ANNO XXXIV -N. 2 MARZO-APRI LE 1982 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1982 ABBONAMENTI ANNO 1982 ANNO . L. 25.600 UN NUMERO SEPARATO . -..... )) 4.700 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Commerciale -Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma e/e postale n. 387001 Stampato in Italia -Printed in Ital:t Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (3219170) Roma, 1981 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del/'avv. Franco Favara} . pag. 225 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE (a cura dell'avv. Oscar Fiumara} 257 Sezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (a cura degli avvocati Carlo Carbone, Carlo Sica e Antonio Cingolo} 274 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura degli avvocati Adriano Rossi e Antonio Catrical} 289 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/'avv. Raffaele Tamiozzo} . 308 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura de/l'avvocato Carlo Bafle} . . . . 333 Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (a cura degli avvocati Sergio La Porta, Piergiorgio Ferri e Paolo Vittoria} . 402 Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura degli avv.ti Paolo Di Tarsia Di Be/monte e Nicola Bruni} 407 Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO QUESTIONI pag. 45 LEGISLAZIONE I 07 INDICE BIBLIOGRAFICO 122 La pubblicazione diretta dall'avvocato: .UGO GARGIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Giovanni CoNTU, Cagliari; Francesco Gu1cc1ARDI, Genova; Marcello DELLA VALLE, Milano; Carlo BAFILE, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Raffaele CANANZI, Napoli; Nicasio MANCUSO, Palermo; Rocco BERARDI, Potenza; Francesco ARGAN, Torino; Maurizio DE FRANCHIS, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo MAND, Venezia. NOTA REDAZIONALE Nel pubblicare le relazioni e gli interventi dell'incontro-dibattito su L'istituzione del difensore civico nell'ordinamento statale italiano (in questo fascicolo, Il, 45) sembra opportuno sottolineare le nuove prospettive aperte alla Rassegna dall'Avvocato Generale nella parte iniziale del suo saluto. Tutti i colleghi sono chiamati a partecipare a quello che ci si augura essere un dialogo fecondo di risultati tra l'Istituto e tutti gli altri interlocutori operanti nel mondo del diritto. Pi in generale sembra opportuno auspicare una pi intensa partecipazione sia dell'Istituto come tale che dei suoi componenti a tutte quelle manifestazioni -quali congressi, convegni, incontri che sono ad un tempo mezzo di arricchimento culturale e sintomo di vitalit. Recentemente l'Avvocatura distrettuale dello Stato di Trieste ha organizzato un Convegno di Studi sulla riforma sanitaria che ha avuto un notevole successo: una iniziativa che merita pieno plauso e che ci si augura non rester un precedente isolato. ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI N. BRUNI, Questioni in tema di reati valutari . . . . . . . . . . . . I, 407 I. F. CARAMAZZA, In tema di responsabilit civile per fatto del giudice I, 297 F. FAVARA, Il doppio grado di giurisdizione di merito ed il processo tributario . . . . . . I, A. PALATIELLO, Immobile societario e fabbricato strumentale ai fini della tassazione in ILOR .... I, 367 A. PALATIELLO, I redditi da partecipazione di societ di capitali in societ personale . . . : . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 385 G. STIPO, Pretesa ammissibilit nel giudizio amministrativo del provvedimento di urgenza . . . . . . . . . . . . . . . . I, 308 Atti dell'incontro di studio su L'istituzione del difensore civico nell'ordinamento statale italiano, tenutosi nella Sala Vanvitelli il 20 aprile 1982 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il, 45 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE -Competenza e giurisdizione -Tribunale superiore delle acque e tribunali regionali Delimitazione alveo fluviale -Controversie -Giurisdizione Tribunali regionali, 404. -Concessione Riconoscimento di antica utenza Impugnazione del provvedimento ricognitivo -Termini Imposizione e misura del canone Operativit, 402. -Giudizio e procedimento Dichiarazione di incompetenza del tribunale regionale Mezzo di impugnazione A. ppello al tribunale superiore Esclusione Regolamento necessario di competenza, 403. ATTO AMMINISTRATIVO -Sospensione ad opera del giudice Limite legale di durata della sospensione Legittimit costituzionale, con nota di F. FAVARA, 226. CACCIA -Provvedimento amministrativo Divieto assoluto di caccia -Domanda di risarcimento danni -Difetto assoluto di giurisdizione, 280 -Provvedimento amministrativo -Vizi di legittimit Interesse legittimo . Giurisdizione amministrativa -Attivit materiale Danno a terzi Diritto soggettivo Giurisdizione ordinaria, 280. COMPETENZA CIVILE -Inammissibilit dell'appello avverso sentenza sulla sola competenza -Sentenza dichiarativa -Regolamento di competenza Inammissibilit, 295. COMUNIT EUROPEE -Agricoltura -Politica agricola comune Poteri discrezionali delle istitu zioni comunitarie -Fissazione del prezzo d'entrata per il grano duro, 257. -Atti delle istituzioni comunitarie Responsabilit nei confronti dei singoli Azioni risarcitorie -Condizioni, 257. -Atti normativi delle istituzioni comunitarie Responsabilit nei confronti dei singoli Limiti, 257. -Unione doganale -Transito comunitario Garante -Liberazione Condizioni, 258. CONTABILIT DELLO STATO -Obbligazioni pecuniarie . Inadempimento Diritto soggettivo del privato Esecuzione forzata -Ammissibilit Contabilit dello Stato Obbligazioni pecuniarie -Mora Danno personalizzato Rivalutazione Applicabilit, 295. -Obbligazioni pecuniarie Mora -Interessi Natura Ammissibilit, 295. CORTE COSTITUZIONALE -Ricorso di una regione avverso decreto legge Manca.ta conversione in legge Inammissibilit del ricorso Successiva legge regolatrice dei rapporti conseguenti al decreto non convertito -Ininfluenza, 256. ESPROPRIAZIONE PER P.U. -Indennit -Deposito integrativo -Ritardo -Mora -Accertamento -Precedente giudicato che ne dispone la integrazione -Indagine sulla mora Preclusione, 295. -Indennit -Rivalutazione -Inammissibilit, 289. -Occupazione -Ultrabiennale -Danno -Attribuzione degli interessi sul valore del bene (indennit di esproprio) -Debiti di valore -Rivaluta VILI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione -Ammissibilit -Criterio -Decorrenza -Riferimento al momento della liquidazione giudiziale -Ulteriori interessi compensativi -Ammissibilit, 289. FONTI DEL DIRITTO -Legge -Legislazione di emergenza Misure insolite e temporanee -Legit timit costituzionale, 247. GIURISDIZIONE CIVILE -Gestione commissariale della Ferro via Cancello-Benevento Rapporto di impiego in corso successivamente a tale gestione -Natura pubblicistica -Controversie Giunsdizione del giudice amministrative, 286. -Giurisdizione ordinaria ed ammim strativa -Impiego pubblico -Ente zolfi italiani Controversie d'impiego -Giurisdizione ordinaria, 280. -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa -Universit -l'recari -Trat tamento economico -Controversie Giurisdizione ordinaria, 274. -Impiego pubblico -Indennit di buonuscita -Riliquidazione -Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo -Giudizi pendenti -Estinzione -Questione manifestamente infondata di costituzionalit, 279. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Doppio grado di giurisdizione -t;: costituzionalmente garantito -Anche nel processo cautelare, con nota di F. FAVARA, 226. -Potere di sospendere l'efficacia dell'atto amministrativo -Potest cautelari in genere -Non sono componenti essenziali della tutela giurisdizionale costituzionalmente garantita, con nota di F. FAVARA, 227. -Provvedimenti cautelari adottati dal T.A.R. -Appellabilit in genere -Mancata notifica alla Amministrazione resistente della richiesta del provvedimento cautelare -Inammissibilit della richiesta, con nota di G. STIPO, 308. -Provvedimenti cautelari d'urgenza Art. 700 cod. proc. civ. -Applicabilit nei giudizi davanti i T.A.R., con nota di G. STIPO, 308. ORDINAMENTO GIUDIZIARIO -Responsabilit -Limitazione -Estensione alla pa. -Inammissibilit -Fatto illecito dei funzionari -Conseguenze dannose -Imputabilit alla p.a., con nota di I. F. CARAMAZZA, 297. PRESCRIZIONE E DECADENZA -Atti interruttivi -Effetti -Limitati al soggetto che li ha compiuti -Riferibilit ad un soggetto diverso -Limiti -Applicazione alla concessione Atti interruttivi del concessionario Effetti verso il concedente, 292. PROCEDIMENTO CIVILE -Fallimento -Opposizione a stato passivo -Inappellabilit delle sentenze attribuite alla competenza per materia del pretore -Controversie di lavoro -Illegittimit costituzionale, con nota di F. FAVARA, 228. PROCEDIMENTO PENALE -Carcerazione preventiva -Prolungamento del termine massimo di durata -Applicabilit anche ai procedimenti in corso -Legittimit costituzionale, 247. -Doppio grado di giurisdizione nel merito -Non costituzionalmente garantito, con nota di F. FAVARA, 225. PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -Istituto Poligrafico dello Stato Pubblico impiego -Natura -Ente pubblico non economico -Controversie -Giurisdizione del giudice amministrativo, 285. REATO -Reato valutario previsto dall'art. 2 legge 30 aprile 1976 n. 159 e successive modifiche -Confisca prevista dall'art. l, ottavo comma, d.l. 4 marzo 1976 n. 31 -Inapplicabilit, con nota di N BRUNI, 407. INDICE DELLA GIURISPRUDENZA -Reato valutario previsto dall'art. 2 legge 30 aprile 1976 n. 159 e successive modifiche -Disponibilit all'estero superiori ai 15 milioni di lire Reato aggravato e non figura autonoma di reato, con nota di N. BRUNI, 407. -Reato valutario previsto dall'art. 2 legge 30 aprile 1976 n. 159 e successive modifiche -Propriet da parte di residente di azioni al portatore di societ estere e attraverso queste di azioni di societ italiane circolanti all'estero ed intestate alle societ estere -Omessa dichiarazione all'U.I.C. entro il 3 dicembre 1976 Determinazione del valore delle attivit non dichiarate, al fine della irrogazione della pena pecuniaria, sul!it base del capitale sociale -Legittimit, con nota di N. BRUNI, 407. -Reato valutario previsto dall'art. 2 legge 30 aprile 1976 n. 159 e successive modifiche -Propriet da parte di residente di azioni al portatore di societ estere e attraverso queste di azioni di societ italiane circolanti all'estero ed intestate alle societ estere -Omessa dichiarazione all'U .l.C. entro il 3 dicembre 1976 Sussistenza, con nota di N. BRUNI, 407. -Reato valutario previsto dall'art. 2 legge 30 aprile 1976 n. 159 e successive modifiche -Propriet da parte di residente di azioni al portatore di societ estere e attraverso queste di azioni di societ italiane circolanti all'estero ed intestate alle societ estere -Pegno a favore di terzi gravante sulle azioni -Omessa dichiarazione all'U.l.C. entro il 3 dicembre 1976 -Sussistenza, con nota di N. BRUNI, 407. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -Imposta sui redditi di ricchezza mobile -Condono -Rimborso di ritenute di acconto -Esclusione, 360. -Imposta sulle societ -Redditi da partecipazione di societ di capitali in societ di persone -Sono tassa: bili solo le somme effettivamente percepite a titolo di ripartizione, con nota di A. PALATIELLO, 384. -Ritenuta sugli utili distribuiti dalle societ (cedolare) -Imputazione degli utili a riserva e contestuale distribuzione del fondo sovrapprezzo azioni - soggetta alla ritenuta, 350. TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta di registro -Concordato con cessione di beni -Cessione di beni da parte di soggetti diversi dal debitore -Presuppone un accollo del debito tassabile come tale, 364. -Imposta di successione -Passivit deducibili -Fideiussione -Certezza e liquidit del debito -Esclusione, 356. TRIBUTI (IN GENERE) -Contenzioso tributario -Composizione commissioni di primo e secondo grado -Presidente e vice presidente -Legittimit, 347. -Contenzioso tributario -Giudizio dinanzi alle commissioni tributarie e all'a.g.o. -Ha natura di giudizio sul rapporto ,con nota di F. FAVARA, 227. -Contenzioso tributario -Giudizio di terzo grado -Estensione -Questione sulla natura agricola o edificatoria dei suoli, 365. -Contenzioso tributario -Ricorso alla Commissione centrale -Deposito presso la segreteria della Commissione centrale -Insufficienza -Ricevimento da parte della segreteria della commissione di secondo grado -Necessi t, 341. -Contenzioso tributario -Ricorso alla Commissione centrale -Deposito Spedizione per posta -Rilevanza della data di ricezione da parte della segreteria, 341. -Contenzioso tributario -Ricorso contro il ruolo -Nullit della notifica dell'accertamento Impugnazione di merito . Necessit -Esclusione, 353. -Contenzioso tributario Ricorso per cassazione contro decisione della Commissione centrale Termine Art. 327 c.p.c. -Omessa comunicazione della data della adunanza -Partecipazione al giudizio -Irrilevanza, 335. X RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Contenzioso tributario -Ricorso per cassazione contro decisione della Commissione centrale -Termine Notifica della decisione a cura della segreteria--Fa decorrere il termine di 60 giorni -Termine annuale -Applicabilit, 334. -Contenzioso tributario -Ricorso per cassazione contro decisione della Commissione centrale -Termine Notifica della decisione a cura della segreteria -Non fa decorrere il termine di 60 giorni -Termine annuale Applicabilit, 334. -Repressione della violazione -Sanzioni Societ avente personalit giuridica Responsabilit dell'amministratore Esclusione, 352. TRIBUTI LOCALI -ILOR -Tassazione del reddito dei fabbricati destinati alla locazione degli Istituti Autonomi delle case popolari Natura di reddito fondiario -Tassazione ILOR separata con il sistema dell'iscrizione catastale, con nota di A. PALATIELLO, 367. -Imposta locale sui redditi -Convenzione fra l'Italia e gli Stati Uniti di America per evitare la doppia imposizione Non si estende, 333. -Imposta locale sui redditi -Redevances e royalties -Regime anteriore al d.P.R. 30 dicembre 1980, n. 897 Redditi diversi -Tassabilit, 333. j.. 1, !! 1::f' i: ~ ~.....J INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 15 aprile 1981, n. 62 . . 1 febbraio 1982, n. 8 . 1 febbraio 1982, n. 15 25 marzo 1982, n. 59 . 1 aprile 1982, n. 63 3 aprile 1982, n. 69 . CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE Sez. II, 17 dicembre 1981, nelle cause riunite 197 200, 243, 245 e 247/80 Sez. II, 18 febbraio 1982, nella causa n. 277/80 . . . . . . . . . . . . . GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un., 25 maggio 1981, n. 3409 . Sez. Un., 10 giugno 1981, n. 3758 . Sez. I, 17 giugno 1981, n. 3931 . . Sez. I, 19 giugno 1981, n. 4017 .. Sez. Un., 24 giugno 1'981, n. 4108 . Sez. I, 7 luglio 1981, n. 4432 . . . Sez. Un., 13 luglio 1981, n. 4557 . Sez. I, 25 luglio 1981, n. 4826 . . Sez. I, 21 settembre 1981, n. 5161 . Sez. 1; 7 ottobre 1981, n. 5264 . . Sez. I, 21 ottobre 1981, n. 5508 . Sez. I, 22 ottobre 1981, n. 5529 . Sez. I, 26 ottobre 1981, n. 5583 . Sez. I, 29 ottobre 1981, n. 5696 . Sez. I, 9 novembre 1981, n. 5913 . Sez. I, 17 dicembre 1981, n. 6678 . Sez. I, 29 gennaio 1982, n. 571 . . Sez. I, 5 febbraio 1982, n. 651 . . Sez. I, 10 febbraio 1982, n. 813 . Sez. I, 17 febbraio 1982, n. 993 . Sez. I, 18 febbraio 1982, n. 1016 . Sez. I, 27 febbraio 1982, n. 1270 . . pag. pag. pag. 225 226 247 256 227 228 257 269 274 279 333 334 280 341 280 341 347 350 352 353 356 360 364 365 289 292 334 367 335 384 XIl RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO I I ~ Sez. I. 5 marzo 1982. n. 1386 . . . pag. 295 Sez. Un., 9 marzo 1982, n. 1498 . . 285 ~~~ ;_:: Sez. Un., 15 marzo 1982, n. 1668 . 286 i~: Sez. I, 18 marzo 1982, n. 1759 . . 295 ~~ Sez. III, 24 marzo 1982, n. 1879 . . 297 ~-: r:: TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE I 23 marzo 1982, n. :11 . pag. 402 la 23 marzo 1982, n. 12 . 403 26 marzo 1982, n. 14. 404 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Sez. VI -Ord. 16 luglio 1980, n. 83 . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 308 TRIBUNALE AMMINISTRATIVO DELLA CALABRIA Sezione staccata di Reggio Calabria -Ord. 21 aprile 1980, n. 62 . . . . pag. 308 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI APPELLO DI GENOVA Sezione II bis, 5 marzo 1981, n. 371 . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 407 PARTE SECONDA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLE CONSULTAZIONI QUESTIONI Atti dell'incontro di studio su L'istituzione del difensore czvzco nell'ordinamento statale italiano, tenutosi nella Sala Vanvitelli il 20 aprile 1982 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 45 LEGISLAZIONE I. -Norme dichiarate incostituzionali II. -Questioni dichiarate non fondate . III. -Questioni proposte pag. )) J.07 107 108 INDICE BIBLIOGRAFICO pag. 122 PARTE PRIMA ):: >;: !i 1' 1; GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA ' GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE I CORTE COSTITUZIONALE, 15 aprile 1981, n. 62 -Pres. Amadei -Rel. Elia -Pinna (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Chiarotti). Procedimento penale -Doppio grado di giurisdizione nel merito -Non costituzionalmente garantito. (Cast., artt. 3, 24, 25 e 111; cod. proc. pen., art. 435). La Costituzione non prevede la garanzia del doppio grado di giurisdizione nel merito; pertanto, l'art. 435 ultimo comma c.p.p. costituzionalmente legittimo (1). (1 -2 -5 -6) Il doppio grado di giurisdizione di merito ed il processo tributario (*). La prima, la seconda e la quarta delle sentenze in rassegna precisano (con fermando quanto anticipato ndlia sentenza n. 1117 del 1973, in questa Rassegna, 1974, 22) l'orientamento delilia Corte costituzionale in ordine al doppio gmdo di merito. La pos$ibilit di un 1giudizio dinaruii ail!1a Corte di cassazione contro le sentenze costituzionalmente garantita entro i Nmiiti segnati dall'art. 111, secondo e terzo comma. Non v' invece garanzia costituzionale di un secondo grado di merito dinanzi ad un .giudice sovraordinato a quelt1o di primo grado, sruvo che nei casi indicati da!lila Costituzione (cfr. sent. n. 8 del 1982); pera1tro, un secondo grado di merito pu essere imposto, in tailune situazioni da esigenze di razionalit del sistema (cfr. sent. n. 69 del 1982). Non pare il caso di rammentare in questa sede quanto stato scritto nei secofil sull'origine storica e sul presupposto intimamente gerarchico de1l'isti. tuto del doppio grado di merito ( su taile presupposto che esso si basa, e non su una ipotetica presunzione assoluta di maggior giustizia della pronuncia del giudice sovraordinato), nonch sulle varie ragioni empiriche di volta illl vo~ta addotte a sua giustilicazionie e sui possibilli dlliversi connotati dell relativo giudizio (di gravame, impugnatorio, misto, ecc.). D'altro canto, ovvia e persino superflua appare l'osservazione che le sentenze in rassegna sosta:nzi.ailmente eso1udono ogni sospetto di .iJlegittimit costi.itWJionale per molite delle disposizioni che prevedono un unico grado di merito (ad esemrpfo l'art. 339, commi secondo e terzo, cod. :proc. civ., e gli artt. 19 e 20, ult. comma, de1la legge 22 ottobre 1971, n. 865). Ancora, non molte parole necessario spendere per sottolineare come La sentenza n. 8 del 1982 abbia definitivamente chiuso (*) Motivi di impaginazione hanno indotto a pubblicare l'articolo che segue in questa sede invece che nella parte II, che sarebbe stata la sua naturale. L'articolo stesso, infatti -cos come pi in particolare tutti gli scritti pubblicati nella parte Il della Rassegna -esprimesolo il pensiero del suo autore, come tale non riferibile a questa pubblicazione di servizio. 2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 226 II CORTE COSTITUZIONALE, 1 febbraio 1982, n. 8 -Pres. Elia -Rel. Rochrssen -Comune di S. Severo (avv. Troccoli), Comune di Chiaravalle (avv. Boldrin), Nasi e Stoppani (avv. Stoppani), Savini Nicci (avv. Pallottino) e Presidente Consiglio dei Ministri (vioe avv. gen. Stato Azz;ariti). Giustizia amministrativa -Doppio grado di giurisdizione -:I!: costituzionalmente garantito -Anche nel processo cautelare. (Cost., art. 125; l. 3 gennaio 1978, n. 1, art. 5). Atto amministrativo -Sospensione ad opera del giudice -Limite legale di durata della sospensione -Legittimit costituzionale. (Cost., artt. 3, 24, 97, 103 e 113; l. 3 gennaio 1978, n. 1, art. 5). In linea di principio l'istituto del doppio grado di giurisdizione non ha rilevanza costituzionale; tuttavia, per il settore della giustizia ammi nistrativa ordinaria, l'art. 125 comma secondo Cast. riconosce e garantisce detto istituto, ed anche nel processo incidentale cautelare (2). Il limite temporale (ncin superiore a sei mesi) di efficacia dell'ardi nanza di sospensione di un atto amministrativo emesso nelle materie che formJ:no oggetto della legge n. 1 del 1978 appare congruo e ragionevole in relazione alla durata normale di un processo amministrativo, e quindi non contrastante con la Costituzione (3). un dibattito -che fu intenso all'epoca della elaborazione deWla legge istitutiva dei tribunali regionaili ammimstratiVli -oiroa la possibiMt e la convenienza di sottrarre runa competenza di tali tribunali :fil. s~ndacato sui pi dmpo11tanti atti ammimstrativi delle autorit centrali deHo Stato. Detta sentenza, per altro verso, impone .di riconsiderare le (pervero pochissime) sd,tuazioni nclle quali v' ancora una competenza del Cons:iigiliio dii Stato in un unico grado: ci dicendo non ci si riferisce ai gdudizi sui 11icorsi dii.retti ad ottenere l'adempimento delYobbLigo dehl'autorit amministrrutiva di conformrursi al giudicato formatosi sulla decisione del Consiiigldo di Stato o suiliLa sentenza di un tribuDJailie ammdnistmtivo regioru:cle, posto che la natura esecutiva di tail!i g:iufui esclude il sussistere di una antinomia tra l'art. 125 Cost. e ilia normativa dii cui all'art. 37, commi terzo e quarto, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, ed alla relativa interpretazione giurisprudenziale. Interessa invece in questa sede sottolineare come le sentenze in rassegina abbiano confe!1IIlato la possibiLiit dd pervenire ad una sempillifioazione e -quel che :pi rl1eva -ad una accelerazione del processo tributario attraverso: -o ila riduzione dei gradi intermedi tra il primo e queihlo di cassazione, -o alcune limitazioni deLLa possiOOl.t di adire gld organi competenti per .gradi test denominati intermedi; -o la previsione di uno strumento che consenta di accedere per saltum alila Corte di cassazione. opinione genemle che il processo tributario abbia rkevuto daLl!a Legge delega 9 ottobre 1971, n. 825 e daii decreti cLeLegati 26 ottobre 1972, n. 636 e 3 novembre 1981, n. 739 una disciplina ben lungi dall'essere soddisfacente. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 227 III CORTE COSTITUZIONALE, 1 aprile 1982, n. 63 -Pres. Elia -Rel. Saja - Perdon ed altri (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato D'Amato). Giustizia amministrativa Potere di sospendere l'efficacia dell'atto amministrativo Potest cautelari in genere Non sono componenti essenziali della tutela giurisdizionale costituzionalmente garantita. (Cost., artt. 3, 24 e 53; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 62; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 15, 39 e 54). Tributi in genere -Contenzioso tributarlo Giudizio dinanzi alle commissioni tributarle e all'a.g.o. Ha natura di giudizio sul rapporto. La potest cautelare non costituisce una componente essenziale della tutela giurisdizionale garantita dagli artt. 24 e 113 Cast., e la sua disciplina demandata alla legge ordinaria; la potest cautelare va pertanto riconosciuta ad un organo giurisdizionale soltanto nei casi previsti dalla legge. Al legislatore ordinario consentito riservare ad autorit amministrativa la facolt di disporre la sospensione della riscossione di entrate tributarie, sul presupposto che tale autorit pu meglio valutare comparativamente la posizione del contribuente e l'interesse dello Stato alla riscossione dei tributi. Gli artt. 15, 39 e 54 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e l'art. 62 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 non contrastano con gli artt. 3, 24 e 53 Cost. (4). In esito al processo tributario reso un giudizio sul rapporto (credito tributario e correlata obbligazione) e non sull'atto amministrativo di imposizione (5). Maill~ado almeno UDJa mezza dozzina di progetti di r.iforma del contenzioso tributario fossero stati elaborati nel corso degli anni '60, sommarie ed ambigue sono state le poche rodkaziionii date dal:1'art. 10, numeri 14 e J.5, della legge dclega menzionata, le quali non sono state precedute da un adeguato mbattito in sede par1amentare (ben pi ampio ed approfondito fu iJJ: dibattito lin p,aruamento quando, tra il 1864 e 1i1 1867, si ~stituirono le commissioni tributarie). Quanto al decreto delegato n. 636, esso si preoccupato sop['attutto d. :Pervenire comunque ad una giurisdizional.zzazione de11e commri:ssioni tributarie (e, corolilario illuminante, ad una gestione di taild coIIIIDiissioni da parte defila magistratura ordinaria); e ci pur in assenza di un mandato ad hoc dei! 1egisllatore delegante, il quaile -in presenza di un orientamento quale quehlo ailil.'epoca espresso dalile sentenze n. 6 e n. 10 dei1 1969 c1elfa Corte cost.tuzionail: e -ben a1tre indioa.2lioni avrebbe dovuto dare, se veramente avesse voluto giurisdizionallizzare le comm&ssioni ed omogencizzar1e ai gri.udici ordinari (ed invece -come pi volte osservato dn dottrina -ha parlato di aziione giudiziaria solo in relaziione ai1 giudizio dinanzi ai1la Corte d'aippehlo, ed a partire dal momento deMa sua instauvazione). Detta preoccupazione ha finito per mettel'e in secondo piano le esigenze sostanziati, d'ordline anche politico ed ammdn. stratiivo, che ogni discipliina seria ed esauriente del contenzioso tributario deve soddisfare, o, quanto meno, tenere in attenta considerazione. 228 RASSEGJ:ailom oommeroiiailii dti uno o ;pi ilmmobiilli o aa:iende, o di valori normaLi di beni, tilltdJJi o serW:zil) o su estimi catastaili (apprezzamenti toonici determiniativi dei classamenti e dei redditi oridinari degli immobili), una attivit dunque ontologicamente diversa da queW!a .tradizional mente necessaria per wa tutela de1le situazioni soggettive; in considera:llione di ci non pare condividib.ie ~'affenmazione contenuta neilila sentenr.ia n. 63 de~ 1982 e riportata nelila massima n. 5, secondo cui iil giudizdo tributario sarebbe per sua natura un g1.1Udizio sul .rapporto; quand' d.PJR., che mira unicamente a privare di rilevanza determinante Ila pi parte dei possibili vizii formali degli atti de!J1~ammiru:straxione). Sono, come evidente, connotati che impediscono il ricorso ai sfatemi tradizionalii (ad esempio, .il vailore delLa materda controversa) di selezione deihle controversie cui dedicare maggiori dsorse e migiori professionalit, e rendono complicata anche la via della specializzazione del giudice (vi1a in quailche misura seguita daWLa normabiva pre-riforma). In onsiderazione di ci, la riforma del 1971 ha finito per fare una scelta live1latrice e -a suo vviso -1sempldfica trice (un processo modehlato in modo eguaJ:e per tutte le controversde), scelta che per si rivelata poco efficiente, ha determinato sprechi ingenti di risorse umane e materiali, e comunque ha dato vita a p.rocessi fonti mediamente quasi quanto queLli pre-riforma (dl semplice fatto che quattro siano ora i gradi in astr.atto percorrib~li, invece dei tre o cinque o 1sei o sette gradii' che i i PARTE I, SEZ. I; GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 233 sione della esecuzione dell'atto amministrativo impugnato in riferimento agli artt. 3, 24, 97, 100, 103, 113 e 125 della Costituzione; b) illegittimit costituzionale dell'art. 5, penultimo comma, della stessa legge n. 1 del 1978, nella parte in cui limita la efficacia della ordinanza con la quale il TAR sospende la esecuzione dell'atto amministrativo impugnato a sei mesi, in riferimento agli artt. 3, 24, 97, 103 e 113 della Costituzione. La prima delle accennate questioni fondata, con riferimento all'art. 125, secondo comma, della Costituzione. invero, giurisprudenza costante di questa Corte che l'istituto del doppio grado di giurisdizione non ha rilevanza costituzionale (da ultimo sentenza n. 62/1981), ma nei casi che formano oggetto delle ordinanze di cui m epigrafe 1a giurisprudenza stessa non pu essere applicata, m quanto si tratta di questioni attinenti alla giurisdizione amministrativa la quale trova nella stessa Carta costituzionale una disciplina differenziata. Infatti l'art. 125, secondo comma, esplicitamente stabilisce che i tribun;:ili amministrativi da istituire (e poi istituiti con la legge 6 dicembre 1971, n. 1034 istituzione dei tribunali amministrativi regionali) sono giudici di primo grado, soggetti pertanto al giudizio di appello dinanzi al Consiglio di Stato. Il che trova spiegazione-nei caratteri propri del1a giurisdizione amministrativa ordinaria, che verte particolarmente nella sfera del pubblico interesse e rende, quindi, opportuno il riesame delle 'pronunce dei tribu potevano essere percorsi in precedenza, di per s non sufficiente a dimostrare il: contrario). Parrebbe dunque doverosa qualche corre7!ione di rotta, preceduta, come si detto, da una individuazione ed analisi dei tipi di giudizio :Pi frequent~ mente richiesti agli organi chiamati a decidere suLle contrO'Versie tributarie; senza dimenticare che i giudizi in materia sono di regola promossi dopo attivit ed atti posti in essere dailila pubbliica amministrazione, e quindi riperOOI1I'Ono itii:nemri gi da questa percorsi Sle!12la necessit di accertare ex novo i fatti fscaLmente rHevanti. Ora, i tipi di giudizio pi frequentemente richiesti nehle controversie tdbutar&e sembrano riducibiild ai seguenti: A) lo jus dicere su questioni di diritto sostanziale (ad esempio, relative all'interpretazione di norme tributarie), per stabilire lo an e/o il quantum dei crediti tributaJJ, ovvero per sindacaTe la .legittimit di atti autoritativi even tuaLmente emanati daililla a:mmiinistrazione; notoriamente ile controversie nehle quai1i richiesto soltanto un giudizio siffatto sono molto numerose (grosso modo un quinto del tota.Le) e di serie'" anche se spesso di modesto valore ,, (sdngolarmente considerate); B) il .sindacato dall'esterno (1) sulle stime o suglJi es1iirrrui catastailii.; il vatliore economico e que1lo normale di un bene, i~ suo olassamento cata (1), Sul significato dell'espressione dall'esterno si rinvia allo scdtto La semplice esti mazione ed il controllo giurisdizionale sull'atto amministrativo di accertamento tributario che sar pubblicato nel n. 4/1982 di questa Rassegna. 234 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nali di primo grado da parte del Consiglio di Stato, che trovasi al vertice del complesso degli organi costituenti la giurisdizione stessa. Non v'ha, quindi, dubbio che nel settore in parola il principio del doppio grado di giurisdizione abbia rilevanza costituzionale. Il problema da risolvere, pertanto, quello di accertare se questo principio copra il solo processo di merito ovvero anche il processo incidentale cautelare, consistente nel decidere se sussistano gmvi ragioni per sospendere la esecuzione dell'atto amministrativo impugnato dinanzi al TAR in attesa della pronuncia sul merito del gravame che acclara definitiV'amente la legittimit o meno di tale atto. Ad avv:iso della Corte la risposta al quesito deve essere affermativa. La giurisprudenza di questa Corte medesima . (sentenze numeri 284 del 1974 e 227 del 1975), infatti, ha posto in luce il carattere essenziale del procedimento cautelare e la intima compenetrazione sua con il processo di merito nell'ambito della giustizia amministrativa, nella quale maggiormente si avverte la necessit di un istituto, quale appunto U procedimento cautelare, che consenta di anticipave, sia pure a m.tolo provvisorio, l'effetto tipico del provvedimento finale del giudice, permettendo che questo intervenga re adhuc integra e possa consentire in concreto la soddisf~ione dell'interesse che risulti nel processo meritevole di tutela. g del resto noto che la pronunzia incidentale sulla domanda di sospensione della esecuzione dell'atto amministrativo impugnato, quale che ne sia il contenuto, suscettibile di incidere in maniera decisiva sulle conseguenze delle pronuncie di merito del giudice e, quindi, anche se indirettamente, sulla tutela sostanziale delle parti e sugli interessi che stale, :il suo reddito ordIDario non sono fatti, sono apprezzamenti tecrnci che poggiano anche su dati di fatto; le controversie suLle stime sono, come noto, molto numerose ma si addensano -fino a quando non verr introdotta una imposiz]one patrimoniaile -attorno ad un ristretto gruppo di tributi (di registro, sulile successionri, INVIM); C) l'accertamento diretto di uno o pi fatti (di fatti, s'intende, diversi da quelli. di normogenesi) e, pi frequentemente, i!l sindacato dahl:'esterno sui procedimenti Iogici seguiti oo!J1'amministrazione nella formazrlone di presunzioni ; in questo tipo di giudici possono essere ricomprese tutte ile controversie portate su quaestiones facti, compresa parte cospicua di quelrle tradi- zional:mente quailrifioate come relative a valutazione estimativa; a questo proposito, bene rammentare che, nel vigente orrunamento tributario, ben pi ristretto lo spazio per semprltici stime dei redditi [mpomibii1i, la normativa .sostanziale considerando imponibil!i i redditi effetti'V'i e non quehlii o:ridmari (con ~eccezione, gi esaminata, dei redditi fondiari); uno spazio per stime pu ancora rinveniTsi in tema di plu.svarlenze, mentre le valutazioni operate in ,sede di redazione dei bilanci societari ed arltri documenti contabili sono rimesse -almeno in prima battuta -ai contribuenti; o:ria, altro stimare , altro ricostruire i fatti (ad esempio, Ja percezione & un vorlume di ricavi o di redd1ti) attraverso presunzioni ossia risailendo, per wa di induzione logica, da fatti noti aventi significati indiziari a :fatti 235 PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE entrano nel processo amministrativo, in modo particolare sul pubblico interesse: la pronuncia incidentale, invero, come pu pregiudicare (se negativa) l'interesse del privato ricovrente, cos, in non pochi casi (se positiva), pu pregiudicare la soddisfazione del pubblico interesse, anche se di altissimo rilievo, che l'atto amministrativo impugnato aveva ritenuto di realizzare in un determinato modo. Date queste pvemesse e considerando, quindi, la necessit che le opposte posizioni del privato e della P.A. trovino 1a pi piena e completa valutazione da parte del giudice amministrativo,. da ritenere che il principio del doppio grado di giurisdizione, e quindi la possibilit di un riesame del provvedimento decisorio del giudice di primo grado da parte del Consiglio di Stato, trovi applicazione anche nei riguardi del processo cautelare. L'airt. 125 Cost., d'altro canto, non contiene limitazione alcuna dalla quale possa dedursi che esso si riferisca esclusivamente alle pronunce di merito. vero, poi, che l'art. 28 della legge n. 1034 del 1971, nel trattare dell'appello menziona esplicitamente solo le sentenze dei Tribunali regionali amministrativi: ma, a parte la considerazione che esso si porrebbe in contrasto con la citata norma costituzionale ove fosse da interpretare restrittivamente, sta di fatto che la giurisprudenza amministrativa ravvisa tale disposizione come relativa a tutti i provvedimenti di carattere decisorio del giudice di pr.imo grado, fra i quali dndubbiamente compresa la ordinanza che pone termine al procedimento cautelare. tenuti nascosti (e ci vaJ1e anche per gH eliementi presuntivi vailorizzahii per iil ricorso .ail metodo sintetico); le controvensie nelle quali tale tipo di giucli71io richiesto sono notoriamente numerosissime, soprattutto nel settore d~':iimrposizione diretta; D) il: 1sindacato dall'esterno sulla vawklit dei criteri giuridici e dei procedimenti fogici seguiti daWL'ammini:strazione nel determinare, con valutazione assimilabile a quehla prevista da:1l"art. 133 cod. pen., 1a misura di una pena pecuniaria; illa legislazione delegata ha affiancato questo tipo dii giudizi a quelilii su1le questioni di fatto reiliative a va.lutazione estimativa ; ma, a ben vedere, trattasi di un accostamento molto groS!Solano, posto che ben diversa l'attivit richiesta a cm chiamato a .giudicare. Ciascuno di questi quattro tipi di giudizio ha esigenze e oaratteri :propri, ben differenti dailile esigenze e dai connotati degli altri. Ovviamente, in moltissime controve11sie (forse la maggioranza, ma una indagine quantitativa in proposito non mai stata fatta), sono richiesti al giudice due o pi dei tipi di giudi7Jio d:iiamii &stinti; ci, rtuttav.1a, ID!QIJ. pu ILn!dU'rre ad acoantonaire la ricerca di un sistema prooessualie a11ncolato in coerenza con !l!a mo1teplicit delilie esigenze a ciascuno di essi relative. Dcl resto, se si assume -ed l'ipotes1 che dia~ si assunta -come punto fermo il mantenimento di un primo grado unico e indifferenziato "per tutti i tipi di .giudizio, e ~i operano le differenziazioni solo nei gradi successivi, 1gli inconvenienti cleriivanti dalfo congiunta richiesta di pi giudizi :di tipo diverso appaiono fu"onteggiabhli e superabili, aittravel1SO il rafforzamento deWonere di precisa 1ndicazione e dcli 236 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La acoertata illegittimit costituzionale delllart. 5, ultimo comma, della legge n. 1 del 1978 esime dal prendere in considerazione glf altri profili di illegittimit posti in luce dai giudici a quibus. Non fondata, invece, la seconda delle riferite questioni. (omissis) Con il quarto comma dell'art. 5 il legislatore si proposto anche il problema delle conseguenze connesse al prolungarsi degli "ffetti di una pronuncia positiv:a di sospensione quando tardi eccessivamente la decisione sul merito del gravame, dato che in tal caso rimane ostacolata la realizzazione delle opere alle quali la .legge predetta si riferisce. A questo fine il legislatore ha adottato talune misure considerate idonee anche a sveltire i giudizi dinanzi ai giudici amministrativi di primo grado, quando venga chiesta la sospensione della esecuzione dell'atto amministrativo impugnato. E perci da un lato si stabilito che la istanza di sospensione non pu essere trattata se non sia stata presentata la domanda di fissaZJione di udienza, che costituisce condicio sine qua non per la discussione del gravame e la cui mancanza comporta la perenzione del ricorso nel termine non certo breve di due anni dalla data del suo deposito (art. 25 legge n. 1034 del 1971), evitando cos che pronunce sulla sospensione possano essere emesse e produrre effetti per lungo tempo e senza collegamento con Ja possibilit di una sollecita discussione del merito. Dall'altro, per accelerare il giudizio di merito, stato fissato un termine, anche se meramente sollecitatorio, per la discussione del merito, per il caso che la domanda di sospensione sia stata accolta, e cio quando possa risultare maggiormente compromesso il pubblico nteresse. mitazione dei mtivi di impugna2lione e con J"ausfilio -ove necessario -di quaiLche accorgimento d'ordine processUJail.e. Dunque, dopo un primo grado unico, Je controversie tributarie potrebbero essere selezionate e discriminate sulla base delle differenziazioni dianzi evidenziate. Per 1e controversie neJJ.e quaJLi restiduano motivi di dogJi.anza concernenti solo una o pi quaestiones juris {indicate con la lettera A), un see>, per essere stata chiusa l'istruttoria, e tuttavia le oaate processuali rimangono giacenti in attesa di passare sui banchi del primo giudice dibattimentale'" Ebbene -osserva lftfllBlllllltriJr!IJ:1r1111rrrli1J.tfilj1111tfli1~rr1:~~~11;llf'i*f11 l I i 1 ~=11=~ririf111r~r~tlf1~11=11rrtrrJilf1~111:r1r1~1I PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE il giudice a quo -nel frattempo l'imputato, sia pure per i reati p1u gravi, rimane in stato di detenzione sino a due anni ed otto mesi. E non si possono certo invocare a giustificazione, n le esigenze temporali della istruttoria, ch:e gi esaurita, n una condanna in grado di appello, cui si attribuisce nell'ordinanza l'effetto di ridurre l'area di presunzione di innocenza . La sola giustificazione, peraltro inammissibile -prosegue la Corte di assise di Tormo -sarebbe la crisi di efficienza dell'amministrazione della Giustizia , cio l'affollamento dei ruoli di udienza per carenza di organici e la impossibilit di addivenire a tempestive (" ragionevoli ") fissazioni dei processi per il dibattimento . Non pu negarsi la consistenza del rilievo, che tocca uno dei punti dolenti -il massimo, anzi -del nostro processo penale. E sembra non potersi negare neppure che si tratta di un rilievo in fatto, per il quale il legislatore non pu essere chiamato direttamente in causa, giacch la durata del tempo morto, indubbiamente deplorevole, che si registra in tante vicende giudiziarie, non deriva da alcuna precisa disposizione di legge. Tuttavia ci non esime il legisJatore dal dovere di creare le condizioni che riducano al minimo il tempo morto . Una legislazione di emergenza non pu non comprendere anche misure atte ad adeguare l'ordinamento giudiziario ai tempi... (omissis) La seconda censura ... rivolta all'art. 11 del medesimo decreto legge, a norma del quale la disposizione dell'articolo precedente si applica anche ai procedimenti in corso . Tutti i suddetti giudici denunziano, con motivazioni pressoch coincidenti, le violazioni degli artt. 3, primo comma, 13, primo, secondo e quinto comma, 25, secondo comma, e 27 secondo comma, Cost. Il testo costituzionale prevede l'istituto della carcerazione preventiva (art. 13, ultimo comma) e proclama, ad un tempo, il principio della presunzione di non colpevolezza (art. 27, secondo comma). Dalla constatazione, non irrilevante, anche se ovvia, della coesistenza delle due ricordate norme si deduce che, nel pensiero del costituente, esse sono pienamente compatibili: come la presunzione di non colpevolezza non impedisce .la carcevazione preventiva, cos questa non pregiudica quella. Non la pregiudica - appena il caso di sottolineare -sul piano giuridico, e neppure su quello pi propriamente processuale, una volta che la carcerazione preventiva, n acquista valore probatovio e, quindi, determinante ai fini dell'.affermazione della responsabilit, n influisce sulla misura dell'eventuale pena. Ed al riguardo nulla rilevano in contrario gli innegabili effetti negativi, sempre gravi e sovente irreparabili, che effettivamente vengono provocati dalla carcerazione preventiva, ma su piani diversi da quello giuridico. (omissis) La carcerazione preventiva non produce -beninteso, sul piano giuridico, sia sostanziale, sia processuale, nel senso pi sopra illustrato maggiori o minori conseguenze, a seconda della sua maggiore o minore 252 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO durata, per cui questa, nei casi in cui risultasse non ragionevole, potrebbe essere dichiarata illegittima per tal motivo, non gi per l'asserita sua incidenza giuridica sulla presunzione di non colpevolezza. Argomentare dalla durata per pervenire a conclusione opposta a quella di cui sopra significa confondere -e sta qui soprnttutto la fallacia del ragionamento -due piani che sono nettamente distinti, facendo valere nel campo giuridico gli effetti che si verificano nel campo sociale. (omissis) Analogamente si deve concludere quando il dubbio sulla legittimit costituzionale della norma denunziata viene espresso in riferimento agli artt. 13, primo, secondo e quinto comma, e 25, secondo comma, Cost.. (omissis) Non dubitabile che il principio (di cui all'art. 13 Cost.) della inviolabilit della libert personale la regola e che, conseguentemente, ogni limitazione ad esso si configura come eccezione. Da tale esatta premessa non dipende tuttavia la conseguenza che nelle ordinanze se ne trae, cio che le carcerazioni preventive in corso siano al riparo da leggi posteriori che ne aumentino la durata. L'affermazione risulta apodittica, nel senso che malamente puntellata con l'asserzione che non v' differenza, di fronte a nuove norme contra libertatem, tra fatti-reato gi avvenuti e situazioni detentive in corso. Ma questo potrebbe affermarsi, solo se fosse dimostrato incontrovertibilmente che l'irretroattivit di cui all'articolo 25, secondo comma, si estende anche alle norme procedurali. Egualmente indubitabile il diritto al riacquisto immediato della libert, non appena scaduti i termini della detenzione preventiva. Ed invero, il riconoscimento di tale diritto soluzione giuridicamente e logicamente obbligata, che si lascia esplicitare .mmediatamente e facilmente dal principio dell'inviolabilit della libert personale, ma di cui nOIIl sostenibile, perch immotivata, l'evoluzione in diritto quesito, non potendosi ritenere motivazione appagante il semplice richiamo al suddetto principio dell'inviolabilit. Nelle stesse ordinanze in esame, del resto, la custodia preventiva viene qualificata interinale, pur se, immediatamente dopo, tale aggettivo venga sostituito con la focuzione, piuttosto ambigua, di situazione gi costituita. Dalla statuizione, poi, di cui al secondo comma (dell'art. 13 Cost.), a sensi del quale devono essere previsti i casi ed i modi in cui la restrizione della libert personale ammessa, si deduce l'esigen2la di una previsione, cio di una regolamentazione preventiva di ogni aspetto della restrizione stessa, con la conseguenza che le regole di questa non possono essere mutate in danno della libert. Senonch, a tale conseguenza si perviene, non solo con un argomento meramente esegetico, ma anche con la trasposizione ed applicazione del risultato ottenuto in via esegetica da una ad altra norma, sia pure nell'ambito dello stesso articolo 13. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 253 Si pu anche prescindere al riguardo dall'osservazione che, nel linguaggio giuridico, anche in quello :propriamente normativo, non sempre al verbo - previsti -, dal quale traggono argomento le ordinanze in esame, corrisponde il sostantivo previsione, essendo tutt'altro che infrequenti le occasioni, in cui allo stesso verbo corri.sponde, invece, il significato di disposizione. Sembra darne la prova lo stesso legislatore costituente: nell'art. 38, secondo e quarto comma, .infatti, i mezzi ivi preveduti , oltre che assicurati, ai lavoratori, ed i compiti conseguentemente previsti possono anche intendersi come mezzi e compiti disposti o stabiliti. Comunque, a parte quanto test osservato solo incidentalmente, se nella specie deve ritenersi senz'altro corretta la dedotta sostantivazione, appare, viceversa, non egualmente corretta e congruente l'ulteriore inferenza. Che la Costituzione esiga, affinch la restrizione della libert personale sia legittima, la puntuale previsione legislativa dei casi e modi -oltre che, s'intende, l'atto motivato dell'autorit giudiziaria non menomamente disputabile, stante il dettato letterale. Ora, pu essere opinabile cosa propriamente debba intendersi :in positivo per gli uni (casi) e per gli altri (modi), ma non fa negativo, essendo incontrovertibile che, n nel lessico, n in alcun testo normativo, n nella dottrina giuridica, si rintraccia anche solo un appiglio per sostenere che casi e modi siano suscettibili di indicare un qualsiasi limite temporale. L'argomentazione trova, oltre tutto, una duplice smentita proprio nello stesso art. 13: gli aspetti temporali della restrizione della libert personale, infatti, sono disciplinati nel terzo e ne1l'ultimo comma, sicch, ove si facesse applicazione di un ben noto brocardo, l'inclusione di tali aspetti nei suddetti commi e l'esclusione, invece, dal secondo comma, confermerebbero chiaramente la non fondatezza della motivazione a sostegno del dubbio espresso nelle ordinanze; inoltre, poich l'ultimo comma dice che la legge stabilisce -non che prestabilisce -i limiti massimi del1a carcerazione preventiva, basterebbe il ricorso a questo rilievo letterale per ottenere la prova dall'inestensibilit della previsione dei casi e modi di cui al secondo comma alla durata della custodia preventiva di cui all'ultimo comma. A dimostraz;ione della fondatezza del1a censura rivolta al medesimo art. 11 del decreto legge n. 625 del 1979 in riferimento all'art. 25, secondo comma, Cost., le ordinanze in epigrafe espongono una vasta gamma di motivi. L'irretroattivit proclamata dalla predetta norma costituzionale -sostengono i giudici a quibus -deve essere interpretata nel senso che comprende, non solo il diritto penale sostantivo, ma anche quello pro cessuale. (omissis) 254 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO senza dubbio esatto che l'art. 25, secondo comma, Cost., stabilisce una gamnzia per l'iimputato, e non si ha difficolt ad ammettere altres che Ia v'era ratio, ravvisabile al fondo della norma, un'esigenza di cer tezza. Tale riconoscimento non giustifica tuttavia, la deduzione che, quindi, nel campo penale, devono ritenersi irretroattive, non solo le norme sostanziali, ma anche quelle processuali. L'argomento, a parte quanto si dir in segwito sul valore di garanzia per l'imputato, prova troppo, dato che l'esigenza di certezza alla base di ogni rapporto giu ridico e, meglio ancora, della-vita stessa del diritto. Quando poi si argomenta dalla natura del bene tutelato -la libert personale -, dicendosi che, in caso dd detenzione, ,gempre esso in gioco, e che perci nulla rileva che quella 8ia sofferta prima del giudizio, an zich in esecuzione di una condanna, si deve osservare che l'argomenta zione, per un verso palesemente contraddittoria e, per altro verso, va oltre il segno. pale8emente contraddittoria, perch, pur premettendosi che l'equiparazione fra pena e cu8todia preventiva vietata proprio dal l'art. 27, secondo comma, Cost., e che l'art. 25, secondo comma, non si estende alla custodia preventiva in quanto forma di espiazione antici pata della sanzione detentiva, si afferma poi che la carcerazione preven tiva si risolve in una pena subita prima della definizione del processo; tanto che anche la legge, d'altra parte, la considera tale per certi effetti, com' appunto il caso della conversione della custodia preventiva in pena, ai sensi dell'art. 137 del codice penale. La contraddittoriet non svanisce, solo perch si precisa che il ragionamento viene condotto dal punto di vista dell'imputato, dato che la questione concerne appunto l'imputato. L'argomentazione va, poi, oltre il segno, in quanto il suo logico risultato sarebbe la cancellazione dalla Carta costituzionale dell'istituto della detenzione preventiva, perch proprio essa -indipendentemente dalla sua , durata - pur diversa, come s' detto, dalla pena, si risolve per l'indi viduo in una restrizione totale della sua libert . Questa Corte ha costantemente affermato, tra l'altro, che la carcera zione preventiva ben pu legittimamente essere disposta in vista della soddisfazione di esigenze di carattere cautelare e strettamente inerenti al processo (sentenze nn. 64 e 96 del 1970, 74 e 147 del 1973, 146 del 1975, 88 del 1976); che Ǐ giustificata da esigenze eminentemente proces suali (sentenza n. 68 del 1974); che ha evidentemente, tra le sue fina lit, quella di evitare che l'inquisito o l'imputato distorca i fatti o in quini le prove, cio, in definitiva, cerchi di eludere l'applicazione della proporzionata sanzione punitiva (sentenza n. 26 del 1972); che si inserisce nel processo >>, giacch risponde a una sua ratio, vuole sod disfare concrete esigenze del processo (sentenza n. 135 del 1972). Tale PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE indirizzo giurisprudenziale, cui si :ispirata altres la sentenza n. 1 del 1980, e cui, a decorrere dal 1975, ha aderito anche la Corte di cassazione, induce a non accogliere la concezione, emergente dalle ordinanze, della natura di diritto sostantivo dell'istituto della carcerazione preventiva. N contro questo consolidato orientamento vale richiamare la contraria opinione, espressa dal GuardasigiJ.li del 1931 ed invocata nelle ordinanze, secondo cui le norme del codice di procedura penale che dispongono sulla libert personale dell'imputato hanno carattere restrittivo, e per debbono soggiacere ai criteri di diritto transitorio propri del diritto penale materiale e di ogni altra legge che restringa il libero esercizio di diritti, e non a quelli del diritto penale processuale . E poich inoltre nella specie si controverte pi propriamente sul prolungamento di questa ultima, giova ricordare ancora una volta che essa risulta disposta al dichiarato fine di ovviare alle obiettive difficolt che esistono per gli accertamenti istruttori e dibattimentali concernenti i reati di terrori smo e di eversione. Anche per quanto riguarda, infine, l'ulteriore affermazione -quella, secondo cui l'art. 25, secondo comma, Cost., dovrebbe interpretarsi nel senso della sua applioabi1it alle norme processuali penali -si pu, in aggiunta a quanto osservato in precedenza, far richiamo alla giurisprudenza, e precisamente alla sentenza della Corte di cassazione (Sez. V penale, n. 1159 del 1975), che riconosce la natura meramente strumentale della carcerazione preventiva e, quindi, l'applicazione del principio tempus regit actum. Il diverso avviso dei giudici a quibus viene fondato in definitiva su due argomenti: il confronto tra la formulazione dell'articolo 25, secondo comma, Cost., e quella dell'art. 1 c.p.; l'asserto che l'attivit giurisdizionale, valutata nel concreto, ha fondamentalmente funzione di garanzia, da cui deriva la Jogica conseguenza dell'assimilazione delle norme processuali penali alle norme sostanziali, quando si risolvano in danno dell'imputato. (omissis) In ordine al secoodo argomento, baster aggiungere che la natura strumentale dell'istituto in parola, esattamente individuata dalla Corte di cassazione, oltre che impedire l'assimilazione tra il fatto e lo strumento per accertarne l'esisten:lla e la conformit al diritto, consente di cogliere nella sua completa prospettiva la funzione di garanzia della carcerazione preventiva, e del processo fil genere, nel senso che non garanzia solo dell'imputato, ma anche -e, prima -dell'attuazione della legge, della ordinata convivenza, della salvezza delle istituzioni. Se questo , l'argomento dell'applicabilit dell'art. 25, secondo comma, Cost., anche alle norme processuali penati perde validit nella sua stessa impostazione, la quale viene fatta poggiare su un criterio palesemente riduttivo della realt. (omissis) 256 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 25 marzo 1982, n. 59 -Pres. Elia -Rel. AndrioH -Regione Sardegna (avv. Guarino) e Presidente Consiglio dei Ministri (viice avv. gen. Stato Azzari1li). Corte costituzionale -Ricorso di una regione avverso decreto legge Mancata conversione in legge -Inammissibilit del ricorso -Successiva legge regolatrice dei rapporti conseguenti al decreto non convertito -Ininfluenza. Il ricorso di una regione avverso un decreto legge non convertito in legge deve essere dichiarato inammissibile, ancorch detto decreto legge abbia avuto esecuzione durante il periodo di vigenza; la legge regolatrice dei rapporti sorti sulla base del decreto non convertito non idoneo equipollente della legge di conversione. SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, II Sezione, 17 dicembre 1981, nelle cause riunite 197 -200, 243, 245 e 247/80 -Pres. Due -Avv. Gen. Verloren Van Themaat -Ludwigshafener Welzmilhle Erling KG ed altri (avv.ti Modest, Gilndisch e Lohman) c. Consiglio delle Comunit europee (ag. Schlon e Brautigam) e Commissione delle Comunit europee (ag. Sack, avv. Stockburger), con intervento del Governo italiano (avv. Stato Fienga). Comunit europee -Atti delle istituzioni comunitarie -Responsabilit nei confronti dei singoli -Azioni risarcitorie -Condizioni. (Trattato CEE, artt. 178 e 215). Comunit europee -Atti normativi delle istituzioni comunitarie -Respon sabilit nei confronti dei singoli Limiti. (Trattato CEE, art. 215). Comunit europee -Agricoltura -Politica agricola comune -Poteri discrezionali delle istituzioni comunitarie Fissazione del prezzo d'entrata per il grano duro. (Trattato CEE, artt. 39 e 40; regolamenti CEE del Consiglio 29 ottobre 1975, n. 2727; del Consiglio 12 giugno 1978, n. 1255; della Commissione 26 giugno 1978, n. 1408; del Consiglio 24 luglio 1979, n. 1548; della Commissione 26 luglio 1979, n. 1594}. Il ricorso per risarcimento danni di cui agli artt. 178 e 215, co. secondo, del Trattato si differenzia da quello di annullamento in quanto mira non alla soppressione di un determinato provvedimento, ma alla riparazione del danno causato dalle istituzioni nell'esercizio delle loro funzioni (1). La responsabilit della Comunit per atti normativi sussiste unicamente in caso di violazione grave di una norma superiore intesa a tutelare i singoli (2). (1-2) Giurisprudenza costante. Cfr., oltre alle sentenze citate in motivazione (28 aprile .197.1, nella causa 4/79, Lt.iITICKE, in Racc. 1971, pag. 325; 2 dicembre 1971, nella causa 5/71, ZUCKERFABRIK SCHOPPENSTEDT, ibidem, pag. 975; 2 lug.Jio 1974, nella causa HoLTZ e WILLEMSEN, ibidem, 1974, pag. 675), fra le pi recenti, le sentenze 5 dioembre 1979, nelle cause 116 e 124/77, AMYLUN N.V. ED ALTRI, e nella causa '143/77, KoNINKLIJKE, in Racc. !1979, pag. 3497 e 3583; e 4 ottobre 1979, nella cau<;a 64 e 113/76, 167 e 239/78, 27, 28 e 45/79, DUMORTIER E ALTRI, ibidem, 1979 3091. 4 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 258 Nella determinazione della loro politica agricola le istituzioni comunitarie competenti godono di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda non solo la fissazione delle basi di fatto della loro azione, ma anche la definizione degli scopi perseguiti, nell'ambito delle previsioni del Trattato, e la scelta degli opportuni mezzi d'azione. Non costituisce superamento del margine di valutazione politica delle istituzioni la fissazione di uno scarto fra il prezza d'entrata del grano duro e quello del grano tenero superiore a quello riscontrabile nel mercato mondiale, in funzione di un obiettivo economico che tiene conto dello slato cronicamente eccedentario della produzione di grano tenero e della necessit di stimolare la produzione comunitaria di grano duro, anche se questa scelta politica costituisca un mutamento di indirizzo rispetto al pas sato (3). (omissis) 1. -Con atti depositati in cancelleria rispettivamente in data 7 ottobre, 30 ottobre, 5 novembre e 6 novembre 1980, le societ Ludwigshafener Walzmilhle Erling KG, Park-Milhlen GmbH, Mlihle Rliningen AG, Pfiilzische Mlihlenwerke GmbH, Kurt Kamffmeyer Mlihlenvereinigung KG e Wilhelm Werhahn KG, titolavi di mulini a grano duro, nonch la societ Schwaben-Nudel-Werke B. Birkel Sohne GmbH & Co, fabbricante di paste alimentari, nella Repubblica federale di Germania, hanno proposto a questa Corte, in forza degli artt. 178 e 215, 2 comma, del Trattato CEE, dei ricorsi miranti all'assegnazione di determinate somme, in seguito precisate, come risarcimento del danno che il Consiglio e la Commissione avrebbero loro causato mediante la fissazione del prezzo d'entrata per il grano duro importato da paesi terzi nel corso dell'anno 1979.. tenuto conto del prezzo vigente per il grano tenero. 2. -Dal fascicolo risulta che gli atti dai quali, secondo le ricorrenti, deriva il danno da esse allegato, sono quattro regolamenti relativi alla fissazione del prezzo dei cereali per le campagne 1978-1979 e 1979-1980, cio: il regolamento del Consiglio 12 giugno 1978, n. 1255 (G.U. n. L 156, pag. 2); il regolamento della Commissione 26 giugno 1978, n. 1408 (G.U. n. L 170, pag. 28); il regolamento del Consiglio 24 luglio 1979, n. 1548 (G.U. n. L 188, pag. 2); il regolamento della Commissione 26 luglio 1979, n. 1594 (G.U. n. L 189, pag. 44). (3) Soluzione conforme a quella proposta anche dal Governo italiano. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE Sulla ricevibilit 3. -Il Consiglio e la Commissione, sostenuti dal Governo italiano, contestano la ricevibilit dei ricorsi per vari motivi. In sostanza, essi eccepiscono uno sviamento di procedura per il fatto che le ricorrenti tentano di eludere, servendosi del ricorso per responsabilit, le rigorose condizioni cui l'art. 173, 2 comma, del Trattato subordina l'azione dei s.ingoli in materia di controllo della legittimit degli atti aventi natura di regola mento, e sostengono che, portando la causa direttamente dinanzi alla Corte, esse hanno trascurato le possibilit. di ricorso che erano loro aperte dinanzi ai giudici nazionali. Sull'eccezione basata sullo sviamento di procedura rispetto all'art. 173, 2 comma 4. -Per quanto riguarda questa eccezione, sufficiente ricordare che la Corte, con una costante giurisprudenza, ha dichiarato che il ricorso per risarcimento di cui agli artt. 178 e 215, 2 comma, del Trattato stato istituito come azione autonoma, avente una particolare funzione nell'ambito del sistema delle impugnaz;ioni e subordinata a condizioni di esercizio dettate in vista del suo scopo specifico. Tale ricorso si differenzia da quello per annullamento in quanto esso mira, non alla soppressione di un determinato provvedimento, bens alla riparazione del danno causato dalle istituzioni nell'esercizio delle loro funzioilli; i presupposti del ricorso per responsabilit sono definiti in base a questi obiettivi e, pertanto, distinti da quelli del ricorso per annullamento (cfr. sentenza 2 luglio 1974, causa 153/73, Holtz & Willemsen, Racc. pag. 675, punti 2-5 della motivazione). 5. -Ne deriva che chiunque intenda serviirsi del ricorso per risarcimento tenuto, per avere soddisfazione, a provare che sussistono tutte le condizioni alle quali, in forza dell'art. 215, 2 comma, subordinata la responsabilit della Comunit. La parziale coincidenza di queste condizioni con quelle vigenti per il ricorso d'annullamento non pertanto una ragione sufficiente per definire viziata da sviamento di procedura l'azione promossa nell'ambito deg1i artt. 178 e 215, 2 comma. 6. -Questa eccezione deve quindi essere respinta. Sull'eccezione basata sul mancato esperimento delle impugnazioni disponibili in sede nazionale 7. -Le istituzioni convenute richiamano inoltre l'attenzione sul fatto che le ricorrenti avrebbero potuto difendersi contro il danno allegato, RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO contestando dinanzi ai giudizi nazionali competenti i prelievi riscossi sul grano duro da esse importato nella Comunit. infatti dalla riscossione di questi prelievi, in funzione del prezzo d'entrata fissato dalla Comunit, che sarebbe sorto l'onere economico qualificato dalle ricorrenti come danno. Una siffatta azione dinanzi ai giudici nazionali avrebbe potuto dar luogo ad un procedimento pregiudiziale ai sensi dell'art. 177, e consentire pertanto alla Corte di esaminare la validit delle disposizioni contestate dalle ricorrenti. 8. -Dall'istruttoria della causa risulta che le ricorrenti non disponevano di una siffatta azione dinanzi ai giudizi nazionali. Dalle non contestate dichiarazioni delle ricorrenti emerge infatti ohe nessuna di loro ha effettuato direttamente importazioilli. di grano duro: le societ ricorrenti, titolari di mulini a grano duro, si sono servite del tramite di importatori, i quali hanno versato i prelievi; quanto aHa societ Birkel, pacifico che, nella sua qualit di fabbricante di paste, essa ha acquistato la materia prima presso mulini. 9. -Stando cos le cose, le ricorrenti non si sono trovate in una situazione che permettesse loro di portare dinanzi ai giudici nazionali la questione dei prelievi percepiti all'importazione del grano duro che loro era destinato. Conseguentemente, non si pu basare un'eccezione di irricevibilit sul fatto che esse non si sono servite in sede nazionale di un'impugnazione di cui non disponevano. 10. -Anche Ia seconda eccezione d'irricevibilit deve essere dunque respinta. 11. -Il Consiglio basa un'ulteriore eccezione cli irricevibilit sul fatto che le ricorrenti hanno fatto valere un danno solo per il 1979, dichiarando che le somme pretese costituiscono solo una parte del danno effettivamente subito. Tenuto conto della possibilit che le ricorrenti si riserverebbero, in tal modo, di estendere ulteriormente le loro pretese, in particolare a periodi anteriori al 1979, ii.I Consig1io sostiene che i ricorsi sono irricevibili in quanto riguardano solo danni eventuali. 12. -Non sembra necessa:r:io esaminare questo argomento del Consiglio sulla ricevibilit dei ricorsi. Le obiezioni del Consiglio riguardano, in realt, una delle condizioni sostanziald cui subordinata la responsabilit della Comunit, cio l'esistenza di un danno. Esse saranno quindi valutate nell'ambito dell'esame del merito. (omissis) Nel merito 17. -Prima di esaminare i mezzi dedotti dalle ricorrenti, opportuno ricordare i principi che, in base alla giurisprudenza della Corte, regolano la responsabilit extracontrattuale della Comunti.t. I l I I l PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 18. -Nella sentenza 28 aprile 1971, causa 4/69, Liltticke, Racc. pag. 325, in seguito ripetutamente confermata (cfr. in particolare sentenza 2 luglio 1974, Holtz & Willemsen, gi citata, punto 7 della motivazione), la Corte ha precisato che in forza dell'art. 215, 2 comma, e dei principi generali cui detta norma fa rinvio, la responsabilit della Comunit presuppone che siano soddisfatte varie condizioni, relative ailla illiceit del comportamento di cui si fa carico alle istituzioni, alla effettivit del danno ed alla esistenza di un nesso di causalit fra il comportamento stesso e il danno lamentato. 19. -Gli atti che, secondo le ricorrenti, sono all'origine del danno lamentato sono degli atti normativi. Nei confronti di tali atti, secondo una costante giurisprudenza deLla Corte, la responsabilit della Comunit sussiste unicamente in caso di violazione grave di una norma superiore intesa a tutelare i singoli (sentenza 2 dicembre 1971, causa 5/71, Zuckerfabrik SchOppenstedt, Racc. pag. 975). 20. - in base a questi criteri che devono essere valutati ! ricorsi. In questa prospettiva, opportuno accertare separatamente, da un lato, se la fissazione, con atti del Consiglio e della Commissione, del prezzo d'entrata del grano duro per il periodo considerato sia inficiata da un vJzio dii legittimit corrispondente ai criteri sopra indicati; dall'altro, se le ricorrenti possano provare di aver subito un danno che si trovi in rapporto di causalit con gli atti contestati. Sulle contestazioni relative alla fissazione del prezzo d'entrata del grano duro per il 1979 21. -Le riicorrenti espongono al riguardo una serie di considerazioni economiche e giuridiche destinate a dimostrare che il Consiglio e la Commissione, fissando all'epoca considerata, un determinato prezzo d'entrata del grano duro rispetto al prezzo del grano tenero, hanno violato, sotto vari aspetti, le norme del di11itto comUil!tario. 22. -Esse ricordano che, in passato, il prezzo d'importazione del grano duro era stato vicino al prezzo del grano tenero fino al momento in cui, nel 1974, un forte rialzo dei prezzi sul mercato mondiale spingeva il ConsJglio ad aumentare notevolmente il prezzo d'entrata del grano duro (il rapporto tra il prezzo del grano tenero e quello del grano duro era allora di 100: 151,2). Nonostante il fatto che, da quel momento, i prezzi si fossero riavvicinati, sul mercato mondiale, in una proporzione che non superava, approssimativamente il rapporto di 100: 110, il Consiglio riduceva molto lentamente lo scarto tra i due prezzi, che venivano a trovarsi, nel periodo di cui trattasi, nella Comunit, ad un livello di 100: 138,5. Tale discordanza dei prezzi avrebbe comportato, nella fabbricazione delle paste alimentari, una tendenza alla sostituzione del grano tenero al grano duro 262 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO con una conseguente notevole riduzione del volume di produzione dei mulini a grano duro ed un deterioramento della qualit delle paste alimentari, determinando un indebo1imento della posizione concorrenziale dei fabbricanti tedeschi sul mercato. Tale tendenza sarebbe stata tanto pi accentuata in quanto i fabbricanti tedeschi avrebbero trovato, sul loro mercato, una sempre pi viva concorrenza dei fabbricanti di paste di alt11i Stati membri, e specialmente dei fabbricanti italiani, i cui centri di produzione, vicini alle zone di coltivazione del grano duro nella Comunit, avrebbero potuto approvvigionarsi a prezzi vicini al prezzo d'intervento, mentre i fabbricanti tedeschi si approvvigionerebbero esclusivamente di semola di grano duro di origine americana, importata al prezzo d'entrata. 23. -Dal punto di vista giuridico, le ricorrenti deducono quattro mezzi, basati sul disconoscimento della politica dei prez2Ji sancita dal regolamento di base del Consiglio 29 ottobre 1975, n. 2727, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali (G.U. n. L 281, pag. 1), sulla violazione del divieto di discriminazione di cui all'art. 40, n. 3, 2 comma, del Trattato, sulla mancata osservanza dei principi relativi alla fissazione dei prezzi agricoli quali risultano dall'art. 40, n. 3, 3 comma, e infine sulla violazione del principio di proporzionalit . 24. -Innanzitutto, le ricorrenti richiamano l'attenzione sul fatto che, nel regolamento di base n. 2727/75, il Consiglio ha riconosciuto, nell'ottavo punto del preambolo, l'opportunit di rispettare, per quanto possibile, nella Comunit, il rapporto esistente normalmente sul mercato mondiale tra i prezzi del frumento duro e quelli del frumento tenero, a causa delle possibilit di sostituzione di questi due prodotti. Tale politica sarebbe stata effettivamente seguita per un lungo periodo e soltanto a seguito dell'aumento congiunturale del 1974, nel frattempo riassorbito sul mercato mondiale, il Consiglio avr.ebbe seguito una nuova politica, consistente nel mantenere uno scarto anormale tra i due prezzi di cui trattasi, provocando cos un effetto di sostituzione considerato anormale dal regolamento. Le ricorrenti sostengono che .il Consiglio aveva l'obbligo di fare tutto il possibile affinch questo scarto anormale fosse riassorbito. 25. -Secondo le ricorrenti, la Corte ha ammesso la fondatezza di questo ragionamento nella sentenza 13 novembre 1973 (63-69/72, Werhahn e a., Racc. pag. 1229), in cui essa si espressa in questi termini: Vi una relazione tra i costi di produzione del grano duro e del grano tenero, oio in genere, il costo di produzione del primo superiore di circa il 20% a quello del secondo; onde evitare che nel mercato di questi cereali si creino interferenze ~: non auspicabili, si deve tener conto di questa relazione allorch si fissano i i rispettivi prezzi d'entrata. l I PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 26. -In conformit a queste affermazioni della Corte, nella presente causa si tratterebbe di definire il rapporto di prezzo giusto tra il grano duro e il grano tenero; in conformit ai principi rtlconosciuti nel preambolo del regolamento di base n. 2727/75, tale rapporto dovrebbe situarsi, per quanto possibile, al livello del rapporto esistente sul mercato mondiale. 27. -In secondo luogo, le ricorrenti sostengono che la fissazione del prezzo d'entrata per il grano duro ad un livello eccessivo implica una violazione dell'art. 40, n. 3, 2 comma, del Trattato, in base al qual! l'organizzazione comune di mercato deve escludere qualsiasi discriminazione tra produttori o consumatori della Comunit. Ora, fissando il prezzo di entrata del grano duro ad un livello troppo elevato, il Consiglio avrebbe creato una siffatta discriminazione a carico dei muliti e dei pastifici situati negli Stati membri che non producono grano duro; questi produttori avrebbero dovuto importare la totalit del loro fabbisogno di grano duro da paesi terzi, mentre i mulini di grano duro e i pastifici dei paesi produttori, Francia e Italia, potrebbero acquistare la loro materia prnna sul posto, ad un prezzo nettamente inferiore. 28. -In terzo luogo, le ricorrenti sostengono che la fissazione del prezzo d'entrata per il grano duro ad un livello troppo elevato non tiene conto dei principi che regolano la fissazione dei prezzi, cos come sono stabiliti dall'art. 40, n. 3, 3 comma, del Trattato, in base al quale la politica comune dei prezzi deve essere basata su c11iteri comuni e su metodi di calcolo uniformi . Essi richiamano inoltre, in questo contesto, l'art. 39, n. 1, lett. e), il quale dispone che la politica agricola comune ha lo scopo, tra l'altro, di stabilizzare i mercati . Queste norme avrebbero obbligato il Consiglio a fissare i prezzi secondo criteri razionali, il che esclude che tale fissazione possa avvenire in modo arbitrario, in base a considerazioni puramente politiche, allo scopo di favorire taluni gruppi di produttori all'interno della Comunit a danno di altri gruppi, come quello delle ricorrenti. 29. -Infine, le ricorrenti sostengono che il Consiglio ha violato il principio di proporzionalit , nel senso che avrebbe potuto, invece di ricorrere ad una fissazione artificialmente elevata del prezzo d'entrata, raggiungere l'obiettivo da esso perseguito con altri mezzi meno svantaggiosi per le ricorrenti, come ad esempio la regionalizzazione dei prezzi d'entrata o, ancora, l'estensione degli aiuti ai produttori della Comunit, per attenuare nei loro confronti l'effetto di un abbassamento del prezzo d'entrata. 30. -Il Consiglio e fa Commissione, sostenuti dal Governo italiano, sottolineano, in generale, l'ampio potere discrezionale di cui dispongono le istituzioni della Comunit in materia di politica agricola e nell'adatta RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mento di questa politioa a seconda delle circostanze, tenuto conto dell'insieme degli orientamenti stabiliti dall'art. 39 del Trattato. 31. -Opponendosi al primo mezzo delle ricorrenti, le istituzioni convenute sottolineano che vi una differenza fondamentale fra il mercato mondiale ed il mercato comunitario, nel senso che il mercato mondiale retto dal libero gioco dell'offerta e della domanda, mentre il mercato comunitario dotato di un'organizzazione comune, destinata a mantenere certi livelli di prezzo in f.unzione degli obiettivi politici determinati dalle istituzioni della ComUD!it nell'ambito del Trattato. Nella fattispecie, srebbe opportuno tener conto del fatto che il mercato comunitario cronioamente eccedentario quanto alla produzione di grano tenero e deficitario quanto a quella di grano duro. La politica perseguita dalle istituzioni consiste pertanto nel favorire, con una appropriata politica dei prezzi, lo sviluppo della produzione di grano duro, pur sostenendo, in proporzioni ragionevoli, la produzione del grano tenero. 32. -Per quanto riguarda le accuse di discriminazione e di violazione delle norme relative alla fissazione dei prezzi agricoli, ai sensi dell'art. 30, n. 3, 2<> e 3'0 comma, le istituzioni convenute richiamano l'attenzione sul fatto che la fissazione dei prezzi dei cereali interviene in un contesto di libera circolazione sia delle materie prime che dei prodotti derivati e che nulla impedisce pertanto, dal punto di vista del diritto comunitario, ai produttori tedeschi di approvvigionarsi negli altri Stati membri della Comunit. Esse sottolineano la circostanza che n il mercato francese n il mercato italiano sono autosuffticienti e che anche i produttori di questi Stati devono far ricorso, in proporzione degna di rilievo, al grano duro importato da paesi terzi, il che avrebbe creato negli Stati produttori una tendenza dei prez:z;i della produzione locale ad avvicinarsi al prezzo d'entrata e non, come le ricorrenti hanno affermato, al prezzo d'intervento. 33. -Quanto alla pretesa violazione del principio di proporzionalit , le istituzioni richiamano l'attenzione sul fatto che le soluzioni proposte dalle ricorrenti sarebbero in pratica impossibili: la regionalizzazione dei prezzi d'entrata sarebbe direttamente contraria all'unit del mercato comune, mentre l'estensione del regime degli aiuti imporrebbe al bilancio comunitario degli oneri nuovi ed insostenibili. 34. -Infine, le istituzioni convenute sostengono che le norme giuridiche invocate dalle ricorrenti non possono in alcun caso essere definite norme superiori intese a tutelare i singoli , condizione posta dalla giurisprudenza della Corte nel caso di ricorsi per responsabilit rivolti contro atti legislativi della Comunit. 35. -Le federazioni francesi, intervenienti a sostegno del Consiglio e della Commissione, mettono specialmente in rilievo che le indicazioni t. R ~ I i PARm I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE fornite dalle ricorrenti circa i rapporti di prezzo sul mercato mondiale non corrispondono agli effettivi dati di questo mercato, la cui evoluzione sarebbe influenzata da una molteplicit di fattori diversi, di carattere strutturale e congiunturale. In particolare, esse fanno carico alle ricorrenti di aver scelto arbitrariamente il prezzo rappresentativo del grano tenero e del grano duro, al fine di giungere al rapporto di prezzo 100: 110 che esse qualificano esatto . 36. -La Corte ritiene che gli argomenti svolti dalle ricorrenti non sono di natura tale da mettere in discussione la legittimit degli atti del Consiglio e della Commissione che sono all'origine dei ricorsi. 37. - opportuno ricordare che, nella determinatlone della loro politica in materia, le istituzioni comunitarie competenti godono di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda non solo la fissazione delle basi di fatto della loro azione, ma anche .la definizione degli scopi perseguiti nell'ambito delle previsioni del Trattato, e la scelta degli opportuni strumenti d'azione. 38. -Quanto al primo mezzo delle ricorrenti, si deve osservare che le considerazioni relative alla situazione del mercato mondiale e del mercato comunitario non consentono di discernere un errore manifesto nella valutazione che la Commissione e il Consiglio hanno fatto dei dati esistenti sul mercato mondiale e delle condizioni di produzione che caratterizzano il mercato comunitario. In particolare, non si pu considerare come un dato costante la constatazione fatta dalla Corte, nella sentenza 13 novembre 1973, relativamente ai rispettivi costi di produziont< del grano tenero e del grano duro all'epoca considerata. 39. -Quanto all'obiettivo economico perseguito dal Consiglio nella lissazione dello scarto fra il prezzo d'entrata del grano duro e il prezzo del grano tenero, neppure sotto questo aspetto si pu riconoscere, tenuto conto dello stato cronicamente eccedentario della produzione di grano tenero e della necessit di stimolare la produzione comunitaria di grano duro, un superamento del margine di valutazione politica delle istituzioni nella determinazione della differenza fra i livelli di prezzo. Poich la scelta effettuata dal Consiglio rientra nell'ambito del legittimo esercizio del suo potere discrezionale, le ripercussioni di questa decisione di carattere politico-economico devono essere accettate dai fabbricanti di prodotti derivati, cos come devono esserlo da parte dei vari gruppi di _produttori interessati. 40. -Il fatto che, prima dei cambiamenti intervenuti nel 1974 nella situazione del mercato mondiale, il Consiglio abbia seguito per un lungo periodo una politica diversa non crea, per i produttori e le imprese di trasformazione interessate, un diritto al mantenimento dei vantaggi ch'essi hanno eventualmente tratto da tale politica; questo fatto non costituisce 266 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ., nemmeno, per la Commissione ed il Consiglio, una limitazione della li bert di adattare la loro politica a seconda dell'evoluzione dei dati del mercato e degli obiettivi perseguiti. sufficiente rinviare, al riguardo, alle sentenze 13 novembre 1973 (gi citata, punto 12 della motivazione) e 2 giugno 1976 (cause 56-60/74, Kampffmeyer e a., Racc. pag. 711, punto 13 motivazione). In particolare, ,l'intenzione manifestata nell'ottavo punto del preambolo del regolamento n. 2727/75 non pu essere considerata come espressione di una norma giuridica che le istituzioni fossero necessariamente tenute ad osservare in seguito. 41. -Quanto all'argomento basato sull'art. 39, n. 1, lett. e), del Trattato, va osservato in primo luogo che, in conformit ad una consoidata giurisprudenza della Corte, le istituzioni devono conciliare i vari obiettivi definiti dall'art. 39, senza ch'esse possano isolarne up.o, come fa stabilizzazione di certe posizioni acquisite, in modo da rendere impossibile la rea: lizzazione di altri scopi, quali, all'occorrenza, trattandosi di una derrata deficitaria come il grano duro, lo sviluppo razionale della produzione agricola e la sicurezza degli approvvigionamenti. 42. -Per quanto riguarda il secondo ed il terzo mezzo, basati sul di vieto di discriminazione e sulle norme relative alla formazione dei prezzi agricoli, di cui all'art. 40, n. 3, i relativi argomenti non possono essere accolti nel contesto di un'organizza:zJione comune di mercato basata sulla libert degli scambi nell'ambito di un regime comune dei prezzi alla pro duzione. Questa organizzazione consente a tutti coloro che usano il grano duro di approvvigionarsi a parit di condizioni, sia che si tratti di materia prima, sia che si tratti di un prodotto derivato come la semola, con riser va della preferenza comunitaria che si esprime nel divario tra il prezzo d'fatervento e il prezzo d'entrata. Quest'ultimo punto non comunque in discussione nella presente causa. 43. -Col quarto mezzo, basato sulla violazione del principio detto di proporzionalit, le ricorrenti sostengono che, nel determinare gli strumenti per la disciplina del mercato, il Consiglio ha scelto un mezzo -la fissazione del prezzo del grano duro al livello indicato -che le avrebbe ingiustamente danneggiate. 44. -In proposito si deve osservare che, di per s, il ricorso ad una differenziazione dei vari prezzi amministrati dalla Comunit sembra un mezzo particolarmente adeguato al sistema generale dell'organizzazione di mercato ed all'obiettivo perseguito nella fattispecie, cio lo sviluppo della coltivazione del grano duro onde giungere ad una mig1iore struttura complessiva della produzione comunitaria. A ragione le istituzioni convenute hanno sostenuto che le soluzioni preconizzate dalle ricorrenti sono inaccettabili, essendo l'una -cio la differenziazione del prezzo d'entrata RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO nel sud e nel nord della Comunit -incompatibile con l'unit del mercato, l'altra -cio l'estensione degli aiuti alla coltivazione del grano duro -contraddittoria in un regime di economia di mercato e, inoltre, eccessivamente onerosa per la collettivit. 45. -Si deve quindi concludere che, lungi dall'aver provato una grave violazione di una norma superiore intesa a tutelare i singoli , i ricorrenti non so~o riusciti a dimostrare alcun illecito commesso dal Consiglio o dalla Commissione. Sul danno e sul rapporto di causalit 46. -Le ricorrenti pretendono dalla Comunit le seguenti somme a titolo di risarcimento danni: D.M. 1.786.047,50 (causa 197/80); D.M. 1.087.692,80 (causa 198/80); D.M. 910.850,70 (causa 199/80); D.M. 1.020.524 (causa 200/80); D.M. 2.204.106,30 (causa 243/80); D.M. 260.172,78 (causa 245/80) e D.M. 967.750 (causa 247/80). 47. -Esse calcolano il danno lamentato moltiplicando i quantitativi di semola venduti ai fabbricanti di paste per la differenza tra quello che esse considerano come il prezzo giusto del grano duro e il prezzo di importazione risultante dall'applicazione dei regolamenti comunitari, previa detrazione dell'importo che dicono di aver ripercosso sui loro acquirenti. Esse sottolineano che questo calcolo non tiene conto del loro mancato guadagno, e neanche della riduzione della loro attivit. 48. -La ricorrente Birkel elabora un analogo conteggio, richiamando inoltre l'attenzione sul fatto che essa non stata in grado di ripercuotere sugli acquirenti dei suoi prodotti l'importo eccedente il prezzo giusto . 49. -Le istituzioni convenute considerano inammissibile questo sistema di calcolo, perch basato su un dato -il prezzo giusto del grano duro -scelto arbitrariamente dalle ricorrenti. Inoltre, e questo punto stato sviluppato pi ampiamente dalle federazioni che sono intervenute a loro sostegno, esse contestano l'esistenza di un rapporto di causalit tra il danno lamentato e la fissazione dei prezzi da parte del Consiglio e della Commissione. A loro avviso, la vera causa di eventuali perdite delle 11icorrenti da ricercare nel fatto che, a differenza di altri Stati membri, ed in particolare della Francia e dell'Italia, la cui legislazione proibisce l'uso del grano tenero per la fabbricazione delle paste (cosiddetto obbligo di purezza), la Repubblica federale di Germania non conosce un tale divieto, cosicch :i fabbricanti tedeschi sono liberi di PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 268 sostituire a volont il grano tenero al grano duro nella fabbricazione delle paste alimentari. Poich questa sostituzione ha l'effetto di deteriorare la qualit delle paste alimentari, cos come viene riconosciuto in uno studio prodotto dalle stesse ricorrenti, la mancanza di una legislazione di questo genere nella Repubblica federale di Germania porta ad un peggioramento della Sli.tuazione dell'industria tedesca nella concorrenza con le paste alimentari provenienti da paesi in cui vige l'obbligo di purezza. 50. -La Corte ritiene che le ricorrenti non hanno fornito alcun indizio relativo alla effettivit del danno da esse assertiivamente subito. In proposit sufficiente osservare che il sistema di calcolo applicato dalle ricorrenti si basa su un dato -H prezzo giusto del grano duro -stabilito in base a considerazioni economiche puramente suggettive, facendo astrazione dal fatto che esse operano in un ambito economico determinato da un'organizzazione comune di mercato e non nel contesto del mercato mondiale. Inoltre, nei calcoli effettuati a partire da questo dato iniziale intervengono fattori dipendenti, per ciascuna delle imprese interessate, dalla gestione individuale, e come tali incontrollabili. 51. -Quanto alla causalit, le ricorrenti non sono riuscite a stabilire l'esistenza di un nesso tra gli atti del Consiglio e della Commissione che, a loro avviso, sono all'origine delle perdite da esse registrate e il danno che assumono di aver subito. Due osservazioni sono da fare al riguardo. 52. -Anzitutto, i dati forniti dalle ri~orrenti stesse onde provare la effettivit del danno dimostrano che il risultato economico della loro attivit condizionato da una serie di fattori che dipendono dalla gestione industriale e commerciale di ciascuna impresa e che, in quanto tali, oltre ad essere incontrollabili, come stato detto, non sono imputabili alla Comunit. 53. -Inoltre, dalle spiegazioni fornite in risposta a quesiti posti dalla Corte emerso che la causa effettiva delle difficolt incontrate dalle ricorrenti consiste in primo -luogo nella mancanza, nella Repubblica federale di Germania, di una legislazione che prescriva l'uso esclusivo del grano duro per la fabbricazione delle paste alimentari. Va ricordato che una direttiva al riguardo era stata proposta dalla Commissione al Consiglio fin dal 1968, ma che questa proposta non ha avuto seguito (cfr. G.U. n. c 136, pag. 16). 54. -L'adozione di una normativa comune di questo genere, da parte di tutti gli Stati membri, avrebbe avuto senza dubbio l'effetto di garantire a tutti i produttori di semola di grano duro uno sbocco pi stabile per la loro merce. In mancanza di una siffatta normativa nella Repubblica federale di Germania ed in altri Stati membri, la sostituzione, nella fabbricazione di paste, di una certa proporzione di grano tenero al grano duro, PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 269 con conseguente riduzione di attivit per i mulini a grano duro, una conseguenza ineluttabile della situazione legislativa esistente in questi Stati. La Comunit non ha alcun obbligo, nel determinare la sua politica dei prezzi in materia di cereali, di fissare i prezzi del grano duro e del grano tenero in modo che il loro reciproco rapporto impedisca questa sostituzione l dove essa legalmente consentita. Solo l'armonizzazione delle legislazioni nazionali potrebbe porre rimedio alla difficolt segnalata dalle ricorrenti. 55. -Da queste considerazioni risulta a sufficien2ia che le ricorrenti non sono riuscite a provare l'esistenza di un nesso di causa ad effetto tra la politica perseguita dalle istituzioni comunitarie in materia di fissazione dei prezzi del grano, sancita dai regolamenti contestati, e il deterioramento della loro posizione sul mercato del grano duro o delle paste alimentari. 56. -Da questa analisi si desume che le ricorrenti non hanno provato che sussista alcuno dei presupposti, sopra richiamati, ai quali subordinata la responsabilit della Comunit. I ricorsi devono dunque essere respinti. (omissis) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, II Sezione, 18 febbraio 1982, nella causa n. 277/80 -Pres. Due -Avv. Gen. Slynn Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Milano nella causa fra la Societ italiana cauzioni -S.I.C. -e l'Amministrazione delle finanze dello Stato. Interv.: Governo italiano (avv. Stato Braguglia) e Commissione delle C.E. (ag. Prozzillo). Comunit europee -Unione doganale -Transito comunitario -Garante Liberazione -Condizioni. (Regolamento CEE del Consiglio 18 marzo 1969, n. 542, mod. con reg. 25 maggio 1971, n. 1079, art. 35). L'art. 35 del regolamento del Consiglio 18 marza 1969, n. 542, relativo al transito comunitario, integrato dall'art. 1 del regolamento 25 maggio 1971, n. 1079, va interpretato nel senso che, in difetto di notifica dell'avviso di non appuramento al garante da parte dell'amministrazione doganale entro dodici mesi dalla data di allibramento della dichiarazione Tl, il garante, in assenza di comportamento fraudolento da parte sua, in ogni caso liberato dai suoi obblighi (1). (1) La norma esaminata dalla Corte riprodotta integralmente nell'art. )5 del regolamento CEE del Consiglio 13 dicembre 1976, n. 222/77, contenente la nuova disciplina del transito comunitario. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 270 (omissis) 1. -Con ordinanza 9 ottobre 1980, pervenuta alla Corte il 12 dicembre successivo, il Tribunale di Milano, Prima Sezione civile, ha sollevato, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE, una questione pregiudiziale vertente sull'interpretazione dell'art. 35 del regolamento del Consiglio 18 marzo 1969, n. 542, relativo al transito comunitario (G.U. n. L 77, pag. 1), integrato dal regolamento 25 maggio 1971, n. 1079 (G.U. n. L. 116, pag. 7). 2. -Il regolamento del Consiglio n. 542/69, cos integrato, che si applica alla fattispecie controversa dinanzi al Tribunale di Milano, istituisce, al fine di facilitare il trasporto delle merci all'interno della Comunit e, in particolare, di semplificare le formalit da assolvere all'atto dell'attraversamento delle frontiere interne, un regime di transito comunitario che, per le merci che non presentano i requisiti di cui agli artt. 9 e 10 del Trattato CEE, quello del transito comunitario esterno, disciplinato dagli artt. 12-38 del suddetto regolamento. 3. -Ai sensi dell'art. 12, nn. 1 e 3, di tale regolamento, qualsiasi merce, per circolare in regime di transito comunitario esterno, deve costituire oggetto di una dichiarazione compilata su di un modello T1 conforme all'allegato A del regolamento e sottoscritta dalla persona che chiede di effettuare l'operazione di transito, cio l' obbligato principale che, secondo la definizione datane all'art. 11, lett. a), dello stesso regolamento, Si rende responsabile, nei confronti delle autorit competenti, della regolare esecuzione di tale operazione . 4. -L'operazione di transito comunitario esterno inizia, come dispone l'art. 17 del regolamento, con l'allibramento della dichiarazione Tl presso l'ufficio di partenza e si conclude, a norma dell'art. 26, con la spedizione La sentenza della Corte, strettamente aderente aJ testo iletterale delila norma, non elimina ille perplessit che erano state soJi1evate da.'l Governo itailfono. Poich, infatti, I' appuramento di cui aJJla norma, da un fato indica fopel'azione materi1ale di riscontro che l'ufficio di partenza compie f.ra 11a parte del documento rimasta in suo possesso e la parte che gli viene !'estituita daihl'ufficio di destinazione, e dahl'a:Ltro indica 1l'atto di accertamento deHa regoliarit dell'operazione, la soluzione data dailila Corte, iITl![lonendo, per tener ferma Ia garanzia, la comunicazione di non appuramento a1 garante non oltre dodici mesi dalil'aililibramento in ogni caso, potrebbe indurre 1a indiscriminate comunicazioni in tal senso in tutti i casi di mero a'ppuramento !inteso come operazione di riscontro, in attesa dell'esito pi o meno lungo deg;li accertamenti suUa regol.adt dell'operazione, con pari pregiud!izio per le esigenze di certezza del diritto del garante. In precedenza la Corte, con sentenza 17 settembre 1981, neld1a causa n. 136/80, HUDIG ET PIETERS, in Racc., 1198,1, 2233, aveva precisato che la norma in questione si rirerisce solo al garante in soLido di cui al precedente a,rt. 27, n. 3, e non anche all'obbligato principale. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE all'ufficio di partenza, da parte dell'ufficio di destinazione, di un esem plare della suddetta dichiarazione. 5. -L'art. 27, n. 1, del regolamento, d'altra parte, dispone che al fine di assicurare la riscossione dei dazi e degli altri diritti e tributi che uno Stato membro sarebbe in diritto di esigere per le mer~i che attraverseranno il suo territorio durante il transito comunitario, l'obbligato principale tenuto a prestare una garanzia, salvo disposizioni contrarie del presente regolamento . Il n. 2 dello stesso articolo precisa che la garanzia pu essere prestata globalmente per diverse operazioni di tran sito comunitario, o isolatamente per una sola operazione di transito comunitario . Il n. 3 stabilisce inoltre che, fatte salve le disposizioni dell'articolo 33, paragrafo 2, la garanzia consiste in un impegno mediante il quale una persona, fisica o giuridica, stabilita nello Stato membro nel quale la garanzia prestata e da esso accettata, si costituisce garante in solido. 6. -L'art. 35, primo comma, del regolamento dispone che: il ga rante liberato dalle sue obbligazioni nei confronti degli Stati membri il cui territorio stato toccato in occasione del transito comunitario, quando il documento Tl appurato dall'ufficio di partenza. A tale disposizione, l'art. 1 del regolamento del Consiglio 25 maggio 1971, n. 1079, ha aggiunto un secondo comma cos formulato: Il garante del pari liberato dalle sue obbligazioni alla scadenza di un periodo di 12 mesi dalla data di allibramento della dichiarazione Tl qualora non sia stato avvisato dall'ufficio di partenza del non appuramento del documento Tl . 7. -Risulta dall'ordinanza di rinvio che l'attrice nella causa principale, la Societ Italiana Cauzioni, Compagnia di Assicurazioni e Riassicurazioni S.p.A. (in seguito S.I.C.) ha proposto opposizione avverso l'ingiunzione, notificatale dall'amministrazione doganale, di adempiere gli obblighi ad essa incombenti in quanto garante di tre operazioni di trasporto di carne congelata effettuate il 21 novembre e 21 dicembre 1975 e il 2 gennaio 1976 con bollette doganali modello T1 di cui, successivamente, la polizia tributaria di Milano ha scoperto il carattere fraudolento, essendo stata la terza parte del modello Tl falsificata allo scopo di far credere, contrariamente a quanto avvenuto, che la merce aveva lasciato il territorio italiano. 8. -La S.I.C. deduce la decadenza dell'amministrazione doganale dal diritto a pretendere nei suoi confronti, quale garante, il pagamento dei diritti doganali per le operazioni fraudolente. A suo avviso, essa deve considerarsi liberata dall'obbligo fidejussorio a seguito sia dell'appuramento del documento Tl, regolarmente comunicatole dall'ufficio doga RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 272 nale competente il 13 dicembre 1975, il 30 dicembre 1975 e il 21 gennaio 1976, sia della scadenza del termine di 12 mesi dalla data di allibramento della dichiarazione Tl, trascorso senza alcuna comunicazione, da .parte dell'ufficio di partenza, del mancato appuramento del documento TL 9. -Le autorit italiane sostengono che l'atto di appuramento basato su documenti falsificati va considerato invalido ed inefficace e, conseguentemente, privo di effetto in ordine alla liberazione del garante ai sensi dell'art. 35, primo comma, del regolamento n. 542/69, che pu derivare soltanto da un valido atto di accertamento positivo della rispondenza tra la copia del documento T1 dell'ufficio di partenza e quella dell'ufficio di destinazione. 10. -Per quanto concerne la liberazione del garante nell'ipotesi contemplata dall'art. 35, secondo comma, del regolamento n. 542/69, le autorit italiane deducono che, qualora il documento Tl sia stato appurato in tempo utile, cio prima della scadenza del termine di 12 mesi dalla data di allibramento della dichiarazione Tl, tramite l'operazione materiale di riscontro, i cui presupposti sostanziali tuttavia si rivelino successivamente insussistenti, l'amministrazione doganale non deve pi incorrere nella decadenza comminata da tale disposizione. 11. -A parere delle autorit italiane, a meno di obbligare l'amministrazione doganale a svolgere lunghe indagini e operazioni di controllo e di costringerle ad avvisare sistematicamente il garante del non appuramento del documento Tl, e ci in contrasto con la finalit perseguita con l'adozione del regolamento n. 1079/71, l'atto di appuramento risultato succ~ sivamente invalido deve essere privo di efficacia liberatoria nei confronti del garante, ed il secondo comma dell'art. 35 del regolamento n. 542/69 , in tal caso, inapplicabile. 12. -Al fine di risolvere tale problema il Tribunale di Milano ha sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale: Se con riguardo all'art. 35 del regolamento CEE n. 542/69 del 18 marzo 1969, cos come integrato dall'art. 1 del regolamento CEE n. 1079/71 del 25 maggio 1971, l'Amministrazione finanziaria, al fine di cconservare la garanzia contemplata nella norma medesima, abbia in ogni caso l'onere di avvisare, entro 12 mesi dalla data di allibramento della dichiarazione Tl, circa il non appuramento di quest'ultimo documento . 13. -Si deve constatare che l'art. 35 del regolamento del Consiglio n. 542/69, integrato dal regolamento del Consiglio n. 1079/71, mira ad assi Curare la certezza del diritto alle persone che si rendono garanti delle operazioni di transito ai sensi del regolamento di cui trattasi, disponendo in particolare la loro liberazione allo scadere del periodo di 12 mesi dalla PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE data di allibramento della dichiarazione di transito comunitario qualora esse non abbiano ricevuto l'avviso di non appuramento del documento Tl da parte dell'ufficio di partenza. Tale efficacia liberatoria, connessa con la scadenza del termine suddetto, analogamente all'efficacia liberatoria dell'avviso di appuramento, non subordinata ad alcuna altra condizione. 14. -Risulta d'altronde dal testo dell'art. 35. del regolamento n. 542/69, integrato dal regolamento del Consiglio n. 1079/71, che, nel contesto della funzione attribuitale nel sistema istituito dall'art. 35 del regolamento n. 542/69, la notifica dell'avviso di appuramento non pu n ostare alla liberazione del garante, n tener luogo di un avviso di non appuramento del documento Tl e produrre, cos, un effetto opposto a quello espressamente collegato a tale formalit dalla norma di cui trattasi. 15. -Ne consegue, quindi, salve restando le conseguenze che un comportamento fraudolento del garante stesso avrebbe comportato in ordine alla liberazione dagli obblighi .incombentigli -ipotesi estranea alla questione sottoposta alla Corte -che il garante automaticamente liberato per effetto del semplice fatto della scadenza del termine di 12 mesi, intervenuta senza che sia stato notificato l'avviso di non appuramento. 16. -La questione sollevata dal Tribunale di Milano dev'essere quindi risolta come segue: l'art. 35 del regolamento del Consiglio 18 marzo 1969, n. 542, relativo al transito comunitario, integrato dall'art. 1 del regolamento 25 maggio 1971, n. 1079, va interpretato nel senso che, in difetto di notifica dell'avviso di non appuramento al garante da parte dell'amministrazione doganale entro dodici mesi dalla data di allibramento della dichiarazione Tl, il garante, in assenza di comportamento fraudolento da parte sua, in ogni caso liberato dai suoi obblighi. (omissis) SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 maggio 1981, n. 3409 -Pres. Rossi - Rel. Panzarani -P. M. Berri (concl. cont.) -Vargas (avv. Boldrini) c. Ministero Pubblica IstrtlZJione (Avv. Stato Mari). Giurisdizione civile -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa -Univer sit -Precari -Trattamento economico -Controversie -Giurisdizione ordinaria. (cod. civ., artt. 2041, 2042, 2126; legge 26 gennaio 1962, n. 16, art. 5; d.!. 23 dicem bre 1978, 11 817; legge 19 febbraio 1979, n. 54). In relazione al personale precario delle Universit, l'art. unico del d.l. 23 dicembre 1978, n. 817 conv., con modificazioni, nella legge 19 febbraio 1979, n. 54 prevede la nullit e l'improduttivit di qualunque effetto d~lle assunzioni e dell'affidamento dei compiti istituzionali in violazione della vigente legislazione universitaria e comporta che, per le prestazioni di insegnamento universitario che siano state effettuate senza incarico od in base ad incarico viziato per contrasto con la suddetta legislazione, si configuri un'attivit di mero fatto non ricollegabile ad un rapporto di lavoro subordinato (n pubblico, n privato); in relazione a tale rapporto data tutela all'interessato mediante l'azione generale di arricchimento devoluta alla giurisdizione dell'A.G.O. (1). Con l'unico motivo la ricorrente deduce la violazione dell'art. 409 cod. proc. civ. Censurando la declaratoria del Pretore e le argomentazioni poste a base cli essa; la ricorrente medesima, premesso che gli incarichi d'insegnamento che la riguardano sono stati svolti sotto forma di lavoro subordinato in virt di titoli invalidi e inefficaci ovvero mancanti, osserva che tale rapporto, se non appartiene alla giurisdizione amministnativa, necessariamente rientra nella competenza per materia del giudice del lavoro a norma dell'art. 2126 cod. civ. e 409, n. 5 cod. proc. civ., posto che tale competenza sussiste ogni qual volta vi sia svolgimento di attivit lavorativa e venga chiesta la retribuzione in base all'art. 36 della Costituzione. Tanto premesso, si osserva che la questione relativa alla giurisdizione a conoscere la presente causa risolta dal Pretore di Camerino nel senso della sua appartenenza all'autorit giudiziaria ordinaria (ma con esclu (1) La sentenza delle SS.UU. si pone nelforientamento giurisprudenziale conforme della cassazione per il quale cfr. Cass. '16 marzo 1981, n. 1484 iin Giust. civ. 1981, I, 1630 (nota di Vallebona). PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU . QUESTIONI DI GIURISDIZIONE sione delJa competenza del giudice del lavoro) -necessariamente si ripropone in questa sede e la sua soluzione -dati anche [ termini della controversia stessa e le ecceziond svolte dal Ministero della Pubblica Istruzione e dall'Universdt -costituisce indefettibile punto pregiudiziale a1 fini di ogni eventuale statuizione sulla competenza. I) Si rileva in proposito come sia incontroverso che la Vargas ebbe a svolgere presso l'Universit di Camerino attivit lavorativa avente ad oggetto l'insegnamento della lingua spagnola e ci durante tre anni accademici, dal 1975 al 1978, lllon percependo una regolare retribuzione ma soltanto Ia compleSJsiva somma di L. 2.290.000 (non avendo in questa sede rilievo ogni altra questione circa l'effettiva entit e frequenza delle suddette prestazioni). Emerge peraltro che i conferimenti dei relativi incarichi annuali sono stati effettuati, per gli anni 1975-76 e 1976-77, in base ad atti per i quali mancata l'apposizione del visto da parte della competente Jelegazione regionale della Corte dei conti, che per di pi la deliberazione concernente l'anno accademico 1976-77 stata altres annullata con decisione del 19 maggio 1976 del Tribunale amministrativo regionale delle Marche, e che quella viguavdante l'anno accademico 1977-78 non stata addirittura neppure seguita dal provvedimento rettorale. Al riguardo deve innanzi tutto notarsi che il controllo preventivo della Corte dei conti -che si sostanzia neff.applicazione del visto e nella conseguente registrazione dell'atto (artt. 17 ss. del r.d. 2 luglio 1934, n. 1214) -avendo la funzione delJ'accertamento della .legalit dei provvedimenti amministrativi per i quali sia nichiesto, pur rimanendo estrinseco., al relativo procedimento di formazione, tuttavia ne condiziona completamente l'efficacia e l'esecutivit. Peraltro, il rifiuto del visto da parte del suddetto organo comporta la necessit di un'apposita deliberazione del Governo ai fini del visto con riserva (art. 1 n. 11 del R.D. 14 novembre 1901, n. 466 e art. 25 commi 1 e 2, del R.D. n. 1214 del 1934 cit.), il che ulteriormente conferma che l'atto amministrativo per il quale il visto sia ricusato non pu di per s stesso avere alcuna efficacia, laddove non va dimenticato che, in particolare per i provvedimenti di nomina e promozione di pubblici impiegati comportanti illegittime spese perch adottati oltre i limiti degli organici, il rifiuto de11a registrazione ha carattere assoluto e di annullamento (art. 25, comma 3, lett. b, dello stesso R.D. n. 1214). D'altra parte, con riguardo alla fattispecie, la mancata apposizione del visto della Corte dei conti ha specifica rilevanza, al postutto, solo per il decreto rettorale relativo all'anno accademico 1975-76 (sul controllo preventivo in ordine agli atti di conferimento degli incarichi di inse gnamento universitario, cfr., l'art._ 5, comma 5, della legge 26 gennaio 1962, n. 16); ed infatti la legittimit dell'analogo provvedimento concernente iI successivo anno accademico venuta meno in conseguenza dell'annullamento della relativa delibemzione del Consiglio di facolt da parte del Tribunale amministrativo, mentre per il terzo anno, come si ancora ri 276 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cordato, del tutto mancato siffatto provvedimento talch non si neppu, r perfezionato il procedimento amministrativo previsto dal suddetto art. 5 della legge :n. 16 del 1962. II) La situazione della ricorrente , pertanto, quella di un soggetto che, nei riguardi di un .ente pubblico non economico qual' l'Universit (cfr. al riguardo, ancora recentemente, p. es. la sentenza di queste Sezioni Unite 19 marzo 1979, n. 1585; sulla natura delle Univernit statali e degli altri tistituti statali d'~struzione superiore quali organi dello Stato muniti di personalit giuridica, cfr. poi la sentenza 28 giugno 1975, n. 2546), abbia svolto attivit Javorativa nell'assenza di un idoneo atto di nomina ovvero di atti equipollenti ad esso. Si potrebbe in proposito discutere -e se ne discute fra Je parti se il rapporto .intercorso tra 1a Vargas e l'Universit di Camerino, il quale -com' ormai chiaro -non trova riscontro in provvedimenti va lidi ed efficaci e si svolto in via di mero fatto, possa tuttavfa compor tare pur sempre il cosiddetto inserimento del soggetto nell'organizzazione universitaria e sia perci ugualmente configurabile come rapporto di pub blico impiego; e se invece, nell'!impossibilit di dare una risposta afferma tiva ail predetto quesito, debba ritenersi configurabile la fiattispecie pre vista daJl'art. 2126 cod. civ. e se quindi le ragioni dedotte in giudizio dalla stessa Vargas possano trovare tutela in base a questa norma. Ma l'esigenm di dare una risposta a tali questioni risulta superata, e pertanto la relativa indagine ormai irnilevante e superflua, 1al1a stregua delle recenti disposizioni in materia di 1inca11ichi al pernonale precario delle universit. III) In proposito si osserVJa invero che l'art. unico dal d'1. 23 dicem bre 1978, n. 817 -contenente norme transitorie per il personaJe preca rio -ha sanzionato, al comma 12, (ribadendo un principio che era stato introdotto nel comma 12 dell'art. 12 del d.l. 21 ottobre 197.S, n. 642 la cui efficacia era venuta meno per mancata conversione in legge nel termine di cui all'art. 77 Costituz.) La nullit di diritto dell'assunzione di personale o dell'affidamento di compiti istituzionali effettuati in viola zione del1a vigente legislazione un!iversitacia nonch dello stesso decreto e l'esclusione della produzione di alcun effetto a carico dell'amministrazio ne salva, al riguardo, la responsabilit personale e solidale, per le somme conseguentemente erogate, dei docenti, de!i funzionavi, e degli organi delle singole amministrazioni universitarie. In sede di conversione dn legge avvenuta con l'art. unico della legge 19 febbraio 1979, n. 54 -tale dispo sizione stata sostituita nel senso che restano ferme le nullit di diritto e l'assoluta improduttivit di qualunque effetto e conseguenza nei con fronti dell'amministrazione dell'assunzione di personale e dell'affidamento di compiti istituzionali effettuati in violazione della gi vigente legisla zione universitaria ovvero di quanto previsto nel (...) decreto, salve le PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 277 responsabilit disciplina11i, amministrative e penali dei docenti e deg1i altri funzionari responsabili delle violazioni (disposizione questa riprodotta poi nell'art. 123, comma 2, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 sul :riordinamento de11a docenza unJversitaria emanato in baise alla legge delega 21 febbraio 1980, n. 28). Da tali norme emerge pertainto l'intento del legislatore, nel dare un nuovo assetto .ai rapporti del personale precario delle Universit, di escludere del tutto, nei confronti della Pubblica Ammirnistrazione, l'ipotizzabilit degli effetti giuridici normalmente ricollegabili a rapporti d'impiego ancorch soltanto de facto qualora tale situazione abbia tratto origine da incarichi conferii.ti attraverso procedimenti non conformi a legge. E che la surriportata disposizione della legge n. 54 del 1979 sia operativa anche per illcarichi pregressi si evince chiaramente, tra l'altro, dal riferimento (,a differenza che nci decreti legge n. 642 eri. 817 del 1978 cit.) anche alla precedente legislazione universitaria. Una tale efficacia retroattiva stata peraltro affermata da parte di queste Sezioni Unite nelle recentissime decisioni dal n. 1484 al n. 1501 del 16 marzo 1981 nelle quali si ancora rilevato che lo scopo della disposizione stessa (che, per un verso, ha adottato provvedimenti generali di sistemazione del personale precario) stato quello di troncare in modo definitivo le controversie relative al passato, osservandosi ancora come argomento contrario non possa essere tratto dalla normativa di cui alla surricordata successiva legge delega ~art. 12 lett. d) demandante al Governo fabrogazione di ogni altra disposizione che consenta di assumere od utilizzare, a qualsiasi titolo, personale non previsto nella legge stessa, trattandosi di norma di portata pi ampia; riguardante le situazioni future ed avente una funzione di copertura di eventuali casi sfuggiti alla precedente disciplina. La conseguenza dJ tutto ci non pu essere, quindi, che l'inammissi bilit dell'azione diretta a far valere diritti comunque fondati sul presupposto deLl'esffistenz.a di un rapporto di lavoro subordinato rispetto a coloro che siano stati irregolarmente immessi nelle Universit, vale a dire o con atti non conformi a legge ovvero addirittura nella mancanza di essi: la suddetta norma del 1979 ha reso pertanto non proponibile la azione giudiziar1a da parte di tale personale, anche nell'ipotesi in cui essa si ricolleghi alle disposizioru di cui all'art. 2126 cod. civ. e venga dedotto l'espletamento di attivit lavorativa ill via meramente di fatto, situazione questa uJtima che nella fattispecie ricorre nei confronti della Vargas dato che -per quanto si sopra detto -gli 1incarichi non sono stati a lei conferiti nell'osservanza di tutte le disposizioni di cui all'art. 5 della legge 26 gennaio 1962, n. 16. . IV) L'operativit della suddetta norma di sbarramento della legge n. 54 del 1979 e la conseguente inammissibilit di azioni che -compresa quella ex art. 2126 cod. civ. -presuppongano il prodursi degli effetti tipici del rapporto di lavoro subordinato, non consentono tuttavia di concludere RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che l'attivit lavorativa della ricorrente costituisca un fatto giuridicamente irrilevante giacch la relativa tutela pu pur sempre essere realizzata attraverso La sussidial'ia azione generiale di ar.ricchimento senza causa, di cui agli artt. 2041-2042 cod. civ., che come noto, la dottrina amministrativistica e la consolidata giurisprudenza di questa Corte Suprema pienamente ammettono, nell'applicazione dei canoni di diritto comune, anche nei confronti della Pubblioa Amministrazione che abbia comunque utilizzato l'opera o l'attivit del terzo e ne abbia in tal modo riconosciuto. -anche implicitamente -r1a utilit (sull'argomento, cfr. p. es. le sentenze 12 luglio 1974, n. 2090, 7 giugno 1974, n. 1688, 17 novembre 1975, n. 3852, 17 gennaio 1976, n. 523 e 28 giugno 1976, n. 2446). In tal senso si sono pronunciate, del resto, queste Sezioni Unite nelle gi ricordate sentenze nn. 1484-1501 del 1981 che, proprio nella applicazione di tale dstituto giuridico, hanno riavvisato il criterio per escludere possibili dubbi circa la oostituzionaJ.it del1a suddetta norma del 1979 in relazione ai principi di cui agli artt. 3 e 36 della Costitu2lione. Si peraltro in ta1i decision.i rilevato, in particolare, il riferimento espresso nella suddetta norma alle (sole) ipotesi dell'assunzione illegittima di personale e dell'affidamento di mansioni lavorative, il che lascia salva la suddetta azione di arricchimento Ja cui portata generale e sussidiaria depone in fovore della sua esclusione dalla sanzione di inefficacia comminata dalla norma di sbarramento , dovendosi inoltre vitenere che il carattere di tale azione tale che non pu ipotizzarsi una sua improponibilit ove la legge non lo disponga espressamente. Colui peroi che abbia prestato in favore di un'Universit attivit lavorativa in rdipndenza della quale non gli spetti iJ trattamento economico proprio del pubblico impiego, ha pur sempre diritto alla tutela in parola, in relazione all'ar~icchimento che l'ente abbia lucrato a suo danno, non potendosi dubitare dell'esistenza di esso ove sia stata la stessa Universit a sollecitare quelle determinate p11estazioni attraverso i suoi organi e ove il soggetto sia stato di fatto utilizzato in sostituzion~ di altro personale, di ruolo o mancante ovvero impiegato altrimenti. N va dimenticato -si affermato nelle richiamate decisioni -che tra le varie possibili interpretazioni di una norma, doveroso preferire c:iuella conforme alla lettera ed allo spirito della Costituzione. Il principio di tutela di lavoro, in tutte le sue forme ed applicazioni, sancito dall'art. 35, comma l, della Costituzione stessa, non consente invero che l'attivit lavorativa, da chiunque svolta nei confronti di un soggetto consenziente, non sia da questi compensata e non possa quindi essere dedotta quale causa petendi di domanda giudiziale, almeno nena residuale forma deLla suddetta azione generale di arricchimento, salva poi ovviamente la valutazione della sua fondatezza da parte del competente giudice ordinario, trattandosi invero di controvers.ie aventi per oggetto posizioni di diritto soggettivo (cfr. anche su tale punto, le richia PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 279 mate sentenze nn. 1484-1501 del 1981). Va ancora osservato che Jo stesso giudice, nel determinare l'ammontare dell'indennizzo, dovr tener conto, ai fini della comparazione fra il vantaggio ricevuto dalla Pubblica amministrazione e la diminuzione patrimoniale subita dal lavoratore (e ci per l'adozione del criterio di cui al primo comma dell'art. 2041, cod. civ.), dell'intrinseco valore quantitativo e qualitativo della suddetta attivit onde stabilire quale sia stato per il lavoratore stesso il relativo costo in termini economici e quindi, secondo la terminologia usata in subiecta materia, l'effettiv? depauperamento da lui risentito. In tali termini e per talli ragioni -diverse da quelle enunciate dal Pretore -dovendosi ammettere l'esperibilit dell'azione generale di arricchimento, in ordine alla presente controversia va dichiarata fa giurisdizione del giudice ordinario e la competenza, non gi del giudice del lavoro non essendo la controversia stessa riconducibile -nella manoata produzione degli effetti tipici di un rapporto di lavoro -alle previsioni di cui all'art. 409, cod. proc. civ., sub art. 1 della legge 11 agosto 1973, n. 533, bens del Tribunale di Ancona; ci tenuto conto del valore della controversia medesima e della sede dell'Avvocatura distrettuale dello Stato (art. 6 del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611). (omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 10 giugno 1981, n. 3758 -Pres. G. Rossi -Rel. Bile -P. M. Fabi (conci. cont.) -ENPAS (Avv. Stato Laporta) c. Naccarati (Avv. De Luca Tamajo). Giurisdizione civile -Impiego pubblico -Indennit di buonuscita -Riliquidazione -Giurisdizione escluska del giudice amministrativo Giudizi pendenti -Estinzione -Questione manifestamente infondata di costituzionalit. (Cost., artt. 3, 24, 25, 104, 113; cod. proc. civ., art. 5; I. 20 marzo 1980, n. 75, art. 6). manifestamente infondata la questione di costituzionalit dell'articolo 6 legge n. 75/1980, nella parte in cui stabilisce che appartengono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di indennit di buonuscita e di cessazione relative al personale statale e l'estinzione dei giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della legge stessa (1). (1) La sentenza pubblicata con nota di C. M. BARONE, d.n Foro it., 1981, Il, 2158. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 24 giugno 1981, n. 4108 -Pres. La Farina - Rel. Fanelli -P. M. Saja (concl. cont.) -Ministero Tesoro (Avv. Stato Freni) c. La Porta e Rizzo. Giurisdizione civile -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa -Impiego pubblico -Ente zolfi italiani -Controversie d'impiego -Giurisdizione ordinaria. (cod. proc. civ., art. 409; legge 2 aprile 1940, n. 278). Appartiene alla giurisdizione dell'A.G.O. la controversia relativa al rapporto di impiego fra l'Ente zalfi italiani ed un suo dipendente (il Ministero del Tesoro agisce in giudizio quale liquidatore dell'Ente) (1). (1) Per un riferimento, in motivazione, cfr. Cass. 26 marzo 1965, n. 513 in Foro it. 1966, I, 366 con osservazioni di A. LENER. SuHa clistmione fra ente pubblico non economico ed economico cfr. in particolare Cass. 5 agosto 11977, n. 3'520 dn Foro it. 1978, I, 694 e 14 ottobre 1980, n. 5503 ivi 1980, I, 2947. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 13 luglio 1981, n. 4557 -Pres. Rossi - Rel. Schermi -P. M. Fabi (diff.) -Sacc ed altri (avv. De Luca) c. Assessorato Reg. per l'Agricoltura e Foreste della Reg. Siciliana (avv. Stato Carbone). Caccia -Provvedimento amministrativo -Divieto assoluto di caccia Domanda di risarcimento danni -Difetto assoluto di giurisdizione. Caccia Provvedimento amministrativo Vizi di legittimit Interesse legittimo -Giurisdizione amministrativa -Attivit materiale Danno a terzi Diritto soggettivo Giurisdizione ordinaria. Emanato un provvedimento amministrativo di divieto generale ed assoluto di caccia, l'ordinamento giuridico non appresta alcuna protezione n immediata e diretta n riflessa all'interesse del proprietario di un terreno sito in una zona popolata da selvaggina particolarmente nociva per l'agricoltura, a conseguire, attraverso il libero esercizio dell'attivit venatoria, la distruzione o la riduzione della selvaggina stessa, con la conseguente totale o parziale eliminazione del danno relativo. (1) Soltanto l'esistenza di vizi di legittimit inficianti il provvedimento amministrativo configurerebbe, in favore del proprietario del fondo, un interesse legittimo, collegato al diritto di propriet, legittimante il ricorso (1-2) Decistlone da condividere solo parzialmente. In precedenza l'impro'. ponibilii.t assoluta della domanda di risarcimento ne1fipotesi in questione era stata ritenuta da Cass. Sez. Un. 19 ottobre 1956, n. 3764. Comunque, preci sato che nehla specie era ,stato .istituito un divieto di caccia ai sensi del- I !i PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 281 in sede giurisdizionale amministrativa al fine di ottenere l'annullamento del provvedimento medesimo. Quando per, nell'esecuzione del provvedimento, vengano usati anche mezzi non strettamente necessari al fine di far rispettare il divieto e tali che, impedendo o rendendo pi difficoltoso al proprietario del fondo l'apprestamento dei mezzi diversi dall'esercizio della caccia; siano idonei a difendere le colture in atto dagli animali nocivi, l'uso di tali mezzi si traduce in una mera attivit materiale che, essendo al di fuori dell'ambito dell'esercizio del potere discrezionale per l'attuazione di interessi pubblici, se causativa di danni ai proprietari dei fondi va qualificata come illecita, in applicazione del principio del neminem laedere, e corrisponde quindi ad una posizione di diritto soggettivo, per cui la controversia tra il privato e la pubblica amministra zione rientra nella giurisdizione del giudice ordinario (2). Va esaminata e risolta anzitutto, prima di passare all'esame (eventuale) dei motivi di ricorso, la questione pregiudiziale circa la sussistenza o meno della giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della domanda proposta dal Sacc, dal Lupo e dall'Emanuele contro l'Assessorato per l'Agricoltura e Je Foreste della Regione Siciliana ed il Comitato della caccia di Catania; diretta, tale domanda, ad ottenere la condanna della Pubblica Amministrazione al risarcimento del danno consistente nella distruzione deH.e colture nei fondi degli attori ad opera dei conigli selvatici, 11apportato eziologicamente all'esecuzione del decreto assessorile 23 agosto 1966, che gli attori, odierni ricorrenti, hanno interpretato, ed interpretano anche in questa sede, come costitutivo di una zona di ripopolamento e cattura di selvaggina con conseguente divieto di caccia, mentre i giudici di primo e di secondo grado non hanno preso posizione sul problema interpretativo se con quel provvedimento amministrativo fosse stata costituita una zona di ripopolamento e cattura , a norma degli artt. 52, 53 e 54 del t.u. 5 giugno 1939, n. 1016, oppure fosse stato imposto un divieto generale ed assoluto di caccia, a norma dell'art. 23 dello stesso t.u. Giurisdizione del giudice ordinario, in relazione a tale domanda, che stata esclusa dal Tribunale di Catania, con dichiarazione di improponibilit della domanda; la cui decisione stata confermata dalla Corte di Catania (con diversa motivazione). Poich si tratta di questione di giurisdizione, che in questa sede va esaminata e risolta di ufficio, il Collegio ha il potere di compiere, a tale fine, indagini di fatto, sulla base degli atti acquisiti in causa. Indagini di l:'art. 23 del t.u. n. 1016 de~ 1939, norma di azione attributiva alfa P.A. di un potere per il raggiung.fu:nento di uno scopo dri pubbHco generale interesse, sembra doversi riitenere che, di fronte a tale potere, i proprietari dei fondi fossero tito1ari di un iinteresse '}egittimo, per la cui tute1a dovevano essere aditi gli organi de11a g;iurisdizione amministrativa e per ~a cui 'lesione non ammissibile -iJ risarcimento del danno. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO fatto che, nella specie, consistono nell'interpretazione del suddetto decreto assessoriale, al fine di determinarne il contenuto, nelle alternative ipotizzabili (ed in effetti ipotizzate in causa) di costituzione di una zona di ripopolamento e cattura o di imposizione di un divieto generale ed assoluto di caccia . Il decreto assessoriale di che trattasi fu preceduto -come si visto nella precedente narrativa -dal decreto 28 luglio 1966, emesso dall'Assessore per l'Agricoltura e le Foreste della Regione Siciliana su proposta dei Comitati della caccia de11a Sicilia; con il quale furono date le disposizioni costituenti H calendario venatorio 1966/67 e si stabil a:II'art. 13: La caccia e l'uccellagione sono vietate in modo generale ed assoluto, ai sensi dell'art. 23 del t.u. sulla caccia, nelle localit appresso specificate provincia per provincia; determinandosi per la provincia di Catania due zone. Decreto assessoriale che, per, non fu pubblicato nehla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana; come sarebbe stato necessario a norma dell'art. 13 dello stesso t.u.; onde ,1a sua non obbligatoriet per i destinatari. Il successivo decreto assessoriale 23 agosto 1966 (emesso su richiesta del Comitato della cacoia di Catania), intitolato: Modifica al calendanio venatorio 1966/67 per la provincia di Catania, dopo aver richiamato varie disposizioni di legge, tra cui il t.u. 5 giugno 1939, n. 1016, nonch il decreto assessoriale 28 luglio 1966, cos disponev:a all'art. 1: Nella provincia di Catania, alle " Zone 23 " precisate nel Calendario venatorio 1966/67, emanato con D.A. n. 66 del 28 luglio 1966, v.iene inclusa una nuova "Zona 23 ", la terza, in agro dei Comuni di Motta S. Anastasia e Misterbianco, indicando poi Je contrade comprese nella zona e la delimitazione di questa. Il quale decreto fu pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana (pubb1icazione disposta dal successivo art. 2; mentre l'art. 3 incaricava H Comitato della caccia di Catania dell'esecuzione del medesimo decreto). Gli attori in causa, odierni ricorrenti, dedussero nel g.iudizio di merito, e sostengono anche in questa sede di Jegittimit, la .inefficacia e non obbligatoriet del decreto assessoriale 23 agosto 1966 (nella cui terza Zona 23 erano compresi i fondi di loro propriet) perch richiamava e si inseriva nel precedente decreto assessoriale 28 luglio 1966, inefficace e non obbligatorio essendone mancata la pubblicazione. Pi precisamente -secondo il loro assunto, rettamente interpretato -la disposizione dell'articolo 1 del secondo decreto assessoriale non aveva una propria formulazione autonoma, poich faceva riferimento, per il suo contenuto, aJ precedente decreto assessor.iale, ed in particolare al provvedimento contenuto nell'art. 13: si trattava, perci, di un provvedimento, emesso per la zona in esso determinata, il cui contenuto era indicato per relationem, dovendo essere identico a quello di cui all'art. 13 del precedente decreto; onde il difetto di contenuto, mancando l'elemento cui faceva riferimento, ( f, f .............J. PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE poich non era stato pubblicato, e perci non era conosciuto e non era obbligatorio, il precedente decreto. Assunto, questo, che destituito di fondamento. L'art. 1 del decreto assessoriale 23 agosto 1966 si limitava, bens, a disporre, per la provincia di Catania, l'inclusione di una terza Zona 23 in aggiunta a quelle precisate nel calendario venatorio 1966/67 emanato con il precedente decreto assessoriale 28 luglio 1966; ma quel decreto deve essere interpretato, al fine di determinarne il contenuto, cio la portata precettiva, tenendo conto dell'intero suo testo, ove richiamato, tra le altre disposizioni legislative, il t.u. 5 giugno 1939, n. 1016. Questo richiamo legislativo indica chiaramente che il decreto assessoriale contiene all'art. 1, uno di quei provvedimenti sulla cacaia che la Pubblica amministrazione aveva il potere 'di emanare in base al citato t.u.; e la dizione Zona 23 , che non pu non essere riferita a quel testo legislativo, va interpretata come parte del territorio della provincia dii Catania, delimitata nei suoi confini e con indicazione delle contrade che vi sono comprese, in riferimento alla quale era emanato iJ provvedimento di cui all'art. 23 del richiamato t.u. n. 1016 del 1939, il quale attribuiva al competente organo della pubblica amministrazione (nella Regione Siciliana, l'Assessore per l'Agricoltura e le Foreste), nell'iinteresse del1a protezione di una o pi specie di selvaggina, il potere di restringere il periodo di caccia o di uccellagione o vietare le medesime, sia in modo generale e assoluto, sia per talune forme di caccia o specie di selvaggina e per determinate localit . Provvedimento ex art. 23 del citato t.u., quello contenuto nell'art. 1 del decreto assessoriale 23 agosto 1966, la cui portata va intesa come divieto generale ed assoluto di caccia nella zona indicata, in mancanza di determinazJione di limW a tale divieto. Emanato un provvedimento amministrativo, perfetto nella sua struttura ed efficace, 'di divieto generale ed assoluto di caccia a norma dell'articolo 23 del t.u. 5 giugno 1939, n. 1016, l'ordinamento giuridico non appresta alcuna protezione, n immediata e diretta n in via di riflesso attraverso la protezione di un interesse generale, all'interesse del proprietario di un terreno sito in una zona popolata da selvaggina particolarmente nociva per l'agricoltura a conseguire, attraverso il libero esercizio dell'attivit venatoria, la diistruzione o comunque la dduzione della selvaggina stessa, con la conseguente totale o parziale eliminazione del danno relativo (in tal senso si sono gi espresse le Sezioni Unite di questa Suprema Corte con sentenza 19 ottobre 1956, n. 3764); per cui, trattandosi di mero interesse di fatto, non sussiste la giurisdizione di alcun giudice, n ordinario n amministrativo. Soltanto l'esistenza di vizi di legittimit inficianti quel provvedimento amministrativo configurerebbe, in favore del proprietario del fondo, un inte!'esse legittimo, collegato al diritto di propriet sul fondo (non toccato direttamente dal provvedimen 284 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO to), legittimamente il ricorso in sede giurisdizionale amministrativa al fine di ottenere l'annullamento del provvedimento medesimo: posizione soggettiva di interesse legittimo, quel1a del proprietario del fondo, escludente la giurisdizione del giudice ol'dinario. Diversa la posizione soggettiva del proprietario del fondo, riguardo _all'apprestamento di tutela dall'ordinamento giuridico, in ipotesi di attiv. it esecutiva esorbitante rispetto alla portata del provvedimento ammi: nistrativo di divieto generale ed assoluto di caccia: quando, cio, nello esecuzione del provvedimento, vengano usati anche mezzi non strettamente necessari al fine di far rispettare il divieto e tali che, impedendo o rendendo pi difficoltoso al propr.itario del fondo l'apprestamento dei mezzi, diversi dall'esercizio della caccia, idonei a difendere le colture lin atto dagli a111imali nocivi, si pongano in rapporto eziologico con il danno consistente nella distruzione, totale o parniale, delle colture ad opera di quegli animali. Metro di valutazione di siffatta attivit degli organi esecutivi della pubblica amministrazione il principio del neminem laedere, norma generale di relazione alla cui osservanza tenuta anche la pubblica amministrazione nello svolgimento, in particolare, dell'attivit esecutiva di suoi provvedimenti. Il divieto generale ed assoluto di caccia comporta, nella fase esecutiva, l'uso dei mezzi indispensabili, e soltanto di essi, per impedire l'esercizio della caccia nelle zone indicate, ed esattamente delimitate, nel provvedimento amministrativo. Ogni ulter~ore mezzo, trascendente il criterio della indispensabilit, non trova titolo legittimo nel provvedimento amministrativo di divieto. E l'uso di tali mezzi ulteriori si traduce, perci, in una mera attivit materiale che, essendo al di fuori dell'ambito dell'esercizio del potere amministrativo per l'attuazione di interessi pubblici, -ricade sotto la disciplina normativa di relazione, se incide su posizioni soggettive di terzi tutelate dall'ordinamento giuridico nella consistenza di diritti soggettivi. Nell'ambito di tale disciplina, quell'attivit materiale, se causativa di danni ai proprietari dei fondi per la natura dei mezzi usati nel suo svolgimento,_ va qualificata come illecita, in applicazione, appunto, del principio generale del neminem laedere: si tratta, invero, di atto colposo (per l'inosservanza del Hmite all'esecuzione del provvedimento amministrativo di divieto generale ed assoluto di caccia) causativo di un danno ingiusto ai proprietari dei fondi compresi nella zona ove imposto il divieto di caccia, mquanto, impedendo o rendendo pi difficoltoso a costoro l'apprestamento dei mezzi, diversi dalla caccia, idonei alla custodia dei loro fondi ed alla difesa delle colture in atto nei fondi stessi, s da provocare la distruzione totale o parziale di queste, lesiva del diritto di quei terzi all'integrit del loro patrimonio. La posizione soggettiva dei propriet,ari dei fondi, fatta valere in giudizio da co ' :~ PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE storo per ottenerne la tutela nei confronti della pubblica ammini:srtrazion, , quindi, di diritto soggeUivo; per cui la controversia, tra il privato e la pubblica amministrazione, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario. Per le considerazioni svolte, deve escludersi, nella specie, la giurisdizione del giudice 011dinario per quanto attiene, nelle deduzioni degli attori, all'emanazione ed all'esecuzione, avvenuta con l'uso dei mezzi strettamente necessari (sorveglianza della zona per far rispettare dai cacciatori il divieto imposto), del decreto assessoriale 23 agosto 1966 che impose il divieto generale ed 1assoluto di caccia nella zona in esso indicata, nonch a \Cizi di Jegittimit dnficianti quel provvedimento amministrativo: nella prima deduzione, la posizione soggettiva fatta valere si configura come interesse di fatto, non tutelato dall'o11dinamento giuridico, con il conseguente difetto di g.iurisdizione idi qualsiasi giudice, ordinario od amministrativo; nella seconda deduzione, viene fatta valere una posizione soggettiva configurabile come interesse legittimo, in relazione al quale sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo. Sussiste, invece, la giurisdizione del gudice ordinario per quanto attiene, ne1le deduzioni degli attori, all'attivit, svolta dagli agenti del Comitato della caccia di Catania, con- sistente nell'uso di mezzi non strettamente necessari (in particolare, spargimento di bocconi avvelenati per i cani) od estmnei (come potrebbe essere l'immissione di conigli selvatici nella zona) al fine di far rispettare il divieto di caccia, che sarebbe stata causativa di un danno ingiusto agli attori. P.ertanto, in accoglimento del ricorso, deve essere dichiarata, in taH limiti, 1a giurisdizione del giudice ordinario. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 9 marzo 1982, n. 1498 -Pres. Mirabelli - Rel. Vela -P.M. Fabi -Gavin (avv. Muggia) c. Istituto Poligrafico dello Stato (avv. Stato Cerocchi). Pubblica amministrazione -Istituto Poligrafico dello Stato Pubblico impiego -Natura -Ente pubblico non economico -Controversie Giurisdizione del giudice amministrativo. L'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, in seguito alla legge 13 luglio 1966, n. 559, ha acquisito in modo accentuato i caratteri di ente pubblico non economico, svolgendo in prevalenza, sulle attivit imprenditoriali che tuttora gli competono, i servizi, attraverso rapporti sottratti alla disciplina del diritto privato, nell'esclusivo interesse delle amministrazioni 286 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO statali, per cui i rapporti di lavoro del personale dell'ente stesso, non risolti prima della riforma, vanno considerati rapporti di impiego pubblico, sul quale ha la giurisdzione esclusiva il giudice amministrativo. (1) (1) In tal senso la Corte di Cassazione conferma la sua giurisprudenza sulla natura del Poligrafico deHo Stato, come ente non economico, cohlegandosi alle preceden1li pronunde 5 ,agosto 1977, n. 3518; 3 giugno 1978, n. 2771 e, in particolare, alla sentenza 5 luglio 1979, n. 3826 v. anche Cass. 25 maggio 1981, n. 3408, in questa Rassegna, 1981, I, 534. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 15 marzo 1982, n. 1668 -Pres. T1amburrino -Rel. Parisi -P. M. Fabi -Gestione commissariale governativa della Ferrovia Cancello-Benevento -(avv. Stato Cerocchi) c. Crisci (n.c.). Gimisdizione civile -Gestione commissariale della Ferrovia Cancello Benevento Rapporto di impiego in corso successivamente a tale gestione Natura pubblicistica Controversie -Gimisdizione del giudice amministrativo. Spetta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la domanda di un dipendente della ferrovia Cancello-Benevento, la quale si riferisca a prestazioni effettuate anche dopo che l'esercizio di detta ferrovia sia stato assunto dalla gestione governativa, a seguito del provvedimento ministeriale di decadenza della societ concessionaria, e dopo che la sospensione di tale provvedimento, disposta dal Consiglio di Stato in sede d'impugnazione medesima sia stata caducata per effetto del rigetto dell'impugnazione medesima; la decadenza della concessionaria, con .il relativo affidamento del servizio alla gestione governativa, implica, infatti, la trasformazione del rapporto privatistico, tuttora in corso, del dipendente della ferrovia in rapporto di pubblico impiego, perch riferibile direttamente allo stato, e non ad impresa distinta dalla sua organizzazione pubblicistica (l). Con il p11imo mezzo si denuncia il difetto di giurisdizione dell'autorit giudiziaria oroinaria a conoscere della controversia, tenuto conto che, in applicazione degli artt. 29 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, 7 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, 184 e 195 del .t.u. 9 maggio 1912, n. 1447, 2 del (1) La giurisprudenza in tali sensi, ormai costante: cfr. la sentenza di pari data n. 1665, n . .1666, n. 1667, ed anche Cass. lO marzo 1979, n. 2663. La Cassazione ha anche ritenuto (Cass. 10 maggio 1979, n. 2660, Giuris/it. 1980, I, 1, 105) che la trasformazione, in rapporto di pubblico impiego, dcl rapporto di 1lavoro priV1atistico con un dipendente dehle ferrovie Cance1lo-Benevento, a seguito del provvedimento ministerial:e di decadenza deHa societ concessio-l ! i l I I PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 287 r.d. 4 giugno 1976, n. 1136 e 10 del r.d. 8 genna.>io 1931, n. 148, dopo la decadenza dalla concessione pronunciata a carico della Ferrovia CancelloBenevento con d.m. 29 gennaio 1972, tutte le controversie relative ai rapporti di impiego del personale gi dipendente dalla societ decaduta rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il mezzo fondato. Come queste Sezioni Unite hanno gi avuto occasione di ritenere la Gestione governativa della Ferrovia Cancello-Benevento, concessa alla Societ Italiana Strade Ferrate Sovvenzionate, dopo la pronnncia di decadenza della societ concessionaria -che nella specie venne dichiarata con d.m. 29 gennaio i972 ai sensi dell'art. 184 del t.u. 9 maggio 1912, numero 1447 (modificato con il r.d.l. 4 giugno 1936, n. 1336) -non potendo pi intendersi svolta in danno e quindi in via sostitutiva e per conto della societ concessionaria, deve essere riferita all'amministrazione statale, in vista de1la finalit, di natum pubblicistica, di assicurare, sia pure in via interinale e conservativa, la continuativ.it del servizio in attesa del, e sino al suo assetto definitivo che -secondo la espressa prevfaione dell'art. 195 del citato T.U. -pu concretarsi o in un nuovo conferimento del servizio in concessione o in una sua stabile assunzione , in gestione diretta, in base alla discrezionaile determinazione della P .A. Inoltre queste Sezioni Unite hanno anche avuto occasione di rilevare che al fine di poter ritenere di natura privata 11 rapporto di impiego con un ente pubblico non economico -e tanto pi con lo Stato -non sufficiente che il contenuto del rapporto sia regolato in via sussidiaria ed eventuale, per la mancanza di specifiche disposizioni di legge o di regolamento, da norme dettate per il lavoro privato ai sensi dell'art. 2129, cod. civ., ma necessario o che la privata natura del rapporto sia espressamente riconosciuta dalla legge (ipotesi non ricorrente in caso concreto) o che il rapporto stesso sia riferibile ad uri'impresa gestita dall'ente pubblico (art. 2093 cod. oiv.): eventualit che non pu ritenersi avverata se non r.isulta che l'attivit produttiva sia improntata a criteri di economicit -e c10e diretta al procacciamento di entrate che siano remunerative dei futtori naria per irregolMit d~ servlZlo (d,m. 29 gennaio 1972, emesso ai sensi dell'art. 184 r1dl. 9 maggio 1912, n. 1447), nonch di affidamento del servizio stesso alla gestione governativa, che non configurabile come impresa gestita dallo Stato con 011gandzzazione distinta da quelfa pubblidstica, resta preclusa per effetto delila sospensione di quel provvedimento, disposta dal giudice am!llllinistrativo a seguito di impugnazione, fino a quando tale sospensione non resti caducata per iL rigetto dehla impugnazione stessa; ne consegue che il!a pretesa del dipendente di detta ferrovia (nella s'peoie: ii1 pagamento d'indennit di buonuscita), che si ricoil!leghi a prestazioni lavorative cessate prima deM'indicata caducazione de11a sospensione del provvedimento di decadenza, inerente ad un rapporto di mtura privatistica, perch ancora imputabile ahla societ concessionaria, e, quindi, devoluta alfa cognizione del giudice ordinario. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO produttivi e non soltanto preoroinata al perseguimento di fini sociali, indipendentemente da tale remunerativit, in guisa da risultare destinata alla produzione di ricchezza e ailla realizzazione di lucri -e sia svolta quindi mediante una organizzazione distinta da quella pubblicistica dell'ente, provvista di autonomia decisionale (con semplificazione di forme e attenuazione di controlli) nonch di autonomia contabile (per il riscontro, attraverso bilanci separati, della economicit della gestione) e di una, quantomeno tendenziale, autosufficienza finanziaria (v. sent. 3 novembre 1973, nn. 2853 e 2854; 10 maggio 1979, n. 2660, 2662, 2663). E poich dopo la decadenza del concessionario, la gestione governativa non pu, almeno in via generale e finch non risulti il contrario, ritenersi senz'altro improntata a criteri di economicit nel senso test precisato, giacch essa presenta di regola soltanto quella autonomia organizzativa e contabile che sono connaturali 'alle suaccennate particolari finalit di natura pubblicistica a cui essa gestione preordinata, ne cOiilsegue che i rapporti di lavoro del personale addetto alle ferrovie gi concesse, per le quali sia stata pronunciata 1a decadenza del concessionario, devono, dopo tale decadenza, considerarsi di pubblico impiego e ritenersi come tali soggetti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo a partire dal medesimo momento a cui vanno riferiti e si producono gli effetti del provvedimento di decadenza. Tale deve ritenersi il rapporto di cui trattasi tenuto conto che il fatto costitutivo del diritto, di cui era stata denunciata la violazione, avrebbe dovuto ravvisarsi nell'accordo aziendale del 14 aprile 1976 che aveva esteso, a decorrere dal 1 gennaio 1976, alla categoria delle guarda-barriere in servizio presso Ja Ferrovia Cancello-Benevento la indennit di cui trattasi, gi prevista in linea generale dal contratto nazionale per gli autoferrotramvieri del 17 giugno 1975 -ed era quindi intervenuto in epoca successiva, sia alla data del d.m. 29 gennaio 1972 con cui era stata dichiarata la decadenza della Societ concessiOiilaria, che alla data del 26 settembre 1975 in cui il Consiglio di Stato aveva iiigettato i due ricorsi proposti dalla Societ Italiana per le Strade Ferrate Sovvenzionate e si era quindi verificata la caducazione delle eventuali sospensive concernenti i provvedimenti con cui era stata rispettivamente disposta la Gestione Commissariale della Ferrovia Benevento-Cancello e dichiarata la decadenza della predetta societ dalla relativa concessione . . Deve pertanto dichiararsi iii. difetto di giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di controversia devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. i i i: [ SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 gennaio 1982, n. 571 -Pres. Sandulli Rel. Virgilio -P. M. Minetti -Cutelli (avv. Ferrara) c. Ministero dei LL.PP. (avv. Stato Favara). Espropriazione per p.u. Occupazione Ultrabiennale Danno -Attribuzione degli interessi sul valore del bene (indennit di esproprio) Debiti di valore Rivalutazione Ammissibilit Criterio Decorrenza Riferimento al momento della liquidazione giudiziale Ulteriori interessi compensativi Ammissibilit. Espropriazione per p.u. Indennit Rivalutazione Inammissibilit. Il risarcimento del danno per occupazione abusiva di un bene integra una ipotesi di debito di valore, in quanto il patrimonio del titolare del bene illegittimamente occupato deve essere reintegrato in modo tale .da ripristinare nella sfera giuridica lesa la situazione preesistente, assicurando alla stessa il valore reale e attuale del bene e l'ammontare del danno deve, quindi, essere rapportato ai valori monetari correnti al momento della liquidazione e nel caso in cui, per la determinazione del danno, sia stato adottato il sistema della attribuzione. degli interessi sul valore del bene (individuato ai fini della liquidazione dell'indennit di esproprio), l'ammontare delle singole annualit degli intressi deve essere rivalutato con riguardo -quale parametro di riferimento -al valore del bene espropriato al momento della liquidazione (e cio all'epoca della pronuncia giudiziaria, e non alla data dell'espropriazione) e, poich rappresenta un debito di capitale, la somma produttiva anche di interessi compensativi (per il mancato godimento del capitale tardivamente corrisposto) con decorrenza dal momento in cui si verificato l'evento dannoso (1). Non ammissibile la rivalutazione delle somme liquidate per indennit di esproprio, poich la sopravvenienza del decreto di esproprio, come atto autoritativo che dispone il trasferimento della propriet del bene in favore dell'espropriante, determina la cessazione dell'occupazione abusiva, sicch dal momento della emissione del decreto non pu configu (1-2) In termini, cfr. Cass. 4 giugno 1981, n. 3603; Cass., 8 gennaio 1981, n. 118, Giur. it. 1980, I, 1, 1201 la quaile precisa che la rivailutazione pu essere disposta 'anche di ufficio. Stilla prescrizione del diritto al risarcimento nel caso di occupazione ~Hegiittima, cfr. Cass. 15 dicembre 1980, n. 6485, Giur. It. 1981, I, 1, 1612, con nota. 6 290 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO " : rarsi pi il diritto dell'espropriato al risarcimento del danno, ma ogni pretesa -sempre da quel momento -deve riguardare la congruit della indennit, tanto che l'azione eventualmente gi in corso per ottenere. il danno si converte in azione di opposizione alla stima (2). Con il primo motivo si deduce che la somma attribuita al proprietario del bene espropriato a titolo di risarcimento del danno per occupazione temporanea ultrabiennale avrebbe dovuto essere rivalutata, anche se l'ammontare del danno era stato calcolato secondo il criterio dell'attribuzione degli interessi del cinque per cento sulla somma costituente l'indennit di espropriazione. La censura fondata. Secondo il principio pi volte affermato da questa Corte (recentemente confermato con la sentenza 4 giugno 1981, n. 3603), il risarcimento del danno per occupazione abusiva di un bene integra una ipotesi di debito di valore (e non una obbligazione pecuniaria) in quanto il patrimonio del titolare del bene illegittimamente occupato deve essere reintegrato in modo tale da ripristinare nella sfera giuridica lesa la situazione patrimoniale preesistente, assicurando alla stessa il valore reale e attuale del bene. L'ammontare del danno deve, quindi, essere rapportato ai valori monetari correnti al momento della liquidazione, affinch risulti atto a consentire al danneggiato (risarcito) l'acquisto, al momento della pronuncia giudiziale, dello stesso bene di cui era rimasto privato. Nel caso in cui il giudice abbia adottato, per la determinazione in concreto del danno, il sistema dell'attribuzione degli interessi sul valore del bene determinato ai fini della liquidazione della indennit di espropriazione, l'ammontare delle singole annualit dei detti interessi deve essere rivalutato con riguardo -quale parametro di riferimento -al valore del bene espropriato al momento della liquidazione, cio all'epoca della pronuncia giudiziale di liquidazione, e non gi alla data della espropriazione. La ragione addotta dalla Corte di appello per negare la rivalutazione, nei sensi indicati, del danno derivante dalla occupazione abusiva non conferente perch trattasi, come si detto, di debito di valore e non di valuta, per cui il principio nominalistico non operante. Con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata sotto il profilo della negata rivalutazione delle somme liquidate a titolo di indennit di espropriazione. Si sostiene al riguardo che i decreti di espropriazione, tardivamente intervenuti, non ebbero l'effetto di far cessare la illegittimit della occupazione, e che le somme attribuite a titolo di indennit di espropriazione avrebbero dovuto costituire -data la persistenza della occupazione abu PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE Z91 siva anche dopo l'emanazione dei decreti di espropriazione risarc- mento del danno e quindi debito cli valore e non di valuta. La Censura non fondata. La sopravvenienza del decreto di espropriazione, quale atto autorita tivo che dispone il trasferimento della propriet del bene in favore dello espropriante, determina la cessazione dell'occupazione abusiva, cio di quella protrattasi oltre il biennio di occupazione legittima, sicch dal momento della emissione del decreto stesso non pu configurarsi pi il diritto dell'espropriato al risarcimento del danno, ma ogni pretesa -sempre da quel momento -deve riguardare la congruit della indennit di espropriazione, tanto che l'azione eventualmente gi in corso per ottenere il danno si converte in azione di opposizione alla stima. Nella memoria il ricorrente ha anche dedotto che la Corte di appello avrebbe dovuto in ogni caso rivalutare l'indennit di espropriazione, in quanto la qualit di imprenditore commerciale e di operatore economico (del Cutelli) ponevano una presunzione di ulteriore danno per il ritardo nel pagamento della somma corrispondente alla indennit di espropriazione. La deduzione non pu essere presa in esame perch nuova rispetto alle censure prospettate con il ricorso. Con il secondo motivo, infatti, la tesi della rivalutabilit della detta indennit fu fondata soltanto sulla asserita persistenza della occupazione abusiva anche dopo la sopravvenienza del decreto di espropriazione, mentre con la memoria si prospetta un nuovo e autonomo profilo riguardante la rivalutazione del debito di valuta per maggior danno ai sensi dell'art. 1224 e.e. Su questo punto il ricorrente non ha proposto impugnazione con il ricorso, per cui esiste preclusione di ogni ulteriore deduzione. Con il terzo motivo il ricorrente censura la sentenza .impugnata sul punto della decorrenza degli interessi, sia sulla indennit per occupazione legittima, sia per la somma corrispondente al risarcimento del danno per occupazione abusiva, sia, a quanto sembra, per l'indennit di espropria zione. Sostiene in particolare che su tutte le somme corrispondenti alle sud dette voci la Corte avrebbe dovuto liquidare gli interessi con decorrenza dall'inizio di ciascun evento e non gi dalla fine del primo anno dopo l'evento stesso. La censura fondata, nei limiti e con le precisazioni che seguono. Poich l'indennit di occupazione legittima stata liquidata con il sistema dell'attribuzione degli interessi del 5 % sulla somma costituente l'in dennit di espropriazione (ossia sul valore dell'immobile alla data di emis sione dei decreti di espropriazione), i detti interessi vanno calcolati con decorrenza dall'inizio del primo anno di occupazione, in quanto l'ammi RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 292 nistrazione espropriante ha l'obbligo di liquidare immediatamente allo espropriando, cio subito dopo il verificarsi della privazione del possesso del bene, la indennit per il periodo di occupazione legittima (art. 72 della legge 25 giugno 1865, n. 2359). Non pu, pertanto, farsi gravare sull'espropriando -sotto il profilo della decorrenza degli interessi dalla fine del primo anno di occupazione il ritardo con il quale viene determinata e corrisposta la relativa indennit. Per quanto attiene al danno liquidato a titolo di occupazione abusiva (dalla scadenza del biennio di occupazione legittima alla data della espropriazione), la somma attribuita al proprietario, determinata con il sistema degli interessi del 5 % sul valore del fondo (accertato, come si detto, al momento della liquidazione e non della espropriazione), rappresenta un debito di capitale, in quanto l'ammontare degli interessi costituisce il risultato ottenuto attraverso un mero parametro valutativo, e non toglie perci che l'ammontare stesso rappresenti la somma capitale spettante al proprietario per il ristoro del danno causato dalla occupazione abusiva. Per tale ragione la indicata somma capitale produttiva anche di interessi compensativi per il mancato godimento del capitale tardivamente corrisposto, e tali interessi compensativi vanno calcolati con decorrenza dal momento in cui si verificato l'evento dannoso (v. sent. 3603/81 citata). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 febbraio 1982, n. 651, Pres. Sandulli - Rel. Cantillo -P.M. Leo -Ferrovie dello Stato (avv. Stato De Francisci) c. Comune di Genova (avv. Romanelli). Prescrizione e decadenza -Atti interruttivi -Effetti -Limitati al soggetto che li ha compiuti Riferibilit ad un soggetto diverso -Limiti Applicazione alla concessione -Atti interruttivi del concessionario Effetti verso il concedente. Gli effetti interruttivi della prescrizione si verificano solo a favare del soggetto che ha compiuto l'atto di interruzione, mentre sono riferibili ad un soggetto diverso soltanto se il primo abbia agito nell'interesse di quest'ultimo, nella dichiarata qualit di suo legittimo rappresentante o mandatario. Pertanto, la concessione di un pubblico servizio non implica l'attribuzione al concessionario del potere di agire in giudizio verso i terzi quale rappresentante della amministrazione concedente, tranne se diversamente risulti dalla legge o dall'atto di concessione, con la conseguenza che gli atti interruttivi (ad es., atto di citazione) compiuti dal concessionario non producono effetti favorevoli al concedente (1). (1) Giurisprudenza pacifica: cf:r. Cass. 19 novembre 1979, n. 6043, Arch. e Circ. 1980, 20; e, specificamente, 16 novembre 1973, n. 3067, Foro it., Rep. voce Prescrizione e decadenza, n. 46. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE Con unico e complesso motivo di ricorso, l'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato critica la sentenza impugnata per avere ritenuto applicabile il termine di prescrizione quinquennale vignte in tema di danno aquiliano e per avere escluso che la prescrizione medesima fosse stata interrotta in conseguenza della citazione introduttiva del giudizio promosso dalla Soc. Alpi nei confronti dello stesso Comune di Genova: sotto il primo profilo, denunziando la violazione degli artt. 2041, 2943, 2946 e 2947 cod. civ., sostiene che i giudici di merito siano incorsi in errore nella qualificazione giuridica della domanda, senza tenere conto che questa era stata implicitamente formulata anche con riferimento all'indebito arricchimento conseguito dal Comune, sicch il termine di prescrizione era quello ordinario; sotto il secondo profilo, denunziando la violazione di regole sull'ermeneutica dei contratti e motivazione insufficiente, rimprovera alla Corte di appello di non avere dato adeguato conto del proprio convincimento e di non avere esaminato le clausole dell'atto di concessione nel loro complesso, ponendosi cos nella condizione di non potere intendere che con esse veniva demandato alla concessionaria, oltre al compito di regolarizzare la posizione degli utenti abusivi del servizio pubblicitario, quello di agire per il recupero di tutto quanto dovuto dagli stessi, in conformit ai principi disciplinanti le concessioni traslative, sicch l'azione proposta dalla concessionaria Soc. Alpi doveva intendersi sperimentata anche per conto di essa concedente e aveva operato, dunque, come fatto interruttivo della prescrizione del suo diritto. Le censure non meritano accoglimento. La prima in parte infondata, in parte inammissibile. La sentenza impugnata ha osservato che, nell'atto introduttivo del giudizio e negli scritti difensivi di primo grado, l'Azienda ferroviaria aveva specificamente individuato la causa petendi della domanda nel fatto illecito del Comune, per avere abusivamente esercitato la pubblicit in spazi ad essa appartenenti, e il petitum nel risarcimento dei danni subiti ,in conseguenza di tale illecito. E in base a questa analisi, qui non sottoposta a critica, ha correttamente qualificato la domanda come azione aquiliana, respingendo la tesi allora sostenuta dell'attuale ricorrente, volta ad attribuire alla domanda medesima fondamento contrattuale sull'assunto che, di fatto, si fosse costituito con il Comune un distinto rapporto di concessione. Inoltre, nelle fasi di merito l'Azienda non aveva mai dedotto ,!'indebito arricchimento del Comune, argomentando l'applicabilit della ordinaria prescrizione decennale solo in base alla tesi sopra accennata, sicch con tale diversa causa petendi viene ora prospettata una questione del tutto nuova, manifestamente improponibile in sede di legittimit. In ordine alla seconda censura, occorre premettere che gli effetti interruttivi della prescrizione si verificano esclusivamente a favore del RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 294 soggetto che ha compiuto l'atto di interruzione (cfr., tra le altre, sentenze n. 6043 del 1979; n. 3733 del 1971) e che perci essi sono riferibili ad un soggetto diverso soltanto se il primo abbia agito nell'interesse di quest'ultimo, nella dichiarata qualit di suo legittimo rappresentante o mandatario, in forza di un rapporto specificamente o generalmente abilitante (v. sent. n. 3067 del 1973). Pertanto, nella specie, la possibilit di riconoscere alla precedente citazione, notificata dalla Soc. Alpi al Comune di Genova, il valore di atto di costituzione in mora da parte dell'Amministrazione ferroviaria, idoneo ad interrompere la prescrizione dell'autonomo diritto al risarcimento poi azionato dalla stessa, ea correlata al duplice presupposto che l'atto fosse imputabile alla medesima azienda in forza di un potere rappresentativo conferito alla concessionaria e che, in concreto, questa avesse agito pure nella qualit, non solo domandando l'integrale risarcimento del danno, compreso quello di pertinenza della concedente, ma altres spendendo il suo nome. Ora, a respingere la censura, concernente l'esclusione di entrambi i detti elementi, sufficiente considerare che rispetto al secondo di essi la ricorrente ha formulato solo rilievi generici, chiaramente inidonei a scalfire l'indagine compiuta in sentenza e basata sull'interpretazione del detto atto di citazione e della pronuncia resa in quel giudizio dal Tribunale di Genova, passata in giudicato, che aveva negato alla Soc. Alpi tanto il diritto di conseguire il risarcimento per la quota di spettanza dell'Azienda ferroviaria, quanto la legittimazione ad agire per conto della medesima: la Corte pervenuta alla conclusione che la societ non ag per incarico e interesse della concedente e questo accertamento di fatto, cos congruamente e logicamente motivato, si sottrae al sindacato di legittimit. Ma anche i rilievi attinenti al primo presupposto non hanno consistenza, essendo agevole obiettare, sul piano dei princpi, che la conces sione di pubblico servizio (come ogni altra concessione amministrativa) non implica affatto l'attribuzione al concessionario del potere-dovere di agire in giudizio verso i terzi quale rappresentante dell'amministrazione concedente, tranne che diversamente risulti dalla legge o dal titolo della concessione; e, sul piano dell'interpretazione del concreto atto di concessione, che la Corte di appello, lungi dal motivare in modo insufficiente o contrastante con le regole di ermeneutica, ha esaminato specificamente tutte le clausole negoziali invocate dalla ricorrente e, valutandole singolarmente e nelle loro reciproche implicazioni, giunta ad affermare che esse non conferivano alla concessionaria l'incarico o il mandato di provvedere, anche in via alternativa, alla tutela aquiliana dei diritti spettanti unicamente alla concedente , ci non potendosi desumere dal potere -espressamente attribuito alla medesima societ concessionaria PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 295 di agire nei confronti dei terzi a tutela dell'esercizio esclusivo del servizio pubblicitario. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 marzo 1982, n. 1386 -Pres. Granata -Rel. Santosuosso -P. M. Cantegalli -Ministero dell'Interno (avv. Stato Linda) c. ACNIL (avv. Corbi). Competenza civile -Inammissibilit dell'appello avverso sentenza sulla sola competenza -Sentenza dichiarativa -Regolamento di competenza Inammissibilit. La sentenza del giudice d'appello, emessa in sede di impugnazione avverso una decisione di primo grado limitata ad una questione di competenza, impugnabile con ricorso ordinario per cassazione e non con regolamento necessario di competenza, tanto se il giudice di appello abbia dichiarato inammissibile il gravame, quanto nel caso inverso in cui lo stesso giudice, decidendo esplicitamente od implicitamente in senso positivo la questione di ammissibilit dell'impugnazione, abbia pronunciato sulla competenza' del primo giudice, perch in entrambi i casi il giudice di appello statuisce non gi sulla propria competenza funzionale o per grado, ma su una questione pregiudiziale di rito, preliminare a qualunque altra, attinente all'individuazione del mezzo di impugnazione (1). (1) In 1senso conforme, Cass. 30 marzo 1973, n. 881, in Foro it. 1973, 1366 con nota. Suhla convertibi.l~t ,del regolamento di competenza in ricorso ordina: nio, se ne ricorrono i presupposti, cfr. Cass. 3 marzo 1971, n. 556, Foro it. Rep. 19711, voce Competenza civile, n. 305 e 329. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 marzo 1982, n. 1759 -Pres. Marchetti . Est. Maltese -P. M. Grimaldi -Ministero dei LL.PP. (avv. Stato Caramazza) c. Leone (avv. Allotta). Espropriazione per p.u. -Indennit -Deposito integrativo -Ritardo Mora -Accertamento -Precedente giudicato che ne dispone la integrazione -Indagine sulla mora -Preclusione. Contabilit dello Stato -Obbligazioni pecuniarie -Mora -Interessi -Natura -Ammissibilit. Contabilit dello Stato -Obbligazioni pecuniarie -Inadempimento -Diritto soggettivo del privato -Esecuzione forzata -Ammissibilit Contabilit dello Stato -Obbligarloni pecuniarie -Mora -Danno personalizzato -Rivalutazione -Applica~ilit. Accertata, con sentenza passata in giudicato, la responsabilit della pubblica Amministrazione espropriante, per il periodo compreso tra l'in RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 296 sufficiente deposito delle indennit di esproprio e la sentenza del Tribu nale che ne dispone la integrazione, la mora persiste anche nel successivo periodo (che continuazione del primo), compreso tra la sentenza stessa e l'effettivo versamento, rimanendo preclusa, per effetto del giudicato, la possibilit di rimettere in discussione l' an debeatur (1). A seguito di condanna pronunciata dal giudice ordinario o dal giudice amministrativo, il versamento della somma integra un atto dovuto, rispetto al quale l'Amministrazione debitrice manca di potere discrezionale rispetto agli interessi pubblici da essa perseguiti e il creditore ha un diritto soggettivo, azionabile dinanzi al giudice ordinario con l'esecuzione forzata per espropriazione secondo le norme del codice di rito (2). Il principio della produttivit di interessi del debito (a suo tempo contratto dall'Amministrazione statale) in seguito ad emissione del mandato di pagamento (art. 270 r.d. 23 maggio 1924, n. 827) limitata al solo ambito degli interessi corrispettivi, mentre gli interessi moratori sono dovuti indipendentemente dall'emissione di un titolo di spesa, e la p.a. soggetta al potere giurisdizionale di condanna al pagamento di debiti scaduti o determinati, ancorch non esigibili secondo le norme della contabilit di Stato (3). In base al criterio presuntivo proprio del danno personalizzato, il giudice di merito legittimamente procede per il periodo compreso tra la sentenza che ordina la integrazione del deposito delle indennit e l' eff et.tivo versamento alla rivalutazione della somma, gi liquidata per il maggior danno di mora, contenendola entro limiti che pienamente soddisfano i principi affermati dalla recente giurisprudenza della Cassazione (4). (1-4) SW!a prima massima non risultano precedenti, trattandosi d:i una questione di specie, nella quale la p.a. aveva atteso vari anni prima di prov" 6dere alJ1a integrazione del deposito deHa indennit di esproprio. Sulla seconda massima cfr. Sez. Un. 13 luglio 1979, n. 4071 e Cass. 29 mag gio 1978, n. 2708, in questa Rassegna 1979, I, 13, con nota critica di A. Rossr Sulla terza massima cfr. Sez. Un. 29 marzo 1980, n. 2065 che conforme alla sentenza Cass. 2 giugno 1978, n. 2762, ivi, 1979, I, 14; Cass. 5 giugno 1980, n. 3832; Contra Cass., sez. Lav. 3 marzo 1979, n. <13'47, ivi, 1979, I, 271, con nota di richiami. La questione sulla legittimit degli artt. 49 e 72 r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 e 270 r.d. 23 aggio 1924, n. 827 (nella parte in cui prevedono che i debiti pecuniari della pJa. divengono 1Iiquidi ed esigibili, e quindi produttivi di interessi (moratori e corrispettivi) solo ali1a data di emissione de1 relativo mandato dri. pagamento) stata rimessa, con ordinanza 7 giugno .1977 dal TribunaJ.e di Tonino e con ordinanza 23 luglio 1976 dal Tribunale di Catania, aJiJ.a, Corte Costituzionale, fa quaJLe l'ha ritenuta inammissibile con sentenza 26 maggio 1981, n. 71, in questa Rassegna 1981, I, 267, con nota. Su.Ha quarta massima cfr. Sez. Un. 4 Jugilfo 1979, n. 3776, ivi 1979, I, 286, con nota. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 297 CORTE DI CASSAZIONE, sez. III, 24 marzo 1982, n. 1879 Pres. Caleca Rel. Sebastio P. M. Dettori Ministero di Grazia e Giustizia (avv. Sta to Caramazza) c. Papale (n. c.). Ordinamento giudiziario Responsabilit -Lintazione -Estensione alla p.a. Inammissibilit -Fatto illecito dei funzionari -Conseguenze dannose Imputabilit alla p.a. La limitazione di responsabilit del Magistrato al dolo e alla colpa grave di cui agli artt. 55 e 74 cod. proc. civ. non si estende alla pubblica Amministraz.ione che deve rispondere verso il danneggiato per ogni fatto ontologicamente illecito dei suoi funzionari in quanto un principio almeno deontologicamente sottinteso nell'attivit dello Stato esige che il pregiudizio patrimoniale subito da un singolo per esigenze e utilit di carattere generale ricada sull'intera collettivit non sul solO danneggiato (1). Col primo mezzo di ricorso, denunziandosi la violazione degli art. 28 Cost., 2043 e.e., 55 e 74 c.p.c.', 314 e 317 c.p.p. (art. 360, n. 3, c.p.c.) si sostiene (1) In tema di responsabilit civile dello Stato per fatto del giudice. 'l. -La sentenza in rassegna appare meritevole di un dttf)Wice ordine di cr.itiche, sUJ1 piano metodologico e su que1lo del merito. Dal punto di vista metodologico sembra doversi rimproverare, da un iliato, una inversione logica di argomenti che ha portato fa Corte ad obiter dicere per tutta la prima parte deli1a motivazione, dall'altro fil pi totale silenzio sul precedente consolidato orientamento giurisprudenziale che, nel momento in cui viene radicai1mente capovolto, semrbra avere dkitto a menzione. Nel merito, poi, hl principio di diritto enunciato, suscita le pi gravi perplessit. 2. -Nelfa sentenza di merito impugnata, fa responsabilit aquiliana del rAmministrazione era stata affermata sulla base di un presupposto impilidtamente -ma non perci meno chiaramente -affermato. Quello della ritenuta assunzione, da parte del magistrato penale nehl'esercizio di attivit istruttoria, dcl1a figura di organo di ammini.strazione attiva cui compete ~'organizzazione deilJ1e operazioni materiali strumenta1mente necessaDie per Fesp1etamento dei mezzi istruttori stessi, con relativa attribuzione dei necessari poteri gerarchki nei confronti dei partecipanti alle operazioni e con conseguente inapplicabilit aHa specie dei limdti di responsabi!lit di cui agli artt. 55 e 74 c.'p.c. Il relativo mezzo di censura, intitolato al;la Violazione e fa1sa arppJicazione degli artt. 28 Costituzione, 2043 e.e., 55 e 74 c.p.c., 3114 e 317 c.p.c. cos come sostitUJito dall'art. 5 del:la L. 18 marzo 1971, n. 62, 366 c.p. >>, si art>icolava nei due seguenti momenti logici in rapporto dii subordinazione: a) errato sostenere J'inapplicab:iiltlt aihla specie degli artt. 55 e 74 c.p.c. ([a cui applicazione avrebbe comportato per pacifica giuris'.prudenza un diniego di responsabilit cos del magistrato come della P.A.); b) comunque, quand'anche fosse esatta la quailiificazione giuridica di attivit di amministrazione attiva con riferimento ahl'operato del giudice in sede di perizia, avrebbe errato hl giudice di merito nehl'inferirne una responsabilit all'Ammrinistrazione nel caso in esame, in cui doveva invece scorgersi una autoresrponsabildt del perito. Si osservava sul punto che se vero che il giudice si pone in una posizione sovraordinata rispetto al perito, vero anche che .tale sovraordinazione RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 298 che erroneamente il giudice di appello abbia affermato la responsabilit della Pubblica Amministrazione sulla base dell'assunzione della figura di organo di amministrazione attiva del magistrato penale nell'espletamento di attivit istruttoria. Al contrario la Corte del merito avrebbe dovuto considerare che il perito, chiamato dal magistrato a prestare la propria opera di consulenza, libero nella organizzazione dei mezzi per l'espletamento del suo ufficio: in tale organizzazione egli ha facolt di scegliere i mezzi pi idonei per rispondere ai quesiti postigli dal giudice, che al perito non impartisce ordini ma solo direttive, non sussistendo alcun rapporto gerarchico fra il consulente e il magistrato istruttore. Se pertanto il perito subisce danno nell'espletamento della perizia le conseguenze devono ricadere su di lui per il principio della autoresponsa si esprime, da un J,ato, esclusivamente nd momento di coilll.egamento con il processo (1) e do esollusivamente sul piaino teoretico dhla individuazione del compito commesso al perito e neJ,J'esercizio, quindi, della fumione giurisdiizionaile; si risolve, dalJ'atro, non gi in un potere di su'premazfa ge!'archica (che sarebbe incongruente con ~l tipo di collaborazione con la funzione giudiziale che l'ordinamento commette ailJ perito) ma ju un potere dli ddrezione. Il giudice impartisce, quindi, al perito non gi ordini ma direttive, vohe ad indhniduare i risultati log;ici che servono per 1a costruzione del siili1ogisma giudriziaJe ed a cui M giudice non pu da solo pervenire per carenza di cognizioni tecniche specifiche. 111 perito , dunque, vincolato nel risul'tato da fornire, ma libero nell'organizzazione dei mezzi per l'esp1etamento deL suo uffioio, mezzi che egli appronta discrezionalmente per ri,spondere, aJ. meglio, secondo scienza, ai quesiti postigli (2). Se quanto sopi;a esatto -osservava ancora nel ricorso J!Ammd,nist,ra zione -~e '.pacifiche dsultanre di fatto emergenti dadi1"istruttoria nehla causa in esame sono state vailutate dai giudici di merito ailda stregua di categorie giuridiche del tutto incongrue. L'obbliigo -penalmente sanzionato -del perito di prestare il proprio ufficio e di adempiere a1le funzioni commessegli non determina, infatti, come ritenuto da:i giudici messinesi, una sottopos,izione gerarchica del perito ail magistrato: l'inoari'co conferito al dr. Papale dal Pretore di Taormina, consistente neLI'effettuazione di una perizia necroscopica, fu, infatti, accoro pagnato (non daihl'ordine ma) dalJ.a direttiva che detta perizia V'enisse ese guita immediatamente, in quanto 1a risposta tecnica immediata (delitto o incidente) era essema1e per dil buon funzionamento dehla giurisdwione penai1e . Il dott. Papa1e, a tal punto, non che essere posto dinanzi ahl'alternativa fra eseguire ordini "imprudenti,, o esserie incriiminato per rifiuto cli perizia, fu, invece, investito di un obbliigo di rJsultato, restando, peraltro, libero cli (I) Cass. pen. sez. IV, 15 marzo 1971, rie. Biadene. (2) Cfr. Cass. pen. V, 5 giugno 1972, rie. Brencich; Cass. pen. I, 10 marzo 1971, rie. Chilli. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 299 bilit: con la esclusione della possibilit di configurare una situazione aquiliana passiva in capo a soggetti diversi e ancor meno a carico della P.A. Il ricorso non pu essere accolto. Il potere che il codice di procedura penale attribuisce al magistrato inquirente di dirigere le operazioni peritali rispetta indubbiamente la pi ampia libert di giudizio nel responso del consulente, che pu predisporre nella sua autonomia funzionale i mezzi pi opportuni per eseguire gli accertamenti necessari: ma non esclude che dal punto di vista praticoorganizzativo ,il magistrato possa dare le disposizioni necessarie riguardo ai tempi, ai modi e agli strumenti necessari per effettuare gli accertamenti richiesti. Infatti ai sensi dell'art. 317 c.p.p. il giudice dirige la perizia e se lo ritiene opportuno vi assiste; in ogni caso provvede con le disposizioni che scegliere e di organizzare i mezZJi per il suo perseguimento, essendo egli capo del suo ufficio, in nessun modo condizionato dalla organizzazione dell'ufficio del giudice di cui non era parte e rispetto al quale il suo ufficio era sottoor dinato ma non gerarchicamente dipendente. Se, per comodit, il dott. Papale prefer organiz7.arsi accompagnandosi con il magistmto, ci fece per sua scelta e se dtenne che 1'itinerario pre sce1to dal magistrato per recarsi su1 posto fosse idoneo e che i mezzi appron tati per :Percorrerlo in condizioni di sicurezza fossero adeguati, ci avvenne per sua autonoma "l.'alutazione e conseguente adozione dell'organizzazione di altrui uffioio per l'esercizio del proprio. La Lamentata conseguenza dainnosa per (pretesa) insufficienza della orga nizzazione dell'ufficio del maigistrato da parte del Papale, non pu, quindi, collegarsi a responsabilit altrui ma solo ad una autoresponsabilit, con con" seguente eso1usione del.la possibiillit di configurare una situazione aquiiltiana paissiva in capo a .soggetti d1versi e meno che mai in capo alla p.A. , Il Procuratore Generale concludeva per l'accoglimento delia prima parte del 'primo mezzo di censura (insussistenza di responsabilit per carenza dei presupposti di cui agl!i artt. 95 e 74 c.p.c., appilicabiili a.hl.a specie) con conse- guente assorbimento di ogni citeriore profilo. La Corte, invece, invertendo l'ovdine logico degli argomenti affrontava prima quello sopra rubricato sub (b), disattendendolo, e passava, poi, all'esame di quello sub (a) modificando nomofilatticamente i motivi della statuizion dei giudici di merito. M magistrato si applicaino g1i artt. 55 e 74 c.p.c. 1anche quando dirige operazioni peritali -ha affermato la Corte -tuttavia la limitazione dehla co1pa ivi stabiHta non si estende a1la p.A. Tale essendo il prindpio di diritto affermato, tutta 1a precedente argomentazione volta a confutare una tesi 1l!ogfoaimente preclusa risuJta inutilmente scritta: in contra:sto, quindi con i principi che reggono lo ius dicere. 3. -Il secondo errore metodologico che sembra potersi imputare ailla sentenza que11o di avere omesso quailsiasi richiamo alilia precedente g.iurisprudenza, cos dehla sezione come de1'1e Sezioni Unite, come noto pacificamente consoHdata nel senso opposto di considerare wa colpa qual.ificata,, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 300 reputa convenienti, a rendere possibili le indagini del perito e quando occorre si accerta che le opera7ioni procedano speditamente . Se quindi nell'esercizio di tale potere-dovere il magistrato impartisce direttive errate o insufficienti, di tal che derivi danno a terzi, sorge il problema della risarcibilit o meno del pregiudizio causato e del soggetto che debba subirne la responsabilit patrimoniale. Non pu quindi essere condivisa la tesi dell'avvocatura dello Stato secondo cui, avendo il perito una ampia autonomia nell'organizzare le operazioni peritali, dovrebbe imputare a se stesso il pregiudizio subito nell'espletamento dell'incarico. Il principio della autonomia e quindi dell'autoresponsabilit pu valere infatti solo nei limiti entro i quali il consulente non debba ottemperare alle direttive del magistrato: poich questi ai sensi del citato art. 317 di cui agli artt. 55 e 74 c.p.c. elemento individuatore dell'illecito, e quindi presupposto per Yaffermazione deLla responsabilit cos del magistrato come dehl!a p.A. (3). Orbene, sembra che, alla luce de1le funzioni attribuite alilia Suprema Corte -in particolare quella di assicurare l'uniforme interpretazione della legge e l'unt del diritto oggettivo nazional'e -non sia Jre..:ito operare un revire ment di taLe importanza senza dare contezza del precedente orientamento e dei motivi s;:iecifici che inducono a diJscostaa responsab:iiltlt civhle, infatti, da un '1ato, soggetto nel:la societ industriaile e postindustriale ad una profonda rev1sione, che vede evolversi progressh,amente, accanto aiH'an (3) Cfr. per tutte Cass. 3 aprile 1979, n. 1916 e 6 novembre 1975, n. 3719. (4) Corte Cost. 14 marzo 1968, n. 3. . . I PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 301 c.p.p. pu impartire disposizioni per l'esecuzione della perizia, il principio della autoresponsabilit pu ritenersi vigente solo compatibilmente con il carattere vincolante delle direttive del giudice. Entro tali limiti, se il perito ottempera alle prescrizioni del magistrato e dalla esecuzione di esse gli deriva un danno, ha l diritto di esserne risarcito. E poich il magistrato, pur nella sua indipendenza e autonomia, pur sempre da considerare organo dello Stato, questo soggetto alla responsabilit patrimoniale che ne consegue: la quale ha carattere diretto e si ricollega al rapporto organico che intercorre fra il funzionario e lo Stato. :. ben vero che la responsabilit del magistrato circoscritta entro limiti precisi e tassativi sia per la funzione giudicante (art. 55 c.p.c.) che per quella requirente (art. 74 c.p.c.): tuttavia la corte ritiene che non vi tico fondamento dehl:a co]Jpa, un processo di oggettivizzazione teso aililia meta 1tima di un generalizzato principio di rischio (5). La responsabi1it dell'Amministrazione per le disfunzioni giudiziarie, dall'altro ilato, {come Lai responsabii1it personale del giudice) da tempo presente all'attenzione degli operatori del diritto, attesa la insufficienza dell'attuale disci'.p1ina. Sicuramente andr ampliato in sede penale illistituto deRa riparazione dei danni da errore g.iudiziario, estendendolo anche ail~'ingiusta detenzione (in questo senso , d'altronde, l'ultima leg.ge delega per lia riforma del codice di procedura peniale (6): sicuramente ili prob1ema merita una rimed~tazione anche in sede civii1e e probabilmente andr rivisto anche ~ 1imite deLla I'esponsab~ ldt persona~e del magistrato, magari suLl:a foilsatlga deilil'ordinaimOOJto francese che la limita a1lia co1pa grave (7). Ma tutto ci rientra nei compiti del 1egis1atore, sembrando impossibile in sede di interpretazione dehl:'attuale normativa capovolgere 11 sistema, passando da un diniego quasi totale di responsabilit all'opposto princi'pio di una responsabiilit estesa addirittura fino al Hmite oggettivo del rischio. Comunque, a prescindere daUe considerazioni giuridiche che possono opporni e su cui mi riservo di soffennarmi pi avanti, penso si debba rilevare che vi sono a1meno due ovddnd di oonsiderazioni che i giudici deLl:a Suprema Corte hanno omesso di fare ne11a circostanza. LI primo attiene a:lfa entit de~1'iaggravio che deriverebbe alle pubbliche finanze da:1l'acco1lo dei costi conseguenti a qua1siasi disfunzione dehl'apparato giudiziario (ritardi -e perch no? -compresi) e oo1l'appamto pubblico in genere; la prospettiva semplicemente agghiacciante, anche solo in termini di prevedibile proliferazione del contenzioso. N secondo riguarda le azioni di responsabilit che dovrebbero essere iniziate dinanzi a~La Corte dei Conti nei confronti dei magi:srtrati implicati in ogni singolo affare che avesse dato !Luogo a condanna del Ministero di (5) Cfr. per tutti: MADDALENA, La responsabilit degli amministratori e dipendenti pubblici, in Foro it., 1979, V, 61; ALPA, Responsabilit dell'impresa e tutela del consumatore, Milano 1975; RoDOT, Il problema della responsabilit civile, Milano, 1964; TRIMARCHI, Rischio e responsabilit oggettiva, Milano, 1961. (6) CARAMAZZA: La riparazione dei danni da errore giudiziario e da ingiusta detenzione, in Vita Notarile, 1979, 506. (7) Art. 505 c.p.c. francese. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 302 sia coincidenza, riguardo ai limiti, fra Je responsabilit del funzionario e quella dello Stato per il quale egli agisce. Per quanto concerne il magistrato la Jimitazione di responsabilit infatti giustificata dalla natura discrezionale della posizione, dal tecnicismo professionale, dalla possibilit dell'errore inerente alle attivit conoscitive e deduttive, dalla possibile interferenza di influenza decettive delle parti o di deficienze strutturali e organizzative; e, per quanto concerne il P. M. dalla funzione direttiva di Polizia Giudiziaria, dall'urgenza degli accertamenti e dalla rapidit decisionale: ma nessuna di tali ragioni giustificherebbe una limitazione di responsabilit dello Stato quando l'attivit del magistrato sia ad esso riferibile. Al contrario, un principio almeno deontologicamente sottinteso nella attivit dello Stato, esige che il pregiudizio patrimoniale subito da un singolo per esigenze e utilit di carattere generale ricada sull'intera collettivit e non sul solo danneggiato. Grazia e Giustizia (8): non credo che la fiducia nel potere riduttdvo concesso al giudice contabiJ.e sarebbe sufficiente per restHuire ai magistrati una serenit che dovrebbe considerarsi irrimediabHmente perduta di fronte aJ:lo spettro del giudizio di responsabilit. Fuor di disgressione e tornando al tema specifico sembra, in via preliminare, potersi osservare come se pacifico che Ja rcsponsabildt oggettiva per rischdo d'1mpresa (con specifico riferimento al rischio del produttore) ha ormai conquistato un suo diritto di cittadinanza nel nostro ordinamento (9), altrettanto pacifico appare che sarebbe del tutto incongruente una sua trasposiziione sic et simpliciter alla attiV1it della pubblica Amini:strazione in cui, a tacer d'altro, non sussiste, da un lato, fa ricerca del profitto; non esiste, daJ:l'altro, 1a fornitura di un prodotto diverno dahl'assolvimento di pubbliche funzioni, s che .U rischio si risolverebbe in una forma totalizzante di sicurezza sociale che forse -e senza forse - un lusso che e finanze itail>iane non possono :Permettersi. Jt1 commento dehl!a sentenza in rassegna rappresenta, d'altronde, forse l'occasione per tentare 1a rimeditazione di una materia in cui sembra ta'.volta che mezze v.erit a 1ungo ripetute abbiano acquistato spessore di verit intere. 5. -In presenza di norme che postulino, per configurare la responsabildt deMa persona fiska, una colpevolezza qualificata (colpa grave, colpa professionabe, dolo, ecc.) .la dottrina e 1a giurisprudenza di merito prevalente usano distinguere i casi in cui fa qualificazione de11a coJrpa, attesa la particolare (8) Per un sintomatico esempio del rigoroso criterio con cui il giudice contabile valuta la colpa dei suoi giudicabili vedasi Corte dei Conti, sez. giur. per la Sicilia, ordinanza 2 luglio 1981 in G. U. n. 150 del 2 giugno 1982. (9) La giurisprudenza sembra peraltro sempre ancorare la responsabilit oggettiva del produttore alla propagazione di un illecito colposo di uno dei suoi dipendenti, anche se rimasto non individuato, e con presunzione della colpa dedotta dalla stessa difettosit del prodotto: cfr. MARTORANO, Sulla responsabilit del fabbricante per la messa in commercio di prodotti dannosi (a proposito di una sentenza della Cassazione) in Foro it., 1966, V, 13. Restano salve, naturalmente, le ipotesi in cui una responsabilit oggettiva sia prevista al di l di ogni propagazione di colpe altrui, come ad es. nella legge 31 dicembre 1962, n. 1860. Nessuna norma di tal genere dato peraltro rinvenire nella materia in esame. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 303 La dizione letterale dell'art. 28 della Costituzione, secondo cui quando il funzionario risponde della lesione di un diritto la responsabilit si estende all'ente pubblico, non di ostacolo a riconoscere la responsabilit di questo anche nel caso in cui sia limitata quella del funzionario del cui operato esso chiamato a rispondere. La formulazione letterale della norma non implica infatti, ad avviso della Corte, che le responsabilit dell'ente e quella del funzionario simul stabunt aut simul cadunt: la portata effettiva dell'art. 28 non consiste infatti nell'affermare una responsabilit dello Stato, della quale non si poteva dubitare neppure in precedenza data la immedesimazione organica dell'ente con le persone che ne 'tealizzano o eseguiscono la volont, quanto di sancire su di un piano normativo primario la responsabilit personale anche del funzionario che violi i diritti del cittadino. natura dell'attivit in questione, elemento di individuazione dell'i1lecito (10), cos come avviene, ad esempio, tradizionalmente nei casi :previst.i dahl'art. 2236 e.e., dai casi in cui la qualificazione della colpa individuaile finalizzata ad una posizione di favore del pubblrico dripendente quailie restrizione della responsabrnt driretta deH'impiegato verso il danneggiato (U), cos come avverrebbe nei casi previsti dagli artt. 22 e 23 del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3. Nella prima ipotesi e non neUa seconda fa ravvisabii1it delila colpa qualiificaita in carpo ahla persona fisica del funzionario condizionerebbe il sorgere dehla responsabilit deHa persona giuridica pubblica. Tale costruzione, gcneriailmente data per paoifioa, sembra per alquanto illogica e sembra invece pi coerente ritenere ohe tutte le forme di cotpevolezza quailificata di pubblici dipendenti (saJ.vo naturailmente espressa deroga) e prima fria tutte quella di cui al t.u. 10 gennaio 1957 n. 3 costituiscano elemento di individuazione dell'illecito e non .gi normativa di favore di limritata appltlcabiLit alJJe persone fisiche. TaiLe conclusione (12) sembra confortata dai! dato Jettera1e, dail dato sistematico e da:l dato logico. Per l'esame del dato lietteraile non pu non partirsi dall'art. 28 delilia Costituzione, che testualmente parla di estensione della responsabilit del dipendente .ailfa p.A. con chiaro riferimento ad un criterio di propagazione forse non pi la page da un punto di vista scientifico, ma perfettamente congruente s1a con ila teoria deUa res'pons.abilit diretta per immedesimazrione organica seguita dalla giurisprudenza, sia con queMa della responsabi:it indiretta seguita da parte de11a dottrina. Passando, poi, all'esame del combinato disposto degli artt. 23., .lo comma, t.u. 10 gennaio 1957, n. 3 e 2043 e.e., deve leggel'si che in tanto configurabile una responsabiJl1it aquiliana in capo a~1a p.A. in quanto vi sia stato dolo o colpa grave del funzionario, in difetto di che non ravvisabci.l1e il necessanio presupposto del danno ingiusto . La qualificazione dela colpa, in altre paroe, e (10) Cfr. per tutti: SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli 1978, 787-788; App. Milano, 21 settembre 1976, n. 182 in Monit. Trib., 1976, 632 (11) App. Milano, cit. (12) Non contrastante con il dettato costituzionale: cfr. Corte Cost. 14 marzo 1968, n. 2. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 304 Ma una volta ammessa la riferibilit diretta dell'atto lesivo all'ente pubblico, il limite di responsabilit previsto nei confronti del funzionario non si applica anche nei confronti di esso; si estende infatti la responsabilit ma ci non implica necessariamente che si estendano anche i limiti di essa. La Corte Costituzionale nella sentenza 14 marzo 1968, n. 3, ha comma del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 (stato giuridico del personaLe delle Unit sanitarie locali). Dal combinato relativo disposto si evince che per la condotta dd gUJi.da di mezzi meccalldoi ~n genere da parte di impiegati, operai e militari, espressamente prevista una limitazione di responsabilit delle persone fisiche che non si estende alla p.A. con espresso divieto, pera!Ltro, dri un'azione di rivaiLsa da :parte dii quest'ultima. Vazione di rivalsa invece esercitabile negld altri casi. Il secondo comma del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 presuppone, inoltre, nonostante il richiamo contenuto nel primo comma del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, l'ipotizzabilit di una responsabilit per colpa lieve dei dipendenti dell'U.S.L. Altrimenti non avrebbe senso l'astratta 1potizzabilit di rivalsa dell'assicuratore deLla U.S.L. nei loro confronti fuori dei casi di dolo o colpa grave, la cud concreta espressa esclusione sarebbe del tutto superflua (14). Dal filstema della legge sembra, dunque, potersi evincere che La limitazione dii responsabi>, l'affermazione pi sopra riportata inapplicabile nella specie, perch risulta implioato un atto autoritativo. Infatti l'atto di nomina a pubblico dipendente (che >, avvenuta il 27 febbraio 1975. Il ricorso va accolto per essere infondate entrambe le eccezioni della Amministrazione ricorrente, risultando la dedotta tardivit per essere riconosciuta dalle parti la ricezione del ricorso nel sessantunesimo giorno dalla notifica della decisione. Invero, circa la dedotta proroga del termine previsto dal d.l. 19 giugno 1974 n. 237 con riferimento alle disposizioni contenute nel precedente d.1. 18 dicembre 1972 n. 788 convertito nella L. 15 febbraio 1973 n. 9, facile osservare che il citato d.l. n. 788 del 1972, nel titolo e nel suo art. 1, disponeva la proroga suddetta esclusivamente in materia di tasse e imposte indirette sugli affari senza che nessuna norma l'avesse estesa alle imposte dirette, tra le quali era quella in questione. Per quanto concerne la presentazione del ricorso va posto in rilievo che la sopra riportata norma contenuta nella parte final del primo comma del citato art. 17 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 vale per il ricorso alla Commissione Tributaria di primo grado, al quale si riferisce espressamente lo stesso art. 17 insieme alle altre norme comprese nella medesima sezione prima, avente come titolo il procedimento di primo grado >>, e per quello alla Commissione di secondo grado, per il quale l'art. 22, compreso nella sezione successiva relativa al procedimento d'appello, dispone espressamente che per esso si applicano le disposizioni dell'art. 17 primo e secondo comma. Invece, per il ricorso alla Commissione Tributaria Centrale, previsto e regolato dalla sezione terza, l'art. 25 dispone nel primo comma che si applica il secondo comma dell'art. 15 e nel successivo sesto comma che, in caso di mancanza delle copie previste per il ricorso, si applica il secondo comma dell'art. 17, senza che alcuna sua disposizione rinvii alle altre norme sul procedimento innanzi le Commissioni di primo grado n, ancor meno, al citato primo comma del suddetto art. 17. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Nella rilevata assenza di una norma che consenta quella diversa valutazione della data di spedizione non pu non tenersi presente il principio generale in virt del quale la scelta di un mezzo di notificazione, quale quello per il tramite del servizio postale, -che presenti il notorio inconveniente de'lla diversit, quantitativamente incerta, tra il giorno in cui il notificante provveda ai propri adempimenti e quello della effettiva recezione dell'atto da parte del destinatario della notifica -, importa che il notificante stesso deve adeguare la propria condotta a tale difformit senza che la scelta del mezzo giustifichi una situazione di incertezza, sia pure temporanea, per la controparte. Questa Suprema Corte, proprio m tal materia, ha affermato, sulla base della disposizione espressa contenuta negli artt. 17 e 22, insuscettibile di applicazione analogica, che nel caso di spedizione alla Commissione Tributaria Centrale deve farsi riferimento alla data di arrivo del ricorso (Cass. 26 settembre 1978 n. 4319), spiegandosi la diversit della relativa regolamentazione sia nel diverso contenuto della impugnazione innanzi la suddetta Commissione Centrale sia nella alternativit dell'impugnazione stessa rispetto a quella che, secondo l'art. 40, pu essere proposta alla Corte di Appello e che soggetta alle forme pi rigorose dell'ordinario rito civile. Conseguentemente, accogliendosi quel motivo e rimanendo assorbiti gli altri, va dichiarata la inammissibilit del ricorso dell'Ufficio Finanziario alla Commissione Tributaria Centrale, e deve cassarsi la decisione di quest'ultima senza rinvio. (omissis) II (omissis) L'associazione ricorrente ha lamentato, con il primo motivo del ricorso, la violazione degli artt. 22 e 23 del D.P. 26 ottobre 1972 n. 636, 156, 325 c.p.c. e omessa e contraddittoria motivazione della decisione impugnata, per avere la Commissione Tributaria Centraie dichiarato irricevibile il ricorso a causa della sua presentazione diretta alla segreteria di essa stessa senza considerare che il citato art. 25 stabilisce distintamente nel primo comma il termine per la proposizione del ricorso avverso le decisioni della commissione centrale medesima e nel terzo le modalit della presentazione, per la quale non pu non avere valore la regola dell'art. 156 c.p.c. sulla irrilevanza della nullit dell'atto processuale se quest'ultimo abbia raggiunto lo scopo cui era destinato. Secondo la ricorrente ci si era verificato nelle specie per essere il ricorso pervenuto nel termine di legge alla commissione centrale alla quale era diretto. Con il secondo motivo, parzialmente connesso al primo in quanto relativo alla determinazione del termine per la presentazione del ricorso, RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 344 stata lamentata la violazione degli artt. 17 e 22 del D.P. del 1972, n. 636. in relazione agli artt. 2 e 9 del D.P. 24 novembre 1971 n. 1199, 24 del D.P. 26 ottobre 1972 n. 659 e 3 della I. 7 febbraio 1979 n. 59 e omessa o insufficiente motivazione della decisione per essere stato ritenuto che il ricorso non era stato presentato alla commissione centrale entro il 24 settembre, e cio entro sessanta giorni dalla notifica della decisione impugnata, bens il successivo 26 dello stesso mese, e cio nel sessantunesimo giorno dalla stessa, mentre era stato spedito per raccomandata i[ 23 settembre 1977 ed era comunque, pervenuto il 24, essendo, in ogni caso, decisiva la suddetta data di spedizione. I due motivi non possono essere accolti, pur se va riconosciuta, in linea generale, l'applicabilit, anche nella materia delle impugnazioni nella sede tributaria, del citato comma dell'art. 156 c,p.c. Ma in difformit da quanto dedotto dal ricorrente, non pu ritenersi che la mera recezione del ricorso dalla segreteria della commissione centrale, entro ed oltre il termine posto dal ripetuto art. 25 del decreto del 1972, sia tale, da assicurare il raggiungimento dello scopo al quale il ricorso stesso era destinato, pur se legittimamente indirizzato alla commissione suddetta nella sua intestazione. Va precisato, al riguardo, che scopo del citato art. 25, nelle considerate disposizioni relative aHe modalit e al termine del ricorso, non solo quello di far pervenire alla segreteria della destinataria formale, e cio della commissione centrale, il ricorso nel menzionato termine di legge. Al contrario, l'ultimo comma del suddetto art. 25, non pone alcun termine per la trasmissione ulteriore del fascicolo del procedimento, con i vari atti indicati dalla segreteria dell'organo di giurisdizione tributaria territoriale a quo alla menzionata commissione centrale, per il quale adempimento non possono avere valore se non i generali principi di ordinato e sollecito andamento dei pubblici uffici. Invece, la norma citata , nel suo insieme, diretta a soddisfare quelle esigenze di tempestivit, certezza e immutabilit che sono proprie di qualsiasi ordinamento giurisdizionale, ordinario o speciale, e per le quali sono posti i termini e gli specifici oneri formali e sostanziali per le varie forme di impugnazione. Rimanendo nella materia tributaria in esame, evidente che la segre teria della commissione che ha emesso fa decisione impugnata, alla quale deve essere presentato il relativo ricorso ai sensi del terzo comma dello stesso art. 35, non ha per legge il mero incarico di riceverlo e trasmet terlo alla commissione centrale e cio, secondo il linguaggio comune, di un semplice passacarte, ma deve provvedere ai particolari e non irrilevanti adempimenti previsti dai comma successivi, quali la notifi cazione a:lle altre parti, la recezione di eventuali ricorsi incidentali, il rilascio, ove richiesto, di copie delle rispettive deduzioni e la messa a I I I ! i !! PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA disposizione .Per visione del fascicolo cos formato, per le parti entro il termine indicato nella citata norma. Solo dopo tali adempimenti e la scadenza dei termini il fascicolo stesso deve essere inviato alla commissione centrale. Ma, soprattutto, nel diverso caso di assenza di impugnazioni, la stessa segreteria che pu e deve, in loco, accertare e certificare, ai sensi dell'art. 40 dello stesso D.P. n. 636 del 1972, subito dopo la scadenza del termine, la suddetta assenza di ricorsi alla commissione superiore nel termine stesso, il che non sarebbe possibile ove il ricorso potesse essere presentato anche alla segreteria della Commissione Centrale. Viceversa, la presentazione diretta del ricorso a quest'ultimo altera gravemente l'ordine e la giusta durata dei suddetti adempimenti, generando anche situazioni di incertezza contrarie ai princpi del diritto e alle menzionate esigenze di celerit. Infatti, solo dopo il rinvio del ricorso dalla commissione centrale a quella di secondo grado, per il quale, come gi posto in rilievo, non stabilito un termine specifico, la segreteria della commissione territoriale; e attraverso essa, le controparti sono in grado di avere conoscenza della sua presentazione e della conseguente pendenza del relativo gravame. Appena dopo di ci, possono effettuarsi gli adempimenti previsti dal citato art. 25 e decorrono i termini relativi, onde evidente che, ove il ricorso non sia pervenuto in un qualsiasi modo alla segreteria della commissione di secondo grado nel termine di legge decorrente dalla notifica della decisione, sono indubbiamente violate le esigenze di certezza e di sollecitudine del procedimento. Basta osservare che, secondo l'art. 40 dello stesso D.P. del 1972, appena decorso inutilmente per tutte le parti il termine per ricorrere alla commissione centrale , pu proporsi come gi accennato, l'impugnazione alla Corte d'Appello, prevista e regolata da quella norma, previo rilascio del certificato sulla assenza di ricorso nel termine di legge. perci anche un lievissimo ritardo nel rinvio del medesimo dalla segreteria della commissione centrale, tale da farlo giungere alla commissione locale dopo quella scadenza, produrrebbe una situazione di grave incertezza e la eventuale concorrenza di due gravami alternativi, esclusa dal legislatore chiaramente e vigorosamente senza che alla parte che ha adito il giudice ordinario possa attribuirsi alcuna intempestivit o irregolarit della propria impugnazione, promossa sulla base di un certificato regolarmente emesso anche al sessantunesimo giorno in conformit alle risultanze dell'ufficio che lo ha rilasciato. N fuor luogo ricordare che la segreteria della commissione centrale non ha un obbligo preciso di rinvio immediato e entro un termine perentorio e che restano a carico del ricorrente quei ritardi e indugi dipendenti da questa irregolare presentazione e dagli inconvenienti connessi. 346 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Infine, va pure osservato che la presentabilit del ricorso al menzio nato ufficio territoriale, in difformit dal sistema seguito per le impu gnazioni nel giudizio civile ordinario, manifestamente diretta anche a semplificare l'accesso al medesimo delle parti private e la pi solle cita attivit degli uffici finanziari, attraverso l'utilizzazione di quelle segreterie delle commissioni locali, pi accessibili e vicine. Perci, indi pendentemente dal menzionato obbligo di certificazione delle stesse sulla assenza dei ricorsi, sarebbe ugualmente in contrasto con tali esigenze e con i generali princpi di diritto che quella indubbia facilitazione, concessa a tutte le. parti pubbliche e private e per un pi sollecito funzionamento della giurisdizione tributaria, fosse aggravata e rnllentata, e resa vieppi incerta, per una ingiustificata inosservanza di chiare e precise disposi zioni, con rischi e aggravi per la parte diversa da quella che ha presentato il ricorso in modo difforme da quanto stabilito per legge. Conseguentemente, non pu affatto ritenersi che l'invio del ricorso direttamente alla commissione centrale, quale sua destinata definitiva, . sia tale da assicurare il raggiungimento dello scopo dell'atto, essendo, anzi, tale da ostacolare la certificazione tempestiva sulla assenza di impugnative in sede tributaria necessaria per l'impugnazione innanzi il giudice ordinario, e l'osservanza dei termini processuali, come tali inderogabili. Pu solo riconoscersi, come ripetutamente precisato dalla Commis sione Tributaria Centrale e fuori dal caso attuale, che la presentazione diretta del ricorso alla stessa, anche se avvenuta a mezzo del servizio postale, non di ostacolo alfa sua ammissibilit quando il ricorso stesso sia stato rinviato alla segreteria della commissione di secondo grado e vi sia pervenuto ancora anteriormente alla scadenza del termine di sessanta giorni dalla notificazione o dalla comunicazione della decisione con esso impugnata (Ses. V 18 luglio 1978 n. 7540; Sez. III 13 luglio 1978 n. 11220; Sez. VI 13 ottobre 1977 n. 12250). Ma in questi casi l'aleatoriet del sistema seguito dal ricorrente, quale sia la data di spedizione, importa che il ritardo dovuto alla difformit del sistema previsto dalla legge deve essere posta a suo carico come conseguenza della scelta stessa. Pertanto, anche per quanto riguarda il secondo motivo, esattamente stata affermata l'irrilevanza della data in cui il ricorso pervenuto alla segreteria della commissione centrale, da identificarsi nel 24 (ante riore alla scadenza) o nel 26 settembre (posteriore alla stessa), in quanto, in ogni caso, il ricorso risulta essere pervenuto alla segreteria deha com missione di secondo grado appena il successivo 12 ottobre 1977. Ugualmente irrilevante, a causa della citata scelta del sistema diverso da quello previsto dal legislatore, la questione sulla efficacia della data di spedizione per posta (23 settembre) e della applicabilit o meno a i questa speciale materia di giustizia tributaria della disposizione intro i I ! I ' I PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 347 dotta dall'art. 3 della L. 7 febbraio 1979 n. 59 specificamente ed eccezio nalmente per il ricorso per cassazione circa la prevalenza della suddetta data di spedizione. Conseguentemente, per la rilevata necessit del suddetto tempestivo passaggio obbligato del ricorso alla commissione centrale attraverso la segreteria della commissione che ha emesso la decisione impugnata, l'attuale ricorso rper cassazione va respinto. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 settembre 1981 n. 5161; Pres. Mar chetti -Est. Battimelli -P. M. Zema (diff.). Malagoli c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Salimei). Tributi (in genere) Contenzioso tributario -Composizione commissioni di primo e secondo grado -Presidente e vice presidente -Legittimit. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 7). Il Collegio della commissione di primo e secondo grado, mentre deve sempre essere 'composto con la presenza del presidente o del vice presidente s che non pu essere presieduto da un componente diverso, pu essere legittimamente composto con la contemporanea presenza del presidente e del vice presidente (1). (omissis) Il ricorso, pertanto, non pu essere accolto sul punto, e occorre passare all'esame del secondo motivo, con cui si denunzia falsa ed erronea applicazione dell'art. 7, ultimo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, in velazione all'art. 12 delle preleggi e all'art. 10 del suddetto decreto n. 636, sostenendosi che erroneamente la decisione di secondo grado e quella della Commissione Tributaria Centrale, qui impugnata, hanno ritenuto che unica funzione del vice-presidente delle commissioni di merito sia quella vicaria di sostituzione del presidente impedito, e non anche quella di comporre il collegio in presenza del presidente: soluzione, questa, che il ricorrente afferma errata, in quanto tutti i membri delle commissioni hanno la medesima identica funzione di giudici con parit di diritti e doveri e la norma dell'art. 7 del decreto n. 636 sta solo ad impedire che il collegio giudicante possa essere costituito senza il presidente o il vice-presidente, ossia possa essere presieduto da un membro diverso da costoro, come tale avente una minore professionalit (11) Questione nuova sullila qual!e 1a S.C. prende posizione in contrasto con la Commissione .centrale. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 348 ed esperienza di materie giuridiche, espressamente richieste per la funzione di presidente. La doglianza fondata. Stabilisce l'art. 7 del d.P.R. n. 636 del 1972 che nelle commissioni di primo e secondo grado il collegio giudicante decide con l'intervento del presidente o del vice presidente e di due membri; la norma, a prima lettura, pu far ritenere giustificata l'interpretazione che ne ha dato la decisione qui impugnata, nel senso che unica funzione del vice-presi dente sia quella di sostituire il presidente nella sua assenza, non anche quella di comporre comunque il collegio. Peraltro, meglio esaminando tutta la normativa in materia, deve concludersi che la chiave di lettura della disposizione un'altra, e che, in realt, essa vuol semplicemente significare che, in ogni caso, il collegio giudicante deve essere presieduto dal presidente o dal vice-presidente, e che non pu mai essere presieduto da un componente diverso da costoro. Anzitutto va osservato che la parola membri contenuta neHa frase in esame non sta ad indicare necessariamente componenti del collegio diversi dal presidente o dal vice-presidente; la normativa tutta del decreto, invero, usa indifferentemente tale termine e l'altro di componente , come si evince dal fatto che l'art. 9, disciplinante la formazione della Commisisone Tributaria Centrale, denomina espressamente membri i componenti di quest'ultima (per la quale, come si vedr, non ipotizzabile alcuna distinzione fra il presidente e gli altri componenti), qualificando cos anche il presidente come membro; viceversa, l'art. 4 adopera la parola componente per tutti coloro che fanno parte delle commissioni di primo e di secondo grado, prevedendo, fra l'altro, come r~quisito comune, alla lettera e), il possesso di diploma di istruzione secondaria di secondo grado, requisito che, peraltro, solo dei componenti diversi dal presidente e dal vice-presidente, per i quali, invece, gli artt. 2 e 3 richiedono una ben diversa qualificazione tecnico-professionale. Nessun argomento interpretativo valido, quindi, pu trarsi dalla letterale dizione della norma in esame, la quale va perci interpretata coP riguardo alla ratio che la ha informata: e la ragion d'essere della norma appunto quella di far svolgere le funzioni di presidente solo a soggetti particolarmente qualificati, quali appunto il presidente e il vicepresidente, che, per il disposto degli artt. 2, 3 comma, e 3, 3 comma, sono scelti solo fra i magistrati ordinari o amministrativi, fra gli intendenti o vice-intendenti di finanza (per le commissioni di secondo grado), nonch, solo per le commissioni di primo grado, fra laureati in giurisprudenza o in economia e commercio. La ragione d'essere di tali particolari requisiti evidente, in quanto le commissioni di merito sono chiamate a risolvere, oltre a questioni di fatto o di estimazione, questioni di diritto PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 349 sostanziale e processuale, ed quindi necessario che almeno uno dei componenti del collegio sia in possesso di particolare preparazione tecnico-giuridica, che non si richiede per gli altri componenti. Una conferma di ci pu trarsi dal fatto che, al contrario, per quanto attiene alla Commissione Tributaria Centrale, i cui componenti, giusta quanto disposto dall'art. 9, sono scelti tutti fra persone particolarmente qualificate per approfondito e consolidato esercizio professionale nel campo tecnico giuridico, non prevista alcuna preclusione all'attivit di presidente nei confronti di nessuno dei componenti, ciascuno dei quali, in base al solo criterio dell'anzianit, pu presiedere in assenza del presidente titolare, col quale perfettamente fungibile. N pu ritenersi che, per le commissioni di merito, il legislatore delegato abbia voluto assicurare in ogni collegio la maggioranza di persone qualificate non per preparazione tecnico-giuridica, ma per altri requisiti di pi diretta immedesimazione con ii cosidetto buon senso comune, s da far prevalere, nel giudizio, valori di detto tipo sui valori pi rigidamente tecnico-giuridici. Una simile interpretazione infatti contraddetta, anzitutto, dal fatto che, per il disposto del 6 e 7 comma dell'art. 2 e dell'8 e 9 comma dell'art. 3, la nomina dei componenti diversi dal presidente o dal vice-presidente pu cadere anche su persone munite di particolari conoscenze e capacit tecnico-giuridiche; inoltre, come giustamente evidenzia il ricorrente, l'art. 10, primo comma, impedisce qualsiasi distinzione fra i componenti, qualsiasi ipotizzabilit di rappre sentanza di determinate categorie o di particolari interessi e qualsiasi diversit di parametri di giudizio allorch sancisce che i componenti delle commissioni tributarie hanno tutti identica funzione, indirizzata unicamente all'applicazione della legge in base all'obbiettivo apprezzamento degli elementi di giudizio, esclusa ogni considerazione di interessi territoriali, di categ01ia o di parte (il che significa, oltretutto, che, quanto all'attivit di giudicare, il presidente o il vice-presidente in nulla si diversificano dagli altri, s che l'unica distinzione possibile quella che attiene alla loro particolare attitudine di direzione del dibattimento e della camera di consiglio). Infine, nessun argomento in contrario pu trarsi dalla legge di delega (L. 9 ottobre 1971 n. 825), la quale, all'art. 10, n. 15), nel fissare i criteri generali per la composizione delle commissioni, prevede la designazione, da parte degli enti locali, di una congrua rappresentanza, non superiore, in ogni caso, alla met dei componenti, nelle commissioni tributarie di 1 e 2 grado; il che esclude che il legislatore abbia inteso assicurare, nelle commissioni di merito, sempre la maggioranza dei componenti non tecnici . 350 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In conclusione, non esiste akuna valida ragione per cui possa dirsi impedito al vice-presidente di comporre il collegio giudicante accanto al presidente e ad un terzo componente, non avendo senso l'esclusione dalla attivit di decisione di un componente che, al pari degli altri, e in base al principio desumibile dal citato art. 10, ha pari funzione e pari diritti e doveri di giudice. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 ottobre 1981 n. 5264, Pres. Mazzacane Est. Sgroi -P. M. Cantagalli (conf.). Soc. Secondo Mona c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Angelini Rota). Tributi erariali diretti -Ritenuta sugli utili distribuiti dalle societ (cedolare) -Imputazione degli utili a riserva e contestuale distribuzione del fondo sovrapprezzo azioni - soggetta alla ritenuta. (I. 29 dicembre 1962, n. 1445, art. I). L'imputazione degli utili a riserva, oltre i limiti d'obbligo, e la contestuale distribuzione del fondo sovrapprezzo azioni concreta una operazione di distribuzione di utili soggetta all'imposta cedolare dell'art. 1 della Legge 29 dicembre 1962, n. 1445 (1). (omissis) Col primo motivo, la soc. Mona deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 1 legge 29 dicembre 1962 n. 1445 e delle norm vigenti per gli anni 1962, 1963 e 1964 in tema di ritenute d'acconto relativamente agli utili distribuiti dalle societ e all'erogazione di fondi sopraprezzi azioni, anche in relazione all'art. 2430 C.C., ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c. quanto meno, l'omessa o insufficiente motivazione sul punto decisivo se si possa ritenere provata in concreto (a titolo di presunzione) una distribuzione di utili mascherata attraverso la erogazione di somme prelevate dal fondo sopraprezzo azioni, ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c. La ricorrente sserva che l'operazione in esame rappresenta -come ha affermato la Commissione Centrale -in un senso generico un passaggio di ricchezza dall'economia della societ a quella dei soci, ma che non ogni passaggio di ricchezza dalla societ ai soci tassabile, bens lo solo quel passaggio che si inquadra specificamente nell'ambito della distribuzione vera e propria di utili. Nel caso in esame lo strumento (1) Decisione esatta che dafferma un :Principio ormai costante: cfr. Cass. 5 maggio 1978, n. 2115, ~n questa Rassegna, 1978, I, 610. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA adoperato era diverso, nella forma e nella sostanza, dalla distribuzione di utili, perch restavano distinti i prelievi dal fondo sopraprezzo azioni. L'esclusione di ogni distribuzione di utili ai soci e la concomitanza della destinazione a riserva degli utili di esercizio non autorizzava a presumere che vi fosse stata una mascherata distribuzione di utili. Quanto meno, la decisione in esame omette la motivazione (o contiene una motivazione insufficiente) sul punto se si possa ritenere provata (a titolo di presunzione hominis ) una mascherata distribuzione di utili. Il motivo infondato, in entrambe le diverse censure proposte. Quanto alla prima, attinente alla violazione di legge, non stata portata alcuna argomentazione che possa indurre a modificare il costante orientamento di questa Corte Suprema, secondo cui la ripartizione fra gli azionisti della riserva costituita dal fondo sopraprezzo azioni, quando sia collegata con la mancata distribuzione di utili di esercizio ed al passaggio a riserva dei medesimi, in misura eccedente la riserva legale. pu essere assoggettata a ritenuta d'acconto, quando maschera una distribuzione di utili di esercizio ai soci (Cass. 5 maggio 1978 n. 2115; Cass. 3 luglio 1979 n. 3735). Anche la dottrina che si occupata deH'argomento non ha contestato l'esattezza del principio di diritto suddetto, posto che costituisce dividendo anche l'utile prelevato dalla riserva disponibile e distribuito ai soci; e sottolinea soltanto che occorre una prova di tale mascherata distribuzione di utili, non essendo sufficiente la mera concomitanza della destinazione degli utili a riserva facoltativa e della distribuzione del fondo soprapprezzo azioni (che di per s. un conferimento e non un utile di esercizio). Al problema della prova, in concreto, dell'avvenuta distribuzione di utili diretta la seconda censura del motivo, la quale peraltro si risolve in poco pi della mera enunciazione della censura stessa, e come tale infondata. , infatti, evidente che la prova contraria alla contabilit sociale pu risultare da presunzioni semplici, alla stregua delle quali pu emergere la effettiva finalit delle operazioni concomitanti, tramite la loro correlazione. In proposito, la Commissione Centrale ha .svolto un apprezzamento di fatto, neppure censurato direttamente in questa sede, perch ha affermato che non era giustificato l'aumento della riserva facoltativa, in quanto a tale riserva non risultava data una particolare destinazione, concludendo che l'accantonamento era da definire abnorme, non avendo alcuno scopo dichiarato, per cui quella distribuzione di utili che era apparentemente esclusa da tale destinazione a riserva era realizzata tramite la distribuzione del fondo soprapprezzo azioni. Si tratta di valutazioni di merito, logicamente e congruamente motivate, che, come tali, sfuggono ad ogni censura in questa sede. (omissis) 352 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 ottobre 1981, n. 5508, Pres. Mozzacane -Est. Bologna -P. M. Morozzo della Rocca (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Gargiulo) c. Pittoni. Tributi (in genere) -Repressione della violazione -Sanzioni -Societ avente personalit giuridica -Responsabilit dell'amministratore Esclusione. (I. 7 gennaio 1929, n. 4, artt. 9, 10 e 12). Quando il tributo posto a carico di societ avente personalit giu ridica, a questa soltanto riferibile l'infrazione, si che della sanzione non deve rispondere personalmente l'amministratore (1). (omissis) Con il primo motivo di ricorso (violazione degli artt. 1-12 legge 7 gennaio 1929 n. 4 e delle leggi in materia di I.G.E., dell'art. 2472 e.e. in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.) si censura la statuizione dei giudici di appello per avere ritenuto che in relazione al pagamento delle pene pecuniarie, conseguenti a violazione delle leggi finanziarie (nella specie, I.G.E.) inflitte ad enti dotati di personalit giuridica quali autori della violazione, non sussiste una responsabilit solidale del rappresentante legale dello stesso ente, e per non avere rilevato che dal sistema delle norme richiamate emerge il principio secondo cui, ogni qualvolta si verifichi lo sdoppi.amento tra soggetto debitore del tributo e soggetto che agisce nell'interesse di quello, la sanzione fiscale per l'illecito tributarie grava su entrambi. Con il secondo motivo si deduce che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto che per le infrazioni alle norme sull'I.G.E. sarebbe tenuto al pagamento soltanto il soggetto al quale l'infrazione sia imputabile. (1) La sentenza riconferma un indirfazo ormai costante (Cass. 22 Jugil:io 1976 n. 2903 e 15 gennaio 1979, n. 289, in questa Rassegna, 1977, I, 147 e 1979, I, 3>16 con note cdtiche). Una nuova impostazione del problema si profila oggi lin forza deLl'art. 6 della Legge 24 novembre 1981, n. 689 (mooofiche aJ sistema penale) che in modo chiarissimo enuncia la responsabilit principale del rappresentante o dipendente di una persona giuddica e fa responsabilit sussidiaria delilia persona giuridica e la stessa identica regola prevede per gli enti privi di responsabilit .giuridica. Questa norma, che rifacendosi :manifesta mente agilii aJrtt. 9, .io e 12 della legge 7 gennaio 1929 n. 4 enuncia un principio generale, sembrerebbe di natura interpretativa :Per quanto concerne Je sanzioni fiscali. tl. comunque riconfermato che sempre responsabiiJ.e deLla sanzione (e pi che mai deLla sanzione originariamente penale) ['autore materiale che agisca ne11i' esercizio delle proprie funzioni o incombenze, mentre rispon dono indirettamente allo stesso modo l'ente, con o senza personalit giuridica, a cui fa C3!IJO J'attivit, 1 impresa, H proprietario della cosa e ila .persona rivestita di autorit direzione o vig.i;1anza. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 353 Le censure, che sono strettamente connesse e che debbono essere esaminate congiuntamente, non possono trovare accoglimento. Sulla questione questa Corte di legittimit si gi pronunciata pi volte nel senso che gli artt. 9, 10, e 12 della legge n. 4 del 7 gennaio 1929, contenente norme generali per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie, riguardano la responsabilit indiretta delle persone fisiche e delle persone giuridiche private per le violazioni tributarie commesse rispettivamente dai soggetti sottoposti alla loro vigilanza, direzione ed autorit, ovvero dai rappresentanti delle persone giuridiche private, e non prevedono il caso (inverso) in cui il tributo e l'infrazione siano a carico dell'ente fornito di personalit giuridica, con la conseguenza che non sus siste per il pagamento della pena pecuniaria inflitta all'ente quale autore della violazione della legge finanziaria, la responsabilit solidale del suo rappresentante legale (Cass. 1979 n. 4266, 1979 n. 289, 1976 n. 2903). N le censure in esame, formulano nuove ragioni e convincenti rilievi per modificare l'orientamento consolidato di questa Corte che trae il suo fondamento dall'interpretazione dell'art. 12 legge n. 4 del 7 gennaio 1929. La norma de qua prevede espressamente che, nei casi disciplinati della prima parte degli artt. 9 e 10 della medesima legge (riguardanti sia la obbligazione cumulativa dell'autore della violazione contravvenzionale che sia soggetto all'altrui autorit, direzione o vigilanza, e della persona rivestita dell'autorit o incaricata della direzione o vigilanza, sia la obbli gazione cumulativa delle persone giuridiche per il pagamento di somma pari all'ammenda inflitta con condanna dei loro rappresentanti legali e dipendenti) e nelle ipotesi in cui sia stabilita la sopratassa o la pena pecuniaria, la persona rivestita dell'autorit od incaricata della direzione e vigilanza e la persona giuridica privata (nelle rispettive situazioni) siano obbligate in solido al pagamento della pena pecuniaria o della sopratassa insieme con l'autore della violazione finanziaria. Pertanto la norma stessa non considera il caso in cui il tributo o l'infrazione siano a carico di ente fornito di personalit giuridica. (Omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 ottobre 1981 n. 5529 -Pres. Sandulli Est. Corda -P. M. Antoci (conf.) Marucci c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Angelini Rota). Tributi (m genere) -Contenzioso tributario -Ricorso contro il ruolo Nullit della notifica dell'accertamento -Impugnazione di merito Necessit -Ecslusione. (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 16). Quando viene proposto ricorso contro il ruolo assumendosi la nullit della notifica dell'accertamento, solo una facolt del ricorrente 10 354 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO proporre anche impugnazione di merito sul se o sul quanto del debito, ben potendo l'impugnazione riguardare il vizio formale del ruolo in quanto non preceduto dall'accertamento (1). (omissis) invece, fondato il primo motivo del ricorso principale, posto che la regola enunciata dalla Commissione Tributaria Centrale (secondo cui sarebbe inutile proporre ricorso contro il ruolo per denunciare, unicamente, che lo stesso non sarebbe stato preceduto dalla notifica dell'avviso di accertamento) non trova solida base nel dettato legislativo. L'art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 (che, anche in concreto, legge regolatrice della materia, poich era gi entrato in vigore allorch fu proposto il primo ricorso del contribuente) dispone, nel secondo comma, che il ricorso contro l'ingiunzione o il ruolo ammesso soltanto se tali atti non sono stati preceduti dalla notificazione dell'avviso di accertamertto o dal provvedimento che irroga le sanzioni pecuniarie ovvero per vizi suoi propri , Ora, da tale sintetica dizione, che ha avuto di mira, principalmente, l'eliminazione della casistica dell'art. 188 del T.U. del 1958, si possono ricavare le seguenti regole: 1) in via generale, contro il ruolo (o contro l'ingiunzione) si pu ricorrere solo per denunciare vizi propri dell'atto (restando, quindi, preclusa ogni questione di merito, sull'an e/o sul quantum del debito d'imposta); 2) in via di eccezione, tale ricorso di merito ammesso qualora la notificazione del ruolo (intendendosi per tale la notificazione della cartella esattoriale) non sia stata preceduta dalla notifica dell'avviso di accertamento o dall'atto di irrogazione delle sanzioni (ossia, in tal caso, il ricorso, che pure trae spunto dal ruolo o dall'ingiunzione, non incontra limiti di contenuto, poich oltre i vizi propri (1) Sul complesso problema la senten2Ja in rassegna svolge solo ailcune brevi considerazioni. L'art. 16 del d.P1R. n. 636/1972, con :l'ammettere il ricorso di merito contro il ruolo non preceduto da accertamento, non enuncia soltanto l'improponibilit del ricorso di merito contro il. ruolo preceduto daiLl'accertamento, ma stabilisce anche che il ruolo esso atto di accertamento (o comunicazione di atto di aocertarrnento) o comunque di esso dene Juogo quando mainchi un anteriore atto; ed :infatti ~'impugnazione dii merito deve essere proposta in questo momento e non pu essere differita o riservata ad un tempo successivo. :. ovvio che iill soggetto passivo pu proporre soltanto l'impugnazione per vizi propri del molo; non obMigato a proporre J:'impugnazione di merito, ma solo nel senso che pu a questa rinunziare. Riguardo per all'iimpugnazione per vizi propri, errato l'assioma che sia nuihlo H n1olo non preceduto da accertamento; nessuna norma stabilisce questa nuilllit mentre !'.art. :16 non esclude, come si visto, che il ruolo sia considerato un accertamento (per :il quale non occorrono forme particolari e meno PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 355 del ruolo, quale atto di riscossione, possono essere dedotti anche quelli relativi a:ll'an e/o al quantum del debito d'imposta). Nell'intento di conferire un supporto logico alla tesi esposta dalla Commissione Tributaria Centrale, la resistente Amministrazione Finan ziaria ha dedotto che, in mancanza di precedente notifica dell'avviso di accertamento, con il ricorso contro il ruolo, potr dedursi ogni questione attinente alla esistenza del debito d'imposta , Ma proprio in questa enunciazione, di per s esatta, pu individuarsi il punctum minoris resistentiae della decisione censurata dal ricorrente principale, laddove si precisa che ...potr dedursi ogni questione... : chiaro, infatti, che appariva abnorme, alla stessa resistente, asserire che con quel ricorso dovranno (per rendere utile il gravame) dedursi anche questioni attinenti al merito della controversia, ossia questioni attinenti all'an e/o al quantum dell'imposta. a stato, peraltro, acutamente osservato in dottrina che se anche la legge distingue tra il vizio della notificazione dell'avviso o i vizi propri del ruolo (o dell'ingiunzione), tuttavia il primo pu rifluire in uno dei secondi allorch il ruolo debba essere preceduto dall'avviso; in tal caso il vizio quello (riflesso) di violazione di legge per difetto dei presupposti. Di modo che, in caso di mancanza o irregolarit della notifica dell'avviso di accertamento, il contribuente che ricorre contro il ruolo ha due possibilit: o introdurre la lite di merito (an e/o quantum), ovvero introdurre il (solo) motivo della illegittimit formale dell'atto (non restando, peraltro, esclusa la possibilit di cumulare i due tipi di doglianza nel medesimo ricorso). Ora, una tale impostazione non pu non essere condivisa, non essendo dato di scorgere la ragione per cui al contribuente sarebbe precluso di denunciare il solo vizio della mancanza di presupposto del titolo di riscossione (ruolo), tanto pi che, non essendogli stato notificato l'avviso di accertamento, generalmente egli non in grado di dedurre (anche) che mari denominazioni vincolal1a Combes non era il1condu cibile ad una situazione idi insussistenza del debito, visto che iiJ. Testaseoca a seguito del JialHmento della societ C.G.Z. si era conoretamente trovato espos.to verso il creditore Banco di Sicilia, non si sarebbe potuta esclu dere la deducibilit del debito dall'attivo della successione, a norma del l'ant. 45 della :legge tributaria sulle successioni, quand'anche fui irapporto fra i Combes-Testasecca ed il Banco di Sicilia fosse stato iI'icondotto ad un'obb1igazione accessoria di gariamiia. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Se deve amm~tterisi che a carico del fideiussore vi un debito, oltire che una .responsabiHt, come confermato da un punto di vista -testuale dai frequenti richiami contenuti 1IJ.e11a .disciplina de1l'listituto ad una obbligazione del fideiussore (art. 1936, 1944, 1946, 1947, 1948, 1957, cod. civ.) e dalla circostanza che sono naturalmente solidali il dovere di presta:cione del debitore e que1lo del fideiussore (perch fa solidariet un legame fra pi obhligaziioni >in senso tecnico), la mera constatazione della sussistenza di una posizione debitoria (e non della diversa situazione di responsabilit non corrispondente ad un debito) non poteva considerarsi sufficiente, aHa stregua idi quanto ~nnan2li rilevato, a far ritenere sussistenti ~e condliziorui di deducibilit prescritte dahl'art. 45 de1i'abrogata legge sull"inlposta di successione, essendo necessall'.1io a tail fine non solo che fil debito esista ma che detto deb:irto sia certo e liquido al momento de1l'aperturia deHa successione. La concorrenza del debito del gairante e del debito del garantito. e l'esercitahllit del regresso Call'.1a1Jteri. zzain.o, invece, come non definitiva (e perci come nOlll certa) l'esposizione debitoria del fideiussore. N poteva assumere l"ilevanza il fatto che H debito nei confronti del Banco dli Siciilia fosse stato interamente pagato dal Testasecca (anche per la quota della Combes) e che J'erede del fideiussore non potesse utilmente esercitare :ir1 regresso per il'mtervenuto fallimento della societ C.G.Z., perch tali eventi, intervenuti successivamente all'apertUJra della successione, non potevano essere assunti a dimostrazione de11a certezza (nel senso richiesto dal citato art. 45) a quel momento del debito defila de cuius. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 ottobre 1981, n. 5696 -Pres. SandulH, Est. Finocchiaro -P.M. Aintoci (conf.) -Napo1itano (avv. Buffoni) c. Ministero delle F1inanze (Avv. Stato Anrgelini Rota). Tributi erariali diretti -Imposta sui redditi di ricchezza mobile -Condono -Rimborso di ritenute di acconto Esclusione. (d.!. 5 novembre 1973, n. 660, art. 3; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 177). Il rimborso di ritenute di acconto eccedenti rispetto all'ammontare dell'imposta dovuta, a norma dell'art. 177 del t.u. delle imposte dirette, presuppone un rapporto diretto, verificabile soltanto attraverso un accertamento analitico, fra le somme eh.e .hanno concorso a formare il reddito e le ritenute operate sUe somme stesse; tale rimborso quindi incom PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 361 patibile con un sistema sintetico di determinazione del reddito quale quello previsto dall'art. 3 del d.l. 5 novembre 1973, n. 660 (1). (omissis) Con iiil primo motivo si deduce falsa aippJ.ioazii.one di norme di di1riitto per avere la Commissione 'fiributar.ia Centrale negato all'ing. Napoliita! Ilo il diritto al rimborso del.le imposte pagate in eccedenza, irisrpetto ahl'nponibile automaticamente accevtato, in rirerimento ag.ld. artt. 128 e 177 it.u. n. 645 del 1958, sostenendosi che la ritenuta d'acconto non una [mpos:ta ma 1soltanto un metodo per riscuotere fin anticipo tlll1a ;parte del carico fiscaile, con 11a conseguenza che 1a oi!ricostalnza che il ~egislatore non si sia dato peso nello stabilire che la stessa ripairtibile, congua gliabile e cumulabile, non esclude la possibilit di ottenere il rnborso ove ~a somma corrisposita a titillo di 1ritenuta d'acconto 1sia maggiore di quella dovuta a titolo di imponibile determinato srulilia base defile norme del c.d. condono. La questione sottoposta per la pmma volta all'esame di questa Corte queli1a relativa aHa ripetibi1it o meno deHe 1ritenute alla fonte coocernenti il debito d'imposta per da ricchezza mobHe categoria C/1 e complementare risultante dall'iimponibHe definito in applicazii.one delle norme agevolative portate dal d.L 5 novembre 1973, n. 660, convertito, con mod[fcazioni, nella Jegge 19 dicembre 1973, n. 823, mentre non controversa la conguagli.abilit -nei limiti dell'imponibile accertato nei modi anzidetti -delle ritenUJte d'acconto corrisposte. Il problema si sostmzia, q'll!indi, nelfo stabHire se, nel silenzio del citato d,L n. 660 del 1973 e della successiva legge dii conversione -sia o meno applicabide agli imponibili accertati. sulla base dell'anzidetta nOII'mativa, l'art. 177 d.P.R. 26 gennaio 1958, n. 645, il quale sancisce it1 rimborso deMe ritenute effettuate .in eccedenza .dispetto alil'imposta dovuita. Va, iinnanzitutto, disattesa l.'ecceZJione sollev1ata daH'Amministrazii.one contrortlcorrente la .quale ha invocato; peir sostenere l'irrirpetibiliit delle r.itenute d'acconto cm.risposte in eccedenza 1I1ispetto aill'impOIIl!ibHe, la giUJI1isprudenza di questa Corte (Cass. 20 gennaio 1981, n. 470; Cass. 29 luglio 1980, n. 4873; Cass. 2 luglio 1980, n. 4188; Cass. 25 febbraio 1980, n. 1308 ed altre precedentii conformi), in quanto tale principio enunciato in relazione alle imposte indirette per le quali espressamente stabilito (.1) Decisione esatta di rilevante interesse. LI princtp10 che il rimborso delle ritenute consentito solo quando i redditi sui quaiki sono state :praticate siano analiiticamente dichiarati o accerU1-ti oggi espresso in modo chiarissimo ne11'>1Tt. 39 del d.P .R. 29 settembre 1973, n. 602. Sembra inoltre che, anche per le imposte dirette, valga iJl principio che in aippliicazione del condono non possa mai forsi luogo a rimborso. 362 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che Ill contribuente ammesso a fruire della definizione agevolata me ddante tiJ. pagamento di una aliquota di imposta (cfr. Cass. 16 ottobre 1976, n. 3515, in motivazione). In materfa di imposte diTette, iinvece, il problema 'sorge piroprlo per la manoanzia di una espressa disposizione atl. riguaroo per quanto COIIl ceme le fo.ttispeoie previste ne1l'art. 3 del provvedimento agevolamivo e datl.la :natura deHe ritenute medesime le quali, concretandosi tin veri e propiri aoconti del futuro ed effettivo debito d'impos.ta, non sono !imposte e sono soggette a conguaglio. A questo si ggiunge -a sostegno delle 1nipetibilit -che aitteso il carattere eocezionaJ.e delle disposi2'liO!lli contenute nel c.d. provvedii mento di condono fiscale e consdderato che tali disposizioni modiificano irl sistema di accer.tamento delJ'imponibiJe, ma non anche Je altre dtispo siziond contenute nel t.u. del 1958, n. 645, si deve riitenere la pernistente applicabir1it delil'art. 177 del predetto t.ru. Ritdene questa Corte che l'inaipplicab11it deH'arrt. 177 citato dirscende da una incompabilit fm il si.sterna in cui drnsemta ,tale norma e quello di accertamento dehl'imponibile compiuto ai sensi dell'a'l'."t. 3 dJ. n. 660 del 1973. L'art. 177 presuppone, per la sua operativit, un rapporto diretto fra somme che hanno concorso a formaire l'rimponibile e dtenUJte d'acconto operate sulle rsomme rstesse, tanto vero che dil secondo comma deHa citaita di~posizione espressamente stabilisce che dall'ammontare delle imposte sui redditi di ricchezza mobile del:le -oategorie B e C/1 e complementare, riscrivibile a .ruolo... dedotto un ammontare para alle ritenute d'acconto operate... sulle somme che hanno concorso a formaTe l'imponibile . Poich sulla base del D.L. n. 660 del 1973 il"imponibile viene dete'l"minato non gi sUilla base dehle somme effettivamente percette ma su urna percentuale di maggiora:zJione variiamente fissata iin irelazione ad timponibili accertam o .dichiarati per un periodo di imposta precedente (art. 3 D.L. 5 novembre 1973 n. 660), il contribuente non pu chiedere J.ra. restituzione di quanto assume rdti retesamente) in eccedenza rispetto. aJ.lo imponibile accertato con il sistema automatico si verificherebbe un indebito versamento o comunque un aumento indebito di aliquota. Seppure n0fl1 rpu esdudersi che :il contribuente possa ricevere concretamente un danno qualora -per una erironea valutazione della sua siitua2lione reddituale -domandi ~iirrevocabilmente: 8il1t. 10 DL n. 660 del 1973) l'accertamento delfimponiibile sulla base delle disrpo$17loili contenute nel citato provvedimento pur in presenza di un reddito effettivamente realizzato inferiiore a quello 1sul1a cui base sar oalcolato J'iimponibHe e dI:t ordine al quale gli sono state effettuate ritenute d'acconto superiori a quella che sar l'.mposta dovuta, questo non , per, sufficiente per ritenere che sussistano gli estremi di un indebito oggettivo it'ipetibi[e, H quale si pu realizzare soltanto nell'ipotesi in cui -fatta valere l'annullabilit della propria dichiarazione con fa quale ha chiesto l'appJicazione delle disposizioni contenute nel predetto provvedimento legislativo (nei limiti in ooi tale annuJlabilit ammessa: ofir. Cass. 18 [uglio 1979 n. 4267) il conwibuente, 'dimostri, sottoponendosi aill'accertamento anai1itico delJa composizione del proprio reddito imponibile, o che lo stesso inferiore a queLlo che :risulta dalla appliicazione del c.d. condono fiscale o che fo somme cowisposte a ,tJitoJo di ritenute d'acconto superino quelle effettiv, amente dovute a titolo d'imposta. In .difetto di tale accertamento che presuppone la comparazione .mpos sibiile filnch valida la domanda del contribuente di accertamento delfimponibile suJla base del D.L. n. 660 del 1973 lira i risultati dei due sistemi di accertamento dell'imponibile {quello analitico di cui al T.U. del 1958 n. 645 e quello sintetico e automatico di cui 1al D.L. del 1973 n. 660), noo concettualmente raVViisabile alcun indebito versamento. La facolt idi scelta attribuita al contribuente fra ii due 1sistemi d ac certamento dell'dmponibile e ila possibilit allo stesso riconosoitllta di fao: ven1re meno -ncl concorso dehle cil'.1costanze previste dal codice oivti:le -Lia propria dichiairazione unilaterale negoziale con oci rtale scelta stata effettuata, 1al fine di accertare un eventuale indebito pagamento, con vincono altres della infondateza della tesi per la quale fa negazione della ripetibilit delle somme pretesamente trattenute in eccedenza, sulla base de1l'interpretazione ora acco1ta, comporterebbe rnla dncostituzionalit del.fa nonna li.n riferimento all'art. 53 Cost. Nella specie, H cicorirente non ha mai fatto valere .alcWta annulilabiliit della rpropria dichiarazione ldmitandosi, isolo in primo grado, a ll:1ichiedere il calcolo dell'imponibile con tJerpretazione di norme Jegislatiive, rego1amentru: o negoziali che possono !incidere, con l'imposizione di vincoli,~JiimitaziOD! o servit sulla concreta utllliZzazione del bene (v. sent. n. 137/81; n. 3070/75; n. 572/75; n. 4345/74; n. 2971/74). Nel caso mesame l'accertamento dell'Ufficio era stato contesitato dai contrnbuenni per l'esistenza di vincoli giu11idici che v,ietavano o limitavano l'edificabilit dell'area compravenduta, per cui il compito del giudice tributario non era soltanto quello di stabilire l'appartenenza del fondo ad una zona la cci destinaziione agricola fosse o non fosse prescritta dal piano regolatore comunale, ma I!Ilvece, di interipretare lii piano stesso e dedurne d'entit dei vincoli ,in relazione alla 1superfiioie compravenduta, essendo ques.ta assoggettata -come avevano accertato le Commissioni di merito -dn parte a verde pubb1ico; espressione, questa, ~a cci esatta poritata doveva p:reviwnente essere definita per poter procedere aHa determinazione del vaJore del fondo. (1) La sentenza, a conferma dell'ailitra 8 gennaio 1981, n. 137 (in questa Rassegna, 1982, I, 121), si discosta da quella 25 febbraio 1980, n. 1307, ivi, ,1981, I, :109, che aveva inaspettatamente concepito in .limiti assai estesi !il giudizio di terzo grado. I I I I PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 367 La questione non em, pertanto, di es1Jima1lione semplice, ma compilessa, e :la sentenza impugnata che ha erroneamente ritenuto tra1Jta[1si di questione di mero .fatto re1ativa alfa materna imponibile sottratta aJ:l:a competenza della Commissione Centrale deve essere, perci, cassata. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 febbraio 1982, n. 993 -Pres. Miele Est. Battimelli -P. M. Gazzarra (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Palatiello) c. IACP Ravenna (avv. Nunziante). Tributi locali -ILOR -Tassazione del reddito dei fabbricati destinati alla loca:done degli Istituti Autonomi delle case popolari -Natura di reddito fondiario -Tassazione ILOR separata con H sistema dell'iscrizione catastale. (art. 40 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597; artt. 2 e 5 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 598; artt. 4 e 6 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599). Il reddito dei fabbricati quello derivante dalla disponibilit di costruzioni suscettibili di reddito autonomo, ossia tali da produrre di per s un reddito per effetto della concessione a terzi del loro utilizzo. Il fabbricato strumentale, il cui reddito compone quello di impresa sia ai fini dell'IRPF e dell'IRPG, sia ai fini dell'ILOR quello che l'imprenditore utilizzi di fatto e in concreto per l'esercizio dell'attivit s da costituire strumento per l'attivit e non per il procacciamento dei mezzi finanziari che detta attivit rendono possibile. Immobile societario e fabbricato strumentale ai fini della tassazione in ILOR 1. -La decisione in argomento sottopone ad approfondito riesame la preoedente giurisprudenza della Corte che con le sentenze del 2 iluglio 1981, nn. 4288 e 4289 e 15 dkembre 1981, n. 6613, aveva definito strumentali gli immobiLi degli Istituti Autonomi deHe case p()'polari concessi in locazione, suliLa scorta di una nozione di strumentalit approssimativa ed emipirica: aveva osservato la Corte, con le sentenze del 2 luglio 198:1, che 11.'immobile locato a terzi costituisce strumento delil'attivdt quando J'Ente abbia per statuto il compito di locare immobili: infatti in tail caso l'Ente in tanto pu reaiLizzare i suoi scopi in quanto possegga immobhld e li conceda, appunto, in locazione; d'a}tra parte, aggiungevano quelle sentenze, iii reddito cos 11ica vato va a formare .J:e entrate delfimrpresa e, quindi, a comporne i mezzi finanzia: rii. dehl'attrl.vit. Riproposto iii problema, si ottenuta la re melius perpensa di cui alla dedsione in esame, (coeva ad alrtre delilo stesso contenuto) che non pu non meritare piena adesione. (1) (1) Giova ricordare che il problema della tassazione in ILOR dei redditi ritratti da immobili dati in locazione da enti diversi dalle societ commerciali si pone solo con la entrata in vigore del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 60, il cui art. 2 estese agli enti pubblici o privati aventi per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attivit commerciali la normativa di cui all'art. 40 d.P.R. n. 597/1973, sia ai fini dell'IRPG che dell'ILOR: sul punto, Cass. 10 febbraio 1982, n. 882, e 17 febbraio 1982, n. 992. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 368 L'immobile dato in locazione a terzi non mai strumentale all'esercizio dell'impresa sia perch esso suscettibile di produrre (e di fatto produce) un reddito autonomo, sia perch la locazione non un servizio ma un contratto; pertanto gli immobili dati in locazione dagli Istituti Autonomi delle Case Popolari producono un reddito di natura fondiaria che, come tale, soggetto all'imposta locale secondo il sistema proprio dei redditi fondiari. Iscritti a ruolo ai fini dell'rnmposizione per I.L.O.R. til reddito :ricavato daJ.'IsHtuto Autonomo delle Case Popolari deHa Provincia di Ravenna dalle loca2lioni dii immobili siti in vwi comuni, :relativamente ailil'eseroi2lio 1975, l'fatituto ricorse a1la Commissione Tributaria di I grado, negando la Jegittimit de11a separata tassazione di tale reddito, 1che invece avrebbe dovuto essere tassato , quaile reddito complessivo di impresia, a sensi dell'art. 40 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597. Id giudi2lio innanzi alle Commissioni fu definiito con la decisione della Commissione Tl'ibutaria CentiiaJe n. 3338/79 del 29 maggio 1979, con J:a quale, riuniti i vari ricovsi, fu ddchiarata fondata la itesi del contriibuente. A tale conclusione la Commi1sslione giunse affermando che ~'art. 40 del d.P.R. n. 697 del 1973, applicabhle alla fattispecie, e secondo il quale non sono considerati 1redditi fondia11i i redditi degli immobili che costituiscono beni strpmentali per l'esercizio di imprese commerciali da parte del loro possessore, compvendeva, nella sua 1vego1amentazione, anche l'1ipotesi della 2. -n complesso quadro normativo il seguente: L'art. 40 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, istitutivo deLl'imposta sul reddito del~e persone fisiche, dispone che i redditi degili immobi:li che costituiscono beni strumentali per ~esercizio di imprese commero1aH da parte del foro possessore ..... e queLld deg;lii immobi:li posseduti da societ in nome collettivo e in accomandita semplice, non sono considerati redditi fondiari e concorrono a formare il redddto complessivo come componenti del reddito di impresa . L'art. 5 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 598, istitutdvo delfimposta sul reddito deUe persone giuridiche, come modificato dahl'art. 2 d.P.R. 28 marzo 1975, n. 60, dispone che la aitata norma dehl'art. 40 re~ati-va ahle societ in nome coHettivo e in accomandita sempldce vale anche per le societ di altro tipo soggette aH'imposta sw reddito de11e persone giuridiche e per glii enti .pubblici o privati aventi per og;getto esclusivo o principaile l'esercizio di attivit commerciald . L'art. 4, terzo comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, istitutivo deH'imposta locale sui redditi, dispone che nei confronti delle societ e degli enti equiparati !'imposta locale si applica sulil'ammontare del reddito complessivo determinato ai fini dehl'imposta sul reddito delle persone giuddiche ; aggiunge 11 sesto comma che per i redditi fondiari l'imposta applicata separatamente anche nei confronti dei soggetti indicati ..... nel terzo comma . Dispone infine l'art. 6, quinto comma, d.P,R. n. 599 che ne1 caso in cui ricorrano le condizioni :previste dagli artt. 39 e 40 del decreto indicato nel I I I I PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 369 locazione, da parte degH Istituti autonomi case popolari, de1le abdtazioni di doro propriiet. Non ,poteva dubitarsi, [nfatti, della !Ilatura commeroiaile dcll'I.A.iC.P. della Provincia di Ravenna, che, per statuto, aveva lo scopo di provvedere alle classi meno abbienti; si trattava, pertanto, di un ente pubb1ico, per il fine di pubblica utrlJ.irt ad uso assegnato, che gestiva un'impresa com merioiale, mediante l'acqu:isto di terreni e la vendita degli stessi, se superflui per i suoi bisogni, mediante fa costru2Jione ,di case di abitazdone con i relativi iaccessovi, ed 1infine mediante l'amministrazione d~ immobili: aHiwt che, svolte abitualmente e professionalmente, caratterizzavano l'eseroi2Jio di runa imp,resa commerciale. Ne conseguiva che al ireddito degli immob:il1i dati in foca2Jione, destinato per .statuto ,aJ1'aoquisto e 1aHa costru2Jione di nuove case e costiitueinte i1l rprevalente vicavo de1l'atniviiit dell'ente, non costituiva UJil 1reddli.to autonomo, tassabile come reddito fondiario, bens .fil vero e propvio reddito cli impresa, il prodotto finale di beni aventi una natura strumentale nell'ambito dell'0nibile ai fini del'ILOR la stessa dehle altre due imposte, ma, per d redditi fondiari, l'ILOR si applica separatamente con
ociet scontano l'ILOR separata sui reddito dei PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 375 comma del:l'iart. 6, alla regola fondamentale del:la tasisamone come reddito fondiario, posto che Il3Jle 1tassaiJione non sarebbe comunque maii effettuabile. Si deve concludere, pertanto, che il rinvio 1aila normativa IRPEG, ad fnri del:la tassazione per ILOR, non completo, e che iJ 11.egislatore ha inteso limitarlo, per quanto attiene alla tassazione delle rendite fondiarie, ai Soli casi di esenmone oggettiva da detta autonoma .R. n. 597 qualifioa come esercizio per 'professione abituale ancorch non ' esclusiva delllie attivit commerdailii di cui aU'art. 2195 cod. civ. anche se non organizzate in forma di .impresa ; aggiunge la no11ma che le attivit di prestazione di servizi a terzi che non rientrano nell'art. 2195 del. codice civiJe, si considerano commerciai Be organiz2late in forma di impresa . Per quanto ora interessa, da sottolineare che non ogni prestazione di servizio rappresenta attivJt commercia~e; perch i[ servizio ai terzi costituisca RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO srn10ne case locabil nonch il mezzo specificamente destinato a provvedere i fondi per l'esercizio di tale attivit. A tale conclusione, peraltro, questa Corte non .ritiene di poter pervenire, n, conseguentemente, di conformarsi alla propria precedente pronuncia, a seguito di un pi completo esame di tutti gli aspetti della questione, e alla luce delle approfondite considerazioni sottoposte al suo esame da parte della difesa dell'Amministrazione, che, in occasione del precedente giudizio, non aveva completamente sviluppato la propria tesi. Va anzitutto precisato che non sembra potersi condividere quanto affermato, ai fini della qualificazione come strumentali all'esercizio dell'impresa delle case date in locazione dagli I.A.C.P., circa la loro qualificazione come mezzo specificamente destinato a provvedere i fondi per l'esercizio dell'attivit propria dell'Ente; una tale destina:oione, infatti, sussiste per tutti i beni appartenenti ad un soggetto di imposta con personalit giuridica, perch comunque il prodotto (o reddito) dei beni di appartenenza dell'ente destinato al conseguimento dell'oggetto sociale o del fine istituzionale, il che pu non avvenire per gli imprenditori persone fisiche, liberi di destinare il profitto conseguito come meglio loro aggrada e non vincolati ad investirlo nel proseguimento dell'attivit !imprenditoriale, pu anche non avvenire per le societ di capitale, ove i ! loro statuti prevedano una diversa destinazione degli utili (per la parte in cui essi non vengono distribuiti ai soci), ma deve necessariamente avvenire per gli enti istituiti non a fini di lucro, ma esclusivamente per l'esple attivit commerciale occorre l'impresa caratterizzata, come noto, dal com plesso di elementi unificati in senso funzionale dalWa volont del titillare con riguardo alla loro destinazione al fine de1la intrapresa attivit. La norma tributaria, nel considerare l'organizzazione in forma di impresa, sicuramente richiede che i singoli atti compiuti dall'imprenditore siano unificati da un elemento ulteriore rispetto a quehlo che sorregge i singoli atti dispositivi operati da chi imprenditore non : appare in 'proposito evidente, con riguardo alla locazione di immobHi, che i contratti stipulati con i terzi conduttori e l'utilit che quei terzi ricevono dal godimento del bene non fanno di per s acquistare la quaillit di imprenditore commerciale perch qualunque proprietario ben Legittimato a disporre dei suoi beni mediante locazione; n il godimento fornito al conduttore pu definirsi di per s servizio posto che quel godimento si risolve tutto e solo nello schema contrattuale di diritto comune. 12. -Dunque la locazione, di per s, non un serv1z10; e mvece un con tratto di diritto comune dal quale ambedue le parti traggono utilit economica. Il rilievo serve ad evidenziare che non qualsiasi attivit societaria avente ad oggetto beni immobili si risolve in un servizio: ben nota, ad esempio, la problematica de1le c;d. societ immobiliari, hl cui scopo quello di ammi nistrare e gestire il pro'prio patrimonio, per le quali si della ammissibilit della forma societaria (5); per queste (5) Si veda CorrrNo, Diritto commerciale, cit., 121. dubit addirittura si pu parlare di I I I I I I PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 377 tamento dii una determinata ,attivit. La contraria soluzione da un lato sembra porre 1l'aocento non tanto su:l:la s1trumentalit del bene d.n s e per s, ma sulla strumentalit del reddito, il che non appare consentito da:l modo 'come 1a norma 1n esame appaire formulata -come si vedr, il reddito viene distinto, ai fulii che qui interessano, unicamente in reddito autonomo e non autonomo, in forza, cio, della sua prop11ia natura, indipendentemente dal suo co1legamen1o con i fini istirtuzionali -dall'altro, porterebbe alla conclusione dell'inapplicabilit in ogni caso della tas,sazione separata dei ,redditi fondiari nei confu'onti dei soggetti indicati ne11a 1lettera b) dell' 1art. 2 d.P.R. n. 598, 1e, di conseguenza, potrebbe in proposito osservarsi quanto gi osservato 1in rprecedenza circa J'ib:mnilit delta statuizione contenuta nel quinto comma dell'art. 4 ,del decreto n. 599, non comprendendosi a quale 'scopo detta norma abbia considem1o, .fua l'1al1lro oome suoi destlnatari 'i soggetti in questione che, in base aill'mterpreta2lione che qUJi non 'Sii condivide dell'art. 40, sarebbero iin Ol!Jlli caso esolusi da una tassazione autonoma. Il problema va quindi risolto unicamente in funzione della strumentailM dei beni per l'esieroizio delrimpresa, e 1l'iinterpretazione de11a norma ~a fatva da un lato :tenendo presente non solo i1l disposto dehl'airticolo 40, ma tut1a 1a normamva del d.P.R. n. 597 ad esso collegata, da11'.aJltro cercando di capire 1a ragione d'essere, ai fini trubutari, di detta normativa, alla luce anche di precedenti storici dell'ultima riforma. Non va dimenticato, infatti, che un regime di esclusione di determinati beni :immobili daill'autonoma tassa2lione fondiaria esisteva gi prima della utilizzazione indiretta della struttura organizzativa societaria (si pensi, oltre aJJle immobiliari, aiUe fiduciarie, a quelle di investimento mobii~dare, a quelle spordve, a quebte culturali o religiose) (6). In tale prospettiva l'immobile strumentale non quello oggetto dell'atto di gestione (ailtrimenti qualunque bene sarebbe strumentale, perch qualunque bene in qualche modo gestito dal suo propri.erario) ma quello che viene utrl.lizzato tutto e solo nell'attivit di gestione, sia questa rivolta alla produzione di beni, oppure destmata all'erogazione di servizi. 11 bene strumentae si indi1Vidua dunque 'attraverso il 1suo inserimento nel ciclo produttivo dell'impresa, in maniera tanto penetrante da renderlo inidoneo a:Ua produzione di un reddito autonomo: questo non H caso deg\l.i immobii dati in locazione, perch essi da un Iato sono ben ddonei a produrre un reddito autonomo (tant' che dall'unit immobiliare ntaH e beni strumentailattivit 1imprendiitoniale. Cos 1interpretato, 1l'a:rt. 40 non differ,isoe sostanziaJlmente, ndla sua essenza, dalla normativa dell'art. 72 del d.P.R. n. 645 del 1958, l'unica differenza consistendo nella necessaria strutturazione prevista nella normativa precedente 'e. non pi ;in quella attuale, de1J'.immobiile in modo tale da impedirne un'utilizzazione diversa, ma essendo comunque comune alle due normative l'accentuazione sulla destiJnaZJione fun:ZJionale dell'I.mmobile, che rimasta immutata; e :1a conseguenza di ci non pu essere che l'esolus,ione delle abitazioni date in :locazione daglii I.A.C.P. dal1a 'regolamentazione dell'art. 40 in esame, rposto che in detti !immobili l'Istituto .imprenditore non esoccita a1oum.a particolare attivdt (non potendosi ritenere 384 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tale -e soprattutto non potendosi ritenere esercitata nell'immobile la semplice .riscossione dei oanoIJJi di locazione) e non essendo dette abinaziioni occupate e uHLizzate dall"imprenditore, bens dai conduttori., terzii nisipetJto alll'impresa. In .altre parole, fa difforenza foa la normativa precedente e quella attuale sta nel fatto che, per poter essere sottoposto ail particolare regime di tassa2lione m esame, non neoesisario che d'mmoblle sia strutJturato d:n una determIIlata maniera, ben essendo apiphlcabhle tale regime di .tassazione 0!nche, ad es. ad una casa di abitazione appartenente ad un impvenditore ed utilizzata da questi rper installarvi li rpropI'I uffici commeroiahl, oppure ad un tooreno non strutturato IIl maniera. .p,a;mioolaJre, ma comunque u1'11izzato dal suo possessore per esercizio di negozio, ecc., essendo caratterdzzainte di .tali situazioni d'elemento, ad esse rtutte comune, dell'utJizzazione del bene non gi come produttivo di una rendita parassitaria di posizione, quale quella, in genere, propria dei fabbricati utilizzabili economicamente per la produzione di un reddito di locazione, bens come strumento di utilizzazione di fatto per d'espdetamento dell'attJiv1t Javorativa tipica de1l'eserci2lio de111impresa industriaile o commerciale, e il .oui reddito, di conseguenza, sia tassabile in quanto componente, attraverso d'utilizza2lione g>ratuita del bene da parte dell'.impren&tore, del reddito conseguente allo svolgimento deld'atmwt in tutto o iin paJrrte espHoota utilizzando direttamente fimmobHe. Poich, come gi detto, taM caratteri non sono ravvisabHi neg.Li immobiiLi dehla cui tassa2liane sd discute, da esdudersi, nel oaso di specie, l'appLicabiHt del:l'arit. 40 dcl d.P.R. n. 597 del 1973, e, canseguentemenrte, l la decisione Jmpugnata va cassata, con rinvdo ahla stessa Commd:ssione Centrale, che deoider tIIl conformit ai principi qUJi enll!l1aiati. (omissis) i i CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 febbraio 1982, n. 1270 -Pres. Miele Est. BattJimelli -P. M. La Valva (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Laporta) c. S.p.A. SABIB (avv. Coghlati Dezza). Tributi erariali diretti -Imposta sulle societ -Redditi da partecipazione di societ di capitali in societ di persone -Sono tassabili solo le somme effettivamente percepite a titolo di ripartizione. (art. 148 lett. d) e 135 lett. e) T.U. 29 gennaio 1958, n. 645). Nei riguardi della societ di capitali, socia in societ personale, concorrono a formare la base imponibile dell'imposta sulle societ le somme effettivamente percepite a titolo di ripartizione d-egli utili, e non anche gli utili che per una qualsiasi ragione non siano stati distribuiti. Pertanto, PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 385 quando l'utile corrispondente alla quota di partecipazione sia superiore alla somma effettivamente percepita solo questa. seconda che entra a ~~~porre .la base lmpontbile dell'imposta .. L'Uffioio imposte dirette dii Biella aCOOI11:, nei confronti della Societ p:a Societ A:ziionaria Beni IinmobiM Biella (S.A.B.I.B.), per gi1i esercizi dal 1957 al 1959, '1'impos:tla sulle societ nella misure idell'85 % del reddito acertato, (ai fini dell'imposta cli R.M., ct. B), nei confronti deHa Societ a.s. Figli di Domenico F.rocale , di cui la S.A.B.I.B. era sooia accomandante ne1la misura de11'85 % del capitale sociale. La S.A.B.I.B. ricorse alla Commissione Distrettuale, sostenendo di aver ricavato, per ciascuno dei due esercizi, utili nella misura di L. 68.000 in forza dei patti SOai;ali del1a societ in accomandita, secondo cui H SO % degli utili spettava ai soci accomandatari, il residuo; in misura non superiore 1ahl'8 % ai soci accomandanti in rapporto ahle rJspetropriet: in concreto, i1 socio vedr diminuire o aumentare i ridetti beni in compropriet ~ seconda dele varie fortune del centro di imputazione o dell' ordinamento coUettivo del quale egli fa parte. Come tutti sanno, iil patrimonio composto di beni materiali, di diritti e di obblighi; 11a contitolarit del patrimonio ,sociale comporta dunque che il socio, a seconda dei risultati dell'azione sociale, acquister o perder il condominio del bene ovvero acquister o perder diritti di credito (o assumer debiti, dei quald risponder in varia maniera, a seconda del grado deltla c.d. autonomia patr.imoniaile o della sua partecipazione aitl'azione collettiva). ALla fine .de1l'esercizio, che la legge vuole di regola annuaJle, si tireranno le somme cos che iJJ socio sapr esattamente quaLe sia il valore e l'esatta misura dei suoi diritti sul fondo comune; se ila gestione si sar chlusa in attivo, si sar formato un utile del quaile, appunto, hl socio contitolare. L'utile pu consistere in un bene o in un credito; se si tratta di un bene, il socio :pu dire di aver percepito queLl'utile, perch con ila chiusura deHa gestione cessa d'avere effetto quell'impegno contrattuale ,preclusivo ahla pdena disponibiJit del bene 388 PAR'l'B I, SBZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA a differenza di quanto pg:ev,isto per il tresfenimooto di quote di sciet a :responsabilit limitata; e cos pure fa liqUJi!dazione 1dii quota del socio recedente da societ di persone conside:riata come scioglimento ,dJi comunione e 1soggetto all'imposta graduale dii .divisione, mentire J'assegnaz.ione dii beni sooia!li agli azionisti di societ per azioni soggetta all'imposta di tlrasferimento. L'applicazione pi significativa di tale principio si rinviene, poi, nel disposto dell'art. 135, lettera e), del t.u. I.D. del 1958; per detta norma, ai fini dell'imposta complementare sul reddito, considerato componente del reddito complessivo quello derivante dalla partecipazione a societ di persone, in misura pari alla quota di partecipazione del contribuente a tale reddito, per il solo fatto che esso sia stato prodotto, mentre, per la partecipazione a societ di capitale, ai sensi della lettera d), dello stesso articolo, costituisce reddito tassabile solo quello percepito. La dii.versa normativa 11Jrova il suo fondamento nel fatto che per il diritto civiile le societ di persone sono p:riive di personailit giuridioa, con conseguente rapporto di contitolarit fra i singoli soci ed .il patrimonio sociale, s che esso si sostanzia in una sorta di propriet in mano co che fino a quel momento ha avuto v:igore: ora egili pu disporre, nei limiti della quota, del bene rappresentativo dell'utille, come qualunque comunista pu disporre della cosa comune nei limiti delila quota. Tra le cose materiali c' H denaro: evidente che lia compropriet di una somma di denaro costituisce una vicenda del tutto diversa da quella della compropriet di una cosa individua: infatti, avere ~a met di tot lire significa in realt essere esclus,ivo proprietario della somma di cui si tratta. E allora, quando Futile rappresentato da una somma di denaro, i:l socio ne acquista la piena ed esclusiva pvopriet man mano che l'utile si forma, salva appunto, 1a disponibilit (per quei ripetuti patti contenuti nel. contratto) a:l momento della chiusura del11'eseroizio, quando, peraltro, eseguiti i. conti, si avr esatta e definitiva nozione dell'ammontare della somma, J1a cui unica, esclusiva ed ormai incondizionata propriet d titolo a11a materiale apprensiop.e. Considerando infatti il fenomeno societario nel. momento dell'attivit, ci si avvede che Ia vita sociale scandita da un ritmo di periodicit annuaJe: ogni esercizio rappresenta, per cos dire, un pezzo di storia deilil'organizzazione. Sia fa le~ge civile che quella tributaria chiaramente indicano la rilevanza del~ esel'cizio, d1 regola annua1e, quale momento autonomo. Con riguardo, dunque, ahl'esercizio sociaJe a.nuale l'utile conseguito a'ppaire come il frutto o il risultato dell'azione: appare cio come quel lucro oggettivo ailla cui produzione tutta l'attivit . finalizzata. QuelJ'utile, che emerge in tutta 1a 'sua ,consistenza ail termine dell'esercizio, acquista, appunto qu\j1lie prodotto dell'attivit, una sua specifica . individualit: esso invero fuortesce per cos dire, dal ritmo produttivo .ed assume le sorti sue proprie, even tua1mente s,egnate dail contra,tto. Dunque mentre, dQrante ,J'esercizio, si hanno soltanto delJe entqtte e delle uscite, al termine dell'esercizio s.i ha l;uti:le (o la perdita);,. il l'isult;:tto economtco dell'attivit, cos cristallizzato, esce da:I ciclo produttivo perch inizia un nuovo eserci:l'ii.0;. ,ossia un altr,o e diverso .periodo di attivit che avr le PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 389 mune ed 11 ireddito delia societ si cOIIlstdera reddito dei sooi percepito da loro, in funzione della loro quota di partecipazione, nel momento stesso tl:n cui viene prodotto; al c01I1trario, per le societ dii capitale, forl11te di.persona1it giumdica, il patrimOD!io si appairt.ene a11a societ ed il reddito pu es.sere ,ffis,tmibuito :lra i soci solo a seguito di de1ibera dii ripartizione degli utili. Il :problema della tassahirlit nel caso di specie sorge iin fo["za :deHa formulazione dell'art. 148, lettera d), dello stesso T.U., disciplinante l'imposta .sulle societ, ed in forza del quale costi11Ulisoono ireddito iimponibhle le somme percepite a titolo di distriibuziOIIle o riipantiziOIIle degli ut>ili di sooiet di qualsiasi tipo; l'dnterpretazione di detta norma deve fa,risi tenendo presenti le ragioni della istituzione del'Li.mposta sulle societ, introdotta con fa legge 6 agosto 1954, n. 603, poi tirasfe:nita nel T.U. del 1958; La nuov1a imposta fu introdotta, infatti, peir eliminaire la sperequazione esist1ente, in materia di irilposta complemenmre, :lra Li. soci delle soc~et di ;persone, assoggettati ad imposta per fintero II'eddito ari a!l reddito netto 390 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO OOlendosi che il Teddito tassabile era cosHtuiito, fra i'1ailtm, dagil!. utili derivant da partecipazioni. Ne consegue che non dubbio che il legislatore con l'ampia formwla deH"a1Ilt. 148, lette.ria d), abbia dnteso far irifedmento allle somme comunque spettanti, e che ila parola .percepite debba mte:ripretarsi, in :relazione agli utili derivanti da societ di persone, nello stesso modo in cui formulata la disposizione de11',art. 135, tenendo conto dell'awtomaitica attribuzione degli utili ai soci di societ di persone, per la loro partecipazione diretta ed tlmmeooa1Ja ia tali utili, i chioo:iito, infatti, come piroprio ~a diversit di, for muiazione dehl'aTt. 135, lettere e) e d) del T.U., rispetto alla fonirl.uJazione dell'art 148; 1etteria d), sta a siignri.fioaire, non potendosi attribuire a man canza dj coordinamento fra le due norme, fa precisa -intenzione deil legi slatore di diifferen~iare a;presupposti per Ja detenninazione deHa basie im ci che invece non :pu accadere per le societ di persone ; ed aggiunge,. che tutta Ja normativa -riguardante le societ personaili contenuta nel _testo in esane-costituisce una riaffrmazione de] principio defila personalit dell'imposta a fronte de1foggettivdt del reddito. 7. -La legge 6 agosto 1954, n. 603 fu dunque approvata :in un contesto storico nel qua;le era pienalll'ente avvertita l'esigenza di tenere ben chiara, ai fini della detemninazione de1 momento dehla nascita del :reddito da partecipazione e dehla sua stessa commisurazione, la distinzione tra societ (partecipate) di persone e sOciet (partecipate) di capitali: appariva infatti che in quehle, mancando d!a personailit giuridica, il socio era contitolare del patrimonio; in que sie, iJ reddito del -socio si 'produceva solo con la deilibera di disttibu.zione (prima deHa quale si vedeva una meta aspettait1va, che una autorevole, ma isolata dott:rna delil'epoca si sbizzarr a def,inire inter.esse legittimo di diritto privato ): e cos id legislatOTe del 1954, nel suo art. 5 fott. d, distinse, qualii componenti del _reddito per l'imposta sulle societ, i dividendi dagli utili derivanti da pairtecipa2lione >>, con terminologia evidentemente tratta dahla .disciplina c~vilistica delle ,societ di capitaJ!i >>, e iiieL!e societ di persone . 8. --La tel)cdenza Jegislativa a distinguere i due fenomeni partecipativi si consolida con il T.U. ,1958, come si :ricordato a proposito de1I'art. 135; dunque, se si considera tale tendenza 1egis1ativa, la sua indubbia coerenza con il r:iuovo codice dvii~ del 1942 e 1a funzione deH'imposta deHe societ quale risulta da1la discipliina sua propria e soprattutto dahla logica che la sorregge quaile emerge anche dai lavori preparatori (sul punto da ricordare una memorabi'le Syntenza de!Je Sezioni Unite che definisce ['imposta come una complementare dela societ e non _disdegna la pittoresca sua configurazione di >, l'imposizione in ricchezza mobi1e dcll'utHe presso il socio non s'i eviterebb, perch il presupposto del tributo non dato da quella effettiva percezione, n da queHa materiale apprensione: invece dato dal provento derivante daihl'impiego del capitlre {rper il reddito
  • tro i soci correggano la presentata dichiarazione: siarriverebbe cos ad affermare che quel reddito maggiore, accertato presso Ja sooiet di persone partecipata, per la quota di spettanza del socio persona giuridica, non di nessuno: non del socio persona giuridica, perch questo non l'avrebbe materialmente percepito, n del socio persona fisica perch queUa quota non gli sarebbe stata messa a disposizione. N sembra pertinente H richiamo aL}a presunzione di veridicit del bilancio, contenuto neLla sentenza in rassegna, perch nei casi come quello in esame non si tratta di stabiiLire se .1a societ 'Partecipante abbia scritto il vero. ma invece Le si ilimputa di non aver tratto .la debita conseguenza dall'acoerta mento del suo reddito presso ila societ partecipata. ANTONIO PALATIELLO RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 400 buzione o 1ripartizione > con ci ,dimostrando di non dgnorrure dJ. processo di passaggio degli utili dalle societ ai soci, evidenziando il titolo ; ossia lo istrumento e Ja causa g1tlil11dica (de1ibera di distribuZlione o . approvazione del rendiconto) mediante il quaile i soci fanno ddTettamente proprio (ossia .ne acquistano la disponibilit -1come gi testualmeilite 1si esprimeva, a pr0posito dell'imposta complementare, l'art. 3 del r.d. n. 3062 del 1923) un 1reddito che fimo a quel momento, seppure in certii casi potesse considerarsi gi di loro spettanza, non si era comunque trasferito nella loro diretta possibilit di godimento, E in questi sensi, invero, devono nterpretarsi gli artt. 130 e 145 del t.u. del 1958, allorch ipotizzano, come presupposto delle due imposte, complementare e sulle societ, il possesso di un reddito, dovendosi escludere che l'espressione siia 1adoperata nel suo senso tecnico nel,J'ambito dei dirit'1li !I'eal!, e dovendosi ritenere che essa stia ad indicare la concreta disponibilit dehle somme costituenti iii ,reddito; 1s che del.tutto dnconferente potrebbe essere, in p:rposit-0, ogni considerazione sul possesso eserci1JabRe in modo diirertto o a mezw di detentore, trattandosi di distinzione che non ha senso in materia economdco-finanzriaria; D'altronde, come gi questa Corte ha avuto .pi volte occasione di ricordare, non solo a proposito del tema qui specificamente affrontato (ved. sentt. n. 3889/80 e n. 5785/80), ma anche. 'in vi!a generail~ (ved. seilitrt. n. 2953/77, n. 1877/78 e n. 2324/79), in materia di imposta .sulle societ ~l reddito 1imponibile, giusta quanto disposto daJ,l'art. 150 del t.u., qullo determinato sulla base delle :risultanze del bHanoio, per cUJi non .pu p!I'etendersi di tassare somme che non risultino ncll'attiivo del hi:lap.oio delle societ partecipanti, come percepite per effetto della partecipazione, a meno che U bilancio non venga impugnato con la procedura esprns,samente prevista, H che non dsu1ta essere avvenuta nel caso dd specie. Infine, per confutan; definitivamente 11a tesi secondo cui la tassazione in questione dovrebbe effettuarsi in conformit del principio generale contenuto nell'art. 135, lettera e), del t.u., va considerato che detta norma, piuttosto che indicatrice di un criterio generale di t,ag,sazione, ha natura del ,tutto peculiare, dovuta 'a .ragioni di politica 'tributar~a; va cons~derato, cio, che il legislatore delegato, nell'eseri::izio degl ampi poteri di petfezionamento e raziiona1izzazione dell'attivit dcll'Amministrazione neiltl'i:p: plicaziorte . dei tributi e .nell'accertamento dei redditi, conferitigili dai nn. 1)e 2) deWart. 63 legge n. 1 del 1958, ha tenuto presente fa neces,s:it di colpire comunque ocn impqsta complementare, o con imposta sulle societ, tutti. i redddti compilcessivi dei v01ri possdbili soggett di imposta; e pu perci r1teners,i che abbiia formulato fa particolare nOII'IDaHva delJ.' il:trt. 135, 1lettera e), per :hl fatto che 1'1imposta sul1e societ colpiiva soltanto le persone giuridiche e quella complementare 1soltanto le .persone fisiche, s cne, tiJn definitiva, sarebbero rimasti esenti da iimpos~ione com- I I I I I PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 401 plessiva i 111eddi1li di societ di persone; e pel'tanto ha t1nteso colpire queste ultime indi1rettamenrte, attraverso ~a diretta 1lassa7Jione dei soci, 1 colpendo il Teddito delile societ appena formatosi, t1ndipendentemente daihla sua distrubuZJione, reahlzZJando un'imposizione fondata su presunzione nei confronti dei soci persone fisiche, gli unici assoggettabili all'imposta 'complementare; e nei confronti dei quaili la rperoeZJione del rnddito sarebbe stata pi difficilmente accertabhle che non nei confu"onrt di soggetti tassiani in base a bii1arnoio ~hl. che stato puntualmoote ll'ipetuto, cnn 11 perseguimooto dello stesso risultiato, dal nuovo sfatema di tassaZJione unica del ,reddito, come realizzato dm materia di IRPEF ne11'art. 5 del D.P.R. n. 597 del 1973): ragioni, queste, di politica tributaria, che non sus1sistevano ,affatto nei confmntli ,dd soggetti gi direttamente tassati di per s, ossia delle ;persone giuridiche assoggettate all'imposta sulle societ. (omissis). 13 SEZIONE SETTIMA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI GIURISPRUDENZA IN MATERIA TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 23 marzo 1982 n. 11 -Pres. Tambur rino -Rel. Bile -Ministeri delle finanze e dei lavori pubblici (Avv. Stato Fiumara) c. Consorzio dei Cavi Litta ed Uniti (avv. G. Coronas e Morzillo). Acque -Concessione -Riconoscimento di antica utenza -Impugnazione del provvedimento ricognitivo -Termini -Imposizione e misura del canone -Operativit. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 3, ultimo comma). Il termine di sessanta giorni dalla notifica, assegnato per il ricorso ai tribunali delle acque contro i provvedimenti in materia di riconosci mento di antica utenza, riguarda anche le contestazioni sull'imposizione e la misura del canone, che, scaduto il termine, non possono perci farsi valere attraverso una domanda di restituzione (1). (Omissis) 1 -Con il primo motivo di appello le Amministrazioni insistono sull'eccezione di inammissibilit della domanda proposta dal Consorzio, ai sensi dell'art. 3, ultimo comma, r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775. I La censura fondata. La norma citata dispone che il ricorso ai Tribunali delle acque pubbliche contro i provvedimenti di riconoscimento di antiche utenze deve essere proposto nel termine di decadenza di sessanta giorni dalla I notificazione del provvedimento stesso. Nella specie il termine era ampiamente decorso, poich il riconoscimento dell'utenza rimonta al 1938 mentre il Tribunale stato adito nel 1964. La sentenza impugnata ha superato l'eccezione di decadenza ritenendo che la norma si applichi soltanto ai ricorsi concernenti l'accertamento del diritto, e non anche a quelli relativi all'imposizione ed alla misura del canone. La tesi non pu essere condivisa, in quanto il testo della norma non consente di distinguere fra un contenuto necessario (riconoscimento (1) Non consta dell!'esistenza di precedenti in termini; per applicazioqe dell'art. 3 uLt. comma del T.U. del 1933 cfr. Trib. 1 April.e 1965 n. 7 in Cons. Stato 1965, II, 169. un caso di Sup. Acque ~ I i l ! I I I PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE FD APPALTI PUBBLICI 403 dell'antica utenza) e un contenuto accessorio (imposizione del canone), per cui la previsione del 'termine di decadenza di cui all'art. 3, ultimo comma; citato si riferirebbe soltanto al primo e non anche al secondo aspetto del provvedimento. Ed inoltre nel caso in esame il provvedimento del 1938 conteneva anche la determinazione del canone in L. 9.267 annue: orbene il Consorzio si rivolto nel 1964 al Tribunale regionale per chiedere la dichiarazione di illegittimit di questa determinazione, e solo sul presupposto di una tale dichiarazione sarebbe stato del resto possibile proporre una domanda di restituzione della somma che si assumeva pagata in pi del dovuto. Pertanto, in accoglimento del primo motivo di appello, si deve ritenere inammissibile per intervenuta decadenza il ricorso introduttivo proposto dal Consorzio al Tribunale regionale delle acque. (Omissis) TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 23 marzo 1982 n. 12 -Pres. Tamburrino -Rel. Bile -Ambrogio (avv. Picotti e Morandini) c. Consorzio irriguo della Roggia Bassana (avv. Peroni e Pennella), Consorzio idrico del fiume Mella (avv. E. Romanelli e G. Coronas) e Ufficio del Genio civile di Brescia (Avv. Stato Carbone). Acque -Giudizio e procedimento -Dichiarazione di incompetenza del tribunale regionale -Mezzo di impugnazione . Appello al tribunale superiore Esclusione Regolamento necessario di competenza. (cod. proc. civ., art. 42). La sentenza con cui un tribunale regionale delle acque pubbliche declina la propria competenza non impugnabile con appello al Tribunale superiore, ma con ricorso alla Cassazione pr regolamento necessario di competenza (1). (Omissis) La sentenza del Tribunale regionale (che ha deciso sulla giurisdizione e sulla competenza) stata impugnata dall'appellante soltanto per quanto riguarda la dichiarazione di incompetenza, come risulta con assoluta chiarezza dalla lettura dell'atto di appello. (1) Nello stesso senso, Cass. 20 settembre 197'1 n. 2620, in Giust. civ. Mass. 1971, 1437 e Trib. Sup. Acque 21 lugldo 1972 n. 31, in Giust. civ. 1972, I, 14S2 e Cons. Stato 1972, II, 856. In argomento cfr. altres, P. VIITORIA, Statuizione sulla competenza e prosecuzione del giudizio, in questa Rassegna 1974, I, 737 e, in generale, swMa questione della applicabilit, al giudizio davanti ai tribunaili delle acque, degli isdtuti processuali configurati dal codice di rito del 1942, Cass. 14 dicembre 1981 n. 6591 e 29 ottobre 1981 n. 5693, in questa Rassegna 19&1, I, 547. 404 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Si pone quindi la questione -sulla quale 1'appellato insiste nelle proprie difese -del mezzo di impugnazione esperibile per ottenere il riesame delle statuizioni rese in tema di competenza dai tribunali delle acque. La tesi secondo cui in casi del genere la decisione del tribunale regionale soggetta (non all'appello del Tribunale superiore, ma) al ricorso alla Corte di cassazione per ottenere il regolamento necessario di competenza stata accolta da questo Tribunale superiore (con sentenza n. 31 del 1972). Essa fondata sul rilievo che le norme attributive alla Corte di cassazione del potere di regolare la competenza -per il loro carattere generale e per l'evidente esigenza della loro uniforme applicazione -devono essere osservate anohe nel procedimento dinanzi i tribunali delle acque, pur se il codice di procedura civile del 1865 (richiamato dal testo unico approvato con r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775) non conosceva l'istituto del regolamento di competenza: in questo senso si sono gi pronunziate le Sezioni unite della Corte di Cassazione (Cfr. sentenza n. 2620 del 1971). Si deve quindi concludere che la decisione del Tribunale regionale delle acque di Milano, dichiarativa della propria incompetenza sulla domanda proposta dall'Ambrogio contro i due Consorzi, avrebbe dovuto essere impugnata, per quanto attiene a tale dichiarazione di incompetenza, con ricorso alla Corte di cassazione ai sensi dell'art. 42 c.p.c. e non con appello al Tribunale superiore. (Omissis) TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 26 marzo 1982 n. 14 Pres. Cortesani Rel. Cortese Soc.r.l. Industrie Tessili SO.IN.TE. (avv. Salmaro e Lorenzoni) c. Magistrato del Po e altri (Avv. Stato Fiumara). Acque -Competenza e giurisdizione -Tribunale superiore delle acque e tribunali regionali -Delimitazione alveo fluviale -Controversie -Giurisdizione -Tribunali regionali. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 140, -lett. b e 143). In presenza di un atto di delimitazione dell'alveo di un fiume non pu configurarsi un interesse alla sua legittimit indipendente da una controversia sui risultati della delimitazione, controversia che rientra per nella giurisdizione dei tribunali regionali delle acque quali giudici ordinari e non in quella del Tribunale superiore giacch investe la titolarit di diritti soggettivi (1). (1) Sulla competenza dei tribunali dehle acque in materia di controversie <:oncernenti ~a ricomprensione o meno di zone di terreno nell'alveo, cfr. Trib. Sup. Acque 6 maggio 1980 n. l3 in questa Rassegna 1980, I, 862; Cass. 4 gennaio 1978 n. 13, in questa Rassegna 1978, I, 130. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 405 (Omissis) Occorre innanzitutto vagliare l'eccezione cli inammissibilit del ricorso per difetto di giurisdizione, formulata dalla difesa delle Amministrazioni resistenti. Essa fondata e va quindi accolta. Nella specie la SO.IN.TE pur dichiarando di aver proposto ricorso non al fine di tutelare il suo diritto dominicale sulla golena che il Magistrato del Po ha incluso, con l'impugnato atto di delimitazione, nell'alveo del fiume, in effetti ha dedotto in giudizio una situazione giuridica che non pu non esser qualificata come un diritto soggettivo perfetto. ben noto che secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale al fine della discriminazione della giurisdizione del giudice ordinario da quella del giudice amministrativo, non vale il criterio della prospettazione, rimessa alla volont del1a parte, bens quello attinente ,ana intrinseca natura della posizione soggettiva fatta valere ossia il principio detto del petitum sostanziale. A tal fine irrilevante la circostanza che sia stato emanato un atto cli delimitazione della zona demaniale, giacch, trattandosi cli demanio naturale, la demanialit dell'alveo trae origine dalla legge che la collega ad una situazione oggettiva della resistente. Sicch l'atto formale amministrativo non costituisce esplicazione cli un potere discrezionale autoritativo, e non idoneo a degradare, per motivi di pubblico interesse, il diritto ad interesse: esso ha effetti dichiarativi e non costitutivi. Pertanto quando anche la P.A. avesse illegittimamente nel demanio idrico compreso beni cli propriet privata, essa avrebbe agito in carenza assoluta cli potere, senza affievolire i diritti della SO.IN.TE. Del resto l'art. 140 lett. B) t.u. 1775 del 1933 include nella competenza del giudice ordinario specializzato (Tribunale Regionale delle Acque) le controversie sulla consistenza dell'alveo nonch quelle concernenti la qualificazione come alveo cli una determinata zona cli terreno, ovunque essa si trovi, e indipendentemente da qualsiasi atto o provvedimento amministrativo (Cass. II, 23 maggio 1962 n. 1178; Cass. II, 24 giugno 1959 n. 1996; 4 gennaio 1978 n. 13; T.S.A.P. n. 13 del 1966; n. 17 del 1965; n. 13 del 1980). N pu ipotizzarsi, in contrasto con il comune orientamento della Cassazione e del Consiglio di Stato, la giuridica possibilit cli far valere i diritti come interessi, giacch, quando non si produce affievolimento, il giudice competente nei confronti di un atto amministrativo sempre quello ordinario, ove pure l'atto sia in ipotesi nel contempo lesivo di norme dirette alla tutela del pubblico interesse. Resta infine da rilevare come non esista, in diritto positivo, per lo meno in casi come quello in esame, un diritto alla legittimit dell'azione amministrativa in capo al ricorrente. Ipotesi configurata da qualche studioso del passato che non ha trovato credito presso la dottrina recente n in giurisprudenza. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 406 Nei confronti dell'atto impugnato la Societ SO.IN.TE. vanta soltanto, per poter agire in giudizio, la sua qualit di proprietaria dei terreni, che il Magistrato del Po ha accertato soggiacere alla piena ordinaria del fiume. Non titolare quindi di altra situazione giuridica soggettiva qualificata che sia tutelabile innanzi a questo giudice, il quale deve pertanto dichiarare inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione. Neppure sussiste, innanzi al Tribunale Regionale delle Acque, il difetto di tutela famentato dal ricorrente: ovvero tale giudice, nelle materie di sua competenza, ha gli stessi poteri dell'autorit giudiziaria ordinaria, sicch, a norma dgli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 ali. E, oltre a conoscere della legittimit o meno degli atti amministrativi e ad accertare la lesione eventuale dei diritti vantati, ben pu emettere condanna ai danni quando ne ricorrano i presupposti (cfr. Sez. Un. 17 ottobre 1959 n. 2920). (Omissis) ! f f ip I l l i, 1 I I I I I I SEZIONE OTTAVA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI APPELLO DI GENOVA -Sezione za bis, 5 marzo 1981 n. 371 - Pres. Gregorini -Rel. Olivieri -App. Pongiglione Alberto ed altri Parte civile Ministero del Tesoro (avv. dello Stato Guicciardi). Reato -Reato valutario previsto dall'art. 2 legge 30 aprile 1976 n. 159 e successive modifiche -Propriet da parte di residente di azioni al portatore di societ estere e attraverso queste di azioni di societ italiane circolanti all'estero ed intestate alle societ estere -Omessa dichiarazione all'U.I.C. entro il 3 dicembre 1976 -Sussistenza. Reato -Reato valutario previsto dall'art. 2 legge 30 aprile 1976 n. 159 e successive modifiche -Propriet da parte di residente di azioni al portatore di societ estere e attraverso queste di azioni di societ italiane circolanti all'estero ed intestate alle societ estere -Pegno a favore di terzi gravante sulle azioni -Omessa dichiarazione all'U.I.C. entro il 3 dicembre 1976 -Sussistenza. Reato -Reato valutario previsto dall'art. 2 legge 30 aprile 1976 n. 159 e successive mocliiiche -Disponibilit all'estero superiori ai 15 milioni di lire -Reato aggravato e non figura autonoma di reato. Reato -Reato valutario previsto dall'art. 2 legge 30 aprile 1976 n. 159 e successive modifiche -Propriet da parte di residente di azioni al portatore di societ estere e attraverso queste di azioni cli societ italiane circolanti all'estero ed intestate alle societ estere -Omessa dichiarazione all'U.I.C. entro il 3 dicembre 1976 -Determinazione del valore delle attivit non dichiarate, al fine della irrogazione della pena pecuniaria, sulla base del capitale sociale -Legittimit. Reato -Reato valutario previsto dall'art. 2 legge 30 aprile 1976 n. 159 e successive modifiche -Confisca prevista dall'art. 1, ottavo comma, d.l. 4 marzo 1976 n. 31 -Inapplicabilit. Sussiste il reato previsto dall'art. 2 legge 30 aprile 1976 n. 159 e successive modifiche nell'ipotesi di propriet da parte di residente di azioni al portatore di societ estere e attraverso queste di azioni di societ italiane circolanti all'estero ed intestate alle societ estere, non dichiarate all'Ufficio Italiano Cambi entro il 3 dicembre 1976 (1). (1-5) Questioni in tema di reati valutari. La complessa vicenda sotto'posta a;l suo esame ha offerto alfa Corte di Appello di Genova illa possib1Mt di 1affrontare vari 1nteressanti e delicati problemi in materia pena:1e valutaria, su alcuni dei qua1i non risultano prece 408 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nell'ipotesi di propriet da parte di residente di azioni al portatore di societ estere e attraverso queste di azioni di societ italiane circolanti all'estero ed intestate alle societ estere, l'obbligo della dichiarazione all'Ufficio Jtalian'o Cambi entro il 3 dicembre 1976, previsto dall'art. 2 della legge 30 aprile 1976 n. 159 e successive modifiche, sussiste anche se le azioni siano gravate di pegno a favore di terzi (2). Il reato previsto dall'art. 2 legge 30 aprile 1976 n. 159 e successive modifiche, nell'ipotesi di attivit possedute all'estero per un valore superiore ai quindici milioni di lire, costituisce reato aggravato e non figura autonoma di reato (3). [,a determinazione del valore delle attivit possedute all'estero, e non dichiarate entro il 3 dicembre 1976, nella ipotesi di azioni al portatore di societ estere e attraverso queste di azioni, di societ italiane circolanti all'estero ed intestate alle societ estere, va effettuata, al fine della quantificazione della pena pecuniaria da irrogare, in base al capitale sociale (4). Nell'ipotesi di condanna per il reato previsto dall'art. 2 legge 30 aprile 1976 n. 159 e successive modifiche, non applicabile la confisca prevista dall'art. 1, ottavo comma, del D.L. 4 marza 1976 n. 31 (5). (Omissis) In via preliminare si deve accennare, per completezza di tratt:azione, ad una questione, sorta e risolta gi nel giudizio di I grado: quella concernente la legittimit del giudizio direttissimo previsto dall'art. 1 d.l. 4 marzo 1976 n. 31 in ordine ai reati, come quello oggetto del presente giudizio, di omessa dichiarazione di disponibilit all'estero ai sensi dell'art. 2 legge n. 159 del 1976 e successive modifiche. Come gi detto in narrativa, il Pubblico Ministero ha adottato il rito direttissimo per il .giudizio di I grado del presente .procedimento. La eccezione sollevata a suo tempo dalla difesa degli imputati stata respinta dal Tribunale con ordinanza avverso la quale stata fatta riserva di impugnazione. Non ignora la Corte il contrasto giurisprudenziale, da parte anche del Supremo Collegio, sul problema. In alcune decisioni stato ritenuto denti g;iurisprudenzia1H: ammissibiilit del rito direttissimo nel caso di contestazione del reato prewsto daLl'art. 2 legge 30 aprile 1976 n. 159 e successive modifiche; legittimit costituzionale delle norme valutarie penali in :r'elazione al Trattato C.E.E.; determinazione del valore dehle azioni esterovestite ai fini dehla irrogazione de1}a pena pecuniaria; sussistenza di figura autonoma di reato o di reato aggravato nell'ipotesi di possesso all'estero di disponibilit valutarie o di attivit di valore superiore ai quindioi milioni; app1foabi1it della con~isca prevista dall'ottavo comma dell'art. 1 del D.L. 4 marzo 1976, n. 31, quailora sia stato contestato e ritenuto sussistente i~ reato '.previsto dall'art. 2 legge 30 aprHe 1976 n. 159 e successive modifiche. Quanto a.I problema deUa applicab1lit del 11ito direttissimo nella ipotesi in cui sia contestato H reato previsto dall'art. 2 legge 30 aprhle 1976 n. 159 e PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 409 che il giudizio direttissimo non sia applicabile ai reati previsti dall'art. 2 della citata Legge del 1976 n. 159 e successive modifiche, ostandovi la sistematica delle norme. Invero l'art. 2 legge 159 del 1976, e pi ancora l'art. 2 della citata le~ge 689 del 1976, prevedono ipotesi di reato nuove rispetto a quelle introdotte da d.1. n. 31 del 4 marzo 1976 e sistematicamente inserite al di fuori di esse, con sanzioni e senza far richiamo espresso alla forma di giudizio previsto dal primo. d.l. In altre sentenze -pi numerose e pi recenti -per la verit stato sostenuto che la norma processuale introdotta dall'art. 1 d.l. n. 31 del 1976 si estende a tutti i casi di violazione della legge valutaria configurati anche con .successive disposizioni legislative, dovendosi ritenere che tutte le leggi valutarie formino un corpo unico. Grazie a questa teoria -chiamata dall'accorpamento -le norme ritenute di carattere generale previste dal I provvedimento legislativo, vengono estese a tutta la materia. Tuttavia, per il presente procedimento la Corte ritiene di non dover pronunciare sulla questione. Infatti manca da parte degli appellanti uno specifico e sostanziale motivo di doglianza sul punto. Soltanto la Difesa di Alberto Pongiglione e manca Salvi ha introdotto, nei suoi motivi di gravame, una generica doglianza in ordine al rito adottato nel giudizio di I grado. Ta:le accennata lamentela non appare rivolta a provocare la dichiarazione di nullit del primo giudizio bens sembra diretta al di sopra delle dispute di carattere teorico a censurare asserite manchevolezze della istruttoria dibattimentale ed a sostenere la richiesta -avanzata da tutti gli appellanti -di rinnovazione del dibattimento in questa fase di appello allo scopo di consentire le acquisizioni probatorie ritenute necessarie. La Corte ha acceduto alla istanza di rinnovazione del dibattimento e la questione appare pertanto superata. Ed invero tale superamento successive modifiche, 1a Corte di Appe1lo di Genova non prende posizione, avendo ritenuto superata la questione a seguito della rinnovazione del dibat1Jimento per consentire le acquisizioni probatorie richieste dalla difesa al fine di co1mare manchevo1ezze de1'1a .istruzione dibattimentale svoltasi in primo grado. Prima, per, di pervenire a ta1e conolrusione, la Corte di Appelilo accenna agili orientamenti non uniformi espressi daJ SU!premo Collegio. Invero, con pronunzia del 26 settembre 1978 (Cass. sez. pen., imp. Calta girone in Foro it. 1980, II, 46), la Suprema Corte si espressa nel senso dehla inappillicabii1it del rito diI'ettissimo al reato di omesso r.ientro di capitali posseduti l!J1l'.estero, mentre, riesaminando approfonditamente il problema, con successiva pronunzia del 13 dicembre 1978 della I seZJione, est. Bertoni, imp. 410 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO risultato anche nella discussione finale, nella quale nessuna delle difese ha trattato l'argomento della regolarit, nel caso, del giudizio direttissimo adottato in prime cure. * * ..: In sede di discussione finale la difesa di Bianca Salvi ed Alberto Pongiglione ha eccepito la illegittimit costituzionale delle norme penali valutarie emanate nell"anno 1976 per asserito contrasto con !'.articolo 10 della Costituzione che impone al legislatore di confermarsi alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute. Secondo il difensore le norme internazionali violate, sono queHe del trattato cosiddetto di Roma, istitutivo della Comunit Economica Europea e contenente l'obbligo per i contraenti di non emanare disposizioni limitatrici della libera circolazione dei capitali all'interno della Comunit. La Corte ritiene che 1a sollevata questione sia priva di valido fondizioni perci e quelle dei provvedimenti successivi non possono .essere tenute distinte ai :6ini della loro interpretazione, come se costituissero separati col'pi normativi, sia pul'e re1ativi alla stessa materia, ma vanno invece ~ette, in successione llogica e non meramente temporale, come se facessero parte PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 411 erano disponibilit esistenti nella confederazione elvetica e nel Principato del Liechtenstein, cio in Paesi che non fanno parte della Comunit Europea. Responsabilit degli imputati Alberto Pongiglione, Bianca Salvi e Vincenza Pongiglione. il punto focale del processo. Si tratta di stabilire se detti imputati fossero, alla data del 19 novembre 1976, proprietari deHe azioni al portatore della societ di Vaduz elencate nei capi di imputazione, e attraverso di queste, delle azioni delle societ italiane circolanti all'estero ed intestate a quella di Vaduz. Se la risposta al quesito positiva, si deve conseguentemente ritenere che i Pongiglione avessero l'obbligo di compiere la dichiarazione prevista, appunto per le disponibilit finanziarie all'estero, dalle leggi 159 e 689 del 1976. Al detto quesito la Corte ritiene debba darsi, con sicurezza, risposta affermativa. Dagli atti del processo emerge con chiarezza che i Pongiglione erano i proprietari delle azioni delle societ del Liechtenstein. Tanto risulta aUa Corte in modo assai pi chiaro di quanto non sia risultato al Tribunale, e ci per una diversa valutazione dei documenti acquisiti agli atti e per le risultanze della compiuta rinnovazione del dibattimento in sede di appello. -Elemento base per la decisione la famosa scrittura del 2 febbraio 1976. (Omissis) stato provato che le azioni delle Societ di Vaduz erano costituite in pegno presso la societ FINAC a garanzia dei prestiti da questa accordati a Pongiglione Alberto. Tanto emerso dalla scrittura del 2 febbraio 1976, dalle deposizioni dei testi escussi, proprio al riguardo, in sede di rinnovato dibattimento anche formalmente, di un medesimo testo. Lo stesso legislatore, con le connessioni e d collegamenti che si sono prima :iililustrati, ha dimostrato come la sua volont fosse proprio quella di creare, attraverso modifiche aggiunte e successive stratificazioni un corpo normativo unitario, inteso nel suo complesso (come fu Sottolineato dal Governo durante uno dei dibattiti parlamentari) per impedire ['esportazione di capitali all'estero, effettuare una ricognizione del patrimonio dei citta:dini italiani ivi costituitosi, fadl:itare d1 rientro di cap~tai1i, rinaZJionailizzare beni siti in Italia fittiziamente 1ntestati a nom1nativ:i esteri . SU!Ha questione, essendo stata riproposta dagli imputati nel ricorso avverso fa sentenza annotata, Ja Suprema Corte dovr nuovamente pronunziarsi. Comunque, ne1 frattempo, a seguito dd ordinanza del giudice ~struttore del Tribunale di Prato del 10 marzo 1981, stata investita del probJJema !La RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEILO STATO 412 in appello, dalla documentazione bancaria e contabile prodotta dagli imputati Walser e Zullig ed infine dalla perizia, effettuata per conto della FINAC, dai commercialisti Pozzo e Tedeschi e versata negli atti del processo, nella quale, sulla base dell'esame dalla contabilit della Societ, stata documentata la realt del credito di queste ultime. La legge sopra dichiarata recita testualmente: chiunque... possiede all'estero, direttamente od indirettamente, disponibilit valutarie od attivit di qualsiasi genere costituite anteriormente al 6 marzo 1976... tenuto... a farne dichiarazione... . Si pone il problema se i Pongiglione possedessero le disponibilit od attiv:it che avevano costituito in pegno e se, quindi fossero o meno tenuti alla dichiarazione. Infatti, la difesa dei Pongiglione ha sostenuto che il possesso delle attivit era della FINAC che le aveva in pegno. La Corte ritiene invece che il possesso, nel senso inteso dalla legge valutaria, fosse, nonostante fa sussistenza del pegno, in capo ai Pongiglione e che quindi, questi avessero l'obbligo di fare la dichiarazione entro il termine stabilito dall'art. 2 della legge sopra dichiarata. E noto, infatti, che il concetto di possesso, proprio della dottrina civilistica, assume nel Diritto Penale un significato ed un contenuto tutto particolare in relazione alle speciali esigenze di questo ramo di diritto. Inoltre nel caso della Legislazione valutaria il termine possesso deve essere riguardato in un senso ancor pi particolare, attese le speciali finalit di essa. La legge 689 del 1976, all'art. 2, prevede il possesso, sia diretto sia indiretto, delle disponibilit ed attivit, ed un caso di possesso indiretto appunto quello del titolare che possiede attraverso il creditore pignoratizio, il possesso del quale ultimo risulta affievolito. Nella stessa disposizione viene previsto il possesso di attivit trasferibile -e per converso di attivit intrasferibili -prevedendo per le Corte Cos,tituziionale, avendo detto giudice ritenuto l'obbligatoriet del giudizio direttffis,simo soltanto per i deILtti di esportazione il1ecita di valuta e di costituzione iihledta di disponibllit valutaria ahl'estero, e ravvisato, nella diversa disci'p]ina prooes.suale, una disparit di trattamento tra queste ipotes~ delittuose e que11e di omessa dichiarazione e reimportazione di disponibilit possedute all'estero, rispetto ai principi generali del processo e in termini di lesione del principio di 11azionalit e di uguagli:anza pi che in termini di lesione del diritto di difesa >>, stante l'identit della materia e della obiettivit giuridica dei reati penali valutari. Quanto aHa asserita iillegittimit costituzionale della normativ;a penaJe valutaria, per contrasto con i~ Trattato di Roma dstitutivo deHa e.E.E., la Corte di Genova ha ritenuto inammissibiJe la questione sollevata per difetto l i ! ' i l I I i l ! tfit. - PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 413 prime tutta una serie di adempimenti per provocare il loro rientro in Italia. Nel primo comma dell'art. 2 stabi:lito l'obbligo della dichiarazione per il caso di possesso, diretto od indiretto, di attivit e nei commi successivi viene disdplinato il rientro delle attivit trasferibili possedute. Si deve pertanto concludere che il possesso del primo comma pu riguardare tanto attivit trasferibili quanto attivit non trasferibili. La intrasferibilit stata collegata, in talune circolari amministrative, esclusivamente a vincoli pubblicistici quali ad esempio divieti imposti dalla legislazione estera, provvedimenti giudiziari e ogni altro vincolo che possa essere ricondotto al factum principis , Ma tale limitazione, non , ad avviso della Corte fondata, perch tra i vincctli che rendono intrasferibile in Italia l'attivit all'estero, ben possono rientrare anche quelli di Diritto Privato dipendenti dalla volont delle parti come appunto la costituzione del pegno. La difesa della parte civile ha insistito sulla natura integrativa delle circolari" ministeriali (nella specie la circolare A345 emessa dall'Ufficio Italiano dei Cambi in data 11 novembre 1976) rispetto alla norma di legge. Tale assunto non pu essere condiviso dalla Corte: infatti il potere delle circolari ministeriali di dntegrare le norme legislative deve essere limitato ai rchiami che di tali circolari fa la legge, e la legge nel caso in esame, rimanda alle disposizioni dell'Ufficio dei Cambi soltanto per la determinazione delle modalit con cui dovranno essere adempiuti gli obblighi da essa imposti. In sostanza l'Ufficio dei Cambi pu soltanto stabilire le modalit di carattere esecutivo necessarie per il compimento delle procedure indicate dalla legge e non assolutamente pensabile che di fronte ad una norma incriminatrice di una determinata condotta, provvedimenti di natura meramente amministrativa possano creare ambiti di punibilit o non punibilit. d rilevanza, atteso che J.e disponibilit finanziarie che dovevano essere dichiarate all'U.IiC. nel termine della legge previsto, erano disponibilit esistenti nel Liechtenstein do in paese che non fa parte del.!la Comunit Economica Europea. Comunque, a seguito dehl.a pronuncia 11 11Jovembre 1981 de11a Corte di Giustizia de11e Comunit Europee (in Foro it. 1982, col. 73, parte relativa a:lla giurisprudenza comunitaria e straniera) la compatibilit della normativa valutaria penaile con il Trattato e.E.E. non sembra possa essere revocata in dubbio. Ritiene inoltre la Corte di Appel[o di Genova che, qualora iii valore delle disponibilit vailutaTie o delle attivit costituite all'estero e non clichiarnte all1Jfficio Italiano dei Cambi nel termine previsto, superi i quindicimiJ.ion1 di 111re, si in presenza di una circostanza aggravante (con la conseguente RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 414 Chiarita in tal senso la portata della nonna di cui all'art. 2 della legge 689 dci 1976 nel senso cio, che il possesso, del quale obbligatorio fare denuncia, pu riguardare anche attivit intrasferibili per la sussistenza 1di vincoli privatistici, ne deriva che i Pongiglione dovevano provvedere alla dichiarazione entro il 3 dicembre 1976 della loro propriet delle azioni delle societ di Vaduz ancorch depositate in pegno presso la FINAC. Infatti la legge valutaria non mira soltanto a far rientrare in Italia le disponibilit che i cittadini italiani hanno all'estero, ma vuole anche, come chiaramente risulta dai lavori preparatori, censire queste dispo nibilit. Non pensabile che ogni qualvolta sussista, su tali disponibilit, un vincolo, che potrebbe anche essere di natura privatistica e volontaria, il titolare della disponibilit possa omettere la dichiarazione. E ci anche al fine di evitare pattuizioni simulate e miranti ad elu dere il comando legislativo. La sussistenza del vincolo pu rendere intrasferibile la disponibilit, ma non esime daH'obbligo .della dichiarazione che previsto dal primo comma dell'art. 2 della Legge 689/76 e che riguarda, ripetesi, il possesso sia di attivit trasferibili sia di attivit intrasferibili. l L'art. 2 della legge 8 ottobre 1976 n. 689 nello stabilire le sanzioni per i casi di inosservanza, prevede la multa fino a Lire 500.000, ovvero se la violazione si riferisce ad attivit o disponibilit di valore superiore a 15 milioni di lire, con la reclusione da uno a sei anni e con la multa fino al quadruplo del predetto valore . Sorge, quindi il problema di stabilire se, allorquando il valore della I disponibilit od attivit non dichiarate superi i 15 milioni di lire, si sia in presenza di un reato aggravato oppure di una figura autonoma di reato. La Corte ritiene che si tratti di una ipotesi aggravata. Infatti in ambedue i casi -inferiorit o superiorit all'importo di lire 15 milioni l'nica differenza di mera quantit. possibilit del giudizio di comparazione tra 1a aggravante ed eventuaili aittenuanti) e non di una figura autonoma di reato. Non sembra che rassunto possa essere condiviso. Come stato rilevato in una sentenza che sar pubb1icata in un prossimo numero l'inteJ:'.pret32ione delila legge deve essere effettuata sulla base , dei due canoni previsti dai1l'art. 12 de11e disposizioni sulla legge in generale: fil significato proprio de11e parolie secondo la connessione di esse e l'intenzione del legislatore. Costituisce pertanto inaccettabiJ.e petizione ,di principio il ritenere in ogni caso elemento aggravante e non specializzante l'entit del valore dei beni prescindendo daLl'applic~one dei canoni obbligatori nell'interpretazione delJa PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 415 Tutti gli elementi dell'una ipotesi sono presenti nell'altra con la sola variante quantitativa. In altre. parole l'elemento specializzante della fattispecie non comporta alcuna variazione dei dati essenziali della sua tipica conformazione, tutti presenti nell'ipotesi pi rigorosamente punita, ma soltanto una variazione quantitativa della lesione del bene protetto in ragione della concreta entit del pregiudizio, che, dal fatto, potrebbe derivare alla economia nazionale. La previsione di una pena autonoma per il caso del superamento del valore di 15 milioni non certo di ostacolo per ritenere l'ipotesi di un reato aggravato. Nel Diritto Penale non sono pochi i casi in cui la figura aggravata di reato comporta una sanzione autonoma del tutto svincolata, sia sotto il profilo dell'entit . e talvolta anche della qualit, da quella prevista per il reato semplice. sufficiente pensare al caso della rissa nel cpv., dell'art. 588 C.P., nel quale vi addirittura variazione del bene protetto; alle varie aggra vanti del furto previsto nell'ag:t 625 cip., soltanto per citare i casi pi noti e pi semplici. Ne pu seguirsi, ad avviso della Corte, la argomentazione -svolta dalla difesa delle costituite parti civili -che la formulazione della legge non consente di stabilire, se nel caso pi gravemente punito si tratti di una aggravante rispetto al reato base o se invece nell'ipotesi pi lieve. mente punita si abbia una forma attenuata del reato base. Basta la lettura del testo di legge per potere identificare con chia rezza il reato base e la sua figura aggravata nel caso del supemmento del valore di 15 milioni. Per concludere, si osserva ancora che il testo dell'art. 2 della Legge 869 del 1976 simile a quello della primitiva formulazione dell'art. 1 d.l. 4 marzo 1976 comma 4 nel quale si sempre ravvisata, nell'ipotesi pi gravemente punita, la ricorrenza di una circostanza aggravante. Fu proprio per evitare le conseguenze di tale considerazione che il legislatore, nella successiva legislazione penale valutaria, ha modificato legge. Tale rilievo assume particolare riilevanza in relazione al testo legislativo in esame. Invero, con riguardo al significato proprio delle parole, ovvero,. con giunzione che serve ad opporre al discorso !>recedente ed sinonimo di o al contrario '" o invece . La norma in esame pu e deve pertanto essere 1letta in questa formulazione:. Chi non osserva le prescrizioni stesse punito con la multa fino a 1Ure 500 mila o al contrario, se '1a violazione si riferisce a dispo nibilit o attivit di vailore superiore a 115 milioni di lire, con la reclusione da uno a sei anni e con 1a multa fino al quadruplo del predetto valore . Appare quindi evidente che il maggior valore, superiore ai 15 miilioni,. si .pone come elemento in opposizione a quello inferiore ai 15 milioni e pertanto RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 416 la norma dell'art. 1 d.l. citato, nel senso di prevedere, capovolgendo i termini della questione, una figura base di reato ed una forma attenuata dello stesso, punita con pena .indipendente pi lieve. Pertanto, la Corte ritiene che i Pongiglione debbano rispondere di una forma aggravata di reato. * * * (omissis) Come s1 e g1a detto, la posizione individuale di ognuno dei singoli imputati, deve essere differenziata ai sensi dell'art. 133 -c.p., relativamente. alla entit della sanzione. A tale scopo necessario stabilire il valore deHe attivit non dichiarate perch sulla base di tale valore deve essere graduata la pena. Il Tribunale ha, soltanto in parte, individuato esattamente il criterio per giungere alla valutazione delle disponibilit non dichiarate e cio ha visto giusto quando ha affermato ehe i capita.ii delle societ italiane, eccezion fatta, naturalmente, per un caso della societ proprietaria della cosiddetta Badia di San Giuliano in Genova intestata alla societ Halwil, la quale sempre stata esterovestita. Per altro, nell'ulteriore modo di procedere, il Tribunale non pu essere seguito dalla Corte. I primi giudici, infatti -respinta la tesi pi rigoristica del Pubblico Ministero che voleva si tenesse conto, nella valutazione, solamente delle poste attive senza considerare quelle passive -hanno valutato le societ, depurando l'attivo dal passivo, basandosi su alcune perizie extra giudiziali effettuate ad iniziativa delle Banche finanziatrici, e sempre considerando a parte il caso dell'Abbadia di San Giufiano acquistata per Lire 230 milioni, e della Societ ILVA il cui sequestro stato convertito in quello della somma di Lire 5 milioni. Contro tale modo di procedere, hanno reagito tutti gli imputati nei loro motivi di gravame lamentando la inattendibilit delle perizie private, effettuate per finalit diverse e fra loro anche discordanti e quindi sospette di sopravalutare o sottovalutare i singoli fattori. di piena mlevanza ai fini di una specifica caraitterizzazione della fattispecie criminosa. D'aiJitra '.Parte l'enorme divario di pena esistente tra la prima ipotesi -multa fino a 500 mila Lire -e la seconda -reclusione da uno a sei anni e multa fino al quadruplo del valore dei beni -costituisce elemento univocamente sdntomatico della volont del legislatore di una diversa punizione tra fattispecie criminose essenziadmente diversificate tra loro proprio in relazione alla diversa entit della lesione cagionata all'economia nazionale. Sw1a effettiva intenzione del legislatore depone anche un altro ordine di considerazioni: l'art. 2 deLla legge n. 863/1976 ha modificato la discipHna dellle sanzioni quale prevista nel precedente art. 1 d.l. n. 31/1976 per i reati di iiNedta esportazione ed dllecita costituzione di attivit all'estero; per Il reato PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 417 Gli imputati hanno anche ravvisato, nel modo di procedere del Tribunale, la lesione dei diritti della difesa, per avere fatto ricorso, su un punto cos importante, come quello della valutazione della societ, che costituisce la base per l'ammontare della sanzione pecuniaria da irrogare, ad atti non assunti nel processo, ma acquisiti dall'esterno come meri fatti storici da valutarsi liberamente, ed hanno chiesto a questa Corte di espletare, in sede di rinnovazione di dibattimento, i necessari accertamenti peritali per giungere alla esatta valutazione delle Societ. La Corte non ha acceduto, sul punto, alla richiesta rinnovazione del dibattimento, e ritiene di adottare, ai fini in esame, un criterio che rende superfluo l'accertamento peritale richiesto dalla difesa degli imputati. La Corte ritiene, infatti, che, contrariamente all'assunto del Tribunale, per la determinazione sicura del valore della societ, debba farsi riferimento al loro capitale sociale. Questo appare come elemento sicuro di valutazione perch riflette il valore minimo da attribuirsi con sicurezza alle societ. Con tale criterio che evidentemente il pi favorevole agli imputati, si superano tutti i possibili dubbi circa la rispondenza alla realt di accertamenti demandati a periti, i quali risentono in ogni caso di elementi di carattere soggettivo. Infatti anche le perizie stragiudiziali acquisite dal Tribunale non sono fra loro concordanti e differiscono l'una dall'altra in misura assai notevole. Tanto premesso, la Corte osserva che il capitale sociale esterovestito presente nella societ San Gallo che ha incorporato quasi tutte le altre, ammonta a Lire 871 milioni (Lire 475 milioni intestati alla SHIL di Vaduz e Lire 396 milioni alla ILMAR di Vaduz). La Badia di San Giuliano, interamente intestata alla Societ HALWJL di Vaduz, stata pagata Lire 230 milioni e tale pu essere ritenuto il valore della societ proprietaria che, a quanto risulta, possiede soltanto questo bene. base in ogni ooso prevista la pena della reclusione da 1 a 6 anni e della roulita dal doppio al quadruplo dei beni; se fil vail:ore dei beni non supera i 5 miMoni la pena deHa multa dalla met al triplo. La dottrina e la giurisprudenza (v. sentenza della Cass. sez. III 7-XI-1979 d:n Giust. pen. 1980, II, 333) concordano nel ritenere che, in virt di tale modifica ~egis'1ativa, il valore dei beni abbia pel.'duto hl ruolo di elemento circostanziante ed assunto quello di base per ,Ja determinazione della multa congiunta dn ogni caso al:la reclusdone. Quello che importa rilevare in questa 1sede l'opinione comune, sia in dottrina che in giurisprudenza, che fil legislatore sia stato indotto a quella modifica proprio per opporsi all'orientamento giurisprudenziale, affermatosi nel vigore della precedente normativa, che consentiva il giudizio di compa 14 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 418 La Societ ILVA stata valutata, in sede di trasformazione del suo sequestro, in Lire 5 milioni, e tale valore pu essere accettato. Per la Immobiliare Ettore Vernazza, H capitale sociale esterovestito -intestato alla PRIVEST A.G. di Vaduz - di Lire 80 milioni (vedasi foglio n. 13 del rapporto principale della Guardia di Finanza). Il totale quindi dei capitali esterovestiti e non dichiarati riconducibile ai Pongiglione di Lire 1 miliardo e 186 milioni (1.186.000.000). Secondo i dati processuali acquisiti e in precedenza illustrati, tale capitale esterovestito va scritto ai singoli imputati nella ben nota proporzione e cio: per il 45 % ad Alberto Pongiglione per il 45 % a Bianca Salvi in Pongiglione e per il 10 % a Vincenzo Pongiglione. (omissis) * * * ti quello della confisca uno degli argomenti pi dibattuti del presente procedimento e sul quale si sono cimentate in modo particolare le difese degli imputati. Particolare importanza assume questo problema nel presente processo, per la grande massa di beni che dovrebbero cadere sotto H provvedimento di confisca o rimanerne fuori. L'impugnata sentenza ha disposto: .la confisca delle azioni delle Societ San Gallo, Ettore Vernazza e Immobiliare Corte possedute dalle Societ SIHL, ILMAR, PRIVEST, FOTEMA e ANSTALT SPONSOR, disponendo l'annotazione di tale provvedimento sul libro dei soci delle predette societ nonch lra confisca dei beni -immobili iin sequestro penale e della somma di Lire 5 milioni in cui stato convertito il sequestro effettuato nei confronti della Societ ILVA . Sono stati quindi confiscati tutti i beni costituenti il patrimonio delle societ. Come si gi detto, la reazione avverso tale pronuncia del Tribunale stata unanime e vivace da parte della difesa di tutti gli imputati. Il Tribunale ha ritenuto la legittimit della confisca argomentando che ai reati previsti daH'art. 2 della legge 159/76, modificato poi dal- razione tra le attenuanti e l'aggravante del valore superiore ai cinque miJiioni; il che sostanziailmente equivale a riconoscere che, anche in precedenza, l'intenzione del legislatore era quehla di considerare fil reato pi grave come fattispecie a se stante. La considerazione assume tanto maggior rilievo se si Hen presente che la norma che stiamo esaminando ( Chi non osserva... ovvero... ) stata emanata in una data (ottobre) di poco anteriore a quella (dicembre) de11a norma ritenuta innovatrice. Da condividevsi invece quanto osserva la sentenza che si annota in 011dine al1a sussistenza .del reato ~reV11sto dall'art. 2 della :legge 30.4.1976 n. 159, sostituito da1'1'art. 3 delWa legge 8 ottobre 1976 n. 689 e integrato dall'art. 3 della legge 23 dicembre 1976 n. 863, anche nella itmtesi in cui i~ possesso, del qua:le obbligatol'io fare denuncia, riguardi attivit intrasferibili per Ja sussi PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 419 l'art. 2 della legge n. 689/76, vada estesa la disposizione, sul punto, del l'art. 1 d.l. 4 marzo 1976 n. 31. Il Tribunale ha cos accolto la teoria dell'accorpamento delle leggi valutarie emanate nel 1976, che costituirebbero un tutto unico e porterebbe ad applicare le disposizioni di carattere generale e contenute nel primo provvedimento a tutti i casi di illecito valutario anche se, successivamente introdotto con separata disposizione. I primi giudici hanno anche ritenuto che la norma sulla confisca prevista dalla norma sopra citata deroghi interamente alle disposizioni generali previste dall'art. 240 c.p. sia nella parte in cui questo rende la confisca facoltativa sia nella parte che contempla la salvaguardia dei diritti dei terzi. Hanno poi ritenuto, con una serie di argomentazioni, che non il caso qui di riportare, di superare il problema rappresentato dalla personalit giuridica, distinta da quella degli imputati, delle societ proprietarie dei beni nonch i richiami gi contenuti in una pronuncia della suprema Corte di Cassazione che ha deciso un incidente di esecuzione sollevato in ordine al sequestro dei beni poi confiscati e nella quale erano contenuti chiari richiami ai limiti della confisca prevista dalla legge valutaria ed ai rapporti con la norma prevista dall'art. 240 c.p. (Sent. Cass. n. 4452 del 13 aprile 1979). Il Tribunale ha poi anche ritenuto, ma in via subordinata, che la disposta confisca possa discendere dall'art. 240 c.p. Nella sentenza 'impugnata infatti si legge che in ordine alla confisca: potrebbe pur sempre farsi ricorso all'applicazione dell'art. 240 c.p.: infatti le societ servirono" per la commissione del reato e non certo a loro insaputa, perch la volont e l'operato della persona giuridica sono costituite in concreto dalla volont e dall'operato delle persone che concretamente decidono per essa , E pi oltre: le varie societ... furono costituite allo scopo... di porre in essere, una grossa operazione di evasione fiscale con il cui ricavato era intendimento degli imputati di rea stenza di vincoli privatistici, e ci soprattutto in relazione aJJla ratio della normativa vailutaria che ha inteso non solo fare rientrare in Itailia le disponibii1it che i cittadini italiani avevano ai11'estero, ma anche censire dette disponibilit, come fatto palese dai lavori parlamentari (v. il brano sopra riportato deL1a pronunzia 13 ottobre 1978 della Suprema Corte; Di Amato, La disciplina penale delle infrazioni vailutarie, in Giust. pen. 1977, 1, 289; Malinverni, Reati vailutari, Giuffr 1978, pag. 8; Di Stefano, Lineamenti del sistema vailutario dtaHano, Giuffr 1980, pagg. 455 e segg.). La Corte di Appello di Genova, infine, andando in contrario avviso del T1ribunale, ha escluso la possibilit della confisca dehle azioni delle societ itailiane possedute da1le societ estere (c.d. esterovestizione), sia sotto iJ. profilo dehla obb1igatoriet (art. .l comma VIII d.I. 4 marzo 1976 n. 31 cos come 420 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lizzare a basso costo ed elevato profitto le costruzioni di Via Madre di Dio. Secondo il Tribunale questa illiceit di causa renderebbe applicabile l'art. 240 primo comma c.p. sia in relazione alle azioni delle societ sia in relazione al patrimonio delle stesse, dato il carattere rappresentativo msito nell'azione e il nesso strumentale tra le societ, il loro capitale e patrimonio e la commissione del reato. Le societ sono state considerate terze non estranee alla commissione del reato anche se non punibili per difetto di imputabilit. In. ogni caso, infine, sempre secondo il Tribunale, le societ sarebbero assoggettate a confisca anche se costituite prima dell'entrata in vigore delle leggi valutarie e per finalit non penalmente sanzionate, perch le societ stesse erano state costituite per compiere atti vietati da disposizioni amministrative e continuarono a perseguire i loro scopi anche quando questi diventarono penalmente rilevanti. La Corte ritiene che la costruzione fatta del Tribunale, sommariamente ora richiamata, in ordine alla confisca, non possa essere condivisa. La Corte infatti, ritiene che la confisca prevista dall'art. 1 d.1. 4 marzo 1976 n. 31 non sia applicabile alla ipotesi di omessa dichiarazione di attivit o disponibilit aU'estero ai sensi dell'art. 2 legge 159/1976. Questa converte in legge, con modifiche nel suo art. 1, tutto il corpo del d.1. n. 31; poi nel suo art. 2 e, quindi, fuori del d.1. n. 31, contestato, prevede l'obbligo della dichiarazione per le disponibilit od attivit costituite all'estero e per l'inosservanza rimanda alla pena stabilita dall'art. 1 d.l. n. 31, senza peraltro fare alcuna menzione della confisca che pena non bens misura di sicurezza. Tale distinzione concettuale di decisiva .importanza perch una cosa sono le pene ed altra sono le misure di sicurezza, anche se da taluno si voluto vedere nella confisca prevista dalla legge valutaria una caratteristica quasi di sanzione supplettiva. Se la legge 159 del 1976 ha fatto, nel punto che qui interessa, un rinvio in ordine alla pena alle disposizioni precedenti e non ha men- sostituito dall'art. 2 defila J. 23 dicembre 1976, n. 863), non potendo a suo avviso tale disposizione essere estesa ali. reati prev.isti dall'art. 2 de11a Jegge 30 apriJe 1976 n. 159, sostituito dailil'art. 3 del1a legge 8 ottobre 1976 n. 689 e integrato daLfart. 3 dehla legge 23 dicembre 1976 n. 863, sia sotto. quello dei11a facoltativit di cui al primo comma deM'art. 240 C.P. L'assunto de1la Corte di Genova non appare condivisibHe. Come correttamente rilevato dailila Procura Generale presso fa Corte di Appello di Genova nei motivi di ricorso avverso Ja sentenza che si annota, oggetto del reato di omessa dichdarazione di beni od attivit esterovestite non ila dichiarazione. Attraverso una interpretazione logico-sistematica della nomnativa penale valutaria non pu non inferirsi che, come nell'.ipotesi di esportazione di valuta l'oggetto del reato fa valuta, nehla ipotes.i di omessa :::::-- ;:::: x . . . , . .)f.~ ,, , :::::-- ;:::: x . . . , . .)f.~ ,, , PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 421 zionato la confisca, significa che ha voluto solo la pena e non anche la confisca. Tanto vero che nell'ultima parte del citato art. 2 la legge 159 rinvia agli artt. 2-4-5 del d.l. n. 31. Ci significa che allorquando la legge n. 159 ha voluto fare riferimento alle disposizioni del d.l. n. 31 lo ha fatto, espressamente ed in limiti ben precisati. Tanto basterebbe gi a togliere pregio alla teoria dell'accorpamento che vuole trasferire automaticamente la disciplina del d.l. n. 31 del 1976 a tutte le altre ipotesi di reato valutario successivamente previste. Ed in materia di pene e misure di sicurezza necessaria la espressa previsione di legge senza possibilit di discussione od equivoco o di ricorsi ad anteriori procedimenti analogici. Ma vi di pi. La legge 8 ottobre 1976, n. 689, dopo aver apportato ulteriori modifiche al d.l. n. 31 del 1976, ha rielaborato, nel suo art. 3, e sostituito l'art. 2 della legge 30 aprile 1976 n. 159. Nella nuova formulazione della fattispecie crii;ninosa, stata stabilita la pena fissandola in modo del tutto autonomo senza alcun rinvio o richiamo a disposizioni preesistenti e quando si voluto, in un solo punto, fare rinvio al d.l. n. 31 pi volte citato, lo si fatto espressamente stabilendo nel penultimo comma: resta salva in ogni caso l'applicazione dell'ultimo comma dell'art. 1 del d.l. 4 marzo 1976 n. 31, convertito, con modificazioni, nella legge 30 aprile 1976 n. 59 . Se ne deduce quindi che, per quanto concerne i delitti previsti dall'art. 2 della legge citata, non stabilita, in alcun modo, la confisca prevista dal d.l. 4 marzo 1976 n. 31. N pare difficile, al di l delle argomentazioni letterali e sistematiche basate sul meccanismo della successione delle leggi, vedere la ragione logica del perch non sia applicabile la confisca nel caso di condanna per i delitti omissivi previsti dall'art. 2 della leggge 159/1976 cos come modificato dalla legge 689/1976. dichiarazione di beni od 1attivit esterovestite, oggetto del reato sono tali beni, tali attivit, per cui non potrebbe non ap:J?ldcarsi quanto meno la norma di cui ahla piiima parte de~l'art. 240 c.p. (confisca facoltativa). Ma sussistono validi elementi che inducono a considerare senz'altro appli. cabiJie, nell'ipotesi criminosa indicata, la confisca obbligatoria di cui a11'ottavo comma deH'art. 1 del D.L. 4 marzo 1976 n. 31. Invero, le norme relative ail giudizio direttissimo ed alla confisca obbli gatoria sono da ritenersi di genemle applicazione e non riferibili soltanto ai!Jla ipotesi di reato di cui all'art. 1 deHa 1Legge 30 aprile 1976, n. 159 e successive modificazioni, po1ich H carattere punitivo della confisca valutaria e J:'esigenza de11a esemplarit e deLla celerit dei giudizi non sembrano potersi giustificare attraverso una interpretazione riduttiva dehle norme vailutarie, sol che si ammetta che il i1egis1atore abbia inteso, a parte ila previsione di 'pene diverse per ipotesi diverse di reato, sanzionare in modo particolarmente r.igoroso le 422 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Per: i delitti di esportazione illecita di valuta, di costituzione illecita di attivit all'estero, di omessa cessione di valuta straniera all'ufficio dei cambi si ha una disponibilit o una detenzione di beni che si qualifica come penalmente illecita essendo essa stessa l'oggetto materiale del reato. Nel caso di omessa dichiarazione ed omessa nazionalizzazione dei beni che si trovano nella situazione di fatto descritta nell'art. 2 pi volte citato, la disponibilit o detenzione non si qualificano come penalmente illecite essendo soltanto il risultato di una infrazione amministrativa. E per quanto attiene alla esterovestizione dei beni -ipotizzabile soltanto dopo .il 15 gennaio 1977 per effetto della legge 863/1976 -si tratta di una mera simulazione. In sostanza i beni di cui all'art. 2 del testo unificato dalle leggi penali valutarie, non possono essere oggetto o compendio di reato. Questo consiste nella omessa dichiarazione -ed il suo oggetto la dichiarazione ed un reato formale che non pu trasformare in penalmente illecita una disponibilit ed una detenzione che sono sorte come illeciti amministrativi. Se si volesse affermare il contrario si urterebbe contro H principio costituzionale della irretroattivit della legge penale. Resta ora da esaminare se la confisca possa derivare dal disposto della norma generale dell'art. 240 c.p. il quale stabilisce la confisca obbligatoria: 1) delle cose che costituiscono il prezzo del reato; 2) delle cose, la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione delle quali costituisce reato, e quella facoltativa delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prodotto o il profitto. Secondo ii Tribunale, il capitale ed il patrimonio delle Societ italiane e straniere di cui causa, sarebbe il prodotto ed il profitto di un infrazioni penaili valuta!l"ie, assicurando allo Stato, comunque, l'acquisizione deMe attivtl.t o de1le disponibilit ilLlegittiimamente possedute ovvem non dichiarate nei termini previsti dailla legge. Anche nel caso di omessa dichiarazione ne!J termme previsto di disponibiJiit valutarie o attivit di qualsiasi genere direttamente o indirettamente possedute a1l'estero, non viene meno il coLlegam.ento fra La condotta omissiva, penailmente sanzionata, e ila cosa (neHa specie 1e azioni esterovestite). Invero, ~'accertamento de1la violazione di contenuto omdssivo verrebbe sicuramente vanificato e si disconoscerebbe wa ratio dell'intero sistema normativo valutario (amministrativo e penale) se risultasse intangibhle ed immodificabile la situazione antigiuridica (nella specie esaminata dalla Corte di Genova, il permanere della esterovestizione) che costituisce per certo un effetto ant1giuridico del reato omi:ssivo e come tale, secondo Jo spirito della legge, da eHminare, aip:punto attraverso ~'aicquisizione da .parte defilo Stato di quanto doveva formare oggetto della dichiarazione. PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 423 reato e le societ, nonch terzi estranei, sarebbero addirittura gli strumenti per la realizzazione di questo profitto penalmente illecito. Sarebbe quindi, applicabile la confisca facoltativa ex art. 240 primo comma c.p. La Corte ritiene che le societ italiane proprietarie degli immobili e le societ straniere portatrici delle azioni della San Gallo, della Immobiliare Corte, Ettore Vernazza non possono che considerarsi persone estranee al reato che , nel presente processo, quello, ripetesi, omissivo dell'art. 2, e che alla commissione di tale reato non abbiano concorso n con dolo n con difetto di vigilanza, gli organi rappresentativi delle societ che non avevano alcun obbligo n potere di imporre ai PONGIGLIONE l'adempimento delle dichiarazioni a questi imposti dalla legge. Gli immobili e le azioni non sono n oggetto, n compendio di alcun reato. La .intestazione fittizia delle azioni pu soltanto costituire illecito di carattere amministrativo e preesisteva al reato omissivo costituendone anzi il presupposto ossia l'antitesi del prodotto e del profitto. In conclusione, quindi, nel caso in esame non applicabile, per le ragioni dette, la confisca di cui afl'art. 240 1 comma c.p. Meno ancora applicabile la confisca prevista dal 2 comma dello stesso art. 240 c.p. Infatti le azioni e gli immobili delle societ non possono in alcun caso ritenersi prezzo del reato di omessa dichiarazione di cui all'art. 2 legge 683/1976. Le azioni delle societ e il patrimonio delle stesse non possono certo considerarsi nella loro fisica materialit come intrinsecamente pericolose e delle quali, pertanto, la fabbricazione, l'uso, il porto o la detenzione costituisce reato. A proposito della detenzione, ripetesi che l'esterovestizione di beni prevista come -reato, solamente se costituita a partire dal 15 gennaio 1977 in forza della legge 863 del 1976. Grazie all'omissione della prescritta dichial.'azione, persiste l'esterovestizione contro i1 divieto della legge. E lo Stato, sailvo reprimere u1terior.i fatti di esterovestizione commessi dopo il 15 gennaio 1977. (art. 2 legge 23 dicembl:' e 1976, n. 863) non potrebbe 1acquetarsi e consentire che Je azioni ed i beni esterovestiti rimangano tali e nelilia titolarit dei responsabili del reato previsto dall'art. 2 della wegge 3-0 apr~le 1976 n. 159, sostituito dall'art. 3 dehla legge ,8 ottobre 1976 n. 689 e integrato dall'art. 3 della legge 23 dicembre 1976 n. 863. Tale prospettiva sarebbe assurda e contr~aria ail!lo spkito e ahla volont della legge. In buona sostanza, tLa normativa valutaria, nel suo compwsso, intende colpire 1'esterovestizione, l'omessa dichiarazione di attivit esterovestite e le conseguenze di tali comportamenti. NICOLA BRUNI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 424 Quindi nessuna forma di confisca adottabile per il capitale ed il patrimonio delle societ italiane ed estere prese in considerazione nel presente procedimento. La confisca disposta dal Tribunale deve essere revocata in ogni sua parte, e di necessit, quindi, il sequestro penale. La Corte ritiene di poter esimersi dal trattare la questione, ormai superflua, della applicabHit in ogni caso, della confisca di cose sottoposte a vincolo pignoratizio, in favore di terzi. Solamente od abundantiam si osserva che i pegni gravanti sulle azioni delle Societ e sul patrimonio delle stesse (pegni in favore della FINAC e delle Banche finanziatrici) sarebbero ostacoli insormontabili all'esecuzione dell'ordine di confisca, e ci sia per quella ordinaria dell'art. 240 c.p. sia per quella speciale, ove per ipotesi fosse applicabile, prevista dalla legge valutaria. (Omissis) PARTE SECONDA QUESTIONI* Associazione Italiana Giuristi per la Difesa della Libert e dei diritti fondamentali dell'uomo aderente all'lnternational Commission of Jurists di Ginevra. ATTI DELL'INCONTRO DI STUDIO in memoria del Prof. Arturo Carlo Jemolo su: L'ISTITUZIONE DEL DIFENSORE CIVICO NELL'ORDINAMENTO STATALE ITALIANO. Roma, 20 aprile 1982 Sala Vanvitelli -Avvocatura Generale dello Stato (*) La Rassegna lieta di pubblicare gli atti dell'incontro di studio sulla istituzione del difensore civico nell'ordinamento statale italiano. Questa seconda parte della rivista -istituzionalmente destinata alla pubblicazione di art.icoli che esprimono solo il pensiero dei loro autori, come tale non riferibile alla pubblicazione di servizio - aperta al graditissimo contributo di colleghi dell'Avvocatura o del libero foro, di docenti, di magistrati e di ogni altro operatore del diritto. Ogni volta che ci risulter utile e possibile si provveder anche a mettere a confronto diverse opinioni ed a segnalare quella dell'Istituto con nota di commento o con la pubblicazione di scritti difensivi che enuncino le tesi sostenute in giudizio. INDICE GIUSEPPE MANZARI: Introduzione pag. 49 PIETRO GISMONDI: Ricordo di Arturo Carlo Jemolo. 53 ALESSANDRO PACE: Problemi costituzionali nella configurazione del difensore civico . . . . . . . . . . . . . . . 57 RICCARDO CHIEPPA: Il ruolo del difensore civico nella riforma della pubblica amministrazione . . . . . . . . . 62 ACHILLE CHIAPPETTI: Il difensore civico nelle regioni 71 FRANCO FAVARA: Significato politico e limiti costituzionali dell'istituto del difensore civico . . . . . . . . . . . . . . . 83 LEONARDO SANroRo: Il difensore civico nella sua natura e funzione . ....................... . 93 EMILIO ZECCA: Qualche riflessione nell'esperienza maturata . . 95 APPENDICE Relazione allo schema del disegno di legge concernente l'istituzione del difensore civico . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 99 I I I Giuseppe Manzari (*) INTRODUZIONE Desidero innanzitutto rivolgere il mio benvenuto ed il mio ringra ziamento, anche a nome dei colleghi dell'Avvocatura, a tutti i presenti ed in particolare sia agli amici dell'Associazione italiana giuristi per la difesa della libert e dei diritti fondamentali dell'Uomo, a cui siamo debitori di questa iniziativa, sia agli illustri relatori, che si apprestano a dar vita a questo ~ncontro-dibattito, non a caso, come vedremo, dedicato al ricordo -assai caro ali'Istituto che ho l'onore di rappresentare -di Arturo Carlo J emolo. Mi gradito informare che la Rassegna dell'Avvocatura a disposizione, ove occorra, per la stampa delle relazioni e delle comunicazioni scritte e colgo l'occasione per manifestare il proposito di aprire nella nostra Rivista di servizio, con carattere di continuit, un dibattito sui temi di pi rilevante attualit giuridica tra cattedratici, magistrati, avvocati e avvocati dello Stato. Un confronto di idee che sia quasi la continuazione del quotidiano incontro dialettico, che sperimentiamo in tutte le sedi giudiziarie. L'argomento che oggi tratteremo -il difensore civico - particolarmente vicino agli interessi ed alla sensibilit dell'Istituto che ha il privilegio di ospitare questo incontro di studio: gi in precedente occasione ebbi a ricordare come le radici storiche dell'Avvocatura dello Stato affondino in una matrice etico-religiosa comune a queHa dell'ombudsman scandinavo. Ma non voglio cedere alla tentazione di interloquire sul tema del dibattito: siamo tutti impazienti di ascoltare il contributo di pensiero di cosi qualificati relatori, n voglio sottrarre spazio ad altri interventi, anche di colleghi dell'Avvocatura, che potranno dare l'ulteriore apporto di personali riflessioni, intuizioni ed esperienze. Desidero aggiungere a questo saluto solo qualche parola per associarmi all'omaggio che oggi rendiamo al ricordo di Arturo Carlo Jemolo. Vorr consentirmelo l'amico Gismondi, che si accinge a commemorarlo da par suo; vorr.ete voi tutti, spero di buon grado, consentirmelo, per esprimere la reverente devozione all'Uomo ed al Maestro, sia a nome personale che dell'Istituto, perch tra l'Avvocatura dello Stato ed il grande giurista scomparso vi era un particolare rapporto di stima e di affetto. Egli me ne diede recenti testimonianze. Io conservo tra i pi preziosi documenti della mia vita una sua ultima lettera nella quale, all'indomani del mio discorso di insediamento (*) Avvocato Generale dello Stato. JO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO nella carica che ho l'onore di ricoprire, rammaricandosi di non aver potuto partecipare alla cerimonia e di aver dovuto affidarsi ad altri per la lettura del testo, ancora una volta manifestava il suo vivo interesse per l'avvenire dell'Avvocatura e, pur con la sua naturale modestia, mi offriva il dono di illuminanti pensieri e suggerimenti. Ed un pi antico ricordo affiora _alla mia memoria: una lezione di stile e di vita da lui ricevuta, che ritengo assai significativa perch rivela come alla grandezza del suo spirito -che fu quanto altri mai libero e critico -si associasse un profondo rispetto per il valore delle istituzioni e dell'altrui pensiero. Fu al termine della discussione orale della tesi assegnatami ne concorso ad avvocato dello Stato: egli pur. elogiando la mia dissertazione ed approvandone gli spunti critici, mi invit, con indimenticabili accenti, ad accostarmi con pi compresa riverenza ed umilt alle pronunzie del Magistrato, che deve trarre dalla tensione dialettica del contraddittorio Ja sofferta ed ardua sintesi del giudizio, nell'esercizio di un'altissima funzione. Cos per moltissimi anni egli fu, quale membro delle Commissioni giudicatrici dei concorsi in Avvocatura, il giudice prestigoso di moltissimi di noi, che associava alla severit del giudizio del grande giurista la serenit e l'ammirevole umilt della sua altissima coscienza ed il suo tratto squisito di gentiluomo, lasciando impresso un segno non cancellabile di guida e di ispirazione di condotta. Devo aggiungere, senza falsa modestia, che egli ricambiava la devozione e l'ammirazione di noi tutti con una stima per l'Istituto, che rappresenta per questo un alto titolo di vanto. Sono sue queste parole che dobbiamo custodire come Ulil patrimonio prezioso del nostro Istituto: Quante volte -egli scriveva .,.... sento affermare che lo Stato sempre servito peggio dei privati, mi sorge spontanea l'obbiezione: Per c' l'Avvocatura dello Stato. In questo crederei arduo dimostrare che vi sia grande impresa che dal lato dell'assistenza legale ottenga un servizio migliore di quello che presta l'Avvocatura. Sono parole che tornano alla mente con trepidazione nei momenti difficili che viviamo per l'accresciuta mole di lavoro e per le difficot, dovute a tante cause, di congruamente integrare gli organici, ma che ci spronano -in attesa che nelle sedi responsabili siano affrontati i gravi problemi dell'Istituto -a dare il meglio di noi stessi per mantenerci -e sono certo che ci riusciremo all'altezza del lusinghiero giudizio. Arturo Carlo J emolo non pi tra noi, e questa una delle occasioni in cui diviene pi acuto il rimpianto, perch il dibattito sui temi giuridici, che spesso attengono, come oggi accade, ai problemi di fondo di una Cultura e di una civilt, trovava sempre in lui un attento osservatore ed interprete, s che lo spegnersi della sua viva voce ha lasciato un vuoto incolmabile. ~ ! f. PARTE II, QUESTIONI Ma il suo insegnamento ancora ci guida, ed ancora dal suo ricordo e dai suoi scritti riceviamo stimoli ed illuminazioni che possono arricchire il nostro impegno ed indirizzare il nostro pensiero. Egli che, sposando la modestia ad una punta di elegante ironia, diceva di guardare ile questioni con gli occhiali del giurista , ha dimostrato quanto lontano giungesse il suo sguardo in una visione del mondo alimentata, oltre che dall'impareggiabile ingegno, da una altissima cultura e da uno studio severo e profondo dei problemi della vita. La sua figura resta tra le pi ammirevoli della nostra epoca per la vastit del sapere e per la ricchezza della dottrina che con poliedrica genialit ha profuso non solo nel campo del diritto ma anche della storia, di cui fu illustre cultore, ed ancora della saggistica e della pubblicistica, in cui vers l'impegno civile e morale della sua adamantina coscienza. Ed un altro grandissimo pregio vorrei ricordare: la sua umanit, il suo sentirsi ed essere vicino al prossimo, quel suo vivere modesto, quella sua altissima capacit professionale esercitata con distacco da ogni interesse economico con l'atteggiamento e l'animo di una povert francescana. Fu tutto questo Arturo Carlo Jemolo e fu molto di pi: quello che ho voluto dire stato dettato solo dal bisogno di riconoscere in lui un maestro, per tutti noi, di vita e di pensiero e di tributargli, come tale, un devoto, commosso ed ammirato ricordo. Vorrei concludere esprimendo la mia convinzione che il difensore civico, pi e prima che un'istituzione, un modello ideale di vita ed uno specchio di coscienza. Lo fu in modo eminente -ed a ragione a lui si intitola questo convegno -Arturo Carlo Jemolo, che senza albagia e spoglio di poteri seppe -al pari d'altre nobili e illuminate menti levare la sua autorevole voce educatrice ed ammonitrice. Pu in qualche modo esserl9 (e deve esserlo) ciascuno di noi se nell'esercizio del proprio compito e del proprio ruolo sapr attingere all'insegnamento di chi nella sua condotta di vita ha incarnato questo ideale. Potr esserlo efficacemente solo la persona o l'istituzione che, nell'esercizio di specifici compiti (non amerei parlare di poteri) istituzionali che gli venissero attribuiti, sappia adeguarsi a quella figura ideale che trova un modello esemplare nell'immagine dell'uomo al quale oggi rendiamo onore. Pietro Gismondi (*) ,RICORDO DI ARTURO CARLO JEMOLO Ricordare Arturo Carlo J emolo, in occasione di un convegno sul difensore vicivo, non possibile senza ricordare l'eccezionale personalit del Maestro, del testimone operoso della storia tormentata di questo nostro secolo. Ho avuto gi occasione di scrivere che egli stato testimone al mutevole divenire sociale e politico, sensibile alle tragedie nazionali, impegnato con entusiasmo nello sforzo di ricostruzione morale del Paese, testimone ma anche protagonista della vita culturale e giuridica italiana . L'Universit di Roma lo ebbe docente nella Facolt di Giurisprudenza dal 1933 al 1966 ed io ho avuto l'onore e la gioia di laurearmi con lui nel 1935 e di seguirlo come assistente fino al 1947. Allievo di Francesco Ruffini, Jemolo fu il successore di Francesco Scaduto. Alla cattedra romana Jemolo ha formato varie generazioni di giuristi tutti al rigore di una analisi del dato normativo limpida ma mai caricata di virtuosismi concettuali. Sempre un senso di concretezza, il riconoscimento del presupposto politico delle norme, la storicit e la mutevolezza del loro contenuto, mai l'interpretazione strumentale e partigiana. La scelta tra soluzioni opinabili non era appoggiata, per Jemolo, sulle inclinazioni personali ma sulla saldezza delle argomentazioni. I contributi scientifici di Jemolo toccano ogni aspetto storico e dogmatico del diritto ecclesiastico, inteso come disciplina intimamente collegata COI). il diritto canonico. Dalla tesi di laurea, di recente ripubb1icata, sulla questione della propriet ecclesiastica (1848-1888), allo studio monografico sulla amministrazione ecclesiastica (1916) ai volumi sul matrimonio canonico e civile, al classico Stato e Chiesa in Italia negli ultimi cento anni, alle riflessioni sui Problemi pratici della libert, alle celebri Lezioni di diritto ecclesiastico nelle numerose e sempre nuove edizioni, che mostrano come egli non fosse mai pago dei risultati da lui raggiunti, fino all'ultima del 1979. Queste sono alcune delle opere pi note di un Autore fecondissimo dalla vastissima produzione scientifica elaborata con continuit nell'arco operoso di oltre 70 anni. Innumerevoli gli scritti di minore mole ma non di minore importanza. Molti di diritto privato e di diritto amministrativo e 'costituzionale testimoniano la vastit dei suoi interessi e la sua penetrante capacit di analisi. (*) Rettore dehla II Universit degli Studi di Roma. J4 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Come non ricordare le osservazioni sempre acute ed originali pubblicate nella Rivista del diritto civile Gli occhiali del giurista? Il metodo di Jemolo, peculiare ed inimitabile, emerge tanto nei lavori organici quanto nelle brevissime noterelle e c' sempre un ritornare a controllare le nostre costruzioni, scovando sotto gli istituti giuridici per raggiungere il terreno del pregiuridico... quanto a dire tornando a dare il loro posto alla storia ed alla politica. Ma (e l'affermazione sempre netta) non confondiamo storia, politica e diritto . Egli era particolarmente attento alla realt ma molto lontano dal sociologismo pasticcione e pressapochista. In Arturo Carlo Jemolo si avverte sempre la formazione l'impostazione del giurista . In tutto '1o spessore di attitudini e di valori che questa espressione designa, per il riferimento costante al diritto e, con esso, alla giustizia. Non intesa questa come generica aspirazione ideale, ma come concreto atteggiamento nella valutazione dei fatti e nella ricostruzione delle norme, le quali non sono destinate a costituire la pura architettura di un astratto sistema, ma nascono dalla vita e per esigenze di vita. Il tema del difensore civico stato espressamente affrontato da Jemolo in un dibattito del gennaio 1965, organizzato dalla Associazione Italiana Giuristi, in cui egli manifest il suo interesse per questo istituto ed incisivamente osserv chi come me sente fortemente lo Stato avverte che la perdita di fiducia negli organi statali, il perenne senso di essere vittima di torti, sta logorando pilastri fondamentali, pi assai che non farebbero iniziative apertament~ rivoluzionarie . Dal punto di vista costituzionale, Jemolo vedeva la possibilit di istituire il Commissario parlamentare ai sensi dell'art. 82 Cost., che, com' noto, d a ciascuna Camera il potere di nominare commissioni d'inchiesta su materie di pubblico interesse. E continuava se la man canza di garanzia un male, l'abuso di garanzie finisce di paralizzare la macchina dello Stato, quella stessa della giustizia . Un'opera di educa zione, a parere di Jemolo, consisterebbe nell'insegnare a sopportare i pi piccoli torti, condizione necessaria per avere poi adeguata difesa di fronte a grossi torti . Ma la personalit e la coerenza morale di Jemolo appaiono chiara mente nelle seguenti osservazioni: sar facile trovare l'uomo capace e cos equilibrato da non scambiare, ci che tanto facile, il proprio modo di sentire per quello della coscienza collettiva? Ed egli ha mante nuto fede in tutta la sua vita a questo principio di coerenza: avvertire sopra a tutto gli interessi della coscienza collettiva. Merita, infine, di essere rico~data la chiusa del suo intervento se anche il solo effetto di questo progetto fosse di eccitare una discussione che allontanasse molti dal pensare ai problemi della res publica o in termini di qualun PARTE II, QUESTIONI J5 quismo, o con atteggiamenti vanamente anarcoidi, e dell'abituarsi a collaborare alla creazione di una legge, questo sarebbe gi un risultato utile raggiunto . Una profonda esigenza etica alla base non solo e non .tanto del diritto, quanto del lavoro quotidiano e costante del giurista: chiamato, nella molteplicit dei ruoli che per formazione e funzione professionale egli destinato ad assolvere, ad essere strumento e protagonista di giustizia. Il giurista dunque, se tale, necessariamente un garante . Garante della obiettivit che, pur nella dialettica delle diverse posizioni, deve risultare nella esperienza giuridica. Garante delle libert e dei diritti della persona. Al di l dunque della istituzionalizzazione di funzioni di garanzia ad opera di apposite magistrature pubbliche, occorre riscoprire e valorizzare la funzione ontologicamente di garanzia propria del giurista. Il primo itinerario della istituzionalizzmone delle magistrature di garanzia sembra oggi preferito, cos come dato rilevare da segnali molteplici. Dalla istituzione di speciali Commissioni destinate ad assicurare leggibilit e trasparenza nella attivit di settori di Amministrazione e della vita economica (basi ricordare fa CONSOB), alle figure individuali del garante in settori particolarmente delicati della vita sociale, quale quello della informazione: si ricordi in proposito la istituzione del garante previsto dalla legge sulla editoria. La istituzionalizzazione degli uffici di garanzia, pur sempre apprezzabile, comporta tuttavia il rischio della ossificazione delle strutture. Il rischio della burocratizzazione e del controllo solo formale o formalistico . Appare dunque necessario che all'itinerario delle garanzie accentrate e costituite in uffici, si aggiunga lo sviluppo della garanzia diffusa, affidata alla responsabilit del giurista attraverso l'affinamento della sua coscienza e la valorizzazione di quella che, con espressione oggi di moda, si direbbe la sua vera professionalit . Questo difficile ruolo di educazione all'esercizio del controllo critico della esperienza in funzione di garnzia, soprattutto delle libert e di tutte le libert in ogni implicazione, stato svolto da Jemolo con l'auto revolezza della sua singolare statura scientifica e morale da tutti ricono sciuta. Senza indulgere ad alcun conformismo, neanche a quello dell'anti conformismo superficiale e di maniera. Con la capacit -tutta propria di Jemolo -di cogliere i segni pur deboli di degenerazioni, nei comportamenti della giurisprudenza ed anche delle norme, talune delle quali con alta potenzialit di lesione dei principi, spesso approvate tra la disattenzione generale . " ,,,,.--.,,,-,-,-,-,-,-,.,-..,-r - ......-...r..-:.-........-.::..:..-::..r.-.:..,.....,:.,,.....,...,.,'."J...,,...,,:.,;.;... ALESSANDRO PACE (*) PROBLEMI COSTITUZIONALI NELLA CONFIGURAZIONE DEL DIFENSORE CIVICO 1. -Un punto indiscutibile nell'esame della legislazione comparata concernente l'Ombudsman (cui il Difensore civico storicamente si ricollega): la istituzione di esso ha lo scopo di concorrere ad assicur.are il buon andamento e l'imparzialit della pubblica amministrazione, e a verificare l'efficienza dell'azione amministrativa. Tale essendo ~a premessa -una premessa che si ricollega all'art. 97 Cost. e, quindi, alle convergenti riflessioni che a tal riguardo sono state fatte dagli autorevoli studiosi che del problema si sono occupati (e qui, per brevH, mi limito a ricordare oltre allo Jemolo, il Mortati e il La Pergola) -...tale essendo la premessa, dicevo, non mi sembra (n sembrato alla maggioranza dei membri della Commissione ministeriale che ha redatto lo schema di d.d.l. che qui si intende illustrare) che la derivazione parlamc;ntare del difensore civico ne costituisca un requisito essenziale. bens vero che l'Ombudsman , per lo stesso significato della parola che lo individua, il rappresentante del Parlamento. Pu tuttavia ammettersi senza alcuna difficolt che i problemi posti da un ordinamento con una struttura costituzionale fortemente monarchi.ca (come quella dei paesi scandinavi del primo ottocento) sono ben diversi dai problemi posti da un ordinamento democratico come il nostro. Se agli albori del 1800 era politicamente imprenscindibile la derivazione parlamentare .di un organo che si poneva a controllore della pubblica 'amministrazione (e, quindi, in definitiva, dell'esecutivo monarchico), analoga esigenza non sussiste nel nostro ordinamento, i cui organi costituzionali possiedono tutti, quanto meno indirettamente, la medesima investitura democratica. Il problema attuale -in un'ottica di buon andamento, di imparzia lit e di efficienza amministrativa - quindi un altro: il problema di assicurare la massima indipendenza, oltre che autorevolezza, all'organo che si intende istituire. A ben vedere, la derivazione parlamentare non d'altronde nemmeno necessaria per garantire al Difensore civico (o Controllore dell'amministrazione, o comunque lo si intenda denominarlo...) una notevole gamma di poteri di incidenza sulle situa:tloni giuridiche soggettive. In primo luogo da dubitare che al Difensore civico (il quale non deve porsi come alternativa ai rimedi giurisdizionali e amministrativi esistenti) servano dei (*) Ordinario di. diritto pubblico deWeconomia nell'Universit degli Studi di Roma. f8 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO poteri coattivi esterni, esso dovendosi piuttosto configurare, all'esterno, in accordo con i precedenti storici, come una magistratura di persuasione; e come un superiore gerarchico, all'interno dell'amministrazione inquisita. In secondo luogo, quand'anche si propendesse per la soluzione affermativa, sarebbe comunque da obiettare che, per il Difensore civico even tualmente eletto dalle due Camere, l'analogia con l'ipotesi delle commissioni parlamentari d'inchiesta tutt'altro che calzante. Pur con il massimo di rispetto e di devozione per l'autorevole studioso (il Mortati) che per primo sugger di utilizzare lo schema dell'art. 82 Cost. (il Difensore civico sarebbe I' esperto di una ipotetica commissione parlamentare permanente d'inchiesta al quale la Commissione stessa delegherebbe l'esercizio dei poteri coattivi esterni), deve obiettarsi: a) che i poteri coattivi esterni spettano alla Commissione e non ai singoli parlamentari che compongono la commissione; tanto meno tali poteri coattivi esterni spettano all'esperto che, non essendo parlamentare, non fa parte integrante della commissione e non ha voto deliberante; b) che l'esercizio dei poteri coattivi esterni legittimo se e in quanto a disporne la Commissione, composta proporzionalmente alla consistenza dei vari gruppi parlamentari. Tale regola, che si da tempo ritenuto di desumere daH'art. 82 Cost., tende ad attenuare le conseguenze negative connesse al fatto che poteri incidenti sulle situazioni soggettive -poteri normalmente attribuiti all'autorit giudiziaria, come tale indipendente e imparziale -vengono esercitati, per scopi politici (e quindi di parte), da una Commissione parlamentare. La presenza di almeno un rappresentante di tutti i gruppi nel momento in cui la Commissione decide se disporre o meno una perquisizione, un'ispezione, un'intercettazione telefonica o un sequestro ecc. ecc. ha perci la funzione di attenuare i rischi connessi all'uso, da parte di un organo parziale, di poteri di indagine e di esame solitamente riserv11ti al magistrato (artt. 13, 14, 15, 21 Cost.). Deve infatti essere obiettato al Mortati che gli articoli 13, 14, 15 e 21 prevedono una riserva in esclusiva all'autorit giudiziaria di determinati poteri. Tale riserva, se pu essere derogata per le commissioni parlamentari d'inchiesta perch l'art. 82 Cost. esplicitamente prevede l'estensione, a tali commissioni, di siiffatti poteri, non pu essere derogata in favore di organi diversi, per giunta monocratici come .il Difensore civico. Di qui il dissenso con la proposta di legge Bozzi e altri (VIII leg., n. 695) che all'art. 2 prevede: Il difensore civico svolge la sua attivit in piena libert ed indipendenza e con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorit giudiziaria, purch compatibili con le sue funzioni e la indagine da espletare . Una legge non pu infatti derogare alle riserve di competenza esplicitamente affermate dalla Costituzione. 2. -Ma se tutto ci vero, il raccordo del Difensore civico con le assemblee legislative, mentre non serve sotto il profilo dell'efficienza del PARTE II, QUESTIONI J9 l'organo, pu invece ostacolarlo sotto quello dell'indipendenza, dato che come ha bene rilevato il Mazziotti -una scelta parlamentare o rischia di fame un difensore di parte (se il quorum la semplice maggioranza) oppure rischia di premiare candidati senza una forte personalit (se il pi elevato quorum implica delle mediazioni ben pi difficoltose). Di qui la soluzione, accolta nello schema, di rimettere la nomina del Difensore civico al Presidente della Repubblica, in virt dei poteri ad esso riconosciuti dall'art. 87 comma 7 Cost. (Il Presidente... nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato); ma, nel contempo, derivano proprio dal tipo di soluzione adottata, le cautele atte a far s che la nomina presidenziale non immetta il Governo, con ruolo determinante, nel circuito decisionale ai sensi dell'art. 89 Cost. Questa obiezione (formulata da Giuseppino Treves e di recente ripresa da Gustavo Zagrebelsky) stata attentamente valutata: ai rischi che essa denuncia si tentato di ovviare riconoscendo bens al Presidente del Consiglio il potere di controfirma, individuando tuttavia tre distinte fasi del procedimento di nomina: una fase di proposta di una tema di nomi rimessa ad un Collegio di autorevolissimi giuvisti (il Primo Presidente della S.C. di Cassazione, il Presidente del Consiglio di Stato, il Pl'esidente della Corte dei Conti, il vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura e l'Avvocato generale dello Stato); una fase di controllo rimessa al Presidente del Consiglio che correda la tema delle sue eventuali osservazioni; infine la fase della vera e propria scelta rimessa alla discrezionalit di organi politicamente sensibili, e nel contempo definibili, in certo qual senso, come super partes (i Presidenti del Senato e della Camera). La nomina resta comunque formalmente nell'ambito delle competenze del Presidente della Repubblica e ci anche per un'altra ragione. Nonostante la legge ben possa consentire a qualsiasi organo dello Stato di superare il segreto d'ufficio (sempre che tale superamento non incida nel contempo su interessi privati costituzionalmente rilevanti) si ritenuto che tale superamento possa in definitiva risultare meno traumatico se concretamente richiesto da un organo che abbia una derivazione formale non estranea agli organi tradizionalmente riconducibili alfa pubblica amministrazione. 3. -Un'ultima considerazione deve essere fatta con riferimento alla composizione dell'organo (monocratico) e alla ampiezza della sua sfera di intervento (tutta la pubblica amministrazione statale con eccezione della Difesa; il difensore civico non pu inoltre indagare su atti coperti da segreto di Stato o che si riconnettano ahl'esercizio della funzione giurisdizionale). La ragione della soluzione monocratica funzionale alfindipendenza del Difensore civico e, nel contempo, coerente alla tradizione dell'Ombudsman. g funzionale all'indipendenza del Difensore civico perch la composizione collegiale dell'organo potrebbe offrire l'occasione per pat 60 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO teggiamenti e spartizioni; d'altro canto coerente a tradizione, che nella personalizzazione della carica scorge il primo essenziale passo perch l'isti tuto abbia un'immediata presa sulla pubblica opinione e sulla coscienza dei cittadini. Ci avendo presente, facile osservare come la personalizzazione della carica giochi anche in altro senso. Nel senso, cio, che di Difensori civici, a livello nazionale, non possa che essercene uno solo avente competenza estesa a tutta la pubblica amministrazione. Obiettare, come gi stato fatto, che ci rischia di creare una struttura che facilmente pu accavallarsi a quelle gi esistenti e nel contempo non si caratterizza adeguatamente non sembra obiezione pertinente, sol che si rifletta sulla circostanza che la peculiarit del Difensore civico -o almeno dovrebbe essere -quella di operare d'ufficio, senza perci che ci sia alcun obbligo da narte sua di dar corso a certe indagini pi che ad altre: scegliendo, perci, con la massima discrezionalit tempi e modi d'intervento. Come diceva il Maestro che oggi intendiamo onorare ... io lo vedo bene operare come l'ispettore delle ferrovie, che ogni mattina sale su un diverso treno, oggi si ferma ad una stazione e controlla la gestione merci, domani ad un'altra ed ispeziona la biglietteria, il terzo giorno dedica la sua attenzione al personale viaggiante. Lo vedo andare oggi in un ministero, mettiamo in quello del commercio estero, e farsi dare una pratica di permesso di esportazione; domani a quello dell'agricoltura ed esaminare la vicenda di un consorzio di bonifica; dopodomani al ministero dell'istruzione e seguire le sorti di un concorso magistrale con relative a~tribuzioni di sedi . D'altro canto, non si vede perch mai l'istituzione di pi Difensori civici nazionali, ciascuno per diversi settori dell'amministrazione, potrebbe ovviare al temuto accavallamento di competenze. Se il rischio di accavallamento sussiste (ma non vero) per un Difensore avente competenza su tutta la pubblica amministrazione, a maggior ragione tale ipotetico rischio diverrebbe probabile qualora ci fossero tanti Difensori civici per quanti sono i settori della pubblica amministrazione statrue. A ci si agginga che, oltre al rischio -questo, s, chiaramente percepibile -di conflitti di competenza tra i vari Difensori civici, vi sarebbe anche la possibilit di prese di posizioni discordanti su problemi analoghi (anche se concernenti differenti settori) con effetto negativo immediato sull'autorevolezza dell'organo. N deve dimenticarsi quanto sopra gi ricordato: e cio che la proliferazione di Difensori civici rende oggettivamente pi difficile la scelta dei titolari dell'organo, attenuandosi per un verso l'importanza dell'istituto, aumentando nel contempo le ineluttabili pretese spartitorie dei partiti politici che non tarderebbero ad individuare nel Difensore civico di ciascun settore dell'amministrazione un possibile contraltare del Mini ~inca~ ~ I ~ PARTE II, QUESTIONI 4. Unicit dell'organo, discrezionalit dell'intervento, poteri coattivi solo all'interno della pubblica amministrazione (potere di pretendere l'esibi zione dei documenti, potere di sostituirsi al Capo dell'amministrazione cui l'ufficio appartiene, potere sostitutivo di promuovimento di procedimenti disciplinari): queste le caratteristiche del Difensore civico quale raffigurato nello schema di d.1.1. che si illustra. Ma quale -dobbiamo chiederci -la filosofia sottesa alla proposta istituzione di questo nuovo controllore della pubblica amministra zione? Chi come me sente fortemente lo Stato e non vede venire avanti alcuna nuova struttura che possa sostituirlo -sono ancora parole di Arturo Carlo Jemolo -Ǐ veramente preoccupato dello stato di agita zione, di continuo malcontento (...) in cui annega ogni idea di riverenza e devozione verso lo Stato; chi ancora considera questo la casa comune, non pu non essere angosciato vedendo che per troppi il nemico . Ec concludeva: La perdita di fiducia negli organi statali, 11 perenne senso di essere vittima di torti, sta logorando pilastri fondamentali, pi assai che non farebbero iniziative apertamente rivoluzionarie . Ebbene, la proposta di istituire un Difensore civico nazionale, non soltanto presuppone quella medesima fede che il professore Jemolo nutriva fortemente per lo Sta_to, ma -proprio in questa linea -, nel con correre ad assicurare H buon andamento, l'imparzial.it e l'efficienza della pubblica amministrazione, costituisce (o vorrebbe costituire) un rimedio, interno alle strutture tradizionali, contro quella fuga dell'amministrazione, contro quell'istituzione di amministrazioni parallele che la sfiducia per la pubblica amministrazione tradizionale fa suggerire, sempre pi spesso, a parlamentari e a uomini politici, Riccardo Chieppa (*) IL RUOLO DEL DIFENSORE CIVICO NELLA RIFORMA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (**) Per parlare del ruolo del difensore civico, in un convegno che vuole essere soprattutto in memoria di Arturo Carlo J emolo, necessario partire (*) Presidente della II Sezione del T.A.R. del Lazio. (**) Sul Difensore civico v. il volume L'Ombudsman (il difensore civico) a cura di CoSTANTINO MORTATI, con la collaborazione di DE VERGOTTINI, DI GIO VINE, PIZZETTI, SERGI, TREVES, ZAGREBELSKY, Torino, Utet, 1974; DE VERGOTTINI, Un ombudsman per le regioni, in Mulino, 1972, p. 424; PERNA, Istituzione del difensore civico, in Comuni Italia .1971, p. 59; MANITTO, La tutela dei diritti del cittadino nell'esercizio dei poteri dello Stato, in Nuova rass. 197.1, :tJ .1065; RoEHRSSEN, Spunti sullo statuto della regione Lazio, in Dir. pubbl. reg. 197:1, I, p. 48; TEREsI, Brevi osservazioni sull'ombudsman delle regioni, Foglio inf. 1971, p. 327 e in Pratica amm. ;1972, p. 10; BORSELLI, Il difensore civico nel contesto delle contrastanti opinioni, in Nuova rass. .1972, p. 31; CANNATA, L'om budsman per le amministrazioni statali e regionali nel quadro delle recenti modificazioni di contesto, ivi p. 33; CASETTA, La partecipazione democratica nell'ordinamento regionale, in Foro amm. 1972, Ili, p. 875; SPARANO, Il difensore civico in Toscana, in No:rid sud, 1974, p. 54; GATTI, Si diffonde il difensore civico, in Lav. it. 30, nov. 1976; DE VITO, Il difensore civico, in Amm. .it. 1.975, p. 213; iROTELLI, I rapporti cittadino-democrazia, difensore civico, ma per fare che?, in Giorno, 4 febbraio 1980, p. 2; VILLANI, L'esperienza positiva di Toscana e Liguria: il difensore civico, una spina nel fianco del potere burocratico, in Corr. seva 6 .giugno 1980, p. 111; CAIOLI, Il difensore civico ridimensionato, in Stato reg. 1976, p. 40; FRUMENTO, Il difensore regionale, in Sole 17 febbraio '1977, 'P 3; BINI, Il difensore civico in Toscana: metamorfosi di un istituto?, m Regioni 1977, p. 977; SoLIMENE, L'ombudsman: chi costui?, in Nuova rass. 1978, p . .167; SASSO, Funzionalit e correttezza della pubblica amministrazione controllo penale e alternative, atti convegno, in Giustizia e costituzione, 11977, p. 122; MAscAMBRUNO, Il difensore civico alla luce delle norme regionali, in. 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Certamente in questo periodo di crisi in cui i valori o i sommi principi -come diceva Iemolo (2) -tendono ad essere posti in discussione e ad essere sentiti sempre meno nel diritto positivo e nella stessa giurisprudenza -il cittadino mostra ancora fiducia, o almeno cerca disperatamente di averla, nella certezza del diritto intesa in senso moderno e conforme a Costituzione, come garanzia concreta ed obiettiva del singolo in difesa della sostanziale libert, dignit ed eguaglianza della persona, anche come ammnistrato nei confronti degli amminist:mtori. Certezza del diritto anche protezione del pi debole, del meno dotato, del non organizzato. Se libert-giustizia e democrazia sono aspetti inseparabili di un'unica realt ed aspirazione dell'individuo singolo ed associato, il giorno in cui il cittadino cesser di chiedere giustizia, attraverso le innumerevoli forme, nei confronti della pubblica amministrazione, dal ricorso straordinario al ricorso gerarchico, dall'esposto diretto all'autorit politico-amministrativa alla petizione, o infine mediante tutela giurisdizionale vuol dire che anche gli altri aspetti della stessa realt (libert e democrazia) son scomparsi o destinati a scomparire per mancanza di fede del cittadino. Il cittadino crede ancora a regole di correttezza, alle esigenze di imparzialit, al buon andamento e soprattutto vuole il buon costume nell'amministrazione, non come bisogno egoistico ma come partecipe della collettivit che sente l'esigenza di una buona gestione dell'apparato pubblico. Di fronte a questa esigenza ed ansia, cosa ha fatto il legislatore nelle riforme dell'ordinamento ed in particolare della giustizia amministrativa? Ha aumentato da un lato, in modo sempre pi crescente, 1978, in Foro amm. .1979, II, p. 236; ZECCA, Il difensore c1v1co, l'ombudsman svedese e la sua recente diffusione nel mondo, !in Foro amm. 1979, II, p. 4-06; CARACCIOLO LA GROTI'ERIA, Note critiche sulla figura del difensore civico, in Foro amm. 1979, II, p. 478; UCCELLA, Cenni sulla problematica del difensore civico, in Stato reg., .1979, p. 111 e in Giur. it: 1979, IV, p. 168; BERARDI, Il difensore civico, in Stato reg., 1978, p. 79; SACCHETII, L'organizzazione della partecipazione civica: il difensore civico regionale, in Riv. trim. soienm amm. 1980, p. 91; UcCEI.LA, Spunti preliminari alla istituzione del difensore civico dei minori, in Giud. civ. 1980, II, p. 301. I disegni di legge presentati nella VIII legislatura in ordine alla Istituzione del difensore civdco sono quelli degli on. Bozzi, Biondi ed ai1tri aLlia Camera n. 695 e Malagodi e Faissino al Senato n. 398 (1dentici); degJ.i on. Mastel1a ed a.Itri alLa Camera n. 2458; degli on. Tatareli1a ed a.Itri alila Camera n. 330. (1) Jemolo, La crisi deLlo stato moderno, estratto dal volume La cr1si del diritto, a cura de11a Facolt di Giurisprudenza dell'Universit di Padova, Padova, 1952. (2) Jemolo, La crisi cit., p. 46. 64 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO le funzioni della pubblica amministrazione, ha. cercato di rafforzare i controlli del Parlamento (spesso diluendoli nell'aumento degli interventi), i controlli giuridici attraverso tutte le forme (dalla registrazione della Corte dei Conti! alle approvazioni) e soprattutto ha cercato di venire incontro al cittadno consentendogli l'azionabilit immediata avanti al giudice amministrativo. Ma ci non ha soddisfatto n poteva soddisfare il bisogno del cittadino, perch questa operazione si semplicemente risolta in una sostanziale abolizione (o progressivo inaridimento) dei ricorsi gerarchici e dei rimedi all'interno dell'amministrazione, e, in un trasferimento dagli archivi della pubblica amministrazione agli archivi dei diversi organi della giurisdizione amministrativa ed in particolare dei Tribunali amministrativi regionali. A ci si aggiunta una disfunzione dell'azione amministrativa ed un abuso di talune forme di garanzia giurisdizionale, che rischia di paralizzare l'amministrazione pubblica e -questo l'aspetto pi peri coloso -di far crescere la crisi del diritto, la crisi di fiducia nello Stato e nei suoi apparati perch il cittadino si sente ulteriormente deluso nel non ottenere un intervento dopo molti anni di attesa nella giustizia. Ed allora si cercano rimedi succedanei ailla pronuncia definitiva del giudice che tarda. Da un canto vi una ansia spasmodica per la sospensiva da parte del giudice amministrativo, dell'atto amministrativo impugnato, dall'altro, vi il ricorso a stimolare gli interventi del giudice penale, anche con misure cautelari prima .di tutte il sequestro pe~ nale (v. gli esempi in materia edilizia). Il rapporto di contrasto tra cittadino e pubblica amministrazione rischia di trasformarsi nella maggior parte dei casi in lotta in forma anomala, perch tende a paralizzare l'azione amministrativa con la sospensiva o a far intervenire con effetto immediato il giudice penale, il cui intervento quasi sempre patologico e anomalo rispetto all'azione amministrativa. Il vero profilo preoccupante della disfunzione della pubblica amministrazione non tanto il cattivo uso del potere della pubblica amministrazione o il comportamento non conforme alle norme, ma quello della inerzia o del ritardo deH'azione amministrativa, sempre crescente anche per le occasioni maggiori di sospensive o di interventi incriminativi penali e per gli effetti riflessi di tali interventi. In realt contro la inerzia o il ritardo dell'azione amministrativa i vecchi rimedi del silenzio- rifiuto non servono o servono molto poco, per la lentezza o il difetto degli apparati e degli strumenti, per cui spesso anche le piccole cose, che potrebbero essere facilmente fatte, non lo sono. Ritornando all'insegnamento di Jemolo, al suo pensiero e al ricordo delle sue lezioni del 1945 (uno dei primi corsi all'Universit di Roma I I f. I ' [ ~ ~ _,~~ 65 PARTE II, QUESTIONI dopo la liberazione), vale la pena di sottolineare come spesso ammoniva di guardare i problemi, compreso quello della crisi dello Stato, con una visuale pi ampia, del tecnico del diritto, con un senso di civetteria, che era soprattutto un senso di umilt, in quanto Egli si sentiva; molte volte, pi storico che giurista, parlando, con profonda umilt, da una cattedra di diritto. In una visione di insieme della evoluzione del senso dello Stato si assiste ad aumento di vuoti con disapplicazioni delle norme vtigenti, rispetto alle quali disapplicazioni il cittadino sente ancora il senso di disvalore di carattere morale. Gli organti amministrativi e politici quante volte non sono intervenuti di fronte alle forme di disapplicazione tollerandole o riconoscendole ex post, con criteri spesso discriminatori tra i cittadini a secondo della loro collocazione. Assistiamo, come diceva Jemolo, al fenomeno dell'allargarsi dei! margine dei tollerati (3), per i quali l'autorit amministrativa non sar mai padre, anche se padre che corregge il figlio traviato. E quindi riaffiora il problema del costume politico -tante volte ricordato da Jemolo -del venir meno del sentire comune intorno allo Stato, per cui aumentano coloro che sono pi devoti al partito che allo Stato (4). Con lo scadere del senso di dovere verso lo Stato -con amarezza annotava Jemolo -spesso si particolarmente rigidi nella difesa del partito (e nella difesa del prestigio e della posizione del partito, possiamo aggiungere) e lassisti nell'attivit della pubblica amministrazione, per cui 'i peccati compiuti contro la pubblica amministrazione sono spesso considerati peccati trascurabili. E qui talvolta il rapporto tra violenza e meccanismi, che tendono a scardinare i poteri dello Stato e la fiducia nello Stato, che sono pi pericolosi delle azioni rivoluzionarie, in quanto -secondo Jemolo nel suo senso dello Stato -egli considerava essenziale la fiducia del citta dino verso il diritto, lo Stato e l'apparato pubblico. Assistiamo al feno meno della Pubblica amministrazione che vive, opera e provvede giorno per giorno e cos, con il mutamento della classe politica e del venir meno del posto del d~ritto, governo, parlamento e partiti sono costretti a provvedere giorno per giorno, spesso senza ideali, facendo venir meno i principi e la fede in yerit (5). Ed ecco il ruolo che pu avere il difensore civico: creare un nuovo rapporto del cittadino con lo Stato, non solo come mezzo di sfogo del cittadino che si sente -come ricordava il prof. Gismondi -vittima di torti e di ingiustizie. (3) Jemo~o, La crisi cit. p. 13. (4) Jemolo, La cri:si cit. p. 17 segg. (5) Jemolo, La crisi, cit. p. 46. 66 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 66 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il reclamo al difensore civico non deve essere il sostitutivo della lettera ai giornali, dei ricorsi e dei mezzi di tutela, pu invece essere lo strumento che il cittadino pu utilizzare per segnalare disfunzioni e inazione della Pubblica amministra:cione. L'intervento del difensore civico concepito come organo con poteri soprattutto ispettivi e di stimolo pu concorrere al buon andamento dell'attivit della pubblica amministrazione, verificandone l'efficienza e la coeremia. Il Difensore civico soprattutto l'organo di difesa del cittadino .comune, del singolo, del non organizzato, del cittadino indifeso che potr esporre e richiamare all'attenzione dell'Amministrazione problemi specifici, ricostruendo un rapporto di fiducia tra cittadino ed istituzioni .contro abusi e ritardi dell'azione amministrativa. Quali possono essere ad esempio i temi dell'1attiwt del difensore civiro? Si parla tanto di anno dell'anziano e qui soccorre il problema del ritardo nel riconoscimento e nella erogazione della pensione: basterebbe avvia.re a soluzione o almeno a identificare i punti critici, suggerendo rimedi, dall'interno dell'amministrazione, per questo solo problema, per giustificare la istituzione del nuovo organo. L'esame che parte dal oaso singolo sulla base di un esposto o redamo, collegato ad altri esposti, pu costituire solo l'occasione di rilevare un indice sintomatico di una disfunzione: se vi sono 10, 100 o 1000 cittadini che reclamano su medesime situazioni (pensioni o altro) vuol dire che vi qualcosa ohe non va. H difensore civico pu mettere in moto un meccanismo di verifica e stimolo per i correttivi sul piano meramente amministrativo o per le eventuali iniziative normative. L'impulso del cittadino deve essere inteso come semplice occasione per individuare le disfunzioni e per superare, con una visione pi ampia e di insieme della azione amministrativa, il metodo di condotta giorno per giorno, e oi deve avvenire dall'interno della stessa amministrazione, di cui il Difensore civico deve essere considerato parte integrante nell'attivit operativa, mentre il collegamento con il Parlamento solo nella fase genetica e di garanzia della nomina. L'intervento del Difensore civico non deve essere concepito -come ha sottolineato il Prof. Pace -come controllo necessario di fronte a qualsiasi istanza o denuncia che venga a lui proposta, ma come inda gine su determinati problemi discrezionalmente scelti e ritenuti di mag giore interesse pubblico con una valutazione dello stesso Difensore civico, in modo da esaminare settorialmente (con una scelta periodica) disfunzioni e rimedi dall'interno della stessa amministrazione. Potrebbe essere dato un contributo per superare il fenomeno at tuale della rottura dei contatti tra apparato politico, pubblica ammi nistrazione e quindi opinione pubblica. Potrebbe essere anche uno stru .......-........-..-.-.....-.-... .-.-.-.-..-.-..-' ' 67 PARTE li, QUESTIONI mento per riportare al pratico e alla realt cio sui fatti sentiti dall'opinione pubblica (6) e sulle concrete esigenze dei cittadini e quindi sul piano della legalit, sia i politici sia l'intervento della pubblica amministrazione dal suo inten10 costringendola ad una verifica. Quali poteri dovrebbe avere il Difensore civico? Questo uno dei punti pi qualificanti dello schema formulato, che concepisce il Difensore civico, come magistratura di influenza, con amplissimi poteri ispettivi e di stimolo, allo scopo di contribuire ad attuare e realizzare i fini che l'art. 97 Cost. indica come connaturali e come intrinseca caratteristica dell'azione pubblica. Sono poteri ampi per quanto riguarda la richiesta di informazione, la richiesta di dati e di documenti, cui corrisponde un dovere per l'amministrazione di fornirli e, in caso di inosservanza, una possibilit da parte del Difens~re civico di avvalersi degli stessi poteri -ovviamente di carattere istruttorio cio per quanto attiene aHe informazioni ed acquisizioni di dati e di atti -spettanti al capo dell'amministrazione cui ppartiene l'ufficio cui stata rivolta la richiesta. Naturalmente restano esclusii dal potere di indagine sia la materia militare, sia gli atti e comportamenti coperti da segreto cii stato, sia tutto ci che riguarda lo svolgimento delle funzioni giurisdizionali. Non si prevede il ricorso, come da alcuni proposto, a poteri simili a quelli dell'autorit giudiziaria o a poteri di sequestro, ma invece il Difensore civico utilizza gli stessi poteri amministrativi e istruttori del ministro o del capo della amministrazione per quanto attiene all'acquisizione della documentazione e delle informazioni. Ulteriore elemento caratteristico quello degli strumenti con cui il Difensore civico porta i risultati a conoscenza o della Camera, del Governo o della pubblica amministrazione o dei singoli organi competenti per un determinato affare. Vi anzitutto una previsione di una relazione annuale del Difensore civico al Presidente delle Camere e al Presidente del Consiglio dei Ministri sulle indagini portate a conclusione, le cui risultanze egli ha altres facolt di rendere pubbliche: quindi non un obbligo, ma una valutazione discrezionale rimessa alla particolare natura dell'oggetto delle indagini e alla rilevanza generale anche dal punto di viista della pubblica opinione. Per singoli problemi il Difensore civico pu informare l'organo interessato alle indagini delle conclusioni raggiunte, dandone sempre contemporanea informazione al Presidente del Consiglio e agli altri organi preposti al controllo. (6) V. Jemolo in Il Commissario parlamentare, :hl controllo della pubblica amministrazione e :La tute1a del cittadino, ASIS. italiana giuristi, Roma 1965, p. 27. 16 68 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Inoltre, l'aspetto nuovo rispetto ad altre iniziative e alle attuazioni avute iin alcune regioni, che rispetto a singoli problemi il Difensore civico, con una scelta discrezionale, pu rendere noti i disservizi riscontrati, le iniziative adottate o proposte e il loro esito. L'adozione deve essere intesa come suggerimento e invito proveniente da una magistratura di prestigio, che con le sue indicazioni pu indurre la pubblica amministrazione a eliminare dal suo interno determinate disfunzioni. Nello stesso tempo previsto che il difensore civico ha il dovere di denuncia agli organi competenti, per l'accettazione delle eventuia.J..i responsabilit patrimoniali e disciplinari. Se poi le autorit che sono preposte all'azione disciplinare o all'azione di accertamento di responsabilit rimangono inerti dopo la trasmissione della denuncia, e ulteriore invito formale, il Difensore civico ha poteri sostitutiivi di iniziare o di promuovere questa azione di responsabilit. Come punto fermo, rimane che tutte le segnalazioni, esposti e richieste non costituiscono mai condizione o obbligo per l'azione del difensore civico, ma se egli ritenga di non dare seguito con proprie indagini, sono trasmesse all'autorit competente, nella maggior parte dei casi l'autorit amministrativa. Tengo a sottolineare che l'azione del difensore civico non mai sostitutiva della tutela deHe posizioni dei singoli soggetti, che rimangono invariate quindi impregiudicate. Gli unici rapporti che vi possono essere tra la funzione giurisdizionale e l'attivit del difensore civico sono relativi all'azione del giudice penale e questi sono stati risolti nel progetto nel senso che, se l'azione penale stata promossa, il difensore civico non pu iniziare indagini e ci per evitare forme di sovrapposizione: tutte le volte, invece, che per un determinato fatto, anche se pu presentare insieme a profili amministrativi aspetti penalisticamente rilevanti, non iniziata l'azione penale il Difensore civico pu iniziare e condurre avanti le sue indagini e ha il potere di ottenere anche copia deg1i atti eventualmente nel frattempo sequestrati e dei documenti della pubblica amministrazione (naturalmente con l'autorizzazione del giudice) se questi atti e documenti sono necessari alla prosecuzione dell'indagine. Naturalmente il Difensore civko soggetto al generale obbligo di comunicare in presenza di elementi di reato all'autorit giudiziaria penale le risultanze delle indagini. Come considerazione di carattere finale il Difensore civico pu costituire uno strumento per ricondurre l'opinione pubblica al senso della legalit, per ricondurla ai valori di quei principi che debbono essere affermati e che Jemolo ha tante volte difeso, come unici strumenti per ritornare a un senso dello Stato e ad una fiducia nell'apparato dello Stato. Naturalmente come tutte le innovazioni il Difensore civico pu trovare consensi o dei dissensi, ma pu certamente essere uno dei mezzi ~: IJ 69 PARTE II, QUESTIONI per dare all'azione della pubblica amministrazione non un ulteriore controllo ma uno stimolo per operare, per operare conforme a legge e nell'interesse dei cittadini. Concludo con il sentimento di .fiducia che Jemolo aveva nell'uomo, fiducia nella libert e fiducia in tutti gli strumenti per riconoscere il valore all'uomo. Il senso dello Stato pu ritornare per il cittadino se egli ha fede, fede nei suoi simili e fede religiosa nei valori morali, che come ha affermato Jemolo (7), spirito laico e insieme profondamente e sinceramente credente, sono i valori dell'uomo e i valori di Dio. Ed allora, nonostante tutto e le prospettive buie, vi saranno possibilit di rinascita, .finch vi sar una forte fede nelle verit eterne e nelle regole morali, cos come ammoniva Jemolo con un messaggio quanto mai attuale. (7) Jemolo, La crisi, cit. p. 46, 47. I ' i l I I - Achille Chiappetti (*) IL DIFENSORE CIVICO NELLE REGIONI 1. -Lo studio dell'istituto del difensore civico nelle Regioni non pu che partire da un dato di fatto, a mio avviso, estremamente rilevante. Oggi, all'inizio del 1982, ancora in corso di discussione il problema dell'introduzione del difensore civico a livello nazionale, mentre gi da dieci anni sono entrate in vigore disposJzioni statutarie (di Regioni a statuto ordinario) che sanciscono la creazione del difensore civico, e, oggi, ben sette regioni hanno gi il lor> difensore civico. Altrettanto rilevante l'ordine cronologico che scan&sce la nascita di ognuno di essi: 1974, Toscana e Liguria; 1978, Campania; 1979, Umbria; 1980, Lombardia e Lazio; 1981, la prima Regione a ~tatuto speciale, il Friuli-Venezia Giuhla. Una collana di date, particolarmente indicativa, in quanto dimostra che al primo momento di sperimentazione (1974) ha fatto seguito, dopo un intervallo di valutazione e ripensamento, la diffusione a macchia d'olio, presso le altre Regioni. Questi due aspetti, quello quantitativo e quello cronologico, sono di per s indicativi della circostanza che stiamo di fronte ad un fenomeno estremamente vivo, tanto da fare insorgere alcuni interrogativi tra i quali, il primo, ovviamente, quello, perch le Regioni, che ill fondo sono arrivate per ultime sulla scena della vita amministrativa italiana, siano state invece, '1e prime a porre in essere l'istituto del &fensore civico la cui introduzione nel nostro ordinamento tentata da almenoventi anni, come noto, inutilmente. Le risposte, ovvio, potrebbero essere tantissime. In posizione critica, anzi, causticamente, come hanno fatto alcuni, si potrebbe affermare che il difensore civico stato previsto negli statuti delle Regioni a statuto ordinario, perch era, quella, Ia sede ideale per dare attuazione ad un esercizio accademico gi svolto in altre se& tecniche o congressuali; che l'istituto veniva inserito nelle "carte costituzionali regionali come una piuma decorativa sul cappello ddla struttura amministrativa che si andava a creare. Una risposta pi ponderata ma ancora, a mio avviso, non perfettamente calzante sebbene vera per certi suoi versi, quella che pone in evidenza la circostanza che le Regioni hanno pi facilit ad Jpotizzare l'introduzione di istituti di partecipazione tra i quali in senso lato pu enumerarsi pure il difensore civico. Si tratta, infatti, di amministrazioni pi giovani, in via di sviluppo e meno sclerotizzate nonostante la mancata (") Ordinario di diritto amministrativo nell'Universit degli Abruzzi. 72 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO attuazione del disegno costruttivo indicato nell'art. 118 della Costituzione, che ha previsto un'amministrazione regionale estremamente ridotta e agile, specie perch decongestionata dall'ampia utilizzazione dell'istituto delle deleghe agli enti locali. Si tratta, comunque di amministrazioni che appaiono in grado di recepire facilmente tentativi normativi di apertura anche a causa, ovviamente, della maggiore vicinanza dell'ente Regione alle popolazioni governate, la quale determina una pi forte sensibilit alle istanze delle stesse. Possono essere indicati, ormai, numerosi esempi di soluzioni legislative regionali che hanno anticipato lo Stato; basti pensare all'ipotesi del decentramento comprensoriale: tentativo pregevole, affossato dall'inerzia del legislatore statale, di individuazione di un nuovo ente o livello intermedio che risolvesse in modo pi consono alle attuali esigenze della societ i problemi della programmazione e della gestione nel territorio infra. regionale. Altro caso la applicazione in sede regionale dell'istituto del referendum agli atti amministrativi, e ora, in aggiunta, il difensore civico. Tuttavia, come ho gi detto, questa risposta non sembra di per s sufficiente perch l'istituto, lo abbiamo visto, stato poi attuato ed, inoltre, si sviluppato ben al di fa di quelle che erano le disposizioni degli statuti stessi: regioni che non lo avevano previsto, lo hanno cionondimeno introdotto. evidente, quindi, che c' qualcos'altro sullo sfondo, qualcosa che occorre individuare se si vuole dare esauriente risposta. A mio avviso, a questo scopo occorre ripensare un momento a che cos' il difensore civico. Infatti il difensore civico un istituto molto complesso con molte sfaccettature e che pu assumere molte forme. Gi quando noi parliamo di difensore civico e non pi di commissarfo parlamentare, facciamo implicito riferimento ad un istituto notevolmente diverso dall'ombudsman, un organo, questo, del quale sia il difensore civico, sia il commissario parlamentare, sono dichiaratamente derivazioni. L'ombudsman nasce in Svezia, nella monarchia costituzionale e, come. noto, si presenta con due ruoli strettamente distinti; il primo quello di costituire il tramite che consente al Parlamento il controllo sull'esecutivo. In sostanza questa prima attribuzione configura l'organo come uno strumento che si affianca agli organismi di vigilanza che hl monarca gi possiede per suo conto sulla propria amministrazione; l'ombudsman per di provenienza parlamentare. L'altro ruolo quello che si aggiunge successivamente a quello ora detto, e che consiste nella difesa degli .interessi dei privati che si trovano in conflitto con l'amministrazione. Come evidente s.i tratta di due ordini di attribuzioni notevolmente diverse che si incentrano in un unico organo per ragioni che non sono immediatamente determinabili e che, purtuttavia, sono degne di essere ricercate; verifica, questa, che invece non mai avvenuta, almeno nel corso del dibattito che si avuto per lunghi anni in Italia. I I i: ..........................-.f:'. PARTE II, QUESTIONI Al contrario l'indagine meriterebbe di essere effettuata, non foss'altro perch essa consentirebbe di individuare, alla radice, l'effettivo ruolo assunto nel governo parlamentare dall'ombudsman e i collegamenti che intercorrono necessariamente tra riscontro parlamentare della legalit dell'azione amministrativa e tutela del privato. Non per questa la sede per l'esame della questione. Ci tuttavia non toglie che la naturale tendenza del cumulo dei due ruoli nell'organo non venga ad incidere e condizionare fortemente l'istituto trapiantato in altri ordinamenti, come in effetti avviene -e lo vedremo fra poco nell'esperienza regionale italiana. Un altro aspetto di rilievo molto importante che in Svezia, il primo dei due ruoli dell'ombudsman viene mutando in corrispondenza con il passaggio sempre pi marcato del sistema di monarchia costituzionale verso un regime di tipo parlamentare, dato che in questa forma di governo consentita la possibilit di un controllo del Parlamento ben pi diretto, attrnverso il condizionamento politico dell'esecutivo nell'am.bito del rapporto di fiducia. In questa nuova situazione l'ombudsman si vede affiancare da1 controllo politico parlamentare sull'esecutivo. Non per questo risulta superato, dato che esso si differenzia in ragione dei suoi poteri precipui di intervento diretto sull'operato dell'amministrazione che si svolgono su di un piano e con modi diversi da quelli del controllo politico parlamentare sul governo e sui singoli ministri.. La sua vitalit costituisce la ragione per la quale si diffonde sempre pi tra gli stati, la tendenza ad introdurre, trapiantandolo, l'istituto scandinavo. Anche l'Italia stata contagiata da questa sorta di moda. ~ per avvenuto che sono state prese in considerazione separatamente ambedue le facce dell'istituto: da una parte stanno, infatti, i progetti per la creazione di un vero e proprio commissario parlamentare, dall'altro canto si pongono i progetti per la introduzione di un difensore civico, ohe rispondono appunto, in modo estremamente semplificato all.e due facce di questo Giano bifronte che l'ombudsman. Ora, a mio avviso, se si cercano le ragioni che hanno determinato il blocco delle iniziative per la creazione dell'ombudsman in Italia, esse vanno ricercate proprio nella circostanza che la figura stessa sia stata ripartita nelle due distinte iniziative ed, inoltre, nel fatto che la prima venuta alla luce sia stata quella sul commissario parlamentare. In effetti, a differenza del difensore civico, la figura del commissario parlamentare pone dei problemi di rilievo istituzionale e di compatibilit con l'effettivo sistema istituzionale. La domanda che oggi pare ovvio porsi (come invece non era circa vent'anni fa) se sia possibile oggi, in un 74 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO regime come quello italiano, istituire semplicemente e in modo indolore un commissario parlamentare. In proposito non rileva la circostanza che in altri stati, a noi pi vicini quali la Gran Bretagna, la Francia e la Repubblica Federale Tedesca, che sono gli esempi tra gli stati di maggiore rilevanza, sia stata accolta, nello stesso periodo di tempo, la figura dell'Ombudsman. Infatti si tratta di ordinamenti le cui forme di governo, seppure parlamentari, sono caratterizzate da rapporti tra organi costituzionali e strutture partitiche nettamente distinti da quelli che esistono oggi ill1 Italia e che rendono problematica l'azione del Parlamento e Governo. Negli stati ora menzionati, il cui regime ben conosciamo (in primis l'Inghilterra, nella quale come noto l'esecutivo ha una totale o, comunque, una forte possibilit di sopravvivenza per l'intera durata della legislatura ma, pure, la Repubblica Federale e la Francia, le cui riforme costituzionali della V Repubblica hanno determinato la stabilit governativa) si ha una situazione nettamente distinta da quella italiana e dal suo regime, di gabinetti di coalizione, che la caratterizzano per la congenita debolezza dell'esecutivo che ne consegue. N va dimenticato che in alcune ipotesi, quali quella del Commissario alle Forze Armate tedesche, l'introduzione dell'istituto dovuta a motivazioni particolari (nel caso, di soddisfare le esigenze di controllo, fortemente sentite dal Parlamento di Bonn). Tn Italia abbiamo una situazione affatto diversa, di un regime parlamentare con un pluripartitismo esacerbato che conduce alla necessit di gab,inetti di coalizione ed a rapporti tra Parlamento e Governo, tra maggioranza e minoranza e tra componenti della maggioranza stessa, sottoposti ad equilibri estremamente precari. L'intervento di un organo, che potrebbe intromettersi nei rapporti sui quali si fondano questi equilibri, anche se in posizione neutra, rischia di determinare nel sistema reazioni imprevedibili e forse destabilizzanti. Basta che noi pensiamo a quello che successo dal momento dell'introduzione del referendum in Italia; ai problemi che anche la pi inoffensiva (da un punto di vista del rilievo politico) tra le richieste di referendum 'ha posto sulla continuit governativa e sulla stabilit dei rapporti Parla mento-Governo. Le Regioni hanno operato ben pi rapidamente perch, questo problema esse lo hanno superato a pi pari, essendosi indirizzate sulla scelta delli:i figura, meno problematica, del difensore civico. Questa, di fatti, proprio la logica sulla base della quale operano le norme statutarie delle tre Regioni che hanno previsto il nuovo istituto: la Toscana, la Liguria ed il Lazio. Lo stattcto toscano ha inserito la disposi zione sul difensore civico tra quelle concernenti l'organizzazione an1mini strativa, cio, ha visto il difensore civico come una struttura operante meramente all'interno dell'attivit amministrativa. N molto diverse . ~ I: PARTE II, QUESTIONI appaiono le scelte del Lazio e della Liguria che hanno inserito il difensore civico tra gli istituti di partecipazione -seppure indiretta -che consentono una forma di riscontro sull'attivit amministrativa da parte dei privati. 2. -Gli statuti, dunque, hanno omesso di considerare il difensore civico come momento di collegamento con il Parlamento regionale (con il Consiglio Regionale) ed stata, questa, una scelta opportuna, proprio perch ha fugato sin dall'origine i dubbi, i timori di una complicazione, diciamo, del sistema; dubbi, intendiamoci, che potrebbero pure essere infondati o eccessivi, i quali per sussistevano, creavano difficolt e ponevano le premesse per un rinvio se non per un rigetto della proposta come era avvenuto in campo nazionale. E per questo corre l'obbligo di ricordare quanto ha detto il prof. Pace, a proposito dei nostri lavori in Commissione, dove pur riconoscendo la necessit di un collegamento tra Parlamento e difensore civico, si tentato di configurarlo in maniera tale da non renderlo momento qualificante della vita del nuovo organo. La scelta compiuta dagli statuti ha comportato una serie di leggi, ed in primo momento, ovviamente, la legge toscana e la legge ligure, ambedue del 1974, che rispecchiano in pieno la logica che si detta: il difensore civico un organo che interviene a difesa degli interessi di quei privati, che ad esso ricorrono perch si sentono lesi da atti o comportamenti della pubblica amministrazione, con la quale sono per qualsivoglia motivo in rapporto e che di norma si attiva per facilitare la risposta della amministrazione nei confronti delle pretese del privato. Viene quindi prevista normalmente l'iniziativa o richiesta del cittadino, il successivo intervento del difensore civico con riferimento al procedimento amministrativo denunciato dal cittadino, mediante l'esercizio di poteri abbastanza interessanti, quali la preventiva individuazione del funzionario responsabile, l'esame congiunto con questo della pratica oggetto della denuncia, la imposizione di un termine per il completamento della pratica, fa eventuale denuncia di responsabilit. Si pu prescindere, a mio avviso, dall'analisi della incidenza di questo ruolo cl! difesa degli interessi privati, che indubbiamente rilevante e adeguatamente articolato. La considerazione di maggiore interesse quella secondo fa quale, nel primo gruppo di leggi regionali che ha attuato gli statuti, la figura del difensore civico rimane chiusa, in un disegno di mera partecipazione e affiancamento del cittadino nel procedimento amministrativo. In altre parole, evidente come il difensore civico nasca come organo neutro, come un organo cio che si voluto privare di qualsivoglia possibilit di inserimento o inframmettenza nei rapporti politici intercorrenti tra l'assemblea elettiva-legislativa e l'esecutivo, (in particolare vedi Giunta). Ci sebbene, almeno al momento della nascita, non si sia potuto evitare un collegamento formale tra difensore civico ed assemblea, perch sia la 76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Toscana che la Liguria hanno stabilito il principIO (seguito peraltro da tutte le altre regioni) secondo cui il difensore civico debba essere eletto dal Consiglio Regionale. Tuttavia tale elezione, avvenendo con una maggioranza qualificata, ne consente il distacco dalla maggioranza di governo e attribuisce all'eletto maggiori garanzie di indipendenza nei confronti e della maggioranza governativa stessa e dell'esecutivo. Insomma il rapporto genetico che intercorre tra difensore CIVICO e assemblea elettiva non ha che una funzione di cordone ombelicale, proprio nel senso che ha in natura questa parte del corpo dei mammiferi, perch deve essere reciso al momento della nascita del nuovo organismo che dal momento stesso diviene un'entit totalmente staccata. N hanno rilievo in senso contrario le disposizioni che prevedono il potere di revoca da parte del consiglio regionale: potere che deve essere inteso in un significato ristretto, come nella natura degli atti amministrativi e non politici. Non quindi un ritiro della fiducia, fondata su scelte di indirizzo politico, bens probabilmente, una revoca motivata dalla sopravvenuta carenza di requisiti, anche non previsti dalla legge, richiesti per la nomina. Cos avviene nella prassi, nella quale il difensore civico, dopo l'elezione o la designazione da parte dell'assemblea, opera liberamente e ha rari contatti istituzionalizzati con essa, rimanendo quasi totalmente rivolto al ruolo affidatogli all'interno dei rapporti tra privati e autorit amministrative. In questo quadro l'isolamento formale del nuovo organismo garanzia per tutte le componenti del circuito politico (per la maggioranza assembleare e per l'esecutivo) dal momento che esso non viene a costituire un elemento di commistione o di confusione. Sicch, in conclusione, sembra corrersi effettivamente il pericolo denunciato da una parte della dottrina e cio che sarebbe stato creato un istituto di scarso rilievo con un nome celebre e roboante, collocato con tanto di cerimonie e fanfare, come istituto-simbolo di civilt istituzionale e democrazia, e poi, in realt abbandonato a s stesso, sterile ufficio reclami o telefono amico e cos via. Questa, per, un'accusa eccessiva e perci stesso infondata. Innanzitutto, gi nell'ottica del suo apparentemente limitato ruolo di pungolo della corretta azione amministrativa, l'istituto ha, a mio avviso, un'importanza notevole, almeno per due aspetti. In primo luogo, perch, finalmente, con esso stato introdotto in Italia un meccanismo che si pone in stridente contrasto con la concezione tradizionale del rapporto non paritetico tra burocrazia autoritativa, operante per mezzo di provvedimenti (mi richiamo alle nozioni che ben conosciamo) e cittadino. Ed, invero, il difensore civico un organo in cui si formalizza, nel diritto pubblico, la esigenza di difesa del cittadino nell'ambito della amministrazione e senza la contrapposizione che caratterizza gli attuali strumenti esterni di tutela degli interessi e dei diritti " ....,.......~ 77 PARTE II, QUESTIONI soggettivi dei privati, di natura giurisdizionale, o agli strumenti interni alla stessa amministrazione (come i ricorsi amministrativi). N va dimenticata un'altra conseguenza di grande significato: la circostanza, cio, che l'intervento del difensore civico opera su attivit e cpmportamenti dell'amministrazione e non come l'usuale controllo o tutela su atti e su provvedimenti (e qui, appunto, pensiamo a quanto ci ha appena ricordato il Presidente Chieppa). Non in effetti notevole che attraverso il nuovo organo si possa riuscire (nei limiti in cui si vuol riuscire, ovviamente) a saltare a piedi pari, l'intera problematica della difesa del privato nei confronti dell'inerzia amministrativa, che invece il Consiglio di Stato riuscito a risolvere e in modo ancora insoddisfacente (per forza di cose, non certo per sua colpa) in una lenta, annosa evoluzione? Il fatto che non neppure facile riuscire a prevedere quali potranno essere le conseguenze sulla tradizional concezione di rapporti cittadinoburocrazia e burocrazia-amministrazione, intesa nel suo modo di operare come amministrazione e non come esecutivo, che fino ad oggi hanno distinto l'ordinamento italiano da ogni altro. 3. -Senonch, le considerazioni appena svolte appaiono di rilievo perfino secondario a fronte di ci che si andato verificando nella prassi, successiva alla istituzione del difensore civico nelle regioni. Ovviamente, quando accenno a:lla prassi, mi riferisco a!lla attivit dei primi difensori civici, perch le leggi del 1979, 1980 e 1981, ancora non hanno dato risultati probanti o comunque analizzabili. Il primo elemento ,di rilievo che emerge dall'analisi delle vicende storiche la evidenza di un massiccio ricorso al difensore civico e ci avvenuto nonostante la difficolt iniziale, che ben si pu comprendere, di diffondere la conoscenza della esistenza di un difensore civico. Sono state fatte delle analisi molto interessanti sulle relazioni dei difensori civici e da esse emerso, per esempio, che un numero rilevante di reclami sono presentati da funzionari o dipendenti pubblici, trattandosi di categorie che pi facilmente vengono a conoscenza dell'esistenza del difensore civico. Inoltre risulta altresl evidente che l'istituto stato ampiamente utilizzato da quelle parti sociali, da quei cittadini che avevano la minore forza (economica) per una difesa giurisdizionale; e tutto ci un fatto in qualche modo positivo, anche se ci fa supporre che, chi aveva altre abitudini o modi, non sempre accettabili, di come trattare con l'amministrazione, ha continuato, probabile, a farlo. Infine risultato che un grandissimo numero di richieste sia stato presentato al di fuori delle competenze legislativamente previste ( noto che nell'ambito regionale le attribuzioni interessate a dette competenze sono quelle delle Regioni, e anche degli enti locali, ma solo quelle delegate dalle Regioni stesse). Molte volte si ricorso al difensore civico per 78 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELl..O STATO chiedergli qualcosa che non poteva fare, riguardo per esempio, ad attivit proprie degli enti locali. Quale, in tal caso la risposta del difensore civico? Un'obiettiva difficolt si oppone, per molteplici ragioni, a rispondere: non mia competenza, non posso fare niente ed, infatti, di norma, l'organo si attivato lo stesso, con la c,arica o la forza della sua dignit, della sua funzione neutra. A ben vedere il difensore civico non ha quasi mai risposto negativamente e ha fornito repliche molteplici e diversamente articolate che un peccato non potere esaminare in questa sede. Per esempio, al di fuori delle proprie competenze il difensore civico toscano ha deciso di non rispondere mai negativamente quando siano in gioco problemi di interesse generale, preferendo intervenire comunque, anche se esercitando poteri minori. Il dato pi interessante che emerge dall'analisi della prassi appunto questo: che i limiti formali delle attribuzioni del difensore civico sono stati sentiti come una camicia di forza che blocca in modo eccessivo le potenzialit dell'organo. E quindi questo si andato trovando altri meccanismi di intervento che, tra l'altro, erano stati gi evidenziati nell'esperienza francese, per esempio sotto forma di consulenza informale agli organi costituzionali, oppure attraverso la proposta di piccole riforme (mediateur). 4. - indubitabile che questa circostanza sia da prendere in attenta considerazione; invero il fatto che l'appena istituito organismo abbia esorbitato da quello che era il disegno inizialmente per lui tracciato dagli statuti e dalle leggi delle prime regioni che .l'hanno introdotto e si sia allargato su altri versanti, ponendosi quale protagonista di un colloquio diretto con le pubbliche amministrazioni, non solo su iniziativa dei privati e non soltanto con riferimento a casi specifici, bens su temi e questioni di portata pi generale, appare di grande interesse ai nostri fini. Ma la figura che stiamo esaminando non si evoluta unicamente in questo suo modo di operare. Rivolgendosi ad un approccio a tematiche di maggiore ampiezza, essa si posta in evidenza nei confronti degli organi costituzionali della regione i quali, per l'interesse istituzionale da essi portato alle stesse tematiche, hanno ritenuto di potere usufruire dei risultati della sua attivit. Ne sono scaturite alcune interessanti innovazioni legislative. Direi che emblematica in questo senso, la modifica alla legge toscana sul difensore civico, introdotta nel 1977, che amplia e formalizza i rapporti tra difensore civico e Consiglio Regionale, prevedendo una pi precisa regolamentazione delle relazioni periodiche sull'attivit dell'organo stesso e dell'utilizzazione di queste relazioni da parte del Consiglio Regionale. Si tratta di una modifica che ha un rilevante significato sostanziale e che inserisce il difensore civico in un circuito politico al quale esso era prima estraneo. PARTE II, QUESTIONI Questo processo evolutivo, inoltre, non si verifica soltanto nell'ambito delle regioni che hanno per prime previsto il difensore civico, ma, a mio avviso, si riproduce con effetti notevoli anche sul contenuto deHe leggi delle regioni che hanno successivamente introdotto l'istituto. Il che, per inciso, conduce a respingere un'altra accusa non esatta che stata ripetutamente rivolta alla legislazione regionale afferente al tema, e cio che le leggi regionali sul difensore civico. siano state scritte in maniera ripetitiva, quasi con tampone. Non assolutamente vero, anche se si potrebbe osservare che sarebbe pure errato il contrario, cio, pretendere una totale diseguaglianza tra fogge e legge. In realt si riscontrano differenze, e differenze significative, come sono appunto, quelle -contenute nelle pi recenti normative -che riconducono fil difensore civioo in una posizione di rilievo nell'ambito del circuito costituzionale (ovviamente regionale) dei rapporti tra legislativo ed esecutivo. Si ha dunque uno scatto di qualit, anche se l'organo resta politicamente neutro (anche nelle nuove leggi, il difenso: i:-e civico eletto dal Consiglio Regionale con la maggiomnza qualificata). Ora, se poniamo mente a questa evoluzione, ed in particolare modo al fatto che viene formalizzato il momento in cui il parlamento regionale acquisisce le informazioni che il difensore civico ha attinto dall'Amministrazione, si ha quasi l'impressione di essere di fronte ad un fenomeno di dej vu . Ed, infatti, a ben pensare, pu sembrare (con la dovuta cautela che tali raffronti richiedono) di assistere alla ricucitura, attorno alla figura creata dalle regioni, delle due attribuzioni originarie dell'ombudsman svedese. Vista in tali termini interpretativi la vicenda dei difensori civici regionali consente di svolgere due ordini di considerazioni alquanto interessanti. 1) La conferma della stretta correlazione naturale intercorrente tra le due attribuzioni dell'ombudsman che rende probabilmente precario o inutile .,il tentativo di dare vita ad un ombudsman dimezzato, con i soli compiti di difensore civico. 2) La ineluttabile necessit di un ulteriore ~mpiego delle utilit di cui diviene automaticamente portatore tale organo dimezzato con l'acquisizione da parte di altri organi, degli elementi conoscitivi concernenti l'andmento dell'amministrazione. Tale impiego pu (anzi dovrebbe) svolgersi sia mediante la introduzione di poteri _che consentano una maggiore incidenza dell'organo stesso sull'azione amministrativa (sempre per nel rispetto della natura politicamente neutra dello stesso) sia mediante una continua utilizzazione a fin conoscitivi e forse anche ispettivi dell'attivit amministrativa da parte del potere legislativo. 80 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STAID La rapida evoluzione, anzi, il progresso segnato dalla pi recente legislazione regionale si sono appunto realizzati percorrendo ambedue le vie. Gli esempi della prima si rinvengono in tutte le leggi degli anni 1980-1981. Cos, l'art. 2 della legge lombarda (1980) stabilisce che: Il difensore civico, qualora nell'esercizio dei propri compiti istituzionali rilevi o abbia notizia che nell'operato di altre amministrazioni si ve!'if.chino disfunzioni ed anomalie comunque incidenti sulla qualit e regolarit dell'attivit~ amministrativa regionale diretta o delegata, ne riferisce al Consiglio regionale a termini del successivo art. 5 . Sullo stesso piano operano le leggi del Friuli-Venezia Giulia, e dell'Umbria che prevedono la possibilit di interventi d'ufficio dovunque si riscontrino irregolarit. Pure gli esempi della seconda forma di utilizzazione dell'attivit del difensore civico sono rilevanti, dimostrando l'interesse progressivamente sentito dal legislatore regionale verso il rafforzamento dei collegamenti (al liveHo di impiego dei dati acquisiti) tra tale organo e il Consiglio. La normativa pi approfondita e curata per il vero quella Lombarda (art. 5) la quale stabilisce che, oltre alla relazione sull'attivit svolta nell'anno precedente, segnalando i casi in cui si sono verificati i ritardi e le irregolarit, hl difensore civico pu anche inviare al Consiglio Regionale in ogni momento, relazioni su questioni specifiche, in casi di particolare importanza o comunque meritevoli di urgente considerazione. Senonch ancora pi interessante appare la successiva disposizione secondo cui Il Consiglio Regionale, esaminate le relazioni, tenuto conto delle osservazioni e dei suggerimenti in esse formulati, adotta le determinazioni di propria competenza che ritenga opportuno, ed invita i competenti organi statutari della regione ad adottare le ulteriori misure necessarie, con particolare iI1iguardo: A) alla modifica della struttura del servizio d'ufficio; B) alla revoca degli incarichi dei dirigenti di servizio, ove ricorrano gli estremi ecc...; C) alla promozione di eventuali provvedimenti disciplinari; D) alla sostituzione nell'espletamento di singoli atti dei funzionari... . Come facile vedere, l'arricchimento progressivo della figura e dei poteri del difensore civico regionale veramente notevole, riavvicinandolo, anche se molto alla lontana, a quella del commissario parlamentare. Questa evoluzione l'indice pi evidente della grande vitalit dell'istituto; la dimostrazione, cio, che un esperimento che, forse all'inizio, poteva apparire ad alcuni eccessivamente parziale e mutilato e perci demagogico, in realt ha risposto ad esigenze effettive, ha colmato vere carenze della nostra struttura di governo, inteso in senso lato. Esigenze e carenze tuttavia, che era arduo tentare di affrontare in via diretta, proprio per la difficolt di ideare e di introdurre lo strumento che sarebbe stato necessario a tal fine. PARTE II, QUESTIONI L'esperienza dei difensori civici regionali ha dimostrato per che la strada percorribile con la dovuta prudenza e, ovviamente, senza attendersi risultati miracolosi anche nell'ambito statale. Tanto pi che l'Amministrazione statale e i rapporti tra essa e il parlamento hanno delle peculiarit, delle ragioni del disfunzionamento amministrativo talmente radicate e diffuse che l'intervento del difensore civico non potr certamente neppure tentare di risolvere. (Basti pensare ai disservizi pubblici nazionali, -postali -ferroviari ecc... che non possono essere neppure intaccati dal modesto contributo dell'organo di importazione svedese). Ci per. non toglie, e questa mi sembra la conclusione pi rilevante ai nostri fini, che emergano da quanto si visto dell'esperienza regionale, segnali molto incoraggianti che spingono a realizzare al pi presto il difensore civico nazionale. ACHILLE CHIAPPETTI Franco Favara (*) SIGNIFICATO POLITICO E LIMITI COSTITUZIONALI DELL'ISTITUTO DEL DIFENSORE CIVICO SOMMARIO: 1. Ragioni di cautela -2. La lotta contro l'inerzia degli apparati -3. La lotta contro le disfunzioni dei pubblici servizi -4. La provvista dei difensori civici. t. -Debbo confessare di essermi avvicinato al tema di questo incontro di studio con un po' di diffidenza nei confronti dell'istituto del difensore civico. Ed invero non mancano -a mio personale avviso -.ragioni che suggeriscono un approccio cauto. Ne indico esemplificativamente tre. La prima. Il nostro Paese si trova nel bel mezzo di una crisi economica non solo congiunturale, che ha reso intollerabile il sovraccarico della spesa pubblica, in larga misura determinato dall'eccessivo peso delle sovrastrutture istituzionali sulle strutture produttive. L'esigenza oggi pi avvertita piuttosto quella di smobilitare gli apparati che rendono alla collettivit meno di quanto costano, e non gi quella di creare nuove sovrastrutture per infittire oltre le garanzie. La seconda. I nostri apparati pubblici -ed alludo non solo a quelli amministrativi ma anche a quelli giurisdizionali -sono afflitti da vaste aree di inefficenza. L'obiettivo da ipevseguire dovrebbe essere quello di un recupero di efficenza di detti apparati, non quello di creare apparati paralleli aventi il compito di ingerirsi da fuori o daH'alto nel lavoro altrui, con conseguente aumento del volume dei flussi cartacei che gi soffocano gli uffici. Certamente, recuperare l'efficenza degli apparati esistenti obiettivo molto difficile, per raggiungere il quale necessario percorrere strade faticose: ricostruire un tessuto di funzionari -e mi riferisco soprattutto ai dirigenti di uffici -personalmente responsabili nei confronti della collettivit per il funzionamento degli uffici loro affidati, formati nell'orgoglio per la funzione pubblica e selezionati per dil'ittura morale e dimostrate capacit professionali; applicare senza eccezioni il principio costituzionale per cui nei pubblici uffici si accede per concorso e si fa carriera per merito; rompere la rete delle reciproche tolleranze all'interno degli uffici; rifiutare gli eccessi di egualitarismo che generano cachistocrazie tanto arroganti quanto prive di legittimazione sostanziale: tutto ci richiede un impegno morale prima che politico di lungo periodo. poco redditizio in termini di consensi immediati. Comprensibile quindi la tentazione di ricercare scorciatoie. Ma vere scorciatoie non esistono; (*) Avvocato deHo Stato. 17 84 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sicch il ricercarle pu essere dannoso, se vale a creare illusioni, ad intro durre ulteriori deformazioni. a ritardare i temoi di pi faticosi recuperi. Bisogna, tra l'altro, prendere consapevolezza del fatto che una amministrazione seria ed efficiente requisito indispensabile non solamente per la funzionalit ma anche per la democraticit delle istituzioni. La man. canza di un ceto quaHficato e motivato di amministratori pubblici deter mina dei vuoti che altri ceti pi dotati di uomini qualificati sono portati a riempire, con conseguente alterazione degli equilibri costituzionali. Il personale politico dovrebbe considerare maggiormente quanto preferibile sia, per esso,. avere per interlocutori immediati amministratori pubblici capaci ma pur sempre subalterni, anzich venire a diretto contatto con corpi in grado di contrapporsi. La terza. Il nostro ordinamento gi conosce una molteplicit di con trolli: operati dalle gerarchie interne di ciascun apparato, dalle ragionerie, dalla Corte di Conti, dalle giurisdizioni amministrativa civile e penale, dlol organi straordinari (ad esempio i cosidetti super-ispettori tributari). Sulla carta. non si pu dire che vi sia scarsezza di controllori. Anzi, v' piuttosto una pletora di controllori, spesso per male impiegati, e -a loro volta -non di rado tanto poco efficienti da provocare rallentamenti intollerabili nel corso dei procedimenti; al punto che recentemente il legislatore -ad esempio con la legge n. 1 del 1978 -si preoccupato di eliminare taluni controlli ed ingerenze. V' di pi: controlli ed ingerenze, quando sono oltre misura, producono effetti disincentivanti il cui costo, ancorch difficilmente quantificabile, pu risultare pesante, specie se il controllore -'--operando al coperto da responsabilit e beneficiando di uno status privilegiato -non incontra remore neppur psicologiche nell'assumere iniziative volte ad attivare pro cedimenti repressivi, ed portato a ritenere i funzionari controllati alla stregua di suoi subalterni. In una societ di massa il perfezionismo un lusso insostenibile, e controlli eccessivi si traducono inevitabilmente in cali di produttivit. 2. Come vedete, vi sono motivi per un approccio, pi che disincantato, scettico alla proposta di introduzione del difensore civico nel nostro ordinamento statale. Tuttavia, chi si fermasse a questo punto verrebbe meno al dovi::re di mettere a fuoco e valutare anche quanto di positivo vi pu essere -e vi -nella proposta. Ed in effetti vi sono almeno due ambiti ben delimitabili nei quali il difensore civico pu rendere utili servigi alla collettivit. Il primo ambito -come gi egregiamente rilevato dal presidente Chieppa -della lotta contro l'inerzia degli apparati. I controlli esistenti, e le garanzie giurisdizionali offerte dalla Costituzione, sono strumenti sufficienti ad assicurare La conformit alla legge degli atti posti in essere, ma PARTE II, QUESTIONI -come noto -non valgono ad assicurare una effettiva salvaguardia contro i comportamenti inerti, contro il non fatto degli apparati. Il legislatore si visto costretto a dare -in alcuni casi -all'inerzia, al silenzio dell'amministrazione, significati per cos dire sostanziali: dapprima di rigetto, nel campo dei ricorsi amministrativi, e, in epoca pi recente, di assenso o accoglimento di talune istanze presentate dai cittadini. Il che implica un trasferimento ai privati di alcune fette di potere amministrativo, ed esprime una notevole sfiducia negli apparati chiamati ad agire per il bene pubblico. Ovviamente, silenzio-rigetto e silenzio- assenso non possono che rimanere espedienti eccezionali, e non possono essere utilizzati nei casi di inerzia di un giudice. V' dunque un ampio spazio di azione per un organo cui sia affidato il compito di stimolare l'iniziativa d'ufficio degli apparati, di sollecitare l'ulteriore corso di procedimenti e processi pendenti, di rimuovere le sacche di resistenza passiva e di semplice inerzia. E ci -a mio avviso, parzialmente divergente da quello poc'anzi espresso dal presidente Chieppa nell'interesse della collettivit prima che nell'interesse del cittadino qualunque . Ed infatti il pi incisivo dei poteri attribuiti ai difensori civici dalle leggi regionali gi approvate in materia sembra -per l'appunto -il potere di fissare, di volta in volta, secondo le esigenze del caso concreto, un termine al compimento di atti dell'amministrazione regionale (qualcosa di simile a quanto previsto dall'art. 1183 codice civile). L'infruttuoso decorso del termine cos fissato costituisce di per s fatto illecito, suscettibile di sanzione quanto meno disciplinare. Peraltro, le norme regionali test richiamate fanno sorgere la necessit di raccordare l'efficacia dei termini ope defensoris cui si accennato con la disciplina a fini processuali della formazione del silenzio-rifiuto, disciplina che la giurisdizione amministrativa -concordando con quanto proposto nella Relazione dell'Avvocatura generale per gli anni 1971-1975 ha desunto dall'art. 25 del d.P.R. 19 gennaio 1957 n. 3, con implicita estensione della portata delle disposizioni in esso contenute anche al di fuori dell'ambito statale . D'altro canto, proprio l'esperienza formatasi in relazione alle applicazioni del citato art. 25 sta a dimostrare che tale disposizione, se pu utilmente operare per la constatazione formale del silenzio-rifiuto a fini processuali, non sufficiente a produrre un effettivo superamento della inerzia mancando la previsione della possibilit di un intervento attivo, costruttivo, sulla persona o sull'apparato che rimanga inerte. In altre parole l'art. 25 sta operando pi come disposizione pre-processuale che come normativa -sia pur incompleta -regolatrice del procedimento amministrativo. 86 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Per una efficace lotta contro l'inerzia appare dunque giustificata l'enucleazione di una funzione pubblica ad hoc: il che non equivale a dire l'istituzione di un funzionario o, peggio, di un apparato ad hoc. Ed in effetti, per l'art. 13 del R.D. 30 ottobre 1933 n. 1611, l'Avvocatura dello Stato gi sarebbe investita della funzione di consigliare e dirigere le amministrazioni patrocinate quando si tratti di... abbandonare giudizi: il che le consentirebbe, appunto di dover promuovere il compimento delle attivit omesse ogniqualvolta sia pendente ricorso avverso un silenziorifiuto . In pratica, una siffatta sollecitazione viene raramente posta in essere, anche per una sorta di self-restraint, di ritrosia a dare indicazioni che potrebbero incontrare la resistenza passiva dell'amministrazione patrocinata. La riflessioni suscitate da questo incontro di studio potrebbero condurre ad irrobustire lo strumento offerto dal ricordato art. 13; e potrebbe forse essere utile rendere detto strumento pi maneggevole mediante una norma sul procedimento da seguirsi. Va comunque considerato che l'attribuzione della funzione de qua ad un difensore civico ad hoc renderebbe possibili divergenze di opinioni e conflitti tra tale funzionario e l'Avvocatura dello Stato in ordine alla conduzione degli affari contenziosi aventi ad oggetto un silenzio-rifiuto (1). Non comunque pensabile che alla determinazione dei tempi della azione amministrativa e dei processi giurisdizionali possa efficacemente provvedere direttamente ed in astratto il legislatore. Termini fissati ex lege, quand'anche non vanificati da ragioni di oggettiva impossibilit, sono destinati a rimanere ordinatori ogni qualvolta -ed la regola -non pu (1) Per superare incertez:re che, i:n ordine al11a formazione del si1enziorifiuto (e conseguenti riflessi sul processo amministrativo, che -come noto materia ,, .di esolusi:va competenza statale) e, al tempo stesso, per cercare di ovviare a taluni degli inconvenienti determinati dalila inadeguatezza degili strumenti di lotta .contro finerzi:a nell'ambito deMe pubbliche amministrazioni, potrebbe :pensarsi ad inseril'e, in un eventuale d.dJ., l'articolato che segue. * * * Articolo A Gli art>., che non salvezza di giustizia. Ma l'attivit del difensore civico , nel concreto, di controllo, effettivo e reale, a tutela degli interessi legittimi dell'uomo e del cittadino, una volta presi in esame, con i loro vari e numerosi casi, che spesso danno luogo a contrasti inevitabili nelle rispettive competenze ed interpretazioni tra gli organi preposti, in quanto, non solo, al merito ed al diritto. Il problema d'importanza rilevante, perch, al di l del principio, si viene a creare di fatto un procedimento da magistratura parallela, che influisce, di per s, su un diverso ordine categoriale di giudizio, modificandone la sostanza ed il fine. Di certo, si avvertono dei pregiudizi, che, se non elimin~ti, sarebbero d'impedimento per .una messa a fuoco, e linea corretta di condotta, del 1' ombudsman e degli altri istituti giuridici concorrenti nella fase preliminare, di andamento e conclusiva. Il difensore civico un organo da ritenersi esente da interferenze settoriali o di parte. Esso un istituto giuridico diretto, unicamente e solamente, a seguire e considerare il comportamento e gli atteggiamenti delle persone, relativamente ai provvedimenti adottati ed alle sentenze emanate, senza prevalere su queste o su quelle, il cui iter autonomo, oltre che libero. Nella sostanza, l' ombudsman nella caratteristica propria del critico, dal punto di vista dell'opinione pubblica, del promotore di giustizia (*) Docente di materie giuridiche in Potenza. 94 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO e del controllore, l dove sussiste un potere d'imperio, o di discrezionalit, se pure prescritto dalle leggi. Le quali, permettendo un formalismo di moda, tolgono al singolo quello che d'imparziale gli spetta, come contenuto. Il che si verifica in tutti i campi del diritto, dal civile al penale ed all'amministrativo, al punto da non assicurare, con la salv,ez:m degli interessi, l'intrinseca certezza del diritto, in direzione di giustizia, almeno corrispondente al vero. L'istituto del difensore civico nuovo all'ordinamento giuridico italiano, ma vale se reso funzionante nella sua natura, che anche di stimolo al rinnovamento di una mentalit, operativa del pensiero e del fare, nell'ottica, logica e dialettica, esistenziale, quale specchio deHa vita in continuo movimento. Francesco Calasso, in effetti, ha lasciato scritto, e non a torto, che lo scopo di offrire ai giuristi il canone ideale del giusto e dell'ingiusto, non pi come diritto storicamente :legato a un mondo ed a un'epoca, ma come il diritto, destinato a propagarsi, non per imposizione di governanti, ma per la sua forza intrinseca di umanit e di giustizia. I I f .~' f E f I Emilio Zecca (*) QUALCHE RIFLESSIONE SULL'ESPERIENZA MATURATA Desidero limitarmi ad alcune brevi riflessioni, che mi sono state suggerite dall'ascolto delle interessantissime relazioni. Chiedo scusa anticipatamente del carattere un p disordinato di queste osservazioni. Non avevo pensato di prendere la parola: stata, per cos dire, una tentazione improvvisa e non ho avuto tempo quindi di' riordinare le idee. La prima osservazione questa. I difensori civici che operano gi da qualche anno in alcune regioni italiane, scrivono delle periodiche relazioni sulla loro attivit ed quindi possibile ormai cominciare a spostare l'attenzione sui risultati conseguiti e nelle connotazioni concrete che l'istituto va assumendo, suHe sue tendenze evolutive. Una delle prime cose che salta all'occhio nell'esame di queste relazioni che l'intervento del difensore civico non mai stato richiesto per una pratica di grande valore economico; diciamo, per una grossa lottizzazione, per l'installazione di un ipermercato, per un appalto importante. L'avventore abituale l'uomo medio, l'impiegato, il piccolo commerciante, qualche associazione cittadina che tutela interessi diffusi: non mai accaduto, ch'io sappia, che l'intervento sia stato invece richiesto da una grande concentrazione finanziaria o da una grossa impresa. Tutto ci assai significativo. Vuol dire sostanzialmente che, quando si d vita ad un organismo destinato a seguire, su richiesta degli interessati, le pratiche amministrative, affinch siano evase con speditezza ed a controllare che non ristagnino negli uffici, si scopre che ve ne era in realt bisogno solo per affari di modesto livello e per cittadini appartenenti .alla fascia medio-bassa dei redditi. Giocano qui fattori difficili da rimuovere, che attengono ai costumi ormai invalsi nei rapporti con la pubblica amministrazione ed alla preferenza accordata in quest'ambito, almeno nelle pratiche di un certo rilievo, ai contatti personali e all'intermediazione politica rispetto ai canali istituzionali di comunicazione e di tutela. Qualcuno, nel manifestare perplessit sull'efficacia dell'istituto, ha detto che il miglior difensore civico pur sempre il Consiglio di Stato; altri potrebbe maliziosamente aggiungere che il deputato del proprio coHegio elettorale, un assessore regionale, un sottosegretario o un capocor rente sembrano essere ancora gli strumenti pi impiegati e pi efficaci. Io devo confessare che trovo alquanto strano che non ci si preoccupi, nel momento in cui si pensa di attivare un nuovo canale istituzionale di comunicazione tra cittadino e potere pubblico, di conferirgli anche in (*) Avvocato dello Stato. 96 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO qualche modo una sorta di diritto di esclusiva per l'esercizio deHe funzioni ad esso demandate e di chiudere quindi ogni altro canale extraistituzionale di pressione e di intermediazione. Fino a che non esiste una pubblica autorit a cui rivolgersi perch sia garantito il corretto e solerte disbrigo degli affari amministrativi; fino a che manca un sistema codificato di relazioni pubbliche con i cittadini, pu considerarsi fatale -se non certo giustificabile -che si sviluppino esi diffondano deteriori pratiche di intermediazione, ad opera dei tanti faccendieri che fioriscono tra le pieghe delle nostre istituzioni. Ma quando ci si accinge a dar vita ad un organo deputato appunto a rendere traspare11te verso i gvernati la trattazione degli affari da parte degli apparati burocratici, quando ci si propone di introdurre un vero e proprio sistema ,, di relazioni pubbliche tra cittadini e potere, non si pu fare a meno, a mio avviso, di accreditarlo come un sistema esclusivo, come l'unico canale cio attraverso il quale sia possibile conoscere l'andamento dell'affare e influire su di esso. Sembra a me che sia questa una condizione elementare di credibilit per un organo destinato ad essere designato dalle massime cariche dello Stato e ad essere presentato in societ con attributi di cos. elevato prestigio. Altrimenti sar difficile evitare l'impressione che esso sia uno strumento riservato agli sprovveduti, mentre permangono mezzi di accelerazione e di influenza ben altrimenti efficaci per gli ottimati " Una seconda osservazione riguarda quella che stata chiamata la competenza eterodossa del difensore civico. Dalle relazioni pubblicate emerge che solo una parte delle richieste ricevute investivano l'amministrazione regionale e rientravano nella competenza propria del difensore civico. U~a grande mole di richieste di intervento riguarda invece pratiche trattate da uffici di altri enti pubblici (Stato, enti locali, enti previdenziali e persino istituzioni straniere) nei cui confronti il difensore civico sfornito anche di quei modesti poteri che le leggi istitutive gli attribuiscono. Come stato qui ricordato, di fronte a tali richieste si scelto prevalentemente di tentare comunque una intermediazione ufficiosa presso l'autorit competente, confidando che il prestigio dell'organo, se non un suo puntuale potere, avrebbe in ogni caso avuto influenza e portato a risultati in qualche modo utili aH'interessato. Vi sono state cos garbate corrispondenze, che hanno quasi sempre fornito all'interessato opportw1i elementi di conoscenza e di orientamento. Quello che preoccupa per che, per poter riconoscere utilit a questa funzione, occorre muovere dal presupposto che chiunque avesse chiesto le stesse notizie con il proprio nome e cognome, senza l'intermediazione epistolare di un difensore civico >>, non avrebbe invece ricevuto risposte i I i altrettanto garbate e precise. . I PARTE II, QUESTIONI A me pare evidente che l'esercizio di una tale funzione etorodossa da parte del difensore civico rischi di degradarne l'immagine ad wm sorta di telefono amico, di segretario ga:lante della vita burocratica (a Napoli un tempo, nei rapporti con gli uffici pubblici, ci si rivolgeva a un personaggio chiamato o' parlatore) ed a far perdere le caratteristiche sue proprie di organo deputato al controllo dell'attivit amministrativa in quegli aspetti non coperti da tutela giurisdizionale o da sindacato formale di altri organi. Ora, se si guarda bene, si scopre che l'esercizio di queste funzioni eterodosse. nasce perch nei rapporti tra Stato e cittadini vi uno spazio non coperto, perch manca in buona sostanza un sistema generalizzato di relazioni pubbliche che, dai luoghi ove si esercita il potere, si proietti sul versante dei governati e consenta a questi di attingere notizie e spiegazioni in ordine agli affari che li riguardano. Io appunto vorrei invitare a coltivare e dissodare questo terreno, che mi pare abbia molta attinenza con quello dell'istituto di cui stiamo discutendo. Forse, prima che di un difensore civico, cio di un organo inteso ad intervenire nei casi di manifestazione patologica della vita amministrativa, noi abbiamo bisogno di un sistema ramificato e capillare di uffici capaci di orientare il cittadino nello svolgimento fisiologico dei suoi rapporti con il potere pubblico. E ci mi conduce alla terza ed ultima riflessione. Ogni volta che si proceduto alla istituzione di un nuovo difensore civico si sentita ripetere l'accusa, a mio avviso non del tutto infondata, che si stava ingannando la opinione pubblica, con il presentare ad essa uno Zorro dalla spada di legno e dal giustacuore di cartone. Le denominazioni non sono prive di importanza: una cosa dire alla gente che si provveduto a dotare le amministrazioni di un sistema di uffici reclami o di uffici pubbliche relazioni e altra cosa dire che vi un raddrizzatore di torti. SP. si vogliono usare denominazioni impegnative occorre che ad essa corrisponda un adeguato strumento di poteri reali ed effettivi. Il nostro Presidente si chiesto se non ci saranno delle interferenze tra i difensori civici regionali che gi esistono e quello statale di cui si progetta l'avvento. Il problema sarebbe invero ancora pi complesso perch, fino a tanto che si resta nell'ambito del modulo che sembra aver attecchito in Italia, possono esserci anche difensori civici comunali (alcuni sono in via di istituzione) ed in realt ogni articolazione organiz zativa ha titolo per istituirne uno, visto che non si tratta di alterare la distribuzione dei poteri, ma solo di offrire ai cittadini un luogo di orienta mento e di notizie nei loro rapporti con quella specifica struttura ammi nistrativa. 98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Probabilmente non nemmeno da temere l'insorgere di conflitti di competenza, perch questi presuppongono la contemporanea pretesa di esercitare ii.dentici poteri o il contemporaneo rifiuto di farlo, mentre qui mi pare che manchi anche la materia prima -e cio il potere -sul quale un conflitto possa innestarsi. In ogni caso ciascun difensore civico sar evidentemente legittimato ad intervenire nei procedimenti. propri della struttura organizzativa di cui emanazione. Il problema semmai un altro, ed appunto quello di vedere se esista spazio per una funzione di difesa civica , che si collochi a mezza strada tra il pi modesto livello di un tradizionale ufficio pubbliche relazioni e quello pi elevato della giustizia amministrativa. E, se non esiste, cercare semmai di ritornare alle origini dell'istituto, alla sua vera tradizione storica di strumento inteso a rendere effettivo il potere di controllo delle assemblee elettive su quelle zone dell'esecutivo in cui non esiste, o comunque non funziona, il principio di responsabilit ministeriale. Si tratta cio forse non tanto di arricchire ancora le possibilit di accesso del singolo cittadino a mezzi diretti di tutela della sua posizione soggettiva (rafforzando su questo terreno le tutele giurisdizionali e sviluppando un efficace sistema di relazioni pubbliche di ogni singola amministrazione), quanto piuttosto di irrobustire gli strumenti e migliorare la qualit del controllo esercitato, per il tramite delle a1lsemblee elettive, dalla collettivit tutta intera su ogni manifestazione dell'esercizio del pubblico potere. in questa chiave di funzionamento forse che l'istituto pu sprigionare tutte le sue potenzialit e divenire anche un luogo d'accesso del cittadino ed una sua forma di garanzia. Grazie. ! APPENDICE RELAZIONE ALLO SCHEMA DI DISEGNO DI LEGGE CONCERNENTE L'ISTITUZIONE DEL DIFENSORE CIVICO ELABORATA DALLA COMMISSIONE ISTITUITA , CON DECRETO DEL MINISTRO PER LA FUNZIONE PUBBLICA DEL 12 GENNAIO 1981 (1) .. (.1) La Commissione stata composta dal Pres. Riccardo Chieppa, dail1' Avv. Vito Bl1ini, Prof. Elio Califano, Prof. Achille Chiappetti, Prof. Giovanni De Cesare, Dott. Elsa De Pessy, Prof. Pierfrancesco Grossi, Prof. Giuseppe La Creta, Dr. Gian Carlo Lo Bianco, Prof. Alessandro Piace, Prof. Franco Placidi, Prof. Onorato Sepe. 18 100 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il fine che la Commissione ha inteso realizzare nel delineare la figura del c.d. Difensore civico stato quello di ricostruire nell'interno della amministrazione statale un apposito organo cui fosse attribuito il compito di concorrere ad assicurare, attraverso poteri ispettivi e di stimolo, il buon andamento e l'imparzialit della Pubblica Amministrazione verificandone l'efficienza e la coerenza. Un organo cio capace di contribuire ad attuare e a realizzare i fini che l'art. 97 Cost. indica come connaturarli e come intrinseca caratteristica dell'azione pubblica. In questo senso analoghe esperienze, seppur tra loro diverse, di altri paesi costituiscono un valido punto di riferimento e confermano la validit di una scelta tesa a garantire innanzitutto i:1 cittadino altrimenti privo di difese nei confronti di un apparato statale di dimensioni sempre maggiori e proprio perci difficile a controllare. Con tali premesse l'intenzione della Commissione non stata quella di. ricostruire un organo tale da sostituire gli ordinari strumenti di tutela individuale n gli strumenti istituzionali di controllo dell'attivit amministrativa pubblica, ma di creare un organo che si ponesse accanto ad essi e disponesse di strumenti di azione pi agHi ma non concorrenti rispetto ai precedenti, tali da consentirgli quell'azione di stimolo a cui si accennato. connaturato a tale situazione che il Difensore civico svolga la sua attivit avendo per oggetto la sola pubblica amministrazione statale e parastatale. Rimangono pertanto fuori dalla portata degli interventi diretti di .esso tanto le situazioni soggettive dei privati, che quelle degli enti dotati di particolare garanzia costituzionale di indipendenza. Il Difensore civico inoltre pu agire nei confronti delle amministrazioni locali solo per il tramite delle strutture competenti in sede locale e previo coordinamento con esse. Resta comunque fatto salvo come in parte gi avvenuto, il potere per le Regioni di istituire appositi organi con analoghe funzioni per Il livello locale avendo peraltro come necessario riferimento, i principi stabiliti per il Difensore civico preposto alla pubblica amministrazione statale. sembrato inoltre necessario esplicitamente escludere dalla sfera di interventi del nuovo organo l'attivit militare giurisdizionale e le attivit ricadenti nella speciale disciplina del segreto di Stato. Quanto alle modalit di nomina, la Commissione suggerisce di afferm:= tre l'intervento parlamentare, nella persona dei Presidenti delle due Camere, peraltro limitandolo alla scelta nell'ambito di una terna di nomi previamente designati da un collegio composto dai Presidenti della Corte di Cassazione, del Consiglio di Stato, della Corte dei Conti e del Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura; terna di nomi che PARTE II, QUESTIONI dovr pervenire ai Presidenti delle Camere con le eventuali osservazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri il quale, successivamente, controfirmer il Decreto di nomina emanato dal Presidente della Repubblica. La collocazione del Difensore civico nell'apparato amministrativo consente di superare le eventuali difficolt altrimenti connesse all'opposi zione del segreto d'ufficio. Quanto alla durata, la Commissione ritiene opportuna la previsione di un quinquennio non collegato alla vita delle legislature parlamentari, e non immediatamente rinnovabile. Ovvie ragioni di funzionalit consigliano un'et non superiore a 6.'i anni all'atto della nomina. Per quanto riguarda i poteri ad esso attribuiti, oltre a quelli connaturati alla istituzionale funzione conoscitiva sui procedimenti amministrativi in corso o gi definiti, il Difensore civico deve poter sia sollecitare che richiamare gli organi della pubblica amministrazione ad un corretto ed efficiente svolgimento delle competenze nonch stimolare le eventuali modifiche atte ad eliminare lacune ed inconvenienti. Il Difensore civico tenuto annualmente a riferire ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio dei Ministri, con apposita relazione, ed autorizzato a darne pubblicit. In maniera pi incisiva deve essere tenuto a denunciare agli organi competenti le eventuali responsabilit patrimoniali e disciplinari accertate, qualora queste comportino eventuali sanzioni per i trasgressori. inoltre tenuto, per evitare che il cittadino che a lui si sia fiduciosamente rivolto rimanga privo di tutela a trasmettere alle autorit eventualmente competenti tutte le richieste e gli esposti pervenutigli, per i quali non ritenga necessario dover aprire indagini. Inoltre facoltizzato, rela tivamente a singoli problemi, a rendere noti i disservizi riscontrati, le iniziative adottate e il loro esito. Resta ulteriormente salva la facolt di promuovere autonomamente l'azione di responsabilit, nell'accertata inerzia degli organi competenti in via ordinaria ad accertare le eventuali responsabilit patrimoniali e disciplinari. Il difensore civico inoltre, non deve essere costretto ad interrompere la propria attivit di indagine qualora successivamente all'inizio di essa venga aperta, per i medesimi fatti o per fatti connessi, l'istruttoria penale. Diversamente, qualora, invece, l'istruttoria penale sia gi iniziata, il difensore civico non potrebbe iniziare proprie indagini. Particolare attenzione stata infine dedicata alla struttura organizzativa degli uffici e del personale. Si preferito porre alle dipendenze del difensore civico, personale delle pubbliche amministrazioni in posizione di fuori ruolo non solo per consentire strutture agili ma anche per ottenere di volta in volta_ personale proveniente dalle singole amministrazioni nei 102 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cui confronti, pi diretto e immediato l'interesse dell'ufficio personale; che in virt delle proprie specifiche conoscenze rendono pi rapide e maggiormente produttive le indagini. parso peraltro necessario rinviare ad ulteriore regolamento, le altre norme riguardanti il funzionamento e l'organizzazione deglii uffici sempre con H fine di consentire la pi piena adattabilit della nuova struttura alle singole e concrete esigenze. SCHEMA DI DISEGNO DI LEGGE CONCERNENTE L'ISTITUZIONE DEL DIFENSORE CIVICO Art. 1: Il difensore civico ha il compito di concorrere ad assicurare il buon andamento e l'imparzialit della pubblica arr,1.ministrazione dello Stato e degli Enti pubblici ultraregionali e a verificare l'efficienza della azione amministrativa. Art. 2: Ai fini dell'art. 1 il Difensore civico pu, anche d'ufficio, svolgere indagini di qualsiasi natura, senza che ad esso possa essere opposto il segreto d'ufficio. Le indagini non possono riferirsi a materia militare, ad atti e comportamenti coperti da segreto di Stato, n possono riguardare lo svolgimento della funzione giurisdizionale. Art. 3: Nell'ambito della competenza prevista dall'art. 1 il Difensore civico p4 ottenere informazioni anche da part delle regioni e degli enti territori.ali minori, solo previo coordinamento e per H tramite delle strutture competenti in sede locale. Art. 4: Gli uffici della pubblica amministrazione e i funzionari ad essi preposti sono tenuti a fornire al Difensore civico le informazioni, nonch. la copia degli atti e dei documenti di cui questa faccia richiesta, nell'ambito della competenza di cui all'art. 1. In caso di ,inottemperanza, il Difensore civico, con salvezza delle sanzioni penali e disciplinari a carico del dipendente che non abbia tempestivamente adempiuto alla richiesta, pu esercitare tutti i poteri spettanti al Capo dell'amministrazione cui l'uffiio appartiene. Art. 5: Il Difensore civico nominato con Decreto del Presidente della Repubblica controfirmato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, in base alla scelta effettuata dai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. La scelta, da parte dei presidenti delle Camere, avviene nell'ambito di una terna di nomi previamente designati da un collegio composto dal PARTE II, QUESTIONI Presidente della Corte di Cassazione, dal Presidente del Consiglio di Stato, dal Presidente della Corte dei Conti, dal Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura e dall'Avvocato generale dello Stato. La terna dovr pervenire ai Presidenti delle Camere tramite il Presidente del Consiglio dei Ministri, corredata dalle sue eventuali osservazioni, entro trenta giorni dalla scadenza del periodo di durata del Difensore civico. In sede di prima applicazione, la terna dovr essere comunicata, con la procedura del comma precedente, ai Presidenti delle Camere entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge. Art. 6: Il Difensore civico deve possedere i requisiti per l'elezione a Senatore e non deve aver superato il sessantacinquesimo anno di et. all'atto della nomina. Non pu essere nominato Difensore civico chi sia membro del Parlamento del Governo. Il Difensore civico deve essere scelto tra persone di particolare integrit morale e indipendenza e che possiedano una provata esperienza nel campo del diritto o dell'amministrazione. Art. 7: L'Ufficio di Difensore civico incompatibile con l'esercizio di qualsiasi altro impiego pubblico o privato, libera professione, attivit commeriale, industriale e con qualsiasi carica in societ o ente pubblico. in facolt del Difensore civico di continuare nell'insegnamento. Art. 8: Il Difensore civico dura in carica cinque anni e non imme diatamente rinnovabile. Art. 9: Il Difensore civico riceve lo stesso trattamento economico spettante ai giudici della Corte Costituzionale. Art. 10: L'impiegato dello .Stato o di a:Itra pubblica Amministrazione, nominato Difensore civico, collocato fuori ruolo per tutta la durata della carica e fino a quando non raggiunga i limiti di et per essere collocato a riposo. Si applicano le norme dei commi terzo, quarto e quinto dell'art. 88 del testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, modifica. to dall'art. 4 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261. Le disposizioni dei precedenti commi si applicano ai professori universitari solo a domanda degli interessati. Art. 11: Decade automaticamente dalla carica il Difensore CIVICO che si venga a trovare in una delle cause di incompatibilit di cui all'rt. 6. 104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il Difensore civico pu essere rimosso dalla carica, per sopravvenuta incapacit fisica o per gravi ragioni attinenti ai requisiti di indipendenza e integrit morale, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa intesa conforme dei Presidenti del Senato e della Camera. Art. 12: Il Difensore civico non pu svolgere attivit inerenti ad un'associazione o partito politico. Art. 13: Alle dipendenze del Difensore civico posto un ufficio di segreteria composto di personale delle pubbliche amministrazioni collocato fuori ruolo, il cui contingente determinato, su proposta del Difensore civico, con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro del tesro. Le spese di funzionamento dell'ufficio del Difensore civico sono poste a arieo di un fondo stanziato a tale scopo nel bilancio dello Stato e iscritto con unico capitolo nello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro. Il rendiconto della gestione finanziaria soggetto a controllo della Corte dei conti. Le ulteriori norme concernenti l'organizzazione e il funzionamento dell'ufficio del Difensore civico, nonch la gestione delle spese, sono adottate con regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio, sentito lo stesso Difensore civico, previo parere del Consiglio di Stato. Nei casi in cui lo ritenga opportuno, il Difensore civico pu avvalersi dell'opera di consulenti. Il personale addetto alla segreteria del difensore civico non pu conseguire promozioni se non per anzianit per la durata dell'incarico, con applicazine delle norille richiamate dal comma secondo del precedente art. 10. Art. 14: Il Difensore civico: a) riferisce annualmente ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio dei Ministri con apposita relazione sulle indagini portate a conclusione, le cui risultanze egli ha altres facolt di rendere pubbliche; b) pu, relativamente a singoli problemi, informare l'organo interessato all'indagine delle conclusioni raggiunte, dandone nel contempo comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri e all'autorit preposta al controllo; e) pu, relativamente a singoli problemi, rendere, noti i disservizi riscontrati, le iriiziative adottate e il loro esito, salvo comunque il dovere d1 denuncia agli organi competenti per l'accertamento delle eventuali responsabilit patrimoniali e disciplinari; PARTE II, QUESTIONI 105 d) trasmette alle autorit eventualmente competenti le richieste e gli esposti per i quali abbia comunque ritenuto di non dover aprire indagini; e) pu promuovere il procedimento disciplinare e l'azione di responsabilit, in deroga alle disposizioni dei singoli ordinamenti, qualora l'organo competente, cui sia stata trasmessa la denuncia di cui alla lettera e), non vi provveda entro sessanta giorni da un invito formale inviato dallo stesso Difensore civico decorsi trenta giorni dall'anzidetta denuncia. Art. 15: Il Difensore civico pu proseguire nelle indagini gi iniziate nonostante l'eventuale promovimento dell'azione penale sugli stessi fatti o su fatti connessi. In caso di sequestro di atti o documenti della pubblica amministrazione, il Difensore civico ha il potere di ottenerne copia, se necessaria alla prosecuzione delle indagini. Il Difensore civico non pu iniziare indagini nei casi in cui, sugli stessi fatti, sia stata promossa l'azione penale. Art. 16: Per l'anno 1982 e seguenti istituito un apposito capitolo nel bilancio dello Stato -Ministero del Tesoro Spese di funzionamento dell'ufficio del Difensore civico, per un importo pari a L. da rivalutare negli esercizi successivi secondo le motivate proposte del Difensore civico. LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 99, ultimo comma, nella parte in cui sancisce l'inappellabilit delle sentenze rese su crediti di lavoro e di previdenza e assi stenza obbligatorie, contemplati negli artt. 409 e 442 codice di procedura civile. Sentenza 3 aprile 1982, n. 69, G. U. 7 aprile 1982, n. 96. legge 19 maggio 1975, n. 151, art. 229, nella parte in cui non prevede che l'azione di disconoscimento di paternit sia proponibile dal padre entro sei mesi dal1a data di entrata in vigore della legge stessa, nell'ipotesi che nel periodo compreso fra il trecentesimo e il centottantesimo giorno prima della nascita la moglie abbia commesso adulterio. Sentenza 1 aprile 1982, n. 64, G. U. 7 aprile 1982, n. 96. II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE Codice civile, art. 244 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 1 aprile 1982, n. 64, G. U. 7 aprile 1982, n. 96. d.P.R. 9 maggio 1950, n. 203, art. 65 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 3 marzo 1982, n. 51, G. U. 10 marzo 1982, n. 68. legge regione Sicilia 1 ottobre 1956, n. 54, art. 52, secondo comma (artt. 42 e 117 della Costituzione). Sentenza 3 marzo 1982, n. 50, G. U. 10 marzo 1982, n. 68. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 80, tredicesimo, quindicesimo e sedicesimo comma [nel testo sostituito dalla legge 14 febbraio 1974, n. 62, art. 2) (art. 3 della Costituzione). Sentenza 3 marzo 1982, n. 54, G. U. 10 marzo 1982, n. 68. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 83, quinto comma, 87, quinto comma, e 94 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 3 marzo 1982, :l. 54, G. U. 10 marzo 1982, n. 68. legge 25 gennaio 1962, n. 20, art. 15 (artt. 3, 25, primo comma, 96, 101, 102 e 104 della Costituzione). , Sentenza 16 aprile 1982, n. 70, G. U. 21 aprile 1982, n. 109. 19 108 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO legge 8 marzo 1968, n. 152, artt. 12, 13, 14, 16 e 17 (artt. 3 e 36 della Costitu zione). Sentenza 3 marzo 1982, n. 52, G. U. 10 marzo 1982, n. 68. legge 7 ottobre 1969, n. 742, artt. 1 e 2, primo comma (art. 3, primo comma, della Costituzione). Sentenza 3 marzo 1982, n. 53, G. U. 10 marzo 1982, n. 68. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 60 (rectius: 62) (artt. 3, 24 e 53 della Costituzione). Sentenza 1 aprile 1982, n. 63, G. U. 7 aprile 1982, n. 96. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 26 (art. 76 della Costituzione). Sentenza 25 marzo 1982, n. 57, G. U. 31 marzo 1982, n. 89. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6, secondo comma (art. 53, primo comma, della Costituzione). Sentenza 16 aprile 1982, n. 72, G. U. 21 aprile 1982, n . .109. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 15, 39 e 54 (artt. 3, 24 e 53 della Costi tuzione). Sentenza 1 aprile 1982, n. 63, G. U. 7 aprile 1982, n. 96. legge consiglio regionale Friuli-Venezia Giulia approvata il 5 agosto 1976 e riapprovata il 28 settembre 1976 (artt. 5 della Costituzione e 4 dello statuto speciale regionale). Sentenza 1 aprile 1982, n. 65, G. U. 7 aprile 1982, n. 96. legge approvata il 23 aprile 1980 dal consiglio regionale della Campania, riapprovata il 30 dicembre 1980 (art. 117, primo comma, della Costituzione). Sentenza 16 aprile 1982, n. 71, G. U. 21 aprile 1982, n. 109. III -QUESTIONI PROPOSTE Codice civile, art. 2947, terzo comma, seconda parte (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Pescara, ordinanza 15 ottobre 1981, n. 784, G. U. 17 marzo 1982, n. 75. codice di procedura civile, artt. 51 e 52 (artt. 21 e 101 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 7 ottobre 1981, n. 8/82, G. U. 21 aprile 1982, n. 109. codice di procedura civile, art. 313, secondo comma (art. 24 della Costi tuzione). Pretore di Tolmezzo, ordinanza 2 luglio 1981, n. 730, G. U. 3 marzo 1982, n. 61. Pretore di Tolmezzo, ordinanza 2 luglio 1981, n. 734, G. U. 10 marzo 1982, n. 68. I l I I ! I PARTE II, LEGISLAZIONE codice di procedura civile, art. 612 (artt. 2, 3 e 13 della Costituzione). Pretore di Fondo, ordinanza 13 ottobre 1981, n. 780, G. U. 17 marzo 1982, n. 75. codice di procedura civile, art. 648, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione).. Pretore di Fermo, ordinanza 6 novembre 1981, n. 846, G. U. 21 aprile 1982, Il. 109. codice penale, art. 57 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 3 novembre 1981, n. 826, G. U. 24 marzo 1982, n. 82. Tribunale di Roma, ordinanza 20 ottobre 1981, n. 827, G. U. 24 marzo 1982, Il. 82. codice penale, art. 168, n. 2 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Agrigento, .ordinanza 19 giugno 1981, n. 27/82, G. U. 28 aprile 1982, Il. 116. codice penale, artt. 204, 215, n. 3, e 222 (artt. 3 e 32 della Costituzione). Giudice istruttore presso il Tribunale di Bari, ordinanza 14 ottobre 1981, n. 835, G. U. 14 aprile 1982, n. 102. codice penale, artt. 314, 357 e 358 (artt. 3 e 47 della Costituzione). Tribtmale di Asti, ordinanza 26 ottobre 1981, n. 825, G. U. 7 aprile 1982, n. 96. codice penale art. 512 (art. 39 della Costituzione). Tribunale di Rovereto, ordinanza 18 giugno 1981, n. 834, G. U. 7 aprile 1982, n. 96. codlce penale, art. 677 (artt. 3 e 42, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Napoli, ordinanza 30 ottobre 1981, n. 41/82, G. U. 31 marzo 1982, n. 89. codice di procedura penale, art. 512, n. 2 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 30 giugno 1981, n. 806, G. U. 31 marzo 1982, Il. 89. codice di procedura penale, art. 517 (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Bassano del Grppa, ordinanza 9 luglio 1981, n. 758, G. U. 10 marzo 1982, n. 68. codice penale militare di pace, art. 186, ultimo comma, ultima ipotesi (art. 3 della Costituzione). Tribunale militare di Verona, ordinanza 30 settembre 1981, n. 738, G. U. 10 marzo 1982, n. 68. 110 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice penale militare di pace, art. 189, primo comma, prima ipotesi (art. 3 della Costituzione). Tribtmale militare territoriale di Torino, ordinanza 29 settembre 1981, n. 726. G. U. 10 marzo 1982, n. 68. Tribunale militare di Verona, ordinanza 23 settembre 1981, n. 737, G. U. 10 marzo 1982, n. 68. r.d.l. 12 marzo 1936, n. 375, artt. 2 e 25 (artt. 3 e 47 della Costituzione). Tribunale di Asti, ordinanza 26 ottobre 1981, n. 825, G. U. 7 aprile 1982, n. 96. legge 17 agosto 1942 n. 1150, artt. 7, nn. 2, 3, 4 e 40 (art. 42, terzo comma, della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale delle Marche, ordinanza 26 maggio 1981, n. 797, G. U. 31 marzo 1982, n. 89. .legge 8 febbraio 1948, n. 47, artt. 1, 9 e 13 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 3 novembre 1981, n. 826, G. U. 24 marzo 1982, Il. 82. Tribunale di Roma, ordinanza 20 ottobre 1981, n. 827, G. U. 24 marzo 1982, n. 82. legge 8 febbraio 1948, n. 47, art. 12 (art. 3 della Costituzione). Corte d'appello di Roma, ordinanza 6 luglio 11981, n. 743, G. U. 10 marzo 1982, n. 68. d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 85 (artt. 4, 24, 35, 97 e 113 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale dell'Abruzzo, ordinanza 30 giugno 1981, n. 7/82, G. U. 14 aprile 1982, n. 102. d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 126 (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale delle Marche, ordinanza 8 luglio 1981, n. 824, G. U. 14 aprile 1982, n. 102. d.P.R. 311 marzo 1957, n. 361, art. 119 [richiamato dalla legge 25 maggio 1970, n. 352, art. 50] (artt. 2, 3, 51 e 53 della Costituzione). Pretore di Pontedera, ordinanza 16 novembre 1981, Il. 802, G. U. 10 marzo 1982, n. 68. Pretore di Pontedera, ordinanza 16 novembre 1981, n. 803, G. U. 10 marzo 1982, n. 68. d.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, art. 13 (artt. 3, 38, 76 e 77 della Costituzione). Pretore di Reggio Emilia, ordinanza 7 ottobre 1981, n. 804, G. U. 31 marzo 1982, Il. 89. legge 20 febbraio 1958, n. 75, art. 4, n. 2 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Brindisi, ordinanza 13 agosto 1981, n. 750, G. U. 17 marzo 1982, n. 75. I """""'"""""""""""" l PARTE II, LEGISLAZIONE legge 24 marzo 1958, n. 195, art. 23, secondo comma [come sostituito dalla legge 22 dicembre 1975, n. 695, art. ?i'l (artt. 3, 104 e 107 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 6 ottobre 1981, n. 24/82, G. U. 10 marzo 1982, n. 68. Corte di cassazione, ordinanza 1 ottobre 1981, n. 25/82, G. U. 10 marzo 1982, n. 68. Corte di cassazione, ordinanza 10 dicembre 1981, n. 192/82, G. U. 31 marzo 1982, n. 89. Corte di cassazione, ordinanza 12 novembre 1981, n. 201/82, G. U. 31 marzo 1982, n. 89. d.P.R. 27 maggio 1959, n. 130, artt. 60, lett. a), e 135 (art. 76 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, ordinanza 10 marzo 1981, n. 6/82, G. U. 21 aprile 1982, n. 109. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 91, settimo comma (artt. 3 e 4 della Costituzione). Pretore di Domodossola, ordinanza 5 ottobre 1981, n. 777, G. U. 17 marzo 1982, n. 75. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121, terzo comma (artt. 3 e 27 della Costituzione). Pretore di Pontedecimo, ordinanze (undici) 2 e 9 ottobre 1981, nn. da 759 a 769, G. U. 10 marzo 1982, n. 68. .Pretore di Pontedecimo, ordinanza 9 ottobre 1981, n. 783, G. U. 17 marzo 1982, n. 75. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121, terzo e quarto comma [come modificato dalla legge 5 maggio 1976, n. 313) (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Bergamo, ordinanza 12 ottobre 1981, n. 776, G. U. 17 marzo 1982, n. 75. d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229, art. 146, secondo comma [nel. testo precedente a quello introdotto dalla legge 12 luglio 1975, n. 322, art. 7] (artt. 3, 36 e 110 della Costituzione). Pretore di Bari, ordinanza 18 luglio 1981, n. 752, G. U. 3 marzo 1982, n. 61. legge 10 maggio 1964, n. 336, art. 6 (art._ 76 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, ordinanza 10 marzo 1981, n. 6/82, G. U. 21 aprile 1982, n. 109. d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 76 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Lecce, ordinanza 12 ottobre 1981, n. 809, G. U. 24 marzo 1982, n. 82. Corte d'appello di Torino, ordinanza 9 novembre 1981, n. 832, G. U. 31 marzo 1982, n. 89. 112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Corte d'appello di Torino, ordinanza 1.1 novembre 1981, n. 833, G. U. 7 aprile 1982, n. 96. Tribunale di Ravenna, ordinanza 9 ottobre 1981, n. 828, G. U. 14 aprile 1982, n. 102. d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 76 (artt. 3, 11 e 41 della Costituzione). Tribunale di Ravenna, ordinanza 9 ottobre 1981, n. 828, G. U. 14 aprile 1982, n. 102. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 112, quinto comma, seconda parte (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Pescara, ordinanza 15 ottobre 1981, n. 784, G. U. 17 marzo 1982, n. 75. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 209 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Fermo, ordinanza 1 aprile 1981, n. 845, G. U. 28 aprile 1982, n. 116. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 213, primo comma (artt. 3 e 38 della Costi tuzione). Tribunale di Lanusei, ordinanza 15 luglio 1981, n. 4/82, G. U. 21 aprile 1982, n. 109. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, tabella ali. 5, voce n. 21 (artt. 3 e 38 della Costi tuzione) Pretore di Ancona, ordinanza 29 ottobre 1981, n. 793, G. U. 31 marzo 1982, n. 89. legge 3 maggio 1967, n 317, art. 9, quarto, quinto, settimo e ottavo comma (artt. 24, primo e secondo comma, 103 e 113 della Costituzione). Pretore di Gragnano, ordinanza 4 settembre 1981, n. 810, G. U. 31 marzo 1982, Il. 89. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 2 (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 3 marzo 1981, n. 754, G. U. 17 marzo 1982, n. 75. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 2, lett. c) (artt. 3, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione). Pretore di Grosseto, ordinanza 15 dicembre 1981, n. 17/82, G. U. 28 aprile 1982, Il. 116. legge 8 marzo 1968, n. 152, artt. 12, 13, 14, 16 e 17 (artt. 3 e 36 della Costi tuzione). Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ordinanza 3 marzo 1981, n. 753, G. U. 17 marzo 1982, n. 75. I I ........... .. . . ..-...-..... ..... -... .......-.................-..ᥥ """."."."."."..".".".."..".."."."..".".".".".".".."..-...-......::-:'.'.:-::-:: . .......w..........."............-.......J 1 llilrlifllliltr111ri~111;f111111;1r'.i~~r1~1;11rr!:r~:1:1r11~=::1t~1::=;11:;=:1;1'.t:1::::rnrr1r1::r1fi11::i11~;ftrfl~:rttt~i11:1:i;r~m1i~rn1111:1;11~rflill1~111r111 PARTE II, LEGISLAZIONE legge 2 aprile 1968, n. 482, artt. 1, 15, 16, primo, quarto ed ultimo comma (artt. 3, secondo comma, 4, primo comma, 38, terzo e quarto comma, 41, secondo e 'terzo comma, della Costituzione). Pretore di Palermo, ordinanza 12 novembre 1981, n. 819, G. U. 7 aprile 1982, n. 96. legge 2 aprile 1968, n. 482, art. 11, primo comma (artt. 3, 4 e 38 della Costituzione). Pretore di Avellino, ordinanza 6 ottobre 1981, n. 732, G. U. 3 marzo 1982, n. 61. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 19, primo comma, secondo periodo (artt. 3, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Modena, ordinanza 25 settembre 1981, n. 779, G. U. 17 marzo 1982, Il. 75. legge 22 dicembre 1969, n. 967, art. 2 (artt. 3 e 36 della Costituzione)'. Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria, ordinanza 16 gennaio 1981, n. 795, G. U. 17 marzo 1982, n. 75. legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 19, primo comma, lettera c) e secondo comma (seconda ipotesi) (art. 3, primo comma, della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 13 giugno 1981, n. 823, G. U. 7 aprile 1982, n. 96. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 18, primo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Bisceglie, ordinanza 14 ottobre 1981, n. 775, G. U. 17 marzo 1982, n. 75. legge 20 maggio 1970, n. 300, artt. 20, primo comma, e 23, primo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 6 ottobre 1981, n. 771, G. U. 17 marzo 1982, n. 75. Pretore di Brescia, ordinanza 6 ottobre 1981, n. 772, G. U. 17 marzo 1982, n. 75. legge 24 maggio 1970, n. 336, artt. 1 e 2 (art. 81 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 23 ottobre 1981, n. 5/82, G. U. 21 aprile 1982, Il. 109. legge 9 ottobre 1971, n. 825, artt. 10, secondo comma, n. 14 e 15 (artt. 3, 24 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Torino, ordinanza 30 giugno 1980, n. 801/81, G. U. 10 marzo 1982, n. 68. legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 27 (artt. 3, 41 e 42 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanze (tre) 10 giugno 1981, nn. 798, 799 e 800, G. U. 7 aprile 1982, n. 96. 114 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, tabella XIII quadro B (artt. 3, 35, 36, 76 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale de~la Calabria, ordinanza 20 gennaio 1981, n. 831, G. U. 14 aprile 1982, n. 102. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 1 e 46, primo comma (artt. 23 e 113 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Udine, ordinanza 20 marzo 1980, n. 843/81, G. U. 28 aprile 1982, n. 116. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 16 e 19 (artt. 24, secondo comma, e 27 dell Costituzione). Tribunale di Ravenna, ordinanza 3 novembre 1981, n. 830, G. U. 14 aprile 1982, n. 102. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 16 e 19 (artt. 24 e 113 della Costituzione). Tribunale di Ravenna, ordinanza 26 ottobre 1981, n. 829, G. U. 21 aprile 1982, n. 109. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 26 (art. 76 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 2 luglio 11981, n. 811, G. U. 31 marzo 1982, n. 89. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44 (artt. 3, 24 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di plimo grado di Torino, ordinanza 30 giugno 1980, n. 801/81, G. U. 10 marzo 1982, n. 68. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Padova, ordinanza 2 febbraio 1981, n. 728, G. U. 10 marzo 1982, n. 68. legge 24 luglio 1973, n. 427, art. 10 (artt. 24, primo e secondo comma, 103 e 113 della Costituzione). Pretore di Gragnano, ordinanza 4 settembre 1981, n. 810, G. U. 31 marzo 1982, n. 89. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 24 e 30 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Lucera, ordinanza 15 dicembre 1980, n. 816/81, G. U. 24 marzo 1982, n. 82. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 76 (artt. 76 e 77 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Trapani, ordinanze. (due) 3 marzo 1981, nn. 735 e 736, G. U. 3 marzo 1982, n. 61. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 598, art. 2, primo comma, lettera a) (artt. 24 e 113 della Costituzione). Tribunale di Ravenna, ordinanza 26 ottobre 1981, n. 829, G. U. 21 aprile 1982, n. 109. PARTE II, LEGISLAZIONE d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 8, quarto comma, 42 e 61 (artt. 24 e 113 della Costituzione). Tribunale di Ravenna, ordinanza 26 ottobre 1981, n. 829, G. U. 21 aprile 1982, n. 109. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 46, 47 e 55 (artt. 3, 76 e 77 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Lamezia Terme, ordinanza 30 ottobre 1981, n. 837, G. U. 28 aprile 1982, n. 116. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 56, sesto comma, 42 e 61 (artt. 24, secondo comma, e 27 della Costituzione). Tribunale di Ravenna, ordinanza 3 novembre 1981, n. 830, G. U. 14 aprile 1982, n. 102. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 56, sesto comma (artt. 24 e 113 della Costituzione). Tribunale di Ravenna, ordinanza 26 ottobre 1981, n. 829, G. U. 21 aprile 1982, n. 109. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 100 e 104 (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Foggia, ordinanza 5 maggio 1981, n. 748, G. U. 10 marzo 1982, n. 68. legge 18 dicembre 1973, n. 877 (artt. 70, 72 e 73 della Costituzione). Pretore di Pescia, ordinanza 25 giugno 1981, n. 774, G. U. 10 marzo 1982, n. 68. Pretore di Pistoia, ordinanze (sette) 30 luglio 1981, n. da 785 a 791, G. U. 17 marzo 1982, n. 75. Pretore di Pistoia, ordinanze (quattro) 16 settembre e 30 luglio 1981, n. da 18 a 21/82, G. U. 28 aprile 1982, n. 116. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 42, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale delle Marche, ordinanza 8 luglio 1981, n. 824, G. U. 14 aprile 1982, n. 102. d.l. 8 luglio 1974, n. 255 [convertito in legge 10 agosto 1974, n. 352] (artt. 3, 10, primo comma, e 11 della Costituzione). Tribunale di Brescia, ordinanza 25 giugno 1980, n. 742/81, G. U. 10 marzo 1982, n. 68. legge 17 agosto 1974, n. 386, art. 7, terzo comma (artt. 70, 76, 77, 97 e 113 della Costituzione). Consiglio di Stato, sezione quinta giurisdizionale, ordinanza 4 luglio 1980, n. 1/82, G. U. 3 marzo 1982, n. 61. Consiglio di Stato, sezione quinta giurisdizionale, ordinanza 4 luglio 1980, n. 46/82, G. U. 3 marzo 1982, n. 61. 116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge reg. Lombardia 19 agosto 1974, n. 48, art. 14, primo comma (art. 117 della Costituzione). Tribunale di Como, ordinanze (due) 23 ottobre 1981, n. 10 e 11/82, G. U. 14 aprile 1982, n. 102. legge 3 giugno 1975, n. 160, art. 10, primo, terzo e quinto comma (art. 3, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Modena, ordinanza 25 settembre 1981, n. 779, G. U. 17 marzo 1982, n. 75. legge reg. Calabria 10 novembre 1975, n. 31, art. 27 (art. 97 della Costitu zione). Tribunale amministrativo regionale della Calabria, ordinanza 9 ottobre 1980, n. 817/81, G. U. 24 marzo 1982, n. 82. legge 2 dicembre 1975, n. 576, art. 19 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Termini Imerese, ordinanza 5 luglio 1981, n. 13/82, G. U. 28 aprile 1982, n. 116. legge 22 dicembre 1975, n. 685, art. 71 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Como, ordinanza 2 novembre 1981, n. 807, G. U. 10 marzo 1982, n. 68. legge 29 maggio 1976, n. 336, art. 24 (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Tolmezzo, ordinanza 30 settembre 1981, n. 808, G. U. 7 aprile 1982, n. 96. d.P.R. 26 luglio 1976, n. 752, artt. 9 e 46 (artt. 3, 4, 35, 36, 70, 76, 77, 87 e 97 della Costituzione e artt. 89, 100, 107 e 108 dello statuto prov. di Bolzano). Consiglio di Stato, sezione sesta giurisdizionale, ordinanza 13 gennaio 1981, n. 778, G. U. 10 marzo 1982, n. 68. legge 12 novembre 1976, n. 751, artt. 4 e 5 (artt. 3, 31 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Bari, ordinanza 22 maggio 1981, n. 796, G. U. 24 marzo ,1982, n. 82. d.I. 1 febbraio 1977, n. 12, artt. 2, primo comma, e 4 [convertito in legge 31 marzo 1977, n. 91] (art. 39, ultimo comma, della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 16 luglio 1981, n. 818, G. U. 24 marzo 1982, n. 82. legge reg. Calabria 28 febbraio 1977, n. 9, art. 4 (art. 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale della Calabria, ordinanza 9 ottobre 1980, n. 817/81, G. U. 24 marzo 1982, n. 82. PARTE Il, LEGISLAZIONE legge 4 agosto 1977, n. 524, art. 2, primo comma (art. 3, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Sulmona, ordinanza 11 no.vembre 1981, n. 820, G. U. 24 marzo 1982, n. 82. legge 27 febbraio 1978, n. 41, art. 1 [conversione del d.I. 27 dicembre 1977, n. 942) (artt. 3, 35 e 36 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 27 luglio 11981, n. 794, G. U. 31 marzo 1982, n. 89. legge 10 maggio 1978, n. 176, art. 1 (artt. 3, 42 e 44 della Costituzione). Corte d'appello di Lecce, ordinanza 21 aprile 1981, n. 741, G. U. 10 marzo 1982, n. 68. legge 10 maggio 1978, n. 176, art. 1, secondo e terzo comma (artt. 3, 4, 42 e 44 della Costituzione). Tribunale di Brindisi, ordinanza 1 luglio 1981, n. 733, G. U. 3 marzo 1982, n. 61. legge 22 maggio 1978, n. 194, art. 12 (art. 3 della Costituzione). Giudice tutelare di Torino, ordinanza 3 marzo 1980, n. 186, G. U. 24 marzo 1982, n. 82. Giudice tutelare di Torino, ordinanza 29 luglio 1980, n. 676, G. U. 24 marzo 1982, Il. 82. Giudice tutelare di Torino, ordinanza 9 gennaio 1981, n. 96, G. U. 24 marzo 1982, n. 82. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 3 (artt. 3, secondo comma, 41 e 42 della Costituzione). Pretore di Ciri, ordinanza 26 ottobre 1981, n. 805, G. U. 7 aprile 1982, n. 96. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 16, primo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Gorizia, ordinanze (tre) 30 settembre 1981, n. 755, 756 e 757, G. U. 17 marzo 1982, n. 75. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 31 e 46 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Bassano del Grappa, ordinanza 13 novembre 1981, n. 3/82, G. U. 21 aprile 1982, n. 109. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 69 e 73 (artt. 3, 41, 42 e 47 della Costituzione). Pretore di Patern, ordinanza 12 ottobre 1981, n. 773, G. U. 10 marzo 1982, n. 68. 118 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge reg. Sicilia 10 agosto 1978, n. 35, art. 2, primo comma (artt. 97, primo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, ordinanza 28 agosto 1981, n. 792, G. U. 17 marzo 1982, n. 75. legge 21 dicembre 1978, n. 843, artt. 16 e 19 (artt. 3, 35 e 36 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 27 luglio 1981, n. 794, G. U. 31 marzo -1982, n. 89. legge 7 febbraio 1979, n. 29, art. 9 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Grosseto, ordinanza 15 dicembre 1981, n. 17/82, G. U. 28 aprile 1982, n. 116. legge 2 aprile 1979, n. 97, art. 15, primo e secondo comma (artt. 3, 36 e 53 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 30 ottobre 1981, n. 812, G. U. 7 aprile 1982, n. 96. d.l. 12 novembre 1979, n. 571 [convertito con modif. nella legge 12 gennaio 1980, n. 2] (artt. 3, 23, 47 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Palermo, ordinanza 16 marzo 1981, n. 12/82, G. U. 14 aprile 1982, n. 102. legge 23 novembre 1979, n. 595 (artt. 3, 4, 42 e 44 della Costituzione). Tribunale di Brindisi, ordinanza 1 luglio 1981, n. 733, G. U. 3 marzo 1982, n. 61. legge 23 novembre 1979, n. 595 (arti. 3, 42 e 44 della Costituzione). Corte d'appello di Lecce, ordinanza 21 aprile 1981, n. 741, G. U. 10 marzo 1982, Il. 68. legge 23 novembre 1979, ii. 595 (artt. 3, 42, secondo comma, 44, primo comma, e 136 della Costituzione). Corte d'appello di Cagliari, ordinanza 27 ottobre 1981, n. 2/82, G. U. 21 aprile 1982, n. 109. legge 29 luglio 1980, n. 385, art. 1, primo, secondo e quarto comma (artt. 42 e 136 della Costituzione). Corte d'appello di Firenze, ordinanza 9 ottobre 1981, n. 781, G. U. 17 marzo 1982, n. 75. Corte d'appello di Firenze, ordinanza 9 ottobre 1981, n. 782, G. U. 17 marzo 1982, n. 75. l,. r ~ . . . . l]]l w - PARTE II, LEGISLAZIONE legge 20 settembre 1980, n. 576, artt. 10 e 22 (artt. 3, 31, 33, 35 e 38 della Costituzione). Pretore di Bari, ordinanza 23 settembre 1981, n. 751, G. U. 17 marzo 1982, n. 75. legge 20 settembre 1980, n. 576, art. 26, quinto comma (art. 3 della Costi tuzione). Pretore di Brescia, ordinanza 6 ottobre 1981, n. 770, G. U. 17 marzo 1982, n. 75. legge 16 dicembre 1980, n. 858, artt. 1 e 3, primo comma (art. 25, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Pescia, ordinanza 25 giugno 1981, n. 774, G. U. 10 marzo 1982, n. 68. Pretore di Pistoia, ordinanze (sette) 30 luglio 1981, nn. da 785 a 791, G. U. 17 marzo 1982, n. 75. Pretore di Pistoia, ordinanze (quattro), 16 settembre e 30 luglio 1981, nn. da 18 a 21/82, G. U. 28 aprile 1982, n. 116. legge 16 dicembre 1980, n. 858, art. 3 (art. 25, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Castiglione del Lago, ordinanza 6 novembre 1981, n. 821, G. U. 24 marzo 1982, n. 82. Pretore di Castiglione del Lago, ordinanza 6 novembre 1981, n. 822, G. U. 24 marzo 1982, n. 82. d.l. 26 novembre 1981, n. 677, artt. 2, 4 e 5 [come convertito dalla legge 26 gennaio 1982, n. 11, art. 1] (artt. 70, 77, 117, 118 e 119 della Costituzione). Presidente regione Emilia-Romagna, ricorso 6 marzo 1982, n. 21, G. U. 31 marzo 1982, n. 89. d.l. 26 novembre 1981, n. 678, art. 1 [come convertito in legge 26 gennaio 1982, n. 12, art. 1] (artt. 3, 117, 118 e 119 della Costituzione). Presidente regione Emilia-Romagna, ricorso 6 marzo 1982, n. 22, G. U. 31 marzo 1982, n. 89. legge 22 dicembre l981, n. 797, art. 25 (artt. 89 e 100 dello. Statuto Trentino Alto Adige e art. 3 della Costituzione). Ricorso Presidente giunta provinciale di Bolzano 10 febbraio 1982, n. 12, G. U. 3 marzo 1982, n. 61. d.l. 23 gennaio 1982, n. 9, artt. 6, 7, 8 e 9 (artt. 77, 97, 117 e 119 della Costituzione). Presidente giunta regionale Emilia-Romagna, ricorso 2 marzo 1982, n. 16, G. U. 24 marzo 1982, n. 82. 120 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO d.I. 23 gennaio 1982, n. 9, artt. 6, 7, 8 e 9 (art. 3, lett. f) dello statuto speciale regione Sardegna). Presidente regione Sardegna, ricorso 4 marzo 1982, n. 18, G. U. 24 marzo 1982, n. 82. legge 26 gennaio 1982, n. 11, art. 1 (artt. 70, 77, 117, 118 e 119 della Costituzione). Presidente regione Emilia-Romagna, ricorso 6 marzo 1982, n. 21, G. U. 31 marzo 1982, n. 89. legge 26 gennaio 1982, n. 11, artt. 1 e 2 [conversione d.l. 26 novembre 1981, n. 677] (artt. 19, 36 e 38 statuto regione siciliana). Presidente regione siciliana, ricorso 4 marzo 1982, 11. 17, G. U. 24 marzo 1982, n. 82. legge 26 gennaio 1982, n. 11, art. 2, primo comma, prima parte (artt. 70, 77, 117, 118 e 119 della Costituzione). Presidente regione Emilia-Romagna, ricorso 6 marzo 1982, n. 21, G. U. 31 marzo 1982, 11. 89. legge 26 gennaio 1982, n. 12 [conversione d.l. 26 novembre 1981, n. 678] (artt. 115 della Costituzione e 14 lettera o), 17 e 43 statuto regione siciliana). Presidente regione siciliana, ricorso 27 febbraio 1982, n. 14, G. U. 24 marzo 1982, n. 82. legge 26 gennaio 1982, n. 12, art. 1 (artt. 8, n. 1, 9, n. 10, e 16 dello statuto speciale regione Trentino-Alto Adige). Presidente provincia autonoma di Bolzano, ricorso 5 marzo 1982, n. 20, G. U. 31 marzo 1982, n. 89. legge 26 gennaio 1982, n. 12, art. 1 (artt. 9, n. 10, e 16 dello statuto speciale regione Trentino-Alto Adige). Presidente provincia autonoma di Trento, ricorso 5 marzo 1982, n. 19, G. U. 31 marzo ,1982, n. 89. legge 26 gennaio 1982, n. 12, art. 1 (artt. 3, 117, 118 e 119 della Costituzione). Presidente regione Emilia-Romagna, ricorso 6 marzo 1982, n. 22, G. U. 31 marzo 1982, n. 89. legge 26 gennaio 1982, n. 12, art. 2 (artt. 3, 117, 118 e 119 della Costituzione). Presidente regione Emilia-Romagna, ricorso 6 marzo 1982, n. 22, G. U. 31 marzo 1982, n. 89. PARTE II, LEGISLAZIONE legge riapprovata dal consiglio regionale Friuli-Venezia Giulia il 1 febbraio 1982 (artt. 117 della Costituzione e 4 dello statuto speciale regione Friuli-Venezia Giulia). Presidente del Consiglio. ricorso 25 febbraio 1982, n. 13, G. U. 10 marzo 1982, n. 68. legge riapprovata dal consiglio regionale del Molise il 2 febbraio 1982 (artt. 3, 36, 97 e 117 della Costituzione). Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso 1 marzo 1982, n. 15, G. U. 24 marzo 1982, n. 82. legge riapprovata dal consiglio regionale Emilia-Romagna il 24 febbraio 1982 (artt. 3, 97 e 117 della Costituzione). Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 22 marzo 1982, n. 23, G. U. 31 marzo 1982, n. 89. legge 26 febbraio 1982, n. 51 (artt. 100, 103, 130 della Costituzione). Presidente regione siciliana, ricorso 7 aprile 1982, n. 24, G. U. 28 aprile 1982, n. 116. INDICE BIBLIOGRAFICO Domenico CACOPARDO -Carlo COSCIONI Annuario legislativo delle opere pubbliche, vol. 1, 1980 Editrice: Rassegna dei lavori pubblici Il lavoro in rassegna rappresenta un utile e necessario strumento di consul. tazione in materia di legislazione sulle opere pubbliche, che negli ultimi tempi stata al centro dell'attivit degli organi legislativi, statali e regionali. Gli autori si sono richiamati alla formula dell'annuario legislativo, che per mette una rapida individuazione della normativa che interessa; suddividendolo in tre parti: la legislazione statale del 1980, la legislazione regionale del 1980 e l'appendice in cui vengono riportate tutte le pi importanti leggi dello Stat concernenti le opere pubbliche. In tal modo si ha un quadro completo di tutta la legislazione di pi usuale applicazione in materia di difesa del suolo, di urbanistica, di opere di edilizia, di tutela delle acque dall'inquinamento, nonch in materia di provvedimenti di locazione degli immobili. L'opera realizza la sentita esigenza di un chiaro coordinamento tra la nor mativa statale, anche precedente al 1980, e quella regionale che negli ultimi tempi stata di gran lunga preponderante, anche mediante una cadenza annuale di sistematica raccolta legislativa in materia. La sua utilit ancor pi avvalorata da due indici: l'uno cronologico e l'altro sistematieo, quanto mai completi che la rendono di facile consultazione. M. DIPACE i I