli autori del Trattato, accennando nel primo comma dell'art. 215 alla responsabilit contrattuale della Comunit>>, abbiamo inteso includervi la responsabilit per la restituzione di somme pagate indebitamente al di fuori di qualsiasi contratto. Del pari, mi sembrerebbe semplicistio dichiarare irricevibile il ricorso solo perch esso si riferisce alle risorse proprie della Comunit. Le somme pagate. dalla ricorrente sono state versate a titolo di dazio doganale e, nel periodo in esane (1973), solo una certa quota dei dazi doganali riscossi da ciascuno Stato membro entrava nel bilancio comunitario -cfr. art. 3 della Decisione del Consiglio 21 aprile 1970 -. vero che, in conformit all'art. 7 del regolamento n. 974/71. (da me gi citato), la riduzione degli i.c.m. lamentata dalla ricorrente tornava a vantaggio del F.E.A.O.G. Ci significava tuttavia una riduzione delle spese della Comunit pi che un aumento delle. sue risorse propriamente dette. Nonostante queste considerazioni, concordo con la Commissione sulla irricevibilit del ricorso. Una simile conclusione si ricava in un certo senso ~' a fortiori dalla sentenza Haegeman, che rilevante per la quota dei dazi doganali versati dalla ricorrente che stata ceduta alla Comunit. Per la parte de~le somme considerate trattenuta dal Ministero del Tesoro la responsabilit d't,Uli1 eventuale restituzione ricade sullo Stato italiano, anche se il F.E.A.O.G. in,. effetti tenuto ad indennizzare lo Stato italiano delle spese sostenute a .causa di tale responsabilit. Nel corso del procedimento sono state ricordate alcune cause nelle quali la Corte ha dichiarato ricevibili azioni per danni proposte contro Istituzioni comunitarie ai sensi dell'art. 215, n. 2, in quanto gli interessati erano stati danneggiati dal comportamento delle Istituzioni convenute. Ritengo per che ta).i casi siano differenti da quello in esame. In tutti questi casi infatti i ricorrenti si richiamavano, in realt, alla circostanza che l'Istituzione interessata non aveva provveduto ad attribuire loro il diritto di riceve un certo pagamento. Cos nella causa 43/72 (Merkur c. Commissione, Racc. 1973, pag. 1055) una ditta tedesca faceva valere che la Commissione non ave':a fissato, durante un certo periodo, gli i.c.m. per i prodotti di trasformazione dell'orzo, cosicch l'interessata non aveva ricevuto alcun i.c.m. in occasione delle sue esportazioni di tali prodotti nel periodo considerato. La differenza fra un simile ricorso e la ripetizione d'una somma assertivamente pagata in pi del dovuto alle auto rit di uno Stato membro, come nel caso Haegeman, stata illustrata dall'avvo cato generale Mayras, il quale ha posto in rilievo come la ricevibilit del ricorso dipenda dalla natura e dall'oggetto delle pretese in esso enunciate (Racc. 1973, pagg. 1080-1081; Racc. 1973, pagg. 1081-1082). Nella causa 153/73 (Holtz & Willemsen c. Consiglio, Racc. 1974, pag. 675) un oleificio tedesco si riteneva ingiustamente danneggiato dal comportamento del convenuto, che aveva riservato una certa sovvenzione ai soli oleifici italiani, e chiedeva, a titolo di risarcimento dei danni, il pagamento delle somme cui 4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 196 avrebbe avuto diritto se la sovvenzione fosse stata estesa a tutta la Comunit.. In tale occasione, stato l'avvocato generale Reischl a precisare la differenzal fra il suddetto ricorso ed il tipo di azioni esemplificato con il ricorso Haegeman (Racc. 1974, pag. 701; Racc. 1974, pag. 702). Nella causa 74/74 (CNTA c. Commissione, Racc. 1975, pag. 533), la Corte ha. ritenuto ricevibile un ricorso proposto, ai sensi dell'art. 215, da un esportatore francese di semi oleosi, il quale faceva carico alla Commissione di non avere incluso in un regolamento che aboliva gli i.c.m. nel commercio dei predetti semi disposizioni transitorie volte a tutelare gli operatori che avevano assunto impegni d'esportazione facendo affidamento sulla corresponsione degli i.c.m. Non si pu quindi desumere da questi precedenti il principio, sostenuto dalla ricorrente, che chiunque si pretenda danneggiato da un presunto comportamento illegittimo di un'Istituzione comunitaria, pu agire contro la sud-detta Istituzione ai sensi dell'art. 215, secondo comma. In realt, non solo la sentenza Haegeman, ma anche la sentenza pronunziata dalla Corte il 26 no- vembre 1975 nella causa n. 99/74, Socit des Grands Moulins des Antilles c. Commissione (non ancora pubblicata), dimostrano l'inesistenza d'un tale principio. Ne consegue, a mio parere, che la ricorrente avrebbe dovuto convenire in giudizio il competente organo dell'amministrazione italiana dinanzi ai tribunali italiani e sollevare in quella sede, a norma dell'art. 184 del Trattatq, il problema. della validit degli atti della Commissione da cui essa si ritiene lesa. Sarebbe poi spettato al giudice investito della causa sottoporre, se lo avesse ritenuto necessario, una domanda di pronunzia pregiudiziale alla Corte di Giustizia. Nel dir ci non mi sfugge che, nelle cause Mer~ur,.Holtz & Willemsen e CNTA, si autorevolmente accennato all'inopportunitii di rimandare i ricorrenti dall'una all'altra giurisdizione. Tale inopportunit evidente, ma non rappresenta,.. a mio avviso, un valido motivo per concedere agli interessati la piena libert di proporre qualsiasi gravame dinanzi a qualsiasi giurisdizione. In proposito,. mi richiamo di nuovo -com' ovvio -alle sentenze Haegeman e Grands Moulins des Antilles. Pur ritenendo che il ricorso sia irricevibile, giudico opportuno esaminarlo" anche nel merito. :t;. curioso dover osservare che, se si esclude un rapido accenno al regolamento n. 648/73 nell'istanza di ricorso, la ricorrente ha fondato le sue pretese esclusivamente sulla asserita illegittimit dell'art. 5 del regolamento n. 1463/73,. che in realt entrava in gioco solo per l'ultima delle tre importazioni considerate. In risposta ad una domanda rivoltale dalla Corte al termine della fase scritta del procedimento, la ricorrente ha affermato di aver fatto ci per motivi di comodit, in quanto il regolamento n. 1463/73, oltre ad essere l'ultimo im ordine di tempo, era anche quello il cui preambolo meglio esprimeva il pensiero della Commissione. In sostanza, la ricorrente ha sostenuto, come risulta dalle sue memorie,. che la Commissione non era competente ad adottare i provvedimenti che essa ha emanato in materia di riduzione degli i.c.m. Richiamandosi agli artt. 145 e 155 del Trattato, la ricorrente ha avanzato, a sostegno della propria affermazione, quattro principali argomenti. In primo luogo, essa ha osservato che i provvedimenti in esame contrastavano con lo scopo stesso degli i.c.m., cui veniva impedito di compensare' esattamente la differenza fra la parit ufficiale di una moneta nazionale ed il suo effettivo tasso di cambio. Ci si sarebbe risolto in un vantaggio per gli operatori degli Stati membri con valuta forte ed in un danno per quelli degli Stati membri con valuta debole. Signori; Giudici, l'argomento mi sembra voler dimostrare troppo. La riduzione degli i.c.m. al livello degli oneri gravanti sulle: PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE importazioni dai paesi terzi, quando gli i.c.m. risulterebbero altrimenti pm elevati, espressamente contemplata dall'art. 4 bis, n. 2, del regolamento del Consiglio n. 974/71, la cui validit non contestata. Il vero bersaglio del ricorso in realt la fissazione da parte della Commissione di riduzioni forfettarie nel settore delle carni bovine: quando, come nel caso delle tre importazioni di cui si discute, il valore delle merci importate supera il prezzo all'importazione in base al quale stata calcolata la riduzione forfettaria, applicando la riduzione, l'i.c.m. scende non solo al livello dell'onere all'importazione, ma addirittura al disotto di esso. Viceversa -com' naturale -quando il valore delle merci inferiore al prezzo all'importazione , l'i.c.m. rimane talvolta pi elevato dell'onere all'importazione nonostante la riduzione forfettaria. Il secondo argomento avanzato dalla ricorrente il seguente: la detrazione dell'i.c.m. dall'onere all'importazione, prevista dall'art. 4 bis, non la stessa cosa che la riduzione dell'i.c.m., disposta dalla Commissione. Bisogna riconoscere che ci vero. Ma la differenza priva di rilievo quando il solo effetto della riduzione operata sull'i.c.m. di far scendere quest'ultimo al livello dell'onere all'importazione. Anche qui la ricorrente intende, in realt, attaccare la fissazione delle riduzioni forfettarie, il cui effetto pu essere pi (o meno) rilevante di quello test considerato. Il terzo argomento della ricorrente affronta il nocciolo della questione. Con esso la ricorrente afferma infatti che la fissazione di riduzioni forfettarie non era consentita dall'art. 4 bis. A suo parere, almeno per quanto riguarda le merci importate dai paesi terzi, la Commissione avrebbe dovuto lasciare alle autorit doganali degli Stati membri interessati il compito di applicare tale provvedimento ad ogni singola partita di merce; in altre parole, sarebbe spettato agli Stati detrarre l'i.c.m. effettivo dal dazio doganale effettivo valevole per ciascuna partita. All'obiezione della Commissione secondo cui ci implicherebbe, o la fissazione di riduzioni forfettarie solo per le operazioni non consistenti in importazioni dai paesi terzi, con la conseguenza che l'i.c.m. effettivo valevole per tali importazioni sarebbe diverso da quello valevole per le altre operazioni, oppure la necessit per le autorit doganali di accertare con riguardo a qualsiasi operazione il valore della merce che ne costituisce l'oggetto, la ricorrente replica -mi sembra di capire -con due ordini di considerazioni. In primo luogo, essa osserva che l'art. 4 bis, n. 2, disponendo che Negli scambi tra gli Stati membri ed in quelli con i paesi terzi, gli importi di compensazione... non possono essere superiori all'onere all'importazione in provenienza dai paesi terzi >>, si dimostra applicabile, per quanto riguarda il commercio intracomunitario o le esportazioni nei paesi terzi, alle sole operazioni concernenti merci che siano state, in modo documentabile, importate da paesi terzi. Per dirla in altri termini, l'art. 4 bis, n. 2, non'si applica alle merci d'origine comunitaria, n -se ho ben capito -alle merci provenienti dai paesi terzi che, dopo l'importazione, abbiano perso (in seguito a trasformazione o per altri motivi) la loro identit originaria. Mi sembra che una simile conclusione vada respinta. L'art. 4 bis, n. 2, lascia, a mio parere, chiaramente intendere che, in uno Stato la cui moneta si sia deprezzata, tutti gli i.c.m. non possono superare il livello degli oneri gravanti sui prodotti importati dai paesi terzi. Alternativamente, la ricorrente sostiene che le autorit doganali devono sempre accertare, se non altro per poter applicare !'I.V.A., il valore delle merci che attraversano la frontiera. Confesso che questo argomento mi ha, in un primo tempo, colpito, almeno per quanto riguarda l'I.V.A. Mi sembrava infatti che, se la ricorrente avesse potuto dimostrare la necessit di accertare in ogni caso il valore delle merci esportate in paesi terzi od oggetto di commercio RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO intracomunitario ai fini dell'I.V .A., la tesi difensiva della Commissione sarebbe venuta a cadere. Ma, lasciando da parte il problema, tuttora non completamente risolto, del se le merci in esame siano effettivamente sottoposte, in Italia, ad una stima del valore, sono giunto alla conclusione che, in ultima analisi, si debba accettare la tesi della Commissione. Quest'ultima mi pa_rsa infatti convincente quando ha spiegato che le merci di provenienza comunitaria o in libera pratica in uno Stato membro possiedono, a causa della preferenza comunitaria, un valore di mercato superiore a quello di merci sostanzialmente identiche importate da paesi terzi, con la conseguenza che, volendosi comparare grandezze omogenee, l'onere che le prime avrebbero dovuto sopportare, se importate da un paese terzo, poteva essere determinato solo in base ad un metodo di valutazione diverso da quelli usati ai fini dell'I.V.A. A sostegno del suo quarto argomento, la ricorrente ha invocato non solo gli artt. 145 e 155, ma altres l'art. 162 del Trattato. Devo per osservare che quest'ultimo articolo, abrogato dall'art. 19 del Trattato di Fusione e rimpiazzato dagli artt. 15 e 16 di detto Trattato, mi sembra assai poco attinente al problema di cui si discute. L'argomento in s consiste nell'affermazione che l'art. 5 del regolamento n. 1463/73 si discostava enormemente dalle disposizioni dell'art. 4 bis del regolan1ento n. 974/71 e, di conseguenza, avrebbe potuto essere emanato soltanto dal Consiglio. La ricorrente cita, al riguardo, il secondo comma dell'art. 4-bis, n. 2, nel quale il Consiglio si riservava la facolt di stabilire, in taluni casi eccezionali, che non applicabile il primo comma>>. Anche questo argomento mi sembra. da rifiutare. Nel prevedere e nel fissare le riduzioni forfettarie degli i.c.m. nel settore delle carni bovine, la Commissione non si scostata dalle norme dell'art. 4 bis, n ha deciso che qualcuna, di esse non dovesse venire applicata. Il suo scopo era infatti quello di dare attuazione alle suddette norme nel modo che le sembrava, entro i limiti della possibilit amministrativa, il meno inappropriato. Ci rientrava, a mio parere, nei poteri attribuiti alla Commissione dal regolamento n. 974/71 (cfr. la sentenza della Corte nella. causa 154/73, Becher c. Hauptzollamt Emden, Racc. 1974, pa~. 19). Il citato procedimento serve fra l'altro a ricordare che gli i.c.m. sono essi stessi necessariamente importi forfettari, posto che non possibile fissarli con riferimento al prezzo effettivamente pattuito in ogni singolo contratto d'importazione o d'esportazione. Non si vede quindi che cosa ci sia di sostanzialmente scorretto nell'applicare adattamenti forfettari a somme che sono esse stesse di carattere forfettario. Questo per quanto riguarda gli argomenti avanzati dalla ricorrente nella fase scritta del procedimento. In udienza, il patrono della ricorrente ha solle vato la questione della retroattivit dei regolamenti della ommissione applica bili alla prima ed alla seconda importazione. Come ho dimostrato, ci non ha rilevanza per la seconda importazione: i regolamenti ch fissavano l'i.c.m. su quell'importazione ed il relativo adatta mento (regolamenti nn. 974/73 e 1031/73) erano in parte retroattivi, ma non tanto da poter influire sull'importazione in esame. Il problema della retroattivit si pone perci soltanto con riferimento alla prima importazion~. 1'. mio parere che la ricorrente lo abbia sollevato troppo tardi. Il regolamento di procedura della Corte (si vedano in particolare gli artt. 38, n. l, c, 41 e 42) prevede che i motivi del ricorso devono essere dedotti durante la fase scritta del procedimento e non consente, a mio avviso, che un nuovo mezzo sia sollevato in udienza. La ragione di ci va ricercata nel fatto che la deduzione di un nuovo mezzo in tale sede pu trovare il convenuto impreparato a replicare. Il presente caso ne un esempio. I regolamenti con effetto retroattivo applicabili alla prima importazione includevano il rego i:~ r --!:: PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 199 lamento n. 649/73 recante fissazione dell'i.c.m. Per quanto ne sappiamo, il predetto i.c.m., pur ridotto in base all'aggiustamento previsto dal regolamento n. 905/73, avrebbe potuto ssere superiore all'i.c.m. precedentemente in vigore, cosicch, tutto considerato, la ricorrente avrebbe anche potuto non ricevere alcun danno dalla retroattivit del regolamento. Tuttavia, la Commissione, nn essendo stata informata di tale mezzo, non ha potuto esaminare la suddetta possibilit. Per correttezza, devo precisare che, in seguito ad una mia domanda, il patrono della ricorrente ha ammesso che il mezzo relativo alla retroattivit non 'si sarebbe potuto prendere in considerazione se fosse stato realmente sollevato soltanto in udienza. Egli ha per sostenuto che detto mezzo era implicito nelle memorie della ricorrente. Dal canto mio, non sono riuscito a trovare nelle memorie della ricorrente alcun riferimento, espresso od implicito, al predetto mezzo. Concludo, pertanto, proponendo che il ricorso sia dichiarato irricevibile e che le spese siano poste a carico della ricorrente. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, 3 febbraio 1976, nella causa 59/75 -Pres. Lecourt -Avv. gen. Warner -Domanda di prouncia pregiudiziale proposta dal Giudice istruttore presso il Tribunale di. Como nel procedimento penale promosso contro Manghera ed altri (avv. Ubertazzi e Capelli) -Interv.: Consiglio delle Comunit europee (ag. Fornasier), Commissione delle Comunit europee (ag. Marchini-Camia~, e Governo italiano (avv. Stato Braguglia). Comunit europee -Unione doganale -Restrizioni quantitative -Abolizione -Monopoli nazionali -Riordinamento -Diritti esclusivi di iniportazione -Abolizione -Termine. (Trattato e.E.E., art. 37, n. 1; legge 17 luglio 1942, n. 907). Comunit europee -Unione doganale -Restrizioni quantitative -Aboli zione -Monopoli nazionali -Riordinamento -Art. 37, n. 1, del trattato C.E.E. -Efflcacia diretta -Decorrenza. (Trattato e.E.E., art. 37, n. 1). Comunit europee -Unione doganale -Termini stabiliti dal trattato C.E.E. -Provvedimenti delle Istituzioni comunitarie -Effetti nei confronti dei singoli. (Trattato e.E.E., art. 37, n. 1). L'art. 37, n. 1 del Trattato C.E.E. va interpretato nel senso che, non pi tardi del 31 dicembre 1969, ogni monopolio nazionale a carattere commerciale avrebbe dovuto essere riordinato in modo tale da abolire il diritto esclusivo di importazione dagli altri Stati membri (1). (1-3) L'art. 37 del Trattato e.E.E. ed il monopolio italiano dei tabacchi. Le questioni dibattute, di notevole importanza di principio, hanno perduto in corso di causa -per ci che concerne l'ordinamento italiano -il loro ,,.r..-c.r...r..........:...::........:.'.:z-: 11 rrIT1:1:ttm~~111rr1~i~!=:iili:=;1rr;1::11r1:r1;=:1rill!:=::::;1=1:w1~;11'.1!ii101r~rmr;r;rftlill=~::t~=r1r~111;~:=:~fri!:;1~;1:if~iliiJ:rliliflii~firftilwll4tWlll1tlllllJ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Alla scadenza del periodo transitorio, l'art. 37, n. 1, pu essere fatto valere dai cittadini degli Stati membri dinanzi ai giudici nazionali (2). La risoluzione del Consiglio delle Comunit europee 41 aprile 1970 (relativa all'impegno dei governi francese e italiano ad abolire i diritti esclusivi di importazione e di commercializzazione all'ingrosso entro il 1 gennaio 1976) non modifica la portata delle disposizioni di cui all'art. 37, n. 1, del Trattato C.E.E. (3). (Omissis). -In diritto. -Con ordinanza 30 giugno 1975, pervenuta in cancelleria il 7 luglio 1975, il giudice istruttore press9 il Tribunale di Como ha sottoposto a questa Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato C.E.E., alcune questioni vertenti sull'interpretazione d<;:ll'art. 371 n. 1, del Trattato e.E.E. e della risoluii.one del Consiglio 21 aprile 1970, concernente i mono- rilievo pratico. In adempimento della risoluzione del Cons'iglio C.E.E. 21 aprile 1970, .infatti, stata approvata la legge 10 dicembre 1975, n. 724 (G.U. 7 gennaio 1976, n. 4) che, all'art. 1, liberalizza l'importazione dei tabacchi lavorati di provenienza dai Paesi C.E.E. Non sar inutile tuttavia, e proprio per la sopra notata importanza di principio, riprodurre il testo delle osservazioni presentate nell'interesse del Governo italiano. 1. -Dal provvedimento di rinvio risulta che i reati ascritti ~ Manghera Flavia ed agli altri imputati consistono nella violazione dell'art. 66, n. 5, della legge nazionale 17 luglio 1942, n. 907, per aver introdotto nel territorio italiano soggetto a monopolio, in frode ai diritti di confine, una certa quantit di tabacchi lavorati esteri, prodotti in parte in Paesi della Comunit. Essendo insorto dubbio circa la compatibilit del monopolio italiano dei tabacchi con le norme del Trattato che disciplinano i monopoli commerciali, il Giudice istruttore presso il Tribunale di Como ha sottoposto alla Corte i seguenti quattro quesiti: I) se l'art. 37, n. 1, del Trattato vada interpretato nel senso che a partire dal 31 dicembre 1969 (data di .scadenza del periodo transitorio) il monopolio commerciale dovesse essere ristrutturato in modo tale da eliminare la possibilit stessa di operare discriminazioni nei confronti degli esportatori comunitari, con il seguente venir meno dei diritti di importazione esclusiva, nei confronti degli altri Stati membri, a partire dal 1 gennaio 1970; Il) se l'art. 37, n. 1, del Trattato sia direttamente applicabile all'interno degli Stati comunitari ed abbia fatto sorgere diritti soggettivi in capo ai singoli sggetti, diritti tutelabili avanti l'Autorit giudiziaria nazionale; III) se conseguentemente, in base all'art. 37 del Trattato, dopo il 1 gennaio 1970 potessero essre effettuate importazioni all'interno del territorio italiano di prodotti sottoposti al regime di monopolio dei tabacchi, previsto dalla legge 17 h.iglio 1942, n. 907 e provenienti da Paesi comunitari anche da parte di soggetti diversi dal Monopolio, pur con applicazione delle imposte previste per tali generi di prodotti; IV) se la risoluzione del Consiglio dei Ministri C.E.E. del 21 aprile 1970, pubblicata in G.U.C.E. n. C 50 del 28 aprile 1970, possa modificare la portata delle disposizioni di cui all'art. 37, n. 1, del Trattato e se, in caso affermativo, la. stessa abbia nei confronti degli altri Stati membri una efficacia vin-i~ i: i: f: l t: !i i: PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 201 pol!_,nazionali a carattere commerciale dei tabacchi manifatturati (G.U. 28 aprile 1970, n. e 50, pag. 2). Il giudice italiano chiamato a pronunziarsi, in sede penale, su fatti .qualificati come una violazione delle norme che attribuiscono al monopolio statale dei tabacchi manifatturati il diritto esclusivo d'importazione. Con la questione si chiede se l'art. 37, n. 1, del Trattato vada interpre talo nel senso che, a partire dal 31 dicembre 1969 (data di scadenza del periodo transitorio), il monopolio commerciale doveva essere riorganizzato in modo tale da eliminare la possibilit stessa di operare discrimina: zioni nei confronti degli esporttori comunitari con il conseguente venir meno dei diritti di importazione esclusiva nei confronti degli altri Stati membri a partire dal 1 gennaio 1970. colante tale da rendere immediatamente libera l'importazione di prodotti sog_ getti al monopolio senza necessit di un ulteriore provvedimento comunitario, .con conseguente caducazione dei diritti di esclusiva del monopolio tabacchi. 2. -Prima di esaminare i quesiti proposti alla Corte, il Governo italiano :reputa necessario sottoporre alcune osservazioni preliminari sul punto di vista .dal quale partito il Giudice istruttore nella formulazione dei quesiti mede simi. Per la verit, molto si potrebbe obbiettare anche in ordine alla rilevanza, nel giudizio a quo, della richiesta pronuncia pregiudiziale: un tale .discorso sarebbe tuttavia inutile alla stregua della costante giurisprudenza .clella Corte. Come chiaramente risulta dai quesiti, il giudice nazionale partito dal punto di vista che il monopolio italiano dei tabacchi costituisca un puro .e semplice monopolio a carattere commerciale, come tale ricadente sotto 11.a disciplina dell'art. 37 del Trattato. Il Governo italiano di opinione completamente opposta e reputa che 11 monopolio dei tabacchi costituisca un tipico esempio di monopolio fiscale. Di certo, la qualificazione del monopolio tabacchi come monopolio a .carattere commerciale ovvero fiscale costituisce un problema di interpretazione .ed applicazione del diritto interno (non gi del diritto comunitario): sicch menzionarlo e tentar di risolverlo in questa sede potrebbe apparire un fuor .d'opera. Tuttavia, l'enunciazione di alcune delle caratteristiche che portano a qualificare, nell'ambito dell'ordinamento nazionale, il monopolio dei tabac. chi come tipico monopolio fiscale servir da un lato per indicare qual il tessuto sul quale andr ad operare la richiesta pronuncia pregiudiziale; dal: l'altro perch la Corte, ove lo reputi, possa fornire al giudice nazionale anche l'interpretazione delle norme comunitarie che riguardano i monopoli fiscali. In tal modo, se e quando il gi.dice nazionale si porr il problema della .qualfficaziri del monopolio< tabacchj~ avr gi presenti i parametri di diritto .comunitario: sia relativi ai monopoli commerciali, sia relativi ai monopoli fiscali. Nell'ambito del diritto interno il monopolio dei tabacchi costituisce -come si diceva -l'esempio tipico dei monopoli fiscali: cio dei monopoli di diritto .creati per legge allo scopo di conseguire entrate finanziarie, altrimenti non .conseguibili, da destinare al soddisfacimento di pubbliche necessit. Questa finalit eminentemente fiscale del monopolio tabacchi italiano ri: sulta non soltanto dalla unanime dottrina e dall'applicazione dei canoni della 202 RASSHGNA DELL'AVVOCATURA DELLO 'srATO L'art. 37, n. 1, dispone che gli Stati membri procedano al progressivo riordinamento dei monopoli nazionali che presentano carattere commerciale, in modo da escludere qualsiasi discriminazione fra i cittadini degli Stati membri per quanto riguarda le condizioni relative all'approvvigionamento e agli sbocchi. Pur senza es~gere l'abolizione di tali monopoli, il predetto articolo ne impone un riordinamento che 'assicuri, alla scadenza del periodo transitorio, la completa soppressione delle discriminazioni in oggetto. Per determinare, in Via interpretativa, la natura e la portata del riordinamento previsto dal primo paragrafo dell'art. 37, occorre esaminare detto paragrafo alla luce degli altri paragrafi dello stesso articolo e nell'ambito del sistema generale del Trattato. scienza economica e finanziaria. Essa espress<1.mente affermata dalla legge, onde assume sicura rilevanza giuridica nel diritto interno. Gi la Iegge istitutiva dell'Amministrazione dei Monopoli di Stato (r.d.l. 8 dicembre 1927, n. 2258, in G.U.R.I. 14 dicembre 1927, n. 288 . e 9 marzo 1929, n. 58) distingueva, all'art. 4, le entrate dell'Amministrazione stessa nelle due specie . di entrate fiscali, rappresentate dall'imposta di consumo dei sali e dei tabacchi, e di entrate di natura industriale e commerciale; Simile distizione non appariva priva di giuridiche conseguenze perch lo stesso art. 4 dopo aver precisato che la quota da considerarsi come entrata fiscale doveva determinarsi come entrata di bilancio, aggiungeva che la parte fiscale delle entrate dell'Amministrazione doveva imputarsi al competente capitolo del bilancio dell'entrata dello Stato, mentre la parte di natura industriale e commerciale doveva imputarsi al bilancio speciale dell'Azienda. Cosicch la legge stessa veniva ad attribuire carattere di entrata fiscale ad una parte del prezzo pagato dal consumatore dei generi di monopolio. Una conferma, pure legislativa, di tale carattere risultava del resto dalla successiva legge sul monopolio del sale e dei tabacchi (legge 17 luglio 1942 n. 907, in G.U.R.I. 25 agosto 1942, n. 199) la quale, oltre a definire il sale ed il tabacco agli effetti fiscali (rispettivamente articoli 2 e 46), prevedeva un sistema di sanzioni costruendolo come sistema di sanzioni per le violazioni di legge finanziaria. Il che ulteriormente confermato dall'art. 10 della legge 3 gennaio 1951, n. 27 (in G.U.R.I. 2 febbraio 1951, n. 27) che attribuisce all'intendente di finanza alcuni poteri in materia di definizione dei reati previsti dalla legge sui monopoli. La indiscutibile funzione fiscale del monopolio dei tabacchi stata, in tempi pi. recenti, perfezionata tecnicamente. Fino all'entrata in vigore della legge 19 dicembre 1958, n. 1085 (G.U.R.I. 29 dicembre 1958, n. 313), l'imposta sui prodotti di monopolio, o, se si vuole, la quota delle entrate dell'Amministrazione dei Monopoli da considerare entrate fiscali, veniva stabilita, ai sensi del ricordato art. 4 del r.d.l. n. 2258/1927, con la legge di bilancio, in ragione di una percentuale fissa (che di fatto ha oscillato tra 1'80 % ed il 75 %) del prezzo di vendita. Il sistema cos seguito aveva certamente il pregio della semplicit e praticit, ma presentava chiari difetti da un punto di vista strettamente tributario, specialmente in ordine alla distribuzione dell'imposta. Per ovviare a questi difetti, dapprima la gi citata legge n. 1085/1958 dispos.e che il prezzo di vendita dei generi di monopolio venisse fissato con PARTE I, SEZ. II, GIJRIS. C:MNITARIA E INTERNAZIONALE 203 La disposizione in esame inserita nel titolo relativo alla libera circolazione delle merci, e pi precisamente nel capo II di detto titolo, concernente l'abolizione delle restrizioni quantitative tra gli Stati membri. Essa si applica a qualsiasi organismo per mezzo del quale uno Stato membro controlli, diriga o influenzi sensibilmente, direttamente o indirettamente, le importazioni o le esportazioni fra gli Stati membri. D'altra parte, il n. 2 dell'art. 37 impone agli Stati membri l'obbligo di stenersi, fin dall'inizio del periodo transitorio, da qualsiasi provvedimento atto a limitare la portata degli articoli relativi all'abolizione dei dazi decreto del Capo dello Stato nel quale dovevano essere indicate, per ciascuna voce, le quote spettanti al fornitore (Amministrazione dei' monopoli o esportatore straniero), all'Amministrazione per le spese di distribuzione ed al rivenditore, precisando che la "parte residua ver~ata allo Stato quale quota fiscale. Poi la legge 13 luglio 1965, ri. 825 (G.U.R.I. 22 luglio 1965, n. 122) sulla quale si dovr tornare -ha approvato alcune tabelle nelle quali (art. 1) stabilito, in relazione a ciascun prezzo richiesto dal fornitore dei generi soggetti a monopolio fiscale, l'ammontare dell'imposta di consumo cui sono assoggettati i generi stessi, . nonch gli importi spettanti rispettivamente alla Amministrazione dei monopoli di Stato per spese di distribuzione ed al rivenditore a titolo di aggio. Il totale costituisce la tariffa di vendita al pubblico dei generi di monopolio . Questi brevi richiami di ordine legislativo dimostrano come l qualifica di monopolio fiscale al monopolio dei tabacchi sia, nell'ordinamento interno italiano, attribuita direttamente dalla legge. Si pu aggiungere una notazione di carattere storico ricordando che il monopolio italiano dei tabacchi, che preesiste allo Stato unitario (la prima legge sul monopolio dei tabacchi risale al 13 luglio 1862, n. 710), .costituisce uno dei pi antichi esempi di imprese pubbliche considerate, un tempo, strumenti di carattere essenzialmente tributario. Funzione questa che il mon ,eifu'fuate le discriminazioni fra cittadini comWfitarl; quanto agli apprO'T vigionamenti ed agli sbocchi. Entro questi tassativi confini, pertanto, l'interpretazione della norma pu spaziare: essa tuttavia non pu giungere a che, eliminandosi qualche attributo essenziale del monopolio commerciale, questo venga sostanzialmente ad essere soppresso. Orbene, sembra essenziale allo stesso concetto <;li monopolio commerciale la possibilit di importare in esclusiva il prodotto assoggettato al monopolio -0, quanto meno, di regolamentare -l'importazione in modo da non ledere l'esistenza ed il funzionamento del monopolio stesso. Cio, in altre parole, se PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 205 Il predetto obiettivo non sarebbe raggiunto se non si garantisse in uno Stato membro in cui esista un monopolio commerciale la libera circolazione, in provenienza da altri Stati membri, di merci simili a quelle per cui vige il monopolio. Del resto, la stessa risoluzione del Consiglio 21 aprile 1970 sui monopoli nazionali a carattere commerciale dei tabacchi manifatturati ricorda l'obbligo d'abolire le esclusive d'importazione e di commercio dei tabacchi manifatturati. Il diritto esclusivo d'importazione di prodotti lavorati, spettante al monopolio di cui si discute, costituisce pertanto, nei confronti degli esportatori comuni, una discriminazione vietata dall'art. 37, n. 1. :Si dovesse ritenere (come sembra propendere il giudice nazionale) che riordinare il monopolio onde evitare discriminazioni comporti necessariamente l'eliminazione dei diritti di importazione esclusiva, tale interpretazione verrebbe palesemente a contrastare con il disposto dell'art. 37, paragrafo 1, che pre: Suppone, come si visto, il mantenimento (e non gi la soppressione) dei monopoli commerciali. Secondo la lettera e la ratio del citato art. 37, quindi, il diritto esclu: sivo d'importare (ovvero di regolamentare l'importazione in modo da non ledere l'esistenza o la funzionalit del monopolio) non in s contrario al 'Trattato. Esso pu sussistere -altrimenti si avrebbe la soppressione del monopolio -a condizione che il suo esercizio non comporti discriminazioni fra i cittadini degli Stati membri relativamente agli approvvigionamenti ed :agli sbocchi. Se dunque un cittadino di un altro Paese comunitario viene trattato, .quanto alle condizioni relative all'approvvigionamento del tabacco lavorato ( l'ipotesi dell'approvvigionamento che riguarda il quesito n. 1 ed il caso .che il giudice nazionale deve risolvere), alla stessa stregua del cittadino italiano, non si potr affermare che l'esercizio del diritto di importazione esclusiva operi delle discriminaz:ioni vietate. Giova qui sottolineare che -comunque -tale diritto di importazione .esclusiva da parte dell'Amministrazione italiana dei monopoli pi non sus: Siste, dato che l'art. 4 della legge 13 luglio 1965, n. 825 ha ammesso, in .deroga alle disposizioni del primo comma dell'art. 45 della legge istitutiva 17 luglio 1942, n. 907, ... l'introduzione dei tabacchi lavorati nel territorio della Repubblica soggetto a monopolio previo nulla osta dell'Amministrazione dei monopoli di Stato per i quantitativi eccedenti i quattro chilogrammi >>. I suc, cessivi comIIJ,i del citato art. 4 dispongono che per i tabacchi lavorati introdotti non ad opera dell'Amministrazione dovuta, oltre al dazio doganale, una sovrimposta pari a quella prevista per i prodotti della stessa marca iscritta nella tariffa di vendita e che le modalit per l'introduzione di t~cchi lavorati ad opera di soggetti dive~si sono stabilite con decreto del .Ministro per le finanze. Di conseguenza, pur senza voler qui scendere ad un giudizio di compatibilit tra l'art. 37 e la normativa nazionale, non pare dubbio che -quanto .all'aspetto che qui interessa, gli approvvigionamenti -il monopolio italiano consentito unicamente il ricorso immediato alla Corte di Cassazione (1). (Omissis). -Ha carattere pregiudiziale, e va pertanto esaminata con precedenza rispetto ad ogni altra questione della causa, la eccezione di improcedibilit del ricorso che i resistenti hanno sollevato in memoria,. motivandola con il rilievo che l'originale del ricorso (notificato il 26 novembre 1973) non venne depositato dalla Amministrazione finanziaria in Cancelleria unitamente al suo fascicolo, ma solo in data del 1 febbraio 1974, e quindi oltre il ventesimo giorno dalla notificazione, come prescritto dall'art. 369 del c.p.c. La eccezione infondata. Avendo, invero, la ricorrente obiettato (ed essendo confermato dagli. atti) che, entro il ventesimo giorno dalla notifica, era stato depositato in (1) La motivazione della sentenza della quale si tratta viene pubblicata non solo per la parte che riguarda il principio, di cui alla massima citata,. ma anche per la parte riguardante la preliminare questione di procedura. Infatti con riferimento a tale questione in detta sentenza si afferma il principio, secondo ct la produzione di una copia informe del ricorso in luogo dell'originale, allorquando -come nella specie -sussiste la certezza della sua conformit all'originale medesimo pu reputarsi idonea a soddisfare pienamente l'esigenza per la quale predisposta la disciplina dettata dal1' art. 369 primo comma cod. proc. civ.. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO cancelleria, insieme con il fascicolo di parte, un esemplare del ricorso -ed una dichiarazione dell'Ufficiale giudiziario addetto alta Corte d'Appello di Firenze attestante la avvenuta notifica di quel m~desimo ricorso .al Donati ed al Piermatteo in data 26 novembre 1973, ed avendo inoltre rilevato che i resistenti avevano inserito nel loro fascicolo l'originale del ricorso medesimo, si pone il quesito. di stabilire se ed a quali condi. zioni la copia informe del ricorso possa tener luogo dell'originale al limitato effetto di evitare la sanzione della improcedibilit comminata dal citato art. 369 c.p.c. per la ipotesi di deposito (di detto originale) fuori .del termine prescritto. La questione non pu dirsi del tutto nuova per la giurisprudenza di .questa Suprema Corte la quale stata ripetutamente chiamata .a pronunciarsi sul tema -per molti aspetti analogo -relativo agli effetti dell'omesso deposito (richiesto anch'esso a pena di improcedibilit dal se. condo comma dello stesso articolo 369 c.p.c.) della copia autenticata della .sentenza impugnata. Argomentando dalla peculiare finalit cui assolve nel giudizio di cas. sazione l'atto in questione (quella, cio, di consentire al giudice della impugnazione una piena cognizione del contenuto della sentenza impugnata al fine di vagliare la consistenza dei motivi di ricorso, nonch
  • conflitto fra opposti interessi; 3. che, in particolare, rispetto all'interesse dello Stato alla pretesa fiscale di cui si tratta, il contrapposto interesse di natura patrimoniale e privatistica degli ufficiali giudiziari, attinente alla quota residua dei diritti riscossi, non si pone in rapporto di subordinazione bens su un piano di uguaglianza; 4. che la peculiare procedura di cui caso ammette una sia pur limitato contraddittorio con ricorso e deduzioni scritte ed importa obbligatoriamente l'intervento del P. M., le cui conclusioni debbono precedere l'emanazione del decreto; 5. che l'atto conclusivo della procedura, ancorch qualificato come decreto'" ha la portata e l'effetto di una sentenza che esaurisce definitivamente la controversia; 6. e, insomma, che nell'atto medesimo dato rinvenire' tutti quei connotati, soggettivi ed oggettivi, che dottrina e giurisprudenza hanno concordemente elaborato e prospettato come caratteristici dell'atto di giurisdizione contenziosa e discretivi dello stesso sia dall'atto propriamente amministrativo sia dall'atto di giurisdizione volontaria. Tutto ci premesso, e poich manca, anche nella pi recente disciplina della procedura cli cui si tratta (art. 156 del d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229) la previsione di uno specifico mezzo di impugnazione avverse> il decreto in questione, lecito affermare che agli interessati (odierni resistenti), avverso il decreto del presidente del tribunale di Lucca che PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 213 li concerneva, non era consentita impugnativa nelle vie ordinarie ma unicamente mediante ricorso immediato a questa Suprema Corte, a norma dell'art. 111 Cost. Accogliendosi pertanto l'esaminato motivo del ricorso, restano assorbiti in esso gli altri e l'impugnata sentenza deve essere cassata senza rinvio, a norma dell'art. 382 c.p.c. I resistenti vanno condannati alle spese del presente giudizio di cassazione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 3 febbraio 1976, n. 356 -Pres. Stella Richter -Rel. Viola -P. M. De Majo (conf.) C.N.E.N. (avv. Stato Stipo) c. Cresca Bruno (avv. Barenghi) e Soc. Coop. Produzione e Lavoro (n. c.). Competenza e giurisdizione -Enti Pubblici -Appalto -Assunta jnterme- diazione nella assunzione di mano d'opera -Fattispecie (in tema di lavori di pulizia) -Giurisdizione del giudice ordinario. (I. 23 ottobre 1960, n. 1369). Amministrazione dello Stato e degli Enti Pubblici -Appalto -Divieto di intermediazione nella assunzione di mano d'opera -Applicabilit. Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia determinata dalla pretesa di essere considerato come lavoratore alle dirette dipndenze di un ente pubblico (col relativo trattamento economico), avanzata da colui che afferma di essere stato assunto in violazione del divieto intermediazione posto dalla legge n. 1369 del 1960 (1). Il divieto di intermediazione nell'assunzione di mano d'opera si estende non solo agli enti pubblici economici, ma anche agli enti pubblici non economici (nella specie, C.N.E.N.), sia per quanto attiene alle attivit imprenditoriali esterne, sia per quanto attiene allo svolgimento delle attivit di istituto (2). (1-2) .La Suprema Corte, con questa sentenza e con numerose altre coeve, conferma la sua giurisprudenza in tema di applicabilit del divieto di intermediazione nella assunzione di mano d'opera agli Enti pubblici, anche non economici nello svolgimento delle attivit di istituto: cfr. Sez. Un. 5 agosto 1974, n. 2330, in questa Rassegna 1974, I, 1129, con not. , tuttavia, da sottolineare che in precedenza la giurisprudenza era orientata nel senso di limitare l'applicabilit del divieto ai soli enti pubblici aventi carattere imprenditoriali (Cons. Giust. amm. reg. sic. 28 ottobre 1966, n. 531, Foro lt. 1967, III, 230; v. anche Pretura Pozzomaggiore, 16 dic. 1968, Foro It. 1969, II, 286, a proposito dell'art. 3 della legge n. 1369 per l'attivit di facchinaggio e Cass. 30 gennaio 1969, Foro It. 1969, II, 606), sempre che le attivit ineriscano ad operazioni che rientrino nel ciclo produttivo e non abbiano quindi carattere temporaneo (Cass. 3 ottobre 1970, n. 1790, Foro lt., 1970, I, 3074; 13 ottobre 1970, n. 1993, ivi, I, 3046; App. Torino, 20 giugno 1968, Mass. Giuris. Lav. 1968, 269, con nota). 214 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO CORTE DEI CONTI, Sezioni Riunite, 25 febbraio 1976, n. 63 -Pres. Costa -Est. Colabucci -P. G. Colletti (conf.) -Missori ed altri (avv. Missori, D'Agostino, Capanna, Zappal, Conti) c. E.N.P.A.S. (avv. dello Stato Stipo). Corte dei Conti -Giurisdizione (domestica) delle Sezioni Riunite -Impugnazione di atto di Ente diverso dalla Corte -Sussiste. Competenza e giurisdizione -Indennit di buonuscita E.N.P.A.S. -Giurisdizione del giudice generale di legittimit -Dipendenti della Corte dei Conti -Giurisdizione delle Sezioni Riunite. Corte de Conti -Dipendenti -Indennit buonuscita E.N.P.A.S. -Tredicesima mensilit -Va compresa nel calcolo. I Sussiste la giurisdizione esclusiva delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti per i giudizi relativi a rapporti attinenti al pubblico impiego dei propri dipendenti anche se venga impugnato un atto non promanante direttamente dalla Corte dei Conti, ma da altro ente pubblico quale l'E.N.P.A.S. (1). La buonuscita si immedesima in un rapporto assicurativo-previdenziale che sorge ope legis per effetto della costituzione di un rapporto di pubblico impiego al quale si collega indissolubilmente pur serbando ciascuno la propria fisionomia e la propria sfera di efficacia. Tale collegamento si manifesta sotto l'aspetto di una subordinazione unilaterale in quanto le vicende del rapporto di pubblico impiego, ma non viceversa, esplicano diretta influenza sul rapporto previdenziale condizionandone sia la nascita sia il successivo svolgimento. Deve dunque aff ermarsi che la cognizione della controversia rientra nella giurisdizione (1) La prima massima affronta un problema nuovo, e cio se la cosiddetta giurisdizione domestica della Corte dei Conti sussista anche quando venga dal dipendente della Corte stessa impugnato un atto promanante da altro Ente pubblico. Se il rapporto tra il dipendente statale e l'E.N.P.A.S. ancorch connesso, distinto, quanto ai soggetti, al contenuto e all'oggetto, dal rapporto di pubblico impiego tra lo Stato e i suoi dipendenti, non sembra sussista la ratio per l'applicazione della norma che legittima la cosiddetta giurisdizione domestica nelle controversie di pubblico impiego del personale della Corte dei Conti. Stabilisce infatti l'art. 65 t.u. 12 luglio 1934, n. 1214 sulla Corte dei Conti: Spetta alla Corte a Sezioni Riunite la definizione in forma contenziosa di tutti i reclami dei suoi impiegati ed agenti o di chiunque vi abbia interesse relativi alla nomina, promozione e disciplina, o comunque attinenti al rapporto d'impiego, per motivi di competenza, eccesso di potere o violazione d'i legge " La giurisdizione domestica, invero, ha riguardo ai provvedimenti relativi alla nomina, promozione e disciplina del rapporto di pubblico impiego e que-~1 1: li I 1: ~ PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 215 esclusiva delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti perch la domanda giudiziale ha il suo titolo nel rapporto di pubblico impiego intercorso tra i ricorrenti e la Corte dei Conti (2). La tredicesima mensilit per il suo carattere di assegno fisso e ri. corrente, non legato ad alcuna prestazione particolare o a posizioni sog gettive dell'impiegato, e per avere la sua causa esclusiva nella retri buzione della normale prestazione di lavoro, forma parte integrante dello stipendio; come tale, la tredicesima va compresa nella base retri butiva utile per la liquidazione della buonuscita, da calcolarsi sull'ultimo stipendio annuo, senza che al riguardo abbia rilievo, la circostanza che, erroneamente, in ordine ad essa non sia stata operata alcuna ritenuta (3). (Omissis). -Secondo il resistente, la provenienza esterna del prov vedimento impugnato costituirebbe un limite alla giurisdizione esclusiva di questo consesso, il cui esercizio sarebbe condizionato alla impugna zione di un atto promanante direttamente dalla Corte dei Conti. La tesi non fondata. Essa , anzitutto, in stridente contrasto con la stessa formulazione letterale del citato art. 65 il quale, come chia ramente traspare dalla locuzione tutti i reclami . . . comunque attinenti al rapporto d'impiego ... , ha esclusivo riferimento alla natura del rap stioni ad esso attinenti, ma sempre nell'ambito dei rapporti tra Corte e pro pri dipendenti. Interpretare l'espressione comunque attinenti al rapporto di pubblico impiego '" di cui al citato art. 65, in maniera cos lata da comprendervi anche i rapporti dei dipendenti della Corte con altri Enti, significa andare contro lo spirito e la ratio della norma. Dice al riguardo il Guicciardi (La giustizia amministrativa, pag. 382): Alle Sezioni Riunite della Corte dei Conti appartiene il giudizio sui ri corsi degli impiegati della stessa Corte relativi al loro rapporto d'impiego vero e proprio. Questa nuova e pi netta eccezione stabilita dall'art. 65 del testo unico del 1934 alla giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, trova la sua giustificazione nella posizione costituzionale che la Corte dei Conti ha assunto storicamente nel nostro ordinamento, per effetto della quale i suoi atti venivano considerati alla medesima stregua degli atti .di contenuto ammi nistrativo emanati dalle singole Camere legislative, e cio come atti ammini strativi di autorit non amm'inistrative: cosicch il Consiglio di Stato, in omag gio all'autonomia della Corte dei Conti, riteneva di non poter esercitare su tali atti il proprio sindacato. Pertanto, avendo la giurisdizione domestica la funzione di sottrarre gli atti della Corte dei Conti al sindacato di altro giudice, detta giurisdizione non si giustifica quando il giudizio verta su un atto di un Ente diverso dalla Corte dei Conti. In altri termini, nelle controversie rientranti nella giurisdizione domestica l'Istituto parte, in quanto organo al quale direttamente riferibile l'atto impugnato ed appunto, al fine di meglio garantire l'indipendenza dell'Istituto stesso dagli altri organi dello Stato, dette controversie sono devolute alla com 216 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO porto giuridico che intercede tra la Corte dei Conti e il proprio personale: rapporto la cui esistenza deve quindi considerarsi il solo criterio determinativo e ad un tempo il solo limite della giurisdizione esclusiva. noto, d'altronde, come sia la giurisprudenza sia la dottrina prevalente giudichino superflua l'impugnazione del provvedimento della Pubblica Amministrazione ritenendo che la giurisdizione del giudice amministrativo sia determinata unicamente dalla materia ad esso devoluta con carattere di esclusivit. Ma, anche gli argomenti offerti dalla interpretazione sistematica confermano l'esattezza di tale conclusione. La norma in esame s'inquadra in un sistema in cui la sfera giurisdizionale dei vari organi o gruppi di organi rigorosamente delimitata in base a precisi criteri di ripartizione e nel quale perci non sarebbe possibile introdurre nuovi limiti, oltre quelli fissati dalla legge, senza sovvertire l'ordine dei rapporti tra le diverse sfere di giurisdizione. Alla luce di questi rilievi, ogni altro elemento, soprattutto di carattere estrinseco e formale, come la provenienza del provvedimento impugnato, deve dun,que considerarsi assolutamente irrilevante. necessario, poi, osservare che la paventata possibilit di un contrasto giurisprudenziale tra queste Sezioni riunite ed altro giudice am petenza delle Sezioni Riunite, cio di un collegio pi ampio di quello delle singole sezioni, con particolare autorevolezza connessa principalmente con la esperienza ed il prestigio dei magistrati che le compongono. Ma quando oggetto dell'impugnativa un provvedimento di un Ente diverso dalla Corte dei Conti, vengono meno tutte le ragioni poste a salvaguardia della autonomia e della indipendenza della Corte stessa. Inoltre, mentre in sede di giurisdizione domestica (cui vanno devolute le controversie sui provvedimenti della Corte nei riguardi dei propri dipendenti) ogni questione va decisa e non pu che essere decisa nella stessa sede, altrettanto non pu accadere se avverso un provvedimento di un Ente diverso (come nella specie) la giurisdizione debba ritenersi competere alle Sezioni Riunite se ricorrente un dipendente della Corte dei Conti ovvero al giudice ordinario o al giudice generale di legittimit se ricorrente altro dipendente statale; non pu sfuggire al riguardo l'inconveniente che potrebbe generarsi nel caso che tra le Sezioni Riunite e l'altro giudice si dovesse pervenire ad un diverso orientamento su una questione che interessa sia i dipendenti della Corte che tutti gli altri dipendenti statali. Il legislatore, con l'art. 65 citato, non ha voluto creare una tale incongruenza. L'aver devoluto le controversie .di pubblico impiego dei dipendenti della Corte dei Conti alle Sezioni Riunite della stessa e non alle sezioni semplici (con il che avrebbe ugualmente garantito l'autonomia e l'indipendenza dell'Istituto) si spiega altres con la considerazione che le Sezioni Riunite sono in sostanza un giudice di secondo grado. Alle Sezioni Riunite infatti vanno devolute quelle. questioni che gi hanno formato oggetto di esame nell'ambito della Corte stessa: cos gli appelli av PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 217 ministrativo, in tema di buonuscita, costituisce un inconveniente, ma non il solo, proprio del sistema organizzativo vigente che, come si visto, ripartisce la funzione giurisdizionale tra una pluralit di organi variamente formati e disciplinati. Deve, infine rilevarsi l'inesattezza dell'affermazion~ secondo cui l'aver .devoluto a questo consesso anzich alle Sezioni semplici, le controversie in materia di pubblico impiego si spiegherebbe altres con la consi< lerazione che le Sezioni Riunite sono in sostanza un giudice di secondo grado. Occorre, infatti, tener presente che nell'ordinamento della Corte dei Conti gli organi amministrativi sono, dal punto di vista istituzionale, nettamente distinti e differenziati da quelli giurisdizionali: ne consegue -che riguardo alle funzioni da essi rispettivamente esercitate non pu configurarsi un rapporto analogo a quello che intercorre tra giudizio di primo grado e giudizio d'appello. A parte, invero, altre considerazioni, caratteristica fondamentale di quest'ultimo che l'organo da cui promana la pronuncia impugnata anch'esso investito di funzioni giudicanti e strutturalmente inserito nello stesso complesso cui appartiene l'organo di secondo grado. verso le decisioni delle sezioni giurisdizionali contabili, le questioni che siano state decise in senso difforme da pi sezioni semplci e cos anche quei provvedimenti che il Presidente, il Consiglio di Presidenza, il Segretario generale, la Commissione di disciplina ha adottato nei riguardi di un dipendente della stessa Corte. Estendere la giurisdizione domestica alle impugnative promosse dai dipen. denti della Corte dei Conti contro provvedimenti di un Ente pubblico diverso dalla Corte stessa appare pertanto contrario allo spirito dell'art. 65 citato. (2) Era stato ripropo<;to il problema della giurisdizione sulle controversie aventi ad oggetto l'indennit di buonuscita. Si era prospettato da taluni che, avendo la Corte Costituzionale affermato che la predetta indennit fa parte del trattamento di quiescenza, deve considerarsi un elemento accessorio della pensione, con la conseguenza che le controversie relative rientrino nella giurisdizione della Corte de'i Conti quale giudice delle pensioni (v. IzzI, in nota a Corte Cost. 19 giugno 1972, n. 82, in Riv. Giur. Lavoro 1974, II, 652). Qualche decisione della Cassazione (SS.UU. 5 luglio 1975, n. 2615 in materia di prestazioni di assistenza medica dell'E.N.P.A.S.; SS.UU. 12 giugno 1975, n. 2328, in materia di indennit per cessazione dal servizio corrisposta dal fondo di previdenza per il personale delle dogane) ha fatto sorgere il dubbio circa la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario. Il Consiglio di Stato costante nel ritenere la propria giurisdizione, decidendo nel merito tutte le controversie in materia di indennit di buonuscita del personale statale. Circa la natura dell'indennit stessa, recentemente la IV Sezione, con decisione 18 ottobre 1974, n. 653 cos si espressa: L'indennit di buonuscita spettante in determinati casi al personale dipendente dallo Stato che cessa dal servizio o ad alcuni suoi superstiti una prestazione di carattere mutualistico e previdenziale, che, pur collegandosi da una parte con lo stipendio tabellare tramite la determinazione de'i contribuenti e, 218 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DEllO STATO Il problema della giurisdizione della Corte dei Conti va tuttavia affrontato anche sotto altro profilo. In proposito nessuna influenza pu esercitare il mutato atteggiamento dell'ente resistente in ordine alla prospettata competenza del giudice ordinario, trattandosi di questione rilevabile ex officio. I motivi svolti dall'ente a sostegno della giurisdizione ordinaria possono cos compendiarsi. Secondo l'avviso pi volte espresso dalla Corte Costituzionale, la buonuscita fa parte del trattamento di quiescenza " Dovrebbe, pertanto, ritenersi definitivamente superata l'annosa disputa intorno al problema se l'espressione trattamento di quiescenza debba intendersi nell'accezione pi limitata di trattamento pensionistico o nel significato pi ampio di trattamento comprensivo sia della pensione sia delle indennit destinate ad assolvere una funzione precipuamente previdenziale ed assistenziale; nella giurisprudenza civilistica ricorre con frequenza l'affe,rmazione che il rapporto assicurativo-previdenziale, tra E.N.P.A.S. e dipendente dello Stato, nettamente distinto ed autonomo dal rap- porto di pubblico impiego; nel caso concreto, gli elementi oggettivi della domanda giudiziale -petitum e causa petendi -sono chiara dall'altra, con la pensione, tramite la cessazione dal servizio, conserva una sua particolare autonomia, in quanto pur facendo parte del trattamento di fine rapporto; non ha carattere di prestazione retributiva (differita) in senso stretto, ma piuttosto da qualificarsi come prestazione dell'Ente collegata alla prestazione di lavoro (in quanto questa ci sia) protratta per tutto il tempo richiesto dalla legge. Le Sezioni Riunite della Corte dei Conti, con la decisione in Rassegna, hanno riesaminato il problema della giurisdizione ed hanno concluso nel senso che le controversie sull'indennit di buonuscita non possano rientrare nella giurisdizione del giudice ordinario e neanche in quella generale pensionistica della Corte dei Conti, ma restano nell'ambito della giurisdizione esclusiva del pubblico impiego. In tal senso stato ribadito quanto a suo tempo deciso dalla Corte dei Conti allorquando la questione si era posta per la prima volta (decisioni 2 giugno 1932, in Corte dei Conti 1933, II, 31; 1 giugno 1935, ivi, II, 465) e che successivamente aveva sempre formato giurisprudenza pacifica. L'orientamento sembra da condividere. Infatti a parte la questione della giurisdizione della Corte dei Conti, finora sempre esclusa in giurisprudenza, sembra da escludere che tali con- troversie possano rientrare nella giurisdizione della magistratura ordinaria ai sensi degli artt. 442 e segg. del codice di procedura civile modificato dalla legge 11 agosto 1973, n. 533. Invero, le controversie riguardanti le prestazioni dell'Ente resistente sono state sempre considerate dalla dottrina e dalla costante giurisprudenza sot- tratte alla giurisdizione ordinaria, costituendo tali prestazioni un elemento del rapporto di pubblico impiego che lega l'assistito allo Stato (vedasi MA- LINVERNO, Impiegati dello Stato -Previdenza ed assistenza, Nuov.mo Dig. It.,. VIII, p. 258). L'indennit in considerazione un elemento di un pi ampio PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 219 mente individuabili nella richiesta integrazione dell'indennit di buonuscita e nella omessa valutazione da parte dell'E.N.P.A.S. della tredicesima mensilit, talch il problema, strettamente attinente al rapporto di pubblico impiego, se detta mensilit formi o meno parte integrante dello stipendio, si risolve in una questione pregiudiziale. Da queste premesse dovrebbe coerentemente dedursi che la cogni~ zione della controversia sfugga alla giurisdizione esclusiva delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti per rientrare nella competenza generale del giudice ordinario o, come stato di recente proposto, nella competenza delle Sezioni giurisdizionali della stessa Corte dei Conti in materia pensionistica, in base al rilievo che la qualificazione della buonuscita in termini di elemento complemntare ed accessorio della pensione, secondo l'indirizzo ormai costi;inte della Corte Costituzionale, comporta la necessaria attrazione nell'orbita giurisdizionale delle suddette sezioni di tutte le controversie attinenti al rapporto previdenziale. Senonch il Colleggio, pur valutando il peso e l'importanza dei motivi esposti e pur riconoscendo l'esigenza di un ulteriore approfondimento di tale tematica, peraltro non effettuabile in questa sede, non ritiene di doversi discostare dall'orientamento sin qui seguito in perfetta trattamento di quiescenza che trova la sua fonte nel rapporto imp'iegatizio ed strettamente connessa con le vicende del rapporto medesimo anche per quanto concerne la sua determinazione quantitativa (vedasi l'art. 3 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032); e la funzione (per altro non univocamente definibile: vedasi VIRGA, Il pubblico impiego, I, Milano 1973, 758) della indennit non potrebbe essere sufficiente per attribuire alle relative controversie natura previdenziale ai sensi dell'art. 442 sopra cit. Inoltre, le disposizioni del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, implicitamente escludendo l'applicazione della norma processuale sopra cit., indicano all'art. 29 i rimedi amministrativi consentiti contro i provvedimenti adottati dal Fondo di previdenza gestito dall'E.N.P.A.S. e dichiarano al?plicabile l'art. 6 del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, ammettono il ricorso all'autorit giurisdizionale competente nel caso di silenzio dell'autorit amministrativa in ordine al ricorso gerarchico; e l'art. 31 aggiunge che nulla innovato per quanto attiene alla competenza della Corte dei Conti a conoscere dei ricorsi in sede giurisdizionale avverso i provvedimenti definitivi in materia di assegno vitalizio. Le premesse considerazioni dimostrano, senza ombra di dubbio, come la citata legge n. 533 del 1973 non possa aver sortito l'effetto di modificare, senza una esplicita dimostrazione, tutta la preesistente disciplina di carattere speciale relativa alle controversie concernenti le prestazioni dell'Ente di previdenza. ed assistenza. (3) Per la questione di merito le Sezioni Riunite de1la Corte dei Conti si sono uniformate alla recente decisione del Consiglio di Stato sez. VI, 15 ottobre 1975, n. 437 (in Cons. Stato 1975, I, 1117). Il T.A.R. del Lazio invece si espresso in senso difforme con le decisioni della Sez. I 5 febbraio 1975, n. 63 (.in TAR 1975, I, 452) e della Sez. III 7 aprile 1975, n. 146 (in TAR, 1975, I, 1158). 220 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sintonia, del resto, con fa giurisprudenza della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato. Com' noto, questa unit d'indirizzo, costituisce il risultato di un lungo dibattito sia in campo dottrinario che giurisprudenziale, al termine del quale fu accolto il principio che la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo comprende anche le controversie aventi con. tenuto patrimoniale, purch la pretesa dedotta in giudizio trovi il suo titolo necessario in un rapporto di pubblico impiego, perch questo consideri nella sua costituzione o nl suo svolgimento o nella sua cessazione oppure perch questo presupponga o ad esso si riferisca, purch, in altri termini, i diritti dei quali il dipendente lamenta il disconoscimento o la lesione da parte dell'ente pubblico siano comun q_ue ricollegabili al rapporto di pubblico impiego. Nel vigente ordinamento la buonuscita s'immedesima in un rap porto assicurativo-previderiziale che sorge ope legis per effetto della co stituzione di un rapporto di pubblico impiego al quale si collega indis solubilmente pur serbando ciascuno la propria fisionomia e la propria sfera di efficacia. Tale collegamento s manifesta sotto l'aspetto di una subordinazione unilaterale in quanto le vicende del rapporto di pub blico impiego, ma non viceversa, esplicano diretta influenza sul rap porto previdenziale condizionanlone sia la nascita sia il successivo svol ;gimento. Sul piano processuale poi evidente come, in definitiva, nella que stione sulla natura giuridica della 13 mensilit si concentri e si esau risca tutto il merito della controversia, essendo ogni altra questione strettamente dipendente da essa e quindi priva di autonoma rilevanza. In base alle considerazioni svolte deve dunque affermarsi che la cognizione della controversia rientra nella giurisdizione esclusiva di que ste Sezioni riunite perch la domanda giudiziale ha il suo titolo nel rapporto d pubblico impiego intercorso tra i ricorrenti e la Corte 1956, n. 19, riguardante la base contributiva, mentre nel terzo comma,. ai fini dell'assistenza sanitaria, considera esplicitamente la tredicesima. mensilit come elemento retributivo distinto dallo stipendio, di essa. invece non fa menzione alcuna nel primo e nel secondo comma che si riferiscono rispettivamente all'indennit di buonuscita ed a quella di licenziamento. In senso contrario, per, il Procuratore generale si richiamato al testo dell'art. 7 del citato decreto legislativo n. 263 del 1946 (pur non riconoscendolo affatto decisivo) per sottolineare che il legislatore ha espressamente stabilito la non computabilit della tredicesima soltanto agli effetti dell'indennit di licenziamento e non anche agli effetti dell'indennit di b:uonuscita, rilevando inoltre che mai il legi- slatore ha inteso includere l'una indennit nella menzione dell'altra. Di fronte al contrasto di queste argomentazioni appare indispensa bile prescindere da esse ed esaminare il problema in un'ottica diversa muovendo da un punto fermo, emergente da tutte Ie disposizioni sopra citate, le quali univocamente indicano nello stipendio la base fonda mentale della liquidazione della buonuscita. Sotto tale profilo non difficile riconoscere che la tredicesima men silit manifesta nei suoi tratti essenziali le stesse caratteristiche delb stipendio. Essa, invero, cos come sostanzialmente disciplinata nel' nostro ordinamento, lungi dal presentare gli aspetti di una gratifica zione, ha assunto la funzione di corrispettivo per la nonn.ale presta zione di lavoro con i caratteri della fissit e della ricorrenza che la rendono indubbiamente partecipe della stessa natura dello stipendio. L'ente, peraltro, obietta che la tredicesima mensilit non pu considerarsi come stipendio non possedendo il carattere della pensionabilit,. che, secondo un'affermazione di questo consesso (dee. 23 aprile 1970,. n. 36) sarebbe il crisma della essenziale natura dello stipendio. Sul punto, per, occorre anzitutto osservare come le affermazioni giurisprudenziali, per essere esattamente intese, debbano essere vagliate in cor\ relazione con gli aspetti particolari del caso deciso: infatti, nella deci- ! I l PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI. DI GIURISDIZIONE sione sopra richiamata questo collegio, riferendosi in concreto al criterio della pensionabilit quale ulteriore crisma formale (e non quale unico carattere o crisma in senso assoluto) di un emolumento che si potesse ricondur:e al concetto di stipendio in senso sostanziale, ebbe riguardo a quegli assegni previsti limitatamente per alcune categorie di dipendenti statali (nella fattispecie si trattava dell'assegno istituito con l'art. 43 della legge 20 dicembre 1961, n. 1345) per cui il richiamo .alla pensionabilit poteva servire appunto a confermare esteriormente che si trattasse di un emolumento analogo allo stipendio. Ma, quando si tratta di un assegno che, come la tredicesima, si fonda sopra una previsione di ordine generale della medesima ampiezza dello stipendio, in modo che ormai la prima inerisce per i suoi connotati intrinseci al secondo, costituendo con le altre mensilit l'unit economico-giuridica della retribuzione base, ogni richiamb ad ulteriori criteri di indi viduazione (esteriori o formali) si rende superfluo e privo di senso. D'altro canto, la giurisprudenza amministrativa concorde nel ritenere che la tredicesima ha assunto carattere generale come mensilit fissa e ricorrente, aggiunta alle dodici mensilit in cui si divide lo stipendio fondamentale del quale costituisce quindi costante e normale integrazione. Ed proprio all'interpretazione giurisprudenziale che si deve il superamento delle difficolt inerenti alla esatta individuazione normativa della natura della tredicesima: difficolt dovute, come si visto, alla imprecisione ed alle ambiguit dei testi legislativi. appena il caso di osservare che i termini della questione non sono sostanzialmente mutati con l'art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032 del quale, peraltro, si dovrebbe tener conto soltanto per quei ricorsi che risultano proposti dopo la sua entrata in vigore. Non va infine trascurato il rilievo che la soluzione accolta, adeguandosi ad analoghe previsioni pi esplicite, gi esistenti nel campo dell'impiego privato ed anche in qualche settore di quello pubblico, si armonizza con le linee costituzionali del sistema, evitando deprecabili disparit di trattamento ed obbedendo cosL al principio ermeneutico, che ormai patrimonio comune della giurisprudenza, per cui tra i molteplici significati di una norma o un gruppo di norme va sempre accolto quello che pi si conformi alle norme e ai principi della Costituzione. A tale proposito si deve anche ricordare che l'E.N.P.A.S. prospetta una disparit di trattamento che si verificherebbe a danno dei dipen denti delle Ferrovie dello Stato (i quali attualmente si vedono negato il computo della tredicesima ai fini della buonuscita) rispetto agli altri dipendenti statali, ma il problema, com' evidente, non pu for mare oggetto di esame in questa sede, dovendo eventualmente la que RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DELl.O STATO 224 stione essere sollevata in apposito giudizio, da promuoversi nella sede competente dal personale interessato. A conclusione deve dunque affermarsi che la tredicesima mensilit per il suo carattere di assegno fisso. e ricorrente, non legato ad alcuna prestazione particolare o a posizioni soggettive dell'impiegato, e per avere la sua causa esclusiva nella retribuzione della normale prestazione di lavoro, forma parte integrante dello stipendio: come tale, la tredicesima va compresa nella base retributiva utile per la liquidazione della buonuscita, da calcolarsi sull'ultimo stipendio annuo, senza che al riguardo abbia rilievo la circostanza che, erroneamente, in ordine ad essa non sia stata operata alcuna ritenuta. -(Omissis). SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 11 novembre 1974, n. 3497 -Pres. Pace -Est. Sammarco -P.M. De Marco (conf.) -Ministero dell'InternQl (avv. Stato Pierantozzi) c. Ricciardi (n. c.). Circolazione stradale -Depenalizzazione Opposizione all'ordinanza pre fettizia Abilitazione del Prefetto a stare in giudizio -Necessit di. delega ministeriale Esclusione. (!. 3 maggio 1967, n. 317, art. 9). Circolazione stradale -Depenalizzazione Opposizione all'ordinanza in tendentizia -Oggetto dell'opposizione. (!. 3 maggio 1967, n. 317, art. 9). Legittimato a resistere all'opposizione proposta ai sensi dell'art. 9' della leg~e 3 maggio 1967, n. 317 esclusivamente il Prefetto (1). Oggetto del giudizio medesimo la statuizione sull'accertamento dell'infrazione contenuta nell'ordinanza prefettizia e non l'ingiunzione di pagamento (2). (Omissis). -Il primo motivo del ricorso si articola in due profili distinti. Sotto il primo profilo, l'amministrazione ricorrente, denunciando la violazione dell'art. 9 della legge 3 maggio 1967, n. 317, sostiene che erroneamente il Pretore ha ritenuto che il ricorso dei Ricciardi, di opposizio- (1-2) In tema di opposizione ex art. 9 legge 3 maggio 1967, n. 317/1-2. Con l'annotata sentenza la suprema Corte ha esaminato il problema concernente la legittimazione passiva nel giudizio di opposizione promosso ai sensi dell'art. 9 della legge 3 maggio 1967, n. 317. Il precitato articolo consente di proporre opposizione al Pretore contro l'ordinanza emessa dal Prefetto o dal Sindaco o dal Presidente dell Giunta Provinciale, con la quale viene determinata la somma dovuta per la violazione delle norme depenalizzate e se ne ingiunge il pagamento. Per quanto riguarda il provvedimento emesso dal Sindaco e dal Presi-dente della Giunta Provinciale non vi un problema di identificazione dell'organo legittimato ad causam, giacch le precitate autorit sono anche i legali rappresentanti degli enti (Comune e Provincia) con i quali pertanto deve successivamente instaurarsi il giudizio. Nel caso invece che l'opposizione venga proposta avverso il provvedimento del Prefetto, sorge un problema di identificazione del soggetto legittimato passivamente, problema che si manifesta sotto un duplice profil9. Il P,refetto tenuto ad irrogare la sanzione pecuniaria nelle ipotesi indicate alle lettere a), b) e c) dell'art. 1 della citata legge 1967 n. 317, ma il 226 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ne all'ordinanza del Prefetto di Roma, dovesse essere notificato al Ministero dell'Interno. In proposito la ricorrente rileva che, per quanto .attiene all'ordinanza emessa a norma dell'art. 9 della citata legge, il Prefetto agisce come autorit autonoma di governo in sede locale e non .come organo gerarchicamente subordinato al Ministero dell'Interno; pertanto, al Prefetto che ha emesso il provvedimento appartiene la legittima: zione sostanziale in ordine al giudizio di opposizione contro il provvedimento medesimo. Con la seconda parte del motivo, la ricorrente assume che, ammesso anche che la legitimatio ad causam spettasse al Ministero dell'Interno -e non al Prefetto di Roma, la costituzione del predetto Ministero in giudizio Sarebbe ritualmente avvenuta con la presentazione in udienza di un funzionario della Prefettura di Roma: invero, una volta che il privato ba assolto in ottemperanza a quanto dispone dall'art. 1 della legge 25 mar. zo 1958, n. 260, all'onere di citare l'amministrazione in persona del Ministro in carica, l'amministrazione convenuta pu costituirsi anche a relativo provento non sempre devoluto all'Erario. Vi sono ipotesi in cui il beneficiario della sanzione pecuniaria il Comune o la Provincia onde sorge il dubbio che il contraddittorio -nel giudizio di opposizione in parola . debba instaurarsi con l'ente creditore e non con lo Stato. La questione non appare per risolta, qualora si ritenga che legittimato passivamente al giudizio sia lo Stato, in considerazione del fatto che da un .suo organo viene inflitta la sanzione pecuniaria. Sorge infatti il dubbio se .debba stare in giudizio il Prefetto, per la sua qualit di organo che ha ..emanato il provvedimento sanzionatorio, ovvero il Ministro dell'Interno, per la sua qualit di organo posto al vertice di quella branca di Amministrazione .cui il Prefetto partecipa con vincoli di subordinazione gerarchica. La Suprema Corte affronta la questione, nella sentenza in esame, indivi .duando una priorit logica nella soluzione del problema. Si pu infatti stabilire quale sia l'organo abilitato a stare in giudizio soltanto dopo aver stabilito l'effettivo oggetto dell'opposizione proposta dall'interessato. Ambigua infatti la formula adottata dal legislatore, il quale sembra qualificare l'ordinanza prefettizia come provvedimento plurimo, contenente cio un atto san zionatorio, con il quale viene determinata la somma dovuta per la violazione .entro i limiti, minimo e massimo, stabiliti dalla legge ed anche una ingiun zione di pagamento. Orbene, l'impugnativa proposta ex art. 9 sembrerebbe diretta -secondo un esame testuale -contro l'ingiunzione prefettizia giacch all'espressione co. stituisce titolo di pagamento il legislatore ha aggiunto che contro di essa gli interessati possono proporre opposizione dinanzi al Pretore. In relazione a .ci la stessa S.C. aveva gi ritenuto che l'opposizione fosse diretta avverso l'ingiunzione di pagamento, la quale costituisce atto amministrativo, analogo alla ingiunzione fiscale (Cass. civ. 19 novembre 1973, n. 3097). E la dottrina (LAGOSTENA BASSI-RUBINI, La depenalizzazione, Milano 1969, 121) ha sottolineato le numerose analogie tra il sistema sanzionatorio introdotto dalla presente legge ed il sistema sanzionatorio esistente per la repressione delle trasgressioni in materia valutaria e di scambi con l'estero. Naturalmente nel giudizio promosso .dinnanzi al Pretore possono introdursi le questioni concernenti i presupposti, PAaTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE -227 mezzo_ di un organo diverso dal Ministro, se le norme organiche ci con sentono. Il primo assunto del motivo fondato. L'art. 9 della legge n. 317 del 1967 non menziona i soggetti ai, quali deve essere notificato il ricorso in opposizione con il ,pedissequo decreto di fissazione dell'udienza di comparizione, limitandosi a stabilire che il Pretore fissa l'udienza di comparizione e dispone per la notificazione del ricorso e del decreto da attuarsi a cura della cancelleria. In sede di interpretazione della ,menzionata disposizione stata avanzata l'ipotesi che, poich il provvedimento emesso dalle autorit contemplate dalla legge sulla-depenalizzazione, e cio ,il Prefetto, il Sindaco ed il Presidente della Giunta Provinciale (art. 8) comprende anche l'ingiunzione di pagamento della somma costituente la sanzione pecuniaria e poich la detta ingiunzione costituisce titolo esecutivo, come pi::ecisa il terzo comma dell'art. 9, di fatto e di diritto, della sanzione inflitta. Secondo il citato indirizzo giurisprudenziale, per, l'esame delle questioni suddette avverrebbe incidenter tantum, quale antecedente logico dell'oggetto. del giudizio, che sarebbe appunto l'ingiun zione prefettizia (Cass. Sez. Un. 28 marzo 1974, n. 845, in questa Rassegna 1974,, pag. 645, con nota critica di Gargiulo). Con l'accertamento dell'illegittimit dell'ingiunzione prefettizia l'opponente intende contestare il diritto dell'Amministrazione a procedere in via esecutiva e numerose volte la giurisprudenza (vedasi tra le pi recenti sentenze Cass. II, 19 ottobre 1974, n. 1301) ha sottolineato il parallelismo tra il rimedio giuridico in esame e quello ex art. 615 c.p.c. Nell'annotata sentenza la suprema Corte ritiene che oggetto della opposizione, promossa ai sensi dell'art. 9, non possa essere l'ingiunzione di pagamento ed a tale soluzione giunge mediante un ragionamento a contrario~ , Qualora infatti si accogliesse la contraria opinione, il giudizio in parola dovrebbe configurarsi come opposizione all'esecuzione, con il quale cio l'interessato conte-, sterebbe il diritto della Amm.ne a procedere in esecutivis. In siffatta ipotesi per il contraddittorio dovrebbe instaurarsi con l'ente creditore della somma, mentre -secondo il S.C. -la normativa concernente il procedimento in que-, stione, pur non dichiarandolo esplicitamente, sembra indicare che controinteressata al ricorso sia l'autorit che ha emanato l'atto. La Corte di Cassazione giunge pertanto alla conclusione che l'opposizione non sarebbe diretta avverso l'ingiunzione ma contro la statuizione di accertamento dell'infrazione , onde il giudizio medesimo riguarderebbe l'ingiunzione di pagamento soltanto per via riflessa. Sembra superfluo sottolineare il capovolgimento giurisprudenziale determinato dalla citata sentenza giacch oggetto del giudizio diviene un atto (provvedimento sanzionatorio) che veniva, secondo l'opinione tradizionale, valutato in via incidentale e cio quale presupposto dell'azione esecutiva promossa dalla Amministrazione. Ora il momento esecutivo dell'ordinanza ad acquistare un rilievo incidentale, mentre l'interessato si avvale del rimedio giuridico previsto dall'art. 9 per contestare, sotto l'aspetto formale e sostanziale, il provvedimento con il quale gli viene inflitta la sanzione pecuniaria->>. Dalla considerazione che l'opposizione in parola sarebbe diretta avverso l'ordinanza-sanzione del Prefetto, la suprema Corte trae il corollario che il 6 228 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il giudizio di opposizione di cui trattasi verrebbe a configurarsi, analogamente a quello regolato dall'art. 3 del r. d. 14 aprile 1910, n. 639, che disciplina la riscossione coattiva dell'entrata patrimoniale dello Stato e degli enti pubblici, come un giudizio di opposizione all'esecuzione, con il quale: si contesterebbe il diritto dell'amministrazione a procedere all'esecuzione coattiva; da questa premessa viene tratto il corollario che il contradditto- rio dovrebbe instaurarsi nei confronti dell'ente creditore della somma che: l'opponente obbligato a pagare come sanzione pecuniaria, ente che per quanto riguarda la violazione delle norme sulla circolazione stradale di. cui allo art. 1 lett. a) della legge 317 del 1967, pu essere, in base a quanto dispone l'art. 139 del cod. della strada richiamato dall'art. 6 della legge n. 317, lo Stato, la Provincia o il Comune, secondo i casi ivi previsti. La prospettata interpretazione non pu essere condivisa. In effetti l'ordinanza di cui all'art. 9 della legge del 1967, n. 317,. comprende oltre l'ingiunzione, anche una statuizione con la quale l'au- contraddittorio, nel giudizio de quo, debba instaurarsi con il suddetto organo e non con il competente Ministero. L'emanazione dell'atto sanzionatorio rientrerebbe, secondo il S.C., nella. competenza funzionale del Prefetto, onde si verificherebbe una deroga al pri~- cipio cl.ella abilitaziorie del Ministro a stare in giudizio, prevista dall'art. 1 della. legge 25 marzo 1958, n. 260. La precitata sentenza, la quale potrebbe sembrare -ad un esame superfi" ciale -un improvviso capovolgimento della giurisprudenza, trova le sue pre- messe in alcune sentenze della Corte Costituzionale e della stessa suprema. Corte. Di tale evoluzione possiamo individuare due momenti fondamentali: il primo concernente l'individuazione della causa petendi del giudizio promosso ex art. 9 ed il secondo, strettamente connesso al primo, riguardante il peti- tum del giudizio medesimo. Prima della pronunzia della Corte Costituzionale del 4 marzo 1970, n. 32 vi era il dubbio che l'interessato non potesse vantare un diritto soggettivo nei confronti dell'atto sanzionatorio. Onde l'opponente poteva contestare, dinnanzil al giudice ordinario, il solo diritto dell'Amm.ne a procedere in esecutivis, fatta salva naturalmente la possibilit del giudice medesimo di valutare incidenter tantum i presupposti, di fatto e di diritto, dell'azione esecutiva. A. meno che non si ritenesse (come hanno sostenuto alcuni scrittori, tra cui SANDULLI, Manuale, Napoli 1971, pag. 746 segg.) che il giudizio di opposizione in parola costituisse un'ipotesi eccezionale di giurisdizione del giudice ordinario in materia di interessi legittimi (teoria ripresa dal Pretore nella sentenza cassata. dalla suprema Corte). La Corte Costituzionale ha ritenuto, nella sopra menzionata sentenza, che il provvedimento sanzionatorio costituisce atto dovuto e non ha pertanto carattere discrezionale, onde nessuna preclusione sussiste alla titolarit di un diritto soggettivo in capo all'interessato. Tale diritto quello all'integrit del proprio patrimonio, diritto costituzionalmente garantito dall'art. 23 e non esposto ad affievolimento. La motivazione contenuta nella sentenza della Corte Costituzionale stata. d'altra parte recepita dalla Corte di Cassazione nella sentenza del 23 giugno 1972,. n. 2088 (in questa Rassegna 1972, I, 778). I I PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 229 torit accerta gli estremi di fatto e diritto della infrazione, come emerge dal testo stesso del citato articolo 9, che dispone che le autorit indicate sentiti gli interessati, ove questi ne facciano richiesta, determinano con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione entro i limiti massimi e minimi stabiliti dalla legge. Ora evidente che l'opposizione cui lo stesso articolo si riferisce non pu appuntarsi che contro la statuizione di accertamento dell'infrazione e solo indirettamente investe l'esecuzione forzata concernente propriamente l'ingiunzione. Infatti, l'opposizione un rimedio concesso al condannato per contestare, ~otto l'aspetto formale e ~ostanziale, il provvedimento con il quale gli viene inflitta la sanzione pecuniaria ed ottenere la dichiarazione d'illegittimit del provvedimento stesso. In altri termini, l'opposizione introduce una contestazione di merito, rispetto alla quale il momento esecutivo dell'ordinanza non viene in discussione in forma diretta. Ci confermato dal rilievo che in un I:i;i. tale s~t~~a viene ribadito il princ1p10 che l'atto sanzionatorio non ha canittere discrezionale giacch la determinazione della sanzione da applicare implica una valutazione obbiettiva della gravit dell'infrazione, cui sottratta qualsiasi considerazione di opportunit o convenienza. Dalla puntualizzazione della causa petendi del giudizio ad una nuova qualificazione del petitum il passo appare breve. Una volta chiarito che l'atto sanzionatorio viene ad incidere su un diritto soggettivo perfetto dell'interessato, non potrebbe escludersi -sotto il profilo teorico -che il giudice ordinario abbia diretta cognizione del suddetto provvedimento in virt dell'art. 2 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E. La Suprema Corte, nell'annotata sentenza, non si preoccupa affatto del problema conceri:J.ente la qualificazione della causa petendi ed individua l'oggetto del ricorso nel provvedimento sanzionatorio. Viene data per scontata, cio, la competenza del giudice adito a conoscere dalla controversia in parola e non sembra dubbio che, secondo il S.C., il giudizio di opposizione trovi la propria causa petendi nel diritto soggettivo dell'interessato, violato appunto dal provvedimento sanzionatorio. A tale considerazione si giunge dalla constatazione che la Corte di Cassazione non ha affatto esaminato la tesi prospettata dal Pretore (ovverosia di una eccezionale ipotesi di competenza del giudice ordinario in materia di interessi legittimi), per cui qeve ritenersi che, secondo l'avviso del S.C., l'art. 9 in esame non avrebbe apportato alcuna deroga ai generali principi della giurisdizione. Non potrebbe dirsi per che la Corte di Cassazione abbia rimosso ogni dubbio al riguardo giacch, una vo}ta chiarito che l'atto sanzionatorio incide su di un diritto soggettivo dell'interessato, non viene certamente ad esclulersi la eventuale fondatezza della opinione tradizionale, secondo la quale l'opposizione ex art. 9 avrebbe natura analoga al rimedio concesso, in applicazione dell'abrogato sistema tributario, nei confronti dell'ingiunzione fiscale. Anche l'accertamento tributario incide su di un diritto soggettivo dell'interessato, ma l'opposizione dinnanzi al giudice ordinario viene (o meglio veniva) proposta avverso l'ingiunzione fiscale, onde non potrebbe escludersi in linea di principio un'analoga struttura al giudizio di opposizione de quo. Tanto vero che, come si antecedentemente posto in rilievo, l'esame del citato art. 9 sembra indicare che oggetto dell'opposizione sia proprio !Z30 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEllO sr~m' articolo diverso dall'art.\ 9, e precisamente nell'art. 13, che la legge n. 317 regola la esecuzione forzata dell'ingiunzione. Precisata nei termini indicati la finalit dell'opposizione disciplinata dall'art. 9, appare chiaro che la legittimata al relativo giudizio, l'autorit che ha emesso l'ordinanza; detta autorit infatti, che ha uno specifico interesse alla conservazione dell'ordinanza stessa, e non gi l'ente creditore, il quale interessato soltanto alla fase dell'esecuzione forzata dell'ordinanza. Alla stregua degli enunciati rilievi si pu, quindi, concludere che nel giudizio di opposizione di cui all'art. 9, la legitimatio ad causam spetta all'autorit che ha emesso l'ordinanza, contro la quale l'opposizione deve essere proposta. Questa conclusione si presenta del tutto piana in rapporto alle ipotesi in cui l'ordinanza sia emessa dal Sindaco o dal Presidente della Giunta Provinciale, quali organi rappre l'ingiunzione di pagamento, qualora si parta dalla premessa, a nostro avviso ineontrovertibile, che l'ordinanza prefettizia abbia la natura di provvedimento plurimo.. Il fatto che la suprema Corte parte dal postulato che il contraddittorio -ove il rimedio in esame si qualificasse come opposizione all'esecuzione dovrebbe necessariamente instaurare con l'ente creditore. E dalla impossibilit logica e giuridica di un simile contraddittorio, il S.C. giunge alla conclusione che oggetto dell'opposizione sia appunto il provvedimento sanzionatorio. Sembra tuttavia da '.escludere, qualsivoglia sia la natura dell'opposizione proposta ai sensi del menzionato art. 9, che l'ente creditore possa qualificarsi come il soggetto legittimato passivamente nel giudizio. Tale opinione. si fonda sull'esame della legge 24 dicembre 1975, n. 706, concernente il sistema sanzionatorio delle norme che prevedono contravvenzioni punibili con l'ammenda, la quale ha disposto che (art. 8, quarto comma), in caso di marn:;ato pagamento della sanzione pecuniaria le autorit che hanno emesso l'ordinanza, procedono alla riscossione della somma dovuta mediante esecuzione forzata con l'osservanza delle norme del testo unico approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639 . Tale precisazione, la quale non era contenuta nella legge 1967 n. 317, indica chiaramente che il contraddittorio -anche in sede di opposizione alla esecuzione forzata -debba necessariamente instaurarsi con l'autorit che ha emesso l'ordinanza, in quanto l'unica abilitata alla riscossione coattiva della sanzione pecuniaria. N potrebbe ritenersi che il regime dell'opposizione, previsto dalle due sopramenzionate leggi sulla depenalizzazione, sia diverso, giacch il sesto comma dell'art. 8 della legge 706 richiama espressamente il procedimento previsto dal:l.'art. 9 della legge 317. Nel cadere il postulato della suprema Corte, giacch in nessun caso l'ente creditore potrebbe essere il legittimato passivo dell'opposizione alla luce della pi recente normativa, si ripropone il dilemma sull'oggetto della opposizione: provvedimento sanzionatorio ovvero ingiunzione prefettizia? La questione, in effetti, avrebbe una rilevanza prevalentemente teorica, giacch l'opposizione assumerebbe diversa configurazione, a seconda se venga recepita l'una o l'altra teoria. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 231 sentativi di amministrazioni, che sono centri autonomi di specifiche attribuzioni e che sono dotate di propria personalit giuridica. Con riferimento, invece, al caso in cui sia il prefetto ad emettere l'ordi nanza, in materia di violazione alle norme sulla circolazione stradale; si profila il quesito se la legitimatio ad causam, relativamente al giu dizio di opposizione, spetta al Prefetto oppure al Ministero dell'Interno; il questio trae origine dalla constatazione che il Prefetto dal punto di vista organico inquadrato nella ru:nministrazione dell'interno e dalla supposizione che il Prefetto quando esercita il potere di ordinanza ex art. 9, lo esplichi quale organo dipendente del Ministero dell'Interno, nell'ambito di una attribuzione a questo direttamente pertinente. Per dare una corretta risposta al quesito, occorre procedere all'esatta ricostruzione della posizione del Prefetto in seno all'amministrazidrie dello Stato. In proposito, va osservato che il Prefetto rappresenta nella Provincia il Governo nella sua unit; essendo la pi alta autorit. nel Si osserva tuttavia che sia la legge 1967 n. 317 (art. 13) .che la legge 1975 . n. 706 (art. 8) dichiarano espressamente che l"esecuzi()ne forzata avverr semdo le modalit previste dal r.d. 14 aprile 1910, n. 639. Orbene, qualora si ritenga che l'opposizione venga proposta avverso il prov vedimento sanzionatorio, non potrebbe escludersi un. ulteriore gravame avverso l'ingiunzione di pagamento ai sensi dell'art. 3 della legge 1910 n. 639. Non sembra per ammissibile che possano esperirsi due gravami, di di~. versa natura, avverso altrettanti atti contenuti in un provvedimento plurimo . e, pertanto, inscindibilmente legati l'uno con l'altro e la cui notifica avviene contestualmente. Sembra preferibile, pertanto, ritenere che l'opposizione giudiziaria, in ma~ teria di sanzioni depenalizzate, abbia carattere unitario e concerna, in via diretta ed immediata, l'ingiunzione di pagamento e, di riflesso quale presup posto del suddetto atto, il provvedimento sanzionatorio. Tale opposizione tro verebbe, nel citato art. 9, una specifica disciplina in deroga . alle disposizioni del t.u. 1910 n. 639 (p.e. per quanto concerne la competenza ~unzionale del Pretore, la quale prescinde dal valore delle somme in contestazione). Si condivide, quindi, l'avviso espresso dalla suprema Corte -e cio che il contraddittorio debba necessariamente instaurarsi con l'autorit che lia. ema nato l'atto -malgrado che lo scrivente abbia manifestato diversa opinione sul l'oggetto dell'opposizione di cui trattasi. I,.a decisione della Corte sull'abilitazione del Prefetto a . stare in giudizio -in deroga all'art. 1 della legge 1958 n. 260 il quale prevede la competenza del Ministro - comunque valida, sia che si aderisca all'una ovvero all'ltra opinione. , Il Prefetto infatti competente, in via esclusiva, sia alla irrogazione della sanzione. che all'ingiunzione del pagamento della relativa somma. In relazione a ci, l'opponente deve instaurare il giudizio di opposizione con il Prefetto, per la su qualit di autorit che ha emanato l'atto opposto, rientrante appunto nella sua competenza funzionale. FABRlZIO FOGLIETTI RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO l'ambito provinciale, compete al Prefetto dare impulso, coordinazione e direttive a tutta la vita politico-amministrativa della Provincia; inoltre, esso sovraintende alla tutela dell'ordine pubblico e dell'igiene pubblica; infine, spetta, altres, al Prefetto vigilare sull'andamento delle pubbliche amministrazioni della Provincia. Nello svolgimento di tali suoi compiti, esso dipende dal Ministero dell'Interno e da tutti gli altri ministeri ai quali di volta in volta la sua azione fa capo in particolare. Questo rapporto di dipendenza molteplice comporta -su un piano generale -che i provvedimenti del Prefetto sono impugnabili in via gerarchica davanti a quello, tra i vari Ministeri, nella cui sfera di competenza specifica rientra la materia in ordine alla quale stato adottato il provvedimento da impugnare. Tuttavia, in alcune sfere di attivit il pref~tto si presenta come organo :munito di 'Una propria autonomia funzionale che lo svincola obiettivamente dalla dipendenza da alcun Ministero; il Prefetto per materie di sua esclusiva e specifica attribuzione esercita un potere che non subordinato a quello delle superiori autorit ministeriali, fra queste compreso il Ministero dell'Interno, nel quale il Prefetto organicamente inquadrato. Di conseguenza, il provvedimento emesso dal Prefetto in base a queste sue proprie e specifiche attribuzioni, essendo espressione di una piena autonomia funzionale, non impugnabile in via gerarchica. Una tale autonomia funzionale si riscontra in tema di espropriazione per pubblica utilit; le varie 'leggi che regolano la materie attribuiscono al Prefetto il potere di emettere il decreto di esproprio e di disporre l'occupazione di urgenza (1. 25 giugno 1865, n. 2359 -I. 22 ottobre 1971 n. 865). Tali poteri gli sono assegnati come propri fuori di ogni dipendenza dal Ministero dell'Interno o di altro Ministero; tanto vero che i relativi decreti di esproprio e di occupazione d'urgenza non sono impugnabili in via gerarchica e che l'art. 5 della citata legge del 1865, dispone che l'atto di opposizione alla stima deve essere notificato direttamente al Prefetto. Una analoga posizione di autonomia del .Prefetto venuta a determinarsi per effetto della legge n. 317 del 1967, che nel modificare il sistema delle sazioni in materia di circolazione stradale, attribuisce al Prefetto il potere di emettere ordinanza motivata di condanna al pagamento di una somma a titolo di sanzione pecuniaria per le violazioni delle norme del codice della strada punite con la sola pena dell'ammenda. L'indicato potere di ordinanza del Prefetto rientra in una sua sfera di compiuta autonomia rispetto alla quale non ravvisabile alcuna dipendenza dal Ministero dell'Interno o da altro Ministero. Questa assoluta indipendenza del Prefetto nell'emettere l'ordinanza di condanna in tema di circolazione stradale, si traduce sul piano processuale nella I ! I PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 233 :Sua capacit di essere parte nel giudizio di opposizione contro l'ordinanza da lui emessa. Pertanto, il giudizio che viene ad instaurarsi davanti al Pretore a seguito dell'opposizione promossa dall'ingiunto, ha .come legittimi contraddittori da un lato l'opponente, dall'altro il Prefetto, il quale l'unica autorit che ha legitimatio ad causam nel detto :giudizio. Applicando i principi esposti alla fattispecie in esame, va conclu sivamente affermato che nel giudizio di opposizione proposto dai Ric ciardi contro l'ordinanza del Prefetto di Roma, che li condannava in solido al pagamento di lire 130.000 per l'infrazione prevista dall'art. 121 -cod. strad. legittimato a resistere alla opposizione, il Prefetto di Roma e non il Ministero dello Interno. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 24 gennaio 1976, n. 227 Pres. Stile Rel. Vessia P. M. Silocchi (conf.) Ministero interni (avv. Stato Siconolfi) c. Mariani (avv. Fabrizio). Responsabilit civile Responsabilit della p.a. per danni arrecati a terzi dai propri dipendenti Responsabilit diretta Criteri dell'imputazione Nessi di occasionalit necessaria tra l'attivit del dipendente e le incombenze affidate Abuso di potere strumentalmente connesso con i fini istituzionali dell'Ente Riferibilit dell'evento dannoso alla p. a. Sussiste. La pubblica Amministrazione risponde, immediatamente e direttamente per i fatti illeciti dei suoi dipendenti, quali che siano le man .sioni esplicate (di concetto, d'ordine, intellettuali e materiali), sempre che sussista non solo il nesso di causalit obbiettiva tra il comportamento del dipendente e l'evento dannoso, ma anch la riferibilit alla p.a. del comportamento stesso (1). (1-2) Negli stessi termini, per un analogo caso, cfr. Cass. 21 febbraio 1966, n. 551. in questa Rassegna, 1966, I, 344, con nota di richiami. Non risulta, a quanto dato constatare, nelle successive pronunzie della -Corte di Cassazione, un mutamento di indirizzo; cfr. Cass., SS. UU., 20 dicem ore 1967, n...2980, in Giust.. (;:iv. 'Mass., 1967, 1550, e Foro it. Rep. 1968, 205, 2283; in c.ui si.afferma testualmente.. che Soltanto il fine strettamente personale ed egoistico da cui il dipendente mosso, che si riveli assoluta:r..ente estraneo ;all'amministrazione ed escluda ogni collegamento di necessaria occasionalit .con i poteri propri dell'agente, pu impedire il riferimento all'amministrazime dell'atto compiuto in violazione dei diritti dei terzi . La tendenza medesima risulta infatti accolta in ulteriori pronunzie del :Supremo Collegio a sezione semplice, come dato notare in Cass. 21 febbraio 1969, n. 600, in Foro it. Rep. 1969, 202, 2392; e Giust. Civ. Mass. 1969, 311 (con nota di richiami), la quale ribadisce che ... Il fine personale ed egoistico, da RASSEGNA DEI.L'AVVOCATURA DELLO STATO E riferibile alla p.a. l'attivit del dipendente, qualora questa sia e si manifesti come attivit dell'ente, cio tenda al conseguimento dei fini istituzionali, nell'ambito delle attribuzioni di ufficio, avendo riguardo non gi alle operazioni intermedie, pur concettualmente distinguibili in relazione alle rispettive finalit di carattere appunto intermedio nelle quali si articola ogni attivit diretta al conseguimento di un dato scopo, ma avendo riguardo alla finalit terminale cui tende l'attivit nel suo complesso senza che abbia rilevanza il fatto che, nel corso delle operazioni, il dipendente compia un abuso di poteri che, pur determinato da esigenze egoistiche, appaia strumentalmente connesso, anche in modo anomalo, con i fini istituzionali dell'ente (2). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso l'Amministrazione degli Interni deduce la violazione dell'art. 2043 e.e. e dei principi relativi a:lla responsabilit della pubblica Amministrazione, nonch la contradditforiet della motivazione (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.). Sostiene che l'attivit del dipendente non riferibile alla Amministrazione quando si sostanzi in un abuso di potere e quando il fatto cui il funzionario o il dipendente dello Stato o di altri enti pubblici risulti mosso, del tutto estraneo a quello perseguito dall'amministrazione, se vale ad escludere ogni nesso di occasionalit necessaria con i poteri propri dell'agente, impedisce il riferimento all'amministrazione dell'atto compiuto in violazione dei diritti di terzi, ma lascia sussistere la diretta responsabilit .del funzionario o del dipendente . . Di particolare interesse si presenta -con riferimento al tema trattato nella sentenza sopra riportata -'--la pronunzia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite del 17 dicembre 1970, n. 2700 (la massima pu leggersi in Giust. Civ . . Mass. 1970, 1403) ove, ribadita la responsabilit dello Stato e degli enti pubblici per l'operato dei propri organi, la si esclude qualora l'attivit del funzionario,. anche se rientrante in astratto nella sfera di competenza e di attribuzione dell'Ente, non sia diretta all'attuazione di scopi propri dell'Ente medesimo, cui il dipendente appartiene, ma al conseguimento di scopi propri di altro Ente, che si avvale dell'attivit dei dipendenti di quell'ente al quale il dipendente appartiene. Si segnala infine la. tendenza della Corte di Cassazione ad adottare il parametro del .collegamento concreto effettivo dell'agente con la pubblica Amministrazione, al di l del formale atto di nomina o di inquadramento nei ruoli, ai fini dell'impu~azione del fatto e quindi della responsabilit di questo alla p. a. cfr. Cass. 7 febbraio 1974, n. 330, in Giur. it., 1974, 53, 3110: Ai fini della riferibilit dell'atto illecito ad UJ.a persona giuridica pubblica, non necessario, n sufficiente che l'agente sia inquadrato nei ruoli del personale dell'ente, ma invece rilevante che egli abbia agito nell'ambito di mansioni affidategli per il soddisfacimento dell'interesse pubblico dall'ente perseguito. CESARE LAMBERTI ~ r: i I: f f ~ PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE dannoso derivato, come nella specie, proprio e solo dall'illecito uso dei mezzi strumentali adoperati (auto privata); n pu intendersi sufficiente il rapporto di occasionalit necessaria con l'incarico ricevuto,. secondo concetti e principi elaborati in relazione alla responsabilit d cui all'art. 2049 e.e. La censura infondata. Invero, lo Stato e gli altri enti pubblici ~on possono agire che. a: mezzo dei propri organi: l'operato di questi non di soggetti distinti, ma degli enti stessi nei quali essi si immedesimano: ed in virt di tale rapporto organico che la responsabilit derivante dalla loro attivit risale appunto .alle persone giuridiche pubbliche delle quali sono espressione (Cass. Sez. Un. 17 dicembre 1970, n. 2700; Cass. 27 novembre 1973, n. 3243 e 25 settembre 1967, n. 1950). L'Amministrazione pubblica risponde, immediatamente e direttamente: (e non indirettamente, per rapporto institorio) per i fatti illeciti dei suoi dipendenti, quali che siano le mansioni espletate (di concetto o d'ordine, intellettuali o materiali) e indipendentemente dalla responsabilit degli stessi (Cass. Sez. Un. 6 maggio 1971, n. 1282; 12 giugno 1967, n. 1448). L'art. 28 della Costituzione che ha previsto quest'ultima non ha inteso immutare la natura della responsabilit diretta dell'Amministrazione sanzionare il principio della responsabilit indiretta, ma ha solo voluto sancire accanto ad essa quella propria degli autori dei fatti lesivi dellesituazioni giuridiche altmi (Cass. 29 gennaio 1964, n. 233; 3 agosto 19'54r 11. 2831). Perch ricorra tale responsabilit della P.A. non basta, certo, come sottolinea la ricorrente, il semplice comportamento lesivo del dipendente; deve sussistere, infatti, non solo il nesso di causaW obiettiva tra iI comporta~ento del dipendente e l'evento dannoso, -~a, anche, la riferibilif alla Amministrazione del comportamento stesso (Cass. Sez. Un. 20 dicembre 1967, n. 2980). A tale ultimo riguardo deve, per, riconoscersi che l'attivit pu essere riferita all'ente medesimo, cio tenda al conseguimento dei suoi fini istituzionali, nell'ambito delle attribuzioni dell'ufficio e del servizio al quale esso dipendente addetto (sent. ult. cit. v. inoltre: Cass. 12' luglio 1974, n. 2107).. Tale riferimento all'ente pu venir meno sofo. quando il dipendente agisca come un semplice privato, per un fine strettamente personale ed egoistico, che si rilevi assolutamente estraneo all'Amministrazione -o addirittura contrari.o ai fini che questa persegue -ed escluda ogni collegamento con le attribuzioni proprie dell'agente (v., oltre sent. dianzi citata: Cass. Un. 4 gennaio 1964, n. 3; Cass. 19 giugno 1967, n: 1448; 30 novembre 1963, n. 3069; 31 marzo 1960r n. 708; 13. novembre 1957, n. 4377; 9 maggio 1952, n. 1312). 236 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO In particolare, per accertare la sussistenza di tale nesso tra l'attivit del dipendente e le incombenze ad esso affidate, occorre aver riguardo :non gi alle operazioni intermedie, pur concettualmente distinguibili in relazione alle rispettive finalit di carattere appunto intermedio nelle .quali si articola normalmente ogni attivit diretta al conseguimento .di un dato scopo, ma alla finalit terminale cui tende l'attivit nel :suo complesso. N tal nesso vien meno per il solo fatto che nel corso .delle predette operazioni, il dipendente commetta abuso di poteri, qua1ora questo, anche se eventualmente determinato da esigenze puramente egoistiche, appaia strumentalmente connesso, pur se in modo anomalo, con i fini istituzionali dell'ente (Cass. 21 febbraio 1966, n. 551). Il che non in contrasto -come sostiene la ricorrente, con la natura sopra indicata (diretta) della responsabilit dell'ente, rispetto a .quella indiretta ex art. 2049 cod. civ. Infatti, le due responsabilit sono e restano fondate su titoli di- versi, anche se per entrambe occorre, nei rispettivi ambiti, un certo ieollegamento tra l'attivit dannosa posta in essere da un individuo e Je esplicazioni delle incombenze ad esso conferita da un dato soggetto. Nella responsabilit indiretta, nei casi di sussistenza di un rapporto sostanziale tra azione ed incarico (che ricorre non solo nell'ipotesi di nesso rigoroso di causalit, ma anche in quella di occasionalit necessaria) che deve, a miglior tutela del danneggiato, rispondere degli effetti pregiudizievoli del fatto il soggetto che ha conferito l'incarico, pur se il fatto stesso e resta dell'autore. In quella diretta, la pecu1iare natura del rapporto che lega all'ente pubblico il dipendente, che fa identificare il fatto di questo ultimo come proprio dell'ente, s che l'ente stesso che di esso, in quanto tale, indipendentemente dall'evenil: uale responsabilit di chi l'ha compiuto, deve rispondere nei confronti del danneggiato. Anche qui deve esservi relazione tra l'attivit e le mansioni esplicate, s da derivare da essa, quale azione dell'ente, gli indi cati effetti: altrimenti il fatto resta proprio ed esclusivo dell'agente. E tale relazione sussiste non solo quando l'azione di questi coincida con quanto strettamente e secondo tutta regolarit debba essere posto in .essere per siffatta esplicazione, ma anche quando si svolga con qual che deviazione o anomalia nelle relative coni:<;!te operazioni: l'essen: ziale elle . esso tnda pUr sempre al perseguimento del fine dell'ente, in connessione con le attribuzioni di esso dipendente; solo se l'attivit 1del dipendente decampi completamente da tale ambito -operando egli :al di fuori di esso, per fini personali ed egoistici, senza attinenza alcuna con gli scopi dell'ente e le proprie incombenze -si potr riconoscere nella stessa, con le relative conseguenze, un'azione non gi dell'ente medesimo, ma solo ed esclusivo di esso agente. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 237 ' La stessa ricorrente fin1sce per riconoscere che solo la totale estra: neit ai fini dell'ente dell'attivit posta in essere dal dipendente esclude la riferibilit di questa all'Amministrazione medesima: tale estraneit, per, non pu essere con;ie si detto, ristretta ad un singolo momento Operativo, ma deve essere stabilita con rifedmento allo scopo finale proprio dell'ente -che l'agente, nell'esplicazione della sua attivit com- plessivamente considerata in relazione alle mansioni affidategli, persegue. Nella specie, l'incarico affidato al Lentini era l'accompagnamento dei profughi da Roma a Farfa Sabina. Naturalmente, tale incarico, nella sua .esecuzione, si scindeva in una serie di operazioni intermedie: prelievo .delle persone, trasporto, consegna al centro profughi. Ed in ordine da un luqgo,.alFaltro -che si avuta la lamentata iniziativa personale .di esso Lantini nella scelta del mezzo da usare (veicolo proprio, anzi. ch di linea pubblica). Ma tale iniziativa, se pu rilevare -perch in violazione di dedotte disposizioni relative -nell'ambito del rapporto :interno di servizio ai fini disciplinari, non pu certo interrompere il richiesto nesso tra l'incarico e l'evento ai fini della responsabilit della .Amministrazione per le conseguenze lesive derivate dall'esecuzione con. creta dell'iniziativa stessa. Questa invero, anche se ispirata da motivi per: sonali ed egoistici, riguardava solo e per una data modalit la singola .operazione intermedia, la quale si inseriv pur sempre, anche se in modo anomalo, ma con rapporto di stretta strumentalit, nell'espleta: mento dell'incarico che costituiva lo scopo terminale dell'attivit dell'agente e quindi il raggiungimento del fine perseguito dall'Amministra; zione. Siffatta iniziativa, quindi, che inseriva solo ad un segmento della .esecuzione dell'incombenza affidata al Lentini, non ha impresso certo all'operazione relativa e all'attivit svolta dal Lentini quel carattere di .:assoluta estraneit alle attribuzioni del medesimo e ai fini dell'Amministrazione,' che solo poteva far ritenere spezzato il nesso necessario per riferire l'operato di esso dipendente all'Amministrazione stessa ai fini ,della relativa responsabilit per le conseguenze dannose derivatene (in tali sensi, per un caso analogo: Cass. 21 febbraio 1966 cit.). -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 6 febbraio 1976, n. 421 Pres. Brocca - ReL Guerrieri -P. M. Silocchi (corf.) -Ministero dei trasporti (vv. Stato De Francisci) C. Pozzati (avv. Puma). :Responsabilit .civile DannL -Illecito ..-Pregiudizio .economico Nozione. :Impiego pubblico Illecito Morte dell'impiegato Pregiudizio economico Sviluppo della carrlei:a Ammissibilit. 238 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Impiego pubblico -Illecito -Pregiudizio economico -Maggiore indennit di liquidazione Ammissibilit. Ai fini della valutazione del danno cagionato da fatto illecito, occorre tener conto di qualsiasi pregiudizio economico cagionato dal fatto al terzo, donde l'obbligo gravante sull'autore del danno in cui si sarebbe venuto a trovare qualora il fatto non si fosse verificato (1). La valutazione in concreto del depauperamento determinatosi nell'ambito familiare in seguito alla morte del capo famiglia comprende anche gli incrementi dei quali lo stipendio di costui si sarebbe giovato secondo la normalit. dello sviluppo della carria. di appartenenza (2). Deve altres considerarsi parte degli incrementi sopra menzionati da liquidarsi in favore dei germani la quota della maggiore indennit di liquidazione di cui lo stipendio del genitore avrebbe certamente beneficiato in caso di normale cessazione del rapporto di lavoro (3); (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso l'amministrazione ri corrente, denunciando violazione. degli artt. 2043, 2056, cod. civ., in rela zione agli art. 360 n. 3 c.p.c., sostiene che la determinazione dell'am montare del risarcimento spettante ai congiu11ti della persona deceduta a seguito del fatto illecito d un terzo va operata' in riferimento all'im porto reale delle sovvenzioni che il defunto effettu,ava a loro favore. La Corte di. merito avrebbe perci errato -secondo la ricorrente nel porre a base del computo del risarcimento; anzich il reddito di (1-2) Giurisprudenza costante sul princ1p10 secondo cui la liquidazione dei danni. futuri va fatta con riferimento alla durata effettiva della vita del dan neggiato cfr. Cass. 25 febbraio 1967, n. 437, in Foro it. Rep. 1967, I, 2184, (195). Per l'affermazione che il risarcimento del danno futuro deve ricomprendere la utilit economica percepita dalla vittima in modo costante e durevole, cfr. Cass. 15 dicembre 1966, n. 2951, Foro lt. Rep. 1967, I, 2188, (238); Cass. 22 ago sto 1964, n. 2563, ivi Rep. 1966, 2456 (276). Con riguardo all'estensione dell'obbligo del risarcimento degli emolumenti legati all'ulteriore sviluppo di carriera del soggetto passivo dell'illecito vedi Cass. 2 aprile 1963, n. 810, Foro it .Rep. 1963, 2412 (280): Cass. 17 novembre 1972, n. 3133, ivi, Rep. 1962, 2256 (367); Giust. Civ. Rep. 1969, 1,' 772 (101). (3) Giurisprudenza costante. Nel senso che il risarcimento del danno ricomprenda le aspettative cui i familiari della vittima hanno diritto in. base al rapporto di lavoro dipendente del loro congiunto, cfr. Cass. 18 febbraio 1961, n. 348, Foro Jt. Rep. 1962, I, 2526, (373) (374). Il principio stato comunque ritenuto operante ex adverso, con riguardo a quegli emolumenti che sarebbero venuti meno al lavoratore nel caso di decorso del tempo (detrazione dell'ammontare del risarcimento degli assegni familiari la cui cessazione legata al raggiungimento della maggiore et dei figli): Cass. 7 ottobre 1974, n. 2530, Foro it. Rep. 1974, I, 2406. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 239 lavoro percetto dalla vittima (nel caso di specie il padre dei ricorrenti) al momento del sinistro, il maggior credito che il defunto avrebbe potuto percepire nel futuro e nel fare riferimento alla maggore indennit di liquidazione che sarebbe eventualmente spettata al dante causa degli attori al momento della cessazioIJ.e del rapporto. La censura si rivela infondata. E ius receptum che, ai fini della valutazione del danno da fatto illecito, occorre tener conto di qualsiasi pregiudizio economico causato dal fatto del terzo, donde l'obbligo della restitutio in integrum, che si attua imponendo all'autore del danno di rimettere il patrimonio del danneggiato nello stesso stato in cui si sarebbe venuto a trovare qualora il fatto non si fosse verificato. In conformit a tale principio questa Corte Suprema, con una giurisprudenza cui si intende aderire, ha pi volte affermato che, in materia di risarcimento di danni futuri, la risarcibilit del danno ammissibile in relazione alla certezza o rilevante grado di probabilit di sovvenzioni durevoli e costanti di cui i congiunti superstiti gi benefidavano o avrebbero beneficiato, e semprech non si tratti di mera eventualit d'ipotetica realizzazione di insorgenza del danno (Cass. 22 agosto 1964, n. 2365; Cass. 17 novembre 1962, n. 3133). Correttamente, pertanto, la Corte di Il!erito ha ritenuto che, ai fini di valutare in concreto il depauperamento determinatosi nel patrimonio dei germani Pozzati a seguito della morte del loro padre, andavano considerati gli incrementi, dei quali lo stipendio di costui si sarebbe giovato, secondo la normalit dello sviluppo della carriera di appartenenza. D'altra parte, la ricorrente, nel menzionare, a conforto della propria tesi, la sentenza d' questa Corte Suprema n. 3929 del 1969 -secondo cui il risarcimento del danno patrimoniale dei congiunti di persona de ceduta a causa di fatto illecito postula l'accertamento che i predetti siano stati privati di utilit di cui gi beneficiavano -ha omesso di considerare che tale principio veniva affermato in relazione alla eventua lit, che esclude ogni possibilit di danno patrimoniale, che dal. venir meno della vita altrui non deriv per i familiari del morto la perdita di prestazioni e vantaggi economici legati alla esistenza della vittima, potendo invece la morte provocare soltanto la perdita di affetto, di con forto, appoggi o morale e cos via. La tesi del ricorrente, che sposta gli esatti termini della questione all'esame di questa Corte, non pu pertanto essere condivisa. Analoghe considerazioni valgono per quanto concerne l'attribuzione di una ulteriore quota di L. 2.000.000 in favore di ciascuno dei germani Gino e Franco Pozzati, quale quota della maggiore indennit di liqui dazione di cui essi avrebbero presumibilmente beneficiato nella ipotesi di normale cessazione del rapporto di lavoro del loro genitore. -(Omissis). ᥥᥥᥥ .................y-;r.z.;r-.-.-..;.-ᥥ..-.-...,.,..-.-...r..:-:-:Z"""'.::""""'.'. 240 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 febbraio 1976, n. 447 -Pres. Rossi Est. Santosuosso -P. M. Trotta (conf.) -Regione Siciliana (avv. Stato Tarin) c. Perdichizzi (avv. Vacca). Espropriazione per p.u. Occupazione illegittima -Interessi legali -Sca- denza -Anatocismo Limiti. Sulle somme liquidate a titolo di risarcimento di danno per occupazione illegittima gli interessi scadono non al momento in cui cominciano a decorrere gli interessi legali (domanda giudiziale), ma al momento in cui diviene attuale ed esigibile l'obbligo del loro pagamentor e cio quando, con la pronuncia definitiva (o almeno esecutiva) tali crediti diventano esigibili e, di conseg_uenza essi possono, a loro volta, produrre interessi dal giorno della domanda giudiziale proposta dopo l'anzidetta pronunzia (1). (Omissis). -Premesso che i giudici di merito hanno riconosciut0> dovuti, sugli interessi legali -per le somme liquidate a titolo di risarcimento per l'occupazione illegittima di mq. 143 e per quelle ultrabiennale dei mq. 440 (lett. a e d dell'esposizione in fatto) -anche gli interessi composti a decorrere dal 18 ottobre 1966 (data della richiesta in sede di precisazione delle conclusioni) fino al soddisfo, i ricorrenti deducono che l'anatocismo non doveva ritenersi applicabile nella specie, in quanto l'obbligo di corrispondere gli interessi legali non era scaduto. Osservano, in proposito, che gli interessi relativi a crediti derivanti da risarcimento di danni per occupazione illegittima scadono, non al momento in cui cominciano a decorrere gli interessi legali (domanda. giudiziale), ma al momento in cui diviene attuale ed esigibile l'obbligo del loro pagamento, e cio, quando, con la pronuncia definitiva o almen0> esecutiva, tali crediti diventano esigibili. Quest'unico motivo del ricorso risulta fondato. Il resistente si limitato ad affermare che sugli interessi legali sono altres dovuti gli interessi composti a decorrere dalla data in cui sian0> stati espressamente richiesti e cita, dei precedenti giurisprudenziali, che si riferiscono per agli interessi legali dovuti sull'indennit di occupazione. I principi applicabili in tema di anatocismo sono invece quelli affermati in altra giurisprudenza (Cass. 26 aprile 1968, n. 1285; 29 luglio 1974, PARTE I,. SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 241' n. 2290), secondo cui gli interessi maturati in corso di giudizio sopra crediti incerti ed illiquidi, diventano esigibili con la sentenza che accerta. e liquida la somma dovuta e non possono, a loro volta, produrre interessi se non dal giorno della domanda giudiziale proposta dopo l'anzidetta sentenza. stato, in proposito, osservato che, avvenuto l'accertamento giudiziale di crediti incerti ed illiquidi, gli interessi, per l'effetto retroattivo della sentenza dichiarativa, cominciano a decorrere, sulla somma che sia. stata accertata dovuta, dal giorno della domanda. Il termine inizialedel decorso degli interessi non va, per, confuso con la data in cui scade l'obbligo del loro pagamento, cio con la data in cui gli interessi, dovendoessere pagati dal debitore, diventano esigibili; ed proprio la data di scadenza degli interessi che rileva ai fini dell'applicabilit dell'ana-tocismo. Nell'ipotesi del credito accertato con pronuncia giudiziale, la data di_ scadenza degli interessi coincide con la data di detta pronuncia, giacch' solo in tale momento viene affermato l'obbligo del pagamento degli interessi maturati nel corso del giudizio sulla son;ima cronologico della successione delle norme nel tempo, tale legge ha abrogato, in parte qua, il r.d.l. 2 febbraio 1939, n. 302, non potendo logicamente lo stesso oggetto venire simultaneamente disciplinato da disposizioni fra loro incompatibili. L'operativit nei confronti di distinti proprietari di procedimenti espropriativi ispirati a criteri di fissazione delle indennit tra loro dif formi, pur non importando una vera e propria violazione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cast., attesa la diversit dei beni incisi, non pu non apparire come confliggente quanto meno con astratti prin cip' di equit; pertanto, in sede di applicazione delle varie norme, deve farsi favore a quellq. interpretazione che consente la pi ampia unifor mit di trattamento. Gli atti e i provvedimenti amministrativi debbono essere formati: nel rispetto della normativa vigente al momento della_ loro emanazione, .ove non sia stata chiaramente stabilita dal legislatore la ultrattivit della. normativa abrogata. (4) Cfr. Cass. 27 novembre 1973, n. 3258 e 18 marzo 1972, n. 821, ivi 1974, II, 145 e 1972, II, 652. (5) Cfr., sul principio generale, IV Sez. 30 ottobre 1973, n. 936, ivi, 1973, I,. 1301, e giurisprudenza ivi richiamata. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 12 dicembre 1975, n. 693 -Pres. Aru Est. Dato -Calabrese (avv. Guarino) c. Ministero poste e telecomunicazioni, Presidenza Consiglio dei ministri e Ministero riforma burocratica (avv. Stato Onufrio) e Mauria (n.c.). impiego pubblico Collocamento a riposo -Competenza -Provvedimenti positivi o negativi -Competenza del Dirigente generale capo del personale. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA Atto amministrativo -Atti soggetti a ricorso amministrativo -Avvertenza sul termine per ricorrere e. sull'Autorit sovraordinata -Mancanza Irrilevanza sull'efficacia e validit dell'atto. Impiego pubblico -Collocamento a riposo -Esodo volontario -Dirigenti Diritto -Personale tecnico -Art. 67 quinto comma D.P.R. n. 748 del 1972 -Criterio di applicazione -Ex combattente ed assimilato -Combinazione con la l. n. 336 del 1970 -Limite. Impiego pubblico -Collocamento a riposo -Esodo volontario -Dirigenti Diritto -Personale tecnico -Art. 67 quinto comma D.P.R. n. 748 del 1972 -Contrasto con l'art. 3 Cost. -Manifesta infondatezza. Impiego pubblico -Collocamento a riposo -Esodo volontario -Dirigenti Diritto -Personale tecnico -Art. 67 quinto comma D.P.R. n. 748 del 1972 -Contrasto con l'art. 3 Cost. -Manifesta infondatezza. L'art. 10 d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748 ha stabilito che spetta al Dirigente con funzioni di capo de( personale, salvo quanto attribuito alla competenza di altri organi, l'emanazione dei provvedimenti relativi allo stato giuridico, alla carriera ed al trattamento economico del personale; pertanto, rientrano nella competenza del Dirigente capo del personale sia i provvedimenti di collocamento a riposo, sia gli atti con cui si nega tale collocamento. L'inosservanza della norma contenuta nell'art. 1 ultimo comma d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, secondo la quale la comunicazione degli atti soggetti a ricorso amministrativo deve recare l'indicazione del termine e dell'organo cui il ricorso deve essere presentato, non importa l'ineffi cacia o l'invalidit dell'atto medesimo. Alla data di entrata in vigore del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, sulla dirigenza statale, i funzionari ex combattenti ed assimilati avevano gi il diritto di chiedere il collocamento a riposo anticipato in virt della l. 24 maggio 1970, n. 336, alle cui norme, ovviamente, il decreto delegato sulla dirigenza non poteva innovare, non essendo stato ci previsto dalla legge di delega; pertanto, ai fini dell'interpretazione dell'art. 67 quinto comma d.P.R. n. 748 del 1972 cit., il quale prevede che l'esodo volontario per il personale tecnico possa avvenire solo nei limiti dei previsti contingenti, da tener presente che il personale tecnico ex combattente, il quale gi aveva ottenuto il beneficio di poter chiedere il collocamento a riposo recato dalla legge n. 336 del 1970, non soggiaceva ai detti limiti e poteva quindi optare per le agevolazioni previste dal citato d.P.R. sulla dirigenza, ferma, per, l'impossibilit, in tal caso, di fruire del 256 RASSEGNA DELl..'AVVOCATURA DELLO STATO l'ulteriore beneficio dei cinque aumenti periodici di stipendio di cui al quarto comma del citato art. 67. La diversa situazione dei ruoli amministrativi e tecnici, in relazione alle esigenze funzionali dell'Amministrazione, giustifica la limitazione posta dall'art. 67 quinto comma d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748 all'esodo dei funzionari tecnici,. nonch l'esclusione del personale tecnico ex combattente (non rientrante nei limiti previsti) dal beneficio dell'aggiunta dei cinque aumenti periodici; pertanto, manifestame71te infondata l'eccezione di legittimit costituzionale dell'art. 67 quinto comma cit., sotto il profilo della violazione dell'art. 3 Cast. Il criterio selettivo introdotto dal legislatore (art. 67 quinto comma d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748) ai fini dell'ammissione all'esodo dei funzionari tecnici (precedenza data dall'ordine di presentazione delle domande e, a parit di data, maggiore et degli aspiranti) idoneo ad assicurare la par condicio di tutti gli aspiranti, in quanto questi, appena pubblicato il decreto delegato, potevano presentare la domanda, pertanto, manifestamente infondata l'eccezione di legittimit costituzionale del citato art. 67 quinto comma d.P.R. n. 748 del 1972 per violazione dell'art. 3 Cast., sotto il profilo dell'avere ancorato la selezione ad un fattore meramente estrinseco ed occasionale, assolutamente inidoneo a garantire la par condicio fra gli aspiranti. SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 gennaio 1976, n. 9 -Pres. Rossi -Est. Sposato -P. M. Gentile (conf.) Ministero delle Finanze (Avv. Stato Angelini Rota) c. Iannaccone. Imposta di registro Prescrizione Consolidazione criterio di tassazione . Accertamento e concordato Interrompono la prescrizione solo a vantaggio dell'Amministrazione Decorrenza del termine dalla data della registrazione non dalla data del pagamento dell'imposta. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 9269, art. 136). Il termine triennale dell'art. 136 della legge di registro del 1923 decorre, agli effetti della consolidazione del criterio di tassazione dalla data della registrazione e non dalla data del pagamento dell'imposta, n sul corso della prescrizione a danno del ontribuente. influisc:ono l'acertamento di valore e il concordato il cui effetto interruttivo opera solo a vantaggio dell'Amministrazione (1). (Omissis). -I due ric<:>rsi debbono essere riuniti (art. 335 C.P.C.). Denunziando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 136, 140' e 141 del R. D. 30 dicembre 1923, n. 3269 e dell'art. 2943 C. C. e vizi di motivazione, l'Ammiistrazione delle Finanze, ricorrente in via principale, im- pugna la sentenza d'appello nella parte in cui essa ha ritenuto che l'atto interruttivo, proveniente da essa Amministrazione e consistente nell'accertamento di maggiore valore che dette inizio alla pratica conclusasi con il concordato del 29 febbraio 1960, abbia prodotto i suoi effetti anche a favore della contribuente. Il ricorso deve essere accolto. Diffatti, a norma dell'art. 141 della legge organica di registro del 1923, sotto il cui vigore sorta e continua ad assere regolata l'obbligazione tributaria della quale si discute, atto idoneo (1) La pronunzia, riallacciandosi a criteri pacificamente affermati (Cass. 3 luglio 1967, n. 1625 in questa Rassegna, 1967, I, 1041; 25 ottobre 1968, n. 3509, ivi, 1969, I, 280 con nota di C. Bafile) esattamente precisa che il termine della prescrizione del diritto di contestare la determinazione del titolo della tassazione decorre (per il contribuente e per l'Amministrazione) dalla data della registrazione (art. 136 secondo comma), mentre la domanda per rimborso di imposta pagata (art. 136 primo comma) riguarda ipotesi di rimborso fondate su cause diverse dalla correzione di errori sulla identificazione del titolo tassabile. -.......-;:... c.r.....:'.""""""."/..........:.-;.-;.;.;.-;.-;.-;.-;:'.'.'.'.'.'.'.'.':'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.:i'.:'.'.:::'.'.-:: RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO .ad interrompere la prescrizione in favore di ambe le parti soltanto la domanda del contribuente in vi~ amministrativa per rimborso di tassa o per .opposizione a richiesta di tassa complementare o suppletiva. Gli altri atti interruttivi non possono giovare se non a colui che li compie e perci l'avviso di accertamento di maggior valore ed il concordato, come riconoscimento da parte del contribuente dei diritti dell'Amministrazione Finan. ziaria, valgono come atti interruttivi della prescrizione soltanto favore .della: Finanza. Accolto il ricorso principale deve essere preso in esame quello inciden tale proposto condizionatamente all'accoglimento del primo; Con esso la Iannaccone sollecita un riesame del principio, pi volte ,affermato da questa Corte Suprema, del consolidamento del criterio di tassazione, secondo il quale la possibilit di revisione del. titolo di tassa~ zione si prescrive con il decorso del triennio dalla data di registrazione .dell'atto, per cui, decorso il triennio, n la Finanza n il contribuente pos. sono far valere diritti che presuppongano la modificazione del predetto titolo. Secondo la ricorrente il principio sarebbe in contrasto con quanto testualmente dispone l'art. 136; primo, della citata iegge organica di regi. stro, che f decorrere l'inizio del triennio per la prescriziorie dell'azione .del contribuente per chiedere la restituzione delle tasse dalla data del pagamento, e sarebbe, pi in generale, in contrasto cbri il fndameniale principio che actioni nondum natae non praescribitur. Soggiunge che .semmai il consolidamento del criterio impositivo pu trovare giustifica. zione quando si tratti di applicare supplementi o complementi d'imposta -nel qual caso si potrebbe ritenere incongruente applicare criteri diversi per l'imposta principale e per quelle complementari o suppletivi -ma non gi quando, trattandosi di atto sottoposto a tassa fissa, nessuna ri. chiesta d'imposte suppletive o complementari ipotizzabile. Le suesposte deduzioni sono prive di fondamento. La disposizione del primo comma dell'art. 136 lascia impregiudicata la questione della quale la Iannaccone sollecita il riesame, giacch l'impugnazione del criterio impo. sitivo, ancorch costituisca, a volte, il presupposto dell'azione del contribuente per la restituzione dell'imposta, , per, rispetto a tale azione, autonoma e distinta, sicch la detta disposizione vale soltanto per i casi in .cui la restituzione venga richiesta in base ad una causa diversa da quella .dell'errore in cui. la Finanza sia incorsa nell'identificazione del titolo tassabile. Per quanto, invece, riguarda l'opposizione alla determinazione del titolo tassabile e le azioni di restituzione che ne presuppongano la modifica, per il principio generale in materia di decorrenza della prescrizione che questa deve farsi decorrere dalla data di registrazione dell'atto. Difatti sin da questa data che il contribuente posto in grado di conoscere i criteri di applicazione dell'imposta adottati dall'ufficio impositore e, quindi,
  • >, sempre ripetendo le medesime parole e il medesimo concetto in una lunga serie di provvedimenti legislativi (art. 4 d.l. n. 12/1968 e I. n. 182/1968; art. 26 I. n. 21/1970; artt. 11 e 11 bis d.l. n. 289/1971 e I. n. 491/1971; art. 10 d.l. n. 8/1973 e I. n. 94/1973). L'incisiva assolutezza della norma dimostra che essa si applica ai tributi , cio comprende tasse, imposte e contributi (cfr. nel medesimo senso, in rapporto all'esenzione fiscale concessa per il disastro del Vajont, la norma fa riferimento al periodo di imposta non pu essere riferita alle, imposte indirette. Invero il d.l. 12 gennaio 1968, n. 12 riguardava esclusivamente le imposte dirette, mentre il dJ. 27 febbraio 1968, n. 79 faceva riferimento ad alcune imposte indirette il cui presupposto era sicuramente ancorato al terri torio, si che la legge di conversione del primo decreto (18 marzo 1968, n. 182), che per la prima volta concede l'esenzione generale dei tributi erariali provinciali e comunali, non pu essere che limitato alle imposte dirette se un secondo decreto legge ha stabilito agevolazioni limitate per le imposte indirette. La stessa espressione . usata nell'art. 26 della legge 5 febbraio 1970, n. 21 che fa riferimentoal periodo di imposta e nei successivi provvedimenti che estendono questa stessa esenzione. vero che nell'art. 10 della legge 15 aprile 1973, n. 94 si parla anche di. tributi indiretti, ma non sembra che a questa norma possa conferirsi valore di interpretazione autentica. comunque da osservare che 11011 concepibile una esenzione da tutti i tributi indiretti riferita al territorio di alcuni comuni; solo per alcuni tributi con opportune norme possibile localizzare il presupposto al territorio (come ha fatto il d.l. 27 febbraio 1968, n. 79), altrimenti qualunque atto registrato in quei comuni, ovunque si trovino i beni; qualunque attivit svolta su tutto il territorio dello Stato da soggetti che in quel territorio hanno o hanno trasferito la sede legale; le successioni aperte in relazione a persone occasionalmente decedute nel territorio e relative a beni siti altrove; potrebbero rientrare nell'esenzione. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Cass. 1974, n. 1832); che, oltre l'ambito oggettivo cos amplificato, essa parimenti comprende le imposizioni di qualunque ente impositore (Stato, provincia, comune); che l'ulteriore avvertenza, secondo cui l'esenzione concessa anche ... per periodi d'imposta anteriori al 1970 , non limita la concessione, ma specificamente l'attribuisce anche alle imposte pur relative a periodi anteriori e riscuotibili mediante ruoli (cfr. Cass. 19,75, n. 821). Si pu inoltre rilevare che la medesima esenzione dai tributi erariali, provinciali e comunali fu dapprima concessa fino al 31 dicembre 1969 per i comuni completamente distrutti d Montevago, Gibellina e Salaparuta (art. 4 cit.), con tina formula non certo suscettibile di diversa lettura e con la significativa premonizione di un esonero da intendersi tanto pieno quanto completa era stata la distruzione dei comuni esonerati. Successivamente l'esenzione dai tributi erariali, provinciali e comunali fino al 31 dicembre 1970 fu estesa a sedici localit elencate nell'art. 26 della 1. n. 21/1970, ivi compresi e ancora ripetuti i comuni di Montevago, Gibellina e Salaparuta (e compreso altres il comune di Calatafimo, dove si svolge l'attivit oggetto dell'imposta controversa): erano localit i ui abitanti, secondo lo stesso art. 26, erano soggetti al trasferimento previsto e disposto a norma dell'art. 11 del d.l. n. 79/1968. Per tutte queste localit, o completamente distrutte o non pi abitabili, si riproduceva dunque la medesima giustificazione di un esonero tributario pienamente correlato alle radicali necessit di un totale reimpianto. La ricorrente obietta che razionalmente inammissibile che il legislatore volesse includere nell'esenzione anche le imposte indirette (come quella di cui si tratta nella specie): perch questa sarebbe un'assurda lacerazione del sistema .tributario, e perch la corrispondenza causale e lo scopo dell'esenzione riguardano la perdita della capacit produttiva determinata dall'evento calamitoso e sono rivolte a facilitare il ripristino di quella capacit, non riguardano i tributi successivamente applicabili lla produzione, il cui esonero, comportando svantaggiosi squilibri a carico degli altri produttori, costituirebbe a favore degli esonerati non un correttivo del danno ma un ingiusto beneficio. L'argomento, astratto .ed opinabile (se altrimenti si considera che proprio con il soccorso emergente di un'agevolazione fiscale rivolta all'attivit produttiva si poteva meglio sostenere la ripresa economica dei comuni sinistrati, nei quali le ragioni tributarie attinenti all'imponibile sulle fonti di reddito gi si trovavano annullate dalla loro stessa distruzione, e se poi si considera che l'esenzione era limitata nel tempo e nei luoghi), apertamente contraddetto dalla legge. Infatti, mentre con il d.l. n. 289/1971 e con la I. n. 491/1971 il termine dell'esenzione era stato rispettivamente prorogato fino al 31 dicembre 1971 e fino al 31 dicembre 1972, l'art. 10 del d.I. n. 8/1973 (come modificato dalla legge n. 94/1973), prorogando RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO definitivamente l'esenzione al 31 dicembre 1973, dichiara che sono anche prorogate le norme previste dall'art. 11 bis della legge n. 491/1971 relative ai tributi diretti e indiretti . vero che l'art. 11 bis riguarda la esenzione estesa anche a favore di una particolare categoria di cittadini, gi domiciliati prima del 15 gennaio 1968 nelle localit trasferite. Ma, senza dire che ci basterebbe a rompere, almeno in tal caso e verso quella categoria di destinatari, il presunto principio dell'impossibile esenzione dalle imposte indirette, la coordinazione interpretativa delle leggi in esame conduce sul punto a un pi generale ed univoco risultato, uguale per tutti i casi in cui Ǐ concessa l'esenzione dai tributi erariali, provinciali e comunali . Occorre soltanto rileggere, nel loro consecutivo e testuale richiamo,. le seguenti disposizioni: a) l'art. 11 del d.l. n. 289/1971; b) l'art. 11 bis inserito dalla I. n. 491/1971; c) l'art. 10, come sopra integrato, del d.l. n. 8/1973. L'art. 11 dispone che l'esenzione dai tributi erariali, provinciali e comunali per i comuni indicati dall'art. 28 della legge n. 21/19W ulteriormente concessa fino al 31 dicembre 1971, anche se dovuti per periodi d'imposta anteriore al 1970 . L'art. 11 bis aggiunge che tali disposizioni si applicano anche a favore dei cittadini che, avendo il domicilio fiscale anteriormente al 15 gennaio 1968 nei comuni indicati nell'art. 26 della legge n. 21/1970, svolgono la loro attivit in altri co- mun ... . Infine l'art. 10 dichiara che le disposizioni di cui all'art. 11 del d.l. n. 289/1971, convertito con modificazioni nella legge n. 491/1971,. nonch quelle previste dall'art. 11 bis dlla precitata legge n. 491/1971,. relative ai tributi diretti e indiretti, sono ulteriormente applicabili dal 1 gennaio al 31 dicembre 1973 ... . Dunque, se l'esenzione anche con- cessa ai cittadini dall'art. 11 bis della I. n. 491/1971 era quella medesima gi prevista per i comuni sinistrati dall'art. 26 della I. n. 21/1970 e pro- rogata dall'art. 11 del d.l. n. 289/1971, e se l'esenzione dei cittadini era relativa ai tributi diretti e indiretti, deve appunto ritenersi che l'esenzione prevista dagli artt. 26 e 11 citt. riguardava parimenti i tributi. diretti e indiretti. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 febbraio 1976, n. 545 -Pres. Caporaso -Est. Sandulli -P.M. Pedace (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Baccari) c. E.N.E.L. Imposta di registro -Riscossione ad aggio o premio di bollette dell'ener gia elettrica - soggetta all'imposta dell'art. 50 tariffa A r.d. 30 dicem bre 1923, n. 3269 -Applicabilit dell'imposta dell'art. 52 -Esclusione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, artt. 50 e 52). Il contratto per la riscossione ad aggio o a premio di bollette per la fornitura dell'energia elettrica sempre oggetto all'imposta prevista PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 27J. nell'art. 50 della tariffa A allegata alla legge di registro del 1923 e maf all'imposta prevista nell'art. 52, nemmeno quando il contratto abbia le caratteristiche dell'appalto. Sono da ricomprendere nella categoria dei diritti i corrispettivi dovuti dagli utenti per la somministrazione della energia elettrica data la natura pubblicistica del servizio di produzione, trasporto e distribuzione di energia elettrica, ed da considerare come premio il corrispettivo per la riscossione determinato in misura fissa per ogni bolletta (1). (Omissis). -Con l'unico motivo, la ricorrente -denunciata la vio-lazione e la falsa applicazione degli artt. 52 e 50 della tariffa A allegata alla legge di registro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269), in relazione all'art. &della stessa legge, nonch il difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360, n. 3 e 5 cod. proc. civ. -si duole che la Corte del merito abbia ritenuto che il contratto con il quale una societ elettrica (successivamente assorbita dall'E.N.E.L. -Ente Nazionale per l'Energia Elettrica) abbia concesso a privati l'appalto del ser-vizio di esazione delle fatture di fornitura di energia elettrica per un corrispettivo fisso per ogni fattura incassata e con l'obbligo della riscossione di una determinata percentuale del carico delle fatture e del versamento dell'importo di quelle non restituite (anche in caso di perdita o di furto delle medesime), sia assoggettabile all'imposta di registro a. norma deil'art. 52 della tariffa A allegata alla legge di registro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (e cio, con l'aliquota dell'uno per cento), e non ai sensi dell'art. 50 della stessa tariffa (e cio con l'aliquota del due per cento). (1) Identiche sono le sentenze in pari data n. 546-549 di cui si omette la pubblicazione. La pronunzia risolve con evidente esattezza la questione, chepu essere estesa a molte altre ipotesi, della prevalenza, ai fini della indivi-duazione della norma della tariffa da applicare, dell'oggetto del contratto (elemento teleologico) sui connotati formali del negozio (elemento strumentale);. e ci, in definitiva, risponde al criterio fondamentale fissato nell'art. 8 della legge. Per un precedente in termini, relativo alla riscossione delle imposte di consumo, v. Cass. 4 dicembre 1967, n. 2866, in Riv. leg. fisc., 1968, 743. Sulla seconda parte della massima si pu rilevare che la qualificazione del corrispettivo per la fornitura di energia elettrica come prestazione imposta nell'ambito di un rapporto pubblicistico (affermazione che, nella sua assolutezza, potrebbe dar occasione a qualche dubbio) non appare necessaria, giacch l'art. SO della tariffa A nel riferirsi alla esazione ad aggio di proventi di natura pub, blica (dazi) e privata (rendite) evidentemente ricomprende, in un'elencazione non rigorosamente tassativa, ogni tipo di riscossione, si che nella categoria. dei diritti possono ricomprendersi anche prestazioni non pubblicistiche, quali entrate patrimoniali, premi di assicurazione ecc. Sull'ultimo punto evidente che premio qualcosa di diverso da aggio, si che non elemento essenziale della fattispecie regolata dall'art. S01 la commisurazione del compenso in proporzione del riscosso. 274 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO ~ La censura fondata. Secondo la tesi dell'Amministrazione ricorrente, il contratto, stipulato per l'appalto del servizio di riscossione delle fatture di fornitura I ,dell'energia elettrica secondo le modalit sopra descritte, sarebbe sussumibile nello schema paradigmatico dell'art. SO della citata tariffa A, che in ordine ai contratti per riscossione di dazi, diritti e rendite mediante .aggio o premio, prevede l'aliquota del due per cento, Secondo l'opinione della Corte del merito, invece, un contratto, stipulato per la riscossione di dazi, dititti e rendite mediante aggio' o Ipremio, rivestito delle caratteristiche del contratto di appalto,.dovrebbe ricondursi all'ambito previsionale dell'art. S2 della tariffa A, prevedente per gli appalti (ed altri simili contratti) per costruzioni, riparazioni, ecc. e per ogni altro oggetto valutabile l'aliquota d'imposta dell'uno per cento. Fra le due antitetiche proposizioni del dilemma, questa Corte ritiene
  • questi, costituendo un corrispettivo certo e non suscettibile di alcun rischio economico, avrebbe eliminato rispetto a tutti i contratti, aventi ad oggetto l'attivit di riscossione di somme mediante aggio o premio (e, quindi, anche rispetto a quelli di appalto, aventi ad oggetto siffatta. attivit), ogni alea di gestione, con la implicazione logica della giustificazione del beneficio della riduzione dell'aliquota riguardo ai contratti di appalto, comportanti per l'appaltatore un margine di alea e rischi0> economico. Per modo che, deve ritenersi che il particolare regime di tassazione,. stabilito dall'art. SO, sia stato fissato non in base ad un determinato tipo di contratto (riferendosi l'art. SO indiscriminatamente ad ogni fattispecie negoziale), ma alla qualit della prestazione, posta a carico di una delle parti (riscossione di somme dovute per dazi, diritti e rendite),. ed al modo di determinazione della retribuzione di essa. Ed in tal senso si gi espressa lo Corte Suprema -con riferimento ai contratti di appalto per la riscossione delle imposte di consumo (dazi) (cfr. sent. 4 dicembre 1967, n. 2866, sent. 28 aprile 1941, n. 1222) -la. quale ha ritenuto che la tassazione nei confronti di siffatti contratti debba attuarsi con l'applicazione dei criteri fissati nell'art. SO. Risolto, pertanto, positivamente il problema di base, relativo all'ap-plicabilit dell'art. SO anche al contratto di appalto stipulato per la riscossione di dazi, diritti e rendite mediante aggio o premio, viene in considerazione il quesito corollario collegato e conseguente al primo, se nell'ambito dei diritti (da riscuotere) rientri (o meno) il corrispet- tivo dovuto per la somministrazione di energia elettrica. Va, immediatamente, rilevato come, pur sembrando che gli obblighi (indicati nell'art. SO) in base ai quali sono dovute le somme da riscuo- tere, trovino la loro fonte in atti di diversa natura, e cio pubblicistica (come i dazi) o anche privatistica (come le rendite), non pu non assegnarsi il giusto rilievo alla riflessione che, per compensare l'attivit di riscossione delle somme dovute per tali obblighi, il legislatore abbia fatto richiamo al sistema di retribuzione normalmente adottato per la riscossione dei tributi (retribuzione mediante aggio dell'esattore comu- nale o consorziale dell'opera da lui prestata e soprattutto dell'obbligo impostogli del non riscosso per riscosso, e cio del versamento alle epo- che stabilite delle imposte portate dai ruoli, siano o non state da lui riscosse). indubbio che i dazi, indicati per primi nell'art. SO quali fonti degli obblighi di responsione di somme, costituendo veri e propri carichi tri- butari, imposti ex lege, non possano non ricomprendersi nella categoria dogmatica delle obbligazioni pubbliche. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Ed in tale categoria -pur presentando il problema notevoli difficolt d'inquadramento giuridico -vanno sussunti -a parere di questa Corte -anche i diritti indicati (dopo i dazi) nell'art. SO. Invero, Vii innanzi tutto, rilevato come non possano configurarsi come " diritti le prestazioni poste a carico delle parti nei contratti sinallagmatici, formando le stesse oggetto delle fattispecie negoziali con prestazioni corrispettive, e come siano, in linea di massima, normalmente denominati diritti i tributi pagati come corrispettivo di prestazioni rese ai cittadini da pubblici funzionari e da (taluni) esercenti pubblici servizi. E, sgombrato il campo dalle prime e rilevata la indubbia natura pubblicistica dei secondi, va considerato se nell'area dei cosiddetti diritti ex art. 50 possano ricondursi anche i corrispettivi dovuti per la fornitura di energia elettrica. indubbio che la somministrazione di energia elettrica costituisca un servizio pubblico in senso oggettivo, rientrando essa fra le attivit oggettivamente pubbliche non appartenenti a quelle cosiddette di spettanza necessaria (quanto ai modi di gestione) -non dovendo il servizio essere necessariamente gestito dal pubblico potere (per essere sufficiente in materia la direzione ed il controllo da parte di esso). Invero -pur potendo il servizio relativo alla produzione, al trasporto, alla distribuzione ed alla fornitura di energia elettrica essere gestito (anzicch in forma amministrativa, e cio mediante strumenti di diritto pubblico (atti e procedimenti amministrativi, comportanti attivit di tipo pubblicistico) in forma imprenditoriale, e cio mediante strumenti di diritto privato -deve ritenersi che la somministrazione di energia elettrica agli utenti -sia che venga realizzata direttamente dal pubblico potere sia che venga attuata sotto la direzione ed il controllo di esso (come nel caso di piccola azienda elettrica rimasta in regime di concessione, anche a seguito della nazionalizzazione) -integri un'attivit oggettivamente pubblica, avente carattere di pubblico servizio (il cui modo di organizzazione e di gestione rimesso alla scelta discrezionale del legislatore ordinario). Ci posto, nella normalit dei casi, nella categoria dei diritti vanno ricompresi, come si visto innanzi, gli oneri ed i carichi imposti va esaminato se siano riconducibili all'area concettuale dei diritti anche i canoni dovuti dagli utenti dei servizi pubblici come corrispettivo (prezzo della erogazione del servizio). E -poich, secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale, il carattere impositivo delle prestazioni non pu escludersi per il solo fatto che la richiesta del servizio dipenda dalla volont del privato -deve ritenersi che la determinazione autoritativa delle tariffe debba assiini RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO !arsi ad una vera e propria impos1z10ne di prestazioni patrimoniali, in cui sotteso un indubbio profilo e riflesso pubblicistico (cfr. decis. Corte Cost. 9 aprile 1969, n. 72, in materia di tariffe relative ad utenze telefoniche). E -dovendo al concetto di diritti , oggetto di disputa, assegnarsi, quindi, valore di prestazioni determinate nell'ammontare per atto d'imperio dell'autorit -in esso non possono non ricondursi anche i corrispettivi dovuti dagli utenti per la somministrazione dell'energia elettrica, onde riguardo ai contratti stipulati per la riscossione di essi deve ritenersi applicabile la disposizione dell'art. 50 della tariffa quando il compenso sia stabilito ad aggio od a premio. Ed in tal senso si anche espressa -in ordine ai diritti di mercato (del pesce) e di asta -la Commissione Centrale delle Imposte (cfr. decis. 2 marzo 1959, n. 13993), la quale ha statuito che -ammettendosi dalla legge 12 luglio 1938, n. 1487 (contenente nuove norme per la disciplina dei mercati all'ingrosso del pesce) Ja riscossione dei cennati diritti, spettanti al Comune (tenuto, a norma dell'art. 8 della cit. legge, ad istituire il servizio di vendita e di asta del pesce per mezzo di propri dipendenti) per il servizio pubblico da esso prestato, attraverso l'affidamento ad istituti di credito mediante aggio -il contratto di appalto, stipulato fra il Comune ed i detti istituti per la riscossione dei diritti sopra indicati contro un compenso avente carattere di aggio di esattoria, debba essere tassato con l'aliquota di imposta prevista dall'art. 50 della tariffa A allegata alla legge di registro. Infine, va considerato se (l'aggio o) il premio, spettante come corrispettivo per l'attivit di riscossione di dazi, diritti e rendite, e costituente anch'esso elemento essenziale della fattispecie legale esaminata, possa (o meno) determinarsi in misura fissa. Secondo la tesi dell'ente resistente, il cotrispettivo per la riscossione di somme (per dazi, diritti e rendite), ove sia. determinato in contratto (come nel caso di specie) in misura fissa per ogni fattura, non potrebbe qualificarsi come (aggio o) premio, essendo, in ordine a questi, implicita la commisurazione del compenso in proporzione del riscosso. Tale concezione contrasta, per, con l'opinione della prevalente corrente dottrinale (alla quale questa Corte ritiene di dover aderire), secondo cui il premio (costituente, nella normalit dei casi, istituito di politica economica e di incentivazione) pu essere stabilito anche in un ammontare fisso rapportato ad una unit, con la conseguente implicazione che lo stesso possa venir materialmente determinato (come nel caso di specie) mediante una operazione aritmetica di moltiplicazione. E -poich, come si visto, nella ipotesi oggetto del presente dibattito giudiziale, ricorrono tutti gli estremi essenziali della fattispecie PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 279 legale delineata nell'art. 50 della tariffa A -deve concludersi nel senso che il contratto, con il quale una societ elettrica conceda ad un privato l'appalto del servizio di esazione delle fatture di fornitura di energia elettrica per un corrispettivo fisso per ogni fattura incassata, sia assoggettabile all'imposta di registro a norma dell'art. 50 della tariffa A, e cio con l'aliquota del due per cento prevista da detta norma. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 marzo 1976, n. 755 -Pres. Rossi -Est. D'Orsi -P. M. Pedace (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Salto) c. Soc. Immobiliare Pascolotto). Imposte e tasse in genere -Interpretazione della norma tributarla di agevolazione -Interpretazione estensiva -Criteri e limiti. Imposta di registro -Agevolazione per l'agricoltura -Acquisto di terreni allo scopo di eseguirvi opere di valorizzazione -Necessit che le opere siano eseguite sullo stesso terreno acquistato -Esecuzione delle opere su diverso terreno gi di propriet dell'acquirente -Esclusione della agevolazione. (I. 9 ottobre 1964, n. 1271, art. 2). L'interpretazione delle norme tributarie di agevolazione, se pu essere estensiva, non pu mai prescindere dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse e dall'intenzione del legislatore e questa deve esser valutata in concreto Secondo il contenuto del me;:,zo legislativo scelto dal legislatore (1). L'agevolazione dell'art. 2 della legge 18 novembre 1964, n. 1271, per l'acquisto di beni immobili a destinazione agraria sui quali l'acquirente intende compiere opere di valorizzazione agraria approvate dal Capo dell'lspettorato provinciale dell'agricoltura, presuppone che le opere siano compiute sullo stesso terreno acquistato; essa non pertanto applicabile quando le opere vengono eseguite su terreno diverso gi di propriet dell'acquirente (2). (1-2) La prima massima un'ulteriore manifestazione della recentissima giurisprudenza tendente a contenere i limiti dell'interpretazione estensiva, alquanto dilatati dalla giurisprudenza meno recente: v. in proposito Cass. 15 febbraio 1973, n. 478 (in questa Rassegna, 1973, I, 449); 9 agosto 1973, n. 2286 (ivi, 966); 10 maggio 1974, n. 1345 (ivi, 1974, I, 997); 5 settembre 1974, n. 2419 (ivi, 1265); 14 ottobre 1974, n. 2827 (ivi, 1438); 16 giugno 1975, n. 2408 (ivi, 1975, I ...); 5 agosto 1975, n. 2978 (ivi, ...). Degna di rilievo l'affermazione che l'intenzione del legislatore pu essere ricercata solo in concreto dal contenuto della norma specifica di agevolazione e mai in astratto da generiche finalit arbitrariamente supposte. La seconda massima di evidente esattezza. SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE E APPALTI PUBBLICI CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 21 febbraio 1976, n. 576 -Pres. Boccia Est. Bile -P. M. Del Grosso (conf.) -Comune di Gjarre (avv. Carbone e Silvestri) c. Soc. n. c. Acquedotti Garraffo e Scilio (avv. Conte) e Ministero dei lavori pubqlici e altro (avv. Stato Albisinni). Acque pubbliche ed elettricit -Giudizio e procedimento -Ricorso alle sezioni unite della corte di cassazione -Termini -Rinvio materiale al cod. proc. civ. del 1865. (T. u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 182 e 202; cod. proc. civ. 1865, art. 518). In virt del rinvio materiale all'art. 518 cod. proc. civ. 1865 e della contestuale riduzione alla met dei termini ivi previsti, contenuti nell'art. 202, comma 4, t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775, il termine per proporre ricorso alle sezioni unite della corte di cassazione contro le decisioni del tribunale superiore delle acque pubbliche di quarantacinque giorni, decorrenti dalla notificazione del dispositivo da parte della cancelleria (1). (1) Giurisprudenza costante. Tra le pi recenti decisioni in tal senso, Cass., 2 febbraio 1973 n. 311, Giust. civ., 1973, I, 50 con nota di SGROI V., Sistema processuale in materia di acque pubbliche e rinvio alle norme del codice di procedura civile; Cass., 21 aprile 1969 n. 1265 e 26 aprile 1965 n. 1350, Giust. civ. Mass., 646 e 692; Cass., 25 maggio 1965 n. 1029, in questa Rassegna, 1965, I, 567 con nota di MAND, Il ricorso per cassazione contro le sentenze del Tribunale superiore delle acque. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 marzo 1976, n. 760 -Pres. Caporaso - Rel. Miele -P. M. Berri (conf.) -Impresa Cucullo (avv. Martinez) c. Ferrovie dello Stato (avv. Stato Siconolfi). Appalto -Appalto di .opere pubbliche -Prezzi -Immutabilit -Revisione Carattere di eccezione al principio della immutabilit dei prezzi. (Capitolato generale di appalto delle opere di competenza delle Ferrovie dello Stato ap provato con delibera del 9 aprile 1909, art. 9; d.m. 3 settembre 1940, n. 857). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Prezzi -Revisione -Situazione soggettiva dell'appaltatore. ~: (D. m. 3 settembre 1940, n. 857). (. i: ! ~ .~ ......... -f PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 281 Appalto Appalto di opere pubbliche Prezzi Revisione Accordi con il direttore dei lavori Approvazione Necessit. (D. m. 3 settembre 1940, n. 857). Nei contratti di appalto di opere pubbliche opera il principio della immutabilit dei prezzi convenuti. Tale principio nella sua assolutezza, se giusto in tempi normali, pu divenire iniquo in particolari condizioni di mercato (ad es. in seguito a guerra) e ci spiega le clausole di revisione dei prezzi inserite in molti contratti di appalto e pi in generale i provvedimenti legislativi che, in via eccezionale, prevedono la revisione dei prezzi (1). Salvo che non vi sia apposita clausola di revisione nel contratto 'o se la pubblica amministrazione non abbia concesso la revisione dei prezzi l'appaltatore carente di diritto alla revisione e ci anche nell'ipotesi in cui la pubblica amministrazione non abbia adottato il provvedimento di revisione che fosse legislativamente previsto, giacch la revisione dei prezzi (all'infuori di apposita clausola contrattuale) sempre rimessa al potere discrezionale della pubblica amministrazione (2). Gli evntuali accordi intervenuti tra l'appaltatore ed il direttore dei lavori in merito alla revisione dei prezzi contrattuali non sono operanti .se non approvati dall'amministrazione committente (3). (Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere questa rilevato, senza che fosse stata proposta ec- cezione al riguardo da parte delle amministrazioni convenute, che non (1-2) La sentenza conferma che la revisione dei prezzi costituisce eccezione , al principio della invariabilit dei prezzi contrattuali: qualificazione in ragione della quale si gi in altre occasioni contestato che la revisione dei prezzi possa costituire oggetto di autonoma regolamentazione contrattuale, tale da attribuire all'appaltatore un diritto soggettivo alla revisione (cfr. in Rass. Avv. Stato, 1974, I, 1279, in nota). Sulla situazione di solo interesse legittimo riconoscibile all'appaltatore in tema di revisione dei prezzi, cfr., da ultimo, Cass., sez. un., 27 marzo 1975, n. 1157, Rass. Avv. Stato, 1975, I, 444; Cass., sez. un., 12 ottobre 1974, n. 2817 e 28 ottobre 1974, n. 3201 e n. 3202, ivi, 1974, I, 1278. Sulla revisione dei prezzi nell'appalto di opere pubbliche cfr., per le varie .questioni e con riferimento anche alla pi recente normativa, Rel. Avv. Stato, 1971-1975, III, 368 e segg. ' (3) Va rilevato che in via di principio, e contrariamente a quanto sembre, rebbe presupposto nell'ultima parte della motivazione della sentenza in rassegna (che fa peraltro riferimento alle particolari disposizioni del capitolato generale
  • >, donde la conclusione che la concessione va intesa come un (anche se non integrale) conferimento di poteri alla Regione, in ordine ad un tipo di beni, e non invece come complesso di concessioni di beni appartenenti ad un certo tipo di beni pubblici. La Corte, decidendo della questione di legittimit costituzionale della legge di nazionalizzazione della energia elettrica, ha poi sommariamente individuato i termini di compatibilit delle due discipline ed ha rilevato che quella adottata con la legge di nazionalizzazione trovava rispetto all'altra una ragione di prevalenza nell'art. 7, comma quarto, St. -cui si anche richiamata la decisione in rassegna -per cui la concessione sqbordi PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 287 conformemente all'insegnamento della Corte Suprema di Cassazione (cfr. sentenze a SS.UU. 6 novembre 1958, n. 3619 e 6 maggio 1963, n. 1107), non in principio configurabile un conflitto di attribuzione ai sensi dell'art. 134 Cost. tra lo Stato e la Regione Autonoma della Valle d'Aosta in ordine alle acque pubbliche esistenti nel territorio di quest'ultima, essendo le acque stesse rimaste nel Demanio dello Stato giacch fatto oggetto soltanto di concessione gratuita novantanovennale in favore della Regione e dovendosi, quindi, escludere, in riferimento ad esse, un integrale trasferimento dei pubblici poteri dallo Stato alla Regione. Passando al merito, conviene premettere, all'esposizione ed all'esame delle censure rivolte della Regione e dall'Enel alla decisione dei primi giudici, la precisazione che oggetto della pretesa creditoria, azionata dallo Stato contro la S.I.P. e l'Enel nelle ingiunzioni dall'una e dall'altro opposte con gli atti introduttivi del presente giudizio, sono i canoni (che si pretendono) dovuti in base alle concessioni idroelettriche relative agli impianti detti di Valgrisanche -o, anche di Avise -e di Laures , rispettivamente assentite con d.r. 20 agosto 1923, n. 1833 e con d.r. 30 novembre 1942, n. 295, con decorrenza fino alla emanazione dei decreti intermini nata, in ogni caso, alla condizione che lo Stato non intenda fare oggetto le acque di un piano di interesse nazionale (Corte cost., 7 marzo 1964, n. 13, Giur. cost., 1964, 90 con nota di CRISAFULLI, Legge di nazionalizzazione, decreti delegati e ricorsi regionali). Come stato posto in evidenza dal Tribunale superiore la regola generale dettata dall'art. 7, comma primo, St. sulla concessione alla Regione delle acque esistenti nella Valle (diverse da quelle previste dall'art. 5 St.) presenta una deroga per le acque che alla data del 7 settembre 1945 avessero gi formato oggetto di riconoscimento di uso o di concessione (art. 7, comma secondo). La deroga era gi stata prevista dall'art. 1, comma secondo, del d. l.vo lgt. 7 settembre 1945, n. 546, ma, mentre con questa disposizione s'era stabilito che le acque restassero sottratte alla concessione novantanovennale anche quando uso o concessione fossero venuti a cessare, l'art. 7, comma terzo, St. ha all'opposto previsto il subentrare della Regione nella concessione alla cessazione dell'uso o della concessione. L'applicazione di questo complesso di disposizioni ha dato luogo ad alcune controversie. In una prima controversia venuto in questione l'applicazione dell'art. 7, comma secondo, St., in relazione a concessione assentita dal sedicente governo della R.S.I. ed alla incidenza di un provvedimento di convalida adottato successivamente al 7 settembre 1945 a norma dell'art. 3 d. l.vo lgt. 5 ottobre 1944, n. 249: stato riconosciuto che alla data del 7 settembre 1945 non esisteva un provvedimento di concessione, onde a quella stessa data l'acqua doveva considerarsi concessa alla Regione a norma dell'art. 7, comma primo, St., cosicch non poteva pi aversi convalida della concessione assentita dal governo della R.S.I. (Trib. sup. acque, 31 dicembre 1956, n. 27, Acque bonif. costruz., 1957, 53, Foro it., 1957, I, 270 e Giur. it., 1959, I, 2, 792 con nota di BARUCCHI; Cass. 6 novembre 1958, n. 3619, cit.). Un secondo or.dine di controversie ha riguardato la interpretazione dell'art. 7, comma terzo, St., essendosi discussa e negata la possibilit che lo RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 288 steriali n. 2305 del 18 luglio 1962, per la prima, e n. 919 del 6 maggio 1963, per la seconda, che pronunciarono il passaggio delle concessioni stesse alla Regione perch non utilizzate alla data del 7 settembre 1945, a norma dell'art. 8 comma primo dello Statuto regionale. All'oggetto cos identificato ineriscono -in quanto relative alla sussistenza ed alla titolarit attiva e passiva del rapporto obbligatorio concernente quei canoni demaniali -le questioni riproposte dalla Regione con l'ultimo motivo di gravame distinto con il n. VII e correlato alle richieste elencate ai numeri II e III dell'atto di appello ed ai nn. III e IV delle conclusioni definitive, e quelle riproposte dall'Enel con i primi tre motivi del proprio gravame. Tesi di fondo comune ai due appellanti che il passaggio dallo Stato alla Regione delle concessioni assentite precedentemente al 7 settembre 1945, ma non ancora utilizzate a tale data, si produce ope legis, in forza della previsione in tal sens9 dettata dall'art. 18 comma primo dello Statuto regionale, approvato con legge cost. 26 febbraio 1948, n. 4, e che pertanto i provvedimenti statuali, che in ordine a tale effetto pronunzino (come nella specie i citati decreti interministeriali 18 luglio 1962, n. 2305 per la derivazione di Valgrisanche e 6 maggio 1963, n. 919 per quella di Laures), siano non costitutivi, ma meramente dichiarativi dell'effetto gi prodottosi. Le posizioni dei due appellanti divergono, poi, nell'ulteriore svolgimento della tesi, sul punto concernente la individuazione dello oggetto Stato facesse luogo dopo il 7 settembre 1945 alla rinnovazione di concessioni scadute anteriormente (Trib. sup. acque, 9 marzo 1956, n. 4, Acque bonif. costruz., 1956, 66 e Foro amm., 1956, II, 3, 13; Trib. sup. acque, 20 luglio 1960, n. 28, Acque bonif. costruz., 1960, 394 con nota di CORSARO, e Giust. civ., 1961, I, 142; Cass., 6 maggio 1963, n. 1107, cit.). In sostanza, anche argomentando sulla base della 1. reg. 8 novembre 1956, n. 5, con cui era stata data applicazione nella Regione alla 1. 8 gennaio 1962, n. 42 sulla proroga delle concessioni per piccole derivazioni, si affermato che la concessione novantanovennale alla Regione prevista dall'art. 7, comma primo, St. si determinata ex lege alla data del 7 settembre 1945 per le acque per cui alla stessa data non era intervenuto un provvedimento di riconosci mento d'uso o di concessione o lo stesso aveva esaurito la sua efficacia per scadenza del termine di durata, mentre le acque oggetto di provvedimenti concessori in atto al 7 settembre 1945 rientreranno tra quelle concesse allo esaurimento delle precedenti concessioni. L'art. 8, comma primo, St. dispone infine che le concessioni di acque indicate nel secondo comma dell'art. 7, che alla data del 7 settembre 1945 non siano state utilizzate, passano alla Regione, ed l'applicazione di questa norma che ha dato luogo alla controversia decisa dalla sentenza in rassegna. Per quanto attiene alla natura costitutiva con efficacia ex nunc dei provvedimenti che dispongano la decadenza da concessioni di acque pubbliche, cfr., tra le decisioni pi recenti, Cass., 7 ottobre 1969, n. 3194 e Trib. sup. acque,. 18 aprile 1968, n. 9, in questa Rassegna, 1969, I, 965 e 1968, I, 646. (4) Non constano precedenti in termini. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 289' del passaggio: che, mentre la Regione, come meglio ha chiarito la sua difesa nella discussione orale davanti al Collegio, sostiene che passerebbe la. titolarit attiva del rapporto di concessione originario, il quale proseguirebbe, soggettivamente novato nella persona del concedente, fra l'Amministrazione regionale ed il vecchio concessionario, invece l'Enel ci recisamente nega, affermando che effetto della vicenda sarebbe soltanto la inclusione delle acque, gi oggetto della concessione non utilizzata alla. data di riferimento del 7 settembre 1945 e per tale ragione fatta cessare dalla legge, nel pi ampio e generale complesso idrico attribuito alla Regione in concessione novantanovennale gratuita in forza dell'art. 7 comma primo dello Statuto. Con le opposte conseguenze che, secondo la Regione, i canoni maturati successivamente alla data del 7 settembre 1945 competerebbero ad essa, in quanto subentrata da quel momento allo Stato nella posizione di concedente, mentre secondo l'Enel nulla, a far tempo da quella data, potrebbe essere preteso a titolo di canone dalla Regione, se non dopo avere regolarizzato, mediante il formale provvedimento di subconcessione previsto dall'art. 8, comma secondo, ultima parte, dello Statuto, il rappo;rto di fatto eventualmente proseguito con l'antico concessionario dello Stato.. Come ha gi ritenuto il Tribunale regionale la tesi degli appellanti errata in radice. La disciplina dettata dallo Statuto regionale per le acque pubbliche esistenti nella. Regione, diverse da quelle in uso di irrigazione e potabile, pu sintetizzarsi nella statuizione, in sequenza, di una regola, di una ecce- zione alla regola e, infine, di due deroghe alla eccezione. La regola sancita dall'art. 7, comma primo, a norma del quale le acque pubbliche in parola sono date in concessione gratuita per novantanove anni alla Regione , L'eccezione nel comma successivo, per il quale sono escluse dalla concessione le acque che alla data del 7 settembre 1945 abbiano gi formato oggetto di riconoscimento di uso o di concessione , Le due deroghe, infine, a quest'ultima disposizione sono statuite nel successivo terzo comma dello stesso art. 7 e nel comma primo dell'art. 8' seguente, nei quali, con riferimento proprio alle acque escluse dalla concessione novantanovennale a termini del secondo comma dell'art. 7 stabilito -rispettivan1ente -che alla cessazione dell'uso e della concessione... la Regione subentra nella concessione , e .che quelle stesse concessioni di acque.. ., che alla data del 7 settembre 1945 non siano state utilizzate, passano alla Regione . In relazione alla sequenza normativa cos tracciata, il problema relativo alla individuazione dell'ambito entro il quale destinata ad operare la successiva disposizione dettata dal comma secondo dello stesso art. 8 -a norma della quale il Presidente della Giunta regionale ha facolt di pro vocare dagli organi competenti la dichiarazione di decadenza delle conces RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sioni, ove ricorrano le condizioni previste dalla legge -si risolve nel senso della riferibilit di essa sia alla ipotesi del subentro >>, di cui al terzo comma dell'art. 7, sia a quella del passaggio, di cui al primo comma dell'art. 8, in base a decisive considerazioni letterali, sistematiche e razionali. Sul piano letterale, la tesi -alla cui stregua il legislatore statutario ha usato, nel secondo comma dell'art. 8, il termine decadenza per riferirsi non solo alle ipote$i come tali definite dall'art. 55 del t. u. sulle acque pubbliche, approvato con r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, certamente ricomprese nella cessazione regolata dal terzo comma dell'art. 7 dello stesso Statuto, ma anche alla fattispecie delineata nel precedente comma primo resa attendibile dalla considerazione della presenza in quest'ultima di elementi strutturali (mancato inizio della utilizzazione entro un dato termine) obiettivamente analoghi a quelli propri di una delle figure tipiche della ricordata decadenza di diritto comune (lett. f del citato art. 55 t. u. sulle acque). La conferma della esattezza di tale lettura data poi dalla collocazione della norma, la quale, ove si fosse riferita unicamente alla disposizione di cui al terzo comma dell'art. 7 avrebbe dovuto trovare posto di seguito a questo, anzich nell'articolo successivo e dopo il primo comma dello stesso, laddove quella in concreto adottata dal legislatore in tanto ha senso, in quanto il secondo comma dell'art. 8 esprima la continuazione del discorso svolto (anche) nel precedente comma primo. Ed ancora in senso conforme depone il confronto con la disposizione dettata dal successivo art. 11 per le miniere, che in parallelo con la normativa degli artt. 7 e 8 relativa alle acque, dispone pur essa la decadenza per non uso del bene pubblico da parte del concessionario, limitatamente peraltro all'ipotesi di diritto comune della mancata utilizzazione nei termini previsti dalla 'legge, attribuendo anche qui alla Regione, sebbene terza rispetto al rapporto in atto, la facolt di promuovere la declaratoria di decadenza. N va sottaciuto, infine, che, anche per il passaggio alla Regione delle derivazioni idroelettriche (assentite ma) non utilizzate alla data del 7 settembre 1945, l'ancoramento del (momento del) suo verificarsi al dato formale dell'accertamento, da parte dei competenti organi statuali, del presupposto di fatto in cui esso ha causa, risponde a concrete esigenze di certezza nei rapporti fra tutti i soggetti interessati, e trova ulteriore ragione nella necessit che, pure rispetto alle acque oggetto di questa particolare vicenda, sia contestualmente compiuta quella valutazione, largamente discrezionale, di compatibilit con i programmi generali dello Stato, imposta come regola generalissima dell'ultimo comma dell'art. 7. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN'MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI Accertata cos la funzione costitutiva, che il provvedimento statale pronunziante il passaggio alla Regione delle concessioni (assentite ma) non utilizzate alla data del 7 settembre 1945 esplica nell'ambito della fattispecie legale delineata dall'art. 8 dello Statuto, si appalesa priva df rilevanza, sul piano della disciplina legislativa dei rapporti di cui causa, la eventuale diversit di opinioni che in materia possano avere avuto, all'epoca, i soggetti interessati e le stesse amministrazioni statali autrici di provvedimenti, e restano pertanto superate le considerazioni svolte dagli appellanti riguardo alle valutazioni soggettive degli uni e delle altre in tesi desumibili dai decreti interministeriali 18 luglio 1962 e 6 maggio 1963 e dalla convenzione 14 settembre 1961 fra la SIP e la Regione. Come del pari irrilevanti si appalesano le ulteriori argomentazioni critiche che l'Enel vorrebbe trarre dalla intervenuta attuazione, prima del decreto pronunziante il passaggio alla Regione, della derivazione di Valgrisanche, nonch dalla sopravvenienza della legge di nazionalizzazione. Quanto invero, alla prima deduzione sufficiente rilevare che l'elemento di fatto costitutivo della fattispecie legale in esame unicamente la mancata utilizzazione alla data di riferimento fissata dalla legge (7 settembre 1945), indipendentemente dalle. successive vicnde degli impianti. La indifferenza, poi, del secondo tema al _profilo della causa qui considerato si desume dalla considerazione che la declaratoria del passaggio alla Regione, pur dopo la nazionalizzazione, rimaneva in ogni caso giustificato dalla sopravvivenza della concessione novantanovennale nei limiti della compatibilit con il nuovo regime di monopolio in favore dell'Enel (Corte Cost: 7 marzo 1964, n. 13). Per altro verso, inoltre, la richiesta della Regione -formulata ai nn. I dell'atto di appello e II delle conclusioni definitive, sulla base dei motivi di gravame contrassegnati con i nn. IV e V -di individuare al positivo gli specifici effetti prodotti dalla nazionalizzazione sulla cennata concessione novantanovemale fuoriesce dall'ambito della causa sopra delineato e si risolve in una domanda nuova rispetto alla quale il rifiuto di esame nel merito espresso dal Tribunale Regionale deve essere confermato, avendo gi in primo grado sia lo Stato (cfr. comparsa conclusionale depositata il 14 gennaio 1972, pagg. 11-11) che l'Enel (cfr. note depositate il 20 gennaio 1972, pag. 4) rifiutato il contraddittorio per tutte le pretese che esorbitassero dall'oggetto originario della lite. Con riguardo, quindi, al regime legale del rapporto obbligatorio concernente i canoni demaniali dovuti tanto per la derivazione di Valgrisan che quanto per quella di Laures, in origine corrente fra lo Stato e la SIP deve concludersi che, per quanto interessa il periodo fino alla emanazione dei provvedimenti statali pronunzianti il passaggio delle concessioni alle Regioni, l'unica modificazione, cui pu riconoscersi giuridico rilievo, quella concernente la successione dell'Enel alla SIP, verificatasi nella tito 292 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO larit della posizione debitoria per effetto della nazionalizzazione delle imprese elettriche. N a conclusioni diverse conduce, contrariamente alla tesi diffusamente svolta dalla Regione nei motivi di gravame, addotti sub nn. VI e VII a sostegno delle richieste formulate ai nn. IV, V, VI, VII dell'atto di appello e I, V, VI, VII delle conclusioni definitive, la considerazione della convenzione stipulata in data 4 settembre 1961 fra la Regione e la SIP. Posto, invero, che, alla stregua del regime legale suo proprio, il rapporto obbligatorio relativo ai canoni demaniali dovuti, fino alla emanazione dei decreti interministeriali concernenti il passaggio alle Regioni~ per le concessioni di Valgrisanche e di Laures rimasto incardinato in capo allo Stato, da un lato, ed alla SIP, dall'altro, in tanto il trasferimento della posizione attiva dallo Stato alla Regione -in tesi pat- tuito, secondo l'assunto di quest'ultima, con la menzionata convenzione avrebbe potuto produrre effetto, in quanto ad esso avesse prestatoassenso il suo titolare, cio lo Stato, non potendo in principio la posizione creditoria circolare negozialmente, senza il concorso del soggettocui pertiene. Nella specie, invece, lo Stato, estraneo alla convenzione tra la SIP e la Regione, ha ad essa successivamente prestato adesione soltanto per la parte concernente la rinunzia della SIP alla riptizione dei canoni gi corrisposti, come dato desumere dall'inequivoco tenore del provvedimento interministeriale 3 febbraio 1962, n. 1021 (in fascicolo documenti della regione di 1 grado), con il quale, considerato che possono essere accettate le clausole contenute nella citata convenzione per quanto riguarda la rinunzia della Societ Idroelettrica Piemonte: al rimborso dei canoni gi pagati ... , -testualmente si decreta , .. art. 2 . . . sono tuttavia accettate le clausole contenute nella convenzione . . . per quanto riguarda la rinunzia della soc. idroel. Piemonte al rimborso dei canoni gi pagati ... . Sicch, quand'anche una assunzione di obbligazione della SIP verso. la Regione fosse -come costei assume -da ravvisarsi pattuita in con venzione, tale obbligazione non avrebbe giammai per oggetto i canoni demaniali, tuttora dovuti dalla SIP allo Stato, ma una somma equi valente, e quindi la domanda relativamente ad essa formulata dalla Regione rimane, per titolo e per oggetto, fuori dell'ambito originario. della causa, nella quale non pu trovare ingresso per il gi ricordati:} rifiuto delle controparti di accettare un ampliamento della materia controversa. Come pure inammissibili, per la stessa ragione di novit, si appale sano, infine, tutte le rimanenti domande dalla Regione proposte relati vamente alle altre prestazioni in tesi dovutele in base, ancora, alla con venzione citata. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 293 Con la conseguenza, per le considerazioni fin qui svolte, che vanno respinti sia il gravame della Regione nella sua interezza, compreso l'ultimo capo (sub. n. VIII dell'atto di appello e delle conclusioni defi nitive) relativo alle spese di primo grado, sia i primi tre motivi dell'appello dell'Enel. Rimangono cos da esaminare soltanto gli altri tre motivi di quest'ultimo gravame, che in via subordinata ripropongono contestazioni circa la entit dei canoni demaniali dovuti per le due concessioni in discorso fino al momento del loro passaggio alla Regione. Di essi, comune ad entrambe le concessioni il quarto, mentre il quinto ed il sesto riguardano soltanto la concessione di Valgrisanche. In particolare con il quarto motivo, l'Enel rinnova la deduzione, secondo la quale, dell'ammalit di canone in corso alla data di emana zione dei decreti interministeriali produttivi del passaggio delle concessioni alla Regione, lo Stato potrebbe pretendere solo la frazione cor relativa al periodo precedente a tale data, ma non anche quella correlativa al periodo successivo. Correttamente, invece, il Tribunale regionale ha disatteso tale tesi, in applicazione della regola dettata nel penultimo comma dell'art. 55 del t.u. sulle acque. In tale regola, infatti, deve rinvenirsi l'espressione di un principio generale circa la debenza del canone per l'intero anno in corso al momento della cessazione del rapporto, ogni qualvolta questa sia riconducibile al fatto dell'utente, come fatto palese dall'essere essa testualmente enunziata con riferimento, oltre che al caso di decadenza, anche a quello di rinunzia, dal quale ultimo esula, a differenza dall'altro, ogni profilo di colpa e di correlativa sanzione. Onde il quesito circa l'appli cabilit della regola pure all'ipotesi peculiare delineata dall'art. 8 comma primo dello Statuto va risolto affermativamente, sul rilievo che anche in questa la cessazione del rapporto si ricollega al fatto dell'utente -il mancato inizio della utilizzazione entro la data di riferimento normativo -indipendentemente da ogni valutazione di colpevolezza. Pure infondato il quinto motivo, con il quale si torna a negare, sotto un duplice profilo, che possa lo Stato pretendere il pagamento di canoni relativi a potenze maggiori di quelle concesse, riscontrate in sede di collaudi eseguiti dopo il 7 settembre 1945. Da un lato, invero, la natura costitutiva del decreto interministeriale, che ha pronunziato il passaggio alla Regione della concessione di Valgrisanche, conduce, conformemente al corretto avviso espresso dai primi giudici, a ritenere che per tutto il periodo precedente il rapporto concessorio si validamente ed efficacemente svolto tra la SIP e lo Stato, e che hanno quindi conservato efficacia nel governo del rapporto, fino alla data di quel decreto, gli ;;itti ed i provvedimenti succedutisi RASSEGNA DELL'AVVOCATUR DELLO STATO nel corso di esso. N, come si gi accennato, potrebbe attribuirsi alcuna rilevanza in contrario alla diversa opnione, in allora professata, eventual mente, dalle Amministrazioni statali provvedenti, giacch pur quando la dichiarazione di nullit dei provvedimenti adottati successivamente al 7 settembre 1945, resa con il decreto interministeriale 18 luglio 1962, fosse da intendere nel senso di rimozione ex tunc e non, come sembra avere opinato il primo giudice, quale mera dichiarazione di sopravvenuta inefficacia ex nunc, tuttavia la illegittimit della relativa statuizione, siccome adottata in violazione di quella che si vista essere la disciplina positiva dettata per la fattispecie del passaggio alla Regione delle concessioni (assentite ma) non utilizzate alla data del 7 settembre 1945, ne imporrebbe la disapplicazione, sicch ancora una volta, ai fini della causa, dovrebbero riconoscersi efficaci gli accertamenti di maggiore potenza, sui quali si fonda, a norma del disciplinare, la pretesa della Amministrazione finanziaria. D'altro lato, neppure fondato l'ulteriore profilo della censura, con cui si deduce la inesistenza della prova della data di decorrenza della realizzazione della maggiore potenza, che del tutto ingiustificatamente ;quindi, sarebbe stata fissata al 1 gennaio 1958 . Infatti proprio questa -secondo quanto dato desumere dagli atti (cfr. in fascicolo dell'Avvocatura la nota del Ministero LL. PP. 25 luglio 1960, n. 2628 indirizzata all'Ufficio Genio Civile di Aosta, in cui, nell'approvare il secondo certificato di collaudo provvisorio 29 marzo 1960, si rileva come dal detto collaudo provvisorio . . . e dalla successiva nota 7 giugno 1960 n. 1835 di codesto Ufficio risulta che le caratteristiche dell'attuale derivazione ... sono dal 1-1-58 ... quelle giustificative della maggiore richiesta) - la data nella quale iniziata la utilizzazione della maggiore utenze tassata. Infine infondato anche il sesto, ed ultimo, motivo, riproduttivo della eccezione di prescrizione relativamente al conguaglio afferente al periodo 2 gennaio 1943 -8 febbraio 1954, fondata sul rilievo che il diritto di pretendereil pagamento del canone sorge in capo all'Amministrazione con l'inizio della utilizzazione dell'acqua, ai sensi dell'art. 37 del t.u., nulla _rilevando il ritardo con cui l'Amministrazione stessa in concreto provveda a svolgere gli accertamenti necessari per determinare l'ammontare preciso del suo credito. Va per contro considerato, anche qui in conformit degli esatti rilievi svolti dal Tribunale regionale, che nel caso, a norma dell'art. 13 del disciplinare, le modificazioni del canone dovevano decorrere dalla scadenza del termine assegnato per l'ultimazione dei lavori ed in relazione alle varianti della potenza motrice risultanti da accertamenti da effettuarsi all'atto del collaudo . Convenzionalmente, quindi, il collaudo -o, PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 495. meglio, la rilevazione dell'aumento di potenza compiuta in occasione di esso -fungeva da momento accertativo, sia nell'an che nel quantum, del credito dell'Amministrazione, sicch prima della concreta effettuazione del relativo accertamento non vi era diritto azionabile e .non poteva quindi, quanto meno in assenza di un ritardo ascrivibile a colpa della concedente, in causa nemmeno allegata, decorrere prescrizione alcuna in danno della stessa. In conclusione, anche l'appello dell'Enel si appalesa interamente infondato. Entrambe le impugnazioni, dunque, vanno rigettate, con la conferma della sentenza impugnata. -(Omissis). TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 8 novembre 1975, n. 23 -Pres. Danzi - Rel. Granata -E.N.E.L. (avv. Conte) c. Ministero delle finanze (avv. Stato Albisinni). Acque pubbliche ed elettricit -Canoni -Diminuita o soppressa utilizza zione dell'acqua Rilevanza -Limiti. (T. u., 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 35, 36, 37, 48 e 55). Acque pubbliche ed elettricit -Canoni Diminuita o soppressa utilizzazione dell'acqua -Per cause naturali -Rilevanza Previo accertamento amministrativo della impossibilit di adattare la derivazione -Necessit -Esclusione. (T. u., 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 48). Acque pubbliche ed elettricit Canoni -Diminuita o soppressa utilizzazione dell'acqua -Causa naturale " Illecito di dipendente del concessionario Non tale. (T. u., 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 48). Acque pubbliche ed elettricit -Canoni -I.G.E. Rivalsa Competenza dei tribunali delle acque. (D. l. 9 gennaio '1940, n. 2 conv. in l. 19 giugno 1940, n. 762, artt. 1, comma 3, lett. d, 3 ed 8; cod. proc. civ., art. 9; t.u., 11 dicembre 1933, n. 1775, .art. 140). Acque pubbliche ed elettricit -Canoni -Natura patrimoniale Soggezione all'I.G.E. (D. l. 9 gennaio 1940, n. 2 conv. in l. 19 giugno 1940, n. 762, art. 3). Le vicende che nel corso del rapporto determinano Una diminuzione od il venir meno dell'acqua pubblica oggetto della concessione non danno 296 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO luogo a riduzione o cessazione del canone se non nei casi e limiti previsti dalla disciplina speciale in tema di acque pubbliche (1). L'esperimento della procedura amministrativa intesa ad accertare che il concessionario non possa senza spese eccessive adattare la derivazione al corso d'acqua modificato previsto non per il caso di modifiche dipendenti da cause naturali, ma per quello di modifiche conseguenti ad opere eseguite dallo Stato ed comunque pregiudiziale alla sola azione intesa alla determinazione dell'indennit e non anche a quella volta a conseguire una riduzione o cessazione del canone (2). Non costituisce modificazione di corso d'acqua derivante da cause naturali e non d diritto a cessazione del canone per soppressa utilizzazione dell'acqua, la modificazione al cui prodursi abbia concorso il fatto illecito di un dipendente del concessionario (3). La domanda con cui si contesta che sui canoni di concessione d'acqua pubblica dovuta l'I.G.J3. non d luogo ad una causa in materia di tasse e imposte, essendo l'I.G.E. pretesa dall'Amministrazione in via di rivalsa, e rientra nella competenza dei tribunali delle acque. pubbliche (4). Sui canoni di concessione d'acqua pubblica, che costituiscono non un'entrata dovuta per legge ma un'entrata (in senso lato) corrispettiva, esercitata la rivalsa per l'I.G.E. (5). (Omissis). -Dal complesso delle norme dettate dagli artt. 35, 36, 37, 48 e 55 del t.u. del 1938 n. 1775 in materia di determinazione del canone e di obbligo del relativo pagamento, si desume -secondo un indirizzo giurisprudenziale ormai costante sia di questo Tribunale superiore (sent. 16 giugno 1971, n. 14), che dalla Corte di Cassazione (sent. 25 maggio 1971, n. 1539) -che, pur dovendosi il rapporto di concessione qualifi (1) Per una recente affermazione dello stesso principio, cfr. Trib. sup. acque, 13 giugno 1975, n. 14, in questa Rassegna, 1975, I, 1132; Trib. sup. acque, J.6 giugno 1971, n. 14 e Cass., 25 magjgio 1971, n. 1539, richiamate in motivazione, sono pubblicate rispettivamente in Comm. centr. imp., 1971, Il, 1148 e Rass. giur. Enel, 1971, 794. (2) Sulla interpretazione dell'art. 48 del t.u. del 1933, cfr. Cass., 16. marzo 1970, n. 680 e Trib. sup. acque, 25 giugno 1968, n. H, in Giust. civ., 1971, I, 154 e 1968, I, 1728. (3) Non constano precedenti in termini. (4) La massima costituisce applicazione di specie della giurisprudenza in materia di l'ite tributaria: sul punto cfr., Cass. 19 dicembre 1969, n. 4004 e 6 febbraio 1970, n. 264 in questa Rassegna, 1970, I, 118. (5) Cfr., in termini, Trib. sup. acque, 15 ottobre 1974, n. 17 in questa Rassegna, 1975, I, 769. Cass. 2 ottobre 1970, n. 2101, riclamata in motivazione e pubblicata in questa Rassegna, 1971, I, 95 e in Giust. civ. 1971, I, 923. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI -care come bilaterale oneroso, e pur intercorrendo una certa corrispettivit in senso ampio fra la messa a disposizione dell'acqua e la corresponsione del canone, tuttavia manca fra le correlative obbligazioni dello Stato e dell'utente un rapporto riconducibile nell'ambito del sinallagma proprio dei contratti a prestazioni corrispettive del diritto privato. In controversie del genere di quella in esame, quindi escluso <:he si possa fare indiscriminato ricorso a norme e principi che regolano i rapporti privatistici a carattere sinallagmatico, dovendosi ritenere che il principio di corrispettivit operi nel rapporto concessorio di acqua pubblica soltanto nei limiti riconosciuti dalla speciale disciplina della materia. Orbene, proprio per quanto riguarda il tipo di situazione ricorrente nella specie, dalle disposizioni dettate con l'art. 48 pi volte citato :si desume, con argomentazione a contrario, che le variazioni in meno della disponibilit dell'acqua, fuori dai casi in esso previsti, non conducono a corrispondenti variazioni del canone. A parte, quindi, l'ipotesi, estranea alla specie, considerata nel terzo comma (alla quale unicamente -e comunque per effetti diversi dalla variazione del canone -si riferiscono le prescrizioni tanto del quarto che del quinto comma, come fatto palese dalla loro testuale formulazione, onde non sussiste )a ragione di inammissibilit riproposta, in via di appello incidenta~e, dal1' Amministrazione sul rilievo .del mancato esperimento della previa pro<: edura amministrativa prevista da tali disposizioni), la diminuita o soppressa utilizzazione dell'acqua conduce alla riduzione o cessazione del canone soltanto quando dipenda dalla modificazione per cause naturali del regime del corso d'acqua o del bacino interessati (art. 48, .comma primo). Sicch la controversia de qua si risolve accertandosi se la rottura del ponte-tubo, che ha determinato la temporanea inutilizzazione totale dell'intera concessione, e la modificazione del bacino del Vajont, che ha reso impossibile l'esercizio della relativa derivazione, si riconducano eziologicamente, oppur no, a causa definibili naturali . E la risposta deve essere negativa, essendo rimasto accertato in sede penale, nel giudizio conclusosi con la sentenza della Corte di Cassazione (sez. IV penale) 25 marzo -20 luglio 1971, che la gigantesca frana del Monte Toc, in cui secondo la tesi dell'Enel dovrebbe ravvisarsi la causa naturalistica degli eventi dedotti a fondamento delle proprie pretese, in realt stata a sua volta determinata da un fatto umano colposo, imputabile, attraverso la interposizione organica del proprio preposto ing. Biadene, (anche) al concessionario. N vale opporre che l'invasamento del bacino del Vajont, da cui la frana fu originata, costituiva per il concessionario stesso attivit dovuta, mai potendosi considerare tale una condotta riconosciuta penalmente rilevante con sentenza passata in giudicato. La circostanza, poi, che con l'attivit colposa del (personale dipendente dal) concessionario abbia concorso nella con . I 298 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO m lli .sumazione del fatto-reato anche la condotta, pure giudicata penalmente illecita, del (personale dipendente dal) concedente (ing. Sensidoni), non conduce ad attribuire alia causa degli eventi invocati dall'Enel quel predicato naturalistico, assunto ad elemento costitutivo della fattispecie legale prevista dall'art. 48 comma primo. Se, poi, tale concorso possa fondare una diversa pretesa del concessionario per il ristoro dei danni sofferti in conseguenza dell'evento cos provocato (cfr. Cass. S.U. 16 marzo 1970, n. 860) questione estranea al presente giudizio, sulla quale non dato quindi in questa sede interloquire. Pure infondati sono gli ultimi due motivi di gravame dell'Enel, concernenti -il quarto -la condanna al pagamento degli interessi, la cui conferma segue quella della pronunzia sulla debenza del canone e -il quinto -la condanna al pagamento dell'I.G.E. commisurata all'importo dei canoni stessi, la quale pure deve rimanere ferma perch, mentre da un lato sussiste la competenza del giudice delle acque pubbliche a conoscerne trattandosi di azione dall'Amministrazione esercitata in via di rivalsa e non iure imperii, onde non si versa, contrariamente alla tesi riproposta dall'Amministrazione in via di appello incidentale, in materia di lite tributaria, dall'altro lato certo che la rivalsa dovuta, costituendo il canone (non una entrata dovuta per legge, ai sensi dell'art. 1, lett. d, d.I. 9 gennaio 1940, n. 2, convertito in I. 19 giugno 1940, n. 762, bens) una entrata corrispettiva, pur se nel senso lato sopra precisato, del concesso godimento del bene demaniale -(cfr. Cass. 22 ot- tobre 1970, n. 101). (Omissis). TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 14 febbraio 1976, n. 3 -Pres. Danzi - Rel. Moscone -Sollima Morso (avv. Ferrugia) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Albisinni) e Assessorato alle finanze della Regione Siciliana (n. c.). Acque pbbliche ed elettricit -Corsi d'acqua -Accessione di golena al fondo limitrofo -Prova della non sommergibllit -Onere. (Cod. civ., artt. 941, 942 e 2697). Acque pubbliche ed elettricit Competenza e giurisdizione Sentenza che regola la competenza Effetti Fattispecie. (Cod. proc. civ., artt; 49 e 310). L'incertezza circa la effettiva soggezione di una golena alla espansione delle acque del fiume durante le piene ordinarie si risolve in danno del proprietario del fondo confinante che ne rivendica l'acquisto e la cui domanda ..-..-......-.-.-.-..-.-.-...-...-.......-.-.-...-.-- ,,..,..,., ..... -----.................. ,.,.,. . ''' "I'";{ J. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN" MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 299 va rigettata per non esser stato assolto l'onere della prova dei fatti costitutivi del diritto vantato (1). La sentenza che regola la competenza attribuendola al tribunale regionale delle acque pubbliche preclusiva dell'eccezione di incompetenza dello stesso tribunale a pronunziare la condanna della P. A. al risarcimento dei danni, per aver fatto oggetto di concessione un fondo che nel corso del giudizio risultato estraneo all'alveo e perci al demanio idrico (2). (Omissis). -Nell'intraprendere l'esame dell'appello del Sollima e opportuno premettere che, come venne chiarito dal Tribunale Regionale e non qui contestato, il terreno di ettari 12.90 controverso costituito da una golena, sita sulla sinistra orografica del fiume Salso e compresa fra un'ampia ansa, a forma di semicerchio, del suo alveo attuale e il piede di un ciglione a strapiombo, il quale ha un andamento approssimativamente rettilineo, alto da m. 2,50 a m. 8 e si presenta come l'argine naturale dell'alveo originario. Il Sollima sostiene di averne da tempo acquisito la propriet a, norma dell'art. 941 e dell'art. 942 cod. civ., ma contro le sue pretese la sentenza impugnata afferma anzitutto che, a causa di opere di sistemazione del corso del Salso, eseguite a monte e costituite principalmente alla diga del Pozzillo (ultimata il 18 luglio 1959), per delimitare l'alveo del fiume non ci si pu basare sulla portata attuale delle sue piene ordinarie, non potendosi escludere l'eventualit che, nel periodo primaverile e per ragioni d'ordine tecnico, si presenti la necessit di scaricare parzialmente o tot,almente nell'alveo del fiume le acque della diga, con conseguente loro espansione su tutto e su parte del terreno controverso. Indi la sentenza impugnata respinge anche una tesi subordinata del Sollima, secondo cui non si dovrebbe tener conto di tale nuova situazione, per aver egli acquistato la propriet del terreno molto prima della costruzione della diga, e considera al riguardo che bens vero che Cl) In argomento cfr. Trib. sup. acque, 7 marzo 1974, n. 4, in questa Rassegna, 1974, I, 737, cui adde, Trib. sup. acque, 22 giugno 1971, n. 18, Rass. Cons. Stato, 1971 II, 615 e Trib. sup. acque, 30 gennaio 1965, n. 1, Giust. civ., 1%5, I, 1496. (2) L'eccezione che il Tribunale Superiore ha considerato preclusa dal giudicato interno formatosi sulla competenza attinge al problema del rapporto tra accertamento negativo della demanialit idrica e competenza sul merito della domanda con cui si fa valere un diritto che presuppone l'assenza della demanialit idrica. Sull'argomento, cfr., da ultimo, Cass., 5 settembre 1974, n. 2417, Trib. sup. acque, 10 novembre 1975, n. 25 e Cass., 25 ottobre ,1975, n. 3561, in questa Rassegna, 1974, I, 1477 e 1975, I, e 1127. Cass. 15 luglio 1966, n. 1894, richiamata in motivazione, pu leggersi in Giur_ agr., 1967, 213. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 300 l'ansa anzidetta venne a fermarsi in tempo anteriore al 1878, ma che non provato con certezza che, prima del verificarsi della nuova situazione determinata dalla diga, il terreno compreso fra l'ansa e il ciglione non fosse pi soggetto, in tutto o in parte, alla servit idraulica del fiume. Ci posto, si rileva che, delle riferite statuizioni, soltanto l'ultima risulta impugnata dal Sollima, il quale col suo primo motivo d'appello sostiene: a) che esistevano in atti prove sufficienti che il terreno di ettari 12.90, o almeno una parte di esso, era stato lentamente e gradualmente abbandonato in modo stabile e definitivo dalle acque del fiume Salso anteriormente alla costruzione della diga; b) che, anche a voler ammettere la possibilit di dubbi in proposito, ci avrebbe dovuto indurre il Tribunale Regionale a un approfondimento delle indagini e non al rigetto della domanda. Tali censure sono prive di fondamento. D'altra parte, le nuove produzioni dell'appellante in questo grado non solo non giovano alla sua tesi, ma forniscono anzi alcuni elementi atti a rafforzare il convincimento che la pronunzia del prhho giudice vada confermata. Infatti, come si dimostrer, era per lo meno dubbio in primo grado, e lo resta tuttora, che, prima della costruzione della diga del Pozzillo, il terreno controverso non fosse pi soggetto in tutto o in parte alla servit idraulica del fiume Salso, onde la domanda del Sollima non poteva e non pu non essere respinta, in base al principio generale sancito nel primo comma dell'art. 2697 cod. civ. Per risolvere la questione dell'esistenza o meno di una tale servit, le parti hanno cercato di stabilire fin dal giudizio di primo grado quale fosse, anteriormente alla costruzione della diga, la portata media delle piene ordinarie del fiume Salso nella localit Piano del Cugno, ove si trova il terreno controverso. Tuttavia i dati a disposizione non potrebbero condurre in ogni caso a risultati soddisfacenti e sicuramente attendibili. Infatti, mentre all'uopo indispensabile disporre di osservazioni eseguite sistematicamente e per un lungo periodo di anni, nella specie si hanno bens dati raccolti per il Salso nella vicina stazione idrometrografica di Don Gennaro, ma solo per gli anni 1925 e 1927. Si quindi pensato di adottare un procedimento comparativo con il fiume Simeto, avvalendosi dei dati della stazione di Biscari; ma, anche a prescindere dai dubbi circa il grado di validit di un simile procedimento, anche questi dati non sono molti n sistematicamente raccolti, riguardando soltanto tredici anni fra il 1925 e il 1948. Ad ogni modo, i risultati cos raggiunti dalle parti non confortano affatto la tesi dell'appellante. Invero si tratta di risultati notevolmente discordi, avendo la difesa del Sollima determinato la portata media delle piene ordinarie del Salso in ms al sec. 267 a Don Gennaro e 210 a Piano del Cugno, mentre per la difesa dell'Amministrazione Finanziaria si tratta, rispettivamente, di m3 al sec. 838 e 659. N al fine del decidere occorre stabilire chi abbia ragione e, in particolare, se nei calcoli dell'appellata PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI ricorrano davvero gli errori denunziati dall'ing. Arredi nell'elaborato tecnico prodotto in questo grado del giudizio, giacch resta pur sempre valido il ragionamento in proposito del Tribunale Regionale (il quale, oltre ad essere assolutamente logico e convincente, non stato impugnato n comunque contestato dall'appellante), secondo cui, essendo nella zona con siderata la capacit massima dell'alveo del Salso di soli'ms al sec. 190, l'alveo ora comunque insuffieiente per contenere una qualsiasi delle portate sopra indicate. Cos stando le cose, era ed per necessario stabilire quale fosse, in caso di piene ordinarie, la zona di espansione delle acque sul terreno controverso prima della costruzione della diga del Pozzillo, avendo il Sollima sempre sostenuto in subordine che si trattava comunque di zona di modesta estensione, limitata alle immediate adiacenze dell'alveo. Questa tesi gi stata respinta dal Tribunale Regionale, considerando: a) che l'attuale alveo del fiume non nettamente definito e inciso, non avendo argini naturali fortemente incassati; b) che nel tratto a monte del terreno controverso il detto alveo ha una pendenza media di circa 0,03, la quale poi scende immediatamente, per una lunghezza di circa un chilometro, a un valore medio di 0,01 nel tratto adiacente a tale terreno; e) che il terreno contro verso ha un andamento quasi pianeggiante e presenta nel centro, quasi parallelamente all'alveo del fiume, una depressione naturale di limitata ampiezza, profonda circa un metro e sede di ristagno delle acque; d) che nella zona in esame il fiume ha portata e velocit mutevoli, sia per il regime prevalentemente torrentizio dell'ampio bacino idrografico a cui appartiene, sia per la vicina confluenza, a monte di tale zona, di due torrenti provenienti da opposte dierzioni; e) che, pertanto, attendibile ritenere <:he, anche nei periodi di piene non eccezionali, le acque si espandessero su tutto o parte del terreno controverso, senza che ne fossero prevedibili le vie. Ora, siffatte considerazioni meritano piena adesione da parte di questo Tribunale Superiore. Anzitutto, nemmeno l'appellante. ha contestato l'esattezza delle considerazioni riferite sub a) e sub b), che il primo giudice desunse dagli accertamenti del consulente tecnico di ufficio, e di quella riferita sub d), che lo stesso giudice desunse da tali accertamenti e da altri documenti in atti. Di conseguenza, se ne pu trarre senz'altro la logica conclusione che, nel tratto adiacente al terreno controverso, la minima pendenza dell'alveo e l'assenza di ostacoli lungo le sponde potevano provocare facilmente l'esondazione del fiume anche in caso di lievi aumenti della sua portata, mentre peraltro ben potevano verificarsi aumenti di entit notevole. In secondo luogo, per negare invece la legittimit dell'affermazione <:onclusiva riferita sub e), l'appellante ha contestato la considerazione rife rita sub e), formulando nell'elaborato tecnico dell'ing. Arredi dei dubbi circa l'esattezza dei rilievi eseguiti dal consulente tecnico di ufficio, sui 302 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO quali tale considerazione era appunto fondata, e precisamente deducendo che il detto consulente si era servito di un tacheometro, strumento insufficientemente impreciso nelle determinazioni altimetriche agli effetti di calcoli idraulici, e aveva tracciato le sezioni trasversali, rilevando dei punti in prossimit dell'alveo e del ciglione e sostituendo poi delle linee rette all'andamento reale fra i due estremi prodotti, nonostante si trattasse di lunghezze non brevi, varianti cio da m. 117 a m. 277. Ma siffatti dubbi non hanno ragione di essere, giacch dall'esame delle curve di livello tracciate per la localit in esame nel foglio dei rilevamenti topografici della Piana di Catania a cura della Cassa per il Mezzogiorno (foglio prodotto in questo grado proprio dal Sollima) si ricava la prova dell'esattezza dei rilievi eseguiti dal consulente tecnico d'ufficio, giacch si nota che il terreno controverso si trova a un livello soltanto lievemente superiore a quello dell'alveo del fiume, che in effetti ha un andamento praticamente pianeggiante e che presenta la depressione menzionata dal consulente tcnico d'ufficio. -(Omissis). (Omissis.) -Concludendo,, il primo motivo dell'appello principale va rigettato, risultando qui confermata l'affermazione del primo giudice circa la mancanza di una prova certa (prova che il Sollima era tenuto a fornire) che, prima della costruzione della diga del Pozzillo, il terreno con traverso non fosse soggetto in tutto o in parte alla servit idraulica del Salso. D'altra parte, tale rigetto importa necessariamente anche quello degli altri due motivi. Col secondo, infatti, il Sollima si duole che il Tribunale Regionale abbia respinto la domanda di risarcimento dei danni, che egli avrebbe subito per il fatto che l'Amministrazione Finanziaria diede in concessione a terzi il terreno di ettari 12.90 da lui rivendicato. Quanto al terzo, concernente la disposta compensazione delle spese del giudizio di primo grado, esso si basa esclusivamente sul presupposto dello sperato accoglimento del primo motivo, dato che la compensazione fu motivata con la parziale soccombenza di entrambe le parti. Passando all'appello incidentale, si rileva che l'Amministrazione delle Finanze dello Stato si duole in primo luogo della propria generica condanna al risarcimento dei danni richlesti dal Sollima in relazione al terreno compreso tra il confine catastale della particella n. 18 e il ciglione, deducendo che, una volta esclusa la demanialit di tale terreno, il Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche non era competente a pronunciare sulla domanda di danni per l'abusiva occupazione di esso, rientrando ci nella competenza del Tribunale ordinario. A prescindere da ogni indagine circa la fondatezza o meno in astratto della questione di diritto sollevata dall'appellante, tale motivo di gravame dev'essere rigettato per la considerazione assorbente che nel caso concreto sussiste un giudicato interno circa la competenza del Tribunale delle Acque. Invero il Tribunale di Caltanissetta, davanti al quale il Sollima PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI aveva instaurato il presente giudizio, domandando sia l'accertamento del suo preteso diritto di propriet sul terreno sia la conseguente condanna dell'Amministrazione al risarcimento dei danni, con sentenza 7 maggio 1965 si dichiar totalmente incompetente, senza distinguere in alcun modo fra le sue domande. Successivamente, a seguito d'istanza per regolamento di competenza, la Corte di Cassazione con sentenza 15 luglio 1966, n. 1894, conferm la pronuncia del Tribunale di Caltanissetta, omettendo di nuovo ogni distinzione fra le domande e affermando cos, implicitamente, la competenza in ogni caso del Tribunale delle Acque anche in ordine alla do. manda di risarcimento dei danni, la quale ovviamente avrebbe potuto essere presa in esame soltanto nel caso di accertata non demanialit del terreno controverso. -(Omissis). SEZIONE OTTAVA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 12 marzo 1974, n. 533 -Pres. Mongiardo -Rel. Marini -P. M. Corrias (conf.) -Rie. Fossi ed altri. Caccia e Pesca -Marittima -Inquinamento di acque -Divieto -Destinatari della norma -Sono tutti coloro che immettono nelle acque sostanze inquinanti, e non solo i pescatori. (I. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15 lett. e). Caccia e Pesca -Marittima -Inquinamento di acque -~ivieto -Reato di mera condotta -Prova del danno arrecato alla fauna ittica -Irrilevanza. (1. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15 lett. e). La norme dell'art. 15 lettera e), della legge 14 luglio 1965, n. 963, pur essendo contenuta in un testo legislativo avente ad oggetto la disciplina <;I.ella pesca marittima, non diretta ai soli pescatori (cio a coloro che, anche non professionalmente, attendono alla cattura dei pesci in acque marine libere o in acque marine territoriali), ma si rivolge alla generalit dei cittadini, facendo divieto a chiunque, anche al di fuori di ogni attivit di pesca, di immettere nelle acque litoranee, direttamente o indirettamente, sostanze inquinanti (1). Il reato di cui all'art. 15, lett. e); legge 14 luglio 1965, n. 963 (che vieta l'immissione o la diffusione nelle acque litoranee di sostanze inquinanti), va inquadrato fra i reati di mera condotta, nei quali il comportamento inosservante assume di per s solo penale rilevanza, a pre (1-2) Un problema degno di attenzione in materia di inquinamento marino quello che concerne il coordinamento fra la norma che prevede il delitto rli immissione, nelle acque marine, di sostanze inquinanti (art. 15, lett. e, 1. n. 963) e le norme che disciplinano l'immissione dei rifiuti stessi (art. 145-153 d.P.R. 2 dicembre 1968, n. 1639) e con quelle, specifiche, che prevedono l'autorizzazione allo smaltimento dei rifiuti radioattivi. Il d.P.R. 13 febbraio 1964, n. 185 il testo di legge specifico in materia di sicurezza degli impianti e di protezione sanitaria contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti derivanti dall'impiego pacifico dell'energia nucleare e, fra le varie norme, prevede quella diretta a disciplinare lo smaltimento dei rifiuti radioattivi, imponendo a tal fine un'autorizzazione che, tenuto conto delle ragioni, di sicurezza che presiedono a siffatta normativa, vengono concesse in funzione della recettivit dell'ambiente del numero delle autorizzazioni previste (art. 105 d.P.R. n. 185 del 1964), dal medico provinciale, sentita la Commissione di cui all'art. 89 dello stesso d.P.R. Di questa Commissione, all'evidente scopo di poter esprimere un parere tecnico competente per quanto concerne il pericolo di inqui- I ! I I --...:======..=--=====.-:-l'...i:.-=..:-=....=..................... :.......................-=.......-.-...............................................,.............................................. . . .. .. I PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 305 scindere dalle conseguenze pericolose o dannose che esso produce; pertanto, una volta accertato che le immissioni sono di per s idonee ad inquinare, irrilevante la mancata dimostrazione del nesso di causalit. tra immissioni ed inquinamento del mare (2). namento atomico, fanno parte tecnici specialisti e, nel caso che lo smaltimento interessi il mare territoriale o le acque interne, ai lavori della Commissione medesima partecipano i rappresentanti delle Amministrazioni interessate. Il successivo d.P.R. n. 1639 del 1968 contenente il regolamento per l'esecuzione della legge n. 963 del 1965 sulla disciplina della pesca marittima, nei suoi artt. 145 e ss., prevede s genericamente che l'immissione nelle acque marittime di rifiuti di lavorazione industriale o provenienti da servizi pubblici, in qualsiasi modo effettuata, subordinata all'autorizzazione del capo del compartimento marittimo, ma non comprende l'ipotesi dell'immissione di rifiuti radioattivi. Questi infatti, sia per la specialit della materia, sia per la completezza della previsione normativa contenuta nel testo del d.P.R. del 1964, sia per la particolare competenza tecnica della Commissione prevista dall'art. 89 di quel decreto e per la partecipazione ad essa dell'autorit marittima -quella stessa cio competente a concedere l'autorizzazione di cui all'art. 145 del d.P.R. n. 1639 del 1968 -trovano la loro esclusiva disciplina nella normativa del 1964. Questa conclusione, sostanzialmente ispirata al principio che la legge generale posteriore non deroga alla legge speciale anteriore, non contraddetta dalla differenza dei beni protetti dai due complessi di legge. ' vero infatti che il d.P.R. n. 185 del 1964 ha come scopo quello della tutela delle popolazioni dalle radiazioni ionizzanti, mentre la 1. n. 963 del 1965 e il d.P.R. n. 1639 del 1968 si propongono la tutela della pesca marittima e delle risorse biologiche del mare, ma la differenza pi apparente che reale, per quanto soprattutto concerne gli articoli qui esaminati, essendo sia gli uni che gli altri diretti ad evitare un inquinamento delle acque marine e distinguendosi solo in ragione della specialit: inquinamento generico e in- quinamento atomico. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, ud. 29 aprile 1974, n. 778 -Pres. Muscolo -Rel. Macaluso -P. M. Corrias (conf.) -Rie. Baracca. Leggi, decreti e regolamenti Leggi Interpretazione Interpretazione estensiva Nozione. (r.d. 16 marzo 1942, n. 262, artt. 12, 14). Caccia e Pesca -In genere Acque pubbliche -Divieto di immissione di rifiuto senza autorizzazione Interpretazione della disposizione e sua ratio ,, . Acque pubbliche -Acque marine Sono tali. (r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604, artt. 9, 36). La interpretazione della legge definita estensiva quando il contenuto effettivo delle singole disposizioni, accertato correttamente attraverso i mezzi consentiti dalla logica e dalla tecnica giuridica, pi am 306 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO pio di quello che appare dalle espressioni letterali che compongono la disposizione stessa. Detta interpretazione non incontra limitazioni nell'art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale, perch non amplia il contenuto effettivo della norma, ma impedisce che fattispecie ad essa soggette. si sottraggano alla sua disciplina per un ingiustificato rispetto di manchevoli .espressioni letterali. Come tale, l'interpretazione estensiva ammessa in relazione a tutte le disposizioni de.lla legge, comprese quelle penali e quelle che fanno eccezione a regole generali, posto che anche di queste identifica i tempi e i casi di applicazione (1). L'art. 36 t.u. sulla pesca approvato con r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604, suscettivo d'interpretazione estentiva al fine di accertarne l'esatto contenuto, nello stabilire la sanzione applicabile per il versamento di rifiuti in acque pubbliche senza il permesso prescritto dall'art. 9, non esclude dalla sanzione medesima lo scarico nelle zone di mare, per il quale lo stesso art. 9 prescrive la preventiva autorizzazione della competente Capitaneria di porto. Infatti, oggetto specifico della tutela penale l'interesse alla protezione delle risorse biologiche delle acque e tale interesse sussiste sia in relazione alle acque marine, sia in relazione alle altre acque pubbliche, sicch non sembra logicamente ammissibile -in base alla sola (1-2) La prima massima una corretta applicazione dell'art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale. V. nello stesso senso, Cass. 12 maggio 1951 in Foro It. Rep. 1951, voce Legge, n. 81, 82; 25 marzo 1963 in Giust. Pen. 1964, I, c. 73; 21 maggio 1971 in Cass. Pen. Mass. Annotato 1972, p. 1236, n. 1211. La seconda una coerente conseguenza del principio affermato in considerazione dell'eadem ratio costituita dalla necessit della tutela delle acque marine e vale a coprire talune lacune della legge 14 luglio 1965, n. 963. Come noto, il reato di immissione di sostanze inquinanti nelle acque marine previsto dall'art. 15 lettera e) di questa legge considerato delitto e come tale punibile solo a titolo di dolo. Ci comporterebbe la non punibilit della maggior parte dei fatti di inquinamento, _specie di quelli derivanti da dispersioni di idrocarburi dalle navi cisterne che per lo pi avvengono per accidentali disfunzioni tecniche, se non fosse possibile anche per tali ipotesi un'inte!'pretazione estensiva. Quei fatti invero, quando perlomeno avvengono negli specchi d'acqua portuali, integrano il reato previsto dall'art. 1174 cod. nav. In tal caso possono i danni derivare in via diretta ed immediata dalla commissione del reato contravvenzionale nel quale, spesso si realizza la stessa condotta materiale prevista dall'art. 15 lettera e) dalla legge 14 luglio 1965, n. 963. I danni d'altronde non consistono soltanto, in quelli, facilmente accertabili nella loro entit, rappresentati dalla spesa per il recupero degli idrocarburi galleggianti, ma in quelli, difficilmente quantificabili, eppure potenzialmente pi gravi, di inquinamento delle acque, di nocumento per la fauna ittica e di alterazioni chimiche o fisiche dell'ambiente, che possono essere provocati dalla immissione di notevoli quantit di idrocarburi negli specchi d'acqua e che possono verificarsi anche se le sostanze inquinanti o PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 307 considerazione del valore letterale delle espressioni in concreto adoperate -che il legislatore abbia voluto lasciar fuori dell'ambito della norma incriminatrice di cui all'art. 36 lo scarico di rifiuti nelle zane di mare (2). tossiche, dopo un periodo pi o meno lungo di permanenza in mare, vengono recuperate. Ci ha un determinante rilievo per quanto concerne la legittimazione alla costituzione di parte civile del Ministero della Marina Mercantile, per le considerazioni che vi sono illustrate in questa Rassegna (v. 1976, I, 160). Il PARTE SECONDA LEGISLAZIONE I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI l..e99e reg. TrenHnoAlto Adige 17 mag9io 1956, n. 7, art. 34, limitatamente alla espressione per valore e territorio . Sentenza 14 aprile 1976, n. 81, G. U. 21 aprile 1976, n. 105. II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE Codice civile, ari. 468, primo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 14 aprile 1976, n. 83, G. U. 21 aprile 1976, n. 105. codice civile, art. 642, primo comma (artt. 2, 3, 9, 33 e 42 della Costituzione). Sentenza 25 marzo 1976, n. 57, G. U. 31 marzo 1976, n. 85. codice di procedura civile, art. 545, q1:1arto ed ultimo comma (artt. 3, 24, primo comma, e 28 della Costituzione). Sentenza 16 marzo 1976, n. 49, G. U. 24 marzo 1976, n. 78. codice penale, art. 11, secondo comma (artt. 10, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 8 aprile 1976, n. 69, G. U. 21 aprile 1976, n. 105. codice di procedura penale, art. 1113-bis, terzo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 16 marzo 1976, n. 48, G. U. 24 marzo 1976, n. 78. codice di procedura penale, art. 342, secondo comma (artt. 3, 24 e 28 della Costituzione). Sentenza 14 aprile 1976, n. 82, G. U. 21 aprile 1976, n. 105. r.d. S giugno 1939, n. 1016, art. 30 (artt. 2, 3, 9, 33 e 42 della Costituzione). Sentenza 25 marzo 1976, n. 57, G. U. 31 marzo 1976, n. 85. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r.d. 30 9ennalo 1941, n. 12, art. 70 (artt. 101, secondo comma, e 107, terzo e quarto cmma, della Costituzione). Sentenza 16 marzo 1976, n. 52, G. U. 24 marzo 1976, n. 78. le99e 22 ap"ile 1941, n. 633, art+. 156 e 161 (art. 21, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 25 marzo 1976, n. 60, G. U. 31 marzo 1976, n. 85. le99e 9 dicembre 1941, n. U83, art. 3 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 8 aprile 1976, n. 105, G. U. 21 aprile 1976, n. 105. r.d. 15 marzo 1942, n. 622, art+. 10 e 11 (artt. 24, secondo comma, e 25, primo comma, della Costituzione). Sentenza 8 aprile 1976, n. 72, G. U. 21 aprile 1976, n. 105. d.l.l9t. 8 marzo 1945, n. 90, art. 1, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 8 aprile 1976, n. 71, .G. U. 21 aprile 1976, n. 105. d.P.R. 12 dicembre 1948, n. 1414, art. 12. Sentenza 16 marzo 1976, n. 45, G. U. 24 marzo 1976, n. 78. d.P.R. 5 9ennalo 1950, n. 180, art. 1 (artt. 3, 24, primo comma, e 28 della Costituzione). Sentenza 16 marzo 1976, n. 49, G. U. 24 marzo 1976, n. 78. lene 30 aprile 1962, n. 283, art. 5, primo comma (artt. 3, primo comma, e 32, primo comma, della Costituzione). Sentenza 14 aprile 1976, n. 86, G. U. 21 aprile 1976, n. 105. le99e 15 lu9llo 1966, n. 604, artt. 1 e 6 (artt. 3, 4, 24 e 35 della Costituzione). Sentenza 16 marzo 1976, n. 47, G. U. 24 marzo 1976, n. 78. lev9e 2 a9osto 1967, n. 79<9, art. 9 (artt. 2, 3, 9, 33 e 42 della Costituzione). Sentenza 25 marzo 1976, n. 57, G. V. 31 marzo 1976, n. 85. le99e l2 marzo '1968, n. 31-6, art+. 2, primo ~omma, e 9 (artt. 1, 4, 3.5 e 41 della Costituzione). Sentenza 25 marzo 1976, n. 59, G. U. 31 marzo 1976, n. 85. lev9e 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 16 marzo 1976, n. 50, G. V. 24 marzo 1976, n. 78. PARTE II, LEGISLAZIONE legge 6 dic:embre 1971, n. 1034, art. 2, .primo comma, lettera a (artt. 3, 4, .24 e 35 della Costituzione). Sentenza 16 marzo 1976, n. 47, G. U. 24 marzo 1976, n. 78. legge 14 ottobre 1974, n. 497, art. 1 (artt. 24, secondo comma, e 25, primo .comma, della Costituzione). Sentenza 8 aprile 1976, n. 72, G. U. 21 aprile 1976, n. 105. d.I. 10 gennaio 1975, n. 2, artt. 1, 2, 3 (artt. 24, secondo comma, e 25, primo .comma, della Costituzine). Sentenza 8 aprile 1976, n. 72, G. U. 21 aprile 1976, n. 105. legge 22 maggio 1975, n. 152,, art. 1, secondo comma, lettera b (artt. 27, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione). Sentenza 14 aprile 1976, n. 88, G. U. 21 aprile 1976, n. 105. Degge 2~ maggio 1975, n. 152, artt. 27, 28 e 29 (artt. 3, primo comma, 25, primo comma, 102, primo comma, 107, terzo comma, e 112 della Costituzione). Sentenza 14 aprile 1976, n. 87, G. U. 21 aprile 1976, n. 105. III QUESTIONI PROPOSTE Codic:e c:ivile, art. 431 (artt. 3, primo comma, e 24, primo e secondo comma, della Costituzione). Pretore di Cento, ordinanza 21 ottobre 1975, G. U. 7 aprile 1976, n. 92. c:o,dlc:e c:lvlle, art. 1621 (artt. 3, 41, 42, 43 e 44 della Costituzione). Tribunale di Napoli, ordinanza 22 ottobre 1975, G. U. 31 marzo 1976, n. 85. c:odic:e c:ivlle, art. 2108, sec:ondo c:omma (art. 36, primo comma, della Costi tuzione). Pretore di Milano, ordinanza 7 gennaio 1976, G. U. 28 aprile 1976, n. 112. c:odlc:e civile, art. 2598, n. 2 (art. 21, primo comma, della Costituzione). Pretore di Verona, ordim.1za 5 novembre 1975, G. U. 24 marzo 1976, n. 78. c:odic:e di proc:edura civile, art. 140 (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Rovereto, ordinanza 23 gennaio 1976, G. U. 21 aprile 1976, n. 105. coclic:e di proc:edura c:ivile, art. 409 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Napoli, ordinanza 10 dicembre 1975, G. U. 31 marzo 1976, n; 85. RASSEGNA l>ELL'AWOCATtJRA DELLO STATO codice di procedura civile, art+. 415 e 416 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Napoli, ordinanza 10 dicembre 1975, G. U. 24 marzo 1976, n. 78. codice di procedura civile, art. 416, secondo e terzo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Lecce, ordinanza 12 ottobre 1974, G. U. 17 marzo 1976, n. 72. codice di procedura civile, art. 421, quarto comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 20 gennaio 1976, G. U. 14 aprile 1976, n. 99. codice di procedura civile, art. 429. Pretore di Torino, ordiJ;ianza 11 novembre 1975, G. U. 17 marzo 1976, n. 72. codice di procedura civile, art. 545 (artt. 3, primo comma, 31 e 36 della. Costituzione). 'Pretore di Portogruaro, ordinanza 14 novembre 1975, G. U. 3 marzo 1976, n. 58. codice penale, art. 81 cpv. (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Pistoia, ordinanza 14 noyembre 1975, G. U. 10 marzo 1976, n. 65. codice penale, art. 164, ultimo comma (art. 3, primo comma, della Costitzione). Pretore di Trivento, ordinanza 17 novembre 1975, G. U. 17 marzo 1976, n. 72. codice penale, art+. 449, primo comma, e 423, .primo comma (artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione). Corte d'appello di Bologna, ordinanza 6 marzo 1975, G. U. 10 marzo 1976, n. 65.. codice di procedura penale, art. 199, terzo comma (art. 24, secondo comma,. della Costituzione). Tribunale di Sanremo, ordinanza 21 novembre 1975, G. U. 3 marzo 1976, n. 58. codice di procedura penale, art. 513, n. 2 (artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della C9stituzione). Corte di cassazione, ordinanza 17 ottobre 1975, G. U. 28 aprile 1976, n, 112. codice di procedura penale, artt. 553 e 554 (art. 3, prima parte, della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 20 dicembre 1975, G. U . .3 marzo 1976, n. 58. 21 PARTE II, LEGISLAZIONE c:oclic:e di procedura penale, art. 604 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Casacalenda, ordinanza 15 dicembre 1975, G. U. 10 marzo 1976, n. 65. codice di procedura penale, art. 630 (art. 24, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Ferrara, ordinanza 28 ottobre 1975, G. U. 31 marzo 1976, n. 85. codice della navi9azione, art. 603 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Napoli, ordinanza 10 dicembre 1975, G. V. 31 marzo 1976, n. 85. codice penale militare di pace, art. 189, pi-imo comma (artt. 3 e 52, terzo . comma, della Costituzione). Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 12 dicembre 1975, G. V. 24 marzo 1976, n. 78. i-.d.I. 15 marzo 1923, n. 6912, art. 1, secondo comma (art. 36 della Costituzione). Giudic.e del lavoro del tribunale di Enna, ordinanza 14 ottobre 1974, G. U. 21 aprile 1976, n. 105. r.d.I. 29 luglio 1927, art. 10, convertito in legge 5 higlio '1928, n. 1760(art. 3, primo comma, della Costituzione). Pretore di Ferrara, ordinanza 17 ottobre 1975, G. V. 17 marzo 1976, n. 72. legge 7 gennaio 1929, n. 4, art. 20 (art. 3 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 4 giugno 1975, G.-U. 3 marzo 1976, n. 58. Tribunale di Como, ordinanze 1 ottobre 1975 (cinquantanove) e 26 novembre 1975 (G. V. 10 marzo 1976, n. 65, 17 marzo 1976, n. 72, 24 marzo 1976, n. 78, e 31 marzo 1976, n. 85). Tribunale di Locri, ordinanze 19 e 21 novembre 1975, G. V. 17 marzo 1976, n. 72, e 24 marzo 1976, n. 78. r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 18, primo e terzo comma (artt. 17 e 3 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 7 novembre 1975, G. V. 10 marzo 1976, n. 65. r.d. 1S giugno 1931, n. 773, ar~. 156 (art. 20 della Costituzione). Pretore di Pesaro, ordinanza 6 dicembre 1975, G. U. 7 aprile 1976, n. 92. r.d. 1ll qiugno 1931, ii. 787, art. 103 (art. 15 della Costituzione). Pretore di Susa, ordinanza 3 ottobre 1975, G. V. 17 marzo 1976, n. 72. r.d.i. 19 ottobre 1930, n. 1933, art. 117 (art. 43 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 14 gennaio 1976, G. V. 28 aprile 1976, n. 112. 22 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELto STATO r.d.I. 14 aprile 1939, n. 636, art. 13 (artt. 3, 29, secondo comma, 31, primo comma, 37, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Ravenna, ordinanza 15 gennaio 1976, G. U. 31 marzo 1976, n. 85. legge 6 luglio 1939, n. 10.35, art. M (artt. 3 e 35 della Costituzione). Corte d'appello di Roma, ordinanza 29 ottobre 1975, G. U. 17 marzo 1976, n. 72. r.d. 6 maggio 1940, n. 635, art. 285 (art. 20 della Costituzione). Pretore di Pesaro, ordinanza 6 dicembre 1975, G. U. 7 aprile 1976, n. 92. legge 25 settembre 1940, n. 1424, art. 148 (artt. 41 e 43 della Costituzione). Tribunale di Locri, ordinanze 19 e 21 novembre 1975, G. U. 24 marzo 1976, n. 78, e 17 IIJarzo 1976, n. 72. r.d. 31 gennaio 1941, n. 12, art. 276, ultimo c:omma (artt. 101, secondo comma, 104, primo comma, e 107, primo e secondo comma, della Costituzione). Consiglio superiore della magistratu,ra, sezione disciplinare, ordinanza 9 dicembre 1975, G. U. 3 marzo 1976, n. 58. legge 2~ gennaip .1942, 11. 37, art. 1 (artt. 3 e 36, primo comma, della Costituzione). Consiglio di Stato, quarta sezione, ordinanza 7 marzo 1975, G. U. 17 marzo 1976, n. 72. r.d.. 16 marzo 1942, n. 267, art. 119, secondo comma (art. 24 della Costituzione). Corte d'appello di Roma, ordinanza 2 dicembre 1975, G. U. 28 aprile 1976. n. 112. legge 17 luglio 1942, n. 907 (artt. 41 e 43 della Costituzione). Tribunale di Lanciano, ordinanze (tre) 30 iiiugno e 25 luglio 1975, G. U. 31 marzo 1976, n. 85. Tribunale di Como, ordinanze (quattro) 1 ottobre 1975, G. U. 31 marzo 1976, n. 85. Tribunale di Benevento, ordinanze (due) 22 dicembre 1975, G. U. 24 marzo 1976, n. 78. legge 17 luglio 1942, n. 907 (art. 43 della Costituzione). Corte d'appello di Venezia, ordinanze 20 febbraio 1975 (G. U. 31 marzo 1976, n. 85), 17 e 24 settembre 1975 (tre) (G. U. 31 marzo 1976, n. 85), 13 ottobre 1975 (G. U. 28 aprile 1976, n. 112), 16 ottobre 1975 (G. U. 7 aprile 1976, n. 92), 23 ottobre 1975 (G. U. 31 marzo 1976, n. 85), 20 novembre 1975 (G. U. 31 marzo 1976, n. 85). Tribunale di Crotone, ordinanza 18 novembre 1975, G. U. 31 marzo 1976, n. 85. PARTE II, LEGISLAZlONE legge 17 luglio 1942, n. 907, artt. 45 e segue~ti (artt. 41 e 43 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanze 17 febbraio 1975 (G. U. 17 marzo 1976, n. 72), 21 marzo 1975 (G. U. 28 aprile 1976, n. 112), e 4 giugno 1975 (G. U. 3 marzo 1976, n. 58) Tribunale di Como, ordinanze (sessantacinque) 1 ottobre 1975 (G. U. 10 marzo 1976, n. 65, 17 marzo 1976, n. 72, 24 marzo 1976, n. 78, e 31 marzo 1976, n. 85), 3 ottobre 1975 (G. U. 24 marzo 1976, n. 78), e 26 novembre 1975 (G. U. 24 marzo 1976, n. 78). legge 17 luglio 1942, n. 907, artt. 45, 66, n. 5, e 80, 111. 2 (artt. 41 e 43 della Costituzione). Corte d'appello 1li Venezia, ordinanze (due) 15 novembre 1975, G. U. 31 marzo 1976, n. 85 e 7 aprile 1976, n. 92. legge 17 luglio 1942, n. 907, art+. 45 e 73 (artt. 41 e 43 .della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanze (sei) 13 e 18 dicembre 1975 (G. U. 17 marzo 1976, n. 72 e 31 marzo 1976, n. 85) e 7 novembre 1975 (G. U. 17 marzo 1976, n. 72). legge 17 luglio 1942, n. 907, artt. 65, 66 e seguenti (art. 43 della Costituzione). Tribunale di Larino, Ol'dinanza 10 dicembre 1975, G. V. 3 marzo 1976, n. 58. legge 17 luglio 1942, n. 907, art. 66 (art. 43 della Costituzione). Tribunale di Locri, ordinanza 19 novembre 1975 (G. U. 24 marzo 1976, n. 78) e 21 novembre 1975 (G. U. 17 marzo 1976, n. 72), r.d.I. 11 febbraio 1944, n. 31, art. 2 (artt. 25 e 3 della Costituzione). Tribunale di Udine, ordinanza 26 novembre 1975, G. U. 17 marzo 1976, n. 72. r.d. 31 maggio 1946, n. 511 (artt. 101. secondo comma, 104, primo comma, .e 107, primo e secondo comma, della Costituzione). Consiglio superiore della magistratura, ordinanze 11 dicembre 1975 (G. U. 23 .aprile 1976, n. 112), 16 dicembre 1975 (G. U. 31 marzo 1976, n. 85) e 17 dicembre 1975 (due) (G. U. 14 aprile 1976, n. 99 e 21 aprile 1976, n. 105). d.I. C.p.S. 4 aprile 1947, n. 207, art. 18, prima parte (artt. 3 e 36 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 7 luglio 1975, G. U. 17 marzo 1976, n. 72. d!I. P. reg. Sicilia 15 ottobre 1947, n. 86 (artt. 14 e 17 dello statuto speciale siciliano). Corte costituzionale, ordinanza 12 febbraio 1976, G. U. 28 aprile 1976, n. 112 24 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.I. 11 febbraio 1948, n. 50, art. 2 (artt. 2, 3, 10, 14 e 23 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 3 dicembre 1975, G. U. 31 marzo 1976, n. 85. legge 10 agosto 19SO, 1t. 648, ~rt. 69 (artt. 3 e 29 della Costituzione). Corte dei conti, quarta sezione giurisdizior:ale pensioni di guerra, ordinanza 3 giugno 1975, G. U. 14 aprile 1976, n. 99. legge 3 ~e1rnaio 1951, n. 27 (artt. 41 e 43 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 14 marzo 1975, G. U. 17 marzo 1976, n. 72. legge 3 gennaio 1951, 11. 27, artt. 1 e 4 (artt. 41 e 43 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanze 7 novembre 1975. 13 e 18 dicembre 1975, G. U. 17 marzo 1976, n. 72 e 31 marzo 1976, n. 85: legge 3 gennaio 19511, n. 27, art. 20 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Como, ordinanze (sei) 1 ottobre 1975, G. U. 24 marzo 1976, n. 78. legge 22 ottobre ]954, n. 1041, art. 6, quarto comma (artt. 3, primo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione). Giudice istruttore del tribunale di Milano, ordinanza 14 agosto 1975, G. U. 31 marzo 1976, n. 85. legge 27 dicembre 1956, 11. 1423, or~. 5, forzo comma (artt. 2 e 17 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 11 novei;ubre 1975, G. U. 14 aprile 1976, n. 99'. legge 2 aprile 1958, n. 332, crif. 4 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 13 dicembre 1975, G. U. 24 marzo 1976, n. 78. legge 13 marzo 1958, n. 311, e<:! in particolare tabella B (artt. 3 e 36 della Costituzione). Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinar:za 5 novembre 1974, G. U. 3 marzo 1976, n. 58. legge 18 marzo 1958, n. 349, ed in particolare ari. 33 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 5 novembre 1974, G. U. 3 marzo 1976, n. 58. d.P.R. 16 settembre 1950, 11. 9i6 (artt. 101, secondo comma, 104, primo comma, e 107, primo e secondo comma, della Costituzione). Consiglio superiore della magistratura, sezione disciplinare, ordinanza 16 di~ cembre 1975, G. U. 31 marzo 1976, n. 85. I ! 1 I PARTE II, LEGISLAZIONE 25 d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 79, ottavo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Pizzo, ordinanza 28 ottobre 1975, G. U. 10 marzo 1976, n. 65. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, crt. 80, dodicesimo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Asiago, ordinanza 8 novembre 1975, G. U. 10 marzo 1976, n. 65. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 83, quarto comma, n. 5 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Lucera, ordinanza 6 novembre 1975, G. U. 17 marzo 1976, n. 72. Pretore di Pescara, ordinanza 1 dicembre 1975, G. U. 17 marzo 1976, n. 72. d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 26 (artt. 3 e 51 della Costituzione). Pretore di Cittadella, ordinanza 4 dicembre 1975, G. U. 17 marzo 1976, n. 72. d.P.R. 30 marzo 1961, n. 197, artt. 50, n. 1, lettera c, ~ 52, primo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Cosenza, ordinanza 17 novembre 1975, G. U. 17 marzo 1976, n. 72. legge 26 gennaio 1962, n. 16 ( artt. 3 e 36 della Costituzione). Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 5 novembre 1974, G. U. 3 marzo 1976, n. 58. legge 27 febbraio 1963, n. 260, art. 5 (artt. 38 e 3 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 18 dicembre 1975, G. U. 24 marzo 1976, n. 78. legge 15 settembre 1964, n. 756, art. 9 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Lc:cce, ordinanza 5 dicembre 1975, G. U. 24 marzo 1976, n. 78. legge 3 febbraio 1965, n. 14 (artt. 3, primo comma, e 35, primo comma, della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 7 ottobre 1975, G. U. 10 marzo 1976, n. 65. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 4, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanza 26 novembre 1975, G. U. 7 aprile 1976, n. 92, legge 30 giugno 1965, n. 1l24, art+. 10 e 11 (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Padova, ordinanza 30 dicembre 1975, G. U. 28 aprile 1976, n. 112. d.P.R. 30 ghigno 1965, n. 1124, art. 112, secondo comma (artt. 76, 77 e 24 della Costituzione). Pretore di Salerno, ordinanza 23 giugno 1975, G. U. 10 marzo 1976, n. 65. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 11, primo comma (artt. 3 e 4 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 10 gennaio 1976, G. U. 28 aprile 1976, n. 112. legge 22 luglio 1966, n. 607, artt. 1, 4, 5 e 13 (artt. 3, 41 e 42 della Costituzione). Tribunale di Reggio Calabria, ordinanza 18 luglio 1975, G. U. 3 marzo 1976, n. 58. legge 6 agosto 1967, n. 765, art. 8 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Mantova, ordinanza 28 ottobre 1975, G. U. 7 aprile 1976, n. 92. d.I. 21 nove111bre 1967, n. 1051, artt. 2, secondo comma, lettera a, 3, primo comma, 4, primo, ten:o, e quarto comma (artt. 10, primo comma, e 11 della Costituzione). Corte di Cassazione, ordinanza 18 dicembre 1975, G. U. 17 marzo 1976, n. 72. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 2, primo comma, e leHera c (artt. 36, primo comma, e 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanza 21 mag gio 1975, G. U. 7aprile 1976, n. 92. legge 18 marzo 1968, n. 313, art. 59 (artt. 3 e 29 della Costituzione). Corte dei conti, quarta sezione giurisdizionale pensioni di guerra, ordinanza 3 giugno 1975, G. U. 14 aprile 1976, n. 99. ~egge 30 aprile 1969, n. 153, art. 9 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Brescia, .ordinanza 2 gennaio 1976, G. U. 17 marzo 1976, n. 72. legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 24 (art. 24 della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 6 dicembre 1976, G. U. 24 marzo 1976, n. 78. legge 24 maggio 1970, n. 336, art. 4 (artt. 3 e 52 della Costituzione). Pretore di Vittorio Veneto, ordinanza 9 gennaio 1976, G. U. 17 marzo 1976, n. 72. legge 28 ottobre. 1970, 111. 775, art. 9, quinto comma (artt. 3 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanze 10 marzo 1975 (G. U. 7 aprile 1976, n. 92) e 30 giugno 1975 (G. V. 14 aprile 1976, n. 99). PARTE II, LEGISLAZIONE d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077, artt. 16, primo, secc11do e nono comma, e 150 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanze 10 marzo 1975 (G. U. 7 aprile 1976, n. 92) e 30 giugno 1975 (G. U. 14 aprile 1976, n. 99). cl.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1434, art. 7, secondo comina (art. 76 lella Costituzione). Corte d'appello di Firenze, ordinanza 11 giugno 1975, G. U. 24 marzo 1976,. n. 78. legge 11 febbraio 1971, n. 11, art. 16 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Napoli, ordinanza 22 ottobre 1975, G. U. 31 marzo 1976, n. 85. legge 11 febbraio 1971, n. 11, art. 19 (artt. 3, 4, 41, 42 e 47 della Costituzione). Pretore di Ispica, ordinanza 18 ottobre 1975, G. U. 24 marzo 1976, n. 78. legge 24 luglio 1971, n. 5S6 (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo .i:egionale per la Puglia, ordinanza 8 luglio 1975, G. V. 28 aprile 1976, n. 112. legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 1O, n. 14 (artt. 102, secondo comma, 108,. secondo comma, 113, primo e secondo comma, e VI disp. trans. della Costituzione). Tribunale di Perugia, ordinanza 9 _gennaio 1976, G. U. 14 aprile 1976, n. 99. legge 22 ottobre 197'1, n. 865, art. 16 (art. 3 e 42 della Costituzione). Corte d'appello di Bologna, ordinanze 17 ottobre 1975 (G. V. 24 marzo 1976, n. 78) e 12 dicembre 1975 (G. V. 28 aprile 1976, n. 112). Corte d'appello di Trieste, ordinanza 20 dicembre 1975, G. U. 24 marzo 1976,. n. 78. legge 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 16, primo, terzo e quarto comma, e 17,. primo comma (artt. 42, terzo comma, e 3 della Costituzione). Tribunale di Rieti, ordinanza 29 dicembre 1975, G. V. 28 aprile 1976, n. 112. legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 16, terzo comma (artt. 3 e 42, terzo. comma, della Costituzione). Corte d'appello di Bologna, ordinanze 12 dicembre .1975 (G. V. 21 aprile 1976, n. 105) e 23 gennaio 1976 (due) (G. V. 28 aprile 1976, n. 112). 28 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 22 ottobre 1971, n. 865, art+. 16 e 19 (artt. 42, terzo comma, e 3 della Costituzione). Corte d'appello di Bologna, ordinanze (quattro) 31 ottobre 1975, G. U. 24 marzo 1976, n. 78. legge 29 ottobre 1971, n. 889, art. 13, quarto comma (artt. 25, primo com. ma, e 102, primo comma, della Costituzione). Pretore di Sora, ordinanze 28 e 30 gennaio 1976, G. U. 28 aprile 1976, n. 112. d.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1432, art. 14, primo comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 2 gennaio 1976, G. U. 17 marzo 1976, n. 72. d.P.R. 26 ottobra 1972, n. 636 (art. 102, secondo comma, e VI disp. trans. .della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 30 giugno 1975, G. U. 10 marzo 1976, n. 65. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 1, 2, 3, 9, 16, 26 e 40 (artt. 102, secondo .comma, 108, secondo comma, 113, primo e secondo comma, e VI disp. trans. della Costituzione). Tribunale di Perugia, ordinanza 9 gennaio 1976, G. U. 14 aprile 1976, n. 99. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44 (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Ancona, ordinanza 16 dicembre 1975, G. U. 14 aprile 1976, n. 99. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44 (artt. 24 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Pordenone, ordinanza 3 ottobre 1975, G. U. 21 aprile 1976, n. 105. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6 (art. 53 della c.ostituzione). Commissione tributaria di primo grado di Gorizia, ordinanza 6 novembre 1975, G. U. 17 marzo 1976, n. 72. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 6 e 14 (art. 53, primo comma, della <:ostituzione). Commissione tributaria di primo grado di Ascoli Piceno, ordinanza 2 di<: embre 1975, G. U. 28 aprile 1976, n. 112. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 111, ~erzo comma (art. 53, primo comma, della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Biella, ordinanza 10 novembre 1975, G. U. 10 marzo 1976, n. 65. PARTE II, LEGISLAZIONE d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 296 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Como, ordinanze (quattro) 1 ottobre 1975, G. U. 24 marzo 1976, n. 78 e 31 marzo 1976, n. 85. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 1, 183, 195 (art. 21 della Costituzione). Pretore di Biella, ordinanza 5 novembre 1975, G. U. 10 marzo 1976, n. 65. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art+. 1, 183, .primo c:omma, e 195, primo c:omma (artt. 2, 3, 10, 11, 21, 41 e 43 della Costituzione). Pretore di Parma, ordinanza 19 dicembre 1975, G. U. 24 marzo 1976, n. 78. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 7 e 304 (art. 23 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 13 ottobre 1975, G. U. 24 marzo 1976, n. 78. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 195, primo c:omma (artt. 2, 3, 21, 41 e 43 della Costituzione). Pretore di San Miniato, ordinanza 12 gennaio 1976, G. U. 3 marzo 1976, n. 58. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 304 (artt. 3, 29 e 53 della Costituzione). Pretore di Rho, ordinanza 3 dicembre 1975, G. U. 3 marzo 1976, n. 58. Pretore di Lodi, ordinanza 16 dicembre 1975, G. U. 14 aprile 1976, n. 99. Pretore di Ivrea, ordinanza 29 gennaio 1976, G. U. 7 aprile 1976, n. 92. d.I. 24 luglio 1973, n. 427, art+. 1 e 2, n. 1 (art. 11 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 10 gennaio 1976, G. U. 7 aprile 1976, n. 92. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 81, primo c:omma. Corte dei conti, terza sezione pensioni civili, ordinanza 16 ottobre 1974, G. U. 31 marzo 1976, n. 85. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. '129, secondo e terzo c:omma (art. 3 della Costituzione). Giudice del lavoro del tribunale di Taranto, ordinanza 12 dicembre 1975, n. 72. legge reg. Emilia-Romagna 15 febbraio 1974, 111. 38, art. 14 (artt. 117 e 3 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 26 novembre 1975, .G. U. 28 aprile 1976, n. 112. d.I. 11 aprile 1974, n. 99, art. 8 (artt. 3 e 25 della Costituzione). Tribunale per i minorenni di Catania, ordinanza 17 maggio 1974, G. U. 17 marzo 1976, n. 72. RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO d.I. 20 aprile 1974, 111. H14, art. 1 (artt. 24 e 111 della Costituzione). Corte di cassazione, OI'dinanza 16 maggio 1974, G. U. 17 marzo 1976, n. 72_ legge reg. Lazio 2 luglio 1974, n. 30, artt. 1, lettere a e b, 2, 3 e 8 (artt. p7,. primo comma, e 3 della Costituzione). Pretore di Minturno, ordinanza 14 gennaio 1976, G. U. 31 marzo 1976, n. 85.. legge reg. Toscana 4 iugiio ,1974, n. 35, art. 55 (art. 25, secondo comma,. della Costituzione). Corte suprema di cassazione, ordinanza 26 maggio 1975, G. U. 7 aprile 1976,. n. 92. d.I. 8 luglio 1974, 11. 261, art. 6, secondo e terzo comma (artt. 4 e 13 della. Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 21 maggio 1975, G. U.. 28 aprile 1976, n. 112. legge 14 ottoi>re 1974, 11. 497, art. 1 (art. 25 della Costituzione). Tribunale di Milano, or.dinanza 6 marzo 1975, G. U. 17 marzo 1976, n. 72. Tribunale di Sondrio, ordinanza 9 gennaio 1976, G. U. 24 marzo 1976, n. 78Tribunale di Modena, ordinanza 4 febbraio 1976, G. U . .28 aprile 1976, n. 112.. d.I. 10 gennaio 1975, 11. 2, artt. 1, 2 e 3 (art. 25 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 6 marzo 1975, G. U. 17 marzo 1976, n. 72. legge reg. Umbria appr. 10 aprile 1975 e riappr. 23 gennaio 1976 (art. 81,.. ultimo comma, della Costituzione). Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato 20 febbraio 1976,.. n. 8, G. U. 24 marzo 1976, n. 78. legge 14 aprile 1975, n. 103, artt. 1, primo com1na, e 2 (artt. 2, 3, 10, 11, 21,. 41 e 43 della Costituzione). Pretore di Parma, ordinanza. 19 dicembre 1975, G. U. 24 marzo 1976, n. 78. legge 14 cprile 1975, mi. Hi3, artt. 1, 2, 3 e 45 (artt. 2, 3, 10, 11, 21e41 della Costituzione). Pretore di Arezzo, ordinanza 23 dicembre 1975, G. U. 7 aprile 1976, n. 92. legge 14 Gprile 1975, 111. 103, artt. 1, 2, 3, 45 (artt. 2, 3, 21, 41 e 43 della Costituzione). Pretore di San Miniato, ordinanza 12 gennaio 1976, G. U. 3 n1arzo 1976, n. 58.. ! i I I II PARTE II, LEGISLAZIONE legge 14 aprile 1975, n. 103, arff. 1, 2, 38 e 45 (artt. 3, 21, 41 e 43 della Costituzione). Tribunale di Reggio Emilia, ordinanza 18 novembre 1975, G. V. 10 marzo 1976, n. 65. legge 14 aprile 1975, n. 103, artt. 1, 2 e 45 (artt. 3 e 21 della Costituzione). Pretore di Lecco, ordinanza 25 novembre 1975, G. V. 10 marzo 1976, n. 65. legge 14 aprile 1975, n. 103, artt. 1. 2 e 45 (art. 21 della Costituzione). Pretore di Biella, ordinanza 5 novembre 1975, G. V. 10 marzo 1976, n. 65. Pretore di Castelfranco Veneto, ordinanza 13 novembre 1975, G. V. 3 marzo 1976, n. 58. legge 14 aprile 1975, n. 103, artt. 1, 2 e 45 (artt. 3, 10, 21, 41 e 43 della Costituzione). Pretore di Novara, ordinanza 20 dicembre 1975, G. V. 17 marzo 1976, n. 72. legge 14 aprile 1975, n. 103, artt. 1, 2 e 45 (artt. 3, primo comma, 21, 31 e 43 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 12 dicembre 1975, G. V. 21 aprile 1976, n. 105. legge 14 aprile 1975, n. 103, artt. 4 e 6 (artt. 21, 24, 43, 55 e 113 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 30 dicembre. 1975, G. V. 31 marzo 1976, n. 85. legge 14 aprile 1975, n. 109, art. 2, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 23 dicembre 1975, G. V. 31 marzo 1976, n. 85. legge 1B novembre 1975, n. 764, artt. 2, secondo co1nma e tabella A, 3, primo e secondo comma, 6 e 7 (artt. 117 e 3, e VIII disp. trans. della Costituzione). Regione Lazio, ricorso depositato 26 febbraio 1976, n. 9, G. V. 24 marzo 1976, n. 78. legge 18 novembre 1975, n. 764, artt. 3, primo e secondo comma, 6 e 7 (artt. 3, lettera a, e 56 dello statuto della Regione sarda). Regione Sardegna, ricorso depositato 20 febbraio 1976, G. V. 24 marzo 1976, n. 78. legge ons. reg. Valle d'Aosta, appr. 28 novembre 1975 e riappr. 10 feb braio 1976. Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato 10 marzo 1976, n. 10, G. U. 24 marzo 1976, n. 78. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge cons. reg. Valle d'Aosta appr. 16 dicembre 1975 e riappr. 10 feb braio 1976. Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato 10 marzo 1976, n. 11, G. U. 24 marzo 1976, n. 78. legge reg. Campania riappr. 26 febbraio 1976. Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato il 27 marzo 1976, G. U. 21 aprile 1976, n. 105. legge reg. Sicilia appr. 26 febbraio 1976. Commissario dello Stato per la regione siciliana, ricorso depositato 13 mr zo 1976, n. 12, G. U. 24 marzo 1976, n. 78. ~egge reg. Sicilia, appr. 11 O marzo 1976. Commissario dello Stato per la regione siciliana, ricorso depositato 25 marzo 1976, G. U. 21 aprile 1976, n. 105. legge reg. d'Abruzzo rla.ppr. 16 marzo 1976. Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato il 12 aprile 1976, G. U. 21 aprile 1976, n. 105. C,ONSULTAZIONI ACQUE PUBBLICHE Acque pubbliche -Concessione di derivazioni a scopo idroelettrico -Immobili e beni inerenti la concessione -Esecuzione forzata a danno del concessionario (t.u. 11 dicembre 1933 n. 1775, artt. 20 e 25). Se siano soggetti ad esecuzione forzata gli immobili e beni costituenti i mezzi per l'esercizio della concessione di derivazione di acque pubbliche a scopo idroelettrico (n. 113). Acque pubbliche Concessione di derivazione a scopo idroelettrico Immobili e beni inerenti la concessione -Esecuzione forzata -Vendita all'asta Acquirente -Trasferimento della concessione -Nulla osta della P.A. (t.u. 11 dicembre 1953 n. 1775, artt. 20 e 25). Se, nel caso di vendita all'asta a seguito di esecuzione forzata di immobili e beni costituenti i mezzi per l'esercizio della concessione di derivazione di acque ptibbliche a scopo idroelettrico, il trasferimento della, concessione in favore dell'acquirente sia condizionato al nulla osta dell'Amministrazione (n. 113). AGRICOLTURA E FORESTE Agricoltura e foreste -Violazione a norme di tutela del patrimonio forestale Depenalizzazione (r.d.l. 30 dicembre 1923 n. 3267, artt. 24 e segg.; 1. 9 ottobre 1967 n. 950). Se tutte le violazioni, di qualsiasi tipo, previste dal r.d.l. 30 dicembre 1923 n. 3267 contenente norme a tutela del patrimonio forestale, siano state depenalizzate a seguito dell'entrata in vigore della legge 9 ottobre 1967 n. 950 (n. 77); APPALTO Appalti di opere pubbliche -Revisione prezzi contrattuali -Clausola di esclusione della revisione -Ius superveniens -(d.l.C.P.S. 6 dicembre 1947 numero 1501; art. 2 legge 22 febbraio 1973 n. 37). Se, in virt della nuova disposizione di cui all'art. 2 legge 22 febbraio 1973 n. 37 che vieta ogni fatto contrario al regime revisionale dei prezzi contrattuali negli appalti di opere pubbliche, si debba dare ingresso alla revisione in relazione a contratti di appalto, ove era inserita la clausola di esclusione della revisione, stipulati anteriormente alla entrata in vigore della legge 2 febbraio 1973 n. 37 (n. 383). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Appalti di opere pubbliche Revisione prezzi contrattuali -Ricorso ammznz. strativo Silenzio rigetto -Condizioni -(artt. 5 e 7 d.l.C.S. 6 dicembre 1947 n. 1501; art. 6 d.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199). Se la nuova disposizione, specificamente concernente i ricorsi gerarchici propri, che prevede la formazione del silenzio-rigetto -come presupposto dell'impugnazione giurisdizionale -con il vano decorso del termine di 90 giorni dalla presentazione del gravame, risulti applicab'ile anche -allo speciale ricorso previsto dal d.l.C.P.S. 1947/1501 avverso i provvedimenti della stazione appaltante nella domanda di revisione dei prezzi contrattuali di appalto di opere pubbliche (n. 382). CIRCOLAZIONE STRADALE Circolazione stradale Scontro tra veicoli Impianti semaforici -Inefficienza Responsabilit civile (cod. civ. artt. 2043, 2054). Se la responsabilit negli incidenti stradali causati da inefficienza di impianti semaforici nei quali siano coinvolti automezzi della P.A., possa essere attribuita al Comune (n. 48). ELETTRICIT ELETTRODOTTI Acque pubbliche Concessione di grande derivazione Scadenza, decadenza e rinuncia della concessione Opere di raccolta, regolazione e derivazione -TrfJ.Sflffimento al.lo Stato -(t.u. 11 dicembre 1933 n. 1775, art. 25). Se, nel caso di scadenza decadenza o rinuncia ad una concessione di grande derivazione di acque pubbliche, le opere di raccolta, regolazione o derivazione passino automaticamente in propriet dello Stato, ovvero lo Stato med,esimo abbia la scelta tra l'acquisizione in propriet ed il disporre la demolizione (n. 54). Acque pubbliche -Concessione di grande derivazione -Scadenza, decadenza o rinuncia alla concessione -Opere di raccolta, regolazione o derivazione Trasferimento all'ENEL -(t.u. 11 dicembre 1933 n. 1775, art; 25; d.P.R. 18 marzo 1965 n. 342, art. 9, quinto comma). Se, nel caso di scadenza decadenza o rinuncia ad una concessione di grande derivazione di acque pubbliche, le opere di raccolta, regolazione o derivazione passino automaticamente in propriet dell'ENEL -in virt del subentro disposto dall'art. 9, quinto comma d.P.R. 18 marzo 1965 n. 342 -, ovvero se tale trasferimento si operi solo ed in quanto l'Ente Nazionale per l'Energia Elettrica decida di continuare a produrre energia da quel determinato impianto (n. 54). Acque pubbliche -Concessione di grande derivazione -Scadenza, decadenza o rinunzia ENEL Domanda di concessione per scopi idroelettrici -lst.rut toria -(t.u. 11 dicembre 1933 n. 1775, artt. 7 e 25; d.P.R. 18 marzo 1965 n. 342, art. 9, secondo comma). Se sulla domanda dell'ENEL diretta ad ottenere la concessione di derivazione di acque per scopi idroelettrici, oggetto di precedente concessione scaduta decaduta o rinunciata, debbasi disporre la prevista istruttoria qualora, con detta domanda, concorrano altre domande per scopi idroelettrici o per altri scopi (n. 54). PARTE II, CONSULTAZIONI "'IMPIEGO PUBBLICO :Ufficio Italiano dei Cambi -Dipendenti -Collocamento a riposo per limiti di et -Indennit sostitutiva del preavviso -Determinazione. Se al dipendente dell'Ufficio Italiano dei Cambi collocato a riposo per limiti di et debba essere corrisposta, nelle mensilit dovutagli a norma di regolamento come sostitutiva del preavviso, anche la percentuale del 7 % che 1'Ente tenuto a versare, in ogni emolumento retributivo, nel conto di quie scenza intestato all'impiegato stesso (n. 784). IMPOSTA DI REGISTRO Imposta di registro -Condono -Controversia pendente -Giudi~ato -Successiva domanda di condono -Effetti -(d.l. 5 novembre 1973 n. 660, art. 6; l. 19 dicembre 1973 n. 823, art. 6). Se e in quali limiti sia ammissibile la definizione di controversia tribu taria in ordine alla applicazione dell'imposta di registro, ai sensi della legge 19 dicembre 1973 n. 823, nel caso in cui, nella controversia pendente al 31 ottobre 1973, la domanda di condono sia presentata prima del 28 febbraio 1974 ma dopo che si sia resa definitiva sentenza dell'autorit giudiziaria (n. 418). IMPOSTE DIRETTE .Imposte dirette -Reati finanziari -Dichiarazione unica dei redditi -Presentazione tempestiva ad Ufficio delle Imposte territorialmente incompetente Mancata trasmissione all'ufficio competente -Effetti -(t.u. 29 gennaio 1958 n. 645, artt. 21, 23; 29 e 243). Se incorra nel reato di omessa dichiarazione dei redditi il contribuente che abbia presentato tempestivamente la dichiarazione ad ufficio dell imposte territorialmente incompetente e non sia seguita la trasmissione all'Ufficio -competente (n. 20). REATI FINANZIARI Imposte dirette -Reati finanziari -Dichiarazione unica dei redditi -Presentazione tempestiva ad Ufficio delle Imposte territoriamente incompetente Mancata trasmissione all'ufficio competente -Effetti -(t.u. 29 gennaio 1958 n. 645, artt. 21, 23, 29 e 243). Se incorra nel resto di omessa dichiarazione dei redditi il contribuente .che abbia presentato tempestivamente la dichiarazione ad ufficio delle imposte territorialmente incompetente e non sia seguita la trasmissione all'Ufficio com JPetente (n. 15). NOTIZIARIO CELEBRAZIONE DEL CENTENARIO DELL'AWOCATURA DELLO STATO Il 28 maggio, alle ore 11, nella Sala Vanvitelli del palazzo sede dell'Avvocatura Generale dello Stato si svolta la manifestazione celebrativa del primo Centenario di vita dell'Istituto alla presenza del Presidente della Repubblica On. Prof. Giovanni Leone. Al tavolo della presidenza avevano preso posto: l'On.le Prof. Franco Cossiga, Ministro dell'Interno, che presiedeva la riunione per delega del Presidente del Consiglio impedito per sopravvenuti imprevedibili gravi impegni, l'Avvocato Generale dello Stato Avv. Giovanni Zappal, il Vice Avvocato Generale vicario Avv. Rocco di Ciommo, il Capo di Gabinetto del Presidente del Consiglio Avv. Giuseppe Manzari~ il Segretario Generale dell'Avvocatura dello Stato, Avv. Giorgio Zagari. Ai due lati del tavolo presidenziale avevano preso posto i Vice Avvocati generali, Avvocati: Francesco Agr, Giuseppe Azzariti, Elio Vitucci, Carlo Salto, Giovanni Albisinni, Giovanni Gentile, Francesco Chiarotti, Vito Cavalli e gli Avvocati Q.istrettuali, Avvocati: Alfonso Nigido, Giuseppe Rizzo, Donato Colletta, Francesco Ansaldi, Antonio Ciampoli, Livio Pifferi, Manlio Cecovini, Giovanni Cardia, Francesco De Luca, Lorenzo Barsi, Salvatore Sorce, Giuliano Arcioni, Alfonso Avella, Giuseppe Donadio, Carmelo Buda, Federico Placida, Adone Pistolesi, Carlo Gardelli, Ettore Guerra, Giovanni Coletta ed i Vice Avvocati dello Stato Avv.ti Giuseppe Cippatore e Giovanni Bestente in sostituzione degli Avvocati distrettuali dello Stato di Genova e Torino impediti. Erano inoltre presenti: -Sua Eminenza il Signor Cardinale Dino Staffa Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica; -il Presidente del Senato On. Sen. Giovanni Spagnolli; -il Vice Presidente della Camera dei Deputati On. Oscar Luigi Scalfaro; -gli ex Presidenti del Consiglio On. Giuseppe Pella e On. Mario Scelba; -il Vice President della Corte Costituzionale dott. Luigi Oggioni; -il Presidente emerito della Corte Costituzionale prof. Gaspare Ambrosini; -i Ministri On.li Emilio Colombo, Tommaso Morlino, Gaetano Stammati, Franco Malfatti, Antonino Gullotti, Mario Martinelli, Mario Toros, Lu ciano Dal Falco, Mario Pedini; -i giudici della Corte Costituzionale Nicola Reale, Vezio Crisafulli, Giulio Gioffrida, Ercole Rocchetti, Guido Astuti, Michele Rossano, Antonino De Stefano; - PARm II, NOTIZIARIO -i Presidenti delle Regioni Friuli-Venezia Giulia Antonio Comelli e Trentino Alto-Adige avv. Bruno Kessler; -il Vice Presidente. del: Cnsiglio ,&\periore della Magistratura .On. Giacinto Bosco; -il Vice Presidente del C.N.E.L. On. Giuseppe Rizzo; -il Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione dott. Mario Stella Richter; -il Presidente aggiunto della Suprema Corte di Cassazione dr. Emanuele Danzi; -il Presidente del Consiglio di Stato dott. Gaetano Vetrano; -il Procuratore Generale della Corte di Cassazione dr. Giovanni Colli; -il Presidente della Corte dei Conti prof. Giuseppe Cataldi; -il Presidente del Consiglio Nazionale Forense On. avv. Aldo Casalinuovo; -il Capo di Stato Maggiore della Difesa Gen. C.A. Andrea Viglione; -i Primi Presidenti della Corte Suprema di Cassazione a riposo dott. Ernesto Eula e prof. Giuseppe Flore; -i Presidenti del Consiglio di Stato a riposo dott. Antonino Papaldo e dott. Carlo Bozzi; -il Segretario Generale del Senato dott. Gaetano Gifuni; -il Segretario Generale della Camera dei 'Deputati dott. Antonio Maccanico; -il Nunzio Apostolico rev.mo mons. Romolo Carboni; -il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito gen. C.A. Andrea Cucino; -il Capo di Stato Maggiore della Marina amm. di sq. Gino De Giorgi; -il Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica gen. sq. aer. Dino Ciarlo; -il Comandante della Regione Centrale di Roma gen. C.A. Vincenzo Leonelli; -il Primo Presidente della Corte d'Appello di Roma dott. Giuseppe Vallillo; -il Procuratore Generale della Corte d'Appello di Roma dott. Walter Del Giudice; -il Presidente del Tribunale Supremo Militare gen. C.A. Renzo Apollonio; -il Procuratore Generale militare gen. C.A. Ugo Foscolo; -il Procuratore Generale della Corte dei Conti dott. Mario Sinopoli; -il Consigliere diplomatico del Presidente della Repubblica amb. Federico Sensi; -il Consigliere militare del Presidente della Republica amm. di sq. Luciano Bucalossi; -il Ragioniere Generale dello Stato dr. Vincenzo Milazzo; -il Prefetto di Roma dbtt. Gaetano Napoletano; -il Capo della Polizia Prefetto dott. Giorgio Minichini; -il Comandante Generale della Guardia di Finanza gen. C.A. Raffaele DeI Giudice; RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -il Capo dell'Ufficio Legislativo della Presidenza del Consiglio dei Mini stri dott. Giuseppe Potenza; -il Segretario Generale del Consiglio di Stato On. Renato Laschena; -il Segretario Generale della Corte dei Conti avv. Nicola Vitamore; -il Segretario Generale della Difesa rappresentato dal gen. Mura; -il Presidente del Tribunale Civile e Penale di Roma dott. Pietro Pa scalino; -il Procuratore della Repubblica di Roma dott. Elio Siotto; -il Presidente dell'I.R.I. prof. Giuseppe Petrilli; -il Presidente della Cassa per il Mezzogiorno prof. Gabriele Pescatore; -il Presidente dell'ENI avv. Pietro Sette; -il Presidente dell'Associazione Nazionale Avvocati Enti Pubblici prof. avv. Enrico Esposito; -Mons. Giovanni Canestri; -il Presidente del Poligrafico dello Stato dr. prof. R. Lanza; -il Questore di Roma dott. Ugo Macera; -il Comandante della Divisione Carabinieri di Roma gen. Missori; -il Provveditore agli Studi di Roma prof.ssa Italia Leucaldammo Testa; -il Provveditore alle 00.PP. di Roma ing. Antonio Ruberto; -il Comandante della Legione Carabinieri di Roma col. Enzo Fiorletta; -il Presidente dell'ACI di Roma dott. Vincenzo Del Gaudio; Hanno partecipato alla cerimonia tutti gli avvocati e procuratori dello Stato ed il personale amministrativo dell'Avvocatura Generale dello Stato, molti ex avvocati dello Stato, magistrati, avvocati del foro libero e professori universitari che rincresce non poter ricordare nominativamente. Al termine della cerimonia, nella quale hanno preso la parola il Ministro dell'Interno On. Prof. Franco Cossiga e l'Avvocato Generale dello Stato Avv. Giovanni Zappal, di cui riportiamo i discorsi, il Presidente della Repubblica, accompagnato dalle autorit presenti, attraverso lo scalone d'onore, salito al primo piano dove nelle sale di rappresentanza si intrattenuto con gli Avvocati e Procuratori dello Stato e con il personale amministrativo. Il Ministro dell'Interno On. Prof. Franco Cossiga ha pronunciato il seguente discorso: Signor Presidente, Eminenza, Signor Avvocato Generale dello Stato, Signore e Signori, era proponimento dell'On.le Presidente del Consiglio intervenire a questa solenne cerimonia. Gli impegni politici e parlamentari del momento lo hanno impedito. Ho quindi io l'onore e il compito di esprimere a nome del Governo il com PARTE II, NOTIZIARIO -piacimento pm vivo per la felice ricorrenza del I Centenario della na. cscita di quella importante istituzione che l'Avvocatura dello Stato e .quindi di rivolgere questo indirizzo. E' per me motivo di particolare onore poter aggiungere a questo l mio pi sentito compiacimento personale per questa ricorrenza. E' certo segno di grande vitalit il fatto che questa istituzione abbia superato la prova di un secolo, dominato da radicali mutamenti politici sociali economici, non solo adeguandosi alle nuove realt, ma anzi con tribuendo alla loro affermazione. L'esperienza storica, del resto, ci insegna che esiste _una stretta con nessione tra rinnovamento ed istituzioni. C' autentico rinnovamento sociale e politico quando esso risponda a quello che emerge dalla societ e dalla coscienza popolare. Sono valide quelle istituzioni che sappiano accompagnare le spinte .al mutamento verso costruttivi traguardi. Le strutture istituzionali per -costituire un sicuro alveo, che scongiuri i pericoli di dispersione delle energie e di disordine traumatico, debbono essere solide ed efficienti. Solo allora le forze politiche riescono a svolgere un'azione incisiva ed innovatrice che assicura il progresso della societ nella continuit .dello Stato. Una continuit che non si limita a tutelare la tradizione, il -patrimonio dei valori acquisiti contro ogni temibile involuzione, ma che si apre al nuovo scaturente dal travaglio storico di un popolo. Le vicende dell'Avvocatura dello Stato sono in questo senso assai significative. Nata da una delle prime riforme democratiche e progressi~ ve dell'Italia unita -la sottoposizione dello Stato al giudice ordinario, -con conseguente necessit di una sua efficiente ed unitaria difesa -essa cseppe fin dall'inizio cogliere nel suo compito, al di l del momento dialet" tico e contingente della tutela dell'interesse pubblico in conflitto con quello -del privato, il permanente dovere di equit proprio dello Stato, da attuarsi per parte sua, collaborando ad una corretta amministrazione della giustizia. E' questo un patrimonio ideale che ha accompagnato l'Avvocatura nei cento anni della sua storia, facendone sicuro e non sostituibile ausilio dell'azione di Governo in tutti quei campi in cui interessi privati o co munque settoriali possano entrare in conflitto con quello generale rappre sentato dallo Stato. Il Paese molto cresciuto nei cento anni che celebriamo e l'Istituto .cui il Governo rivolge oggi il suo saluto cresciuto con esso, paS"sando dalla iniziale limitata dimensione di settore all'odierna collocazione. Era allora poco pi di un ufficio del Ministero delle Finanze, incari cato di tutelare gli interessi patrimoniali di parte della pubblica Ammini strazione, oggi una struttura autonoma, che cura in via generale e in modo armonico la tutela di tutti gli interessi pubblici perseguiti dallo Stato e dalle sue articolazioni. 40 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Questa evoluzione si riflette nell'abbandono della antica denominazione di Avvocatura Erariale e nell'adozione di quella attuale di Avvocatura dello Stato; e nel passaggio della sua collocazione da un particolare settore dell'Amministrazione.. nel quadro della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ci corrisponde alla pi comprensiva funzione di tutela oggi commessa all'Avvocatura, che chiamata ad operare non pi solo per dirimere il conflitto patrimoniale di stampo ottocentesco fra Stato e cittadino, ma anche per collaborare alla risoluzione di conflitti di grave momento, quali quelli che si dibattono dinnanzi alla Corte Costituzionale intorno ai limiti delle attribuzioni tra i poteri dello Stato, ovvero quelli che vengono discussi dinnanzi alla Corte di Giustizia delle Comunit Europee riguardanti l'interpretazione delle norme comunitarie e la posizione degli Stati .membri nell'ambito comunitario. IstitUita per maggior compimento di giustizia e miglior funzionalit dello Stato di diritto, l'Avvocatura, per la competenza e la sensibilit dimostrate, ha acquisito un indiscusso patrimonio di prestigio. Bench l'organico ed i mezzi a disposizione non abbiano subto vistosi aumenti rispetto al passato, l'Avvocatura dello Stato ha puntualmente adempiuto ai compiti (sempre crescenti e sempre pi differenziati) ad essa.affidati; ha fronteggiato i problemi nuovi che il progredire del Paese andava proponendo; corrisponde oggkalle pi sofisticate esigenze di 1JI1a moderna societ pluralista. Il lusinghiero bilancio del primo secolo di vita dell'Istituto costituisce il migliore auspicio per il futuro e garanzia certa per il Governo della Repubblica, di poter sempre trovare nell'ausilio tecnico dell'Avvocatura dello Stato tutta la esperienza, la competenza, la efficienza e la duttilit che una societ in rapido movimento render, di volta in volta,. necessarie. * * * L'Avvocato Generale dello Stato Avv. Giovanni Zappal ha pronunciato il seguente discorso: Signor Presidente della Repubblica, il vivissimo ringraziamento che Le rivolgo per aver voluto onorare con la Sua presenza questa manifestazione celebrativa del primo centenario del nostro Istituto diretto non solo a chi regge la Suprema Magi stratura della Repubblica, ma anche all'illustre maestro di diritto edl all'avvocato che nel foro ha dato ineguagliabile esempio, a tutti noi, di rara arte oratoria e di somma perizia professionale. Ringrazio: Il Signor Cardinale Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica; ...........,~ PARTE II, NOTIZIARIO !'On.le Presidente del Senato e l'On. Vice Presidente della Camera dei Deputati; il Signor Vice Presidente della Corte Costituzionale; gli onorevoli Ministri; gli Onorevoli Presidenti delle Regioni Trentino-Alto Adige e Friuli Venezia Giulia; i Vice Presidenti del Consiglio Nazionale dell'Economia e del lavoro e del Consiglio Superiore della Magistratura; il Presidente ed il Procuratore Generale della Suprema Corte di Cassazione; il Presidente del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti; i rappresentanti degli Ordini forensi, dei Corpi Accademici, delle Forze Armate, della Pubblica Amministrazione e quanti hanno voluto onorare con la loro presenza questa riunione; in particolare ho il dovere di ringraziare Lei, On.le Ministro dell'Interno, per le parole di vivo apprezzamento che ha voluto indirizzare per incarico del Presidente del Consiglio, impedito, per sopravvemiti urgenti, gravi impegni e che sono state a noi particolarmente gradite. L'Avvocatura dello Stato lieta di ricevervi nella sua sede, recentemente restaurata, opera di Luigi Vanvitelli che, se non caratterizzata da stile aulico e solennit corale, come la Reggia di Caserta, rileva nella nobilt delle linee e nelle dimensioni contenute ed armoniche la genialit del grande architetto del settecento; ed lieta di accogliervi in questa bella sala, dominata da un grande affresco, rara opera romana di Gregorio Guglielmi, rappresentante uno dei miracoli pi significativi del Nuovo Testamento, la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Ascriviamo a nostro privilegio il poter lavorare fra queste antiche mura, erette per onorare la poliedrica personalit di un uomo che stato, insieme, un grande santo ed un grande filosofo: esegeta, metafisico, psicologo, che giovanissimo, mentre si avviava con successo alla professione forense, fu spinto dalla lettura dell'Ortensio di Cicerone, dalla vibrante esortazione alla ricerca della sapienza, che la sola immortale, come egli stesso scrisse nelle Confessioni, a ricercare altro impegno per il suo animo nobilissimo. E dalle principali esperienze personali di cui S. Agostino ha dato testimonianza con la sua vita e con le sue opere: l'amore. per la sapienza, il culto per l'amicizia, la nobilt e fortezza di carattere, noi traiamo ispirazione per il nostro lavoro. 'Benedetto Croce in Etica e . Politica ha scritto che ogni istituto che si crei deve, per vivere, diventare interesse dei singoli, sentimento, affetto, ricordo, speranza: il che, agli occhi dell'astratto 'razionalista, un contaminarsi, ma, nella realt, un semplice rigettare l'astrattezza per la vita. Ci tanto pi vero per il nostro Istituto nel quale, il carattere eminentemente professionale della funzione, esalta e stimola l'interesse e l'attivit dei singoli; sicch la storia del primo secolo della sua vita RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO indissolubilmente, legata alle vicende degli uomini che vi hanno operato: alla loro intelligenza, alla loro cultura, al loro temperamento, alle loro qualit professionali. Inizio, perci, il mio dire rendendo omaggio a tutti gli Avvocati e Procuratori dello Stato che, durante un secolo, hanno profuso, spesso per l'intera vita, il loro ingegno e le loro forze nella difesa. degli interessi della collettivit, contribuendo a costruire con il loro la-voro, giorno per giorno, quella tradizione di seriet e preparazione professionale che , oggi, non contestabile nostro patrimonio comune. Volendo dire di alcuni di loro, devo, in primo luogo, ricordare il fondatore dell'Istituto, Giuseppe Mantellini, romanista, giuspubblicista ed avvocato di eccezionale valore, dotato di quell'ecletticit e profondit di cultura che fu caratteristica dei grandi giureconsulti dell'ottocento. Ed il suo successore, Giacomo Costa, che, quale Ministro Guardasigilli, aveva progettato quelle grandi riforme nell'amministrazione della giustizia che'. una fine prematura gli imped di realizzare. Giandomenico Tiepolo, succeduto al Costa, resse l'ufficio con quello stesso attaccamento ai propri ideali che lo aveva spinto nel 1859 a partecipare, da volontario, alla seconda guerra di indipendenza. Di Adriano De Cupis vanno ricordati i servizi, veramente luminosi che egli, conoscitore profondo della Amministrazione, rese allo Stato riunendo in s, in modo incomparabile, le doti pi ambite. Avvocato di indiscusso valore Giovanni Villa aveva conseguito meritata fama nel Foro, prima della nomina ad Avvocato Generale. Fedeleservitore dello Stato non esit ad accettare, durante la fase pi drammatica della prima guerra mondiale, pesanti responsabilit: Ministro dei trasporti e Vice Presidente del Consiglio, l'avverso destino gli imped di dare all'Avvocatura ed al Governo quel maggior contributo che dal su0> straordinario valore intellettuale era da attendersi. Devo, infine, ricordare gli ultimi tre Avvocati Generali con i quali ho avuto l'onore di collaborare direttamente. Gaetano Scavonetti concep la vita pubblica come una continua bat-taglia alla quale partecip con animo aperto e senza esitazioni, apportandovi il contributo di una tenacia, di una operosit senza pari. Eglir ben a ragione, ricordato come il restauratore delle fortune dell'Istituto e la sua figura si erge nei nostri ricordi come animata da un irresistibilefascino. E' viva nel ricordo di molti di noi la figura di Adolfo Giaquinto, serena e semplice, che pur non dissimulava una cultura profonda ed una acutezza di pensiero non comune, che egli pose costantemente, in diversi campi, a servizio dello Stato. A Salvatore Scoca mi legava una pura e costante amicizia, una perfetta comunione di sentimenti e di intenti. Acuto ed agilissimo il suo ingegno recepiva le manifestazioni pi varie e diverse; e sia che si trattasse PARTE II, NOTIZIARIO 4J' di questioni sottili di diritto o complesse di economia o di finanza, com uguale forza assimilatrice le analizzava e le risolveva. La figura dell'uomo politico e dell'Avvocato dello Stato non vennero0 mai in contrasto, ma quasi, vicendevolmente si integrarono; e dimostr come fosse possibile, operando nella politica e nel governo, essere giusto. E di molti ancora dovrei dire, fra coloro che indossarono la toga di avvocato dello Stato: Oronzo Quarta, Giovanni Pagano Guarnaschelli,. Salvatore D'Amelio, Ernesto D'Agostino, Achille Nucci, Giancarlo Messa, Francesco Lo Bianco, Augusto Ortona, Francesco Di Gennaro, Raffaele Pio Petrilli, Gaetano Pulvirenti, Luigi Medugno, Francesco Selvaggi e tanti altri, che la ristretttezza del tempo mi impedisce, sia pur fugacemente,, di ricordare. * * * Tenter ora di tracciare, in rapida sintesi, le linee di sviluppo del-l'Istituto nel primo secolo di vita. E' indubbio che l'Avvocatura erariale derivi, direttamente, dall'Avvocatura toscana. Non certo a caso fu Giuseppe Man,tellini -ultimo Avvo-cato regio di Toscana e Deputato al Parlamento -ad essere relatore della legge 28 novembre 1875 ed estensore del decreto 16 gennaio 1876. Non certo a caso lo stesso Mantellini fu il primo Avvocato Generale. Si realizz, cos, un raro esempio di trapianto di un istituto toscano nel tessuto connettivo dello Stato unitario, che aveva, invece, preferito ispirarsi a strutture piemontesi e borboniche. Per comprendere quale fosse l'anima che, per mediazione del Man-.. tellini, si reincarn nell'Avvocatura Erariale, occorre ricordare che, nell'ordinato ed efficiente regime pre-liberale della Toscana dei Lorena, la Pubblica Amministrazione era assoggettata al giudizio dei Tribunali ordi-nari. I giudici del contenzioso amministrativo esercitavano una giurisdizione di eccezione, limitata a pochi casi, espressamente previsti dalla legge. Al vertice del sistema giudiziario era la Corte di Cassazione, .. che esercitava anche la funzione di giudice dei conflitti. In tale quadro si collocava la magistratura dell'Avvocato Regio, istituita, con motu-proprio di Pietro Leopoldo del 17 maggio 1777, per la difesa delle cause dell'amministrazione da trattarsi, come egli stesso,.. espressamente, prescriveva, con puro spirito di verit e di giustizia eperch l'interesse del Fisco non prevalga mai alla ragione dei privati , la quale, gradualmente, and ampliando i suoi compiti, s che, alle soglie dell'Unit, l'Avvocato Regio es_ercitava una funzione, integrale e bivalente, .. di difensore dello Stato e difensore della legge. Gli era affidato, infatti, il compito della tutela della personalit internazionale dello Stato e della difesa dell'amministrazione dinanzi ai giudici toscani, in veste neutra ed'. imparziale e nel superiore interesse della legge. 46 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO blico, al fine ultimo di assicurare la piena legalit dell'azione amministrativa. Dopo un primo passo nel 1913, con l'introduzione di una normativa che ridusse, grandemente, il numero e l'autonomia degli avvocati delegati, un secondo e fondamentale passo fu compiuto, nel 1923, con la istituzione del Foro Erariale, che, consentendo l'abolizione della difesa delegata, si pose come strumento tecnico determinante perch la difesa dello Stato fosse ordinata sulla base di una razionale unit organica e funzionale. 'La concentrazione delle cause dello Stato permise, oltre che una pi agevole visione globale dei vari interessi ed una linea difensiva unitaria, una specializzazione dei giudici nella delicata area di una tipologia di conflitti, caratterizzati dalla ricerca della linea di demarcazione fra principio di libert e principio di autorit. In ultima analisi, l'obiettivo cui conduce il foro speciale peraltro -come ha anche ritenuto la Corte Costituzionale -la certezza del diritto nei rapporti fra Stato e cittadino, con vantaggio per entrambi. Non un caso, d'altronde, che con provvedimento coevo a quello istitutivo del Foro Erariale, venisse unificata la Corte di Cassazione: entrambe le normative furono, infatti, ispirate al perseguimento della certezza del diritto: nell'un caso per il fine specifico della giustizia dell'amministrazione, nell'altro per il primato della legge nell'amministrazione della giustizia. * * * :~ La costituzione repubblicana e la partecipazione dell'Italia alle nuove forme di cooperazione internazionale e sovranazionale, hanno aperto all'Istituto l'orizzonte di nuovi compiti e di nuove funzioni, gli uni e le altre subito assolti ed esercitate in virt di quella potenzialit espansiva dell'Avvocatura, derivatale dalla matrice, gi contenente, in nuce, i segni dei futuri sviluppi. Semplificando al massimo, le due nuove importantissime funzioni, attribuite all'Istituto nel secondo dopoguerra, si risolvono in una istitu zionale difesa dello Stato -ordinamento, dinanzi al giudice delle leggi, e dello Stato -soggetto di un ordinamento sovranazionale, nell'ambito di tale diverso ordinamento e dinanzi al giudice in esso incardinato. Le ristrette vesti di organo dello Stato-amministrazione ove mai siano esistite, appartengono, ora, solo alla storia dell'Istituto che, non a caso, ha mutato, gi da tempo, la propria denominazione da Avvocatura Era riale in Avvocatura dello Stato, nel corso di un processo, poi proseguito nella stessa linea di tendenza, senza soluzioni di continuit; sicch l'origi naria difesa patrimoniale dello Stato sulla base di un diritto privato di PARTE II, NOTIZIARIO tradizione bimillenaria, andata evolvendosi, in progressione, nella difesa legale dello Stato, tout court, in tutte le sue articolazioni. Se una indicazione, sia pure sommaria, dei contributi dell'Avvocatura in un secolo di storia del diritto pubblico non possibile, tuttavia, vanno ricordati i momenti pi significativi del suo apporto. Le riforme del 1865 e la legge sui conflitti del 1877, ispirate ad una visione dogmatica del principio delle divisioni dei poteri, avevano affidato alla elaborazione giurisprudenziale due temi essenziali: l'individuazione dell'oggetto del giudizio di attribuzione della giurisdizione e la definizione della nozione di diritto civile e politico, contrapposta a quella di interesse. Compito primo dell'Awocatura fu, dunque, l'elaborazione di una linea di difesa unitaria e coerente in proposito. In ordine al riparto delle competenze, furono subito gettate dal Mantellini le basi di quella teoria, che doveva svilupparsi ed affermarsi anni dopo con il nome di teoria della improponibilit assoluta della d~manda ; mentre quanto alla distinzione fra diritti ed interessi, essa fu ragguagliata alla famosa distinzione fra atti compiuti dallo Stato iure gestionis ed atti compiuti iure imperii, secondo una linea difensiva, seguita con successo per circa quaranta anni, prima che prevalesse il pi moderno criterio discretivo della discrezionalit, a sua volta superato, o, meglio, integrato, in tempi pi recenti, da quello della contrapposizione fra norme di azione e norme di relazione. L'Avvocatura, che nella relazione del 1883 aveva caldeggiato l'attribuzione al Consiglio di Stato del compito di sindacare la legittimit degli atti amministrativi, dimostrando cos come il difensore dell'Amministrazione, sin da allora, sentisse la responsabilit di una superiore funzione di giustizia, contribu, poi, dopo l'istituzione della IV Sezione del Consiglio di Stato nel 1889, al contrastato riconoscimento del carattere giurisdizionale delle nuove funzioni, sostenendo con successo, dinanzi alla Cassazione, la ricorribilit per incompetenza ed eccesso di potere delle relative decisioni. La creazione del giudice degli interessi legittimi impegn, naturalmente, la difesa dello Stato nella ricerca della linea di demarcazione tra quelli ed i diritti soggettivi ed in quella sede, l'Avvocatura elabor, ben presto, la teoria del petitum sostanziale, iniziando la battaglia -che doveva concludersi vittoriosamente molti anni dopo -contro la teoria della prospettazione o della doppia tutela . Un contributo partiolarmente importante fu, poi, fornito dall'Avvocatura in tema di responsabilit della pubblica Amministrazione. La difesa dello Stato .mir, innanzitutto, ad impedire che, sotto prospettazioni risarcitorie, venissero effettuati sindacati sull'azione amministrativa o, comunque, che venissero chiesti al giudice provvedimenti che gli erano preclusi nei confronti delle P. A. Si affin, cos, da un lato, l'analisi volta ad individuare l'oggetto sostanziale della domanda, si svi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lupp, dall'altro, la tematica del tipo di pronuncia precluso all'A.G.O. nei confronti della P. A. In tema specifico di responsabilit, poi, venne elaborata dall'Avvocatura una completa impostazione teorica, che limitava la configurabilit di una responsabilit diretta alle ipotesi di danni arrecati nello svolgimento di attivit disciplinate dal diritto privato, in base alla nota distinzione fra atti di gestione ed atti d'impero, ed escludeva la possibilit di ipotizzare una responsabilit indiretta per fatto del dipendente. * * * Questi in definitiva i grandi temi della difesa erariale: sarebbe un fuor d'opera percorrere l'evoluzione e gli sviluppi delle tesi lontane, ora ricordate, fino ai giorni nostri. Giover, tuttavia, osservare come la sensibilit della difesa dello Stato sia stata e sia rivolta, soprattutto, a temi che si risolvono nelle grandi questioni pregiudiziali dei conflitti di attribuzioni e di giurisdizione. Ci non deve sorprendere e sembrano, davvero, poco meditate le critiche fatte all'Istituto per una sua pretesa eccessiva propensione alle questioni pregiudiziali. Non deve dimenticarsi, infatti, che l'Avvocatura opera, non gi soltanto per la contingente tutela dell'interesse dedotto in lite, come normalmente avviene per un privato patrocinatore, ma anche -e soprattutto per il fine immanente della realizzazione degli interessi generali della pubblica Amministrazione. Punti di riferimento necessari del difensore dello Stato sono, dunque, la legalit dell'azione amministrativa e, pi in generale, il rispetto delle leggi, prime fra tutte quelle che delineano i criteri discriminatori delle competenze fra i Poteri dello Stc:ito e fra i diversi organi giurisdizionali, chiamati a decidere i differenti tipi di controversie. Regola prima ed essenziale di buon funzionamento di una societ organizzata ed articolata , infatti, quella che impone a ciascun organo di esercitare tutte, e solo, le funzioni conferitegli. Compito primo dell'Avvocatura, nel perseguimento del fine immanente di difesa del pubblico interesse, , dunque, quello di vegliare a che la giustizia nell'amministrazione e l'amministrazione della giustizia si realizzino attraverso l'opera fisiologica degli organi amministrativi e giudiziari, deputati alle varie funzioni che a tale realizzazione concorrono. Sembra, quindi, legittimo concludere che l'ipotesi storica formulata all'inizio appare confermata dalla realt attuale. L'Avvocatura dello Stato passata, infatti, dalla limitata tutela degli interessi patrimoniali di uno Stato accentrato, alla tutela in giudizio di tutti gli interessi pubblici perseguiti, in ogni sede, da uno Stato moderno, direttamente o tramite varie possibili articolazioni pluralistiche, con il compito specifico di realizzare un'insoppremibile esigenza di coordinamento, pur nel rispetto delle diverse autonomie. Orbene, un tale rilevante incremento di funzioni -he I I ! PARTE II, NOTIZIARIO pu definirsi un salto di qualit -non sarebbe stato possibile se, fin dall'inizio, non ci fosse stata nell'Istituto, a mordere i freni delle anguste strutture iniziali, un'anima meritevole di ben pi ampi orizzonti, qual'era quella della nobile istituzione toscana. L'evolversi e l'ampliarsi dei compiti dell'Avvocatura, non che. comportare problemi di riconversione tecnica, fu, dunque, soltanto il fisiologico distendersi e realizzarsi di una potenzialit espansiva sottoutilizzata. L'antica matrice legalitaria e garantistica gi conteneva, in nuce, i segni dei futuri sviluppi; s che ha potuto verificarsi con estrema naturalezza, cos per il legislatore, come per l'Istituto, l'evoluzione cui si accennato. L'Avvocatura, infatti, oggi chiamata non pi soltanto a tutelare la giustizia nell'amministrazione, ma anche ad operare sulla linea di contatto fra i Poteri dello Stato, fra Stato e Regioni, fra Stato e Comunit Europee. chiamata, cio, a partecipare alla verifica, non solo della conformit alla legge dell'atto amministrativo, ma anche della conformit alla Costituzione degli atti normativi sovranazionali, statali e regionali. Il fine da essa perseguito, la realizzazione della legalit, si, colloca, ormai in una realt pluridimensionale, passata, dalla ottocentesca singola contrapposizione Stato-cittadino, alla odierna prospettazione di dualismi, potenzialmente conflittuali, quali Potere legislativo e Costituzione, Stato e Regioni, Stato e Comunit Europee. Il campo d'azione dell'Avvocatura deve, quindi, ormai, necessariamente trascendere la sola considerazione degli interessi pubblici, rimasti di competenza della persona giuridica pubblica statuale, rifuggire da sterili contrapposizioni, utili solo come momento dialettico e contin gente, ed aprirsi, invece, alla valutazione di tutti gli interessi coesistenti, nel perseguimento di un fine di globale coordinamento dell'attivit di enti ed organi titolari di potest pubbliche e degli interessi ad essi affidati. Il congresso internazionale indetto, iJ:\ Roma dal 10 al 14 maggio prossimo, dall'Avvocatura dello Stato, in occasione della c~lebrazione del centenario, nel quale si incontreranno 60 delegazioni di istituzioni estere similari alla nostra, costituir un utilissimo confronto di esperienze diverse, dal quale ci ripromettiamo di trarre utili elementi per il perfezionamento della organizzazione del nostro istituto. Cento anni di storia hanno dimostrato che l'Istituto, adeguandosi al mutare dei tempi ed all'evolversi ed ampliarsi dei suoi compiti, li ha saputi bene assolvere nel passato. Siamo certi che sapr assolvere quelli del futuro. A ricordo del centenario, oltre alla consueta relazione quinquennale al Presidente del Consiglio dei Ministri, relativa agli anni 1971-75, che completa il primo ciclo secolare, iniziato nel 1876, che , ora, costituito da ben quarantuno volumi, stato redatto uno studio sull'origine storica dell'Istituto e sulla evoluzione delle sue funzioni e dei suoi ordinamenti fO RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO da un gruppo di colleghi, diretto dal Vice Avvocato Generale Rocco di Ciommo, che desidero ringraziare, pubblicamente, per l'impegno posto nell'esecuzione dell'incarico. stato anche emesso un brancobollo commemorativo e coniata una medaglia raffigurante Papiniano, advocatus fisci, che Giuseppe Mantellini indic ai suoi avvocati quale antistes juris e Maestro. Nel presentarLe, Signor Presidente, questi nostri lavori e questi nostri ricordi celebrativi del centenario e nel pregarLa di voler gradire questo omaggio, desidero sottolineare che, attraverso la Sua persona, intendiamo anche onorare la sapienza giuridica, la toga dell'avvocato e, soprattutto, le Istituzioni della Repubblica, che gli avvocati dello Stato sono impegnati a difendere, strenuamente, nelle aule di giustizia e, con ci, a consolidare nella coscienza di tutti gli italiani. PARTE II, NOTIZIARIO CONSIDERAZIONI SULL'ATTUALE STATO DEL PALAZZO SEDE DELL'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, GI CONVENTO DI S. AGOSTINO da LUIGI VANVITELLI Edizioni Scientifiche Italiane Napoli 1973 Parte Seconda del Prof. Roberto Pane L'attivit di Luigi Vanvitelli fuori del Regno delle due Sicilie Pag. 61 (omissis). L'adattamento degli antichi edifici conventuali italiani a pubbliche destinazioni, come uffici, scuole, caserme, carceri, ecc., operazione di vecchia data, di cui non qui il caso di ripercorrere le complesse e, quasi sempre, distruttive e squallide vicende. Sta di fatto che, nella maggior parte dei casi, sono venuti meno, sia il criterio della tutela dell'edificio come bene culturale, sia la sua pratica rispondenza ad una nuova destinazione; in tal senso, dunque, si pu affermare che il Convento di S. Agostino rappresenti una tanto rara quanto fortunata eccezione. Anzi va aggiunto qualcosa di pi, e cio che nessuna moderna costruzione romana -tra le numerosissime che gi in origine sono state destinate a pubbliche funzioni -si presenta con altrettanta dignit e decoro >>. Pag. 93, nota n. 20 (omissis). Altra soluzione non poteva, purtroppo, essere realizzata, tenuto conto delle disponibilit dell'edificio in rapporto alla sede dell'Avvocatura, che ha succeduto a quella del Ministero della Marina. Va aggiunto per che, mentre il precedente insediamento aveva provocato gravi alterazioni, suddividendo vani in senso verticale e orizzontale, l'Avvocatura dello Stato ha, per merito ed iniziativa dell'Avvocato Generale Giovanni Zappal, operato un graduale ed efficiente restauro di tutto l'edificio; restauro che si concluso nel 1968 con la sala del refettorio, dedicandola al nome di "Vanvitelli". Tenuto conto dello scempio che le pubbliche amministrazioni hanno normalmente compiuto in Italia, a danno di edifici di interesse storico artistico il caso suddetto degno di particolare segnalazione . i I. Iii