ANNO XVII -N. 6 NOVEMBRE DICEMBRE 1965 RASS.EGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE BIMESTRALE DI SERVIZIO Spedizione In abbonamento postale Gruppo IV STAB. ARISTIDE STADERINI S.p.A. ROMA VIA BACCINA, 45 INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE. pog. 1099 Sezione secondo: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE )) 1117 Sezione terzo: GIURISPRUDENZA CIVILE )) 1139 Sezione quorto: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA )) 1205 Sezione quinto: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA )) 1213 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUB BLICHE, APPALTI E FORNITURE )) 1327 Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE )) 1343 Parte seconda: RASSEGNE -QUESTIONI -CONSULTAZIONI RASSEGNA DI DOTTRINA pag. 155 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE )) 166 CONSULTAZIONI . }) 178 Le sezioni della parte prima sono curate, nell'ordine, dagli avvocati: Michele Savarese, Giorgio Zagari, Franco Carus!, Ugo Gargiulo, Leonida Correale, ' Giuseppe Del Greco, Antonino Terranova; le rassegne di dottrina e legislazione dagli avvocati: Benedetto Saccari e Mario Panelli. Coordinamento generale: avvocati Aristide Salvatori e Ugo Gargiulo. ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI CARUSI F., Rapporto organico e sostituzione nella costruzione di opere pubbliche I; 1152 BATISTONI FERRARA F., Integrazione ed interpretazione dei contratti I, 1169 MANDO' G., Inammissibilit della rinnovazione tacita del contratto di locazione stipulato con una p.a. I, 1177 MANDO' G., Agevolazioni "fiscali per la vendita di appartamenti, secondo la legge regionale siciliana 18 gennaio 1949, n. 2 I, 1214 BAFILE C., Sull'imposta di ricchezza mobile sui redditi fluenti dallo Stato, verso l'estero con particolare riguardo alle redevances I, 1232 MANDO' G., Sulla retrattabilit della dichiarazione tributaria I, 1243 ROSSI A., In tema di valutazione dei titoli non quotati in borsa ai fini della imposta di negoziazione I, 1252 ROSSI A., L'avviso di accertamento come atto plurimo I, 1262 MARZANO A., Decadenza dal diritto e improcedibilit del ricorso, in materia di antica utenza di acque pubbliche . I, 1327 Im r. I I !ili I. INDICE ANA.LITICO ALFABETICO DELLA. GIURISPRUDENZA. ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICITA' -Acque pubbliche -Antiche utenze Provvedimenti relativi alla procedura di riconoscimento -Impugnativa Mancato deposito del ricorso -Decadenza -Non sussiste, con nota di A. MARZANO, 1327. -Elenchi -Carattere dichiarativo dell'iscrizione -Preesistenza della demanialit all'iscrizione -Effetti, con nota di L. MAZZELLA, 1;135. -Opere idrauliche -Esecuzione da parte di privati concessionari -Indennizzo ex art. 46 I. 2359 del 1865 -Responsabilit dei concessionari, con nota di L. MAZZELLA, 1338. Acque pubbliche -Piccole derivazioni a scopo di irrigazione -Legge 18 dicembre 1951, n. 1550 -Ambito di applicazione, con nota di A. MARZANO, 1327. -Requisito fondamentale per l'identificazione -Idoneit ad usi di interesse per la generalit dei cittadini -Elementi indiretti -Importanza del bacino imbrifero e entit della massa d'acqua -Propriet privata dell'alveo ed uso dell'acqua da parte del privato da tempo immemorabile -Non ostano alla dichiarazione di demanialit dell'acqua, con nota di L. MAZZELLA, 1335 -V. anche Competenza e gi,urisdizione. AMMINISTRAZI01'.'E DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI -Contratti della P.A. -Volont implicita -Esclusione -Rinnovazione tacita del contratto di locazione -Inammissibilit, con nota di G. MANDO', 1176. -Delegazione amministrativa -Delegazione intersoggettiva -Nozione -Effetti -Responsabilit del delegato verso i terzi, II93. -Delegazione amministrativa -Nozione -Natura ed effetti -Responsabilit del delegato verso i terzi, con nota di F. CARUSI, 1142. -V. anche Procedimento penale. APPALTO -V. Imposte di registro. APPELLO -Determinazione del thema decidendum " -Ambito del potere di riesame del giudice di secondo grado -. Motivi di appello -Chiarimenti nelle successive deduzioni delle parti -Questioni direttamente connesse con quelle proposte con i motivi di appello, n81. --v, anche Competenza e gi,urisdizione, Impugnazione. ARBITRATO Dovere degli arbitri di giudicare secondo diritto -Ricorso al criterio dell'equit come fonte di integrazione del contenuto del contratto -Legittimit, con nota di F. BATISTONI FERRARA, n68. ATTO AMMINISTRATIVO -Forma -Telegramma -Ammissibilit, I 21 I. -Interpretazione da parte del G.O. Regole d'ermeneutica -.Identit rispetto alle norme legali sull'interpretazione dei contratti -Interpretazione dell'atto amministrativo da parte del giudice di merito -Incensurabilit in Cassazione, con nota di F. CARUSI, 1142. -V. anche Giustizia amministrativa. AZIENDA -Ditta -Trasferimento della ditta con un ramo particolare dell'azienda -Ammissibilit, con nota di G. MANDO', 1195 =w.q-J~'o/4f'tf.(0.o/.f.W.-tff'?fFwrwMAWY.Jf"?"iir-='{w.::::-.w.:::::-wrfxfW.%fY.?r-='m!:&.@'.4ff.P..%TI"wP.@'7.:Wf:%.-ZP%f.'pE - RASSEGNA DELL.AVVOCATURA DELLO STATO BANCA -Cassa di risparmio -Nuovi sportelli bancari -Apertura -Condizioni e competenze, 1210. -Casse di risparmio -Nuovi sportelli bancari -Autorizzazione -Impugnativa -Giurisdizione amministrativa Sussistenza, 12 ro. -Casse di risparmio -Nuovi sportelli bancari -Procedimento autorizzativo -Audizione della Federazione di categoria -Necessit -Esclusione, 1210. BELLEZZE NATURALI -Potere di sospensione dei lavori che pregiudicano lo stato attuale delle cose o delle localit -Termine finale di esercizio, II I 7. -V. anche Competenza e gi,urisdizione. CASSAZIONE -Omessa motivazione su un punto decisivo della controversia -Concetto, cori nota di G. MANDO', I 242. -Ricorso ex art. 362 c.p.c. -" Error in iudicando -Questione di giurisdizione -Esclusione, 1122. -V. anche Atto amministrativo, Cose gi,udicate, Imposte e Tasse in genere, obbligazioni e contratti, Sentenze. COLLEGIO -Componenti nominati da associazioni sindacali -Abolizione dell'ordinamento corporativo -Conseguenze, 1209. COMMISSIONI TRIBUTARIE -V. Contenzioso tributario, Imposta di ricchezza mobile, Imposte e Tasse in genere. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Acque pubbliche -Argini -Demanialit -Controversie -C.ompetenza dei Tribunali regionali delle acque -Estensione, 1 I 34. -Acque pubbliche -Opere di sistemazione -Opere collegate -Danni a privati -Risarcimento -Controversie Competenza del Tribunale regionale delle acque, 1136. -Bellezze naturali -Sospensione dei lavori che pregiudichino lo stato attuale delle cose o delle localit -Esercizio del potere da parte dell'Amministrazione pubblica -Affievolimento del diritto di propriet, III 7. -Concessionario di autolinee tenuto al trasporto di effetti postali e di dispacci. speciali -Qualit di agente contabile -Smarrimento .di dispacci speciali -Domanda di risarcimento del danno proposta dall'Amministrazione Giurisdizione ordinaria -Esclusione Giurisdizione della Corte dei Conti, 1128. -Declinatoria di competenza da parte del giudice di primo grado -Statuizione del giudice di secondo grado di inammissibilit dell'appello -Pronun II cia sulla competenza -Non sussiste, II32. -Esame in via incidentale da parte del giudice di questioni pregiudiziali in funzione della decisione sulla competenza -Pronuncia esclusiva sulla competenza -Sussiste, II32. -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa -Discriminazione -Criterio del petitum formale o prospettazione Insufficienza, I 1 I 7. -Giurisdizione ordinaria e amministrativa -Ordine di demolizione di lavori eseguiti in zona .compresa nel demanio marittimo -Annullamento da parte del Consiglio di Stato per mancanza del previo concerto con il Ministro della Marina Mercantile -Eccesso di potere giurisdizionale -Insussistenza, III7. -V. anche Banca, Cassazione, Imposte e tasse in genere. CONCESSIONE -V. Acque pubbliche, Competenza e gi,urisdizione. CONFLITTO DI ATTRIBUZIONI -V. Corte Costituzionale. CONTENZIOSO TRIBUT_AWO -Registro -Controversie di valutazione -Decisione .della Commissione Provinciale Ricorso alla Commissione Centrale -Esclusione -Ricorso per INDICE IX violazione di legge alla Corte di Cassazione a norma dell'art. l l l della Carta Costituzionale -Ammissibilit, 1256. -V. anche Imposta di ricchezza mobile, Imposte dirette, Imposte e tasse in genere. CONTRATTI PUBBLICI -V. Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici, Atto amministrativo, Imposta di registro, Obbligazioni e contratti. CORTE COSTITUZIONALE -conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato -Enti autarchici -Legittimazione al ricorso -Esclusione, IIII. -Giudizio di legittimit costituzionale -Interpretazione di norma -Eccezione di illegittimit costituzionale -Esclusione, u22. -Procedimenti svolti davanti alla stessa -Gratuit 11ssoluta dei relativi atti, II02. COSA GIUDICATA -Eccezione di giudicato formatosi nel corso dello stesso giudizio -Potest della Corte di Cassazione d'interpretazione della sentenza e di accertamento delle successive vicende processuali della medesima -Sussiste, II81. - V. anche Procedimento civile. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -V. Contenzioso Tributario, Corte Costituzionale, Elezioni politiche e amministrative, Enti pubblici, Imposte e tasse in genere, Procedimento penale, Scambi e valute, Sicilia, Trattati e convenzioni internazionali. DEMANIO E PATRIMONIO -V. Acque pubbliche, Bellezze naturali, Competenza e giurisdizione, Reato. EDILIZIA -Distanze nelle costruzioni -Disciplina legale previs_ta dal codice civile -Inapplicabilit alle costruzioni erette su suolo pubblico, con nota di L. MAZZELLA, 1203. EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA -Cooperativa edilizia -Collaudo e riparto di spesa -Impugnativa -Giurisdizione amministrativa -Sussistenza, 1205. -Cooperativa edilizia -Collaudo e riparto di spesa -Impugnazione -Pre' clusione per mancata proposizione dell'azione ex art. 2377 e.e. -Esclusione, 1205. -Cooperativa edilizia -Collaudo e riparto di spesa -Sodo -Interesse a ricorrere -Sussistenza, 1205. -Cooperativa edilizia -Opere difformi dal progetto approvato da! Provveditorato -Ammissibilit al collaudo Limiti, 1205. -Cooperativa edilizia -Opere non ancora ultimate -Collaudo -Ammissibilit e limiti, 1205. --Costruzione di alloggi per l'eliminazione di case malsane a cura dell'Amministrazione statale dei lavori pubblici -Delega ad istituto autonomo per le case popolari a promuovere ed attuare non solo l'occupazione di urgenza di un immobile ma l'intero procedimento espropriativo -Protrazione ultra biennale senza titolo dell'occupazione -Responsabilit dell'istituto autonomo per le case popolari delegato verso il terzo proprietario danneggiato -Rapporti fra Ministero LL.PP. delegante ed l.A.C.P. delegato . Responsabilit del Ministero LL.PP. verso 1'1.A.C.P. per avere dato causa al ritardo nel perfezionamento della procedura espropriativa a cura dell'l. A.C.P. delegato, l 194 - Prezzo di cessione -Determinazione Ricorso -Esigenza del contraddittorio -Sussistenza, l 207. ELEZIONI AMMINISTRATIVE E POLITICHE -Contenzioso elettorale dei Consigli comunali e provinciali -Garanzie di indipendenza e di imparzialit -Insussistenza -Incostituzionalit delle relative norme, II12. -Propaganda elettorale -Illegittimit costituzionale degli artt. 3, secondo comma, 2 e 8 della 1. 4 aprile 1956, n. 212, in rapporto agli artt. 21 e 49 Cost. -Esclusione, 1099 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO X ENTI PUBBLICI -Autonomie e controlli -Sistema preesistente alla Costituzione -Sua legittimit fino all'adeguamento normativo previsto dalla IX disp. trans. e fin. Cast., II13. -,Controlli di merito vigenti -Loro contrasto con la Costituzione -Attuale irrilevanza dello stesso, l 113. -Gestione commissariale -Persistenza Configurabilit di silenzio -Rifiuto della p.a., 1208. -Gestione commissariale -Persistenza Ricostituzione degli organi ordinari Dovere della p.a. -Sussistenza, 1209. -V. anche Elezioni amministrative e politiche, Imposte di consumo. ESECUZIONE FISCALE - V. Ingiunzione. ESPROPRIAZIONE PER P.U. -Danni per esecuzione di opera pubblica -Presupposto e limiti dell'indennizzo ex art. 46 1. 2359 del 1865 Risarcimento del danno ex art. 2043 e.e. -Differenza, con nota di L. MAZZELLA, 1339. -Efficacia traslativa della relativa pronuncia -Riferimento alla data di emissione del decreto espropriativo della valutazione del bene ai fini della determinazione dell'indennit di espropriazione -Insensibilit di tale indennit agli effetti della svalutazione monetaria, IISo. -Indennit espropriativa -Determinazione -Criteri, II81. -Sicilia -Costruzione di strada comunale finanziata dalla Regione Siciliana e demandata allo stesso Comune interessato - Giudizio di opposizione alla stima dell'indennit espropriativa -Legittimazione passiva del Comune e non della Regione, con nota di F. CARUSI, II42. - Soggetto attivo e passivo del rapporto -Diritti ed obblighi relativi, con nota di F. CARUSJ, 1142. GIUDIZIO CIVILE E PENALE -Declaratoria immediata di cauiie di non punibilit -Presupposti, con nota di G. ZOTTA, 1344. ~ Giudizio di rinvio -Limiti -Giudizio di rinvio vertente sull'ammissibilit di una attenuante -Nuova definizione giuridica del fatto -Inammissibilit, con nota di G. ZOTTA, 1344 GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Obbligo della p.a. di conformarsi al giudicato -Inosservanza -Poteri del Consiglio di Stato -Ordine al Prefetto di nominare un Commissario -Fattispecie, II22. -Ricorso giurisdizionale -Motivi -Atto confermativo -Limiti, 1208. -V. anche Competenza e giurisdizione, Edilizia popolare ed economica. IMPIEGO PUBBLICO ~ Consiglio di Amministrazione -Deliberazioni trimestrali -Natura del termine -Fattispecie, 1206. IMPOSTA DI CONSUMO -Delegazioni di pagamento tratte dai Comuni sulle imposte di consumo per estinzione di un mutuo agevolato a norma dell'art. 18 della legge citata Operativit, 1276. IMPOSTA DI NEGOZIAZIONE -Valutazione dei titoli non quotati in borsa -Termine di notifica della decisione del Comitato direttivo degli Agenti di cambio -Gravame dell'Ufficio decorso detto termine -Inammissibilit, con nota di A. ROSSI, 1251. JMPOST A DI REGISTRO - Agevolazioni per la ricostruzione di I edifici danneggiati dalla guerra -Appalto -Sua esecuzione -Decadenza m, dal beneficio, con nota di G. MANDO', 1283. -Agevolazioni previste dalla 1. 3 agosto 1949, n. 589 con norme per l'esecuzione di opere pubbliche di interesse degli Enti locali -Estensione agli atti in rapporto strumentale con quelli espressamente previsti e che, come mezzo al fine, sono in correlazione con questi ultimi anche se non necessariamente connessi e derivanti, 1276. INDICE XI -Agevolazioni tributarie per le nuove costruzioni edilizie -Legge regionale siciliana 18 gennaio 1949, n. 2 -Trasferimenti di appartamenti di nuova costruzione -Necessit della dichiarazione di abitabilit, con nota di G. MANDO', 1214. -Art. 8, primo omma, della legge organica 30 dicembre 1923, n. 3269 Criteri per l'applicazione delle norme e sua interpretazione, 1299. Atti enunciati in sentenza -Prescrizione triennale -Decorrenza, 1305. -Beni in comunione -Morte di condomino -Comunione degli eredi del condomino per la quota spettante Recesso dell'altro condomino originario -Stralcio di quota -Esclusione Scioglimento della comunione -Tassabilit, 1240. Case di abitazione non di lusso di nuova costruzione -Trasferimento contestuale della propriet e dell'usufrutto a soggetti diversi - Agevolazioni previste dall'art. 17 della 1. 2 luglio 1949, n. 408 -Applicabilit alla costituzione di usufrutto -Esclusione, 1213. Cessioni di crediti verso la p.a. in relazione ad operazioni di finanziamento bancario -Aliquota ridottissima dello 0,25% -Estremi -Criteri di determinazione, 1312. Cessioni di credi ti verso la p.a., in relazione ad operazioni di finanziamento bancario -Aliquota ridotta dello 0,50% -Estremi -Criteri di determinazione, 1313. -Cessioni di crediti verso la p.a. dipendenti da appalti di lavori e forniture di merci in relazione a finanziamenti concessi dalle Aziende o Enti di credito contemplati dal r.d. 1. 12 marzo 1936, n. 375 e sue modificazioni, a favore di ditte commerciali e industriali -Aliquote ridotte -Correlazione tra i due negozi -Estremi -Criteri di determinazione, 1300. -Corrispondenza commerciale e scrittura privata -Equivalenza -Contratto di compravendita di mobili risultante da corrispondenza commerciale -Articolo 45 della tabella all. D alla legge di registro -Applicabilit, 1297. -'-Enunciazione di societ di fatto -Determinazione della base imponibile Riferimento al momento della costi tuzione del vincolo sociale -Valutazione presuntiva -Ammissibilit, 1305. Enunciazione di societ di fatto -Determinazione dell'imponibile -Valutazione dell'avviamento -Ammissibilit, 1305. -Enunciazione di societ di fatto -Tariffa vigente al momento della registrazione della sentenza enunciata Applicabilit, 1305. -Industrializzazione del Mezzogiorno Agevolazioni fiscali ex d.l.c.p.s. 14 dicembre 1947, n. 1598 -Mancata presentazione nel triennio de1Ia dichiarazione prevista dall'art. 5 -Decadenza, 1288. Industrializzazione del Mezzogiorno Agevolazioni fiscali ex d.l.c.p.s. 14 dicembre 1947, n. 1598 -Mancata presentazione nel triennio della dichiarazione prevista dall'art. 5 -Sanatoria disposta dall'art. 2 della legge 5 ottobre 1962, n. 1492 - Ius superveniens -Applicabilit alle controversie in corso, 1289. -Trasferimenti immobiliari presunti ex art. 18 della legge di registro -Presupposti -Presunzione di esistenza di atto scritto -Esclusione, 1305. V. anche Contenzioso tributario. IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE Accertamento relativo a redditi di categorie diverse -Impugnazione del reddito di una sola categoria -Definitivit del reddito non contestato, 1261. Avviso di accertamento -Mancato ricorso alla Commissione distrettuale Definitivit dell'accertamento, 1261. Definitivit dell'accertamento per mancato tempestjvo ricorso -Reclamo contro il ruolo -Inammissibilit, 1261. Presupposto del tributo -Reddito mobiliare netto -Avanzi annuali di gestione dei mercati ittici comunali lntassabilit, 1285. Redditi esistenti nello Stato -Somme dovute da persone residenti nello Stato -Redevances -Tassabilit -Presunzione assoluta, con nota di C. BAFILE, 232. -Redditi esistenti nello Stato -Somme dovute a stranieri per diritti di autore e uso di brevetti, marchi, procedimenti, ecc. -Tassazione per ritenuta, con nota.di C. BAFILE, 1232. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO XII IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Giudizio separato con riproduzione dell'azione di annullamento nei confronti della Finanza per restituzione imposta corrisposta sulla successione testamentaria -Ammissibilit, 1293. -Successione testamentaria -Annullamento del testamento -Contraddittorio con la Finanza -Necessit di simultaneus processus -Non sussiste, 1292. -Tributo complementare sul maggior valore -Interessi di mora, 1324. IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Commissionario per la vendita di prodotti esteri -Provvigioni -Tassabilit, 1237. IMPOSTA IPOTECARIA -Credito agrario -Esenzione -Presupposti e limiti, 1319. IMPOSTA SU FABBRICATI -Reddito di fabbricato danneggiato per eventi be:lici e riparato con parziale contributo dello Stato -Esenzione venticinquennale ex art. 69 l. 27 dicembre 1953, n. 968 -Non compete, 1281. IMPOSTA SULLE SOCIETA' -Accertamento di un reddito di cat. B del contribuente ai fini dell'imposta di ricchezza mobile -Efficacia automatica dell'accertamento ai fini della imposta sulle societ, con nota di A. ROSSI, 1262. IMPOSTE DIRETTE -Ritrattazione della dichiarazione tributaria da parte del contribuente dopo l'accertamento -Inesistenza di un obbligo della Finanza di procedere a nuovo accertamento, con nota di G. MAJ\'DO', 1242. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Commissione centrale -Giudizio di rinvio della Cassazione -Norme applicabili, 1221. -Commissione centrale -Poteri, 1221. -Condono di sanzioni tributarie non aventi natura penale -Condizione che l'accertamento non sia definito in via amministrativa entro un anno dall'entrata in vigore della legge -Violazione del principio di eguaglianza dei cittadini, no6. -Contenzioso -Decisine della Commissione distrettuale di elevare il reddito accertato ai fini della imposta di r.m. -Notifica della so'a parte dispo1sitiva -Legittimit, 1278. -Decisione di Commissione Provinciale -Annullamento per difetto di motivazione -Commissione Provinciale di rinvio -Poteri, 1272. -Decisione della Commissione centrale -Cassazione con rinvio -Impugnativa della nuova decisione -Questioni precluse, 1220. -Norme di esenzione -Divieto di interpretazione analogica, con nota di G. MANDO', 1213. -Procedimento amministrativo di accertamento ed azione giudiziaria -Sindacato dell'a.g.o. -Limiti -Questioni di estimazione semplice e complessa, 1281. -Procedimento amministrativo di accertamento ed azione giudiziaria -Sindacato dell'a.g.o. -Limiti -Questioni di estimazione semplice e complessa, con nota di G. MANDO', 1242. -Procedimento amministrativo di accertamento ed azione giudiziaria -Sindacato dell'a.g.o. -Violazione di diritti materiali e processuali del cittadino, con nota di G. MANDO', 1242. -Procedimento innanzi alle Commissioni -Appello dell'Ufficio alla Commissione centrale -Notificazione, 1228. -Procedimento innanzi alle Commissioni -Applicabilit del c.p.c. -Limiti, 1221. -Procedimento innanzi alle Commissioni per le imposte dirette -Art. 89 r.d. 11 luglio 1907, n. 560 -Applicabilit, 1227. -Procedimento innanzi alle Commissioni -Impugnazioni -Notifica al procuratore costituito -Inapplicabilit, 1220. INDICE XIII -Procedimento innanzi alle Commissioni -Notificazioni ex art. 89 r.d. 11 luglio 1907, n. 56o -Mancata sottoscrizione da parte del consegnatario -Nullit -Esclusione, 1228. -Restituzione di imposte -Interessi ex legge 26 gennai9 1961, n. 29 -Applicabilit alle controversie in corso Decorrenza dalla data di entrata in vigore della legge, 1268. -Sopratassa per la ritardata corresponsione dell'imposta complementare di registro -Contrasto con la eguaglianza dei cittadini e con il diritto di difesa -Esclusione, 1 rn5. IMPUGNAZIONE -Acquiescenza della parte ad un dterminato punto della sentenza di primo grado in un momento successivo alla impugnazione -Rinunzia tacita al gravame su quel punto -Apprezzamento del giudice di appello -Incensurabilit in Cassazione, 1139. -Causa inscindibile -Nozione -Giudizio di primo grado con pluralit di parti attive e passive -Pluralit di parti convenute -Controversia sulla individuazione del soggetto responsabile -Domanda di condanna cumulativa o alternativa nei confronti di tutti i convenuti -Necessit di impugnazione della sentenza nei confronti di tutte le parti -Sussiste -Legittimazione delle parti all'impugnazione incidentale tardiva -Sussiste -Pronuncia del giudice di primo grado di estromissione di una delle parti convenute -Impugnazione che riproponga la questione sull'obbligo della parte estromessa -Inscindibilit delle cause Sussiste, 1200. -Scadenza dei termini -Ammissibilit di impugnazioni incidentali tardive Riguarda le impugnazioni incidentali vere e proprie e non le c.d. impugnazioni incidentali autonome -Rispettive nozioni, 1181. -Scadenza dei termini -Cause inscindibili -Nozione -Ammissibilit di impugnazioni incidentali tardive ancorch dirette contro una parte diversa da quella che ha esperito il gravame principale, 1181. INGIUNZIONE -Opposizione del debitore -Instaurazione di ordinario processo di cognizione -Posizione processuale dell' Amministrazione creditrice -Parte convenuta -Domanda riconvenzionale della Amministrazione -Ammissibilit, con nota di L. MAZZELLA, 1196. LOCAZIONE -Successione nel contratto -Accasermamento delle forze di polizia -Onere della Provincia -Assunzione diretta a carico dello Stato a decorrere dal 10 luglio 1952, 1190. -V. anche .4.mministrazione dello Stato e degli Enti pubblici. MEZZOGIORNO -V. Imposta di registro, Occupazione. MINIERE -Miniere Erariali -Regime legislativo ed atti di gestione -Natura, 1:u1. NOTIFICAZIONE -Consegna dell'atto -Addetto alla casa -Nozione, 1221. OBBLIGAZIONI E CONTRATTI -Clausola penale -Riduzione -Potere discrezionale del giudice di merito Incensurabilit in Cassazione, 1192. -Integrazione del contratto -Funzione -Rapporto con l'attivit interpretativa, con nota di F. BATISTONI FERRARA, 1168. -Integrazione del contratto -Richiamo all'equit -Significato specifico e portata, con nota di F. BATISTONI FERRARA, 1168. OCCUPAZIONE -Mezzogiorno -Legge speciale per la citt di Napoli n. 297 del 1953 -Occupazione d'urgenza di immobile ef RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO XIV fettuata dalla Cassa per il Mezzogiorno per la costruzione di una strada del Comune di Napoli affidata al Comune medesimo -Consegna dell'immobile al Comune per l'esecuzione dell'opera -Protrazione ultrabiennale dell'occupazione senza il perfezionamento della procedura espropriativa Responsabilit solidale dei due enti, con nota di F. CARUSI, 1145. -Occupazione d'urgenza di immobile occorrente alla esecuzione di opera di p. u. -Mancato perfezionamento nel biennio della procedura espropriativa -Risarcimento del danno -Mancato godimento dell'immobile e valore venale del medesimo -Carattere edificatorio -Criteri di determinazione, l 191. Occupazione d'urgenza preordinata alla espropriazione per p.u. -Mancato perfezionamento nel biennio dall'occupazione della procedura espropriativa -Risarcimento del danno sostitutivo della restituzione dell'immobile Valutazione -Applicabilit degli artt. 39 e 40, 1. 25 giugno 1865, n. 2359 Esclusione, 1140. -Occupazione d'urgenza preordinata alla espropriazione per p.u. -Mancato perfezionamento del biennio dall'occupazione della procedura espropriativa -Risarcimento del danno sostitutivo della restituzione dell'immobile Valutazione -Carattere edificatorio del suolo occupato e trasformato in sede stabile dell' opera pubblica Quando sussiste -Regime giuridico delle zone sismiche -Non esclude la edificabilit, l 140. Occupazione d'urgenza preordinata alla espropriazione per p.u. -Mancato perfezionamento nel biennio dall'occupazione della procedura espropriativa -Risarcimento del danno sostitutivo della restituzione dell'immobile Valutazione -Criteri generali, 1140. -Occupazione d'urgenza preordmata all'espropriazione per p.u. -Protrazione ultrabiennale senza titolo della occupazione -Sopravvenuta emissione del decreto espropriativo -Risarcimento del danno per il periodo di occupazione illegittima -Criterio di liquidazione -Interessi legali sulla indennit espropriativa -Ammissibilit della prova della diversa misura effettiva del danno, 1181. -Occupazione d'urgenza preordinata all'espropriazione per p.u. -Tardiva emanazione del decreto espropriativo Indennit per il periodo di occupazione legittima e risarcimento del danno per il periodo di occupazione " sine titulo " -Liquidazione dell'indennit e del risarcimento nella misura dell'interesse legale sull'indennit espropriativa -Diritto agli interessi compensativi sulla indennit e sul risarcimento fino alla data dell'effettivo deposito -Sussiste, n8i. Occupazione d'urgenda preordinata all'espropriazione per p.u. -Sicilia Costruzione di strada comunale finanziata dalla Regione e " demandata " allo stesso Comune interessato -Occupazione d'urgenza di immobile alieno occorrente all'esecuzione dell'opera protratta oltre il biennio senza il tempestivo perfezionamento della procedura espropriativa -Azione di risarcimento dei danni -Legittimazione passiva del Comune e non della Regione, con nota di F. CARUSI, 1142. Occupazione d'urgenza preordinata all'espropriazione per p.u. -Sicilia - Ocupazione ultrabiennale senza titolo di immobile da parte della Provincia di Messina per la costruzione di una strada di sua pertinenza e di interesse regionale, finanziata dalla Regione Azione di risarcimento dei danni -Legittimazione passiva della Provincia Eventuale legittimazione passiva concorrente della Regione, l 139 OPERE PUBBLICHE -V. Edilizia popolare ed economica, Imposta di registro. PRESCRIZIONE Prescrizione in materia civile -Azione di regresso tra corresponsabili Interruzione del termine di prescrizione per effetto della domanda giudiziale del danneggiato nei confronti di uno dei corresponsabili -Sussiste, 1174. Prescrizioni brevi -Prescrizione biennale prevista dal secondo comma dell'art. 2947 e.e. -Ambito di applicazione -Responsabilit extracontrattuale, I 192. INDICE xv -Prescrizioni brevi -Prescrizione biennale prevista dal secondo comma dell'art. 2947 e.e. -Non riguarda la responsabilit contrattuale, 1193. PROCEDIMENTO CIVILE -Intervento in causa del terzo -Intervento voloi;itario -Termine finale di ammissibilit, 1182. -Istruzione probatoria -Verbali di indagine redatti dagli ufficiali di polizia giudiziaria -Valore probatorio indiziario, 1202. -Legittimit del contraddittorio -Accertamento della sussistenza della legitimatio ad causam -Dovere del giudice di compierlo in ogni stato e grado del processo ed anche per la prima volta in Cassazione salva la preclusione nascente dal giudicato esplicito o implicito, 1139. Norme relative alla deduzione ed alla assunzione della prova testimoniale Fondamento -Motivi di ordine pubblico -Non sussistono -Norme dispositive, 1202. -Procedibilit della domanda condizionata ad adempimenti fiscali -Mancanza della prova di tali adempimenti -Inosservanza del giudice di merito del dovere di astenersi dalla pronuncia -Nullit del processo e della sentenza -Esclusione, 1192. -Questioni di legittimazione ad causam -Deducibilit e rilevabilit di ufficio in qualunque stato e grado del processo, con nota di F. CARUSI, 1142. -Rimessione della causa al Collegio Precisazione in sede di conclusioni delle domande ed eccezioni della parte -Rinuncia implicita alle istanze non riproposte -Sussiste, 1202. -Sentenza -Motivazione -Valore integrativo del contenuto formale del dispositivo -Portata precettiva della motivazione, con nota di L. MAZZELLA, 1196. -V. anche Ingiunzione. PROCEDIMENTO PENALE -Autorizzazione a procedere -Modalit della richiesta -Contrasto con il princ1p10 dell'uguaglianza e della diretta responsabilit dei funzionari dello Stato e degli Enti pubblici -Insussistenza, 1 114. -Diritto dell'esercente la patria potest di costituirsi parte civile nell'interesse del minore -Violazione del principio dell'uguaglianza morale e giuridica dei genitori -Esclusione, 1115. PROPRIETA' -V. Imposta di registro. REATO -Aggravanti -Destinazione della cosa a pubblica utilit -Furto di materiali dell'alveo di un fiume o torrente -Applicabilit dell'aggravante, con nota di G. ZOTTA, 1343. -Inosservanza di ordini dell'autorit Ordine rivolto dai Carabinieri ad una singola persona -Rifiuto di ottemperarvi: costituisce reato -Fattispecie, con nota di G. ZOTTA, 1344. RESPONSABILITA' CIVILE -V. Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici, Competenze e giurisdizione, Esposizione per p.u., Occupazione, Prescrizione. SCAMBI E VALUTE -Norme attributive al Ministero delle Finanze della facolt di disciplinare il commercio dei cambi -Eccesso di delega legislativa per contrasto con gli artt. 76 e 77 Cost. -Violazione della riserva di legge in materia economica -Esclusione, 1 rn8. SCRITTURA -V. Imposta di registro. SENTENZA -Motivazione -Decisione fondata su pi ragioni distinte ed indipendenti Errore di diritto del giudice di merito su uno degli argomenti enunciati RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO XVI Esattezza e sufficienza degli argomenti concgrrenti -Ricorso per Cassazione Improponibilit, 1139. -V. anche Imposta di registro, Procedimento civ.:ile. SICILIA -Legge regionale di proroga di sgravi fiscali per nuove costrnzioni -Illegittimit costituzionale con riferimento agli artt. 36, 17 e 15 dello Statuto speciale per la Regione Siciliana, 1110. -V. anche Espropriazione per p.u., Imposta di registro. SUCCESSIONE -V. Imposta di successione. SOCIETA' -V. Imposta di registro. TRATIATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI -Comunit europea del carbone e dell'acciaio -C!Jrte di giustizia -Contrasto con gli artt. 102 e 1 13 Cost. . Esclusione, 1113. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 26 giugno 1965, n. 49 pag. 1099 6 dicembre 1965, n. 75 1102 6 dicembre 1965, n. 76 1105 22 dicembre 1965, n. 85 1106 22 dicembre 1965, n. 86 1108 22 dicembre 1965, n. 90 1110 22 dicembre 1965, n. 91 (ordinanza) 1111 27 dicembre 1965, n. 93 1112 27 dicembre 1965, n. 94 1112 27 dicembre 1965, n. 98 1113 27 dicembre 1965, n. 99 1114 27 dicembre 1965, n. 101 1115 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSA2lIONE Sez. Un., 12 febbraio 1965, n. 220 pag. 1117 Sez. I, 30 marzo 1965, n. 557 1139 Sez. Un., 13 april!J 1965, n. 666 1122 Sez. Un., 5 giugno 1965, n.. 1118 1128 Sez. I, 11 giugno 1965, n. 1189 1168 Sez. II, 16 luglio 1965, n. 1565 1132 Sez. I, 19 luglio 1965, ~. 1608 1142 Sez. I, 19 luglio 1965, n. 1617 1213 Sez. I, 19 luglio 1965, n. 1620 1213 Sez. I, 19 luglio 1965, n. 1621 1220 Sez. I, 19 luglio 1965, n. 1634 1227 Sez. I, 20 luglio 1965, n. 1652 1134 Sez. I, 20 luglio 1965, n. 1654 1136 Sez. I, 24 luglio 1965, n. 1750 1232 Sez. I, 24 luglio 1965, n. 1756 1237 Sez. III, 6 agosto 1965, n. 1883 1174 Sez. I, 6 agosto 1965, n. 1891 1240 Sez. III, 17 agosto 1965, n. 1965 1176 Sez. Un., 27 settembre 1965, n. 2048 1242 Sez. Un., 2 ottobre 1965, n. 2072 1251 Sez. Un., 7 ottobre 1965, n. 2087 1256 Sez. I, 20 ottobre 1965, n. 2155 1261 Sez. I, 20 ottobre 1965, n. 2154 1262 Sez. I, 22 ottobre 1965, n. 2189 1268 Sez. I, 21 ottobre 1965, n. 2173 1180 Sez. III, 23 ottobre 1965, n. 2216 1190 Sez. I, 25 ottobre 1965, n. 2229 1191 Sez. I, 25 ottobre 1965, n. 2230 1272 Sez. I, 25 ottobre 1965, n. 2238 1276 . fV#'&Af:ff??.1fJf.Yfff'ff.@f'Ar.fr8[f~~~:w.gw&fp.&.r.4tf.1*!$-1.?f"ff.if.%P.4?:'%.ffq'!:{f4&%J.'fP'.@@r.@ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO XVIII Sez. I, 27 ottobre 1965, n. 2256 Sez. I, 27 ottobre 1965, n. 2259 Sez. I, 27 ottobre 1965, n. 2260 Sez. I, 27 ottobre 1965, n. 2261 Sez. I, 27 ottobre 1965, n. 2265 Sez. I, 27 ottobre 1965, n. 2272 Sez. I, 27 ottobre 1965, n. 2276 Sez. I, 28 ottobre 1965, n. 2285 Sez. I, 9 novembre 1965, n. 2341 Sez. I, 9 novembre 1965, n. 2342 Sez. I, 10 novembre 1965, n. 2349 Sez. I, 10 novembre 1965, n. 2352 Sez. I, 12 novembre 1965, n. 2356 Sez. I, 12 novembre 1965, n. 2357 Sez. I, 12 novembre 1965, n. 2360 Sez. III, 13 novembre 1965, n. 2362 CORTE D'APPELLO L'Aquila, 16 giugno 1965, n. 125 L'Aquila, 30 luglio 1965, n. 172 TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE 1 aiprile 1965, n. 7 11 maggio 1965, n. 10 7 ottobre 1965, n. 18 TRIBUNALE Napoli, Sez. I, 6 luglio 1965 Napoli, 29 marzo 1965 Genova, 31 luglio 1965 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE Sez. IV, 17 novembre 1964, n. 823 Sez. IV, 16 giugno 1965, n. 500 Sez. IV, 17 novembre 1965, n. 713 Sez. V, 8 gennaio 1965, n. 2 . Sez. VI, 19 febbraio 1965, n. 107 Sez. VI, 13 luglio 1965, n. 537 Sez. VI, 22 ottobre 1965, n. 643 GIURISDIZIONI PENALI Sez. II, 17 marzo 1964, n. 602 Sez. IV, 30 settembre 1964, n. 1462 Sez. II, 21 settembre 1964, n. 1511 pag. 1192 1192 1278 1281 1283 1285 1288 1193 1195 1292 1297 1299 1196 1305 1200 1202 pag. 1312 1319 pag. 1327 1335 1338 pag. 1144 1203 1324 pag. 1205 1207 1207 1208 1208 1210 1211 pag. 1343 1344 1344 ~ ~ I~ . ~ i i ~:~ I . . I I ~ fil I I I' Ii~i iliE: ~.J ~~~====ili~tifr:~wt=~ft::ff:M1Wt~f&=ttt~~~=~t~~~f.~::%:~:ff.t{ffi"J.:fiffi~~~~~::{f~=~==~mm=f:f.~~~f~=~=W~:=:f:~~(?1:=:::::f-:~:ft==~=~~=f"f~~1f~f:=~~(~f:f:t::-i~fa~:r:~:={t~~{~t~=~ilifi:W"l@~~~m=i.f:~ llY.o/-:=,:~~~~l~~I~~ SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA A. C. }EMOLO, Premesse ai rapporti tra Chiesa e Stato, Milano, 1965 . pag. 155 F. G. ScocA, Il termine giudiziale nell'adempimento delle obbligazioni della Pubblica Amministrazione, Milano, 1965 156 G. LANDI, Rassegna di giurisprudenza del Consiglio di Stato in tema di attivit economiche, Riv. Societ, 1965, 901 . 159 Segnalazioni G. ABBAMONTE, Espropriazione e seriet dell'indennizzo, Giu~. Civ., 1964, III, 114 160 R. ALEssx, Rilievi critici in ordine alle impugnative del comportamento omissivo dell'Amministrazione pubblica, Riv. trim. dir. pubbl., 1964, 528 161 A. BENNATI, Il bilancio dello Stato italiano nella sua nuova strutturazione economico-funzionale, Consiglio di Stato, 1964, Il, 570 . 161 . CANNADA BARTOLI, Annullamento d'ufficio ed inoppugnabilit dei provvedimenti amministrativi, Foro Amm., 1964, II, 143 . 161 A. Cmcco, L'imposta sulle aree fabbricabili e la Costituzione, Foro Pad., 1964, I, 464 . 162 E. GARBAGNATI, Ancora in tema di opposizione da parte di un solo condebitore, ad un decreto d'ingiunzione pronunciato nei confronti di una pluralit di debitori solidali, Giur. it., 1964, I, 2, 755 162 G. A. MICHELI, Osservazioni in tema di manifesta. infondatezza della questione relativa alla retroattivit della legge tributaria, Riv. dir. fin. e scienza delle fin., 1964, Il, 157 162 G. A. MICHELI, Profili critici in tema di potest di imposizione, Riv. dir. fin. e scienza delle fin., 1964, I 163 A. PxoLA, Legittimit dell'art. 402 cod. pen. e nozione di religione dello Stato, Foro it., 1965, I, 929 163 A. M. SANDULLI, Precisazioni in tema di mancanza di potere ed inesistenza dell'atto amministrativo, Foro Amm., 1964, Il, 200 . 164 A. M. SANDULLI, Deliberazione di negoziare e negozio di diritto privato della Pubblica Amministrazione, Riv. trim. dir. proc. civ., 1965, I 164 V. SPAGNUOLO VmoruTA, Sul mutamento del titolo dell'espropri<1r zione, Riv. giur. edil., 1965, I, 527 165 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Provvedimenti legislativi (segnalazioni) pag. 166 Disegni e proposte di legge Disegno n. 1447 -(Senato) -Delega al Governo per il riordinamento dell'Amministrazione dello Stato, il decentramento e la seinplillcazione delle procedure . 167 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO xx Provvedimenti legislativi sottoposti a giudizio di costituzionalit -Disposizioni di legge delle quali stata (in tutto o in parte) dichiarata l'illegittimit costituzionale : D.P.R. 5 aprile 1951, n. 203, artt. 74, 75, 76 Legge 18 maggio 1951, n. 328, art. 2 Legge 23 marzo 1956, n. 136, art. 43 Legge 30 luglio 1959, n. 559, art. 2, terzo comma D.P.R. 9 maggio 1960, n. 570, artt. 82, 83, 84 D.P.R. 9 maggio 1961, n. 867, art. unico Legge 9 febbraio 1963, n. 97, art. unico Legge 25 febbraio 1963, n. 289, artt. 3, 4 Legge 5 luglio 1965, n. 798, artt. 2, 3 . -Disposizioni di legge in rapporto alle quali stata dichiarata non fondata la questione di legittimit costituzionale: Codice di procedura penale, art. 15 Codice di procedura penale, artt. 22, 23, 91 R.D. 29 settembre 1931, n. 1207 Legge 11 gennaio 1932, n. 18 . T.U. 3 marzo 1934, n. 383, artt. 87, ultimo comma, 140, ultimo comma, 165 e 296, ultimo comma . Legge 5 marzo 1942, n. 186, art. 4, secondo comma Legge 25 giugno 1952, n. 766 -Disposizioni di legge in rapporto alle quali stato promosso giudizio di legittimit costituzionale . -Disposizioni di legge in rapporto alle quali, sulle questioni sollevate, sono intervenute pronunce della Corte Costituzionale di inammissibilit, di manifesta infondatezza o di restituzione degli atti per il giudizio di rilevanza . INDICE DELLE CONSULTAZIONI {secondo l'ordine di materia) Acque pubbliche Amministrazione pubblica Appalto Assicurazioni Comuni e Provincie Contabilit generale dello Stato Contributi e finanziamenti Danni di guerra . Demanio Elettricit Esecuzione fiscale Espropriazione per p.u. Impiego pubblico Importazioni ed esportaz. Imposta di registro Imposta di r.m.. Imposta sul patrimonio Imposte e tasse pag. 178 178 D 178 179 .. 179 179 179 179 180 180 180 D 180 181 182 182 182 182 182 Invalidi di guerra Istruzione superiore Lavoro N otilcazioni Opere pubbliche Pensioi Piani regolatori Polizia Prescrizione Previdenza e assistenza Procedimento civile Propriet intellettuale Regioni. Sanitari Strade Trattati e c_onvenzioni in temazionali Trasporto Turismo e spettacolo pag. 169 170 170 170 170 170 l) 171 l) 171 171 171 171 171 D 171 172 172 172 172 176 pag. 183 183 183 184 184 D 184 184 184 184 185 185 185 185 186 186 Jt 186 186 186 ~ ~~ :-~ PARTE PR(MA GIURISPRUDENZA I SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 26 giugno 1965, n. 49 -Pres. Ambrosini - Rel. Benedetti -Spatola ed altri c. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Agr). Elezioni amministrative e politiche Propaganda elettorale Illegittimit costituzionale degli artt. 3, secondo comma, 2 e 8 della l. 4 aprile 1956, n. 212, in rapporto agli artt. 21 e 49 Cost. Esclusione. (Cost., artt. 21 e 49; I. 4 aprile 1956, n. 212, artt. 3, secondo comma, 2 e 8). Non fondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 3, secondo comma e degli artt. 2 e 8 della legge 4 aprile 19'56, n. 212, contenente norme sulla disciplina della propaganda elettorale in rif erimento agli artt. 21 e 49 Cast. Infatti, tanto l'obbligo delfart. 3 legge cit., di presentare domanda al Sindaco per ottenere l'assegnazione degli spazi destinati ai non partecipanti alla competizione elettorale, sino a quando non vengano assegnate le superfici riservate a partiti o gruppi politici o singoli, quanto la sanzione di cui all'art. 8 cit. a carico di colui che, avendone titolo, abbia usato degli spazi di cui sopra, pongono tutti i partiti sullo stesso piano ai fini della propaganda mediante affissione, non comprimendo in alcun modo il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, n limitando, ma anzi disciplinando nel modo pi compiuto, il diritto di ogni partito di partecipare alla campagna elettorale (1). (1) La questione era stata sollevata con ordinanz11 del Pretore di Roma del 28 febbraio 1964 (Gazzetta Ufficiale, 23 maggio 1964, n. 216) nel procedimento penale a carico di Spatola ed altri. -In precedenza la Corte aveva gi deciso, con sentenza 16 giugno 1964, n. 48, circa la pretesa illegittimit costituzionale dell'art. 1 ed 8, quarto comma, della legge di cui trattasi, in relazione all'art. 21 Cost. Anche in quella sde, con motivazione cui la sentenza ohe si annota si richiama, la Corte aveva riconosciuto l'infondatezza della questione. Per ulteriori richiami giurisprudenziali e dottrinali in materia, cfr. lannotazione in calce alla sentenza di cui sopra, in questa Rassegna, 1964, 655. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1100 (Omissis). -1. -L'art. S della legge 4 aprile 1956, n. 212, conte nente norme -sulla disciplina della propaganda elettorale, dispone che, sino a quando non vengano assegnate le superfici entro gli spazi per le affissioni riservati ai partiti o gruppi politici. o singoli candidati, gli spazi destinati ai non partecipanti alla competizione elettorale sono liberi a tutti. Per potere usufruire di tali spazi nel suddetto periodo, il secondo comma dell'art. 3 prescrive che gli interessati "debbono presentare domanda al Sindaco entro cinque giorni dalla pubblicazione del decreto di convocazione dei comizi . In quest'ultima disposizione il Pretore di Roma ha ravvisato la violazione 'dei diritti di manifestare liberamente il proprio pensiero e di concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale, garantiti rispettivamente dagli artt. 21 e 49 della Costituzione. Gli artt. 2 e 8 della legge 1956, n. 212, anche essi denunciati come incostituzionali, vengono in considerazione, nella proposta questione di legittimit, solo per la loro relazione con la norma propriamente impugnata, in quanto le rispettive disposizioni riguardano gli spazi da destinare alle affissioni e le sanzioni penali comminate a carico di coloro che, non avendone titolo, abbiano usato degli spazi suddetti. Ritiene la Corte che la qustione sia infondata sotto entrambi gli aspetti prospettati. 2. -Per quanto riguarda il preteso contrasto con l'art. 21 della Costituzione va rilevato che con la sentenza n. 48 del 1964 la Corte si gi pronunziata sulla legittimit costituzionale delle disposizioni contenute nell'art. 1 e nell'art. 8, quarto comma, della legge 4 aprile 1956, n. 212, e che i principi affermati in detta sentenza valgono a risolvere, sotto l'aspetto considerato, anche l'attuale questione. Ha ritenuto la Corte che la norma, secondo la quale durante la campagna elettorale l'affissione di stampati e manifesti di propaganda consentita soltanto negli spazi a tal fine destinati in ogni Comune, e le sanzioni penali comminate per chi contravvenga a tale disposizione non comportano violazione del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, ma si limitano a regolarne l'esercizio. Dopo avere rilevato che l'affissione in genere incontra anche in altre leggi una serie di divieti e limitazioni a tutela di pubblici interessi, la Corte ha, peraltro, osservato che la disciplina della propaganda politica a mezzo manifesti durante la campagna elettorale, dettata dalla legge n. 212 del 1956, tende a porre tutti, partiti e cittadini, " in fili condizione di parit onde assicurare che, in uno dei momenti essenziali della vita democratica, questa non sia di fatto ostacolata da situazioni i! ; economiche di svantaggio o politiche di minoranza 1>. _, :) ~ ---;, ~ ::::: .:::@."iff:f'IB .:::-::::::r.::= ....... _ .....;.;.z. ::--..::ir.::::zr-:7h :::..::= :."' 3 :;.::::::: ~. ~ w..:::?-~.: w. . ::::: ::::::-.:::::.. ... ;o;; w~ w:;:>-.; x~:.-:;1{x_--;.-.-:~ f. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1101 Ora, esamin'ando al lume di queste considerazioni, le disposizioni in questa sede impugnate, risulter di tutta evidenza che, sia lobbligo sancito dall'art. 3 della legge di presentare una domanda al Sindaco per ottenere l'assegnazione degli spazi destinati ai non partecipanti alla competizione elettorale, sia, conseguentemente, la sanzione penale comminata dall'art. 8, primo comma, a carico di colui che, non aven done titolo, abbia usato degli spazi suddetti, non danno luogo ad alcuna compressione o menomazione del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, ma provvedono soltanto a disciplinarne l'esercizio garantendone a tutti la effettivit e ponendo tutti in una situazione di assoluta eguaglianza di trattamento. Proprio in riferimento alla disposizione impugnata la Corte ha avuto modo di osservare, nella ricordata sentenza, che la domanda ha la sola funzione di render noto il proposito di procedere all'affissione e che nessun potere discrezionale la norma attribuisce alla Giunta comunale nella ripartizione degli spazi per le affissioni, in quanto la semplice presentazione della domanda determina iP'SO iure l'obbligo per l'amministrazione di assegnare una determinata superficie a ciascun richiedente. Nell'art. 3 viene precisato che la ripartizione degli spazi deve essere fatta dalla Giunta secondo l'ordine di presentazione delle domande e, qualora sia necessario, secondo un turno mediante sorteggio da effet tuarsi in presenza dei richiedenti, in maniera che tutti possano usu fruire di uguale spazio per uguale durata. :: quindi agevole rilevare che la norma in esame assolve ad un ben preciso ed indispensabile compito: rendere concretamente possi bile alla Giunta, sulla scorta delle domande presentate, di ripartire gli spazi in questione in parti uguali tra tutti gli interessati che intendono partecipare alla propaganda elettorale mediante affissioni nel periodo antecedente alla assegnazione degli spazi destinati ai soli partiti politici. 3. -Dalle considerazioni test svolte discende l'infondatezza della questione anche in riferimento all'art. 49 della Costituzione. Privo di fondamento il particolare rilievo formulato al riguardo nell'ordinanza di rimessione secondo il quale un partito, per il semplice fatto di non aver presentato la. domanda richiesta dal secondo comma dell'art. 3, si troverebbe escluso dalla propaganda elettorale a mezzo manifesti proprio nel momento in cui la nazione si accinge a rinnovare i suoi organi rappresentativi, e ci in violazione del diritto riconosciuto dall'art. 49 della Costituzione di concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale. Il giudice a quo non ha anzitutto tenuto conto che la propaganda disciplinata dalla legge in esame afferisce ad un settore ben delimitato RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1102 qual' quello dell'affissione di manifesti, stampati ed altro in appositi ~ delimitati spazi e che la stessa propaganda pu liberamente essere , svolta con metodo democratico in numerose altre fofJile ed aspetti altrettanto idonei ai fini della determinazione della politica nazionale. In secondo luogo, poi, il rilievo non ha evidentemente tenuto in debita considerazione due importanti circostanze: che la presentazione di una domanda da parte dei partiti richiesta dalla legge solo per consentire anche ad essi l'assegnazione di superfici negli spazi destinati a coloro che non partecipano direttamente alla campagna elettorale; che l'assegnazione degli spazi a domanda ha carattere di provvisoriet l:)ssendo limitata ad un ben determinato periodo di tempo nel corso della campagna elettorale. Essa, infatti, cessa non appena la Giunta -riceve comunicazione delle liste e candidature ammesse sar in grado di delimitare e ripartire gli spazi riservati ai partiti. Da questo momento i partiti possono affiggere solo in tali spazi e non pi in. quelli destinati agli estranei alla competizione, che vengono nuovamente ripartiti con le modalit stabilite dall'art. 5, comma secondo, della legge. L'ordinanza di rimessione non ha tenuto presente che ai partiti sono riservati appositi spazi, non assegnabili nella prima fase della campagna elettorale, che vengono ripartiti in parti uguali dalla Giunta :; secondo l'ordine di ammissione delle rispettive liste. Tale ripartizione, I~ ovviamente, non subordinata alla presentazione di alcuna domanda, , in quanto il diritto di un partito di vedersi assegnata una superficie !:; per le affissioni scaturisce direttamente dall'ammissione della sua lista. ' Ci dimostra che anche il partito che non ha potuto ottenere l'as-1 segnazione di superfici negli spazi destinati ai non partecipanti alla ~ competizione elettorale per aver omesso di presentare la relativa 1~.,=. domanda, potr sempre partecipare alla propaganda mediante affis-. sione sugli spazi destinati ai partiti dopo che l'ammissione della pro-f:l pria lista verr comunicata alla Giunta. ~I Ritiene, quindi, la Corte che le disposizioni impugnate, proprio iri '" omaggio ai principi di una sana democrazia, pongono tutti i partiti sullo stesso piano ai fini della propaganda mediante affissione assicurando a ciascuno di essi eguaglianza di trattamento indipendentemente dalle rispettive forze e pos.sibilit economiche. -(Omissis). CORTE -COSTITUZIONALE, 6 dicembre 1965, n. 75 -Pres. Ambrosini -Rel. Branca -Ministero Finanze (sost. avv. gen. Stato Tracanna). Corte Costituzionale -Procedimenti svolti davanti alla stessa Gratuit assoluta dei relativi atti. J f (I. 11 marzo 1953, n. 87, art. 21; 1. 5 luglio 1965, n. 798, artt. 2 e 3; 1. 25 feb-!~_=.'_:: braio 1963, n. 289, artt. 3 e 4). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1103 Sono costituzionalmente illegittimi gli articoli 2 e 3 della legge 5 luglio 1965, n. 79'8, nonch gli articoli 3 e 4 della legge 25 febbraio 1963, n. 289, nella parte in cui dispongono rapplicazione di contributi di previdenza dovuti, a mezzo marche, sugli atti difensivi e sui provvedimenti relativi ai giudizi davanti alla Corte Costituzionale, derogando, in tale modo, al principio dell'assoluta gratuit sugli atti di tali giudizi, che si svolgono al di sopra degli interessi delle parti private, per rattuazione della giuStizia costituzionale (1). (Omissis). -La questione, sollevata incidentalmente dalla Corte Costituzionale e relativa dagli artt. 2 e 3 della legge 5 luglio 1965, n. 798, fondata. L'art. 2 impone, fra l'altro, agli avvocati, che esercitano il proprio ministero presso la Corte Costituzionale, un. contributo che si riscuote evidentemente con l'applicazione di marche da parte della cancelleria; lart. 3 fa gravare, su chi deve pagare o anticipare le spese di giudizio, un altro contributo, che si riferisce anche ai provvedimenti della Cor.te (1) La questione era stata sollevata di ufficio dalla stessa Corte Costituzionale con ordinanza 11 novembre 1965 (Gazzetta Ufficiale, 13 novembre 1965, n. 284). Sulla possibilit che la stessa Corte Costituzionale, su istanza di parte, o anche di ufficio, si trasformi in giudice a quo e sollevi questioni di legittimit costituzionale davanti a se stessa non dato di dubitare, dati anche gli specifici. precedenti della stessa Corte (ord. 28 novembre 1961, n. 57; sent. 22 dicembre 1961, n. 68). Circa il merito della questione, l'Avvocatura Generale, costituita per l'Amministrazione Finanziaria dello Stato nel giudizio di legittimit principale, mentre aveva chiesto declaratoria di infondatezza della questione (di cui alla successiva sentenza n. 76 della Corte), si era rimessa a giustizia per quanto riguarda la questione in esame. In effetti -rilevava l'Avvocatura -non poteva contestarsi che il sistema desumibile dagli artt. 134 e 137. Cost. e dalle leggi costituzionali 9 febbraio 1948, n. 1 e 11 marzo 1953, n. 1, avesse sancito il principio della assoluta gratuit degli atti del procedimento davanti alla Corte Costituzionale, principio poi testualmente enunciato nell'art. 21 della l. 11 marzo 1953, n. 87. Con la sentenza in rassegna, la Corte conferma la sussistenza 'e la necessit di tale principio, puntualizzando la particolare natura della propria giurisdizione, di diritto oggettivo, e la finalit cui essa preordinata, di tutela dell'ordinamento costituzionale. Queste caratteristiche peculiari della propria giurisdizione la Corte ha riscontrato anche negli altri tipi di giudizi che la Corte chiamata dalla Costituzione ad esercitare: la risoluzione dei conflitti di attribuzione ed i giudizi di responsabilit penale del Capo dello Stato e dei Ministri. Gi altra volta, come si ricorder, la Corte aveva tratto occasione da una questione marginale minore per definire la natura delle sue funzioni, che -sebbene svolte nelle forme del contraddittorio giurisdizionale -'-devono essere considerate di controllo costituzionale, di suprema garanzia dell'osservanza della Costituzione della Repubblica da parte degli organi costituzionali dello Stato e di quelli delle Regioni (sent. 23 marzo 1960, n. 13, Giur. it., 1960, I, 1, 481). ..t. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1104 Costituzionale {prima copia) e si riscuote in modo analogo. Le due disposizioni, come gi la legge 25 febbraio 1963, n. 289, hanno dunque derogato all'assoluta gratuit che caratterizza i giudizi davanti a questa Corte. Che tali procedimenti debbano essere del tutto gratuiti principio connaturato al sistema della giustizia costituzionale {art. 134 e segg. della Costituzione); nella quale appunto l'interesse, che si deve tutelare, quello obiettivo e generale di eliminare dall'ordinamento gli atti contrari a norme costituzionali. Non si nega infatti che le parti, comunque esse si vogliano qualificare, siano e possano essere mosse da interessi propri o personali; ma si vuol dire che questi interessi, pur es'sendo presenti, non affiorano nell'arco del giudizio, tutto spiegato verso la sola attuazione di quel fine obiettivo. Ne sono conferma le norme che riservano la proposizione del giudizio di legittii;nit costituzionale solo all'autorit giudiziaria {giudizio promosso in via incidentale anche d'ufficio) o a soggetti .> muniti di potest legislativa (giudizio proposto in via principale) e consentono al Presidente del Consiglio dei Ministri o della Giunta regionale di intervenirvi. Dato ci, il giudizio di legittimit costituzionale, pur ammettendo la partecipazione di parti private, si svolge al di sopra dei loro interessi e non consente ostacoli, anche lievi o indiretti, al proprio svolgimento. Ne deriva che ad esso naturalmente estraneo ogni concetto di soccombenza: non vi sono n vincitori n vinti, rispetto al fine che lo domina, mentre qualunque adempimento pecuniario, anche esiguo, pu costituire una remora a quella ampia collaborazione che, nei limiti previsti dalla legge, innegabilmente utile o perfino necessaria. Questo spiega come le leggi n. 87 del 1953 (art. 21), n. 265 del 1958 (art. 3) oltrech le norme integrative approvate dalla Corte Costituzionale ( artt. 16 e 30) escludano imposizioni tributarie e condanne delle spese. Si tratta di norme che non hanno valore costituzionale, ma indubbio che esse svolgono principi gi contenuti nel sistema costituzionale; tale fra l'altro il significato del rinvio che alla prima di esse fatto dalla legge costituzionale 1953, n. 1, art. 1. Del resto i precetti costituzionali, cio gli artt. 134 e segg. della Costituzione e il primo articolo delle leggi n. 1 del 1948 e n. 1 del 1953, attribuendo a questa Corte il compito di difesa dell'ordinamento costituzionale, non possono consentire che siano colpiti da oneri pecuniari, che appesantiscono il corso del giudizio, proprio coloro che collaborano a tale funzione. Analoghe considerazioni valgono per i giudizi che risolvono conflitti di attribuzione e per i giudizi di responsabilit del Capo dello Stato e dei Ministri: i primi riguardano atti di cui si denunci il contrasto con norme costituzionali; i secondi, riguardando soggetti che sono ai vertici dello Stato, coinvolgono principi, procedimenti e garanzie di ordine costituzionale. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1105 La legge 25 febbraio 1963, n. 289, negli artt. 3 e 4, aveva contenuto analogo a quella denunciata: perci anche di essa; per gli effetti che possano ancora derivarne, si deve dichiarare la illegittimit costituzionale in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87. ( Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 6 dicembre 1965, n. 76 -Pres. Ambrosini -Rel. Branca -Ministero Finanze (sost. avv. gen. Stato Tracanna). Imposte e tasse in genere -Sopratassa per la ritardata corresponsione dell'imposta complementare di registro -Contrasto con la eguaglianza dei cittadini e con il diritto di difesa Esclusione. (Cost., artt. 8, 24, 118; I. 5 marzo 1942, n. 186, art. 4, secondo comma). La disposizione delr art. 4, secondo comma, della legge 5 marzo 1942, n. 186, che commina la sopratassa del dieci per cento sulrimpostd complementare di registro non corrisposta entro dieci giorni dalla noti-fica della decisione della C ammissione Distrettuale, non contrasta n col principio di eguaglianza, perch grava su tutti i contribuenti, n con quello di difesa, perch il contribuente pu esercitare razione in giudizio sia -che abbia versato, sia che non abbia versato fimposta e la relativa sopratassa (1). (Omissis). -La questione infondata. La norma impugnata, imponendo una sopratassa del dieci per cento a chi non paghi entro 30 giorni d'imposta di registro, non viola l'art. 3 della Costituzione. La sovratassa infatti grava ugualmente su tutti i contribuenti tenuti al pagamento di quell'imposta; colpisce l'inadempi (1) La questone era stata sollevata con ordinanza 20 giugno 1968 della Commissione Provinciale delle Imposte di Ascoli Piceno (Gazzetta Ufficiale, 12 settembre 1964, n. 1225). Nel corso del suo esame, la Corte aveva sollevato, d'ufficio, la questione di legittimit costituzionale degli artt. 2 e 8 della I. 5 luglio 1965, n. 798, decisa poi con la coeva sentenza 6 dicembre 1965, n. 75, pubblicata supra. Il principio della esecutoriet degli atti amministrativi -aveva sostenuto l'Avvocatura Generale -autorizza, anche sul. piano costituzionale, la presenza di una norma del genere, dato che esso del tutto conforme alla Costituzione, ed in effetti la Corte ha dato atto di ci richiamando in motivazione le sentenze 81 marzo 1961, n. 21, abolitrice del solve et repete (Giur. it., 1961, I, 1, 529), e 7 luglio 1962, n. 86, sulla legittimit costituzionale dell'art. 145 legge di registro (ivi, 1962, I, 1, 1284), che quel principio avevano espressamente fatto salvo. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1106 mento, non rispetto ad ogni tipo di tributo, ma solo rispetto a quei tributi che hanno certi presupposti e determinate caratteristiche (atto tl"a vivi di trasferimento di beni, persone che vi hanno partecipato o che vi sono interessate, effetti ritardati dell'atto. ecc.): il che giustifica la particolarit di tale disciplina; connessa allo speciale procedimento coattivo di riscossione, tipico delle imposte di registro. L'art. 4, secondo comma, non contrasta neanche con gli artt. 24 e 113 della Costituzione: la norma non pone ostacoli al diritto di difesa poich il contribuente pu esercitare l'azione in giudizio sia che abbia versato sia che non abbia versato l'imposta e la relativa sopratassa; n l'assillo di adempiere entro 30 giorni per evitare quest'ultima esercita un'influenza negativa sulla proposizione del ricorso, che invece segue una strada propria e diversa; anzi l'avvenuta applicazione o l'avvenuto pagamento della sopratassa pu essere uno stimolo all'esercizio dell'azione; ch, se il giudice escluder in tutto o in parte l'esistenza dell'obbligazione tributaria, al contribuente dovr essere restituita in tutto o in parte la somma eventualmente gi versata anche come sopratassa (art. 4, ultimo comma, della legge impugnata); questa infatti non ha carattere penale, ma sanzione amministrativa ed accessoria rispetto al debito d'imposta. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 22 dicembre 1965, n. 85 -Pres. Ambrosini -Rel. Petrocelli -Soc. n.c. Nino Ferrari (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Chiarotti). Imposte e tasse -Condono di sanzioni tributarie non aventi natura penale -Condizione che l'accertamento non sia definito in via amministrativa entro un anno dall'entrata in vigore della legge -Violazione del principio di eguaglianza dei cittadini. (Cost., art. 3; I. 30 luglio 1959, n. 559, art. 2). !; costituzionalmente illegittimo, per contrasto con rart. 3 della Costituzione, f art. 2, terzo comma, della legge 30 luglio 1959, n. 559, il quale subordina rapplicabilit del condono delle sanzioni tributarie non penali al fatto che raccertamento sia stato definito in via ammiamministrativa entro un anno dalr entrata in vigore della legge, dato che tale condizione crea una disparit di trattamento fra contribuenti, senza alcun fondamento di ragionevolezza (1). (1) La questione era stata sollevata con l'ordinanza 28 .aprile 1964 della Commissione distrettuale delle imposte di La Spezia (Gazzetta Ufficiale 29 agosto 1964, n. 212). i~~ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1107 (Omissis). -Non dubbio che dalla condizione imposta dal comma terzo dell'art. 2 della legge 30 luglio 1959, n. 559, cio che per l'applicazione del condono occorra l'intervento della definizione amministrativa dell'accertamento tributario entro l'anno dall'entrata in vigore della legge stes&a, derivi una disparit nel trattamento dei contribuenti; dei quali, soltanto taluni riescono a veder definito l'accertamento entro l'anno, mentre gli altri, per i quali l'accertamento rimane tuttavia pendente, non possono avvalersi del beneficio. Tale disparit non trova, ad avviso della Corte, un fondamento di ragionevolezza. I rilievi circa le finalit della norma, la quale -ad avviso dell'Avvocatura dello Stato -sarebbe stata diretta a stimolare i contribuenti per la sollecita definizione degli accertamenti, se valgono in certo modo a rilevare gli originari motivi della disposizione impugnata, non sono idonei a fornire una soddisfacente e razionale spiegazione della lamentata disparit. N vale il richiamare la sentenza di questa Corte n. 171 del 1963, con la quale fu dichiarata infondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 151 del codice penale e del provvedimento di amnistia previsto dalla legge 23 gennaio 1963, n. 2. Come la Corte ebbe ad osservare, la diversit di situazione in cui vengono a trovarsi coloro che sono stati giudicati e condannati prima rispetto a coloro che sono giudicati dopo il provvedimento di amnistia una disparit di fatto cui rimane estranea la legge, e deriva dalla diversa condizione nella quale inevitabilmente si trovano condannati e imputati al momento della entrata in vigore del provvedimento stesso. Nel caso in esame, invece, proprio la norma impugnata che, mediante la condizione disposta per l'applicazione del condono, viene a creare la disparit di trattamento. La quale da ritenersi priva di ogni ragionevolezza, in considerazione delle varie e molteplici cause di ogni genere, non imputabili ai contribuenti, che possono accelerare o ritardare la definizione amministrativa degli accertamenti tributari. Sussiste per conseguenza la denunziata violazione dell'art. 3 della Costituzione, e la disposizione impugnata deve dichiararsi costituzionalmente illegittima. -{Omissi,s). Indubbiamente, la norma, cos come formulata, poteva prestarsi a delle applicazioni aberranti, ostative del condono anche nelle ipotesi in cui il ritardo nella definizione dell'accertamento non fosse dipeso da fatto imputabile al contribuente (come nel caso di specie). Ed stata questa palese sperequazione che, probabilmente, ha indotto la Corte ad adottare la decisione di illegittimit costituzionale, malgrado la norma fosse ispirata non ad esigenze sperequatrici, ma solo alla finalit di accelerare la definizione dei contesti e quindi di permettere un sollecito introito di cespiti tributari contestati. La sentenza 23 dicembre 1963, n. 171, richiamata nel corpo della motivazione, pubblicata in Giur. it., 1964, I, 1, 243. 1108 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 22 dicembre 1965, n. 86 -Pres. Ambrosini -Rel. Cassandra -Disertori e Soc. Albergo Regina (avv. Cimmino) e Ministero Tesoro (sost. avv. gen. Stato Coronas). Scambi e valute -Norme attributive al Ministero delle finanze della facolt di disciplinare il commercio dei cambi Eccesso di delega legislativa per contrasto con gli artt. 76 e 77 Cost. -Violazione della riserva di legge in materia economica Esclusione. (Cost., artt. _76, 77, 41; r.d.I. 29 settembre 1931, n. 1207, art. 1). Non fondata la questione di legittimit costituzionale delr art. l r.d.l. 29 settembre 1931, n. 1207, convertito nella legge 11 gennaio 1932, n. 18, che attribuiva al Ministro per le finanze (oggi Tesoro) di disciplinare con propri decreti il commercio dei cambi con r estero. Le norme dei decreti legge e dei decreti ministeriali, infatti, furono recepite, in sistema unitario, dalle successive norme emanate in materia (r.d.l. 12 maggio 1938, n. 794 e 5 dicembre 1938, n. 1928, convertiti, rispettivamente, nelle leggi 9 gennaio 1939, n. 380 e 2 giugno 1939 n. 739) per cui restano assorbite le questioni di legittimit costituzionale sia in I, r~ferimento agli artt. 76 e 77 che alrart. 41 della Costituzione (1). , . , {Omissis). -In tale complesso sistema le norme dei decreti mini<: . steriali impugnati sono state recepite nella contemporanea o successiva legislazione anteriore alla legge valutaria che abrog, insieme con altre leggi, anche quella oggetto del presente giudizio. E in effetti molte delle norme che concretano i decreti ministeriali rico~dati si ritrovano, con modifiche o senza modifiche, in atti della cui forza di legge non pos {l) La questione era stata sollevata con due ordinanze rispettivamente del 20 dicembre 1963 del Tribunale di Roma (Gazzetta Ufficiale, 30 maggio 1964, ' n. 132) e del 26 febbraio 1965 della Corte di Appello di Roma (Gazzetta Ufficiale, 5 giugno 1965, n. 139). Nella presente sentenza, la Corte costituzionale riconferma, anzitutto, per implicito, la propria competenza a sindacare anche le leggi abrogate, allorquando queste siano ancora suscettibili di concreta applicazione (cfr. la precedente sentenza 30 gennaio 1962, n. 1, Giur. it., 1962, I, 1, 152): la stessa Corte rammenta, infatti, nella motivazione che il decreto legge impugnato era stato abrogato dall'art. 16 del d.l. 6 giugno 1956, n. 476. La Corte ha poi affermato il principio che la ricezione di tutta la materia in esame nella organica sistematica della posteriore disciplina, sotto veste formalmente legislativa, preclude il sindacato di legittimit costituzionale fondato, appunto, su censure di carattere formale. Talune disposizioni del d.l. 5 dicembre 1938, n. 1928, come si ricorder, erano state sottoposte all'esame della Corte Costituzionale con censure di natura j I I re . . PARTE t, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1109. sibile dubitare, con un procedimento non raro nel regime precostituzionale, sotto il quale le disposizioni che regolavano la produzione delle norme giuridiche e stabilivano le relative competenze non avevano la cc forza che le nuove norme costituzionali in materia hanno, viceverso, in un regime di costituzione rigida, tanto che l'osservanza di quelle pu essere controllata in sede di legittimit costituzionale soltanto in un ambito ed entro limiti ridotti, come stato ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte. Nel caso attuale, in particolare, occorre tener presenti le . Norme per l'accertamento delle trasgressioni in materia valutaria e di scambi con lestero e le Norme per la repressione delle violazioni delle leggi valutarie emanate con i decreti legge 12 maggio 19'38, n. 794, e 5 dicembre 1938, n. 1928, convertiti, rispettivamente, nelle leggi 9 gennaio 1938, n. 380, e 2 giugno 1939, n. 739, le quali non soltanto regolarono ex novo la materia dell'accertamento e della repressione delle trasgressioni valutarie, innovando per quanto attiene alle sanzioni pecuniarie irrogate dalle preedenti leggi e decreti, ma recepirono anche le norme di comportamento contenute nei decreti legge e nei decreti ministeriali enumerati nell'art. 1 del r.d.l. 5 dicembre 1938, n. 1928, tra i quali il d.l. 29 settembre 1931, n. 1207, e i decreti ministeriali che ne discendono, che devono essere ricompresi tra cc tutti i decreti ministeriali emanati per l'attuazione dei citati provvedimenti legislativi, dei quali fa parola esplicitamente la norma ora citata. Se cos stanno le cose, restano assorbite non soltanto le questioni di legittimit costituzionale sollevate in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione, ma anche quella relativa alla riserva di legge prevista dall'art. 41, riserva di legge puntualmente osservata, una volta che la materia oggetto dei decreti ministeriali sia stata recepita in atti aventi forza di legge. -(Omissis). sostanziale, per contrasto con il diritto di difesa contro gli atti della p.a., e la Corte, con la sentenza 27 gennaio 1959, n. 1 (Giur. it., 1959, I, l, 508), aveva dichiarato l'illegittimit costituzionale dell'art. 11, in relazione all'art. 113 Cost. Un diverso tentativo di infirmare la sostanziale legittimit costituzionale del decreto stesso per contrasto con l'art. 102 Cost., era stato respinto dalle Sezioni Unite della Corte Suprema con la sentenza 15 maggio 1962, n. 1028 (Giur. it., 1963, I, 1, 607), che riaffermavano il carattere amministrativo e non giurisdizionale del decreto del Ministro del Tesoro irrogante le sanzioni pecuniarie per infrazioni valutarie. Nel medesimo solco si pone la successiva sentenza della Corte Suprema 29 gennaio 1964, n. 241 (in questa Rassegna, 1964, 367), .che riconobbe l'efficacia interruttiva della prescrizione agli atti del procedimento di accertamento del credito erariale. 1110 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 22 dicembre 1965, n. 90 -Pres. Ambro .sini -Rel. Jaeger -Commissario dello Stato per la Regione Sid liana (sost. avv. gen. dello Stato Peronaci) c. Presidente Regione Siciliana (avv. Virga). Sicilia -Legge regionale di proroga di sgravi fiscali per nuove costruzioni -Illegittimit costituzionale con riferimento agli artt. 36, 17 e 15 dello Statuto speciale per la Regione Siciliana. (Statuto spec. Reg, sic., artt. 36, 17, 15; d.l. statale 15 marzo 1965, n. 124, art. 45; I. reg. 24 marzo 1965). affetta da illegittimit costituzionale, con riferimento agli artt. 36, 17 e 15 dello Statuto speciale, la legge regionale siciliana 24 marzo 1965, che riduce fimposta sui materiali nelle costruzioni edilizie ultimate entro il 31 dicembre 1966, con criteri diversi da quelli adottati dal legislatore statale con l'art. 35 del d.l. 15 marzo 1965, n. 124, convertito nella legge 13 maggio 1965, n. 431 (1). (Omissis). -La Corte ritiene fondato il ricorso proposto dal Commissario dello Stato presso la .Regione siciliana contro la legge, approvata nella seduta del 24 marzo 1965 dell'Assemblea regionale siciliana, recante Sgra~i fiscali per le nuove costruzioni in Sicilia . Dalle circostanze, esposte dall'Avvocatura generale dello Stato e non contestate in linea di fatto dalla difesa della Regione, e dal confronto fra le norme statali e quell~ contenute nella legge regionale impugnata risulta in modo evidente che la Regione non si adeguata in alcun modo alla tipologia della legislazione statale in materia, n ha tenuto conto dei principi richiamati nella sentenza n. 2 del 22-28 gennaio 1965 della Corte Costituzionale, con la quale venne dichiarata la illegittimit costituzionale della legge regionale 27 novembre 1961, n. 22. Questa Corte non trova nelle deduzioni difensive esposte dalla Regione nel presente giudizio alcun motivo, che possa valere ad indurla a modificare la propria giurisprudenza in materia, neppure per quanto concerne il rispetto dell'autonomia finanziaria garantita ai Comuni dallo (1) Il ricorso del Commissario dello Stato, accolto dalla Corte con la decisione in rassegna, era fondato sulle precedenti enunciazioni della stessa Corte in materia di necessario coordinamento tra finanza statale e finanza regionale contenute nella sentenza 28 gennaio 1965, n. 2 (in questa Rassegna, 1965, 4). Il mutamento dei limiti ed interessi generali della legislazione statale in materia di imposta di consumo, rispetto a quanto disposto dalla precedente legge statale .2 febbraio 1960, n. 35, avrebbe potuto ingurre la Regione a derogare alle disposizioni di questa ultima legge, per adeguarsi a quelle del d.l. n. 124 del 1965; mai, per, a derogare alle disposizioni di questo, che inquadrato in un contesto organico per l'incentivazione edilizia sul piano nazionale. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1111 Statuto regionale e l'adozione d un serio ristoro per la cessazione di cespiti tributari ad essi spettanti. N, d'altra parte, sembra possibile negare che il metodo adottato dalla legislazione statale nel disposto dell'art. 45 del d.l. 15 marzo 1965, n. 124, convertito nella legge 14 maggio 1965, n. 431, fondamentalmente diverso da quello seguto dalla legge regionale impugnata; e che, pertanto, anche nel caso in esame mancato quel coordinamento tra finanza statale, regionale e comunale, sulla cui necessit la Corte si pronunciata ripetute volte, e da ultimo nella ricordata sentenza n. 2 del 1965. -{Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 22 dicembre 1965, n. '91 (ordinanza) - Pres. Ambrosini -Rel. Jaeger -Consorzio area di sviluppo industriale Sicilia orientale c. Giunta delle elezioni della Camera dei deputati. Corte costituzionale -Conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato -Enti autarchici -Legittimazione al ricorso -Esclusione. (Cost., art. 134; 1. 11 marzo 1953, n. 87, artt. 37, 38). inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto da un Consorzio di sviluppo industriale, il quale, bench possa essere qualificato come Ente autarchico e pertanto espressione della cc amministrazione indiretta 1> dello Stato, non pu essere incluso fra gli organi dello Stato legittimati ad agire per la delimitazione della sfera di attribuzioni determinata per i vari poteri da norme costituzionali (1). (1) Decisione di notevole rilievo, anche se espressa nella pi sommessa veste dell'ordinanza, su procedimento in Camera di Consiglio. Esattamente la Corte ha ravvisato l'inammissibilit del conflitto tra un organo di natura amministrativa, non appartenente all'organizzazione diretta dello Stato, che non pu considerarsi investito di potere nel senso costituzionale, e la Giunta delle elezioni della Camera di Deputati, la quale agisce, in seno all'assemblea parlamentare, nell'esercizio del potere, costituzionalmente riconosciuto, di giudicare dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause di ineleggibilit e incompatibilit. Sul conflitto tra poteri dello Stato, nel senso della ammissibilit di un tale conflitto solo tra organi costituzionali, diretta espressione di un potere dello Stato, si veda in dottrina BALLAD>RE-PALLIERI, Diritto costituzionale, 1953, 279 e segg.; LucIFREDI, ConfUtto di attribuzioni, Enciclopedia del diritto, IV, 284 e segg. ed ampia bibliografia in esso richiamata; GuGLIELMI, I conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato, La Corte costituzionale, 1957, 407 e segg. Sulla natura della Giunta delle elezioni, e sui poteri ad essa attribuiti, si veda MmmFHOFF, Giurisprudenza parlamentare, 1950, 241 e segg. e 253 e segg. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1112 CORTE COSTITUZIONALE, 27 dicembre 1965, n. 93 -Prs. Ambro. sini -Rel. Branca -La Rocca ed altri (avv. Galateria, Tranquilli, Leali, Gravone). Elezioni amministrative e politiche Contenzioso elettorale dei Consigli comunali e provinciali -Garanzie di indipendenza e di imparzialit -Insussistenza Incostituzionalit delle relative norme. (Cost., art. 108, secondo comma; t.u. 16 maggio 1960, n. 570, artt. 82, 83; 1. 18 maggio 1951, n. 328, art. 2). I Consigli comunali e provinciali, nello svolgimento delle funzioni di contenzioso elettorale (aventi natura giurisdizionale) non presentano i requisiti di indipendenza e di imparzialit prescritti dall'art. 108 della Costituzione; conseguentemente deve dichiararsi l'illegittimit costituzionale delle norme he le prevedono (1). (1) Decisione di notevole rilievo, che merita particolare segnalazione e piena adesione. Non senza significato, del resto, il mancato intervento in giudizio dell'Avvocato generale dello Stato, per il Presidente del Consiglio dei Ministri. La questione era stata sollevata da diversi Consigli Comunali: Sperlonga, con deliberazione 24 e 29 gennaio 1965 (rispettivamente, Gazzetta Ufficiale 3 aprile 1965, n. 85 e 30 aprile 1965, n. 109); Montenero Valcocchiara, con deliberazione 7 febbraio 1965 (Gazzetta Ufficiale 15 maggio 1965, n. 122); Bergamo, con dodici deliberazioni in data 24 marzo 1965 (Gazzetta Ufficiale 15 maggio 1965, n. 122). Come la Corte stessa ricorda nella motivazione, essa aveva in precedenza ritenuto sia la natura giurisdizionale delle funzioni espletate dai Consigli Comunali e provinciali in tema di contenzioso elettorale (sentenza 11 luglio 1961, n. 42, 43 e 44, Giur. it., 1962, I, l, 527 e nota di CosTA, Ancora sulla natura delle decisioni dei Consigli Comunali), sia la loro legittimit costituzionale con riferimento al . I divieto di istituzione di giurisdizioni speciali (sent. 22 novembre 1962, n. 92, in questa Rassegna, 1962, I, 134, e nota di GuGLIELMI). In questa ultima sentenza, la Corte esamina anche il profilo adombrato, pi che dedotto, della autonomia ed in dipendenza di giudizio da parte dei Consigli Comunali, ma, pur non dissimulando il peso delle osservazioni in contrario, la Corte riteneva non sussistente un contrasto con l'art. 108 Cost., dato che pi che giudicare di un suo interesse in contrasto con quello dell'eventuale ricorrente, esso (Consiglio) giudica della legittimit della propria composizione . A soluzione opposta, e definitiva, perviene invece la Corte con la sentenza in rassegna, fondando il suo convincimento meno sulla natura intrinseca delle .< norme denunciate che sulla deformazione che di essa si era venuta attuando sul ~@ piano processuale-giudiziario, fino a servirsi -come la Corte h rilevato -dello strumento dell'incidente costituzionale per ritardare la decisione di merito delle vertenze elettorali, fin quando essa avesse perduto ogni validit attuale. t I ~ J J r~ ''.;, . M ~;.::;w=.-J%"'):rw.a.& w..gm:rfl::l ~~.ffi,w#ffi' w.&:::::: x::W" ,::::::: F. v.-::%l ::x w./xq ~JW-W.%6~=V4f!@.i:==x=l.tm.r&..JIFw1@t&Wfu:,%.%x wJ=f%tt~~k@tfltr&t.tir1gy~)'.=wrz>=l4Mf.;mff1*t==1.rw.wwc-;=;ffJtt 2=YXtwr-rr=t*t:msr-m;J.fo/-t:f:tlN1f-~ ..:;:;::,,/.,, .::::::., .. ,~,... .. .... .:%.:..="::::., ;;(" Pdf,,..%;:::::,..,,. Jt~ 'X Il ,...;-../[, ;;, .iii. #h~ PARTE I, SEZ, I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1113 CORTE COSTITUZIONALE, 27 dicembre 1965, n. 94 -Pres. Ambrosini -Rel. Sandulli -Ditta Comm. Vincenzo Cassaro -Cantiere navale (avv. Jemolo) c. Consorzio per il bacino di carenaggio di La Spezia (avv. Sorrentino) e Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Varvesi). Enti locali -Autonomie e controlli -Sistema preesistente alla Costituzione -Sua legittimit fino all'adeguamento normativo previsto dall'art. IX disp. trans. e fin. Cost, (Cost., artt. 5, 128, 130 e IX disp. trans. fin.; t.u. leggi com. e prov. r.d. -3 marzo 1934, n. 383). Enti locali -Controlli di merito vigenti -Loro contrasto con la Costituzione -Attuale irrilevanza dello stesso. (Cost., 130; t.u. com. prov. 3 marzo 1934, n. 383, artt. 87, 140, 165, 296). Essendo finora mancate le norme di adeguamento contemplate dalla IX disposizione transitoria e finale della Costituzionale, legittimamente permane in vita, per le autonomie locali come per i controlli sui comuni e sulle provincie, il sistema preesistente, la cui continuazione la suddetta disposizione IX previde per evitare periodi di carenza, fino aU:adempimento di esso alle esigenze delle autonomie locali e alla competenza legislativa attribuita alte Regioni. N deriva prima di tale riordinamento i vigenti controlli di merito sugli enti locali sarebbero da considerare illegittimi, per il solo fatto di non corrispondere alla forma del rinvio con richiesta di riesame, che la sola prevista dal secondo comma dell'art. 120 della Costituzione, essendo questa forma di controllo di merito strettamente ed immediatamente connessa al passaggio alla Regione della funzione di controllo (1). (1) La questione era stata introdotta con ordinanza del Tribunale di Messina 17 marzo 1964 (Gazzetta Ufficiale 25 lugllo 1964, n. 182). Non vi sono precedenti. Sui controlli amministrativi dopo lentrata in vigore della Costituzione, AMORTH, Problemi del controllo sugli enti locali dopo le norme della Costituzione, Amm. it., 1950, 356; GUARINO, Autonomia e controlli, Giur. compl. Cass. civ., 1951, I, 861; F. BENVENUTI, Il controllo mediante richiesta di riesame, Scritti giuridici in memoria di V. E. ORLANDO, Cedam, PadoiVa, 1957, I, 103. e segg.; FORTINI, Nuovi orientamenti in materia di controlli SJJgli atti degli enti locali, Riv. trim. dir. pubbl., 1951, 237. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1114 CORTE COSTITUZIONALE, 27 dicembre 1965, n. 98 -Pres. Ambro-: sini -Rel. Fragali -Acciaierie di S. Michele {avv. Cottrau), Comunit Europea del carbone e dell'acciaio (avv. Giuliano) e Presidenza Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Tracanna). . Trattati e convenzioni internazionali -Comunit europea del car. bone . e dell'acciaio -Corte di giustizia -Contrasto con gli Il artt. 102 e 113 Cost. -Esclusione. (Cost., artt. 11, 102, 113; I. 25 giugno 1952, n. 76&, artt. 33, 41, 92). Non contrastano con i precetti della Costituzione relativi alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi dei cittadini le norme poste dal contratto istitutivo della Comunit europea del carbone e dell'acciaio, reso esecutivo con legge 25 giugno 1952, n. 766, nella parte riguardante le funzioni della Corte di giustizia. Tali precetti, invero, concernono soltanto la tutela dei diritti e degli interessi che sono attribuiti ad ogni soggetto per la sua posizione nell'ordinamento interno, e non dei diritti e degli interessi che gli derivano dalla sua posizione in un ordinamento estraneo, quale quello della CECA (1). (1) La questione era 'stata sollevata dal Tribunale di Torino, con ordinanza 11 dicembre 1964 (Gazzetta Ufficiale 17 aprile 1965, n. 98). Con la precedente sentenza 7 marzo 1964, n. 14 (in questa Rassegna, 1964, 627 con nota di L. TRACANNA), la Corte aveva affermato che, ai sensi dell'art. 11 Cost., " possibile stipulare trattati in cui si assumono limitazioni della sovranit ". E se la funzione giurisdizionale espressione della sovranit dello Stato, ben pu un Trattato dettare disposizioni che deroghino alla esclusivit di tale esercizio da parte dello Stato, a favore di comunit internazionali. Nella specifica materia delle Comunit europee, cfr. CATALANO, Manuale diritto delle Comunit Europee, Milano, 1965, 140 e segg. CORTE COSTITUZIONALE, 27 dicembre 1965, n. 99 -Pres. Ambro~ ~-~F~ili I Procedimento penale -Autorizzazione a procedere -Modalit della richiesta -Contrasto con il principio dell'uguaglianza e della diretta responsabilit dei funzionari dello Stato e degli Enti pubblici -Insussistenza. (Cost., artt. 3 e 28; c.p.p., art. 15; r.d. 4 febbraio 1915, n. 148, art. 158). Le norme contenute nell'art. 15 c.p.p., relativo alla procedura necessaria per richiedere l'autorizzazione a procedere, non contrastano con i principi di cui agli artt. 3 e 28 C ost., giacch regolano in modo uni PARTE I, SEZ. I, GIURIS.COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1115 forme tutte le ipotesi di autorizzazione a procedere, tracciando le linee del procedimento da seguire in ogni caso in cui un'autorizzazione sia richiesta, e pertanto riguardano anche ipotesi previste dalla earta eostituzionle (1). (1) Questione decisa in Camera di Consiglio, non essendovi stata. costituzione di parte. La pronuncia trae origine da una ordinanza emessa il 9 febbraio 1965 del Pretore di Riva del Garda, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 85 del 3 aprile 1965. La questione di legittimit costituzionale dell'art. 15 c.p.p. era stata sollevata in relazione all'art. 158 del t.u. della legge comunale e provinciale, sulla cui incostituzionalit gi si era pronunciata la Corte con sentenza 4 febbraio 1965, n. 4 (in' questa Rassegna, 1965, I, 6). Esattamente la Corte ha ritenuto la legittimit dell'art. 15 c.p.p., che trova applicazione non soltanto in relazione all'art. 158 suddetto, ma in ogni ipotesi in cui sia richiesta l'autorizzazione a procedere, e pertanto anche in ipotesi previste dalla Costituzione e da leggi costituzionali (Cost., art. 68; legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1, art. 3). CORTE COSTITUZIONALE, 27 dicembre 1965, n. 101 -Pres. Ambrosini -Rel. Petrocelli. Procedimento penale -Diritto dell'esercente la patria potest di costituirsi parte civile nell'interesse del minore -Violazione del principio dell'uguaglianza morale e giuridica dei genitori -Esclusione. (Cost., art. 29; e.e., artt. 316, 317 e 320; c.p.c., artt. 22, 23 e 91). Gli artt. 816, 817 e 820 del e.e. e 22, 28 e 91 del c.p.c., i quali attribuiscono il diritto di costituirsi parte civile nel procedimento penale, nell'interesse del minore, al genitore esercente la patria potest, non ledono il principio della uguaglianza morale e giuridica dei coniugi (1). (Omissis). -La Corte ritiene insussistente la lesione del principio della uguaglianza morale e giuridica dei coniugi nel caso denunziato .nell'ordinanza del Pretore. Il diritto di costituirsi parte civile nel procedimento penale nell'interesse del minore attribuito nel vigente ordinamento al genitore esercente la patria potest non da una particolare (1) La questione era stata sollevata con ordinanza del 10 giugno 1964, dal Pretore di Tricarico nel procedimento penale a carico di Evangelista Rocco ( Gazzetta Ufficiale, 12 settembre 1964, n. 225). Non vi era stata costituzione di parte nel giudizio. Nessun precedente in termine; cfr. peraltro la sentenza 22 febbraio 1964, n. 9, in questa Rassegna, 1964, n. 250, sulla titolarit del diritto di querela in ipo.tesi analoga. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1116 zione del sistema generale della rappresentanza dell'incapace, di cui la rappresentnza in giudizio una delle manifestazioni. L'esercizio dell'azione civile nel procedimento penale mediante la costituzione di parte civile, non ostante la sua particolare disciplina, in nulla differisce da una qualsiasi azione civile per risarcimento di danni; ed ben noto che le ragioni del danneggiato dal reato possono essere esercitate anche autonomamente davanti al magistrato civile. Pertanto, nei confronti del minore incapace essa altro non che una delle tante azioni norma limitatrice della posizione dell'altro coniuge, bens in applicache nel suo interesse possono essere esercitate dal suo legittimo rappresentante. N la posizione del coniuge non esercente la patria potest subisce in questo caso una limitazione che possa dirsi diversa da quella che vi si verifica in ogni altra ipotesi di rappresentanza del minore. La Corte ritiene d'altra parte che non a proposito, nel giudizio di merito, nella istanza della difesa con cui si proponeva la questione, sia stata invocata la sentenza n. 9 del 1964. Con questa sentenza fu dichiarata la illegittimit costituzionale degli artt. 573 e 574 del codice penale nella parte in cui limitavano il diritto di querela al solo genitore esercente la patria potest; ma ci avvenne per ragioni che se, in via generale, possono farsi rientrare nella tutela degli interessi dei minori, in realt non sono identificabili con quelle che specificamente riguardano il sistema della rappresentanza degli interessi civili, e risalgono invece a quelle preminenti esigenze di interesse pubblico che si riassumono nel principio del favor querelae e in rapporto alle quali la disparit fra i due coniugi non ha ragione di essere. Ritiene tuttavia la Corte che le questioni di legittimit costituzionale che vengono in materia sollevate, a parte la loro fondatezza in ciascun caso, stiano a rivelare uno stato della pubblica coscienza assai sensibile al principio costituzionale dell'unit familiare, per cui da auspicare un organico intervento del legislatore. -(Omissis). ., . . , SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 febbraio 1965, n. 220 -Pres. Torrente -Est. Modigliani -P.M. Pedote (conf.) Ministero P.I. (avv. Stato Colletta) c. Aversano {avv. Jaccarino) e c. Ente Autonomo del Porto di Napoli (avv. Tesauro). Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria e amministrativa -Discriminazione -Criterio del petitum formale o prospett~zione -Insuffiienza. (l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E ", abolizione del contenzioso ammini11 strativo, art. 2). Competenza e giurisdizione -Bellezze naturali -Sospensione dei lavori che pregiudichino lo stato attuale delle cose o delle localit -Esercizio del potere da parte dell'Amministrazione pubblica -Affievolimento del diritto di propriet. (l. 29 giugno 1939, n. 1497, art. 8, secondo comma). Bellezze naturali -Poter di sospensione dei lavori che pregiudichino lo stato attuale delle cose o delle localit -Termine finale di esercizio. (I. 29 giugno 1939, n. 1497, art. 8, secondo comma). Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria e ammm1strativa -Ordine di demolizione di lavori eseguiti in zona compresa nel demanio marittimo -Annullamento da parte del Consiglio di Stato per mancanza del previo concerto con il Ministro della Marina Mercantile -Eccesso di potere giurisdizionale -Insussistenza. (l. 29 giugno 1939, n. 1497, artt. 10, secondo comma, 13). La discriminazione fra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa non pu essere compiuta avendo riguardo al c.d. petitum formale, ossia alla prospettazione della domanda che si dichiari esercitata a tutela di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo, occorrendo aver riguardo, invece, alla reale natura della protezione accorfilruito .,gulto di !ice= edilizi dicllla<" ille . . -I WJ=W%5.1'0WBtW%.iffiWWWttMfill(~---4fd%fWffff.$:{ci[@Wifil'fff.$1fil.'1;;%f.V?T$ff.'jf'. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1123 Non si pone questione di costituzionalit della norma, allorquando la relativa eccezione non investe la norma stessa ma la inesatta interpretazione che si assume esserne stata data dagli organi giurisdizionali (2). L'eventuale errore di interpretazione di una norma da parte del Consiglio di Stato non censurabile in sede di ricorso ex art. 362 c.p.c., trattandosi di motivo che non attiene alla giurisdizione (3). (Omissis). -La ricorrente sostiene che il Consiglio di Stato avrebbe invaso la sfera dell'attivit discrezionale dell'Amministrazione, in quanto soltanto il sindaco, con provvedimento discrezionale, avrebbe potuto disporre la demolizione, ex art. 32 della legge urbanistica (approvata con I. 17 agosto 1942, n. 1150), spettando al giudice amministrativo, nella competenza, di merito, riconosciutagli dall'art. 7, n. 4, del t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato, soltanto il potere cc ordinatorio, incitatorio di stimolo , all'autorit che deve provvedere, ed, al massimo, nei casi pi gravi, quello sosti tutorio di spingere lAmministrazione, mediante la nomina di un commissario, ad eseguire il giudicato; in nessun caso potrebbe esser consentito al Consiglio di Stato (come tale organo giurisdizionale si sarebbe arbitrato di fare, nella specie, innovando la propria giurisprudenza),. di adottare il provvedimento che avrebbe dovuto discrezionalmente adottare il sindaco, o il commissario prefettizio, cio disporre, in attuazione del giudicato, la demolizione di edificio costruito senza licenza, od in base ad una licenza successivamente annullata; siffatto potere viene esercitato dal sindaco, ~ell'ambito di una sia pur circoscritta discrezionalit, poich, in luogo della demolizione, possono adottarsi altri provvedimenti. D'altra parte, aggiunge la ricorrente, per costante giurisprudenza, del Consiglio di Stato e della Cassazione, le fol'me ed i modi di esecu gittima, cfr. Cons. Stato, Sez. V, 24 novembre 1964, n. 1447, Foro amm., 1964, I, 2, 1295, e Cons. Stato, Se:t. VI, 27 novembre 1963, n. 878, Giust. civ., Rep., 1963, voce: Giust. amministrativa, 361. Circa i limiti del ricorso ex art. 27, n. 4, cfr., di recente, A.LmRANDr, Giudizio di ottemperanza e motivazione della decisione, in questa Rassegna, 1965, I, 349, con indicazioni di dottrina e giurisprudenza. (2) Nello stesso senso cfr. Cass., 28 novembre 1964, n. 2842, Giust. civ., 1965, I, 493. Per un diverso orientamento cfr., invece, Cass., ord. 4 aprile 1963, ivi, 1963, II, 137. La Corte Costituzionale pi di una volta ha reso il proprio giudizio di legittimit su una data interpl'etazione di norma: cfr. Corte Cost., 27 maggio 1961, n. 26, Giust. civ., 1961, III, 109, e Corte Cost., 1 febbraio 1964, n. 1, ivi, 1964, III, 69. (3) Giurisprudenza costante: cfr. Cass., 28 luglio 1964, n. 2124, in questa Rassegna, 1965, I, 42; Cass., 30 dicembre 1963, n. 3246, ivi, 1964, I, 37; Cass., 29 marzo 1963, n. 719, Giust. civ., Mass., 1963, 367. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1124 zione del giudicato amministrativo sono discrezionali, sino a compren dere la facolt di rinnovazione, da parte dell'Amministrazione, dell'atto annullato. Nella specie, il Consiglio di Stato, manifestamente incorrendo, secondo la societ C.A.P.-S.E.F.I., nel vizio di eccesso giurisdizionale, avrebbe ritenuto, con la decisione impugnata, che, annullata la licenza edilizia, unico provvedimento possibile fosse quello della demolizione, totale o parziale, e, cos statuendo, avrebbe invaso la sfera dell'attivit amministrativa, riguardo alle modalit di esecuzione del giudicato, falsamente applicando la norma dell'art. 7, n. 4, che suppone l'esistenza di un giudicato, non sulla violazione di legge, bens sugli ulteriori provvedimenti, posteriori all'annullamento disposto. Anche ammesso, per ipotesi ed in subordine, che il potere sostitutorio del Consiglio di Stato si spingesse sino al punto di adottare il provvedimento " al posto dell'Amministrazione, il Consiglio medesimo non potrebbe mai, secondo la ricorrente, sostituire il proprio giudizio all'apprezzamento tecnico dell'Amministrazione, poich la prospettazione delle soluzioni tecniche non pu non competere a.d organi tecnici, salvo alla pubblica Amministrazione il potere di scelta. La competenza di merito, ex art. 27, n. 4, troverebbe un limite nei provvedimenti di dis.crezionalit tecnica, e non potrebbe ammettersi che il Consiglio di Stato disponga la demolizione di un edificio, trat I tandosi di operazione soggetta a criteri tecnici insostituibili, particolarmente nell'ipotesi di demolizione parziale. N, d'altra parte, nella specie, il commissario stato delegato all'esecuzione del giudicato nei modi tecnicamente possibili e, sentiti i parnri di appositi uffici, ma gli stata imposta un'attivit vincolata. I Il ricorso non ha fondamento. Deve, anzitutto, disattendersi l'eccezione d'inammissibilit del ricorso proposta dal resistente, in quanto: a) non esisterebbe una societ C.A.P.-S.E.F.I., rnppresentata dall'ingegnere Francesco De Conciliis, bens soltanto una societ C.A.P., e, poi, una societ S.E.F.I.; b) la societ C.A.P.-S.E.F.I. difetterebbe di legittimazione attiva, non potendosi fa destinataria della licenza (poi annullata) considerare parte nel giudizio di ottemperanza svoltosi davanti al Consiglio di Stato, nulla rilevando che detta societ si sia in tal sede irritualmente costituita, con comparsa di intervento. Ai fini di determinare quali siano i soggetti legittimati ad impugnare la decisione del Consiglio di Stato (adottata sul ricorso giurisdizionale del Mazzarella, inteso ad ottenere, ex art. 7, n. 4, del t.u. sul Consiglio di Stato, l'adempimento dell'obbligo, da parte del Comune ---~ ~ r. r%f!r:tr'49~74%W'~if.W@Z..._~ 'rrffAfjfft&fi!WHt&JfftM@rMtf$tW1%JfiW'&ff:Wd&.it%:'ffiilf.(=fMii4tllift;fat)filh@~n+t?@@f.%$ftfh~Mtfil ~~~-/. ~:-:r~~'.::='.:=,.===;:;;r,,~~~~=:=~i:=-;:::='.~::'. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1125 di Napoli, di conformarsi al giudicato amministrativo di annullamento della licenza edilizia), va osservato che, nel procedimento amministrativo conclusosi con la decisione investita col presente ricorso, il contraddittorio si svolse, oltre che tra il privato (Mazzarella) interessato all'adempimento, da parte dell'Amministrazione, del precedente giudicato, e l'Amministrazione medesima {Comune di Napoli) anche nei confronti della societ C.A.P.-S.E.F.I., che, intervenuta in giudizio, legittimamente vi partecip e fu espressamente considerata parte, con la sentenza ora impugnata. Invero, non soltanto in tale sentenza, si d atto dell'intervento della societ S.E.F.1. (societ edilizia finanziaria italiana) e delle sue conclusioni di merito (in quanto essa era stata parte nel pre- cedente giudizio concluso col giudicato da eseguire), ma le statuizioni . della sentenza direttamente investono l'interveniente, con la condanna alla spesa, pronunciata nei confronti della S.E.F.I., come parte soccombente, oltre che nei confronti dell'Amministrazione. Pertanto, indubbio che la societ C.A.P.-S.E.F.I. avendo partecipato al procedimento conclusosi con la decisione in questione, sia legittimata alla relativa impugnazione. Per quanto riguarda, poi, lesatta individuazione dell'ente che ha proposto il ricorso, va osservato che, gi con la sentenza 18 luglio 1961, n. 1746, di queste Sezioni Unite, si dette atto che alla societ C.A.P. era succeduta la societ S.E.F.I. per la costruzione del complesso edilizio che ha dato origine alla presente controversia (ed anche il Consiglio di Stato, con la precedente decisione n. 189 dell'anno 1960, aveva ritenuto che la S.E.F.I. era avente causa dell'impresa C.A.P.); inoltre, risulta, dalla predetta sentenza, che la societ costruttrice era rappresentata dall'ing. Francesco De Conciliis (in qualit di amministratore unico), cio dalla medesima persona fisica che ha proposto il presente ricorso, quale legale rappresentante della societ C.A.P.-S.E.F.I. Nel giudizio di ottemperanza, intervenne, come si detto, la societ S.E.F.I. e, non si contest che si trattasse dello stesso soggetto, nei cui confronti aveva avuto luogo il procedimento conclusosi col giudicato amministrativo. Non sussistono elementi per ritenere che la denominazione (C.A.P.S. E.F.1.), usata per indicare l'ente ricorrente, si riferisca a soggetto diverso dall'impresa C.A.P., cui succedette la societ S.E.F.1. (Societ Edilizia Finanziaria Italiana), che ha partecipato alle precedenti fasi del giudizio; pertanto, dovendo escludersi che risulti incerto il soggetto che ha proposto la presente impugnazione, deve rigettarsi l'eccezione circa la legittima,zione attiva, sollevata dalla parte resistente anche sotto tale profilo. Nel merito del ricorso, osserva che il Consiglio di Stato, con la decisione n. 189 del 26 marzo 1960, annu la licenza edilizia {in base RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1126 alla quale stata effettuata la costruzione in questione), sul presupposto della sua illegittimit, in quanto l'amministrazione non aveva tenuto conto delle particolari prescrizioni, circa i volumi, le altezze e le lunghezze, contenute nelle norme dell'appendice del regolamento edilizio di Napoli. Con la decisione emessa nel giudizio di ottemperanza e che stata investita col presente ricorso, il Supremo Consesso amministrativo, accogliendo l'istanza del Mazzarella, ha invitato il prefetto di Napoli a nominare un commissario, affinch provveda a far eseguire immediatamente il giudicato, come prescritto nella parte motiva . In tale parte della decisione, si affermato che il nominando commissario adotter tutte le opportune disposizioni per ricondurre la situazione nell'ambito della disciplina edilizia . Va senz'altro escluso che sussista il denunziato difetto assoluto di giurisdizione. Com' noto e come stato gi affermato da questo ultimo Collegio (vedi, ad es., sent. n. 535 dell'anno 1959), il ricorso al Consiglio di Stato, proposto ai sensi delrart. 27, n. 4, t.u. del 1924, in caso di mancata esecuzione di giudicato amministrativo, inteso ad ottenere, direttamente dall'organo giurisdizionale, un provvedimento che si sosti I tuisca, per la esecuzione del giudicato, all'amministrazione rimasta ~,~ inerte. ~ Siffatto ricorso si estende, invero, al merito, e ci importa che il potere attribuito dalla norma citata al Consiglio di Stato non si esau- I risce nel potere ordinario, incitatorio, di stimolo, secondo quanto si sostiene dalla societ ricorrente, ma che detto organo giurisdizionale I amministrativo pu anche sostituire, con la propria decisione, l'atto dovuto, cio l'atto cui l'amministrazione era tenuta per effetto del I giudicato. Diversi sono, naturalmente, a seconda dei casi, i modi di esercizio dei poteri sostitutori spettanti alla predetta giurisdizione amministra I tiva, la quale, ad esempio, pu limitarsi a dichiarare l'obbligo dell'amministrazione di adottare il provvedimento (specificandone il contenuto concreto) entro un termine stabilito ed ordinare all'autorit competente di nominare un commissario affinch provveda in luogo dell'amministrazione, ovvero anche adottare direttamente i provvedimenti necessari per dare integrale applicazione al giudicato. Quest'ultimo potere sussiste, come esattamente ha posto in rilievo lo stesso Consiglio di Stato in precedenti decisioni, quando l'amministrazione sia tenuta a porre in essere un atto non discrezionale, del quale risultino accertati tutti i presupposti. Orbene, nella specie, essendo stata annullata, con il giudicato amministrativo 26 marzo 1960, n. 189, l'autorizzazione edilizia concessa . -J : PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1127 dal Comune di Napoli alla societ C.A.P. per la costruzione che ha dato origine alla presente controversia (annullamento intervenuto per faccertata violazione delle norme di tutela urbanistica contenute nell'11ppendice del regolamento edilizio), discende che la costruzione medesima debba essere adeguata alle norme del regolamento edilizio, essendo questo il contenuto dei provvedimenti necessariamente conseguenti all'annullamento dell'autorizzazione, per le violazioni predette. Pertanto, indubbiamente rientra nell'ambito dei poteri spettanti all'organo giurisdizionale l'ordine impartito al prefetto, con la decisione impugnata, di nominare un commissario ad hoc e, precisamente, affinch esegua concretamente il giudicato, adottando le opportune disposizioni, per eliminare la situazione riconosciuta e dichiarata illegittima, punto, quest'ultimo, sul quale non pu sorgere pi discussione, per effetto del giudicato. Rester, naturalmente, al commissario, neirattivit commessagli per eliminare detta situazione antigiuridica, la valutazione delle modalit tecniche, con cui la costruzione in questione dovr essere ricondotta entro i limiti delle prescrizioni del regolamento edilizio. A questo specifico fine, cio per determinare. le concrete modalit di esecuzione dell'adempimento obbligato del giudicato amministrativo, non inibito al commissario di sentire i pareri tecnici del caso (come , del resto riconosciuto anche dalla parte resistente Mazzarella), trattandosi,. appunto, di discrezionalit tecnica, spettante all'amministrazione. Il riconoscimento di siffatta facolt al commissario, nei limitati termini di cui sopra, fatta palese dalla stessa dizione usata, con la decisione impugnata, nella quale si accenna a opportune disposizioni, da adottarsi dal commissario. Cos interpretata e determinata la portata della decisione del Consiglio di Stato, evidente che questo non ha travalicato i confini tracciati, dalla legge, alla sua attivit e non ha affatto invaso la sfera di attribuzione propria dell'amministrazione attiva, non incorrendo nel difetto di giurisdizione, come infondatamente si assume dalla societ ricorrente, in base ad un'interpretazione restrittiva del campo di applicazione della norma dell'art. 27, n. 4, del t.u. sul Consiglio di Stato, interpretazione non accolta dalla giurispru.denza di questo Supremo Collegio e non condivisa .dalla pi recente ed autorevole dottrina. Quanto alla pretesa questione di incostituzionalit, sollevata dalla societ ricorrente con la memoria, appena il caso di osservare che non si eccepisce Yincostituzionalit della no:rma dell'art. 32 della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, ma si investe l'interpretazione che ne stata data dal Consiglio di Stato col ritenere che, in caso di annullamento giurisdizionale di autorizzazione edilizia illegittima, non possano trovare applicazione le facolt in detta norma previste, in quanto RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1128 l'esecuzione del giudicato esclude ogni margine di discrezionalit .-:$ "'"' amministrativa. Siffatta interpretazione viene a creare, secondo la ricorrente, , una norma incostituzionale. evidente che-l'eccezione non investe la norma, ma la inesatta interpretazione che ne sarebbe stata data (riguardo al campo di applicazio~e), dagli organi giurisdizionali, cui questa riservata; pertanto non si pone questione di costituzionalit della norma. Deve aggiungersi che, anche se il Consiglio di Stato, nel concreto esercizio dei poteri sostitutori, attribuitogli dalla legge (art. 27, n. 4, citato), si fosse basato, per mera ipotesi, su di una inesatta interpretazione della portata el citato art. 32 della legge urbanistica, tale preteso errore di giudizio, senza che sussista, come si detto, eccesso di potere giurisdizionale, non pu formare oggetto di ricorso in questa sede, potendo le decisioni del Consiglio di Stato essere impugnate, davanti alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, soltanto per motivi inerenti alla giurisdizione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 5 giugno 1965, n. 1118 -Pres. Torrente -Est. Giannattasio -P.M. Criscuoli (conf.) -Di Bari (avv. Signorino) c. Ministero delle Poste e Telecomunicazioni (avv. Stato Bronzini). Competenza e giurisdizione -Concessionario di autolinee tenuto al trasporto di effetti postali e di dispacci speciali -Qualit I di agente contabile -Smarrimento di dispacci speciali -I' Domanda di risarcimento del danno proposta dall'Ammini-,~ strazione Giurisdizione ordinaria -Esclusione Giurisdi-,~ zione della Corte dei Conti. (1. 8 gennaio 1952, n. 53, artt. 1 e 4; t.u. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 44; r.d. 18 novembre 1923, n. 2240, art. 81; r.d. 28 maggio 1924, n. 827, art. 178). Il concessionario di linee automobilistiche in servizio pubblico, tenuto al trasporto, non solo degli effetti postali di pertinenza dei privati, ma anche dei dispacci speciali contenenti sovvenzioni e versamenti, in titoli o in numerario, a favore degli uffici periferici del r Amministrazione delle poste e telecomun~cazioni, assume, come consegnatario di titoli e di denaro delr Amministrazione, la qualit di agente contabile. Il Giudice ordinario difetta quine# di giurisdizione a cono~ scere della domanda con la quale l'Amministrazione pretenda dal concessionario il risarcimento del danno conseguente alla perdita dei valori PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1129 contenuti nei dispacci speciali smarriti, essendo tale questione devoluta alla giurisdizior:e della Corte dei Conti (1). (Omissis). -Si propone all'esame della Corte, con il regolamento preventivo di giurisdizione chiesto dal Di Bari, il problema se l'accollatario del servizio di trasporto degli effetti postali, e cos pure il conconcessionario delle linee automobilistiche in servizio {nel Di Bari si riassumono le due qualifiche) che, in forza della legge 8 gennaio 1952, n. 53 e della relativa cartella d'oneri, sono tenuti al trasporto non solo degli effetti postali di pertinenza degli utenti privati, ma anche dei cosiddetti cc dispacci speciali contenenti sovvenzioni e versamenti in titoli o in numerario effettuati dall'Amministrazione P. e T. a favore degli uffici postaili periferici, sno consegnatari di titoli e di danaro di pertinenza dell'Amministrazione P. e T. e sono, come tali, soggetti alla giurisdizione della Corte dei Conti che giudica, in via esclusiva, della responsabilit dei predetti consegnatari. La risposta affermativa, come queste Sezioni Unite hanno gi avuto occasione di pronunciare in una recentissima sentenza (Cass., 5 marzo 1965, n. 371). Gi la giurisprudenza della Corte dei Conti sempre stata ferma nel ritenere che i concessionari, in quanto divengano consegnatari di valori ad essi affidati dall'Amministrazione, perch ne effettuino il trasporto -con i conseguenziali obblighi di custodirli -agli uffici destinatari, assumono la condizione giuridica di agenti contabili la dottrina, per la quale la qualifica di agenti contabili comprende tutti i magaz (1) In altra fattispecie decisa in senso conforme con sentenza Sez. Un., 5 marzo 1965, n. 371, l'Amministrazione si era avvalsa del pot.ere conferitole all'art. 7 della cartella d'oneri approvata con d.p. 9 aprile 1953, n. 562 trattenendo sull'ammontare del canone dovuto al concessionario, una somma pari ai valori contenuti nel dispaccio speciale smarrito, laddove sulla sentenza in nota, essa aveva adito il giudice ordinario con azione di risarcimento mentre, contemporaneamente, il procuratore generale presso la Corte dei Conti promuoveva il giudizio di responsabilit. L'Avvocatura ha, ovviamente, aderito al regolament9 di giurisdizione proposto dal concessionario. Le due sentenze sono conformi alla giurisprudenza costante della Corte dei Conti (da ultimo, decisione 3 giugno 1961, Foro amm., 1961, III, 120) ed all'unico ormai lontano precedente del Supremo Collegio (Cass., 19 dicembre 1930, n. 3633, Mont. trib., 1931, 138), richiamato nelle motivazioni. E tuttavia da notare che la III Sezione della Cassazione decise, con sentenza 11 settembre 1963, n. 2474 (Foro it., 1964, I, 322) una fattispecie identica, senza rilevare la questione di giurisdizione ed omettendo di rimettere la pronuncia alle Sezioni Unite. Per la dottrina, con riferimento all'ampia nozione di agente contabile, cfr. per tutti ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, Milano, 1954, II, 340. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ll.30 zinieri o consegnatari di valori, siano essi funzionari o dipendenti della Amministrazione, oppure enti o privati concessionari di qualsiasi servizio pubblico che comporti, .comunque, il maneggio o la custodia di pubblico danaro o di valori, generi od oggetti appartenenti alla pubblica Amministrazione. Sull'argomento, del resto, si erano pronunciate queste Sezioni Unite, prima della recentissima sentenza, sin dal remoto 1930 (n l'occasione per un diverso o contrario indirizzo si mai presentato nell'intervallo di tempo), allorch ebbero ad affermare che l'assuntore del servizio di trasporto della corrispondenza, dei pacchi e dei valori per conto del1' Amministrazione postale ha qualit di agente contabile, ai sensi e per gli effetti dell'art. 178 del regolamento 23 maggio 1924, n. 827, nonch . di pubblico ufficiale ai fini d~a giurisdizione della Corte dei Conti per l'accertamento della responsabilit nel caso di perdita di cose o valori (Cass., Sez. Un., 19 dicembre 19'30, n. 3633). Si precis in quella sentenza che la qualit di agente contabile dell'assuntore del servizio di trasporto della corrispondenza; dei pacchi e dei valori, per conto dehl'Amministrazione postale (e lo stesso criterio vale stante l' eadem ratio, anche per il concessionario delle linee automobilistiche in servizio pubblico, che, in forza della cartella d'oneri sia tenuto al. trasporto di u dispacci speciali contenenti sovvenzioni o versamenti in titoli o in numerario effettuati dalla sede nazionale o provinciale dell'Amministrazione a favore degli uffici postali periferici) si desume dall'art. 178 del Regol. 3 maggio 1924, n. 827, della legge sull'amministrazione e contabilit generale dello Stato, che riproduce l'art. 2IYl del Reg. 4 maggio 1885, ove statuito che deve considerarsi agente contabile chiunque abbia maneggio di pubblico danaro, o abbia in consegna generi, oggetti e materie appartenenti allo Stato. La qualit di pubblico ufficiale di tale agente deriva poi dalla natura del servizio, cui provvede. Donde la conseguenza, ai sensi dell'art. 81, r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, riproducente l'art. 67 r.d. 17 febbraio 1884, n. 2016, della giurisdizione della Corte dei Conti a pronunciare sUJl giudizio di responsabilit promosso contro di lui per la mancanza dei valori affidatigli, verificatasi per sua negligenza. N varrebbe opporre che i cc dispacci speciali non contengano necessariamente somme di danaro o valori appartenenti alla P.A., ma possono contenere effetti di natura completamente diversa, anche appartenenti a privati e di nessun valore; oppure che il concessionario all'oscuro del contenuto dei dispacci, sicch non potrebbe ipotizzarsi una responsabilit contabile, che presuppone l'affidamento dei beni dello Stato mediante apposito inventario; ovvero che non sussiste maneggio di pubblico danaro, da intendersi non come mera detenzione di danaro o valori appartenenti allo .Stato, ma come effettiva disponibilit PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1131 degli stessi; e nemmeno varrebbe opporre che i concessionari delle autolinee assumono l'obbligazione principale di trasportare e di riconsegnare gli effetti postali ricevuti, e, soltanto in via secondaria ed accessoria, quella della custodia degli oggetti stessi. Queste che sono le normali obiezioni, che di regola si oppongono alla tesi che qui viene accolta, non sono senza confutazione e non sono valide a porre jn contestazione la giurisdizione contabile della Corte dei Conti. Innanzi tutto, indipendentemente dalla drcostanza che le particolari forme dell'inventario previste dagli artt. 23 e 24 del Regolamento di contabilit generale detllo Stato sono dirette a garantire il preminente interesse dell'Amministrazione, dette forme si riferiscano a quei beni mobili che sono indicati nell'art. 20, lett. a) e b) dello stesso regolamento {mobili ,ed oggetti destinati: all'arredamento degli uffici pubblici o alla difesa dello Stato), mentre nessuna particolare formalit o contenuto previsto per l'inventario di tutti gli altri beni dello Stato. Ne consegue che qualsiasi documento comprovante l'avvenuta consegna di valori sufficiente ad instaurarn un rapporto obbligatorio di custodia, che lega il consegnatario alla P.A., e lo sottopone alla conseguenziaile responsabilit contabile. Non va trascurato che per l'art. 5 della cartella d'oneri, approvata con d.P.R. 5 aprile 1953, n. 562, i a dispacci speciali , che i diversi uffici dell'Amministrazione P. e T. si trasmettono per le esigenze dei propri servizi devono essere custoditi dal concessionario con particolare diligenza in appositi ripostigli chiusi a chiave situati sull'autovettura, mentre ai sensi del successivo art. 7 della stessa cartella d'oneri, detti concessionari sono responsabili verso l' Amminstrazione P. e T., salvo il caso di forza maggiore, per la perdita dei dispacci in relazione all'intero valore in essi contenuto. N esatto che la responsabilit contabile presupponga, in ogni caso, che l'agente abbia iJ maneggio del pubblico danaro, mediante l'effettiva disponibilit dello stesso, perch siffatto presupposto si riferisce, in particolare, agli agenti che hanno la gestione del danaro, mentre si ha agente contabile, ai sensi e per gli effetti dell'art. 178 del citato Regolamento del 1924 a:nche nel caso di consegnatari di generi, oggetti e materie appartenenti allo Stato, tra i quali sono coloro che hanno esclusivamente l'obbligo di custodire i beni appartenenti alla P.A., per trasportarli e consegnarli a destinazione. La responsabilit di tali agenti, sebbene non legati all'amministrazione da un rapporto di pubblico impiego, ma di semplice concessione, appartiene alla giurisdizione della Corte dei Conti, sia per il citato art. 178, lett. e) del regolamento di contabilit generale, sia per l'art. 44 del t.u. delle leggi sulla Corte dei Conti 12luglio1934, n. 1214, che prevedono espressamente la responsabilit contabile anche di coloro che abbiano la semplice custodia di oggetti e materie di propriet dello Stato. 1132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il concessionario potrebbe ignorare il contenuto dei dispacci spe. . ciali, per il fatto che tali dispacci contengono anche raccomandate e I assicurate appartenenti a privati, ma anche questa eventualit non ' esclude che il concessibnario i;ia consapevole che l'Amministrazione P. e T. si avvale normalmente dei dispacci per trasmettere i propri valori agli uffici periferici provinciali per le esigenze del servizio, il che sufficiente a rendertlo edotto del contenuto di dispacci, anche se i valori non vengono rivelati nel loro preciso ammontare, all'esterno dei dispacci stessi, per ragioni di sicurezza. Tale preciso ammontare sar rilevante agli effetti della determinazione della responsabilit in concreto, ma non incide sulla discriminazione della giurisdizione tra giudice contabile e giudice ordinario. Infine non v' dubbio che l'obbligazione di custodia si accompagna a quella del trasporto e della riconsegna degli effetti postali, per cui sussiste la responsabilit del consegnatario degli oggetti a lui a~dati per il trasporto, ove si verifichino gli eventi dannosi previsti dalle disposizioni in vigore, e la cognizione di tale responsabilit appartiene alla Corte dei Conti. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 16luglio1965, n. 1565 -Pres. Gionfrida -Est. Marchetti -P.M. Raja (conf.) -Barbisino {avv. Durandi) t c. Amm.ne Canali Demaniali di irrigazione -Canali Cavour (avv. Stato Graziano). Competenza e giurisdizione -Declinatoria di competenza da parte del giudice di primo grado -Statuizione del giudice di secondo grado di inammissibilit dell'appello -Pronuncia sulla competenza Non sussiste. Competenza e giurisdizione -Esame in via incidentale da parte del giudice di questioni pregiudiziali in funzione della decisione sulla competenza -Prnunzia esclusiva sulla competenza Sussiste. (c.p.c., art. 42). Quando il giudice di primo grado abbia declinato la propria competenza, il giudizio, con il quale il giudice di appello esamini se, nella . specie, doveva essere proposto contro la sentenza di primo grado rego. I.., lamento necessario di competenza, ovvero poteva essere pro.posto appello, , una decisione che riguarda una questione pregiudiziale di rito diversa .~I < PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1133 dalla competenza, trattandosi di stabilire a quale mezzo aimpugnazione sia soggetta la sentenza pronunciata in primo grado; epper, se la pronuncia del giudice di secondo grado si limita a stabilire che rappello non ammissibile, runica questione decisa quella che concerne il mezzo aimpugnazione applicabile, onde si fuori dell'ipotesi nella quale runico mezzo aimpugnazione consentito il regolamento di competenza (1). Pur dovendo la locuzione merito della causa , usata negli articoli 42 e 43 c.p.c., essere intesa in senso ampio, che comprende qualunque questione preliminare di merito o pregiudiziale di rito diversa dalla competenza, tuttavia vi pronuncia esclusiva sulla competenza, quando r esame di questioni pregiudiziali sia compiuto in via incidentale, in funzione della decisione sulla competenza e senza pregiudizio det merito della causa (2). (1) Cfr. Cass., 30 maggio 1963~ n. 1436, Foro it., Mass., 1963, 423 e Giust. civ., Mass. Cass., 1963, 683; 6 luglio 1962, n. 1842, Foro it., Mass., 1962, 554; 19 maggio 1962, n. 1140, Giust. civ., Mass. Cass., 1962, 577, sub 3, con nota di richiami; 1 febbraio 1962, n. 188, ibidem, 88, sub 1: una questione di competenza in tanto pu sorgere, in quanto si contenda se la cognizione della causa sia devoluta ad uno o ad altro giudice, mentre, se si esclude l'impugnabilit, si accerta che il provvedimento impugnato costituisce cosa giudicata formale o si nega che esso, per sua natura, sia assoggettato daU' ordinamento processuale al riesame da parte di un altro giudice; contra: Cass., 30 dicembre 1964, n. 2983, Giust. civ., Mass. Cass., 1964, 1373: ala sentenza del giudice di appello, che dichiara inammissibile l'impugnazione, per essere contro la sentenza di primo grado esperibile esclusivamente il regolamento di competenza, risolve unicamente una questione di competenza funziona.le o per gradi, perch sostanzialmente decide che competente a conoscere dell'impugnazione contro la sentenza di primo grado non il giudice di appello in sede di gravame ordinario, ma la Corte di Cassazione in sede di regolamento necesario di competenza; tale sentenza quindi impugnabile soltanto con il regolamento necessario di competenza ; v. anche Cass., 19 giugno 1964, n. 1593, ibidem, 725, con nota (sub 1) di richiami. Avverte, peraltro, Cass., 19 maggio 1965, n. 973, Giur. it., Mass., 1965, 354 che " le sentenze che risolvono questioni relative alla litispendenza e alla connessione di cause, a norma degli artt. 39 e 40 c.p.c., costituiscono vere e proprie pronunce sulla competenza ed in ordine ad esse trovano applicazione gli artt. 42 e segg., che prevedono come mezzo di impugnazione il regolamento di competenza .(2) Cfr. Cass., 21 aprile 1965, n. 698, Giur. it., Mass., 1965, 245: presupposto del regolamento necessario di competenza una pronunzia che non abbia statuito sul merito della lite: al fine del riconoscimento della sussistenza di tale presupposto deve ritenersi che la sentenza ha deciso esclusivamente sulla competenza anche quando siano state prese in esame, ai fini della statuizione, questioni prgiudiziali che non incidono sul merito della causa ; v. anche Cass., 22 agosto 1963, n. 2343, Giust. civ., Mass. Cass., 1963, 1098; 19 gennaio 1963, n. 78, ibidem, 35, sub 1: non sussiste pronuncia sul merito nell'ipotesi in cui il giudice, per studiare sulla competenza, abbia dovuto previamente esaminare questioni pregiudiziali (nella specie: ammissibilit di domanda riconvenzionale) al solo fine della pronuncia sulla competenza stessa . 1134 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 luglio 1965, n. 1652 -Pres. Ros sano -Est. Saya -P.M. Pedace (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Cavalli) c. Costa (avv.ti Pietrantoni e Salmazo). Competenza e giurisdizione -Acque pubbliche -Argini -DemaI nialit -Controversie -Competenza dei Tribunali regionali delle acque -Estensione. (r.d. 14 dicembre 1933, n. 1775, art. 140). Spetta al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche la competenza nelle controversie sulla demanialit degU argini e di ogni altra opera concernente il buon andamento delle acque pubbliche. Di conseguenza compete agli stessi Tribunali l'accertamento di ogni fatto rilevante ai fini della decisione sulla demanialit degli argini e quindi -anche del fatto che si tratti di zone poste entro o al di fuori del perimetro del massimo invaso {l). I {Omissis). -Rileva il Supremo Collegio che, in conseguenza dell'intervento nel giudizio da parte della p.a., la questione che preliminarmente doveva essere decisa con efficacia di giudicato concerneva I la demanialit della zona in contestazione: demanialit affermata della I ' I (1) In sede di regolamento di competenza fra Tribunale ordinario e Tribunale delle acque, la Corte regolatrice correttamente statuisce che, sorta questione, da decidere con efficacia di giudicato, sulla demanialit di un argine, la competenza spetta al Tribunale regionale delle acque. I A tale conclusione la sentenza in esame perviene attraverso l'eloquente riaffermazione del principio, sempre sostenuto dall'Avvocatura (cfr. le Relazioni sul con I tenzioso dello Stato, 1930-1941, I, 620 e segg; 1942-1950, I, 241; 1951-1955, I, 197 e segg.) e ripetutamente accolto dalla giurisprudenza (oltre quella ricordata I nelle Relazioni citate, cfr., da ultimo, Cass., 21 marzo 1964, n. 644, Giur. it., 1965, I, 1, 658), s la potersi considerare ius receptum, che la demanialit delle acque, I e quindi la competenza attribuita al Tribunale regionale nelle relative controversie, non si riferisce soltanto all'elemento liquido, ma investe il corso d'acqua nel suo complesso e in tutti i suoi elementi. Procedendo all'individuazione di questi elementi la sentenza, in conformit all'insegnamento tradizionale, ha cura di precisare che essi sono, oltre l'acqua, l'alveo, le sponde, le ripe, gli argini ed ogni altro manufatto realizzato per il buon andamento delle acque. L'inclusione degli argini tra gli elementi considerati, dei quali l'accento fina listico sulla funzione di governo delle acque costituisce il tratto comune ed unifi cante, inclusione che non incidentale ma fondamentale, avendo da essa la Corte tratto, come si visto, la statuizione sulla competenza nella fattispecie sottoposta al suo esame, da tenere in particolare evidenza. Infatti, in passato, proprio con riguardo agli argini pi accesa stata la disputa sulla natura demaniale degli stessi i(per una incisiva disamina della quale -esaurientemente svolta nelle Relazioni citate -cfr. PERNIGOTTI, Acque pubbliche, Enciclopedia del diritto, I, 406-407, Milano, Giuffr, 1958). In tale disputa, risolta generalmente in senso affermativo, si era inserita, non certo come chiarificatrice, PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1135 p.a. sul rilievo che la zona predetta costituiva largine e la riva del fiume Muson, mentre era per converso negata dal Costa, il quale sosteneva di esserne proprietario. Posto ci la competenza spetta al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche; in quanto l'art. 140 t.u. sulle acque e gli impianti elettrici, approvato con r.d. 11dicembre1933, n. 1775, attribuisce alla cognizione del detto Tribunale le controversie intorno alla demanialit delle acque, la quale si estende oltre che ali' alveo anch alle rive, agli argini e ad ogni altra opera costruita per il buon andamento delle acque ( cfr. in proposito: Cass.; 21 marzo 1964, n. 644). una pronunzia della Corte di Cassazione (28 aprile 1951, n. 1048, Acque, bon. costruz., 19-52, 408, con nota di V ARANESE), la quale in sede di regolamento di competenza, affermava che un mnufatto, avente natura di argine, cio di difesa dei fondi rivieraschi dalle piene, anche eccezionali, non costituisce a differenza delle acque e dell'alveo, un elemento essenziale del corso d'acqua, non partecipa necessariamente al carattere demaniale di questo e pu formare oggetto di diritti da parte di persone od enti diversi dallo Stato. Tale affermazione, alla quale la sentenza era pervenuta verosimilmente influenzata dal fatto che nella specie si trattava di un argine di modesto rilievo, destinato non gi alla difesa di tutta la zona in cui scorreva il corso d'acqua, bens dei beni di isolati frontisti, veniva esattamente criticata, non sembrando potersi negare che gli argini, in quanto destinati a difendere i terreni circostanti al corso d'acqua, pi bassi o a livello di questo, dalle piene e dalle inondazioni, formino un tutt'uno inscindibile con l'alveo e la massa d'acqua e quindi sono pubblici. La sentenza in esame, con espressa menzione del precedente ora ricordato, riporta con discrezione ma con fermezza la questione nei suoi termini rigorosi. Infatti, sottolineando la natura demaniale di tutto ci che destinato ad assicurare il buon andamento delle acque e quindi anche degli argini che appunto assolvono a questa finalit, essendo destinati, come si visto, a contenere le piene e ad impedire od arrestare le inondazioni delle campagne laterali, ribadisce a chiare lettere questo concetto laddove si riferisce alle zone poste al di fuori del perimetro del massimo invaso , cio alle zone in buona sostanza non interessate affatto dal corso d'acqua nelle sue molteplici manifestazioni, per affermare che solo rispetto a queste pu escludersi la sussistenza di una controversia sulla demanialit delle acque, nel senso lato di cui si detto, e quindi la competenza del Tribunale delle acque. Semprech peraltro non sia in contestazione che trattisi proprio di zone poste al di fuori del perimetro del massimo invaso ,, , nel qual caso l'accertamento relativo rimane di competenza del Tribunale delle acque. Ci, per chi non voglia fermarsi alle apparenze e sappia leggere tra le righe, chiaramente indicativo del riconoscimento sostanziale, che nella sentenza in esame, regolatrice soltanto della competenza, non poteva che essere implicito, della natura demaniale degli argini, quando siano destinati ad assicurare il buon andamento delle acque e si trovino nel perimetro del massimo invaso, che poi il criterio per riconoscere se si tratti o non di argini. In buona sostanza la Corte regolatrice con questa pronunzia ricostituisce la continuit della sua giurisprudenza, nella quale si preoccupa di inserire, ridimensionandolo nei suoi modesti termini, il ricordato precedente del 1951, la cui portata era stata fraintesa dai giudici della sentenza impugnata col regolamento di competenza, deciso dalla sentenza in esame nei sensi dianzi precisati. 1136 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'impugnata sentenza, invece, ha ritenuto di potere esaminare il merito della controversia, ritenendo, attraverso la valutazione degli elementi probatori acquisiti, che si tratta di un semplice argine di campagna creato a difesa dei fondi rivieraschi, come tale estraneo all'alveo del fiume Muson. Ma tale accertamento esula dalle attribuzioni del1' Autorit giudiziaria in sede ordinaria per essere devoluto dalla norma citata alla competenza del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche. N pu farsi ricorso al principio gi affermato da questa Corte Suprema, secondo cui deve escludersi la sussistenza di una controversia relativa ai limiti degli alvei o sponde di corsi d'aoque nel caso in cui a priori risulta in modo certo che si tratta di zone poste al di fuori del perimetro del massimo invaso {dr. Cass., 28 aprile 1951, n. 1048; 11 giugno 1959, n. 1776): e ci perch nella specie non sussisteva siffatta certezza, ma la contestazione tra la p.a. e il Costa verteva proprio sulla natura del terreno e sul suo conseguente carattere di bene demaniale. Devesi perci concludere che, tale essendo l'oggetto della questione JI e dovendo la stessa essere decisa principaliter; la competenza appartiene al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche. ,___ (Omissis). I I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 luglio 1965, n. 1654 -Pres. Fibbi tl -Est. D'Amico -P.M. Pedace (conf.) -Apioella (avv.ti De Nicolellis e Bottiglieri) c. Ministero LL.PP. (avv. Stato Ciampoli). I Competenza e giurisdizione -Acque pubbliche -Opere di sistemazione -Opere collegate -Danni a privati -Risarcimento Controversie -Competenza del Tribunale regionale delle acque. (r.d. 14 dicembre 1933, n. 1775, art. 140). li. < ; E~ Spetta al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche la compe ~ tenza in ordine alle domande di risarcimento proposte dal privato nei confronti della p.a., senza lamentare la commissione di un fatto illecito, ma solo deducendo, anche in relazione alr art. 46 legge 25 giugno 1865 n. 2359, resistenza di un rapporto i causalit tra i danni derivati alla sua propriet e r esecuzione di opere collegate a quelle di sistemazione di un corso di acqua pubblka. Tali sono le opere di restringimento e sopraelevazione di una strada rese necessarie dalla suddetta sistemazione compiuta in esecuzione di un piano diretto al ripristino di una zona danneggiata dalr alluvione (1). {1) Sul criterio discretivo della competenza fra giudice ordinario e Tribunale regionale delle acque in materia di risarcimento danni, nel senso affermato dalla massima, la giurisprudenza costante. Cfr., per tutte, Cass., 11 marzo 1964, n. 524, Foro amm., 1964, I, 1, 207; 23 agosto 1962, n. 2641, Giust. civ., 1963, I, 1678; ; ,1~-'.,:'.. .< JI rf'.fil114W@ill'iffifajrl...iffi.:Wrw.r.:C9fWff?:'fffiWd.fi.f@Jil%T,cif@?:f'.filfif:'iT@iK?if0.fifilliftfY#f:f1%.:?:Wi:'.'ff.filW PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1137 (Omissis). -Il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 140, lett. d) r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775, in relazione anche .all'art. 46 legge 25 giugno 1865 n. 2359 e al principio generale di cui all'art. 2043 e.e. (artt. 41, 42, 47 e 360 nn. 1, 2, 3 e 5 c.p.c,), sostenendo che la propria domanda riguarda soltanto i danni derivatigli da lavori (sopraelevazione del piano str.adale e successiva formazione di una concavit modificatrice del deflusso delle acque piovane) posteriori alle opeTe idrauliche di sistemazione dell'alveo e degli argini del torrente Regina Maior, eseguite dal Genio Civile, e dalle stesse indipendenti, onde il giudice adito non poteva declinare la propria competenza a favore di quella del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche. Il ricorso non fondato. Per costante giurisprudenza della Suprema Corte (tra le pi recenti: sent. 11 marzo 1964 n. 524), la competenza del giudice ordinario a conoscere delle domande di risarcimento di danni che si assumono derivati dall'esecuzione o manutenzione di opere idrauliche limitata alle controversie in cui a fondamento della domanda sia posto un fatto illecito ai sensi dell'art. 2043, e non sorga, o sia irrilevante, controversia sulla demanialit delle acque ovvero sul contenuto o sulla portata del provvedimento amministrativo di concessione. Qualora, invece, si chieda il risarcimento senza lamentare la commissione di alcun fatto illecito, ma solo deducendo l'esistenza di un rapporto di causalit tra l'esecuzione dell'opera attinente al regime delle acque e i danni subiti, anche in relazione al disposto dell'art. 46 legge 25 giugno 1865 n. 2359, competenti a giudicare della controversia sono i Tribunali Regionali delle Acque Pubbliche ai sensi dell'articolo 140 r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775. Secondo tale norma, appartengono, infatti, in primo grado . alla cognizione dei Tribunali delle Acque Pubbliche: ... d) le controversie di qualunque natura, riguardanti la occupazione totale o parziale permanente o temporanea di fondi e le indennit previste dall'art. 46 della legge 25 giugno 1865 n. 2359, in conseguenza dell'esecuzione o manutenzione di opere idrauliche, di bonifica e derivazione e utilizzazione di acque... e) le controversie per risarcimenti di danni dipendenti da qualunque opera eseguita dalla p.a. e da qua 11 giugno 1960, n. 1569, ivi, 1960, I, 1286; 27 luglio 1954, n. 2755 e 6 ottobre 1954, n. 3339, ivi, 1954, I, 1859 e 2244. La sentenza merita di essere segnalata, oltre che per la riaffermazione del suddetto criterio, per l'esatta correlazione che pone tra le opere di restringimento e di sopraelevazione di una strada e le opere di sistemazione idraulica nel caso di specie e per la conseguenza che in. ordine alla competenza trae da questo collegamento e cio che non solo quando il danno derivi da opere di sistemazione idraulica, ma anche quando derivi da opere a queste collegate, sussiste la competenza del Tribunale regionale delle acque. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1138 lunque provvedimento emesso dall'autorit. amministrativa a termini dell'art. 2 del testo unico della legge 2"l luglio 1904 n. 523, modificato con l'art. 22 della legge 13 luglio 1911 n. 774 . Ci posto, nel caso concreto si deve accertare se le opere denun-~ ciate dall'Apicella possano considerarsi collegate alla sistemazione idraulica della zona, con riguardo al corso di acqua pubblica Regina Maior. La soluzione affermativa cui pervenuto il Tribunale appare corretta. La tesi del ricorrente, che la ricostruzione della strada AmalfTramonti a una quota superiore a quella precedente e la formazione nel sedime di una concavit pericolosa -opere sulle quali sole egli avrebbe fondato la domanda di risarcimento di danni -sarebbero del tutto indipendenti dalla sistemazione del corso del torrente Regina Maior, effettuata dal Genio Civile anteriormente alle opere stesse, resistita, oltre che dalla situazione dei luoghi -che il Supremo Collegio pu, in sede 'di regolamento di competenza, valutare senza limitazioni -dal tenore dello stesso atto introduttivo del giudizio, al quale deve aversi riguardo per determinare la competenza. ID questo, invero, I'Apicella ha dedotto quale causa dei danni di. cui ha chiesto il risarcimento, non solo -come ora egli afferma nel ricorso -la sopraelevazione della strada con una pendenza errata, ma altres la riduzione del piano stradale, la quale ostacolava il regolare carico e scarico delle merci in arr.ivo e in partenza dalla propria cartiera. Ora, il rapporto di correlazione, che lo stesso ricorrente d'altronde espressamente riconosce esistere tra le opere idrauliche e 1a riduzione del sedime stradale, in quanto resa necessaria dall'allargamento dell'alveo del torrente, che scorre lungo la strada sul lato opposto a quello ove sita la propria azienda, non pu essere disconosciuto neppure relativamente alla sopraelevazione della strada stessa. ~. infatti, evidente che, incan~lato a maggior profondit il torrente, il correlativo rialzamento e rafforzamento dell'argine ha importato per la strada, che si svolge parallela al corso d'acqua su un terrapieno a sostegno dell'argine, restrizioni in larghezza e variazioni in altitudine. Riduzione dell'ampiezza della strada e sua sopraelevazione (dal1' esecuzione della quale sarebbe derivata la concavit lamentata dal1' Apicella) appaiono, ,quindi, connesse alla sistemazione data dal Genio Civile al regime delle acque del Regina Maior, siccome compiute nella esecuzione del piano di opere dirette al ripristino della zona danneggiata dall'alluvione e a evitare il ripetersi di altre calamit della stessa natura, onde rettamente il Tribunale di Napoli ha ritenuto la controversia devoluta alla cognizione del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche, a norma dell'art. 140 r.d. n. 1755 del 1933. Il ricorso dev'essere, pertanto, respinto. -(Omissis). SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 marzo 1965, n. 557 -Pres. Favara Est. Giannattasio -P.M. Tuttolomondo {conf.) -Provincia regionale di Messina (avv.ti Pollicino, Moschella) c. Arena (avv. Scarcella). Procedimento civile -Legittimit del contraddittorio Accertamento della sussistenza della legitimatio ad causam Dovere del giudice di compierlo in ogni stato e grado del processo ed anche per la prima volta in Cassazione salva la preclusione nascente dal giudicato esplicito o implicito. (c.p.c., arg. ex artt. 81 e 101). Occupazione Occupazione d'urgenza preordinata all'espropriazione per p.u. Sicilia -Occupazione ultrabiennale senza titolo di immobile da parte della Provincia di Messina per la costruzione di una strada di sua pertinenza e di interesse regionale, finanziata dalla Regione -Azione di risarcimento dei danni Legittimazione passiva della Provincia -Eventuale legittimazione passiva concorrente della Regione. (l. reg. sic. 5 agosto 1949, n. 46, artt. 1 e 2; I. reg. sic. 21 aprile 1958, n. 80, artt. 6 e 27; I. 25 giugno 1865, n. 2859, artt. 71, primo comma, parte seconda, 78; e.e., art. 2048). Impugnazione Acquiescenza della parte ad un determinato punto della sentenza di primo grado in uri momento successivo alla impugnazione Rinunzia tacita al gravame su quel punto Apprezzamento del giudice d'appello Incensurabilit in Cassazione. (C.J?.C., art. 829). Sentenza Motivazione Decisione fondata su pi ragioni distinte ed indipendenti -Errore di diritto del giudice di merito su uno degli argomenti enunciati Esattezza e sufficienza degli . argomenti concorrenti -Ricorso in Cassazione -Improponibilit. (c.p.c., artt. 182, n. 4 e 860, n. 5; disp. att. c.p.c., art. 118). 1140 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Occupazione Occupazione d'urgenza preordinata alla espropria- zione per p.u Mancato perfezionamento nel biennio dall'occupazione della procedura espropriativa . Risarcimento del danno sostitutivo della restituzione dell'immobile -Valutazione Carattere edificatorio del suolo occupato e trasformato in sede stabile dell'opera pubblica -Quando sussiste -Regime giuridico delle zone sismiche -Non esclude l'edificabilit. (1. 25 giugno 1865, n. e.e., artt. 2043 e 2056). 2359, artt. 71, primo comma, parte seconda, 73; Occupazione Occupazione d'urgenza preordinata alla espropriazione per p.u. Mancato perfezionamento nel biennio dall'occupazione della procedura espropriativa Risarcimento del danno sostitutivo della restituzione dell'immobile -Valutazione -Applicabilit degli artt. 39 e 40 I. 25 giugno 1865, n. 2359 Esclusione. (I. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 39, 40, 71, primo comma, parte seconda, 73; e.e., .artt. 2043 e 2056). Occupazione -Occupazione d'urgenza preordinata alla espropriazione per p.u. Mancato perfezionamento nel biennio dall'occupazione della procedura espropriativa Risarcimento del danno sostitutivo della restituzione dell'immobile . Valutazione Criteri generali. (I. 25 giugno 1865, n. e.e., artt. 2043, 2056). 2359, artt. 70, primo comma, parte seconda, 73; L'accertamento della sussistenza della legitimatio ad causam, interessando la legittimit del contraddittorio, questione che deve essere esaminata a ufficio in ogni stato e grado del procedimento ed anche per la prima volta in Cassazione, quando su di essa non si sia formato giudicato, n vi sia stata acquiescenza (1). Nel caso di protrazione ultrabiennale senza titolo dell'occupazione in via aurgenza aimmobile alieno, fatta da una provincia siciliana ai fini dell'esecuzione di unopera di pubblica utilit di sua pertinenza, ma assunta nella competenza della Regione Siciliana, per conto o per delega della quale l'ente occupante abbia agito, l'azione del proprietario dell'-immobile di risarcimento dei danni, in base altart. 2055 e.e., potr trovare passivamente legittimato anche i ente cc per conto o per delega del quale fu proceduto all'illegittima occupazione ultrabiennale, ma non pu non trovare passivamente legittimato, in ogni caso, l'ente, che tali danni ingiusti ha direttamente causati col proprio operato (2). "., <:: PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE incensurabile rapprezzamento del giudice di merito, che, dal comportamento della parte o daliinterpretazione delle difese e dagli atti, ricavi la conclusione che la parte stessa ha fatto acquiescenza ad un determinato punto della sentenza di primo grado in un momento successivo aliimpugnazione, cos da potersene indurre la tacita rinunzia al gravame su quel punto (3). Allorquando la sentenza poggia su pi ragioni distinte ed indipendenti, i errore di diritto del giudice di merito su uno degli argomenti enunciati non pu giustificare di per s il ricorso per cassazione ed il conseguente annullamento, quando anche uno solo degli altri argomenti, che appaiono concorrenti, sia informato ad esatti criteri giuriaici e sia idoneo a giustificare e sorreggere la decisione (4). Ai fini della liquidazione del risarcimento del danno sostitutivo della restituzione di un suolo occupato oltre il biennio sine titulo e trasf ormato in sede stabile di opera pubblica, il carattere edificatorio del suolo medesimo si pu desumere in via rifiessa da un complesso di elementi certi ed obiettivi, quali i ubicazione, l'aocessibilit, lo sviluppo edilizio, la presenza di servizi pubblici, i quali attestinp una attuale e concreta abitabilit. N conferente il riferimento al regime giuridico delle zone sismiche, perch la legislazione antisismica detta particolari cautele di costruzione, ma non esclude redificabilit (5). Sia i art. 39 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 sulle espropriazioni per pubblica utilit, il quale, per i casi di occupazione totale, dispone che i indennit dovuta aliespropriato va ragguagliata al giusto prezzo, che a giudizio dei periti avrebbe avuto iirrvmobile in una libera contrattazione di compravendita, sia rart. 40 della legge medesima, per il quale, nei casi di occupazione parziale, iindennit espropriativa consiste nella differenza tra il giusto prezzo, che avrebbe avuto l'immobile prima delioccupazione e quello che potr avere la residua parte di esso dopo la medesima, attengono alla indennit di espropriazione ed al modo di determinarla e nm sono appl~oabili nel caso di liqu~dazione del risarcimento del danno sostitutivo della restituzione delr immobile occupato oltre il biennio sine tituto e trasf armato in sede stabile di unopera pubblica (6). ' Il risarcimento del danno, se deve consistere nella prestazione delr equivalente del danno prodotto, non pu che adeguarsi alla misura del danno stesso, quale risulta al momento del risarcimento. Epper, in tema di risarcimento del danno da occupazione di immobile da parte della pubblica amministrazione, illegittimamente protratta oltre il biennio, sebbene il danno debba essere liquidato con riferimento allo stato di fatto in cui si trovava il fonda al momento de lioccupazione, senza cio tener conto degli incrementi successivamente apportativi dalla P.A., tuttavia non delle condizioni della zona al momento della occupazione 1142 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO si deve tener conto, ma delle migliorate condizioni della medesima al momento della liqu~dazione del risarcimento, nel caso in cui il terreno, di carattere rurale al tempo dell'occupazione, sia poi divenuto edificabile per il notevole sviluppo edilizio della zona {7). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 luglio 1965, n. 1608 -Pres. Rossano -Est. Giannattasio -P.M. Caccioppoli (diff.) -Siracusano {avv. Brancati L.) c. Assessorato LL.P'.P. Regione Siciliana (avv. Stato Gargiulo). Atti amministrativi -Interpretazione da parte del G.O. -Regole d'ermeneutica -Identit rispetto alle norme legali sull'interpretazione dei contratt~ -Interpretazione dell'atto amministrativo da parte del giudice di merito -Incensurabilit in Cassazione. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4; e.e., artt. 1362 e segg.). Espropriazione per p.u. -Soggetti attivo e passivo del rapporto Diritti ed obblighi relativi. (1. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 5 e segg., 16 e segg.). Espropriazione per p.u. -Sicilia -Costruzione di strada comunale finanziata dalia Regione Siciliana e demandata allo stesso Comune interessato -Giudizio di opposizione alla stima dell'indennit espropriativa -Legittimazione passiva del Comune e non della Regione. (1. reg. sic. 2 agosto 1954, n. 32, artt. 2, 3, 6, 23; 1. reg. sic. 12 febbraio 1955, n. 12, artt. 2, 5). Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Delegazione amministrativa -Nozione -Natura ed effetti -Responsabilit del delegato verso i terzi. Occupazione -Occupazione d'urgenza preordinata alla espropriazione per p.u. -Sicilia -Costruzione di strada comunale finanziata dalla Regione e demandata allo stesso Comune interessato -Occupazione d'urgenza di immobile alieno occorrente all'esecuzione dell'opera protratta oltre il biennio senza il tempestivo perfezionamento della procedura espropriativa Azione di risarcimento dei danni -Legittimazione passiva del Comune e non della Regione. (1. reg. sic. 2 agosto 1954, n. 32, art. 2; 1. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 71, primo comma, parte se~onda, 73; e.e., art. 2043). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1143 Procedimento civile -Questioni di legittimazione ad causam Deducibilit e rilevahilit di ufficio in qualunque stato e grado del processo. (c.p.c., arg. ex artt. 81 e 101). L'interpretazione degli atti amministrativi soggiace alle stesse regole sulfinterpretazione dei contratti e, pertanto, non pu essere censurata in Cassazione l'interpretazione del contenuto di un atto amministrativo fatta dal giudice di merito con l'osservanza delle predette norme aermeneutica, purch sia immune da errori giuridici (8). Il rapporto di espropriaz.ione si instaura in modo diretto e immediato tra i soggetti a vantaggio ed a carico del quale l'espropriazione viene pronunciata, il che implica che i diritti e gli obblighi derivanti dal rapporto stesso (tra cui quello del pagamento dell'indennit) sorgono in via normale nei confronti di chi si giova del trasferimento coattivo del bene e di chi ne sopporta il sacrificio (legittimazione sostanziale) (9). Una volta accertato che la titolarit dell'opera pubblica spetta al Comune, a favore del quale sia stato pronunciato il decreto di espropriazione del bene, esattamente ritenuta la legittimazione passiva di di detto ente e non gi della Regione Siciliana, a carico della quale sia findennit di esproprio, in virt dei rapporti interni tra i due enti, a cui rimane ovviamente estraneo l'espropriato (10). La delegazione amministrativa costituisce un istituto peculiare del diritto pubblico e non assimilabile al mandato, onde non possono applicarsi alle situazioni effettuali cui essa d luogo i principi privatistici, relativi al mandato ed alla rappresentanza. La deegazione -che pu essere interorganica oppure intersoggettiva , secondo che sia operativa nell'ambito di uno stesso ente pubblico o fra enti diversi - uno strumento in virt del quale, consentendolo la legge, l'organo o l'ente, investito in via originaria della competenza a provvedere in una determinata materia, conferisce, autoritativqmente ed unilateralmente, ad altro organo o ad altro ente una competenza (derivata) in ot'dine alla stessa materia. Sotto tale aspetto, essa attribuisce al delegato la legittimazione all'esercizio, entro i limiti prefissati nell'atto di conferi mento, di poteri e di funzioni spettanti al delegante. Nella delegazione intersoggettiva , in conseguenza della accresciuta competenza del soggetto giuridico delegato, la legittimazione, ancorch abbia rilevanza esterna, perch relativa ad attivit da esplicarsi nei confronti dei terzi, non pu essere giuridicamente qualificata in base alle nozioni privatistiche del mandato e della rappresentanza; n si pu far ricorso a tali nozioni per spiegare il fenomeno della delegazione interorganica. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO N elr ipotesi di delegazione intersoggettiva, r ente delegato non OpP,ra come un organo, sia pure straordinario, dell'ente delegante. La delegazione, importando una deroga (preventivamente consentita dalla legge) alle norme sulla competenza amministrativa, pone il delegato -nei limiti della delega e per la durata di essa -in una condizione pari a quella del delegante, il quale, a sua volta, viene a trovarsi, rispetto agli atti di esecuzione della delega, nella posizione di soggetto investito di funzioni di controllo. Pertanto, di regola e salvo che ratto di conferimento non disponga altrimenti, il delegato investito del potere di provvedere rispetto alr oggetto della delega in nome proprio e non in veste di rappresentante delr altro soggetto, pur se per conto e nell'interesse di questo ultimo. Di conseguenza, r ente delegato direttamente responsabile, nei confronti dei terzi, degli atti posti in essere in esecuzione della delega, senza che in contrario possano aver rilievo le eventuali ripercussioni ed implicazioni degli atti stessi nelr ambito del rapporto (interno) con il delegante e la loro incidenza nella sfera giuridica del medesimo (11). Il criterio della legittimazione sostanziale riguarda r esercizio di tutti i diritti e r osservanza di tutti gli obblighi derivanti dal rapporto di espropriazione ed quindi valido anche per roocupazione anticipata & di carattere definitivo per l'esecuzione di opera pubblica, epper, oltre fil a riferirsi al pagamento delrindennit, si riferisce anche a quello del risarcimento dei danni per occupazione ultrabiennale senza titolo. , I1@ . pertanto, legittimato passivamente nel relativo giudizio il Comune, che ha eff ettuat6 l'occupazione abusiva e di essa si giovato per la costru, , zione di opera pubblica di sua pertinenza, e non gi la Regione Sici, I . liana, che abbia finanziato l'opera, demandandone l'esecuzione allo 1 stesso Comune interessato (12). Le questioni di legittimazione ad causam sono deducibili dalle parti e rilevabili aufficio in qualunque stato e grado del processo, in quanto attngono alla legittimit del contraddittorio, col solo limite I preclusivo del giudicato esplicito o implicito (13). III TRIBUNALE DI NAPOLI, I Sez. Civ., 6 luglio 1965 -Pres. ed Est. Perrella -De Martino {avv.ti Marotta G. e L.) c. Comune di Napoli (avv. D1Ambrosio) e Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Guerra). Occupazione -Mezzogiorno -Legge speciale per la citt di Napoli n. 297 del 1953 -Occupazione d'urgenza di immobile effettuata dalla Cassa per il Mezzogiorno per la costruzione di una strada del Comune di Napoli affidata al Comune medesimo -Conse< .. . j ~~---+-'\gi_--f/.,:=::::;:~q'=:::::::;--.0===i:r====::=====ifil:.:):= ... /:",:;.::=w;:::===========:..::::=:=k==:..x==--:=:=:.===:==}='===::::-';=::r--==-=:.=:.==~:.1N:::.----:=?-/~--=::;;=->:w--=t:::=---==:=::v==v=-.=..-:.:.:=w.=) ......diillIDd,..)t, @.fffffeL ...... , ,<,., AfL X. Pu ~-::fil ,,.. fo&. ~J!.=L Yh" y;....._.y,,_.'0}}. :;::@:,::=:: ~ .,-. PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 1145 gna dell'immobile al Comune per l'esecuzione dell'opera . Protrazione ultrabiennale dell'occupazione senza il perfezionamento della procedura espropriativa -Responsabilit solidale dei due enti. (l. 9 aprile 1953, n. 297, art. 4, ultimo comma; I. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 71, primo comma, parte seconda, 73; e.e., artt. 2043, 2055). Allorch f esecuzione di unopera, compresa nel programma di cui alfart. 4 della legge speciale per la citt di Napoli 9 aprile 1953, n. 297, sia stata dalla Cassa per il Mezzogiorno affidata allo stesso Comune di Napoli interessato, a norma delfultimo comma del cennato articolo,, non soltanto l'occupazione aurgenza del bene occorrente, effettuata dalla Cassa in nome e per conto del Comune, ma anche la lesione del diritto di propriet del terzo, per la persistenza della detenzione delfimmobile da parte del eomune affidatario dei lavori, senza che si provveda delfespropriazione nel termine di cui alfart. 73 legge 25 giugno 1865, n. 2359, devono ritenersi -e ci anche in considerazione del contenuto di apposita convenzione di massima intercorsa tra la cassa ed il c omune -determinati dal sistema di collaborazione fra i due Enti, .creato dalf affidamento, epper entrambi rispondono in solido del risarcimento dei danni sostitutivo della restituzione del bene stabilmente trasformato e destinato a sede delfopera pubblica comunale (14). I (Omissis). -Con il primo motivo la ricorrente Amministrazione provinciale di Messina propone leccezione di carenza della sua legittimazione passiva, assumendo, che, in forza della legislazione regionale siciliana (1. 5 agosto 1949, n. 46 e 1. 21 aprile 1953, n. 30) le opere in questione rientravano nella specifica competenza regionale e, in ispecie, nei compiti dell'Assessorato regionale dei LL.PP. per nome e per conto del quale -a tenore della detta legislazione -essa ricorrente esegu i (1) Conf. Cass., 29 aprile 1965, n. 772 (sub 1), in questa Rassegna, 1965, I, 506 ed ivi nota di riferimenti. (2) Cfr. Cass., 30 ottobre 1963, n. 2918, Giur. it., Mass., 1963, 998 . .(3) In via generale la determinazione del contenuto e dell'estensione dell'atto di appello implica un apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito e sottratto al sindacato della Cassazione, qualora sia sorretto da adeguata motivazione : Cass., 18 giugno 1965, n. 1270, Giur. it., Mass., 1965, 460; 25 gennaio 1956, n. 208, Foro it., Rep., 1956, voce Appello civile, c. 175, n. 316. Sul concetto di acquiescenza tacita v. Cass., 16 marzo 1964, n. 599, Giur. it., Mass., 1964, 185, per la quale occorrono atti univoci, incompatibili con la volont di avva\ersi dell'impugnazione, che provengano da chi disponga del diritto di esercitare il gravame ; nello stesso senso: Cass., 10 luglio 1964, n. 1815, ibidem, 594; 5 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1146 lavori stradali; circostanza questa chiaramente indicata dai documenti della procedur d'occupazione, ove sono richiamati sia le leggi regionali che il decreto dell'Assessorato dei LL.PP. n. 3878/U. R.S., del giorno 8 settembre 1954. La questione proposta per la prima volta in questa sede, vendo 1'Amministrazione provinciale di Messina accettato, nelle precedenti fasi, il contraddittorio, contestando la domanda attrice nel merito; ma poich l'accertamento della sussistenza della legitimatio ad causam, interessando la legittimit del contraddittorio, questione che deve essere esaminata di ufficio in ogni stato e grado del procedimento e anche per la prima volta in Cassazione, quando su di essa non si sia formato giudicato, n vi sia stata acquiescenza, essa va presa in esame dalla Corte ma va dichiarata infondata. Invero, per quanto. il. progetto per l'esecuzione dell'opera era stato approvato dall'Assessorato regionale dei Lavori Pubblici ed in vista di quell'opera il Prefetto aveva autorizzato la Provincia di Messina ad occupare d'urgenza la propriet Arena per il termine di due anni, le attrici non agiscono per il pagamento delle indennit inerenti alla procedura di espropriazione, che non ha avuto compimento, ma per la rivalsa dei danni conseguenti all'occupazione degli immobili illegittimamente protratta oltre il biennio; e, in tal caso, passivamente legittimato anzitutto l'ente che ha proceduto all'illegittima occupazione ultrabiennale, anche se l'opera pubblica avrebbe dovuto rientrare, o rientri, nella competenza di altro ente, per conto o per delega del quale l'ente occupante abbia sia pure agito, sconfinando peraltro nell'azione illegittima. La rivalsa dei danni conseguenti a tale sconfinamento trover passivamente legittimato anche l'ente per conto del quale stato agito, ma non pu non trovare passivamente legittimato, in ogni caso, .l'ente che li ha direttamente col proprio operato cagionati e ci in base al principio di diritto comune stabilito dall'art. 25 luglio 1964, n. 2037, ibidem, 669. Per Cass., 15 luglio 1964, n. 1905, ibidem, 621, in caso di impugnazione parziale, formano oggetto di acquiescenza quei punti, siano essi di fatto o di diritto, rimasti al di fuori dell'impugnazione . Per Cass., 7 maggio 1965, n. 843, id., Mass., 1965, 305, la semplice esecuzione di una sentenza gi impugnata non costituisce fatto inequivoco ed incompatibile con l'esercizio del diritto d'impugnazione. (4) Conf. Cass., Sez. Un., 2 aprile 1965,. n. 567 (sub 1), in questa Rassegna, 1965, I, 686; 9 agosto 1963, n. 2254, Foro it., 1964, I, 111 (nella motivazione); 29 luglio 1963, n. 2149, id., Mass., 1963, 614. (5) V. Cass., 25 ottobre 1965, n. 2229, in questa Rassegna, 1965, I, 1191; v. anche Cass., 3 giugno 1963, n. 1483, Giur. it., 1963, I, 1, 839; 16 maggio 1962, n. 1105, Foro it., 1962, I, 2099; v., infine, Cass., 18 maggio 1964, n. 1213, in questa Rassegna, 1964, I, 719-720 (sub 2). (6) V., analogamente, per l'art. 42 1. org. espr. per p.u., Cass., 22 luglio 1965, n. 1715 (sub 2), in questa Rassegna, 1965, I, 725 ed ivi nota (sub 2) di rilievi. PARTE I, SEZ. m, GIUBISPRUDENZA CIVIl..E 1147 2055 e.e. (Cass., SO ottobre 1963, n. 2918; 18 febbraio 1960, n. 261). La protrazione deiroccupazione temporanea del bene oltre il termine di due anni, stabilito dall'art. 73 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, senza che sia stata, intanto, pronunciata l'espropriazione, determina l'illegittimit del comportamento de~l'occupante, che rimane, conseguentemente, tenuto al risarcimento dei danni, n ai fini della legittimit ed integrit del contraddittorio ha rilevanza che vi sia o vi possa essere altro obbligato in solido allo stesso risarcimento, perch non sussiste litisconsorzio necessario nell'ipotesi di obbligazione solidale tra pi debitori, potendo il creditore agire verso ciascuno degli obbligati per l'intero suo credito, -sicch il rapporto processuale pu utilmente svolgersi anche nei confronti di uno solo di essi. Con il secondo motivo lAmministrazione provinciale di Messina si duole sia dell'erroneit della sentenza in ordine alla pretesa rinuncia al gravame, che non vi fu nella sua esplicita formulazione (n dato desumerla dalla preliminare determinazione della indennit che incombente obbligatorio della procedura espropriativa) sia della errata affermazione del carattere edificatorio del suolo occupato, non giustificata dalla sola ubicazione dell'immobile e peraltro in contrasto con il regime delle norme sismiche, particolarmente restrittivo, e con il riconosciuto carattere grezzo del suol, che abbisognava di notevoli lavori per la sua trasformazione, onde risultata eccessiva la. somma ritenuta idonea dalla Corte di merito. La censura infondata sotto un duplice ordine di considerazioni. Innanzi tutto incensurabile l'apprezzamento del giudice di merito, che dal comportamento della parte o dall'interpretazione delle difese e dagli atti, ricavi la conclusione che la parte stessa ha fatto acquiescenza ad un determinato punto della sentenza di primo grado in un momentq successivo all'impugnazione, cos da potersene indurre la tacita rinuncia (7) Cfr. Cass., 22 luglio 1965, n. 1715 (sub 2), in questa Rassegna, 1965, I, 725 ed ivi nota (sub 2) di riferimenti; adde: Cass., 23 maggio 1962, n. 1189, Foro it., Mass., 1962, 365; 5 agosto .1960, n. 2300, id., Rep., 1960, voce Espropriazione per p.i., c. 869, n. 125. (8). Conf. Cass., Sez. Un., 13 marzo 1965, n. 423, Giur. it., Mass., 1965, 138-139; Cass., 26 marzo 1964, n. 686, id., Mass., 1964, 216"217; 10 agosto 1962, n. 2547, Foro it., Mass., 1962, 727; 22 aprile 1961, n. 905, Foro amm., 1961, II, 362. Peraltro, ricordato che il processo interpretativo in s va tenuto logicamente distinto dalla valutazione giuridica alla quale preordinato (BETTI, Interpretazione della legge e degli atti giuridici, Milano, 1949, 240, nota 24), anche se meno evidente si presenta tale relazione di precedenza logica nei provvedimenti di autorit, siano sentenze o atti amministrativi, nei quali la ricognizione del significato dell'atto concreto si distingue meno nettamente dalla identificazione del tipo legale al qule corrisponde la sua concreta configurazione (BETTI, op. cit., 12-13), occorre avvertire che il G.0. nel procedere all'indagine se il provvedimento amministra RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1148 al gravame su quel punto di contestazione. In secondo luogo, la Corte di merito, dopo avere incidentalmente accennato alla rinuncia, da parte della Provincia di Messina, al motivo di gravame relativo al carattere edifcatorio del fondo, ha fornito una diffusa motivazione su tale carattere del terreno occupato, rendendo, con ci, irrilevante l'errore di diritto che fosse eventualmente racchiuso in quell'inciso. Infatti, allorquando la sentenza poggia su pi ragioni distinte ed indipendenti, lerrore di diritto del giudice di merito su uno degli argomenti enunciati non pu giustificare di .per s il ricorso per cassazione ed il conseguente annullamento, quando anche uno solo degli altri argomenti, che appaiono concorrenti, sia informato ad esatti criteri giuridici e sia in grado di giustificare e sorreggere la decisione (Cass., 9 agosto 1963, n. 2254; 29 luglio 1963, n. 2149). N la censura pu dirsi fondata sotto il profilo di un preteso vizio di attivit, per avere cio la sentenza impugnata dedotto il carattere edificatorio del suolo occupato unicamente dall'ubicazione dell'immo~ bile, perch, al contrario, la Corte di merito ha desunto la natura di suolo edificatorio sia dal fatto che esso si trova ai margini dell'abitato, sia dal fatto che in quella zona sorto un centro turistico, tra il lago e e il mare, in continuo sviluppo, sia infine dal fatto che il terreno in contestazione situato lungo una strada, che era gi esistente al tempo dell'occupazione, anche se stata poi successivamente ampliata. Cos motivando, il giudice di merito si attenuto-al criterio gi accolto da questo Supremo Collegio, secondo il quale il carattere di suolo edificatorio si pu desumere, in via riflessa, da un complesso di elementi certi ed obbiettivi di ubicazione, accessibilit, di. sviluppo edilizio, di servizi pubblici, i quali attestano una attuale e concreta abitabilit (Cass., 3 giugno 1963, n. 1483; 16 maggio 1962, n. 1105). N conferente il riferimento al regime delle zone sismiche, perch la legislazione anti tivo sia conforme a legge, deve soltanto esaminare se .la p.A. avesse o meno il potere di emanarlo, ma non pu esercitare alcun sindacato sul modo mediante il quale il potere stesso stato assolto e su tutto ci che ha influito sulla volont dell'organo amministrativo ad emanare quel determinato atto : Cass., 7 maggio 1965, n. 841, Giur. it., Mass., 1965, 304. Ma Cass., Sez. Un., 26 maggio 1965, n. 1038, ibidem, 378, avvertono che l'atto amministrativo, pur non potendo essere revocato o modificato dal giudice ordinario, a norma del combinato disposto degli artt. 2 e 4 della legge abolitrice del contenzioso amministrativo 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, pu essere nondimeno esaminato dallo. stesso giudice in via incidentale e,se illegittimo, disapplicato nel caso dedotto in giudizio ; sulla portata dell'art. 5 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, v. GuGLIELMI, La pregiudiziale amministrativa, in questa Rassegna, 1964, I, 400 e segg. ed ivi ulteriori riferimenti. Sul concetto di interpretazione in linea di legittimit, v. BETTI, op. cit., 239 e segg. {9) Conf. Cass., 3 giugno 1963, n. 1483, Giur. it., 1963, I, 1, 839; 5 giugno 1963, n. 1504, Foro it., Mass., 1963, 438. Per Cass., 10 luglio 1964, n. 1815, in :~ . . .< -~ I ~ , I ~ I I PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 1149 sismica detta particolari cautele di costruzione, ma non esclude l' edificabilit. Con il terzo motivo la ricorrente censura, inoltre, la sentenza della Corte di merito relativamente all'esclusione dell'ulteriore riduzione dell'indennit per l'incremento di beneficio dovuto alla nuova opera, sostenendo che tale manufatto apport un notevole incremento allo sviluppo della zona, fornita in precedenza solo da un'arteria del tutto inidonea, e denunciando che, comunque, in proposito, la Corte ha insufficientemente motivato, specie in riferimento ai precedenti elementi probatori forniti dalla consulenza tecnica e alla decisione del Tribunale. Si duole altres la ricorrente che la Corte abbia del tutto omesso, nella sua valutazione, la considerazione del prezzo del residuo fondo, ai sensi dell'art. 40 legge fondamentale sull'espropriazione. Anche le censure contenute in questo mezzo sono prive di fondamento. Per quanto attiene alla lamentata esclusione di riduzione della indennit per l'incremento dovuto alla nuova opera, la Corte di merito ha negato, in fatto, che dall'opera sia derivato alcun beneficio al terreno circostante, sul riflesso che la strada fu soltanto allargata e che era gi ampia e COJiloda precedentemente. Non v' dubbio che affermazione di fatto, incensurabile in Cassazione, quella relativa all'inesistenza di un aumento di valore per effetto dell'esecuzione di un'opera pubblica, qualora l'apprezzamento sia congruamente e correttamente motivato in base alla risultanze di causa. In ordine, poi, alla pretesa violazione dell'art. 40 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, si osserva che sia l'art. 39, per il quale, nei casi di occupazione totale, l'indennit dovuta all' espropriato consiste nel giusto prezzo, che, a giudizio dei periti, avrebbe a:vuto l'immobile in una libera contrattazione di compravendita, sia l'art. 40, per il quale, nei casi di occupazione parziale, l'indennit consiste nella differenza tra il giusto pr62:zo, che avrebbe avuto l'immobile questa Rassegna, 1964, I, 725 e segg. (sub 2) l'espropriante il soggetto che intraprende lesecuzione dell'opera e per conseguire lespropriazione promuove la dichiarazione di pubblica utilit e, quindi, il proedimento di espropriazione ed tenuto ad offrire e depositare l'indennit . E la Suprema Corte regolatrice non ha mancato di avvertire che il procedimento di espropriazione pu essere svolto e portato a compimento ad iniziativa di un soggetto diverso da quello che titolare del diritto di ottenere la pro,nuncia di espropriazione... ed in tal caso incombe a quest'ultimo l'onere' di provvedere al pagamento della relativa indennit con la conseguenza che nei confronti dello stesso deve essere promosso leventuale giudizio di opposizione alla determinazione dell'indennit , applicando il concetto al concessionario di costruzione di opera pubblica: cfr. Cass., 11 maggio 1964, n. 1129, Giur. it., Mass., 1964, &63; 9 maggio 1962, n. 928, Foro it., 1962, I, 2105 ed ivi nota i(sub 1) di riferimenti di dottrina e giurisprudenza. In tali casi, nel pensiero della Cassazione, " possono essere trasferiti dall' espropriante al concessionario o appaltatore gli oneri concernenti il compimento degli 1150 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO avanti l'occupazione ed il giusto prezzo, che potr avere la residua parte ~ di esso dopo l'occupazione, attengono alla indennit di espropriazione ed al modo di determinarla, mentre, come gi stato chiarito, il presente giudizio ha per oggetto il risarcimento dei danni per occupazione abusiva, nel quale non viene in questione il beneficio che possa essere derivato ad altri fondi, comunque, escluso, nella specie, con accertamento di fatto insindacabile. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia, infine, che la Corte di merito avrebbe erroneamente determinato l'indennit per l'occupazione e l'indennizzo, sulla base del valore edificatorio del fondo e non in ragione della sua reale consistenza agraria e del conseguente reddito. Anche tale censura infondata. Il risarcimento del danno, se deve consistere nella prestazione dell'equivalente del danno prodotto, non pu che adeguarsi alla misura del danno stesso, quale essa risulta nel momento in cui viene risarcito. Pertanto, in tema di risarcimento del danno da illegittima occupazione di immobile da parte della Pubblica Amministrazione (occupazione protrattasi oltre il biennio), sebbene il danno debba essere liquidato con riferimento allo stato di fatto in cui si trovava il fondo al momento dell'occupazione, senza cio tenere conto degli incrementi successivamente apportativi della P.A., tuttavia, non delle condizioni della zona al momento della occupazione si deve tenere I conto, ma delle migliorate condizioni della medesima al momento della , liquidazione, nel caso in cui il terreno, di carattere rurale al tempo della ~ occupazione, si sia poi trasformato in area edificabile per il notevole i:_ sviluppo edilizio della zona (Cass., 2S maggio 1962, n. 1189; 5 agosto 1960, r. 2300). Per quanto, infine, attiene alla liquidazione dell'indennit per la 1~:. ~ occupazione preordinata alla espropriazione per pubblica utilit e atti della procedura di esproprio (cit. sent. 9 maggio 1962, n. 928, Foro it., 1962, I, 2113). ~ opportuno osservare che sicuramente, nel caso del concessionario e di sostituto in genere, si tratta di esercizio di un diritto o potere altrui in nome proprio (sul concetto di sostituzione v. M1;i;;LE, Principi di dir. amm., Padova, 1953, 73 e segg.), onde il trapasso della propriet dell'opera nell'ente concedente o, comunque, sostituito in base ad un legittimo titolo, avviene con la consegna della medesima a quest'ultimo (per un'applicazione di questo concetto v. Cass., 18 febbraio 1960, n. 261, Giust. civ., 1960, I, 958 e segg.; in motivazione: 960). Per l'ipotesi di appalto di opera pubblica v. CIANFLONE, L'appalto di opere pubbliche, Milano, 1950, 317 e seg., con richiamo degli artt. 354, 360 e 361 l. oo.pp. Per una interessante puntualizzazione di principi in una vicenda originata da un caso, analogo a quello esaminato dalla sentenza in rassegna, di esecuzione di opera comunale finanziata dalla Regione Siciliana e curata dal Comune interessato secondo le disposizioni della l. reg. sic. 2 agosto 1954, n. 32, v. Cass., Sez. Un., 11 maggio 1964, n. 1120, in questa Rassegna, 1964, I, 694-695 ed ivi nota redazionale. {10) Cfr. Cass., 3 giugno 1963, n. 1483, cit. a nota 9; 5 giugno 1963, n. 1504 cit. a nota 9. PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA q;yn.E 1151 all'indennizzo per l'occupazione illegittima, calcolati sulla base degli interessi legali, in difetto di prova di maggiori danni, neppure fondata la censura, perch la Corte di merito non ha fatto che attenersi al criterio costantemente adottato da questa Corte regolatrice {Cass., 27 maggio 1963, n. 1389; 20 ottobre 1962, n. 3050). Il ricorso va, pertanto, rigettato con le conseguenze di legge. (Omissis). Il {Omissis). -Con il primo motivo, il ricorrente -denunciando falsa applicazione dell'art. 51 L 25 giugno 1865 n. 2359 e violazione degli artt. 1362 segg. e.e., degli artt. 81 e 100 c.p.c., della I. reg. sic. 12 febbraio 1955 n. 12 e della I. reg. sic. 2 agosto 1954 n. 32, nonch difetto di motivazione, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5 , c.p.c. sostiene che la Corte di merito, ritenendo che legittimato passivo riguardo alla opposizione avverso la determinazione dell'indennit di espropriazione fosse il Comune di Messina e non l'Assessorato Regionale per i Lavori Pubblici, ha errato, perch non ha considerato che dal decreto prefettizio di espropriazione in data 17 ottobre 1960 risulta che il Prefetto, pronunciando l'espropriazione a favore del Comune di Messina, intese indicare tale Comune semplicemente tome beneficiario dell'opera e non qualificare lo stesso come ente espropriante, che era invece, come si evinceva dalle premesse e come confermato da altri atti del procedimento, lAssessorato; che ulteriore conferma (11) Nel caso di specie l'opera veniva compiuta dallo stesso Ente interessato, onde non si attagliava ad ess.o la veste di mero soggetto delegato, se, come avverte la stessa sentenza in rassegna, questi opera " per conto e nell'interesse ,, del delegante. Epper, la sentenza ricorda e conferma il consolidato insegnamento della Corte di. Cassazione in tema di delegazione .(cfr. Cass., Sez. Un., 11 ottobre 1963, n. 2710, Giust. civ., 1964, I, 109 e n. 2711, id., Mass. Cass., 1963, 1270; Sez. Un., 20 gennaio 1964, n. 128, in questa Rassegna, 1964, I, 698 e segg., con nota del CARusr; Cass., 13 agosto 1964, n. 2307, in questa Rassegna, 1965, I, 326; 17 luglio 1965, n. 1588, ibidem, 947; v. anche, in argomento, Cass., 28 ottobre 1965, n. 2285, ibidem, 1193) soltanto per rilevare, a confutazione dell'assunto del ricorrente, che neppure il riferimento a tale figura, da esso fatto, sarebbe stato giovevole alla sua tesi. (12) Qui sembra che la Cassazione ritenga unico il rapporto di occupazione e di espropriazione, considerando la prima preordinata alla seconda, e ci nonostante la tardivit della emissione del decreto espropriativo. Altra volta, invece, ed al fine di negare il principio dell'indennit unica, essa non ha mancato di avvertire che, qualora lespropriazione non segua nel biennio, loccupazione non pu considerarsi pi preordinata all'espropriazione (cfr. Cass., Sez. Un., 17 maggio 1961, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1152 era data dalle disposizioni delle leggi regionali n. 12 del 1955 e n. 32 del 1954; che il Prefetto, con decreto 22 gennaio 1957, aveva autorizzato lAssessorato regionale e, per esso, lAmministrazione comunale di Messina, nella qualit di ente incaricato della esecuzione dei lavori, ad occupare d'urgenza e temporaneamente i beni; che l'indennit di espropriazione era a carico dell'Assessorato, anche se era stata pronunciata lespropriazione a favore del Comune. In sostanza si assume che il Comune era stato delegato per l'esecuzione dei lavori e non per l'espropriazione. La censura infondata. La Corte di merito, valutando gli elementi probatori acquisiti al processo e soprattutto valutando il verbale SO novembre 1956, con il quale il Comune di Messina aveva provveduto ad eseguire Io stato di consistenza dell'immobile; l'istanza in data 19 gennaio 1957, con la quale Io stesso Comune aveva chiesto al Prefetto di Messina l'emissione del decreto di occupazione d'urgenza dell'immobile; e soprattutto il decreto in data 17 ottobre 1960, con il quale il Prefetto di Messina aveva pronunciato l'espropriazione dell'immobile in favore del Comune di Messina, nel cui demanio lopera costruita (strada di allacciamento tra la provinciale Messina-Ponte Gallo ed il cimitero di Torre Faro) era entrata a far parte, ha precisato che i lavori erano stati eseguiti in base. a perizia dell'Ufficio tecnico del n. 1164, Foro it., 1961, I, 1699, in part. 1703), cos come ha ritenuto di dover far leva anche sul principio dell'autonomia e dell'indipendenza dei due procedimenti amministrativi, di occupazione d'urgenza e di espropriazione, per giustificare l'affermazione che la P.A. espropriante conserva integro il potere di ottenere l'espropriazione per p.u. anche dopo il decorso del biennio di validit dell'occupazione d'urgenza: cfr. Cass., 13 febbraio 1965, n. 223, in questa Rassegna, 1965, I, 337 e seg. (sub 1). (13) Conf. Cass., 29 aprile 1965, n. 772, in questa Rassegna, 1965, I, 506 ed ivi (sub 1) nota di riferimenti; v. anche Cass., 30 marzo 1965, n. 557, in questa Rassegna, 1965, I, 1139. (14) Inesattamente la sentenza contrappone, in questo caso, l'affidamento alla concessione; v., invece, per la esatta individuazione della sostanza del rapporto previsto dall'ultimo comma dell'art. 41. 9 aprile 1953, n. 297: lodo 23 dicembre 1963, Pres. Rizzatti, Est. Gionfrida, Societ Meridionale Strade c. Comune di Napoli, Foro it., 1964, I, 2246 e segg., in part. 2249-2250; v. anche, sulla questione, nonch sulla esatta portata del richiamo dell'art. 2055 e.e., fatto anche (sub 2) da Cass., 30 marzo 1965, n. 557, qui in rassegna sub I, l'annotazione che segue: (2-10-12-14) Rapporto organico e sostituzione nella esecuzione di opere pubbliche. I -A quanto dato ricavare dalla lettura della prima sentenza in rassegna, l'ampliamento della strada, per cui s'era resa necessaria loccupazione di una porzione del fondo delle resistenti, poscia protratta illecitamente oltre il termine di PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENzA CIV1LE 1153 Comune di Messina e che, pertanto, l'opposizione alla stima bene era stata rivolta contro il Comune, a cui vantaggio era stata pronunciata l'espropriazione.. e che era quindi l'espropriante, nulla rilevando che il finanziamento dei lavori e dell'indennit fosse a carico dell'Assessorato d.ei Lavori Pubblici della Regione. Trattasi di un giudizio ampiamente motivato sull'interpretazione dell'atto amministrativo (decreto prefettizio di espropriazione) oggetto di controversia ed criterio costante seguito da questo Supremo Collegio che l'interpretazione degli atti amministrativi soggiace alle stesse regole sulla interpretazione dei contratti e pertanto non pu essere censurata in Cassazione l'interpretazione del contenuto di un atto amministrativo, quando stata condotta dal giudice di merito con l'osservanza delle norme d'ermeneutica legale e sempre che sia immune da errori giuridici {Cass., 20 giugno 1962, n. 1595; 18 novembre 1961, n. 2703). Il che si verifica nella specie, perch sul piano strettamente giuridico da rilevare che il rapporto di espropriazione si instaura in modo diretto e immediato tra le parti interessate, ossia tra il soggetto attivo, a vantaggio del quale l'espropriazione viene pronunciata ed il soggetto passivo, in pregiudizio del quale viene operato, per motivi di interesse generale, il sacrificio della privata propriet; il che implica che i diritti e gli obblighi derivanti dal rapporto stesso (tra cui quello del paga- legge, era stato dalla Regione Siciliana attuato, con propri fondi ed a mezzo della Provincia di Messina, in virt delle disposizioni di cui alle leggi regionali 21 aprile 1953, n. 30 e 5 agosto 1949, n. 46. Data per ferma l'applicabilit di tali disposizioni, se ne deduce che, nella specie, doveva trattarsi di opera stradale, che, rivestendo interesse economico regio nale, dalla competenza dell'ente locale era stata assunta in quella della Regione, che ne aveva per affidata l'esecuzione alla Provincia, a norma del congiunto disposto degli artt. 27 I. reg. n. 30 del 1953 e 2 l. reg. n. 46 del J949. A proposito di queste norme, si affermato in dottrina che esse, insieme con quelle di cui alla I. reg. 29 dicembre 1947, n. 15 (art. 2), 31 dicembre 1948, n. 51 (art. 2), cl.I. P. Reg. Sic. 11 giugno 1949, n. 16 (art. 3) e I. reg. 18 aprile 1958, n. 12 (art. 3), configurano, in contrapposto ai casi di delega o di concessione di costruzione d'opera pubblica, un fenomeno di dipendenza di uno stesso ufficio da pi enti n, ossia di unione reale di organi, epper danno luogo ad attivit diretta della Regione, mediante un rapporto organico eventuale e transitorio (SILVESTRI, Rapporto di servizio e giurisdizione della Corte dei Conti in materia di responsabilit amministrativa, Riv. trim. dir. pubbl., 1962, 830. Nega, invece, che le due espressioni usate nell'ultimo capoverso dell'art. 118 Cost. stiano ad indicare due diverse specie di amministrazione il VmGA, La Regione, Milano, 1949, 142, nota 63. Sull'art. 118 Cost. v. anche BENVENUTI, L'organizzazione impropria della Pubblica Amministrazione, Riv. trim. dir. pubbl., 1956, 968 e segg., secondo il quale lo stesso rapporto di delega ex art. 118 Ccist. non altro che un rapporto organico improprio ; se si trattasse di persona fisica non si parlerebbe di delega, ma di nomina o di investitura: ivi, 937 e 988; contra: SILVESTRI, op. cit. ,828). La Corte di Cassazione, come si evince dalla seconda massima della sentenza, ha invece rifiutato la tesi del rapporto organico, sostenuta 1154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mento dell'indennit) sorgono in via normale nei confronti dei soggetti, attivo e passivo, del rapporto medesimo e cio nei confronti di chi s1 giova del trasferimento coattivo del bene e di chi ne sopporta il sacrificio (legittimazione sostanziale). Una volta, quindi, accertato che la titolarit dell'opera spettava al Comune, a cui favore era stato pronunciato il decreto di espropriazione del bene, esattamente i giudici del merito hanno ritenuto la legittimazione passiva di detto Ente nell'attuale giudizio, rilevando altres che, se l'indennit di esproprio era a carico della . Regione, ci riguardava i rapporti interni tra i due enti, cui rimaneva ovviamente estraneo lespropriato {Cass., 3 giugno 1963, n. 1483; Cass., 18 febbraio 1960, n. 261). N giova alla tesi del ricorrente portare il problema sul piano della delegazione e considerare il Comune come delegato per l'esecuzione dei lavori, perch, come ha ripetutamente ritenuto questa Corte regolatrice, ,Ja delegazione amministrativa costituisce un istituto peculiare del dfritto pubblico e non , senz'altro, assimilabile al mandato, per cui non possono ad essa indiscriminatamente applicarsi i principi privatistici propri di questo istituto. Nella delegazione intersoggettiva, in particolare (che, a differenza di quella interorganica, la quale opera nell'a1,I1bito di uno stesso ente pubblico, opera invece tra enti diversi), la legittimazione, attribuita al delegato, all'esercizio, entro i limiti fissati nell'atto di conferimento, di poteri e funzioni spettanti al delegante, non pu essere giuridicamente qualificata in base alle nozioni privatistiche del mandato e della rappresentanza, n pu dirsi che lente dele dalla difesa della ricorrente Provincia, per negare la legittimazione passiva di quest'ultima alla domanda di risarcimento delle proprietarie del fondo, ritenendo i danni direttamente cagionati dalla Provincia col proprio operato , anche se svolto per conto o per delega della Regione. Una corresponsabilit di quest'ultima stata ammessa, iri ipotesi, solo sotto il profilo dell'art. 2055 e.e., ossia in quanto, con l'operato della Provincia, anche un'attivit illecita della Regione potesse aver concorso alla produzione del danno. Appare evidente il contrasto di tale giurisprudenza con quella del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione siciliana, secondo cui la formula dell'art. 2 I. reg. n. 46 del 1949, a mente della quale per l'ese~uzione delle opere "il Governo regionale si avvale degli uffici statali ovvero di altri enti, sempre che dispongano di propria adeguata attrezzatura , interpretata con riferimento al principio stabilito dall'art. 118, 3 comma, Cost. (applicabile al caso poich lo Statuto della Regione non detta alcuna norma particolare), deve indurre l'interprete a ritenere che, quando la Regione si avvale degli uffici di enti locali, detti uffici, limitatamente alle funzioni svolte nell'ambito dell'attivit amministrativa regionale, diventano anche organi della Regione . (Cons. Giust. Amm., Reg. Sic., 16 dicembre 1961, n. 63, Il Consiglio di Stato, 1961, I, 2260). Secondo quel Consesso di giustizia amministrativa, il rapporto di affidamento si tradurrebbe, adunque, nella temporanea assunzione di un ufficio di un ente locale nell'organizzazione regionale e l'ente locale resterebbe estraneo al rapporto PARTE I,. SEZ,. III, CIUmSPRUDENZA CIVll.E 1155 gato operi come un organo, sia pure straordinario, dell'ente delegante. In realt, detta delegazione, importando una deroga (preventivamente consentita dalla legge) alle norme sulla competenza amministrativa, pone il delegato, nei limiti della delega e per la durata di essa, in una condizione pari a quella del delegante; questi, a sua volta, viene a trovarsi, rispetto agli atti di esecuzione della delega, nella posizione di soggetto investito di funzioni di controllo. Il che importa che, di regola, salvo che l'atto di conferimento non disponga diversamente, il delegato investito dei poteri di provvedere, rispetto ali' oggetto della delega, in nome proprio e non in veste di rappresentante dell'altro soggetto, pur se per conto e nell'interesse di questo ultimo. A ci consegue che l'ente delegato direttamente responsabile, nei confronti dei terzi, degli atti posti in-essere in esecuzione della delega, senza .che in contrario possano aver rilievo le eventuali ripercussioni ed implicazioni degli atti stessi nell'ambito del rapporto interno con il delegante e la loro inddenza nella sfera giuridica del .medesimo (Cass., Sez. Un., 20 gennaio 1964, n. 128; 11 ottobre 1963, n. 2711). Con il secondo motivo, il ricorrente -denunciando violazione dell'art. 1362 e.e. e difetto di motivazione in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. -sostiene che la Corte di merito pervenuta alla conclusione che l'Asse~sorato regionale dei LL.PP. difettava di legittimazione passiva anche riguardo alla domanda di risarcimento dei danni conseguenti alla occupazione illegittima, erroneamente interpretando il decreto di occupazione in data 22 gennaio 1957 sulla base di elementi fra la Regione e quel dato organo (cit. dee. n. 63 del 1961, loc. cit.; nella specie ivi esaminata: rapporti fra la Regione e l'Ufficio tecnico del Comune di Messina; cfr. anche Cons. Giust. Amm. Reg. Sic.; 14 dicembre 1962, n. 546, Il Consiglio di Stato, 1962, I, 2139; 25 gennaio 1963, n. 13, id., 1963, I, 86-88). V', tuttavia, da rilevare subito, in proposito, che, tolto il caso che la Regione si avvalga degli uffici statali , resta dubbio se la formula legislativa surriferita autorizzi veramente la Regione ad intrattenere rapporti con singoli uffici, come ad esempio gli uffici tecnici degli enti locali e legittimi tali organi ad agire per la Regione in piena autonomia rispetto ail' ente al quale istituzionalmente appartengono, ovvero non intenda dire, pi semplicemente, che la Regione pu avvalersi degli e?'.ti considerati. Ed in tl caso, proprio il dettato di cui al terzo comma del!' art. 118 Cost. deve indurre l'interprete (se ne veda l'attuazione fattane, per le Regioni a statuto ordinario, dalla I. 10 febbraio 1953, n. 62, art. 39) a considerare il rapporto fra la Regione e l'ente considerato come un rapporto di delegazione (in senso ampio, comprensivo, cio, dei casi in cui il delegato ha un interesse proprio allo svolgimento della delega). Sembra, invero, da escludere che l'alternativa psta dalla cennata norma costituzionale consenta che il rapporto fra la regione e lente minore si svolga ai di fuori dello schema della sostituzione in senso proprio, per divenire addirittura preposizione organica dell'ente in s ad una certa funzione amministrativa regionale. N a tale conclusione pare sia inteso arrivare il Consiglio di Giustizia Amministrativa nella ricordata importante decisione n. 63 del 1961, 1156 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO estranei a tale atto. Infatti -assume il ricorrente -la dizione letterale di tale decreto( l'Assessorato Regionale per i LL.PP. e, per esso, l'Amministrazione comunale di Messina, nella sua qualit di ente incaricato I della esecuzione dei lavori, autorizzato ad occupare d'urgenza e temporaneamente... ) tanto chiara, da non consentire alcuna possibilit di i dubbio e da far risultare in modo certo l'intenzione di autorizzare la Regione all'oocupazione dell'immobile. Soggiunge il ricorrente che la Corte, se avesse considerato, alla luce di tale volont, le drcostanze dell' esecuzione, da parte del Comune, dello stato di consistenza dell'immobile, della richiesta, da parte dello stesso, dell'emissione del decreto di occupazione d'urgenza e della immissione del Comune nel possesso, ne . avrebbe dedotto che tale attivit era stata compiuta dal Comune non in proprio, ma quale incaricato della esecuzione dei lavori e quindi non valeva a .riferire allo stesso la responsabilit dell'occupazione illegittima. Aggiunge il ricorrente che la Corte ha omesso di esaminare la circostanza decisiva che, nel primo grado del giudizio, l'Assessorato Regionale non aveva contestato l'esclusiva riferibilit ad esso dell' occupazione, limitandosi ad eccepire che il termine dell'occupazione stessa doveva intendersi tacitamente prorogato a norma dell'art. 185 t.u. n. 1899 del 1917 e cosi dimostrando di riconoscere la propria esclusiva responsabilit. A dimostrare l'infondatezza delle censure contenute in questo secondo mezzo valgono tutte le argomentazioni gi svolte a confutazione del primo mezzo. laddove ebbe, appunto, a parlare cli rapporto fra la Regione e l'ufficio tecnico del Comune di Messina, per escludere che andasse fatta, nella specie, una delega della Regione al Comune, che restava completamente estraneo al rapporto medesimo. Ma, per restar coerenti con tali premesse, non si capisce come potesse, poi, considerarsi ugualmente legittimo il decreto di occupazione emesso a favore del Comune e non della Regione, n si capisce come fosse bastata l'investitura dell'ufficio tecnico comunale da parte dell'Assessorato regionale ai lavori pubblici nei compiti cli redazione del piano di massima e del progetto esecutivo delle opere pubbliche relative alla costituenda zona industriale cittadina, per abilitare poi... il Comune a chiedere ed ottenere come organo della Regione il decerto prefettizio impugnato. Evidentemente, il Comune non aveva agito; n poteva agire, che in nome proprio, salva la possibilit di una valida investitura ad agire, nel contempo, per conto della Regione. D'altra parte, non pare che la riferita interpretazione, contraria a quella presupposta dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, si sottragga alla fondamentale obiezione che anche l'art. 3 1. reg. sic. 2 agosto 1954, n. 32 reca la stessa formula: il Governo regionale pu avvalersi degli uffici statali ovvero di enti di diritto pubblico, quando dispongano cli un ufficio tecnico adeguatamente attrezzato ed in dottrina non si certo annoverata tale legge fra gli esempi cli normazione applicativa del tipo di amministrazione regionale diretta, a mezzo di organi PARTE I, SEZ. IlI, GIURISPRUDENZA CIVILE 1157 La Corte di merito, con accertamento di fatto insindacabile in questa sede, non ha mancato di sottolineare che il decreto 22 gennaio 1957 di occupazione d'urgenza dell'immobile del Siracusano era stato chiesto al Prefetto dal Comune di Messina; che quest'ultimo, in data 1 febbraio 1957, si era immesso nel possesso dell'immobile e tale occupazione aveva mantenuto anche dopo decorso il biennio. Inoltre, il criterio della legittimazione sostanziale, dinanzi delineato, secondo la giurisprudenza di questa Corte, gi ricordata, riguarda l'esercizio di tutti i diritti e losservanza di tutti gli obblighi derivanti dal rapporto di espropriazione e, quindi, oltre a riferirsi al pagamento dell'indennit, si riferisce anche a quello del risarcimento dei danni per occupazione oltre il biennio. Legittimato passivo nel processo instaurato dalfespropriato Siracusano per il risarcimento dei danni dunque non I'Assessorato, ma il Comune, che ha effettuato l'occupazione abusiva e di essa si giovato. Non ha, poi, rilevanza che l'Assessorato dei LL.PP. della Regione, nel giudizio di primo grado, non abbia espressamente eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, perch le questioni di legittima~ zione ad causam sono deducibili in quafonque stato e grado del processo e sono rilevabili anche d'ufficio, in quanto attengono alla legittimit del contraddittorio. Tali questioni trovano, bens, un limite preclusivo nel giudicato, ma di ci non dato parlare nel caso di esame, poich il giudice di primo grado non si espressamente pronunciato sul punto attinente alla legittimazione, e poi-ch su tale punto non pu neppure transitori, propri in via permanente di altri enti (cfr. Sn..VESTRI, op. loc. cit.). A proposito di questa legge, basta leggerne il successivo articolo 6, per convincersi che la formula dell'art. 3 va intesa necessariamente come ... il Governo regionale pu avvalersi ... di enti di diritto pubblico ecc., se vero che nel citato art. 6 si parla espressamente di opere finanziate dalla Regione, la cui gestione sia demandata ad enti locali . E la conferma se ne ha dal successivo art. 23, da cui si evince che lopera viene poi compiuta dall'ente locale in nome proprio, tant' vero che esso pu beneficiare anche dei contributi che siano stati o che possano concedersi dallo Stato per le opere medesime, dei quali si prevede la cessione alla Regione (si vedano anche l'art. 4: a mezzo degli enti locali, di altri enti pubblici ecc.; l'art. 7: enti incaricati dlla progettazione ecc.; l'art. 15, ove si parla di a enti incaricati della esecuzione dei lavori condotti in economia diretta e di esonero dei medesimi dalla garanzia prescritta per il pagamento degli acconti). Ebbene, anche per l'art. 3 della legge reg. sic. n. 32 del 1954, il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana, nella citata decisione n. 63 del 1961, affermando che essa detta una disciplina generale, applicabile a tutte le opere pubbliche, che interessano la Regione, ha confermato la stessa interpretazione data all'art. 2 I. reg, sic. n. 46 del 1949. Ma i rilievi che precedono dovrebbero dimostrarne l'inattendibilit. Sembra, adunque; che non solo la contrari~ interpretazione data dalla Cassazione all'art. 3 della legge reg. sic. n. 32 del 1954, nella seconda sentenza in 1158 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO invocarsi un giudicato implicito per l'omessa impugnazione della statui zione di merito, perch la pronuncia relativa alla condanna alla corre sponsione di una indennit per occupazione abusiva stata impugnata dall'Assessorato proprio ed innanzitutto sul punto dell'erronea, implicita statuizione sulla sua legittimazione passiva. Con il terzo motivo il ricorrente ,...--denunciando violazione del1' art. 2909 e.e. e difetto di motivazione in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. "--sostiene che la Corte di merito non poteva rilevare d'ufficio il difetto di legittimazione passiva dell'Assessorato Regionale rispetto alla domanda del Siracusano relativa all'estensione del fondo occupato in misura superiore a quella indicata nel decreto di espropriazione ed alla contigua stradella, pure occupata; su tale punto, infatti, si era formato il giudicato, perch il Tribunale aveva considerato l'Assessorato legittimato passivamente in ordine a detta domanda, ma l'aveva respinta nel merito, ritenendola sfornita di prova e tale pronuncia era stata impugnata dal Siracusano per la questione di merito, ma non era stata . impugnata dall'Assessorato in ordine all'affermata legittimazione passiva. Valgono, a tale proposito, le stesse ragioni svolte a confutare ana loga censura contenuta nel secondo mezzo. Anche sulla questione di legittimazione passiva, relativa alla domanda di danni relativi all'occu pazione in eccedenza, non v' stata esplicita pronuncia del giudice di "primo grado e anche a tale riguardo vi stato l'appello dell'Assessorato, rassegn~, ma anche quella, analogamente contraria, data, nella prima sentenza, qui esaminata, all'art. 2 1. reg. sic. n. 46 del 1949, siano da condividere. Il senso di questa norma pu, peraltro, ricostruirsi anche a prescindere dagli argomenti usati per l'interpretazione dell'art. 3 I. reg. n. 82 del 1954, posto che si tratti, invece, di sistemi normativi diversi. Che la formula legislativa voglia intendere che per l'esecuzione delle opere la Regione si avvale; .. di altri enti " ecc., ossia alluda ad un rapporto di delegazione (in senso ampio) fra enti in contrapposto all'ipotesi dell'immedesimazione organica temporanea di determinati uffici statali si ricava: a) dall'art. 5 d.lg. P. Reg. Sic. 26 settembre 1951, n. 29, specificamente richiamto, insieme con i precedenti artt. 1, 2 e 3 dello stesso decreto legislativo, dall'ultimo comma dell'art. 6 l.reg.sic. n. 30 del 1953, epper, trattandosi di rinvio recettizio, immune dall'abrogazione di cui all'art. 311.reg.sic. n. 32 del 1954 (la diversa opinione non si sottrarrebbe alla conseguenza dell'applicabilit della disciplina della cennata l.reg. n. 32 del 1954 e ci, come si visto, basterebbe a risolvere il problema in senso favorevole alla tesi negativa del rapporto di immedesimazione organica), nel quale si p::irla di opere la cui esecuzione affidata agli enti locali " (v. anche art. 15 l.reg.sic. n. 30 del 1953, ove si ritrova la testuale espressione si avvale dei Comuni,,, ecc.); b) nonch dal riferimento sistematico a tutte le altre norme che possibile rinvenire nella speciale legislazione regionale siciliana, ordinaria mente designata come applicativa della seconda ipotesi contenuta nell'art. 118, terzo comma, Cast. (cfr. art. 3 I. reg. 29 dicembre 1947, n. 15, ove si parla di gestione delle opere da parte degli enti locali, con l'osservanza delle norme della l. com. e prov. e del regolamento 25 maggio 1895, n. 350; art. 4 l.reg. 31 dicembre 1948, n. 51, ove si parla di uenti incaricati,,). Quanto, poi, al criterio dell'inte , PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 1159 il quale, impugnando, in via incidentale, la sentenza del Tribunale, ha chiesto che fosse dichiarato il difetto di legittimazione relativo alla domanda di danni per occupazione illegittima, cgmprensiva questa delle due distinte voci di danni, l'una relativa all'occupazione pro.;. tratta oltre il biennio e l'altra relativa all'occupazione del fondo in misura superiore a quella indicata .nel decreto d'espropriazione. Il ricorso va, pertanto, rigettato, con le conseguenze di legge. (Omissis). III (Omissis). -Il protrarsi della occupazione temporanea oltre il biennio di cui all'art. 73 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, senza che sia intervenuta la pronunzia di espropriazione nei modi di legge, rende illegittima la occupazione, con la conseguenza che l'ente occupante, quale detentore senza titolo, . tenuto a restituire il bene, ovvero a ;risarcire il danno, ove la restituzione, per le opere compiute o per altre ragioni, non sia pi possibile. E la liquidazione del danno -per la quale competente il giudice ordinario, stante la innegabile lesione del diritto soggettivo del privato in conseguenza dell'abusiva detenzione dell'immobile -va commisu resse (per un'applicazione v. LAZZARO, In tema di responsabilit civile della pubblica amministrazione per l'esecuzione di opere pubbliche dfrettamente o a mezzo di nte pubblico concessionario, Giur. sic., 1960, 282 e segg.), sembra ben difficile fondare su di esso la giustificazione dell'esclusione, a priori, che, secondo il diritto positivo, si tratti di rapporti di sostituzione fra enti, piuttosto che, necessariamente, di immedesimazione organica. A parte la difficolt di distinguere spesso fra interesse alla realizzaZione e interesse all'esecuzione dell'opera (la distinzione utilizzata da LAZZARO, op. cit., 282 e 284; sul concetto di " esecuzione ,, dell'opera pubblica v. RoEHRssEN, I lavori pubblici, Bologna, 1956, 8), non si pu fare a meno di 'Osservare che la titolarit in capo allo stesso ente dei due interessi non esclude un concorrente interesse alla stessa realizzazione dell'opera in capo ad altro ente, dei cui organi il primo si avvalga {e ci -anche a voler prescindere dai possibili casi, in cui l'opera pubblica sia assunta nel demanio regionale -si verifica normalmente in tutte le ipotesi di esecuzione a cura della Regione di opere pubbliche " di interesse regionale anche se di competenza degli enti locali : v. art. 1 l.reg.sic. n. 46 del 1949; art. 2 d.l. P. Reg. Sic. 11 giugno 1949, n. 16, ratificato con l.reg.sic. 9 dicembre 1949, n. 62; artt. 6, b, 9, 19, 20, 21 l.reg.sic. 21 aprile 1953, n. 30; cfr., altres, art. 1 l.reg.sic. 2 agosto 1954, n. 32; sul concetto di opere pubbliche di competenza degli enti locali e di interesse regionale v. Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., Sez. Cons., 10 luglio 1958, n. 174, Dir. pubbl., 1958, 540), onde si costretti a riconoscere che, allora, non pu prescindersi dalla alterit del rapporto (fra i due enti) e dall'applicazione dello "schema strutturale della concessione , la quale rappresenta " in definitiva, il mezzo indiretto per realiz il60 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rata al valore venale -calcolato come. in una libera contrattazione all'epoca della decisione -nonch ai frutti perduti, cio agli interessi sulla somma liquidata come capitale, con decorrenza dall'inizio della occupazione al soddisfo, a meno che il bene non fosse produttivo di una utilit economica speciale, nel qual caso oompete al proprietario il corrispondente maggior utile. Nella specie pacifico in punto di fatto che l'occupazione del terreno in questione si protratta oltre il biennio di cui al citato art. 73 senza che sia stata pronunziata la espropriazione e che la restituzione dello stesso al proprietario, del resto non pi rkhiesta da costui, non pi possibile atteso l'awenuto compimento dell'opera pubblica in vista della quale fu autorizzata l'occupazione. Pertanto, il proprietario, privato definitivamente del proprio terreno, ha diritto di conseguire il risarcimento del danno derivatogli dalla perdita del bene, n la rsponsabilit dell'occpante esclusa dalla particolare figura del provvedimento di occupazione preordinato alla procedura di espropriazione. Infatti, giusta l'insegnamento della S.C., al termine di cui all'art. 73 della legge 1865, n. 2359 soggia:cciono tutte le occupazioni di urgenza, senza distinzione di sorta, qualunque ne sia la natura e lo scopo. E ci perch, qualora le occupazioni di urgenza a scopo duraturo si doves-If},I zare il finanziamento dell'opera pubblica col vantaggio di un pi immediato controllo (LAZZARO, op. cit., 283). L'insegnamento di massima (sub 2) della prima sentenza in rassegna della Suprema Corte regolatrice sembra, ordunque, preferibile all'interpretazione prevalente nella giurisprudenza amministrativa. Ed in proposito, la sentenza contiene, nella motivazione, il riferimento ad altre pronunce della stessa Corte. Mentre il riferimento a quella in data 18 febbraio 1960, n. 261 (la sentenza trovasi pubblicata in Giust. civ., 1960, I, 958 e segg.) pu essere utile a sottolineare il concetto di intervento sostitutivo in funzione del finanziamento {ivi, 960) pare significativo ricordare che, nella seconda pronuncia richiamata (30 ottobre 1963, n. 2918, Giur. it., Mass., 1963, 997), la Corte di Cassazione ebbe ad esaminare un altro caso disciplinato dalle ll.reg.sic. n. 30 del 1953 e n. 46 del 1949 ed a proposito dell'occupazione d'un fondo privato, fatta dal Comune di Messina per la costituzione di una nuova zona industriale cittadina curata dalla Regione, occupazione protratta oltre il biennio, essendosi la difesa del ricorrente incidentale Comune doluta che la denunciata sentenza della Corte di Appello I di Messina, nel condannare il Comune medesimo al risarcimento dei danni,.',. non avesse considerato che esso aveva agito come organo delegato della . Regione, ebbe gi a chiarire che esattamente la Corte d'Appello aveva affermato la ~: responsabilit dell'ente: perch, essendo questo il soggetto legittimato in base al titolo all'occupazione dell'immobile per il termine di due anni, era responsabile della violazione degli obblighi derivanti dall'occupazione stessa e quindi della mancata restituzione dell'immobile dopo la scadenza del detto termine e, parlando di delegazione nel senso impropriamente usato dalla difesa comunale, per PARTE I, SEZ. Ili, GIURISPRUDENZA CIVILE 1161 sero considerare svincolate dal vincolo temporale innanzi detto, verrebbe ad essere soppressa ogni garanzia del diritto di propriet ed il beneficiario potrebbe indefinitamente procrastinare nel tempo la sua occupazione senza la corresponsione di alcuna indennit per la esproPARTE I, SEZ. Ili, GIURISPRUDENZA CIVILE 1161 sero considerare svincolate dal vincolo temporale innanzi detto, verrebbe ad essere soppressa ogni garanzia del diritto di propriet ed il beneficiario potrebbe indefinitamente procrastinare nel tempo la sua occupazione senza la corresponsione di alcuna indennit per la espro'' i.X ~=,fu'"~. ~ priazione, con palese sovvertimento del principio sancito nell'art. 42 della Costituzione. D'altra parte, come si evince dall'ultimo comma dell'art. 73, anche le occupazioni di urgenza preordinate all'esecuzione di opere pubbliche dichiarate indifferibili ed urgenti conservano la loro autonomia rispetto all'esproprizione definitiva, che sola pu valere a conferire arattere di definitivit alla presa di possesso conseguita al provvedimento cli occupazione (Cass., 24 settembre 1959, n. 2603). Poich trattasi, in definitiva, di azione di responsabilit per fatto illecito, consegue l'applicazione del principio sancito dall'art. 2055 e.e. sull'obbligo solidale di risarcimento del danno dei ricorrenti nell'illecito. Cos inquadrata la pretesa fatta valere dall'istante, pu. passarsi all'esame della questione sollevata dai convenuti, che, entrambi, hanno eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva alla causa. Col decreto di occupazione di cui agli atti il Prefetto della Provincia di Napoli autorizz la Cassa per il Mezzogiorno in nome e per conto del Comune di Napoli ad occupare temporaneamente, per alludere viceversa ... all'ipotesi opposta di immedesimazione organica con immediata riferibilit alla Regione dell'operato degli organi comunali, precis che tale c.d. rapporto di delegazione con efficacia organico-rappresentativa, ossia tale rapporto di immedesimazione, non essendo previsto specificamente dalla legge, n essendo dedotto nel titolo, non giustifica lesclusione della responsabilit dell'occupante nei confronti del proprietario . La corresponsabilit solidale della Regione fu ammessa, invece, soltanto sotto il profilo di un concorso di attivit illecita, a norma dell'art. 2055 e.e. In mancanza di una specifica previsione normativa (e, quindi, di un'apposita disciplina distinguente: cfr. SANDULLI R., In tema di ente economico ecc., Foro it., 1949, I, 1173; CARUSI, Sulla pretesa responsabilit ecc., ivi, 1959, IV, 273, nota 37; ID., lo Stato responsabile? ecc., ivi, 1960, IV, 103) non , dunque, possibile parlare di rapporto organico (e questo valga ad intendere rettamente anche la giurisprudenza dei giudici di merito: v. ad es. Trib. Messina, 15 gennaio i963, Mastroeni c. Provincia di Messina, Giur. sic., 1963, 352). II -Dopo quanto si detto, appare superfluo intrattenersi in particolare sulla seconda sentenza della Corte di Cassazione, qui in rassegna. Questa volta si trattava della costruzione di una strada, disciplinata dalle norme delle leggi regionali sic. 12 febbraio 1955, n. 12 e 2 agosto 1954, n. 32 e la Suprema Corte regolatrice ha avuto modo di ribadire il difetto di legittimazione passiva della Regione alla domanda del ricorrente di risarcimento del danno per una occupazione ultrabiennale compiuta dal Comune di Messina per conto della medesima ed all'opposizione alla determinazione dell'indennit di espropriazione, di cui al decreto prefettizio tardivamente emesso a favore del Comune medesimo. 6 .Z 1162 RASSEGNA i:>ELL' AVVOCATURA DELLO STATO .Z 1162 RASSEGNA i:>ELL' AVVOCATURA DELLO STATO , la -durata di anni due, gli immobili di propriet De Martino, occorrenti rr per l'esecuzione dei lavori di cui in .narrativa. da escludersi che possa, nella specie, trattarsi di rappresentanza, la quale, come noto, implica sostituzione di un soggetto ad un altro nell'esplicamento dell'attivit giuridica, s che l'agire del rappresentante -il quale spende il nome del rappresentato ed agisce in nome e per conto altrui -produce effetti direttamente nella sfera giuridka del rappresentato. Nella rappresentanza volontaria l'attivit del rappresentante si legittima all'esterno in virt della procura conferitagli dal rappresentato. Nella specie, la pretesa rappresentanza non sorgerebbe n in virt di legge, che non la prevede, n dalla volont della parte, del tutto insussistente. La dizione usata nel decreto prefettizio deve essere puntualizzata alla stregua delle norme di cui alla legge 9 aprile 1953 n. 297 {Provvedimenti a favore della citt di Napoli) nell'ambito della quale esso fu emesso. L'art. 4 della citata legge, dopo aver disposto che la Cassa Depositi e Prestiti e degli Istituti previdenziali e di assicurazioni sono auto- Il Comune -ha avvertito la Cassazione -aveva agito in nome proprio ed anche nel proprio interesse, tant' vero che l'opera era entrata a far parte del suo demanio. III -E si perviene, cos, all'esame della sentenza del Tribunale di Napoli. Questa _volta si trattava dell'interpretazione delle norme della legge speciale per la citt di Napoli 9 aprile 1953, n. 297. Secondo tale normativa, come noto, venendo la Cassa DD:PP. e gli istituti previdenziali e di assicurazione autorizzati a concedere alla Provincia ed al Comune di Napoli, per il finanziamento di opere pubbliche di loro competenza, da eseguirsi secondo rispettivi programmi (da predisporre d'intesa con la Cassa per il Mezzogiorno ed approvarsi con decreti del Ministro LL.PP. di concerto col Ministro per il tesoro), mutui per un ammontare complessivo, rispettivamente, di cinque e trentacinque miliardi di lire, con la garanzia dello Stato, nonch i contributi statali di cui alla 1. S agosto 1949, n. 589, la Cassa per il Mezzogiorno stata investita della competenza sostitutiva in ordine alla progettazione ed alla esecuzione delle singole opere ed alla temporanea anticipazione della relativa spesa, salvo riscossione del ricavo dei mutui in virt di deleghe irrevocabili delle amministrazioni interessate. In particolare, v' da osservare che, a norma degli artt. 4 ed 8 1. n. 297 del 1953, compete alla Cassa l'approvazione dei progetti con valore di dichirazione (implicita) di p.u. delle opere e, quindi, la prefssione e l'eventuale proroga dei termini di cui all'art. 13 1. n. 2359 del 1865. Ora, se si ritiene che per gli enti pubblici minori il cumulo delle due vesti, di autorit e di ente espropriante, debba essere espressamente previsto dalla legge, pu, anzitutto, seriamente dubitarsi che nella competenza sostitutiva della Cassa, di provvedere " alla progettazione ed alla esecuzione delle singole opere , sia compresa anche quella di provvedere alle necessarie espropriazioni. Ma, ammesso, in ipotesi, che la competenza sostitutiva PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 1163 rizzti a concedere alla Provincia e al Comune di Napoli, per il finanziamento di opere pubbliche di loro competenza, mutui garantiti dallo Stato per un ammontare complessivd rispettivamente di lire 5 miliardi . e di lire 35 miliardi, sancisce che le opere debbono essere effettuate secondo i programmi da predisporsi dall'Amministrazione e dal Comune di Napoli, d'intesa con la Ci;tssa per il Mezzogiorno, la quale provvede alla progettazione ed alla esecuzione delle singole opere con il ricavo dei mutui predetti. Inoltre l'ultimo comma prevede la facolt della Cassa di affidare l'esecuzione dei singoli lavori alle Amministrazioni interessate. Trattasi, pertanto, di rapporti di collaborazione tra le Amministra zioni degli enti locali e la Cassa per il Mezzogiorno, che con la pro grammazione delle opere da eseguirsi giudicano l'utilit e il rendi mento delle stesse. Tale programmazione deve avvenire d'intesa tra i predetti enti, perch gli stessi. sono entrambi gravati per legge del pagamento dei mutui da contrarre. Tali rapporti di collaborazione, del resto, sono confermati dalla convenzione intercorsa tra il Comune di Napoli e la Cassa per il Mezzogiorno, laddove, all'art. 6, mentre il primo si obbliga ad agevolare il si estenda anche alle espropriazioni, se ne deve inferire che, nel caso di c.d. affidamento dell'esecuzione dell'opera allo stesso ente interessato, anche la potest qi procedere alle espropriazioni torni in capo a medesimi. Ed infatti l'art. 4 I. n. 297 del 1953 conferisce alla Cassa il potere di affidare l'esecuzione dei singoli lavori... alle Amministrazioni interessate . Pare chiaro qui che, non essendosi neppure detto di ma dei , l'espressione usata come sinonima di singole opere , di cui al quinto comma dello stesso articolo (d'altra parte, a voler interpretare diversamente la norma, si perverrebbe, contro la sua ratio, a molteplici complicazioni nell'attuazione dei progetti, che, invece di essere facilitata, ne sarebbe ritardata: si ricordi, ad ogni buon conto, che trattasi di opere pubbliche e, per giunta, di pertinenza del Comune e della Provincia, onde non avrebbe neppure senso fare riferimento alla distinzione che si fonda sull'autonomia del lavoro pubblico rispetto al suo risultato fi11ale e sulla qale v. RoEHRSSEN, I lavori pubblici, cit., 5, 7, e 19). A proposito dell'uJtimo comma dell'art. 4 I. n. 297 del 1953, deve, a questo punto, sottolinearsi che la sua interpretazione, conie peraltro ha riconosciuto la stessa sentenza del Tribunale, senza trarne, tuttavia, le debite conseguenze, va condotta tenendo necessariamente presente la legge organica 10 agosto 1950, n. 646 e, segnatamente, l'art. 8 della medesima, modificato dall'art. 13 1. 29 luglio 1957, n. 634, a mente del quale ~la Cassa pu affidare l'esecuzione delle opere ad organi dello Stato e ad aziende autonome statali, o ne d la concessione ad enti locali e loro consorzi, a consorzi di bonifica e di irrigazione, ad enti di diritto pubblico . Come si vede, l'affidamento, inteso in senso tecnico, corrispo~de a quel rapporto, per cui la Regiorie si avvale di organi esecutivi statali come di organi propri in via transitoria ed occasionale; , cio, un rapporto, che sembra svolgersi nel!' ambito di una stessa organizzazione (PESCATORE, Spunti sulla posizione, della Cassa per il Mezzogiorno, Foro it., 1957, IV,_ 161; m., L'attuazione degli interventi 1164 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO perfezionamento di accordi bonari e delle pratiche di espropriazione, queste debbono essere eseguite da appositi uffici della Cassa, sia pure per conto dell'Amministrazione comunale. La difesa della Cassa, per, sostiene al riguardo .che detta convenzione sarebbe stata modificata da una lettera 27 settembre 1956 a firma del Sindaco di Napoli, con la quale il Comune si sarebbe obbligato a portare a conclusione le pratiche espropriative o di acquisto delle aree occorrenti per i lavori da eseguirsi. Ma agevole osservare, giusta la eccezione sollevata dal Comune, che siffatto riconoscimento non impegna minimamente il Comune, non essendo il Sindaco legittimato ad assumere per lente oneri ed obblighi, in contrasto, per altro, con precedenti convenzioni stipulate ed approvate dagli organi dell' Amministrazione comunale {art. 142 e .segg. legge com. e prov.). straordinari per il Mezzogiorno, Riv. trim. dir. pubbl., 1961, 547; ID., L'intervento straordinario nel Mezzogiorno d'Italia, Milano, 1962, 91 e segg.) e riguarda cc organi dello Stato ed aziende autonome statali (PESCATORE, L'attuazione ecc., cit., 547; per la concezione di tale istituto come una cc particolare forma di concessione escogitata dalla legge per superare un ostacolo giuridico di principio, quello di prevedere. una concessione amministrativa da parte di un ente pubblico minore, quale la Cassa, a favore dell'Ente pubblico maggiore ed anzi massimo, lo Stato v. invece Rocco, L'ordinamento giuridico della Cassa per il Mezzogiorno, Acque, bonif., costruz., 1955, 111: contra, RoEHRSSEN, I lavori pubblici, cit. 189, nota, secondo il quale la legge ha voluto soltanto che detti uffici provvedessero, ove la Cassa lo ritenga del caso, ad operazioni di carattere esecutivo ). Trattasi, pertanto, di concetto diverso e contrapposto a quello, di cui ci si precedentemente occupati, a proposito del rapporto fra Regione Siciliana ed enti locali ed enti pubblici incaricati dell'esecuzione di un'opera pubblica assunta a cura della Regione. Che si tratti, adunque, a proposito dell'ultimo comma dell'art. 4 I. n. 297 del 1953, di un rapporto sostitutorio e non di immedesimazione organica fatto palese dalla chiara contrapposizione e delimitazione di concetti ~ontenuta nell'articolo 8 I. n. 646 del 1950, oltre che dalla stessa formula legislativa: l'esecuzione dei singoli lavori potr essere affidata dalla Cassa per il Mezzogiorno alle Amministrazioni interessate ,, (si ben lungi, quindi, dall'ipotesi dell'affidamento di un certo incarico ad uffici esecutivi propri di altro ente). Questa differenza fondamentale fra il senso generico in cui il verbo affilare usato nel cennato testo normativo della 1. n. 297 del 1953 e quello tecnico e specifico in cui usato nell'art. 8 1. n. 646 del 1950 stata gi avvisata nella giurisprudenza arbitrale, che ha, appunto, qualificato il rapporto fra la Cassa affidante,, ed il Comune di Napoli cc affidatario come un rapporto intersoggettivo, in 1.,ase al quale il Comune provvede all'esecuzione delle opere in nome proprio e in definitiva con proprio onere finanziario, anche se con somme anticipate dalla Cassa, che esercita un penetrante controllo, cc rapporto, questo, pienamente inquadrabile nella concessione di opera pubblica ,, (Collegio arbitrale: Arbitri, Pres. Rizzatti, Est. Gionfrida, Reggiani, Tesauro, Giannini M. S.: lodo 23 dicembre 1963, Soc. Meridionale Strade c. Comune di Napoli, Foro it., 1964, 2249-2250). La differenza rispetto alla delegazione intersoggettiva (il citato lodo assimila, invece, i due rapporti) dovrebbe consistere nella presenza di un diretto interesse del Comune alla realizzazione del PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1165 N le conseguenze mutano nella ipotesi, invocata nel caso in esame dall'Avvocatura dello Stato, prevista dall'ultimo comma dell'art. 4 della citata legge n. 2W del 1953, nel caso, cio, che la Cassa per il Mezzogiorno affidi la esecuzione dei singoli lavori alle Amministrazioni interessate. Invero, vigente l'art. 8 della legge istitutiva della Cassa per il Mezzogiorno n. 646 del 1950 {la Cassa affida normalmente la esecuzione delle opere ad aziende autonome statali o ne d la concessione ad enti locali), si rilev giustamente che il termine generico affidamento riceve una particolare qualificazione della contrapposizione al termine concessione. Questa, come noto, istituto, che, muovendo dalla titolarit di un pubblico potere, determina il. trasferimento dello stesso in altri e costituisce poteri e diritti che prima non gli appartenevano; l'opera, mentre nel soggetto meramente delegato tale interesse dovrebbe mancare (cfr. BENVENUTI, La concessione di opere pubbliche, Acque, boni-fiche costruzioni, 1958, 3). Si gi visto che nel rapporto di delegazione, pur mancando un vero e proprio vincolo gerarchico, sussiste la potest del delegante di impartire al delegato direttive vincolanti anche per il singolo caso concreto {v. nostro studio: In tema di delegazione amministrativa, in questa Rassegna, 1964, I, 704-705; SILVESTRI, op. cit., 828; secondo alcuni, il delegante avrebbe addirittura, invece, un potere di avocazione: SANDULLI, Manuale di dir. amm., Napoli, 1955, 282; contra, di recente, ALGOZINI, Brevi note in tema di delegazione amministrativa, Giur. sic., 1965, 337). Nel rapporto di concessione di costruzione di opera pubblica e segnatamente in quelli instaurati dalla Cassa per il Mezzogiorno resta all'amministrazione concedente il potere di regolare e indirizzare l'attivit del concessionario e di esercitare i necessari controlli tecnici ed economici (Cass., 8 giugno 1963, n. 1528, Riv. giur. edil., 1963, I, 1125). Quello che, per, occorre qui sottolineare che l'attivit di controllo non vale a rendere propria dell'ente concedente l'attivit amministrativa e. tecnica dell'ente concessionario, esaurendosi nei riflessi interni del rapporto di concessione (LAZZARO, In tema di responsabilit della pubblica amministrazione, ecc., cit., Giur. sic., 1960, cit., 284 ed ivi, in nota, riferimenti di dottrina e giurisprudenza). Particolare importanza assume, cos, l'insegnamento della Corte di Cassazione, su cui ci si soffermati innanzi, secondo il quale, lungi.dall'ammettersi, altres, una responsabilit indiretta (in tali sensi v., invece, in tema di delegazione amministrativa, ma senza alcuna convincente dimostrazione, ALGozINI, Brevi note, ecc., cit., Giur. sic., 1965, cit., 337) dell'ente delegante o concedente, si prospetta la questione della corresponsabilit di quell'ente sotto il paradigma dell'art. 2055 e.e. Occorre, cio, un fatto illecito proprio di codesto ente, che concorra con quello del delegato o del concessionario alla produzione del danno ingiusto. :Il: pacifico, infatti, in dottrina e in giurisprudenza, che quella norma prevede un concorso di pi fatti illeciti, coevi o successivi ,, nella produzione dell'evento (cfr. Cass., 6 luglio 1951, n. 1798, Foro it., Mass., 1951, 436, sub 4; 14 maggio 1955, n. 1386, id., Mass., 1955, 300-301, sub l; 15 ottobre 1963, n. 2753, Giur. it., Mass., 1963, 939; 30 ottobre 1963, n. 2927, ibidem, 1000, sub a; 22 maggio 1964, n. 1262, id., Mass., 1964, 409; App. Palermo, 27 april~ 1962, Soc. ind. Russo c. Lo Buono, Foro it., Rep., 1963, voce Responsabilit civile, n. 87, c. 2392; App. Roma, 30 luglio 1962, 1166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO si tratta dunque di un rapporto corrente tra un ente pubblico, in posi-ili 1166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO si tratta dunque di un rapporto corrente tra un ente pubblico, in posi-ili zione di supremazia, ed un altro soggetto, pubblico o privato, in posizione di subordinazione. L'affidamento, invece, sottolinea la esistenza di un rapporto di carattere fiduciario, che non presuppone differenza di posizione, ma che si svolge nell'ambito di una stessa organizzazione. E la vigente legge 29 luglio 1957 n. 634, all'art. 13, testualmente riferisce l'affidamento ad organi dello Stato e ad aziende autonome statali, mentre la concessione riguarda enti al di fuori dell' organizzzione statale. Sia nell'affidamento che nella concessione il contenuto del rapporto consiste nel procedere alla esecuzione dei lavori in sostituzione della Cassa e, quindi, nell'appaltarli o eseguirli in economia, secondo i casi, nel dirigerli, sorvegliarli e contabilizzarli. Soc. ed. Torinese c. Romano, Foro it., Rep., 1963, voce Responsabilit civile, n. 92 bis, c. 2392; BoNASI BENuccI, La responsabilit civile, Milano, 1955, 87; MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, vol. III, p. I, tomo Il, Milano, 1954, 516-517). Ed chiaro, cos, se ce ne fosse bisogno, che non pu aversi, ai fini della responsabilit ex art. 2055 e.e., concorso di attivit lecita con attivit illecita. Alla stregua di tali risultati dell'indagine, la sentenza del Tribunale di Napoli, qui in rassegna sub III, appare criticabile, perch: a) applica al rapporto CassaComune il concetto di affidamento, invece di quello di concessione; b) desume da una presunta posizione di parit dei due enti e dal generico riferimento ad un concerto della loro azione la loro corresponsabilit solidale, senza darsi carico di precisare ed approfondire quale concreto fatto illecito concorrente potesse ritenersi provato come imputabile alla Cassa. :il: incontestabile che, se l'immobile non fosse stato occupato dalla Cassa, che poi affid l'esecuzione dei lavori al Comune, consegnandogli l'immobile medesimo, non si sarebbero potute neppure verificare la protrazione ultrabiennale senza titolo di tale occupazione e la trasformazione del bene in sede stabile del1' opera pubblica (strada cli accesso dalla via N. Maddalena alla nuova aerostazione dell'aeroporto di Capodichino). Ma il Tribunale non ha considerato che l'occupazione da parte della Cassa -dato che, come dice la sentenza, dovesse restare un fatto ad essa proprio -avvenne in base a decreto prefettizio non impugnato in sede di legittimit, ossia in base a valido titolo, epper corrispondeva all'esercizio di un diritto. La consegna dell'immobile al Comune " affidatario (cio concessionario) del lavoro a norma dell'ultimo comma dell'art. 4 1. n .297 del 1953 si inquadrava, a sua volta, nella vicenda dello " affidamento dei lavori al Comune prevista dalla legge speciale come tale rilevante verso i terzi (per i riflessi esterni del rapporto pubblicistico di concessione v. anche Cass., 9 maggio 1962, n. 928, Foro it., 1962, I, 2112, nella motivazione). Quanto, infine, alla pretesa assunzione pattizia da parte della Cassa dell'obbligo verso il Comune di provvedere alle espropriazioni occorrenti per lesecuzione delle opere programmate in base alla 1. n. 297 del 1953, deve subito osservarsi che, se, come si gi accennato, in mancanza di una norma espressa della 1. n. 297 del 195~, sembra fondatamente da escludere che la competenza. sostitutiva della Cassa si estenda per legge anche alle espropriazioni occorrenti per la realizzazione delle opere, . non , certo, possihile PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVILE 1167 Ma, essendo le posizioni soggettive diverse, in quanto la condizione di concessionario corrisponde ad una posizione subordinata, mentre l'affidamento intercorre con un organo dello Stato o con una azienda autonoma statale ed quindi un rapporto inter pares, ne consegue che i modi della esecuzione nella concessione presentano la consistenza e la forma di una attivit nella quale il concessionario si pone in una posizione subordinata rispetto al concedente e nell'affidamento, invece, si configurano come un sistema di collaborazione tra la Cassa e gli affidatari. Pertanto, la Cassa per il Mezzogiorno e il Comune hanno agito di concerto ed in collaborazione fra di loro: non soltanto la occupazione dei beni avvenuta previo concerto di essi enti interessati nel quadro della comune programmazione, ma la lesione del diritto di propriet per la persistenza della detenzione dell'immobile ammettere che tale estensione sia stata validamente operata con l'accordo di cui all'ultima parte dell'art. '6 della Convenzione stipulata il 22 settembre 1953 dal Comune di Napoli con la Cassa per il Mezzogiorno. E ben chiaro, infatti, che, essen dovi per legge un riparto fra enti pubblici di attribuzioni in ordine ad una data materia, ossia trattandosi di competenze istituzionali (di enti pubblici: v. FORTI, Diritto amministrativo, voi. I, Napoli, 1931, 105), il loro assetto non derqgabile con atti di autonomia, neppure pubblica (v. ZANOBINI, Corso di diritto ammini strativo, voi. I, Milano, 1958, 143). Se, viceversa, dovesse ammettersi che, pur in mancanza di apposita norma espressa, la competenza sostitutiva attribuita alla Cassa per il Mezzogiorno dalla I. n. 297 del 1953 si estenda anche alle espropriazioni per p.u., resterebbe e resta pur sempre da sottolineare che alla ripetuta Convenzione 22 settembre 1953 la Cassa ed il Comune addivennero allo scopo di regolare l'applicazione delle norme contenute nella I. 9 aprile 1953, n. 297, per la parte riguardante l'intervento della Cassa per il Mezzogiorno, epper il patto di cui all'art. 6 non potrebbe avere, ad avviso di chi scrive, altro valore che quello di specificare in che modo la Cassa avrebbe provveduto alle espropriazioni per p.u. sul presupposto e per l'ipotesi che il potere di espropriazione per p.u. ad essa, appunto, spettasse. Ma, allora, nulla autorizza a dedurre, dall'interpretazione armonica di tutta la Convenzione, in relazione con le norme della legge speciale, che in quell'articolo si volesse e si potesse stabilire, in via assoluta e preventiva, una riserva di competenza della Cassa a procedere, anche quando la costruzione delle opere fosse affidata ,, , cio concessa ,, al Comune, alle espropriazioni occorrenti. E normale, infatti, che nella concessione c.d. traslativa quanto meno si verifica una successione del concessionario nell'esercizio dei diritti e dei poteri della P.A. ,, e, quindi, trattandosi di concessione di costruzione di opera pubblica, la successione riguarda anche l'esercizio del potere di ottenere la pronuncia di espropriazione (cfr. Cass., 11 maggio 1964, n. 1129, Giur. it., Mass., 1964, 363; v. anche Cass., 9 maggio 1962, n. 928, id., Mass., 1962, 336; in dottrina v. BENVENUTI, La concessione di opere pubbliche, cit., 2). Ed il c.d. affidamento ,, della legge speciale n. 297 del 1953 ha per oggetto, appunto, la costruzione di singole opere, ossia la successione del concessionario nella posizione complessiva del concedente in ordine alla costruzione di tali opere. Ebbene, solo il potere della Cassa di compiere tale tipico atto previsto dalla legge speciale n. 297 del 1953 e non altro, n altro poteva introdurre, quindi, una mera convenzione esecutiva. E, d'altra parte, sarebbe valida, RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 1168 alieno senza provvedere alla espropriazione nel termine di cui al citato art. 73 stata determinata dal coordinamento dell'attivit degli enti convenuti. N, certo, il Comune pu esimersi da tale responsabilit; essendo proprietario dell'opera pubblica da eseguire tenuto pertanto a corrispondere, in definitiva, sia pure pro-parte e con il contributo dello Stato, il prezzo di espropriazione dell'immobile. -{Omissis). e con quale rilevanza verso i terzi, una preventiva regolamentazione pattizia del!' esercizio da parte di un ente pubblico del suo potere di effettuare un certo tipo di concessione, che predetermini in astratto e in maniera vincolante una data limitazione dell'ambito delle future concessioni? Non sembra, adunque, che la terza sentenza qui annotata sia da condividere, come le prime due. F. CARUSI CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 giugno 1965, n. 1189 -Pres. Rossano -Est. Arienzo -P.M. Di Majo (conf.) -Ministero Trasporti {avv. Stato Graziano) c. Societ Italiana Strade Ferrate del Mediterraneo (avv.ti Messina, Baseggio, Nicol). Obbligazioni e contratti -Integrazione del contratto -Funzione Rapporto con l'attivit interpretativa. (e.e., artt. 1374 e 1362 e segg.). Obbligazioni e contratti -Integrazione del contratto -Richiamo all'equit -Significato specifico e portata. (e.e., art. 1374). Arbitrato -Dovere degli arbitri di giudicare secondo diritto Ricorso al criterio dell'equit come fonte di integrazione del contenuto del contratto -Legittimit. (c.p.c., art. 822; e.e., art. 1374). L'integrazione del contratto, prevista dalfart. 1374 e.e., ha la specifica finalit di assicurare che il negozio svolga interamente la funzione economico sociale che lo caratterizza e che ne giustifica la tutela: a tale norma, quindi, nonostante la collocazione nel codice sotto il titolo degli effetti del contratto, non pu disconoscersi valore per la determinazione del contenuto del contratto, di cui gli effetti sono una conseguenza. La interpretazione e rintegrazione del contratto, infatti, pur PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1169 nella sistematica delle norme accolte nel codice, non sono attivit distinte, ma organicamente dirette alla unitaria ricerca del contenuto obbligatorio del contratto e degli effetti che ne scaturiscono (1). L'equit richiamata nelfart. 137 4 e.e. non sostitutiva delfapplicazione di norme di diritto, ma sussidiaria o integrativa, per un puntuale adattamento della norma giuridica al caso concreto: essa cio va intesa non come richiamo di norme extragiuridiche, per un giudizio secondo equit in luogo di una pronuncia secondo diritto, bemi nel senso che il contratto deve essere valutato secondo corretti criteri di logica giuridica, per r esatta determinazione dei suoi effetti (2). L'applicazione dell'art. 137 4 e.e., in quanto fa riferimento all'equit, non esula dalla potest degli arbitri, tenuti a giudicare secondo diritto: r equit in esso considerata non , infatti, sostitutiva delr applicazione di norme giuridiche, ma opera nell'ambito delle stesse e si inquadra in un giudizio di diritto {3). (Omissis). -La ricorrente Amministrazione col primo motivo -sotto il profilo della violazione degli artt. 829 n. 4 e 827 c.p.c. con riferimento agli artt. 24, terzo comma, lett. C, 48 della convenzione 10 luglio 1926 approvata con r.d.l. 29 luglio 1926, n. 1450 e 1374 e.e. -, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che il Collegio arbitrale, applicando l'art. 1374 e.e., si fosse mantenuto nell'ambito del potere conferitogli con la clausola compromissoria, senza considerare che tale potere era stato circoscritto all'interpretazione della clausola di cui all'art. 24 cit. della convenzione e che, quindi, l'integrazione del contratto operata dagli arbitri con il ricorso all'equit, di cui all'art. 1374 e.e., costituiva un'esorbitanza dai limiti della clausola compromissoria, (1-3) Integrazione ed interpretazione dei contratti. Premesso che l'integrazione del contratto prevista dall'art. 1374 e.e. costituisce attivit intesa ad assicurare il compiuto svolgimento della funzione economicosociale che caratterizza il negozio, la Suprema Corte ha ritenuto di poterla assimilare all'interpretazione del contratto. Secondo l'impostazione adottata nella sentenza, le norme di integra,zione e, in ispecie, l'art. 1374, pur attenendo all'individuazione degli effetti del negozio, dovrebbero in sostanza considerarsi norme interpretative, in quanto, come queste e in organica relazione con queste, tenderebbero alla determinazione del contenuto del negozio. . Tale principio non sembra accettabile. Sotto un profilo schiettamente teleologico, esso collega la produzione degli effetti propri delle norme suppletive d'integrazione. ad una volont delle parti non espressa e che assolutamente arbitrario presumere. Da questo punto di vista, la sentenza finisce per negare l'esistenza di norme integrative, poich riconduce la loro efficacia ad una vera e propria finzione: alla finzione che le parti abbiano voluto gli effetti che ad esse risalgono. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1170 implicando un giudizio di equit non consentito agli arbitri, i quali erano tenuti a giudicare secondo diritto. La disposizione dell'art. 1374 e.e., sostiene la ricorrente, non poteva essere applicata dagli arbitri, nel decidere la. questione ad essi deferita, non tanto per l'ubicazione topografica della norma sotto la rubrica integrazione del contratto e nel capo che ne disciplina gli effetti, quanto perch essa diretta non a stabilire il senso della disposizione contrattuale bens a farne scaturire effetti in base alla legge, agli usi e all'equit oltre quelli che derivano dalla manifestazione esplicita di volont e dalla sua interpretazione. La doglianza infondata. La sentenza impugnata, con riguardo alla prima delle due censure contenute nel motivo del ricorso, ha osservato che la norma che regola gli effetti del contratto non esulava dalla competenza degli arbitri, chiamati, a norma dell'art. 48, a giudicare, oltre che sull'interpretazione, anche sull'esecuzione della convenzione, nella quale fase si attuano. appunto gli effetti dell~ .pattuizione. E, con riferimento alla seconda censura, che gli arbitri, nell'applicare il criterio integrativo dell'equit, previsto dall'art. 1374 e.e., abbiano pronunciato non secondo diritto bens come giudici di equit, ha rilevato che l'adozione dell'equit I -~ come elemento sussidiario di giudizio secondo logica, in attuazione della norma citata, comporta non una pronuncia secondo equit ai ii~ ~ sensi dell'art. 113 e dell'art. 822 c.p.c., bens secondo diritto in attua,. , zione di una norma di diritto sostanziale che fa richiamo all'equit . come criterio di valutazione logica e non come complesso di norme . . extra-giuridiche. Entrambe le considerazioni poste a fondamento della ;) , I =~ decisione sono ispirate ad esatti principi giuridici. La controversia, demandata al giudizio secondo diritto degli arbitri, aveva per oggetto la determinazione del contenuto e degli effetti giu- In realt, la distinzione fra interpretazione ed integrazione del negozio viene posta in termini assai netti dalla dottrina, che ha chiarito come la prima attenga a punti del regolamento negoziale, compresi nell'idea espressa dalla formula adottata dalle parti, come tali intelligibili e riconoscibili, anche se la formula stessa non si adeguata al significato da esprimere, mentre la seconda postula l'assenza di un precetto, comunque ricavabile dalla formula, una lacuna, perci, che non riguarda l'espressione, ma invece l'idea stessa del regolamento negoziale. L'integrazione, pertanto, non concerne la fattispecie negoziale, bensl unicamente gli effetti del negozio. In tal senso si vedano: BErn, Interpretazione della legge e degli atti giuridici, Milano, 1949, 300 e segg.; SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1954, 207; MEssINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, Milano, 1952, vol. II, parte Il, 486. Interpretazione e integrazione non si pongono sullo stesso piano, ma corri spondono a momenti logici distinti e che, anzi, in certo modo, si contrappongono. l: ' Il ricorso alle norme d'integrazione presuppone infatti la ricerca interpretativa, . . .1. ~=: . , j. ~,::::.-W:fl )0f0 .m.::: . . . -~-.re..-m. m ... ::::::: .':f&:=@ ~f.ffe-W~--m-:mw.--m=-="-%'..:f.~~:r.:::::-::r:w.:..,,,-:::=: -'"~W'<-::0:.:::::-:::::=' PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZJ\. CIVILE 1171 ridici della clausola contrattuale (art. 24) che faceva riferimento al capitale investito nell'esercizio e, cio, si risolveva nell'accertare, con riguardo al momento di esecuzione del contratto, se, con quella locuzione, le parti si fossero ,riferite alla somma di danaro impiegata nell'esercizio ovvero al valore patrimoniale. Ora, rientrando nella competenza degli arbitri la potest di giudicare non soltanto sull'interpretazione ma anche sull'esecuzione della convenzione, legittima era l'applicazione dell'art. 1374 e.e., che, secondo la posizione sistematica nel codice, attiene agli effetti del contratto cui si deve far riferimento nella fase di esecuzione. D'altra parte, l'integrazione del contratto, prevista dall'art. 137 4 e.e., nel momento in cui se ne attuano gli effetti, ha la specifica finalit di assicurare che il negozio svolga, in relazione alle esigenze che lordinamento giuridico tende a soddisfare, interamente la funzione economico-sociale che lo caratterizza e che ne giustifica la tutela. A tale norma, nonostante la collocazione sotto il titolo degli effetti del contratto, non pu disconoscersi valore per la determinazione del contenuto del contratto di ,cui gli effetti sono una conseguenza. L'interpretazione l'integrazione del contratto, pur nella sistemamatica delle norme accolte nel codice, non sono attivit distinte ma organicamente dirette all'unitaria ricerca del contenuto obbligatorio e degli effetti che ne scaturiscono. Infatti, concluso validamente il contratto, la comne intenzione delle parti riflette la propria efficacia vincolante nei rapporti tra le stesse e gli effetti del contratto corrispondono normalmente ad essa. E, anche a non accogliere la teoria che la concordanza degli effetti giuridici con l'intento normale diretto al risultato pratico puramente oggettiva, provvedendo esclusivamente l'ordinamento giuridco a stabilire tale concordanza, non pu negarsi che la funzione integrativa del contratto attuata mediante norme, suppletive e dispositive, poich, ove esiste una dichiarazione delle parti (con il significato che ad essa si pu attribuire in via di interpretazione), non possono entrare in vigore norme che postulano l'assenza di qualsiasi dichiarazione o di una dichiarazione contraria (BETTI, op. cit., 302, 303). La stessa Corte Suprema aveva del resto fatto propri tali concetti con la sentenza 2 aprile 1947, n. 503, Foro pad., 1947, I, 281, richiamata nella motivazione, ~econdo la quale l'art. 1374 attiene non all'interpretazione, ma all'individuazione, oltre ed in aggiunta alla volont, di elementi atti a determinare il contenuto delle obbligazioni che dal contratto discendono. 'Nello stesso senso, sempre con una distinzione netta fra integrazione ed interpretazione, Cass., 7 agosto 1964, n. 2259, Foro it., Rep., 1964, voce Obbligazioni e contratti, n. 253, riguardante gli usi normativi preveduti dall'art. 1374. Orbene, sembra lecito ritenere che, ove la distinzione dianzi richiamata fosse stata posta a base della decisione, il problema concernente l'applicazione delle norme suppletive d'integrazione ai negozi dell'Amministrazione pubblica avrebbe RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1172 che, anche se non richiamate dalle parti, debbono essere ritenute conformi alla volont contrattuale e aderenti alla natura dell'oggetto o alla peculiarit della causa o alla concreta disciplina convenzionale. Infondato , quindi, l'assunto della ricorrente che, mediante l'applicazione dell'art. 1374 e.e., si modifica il contratto aggiungendosi ad esso qualcosa, perch le ulteriori conseguenze che si fanno derivare dal contratto secondo la legge, gli usi e lequit corrispondono all'intento pratico voluto dalle parti in attuazione di norme che integralmente lo attuino. N pu farsi riferimento alla giurisprudenza, che sembra implicitamente richiamata dalla ricorrente, secondo la quale nella interpretazione dei contratti, in cui interviene la P.A., non consentito indagare quale possa essere stata la presumibile volont delle parti in contrasto col testo lessicale della convenzione, dovendo, in tal caso, aver prevalenza la volont manifesta rispetto a quella effettiva (Cass., 28 gennaio 1960, n. 101; 18 maggio 1960, n. 1255). Infatti, data l'ampiezza della clausola compromissoria, per gli arbitrati di opere pubbliche di cui trattasi, ammissibile anche il ricorso ali' equit, per risolvere le questioni sottoposte agli arbitri circa il contenuto obbligatorio della clausola e in coerenza col testo della stessa. Con riguardo, poi, al criterio dell'equit, richiamato nell'art. 137 4 e.e., la ricorrente sostiene con la seconda censura che, sotto l'apparente applicazione di una norma di diritto, gli arbitri abbiano sostanzialmente giudicato in modo non conforme al diritto, in quanto hanno introdotto lequit nella interpretazione della clausola deferita al loro esame. AI contrario, non esulava dalla potest degli arbitri l'applicazione dell'art. 1374 e.e. anche per quanto riguarda il richiamo al criterio dell'equit come fonte di integrazione del contenuto obbligatorio del contratto, perch, applicando una norma di diritto sostanziale, giudicavano secondo diritto. L'equit, richiamata nella detta disposizione, un elemento sussidiario per derivare dalle norme contrattuali elementi apprezzabili al fine di determinare i limiti e il contenuto delle obbligazioni contratte (Cass., 2 aprile 1947, n..503). L'equit, qui considerata, va intesa non come richiamo di norme extragiuridiche per un giudizio secondo equit in luogo di una pronuncia secondo diritto, bensl nel dovuto essere impostato in termini diversi. Non sarebbe stato possibile, infatti, riportare le conseguenze derivanti dalle norme integrative ad un intento pratico " voluto ,, dalle parti e perci collegato alle loro dichiarazioni. L'inesistenza di un tale collegamento (che poi, come si visto, presupposto per l'applicazione delle norme suppletive d'integrazione) avrebbe ricondotto la fattispecie nell'ambito di applicazione del principio secondo il quale il testo della dichiarazione impedisce, nei confronti dell'Amministrazione, una ricerca attinente alla volont inespressa eventualmente diversa (Cass., S.ez. Un., 18 maggio 1960, n. 1225, Giust. civ., 1960, I, 404; Cass., 28 gennaio 1960, n. 101,. Foro it., 1961, I, 382; 26 giugno 1946, PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 1173 senso che il contratto deve essere valutato secondo corretti criteri di logica giuridica per la determinazione esatta degli effetti. Secondo la comune distinzione, non trattasi di equit sostitutiva dell'applicazione di norme, ma di equit sussidiaria o integrativa, per un puntuale adattamento della norma al caso concreto; l'equit opera, cio, nell'ambito della norma e si inquadra in un giudizio di diritto. Col secondo motivo la ricorrente -denunciando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 829, primo comma, n. 4, 817 e 37 c.p.c., con riferimento agli artt. 24 e 28 della Convenzione 10 luglio 1926, 1467 e.e., 2 e 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, alle norme sulla contabilit di Stato e ai principi di diritto sui contratti della P.A., nonch lomesso esame e lomessa motivazione su uno specifico motivo di impugnazione -, si duole che la Corte del merito abbia omesso di pronunciarsi sul secondo motivo della sua impugnazione, con il quale si era sostenuto che il collegio arbitrale aveva operato una sostanziale reductio ad aequitatem della clausola controversa, non solo pronunciando . fuori dei limiti del compromesso, ma addirittura invadendo un campo sottratto alla giurisdizione del giudice ordinario. L'assunto che gli arbitri avessero operato una reductio ad aequitatem del contratto esprime, sotto altro aspetto, la tesi, gi sostenuta col primo motivo, che gli arbitri, invece di giudicare secondo diritto, avevano formulato un giudizio secondo equit, modificando il contenuto del contratto. La censura, per le gi esposte considerazioni, che hanno negato un giudizio equitativo, deve essere rigettata anche sotto il profilo dell'omesso esame, pel'ch anche in sede di gravame restava assorbita, dopo il rigetto del motivo relativo all'assunto che gli arbitri avessero pronunciato secondo equit. Infine, la ricorrente -sotto il profilo della violazione e la falsa applicazione degli artt. 829, primo comma, n. 4, 817 e 37 c.p.c., con riferimento agli artt. 24 e 28 della Convenzione 10 luglio 1926, approvata con r.d.l. 29 luglio 1926, n. 1450, agli artt. 2 e 4 della legge 20 marzo 1965, n. 2248, all. E, alle norme sulla contabilit dello Stato e ai principi di diritto che disciplinano i contratti e le concessioni della P.A. -si duole che la Corte del merito non abbia considerato che gli arbitri, avendo n. 7 46, id., Rep., 1946, voce Amministrazione dello Stato, 29). Infatti, se, nei confronti dell'Amministrazione, il Supremo Cllegio ritiene inibita un'interpretazione extratestuale del negozio, a maggior ragione dovrebbe ritenere impossibile una integrazione che non trovi rscontro nella formula costituente espressione del regolamento negoziale. La decisione 28 gennaio 1960, n. 101, dianzi citata, sembra costituisca, d'altra parte, un precedente specifico in tal senso. Invero, nonostante il riferimento all'interpretazione, la fattispecie allora decisa riguardava forse un'ipotesi di integrazione del contratto (si deduceva, infatti, l'esistenza implicita di un obbligo del Comune RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1174 modificato il contratto, integrandolo con il ricorso all'equit, avevano finito con il violare i limiti della giurisdizione dello stesso giudice ordi nario, invadendo un campo riservato alla P.A. La censura riposta sull'errato presupposto che gli arbitri abbiano modificato il contenuto della convenzione, violando i limiti del loro potere giurisdizionale e sovrapponendosi al potere discrezionale della P.A. di regolare una concessione amministrativa. Gli arbitri, al contrario, come sopra si detto, non hanno modificato il contenuto della Convenzione, ma hanno determinato il contenuto obbligatorio della Convenzione e gli effetti che, secondo la legge, derivavano per I.e parti. Il rico~so, pertanto, va rigettato. -(Omissis). avente ad oggetto l'espulsione di baraccati abusivi da un'area compravenduta, obbligo che sarebbe risultato dall'esistenza di un termine per la costruzione di edifici sull'area stessa da parte del compratore). Per quanto attiene alla natura dell'equit considerata nell'art. 1374, si ritiene in dottrina che essa non si contrapponga al diritto, derogando ad esso, ma che regoli invece la fattispecie in via suppletiva: cfr. BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, Torino, 1950, 91 e segg.; GmRoN, in Comm. del cod. civ., a cura di D'Amelio e Finzi, Firenze, 1948, sub artt. 1374, 519, 520; BARASSI, Teoria generale delle obbligazioni, Milano, 1946, II, 495; SANTORo PASSARELLI, Dottrine generali, cit., 209. Sull'applicazione, da parte degli arbitri, delle norme suppletive di cui all'art. 1374, cfr., in sen.so conforme, Cass., 2 aprile 1947, n. 503, Foro pad., 1947, I, 281. F. BATISTONI FERRARA CORTE DI . CASSAZIONE, Sez. III, 6 agosto 1965, n.. 1883 -Pres. Boccia -Est. Speziale -P.M. Gentile (conf.) -Santorelli {avv. Della Pietra) c. Provincia di Napoli (avv.ti Del Pozzo, Florio, Marotta). Prescrizione -Prescrizione in materia civile -Azione di regresso tra 'corresponsabili -Interruzione del termine di prescrizione per effetto della domanda giudiziale del danneggiato nei confronti di uno dei corresponsabili -Sussiste. (e.e., artt. 1299, 1310, comma primo, 2055, comma secondo). Nel caso che pi soggetti siano tenuti in solido ad una medesima prestazione ed uno solo di essi sia stato convenuto in giudizio dal creditore, il convenuto pu esercitare azione di rivalsa verso gli altri debi PARTE I, SEZ. ne, GIURISPRUDENZA CIVILE 1175 tori, giovandosi, ai fini della prescrizione, delfeffetto interruttivo prodotto dalla domanda giudiziale del creditore, che opera, per il disposto dell'art. 1310, comma primo, e.e., anche nei confronti degli altri debitori solidali (1). (1) La motivazione della sentenza pubblicata in Foro it., 1965, I, 1645-1647; contra: Cass., 13 maggio 1954, n. 1518, Foro it., 1955, I, 57 e Temi genovese, 1954, 329, con nota critica del Crucco; 25 maggio 1955, n. 1584, Resp. civ., 1955, 497; 29 febbraio 1956, n. 611, Giust. civ., Mass. Cass., 1956, 210. Peraltro Cass., 9 giugno 1956, n. 1983, ibidem, 668 e 20 ottobre 1958, n. 3356, id., Mass. Cass., 1958, 1202, avvertono che l'azione di regresso proposta da un coobbligato, per ottenere dagli altri coobbligati il parziale rimborso delle somme pagate per danni. prodotti dalla circolazione di veicoli, si prescrive con il decorso di dieci anni, se gi risulti giudizialmente accertata Ia responsabilit del coobbligato nella detetminazione dell'evento dannoso, mentre, nel caso inverso, quando cio a tale accertamento non si provveduto, l'azione soggetta alla prescrizione breve di due anni stabilita dall'art. 2947 e.e. . La sentenza in rassegna rileva che l'affermazione che l'articolo 1310 e.e. operi solo nei rapporti fra i creditori e i debitori solidali e non anche nei rapporti interni fra i condebitori " si risolve in una petizione di principio , osservando che in tal modo si d per dimostrato quel che invece si doveva dimostrare e, segnatamente, non si tiene conto che l'azione spettante al debitore solidale, che abbia pagato l'intero debito, per ripetere dai condebitori in tutto o in parte quanto ha versato, in sostanza un'azione in surrogazione e che colui che agisce in surrogazione ai sensi dell'art. 1203, n. 3, e.e. subentra nella stessa posizione giuridica del creditore soddisfatto, Nel senso che l'azione di regresso del condebitore solidale abbia natura surrogatoria, onde il termine di prescrizione decorrerebbe dal giorno dell'evento dannoso, v. Cass., 25 maggio 1955, n. 1584, Giust. civ., Mass. Cass., 1955, 586. Cass., 22 maggio 1963, n. 1338, Giur. it., Mass., 1963, 462, osserva che a la surrogazione presuppone il pagamento del debito, ma anche che esso sia stato effettuato da chi aveva l'obbligo di pagare con altri o per altri, ovvero ne sia responsabile per disposizione di legge. In dottrina si , invece, contrapposta l'azione di regresso a quella in surrogazione: la prima non pi quella originaria del creditore, ma bens autonoma, soggettivamente e obiettivamente, con diversa estensione e differenti caratteristiche, priva ormai della garanzia della solidariet passiva. L'azione di regresso trova nel fatto illecito solo una remota origine, ma nasce in realt direttamente da un fatto del tutto diverso e cio da un pagamento parzialmente, se non anche totalmente, indebito e si , quindi, affermato che l'azione di regresso soggiace all'ordinario termine di prescrizione decennale, con decorrenza dal momento del pagamento dell'intero debito: BoNASI BENUCCI, La responsabilit civile, Milano, 1955, 103. Per quanto riguarda pi specificamente la questione di prescrizione della azione di rivalsa della P.A. verso il proprio dipendente occorre distinguere fra l'ipotesi in cui si tratti di impiegato, o comunque di persona vincolata volontariamente alla P.A., e sussista la giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti, e l'ipotesi in cui l'azicme di rivalsa sia esperibile innanzi al G.O.' Nella prima ipotesi, appare chiaro che all'Amministrazione compete l'azione contrattuale, soggetta, pertanto, alla prescrizione decennale, con decorrenza quanto meno dal momento in cui il danno all'Erario sia divenuto certo e attuale, per effetto di condanna esecutiva o di transazione approvata: v. in questa Rassegna, 1965, I, 505, sub nota 3. Per la 1176 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO seconda ipotesi,. stato osservato, nella Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 1951-1955, vol. I, Roma, 1957, 145, non essere dubbio che la P.A., la quale abbia risarcito il danno cagionato da un suo dipendente .(non impiegato), possa surrogarsi al creditore ai sensi dell'art. 1203, n. 3, e.e. e, trattandosi di danno prodotto dalla circolazione di veicolo, si precisato che in tal caso, esercitando essa la stessa azione del danneggiato, non pu non applicarsi l'art. 2947, secondo comma, e.e., tenendosi conto, per, che l'azione instaurata dal danneggiato contro la P.A. interrompe il corso della prescrizione anche nei confronti del dipendente, autore del danno, pur se eventualmente costui non sia stato citato in giudizio " (Relazione cit., vol. loc. citt.); si aggiunto, tuttavia, che, quando la P.A. risponde per il fatto del suo dipendente, considerato come fatto proprio in virt del rapporto organico, non il caso di parlare di mero regresso ex art. 2055, comma secondo, e.e., ma in sostanza qui il fatto uno solo ed imputabile a una sola persona: l'autore del danno. La. responsabilit verso i terzi duplice, dell'autore e della P.A. Questa, peraltro, ove abbia riSarcito il danno e non intenda avvalersi della generale azione surrogatoria, pu agire contro il dipendente in virt del rapporto di dipendenza ... Il dipendente dell'amministrazione ha assunto verso di questa l'obbligo giuridico di prestare la propria opera con diligenza e perizia; la violazione di quest'obbligo d luogo a responsabilit contrattuale ... questo principio, che si trae dall'art. 82 della legge sulla contabilit generale dello Stato, non pu non applicarsi, per la sua portata generale, anche ai dipendenti che non possono considerarsi pubblici impiegati (militari di leva), ma che, tuttavia, sono legati alla P.A. da un rapporto di servizio il cui contenuto, sanzionato anche penalmente, comprende l'obbligo specifico di adempiere le proprie mansioni con diligenza e perizia " (Relazione ecc., cit., vol. cit., 145-146). Sul problema v. anche le note di F. CHIAROTTI, in questa Rassegna, 1954, 189 e segg.; id., 1956, 179 e segg.; id., 1957, 151 e segg. (recensione a G. AMORTH, La prescrizione in materia di circolazione stradale1 ecc., Foro it., 1957, I, 1563 e segg.), nonch la Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 1956-1960, vol. Il, Roma, 1961, 184 e segg. < CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 17 agosto 1965, n. 1965 -Pres. Cannizzaro -Est. Felicetti -P.M. Gentile (conf.) -Censoni {avv. Di Troja) c. Comune di Roma (a\rv.ti Simoncelli, Colamartino). Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Contratti della P.A. -Volont implicita -Esclusione -Rinnovazione tacita del contratto di locazione -Inammissibilit. (r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 3 e segg.; r.d. 23 maggio 1924, n. 827, artt. 37 e segg.; r.d. 3 marzo 1934, n. 383, mod. dalla 1. 9 giugno 1947, n. 530, artt. 87, 89, 97 e segg., 140, 142, 148 e segg., 296 e segg.; e.e., art. 1597). La volont di obbligarsi della Pubblica Amministrazione non pu desumersi per implicito da fatti od atti, ma deve essere manifestata nelle forme richieste dalla legge, tra le quali la scrittura ad substantiam: pertanto non applicabile nei confronti dell'Amministrazione PARTE I, SEZ. Ili, GTIJRISPRUDENZA CIVILE 1177 stessa fistituto della rinnovazione tacita della locazione, disciplinato dall'art. 1597 del codice civile (1). (Omissis). -Con il primo mezzo il ricorrente ha denunciato la sentenza impugnata per violazione delrart. 2702 e.e., affermando ch'essa avrebbe disatteso la validit delle scritture private esibite {contratto e ricevute di fitto) dalle quali sarebbe risultato che, dopo la risoluzione giudiziale dell'originario contratto, le parti lasciarono immutato il relativo rapporto . Questa censura si riferisce all'accertamento, contenuto nella sentenza ch' oggetto del ricorso, secondo il quale il contratto di locazione originariamente stipulato fra il Comune e il Censoni fu risolto, per inadempimento del conduttore, con pronuncia del Pretore in data 30 novembre 1956 a seguito della quale il Comune concesse in locazione l'immobile a Censoni Anna. Come si evince dall'enunciazione stessa del motivo, esso non riflette la denunciata cc violazione dell'art. 2702 e.e. ma la valutazione delle prove in base alle quali i giudici del merito sono pervenuti al cennato accertamento di fatto, contrario alla diversa tesi dal ricorrente. Trattasi, quindi, di censura inammissibile, ma non superfluo rilevare che -se pure potesse ritenersi rivolta a denunciare un omesso o insufficiente esame di punto decisivo -essa sarebbe completamente infondata giacch l'unico documento contrattuale posteriore alla sentenza pretoria sopra citata altro non -come fa rilevare il resistente -che una denuncia unilaterale di contratto verbale di affitto proveniente unicamente dal Censoni, della quale i giudici del merito non avevano ragione di tener conto, mentre delle ricevute prodotte essi non hanno mancato di occuparsi, rilevandone l'ininfluenza ai fini della causa. (1) Inammissibilit della rinnovazione tacita del contratto di locazione stipulato con una p.a. La Suprema Corte conferma la sua costante giurisprudenza sull'inapplicabilit della rinnovazione tacita della locazione, prevista dall'art. 1597 e.e., nei confronti di una pubblica amministrazione. Nello stesso senso, si vedano, da ultimo, le sentenze della Cassazione, Sez. Un., 6 luglio 1963, n. 1817, in questa Rassegna, 1963, 135-136 e in Foro amm., 1963, II, 389; e, a Sezioni semplici, 18 aprile 1962, n. 758, Giust. civ., Mass., 1962, 375; 6 aprile 1961, n. 732, ibidem, 1961, 304; 28 luglio 1958, n. 2713, Foro amm., 1958, II, 738; 8 novembre 1956, n. 4196, Foro it., 1957, I, 1758. L'indirizzo giurisprudenziale -nonostante il dissenso manifestato da qualche Autore (ALlO'ITA, Rinnovazione tacita nei contratti di locazione stipulati della p.a., Giur. Cass. civ., 1951, 3 quadr., t. III, 1446 e segg.; ZAPPULLI., Nota a sent. 7 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1178 Con il secondo mezzo il ricorrente ha denunciato l'impugnata sentenza per difetto di motivazione in ordine alle ragioni che indussero il Tribunale a disattendere la rilevanza delle prove documentali nonch dell'avvenuta corresponsione dei fitti sino al 1960 ed a rite nere necessaria la volont espressa e formale della P.A. {Comune) per la rinnovazione del contratto originario. Anche queste censure sono destituite di qualsiasi fondamento. . I giudici del m~rito hanno adempiuto all'obbligo della motivazione esponendo -in modo logico e senza errori di diritto -le ragioni del proprio convincimento. Invero essi -alla stregua delle risultanze della causa -hanno accertato e ritenuto che per effetto della sentenza pretoria SO novembre 1956 passata .in giudicato, la ,quale dichiar la risoluzione dell'originario contratto per colpa del Censoni, che aveva abbandonato l'immobile sin dal 1955 abusivamente. sub-locandolo, il Comune, rimasto libero di disporre dell'immobile stesso, stipul un nuovo contratto con ' la Palandrani, sorella del Censoni, su richiesta proprio di quest'ultimo. 8 novembre 1956, n. 4196, Giust. civ., 1957, I, 886) e da qualche isolata e non recente decisione di giudice di merito (Trib. Napoli, 15 ottobre 1951, Foro it., 1951, I, 1554) -, senza dubbio, da approvarsi. ~ noto che la rinnovazione tacita del contratto di locazione, di cui ali' art. 1597 e.e. citato, si fonda esclusivamente sulla volont tacita delle parti di rinnovare il contratto, che il legislatore desume dal loro comportamento, consistente, da un lato, nella permanenza del conduttore nella detenzione della cosa locata, pur dopo la scadenza dell'originario contratto e, d'altro lato, nella mancanza di qualsiasi manifestazione di volont del locatore contraria a tale prmanenza, sicch risulti l'acquiescenza del medesimo a tale ulteriore detenzione (cfr., da ultimo, Cass., 8 ottobre 1963, n. 2677, Foro it., 1964, I, 594 e Giust. civ., 1964, I, 651; 26 ottobre 1960, n. 2906, Giust. civ., Mass., 1960, 1125; cfr., anche, Cass., 6 giugno 1961, n. 1298, id., 1961, 562). La tacita riconduzione, inoltre, non integra una proroga automatica nel tempo della durata della convenzione originaria, ma d vita ad una nuova e distinta convenzione, che si rinno~a di anno in anno e che si differenzia da quella originaria per il fatto che la volont delle parti si manifesta tacitamente (cfr. Cass., 10 luglio 1959, n. 2232, Giust. civ., Mass., 1959, .760; 26 ottobre 1960, n. 2906, cit.). Se quelli suindicati sono il fondamento e la natura della riconduzione tacita (si ricordi, per, che una autorevole corrente dottrinale nega che, alla base della stessa, sia da ravvisare una manifestazione tacita o presunta di volont e la qualifica come una " dichiarazione tipica o con valore legale tipico ", nel senso che la legge attribuirebbe al comportamento dei soggetti un significato dichiarativo predeterminato, anche se non vi stata, in concreto, una volont consapevole: cfr. SANToRo PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1959, 141 e segg.; CARioTA FERRARA, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli, 1946, 414 e segg.), agevole corollario quello della sua inapplicabilit ai contratti di locazione di cui sia parte {sia come locatrice che come locataria) una pubblica amministrazione. PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 1179 Hanno quindi i giudici del merito ritenuto irrilevante la circostanza che, per ritardo dovuto a ragioni meramente burocratiche, 1e ricevute della pigione continuavano ad essere per qualche tempo intestate al precedente conduttore, osservando altres che in ogni caso, dopo la pronunciata risoluzione giudiziale del primo contratto tra il Comune e il Censoni; era da escludere la rinnovazione tacita di quel rapporto, non potendo la volont della P.A. i(per altro espressamente manifestata in senso contrario mediante la conclusione del nuovo contratto con la Palandrani) essere desunta per implicito . Trattasi, com evidente, di apprezzamenti di fatto, insindacabili in sede di legittimit e, per quanto attiene all'esclusione della tacita riconduzione, di argomentazione in tutto conforme a quanto varie volte . rilevato da questa Corte Suprema, la quale ha in diverse occasioni riconosciuto che la volont di obbligarsi della P.A. non pu desumersi per implicito da fatti o atti ma dev'essere manifestata nella forma richiesta dalla legge, tra le quali la scrittura ad 'substantiam; cosicch non configurabile, nei confronti dell'Amministrazione stessa, l'istituto della E risaputo che gli enti pubblici non possono assumere impegni e concludere contratti se non nei modi e nelle forme stabilite dalle leggi e dai regolamenti. I requisiti di validit dei contratti riguardano la manifestazione di volont, che deve provenire dall'organo cui attribuita la legale rappresentanza dell'ente (e che spesso diverso dall'organo cui spetta la delibera di concludere il contratto), il procedimento, che deve essere predeterminato (pubblico incanto, licitazione privata o trattativa privata) e la forma che deve essere quella scritta ad substantiam (cfr., da ultimo, Cass., 9 aprile 1965, n. 627, Giust. civ., 1965, I, 1859; 10 ottobre 1962, n. 2919, id., 1963, I, 1110). E poi, altrettanto pacifico che il contratto stipulato dall'ente pubblico, pur se perfetto, non efficace se non dopo l'approvazione della competente autorit di controllo {art. 19, r.d. 18 novembre 1923, n. 2440; art. 296 t.u., 1. com. e prov. 3 marzo 1934, n. 383, modificato dall'art. 10 I. 9 giugno 1947, Ii. 530). Ora, appunto perch -come si sopra visto -la tacita riconduzione implica una nuova e distinta manifestazione di volont, che d vita ad un nuovo contratto di locazione, non esatto affermare, per riconoscerne l'applicabilit ai contratti stpulati da una p.a., che essa innestata nel precedente rapporto locatizio perch automaticamente prevista dalla legge (ALIOTI'A, ZAPPULLI, locc.; citt.): all'incontro, proprio perch la detta . rinnovazione implica la stipula di un distinto negozio giuridico, essa non pu trovare applicazione nei confronti della p.a., che -come si detto -in tanto pu assumere obbligazioni e diritti in quanto siano osservati i modi e le forme previste dalla legge. In particolare, riconoscendosi I'ammissibilit della tacita riconduzione anche per la p.a., verrebbero spesso inosservate le norme sulla competenza a formare ed a manifestare la volont dell'ente pubblico {ael caso frequente che l'ulteriore deten zione dell'immobile avvenga ad opera di uffici esecutivi ivi installati e non competenti a deliberare e dichiarare la volont della p.a.); e verrebbero sempre violate le noqne che . impongono il procedimento per la scelta del contraente (perch il con-. tmtto sarebbe automaticamente rinnovato con la parte della precedente convenzione) l'osservanza della forma scritta (che richiesta a pena di nullit assoluta del nego 1180 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rinnovazione tacita della locazione disciplinato dall' arUcolo 159'7 e.e. (v. sentt. n. 2713 del 1958; n. 4196 del 1956; n. 1817 del 1963). Esatta , pertanto, la decisione cui il Tribunale pervenuto in I base alle premesse di fatto e di diritto poste nella motivazione della sentenza impugnata e non consentito al ricorrente pretendere di sostituire, a quello del giudice, il proprio diverso ed interessato apprezzamento dei fatti della causa e delle risultanze probatorie. -(Omissis). zio: cfr. Cass., 9 aprile 1964, n. 811, Giust. civ., 1964, I, 1403} e delle norme che condizionano l'efficacia del contratto all'intervento dell'approvazione (che atto formale e che non ammette equipollenti: cfr. Cass., n. 4196/1957, cit.,) delle competenti autorit (perch il controllo non avrebbe possibilit di espletarsi per la mancanza dell'atto formale di stipulazione). Tale ultimo rilievo sarebbe decisivo anche ove -ripudiando il comune insegnamento della giurisprudenza -si aderisse a quella teorica che qualifica la tacita riconduzione tra le (( dichiarazioni tipiche (SANTORO PASSARELLI, CARIOTA FERRARA, opp, locc. citt.): ed infatti il controllo che la legge configura come necessaria condizione dell'efficacia del contratto e che viene operato da autorit diversa da I quella che ha deliberato e dichiarato la volont dell'ente non pu ovviamente che esser limitato al contenuto negoziale espresso nell'atto .(e quindi lla durata della locazione in esso prevista) e sarebbe frustrato ogni scopo dell'approvazione, se I ' l'ufficio che ha stipulato il contratto di locazione potesse, a proprio arbitrio, protrarre o meno nel tempo (e, quindi, anche per un periodo illimitato) la durata della locazione (con le conseguenti obbligazioni che da questa scaturiscono anche a carico della p;a.), consentendo o mantenendo l'ulteriore detenzione del bene locato. Pu quindi concludersi con sicurezza che -comunque si voglia inquadrare la tacita riconduzione di cui all'art. 1597 e.e. -le norme di legge che disciplinano la validit e lefficacia dei contratti degli enti pubblici impediscono l'applicabilit della citata disposizione, ove parte del contratto di locazione sia una pubblica amministrazione. G. MANDO' CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 ottobre 1965, n. 2173 -Pres. Rossano -Est. Giannattasio -P.M. Caccioppoli (parz. diff.) -Istituto autonomo per le case popolari della Provincia di Messina {avv. Brancati) c. Mento ed altri {avv.ti Crisafulli P., Moschella M. e A.) e Ministero Lavori Pubblici (avv. Stato Albisinni). Espropriazione per p.u. -Efficacia traslativa della relativa pronuncia -Riferimento alla data di emissione del decreto espropriativo della valutazione del bene ai fini della determinazione dell'indennit di espropriazione -Insensibilit di tale indennit agli effetti della svalutazione monetaria. (1. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 39 e segg., 48, 49, 50; e.e., art. 1277). PARTE I, SEZ. IlI, GIURISPRUDENZA CIVILE 1181 Espropriazione per p.u. -Indennit espropriativa -Determinazione -Criteri. (l. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 39 e segg.). Occupazione Occupazione d'urgenza preordinata all'espropriazione per p.u. -Protrazione ultrabiennale senza titolo della occupazione -Sopravvenuta emissione del decreto espropriativo -Risarcimento del danno per il periodo di occupazione illegittima -Criterio di liquidazione -Interessi legali sulla indennit espropriativa -Ammissibilit della prova della diversa misura effettiva del danno. (l. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 73; e.e., artt. 2043, 2056). Occupazione -Occupazione d'urgenza preordinata all'espropriazione per p.u. -Tardiva emanazione del decreto espropriativo -Indennit per il periodo di occupazione legittima e risarcimento del danno per il periodo di occupazione sine titulo Liquidazione dell'indennit e del risarcimento nella misura dell'interesse legale sull'indennit espropriativa -Diritto agli interessi compensativi sull'indennit e sul risarcimento fino alla data dell'effettivo deposito -Sussiste. (l. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 72, 73; e.e., artt. 2043, 2056). Cosa giudicata -Eccezione di giudicato formatosi nel corso dello stesso giudizio -Potest della Corte di Cassazione d'interpretazione della sentenza e di accertamento delle successive vicende processuali della medesima -Sussiste. (e.p.e., art. 324, arg. ex art. 360; e.e., art. 2909). Appello -Determinazione del thema decidendum -Ambito del potere di riesame del giudice di secondo grado -Motivi di appello -Chiarimenti nelle successive deduzioni delle parti Questioni direttamente connesse con quelle proposte con i motivi di appello. (e.p.e., artt. 342, 345, 346). Impugnazione -Scadenza dei termini -Ammissibilit di impugnazioni incidentali tardive -Riguarda le impugnazioni incidentali vere e proprie e non le c.d. impugnazioni incidentali autonome -Rispettive nozioni. (e.p.e., artt. 331-334, 343). Impugnazione -Scadenza dei termini -Cause inscindibili -Nozione -Ammissibilit di impugnazioni incidentali tardive ancorch dirette contro una parte diversa da quella che ha esperito il gravame principale. (e.p.e., artt. 331, 334). 1182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Procedimento civile -Intervento in causa del terzo -Intervento volontario -Termine finale di ammissibilit. (c.p.c., artt. 105, 268). Avendo il decreto di espropriazione per p.u. efficacia costitutiva del trasferimento delfimmobile, alla. data di tale pronuncia deve essere riferita la valutazione del bene, ai fini della determinazione della relativa indennit, che, perci, di regola insensibile agli effetti della svalutazione monetaria {l). Nella determinazione del giusto prezzo delfimmobile alla data del decreto di espropriazione devono essere presi in considerazione i van-. taggi reali, effettivi che il proprietario avrebbe potuto conseguire e non anche i vantaggi eventuali ed ipotetici, come quelli che presuppongono I (1) Viene pubblicata la parte della motivazione della sentenza in rassegna relativa alle prime quattro massime. Sul momento in cui si veri:lca il trasferimento coattivo (art. 50 1. 25 giugno 1865, n. 2359) v. Cass., 29 maggio 1964, n. 1345, in questa Rassegna, 1964, ,!, 1084, sub 3 (1086 e 1088, nella motiv.); v. anche Cass. 20 marzo I 1965, n. 463, in questa Rassegna, 1965, I, 490, nonch Cass., 7 maggio 1965, n. 836, ibidem, 940 e in Giur. it., Mass., 1965, 301: il trasferimento della propriet della cosa espropriata si veri:lca alla data della pronuncia del decreto di espropriazione, I che non atto recettiZio. Pertanto, la notifica del decreto di espropriazione non necessaria per la giuridica esistenza e per la validit ed efficacia dell'atto di esproprio, ma opera solo ai fini delle impugnative concernenti le indennit do\rute I ali' espropriato ; sulla data a cui va riferita la determinazione dell'indennit espropriativa, v. Cass., 14 luglio 1965, n. 1498, Giur. it., Mass., 1965, 544; v. anche Cass., 30 ottobre 1963, n. 2918, Giur. it., Mass., 1963, 99'7, sub a; Sez. Un., 26 gen, I naio 1942, n. 218, Riv. dir. pubbl., 1942, II, 327, con nota di riferimenti; infine, sul carattere di debito di valuta, soggetto al principio nominalistico, dell'indennit di espropriazione e sulla irrilevanza della svalutazione monetaria, v. Cass., Sez. Un., 12 agosto 1949, n. 2304, Foro amm., 1950, Il, 1, 17 e segg., con nota adesiva I del SANDuLLr (A. M.); 12 marzo 1951, n. 594, Giur. compl. Cass. civ., 1951, vol. XXX (1 quadr.), 231 e segg., con nota di ARDrzzoNE; Cass., 5 luglio 1954, n. 2333, id., 1954, vol. XXXIII (5 bim.), 241 e segg., con nota adesiva di MELITO; 26 giugno 1963, n. 1737, Giur. it., Mass., 1963, 602 (sub 1) ed ivi ulteriori .riferimenti di giurisprudenza; 19 febbraio 1964, n. 374, Giust. civ., Mass. Cass., 1964, 160, ove si avverte, per, che la rivalutazione ammissibile soltanto in caso di colposo ritardo nella procedura di liquidazione dell'indennit, imputabile all'amministrazione espropriante . Sul punto si veda, in dottrina, SANDULLI A.M., Indennit df espropriazione e svalutazione monetaria, Foro amm., 1950, Il, l, 20-21, il quale, premesso che il ritardo del pagamento dell'indennit all' espropriato non minimamente ascrivibile all'espropriante, il quale a suo tempo provvide a depositare presso la Cassa dei depositi giudiziari la somma indicatagli dall'organo super partes competente (art. 41 I. org. espr.), n pu essere tenuto responsabile per il ritardo dovuto allo svolgimento. della procedura giudiziaria voluta dalla legge (art. 51) e, rilevato che non pu esservi istituzionalmente mora nel pagamento dell'indennit (l'obbligo del quale sorge con l'emissione del decreto PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVIl.E 1183 un atto autorizzativo, quale esercizio di una potest discrezionale della P.A., di fronte alla quale il privato non ha una posizione di diritto soggettivo (2). In caso di protrazione ultrabiennale delr occupazione a urgenza di immobile per r esecuzione di opera pubblica e di successiva, tardiva emissione del decreto espropriativo, il risarcimento del danno dovuto al proprietario per il periodo di occupazione sine titulo, in mancanza della precisa dimostrazione che il reddito effettivo delfimmobile occu pato sarebbe stato minore e salva la dimostrazione di un maggior danno, consiste di regola negli interessi legali sulrindennit espropriativa (3). Le somme dovute a titolo di indennit o di risarcimento, ancorch determinate nella misura delr interesse legale, non sono interessi scaduti, ma indennit e risarcimento non pagati, che sono produttivi di interessi. Anche sulla indennit di occupazione anticipata in via a urgenza aun immobile per r esecuzione di opera pubblica sono dovuti, pertanto, gli interessi legali: il suo importo forma oggetto di un' obbligazione a s stante, esigibile al momento dell'espropriazione, e gli inte. ressi firio alla data delr effettivo deposito, al pari di quelli sulrindennit di espropriazione, hanno carattere compensativo, tenendo luogo della disponibilit e dei frutti della somma dovuta, di cui medio tempore T avente diritto avrebbe dovuto godere e, di fatto, non ha goduto (4). Qualora sia stata eccepita resistenza di un giudicato, che si sarebbe formato nel corso dello stesso giudizio, la Corte di Cassazione ha il potere-dovere ainterpretare direttamente la sentenza che ha deciso la questione di cui si discute, nonch di accertare, ai fini di stabilire la .espropriativo), dato che l'espropriante, prima ancora di ottenere il decreto prefettizio, tenuto a depositare la somma liquidata dai pen1i d ufficio , conclude ritenendo che per far gravare sull'espropriante o su altri le conseguenze dannose della svalutazione occorrerebbe, quanto meno, dimostrare un comportamento doloso o almeno colposo rivolto a provocare un rallentamento della procedura di liquidazione" (op. cit., 21); si vedano, altres, note sub 1 di rilievi ed osservazioni a Cass. Sez. Un., 4 gennaio 1964, n. 6, in questa Rassegna, 1964, I, 319-320 ed a Cass., 3 febbraio 1965, n. 172, id., 1965, I, 135-136. (2) Cfr. Cass., Sez. Un., 12 agosto 1949, n. 2304, cit., Foro amm., 1950, Il, l, 18 e 26 (nella motivazione). (3) Cfr. Cass., 22 luglio 1965, n. 1715, in questa Rassegna, 1965, I, 725, ed ivi nota (sub 4) d ulteriori riferimenti. Per l'esclusione dell'applicabilit del criterio dell'interesse legale, nei casi speciali in cui l'indennit di espropriazione non debba consistere nel giusto prezzo che l'immobile avrebbe in una libera contrattazione, v. Cass., 14 luglio 1965, n. 1498, citata a nota 1. (4) Cfr. Cass., Sez. Un;, 30 marzo 1963, n. 805, Giust. civ., Mass. Cass., 1963, 376; 4 gennaio 1964, n..6, in questa Rassegna, 1964, I, 319 ed ivi nota, sub l, di riferimenti ed osservazioni; v; anche Cass., 22 luglio 1965, n. 1715, citata nella nota . precedente. 1184 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sussistenza o meno del giudicato, le successive vicende processuali di quella decisione (5). Se vero che il thema decidendum in appello si determina principalmente sulla base dei motivi, potendo la parte appellante limitare il riesame da parte del giudice superiore alle sole questioni prospettate, ugualmente sicuro che gli stessi motivi possono essere chiariti con le successive deduzioni contenute nei verbali di causa e nelle comparse, che le p'arti si scambiano nel corso del giudizio, restando ovvio, peraltro, che il riesame del giudice di appello si estende, inoltre, necessariamente, alle questioni direttamente connesse con quelle proposte con i motivi di appello (6). Le disposizioni che prevedono la possibilit di proporre impugnazione incidentale anche dopo che siano scaduti i termini per impugnare in via principale si riferiscono alle impugnazioni incidentali vere e proprie, a quelle, cio, che sono dirette contro la parte che ha proposto "l'impugnazione principale, e non riguardano, invece, le altre impugnazioni, he siano proposte per un interesse autonomo del soccombente, ossi.a le c.d. impugnazioni incidentali autonome, per le quali resta ferma la necessit del rispetto del termine ordinario (7). (5) Cfr. Cass., 14 febbraio 1004, n. 314, Giur. it., Mass., 1964, 95; 14 gennaio 1964, n. 83, ibidem, 28, sub a; 5 marzo 1963, n. 532, Giust. civ., Mass. Cass., 1963, 247; 26 novembre 1960, n. 3146, id., Mass. Cass., 1960, 1226. La preclusione nascente dal giudicato formatosi nello stesso processo sottoposta al trattamento proprio degli errores in procedendo e la Corte di Cassazione pu compiere anche indagini di fatto e conoscere delle questioni relative all'interpretazione delle precedenti statuizioni: Cass., 26 marzo 1946, n. 317, Giur. it., Rep., 1944-47, voce Regiudicata civile, c. 1927, nn. 74-75; 9 marzo 1957, n. 808, Giust. civ., Mass. Cass., 1957, 322 ed ivi nota di riferimenti. Ai fini dell'accertamento della sussistenza del giudicato interno, trattandosi di questione rilevabile d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, la Corte di Cassazione pu esaminare ed interpretare direttamente gli atti di causa: Cass., 10 ma:ggio 1965, n. 873, in questa Rassegna, 1965, I, 557 ed ivi nota, sub l, di ulteriori riferimenti di giurisprudenza, nonch di dottrina. (6) Sulla distinzione fra "motivi e "ragioni dell'appello e sulla loro rispettiva funzione, con limitazione solo ai primi del divieto di nuove deduzioni, v. Cass., Sez. Un., 25 giugno 1965, n. 1335, in questa Rassegna, 1965, I, 208 ed ivi nota, sub 1, di riferimenti. Sull'ultima parte della massima v. Cass., 29 luglio 1003, n. 2149, Giust. civ., Mass. Cass., 1963, 1005, sub 1 ed ivi ult. riferimenti. (7) Cfr. Cass., 8 gennaio 1964, n. 19, Giur. it., Mass., 1004, 6: "la norma dell'art. 334 c.p.c., che consente alle parti contro le quali stata proposta impugnazione ed a quelle chiamate ad integrare il contraddittorio nelle cause inscindibili di proporre impugnazione incidentale anche quando per esse sia gi decorso il termine ed abbiano fatto acquiescenza alla sentenza, applicabile solo alle impugnazioni incidentali vere e proprie (le c.d. controimpugnazioni, che sono dirette a far valere un interesse contrario a quello dell'impugnante principale), mentre ne sono invece escluse le altre impugnazioni che vengono proposte a tutela di un interesse autonomo dell'impugnante, qual quello della semplice adesione all'im PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 1185 Quando si tratti di causa inscindibile in fase di impugnazione, ossia tanto nell'ipotesi di litisconsorzio necessario originario, di diritto sostanziale o processuale {ricorrente quesfultimo ove il giudice, ritenendo la causa comune al terzo, ne abbia ordinato l'intervento ai sensi dell'art. 107 c.p.c.), quanto nell'ipotesi di cause tra loro dipendenti {ossia tali che, essendo state nel precedente grado decise in unico processo, debbono rimanere unite anche nella fase di gravame, in quanto la pronuncia sul,.. luna si estenda in via logica e necessaria anche sull'altra, ovvero ne formi il presupposto logico e giuridico imprescindibile), la parte contro cui sia stata proposta limpugnazione principale legittimata, a sua volta a proporre l'impugnazione incidentale tardiva, di cui allart. 334 c;p.c., ancorch questa sia diretta contro una parte diversa da quella che ha esperito il gravame principale (8). La disposizione di cui allart. 268 c.p.c. va intesa nel senso che il termine finale per spiegare rintervento del terzo in giudizio costituito dal provvedimento mediante il quale il giudice istruttore rimette le parti al Collegio, fissando l'udienza collegiale per la discussione e spogliandosi, in tal modo, della causa, onde, fino a quando tale provvedimento non sia stato adottato, anche se le parti siano state invitate dal pugnazione principale, cio le c.d. impugnazioni incidentali autonome, riguardo alle quali rimane fermo il rispetto del termine ordinario ; v. anche, in argomento, Cass., 13 maggio 1964, n. 1168, ibidem, 376, sub d; 28 febbraio 1963, n. 497, Ciust. civ., Mass. Cass., 1963, 232, sub 3, ove ult. riferimenti anche di dottrina. Secondo Cass., 14 giugno 1965, n. 1217, Giur. it., Mass., 1965, 439: d'impugnazione incidentale tardiva in tanto proponibile, in quanto si riferisce, in caso di. soccombenza reciproca, a ci che forma oggetto dell'impugnazione che la rende ammissibile . (8) " Soltanto nell'ipotesi di causa inscindibile o di cause dipendenti la parte contro cui stata proposta impugnazione o che stata chiamata ad integrare il contraddittorio a norma dell'art. 331 c.p.c. pu proporre impugnazione incidentale anche quando per essa decorso il termine per proporre impugnazione in via principale. Tale impugnazione tardiva pu essere rivolta, oltre che contro l'impugnante principale (impugnazione riconvenzionale), anche contro altro soggetto, purch in tal caso l'interesse all'impugnazione sorga a seguito della proposizione dell'impugnazione principale: cos Cass., 24 giugno 1965, n. 1327, Giur. it., Mass., 1965, 480, sub g; v. anche Cass., Sez. Un., 20 gennaio 1964, n. 128, Giust. civ.; Mass. Cass., 1964, 59, sub 3, ove ult. riferimenti di giurisprudenza. Ricorre l'ipotesi di inscindibilit prevista dall'art. 331 c.p.c. " allorch la causa fra pi parti determini litisconsorzio necessario, il quale si verifica, oltre che nei casi espr!lssamente previsti dalla legge, quando l'azione miri al mutamento di un rapporto giuridico unico fra soggetti, sicch la sentenza non pu essere utiliter data se non sia efficace nei confronti di tutti; si ha invece l'ipotesi di dipendenza di cui all'art. 331 c.p.c. " allorch fra pi cause esista rapporto di accessoriet o di garanzia : cos Cass., Sez. Un., 31 luglio 1965, n. 1856, Giur. it., Mass., 1965, 675 (che esclude la ricorrenza di entrambe le ipotesi " nel caso di azione proposta dal danneggiato contro l'assicuratore della responsabilit civile per il pagamento del massimale assicurato e contro il fideiussore del responsabile civile, pur se la pronunzia contro il primo RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1186 giudice istrut,tore a precisare le conclusioni, rintervento del terzo ammissibile. Se poi la causa ritorni aliistruttore, neppure la rimessione ~. della causa al Collegio vale come termine preclusivo dell'intervento anzidetto (9). , . I (Omissis). -Con il primo motivo del ricorso principale l'Istituto autonomo delle case popolari censura la sentenza, denunciando la violazione dell'art. 39 della legge fondamentale sull'espropriazione 25 giugno 1865, n. 2359, dell'art. 13 della legge per il risanamento di Napoli 15 gennaio 1885, n. 2892 e difetto di motivazione. Lamenta il ricorrente che, sull'indennit fissata dai consulenti tecnici nominati dal Tribunale ai sensi dell'art. 32 della legge sulle espropriazioni, oltre ad un aumento del 10 per cento, giustificato dell'aumento nel tempo del valore delle aree, sia stato applicato un ulteriore aumento del 25 per cento per la possibilit di esegire una quinta elevazione non prevista all'epoca della stima dei periti, perch non consentita . A parte il crattere apodittico della affermazione, si sottolinea che all'epoca dell'espropriazione l'altezza massima consentita per le costruzioni in Messina era di metri 16 (art. 10 r.d.l. 22 novembre 1937, n. 2105) che non consentiva di ricavare. pi di quattro piani, mentre la facolt di erigere edifici con l'altezza di metri 21 -che rende possibile ricavare cinque piani - stata intro I dotta solo con la legge 25 novembre 1962, n. 1684, vale a dire in tempo successivo ai decreti di espropriazione, per cui non se ne poteva tener conto, dovendo l'indennit essere determinata con riferimento al tempo in cui avviene il trapasso di propriet. La censura fondata. La Corte di merito, dopo aver valutato i suoli in questione rispettivamente sulla base di lire 39.000 e 30.800 al mq., ha testualmente aggiunto: A tali cifre bisogna apportare la maggiorazione di un quarto, per la possibilit di eseguire una quinta elevazione, non prevista all'epoca della stima dei periti, perch allora non con 0 implichi il previo accertamento delle somme gi pagate dal secondo, stante la imputabilit, pattuita fra il fideiussore e il danneggiato, di tali somme al massimale pre detto "); Cass., 10 febbraio 1964, n. 299, Giur. it., Mass., 1964, 90, sub b, avverte che: a nella fase di impugnazione il concetto di causa inscindibile va riferito all'ipotesi del litisconsorzio necessario, che pu essere sia di diritto sostanziale che processuale; anche in questa seconda ipotesi, che ricorre quando il giudice di primo -~ grado, ritenendo la causa comune ad un terzo, ne abbia ordinato l'intervento, deve essere, pertanto, disposta l'integrazione del contraddittorio, a norma dell'art. 331 c.p.c. ; v. anche Cass., Sez. Un., 20 gennaio 1964, n. 128, innanzi citata, nonch Cass., 12 novembre 1965, n. 2360, in questa Rassegna, 1965, I, 1200. (9) Cfr. Cass., 8 luglio 1961, n. 1643, Giust civ., Mass. Cass., 1961, 716, sub 2; 3 giugno 1959, n. 1660, id., Mass. Cass., 1959, 566, sub 1. Sull'intervento volontario in appello v. Cass., 2 agosto 1965, n. 1862, in questa Rassegna, 1965, I, 949, sub 8 ed ivi (953) richiami di dottrina e giurisprudenza. PARTE I, SEZ. Ill, GIURISPRUDENZA CIVILE 1187 sentita . Ora, poich questa ulteriore elevazione non era consentita all'epoca della stima eall'epoca del decreto di espropriazione, quando vigeva il r.d.l. 22 novembre 1937, n. 2105, che prevedeva un'altezza massima degli edifici in Messina di m. 16, mentre la facolt di elevarli a m. 21, che ha reso possibili cinque piani, stata introdotta soltanto con la legge 25 novembve 1962, n. 1684, la Corte di merito, prima di determinare l'indennit di espropriazione in base alle pi larghe possibilit consentite dalla nuva legge, doveva attenersi al criterio generale fissato dall'art. 39 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, sulle espropriazioni per p.u. {cnterio al quaie vincolato il giudice di rinvio), che ncora la liquidazione dell'indennit di espropriazione al giusto prezzo clell'imrnobile alla data del decreto di espropriazione. Questo principio fondamentale della legge generale sull'espropriazione, che non stato modificato da alcuna disposizione successiva, delle speciali procedure di esproprio, attribuisce al decreto di espropriazione effetto costitutivo del trasferimento dell'immobile ed alla data di esso perci deve essere riferita la valutazione del bene ai fini della determinazione dell'indennit. Proprio perch la valutazione dell'indennit deve essere riferita alla data del decreto di esproprio si ritenuta detta indennit di regola insensibile agli effetti della svalutazione monetaria. N vale opporre che, a norma dell'art. 11 del r.d.l. 22 novembre 1937, n. 2105, era possibile realizzare un'altezza superiore ai 16 metri, su parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, e che la relativa autorizzazione, ove fosse stata richiesta, non sarebbe stata negata all'Istituto autonomo delle case popolari, perch nella determinazione del giusto prezzo dell'immobile alla data del decreto di espropriazione devono essere presi in considerazione i vantaggi reali, effettivi, che il proprietario avrebbe potuto conseguire, non quelli eventuali e ipotetici, come quelli che presuppongono un atto autorizzativo, rimesso al criterio discrezionale della pubblica Amministrazione, di fronte alla quale il privato non ha una posizione di diritto soggettivo. E nemmeno si pu addurre che l'Istituto avrebbe aderito all'aggiunta del 25 per cento per la quinta elevazione calcolata dal consulente d'ufficio, perch, nelle conclusioni in grado d'appello, aveva chiesto che l'indennit di espropriazione fosse ridotta nella misura stabilita dal consulente tecnico d'ufficio. Trattasi di un evidente equivoco, perch il consulente, se aveva aggiunto il 25 per cento per la possibilit della quinta elevazione, .aveva poi operato una detrazione del 40 per cento per altre considerazioni ed aveva apportato ancora una riduzione per l'applicazione della legge per Napoli, per cui l'Istituto, dichiarando di accettare le misure stabilite dal consulente tecnico d'ufficio ing. Maimone, precisava che l'indennit per l'isolato 505 B non doveva superare lire 31.754.000 e quella per l'isolato 5Q6 le lire 6.362.164, cifre queste di gran lunga inferiori a quelle liquidate dalla Corte di merito, rispettiva Secondariamente, gli attori l}anno agito per ottenere l'indennit di espropriazione, l'indennit per occupazione temporanea ed il risarciSecondariamente, gli attori l}anno agito per ottenere l'indennit di espropriazione, l'indennit per occupazione temporanea ed il risarci1188 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mente in lire 48.337.000 e 13.747.665. L'errore dei ricorrenti consiste nell'aver confuso l'accettazione del risultato, cui era pervenuto il consulente, quale unico fatto giuridico o quale complesso di fatti tra loro strettamente legati, con l'accettazione di un singolo criterio, contrario al preteso accettante, ad esclusione degli altri criteri favorevoli; il che sarebbe stato, oltretutto, contrario ad ogni logica e verosimiglianza. Accogliendosi su tale punto il ricorso, la sentenza va, relativamente ad esso, cassata. Con il secondo motivo il ricorrente principale denuncia la violazione degli artt. 72 e 73 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, dell'art. 122& e.e. e dell'art. 360, n. 5 c.p.c. e lamenta che la Corte di merito abbia liquidato, a favore degli ex proprietari dei beni occupati ed espropriati,. a titolo di indennit per il periodo di occupazione legittima e di indennizzo per il successivo periodo di occupazione illegittima, gli interessi legali sulla somma corrispondente al valore venale del terreno. Relativamente alla indennit per occupazione temporanea si osserva che la legge sulle espropriazioni affida al prefetto il compito di determinarla con il decreto con cui autorizza la occupazione, ovvero con provvedimento successivo; ed appunto il prefetto ebbe a determinarla rapportandola agli interessi legali sulla indennit di espropriazione, che sarebbe I . I. stata determinata nei modi di legge, senza che i relativi decreti fossero stati impugnati. In ogni caso, poich il risarcimento del danno deve tendere a:lla riparazione del pregiudizio realmente subito e non pu creare a favore del danneggiato una situazione migliore di quella in . . cui egli si sarebbe trovato, se non fosse avvenuto il fatto dannoso, non I si sarebbe potuto attribuire ai proprietari un indennizzo maggiore del reddito, che essi avrebbero potuto ricavare dai terreni. La Corte ~si I aggiunge -sia che si qualifcasse il risarcimento del danno contrattuale ovvero da colpa extracontrattuale, avrebbe dovuto fondarsi sul prin I cipio dell'art. 1223 e.e., il quale stabilisce che il danno consiste nella perdita subita dal creditore e nel mancato guadagno e nella specie il reddito dell'immobile era inferiore agli interessi legali sul valore dei terreni: in conclusione l'indennizzo doveva corrispondere ai frutti perduti, ovvero agli interessi sull'indennit di espropriazione alla scadenza del biennio. La censura infondata, perch l'indennit provvisoria si ha per rifutata se non viene espressamente accettata nei quindici giorni dalla notifca della offerta {art. 25 che fa rinvio alrart. 18 legge espr.), con la conseguenza che occorre in tal caso il deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti {art. 30), deposito che non poteva effettuarsi, n fu effettuato, dato che il criterio di determinazione si riferiva ad una indennit ancora da stabilire. PARTE I, SEZ. IlI, GIURISPRUDENZA CIVILE 1189 mento dei danni conseguenti ad occupazione protrattasi oltre il biennio. Com' noto, quando un bene sia stato occupato d'urgenza dalla pubblica Amministrazione e sia decorso il biennio previsto dall'art. 73 1. 25 giugno 1865, n. 2359, senza che il Prefetto abbia pronunciato la espropriazione per pubblica utilit del bene stesso, l'ulteriore detenzione di questo diventa illegittima, con la conseguenza che l'ente occupante, come detentore senza titolo, tenuto a restituire il bene ovvero a risarcire il danno, qualora la restituzione, per le opere compiute o per altro motivo, non sia pi possibile~ . Se il decreto di espropriazione intervenga successivamente al decorso del biennio dell'occupazione d'urgenza, l'illegittimit della detenzione del bene da parte della P.A. viene a cessare nel giorno della sopravvenuta espropriazione, che rende legittima, da tale epoca, l'attivit dell'Amministrazione, ma in siffatta ipotesi al proprietario del bene espropriato spettano: a) l'indennit per l'occupazione temporanea legittima; b) l'indennit di espropriazione, nella misura stabilita dal relativo decreto, o, in caso di opposizione, in quella determinata dagli organi giurisdizionali previsti dalla legge sulla espropriazione per p.u.; e) il risarcimento del danno, per il periodo corrente dalla scadenza del ripetuto biennio alla data di emanazione del decreto di espropriazione {Cass., 28 luglio 1964, n. 2142; 29 maggio 1964, n. 1352; 21 aprile 1964, n. 945; 2 marzo 1964, n. 471; 20 gennaio 1964, n. 109). Ci premesso, non esatto che il proprietario non possa ottenere, quale indennit per il periodo di occupazione temporanea legittima e quale indennizzo per il periodo di occupazione illegittima (dalla scadenza del biennio al decreto di espropriazione), una somma maggiore del reddito che avrebbe ricavato dal terreno, perch proprio l'articolo 1223 e.e., invocato dall'Istituto ricorrente, posto in relazione al successivo art. 1224, che implica, in mancanza della precisa dimostrazione che il reddito effettivo sarebbe stato minore, e salva la dimostrazione di un maggior danno, che il risarcimento consiste di regola negli interessi legali; e poich l'illegittimit del comportamento dell'occupante ha termine con il decreto d'espropriazione, non si pu, come pretende il ricorrente, tener conto del valore dei terreni allo scadere del biennio di occupazione legittima e poi procedere alla rivalutazione monetaria del tantundem, ma si deve tener conto del valore dei terreni al momento dell' espropriazione, cos come, se questa non fosse intervenuta e si fosse protratta la situazione di illegittimit, si sarebbe dovuto tener conto del valore dei terreni al momento della pronuncia giudiziaria. Con il terzo motivo l'Istituto ricorrente censura la sentenza denunciando la violazione degli artt. 1282 e 1283 e.e., per avere attribuito ai proprietari non solo gli interessi sul valore venale dei terreni, calcolati al momento dell'espropriazione, ma anche gli interessi sulle singole 1190 RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO annuali ti\ di indennit per l'occupazione legittima e di indennizzo per l'occupazione illegittima; e soggiunge che, per l'art. 1283 e.e., gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale e che, trattandosi di interessi corrispettivi, la loro decorrenza si ricollegava alla data in cui il credito era divenuto liquido ed esigibile, vale a dire alla determinazione dell'indennit di occupazione. palese l'equivoco che si fa, con questa censura, tra interessi ed indennit o indennizzo stabiliti nella misura degli interessi. Le somme attribuite a titolo di indennit od indennizzo non sono interessi scaduti, anche se determinate nella misura dell'interesse legale, ma indennit e indennizzo non pagati, che sono produttivi di interessi. La questione,. del resto, stata ripetutamente esaminata e decisa anche dalle Sezioni Unite di questo Supremo Collegio (sentenza n. 805 del 30 marzo 1963} e si ritenuto che fino al momento del decreto di espropriazione per pubblica utilit l'espropriato conserva il diritto al godimento del bene, per cui, nell'ipotesi di espropriazione preceduta da occupazione temporanea, la relativa indennit, che costituisce l' eqivalente economico del diritto di godimento, dovuta per tutta la durata dell'occupazione stessa, e, quindi, fino alla data in cui, per effetto della pronuncia del decreto di espropriazione, il diritto di propriet dell' espropriando venuto meno, convertendosi nel diritto all'indennit. Anche sull'indennit di occupazione sono dovuti gli interessi legali; il suo importo forma oggetto di una obbligazione a se stante, esigibile al momento dell'espropriazione; e gli interessi, fino alla data dell'effettivo deposito, al pari di quelli sull'indennit di espropriazione, hanno carattere compensativo, giacch tengono luogo della disponibilit e dei frutti della somma dovuta, di cui medio tempore l'avente diritto avrebbe dovuto godere e di fatto non ha goduto. -{Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 23 ottobre 1965, n. 2216 -Pres. Boccia -Est. Gabrieli -P.M. Cutrupia {conf.) -Educatorio S. Paolo di Modena (avv.ti Beoca, Bonini, Di Stefano) c. Ministero Interni (avv. Stato Agr). Locazione -Successione nel contratto -Accasermamento delle forze di polizia -Onere della Provincia -Assunzione diretta a carico dello Stato a decorrere dal r luglio 1952. (1. 2 luglio 1952, n. 703, art. 5). Con f articolo 5 della legge 2 luglio 1952, n. 703 si inteso sancire f automatica successione, a data stabilita, dello Stato alla Provincia nei PARTE I, SEZ. ID, GIURISPI\UDENZA CIVlLE 1191 rapporti attivi e passivi concernenti l'accasermamento delle forze di polizia, senz'uopo di alcun atto da parte dei singoli soggetti interessati (1). (1) Cfr. Cass., 19 novembre 1957, n. 4413, Giust. civ., 1958, I, 1341 e segg,; 19 ottobre 1959, n. 2949, id., Mass. Cass., 1959, 996. In dottrina: ABBAMONTE, La successione dello Stato nei contratti di locazione stipulati dalle Province per l'accasermamento delle forze di polizia, Giust. civ., 1958, I, 1341 e segg. (sub 1-2). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 ottobre 1965, n. 2229 -Pres. Lona!'do -Est. Roperti -P.M. Tuttolomondo {conf.) -Calapai (avv.ti Crisafulli P., Moschella M. e A.) c. Ministero LL.PP. (avv; Stato Gargiulo). Occupazione -Occupazione d'urgenza di immobile occorrente alla esecuzione di opera di p.u. -Mancato perfezionamento nel biennio della procedura espropriativa -Risarcimento del danno -Mancato godimento dell'immobile e valore venale del medesimo -Carattere edificatorio -Criteri di determinazione. (l. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 71 e 73; e.e., artt. 2043 e 2056). Se vero che il semplice inserimento di un terreno in una zona definita di nucleo edilizio dal piano regolatore non idoneo ad attribuire al medesimo la qualit di edificatorio, altres vero che la utilizzazione _di un terreno a scpo agrario non esclude la sua intrinseca caratt~ristica di suolo edificatorio, quando questa risulti dimostrata in base ad elementi ob~ettivi ed inequivoci, i quali possono consistere nella facilit di accesso, nella esistenza di vie pubbliche, nella esistenza di collegamento con la vicina citt, in una edificazione gi iniziata neUa zona, nella presenza dei servizi pubblici necessari alla vita cittadina, quali l'acqua, la luce, la fognatura {l). (1) Per Cass., Sez. Un., 7 dicembre 1964, n. 2858, in questa Rassegna, 1965, I, 328, sub 3, la destinazione a parco pubblico attribuita all'immobile dal piano regolatore di massima non vale ad escludere la rilevanza del suo attuale carattere edificatorio; Cass., 18 maggio 1964, n. 1213, id., 1964, I, 719, sub 2, avverte che in tema di espropriazione per p.u. il carattere edificatorio di un terreno si pu desumere, ai fini della determinazione dell'indennit espropriativa, ~nche in via indiretta dalle qualit intrinseche ed obiettive dell'immobile ; Cass., 30 marzo 1965, n. 557, in questa Rassegna, 1965, I, 1139, sub 1, avverte che in tema di risarcimento del danno da occupazione di un immobile da parte della Pubblica Amministrazione illegittimamente protratta oltre il biennio, sebbene il danno debba essere liquidato con riferimento allo stato di fatto in cui si trovava il fondo a.I momento dell'occupazione, senza cio tener conto degli incrementi successivamente apportativi dalla Pubblica Amministrazione, tuttavia non delle condizoni della zona al momento dell'occupazione si deve tener conto, ma delle migliorate condizioni della medesima al momento della liquidazione del risarcimento, nel caso in cui il terreno, gi di carattere rurale al tempo dell'occupazione, sia poi divenuto edificatorio per il notevole sviluppo della zona . dal secondo comma dell'art. 2947 e.e. -Ambito di applicazione -Responsabilit extracontrattuale. (e.e., art. 2947, secondo comma). dal secondo comma dell'art. 2947 e.e. -Ambito di applicazione -Responsabilit extracontrattuale. (e.e., art. 2947, secondo comma). 1192 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 ottobre 1965, n. 2256 -Pres. Rossano -Est. D'Amico -P.M. Caccioppoli (parz. diff.) -Barbuscia (avv. Biscotto) c. Filabozzi (avv. Di Lorenzo). Procedimento civile -Procedibilit della domanda condizionata ad adempimenti fiscali -Mancanza della prova di tali adempimenti -Inosservanza del giudice di merito del dovere di aste . nersi dalla pronuncia -Nullit del processo e dalla sentenza Esclusione. (1. 3 dicembre 1942, n. 1548, art. 2). Obbligazioni e contratti -Clausola penale -Riduzione -Potere discrezionale del giudice di merito -Incensurabilit in Cassazione. (e.e., artt. 1382, 1384). L'inosservanza da parte del giudice di merito dal dovere di astenersi dal pronunciare su domanda, la procedibilit della quale sia condizionata ad adempimenti fiscali, qualora non sia stata data la prova di tali adempimenti, non importa nullit del processo e della sentenza e non perci deducibile come motivo di ricorso per cassazione, dando luogo soltanto liapplicazione delle sanzioni previste nella legge fiscale a carico del giudice che ha pronunciato la sentenza .(1). L'apprezzamento relativo alieocessivit deliammontare della penale per il caso di inadempimento di uriobbligazione ed alla misura equitativa della riduzione ad essa apportata dal giudice di merito rientra nel potere discrezionale di quest'ultimo, incensurabile in Cassazione (2). I& (1) Cfr. Cass., 14 settembre 1963, n. 2514, Giust. civ., Mass. Cass., 1963, 1179, sub 2; Sez. Un., 20 agosto 1962, n .. 2603, id., Mass. Cass., 1962, 1236, sub 3; 14 marzo 1962, n. 523, ibidem, 253, sub l; 14 aprile 1961, n. 797, id., Mass. Cass., 1961, 337, I sub 3, ove ulteriori riferimenti. (2) Cfr. Cass., 25 giugno 1963, n. 1720, Giust. civ., Mass. Cass., 1963, 817, sub 4; 8 agosto 1962, n. 2465, id., Mass. Cass., 1962, 1174, sub 3; 4 febbraio 1960, n. 163, Temi nap., 1960, I, 585, sub 2, con nota di osservazioni e riferimenti anche di dottrina. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 ottobre 1965, n. 2259 -Pres. Rossano -Est. Roperti -P.M. Tuttolomondo (diff.) -Scapin (avv.ti Stratta, Porto) c. Della Valle (intimato). Prescrizione -Prescrizioni brevi -Prescrizione biennale prevista PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 1193 Prescrizione Prescrizioni brevi -Prescrizione biennale prevista dal secondo comma dell'art. 2947 e.e. Non riguarda la responsabilit contrattuale. (e.e., art. 2947, secondo comma). La prescrizione biennale, di cui al secondo comma delfarticolo 2947 e.e., contempla tutte le ipotesi di danni, che traggono origine da un fatto illecito strettamente collegato alla circolazione dei veicoli. Tale principio non altro che r applicazione coordinata della prima e della seconda parte del predetto articolo di legge, nel senso che nella seconda parte implicito il richiamo ai fatti illeciti di cui alla prima parte, attesa la stretta connessione esistente fra le due disposizioni {l). Presupposto della prescrizione biennale prevista dal secondo comma delr articolo 2947 e.e. che i azione sia proposta dal terzo danneggiato e sia diretta contro l'autore del danno per un fatto illecito strettamente connesso alla circolazione del veicolo. Se, invece, razione proposta per altro titolo, e cio per l'inadempimento di un preciso obbligo contrattuale, la circolazione del veicolo, come causa generatri"Ce del danno, vi si inseriscei solo di rifiesso e come fatto puramente occasionale e la prescrizione applicabile non quella dell'articolo 2947 e.e., benii quella nascente dal contratto concluso dalle parti {2). (1) Cfr. Cass., 11 luglio 1964, n. 1829, Giust. civ., Mass. Cass., 1964, 830, sub 2; 13 agosto 1962, n. 2577, id., Mass. Cass., 1962, 1222; 15 luglio 1960, n. 1929, id., Mass. Cass., 1960, 720. (2) La sentenza avverte, peraltro, che, trattandosi di danno alla persona trasportata: esso arrecato tanto in violazione di un obbligo derivante dal contratto di trasporto (danno contrattuale), quanto in violazione della norma da cui discende il diritto assoluto alla integrit fisica e sotto questo aspetto si configura come danno extracontrattuale: di guisa che, dalla coesistenza di questa duplice responsabilit, deriva in tema di prescrizione che, venuta meno per decorso di un anno l'azione fondata sul diritto derivante dal contratto di trasporto, rimane tttavia proponibile l'azione extracontrattuale ,, . Sul concorso della responsabilt extracontrattuale con quella contrattuale v. Cass., 28 novembre 1964, n. 2829, Giur. it., Mass., 1964, 949; 17 marzo 1964, n. 614, ibidem, 189; 30 ottobre 1963, n. 2927, id., Mass., 1963, 1000 (sub b) ed ivi nota (sub 2) di ulteriori riferimenti. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 ottobre 1965, n. 2285 -P~es. Vistoso -Est. Perrone Capano -P.M. Toro (conf.) -Ministero LL.PP. {avv. Stato Correale) c. Comune di Messina {avv. Romano A.) e Istituto autonomo per le case popolari della Provincia di Messina (avv. Brancati) e Sacc (avv.ti Cogliandolo, Moschella M. e A.) Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici Delegazione amministrativa -Delegazione intersoggettiva Nozione Effetti -Responsabilit del delegato verso i terzi. 1194 RASSEGNA DELI}AVVOCATURA DELLO STATO Edilizia popolare ed economica Costruzione di alloggi per l'elimi ;) nazione di case malsane a cura dell'Amministrazione statale dei lavori pubblici -Delega ad Istituto autonomo per le case popolari a promuovere ed attuare non solo l'occupazione di urgenza di un immobile ma l'intero procedimento espropria. tivo Protrazione ultrabiennale senza titolo dell'occupazione Responsabilit dell'Istituto autonomo per le case popolari delegato verso il terzo proprietario danneggiato Rapporti fra Ministero LL.PP. delegante ed I.A.C.P. delegato -Responsabilit del Ministero LL.PP. verso l'l.A.C.P. per aver dato causa al ritardo nel perfezionamento della procedura espropriativa a cura dell'l.A.C.P. delegato. (l. 9 agosto 1954, n. 640, art. 4). La delegazione amministrativa costituisce un istituto peculiare del diritto pubblico, che non pu essere interamente assimilato alfistituto privatistico del mandato con rappresentanza, n pu esser assoggettato alla relativa disciplina, s da dedurne che l'Amministrazione delegante debba rispondere in ogni caso, anche di fronte ai terzi,' degli atti compiuti nel suo interesse dall'ente delegato, il quale , invece, direttamente responsabile nei confronti dei terzi degli atti compiuti in esecuzione della delega (1). Nei confronti del terzo danneggiato, privato illegittimamente dell'immobile di sua propriet, direttamente responsabile l'Istituto autonomo per le case popolari, quale ente delegato dal Ministero dei lavori pubblici a promuovere ed attuare i procedimenti di occupazione aurgenza e aespropriazione per p.u. di un immobile occorrente per la costruzione di alloggi per l'eliminazione di case malsane. Nei rapporti interni fra ente delegante ed ente delegato non, pu prescindersi, per, dal rilievo che toccupazion.e e l'espropriazione sono promosse nell'interesse del Ministero dei lavori pubblici, che diviene proprietario dei fabbricati, epper, qualora il ritardo nel perfezionamento della procedura espropriativa sia dipeso da fatto del Ministero delegante (nella specie, mancato invio dei fondi neoessari all'espropriazione per contrasti insorti fra Ministero LL.PP. e Comune di Messina, al quale (1) Cfr. Cass., 17 luglio 1965, n. 1588, in questa Rassegna, 1965, I, 181, sub 1 e 19 luglio 1965, n. 1608, ivi, 1142, sub 11. Per ulteriori riferimenti v. Cass., Sez. Un., 20 gennaio 1964, n. 128, in questa Rassegna, 1964, I, 698, sub 3, con nota di F. CARusr. Per quanto concerne i precisi presupposti di una corresponsabilit dell'ente delegante (in quanto concorrente con un proprio fatto illecito alla diretta produzione dell'evento dnnoso: art. 2055 e.e.) v. Cass., 30 marzo 1965, n. 557, in questa Rassegna, 1965, I, 1139, sub 2, con nota di F. CARusr (in part. 1146 e seg; e 1152 e segg.). PARTE I, SEZ m, GIURISPRUl>ENZA CIVILE 1195 si addebitava di non avere adempiuto alfimpegno di fornire gratuitamente .i suoli per .la costruzione degli alloggi o, in mancanza, di corrispondere le relative indennit di espropriazione), questo tenuto a rivalere fl.A.C.P. del risarcimento dei danni dovuto al terzo proprietrio (2). (2) Cfr., per l'accenno al rapporto interno fra ente delegante ed ente delegato ed all'incidenza, nell'ambito di tale rapporto, degli atti di esecuzione della delega nella sfera giuridica del delegante, Cass., 19 luglio 1965, n. 1608, citata nella nota precedente, in questa Rassegna, 1965, I, 1142, sub 11 ult. parte .(1144). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 novembre 1965, n. 2341 -Pres. Vistoso -Est. Perrone Capano -P.M. De Marco (conf.) -Rodolfo (avv.ti Pugliese, Bojano, Coroneo, Fazzalari) c. Montafia {avv.ti Guttieres, Santamaria F.) e Ministero Industria e Commercio (avv. Stato Lancia). Azienda -Ditta -Trasferimento della ditta insieme con un ramo particolare dell'azienda -Ammissibili. (e.e., art. 2565). La ditta pu essere validamente trasferita anche col trasferimento di una parte o di un ramo dell'azienda (l). (1) Con la sentenza in rassegna, la Cassazione riafferma il princ1p10 della ammissibilit dl trasferimento della ditta, non solo quando sia trasferita l'intera organizzazione aziendale, ma anche quando sia trasferito solo un ramo particolare di essa, richiamandosi alla precedente decisione 29 aprile 1959, n. 1256, Riv. dir. ind., 1960, II, 94, con nota di FERRARI, Sulla trasferibilit della ditta con un ramo di azienda. Nello stesso senso, cfr. App. Roma, 17 settembre 1957, Giust. civ., 1958, I, 193. In dottrina, conformi all'indirizzo accolto dal S.C., cfr.: FERRARA, La teoria giuridica dell'azienda, Firenze, 1955, 175; GRECO, I diritti sui beni immateriali, Torino, 1948, 46; in senso difforme: AscARELLI, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Milano, 1960, 409. Com' noto, l'art. 2565 e.e. -adeguandosi, da un lato, all'esigenza fondamentale che la ditta rimanga invariata per asseverare di fronte al pubblico la continuit dell'impresa (cd. principio della inalterabilit della ditta: cfr. CASANOVA, Le imprese commerciali, Torino, 1955, 325 e segg.) e volendo, d'altro lato, evitare la possibilit di attentati alla buona fede dei terzi (cfr. AULETTA, Commentario cod. civ., diretto da ScIA.LOJA e BRANCA, Bologna, 1956, 98; AscARELLr, op. cit., 409) -consente il trasferimento della ditta solo ove questo avvenga congiuntamente al trapasso, inter vivos o mortis causa, del complesso dei beni aziendali. Ci premesso, non sembra che 'dal tenore letterale dell'art. 2565 citato, che si riferisce puramente e semplicemente ali' azienda , possa trarsi argomento per 1196 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO negare l'ammissibilit del trasferimento della ditta congiuntamente ad un ramo particolare dell'azienda stessa: poich, ammessa, in astratto, la trasferibilit di tale ramo (arg. ex. art. 2573 e.e.), costituente una organica unit che riproduca, su scala ridotta, le caratteristiche fondamentali dell'originaria azienda (Cass., n. 1256/ 1959, cit.), la stessa organizzazione di beni -se pur pu considerarsi un ramo, n rapporto all'originario e pi ampio complesso aziendale -costituisce, a sua volta, considerata in ~ e per s, una vera (' propria azienda, cos come definita dall'art. 2555 e.e. Ma, soprattutto, sussistono anche rispetto all'ipotesi di trasferimento del ramo aziendale le stesse esigenze di inalterabilit della ditta (che, in sostanza, si riassumono nella conservazione della clientela), cui si ispira il principio della trasferibilit della ditta sancito dall'art. 2565 cit. : come, del resto, rispettata la necessit di tutela del consumatore contro possibili inganni, perch pur sempre l'antica organizzazione aziendale, che, sia pure su scala ridotta, prosegue la medesima attivit economica. N sembra possa avere rilievo, in contrario, il raffronto tra il disposto dell'art. 2565 e quello dell'art. 2573, che espressamente ammette il trasferimento del marchio solo unitamente a quello dell'11 azienda o di un ramo particolare di questa (su tale raffronto sembra essere fondata la contraria opinione dell' AscARELLI, op. cit., 409): giacch, come esattamente rileva la sentenza 1256/1959 cit., la diversa dizione delle due norme si giustifica nella considerazione della diversit delle funzioni attribuite ai due diversi segni distintivi dell'azienda e della necessit di sottolineare, relativamente al marchio, la codificazione del principio della non trasferibilit del marchio senza l'azienda, in contrasto con l'opposto principio della I separabilit, gi contenuto nel r.d. 13settembre 1934, n. 1602 ed implicitamente Im, insito nella 1. n. 4577 del 1868 e nel relativo regolamento 20 marzo 1913 . m G. MANDO' . ., , CORTE; DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 novembre 1965, n. 2356 -Pres. Rossano -Est. Spagnoletti -P.M. Caccioppoli (parz. diff.) -Silva Maria {avv. Castiglia) c. Ministero Finanze (avv. stato Carafa). Ingiunzione -Ingiunzione prevista dal t.u. 14 aprile 1910, n. 639 Opposizione del debitore -Instaurazione di ordinario processo di cognizione -Posizione processuale dell'Amministrazione creditrice -Parte convenuta -Domanda riconvenzionale del1' Amministrazione -Ammissibilit. (t.u. 14 aprile 1910, n. 639, artt. 2, 3; c.p.c., art. 36). Procedimento civile -Sentenza -Motivazione -Valore integrativo del contenuto formale del dispositivo -Portata precettiva della motivazione. (c.p.c., artt. 132, n. 4, 276; disp. att. c.p.c., art. 118). Con i opposizione del debitore aliingiunzione prevista dal t.u. 14 aprile 1910, n. 639, sinstaura un ordinario processo di cognizione, in PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVILE 1197 cui f Amministrazione creditrice, assumendo la veste di convenuta rispetto al debitore-attore, pu sempre dedurre, ove riconosca [inesistenza del titolo posto a base 'del provvedimento ingiuntivo, un diverso titolo a giusticazione del suo atto, spiegando domanda riconvenzionale a norma delfart. 36 c.p.c. (1). (1) Nel medesimo senso della massima sopra riportata si vedano pure: Cass., . 11 luglio 1962, n. 1849, Giust. civ., Mass., 1962, 913; App. Bologna, 2 febbraio 1961, Giur. it., 1962, I, 2, 366, che, implicitamente la prima ed esplicitamente la seconda, riconoscono lammissibilit di domande riconvenzionali della p.a., a norma dell'art. 36 c.p.c., riel giudizio di opposizione ad ingiunzione fiscale. Sul punto si veda la Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 195f>.60, Roma, 1961, voi. Il, 840, con giurisprudenza ivi richiamata. V. anche AMOR1HToMAs1ccmo, Il giudizio civile con lo Stato, Padova, 1963, 280. Nella decisione annotata l'affermazione dell'ammissibilit di domande riconvenzionali da parte della p.a. nel giudizio di opposizione ad ingiunzione fiscale segue all'altra, accettata oggi .dalla giurisprudenza quasi unanime, che l'opposizione di cui s' detto instaura un vero e proprio processo ordinario di cognizione in cui il debitore-opponente assume la veste di attore e lAmministrazione- creditrice quella di convenuta. Su questo pi limitato aspetto della questione le pronuncie giurisprudenziali sono numerosissime; tra le pi recenti si vedano: Cass., 29 novembre 1963, n. 3065, Giust. civ., 1964, I, 295; 8 giugno 1963, n. 1530, Giust. finanz., 1963, 208; 4 giugno 1962, n. 1346, Foro amm., 1963, Il, 88; 14 marzo 196i, n. 568, Sett. Cass., 1961, 511. In senso diverso: Trib. Venezia, 4 marzo 1962, Corti di Brescia, Venezia, Trieste, 1964, 234, secondo cui l'opposizione del debitore all'ingiunzione fiscale non instaura un vero e proprio giudizio di cognizione, ma si risolve, piuttosto, in un'azione di impugnazione del diritto all'esecuzione. Per una confutazione della tesi, secondo cui il giudizio di opposizione ad ingiunzione fiscale debba essere considerato alla stregua delle opposizione al normale procedimento monitorio disciplinato dagli artt. 633 e segg. c.p.c., si veda Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 1956-1960, cit., loc. cit., e, per la giurisprudenza: Cass., 13 ottobre 1962, n. 2125, Foro it., Rp., 1962, 908, voce Esazione, n. 76; Trib. Venezia, 4 marzo 1962, Corti di Brescia, Venezia, Trieste, 1964, 234; Trib. Palermo, 6 dicembre 1963, Giur. sic., 1964, 72. In dottrina si veda, oltre ad AMOR1H-TOMAs1ccmo, op., Zoe. cit., ANTONIONI, Ingiunzione fiscale e procedimento monitorio, Riv. proc. civ., 1949, Il, 45. Dall'inversione della posizione processuale delle parti nel giudizio di cui si discorre, la sentenza annotata e la giurisprudenza unanime fanno discendere, ovviamente, un'inversione dell'onere probatorio, nel senso che il debitore-opponente- attore a dover provare l'infondatezza del credito dell'Amministrazione convenuta. Sul punto, si vedano: Cass., 8 giugno 1963, n. 1530, Giust. finanz., 1963, 208; 21 marzo 1963, n. 691, Giust. civ., Mass., 1963, 319; 10 gennaio 1961, n. 28, Giust. civ., 1961, I, 1466; 15 ottobre 1958, n. 3269,. Foro it., Rep., 1958, voce Esazione, n. 99, 815; Sez. Un., 29 ottobre 1956, n. 4043, Foro it., 1957, I, 28; 19 aprile 1955, n. 1079, Giur. it., 1955, I, 1, 493, con nota ed anche Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni. 1956-1960, voi. cit., loc. cit. Nella sentenza 11 luglio 1962, n. 1849 citata supra, la Cassazione ha, per, precisato che, nell'ipotesi di domandi). riconvenzionale spiegata a norma dell'art. 36 c.p.c. da parte della p.a. in un giudizio di opposizione ad ingiunzione fiscale, la RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1198 La portata precettiva di una pronuncia giurisdizionale deve ricavarsi non solo dalle statuizioni contenute nel dispf?sitivo ma anche dalle considerazioni enunciate nella motivazione della sentenza {2). {Omissis). -Con il primo motivo del ricorso principale la Sllva lamenta che la Corte di merito abbia ritenuto che in un giudizio di opposizione all'esecuzione fiscale possa avere ingresso una domanda riconvenzionale, non dipendente dal titolo dedotto in giudizio dal1' attrice. Secondo la ricorrente, la denunziata sentenza, per giustificare l'ammissibilit della domanda riconvenzionale proposta dall'Amministrazione, avrebbe operato una indebita. equiparazione tra opposizione ad ingiunzione fiscale ed opposizione a normale decreto ingiuntivo; con viola- stessa p.a. che deve provare la nuova causa petendi su cui vuol fondare il provvedimento ingiuntivo. Se sull'opponente-attore grava l'onere di provare l'insussistenza del credito vantato dalla p.a., chiaro che il medesimo, nell'atto introduttivo della lite, deve esporre le ragioni che assistono il suo assunto entro e non oltre i limiti consentiti dal codice di procedura civile. Sul punto, si veda Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 1956-1960, cit., loc. cit. e giurisprudenza ivi richiamata -anche relativamente al problema delle nuove eccezioni consentite in grado d'appello dal modificato art. 345 c.p.c. Nella sentenza in rassegna v' pure una definizione . della natura giuridica dell'ingiunzione fiscale, considerata come atto che cumula in s le caratteristiche del titolo esecutivo stragiudiziale e del precetto. Anche su tale punto non vi sono dissensi di rilievo in giurisprudenza. Tra le ultime pronuncie si veda Cass., 8 giugno 1963, n. 1530, Giust. finanz., 1963, 208. Per la dottrina si vedano, oltre ad AMORTHTOMASiccmo, Il .giudizio ecc., pi volte citato, GIANNINI, Istituzioni di diritto tributario, Milano, 1956, 251 e segg.; .ALLoruo, Diritto -processuale tributario, Torino, 1955, par. 49; GREco, La riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, S. M. Capua Vetere, 1963, 18; MrcHELr, Sulla natura dell'ingiunzione per il pagamento delle entrate patrimoniali, Giur. it., 1949, I, 1, 587 . .Sulla differenza tra domanda ed eccezione riconvenzionale, sui limiti ad esse stabiliti dal codice di procedura civile e sulla possibilit per lattore, contro il quale il convenuto abbia proposto domanda riconvenzionale, di opporre, a sua volta, altra riconvenzionale, si vedano: Cass., 27 luglio 1964, n. 2076, Giust. civ., Mass., 1964, 955; 5 maggio 1964, n. 1069, Giust. civ., 1964, I, 2055; 8 febbraio 1964, n. 284, ibidem, 505; 4 luglio 1964, n. 1747, id., Mass., 1964, .793; 21 settembre 1964, n. 2397, ibidem, 1119; App, Roma, 6 maggio 1963, Temi Romana, 1964, 44. (2) Giurisprudenza pacifica. Tra le pi recenti sentenze cfr. Cass., 19 giugno 1964, n. 1601, Giust. civ., Mass., 1964, 728; 21 dicembre 1962, n. 3409, id., Mass., 1962, 1590; 13 ottobre 1962, n. 2983, ibidem, 1400; 14 marzo 1962, n. 525, ibidem, 253; 9 febbraio 1962, n. 275, ibidem, 129; Trib. Palermo, 9 gennaio 1961, Giur. sic., 1962, 18. L. MAZZELLA PARTE I, SEZ. m, GIURISPRUDENZA CIVILE 1199 zione e falsa applicazione del r.d. 14 aprile 1910, n. 639, e degli artt. 86, 113, 474, 615 c.p.c. La censura destituita di giuridico fondamento. Con la opposizione del debitore alla ingiunzione fiscale prevista dal t.u. n. 639 del 1910, concernente le entrate patrimoniali dello Stato e di altri enti pubblici, si iI}.staura un ordinario. processo di cognizione diretto a contestare il diritto alla esecuzione e ad ottenere un accertamento negativo a favore del debitore, che assume, cos~ vera e propria veste di attore (Cass., 29 novembre 1963, n. 3065). Invero, nel procedimento monitorio fiscale apprestato per la spedita riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti pubblici minori, fatto formale della ingiunzione cumula le caratteristiche del titolo esecutivo stragiudiziale e del precetto, di guisa che ropposizione del debitore costituisce la domanda giudiziale che apre un ordinario procedimento cognitivo. Conseguentemente, grava sulf opponente per la sua qualit di attore l'onere di contestare il diritto della pubblica Amministrazione alla minacciata esecuzione. Pu tuttavia accadere (come si verificato nel caso in esame) che nel corso del giudizio di opposizione alla ingiunzione fiscale, l'Amministrazione finanziaria deduca un diverso titolo a giustificazione del provvedimento ingiuntivo, riconoscendo l'inesistenza del titolo su cui inizialmente il procedimento stesso era stato fondato. La legittimit della deduzione del diverso titolo scaturisce dalla veste di convenuto che, con l'opposizione del debitore, assume l'Amministrazione creditrice, la quale ha pertanto il diritto di proporre domande riconvenzionali a norma dell'art. 36 c.p.c. Nessun addebito pu pertanto muoversi alla impugnata sentenza per avere preso in esame la domanda riconvenzionale dell'Amministrazione e avere dichiarato oessata la materia del contendere. ~ costante insegnamento di questa S.C. che la portata precettiva di una pronuncia giurisdizionale va individuata tenendo conto non solo delle statuizioni contenute nel disp()sitivo della sentenza, ma anche delle considerazioni enunciate nella motivazione. Nulla rileva se nel dispositivo sia stata omessa una specifica indicazione dell'esistenza o meno di una situazione giuridica qualora, come nel caso, nella motivazione siano state enunciate considerazioni tali da dimostrare che il giudice ha proceduto ai dovuti accertamenti con un ragionamento che va considerato integrativo del contenuto formale del dispositivo. Nella fattispecie l'ammissibilit della domanda riconvenzionale costituiva il naturale presupposto della decisione adottata con la dichia razione di cessazione della materia del contendere in ordine alla domanda stessa. -(Omissis). 1200 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 novembre 1965, n. 2360 -Pres. Fibbi -Est. Straniero -P.M. Pedote {conf.) -Istituto autonomo per le case popolari della Provincia di Messina (avv. Brancati) c. Brigandi e De Salvo {avv.ti Crisafulli P., Moschella M. e A.), Ministero LL.PP. (avv. Stato Del Greco) e Comune di Messina {avv. Romano A.). Impugnazione -Cause inscindibili -Nozione Giudizio di primo grado con pluralit di parti attive o passive -Pluralit di parti convenute -Controversia sulla individuazione del soggetto responsabile -Domanda di condanna cumulativa o alternativa nei confronti di tutti i convenuti -Necessit di impugnazione della sentenza nei confronti di tutte le parti Sussiste -Legittimazione delle parti all'impugnazione incidentale tardiva -Sussiste -Pronuncia del giudice di primo grado di estromissione di una delle parti convenute -Impugnazione che riproponga la questione sull'obbligo della parte estromessa Inscindibilit delle cause -Sussiste. (c.p.c., artt. 331, 334). Il concetto di cause inscindibili ai fini del giudizio d'impugnazione sorge, oltre che nel caso di litisconsorzio necessario per ragioni di diritto sostanzial,e o processuale, anche in relazione aU'ipotesi di cause fra loro dipendenti. Nel giudizio con pluralit di parti attive o passive, chiamate a parteciparvi ab origine o successivamente intervenute nel processo, viene a determinarsi un'ipotesi tipica di unico processo per pi cause fra loro collegate da vincolo di interdipendenza di liti, allorch le domande praroste da pi o contro pi parti siano, per la sostanziale identit del titolo dedotto in giudizio, dirette ad accertare, nei confronti di tutte, la medesima situazione giuridica: ci pu verificarsi nelfipotesi in cui fra le parti convenute sorga controversia sulr individuazione del soggetto effettivamente tenuto alr adempimento della prestazione dovuta all'attore e quest'ultimo proponga le sue domande, congiuntamente o alternativamente, nei confronti di tutti i convenuti, creando, cos, la premessa di un rapporto processuale con pluralit di convenuti. L'anzidetta situazione comporta, rispetto all' eventuale impugnazione della sentenza: a) la necessit che tale impugnazione venga proposta nei confronti di tutte le parti; b) la legittimazione di costoro a proporre contro la senf!enza stessa impugnazione incidentale anche quando abbiano prestato acquiescenza ad essa e, a maggior ragione, quando sia decorso il termine; c) l'obbligo del giudice di appello di ordinare l'integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 331 c.p.c., qualora rappellante non abbia notificato l'atto di appello alla parte estro PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA ~E 1201 messa in primo grado; d) fimpossibilit per quest'ultima di eccepire resistenza del giudicato per mancata impugnazione nei suoi confronti della sentenza nei termini di legge, perch la pronunzia di estromissione non rende processualmente scindibili le cause, se l'impugnazione riproponga la questione sulr obbligo della parte estromessa (1). {1) Cfr. Cass., 7 febbraio 1959, n. 403, Giust. civ., Mass. Cass., 1959, 142, sub 2 : nell'ipotesi in cui la parte convenuta si difenda, assumendo che altro soggetto sia tenuto in sua vece all'adempimento della prestazione richiesta dall'attore e chiami in causa detto soggetto perch sia accertato nei suoi confronti il fondamento della pretesa dell'attore, si hanno due cause strettamente connesse per l'oggetto e per il titolo da cui dipendono, con conseguente vincolo di interdipendenza, in quanto la decisone della seconda causa dipende dalla decisione della prima. Tale situazione processuale si verifica in particolar modo quando lattore accetti il contraddittorio nei ponfronti del chiamato in causa, proponendo le sue domande congiuntamente o alternativamente contro il convenuto originario e l'intervenuto, dando luogo ad un rapporto processuale con pluralit di convenuti. N l'avvenuta estromissione di una delle parti con la sentenza di primo grado pu rendere scindibili le cause, quando l'impugnazione venga proposta anche contro la parte estromessa, onde fare accertare la sussistenza del fondamento della pretesa dell'attore nei suoi confronti. Pertanto, si ha la necessit dell'integrazione del contraddittorio, anche nel caso di nullit della notificazione dell'impugnazione, ai sensi dell'art. 331 c.p.c. . Nel senso che la semplice litis denunciatio dell'impugnazione in cause inscindibile o dipendenti possa valere ad integrare il contraddittorio ex art. art. 331 c.p.c. v. Cass., 12 maggio 1962, n. 962, Giust. civ., 1962, I, 2195, sub 1 (la quale avverte, per, sub 2, che nelle cause dipendenti la parte contro cui stata proposta l'impugnazione principale propone ritualmente l'impugnazione incidentale contro altra parte dichiarata contumace mediante la comparsa di risposta notificata al contumace anche dopo la scadenza del termine per l'impugnazione, purch la comparsa di risposta venga notificata personalmente al contumace entro il termine fissato dal giudice): contra, per, ANDREOLI, Commento, 'II, Napoli, 1945, 290-291. Sul problema della legittimazione passiva nelle impugnazioni incidentali tardive v. FrnoccmARo, in Giust. civ., 1962, I, 2196-2198. Sul litisconsorzio in fase di impugnazione e sulla nozione di causa inscindibile v. Cass., 27 giugno 1964, n. 1722, Giust. civ., 1964, I, 1272 e seg., con nota di riferimenti di dottrina e giurisprudenza; 2 aprile 1964, n. 718, id., Mass. Cass., 1964, 322, sub 1, con riferimenti di dottrina e giurisprudenza. Sulla scindibilt delle cause nell'ipotesi di garanzia impropria v. Cass., 14 settembre 1963, n. 2522, Giust. civ., 1964, I, 139, la quale avverte, per, che peraltro, quando il convenuto principale ha chiamato nel processo il terzo, non solo ai fini di una eventuale rivalsa in caso di soccombenza, ma anche per la necessit della trattazione della causa o della sua stessa difesa, essendo unicamente imputabile al terzo il fatto generatore dell'inadempimento e della conseguente responsabilt di entrambi, si verifica tra le due cause, principale e di garanzia, una stretta connessione, per cui il terzo ha interesse e legittimazione ad impugnare la condanna del convenuto (garantito), cio ad investire con l'impugnazione il rapporto principale e nel giudizio relativo applicabile lart. 331 c.p.c. '" Sui concetti di causa inscindibile in fase di impugnazione e di impugnazione incidentale tardiva v. anche Cass., 21 ottobre 1965, n. 2173, in questa Rassegna, 1965, I, 1180, sub 8 {1185), ove ulteriori riferimenti di giurisprudenza. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1202 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 13 novembre 1965, n. 2362 -Pres. Laporta -Est. Speziale -P.M. De Ruggiero (conf.) -Poveromo (avv. Sposato) c. Ministero Difesa-Esercito (avv. Stato Colletta) e Pieri (avv. Calvanese). Procedimento civile -Rimessione della causa al Collegio -Precisazione in sede di conclusioni delle domande ed eccezioni della parte-Rinuncia implicita alle istanze non riproposte -Sussiste. (c.p.c., art. 189). Procedimento civile -Norme relative alla deduzione ed alla assunzione della prova testimoniale -Fondamento -Motivi di ordine pubblico -Non sussistono -Norme dispositive. (c.p.c., artt 244 e segg.; e.e., artt. 2721 e segg.). Procedimento civile -Istruzione probatoria -Verbali di indagine redatti dagli ufficiali di polizia giudiziaria -Valore probatorio indiziario. " " (c.p.c., artt. 115, 116, primo comma). Quando la parte, alr atto della rimessione della causa al Coll.egio, non si sia limitata a richiamare, genericamente, le conclusioni formulate in precedenza, ma abbia ben precisato le proprie domande ed eccezioni, legittimamente il giudice prende in considerazione solo le istanze espressamente formulate, dovendosi ritenere implicitamente rinunciate tutte le altre (1). Tutte le prescrizioni relative alla deduzione e all'assunzione della prova testimoniale devono intendersi dettate non per motivi di ordine pubblico, bens a tutela dei privati interessi delle parti {2). I verbali di indagine redatti dagli ufficiali di polizia giudiziaria, per le garanzie di attendibilit inerenti all'organo da cui provengono, ben possono forni re al giudice, n~l quadro delle risultanze processuali, el.ementi presuntivi e indiziari utili per l'accertamento della verit (3). (1) Cfr. Cass., Sez. Un., 18 giugno 1965, n. 1257, Giur. it., Mass., 1965, 457, sub e; Cass., 22 luglio 1964, n. 1956, Giust. civ., Mass. Cass., 1964, 886, sub 2; 15 giugno 1964, n. 1522, ibidem, 695; Sez. Un., 20 agosto 1962, n. 2603, id., Mass. Cass., 1962, 1236, sub 9, ove ulteriori riferimenti. (2) Cfr. Cass., 25 giugno 1964, n. 1679, Giur. it., Mass., 1964, 550, sub a; 10 luglio 1962, n. 1828, Giust: .civ., Mass. Cass., 1962, 906; 10 maggio 1962, n. 936, ibidem, 473; 6 marzo 1962, n. 425, ibidem, 207, sub 2; 18 marzo 1961, n. 620, id., Mass. Cass., 1961, 253. Per applicazioni del principio, v. anche Cass., 5 maggio 1964, n. 1070, Giur. it., Mass., 1964, 344, sub e; 15 maggio 1964, n. 1180, ibidem, 382, sub c. (3) Cfr. Cass., 16 maggio 1962, n. 1085, Giust. civ., Mass. Cass., 1962, 554, sub 3, ove ulteriori riferimenti. Per quanto concerne i documenti provenienti dalla PARTE I, SEZ. ID, GIURISPRUDENZA CIVILE 1203 P.A., parte in causa, cfr. Cass., 7 giugno 1965, n. 1148, Giur. it., Mass., 1965, 417: essendo gli atti amministrativi assistiti da una presunzione di legittimit, ben pu il giudice provare il proprio convincimento su documenti provenienti dalla stessa Pubblica Amministrazione che sia parte in causa, sempre che gli stessi non siano smentiti da prova contraria ; v. anche Cass., 23 febbraio 1963, n. 442, Giust. civ., Mass. Cass., 1963, 206, sub 3; 16 maggio 1960, n. 1206, id., Mass. Cass,, 1960, 450, sub 2, ove ulteriori riferimenti. Quanto ai certificati amministrativi, v. Cass., 12 marzo 1965, n. 403, Giur. it., Mass., 1965, 130, sub e: cc i certificati amministrativi, come quello anagrafico, ancorch non equiparabili ad atti pubblici facenti fede fino a querela di falso, possono essere utilizzati dal giudice quali elementi presuntivi di convincimento ; Cass., 14 febbraio 1963, n. 304, Giust. civ., Mass. Cass., 1963, 141, sub 4, precisa che: cc i certificati anagrafici e gli altri certificati amministrativi che concernono annotazioni, inserite in pubblici registri, sulla scorta di accertamenti compiuti ex officio, ovvero di dichiarazioni rese alla P.A., hanno piena efficacia probatoria soltanto relativamente all'esistenza di dette annotazioni e dichiarazioni, non anche in merito alla corrispondenza delle stesse alla realt oggettiva. Essi possono, peraltro, concorrere alla formazione del convincimento del giudice circa la verit dei fatti ai quali si riferiscono, quali presunzioni semplici, superabili con la prova contraria . TRIBUNALE DI NAPOLI, 29 marzo 1965 -Pres. Carbone -Est. Di Filipp-Acone (avv. Ventrella) c. Ministero Poste e Telecomunica zioni (avv. Stato Carusi). Edilizia -Distanze nelle costruzioni -Disciplina legale prevista dal codice civile -Inapplicabilit alle costruzioni erette su suolo pubblico. (e.e., art. 873). L'art. 873 e.e. che regola la distanza da osservarsi tra costruzioni su fondi finitimi non applicabile alle costruzioni erette su suolo pubblico in confine con i fondi dei proprietari frontisti (1). (Omissis). -Per risolvere le questioni proposte dalle parti, nel presente giudizio, necessario individuare la condizione giuridica del suolo sul quale lAmministrazione delle Poste ha costruito ledificio che l'attrice assume lesivo dei suoi diritti. In proposito, dalla documentazione esibita dall'Amministrazione (certificato del Comune) risulta che il muro di recinzione dell'edificio postale di piazza Mazzini sorge sul suolo espropriato per la costruzione della piazza Mazzini stessa. (1) L'inapplicabilit della disciplina delle distanze legali, prevista dall'art. 873 e.e., alle costruzioni erette su suolo pubblico trovasi gi affermata in Cass., Sez. Un~, 23 giugno 1964, Foro amm., 1964, I, 1, 465; Trib. Napoli, 8 gennaio 1963, Temi napol., 1964, I, 66 (con motivazione parzialmente diversa e con richiamo della disposizione contenuta nel secondo comma dell'art. 879 e.e.); \pp. Napoli, 1204 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Esso, quindi, deve ritenersi appartenente al demanio comunale in quanto. per la sua funzione di recingere la piazza, costituisce parte ,. accessoria della piazza Mazzini, per effetto della presunzione di cui all'art. 22, comma terzo, della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F f' ' (Cass., 29 luglio 1964, n. 2154). Del resto la stessa attrice, fin dall'atto introduttivo del giudizio, riconosce la qualit demaniale del suolo allorch afferma che l'edificio di cui lamenta la costruzione sorge sul suolo di piazza Mazzini (vedi atto di citazione). Ci posto giover esaminare la fondatezza della domanda sotto il duplice profilo {prospettato del resto dall'attrice, nelratto di citazione e nella difesa successiva) della violazione delle norme sulle distanze legali e della violazione dell'art. 46 della legge 25 giugno 1865, n. 2359. Il richiamo fatto dalla Acone alla disciplina propria delle distanze legali {art. 873 e.e.) non ha fondamento. Invero, deve escludersi che il proprietario frontista abbia il diritto di chiedere 1'osservanza della distanza di tre metri tra il proprio edificio, confinante con lo spazio pubblico e quello che, sullo stesso spazio eventualmente venga a costruire la pubblica Amministrazione. L'art. 82 della legge sui lavori pubblici dispone infatti che gli edifici privati, nell'interno degli abitati possono essere costruiti sul .confine della strada comunale senza che occorra rispettare la distanza di tre metri prevista all'art. 873 e.e. e tale norma rende inapplicabile la gi citata norma dell'art. 873 nei confronti del proprietario frontista, poich questo articolo prevede una fattispecie in cui vi una posizione di reciprocit fra i fondi e non una fattispecie in cui vi un limite legale nei confronti di uno di essi. Diversamente opinando si perverrebbe al risultato di affermare da una parte la esistenza del limite legale nei confronti del Comune in ordine al bene demaniale che quello di sopportare le costruzioni dei privati, sul confine, e nel contempo non un limite {stante il difetto di reciprocit) ma una servit a carico dello stesso Comune di non costruire e non effettuare concessioni a distanza -minore di tre metri. -(Omissis). 19 aprile 1962, Monit. trib., 1964, 271 (con richiamo all'art. 879, secondo comma, e.e. ed all'art. 82 della I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, invocato anche nella sentenza in rassegna); sul punto cfr. pure Cass., 15 ottobre 1960, Giust. civ., Mass., 1960, 1050, con nota di richiami giurisprudenziali e dottrinali. Sul carattere di norma privatistica dell'art. 873 e.e. si veda: Cass., 10 maggio 1963, n. 1151, Giur. agr., 1964, 230. -~ Sulla posizione delle propriet limitrofe a beni pubblici, si vedano, in dottrina: SANDULLI, Beni pubblici, Encicl. dir., vol. V, 293 e segg. e GENTILE, Costruzioni in confine con piazze e vie pubbliche, Riv. giur. edil., 1962, II, 32 e segg. L. MAZZELLA SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 novembre 1964, n. 823 -Pres. Stumpo -Est. Anelli -Dinaro {avv.ti Valenise e Nigro) c. Ministero LL.PP. {avv. Stato Azzariti) e Soc. Cooperativa Edilizia Alcioni Iuniana (avv. Barillaro). Edilizia popolare ed economica -Cooperativa edilizia -Collaudo e riparto di spesa -Socio -Interesse a ricorrere -Sussistenza. Edilizia popolare ed economica -Cooperativa Edilizia -Collaudo e riparto di spesa -Impugnativa -Giurisdizione amministrativa -Sussistenza. Edilizia popolare ed economica -Cooperativa edilizia -Collaudo e riparto di spesa -Impugnazione -Preclusione per mancata proposizione dell'azione ex art. 2377 e.e. -Esclusione. Edilizia popolare ed economica -Cooperativa edilizia -Opere non ancora ultimate -Collaudo -Am:prlssibilit e limiti. Edilizia popolare ed economica -Cooperativa edilizia -Opere difformi dal progetto approvato dal Provveditorato -Ammissibilit al collaudo -Limiti. Il socio assegnatario di una cooperativa edilizia sovvenzionata ha interesse a ricorrere contro il collaudo e rammissione a contributo di opere che si assumono eseguite, in difformit del progetto, nelr esclusivo vantaggio di alcuni soci (1). La posizione del socio di una cooperativa, edilizia sovvenzionata, nei confronti degli atti di collaudo delle opere e di riparto della spesa fra i soci assegnatari, npn ha natura di diritto soggettivo ma di interesse legittimo: pertanto il ricorso avverso il provvedimento ministeriale di approvazione del riparto di spesa rientra nella giurisdizione del eonsiglio di Stato (2). (1-2) Numerose volte il Consiglio di Stato ha affermato che l'assegnatario, prima della sUpulazione del mutuo individuale, titolare di un interesse legittimo e non di un diritto soggettivo (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 18 gennaio 1961, n. 31, Giust. civ. 1961, Il, 143; Cons. Stato, Sez. VI, 19 aprile 1961, n. 365, Il Consiglio 1206 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'impugnativa prevista daliart. 2277 e.e. contro le delibere assembleari e quella spettante al socio assegnatario contro gli atti di collaudo e di riparto della spesa si muovono su due piani diversi e reciprocamente autonomi; pertanto, il mancato esperimento della prima, non implicando acquiescenza al provvedimento di approvazione, non preclude la possibilit di promuovere la seconda (3). Unopera pu essere collaudata anche se non completamente ultimata, purch i difetti e le mancanze riscontrate siano di scarsa entit e riparabili in breve tempo, o addirittura tali da potersi lasciar sussistere senza pregiudizio (4). Il collaudatore di opere eseguite da una cooperativa edilizia sovvenzionata pu ammettere a collaudo opere difformi dal progetto approvato dal Provveditorato 00.PP., ai sensi dell'art. 77 t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, solo quando le ritenga indispensabili per la esecuzione dell'opera, e purch l'importo totale delle opere, compresi i lavori non autorizzati, rientri nei limiti di spesa preventivamente approvata (5). di Stato, 1961, I, 778; Cons. Stato, Sez. VI, 11 luglio 1961, n. 617, ivi, 1961, I, 1337): donde la conseguenza, ribadita dalla decisione in rassegna, che le questioni attinenti al provvedimento di approvazione del riparto di spesa rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo. Il principio non nuovo : oltre ad essere stato esplicitamente affermato con una vecchia decisione della V Sezione (la n. 96/1943), esso risulta implicitamente -come avverte la pronuncia odierna da ulteriori successive pronuncie anche recentissime, le quali hanno deciso nel merito controversie relative ad apprnvazione di collaudi e di riparti di spese fra soci di cooperative edilizie sovvenzionate (cfr., ad esempio, Cons. Stato, Sez. VI, 12 febbraio 1964, n. 119, Giust. civ., 1964, II, 173; Cons. Stato, Sez. VI, 12 febbraio 1964,. n. 120, Riv. giur. edilizia, 1964, 'I, 577, con nota di PALMA). Per questi problemi, cfr. in dottrina, VERRUCCOLI, Disciplina della societ e disciplina del condominio nella cooperazione edilizia sovvenzionata, Riv. coop., 1961, 731. (3) Per qualche riferimento cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 10 dicembre 1958, n. 920, Il Consiglio di Stato, 1958, I, 1524, la quale ha deciso che il ricorso contro la deliberazione di una cooperativa edilizia, proposto da un socio a tutela di un interesse proprio, deve essere proposto nel termine di trenta giorni dalla conoscenza dell'atto impugnato, essendo inapplicabile il termine previsto dall'art. 2377 e.e. per l'impugnazione delle deliberazioni nell'interesse sociale . (4-5) Non risultano precedenti in termini. Per qualche riferimento v. Cass., 7 luglio 1962, n. 1763, Giust. civ., 1963, I, 77, con nota di DE SALVO. ~ CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 16 giugno 1965, n. 500 -Pres. Polistina -Est. Fragomeni -Marcoocio {avv.ti Sorrentino e Montuori) c. Ministero partecipazioni statali {avv. Stato Chiarotti) e Ventu-~ rini (n.c.). Impiego pubblico -Consiglio di Amministrazione -Deliberazioni trimestrali -Natura del termine -Fattispecie. :~ ~-~---~ _ _ ::::: _.. :::::-..__ .._ ......_ ......... ::--h.._ ..... :--..__ ..__ .......W.-:::...._.......:-:-.. _...-..:..-: _... :-: .... _._ :--............._. .. _._. _. x... ....-::-: ::..-..:-.-=-= . _. :-:x _ ..-=-= ....,.. ,. ..-.-:--..-..::-3 .............. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTI\ATIVA 1207 Poich la norma di cui alfart. 9 della l: 22 ottobre 1961, n. 1143 ha natura meramente ordinatoria, non viZiato da illegittimit lo scrutinio cui il Consiglio di Amministrazione abbia proceduto oltre il termine trimestrale previsto in detto articqlo : n tale principio subisce deroghe per fipotesi di cui all'art. 5 della stessa legge, che disciplina in via transitoria le promozioni ad archivista capo, o qualifiche equi-parate (1). (1) Massima di evidente esattezza che discende non soltanto dalla lettera dell'art. 9 della legge 1143 del 1961, ma anche dal principio, assolutamente pacifico, secondo il quale spetta alla discrezionalit dell'Amministrazione determinare il momento in cui si deve far luogo alla copertura dei posti in un determinato grado. Nella specie il ricorrente sosteneva che, comunque, il principio della natura meramente ordinatoria dell'art. 9 dovesse subire una deroga per effetto della norma eccezionale e transitoria dell'art. 15 della stessa legge, ed invoca in tal senso, per analogia, la decisione 7 marzo 1962, n. 235 (Giust. civ., 1962, II, 213), con la quale la VI Sezione, interpretando l'art. 2 della I. 9 ottobre 1959, n. 928, aveva deciso che l'Amministrazione ha l'obbligo e non la mera facolt di conferire le promozioni in sopranumero alle qualifiche di ispettore generale ed eqTJiparate, fino a coprire' l'intera aliquota annuale dei posti ;-: ma il Consiglio di Stato ha fatto giustizia della tesi, escludendo l'invocata analogia dell'art. 15 della legge del 1961 all'art. 2 sopracitato sulla base di ineccepibili argomentazioni esegetiche. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 novembre 1965, n. 713 -Pres. De Marco -Est. Fragomeni -Ist. Aut. Case Popolari di Napoli (avv. Castellani) c. Commissione presso il Provveditorato 00.PP. per la Campania e Ministero LL.PP. (avv. Stato Vitucci). Edilizia popolare ed economica -Prezzo di cessione -Determinaiione -Ricorso -Esigenza del contraddittorio -Sussi~tenza. Il ricorso avverso la determinazione del. prezzo di cessione di un alloggio di tipo popolare, previsto dall'art. 7 d.P.R. 7 gennaio 1959, n. 2, si configura come un tipico ricorso gerarchico improprio: pertanto il relativo procedimento di fronte alla competente Commissione regionale deve svolgersi con l'osservanza della garanzia del contraddittorio secondo le norme di cui all'art. 5 del t.u. 3 marzo 1934, n. 383 {l). (1) Con l decisione 22 gennaio 1964, n. 13, Foro it., 1964, III, 33, il Consiglio di Stato aveva deciso che il ricorso proposto alla Commissione regionale avverso la determinazione del prezzo di cessione di immobil di tipo popolare, deve essere notificato ai contro interessati, oltrech alla commissione provinciale , e ci sul medesimo rilievo della configurazione del ricorso ex art. 7 d.P.R. 7 gennaio 1959, n. 2, come ricorso gerarchico improprio. La decisione in rassegna, peraltro, si segnala per il particolare interesse della motivazione con la quale, disattendendo una. eccezione dell'Avvocatura, il Consiglio di Stato ha ritenuto il valore mera RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1208 mente ordinatorio del termine previsto dal terzo comma dell'art. 7 : soluzione, invero, che lascia alquanto perplessi, posto che la rigida formulazione della norma ( il ricorso deve essere deciso entro 30 giorni dalla sua presentazione ) sembra escludere che la Commissione giudicante possa prorogare il termine (art. 154 c.p.c.}; onde, per esclusione, la conseguenza che quest'ultimo parrebbe doversi qualificare piuttosto come perentorio. Per un acuto ripensamento di tutta la materia dei termini processuali, cfr., in dottrina, PrcARDI, Per una sistemazione dei termini processuali, Ius, 1963, 209 segg. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 8 gennaio 1965, n. 2 -Pres. Gallo Est. Fortini del Giglio -Pomponio e Cimaglia (avv.ti Fragola, Piccardi) c. Ospedali riuniti per bambini di Napoli (avv. Gava), Baffi (avv. Jemolo), Perotta (avv. Abbamonte) e Loffredo (avv. D1Aiuto). Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Motivi -Atto confermativo -Limiti. An111Ullato un provvedimento conclusivo di una serie procedimentale di operazioni, se l'Amministrazione rimuova il provvedimento in modo tale da tenere ferme quelle operazioni che non furono travolte dal precedente annullamento, avverso questo secondo provvedimento sono proponibili soltanto quei motivi che, dedotti nel precedente ricorso, non erano stati presi in considerazione per avere il giudice amministrativo riconosciuto la fondatezza di altra censura di carattere assorbente (1). (1) La decisione in rassegna, che risulta pubblicata in Giur. it., 1965, III, 168, con nota critica di GurccrARDI, Rinnovazione di provvedimento amministrativo e deduzione di motivi di impugnativa, afferma in buona sostanza che, a seguito della rinnovazione di un provvedimento precedentemente annullato, l'interessato non possa impugnare il nuovo provvedimento per motivi che non furono dedotti nel primo ricorso. A tale conclusione il Consiglio di Stato perviene dall'affermazione del carattere meramente confermativo del secondo provvedimento. In questo senso la pmuncia trova un precedente nella decisione 30 marzo 1960, n. 165, Il Consiglio di Stato, 1960, I, 518, e si riallaccia a noti principi in materia di rinnovazione del provvedimento, sicch -in conclusione -sembra che in via di principio essa meriti adesione. Eventuali critiche potrebbero semmai appuntarsi sulla qualificazione di confermativo attribuito al provvedimento di specie; ma allora il problema si risolve in una indagine sull'esattezza dell'applicazione al caso concreto di un principio, la cui validit non viene di per s in considerazione. CONS1GLIO DI STATO, Sez. VI, 19 febbraio 1965, n. 107 -Pres. Breglia -Est. Chieppa -S.p.A. Cartiera di Verona ed altri {avv.ti Boneschi, Carpi) c. Ministero industria e commercio (avv. Stato Lancia) ed Ente nazionale cellulosa e carta (n.c.). Enti pubblici -Gestione commissariale -Persistenza -Configurabilit di silenzio -Rifiuto della p.a. PARTE I, SE'Z. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1209 Enti pubblici -Gestione commissariale -Persistenza -Ricostituzfone degli organi ordinari -Dovere della p.a. -Sussistenza. Collegio -Componenti nominati da associazioni sindacali -Abolizione dell'ordinamento corporativo -Conseguenze. Il provvedimento che impone la gestione commissariale ad un ente pubbl~co, quananche non sia stato impugnato, non preclude rulteriore contestazione sulla legittimit della persistenza della gestione commissariale, e quindi del silenzio-rifiuto sulla ricostituzione degli organi delfente (1). In attuazione del principio generale che il periodo temporale di una gestione commissariale essenzialmente assai breve, e comunque non superiore al periodo previsto per i corrispondenti organi ordinari e permanenti dell ente, deve ritenersi che, quando manchi una esplicita previsione di legge sulla durata della gestione, il protrarsi di quest'ultima per numerosi e svariati anni faccia senZ altro sorgere a carico delr aml'amministrazione il dovere di riicostituire gli organi ordinari, dovendosi porre termine ad una situazione abnorme che non importa pi la possibilit di una ulteriore valutazione discrezionale sul quando rilevante ai fini del decidere (2). (1) Come avverte la decisione in rassegna, il problema di cui si discuteva nella specie non nuovo " in quanto comune a tutte le situazioni con effetti continuativi duraturi, derivanti da provvedimenti autoritativi, che comprimono, con il carattere essenziale di temporaneit, lo status di una persona fisica o giuridica . In questo ordine di idee Cons. Stato, Sez. VI, 26 maggio 1954, n. 403, Il Consiglio di Stato, 1954, I, 622, ha ritenuto illegittimo il silenzio serbato dalla amministrazione sulla diffida notificatale da un impiegato che, dopo cinque anni dall'irrogazione della sospensione cautelare, chiedeva la definizione del procedimento disciplinare. Nello stesso senso cfr. anche Cons. Stato, Sez. VI, 13 luglio 1954, n. 590, Il Consiglio di Stato, 1954, I, 792. Sul dovere dell'amministrazione di porre in essere la procedura necessaria per far cessare un provvedimento funzionalmente a carattere temporaneo, cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 23 settembre 1961, n. 676, Il Consiglio di tata, 1961, I, 1453. La decisione in rassegna ha poi distinto il caso in questione da quello di una istanza diretta a provocare il riesame di un provvedimento divenuto inoppugnabile per mancata impugnazione nel termine, in relazione al quale Cons. Stato, Sez. VI, 25 luglio 1964, n. 562, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 1344, ha ritenuto non potersi formare silenzio-rifiuto; nonch da quello di istanza di revoca di un atto precedente (cfr. Cbns. Stato, Sez. VI, 3 novembre 1963, n. 608, ivi, 1953, I, 1057). (2) Non risultano precedenti in termini. La giurisprudenza ha spesso affermato che, anche dove esiste un termine stabilito dalla legge per la durata della gestione commissariale, la relativa scadenza non comporta mai ipso iure la decadenza dei commissari dal loro ufficio, perch -in base al principio della prorogatio -essi restano in carica fino alla ricosti 1210 RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO Nel caso in cui, per effetto deli abolizione dell'ordinamento corporativo, siano venute meno le norme che richiedevano la collaborazione delle associazioni sindacali riconosciute per la designazione di alcuni componenti di organi collegiali di enti pubblici, la nomina dei rarppresentanti delle categorie interessate rimane attribuita ali amministrazione, la quale ha il dovere di provvedere procedendo eventualmente ad una preventiva consultazione delle attuali organizzazioni di caiegoria (3). tuzione degli ordinari organi di amministrazione: cfr. Cass., 6 maggio 1960, n. 1031, Giust. civ., 1960, I, 1618; Cons. Stato, Sez. V, 20 febbraio 1954, n. 171, Il Consiglio di Stato, 1954, I, 154; Cons. Stato, Sez. V, 19 ottobre 1963, n.876, ivi, 1963, I, 1372. Questo orientamento rende per lo meno azzardato affermare l'esistenza di un principio generale circa la brevit della durata delle gestioni commissariali, principio che poi la chiav di volta per affermare, come fa la decisione in rassegna, che il protrarsi della gestione nel tempo importerebbe l'obbligo per l'amministrazione di ricostituire gli organi ordinari dell'ente e non semplici sanzioni di natura amministrativa nei confronti dei funzionari responsabili (cfr. Cass., 6 maggio 1960, n. 1031, citato). {3) Cfr. nello stesso senso, Cons. Stato, Sez. VI, 15 dicembre 1964, n. 966, in questa Rassegna, 1965, 175. Circa l'indicazione dei componenti del collegio ad opera delle associazioni di categorie pi largamente rappresentative, Cons. Stato, Sez. V, 28 settembre 1957, n. 797, Giust. civ., 1957, II, 243. Sugli effetti dell'abolizione dell'ordinamento corporativo, oltre alla decisione n. 797/57 citata, v. pure Cons. Stato, Sez. II, 10 luglio 1957, n. 571, Il Consiglio di Stato, 1958, I, 243. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 13 luglio 1965, n. 537 -Pres. Toro Est. Benvenuto -Cassa Risparmio di Firenze (avv.ti Dedin, Lessona e Colzi) c. Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (avv. Stato Agr) e Cassa Risparmio di Carrara (avv.ti D'Audino e Raia). Banca -Casse di Risparmio -Nuovi sportelli bancari -Autorizzazione -Impugnativa -Giurisdizione amministrativa -Sussistenza. Banca -Casse di Risparmio -Nuovi sportelli bancari -Apertura Condizioni e competenze. Banca -Casse di Risparmio -Nuovi sportelli bancari -Procedimento autorizzativo -Audizione della Federazione di cate-' goria -Necessit -Esclusione. : L. posizione soggettiva degli Istituti di credito in rapporto a situazioni concorrenziali da parte di aziende simili deve configurarsi come PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA .1211 interesse legittimo : pertanto ciascuna azienda pu agire in via giurisdizionale innanzi al Consiglio di Stato per denunciare gli eventuali vizi di legittimit del provvedimento amministrativo. con cui viene autorizzata l'apertura, nella stessa piazza gi da essa servita, di nuovi sportelli bancari da parte di altre aziende del genere (1). Essendo stato abrogato dalla successiva normazione legislativa rart. 1 r.d.l. 21 ottobre 1923~ n. 2413, il quale escludeva in modo assoluto la possibilit di aprire nuovi sportelli di una Cassa di Risparmio in localit gi servita dagli sportelli di altra Cassa, attualmente l'apertura di nuovi sportelli dipende unicamente da una valutazione di opportunit, in relazione alle esigenze locali dell'attivit creditizia, che compete al potere discrezionale dell'autorit di vigilanza competente (2). Nel corso del procedimento di autorizzazione alr apertura di spor . telli di una Cassa di Risparmio, in un Comune gi servito dagli sportelli di altra Cassa, l'Autorit di vigilanza non tenuta ad interpellare previamente la Federazione cui appartengono le Casse interessate (3). (1) Cfr. gi nello stesso senso, Cons. Stato, Sez. IV, 2 dicembre 1949, n. 423, Foro amm., 1950, I, l, 123; Cons. giust. amm. sic., 16 dicembre 1961, n. 72, Il Consiglio di Stato, 1961, I, 2267. Cos pure implicitamente, Trib. Roma, SO aprile 1963, Banca, borsa, 1964, I, Il, 106. (2-3) Non risultano precedenti in termini. In dottrina cfr. DE GENNARO, La competenza autorizzativa in materia di sportelli bancari, Banca, borsa 1963, I, 461; FAVARA, Ancora sulla competenza autorizzativa in matena di sportelli di cassa di risparmio e monti di piet di prima categoria, Sicurezza soc., 1964, I, 69. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 22 ottobre 1965, n. 643 -Pres. Toro Est. Longo -S.p.A. Mineraria Predil (avv.ti Lorenzoni e Giannini) c. Ministeri della Finanza, dell'Industria e del Commercio e delle Partecipa7.ioni Statali (avv. Stato Varvesi), AMMI S.p.A. {avv.ti Marinangeli, Urbani e Guarino). Atto amministrativo -Forma -Telegramma -Ammissibilit. Miniere -Miniere Erariali Regime legislativo ed atti di gestione Natura. Un dispaccio telegrafico pu costituire forma idonea per l'adozione di un provvedimento amministrativo, il cui contenuto desumibile dalla implicita ma inequivoca manifestazione di volon.t dell'Amministrazione, eventualmente integrata con riferimento a tutto il precedente comportamento dell'amministrazione stessa; in siffatto caso, dovendosi escludere che si tratti di atto meramente interno, ben possibile I'impugnativa RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO innanzi al Consiglio di Stato del provvedimento anche sotto il profilo della sussistenza della lesione dell'interesse legittimo del ricorrente (1). L'art. 64, lett. e) della legge mineraria, che detta norme sull' ordi. namento e sul sistema di utilizzazione delle miniere c.d. erariali, non comporta esenzione dalla disciplina di diritto pubblico, che propria . -in via di massima -dei beni del patrimonio indisponibile (quali sono appunto le miniere erariali) : pertanto, gli atti emanati dalr Amministrazione finanziaria in ordine alla gestione di dette miniere sono qualificabili come veri e propri provvedimenti amministrativi, sottoposti in quanto tali alla generale giurisdizione di legittimit del Consiglio di Stato (2). (1) Non risultano precedenti in termini. Sul tormentato problema della forma della esternazione del provvedimento amministrativo la pi moderna ed autorevole dottrina si va orientando nel senso che non vi sia " una regola generale sulla forma dell'esternazione, n nel senso della libert della forma n nel senso della forma scritta ,, : pertanto non sarebbe accettabile " lopinione, un tempo diffusissima, secondo cui il provvedimento dovrebbe sempre avere la forma scritta del decreto (cos GIANNINI, Atto amministrativo, Sue. diritto, Milano, 1959; nello stesso senso cfr. pure Iuso, Motivi e motivazioni nel provvedimento amministrativo, Milano, 1963, 47 segg.). (2) Nulla in termini. In generale, per quanto concerne l'impugnativa di provvedimenti relativi alle concessioni minerarie, numerose volte stata riaffermata implicitamente la giurisdizione amministrativa: cfr. di recente, Cons. giust. amm. sic., 7 giugno 1963, n. 158. Il Consiglio di Stato, 1963, 'l, 1124; Cons. Stato, Sez. VI, 7 giugno 1961, n. 501, ivi, 1961, I, 1257. Delle c.d. miniere erariali la dottrina si scarsamente occupata. Brevi cenni in FALZONE, I beni del patrimonio indisponibile, Milano, 1957, 57. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19luglio1965, n. 1617 -Pres. Favara -Est. Rossi -P.M. Colonnese (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Masi) c. Theodoli (avv. Stella). Imposta di registro -Case di a)>itazione non di lusso di nuova costruzione -Trasferimento contestuale della propriet e dell'usufrutto a soggetti diversi -Agevolazioni previste dall'art. 17 della l. 2 luglio 1949, n. 408 -Applicabilit alla costituzione di usufrutto -Esclusione. {I. 2 luglio 1949, n. 408, artt. 13-17; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 8-9-21). I benefici fiscali previsti dalfart, 17 della legge 2 luglio 1949, n. 408, per i trasferimenti di case di abitazione costruite ai sensi dellart. 13 della medesima legge, non trovano applicazione in ordine alla costituzione a titolo oneroso _di usufrutto a, favore di un soggetto, neppure quando questa sia effettuata contestualmente alla vendita ad altro soggetto della nuda propriet della medesima casa {l). (1) Giurisprudenza consolidata. Il principio di diritto affermato nella decisione in nota, costantement sostenuto dall'Amministrazione fn~mziaria (cfr. R.M., 29 maggio 1957, n. 111646, Riv. leg. fisc., 1958, 64; R.M., 31 luglio 1957, n. 112353, ivi, 1958, 664 e 1959, 1050), trova i suoi primi precedenti nelle sentenze n. 3479/57, 2664/58 per le analoghe ipotesi previste rispettivamente dall'art. 1 del t.u. 24 febbraio 1948, il. 114 e art. 10 della legge regionale siciliana 18 gennaio 1949, n. 2. A tale sentenza hanno fatto seguito, tutte nello stesso senso, le sentenze nn. 20/63, 2129/63, 2103/63, 2664/63, 2667/63, 2668/63, 475/64 e 233/65. La sentenza n. 475/64' delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ed riportata per esteso in questa Rassegna, 1964, I, 56.7; cfr. anche per la sentenza 233/65 la stessa Rassegna, 1965, I, 209. CORTE DI CASSAZIONE -Sez. I, 19 luglio 1965, n. 1620 -Pres. Pece Est. Gambogi -P.M. De Marco {concl. conf .) -Brancato Pietrina in Lo Giudice (avv.ti Sangiorgio e Montanaro) c. Ministero Finanze (avv. Stato Savarese). Imposte e tasse in genere -Norme di esenzione -Divieto di inter pretazione analogica. 'llreleggi, art. 14). 1214 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ~ Imposta di registro Agevolazioni tributarie per le nuove costru. : zioni edilizie -Legge regionale siciliana 18 gennaio 1949, n. 2 -Trasferimenti di appartamenti di nuova costruzione Neces sit della dichiarazione di abitabilit. (I. reg. sic. 18 gennaio 1949, n. 2, art. 10; d.p.r.s. 26 aprile 1949, n. 10, artt. 1 e 7; d.p.r.s. 25 maggio 1950, n. 22, art. 1). Le norme che prevedono esenzioni fiscali hanno carattere eccezionale e non sono suscettibili di applicazione analogica: , quindi, preclusa f estensione, ad ipotesi non previste, non solo deltesenzione medesima, ma anche di una. speciale agevolazione. per facilitare' i esenzione stessa (1). Anche dopo t entrata in vigore del regolamento reg. sic. 25 maggio 1950, n. 22, per rapplicazione del beneficio fiscale della registrazione a tassa fissa degli atti di compravendita di appartamenti di nuova costruzione, di cui aliart. 10 della legge reg. sic. 18 gennaio 1949, n. 2, indispensabile la presentazione della dichiarazione di abitabilit senza che questa possa essere sostituita con la presentazione delle denunce al Comune ed agli Uffici fiscali (prevista dali art. 1, lett. a) del reg. n. 22 del 1950), e senza che possa aver rilievo, inoltre, la prova della effettiva abitazione (2). (Omissis). ~ Col primo mezzo di ricorso la Brancato denuncia la violazione ed errata interpretazione dell'art. 10 della legge regionale siciliana 18 gennaio 1949, n. 2, lamentando che la decisione impugnata abbia ritenuto che la espressione entro un anno dalla dichiarazione di abitabilit, contenuta nella norma suddetta, pr.eveda non solo un termine finale, ma anche un termine iniziale a partire dal quale debba essersi verificato il primo trasferimento di propriet perch questo possa godere della registrazione a tassa fissa .. La doglianza- infondata, perch la decisione della Cmmissione Centrale delle Imposte non contiene la pronuncia impugnata. Detta decisione, infatti1 nell'accogliere l'appello. dell'Ufficio contro la delibera (1) Principio pacifico. Cfr., da ultimo, Cass., 7 febbraio 1963, n. 200, Foro it., 1963, I, 1046 e Riv. leg. fese., 1963, 1112. (2) AgevlaZioni fiscali per la vendita di appartamenti, secondo la legge regionale siciliana 18 gennaio 1949, n. 2. Incontestabile l'esattezza della decisione in rassegna (pubblicata anche in Riv. leg. fese., 1965, 1923). ,:; L'art. 20 della I. reg. sic. 18 gennaio 1949, n. 2, contenente la disciplina regionale degli sgravi fiscali per le nuove costruzioni edilizie, con i suoi rich~ami ai precedenti artt. 1 e 9, accordava il beneficio fiscale della registrazione a tassa fissa ' per i primi trasferimenti di appartamenti che rispondessero ai seguenti requisiti: . fil W. -. ----~ rW~~--~{P"~ff%fif'0.f%-7'9'%:o/"ffi.$f:~if"f.'ffil:Warfft'~fmfii':x:::w:-f.r.:W''&j Wtfff$.WMffff&@ff.@fJ@f.t-:ttit:b=%&!4i&r&tllittf%%fiff1f%.effef&%#1Wf3&.f.q{&#tf#.:\frt;M@fff8Wii%k1@ifil --,,,-,.,-.--."%'':/PP"''---=,,--.,,-yz-#."":.~:---w---N/">; ~, :o ,, ", ,,..., ,...,,, ,, '. BPISJ,.'.M:w-~~~~:~~:==-:;~.'~'.:;::'.~.'~:=t:~~==:~~====?:=r~~;~=:=+=Y,::=.,=.~,~:~,;.::~=::::=~~~~:~:==~;'.: PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1219 cembre 1953, .che doveva anch'esso provarsi, prima del rngolamento del 1950, mediante il noto certificato. Infatti, per ottenere la registrazione a tassa fissa delle compravendite di appartamenti nuovi, occorrevano, e tuttora occorrono, tre distinti requisiti, ai sensi delrart. 10 della legge, e cio: 1) che la costruzione sia stata terminata entro il 1953; 2) che il quartiere risponda a determinati requisiti di esecuzione ed abitabilit; 3) che il trasferimento dell'appartamento avvenga entro un anno dalla dichiarazione di abitabilit. Il requisito di cui sub l) oggi pu esser provato, per effetto dell'art. 1, lett. a), del regolamento del 1950 che' richiama l'art. 1 del regolamento del 1949, mediante l'attestazione delle eseguite denuncie, che sostituisce il certificato di abitabilit; ma il requisito sub 3) non stato per alcun verso modificato dal regolamento del 1950, che, ripetesi ancora, ha puramente e semplicemente abrogato l'art. 7 del regolamento del 1949, che portava in proposito la gi veduta variante. Ed allora, se il beneficio fiscale ancor oggi spetta solo agli appartamenti che siano stati venduti per la prima volta entro un anno dalla dichiarazione di abitabilit (comunque, ripetesi, debba codesto termine intendersi), bene ha giudicato la Commissione Centrale nel ritenere che la mancata produzione del certificato, dal quale solo pu risultare la esistenza della dichiarazione di abitabilit, faccia perdere il diritto della registrazine a tassa fissa. La decisione impugnata ha commesso effettivamente l'errore rilevato dalla ricorrente nel richiedere la prova della effettiva abitazione come alternativa possibile al certificato di abitabilit, dato che tale del 1949, il CAPACCIOLI, L'imposta di regi~ro sulle compravendite di case di nuova costruzione, Giur. it., 1958, IV, 33, il quale ritiene applicabile il beneficio a tutte le vendite di fabbricati, la cui costruzione sia giunta a tal punto da avere strutturalmente irripressci le caratteristiche della casa di abitazione, anche se anteriori alla dichiarazione di abitabilit, purch concluse nel termine di quattro anni decorren1i da qesta (o dall'abitazione di fatto, se precedente) . . Esula dai ristretti confini della presente annotazione lo sviluppare i motivi fondatamente addotti a sostegno del nettamente prevalente orientamento giurisprudenziale e che consistono, da un lato, nella chiara lettera delle disposizioni richiamate dalla quale risulta evidente che, prima della abitabilit formale (o per le leggi nazionali, dell'abitazione di fatto) non spetta l'agevolazione e, d'altro lato, nella ratio delle stesse norme, che non tanto quella di agevolare, favorendo la vendita dell'appartamento, la circolazione di capitali delle imprese edili, quanto piuttosto quella di incoraggiare il sollecito acquisto di nuovi immobili destinati ad uso di abitazione ed idonei a tale uso (cos contribuendo a risolvere il problema della crisi degli alloggi): sicch, collegando il momento li inizio del beneficio alla dichiarazione di abitabilit (o all'abitazione. di fatto, ai sensi dell'art. 43, tab. "'B, all. L.R. e dell'art. 17 della legge Tupini), si viene a sollecitare l'imprenditore edile a terminale le costruzioni (essendo evidente che una estensione del beneficio potrebbe indurre gli interessati -una volta ottenuta l'agevolazione -a non affrettare il compimento dei lavori) ed a renderle abitabili, e cio effettivamente utilizzabili per lo scopo di abitazione (cfr. Cass., 21 luglio 1950, n. 2282, citata). 1220 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO .: alternativa stata soppressa con l'abrogazione del decreto del 1949; -~ ma questo errore non incide minimamente sulla sostanziale esattezza della decisione stessa, che ha solo prospettato, se mai, a favore del contribuente, una agevolazione maggiore di quella in realt esistente. Per quanto, infine, concerne l'argomento sopra riportato sub b), baster osservare che, essendo la esenzione fiscale provvedimento eccezionale di fronte alla regola, che quella della uguaglianza tributaria di tutti i cittadini, le norme relative non possono applicarsi oltre i casi in esse considerati (art. 14 delle preleggi); il che invece si farebbe se si estendesse, non solo la esenzione, ma anche semplicemente la speciale agevolazione dettata per facilitare l'esenzione stessa ad ipotesi non prevista dalla legge. -(Omissis). Per quanto riguarda, poi, in particolare l'agevolazione prevista in materia dalla legislazione regionale siciliana (la quale -come si suaccennato -pone, quale termine iniziale del beneficio, solo la dichiarazione di abitabilit e non gi l'abitazione di fatto, contrariamente alle norme statali sopra richiamate), la tesi della non invocabilit del privilegio per gli acquisti operati prima della dichiarazione d abitabilit trova ulteriore conferma nel fatto che l'art. 7 del reg. 25 aprile 1949, n. 10, che esplicitamente anticipava (con norme di cui si gi rilevata la dubbia legittimit) il termine iniziale al momento dell'effettiva abitazione, pur se anteriore all'autorizzazione comunale; stato esplicitamente abrogato dall'art. 1, lett. f) del successivo reg. 25 maggio 1950, n. 22, venendo cos ad eliminare ogni possibile dubbio interpretativo sulla volont del legislatore di agevolare solo quegli atti di acquisto che siano posti in essere nel periodo (annuale) intercorrente tra la dichiarazione di abitabilit e la scadenza del termine da questa decorrente, escludendo -per converso -gli acquisti anteriori al rilascio di tale dichiarazione, persino se successivi all'inizio dell'abitazione di fatto dell'appartamento compravenduto. G. MANDO' CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 luglio 1965, n. 1621 -Pres. Pece -Est. Scanzano -P.M. Toro {conf.) -D'Ayala Valva {avv. Manfredonia) c. Ministero Finanze (avv. Stato Colletta). Imposte e tasse in genere -Decisione della Commissione centrale -Cassazione con rinvio -Impugnativa della nuova decisione Questioni precluse. (c.p.c., art. 394). Imposte e tasse in genere -Procedimento innanzi alle Commissioni Impugnazioni -Notifica al procuratore costituito -Inapplicabilit. (c.p.c., art. 330). PARTE I; SEz. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1221 Imposte e tasse in genere -Commissione centrale -Poteri. (r.d. 24 agosto 1877, n. 4021, art. 48). Imposte e tasse in genere -Procedimento innanzi alle Commissioni -Applicabilit del c.p.c. -Limiti. Imposte e tasse in genere -Commissione centrale -Giudizio di rinvio dalla Cassazione -Norme applicabili. ( c.p.c., art. 394). Notificazione -Consegna dell'atto -Addetto alla casa -Nozione. c.p.c., art. 139). Impugnata la decisione della Commissione centrale davanti alla Corte di Cassazione, che la cassava rinviando per nuovo esame alla Commissione medesima; e sottoposta anche la nuova decisione al giudizio della cassazione, resta preclusa la questione della inammissibilit dell'originario ricorso alla C ammissione per mancata esposizione del fatto e dei motivi di diritto, in quanto la Corte di Cassazione medesima, che pure avrebbe potuto rilevare aufficio la questione, nel disporre il precedente rinvio della causa, ha implicitamente escluso la sussistenza di ragioni di inammissibilit rispetto al ricorso {l). Nel procedimento davanti alle Commissioni Tributarie non applicabile la norma delrart. 330 c.p.c. che impone la notificazione della impugnazione al procuratore costituito. Tale disposizione, fondata sul carattere strettamente tecn~co e necessario della rappresentanza demandata in ma esclusiva a professionisti espressamente abilitati, non si giustifica in un procedimento in cui la rappresentanza del contribuente priva di tutti quei caratteri, non essendo n obbligatoria, n riservata a soggetti tecmcamente qualificati (2). I poteri della C ammissione Centrale delle imposte, quando giudica in sede di legittimit, non si identificano con quelli che, nella giurisdizione ordinaria, spettano alla Corte di Cassazione, ma si estendono anche alr accertamento dei fatti che costituiscono la premessa neces (1) Sulla rilevabilit d'ufficio da parte della Corte di Cassazione delle questioni relative alla ammissibilit dell'appello di cui ha preso cognizione la sentenza impugnata, cfr. Cass., 4 maggio 1963, n. 1098, Foro it., Mass., 1963, 317; Cass., 14 marzo 1962, n. 496, ivi, 1962, 144. Sul giudicato implicito relativamente alle questioni pregiudiziali cfr. Cass., 16 giugno 1964, n. 1528, ivi, 1964, 398. (2) Il principio affermato nella massima appare logica ed inevitabile conseguenza del fatto che, per il giudizio dinanzi alle commissioni tributarie, non prevista una formale costituzione di procuratore a cui possa attribuirsi quella rilevanza giuridica p~ocessuale disciplinata per vari aspetti dal codice di procedura civile. 1222 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO saria per l'applicazione della legge, corrispondendo piuttosto ai poteri dei giudici ordinari di merito in materia tributaria (3). Le norme che regolano il processo civile sono applicabili in linea di massima al procedimento davanti alle Commissioni Tributarie, sempre che non si oppongano ragioni derivanti dal sistema proprio del procedimento stesso, e manchino norme particolari (4). Anche nel procedimento avanti alla Comm~ssione Centrale che giudichi in sede di rinvio dalla Corte Suprema, va applicato il principio della istruzione chiusa, secondo cui in sede di rinvio non ammessa, per norma, la produzione di nuove prove. Trattasi invero di principio fondamentale la cui ratio risiede nella finalit e nell'essenza del giudizio di rinvio, postulandone l'applicazione in ogni tipo di procedimento (5). L'art. 139 c.p.c. nell'abilitare plla recezione della copia, oltre ai familiari del notificando, le varie persone nell'articolo elencate, pone l'accento principalmente su una relazione di carattere obiettivo fra le dette persone ed il luogo in cui la notificazione deve avvenire, a ragione della possibilit concreta che esse hanno di venire a contatto col notificando. Ricorre pertanto la condizione di adet~o alla casa nei confronti di chi sia addetto al servizio particolare di una persona convivente col notificando, pur se manchi un rapporto personale con questo ultimo (6). (Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente, denunziando la violazione e l'erronea applicazione degli artt. 46 e 38 r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, lamenta che la Commissione Centrale per le imposte abbia ritenuto ammissibile il ricorso ad essa proposto dall'Ufficio finanziario, malgrado che lo stesso fosse privo della esposizione del fatto e dei motivi di diritto, enunciati solo successivamente, con la nota tardiva del 23 aprile 1957, non notificata, violando cos il principio del contraddittorio. La censura non fondata. Investita del ricorso, della cui ritualit il D'Ayala intende oggi discutere, la Commissione Centrale emetteva la decisione del 20 marzo 1958, che veniva impugnata avanti questa Corte Suprema, a norma dell'art. 111 cost., dallo stesso D'Ayala, con motivi cui era estranea la odierna doglianza. E questa Corte, cui era dato di poter rilevare di (3) Non risultano precedenti giurisprudenziali in termini. (4) Giurisprudenza costante, per cui cfr., da ultimo, Cass., 29 gennaio 1964, n. 228, in questa Rassegna, 1964, I, 364 con nota. (5) Sulla portata generale e fondamentale del principio dell'istruzione chiusa -i! nel giudizio di rinvio cfr. Cass., 4 aprile 1957, n. 1155, Foro it., Mass., 1957, 228. (6) Cfr., in argomento, Cass., 30 novembre 1962, n. 3238, Foro it., Mass., 1962, 906. PARTE I, SEZ. V, GIURISPI\UDENZA TRIBUTARIA 1223 ufficio la questione di inammissibilit oggi proposta (v. p. riferimento sent. 4 maggio 1963, n. 1098), col cassare la predetta dcisione e rinviare la causa per nuovo esame, escludeva implicitamente che alcuna ragione di inammissibilit, relativamente al predetto ricorso alla Commissione Centrale, sussistesse. La questione oggetto del motivo pertanto preclusa in questa sede. N elresame dei motivi che seguono spetta prforit logica al quarto che, se accolto, determinerebbe l'assorbimento degli altri. Con il quarto motivo il ricorrente, denunziando la violazione dell'art. 330 c.p.c. ed il difetto di motivazione su punto decisivo, sostiene che la notificazione della decisione di primo grado e del contestuale appello dell'Ufficio nulla perch non effettuata al procuratore costituito avv. San Mauro, presso cui egli aveva, inoltre, espressamente eletto domicilio. Lamenta che la Commissione Centrale abbia, sul punto, respinto il suo ricorso incidentale escludendo a torto che nella specie esistesse 'una ~lezione di domicilio e trascurando il principio che nel processo tributario si applicano, in mancanza di norme particolari, le disposizioni del codice di procedura civile, e tra esse quella secondo cui la notificazione dell'impugnazione va fatta al procuratore costituito. La censura non fondata. L'obbligo dell'Ufficio di effettuare la notificazione presso l'avvocato San Mauro non sussisteva sotto alcuno dei due profili prospettati, perch non poteva il predetto professionista esserne destinatario n in qualit di domiciliatario n in qualit di cc procuratore costituito . La decisione impugnata ha escluso in punto di fatto che esistesse una precisa elezione di domicilio da parte del D'Ayala e il relativo accertamento (che non si risolve in un vizio .dell'attivit dell'organo decidente o delle parti nel processo, ma costituisce una valutazione attinente ai presupposti di quelle attivit) si sottrae al controllo di legittimit, non essendo stato censurato specificamente sotto il profilo della motivazione: non vale, infatti, ad integrare una idonea censura in tal senso n una generica denuncia di difetto di motivazione, priva di alcun riferimento a punti decisivi assunti come trascurati o illogicamente valutati, n un accenno meramente incidentale, e parimenti generico, ad un preteso travisamento di fatti (che, in s, peraltro non pu neppure costituire motivo di ricorso per cassazione). E pi di tanto, sul punto, il mezzo in esame non contiene. Maggior fondamento non ha l'altra parte di esso, dovendosi escludere che sia applicabile nel procedimento avanti alle Commissioni Tributarie la norma dell'art. 330 c.p.c. che impone la notificazione della impugnazione al procuratore costituito. Benvero tale disposizione, che nel processo per il quale dettata trova la sua ratio nel carattere strettamente tecnico e necessario della rappresentanza, demandata in via esclusiva a professionisti espressa 1224 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mente abilitati, non pu trovar posto in un procedimento in cui la rappresentanza del contribuente priva di tutti quei caratteri, non essendo n obbligatoria, n riservata a soggetti tecnicamente qualificati. Con il secondo motivo il ricorrente, denunziando la violazione dell'art. 48 t.u. 24 agosto 1877, n. 4021 in relazione all'art. 45 t.u. 9 maggio 1950, n. 203, e dell'art. 21 r.d.l. 27 maggio 1946, n. 36, nonch erroneit ed insufficienza di motivazione su punto decisivo, lamenta che la Commissione Centrale sia giunta all'accoglimento del ricorso dell'Ufficio attraverso il riesame di elementi di fatto, inibito in quella sede, quali quelli relativi alla effettiva residenza di esso D'Ayala, alla situazione della sua abitazione rispetto a quella di sua madre, alla posizone della persona cui l'atto di appello fu consegnato dall'ufficiale notifica tor e. Sostiene che quelle indagini di fatto, concernenti la regolarit della notificazione, non rientravano nella questione relativa alla sussistenza o meno del giudicato, e che a renderle legittime non era sufficiente la norma dell'art. 21 r.d.l. 27 maggio 1946 n. 436 (richiamata dall'art. 48 t.u. 9 maggo 1950 n. 203) perch la competenza di merito che essa attribuisce alla Commissione Centrale concerne solo la valutazione del patrimonio imponibile. Lamenta, infine, che l'indagine in parola sia stata condotta anche in base a documenti nuovi non ammissibili in quella sede. Quest'ultimo argomento ripreso nel terzo motivo {che per questa parte , perci, opportuno trattare congiuntamente al secondo) con particolare riferimento al certificato di residenza del 10 maggio 1962 la cui produzione, come ha sottolineato nella memoria illustrativa, avvenuta in sede di rinvio. La complessa-censura fondata solo in parte. :E: esatto che l'art. 21 r.d.l. 27 maggio 1946, n. 436 stato, nella decisione impugnata, erroneamente, per quanto ultroneamente, invocato, essendo evidente che difettava il presupposto, costituito da un accertamento di imponibile, da parte della Commissione Provinciale, sensibilmente eccedente o inferiore a confronto dell'assunto, rispettivamente, del contribuente o dell'Ufficio. Deve tuttavia egualmente respingersi l'assunto del D'Ayala che la Commissione Centrale non potesse accertare le condizioni di fatto da cui dipendeva la regolarit della notificazione della decisione di primo grado e del contestuale atto di appello dell'Ufficio. Benvero, anche a non voler considerare che la legittimit di quella indagine derivava direttamente dalla sentenza di rinvio {emessa da questa Corte il 10 ottobre 1961) siccome concernente la condizione da cui dipendeva lesistenza o meno del giudicato, sta che essa rientra sicuramente nei poteri is~ituzionali della Commissione Centrale anche quando essa giudica in sede di legittimit. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1225 escluso, infatti, che tali poteri si identifichino con quelli che, nella giurisdizione ordinaria, spettano alla Corte di Cassazione (come il ricorrente mostra di ritenere), ed invece principio condiviso anche dalla migliore dottrina che essi si estendono anche ali' accertamento dei fatti che costituiscono la premessa necessaria per l'applicazione della legge, sicch, se un paragone dato fare, esso legittimo piuttosto con quelli che, in materia tributaria, sono i poteri dei giudici ordinati di merito. Per quanto riguarda l'altro aspetto delle censure sopra esposte, il problema assorbente che esso pone concerne lapplicabilit, nel procedimento avanti alla Commissione Centrale che giudichi in sede di rinvio dalla Corte Suprema, del principo detto della cc istruzione chiusa , secondo cui in sede di rinvio non ammessa, per norma, la produzione di nuove prove (v. Cass., 11 novembre 1963, n. 2954; 28 giugno 1963, ri. 1773) : problema che si inquadra in quello pi ampio relativo ai limiti entro cui le norme che regolano il processo civile siano applicabili al procedimento avanti alle Commissioni Tributarie. In linea di massima tale applicabilit deve essere riconosciuta sempre che non si oppongano ragioni derivanti dal sistema proprio del procedimento stesso e manchino (come accade in .materia di rinvio dalla Corte di Cassazione) norme particolari. Ma per leconomia della presente sentenza sufficiente affermare che, attesa la natura giurisdizionale del procedimento in parola, la legittimit di esso non pu prescindere dalla osservanza dei principi fondamentali del processo. Valore di principio fondamentale, a quello della cc istruzione chiusa, stato riconosciuto da. questa Corte Suprema con la sentenza n. 1155 del 4 aprile 1957, la quale dichar applicabile l'accennato principio nei giudizi di rinvio concernenti le controversie agrarie, malgrado la libert di forme prevista dall'art. 10 d.l.l. 10 agosto 1945 n. 639 e la dizione di tale norme ('(< I procedimenti... non sono vincolati alla osservanza delle norme della procedura ordinaria ). Il presupposto da cui tale pronunzia muove appare tuttora valido. Premesso che la regola della istruzione chiusa deriva dalla retta interpretazione dell'art. 394 c.p.c. e si evince anche da argomenti testuali (quale la deferibilit -espressamente consentita -del giuramento decisorio), la ratio cui tale norma attinge il suo fondamento, ne reclama l'applicazione in ognf tipo di procedimento, perch risiede nella finalit e nell'essenza del giudizio di rinvio. Questo, infatti, come, da tempo, anche autorevole dottrina ha posto in luce, ha per oggetto non gi la rinnovazione del giudizio di appello ma solo la rinnovazione della decisione cassata, e ci nei limiti del!' annullamento, ed interviene e si ricollega ad un momento cui logicamente; ed istituzionalmente estranea ogni attivit istruttoria: cio 10 226 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quando il potere dispositivo delle parti, in ordine alla prova degli elementi nei quali si articola il rapporto dedotto, e la correlativa attivit di acquisizione del giudice, essendosi esercitati per tutti i gradi che lordinamento destina tipicamente alla giurisdizione di merito, si sono esauriti. Ora, considerato che la distinzione fra attivit istruttoria ed attivit decisoria -oltre a derivare da esigenze logiche -assolve ad una evidente funzione di garanzia delle aspettative delle parti nel processo; considerato che la necessit di una tale garanzia immanente anche nel processo avanti le Commissioni Tributarie atteso il loro carattere giurisdizionale, deve essere affermato che il principio secondo cui in sede di rinvio non sono normalmente ammesse nuove attivit istruttorie, applicabile al giudizio di rinvio che si svolge avanti alla Com- missione Centrale per le imposte a seguito dell'annullamento delle sue decisioni da parte della Corte di Cassazione. Non rileva in contrario il fatto che nel processo tributario avanti alle Commissioni lonere della prova non va inteso in modo rigoroso e coesiste con poteri di ufficio dell'organo decidente, perch tali principi (anche a non considerare le limitazioni che essi possono subire nei I giudizi avanti alla Commissione Centrale), attesa la divisione in gradi del processo stesso e la conseguente tendenza alla irreversibilit delle i situazioni che man mano si determinano, non escludono la graduale consunzione di poterf e facolt dei vari soggetti del processo, che ' poi alla base della norma della istruzione chiusa n. , .' I Non rileva, infine, la possibilit che nell'eventuale processo avanti al Tribunale, che segua dopo la pronunzia della Commissione Centrale, I sia dato alle parti di produrre, e al giudice di accogliere, nuovi elementi probatori. Ci, infatti, deriva dall'autonomia funzionale che esiste fra l la giurisdizione delle Commissioni e quella del giudice ordinario, e . non esclude che, nell'ambito di ciascun procedimento, debbano osservarsi le norme fondamentali che a detto procedimento sono proprie: . fenomeno non diverso da quello per cui, mentre non vf preclusione iper la proposizoine avanti al giudice ordinario di motivi non proposti nel procedimento avanti alle Commissioni {v. Cass., 28 gennaio 1963, n. 133) vigono, nell'ambito di quest'ultimo .e attraverso i gradi in cui esso si articola, le preclusioni derivanti dalla immutabilit del petitum. La decisione impugnata si discostata dal principio affermato, perch, giudicando in sede di rinvio, ha posto a base del proprio convincimento, tra l'altro, un documento prodotto per la prima volta in quella sede, e cio il certificato di residenza del 10 marzo 1962, che, come appare dalla motivazione, ha avuto carattere rilevante ai fini della decisione circa la regolarit della notificazione. Accogliendosi in tali limiti i motiv~ secondo e terzo, va cassata correlativamente la decisione impugnata, con rinvio alla Commissione Centrale. PARTE) I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1227 Con il terzo motivo il ricorrente denunzia la violazione degli articoli 112 e 139 c.p.c., nonch difetto di motivazione, e, oltre a prospettare la censura gi esaminata congiuntamente al secondo mezzo, lamenta che la Commissione abbia respinto senza motivazione le sue richieste istruttorie, tendenti a dimostrare quale fosse la sua effettiva residenza, e abbia ritenuta consegnataria idonea dell'atto notificato la Amedei Lina, che non era n persona di famiglia, n una addetta alla casa, ma una infermiera della madre di esso ricorrente, trovatasi ivi per una esigenza, meramente occasionale, della sua attivit. La censura assorbita nella sua prima parte e infondata nella seconda. r;assorbimento nella prima parte determinato dalle considerazioni che precedono, escludenti che la Commissione in sede di rinvio potesse disporre lassunzione di nuovi mezzi istruttori. Quanto alla idoneit dell' Amedei, la Commissione, con motivazione adeguata, ha accertato in punto di fatto ed insindacabilmente che la stessa, quale infermiera della madre del notificando, svolgeva mansioni che comportavano la sua presenza continua nella casa, s da doversi qualificare persona addetta alla casa stessa, ritenuta comune al notificando ed alla madre di lui. Orbene, salve le conseguenze derivabili, in ordine a questo ultimo presupposto, dal nuovo accertamento, che andr a compiersi per effetto del limitato accoglimento del ricorso, il principio da cui muove, sul punto, la impugnata decisione corretto. L'art. 139 c.p.c., nell'abilitare alla recezione della copia -oltre ai familiari del notificando -le varie persone in esso articolo elencate, pone l'accento principalmente su una relazione di carattere obiettivo fra le dette persone ed il luogo in cui la notificazione deve avvenire, a ragione della possibilit concreta che esse hanno di venire a contatto col notificando. Pertando ricorre la condizione di cc addetto alla casa nei confronti di chi sia addetto al servizio particolare di una persona convivente col notificando, pur se manchi un rpporto personale con quest'ultimo. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 luglio 1965, n. 16.34 -Pres. Vistoso -Est. Alliney -P.M. Trotta (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Soprano) c. Petrioli.. Imposte e tasse in genere -Procedimento innanzi alle Commissioni per le imposte indirette -Art. 89 r.d. 11 luglio 1907, n. 560 Applicabilit. (r.d. 11 luglio 1907, n. 560, art. 89; r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 31). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Imposte e tasse in genere Procedimento innanzi alle Commissioni -Appello dell'Ufficio alla Commissione centrale Notificazione. (r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, artt. 38 e 45). Imposte e tasse in genere -Procedimento innanzi alle Commissioni -Notificazioni ex art. 89 r.d. 11 luglio 1907, n. 560 Mancata sottoscrizione da parte del consegnatario -Nullit. Esclusione. (r.d. 11 luglio 1907, n. 560, art. 89; c.p.c., artt. 160 e 291). In virt del richiamo alle norme relative al procedimento davanti alle eommissioni amministrative delle imposte dirette contenuto delrart. 31 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, anche al procedimento avanti alle eammissioni amministrative in materia di imposte indirette sui trasferimenti della ricchezza applicabile l'art. 89 del regolamento 11 luglio 1907, n. 560, in base al quale ff consegnatario dell'atto da notificare deve rilasciare ricevuta, ed il messo notificante tenuto a fare espressa dichiarazione della causa della mancata sottoscrizione (1). A norma degli artt. 38 e 45 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, la notizia dell'appello deliufficio e dei relativi motivi pu essere data al contri II m buente non solo in forma autonoma, nel qual caso vanno osservate le norme concernenti la comunicazione degli atti processuali, ma anche cc con lo stesso avviso di notificazione della decisione di prima istanza , con la conseguenza che, in tale ipotesi, devono trovare applicazione le norme sulla notificazione di quella decisione e l'eventuale invalidit della notifica colpisce l'intero atto notificato nel suo duplice contenuto (2). Nella notificazione di atti processuali relativi a tributi effettuata a i norma dell'art. 89 del regolamento per l'applicazione dell'imposta sui redditi di ricchezza mobile approvato con r.d. 11 luglio 1907, n. 560, l'omesso adempimento da parte del messo notificatore della formalit (firma del consegnatario) prescritta da tale norma, non importa nullit della notificazione stessa, onde, in tale caso, deve trovare applicazione la norma dell'art. 291 c.p.c., secondo cui il giudice, sia nel giudizio di primo grado che in quell di impugnazione, deve disporre la rinnovazione della notificazione (3). (Omissis). -Il primo motivo del ricorso investe la decisione denunciata per violazione e falsa applic"azione, al caso specifico, degli artt. 89 r.d. 11 luglio 1907, n. 560, 31 r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, 23 e segg. r.d. (1-2-3) Per l'affermazione di principi del tutto analoghi cfr. Cass., 20 novembre 1964, n. 2771, in questa Rassegna, 1964, 1, 1150 con nota, e le successive sentenze pubblicate lo stesso giorno 19 luglio 1965, coi nn. 1635, 1636, 1637 e 1639. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 8 luglio 1937, n. ;t.516 e 139 c.p.c., in relazione all'art. 360, n. 3 e 4 dello stesso codice. La Commissione Centrale -argomenta lAmministrazione ricorrente -ha ritenuto che in virt del rinvio recettizio alle norme relative al procedimento davanti alle commissioni amministrative delle imposte dirette, contenuto nell'art. 31 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, fosse applicabile, anche al procedimento dinanzi alle Commissioni amministrative in materia di imposte indirette sui trasferimenti della ricchezza, l'art. 89 r.d. 11 luglio 1907, n. 560, che, in tema di notificazioni, tra l'altro dispone: Il messo ritirer sempre la ricevuta dal consegnatario: se questo non pu o non vuole firmare, il messo fa espressa dichiarazione della causa della mancanza di firma del consegnatario . Donde l'affermata nullit della notificazione dell'atto di appello, proposto dall'uffido del Registro, per inosservanza della norma ora citata, e la conseguente pronunzia di inammissibilit del gravame. L'argomento su cui si regg;e la decisione impugnata per erronea, poich l'art. 31 del r.d. 1639 del 1936 sulla riforma degli ordinamenti tributari, dopo avere stabilita la competenza territoriale delle commissioni amministrative in materia di imposte indirette sui trasferimenti della ricchezza, estende ai procedimenti dinanzi alle commissioni stesse tutte le altre norme relative al procedimento davanti alle Commissioni amrnjnistrative delle imposte dirette 11, ossia le norme di carattere prettamente processuale, concernenti, cio, la competenza, le attribuzioni, il funzionamento delle commissioni c.d. amministrative ecc.), mentre l'art. 89 del r.d. n. 560 del 1907 disciplina la notifica delle dichiarazioni e rettificazioni fatte di ufficio in materia di ricchezza mobile. Pertanto -prosegue la ricorrente -la disposizione del settimo comma di tale articolo -riguardante le modalit di notifca'delle dichiarazioni e rettificazioni eseguite d'ufficio - stata erroneamente applicata dalla Commissione Centrale, in quanto nel caso specifico si trattava di un atto d'appello contro la decisione della Commissione provinciale, di natura esclusivamente processuale. Peraltro, non esistendo -neppure nella regolmentazione dettata dal r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, sulla costituzione e il funzionamento delle commissioni amministrative per le imposte dirette e per le imposte indirette sugli affari -una specifica norma riguardante la notificazione degli atti dei relativi procedimenti, altro non rimaneva -conclude l'Amministrazione finanziaria -che applicare al caso di specie la disposizione dell'art. 139 c.p.c., certamente estensibile al processo tributario, con la conseguenza che la notifica in questione si sarebbe dovuta ritenere pienamente valida. La censura infondata. ~ esatto che l'art. 89 del regolamento per l'applicazione dell'iml'imposta sui redditi di ricchezza mobile, approvato con r.d. 11 lu 1230 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO glio 1907, n. 1560, riguarda le notificazioni degli avvisi relativi alle ~ dichiarazioni e rettificazioni fatte di ufficio, di cui i contribuenti devono venire a conoscenza. Ma le disposizioni concernenti tali notifiche valgono anche per le notifiche degli atti processuali in materia di imposta di ricchezza mobile, in virt dello specifico richiamo contenuto negli artt. 97 e seguenti dello stesso regolamento, concernenti i reclami alle commissioni provinciali ed alla Commissione Centrale. Dispone, infatti, l'art. 97 che l'agente ha obbligo di notificare al reclamante la parte dispositiva della decisione {di primo grado), inviandogli apposito avviso per essere recapitato nei modi e con le forme di cui all'art. 89 Dispone il successivo art. 99 che l'appello dell'ufficio e i relativi motivi devono essere portati a conoscenza del contribuente con l'avviso con il quale gli si notifica la decisione di prima istanza {nei modi, cio, e con le forme di cui all'art. 89). Infine gli artt. 102 e 105 si richiamano, essi pure, all'art. 97 -che, a sua volta, rinvia, come si visto, all'art. 89 -per quanto concerne gli appelli e le notifiche delle decisioni del1e commissioni provinciali e della Commissione Centrale. Devesi aggiungere che non tutte codeste disposizioni sono state sostituite da quelle degli artt. 35 e segg. del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516. Tale decreto, infatti, mentre ha regolato con nuove norme i procedimenti davanti alle commissioni pe) le imposte dirette e per le imposte indirette sugli affari, nulla ha innovato relativamente alle modalit di notificazione degli atti processuali. Sono pertanto rimaste in vigore, al riguardo, le disposizioni del regolamento del 1907 sui redditi di ricchezza mobile. Ne segue che, in virt dell'espresso richiamo alle norme relative al procedimento davanti alle commissioni delle imposte dirette , contenuto nell'art. 31 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, rettamente la Commissione Centrale ha ritenuto applicabili, nel caso specifico, le modalit stabilite, in tema di notificazione, dell'art. 89; settimo comma, del r.d. 11 luglio 1907, n. 560. Il primo motivo di ricorso va conseguentemente rigettato. Similmente infondato il te.rzo motivo, col quale l'Amministrazione finanziaria deduce che l'appello dell'ufficio del registro contro la decisione della Commissione provinciale delle imposte non doveva essere notificato, ma semplicemente comunicato ai contribuenti. Decisivo , in proposito, il rilievo che, a norma degli artt. 38 e 45 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, la notizia dell'appello dell'ufficio e dei relativi motivi pu essere data al contribuente non sol in forma autonoma, nel qual caso vanno osservate le norme concernenti la comunicazione degli atti processuali, ma anche con lo stesso avviso di notificazione della decisione di prima istanza , con la conseguenza che, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1231 in tale ipotesi, l'eventuale invalidit della notifica colpisce l'intero atto notificato, nel suo duplice contenuto. Nella specie la comunicazion~ dell'appello proposto dall'ufficio del registro e dei relativi motivi stata fatta con lo stesso avviso di notificazione della decisione impugnata: dovevano, pertanto, ricevere applicazione le norme sulle notificazioni, non quelle sulla comunicazione degli atti processuali. Anche il terzo motivo di ricorso va conseguentemente rigettato. Fondato , invece, il secondo motivo, col quale si deduce che nella specie non era configurabile una nullit di notifica e che, comunque, :riscontrata la irregolarit di questa, la Commissione Centrale avrebbe dovuto disporne la rinnovazione in conformit della legge. Non essendo la nullit della notificazione degli atti processuali comminata da alcuna norma fiscale, doveva applicarsi, nel caso specifico, la disposizione di carattere generale contenuta nell'art. 160 c.p.c., secondo cui la notificazione nulla se non sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia. Ora, poich l'irregolarit accertata dalla Commissione Centrale riguarda, non .la persona alla quale la copia dell'atto di appello doveva essere consegnata, ma lomesso adempimento, da parte del messo noti ficatore, della formalit (firma del consegnatario prescritta dalla norma pi volte menzionata) ne discende che non ricorreva, nella specie, alcuna ipotesi di nullit. Sussisteva una semplice irregolarit formale --:-la firma del consegnatario non costituisce, invero, un requisito essenziale della notificazione, ma ha il solo scopo di maggiormente impegnare la responsabilit di chi riceve la copia di un atto destinata ad altro soggetto -alla quale la Commissione Centrale avrebbe dovuto ovviare, disponendo la rinnovazione dell'irrituale notifica. Questo provvedimento era tanto pi doveroso e necessario, in quanto -secondo il consolidato insegnamento di questa Corte Suprema, applicabile, per le anzidette ragioni, anche al processo tributario -pure la nullit della notificazione di un atto sanata, con effetto ex tunc, anche quando si tratti di atto di impugnazione, o con la costituzione del destinatario dell'atto, ancorch avvenut!l dopo la scadenza del ter mine stabilito per l'impugnazione, ovvero con la rinnovazione della notificazione, che il giudice deve disporre a norma dell'art. 291 c.p.c., applicabile non solo nel procedimento contumaciale di primo grado, ma anche in quello di impugnazione ( cfr. da ultimo, sent. n. 228 del 1964). La pronuncia di inammissibilit dell'appello, emessa dalla Com missione Centrale nel presupposto che la rilevata irregolarit della notifica dell'appello stesso fosse senza rimedio, merita pertanto cen sura. -{Omissis). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1232 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 luglio 1965, n. 1750 -Pres. Favara -Est. Malftano -P.M. Di Majo (conf.) -Societ des produits Nestl (avv. Fl') c. Ministero Finanze (avv. Stato Foligno). Imposta di ricchezza mobile -Redditi esistenti nello Stato -Somme dovute da persone residenti nello Stato -Redevances -Tassa bilit -Presunzione assoluta. (t.u. 24 agosto 1877, n. 4021, art. 3, lett. f); t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 82, lett. a). Imposta di ricchezza mobile -Redditi esistenti nello Stato -Somme dovute a stranieri per diritti di autore e uso di brevetti, marchi, procedimenti, ecc. -Tassazione per ritenuta. (1. 5 gennaio 1956, n. 1, art. 18; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 128). Si presumono redditi di ricchezza mobile esistenti nello Stato, e come tali tassabili, tutti i redditi non fondiari dovuti da persone domiciliate o residenti nello Stato; fra questi sono da comprendere le somme corrisposte da imprenditori italiani a societ straniere quale compenso per la cessione in uso di marchi e procedimenti industria~i (redevances). La presunzione assoluta posta dalla legge prescinde da ogni indagine sia rispetto al luogo di produzione o di riscossione del reddito, sia rispetto allo Stato di appartenenza del creditore o del debitore, purch sussista la residenza nello Stato del debitore (1). In applicazione del principio di tassabilit dei redditi dovuti da persone domiciliate o residenti nel territorio dello Stato previsto robbligo per chiunque corrisponda a stranieri o ad italiani residenti all'estero diritti di autore, canoni e proventi per cessione o concessione in uso di brevetti, processi, formule, marchi ecc. di operare la ritenuta di acconto per l'imposta di ricchezza mobile (2). (Omissis). -Con i tre mezzi di ricorso, che per essere strettamente collegati possono essere esaminati congiuntamente, si denuncia sostanzialmente l'errore in cui sarebbe incorsa la Corte di merito nel ritenere che, ai sensi dell'art. 3 lett. f) del t.u. 24 agosto 1877, n. 4021, siano sog (1-2) Sull'imposta di ricchezza mobile sui redditi fluenti dallo Stato verso l'estero con particolare riguardo alle redevances. La sentenza ha puntualizzato in modo ineccepibile la portata dell'art. 3, lett. f) ( della legge fondamentale sull'imposta di ricchezza mobile. Sull'argomento esistono ~~ precedenti assai scarsi e remoti (Cass. Roma, 3 marzo 1906, Foro it., 1906, I, 399; li, 18 maggio 1942, n. 1304, ivi, 1942, I, 727, commentata anche in L. V. BERLIR:I, 1 L'imposta di ricchezza mobile, Incontri e scontri di dottrina e giurisprudenza, i Mii=. 1949, 241). . . I ~~.J !-f!:!fi.-4M!ifi'ffIYr+v~ifttfcl--i:~K~;tirt.f::+.r1rrmwl=t.ff&-1?0lrtrl-fJf%rt~-wwwrr !L-{wrxw&&Mf%faG.mrm 111 .Ai'_,, ..-. .........%....,...,......ifill!ill ...c. . . .... .. ..... "" mfil .. . " .... " " % ~ .. .. ""' lliJ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1233 gette ad imposta di ricchezza mobile le somme (redevances) corrisposte da imprenditori italiani a societ straniere, quale compenso per la concessione in uso di marchi e procedimenti di fabbricazione industriale, di propriet o titolarit delle societ stesse. Le censure sono infondate, perch i giudici di merito hanno corret-' tamente applicata la legge. :: pacifico, in punto di fatto, che nell'anno 1951 la societ ricorrente, che ha la sua sede a Vevey (Svizzera), ha incassato somme da imprese italiane, e precisamente dalla societ Nestl di Milano lire 38.833.557 e dalla societ cc La Prealpina , anche essa di Milano, lire 79.034.292, quale corrispettivo dell'uso in Italia dei suoi marchi e procedimenti industriali. Trattasi quindi di somme (canoni, proventi) corrisposte da soggetti domiciliati e residenti nello Stato a societ straniera. Sul presupposto della territorialit dell'imposta (art. 2), l'art. 3 enumera le diverse ipotesi di redditi da considerarsi esistenti nello Stato e, conclusivamente, alla lett. f} in via generale ricomprende ogni specie di reddito non fondiario che si produca nello Stato (e di questo non si occupa la sentenza in rassegna) o che sia dovuto da persone domiciliate o residenti nello Stato. Mentre riguardo ai redditi che si producono nello Stato la norma lascia un ampio margine di interpretazione, per i redditi dovuti da persone domiciliate e residenti nello Stato , si pone una presunzione assoluta di esistenza nello Stato e di tassabilit integrale ogni volta che si tratti di reddito non fondiario; in tal modo superata ogni questione che possa dipendere dal luogo di produzione e di riscossione del reddito, dalla nazionalit del creditore e del debitore e dalla natura, purch non fondiaria, del reddito (cfr. QuARTA, Commenti alle leggi di R.M., Milano, 1917, I, 189; Cl..EMENTINI-BERTELLI-SCANDALE, Commento alle leggi di R.M., Torino, 1934, I, 45). Sempre in applicazione del principio della territorialit, ogni reddito di cui il residente nello Stato sia soggetto passivo, per lo stesso Stato un reddito tassabile di cui non pu accertarsi la specifica natura nell'insieme dell'attivit produttiva del percipiente residente all'estero, perch non possibile tener conto di quanto avviene fuori del territorio dello Stato per stabilire se la somma percepita costituisca reddito netto o lordo o non sia tassabile per ragioni soggettive. Pertanto la presunzione della lett. f dell'art. 3 vale sia per i redditi di solo capitale sia per tutti gli altri. Nel caso specifico delle redevances quanto mai evidente la tassabilit delle somme corrisposte da residenti in Italia a societ straniere per corrispettivo dell'uso di marchi e procedimenti industriali; ne incontestabile prova l'art. 18 della I. 5 gennaio 1956, n. 1 (poi trasfuso nell'art. 128 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 646) che, nel prescrivere lobbligo di colui che paga a stranieri o residenti ali' estero diritti di autore o redevances di operare la ritenuta di acconto dell'imposta di ricchezza mobile e di dichiarare le somme corrisposte, predispone un mezzo di accertamento e di riscossione di un reddito la cui tassabilit, sul piano sostanziale, indiscutibile (cfr. Lavori preparatori legge n. 1 del 1956 riportati da GAZZERRO, op. appresso cit.). Il principio affermato dalla S.C. non condiviso da par~e della dottrina (BERLIRI, Sulla tassazione delle redevances, Giur. imposte, 1959, 735; Dr PAOLO, Il testo unico delle imposte dirette, 93; CROXATTO, Sull'imposizione ifll R.M. delle redevances corrisposte a societ straniere, Dir e prat. trib., 1962, Il, 481). Il Croxatto e il Di Paolo partono dalla premessa che l'art. 3 lett. fJ del vecchio testo e l'art. 82 lett. a) del nuovo si riferiscano esclusivamente ai redditi di ca te 1234 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ora, anche in mancanza di qualsiasi accordo internazionale in proposito, tali presupposti integrano appieno la previsione della norma di cui all'art. 3 lett. f) del t.u. delle imposte di ricchezza mobile sui redditi, innanzi ricordata. Questa norma di legge, applicabile al caso controverso (in quanto precedente al nuovo t.u. 29 gennaio 1958, n. 645), considera infatti esistente nello Stato ... ogni specie di reddito non fondiario che sia dovuto da persona domiciliata o residente nello Stato ... (lett. f, articolo citato) norma poi riprodotta, con pi semplice formulazione, nell'art. 82 lett. a) del nuovo t.u. del 1958 che dispone: <. ::=:::: ...m ~ ....:-J9... ... . . . . . r.1 . ....:--::'"~ :::::-r-==-=-0.:-;; .::;:;: . .:--7h 7. ~ fl"/R..Y/J7.-';"/_.;.E. :----.-:-.-: 7.H 7..:.-,.::, ,......., ~ ... J PARTE I, SEZ;. V, GIDRISPRUDENZA TRIBUTARIA 1307 salvo alla parte interessata la prO'Oa contraria nei modi prescritti dalla legge di registro, circa la effettiva entit dei conferimenti {3). Posto che la societ irregolare comincia ad esistere, agli effetti della legge di registro, soltanto al momento in cui ne viene accertata resistenza e pit precisamente quando ratto, che contiene tale accertamento . viene presentato per la registrazione, chiaro che,' in caso di societ di fatto enunciata in una sentenza, la tariffa applicabile quella vigente al' momento della registrazione della sentenza enunciante e non quella vigente all'atto della costituzione della societ (4). L'avviamento una qualit dell'azienda, dalla stessa inseparabile e, quindi, come tale, ha sempre un val01'e apprezzabile. Pertanto, esso non pu essere escluso nella determinazione dell'imponibile, ma deve essere valutato con riferimento alla data in cui ha avuto inizio la societ. Se poi, a quella data, ravviamento era pressoch nullo o ridotto, spetta alla parte interessata fornire la: prova delr effettiva consistenza del! avviamento (5). (Omissis). -Col pri;rno motivo si denuncia Ia mancata applicazione della prescrizione triennale prevista dall'art. 136 della legge di registro e l'erronea applicazione degli artt. 62 e 72 della stessa legge. In particolare, si sotiene che l'Uffido del Registm avrebbe potuto. richiedere il pagamento della tassa proporzionale fin dal 1930, cio da quando essi ricorrenti, al fine di ottenere il rilascio della licenza per l'esercizio dei due molini, corrisposero la tassa di concessione governativa allo stesso ufficio, il quale, in tal modo, fu posto in grado di <(3-4) La terza massima costituisce ormai ius receptum (Cass., 23 febbraio 1957, n. 670, Dir. prat. trib., 1958, 2, 7; 13 luglio 1959, n. 2253, Riv. leg. fisc.; 1959, 1844; 18 luglio 1960, n. 1997, Riv. leg. fis., 1960, 1830). Per quanto riguarda la quarta massima sufficiente ricordare che la convenzione verbale con cui si costituisce la societ di fatto non soggetta a denuncia all'Ufficio del registro; pertanto l'obbligazione tributaria sorge solo al momento in cui. viene sottoposto a registrazione l'atto o la sentenza enunciante ed a questo momento che deve farsi riferimento per individuare la norma disdplinatrice del tasso di imposta. Quanto precede non contrasta con il principio, fatto proprio dalla terza massima, secondo cui il presupposto del tributo si identifica con il trasferimento verificatosi all'epoca della costituzione della societ, perch loggetto del rapporto obbligatorio di imposta, e cio la prestazione in danaro dovuta all'ente pubblico, cosa diversa dal presupposto, i criteri di valutazione del quale non influiscono affatto sulla determinazione del tasso applicabile. (5) Poich l'Amministrazione, come si visto al n. 3, pu, in mancanza di prove inoppugnabili circa la consistenza originaria dei conferimenti, procedere ad .una :valutazione presuntiva in base a tutti gli elementi del patrimonio della societ quali risultano all'epoca dell'enunciazione, logico che, seguendo i medesimi criteri, possa valutare anche l'avviamento (cfr. Comm. Centrale, Sez. V, 17 novembre 1961, n. 82854, Riv. leg. fisc., 1963, 1244), salva la prova contraria che il ~ . m~ ::--~ 1B08 RASSEGNA.DELL'AVVOCATUBA DELLO STATO essere a conoscenza dell'avvenuta costituzione del rapporto sociale, e che, pertanto, essendo decorso da quell'anno un periodo di tempo notevolmente superiore al triennio, la pretesa tributaria avrebbe dovuto essere dichiarata prescritta. La censura infondata. Il diritto della Finanza di percepire la tassa sugli atti si perfeziona, di regola, con la domanda del contribuente o col possesso dell'atto da parte dell'Amministrazione, ovvero, con la conoscenza legale dell'atto di trasferimento enundato ex artt. 62 e 72 della legge di registro. Conseguentemente, la prescrizione triennale, di cui all'art. 136 di detta legge, decorre, per i negozi giuridici accertati con sentenza, dalla data della medesima, posto che da tale data essi acquistano giuridica esistenza. Esattamente, pertanto, la Corte di merito, ha respinto la eccezione di prescrizione dei ricorrenti incidentali. Il contrario assunto di costoro, secondo cui la data di inizio del termine prescrizionale avrebbe dovuto decorrere non dalla data della sentenza del Tribunale di Caltagirone del 27 marzo 1945 contenente l'enunciazione della societ di fatto, ma da quella anteriore del 30 dicembre 1930 in cui i fratelli Compagno, avendo pagato all'ufficio del registro di Caltagirone la tassa sulle concessioni governative per la rinnovazione della licenza relativa all'esercizio dei mulini, avevano ottenuto la relativa quietanza, giustamente stato disatteso dalla impugnata sentenza essendo chiaro che una semplice quietanza, sia pure rilasciata da un ufficio del registro, non costituisce quell'atto presentato per la registrazione che, a norma dell'art. 62, secondo comma della legge di registro, il presupposto dell'obbligo di sottoporre a registrazione anche le convenzioni verbali nell'atto enunciate, tanto pi . che queste, come espressamente stabilito, debbono avere una connessione diretta con la disposizione dell'atto medesimo. E ci a pre-. scindere dalla considerazione che dalla quietanza in parola non si desumevano elementi di rapporti societari, n che l'Ufficio, che rilasci il documento, fosse a conoscenza dell'effettiva natura dei rapporti intercorrenti tra coloro che gestivano i mulini. Col secondo motivo, denunciando la violazione dell'art. 8 legge contribuente pu fornire con ogni mezzo idoneo, esclusa sempre la prova testimoniale per il principio sancito dall'art. 18 della legge di registro. Appunto perch in tale caso laccertamento non pu che essere presuntivo, del pari logico che lAmministrazione comprenda nella valutazione un elemento come l'avviamento che, per essere una qualit dell'azienda, ricorre ordinariamente, in misura maggiore o minore, anche al momento della costituzione della societ creata per la gestione di essa, specie quando oggetto del conferimento sia un complesso gi operante di beni organizzati. WifWf:;.: ~. . .~.-?.&.:-;"-?.{-x.:z.. .... ~ -~~ .... V.!J'~7.X: . .-.. q.;., ?..Yh m .~-:;.:; ?h :;.: ~;;: :-: .f'I'}'. ~ .z.11 :;.:.': z."N.i" -~ -::: I.~ d ' I , ' I I' . . I.; < ' ~ . ' ' I J' . PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1309 registro in relazione all'art. 360, n. 3 e 5 c.p:c., i ricorrenti si dolgono che la Corte di merito abbia qualificato come societ di fatto, invece che come comunione tacita familiare, il rapporto fra loro sorto in ordine alla gestione dei beni relitti dal loro congiunto avv. prof. Gia:como Compagno. Anche tale censura non fondata. La Corte di Catania ha respinto la tesi della comunione tacita familiare, propugnata dai ricorrenti, perch in netto contrasto col giudicato formatosi sulla sentenza che ha ritenuto la esistenza di una societ di fatto, in base al rapporto societario dedotto in domanda, in un giudizio in cui i soggetti convenuti sono stati concordi nell'accettare la qualificazione giuridica del rapporto predetto. La stessa Corte si data anche carico di esaminare se nella specie fosse ipotizzabile un caso di comunione tacita familiare escludendone la esistenza per difetto di ta:luno degli elementi che la costituiscono e precisamente dell'elemento della comunanza di mensa e di tetto fra i partecipanti alla comunione. Tale requisito, nonostante la contraria opinione dei ricorrenti, indispensabile per la configurabilit della comunione tacita familiare che si stabilisce, appunto, tra i membri di una stessa famiglia, i quali, vivendo in comunione di tetto e di mensa, nonch di lavoro e di interessi, mantengono unito il nucleo familiare e conservano indivisi i beni comuni inizialmente tali o formati durante la comunione. Ora, sia l'interpretazione del giudicato esterno, sia l'indagine sulla ricorrenza o meno di taluno degli elementi integranti la communio incidens familiaris costituiscono apprezzamento di merito incensurabile in sede di legittimit. Col primo motivo la ricorrente principale, Amministrazione finanziaria -denunciando la violazione degli artt. 18, 48, 62 e 72 della legge del registro, degli artt. 81 e 87 della relativa tariffa all. A nonch degli artt. 2247 e 2727 e.e., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c. -censura la: sentenza impugnata per avere escluso gli immobili, in cui erano impiantati i due opifici in questione, dal patrimonio della societ di fatto esistita fra i contribuenti, in base all'erronea considerazione che la presunzione di cui all'art. 18 della legge di registro non trova applicazione ove il trasferimento sia avvenuto in base a un negozio non rivestito della forma scritta e all'apodittica affermazione che essa ricorrente avrebbe dichiarato che il negozio di trasferimento fosse stato concluso verbalmente, nonch in base all'omessa a:pplicazione del quinto comma di detto articolo. La censura fondata. L'impugnata sentenza ha escluso la propriet degli immobili, in cui erano installati i due molini, dei quali si discute, dal patrimonio 1310 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sociale accertato dalla Finanza, partendo dal presupposto che la convenzione, concernente il conferimento dei beni alla societ, sia stata conclusa verbalmente per ammissione della stessa Amministrazione e, quindi, come tale, non rientrante nella previsione di cui all'art. 18 della legge del registro, che presuppone la esistenza di un atto scritto per i trasferimenti immobiliari agli effetti del pagamento dell'imposta. Tale soluzione non appare rispondente ad una corretta impostazione giuridica del problema che si dibatte tra le parti. A parte che l'Amministrazione non ha posto a base della propria pretesa tributaria l'esistenza di una convenzione verbale e non aveva necessit di farlo dato che la legge fiscale non impone questo obbligo, devesi rilevare che lo assunto della Finanza, sostanzialmente, era quello che essa per esigere la imposta, nei cosidetti trasferimenti presunti contemplati dall'art. 18 della legge del registro, non si dovesse preoccupare di individuare l'esistenza di un atto scritto, avendo, invece, solo l'obbligo di dimostrare alcuni dati di fatto, in base ai quali la norma predetta consente di agire: dati di fatto che sono gli stessi sia che esista, sia che non esista l'atto scritto. Tale criterio collima perfettamente con il contenuto dell'art. 18 il quale stabilisce che per sottoporre a tassa di registro la trasmissione di un immobile a titolo ,di propriet o di usufrutto, sufficiente, in mancanza di prove dirette, che il nuovo possessore si sia fatto iscrivere per codesti titoli nei ruoli dell'imposta sui terreni o sui fabbricati . Ci significa che l'esistenza del trasferimento viene desunto, agli effetti del pagamento dell'imposta di registro, da fatti concludenti, elencati peraltro in via esemplificativa, proprio perch, in tal caso, entra -~ come presupposto dell'obbligazione tributaria il negozio giuridico di trasferimento, prescindendosi dall'atto scritto che ne appunto la prova diretta. Ci potr portare a considerare, logicamente -come ha esattamente osservato l'Amministrazione -che la legge fiscale giunge cos a presumere implicitamente l'esistenza dell'atto scritto, ma come pura deduzione implicita o conseguenziale, ma non agli effetti di poter riferire la presunzione non al trasferimento, ma all'atto scritto e le prove indirette non ai fatti, ma allo scritto. Da d consegue che la Corte di merito, anzich trincerarsi, come ha fatto, dietro un'astratta, generica ed inconcludente affermazione del1' Amministrazione, che la convenzione di trasferimento era verbale, dando ad essa valore giuridico essenziale ed assorbente, per affermare la inapplicabilit al caso dell'art. 18 della legge del registro, avrebbe dovuto, invece, procedere all'esame concreto delle prove offerte ai fini dell'invocata applicabilit di detta norma e, quindi, pervenire, su tali basi di fatto, al giudizio sulla esistenza o meno della presunzione di PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1311 trasferimento di immobili a titolo di propriet, e pi precisamente di confrimento di beni immobili nella societ di fatto di cui trattasi, trovando la norma applicazione, nella sua ampiezza, anche per l'accertamento circa la sussistenza di conferimento di beni immobili nelle societ irregolari. Con lo stesso motivo l'Amministrazione lamenta che la Corte di merito non abbia fatta applicazione alla specie del quinto comma dell'art. 18 che prevede altri elementi di presunzione a favore della pretesa della Finanza. La censura infondata in quanto il detto comma si riferisce alla cessione di aziende commerciali per le quali le parti interessate abbiano omesso di registrare i relativi contratti verbali. In tal caso la norma invocata consente all'ufficio di agire in base ad alcune circostanze difatto presuntive della cessione .. Nella specie, la controversia verte, invece, sul .se i locali, in cui trovasi installata l'azienda, debbano considerarsi di propriet della societ o di taluno dei soci e tale questione non pu essere risolta se non in base al primo comma dell'art. 18 che disciplina i trasferimenti immobiliari. Col secondo mezzo lAmministrazione ricorrente -denunciando la violazione degli artt. 2627 e.e., 112 e 115 c.p.c. in relazione all'art. 360, . n. 3 e 5 c.p.c. sostiene che la Corte di Catania, nel demandare all'uffi.cio del registro l'accertamento della data di inizio della societ, abbia invertito lonere della prova, in quanto, in difetto di una idonea prova da parte dei contribuenti, avrebbe dovuto accogliere la domanda della Finanza e non porre a carico dell'Amministrazione lonere di nuovi accertamenti. La censura fondata. In tema di enunciazione di societ di fatto, vige il principio, ormai pacifico in giurisprudenza, che l'imponibile e cio l'ammontare dei conferimenti in societ, ai fini dell'imposta di registro di cui all'art. 81 della tariffa all. A, va determinato con riferimento al momento della costituzione del vincolo sociale, dato che tale imposta incide sul trasferimento della ricchezza e sul rapporto giuridico che la pone in essere e non sulla ricchezza attuale. In difetto, per, di prova inoppugnabile l'imponibile predetto pu essere accertato pr&. suntivamente in base al patrimonio sociale e agli .elementi inerenti al funzionamento della societ esistenti al momento della enunciazione salvo alla parte interessata la pr~va contraria nei modi prescritti dalla legge di registro, circa la effettiva entit dei conferimenti. Ora, la Corte di merito, mentre ha dimostrato di non ignorare tali principi, ne ha fatto, tuttavia, una errata applicazione pel'ch si limitata ad affermare che la data d'inizio della societ non era emersa con cert~zza dalla prova raccolta e ne ha demandato l'accertamento allo ufficio del registro. In tal modo essa ha capovolto lonere della prova 1312 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO attribuendo alla Finanza l'accertamento della data di inizio della societ, mentre la prova avrebbero dovuta fornirla i contribuenti. Inoltre, trattandosi di un punto controverso della causa, la Corte di Catania avrebbe dovuto decidere essa stessa quale era la data di costituzione della societ ed, in mancanza di prove certe, avrebbe do vuto riferirsi, agli effetti della determinazione dello imponibile, alla data della enunciazione. Va disatteso il terzo motivo del ricorso incidentale col quale si censura l'impugnata sentenza sotto un triplice profilo e cio per avere la Corte di merito: a) demandato all'ufficio del registro l'accertamento dell'epoca di inizio della societ pur avendo riconosciuto che l'inizio di questa doveva ritenersi avverato non dopo il 30 dicembre 1930; b) rite nuto inapplicabile la tariffa vigente all'epoca della costituzione della societ; e) ritenuto che nella valutazione dell'azienda dovesse tenersi conto dell'avviamento laddove questo era del tutto inesistente. Sotto il primo profilo, la censura assorbita dall'accoglimento del secondo motivo del ricorso principale per la identit della questione. Sotto il secondo profilo, la censura palesemente infondata. Infatti, posto che la societ irregolare comincia ad esistere, agli effetti della . legge di .registro, soltanto al momento in cui ne viene accertata l'esistenza e pi precisamente quando l'atto, che contiene tale accertamento, viene presentato per la r~gistrazione, chiaro che, in caso di societ di fatto enunciata in una sentenza, la tariffa applicabile sia quella vigente al momento della registrazione della sentenza enunciante e non quella vigente all'atto della costituzione della societ. Sotto il terzo profilo, la censura parimenti infondata. L'avvia mento una qualit dell'azienda, dalla stessa inseparabile e, quindi, come tale, ha sempre un valore apprezzabile. Giustamente, pertanto, la Corte di merito ha ritenuto che esso non possa essere escluso nella determinazione del'imponibile, ma debba essere valutato con riferi mento alla data in cui ha avuto inizio la societ. Se poi, a quella data, l'avviamento era pressoch nullo o ridotto, spetta alla parte interessata fornire la prova dell'effettiva consistenza dell'avviamento. -{Omissis). CORTE D'APPELLO DELL'.AQUILA, 16 giugno 1965, n. 125 -Pres. Colangelo -Est. Patera -Banca Nazionale del Lavoro (avv.ti Ludo".' vici e Del Nunzio) c. Ministero Finanze {avv. Stato Bafile). Imposta di registro -Cessioni di crediti verso la p.a. in relazione ad operazioni di finanziamento bancario -Aliquota :ridottis I sima dello 0,25% -Estremi -Criteri di determinazione. I (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa all. A, art. 4 lett. C e 28 lett. C; t 1. 4 aprile 1953, n. 261, artt. 1 e 2). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1818 Imposta di registro Cessioni di crediti verso la p.a. in relazione ad operazioni di finanziamento bancario -Aliquota ridotta dello 0,50% Estremi -Criteri di determinazione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa ali. A, art. 4, lett. b e art. 28, lett. b; 1. 4 aprile 1953, n. 261 artt. 1 e 2). ealiquota ridotta dello 0,25% stabilita dalr art. 1 lett. e della legge 4 aprile 1953, n. 261 (che modifica l'art. 4 tabella A della l.o.r.) per le cessioni di credito verso la P.A. stipulate in relazione ad operazioni di finanziamento bancario, applicabile solo quando tra cessione e finanziamento sussista una stretta ed assoluta interdipendenza tale da impedire che la cessione possa essere utilizzata per coprire o garantire operazioni di diversa natura, interdipendenza che deve risultare non dalla volont iniziale delle parti ma dall'obbiettivo e potenziale valore strumentale dell'atto. Sono in contrasto con i presupposti della legge le clausole dell'atto come quella che consente alla Banca, a suo insindacabile giudizio, di utilizzare i proventi riscossi per effetto della cessione per coprire o garantire esposizioni in essere non specificate e delimitate e di concedere reiterazioni del finanziamento senza che r effetto della cessione, di importo assai superiore sia espressamente limitato alla sola copertura del finanziamento pattuito; del pari contrasta con lo scopo della legge la pattuita ultrattivit della cessione, senza limiti n di tempo n di ammontare, dopo la copertura del finanziamento o la revoca di esso, poich consentito alla Banca, anche in mancanza di espresse clausole autoriZzative, di utilizzare le somme riscosse per altre operazioni esercitando la compensazione a norma degli artt. 1241 e 1853 e.e. (1). Le stesse limitazioni stabilite per l'applicabilit delfaliquota ridotta dello 0,25% (lett. e) dell'art. 1 della legge 4 aprile 1953, n'. 261) valgono anche per l'applicabilit dell'aliquota intermedia dello 0,50% {lett. b) dell'art. 1) (2). (1-2) Notevole interesse presenta la sentenza che, fra le prime, h,a fatto applicazione in sede di merito, e con riferimento al contratto tipo adottato dalla Banca Nazionale del Lavoro, dei principi di diritto recentemente affermati dalla S.C. (Sez. Un., 6 giugno 1964, n. 1397, in questa Rassegna, 1964, I, 777, con nota di L. CoRREALE, seguite da numerose pronuncie a sezioni semplici, e quindi ancora Sez. Un., 5 ottobre 1964, n. 2519, Riv. leg. fisc., 1965, 222). Le ragioni per l'esclusione dell'agevolazione individuate dalla sentenza in rassegna sono numerose ed ineccepibili. Importante anche la second~ massima che elimina ogni dubbio, anche superando l'incerta decisione della S.C. 21 dicembre 1964, n. 2948 (Foro it., 1965, I, 824) sull'esclusione dell'aliquota, intermedia dello 0,50% negli stessi casi in cui inapplicabile quella ridottissima dello 0,25%; questa affermazione solidamente basata sulla considerazione che la nota all'art. 1 della 1. 4 aprile 1953, n. 261 pone sull'identico piano le aliquote della lettera b (0,50%) e della lettera e {0,25%). 1314 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO .STATO (Omissis). -Detti motivi sono tutti infondati. Giova ricordare che, anzitutto, gli artt. 1 e 2 della legge 4 aprile 1953, n. 261, modificando gli artt. 4, lett. e), e 28 lett. e) della tariffa allegato A della. legge di registro del 1923, al fine di agevolare il buon andamento degli appalti di opere pubbliche, hanno ridotto allo 0,25% l'aliquota d'imposta dovuta, in sede di registrazione degli atti, sia per le cessioni di crediti verso pubbliche amministrazioni, fatte dalle imprese a favore di istituti bancari, pro soluto e pro solvendo, sia per i finanziamenti da questi concessi alle stesse imprese, anche se effettuati sotto forma di aperture di credito e di .anticipazioni. Con una nota inserita nel citato art. 1, la stessa legge n. 261 stabilsce, per, che, per l'applicabilit delle minori aliquote di imposta di registro, necessario che nell'atto di cessione siano specificatamente indicate le operazioni in relazione alle quali (esso) stipulato, e che l'efficacia della cessione non sia estesa anche ad altre operazioni . Lo scopo di questa avvertenza, come noto, quello di impedire che gli istituti finanziari possano utilizzare le cessioni di credito per coprire esposizioni non collegate al finanziamento concesso per. la realizzazione di opere pubbliche; appunto per questo si stabilito che tra le due operazioni di finanziamento e di cessione deve esservi una stretta ed assoluta interdipendenza tale da impedire che il primo possa essere utilizzato per coprire o garantire operazioni di altra natura, che il cliente potrebbe intrattenere con lo stesso istituto di credito. Ci significa, come stato autorevolmente affermato di recente (tra le altre: Sez. Un., 5 ottobre 1964, ;n. 2519), che per fruire del1' aliquota minore, latto deve essere concepito in modo da escludere in partenza che esso, durante lo svolgimento del rapporto, possa servire ad operazioni diverse da quelle determinate e specificate nell'atto di cessione, Questa Corte in precedenti decisioni di analoghe controversie, pur riportandosi sostanzialmente a tali concetti, limit la sua indagine al semplice accertamento delle intenzioni delle parti, poste in relazione agli effetti naturali degli istituti giuridici in esame {es. apertura di credito in conto corrente), senza soffermarsi a considerare se tali effetti fossero compatibili con gli scopi perseguiti dalla legge n. 261/1953; senonch questo collegio, re melius perpensa, ritiene che, per stabilire se sussistano, o meno, gli estremi voluti dal legislatore, non basti identificare la volont iniziale delle parti, ma occorre stabilire quale sia, indipendentemente da questa volont, lobbiettivo e potenziale valore strumentale dell'atto posto in essere. Ed invero, intanto pu affermarsi chel'efficacia della cessione non sia estesa e non sia estensibile ad altre operazioni di finanziamento, in quanto sia possibile stabilire che tutte le clausole del contratto, consi PAl\TE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1315 derate singolarmente e 'nel loro complesso, non sono suscettibili di diventare un varco attraverso il quale loperazione possa, durante il suo svolgimento, deviare dalla sua originaria ed apparente destinazione, ed allargarsi a nuove operazioni, le quali sfuggirebbero in tal modo al controllo del fisco e si avvantaggerebbero indebitamente del trattamento tributario di favore (vedi sentenze citate)). Si deve concludere, perci, Che basta la semplice possibilit astratta ed obiettiva di tale ampliamento del rapporto, per escludere che l'atto, indipendentemente dagli effetti pratici realmente od apparentemente voluti dalle parti, rientri nella previsione della legge n. 261/1953. Appnto per questo, nell'atto sottoposto a registrazione devono essere ben determinate tutte le singole operazioni di finanziamento e dev'essere stabilito anche i1 modo di operare di quest'ultimo; per le stesse ragioni devono, inoltre, essere' previste clausole limitative dello stesso finanziamento, sia nel caso in cui questo per sua natura consenta la reiterabilit dell'utilizzo delle somme disponibili (es. apertura di credito in conto corrente), sia nell'ipotesi di eccedenza dei crediti ceduti rispetto all'ammontare della sovvenzione, eccedenza che, sebbene consntita ai fini degli interessi passivi e delle spese, non deve permettere che, in un secondo tempo i proventi della cessione siano utilizzati per scopi diversi dalla estinzione del debito derivante dal finanziamento. Alla luce di questi principi, ai quali ormai uniformata la pi recente ed autorevole giurisprudenza, esattamente il Tribunale dell'Aquila ha ritenuto che, nel particola~e caso di specie, l'apertura del credito in conto corrente cambiario non realizzava .Je condizioni imprescindibili volute dalla legge perch si usufruisca dei benefici fiscali di cui trattasi. Ci, ovviamente, non perch l'apertura di credito fosse a priori vietata, ma per il semplice motivo che nella specie, a causa della notevole differenza tra l'importo del credito ceduto e quello del finanziamento, ed a causa di alcune clausole inserite nel contratto, tra le quali, in particolare, quella dell'art. 9 relativa alla reiterazione del finanziamento, ora obiettivamente possibile che i proventi della cessione fossero impiegati non solo per colmare lo scoperto di L. 45.000.000 oggetto del finanziamento collegato con la stessa cessione, ma anche per estinguere altri debiti dell'impresa verso la Banca derivanti da un finanziamento di importo superiore a detta cifra anche se destinato ad essere utilizzato per la esecuzione delle medesime opere pubbliche, cui si riferivano i crediti ceduti. Analoghe considerazioni valgono per le clausole limitatrici del normale effetto della cessione, delle quali il Tribunale ha rilevato l'assoluta mancanza nella scrittura in questione. vero che la legge n. 261/1953 non le richiede espressamente, ed chiaro che esse non sono sempre necessarie, ma nella specie, stante 1316 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la ricordata eccedenza della cessione rispetto alla sovvenzione, e dato che il finanziamento fu congegnato in modo da consentire parzialmente la reiterabilit dell'utilizzo delle somme disponibili del conto, dette clausole costituivano l'unico mezzo concreto per garantire la stretta osservanza della legge, ed anzi per impedire a priori la stessa possibilit di violarla. Quanto al citato ripristino della 'disponibilit del conto ed alla successiva utilizzazione di essa (art. 9), non giova opporre che trattasi di un effetto normale dell'apertura di credito, espressamente menzionato dall'art. 1843 e.e., perch ci non toglie che questa facolt dell' accreditato possa talvolta. essere in contrasto con i criteri della legge fiscale, come in effetti lo nel caso in esame. Ed invero dal fatto che la legge n. 261/53, come si gi precisato, concede la riduzione dell'aliquota solo quando la cessione sia fatta a garanzia od a copertura di una sovvenzione preventivamente ben determinata nel suo ammontare, e I sempre che la cessione sia impiegata esclusivamente per estinguere il debito dell'impresa derivante dallo stesso finanziamento, deriva che il rapporto deve esaurirsi non appena l'istituto di credito abbia, con il ricavo della cessione, realizzato una somma pari all'ammontare della sovvenzione, dei relativi interessi e delle spese. Se invece, pattuito, come nella scrittura in esame, che lo scoperto del conto possa essere pareggiato con i proventi dei mandati emessi dalla stazione appaltante a favore dell'impresa, e che la nuova disponibilit possa essere da questa ancora utilizzata fino al limite del fido, in pratica si verifica una reiterazione del finanziamento, con la conseguenza che la cessione viene utilizzata a copertura di una sovvenzione diversa o quanto meno di importo superiore a quello indicato nel contratto sottoposto a registrazione e sul quale viene calcolato l'ammontare dell'imposta di registro. :E: possibile che tutto ci in pratica non si verifichi ed anche che le parti non abbiano intenzione di attuarlo, ma, come si gi spiegato sopra, per negare i benefici fiscali di cui trattasi, basta che dal contratto risulti obiettivamente la semplice ed astratta possibilit di una simile deviazione dai precetti di legge. Appunto per questo il ripristino delle disponibilit del conto corrente ed il loro reiterato utilizzo, sebbene costituiscano un normale effetto dell'apertura di credito disciplinata dal codice civile, debbono ritenersi incompatibili con le condizioni richieste dalla legge 4 aprile 1953, n. 261, per la registrazione a tariffa ridotta dei contratti di finanziamento e contemporanea cessione di crediti pro solvendo e pro soluto, a meno che in esso non siano inserite quelle .clausole limitatrici di cui si gi parlato. Ora passando all'esame della scrittura intervenuta il 22 novembre 1955 tra la Banca Nazionale del Lavoro e l'impresa Ciccarella, non vi dubbio che alcune sue clausole, riguardanti il modo di operare PARTE l, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1317 del finanziamento, sono apertamente in contrasto con la citata legge fiscale, per il fatto che consentono almeno parzialmente di utilizzare la cessione di credito per operazioni diverse dal finanziamento specificato nello stesso contratto. A parte la notevole differenza tra l'importo della sovvenzione (L. 5.000.000) e quello del credito ceduto {L. 61.967.362), gi per s stessa difficilmente spiegabile in mancanza di clausole che limitano l'impiego della cessione, basta richiamare il disposto dell'art. 9, la cui importanza non pu essere sminuita dalle abili quanto infondate -argo-mentazioni dell'appellante. Nella parte prima di detto articolo fu stabilito, infatti, che la Banca Nazionale del Lavoro cc a suo insindacabile giudizio -si noti avrebbe potuto utilizzare le somme riscosse in dipendenza della cessione per l'estinzione e decurtazione delle esposizioni in essere senza alcuna specificazione o limitazione, ed a questo scopo, sempre a suo insindacabile giudizio, accreditarle in tutto od in parte nel conto corrente scoperto, ovvero in un conto corrente vincolato a garanzia degli effetti in essere -senza alcuna esclusione -, oppure infine metterle in tutto od in parte a libera disposizione del cliente. :B chiaro che con tale clausola la banca si resa arbitra della situazione, di modo che avrebbe potuto destinare i proventi della cessione per estinguere e garantire qualsiasi esposizione debitoria dell'impresa { esposizione in essere ) e, quindi, anche quelle derivanti da rapporti diversi dalla sovvenzione collegata con la cessione di credito, sia gi pendenti prima del contratto, sia instaurati in seguito. N il cliente avrebbe potuto impedirlo, dato che non aveva assolutamente alcun potere di sindacare l'operato della banca e tanto meno quello di pretendere la consegna delle somme da quella incassate dopo l'estinzione del prestito. Ci basta per affermare che nel contratto manca la esclusivit della correlazione tra il finanziamento e la cessione, esclusivit che costituisce una delle condizioni indispensabili per la concessione dei benefici fiscali di cui trattasi. Ma vi di pi. Nelfultima parte dello stesso art. 8 fu pattuito, infatti, che l'impresa, eliminata o ridotta la esposizione, av~ebbe potuto presentare allo sconto altri effetti cambiari per gli importi consentiti dalla banca e nei limiti del fido. Fu sancita, cio, la possibilit della reiterazione del finanziamento, con la conseguente possibilit di eludere la legge circa il divieto di estendere l'efficacia della cessione ad altre operazioni; chiaro, infatti, che le nuove cambiali presentate allo sconto avrebbero potuto riguardare debiti e sovvenzioni del tutto estranei alla esecuzione dell'opera pubblica dalla quale derivava il credito ceduto. Di notevole importanza pure la clausola dell'art. 10, con la quale la banca si riserv la facolt di revocare in ogni momento il finanzia-. 1318 RASSEGNA DELI..' AVVOCATURA DELLO STATO mento, con il semplice preavviso di otto giorni, ferma, per, restando. in ogni suo effetto la cessione . Tale ultrattivit di quest'ultima dopo la fine del rapporto di finanziamento, e per giunta senza limiti di tempo e di ammontare, consen tiva, ovviamente, di eliminare il collegamento, richiesto tassativamente dalla legge fiscale, tra la sovvenzione e la cessione del credito con conseguente autonomia di questa rispetto a quella. . Ma quel che pi conta che la banca, avvalendosi di tale clausola, avrebbe potuto continuare a riscuotere i mandati e giovarsi del loro importo per coprire altri debiti dell'impresa, derivanti da altri negozi giuridici non indicati nel contratto registrato. N a ci avrebbe potuto costituire un ostacolo la mancanza, nella scrittura, di una autorizzazione in tal senso da parte del cliente. Ed invero, a parte il fatto che questi avrebbe potuto concedere il consenso in separata sede con un documento non soggetto a registrazione, la banca, per il gi ricordato art. 9, aveva il potere di versare sul conto corrente vincolato a suo insindacabile giudizio, anche le somme eccedenti in pareggio del fido, con la conseguenza che avrebbe potuto sia trattenerle a garanzia di qualsiasi operazione, sia stornarle per coprire altre esposizioni. A ci si deve aggiungere che essa, in mancanza di un patto contrario, avrebbe potuto, per legge, esercitare la compensazione con altri suoi crediti, ai sensi degli artt. 1241 e 1853 e.e. , . , . Non pu indurre a diverso avviso l'osservazione che, costituendo la revocabilit del finanziamento una facolt espressamente prevista dall'art. 1845 ultimo comma e.e., la clausola dell'art. 10 del contratto ~ , aveva soltanto lo scopo di fissare un termine inferiore a quello di legge .. ~ . Infatti quella norma del codice civile va posta in relazione con il pre, cedente art. 1844, nel quale ripetuto il principio generale che la , . garanzia si estingue alla fine del rapporto. . . ~, Nel contratto in esame stata prevista, invece, la possibilit di svincolare la garanzia dal finanziamento dando, cos. almeno potenzialmente, autonomia alla cessione del credito, e questo appunto non consentito dalla legge 4 aprile 1953 n. 261, anche se detta clausola in altra sede e per fini diversi da quelli fiscali, sia lecita. Infine non inopportuno rilevare che, se le parti contraenti non avessero previsto a priori la possibilit di utilizzare la cessione per coprire esposizioni debitorie superiori o diverse da quelle del finanziamento indicato in .contratto, difficilment:e potrebbe spiegarsi il fatto che esse si siano assoggettate a pagare l'imposta, sia pure con aliquota ridotta, su di una cessione di ben L. 61.967.362 per realizzare un fido di sole L. 5.000.000. Cos pure gio"'.a osservare che gli interessi dei due contraenti coincidevano nell'eludere la legge fiscale, giacch, se alla banca premeva acquisire le pi ampie garanzie per ogni suo credito presente e futuro J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1319 verso l'impresa, a questa era comodo giovarsi della cessione per garantire od estinguere ogni suo debito verso di quella. Non ha pregio, pertanto, opporre che l'impresa avrebbe potuto sollevare eccezioni per limitare lo strapotere della banca, tanto pi che il contratto non le consentiva alcuna iniziativa di tal genere. Nella comparsa conclusionale la banca ha chiesto per la prima volta che, in subordine, sia applicata anche alla cessione, oltre che al flnanziamento, laliquota intermedia dello 0,50%, di cui alla lettera b) dell'art. 4 della tariffa all. A della legge del registro, modificata dalla legge 4 aprile 1953, n. 261 (anzich quella dell'l,50% applicata dall'Ufficio del Registro). Trattasi evidentemente di una domanda nuova, non proposta neppure nelle conclusioni prese in questo grado del giudizio, la quale nori pu ritenersi compresa in quella avanzata con la citazione introduttiva del giudizio di primo grado, dato che in questa fu invocata e sostenuta esclusivamente l'applicazione dell'aliquota ridotta dello 0,25%, i cui presupposti sono in parte diversi da quelli necessari per laliquota intermedia. Detta domanda subordinata, deve, dunque, ritenersi irritualmente proposta e quindi non suscettibile di esame di merito. Tuttavia, per completezza, giova ricordare che la nota inserita nell'art. 1 della legge n. 261/53 riguarda cc l'applicabilit delle aliquote minori di cui alla lettera b) e c) , cio non solo quella ridottissima dello' 0,25% (lett c), ma anche quella intermedia dello 0,50% (lett. b); conseguentemente pure per quest'ultima sono necessari non solo i requisiti soggettivi ma anche quelli oggettivi indicati nella stessa nota. Pertanto per ritenere inapplicabile la predetta aliquota dell'0,50% alla cessione di cui trattasi, basta richiamare gli argomenti sopra esposti in relazione all'aliquota minore; n pu indurre, a diverso avviso la massima giurisprudenziale invocata {Cass., ,21 dicembre 1964, n. 2948), che oltretutto si riferisce ad una particolare fattispecie. -(Omissis). CORTE D'APPELLO DELL'AQUILA, SO luglio 1965, n. 172 -Pres: Colangelo -Est. Fracassi -Ministero Finanze (avv. Stato Bafile) c. Banca Nazionale del Lavoro (avv. Ludovici). lmpost? ipotecaria Credito agrario Esenzione Presupposti e limiti. (I. 5 luglio 1928, n. 1760, art. 21). Le agevolazioni tributarie stabilite dall'art. 21 della legge 5 luglio 1928, n. 1760 sono applicabili solo quando ratto di costituzione dei privilegi sia stipulato con rigorosa osservanza della particolare disci 1320 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO plina legislativa del credito agrario sia in ordine al contenuto che alla forma. Non conforme al tipo legislativo, quale risulta dal complesso delle norme della legge n. 1760 del 1928 e del regolamento approvato qon d.m. 23 gennaio 1928, ed quindi soggetto a normale trattamento tributario ratto che non contiene r espressa indicazione della durata delfoperazione (anche se fa riferimento ad un'unica cambiale di cui menzionata la scadenza) e che prevede una clausola risolutiva espressa per casi, quale finadempimento del prestatario, non previsti nella legge (1). (Omissis). -L'appello deve essere accolto. Il particolare tipo di credito in favore dell'agricoltura, che si realizza sotto la duplice forma del credito agrario di esercizio e del credito agrario di miglioramento, trova la sua organica sistemazione in ordine alla natura, alla durata, alle modalit di eserdzio e ai privilegi speciali nel d.l. 29 luglio 1927 n. 1509, convertito nella legge 5 luglio 1928 n. 1760 e nel d.m. 23 gennaio 1928. Una operazione di credito che non rispetti le particolari norme di tale organica disciplina non pu, dunque, qualificarsi agraria nel senso voluto dal legislatore e, conseguentemente, non ammessa a benefi Iciare delle agevolazioni tributarie specificamente previste dall'art. 21 della legge 5 luglio 1928 n. 1760 e da altre disposizioni di legge. I Si pu, dunque, affermare, in conformit della giurisprudenza della ~ Suprema Corte e della Commissione Centrale delle Imposte, che le II norme relative alle agevolazioni tributarie previste per il credito agrario sono norme eccezionali, e come tali insuscettibili di interpretazione analogica, ma solo d'interpretazione estensiva, e che perci intanto spettano i benefici fiscal~ per un atto avente per oggetto un'operazione di credito agrario, in quanto questa sia stata posta in essere nella rigorosa osservanza della particolare disciplina legislativa di che trattasi sia in ordine al contenuto che alla forma. Secondo l'ordinamento vigente, le operazioni di credito agrario di esercizio, distinte in operazioni di conduzione e di dotazione, possono essere compiute da Istituti di credito appositamente autorizzati (e tra questi da annoverare la Banca Nazionale del Lavoro) e si concretano, (1) Pronunzia di notevole interesse in una materia con scarsi precedenti giurisprudenziali. Sul principio generale cfr. Comm. Centrale, 22 gennaio 1962, n. 84660, Riv. leg. fisc., 1963, 1041, che ritiene anche non conforme al tipo legale l'atto che prevede la pattuizione di interessi moratori e la decadenza dal beneficio del termine. Esattissima appare la pronuncia che individua altre ragioni di esclusione dal bene~ ficio nella omessa indicazione della durata dell'operazione di credito agrario, sempre richiesta distintamente dall'indicazione della scadenza delle cambiali e, cosa assai PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1321 oltre che in prestiti per, la conduzione delle aziende agrarie e per la utilizzazione, manipolazione e trasformazione dei prodotti o in anticipazioni di pegno di prodotti agricoli depositati in luogo di pubblico o privato deposito o in prestiti a favore di enti ed associazion agrarie, anche in prestiti per l'acquisto 'di bestiame, macchine ed attrezzi agricoli (art. 2, n. 2, legge :U 1760 del 1928). Il prestito per cui controversia rientra, appunto, in quest'ultimo tipo. Orbene, l'Amministrazione Finanziaria appellante giustamente sostiene, in primo luogo, che l'atto in esame non pu godere del beneficio fiscale di che trattasi, perch esso, non solo non contiene alcuna clausola indicante la durata del prestito, mentre tale indicazione obbligatoria {art. 27, lett. F) del regolamento approvato con d.m. 23 gennaio 1928), ma lascia chiaramente intendere che la durata del prestito sia superior a quella massima di cinque anni prevista dall'art. 5 della legge n. 1760 del 1928, il quale, appunto, cos: si esprime: I prestiti di cui al n. 2 ~elrart. 2 saranno estinti in rate annuali non superiori a cinque. Basta infatti considerare che nell'atto costitutivo del privilegio legale e d ipoteca immobiliare, di che trattasi, dopo essersi precisato all'art. 1) che viene u accordato al dott. Cerulli Jrelli Berardo un prestito agrario di dotazione della somma di L. 20.000.000 mediante , sconto ... della seguente cambiale agraria emessa in data odierna... dell'importo di L. 20.000.000, con scadenza al 18 aprile 1963 all'art. S si riconosce, pur tuttavia, alla Banca il diritto di esigere la restituzione 11 immediata dell'intera somma mutuata in caso di mancato o ritardato pagamento anche di parte soltanto della cambiale relativa al prestito . Tale ultima pattuizione lascia agevolmente intendere che tra le parti fu concordato un piano di ammortamento per estinguere il prestito in pi rate e in un termine abbastanza vasto e omunque superiore ai cinque anni previsti dalla legge. Infatti, se il prestito fosse stato contenuto nella unica cambiale descritta, esso si sarebbe dovuto estinguere per intero dopo un anno, alla scadenza della cambiale medesima. Non si sarebbe potuto, quindi, ipotizzare una risoluzione anticipata, in caso di mancato pagamento, dato che l'operazione avrebbe avuto una sola scadenza (quella della importante, nella pattuizione sulla risolubilit del contratto per inadempimento del prestatario, non ammessa dalla legge, in quanto da ritenersi rigida e tassativa l'indicazione dei casi di risoluzione contenuta nell'art. 10 della 1. 5 luglio 1928, n. 1760 e nell'art. 27 lett. g} del regolamento 23 gennaio 1928. Naturalmente l'identico principio. affermato nella sentenza per l'imposta ipotecaria vale anche per l'imposta di registro. 16 1322 RAi?SEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cambiale) coincidente con l'esaurimento del prestito. L'avere, quindi, le parti pattuito la restituzione immedata della somma in caso di mancato pagamento, anche parziale, della cambiale, sta a significare che la d.rata dell'operazione doveva essere sicuramente superiore all'unica cambiale menzionata, poich altrimenti non si sarebbe disciplinata una evenienza il cui accadimento si sarebbe potuto verificare solo in caso di operazione da estinguersi in pi rate annuali e con il rilascio di cambiali di rinnovo. Del resto la disciplina legislativa stessa che consente (art. 25 del l.m. 23 gennaio 1928) di ricavare dalle dichiarazioni contenute nelle domande di prestito o mutuo elementi di integrazione e di interpretazione delle indicazioni contenute nelle cambiali agrarie. Da ci si deduce che la durata effettiva del prestito pu e deve essere desunta anche dalla domanda relativa, fatta dal Cerulli Jrelli, nella quale deve essere stabilito appunto il piano di ammortamento di cui sopra si fatto cenno; tanto pi che nell'atto di costituzion~ di privilegio e di ipoteca di che trattasi fatta esplicita menzione di tale domanda, che si dice presentata il 24 gennaio 1962~ Al convincimento suddetto soccorrono, del resto, altre presunzioni e motivi, tutti quanti, precisi e concordanti, che cos possono essere indicati: 1) Nell'atto costitutivo di privilegio e di ipoteca non stata ' dichiarata, in modo preciso ed esauriente, la durata del prestito, cos come invece tassativamente previsto dall'art. 27, lett. f) del citato regolamento. 2) Il prestito era di tale entit .(L. 20.000.000) da lasciar ragionevolmente pensare ad un'operazione d( credito protratta per vari anni, tenuto conto che trattavasi di destinazione per l'acquisto di macchinari, il cui costo si ammortizza in tempo non breve. 3) Data la mancanza di una precisa durata dell'operazione, sarebbe stato possibile procedere al rinnovo della cambiale agraria, rimanendo cos aperta la possibilit di protrarne loperazione di credito per un tempo indeterminato, ferma rimanendo l'ipoteca, oltre che il privilegio corrente. 4) La Banca del Lavoro non ha ritenuto di voler esibire la domanda di prestito del Cerulli Jrelli, che avrebbe posto in luce l'effettiva durata dell'operazione. Ci sta a significare che tale durata stata pattuita pr tempo superiore ai cinque anni, altrimenti non si sarebbe omessa una cosl facili: e decisiva dimostrazione del contrario. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1323 Ma non basta. La esclusione del beneficio tributario giustificata altres dall'inserimento nelratto per cui si discute di una clausola risolutiva espressa in casi non contemplati dalla legge (art. 33 dell'atto medesimo). L'art. 10 della legge e l'art. 27, lett. g) del regolamento prevedono la risoluzione del contratto in casi ben determinati e tassativamente indicati, in considerazione della loro gravit ai fini della conservazione del privilegio. Fra questi casi, che soli possono giustificare la risoluzione, non compreso il mancato o ritardato pagamento delle cambiali agrarie o delle rate di ammortamento. Anzi l'art. 11 della legge (in contrapposizione al precedente articolo che disciplina la risoluzione) dispone che se il debitore non versa alle scadenze stabilite l'importo del prestito o delle singole rate, il Pretore, su richiesta del mutuante, pu ordinare il sequestr e la vendita degli oggetti sottoposti a privilegio, il che se assicura in modo efficace la tempestiva esecuzione della prestazione da parte del debitore, impedisce, peraltro, al creditore di poter chiedere l'anticipata risoluzione del contratto in caso di mancato o ritardato pagamento di una singola rata. Pertanto chiaro che non si adegua alla disciplina del credito agrario, e snatura il tipo contrattuale delineato dalla legge in tale materia, la clausola dell'atto per cui si discute che prevede la clausola risolutiva in caso di mancato o ritardato pagamento di parte soltanto della cambiale relativa al prestito una volta accertato che nella fattispecie le parti pattuirono l'ammortamento del prestito in pi rate annuali. Tanto pi che le. parti inserirono una clausola risolutiva addirittura espressa e neppure la risoluzione ordinaria, con la relativa decadenza dal beneficio del termine, attuando cos una pi sensibile deviazione dalle norme sul credito agrario. Poich ovvio che non si pu identificare la clausola espressa alla diffida ad adempiere (art. 1454 e.e. vigente); dato che la prima opera sempre di diritto prima ancora che sia intimata la diffida e sia decorso il termine e quale che sia l'importanza delrinadempimento; mentre nel secondo caso la diffida pu essere contestata dall'altra parte, nella quale ipotesi si apre la via alla pronuncia del giudice che dovr valutare l'importanza dell'inadempimento. Da ultimo nessuna importanza, ai fini del presente giudizio, pu essere attribuita alla circolare del Ministero delle Finanze in data 7 ottobre 1963, poich noto che le circolari ministeriali sono atti interni della p.a., destinati unicamente ad indirizzare e regolare in modo uniforme l'attivit degli organi inferiori, e non hanno efficacia vincolante n possono spiegare alcun effetto giuridico nei oonfronti di soggetti estranei alla p.a., neppure ai fini della interpretazione delle norme di legge. -{Omissis). 1324 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO TRIBUNALE DI GENOVA, 31 luglio 1965 -Pres. Riccomagno -Est. =~ Maganza -Giancarli {avv. De Figueiredo) c. Ministero Finanze {avv. Stato Batistoni). J Imposta di successione -Tributo complementare sul maggior valore -Interessi di mora. (1. 28 marzo 1962, n. 147, articolo unico; 1. 26 gennaio 1961, n. 29, art. 3). Sulle somme dovute per imposta complementare sul maggior valore dei beni caduti in successione' rispetto al valore dichiarato si applicano gli inteiressi di mora con decorrenza dal giorno in cui i intero tributo sarebbe stato corrisposto nel caso di dichiarazione veritiera del valore venale e cio dal giorno in cui era dovuta iimposta principale (1). (Omissis). -Le disposizioni di legge che debbono essere opportunamente vagliate e rettamente applicate dal Collegio ai fini della decisione della causa sono l'art. S della I. 26 gennaio 1961, n. 29 e l'articolo unic~ della I. 28 marzo 1962, n. 147. Con la legge n. 29 del 1961 stata disciplinata, con riferimento alle tasse e alle imposte indirette sugli affari, la corresponsione degli interessi dovuti sia dal contribuente all'Amministrazione, che da questa al contribuente (nel caso di rimborso di tributi indebitamente prescelti): lart. 3, per l'ipotesi in cui la liquidazione di tutto o di parte del tributo sia stata ritardata per fatto imputab~le al contribuente, dispone che gli interessi si computano dal giorno in cui la tassa o l'imposta sarebbe stata dovuta se la formalit fosse stata eseguita, o la autotassazione effettuata o la den:uncia presentata in forma .completa e fedele )) . Questa norma venne a suo tempo interpretata dall'Amministrazione nel senso che, nel caso di imposta complementare sul maggior valore, gli interessi decorressero soltanto dalla scadenza del termine utile per effettuare il pagamento del tributo complementare dopo la sua liquidazione. Ma interviene tosto la legge 28 marzo 1962, n. 147, intitolata Interpretazione autentica della legge 26 gennaio 1961, n. 29 circa la disciplina degli interessi di mora dovuti sulle tasse ed imposte indirette sugli affari di natura complementare, il cui articolo unico giova testua1lmente trascrivere: Gli interessi moratori, previsti dalla legge 26 gennaio 1961, n. 29, dovuti sulle somme da comspondersi alrerario per i tributi indiretti sugli affari di natura complementare, che non poterono essere liquidati integralmente al momento (1) Non si rinvengono precedenti. Il principio da ritenere esatto e senz'altro estensibile all'analoga ipotesi di accertamento di maggior valore configurabile ai fini dell'imposta di registro. L'esauriente motivazione della sentenza pu dispensarci da qualsiasi commento, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1325 della liquidazione principale per mancanza od insufficienza degli elementi occorrenti aUa liquidazione, decorrono dallo stesso giorno in cui, per essere sorto il rapporto tributario, dovuto il tributo principale. Se la mancanza e l'insufficienza degli elementi occorrenti alla liquidazione del tributo complementare non dipesa da fatto impu'tabile al contribuente, gli interessi sul tributo stesso decorrono dal giorno in cui avvenuta la liquidazione n. Osserva intanto il Collegio che siffatta norma, espressamente intitolata come di interpretazione autentica della legge del 1961 n. 29, si adegua coerentemente alla struttura del sistema tributario schematizzato dall'art. 7 della legge di registro: infatti, poich l'imposta complementare (contrariamente da quella suppletiva, resa necessaria dall' originario errore od omissione dell'Ufficio al momento della registrazione) non altro che un complemento di quella principale, che non pot essere inizialmente e contestualmente liquidato per mancanza o insufficienza degli elementi occorrenti per la liquidazione n, ne consegue che, unico essendo il rapporto tributario che diede vita all'imposta principale ed a quella complementare; questa si considera dovuta fin da quello stesso momento in cui sorge il rapporto; eppertanto giusto che il contribuente sopporti l'onere degli interessi moratori, da quel giorno, sulla somma dovuta per il tributo complementare; a meno che -ed questa leccezione pl'evista dalla seconda parte dell'articolo unico dianzi trascritto -la mancanza o , tale dizione non pu ovviamente intendersi altrimenti che nel senso di dichiarazione di valore veritiera. Si noti che la legge n. 29 del 1961, sopra cennata, parlando di denunzia in forma completa e fedele 1>, col primo aggettivo ha inteso riferirsi alla integrale notizia di 1326 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tutti i beni, e col secondo ha chiaramente voluto significare f esigenza di veridicit dei dati forniti dal denunziante, fra essi compreso il valore dichiarato. Ed allora e proprio a chiedersi come possa f opponente pretender che si consideri fedele una denunzia contenente l'indicazione di un valore che era circa un dodicesimo {L. 3.710.000) di quello poi da lui stesso accettato in sede di concordato (L. 42.787.500); in presenza di siffatto esagerato divario non pi il caso, evidentemente, di parlare di valutazione e di relativo giudizio, ma di denunzia palesamente e siniomaticamente infedele. In questa convinzione il Collegio altres confermato dalla constatazione che la legge -art. 12 1. 12 giugno 1930, n. 742, che ha modificato l'art. 43 della legge tributaria sulle successioni in relazione all'art. 72 della legge stessa -commina una pena pecuniaria nel caso in cui il valore accertato eccede di oltre un quarto il valore dichiarato; dal che si evince che se, praticamente, viene in tal modo a risultare colpevole e meritevole di sanzione un denunziante allorch il valore accertato superi anche di poco pi di un quarto quello dichiarato, un caso in cui siasi denunziato addirittura un valore dodici volte inferiore a quello poi concordato, esula completamente da ogni previsione di mera insufficienza di dichiarazione, contemplata dalla legge sulle successioni, e sostanzia invece una ipotesi di denunzia deliberatamente infedele. N ha importanza che, in presenza di concordato, non si applichi la pena dianzi accennata; che il richiamo si fatto unicamente perr arguirne la mens legis in tema di denunzia e di dichiarazione di valore, mentre nella questione che ne occupa si tratta non gi di applicare una penalit, ma di accollare giustamente degli interessi moratori ad un un contribuente che, per fatto a lui imputabile, assolve in ritardo ed in via complementare una imposta che avrebbe dovuto invece essere corrisposta fin dal sorgere del rapporto tributario insieme con l'imposta principale. -(Omissis). I I f; .--l-l--llf.CW.1P-;.rf'--Jlfl6?_---J . :::.-: .:..... ....... ...:-.. _._ ...._. .... _..,. -.u ---:::::......::%.:-::_ - - - ----_.._ ::--..:::.. ::..:. -=-=-:-:.. =-= -.... -:-:.-.. - ....W..-::.-= ...... % ... ;.:_... .. - ~....-... ....-:--...-..:::-.. , SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 1 aprile 1965,n. 7 -Pres. Reale Est. Cortesani -Grimaldi e Sagone {avv. Sorrentino) c. Assessorato LL.PP. Regione Siciliana {avv. Stato Albisinni) e Sardo (avv. Conte). Acque pubbliche ed elettricit -Acque pubbliche Antiche utenze Provvedimenti relativi alla procedura di riconoscimento lmpugnativ Mancato deposito del ricorso -Decadenza. Non sussiste. (r,d. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 3, 156, 176; e.e., art. 2966). Acque pubbliche ed elettricit -Acque pubbliche -Piccole derivazioni a scopo di irrigazione Legge 18 dicembre 1951, n. 1550 Ambito di applicazione. (r.d. 11 dicembre 1933, art. 3; I. 18 dicembre 1951, n. 1550). La tempestiva proposizione del ricorso previsto dall'art. 8, sesto comma, del r.d. 11 dicembre 1988, n. 1775 impedisce la decadenza dal diritto al riconoscimento di antica utenza anche in caso di mancato deposito del ricorso {l). (1-2) Decadenza dal diritto e improcedibilit del ricorso, in materia di antica utenza di acque pubbliche. I. La prima massima sembra suscettibile di critica. L'attento esame della motivazione consente, anzitutto, di rilevare una inesatta impostazione del problema, in quanto di decadenza dal diritto al riconoscimento di antica utenza pu discutersi con riguardo alla tempestivit o meno della domanda di cui al primo comma del1' art. 3 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775 (s che in esclusiva relazione al compimento di tale atto deve valutarsi l'effetto impeditivo della decadenza: art. 2966 e.e.), mentre il problema non si pone, o pi esattamente, si pone sotto un diverso profilo, per l'ipotesi di mancato o inefficace ricorso nei termini di cui all'ultimo comma del citato art. 3; in tal caso, infatti, l'estinzione del diritto non consegue alla decadenza (improcedibilit) del ricorso, come ritiene la sentenza in rassegna, ma deriva evidentemente dalla inoppugnabilit del provvedimento definitivo che ne abbia gi esclusa la sussistenza. Una volta, cio, che la domanda di riconoscimento abbia impedito Ja decadenza dal diritto, il problema si sposta nell'ambito della questione sulla tempestivit del ricorso e sugli effetti che la sua improcedi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1328 La disposizione di cui alr articolo unico della legge 18 dicembre 1951, n. 1550 non applicabile quando la domanda di riconoscimento o di concessione sia stata gi presentata a norma del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775 (2). (Omissis). -Occorre ora accertare se il ricorso tempestivamente proposto il 3 marzo 1959 possa ritenersi, non ostante la mancanza del deposito in cancelleria, giuridicamente idoneo a spiegare gli effetti di un utile esercizio del diritto sottoposto a decadenza, ai sensi dell'art. 2966 codice civile. Secondo l'art. 151 t.u. n.1175 del 1933, la proposizione della domanda davanti ai Tribunali delle Acque Pubbliche va effettuata mediante ricorso, che, al pari della citazione per i giudizi orOinari, deve contenere, ad un tempo, la richiesta all'avversario di riconoscimento della pretesa (editio actionis) e l'invito a partecipare al giudizio {vacatio in ius). Il successivo ari:. 156 prescrive, poi, il deposito in cancelleria del ricorso e dei relativi documenti almeno cinque giorni prima della scadenza del termine di comparizione, analogamente a quanto stabilito dall'art. 36 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054 sul Consiglio di Stato. Infine, per il caso di mancato deposito, l'art. 176 t.u. n. 1775 del 1933 dispone che la -citazione si ha come non avvenuta, salvi tutti gli altri effetti del ricorso . Ai fini di una esatta interpretazione delle suindicate norme, ha importanza considerare che la presentazione {deposito) della domanda all'ufficio giudiziario, pur costituendo un adempimento necessario e imprescindibile per rendere in concreto operante il potere-dovere del giudice di emettere una pronuncia tuttavia diversamente regolata dai singoli ordinamenti processuali. Invero nel procedimento davanti al Consiglio di Stato, caratterizzato -com' noto -dalla semplice vacatio ., bilit determina ai fini della decadenza del termine : e, sotto tale profilo, non vi .1: motivo per escludere l'operativit degli opposti principi affermati dalla Corte di . Cassazione e dal Consiglio di Stato; n risultano di ostacolo a tale richiamo la qualificata causa petendi sulla quale si fonda la pretesa al riconoscimento della antica utenza (diritto soggettivo) e la conseguente natura giuridica del ricorso ex art. 3, sesto comma, del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, considerato che anche in materia di diritti soggettivi, e per ipotesi sostanzialmente analoghe a quella in esame, il consolidato orientamento del Consiglio di Stato ritiene operativo il termine di decadenza quando il ricorso investa un provvedimento autoritativo dell'Amministrazione (IV, 28 ottobre 1964, n. 1132, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 1726; VI, 13 maggio 1964, n. 412, ibidem, 1033; V, 28 febbraio 1964, n. 278, Foro it., 1964, III, 145; V, 20 dicembre 1963, nn. 1132 e 1134, Il Consiglio di Stato, 1963, I, 1895 e 1896; VI, 27 febbraio 1963, n. 105, ibidem, 256; V, 23 giugno 1962, n. 548, ivi, 1962, I, 1215; VI, 27 giugno 1962, n. 494, ibidem, 1271; V, 14 aprile 1962, n. 352, ibidem, 745; per i precedenti, cfr. Mass. Campl. Cons. Stato, 19321961, vol. Il, 4329 e segg., n. 479 e segg., e 3688 e segg., n. 894 e segg.; in dottrina, ' -.. . ~ PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 1329 iudicis, il deposito del ricorso costituisce un elemento integrativo della notifcazione, e quindi incide, ad ogni effetto {sostanziale e processuale) sulla validit delratto introduttivo. Al contrario nei giudizi ordinari la notifca della citazione, contenente una valida vocatio in ius, , da sola, sufficiente a costituire il rapporto processuale, sicch la presentazione della domanda, necessaria per la successiva iscrizione a ruolo della causa, non si diversifca dal complesso degli oneri posti a carico delle parti per la normale progressione del processo. Per quanto concerne il contenzioso delle aoque pubbliche l'art. 92 dell'abrogato d.l. 9 ottobre 1919, n. 2161 dichiarava il ricorso, in difetto del deposito, come non proposto e la concorde dottrina e giurisprudenza del tempo (Cass. a Sez. Un., 29 maggio 1929, Pignatelli c. Ministero LL.PP.) riteneva 'che l'atto introduttivo dovesse considerarsi, sotto ogni aspetto, giuridicamente inesistente, e quindi anche in relazione agli effetti cos detti sostanziali della domanda. Senonch, proprio ad evitare una cos grave conseguenza, il citato art. 176 ha opportunamente precisato che la mancanza del deposito rende inefficace soltanto cc la citazione a comparire, ma non pregiudica cc tutti gli altri effetti del ricorso . Orbene, alla stregua dell'ordinamento vigente, la inidoneit dell'atto a dare vita al precesso non si comunica n si estende ai diversi effetti che la richiesta di riconoscimento della pretesa (editio actionis), una volta portata a conoscenza della controparte, , di per s, suscettibile di spiegare sul piano sostanziale. Resta ora da accertare se anche l'effetto impeditivo della decadenza rientri tra quelli sostanziali del ricorso, fatti salvi dal citato art. 176, o se, per evitare la estinzione del diritto, sia invece necessaria una cita zione pienamente valida ed efficace, tale da assicurare il regolare svol gimento del processo . . da ultimo, cfr.: DE PRETis, Prescrizione e decadenza in tema di giurisdizione esclusiva, Amm. It., 1963, 599). Anch nei termini nei quali risulta impostata la questione nella decisione in rassegna (prescindendo, cio, dalla mancata distinzione delle due differenti ipotesi previste dai commi primo e sesto dell'art. 3), la soluzione adottata dal Tribunale Superiore suscita prplessit. Nell'escludere espressamente, in base ad una asserita diversit di presupposti, la possibilit di applicare gli opposti principi affermati con riguardo ai procedi menti dinanzi all'autorit giudiziaria ordinaria e al Consiglio di Stato, il Tribunale Superiore imposta la propria soluzione sulla differente formulazione dell'art. 176 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, rispetto all'art. 92 del r.d. 9 ottobre 1919, n. 2161, e sulla conseguente necessit di attribuire un significato alla riserva introdotta con il citato art. 176 { salvi tutti gli altri effetti del ricorso n ). Senonch, le osservazioni in proposito svolte nella decisione perdono rilevanza risolutiva ove si consideri che lart. 17 6 si riferisce a tutti i ricorsi proposti ai Tribunali Regionali delle Acque, il che consente di individuare tutti gli altri effetti ipotizzabili . w . . - , . , ~~'.LL:a: =-==, :: - 1330 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La questione, gi da tempo esaminata in relazione alle norme che disciplinano i giudizi ordinari, , com' noto, vivamente controversa in dottrina e in giurisprudenza. Da un lato si infatti ritenuto che l'impedimento della decadenza, attesa la particolare natura dell'istituto, non suscettibile di riprodursi nel tempo, si verifica in via immediata e automatica col compimento dell'atto previsto dalla legge, sicch, una volta proposta una valida domanda in giudizio, resta, per ci solo, definitivamente assicurata la piena libert di esercizio del diritto nei limiti della prescrizione. E per il conseguimento di tale finalit sufficiente una citazione, che sia immune da vizi intrinseci, a nulla rilevando che la stessa abbia poi perduto la sua efficacia per una causa esterna all'atto, e cio in seguito a fatti sopravvenuti, che, come nella specie, colpiscono il procedimento per difetto d'impulso. In contrario si invece osservato che, secondo le norme del rito ordinario, la invalidit, anche se derivante da fatti sopravvenuti, opera ex tunc, e rende quindi l'atto introduttivo privo "di ogni effetto processuale e sostanziale, compreso quello di impedire la decadenza. Ma non il caso di soffermarsi ulteriormente su tale punto, poich, anche a seguire l'interpretazione pi rigorosa, da ultimo prevalsa in giurisprudenza (Cass., 5 aprile 1949, n. 788; 30 settembre 1954, n. 3172 e 27 maggio 19'61, n. 1261), non per questo resta esclusa la possibilit di una diversa soluzione alla stregua delle norme che disciplinano il contenzioso delle acque pubbliche. Il richiamo ad un difforme criterio ermeneutico dl tutto legittimo e giustificato, in quanto, com' pacifico, la decadenza, non costituendo una causa generale di estinzione nei diritti, non obbedisce ad una ratio comune e la relativa disciplina ovviamente si adegua alla tutela di interessi ed esigenze diversi. Ora, come gi rilevato dal S.C. a Sez. Un. nella sentenza 16 febbraio 1937, n. 403, un utile elemento indicativo offerto nella specie dall'art. 176 t.u. n. 1775 del 1933, che, alla stregua delle considerazioni pi sopra svolte, fa salvi, indistintamente, tutti gli effetti nelle varie fattispecie (costituzione in mora, interruzione della prescrizione), senza dover necessariamente ricorrere ad una interpetazione che renda ragione della riserva con specifico riguardo al disposto di cui all'art. 3; non pu, cio, escludersi, a priori, e a maggior ragione in base ad una impostazione che ricollega all'inosservanza del sesto comma dell'art. 3 effetti contemplati nel primo comma, che ad un ricorso possa non conseguire altro effetto se non quello, peculiare, di instaurare un procedimento (possibilit ribadita sotto il profilo sostanziale, da quanto sopra osservato sui rapporti tra le due disposizioni in esame); ed discutibile, comunque, che l'effetto impeditivo della decadenza, proprio di un ricorso idoneo ad instaurare un valido rapporto processuale, possa ritenersi compreso fra gli effetti che la improcedibilit del ricorso non pregiudica. Anche sotto questo profilo, pertanto, non sembrano sussistere motivi validi per non aderire all'opposto orientamento della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato; in particolare, l'opposta soluzione risulta adeguatamente motivata nella I I-. ' ~ PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 1331 sostanziali del ricorso e in verit non si comprende quale potrebbe essere la portata pratica della norma, ove realmente dovesse escludersi l'effetto impeditivo della decadenza, dato che, per la brevit di termini previsti in subiecta materia, alla invalidit della citazione, ,quasi sempre conseguirebbe in concreto la estinzione del diritto. D'altra parte la limitazione temporale, del tutto eccezionale quanto alla impugnativa di provvedimenti amministrativi lesivi di diritti soggettivi, gustifcata dal preminente interesse dell'autorit statale di avere notizia, in vista della funzione pubblica del bene, della reale volont dei soggetti destinatari dell'atto. A tale esigenza, costituente la specifica ratio dell'art. 3 e delle altre analoghe prescrizioni contenute nel t.u. n. 1775 del 1933, soddisfa in pieno la tempestiva notificazione del ricorso, mentre la normale progressione del processo adeguatamente assicurata dal complesso degli oneri posti a carico di entrambe le parti. Concludendo, il ricorso tempestivamente notificato il 2 marzo 1959 ha conseguito, nonostante la mancanza del deposito, l'effetto impeditivo della decadenza e, esclusa la perenzione del processo, non costituitosi per la invalidit della citazione, la originaria domanda stata utilmente riassunta con la comparsa 13 maggio 1960 e riproposta col ricorso 27 febbraio 1961. (Omissis). -Alla stregua delle precisazioni anzidette si pone il problema, rivolto ad accertare i presupposti e le condizioni di applicabilit della legge n. 1550 del 1951 e in particolare a stabilire se la espressione del testo legislativo senza averne chiesto il riconoscimento costituisca o meno una limitazione soggettiva per il riconoscimento dell'uso trentennale. Ora si sostiene -dalla difesa degli appellanti che nessuna preclusione pu derivare dal provvedimento di rigetto di una precedente domanda di riconoscimento dell'uso trentennale anteriore al 1884, decisione 27 maggio 1961, n. 1261( Foro it., 1962, I, 1123) con la quale la Corte Suprema ha stabilito: " la proposizione della domanda giudiziale un evento idqneo a eliminare la decadenza, non in quanto costituisce una manifestazione di volont sostanziale, ma in quanto instaura un rapporto processuale, mediante il quale si ottenga l'effettiv intervento del giudice ai fini della pronuncia di merito. In altri termini leffetto sostanziale della citazione di impedire la decadenza si giustifica soltanto in relazione allo svolgimento del processo che essa costituisce Certamente, la questione meriterebbe pi approfondito esame, con riguardo anche alla necessit di conciliare la soluzione con le norme sulla perenzione (art. 186 t.u.) e ai rapporti tra decadenza ai fini processuali e decadenza in senso sostanziale; la singolarit della fattispecie, ribadita dal difetto di precedenti, induce purtroppo a ritenere improbabile un riesame del problema in sede giurisdizionale. Sostanzialmente conforme alla decisione in rassegna: Cass., Sez. Un., 16 febbraio 1937, n. 403, Foro it., 1937, I, 1643; in senso opposto, ma con riguardo ai RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1332 avendo la legge n. 1550 del 1951 preso in considerazione la ben diversa situazione di fatto, successivamente consolidatasi dal 1921 al 1951, sicch l'accenno ad una eventuale richiesta di utenza ha il solo scopo, peraltro del tutto superfluo, di chiarire ulteriormente il presupposto obiettivo per il riconoscimento, e cio l'uso dell'acqua avvenuto senza titolo legittimo. La tesi difensiva anzidetta per nettamente resistita dalla lettera della legge, che, secondo le regole dell'ermeneutica, va in primo luogo considerata dall'interprete. Invero dalla precisa e univoca formulazione della norma in esame risulta evidente che la possibilit di chiedere, in via eccezionale, il riconoscimento della utenza di fatto subordinata alla esistenza in concreto di un duplice presupposto: il primo, obiettivo, consistente nella effettiva derivazione e utilizzazione pacificamente protrattasi per tutto il trentennio anteriore al 1951, e il secondo, subiettivo, costituito dalla mancanza di una precedente richiesta di riconoscimento o concessione della medesima acqua, e quindi, ovviamente, dalla inesistenza di una statuizione definitiva di rigetto. E poich, com' noto, il riconoscimento della utenza di fatto poteva essere richiesto, prima della legge n. 1550 del 1951, soltanto sulla base del!' art. 2, lett. b), t.u. n. 1775 del 1933 entro l'anno dalla pubblicazione dell'elenco in cui l'acqua veniva iscritta, l'espressione senza averne chiesto il riconoscimento n non pu riferirsi che all'eventuale precedente domanda di rico.noscimento della medesima acqua, fondata sull'uso trentennale anteriore al 1884. Tale interpretazione trova del resto conferma nella Relazione al Senato {Le Leggi, 1952, 16), secondo cui il motivo determinante della legge fu quello di consentire una generale sanatoria in favore delle piccole derivazioni irrigue, tramandate ab antiquo di padre in figlio, le quali, gi aventi titolo a riconoscimento in base all'art. 2, lett. a) e b) t.u. n. 1775 del 1933, non ne ottennero la relativa declaratoria in difetto di tempestiva domanda, non presentata ricorsi al Tribunale Superiore, per i quali si applica la diversa disposizione dell'art. 194 del t.u., cfr.: Trib. Sup. Acque, 14 maggio 1960, n. 4, Acque, bonif., costruz., 1960, 283; id., 12 agosto 1958, n. 27, ivi, 1958, 506. Nel senso che l'obbligo del deposito previsto dall'art. 156 del t.u. n. 1775 del 1933 deve ritenersi stabilito solo per il caso di ricorso introduttivo del giudizio e non per quello in riassunzione, in quanto, in tale ipotesi, ciascuna parte ha gi avuto possibilit di prendere cognizione dei documenti prodotti dall'altra parte (dalla quale decisione possibile desumere implicitamente ulteriore argomento contro la massima in esame), cfr.: Trib. Sup. Acque, 13 settembre 1956, n. 20, Il Consiglio di Stato, 1956, II, 157. Sul principio per il quale lestinzione del processo esclude leffetto impeditivo della decadenza, cfr.: Cass., 5 maggio 1960, n. 1770, Foro it., 1960, I, 1489; App. Milano, 2 ottobre 1958, Riv. giur. lav., 1959, Il, 301; Cass., 30 settembre 1954, n. 3172, Foro it., Rep., 1954, 747, n.4; id., 5 aprile 1949, n. 788, Giur. compl. Cass. civ., 1949, 2, 196; contra: App. Palermo, 28 giugno 1957, Giur. sic., 1958, 482. PARTE l, SEZ. V1, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 1333 per la situazione di incertezza, cui davano luogo le norme allora vigenti. La trasposizione di significato, prospettata dagli appellanti, appare quindi del tutto incongrua, avendo la legge proprio la finalit di legittimare la posizione dell'utente, sfornito di titolo valido, onde una siffatta interpretazione renderebbe in definitiva privo di ogrii significato l'inciso senza averne chiesto il riconoscimento )) . D'altronde la prevista limitazione soggettiva neppure pu ritenersi arbitraria e ingiustificata, e quindi non rispondente ad una logica e coerente ratio iuris. Basta al riguardo considerare che le procedure relative al riconoscimento delle utenze di fatto in base all'art. 2, lett. b) t.u. n. 1775 del 1933, pur essendo scaduto il termine per la presentazione delle domande il 31 dicembre 1923, non hanno avuto molto spesso sollecita definizione, come in effetti avvenuto nella specie, e che, per le acque successivamente dichiarate pubbliche, la richiesta pu sempre essere proposta entro l'anno dalla pubblicazione degli elenchi. Ora se si considera che in tali ipotesi, non certo infrequenti, l'amministrazione non deve circoscrivere l'indagine ali' esistenza del possesso trentennale anteriore al 1884, ma , altres, tenuta ad accertare leffettivo esercizio della derivazione anche per il periodo successivo al fine di escludere l'eventuale decadenza di diritto, ai sensi delrart. 55, ultimo comm'a, t.u. n. 1775 del 1933, appare evidente la efficacia preclusiva, prevista dalla legge n. 1550 del 1951 derivante dalla precedente richiesta di riconoscimento, tanto pi se rigettata con provvedimento divenuto inoppugnabile. E nella specie ricorre appunto una siffatta ipotesi, giacch, come pi sopra si precisato, la richiesta di riconoscimento a norma della legge n. 1550 del 1951 fu preceduta dall'analoga istanza in data 22 dicembre 1921, la quale venne respinta dalla Pubblica Amministrazione col decreto 15 ottobre 1951, oramai definitivo perch non impugnato in termine. N va poi omesso di rilevare che, nell'ordinamento positivo vigente, Nel senso che la citazione dinanzi al giudice incompetente conserva la sua efficacia impeditiva della decadenza in caso di tempestiva riassunzione dinanzi al giudice competente, cfr.: Cass., 13 maggio 1964, n. 1148, Foro it., 1964, I, 1627; id., 17_' luglio 1962, n. 1896, ivi, Mass., 1962, 571; id., 28 marzo 1962, n. 639, ibidem, 187; id., 27 maggio 1961, n. 1261, citata; id., 17 ottobre 1959, n. 2936, Foro it., Mass., 1959, 550; id., 24 gennaio 1950, n. 213, Foro it., 1951, I, 602. Sulla decadenza in genere, cfr., da ultimo, in dottrina: ROMANO, Note in tema di deca denza, Riv. trim. dir. proc. civ., 1964, 171 e segg.; TEDESCID, in Enciclopedia dl diritto, XI, 770 e segg.; MAGAzzu, in Nuovissimo digesto, V, 231 e segg.; SABATINI, ibidem, 240 e segg. Sull'art. 36 del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, nel senso che il mancato deposito del ricorso al Consiglio di Stato determina la decadenza, cfr.: Cons. Stato, VI, 19 dicembre 1964, nn. 983 e 1021, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 2270 e 2295; id., VI, 27 ottobre 1964, n. 759, ibidem, 1816; Cons. giust. amm. sic., 14 marzo 1964, n. 123, ibidem, 620; Cons. Stato, V, 13 dicembre 1963, n. 1044, ivi, 1963, 1334 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il riconoscimento dell'uso di fatto ha carattere eccezionale e, com e stato autorevolmente precisato, pu trovare fondamento soltanto in una effettiva situazione di materiale godimento, pacificamente protrattosi per un lungo periodo di anni, in guisa da far presumere una tacita acquiescenza da parte della Pubblica Amministrazione. Anche sotto questo profilo pienamente giustificata la prevista esclusione del riconoscimento nella ipotesi di possesso dell'acqua, mantenuto dal privato, pur dopo la reiezione di una precedente domanda di riconoscimento. 1861; id., VI, l ottobre 1963, n. 738, ibidem, 1444; Cons. giust: amm. sic., 7 giugno 1963, n. 170, ibidem, 1128; Cons. Stato, IV, 26 giugno 1963, n. 498, ibidem, 498; Cons. giust. amm. sic., 30 marzo 1963, n. 105, ibidem, 465; Cons. Stato, VI, 24 ottobre 1962, n. 705, ivi, 1962, I, 1645; id., V, 28 settembre 1962, n. 706, ibidem, 1419; id., V, 25 agosto 1962, n. 669, ibidem, 1399. Per i precedenti, cfr. Mass. Compl. Cons. Stato, citato, II, 3113 e segg., nn. 228-237. Per l'analoga ipotesi di omesso deposito del provvedimento impugnato, cfr. Oons. Stato, IV, 17 giugno 1964, n. 792, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 1128; Cons. giust. amm. sic., 11 agosto 1964, n. 151, ibidem, 831; Cons. Stato, V, 17 aprile 1964, n. 501, ibidem, 730; id., V, 29 novembre 1963, n. 995, ivi, 1963, I, 1674; id., VI, 10 luglio 1963, n. 442, ibidem, 1109; id., VI, 10 aprile 1963, n. 201, ibidem, 627; id., V, 9,marzo 1963, n. 121, Riv. giur. edil., 1963, I, 378; id., VI, 6 marzo 1963, n. 122, Il Consiglio di Stato, 1963, I, 435; id., VI, 12 dicembre 1962, n. 880, ivi, 1962, I, 2100; id., 20 ottobre 1962, n. 779, ibidem, 1571; Cons. giust. amm. sic., 17 febbraio 1962, nn. 50 e 77, ibidem, 351 e 365; Cons. Stato, V, 20 gennaio 1962, n. 94, ibidem, 88. Per i precedenti, cfr. Mass. compl. Cons. Stato, citato, I, 1145 e segg., nn. 92-103. In dottrina, cfr. SANDULLI, Il giudizio dinanzi al Consiglio di Stato, 1963, 345 e segg.; BENVENUTI, Struttura del processo amministrativo e decadenza per il mancato deposito dell'atto impugnato, Giur. compl. Cass. civ., 1951,, 30, 1257 e segg. IL La seconda massima della decisione in rassegna, indubbiamente esatta, fondata sul chiaro disposto della 1. 18 dicembre 1951, n. 1550. Di particolare rilievo, in proposito, le osservazioni del Tribunale Superiore sul fatto che la "pacifica derivazione ed utilizzazione dell'acqua pubblica nel trentennio anteriore all'entrata in vigore della legge (presupposto obiettivo per il riconoscimento dell'utenza) deve escludersi, a priori, quando la precedente domanda presentata a norma dell'art. 3 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775 sia stata rigettata con provvedimento divenuto inoppugnabile; ci per l'impossibilit di attribuire efficacia giuridica ad una situazione di possesso che, sostanzialmente, si risolve nel1' esercizio illecito di una utenza disconosciuta: argomentazione di cui si sottolinea la rilevanza anche perch idonea a limitare lambito di applicazione dell'art. 17 del testo unico, in tema di concessioni in sanatoria. Resta fermo, nelle ipotesi in esame, l'obbligo dell'utente al pagamento dei canoni, di cui viene cos ad essere ribadito, sotto un diverso profilo, il carattere risarcitorio, gi altre volte affermato (Cass., Sez. Un., 21 febbraio 1956, n. 485, Acque, bonif., costruz., 1956, 246; Trib. Sup. Acque, 12 giugno 1954, n. 24, ivi, 1955, 43 con nota adesiva di GuGLIELMI). Sui presupposti e sugli effetti del riconoscimento di utenza ai sensi della I. 18 dicembre 1951, n. 1550 e sulla loro diversit da quelli previsti dall'art. 2 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, cfr.: Trib. Sup. Acque, 23 dicembre 1957, n. 50, Acque, bonif., costruz., 1558, 173, con nota di GuGLIELMI. A. MARZANO .< : . r . '.~ . PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 1335 Da ultimo ha pure importanza considerare che col decreto 15 ottobre 1951 l'Ingegnere Capo del Genio Civile di Catania, nel rigettare la domanda di antica utenza dell'intera portata del fiume Caltagirone, ha limitato il riconoscimento al minore quantitativo di acqua di litri al secondo 12,57 e che contro tale provvedimento la Grimaldi e il Sagone non hanno proposto impugnativa di sorta, limitandosi a reiterare la istanza di riconoscimento della residua portata di detto corso d'acqua dopo lentrata in vigore della legge n. 1550 del 1951. Ora, tenuto conto . dei requisiti necessari per considerare legittimo l'uso trentennale, gli appellanti, gi utenti in base ad un titolo valido, non possono, oltre tutto, invocare a fondamento del chiesto riconoscimento la utilizzazione di un maggiore quantitativo d'acqua, che in definitiva si risolve nel1' esercizio abusivo della utenza assentita. Ed qui appena il caso di precisare che il decreto di riconoscimento, sia pure emesso il 15 ottobre 1951, ha natura puramente dichiarativa e spiega quindi efficacia ex tunc quanto alla concreta estensione dell'utenza legittima. E noto, infatti, che il sorpassamento dei limiti prefissi nell'atto di riconoscimento o concessione importa violazione delle condizioni poste a carico degli utenti per regolare lesercizio delle derivazioni in conformit del carattere delle acque pubbliche e delle preminenti esigenze di generale interesse cui le stesse sono destinate, donde ha impossibilit di rico. noscere una qualsiasi efficacia giuridica ad una situazione di possesso abusivo, come quello fatto valere dagli appellanti ai fini della legge n. 1550 del 1951. -(Omissis). TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 11 maggio 1965, n. 10 -Pres. Reale -Est. Giannattasio -Cusano (avv. Zarrelli e Lener) c. Ministero dei LL.PP. (avv. Stato Carbone) e Comune Vitulano (avv. Rosa e Perlingieri). Acque pubbliche -Requisito fondamentale per l'identificazione Idoneit ad usi di interesse per la generalit dei cittadini Elementi indiretti -Importanza del bacino imbrifero e entit della massa d'acqua -Propriet privata dell'alveo ed uso dell'acqua da parte del privato da tempo immemorabile -Non ostano alla dichiarazione di demanialit dell'acqua. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 1). Acque pubbliche -Elenchi -Carattere dichiarativo dell'iscrizione -Preesistenza della demanialit all'iscrizione -Effetti. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 1). L'importanza del bacino imbrifero e l'entit della massa aacqua costituiscono elementi soltanto indiretti ai fini della determinazione della 1336 RASSGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO natura pubblica o privata di uri acqua, essendo requisito fondamentale ::::: per l'identificazione deliacqua pubblica la sua attitudine ad usi di interesse per la generalit dei cittadini. Quando sussista tale requisito l'acqua pu sempre essere dichiarata pubblica anche se l'alveo in cui scorra sia di propriet privata ed il privato abbia usato di essa da tempo immemorabile (1). L'iscrizione di uriacqua negli elenchi delle acque pubbliche non ha carattere costitutivo ma semplicemente dichiarativo della demanialit, che preesiste ad essa; in conseguenza, da un lato la natura demaniale pu essere contestata, nonostante l'iscrizione, a meno che sia decorso il termine di sei mesi dalla pubblicazione dell'elenco senza che sia stato proposto ricorso ai tribunali regionali, dall'altro lato la mancanza. dell'iscrizione non impedisce che l'acqua possa essere successivamente dichiarata pubblica o dalla stessa autorit amministrativa, in sede di formazione degli elenchi suppletivi, o dall'autorit giurisdizionale competente ed in tali casi l'accertamento della demanialit ha sempre effetto ex turic, dal momento, cio, in cui l'acqua ha rivelato la sua attitudine ad usi di pubblico interesse generale {2). (1) Nel senso che, ai fini della determinazione della natura pubblica di una acqua, sufficiente la possibilit della sua utilizzazione per usi di pubblico generale interesse, indipendentemente da una destinazione attuale agli usi menzionati dalla legge sulle acque pubbliche: Cass., Sez. Un., 30 luglio 1964; n. 2178", Foro amm., 1964, I, 571; Cass., Sez. Un., 12 luglio 1961, n. 1673, Giust. civ., 1961, I, 1782; Cass., 25 marzo 1960, n. 633, Giust. civ., 1960, I, 1435. Sul punto che l'ampiezza del bacino idrico e l'entit della massa d'acqua costituiscono elementi indiretti e di per s soli insufficienti ai fini della determinazione della demanialit delle acque ai sensi dell'art. 1 del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775 e sull'indispensabilit dell'elemento attinente agli usi cui le acque hanno attitudine, si cfr. Trib. Reg. Acque Napoli, 26 ottobre 1960, Acque, bonif., costruz., 1960, 512 ed in dottrina: PERNIGOTII, Acque pubbliche, Encicl. dir., vol. I, Milano, 1958, 400 e segg. Secondo Cass., 21 marzo 1964, n. 644, Foro amm., 1964, I, 211 ed App. Firenze, 22 febbraio 1964, Giur. tosc., 1964, 348, la demanialit delle acque si estende necessariamente all'alveo, alle rive ed agli argini. . (2) Sul carattere dichiarativo e non costitutivo dell'iscrizione negli elenchi delle acque pubbliche la giurisprudenza costante. Fra .le ultime pronuncie v. Cass., 21 marzo 1964, n. 644, cit. supra; Cass., 29 luglio 1964, n. 2100, Foro amm., 1964, I, 1, 506; Cass., Se~. Un., 12 luglio 1961, n. 1673, Foro amm., 1961, Il, 431; Trib. Sup, Acque, 2 marzo 1960, n. 2, Foro amm., 1960, Il, 476; Cass., Sez. Un., 8 luglio 1958, n. 2464, Giur. it., 1959, I, 1, 434; Cass., 10 dicembre 1957, n. 4647, Foro amm., 1958, I, 2, 323 (con nota). In dottrina cfr. BuscA, Effetti dell'iscrizione nell'elenco delle acque pubbliche, Giur. it., 1959, I, l, 434; SELVAGcI, Rapporti fra amministrazione e giurisdizione nella dichiarazione di demanialit delle . acque, Acque, bonif ., costruz., 1956, 584; VIGNoccm, Gli accertamenti costitutivi nel diritto amministrativo, Milano, 1950; PERNIGOTTI, op. loc. cit. Avverso la sentenza annotata stato prodotto ricorso per Cassazione, del cui esito si dar notizia appena possibile. L. MAZZELLA PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 13$7 {Omissis). -L'appellante Cusano, in. proprio e n.n., lamenta, in primo luogo, che il Tribunale Regionale di Napoli, violando.la legge generale sulle esproprizioni per causa di pubblica utilit 25 giugno 1865, n. 2359 e l'art. 42 della Costituzione, e falsamente interpretando l'art. 1 del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775 sulle acque, ed in aperto contrasto con il successivo art. 218 terzo comma dello stesso t.u., con i documenti e con la consulenza tecnica, abbia ritenuto che le piccole sorgenti captate per la costruzione dell'acquedotto del Comune di Vitulano fossero pubbliche, mentre dette sorgenti, site in propriet privata, erano state oggetto di trasferimenti tra privati, non erano mai state iscritte negli elenchi ed erano state sempre ritenute dal Genio Civile di natura privata; inoltre, n il Comune n gli utenti avevano mai corrisposto alcun canone allo Stato, e d'altra parte esistevano nel Comune di Vitulano sorgenti di maggiore portata (Fontana-Reale e S. Pietro), che approvvigionavano da secoli la popolazione. La censura ha fondamento. La qualificazione di acqua pubblica data, a norma dell'art. 1 del ricordato t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, dalla sua attitudine ad usi di interesse per la generalit dei cittadini e e questa attitudine deve desumersi o dalla portata, o dall'ampiezza del rispettivo bacino imbrifero, ovvero dallo stesso sistema idrografico a cui appartiene, e ci senza alcuna: distinzione tra acque esistenti alla superficie ed acque sotterranee, per quanto estratte con mezzi artificiali e comunque sistemate o incrementate. La norma dell'art. 1, che definisce l'acqua pubblica, attiene a materia di stretto ordine pubblico ed ha natura essenzialmente dichiarativa, s da comprendere acque che prima non vi erano comprese, e la qualit d'acqua pubblica, cos defluita, indipendente da ogni accertamento e da ogni questione di propriet pubblica o privata dell'alveo in cui scorre (Cass., Sez. Un., 22 ottobre 1954, n. 3996); per cui, anche se una sorgente sgorghi in un fondo privato ed :ii privato abbia usato di quell'acqua da tempo immemorabile. non d'ostacolo a che l'acqua stessa venga dichiarata pubblica, qua.1do risulti che, anche isolatamente considerata, per la sua portata e per il luogo in cui si trova, abbia attitudine ad uso di pubblico interesse. Alla stregua di tale criterio, nulla rileva che la sorgente Cortedo, nica sorga in propriet privata e sia stata oggetto di trasferimento fra privati: quello che conta la obiettiva situazione nel momento in cui se ne accerta la natura. Non essendo le acque considerate pubbliche per la loro essenza, ma per la funzione che possono compiere, non escluso il carattere pubblico, nel significato or ora precisato, solo perch lacqua sia stata sinora assorbita dai bisogni di un unico predio. Neppure urta contro la dichiarata natura pubblica dell'acqua la mancata iscrizione degli elenchi, perch il fatto che un'acqua non sia stata compresa negli elenchi di acque pubbliche non impedisce che 1338 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -~ essa venga dichiarata pubblica successivamente, sia dalla stessa autorit amministrativa in sede di formazione di elenchi suppletivi, sia dall'autorit giudisdizionale competente. Infatti, l'iscrizione nell'elenco delle acque pubbliche non ha carattere costitutivo, ma dichiarativo della demanialit, c;he preesistente e derivante dall'intrinseca idoneit del!' acqua a servire ad usi di generale interesse. Ne consegue che, mentre da un lato la natura demaniale pu essere contestata, non ostante l'iscrizione, a meno che sia decorso il termine di mesi sei dalla pubblicazione dell'elenco, senza che sia stato proposto ricorso ai tribunali regionali (art. 1, ultimo comma, t.u. n. 1775 del 1933); dall'altro lato, l'accertamento della demanialit ha effetto non ex nunc, vale a dire dalla data del decreto, ma ex tunc, e cio dal momento in cui l'acqua ha rilevato la sua idoneit ad usi di pubblico, generale interesse. Prima che tale idoneit si riveli, l'acqua viene in pratica considerata di natura privata e ci spiega come, malgrado la potenziale (mfl. non ancor dichiarata) attitudine ad usi di pubblico interesse, possa avere formato oggetto di negozi di trasferimento fra privati. N ha rilevanza che esistano nel Comune di Vitulano sorgenti di maggiore portata rispetto a quella captata per la costruzione dell'acquedotto, perch se le minori sorgenti erano idonee da sole, od anche iinsieme ad altre, ad assicurare il rifornimento idrico del paese, in questa idoneit v' l'attitudine al fine di interesse generale pubblico, anche se lo stesso fine si sarebbe potuto conseguire facendo ricorso ad altre acque. Non importa che altre sorgenti avessero maggiore portata, perch, a Iparte che ci contestato, l'importanza del bacino imbrifero e l'entit della massa d'acqua costituiscono elementi soltanto indiretti, ai fini della determinazione della natura pubblica o privata delle acque, essendo l'equisito fondamentale che identifica l'acqua pubblica la sua attitudine I ~ : ad usi di pubblico jnteresse generale, come questo Tribunale Superiore ha gi affermato (Trib. Sup. A. P., 13 marzo 1950, n. 3). -(Omissis). TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 7 ottobre 1965, n. 18 -Pres. Reale -Est. Giannattasio -Consorzio di Bonifica Assi Soverato (avv. Precone) c. Paolini (avv. Corapi) e Ministero dei LL.PP. (avv. Stato Albisinni). Acque pubbliche Opere idrauliche Esecuzione da parte di privati concessionari -Indennizzo ex art. 46 1. 2359 del 1865 Responsabilit dei concessionari. l!;,25:.ugnn 1865, n. 2359, art. 46; t.u. 11 dioomb"< 1933, n. 1775, ut. 140, , . . .::::...::-:.. . .. ..'"1?-...0....."/...:...... .w.... .. ............ ...... :--.. .. .. .... ~:--.. . . .,. :--.. . .. . .. .... .. ...... . .... ........... :--...:,._._ -.-:..:...:..-:..-:--...._- --..~:-: . .-:=:-:-:-.;.: .-:-.....:.:- ..:;.: .%-:-..::::-:- :-: ..-:-... .-....~ PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 1339 Espropriazione per p.u. -Danni per esecuzione di opera pubblica Presupposto e limiti dell'indennizzo ex art. 46 I. 2359 del 1865 -Risarcimento del danno ex art. 2043 e.e. -Difierenza. (1. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 46; e.e., art. 2043). L'art. 46 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, richiamato dalfart. 140, lett. d) del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, per la costruzione delle opere idrauliche, nell'attribuire al proprietario danneggiato dall'opera pubblica il diritto all'indennizzo, si riferisce tanto alle opere eseguite direttamente dallo Stato o da altri enti pubblici, quanto a quelle costruite da privati concessionari; in questa seconda ipotesi, la situazione giuridica dei concessionari nei confronti dei beni danneggiati non diff erisce da quella degli enti pubblici concedenti e, pertanto, i concessionari sono tenuti a rispondere dei danni in vece dell'Amministrazione statale alla quale si sono sostituiti {l). A differenza del risarcimento dei danni per fatto illecito, previsto dall'art. 2043 del e.e., l'indennizzo ex art. 46, l. 25 giugno 1865, n. 2359, presuppone la liceit della condotta della P.A. o del concessionario dell'opera pubblica ed ha caratteri pi limitati che valgono a circoscriverne l'oggetto alla parte sacrificata del valore intrinseco, effettivo, attuale, del bene che ha subito il pregiudizio, senza che sia possibile estenderlo al valore soggettivo e potenziale del bene leso (2). (Omissis). -Il Consorzio di Bonifica Assi Soverato, con il primo motivo di appello, solleva preliminarmente reccezione di difetto di legittimazione passiva, per essere il Demanio dello Stato unico titolare dell'opera pubblica e portatore del pubblico interesse che l'ha creata (1-2) Sull'applicabilit dell'art. 46 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, non solo all'attivit (lesiva) della p.a. ma anche a quella dei privati concessionari, nonch sulla differenza tra indennizzo previsto dal cit. art. 46 e risarcimento del danno ex art. 2043 e.e., cfr. Cass., Sez. Un., 14 marzo 1963, n. 631, Giust. civ., Mass., 1963, 289; 28 ottobre 1961, n. 2481, Giur. it., 1963, I, 1, 377 con nota di G. CAPPUCCIO, Giust. civ., 1961, I, 1712 con nota di richiami; 11 novembre 1959, n. 3341, Giust. civ., 1960, I, 509, Foro it., 1959, I, 1820 con nota; la sentenza 30 giugno 1959, n. 2072 della Corte Suprema, richiamata in motivazione, trovasi in Resp. civ. prev., 1962, 293 e Giust. civ., Rep., 1962, v. Espr. p.u., n. 53. Dalla considerazione che i privati concessionari si pongono nei confronti dei terzi, ai fini della responsabilit ex art. 46, 1. 25 giugno 1865, n. 2359 nella medesima posizione giuridica degli enti pubblic concedenti, la giurisprudenza ha tratto altres la conseguenza che essi non possono essere condannati ad un facere, ma solo al pagamento dell'indennit dovuta ai sensi dl predetto articolo o, nei congrui casi, al risarcimento del danno a mente dell'art. 2043 e.e. Cos espressamente: Trib. S~p. Acque, 20 febbraio 1956, Foro it., Rep., 1956, v. Espr. p.u., n. 134. L. MAZZELLA 1340 RASSEGNA Dm.AVVOCATURA DELLO STATO e per avere esso Consorzio agito, quale concessionario dello Stato, sotto il controllo e secondo un progetto generale di sistemazione fluviale predisposto dal Genio Civile, che ha collaudato l'opera. L'eccezione viene proposta per la prima volta nel giudizio di appello, ma tale tardiva deduzione non d'ostacolo al suo esame, perch la legittimazione, sia attiva che passiva, un elemento costitutivo deirazione, la cui mancanza rilevabile d'ufficio in qualunque stato e grado del processo e se dedotta dalla parte interessata, ila relativa eccezione non ha altro valore che. quello. di una pura e semplice segnalazione fatta al giudice. L'eccezione, peraltro, ad avviso di questo Collegio, infondata. Invero, come risulta dagli atti, con decreto 9 maggio 1955, il Ministro per l'Agricoltura e per le Foreste concedeva al Consorzio di Bonifica Assi Soverato di Catanzaro l'esecuzione dei favori di riparazione dei danni alluvionali verificatisi nell'ottobre 1953 al Torrente Melissa e suo afHuente di destra per l'importo di lire 16 milioni a carico dello Stato. In forza di tale decreto, il Consorzio aveva, fra l'altro, l'obbligo di procedere all'esecuzione dei lavori in appalto e l'impegno della spesa era assunto al cap. 141 del bilancio del Ministero per l'Agricoltura e per le Foreste. Con successivo d.m. 29 agosto 1955 l'ammontare della concessione fu ridotta, al seguito del ribasso d'asta, a lire 11.787.000 e, infine, con altro decreto 11 luglio 1957, sempre lo stesso Ministero approvava il certificato di collaudo dei lavori eseguiti dal Consorzio, lavori accertati in lire 11.553.316 e dei quali veniva autorizzato il pagamento del saldo. Trattandosi di lavori di ripristino della difesa valliva di un corso d'acqua e, in particolare, dei lavori destinati a porre riparo ai danni cagionati dall'alluvione dell'ottobre 1953 in Calabria, la materia rego lata dalla legge 27 dicembre 1953, n. 938 (recante provvidenze per le zone colpite da alluvione in Calabria), che all'art. 1 autorizza il Mini-. stero dei LL.PP. a provvedere al ripristino delle opere pubbliche danneggiate per conto dello Stato; e dal r.d. 13 febbraio 1933, n. 215 sulla bonifica integrale, che, dopo aver compreso nell'art. 2 tra le opere di -~ competenza dello Stato quelle di difesa delle acque (art. 2, lett. e), airart. 13 cos dispone: Alla esecuzione delle opere di competenza statale... provvede il Ministero dell'agricoltura e delle foreste, direttamente o per concessione. La concessione accordata al Consorzio dei proprietari dei terreni di bonifica o al proprietario della maggior parte dei terreni... . ' In base a tali elementi, poich si trattava di opere di competenza statale e lAmministrazione ricorse al sistema di esecuzione indiretta per ~' concessione, al quale solita ricorrere quando il concessionario abbia un proprio. interesse all'esecuzione dell'opera; e poich il ricordato . . . f. m ' . , . !W'Afp$.M'"ff.@""~ "74 ~@::::=w.'.@W.ff.., .. >zo ",W.:::" W'@. W".-W.@'.-:W ""<:w.'%W.""-='-'' =-,.' ::".@. /ff@ -~7.<~aj J B"'R'J.K--;:::--filk--e.)f.wiWWffuw!it.Vm=-0.f.Jf.Wwx--x-::::IDt.FJillw.fllffP.AttW;wJ.+ 4%.f.&el=wr> ---&..?---IBJW.tz ~~~~~~ PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI E FORNITURE 1341 decreto 9 maggio 1955 dopo aver disposto all'art. 4 che il Consorzio di Bonifica Assi Soverato era autorizzato a procedere alle necessarie occupazioni di terreno con le forme previste dagli artt. 71 e segg., il. 23 giugno 1865, n. 2359 e successive modificazioni, soggiungeva all'art. 5 che l'ente concessionario era tenuto a a tenere rilevata ed indenne l'Amministrazione da qualsiasi molestia di terzi in dipendenza dell'esecuzione dei lavori concessi , non sembra possa dubitarsi che, come nel caso di ricorso all'occupazione e all'espropriazione del bene altrui, avrebbero fatto carico al Consorzio tutte le spese, comprese quelle relative alle indennit spettanti all'espropriato, del pari l'indennizzo ex art. 46 legge espropriazione non pu far carico che al Consorzio anche se, in ultima analisi, lopera, una volta compiuta, passi in propriet pubblica. il Consorzio,infatti, che trae beneficio dall'opera e che la esegue, nell'interesse proprio e dei consorziati, interesse che si accompagna all'interesse pubblico necessario a legittimare la concessione. Tra le opere pubbliche, che possono attribuire ai proprietari che ne sono danneggiati, il diritto all'indennizzo, a norma dell'art. 46 della legge n. 2359 del 1865 sono espressamente previste qualle di carattere idraulico (art. 140, lett. d) del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775 sulle acque pubbliche), cio tutte quelle che incidono sul regime delle rucque. Le controversie, aventi per oggetto l'indennit per danni risalenti ad opere pubbliche non possono sorgere che nei confronti di un ente pubblico, ovvero del concessionario che ne tenga luogo: ove esiste il concessionario, che si sostituito all'Amministrazione statale, questa non risponde, ma, in sua vece, risponde il concessionario (Cass., Sez. Un., 14 marzo 1963, n. 631; 28 novembre 1961, n. 2481; 30 giugno 1957, n. 2072). In altri termini, la fattispecie prevista dall'art. 46 si riferisce tanto alle opere costruite direttamente da1lo Stato o da altri enti pubblici, quanto a quelle costruite da privati concessionari, la cui situazione giuridica, nei confronti dei beni danneggiati, non differisce da quella degli enti pubblici concedenti {Cass., Sez. Un., 11 novembre 1959, n. 3341). Ci si ricava anche dall'art. 12 del t.u. 25 luglio 1904, n. 523 sulle opere idrauliche, che prevede lesecuzione di opere nell'interesse dei frontisti sotto il controllo dello Stato ed a spese di questo, stante il concorrente interesse pubblico. A mantenere l'indennizzo, a carico del Consorzio, in questa limitata misura, concorrono anche altri elementi. Come gi si fatto cenno, l'art. 46 della I. 25 giugno 1865, n. 2359 sulle espropriazioni per pubblica utilit (in base al quale va determinata l'indennit richiesta) presuppone la liceit della condotta della pubblica amministrazione o del concessionario dell'opera pubblica, sicch l'indennizzo ex art. 46 si differenzia nettamente da quello da illecito {ex art. 2043 e.e.), con la conseguenza che il primo ha caratteri pi limitati, che valgono a circoscrivere la sfera di efficacia. La liceit della condotta della P.A., o del concessionario, 17 1342 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO circoscrive roggetto dell'indennizzo ex art. 46 alla parte sacrifcata del =!:' valore intrinseco, effettivo e attuale, del bene che ha subto il pregiudizio, senza che sia possible estenderlo al valore soggettivo e potenziale del bene leso, cos come si verifica, invece, sia pure con il rispetto del principo della causalit, nel normale risarcimento del danno da illecito. L'indennizzo ex. art. 46 presuppone un danno reale, di carattere permanente, rapportabile -sul piano concettuale -ad una parziale espropriazione del valore intrinseco del fondo che ha subto il pregiudizio, con esclusione di quelle utilit alle quali no~ si abbia diritto. Il danno risarcibile, a norma dell'art. 46 della legge generale sulle espropriazioni, deve riguardare, cio, il diritto di propriet nel suo contenuto oggettivo. -(Omissis). I I ~ ~ , I ;-:: : SEZIONE SETITMA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 17 marzo 1964, n. 602 -Pres. D'Arienza -Rel. De Peppo -Rie. Passannanti. Reato Aggravanti -Destinazione della cosa a pubblica utilit Furto di materiali dall'alveo di un fiume o torrente Applicabilit dell'aggravante. (c.p., art. 625, n. 7). I fiumi, i torrenti, i canali indicati nell'art. 822 e.e. e nelle leggi speciali sulla materia, nonch i relativi alvei comprendenti le rive interne e tutto c,i che vi si trova (arena, pietre, ghiaia ecc.) sono beni dmaniali dello Stato, delle provincie e dei comuni, e come qualunque altro bene patrimoniale forma no oggetto di tutela penale. Ove i predetti beni siano destinati ad uso di pubblica utilit (e questa destinazione risulta dalle leggi e dagli atti amministrativi che stabiliscono il loro regime.), il furto dei materiali di cui composto l'alveo (nella specie,, di ghiaia) deve considerarsi aggravato ai.sensi delTart. 625, n. 7 c.p. (1). (1) Con questa sentenza, che precedente ad altre due della stessa Sezione del Supremo Collegio (Sent. 22 giugno 1964, n. 1384 e 23 giugno 1964, n. 1392, in questa Rassegna, 1965, 246 e 248) il problema dell'applicabiit dell'aggravante di cui all'art. 625 n. 7, nella ipotesi di furto di materiali di cui composto un bene del demanio marittimo o idrico (nella specie furto di ghiaia del letto del fiume Sele), viene impostato in modo pi rigoroso e convincente. La Corte Suprema ha ritenuto nelle citate pi recenti decisioni che la sabbia, come tale, non costituisca cosa destinata a pubblica utilit, cosicch, ove sia oggetto di furto, non si applicherebbe l'aggravante di cui alla norma in esame. Una volta estratta dal lido del mare, e cos mobilizzata, essa acquista infatti una propria individualit, per cui non adempie attualmente ed immediatamente a quella funzione di .utilit collettiva che per l'appunto caratteristica precipua delle cose destinate a pubblica utilit. Ma cos ragionando, si verrebbe a travisare la lettera della norma. L'art. 624 n. 7 infatti, parla di furto su cose e non di cose destinate a pubblica utilit. Il legislatore in altri termini, ha inteso indicare come furto aggravato, non solamente quello che abbia ad oggetto cose di pubblica utilit, ma anche quello che abbia ad oggetto beni che, di per se stessi, non presentino alcuna utilit per la collettivit, ma che facevano parte integrante, prima della sottrazione, di beni con tali caratteristiche. Il principio affermato nella sentenza che si annota, pertanto, risulta pi conforme al sistema e trova conferma altres nello spirito della norma, intesa a conferire una tutela pi ampia a tutti quei beni che appaiono maggiormente destinati a finalit pubbliche. G. ZOTTA RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1344 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, SO settembr 1964, n. 1462 -Pres. ::! Duni -Rel. Tartaglione -P.M. De Gennaro (conf.) -Rie. Puggelli. Inosservanza di ordini dell'autorit -Ordine rivolto dai Carabi nieri ad una singola persona -Rifiuto di ottemperarvi: costi tuisce reato -Fattispecie. (c.p., art. 6$0). Anche gli ordini impartiti ad una singola persona per ragioni di polizia giudiziaria sono da comprendere fra i provvedimenti la cui inosservanza prevista come reato dal(art. 650 c.p. Il corrispondente di giornale, penetrato in luogo nel quale, dopo un fatto che presenta caratteri di delitto, stato interdetto (accesso dai Carabinieri per assicurare la conservazione dello stato delle cose in attesa dell'arrivo del magistrato, tenuto ad obbedire all'ordine di allontanarsi senza prendere fotografie. Ove non ottemperi commette il reato di cui all'art. 650 c.p. (applicazione nel caso di cadavere, sulla strada, di persona vittima di incidente stradale) (1). (1) Giurisprudenza costante, contrastata da pochissimi e non recenti precedenti difformi (cos Cass., 21 maggio 1956, Vassilef, Riv. it. dir. pen., 1956, 544). Nel senso della sentenza annotata, sulla scorta di un criterio ermeneutico letterale ben difficilmente contestabile, anche la migliore dottrina. Per tutti SABATINI Grns,. Le contravvenzioni nel codice penale vigente, 1961, 154 segg. Per quanto concerne la problematica relativa alla legittimit dell'ordine, vedasi Cass., 23 febbraio 1957, Giust. pen., 1957, Il, 469, 520; Cass., 28 novembre 1961, Cerrone, Foro it., 1962, Il, 106, con nota di DELFINO, ed ivi ampi richiami in dottrina e giurisprudenza. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 21 settembre 1964, n. 1511 -Pres. D'Arienzo -Rel. Cassisa -P.M. Marucci {conf.) -Rie. Castellano. Giudizio civile e penale -Giudizio di rinvio -Limiti -Giudizio di rinvio vertente sull'ammissibilit di una attenuante -Nuova definizione giuridica del fatto -Inammissibilit. (c.p.p., art. 545). Giudizio civile e penale -Declaratoria immediata di cause di non punibilit -Presupposti. (c.p.c., art. 545 e 152). Quando rannullamento con rinvio non sia pronunciato dalla eorte di eassazione per tutte le disposizioni della sentenza, quest'ultima acquista autorit di cosa giudicata nelle parti che non abbiano connessione essenziale con_ quella annullata; per conseguenza il giudice di PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1345 rinvio, cui sia stato demandato il compito di accertare l'esistenza di un'attenuante invocata dall'imputato (nella specie, provocazione), non pu dare al fatto una nuova definizione giuridica (nella specie esercizio arbitrario delle proprie ragioni, anzich minaccia grave) (1). L'obbligo di immediata declaratoria di cause di non punibilit sussiste per il giudice di rinvio, solo quando nel corso delle indagini sui punti annullati emerga una circostanza nuova, o comunque non precedentemente esaminata, la quale, indipendentemente da ogni esame sulle parti annullate della sentenza, imponga il riconoscimento di alcuna delle predette cause (2). (1) Puntuale applicazione dei limiti del potere del giudice di rinvio posti dall'art. 545-c.p.c. (v. da ultimo Cass., 11 luglio 1961, Caluori, Riv. it. dir. proc. pen., 1962, 895, con nota di SIRACUSANO; Cass., 12 dicembre 1961, Monte, Mass. pen., 1962, 462; Cass., 12 luglio 1962, De Donno, Riv. it. dir. proc. pen., 1962, De Donno, Riv. it. dir. proc. pen., 1962, 1240, con nota di SIRACUSANO. La seconda massima un logico corollario della prima: per il giudice di ri:qvio l'obbligo ex art. 152 c.p.c. deriva esclusivamente dalle risultanze processuali concernenti punti della sentenza sui quali non sia formato il giudicato. Non costituisce evidentemente un'eccezione a tale principio, l'affermazione contenuta nella sentenza della S.C. 29 aprile 1964 (Circolazione e trasporti, 1964, 267; Arch. pen., 1964, 324; Riv. pen. 1964, Il, 585), secondo cui il giudice di rinvio ha il poteredovere di dichiarare estinto per amnistia sopravvenuta, il reato di cui alla impu~ tazione, anche nel caso che sia rimasto fermo il punto della sentenza di secondo grado riguardante l'affermazione della responsabilit dell'imputato, e l'annullamento sia stato disposto unicamente per provvedere ad una nuova quantificazione della colpa : laccertamento della causa di non punibilit infatti, pu farsi in questo caso indipendentemente da un riesame dei punti della sentenza su cui si sia formato il giudicato . Preme a questo . punto osservare che, impropriamente la giurisprudenza suole usare il termine giudicato a proposito dei quali di una sentenza non annullati a seguito di una sentenza di Cassazione con rinvio. Il giudicato in senso proprio postula l'esaurimento del rapporto processuale, cio dell'eccertamento giudiziale di una imputazione, con il che si consente la eseguibilit della pronuncia. Ma questo non certo il caso che ci occupa: ci si trova infatti di fronte a decisioni su questioni autonome, semplici presupposti, anche se necessari, della decisione finale su di una imputazione; evidente che di per se stesse non siano suscettibili di autonoma esecuzione. Sarebbe pertanto pi esatto adottare il termine preclusione che, da un lato pone in evidenza la situazione processuale determinantesi e consistente del divieto posto al giudice di riassumere la questione attinente a un mero presupposto della fattispecie criminosa considerata (cfr. LEONE, Trattato di diritto processuale penale, 1961, III, 235), dall'altro evita il pericolo di possibili equivoci. Cos, nel caso sopra considerato, che attiene ad una ipotesi di sopravvenuta amnistia, pur essendo passati in giudicato (rectius: preclusi), i punti relativi alla sussistenza dell'elemento oggettivo del reato e della responsabilit dell'imputato, non essendosi esaurito l'accertamento giudiziale del reato, l'amnistia applicabile sar quella propria. G. ZOTIA :~ PARTE SECONDA ~., . I I I RASSEGNA DI DOTTRINA A. C. }EMOLO, Premesse ai rapporti tra Chiesa e Stato, Milano, 1965, pp. z16. In queste premesse ad una trattazione dei rapporti tra Chiesa e Stato l'A. ripropone tutta la problematica fondamentale del diritto ecclesiastico, affrontando da par suo le pi importanti questioni, specialmente quelle agitate negli ultimi tempi, e sottoponendole al vaglio di un esame critico, sempre acuto e vivace, che stimola il lettore alla riflessione ed all'approfondimento. Di tali questioni giover ricordare quelle sulla portata degli artt. z1, al., 3, al., e r9 della Costituzione e sugli aspetti pi particolari, che ne derivano con riferimento alla scuola libera '" alle formule di giuramento richieste ai testimoni, all'obiezione di coscienza, eccetera, quelle sulla legittimit costituzionale dell'art. 5 del Concordato e, pi in generale, sugli ipotizzati contrasti tra Costituzione e Patti lateranensi, quelle sulle norme relative ai cosiddetti abusi dei ministri di culto in materia elettorale. N vanno dimenticate le questioni sulla qualifica di una funzione come religiosa o meno a proposito dell'interruzione di un predicatore quando questo tocchi argomenti politici, sulla possibile illeceit per lo Stato di provvedimenti canonicamente legittimi con il particolare riferimento al famoso caso del vescovo di Prato in relazione al quale vengono considerate le molte opinioni a suo tempo espresse, sulla rilevanza,, rispetto agli atti dell'autorit ecclesiastica, del limite dell' ordine pubblico ". Nella impostazione dei vari problemi e nelle soluzioni prospettate costante la preoccupazione dell' A. di non fare prevalere; per la interpretazione della legge, le proprie convinzioni personali pur di giungere alla conclusione, alla quale si desidera giungere'" pericolo particolarmente difficile da evitare in questa materia, dove hanno rilevanza interessi di ordine spirituale cui gli uomini sono pi attaccati ,, sebbene oggi viviamo in un mondo, che accorda il primato all'economia'" almeno apparentemente: comunque, nel debito conto vanno e sono tenute le istanze sociali. Infatti, non si pu prescindere da tali istanze delle comunit, come appare chiaro nel primo capitolo di queste Premesse'" ove si tratta della societ civile e della societ religiosa per concmdere con una conseguente definizione del diritto ecclesiastico. Soc~et civile e societ religiosa operano nello stesso territorio .ed hanno in comune i medesimi individui, onde a tali rapporti non possono applicarsi, sebbene possano utilizzarsi, gli schemi ed i principi del diritto internazionale, che si riferisce a rapporti tra societ le quali non presentano l'accennata comunanza di elementi mentre agiscono su piani analoghi. Di qui la differenza tra oncordati e trattati internazionali, posta in rilievo dall'A., ma di qui pure il profondo significato del richiamo dei Patti lateranensi nella Costituzione della Repubblica italiana, richiamo che non pu non incidere su tutto il sistema delle relazioni tra Chiesa e Stato (delle quali, peraltro, l'A. traccia in modo sobrio ed efficace, nella prima parte del secondo capitoio di queste Premesse '" l'evoluzione) evidenziando pure in tale campo l'aspetto societario, da cui caratterizzata la nuova struttura costituzionale dello Stato italiano. Il che assume particolare rilievo nel diritto ecclesiastico vigente: basti pensare a quanto riguarda le confessioni diverse dalla cattolica, di cui si tratta nel terzo capitolo del volume con particolare riferimento alle disposizioni contenute nell'art. 8 della Costituzione. L'adombrata linea armonizza pure nell'ambito della disciplina, che qui si considera, il principio individualistico, per cui si pongono in primo piano i cittadini (DE LucA, Diritto ecclesiastico e sentimento religioso, n. 7, p. 409, in Raccolta di scritti in onore di A. C. ]emolo, Milano, 1963), con quello sociale (G1sMONDI, Lezioni di diritto ecclesiastico, Milano, 1961, p. 7z e segg.). 18 156 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In ordine alla esposizione dei principi fondamentali sui rapporti tra Stato e Chiesa in Italia, cui dedicato il terzo capitolo, mentre del tutto convincente appare la. riaffermazione del carattere primario dell'ordinamento giuridico de:la Chiesa e non pu non condividersi che, se alla qualifica dello Stato italiano come confessionista o separatista o laico, qualifica pur sempre convenzionale, vuol darsi un significato giuridico, debba procedersi con giudizio complessivo o a posteriori, e non aprioristicamente per valutare quindi le singole attivit ritenendole armoniche od aberranti nel sistema cosl. delineato, molto opinabile la posizione stessa del problema di una prevalenza tra norme del Concordato e norme della Costituzione. Benvero, appunto la esistenza dell'art. 7 della Costituzione, del cui significato e dei, cui effetti si molto discusso, dovrebbe rendere inipotizzabile una questione di lCgittimit costituzionale concernente le norme dei Patti lateranensi ed inammissibile, quindi, un sindacato di tali norme da parte della Corte Costituzionale (Ca~s. 23 ottobre 1964, n. 2651, in questa Rassegna; 1964, I, 1097 ed, ivi, GuGLIELMl, Questione di legittimit costituzionale delle norme concordatarie; cfr. pure OLIVERO, Sui contatti tra protocolli lateranensi e la Costituzione, Foro it. 1964, IV, 70: v. altresi l'ampia bibliografia riportata dai due autori ora citati). In definitiva, se certamente non bisogna scorgere dovunque innovazioni e fratture, nemmeno bisogna disconoscere i profondi cambiamenti, anche di struttura, specie quando si considera il diritto come cc creazione umana per scopi politici e si ritiene che cc le formule giuridiche servono a fissare delle realt politiche ed economiche . Dopo un capitolo dedicato alla disciplina diritto .ecclesiastico , il quarto, l'ul" timo capitolo cio, tratta dell'incidenza del fattore religioso sul cittadino, ossia della situazione di questo in considerazione del fattore religioso, situazione imperniata sull'uguaglianza di fronte allo Stato, la quale tuttavia non deve escludere distinzioni derivanti da differenti posizioni giuridiche (v. retro, I, 451, n. 1, ed, ivi, i richiami di dottrina e giurisprudenziali). Particolarmente interessanti in argomento appaiono le questioni sulla disciplina delle persone giuridiche, le cc questioni nell'ambito del diritto di famiglia connesse alla posizione religiosa in tema di patria potest e di affidamento dei figli minori per il caso di separazione dei genitori (questioni molto dibattute sul piano giuridico ed a cui viene data una soluzione aderente al motivo predominante di tutta l'opera senza forse, per, portare alle pi armoniche conseguenze I il rilievo, fatto all'inizio dallo stessa A., circa l'importanza del fattore religioso nella formazione della civilt nonch nella creazione e nell'interpretazione delle leggi, onde ' ne resta influenzato il concetto di ordine pubblico, con il quale non possono contra ' stare i provvedimenti dell'autorit), le " questioni in materia successoria , le cc questioni. I ~ in materia funeraria, le questioni relative ai rapporti di lavoro con i dipendenti laici di enti ecclesiastici . BENEDETTO BACCARI F. G. ScocA, Il termine giudiziale nell'adempimento delle obbligazioni della Pubblica Amministrazione, Milano, 1965, pp. xu-192. 1. -Per esaminare e risolvere il problema enunciato nel titolo dell'opera in rassegna, lo Scoca imposta e conduce l'indagine, con indubbio rigore sistematico, consiI derando da una parte gli aspetti di diritto comune della questione relativa alla determinazione, ad opera del giudice, del termine di adempimento di un'obbligazione, e valutando poi se le conclusioni al riguardo enucleabili siano, ed in quali limiti, applicabili nei confronti dell'Amministrazione pubblica, attesa la posizione di questa I nel rapporto obbligatorio e di fronte al giudice. Questa stessa partizione della materia elaborata gi rivela in quale pi ampia PARTE II, RASSEGNA DI DOTIRINA 157 dimensione si proietti lo studio dello specifico accennato argomento; ed in realt pu senz'altro dirsi che questo ha offerto piuttosto l'occasione all'A. per un ampio esame, sul quale qui si vuole richiamare l'attenzione del lettore, del ben pi vasto problema dei rapporti tra l'Amministrazione ed il giudice ordinario. Soffermandosi sulle pi recenti acquisizioni, secondo cui l'individuazione del fenomeno della degradazione dei diritti soggettivi che, "vista nella prospettiva dell'articolo 2 della nota legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, conduce "a negare, per inesistenza di diritti soggettivi, la giurisdizione del giudice ordinario, ogniqualvolta il fatto lesivo, posto a giustificazione della domanda giudiziale, costituito da un atto di diritto amministrativo >>, l'A. osserva che le limitazioni dei poteri decisori, che si fanno derivare. dalla disposizione dell'art. 4 della ricordata legge, e normalmente si negano, peraltro, con riferimento ad attivit di diritto privato, in realt non sono tali, non hanno un autonomo valore, e tanto meno sotto un profilo processuale, poich soltanto rispecchiano la situazione di diritto sostanziale, rilevante per la determinazione dell'ambito della giurisdizione: nel senso che, l dove le dette limitazioni sarebbero ipotizzabili, secondo la norma, e cio con. riferimento ad "atti di diritto amministrativo , invece, con rilievo assorbente, da ritenere la carenza, per inesistenza del diritto, della stessa giurisdizione del giudice ordinario, il quale, altrimenti, quando ha giurisdizione, e cio quando non vi degradazione d.elle situazioni soggettive dei singoli, non in alcun modo limtato nei suoi poteri di decisione (pp. 105-107). In relazione a ci, 1'4. fa carico di un, certo lassismo a quella giurisprudenza, che si induce a rifiutare dei provvedimenti -ripristinatori o comunque intesi ad imporre all'Amministrazione un determinato comportamento -senza curarsi di verificare la ricorrenza dei presuppo&ti della giurisdizione e rifacendosi semplicemente al divieto di annullamento degli atti amministrativi, ai sensi dell'art. 4 in questione; e rileva che se ci in genere non produce negative conseguenze, risultando le pronunce sostanzialmente corrette, in quanto riferite a casi nei quali la stessa giurisdizione sarebbe da negare, talvolta si determina, invece, anche errore sul " quid decisum. , come quando, affermandosi la giurisdizione (e cos in rapporto a situazioni che si collegano ad "atti compiuti secondo il diritto privato), si negano statuizioni -di adempimento specifico, in genere -che debbono invece ritenersi, secondo lo stesso sistema della legge del 1865, perfettamente consentite, come quelle volte ad eliminare la lesione del diritto (pp. 113-115): lesione che idonea, appunto, a radicare la giu. risdizione d<;!l giudice ordinario, secondo il disposto dell'art. 2 della legge, e che riscontrabile quando manchi un provvedimento imperativo, che, altrimenti, degradando il diritto -degradazione ipotizzabile anche rispetto a situazioni immediatamente determinate da un comportamento materiale dell'Amministrazione, che sia per riferito ad un " atto pr.ogrammatico >>, o sia esso stesso espressione di un "disegno programmatico -fa venir meno la stessa giurisdizione (p. 133). E poich il divieto dell'art. 4 sarebbe da collegare, appunto, a situazioni nelle quali rilevi l'imperativit del provvedimento, e questo, d';;iltro canto, sempre esclude la giurisdizione del giudice ordinario nei rapporti o nelle situazioni che da esso sono incise, non resta materia, ritiene lo S., rispetto alla quale il divieto medesimo potrebbe operare (salvo casi del tutto marginali: pp. 144-148); sicch la norma deve ritenersi posta per " l'appagamento di un'esigenza formale, derivante dal principio della separazione dei poteri , piuttosto che per una " depauperazione di sostanza dei poteri del giudice nei confr?nti della Pubblica Amministrazione (p. 140), con l'ulteriore conseguente rilievo che dallo stesso art. 4 nemmeno potrebbe desumersi un principio in ordine al divieto di determinati tipi di pronunce, mentre limitazioni possono sussistere, per. alcune azioni costitutive o di condanna ad un " facere programmatico >>, ma in virt delle " caratteristiche della situazione sostanziale influenzata dalla posizione dell'Amministrazione >>, della quale rilevi un'attivit infungibile, e perci nei limiti RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 158 in cui questa venga in considerazione per le peculiarit dell'azione amministrativa ( unilateralit, vincolo discrezionale al fine ): cos restando consentite, in ogni altro caso, anche condanne ad un facere specifico, come nelle controversie " che hanno ad oggetto l'insoddisfazione di un diritto ad un comportamento non programmatico >>, e perci non infungibile (pp. 157 e segg., 172). 2. La pur necessariamente sommaria esposizione del pensiero dello S., sul tema centrale fatto oggetto dell'indagine, pu dare la misura dell'interesse del lavoro in rassegna, che apporta un contributo certamente perspicuo allo studio della tormentata materia dei rapporti tra Amministrazione pubblica e giudice ordinario, offrendo altre prospettive per un tentativo di sistemazione organica, in un quadro unitario, dei detti rapporti, e consentendo, con una completa e ragionata considerazione dei risultati raggiunti dalla dottrina e dalla giurisprudenza, di far luogo ad un immediato confronto di tesi, indubbiamente utile per ogni ulteriore meditazione sulle questioni trattate: in relazione alle quali, e senza la pretesa di avviare una discussione di fondo, che i limiti delle presenti note non permettono, sulla bont o meno delle conclusioni, cui perviene l'A., e delle singole argomentazioni ad esse propedeutiche, si vogliono qui segnalare, e piuttosto come spunti per un ulteriore approfondimento, quelle che sembrano pi immediate ragioni di dissenso rispetto alla svalutazione, che allo S. sembrato di dover rilevare, della fondamentale disposizione dell'art. 4 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo. Tale disposizione, come si visto, ~on avrebbe alcun concreto valore precettivo, secondo l'A., poich le limitazioni che da essa appaiono sancite non potrebbero che riferirsi a situazioni nelle quali mancherebbe la stessa giurisdizione del giudice ordinario, i cui poteri decisori, invece, quante volte la giurisdizione sussista, non potrebbero che essere pieni. Orbene, se pu ritenersi corretta la conclusione di una necessaria coincidenza, in tesi, tra ambito della giurisdizione ed ambito dei poteri decisori del giudice, che della giurisdizione fornito, non potrebbe tuttavia l'affermazione porsi in senso unidirezionale, poich, invece, e reciprocamente, andrebbe anche individuato, nelle limitazioni che siano previste per determinati tipi di pronunce, un ulteriore o diverso criterio discriminatorio, evidentemente in senso negativo, della giurisdizione stessa: per determinare la quale, invero, ed una volta che si risolva il problema delle limitazioni in termini di giurisdizione, cosi negandosi l'ammissibilit dei c.d. limiti interni della competenza giurisdizionale del giudice ordinario, non potrebbe essere sufficiente il solo criterio di collegamento alle situazioni soggettive, secondo la teoria cui lo S. mostra di aderire, ma dovrebbe tenersi conto, in una combinata valutazione, anche del petitum, che, a parte iudicis, correlato al tipo di statuizioni che l'ordinamento consente. Conseguentemente, ove limitazioni decisorie si rinvengano, dovrebbe piuttosto dirsi che la posizione, dedotta in giudizio per il conseguimento di un risultato non realizzabile con pronuncia del giudice ordinario, e cio con quello che altrimenti si direbbe 1,m petitum improponibile, non di diritto soggettivo (e perci rilevarsi il difetto di giurisdizione), anzich dall'affermilzione del (ritenuto) diritto, e questo considerato sulla base soltanto della situazione soggettiva, desumersi l'inapplicabiiit delle limitazioni stesse. Ed un discorso sulla superfluit dell'art. 4, condotto con riferimento alle dette situazioni e senza riguardo alla tutela, o alle limitazioni di tutela, per esse apprestata, o previste, potrebbe perci non riuscire appagante, e nemmeno quando si inquadrassero nella prospettiva dell'art. 2 della legge, negandosi il diritto soggettivo e quindi la giurisdizione, tutte le situazioni non idonee a giustificare pronunce di condanna ad un facere a carico dell'Amministrazione pubblica, poich, invero, e quando l'esclusione del diritto, anche per degradazione, non sia ricollegabile alle stesse situazioni sostanziali incise da un provvedimento imperativo, ed altrimenti siano tut .~ ' I I I ~ I I !:.: . I ~ W'.l.1.6~~==='==~/~:==,,z~~''':i{"''=:t:z:='.=:=f=>;==-==w=-:;,:p=::~::-x=====i=::='p=,::===: PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 159 cavia da negare quei tipi di pronunce, come in ragione dell'infungibilit dell'azione amministrativa, appunto alle limitazioni dovrebbe farsi capo per la stessa negazione e del diritto e della giurisdizione ordinaria, cosi confermandosi l'autonomo valore della norma dell'art. 4, e del principio che da essa si desume. La norma, d'altra parte, non fu posta per un " malinteso e formale ossequio al principio della separazione dei poteri, gi all'epoca, del resto, pi modernamente inteso come di distinzione e coordinamento delle funzioni dello Stato, bensi -come si evince anche dai lavori parlamentari, che dettero luogo ad elevate discussioni sul piano strettamente giuridico, prima ancora che su quello della mera convenienza politica del provvedimento -per trovare un giusto contemperamento, nell'interesse pubblico, piuttosto che per la salvaguardia delle prerogative di ciascun potere, tra le esigenze dell'azione amministrativa e quelle di una ugualmente completa garenzia giurisdizionale per i cittadini (dr., per pi ampi riferimenti, Nel centenario della legge 20 marzo 1'865, n. 2248, all. E, in questa Rassegna, retro, II, 4). La necessit di un tale contemperamento, poi, stata riconosciuta anche dalla Costituzione repubblicana, la. quale, riaffermando il valore della separazione ed indipendenza delle funzioni anche dell'Esecutivo, ha particolarmente considerato sia l'esigenza di lasciare alla Pubblica Amministrazione la valutazione e la scelta dei mezzi per la cura degli interessi (per definizione pubblici) ad essa affidati, sia quella di garentire ai privati la tutela dei diritti e degli interessi legittimi, ed a tal fine congiunto ha posto il precetto dell'art. 113, che, mentre la detta tutela assicura, tuttavia manda al legislatore ordinario di determinare quali organi di giurisdizione, in quali casi e con quali effetti, possono annullare gli atti dell'Amministrazione, e cosi sostanzialmente ribadisce, anzi ampliandola,. la regola gi posta con l'art. 4 dal legislatore del 1865 (dr. GuGLIBLMl, I confiitti ... nella raccolta di studi La corte Costituzionale, a cura dell'Avvocatura dello Stato, pp. 399 e segg., ed in particolare 423 e segg., 447). E poich il divieto di annullamento da intendere, anche in questa prospettiva, come divieto al giudice di imporre all'Amministrazione determinati comportamenti, positivi o negativi, ed in genere di sostituirsi all'Amministrazione in ci che attiene alla cura degli interessi pubblici, potr discutersi, come prima si diceva, se ci sia da valutare in termini di giurisdizione o di limiti interni di questa, e si potr anche -con riferimento, ad excludendum, a situazioni che siano da ritenere del tutto e palesemente estranee a quegli interessi medesimi -continuare a dibattere il problema dell'individuazione del campo di operativit della norma dell'art. 4, ma di questa, e del principio con essa affermato ed oggi da ritenere di rilevanza costituzionale, non pare potersi comunque revocare in dubbi la piena validit. MARIO FANELLI Rassegna di giurisprudenza del Consiglio di Stato in tema di attivit economiche, a cura di G. LANDr, Riv. Societ, 1965, 9or. La rassegna qui segnalata preceduta da un'ampia introduzione, nella quale il Landi puntualizza due problemi, tra loro connessi: se sia utile, ed in quali limiti, enucleare, nel campo delle scienze giuridiche, quanto attiene alle attivit economiche (diritto dell'economia, diritto amministrativo dell'economia), e perci anche analizzare, in autonomia, i risultati raggiunti dalla giurisprudenza sulle questioni che in relazione a dette attivit si pongono; se, avuto riguardo alle attivit medesime, ed in particolare "per ci che concerne provvedimenti, di ispirazione affatto nuova, attinenti al controllo pubblico dell'economia, siano utilizzabili, ed eventualmente con quali adattamenti o limitazioni, gil strumenti tradizionali della giurisprudenza amministrativa, soprattutto in tema di eccesso di potere, per inquadrare i provvedimenti .stessi negli argini della legittimit. RASSEGNA DELL~AVVOCATURA DELLO STATO 160 In funzione del primo problema la scelta degli argomenti, che cos caduta su quelli pi direttamente concernenti le attivit delle imprese pubbliche o private (possono segnalarsi, tra gli altri, gli argomenti relativi all'esercizio di autolinee, al comm~rcio interno ed estero, alla nazionalizzazione dell'energia elettrica, all'azionariato di Stato, all'industrializzazione del Mezzogiorno, alla disciplina dei prezzi, ai servizi pubblici in genere), senza tuttavia che siano rimasti trascurati altri temi pi generali, che indubbiamente anche rispetto alle dette attivit rilevano, come quelli attinenti ai contratti dello Stato e degli enti pubblici, alle concessioni amministrative, ai tributi. . L'esposizione, poi, che riguarda le decisioni ed i pareri pi recenti del Consiglio di Stato, nelle accennate materie, condotta con rigoroso criterio sistematico, con l'enunciazione preliminare dei problemi in relazione ai quali si sono avute le affer~ mazioni giurisprudenziali, di cui dato conto, e con qualche opportuno riferimento di dottrina; sicch, in definitiva, essa si presenta completa ed organica, e ta'.e da favorire l'individuazione non soltanto degli orientamenti decisori di quel Consesso sulle singole questioni, ma anche degli stessi pi generali principi considerati al fine, dei quali, perci, pi agevole pu riuscire ogni ulteriore approfondimento, in vista della soluzione del secondo problema di cui innanzi si faceva cenno, in ordine alle applicazioni che siano da ritenerne ammissibili nel particolare moderno settore delle attivit economiche di interesse pubblico. M.F. SEGNALAZIONI* l l m ; G. ABBAMONTE, Espropriazione e seriet dell'indennizzo, Giust. Civ., 1964, III, II\4. L'A., nel commentare la sentenza 18 giugno 1963 della Corte Costituzionale -secondo cui l'indennizzo, previsto in materia di espropriazione per pubblica utilit 'dall'art. 42, comma 3, della Costituzione, deve rappresentare un serio e non simbo II lico " ristoro del pregiudizio economico risultante dall'esproprio -si propone il fine di dare pi precisi contorni al concetto di seriet dell'indennizzo, introdotto dalla .:; :: Corte e di risolvere, nel contempo, il problema se il Legislatore possa consentire un indennizzo inferiore al valore del bene purch non ne venga in gioco la seriet oppure se la decurtazione dell'indennizzo rispetto al predetto valore venale debba essere condizionata dai motivi dell'espropriazione e dagli interessi sui quali essa incida. Secondo l'Abbamonte il necessario collegamento che deve porsi tra l'art. 42 della Costituzione ed il principio di eguaglianza sancito dall'art. 3, comma 2, della Costi tuzione medesima, impone la seconda alternativa, per cui l'indennizzo potr senz'altro essere inferiore al valore venale del bene quando la decurtazione sia lo strumento adatto ad eliminare una disuguaglianza sostanziale esistente tra espropriante ed espro priato (e nei limiti quantitativi idonei ad eliminare tale disuguaglianza) oppure, pi in generale, quando il risultato . dell'espropriazione comporti l'eliminazione di una situazione d'indebito privilegio degli espropriati. La nota termina con l'esame delle conseguenze del collegamento tra gli artt. 3, " La redazione di questo primo gruppo di brevi segnalazioni, a carattere meramente espositivo, di note ed articoli apparsi nelle principali riviste giuridiche negli anni z964-65, stata curata dagli avvocati B. BACCARI, M. FANELLI, L. MAzzELLA, A. QuARANTA e C. ToNELLO. PARTE Il, RASSEGNA DI DOTTRINA 161 comma 2, e 42, comma 3, della Costituzione sui poteri del legislatore ordinario nella determinazione dell'indennizzo e sulla delimitazione del controllo della costituzionalit delle leggi. R. ALESSl, Rilievi critici in ordine alle impugnative del comportamento omissivo dll'Amministrazione pubblica, Riv. trim., dir. pubbl., 1964, 528. Con l'articolo in rassegna l'Alessi critica l'indirizzo giurisprudenziale del Consiglio di Stato secondo il quale il silenzio -rifiuto della P.A., attraverso lo strumento tecnico -giuridico di cui all'art. 5 del T.U. com. e prov., darebbe luogo ad un vero e proprio provvedimento amministrativo negativo tacito, impugnabile in sede giurisdizionale ed, eventualmente, annullabile dal giudice amministrativo. L'A. ritiene, invece, che il rifiuto di provvedere, in tutte le sue possibili forme di rifiuto espresso, tacito o presunto, non ha che l'efficacia di formalizzare e puntualizzare nel tempo una omissione di attivit alla quale l'Amministrazione in qualche modo tenuta, attivit idonea a realizzare una utilit per il singolo, onde l'omissione he costituisce la causa diretta del'a lesione . Dovrebbe, pertanto, ad avviso dell'A., ammettersi, senza la necessit di fare riferimento alla finzione dell'esistenza di un provvedimento. fantasma da annullare, la possibilit per il giudice amministrativo di conoscere di un ricorso tendente ad un 'mero accertamento della illegalit di un comportamento omissivo della P.A., sfociante in una decisione meramente dichiarativa di tale illegalit. A.' BENNATI, Il bilancio dello Stato italiano nella sua nuova strutturazione economicofunzionale, Riv. Cons. Stato, 1964, II, 570. L'A. commenta il contenuto della recente legge l marzo 1964, n. fo che, modificando la vigente legge sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilit generale, ha disciplinato la nuova struttura del bilancio dello Stato. Delle tre innovazioni apportate, consistenti: a) nell'adozione dell'esercizio finanziario in coincidenza con l'anno solare, b) nell'unificazione delle leggi di approvazione del bilancio, c) nella nuova classificazione delle entrate e delle uscite, l'A. prende particolarmente in esame quest'ultima ponendola a raffronto con la classificazione precedentemente in vigore e mettendo in rilievo come la nuova strutturazione del bilancio permetta di selezionare i dati sotto il profilo funzionale, con la determinazione dei costi di ogni funzione o servizio, . e di classificare le spese sotto il profilo economico, in modo che sia possibile valutare gli effetti dell'attivit finanziaria dello Stato sull'economia nazionale. E. CANNADA BARTOLI, Annullamento d'ufficio ed inoppgnabilit dei provvedimenti amministrativi, Foro Amm., 1964, II, 143. Il Consiglio di Stato, con la decisione 30 settembre 1964, n. 654 delle VI sezione, ha inteso stabilire una corrispondenza tra inoppugnabilit dei provvedimenti amministrativi divenuti intangibili per decorso dei termini d'impugnazione ed inammissibilit dell'annullamento d'ufficio dei medesimi, fondandola. sull'esclusione dell'interesse pubblico all'annullamento dell'atto divenuto inoppugnabile. L'A. critica il ragionamento seguito dai giudici ed osserva che la strada per giungere al collegamento dell'inammissibilit dell'annullamento d'ufficio al decorso dei termini per adire il giudice amministrativo dev'essere altra: quella di ritenere che, per ragioni di eguaglianza, la P.A. dev'essere legata al decorso degli stessi termini valevoli per i cittadini. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 162 A. Cmcco, L'imposta sulle aree fabbricabili e la Costituzione, Foro Pad, 1964, 1, 464. In nota alla sentenza 14 dicembre 1963, n. 1058, della Quinta Sezione del Consiglio di Stato, I'A. esamina, con la questione evidenziata nel titolo, altri due problemi, pure toccati nell'indicata pronuncia. Cos ricorda come la giurisprudenza sia orientata per l'ammissibilit della c.d. " tutela concorrente di diritti subiettivi e di interessi legittimi, specie in ipotesi di unico provvedimento amministrativo in cui confluiscano posizioni giuridiche subiettive protette direttamente ed indirettamente dall'ordinamento, e come la semplice prospettazione dell'inesistenza del potere non valga, di per s, a spostare la giurisdizione dal piano degli interessi a quello dei diritti, attesoch occorre aver riguardo pi che alla formulazione della domanda al c.d. cc petitum sostanziale >>. Tratta, poi, del prdb'.ema della rilevanza della questione di legittimit costituzionale in relazione alla questione di giurisdizione, sia sotto il profilo della sua precedenza logica che in relazione alle altre pregiudiziali. Infine esamina i requisiti dell'imposizione tributaria, in generale, sotto il profilo della sua conformit al dettato costituzionale, e, ricordando il vario orientamento della giurisprudenza sul delicato problema, scende al pi particolare studio dei requisiti, e soprattutto dei limiti temporali, dell'imposizione sulle aree fabbricabili. E.GARBAGNATI, Ancora in tema di opposizione da parte di un solo condebitore, ad un decreto d'ingiunzione pronunciato nei confronti di una pluralit di debitori solidali, Giur. it., 1964, I, 2, 755. L'A. critica l'ordinanza istruttoria del Tribunale di Rovigo in data 17 aprile 1963, nella parte con cui essa escludeva l'applicabilit dell'art. 322 c.p.c. sull'assunto che in un giudizio di primo grado non potrebbero applicarsi norme le quali concernano le impugnazioni. Pi particolarmente, l'A. trae occasione per ribadire la tesi, gi espressa in altri scritti, secondo la quale l'opposizione a decreto ingiuntivo costituisce vero mezzo di impugnazione del decreto stesso come provvedimento giurisdizionale dichiarativo identico per natura ad una sentenza di condanna, e sostiene la piena applicabilit del citato articolo. L'A. critica, poi, l'anzidetta ordinanza, nella parte, con cui fondandosi sull'argomento a contrario desunto dall'art, 1306 e.e. esclude la declaratoria di esecutivit del decreto ingiuntivo, in pendenza del giudizio di opposizione promosso da uno dei condebitori, nei confronti degli altri debitori solidali non opponenti. Ritiene, infatti, l'A., mutando una sua precedente opinione, che, dalla mancata riproduzione nel nuovo codice del disposto dell'art. 471, n. 3, c.p.c. del 1865 e non offrendo l'aft. 1306 e.e. Io strumento per superare un precedente giudicato pure in relazione ai limiti posti dall'art. 2909 e.e., gli effetti dell'opposizione al decreto d'ingiunzione siano limitati al debitore o ai debitori opponenti e che, correlativamente, scaduto il termine per l'opposizione, il decreto stesso possa essere dichiarato senz'altro esecutivo nei confronti di tutti i condebitori non opponenti. G. A. M1cHELI, Osservazioni in tema di cc manifesta infondatezza >> della questione relativa alla retroattivit della legge tributaria, Riv. dir. fin. e scienza .delle fin., 1964, II, 157, L'A. critica la decisione del Consiglio di Stato 14 dicembre 1963, n. 1058 (Sez. V), la quale ha ritenuto manifestamente infondata, sotto il profilo dell'ammissibilit per il nostro ordinamento della efficacia retroattiva delle leggi tributarie, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 25 della legge 5 marzo 1963, n. 246, che istituisce l'imposta sull'incremento di valore delle aree fabbricabili. PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 163 Pur rilevando che in pi occasioni la Corte Costituzionale si pronunciata in senso contrario. alla illegittimit costituzionale delle leggi tributarie retroattive, sia pure senza pervenire ad affermazioni di massima data la particolarit delle fattispecie sottoposte al suo esame, l'A. ritiene che una capacit contributiva meramente fittizia, perch collegata a fatti verificatisi molto tempo prima dell'entrata in vigre della legge che istituisce il tributo, contraddicendo alle regole della comune esperienza, non fonda legittimamente il potere di imposizione.dell'ente pubblico; sicch, a suo giudizio, la questione, sotto il profilo del possibile contrasto con l'art. 53 della Costituzione, meritava di essere rimessa all'esame del giudice della legittimit costituzionale delle leggi. G. A. MICHELI, Profili critici in tema di potest di imposizione, Riv. dir. fin. e scienza delle fin., 1964, I, 3. Con l'articolo in rassegna il Micheli, premesso che non pu essere seguita l'opinione di quegli autori (Berliri, Casetta) per i quali le tasse non sarebbero riferibili al concetto lato del tributo inteso come una prestazione coattiva -di carattere patrimoniale o ad esso riconducibile -in favore dell'ente pubblico, osserva che nell'ambito della teoria generale ,delle prestazioni coattive, il carattere coatti1'o della prestazione, se costituisce uno degli elementi qualificanti il tributo, non sufficiente per differenziarlo dalle altre prestazioni dovute all'ente pubblico in forza del suo potere d'impero (servizio militare, espropriazione per pubblica utilit, prestiti pubblici forzosi, successione dello Stato nelle eredit private vacanti etc.) e pone in rilievo, altresi, i caratteri diffe~enziali tra le varie figure prese in esame per distinguerle da quelle del tributo in senso proprio. Delinea.ti cosi, in maniera negativa, i confini del. potere di imposizione, l'A. afferma che la nozione. di tributo si presenta come un concetto residuale, cio come di una prestazione coattiva pecuniaria senza corrispettivo che non pu essere rapportata ad altri schemi giuridici relativi a rapporti tra l'ente pubblico ed il soggetto sottoposto al potere di supremazia. Dopo aver fatto riferimento al tentativo della dottrina (Griziotti) di individuare l'aspetto funzionale del tributo attraverso la nozione di " causa impositionis >>, l'A. prende in esame il contenuto dell'art. 53 della Costituzione per affermare che la capacit contributiva delimita, qualificandolo, il potere di imposizione e concorre, quindi, a determinare il concetto di tributo nel senso che essa serve ad ancorare il tributo stesso alla neessit che il legislatore scelga un presupposto di fatto, al cui verifiarsi dovuta la prestazione coattiva, che si ricolleghi comunque ad una manifestazione di capacit contributiva, cio ad un fatto suscettibile di valutazione economica. A. P!:oLA, Legittimit dell'art. 402 cod. pen. e nozione di religione dello Stato, Foro it., 1965, I, 929. L'A., in una nota adesiva alla sentenza 31 maggio 1965 n. 39 della Corte Costituzionale (pubblicata con richiami di dottrina e di giurisprudenza in questa Rassegna, 1965, I, 450), sostiene che gli artt. 402 e segg. del vigente codice penale sono in piena armonia con i principi generali del nostro diritto costituzionale e del nostro diritto ecclesiastico: come deve essere per logica in un sistema giuridico organico regolante i vari aspetti del fenomeno religioso socialmente rilevante. Iri particolare, l'art. 402 c.p., tutelando il sentimento religioso diffuso nella comunit, non crea una discriminazione tra cittadini, n limita la libert delle confessioni acattoliche, lesa semmai dalla mancanza di un'eguale norma protettiv, n contrasta RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 164 con il diritto di professare una fede religiosa-, di farne propaganda e di esercitarne il culto, o condiziona capacit e attivit delle confessioni diverse dalla cattolica. .?< ,Inoltre, aggiunge l'A., la disuguaglianza di condizione giuridica tra la religione . cattolica e le altre confessioni troverebbe fondamen~o nell'art. 7 della Costituzione. ' A. M. SANDULLl, Precisazioni in tema di mancanza di potere ed inesistenza dell'atto amministrativo, Foro Amm., 1964, Il, 200. La nota in rassegna, pur prendendo spunto dalla sentenza 10 giugno 1964, n. 1427 della Corte di Cassazione, si presenta come uno' svolgimento ed un chiarimento di concetti gi espressi dall'A. in precedenti scritti in tema di inesistenza dell'atto a,mministrativo. Attraverso un'adeguata esemplificazione tratta dal diritto vigente, il Sandulli sostiene che, se una notevole parte dei casi di inesistenza dell'atto amministrativo dipende da carenza di potere nell'autorit amministrativa, non per questo si pu dire -come vorrebbe il Giannini (M.S.) -che tutti i casi di comportamento della P.A. senza potere si risolvono sempre e necessariamente in ipotesi di inesistenza dell'atto amministrativo, con conseguente mancanza di forza imperativa e di esecutivit. L'inesistenza dell'atto amministrativo, d'altro canto, non presuppone necessariamente una carenza di potere, potendosi anche alcuni casi di cattivo esercizio di iln potere effettivamente esistente risolversi in inesistenza dell'atto. Una necessaria concomitanza tra atto amministrativo ed effettiva sussistenza del corrispondente specifico potere nell'autorit che lo ha emanato assolutamente estranea -. secondo l'A. -al nostro diritto vigente. A. M. SANDULLI, Deliberazione di negoziare e negozio di diritto privat~ della Pubblica Amministrazione, Riv. trim, dir, proc. civ., 1965, 1. Considerato che la procedura volta all'adozione degli atti deliberativi richiesti per l'esercizio dell'attivit negoziale di diritto privato dell'Amministrazione pubblica rimane del tutto estranea all'attivit medesima, questa esclusivamente da valutare in un profilo privatistico, e la prima, invece, completamente dominata dal diritto amministrativo, il S. osserva che nel diritto privato, perci, debbono ricercarsi le regol in ordine all'esistenza, alla validit ed all'efficacia del negozio, e che tale ricerca, tuttavia, deve essere condotta senza perdere di vista le regole pubblicistiche relative all'organizzazione dell'ente interessato, che sono quelle che consentono anche di individuare la posizione dell'agente " qualificato a realizzare i negozi di diritto privato imputabili all'ente medesimo, ma non (o non ancora) abilitato alla negoziazione con delibera dell'organo competente. L'A. rileva che per detta imputabilit ben pu farsi ricorso al concetto di rappresentanza, e sottolinea che, nella materia considerata, la fattispecie costitutiva della posizione giuridica di rappresentante pu considerarsi completata col venire ad esistenza dell'atto deliberativo, che da valutare, per altro, secondo le regole pubblicistiche. Rileva, ancora, che conseguenzialmente, e ragionandosi rispetto al negozio, e perci in termini privatistici, i problemi di mancanza, inefficacia o invalidit della delibera. zione di negoziare possono risolversi secondo le regole in tema di procura (artt. 13981399 e.e.), pervenendosi a queste conclusioni: nei primi due casi (mancanza o inefficacia dell'atto deliberativo) il negozio, da ritenere posto in essere da falsus procurator, sar senz'altro inoperante per l'ente pubblico; nel terzo caso, tale inoperativit andr ugualmente rilevata immediatamente, quando l'atto invalido sia stato annullato, e sia perci da ritenere come non mai esistito, mentre potr, in mancanza, essere fatta PARTE II, RASSEGNA DI DOTIRINA 165 valere in giudizio ordinario (e per soltanto dall'Amministrazine, come soltanto dalla parte rappresentata possono farsi valere i vizi della procura), all'uopo invocandosi la disapplicazione della deliberazione invalida, per i vizi propri di questa. Da ultimo I'A. accenna, senza farne oggetto della trattazione, al problema, che potrebbe venire in rilievo in riferimento ai vizi del procedimento amministrativo ordi-. nato al negozio di diritto privato, di una responsabilit precontrattuale della Pubblica Amministrazione. V. SPAGNUOLO VIGoRITA, Sul mutamento del " titolo dell'espropriazione, Riv. giur. edil., 1965, I, 527. Premesso che la Pubblica Amministrazione pu di massima scegliere il titolo dell'espropriazione fra due (o pi) egualmente disponibili, I'A. ritiene che nell'ambito della sola procedura espropriativa o di occupazione, separatamente considerate, la P.A. debba restar coerente alla legge inizialmente applicata, onde la commistione importerebbe l'illegittimit degli atti sviati rispetto alla scelta originaria, salva la facolt di rinnovare la procedura. Naturalmente, la fedelt al titolo prescelto va affermata anche, per cosi dire, a danno dei privati. La soluzione sostenuta con riguardo alla procedura espropriativa od a quella di occupazione isolatamente considerate va ribadita, poi, secondo l'A., anche considerando assieme l'una e l'altra, ~e l'occupazione preordinata all'espropriazione, nonostante la _reciproca autonomia dei procdimenti, la quale avrebbe finalit e portata delimitate e non influenti sul problema esaminato. In tale ipotesi le conseguenze del . mutamento del titolo consisterebbero nella illegittimit dell'occupazione, ma non necessariamente dell'espropriazi~ne, di cui, peraltro, la commistione potrebbe essere un indice al fine di dimostrare la falsa causa" Lo stesso A., comunque, non nasconde la delicatezza della questione, da ultimo accennata, rimessa con la decisione favorevolmente annotata (Cons. di Stato, sez. IV, 25 novembre 1964, n. 1355) all'Adunanza plenaria. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI * LEGGE I NOVEMBRE 1965, N. 1179 -Converte in legge, con modificazioni varie, il d.1. 6 settembre 1965, n. 1022, recante norme per l'incentivazione dell'attivit edilizia (G.U. 3 novembre 1965, n. 275); v. retro, II, 137, ed ivi la nota 1. LEGGE 4 NOVEMBRE 1965, N. 1213 -Reca provvedimenti a favore della cinematografia; prevede, tra l'altro, varie agevolazioni tributarie (G.U. 12 novembre 1965, n. 282). 1,EGGE 4 NOVEMBRE 1965, N. 1246 -Reca norme integrative all'ordinamento del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, in particolare in materia di personale (G.U. 17 novembre 1965, n. 287). LEGGE 31 orroBRE 1965, N. 1261 -Disponendo, tra l'altro, circa le indennit spettanti ai membri del Parlamento, assoggetta le stesse ad una imposta unica, sostitutiva di quelle di ricchezza mobile e complementare, e relative addizionali, e ad altra imposta, in sostituzione di quella di famiglia (G.U. 20 novembre 1965, n. 290). LEGGE 4 DICEMBRE 1965, N. 1309 -Converte in legge, con modificazioni, il d.1. 7 ottobre 1965, n. 1118, recante provvedimenti per la sospensione dell'imposta di fabbricazione sui filati di lana e la istituzione di un'addizionale speiale all'imposta generale sull'entrata per le materie prime tessili di lana (G.U. 7 dicembre 1965, n. 305): v. retro, II, 137. LEGGE 6 DICEMBRE 1965, N. 1369 -Aggiunge l'articolo 496 bis al codice di procedura penale e sostituisce il testo degli articoli 357 e 367 dello stesso codice, disciplinando, con tali nuove norme, l'uso dei registratori nel processo penale (G.U, 21 dicembre 1965, n. 317). LEGGE 6 DICEMBRE 1965, N. 1379 -Reca modificazioni al regime tributario delle societ concessionarie di servizi telefonici (G:U. 23 dicembre 1965, n. 319). D.M. 14 DICEMBRE 1965, -Emanato secondo il disposto dell'ultimo comma dell'art. 13 della legge 26 giugno 1965, n. 717, sugli interventi per lo sviluppo del Mezzogiorno, detta le modalit di applicazione dei benefici fiscali previsti da lo stesso articolo 13 della legge indicata e dall'articolo 5 della legge 29 settembre 1962, n. 1462 (G.U. 18 dicembre 1965, n. 315). LEGGE 17 DICEMBRE 1965, N. 1395 -Proroga al 30 giugno 1966 i contratti di locazione e sublocaizone di immobili urbani, gi prorogati ai sensi degli articoli 1 e 2 del r.d. 23 dicembre 1964, n. 1356, convertito nella legge 19 febbraio 1965, n. 30. Alla stessa data del 30 giugno 1966 proroga il termine di cui al primo e al secondo comma dell'art. 1 della legge 10 ottobre 1965, n. 1110. (G.U. 27 dicembre 1965, n. 321). LEGGE 23 DICEMBRE Ig65, N. 1415 -Proroga al 3I dicembre 1966 il termine di cui alla legge 26 giugno 1g65, n. 724 in materia di appalti e revisione di prezzi per opere pubbliche (G.U. 31 dicembre 1965, n. 325). " Si segnalano quelli ritenuti di maggior interesse. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 167 LEGGE 23 DICEMBRE I965, N. J4I9 -Proroga al JI dicembre I966 le disposizioni del titolo terzo del d.l. I5 marzo I965 n. I24, convertito con modificazioni nella legge I3 maggio I965, n. 431, in materia di interventi per la ripresa dell'economia nazionale (G.U. 3I dicembre I965, n. 325). DISEGNI E PROPOSTE DI LEGGE DISEGNO DI LEGGE, N. I447 (presentato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto col Ministro del Tesoro, al Senato della Repubblica, il 25 novembre I965): Delega al Governo per il riordinamento dell'Amministrazione dello Stato, il decentramento e la semplificazione delle procedure. "Testo: ART. I -Il Governo della Repubblica delegato a trasferire agli organi periferici delle Amministrazioni dello Stato, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, attribuzioni che, secondo le disposizioni vigenti, spettano agli organi centrali Il decentramento dovr essere effettuato con l'osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi : a) dovr concernere le funzioni amministrative delle quali non sia essenziale la esplicazione da parte degli organi delle Amministrazioni centrali e per le quali il trasferimento consenta una pi appropriata valutazione degli interessi pubblici o lo snellimento delle procedure; b) dovranno essere conferiti larghi poteri deliberativi agli organi periferici, ai cui provvedimenti potr attribuirsi carattere definitivo; c) potranno sostituirsi ai pareri e controlli di organi centrali, sugli atti inerenti alle funzioni decentrate, pareri e controlli di organi periferici. ART. 2 -Entro lo stesso termine di un anno, il Governo della Repubblica altrcs delegato ad emanare le norme necessarie per il riordinamento dei Ministeri e degli uffici periferici in attuazione degli articoli 95, comma terzo, e 97 della Costituzione. La ripartizione delle attribuzioni fra i vari Dicasteri dovr essere fatta con criteri di omogeneit e per materie e compiti determinati, al fine di evitare duplicazioni di competenze ed interventi non necessari, e di assicurare all'azione amministrativa la maggiore coesione ed unit di indirizzo. Nell'ambito di ciascun Ministero le relative attribuzioni saranno ripartite tra uffici centrali e periferici, ove previsti, in modo che risulti chiaramente determinata la loro rispettiva competenza nonch la responsabilit dei funzionari ad essi preposti. Salva restando la facolt del Ministro di delegare attribuzioni di sua competenza ai capi degli uffici e di avocare a s, quando ne ravvisi l'esigenza1 la trattazione di determinati affari, avverso i provvedimenti emanati per competenza propria dai capi degli uffici centrali e periferici sar prevista la possibilit di ricorso gerarchico al Ministro, il quale decider su relazione del direttore generale competente. Le norme delegate potranno attribuire carattere definitivo a provvedimenti di organi centrali. Gli uffici dovranno essere ordinati in modo che il loro funzionamento risulti adeguato anche alle esigenze economiche e sociali della collettivit ed all'efficace adempimento dei rispettivi compiti e servizi. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 168 Le norme delegate potranno disporre il trasferimento di determinati servizi da una ad altra Amministrazione, la unificazione, la istituzione e la soppressione di direzioni generali e di altri uffici centrali nonch la modifica della circoscrizione territoriale degli uffici periferici. In particolare, potranno prevedere la istituzione o il potenziamento, presso ciascun Ministero, di un servizio ispettivo, alle dirette dipendenze del Ministro e con organizzazione, in quanto occorra, sia centrale che periferica. Dalla riorganizzazione degli uffici centrali e periferici non dovr conseguire un aumento di spesa per il bilancio dello Stato. ART. 3 -Con le stesse modalit stabilite dalla presente legge ed entro il termine di due anni, il Governo della Repubblica potr provvedere alla semplificazione delle procedure amministrative. La semplificazione dovr essere attuata in modo da conferire tempestivit ed efficienza all'azione amministrativa, salvaguardando l'interesse pubblico e contemplando adeguate garanzie peri cittadini. A tal fine dovr prevedersi: l'eliminazione di interventi o adempimenti non necessari e di duplicazioni di competenza; . la sostituzione, ove possibile, di dichiarazioni di parte alla documentazione amministrativa a carico dei cittadini. ART. 4 -Ai fini della emanazione delle norme delegate previste nei precedenti articoli costituita una Commissione consultiva composta da nove deputati e nove senatori, designati dai Presidenti delle rispettive Camere. La Commissione dovr esprimere il suo parere sugli schemi di decreti legislativi che le verranno sottoposti, sentiti i Ministeri interessati, dalla Presidenza del Consiglio. Le norme delegate saranno emanate con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio, di concerto con i Ministri interessti e con quello per il tesoro, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. ART. 5 -Il Governo della Repubblica delegato a procedere, nel termine di tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, alla raccolta in testi unici, con le modificazioni ed integrazioni ritenute necessarie per il loro adeguamento e per il loro coordinamento anche con le altre disposizioni vigenti, delle norme emanate in base alla presente legge. I testi unici saranno emanati con decreti del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio, di concerto con i Ministri interessati, previo parere del Consiglio di Stat~ e deliberazione del Consiglio dei Ministri. ART. 6 -La presente legge non concerne: il Ministero degli affari esteri; il Ministero della difesa; l'ordinamento delle Forze armate e dei Corpi di polizia; l'ordinamento e le attribuzioni degli uffici giudiziari di ogni ord.ine e grado, del Consiglio di Stato, della Corte dei Conti, della Giustizia militare e dell'Avvocatura dello Stato; l'ordinamento delle Scuole e degli Istituti d'istruzione di ogni ordine e grado; le Amministrazioni e le Aziende autonome dello Stato. Osservazioni : Il disegno di legge, di cui si tratta, come risulta evidente dal testo innanzi ripor tato, caratterizzato dallo scopo precipuo di rendere pi funzionale lo svolgimento dell'attivit amministrativa. Tale scopo si dovr realizzare, in armonia con i principi costituzionali, attraverso tre mezzi fondamentali, indicati nel titolo del disegno stesso, collegati l'uno all'altro: il cosiddetto decentramento, il riordinamento degli uffici, la semplificazione delle procedure. Per quanto riguarda il primo qi questi tre mezzi, rilevato che almeno in parte, legislativamente, il decentramento stato gi attuato con vari provvedimenti, in relazione ai principi e criteri direttivi, fissati nell'art. 1, il collegamento tra pi appro PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE priata valutazione degli interessi pubblici e snellimento delle procedure, da un lato, e decentramento, dall'altro, mentre evidenzia lo scopo sopra individuato, consente di mantenere, pure .prescindendo da quelle funzioni per le quali sia essenziale la esplicazione da parte delle Amministrazioni centrali, l'attuazione del decentramento entro limiti opportuni. Ci che si armonizza con la semplice facolt di attribuire carattere defi_nitivo agli atti degli organi periferici, in quanto l'uguaglianza di trattamento o per lo meno l'unit di indirizzo rispetto. a situazioni identiche od anche solo analoghe deve pur tenersi nel debito conto. Il sottolineato scopo della funzionalit dell'attivit amministrativa trova riscontro anche nel mezzo del riordinamento degli uffici (art. 2), il quale deve tendere ad evitare tutto quanto pu rappresentare inutile complicazione e sterile formalismo oppure soltanto difetto di chiarezza nell'attribuzione delle competenze, mentre la facolt del Ministro di avocare a s la trattazione di determinati affari e la prevista possibilit di ricorso gerarchico rispondono ap-j,unto all'esigenza di contenere una indiscriminata estensione del decentramento, delle cui ipotizzabili conseguenze si gi fatto cenno. Al medesimo scopo ancor pi chiaramente diretta l semplificazione delle procedure (art. 3), il cui equilibrio si rinviene nel contemperamento dell'interesse della collettivit e dell'interesse dei singoli. Possono apparire forse generiche le espressioni in proposito usate di tempestivit ed efficienza dell'azione amministrativa e forse scarsi i criteri indicati per il raggiungimento degli obbiettivi prospettati, ma, in effetti, una maggiore precisazione dei principi ed una pi ampia elencazione dei criteri sarebbero controproducenti, come del resto risulta dalle salvezze formulate laddove i criteri si sono pi dettagliatamente configurati: cos, per esempio, nella prevista sostituzione delle dichiarazioni di parte alla documentazione amministrativa a carico dei cittadini si aggiunto l'inciso " ove possibile ed opportunamente, giacch molte volte ci se sgram di un onere il cittadino pu rappresentare un aggravio per l'Amministrazione complicandone l'attivit e risolvendosi, al postutto, in un danno del cittadino stesso, quanto meno sotto l'aspetto del tempo occorente per l'adozione dei provvedimenti. Comunque, in definitiva, molto lecito attendersi dai provvedimenti delegati, nel senso di un avvicinamento tra collettivit e singoli, alla stregua dello scopo, cui mira la delega richiesta dal Governo, e dei mezzi previsti per la realizzazione di tale scopo, pur se in rapporto a tutto ci dipender dalla concreta applicazione, degli emanandi provvedimenti delegati, nello svolgimento dell'attivit amministrativa il raggiungimento degli obiettivi, che si vogliono perseguire. A conclusione sembra il caso di porre in luce l'espressa esclusione di .applicazione della delega a taluni uffici amministrativi, alla scuola ed alle magistrature dello Stato (art. 6), che ovviamente hanno funzioni ed esigenze particolari, onde ogni accomunamento sarebbe del tutto impensabile. PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI SOTTOPOSTI A GIUDIZIO DI COSTITUZIONALITA' DISPOSIZIONI DI LEGGE DELLE QUALI E' STATA DICHIARATA L'ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE D.P.R. 5 APRILE 1951, N. 203 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali): artt. 74, 75, 76. Delle dsposizioni degli artt. 74 e 75 (trasfuse negli artt. 43 della legge 23 marzo 1956, n. 136, e 82, 83 del d.p.r. 16 maggio 196o, n. 570), limitatamente alle parti che RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 170 riguardano i consigli comunali, stata dichiarata l'illegittimit costituzionale, in riferimento all'art. 108, secondo comma, della Costituzione. Della disposizione dell'art. 76, limitatamente alle parole Il consiglio comunale >>, l'illegittimit stata dichiarata a norma dell'art. 27 della legge l l marzo 1953, n. 87 (Corte Cost., sent. 27 dicembre 1965, n. 93, G.U. 31 dicembre 1965, n. 326 ed. spec.; per riferimenti, v., infra, sub d.p.r. 16 maggio 1960, n. 570). LEGGE 18 MAGGIO 195I, N. 328 (Attribuzioni e funzionamento degli organi delle Amministrazioni provinciali): art. 2. Della disposizione indicata, nella parte che attribuisce ai Consigli provinciali, in materia di contenzioso elettorale, una competenza analoga a quella dei Consigli comunali, stata dichiarata l'illegittimit costituzionale, a norma dell'art. 27 della legge II marzo 1953, n. 87, in relazione alla pronuncia di illegittimit resa per altre disposizioni (Corte Cost., sent. 27 dicembre 1965, n. 93, G.U. 31 dicembre 1965, n. 326 ed. spec.; per riferimenti, v., infra, sub d.p.r. 16 maggio 1960, n. 570). LEGGE 23 MARZO 1956, N. 136 (Modificazioni al testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali): art. 43. Della disposizione dell'indicato art. 43, nella parte che riguarda i Consigli comunali, stata dichiarata l'illegittimit costituzionale, in riferimento all'art. 108, secondo comma, della Costituzione (Corte Cost., sent. 27 dieembre 1965, n. 93, G.U. 31 dicembre I965, n. 326 ed. spec.; per riferimenti, v., infra, sub d.p.r. 16 maggio 1960, n. 570). LEGGE 30 LUGLIO 1959, N. 559 (Condono in materia tributaria per sanzioni non aventi natura penale): art. 2, comma terzo. Di tale disposizione, nella parte in cui l'applicazione del condono condizionata a che intervenga la definizione amministrativa dell'accertamento tributario entro un anno dall'entrata in vigore della legge, stata dichiarata l'illegittimit costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione ~Corte Cost., sent. 22 dicembre 1965, n. 85, G.U. 31 dicembre 1965, n. 326 ed. spec.; questione rimessa dalla Commissione distrettuale delle imposte di La Spezia con ordinanza del 28 aprile 1964, G.U. 29 agosto 1964, n. 212, segnalata in questa Rassegna, 1964, II, I33) D,'.P.R. 9 MAGGlO Ig6o, N. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali): artt. 82, 83, 84. Le disposizioni degli artt. 82 e 83, nelle parti che riguardano i Consigli comunali, sono state dichiarate costituzionalmente illegittime, in riferimento all'art. 108, secondo comma, della Costituzione. Per 1a disposizione dell'art. 84, e sempre per la parte concernente i Consigli comunali, l'illegittimit stata dichiarata a norma dell'art. 27 della legge l l marzo 1953, n. 87 (Corte Cost., sent. 27 dicembre 1965, n. 93, G.U. 3I dicembre 1965, n. 326 ed. spec.). Le questioni di legittimit concernenti le indicate disposizioni e quelle-di cui infra -del d.p.r. 5 aprile 1951, n. 203, della legge 18 maggio 1951, n. 328 e della legge 23 marzo 1956, n. 136, sono state esaminate dalla Corte a seguito delle deliberazioni di rimessione del 24 e 29 gennaio 1965 del Consiglio comunale di Sperlonga (rispettivamente in G.U. 3 aprile 1965, n. 85 e G.U. 30 aprile 1965, n. 109), del 7 febbraio lg65 del Consiglio comunale di Montenero Valcocchiara (G.U. I5 maggio 1965, n. 122) e del 24 marzo 1965 del Consiglio comunale di Bergamo (G.U. 15 maggio 1965, n. 122); 1e deliberazioni stesse sono state segnalate in questa Rassegna, retro, II, 49-50 e SI, con richiamo anche a precedenti pronunce della Corte Costituzionale, con le quali, sotto altri profili, le questioni erano state ritenute non fondate. D.P.R. 9 MAGGIO 1961, N. 867 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai dipendenti dalle imprese edili ed affini delle province di Frosinne, Latina, Roma e Viterbo): art. unico. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 171 Della disposizione indicata, per la parte in cui rende obbligatoria erga omnes la clausola I I dell'accordo di lavoro 30 settembre 1959 per la provincia di Roma, stata dichiarata l'illegittimit costituzionale, in relazione all'art. I della legge I4 luglio I959 n. 74I, per violazione degli artt. 76 e 77, comma primo, de la Costituzione (Corte Cost., sent. 27 dicembre I965, n. rno, G.U. 3I dicembre I965, n. 326 ed. spec.; questione rimessa con ordinanza 26 febbraio I965 del Pretore di Roma, G.U. I5 maggio I965, n. 122, segnalata retro, II, 82). LEGGE 9 FEBBRAIO I963, N. 97 (Estensione dei contratti collettivi di lavoro del settore del credito registrati in applicazione della legge 14 luglio 1959, n. 741): art. unico. La legge indicata stata dichiarata costituzionalmente illegittima, in riferimento all'art. 39 della Costituzione (Corte Cost., sent, 22 dicembre 1965, n. 88, G.U. 3I dicembre I965, n. 326 ed. spec.; questione rimessa dal Pretore di Roma con ordinanza 6 ottobre Ig64, G.U. 27 marzo I965, n. 78, segnalata retro, II, 5I). LEGGE 25 FEBBRAIO I963, N. 289, artt. 3, 4 LEGGE 5 LUGLIO 1965, N. 798, artt. 2, 3 (Norme in materia di previdenza ed assistenza a favore degli avvocati e procuratori). Delle disposizioni indicate stata dichiarata l'illegittimit costituzionale, limitatamente a quanto da esse previsto per i giudizi dinanzi alla Corte Costituzionale e per le sentenze della Corte stessa (Corte Cost., sent. 6 dicembre 1965, n. 75, G.U. II dicembre I965, n. 309 ed. spec.; questione sollevata dalla stessa Corte Costituzionale, con ordinanza del 12 novembre 1965, G.U. 13 novembre I965, n. 284; v., infra, 175). DISPOSIZIONI DI LEGGE IN RAPPORTO ALLE QUALI E' STATA DICHIARATA NON FONDATA LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 15 (Autorizzazione a procedere). La questione di legittimit costituzionale della disposizione indicata stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3 e 28 della Costituzione (Corte Cost., sent. 27 dicembre 1965, n. 99, G.U. 31 dicembre 1965, n. 326 ed. spec.; la questione era stata rimessa dal Pretore di Riva del Garda con ordinanza del 9 febbraio I965, G.U. 3 aprile 1965, n. 85, segnalata retro, II, 46). CODICE DI PROCEDURA PENALE, artt. 22, 23, 9I (Legittimazione attiva e passiva all'esercizio dell'azione civile -Esercizio dell'azione civile nel procedimento penale -Diritto di costituirsi parte civile). La questione di legittimit costituzionale sollevata, per le disposizioni indicate, in relazione agli artt. 3I6, 3I7 e 320 del codice civile, ed in quanto esse attribuiscono al solo genitore esercente la patria potest la legittimazione alla costituzione di parte civile in rappresentanza del figlio minore offeso dal reato, stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 29 della Costituzione (Corte Cost., sent. 27 dicembre I965, n. IOI, G.U. 3I dicembre 1965, n. 326 ed. spec.; questione rimessa dal Pretore di Tricarico con ordinanza del Io giugno I964, G.U. I2 settembre I964, n. 225, segnalata in questa Rassegna, I964, II, I78). R.D. 29 SETTEMBRE I93I, N. I207, convertito nella LEGGE I 1 GENNAIO I932, N. I8 (Disciplina del commercio dei cambi). Le questioni di legittimit costituzionale delle norme concernenti la facolt del Ministro delle Finanze di emanare provvedimenti per la disciplina del commercio dei cambi sono state dichiarate non fondate, in riferimento agli artt. 76, 77 e 41 della Costituzione (Corte Cost., sent. 22 dicembre I965, n. 86, G.U. 3I dicembre I965, n. 326 19 RASSEGNA DELLAVVOCATURA DELLO STATO 172 ed. spec). Le questioni erano state sollevate dal Tribunale e dalla Corte di Appello di Roma, rispettivamente con ordinanze del 20 dicembre I963 (G.U. 30 maggio I964, n. I32 e v., in questa Rassegna, I964, II, 94) e del 26 febbraio I965 (G.U. 5 giugno 1965, n. I39 e v., retro, II, 79). T.u. 3 MARZO I934 N. 383 (Legge comunale e provinciale): artt. 87, ultimo comma, I40, ultimo comma, I65 e 296, ultimo comma. Le questioni di legittimit costituzionale delle disposizioni indicate, concernenti i poteri dei prefetti in ci che attiene a contratti degli enti locali e di consorzi, sono state dichiarate non fondate, in riferimento agli artt. 5, 128, I30 ed alla IX disposizione transitoria e finale della Costituzione (Corte Cost., sent. 27 dicembre I965, n. 94, G.U. 3I dicembre I965, n. 326 ed. spec.; questione rimessa dal Tribunale di Messina con ordinanza del I7 marzo I964, G.U. 25 luglio I964, n. I82, segnalata in questa Rassegna, I964, Il, I33) LEGGE 5 MARZO I942, N. I86 (Provvedimenti vari in materia di valutazione agli effetti dell'applicazione delle imposte indirette sui trasferimenti della ricchezza): art. 4, secondo comma. La questione di legittimit costituzionale della disposizione, che prevede una sopratassa del dieci per cento per ritardato pagamento delle imposte liquidate in base alla decisione della Commissione distrettuale, stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3, 24 e I I3 della Costituzione (Corte Cost., sent. 6 dicembre I965, n. 76, G.U. I I dicembre I965, n. 309 ed. spec.; la questione era stata rimessa dalla Commissione provinciale delle imposte di Ascoli Piceno con ordinanza del 20 giugno I963, G.U. I2 settembre I964, n. 225, segnalata in questa Rassegna, I964, II, I8o). l.EGGE 25 GIUGNO 1952, N. 766 (Ratifica ed esecuzione del Trattato istitutivo della Comunit Economica Europea del carbone e dell'acciaio e relativi annessi). Le questioni sollevate per le disposizioni degli artt. 33, secondo comma, 41 e 92, ultimo comma del trattato istitutivo della Comunit economica europea del carbone e dell'acciaio, recepite nell'ordinamento dello Stato con la legge di ratifica indicata, sono state dichiarati! non fondate, in riferimento agli artt. 102 e I I3 della Costituzione ~Corte Cost., sent. 27 dicembre I965, n. 98, G.U. 3I dicembre I965, n. 326 ed. spec.; questione rimessa dal Tribunale di Torino con ordinanza I I dicembre Ig64, G.U. I7 aprile I965, n. 98, segnalata retro, II, 48). DISPOSIZIONI DI LEGGE IN RAPPORTO ALLE QUALI E' STATO PROMOSSO GIUDIZIO DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE comcE CIVILE, art. 27I, primo comma (Azione per la dichiarazione giudiziale di I paternit naturale -Termine). Il Tribunale di Torino ha ritenuto non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3 e 30, terzo comma, della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale sollevata per la disposizione dell'art. 27I del codice civile, nella parte con cui stabilito un termine biennale, con la decorrenza ivi precisata, per la proposizione dell'azione intesa a conseguire la dichiarazione giudiziale di paternit naturale. La questione risulta proposta, in particolare, con riferimento alla disparit di trattamento che risulterebbe fatta ai nati prima del IO luglio I939 rispetto a quelli nati dopo l'entrata in vigore del nuovo codice (Ord. 28 maggio I965, G.U. 3I dicembre Ig65, n. 326 ed. spec.; la sentenza I6 febbraio I963, n. 7 della Corte Costituzionale, richiamata nell'ordinanza, pubblicata in G.U. 23 febbraio I963, n. 53 ed. spec.). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 178 CODICE PENALE: art. 204 (Accertamento di pericolosit, pericolosit sociale presunta); art. 222 (Ricovero in manicomio giudiziario). Per i motivi di cui a conforme ordinanza della Corte di Appello di Genova (retro, II, I3), la Sezione istruttoria presso la stessa Corte ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale delle norme indicate, in riferimento all'art. I3, primo e secondo comma, della Costituzione (Ord. I5 luglio I965, G.U. 27 novembre I965, n. 297 ed. spec.). CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 398 (Poteri del pretore nei procedimenti con istruzione sommaria). In relazione alla disposizione indicata, per la parte in cui si d facolt al pretore di emettere decreto di citazione a giudizio senza previo interrogatorio dell'imputato e senza previa contestazione del fatto. il Tribunale di Ferrara (Ord. 21 settembre I965, G.U. I I dicembre I965, n. 309 ed. spec.) ed i Pretori di Ronciglione (Ord. I2 ottobre I965, G.U. 11 dicembre I965, n. 309 ed. spec.) e di Caltagirone (Ord. I2 novembre 1965, G.U. 3I dicembre I965, n. 326 ed. spec.) hanno ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale, in riferimento all'art. 24, comma secondo, e 3 della Costituzione. (Il riferimento all'art. 3 soltanto nell'ordinanza del Pretore di Ronciglione; per altre ordinanze di rimessione della stessa questione, cfr., retro, Il, 78, 107, 142). CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 505 (Giudizio direttissimo davanti al pretore). Il Pretore di Prizzi ha ritenuto non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. IOI, secondo comma, 102, primo comma, 107, primo equarto comma, e 112 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale della disposizione indicata cc nella parte in cui conferisce al pretore poteri di pubblico ministero ovvero nella parte in cui conferisce al pretore poteri di giudice (Ord. 24 luglio I965, G.U. 27 novembre 1965, n. 297 ed. spec.). LEGGE 30 SETTEMBRE 1920, N. I349 art. I3, secondo comma, modificato dal. R.D. 1 I GENNAIO 1923, N. 138, art. 5 (Disposizioni relative al commercio e provvedimenti contro gli aumenti eccessivi dei prezzi). In relazione alle disposizioni indicate, in quanto consentono al Prefetto di discrezionalmente accogliere o rigettare le istanze per la conciliazione amministrativa di contravvenzioni, il Pretore di Cortina d'Ampezzo ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale, per ipotizzato contrasto con le norme di cui agli artt. I I2, 25, 3 e 102 della Costituzione (Ord. 8 settembre 1965, G.U. 27 novembre I965, n. 297 ed. spec.). R.D. 5 GIUGNO I939 N. 1016 (Approvazione del testo unico per la protezione della selvaggina e per l'esercizio della caccia): art. 40. Nel rilievo della mancata indicazione di fini e limiti per il potere conferito con la disposizione indicata al Comitato provinciale della caccia, il Pretore di Verona ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale (Ord. 29 settembre 1965, G.U. 31 dicembre 1965, n. 326 ed. spec.). R.D. 6 MAGGIO I940, N. 635 (Regolamento per l'esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza): art. 225. Della legittimit costituzionale della disposizione indicata, che pone determinati obblighi a carico degli esercenti mestieri girovaghi, ha dubitato il Pretore di Pizzo, per ipotizzato contrasto con gli artt. 41, I6, 13 e 3 della Costituzione, ed in relazione agli artt. I2I e 7 del t.u. I8 giugno 1931, n. 773 (Ord. 30 giugno 1965, G.U. 27 novembre 1965, n. 297 ed. spec.). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 174 LECCE 8 GENNAIO 1952, N. 6, art. 69 modificato da LEGGE 31 LUGLIO 1956, N. 991, art. 17 (Disposizioni sulla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore degli avvocati e dei procuratori). In relazione alle disposizioni indicate, che prevedono !'irricevibilit di atti del procedimento non in regola con gli adempimenti contributari a favore della Cassa di previdenza per gli avvocati e procuratori, il Pretore di Moncalieri ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale, in riferimento cc agli artt. 24, primo comma, 102, primo e secondo comma, e l l l, secondo comma (ovvero l 13, primo e secondo comma) della Costituzione (Ord. 26 aprile 1965, G.U. l3novembre 1965, n. 284 ed. spec.; per riferimenti a precedenti ordinanze di rimessione della stessa questione e di questioni analoghe, cfr. retro, II, 15, 48). LEGGE l l MARZO 1953, N. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte Costituzionale): art. 30,' terzo comma. In relazione alla indicata disposizione, e per la rilevata interpretazione giurisprudenziale corrente della stessa, volta ad escludere ogni rilievo della sopravvenuta dichiarazione di illegittimit costituzionale di norme di legge, rispetto ad atti compiuti, secondo le norme stesse.. e precedenti ad una sentenza o altro provvedimento del giudice, pur non divenuti ancora irrevocabili, il Tribunale di Ferrara ha sollevato la questione di legittimit costituzionale, in riferimento all'art. 136, primo comma, della Costituzione (Ord. 6 luglio 1965, G.U. 31 dicembre 1965, n. 326 ed. spec.). n.P.R. 14 LUGLIO 1960, N. 1032 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai e degli impiegati addetti alle industrie edilizie ed affini): art. unico. Per ritenuto eccesso rispetto alla legge di delega l 4 luglio l959, n. 7 41, ed in riferimento all'art. 76 della Costituzione, il Pretore di Cavalese ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimit della disposizione indicata, nella parte con cui resa obbligatoria erga omnes la norma di cui all'art. 30 dell'accordo collettivo 24 luglio 1959, che fissa il termine entro il quale l'imprenditore deve pagare ai dipendenti la retribuzione pattuita (Ord. 26 ottobre 1965, G.U. 31 dicembre 1965, n. 326 ed spec.; per altre questioni relative allo stesso d.p.r. n. 1032 del 1960, cfr. retro, II, IIl, ov~ altri richiami). D.P.R. 9 MAGGIO 1961, N. 867 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai dipendenti dalle imprese edili ed affini, delle province di Frosinone, Latina, Roma e Viterbo): art. unico. La questione di legittimit costituzionale della indicata disposizione, nella parte con cui reso obbligatorio erga omnes l'art. l l del contratto integrativo 30 settembre l.959 per la provincia di Roma, stata dal Pretore di Albano Laziale ritenuta non manifestamente infondata, per eccesso rispetto alla legge di delega 14 luglio 1959, n. 741 ed in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione (Ord. 8 settembre 1965, G.U. 31 dicembre 1965, n. 326 ed. spec.). L'illegittimit della disposizione intanto gi stata dichiarata (Corte Cost., sent. 27 dicembre 1965, n. 100, retro, 170). D.P.R. 2 GENNAIO 1962, N. 934 (Norme sul trattamento economico e normativo degli impiegati, dei commessi e del personale ausiliario delle aziende di credito con pi di cento dipendenti) : art. unico. In relazione alla disposizione indicata, per la parte con cui resa obbligatoria erga omnes la norma di cui al comma nono dell'accordo nazionale lo agosto 1955, che impone alle aziende di dare notizia del lavoro straordinario, preventivamente, alle organizzazioni sindacali dei lavoratori, la Corte di Cassazione, terza sezione penale, ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale, per ipotizzato eccesso rispetto alla legge di delega 14 luglio 1959, n. 741, in rifer PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 175 mento agli artt. 76 e 77 della Costituzione (Ord. 10 marzo 1965, G.U. 13 novembre 1965, n. 284 ed. spec.). LEGGE 18 APRII..E 1962, N. 208 (Modifiche alla tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche): art. 7. In quanto con la disposizione indicata, sia pure in via transitoria, si disciplin l'imposizione, per l'occupazione di aree e spazi pubblici, secondo il sistema tariffario vigente prima della pronuncia di illegittimit costituzionale dell'art. 195 del t.u. 14 settembre 1931, n. 1175 (Corte Cost., sent. 30 gennaio 1962, n. 2, G.U. 3 febbraio 1g62, n. 31 ed. spec.), e cio secondo un sistema gi riconosciuto in contrasto con l'art. 23 della Costituzione, il Tribunale di Torino ha ritenuto non manifestamente infondata la sollevata questione di legittimit costituzionale, in riferimento al detto art. 23, ed inoltre all'art. 136, della Costituzione (Ord. 21 maggio 1965, G.U. 31 dicembre 1965, n. 326 ed. spec.). LEGGE 19 .GENNAIO 1963, N. 15 (Disposizioni in tema di assicurazione obbligatoria per gli infortuni sul lavor e .le malattie professionali"): art. 4. In relazione all'indicata disposizione, che pone a carico del datore di lavoro l'onere della retribuzione al lavoratore infortunato, per il periodo di carenza dell'assicurazione, il Pretore di Cinquefondi ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale, in riferimento agli artt. 36 e 38 della Costituzione (Ord. 28 maggio 1965, G.U. 31 dicembre 1965, n. 326 ed. spec.). La questione, peraltro, era stata gi in precedenza rimessa alla Corte Costituzionale, che, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 23 e 38 della Costituzione, l'ha dichiarata non fondata (Sent. 9 giugno 1965, n. 44, segnalata retro, II, 77). LEGGE 25 FEBBRAIO 1963, N, 289, artt. 3, 4 LEGGE 5 LUGLIO 1965, N. 798, artt. 2, 3 (Norme in materia di previdenza ed assistenza a favore degli avvocati e procuratori). La questione di legittimit delle norme indicate, per la parte relativa all'obbligo del pagamento dei contributi, a favore della Cassa di previdenza per gli avvocati e procuratori, anche per i giudizi dinanzi alla Corte Costituzionale, stata da questa stessa sollevata, " in riferimento al principio costituzionale dell'assoluta gratuit degli atti del procedimento davanti alla Corte Costituzionale, desumibile dagli artt. 134 e 137 della Costituzione e dalle leggi costituzionali 9 febbraio 1948, n. 1 e 11 marzo 1953 n. 1, e recepito nell'art. 21, della legge 11 marzo 1953 n. 87 e nell'art. 3 della legge 18 marzo 1958, n. 265 (Ord. 12 novembre 1965, G.U. 13 novembre 1965, n. 284 ed. spec.). Delle dette disposizioni, nei limiti precisati, la Corte ha poi dichiarato l'illegittimit costituzionale (Sent. 6 dicembre 1965, n. 75, segnalata retro, 171). D.P.R. 31 DICEMBRE 1963, N. 2105 (Modificazioni alle circoscrizioni territoriali degli uffici giudiziari) : art. 9. In relazione alla disposizione indicata, ed in quanto la modifica delle circoscrizioni territoriali degli uffici giudiziari si risolverebbe, per i procedimenti penali in corso, nella sottrazione del cittadino al giudice naturale precostituito, il Tribunale di Salerno ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale, in riferimento all'art. 25 della Costituzione (Ord. 22 ottobre 1965, G.U. 11 dicembre 1965, n. 309 ed. spec.). LEGGE 5 DICEMBRE 1964, N. 1267 (Provvedimenti in materia di imposta di bollo): art. 1. Della legittimit costituzionale della disposizione indicata, per la parte concernente l'aumento dell'imposta :fissa di bollo per gli atti giudiziari, ha dubitato il Pretore di Pieve di Cadore, con riferimento al principio di cui all'art. 53 della Costituzione (Ord. 27 febbraio 1965, G.U. 13 novembre 1965, n. 284 ed. spec.). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 176 LEGGE 3 FEBBRAIO 1965, N. 14 (Regolamentazione delle assuntorie nelle ferrotranvie esercitate in regime di concessione). Per ipotizzato contrasto della legge indicata, che regola i rapporti degli assuntori con le aziende concessionarie di ferrotranvie, con gli artt. 35, primo comma, 36, 38 e 41, secondo comma, della Costituzione, il Pretore di Napoli ha rimesso la questione all'esame della Corte Costituzionale (Ord.9 giugno 1965, G.U. 27 novembre 1965, n. 297 ed. spec.). DISPOSIZIONI DI LEGGE IN RAPPORTO ALLE QUALI, SULLE QUESTIONI SOLLEVATE, SONO INTERVENUTE PRONUNCE DELLA CORTE COSTITTJZIONALE DI INAMMISSIBILITA', DI MANIFESTA INFONDATEZZA O DI RESTITU ZIONE DEGLI ATTI PER IL GIUDIZIO DI RILEVANZA (*) CODICE DI PROCEDURA PENALE, art. 28 (Autorit del f{iudicato penale in altri giudizi civili o amministrativi). Manifesta infondatezza dichiarata con ordinanza n. So del 6 dicembre 196s, G.U. 11 dicembre 1965, n. 309 ed. spec.; ord. di rimessione 23 ottobre 1964 del Tribunale di S. Maria C.V., G.U. 30 aprile 1965, n. 109, e in questa Rassegna, retro, II, 47. CODICE DI PROCED~RA PENALE, art. 392, primo comma (Forme dell'istruzione). Manifesta infondatezza dichiarata con ordinanza n. 82 del 6 dicembre 1965, G.U. 11 dicembre 1965, n. 309 ed. spec.; le ordinanze di remissione del Tribunale di Sondrio e del Pretore di Milano, rispettivamente del 14 e del 24 maggio 1965, pubblicate entrambe in G.U. 17 luglio 1965, n. 178, sono segnalate retro, II, 107. R.D. 4 FEBBRAIO 1915, N. 148 (Legge comunale e provinciale): art. 158. Manifesta infondatezza dichiarata con la sentenza n. 99 del 27 dicembre 1965, G.U. 31 dicembre 1965, n. 326 ed. spec.; ordinanza di remissione 9 febbraio 1965 del Pretore di Riva del Garda, G.U. 3 aprile 1965, n. 85, e retro, 11, 46 (sub art. 15 cod. proc. pen.). R.D. 4 FEBBRAIO 1915, N. 148 (Legge comunale e provinciale): art. 158. R.D. 3 MARZO 1934, N. 383 (Legge comunale e provinciale): art. 22. Manifesta infondatezza dichiarata con ordinanza n. 77 del 6 dicembre 1965, G.U. 11 dicembre 1965, n. 309; ordinanze di rimessione del 14 febbraio 1964 del Tribunale di Vallo della Lucania (G.U. 27 giugno 1964, n. 157, ed in questa Rassegna, 1964, Il, 92) e del 10 e 11 novembre 1g64 del Pretore di Augusta (G.U. 27 febbraio 1965, n. 52, e retro, Il, 13). R.D. 30 DICEMBRE 1923, N. 3269 (Legge del registro): artt. 106, 107, 108 e 118. Manifesta infondatezza dichiarata con ordinanza n. 78 del 6 dicembre 1965, G.U. II dicembre 1965, n. 309 ed. spec.; ord. di rimessione del giudice conciliatore di Palermo del 30 gennaio 1g65, G.U. 5 giugno 1965, n. 139, segnalata retro, Il, 78. T.U. 8 LUGLIO 1924 (Testo unico delle disposizioni legislative per l'imposta di fabbricazione sugli spiriti): art. 37, terzo comma. Manifesta infondatezza dichiarata con ordinanza n. 81 del 6dicembre 1965, G.U. II dicembre 1965, n. 309 ed. spec.; ord. di rimessione del 30 aprile 1965 del Tribunale di Belluno, G.U. 17 luglio 1g65, n. 178; segnalata retro, II, 107. (") Il presente elenco viene fatto per aggiornamento di informazione, con riguardo alla segnalazione, in questa Rassegna, delle ordinanze di rimessione. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 177 LEGGE 4 APaII.E 1956, N. 212 (Norme per la disciplina della propaganda elettorale): art. 8, comma primo. Manifesta infondatezza dichiarata con ordinanza n. 97 del 27 dicembre 1965, G.U. 31 dicembre 1965, n. 326 ed. spec.; ord. di rimessione del Pretore di Assisi del 12 maggio 1965, G.U. 3 luglio 1965, n. 163, e v. retro, II, 109. D.P.R. 26 APRILE 1957, N. 818 (Norme di attuazione e di coordinamento della legge 4 aprile 1952, n. 218 sul riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidit, la vecchiaia ed i superstiti): art. IO, ultimo comma. Restituzione degli atti, per il giudizio di rilevanza, disposta con ordinanza n. 92 del 22 dicembre 1965, G.U. 31 dicembre 1965, n. 326 ed. spec.; ord. di rimessione del Tribunale di Genova, del 23 marzo 1965, G.U. 17 luglio 1965, n. 178, segnalata retro, Il, I09. LEGGE 21 DICEMBRE 196o, N. 1521 (Disciplina transitoria delle locazioni di immobili urbani): art. 2, lett. a. Manifesta infondatezza dichiarata con ordinanza n. 95 del 27 dicembre 196~5-, G.U. 31 dicembre 1965, n. 326 ed. spec.; ord. di rimessione del 25 giugno 1964 del Tribunale di Venezia, G.U. 13 marzo 1965, n. 65, segnalata retro, II, :Si. LEGGE 18 APRILE 1962, N. 167 (Disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare): art. 9, primo, secondo, terzo e quinto comma; art. IO, primo e secondo comma; art. 12, secondo comma. Manifesta infondatezza dichiarata con ordinanza n. 79 del 6 dicembre 196:;, G.U. JI dicembre 1965, n. 309 ed. spec.; ord. di rimessione del 16 dicembre 1964 del Consiglio di Stato, G.U. 3 aprile 1965, n. 85, e v. retro, II, 51. LEGGE 30 APRILE 1962, N. 283 (Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande): art. 5, lett. g. Manifesta infondatezza dichiarata con ordinanza n. 83 del 6 dicembre 1965, G.U. I 1 dicembre 1965, n. 309; ord. di rimessione del 3 novembre 1964 del Pretore di Grosseto, G.U. 13 marzo 1965, n. 65, segnalata retro, II, 51. LEGGE 29 SE'ITEMBRE 1962, N. 1492 (Norme di modifica ed integrazione delle leggi IO agosto 1950, n. 646, 29 luglio 1957, n. 634 e 18 luglio 1959, n. 555, recanti provvedimenti per il Mezzogiorno): art. 2, ultimo comma. Restituzione degli atti, per il giudizio di rilevanza, disposta con ordinanza n. 96 del 27 dicembre 1965, G.U. 31 dicembre 1965, n. 326 ed. spec.: ord. di rimessione del Consiglio di Stato, del 27 maggio 1964, G.U. 31 ottobre 1964, n. 269, segnalata in questa Rassegna, 1964, II, 181. CONSULTAZIONI ACQUE PUBBLICHE Espropriazione di sorgente gi concessa. 1) Se, espropriato un fondo nel quale si trova una sorgente di acqua pubblica data in concessione al proprietario anche per la irrigazione di altri fondi non colpiti dalla espropriazione, per la determinazione dell'indennit di esproprio torni applicabile il criterio dell'art. 40 legge sull'espropriazione, valutando il valore dei fondi residui tenendo conto della loro qualit di irrigui antecedente alla privazione dell'acqua rispetto a quella conseguita dopo tale privazione (n. 85). 2) Se all'espropriato che per effetto della espropriazione non possa pi usufruire della concessione di acqua pubblica spetti un indennizzo per la privazione dell'acqua (n. 85). AMMINISTRAZIONE PUBBLICA Commissione Prov.le per la disciplina dei lavori di facchinaggio. 1) Se in caso di assenza o impedimento del Direttore dell'Ufficio Provinciale del Lavoro e della massima occupazione, la presidenza della Commissione Provinciale per la disciplina dei lavori di facchinaggio possa essere legittimamente assunta, in sede deliberante, dal Vice Direttore dell'Ufficio Provinciale del lavoro e della massima occupazione (n. 304). Fusione di enti pubblici -Cessione all'I.N.A.M. dei beni immobili dell'I.N.P.S., I.N.A.I.L. e I.A.S.A.I. 2) Se la fusione nell'l.N.A.M. degli enti contemplati dall'art. 28, 1. 11 gennaio 1943, n. 138 ebbe effetto giuridico il 10 giugno 1943 nel senso che in tale data gli enti predetti cessarono di essere soggetti autonomi di rapporti giuridici (n. 305). Uffici in palazzo condominale. 3) Se al pregiudizio di fatto subito da un pubblico ufficio, conduttore di una porzione d'immobile condominiale, a causa della deliberazione condominale di abolire il servizio di portierato, si accompagni, per ci solo, un pregiudizio giuridico rilevante in sede civile o penale (n. 306). APPALTO Albo nazionale appaltatori -Validit dei certificati. 1) Se le limitazioni di validit apposte sui certificati rilasciati ai sensi della 1. 10 febbraio 1962, n. 67 ed attestanti l'avvenuta presentazione della domanda di iscnz10ne all'albo nazionale degli appaltatori abbiano rilevanza sulla efficacia dei certificati stessi (n. 289). Compenso a corpo non previsto. 2) Se l'appaltatore abbia diritto a compenso per oneri necessari a:lla esecuzione del contratto che non abbiano trovato indicazione di corrispettivo nei prezzi a misura pattuiti (n. 290). ~ PARTE II, CONSULTAZIONI 179 ASSICURAZIONI Assicurazioni sociali -Sacerdoti e religiosi. Se nei confronti di Sacerdoti e Religiosi convenzionati con Ospedali ed altri Enti Sanitari Militari, debbano essere applicate le norme relative alle assicurazioni obbligatorie (n. 67). COMUNI E PROVINCIE Piste Sciistiche. 1) Se spetti o meno un indennizzo ai proprietari di terreni siti in localit montane i quali consentono che, per alcuni mesi all'anno, i loro terreni siano destinati a piste sciistiche (n. 117). 2) Se l'obbligo correlativo gravi sull'Amministrazione comunale o sull'Azienda di Soggiorno (n. 117). CONT ABILITA' GENERALE DELLO STATO Albo nazionale appaltatori -Validit dei certificati. 1) Se le limitazioni di validit apposte sui certificati rilasciati ai sensi della I; 10 febbraio 1962, n. 67 ed attestanti l'avvenuta presentazione delle domande di iscrizione all'albo nazionale degli appaltatori abbiano rilevanza sulla efficacia dei certificati stessi (n. 208). Contratti della P.A. -Determinazione del prezzo. 2) Se nei contratti della P.A. (nella specie risoluzione consensuale di concessione) sia possibile rimettere a terzi arbitratori la determinazione del prezzo (n. 209). CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI Fondo interbancario di garanzia. Se per ottenere l'intervento del fondo interbancario di garanzia di cui all'art. 36, I. 2 giugno 1961, n ..454 sia necessario che gli istituti di credito mutuanti dimostrino di aver posto in essere infruttuosamente tutte le possibili azioni per il recupero del credito (n. 58). DANNI DI GUERRA Criteri di coordinamento degli indennizzi e contributi. 1) Quali sono i criteri di coordinamento delle indennit e contributi previsti nella I. 27 dicembre 1953, n. 968 sui danni di guerra con i vari tipi di interventi o retribuzioni gi forniti dallo Stato in base alla precedente legislazione (n. 117). 2) In particolare se, ricorrendo le condizioni per l'applicazione dell'art. 55, 30 e 40 comma (beni ripristinati direttamente dallo Stato o con finanziamenti a totale carico dello Stato) la liquidazione del contributo previsto nella norma possa comportare un ulteriore esborso a favore del danneggiato (n. 117). Riparazioni a spese dello Stato. 3) Se, nel caso di azione di rimborso da parte dell'Amministrazione nei confronti dei proprietari di fabbricati danneggiati dalla guerra e riparati a spese dello Stato ai RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 180 sensi del d.l. 10 aprile 1947, n. 261, il termine di prescrizione sia inizialmente sospeso fin quando non sia stato liquidato d'ufficio il contributo per danni di guerra e cominci a decorrere solo da tale momento (n u8). 4) Se il termine di prescrizione di cui sopra possa ritenersi sospeso nel periodo intercorrente tra l'entrata in vigore della 1. 27 dicembre 1953, n. 968 e quella del d.P.R. 30 giugno 1959, n. 638 (n. 118). 5) Se il termine di prescrizione di cui sopra possa ritenersi sospeso nel periodo anteriore alla entrata in vigore della 1. 27 dicembre 1953, n. 968 (n. u8). DEMANIO. Tenuta di Castelporziano. 1) Se i contributi dovuti al Consorzio di Bonifica di Ostia e Maccarese per i terreni della tenuta di Castelporziano, compresa nella dotazione della Presidenza della Repubblica, debbano far carico a quest'ultimo, che ne ha l'uso ai sensi della 1. 9 agosto 1938, n. 1077, oppure debbano essere corrisposti dal Demanio, che ne ha la propriet (n. 202). Utilizzazione di beni del Demanio da parte di Amministrazioni dello Stato e di Aziende Autonome. 2) Se l'A.N.A.S. per l'utHizzazione di beni del demanio dello Stat9 tenuta alla corresponsione di un canone (n. 203). 3) Se l'Amministrazione militare per l'utilizzazione dei beni predetti tenuta alla corresponsione di un canone (n. 203). ELETTRICITA' E.N.E.L. -Rapporti facenti capo alle imprese private -Fattispecie. Quale sia la sorte del rapporto fideiussorio in caso di sostituzione ex lege del soggetto debitore (Fattispecie in tema di successione dell'E.N.E.L. ad impresa elettrica) (n. 21). ESECUZIONE FISCALE .4.zione contro il fidei11ssore. 1) Se all'azione giudiziaria contro il fideiussore che abbia prestato garanzia per il pagamento di un debito di imposte dirette arretrato sia legittimata l'Amministrazione finanziaria oppure l'Esattoria (n. 72). 2) Se per tale azione l'Amministrazione sia tenuta a rispettare il termine di decadenza previsto dall'art. 1957 e.e. (n. 72). ESPROPRIAZIONE PER P. U. Cessione dell'indennit. 1) Se la Cassa DD.PP. possa legittimamente rifiutare l'esecuzione di decreti di svincolo emanati a favore di cessionari delle indennit di esproprio per p.u., qualora nell'emanazione di detti decreti non siano stati sentiti i cedenti espropriati n venga fornita una dichiarazione di assenso di questi ultimi (n. 210). PARTE II, CONSULTAZIONI 181 Regione Siciliana. 2) Se, nel caso di occupazione temporanea di terreni fatta dall'U.N.R.R.A. CASAS (ora l.S.E.S.), qualora nel corso del giudizio promosso dal proprietario per il risarcimento dei danni conseguenti all'occupazione ultrabiennale intervenga decreto di espropriazione definitiva a favore dell'Ente Regione, possa affermarsi la sopravvenuta carenza di legittimazione passiva dell'I.S.E.S. (n. 2u). Retrocessione di beni espropriati. 3) Se la parziale esecuzione dell'opera per la quale si proceduto ad espropriazione comporti l'applicabilit dell'art. 63 della legge sulle espropriazioni o l'art. 61 (n. 212). 4) Se il diritto di prelazione a favore dei proprietari espropriati previsto dall'articolo 6o deve trovare il necessario presupposto nella decisione dell'autorit amministrativa competente a sensi dell'art. 61 (n. 212). Sorgente di acqua pubblica in concessione. 5) Se, espropriato un fondo nel quale &i trova una sorgente di acqua pubblica data in concessione al proprietario anche per la irrigazione di altri fondi non colpiti dall'espropriazione, per la determinazione dell'indennit di esproprio torni applicabile il criterio dell'art. 40 legge sull'espropriazione, valutando il valore dei fondi residui tenendo conto della loro qualit di irrigui antecedente alla privazione dell'acqua rispetto a quella conseguita dopo tale privazione (n. 213). 6) Se all'espropriato che per effetto della espropriazione non possa pi usufruire della concessione di acqua pubblica spetti un indennizzo per la privazione dell'acqua (n. 213). IMPIEGO PUBBLICO G.E.S.C.A.L. -Ritenute sugli stipendi dei dipendenti per bollo di quietanza e addizionale pro-Calabria. 1) Se sia legittimo porre a carico dei dipendenti l'importo della tassa di bollo sulle quietanze (n. 592). 2) Se debba far carico ai dipendenti l'addizionale pro-Calabria prevista dall'art. 18 1. 26 novembre 1955, n. u77 (n. 592). Impiegati dell'U.l.C. -Ferie. 3) Se, a seguito dell'entrata in vigore del nuovo Regolamento del Personale per l'Ufficio Italiano Cambi, recante l'innovazione del diritto alle ferie progressivamente maturantesi anche prima del compimento dell'anno di servizio (principio poi sancito nella nota sentenza della Corte Costituzionale), siasi verificato, per l'anno in cui avvenne l'innovazione, il cumulo di un doppio periodo di ferie (n. 593). Indennit di buonauscita del Fondo di Previdenza per il personale doganale. 4) Se l'indennit di buonauscita del Fondo di Previdenza per il personale doganale pu essere sequestrata nella misura di un quinto per debiti verso lo Stato (n. 594). Ricostruzione di carriere -Sanitari -Aiuti e assistenti non di ruolo. 5) Se per l'applicazione della norma di cui all'art. 7, !. 10 maggio 1944, n. 336 sia condizione indispensabile, in concorso con altre ivi indicate, il possesso della qualit di aito o assistente non di ruolo alla entrata in vigore della legge (n. 595). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 182 Sottufficiale assunto in impiego civile. 6) Se per gli effetti di cui all'art. 57, 1. 31 luglio 1954, n. 599 (domanda di impiego civile) possa essere accordata la rimessione in termini al sottufficiale che adduca di non aver potuto presentare tempestivamente la domanda a causa di uno stato di incapacit di intendere e volere non accertato giudizialmente (n. 596). Sottufficiali passati all'impiego civile -Richiamo. 7) Quali siano le posizioni di stato ed il trattamento spettante ai sottufficiali passati all'impiego civile e contestualmente richiamati alle armi per speciali esigenze (n. 597). IMPORTAZIONI ED ESPORTAZIONI Acquaviti straniere (Whisky). Se sia legittimo, avuto riguardo agli artt. 4 e 41 Costituzione e alle norme comunitarie europee sulla libert di commercio, il d.m. 12 settembre 1956, il quale impone all'importatore di acquaviti straniere la presentazione di un certificato rilasciato dall'autorit doganale estera (n. 36). IMPOSTA DI REGISTRO Agevolazioni fiscali per l'edilizia -Prova dell'abitabilit. Se sia aromissibHe prova testimoniale diretta a dimostrare, in mancanza del certificato di abitabilit, la sussistenza del requisito della effettiva abitazione, previsto dall'art. l 7 della 1. 2 luglio 1949, n. 408 per l'applicazione dei relativi benefici fiscali (n. 228). IMPOSTA DI R. M. Tassabilit delle riserve. 1) Se la nuova aliquota prevista dall'art. 90 t.u. 29 gennaio 1959, n. 645 riservata alle quote di reddito destinate a riserva legale o statutaria in eccedenza del ventesimo dell'utile di bilancio, sia applicabile anche alle riserve straordinarie (n. 30). 2) Se la suddetta aliquota ridotta si possa applicare agli accantonamenti operati in sede di destinazione dell'utile di esercizio (n. 30). 2) Se il suddetto beneficio debba essere limitato ai redditi conseguiti per attivit esclusivamente creditorie (n. 30). IMPOSTA SUL PATRIMONIO Accertamento nei confronti di persona defunta. Se possa ritenersi valido l'accertamento intestato a nome di persona defunta e notificato presso il domicilio della stessa, anche quando vi sia perfetta identit nel nome tra l'accertato e il suo erede (n. 12). IMPOSTE E TASSE Imposte di fabbricazione -U.T.I.F. 1) Se la norma dell'art. 6 del d.l. 23 ottobre 1964, n. 987, convertito in 1. 13 dicembre 1964, n. 1349, con la quale si dispone che le spese relative a servizi svolti dagli Uffici Tecnici delle Imposte di Fabbricazione, richiesti dalle ditte in anticipo o PARTE II, CONSULTAZIONI 183 prolungamento del normale orario di ufficio, debbano essere, in ogni caso, poste a carico delle ditte medesime, abbia portata generale ovvero limitata al solo settore dei filati delle fibre artificiali e sintetiche, cui il citato d.l. unicamente attiene (n. 398). 2) Se la norma di cui sopra trovi applicazione ai servizi effettuati dagli Uffici Tecnici delle Imposte di Fabbricazione presso gli opifici, stabilimenti e fabbriche soggetti a vigilanza speciale (n. 398). 3) Quale sia da ritenere, ai fini dell'applicabilit della norma di cui sopra, il normale orario di ufficio (n. 398). Imposta di famiglia. 4) Se, in sede di interpretazione dell'art. 117 t.u. per la finanza locale (r.d. 14 settembre 1931, n. 1175), sull'imposta di famiglia, agli effetti della deducibilit dei redditi delle imposte, sovrimposte e tasse, si debba tener conto dei tributi effettivamente pagati o dei tributi che saranno in avvenire dovuti, sui redditi stessi, per effetto della definizione degli imponibili e non ancora iscrittia ruolo (n. 399). Riscossione. 5) Se all'azione giudiziaria contro il fideiussore che abbia prestato garanzia per il pagamento di un debito di imposte dirette arretrato sia legittimata 'l'Amministrazione Finanziaria oppure l'Esattoria (n. 400). 6) Se per tale azione l'Amministrazione sia tenuta a rispettare il termine di decadenza previsto dall'art. 1957 e.e. (n. 400). INVALIDI DI GUERRA Opera Nazionale Invalidi di Guerra. 1) Se la 1. IO agosto 1950, n. 648 sulle pensioni di guerra abbia abrogato tutte le precedenti disposizioni in materia, ancorch non incompatibili, e segnatamente quelle (art. 19 r.d. 12 luglio 1923, n. 1491 riprodotto nell'art. 6 r.d.l. 29 aprile 1937, n. 682) che escludono la corresponsione dell'assegno integrativo all'invalido che gode di stipendio o pensione normale a carico dello Stato o di uno degli enti indicati nell'art. 10 r.d. n. 1491 del 1923 (n. 20). 2) Se l'Opera Nazionale Invalidi di Guerra sia uno degli enti indicati nell'art. IO r.d.l. 12 luglio 1923, n. 1491 (n. 20). ISTRUZIONI SUPERIORE Interruzione degli studi universitari. 1) Se l'art. 149 t.u. 31 agosto 1933, n. 1592 commini una forma di decadenza per il caso in cui lo studente non abbia sostenuto gli esami per otto anni consecutivi, o se invece si tratta di inefficacia dei risultati conseguiti (n. 17). 2) Se lo studente che non abbia sostenuto gli esami per otto anni a causa di ricovero. in manicomio per detto periodo, sia soggetto alla sanzione prevista dall'articolo 149 (n. 17). LAVORO Commissione Prov.le per la disciplina dei lavori di facchinaggio. Se in caso di assenza o impedimento del Direttore dell'Ufficio Prov.le del lavoro e della massima occupazione, la presidenza della Commissione provinciale per la