MARZO-APRILE 1977 ANNO XXIX -N. 2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 197 7 ABBONAMENTI - ANNo L. 12.75.0 UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . . 2.250 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/2640 Stampato in Italia Printed in ltalr Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1960 (7219053) Roma, 1977 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura de/l'avv. Giuseppe Ange/ini-Rota e de/l'avv. Franco Favara) . pag. 20 I Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE (a cura del/'avv. Arturo Mrzano) . 229 Sezione terza: GIURISPRUDENZA SDIZIONE (a cura SU QUESTIONI DI GIURIde/ l'avv. Carlo Carbone) . 249 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA cato Adriano Rossi) CIVILE . (a cura de/l'avvo 266 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura de/l'avv. Ugo Gargiulo e de/l'avv. Raffaele Tamiozzo) 276 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA vocato Carlo Bafle) . (a cura del/'av 296 Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (a cura de/l'avv. Paolo Vittoria) . 331 Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura de/l'avv. Paolo Di Tarsia di Be/monte) . 348 Porte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI NOTIZIARIO LEGISLAZIONE pag. 41 CONSULTAZIONI 52 La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE A_VVOCATURE Avvocati Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Michele DIPACE, Bologna; Giovanni CoNTU, Cagliari; Americo RALLO, Caltanissetta; Filippo CAPECE MINUTOLO DEL SASSO, Catanzaro; Raffaele TAMrnzzo, Firenze; Francesco GuICCIARDI, Genova; Adriano RossI, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, ,Lecce; Marcello DELLA VALLE, Milano; Aldo ALABISO, Napoli; Nicasio MANcuso, Palermo; Rocco BERARDI, Potenza; Umberto GIARDINI, Torino; Maurizio DE FRANCHIS, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo MAND, Venezia. ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI BAFILE C., I caratteri fondamentali del nuovo processo tributario delineati dalle Sezioni Unite . . . . . . . . . . . . I, 302 I, 289 CARAMAZZA I., In tema di competenza per connessione MARZANO A., Ancora sui rapporti tra la normativa comunitaria e gli interventi nazionali diretti a contenere l'aumento dei prezzi . . . I, 229 VITTORIA P., Ritardata consegna dei lavori e tutela degli interessi dell'appaltatore negli appalti pubblici . . . . . . . . . I, 333 m1111r1,1a111111tr111111111111111111t11&1111l.1r111111;r1111i1111111111t1 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRIATTO AMMINISTRATIVO CIT -Antiche utenze -Pagamento del canone -Riconoscimento -Provvedimento della P.A. -Valore meramente ricognitivo, 267. -Competenza e giurisdizione -Tribunali regionali delle acque e tribunale superiore -Sottensione di utenza Giurisdizione del tribunale superiore -Fattispecie, 340. -Concessione e derivazione -Sottensione -Parziale -Indennizzo -Mancata determinazione -Illegittimit della concessione, 341. -Concessione e derivazione -Sottensione di utenza -Esclusione allo stato e riserva di ulteriori sperimentazioni -Valutazione perplessa -Insussistenza, 340. -Concessione e derivazione -Sottensione di utenza -Silenzio-rifiuto sull'istanza .di liquidazione del compenso -Impugnazione -Previa impugnazione dei provvedimenti del procedimento di concessione -Necessit Esclusione, 341. APPALTO ..:_ Appalto di opere pubbliche -Maggiori richieste dell'appaltatore -Onere della tempestiva riserva -Forma Equipollenti -Inammissibilit -Fattispecie in tema di ritardata consegna, con nota di P. VITTORIA, 332. ARBITRATO -Lodo -Impugnazione per nullit Motivi di impugnazione -Oggetto del compromesso -Valutazione di beni Applicazione di un criterio non previsto -Omessa pronunzia sull'oggetto del compromesso -Insussistenza, 331. -Atto presupposto -Effetti della decisione di riforma in appello sugli atti conseguenziali, 281. -Competenza -Edilizia scolastica Passaggio alle Regioni -Effetti, 284. -Concessioni amministrative -Imprese esercenti pubbliche attivit -Gestioni commissariali -Funzione e natura -Competenza del giudice -Foro della P.A. -Limiti -Cause in cui parte una P.A., 273. -Silenzio-rifiuto -Normativa applicabile -Estensione, 287. -.sottensione di utenza -Liquidazione del compenso -Inerzia dell'amministrazione -Sifomiio-rifiuto -Ammissibilit, 341. -Vizi -Violazione di legge -Jura novit curia -Applicabilit -Fattispeci~, 283. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Consiglio di Stato -Tribunali Amministrativi Regionali -Atti di organi centrali dello Stato -Ricorsi proposti anteriormente all'insediamento dei T.A.R. -Passaggio medio tempore della materia alle Regioni -Competenza del Consiglio di Stato in unico grado -Permane, 276. -Improponibilit. assoluta della domanda -Procedimento penale -Ordine di espulsione di testimone dall'aula -Pomanda di risarcimento, 259. -Provvedimenti disciplinari contro magistrati -Ricorso alle sezioni unite della Corte di cassazione -Difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, 249. -Regolamento di giurisdizione -Intervento adesivo: legittimazione, 259. -Risarcimento danni -Interessi moratori dovuti dalla P.A. -Giurisdizione dell'A.G.O. -Sussiste, 286. INDICE DBLLA GIURISPRUDENZA vu ...,... Sanit pubblica Profilassi della tu bercolosi bovina e bonifica degli allevamenti. Veterinario condotto: com pensi Controversie Giurisdizione dell'A.G.O., 254. COMUNE -Elezione a sindaco Parenti o affini del segretario comunale Esclusione, 201. ~ Elezioni comunali Ineleggibilit Stipendiati o salariati da ente dipen dente Litiganti con il comune Illegittimit costituzionale, 202. - Elezioni comunali -Presidente d'ente sovvenzionato dal comune Ineleggibilit, 201. COMUNITA EUROPEE -Agricoltura Organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali Vendite da parte di uno Stato membro a prezzo inferiore al prezzo indicativo -Incompatibilit con l'organizzazione comune dei mercati, con nota di A. MARZANO, 229. -Corte di giustizia -Questioni pregiudiziali di interpretazione Efficacia vincolante delle sentenze Limiti, con nota di A. MARZANO, 229. -Regole di concorrenza -Aiuti concessi dagli Stati -Incompatibilit con il mercato comune Limite, con nota di A. MARZANO, 229. CONTRATTI AGRARI -Mezzadria Coltivatore diretto concedente Cessazione della proroga Non previsione di indennizzo -Legittimit costituzionale, 224. DANNO -Comportamento del precettore o del maestro in classe Imprevedibilit dell'evento, 274. -Incidenza della svalutazione Petitum -Immutabilit -Sussiste, 275. -Obbligo di impedire l'evento -Presunzione di responsabilit -Sussiste, 274. EDILIZIA -Piano regolatore -Attrezzature pubbliche Minimi previsti dal D.M. 2 aprile 1968 Maggiorazione -Limiti, 277. -Piano regolatore -Competenza e giurisdizione Ricorso contro provvedimento dell'Amministrazione statale , Passaggio medio tempore de1lia materia alle Regioni Competenza del Consiglio di Stato in unico grado Permane, 276. -Piano regolatore generale -Divieto di costruzione Lottizzazione convenzionata Necessit di motivazione idonea Sussiste, 277. -Piano regolatore generale -Licenze di costruzione -Pareri -Obbligo del parere della Soprintendenza ai Monumenti Previsione contenuta nel p.r.g. Legittimit Sussiiste, 277. - Piano regolatore generale Necessit della relazione ecOOJ.omico-finanzrarfa ex art. 30 :I. .17 agosto 1942, n. 1150 Non sussiste, 277. -Piano regolatore generale -Necessit di ripubblicazione ex art. 9 L J.,150/ 1942 a seguito di modifiche d'ufficio Non sussiste, 277. - Piano regolatore generale -Piani particolareggiati Rinvio -Effetti, 277. -Piano regolatore generale -Reiezione delle osservazioni dei privati . Necessit di analitica motivazione Non sussiste, 277. -Piano regolatore generale . Tabelle d'ambito Modifiche d'ufficio Relazione e limiti, 277. ESECUZIONE FISCALE - Ingiunztone ex r.d..14 aprile .1910, n. 639 Caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto -Opposizione Inversione processuale -Prova One-' re dell'opponente, 266. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Norme di procedura Disponibilit delle prove -Applicabilit Limiti, 283. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO VIII -Procedimento -Giudizio di appello Impugnabilit delle ordinanze di sospensione -Non sussiste, 286. -Procedimento -Sospensione -Pregiudizialit del ricorso straordinario al Capo dello Stato -Applicabilit dell'art. 295 c.p.c. -Necessit di deferimento all'Adunanza Plenaria -Sussiste, 282. -Procedimento -Sospensione -Pregiudizialit di altro giudizio -Applicabilit dell'art. 295 c.p.c. -Sussiste, 285. -Procedimento -Sospensione -Pregiudizialit di giudizio civile rispetto al giudizio amministrativo -Effetti, 282. -Ricorso giurisdizionale -Appello Intervento -Mancata preventiva proposizione del ricorso in primo grado -Inammissibilit dell'intervento Sussiste, 281. -Ricorso giurisdizionale -Giudizio di appt!llo -Deduzione in appello di inammissibilit del giudizio di primo grado -Forma -Mancata proposizione di appello incidentale -Preclusione, 285. - Ricorso giurisdizionale -Piano regolatore -Impugnabilit delle deliberazioni comunali prima della emanazione del decreto ministeriale di approvazione -Limiti, 276. IMPIEGO PUBBLICO -Stipendi ed emolumenti vari -Decorrenza della prescrizione -Effetti della retrodatazione di una nomina Fattispecie, 286. IMPOSTA DI FABBRICAZIONE -Olii minerali -Prescrizione trentennale in caso di frode -Prescrizione del reato -Irrilevanza, 322. -Olii minerali -Soggetto passivo Frode -Autore della trasgressione diverso dal fabbricante - obbligato per il tributo, 322. IMPOSTA DI REGISTRO J -Enunciazione -Denuncia di contratto verba!le -Sottosorcrzione di una sola parte - sufficiente, 301. -Enunciazione -Sentenza dichiarativa di fallimento enunciante societ di fatto -Prededuzione del credito di imposta come spesa giudiziale, 314. -Prescrizione -Interruzione -Ricorso alla Commissione -Effetto dell'interruzione fino al passaggio in giudicato della decisione in relazione a tutti i mezzi di impugnazione, 319. IMPOSTE DOGANALI -Contrabbando -Aggravante della recidiva -Disciplina speciale -Legittimit costituzionale, 208. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria -Azioni di mero accertamento nelle materie devolute alla giurisdizione delle commissioni Improponibilit, con nota di C. BAFILE, 302. -Competenza e giurisdizione -Nuovo ordinamento del contenzioso tributario -Azioni di mero accertamento Improponibilit, con nota di C. BAFILE, 302. -Fallimento -Proposizione di domanda ordinaria -Inammissibilit -Riassunzione del processo in forma di domanda di insinuazione -Ammissibilit -Prosecuzione del processo a noma dell'art. SO c.p.c. -Si verifica, 296. - Imposta sul valore globale -Autonomia dall'imposta di registro e di successione -Prescrizione -Atti interruttivi relativi alla imposta di registro e di successione -Estensione degli effetti all'imposta sul valore globale -Esclusione, 326. IMPUGNAZIONE -Giudice del gravame -Potere di rilevare ex officio la svalutazione -Sussiste, 275. -Giudizio di rinvio -Potere del giudice di rinvio di rilevare la svalutazione ex officio -Sussiste -Limiti, 275. LAVORO -Controversie -Passaggio dal rito ordinario al rito del lavoro -Notifica al contumace, 213. INDICE DJ!U,A GIURISPRUDENZA -Crediti di familiari di lavoratore deceduto -Provvisionale -Concedibilit, 214. -Risarcimento del maggior danno di svalutazione monetaria -Efficacia nel tempo della novella 1973 -Irretroattivit, 214. -Sciopero -Limitazioni per ordinanza contigibile e urgente -Legittimit costituzionale, 205. OCCUPAZIONE -Espropriazione per pubblica utilit Occupazione d'urgenza di area inferiore a quella della dichiarazione di p.u. -Impugnabilit -Limiti, 281. - Occupazione d'urgenza -Edilizia scolastica -D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 Competenza regionale -Sussiste, 284. -Stato e Regioni-Art. 10 d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 -Competenza prefettizia -Limiti, 284. OBBLIGAZIONI E CONTRATTI -Debiti di valore e di valuta -Svalutazione monetaria -Funzione e natura, 275. -Interpretazione -Obbligo di congrua motivazione, 266. -Interpretazione del contratto -Appalto -Appalto di opere pubbliche Fattispecie, con nota di P. VITTORIA, 332. -Obbligazioni pecuniarie -Risarcimento del maggior danno da svalutazione monetaria -Limitazione ai soli crediti dei lavoratori dipendenti -Ragionevolezza, 212. PIANO REGOLATORE -Impugnabilit dell'atto di approvazione -Presupposti -Limiti -Assenza di piani particolareggiati -Effetti, 277. - Modifiche d'ufficio -Natura e limiti, 277. -Natura -Controinteressati -Titolarit di un mero interesse di fatto - Inconfigurabilit di controinteressati sostanziali -Sussiste, 277. -Piano regolatore generale -Atti preparatori -Pareri -Necessit del parere del Ministero della P.I. -Non sussiste, 277. -Piano regolatore generale -Firma degli atti -Mancata sottoscrizione di elementi cartografici e i:Hustrativi Effetti, 277. -Piano regolatore generale -Struttura urbanistica -Mutamenti sopravvenuti -Valutazione -Obbligo Limiti, 277. -Poteri del Ministero LL.PP. in tema di tutela del paesaggio e di complessi di interesse storico -Vincoli preesistenti -Possibilit di imporre ulteriori limitazioni -Sussiste, 277. PRESCRIZIONE -Decorrenza -Insussistenza di un atto della P. A. ricognitivo dell'utenza Irrilevanza, 267. PREVIDENZA E ASSISTENZA -Infortuni sul lavoro Infortunio in itinere -Omessa preVlisione legislativa, 210. PROCEDIMENTO CIVILE -Controversia di lavoro -Parti in causa -Parit di posizioni processuali Sussiste, 212. PROCEDMENTO PENALE -Facolt di astenersi dal testimoniare -Conviventi more uxorio e concubini -Non spetta, 208. -Parte civile -Costituzione -Revoca Tacita -Esercizio di autonoma azione civile -Revoca della precedente costituzione -Esclusione, 348. -Sentenza penale -Interessi civili Provvisionale -Stato di bisogno della parte civile -Irrilevanza ai fini della concessione d,ella provvisionale, 348. -Soggetti del diritto d'impugnazione Parte civile Spese -Rimborso -Condizioni, 349. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA: DELLO STATO REGIONE -Competenza in materia di opere pubbliche -D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 Funzioni riservate allo Stato -Opere dirette al soddisfacimento di interessi nazionali o ultraregionali, 284. RESPONSABILITA. CIVILE -Dovere di vigilanza Relativit del dovere Modalit di esercizio, 274. -Responsabilit per atto illecito Maestro eLementare Precettore Obbligo di vigilanza Responsabilit per non aver potuto impedire il fatto Sussiste, 274. RICORSI AMMINISTRATIVI -Giudizio di secondo grado Appello incidentale Necessit di notifica a controparte Sussiste, 283. SERVIT -Servit prediali e servit personali Peso reale su di un fondo Diritto di sequela Rapporto obbligatorio, 266. SICILIA -Demanio Trasferimento di funzioni pubbliche -Opera anche per il passato, 222. STATO CIVILE -Residenza -Dimora Indici Permanenza del soggetto in una localit Volont soggettive, 273. TRATTATI E CONVENZIONI INTER NAZIONALI -G.A.T.T. Norme relative ai diritti doganali -Diritto per i servizi amministrativi -Applicabilit alle merci provenienti dai Paesi aderenti al G.A.T.T., con nota di A. MARZANO, 238. TRIBUNALE REGIONALE AMMINISTRATIVO -Competenza e giurisdizione Spostamento di competenza per ragioni di connessione fra atti contestualmente impugnati (atto generale, emanato da organo centrale dello Stato -Atto applicativo, emanato da organo locale) -Sussiste, con nota di R. TAMIOZZO, 288. UNIVERSIT -Dete11minazione differenziale detle retribuzioni degli incarichi Legittimit costituzionale, 225. -Incarichi gratuiti Legittimit costituzionale, 225. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 12 gennaio 197'i, n. 3 12 gennaio 1977, n. 4 12 gennaio 1977, n. 5 12 gennaio 1977, n. 6 12 gennaio 1977, n. 8 14 gennaio 1977, n. 13 14 gennaio 1977, n. 14 14 gennaio 1977, n. 15 14 gennaio 1977, n. 16 18 gennaio 1977, n. 27 18 gennaio 1977, n. 30 20 gennaio 1977, n. 41 20 gennaio 1977, n. 44 20 gennaio 1977, n. 45 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE 3 febbraio 1977, nella causa 52/76 . . . . . . . . . GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un., 27 gennaio 1976, n. 255 Sez. Un., 2 marzo 1976, n. 684 . Sez. I, 25 novembre 1976, n. 4444 Sez. I, 10 gennaio 1977, n. 73 Sez. Il, 10 gennaio 1977, n. 76 Sez. I, 25 gennaio 1977, n. 366 Sez. I, 9 febbraio 1977, n. 548 Sez. I, 14 febbraio 1977, n. 646 Sez. Un., 14 febbraio 1977, n. 664 Sez. I, 19 febbraio 1977, n. 773 Sez. I, 23 febbraio 1977, n. 792 Sez. I, 4 marzo 1977, n. 876 . Sez. III, 4 marzo 1977, n. 894 Sez. Un., 8 marzo 1977, n. 942 Sez. I, 8 marzo 1977, n. 951 . Sez. I, 16 marzo 1977, n. 1039 Sez. III, 21 marzo 1977, n. 1112 Sez. I, 26 marzo 1977, n. 1184 Sez. I, 26 aprile 1977, n. 1576 . pag. 201 )) 205 )) 208 )) 208 )) 210 )) 212 )) 213 )) 214 )) 214 )) 222 )) 224 )) 225 )) 201 )) 202 pag. 229 pag. 249 )) 254 )) 266 )) 331 )) 266 )) 267 )) 273 )) 296 )) 259 )) 332 )) 273 )) 301 )) 274 )) 302 )) 314 )) 319 )) 275 )) 322 326 XD RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE 7 dicembre 1976, n. 24 16 dicembre 1976, n. 25 17 gennaio 1977, n. 1 . Tribunale di Genova, 30 marzo 1977 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 30 settembre 1976, n. 826 Sez. IV, 30 settembre 1976, n. 827 Sez. IV, 19 ottobre 1976, n. 944 Sez. IV, 26 ottobre 1976, n. 957 Sez. IV, 26 ottobre 1976, n. 961 Sez. IV, 26 ottobre 1976, n. 967 Sez. V, 1 ottobre 1976, n. 1213 Sez. V, 19 ottobre 1976, n. 1293 Sez. V, 29 ottobre 1976, n. 1323 Sez. VI, 19 ottobre 1976, n. 323 Sez. VI, 19 ottobre 1976, n. 355 Ad. Plen., 19 aprile 1977, n. 5 . GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. IV, 27 giugno 1974, n. 1289 Sez. IV, 27 giugno 1974, n. 1291 Sez. Ili, 30 giugno 1975, n. 6085 pag. 340 341 )) 341 pag. 238 pag. 276 )) 276 )) 281 )) 282 )) 283 )) 284 )) 285 )) 285 )) 286 )) 286 )) 287 )) 288 pag. 348 )) 348 )) 349 PARTE SECONDA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLE CONSULTAZIONI AERONAUTICA E AEROMOBILI -Affidamento in concessione alla Societ Aeroporti di Roma della gestione del sistema aeroportuale della Capitale -Mancato versamento alla concessionaria dei diritti aeroportuali da parte della Societ di Navigazione Alitalia ed ltavia -Applicabilit, 52. AMMINISTRAZIONE PUBBLICA -Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici -Enti pubblici strumentali -ONIG -Gestione Commissariale -Nomina di vice Commissario, 52. -Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici -ONIE -Gestione commissariale -Funzioni vicarie, 52. -Enti pubblici -L. 20 marzo 1975, n. 70 sul riordinamento degli Enti e del rapporto di lavoro del personale dipendente -Disposizioni di immediata applicabilit -Norme sui limiti di et per collocamento a riposo, 52. -Enti pubblici edilizi -Soppressione Liquidazione -Disciplina delle relative procedure, 52. -Enti pubblici edilizi -Soppressione Organo della liquidazione -Mutamento, continuit della procedura di liquidazione, 53. -Potest di accertamento -Sul conto di privati -Tramite autorit o Banca -Legittimit -Abuso di ufficio Configurabilit, 53. BENEFICENZA E ASSISTENZA -Ciechi civili -Assegno vitalizio -Diniego -Commissione di revisione Ricorso -Omissione -Acquiescenza, 53. BORSA -Agenti di cambio -Operazioni di borsa -Divieto -Operazioni per conto altrui -Ammissibilit -Limiti, 53. -Agenti di cambio -Operazioni di borsa -Divieto -Rappresentanti alle grida -Applicabilit, 53. -Rappresentanti alle grida -Doveri Dichiarazione di impegno -Necessit -Dichiarazione di inesistenza di incompatibilit -Necessit -Lb;niti, 54. -Rappresentanti alle grida -Doveri e incompatibilit -Violazioni -Contestazioni, 54. CONTABILIT GENERALE DELLO STATO -Cassa DD.PP. -Mandati di pagamento -Estinzione -Mediante accreditamento in c/c postale -Condizioni e garanzie -Nuova normativa generale -Applicabilit, 54. -Vendita di materiale fuori uso -Disciplina derogatrice di quella generale di contabilit -Possibilit di avvalersi della disciplina generale, in particolare per le vendite e trattative private, 54. -Vendite -Materiale fuori uso -Nozione, 54. DANNI DI GUERRA -Ripristino del bene in opera e luogo diverso -Autorizzazione -Certificato di regolare esecuzione dei lavori -Competenza al rilascio -Criteri di individuazione dell'organo, 55. DAZI DOGANALI -Bollette doganali -Girata -Compensazione con crediti dello Stato Li miti, 55. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO XIV -Bollette doganali -Girata -Firma Autenticazione, 55. -Bollette doganali -Girata a titolo di pegno, regolare o irregolare -Compensazione con crediti dello Stato Limiti, 55. -Bollette doganali -Natura -Trasferimento -Costituzione di pegno -Disciplina, 55. DEMANIO '-Demanio ~ Servit militari -Modificazioni allo stato delle cose nella propriet privata -Diritto all'indennizzo -Titolarit, 55. -Demanio -Servit militare -Modificazioni allo stato delle cc;>se nella propriet privata -Indennizzabilit -Limiti, 56. DIFESA DELLO STATO -Avvocatura dello Stato -Patrocinio degli impiegati pubblici -Dipendenti dell'Amministrazione dell'Interno, 56. -Avvocatura dello Stato -Patrocinio degli impiegati pubblici -Dipendente dell'Amministrazione dell'Interno -Procedimento penale, 56. EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE -Alloggio economico -Assegnatario Cessione in propriet -Trasferimento volontario -Gravi motivi -Autorizzazione dell'Amministrazione -Necessit, 56 . -Alloggio economico -Assegnatario Cessione in propriet -Trasferimento volontario -Nozione e limiti, 56. -Edilizia popolare ed economica alloggi di servizio -Esclusione dal principio generale dell'impiego unitario dei fondi stanziati per la realizzazione di programmi di intervento di edilizia abitativa -Limiti, 57. -Enti ediliz.j soppressi -Operazioni di liquidazione -Domande di riconoscimento di crediti -Presentate prima del 31 dicembre 1973 -Validit ed efficacia -Legge 4 dicembre 1956, numero .1404, 57. -Enti edilizi soppressi -Operazioni di liquidazione -Domande di riconoscimento di crediti -Termini -Decorrenza, 57. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT -Espropriazioni -Indennit di esproprio -Fondo agricolo -Indennit aggiuntiva -Accertamento della condizione soggettiva di coltivatore, 57. -Espropriazioni -Indennit di esproprio -Fondo agricolo -Indennit aggiuntiva -Accertamento delle condizioni oggettive di coltivazione del fondo, 57. -Espropriazioni -Indennit di esproprio -Fondo agricolo -Indennit aggiuntiva in favore del coltivatore non proprietario costretto ad abbandonare il fondo -Coltivatore usufruttuario -Spettanze dell'indennit, 58. -Espropriazioni -Indennit di esp~oprio -Fondo agricolo -Indennit aggiuntiva in favore del coltivatore non proprietario costretto ad abbandonare il fondo -Possibilit di utile trasformazione dell'azienda agricola sul fondo residuo -Irrilevanza ai fini dell'esclusione dell'indennit aggiuntiva, 58. -Espropriazioni -Indennit di esproprio -Fondo agricolo -Indennit aggiuntiva in favore del proprietario coltivatore diretto -Proprietario coltivatore titolare di pensione di invalidit -Spettanza dell'indennit aggiuntiva, 58. -Legge sulla casa -Ambito di applicazione -Limiti, 58. -Legge sulla casa -Competenza temporanea -Venir meno -Effetti, 58. -Legge sulla casa -Insediamenti produttivi -Espropriazione delle aree Disciplina applicabile, 58. FERROVIE -Trasporto di cose -Furto di colli Maggior frequenza di furti -Dolo o colpa grave del vettore -Effetti, 59. FORESTE -Foreste -Polizia forestale -Agenti scopritori di violazioni -Compartecipazione ai proventi delle pene pecuniarie -Limiti, 59. -Foreste -Polizia forestale -Agenti scopritori di violazioni -Compartecipazione ai proventi delle pene pecu INDICE DELLE CONSUJ.;TAZIONI xv niarie stabilite come sanzioni pena li . -Successiva depenalizzazione delle violazioni -Effetti, 59. IMPIEGO PUBBLICO -Impiegata statale .divorziata -Stato di impossidenza e disoccupazione dell'ex coniuge -Spettanza di quote aggiuntive di famiglia del figlio a carico -Limiti, 59. -Impiegato pubblico -Separazione personale dal coniuge -Ordine del giudice ali' Amministrazione datrice di lavoro di pagare direttamente parte della retribuzione del dipendente in favore dell'altro coniuge -Superamento del limite di legge -Eseguibilit del provvedimento solo nel limite di legge -Posizione e rimedi della P. A. in relazione alla sua estraneit o alla sua partecipazione algiudizio sugli effetti patrimoniali separazione, 59. -Membri del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale del fondo di previdenza del personale provinciale del catasto e dei servizi tecnici erariali -Compensi speciali -Non spettanza, 60. -Prestazioni lavorative degli autoferrotramvieri nel settimo giorno lavorathio consecutivo -Spettanza di speciali compensi -Limiti, 60. -Prestazioni lavorative degli autoferrotramvieri nel settimo giorno lavorativo consecutivo al di l di previsioni di contratti collettivi o individuali Compensi speciali Prescrizione, 60. ,..-Pubblico dipendente -Incompatibilit -Attivit di amministratore di . condomini -Sussistenza della incom patibilit -Limiti, 60. IMPOSTA CONCESSIONI GOVERNATIVE -Tasse sulle concessioni governative . Esercizio di attivit senza rilascio del necessario atto soggetto a tassa ovvero senza assolvimento della relativa tassa -Accertamento -Applicazione e pagamento delle pene pe . i;:.1;1iarie preyiste Asservimento al tributo -Esclusicg1e, 60. IMPOSTA DI REGISTRO ...,. Agevolazioni tributarie per la esecuzione dei piani regolatori -Acquisto di immobili da parte del Comune per esecuzione di opere previste da P. R. adottato ma non ancora approvato con D. P. Applicabilit, 61. . -Amministrazioni dello Stato -Contratti di locazione passivi -Registrazione gratuita -Esclusione, 61. -Atti simulati -Contratti di enfiteusi di terreni lottizzati -Impugnativa, 61. -Contratti dello Stato -Appalti di servizi di pulizia -Disciplina, 61. -Contratti dello Stato -Appalto di servizi di pulizia Imposta sul valore aggiunto (I.V.A.) Prestazioni successive al 31 dicembre 1972 per contratti stipulati prima -Imposta sull'entrata (I.G.E.) Detraibilit Legge 9 ottobre 1971, n. 825, 61. -Contratti dello Stato Appalto di servizi di pulizia -Imposta sul valore aggiunto (I.V.A.) -Rivalsa verso lo Stato -Ammissibilit, 61. -Contratti dello Stato -Locazioni passive -Disciplina -d.P.R. 26 ottobre 11972, n. 634, art. 55 6o comma, 62. -Contratti di enfiteusi -Rinuncia al diritto di indennizzo per migliora, menti -Tassazione dei canoni capitalizzati -Imposta suppletiva sulla rinuncia Assoggettabilit e termine, 62. -Contratto di agenzia -Prescrizione di onerosit Registrazione a tassa fissa -Omessa registrazione -Equiparazione -Aliquota proporzionale Successiva richiesta Prescrizione, 62. -Contratto di agenzia -Prescrizione di onerosit -Tassa proporzionale - Assoggettabilit, 62. IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Pagamento del tributo -Fideiussione con richiesta di dilazione -Condizioni di .efficacia .~ Accettazione -Necessit, 62. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO XVI -Pagamento del tributo -Fideiussione con richiesta di dilazione -Rifiuto dell'Amministrazione -Possibilit di valersi della garanzia -Limiti, 62. IMPOSTA DI FABBRICAZIONE -Birra, Pagamento differito -Cauzione -Onere -Esonero -Limiti, 63. -Oli Minrali -Esenzione -Olio combustibile e da gas impiegati nei processi di lavorazione in unico stabilimento o in unico ciclo -Spettanza, 63. IMPOSTE DIRETTE -Accertamento -Notifica al contribuente -Sopratassa per incompleta o infedele denuncia -Amministratore di societ -Notifica alla societ Insufficienza, 63. - Accertamento -Notifica al contribuente -Sopratassa per incompleta o infedele denuncia -Amministratore di societ -Responsabilit solidale, 63. - Dichiarazione infedele -Carattere generale della definizione contenuta nell'art. 245 t.u. 29 gennaio 1958, numero 645, 63. IMPOSTE E TASSE -Imposte indirette -Disposizioni per la definizione agevolata delle pendenze ex d:I. 5 novembre .1973, n. 660 Presupposti di applicabilit, 64. -Riforma tributaria -Enti territoriali e locali -Entrate sostitutive criteri di determinazione delle somme attribuite, 64. IMPOSTE VARIE -Imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili in VI aliquota -Delibera comunale -Comunicazione al ministero -Termine -Perentorie lA, 64. -Imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili in VI M -Aliquote -Delibera consiliare -Comunicazione al Ministero -Termine Osservanza -Ricezione -Non necessaria, 64. -Imposte comunali sulla pubblicit e diritti sulle pubbliche affissioni Esenzioni, 64. LOTTO E LOTTERIE -Denuncia di vincita -Presentazione della bolletta -Termini -Effettuazione a mezzo posta -Data di spedizione o data di ricezione -Prevalenza, 65. NAVI E NAVIGAZIONE -Nave italiana aggiudicazione a cittadino straniero a seguito di vendita giudiziaria -Assenza di trattati internazionali con il paese di appartenenza dell'aggiudicatario -Necessit della procedura di dismissione della bandiera, 65. -Nave italiana -Aggiudicazione a straniero a seguito di vendita giudiziaria -Trattato con il Paese di appartenenza dell'aggiudicatario che prevede la necessit della dismissione di bandiera per la normalizzazione di nave di uno degli Stati contraenti salvo il caso di vendita giudiziaria non necessariet della procedura di dismissione, 65. PREVIDENZA E ASSISTENZA -Contributi previdenziali -Omesso versamento -Risarcimento del danno -Prescrizione -Decorrenza, 65. -Contributi previdenziali -Omesso versamento -Risarcimento del danno -Transazione -Invalidit specie e limiti, 66. -Contributi previdenziali -Omesso versamento da parte della P. A. dato re di lavoro -Risarcimento del danno -Transazione -Validit, 66. PROCEDIMENTO PENALE -Impugnazione remissione di querela -Sentenza dichiarativa non doversi procedere -Interesse all'assoluzione nel merito -Sussistenza, 66. RICORSI AMMINISTRATIVI -Ricorso straordinario -Revocazione Ammissibilit, 66. lNDICE DELLE CONSULTAZlONl xvn -Ricorso straordinario -Rinunzia Notifica all'organo che ha emesso l'atto -Obbligo di trasmissione al ministero competente, 66. -Ricorso straordinario -Rinunzia Perfezionamento -Disciplina anteriore al d.P.R. 1199/71 -Formalit occorrenti, 66. STRADE -Autotutela amministrativa -Costruzioni abusive -Decreto di demolizione -Esecuzione -Appalto dei lavori - Deserzione della gara -Provvedimenti conseguenti, 67. -Autotutela amministrativa -Costruzioni abusive -Decreto di demolizione -Esecuzione -Ricorso all'A.G.O. Possibilit, 67. -Cartelli pubblicitari collocati lungo ed in vista di strade statali -Gestione dell'A.N.A.S. in regime di esclusiva - Insegne commerciali -Applicabilit -Esclusione, 67. TRIBUTI LOCALI -Imposta incremento valore aree fabbricabili -Trasferimento area per espropriazione per pubblica utilit Ritenuta e versamento dell'imposta Autorit cui spetta, 67. :XVIII RASSEGNA DELL1AWOCATURA LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE I -Norme dichiarate incostituzionali II -Questioni dichiarate non fondate III -. Questioni proposte . DELLO S'.l'ATO ~ ~:~ ~:: fJ @.j i~= !1 1:: pag. 41 41 42 II ~ &If: jili fil ~ ~= ~~ ~f. ~= & ~: f:j f: ~ I ~~ !i ~ I ~ j" 1 I PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE I CORTE COSTITUZIONALE, 12 gennaio 1977, n. 3 -Pres. Rossi -Rel. Volterra -Ogliari (avv. Sicardi e Giorgianni) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Angelini Rota). Comune Elezioni comunali Presidente d'ente sovvenzionato dal comune Ineleggibilit. {Cost. art. 3; legge 2 febbraio 1961 n. 95, art. 2; d.P.R. 16 maggio 1960 n. 570, art. 15). L'art. 3 lettera e) della legge n. 95 del 1961, ove si dispone che tre rappresentanti del comune di Milano designati dal Consi1dio comunale facciano parte del consiglio di amministrazio1;e dell'ente Museo della scienza e della tecnica , non prescrive che detti rappresentanti siano estratti dai consiglieri comunali; non pu quindi ravvisarsi nella disposizione predetta una deroga al principio posto dall'art. 15 n. 3 del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, principio che non pu ritenersi derogato dalla generica indicazione legislativa che il comune abbia propri rappresentanti in un ente (1). Il CORTE COSTITUZIONALE, 20 gennaio 1977, n. 44 -Pres. Rossi -Rel. Elia -Tavarnese (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Gargiulo). Comun Elezione a sindaco Parenti o affini del segretarlo comunale Esclusione. {Cost. art. 51; d.P.R. 16 maggio 1960; n. 570; art. 6). Non contrasta con l'art. 51 Cast. l'esclusione della nomina a sindaco di chi sia, con il segretario comunale, in uno dei rapporti di parentela (1) Sull'art. 15 n. 3 del d.P.R. 16 maggio 1960 n. 570, cfr. Corte cost. 11 luglio 1961 n. 42, in Foro it. 1961, I, 1397, 26 marzo 1969 n. 46, in questa Rassegna, I, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 202 o affinit indicati dall'art. 6 del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (auspicandosi, peraltro, una diversa e pi equilibrata soluzione legislativa). III CORTE COSTITUZIONALE, 20 gennaio 1977, n. 45 -Pres. Rossi -Rel. Elia -Catalano (avv. Giannini) Rengo (avv. De Cesaris). Comune . Elezioni comunali Ineleggibilit Stipendiati o salariati da ente dipendente Litiganti con il comune Illegittimit costituzionale. (Cost. art. 51; d.P.Reg. sic. 20 agosto 1960 n. 3, art. 5; d.P.R. 16 maggio 1960 n. 570, art. 15 n. 3 e 6). Contrastano con l'art. 51 Cost. e sono costituzionalmente illegittimi: L'art. 5 n. 3 del testo unico delle leggi per l'elezione dei Consigli comunali della Regione siciliana, approvato con decreto del Presidente della Regione siciliana 20 agosto 1960, n. 3, limitatamente alla parte in cui considera ineleggibili coloro che ricevono uno stipendio o salario da enti, istituti o aziende dipendenti, sovvenzionati o sottoposti a vigilanza del Comune, che abbiano fatto venir meno questa situazione prima della convalida delle elezioni; l'art. 15 n. 3 del testo unico delle leggi per la composizione 'e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali approvato con d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, limitatamente alla parte in cui considera ineleggibili coloro che ricevono uno stipendio o salario da enti, istituti o aziende dipendenti, sovvenzionati o sottoposti a vigilanza del Comune, che abbiano fatto venir meno questa situazione prima della convalida della elezione, e l'art. 15 n. 6 del testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali, approvato con d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, limitatamente alla parte in cui considera ineleggibili coloro che, avendo lite pendente con il Comune abbiano rinunciato al giudizio prima della convalida della elezione (2). 377, 28 maggio 1975 n. 129, ivi, 479, e in Giur. cost., 1975, 2705 con nota di SoRACE; cfr. anche Cass. 12 marzo 1973, n. 684, in Foro it., 1973, I, 1384, e Cass. 5 febbraio 1977, n. 493, ivi, 1977, I, 620. In dottrina, DAVOLI, Consiglieri comunali, provinciali e regionali: rieleggibilit, incompatibilit e decadenze, 1970, e Bosc1A, L'ordinamento elettorale: comuni province regioni, 1976. L'orientamento giurisprudenziale contrastato dalla Corte costituzionale era stato espresso da Cass. 13 luglio 1972 n. 2353, in Foro it., 1973, I, 462, ove indicazione di altri precedenti, e Cass. 8 luglio 1974 n. 1987, in Giust. civ., 1974, I, 1963. , (2) La sentenza n. 45 del 1977 fa applicazione d('l principio affermato nella menzionata sentenza 28 maggio 1975 n. 129. Sull'art. 15 n. 6 del d.P.R. 16 maggio 1960 n. 570, cfr. anche Corte cost. 29 marzo 1972 n. 58, in Giur. cost. 1972, 1046, con nota di ELIA, e in Foro it., 1972, I, 1170, con richiami. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE I (Omissis). -Il principio affermato in via interpretativa dalla recente giurisprudenza della Cassazione va pi esattamente riassunto nell'affermazione che solo il legislatore, nel porre le norme di organizzazione di enti che rientrano nelle categorie come sopra elencate e nell'apprezzarne i compiti e le finalit in relazione a quelli del Comune, pu escludere che la presenza di consiglieri comunali nell'amministrazione di detti enti determini quella situazione conflittuale che in linea di principio sussiste e va eliminata. In queste ipotesi, ha motivato la Cassazione, il divieto viene a cessare, dovendosi escludere che una situazione di contrasto, anche soltanto potenziale, di interessi fra il soggetto che rappresenta il Comune stesso possa concretizzarsi in dipendenza di una funzione che il primo esplica per disposizione di legge quale rappresentante del secondo e nella quale, pertanto, non pu verificarsi, secondo l'apprezzamento del legislatore, quel conflitto che la legge vuole evitare. Da varie recenti pronunzie della magistratura ordinaria pu desumersi l'accoglimento del principio che anche una disposizione legislativa nella quale sia genericamente prevista la presenza in un ente di un rappresentante del Comune, anche se non sia specificatamente indicato che rivesta la carica di membro del consiglio comunale, abbia l'efficacia di escludere l'ineleggibilit di cui alla richiamata legge del 1960. Nella sua ordinanza il giudice a quo chiede alla Corte di verificare la legittimit, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, della deroga come sopra formulata in via interpretativa, in quanto, afferma, neppure il legislatore pu dettare trattamenti differenti in situazioni identiche. (Omissis). -Coerentemente ai principi che emergono dalle sentenze della Corte non pu accogliersi l'orientamento giurisprudenziale per cui anche una generica indicazione legislativa che il Comune abbia propri rappresentanti in un ente valga a togliere il contrasto di interessi del cumulo delle posizioni di vigilato e di vigilante, di sovvenzion.ato e di sovvenzionante, di direttore e di sottoposto che la Corte ha considerato inconcepibile sotto il profilo logico e giuridico e come causa ineluttabile di ineleggibilit a consigliere comunale. Tale orientamento, motivato sulle considerazioni esposte al n. l, facendo riferimento Pi ad un presunto contrasto di interessi tra vari enti che a quello dei titolari dei diversi uffici, che, invece, la Corte ha ritenuto a fondamento della norma di cui all'art. 15, n. 3, citato, viola i principi costituzionali di uguaglianza in materia di elettorato passivo 204 RASSEGN~ DELL'AVVOCATURA DELLO STATO non sussistendo alcuna necessit organica (specificatamente rilevata dal legislatore in base a valutazioni immuni da irragionevolezza) che i rappresentanti del Comune siano nel contempo consiglieri del Comune medesimo. Passando all'esame della norma denunziata, va rilevato che l'art. 4, lett. e), della legge 1958, n. 332, e l'art. 2, lett. e), della legge n. 95 del 1961 hanno la conseguente identica formulazione l'Ente retto da un Consiglio di amministrazione composto ... e) da tre rappresentanti del comune di Milano, designati dal Consiglio comunale . Da detta dizione pu solo ricavarsi la disposizione normativa che tre dei consiglieri d'amministrazione dell'ente devono essere rappresentanti del Comune di Milano, designati dal Consiglio comunale fra le persone che questo, con la pi ampia discrezionalit, ritiene idonee: non affatto prescritto che questi consiglieri debbano necessariamente essere consiglieri comunali. L'amplissima libert di scelta affidata dal legislatore al consiglio comunale di Milano e l'assoluta mancanza nella norma impugnata di una specifica indicazione della qualifica di consigliere comunale per i rappresentanti del Comune in seno al consiglio di amministrazione dell'Ente Leonardo da Vinci non solo non consente di desumere secondo un'interpretazione conforme a Costituzione la tacita volont del legislatore di introdurre una particolare deroga all'art. 15 del t.u. n. 370 del 1960, ma neppure ritiene che lo stesso legislatore abbia in questo caso specifico e con la norma impugnata implicitamente escluso nel suo apprezzamento l'esistenza anche potenziale di ogni e qualunque conflitto di interessi, o di interferenza organizzativa o di collegamento funzionale fra il Comune di Milano e l'Ente in parola nonch di ogni e qualunque dualismo inerenti al cumulo della posizione di destinatari di ordini, di benefici o di controlli con quella di direzione, di erogazione e di vigilanza. -(Omissis). II (Omissis). -La questione non fondata. Infatti prevale nella disciplina dell'art. 6, per la parte denunziata, la considerazione dei fini posti in rilievo nell'art. 97, primo comma, Cost., e cio del buon andamento e della imparzialit della amministrazione. Tali obbiettivi, come noto, non valgono soltanto per la pubblica amministrazione in senso stretto. Ci non significa che la disciplina dell'art. 6 adotti il congegno pi idoneo allo scopo di conseguire le finalit predette: anzi da auspicare una soluzione legislativa pi equilibrata, che tenga conto oltrech delle esigenze della pubblica amministrazione, anche della espressione della volont popolare nei riflessi che in fatto possa avere sulla elezione alla carica di sindaco. -(Omissis). : - PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 205 CORTE COSTITUZIONALE, 12 gennaio 1977, n. 4 -Pres. Rossi -Rel. Crisafulli -Atti relativi a denunzia presentata da Sindacati del personale della scuola e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Carafa). Lavoro -Sciopero -Limitazioni per ordinanza contigiblle e urgente Legittimit costituzionale. (Cost. art. 40, 70, 76 e 77; t. u. 3 marzo 1934, n. 383, art. 20). Le ordinanze di cui all'art. 20 del testo unico del 1934 della legge comunale e provinciale sono provvedimenti amministrativi e non innovano al diritto oggettivo; esse, nella perdurante assenza della normativa prevista dall'art. 40 Cast., possono porre limiti al diritto di sciopero, poich la tutela della salute e la incolumit delle persone sono interessi pubblici ricmosciuti dalla Costituzione e preminenti rispetto agli interessi di categoria (1). (Omissis). -Giova preliminarmente rilevare che i ripetuti richiami dell'ordinanza del pretore alle sentenze di questa Corte nn. 8 del 1956 e 26 del 1961 non sono del tutto pertinenti, stante la diversit tra l'art. 2 del t.u..della legge di pubblica sicurezza, cui quelle decisioni avevano riferimento, e l'art. 20 del t.u. comunale e provinciale, che forma oggetto del presente giudizio (di contenuto identico al successivo art. 55, sul quale si fonda l'analogo potere del Sindacato, quando.la situazione cui provvedere non ecceda l'ambito territoriale di un solo Comune). Mentre, infatti, nell'art. 2 non si rinviene alcuna delimitazione di materie, autorizzandosi il Prefetto, nel caso di urgenza e per grave necessit pubblica, a adot (1) L'ordinanza di rimessione 6 giugno 1974 del Pretore di Rieti in Giur. cast., 1974, 2576. Sulle ordinanze libere di cui all'art. 2 della legge di pubblica sicurezza, cfr. Corte cost. 2 luglio 1956 n. 8, in Giur. it., 1956, I, 1, 863 con nota di CRISAFULLI, Cass. 16 giugno 1958, n. 2068, in Foro it., 1958, I, 1092, con nota di DE FINA, e 1959, I, 1754, con commento di ANDRIOLI, e Corte cost. 27 maggio 1961 n. 26, in Giur. cost., 1961, 886, con nota di CRISAFULLI. Merita segnalare che l'art. 40 Cost. pone una riserva (probabilmente assoluta) di legge per la regolamentazione dell'esercizio del diritto di sciopero; e, com' noto, la citata sentenza n. 26 del 1961 ha individuato un limite al potere di ordinanza nella presenza di una riserva di legge . La sentenza in rassegna ha superato l'ostacolo in considerazione della perdurante assenza della normativa prevista dall'art. 40 Cost. : il che potrebbe indurre a ritenere che il predetto limite diviene operante solo se e quando l'attivit legislativa effettivamente riempie lo spazio ad essa riservato (ed invero lo horror vacui si fa sentire in ogni sistema politico e giuridico). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tare i provvedimenti indispensabili per la tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica, l'art. 20 del t.u. del 1934, per un verso, circoscrive il ptere ,prefettizio a materie determinate, ancorandolo, per altro verso, ai soli motivi di sanit o di sicurezza pubblica. Quel che tuttavia accomuna le due disposizioni, insieme con altre che superfluo rammentare qui partitamente, e consente di ricondurre provvedimenti rispettivamente previsti entro la pi ampia categoria concettuale delle c.d. ordinanze libere , in primo luogo, che il contenuto dei provvedimenti stessi non prestabilito dalla legge, ma da questa rimesso alla scelta discrezionale dell'organo agente, secondo richiesto dalle circostanze, diverse da caso a caso, che ne impongono l'emanazione; in secondo luogo, che dette circostanze non sono, a loro volta, previste -n, di regola, sono prevedibili in astratto -da specifiche disposizioni di legge. Onde la distinzone, corrente nella dottrina, tra atti necessitati .. "' ordinanze necessitate; i primi, come le seconde, fondantisi sulla urgente necessit; ma i primi, emessi in attuazione di norme legislative che ne prefissano il contenuto; le altre, nell'esplicazione di poteri soltanto genericamente prefigurati dalle norme che li attribuiscono e perci suscettibili di assumere vario contenuto, per adeguarsi duttilmente alle mutevoli situazioni. Ci precisato, dev'essere qui ribadito (ed a fortiori), con riguardo all'art. 20 del t.u. comunale e provinciale, quanto la Corte ebbe a rilevare, nelle decisioni sopra ricordate, per l'art. 2 del t.u. di p.s., e cio che le ordinanze prefettizie, anche se e quando (eventualmente) normative, non sono certamente ricomprese tra le fonti del nostro ordinamento giuridico; non innovano al diritto oggettivo; n, tanto meno, sono equiparabili ad atti con forza di legge, per il sol fatto di essere eccezionalmente autorizzate a provvedere in deroga alla legge. Le ordinanze ex art. 20 del t.u. comunale e provinciale, sia che si rivolgano (come nella specie avvenuto) a destinatari determinati, prescrivendo loro un comportamehto puntuale, sia che dispongano per una generalit di soggetti e per una serie di casi possibili, ma sempre entro i limiti, anche temporali, della concreta situazione di fatto che si tratta di fronteggiare; sono provvedimenti amministrativi, soggetti, come ogni altro, ai controlli giurisdizionali esperibili nei confronti di tutti gli atti amministrativL Non sussiste pertanto la denunciata violazione del disposto degli artt. 70, 76 e 77 della Costituzione. Nemmeno violato l'art. 40 Cost., che -com' ovvio -viene qui in considerazione unicamente perch la questione va decisa nei limiti della rilevanza e della conseguente prospettazione fattane dal giudi~e a quo, essendo appena il caso di osservare che, di per s, l'art. 2q del t.u. della legge comunale e provinciale non ha alcun necessario riferimento. al diritto di sciopero, l'esercizio del quale pu semplicemente rappresentare talora (come, appunto, nella specie) una delle svariatissime situa PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COStITUZIONALE zioni suscettibili di tiare occasione all'adozione di un'ordinanza contingibile ed urge11te n~;e materie dalla anzidetta disposizione indicate.. Ora, in ordine all'art. 40 Cost., la giurisprudenza di questa Corte costante, a partire dalla sentenza n. 123 del 1962 sino alla pi recente sentenza n. 222 del 1976, nel senso che, non essendosi dal legislatore provveduto ad emanare le leggi regolatrici previste dalla norma costituzionale, i limiti coessenziali al diritto di sciopero (non meno che a qualsiasi altro: sentenza n. 123 del 1962 cit.) vanno frattanto desunti dalla legislazione vigente, se ed in quanto compatibili, beninteso con i principi del mutato ordinamento costituzionale, ed in particolare con la garanzia direttamente apprestata dallo stesso art. 40: giacch, se cos non fosse, si perverrebbe all' assurdo di un diritto suscettibile di svolgersi per un tempo indeterminato all'infuori di ogni limite (sentenza n. 31 del 1969). Sempre alla stregua dei criteri in precedenza enunciati dalla Corte in numerose decisioni, la tutela della salute e dell'incolumit delle persone non pu non limitare il concreto esercizio del diritto di sciopero, cos come avviene per altri interessi, che trovano del pari tjconoscimento nel testo costituzionale e la cui salvaguardia, insieme a quella della sicurezza verso l'esterno, costituisce la prima ed essenziale ragion d'essere dello Stato (sentenza da ultimo cit.). Interessi siffatti sono perci tra quelli che devono considerarsi assolutamente preminenti rispetto agli ~Itri collegati all'autotutela degli interessi di categoria (sentenza n. 123 del 1962) od a quelli che si riconnettono alle ulteriori e diverse finalit cui l'esercizio del diritto di sciopero pu, in ipotesi, essere legittimamente rivolto. Consegue da quanto premesso che, nella perdurante assenza di nuova apposita normativa, i particolari limiti che all'esercizio del diritto di sciopero possono derivare dall'applicazione dell'art. 20 del t.u. comunale e provinciale del 1934 trovano il loro fondamento nell'art. 32 Cost., a norma del quale la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettivit , poich tra i motivi legittimanti il Prefetto a provvedere con ordinanze contingibili e urgenti vi sono espressamente menzionati quelli di sanit (concretamente invocati nel caso de quo dall'ordinanza del Prefetto di Rieti). Ed a conclusioni analoghe deve giungersi altres per i motivi di sicurezza, che hanno riferimento alla integrit fisica ed incolumit delle persone e costituiscono perci concetto diverso da quello di ordine pubblico (distintamente richiamato, infatti, nell'art. 2 del t.u. di p.s.): non potendosi dubitare che l'interesse alla tutela di quei beni rientri nel nucleo essenziale degli interessi generali, preminenti su ogni altro, sottostanti all'intera Costituzione e da questa perci recepiti e garantiti (anche espressamente, attraverso l'ampia formulazione dell'art. 2 relativo ai diritti inviolabili dell'uomo ). -(Omissis). 208 RASSEGNA DEI..L'AWOCATURA DELI.O STATO CORTE COSTITUZIONALE, 12 gennaio 1977, n. 5 -Pres. Rossi -Rel. Oggioni -Tosi ed altri (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Gozzi). Imposte doganali Contrabbando -Aggravante della recidiva Disciplina speciale Legittimit costituzionale. (Cost. art. 3; d.P.R. 23. gennaio 1973, n. 43, art. 296). Poich la determinazione della misura delle sanzioni penali di strettCJ spettanza d.el legislatore e poich il reato di contrabbando doganale presenta peculiari caratteristiche collegate con la lesione -mediante l'eva sione tributaria -di primari interessi finanziari dello Stato, non contrasta con l'art. 3 Cast. l'art. 296 del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, ove l'aggravante della recidiva disciplinata diversamente da quanto disposto dall'art. 9 del D.L. 11 avrile 1974. n. 99 (1). (1) La pronuncia conferma orientamenti emersi in precedenza nelle sentenze Corte cost. 1'9 gennaio 1972 n. 9 (in questa Rassegna, 1972, 8), 15 novembre 1972, n. 157 (ivi, 1973, 23) e 22 maggio 1974 n. 144 (ivi, 1974, 844). CORTE COSTITUZIONALE, 12 gennaio 1977, n. 6 -Pres. Rossi -Rel. Trimarchi -Sinigaglia (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Angelini Rota). Procedimento penale Facolt di astenersi dal testimoniare Conviventi more uxorio e concubini -Non spetta. (Cost. art. 3; cod. proc. pen., art. 350). Rapporto di coniugio e unione di fatto (ancorch da tale unione vi sia prole) danno luogo a situazioni diverse: non contrasta perci con l'articolo 3 Cast. la disposizione che accorda la facolt di astenersi dal testimoniare solo ai prossimi congiunti, quali definiti dall'ult. comma dell'art. 307 cod. pen. (1). (Omissis). -La situazione che, si assume, sarebbe stata omessa nella previsione di cui alla normativa denunciata, sarebbe propria di chi (come (1) La sentenza -significativamente -non trae alcun argomento dall'articolo 29 Cost., sebbene detto articolo fosse stato al centro di contrastanti deduzioni nell'ordinanza di rimessione del pretore di Cagliari (in Gazz. Uff., 25 giugno 1975 n. 166) e nella memoria dell'Avvocatura generale dello Stato. Merita anche osservare che la motivazione della sentenza ha dato notevole rilievo al . momento dell'avvertimento di cui all'art. 350 comma terzo c.p.p. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE l'imputata nel processo a quo, di falsa testimonianza) sia legato ad altro soggetto di sesso diverso da una relazione sentimentale e da. rapporti sessuali (con la nascita di un figlio dall'unione), ed essa sarebbe identica, di fatto ed oggettivamente, a quella che caratterizza il rapporto coniugale. La relazione instaurata, quindi, tra il coniuge e l'unione di fatto tra le dette persone. Ed infatti solo codesta situazione descritta. Ed il riferimento che viene operato in narrativa, alla esistenza di un figlio nato dall'unione tra i due conviventi e nella motivazione, ai loro propositi educativi della prole comune, non tende a cogliere e mettere in rilievo un rapporto genitore-figlio suscettibi,le d'essere accostato alla parentela ctiscendente ma giova unicamente a colorare sul piano soggettivo e psicologico l'unica soluzione come sopra rappresentata. Ad avviso dela Corte, le due situazioni poste a raffronto, come evidente, sono nettamente diverse. Manca pertanto il necessario presupposto perch di fro;nte ad un trattamento differenziato (quale quello che risulta dal contenuto positivo e negativo dell'art. 350 del codice di procedura penale, in relazione all'art. 307, ultimo comma, del codice penale) possa utilmente prospettarsi e quindi dirsi fondato il denunciato contrasto con l'art. 3 della Costituzione. -(Omissis). Giova, a tal riguardo, tener preliminarmente presente che il legislatore ha accordato ai prossimi congiunti la facolt di astenersi dal deporre nel processo penale, perch ha ritenuto meritevole di tutela il sentimento familiare (latamente inteso) e, nel possibile contrasto tra l'interesse pubblico, della giustizia, che su tutti gravi il dovere di deporre, e l'interesse privato, ancorato al detto sentimento, che i prossimi congiunti dell'imputato, non siano travagliati dal conflitto psicologico tra il dover deporre e dire la verit ed il desiderio o la volont di non deporre per non danneggiare l'imputato, ha altres ritenuto prevalente l'interesse privato e non in generale ed in modo assoluto ma se ed in quanto l'interessato (e cio il teste) reputi di non dovere o potere superare quel conflitto, ed' a tale fine non ha imposto un divieto di testimoniare (come invece disponeva l'art. 147 del codice di procedura civile prima della pronuncia di illegittimit costituzionale di cui alla sentenza n. 248 del 1974), ma solo una facolt di astenersi dal deporre. Ci posto, va considerato che per i prossimi congiunti di cui all'ultimo comma dell'art. 307 del codice penale, nell'art. 350 del codice di proce dura penale si ha una tutela per categorie di soggetti, individuate sulla base di tipici rapporti giuridici (coniugio, parentela e affinit), presup ponendosi che -secondo l'id quod plerumque accidit -tali soggetti sono portatori dei detti interessi e perseguono quei determinati scopi; e che a proposito delle situazioni che sarebbero state omesse, l'esistenza degli stessi interessi e il perseguimento degli stessi scopi si presentano 210 RASSEGNA DELL1AVVOCATUAA DELLO STATO come dati del tutto eventuali e comunque non necessari ed in ogni caso da dimostrare. Che in concreto nelle situazioni previste ed in quelle omesse possano anche ricorrere eguali interessi, in s e finalisticamente considerati, non rileva. Nei due casi, la loro presenza rispettivamente presunta o da dimostrare. Ci comporta che, nel processo, solo nel primo di detti casi il giudice possa con immediatezza e sicurezza accertare se il soggetto chiamato a deporre debba essere avvertito, a sensi del terzo comma dell'articolo 350 del codice di procedura penale, della facolt di astenersi dal deporre. Per accertare, nel secondo dei due casi, se la situazione (ivi considerata) presenti i caratteri per cui in fatto possa essere accostata al rapporto di coniugio, e se in essa in concreto ricorra il sopraddetto inte resse privato, con il relativo sentimento familiare, occorre, invece, una indagine che pu anche non essere breve n facile. Ed allora per tale caso affiora in modo prevalente l'esigenza pubblicistica che il corso del processo non subisca ingiustificate remore in contrasto con il carattere inqwsitorio e con i principi della oralit e della concentrazione. De iure condendo, la normale presenza di quegli interessi, per, non dovrebbe rimanere senza una tutela per le dette situazioni omesse ed in particolare per quella che ricorre nella specie. E sarebbe, quindi, compito del legislatore di valutare, per detti intere.ssi, l'importanza e la diffusione CORTE COSTITUZIONALE, 12 gennaio 1977, n. 8 -Pres. Rossi -Rel. Amadei -Livio (n.p.), I.N.A.I.L. (avv. Graziani) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Albisinni). Previdenza e assistenza -Infortuni sul lavoro -Infortunio in itinere -Omessa previsione legislativa. (Cost., art. 38 e 76; d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 2). L'omissione del Governo, che lasci decorrere inutilmente il termine per l'esercizio della funzione legislativa delegatagli, pu comportare solo una responsabilit politica verso il Parlamento, e non d luogo ad una illegittimit costituzionale: non contrasta con l'art. 76 Cast. l'art. 2 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, che non ha previsto espressamente l'infortunio in itinere (1). (1) La sentenza ha affermato il principio -del resto pacifico -che l'inutile decorso del termine fissato ai sensi dell'art. 76 cost. pu solo dar luogb ad una responsabilit politica del Governo (un inciso in tal senso reperibile anche in Corte cost. 27 marzo 1974 n. 83). Circa la emanazione del decreto legislativo al di l dei limiti temporali stabiliti dalla legge delegante, Corte cost. 19 dicembre 1963 n. 163, in Foro it., 1964, I, 1, con nota di P1zzoRUSSO, e 9 febbraio 1967 n. 13, in Giur. cost., 1967, 111, con nota di CINETIL PARTE 1, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (Omissis). -Rileva anzitutto la Corte che il problema dell'infortunio in itinere (quello cio nel quale incorre il lavoratore nello spostarsi dalla casa di abitazione al luogo di lavoro e viceversa), che viene minutamente disciplinato e tutelato da molte legislazioni straniere, non trova da noi una specifica regolamentazione tanto che sfata la giurisprudenza, e principalmente quella della Corte di cassazione, a darsi carico di ovviare a tale manchevolezza affermando in modo costante che l'infortunio in itinere pu.considerarsi avvenuto in occasione di lavoro qualora sussista un collegamento tra la attivit lavorativa e il rischio al quale il lavoratore esposto durante il percorso per recarsi al luogo di lavoro e viceversa. Ma il nesso deve ritenersi sussistente solo quando siffatto infortunio dipenda da un certo rischio legato strettamente alla attivit lavorativa per il cui espletamento non sia estraneo il rischio stesso, definito come specifico improprio o generico aggravato . E, sempre secondo la Corte di cassazione, l'accertamento di questo rischio particolare va affidato alla esclusiva valutazione del giudice di merito risolvendosi in un apprezzamento, di fatto, non censurabile, se sorretto da congrua motivazione esente da vizi sul piano logico-giuridico. La Corte non chiamata a pronunciarsi sulla esattezza di questo orientamento giurisprudenziale: appare chiaro, tuttavia, da quanto precede, la esigenza di un sollecito intervento legislativo in-materia ~i previdenza ed assicurazione dell'infortunio in itinere. Ed infatti, con la legge 19 gennaio 1963, n. 15, si conferiscono al Governo due distinte deleghe: la prima (art. 30) per modificare, correggere. ampliare le norme vigenti in materia di infortuni sul lavoro riordinandole e riunendole in un solo provvedimento legislativo; la seconda (contenuta nell'art. 31) diretta a far emanare dal Govemo norme intese a disciplinare l'istituto dell'infortunio in itinere e ci entro un anno dall'entrata in vigore della legge. Tuttavia malgrado la inequivoca imperativit della delega, non stato emanato il decreto delegato e si lasciato decorrere inutilmente il termine previsto. La disciplina vignte sulla infortunistica del lavoro pertanto frutto della delega che non riguarda la materia dell'infortunio in itinere, ed ha diversa origine, oggetto e finalit, tanto vero che faticosamente e genericamente la giurisprudenza si pronuncia per regolare la questione in esame. evidente dunque l'errore in cui incorso il giudice / a quo denunciando, per violazione degli artt. 76 e 38 della Costituzione, l'art. 2 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124. Non pu infatti pretendere il giudice a quo che il legislatore delegato avesse il dovere di comprendere in detto articolo anche le modalit riguardanti l'infortunio in itinere cos come descritto nell'art. 31 della legge di delega 19 gennaio 1963, n. 15. Per provvedere a quest'ultimo compito 212 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il legislatore aveva una delega particolare, proprio quella indicata nel citato art. 31, ma di questa non ha inteso far uso e quando ha formulato l'art. 2 del decreto impugnato si valso per la sua stesura solo della normativa di cui all'art. 30 che non faceva alcun cenno, n poteva farlo, all'infortunio in itinere, per la cui disciplina, come si detto, era stata disposta una delega particolare. Cos essendo, la omissione del legislatore delegato pu comportare evidentemente una sua responsabilit politiea verso il Parlamento, non certo una violazione di legge costituzionalmente apprezzabile. Ne consegue che resta cos assorbita la questione riguardante l'art. 3b della Costituzione nel cui ambito dovranno domani essere comprese anche le ipotesi di eventi lesivi occorsi in itinere al lavoratore quando tale infortunio sar, dalla legge, previsto e regolato. Questa Corte, pertanto, deve dichiarare non fondata la questione di legittimit costituzionale, con riferimento all'art. 76 della Costituzione poich manca il termine di raffronto data la carenza di qualsiasi normativa sull'infortunio in itinere. I CORTE COSTITUZIONALE, 14 gennaio 1977, n. 13 -Pres. Rossi -Rel. Gionfrida -Monte dei Paschi di Siena (avv. Simi), Soc. aerea Mediterranea (avv. Marazza), altri (n.p.), e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Azzariti). Procedimento civile -Controversia di lavoro Parti in causa Parit di posizioni processuali Sussiste. (Cost., artt. 3 e 24; cod. proc. civ., artt. 414, 416 e 418). Obbligazioni e contratti Obbligazioni pecuniarie Risarcimento del maggior danno da svalutazione monetaria Limitazione ai soli crediti dei lavoratori dipendenti Ragionevolezza. (Cost., art. 3; cod. proc. civ., art. 429). Come il convenuto in una controversia di .lavoro dinanzi al Pretore tenuto a pena di decadenza a indicare nel primo .suo atto (la comparsa di risposta) difese eccezioni e prove, cos anche l'attore in detta controversia tenuto a pena di decadenza a indicare nel primo suo atto (il ricorso introduttivo) difese eccezioni e prove; parimenti deve dirsi per l'attore in riconvenzione e il convenuto rispetto alla domanda riconvenzionale. Non sussiste pertanto diseguaglianza tra le posizioni processuali delle parti in lite. I meccanismi di conservazione del valore dell'oggetto di prestazioni pecuniarie non si risolvono in un depauperamento del patrimonio del PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 213 debitore e solo eliminare l'arricchimento che costui, altrimenti, nel caso di ritardato adempimento, conseguirebbe per effetto della svalutazione monetaria. Il trattamento privilegiato riservato ai crediti di lavoro giustificato dalla qualit di tali crediti, i quali sono garantiti da pi precetti costituzionali (artt. 1, 3 cpv. 4, 34 e 36 Cast.), nonch dal sussistere di un interesse generale al tempestivo pagamento delle spettanze dei lavoratori; peraltro, nei riguardi dei lavoratori dipendenti a pi alto reddito la funzione di riequilibrio economico assume carattere prevalente rispetto a quella di sostentamento (1). La disposizione che ha introdotto la rivalutazione dei crediti dei lavoratori subordinati non retroattiva; non pu quindi tenersi conto della svalutazione monetaria verificatosi prima della entrata in vigore della legge 11 agosto 1973, n. 533 (2). II CORTE COSTITUZIONALE, 14 gennaio 1977, n. 14 -Pres. Rossi -Rel. Gionfrida -Valente ed altri (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Azzariti). Lavoro -Controversie -Passaggio dal rito ordinario al rito del lavoro Notifica al contumace. (Cost., art. 24; cod. proc. civ. art. 435, come modificato da I. 11 agosto 1973 n. 533). Contrastano con l'art. 24 Cast. le disposizioni processuali che non assicurino all'interessato la conoscibilit del momento di iniziale decorrenza di un termine; pertanto, costituzionalmente illegittimo il combinato disposto dell'art. 426 del codice di procedura civile, come modificato dall'art. 1 della legge 11 agosto 1973, n. 533 e dell'art. 20 della legge medesima, nella parte in cui -con riguardo alle cause pendenti al momento dell'entrata in vigore della legge -non prevista la comunicazione anche alla parte contumace dell'ordinanza che fissa l'udienza di discussione ed il termine perentorio per l'integrazione degli atti. (1) Dopo la grande svalutazione monetaria degli anni 1939 -1947, i giudici ordinari hanno difeso il principio nominalistico (art. 1227 comma primo cod. civ.) mediante la distinzione tra crediti di valuta e crediti di valore e una interpretazione rigosa dell'art. 1224 comma secondo cod. civ. La Corte costi tuzionale ha ora prudentemente evitato di aderire alla tesi secondo cui i crediti del lavoratore subordinato sarebbero dall'art. 429 ultimo somma c.p.c. (novellato) stati trasformati in crediti di valore; ed invero parrebbe pi esatto ritenere che detti crediti sono tuttora crediti di valuta (cfr. anche AscARELLI, Obbligazioni pecuniarie, in Commentario Scialoja e Branca, 1959, 174). - RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 214 III CORTE COSTITUZIONALE, 14 gennaio 1977, n. 15 -Pres. Rossi -Rel. Gionfrida -Greccia ed altri (n.p.), e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Azzariti). Lavoro -Risarcimento del maggior danno di svalutazione monetaria Efficacia nel tempo della novella del 1973 -Irretroattivit. (Cost., art. 24; cod. proc. civ., art. 426; I. 11 agosto 1973 n. 533, art. 20). Contrasta con l'art. 24 Cast. l'art. 435, comma secondo, c.p.c .. come modificato dall'art. 1 della legge 11 agosto 1973, n. 533, (sul nuovo rito del lavoro), nella parte in cui non dispone che l'avvenuto deposito del decreto presidenziale di fissazione dell'udienza di discussione sia comunicato all'appellante e che da tale comunicazione decorra .. il termine per la notificazione dell'appellato (3). IV CORTE COSTITUZIONALE, 14 gennaio 1977, n. 16 -Pres. Rossi -Rel. Gionfrida -Salimene (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Azzariti). Lavoro -Crediti di familiari di lavoratore deceduto -Provvisionale . Concedibillt. (Cost., art. 3; cod. proc. civ., art. 423). L'art. 423 c.p.c. applicabile anche a favore dei superstiti indicati dall'art. 2122 primo comma cod. civ.: pertanto infondata la questione 1i legittimit costituzionale di detto art. 423. Se ci , si va delineando -all'interno della categoria dei crediti di valuta -una tripartizione tra crediti indicizzati per legge, crediti indicizzati per contratto (l'art. 5 del D.L. 7 febbraio 1977 n. 15 sato soppresso dalla legge di conversione 7 aprile 1977 n. 102), e crediti la cui indicizzazione vietata dalla legge (ad esempio, cfr. art. 1 comma quarto del d.l. 24 luglio 1973 n. 426); tripartizione che trova fondamento e giustificazione nella qualit del credito . Del resto, la causa del credito da tempo indicata come fondamento " del regime dei privilegi (art. 2745 cod. civ.), e -su altro versante - alla base della legislazione per il c.d. credito agevolato . La tendenza ad attenuare l'unitariet della disciplina delle obbligazioni pecuniarie non opera direttamente sul valore della moneta all'interno dello Stato, anche se conduce ad un pi completo assoggettamento della moneta alla volont del principe " Va segnalato che> J.a Corte costituzionale ha ammesso che rivalutazione dei crediti di lavoro possa rispondere, oltre che ad esigenze di sostenta 215 PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE .I. (Omissis). -La premessa esegetica comune a tutte le ordinanze che, cio, debba desumersi, dalla detta mancanza (nell'art. 414) di una espressa statuizione di decadenza, la effettiva inesistenza di preclusione per l'attivit defensionale dell'attore (a fronte della diversa disciplina stabilita, dall'art. 416, per il convenuto -, infatti, palesemente erronea. La retta interpretazione delle norme consente, invero, di pervenire alla conclusione che si realizza, invece, nella concreta dialettica del nuovo processo del lavoro, una perfetta simmetria di posizione tra le parti. Tale simmetria -gi sottolineata nella Relazione alle Commissioni riunite della Camera nel corso della V legislatura (ove, con suggestione di immagine, si contrappone all'obbligo del convenuto di vuotare il sacco fin dal principio, quello analogo dell'attore di dire, senza riserva alcuna, fin dall'atto introduttivo tutto ci che attiene alla sua difesa e fornire il materiale su cui si basa la pretesa) - ancora, tra l'altro, ribadita nella Relazione alla Commissione Giustizia e Lavoro del Senato nella VI legislatura, venendo additata come una componente essenziale di quella reciproca collaborazione che, nello spirito della buona fede processuale informativo del codice del 1942 (alla cui formulazione originaria si inteso riportarsi), condiziona, in pratica, lo svolgimento del nuovo rito, nei suoi caratteri di concentrazione, immediatezza ed oralit. La lettura sistematica del dato normativo conferma, del resto, senza margine alcuno di dubbio, il carattere paritario della disciplina dell'atti dt defensionale delle parti. La stessa sanzione che per il convenuto si trova espressamente sancita nell'art. 416 deve, invero, ritenersi prevista per l'attore, sia pure in modo 'mplicito, ma non per questo meno chiaro, in base al disposto dell'art. 414 n. 5 e dell'art. 420. Infatti, poich il comma quinto di questa ultima norma consente al giudice di ammettere all'udienza di discussione, oltre i mezzi di prova gi proposti, quelli che la parte -e, quindi, anche l'attore -non poteva proporre prima, ne consegue che, successivamente alla presentazione del ricorso, non potranno essere ammesse le prove che lo stesso attore poteva e doveva indicare ai sensi dell'art. 414 ultimo comma. mento (garantite anche dall'art. 36 Cost.), ad esigenze di riequilibrio economico . (2) Diverso l'orientamento prevalente della Corte di cassazione: cfr. Cass. 8 febbraio 1975 n. 495, in Foro it., 1975, I, 279, Cass. 28 giugno 1976 n. 2471, ivi 1976, I, 1797, ove indicazione di altri precedenti, Cass. 16 novembre 1976 n. 4258, ivi, 1976 I, 2732, e 20 gennaio 1977 n. 300, ivi, 1977, I, 339. (3) La giurisprudema. (a quanto consta, solo di merito) era propensa a ritenere non perentorio il termine di dieci giorni del quale si discute, fermo restando l'onere per rappellante di non comprimere il termine a comparire. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 216 Valgono analoghe considerazioni per quanto concerne la modificabilit delle domande, eccezioni e conclusioni, che il comma primo dell'articolo 420 cit. subordina, allo stesso modo per l'attore che per il convenuto, alla ricorrenza di gravi motivi da accertarsi dal giudice. Le preclusioni sono dunque nel sistema (nel contesto del quale adempiono alle cennate esigenze di accelerazione e semplificazione della procedura): e si rivolgono senza discriminazione cos all'attore come al convenuto, con riguardo rispettivamente al ricorso introduttivo e alla comparsa di risposta, che sono gli unici atti di parte antecedente all'udienza di discussione. II (Omissis). -Entrambe le questioni muovono -come in narrativa detto -dal presupposto (da cui, poi, traggono opposti corollari) della non equiparabilit, quanto alla disciplina delle rispettive attivit difensive, della posizione dell'attore in riconvenzione e di quella del convenuto. Tale presupposto non , per, esatto. Come dalla dottrina riconosciuto gi con riguardo al processo ordinario (anche nell'ambito del quale manca, come nel nuovo rito del lavoro, una specifica completa regolamentazione della fattispecie conseguente alla proposizione di domanda riconvenzionale si verifica, con riferimento appunto alla riconvenzionale, un rovesciamento simmetrico della posizione delle parti, in quanto l'attore assume la veste di convenuto e, viceversa, il convenuto quella di attore. Discende da ci che la disciplina dell'attivit difensiva dell'attore nei riguardi della riconvenzionale, si ricava, per via di analogia (e nei limiti, ovviamente, delle specifiche modalit che la fattispecie impone), dalla disciplina relativa all'attivit processuale del convenuto rispetto alla domanda principale. Con specifico riguardo al rito del lavoro, ci equivale a dire che l'attore nei cui confronti sia proposta domanda riconvenzionale ha in sostanza gli stessi poteri, e correlativamente incorre (quanto al loro esercizio) nelle stesse preclusioni, che l'art. 416 prevede per il convenuto. Con l'unica differenza, sul piano formale, che il termine di riferimento , per il convenuto in riconvenzione, non gi l'udienza fissata ex art. 415, bens la nuova udienza, la cui fissazione deve essere richiesta contestualmente alla proposizione della riconvenzionale, in base al peculiare meccanismo apprestato dall'art. 418. Anche in questo caso, pertanto, la dimostrata erroneit della pre messa (travolgendo le conclusioni che da essa si traggono) conferma la non fondatezza delle questioni di illegittimit costituzionale formulate. La Corte , infine, chiamata a decidere della legittimit costituzionale dell'art. 429, comma terzo, del codice di procedura civile, come modifi PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE cato dalla legge del 1973, per la parte in cui prevede, a favore del lavoratore, l'obbligo del giudice di determinare il maggior danno eventualmente subto per la diminuzione di valore del credito . Di tale norma varie ordinanze prospettano -come detto -il contrasto con l'art. 3 della Costituzione; e ci sotto vari profili, attinenti, da un lato, alla ingiustificata disparit di trattamento dei crediti del lavoratore rispetto in genere agli altri crediti di carattere pecuniario e in particolare ai crediti del datore di lavoro nascenti dallo stesso rapporto; dall'altro lato, alla ingiustificata identit di trattamento (quanto al rilievo dato alla svalutazione) di tutti i crediti di lavoro, senza distinguere la diversa posizione sociale-economica delle varie categorie di lavoratori (che vanno dal modesto dipendente all'alto dirigente) e delle varie categorie dei datori di lavoro (che analogamente vanno dal piccolo artigiano al grande imprenditore). Osserva innanzi tutto, la Corte che non occorre -prendere posizione sul problema (allo stato ancora dibattuto e di cui cenno, in particolare, nell'ordinanza del pretore di Arcidosso), se la disciplina introdotta dall'art. 429 impugnato abbia operato una trasformazione dei crediti del lavoratore aventi (ab origine) carattere pecuniario in crediti di valore ovvero si sia limitata ad apportare delle deroghe in ordine ai presupposti del risarcimento del danno per inadempimento delle obbligazioni pecuniarie. Una volta, infatti, che della norma in esame (cui si collega, in via di integrazione, l'art. 150 disp. attuaz. cod. proc. civ. come sostituito dall'art. 9 della legge n. 533 del 1973) chiaro il contenuto pratico voluto. dal legislatore -assicurare cio al lavoratore (con riferimento al mancato o ritardato pagamento delle prestazioni in suo favore alla scadenza e a decorrere da tale momento) l'adeguamento delle somme dovutegli, in funzione delle variazioni in aumento degli indici dei prezzi calcolati per la scala mobile -non assumono, evidentemente, rilievo, sul piano del giudizio di costituzionalit, le implicazioni dommatiche (quanto all'attuale inquadramento ed alla astratta classificazione dei crediti del lavoratore) che l'introdotta disciplina prospetta: di questa interessando unicamente valutare il contenuto, sotto il profilo della razionalit o meno della diversificazione dei crediti di lavoro rispetto agli altri crediti pecuniari. Ora, proprio tale razionalit, con riferimento alla scelta legislativa nella specie operata, non pu, ad avviso della Corte, revocarsi in dubbio. La prima (e, di per s, gi decisiva) giustificazione del trattamento privilegiato attribuito ai crediti di lavoro sta, infatti, nella qualit stessa del credito che trova, nello sfondo, il presidio e la garanzia (per cos dire rafforzata) di pi1 precetti costituzionali, quali quelli contenuti negli artt. 1, 3 cpv., 4, 34 e 36. Nel contesto di tale peculiare tutela razionalmente si colloca la normativa denunziata, apprestando un meccanismo di conservazione del 218 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO valore in senso economico delle prestazioni dovute al lavoratore, volto a preservare (o, comunque, ripristinare) quel potere di acquisto di beni reali che si connete alla retribuzione ed alle indennit di fine rapporto (costituenti la parte indiscutibilmente prevalente dei crediti del lavoratore) e nel contempo ad eliminare il vantaggio che (in precedenza) conseguiva il datore di lavoro col ritardato adempimento, il quale lo poneva, a fronte del solo rischio del pagamento degli interessi legali, in condizioni di lucrare gli effetti della svalutazione monetaria e di disporre delle somme di spettanza del lavoratore. Il che, in altre parole, equivale a dire che il meccanismo esaminato non si risolve (ex altero latere) in un depauperamento del patrimonio del datore di lavoro (soccombente): dal quale viene recuperato,. con manovra sostanzialmente riequilibratrice, quel tanto di arricchimento conseguito dal datore di lavoro che non ha compensato la forza di lavoro, il cui frutto ha investito nella propria struttura organizzativa. Non va, poi, trascurato l'elemento funzionale concorrente (che si combina con gli altri sin qui esaminati con carattere di maggiore o minore prevalenza, a seconda del tipo di rapporto di lavoro considerato) rappresentato dalla remora che la disciplina denunciata ingenera rispetto -pi che a manovre dilatorie nel processo (cui la stessa attuale strutturazione del rito, improntata a criteri di accelerazione, contribuisce a porre rimedio)_ al fatto stesso del non puntuale adempimento alla scadenza delle prestazioni destinate ad assolvere esigenze primarie del lavoratore. Tale remora basterebbe, di per s, a giustificare la norma in esame, ove si consideri che il pagamento tempestivo delle spettanze dei lavoratori, oltrech all'interesse individuale dei medesimi, risponde ad un interesse generale della intera collettivit e che -proprio con riguardo alle prestazioni retributive - stata gi sottolineata (v. sentenza di questa Corte n. 54 del 1967) la legittimit di norme di tutela risolventisi nella previsione, addirittura, di sanzioni penali per il caso del mancato o ritardato adempimento. La ratio stessa della disciplina impugnata ne giustifica la man cata estensione ai crediti del datore di lavoro, nei riguardi dei quali, evidentemente, non ricorrono la sottolineata esigenza di garanzia di bisogni primari e la predetta funzione di riequilibrio economico: dimodoch, anche sotto tale aspetto, il dubbio di costituzionalit si rivela non fondato. Lo stesso a dire per quanto attiene al profilo (su cui si sofferma il pretore di Arcidosso) di mancata diversificazione della disciplina sul punto della svalutazione in rapporto alla posizione -non certo di debolezza -di alcune categorie di prestatori d'opera, quali, ad esempio, i dirigenti e, correlativamente, alla posizione non preminente , PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE in cui si trovano categorie di datori di lavoro, come i piccoli imprenditori, gli artigiani, etc. A parte, infatti, che a tale rilievo sarebbe sufficiente opporre l'esigenza, propria della legislazione per nome generali, di modellarsi sul l'id quod plerumque accidit (onde l'impossibilit di tener conto delle situa zioni limite o, comunque, estreme), gli che, in realt, anche rispetto ai rapporti peculiari sopra cennati non difettano le regioni che giu stificano l'applicazione del meccanismo ex art. 429; anche se, nel concreto, queste, poi, si combinano in diversa misura e intensit: assumendo, ad esempio, nei rispetti di un dirigente, la funzione di riequilibrio economico, carattere certamente prevalente rispetto a quella di sostentamento. Considerazione a parte richiede, infine, il rilievo, contenuto nelle ordinanze del pretore di Roma, di violazione dell'art. 3 della Costituzione, per il trattamento ingiustificatamente pi favorevole riservato ai crediti di lavoro (rispetto agli altri crediti pecuniari), quanto alla possibilit di decorrenza del diritto alla rivalutazione da data anteriore all'entrata in vigore della legge n. 533 del 1973. Il problema di applicabilit della disciplina dettata dagli artt. 1 (come modificativo dell'art. 429 cod. proc. civ.) e 9 (come sostitutivo dell'art. 150 disp. attuaz. cod. proc. civ.) della legge n. 533 del 1973 ai crediti sorti. anteriormente alla entrata in vigore della detta legge non pu dirsi univocamente risolto in dottrina e in giurisprudenza: giacch alla tesi che -pur riconoscendo l'applicabilit di tale disciplina ai .crediti di lavoro maturati anteriormente alla entrata in vigore della legge (semprech l'inadempimento si sia protratto oltre la data predet ta) -ritiene che l'adeguamento debba farsi con riguardo e limitatamente alla svalutazione successiva, si contrappone la tesi secondo cui l'adeguamento deve operarsi tenendo conto anche della svalutazione intervenuta prima della entrata in vigore della legge. A giudizio della Corte va condivisa la prima delle due esposte soluzioni, la quale risponde al principio della irretroattivit della legge che (ancorch non sempre costituzionalmente garantito) costituisce espressione di civilt giuridica e non risulta, nella specie, derogato n esplicitamente, n implicitamente. Deve, infatti, anzitutto escludersi che la retroattivit nel senso so praindicato discenda dalla disposizione transitoria dell'art. 20, comma primo, della legge del 1973 citata (che dispone l'applicabilit delle norme della legge stessa anche ai giudizi in corso al momento della sua entrata in vigore) : se non altro perch, -come ha di recente rico nosciuto la stessa Corte di Cassazione, che pur ha aderito alla prima tesi -la detta disposizione si riferisce alle norme di natura proces suale e non anche alle norme di carattere sostanziale come quella del comma terzo dell'art. 429. 220 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO N possono condividersi le altre argomentazioni che desumono la efficacia retroattiva della norma dalla dizione dello stesso art. 429, l dove questo indica come decorrenza il giorno della maturazione del diritto;, dal fatto che la norma, essendo diretta ad ovviare alle conseguenze del fenomeno della svalutazione (il quale presuppone il decorso di un non breve periodo di tempo), resterebbe svuotata della sua ragione d'essere qualora non prendesse in considerazione gli effetti della svalutazione anteriore alla sua entrata in vigore, una volta che, ad impedire l'incidenza della svalutazione successiva, sarebbe bastato il meccanismo complessivo che assicura la rapidit del processo del lavoro; ed inoltre dalle enunciazioni che sarebbero contenute nei lavori preparatori. Infatti, l'espressione con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto , che si riferisce, non solo alla somma corrispondente alla diminuizione di valore del credito, ma anche agli interessi legali, dettata al fine di determinare il dies a quo indipendentemente da atti di costituzione in mora (analogamente a quanto prescritto dall'art. 1282 cod. civ. per il decorso degli interessi corrispettivi). E, nel contesto di tale espressione, il riferimento al giorno della maturazione del diritto fa parte del contenuto precettivo innovativo della norma e non rappresenta una disposizione collaterale avente carattere intertemporale. Il secondo degli argomenti sopra indicati trascura poi di considerare che l'intervallo temporale entro cui pu verificarsi la svalutazione del credito non soltanto costituito dalla durata del processo ma anche e soprattutto dal periodo di tempo (normalmente) intercorrente tra la maturazione del diritto e l'inizio del processo. Infine, per quanto attiene ai lavori preparatori, da osservare che -se pure alcuni parlamentari, nei loro interventi (soprattutto nel corso della legislatura precedente a quella in cui il testo della disposizione fu approvato) consideravano la norma come retroattiva -, quando il problema fu discusso ex-prof esso, un emendamento diretto ad escludere l'efficacia retroattiva nel senso sopra precisato non venne accolto proprio in base alla considerazione, espressa dal relatore Martinazzoli (Senato, VI Legislatura -Commissioni riunite -29 marzo 1973), che esso era superfluo in quanto la irretroattivit gi discendeva dai principi generali. Dovendosi quindi escludere, per quanto fin qui detto, che risulti, nella specie, espressamente od implicitamente voluta una deroga al principio di irretroattivit consacrato nell'art. 11 delle preleggi, resta confermato che, secondo la corretta interpretazione della norma denunziata, nell'ipotesi di crediti maturati anteriormente alla data di entrata in vigore della legge, deve tenersi conto soltanto della svalutazione posteriore alla data predetta. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Ci, del resto, risponde pienamente alla applicazione che del suddetto principio di irretroattivit fa l'art. 161 delle disposizioni di attuazione del codice civile rispetto al decorso degli interessi corrispettivi, di cui all'art. 1282 cod. civ., sui crediti di somme di denaro divenuti esigibili prima dell'entrata in vigore dello stesso codice; nonch la giurisprudenza, ormai da tempo consolidata, della Corte di Cassazione sui limiti di applicazione della disposizione innovativa di cui all'art. 1224 cod. civ. concernente la risarcibilit del maggior danno dipendente dalla mora, nella ipotesi di inadempimento verificatosi prima della entrata in vigore dello stesso codice. Pertanto, anche sotto il profilo della prospettata decorrenza del diritto alla rivalutazione anche da data anteriore alla entrata in vigore della legge 1973, n. 533 , la questione di costituzionalit dell'art. 429, comma terzo, non fondata, poich muove da una non esatta interpretazione della norma denunziata. III. (Omissis). -Con sentenza n. 14 del 1977, questa Corte ha gi avuto modo di affermare, richiamando la propria precedente giurisprudenza (cfr. sent. n. 159 del 1971 e n. 255 del 1974), che, nel quadro della garanzia costituzionale della difesa, ove un termine sia prescritto per il compimento di tale attivit, la cui omissione si risolva in pregiudizio della situazione tutelata, deve essere assicurata all'interessato la conoscibilit del momento di iniziale decorrenza del termine stesso, onde poter utilizzare, nella sua interezza, il tempo assegnatogli. Con siffatto principio, appunto, contrasta la disposizione impugnata, giacch ricollega il dies a quo del termine per la notificazione del decreto presidenziale di fissazione dell'udienza ad un evento (quale il deposito del provvedimento) di cui ben possibile che la parte non abbia tempestiva conoscenza. N le conseguenze pregiudizievoli per il diritto di difesa possono essere, nella specie, superate accedendo alla tesi (condivisa dalla prevalente dotrina) che il termine in questione sia di tipo ordinatorio. La ritenuta non perentoriet del termine consentirebbe, infatti, di escludere, che pur dopo il suo decorso, resti all'appellante preclusa la notificazione del decreto, ma non lo porrebbe al riparo dalle conseguenze che -con particolare riguardo al procedimento di impugnazione possono riconnettersi alla violazione del termine a comparire che -proprio in dipendenza della non tempestiva conoscenza del decreto -l'appellante non fosse stato in grado di rispettare. Il pregiudizio della difesa (nel senso sopra indicato) neppure pu essere, d'altra parte, (sempre) evitato con l'uso della normale diligenza da parte del procuratore dell'appellante. 222 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Basta considerare l'ipotesi in cui il Presidente del tribunale abbia (come gli consentito dal comma primo dell'art. 435 cit.) fissato l'udienza di discussione in coincidenza con la scadenza del termine (di 35 giorni) risultante dall'esatto computo di dieci giorni previsti per la no tifica del ricorso (ex comma secondo) e dei 25 giorni stabiliti come termine minimo di comparizione (ex comma terzo art. 435 cit.). Con riferimento a tale ipotesi, la diligenza dovrebbe, infatti, spingersi (con ci sup~rando il limite della normalit) fino al punto di un controllo giornaliero: anche oltre il termine (meramente ordinatorio) di giorni cinque (dal deposito del ricorso) per la emanazione del decreto presidenziale di fissazione d'udienza. CORTE COSTITUZIONALE, 18 gennaio 1977 n. 27 -Pres. Rossi -Rel. Volterra -Commissario dello Stato per la Regione siciliana (sist. avv. gen. Azzariti) e Regione Sicilia (avv. Villari). Sicilia -Demanio -Trasferimento di funzioni-pubbliche Opera anche per il passato. (Statuto Sicilia, art. 32). Il trasferimento dei beni demaniali dallo Stato alla Regione deve essere qualificato non come vicenda successoria ma come passaggio di poteri fra enti pubblici per il quale l'ente subentrante pu esplicare ogni potere pubblicistico o privatistico sui beni trasferiti, non esercitato dall'ente che precedentemente lo gestiva. (1) (Omissis). -Con il ricorso in epigrafe il Commissario dello Stato presso la Regione siciliana impugna la legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 13 marzo 1975 e chiede che ne sia (1) Nel senso che lo Stato, in attesa del passaggio di funzioni alle Regioni, esercita sui beni demaniali da trasferire non una mera attivit di conservazione ma pienezza di poteri per la soddisfazione dei pubblici interessi, Corte cost., 4 maggio 1972, n. 79, in questa Rassegna, 1972, 567. Su questioni concernenti il trasferimento dei beni pubblici assegnati alle Regioni, FALZONE, I beni delle regioni a statuto ordinario, in Riv. trim. dir. pub., 1971, 289; per le Regioni a statuto speciale, cfr. Corte cost., 23 marzo 1960, n. 13, in Foro it. 1960, I, 717, 17 aprile 1968, n. 21, ivi, 1968, I, 1124, e 17 novembre 1971, n. 178, in Giur. cast., 1971, 2179, con nota di BARTOLE. Esattamente stato osservato (Cass. S.U., 15 aprile 1976, n. 1335 e 1336, la seconda in questa Rassegna, 1976, 580) che il trasferimento di beni destinati ad un pubblico servizio al seguito del passaggio di quest'ultimo da una ad altra persona giuridica pubblica vicenda non ablatoria ma organizzatoria. Sulla successione tra enti pubblici, cfr. anche Cass., 24 luglio 1958, n. 2689, in Foro it., 1958, I, 1252, Cass., 3 ottobre 1959, n. 2642, in Giust. civ., 1961, I, 1633, e Cass., 19 maggio 1969, n. 1738. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE dichiarata l'illegittimit costitt1zionale per violazione dell'art. 32 dello statuto speciale e del d.P.R. 1 dicembre 1961, n. 1825. Le violazioni denunziate sono indicate nella disposizione dell'art. 1 della legge impugnata, la quale dichiara estinti i debiti per canoni relativi alle utenze, sia fornite di titolo legittimo, sia di fatto, di acqua derivata dai canali dell'antico demanio esistenti in Sicilia, dovuti sino al 31 dicembre 1946 e non ancora corrisposti e nella disposizione dell'art. 2 della medesima legge, la quale dichiara che con effetto dal 1 gennaio 1947 i canoni relativi alle utenze di acqua di cui all'art. 1 comunque e per qualunque uso esercitate, sono determinati a norma dell'art. 35 del t. u. n. 1775 del 1933 e successive aggiunte e modificazioni. Lo Stato assume che tale disciplina e regolamentazione non possono avere effetto per il periodo antecedente alla data di approvazione del'elenco dei canali assegnati e che per tanto la legge regionale avrebbe disposto di diritti di cui la Regione non .era ancora titolare. Si sostiene invece ex adverso che la titolarit dei diritti sui beni spetterebbe alla Regione sin dall'entrata in vigore dello Statuto ed una volta riuniti nello stesso soggetto titolarit ed esercizio del potere, le due situazioni non potrebbero essere pi disgiunte. (Omissis). Ritiene d'altra parte la Corte che alla vicenda del trasferimento di beni demaniali dallo Stato alla Regione non presiedono principi identici a quelli delle successioni tra privati, dovendosi valutare, caso per caso, le specifiche norme dirette a regolare la materia anche in relazione all'oggetto del trasferimento. Ora, mentre, oggettivamente, dalla situazione esistente risulta l'imprescindibile ed indifferibile necessit per la Regione di regolarizzare una situazione abnorme assoggettando ad un regime unitario le concessioni e le derivazioni e sopprimendo le gravissime sperequazioni esistenti in materia, evidente che tale regolarizzazione, senza la quale la Regione non ha la possibilit di esercitare i poteri che le sono assegnati dalla legge sul demanio idrico, non pu essere compiutamente realizzata senza previamente provvedere a rimuovere l'enorme cumulo di canoni non corrisposti e le conseguenze giuridiche ed economiche che derivano da una siffatta situazione e senza provvedere a stabilir~ uniformemente per le utenze di acqua pubblica la determinazione dei relativi canoni. Sul piano normativo, inoltre, massimo rilievo assume, nella spede, l'art. 7 del d.P.R. 1 dicembre 1961, n. 1825. Tale norma, mantenendo fermi gli effetti degli atti di gestione o amministrazione ordinaria e straordinaria compiuti dallo Stato anteriormente al trasferimento, mostra come la Regione, in mancanza della disposizione stessa, avrebbe potuto incidere non solo sulle situazioni ancora pendenti, ma anche su quelle gi definiti e come lo Stato non possa, a seguito del trasferimento, compiere ulteriori atti di gestione fra 224 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO i quali indubbiamente rientrano l'individuazione, l'accertamento e la per cezione dei crediti relativi a canoni non ancora esatti. In tal modo il trasferimento di specie pi che una successione pu qualificarsi come un passaggio di poteri fra enti pubblici per il quale l'ente subentrante pu esplicare ogni potere pubblicistico e privatistico sul bene, non esercitato dall'ente che precedentemente lo gestiva. La legge regionale impugnata non riimlta pertanto invadere la sfera dei poteri dello Stato. Con l'art. 1, disponendo l'estinzione dei debiti per canoni relativi alle utenze di acqua derivata dai canali demaniali dell'antico demanio esistente in Sicilia, dovuti sino al 31 dicembre 1946, la regione esercita legislativamente un potere a lei conferito rispetto ai beni demaniali assegnatile e che lo Stato non aveva esercitato. Con la precisazione non ancora corrisposti che esclude dalla disposizione i canoni gi riscossi dallo Stato e con la norma del comma secondo dell'art. 2: Non si far luogo a rimborso per le somme gi pagate alla data di entrata in vigore della presente legge evita che la norma regionale possa statuire in merito alle attivit compiute dallo Stato in ordine ai beni demaniali prima dell'assegnazione alla Regione. CORTE COSTITUZIONALE, 18 gennaio 1977, n. 30 -Pres. Rossi -Rel. Gionfrida -Zanetti ed altri (n.p.). Contratti agrari Mezzadria Coltivatore diretto concedente Cessazione della proroga -Non previsione di indennizzo -Legittimit costituzionale. (Cost., artt. 3 e 44; d.!. C.p.S. 1 aprile 1947 n. 273). Non contrasta con gli artt. 3 e 44 Cost. la disposizione che non prevede indennizzo a favare del mezzadro o colono nel caso di ritorno alla terra del proprietario coltivatore diretto (1). (Omissis). -Le due norme poste a raffronto dal giudice a quo disciplinano, in realt, situazioni diverse. L'ipotesi sub lett. b dell'art. 1 d.l.C.p.S. 1947, n. 273, evidenzia, invero, un'esigenza di contemperamento fra gli opposti interessi in giuoco del proprietario e del coltivatore, riconducibile ad un pi generale paradigma (1) La pronuncia sottolinea la diversit tra l'ipotesi in essa esaminata e la ipotesi del proprietario che si avvale della facolt di eseguire opere di trasformazione: per quest'ultima, cfr. la sentenza Corte cost., 23 aprile 1974, n. 107, in questa Rassegna, 1974, 809. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 225 di conflitto capitale-lavoro. Ed in tale quadro (sul presupposto che per stabilire equi rapporti sociali non basti assicurare la tutela di una sola delle due parti del rapporto) ha operato la Corte, ripristinando, da un lato, il diritto del proprietario a rientrare in possesso del fondo onde eseguirvi le programmate opere di trasformazione ed introducendo, dall'altro, il diritto dell'ex coltivatore ad un equo indennizzo (che viene, in tal modo, a rappresentare, nei rispetti del proprietario una componente del costo complessivo della operazione economica di trasformazione agraria). Ben diversa, invece, la situazione contemplata nella lett. a dell'articolo 1 d.l.C.p.S. 1947 citato. In tale ultima disposizione -in cui l'eccezione alla proroga del contratto di affitto si giustifica, non in funzione di un investimento di capitali sul fondo, sibbene di un ritorno alla terra dello stesso proprietario, (anch'esso) diretto coltivatore -vengono, infatti, in contrapposizione interessi non gi tra loro diversi, sibbene omogenei, per la comune attinenza alla esplicazione di una attivit lavorativa sul fondo. Una eventuale previsione di indennizzo (anche) nella specie, lungi dall'assolvere ad una funzione di riequilibrio, realizzerebbe, pertanto, un risultato opposto, in quanto, nella tutela del coltivatore affittuario, non terrebbe conto (frapponendo un ostacolo alla sua realizzzione) dell'interesse -pure di lavoro -del proprietario coltivatore. Resta cos dimostrato che la norma denunziata si sottrae ai dubbi (come dal tribunale formulati) di contrasto con gli artt. 44 e 3 della Costituzione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 20 gennaio 1977, n. 41 -Pres. Rossi -Rel. Gionfrida -Saitta ed altri (avv. Saitta) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Universit -Incarichi gratuiti Legittimit costituzionale. (Cost., artt. 3 e 36; I. 24 febbraio 1967 n. 62, art. 11). Universit -Determinazione differenziate delle retribuzioni degli incarichi Legittimit costituzionale. (Cost., artt. 3 e 36; d.P.R. 5 giugno 1965 n. 749, art. 25 e d.P.R. 28 dicembre 1970 n. 1079, art. 20). I vantaggi che possono derivare ad un soggetto dalla prestazione di un servizio dello Stato (nella specie, l'insegnamento universitario), quali il miglioramento di attitudini e capacit personali ed un prestigio che possa tradursi in concreta promozione di atti'vit professionali private (ove compatibili), possono giustificare l'assenza di corrispettivo a carico 111111111111r11111rfl1111~1111rr1111m1r1~r11111r11rtr1111{r1r1;1111111r11 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 226 dello Stato per il predetto servizio, allorch colui che lo presta ne abbia liberamente accettato la gratuit (1). Non ingiustificata una diversificazione delle retribuzioni collegata a diversit di titoli scientifici. (Omissis). -Con ordinanza 18 aprile 1972, emessa sui ricorsi riuniti proposti da Domenico Ceruso ed altri (a vario titolo incaricati di insegnamento nell'Ateneo di Messina) contro il Ministero della pubblica istruzione ed il Rettore della predetta, Universit, l'adito Consiglio di Stato -Sezione VI giurisdizionale -denunciava, per sospetta violazione degli artt. 3 e 36 della Costituzione: a) l'art. 11, comma primo, della legge 1967, n. 62, nel punto in cui implicitamente consente il conferimento di incarichi universitari senza retribuzione; b) l'art. 25, commi secondo e terzo, del d.P.R. 1965, n. 749, e l'art. 20 del d.P.R. 1970, n. 1079, per la parte in cui, discostandosi dalla disciplina generale del trattamento di cumulo consentito di pubblici impieghi, di cui all'art. 99 r.d. 1923, n. 2960, stabiliscono una retribuzione minore per gli incarichi di insegnamento universitario conferiti rispettivamente ai professori di ruolo (e aggregati ex art. 11 legge 1966, n. 585) e ad assistenti ordinari, incaricati esterni, liberi docenti e cultori della materia, in quanto ricoprano altro ufficio con retribuzione a carico dello Stato o di altro ente pubblico o privato ; c) l'art. 25, comma primo, d.P.R. 1965, n. 749, e l'art. 20 d.P.R. 1970, n. 1079, nel punto in cui stabiliscono, per lo espletamento del servizio di incarico universitario, retribuzioni differenziate a seconda della qualifica di provenienza dell'incaricato. (Omissis). Non v' dubbio che le mansioni svolte dall'incaricato a titolo gratuito sono le stesse che esplica l'incaricato retribuito e che identica (a parte, ovviamente, il trattamento economico) anche la complessiva disciplina dei rispettivi rapporti (cfr. art. 2 r.d.l. 1946, n. 534): oggetto dei quali sono una attivit di insegnamento, in ogni caso, a titolo ufficiale e una attivit di ricerca, nell'ambito della libert che a ciascuna di esse connaturale. (1) La sentenza ha cautamente evitato di qualificare l'incaricato gratuito come funzionario onorario, lasciando intendere che l'assenza di una retribuzione in danaro non esclude (oltre che il sussistere di altre remunerazioni) anche il sussistere di un rapporto di servizio. Sulla gratuit dell'ufficio di conciliatore, Corte cost., 5 aprile 1970, n. 70; sulla gratuit dell'attivit degli avvocati chiamati alla difesa dei poveri, Corte cost., 22 dicembre 1964, n. 114, 16 giugno 1970, n. 97, 27 luglio 1972, n. 149 e 12 aprile 1973, n. 35. Di notevole interesse l'affermazione secondo cui la acquisizione di elementi di miglioramento ed affinamento delle attitudini e qualit di un servitore dello Stato pu costituire una contropartita (o una delle contropartite) del servizio prestato. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Ci non pertanto la possibilit del conferimento di incarichi non retribuiti resta giustificata. Pur prescindendo dal riferimento (che, con riguardo all'attivit di insegnamento -anche gratuito -non sarebbe puntuale) alla funzione onoraria a cui si invece riferita la Corte per ritenere la legittimit delle norme sulla gratuit dell'ufficio di conciliatore e sulla limitata compensabilit delle prestazioni di componenti commissioni elettorali (con le sentenze 1971, n. 70, e 1965, n. 67), decisivo, infatti, il rilievo assolutamente peculiare che nella specie assumono gli elementi caratterizzanti della possibilit di larghi margini di autonomia per lo svolgimento di altre attivit professionali (che restano consentite ed anzi di fatto agevolate, nei limiti in cui la titolarit dell'incarico pu tradursi in ulteriore qualificazione professional~) e soprattutto della libera scelta, che, nella esaminata ipotesi, attiene non al solo momento dell'accettazione dell'ufficio, sibbene si radica in un momento anteriore, quale quello della richiesta, che spontaneamente proviene dallo stesso interessato. Gli , in realt, che l'insegnamento universitario -anche quando non procura diretti corrispettivi economici -resta attivit pur sempre ambita, in vista di finalit che (anche a prescindere dalla prospettiva, per altro normalmente ricorrente, di un inquadramento definitivo) riguardano la stessa acquisizione di elementi di miglioramento ed affinamento delle attitudini e qualit del soggetto interessato. Ne d conferma la genesi stessa del fenomeno esaminato, sorto in risposta ad esigenze delle Universit, per la copertura di corsi che non si era in grado di retribuire, ed anche degli stessi aspiranti docenti, cui si intendeva consentire, nella maniera pi estesa possibile, l'accesso all'in segnamento. A ci deve, poi, aggiungersi l'elemento (di cui si in precedenza fatto cenno) del prestigio, che l'esplicazione dell'attivit di insegnamento, appunto, conferisce al docente e che suscettibile di tradursi in concreti vantaggi nell'ambito dell'attivit professionale che il medesimo collateral mente svolga. Si tratta - pur, vero -di vantaggi potenzialmente conseguibili anche dall'incaricato retribuito e, comunque, eventuali (la cui verificabilit in concreto dipende, caso per caso, dalla possibilit che il docente abbia di utilizzare in maniera pi o meno proficua il suo tempo libero). Gli per che, nel caso dell'insegnamento gratuito, il fatto stesso del l'accettazione (ed anzi della richiesta) dell'incarico (pur) senza retribu zione lascia fondatamente presumere che -per valutazione dello stesso interessafo -le condizioni per la realizzazione dei vantaggi sopra detti sussistono effettivamente in concreto. Deve quindi concludersi -tenendo presenti gli elementi che carat terizzano l'incarico gratuito ed in considerazione della intensit e della maniera (reciprocamente combinata) con cui incidono nel relativo rap 228 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO porto -che non si verifica nella specie, in ragione della mancanza di un corrispettivo economico, violazione dei precetti di cui agli articoli della Costituzione 3 e 36 richiamati. La seconda questione -di legittimit costituzionale degli artt. 25, commi secondo e terzo, d.P.R. 1965, n. 749, e 20 d.P.R. 1970, n. 1079, per la parte in cui, discostandosi dalla disciplina generale del trattamento di cumulo consentito di pubblici impieghi, di cui all'art. 99 r.d. 1923, n. 2960, stabiliscono una retribuzione minore per gli incarichi di insegnamento universitario -, a sua volta, manifestamente infondata, per quanto riguarda l'art. 25, commi secondo e terzo, citato, il quale gi stato dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza di questa Corte n. 11 del 1972; ed inoltre non fondata, per quanto attiene all'art. 20 d.P.R. 1970, n. 1079, nei cui riguardi (contrariamente a quanto mostra di ritenere il giudice a quo) non va estesa la declaratoria di cui alla sentenza indicata, trattandosi di norma che riguarda la determinazione della retribuzione, e non gi della sua percentuale di riduzione in caso di cumulo. Non fondata , infine, anche la terza questione di legittimit del primo comma dell'art. 25 d.P.R. 1966 citato. La disposizione impugnata (contrariamente a quanto dedotto) non prevede, infatti, una ingiustificata diversificazione della retribuzione di prestazioni identiche, sibbene, in realt, prevede una progressione economica per i professori incaricati, razionalmente collegata a determinati titoli scientifici; il conseguimento dei quali presuntivamente incide, in senso migliorativo, sulla qualit stessa della prestazione, che -ex art. 36 della Costituzione - pur un elemento di riferimento della retribuzione. ERRATA CORRIGE Nella massima della sentenza Corte cost. n. 262 del 1976 (supra, I, 54), le parole la relazione di un disegno di legge non pervenuto all'approvazione ad opera del Parlamento devono intendersi sostituite dalle parole la intenzione manifestata dal legislatore con l'approvazione di una legge successiva a quella sub judice . SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, 3 febbraio 1977, nella causa 52/76 -Pres. Kutscher -Avv. gen. Reischl -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Pretore di Cittadella nella causa Benedetti (avv. Ubertazzi e Capelli) c. Munari e A.I.M.A. -Interv.: Governo italiano (ag. Maresca e avv. Stato Marzano) e Commissione delle Comunit europee (ag. Maestripieri). Comunit europee -Agricoltura -Organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali Vendite da parte di uno Stato membro a prezzo inferiore al prezzo indicativo Incompatibilit con l'organizzazione comune dei mercati. (Regolamento del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120; regolamento del Consiglio 13 giugno 1967, n. 132; regolamento della Commissione 27 febbraio 1970, n. 376). Comunit Europee Regole di concorrenza Aiuti concessi dagli Stati . Incompatibilit con il mercato comune Limite. (Trattato CEE, art. 92, n. 1). Comunit Europee Corte di giustizia Questioni pregiudiziali di inter pretazione Efficacia vincolante delle sentenze Limiti. (Trattato CEE, art. 177). Il regolamento del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120, che istituisce una organizzazione com.une dei mercati nel settore dei cereali, va interpretato nel senso che l'attivit di uno Stato membro consistente nell'acquistare grano duro sul mercato mondiale e nel rivenderlo poi sul mercato comunitario a prezzo inferiore al prezza indicativo incompatibile con l'organizzazione comune dei mercati (1). (1-3) Ancora sui rapporti tra la normativa comunitaria e gli interventi nazionali diretti a contenere l'aumento dei prezzi. 1. Con la sentenza in rassegna la Corte di giustizia ha richiamato i principi gi enunciati nella sentenza 22 gennaio 1976, 'resa nella causa 60/75, Russo (in questa Rassegna, 1976, I, 36, con nota di commento di MARZANO, Interventi dello Stato sul mercato nazionale e responsabilit nei confronti dei singoli per attivit in contrasto con la normativa comunitaria), precisando, peraltro, che qualora fosse accertato che, nella fattispecie, si trattato di assegnazioni di cereali ad una cerchia limitata di molini, in qualche modo autorizzata dagli organi comunitari, la suddetta nozione potrebbe non trovare applicazione, che il regolamento n. 120/67 inteso a porre lo sviluppo della produzione agricola comunitria (nozione che non comprende necessariamente le ulteriori fasi del circuito economico, dalla produzione del pane fino al consumo) al riparo delle variazioni dei 4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nello stabilire che sono incompatibili col mercato comune gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, l'art. 92, n. 1, precisa che il relativo divieto si applica solo nella misura in cui (tali aiuti) inci dono sugli scambi tra Stati membri e ferme restando le deroghe previste dal Trattato, e specialmente quelle di cui al n. 2 del suddetto articolo (2). La sentenza emessa dalla Corte di giustizia delle Comunit europee a norma dell'art. 177 del trattato CEE ha lo scopo di risolvere questioni di diritto e vincola il giudice nazionale quanto all'interpretazione delle norme e degli atti comunitari rilevanti nella causa (3). (Omissis). -Con ordinanza 27 aprile 1976, pervenuta in cancelleria il 25 giugno successivo, il Pretore di Cittadella ha sottoposto a questa Corte, in forza dell'art. 177 del Trattato CEE, una serie di questioni vertenti in sostanza sul comportamento dell'Azienda di Stato per gli interventi sul mercato agricolo (AIMA) nei riguardi di varie disposizioni del diritto comunitario. prezzi mondiali e, in tal modo, a garantire un equo tenore di vita alla popolazione agricola , e che gli interventi di uno Stato membro aventi lo scopo di arginare l'aumento dei prezzi al consumo di taluni generi alimentari a base di cereali non sono, perci, incompatibili con l'organizzazione comune del mercato, purch non mettano in pericolo gli obiettivi o il funzionamento di tale organizzazione . Da segnalare, quanto alla strumentalizzazione del ricorso all'art. 177 del trattato CEE, il severo monito implicito nei rilievi della Corte di giustizia in merito al fatto che il rinvio pregiudiziale fosse stato disposto dal giudice nazionale contemporaneamente all'autorizzazione alla chiamata in causa dell'A.l.M.A. (senza attendere, quindi, le spiegazioni dell'ente) e con una descrizione del comportamento dell'A.I.M.A. che il giudice nazionale ha fatto propria, desumendola, come risulta dal fascicolo, dalle allegazioni delle parti nella causa principale : rilievi che hanno indotto la stessa Corte di giustizia ad ipotizzare la discutibile pertinenza delle questioni proposte ai fini della decisione della causa di merito, con riserva che s'impone tanto pi nei casi in cui tali questioni vertano sl comportamento di una persona fisica o giuridica che non sia ancora parte in causa e non sia stata posta in grado di giustificarsi . 2. -La precisazione, contenuta nella seconda massima, imposta del resto dal testo stesso dell'art. 92 del trattato CEE, quanto mai opportuna, essendosi gi in altri casi potuto rilevare che il divieto degli aiuti viene talora dedotto senza tener presente che tale divieto assume rilevanza nel solo caso e nella sola misura in cui gli aiuti incidano sugli scambi tra Stati membri ; e la precisazione tanto pi opportuna in quanto la stessa Corte di giustizia ha in altra occasione inteso l'analoga limitazione contemplata all'art. 86 del Trattato come rivolta solo a delimitare la sfera d'applicazione delle norme comunitarie in rapporto alle leggi nazionali (sentenza 6 marzo 1974, nelle cause 6/73 e 7 /73, I.C.I., in questa Rassegna, 1974, I, 569, con nota di commento). 3. -Il principio di cui alla terza massima di ovvia validit, ma la sua effettiva rilevanza risulta in tutta la sua portata quando si consideri che la questione in argomento proposta dalle parti interessate era in effetti rivolta a far affermare, nel tentativo di eludere i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza 30 ottobre 1975, n. 232 (in questa Rassegna, 1975, I, 813), f ~ i - .. --I PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 231 Dette questioni sono state sollevate nell'ambito di una causa pendente fra l'impresa molitoria Luigi Benedetti, attrice, e l'impresa Munari F.lli, causa avente ad oggetto il risarcimento dei danni che la prima avrebbe subito in funzione della concorrenza sleale che le avrebbe fatto la seconda, vendendo certi quantitativi di farina a prezzo inferiore a quello di mercato. La convenuta nella causa principale non ha contestato la realt di tali vendite, ma ha attribuito all'AIMA la piena responsabilit di even tuali danni, avendole questo ente ceduto grano tenero a prezzi inferiori a quello di mercato. Con la suddetta ordinanza 27 aprile 1976, il Pretore ha autorizzato la chiamata in causa dell'AIMA, sottoponendo contemporaneamente a questa Corte -senza attendere, quindi, le spiegazioni dell'ente -le questioni di cui si fatto cenno. Con la prima e la seconda questione si chiede se la normativa comunitaria del mercato dei cereali autorizzi gli enti d'intervento, ed in parti- colare l'AIMA, ad adottare unilateralmente le decisioni che, secondo tali che in presenza di una norma comunitaria che la Corte dichiari direttamente efficace, il giudice nazionale deve disapplicare la normativa interna deviante '" per essere inammissibile che il giudice a quo possa subordinare il suo dovere di applicare il diritto comunitario (cos come esso stato interpretato dalla Corte di giustizia) ad una pronuncia della Corte costituzionale : impostazione sulla cui erroneit, gi a suo tempo denunciata in questa Rassegna (1975, I, 338 e 812 e segg., in nota), v. da ultimo: BERRI, Preteso potere del giudice ordinario di disapplicare leggi interne costituzionalmente illegittime, perch riproduttive di regolamenti comunitari direttamente applicabili, in Studi di diritto europeo in onore di Riccardo Monaco, 1977, pagg. 13-23. 4. -Quanto alle soluzioni proposte per il Governo italiano sufficiente riprodurne qui di seguito il riassunto che ne stato fatto dalla Corte di giustizia nella parte in fatto della sentenza in rassegna, e dal quale risulta, anche se in necessaria sintesi, l'impostazione di principio sostenuta: impostazione volta ad evidenziare, in particolare, e secondo prospettiva di indagine rimasta peraltro estranea alla motivazione della sentenza, che interventi ed attivit non possono assumersi compatibili o no con il trattato CEE e con la normativa comunitaria derivata a seconda che siano propri delle Istituzioni comunitarie o degli Stati membri (che una norma del trattato CEE, cio, non pu assumersi o no violata a seconda dell'autorit, nazionale o comunitaria, alla quale la violazione debba essere riferita), e che determinate iniziative, di conseguenza, non possono compromettere o no gli obiettivi ed il funzionamento dell'organizzazione comune dei mercati a seconda che siano assunte da uno Stato membro o dalle Istituzioni comunitarie. (Omissis). -Il Governo della Repubblica Italiana critica anzitutto il procedimento seguito nella causa di merito e sottolinea l'irritualit di un rinvio . pregiudiziale disposto prima che fosse stato instaurato il contraddittorio con una delle parti in causa. Esso rileva l'estraneit delle questioni poste dal giudice nazionale al thema decidendum della causa di merito -e la superfluit, quindi, di una fase incidentale -nonch l'errore di prospettiva dal quale i quesiti sono condizionati. A suo avviso, risulta evidente il proposito delle parti in causa di ricondurre le questioni formulate nella fattispecie nell'ambito dell'orientamento adottato dalla 232 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO questioni, sarebbero state prese, e se tale comportamento costituisca violazione del divieto di discriminazione, sancito dall'art. 40, n. 3, secondo comma, del Trattato. ' Con la terza questione si chiede se il comportamento che viene attribuito all'AIMA costituisca un aiuto statale ai sensi degli artt. 92-94 del Trattato e 22 del regolamento (CEE) del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali (G.U. pag. 2269). Con la quarta e la quinta questione si chiede se un'impresa dotata di ingenti mezzi finanziari, che possono consentirle di operare sul mercato senza tener conto del comportamento e delle reazioni dei concorrenti, sia un'impresa in posizione dominante ai sensi degli artt. 86 e 90 del Trattato, nonch del regolamento CEE 4 aprile 1962, n. 26 (G.U. pag. 993) -anche nel caso in cui tale impresa sia un ente d'intervento -e se un determinato comportamento di siffatta impresa costituisca abuso di posizione dominante. Con la sesta questione, formulata per il caso di risposta negativa ai quesiti 1) e 2) e di risposta affermativa ai quesiti 3), 4) e 5) dell'ordinanza di rinvio, si chiede se l'ente d'intervento sia obbligato a risarcire i danni derivanti dal suo comportamento. Infine, la settima questione verte sull'efficacia dell'interpretazione data da questa Corte. Corte di Giustizia nelle sentenze 31/74 e 60/75 (loc. cit.). Pur contestando tale impostazions del problema, il Governo italiano ritiene tuttavia opportuno prendere in esame detta giurisprudenza. Le affermazioni di principio assolutamente negative contenute nella sent(( nza 31/74 sembrano in certa misura attenuate nella sentenza 60/75. In particolare, il potere d'intervento degli Stati membri, che veniva escluso a priori nella prima sentenza, stato praticamente ammesso nella seconda, nei limiti in cui esso non pregiudichi gli obiettivi ed il funzionamento delle organizzazioni comuni dei mercati agricoli. Ogni questione di merito si risolve quindi in una indagine sulla legittimit o meno del modo in cui lo Stato considerato abbia esercitato tale potere. L'orientamento della Corte di Giustizia fondato sull'affermata completezza ed autosufficienza dell'organizzazione comune dei mercati, sulla inammissibilit d'interventi nazionali non espressamente consentiti dalla normativa comunitaria, ed in particolare sui principi enunciati negli artt. 19, 20 e 27 del regolamento n. 120. Va anzitutto rilevato che gli Stati membri sono per loro natura sovrani, mentre, secondo l'art. 4, n. l, 2 comma, del Trattato CEE, ciascuna istituzione agisce nei limiti delle attribuzioni che le sono conferite dal presente Trattato . L'indagine dev'essere rivolta non tanto ad accertare se gli Stati membri possano adottare determinate iniziative, quanto piuttosto a verificare se, per tali iniziative, possano ass~ersi competenti le istituzioni comunitarie. Dal testo degli artt. 19 e 20 del regolamento n. 120 risulta che queste norme si riferiscono, in coerenza con la ratio e con le finalit del sistema, alle perturbazioni che interessino il territorio comunitario nel suo complesso. I I I ~ I PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 233 In mancanza di dati precisi circa la natura e le modalit delle attivit dell'AIMA considerate nella fattispecie, opportuno chiarire che questa Corte, dovendo limitarsi, nell'esercitare i poteri attribuitile dall'art. 177, ad interpretare il diritto comunitario, non pu procedere alla valutazine od alla qualificazione di tali attivit o delle relative norme di diritto interno. D'altra parie, avendo questa Corte chiesto al Governo italiano, all'AIMA e alla Commissione di essere pi ampiamente informata al fine di comprendere meglio il tenore delle questioni formulate dal giudice a quo, le informazioni supplementari ottenute, se pur non eliminano ogni dubbio circa la compatibilit del comportamento dell'AIMA col diritto comunitario, non confermano, tuttavia, su taluni punti essenziali, la descrizione del comportamento stesso che il giudice nazionale ha fatto propria, desumendola, come risulta dal fascicolo, dalle allegazioni delle parti nella causa principale. Infine, bench non spetti a questa Corte di valutare se le questioni sottopostele in forza dell'art. 177 siano pertinenti ai fini della pronunzia nella causa principale, va osservato che la riserva sopra espressa s'impone La portata limitat di tali norme confermata da quanto disposto nei regolamenti del Consiglio che definiscono le norme generali da applicare nel settore dei cereali in caso di perturbazioni. Le disposizioni di questi regolamenti riguardano l'intero territorio della Comunit, e sono comunque del tutto inidonee a sanare situazioni di penuria localizzate ed a garantire gli approvvigionamenti necessari ad un solo Stato membro (o parte di esso). Una difficolt di approvvigionamento che interessi uno solo degli Stati membri o che riguardi un prodotto il cui consumo abbia particolare rilievo in un solo Stato membro non pu, invero, trovare adeguata soluzione a livello comunitario. Si deve quindi ammettere che lo Stato membro (data la sua competenza in materia monetaria e di bilancio) ha la facolt di adottare i provvedimenti necessari per porre rimedio ad una situazione di pregiudizio limitata al territorio nazionale. La legittimit di siffatti interventi andrebbe comunque riconosciuta, quanto meno, relativamente a perturbazioni dovute a cause diverse da quelle considerate nella normativa comunitaria, e ci senza alcuna necessit di ricorrere all'applicazione dell'art. 103 del Trattato CEE. Per la soluzione delle questioni pregiudiziali in esame non ci si pu, riferire 'ai principi enunciati nella sentenza 60/75, poich il thema decidendum della causa di merito non pu a priori essere ricondotto ad una violazione della normativa comunitaria sulle modalit di vendita dei prodotti detenuti dagli enti d'intervento. E ovvio, infatti, che questi enti non possono disporre dei prodotti da essi in tale qualifica detenuti, secondo modalit ed a prezzi diversi da quelli prescritti dalla normativa comunitaria; di conseguenza, la prima parte delle prime due questioni sottoposte alla Corte del giudice nazionale va senz'altro risolta in senso negativo. Quanto alla seconda parte delle stesse questioni, va precisato che destinatario della norma contenuta nell'art. 40, n. 3, 2 comma, del Trattato CEE il legislatore comunitario, non gi gli Stati membri o gli enti d'intervento. Una soluzione in tal senso sarebbe, peraltro, priva di rilevanza per la definizione della questione di merito. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 234 tanto pi nei casi in cu tali questioni vertano sul comportamento di una persona fisica o giuridica che non sia ancora parte in causa e non sia stata posta in grado di giustificarsi. Sulla prima e sulla seconda questione. Ci posto, la prima e la seconda questione vanno risolte facendo rinvio alla precedente giurisprudenza di questa Corte. Nella sentenza 22 gennaio 1976 (causa 60/75, Russo-A/MA, Racc. pag. 56), stato affermato quanto segue: Il regolamento 13 giugno 1967, n. 120, che costituisce un'organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali, va interpretato nel senso che: a) l'attivit di uno Stato membro consistente nell'acquistare grano duro sul mercato mondiale e nel rivenderlo poi sul mercato comunitario a prezzo inferiore al prezzo indicativo incompatibile con l'organizzazione comune dei mercati; b) il singolo produttore ha diritto, in forza della disciplina comunitaria, a che non vengano frapposti ostacoli alla possibilit di ricavare un prezzo che si avvicini a quello indicativo e che, comunque, non sia inferiore a quello d'intervento; In primo luogo, va tenuto presente che l'AIMA, soggetto distinto dallo Stato e dotato di autonoma personalit giuridica, oltre ai compiti inerenti all'in tervento, volge anche un'ulteriore, differente ed autonoma funzione pubblicistica, del tutto indipendente da quella svolta nell'ambito delle organizzazioni comuni dei mercati agricoli. Inoltre, si deve considerare che la questione di cui trattasi concerne il commercio delle farine di grano tenero, per le quali non esiste alcuna disciplina comunitaria del mercato interno. I singoli operatori (del settore della macinazione e del commercio della farina) non possono quindi vantare alcuna situazione tutelata dalla normativa comunitaria. Il Governo italiano sottolinea che l'AIMA, nella sua funzione di ente d'in tervento, osserva scrupolosamente le norme comunitarie in materia. Le ope razione su cui verte la causa principale sono attuate nell'esercizio di una distinta e autonoma funzione connessa a finalit di pubblico interesse, la quale implica assegnazione di frumento acquistato e venduto in relazione a tali dif ferenti specifiche finalit. Nella fattispecie, si tratta quindi tutt'al pi di va lutare se il funzionamento dell'organizzazione comune dei mercati possa venire compromesso dalle iniziative con le quali un ente di diritto pubblico senza scopo di lucro procede all'assegnazione di quantitativi di frumento (nei limiti, con le modalit, e secondo le direttive che risultano dai provvedimeni delle competenti autorit governative) all'esclusivo fine di contenere, a favore delle categorie di consumatori meno abbienti, il prezzo al minuto del pane. Tale questione dovrebbe, comunque, essere risolta in senso negativo. Lo stesso Governo precisa trattarsi di assegnazioni condizionate, alle quali si procede con prodotti acquistati (in base a provvedimenti autoritativi) a prezzo politico, per uno scopo specifico, e con obbligo per gli assegnatari di cedere la farina ottenuta, a prezzo vincolato, ai soli panificatori che siano muniti di apposite autorizzazioni prefettizie, i quali sono inoltre tenuti ad impiegare la farina per la produzione del pane normalmente acquistato, a prezzo politico, 235 PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE e) nell'ipotesi che il danno causato al produttore derivi da un intervento dello Stato membro in contrasto col diritto comunitario, lo Stato dovr risponderne, nei confronti del soggetto leso, in conformit alle disposizioni di diritto interno relative alla responsabilit della pubblica amministrazione . Ricordando i termini di questa pronunzia opportuno, in primo luogo, richiamare l'attenzione del giudice nazionale sul fatto che n l'ordinanza di rinvio n il fascicolo forniscono elementi precisi che consentano di stabilire se il comportamento dell'AIMA ora in esame vada qualificato come una vendita sul mercato comunitario . In particolare, qualora fosse accertato che, nella fattispecie, si trattato di assegnazioni di cereali ad una cerchia limitata di molini, in qualche modo autorizzate dagli organi comunitari, la suddetta nozione potrebbe non trovare applicazione. In secondo luogo va ricordato, com' stato fatto nella predetta sentenza, che il regolamento n. 120/67 inteso a porre lo sviluppo della pro- dalle categorie dei consumatori meno abbienti. La rilevanza dell'interesse pubblico di tali interventi del resto riconosciuta dalle stesse istituzioni comunitarie, che pi volte hanno assunto iniziative del tutto analoghe. Pr di pi, in conformit alla decisione del Consiglio 18 maggio 1976 (G. V. n. L 136, del 25.5.1976, pag. 9) che l'AIMA, in quanto ente d'intervento, ha ceduto al Governo italiano 100.000 tonnellate di grano tenero da essa detenuto: il prodotto stato destinato all'industria molitoria, per la trasformazione in farina da usare nella produzione di pane normale, che possa essere acquistato dai consumatori meno abbienti. Se le assegnazioni effettuate dall'AIMA dovessero considerarsi idonee a compromettere gli obiettivi o il funzionamento dell'organizzazione comune dei mercati, alla stessa conclusione si dovrebbe necessariamente pervenire quanto alle analoghe iniziative adottate dalle istituzioni comunitarie. In tale ipotesi, si dovrebbe ammettere altres la legittimit di azioni giudiziarie e domande di risarcimento contro le istituzioni comunitarie, in particolare per le cessioni di grano tenero che sono state disposte dal Consiglio. L'assurdit stessa di tali conseguenze mette in rilievo la necessit di escludere che gli interventi in questione possano essere ritenuti vietati dalla normativa comunitaria o con questa incompatibili. Per quanto riguarda la situazione dei singoli, il Governo italiano richiama la summenzionata sentenza 60/75, che confermerebbe la necessit di distinguere, nell'ambito delle norme direttamente efficaci, quelle idonee ad attribuire diritti ai singoli e quelle che tali non sono. Nella fattispecie in esame, che riguarda il commercio di un prodotto per il quale manca una disciplina comunitaria relativa al mercato interno, comunque impossibile rinvenire norme dalle quali il singolo possa assumersi direttamente tutelato, o ipotizzare situazioni soggettive dei singoli delle quali possa dedursi la lesione o il pregiudizio. La tesi sopra svolta rende in ogni caso superfluo un esame particolareg giato delle altre questioni pregiudiziali. Tuttavia, per quanto concerne la terza di tali questioni, va osservato che negli interventi in discussione non possibile ravvisare gli estremi di un aiuto alle imprese molitorie, aiuto la cui ammissibilit sarebbe discutibile. In primo RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 236 duzione agricola comunitaria (nozione, questa, che non comprende necessariamente le ulteriori fasi del circuito economico, dalla produzione del pane fino al consumo) al riparo dalle variazioni dei prezzi mondiali e, in tal modo, a garantire un equo tenore di vita alla popolazione agricola; gli interventi di uno Stato membro aventi lo scopo di arginare l'aumento dei prezzi al consumo di taluni generi alimentali a base di cereali non sono, perci, incompatibili con l'organizzazione comune del mercato, purch non mettano in pericolo gli obiettivi o il funzionamento di tale organizzazione. Data la mancanza di precisi dati e dettagliati accertamenti sui fatti, la prima e la seconda questione vanno risolte ripetendo quanto affermato nella prima parte, fino alla lettera b), del citato dispositivo della sentenza 22 gennaio 1976. Sulla terza questione. Con tale questione viene chiesto se il comportamento di un ente d'intervento che si avvalga di finanziamenti istituzionali dello Stato per acquistare cereali a condizioni diverse da quelle stabilite dalla normativa comunitaria, rivendendoli successivamente a prezzi inferiori a luogo, la modesta entit dei quantitativi di prodotto ceduto e il carattere eccezionale delle assegnazioni escludono a priori una possibile incidenza di queste ultime sulla concorrenza; inoltre, nessun vantaggio deriva dal minor prezzo del frumento alle imprese molitorie (alle quali imposto il prezzo di vendita della farina); infine, le assegnazioni dell'AIMA si risolvono in effetti in una sovvenzione a favore dei consumatori meno abbienti, e quindi in una forma di assistenza espressamente consentita dall'art. 92, n. 2, lett. a), del Trattato CEE. Per quanto riguarda la quarta e la quinta questione, il richiamo agli artt. 86 e 90 del Trattato va anch'esso considerato non pertinente nel giudizio di merito, non potendosi parlare di posizione dominante o di abuso di posizione dominante relativamente ad attivit istituzionali svolte nell'esclusivo interesse pubblico e manifestamente senza alcun fine di lucro. La sesta questione riguarda un problema gi esaminato e risolto, in sostanza, nella causa 60/75. Nella relativa sentenza la Corte ha affermato che nell'ipotesi che il danno causato al produttore derivi da un intervento dello Stato membro in contrasto col diritto comunitario, lo Stato dovr risponderne, nei confronti del soggetto leso, in conformit alle disposizioni di diritto interno relative alla responsabilit della pubblica amministrazione. La massima enunciata dalla Corte senz'altro giustificata, in quanto una semplice affermazione di principio circa l'esigenza di un criterio uniforme risulterebbe in concreto inoperante, data la diversit degli ordinamenti giuridici nazionali. L'ultima questione pregiudiziale, relativa all'efficacia vincolante, per il giu dice di merito, dell'interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia, nella sua esclusiva competenza, va senza dubbio risolta affermativamente. -(Omissis). (A. M.) ' ' ~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE quelli minimi previsti, costituisca un aiuto statale alle imprese, ai sensi degli artt. 92-94 del Trattato e dell'art. 22 del regolamento n. 120/67 /CEE. Secondo l'art. 92 del Trattato, gli aiuti statali che, favorendo talune imprese e talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza, sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidono sugli scambi tra Stati membri. In mancanza di precisazioni quanto agli effetti del comportamento cui si riferisce la questione in esame, questa va risolta ricordando la suddetta limitazione del divieto sancito dall'art. 92, n. 1, nonch le deroghe al divieto stesso, contemplate dal n. 2 di quest'articolo. Sulla quarta e sulla quinta questione. Per quanto riguarda tali questioni, gi succintamente riferite, va osservato che n il testo delle stesse n gli elementi contenuti nel fascicolo della causa permettono di stabilire se l'impresa considerata sia un'impresa pubblica, ai sensi dell'art. 90, n. 1, del Trattato, ovvero un'impresa incaricata della gestione di servizi d'interesse economico generale, ai sensi del n. 2 dello stesso articolo. Tale distinzione tuttavia essenziale per valutare in qual misura si applichino le norme del Trattato relative alla concorrenza. In mancanza di dati precisi, dette questioni non possono essere utilmente risolte. Sulla sesta questione. Essendo stata formulata solo per il caso di risposta negativa ai quesiti 1) e 2) e di risposta affermativa ai quesiti 3), 4) e 5), la sesta questione, date le considerazioni sopra svolte, divenuta priva di oggetto. Sulla settima questione. Con tale questione si chiede quale efficacia l'interpretazione del diritto comunitario data dalla Corte di Giustizia abbia per il giudice di merito, e se ci che la Corte dice per diritto vincoli detto giudice alla stessa stregua di come esso vincolato dal punto di diritto stabilito dalla Corte di Cassazione. Nell'ambito del procedimento di cui all'art. 177, la Corte di Giustizia non competente ad interpretare il diritto interno ed a valutare i suoi 238 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO effetti. Essa non pu, quindi, in tal sede, procedere a raffronti di alcun genere tra gli effetti dei provvedimenti dei giudici nazionali e quelli delle proprie pronunzie. A norma dell'art. 177, la Corte di Giustizia competente a pronunciarsi sull'interpretazione del presente Trattato e su quella degli atti compiuti dalle istituzioni della Comunit . Ne consegue che una sentenza emessa in via pregiudiziale ha lo scopo di risolvere questioni di diritto e vincola il giudice nazionale quanto all'interpretazione delle norme e degli atti comunitari cui essa si riferisce. in tal senso che va quindi risolta la questione formulata dal giudice a quo. TRIBUNALE DI GENOVA, 30 marzo 1977 -Pres. Gavotti -Rel. Castellana Ditta Mario Lyon (avv. Semenza e Giudice) c. Amministrazione delle finanze (avv. Stato Guicciardi). Trattati e convenzioni internazionali -G.A.T.T. -Norme relative ai diritti doganali -Diritto per i servizi amministrativi -Applicabilit alle merci provenienti dai Paesi aderenti al G.A.T.T. (G.A.T.T.. art. II, n. 1, Iett. b; legge 5 aprile 1950, n. 295, art. 2; I. 15 giugno 1950, n. 330, art. 2; I. 24 giugno 1971, n. 447). Il diritto per i servizi amministrativi, istituito con la legge 15 giugno 1950, n. 330 e soppresso con la legge 24 giugno 1971, n. 447, era applicabile anche alle merci provenienti da Paesi aderenti al G.A.T.T., essendo anche a tali merci riferita la legge 15 giugno 1950, n. 330 (1). (Omissis). -Passando, quindi, al merito, osserva il Tribunale che sussiste, sull'argomento in esame, un autorevole precedente in termini, costituito dalla sentenza 21 maggio 1973 n. 1455 delle S.U. della Corte di Cassazione. Tale decisione, per giungere alla conclusione della non applicabilit del diritto per servizi amministrativi alle merci provenienti da paesi aderenti all'accordo G.A.T.T., percorre un elaborato iter logico, del quale opportuno riferire i momenti essenziali. (1) La decisione in rassegna, analoga a molte altre rese in argomento dallo stesso Tribunale, va segnalata per la lineare invalidazione della differente soluzione adottata dalla Corte di cassazione nelle sentenze 21 maggio 1973, n. 1455 e 20 ottobre 1976, n. 3616, commentate, rispettivamente, nella prima e nella seconda parte della motivazione. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 239 Premesso che i diritti in parola -non costituenti diritti di confine in senso stretto, n, nonostante il nome, corrispettivi per servizi resi si inquadrano nella categoria dei diritti doganali in senso ampio, cio fra gli altri diritti, diversi da quelli di confine, che comunque sono riscossi in sede di importazione, rileva la Corte che la normativa al riguardo applicabile quella dell'art. II, lett. b) dell'accordo G.A.T.T., il quale, dopo essersi occupato dei diritti di confine (droits de douane proprement dits), disponendo che per i prodotti compresi nella lista essi si applicano in misura non superiore a quella indicata nella lista medesima, stabilisce, quanto ai diritti doganali diversi dai diritti di confine (autres droits ou imposition de toute nature perds l'importation ou l'occasion de l'importation), che essi non possono essere pi elevati di quelli vigenti alla data dell'accordo. La Corte, quindi, ponendosi il problema se l'ordine di esecuzione del trattato dato con legge 5 Aprile 1950 n. 295, abbia reso immediatamente operanti le relative disposizioni (o comunque quelle che qui interessano) nel diritto interno, come fonti di diritti soggettivi e di obblighi per i soggetti di questo, perviene alla soluzione affermativa, rilevando come la disposizione in esame non abbia un contenuto meramente programmatico, tale da esigere ulteriori specificazioni legislative nell'ordinamento interno, ma sia, come suol dirsi, self executing, risolvendosi nell'imposizione di un obbligo di non fare (divieto di inasprimento del carico tributario) di per s sufficientemente definito nella sua negativit. Tuttavia, poich la legge 15 Giugno 1950 n. 330, istitutiva del diritto per servizi amministrativi, successiva nel tempo al predetto ordine di esecuzione, e poich si tratta di fonti dotate di pari efficacia formale, si pone il problema se il pi recente testo normativo non abbia derogato al precedente, sia pur con le conseguenze che una tale ipotesi postulerebbe sul piano delle responsabilit internazionali. L'orientamento della Corte di cassazione risulta condiviso, invece, quanto alla diretta applicabilit delle norme del G.A.T.T. ed alla ritenuta non ravvisabilit, nella specie, di un possibile contrasto con la normativa comunitaria. A tale proposito, come del resto per la tesi accolta con la decisione in rassegna quindi sufficiente richiamare quanto gi osservato a commento della sentenza 20 ottobre 1976, n. 3616 delle Sezioni unite della Corte di cassazione (cf.: G.A.T.T. e diritto per i servizi amministrativi, in questa Rassegna, 1976, I, 932, con richiamo ai precedenti). Sui rapporti tra clausole del G.A.T.T. e normativa comunitaria cfr., da ultimo: CAPELLI, Normativa comunitaria e normativa G.A.T.T. Riflessioni sui rapporti fra diritto comunitario e diritto internazionale, in Studi di diritto europeo in onore di Riccardo Monaco, 1977, pagg. 25-57, con ampi richiami di dottrina e giurisprudenza. ' , 240 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEU.O STATO A tale problema, peraltro, la Suprema Corte d risposta negativa, osservando che n le disposizioni della legge n. 330 (in particolare l'art. 4, relativo al regime transitorio nel passaggio dall'abolito diritto di licenza al nuovo diritto per servizi amministrativi), n i lavori preparatori della legge stessa (stante il principio della prevalenza della mens legis rispetto alla mens legislatoris) consentivano un sicuro orientamento nel senso sopra ipotizzato e che, pertanto, nella persistente incertezza interpretativa, doveva trovare applicazione il canone ermeneutico, secondo cui da presumere che lo Stato non abbia inteso sottrarsi all'impegno internazionale: conclusione avvalorata, secondo la stessa Corte, sia dal rilievo che il non elevato numero, all'epoca, di paesi aderenti al G.A.T.T. non faceva del nuovo diritto per servizi amministrativi un ramo secco nel momento stesso in cui veniva istituito, sia, pi in generale, dalla considerazione che il brevissimo tempo intercorso fra le due leggi citate rendeva difficilmente ipotizzabile un brusco mutamento da parte dello Stato italiano. Contro tali autorevoli argomentazioni, la Amministrazione convenuta induce alcuni nuovi elementi di riflessione. Anzitutto essa rileva come la sentenza 24 ottobre 1973 (in causa 9/73) della Corte di Giustizia delle Comunit Europee, successiva alla sentenza sopra richiamata dalle S.U., sia andata, rispetto a questa, in contrario avviso per quanto concerne l'attitudine delle norme del G.A.T.T. a generare, nei singoli, diritti soggettivi, cio a produrre situazioni di vantaggio, delle quali possa essere pretesa giudizialmente la tutela. Tale decisione rileverebbe -secondo la convenuta Amministrazione -non solo per il principio (negativo) che essa esprime, ma anche perch, se la giurisprudenza italiana persistesse nell'opposto avviso dell'attitudine del G.A.T.T. a costituire diritti soggettivi in capo ai singoli, ad esso verrebbe ad essere attribuita, nel nostro Stato, una rilevanza diversa da quella che alle stesse norme riconosciuta negli ordinamenti di altri Stati aderenti, verificandosi cos una sostanziale disapplicazione del principio di reciprocit, cui condizionata l'efficacia medesima dell'accordo nei rapporti internazionali. Questa prima argomentazione della convenuta, considerata in entrambi i suoi aspetti, non appare, al Collegio, decisiva. In primo luogo va considerato che la Corte di Cassazione, avendo recentemente ripreso in esame la questione dell'immediata efficacia del G.A.T.T. nell'ordinamento italiano, in virt dell'9rdine di esecuzione di cui alla legge n. 295 del 1950, ha ribadito, con le sentenze n. 2 e 10 del 1975, la soluzione affermativa ancora una volta affidandola al rilievo che potrebbe non aversi immediata vinco PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. 'COMUNITARIA E INTERNAZIONALE lativit interna, per effetto dell'ordine di esecuzione, solo se la norma internazionale si esaurisse in una enunciazione programmatica: circostanza questa che giustamente stata esclusa, dalle due pi recenti sentenze, relativamente al principio della parit tributaria sancito nell'art. 4 dell'accordo in questione, e che, a maggior ragione, da escludere, come appunto aveva gi fatto la sentenza del 1973, riguardo all'art. 2, stante il contenuto meramente proibitivo (e dunque, per definizione, non implicante integrazioni) di tale norma. A ci va aggiunto che la decisione della Corte di Giustizia delle Comunit, nel suo riferirsi alla portata dell'accordo G.A.T.T., non ha lo \ stesso peso che dovrebbe esserle attribuito se essa avesse direttamente provveduto all'interpretazione di un atto comunitario. D'altra parte, il problema dell'efficacia del G.A.T.T. stato esaminato dalla Corte sotto il profilo della possibilit, per i singoli cittadini della Comunit, di esigerne l'osservanza anche in contrasto con un atto comunitario: aspetto questo che esula dalla vicenda qui considerata. Quanto, poi, all'indicato pericolo che l'atteggiamento della giurisprudenza italiana, in quanto diverso da quello della giurisprudenza comunitaria o di altri Stati in punto di efficacia del G.A.T.T., comprometta lo stesso principio di reciprocit postulato da quest'ultimo, ritiene il Collegio che il problema possa avere, eventualmente, rilevanza a livello della suprema giurisdizione nazionale, ma che, quando quest'ultima abbia l'orientamento sopra constatato, non basterebbero eventuali dissonanze nella giurisprudenza di merito a ricomporre il principio di reciprocit, anzi esse produrrebbero soltanto ulteriori diseguaglianze nella diseguaglianza. Assai pi penetrante e, a parere del Collegio, decisiva l'ulteriore argomentazione che l'Amministrazione convenuta propone circa il rapporto fra la legge 5 Aprile 1950 n. 295 (contenente l'ordine di esecuzione dell'accordo G.A.T.T.) e la legge 15 Giugno 1950 n. 330 (istitutiva del diritto per servizi amministrativi). Come sopra esposto, la sentenza della Suprema Corte del 1973 si era rapidamente sbarazzata dell'ipotesi che la seconda delle due leggi avesse derogato alla prima: a tal fine si era utilizzata una generica presunzione di conformit dell'ordinamento interno agli impegni internazionali e, proprio per rendere possibile il ricorso a tale presunzione, si era postulata la sostanziale irrilevanza della volont del legislatore, cos come espressa nei lavori preparatori. Sennonch, secondo la convenuta Amministrazione, pronunzie pi recenti della stessa Suprema Corte, e precisamente le gi citate sentenze n. 2 e 10 del 1975, anch'esse rese in tema di accordo G.A.T.T. e di sopravvenuta normazione interna, indurrebbero ad una sostanziale rivalutazione 242 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della volont effettiva del legislatore e della importanza dei .lavori preparatori con correlativo ridimensionamento dell'accennato criterio presuntivo. Si legge, infatti, nella sentenza n. 10, che i principi stabiliti dall'accordo G.A.T.T. vanno, bens, tenuti presenti sempre che, tuttavia, l'interpretazione della singola fattispecie normativa -nel porre la quae lo Stato esercita la sua sovranit, non compromessa all'interno dalla pur recepita, ma non prioritaria, norma pattizia internazionale -non indichi una diversa volont legislativa . Ed noto -incalza significativamente la sentenza -che, dei lavori preparatori, deve tenersi conto ai fini ermeneutici, per illuminare il significato delle singole disposizioni normative, quando, come nella specie, essi non si sovrappongono ma si armonizzino con la volont della legge, quale risulta obiettivata nel testo legislativo e .quale si desume dal significato proprio delle parole, dalla mens legis, dalla sua ratio e dal suo coordinamento con altre norme del sistema nel quale viene ad inserirsi . Il passo test riportato registra, rispetto alla totale noncuranza della sentenza del 1973 verso i lavori preparatori e la voluntas legislatoris, un indubbio mutamento di angolazione. Tuttavia, poich anche si parla di mens legis (e sembra pur sempre condizionarsi al non contrasto con questa la rilevanza dei lavori preparatori), occorre chiarire in che senso, ed in quale direzione, potrebbe, nel caso in esame, essere ricercata la mens legis, intesa nell'ampio significato di momento oggettivo della legge e di appartenenza di questa ad un sistema tendenzialmente organico. L'indagine doverosa e non risulta compiuta nella sentenza del 1973, ove il concetto usato esclusivamente in termini negativi (per paralizzare la rilevanza dei lavori preparatori), ma non esplicitato in termini positivi (attraverso la individuazione di quella che sarebbe, nella specie, la mens legis postulata diversamente dalla mens legislatoris). In via di prima approssimazione va subito escluso che la mens legis (nell'ampio significato di momento oggettivo-sistematico) possa identificarsi, in un caso come quello in esame, nella stessa preesistenza dell'accordo internazionale, in quanto componente del sistema entro cui la norma nuova va ad inserirsi. Se cos fosse, il discorso si risolverebbe in una petizione di principio e la accennata presunzione di volont di osservanza degli impegni internazionali, anzich una direttiva ermeneutica da utilizzarsi nel dubbio, costituirebbe un aprioristico ed assoluto impedimento alla stessa concepibilit di norme interne che deroghino ad accordi internazionali, una volta recepiti. Di momento oggettivo, capace di condizionare negativamente la interpretazione della legge n. 330 del 1950, come proposto dall'Amministrazione Finanziaria e suggerito dai lavori preparatori, potrebbe parlarsi solo in senso diverso: o perch la legge stessa contenga alcune disposizioni PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE che, al di l di quelle in cui potrebbe essersi espressa la contingente volont del legislatore, rivelino, in un complessivo ed oggettivo bilancio della legge, una valenza globalmente diversa; o perch, nel sistema, gi esistono (al di l dell'accordo internazionale in s) cos numerose o specifiche manifestazioni di osservanza dell'impegno internazionale, cos univoche espressioni di prassi politico-normative conformi all'impegno assunto, da rendere oggettivamente inattendibile la eventualit che una nuova norma possa essere, nel dubbio, interpretata in modo da risultare contro corrente. Ma, nella specie, n l'una n l'altra di tali situazioni sussiste ed anzi sembrano prospettarsi indicazioni in senso contrario. La legge n. 330 non contiene disposizioni che, nel contrasto con altre conformi ai lavori preparatori, possano distogliere l'interprete da questi ultimi e portarlo ad una diversa intelligenza globale del testo normativo; anzi esistono spunti, come la disciplina transitoria di cui all'art. 4, specificatamente riferita ai paesi aderenti all'accordo G.A.T.T., che la Suprema Corte, nella sentenza del 1973, si sforzata di svilire (si tratterrebbe della disciplina transitoria dell'abolizione del diritto di licenza e non della disciplina transitoria della istituzione del diritto per servizi amministrativi), ma ai quali, in realt, assai pi facile e meno forzato dare un senso, supponendo che anche ai paesi aderenti al G.A.T.T. la legge intendeva applicare il nuovo tributo. Quanto, poi, all'esistenza di manifestazioni normative parallele, capaci di attestare una complessiva ed oggettiva volont di osservanza del trattato, non solo l'indagine non registra risultati sufficientemente univoci, ma anzi va rilevato come, nell'ambito della stessa Comunit Europea, l'abolizione del diritto per servizi amministrativi e di altri analoghi sia stata oggetto di una programmazione differita nel tempo ed abbia anche dato luogo ad inadempimenti da parte dello Stato italiano, sicch sarebbe arduo ricavare, da un presunto spirito internazionalistico della nostra Repubblica, costantemente espresso in immediati adeguamenti normativi agli impegni internazionali, la tesi che la legge n. 330, al di l del contingente pensiero del legislatore, debba essere necessariamente interpretata, sul piano oggettivo, nel senso della sua non riferibilit ai paesi aderenti al G.A.T.T. D'altronde, o si ha riguardo al momento contingente dell'emanazione della legge, ed allora potr dirsi, con la Corte di Cassazione, che i paesi aderenti al G.A.T.T. erano pochi nel 1950, cosicch la non riferibilit ad essi del diritto per servizi amministrativi non rendeva quest'ultimo un ramo secco all'atto stesso della sua istituzione; ma, in questo caso, proprio perch si ha riguardo al momento contingente , occorre, per coerenza, dare anche il necessario rilievo ai lavori preparatori. Oppure, per respingere la rilevanza di quest'ultimi, la legge viene considerata in s, in certo senso al di fuori del tempo, ed allora non pu non assumere 244 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO significato la previsione (quale era possibile sin dal 1950) e comunque il fatto (puntualmente verificatosi) dell'adesione di numerosissimi paesi al G.A.T.T., di talch, confrontandosi con questa pi ampia ed oggettiva realt, la legge n. 330, se interpretata nel senso voluto dalla Suprema Corte, darebbe luogo, appunto, all'ipotesi del ramo secco . In ogni caso, poi, sempre sul piano della identificazione dell'habitat sistematico, capace eventualmente di attribuire alla legge in esame un significato piuttosto che un altro, non trascurabile il rilievo che, essendo i paesi della C.E.E. aderenti al G.A.T.T., sarebbe stata fuor di luogo la programmazione, differita nel tempo, dell'abolizione del diritto per servizi amministrativi (e di altre prestazioni patrimoniali analoghe), se questo gi fosse stato escluso, per tali paesi, sin dalla data della sua istituzione; e, soprattutto, inspiegabile sarebbe (se tali diritti gi non esistevano in siffatto ambito) la legge abolitiva 24 giugno 1971 n. 447, avuto presente che questa fissa al 30 Giugno 1968 la data retroattiva dell'abolizione per i paesi C.E.E. e, comunque, per le vicenze che l'hanno preceduta (ivi compresa una sentenza sfavorevole all'Italia di un organo di giustizia supernazionale), appare non certo rivolta ad abolire il diritto in questione per i pochi (e scarsrupente rilevanti), paesi non legati da alcun accotdo, bens intesa ad adeguarsi ad uno spirito pattizio fino a quel momento non sufficientemente osservato. Le esposte considerazioni, che gi potrebbero essere autosufficienti ai fini dell'interpretazione da compiere, valgono quanto meno ad escludere l'ostacolo, sopra ipotizzato in funzione di una presunta mens legis, alla utilizzabilit dei lavori preparatori come strumento interpretativo della legge n. 330. Ed allora, una volta che si ponga in quest'ordine di idee, il discorso estremamente semplice. Premesso che, nel 1950, non era ancora sorta una problematica intorno alle c.d. tasse di effetto equivalente (la cui categoria fu individuat soltanto in relazione alle norme del trattato istitutivo della C.E.E.), va ricordato che il ministro proponente, nell'illustrare il disegno che sarebbe poi divenuto la legge n. 330, rilevava bens la incompatibilit del precedente diritto di licenza con il G.A.T.T. e la necessit, quindi, di disporne (come in effetti avvenne) l'abolizione; ma al tempo stesso precisava che in sostituzione viene proposta la imposizione sulle merci importate dall'estero di un diritto per servizi amministrativi che, nell'aliquota ridotta dello 0,50% compatibile quindi con gli obblighi internazionali di cui sopra, inteso a reintegrare l'Erario della spesa che sostiene per i servizi relativi alle importazioni . Gli stessi accordi -ribadisce il relatore alla Camera con riferimento alla disciplina internazionale di cui tratta~i, ostativa al mantenimento del diritto di licenza -consentono per che sulle merci importate o esportate siano imposti diritti intesi a compensare l'Amministrazione delle spese dei suoi servizi, e di questa PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE facolt lo Stato si avvale per istituire, con l'art. 2 del disegno di legge in esame, un modesto diritto per i servizi amministrativi che, stabilito nell'aliquota dello 0,50% del valore, si rende compatibile con gli obblighi internazionali suindicati" E chiaro, cio, che il legislatore italiano non ha semplicemente introdotto in modo generico il diritto in parola, senza porsi il problema dei paesi aderenti al G.A.T.T., ma, in sede di elaborazione della legge, ha specificatamente considerato tali paesi, concludendo che il diritto per servizi amministrativi doveva applicarsi anche ad essi, perch non in contrasto cqn l'accordo internazionale. Il legislatore, insomma, ha voluto che tale diritto si applicasse anche alle merci provenienti da paesi dell'area G.A.T,T., e di fronte ad una cos esplicita scelta, la cui sanzione non sembra altrimenti ravvisabile che sul piano internazionale o su quello del rapporto politico fra istituzione parlamentare e paese, appare vano Io sforzo di invocare una contrastante mens legis, della quale, peraltro e come sopra dimostrato, non sembra possibile identificare alcuna convincente traccia. Semmai v' da aggiungere che, essendo stata ritenuta dal legislatore la legittimit del diritto per servizi amministrativi sulla base dello stesso accordo G.A.T.T., in quanto tali diritti rientrerebbero fra le redevances (compensi per prestazioni) autorizzate dall'art. VIII di .detto accordo, cade anche l'argomento che la citata sentenza del 1973 della Corte di Cassazione riteneva di poter trarre dalla inverosimiglianza dell'ipotesi che lo Stato italiano, dopo solo due mesi dall'ordine di esecuzione dell'accordo, intendesse, in un non mutato contesto generale. cambiare inopinatamente il proprio atteggiamento. Per quanto possa valere tale argomento (che peraltro attiene, cos come espresso, al momento politico-contingente della legge e dunque non del tutto in linea con l'angolazione prescelta dalla predetta sen tenza), certo che ad esso, sempre sullo stesso piano contingente, pu replicarsi che lo Stato italiano, con la scelta di cui sopra, non ha inteso violare il patto internazionale, ma anzi adeguarsi ad esso, introducendo una previsione che riteneva autorizzata dall'art. VIII del G.A.T.T. e conforme allo spirito di questo. Rimane, a questo punto, da verificare se, sulla decisione da adottarsi, possa avere influenza il fatto che il legislatore italiano ha errato nel ritenere che il diritto per servizi amministrativi potesse rientrare nel novero dei corrispettivi per prestazioni di servizi, come oggi retrospetti vamente pu dirsi alla luce della ricca giurisprudenza formatasi sul tema specialmente in campo comunitario. A tale problema, dell'errore tecnico del legislatore, risponde, peraltro, in modo esplicito la citata sentenza n. 10 del 1975 della Corte di Cassazione, osservando che ogni indagine circa la esattezza o meno del presupposto del provvedimento legislativo... e circa l'idoneit o meno... rispetto allo scopo perseguito... stata ormai compiuta in sede normativa e non pi possibile in sede giurisdizionale, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 246 non potendo il giudice disapplicare o modificare una norma giuridica affermando che ess sbagliata . Il rilievo appare pienamente fondato al Collegio, che lo fa proprio, non senza soggiungere che l'ammettere un potere del giudice come quello sopra ipotizzato, equivarrebbe, in sostanza, ad introdurre una inconcepibile sindacabilit della legge per falso supposto di fatto o per illogicit , come avviene sul ben diverso terreno del vizio di eccesso di potere degli atti amministrativi. Non ignora, infine, questo Tribunale che le Sezioni Unite della Suprema Corte si sono di nuovo pronunciate sull'argomento (diritti per servizi amministrativi in rapporto ai paesi aderenti al G.A.T.T.) con la recentissima sentenza 20 Ottobre 1976 n. 3616 raggiungendo, pur con motivazione che si d carico di varie posizioni argomentative nel frattempo maturate, la medesima conclusione della sentenza n. 1455 del 1973. Le considerazioni, con cui tale recente pronuncia respinge certe nuove prospettazioni date dall'Amministrazione Finanziaria a sue vecchie tesi, sono senz'altro condivise dal Collegio: ci va detto per quanto riguarda il rinnovato tentativo di costruire i diritti in questione come compensi per servizi (contro di che la Corte agevolmente replica essere tali diritti proporzionali al valore della merce, mentre le redevances si commisurano al costo del servizio reso) e, soprattutto, per quanto attiene alla negata attitudine del G.A.T.T. ad attribuire diritti soggettivi ai singoli, tesi che l'Amministrazione ripropone con l'apparente conforto di alcune decisioni della Corte di Giustizia della C.E.E. (12 Dicembre 1972 in cause riunite nn. 22-24 e 24 Ottobre 1973 in causa n. 9). Di detta argomentazione gi si detto nel corso della presente sentenza e non. resta, quindi, che prendere atto della coincidenza fra quanto esposto e quanto ribadito dalle Sezioni Unite, specie per quanto concerne l'osservazione che le sentenze comunitarie esaminavano un problema di rapporto fra il G.A.T.T. e norme e.E.E., mentre, nel caso in esame, non viene in rilievo n la validit, n l'interpretazione di alcun a~to o regolamento comunitario. Peraltro la recente pronuncia della S.C. conclude nel senso che la presunzione del non discostamento dello Stato dall'impegno internazionale vale pur sempre ad escludere che la legge n. 330 del 1950 abbia istituito i diritti per servizi amministrativi anche con riferimento alle merci provenienti da paesi dell'area G.A.T.T.; o, rispondendo ad uno specifico argomento dell'Amministrazione, nega che a diversa conclusione possano indurre i principi enunciati dalla sentenza n. 10 del 1975, pur sempre ispirata al costante insegnamento che la legge deve essere interpretata secondo la sua effettiva portata e l'intenzione perseguita dal legislatore vale nella misura in cui si effettivamente trasfusa ed oggettivata nella norma . PARTE I, SEZ. 11, GiRIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE Da tale .conclusione il Collegio, oltre che per le considerazioni suesposte, ritiene di dover dissentire per i seguenti altri rilievi. Il fatto stessb che si debba ricorrere ad una presunzione (quella di osservanza dell'obbligo internazionale) indica che la norma non univoca nel senso di estendere, o no, i diritti per servizi amministrativi anche alle merci provenienti da paesi G.A.T.T. In altri termini, non si esplicitata nella oggettivit della norma n la volont di includere n quella di escludere tali paesi. Ed allora delle due l'una: o si ammette che la presunzione di cui sopra assoluta (nel senso che il legislatore avrebbe l'onere di prevedere espressamente la prevalenza della norma interna sulla norma pattizia, pur anteriore, questa altrimenti prevalendo sempre, nel silenzio), ma allora, pi che di un criterio interpretativo, come tale giustificato da una situazione di dubbio, si tratterebbe di una vera e propria norma attinente all'efficacia di fonti di produzione del diritto ed il silenzio, anzich elemento di perplessit da superare in via ermeneutica, sarebbe un fattore formalmente qualificativo della legge, che automaticamente la renderebbe soggetta alla prevalenza della norma di origine pattizia (costruzione di difficile sostenibilit ed, a quanto consta, da nessuno sostenuta, men che mai dalla Corte di Cassazione che parla di fonti pariordinate e di non univoco contenuto dell'una rispetto all'altra); oppure si tratta di presunzione, per cos dire, relativa , ed allora, postoch la prova contraria non pu trovarsi nella oggettivit della legge, che appunto non univoca, l'eventuale spunto contrario (la cui possibilit di esistenza condiziona il eoncetto stesso di presunzione relativa) non pu ricavarsi se non da elementi estrinseci, quali sono proprio i lavori preparatori, che, nella specie, evidenziano la precisa, circostanziata ed univoca volont del Parlamento nazionale di estendere la disciplina dei diritti per servizi amministrativi anche ai paesi dell'area G.A.T.T. D'altra parte, anche a voler affrontare il problema in termini oggettivi di mens legis, di sistema, di volont della legge come entit autonoma >>, indipendente dalla accidentalit (fra queste considerando anche il pensiero del Parlamento) che l'hanno generata; anche a volersi porre, cio, dal punto di vista del pi ortodosso positivismo giuridico, la soluzione non cambierebbe. Poich, infatti, i diritti per servizi amministrativi sono stati aboliti dalla legge 24 Giugno 1971 n. 447, con decorrenza dal 30 Giugno 1968 per i paesi, della C.E.E., che sono anche tutti aderenti al G.A.T.T., ne risulte rebbe -se gi gli accennati diritti non fossero stati riferibili a tali paesi -la inutilit di una disposizione legislativa, il che conclusione inammissibile secondo gli accennati dogmi del positivismo giuridico. Al contrario occorre dare, postoch esiste, un significato sistematico alla legge del 1971 (particolarmente al suo art. 1) e ci, proprio sul piano RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 248 della portata oggettiva delle norme e del loro valore come momento di un sistema, costringe alla conclusione che la legge n. 330 del 1950 si riferisse necessariamente anche ai paesi aderenti al G.A.T.T. Le esposte considerazioni, implicando che il diritto per servizi amministrativi, previsto dalla legge n. 330 del 1950, fosse, sino alla sua abolizione, applicabile anche alle merci provenienti da paesi aderenti al G.A.T.T., comportano il rigetto della domanda dell'attrice. La delicatezza della materia trattata ed il discostamento della presente decisione da autorevoli precedenti in termini giustificano la totale compensazione delle spese di causa. -(Omissis). SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 27 gennaio 1976, n. 255 -Pres. La Porta -Est. Corasaniti -P. M. Pedace (Concl. Conf.) -Ministero di Grazia e Giustizia (avv. Zagari) c. Ramat (avv.ti Corizia, Conso, P. Berile). Competenza e giurisdizione -Provvedimenti disciplinari contro magistrati -Ricorso alle sezioni unite della Corte di cassazione Difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. (Cost., artt. 101, 104, 107, 113; legge 24 marzo 1958 n. 195, art. 17). E manifestamente infondata la questione di costituzionalit delle norme che prevedono il ricorso alle Sezioni unite della Corte di cassazione avverso i provvedimenti in materia disciplinare emessi nei confronti dei magistrati: pertanto il giudice amministrativo non ha giurisdizione sulle decisioni della Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura. I detti procedimenti -in entrambi i quali fu annullata istruttoria per mancato invito all'incolpato a nominarsi un difensore, rinnovata l'istruttoria stessa e disposto il rinvio a giudizio dell'incolpato -furono fissati alla stessa udienza del 23 aprile 1974 ed in questa sede riuniti. La Sezione disciplinare, dichiarava il dott. Marco Ramat responsabile delle imputazioni a lui ascritte e gli infliggeva la sanzione della censura. Ricorre il dott. Ramat a queste Sezioni Unite. Contro la sentenza il Dott. Marco Ramat proponeva tre distinti ricorsi uno davanti a queste Sezioni Unite, uno davanti al Consiglio di Stato, uno davanti al T.A.R. di Firenze. Il Ministero di grazia e giustizia ha proposto regolamento preventivo di giurisdizione relativamente al giudizo davanti al T.A.R. della Toscana (analogo regolamento ha proposto relativamente al giudizio davanti al Consiglio di Stato) chiedendo che sia dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. Resiste il dott. Ramat con controricorso. La sentenza integralmente pubblicata, con ampia nota di precedenti dottrinari e giurisprudenziali 'in Foro it. 1976, I, 597. In relazione tale sentenza ed all'ordinanza 6 novembre 1975 emessa dal Supremo Collegio (cfr. Gazzetta Ufficiale 28 gennaio 1976, n. 25) v. G. VOLPE, La legge ferrea delle corporazioni e i magistrati, in Foro it. 1976, I, 599. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO MOTIVI DELLA DECISIONE Il resistente ha riproposto in questa sede, come mezzo a fine perch sia affermata la giurisdizione del giudice amministrativo da lui adito, la questione di legittimit costituzionale della norma (art. 17 ult. comma della legge 24 marzo 1958, n. 195) che assoggetta le decisioni della Sezione disciplinare del Consiglio Superiore al ricorso davanti alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. La rilevanza della questione evidente, trattandosi della legittimit cqstituzionale o no di una norma di legge espressamente attributiva del potere giurisdizionale per la decisione sui ricorsi in parola. Per valutare, poi, la consistenza della questione stessa, occorre partire dalla considerazione della posizione assegnata dalla Costituzione alla Magistratura ordinaria. noto che tale posizione contrassegnata dall'autonomia e dalla indipendenza e che queste non sono soltanto d'ordine funzionale, cio non sono assicurate soltanto per quel che attiene all'esercizio della. funzione giurisdizionale considerata nei singoli atti in cui essa si svolge concretamente e nell'intrinseco contenuto di questi. L'esigenza di sottrarre l'intrinseco della funzione giurisdizionale nel senso suindicato a qualsiasi interferenza estranea (in particolar modo dell'esecutivo) norma-principio costituzionale intimamente connessa con la stessa rilevanza costituzionale della funzione giurisdizionale, e trova la sua espressione nell'art. 101, comma 2 della Costituzione (i giudici sono soggetti soltanto alla legge), precetto riferibile a qualsiasi giudice, prima che nell'art. 104 e ss. Cost., precetti riferibili alla sola Magistratura ordinaria. Vero che dagli artt. 104 e ss. Cost. (in particolare dagli artt. 104, 105, 107) si desume l'apprestamento ad opera della Costituzione, in coerenza cn l'art. 101, comma ZO, di un sistema di garanzia volte a porre la Magistratura ordinaria, in quanto investita in via generale della funzione giurisdizionale (art. 102, comma 1 Cost.) nelle migliori condizioni estrinseche per esercitare correttamente, nell'intrinseco, la detta funzioi;ie. Il sistema si concreta in primo luogo nella riserva al Consiglio Superiore della Magistratura (qualificato ai fini dell'autonomia) da ci; che entrano nella sua composizione, in proporzione numerica prevalente, appartenenti alle varie categorie di magistrati, dei provvedimenti concernenti le assegnazioni, le promozioni, i trasferimenti dei magistrati e dei provvedimenti disciplinari riguardanti i magistrati, ma comprende la previsione di garanzie sostanziali per il singolo magistrato, con l'inamovibilit. In relazione a tale sistema, assumono rilevanza sia la Magistratura come complesso di organi, cio di uffici (qualificato dall'attribuzione in via generale della funzione giurisdizionale e dal particolare statuto dei titolari degli uffici), sia la Magistratura come ordo personarum (cio come PARTE I, SEZ. Ili, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE collettivit di persone che hanno la titolarit -o almeno virtuale -di uffici giudiziari, ed esercitano in quanto tali professionalmente l'attivit che tale titolarit comporta) sia infine il singolo Magistrato (come titolare di uffici giudiziari e in ogni caso come componente l'ordine, oltre che come titolare di un rapporto di pubblico impiego); la sentenza della Corte cost. n. 142 del 1973. Quanto all'ordine da dire che esso, nonostante le ovvie differenze, presenta aspetti che ricordano quelli degli ordini delle libere professioni, perch l'appartenenza dei singoli ad esso determinata non solo dalla investitura di uffici giudiziari, ma anche dall'esercizio prefessionale di una data attivit (non importa se in regime di pubblico impiego anzich in regime di lavoro autonomo) e perch il suo fine (che il solo nel caso dell'ordine giudiziario, mentre non il solo nel caso degli ordini professionali) la gestione di un patrimonio di valori morali ed in particolare di valori di deontologia professionale. Quanto al singolo magistrato da dire che in relazione alla titolarit, almeno virtuale, di un ufficio giudiziario alle connesse garanzie di indipendenza ed alla appartenenza all'ordine 'giudiziario, esso pur partecipando ad un rapporto di pubblico impiego con lo Stato, assume una posizione nettamente distinta rispetto a quella degli impiegati dello Stato. Quanto al rapporto fra ordine e singole magistrato, da soggiungere che tale rapporto, poich non concerne i diritti e gli interessi connessi all'investitura degli uffici ed alla prestazione di attivit lavorativa -i quali sono regolati nel quadro del rapporto di pubblico impiego -non pu che concernere la partecipazione del singolo Magistrato al patrimonio morale della collettivit e la soggezione di essi singolo Magistrato alla relativa deontologia professionale. Tutto ci consente di ritenere che, mentre si giustificano particolari qualificazioni, proposte dalla dottrina, della indipendenza del magistrato come esterna e interna-qualificaz.ione che peraltro sarebbero forse meglio precisate con riferimento alla indipendenza degli organi, dell'ordine dei singoli magistrati -la Magistratura tutelata dalla Costituzione in ognuno di tali suoi elementi od aspetti. E di qui l'ulteriore conseguenza che una norma non appare senz'altro sospetta di incostituzionalit per il fatto di non realizzare appieno o addirittura di comprimere uno dei beni tutelati, se strettamente necessaria, e nei limiti in cui strettamente necessaria, per la tutela di un altro dei beni stessi, sempre che vi sia ragionevole equilibrio fra la mancata attuazione o la compressione dell'uno e la garanzia dell'altro che questo non debba considerarsi preminente rispetto al primo. Alla stregua di tali concetti vanno esaminate le singole questioni di legittimit costituzionale. La questione circa la legittimit costituzionale della norma concernente la giurisdizione di impugnazione di queste Sezioni Unite sulle deci RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 252 sioni della Sezione disciplinare del Consiglio Superiore posta da un lato con riferimento alla diversit di regolamentazione rispetto alla normativa comune concernente la tutela dei diritti e degli interessi legittimi in materia di pubblico impiego (art. 113, comma 1 e 3, comma 20 Cost.), diversit che sarebbe ingiustificata, tanto pi che alla normativa comune si adegua la sottoposizione di tutti gli altri provvedimenti del Consiglio Superiore riguardanti i Magistrati alla giurisdizione di annullamento del Consiglio di Stato (art. 17, comma 2 della legge n. 195 del 1958; sentenza della Corte costituzionale n. 44 del 1968). Dall'altro lato la questione posta con riferimento all'asserito contrasto della detta giurisdizione di queste Sezioni Unite, in quanto giurisdizione domestica, con i principi di imparzialit e di indipendenza interna del giudice (artt. 101, comma 2; art. 104, comma 1, art. 107, comma 1 Cost.). Sotto il primo profilo agevole rilevare che la diversificazione del regime di impugnazione dei provvedimenti disciplinari concernenti i magistrati da quello dei provvedimenti disciplinari concernenti impiegati pubblici e da quello stesso degli altri provvedimenti concernenti i magistrati discende dall'avere la legge atteggiato la funzione della Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura come giurisdizione (in unico grado) ed i provvedimenti disciplinari concernenti i magistrati come atti giurisdizionali (cfr. su quest'ultimo punto gli argomenti desumibili dalle adozioni per il procedimento di forme processuali, mutuate dal processo penale; dal conferimento del potere di promuovere l'azione disciplinare ad organi estranei a quello decidente; dalla configurazione del provvedimento, espressamente qualificato sentenza, come atto a rilevanza esterna senza bisogno della assunzione della forma del decreto del Presidente della Repubblica; cfr. del resto, sia pur al dichiarato fine di riconoscere alla Sezione disciplinare la legittimazione a sollevare l'incidente di costituzionalit la sentenza della Corte Costituzionale n. 12 del 1971). Sicch l'assoggettamento dei detti provvedimenti all'impugnazione davanti alle Sezioni Unite della Cassazione costituisce null'altro che applicazione dell'art. 111 della Costituzione (non occorre attardarsi a dimostrare la scarsa attendibilit dell'ipotesi -la quale sarebbe unica nel nostro ordinamento e per di pi in contrasto con l'art. 113 della Costituzione in questo, e nel caso che si rinvengono nella disciplina degli ordini professionali -la Corte di Cassazione assuma la veste di giudice in unico grado di una impugnazione contro provvedimenti amministrativi). Ora tale strutturazione, oltre a risultare da disposizioni di cui non viene denunciata l'illegittimit costituzionale (artt. 32, 34, 35 r.d.l. 31 mag gio 1946, n. 511) e addirittura da norme costituzionali (art. 107, comma 2, Cost. attributivo dell'azione disciplinare al Ministro della giustizia), ed oltre a ricollegare il sistema alla tradizione (cfr. sentenza di queste PARm I, SBZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 253 Sezioni Unite nn. 240 e 413 del 1969) e la Sezione disciplinare con i giudici disciplinari istituiti con le leggi preesistenti alla Costituzione (il che la sottrae al sospetto di illegittimit costituzionale in relazione all'art. 102, comma 20 Cost.), giustificata appunto dalla particolare proposizione del Magistrato. Si gi detto che, pur essendo il Magistrato parte di un rapporto di pubblico impiego, la sua posizione si distingue da quella degli altri impiegati dello Stato per le garanzie di autonomia e di indipendenza ed qualificata dalla appartenenza all'ordine giudiziario. Si detto del compito dell'ordine relativo alla deontologia professionle e della soggezione alle regole di tale deontologia del magistrato in quanto ;:lppartenente all'ordine. Tutto ci fa s che la disciplina del magistrato non si esaurisce, come la disciplina del pubblico impiegato, in regole dirette a rafforzare i doveri inerenti al rapporto di impiego, ma ha anche, e prevalentemente, carattere di deontologia professionale. Vi quanto basta per giustificare la diversificazione di trattamento del procedimento disciplinare del magistrato (la sua trasformazione in processo) rispetto al procedimento disciplinare del pubblico impiegato. E si pu inoltre sottolineare, quanto alla ragionevolezza della diversificazione: a) la concordanza fra il carattere di deontologia professionale della disciplina dei magistrati, che si ritrova nella materia disciplinare dei magistrati come in quella delle professioni liberali, ed il fatto che anche il procedimento disciplinare dei professionisti assume di regola, nella fase finale, carattere giurisdizionale; b) l'essere la diversificazione limitata alla materia disciplinare, mentre non sarebbe forse apparsa giustificabile se operata anche in riferimento agli altri aspetti della posizione del magistrato, riconducibile al rapporto di pubblico impiego. Sotto questo profilo, la questione dunque manifestamente infondata. Sotto il secondo profilo, la questione stata dichiaratamente prospettata in relazione a quella concernente la legittimit costituzionale della autodichiarazione della Corte dei Conti, sollevata da queste Sezioni Unite e dichiarata infondata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 135 del 1975. Ora tenuto conto di quanto affermato con la detta sentenza, la questione deve ritenersi manifestamente infondata anche sotto il secondo profilo, l'esigenza primaria, cui si riferisce l'art. 101, comma 2, Cost. di imparzialit o indipendenza-imparzialit del giudice deve ritenersi insoddisfatta soltanto se la legge sia congegnata in modo da rendere inevitabile (cio non evitabile con i normali strumenti della ricusazione e della astensione), la coincidenza o la dipendenza tra giudice e soggetto ad organo che ha posto in essere l'atto, ovvero parte del rapporto, oggetto del giudizio. Ed agevole rilevare che ci non si verifica per le Sezioni Unite le quali sono chiamate a giudicare di atti posti in essere dalla sezione disciplinare del Consiglio Superiore, organo rispetto al quale versano in posizione di estraneit (fra l'altro, anche per quel che concerne le persone, il Primo Presidente della Corte di Cassazione 254 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO non fa parte della Sezione disciplinare) e di reciproca indipendenza (la posizione dei Magistrati delle Sezioni Unite rispetto al Consiglio Superiore per definizione di indipendenza in quanto alla stessa estinzione ed al funzionamento del Consiglio affidata dalla Costituzione l'indipendenza del Magistrato) e di situazioni giuridiche alle quali esse versano parimenti in posizione di estraneit (questa esclusa dall'ipotetico interesse dei componenti le Sezioni Unite, come singoli, alla soluzione di un dato senso delle questioni di principio in relazione alla possibilit di essere sottoposti a procedimento disciplinare). Che, se, poi, la considerazione si sposta dal giudice al giudicabile quanto singolo Magistrato ed alle garanzie di indipendenza che a lui spettano come tale, prospettandosi che esse siano menomate da ci che i componenti dell'organo giudicante appartengono al medesimo ordine cui egli appartiene, allora da obbiettare; a) che esser giudicato dai propri pari garanzia di indipendenza p~r lo stesso singolo componente l'ordine; b) che in ogni caso le garanzie del singolo Magistrato coesistono, nella Costituzione, con quelle apprestate all'ordine giudiziario; c) che proprio della disciplina considerata come deontologia professionale essere interpretata da organi composti di appartenenti all'ordine professionale; d) che non costituisce squilibrio tra la tutela del Magistrato come singolo e quella dell'ordine giudiziario la strutturazione della disciplina dei magistrati in riferimento al suo prevalente carattere di deontologia professionale ed il conseguente affidamento della sua interpretazione a magistrati. Anche sotto il secondo profilo la questione dunque manifestamente infondata. Va pertanto lichiarato il difetto di giurisdizionale del giudice amministrativo, con le conseguenze di legge in ordine alle spese ed onorari del presente regolamento. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 2 marzo 1976, n. 684 -Pres. Boccia Est. Arienzo -P. M. Del Grosso (conci. conf.) -Paone (avv. Sandulli) c. Ministero Sanit (avv. Stato Azzariti). Competenza e giurisdizione -Sanit pubblica Profilassi della tubercolosi bovina e bonifica degli allevamenti Veterinario condotto: compensi Controversie -Giurisdizione dell'A.G.O. (r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, art. 4; d .pres. 11 febbraio 1961, n. 264 artt. 3, 4; I. 9 giugno 1964, n. 615; I. 23 gennaio 1968 n. 33). Appartiene alla giurisdizione dell'A.G.O. la domanda del veterinario comunale con cui si chiede il compenso dell'attivit svolta per la profilassi della tubercolosi bovina e la bonifica degli allevamenti secondo il \ I I i. i ! I 255 PARm I, SEZ. III, GWRIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONB piano nazionale predisposto con decreto ministeriale; infatti tale attivit esula dalle funzioni del veterinario condotto e dell'ufficiale governativo. Paone Raffaele, con citazione 23 settembre 1974, ha convenuto dinanzi al tribunale di Napoli il Ministro della Sanit, la Regione Campania e il Veterinario Provinciale e ha esposto che egli, veterinario condotto del comune di Castellammare di Stabia, aveva eseguito, nell'ambito del territorio comunale, negli anni 1969-1973 operazioni di bonifica antitubercolare di allevamenti bovini retribuibili con la somma di L. 75.097.000, mentre gli erano state corrisposte soltanto L. 6.102.000 nella misura stabilita dall'articolo 30 del decreto del Ministro per la sanit 1 giugno 1969 n. 1039 in illegittima deroga alle tariffe professionali. L'attore ha chiesto, pertanto, la condanna dei convenuti al pagamento in suo favore di L. 68.994.910, pur avendo in precedenza adito, con atto 3 luglio 1974, il tribunale amministrativo regionale della Campania per ottenere l'annullamento del citato art. 30, che aveva stabilito i compensi a favore dei veterinari autorizzati ad eseguire la profilassi della tubercolosi bovina. Successivamente, con atto 6 novembre 1974, il Paone ha proposto, nei confronti delle stesse parti, ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, illustrato con memoria, al quale resiste con controricorso il Ministero della sanit; non si sono costituiti la Regione Campania ed il Veterinario provinciale. .. MOTIVI DELLA DECISIONE Il ricorrente afferma che la presente controversia rientri nella giurisdizione del giudice ordinario avendo per oggetto il suo diritto soggettivo al pagamento dei compensi per le operazioni di profilassi antitubercolari La questione ha carattere di novit. Per riferimenti pu richiamarsi la decisione emessa dal Cons. Stato, V, 29 no vembre 1974, n. 560, iri Foro amministrativo 1974, I, 2, 1384 con la quale stato sta bilito che l'art. 12, n. 20, del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, contenente l'elencazione delle materie nelle quali il medico provinciale continua ad agire come organo dello Stato anche dopo il trasferimento alle Regioni degli uffici dei medici e dei veterinari provinciali -dato il carattere chiaramente eccezionale rispetto al modello organizzatorio introdotto dal decreto delegato -deve essere interpretato in senso restrittivo relativamente alle attribuzioni spettanti ai predetti sanitari quali preposti agli uffici speciali di sanit marittima, aerea e di confine ai fini della profilassi internazionale delle malattie infettive. Per una questione di giurisdizione relativa alla mancata percezione di di ritti sanitari da parte di un veterinaio condotto di un comune nel quale era stato istituito con decreto prefettizio -poi annullato del giudice amministra tivo -uno speciale servizio di sorveglianza veterinaria da esercitarsi mediante l'attivit di libero professionista, cfr. Cass. 16 marzo 1970, n. 681 in Foro it., 1970, I, 1394. 256 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dei bovini, svolte nell'interesse di soggetti non aventi diritto all'assistenza veterinaria gratuita e non rientranti, comunque, nel rapporto di impiego comunale n tra i compiti riservati ai veterinari condotti come ufficiale governativi (artt. 3 e 4 d.P.R. 11 febbraio 1961 n. 264). Sostiene, quindi, la remunerabilit delle suddette attivit in base alle tariffe professionali e l'illegittimit dell'art. 30 d.m. 1 giugno 1968 n. 1039, che, emesso senza una norma di legge che ne prevedesse l'emanazione, aveva ridotto i compensi spettantigli ai sensi dell'art. 4 t.u. delle leggi sanitarie 27 luglio 1934 n. 1265. L'assunto del ricorrente fondato, atteso che l'attivit professionale espletata per la bonifica sanitaria degli allevamenti bovini dalla tubercolosi, indetta con la I. 9 giugno 1964 n. 615, modificata dalla I. 23 giugno 1968 n. 33, secondo i piani nazionali predisposti con il decreto di esecuzione del Ministro per la sanit 1 giugno 1968 n. 1039, non rientra tra i compiti di istituto del rapporto di impiego di veterinario condotto comunale n fra quelli di ufficiale governativo. In occasione della costituzione del Ministero per la sanit fu previsto; come organo periferico, l'Ufficio del veterinario provinciale (art. 4 I. 13 marzo 1968 n. 296) e nella disciplina dei servizi e degli organi che esercitano la loro attivit nel campo dell'igiene e della sanit pubblica (artt. 3 e 4 I. 11 febbraio 1961 n. 264) fu regolato l'ufficio del veterinario comunale con la attribuzione di specifiche competenze al veterinario condotto in quanto tale e in quanto ufficiale governati_vo. Nell'ambito del rapporto di impiego, il veterinario condotto comunale ha compiti di assistenza zooiatrica gratuita agli aventi diritto di polizia, di ispezione e di vigilanza sanitaria sulle malattie contagiose degli animali ecc.; nell'esercizio di tali funzioni ufficiale governativo e, come tale, dipende dal veterinario provinciale (art. 3 cit.). Per effetto di questa dipendenza -che, pur connessa, esula dal rapporto di impiego col comune -diretta ad assicurare il collegamento con gli organi periferici del Ministero per la sanit, provvede all'applicazione delle disposizioni concernenti la polizia veterinaria; alla vigilanza sullo stato sanitario del patrimonio zootecnico, informandone il veterinario provinciale, nonch all'esecuzione delle leggi e dei regolamenti interessanti i servizi sanitari; e, infine, alla formulazione di proposte di provvedimenti nell'interesse del servizio e di pareri sul rilascio di autorizzazioni o di licenze di competenza del sindaco per l'esercizio di attivit soggette a controllo sanitario (art. 4 cit.). Le cennate funzioni demandate al veterinario condotto comunale, oltre a quelle di diretta assistenza zooiatrica a favore delle persone non abbienti nell'ambito del territorio del comune (art. 4 r.d. 27 luglio 1934 n. 1265), hanno un prevalente contenuto di controllo sanitario amministrativo per assicurare, nel pubblico interesse, in diretta dipendenza funzionale con l'organo periferico dell'amministrazione sanitaria centrale, la vigilanza e le operazioni di controllo specificamente previste dalla legge. In particolare, poi, il rego PARTB I, SBZ. III, GIURI$, SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE lamento di polizia veterinaria (d.m. 8 febbraio 1954 n. 320, emanato a norma dell'art. 358 R.D. 27 luglio 1934 n. 1265) specifica i compiti del veterinario condotto di inchiesta epizoologica a seguito di denuncia di malattia; di vigilanza varia (stalle, mercati, concentramenti di animali, stazioni di monta ecc.) e quelli dei trattamenti immunizzanti, nonch le indagini cliniche per rilevare l'esistenza, la forma e la diffusione della tubercolosi negli allevamenti. Quanto al primo gruppo di compiti (inchieste epizoologiche e vigilanza generale nel territorio comunale per assicurare tutti i controlli di polizia veterinaria), esulano da essi le attivit profilattiche disposte in base ad un piano di risanamento nazionale e quanto al secondo gruppo di funzioni del veterinario condotto i trattamenti immunizzanti sono limitati a quelli previsti, come obbligatori, dal regolamento di polizia veterinaria (art. 65 Reg.to) o resi dal Prefetto in esecuzione delle disposizioni del regolamento stesso; mentre le indagini cliniche, integrate da prove di laboratorio, per l'accertamento della tubercolosi sono disposte, di volta in volta, dal sindaco sulle denunce pervenutegli relative a casi di tubercolosi bovina clinicamente manifesta. Tali essendo le funzioni dei veterinari condotti comunali, derivanti dal rapporto di impiego o con esso connesse e quelle attribuitegli quale ufficiale governativo alla dipendenza funzionale del veterinario provinciale nell'esercizio dei compiti di polizia, di vigilanza e di ispezione, le operazioni di bonifica sanitaria, che il ricorrente assume di aver svolte nel territorio del comune di Castellammare di Stabia, in ottemperanza dei provvedimenti emanati dal veterinario provinciale in esecuzione del D.M. n. 1039 del 1968, non rientrano tra quelle di istituto del veterinario condotto in quanto dirette, su piano nazionale, alla profilassi della tubercolosi bovina senza distinzione dei soggetti beneficiari della campagna e consistenti nell'esame clinico degli animali infetti; nell'esecuzione della prova antitubercolare entrotermica; nella marcatura del capo e nella compilazione della scheda. Le prestazioni di ordine profilattico suddette furono disposte per finalit, temporaneamente limitate, che esulano dai compiti istituzionali del veterinario condotto e de quelli, ad essi collegati, di ufficiale governativo essendo dirette al risanamento degli allevamenti dalla tubercolosi e dalla brucellosi con copertura della spesa nello stato di previsione del bilancio del Ministero per la sanit in base ai piani profilattici approvati con decreto del detto Ministero di concerto con quello dell'Agricoltura e Foreste, previo parere di un'apposita commissione, e su provvedimenti di esecuzione adottati dal veterinario provinciale (art. 3 I. 9 giugno 1936 n. 615) dei programmi di risanamento e di profilassi (art. 4 cit. modificato dalla I. 9 aprile 1964 n. 615). Il risanamento degli allevamenti stato attuato mediante piani nazionali di profilassi nei quali sono stati stabiliti i casi in cui sono obbligatori i trattamenti immunizzanti; l'esecuzione delle prove diagnostiche; la marcatura e l'abbattimento degli animali infetti. In esecuzione del programma di risanamento, venne emesso il gi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO citato D.M. 1 giugno 1968 n. 1039 che contiene disposizioni per la identificazione degli animali mediante contrassegni distinti per provincia e per l'esecuzione delle prove diagnostiche, affidate ai veterinari operanti sotto il controllo del veterinario provinciale e da questi autorizzati ove non esistano veterinari condotti comunali con funzioni di ufficiale governativo, ai quali, peraltro, spettano: 1) la valutazione delle prove sempre che non ne siano impediti dai propri compiti di istituto e possano assicurare la continuit e la tempestivit dei propri interventi; 2) le misure di polizia veterinaria attinenti al risanamento degli allevamenti. L'estraneit delle operazioni, disposte con le citate leggi ed il relativo regolamento di esecuzione, rispetto al rapporto di impiego comunale e di ufficiale governativo, emerge gi dalla portata letterale della norma sopra citata, che distingue le operazioni di risanamento da quello di istituto col riservare al veterinario comunale le misure di polizia anche attinenti al risanamento, in quanto di sua competenza nell'ambito territoriale del comune e col demandargli i compiti esecutivi delle prove diagnostiche, condizionatamente alla sua disponibilit oltre i propri compiti di istituto (art. 5 terzo comma D.M. cit.). E tale interpretazione confermata, sul piano razionale, dal carattere eccezionale delle operazioni di profilassi; dal loro contenuto di generalit che le distingue da quelle previste dal 'regolamento di polizia veterinaria nell'ambito territoriale del comune e sulla base di denunce; dalla natura dell'attivit, risolvendosi la stessa in compiti operativi e materiali che esulano da quelli di vigilanza e polizia istituzionalmente riservati ai veterinari condotti; e, infine, dalla circostanza che esse sono disposte indiscriminatamente a favore di soggetti abbienti e non abbienti. L'interesse pubblico connesso alle operazioni di profilassi e di risanamento attiene alla finalit e al carattere obbligatorio delle stesse s da giustificare l'assunzione della spesa e dell'organizzazione a carico dello Stato, ma non pu farlo rientrare nei doveri derivanti dal rapporto di impiego di veterinario condotto comunale, regolato .dalla legge, e in quello di ufficiale governativo, tanto che al veterinario comunale consentito sottrarsi alle dette prestazioni straordinarie se i suoi compiti di istituto gli impediscono di assicurare la continuit e la tempestivit del proprio intervento. N pu sostenersi che la P.A. possa imporre ai veterinari condotti comunali lo svolgimento di funzioni non rientranti nel rapporto di impiego e di stabilire particolari tariffe in base agli artt. 57 e 63 R.D. 3 febbraio 1901 n. 45 e all'art. 61 T.U. n. 1265 del 1934 delle leggi sanitarie, in quanto quest'ultima norma prevede l'attribuzione al veterinario condotto del potere di particolare accertamento per il rilascio di certificati nell'interesse privato del richiedente, ;mentre quelle risalenti al regolamento di esecuzione della legge sanitaria del 22 dicembre 1888 n. 5849, oltre a non contenere alcun elemento utile alla tesi della resistente P.A., sono supe- I! I ................................................................. I PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 259 rate dal regolamento 8 febbraio 1954 n. 320 e dalle 1. 13 marzo 1958 n. 296 e 11 febbraio 1961 n. 264 sopra citate. In conseguenza, essendo la P.A. carente del potere di imporre, mediante l'art. 30 del D.M. 1 giugno 1968 n. 1039, le prestazioni di profilassi della tubercolosi bovina con tariffe diverse da quelle previste dall'art. 4 T.U. sulle leggi sanitarie 27 luglio 1934 n. 1265 nell'ambito del rapporto di impiego del veterinario condotto comunale e di quello di ufficiale governativo, che rappresentano un semplice presupposto e non il titolo per le dette prestazioni, il ricorso va accolto, dichiarandosi la giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda del ricorrente diretta ad ottenere i com- pensi spettantigli per le prestazioni svolte, nel territorio del comune di Castellammare di Stabia, in base ai piani emessi ai sensi del citato decreto ministeriale. A seguito dell'accoglimento del ricorso e per effetto del diniego che le operazioni di profilassi antitubercolari rientrino fra i compiti attribuiti al veterinario condotto comunale dall'art. 3 D.P.R. 11 febbraio 1961 n. 264 non ha rilevanza la questione di illegittimit costituzionale di detta norma, sollevata, in via subordinata, dal ricorrente... -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 14 febbraio 1977, n. 664 -Pres. Stella Richter -Est. Sgroi -P. M. Trotta (concl. conf.) -Ministero di Grazia e Giustizia (avv. Stato Azzariti) c. Corigliano (n.c.) e Viola. Competenza e giurisdizione -Regolamento di giurisdizione Intervento adesivo: legittimazione. (Cod. proc. civ., art. 41). Competenza e giurisdizione Improponibilit assoluta della domanda Procedimento penale Ordine di espulsione di testimone dall'aula Domanda di risarcimento. (Cod. prov. civ., art. 55). La legittimazione a proporre ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione spetta anche a chi sia volontariamente intervenuto nel giudizio di merito per sostenere le ragioni di uno dei contendenti (1). E improponibile, per difetto assoluto di giurisdizione, la domanda proposta da un testimone contro il presidente di un collegio giudicante penale diretta ad ottenere il risarcimento che danno sia per il mancato rinvio dell'udienza dopo la presentazione da parte sua dell'istanza di ricusazione del presidente, sia per essere stato espulso dall'aula (2). (1-2) Si pubblica integralmente l'interessante decisione che presenta carattere di novit. Per il richiamo di alcuni precedenti dottrinari e giurisprudenziali cfr. Giustizia civile, 1977, I, 201. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 260 Il Ministero di Grazia e Giustizia, che volontariamente intervenuto nel giudizio di merito per sostenere in via adesiva le ragioni del convenuto dott. Viola, legittimato a proporre il regolamento di giurisdizione, considerato che l'intervento gli ha fatto assumere la qualit di parte e che l'art. 41 c.p.c. riconosce indiscriminatamente la legittimazione a ciascuna parte (cfr. Cass. 23 agosto 1973 n. 2376; Cass. 13 dicembre 1971 n. 3621). Non giova opporre che colui che abbia spiegato intervento adesivo dipendente non pu proporre impugnazione in via autonoma (cfr. Cass. 23 febbraio 1973 n. 533; Cass. 14 agosto 1972 n. 2415), dato che il regolamento di giurisdizione non pu definirsi come impugnazione in senso proprio (ck Cass. 4 marzo 1975 n. 808; Cass. 28 ottobre 1974 n. 3203). Se, poi, si riflette che la questione di giurisdizione pu essere tanto rilevata ex officio dal giudice quanto promossa mediante il regolamento dalla stessa parte che ha adito il giudice (al fine di dirimere il dubbio sorto spontaneamente o per effetto delle altrui contestazioni), si ha una ulteriore conferma dell'impossibilit di precludere all'interventore adesivo dipendente il ricorso allo strumento particolare del regolamento preventivo per far decidere immediatamente le questioni di giurisdizione. A maggior ragione, allorch nell'ambito del sistema difensivo della parte adiuvata (che, nella specie, proprio incentrato sulla negazione di qualsiasi tutela giurisdizionale in rapporto alla pretesa fatta valere dall'attore), ricompresa la questione del difetto assoluto di giurisdizione che da quella negazione direttamente discende, la conclusione accolta si rivela sicura. L'attore ha chiesto -previo l'accertamento delrillegittimit e dell'arbi trariet del comportamento tenuto dal dott. Viola, nel corso dello svolgi mento di un processo penale, quale presidente del Collegio giudicante e concretatosi nella disapplicazione degli artt. 63 e 432 c.p.p. il predetto sia condannato al pagamento, a titolo di risarcimento dei danni, della somma di L. 104.600, pari a quella che egli ha dovuto sborsare a favore della Cassa delle ammende in esecuzione dell'ordinanza dichiarativa del l'inammissibilit dell'istanza di ricusazione da esso istante proposta nei confronti dello stesso dott. Viola. Con il primo motivo il Ministero sostiene che, in mancanza dell'auto rizzazione prescritta dall'art. 56 c.p.c. (della quale il Corigliano non si munito per promuovere il giudizi), il giudice ordinario privo di giuri sdizione in ordine alla domanda di risarcimento. Con il secondo motivo il Ministero eccepisce l'improponibilit assoluta della domanda in quanto il Corigliano avrebbe dedotto a fondamento della sua pretesa non un diritto soggettivo, ma l'interesse semplice, comune ad ogni cittadino (e, come tale, privo di tutela giurisdizionale) all'ammi nistrazione imparziale della giustizia. L'assnto del difetto assoluto di giurisdizione (al quale si associato il dott. Viola) sostanzialmente esatto. PARTE I, SZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 261 Poich la domanda stata rivolta esclusivamente contro il dott. Viola, mentre da una parte occorre verificare la rilevanza del difetto dell'autorizzazione di cui all'art. 56 c.p.c., dall'altra parte non sorge la questione -risolta affermativamente da questa S.C. (cfr. Cass. 6 novembre 1975 n. 3719), ma di controversa soluzione in dottrina -della coincidenza o meno dei limiti entro i quali il giudice chiamato a rispondere civilmente del suo operato rispetto all'ambito della responsabilit, per il medesimo operato, dell'Amministrazione statale. Ad avviso del ricorrente l'autorizzazione ministeriale pu ricomprendersi fra quelle condizioni e quei iimiti, non arbitrari n irrazionali, della responsabilit civile del magistrato, ai quali -in vista della singolarit della funzione giurisdizionale, della natura dei provvedimenti giudiziali e della posizione super partes del giudice -si riferita la Corte Costituzionale nella sentenza 14 marzo 1968 n. 2, per affermarne la sostanziale legittimit. Quell'autorizzazione, infatti, mira a garantire l'indipendenza del giudice, altrimenti esposto ad attacchi diuturni di contendenti soccombenti o di imputati condannati, con conseguente paralisi della giustizia. B questa, per il ricorrente, la ragione dell'attribuzione al Ministero della Giustizia, cui spetta la responsabilit politica del funzionamento dell'amministrazione giudiziaria, del potere di filtrare le istanze risarcitorie macroscopicamente assurde: finch il Ministro non abbia esercitato tale potere, l'autorit giudiziaria non pu conoscere delle domande di responsabilit civile del magistrato. A sostegno della tesi della carenza assoluta di giurisdizione il ricorrente richiama la analoga conclusione adottata da queste S.U. (cfr. Cass. 30 settembre 1968 n. 3029) per l'ipotesi di azione esecutiva intrapresa su beni di Stati esteri, nonostante il diniego dell'autorizzazione del Guardasigilli, prevista dall'art. 1 del r.d. 30 agosto 1925 n. 1621, conv. nella legge 15 luglio 1926 n. 1263. B da ricordare in proposito che di questa disciplina la Corte Costituzionale ha riconosciuto la legittimit (con sentenza 13 luglio 1963 n. 135), tranne che nel punto della esclusione di qualsiasi impugnativa contro i decreti ministeriali; ma , altres, da ricordare che la stessa Corte (con sentenza 19 febbraio 1965 n. 4) ha dichiarato l'illegittimit costituzionale della normativa (art. 158 t.u. 4 febbraio 1915 n. 148 e 22 t.u. 3 marzo 1934 n. 383) concernente la garanzia amministrativa a favore dei sindaci e dei prefetti. Tuttavia il discorso in questa direzione non deve essere approfondito perch manca il presupposto della rilevanza della questione di legittimit costituzionale dell'art. 56 c.p.c. con (eventuale) riferimento agli artt. 3, 24 e 28 Cost., e non vi , pertant, ragione di verificare se la questione stessa sia o non sia manifestamente infondata. Per vero, una volta esclusa la rilevanza di una questione di legittimit costituzionale, il giudice non tenuto a delibarne la fondatezza, 6 262 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO giacch lo stabilire se la sua risoluzione sia strumentale rispetto alla definizione della causa costituisce un giudizio in linea logica preliminare rispetto all'indagine diretta ad accertare o ad escludere che la questione di legittimit sia manifestamente infondata (cfr. Cass. 21 giugno 1974 n. 1829; Cass. 29 ottobre 1970 n. 2230). Sotto questo profilo la questione incidentale di legittimit costituzionale inammissibile quando il giudice a quo pu definire il giudizio prescindendo dalla risoluzione di essa (cfr. Corte Cost. 29. aprile 1971 n. 86); il che val quanto dire che una simile questione, se relativa a norma, la cui eliminazione dall'ordinamento giuridico non potrebbe incidere sulla definizione del giudizio a quo, si presenta come manifestamente irrilevante (cfr. Corte Cost. 28 novembre 1968 n. 116). In sede di regolamento di giurisdizione rileva la questione di legittimit costituzionale di una norma dalla cui permanenza o eliminazione dell'ordinamento giuridico dipenda l'attribuzione della controversia ad un ordine giurisdizionale piuttosto che ad un altro (cfr. Cass. 25 marzo .1974 n. 129) ovvero la negazione di qualsiasi tutela in via giurisdizionale. Non questa, peraltro, l'ipotesi che si profila nella specie, rispetto alla quale non la norma che consente di individuare la giurisdizione, ma quella che subordina la domanda di risarcimento all'autorizzazione ministeriale pu essere sospettata di incostituzionalit. In questa prospettiva l'eventuale accoglimento dell'assunto della improponibilit assoluta della domanda del Corigliano (in quanto non ancorata ad .una qualsiasi posizione soggettiva giuridicamente tutelata) rende superflua, alla luce dei riferiti principi, l'indagine intorno alla corrispondenza ai precetti costituzionali della disciplina dell'autorizzazione ministeriale ex art. 56 c.p.c. Ed proprio tale assunto che si rivela sicuramente fondato. Secondo l'indirizzo di questa S.C., sussiste l'improponibilit assoluta della domanda allorch si invochi l'attivit giurisdizionale rispetto ad una situazione soggettiva che, per difetto di una norma che la tuteli, resta fuori del campo giuridico e non configurabile n.come diritto soggettivo n come interesse legittimo. Tale ipotesi si verifica quando il giudice -di fronte ad una domanda intesa a far derivare dall'ordinamento giuridico una volont concreta di legge, specificante quella astratta resa operante dai fatti giuridici, ad essa conformi o contrari, allegati a base delle pretese o delle eccezioni -accerta che manca qualsiasi astratta volont di legge: il che esclude ogni possibilit per il giudice di estrarre una volont concreta dall'ordinamento, cio l'esercizio della giurisdizione sul merito. In tal caso pu dirsi che la giurisdizione difetta in modo assoluto, argomentando dall'ultimo comma dell'art. 382 c.p.c. (cfr. Cass. 23 maggio 1975 n. 2056). Il difetto assoluto di giurisdizione -come riflesso dell'improponibilit assoluta della domanda, rilevabile anche in s.ede di regolamento preventivo -sussiste, tuttavia, solo quando la mancanza di una norma PARTE I, SEZ. !II, GIURlS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 263 o di un principio di diritto, che tutelino la posizione soggettiva dedotta, risulti incontestabilmente dalla stessa formulazione dell'oggetto della domanda astrattamente considerato e non sia necessario risolvere questioni concernenti la contrastata interpretazione di norme giuridiche o, comunque, riflettenti la applicabilit alla detta posizione soggettiva delle norme e dei principi giuridici invocati dall'attore (cfr. Cass. 6 novembre 1975 n. 3719; Cass. 6 ottobre 1975 n. 3165). Nella specie, l'attore ha, innanzi tutto, invocato a fondamento della domanda la violazione dell'art. 63 cod. proc. pen., senza avvedersi che al dovere di astensione del giudice, da tale norma configurato, non correlativa alcuna posizione giuridicamente tutelata dei soggetti che non siano parti del rapporto processuale rispetto al quale si assume la sussistenza dei motivi di astensione. Lo si deduce senza margini di equivoco dal rilievo che quando il predetto dovere non sia stato osservato dal giudice quei motivi, in quanto si traducano in cause di ricusazione, possono essere fatti valere soltanto dal pubblico ministero, dall'imputato, dalla persona civilmente obbligata per l'ammenda dal responsabile civile e dalla parte civile (1:1rt. 65 cod. proc. pen.). Siffatto potere non spetta, invece, a chi (come il Corigliano) abbia assunto la veste di testimone. Questo rilievo tronca alla radice qualsiasi discorso che si potrebbe pur svolgere, fra l'altro, in ordine: 1) alla possibilit di contestare, in sede di giudizio di responsabilit civile; la legittimit dell'ordinanza dichiarativa dell'inammissibilit della istanza di ricusazione da parte di chi non abbia coltivato l'impugnativa che la legge ammette (art. 69, comma 4 cod. proc. pen.); 2) alla possibilit di indirizzare la domanda di risarcimento del danno ex art. 55 c.p.c. nei confronti di un giudice diverso da quello che ebbe a pronunciare il provvedimento che viene indicato e si pone come direttamente produttivo del danno. Ancora pi inconsistente la pretesa di postulare in astratto una situazione soggettiva del testimone a ottenere il rinvio del dibattimento a tempo indeterminato, previsto dall'art. 432 cod. proc. pen., del quale pure l'attore lamenta la disapplicazione, nel singolare tentativo di postularla come fattore produttivo di un danno giuridicamente rilevante nella propria sfera. Anche a questo proposito si potrebbe osservare che il provvedimento di rinvio presuppone un'espressa norma autorizzativa o l'esistenza di una causa di assoluta necessit; e che, qualora la pretesa di ottenere il rinvio sia ancorata alla avvenuta presentazione dell'istanza di ricusazione, la gi rilevata carenza di legittimazione a proporre tale istanza rivela nella maniera pi limpida l'insussistenza dell'unico presupposto che dovrebbe fondare quella pretesa. Peraltro, l'inesistenza di una tutela giuridica avente per oggetto la suindicata. pretesa e per titolare (destinatario) il testimone (che per di 264 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEUO STATO pi abbia gi deposto) supera l'esigenza di approfondire questo tema, col rischio di sconfinare nell'orbita del merito della causa. L'esame della domanda sotto il profilo della disapplicazione delle due norme richiamate dall'attore mette, dunque, capo ad un risultato negativo circa la sua proponibilit. Ma tale esame non pu esaurire il compito del giudice regolatore della giurisdizione, il quale, andando al di l delle esorbitanze narrative e delle professioni di fede politico-ideologica che costellano il prolisso atto di citazione, pu ricostruire una pretesa fatta valere in giudizio con riferimento all'illegittimit dell'ordine di espulsione dall'aula, desumendola dalla denuncia di scorretto esercizio, da parte del presidente Viola, del potere di allontanare dalla sala coloro che assistono all'udienza. A questo proposito il primo comma dell'art. 433 cod. proc. pen. (che pu ritenersi implicitamente invocato dall'attore) stabilisce che il potere di polizia e di disciplina delle udienze appartiene al presidente e che tutto ci che egli prescrive per il mantenimento dell'ordine deve essere immediatamente eseguito, Come esattamente rileva il Ministero ricorrente, questa regola del processo penale trova puntuale corrispondenza in analoghe norme per gli altri tipi di processo (artt. 128 e 129 cod. proc. civ.; artt. 58 e 59 del regolamento 17 agosto 1907 n. 642, per il Consiglio di Stato; art. 19 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, per i T.A.R.; art. 26 del regolamento 13 agosto 1933 n. 1038, per la Corte dei Conti; art. 17 delle norme integrative, per i giudizi davanti alla Corte Costituzionale). Si tratta di un complesso di norme, attributive di poteri il cui esercizio ha per fine l'ordinato svolgimento dei giudizi e, di riflesso, dell'attivit di amministrazione della giustizia (anche costituzionale). Il pieno dispiegarsi di tali poteri assume un cos rilevante interesse che i comportamenti idonei ad intralciarlo, quando attingono un certo livello di gravit, sono repressi mediante sanzioni penali. In particolare, il potere di polizia delle udienze, previsto dall'art. 433 cod. proc. pen., nonostante la parziale identit della formula verbale, non si riconduce alla potest di polizia nella sua accezione tecnica, cos come il potere di disciplina delle udienze, di cui menzione nella stessa norma, non si inserisce nel quadro del potere disciplinare come potere di Supremazia speciale, non foss'altro perch manca tra il presidente e il soggetto subordinato al suo potere disciplinare il presupposto di un precostituito rapporto continuativo e istituzionale. A conferma della sostanziale autonomia di connotazioni dei poteri or ora menzionati stanno la diversit degli organi che ne sono i rispettivi titolari, l'eterogeneit delle funzioni che ciascuno di tali organi esplica, le differenti finalit per il cui conseguimento ciascuno di quei poteri stato attribuito. Per stare nei limiti del caso dedotto senza entrare inutilmente nel dettaglio delle accennate distinzioni, basta qui rilevare che degli obblighi PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 265 e delle sanzioni per coloro che assistono alle udienze si occupa l'art. 434 cod. proc. pen., il cui secondo comma stabilisce che per ordine di chi esercita il potere di polizia della udienza il trasgressore (degli obblighi contemplati dal primo comma), quando non deve essere arrestato, espulso dalla sala con divieto di assistere alla continuazione del dibattimento . In linea di principio, non pu essere coronato da successo il tentativo, che l'attore implicitamente compie di scorgere una posizione di vantaggio tutelata come diritto soggettivo perfetto (avente per titolare colui che presenzia al dibattimento e per contenuto l'interesse a continuare in tale presenza) l dove finiscono gli obblighi di comportamento posti a carico di coloro che assistono alle udienze, fra i quali il testimone che abbia gi deposto non assume una veste differenziata. Tanto meno pu farsi questione di diritto soggettivo (la cui lesione solamente pu fondare la domanda di risarcimento, nella specie proposta) allorch, non contestandosi l'esistenza del potere di espulsione dalla sala di udienza, si deduca che la situazione di soggezione al predetto potere, in cui versano coloro che presenziano al dibattimento, si trasfigura in una posizione di vantaggio nel caso in cui quel potere sia stato malamente esercitato. Poich, insomma, non esiste alcuna norma che prenda in considerazione per fame oggetto di una specifica e diretta protezione l'interesse del teste che abbia gi deposto a presenziare al dibattimento penale, si realizza, in rapporto alla pretesa fatta valere in giudizio, un'ipotesi di improponibilit assoluta della domanda. Infatti, nemmeno pu ipotizzarsi la giurisdizione di un giudice diverso da quello ordinario; e non soltanto perch si versa in tema di domanda di accertamento della responsabilit civile del giudice, ma anche perch situazioni tutelate come interessi legittimi (neppure invocate dall'attore) devono ritenersi del tutto estranee alla materia controversa, non potendo ovviamente chiedersi al giudice speciale la declaratoria di illegittimit di un atto compiuto dal giudice ordinario nell'esercizio della propria giurisdizione. Infine, se l'attore ha inteso farsi interprete e portatore dell'esigenza della garanzia di un legittimo svolgimento del corso del dibattimento, come espressione specifica del generico interesse ad una corretta ed equanime amministrazione della giustizia, la posizione dedotta non risulta affatto differenziata rispetto a quella di qualsiasi cittadino e, come tale, resta sguarnita di protezione giurisdizionale... -(Omissis). llllllltlJlliltlJlllllllrlllllllBlllllllllllllllllllllljflllli:lt @ SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA CIVILE I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 novembre 1976, n. 4444 -Pres. Caporaso -Est. Sposato -P. M. Serio (Conf.). Ministero del Tesoro (avvocato i dello Stato Di Tarsia) c. Corsi Milena (avv. Canaletti). I Esecuzione fiscale -Ingiunzione ex r.d. 14 aprile 1910, n. 639 -Caratteri fil stiche del titolo esecutivo e del precetto -Opposizione -Inversione processuale -Prova -Onere dell'opponente. (!. 14 genaio 1910, n. 639; cod. proc. civ., art. 404). L'ingiunzione fiscale, regolata da r.d. 14/4/1910, n. 639 cumula le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto: l'opposizione contro di essa pu essere pertanto proposta secondo la normativa propria dell'opposizione all'esecuzione prevista dal Codice di rito, in 'cui il debitore, contro cui il titolo esecutivo fatto valere, assume la veste di attore, con l'onere .di provare le proprie allegazioni (1). (1) Giurisprudenza costante, per un; esempio cfr. tra le altre, Cass. I, 22 luglio 1976, n. 2902 in Foro it., 1976, I, 2101. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 10 gennaio 1977, n. 76 -Pres. Benedicenti -Est. Baroni -P. M. Penaiuolo (conf.) -Somino Marcella ed altri (avv. Piperno) c. Ente Esposizione Universale di Roma -E.U.R. (avv. Stato Bruno). Servit -Servitit prediali e servit personali -Peso reale su di un fondo Diritto di sequela -Rapporto obbligatorio. (cod. civ. art. 1027). Obbligazioni e contatti -Interpretazione -Obbligo di congrua motivazione. (coci. civ. art. 1362). Dato il disposto dell'art. 1027 e.e., non trovano ingresso nel nostro ordinamento le servit personali (o, secondo altra terminologia, irregolari) intese come limitazioni al diritto di propriet su una cosa a beneficio di una persona: pu tuttavia concedersi a favore di una persona, il diritto di trarre alcune utilit su un fondo senza gravare questo di un peso PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 267 reale, dando vita, in questo caso, ad un rapporto obbligatorio, privo cwe degli attributi della realit e non assistito dal diritto di sequela (1). E comunque rimesso all'interpretazione del giudice del merito stabilire se da un contratto di compravendita possa desumersi una manifestazione di voloni, esplicita o implicita, diretta a costituire tra due fondi una servit prediale oppure un diritto personale di godimento a favore dell'acquirente: incrnbe per allo stesso giudice offrire congrua motivazione circa le ragioni attraverso le quali pervenuto al suo convincimento (2). (1-2) Entrambe le massime si presentano esatte nell'applicazione dei principi generali sinora seguiti in .giurisprudnza in tema di diritti reali ed ermeneutica del negozio. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 gennaio 1977, n. 366 -Pres. Iannuzzi - Rel. Carnevale -P. M. Trotta (conf.) -Ministero delle Finanze (avv; stato Albisinni) c. Condominio della Roggia Mora e Industria Filati e tessuti Crespi S.p.A. (avv.ti Viola -Scarpa -Hess). Acque pubbliche ~ Antiche utenze -Pagamento del canone Riconoscimento Provvedimento della P.A. -Valore meramente ricognitivo. Prescrizione Decorrenza Insussistenza di un atto della P.A. ricognitivo dell'utenza -Irrilevanza. L'obbligo del pagamento del canone annuo, per le antiche utenze di acque pubbliche trae titolo -al pari del diritto dell'antico utente alla derivazione -unicamente dalla legge, senza che l'eventuale provvedi mento ricognitivo adottato dalla p. A, possa assurgerne a fonte (1). Non incide pertanto sulla decorrenza della prescrizione del diritto della p. A. al pagamento del canone l'eventuale inesistenza del provvedi mento in parola, si che l'Amministrazione interessata pu esercitare il suo diritto alle singole scadenze, senza dover attendere l'esito del proce dimento di riconoscimento (2). La questione cli diritto sottoposta alla Corte d'Appello di Torino e riproposta dall'Amministrazione ricorrente all'esame di questa Corte Suprema, la quale non ha avuto finora occasione di occuparsene, stata esattamente risolta dalla sentenza impugnata, anche se la motiva (1-2) Con la pronunzia che si riporta, il S.C. affronta la problematica delle utenze di acqua pubblica, distinguendola in base al titolo onde esse derivano e alle posizioni giuridiche che si realizzano nei confronti degli interessati oltre che delle Autorit Amministrative. Non constano precedenti. 268 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO zione addotta, a causa delle lacune e degli errori che contiene, ha fornito lo spunto ad alcune delle censure avanti riassunte. Le considerazioni che seguono valgono, quindi, oltre che a confutare gli argomenti prospettati dall'Amministrazione ricorrente, ad integrare e a correggere la detta motivazione. opportuno premettere che la giurisprudenza di questa Corte Suprema, in conformit a quanto sostenuto dalla dottrina, costante nel ritenere che i titolari delle antiche utenze di acque pubbliche -cio coloro che abbiano derivato ed utilizzato acque pubbliche per tutto il trentennio anteriore alla pubblicazione della legge 10 agosto 1884, n. 2644 -hanno un diritto soggettivo all'utilizzazione e alla derivazione dell'acqua, nella stessa misura e con le medesime modalit dell'uso precedente. Tale diritto non sorge per effetto del provvedimento di riconoscimento -il quale non ha carattere costitutivo, rientrando nella categoria di provvedimenti amministrativi di accertamento, la cui nota distintiva appunto quella di non dar vita ad una nuova situazione giuridica, ma di limitarsi a riconoscere l'esistenza di una preesistente situazione giuridica, conferendole l'efficacia della certezza legale -, ma ha la propria fonte direttamente nella legge. L'art. 2, lett. B), del T.U. 11 dicembre 1933, n. 1775, attribuendo il diritto di derivare ed utilizzare acqua pubblica a coloro che hanno derivato ed utilizzato acqua pubblica per tutto il trentennio anteriore alla pubblicazione della legge 10 agosto 1884, n. 2644, considera, infatti, l'elemento sostanziale della derivazione e dell'utilizzazione dell'acqua pubblica nel detto trentennio come presupposto necessario e sufficiente per la continuazione della derivazione e dell'utilizzazione dell'acqua pubblica, nei limiti della quantit di acqua e di forza motrice effetti\ramente utilizzata nel periodo suindicato. Mentre per le nuove utenze il provvedimento amministrativo di concessione rappresenta il titolo costitutivo del diritto di derivare e di utilizzare acqua pubblica, determinandone altres il contenuto e la durata; rispetto alle antiche utenze il provvedimento di riconoscimento non determina, quindi, il sorgere del . diritto, ma, dovendo limitarsi all'accertamento del presupposto legale ed operando retroattivamente, presuppone la legittimit della derivazione e dell'utilizzazione intervenute medio tempore, rendendola, per l'effetto preclusivo che gli proprio, non pi contestabile sia nei rapporti con la P.A. sia nei riguardi dei terzi. La differenza di effetti tra il provvedimento di concessione di una nuova istanza e quello di riconoscimento di un'antica utenza trova conferma, oltre che nella diversa formulazione letterale delle disposizioni contenute, rispettivamente, nelle lettere b) e c) dell'art. 2 del T.U. 11 dicembre 1933, n. 1775, nella disposizione dell'art. 4 dello stesso testo unico, PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVIl.E la quale -nello stabilire che le utenze riconosciute e da riconoscere hanno la stessa durata massima stabilita dall'art. 21 per le varie specie di concessioni -ne fissa la decorrenza non gi dalla data del provvedimento di riconoscimento, ma indistintamente dal 1 febbraio 1917. Tale differenza di effetti spiega poi come la posizione soggettiva del titolare di un'antica utenza prima del provvedimento di riconoscimento abbia una consistenza diversa e sia quindi tutelabile davanti ad un giudice diverso, rispetto a quella del soggetto che abbia presentato una istanza diretta ad ottenere una concessione. Quella del primo ha consistenza di diritto soggettivo, il cui contenuto non circoscritto al solo riconoscimento dell'utenza, ma comprende altres la facolt di continuare a derivare ed utilizzare il quantitativo di acqua pubblica e di forza motrice effettivamente utilizzato nel trentennio pi volte indicato; e pu essere tutelata davanti al Tribunale regionale delle acque pubbliche. La posizione del secondo -come quella di chiunque aspiri a una concessione su un bene demaniale -, invece, di mero interesse legittimo ed tutelabile davanti al Tribunale superiore delle acque pubbliche, quale giudice degli interessi nella materia delle acque pubbliche. La differenza tra le posizioni dei due soggetti viene meno una volta che, in favore del secondo, sia intervenuto il provvedimento di concessione. A conclusione di un lungo processo che, avviato con la legge 10 agosto 1884, n. 2644, ebbe le sue tappe pi significative nel D.L. Lgt. 20 novembre 1916, n. 1664, e nel R.D.L. 29 ottobre 1919, n. 2161, la disciplina delle antiche utenze risulta, nel vigente testo unico delle leggi sulle acque pubbliche e sugli impianti elettrici (R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775), del tutto simile a quella delle concessioni. Al pari del concessionario, il titolare di un'antica utenza ha, nei confronti della P.A., un diritto soggettivo alla derivazione ed all'utilizzazione dell'acqua pubblica, destinato ad affievolirsi ove si verifichi l'esigenza del suo sacrificio per ragioni di pubblico interesse. Le antiche utenze, al pari delle concessioni, hanno -salvo alcune carattere temporaneo, essendone stata abolita la perpetuit con il D.L. Lgt. 20 novembre 1916, n. 1664, il quale, con disposizione riprodotta nel gi citato art. 24 del vigente testo unico, stabil per esse la stessa durata massima prevista per le concessioni, con decorrenza, in ogni caso, dal 1 febbraio 1917; sono rinnovabili alla scadenza nei modi, nei termini e alle condizioni stabiliti per la rinnovazione delle concessioni; e ne pu essere pronunciata la decadenza negli stessi casi in cui la P.A. pu pronunciare la decadenza della concessione. Esse, infine, come le concessioni, non sono gratuite, in quanto la loro gratuit totale o parziale fu abolita con l'art. 6 del R.D.L. 25 febbraio 1924, n. 456, il quale, con disposizione sostanzialmente riprodotta nel primo RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO comma dell'art. 38 del testo unico in vigore, stabil che il canone, nella misura e con le eventuali riduzioni previste per le concessioni, dovesse essere applicato anche sui diritti di derivazione ed utilizzazione rico" nosciuti e da riconoscersi ai sensi degli artt. 2 e 125 del R.D.L. 9 ottobre 1919, n. 2161 (contenenti disposizioni successivamente riprodotte negli artt. 2 e 24 del testo) e che l'obbligo del pagamento del canone dovesse decorrere dal 1 luglio 1924, qualllnque fosse il tempo in cui i diritti stessi fossero stati o sarebbero stati dichiarati e riconosciuti ; Come emerge dal tenore letterale di queste norme, H diritto della P.A. al pagamento de canone -quale situazione attiva del rapporto obbligatorio nascente dalla derivazione e dell'utilizzazione dell'acqua pubblica da parte del titolare di un'antica utenza - sorto, quindi, il 1 luglio 1924, indipendentemente dal ri~~noscimento ed in qualunque momento sia intervenuto o intervenga il relativo provvedimento. Il riconoscimento dell'antica utenza, come non ha .effetto costitutivo rispetto al diritto del suo titolare di derivare ed utilizzare l'acqua pubblica nella stessa misura e con le stesse modalit del trentennio anteriore alla pubblicazione della pi volte citata legge n. 2644 del 1884, non vale neppure a far sorgere l'obbligo dell'utente -e il corrispondente diritto della Amministrazione -di pagal"e il canone, la cui misura, riferita all'uso per la durata di un anno, determinata per legge (v. artt. 35 e 36 del Testo unico e successive modificazioni) in relazione alla quantit, alle modalit di uso e alla destinazione dell'acqua pubblica derivata o utilizzata. L'obbligo del pagamento del canone annuo a decorrere dal' 1 luglio 1924 ha, quindi, la propria fonte, al pari del diritto del'antico utente alla derivazione e all'utilizzazione dell'acqua pubblica, esclusivamente nella legge e come unico fatto generatore la derivazione e l'utilizzazione del l'acqua, alle quali il canone deve essere commisurato in :base ai para metri anch'essi legalmente fissati. Il provvedimento di riconoscimento delle antiche utenze -oltre a non spiegare alcuna influenza sulla sua nascita -non incide sulla decor renza della prescrizione del diritto della P.A. al pagamento del canone. La P.A. -consistendo il fatto generatore del credito relativo al canone esclusivamente nella derivazione e nell'utilizzazione dell'acqua pubblica -pu, infatti, esercitare il suo diritto alle singole scadenze, provvedendo all'accertamento e alla riscossione del canone ai sensi del T.U. 14 aprile 1910, n. 636, espressamente richiamato dall'art. 39 del T.U. 11 dicembre 1933, ri. 1775, senza dovere attendere l'esaurimento del procedimento di riconoscimento. Per sostenere che la prescrizione non possa decorrere se non 'dalla ,, data del provvedimento di riconoscimento, non varrebbe invocare, peral ~ I f: f I ~ ! ..................,,............-.....:....} PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE tro, il principio, sancito dall'art. 2935 del vigente codice, secondo cui la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto pu essere fatto valere. Tale principio -che, essendo gi ammesso, nonostante il silenzio della legge, dalla giurisprudenza e dalla dottrina prevalenti anche sotto il rigore del codice civile del 1865, applicabile, dato il suo carattere interpretativo, anche alla prescrizione dei diritti sorti nel vigore di quel codice -non ha, come noto, una portata assoluta e generale, in quanto l'impossibilit dell'esercizio del diritto, cui la legge attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, solo quella che deriva da cause giuridiche che ostacolino l'esercizio del diritto e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, come quelli che trovino la loro causa nell'ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto e nel ritardo con cui egli proceda ad accertarlo o a farlo accertare per la mancata comunicazione dello stesso fatto da parte del debitore. La pendenza del procedimento di riconoscimento non pu, infine, integrare una causa di sospensione della prescrizione, dando luogo, tutt'al pi, ad un ostacolo di mero fatto all'esercizio del diritto e, soprattutto, non rientrando in alcuna delle cause di sospensione previste dalla legge. Tali cause, com' noto, sono tassativamente indicate dagli artt. 2941 e 2942 cod. civ., i quali non sono suscettibili di applicazione analogica e di interpretazione estensiva, e sono limitate a quelle che consistono in veri e propri impedimenti di ordine giuridico, con esclusione degli impe dimenti di mero fatto. Le considerazioni svolte in occasione dell'esame del primo motivo . rendono pi agevole la dimostrazione dell'infondatezza anche del secondo motivo, con il quale l'Amministrazione ricorrente -denunciando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2135 e 2144 cod. civ. 1865 e degli artt. 2946 e 2948 cod. civ. vigente nonch dell'art. 252 disp. trans. sostiene che la Corte del merito ha, in ogni caso, errato nel ritenere applicabile la prescrizione quinquennale di cui all'art. 2948, n. 4, cod. civ. vigente, invece della prescrizione ordinaria decennale prevista dall'art. 2946 dello stesso codice. Deduce in proposito che il principio, affermato da questa Corte Suprema con le sentenze 16 gennaio 1925 n. 118 e 12 giugno 1969 n. 2080 ed al quale la Corte del merito ha espressamente dichiarato di volersi uniformare, riguarda i canoni dovuti per le concessioni e non anche quelli dovuti per le antiche utenze riconosciute e pu essere applicato, tutt'al pi, ai canoni dovuti per tali utenze successivamente al riconoscimento. Ai canoni dovuti per il periodo anteriore, per i quali, fino a quando non vi sia stata una determinazione, quanto meno provvisoria, da parte dell'Amministrazione, non sarebbe ipotizzabile il RASSEGNA DELI..'AVVOCATURA DELLO STATO pagamento ad anno o a termini pi brevi, l'art. 2948, n. 4, cod. civ. non potrebbe, invece, trovare applicazione, tanto pi che le somme richieste, a causa del mancato riconoscimento, avrebbero natura pi di indennizzo, che non di canone. In contrario deve rilevarsi -anzitutto, che, in base al sistema risultante dal vigente testo unico delle leggi sulle acque pubbliche e sugli impianti elettrici, i canoni annui dovuti per la derivazione e l'utilizzazione di acqua pubblica hanno la stessa natura -di corrispettivo per l'uso particolare del bene demaniale -qualunque sia il titolo (concessione, antica utenza riconosciuta o da riconoscere, autorizzazione all'anticipata utilizzazione) in base al quale la derivazione e l'utilizzazione dell'acqua pubblica hanno avuto luogo. In particolare, deve escludersi che i canoni dovuti dal titolare di un'antica utenza per il periodo anteriore al riconoscimento abbiano natura di indennit, in quanto la derivazione e l'utilizzazione dell'acqua. pubblica, anche prima che intervenga il provvedimento di riconoscimento, non costituiscono un'attivit illecita, ma rappresentano atti di esercizio di un diritto soggettivo avente natura e caratteri analoghi a quelli del diritto del concessionario. L'obbligo del pagamento del canone sorge, in ogni caso, direttamente dalla legge e non dal provvedimento amministrativo; il quale svolge rispetto ad esso il limitato ruolo di atto di accertamento; trova il suo fatto generatore nella deriv~zione e nell'utilizzazione dell'acqua pubblica; ed ha come contenuto la prestazione periodica, a scadenza annuale, di una somma di danaro commisurata, in base a parametri fissati dalla legge, alla quantit, alle modalit di uso e alla destinazione dell'acqua pubblica derivata o utilizzata. Trattandosi di prestazioni periodiche dipendenti da una causa debendi continuativa, quale la derivazione e l'utilizzazione dell'acqua pubblica per la durata stabilita dalla legge o dal provvedimento di concessione o di autorizzazione all'utilizzazione anticipata, la prescrizione applicabile al diritto dell'Amministrazione al pagamento dei canoni quella quinquennale prevista dall'art. 2948, n. 4, cod. civ. relativamente agli interessi e, in generale, a tutto ci che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini pi brevi, nel cui ambito debbono comprendersi non soltanto le prestazioni periodiche aventi carattere accessorio rispetto a un debito . principale,. ma anche -in conformit al criterio, informatore delle varie ipotesi contemplate nei nn. 1 e 4 del citato art. 2948, di liberare il debitore delle prestazioni scadute, non richiede tempestivamente dal creditore, quando le prestazioni siano periodiche, in relazione ad una causa debendi continuativa -le prestazioni periodiche che, pur essendo tra loro auto nome, trovino tutte la loro fonte in un unico rapporto giuridico. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 273 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 febbraio 1977, n. 548 -Pres. Iannuzzi - Rel. Scanzano -P. M. Pedace (conf.). Gestione Commissariale Governativa delle Ferrovie Cancello -Benevento (avv. Stito) c. Pastore Giuseppe e Jannace Angelo, Lidia e Tommaso (avv. Marrapese). Atto amministrativo Concessioni amministrative Imprese esercenti pubbliche attivit Gestioni commissariali .Funzione e natura -Competenza del giudice Foro della P.A. Limiti Cause in cui parte una P.A. La gestione commissariale di un'impresa esercente attivit di pubblico interesse non elimina il regime della concessione, anzi d luogo ad un'attivit che svolta con gli strumenti di impresa propri del concessionario, ma non idonea ad inserire il Commissario governativo (nonch agisca sotto la vigilanza del Ministero che lo ha nominato) nell'organizzazione della P.A. (1). Dato il disposto dell'art. 6 del r.d. 30-10-1933, n. 1611 e dell'art. 25 c.p.c. che limita la competenza del foro erariale alle cause in cui parte nell'Amministrazione dello Stato, non vi ragione di deroga agli ordinari criteri di determinazione territoriale del foro (2). (1-2) La pronunzia risolve in maniera corretta il problema di competenza territoriale, anche in considerl'!Zione della natura dell'organo preposto, in qualit di commissario governativo alla gestione di un'impresa esercente attivit di pubblico interesse. Non constano precedenti specifici. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 febbraio 1977, n. 792 -Pres. Mirabelli - Rel. Zappulli -P. M. Pedace (conf.) -Ministero dell'Interno (avv. Stato Cavalli) c. Kautle Michele (avv. Andreini). Stato civile -Residenza Dimora Indici Permanenza del soggetto in una localit Volont soggettive. (cod. civ. art. 43). La residenza, nel concetto accolto dall'art. 43 e.e. caratterizzata, oltre che dall'elemento oggettivo della permanenza in un determinato luogo, anche dalla volont di rimanervi s che va distinta dalla dimora, che a causa delle particolari esigenze della vita moderna pu avere anche una notevole e reiterata durata, senza importare peraltro la prova dell' elemento soggettivo di rimanere in quella localit (1). (1) Ancora una pronuncia della S.C. diretta a delimitare il concetto di dimora (utile anche rper il nuovo regime del diritto di famiglia). Per specifici precedenti cfr. Cass., 17 gennaio 1972, n. 126, Giust. Civ. Mass., 1972, 71; Cass., 12 febbraio 1973, n. 435, Giust. Civ. Mass., 1973, 224 e, in dottrina FORCHIELLI, Domicilio, residenza e dimora, Encicl. dir., Milano 1964, XIII, 842 segg. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 274 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 4 marzo 1977, n. 894 -Pres. La Farina -Rel. Schermi -P. M. Raja (conf.) -Rizzo Donato Luigi e Rizzo Tecla (avv. Carbone) c. Ministero della Pubblica Istruzione (avv. stato Tarin). Responsabilit civile -Responsabilit per atto illecito -Maestro elemen tare -Precettore Obbligo di vigilanza -Responsabilit per non aver potuto impedire il fatto Sussiste. Danno -Obbligo di impedire l'evento -Presunzione di responsabilit Sussiste. Responsabilit civile -Dovere di vigilanza -Relativit del dovere -Moda lit di esercizio. Danno -Comportamento del precettore o del maestro in classe -Imprevedibilit dell'evento. La nozione di precettore di cui all'art. 2048 e.e. ricomprende anche la figura del maestro elementare, che pertanto responsabile dell'atto illecito di un suo allievo, compiuto nel periodo in cui era sotto l sua vigilanza, salvo le prove di non aver potuto impedire il fatto (1). Costituisce prova liberatoria dalla presunzione di responsabilit la dimostrazione di aver esercitato la vigilanza nella misura dovuta, unitamente alla impossibilit di impedire l'evento causativo del danno, per la sua repentivit ed imprevedibilit, s da non consentire un preventivo ed efficace intervento da parte del precettore (2). Il contenuto del dovere di vigilanza non pu essere determinato in assoluto, ma relativo, in rapporto al normale grado di maturazione degli alunni: deve pertanto essere esercitato in misura massima nell'ambito di una prima classe elementare (3). Non pu considerarsi esimente dalla detta presunzione il comportamento del precettore che si limiti con la sua stessa presenza a mantenere nell'aula una situazione di normalit appunto perch trattandosi di una prima classe elementare era sempre possibile (e pertanto non imprevedibile) che qualche alunno compisse atti inconsueti. (1-4) Sull'equiparazione al precettore del maestro elementare, Cass., 13 aprile 1973, n. 1056, Giust. Civ., 1973, I, 898, Cass., 3 febbraio 1972, n. 260, Giust. Civ. Mass., 1972, 140, con richiami. Circa il contenuto del dovere di vigilanza in relazione all'obbligo di evitare l'evento cfr. DE CuPis, Fatti illeciti, Commentario del Codice Civile a cura di Branca e Scialoja, Bologna 1968, pag. 323. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 275 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 21 marzo 1977, n. 1112 -Pres. De Santis -Rel. Degini -P. M. Leo (conf.) -Ministero della Pubblica Istruzione (avv. Stato La Porta) c. Gennaro Pier Luigi e Giovanni (avv. Barrera). Obbligazioni e contratti Debiti di valore e di valuta Svalutazione monetaria Funzione e natura. Danno Incidenza della svalutazione Petitum Immutabilit Sussiste. Impugnzione -Giudice del gravame Potere di rilevare ex officio la svalu tazione Sussiste. Impugnazione -Giudizio di rinvio Potere del giudice di rinvio di rilevare la svalutazione ex officio Sussiste Limiti. Nei debiti di valore, per rendere .effettiva la reintegrazione patrimoniale, deve tenersi conto della sopravvenuta svalutazione monetaria attribuendo al creditore una quantit di valuta sufficiente a restituire al suo patrimonio la consistenza che avrebbe avuto se non si fosse prodotto il danno (1). L'incidenza della svalutazione non altera pertanto il petitum che rimane quello originario e pu farsi valere sino al momento della liquidazione finale (2). La svalutazione pu di conseguenza essere rilevata d'ufficio dal giudice dell'impugnazione che ~ tenuta a rivedere -sino a che non si fermato il giudicq.to sulla condanna -la liquidazione del danno in relazione ai valori monetari del momento in cui emette la decisione (3). Al medesimo acertamento tenuto anche il giudice del rinvio, quando per effetto della cassazione della sentenza, sia ancora sub judice la concreta promessa di condanna a carico del responsabile del danno unitamente alla determinazione delle somme che deve esser pagata a titolo di risarcimento (4). (1-4) Circa il principio enunciato sub (1) cfr. Cass., 22 novembre 1974, n. 3789 in Giust. Civ. Mass., 1974, 1629, la S.C. aveva gi affermato il principio della rilevabilit di ufficio della svalutazione indipendentemente da un'espressa menzione nel gravame con la sentenza 7 aprile 1972, n. 1070, in Giust. Civ. Mass., 1972, 579, mai per nel giudizio di rinvio: di qui l'intt;resse della decisione. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 30 settembre 1976, n. 826 -Pres. Uccellatore -Est. Trotta -Soc. Grande Unione Magazzini (avv. Conti) c. Ministero Lavori Pubblici (n.c.), Comune di Rieti (avv. Nigro) e Regione Lazio (avv.ti Zaccagnini, Amata e Lagonegro). Competenza e giurisdizione Consiglio di Stato Tribunali Amministra tivi Regionali Atti di organi centrali dello Stato Ricorsi proposti anteriormente all'insediamento dei T.A.R. Passaggio medio tem pore della materia alle Regioni Competenza del Consiglio di Stato in unico grado Permane. irrilevante ai fini dello spostamento della competenza il trasferimento medio tempore dallo Stato alla Regione della materia (ad esempio urbanistica) oggetto di ricorsi contro provvedimenti di organi centrali dello Stato, la cui cognizione in sede giurisdizionale resta pertanto del Consiglio di Stato, in via transitoria ex art. 38 L. 6 dicembre 1971 n. 1034, beninteso qualora i ricorsi medesimi risultino proposti fino a tre mesi dalla data di insediamento dei Tribunali Amministrativi Regionali (1). (1) Giurisprudenza consolidata in termini, nonch, in particolare, sul principio che la circostanza del passaggio alle Regioni della competenza in materia urbanistica dopo il provvedimento emanato dagli organi statali non ha l'effetto di trasformare quest'ultimo in atto regionale (cfr., ad es., Sez. IV, 14 novembre 1975, n. 1041, in Il Consiglio di Stato 1975, I, 1215; Sez. IV, 28 ottobre 1975, n. 932, ivi 1975, I, 1095; Ap. 3 luglio 1973, n. 7, ivi, 1973, I, 869). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 30 settembre 1976, n. 827 -Pres. Uccellatore -Est. Giovannini -Soc. S.P.E.M.E. (avv. Sandulli A.M.) c. Ministero lavori pubblici (avv. Stato Ferri), Regione Campania (n.c.) e Comune di Napoli (avv. Gleijeses). Edilizia -Piano regolatore Competenza e giurisdizione -Ricorso contro provvedimento dell' Amm.ne statale Passaggio medio tempore della materia alle Regioni Competenza del Consiglio di Stato in unico grado Permane. Giustizia amministrativa Ricorso giurisdizionale Piano regolatore Impugnabilit delle deliberazioni comunali prima della emanazione del decreto ministeriale di approvazione Limiti. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA Piano regolatore -Natura -Controinteressati -Titolarit di un mero interesse di fatto -Inconfigurabilit di controinteressati sostanziali Sussiste. Piano regolatore -Impugnabilit dell'atto di approvazione -Presupposti Limiti -Assenza di piani particolareggiati -Effetti. Edilizia -Piano regolatore generale -Reiezione delle osservazioni dei privati -Necessit di analitica motivazione -Non sussiste. Piano regolatore -Modifiche d'ufficio -Natura e limiti. Piano regolatore -Poteri del Ministero LL.PP. in tema di tutela del paesaggio e di complessi di interesse storico Vincoli preesistenti -Possibilit di imporre ulteriori limitazioni -Sussiste. Piano regolatore -Piano regolatore generale -Atti preparatori -Pareri Necessit del parere del Ministero della P'.I. -Non sussiste. Edilizia -Piano regolatore generale -Necessit di ripubblicazione ex art. 9 L. 1150/1942 a seguito di modifiche d'ufficio -Non sussiste. Edilizia -Piano regolatore generale Tabelle d'ambito -Modifiche d'ufficio Relazione e limiti. Edilizia -Piano regolatore -Attrezzature pubbliche -Minimi previsti dal D.M. 2 aprile 1968 -Maggiorazione -Limiti. Edilizia -Piano regolatore generale -Necessit della relazione economicofinanziaria ex art. 30 L. 17 agosto 1942 n. 1150 -Non sussiste. Edilizia Piano regolatore generale -Piani particolareggiati -Rinvio Effetti. Edilizia -Piano regolatore generale -Licenze di costruzione Pareri Obbligo del parere della Soprintendenza ai Monumenti -Previsione contenuta nel p.r.g. -.Legittimit -Sussiste. Piano regolatore -Piano regolatore generale -Struttura urbanistica Mutamenti sopravvenuti -Valutazione -Obbligo -Limiti. Piano regolatore -Piano regolatore generale Firma degli atti -Mancata sottoscrizione di elementi cartografici e illustrativi -Effetti. Edilizia -Piano regolatore generale -Divieto di costruzione Lottizzazione convenzionata -Necessit di motivazione idonea Sussiste. Sussiste la competenza del Consiglio di Stato in ordine alla impugnativa di un decreto ministeriale che approva il piano regolatore generale di un comune qualora sia stato effettuato il deposito del ricorso al Consiglio di Stato prima del 1 aprile 1974, data di scadenza del termine di tre mesi dall'insediamento dei Tribunali Amministrativi Regionali, ci ai sensi dell'art. 38 L. 6 dicembre 1971 n. 1034, senza che alcun effetto 278 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO possa derivare dal passaggio alle Regioni -medio tempore -della materia urbanistica (1). In relazione alla particolare natura, meramente preparatoria, delle deliberazioni degli organi comunali di adozione del piano regolatore, di accettazione o rigetto delle modifiche indicate dal Ministero, di controdeduzione alle osservazioni dei privati, esse non sono impugnabili autonomamente e cio indipendentemente dalla impugnazione del decreto ministeriale di approvazione del piano (2). Stante la natura di provvedimento generale rivestita dal piano regolatore gene.rate, non possono configurarsi controinteressati al medesimo, non essendo tali neppure i privati che abbiano prodotto osservazioni al piario regolatore in senso contrario alle pretese avanzate dai ricorrenti in sede di impugnativa giurisdizionale (3). Considerato che il privato pu subire una lesione attuale e concreta per effetto della approvazione del piano regolatore generale (indipendentemente dalla esistenza di piani particolareggiati), qualora, ad esempio, dal medesimo piano regolatore generale derivi la caducazione di una lottizzazione della quale il privato risulti titolare, sussiste sempre la possibilit di impugnativa, in sede giurisdizionale, del provvedimento che approva detto piano regolatore generale (4). La generica deduzione della esistenza di un palese contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione di un piano regolatore generale costituisce sufficiente motivazione per la reiezione da parte del Comune delle osservazioni presentate dai privati al piano medesimo, non costituendo queste rimedi giuridici in senso tecnico (5). (1-17) Sulla prima massima cfr. Sez. IV, n. 826/1976 che precede. Sul principio secondo cui, in relazione alla qualificazione di provvedimento generale propria del piano regolatore, non sussiste la possibilit di configurare controinteressati in senso formale cfr. Sez. IV, 27 gennaio 1976, n. 42, in Il Consiglio di Stato 1976, I, 17; Sez. IV, 14 novembre 1975, n. 1041, ivi, 1975, I, 1215; Sez. IV, 28 ottobre 1975, n. 932, ivi, 1975, I, 1095. Sulla natura delle osservazioni dei privati quali semplici forme di collaborazione alla formazione del piano cfr. Sez. IV, 28 ottobre 1975, n. 933 (che afferma anche altri principi ribaditi nella presente decisione) in Il Consiglio di Stato, 1975, I, 1103; Sez. IV, 19 febbraio 1974, n. 187, ivi, 1974, I, 212; Sez. IV, 14 aprile 1973, n. 421, ivi, 1973, I, 551; Sez. IV, 20 marzo 1973, n. 245, ivi, 1973, I, 393; Sez. IV, 26 aprile 1972, n. 319, ivi, 1972, I, 602; Sez. IV, 14 dicembre 1971, n. 1160, ivi, 1971, I, 2363; Sez. IV, 10 luglio 1970, n. 522, ivi, 1970, I, 1236; Sez. IV, 8 novembre 1967, n. 537, ivi, 1967, I, 2104. L'interpretazione dell'art. 10, secondo comma, della legge urbanistica nel testo modificato dalla I. 6 agosto 1967, n. 765, accolta dalla decisione in rassegna, secondo cui insussistente il limite del rispetto delle caratteristiche essenziali del piano per le modificazioni ivi consentite (lett. a, b, ce d) ha trovato in passato conferma nelle decisioni della Sez. IV, 28 ottobre 1975, n. 932, gi citata e 22 ottobre 1974, n. 668, ivi 1974, I, 1181, entrambe con specifico riferimento a modificazioni riconosciute indispensabili per assicurare la tutela del paesaggio e di com PARTE I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 279 A norma dell'art. 10, 2 co., della L. 17 agosto 1942 n. 1150, le modifiche ivi previste (lettere a, b, c, d) possono anche incidere sulle caratteristiche essenziali del piano stesso (6). A norma dell'art. 10, 2 co., della L. 17 agosto 1942 n. 1150, in sede di formazione del piano regolatore generale il Ministro dei Lavori Pubblici pu introdurre d'ufficio ulteriori limitazioni ai fini di tutela del paesaggio e di complessi storici, in aggiunta ai vincoli di cui alle leggi 1 giugno 1939 n. 1089 e 29 giugno 1939 n. 1497 in ipotesi gi in precedenza imposti (7). In sede di modifiche d'ufficio apportate per la tutela di beni culturali e ambientali ad un piano regolatore generale non necessario il parere del Ministero dalla P.I. (ora Ministero per i beni culturali e ambientali), essendo sufficiente ex art. 2 L. 1 giugno 1971 n. 291 il parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, il quale ha carattere sostitutivo di ogni altro parere (8). Qualora al piano regolatore generale in sede di approvazione il Ministero dei LL.PP. apporti modifiche d'ufficio, queste non comportano la necessit di una nuova pubblicazione del piano ex art. 9 L. 17 agosto 1942 n. 1150 (9). Considerata la particolare natura delle tabelle d'ambito, che non rivestono funzione prescrittiva autonoma, ma servono solo ad evidenziare in forma sintetica i rapporti fra insediamenti abitativi e attrezzature plessi storici, monumentali, ambientali e archeologici; ci in relazione all'art. 7, n. 3 della l. 1150/1942, a norma del quale il piano regolatore generale indica i vincoli da osservart nel settore di tutela in esame, e non si limita ad una funzione meramente ricognitiva, ma ha il potere di imporre costitutivamente stru menti di tutela dell'interesse ambientale; lo stesso art. 10, 2 comma, lett. c, nel testo modificato dalla citata I. 765/1967 consente al Ministero LL.PP. la facolt di introdurre d'ufficio modifiche con funzione di tutela paesaggistica, monumentale e archeologica. Sul principio secondo cui non rihiesta una nuova pubblicazione del piano ex art. 9 legge urbanistica pur in prsenza di rilevanti modifiche apportate in sede di approvazione e rientranti nell'ambito dei poteri spettanti al Ministero LL.PP., e ci in quanto nel procedimento per l'emanazione di un piano regolatore generale la finalit della pubblicazione ha diretto riferimento solo delle osservazioni sul progetto adottato dal Comune cfr. Sez. IV, 22 ottobre 1974, n. 672, ivi 1974, I, 1203. L'interpretazione del vigente art. 30 l. 1150/1942 costante nel senso indicato 11ella decisione che si annota, e cio di escludere che la relazione economico-finanziaria costituisca elemento essenziale del p.r.g., di tal che un piano privo di adeguate previsioni economico-finanziarie non per questo deve ritenersi privo di validit (cfr. in termini Sez. IV, 19 ottobre 1971, n. 891, ivi, 1971, I, 1748; Sez. IV, 10 luglio 1970, n. 522 gi ricordata; Sez. IV, 28 febbraio 1970, n. 138, ivi, 1970, I, 194; Sez. IV, 9 novembre 1966, n. 774, ivi, 1966, I, 2000; Sez. IV, 5 luglio 1967, n. 257, ivi, 1967, I, 1078). Pienamente da condividere altres la riconosciuta possibilit della previsione. nel pi~o regolatore generale dell'obbligo di acquisire anche il parere della locale Soprintendenza ai Monumenti con riferimento a costruzio.ni da eseguirsi 280 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pubbliche, le modifiche introdotte d'ufficio in sede di approvazione del I piano regolatore, dalle quali risultino chiaramente i rapporti in ipotesi l: mutati, non si risolvono in vizio del piano ove sia mancato l'adeguamento i I ~ delle tabelle d'ambito alle modifiche stesse (10). I singoli piani regolatori possono prevedere limiti maggiori rispetto a quelli minimi di attrezzature pubbliche previste dal D.M. LL.PP. 2 aprile 1968 purch il superamento di tali limiti minimi non appaia palesemente eccessivo, arbitrario e quindi assolutamente privo di valida giustificazione (11). 1 Poich la relazione economico-finanziaria prevista dall'art. 30 L. 17 agosto 1942 n. 1150 pu intervenire anche in un momento successivo al piano regolatore generale, in sede di deliberazione, da parte del comune, dell'espropriazione di aree private ex art. 18 L. citata, ne consegue la piena validit del piano anche se alcune sue parti, introdotte a seguito di modificazioni ministeriali, siano prive di adeguate previsioni economicofinanziarie (12). Considerato che il piano regolatore generale contiene di regola norme meramente programmatiche, legittimo il rinvio, contenuto nel medesimo, ai futuri piani particolareggiati per la definitiva disciplina urbanistica delle singole zone, nonch il conseguente divieto in esso previsto, di lottizzare anche nelle zone gi urbanizzate per le quali sia obbligatoriamente imposta la formazione dei predetti piani particolareggiata di esecuzione (13). Non illegittima la previsone -contenuta in un piano regolatore generale -dell'obbligo di acquisire anche il parere della Soprintendenza ai Monumenti in sede di rilascio di licenze edilizie per zane di interesse storico, paesaggistico e ambientale e pertanto assoggettate alla speciale disciplina di cui alle leggi 1 giugno 1939 n. 1089 e 29 giugno 1939 n. 1497 (14). Solo qualora sussistano mutamenti di fatto di particolare consistenza della struttura urbanistica, sopravvenuti in pendenza del procedimento in zone di riconosciuto valore storico, paesistico e ambientale : questa affermazione stata criticata in dottrina (cfr. per riferimenti Giurisprudenza it., 1977, III, 98 in nota), evidentemente trascurandosi che la tutela del bene di interesse storico e ambientale una tutela oggettiva, per una qualit, cio, che in re ipsa e per la quale la sanzione formale dell'Amministrazione per .i beni culturali e ambientali ha valore semplicemente dichiarativo, non gi costitutivo, fermo restando, come noto, il potere di intervento indipendentemente dalla imposizione formale del vincolo (arg. ex art. 20, 2 comma, 1. 1 giugno 1939, n. 1089) o dall inclusione nell'elenco delle localit tutelate (arg. ex art. 8, 1. 29 giugno 1939, n. 1497). Sulla necessit di una congrua valutazione al fine di contemperare le opposte esigenze nonch di una adeguata motivazione per destinare ad altra finlit un'area che abbia gi formato oggetto di una convenzione di lottizzazione regolarmente approvata cfr. T.A.R. Lombardia, 4 giugno 1975, n. 151, in I Tribunali Amministrativi Regionali, 1975, I, 3039. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 281 per la formazione del piano regolatore generale, di essi il Ministero dei LL.PP. (ora la Regione) dovr tener conto in sede di approvazione del p.r.g. (15). La mancata sottoscrizione di elementi cartografici a carattere meramente sussidiario e illustrativo (come le tabelle d'ambito e di settore) irrilevante al fine di infirmare la legittimit ai un provvedimento di approvazione del piano regolatore generale qualora risultino regolarmente firmate dal Ministro dei lavori pubblici tutte le planimetrie relative alle destinazioni di zona, ai vincoli e alle prescrizioni di piano (16). E illegittimo l'assoggettamento -contenuto in un piano regolatore generale -a zona di conservaz,ione, con limitati interventi per attrezzature pubbliche, di un'area che a suo tempo ha formato oggetto di convenzione e lottizzazione a favore del proprietario, con la motivazione della esistenza di un caso di forza maggiore, qualora detto requisito non risulti prospettato in sede di indagine compiuta dagli organi tecnici comunali e non emerga alcuna giustificazione, circa le modifiche imposte dal piano rispetto alla previgente edificabilit dell'area, n dal decreto ministeriale n dal parere del Consiglio Superiore dei lavori pubblici, emanati in sede di reiezione delle osservazioni presentate dal privato interessato (17). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 19 ottobre 1976, n. 944 -Pres. De Capua Est. Imperatrice -Comune di Perugia (avv. Cesarini) c. Fuso ed altra (avv. Piras), Regione Umbria (avv. Brizioli) e Piselli (avv. Maiori) Appello T.A.R. Umbria 13 gennaio 1975 n. 17 e 28 novembre 1975 n. 303 in Rassegna T.A.R. 1975, /, 369 e 1976, I, 240: annulla in parte. Giustizia amministrativa Ricorso giurisdizionale Appello Intervento Mancata preventiva proposizione del ricorso in primo grado Inammissibilit dell'intervento Sussiste. Occupazione Espropriazione per pubblica utilit Occupazione d'urgenza di area inferiore a quella della dichiarazione di p.u. Impugnabilit Limiti. Atto amministrativo Atto presupposto Effetti della decisione di riforma in appello sugli atti conseguenziali. Il soggetto che, pur essendovi legittimato, non abbia impugnato in primo grado un provvedimento oggetto di giudizio, non pu intervenire nel giudizio di appello conseguente a ricorso da altri proposto, e l'intervento relativo va pertanto dichiarato inammissibile (1). (1-3) Decisione, pienamente da condividere, sulla forma dell'intervento nel giudizio amministrativo e sui riflessi in appello; essa si allinea alla giurisprudenza -ormai in fase di consolidazione -secondo cui i limiti del potere-dovere del Consiglio di Stato nel giudizio di appello ai sensi dell'art. 35, I. 6 dicem RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 82 Qualora l'area da espropriare, indicata in un provvedimento di occupazione d'urgenza, risulti per effetto di modifiche riduttive, collegate a sopravvenute mutazioni dello stato dei lu,oghi, di estensione inferiore a quella fissata nel precedente provvedimento di dichiarazione di pubblica utilit e l'Amministrazione riproduca il primitivo provvedimento di dichiarazione di p.u. in quello successivo di occupazione, quest'ultimo deve considerarsi atto confermativo del precedente, con conseguente inammissibilit della impugnativa del medesimo nella parte confermativa (2). Qualora per effetto della riforma in secondo grado della sentenza del T.A.R. che abbia annullato un provvedime11to sopravvenga la reviviscenza di quest'ultimo, va riformata in appello anche la sentenza di primo grado con la quale sia stato pronunciato l'annullamento di un atto conseguenziale, come ad esempio il decreto di espropriazione delle aree rispetto al decreto di occupazione d'urgenza (3). bre 1971, n. 1034, si individuano con riferimento a quelli contemplati dal codice di procedura civile espressamente per il giudice di appello e non per la Corte di cassazione. Sul giudizio di appello del Consiglio di Stato, in genere, cfr. Sez. V, 22 aprile 1976, n. 669, in Foro Amm.vo, 1976, I, 2, 926, in questa Rassegna 1976, I, 779. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 26 ottobre 1976, n. 957 (ordinanza) Pres. De Capua -Est. Giovannini -Soc. CEMITAL (avv. Pallottino) c. Regione Piemonte (avv.ti Casetta e Romanelli) e Comune di Torino (avv. Salvucci) -Appello T.A.R. Piemonte 18 novembre 1975 n. 320 in Rassegna T.A.R. 1976, I, 98: deferim. Apl. Giustizia amministrativa Procedimento Sospensione Pregiudizialit di giudizio civile rispetto al giudizio amministrativo Effetti. Giustizia amministrativa Procedimento Sospensione Pregiudizialit del ricorso straordinario al Capo dello Stato Applicabilit dell'articolo 295 c.p.c. Necessit di deferimento all'Adunanza Plenaria Sussiste. Mentre discrezionale la facolt conferita al giudice amministrativo di sospendere il processo ex art. 295 c.p.c. in attesa di conoscere l'esito di un giudizio civile pendente su di una questione pregiudiziale, da ritenere che sussista invece l'obbligo della sospensione per il giudice amministrativo laddove il giudizio sulla questione pregiudiziale sia anche esso un giudizio amministrativo (1). (1-2) Concordano sull'applicabilit, in genere, dell'art. 295 c.p.c. anche T.A.R. del Piemonte 18 novembre 1975, n. 320 (in I Tribunali Amministrativi Regionali, 1976, I, 98) e T.A.R. Lazio I, Sez. 20 novembre 1974, n. 82 (in Il Consiglio di Stato, 1974, spec. 405), in linea con la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 283 Deve essere deferita al Consiglio di Stat in Adunanza Plenaria la decisione in ordine alla possibilit o meno di sospendere il giudizio amministrativo ex art. 295 c.p.c. qualora risulti pendente un ricorso straordinario al Capo dello Stato su di una questione pregiudiziale (2). Un contrasto viene invece evidenziato dalla Sez. IV a proposito della possibilit della sospensione in pendenza di un ricorso straordinario al Capo dello Stato su una questione pregiudiziale e ci in relazione alla natura meramente amministrativa del decreto presidenziale, cui estraneo l'effetto del passaggio in cosa giudicata. Sulle contrastanti posizioni al riguardo e sulla qualificazione, sopra ricordata, della decisione sul ricorso straordinario si segnalano: Sez. V, 20 aprile 1951, n. 372, in Raccolta dee. Cons. Stato 1951, 386; Sez. V, 10 aprile 1970, n. 391, in Il C:onsiglio di Stato, 1970, I, 645; Cass., 15 febbraio 1973, n. 466, in Giustizia Civile Mass., 1973, 239; Cass., 21 giugno 1969, n. 2234, ivi, 1969, 1152; Cass., 3 aprile 1963, n. 829, in Foro It. Mass., 1963, 238; Cass., 29 marzo 1971, n. 903, in Giust. Civ. Mass., 1971, 485; Cass., 28 settembre 1968, n; 2992, ivi, 1968, 1569; Cass., 8 maggio 1959, n. 1352, ivi, 1959, 456. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 26 ottobre 1976, n. 961 -Pres. De Capua Est. Schinaia -Soc. coop. Tenaciter (avv.ti Viola e Metarozzo) c. Del Monaco (avv. Bartimmo), Lincei ed altri (n.c.) -Appello T.A.R. Campania 21 maggio 1975 n. 54, in Rassegna T.A.R. 197S, I, 2377: annulla. Atto amministrativo -Vizi -Violazione di legge Jura novit curia Appll cabilit Fattispecie. Giustizia amministrativa Norme di procedura Disponibilit delle prove Applicabilit Limiti. Ricorsi amministrativi Giudizio di secondo grado Appello incidentale Necessit di notifica a controparte Sussiste. Anche nel giudizio amministrativo il giudice tenuto ad accertare quale sia la norma di cui si lamenta la violazione in sede di ricorso contro un atto asseritamente affetto dal vizio di violazione di legge, essendo irrilevante, per il noto principio jura novit curia, l'eventuale errore in cui il ricorrente sia incorso nella indicazione della norma violata (1). A <#tferenza del sistema vigente nel processo civile, nel giudizio amministrativo si applica il sistema dispositivo delle prove e pertanto ben pu il giudice amministrativo disporre discrezi,onalmente l'acquisizione di prove in base alle semplici deduzioni in fatto offerte dai contendenti (2). (1-3) Vedi nota alla precedente dee. n. 944/Sez. IV. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 284 Le censure alla sentenza di primo grado che non hanno formato oggetto n di appello principale n di appello incidentale rituale (e cio proposto con memoria da notificarsi formalmente ad alcuna delle parti ai sensi dell'art. 37 cpv. R.D. 26 giugno 1924 n. 1084) non possono essere dal giudice di secondo grado (3). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 26 ottobre 1976, n. 967 -Pres. Uccellatore -Est. Schinaia -Arminio (avv.ti Fornario, Monone e Flammia) c. Prefetto di Avellino e Provveditore 00.PP. della Campania (avv. Stato Ferri) e Comune di Vallata (avv.ti Matarazzo e Viola). Atto amministrativo -Competenza -Edilizia scolastica -Passaggio aile Regioni Effetti. Occupazione Occupazione d'urgenza Edilizia scolastica D.P.R. 15 gennaio 1972 n. 8 Competenza regionale Sussiste. Regione Competenza in materia di opere pubbliche D.P.R. 15 gennaio 1972 n. 8 Ftmzioni riservate allo Stato Opere dirette al soddisfacimento di interessi nazionali o ultraregionali. Occupazione Stato e Regioni Art. 10 D.P.R. 15 gennaio 1972 n. 8 Competenza prefettizia Limiti. Alle Regioni a statuto ordinario stata attribuita dal D.P.R. 15 gennaio 1972 n. 8 -con effetto dal 1 aprile 1972 -la competenza sui vincoli per l'esproprio delle aree da destinare a costruzione di edifici scolastici, trattandosi di vincoli relativi alla pianificazione urbanistica compresa in detto D.P.R., con la conseguenza che a partire dalla. data indicata il Provveditore regionale alle opere pubbliche ha perduto ogni competenza ad emanare provvedimenti di proroga dell'efficacia di vincoli in precedenza emanati in subiecta materia (1). In forza della disciplina introdotta dal D.P.R. 15 gennaio 1972 n. 8, quando si tratti di opere, da realizzare da Enti territoriali subregionali (come i comuni), che rivestono interesse regionale, sussistono le condizioni per l'attribuzione alle Regioni a statuto ordinario della competenza ad emanare i relativi provvedimenti di occupazione di urgenza preordinati (14) La decisione riveste un particolare interesse in quanto fissa alcuni principi interpretativi del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, sul passaggio alle Regioni della competenza in materia di espropri e occupazioni di aree da destinare all'edilizia scolastica; si ricordi che, mentre l'art. 2, lett. c) n. 2 di detto d.P.R. trasferisce alle Regioni le funzioni amministrative concernenti i lavori pubblici per le opere di edilizia scolastica, il successivo art. 8 alla lettera i) mantiene ferma la competenza degli organi statali in ordine alla edilizia universitaria. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 285 all'esproprio delle aree da destinare all'edilizia scolastica, con conseguente incompetenza del Prefetto nella materia in esame (2). Per la permanenza allo Stato della funzione relativa alla esecuzione di opere ex art. 8 lett. m) D.P.R. 15 gennaio 1972 necessario che l'esecuzione dell'opera sia diretta a soddisfare un interesse nazionale o di pi tegioni, non essendo sufficiente a tal fine che l'opera sia semplicemente ricompresa in un piano statale (3). Solo per la definizione di procedimenti amministrativi che abbiano comportato assunzione di impegni ex art. 49 della legge di contabilit dello Stato prima del 1 aprile 1972 (data di trasferimento delle funzioni amministrative alle Regioni ex D.P.R. 15 gennaio 1972 n. 8) resta ferma la competenza dello Stato ex art. 10 del citato D.P.R. n. 8 (4). CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 1 ottobre 1976, n. 1213 -Pres. Di Pace . Est. Pranzetti -Castagno ed altri (avv. Videtta) c. Comune. di Torino (avv. Salvucci) -Appello T.A.R. Piemonte 31 ottobre 1974 nn. 70, 71, 72 e 73 in Rassegna Cons. Stato 1974 spec. 224: annulla. Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Giudizio di appello . Deduzione in appello di inammissibilit del giudizio di primo grado Forma Mancata proposizione di appello incidentale -Preclusione. Non possono essere sollevati nel giudizio di appello proposto dal soccombente in primo grado motivi di inammissibilit del giudizio innanzi al T.A.R. qualora la parte vincitrice in primo grado non abbia dedotto tali motivi con atto formale di appello incidentale (1). (1) Per richiami in genere sul giudizio di appello vedi nota alla precedente dee. n. 944/Sez. IV. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 19 ottobre 1976, n. 1293 -Pres. Roehrssen -Est. Biagini -Comune di Pistoia (avv. Lessona) c. Petrucci e altri (avv.ti Baldi Papini e Bujani) -Appello T.A.R. Toscana 28 gennaio 1976 n. 75 in Rassegna T.A.R. 1976, I, 982. Giustizia amministrativa -Procedimento -Sospensione -Pregiudizialit di altro giudizio -Applicabilit dell'art. 295 c.p.c. -Sussiste. Poich anche nel giudizio amministrativo trova applicazione l'art. 295 c.p.c., il giudice deve sospendere il processo qualora egli stesso o giudice diverso debbano giudicare su altra questione pregiudiziale, il cui esito possa comportare il rischio di contrasto di giudicati (1). (1) Vedi no1Ja a precedente dee. n. 957/Sez. IV. 286 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 29 ottobre 1976, n. 1323 -Pres. (ff.) Pranzetti -Est. Catallozzi -Zito (avv. Sari.toro) c. Prefetto di Roma e Comune di Roma (avv. Rago) -Appello ordinanza T.A.R. Lazio I Sez. 28 luglio 1975 n. 960: pronuncia di inammissibilit. Giustizia amministrativa Procedimento Giudizio di appello Impugna bilit delle ordinanze di sospensione -Non sussiste. Poich le decisioni sulle domande di sospensione avanzate al T.A.R. hanno natura di ordinanza, esse non sono impugnabili (1). (1) La decisione conferma un orientamento consolidato del Consiglio di Stato, ancorato alla dizione letterale dell'art. 28 L. 6 dicembre 1971 n. 1034 (cfr. Sez. VI 3 giugno 1975 n. 183, in Il Consiglio di Stato, 1975, I, 920; Sez. VI 14 marzo 1975 n. 107, ivi, 1975, I, 347; Sez. IV 12 luglio 1974 n. 386, ivi, 1974, I, 958, nonch, in tema di provvedimenti di sospensione della Giunta giurisdizionale amministrativa della Val d'Aosta Sez. VI 23 ottobre 1963 n. 773, ivi, 1963, I, 1454. Sul piano formale il provvedimento emesso sulla sospensiva manca di discussione in pubblica udienza ed caratterizzato da una motivazione sommaria; dal punto di vista sostanziale esso estraneo alla definizione del rapporto nonch, in particolare, carente dell'effetto preclusivo tipico del giudicato; la possibilit, sempre presente, della sua riproposizione -in relazione ad eventuali modifiche dello status quo -oltre alla mancata espressa previsione della sua impugnabilit sembra cos precluderne il gravame. In dottrina cfr. ]ANNOTTA R., Sull'appellabilit del provvedimento del Tribunale Amministrativo Regionale in tema di sospensiva, in Riv. dir. proc. 1975, 160; PALEOLOGO G., Sulla sospensione del provvedimento impugnato e sulla adozione di altre misure cautelari da parte dei Tribunali Amministrativi Regionali, in Il Consiglio di Stato 1971, II, '1940; SEPE-PEs, Le nuove leggi di giustizia amministrativa, Milano 1972, 256; FERRERO G., La sospensione dei provvedimenti negativi nel giudizio cautelare ed i suoi riflessi sul comportamento della p.a., in Foro Amm.vo 1975, Il, 416; GARGIULO, Sulla ammissibilit della domanda di sospensione delle decisioni giurisdizionali amministrative, in Foro It. 1948, III, 183. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 19 ottobre 1976, n. 323 -Pres. Am -Est. Zanda -Rega (avv.ti Costa e Sgueglia) c. Ministero pubblica istruzione (n.c.). Impiego pubblico -Stipendi ed emolumenti vari Decorrenza della prescrizione -Effetti della retrodatazione di una nomina Fattispecie. Competenza e giurisdizione -Risarcimento danni -Interessi moratori dovuti dalla p.a. -Giurisdizione dell'A.G.O. Sussiste. Ai sensi del R.D.L. 19 gennaio 1939 n. 295, qualora il diritto patrimoniale del pubblico impiegato sorga in relazione ad un provvedimento di nomina o promozione, la prescrizione inizia a decorrere dal momento in 287 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA cui il provvedimento viene portato ad effettiva conoscenza dell'interessato; pertanto da tale data inizier a decorrere il relativo termine in relazione ai provvedimenti di nomina di insegnanti elementari ex L. 27 febbraio 1963 n. 226 anche per quanto concerne gli effetti economici della retrodatazione, il cui dies a quo per determinare la decorrenza della prescrizione va per l'appunto riferito al momento della comunicazione all'interessato del provvedimento ministeriale che ha disposto la retrodatazione stessa (1). Sussiste giurisdizione dell'A.G.O. in materia di corresponsione di interessi moratori a titolo di risarcimento danni per mancata tempestiva soddisfazione da parte della p.a. di diritti patrimoniali di pubblici dipendenti (2). (1-2) Per una fattispecie analoga cfr. parere Sez. I, 3 maggio 1974 n. 38 bis, in Il Consiglio di Stato 1975, I, 1049. Sui criteri di applicazione dell'art. 2 R.D.L. 19 febbraio 1939 n. 295 in materia di prescrizione delle rate di stipendio, assegni e pensioni dei dipen denti dello Stato cfr. Sez. IV, 20 febbraio 1973 n. 129 in questa Rassegna 1973, I, 545 con nota di commento; Sez. IV 30 marzo 1971 n. 358 in Il Consiglio di Stato 1971, I, 423; Sez. IV 20 aprile 1971 n. 471, ivi 1971, I, 751; Corte dei Conti, Sez. Controllo, delib. 13 gennaio 1972 n. 470, ivi, 1972, II, 385; T.A.R. Piemonte 19 gennaio 1976 n. 1 in I Tribunali Regionali Amministrativi 1976, I, 827; Corte . Cost. 21 maggio 1975 n. 115 in Foro it. 1975, I, 1309; parere Sez. III 7 marzo 1973, n. 781 in Il Consiglio d Stato, 1975, I, 559. In dottrina cfr. CAVALLARI, La decorrenza della prescrizione biennale a favore dello Stato sugli stipendi dei dipendenti, in Il Consiglio di Stato 1973, II, 996; VIRGA, Il pubblico impiego, Milano 1975, 463; ALIBRANDI A., La prescrizione estintiva degli stipendi e degli assegni nel pubblico impiego, in Funzione amm. 1974, 5. Per quanto concerne la seconda massima della decisione in esame cfr. Sez. V 29 aprile 1976 n. 712, in Foro Amm. 1976, I, 2, 940; Cass. SS.UU. 28 aprile 1976 n. 1497 in Il Consiglio di Stato 1976, II, 799; Cass. 28 giugno 1975 n. 2549, ivi, 1975, II, 1163. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 19 ottobre 1976, n. 355 -Pres. Daniele Est. Santoni Rugiu G. -Epifani ed altri (avv.ti Viviani e Mereu) c. l.N.A.M. (avv.ti Scanga, Galanti e Solarino). Atto amministrativo Silenzio-rifiuto Normativa applicabile Estensione. L'entrata in vigore del D.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199 non ha comportato l'abrogazione dell'art. 5 T.U. 3 marza 1934 n. 383 che continua a disciplinare l'istituto del silenzio-rifiuto della p.a., con la conseguenza della impugnabilit di tale comportamento solo se sia decorso il termine 288 RASSEGNA DELL1AWOCATURA DELLO STATO di 120 giorni dalla richiesta alla p.a. di provvedere, sia stato quindi notificato alla medesima aniministrazione atto di messa in mora e siano, infine decorsi 60 giorni dalla notificazione dell'atto di messa in mora (1). (1) Sulla interpretazione del silenzio-rigetto della p.a. in relazione all'art. 6 D.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199 e all'art. 20, 1 co., L. 6 dicembre 1971 n. 1034 cfr. Sez. IV 3 luglio 1973 n. 670, in questa Rassegna 1973, I, 1126 con nota di commento. La decisione che si annota, relativa al silenzio-rifiuto, si allinea alla giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. Csi 25 febbraio 1975 n. 58 in Il Consiglio di Stato 1975, I, 213) e di alcuni Tribunali Amministrativi Regionali; ad es. T.A.R. Toscana 28 novembre 1974 n. 151, in I Tribunali Amministrativi Regionali 1975, II, 53 (con nota di Gentile, Spunti critici sul silenzio-rifiuto e sul silenzio-rigetto); T.A.R. Toscana 13 febbraio 1975 n. 14, ivi, 1975, I, 606; T.A.R. Toscana 16 ottobre 1975 n. 367, ivi, 1975, I, 3458; T.A.R. Toscana 26 novembre 1975 n. 426, ivi, 1976, I, 217; T.A.R. Calabria 12 dicembre 1975, n. 261, ivi, 1976, I, 688; T.A.R. Emilia-Romagna 11 marzo 1976 n 118, ivi, 1976, I, 1911; T.A.R. Emilia-Romagna 11 marzo 1976, n. 122, ivi, 1976, I, 1920; T.A.R. Basilicata 19 maggio 1976 n. 31, ivi, 1976, I, 2593; T.A.R. Basilicata 25 giugno 1976 n. 44, ivi, 1976, I, 3128; T.A.R. Lombardia 31 agosto 1976 n. 371, ivi, 1976, I, 3393; T.A.R. Basilicata 22 settembre 1976 n. 58, ivi, 1976, I, 3716. Hanno, invece ritenuto che, ai fini della formazione del silenzio-rifiuto, non siano pi necessari n la preventiva istanza n l'inutile decorso dei 120 gg. dalla presentazione della stessa, ma che si debba applicare anche al silenzio-rifiuto il pi agevole sistema, risultante dalla nuova disciplina normativa sul silenzio-rigetto (ai sensi dei citati artt. 6 D.P.R. 1199/1971 e 20 L. 1034/1971), e cio il semplice -atto di diffida con assegnazione di un termine non inferiore a 90 giorni T.A.R. Sicilia 18 aprile 1975, n. 102, ivi, 1975, I, 1732; T.A.R. Sicilia 9 luglio 1975 n. 189, ivi, 1975, I, 2849; T.A.R. Lazio III Sez. 23 giugno 1975 n. 255, ivi, 1975, I, 1956; T.A.R. Lazio III Sez. 16 febbraio 1976 n. 91, ivi, 1976, I, 812; T.A.R. Campania 25 febbraio 1976 n. 220, ivi, 1976, I, 1586; T.A.R. Lazio III Sez. 31 maggio 1976 n. 285, ivi, 1976, I, 2262; T.A.R. Campania 13 luglio 1976 n. 536, ivi, 1976, I, 3087. In dottrina cfr. GIALLOMBARDO, Silenzio-rigetto e silenzio-rifiuto nell'attuale momento legislativo e giurisprudenziale, in I Tribunali Amministrativi Regionali 1975, II, 221 con ampi richiami; SALONE, Silenzio-rifiuto: abrogazione dell'art. 5 del T.V. n. 383 del 1934 e termine per provvedere da parte della pubblica amministrazione, in Il Consiglio di Stato 1974, II, 1290. CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 19 aprile 1977, n. 5 -Pres. Uccellatore Est. Caianiello -Ministero Pubblica Istruzione e Provveditorato agli Studi di Lecce (avv. Stato Caramazza) c. Di Secl ed altri (avv. Caprioli). Tribunale regionale amministrativo Competenza e giurisdizione Spo stamento di competenza per ragioni di connessione fra atti conte stualmente impugnati (atto generale, emanato da organo centrale dello Stato atto applicativo, emanato da organo locale) -Sussiste. In caso di impugnativa contestuale di due atti connessi, legati da rapporto di presupposizione, si verifica uno spostamento di competenza 289 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA in favore del giudice naturale dell'atto nei cui confronti si configura l'interesse sostanziale all'annullamento in capo al ricorrente (1). Quando tale atto sia quello presupposto, emanato da organo centrale dello Stato con efficacia per tutto il territorio nazionale, lo spostamento di competenza avviene in favore del T.A.R. per il Lazio (2). (Omissis). -La questione sottoposta all'esame della Adunanza Plenaria consiste nello stabilire se nel caso di contemporanea impugnativa di atti presupposti generali non aventi carattere normativo, e quindi non immediatamente lesivi, emessi da una autorit centrale dello Stato, e di atti applicativi dei primi emessi da un'autorit periferica, la competenza del Tribunale Amministrativo Regionale vada radicata con riferimento ai primi o ai secondi. Nella specie, in uno con i provvedimenti applicativi emanati dal Provveditore agli Studi di Bari, impugnata l'ordinanza ministeriale del 28 novembre 1975 con la relativa circolare 1 dicembre 1975 n. 317, esplicativa dell'ordinanza stessa, e cio l'atto generale che detta norma disciplinante l'immissione in ruolo degli insegnanti di scuola materna statale in possesso di abilitazione di cui alla classe LV, tabella C. annessa al D.P.R. 29 aprile 1957 n. 972. (1-2) In tema di competenza per connessione Con la decisione in rassegna, il Consiglio di Stato, fedele alla propria tradizione pretoria, ha colmato una delle pi gravi lacune della legge istitutiva dei T.A.R.: una legge in cui l'esigenza di concisione sembra troppo spesso far premio su quella opposta di completezza. L'istituto dello spostamento di competenza per ragioni di connessione uno tra quelli che non risultano contemplati dal legislatore del 1971: tale lacuna legislativa sembra, d'altronde, perfettamente spiegabile con la scarsa attenzione dedicata per il passato al problema da dottrina a giurisprudenza : la questione assumeva, infatti, ben modesto rilievo in un sistema che devolveva quasi tutte le controversie alla competenza del Consiglio di Stato e laddove essa si presentava, si presentava con le peculiari caratteristiche del conflitto verticale fra competenze di tipo funzionale, s che le relative analisi dottrinarie ed elaborazioni giurisprudenziali (che giungevanc;>, in genere, a soluzioni negative), appaiono, nella mutata situazione odierna, oltre che scarne nel numero, scarsamente utilizzabli nei risultati. Nel mutato assetto del processo amministrativo la questione assume ben diversa rilevanza e la 'sua soluzione presenta, per converso, difficolt ben minori che per il passato. Da un lato, infatti, devesi rilevare che lo spostamento di competenza per ragioni di connessione istituto utile-se non essenziale in ogni tipo di processo commesso ad una pluralit di organi giudicanti, in quanto finalizzato al rispetto del principio di economia dei giudizi ed alla prevenzione del rischio dei conflitti di giudicati; dall'altro giova osservare che il riparto della competenza fra Tribunali Amministrativi Regionali secondo un criterio di territorialit elimina ogni ostacolo all'ammissibilit di una modificazione di competenza per ragioni di connessione, con la conseguenza di consentire l'appagamento della esigenza, vivamente avvertita, di assicurare il simul 290 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Da un punto di vista generale, prendendo in considerazione isolata mente gli atti impugnati, sulla base dei criteri distributivi della competenza fra i Tribunali Amministrativi Regionali previsti dagli artt. 2 e 3 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, nella specie sarebbero rispettivamente competenti: A) il Tribunale Amministrativo avente sede in Roma per att ministeriali (criterio ex art. 3, terzo comma, della legge 1034); B) il Tribi:. nale Amministrativo Regionale per la Puglia per l'atto emanato dal Prov veditore agli Studi di Bari (criterio ex art. 2 sub. B) n. 1 legge citata). A conclusione diversa, invece, si deve pervenire a giudizio di queste sezioni riunite in Adunanza Plenaria nel caso di contestuale impugnativa di atti fra loro collgati da un nesso di conseguenzialit necessaria, specie quando l'atto presupposto sia un atto amministrativo a contenuto normativo la cui invalidit sia, a sua volta, causa invalidante dell'atto conseguenziale. In tale caso sono evidenti le. esigenze di concentrazione desu" mibili dai principi del sistema oltrech dalla logica, anche in mancanw di una norma che preveda espressamente lo spostamento della compe tenza per ragioni di connessione. Invero gli atti generali a contenuto normativo non sono idonei d regola ad esplicare la loro efficacia nella sfera dei soggetti se non attraverso concreti atti applicativi che, pertanto, operano, tra l'altro, da un lato come condizioni di efficacia dei primi sulle posizioni giuridiche dei taneus processus, e quindi la concentrazione delle impugnative presso un solo giudice, nell'ipotesi in cui siano da impugnare pi atti collegati che, isolatamente considerati, rientrino . . . nella sfera di cognizione di diversi Tribunali amministrativi . (1) In perfetta linea con l'anticipazione formulata in sede di obiter dieta ,, dalla IV sezione, nella sentenza ora citata, l'Adunanza Plenaria, con la decisione in rassegna, ha affrontato quella che forse la pi delicata delle ipotesi di connessione e cio quella di due atti connessi con rapporto di presupposizione, in quanto l'uno costituisce puntuale applicazione ed esecuzione dell'altro, avent< carattere generale ed astratto. Ipotesi tanto delicata ed importante che per essa, e per essa soltanto, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ammetteva uno spostamento di competenza in favore della G.P.A. nel previgente ordinamento processuale amministrativo (2). Si aggiunga che l'ipotesi integra probabilmente anche un caso di connessione necessaria >>, in quanto la formulazione logica dell'oggetto del giudizio non pu prescindere dall'esame congiunto di entrambi gli atti (3) e l'interesse all'annullamento in capo al ricorrente non pu essere configurato se non in relazione ad essi atti, in quanto compresenti, s che la sussistenza della connessione prospettata appare pregiudiziale all'esame del merito del ricorso (4). (1) Cos gi Sez. IV, 23 aprile 1974, n. 315. (2) Cfr. dee. gi citata e sez. V, 26 maggio 1962, n. 459; 4 giugno 1962, n. 490; 21 maggio 1960, n. 371. (3) ANDREANI, La competenza per territorio dei T.A.R., Giuffr, Milano, 1974; 214. (4) BERTI, Connessione e giudizio amministrativo, Cedam, Padova, 1970, p. 38-39, n. 25. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 291 soggetti e dall'altro come condizioni di impugnabilit degli stessi poich solo cos essi vengono ad incidere sulle posizioni giuridiche predette. In tal caso la contestuale impugnativa dei due atti viene ad ingenerare un rapporto di conseguenzialit necessaria per i due giudizi, ogni qual volta la domanda di annullamento dell'atto applicativo venga proposta come conseguenza della denunciata illegittimit e, quindi, della domanda di annullamento dell'atto normativo. In questa ipotesi, infatti, evidente che il giudizio, sebbene nominalmente introdotto con la impugnativa di una pluralit di atti tende alla tutela di unico interesse e verte nella sostanza su unico oggetto e cio sulla verifica della legittimit dell'atto normativo di base onde l'annullamento di quello applicativo si produca sostanzialmente come una operazione d'ordine conseguenziale, derivata cio dell'annullamento dell'atto normativo presupposto. Essendo dunque unico l'oggetto del giudizio, sia pure preordinato ad una pluralit di statuizioni di annullamento, unico deve essere il giudice della controversia, la quale per altro, anche in relazione all'atto normativo, non pu essere occasionata, come si detto, che dalla emanazione dell'atto applicativo quando quello presupposto, come per lo pi accade, non sia risultato autonomamente lesivo. Pertanto nella ipotesi comune, e cio quando la lesione si verifichi per effetto dell'atto applicativo occorre Posto dinanzi all'alternativa se lo spostamento di competenza dovesse avvenire in pr del giudice naturale dell'atto presupponente o se invece fosse il giudice dell'atto presupposto ad esercitare la sua < comma, prima parte), da considerarsi cosa diversa -dal punto di vista concettuale -dal Tribunale Regionale del Lazio. . Che esistano, infatti, (oltre a quella prevista per i giudizi di ottemperanza) ipotesi di competenza funzionale (con tutte le relative caratterisiche di inderogabilit, sindacabilit d'ufficio, ecc.) previste dalla 1. 1034/71 non sembra dubitabile, ove solo si amplii il campo di esame, estendendolo, dalla limitata lettura dell'art. 31 della legge istitutiva, ad una sua valutazione nella pi ampia prospettiva del suo combinato disposto con gli artt. 34, 1i> e 2 comma, e 35, 20 comma, che prevedono decisioni sulla competenza in sede di appello. Orbene, tra le ipotesi di competenza funzionale indubbiamente contemplata dai citati artt. 34 e 35, sembra doversi ricomprendere quella aggiuntiva del T.A.R del Lazio, il quale, a norma dell'art. 3, L. 1034/7,1, non, solo territorialmente competente -come tutti gli altri T.A.R. -a conoscere degli atti con efficacia limitata alla Regione Lazio e dei rapporti d'impiego dei pubblici dipendenti ivi in servizio, ma anche competente per tutti gli atti statali con efficacia ultraregionale, in virt di un criterio attributivo di una competenza chiaramente per materia, e quindi funzionale ed inderogabile (10). Sintomaticamente, d'altronde, tale attribuzione aggiuntiva di competenza fatta dal legislatore non in favore del T.A.R. per il Iazio ma del T.A.R. con sede in Roma,,, s che lo stesso organo giurisdizionale sembra operare in due distinte vesti a seconda che di un affare sia investito a' sensi dei primi due commi dell'art. 3 L. 1034/71 o invece dell'ultimo comma, prima parte, della stessa norma. La questione, come si detto, non stata decisa dal Consiglio di Stato con la sentenza in rassegna e rimane tuttora aperta. I. F. CARAMAZZA (10) In tal senso SANDULLI, Manuale di dir. amm.vo, XII ed., 966, 967, 969; ANDREANI, op. cit., 50 e 235. 8 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 294 e le conseguenti conclusioni, per la competenza del Tribunale Ammini strativo del Lazio. N, nel caso in esame, pu soccorrere il criterio previsto nel secondo comma dell'art. 3 della legge n. 1034, il quale prevede che, per gli atti emessi da organi centrali dello Stato relativi a pubblici dipenqenti in servizio presso gli uffici aventi sede nella circoscrizione del Tribunale Amministrativo Regionale, la competenza spetti al Tribunale Amministra tivo Regionale medesimo. difatti di tutta evidenza che questo criterio di competenza, possa trovare applicazione solo nella ipotesi in cui l'invocata statuizione di annullamento produca effetti esclusivamente nell'ambito della circoscrizio ne del Tribunale ove si trova la sede di servizio del ricorrente e non anche quando si producano effetti che travalicano tale ambito, cio inter feriscano anche nella sfera giuridica di altri pubblici dipendenti le cui sedi di servizio si trovino nella circoscrizione di altri tribunali. Ora, quando l'impugnativa principale concerna un atto generale a contenuto normativo, gli effetti che derivano dalla eventuale pronunzia di annullamento non si producono esclusivamente nella sfera giuridica del ricorrente e comunque solo nell'ambito della circoscrizione del tribu nale in cui si trovi la sua sede di servizio, essendo noto che la giurispru denza di questo Consiglio di Stato (Sez. VI, 3 giugno 1966. n. 517) si da tempo consolidata nel ritenere che l'annullamento degli atti normativi ha efficacia erga omnes, essendo produttivo di effetti anche al di fuori dei limiti soggettivi del giudicato e quindi anche nei confronti dei terzi estranei al processo con il solo limite degli effetti gi prodotti ed esauriti. L'esistenza di un tale principio nel nostro ordinamento trova un implicito riconoscimento anche in sede legislativa, in quanto il d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1099, proprio perch ha supposto l'efficacia erga omnes dell'annullamento degli atti normativi, ha disposto al terzo com ma dell'art. 14, sia pur con riferimento, data la sedes materiae, al ricorso straordinario al Capo dello Stato (ma la ratio identica e quindi comune deve ritenersi il presupposto), che qualora il decreto di decisione di que sto ricorso pronunci l'annullamento di atti amministrativi generali a carattere normativo, del decreto stesso debba essere data pubblicit nelle medesime forme di pubblicazione degli atti annullati. Per quel che concerne gli atti ministeriali impugnati con il ricorso in ordine al quale stato proposto il presente regolamento preventivo di competenza, almeno al primo, cio all'ordinanza ministeriale del 28 novembre 1975, non pu non riconoscersi carattere normativo in senso proprio, tanto se si ha riguardo al carattere generale ed astratto delle disposizioni di esso quanto se si tiene presente l'effetto innovativo delle relative statuizioni nei confronti dell'assetto normativo precedente. L'ordinanza ministeriale suddetta, disciplinando le modalit di definitiva delle sedi alle insegnanti non di ruolo di scuola materna statale nominate PARTB I, SEZ. V, GlURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA in ruolo in base all'art. 1 della legge 19 luglio 1974, n. 349, detta, difatti, disposizioni a contenuto astratto e generale, con carattere di novit rispet to alla normativa preesistente perch tendente appunto a disciplinare aspetti non ancora regolati da essa o richiesta da generali esigenze ine renti all'applicazione della stessa. Poich tale ordinanza stata impugnata -in via principale, dalla eventuale statuizione di annullamento deriverebbero effetti nei confronti di tutti i destinatari di essa, effetti dunque che travalicherebbero la circoscrizione del tribunale ove trovasi la sede di servizio delle ricorrenti. Inoltre, poich non stata fatta acquiescenza da parte dell'amministrazione intimata alla scelta dell'ufficio giurisdizionale operata dal ricorrente, ma essendo stata ritualmente sollevata dalla amministrazione medesima la questione di incompetenza del tribunale , adito mediante proposizione del presente regolamento preventivo di competenza, questa Adunanza Plenaria deve statuire, prescindendo del tutto dalle considerazioni di opportunit profilate nell'ordinanza di riunione e nella memoria delle ricorr~nti bens esclusivamente sulla base dei criteri di distribuzione della competenza in astratto previsti dalla legge n. 1034 del 1971 ed illustrati alla luce delle considerazioni che precedono; ci comporta la devoluzione dell'intera controversia alla competenza del Tribunale Amministq1tivo Regionale avente sede in Roma. -(Omissis). SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 febbraio 1977, n. 646 Pres. Novelli Est. d'Orsi -P. M. Ped>, abbraccia cio tutto quanto pu essere oggetto di controversia per dette imposte, che restano escluse dalla giurisdizione dell'A.G.O. L'art. 16 norma che concerne il procedimento; non definisce la giurisdizione e non restringe la portata dell'art. 1. L'individuazione dell'atto dmpugnabile ai fini della ammissibilit del ricorso e della decorrenza del termine relativo, anche quando d luogo a complesse questioni, non problema che tocca la delimitazione della giurisdizione. Per molti decenni si discusso della individuazione del provvedimento impugnabile innanzi al Consiglio di Stato, ma non si mai pensato di sostenere che la non impugnabilit per ragioni di ordine processuale di un atto amministrativo incidente su interessi legittimi, autorizzasse il ricorso all'azione ordinaria. Ora le Sezioni Unite hanno ulteriormente chiarito che l'attribuzione ad un giudice speciale di una determinata materia, pu anche comportare, in rlazione al relativo sistema processuale, una obiettiva delimitazione della materia astrattamente controvertibile ; se quindi una determinata azione non risulta ammissibile nel processo di giurisdizione speciale, ne conseguir che quella azione sar assolutamente improponibile, non gi che quell'azione resti attribuita alla giurisqizione dell'A.G.O. quando il rapporto controverso, per i suoi caratteri oggettivi e,.sostanziali, sia compreso nella giurisdizione speciale. Sulla base di questa esattissima premessa, facile constatare che con il nuovo ordinamento del contenzioso tributario, strutturato processualmente come - PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 305 b) che, se in materia tributaria la tutela dei diritti soggettivi era consentita solo attraverso il ricorso alle nuove commissioni, si rendeva necessario rimettere alla Corte costituzionale l'esame della questione di legittimit delle norme istitutive di dette commissioni: norme che sembravano in contrasto con gli artt. 24 e 102 Cost., in quanto venivano a menomare la tutela giurisdizionale (ove ai nuovi organi dovesse attribuirsi natura amministrativa), o venivano a creare nuove giurisdizioni speciali (ove a detti organi dovesse attribuirsi natura giurisdizionale), ed in contrasto altres con l'art. 108 Cost., in qua:p.to non assicuravano appieno l'indipendenza e l'imparzialit dei componenti. Con sentenza del 3 agosto 1976 n. 215 la Corte Costituzionale, cos investita, ha ritenuto la questione, infondata sotto il primo aspetto (al riguardo rilevando che la nuova disciplina del contenzioso tributario realizzava quella revisione di giurisdizioni speciali preesistenti; consentita dalla Disp. trans. VI della Costituzione) ed inammissibile sotto il secondo aspetto, siccome irrilevante ai fini del presente giudizio. A seguito della pubblicazione di tale sentenza, stata fissata l'udienza odierna, nella quale il ricorso stato discusso. ricorso contro atti (espliciti o di silenzio), r inconciliabile l'azione di mero accertamento; e la conseguenza che una tale azione assolutamente improponibile, sia innanzi alle Commissioni che all'A.G.O. Sarebbe del resto insostenibile che per lo stesso petitum sostanziale la giurisdizione possa appartenere ad uno o ad altro giudice, ed a discrezione del contribuente, a seconda che il mezzo meramente processuale prescelto sia la impugnazione dell'atto di accertamento o la domanda di rimborso o la preventiva azione di mero accertamento, quando poi la proposizione dell'azione di mero accertamento non escluderebbe che possa sopravvenire l'atto di accertamento al quale deve seguire il ricorso alla Commissione. II. -Quanto detto assorbe la questione dell'abrogazione dell'art. 6 della legge 20 marzo 1965, n. 2248, ali. E. In realt questa norma non stata abrogata e resta anzi il cardine del sistema giurisdizionale tributario, giacch permane la regola generale che le controversie di imposta, ove non sia diversamente disposto, sono soggette alla giurisdizione ordinaria; e sono ancora molti i tributi rimasti nell'attribuzione dell'A. G.O. appunto in forz dell'art. 6 della legge del 1865. Ma ci non esclude che interi settori (tutte le controversie afferenti a determinate imposte) siano devoluti ad una giurisdizione speciale con criterio di generalit s che in queste materie non vi sia nessun residuo di giurisdizione ordinaria, quale che possa essere il mezzo processuale esperito o esperibile; e non deve meravigliare se la speciale giurisdizione delle Commissioni occupa uno spazio quantitativamente maggiore della giurisdizione ordinaria. Il dato rilevante che la giurisdizione delle commissioni non determinata, sempre in via derogativa alla giurisdizione ordinaria, per un numero chiuso di controversie elencate tassativamente in una norma, ma invece una giurisdi zione generale entro quell'ambito determinato, per specie di tributi, nell'art. 1. Da ci consegue che l'art. 16, (che, come si gi visto non pu valere a restringere l'art. 1) non pu essere interpretato rigidamente, s da escludere la tutela giurisdizionale di talune situazioni. Non solo l'espressione accertamento RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO MOTIVI DELLA DECISIONE Il curatore dei fallimenti ricorrenti, con riferimento agli artt. 1 e 16 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, sulla revisione della disciplina del contenzioso tributario, sostiene che le controversie devolute alla cognizione esclusiva delle nuove commissioni sono quelle derivanti da un atto d'imp sizione dell'Amministrazione finanziaria .o dal rifiuto di questa -espresso o pre:mnto -di restituire somme indebitamente pagate e non anche quelle che l'art. 6 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 all. E riserva all'autorit giudiziaria ordinaria: e ci perch la tradizionale disciplina della tutela giurisdizionale dei diritti soggettivi (estranea all'oggetto della riforma del contenzioso tributario) non avrebbe potuto essere modificata senza una esplicita abrogazione (che invece mancata) del citato art. 6. Afferma conclusivamente e chiede sia dichiarato, che la proposta azione di accertamento negativo del debito d'imposta rientra nella giurisdizione dell'A. G.O. Il ricorso privo di fondamento. L'azione di mero accertamento (pur con i limiti che la pi attenta dottrina e la giurisprudenza le hanno asegnato al fine di evitare che ne deve essere intesa nel senso ampio e comprensivo di ogni provvedimento che dichiara l'obbligazione tributaria, ma anche atti diversi dei quali non pu essere negata l'impugnabilit devono, almeno in via interpretativa, ricomprendersi nell'art. 16. Non questa la sede per tentare una approfondita disamina di tutti i provvedimenti impugnabili; si pu intanto rilevare che vanno ricompresi nella nozione di accertamento, oltre a vari atti dichiarati espressamente soggetti a ricorso nelle singole leggi di imposta (art. 36, 37, 38 e 39 d.P.R. 602/1973; art. 9, legge 12 novembre 1976 n. 751, che concernono tutti atti diversi dall'accertamento in senso stretto), altri atti diversamente denominati (come l'avviso di liquidazione nelle imposte di registro e di successione), e non si pu escludere che altri atti che creano l'esigenza della tutela giurisdizionale debbono essere considerati come atto impugnabile ex art. 16, salvo a vedere nei singoli casi come possa per essi operare il termine per l'impugnazione; fra questi ultimi atti possono enumerarsi oltre agli atti del procedimento catastale (inclusi nell'ar. 1 ma dimenticati nell'art. 16), il concordato e la dichiarazione, ovviamente nei limiti (molto controversi) entro i quali l'impugnazione pu ritenersi ammissibile. Allo stesso modo ove si ipotizzi che l'Amministrazione possa avere interesse all'iniziativa processuale, sar sempre la Commissione l'organo da adire. Ma la conclusione per ora importante che ogni perplessit sulla ammis sibilit della tutela giurisdizionale in particolari situazioni relativamente alle imposte elencate nell'art. 1 deve riguardare il se e il come debba essere pro posto il ricorso ex art. 16, mai potendosi ipotizzare che limitazione, condizio namento o esclusione della proponibilit del ricorso alla Commissione pos sono significare sopravvivenza della giurisdizione ordinaria. Tuttavia l'art. 16, per quanto possa essere interpretato estensivamente,. quan to al numero dei provvedimenti impugnabili, conserva il suo chiaro sig.ificato ;:..:...'........-.-J PARTE I, .SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 307 risulti snaturata l'essenza della giurisdizione) indubbiamente un'azione di carattere generale, ammissibile, in linea di principio, ogni qual volta si verifichi una situazione di obiettiva incertezza in s capace di determinare un pregiudizio attuale e giuridicamente rilevante, che possa essere eliminato solo a mezzo di pronuncia giudiziale. Vero altres che il giudice ordinario idealmente investito di tutta la giurisdizione, onde, per norma, egli competente a pronunciare su ogni domanda che non sia attribuita dalla legge alla cognizione di un giudice speciale. Questi principi cessano per di trovare applicazione quando, dal sistema normativo di rapporti attribuiti alla giurisdizione di un giudice speciale e dai presupposti sulla cui base sono individuate le relative controversie, sia desumibile una volont del legislatore di realizzare, con l'esclusivit di quella giurisdizione, un'obiettiva delimitazione della materia astrattamente controvertibile. Cos, ad esempio, non si dubita che, riguardo ai rapporti che rientrano nella competenza giurisdizionale della Corte dei conti od in quella esclusiva del Tribunale amministrativo regionale, debba negarsi, ancorch ne siano coinvolti diritti soggettivi, la di caratterizzazione del processo tributario come di impugnazione, successivo quindi ad una manifestazione dell'Amministrazione della sua pretesa e sempre inconciliabile con l'azione di mero accertamento. III. -Lo spettro del solve et repete col quale si tentato di avvalorare l'ammissibilit dell'azine di mero accertamento non poteva provocare l'effetto sperato. Le Sezioni Unite hanno efficacemente replicato che, sul presupposto dell'esecutoriet dell'atto amministrativo di accertamento, del tutto normale che il ricorso non escluda il pagamento del tributo quando l'atto da impugnare sia in tutto o in patre eseguibile e clie del pari connaturale al sistema che il pagamento debba precedere il ricorso quando per la disciplina sostanziale del tributo esso debba avvenire per autotassazione o versamento diretto (IVA e imposte dirette); in altri casi (come l'imposta principale di registro) il pagamento assolutamente preliminare all'esistenza stessa del rapporto. Forse sull'alternativa, ammessa dalla sentenza in nota, tra il non adempiere l'obbligazione che si assume inesistente e l'adempiere per poi domandare il rimborso, almeno per l'ipotesi considerata dell'IVA, pu sorgere qualche perplessit, giaceh l'adempimento. deve essere accompagnato (o seguto) dalla dichiarazione che un riconoscimento del debito e non sembra che possano ammettersi dichiarazioni condizionate; al cont'ibuente che non intende conformarsi alle direttive generali dell'Amministrazione o comunque assuma la insussistenza dell'obbligazione non data altra via (il che esclude in radice la necessit del pagamento anteriormente alla domanda in via giurisdizionale) che l'astenersi da ogni adempimento, sostanziale e formale, per poi impugnare l'eventuale accertamento, affrontando il rischio delle soprattasse e l'onere degli interessi. Ma pi in generale l'eventualit del pagamento del tributo come preliminare al ricorso contro il rifiuto di rimborso, secondo il disposto del terzo comma dell'art. 16 soltanto apparente. Questa norma disciplina il ricorso contro il diniego di rimborso, predisponendo un meccanismo di silenzio-rifiuto, per i tributi c.d. senza imposizione e nei casi in cui il diritto al rimborso sia RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DliLLO STATO 308 proponibilit di un'azione di mero accertamento avanti l'A.G.O. Ci vale, appunto, anche nel nuovo sistema del contenzioso tributario. Anteriormente alla riforma realizzata in attuazione della legge delega 9 ottobre 1971 n. 825, un'azione di accertamento negativo della obbligazione tributaria era ammessa in materia di imposte indirette e non anche in materia di imposte dirette, riguardo alle quali l'azione giudiziaria, era subordinata ad un atto di accertamento su cui fosse intervenuta decisione definitiva della commii>sione, anche distrettuale, ed alla iscrizione dell'imposta a ruolo (art. 22 r.d.l. 7 agosto 1936 n. 1639). Il D.P. 26/10/1972 n. 636, pur non esaurendo l'intera materia del contenzioso fiscale (v. infatti le disposizioni particolari dettate, in proposito, per le imposte di bollo, concessioni governative, spettacoli, pubblicit ed affissioni) disciplina la tutela giurisdizionale del contribuente in maniera unitaria e generale per tutte le imposte dirette ed indirette, contemplate nell'art. 1, che alla lettera d) menziona l'I.V.A. (della quale appunto si discute). Secondo l'art. 16 di tale decreto, il termine per proporre ricorso alla commissione di primo grado decorre dalla notificazione di uno specifico atto dell'Amministrazione (l'avviso di accertamento, l'ingiunzione, il ruolo, il provvedimento che irroga le sanzioni pecuniarie) e, nei casi di paga- sopravvenuto; la limitazione al diritto sopravvenuto al rimborso riconferma quanto si detto pocanzi sull'impossibilit di adempimento condizionato di un'obbligazione che si assume infondata ab origine, quando esista una dichiarazione. Ma l'intero terzo comma dell'art. 16 sembra essere piuttosto una norma programmatica del sistema processuale in vista di un futuro diverso assetto delle norme sostanziali di imposizione o una norma di completamento even tualmente utilizzabile in situazioni del tutto anomale, piuttosto che un precetto di attuale efficacia ed utilit. Infatti nessuno dei tributi elencati nell'art. 1 senza imposizione e per tutti le singole leggi di imposta dettano norme specifiche (diverse dal terzo comma dell'art. 16 e che su questO prevalgono) sui rimborsi. Per tributi senza imposizione (prescindiamo in questa sede dal complesso problema della ammissibilit concettuale dell'atto di imposizione) devono in tendersi quelli di meccanismo elementare il cui adempimento ha luogo senza accertamento (bollo, concessioni governative, tasse automobilistiche, e simili); ed evidente che per tutti i tributi soggeti alla giurisdizione delle Commissioni questo fenomeno non si verifica mai, nemmeno quando prevista l'autoliquida zione e il pagamento anticipato per versamento diretto, perch sempre in sede di dichiarazione e di accertamento che viene determinata l'obbligazione tribu taria il cui anticipato parziale adempimento non ha valore definitivo. Tuttalpi potrebbe parlarsi di adempimento senza accertamento nel solo caso della ritenuta di imposta, che estingue l'obbligazione e il rapporto giuri dico formale, s che le controversie possono avete origine soltanto sotto forma di domanda di rimborso. Ma per questi e per tutti gli altri rimborsi le norme particolari' descipli~ nano il relativo procedimento amministrativo preliminare al ricorso alle com missioni dettando regole diverse da quelle del terzo comma dell'art. 16, anche per quanto concerne il silenzio, e ci sia per il rimborso di somme originaria PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 309 mento di imposta che si assuma non dovuta, dalla data del rifiuto (espresso o presunto) di restituzione della somma pagata: rifiuto che si considera atto d'imposizione. Poich (come gi hanno accennato queste Sezioni Unite con la predetta ordinanza e come riconosce in definitiva, Io stesso ricorrente) la citata disposizione ha una portata pi ampia della mera disciplina del termine per ricorrere (cui fa riferimento la sua rubrica), la tutela giurisdizionale del contribuente, cos come articolata .nel nuovo testo, si svolge, sia pure in funzione di tin completo esame del merito del rapporto tributario, attraverso la impugnativa di uno specifico atto dell'Amministrazione finanziaria (che pu essere costituito anche dal rifiuto, espresso o legalmente presunto, .di restituzione di somme che si assumano non dovute): e ci esclude che gli organi del nuovo sistema del contenzioso fiscale possano essere aditi con una domanda di mero accertamento preventivo. N basterebbe a giustificare la contraria opinione l'art. 15 lett. c) del citato decreto secondo cui il ricorso alla Commissione deve indicare l'atto controverso, ovvero l'ufficio contro cui il ricorso proposto. La menzione alternativa dell'ufficio pu infatti spiegarsi con riferimento alla ipotesi (art. 16, 2 comma) in cui manca un atto dell'ente impositore in forma esplicita. mente non dovute, sia per il rimborso il cui diritto sia sopravvenuto. (art. 37 e 38 d.P.R. n. 602/1973; art. 75, d.P.R. 634/1972; art. 47, d.P.R. 637/1972). In tutti questi casi non solo esiste normalmente un accertamento, ma anche necessariamente preliminare al ricorso in sede giurisdizionale un ricorso amministrativo allo stesso ufficio o all'ufficio gerarchicamente superiore (intendente di finanza) la cui decisione amministrativa costituisce il provvedimento impugnabile innanzi alla commissione. E' quindi veramente inimmaginabile un'azione di mero accertamento. In definitiva non esiste in concreto l'ipotesi del pagamento del tributo come unica condizione per la proponibilit del ricorso giurisdizionale; il pagamento pu essere un obbligo che la legge impone, anche prima dell'accer tamento, ma il ricorso sempre diretto contro l'ccertamento (o la decisione amministrativa) e il rimborso la conseguenza della dichiarazione di illegitti mit dell'accertamento. IV. -La sentenza in rassegna potrebbe valere indirettamente come conferma dell'ammissibilit dell'azione di mero accertamento per le imposte rimaste soggette alla giurisdizione dell'A.G.O. Invero, ad un pi rigoroso esame, l'azione di mero accertamento non sembra mai configurabile nei rapporti tributari per ragioni pi radicali (v. Relazione Avv. Stato 1970..75, Il, 599 e segg.). Ma si pu oggi osservare che, almeno per i tributi toccati dalla riforma, il mero accertamento sempre escluso, perch l'azione in sede ordinaria sempre condizionata da un preventivo ricorso amministrativo e pu essere introdotta solo a seguito della decisione almeno in un grado e talvolta anche in due gradi ed entro un termine perentorio da essa; anche per i tributi senza accertamento (imposizione), che sono frequenti nei rapporti devoluti al giudice ordinario, sempre necessariamente 310 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Questa essendo la nuova disciplina, da vedere se l'azione di mero accertamento rimanga affidata alla cognizione del giudice ordinario, o sia da ritenere ormai, riguardo alle imposte contemplate nell'art. 1 del D.P. n. 635 citato, assolutamente improponibile. La soluzione del problema in questo ultimo senso appare gi sottintesa nell'ordinanza su indicata, con cui queste Sezioni Unite hanno dubitato della legittimit costituzionale dell'intero nuovo sistema del contenzioso fiscale, ritenendo appunto, tra l'altro, che appare ancor pi dubbio che il legislatore delegato abbia voluto consentire un'azione di accertamento negativo della pretesa tributaria, dinanzi all'A.G.O. . L'opinione cos adombrata ha ricevuto l'autorevole conforto della Corte Costituzionale che, con la sentenza n. 215/76, emessa all'esito del giudizio provocato con la ripetuta ordinanza, dopo avere dichiarato costituzionalmente legittimo il detto nuovo sistema con riferimento agli artt. 24, 102 -2 comma e disp. VI transitoria della Costituzione, ha dichiarato irrilevante ogni altra questione relativa ad aspetti singoli della disciplina interna delle nuove commissioni, testualmente osservando: ... ammesso che l'azione di accertamento negativo non trovi pi spazio nel nuovo quadro della disciplina processuale del contenzioso tributario -il che riceverebbe conferma dai lavori preparatori e da notevole parte della dottrina -chiaro appare che, attualmente la sua devoluzione al preliminare la decisione amministrativa. Tutto questo, tuttavia, non pu considerarsi limitativo del diritto di tutela giurisdizionale, perch sempre assicurato, con disciplina non sempre omogenea, il principio del silenzio-rigetto (art. 38 e 39, d.P.R. n. 640/1972; art. 11 e 12, d.P.R. n. 641/1972; art. 33 d.P.R. n. 642/1972; art. 20 d.P.R. n. 638/1972; art. 24 d.P.R. n. 639/1972). V. -Ancora un assai importante contributo offerto dalla decisione in rassegna al chiarimento dei fondamentali caratteri del processo speciale tributario. Il processo di impugnazione di uno specifico atto dell'Amministrazione, che pu essere costituito anche dal rifiuto di restituzione di somme che si assumono non dovute espresso o legalmente presunto, tuttavia l'impugnativa dell'atto in funzione di un completo esame del merito del rapporto tributario . Con queste poche parole esattamente precisata la natura del processo tributario. Il processo nella forma di impugnazione -di atti ma nella sostanza di accertamento del rapporto; cio molto simile al processo innanzi al giudice amministrativo quando ha per oggetto diritti soggettivi sui quali incide un atto amministrativo da impugnare nel termine (SANDULLI, Il giudizio davanti al Consiglio di Stato, Napoli, 1963, 143); ovvero, secondo altra terminologia, per la dinamica processuale un processo di impugnazione-annullamento e per l'oggetto di impugnazione-merito (Russo, Il nuovo processo tributario, Milano, 1974, 72 e s.). Sulla premessa che il contribuente titolare di un diritto soggettivo e che nella fase giurisdizionale, venute a mancare le potest autoritarie dell'Amministrazione che caratterizzano il procedimento amministrativo, le parti si tro PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 311 giudice ordinario potrebbe derivare soltanto da una dichiarazione di globale illegittimit afferente l'esistenza stessa delle nuove commissioni tributarie; ed ha enunciato il giudizio conclusivo di irrilevanza, aggiungendo che .. ritenute legittime, nei loro presupposti di esistenza, tali commissioni, l'azione di accertamento negativo non viene ripristinata nella materia de qua... . Alla base dei rilievi su riferiti sono ragioni che il collegio condivide. La nuova disciplina del contenzioso tributario realizza, nella materia considerata, un sistema compiuto di organi di tutela giurisdizionale e semplifica notevolmente la disciplina preesistente. Tale semplificazione corrisponde ad un preciso disegno del legislatore, che nelia legge delega (L. 1971 n. 825) ne ha sottolineato l'esigenza sia riguardo alla fase amministrativa del rapporto tributario (art. 11 n. 6), sia riguardo alla fase contenziosa (art. 10, 1 comma). La tesi che pretende residuata un'azione di accertamento preventivo proponibile avanti l'A.G.O., contraddice in linea di principio questo disegno di semplificazione e lo pregiudica gravemente sul piano pratico. Posto, infatti, che la proposizione di detta azione non impedirebbe all'Amministrazione finanziaria di compiere autonomamente gli atti diretti vano in una pos1z1one paritetica, il processo deve necessariamente avere contenuto di accertamento, con cognizione piena, della obbligazione tributaria che sorta in base alla legge e non pu essere stata influenzata da una potest dell'Amministrazione, s che estraneo al processo il controllo del legittimo uso del potere. L'atto amministrativo di accertamento capace di diventare irretrattabile se non impugnato nel termine, pertanto un necessario antecedente del processo giurisdizionale, ma non ne l'oggetto; la decisione della commissione, pertanto, definisce nel merito l'obbligazione (dichiarativa di accertamento) e non giudica della legittimit dell'atto impugnato (non costitutiva di annullamento). Conseguenza di ci che non sono rilevanti nel processo tributario (come in quello ordinario) e vizi formali dell'atto di accertamento e del procedimento relativo, in quanto oggetto della decisione la sostanza dell'obbligazione che va accertata indipendentemente da eventuali irregolarit in procedendo (per una applicazione del principio v. Cass. 7 aprile 1976, n. 1223; in questa Rassegna, 1976, I, 608); possono assumere tuttavia rilevanza i vizi formali quando da essi discendano effetti sostanziali, come nel caso di nullit di atti che non possono essere ripetuti o rispetto ai quali sono maturati termini di decadenza, ecc., quando cio non si contesti la validit formale dell'atto ma la conseguente decadenza dal diritto di conseguire il credito. A tal fine utile l'asperienza fatta nel passato ordinamento in relazione alle imposte indirette nelle quali si distinguevano i vizt sostanziali, o che si convertivano in sostanziali, deducibili innanzi all'A.G.O. sotto forma di decadenza dell'Amministrazione dal potere di accertare la base imponibile e vizi meramente formali sottratti all'esame del giudice che accerta il rapporto (Cass. 16 maggio 1973, n. 1386, in questa Rassegna, 1973, I, 1153). C. BAFILE RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEUO STATO ad accertare i presupposti dell'obbligazione tributaria ed a reprimere eventuali evasioni, sufficiente ipotizzare una tale evenienza per comprendere quali e quanti problemi possano venire a complicare lo svolgimento del rapporto tributario: la reazione del contribuente avanti alla commissione per evitare che l'atto dell'Amministrazione diventi definitivo, la eventualit -che il contenuto di tale atto renda necessaria la deduzione di motivi diversi da quelli posti a base dell'azione giudiziaria di accertamento negativo, la difficolt di trovare in mancanza di previsioni legislative, un assetto soddisfacente e sicuro del rapporto fra i due procedimenti, sono soltanto gli aspetti pi evidenti della possibilit che resti frustrato quell'intento di generale semplificazione, che a base della intera riforma tributaria. N il testo legislativo in cui, per quanto attiene al contenzioso, quell'intento stato tradotto, offre alcun conforto alla tesi del ricorrente. A quella tesi non giova il fatto che tra le norme abrogate dall'art. 46 del D.P. 636 del 1972 11on sia menzionato l'art. 6 della L. 20 marzo 1865 n. 2248 all. E, trattandosi di disposizione che, in quanto incompatibile con la nuova disciplina, divenuta inoperante per effetto del richiamo generico ed onnicomprensivo, di cui all'ult. parte del primo comma del citato art. 46. invece, contro la tesi del ricorrente, molto pi significativo, oltre al fatto che nel testo definitivo dell'art. 16 del ripetuto decreto presidenziale sia stato soppresso, in accoglimento del parere della commissione parlamentare, il terzo comma, che lasciava aperta la possibilit di una -azione di mero accertamento, il rilievo che, a differenza di quanto espressamente disposto in precedenti testi legislativi in materia (come nell'art. 22 r.d.l. 7 agosto 1936 n. 1639 sulla riforma degli ordinamenti tributari, nell'art. 23 l. 8 marzo 1943 n. 153 sulla costituzione, le attribuzioni ed il funzionamento delle commissioni censuarie e nell'art. 285 del T.V. Fin. locale approvato .con r.d. 14 settembre 1931 n. 1175) manca nel nuovo testo una disposizione diretta a mantenere ferma la competenza dell'A.G.O., ex art. 6 della citata legge 20 marzo 1865. Resta da vedere, se escludendosi la proponibilit assoluta dell'azione di accertamento preventivo, non venga, indirettamente, ad essere rientrodotto nell'ordinamento il principio salve et repete (le cui espressioni normative sono state via via dichiarate costituzionalmente illegittime, a partire dalla sent. 31 marzo 1961 n. 21 della Corte costituzionale). , infatti, questa, un'obiezione comunemente formulata contro la tesi qui accolta. Il principio su indicato era espresso con norme che precludevano la tutela giurisdizionale al contribuente che non avesse previamente sodcijsfatto il debito d'imposta; e coesisteva con quelle dell'esecutoriet dell'atto amministrativo di imposizione tributaria (v., ad es., gli artt. 149 e 145 della legge organica di registro di cui al r.d. 30/12/1923 n. 3269), differenziandosene nell'essenza e nel modo di operare. Mentre il primo PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA (cio il salve et repete) incideva in modo effettivo sulla proponibilit dell'azione giudiziaria ed importava un vero e proprio difetto temporaneo di giurisdizione dell'A.G.O., il secondo esprime una qualit comune ai provvedimenti amministrativi ed attribuisce alla P.A. una facolt (quella di realizzare coattivamente la propria pretesa) che pu in pratica non essere esercitata e rimanere inoperante nel corso del processo in cui si controverta sulla legittimit di quella pretesa. Scomparso ormai nella legge di riforma qualsiasi norma che possa giustificare il primo di detti principi, la disciplina che ne risulta (quale interpretata da questo collegio) comporta solo che rimanga in vigore il diverso principio della esecutoriet dell'atto amministrativo: principio che, peraltro, temperato con una serie di disposizioni atte ad evitare o ridurre l'eventualit che il contribuente paghi somme che successivi provvedimenti giurisdizionali dimostrino non dovute (v. artt. 54 e 73 D.P. 633/72 sull'imposta di registro, 44 e 54 D.P. 637/72 relativo all'imposta sulle successioni e donazioni, art. 18 D.P. 635/72 sulle imposte ipotecarie e catastali, e per quanto riguarda specificamente l'imposta sul valore aggiunto, artt. 60 e 61 D.P. 26/10/1972 n. 633), e che -giova ripetere non ha alcuna relazione con il salve et repete (v. anche corte cost., sent. 7 luglio 1962 n. 86). In definitiva, ed in concreto, colui che, in contrasto con l'orientamento espresso in via generale dall'Amministrazione finanziaria con circolari ed atti analoghi, abbia motivo di ritenere che non sussista il presupposto di un tributo applicabile in via di autotassazione (come l'I.V.A.) ha questa alternativa: o si astiene dall'assolvere l'obbligazione tributaria reagendo poi, avanti la Commissione di primo grado, agli eventuali atti con cui la detta Amministrazione intende realizzare la corrispondente pretesa, ed affrontando il rischio delle relative sanzioni, o adempie senza altro l'obbligazione su indicata, reagendo poi, ex art. 16, secondo comma D.P. 26/10/1972 n. 636, contro il rifiuto -espresso o presunto -di restituzione della somma pagata. In entrambe le ipotesi, il pagamento (graduale, nella prima, giusta il disposto degli artt. 60 e 61 D.P. 633/72, ed integrale nella seconda) costituiscono non gi osservanza del principio salve et repete, ma un ossequio, rispettivamente, alla esecutoriet dell'atto amministrativo e della decisione giurisdizionale, o al precetto di diritto tributario sostanziale. Deve conclusivamente affermarsi che, riguardo ai tributi indicati nell'art. 1 D.P. 26 ottobre 1972 n. 636, un'azione preventiva di accertamento negativo del debito d'imposta non proponibile n avanti la commissione tributaria n avanti al giudice ordinario e conseguentemente dichiararsi il difetto assoluto di giurisdizione in ordine alla domanda proposta avanti al Tribunale di Genova dalla curatela dei fallimenti ora ricorrenti. In tali sensi il ricorso deve essere rigettato. -(Omissis). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 314 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 marzo 1977, n. 951 -Pres. Iannuzzi Est. Caturani -P. M. Trotta (conf.). Fallimento di Stefano c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Pierantozzi). Imposta di registro -Enunciazione -Sentenza dichiarativa di fallimento enunciante societ di fatto -Prededuzione del credito di imposta come spesa giudiziale. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 72; r.d.l. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 91 e 111). Quando la sentenza dichiarativa di fallimento si fonda sulla enunciazione di una societ di fatto a norma dell'art. 72 della legge di registro, l'imposta sulla convenzione enunciata costituisce spesa del giudizio falli. mentare da prenotare a norma dell'art. 91 della legge fallimentare per essre rimborsata nei modi ivi previsti (1). (Omissis). -Con il secondo motivo del ricorso il curatore del fallimento deduce violazione degli art. l, 62, 72 R.D. 30 dicembre 1923 n. 3269; 91 e 111 n. 1 legge 16 marzo 1942 n. 267 in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. e censura l'impugnata sentenza per aver ritenuto che la c.d. tassa di titolo sulla enunciazione della societ di fatto tra i falliti, di cui era menzione nella sentenza dichiarativa di fallimento fosse da ammettere alla riscossione in prededuzione, ai sensi dell'art. 111 n. 1 L.F., non trattandosi di spesa necessaria alla .Procedura fallimentare, come erroneamente ritenuto dal giudice del merito, in quanto ha origine da un fatto non degli organi fallimentari, ma dei falliti (costituzione della societ), anteriore alla dichiarazione di fallimento ed semplic~mente occasionata dal giudizio. Pertanto, il ricorso alla prededuzione non era in questo caso (1) La precedente sentenza 12 marzo 1973, n. 682, richiamata nel testo, fu pubblicata, unitamente ad altre due pronunzie connesse, in questa Rassegna, 1974, I, 194, con tre note critiche di A. C.HICCO, c. BAFILE e F. MARIUZZO. La sentenza ora intervenuta ha cambiato nettamente orientamento, riconoscendo la validit delle critiche mosse alla precedente. La decisione basata sulla distinzione tra enunciazione giudiziale (art. 72) e enunciazione convenzionale (art. 62) che possono ambedue essere contenute in sentenza (v. da ultimo Cass. 1<> ottobre 1976, n. 3205 in questa Rassegna, 1977, I, 156); nel caso di enunciazione giudiziale, I' intima compenetrazione tra convenzione verbale e sentenza fa s che la registrazione della sentenza, con l'unitaria liquidazione dell'imposta fissa e di titolo, faccia carico alla curatela come spesa del processo da anticipare o da prenotare a norma dell'art. 91 della legge fallimentare, restando esclusa l'insinuazione e la partecipazione al concorso. Diversa, sembrerebbe, la conclusione quando l'enunciazione contenuta in sentenza sia da ricondurre all'art. 62; ma anche in tal caso pu presentarsi la stessa necessit per la curatela di sostenere la spesa della registrazione se utile per conseguire un risultato, come nel caso che la curatela, diventando parte istante, richiede nel suo interesse la registrazione di una convenzione stipulata dal fallito. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA consentito dalla legge, avendola l'art. 91 L.F. limitato alle sole imposte di bollo e di registrazione (a tassa fissa) della sentenza dichiarativa del fallimento. Il motivo infondato. La questione che il ricorrente sottopone all'esame del collegio gi stata esaminata da questa Suprema Corte con sentenza 12 marzo 1973 n. 682 che ebbe ad affermare il seguente principio: quando la sentenza dichiarativa del fallimento di una societ di fatto, palese od occulta che sia, contiene l'enunciazione di un patto sociale mai sottoposto a registrazione, la sentenza medesima costituisce l'occasione, non la causa per la appliazione dell'imposta di registro sull'atto enunciato che resta un fatto negoziale diverso ed estraneo all'atto enunciante. In conseguenza, l'imposta di registro afferente all'atto enunciato non costituisce un credito privilegiato, ai sensi dell'art. 111 n. 1 legge fallimentare e, pertanto, non pu essere prededotta come spesa giudiziale. Tale risultato fu raggiunto, considerando che la cosiddetta imposta di enunciazione deve ritenersi afferente non gi all'atto in s come espressione scritta di una volont negoziale, bens al fatto negoziale diverso ed estraneo per lo pi precedente all'atto ed ivi richiamato. Sulla base della distinzione tra fatto enunciato che rappresenta l'oggetto principale dell'atto ed atto enunciante >>, che dichiara ed attesta l'evento negoziale ma non lo costituisce, in quella occasione questa Corte afferm che mentre la imposta fissa di registro dovuta sulla sentenza dichiarativa di fallimento della societ di fatto dovuta in quanto attiene all'atto giudiziario quale ne sia il contenuto e la relativa spesa pertanto necessaria ai fini dello svolgimento del processo fallimentare (art. 111 n. 1 L.F.), l'imposta sulla convenzione sociale richiamata nella sentenza attiene invece al contenuto dell'atto ed in quanto colpisce la costituzione della societ, essa soltanto occasionalmente percetta in pendenza del fallimento, tanto che se l'erario, anche prima della dichiarazione di fallimento della societ di fatto, si venisse a trovare in possesso di un atto che enunciasse la esistenza di quest'ultima, l'imposta di titolo sarebbe dovuta anche prima della sentenza dichiarativa del fallimento. Un ulteriore approfondimento del problema induce tuttavia, il collegio a discostarsi dal precedente giurisprudenziale richiamato, in base alle considerazioni che seguono. La precedente pronuncia di questo S.C. esattamente riconosce che l'imposta di titolo applicabile soltanto con l'atto enunciante (nella specie, la sentenza dichiarativa di fallimento della societ di fatto), ma esclude che essa afferisca all'atto enunciante sembrando pi aderente all realt giuridica e tecnologica riconoscere che l'atto rappresenta soltanto la condizione formale e tecnica per l'applicazione dell'imposta e non gi la causa che invece costituita dal patto sociale. L'atto enunciante, secondo l'indirizzo accennato, si limita a dichiarare ed attestare l'evento negoziale, ma non lo costituisce, diver RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 316 samente dal fatto negoziale (convenzione verbale di societ) che rappresenta l'oggetto principale dell'atto. Senonch, l'argomento che fa leva sul dato sostanziale dell'imposizione, per inferirne che l'imposta di titolo dovuta sulla sentenza ha come fondamento causale la convenzione verbale ivi enunciata, non appare risolutivo del problema nel senso accolto dal precedente richiamato. Il quesito che il collegio deve risolvere, anche se attiene ad un momento del .processo fallimentare, dovendosi decidere se l'imposta di titolo sulla sentenza che dichiara il fallimento di una societ di fatto sia prededucibile come spesa giudiziale per gli atti richies~i dalla legge, dalla sentenza dichiarativa di fallimento alla chiusura della procedura (art. 91 e 111 n. 1 L.P.) ovvero non debba ritenersi un credito concorsuale, da insinuare al passivo del fallimento, di puro diritto tributario. Pu dirsi pacifico -ed dato riconosciuto del resto dal precedente richiamato di questo S.C. -che il contratto verbale di societ non di per s soggetto ad aicuna imposizione; neppure all'imposta fissa di registro, prevista eccezionalmente dalla legge soltanto per alcuni tipi di contratti verbali tra i quali non rientra la convenzione costitutiva, di una societ di fatto (art. 1 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269). Trattasi quindi di convenzione per cui vale la regola -tipica della imposta di registro che imposta d'atto -secondo cui la sua soggezione all'imposta presuppone. che' essa sia enunciata in un atto sottoposto alla registrazione, sempre che sussistano i requisiti richiesti in tema di enunciazione dalla legge del registro (art. 62, 72). Il punto centrale dell'indagine riguarda in tal modo l'istituto della enunciazione: al riguardo questa Corte Suprema ha avuto occasione di precisare che per l'applicabilit dell'art. 72 della legge di registro. secondo cui, quando le sentenze pronunziano su domande che si basano su convenzioni non ridotte in iscritto o per le quali non siano stati enunciati titoli registrati si applica, oltre alla tassa .dovuta sulla sentenza, anche la tassa alla quale la convenzione avrebbe dovuto assoggettarsi, secondo la sua natura, se fosse stata' precedentemente registrata - necessario che la convenzione non registrata sia dedotta a fondamento dell'istanza sulla quale ha pronunciato la sentenza accogliendola o respingendola e che, quindi, il giudice ne debba necessariamente tenere conto, ponendola a base della decisione. In mancanza dell'indicato rapporto tra la convenzione non registrata e la decisione, si fuori dalla previsione dell'art. 72 e si ricade, invece, nell'ambito della disposizione dell'art. 62, la quale si applica anche alle ent:inciazioni di convenzioni non registrate, contenute nei provvedimenti del giudice (Cass. 25 febbraio 1967 n. 433; 9 luglio 1962 n. 1799; 10 ottobre 1961 n. 2063). A tal fine si ritenuto che il rapporto tra la convenzione e la decisione ex art. 72 deve essere immediato e diretto, dovendo trattarsi proprio PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA della convenzione su cui la decisione si basa, restandone cos escluse le altre eventuali le quali costituiscono dei meri antecedenti logico-giuridici. Ora il rapporto esistente tra la convenzione verbale di societ enunciata nella sentenza di fallimento e quest'ultima qualificato dal fatto che la convenzione verbale costituisce fondamento logico insopprimibile sul quale la sentenza si basa, sia per quanto concerne l'accertamento del vincolo societario sia per gli effetti che da questo accertamento discendono. Non sembra infatti corretto ritenere cha la situazione dedotta a fondamento dell'istanza di fallimento sia soltanto lo stato di insolvenza, ove si rifletta che a monte di quest'ultima si colloca la' posizione del soggetto la cui insolvenza deve essere accertata e questa diversamente qualificata dagli aspetti diversi che la figura dell'imprenditore assume nelle singole fattispecie, a seconda che si tratti di un imprenditore individuale o sociale. Il collegio ritiene quindi che la fattispecie deve essere inquadrata nell'ambito dell'art. 72 della legge di registro, onde nei confronti di tale disposizi0ne sar esaminato il particolare problema che si agita nel presente giudizio. Come si innanzi rilevato, l'art. 72 -a differenza dall'art. 62 della legge di registro del 1923 -non si accontenta, ai fini della imposizione, di una .mera connessione fra l'atto enunciato e l'atto enunciante, ma subordina il sorgere della obbligazione tributaria al presupposto che la sentenza abbia fondato il proprio sillogismo, ai fini della definizione della controversia, sulla esistenza di una convenzione non scritta, del cui contenuto il provvedimento giudiziale d atto, facendone discendere determinate conseguenze giuridiche. Pu dirsi, quindi, che la fattispecie della imposizione per enunciazione, ex art. 72 L.R., complessa, non essendo sufficiente, al fine della produzione degli effetti di diritto tributario, che il dato sostanziale del conferimento dei beni nella societ di fatto si sia un tempo verificato e che un tale accadimento sia menzionato in sentenza, ma si chiede, in ogni caso, eh~ uno dei momenti logici sui quali si fonda la decisione sia costituito dall'accertamento della esistenza della convenzione verbale. Questa allora entra nell'orbita del mondo tributario sia perch attraverso la certificazione contenuta in ~entenza, si attribuisce al relativo negozio certezza giuridica, sia perch le parti del rapporto proces_suale, attraverso la pronuncia giudiziale, subiscono gli effetti che l'ordinamento ricollega alla accertata esistenza della convenzione. La fattispecie costitutiva della obbligazione tributaria trova, quindi, per l'art. 72 L.R., il suo momento perfezionativo nella pronuncia (e conseguente registrazione) della sentenza dichiarativa di fallimento, a nulla rilevando che l'erario possa esigere il tributo per un evento esterno al fallimento, come accade quando la societ di fatto sia enunciata in un diverso atto giuridico (anche di natura negoziale). 318 RASSE~A DELL'AVVOCATlJRA DELLO STATO In tal caso, infatti, il problema proposto non ha posibilit di sorgere, in quanto, avendo l'~rario gi il potere di imposizione in base ad una diversa (ed equipollente) fattispecie, la sentenza dichiarativa di fallimento sconter in tal caso soltanto l'imposta fissa di registro, come atto giudiziale. La costituzione dell'obbligo tributario in sede di pronuncia della sentenza di fallimento inoltre non realizza un evento di natura occasionale, ma perfeziona la fattispecie della enunciazione, secondo la tecnica adottata dall'art. 72 L.R., cos come la avrebbe perfezionata un successivo at~o in cui le parti del contratto verbale di societ, riconoscendone l'esistenza, ne avessero trasfuso il contenuto in un documento scritto (art. 62 L.R.). D'altra parte, la convenzione verbale acquista consistenza giuridica secondo gli accertamenti contenuti in sentenza, onde quest'ultima non pu essere considerata come mera forma dell'atto enunciato avente per altra via esistenza autonoma anche prescindendo da essa, ma rappresenta nel processo formativo della fattispecie tributaria il momento conclusivo di un processo diretto a certificare ed accertare l'esistenza di un negozio giuridico secondo le particolari modalit che l'istruttoria avr determinato in concreto. L'intima compenetrazione tra convenzione verbale e sentenza costituisce in tal modo l'aspetto sostanziale del fenomeno che d unit strutturale all'intera fattispecie. In questa prospettiva, il riferimento al valore dei beni conferiti in societ, ai fini della determinazione della base imponibile, con riguardo al momento in cui i conferimenti furono eseguiti, (Cass. S.U. 14 giugno 1967 n. 1331, 25 ottobre 1972 n. 3229) non incide sulla esattezza dei rilievi che precedono, giacch -come bene ha sottolineato in memoria l'avvocatura generale dello Stato -trattasi di regola valida per ogni trasferimento di beni il cui valore si determina con riguardo al momento in cui la convenzione diventa giuridicamente efficace e non con riguardo al momento della registrazione (art. 33 L.R.; 41 penultimo comma e 48 comma 20 D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 634). N sarebbe esatta l'obiezione che non pu darsi decisiva rilevanza, ai fini della perfezione della fattispecie, alla pronuncia di un provvedimento che incide, sulla vita stessa della societ accertata, giacch - il fallimento non estingue il contratto di societ, ma ne determina soltanto lo scioglimento: la societ cio continua a vivere, sia pure ai fini della liquidazione concorsuale ed in ci risiede 'il fondamento dell'obbligo di registrazione cui va incontro il curatore sia per quanto concerne l'imposta fissa sulla sentenza che per l'imposta di titolo. Si colloca perfettamente nel quadro dell'indirizzo accolto, la giurisprudenza di questo S.C., la quale ha in materia statuito che la tariffa applicabile quella vigente al momento della sentenza enunciante e non quella che esiste all'atto della costituzione della societ (Cass. 12 no PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 319 veinbre 1965 n. 2387) e che la prescrizione del credito d'imposta decorre solo dalla enunciazione (Cass. 20 giugno 1969 n. 2175). In conclusione, cos come l'imposta fissa sulla sentenza di fallimento, l'imposta di titolo sulla enunciazione della societ di fatto costituisce una spesa che il fallimento ha l'onere di subire per lo svolgimento della procedura fallimentare perch gli effetti giuridici che conseguono al fallimento della societ di fatto possano espandersi in tutta la loro ampiezza. In quanto tale, essa una spesa per cui l'art. 91 L.F. consente, in mancanza del danaro occorrente nell'attivo fallimentare, la prenotazione a debito e quindi la prededuzione prevista dall'art. 111 n. 1. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 marzo 1977, n. 1039 -Pres. Rossi Est. Falcone -P. M. La Valva (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Freni) c. Chiussi (avv. Romano). Imposta di registro Prescrizione Interruzione Ricorso alla Com missione Effetto dell'interruzione fino al passaggio in giudicato della decisione in relazione a tutti i mezzi di impugnazione. (r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269, art. 140, 141 e 143; e.e. art. 2943; r.d. 7 agosto 1936, art. 29). La prescrizione interrotta a norma dell'art. 140 dell'abrogata legge di registro, dal ricorso del contribuente, non corre (rimane sospesa) fino al passaggio in giudicato della decisione della Commissione; di conseguenza il ricorso contro l'accertamento di valore interrompe la prescrizione con effetto fino al decorso di sei mesi dalla notificazione della decisione della commissione provinciale impugnabile ex art. 29 terza comma del d.l. 7 agosto 1936 n. 1639 (1). (Omissis). -Ritenuta l'ammissibilit del ricorso, occorre passare all'esame del primo motivo, con il qua_le l'amministrazione, censurando la sentenza denunziata per avere fatto coincidere l'inizio del termine di prescrizione, dopo l'interruzione verificatasi per effetto del procedimento (1) Pu dirsi pacifica l'affermazione che, a seguito della riforma dell'ordinamento del contenzioso attuata con il d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, l'effetto interruttivo durevofe dalla prescrizione (art. 2943 e.e.) va riconosciuto sia al ricorso alla commissione, sia alla domanda giudiziale sia anche, nei casi in cui ancora consentito, al ricorso amministrativo vero e proprio (v. C. BAFILE, Considerazioni sull'interruzione della prescrizione sulle imposte indirette, in questa Rassegna, 1969, I, 280). L'affermazione della decisione in nota che l'art. 141 sia, al pari dell'art. 143, da considerarsi abrogato sembra eccessiva, non tanto perch i ricorsi amministrativi non sono spariti dall'ordinamento (specie per imposte diverse per le quali valgono come principi generali le norme della legge di registro: RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 320 promosso dal contribuente dinanzi alle commissioni tributarie, con la data di notificazione della decisione della commissione provinciale in sede di valutazione, sostiene che tale decorrenza deve essere, invece, fissata nel momento in cui la decisione stessa passa in giudicato (art. 2945, secondo comma, cod. civ.). Questa censura fondata. Non pu essere revocato in dubbio che i giudici di appello, pur senza compiervi esplicito riferimento, hanno ritenuto di dover fare applicazione del primo comma dell'art. 141 del R.D. 30 dicembre 1923 n. 3269, il quale, dopo aver disposto che la domanda del contribuente in via amministrativa sia per rimborso di tassa, sia per opposizione a richiesta di tassa complementare o suppletiva, interrompe la prescrizione in favore di entrambe le parti, detta la norma secondo cui la prescnz1one rimane sospesa fino a che l'amministrazione finanziaria non abbia notificato al ricorrente la propria decisione. Orbene, utile ricordare che quest'ultima norma fu introdotta nel R.D. 3269 del 1923 per colmare una lacuna rilevata nel corrispondente art. 131 del T.U. 20 maggio 1897 n. 217, lacuna che aveva dato luogo ad incertezze giurisprudenziali essendosi in un primo tempo ritenuto che col decorso del biennio (termine allora previsto per la prescrizione dell'imposta di registro artt. 126-127) dalla presentazione del ricorso da parte del contribuente, la prescrizione si sarebbe compiuta anche se sul ricorso stesso non fosse stato provveduto, ed essendo stato, successivamente, affermato il diverso principio che l'interruzione della prescrizione prodotta dal 'ricorso (in via amministrativa) durava fino all'emanazione della decisione . Questa affermazione venne giustificata, facendo richiamo alla regola actiones semel deductae in judicio salvae permanent con il rilievo che non poteva accogliersi in principio che consentisse alla finanza di eccepire la prescrizione quando essa stessa aveva lasciato trascorrere il biennio senza decidere il ricorso. L'effetto interruttivo fino alla notificazione della decisione, fu quindi, espressamente previsto con riferimento al ricorso amministrativo, quale Cass. 28 maggio 1966, n. 1396 e 26 agosto 1971, n. 2582, ivi, 1966, I, 693 e 1971, I, 1467), ma anche perch il particolare effetto del ricorso del contribuente definito nell'art. 141 (interruzione a favore di ambedue le parti estesa a tutta la materia tassabile) non venuto meno, ma si trasferito al ricorso giurisdizionale. Pi che di abrogazione dell'art. 141 deve parlarsi di assorbimento o unificazione degli artt. 140 e 141 in relazione al ricorso giurisdizionale. Esattissima la precisazione che la prescrizione interrotta non corre fino al passaggio in giudicato della decisione da determinare in relazione a tutti i mezzi di impugnazione possibili, e quindi anche al ricorso ex art. 29, terzo comma, del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, per il quale vale il termine di sei mesi dalla notificazione della decisione. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 321 veniva disciplinato dall'art. 141 e dal successivo art. 143 del R.D. 30 dicembre 1923 n. 3269. Consegue che, con la sostituzione del ricorso alle commissioni tributarie a quello amministrativo, per effetto del R.D.L. 7 agosto 1936 n. 1639 del R.D. 8 luglio 1937 n. 1516, la disciplina posta dall'art. 141 deve ritenersi, per quanto interessa in questa sede, abrogata insieme con quella contenuta nell'art. 143 Ed, infatti, posto che alle commissioni tributarie stata riconosciuta, dalla costante giurisprudenza di questa Corte, la natura di organo giurisdizionale, deve ritenersi che gli effetti del ricorso alle commissioni, con il quale si instaurava un giudizio, non potevano non esser.e identici, ai fini della interruzione della prescrizione, a quelli attribuiti alla domanda giudiziale; e cio a quelli stabiliti dall'art. 140. Orbene, l'art. 140 detta, appunto, la regola invocata dalla amministrazione ricorrente -conforme a quella di carattere generale dell'art. 2943 cc -secondo la quale la prescrizione interrotta mediante domanda giudiziale rim?;me sospesa finch dura il giudizio promosso con la domanda, fino al momento, cio, in cui il giudizio pu proseguire ad iniziativa di una delle parti nella stessa od in una fase ulteriore. Nella specie, la notificazione della decisione della commissione provinciale in sede di valutazione, non poneva termine alla pendenza del procedimento, in quanto esso poteva proseguire in un'ulteriore fase di impugnazione. Non si dubita, infatti, che il ricorso al tribunale ammesso contro la decisione della commissione provinciale di valutazione, dal terzo comma dell'art. 29 del R.D. 7 agosto 1936 n. 1639, per difetto di calcolo ed errore di apprezzamento, rappresenti un mezzo di impugnazione di sola legittimit, sia pure limitato alla deducibilit dei motivi anzidetti (Cass. 14 marzo 1973 n. 721; 24 marzo 1974 n. 884; 8 maggio 1967 n. 896) e, che, pertanto (senza che sia qui necessario accennare ai rapporti di tale mezzo d'impugnazione con il ricorso per cassazione, a norma dell'art. 111 Costituzione, anche esso ammissibile contro le decisioni di cui si discute), soltanto il compimento del termine di sei mesi, decorrente dalla notificazione della decisione pronunziata sulla controversia, di cui all'art. 146 della legge di registro, fa passare in giudicato la decisione della commissione provinciale. Erroneamente, pertanto, la sentenza impugnata ha individuato il momento in cui l'effetto interruttivo della prescrizione verificatasi con la proposizione del ricorso' alle commissioni tributarie era cessato, e la prescrizione era ripresa a decorrere, nella data di notificazione della decisione della commissione provinciale (8 luglio 1960); invece che in quella, posteriore di sei mesi, in cui la decisione stessa era diventata definitiva perch non pi impugnabile (8 genn.io 1961). -(Omissis). 322. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 marzo 1977, n. 1184 -Pres. Caparoso Est. D'Orsi -P. M. Cutrupia (conf.) Braga c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cascino). Imposta di fabbricazione -Olii minerali Soggetto passivo Frode Autore della trasgressione diverso dal fabbricante ~:I!: obbligato per il tributo. . (d.l. 28 febbraio 1939, n. 334 artt. 12, 13, 18 e 23; d.1. 3 dicembre 1953 n. 878, art. 5). Imposta di fbbricazione Olii minerali Prescrizione trentennale in caso di frode Prescrizfone del reato Irrilevanza. (d.1. 28 febbraio 1939 n. 334, art. 19). Se di norma soggetto passivo dell'imposta di fabbricazione sugli olii minerali il fabbricante, tuttavia, nei casi di frode, soggetto passivo pu essere chiunque (commerciante o anche consumatore) commette una trasgressione sanzionata (1). La prescrizione trentennale dell'imposta di fabbricazione sugli olii minerali nell'ipotesi di frode non infiuenzata dalla dichiarazione di prescrizione del reato (2). (Omissis). -Con il primo mezzo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 13, 18 e 23 del r. decreto legge 28 febbraio 1939 n. 334 e dell'arL 5 del D.L. 3 dicembre 1953 n. 878 (conv. in legge 31 gennaio 1954 i;i. 2) in relazione all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ. e, partendo dalla premessa 'che il loro dante causa Ezio Braga non era un fabbricante di prodotti petroliferi, ma soltanto il consigliere di amministra (1-2) Massime di evidente esattezza. L'inadempimento del fabbricante non esonera gli altri soggetti che abbiano commerciato o utilizzato in frode i prodotti sottratti al normale procedimento di accertamento all'origine, dal pagamento del tributo (e della connessa sanzione penale). Nell'ipotesi inversa di abusiva destinazione dei prodotti ad un uso diverso da quello in vista del quale erano stati estratti dalb stabilimento in esenzione o con aliquota agevolata ad opera di soggetti diversi dal fabbricante o (anche a sua insaputa o contro la sua volont) anche il fabbricante risponde del tributo (v. Relazione Avv. Stato, 1970-75, II, 909). La prescrizione dell'imposta, per l'espressa norma dell'art. 19 del d.l. 28 febbraio 1939, n. 334, indipendente dalla prescrizione del reato; non sembra, pertanto, possa essere rilevante la distinzione tra prescrizione del reato e prescrizione dell'azione penale. Si deve invece precisare che, in base all'ultimo comma del menzionato art. 19, la promozione dell'azione penale interrompe la prescrizione del tributo fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il processo penale, anche se di proscioglimento e che in base ai fatti accertati nel giudizio penale, anche se non costituenti reato, pu essere sempre accertato l'obbligo tributario (Cass. 15 gennaio 1973, n. 177 e 17 aprile 1973, n. 1104, in questa Rassegna 1973, I, 403 e 1974, I, 216). PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA zione di una societ che si dedicav~ al commercio dei prodotti stessi, sostengono che soggetto passivo dell'imposta di fabbricazione sui prodotti petroliferi esclusivamente il fabbricante. Ci risulterebbe dal r. decreto 28 febbraio 1939 n. 334 (convertito in legge 2 giugno 1939 n. 739) e dal concorde indirizzo della giurisprudenza e della dottrina. Erroneamente la Corte d'appello, per far gravare l'imposta sul Braga, avrebbe fatto riferimento all'art. 13 del suddetto decreto legge, perch tale articolo si riferirebbe ai depositi fiduciari (ipotesi non ricorrente nel caso in esame) e la Corte d'appello, richiamando tale articolo e l'art. 18, avrebbe finito per ritenere soggetto passivo dell'imposta di fabbricazione sui prodotti petroliferi qualsiasi commerciante avente depositi di carburante e di olii minerali. N la pretesa d'imposta poteva esser fondata sull'art. 23, prevedente l'ipotesi di reato per evasione dell'imposta medesima, in quanto anche tale articolo farebbe riferimento esclusivamente al fabbricante e l'inciso, che la pena viene comminata indipendentemente dal pagamento del l'imposta evasa, non sarebbe sufficiente a far diventare debitore d'imposta chi gi non lo sia. Il mezzo infondato. La Corte d'appello partita dalla premessa che in materia di imposta di fabbricazione non sempre il soggetto passivo dell'imposta medesima si identifica col fabbricante ed ha ricordato l'art. 13 secondo cui, allorquando i prodotti soggetti ad imposta sono in deposito negli appositi magazzini e serbatoi delle ditte che ne esercitano il commercio, il tributo viene corrisposto dalle stesse ditte commerciali a misura che i prodotti petroliferi vengono estratti per il consumo (e non pi dal fabbricante). Ha poi aggiunto che l'obbligazione tributaria non muta natura qualora non venga volontariamente adempiuta (costituisca o no l'evasione una ipotesi di reato) ed ha ricordato che ai sensi dell'art. 18 della legge 7 gennaio 1929 n. 4, in tema di repressione delle violazioni delle leggi finanziarie, se il contravventore debba rispondere, oltre che della contravvenzione, anche del pagamento del tributo, l'autorit finanziaria pu procedere alla riscossione del tributo medesimo, senza attendere l'esito del giudizio penale. Ha, quindi, osservato che la possibilit prevista dalla legge che i prodotti petroliferi siano estratti in esenzione del tributo per particolari impieghi, fa s che il soggetto passivo dell'imposta possa talvolta essere identificato addirittura nel consumatore e, in genere, in chiunque arbitrariamente muti la destinazione del prodotto agevolato, risolvendosi l'immutazione in un fatto nuovo, che determina il sorgere della obbligazione tributaria. Applicando questi principi al caso in esame ha conclusivamente ritenuto che, come appariva precisato nell'ingiunzione fiscale, attraverso il richiamo della sentenza 11 aprile 1964 del Giudice istruttore di Varese RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e dei processi verbali della polizia tributaria, ricorreva l'iptesi della sottrazione di prodotti petroliferi al pagamento della relativa imposta di fabbricazione (dovuta in L. 120.593.910) e il soggetto passivo della imposta ben poteva esere identificato nel Braga, che, in concorso con persone rimaste ignote e con pi l:;\Zioni esecutive del medesimo disegno criminoso, aveva perpetrato detta sottrazione, approfittando della sua qualit di consigliere delegato della s.p.a. SAB avente depositi di carburante e di olii minerali in Varese ed esercente il commercio di prodotti petroliferi in genere attraverso la societ SABOIL anch'essa di Varese. Ora. questo ragionamento appare scevro .di errori di diritto e immune da vizi logici, per quanto riguarda la valutazione di fatto. La tesi che debitore d'imposta sarebbe solo e sempre il fabbricante che costituisce il motivo portante della difesa dei ricorrenti -non pu essere condivisa nella sua assolutezza perch non pone alcuna differenza tra il normale svolgimento del rapporto tributario e quello anomalo costituito dalla frode attuata dal fabbricante o da altri. evidente, infatti, che un fabbricante del prodotto c' sempre; ma se il prodotto fabbricato clandestinamente viene rinvenuto nella fase di commercio, sarebbe contrario ad ogni principio logico e giuridico il ritenere che il commerciante, il quale, per la mancanza di documentazione idonea, a conoscenza dell'illecita provenienza del prodotto, possa, tacendo il nome del fabbricante, evitare che l'erario riscuota l'imposta di fabbricazione. Il principio che l'imposta di fabbricazione grava sul fabbricante in linea generale esatto; ma vale nel normale processo produttivo e commerciale e non nei casi di frode. Questa interpretazione risulta agevolmente da tutta la normativa del capo VIII del D.L. 28 febbraio 1939 n. 334, cos come modificato dapprima con il D.L. 3 dicembre 1953 n. 878 e poi con il D.L. 5 maggio 1957 n. 271. I relativi articoli che puniscono: a) chi fabbrica o raffina clandestinamente gli olii minerali e derivati; b) chi con qualunque mezzo sottrae i prodotti petroliferi all'accertamento o al pagamento dell'imposta; e) chi destina i prodotti stessi ad usi diversi da quelli previsti nelle tabelle A e B allegate alla legge; d) chi miscela prodotti petroliferi liberi da tributo per ottenere altri prodotti petroliferi non esenti o comunque soggetti ad aliquota d'imposta superiore a quella assolta su una qualsiasi delle sostanze impiegate nella miscela, comminano in ogni ipotesi la pena, indipendentemente dal pagamento dell'imposta evasa. Essi, cio, in tutti questi casi d'imposta non pagata (o corrisposta in misura inferiore) creano debitore d'imposta colui che stato scoperto come autore della trasgressione. E se i trasgressori sono pi, tutti rispondono dell'imposta.. Ciascuno dei suddetti articoli usa il termine chiun PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 325 que proprio per indicare che imposta e pena fanno capo al trasgressore, indipendentemente dalla sua veste. E del resto un principio simile si trova anche nella legge doganale, in cui, assorbendosi nella multa il tributo evaso, sono solidalmente responsabili tutti coloro, cui direttamente o indirettamente, pu ricollegarsi il fatto di contrabbando (art. 136, 137 legge 25 settembre 1940, n. 1424). L'interpretazione dell'art. 23 propugnata dai ricorrenti nel senso che la condanna (del non fabbricante, che abbia con qualunque mezzo sottratto prodotti petroliferi al pagamento dell'imposta di fabbricazione) non assorbe il pagamento dell'imposta; ma che l'imposta deve essere sempre corrisposta dal fabbricante, (se e quando verr scoperto) , adunque, esatta solo nella prima parte e cio, che il pagamento della multa non assorbe l'imposta; ma non nella seconda. Con il secondo mezzo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell'art. 19 del r. decreto legge 28 febbraio 1939 n. 334 e dell'art. 157 cod. pen., in relazione all'art. 360, n. 3 cod. proc. civ. e sostengono che la declaratoria del Giudice istruttore penale di non doversi procedere per prescrizione, avrebbe fatto venir meno anche la pretesa tributaria, perch nel vige)1te codice penale la prescrizione riguarderebbe il reato (e non l'azione penale), di talch, prescritto il reato, sarebbe venuto meno qualsiasi effetto ad esso ricollegabile. Il mezzo infondato. La Corte d'appello ha precisato in proposito che la declaratoria di non doversi procedere nei confronti del Braga, per essersi il reato ascrittogli estinto per prescrizione, non poteva invalidare la pretesa dell'Amministrazione finanziaria, stante che a norma dell'art. 19 del r. decreto legge 28 febbraio 1939 n. 334 (convertito in legge 2 giugno 1939 n. 739) il diritto alla percezione dell'imposta si prescrive in trent'anni in caso di frode e resta integro anche se sia prescritta l'azione penale. Cos decidendo la Corte d'appello ha fatto corretta applicazione del suddetto articolo 19. La norma, com' di tutta evidenza, pone una distinzione tra prescrizione dell'imposta (in caso di frode) e prescrizione dell'azione penale stabilendo i termini diversi. La prima si prescrive in trent'anni e, siccome il verbale di accertamento del 1961 e le violazioni non sono anteriori al 30 maggio 1956, il termine. non ancora decorso. La tesi dei ricorrenti, secondo cui, investendo la prescrizione il reato (e non l'azione penale), una volta maturata la prescrizione penale, sarebbe venuto meno il fatto stesso, cui ricollegata l'imposizione tributaria, non pu essere seguita. In primo luogo essa contrasta con il testo della norma. Questa, parlando di azione penale prescritta e di permanenza del diritto dello Stato alla riscossione del tributo e fissando per la prescrizione del tributo ter- IO 326 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO mini distinti, a seconda che la mancata imposizione sia stata o meno dovuta a frode del contribuente, dimostra che Il legislatore ha regolato la materia tributaria indipendentemente da quella penale, di talch non resta spazio all'interprete per operare assimilazioni chiaramente escluse. Aggiungasi che la legge in questione posteriore di vari anni al vigente codice penale, che, superando le dispute sorte in dottrina sotto il codice penale del 1889 (che nell'art. 91 parlava di prescrizione dell'azione penale) ha (parlando di prescrizione del reato, art. 157) seguito l'indirizzo dottrinario prevalente, che attribuisce alla prescrizione natura sostanziale. Se, dunque, il legislatore del r. decreto legge del 1939 torn a parlare di prescrizione dell'azione penale, lo fece proprio per chiarire che venuta meno la rilevanza penale del fatto per il decorso del tempo, non era venuto meno il fatto storico nei suoi aspetti tributari. E del resto il principio che anche in materia penale il reato prescritto continua a dover essere considerato per effetti diversi da quelli punitivi, non pu essere contestato e, in proposito vengono addotti come esempi della dottrina le norme del 1 e 3 comma dell'art. 170 cod. pen., secondo cui il reato prescritto pu essere accertato dal giudice nel caso sia il presupposto di un altro reato, oppure ai fini dell'aggravamento della pena, quando sia connesso ad altro reato. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 aprile 1977, n. 1576 -Pres. Mirabelli Est. Battimelli -P. M. La Valva (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Sacchetto) c. De Giorgio. Imposte e tasse in genere -Imposta sul valore globale -Autonomia dalla imposta di registro e di successione -Prescrizione -Atti interruttivi relativi alla imposta di registro e di successione -Estensione degli effetti all'imposta sul valore globale -Esclusione. (d.!. 8 marzo 1945 n. 90, artt. 6, 9 e 11). L'imposta sul valore globale dei beni trasferiti per successione e donazione, una imposta reale del tutto autonoma dalla imposta di successione e di registro relativa al trasferimentp; conseguentemente gli atti interruttivi della prescrizione relativi alla imposta sul trasferimento (di registro e di successione) non estendono gli effetti all'imposta sul valore globale (1). (1) La massima non pu essere condivisa. L'autonomia dell'imposta sul valore globale un dato ormai pacifico (Cass. 20 maggio 1976, n. 1804, in questa Rassegna, 1976, I, 803); non sembra tuttavia che possa affermarsi che l'imposta sul valore globale trova nel trasferimento a titolo gratuito non la sua ragion d'essere ma solo I' occasione per la tassazione di un patrimonio e che il PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 327 (Omissis). -Premesso, infatti, che erroneamente la ricorrente Amministrazione attribuisce alla sentenza impugnata una contraddittoriet di motivazione, per aver prima qualificato come supplemento di imposta la somma richiesta con la seconda ingiunzione fiscale e per aver poi, nonostante ci, ritenuto di dover estendere alla pretesa relativa a tale supplemento l'interruzione della prescrizione verificatasi a seguito della prima ingiunzione (in quanto la Corte di merito non ha affatto qualificato come supplementare la seconda imposta richiesta, ma ha testualmente detto che fu in seguito liquidata anche l'imposta sul valore globale, non ha qualificato come suppletiva la seconda ingiunzione ed ha espressamente escluso che potesse configurarsi un rapporto di supplementarit fra le due imposte), va osservato che l'impugnazione dell'Amministrazione si fonda su di una concezione dell'imposta sul valore globale e su di una interpretazione della giurisprudenza di questa Corte in materia di interruzione di prescrizione in relazione all'imposta di registro, che non possono essere accolte. A tal proposito, necessario chiarire che l'imposta sul valore globale, applicabile anche agli atti a titolo oneroso fra parenti ed affini entro un certo grado, per effetto di una presunzione di liberalit in contrasto col relativo atto costituisce solo la prova dell'esistenza di una base imponibile. L'imposta sul valore globale presuppone non solo l'esistenza di un patrimonio, ma anche il suo trasferimento (per successione o per donazione), s che si ricollega, non solo occasionalmente agli effetti giuridico-economici del titolo del trasferimento. Ci chiarito la completa unificazione del procedimento (art. 11 d.l. 8 marzo 1945, n. 90) per la liquidazione dell'imposta sul valore globale e quella di registro e di successione che d luogo ad unicit di atti (unica dichiarazione, unico accertamento, unica decisione) comporta la estensione degli effetti degli atti compiuti ad ambedue i tributi. Questa norma non dichiara soltanto applicabili le norme delle leggi di registro e di successione, ma unifica il procedimento, di conseguenza se a seguito di i.;mica dichiarazione si esegue un unico accertamento che vale per ambedue le imposte, non possono separarsi gli effetti intermttivi di questi atti, specie se si considera che solo a seguito dell'accertamento possono risultare superati i limiti di valore dai quali emerge l'obbligazione per l'imposta sul valore globale. Quando poi, come nel caso, l'imposta sul valore globale dovuta su atto tra vivi apparentemente a titolo oneroso che l'ufficio pretende a titolo gratuito perch stipulato tra prossimi congiunti, la pretesa (contestata) di pagamento dell'imposta progressiva di registro che implica l'accertamenfo della natura gratuita o onerosa del negozio (se sia o no superata la presunzione dell'art. 5) addirittura pregiudiziale all'obbligazione di imposta sul valore globale. Inoltre applicando all'imposta sul valore globale le disposizioni delle leggi di registro e di successione relative alla prescrizione, sono da applicare anche quelle (art. 140 e 141 legge di registro, 89 e 90 legge sulle successioni) che affermano la regola che l'interruzione della prescrizione si estende a tutta la materia tassabile; e non pu dubitarsi che l'imposta sul valore globale sia materia tassabile direttamente inerente al trasferimento (per successione o per atto fra vivi). 328; RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO contenuto dell'atto, un'imposta di natura reale, non personale, come risulta, a tacer d'altro, dal fatto che detta imposta, quando applicata in occasione di successioni mortis causa, si commisura sull'intero valore dell'asse ereditario e non su quello delle singole quote e legati (il che comporta una esasperazione, fra l'altro, del principio della progressivit, incidendo sulla capacit contributiva dei beneficiati, qualora pi di uno di essi concorra alia ripartizione dell'asse ereditario), che il relativo debito di imposta si configura come debito della massa (ed quindi deducibile dall'attivo ereditario ai fini dell'imposta di successione) e che non si fa luogo ad imposizione qualora il valore dell'asse sia inferiore ad una certa cifra. Il carattere di realit dell'imposta, da configurarsi come imposta patrimoniale, che colpisce la ricchezza del de cuius al momento dell'apertura della successione, confermato, anche a proposito di tassazione di donazione o di atti di liberalit presunti, dal fatto che, per l'applicazione dell'imposta medesima, si tiene conto non solo del patrimonio relitto, ma altres degli atti di liberalit in precedenza compiuti, ossia anche delle donazioni: con la conseguenza che anche queste ultime (e cos pure le liberalit presunte) sono sottoposte al pagamento dell'imposta, al momento in cui vengono poste in essere, ma tale pagamento non esaurisce la pretesa fiscale. Al momento dell'apertura della successione, infatti, la materia imponibile determinata effettuando la collazione delle donazioni, applicando sull'intero asse cos determinato la relativa imposta progressiva e poi ripartendo il carico di imposta, proporzionalmente, fra tutti i beneficiati, salva compensazione con l'ammontare dell'imposta gi pagata al momento della tassazione delle donazioni. Ne consegue che la tassazione degli atti di liberalit i fini dell'imposta sul valore globale costituisce nient'altro che una tassazione anticipata dell'asse ereditario futuro, tassazione che non libera completamente il debitore di imposta, il quale rimane soggetto all'eventuale richiesta di ulteriore imposta al momento dell'applicazione dell'imposta medesima sul futuro asse ereditario. Se questi sono i caratteri dell'imposta, ne consegue che essa non affatto una imposta d'atto, una imposta, cio, la cui percezione conseguenza immediata della registrazione di un determinato atto (come lo l'imposta di registro, che, seppure colpisce indirettamente la ricchezza, tuttavia ha per oggetto diretto gli effetti che discendono da un determinato atto sottoposto a registrazione, con la conseguenza che, in mancanza di registrazione, il trasferimento di ricchezza che viene posto in essere sottratto alla tassazione); ma un'imposta di tutt'altra natura, che trova nell'atto di donazione sottoposto a registrazione non la ragion d'essere della sua applicazione, bens unicamente l'occasione per la tassazione anticipata e provvisoria di Ui1 patrimonio la cui effettiva consistenza sar valutata e tassata solo in un secondo momento. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 329 Dalla qui affermata autonomia dell'imposta sul valore globale rispetto a quella di registro consegue che l'imposta di cui si discute nel presente giudizio non pu, contrariamente a quanto ritenuto dall'Amministrazione delle Finanze, essere qualificata come supplementare rispetto all'imposta di registro percepita al momento della registrazione (imposta proporzionale) o a quella, ugualmente di registro, richiesta con la prima ingiunzione (imposta progressiva), in quanto, seppure vero che all'imposta globale si applica, quanto alla sua riscossione, la normativa dell'imposta di registro, ci non comporta (anzi esclude, come dimostra proprio il fatto che si sia ritenuta necessaria un'apposita previsione normativa in tal senso) che l'estensione all'imposta globale dei principi vigenti in tema di riscossione di imposta di registro significhi che la prima costituisca una ulteriore esplicazione della seconda; con la conseguenza che l'imposta globale non percepita al momento della registrazione e successivamente pretesa non pu essere considerata come un supplemento dell'imposta di registro, con aut9matica estensione ad essa di tutte le conseguenze di una imposizione suppletiva. Ci perch la legge di registro prevede come supplementari sempre e soltanto le imposte di registro, non qualsiasi ulteriore pretesa di imposta nascente o occasionata dalla registrazione, e perch la natura dell'imposta globale tale che per essa non prevedibile un'ipotesi di ta_ssazione supplementare in aggiunta a quella principale, bens, al massimo, una tassazione complementare. Dai principi anzidetti discende l'infondatezza del ricorso dell'amministrazione, basato sull'inaccettabile presupposto che dalla registrazione in quanto tale, derivi un unico complesso rapporto tributario, che comprende non solo l'imposta di registro, ma anche eventuali altre imposte. Dalla registrazione in quanto tale, infatti, deriva l'unico rapporto tributario attinente all'imposta di registro (in qualsiasi modo essa possa colpire tutti gli effetti dell'atto, il che per un altro aspetto della questione), mentre, in occasione della registrazione, pu essere azionata altra pretesa fiscale, che trovi la sua ragion d'essere non direttamente dagli effetti giuridico-economici dell'atto registrato, ma dalla prova, risultante dall'atto, della esistenza di una diversa base imponibile (nel caso dell'imposta sul valore globale, dell'esistenza di un determinato patrimonio). Pertanto, l'interruzione dei termini della prescrizione del diritto dell'Amministrazione a percepire l'imposta di registro, ossia la possibilit, per l'Amministrazione, di esplicare ulteriori pretese fiscali su altri effetti dell'atto, non tassati al momento della registrazione per errore dell'ufficio, non comporta, per ci solo, l'interruzione della prescrizione di un diritto diverso, relativo ad altro tipo di imposta, svincolata, nei suoi presupposti, dai suddetti effetti giuridico-economici dell'atto in questione: trattandosi 330 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO appunto, contrariamente a quanto affermato dall'Amministrazione ricorrente, non gi di un unico rapporto tributario nascente' dall'atto, bens .di due rapporti diversi, vige il principio secondo cui ab actione ad actionem non fit interruptio , per cui l'interruzione della prescrizione in relazione all'imposta di registro in genere non pu valere come interruzione della prescrizione di un diritto diverso, quale quello alla percezione dell'imposta sul valore globale. N queste conclusioni, contrariamente a quanto ritenuto dal ricor rente, che ha invocato un consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte in materia di estensione dell'efficacia dell'atto interruttivo della prescrizione dell'imposta di registro, sono in contrasto con l'orien tamento suddetto. Premesso infatti che la norma dell'art. 140 della legge di registro del 1923 intesa a disciplinare la prescrizione dell'imposta di registro, non di altre imposte a questa connessa, e che l'estensione di questa normativa all'imposta sul valore globale non pu significare altro che anche in materia di imposta globale si applicano, quanto all'interru zione della prescrizione, gli stessi principi, e non gi che le sorti in con creto della prescrizione di una delle due imposte si estendono alla pre scrizione dell'altra, va ossetvato che la giurisprudenza invocata dal ricor rente nel senso che, una volta interrotta la prescrizione per la pretesa fiscale derivante da uno degli effetti giuridico-economici dell'atto regi strato, tale interruzione si estende anche alla pretesa fiscale che abbia per oggetto uno o pi altri effetti del medesimo atto (ai fini dell'imposta di registro), che siano sfuggiti all'originaria tassazione. Ci una conse guenza del principio generale secondo cui l'imposta colpisce tutto l'atto (ossia tutti gli effetti che ne discendono per i contraenti), per cui, seppure l'atto sia stato presentato alla registrazione e sottoposto a tassazione per uno dei suoi effetti, esso pu sempre essere nuovamente tassato per un effetto diverso, oppre per una diversa qualificazione giuridica dell'effetto gi tassato: l'atto costituisce, cio, un'unitaria base imponibile, e la pre scrizione interrotta per una delle conseguenze di esso resta interrotta anche per le altre conseguenze sfuggite a tassazione: l'estensione dell'in terruzione, in sostanza, opera in presenza di una pluralit di disposizioni, tutte sottoposte alla medesima imposta che siano contenute in un unico atto. Ma allorquando, come nel caso di specie, si tratti non gi di una plu ralit di disposizioni e di effetti giuridici sottoposti alla medesima impo sta, bens di un'unica disposizione che dia origine a due imposte diverse, ognuna delle due pretese tributarie soggetta alla vita sua propria; anche agli effetti della prescrizione, e le vicende di un rapporto non possono inter ferire nelle vicende dell'altro, qualora questo trovi la sua giustificazione non in uno degli effetti che la convenzione contenuta nell'atto produce per tutti o per qualcuno dei contraenti, bens in una base imponibile completamente svincolata e indipendente da tali effetti. -(Omissis). I I . if {, ~ ! r: !f: 1 I f f ! f I 1 ! SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 gennaio 1977, n. 73 -Pres. Novelli Est. Falletti -P. M. Morozzo -Ministeri del tesoro e dei trasporti e dell'aviazione civile (avv. Stato Chiarotti) c. S.p.A. Ferrovie Torino Nord (avv. Stato Lorenzoni). Arbitrato Lodo Impugnazione per nullit Motivi di impugnazione Oggetto del compromesso Valutazione di beni Applicazione di un criterio non previsto Omessa pronunzia sull'oggetto del com promesso Insussistenza. (Cod. proc. civ., art. 849 comma primo, n. 4). Se il concessionario d'una ferrovia dichiarato decaduto propone giudizio arbitrale per ottenere la corresponsione del compenso dovuto a termini della convenzione per le opere e le provviste eseguite e l'Amministrazione eccepisce che la determinazione del compenso debba avvenire non solo alla stregua dei criteri stabiliti dalla convenzione, ma anche di quelli previsti in via generale dall'art. 15 del R.D.L. 2 agosto 1929, n. 2150, in tema di concessioni di ferrovie, l'oggetto del compromesso va individuato nel valore da attribuirsi alle opere e provviste della ferrovia, essendo questo l'oggetto finale della pronunzia. Pertanto, l'assunto che il lodo abbia determinato il valore in base ad un criterio diverso da quello che in ipotesi avrebbe dovuto esser applicato, si risolve nella postulazione di uri errar in judicando, che investe il modo della decisione della controversia, e non di un errar in procedendo, cui d invece luogo l'omessa pronunzia sull'oggetto del compromesso (1). (Omissis). -Col primo motivo le amministrazioni ricorrenti lamentano che erroneamente la corte di appello ha.escluso che gli arbitri, applicando criteri di stima diversi da quelli stabiliti nella convenzione inter (1) La qualificazione come errores in procedendo dei vizi del lodo previsti come mezzi di impugnazione dall'art. 829, comma l, c.p.c. in giurisprudenza pacifica: sul punto, cfr. Cass. 21 marzo 1969, n. 899, Giust. civ. Rep. 1969, compromesso e arbitrato, 81; Cass. 15 novembre 1967, n. 2737, Giur. it. 1969, I, 1, 158, nonch, con riguardo ad un caso di omessa pronunzia, Cass. 9 ottobre 1971, n. 2791, Riv. leg. fisc. 1971, 433; amplius, Relaz. Avv. Stato 1971-1975, III, n. 386, pag. 321 e segg.; e L'appalto, Rassegna di giurisprudenza commentata a cura di G. Jannuzzi e G. Trotta, Milano, 1974, II, pag. 1146 e seguenti. In dottrina, cfr., SATTA, Commentario al codice di procedura civile, Milano, 1971, IV, 2, sub art. 829, pag. 333 e seguenti. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 332 partes , abbiano esorbitato dai limiti della clausola compromissoria (violazione dell'art. 829 n. 4 c.p.c.). La censura non fondata. Nella specie oggetto della controversia devoluta agli arbitri era il valore da attribuirsi alle opere e provviste della ferrovia, cio la deterI minazione del compenso correlativamente dovuto alla societ conces I sionaria, a seguito della sua decadenza dalla concessione. I criteri che a tale scopo gli arbitri dovevano applicare costituivano non l'oggetto della controversia (nel senso precipuo e coincidente con cui l'art. 829 n. 4 cit. I definisce l'oggetto del compromesso), ma il modo della sua decisione, non l'oggetto finale della pronuncia, ma l'anteriorit logica e giuridica, il I tramite strumentale delle questioni attraverso le quali veniva ad esplicarsi il giudizio. Gli arbitri, come la corte di appello ha correttamente spiegato con diffusa illustrazione di questo concetto, hanno deciso tutta e soltanto la causa ad essi proposta, svolgendo appunto ed esaurendo il loro giudizio nella stima del valore anzidetto, e nella determinazione del conseguente compenso. Se nel procedere a questa pronuncia e nel risolvere le questioni inerenti, essi hanno respinto la tesi delle amministrazioni (secondo cui il testo dell'art. 16 della convenzione, a norma del quale doveva effettuarsi la stima, andava interpretato con l'apporto limitativo dei principi desumibili dall'art. 15 del r.d.l. n. 2150/1929), l'errore eventuale di questo giudizio, sia pure nel senso negativo del criterio cos disatteso, non consisterebbe in un'omissione di pronuncia (quale difetto estrinseco alla medesima per mancanza di attivit) ma in un vizio della pronuncia emanata, nel merito del suo contenuto: error in judicando , non error in procedendo . -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 febbraio 1977, n. 773 -Pres. Rossi Est. Zappulli -P. M. Raja (conf.) -La Rocca (avv. Bongiorno Pincitore) c. E.A..S. (avv. Stato Pierantozzi). Obbligazioni e contratti -Interpretazione del contratto -Appalto Appalto di opere pubbliche -Fattispecie. (Cod. civ., artt. 1361 e 1362). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Maggiori richieste dell'appaltatore Onere della tempestiva riserva -Forma -Equipollenti -Inammissibilit -Fattispecie in tema di ritardata consegna. (D.c.a. 6 luglio 1954: capitolato generale di appalto per le opere e le forniture finanziate dalla Cassa per il Mezzogiorno, art. 13, ultimo comma; r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36 e segg., 54 e segg. e 89). Le norme contrattuali debbono interpretarsi in connessione tra loro, attribuendo ad ognuna d'esse il senso che risulta dal loro complesso. Viola questa regola la sentenza che -interpretando un capitolato speciale PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 333 d'appalto che riserva all'ente appaltante la facolt di effettuare consegne parziali -nello stabilire se tale facolt escluda o no il rimborso dei conseguenti maggiori oneri o compensi per l'appalt(ltore, omette di valutare la norma di capitolato generale che, per il caso di consegne tardive e indipendentemente dalla loro legittimit, prevede la facolt dell'appaltatore di recedere dal contratto e, se questo non gli sia consentito, di formulare richieste per eventuali maggiori oneri dipendenti dal ritardo verificatosi successivamente all'istanza di recesso (1). Le riserve previste dal rego1amento per i lavori pubblici di cui al R.D. 25 maggio 1895, n. 350 sono condizione necessaria e determinante per l'ammissibilit di qualsiasi istanza dell'appaltatore per il rimborso di maggiori oneri, dipendenti o no da inadempienza del committente, e non possono n devono essere sostituite da altro atto equipollente. (Nel caso deciso, riguardante un contratto cui era applicabile il Capitolato generale per i lavori della Cassa per il Mezzagiorno del 6 luglio 1954 e nel quale l'Amministrazione s'era riservata la facolt di frazionare le consegne, si discuteva se l'appaltatore, per avere diritto al compenso dei maggiori oneri derivanti da consegne che assumeva avvenute in ritardo, oltre a formulare la riserva all'atto delle consegne, avesse dovuto in precedenza costituire in mora l'Amministrazione) (2). (1) Sulla prima parte della massima, cfr., fra le pi recenti decisioni, Cass. 8 febbraio 1974, n. 378, Giust. civ. Mass., 1974, 177 e Cass. 3 aprile 1970, n. 895, ivi, 1970, 493; sulla applicazione ai capitolati di appalto delle regole relative alla interpretazione dei contratti, cfr. Relaz. Avv. Stato 1971-1975, III, 217. (2) Ritardata consegna dei lavori e tutela degli interessi dell'appaltatore negli appalti pubblici. 1.1. -Il capitolato generale per gli appalti delle opere dipendenti dal Ministero dei lavori pubblici, approvato con il d.m. 28 maggio 1895, disciplinando la consegna dei lavori, si limitava a stabilire all'art. 14, primo comma, che la consegna dei lavori non poteva essere ritardata oltre tre mesi dall'approvazione del contratto, ma non disciplinava gli effetti del ritardo nella consegna dovuto a fatto dell'Amministrazione appaltante. Il nuovo capitolato generale, approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, dopo aver fissato il termine della consegna in 45 giorni dalla registrazione del decreto di approvazione del contratto (art. 10, comma primo), ha invece disciplinato gli effetti del ritardo ed ha attribuito all'appaltatore la facolt di domandare il recesso dal contratto con diritto al rimborso di determinate spese. Ha per riconosciuto affAmministra2:ione appaltante il potere di rifiutare lo scioglimento del rapporto, con la conseguenza che, se si proceda tardivamente alla consegna, l'appaltatore ha diritto ad un compenso per i maggiori oneri dipendenti dal ritardo (art. 10, comma ottavo). 1.2. -L'applicazione dell'art. 14 del d.m. 28 maggio 1895 ha dato luogo al problema della tutela degli interessi dell'appaltatore in presenza del protrarsi di una condotta omissiva dell'Amministrazione appaltante: interesse, di fronte al protrarsi del ritardo nella consegna, ad essere sciolto dall'obbligo di dare esecuzione al contratto; interesse, anche in caso di esecuzione del contratto, al risarcimento del danno cagionatogli dalla ritardata consegna. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 334 (Omissis). -Il ricorrente La Rocca ha censurato, nell'unico motivo del suo ricorso, la sentenza impugnata a) per violazione degli artt. 1362 e 1367 cod. civ. e degli artt. 34-65 del r.d. 25 maggio 1895, n. 350, sul regolamento per i lavori pubblici; b) per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo. Egli ha sostenuto che, nonostante la riserva contrattuale per la esecuzione di consegne parziali e ritardate da parte dell'ente committente di cui all'art. 20 del capitolato speciale, l'appaltatore aveva diritto, ai sensi dell'art. 13 del capitolato generale per le opere della Cassa del Mezzogiorno, in caso di tardiva consegna, al pagamento .dei maggiori oneri dipendenti dal ritardo, da richiedersi nelle modalit prescritte dal citato regolamento, cos come egli aveva fatto, e che era erronea, pertanto, l'applicazione fatta dalla corte di merito dei Sia nel primo c.aso (Cass. 23 gennaio 1931, n. 222, Giur. it., 1931, I, l, 340) sia nel secondo (Cass. 26 giugno 1976, n. 2395, Giust. civ., 1976, I, 1414) si ritenuto che il mancato rispetto del termine stabilito per la consegna dei lavori non valga per s a costituire il diritto dell'appaltatore alla risoluzione del contratto e/o al risarcimento dei danni e che sia all'uopo necessaria la costituzione in mora del creditore (art. 1217 cod. civ.). Nella seconda decisione, la Corte di cassazione ha osservato che non v' gi un problema di qualificazione del termine della consegna come ordinatorio o essenziale, giacch questo sorge con riguardo ai termini posti per le obbligazioni dedotte in contratto, quanto quello se per costituire in mora il creditore sufficiente la scadenza del termine o necessaria l'intimazione, giacch il comportamento cui tenuta l'Amministrazione appaltante va ricondotto alla figura della cooperazione, cui il creditore tenuto per rendere possibile l'adempimento da parte del debitore (sull'argomento, cfr., Relaz. 1971-1975, III, 226; L'Appalto, Rassegna di giurisprudenza commentata a cura di Carnevale e Ferrati, Milano, I, 633 e segg.). 1.3. -La formulazione dell'art. 10, comma ottavo, del d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 consente di escludere che il ritardo nella consegna dei lavori possa valere a fondare un diritto alla risoluzione del contratto ed al risarcimento dei danni (Trib. Roma 12 luglio 1973, Arb. App. 1974, 185); ma impone anche di escludere che, in presenza d'un ritardo nella consegna dovuto a fatto dell'Amministrazione, l'appaltatore sia tenuto a costituire in mora l'Amministrazione prima di poter utilmente dichiarare la propria volont di recedere dal contratto: ed invero la norma chiara nel ricollegare il sorgere della facolt di chiedere il recesso al decorso del termine stabilito per la consegna. Che una previa diffida non sia necessaria, si argomenta poi da quanto disposto per il caso di mancato accoglimento dell'istanza di recesso, da cui si desume che l'istanza ha la medesima funzione della diffida. L'ultima parte del comma ottavo dispone infatti che ove l'istanza dell'impresa non sia accolta e si proceda tardivamente alla consegna, l'appaltatore ha diritto ad un compenso per i maggiori oneri dipendenti dal ritardo. Il compenso cio dovuto solo se la consegna avvenga ancora dopo il decorso del termine che dovr essere assegnato all'Amministrazione per dichiarare se accetta o no lo scioglimento del contratto, non potendosi attribuire altro significato alla ripetizione della clausola della tardiva consegna, dopo quella se la consegna non avvenga nel termine stabilito>>, con cui il comma ottavo inizia. Con la conseguenza che il pregresso ritardo resta privo d rilevanza, avendo l'appalta i[ E PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 335 principi in materia di mora del creditore, che infine la sentenza era altres inficiata dalla violazione delle norme di legge sull'interpretazione dei contratti. L'ente resistente ha eccepito pregiudizialmente l'inammissibilit di questo motivo perch tenta inammissibilmente di sindacare nel merito le valutazioni del giudice di appello sul contenuto del contratto e sull'asserita inadempienza del committente. L'eccezione va disattesa perch il ricorrente ha lamentato la violazione delle norme di legge sull'interpretazione dei contratti, poste dagli artt. 1362-1367 cod. civ. per essere mancate l'indagine complessiva da parte di quel giudice sulle varie clausole richiamate, sia del capitolato speciale sia di quello generale per le opere tore mostrato di non attribuirvene, col non manifestare la sua volont di recedere dal contratto. D'altro canto, il diritto dell'appaltatore al rimborso delle spese in caso di scioglimento del contratto ed al compenso per i maggiori oneri in caso di esecuzione, per venir in essere, presuppongono un'ulteriore dichiarazione di volont dell'Amministrazione che, facendo seguito a quella con cui l'appaltatore chiede di recedere dal contratto, accoglie tale istanza o la rigetta (nel qual caso la dichiarazione potr trovare espressione anche nel silenzio mantenuto sulla domanda). Ne deriva che, in caso di mantenimento del contratto, il diritto al compenso per i maggiori oneri dipendenti dal ritardo nella consegna, se non presuppone la previa costituzione in mora, richiede che l'appaltatore abbia prima della consegna dichiarato di voler recedere dal contratto, dichiarazione che assolve alla stessa funzione della costituzione in mora e nel sistema strutturato dalla norma volta a consentire all'Amministrazione la scelta tra dare o no esecuzione al contratto, tra sopportare l'uno o l'altro tipo di onere connesso alle due soluzioni offertele. ' Ci che non evidentemente ammissibile che l'appaltatore non protesti la sua volont di recedere dal contratto e chieda, a consegna avvenuta, il pagamento del compenso per i maggiori oneri dipesi dal ritardo (cfr., sul punto, Cass. 26 giugno 1976, n. 2395, cit.). 1.4. -Da quanto si venuto dicendo emerge che il diritto dell'appaltatore al compenso per i maggiori oneri dipendenti dal ritardo, prima di poter essere esercitato deve essere venuto ad esistenza e ci richiede che se ne sia completata la fattispecie costitutiva; elemento di questa in ogni caso una previa dichiarazione dell'appaltatore (che, in capitolati che si rifacciano allo schema del vecchio capitolato generale per gli appalti dipendenti dal Ministero dei lavori pubblici, sar volta a porre in mora l'Amministrazione appaltante; in quelli che seguano lo schema del nuovo capitolato generale, sar volta a domandarle che consenta al recesso). Il diritto dell'appaltatore al compenso, una volta sorto, non sfugge all'applicazione della regola per cui la tempestiva riserva costituisce modo e tempo dell'esercizio d'ogni pretesa dell'appaltatore traente origine dal contratto (cfr. Relaz. 1971-1975, III, 287 e segg.: in particolare, ivi richiamate, Cass. 3 ottobre 1973, n. 2486, in questa Rassegna 1973, I, 981, e App. Roma 10 luglio 1972, Arb. app. 1974, 27); tanto pi che an e quantum della pretesa sono condizionati dal ritardo interposto dall'Amministrazione nell'operare la consegna dopo aver rifiutato il recesso all'appaltatore. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della Cassa del Mezzogiorno, nonch del regolamento per i contratti del Ministero dei Lavori Pubblici, richiamato nel capitolato speciale e applicabile per legge, e una loro interpretazione nella reciproca connessione, secondo le norme che regolano tale materia. Il motivo, ammissibile per tale suo contenuto, va riconosciuto fondato. La sentenza impugnata, infatti, motivata con la affermazione della applicabilit degli artt. 13 del capitolato generale e 20 e 23 del capitolato speciale concernenti la facolt dell'amministrazione concedente di eseguire le consegne in partite separate e le sospensioni per difficolt e impedimenti nella disponibilit dei terreni, e sulla conseguente conformit a tali norme del comportamento dell'ente nel valersi delle facolt concessegli, ma non ha collegato quelle medesime clausole contrattuali con l'ultimo comma La dichiarazione dell'appaltatore (di diffida o di recesso), inerente alla fase costitutiva del diritto non lo esonera cio da quella di esercizio del diritto stesso una volta costituito. Per converso, l'esercizio del diritto, che si attua con la riserva apposta in sede di consegna dei lavori, non risolve in s l'intera attivit richiesta all'appaltatore per manifestare il suo interesse ad ottenere un maggior compenso; l'atto di esercizio del diritto presuppone cio che questo sia sorto e dunque che l'appaltatore abbia manifestato il proprio interesse all'Amministrazione, prima che questa si sia determinata alla consegna. Un ultimo punto richiede d'essere considerato ed quello della forma della diffida ovvero della dichiarazione di recesso. Se si considera che la riserva da un lato individua una forma dall'altro il tempo della manifestazione della pretesa dell'appaltatore e se si osserva che l'una e l'altro si pongono in relazione con un atto volto a documentare un'operazione inerente al rapporto, appare chiaro che la diffida come la dichiarazione di recesso non hanno nella riserva la forma di manifestazione necessaria, mancando l'operazione e l'atto volto a documentarla. 2. -Le considerazioni svolte nella prima parte hanno avuto riguardo alla disciplina del ritardo nella consegna, nei contratti in cui per la consegna dei lavori sia previsto un solo termine. Ci si deve ora soffermare sulla fattispecie rappresentata dai contratti a consegne frazionate, dai contratti cio in cui sia previsto che la consegna venga fatta in pi parti (art. 10, ult. comma, r.d. 25 maggio 1895, n. 350; art. 10, penult. comma, d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063). In questi, salvo diversa disposizione del capitolato speciale, la data della consegna sar a tutti gli effetti (e perci anche agli effetti del tempo utile per la ultimazione dei lavori: artt. 34, comma primo, d.m. 28 maggio 1895 e 29, comma primo, d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063) quella dell'ultimo verbale di consegna e, in caso di urgenza, l'impresa potr cominciare i lavori anche parzialmente pei tratti gi consegnati. In rapporto alla disciplina degli effetti del ritardo, la fattispecie del contratto a consegne frazionate d luogo ad un solo rilevante problema: se sia ipotizzabile un interesse dell'appaltatore al rispetto di un ordine anche temporale nella consegna delle partite iniziale ed intermedie, s che, anche prima del decorso del termine stabilito per il completamento della consegna, egli possa denunziare all'Amministrazione appaltante la inosservanza dei termini in ipotesi fissati o comunque di tempi da considerare essenziali per la esecuzione del contratto da parte dell'appaltatore, non solo nel termine fissato per PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 337 del citato art. 13 del capitolato generale, del quale mancata ogni menzione e valutazione. Questo comma, invece, prevede espressamente per il caso di tardive consegne indipendentemente dalla loro legittimit, la facolt dell'appaltatore, di chiedere di recedere dal contratto, e qualora ci non gli sia consentito, di formulare, nei modi prescritti dal regolamento approvato con r.d. 25 maggio 1895, richieste per eventuali maggiori oneri dipendenti dal ritardo, verificatisi successivamente all'istanza di recesso. E tanto pi necessario appare l'esame di questa norma nella interpretazione complessiva delle condizioni del contratto in questione in quanto l'art. 54 terzo comma del citato regolamento pone espressamente a carico dell'appaltatore l'onere, per la tutela dei propri interessi e diritti, di esporre espressamente e tempestivamente nel registro di contabilit le sue riserve, precisando nel termine dei quindici giorni successivi le corri la ultimazione dei lavori, ma anche in corrispondenza degli oneri economici dallo stesso previsti per e~eguire la propria prestazione. La disciplina degli effetti del ritardo trova invece piena applicazione in rapporto alla . inosservanza del termine finale che pu dar luogo a due casi. Se prima del decorso di quel termine non sia stata eseguita alcuna consegna e dopo che il termine sia decorso l'appaltatore reagisca, il caso si riconduce senza residui a quello del contratto a unica consegna. Se l'esecuzione del contratto sia iniziata, l'applic.abilit della disciplina sul ritardo non pu incontrare ostacoli, essendo ammessa la possibilit di una solo parziale esecuzione del contratto (art. 345 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F) e richiedendo lo scioglimento del contratto il concorso della volont dell'Amministrazione. In questo caso non pu esservi ostacolo a ritenere che la dichiarazione di diffida o recesso assuma in concreto la forma della riserva; d'altro canto, una volta che l'appaltatore abbia chiesto di recedere dal contratto e l'Amministrazione non abbia accolto la domanda, la dichiarazione resta rilevante in rapporto a tutta la successiva attivit di consegna, anche se eseguita in modo frazionato. 3.1. Nel caso venuto all'esame della Corte di cassazione, il capitolato speciale, dopo aver stabilito il tempo utile per la ultimazione dei lavori correlandolo alla data del verbale di consegna, aveva riservato all'Amministrazione la facolt di operare consegne parziali, facendo in questo caso decorrere il tempo utile per la esecuzione dei lavori afferenti ad ogni consegna dalla data di questa. Il capitolato speciale, dunque, mentre obbligava l'appaltatore ad eseguire le singole partite di lavori ciascuna in un dato termine decorrente dalle diverse consegne, non disponeva n in ordine al termine finale della consegna n in ordine a quello iniziale. Sul termine della consegna disponeva il capitolato generale per le opere della Cassa per il Mezzogiorno del 6 luglio 1954, il cui art. 13 stabiliva che la consegna dei lavori dovesse farsi entro trenta giorni dalla stipulazione del contratto, previsione, questa, evidentemente non riferibile a contratti a consegne frazionate. L'ultimo comma dell'art. 13. del capitolato generale dettava poi una disciplina degli effetti del ritardo ordinata sulla richiesta di recesso e perci coincidente con quella poi introdotta dal capitolato generale dei lavori pubblici del 1962. Prevedendo il caso di mancato accoglimento dell'istanza di recesso, l'art. 13 disponeva che in caso di mancato accoglimento e di conseguente tardiva 11S1111111mmr111111111111111r11r11r11r11111111111111 338 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO "\ spondenti domande di indennit e indicando con precisione le cifre di compenso cui crede di avere diritto e le ragioni di ciascuna domanda. Pertanto, la corte di merito doveva prendere in esame anche quella clausola contenuta nell'ultimo comma del citato art. 13 del capitolato generale, in relazione pure alle norme del citato regolamento sulle riserve per maggiori oneri, per accertare se, ammesso il potere dell'ente committente di ritardare o suddividere le consegne dei lavori, fosse stato escluso o meno il rimborso dei conseguenti maggiori oneri e compensi per l'appaltatore. Al riguardo, nella sentenza di appello stato pure affermato che quelle riserve non potevano valere come intimazioni di messa in mora del committente per la sua mancata collaborazione in quanto formulate in occasione delle successive consegne dei lavori, i cui effetti venivano ad esaurirsi nel momento stesso nel quale veniva fatto il rilievo, ma non sollecitavano l'adempimento dell'onere. consegna, l'appaltatore pu formulare nei modi prescritti dal Regolamento approvato con r.d. 28 maggio 1895, n. 350 richieste per eventuali maggiori oneri dipendenti dal ritardo, verificatosi successivamente all'istanza di recesso. Emerge infine dalla sentenza che l'appaltatore, in occasione delle successive consegne dei lavori, aveva fatto iscrivere riserve nella contabilit. Dalla sentenza non risulta, invece, n se l'appaltatore, prima di ricevere le consegne, avesse chiesto di recedere dal contratto, n se i compensi richiesti concernessero anche la consegna dopo della quale per la prima volta era stato denunziato il ritardo mediante la riserva o solo le consegne successive alla prima. 3.2. -Il caso deciso dalla Corte di appello poneva evidentemente un primo problema: se, data la facolt dell'Amministrazione di eseguire la consegna in pi tempi e la ritenuta conseguente assenza di termini per la consegna, l'appaltatore poteva trovare tutela al proprio interesse a non rimanere indefinitamente vi:ncolato al contratto. La Corte di appello ha considerato che l'interesse dell'appaltatore era tutelabile, ma che allo scopo sarebbe occorsa .una messa in mora dell'Amministrazione mentre non potevano valere come messa in mora le riserve, perch ogni volta successive alla consegna. Il riferimento alla messa in mora anzich alla dichiarazione di recesso prevista dall'art. 13 del capitolato generale dimostra che la Corte di appello ritenne che nel caso, prima di poter chiedere di recedere dal contratto (ci che avrebbe presupposto la inosservanza di un termine), l'appaltatore avrebbe dovuto invitare l'Amministrazione ad operare la consegna. La Cassazione ha per contro ritenuto che, per stabilire la portata delle clausole del capitolato speciale che prevedevano la facolt di frazionare la consegna, non potesse prescindersi dalla considerazione della disposizione del capitolato generale relativa alla disciplina del ritardo nella consegna. 3. 3. -Postulata la necessit -quantomeno in via di ipotesi -di rapportare la fattispecie concreta alla disciplina dell'art. 13 del capitolato generale, sorgeva l'altro problema, se il modo in concreto seguito dall'appaltatore per far valere il proprio diritto al compenso fosse stato idoneo allo scopo. A questo riguardo la Cassazione ha osservato che l'art. 13 del capitolato richiamava il regolamento del 1895; che questo prevede quale unico e specifico PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 339 Ma, salva ogni questione sul diritto o meno ai maggiori compensi di cui al menzionato art. 13 del capitolato generale, va considerato che con riferimento all'ipotesi considerata, il citato art. 54 del regolamento del 1895, in esso richiamato, prevede quale unico e specifico mezzo, necessario e determinante per la tutela dei diritti ed interessi dell'appaltatore, la suddetta indicazione delle riserve nel registro di contabilit. Per queste ultime questa Suprema Corte ha affermato che esse non possono ({Ssere surrogate da fatti o atti equipollenti (Cass. 18 aprile 1975, n. 1458). , quindi, in contrasto con quell'art. 54 del regolamento l'addebito fatto dalla corte di merito all'appaltatore di aver espresso le proprie contestazioni sul comportamento dell'ente committente nelle riserve previste da tale norma invece che in un precedente atto di messa in mora, non mezzo, necessario e determinante per la tutela dei diritti ed interessi dell'appaltatore, la indicazione delle riserve nel registro di contabilit; che le riserve non possono essere surrogate da fatti o atti equipollenti; che era perci in contrasto con il regolamento del 1895 il rilievo negativo attribuito dalla Corte di appello al fatto che l'appaltatore avesse espresso le proprie contestazioni sul comportamento dell'ente committente nelle riserve anzich in un precedente atto di messa in mora, non previsto nel sistema posto da quel regolamento e comunque non idoneo a sostituirle. La portata di queste affermazioni va delimitata con riguardo alla fattispecie decisa. chiaro, infatti, ch l'art. 13, ult. comma, ult. alinea, del capitolato generale per le opere della Cassa del 6 luglio 1954 disciplina il modo in cui va fatta valere la pretesa al compenso per ritardo verificatosi successivamente all'istanza di recesso non accolta, disciplina cio il modo di esercizio di un diritto' che in tanto venuto in essere in quanto la consegna dei lavori viene dall'Amministrazione eseguita non dopo il solo decorso del termine, ma anche dopo che l'appaltatore ha chiesto di recedere dal contratto. La regola enunciata dalla Cassazione in sede di applicazione dell'art. 13 d'una disposizione che, come s' visto, ha la stessa portata dell'art. 10 del d.P.R. 16 luglio 1962 n. 1063 -va dunque intesa nel senso che nel sistema strutturato da questa norma, sul presupposto che nel suo ambito di applicazione ricada anche un contratto che dia facolt di eseguire consegne frazionate senza per queste fissare un termine, non vi sia posto anche per una costituzione in mora, essendo sufficiente una dichiarazione di recesso e le riserve successive a ogni consegna. Diversamente interpretata la decisione sarebbe chiaramente erronea. Ne deriva anche, in conformit dei principi esposti ai punti 1 e 2 e con riguardo al caso di specie, che non potrebbe dar luogo a compenso se non il maggior onere dipendente dalle consegne intervenute dopo la dichiarazione di recesso, se questa vi sia stata, salvo il problema di merito del valore da darsi, nel complesso delle clausole contrattuali, a quella che ttribuisce ali'Amministrazione la facolt di operare consegne ripartite e la possibilit di ipotizzare e di rinvenire in concreto, in un caso siffatto, un ritardo nella tnsegna. P. VITTORIA 340 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO previsto nel sistema posto da quel regolamento e comunque non idoneo a sostituirle. A causa delle concorrenti violazioni delle norme di legge sull'interpretazione dei contratti e sulla obbligatoriet delle riserve negli appalti regolati, per legge o per richiamo contrattuale da quel regolamento, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della stessa Corte di appello. Quest'ultima dovr attenersi al principio in virt del quale, ai sensi degli artt. 1362 e 1363 cod. civ. le norme contrattuali devono interpretarsi in connessione tra loro, attribuendo ad ognuna di esse il senso che risulta dal loro complesso, e a quello per il quale le riserve previste dal citato regolamento per i lavori pubblici sono condizione necessaria e determinante per l'ammissibilit di qualsiasi istanza dell'appaltatore per il rimborso di maggiori oneri, dipendenti o no da inadempienza del committente, e non possono n devono essere sostituite da altro atto equipollente. -(Omissis). I TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 7 dicembre 1976, n. 24 -Pres. Giannattasio -Rel. Jannotta -E.N.E.L. (avv. Mazzullo) c. Ministero dei lavori pubblici ed Ente per la valorizzazione del territorio del Fucino (avv. Stato Albisinni). Acque pubbliche ed elettricit -Competenza e giurisdizione -Tribunali regionali delle acque e tribunale superiore -Sottensione di utenza Giurisdizione del tribunale superiore -Fattispecie. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 45, 47, 140 e 143). Acque pubbliche ed elettricit Concessione e derivazione -Sottensione di utenza -Esclusione allo stato e riserva di ulteriori sperimentazioni -Valutazione perplessa -Insussistenza. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, ai:tt. 45 e 47). Rientra nella giurisdizione del tribunale superiore delle acque pubbliche conoscere del ricorso proposto contro un provvedimento di .concessione di acqua pubblica di cui si lamenti che, pur realizzando una sottensione di utenza, non sia stato preceduto da adeguata istruzione sulle condizioni che la consentono e non contenga la determinazione dell'indennizzo (1). (1) (3) Sulla prima parte della prima massima, cfr., per un caso analogo, Trib. sup. acque 27 maggio 1974 n. 9, in questa Rassegna 1974, I, 1297, nonch Trib. sup. acque 16 dicembre 1976 n. 25 che segue. Nel senso che l'interesse dell'utente sotteso alla determinazione dell'indennizzo sia un interesse legittimo da tutelare attraverso l'impugnazione del provvedimento che attua la sottensione, Trib. sup. acque 29 ottobre 1974 n. 23, in questa Rassegna 1975, I, 780; Trib. sup. acque 2 marzo 1974 n. 3, ivi, 1974, I, 736; Trib. sup. acque 19 dicembre 1973 n. 38, ibidem, 1974, I, 496. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 341 Il provvedimento di concessione di un'acqua pubblica non illegittimo per valutazione perplessa ove, sulla base di conoscenze acquisite in modo congruo, escluda un'interferenza con altra utenza, anche se riservi a un pi lungo periodo di osservazione la verifica di tale dato; altres legittima in questo caso la .clausola che colleghi l'obbligo dell'indennizza da sottensione al risultato delle successive sperimentazioni (2). II TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 16 dicembre 1976, n. 25 -Pres. Giannattasio -Rel. Jannotta -E.N.E.L. (avv. Mazzullo) c. Ministero dei lavori pubblici e Ente per la valorizzazione del territorio del .Fucino (avv. Stato Albisinni). Acque pubbliche ed elettricit -Concessione e derivazione -Sottensione Parziale Indennizzo Mancata determinazione Illegittimit della concessione. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1175, art. 47). E illegittimo e va pertanto annullato il provvedimento di concessione di un'acqua pubblica che, pur dando luogo ad una parziale sottensione di utenza, non contenga la determinazione dell'indennizzo da corrispondere al precedente concessionario (3). III TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 17 gennaio 1977, n. 1 -Pres. Giannattasio -Rel. Quaranta -Fallimento Soc. COFIC (avv. Fortini) .c. Ministero dei lavori pubblici (avv. Stato Albisinni) e Ente autonomo bonifica Arezzo Perugia Siena e Terni (avv. Compagno). Acque pubbliche ed elettricit Concessione e derivazione Sottensione di utenza Silenzio-rifiuto sull'istanza di liquidazione del compenso Impugnazione Previa impugnazione dei provvedimenti del procedimento di concessione Necessit Esclusione. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 45). Atto ammmistrativo Sottensione di utenza Liquidazione del com penso Inerzia dell'amministrazione Silenzio rifiuto Ammissibilit. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 45). L'ordinanza di ammissione ad istruttoria ed il successivo provvedimento di concessione per un'importante utilizzazione d'acqua incompa (2) Non constano precedenti in termini. La massima pu essere ricollegata al principio per cui rilevante per la legittimit del provvedimento amministrativo lo stato di fatto (e di diritto) 11 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tibile con altra minore gi concessa costituiscono il presupposto perch sorga l'interesse all'attribuzione del compenso in favore del precedente concessionario: la mancata impugnazione di quei provvedimenti non d perci luogo ad inammissibilit del ricorso proposto contro il silenzio : rifiuto formatosi sull'istanza diretta alla liquidazione del compenso (4). E legittimo il ricorso alla procedura del silenzio-rifiuto di fronte alla inerzia dell'amministrazione nel liquidare il compenso spettante ai titolari sottesi di minori utilizzazioni concesse e non ancora attuate (5). I (Omissis). -1. -Preliminarmente deve essere affermata la giuri sdizione di questo Tribunale Superiore in ordine al ricorso in esame. Infatti con quest'ultimo sono state dedotte censure circa la legitti mit del provvedimento di concessione all'Ente Fucino e del procedi mento amministrativo preordinato alla emanazione dello stesso provve dimento. Tali censure sono state dedotte in vista della tutela della posizione di vantaggio che l'E.N.E.L. assume di avere, in quanto concessionario delle acque che hanno origine della Fonte Grande. Tale posizione da identificare come interesse legittimo in quanto gli artt. 45 e 47 T.U. 11 dicembre 1933, n. 1775, attribuiscono all'Amministrazione il potere di estinguere o ridurre una precedente concessione per accordare un'altra concessione a favore di un altro utente. esistente al momento della sua emanazione: sul punto cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. IV, 26 agosto 1976 n. 712, Cons. Stato 1976, I, 910. (4) Non constano precedenti in termini. Trib. sup. acque 13 dicembre 1972 n. 47, Giust. civ. 1973, I, 339, resa in una controversia tra utente sotteso e nuovo concessionario in cui si discuteva della determinazione dell'indennizzo previsto dall'art. 45 comma secondo, ha affermato che l'esercizio del diritto dell'utente sotteso non incontra preclusione nel non aver egli presentato opposizioni nel procedimento di concessione. Trib. sup. acque 13 febbraio 1976 n. l, Cons. Stato 1976, Il, 202, resa sempre in una controversia tra privati, ha poi affermato che l'esercizio del diritto dell'utente sotteso non precluso dalla mancata impugnazione del provvedimento che dispone la sotten!rione. (5) Nello stesso senso cfr. Trib. sup. acque 8 giugno 1965 n. 15, Foro amm. 1965, I, 663 che ha ritenuto illegittimo ed annullato il provvedimento con cui l'Amministrazione s'era rifiutata di procedere alla determinazione dell'indennizzo ex art. 45 ult. comma T. U., assumendo che il provvedervi esulava dai propri poteri. Trib. sup. acque 8 giugno 1965 n. 15 , in massima, pubblicata anche in questa Rassegna, 1966, I, 210 con annotazione critica. In argomento, cfr. altres, Cass. 25 marzo 1953 n. 756, Acque Bon. costr., 1953, 43.7 con nota di P. FRANCO. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 343 Nella specie l'E.N.E.L. deduce in giudizio il pregiudizio che sarebbe stato causato alla derivazione, a suo tempo accordatagli, dalla concessione disposta con il provvedimento impugnato. Quindi si verte proprio nella fattispecie in base alla quale l'Amministrazione ha il potere di incidere sulla posizione di vantaggio del precedente concessionario. La conclusione suesposta in ordine all'esistenza della giurisdizione e di questo Tribunale Superiore deve essere confermata anche con riferimento a quella parte del ricorso relativo all'indennizzo che spetterebbe all'Ente ricorrente. Infatti da un lato la questione dell'indennizzo non formulata come una domanda di accertamento di un obbligo di dover dare da parte dell'Amministrazione resistente e come richiesta di condanna ad una prestazione; dall'altro, attesa la discrezionalit della determinazione dell'indennizzo, sia in base all'art. 45 T.U. citato (T.S.A. 8 giugno 1965, n. 15), sia secondo l'art. 47 della stessa norma, l'Ente ricorrente non pu dedurre nel presente giudizio se non una posizione di interesse legittimo. Infine non si pu trascurare di rilevare che la predeterminazione dell'indennizzo a favore del concessionario, che ha subito la sottensione, costituisce una condizione di legittimit del provvedimento di sottensione, come stato gi precisato da questo Tribunale Superiore (sent. 8 giugno 1965, n. 15). 2. -Relativamente al merito del ricorso in esame si deve precisare quanto segue: infondata la prima censura, con la quale si deduce il difetto di accertamento delle condizioni previste rispettivamente degli artt. 45 e 47 T.U. per disporre la sottensione. Invero dagli atti acquisiti al giudizio risulta che il provvedimento impugnato fu preceduto da una indagine idrologica curata dalla Sezione autonoma del Genio Civile per il servizio idrografico di Napoli. A conclusione di tale indagine fu esclusa l'incidenza della concessione, richiesta dall'Ente Fucino, a scopo irriguo, su quella gi accordata all'Enel. Le conclusioni dell'indagine idrologica non sono apodittiche, ma conseguono al fatto di aver rilevato che la portata della Fonte Grande (al gennaio 1961) era di 310 I. sec. mentre la portata della galleria drenante, nello stesso periodo era di 52 I. sec. La portata della Fonte Grande corrisponde a quella massima normale della stessa Fonte, accertata indipendentemente dalla fuoruscita di acqua dalla galleria drenante. Ai rilievi del servizio idrografico si devono aggiungere quelli controdedotti dall'Ente Fucino per contrastare l'opposizione delle Societ elettriche (Societ Romana di Elettricit e Societ Idroelettriche Liri) assorbite in prosieguo dall'E.N.E.L. Secondo l'Ente Fucino la eduzione di acqua dalla galleria drenante era ininfluente sulla entit di acqua derivabile a scopo elettrico; infatti 344 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la galleria arrivava ad un livello superiore a quello della sorgente Fonte Grande, che alimenta le concessioni a scopo elettrico, inoltre la intro duzione di materiale colorante nella galleria drenante non aveva dimo strato che sussistesse interferenza tra la stessa galleria e la sorgente. Sia le osservazioni del servizio idrografico, sia le controdeduzioni dell'Ente Fucino e le opposizioni delle Societ elettriche furono oggetto di esame da parte della sezione autonoma di Avezzano del Genio Civile che escluse il pregiudizio, alle utenze industriali in atto, dalla eventuale concessione a favore dell'Ente Fucino. Le conclusioni del servizio idrografico e della sezione autonoma furono . accolte dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, giust il parere 15 set tembre 1966, n. 1207, della Sezione IV dello stesso Consiglio. Pertanto da escludere sia il difetto di istruttoria, sia la carenza degli apprezzamenti formulati in sede amministrativa. 3. -Del pari infondata la censura di perplessit. Invero nel corso del procedimento amministrativo non stato for. mulato alcun dubbio circa la ininfluenza della derivazione dalla galleria drenante su quella disposta per finalit elettriche. L'assenza di dubbio era connesso al livello delle conoscenze acquisite durante il periodo di osservazione relativo al sistema idrografico della zona del Fucino (marzo 1960 -giugno 1961). Eventuali interferenze tra le due derivazioni potevano essere pro spettate in via probabilistica, attesa la vicinanza delle due scaturigini; tuttavia la verifica sperimentale di questa ipotesi postulava un pi lungo periodo di osservazione. Al riguardo deve essere esclusa la perplessit amministrativa posto che comunque era stata raggiunta una conclusione certa, circa l'assenza di interferenza tra le derivazioni; d'altra parte la riserva di ulteriori osser vazioni non pu ridondare in perplessit in quanto la complessit dei fenomeni idrologici non permette la formulazione di conclusioni ultima tive, essendo necessario verificare costantemente i dati idonei a dare una raffigurazione il pi possibile esatta di una realt endogena. La provvisoriet degli apprezzamenti, in conseguenza della evoluzione delle osservazioni, giustifica la disposizione, fissata con il provvedimento impugnato, secondo la quale l'Ente Fucino sar tenuto ad indennizzare eventualmente l'E.N.E.L., qualora ulteriori sperimentazioni dovessero dimostrare la interferenza tra le derivazioni. -(Omissis). II (Omissis). -1) -Il ricorso proposto dall'E.N.E.L. infondato per la parte relativa al difetto di accertamento circa l'interferenza della concessione disposta per uso potabile, a favore dell'Ente Fusino, con quella della quale era in godimento l'E.N.E.L. Invero dagli atti acquisiti al I ! i l i .........,.,,.~,,..J PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 345 giudizio risulta che il provvedimento impugnato fu preceduto da una indagine idrologica, condotta dalla Sezione autonoma del Genio Civile per il servizio idrografico, con sede in Napoli, i risultati di tali indagini furono illustrati nella relazione 3 aprile 1962, curata dalla stessa .Sezione Autonoma, (all. 6 fascicolo Avvocatura Generale dello Stato, depositato il 22 giugno 1974). Sulla base di tale relazione, comprendente le risorse idriche del bacino del Fucino, fu espresso l'avviso che la concessione richiesta dall'Ente Fucino, per l'approvvigionamento idrico dei borghi rurali strada 14 e 8000, era compatibile con la permanenza della concessione a suo tempo disposta per finalit idroelettriche e della quale era in godimento l'E.N.E.L. (cfr. lettera 17 aprile 1964 della Sezione autonoma del Genio Civile di Napoli, all. 9 fascicolo citato). Gli apprezzamenti del servizio idrologico furono confermati dalla Sezione autonoma del Genio Civile di Avezzano, (relazione istruttoria 10 dicembre 1964 -all. 10 fascicolo citato) e dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (cfr. voto 15 settembre 1966 n. 1208, all. 11 fascicolo citato). Pertanto deve essere e:>cluso che nella specie in esame sia stata omessa una congrua istruttoria sul rapporto tra la domanda di concessione dell'Ente Fucino e la concessione goduta dall'E.N.E.L.; n d'altra parte quest'ultimo ente ha dedotto, posteriormente al deposito dei documenti relativi all'istruttoria amministrativa, ulteriori censure circa eventuali carenze di accertamento di apprezzamento, rilevanti sotto il profilo dell'eccesso di potere. 2) -Fondata la censura relativa al difetto di previsione di compensi a favore dell'E.N.E.L. per la riduzione della quantit d'acqua derivabile, in conseguenza della concessione disposta con il provvedimento impugnato. L'incidenza di quest'ultima concessione su quella precedente indubbia, giusta quanto risulta dagli atti istruttori citati sopra. Pertanto l'Amministrazione avrebbe dovuto disporre la concessione a favore dell'Ente Fucino previa determinazione del compenso a favore del precedente concessionario. Invero la legittimit del provvedimento di sottenzione di utenza di acqua condizionata, tra l'altro, alla predeterminazione del compenso a favore del concessionario precedente, che subisce il pregiudizio (Trib. Sup. Acque, 8 giugno 1965 n. 15). N ha rilevanza la modestia della derivazione disposta a favore dell'Ente Fucino. Invero l'entit dell'acqua derivabile, ed incidente, come nella specie, su una precedent~. concessione, pu influire sulla portata del compenso oltre che costituire la ragione della compatibilit della concessione precedente con quella seguente (Trib. Sup. Acque 24 ottobre 1960 n. 30). Tuttavia non pu dedursi dalla modestia della derivazione l'esonero dall'obbligo di fissare la natura e la misura del compenso a favore del concessionario pregiudicato (cfr. sent. citata). . Il ricorso pertanto deve essere accolto e deve essere disposto l'annullamento del provvedimento impugnato. -(Omissis). RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 346 , III (Omissis) -. 1. Ha carattere preliminare l'esame delle eccezioni di inammissibilit del ricorso, sollevate dall'Avvocatura Generale dello Stato sotto il duplice profilo, da un lato, della asserita necessit della impugnazione dell'ordinanza ministeriale di ammissione ad istruttoria n. 1101 del 31 gennaio 1966 o quanto meno del decreto di concessione all'Ente Autonomo Valdichiana n. 1141 del 29 aprile 1971, e dall'altro, della mancanza nell'Amministrazione dell'obbligo di provvedere, ai sensi dell'art. 45 del T.U. 11 dicembre 1933 n. 1775, sulla istanza della Societ COFIC diretta all'attribuzione del compenso per la sottensione di utenza. Le eccezioni sono destituite di fondamento. Osserva il Collegio, sotto il primo profilo, che oggetto della impugnazione in questa sede il silenzio-rifiuto formatosi sull'istanza diretta alla liquidazione del compenso previsto dall'art. 45 del T.U. n. 1775 del 1933. Rispetto a tale impugnazione appare irrilevante la circostanza che lo attuale ricorrente non si sia gravato o non abbia coltivato le impugnazioni contro l'ordinanza di ammissione ad istruttoria della domanda di concessione presentata dall'Ente Autonomo Valdichiano ovvero contro lo stesso decreto di concessione al predetto Ente, giacch proprio la citata concessione costituisce il presupposto perch si realizzi la fattispecie della sottensione di utenza la quale legittima alla richiesta di attribuzione del compenso previsto dall'art. 45 sopracitato. Sotto il secondo profilo sufficiente osservare che se vero che l'art. 45 del T.U. 1933 n. 1775 non attribuisce un diritto soggettivo perfetto all'utente sotteso di ottenere il compenso per la sottensione, attesi gli aspetti di discrezionalit amministrativa presenti nel relativo potere dell'Amministrazione pubblica, non meno vero che, quando siano in concreto accertati tutti i presupposti per l'esercizio del potere stesso, sussiste l'obbligo dell'Amministrazione di provvedere sulla istanza del concessionario stesso, sicch legittimamente la ricorrente Societ COFIC si avvalsa della procedura del silenzio-rifiuto di fronte alla perdurante inerzia dell'amministrazione. 2. Nel merito, il ricorso fondato. Deve, al riguardo, premettersi che in sede di impugnazione del silenziorifiuto, il giudice di legittimit non chiamato a pronunciarsi sulla fondatezza dell'istanza avanzata dal privato nei confronti della Pubblica Amministrazione e sulla quale vi stata l'inerzia di quest'ultima, bens deve accertare la sussistenza nell'Amministrazione dell'obbligo di provvedere sull'istanza medesima e la rituale evidenziazione, attraverso la procedura all'uopo prevista, del silenzio con valore di rifiuto della prestazione domandata. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 347 Ci premesso da rilevare che nella specie la concessione in favore della Soc. Valtiberina, dante causa dell'attuale ricorrente, venne assentita con decreto interministeriale 1 marzo 1965 n. 701. Successivamente, in favore dell'Ente Autonomo Valdichiana venne adottato il decreto interministeriale 29 aprile 1971 n. 1141, con il quale si assent all'Ente la concessione di derivazione dell'acqua, senza per che si provvedesse alla revoca della precedente concessione assentita alla Valtiberina. In sostanza, quindi, con il decreto del 1971 si determin proprio la situazione di sottensione di utenza che costituisce presupposto per l'attribuzione del compenso previsto dall'art. 45 del T.U. vero che nell'indicato decreto del 1971 si poneva in rilievo che per effetto dell'art. 9 della legge 18 ottobre 1961 n. 1048, istitutiva dell'Ente Autonomo per l'irrigazione della Valdichiana, si sarebbe dovuto procedere alla dichiarazione di decadenza delle preesistenti concessioni incompatibili, ma nel decreto stesso si preannunciava soltanto un provvedimento in tal senso nei confronti della Soc. COFIC senza che al predetto preannuncio sia poi seguita l'adozione del necessario provvedimento amministrativo. D'altronde, lo stesso Ministero dei Lavori Pubblici, con nota del 14 maggio 1968, sentita l'Avvocatura Generale dello Stato, comunicava alla COFIC che, conformemente all'insegnamento delle Sezioni Unite della Cassazione, si sarebbe dato applicazione all'art. 45 del T.U. successivamente alla emissione del decreto di concessione maggiore. In tale situazione, non appare dubbio che si sia proprio verificata la fattispecie disciplinata dall'ultimo comma del citato art. 45, secondo il quale nel caso in cui la minore incompatibile utilizzazione sia stata concessa, ma non ancora atuata, l'Amministrazione deve fissare il compenso per la sottensione. N d'altra parte pu assumere rilievo la circostanza che in epoca precedente alla adozione del primo provvedimento di concessione (decreto 1 marzo 1965 n. 701) la societ interessata avesse presentato una domanda di variante, giacch fino a quando l'Amministrazione non provvede sulla variante, resta ferma la concessione gi assentita. Deve, quindi, concludersi che nella specie sussisteva l'obbligo della Amministrazione di pronunciarsi sull'istanza, presentata in data 26 gennaio 1973, diretta alla determinazione del compenso previsto dall'art. 45 del T.U. n. 1775 del 1933, sicch deve procedersi all'accertamento dell'esistenza di detto obbligo di provvedere, salva restando la discrezionalit dell'Amministrazione stessa circa il contenuto del provvedimento che dovr essere emanato. -(Omissis). SEZIONE OTTAVA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 27 giugno 1974, n. 1289 Pres. Udina Rel. Auriemma P. M. Corrias (conf.) Rie. Ferrari. Procedimento penale Parte civile Costituzione Revoca Tacita Esercizio di autonoma azione civile Revoca della precedente costi tuzione Esclusione. (Cod. proc. pen. art. 101, 102). La proposizione di una autonoma azione civile tendente al risarcimento del danno conseguente a reato non costituisce revoca tacita della costituzione di parte civile gi intervenuta nel giudizio penale (1). (1) V. in questo stesso senso, Cass. 30 gennaio 1970 n. 290 (114.536) che ha stabilito la com'Petenza del giudice precedentemente adito, e cio al giudice penale, la competenza a decidere sull'azione risarcitoria, salve le richieste della parte convenuta ai servizi dell'art. 39 c.p.c. nella litispendenza. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 27 giugno 1974, n. 1291 Pres. Udina Rel. Poidimani P. M. Corrias (conf.) Rie. Orsini. Procedimento penale . Sentenza penale Interessi civili Provvisionale Stato di bisogno della parte civile Irrilevanza ai fini della concessione della provvisionale. (Cod. proc. pen. art. 489). Lo stato di bisogno della parte civile non costituisce condizione necessaria alla concessione della, provvisionale prevista dall'art. 489 cod. proc. pen. (1). (1) In tema di provvisionale, stato affermato che: -l'assegnazione di una provvisionale pu essere fatta d'ufficio ed anche in appello (Cass. 15 ottobre 1952 rie. Galante in Giust. Pen. 1953, III, 3; 13 ottobre 1970 in Cass. pen. mass. annotato 1971, 1488, nn. 2212); -la concessione di una provvisionale sottratta alle regole sancite dal Il comma dell'art. 278 c.p.c., secondo cui essa deve essere contenuta nei limiti della quantit per la quale il giudice gi ritenga raggiunta la prova e ci perch 350 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dell'imputato verso la parte civile intervenuta in detto giudizio; se il dubbio concerne l'elemento soggettivo del reato e la relativa formula sia compatibile con l'esercizio dell'azione civile (ex artt. 2050, 2051, 2052, 2053, 2054 eccetera) detta soccombenza si verifica, avendo la parte~civile, col suo intervento in appello, contrastato l'attivit processuale dell'imputato diretta al conseguimento dell'assoluzione con formula preclusiva dell'esercizio dell'azione civile (1). (1) La massima correttamente ispirata al principio civilistico della soccombenza, inteso non nel senso meramente obiettivo -notoriamente insufficiente ma anche in quello soggettivo, che impone la valutazione del comportamento processuale e del nesso di causalit fra la soccombenza e la lite (v. Costituzione di parte civile, accessoriet e immanenza, in questa Rassegna, 1970, I, 332). PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 349 l'assegnazione di una provvisionale in sede penale ha carattere meramente delibativo e non acquista efficacia di giudicato in sede civile (Cass. 23 gennaio 1967 in Cass. pen. mass. ann. 1967, 1345, m.2059; 29 maggio 1968 ivi 1969, 688, m. 1040; 13 ottobre 1970, ivi, 1971, 1488, m. 2212). In senso contrario a questa giuris'prudenza, si era in precedenza affermato che l'unico criterio cui il giudice deve ispirarsi nella determinazione della provvisionale risiede nel rapporto qualitativo tra la misura concreta di quest'ultima e il maggior importo dei danni richiesti dalla parte interessata e considerato in via di massima spettante (Cass. 3 dicembre 1958 in Giust. pen. 1959, III, 243); a ben vedere peraltro questa affermazione non contraria a quelle pi recenti, essendosi limitata ad invocare un criterio ispiratore della decisione e non gi una norma che, per il noto principio ubi lex voluit .dixit, non applicabile in sede penale. Infatti il testo dell'art. 489 c.p.c. non ri'produce l'inciso nei limiti della quantit per cui ritiene gi raggiunta la prova '".che si legge nell'ultimo comma dell'art. 278 c.p.c.; -conformemente a questa affermazione, da taluno si ritiene che la decisione sulla provvisionale comporta un accertamento sommario e superficiale (v. GuALANDI -v. Provvisionale in Nuovissimo Dig. It.; MANZINI -Trattato di dir. proc. pen. it. I, 1967, p. 400; ROGNONI -Condanna generica e provvisionale per danni, 1961, p. 207); in senso contrario, per l'affermazione cio, basata nell'evidente analogia di situazioni (I'eadem ratio), che il procedimento ex art. 489 c.p.c. rivestirebbe il carattere di una condanna parziale definitiva, v. CORDERO -Condanna generica a favore delle p.c. ed applicazione impropria dei concetti di interesse ad agire e legittimazione, in Riv. dir. proc. pen. 1957, p. 224; GIARDA Considerazioni in tema di condanna generica e di provvisionale ex art. 489, Il comma c.p.c., ivi 1969, III-IV; -la provvisionale pu. essere concessa anche a favore di chi ha subito un danno di esclusiva natura non patrimoniale (Cass. 20 ottobre 1969 in Cass. Pen. Mass. Annotato, 1971, 429, m. 569); -le disposizioni delle sentenze relative alla provvisionale non devono essere specificamente motivate (Cass. 3 marzo 1975 in Cass. pen. Mass. Annotato, 1976, 257, m. 181). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 30 giugno 1975, n. 6085 -Pres. Iannittipiro F. -Rel. Iannaccone -P. M. Sangiorgio (conf.) -Rie. Fresia. Procedimento penale Soggetti del diritto d'impugnazione -Parte civile . Spese Rimborso Condizioni. (Cod. proc. pen. artt. 25, 195, 202 e 213). La condanna dell'imputato alle spese a favore della parte civile deve giustificarsi con la sua soccombenza relativamente alla pretesa risarcitoria della parte civile; in caso di conferma dell'assoluzione dubitativa occorre distinguere circa la vitalit o meno di tale pretesa, nel senso che se il dubbio concerne la commissione o la sussistenza del fatto o il nesso di causalit tra condotta ed evento, l'originaria preclusione a far ulteriormente valere in giudizio civile la pretesa, non d luogo a soccombenza in appello PARTE SECONDA 11111r111r11r1a1r11r1!11r11111rr11r1111111r1t11 LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE I NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI d.I. C.P.S. 4 aprile 1947, n. 207, art. 18, nella parte in cui nega l'indennit di fine rapporto, prevista dall'art. 9, al personale di cui all'art. 8, ultimo comma, legge 28 luglio 1961, n. 831. Sentenza 20 aprile 1977, n. 65, G. U. 27 aprile 1977, n. 113. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 31, primo comma, nella parte in cui non estende la proroga dei termini, ivi accordata nel caso di morte del contribuente, anche nel caso di perdita delle capacit. Sentenza 20 aprile 1977, n. 63, G. U. 24 aprile 1977, n. 113. legge 22 luglio 1975, n. 319, artt. 4 e 9, nella parte in cui, per le pensioni di anzianit agli ultrasettantenni e per le pensioni d'invalidit, stabilita una decurtazione di pensione per coloro che conservano l'iscrizione agli albi. Sentenza 20 aprile 1977, n. 62, G. U. 27 aprile 1977, n. 113. II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE le9ge 22 gennaio 1934, n. 36 (artt. 24, secondo comma, 3, primo comma, 4 e 41, della Costituzione). Sentenza 30 marzo 1977, n. 54, G. U. 6 aprile 1977, n. 84. r.d. :30 gennaio 1941, n. U arff. 97 e :105 (art. 25, primo comma, della Costituzione). Sentenza 30 marzo 1977, n. 52 G. U. 6 aprile 1977, n. 94. dl.P.R. 26 ottobre 197,2, n. 636, art. 44, primo e terzo comma (artt. 3, 24 e 76 della Costituzione). Sentenza 20 aprile 1977, n. 63, G. U. 27 aprile 1977, n. 113. legge 14 ottobre 1974, n. 497, art. 8 (a:r;t. 13, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 20 aprile 1977, n. 64, G. U. 27 aprile 1977, n. 113. legge 22 luglio 1975, n. 319 (artt. 3, 4, 36, 38 e 53 della Costituzione). Sentenza 20 aprile 1977, n. 62, G. U. 27 aprile 1977, n. 113. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO III -QUESTIONI PROPOSTE codice civile, art. 155, terzo comma (art. 3, primo comma, e 25, primo comma della Costituzione). Tribunale per i minorenni di Ancona, ordinanza 21 dicembre 1976, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. codice di procedura civile, art. 409 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 4 ottobre 1976, G. U. 9 marzo 1977, n. 66. codice di procedura civ.ile, art. 429, terzo comma (artt. 3, 35, primo comma, e 36 della Costituzione). Pretore di Palmi, ordinanza 20 dicembre 1976, G. U. 20 aprile 1977, n. 107. codice penale, art. 2, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Sessa Aurunca, ordinanza 26 novembre 1976, G. U. 2 marzo 1977, n. 59. codoic:e penale, art. 81 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Rovereto, ordinanza 12 novembre 1976, G. U. 9 marzo 1977, n. 66. codice penale, art. 204, secondo comma (artt. 3, 13, 27, 32, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Monza, ordinanza 29 novembre 1976, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. codice penale, art. 222 (artt. 3, 13, 27, 32, secondo comma, della Costituzione.) Pretore di Monza, ordinanza 29 novembre 1976, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. codice penale, art. 339, primo comma (art. 3 della Costituzione. Pretore di Assisi, ordinanza 11 novembre 1976, G. U. 9 marzo 1977, n. 66. codice penale, art. 550 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Cremona, ordinanza 3 dicembre 1976, G. U. 27 aprile 1977, n. 113. codice penale, artt. 624 e 626 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Nard, ordinanza 31 dicembre 1976, G. U. 16 marzo 1977, n. 73. codice penale, artt. 697 e 699 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Chiavenna, ordinanza 23 novembre 1976, G. U. 2 marzo 1977, n. 59. codice di procedura penale, artt. 151, secondo e terzo comma, 263 bis (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Giudice istruttore del Tribunale di Salerno, ordinanza 30 dicembre 1976, G. U. 20 aprile 1977, n. 107. PARTE II, LEGISLAZIONE codice di procedura penale, artt. 381, secondo comma, 205 e 576, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Giudice istruttore presso il Tribunale di Cassino, ordinanza 27 ottobre 1976, G. U. 6 aprile 1977, n. 94. codice di procedura penale, artt. 435 e 436 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Bolzano, ordinanza 18 gennaio 1977, G. U. 6 aprile 1977, n. 94. codice penale militare di pace, art. 260, secondo comma (artt. 3 e 97, primo comma, della Costituzione). Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 2 dicembre 1976, G. U. 6 aprile 1977, n. 94. legge 20 marzo 1865, n. Z248, allegato F, art. 378 (artt. 3 e 112 della Costituzione). Pretore di Bracciano, ordinanza 23 dicembre 1976, G. U. 23.marzo 1977, n. 80. r.d. 23 dicembre 1923, n. 3267, artt. ~6 e Z9 (artt. 24, secondo comma, e 25 della Costituzione). Pretore di Monsummano Terme, ordinanza 26 novembre 1976, G. U. 6 aprile 1977, Il. 94. r.d. 16 maggio 1926, n. 1126, artt. 41 e 42 (artt. 24, secondo comma, e 25 della Costituzione). Pretore di Monsummano Terme, ordinanza 26 novembre 1976, G. U. 6 aprile 1977, n. 94. legge 27 maggio 1929, n. 847, art. 17 (artt. 7 e 29 della Costituzione). Corte d'appello de L'Aquila, ordinanza 23 novembre 1976, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. r.d. 8 genna.io 1931, n. 148, art. 27, ultimo comma, allegato A (art. 3, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Venezia, ordinanza 11 novembre 1974, G. U. 30 marzo 1977, n. 87. r.d. 8 gennaio 11931, n. 148, art. 58, secondo comma allegato A, art. 53, nono e ottavo comma, allegato A (artt. 3, 24, primo e secondo comma, e 113, primo e secondo comma, della Costituzione). Pretore di Potenza, ordinanza 15 ottobre 1976, G. U. 20 aprile 1977, n. 107. legge 7 marzo 1938, n. 141, artt. 78 e 80 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 18 marzo 1976, G. U. 2 marzo 1977, n. 59. r.d.I. 19 gennaio 1939, n. 295, art. 2 (art. 3 della Costituzione). Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 30 novembre 1976, G. U. 27 aprile 1977, n. 113. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 44 r.d.I. 14 aprile 1939, n. 636, art. 10 (artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Bolzano, ordinanza 26 novembre 1976, G. U. 6 aprile 1977, n. 94. legge ,6 luglio 1939, n. 1272, (artt. 3, primo e secondo comma, 4, primo e secondo comma, e 37, primo comma, della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 1 ottobre 1976, G. U. 16 marzo 1977, n. 73. r.d. 9 settembre 1941, n. 1022, art. 53 (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Tribunale supremo militare, ordinanza 15 ottobre 1976, G. U. 16 marzo 1977, n. 73. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 49 (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Grosseto, ordinanza 22 dicembre 1976, G. U. 2 marzo 1977, n. 59. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art+. 99 quinto comma e ~09 (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 23 novembre 1976, G. U. 20 aprile 1977, n. 107. r.d. 16 marzo 11942, n. 267, art. '209, secondo comma (artt. 24, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanze (tre) 18 marzo, 21 e 28 ottobre 1976, G. U. 7 marzo e 27 aprile 1977, nn. 59 e 113. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 209, ultimo comma (artt. 3 e 24 della Co stituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 18 marzo 1976, G. U. 2 marzo 1977, n. 59. d.l.lgt. 18 gennaio 1945, n. 39, art. 3, lettera A (art. 3 della Costituzione). Pretore di La Spezia, ordinanza 25 gennaio 1977, G. U. 20 aprile 1977, n. 107. d.l.C.p.S. 4 aprile 1947, n. 207, art. 3 (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 1 dicembre 1976, G. U. 16 marzo 1977, n. 73. d.P.R. 9 maggio 1950, n. 203, art. 65 (art. 3 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 8 ottobre 1976, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. legge 8 marzo 1951, n. 122, art. 1 O artt. 3 e 51 p.p. della Costituzione. Tribunale di Viterbo, ordinanza 17 febbraio 1977, G. U. 27 aprile 1977, n. 113. PARm II, LEGISLAZIONE ,45 legge 8 marzo 1951, n. 127 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Busto Arsizio, ordinanz 13 dicembre 1976, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. legge reg. SicUiana 20 marzo ,1951, n. 29, artt, 56 e 61 (artt. 3, primo comma, 24, primo, secondo comma e 113, primo comma). Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 20 ottobre 1976, G. U. 6 aprile 1977, n. 94. d.P.R. 2-5 ottobre 1955, n. 932, art. 1 O (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Giudice istruttore del tribunale di Salerno, ordinanza 30 dicembre 1976, G;U. 20 aprile 1977, n. 107. legge 27 novembre :1956, n. 1407, art. 5 (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, ordinanza 9 giugno 1976, G. U. 20 aprile 1977, n. 107. d.P.R. 1 O gennaio 1957, n. 3, art. 146 (artt. 3 e 24, primo e secondo comma, della Costituzione). Corte d cassazione, ordinanza 28 ottobre 1976, G. U. 13 arile 1977, n. 100. d.P.R. 20 marzo 195~. n. 361, art. 7, quarto comma (artt. 3 e 51 della Costituzione). Tribunale di Bari, ordinanza 16 novembre 1976, G. U. 20 april 1977, n. 107. d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, art. M9 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Busto Arsizio, ordinanza 13 dicembre 1976, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. legge 2 luglio 1957, n. 474, art. 15 (art. 3 della Costituzione). Corte d'appello di Catania, ordinanza 2 dicembre 1976, G. U. 2 marzo 1977, n. 59. legge 27 febbraio 1958, n. 64, art. 2 (artt. 3 e 51 della Costituzione). Tribunale di Bari, ordinanza 16 novembre 1976, G. U. 20 aprile 1977, n. -107. legge 21 marzo 1958, n. 267, art. 5 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 7 ottobre 1975, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. '16 (artt. 3, 24 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Roma, ordinanze (due) 18 ottobre 1976, G. U. 6 aprile 1977, n. 94. 46 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 16 marzo 1960, n. 570 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Busto Arsizio, ordinanza 13 dicembre 1976, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. legge 20 magg'lo 1965, n. 507 (art. 3, primo comma e 25, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 11 dicembre 1976, G. U. 30 marzo 1977, n. 87. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 74, secondo comma (artt. 38 e 3, primo comma, della Costituzione). Pretore di Reggio Emilia, ordinanze (due) 6 dicembre 1976, G. U. 9 marzo 1977, n. 66. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 111 e 112 (artt. 3 e 24 della Costituzione). I ~ Pretore di Avellino, ordinanza 26 novembre 1976, G. U. 2 marzo 1977, n. 59. d.1P.R. 30 giugito 1965, n. 1124, art. 293, primo comma (art. 3 della Costituzione). i Pretore di Lecce, ordinanza 10 novembre 1976, G. U. 30 marzo 1977, n. 87. I ~ legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 11 (art. 3 della Costituzione). 1 I ~ Tribunale di Avezzano, ordinanza 6 ottobre 1976, G: U. 6 aprile 1977, n. 94. legge 2 agosto 1967, n. 799, art. 10 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Volturara Appula, ordinanza 18 dicembre 1976, G. U. 6 aprile 1977, n. 94. legge 17 febbraio 19lt8, n. 108 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Busto Arsizio, ordinanza 13 dicembre 1976, G. U. 13 aprile I ! 1977, n. 100. f f legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 16 (artt. 3 e 36, primo comma, della Costituzione). I Tribunale amministrativo regionale del Friuli-Venezia Giulia, ordinanza 17 novembre 1976, G. U. 30 marzo 1977, n. 87. I legge 18 marzo 11968, n. 249, artt. 44 bis e 45-50 (artt. 3 e 24, primo e secondo comma, della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 28 ottobre 1976, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. I legge 1 agosto 1969, n. 478, art. 9 (artt. 3 e 53 della Costituzione). I Tribunale di Milano, ordinanza 7 ottobre 1975, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 19, primo comma, lettera c) (art. 3 della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 18 gennaio 1977, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. PARTE II, LEGISLAZIONE legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 7 (art. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Treviso, ordinanze (due) 27 novembre e 18 dicembre 1976, G. U. 9 e 23 marzo 1977, nn. 66 e 80. le9ge 20 maggio 19'70, n. 300, art. 7, primo, secondo e quinto comma (artt. 2 e 3 della Costituzione). Tribunale di Parma, ordinanza 1 dicembre 1976, G. U. 30 marzo 1977, n. 87. legge J5 magg'io 1970, n. 352, art. 50 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Busto Arsizio, ordinanza 13 dicembre 1976, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. ct.P.R. 20 dicembre 1970, n. 1079, art. 2, primo comma (artt. 1 e 76 della Costituzione). Consiglio di Stato, ordinanza 30 novembre 1976, G. U. 2 marzo 1977, n. 59. legge 11 febbrai,o 1971, n. 11, art. 14 (artt. 24, 113, 3 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 20 ottobre 1976, G. U. 2 marzo 1977, n. 59. legge 11 giugno 1971, n. 426, artt. 1 e 45 (artt. 21, 41 e 9 della Costituzione). Pretore di Otina, ordinanze (tre) 7 febbraio 1977, G. U. 20 aprile 1977, n. 107. legge 9 ottobre 1971, n. 824, art. 6 (artt. 3, 5, 114, 119, 128, 36, 52, 53 e 81, quarto comma, 97, 117, 118 e 38 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 18 gennaio 1977, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. legge 22 otobre '1971, n. 865, art. 16 (artt. 3 e 42, terzo comma, della Costituzione). Corte d'appello de. L'Aquila, ordinanza 10 novembre 1976, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 43, quinto comma (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Gorizia, ordinanze (due) 21 ottobre e 17 novembre 1976, G. U. 6 e 13 aprile 1977, nn. 94 e 100. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 58, quarto comma (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Rovigo, ordinanza 9 aprile 1976, G. U. 30 marzo 1977, n. 87. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 69 (artt. 3, 24 e 41 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Lucca, ordinanza 23 novembre 1976, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELl.O STATO 48 d.P.R. 2'6 ottobre 1972, n. 636, artt. 6, 14, 15 (artt. 3, 53 e 42 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Perugia, ordinanza 16 giugno 1976, G. U. 6 aprile 1977, n. 94. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 12, ultimo comma (artt. 3 e 35, primo. comma, della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, ordinanza 3 maggio 1976, G. U. 20 aprile 1977, n. 107. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 35, secondo comma, e 39, primo comma (artt. 3, 24, 76 e 77 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Perugia, ordinanza 16 giugno 1976, G. U. 6 aprile 1977, n. 94. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44 (artt. 3, 24 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Latina, ordinanze (quattro) 7 maggio 1976, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. Commissione tributaria di secondo grado di Gorizia, ordinanze (due) 30 novembre 1976, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. Commissione tributaria di secondo grado di Foggia, ordinanza 18 dicembre 1976, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. Commissione tributaria di secondo grado di Avellino, ordinanza 5 gennaio 1977, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44, .primo comma (artt. 3, 24 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Frosinone, ordinanze (tre) 5 ottobre 1976, G. U. 20 aprile 1977, n. 107. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44, terzo comma (artt. 3 e 24, primo e secondo comma, della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado .di Enna, ordinanza 12 luglio 1976, G~ U. 6 aprile 1977, n. 94. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 (art. 53, primo camma, della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Livorno, ordinanza, 15 giugno 1976, G. U. 27 aprile 1977, n. 113. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6 (art. 53, primo comma, della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Lucca, ordinanza 22 dicembre 1976, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. d.P.R. 30 dicembre '1972, n. 1035, art. 17 artt. 3 e 24, primo comma, della Costituzione). Pretore di Massa Marittima, ordinanza 20 ottobre 1976, G. U. 9 marzo 1977, n. 66. ::'.'.'.'.~:'.'.;'.-'.:'.-:'.'.'.'.-'.-'.'.:::::::::::::.:::.::'.'.:'.:'.'.'.-'.:'.'.:'.::.:::::::('.'.'.'.'.::-.::.::::..;:.... .......'.:...:'...,Z..:z .'.-'.'.'."'.'.'.'.<'.'.'.'.'.'.".'.'.'.".'. .....,.,,,,.,,,,....r.,,,,n:.:........-.-...:.....,.-...-.-.-.........,.,,....;-N. PARTE II, LEGISLAZIONE legge 2 febbraio 1973, n. 12, art. 39 (art. 3, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 30 ottobre 1976, G. U. 30 marzo 1977, n. 87. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 1, 183, 185, 195 (artt. 2, 3, 21 e 41 della Costituzione). Tribunale di Bolzano, ordinanza 7 dicembre 1976, G. U. 2 marzo 1977, n. 59. legge 4 agosto 1973, n. 495 (art. 3 deila Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 11 settembre 1976, G. U. 23 marzo 1977, n. 80. legge 11 agosto 1973, n. 533 (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Oppido Mamertina, ordinanza 27 novembre 1976, G. U. 2 marzo 1977, n. 59. legge reg. Calabria 30 agosto 1973, n. 114, ,artt. 1 e 3 (artt. 3 e 25, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Scalea, ordinanza 19 gennaio 1977, G. U. 20 aprile 1977, n. 107. legge 20 dicembre 1973, n. '831 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 27 ottobre 1976, a. u. 2 marzo 1977, n. 59. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 219, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale, ordinanza 7 maggio , 1976, G. U. 27 aprile 1977, n. 113. ,legge .reg. Emilia-Romagna 1211 gennaio 1974, n. S (a1;tt. 42, 3 e 39 della Costituzione). Pretore di Fornovo di Taro, ordinanza 9 febbraio 1977, G. U. 27 aprile 1977, n. 113. legge reg. Toscana 4 luglio 1974 (artt. 117 e 25, secondo comma, della Costituzione). Giudice conciliatore di Montecatini Terme, ordinanza 19 novembre 1976, G. U. 6 aprile 1977, n. 94. d.I. 8 luglio 1974, n. 255 (artt: 3 e 11 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 15 ottobre 1976, G. U. 2 marzo 1977, n. 59. d.t 8 luglio 1974, n. 261, art. 6, secondo e te~o comma (artt. 3 e 4 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 14 aprile 1976, G. U. 2 marzo 1977, n. 59. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 50 legge 2 agosto 1974, n. 350 (artt. 3, primo e secondo comma, 24, secondo comma, e 76 della Costituzione). Commissione Tributaria di primo grado di Pisa, ordinanza 3 maggio 1976, G. U. 6 aprile 1977, n. 94. legge 12 agosto 1974, n. 351, art. 1, primo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 11 settembre 1976, G. U. 23 marzo 1977, n. 80. legge 22 luglio 1975, n. 319, art. 7 e tabelle A B C E F (artt. 3, 36, 38, 53 della Costituzione). Pretore di Palermo, ordinanza 4 gennaio 1977, G. U. 6 aprile 1977, n. 94. legge 22 luglio 1975, n. 319, artt. 7 e 9 e tabelle A ed F (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). Pretore di Modena, ordinanza 13 gennaio 1977, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. legge H luglio 1975, n. 354, art. 54, ultimo comma (art. 27, secondo (artt. 27, secondo comma, 3, primo e secondo comma, della Costituzione). Sezione di sorveglianza di Bologna, ordinanza 1 ottobre 1976, G. U. 2 marzo 1977, n. 59. legge 26 luglio 1875, n. 354, 'art. 54, ultimo c:omma (art. 27, secondo comma, 3, primo e s~condo comma, della Costituzione). Sezione di sorveglianza di Bologna, ordinanza 15 settembre 1976, G. U. 2 marzo 1977, n. 59. legge 31 luglio 1975, n. 363 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 11 settembre 1976, G. U. 23 marzo 1977, n. 80. legge 29 lugU.o 1975, n. 426, art. 15, primo comma (art. 3 della Costituzione). Giudice delegato del tribunale di Reggio Emilia, ordinanza 3 gennaio 1977, G. U. 6 aprile 1977, n. 94. legge 22 dicembre 1975, n. 685, artt. 72, primo e secondo comma, e 80, secondo comma (art. 25, secondo comma, della Costituzione). Corte d'Appello di Roma, ordinanze (due) 5 e 14 ottobre 1976, G. U. 2 e 23 marzo 1977, nn. 59 e 80. legge 22 dicembre 1975, n. 685, art. 98 (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Ferrara, ordinanza 6 novembre 1976, G. U. 6 aprile 1977, n. 94. PARTB II, LEGISLAZIONE d.I. 18 settembre 1976, n. 648, art. 42, primo comma (artt. 3 e 53, primo comma, della Costituzione). Pretore di Napoli, ordinanza 27 ottobre 1976, G. U. 13 aprile 1977, n. 100. legge 24 dlc:embre 1976, n. 898, art. 3 (artt. 8, nn. 3, 5, 6 e 26, 16, primo comma e 107 dello statuto speciale regionale Trentino-Alto Adige). Presidente della giunta provinciale di Bolzano, ricorso 18 febbraio 1977, n. 6, G. U. 2 marzo 1977, n. 59. Presidente della giunta provinciale di Trento, ricorso 18 febbraio 1977, n. 7, G. U. 2 marzo 1977, n. 59. d.I. 1 febbraio 1977, n. 13 (art. 7 dello statuto speciale regionale). Presidente della giunta regionale della Valle d'Aosta, ricorso depositato il 10 marzo 1977, G. U. 30 marzo 1977, n. 87. CONSULTAZI,ONI AERONAUTICA E AEROMOBILI Affidamento in concessione alla Societ Aeroporti di Roma della gestione del sistema aeroportuale della Capitale -Mancato versamento alla concessionaria dei diritti aeroportuali da parte della Societ di Navigazione Alitalia ed ltavia -Applicabilit (dell'art. 802 cod. nav. -Art. 1 l. 10 novembre 1973 N. 755 -Art. 802 cod. nav.). Se agli effetti dell'applicabilit dell'art. 802 cod. navig. -a termine del quale il Direttore dell'Aer>porto non pu autorizzare la partenza dell'aeromobile se l'esercente e il comandante non hanno provveduto, tra l'altro, al pagamento delle tasse e dei diritti aeroportuali -abbia rilievo la circostanza che l'aeroporto pubblico sia gestito direttamente dallo Stato ovvero da Enti o Societ in regime di concessione (n. 29). AMMINISTRAZIONE PUBBLICA Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici -Enti pubblici strumentali ONIG -Gestione Commissariale -Nomina di vice Commissario. Se, in difetto di specifiche disposizioni nella normativa propria di un determinato Ente pubblico, l'organo Straordinario di tale Ente pubblico, nominato dall'Amministrazione avente poteri di vigilanza e controllo in sostituzione dei normali organi statutari, possa avere struttura complessa (gestione commissariale affidata ad un Commissario ed a un vice Commissario) (n. 393). Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici -ONIE -Gestione commissariale -Funzioni vicarie (art. 4 R.D.L. 18 agosto 1942 n. 1175). Se, nel caso di gestione commissariale affidata ad un Commissario e ad un vice Commissario, la funzione vicaria gi spettante ad un organo statutario nei confronti dell'organo sostituito con l'organo straordinario a struttura complessa vada riferita a quest'ultimo considerato nel suo complesso (n. 394). Enti pubblici -L. 20 marzo 1975 n. 70 sul riordinamento degli Enti e del rapporto di lavoro del personale dipendente -Disposizioni di immediata applicabilit Norme sui limiti di et per collocamento a riposo -(art. 25 l. 20 marzo 1975 n. 70-D.M. 6 giugno 1972 n. 5004). Se l'art. 25 della legge 20 marzo 1975 n. 70 sul riordinamento degli Enti pubblici e del rapporto di lavoro del personale dipendente, che prevede il collocamento a riposo del personale dal primo giorno del mese successivo a quello del compimento del 65 anno di et, sia di immediata applicabilit in sostituzione di normative regolamentari dei singoli Enti pubblici con essa contrastante (nella specie in sostituzione delle disposizioni del regolamento organico del personale dei convitti e colonie climatiche per orfani e figli di ferrovieri e. delle case di riposo per i ferrovieri pensionati, approvato con d.m. 6 giugno 1972 n. 5004) (n. 400). Enti pubblici edilizi -Soppressione -Liquidazione -Disciplina delle relative procedure -(art. 8 l. 4 dicembre 1956 n. 1404 -Art. 1 l. 19 gennaio 1974 n. 9 Art. 16 l. 30 dicembre 1972 n. 1036). Se, nell'ambito della procedura di liquidazione della GESCAL -ISES -INCIS affidata a comitati istituiti presso il Ministero dei Lavori Pubblici (art. 1 PARTE II, CONSULTAZIONI legge 19 gennaio 1974 n. 9), debba trovare applicazione l'art. 8 della legge 4 dicembre 1956 n. 1404 per il quale coloro che hanno diritti da far valere nei confronti degli Enti in liquidazione devono presentare apposita domanda di riconoscimento entro il termine perentorio, di sessanta giorni dall'inizio della procedura liquidatoria (n. 401). Enti pubblici edilizi -Soppressione -Organo della liquidazione -Mutamento, continuit della procedura di liquidazione -(art. 1 l. 19 gennaio 1974 n. 9 Art. 4 ter D.L. 14 dicembre 1974 n. 658 -Legge 15 febbraio 1975 n. 7). Art. 8 l. 4 dicembre 1956 n. 1404). Se, per effetto dell'art. 4 ter del d.l. 14 dicembre 1974 n. 658 (aggiunto con la legge di conversione 15 febbraio 1975 n. 7) che ha disposto la cessazione dell'attivit dei comitati istituiti presso il Ministero dei Lavori Pubblici (art. 1 della legge 19 gennaio 1974 n. 9) per la liquidazione della GESCAL -ISES -INCIS ed ha ripristinato la competenza dell'ufficio liquidazioni del Ministero del Tesoro, debbano ritenersi riaperti i termini stabili dall'art. 8 della legge 4 dicembre 1956 n. 1404 per presentare domanda di riconoscimenti dei diritti da far valere nei confronti degli Enti in liquidazione (n. 402). Potest di accertamento -Sul conto di privati -Tramite autorit o Banca -Legittimit -Abuso di ufficio -Configurabilit -(Cod. pen. art. 323 . R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 134). Se sia legittimo da parte della pubblica amministrazione svolgere attivit di indagine nei confronti di un privato cittadino e in particolare se la richiesta di informazioni pi o meno riservate svolte tramite autorit amministrative o istituti bancari nel conto di privati cittadini sia legittimo ovvero comporti a carico del funzionario operante responsabilit penali (in particolare: art. 323 cod. pen.) (n. 412). BENEFICENZA E ASSISTENZA Ciechi civili Assegno vitalizio Diniego Commissione di revisione Ricorso Omissione Acquiescenza (d.P.R. 15 gennaio 1956, n. 32, art. 25). Se il mancato ricorso alla commissione di revisione dell'opera nazionale ciechi civili a norma dell'art. 25 del regolamento approvato con d.P.R. 15 gen naio 1956, n. 32, comporti acquiescenza al provvedimento negativo su istanza di assegno a vita adottato dal comitato di liquidazione dell'opera stessa (n. 5). BORSA Agenti di cambio Operazioni di borsa Divieto Operazioni per conto altrui . Ammissibilit -Limiti -(r.d.l. 7 marzo 1925, n. 222, art. 5, r.d.l. 30 giugno 1932, n. 815, art. 10). Se con il divieto, posto dall'art. 5 del r.d.l. 7 marzo 1925, n. 222 e ribadito dall'art. 10 del r.d.l. 30 giugno 1932, n. 815, di fare operazioni di borsa in proprio, si sia voluto inibire agli agenti di cambio, oltre che di compiere operazioni nel proprio interesse, anche di concudere operazioni in nome proprio ma per conto altrui, come commissionari (n. 32). ' Agenti di cambio -Operazioni di borsa -Divieto -Rappresentanti alle grida Appl'icabilit -(r.d.l. 30 giugno 1932, n. 815, art. 10, r.d. 9 aprile 1925, n. 376, art. 11, r.d.l. 7 marza 1925, n. 222, art. l, 2 comma). Se il divieto di cui all'art. 10 del r.d.l. 30 giugno 1932, n. 815, secondo il quale gli agenti di cambio non possono fare in proprio, n direttamente n a mezzo di interposte persone, ivi comprese i componenti la famiglia, i procuratori ed impiegati del proprio ufficio, alcuna operazione di borsa, sia applibabile anche ai RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 54 rappresentanti alle grida in forza dell'art. 11 del r.d. 9 aprile 1925, n. 376, per il quale i doveri e le incompatibilit professionali stabiliti per gli agenti di cambio si applicano anche ai rappresentanti (n. 31). Rappresentanti alle grida -Doveri -Dichiarazione di impegno -Necessit -Dichiarazione di inesistenza di incompatibilit -Necessit -Limiti -(l. 23 maggio 1956, n. 515, art. 4 lett. m, r.d. 9 aprile 1925, n. 376, art. 11). Se possa richiedersi da parte dell'amm.ne ai rappresentanti alle grida una dichiarazione scritta di impegno ad osservare la normativa vigente simile a quella che per il disposto dell'art. 4 lett. m) della legge 23 maggio 1956, n. 515, deve essere presentata dai partecipanti al concorso per agenti di cambio ovvero possa richiedersi soltanto una dichiarazione di inesistenza di come di incompatibilit (n. 34). Rappresentanti alle grida -Doveri e incompatibilit -Violazioni -Contestazioni (r.d. 9 aprile 1925, n. 376, art. 11). Se la contestazione delle violazioni dei doveri ed incompatibilit professionali dei rappresentanti alle grida, come previsti dall'art. 11 del r.d. 9 aprile 1925, n. 376, vada effettuata personalmente al rappresentante, dandosene per contestuale notizia all'agente di cambio (n. 33). CONTABILIT GENERALE DELLO STATO Cassa DD.PP. -Mandati di pagamento -Estinzione -Mediante accreditamento in c/c postale -Condizioni e garanzie -Nuova normativa generale -Applicabilit -(r.d. 2 gennaio 1913, n. 453, art. 19, d. Min. Tesoro 22 novembre 1954, art. 285, d.P.R. 25 gennaio 1962, n. 71, art. 1 lett. d), disp. prel. cod. civ., artt. 3 e 4, 2 comma). Se la disposizione di cui all'art. 285 delle istruzioni per servizio dei depositi definitivi amministrati dalla cassa deposti e prestiti, approvate con d.m. 22 novembre 1954, secondo cui l'interessato il quale chieda che il mandato di pagamento sia estinto mediante accreditamento in conto corrente postale deve manifestare il consenso al prelevamento d'ufficio di quelle somme che fossero state indebitamente liquidate o accreditate, debba intendersi abrogata per effetto dell'art. 1, lett. d) del d.P.R. 25 gennaio 1962, n. 71 che facultizza in via generale ogni creditore dell'amministrazione a chiedere l'estinzione degli ordini di restituazione dei depositi mediante accreditamento in conto corrente postale (n. 316). Vendita di materiale fuori uso -Disciplina derogatrice di quella generale di contabilit -(l. dicembre 1971, n. 1103) -Possibilit di avvalersi della disciplina generale, in particolare per le vendite e trattative private. Se nella ripresa della 1. 3 dicembre 1971, n. 1103 che, in deroga alla disciplina generale di contabilit, autorizza alcune amministrazioni (nella specie quella della difesa) di portare il ricavato della vendita di materiali fuori uso sui capitali di spesa della stessa amministrazione venditrice, ma nel contempo pone alcune limitazioni in ordine alle modalit di vendite (in particolare escludendo la possibilit della trattativa privata), sia consentito a tali amministrazioni di non avvalersi di detta legge e quindi di vendere secondo le modalit e gli effetti della disciplina generale di contabilit (n. 321). Vendite -Materiale fuori uso -Nozione (l. 3 dicembre 1971, n. 1103). Se per materiale fuori uso vendibile secondo le modalit e gli effetti della 1. 3 dicembre 1971, n. 1103, si debba intendere solo quello oggettivamente e materialmente inservibile o anche quello non pi adeguato per ragioni tecniche alle necessit ed esigenze dell'amministrazione proprietaria (n. 322). .:....-rNr...rr.-.-..,.,-.-..u..r.urr.u..-..-..-..Nau....r.-.-...-...-.-u..rr....-...rr.....-. .z'.'.Z'.-'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'!'.'."'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.-'.-'.'.'.'.: -'.'.'.'.'.'.'.-'.'.'.'.'.'.'.:'.:'.:'.z:::.::::::::::'.-::C.'.-'.-::'.-'.-'.-'.-'.-:::.:::::::'.:'.'.-'.-'.-'.-'.-'.-'.-'.-'.?:'.-'.-'.-'.'.'.?::::::;:.::::'.-'.-'.-'.-'.-'.(.'.-'.-'.-'.-'..J::::;:;:::;;.:-:O:O: PARTE II, CONSULTAZIONI 55 DANNI DI GUERRA Ripristino del bene in opera e luogo diverso -Autorizzazione -Certificato di regolare esecuzione dei lavori -Competenza al rilascio -Criteri di individuazione dell'organo -(1. 27 dicembre 1953, n. 968, artt. 4, 17, 30 e 32). Se, nella ipotesi di autorizzato ripristino in sito e in opera diversa di un bene danneggiato dalla guerra, l'individuazione dell'organo tecnico dell'Amministrazione statale competente al rilascio del certificato di regolare esecuzione dei lavori debba operarsi in ragione della natura del bene danneggiato ovvero di quella del bene ripristinato (n. 154). DAZI DOGANAU Bollette doganali -Girata -Compensazione con crediti dello Stato -Limiti -(e.e. artt. 1278 e 1250). Se, nel caso di girata di bollette doganali, la compensazione con crediti dello Stato sia soggetta ai limiti di cui all'art. 1248 e.e., secondo cui la semplice cessione del credito impedisce la compensazione coi crediti sorti posteriormente (n. 98). Bollette doganali -Girata -Firma -Autenticazione -(r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 69, terzo comma -d.l. 24 aprile 1964, n. 211, art. 1, e.e. art. 2009). Se per la girata di bollette doganali sia richiesto, a mente dell'art. 69, terzo comma della legge di contabilit generale dello Stato, che la firma del girante risulti autenticata da notaio (n. 100). Bollette doganali -Girata a titolo di pegno, regolare o irregolare -Comp,ensazione con crediti dello Stato -Limiti -(e.e. artt. 1248, 1250, 1851,2800, 2801 e 2805 -r.d. 23 maggio 1924, n. 827, art. 505). Se nel caso di costituzione di pegno, regolare o irregolare, effettuata mediante girata di bollette doganali, la compensazione con crediti dello Stato sia soggetta ai limiti di cui all'art. 1248 e.e., secondo cui la semplice cessione del credito impedisce la compensazione coi crediti sorti posteriormente (n. 99). Bollette doganali -Natura -Trasferimento -Costituzione di pegno -Disciplina (e.e. -artt. 1248, 1250, 1851, 2800, 2801 e 2805). Se le bollette doganali possano configurarsi come titoli di credito impropri e, in particolare, come semplici documenti di legittimazione, soggetti, in caso di trasferimento, alla disciplina della cessione dei crediti come pure a quella del pegno, regolare o irregolare, dei crediti (n. 97). DEMANIO Demanio -Servit militari -Modificazioni allo stato delle cose nella propriet privata -Diritto all'indennizzo -Titolarit -(art. 3 l. 20 dicembre 1932, n. 1849, art. 14-15, r.d. 4 maggio 1936, n. 1388, art. 27 l. 25 giugno 1865, n. 2359). Se l'indennizzo previsto dall'art. 3 legge 20 dicembre 1932, n. 1849 a fronte di modifiche alo stato delle cose nella propriet privata apportate in sede di imposizione di servit militari debba corrispondersi solo al titolare del diritto di propriet (o all'enfiteuta) dell'immobile modificato ovvero anche ad altro soggetto titolare di diverso diritto reale o diritto personale di godimenti sul bene (n. 278). 56 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Demanio -Servit militare -Modificazioni allo stato delle cose nella propriet privata -Indennizzabilit -Limiti -(art. 3, l. 20 dicembre 1932, n. 1849, l. 8 marzo 1968, n. 180, art. 9-14, r.d. 4 maggio 1936, n. 1388). Se nel concetto di modificazione dello stato delle cose nelle private propriet, che disposta dall'autorit militare in sede di imposizione di servit militare giustifica la corresponsione di apposito indennizzo, rientrino esclusivamente le modifiche materiali dello stato della propriet immobiliare (ivi compresa la rimozione di strutture permanenti con carattere di pertinenze immobiliari) ovvero vi rientrino anche i trasferimenti in altra sede di attrezzature e materiali inerenti ad attivit gi svolte nell'immobile vincolato e che debbano cessare perch incompatibili con le esigenze militari (n. 277). DIFESA DELLO STATO Avvocatura dello Stato -Patrocinio degli impiegati pubblici -Dipendenti della Amministrazione dell'Interno -(art. 44, t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 32, l. 22 maggio 1975, n. 152). Se la norma di cui all'art. 44, t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, la quale disciplina la procedura per l'assunzione della difesa del pubblico dipendente da parte dell'Avvocatura dello Stato (istanza dell'interessato; richiesta dell'Amministrazione; provvedimenti dell'avvocato generale), sia stato modificato dall'art. 32, 1. 22 maggio 1975, n. 152, per quanto concerne la libert di scelta del dipendente tra la richiesta di patrocinio dell'Avvocatura dello Stato e l'affidamento dell'incarico a professionista del foro libero (n. 40). Avvocatura dello Stato -Patrocinio degli impiegati pubblici -Dipendente della Amministrazione dell'Interno -Procedimento penale -(art. 32, l. 22 maggio 1975, n. 152, art. 128 c.p.p.). Se la disciplina della difesa d'ufficio nel procedimento penale di cui all'art. 128 c.p.p. sia stata modificata dall'art. 31, 1. 22 maggio 1975, n. 152 (n. 41). EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE Alloggio economico -Assegnatario -Cessione in propriet -Trasferimento volontario -Gravi motivi -Autorizzazione dell'Amministrazione -Necessit (d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, art. 16, quarto, quinto e sesto comma, l. 27 aprile 1962, n. 231, art. 8). Se, nei casi in cui l'assegnatario di alloggio abbia gravi motivi per trasferirsi altrove, debba chiedere la preventiva autorizzazione dell'Amministrazione per non incorrere riella decadenza dal diritto all'acquisto della propriet dell'alloggio ai sensi del sesto comma dell'art. 16 del d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 (cos come modificato con l'art. 8 della legge 27 aprile 1962, n. 231) (n. 266). Alloggio economico -Assegnatario -Cessione in propriet -Trasferimento volontario -Nozione e limiti -(d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, art. 16, quarto, quinto e sesto comma, l. 27 aprile 1962, n. 231, art. 8). Se per trasferimento volontario dell'interessato -trasferimento che causa di perdita del diritto all'acquisto della propriet dell'alloggio -di cui al sesto comma dell'art. 16 del d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 (cos come modificato con l'art. 8 della 1. 27 aprile 1962, n. 231) debba intendersi in trasferimento da una sede di ufficio ad altra sede situata in comune diverso che sia avvenuto a domanda dell'assegnatario dell'alloggio e non disposto d'autorit ovvero debba intendersi in qualunque trasferimento dell'abitazione anche nell'ambito dello stesso comune, purch non imposto dalla esistenza di gravi e sopravvenuti motivi (n. 265). 57 PARTE II, CONSULTAZIONI Edilizia popolare ed economica alloggi di servizio -Esclusione dal principia generale dell'impiego unitario dei fondi stanziati per la realizzazione di programmi di intervento di edilizia abitativa -Limiti -(art. 1, comma secondo, l. 22 ottobre 1971, n. 865). Se la locuzione legislativa alloggi la cui concessione sia essenzialmente condizionata alla prestazione in loco di un deaterminato servizio presso Pubbliche Amministrazioni contenuta nel comma secondo dell'art. 1 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 -che esclude i fondi destinati tra l'altro alla costruzione degli anzidetti alloggi all'applicazione del principio generale (stabilito dal comma prime> dello stesso articolo) dell'impiego unitario di tutti i fondi stanziati per la realizzazione di programmi di intervento di edilizia abitativa -si riferisca al generico obbligo di residenza dell'impiegato nel luogo ove ha sede l'ufficio cui destinato ovvero si riferisca esclusivamente a quelle pi ~pecifiche situazioni, che, ai fini della regolarit delle prestazioni, sono strettamente collegate con la presenza sul posto del dipendente (n. 268). Enti edilizi soppressi -Operazioni di liquidazione -Domande di riconoscimento di crediti -Presentate prima del 31 dicembre 1973 -Validit ed efficacia Legge 4 dicembre 1956, n. 1404 -(art. 8, d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1036, art. 13). Se possa ritenersi valida ed efficace ai sensi dell'art. 8 della I. 4 dicem- bre 1956, n. 1404, una domanda di riconoscimento di crediti nei confronti degli enti operanti nel settore dell'edilizia residenziale pubblica (GESCAL-1.S.E.S.INCIS), soppressi in base all'art. 1 del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1036, presentata nell'intervallo di tempo intercorrente tra la data di pubblicazione dello stesso d.P.R. (3 marzo 1973) e la data dalla quale prende effetto la soppressione e la conseguente messa in liquidazione (31 dicembre 1973) (n. 273). Enti edilizi soppressi -Operazioni di liquidazione -Domande di riconoscimento di crediti -Termini -Decorrenza -(l. 4 dicembre 1956, n. 1404 art. 8, d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1036, artt. 13 e 16). ' Se il termine di sessanta giorni di cui all'art. 8 della I. 4 dicembre 1956, n. 1404, per la presentazione delle domande di riconoscimento di crediti nei confronti degli enti operanti nel settore dell'edilizia residenziale pubblica (GESCAL1. S.E.S.-INCIS), soppressi in base all'art. 13 del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1036, debba computarsi a decorrere dal 31 dicembre 1973 (n. 272). ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA Espropriazioni -Indennit di esproprio -Fondo agricolo -Indennit aggiuntiva Accertamento della condizione soggettiva di coltivatore -(art. 17, l. 22 ottobre 1971, n. 865). -Se, per quanto attiene all'accertamento delle condizioni soggettive di coltivatore considerate nell'art. 17 della I. 22 ottobre 1971, n. 865, ai fini della corresponsione dell'indennit aggiuntiva di esproprio, debba fondamentalmente compiersi sulla base di prove documentali da fornirsi dagli stessi interessati (n. 362). Espropriazioni -Indennit di esproprio -Fondo agricolo -Indennit aggiuntiva Accertamento delle condizioni oggettive di coltivazione del fondo -(art. 17, l. 22 ottobre 1971, n. 865). Se, ai fini della corresponsione dell'indennit aggiuntiva di esproprio prevista dall'art. 17, I. 22 ottobre 1971, n. 865, in relazione ai fondi coltivati, allorch una diretta ispezione non consenta di rilevare l'effettivo sfruttamento agricolo del fondo (trattandosi di terreni coltivati a rotazione con periodi annuali di riposo) possano trarsi utili criteri di orientamento dalla classifica catastale del terreno (n. 363). 58 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Espropriazioni -Indennit di esproprio -Fondo agricolo -Indennit aggiuntiva in favore del coltivatore non proprietario costretto ad abbandonare il fondo Coltivatore usufruttuario -Spettanze dell'indennit -(art. 17, comma secondo, l. 22 ottobre 1971, n. 865). Se, ai fini della corresponsione dell'indennit aggiuntiva di esproprio prevista dall'art. 17, comma secondo, della legge 22 ottobre 1971, n. 865, in favore del coltivatore (gestore dell'azienda agricola) non proprietario (( costretto ad abbandonare il fondo, la posizione dell'usufruttuario (coltivatore diretto) sia parificata a quella dell'affittuario, colono, ecc. (n. 365). Epropriazioni -Indennit di esproprio -Fondo agricolo -Indennit aggiuntiva in favore del coltivatore non proprietario costretto ad abbandonare il fondo Possibilit di utile trasformazione dell'azienda agricola sul fondo residuo Irrilevanza ai fini dell'esclusione dell'indennit aggiuntiva -(art. 17, comma secondo, l. 22 ottobre 1971, n. 865). Se, al fine di escludere la corresponsione dell'indennit aggiuntiva di esproprio prevista dall'art. 17, comma secondo, della 1. 22 ottobre 1971, n. 865, in favore del coltivatore non proprietario costretto ad abbandonare il fondo , abbia rilievo la circostanza che l'azienda agricola possa essere trasformata, consentendo le caratteristiche dell'area residua una proficua conduzione con diverse colture concretamente praticabili (364). Espropriazioni -Indennit di esproprio -Fondo agricolo -Indennit aggiuntiva in favore del proprietario coltivatore diretto -Proprietario coltivatore titolare di pensione di invalidit -Spettanza dell'indennit aggiuntiva -(art. 17, comma primo, l. 22 otobre 1971, n. 865). Se l'indennit aggiuntiva di esproprio prevista dal comma primo dell'art. 17 della 1. 22 ottobre 1971, n. 865, in favore del proprietario diretto coltivatore vada corrisposta anche al proprietario, coltivatore diretto gestore dell'azienda agricola titolare di pensione di invalidit (n. 366). Legge sulla casa -Ambito di applicazione -Limiti -(l. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 9). Se la disciplina espropriativa dettata dalla 1. 22 ottobre 1971, n. 865, sulla casa si applichi a materie diverse da quelle dell'edilizia e dell'urbanistica, purch riguardanti opere connesse o interdipendenti con le specificate materie (n. 371). Legge sulla casa -competenza temporanea -Venir meno -Effetti -(l. 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 11, 12 e 20, d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8). Se col venir meno della speciale competenza delegata temporanea stabilita dagli artt. 11, 12 e 20 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 -in seguito alla emanazione del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 -sia tornata a rivivere per quanto riguarda le espropriazioni per opere statali, la competenza generale degli organi dello Stato (n. 372). Legge sulla casa -Insediamenti produttivi -Espropriazione delle aree -Disciplina applicabile -(l. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 27, l. 25 giugno 1865, n. 2359). Se per le espropriazioni di aree da destinare a insediamenti produttivi su iniziativa dei comuni o di consorzi di comuni ai sensi dell'art. 27 della I. 22 ottobre 1971, n. 865, possa mai applicarsi la disciplina generale dettata dalla legge 25-6-1865, n. 2359 (n. 373). PARTE II, CONSULTAZIONI FERROVIE Trasporto di cose -Furto di colli -Maggior frequenza di furti -Dolo o colpa grave del vettore -Effetti -(d.P.R. 30 mar