ANNO XVIII -N. 6 NOVEMBRE -DICEMBRE 1966 RASSEGNA. DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1966 ABBONAMENTI .ANNo L. 5.000 UN NUMERO SEPARATO .. .. .. .. .. .. .. .. 900 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO .. PIAZZA G. VERDI, 10 .. ROMA e/e postale 1/40500 Stampato in Italia Printed in ltal'Y Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (6211406) Roma, 1966 istituto. :f'Qligrafico dello Stato P. V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezi~ne prima: GIURISPRUDENZA COS'Jilil"UZIONAl.JE E IN11ERNAZIONAliE . . pag 1185 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1218 Sezione terza: GIURISPIRUDENZA CIVlllJE 1235 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINIST,RATIVA 1284 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TR~BUTARIA 1296 Sezione sesta: GIUR,ISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBUCHE, APPALTI E FORN~TURIE 1379 Sezione settima: GIURISPIRUDENZA PENALE . . 1424 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO RASSEGNA DI DOTT1R,INA pag. 281 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE li 283 CONSULTAZIONI Il 297 NOTIZIARIO Il 311 la pubblicazione diretta daWavvocato: UGO GARGIULO Le sezioni della parte prima sono curate, nell'ordine, dag,li avvocati: Michele Savarese, Benedetto Saccari, Franco Carusi, Ugo Gargiulo, Mario Fanelli., Giuseppe 'Del Greco, Antonino Terranova Le rassegne di dottrina e legislazione dagli avvocati: Luigi Mazzella e Arturo Marzano ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI QUARANTA A., Osservazioni circa il giudicato implicito sulla questione di giurisdizione in rapporto alle pronunce dei giudici speciali . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 1218 PAGANO F., Enunciativa di convenzione verbale e suoi profili tributari . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 1301 BAFILE C., Considerazioni sul trattamento fiscale delle celssioni di credito connesse con operazioni bancarie di finanziamento I, 1308 MERCATALI A., La tassazione del trasferimento di quote di partecipazione a societ di persone . . . . . . . . . . . . I, 1340 SEMBIANTE R., L'acquisto per usucapione nella legge del registro I, 1364 MARZANO A., Sulla inte1pretazione del'art. 38, 1 comma, del r. d. 11 dicembre 1933, n. 1775, in tema di prescrizione . . I, 1405 DI TARSIA P., Dichiarazione ed elezione di domicilio: a) criteri interpretativi giurisprudenziali; b) domicilio dell'Avvocatura dello Stato nel caso di difesa degli impiegati in processi innanzi al giudice ove non ha sede l'Ufjcio dell'Avvocatura . . I, 1434 INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICIT -Concessione e derivazione -Antiche utenze -Canoni -Prescrizione ordinaria -Applicabilit, con nota di A. MARZANO, 1405. -Opere idrauliche -Risarcimento dei danni -Improponibilit dell'azione nei confronti della p. a., 1379. -Opere idrauliche -Risarcimento dei danni -Proponibilit dell'azione, 1381. -Procedimento dinanzi ai Tribunali delle acque -Composizione del collegio -Intervento del funzionario del Genio Civile -Titoli e requisiti del componente tecnico investito nelle forme di legge -Contestazione -. Inammissibilit, con nota di A. MARZANO, 1396. -Procedimento dinanzi ai tribunali delle acque -Nullit della notificazione di un provvedimento impugnato in sede giurisdizionale amministrativa -Sanatoria, con nota di A. MARZANO, 1396. -Procedimento dinanzi ai Tribunali delle acque -Relazione del giudice delegato -Mancanza Nullit -Esclusione, con nota di A. MARZANO, 1395. - Richiesta di rimessione in pristino -Improponibilit dell'azione, 1379. AGRICOLTURA E FORESTE -Tutela dei boschi e terreni montani -Prescrizioni di massima da parte della camera di commercio -Sindacato di legittimit costituzionale -Esclusione, 1195. AMMINISTRAZIONE DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI -Amministrazione delle Finanze Intendenza di finanza -Funzioni, 1275. -Obbligazioni e contratti -Atti amministrativi preparativi o successivi alla stipulazione -Vizi Effetti -Annullabilit relativa, con nota di A. MARZANO, 1396. -Obbligazioni e contratti -Obbligazioni di fare assunte dalla pubblica Amministrazione -Validit -Inadempimento -Effetti -Risarcimento del danno, con nota di A. MARZANO, 1396. -Obbligazioni e contratti -Procedimento amministrativo -Vizi -Effetti -Annullabilit relativa, con nota di A. MARZANO, 1396. -Ordinamento amministrativo Competenza degli organi -Criteri fondamentali di ripartizione -Inderogabilit -Eccezioni Avocazione e delegazione -Criteri ispiratori -Presupposti e condizioni, 1274, APPALTO -Appalto di opere pubbliche Capitolato generale per le oo. pp. statali -Norme processuali -Applicabilit immediata, 1419. -Appalto di opere pubbliche - CoUaudo -Contenuto delle relative operazioni, 1410. -Appalto di opere pubbliche Collaudo -Provvedimento di approvazione -Natura giuridica, 1410. -Appalto di opere pubbliche Contratto -Mancata aprovazione nel termine -Conseguenze, 1413. -Appalto di opere pubbliche Legge 9 agosto 1954, n. 640 per l'eliminazione di case malsane VI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Affidamento delle opere agli L CACCIA. :E PESCA A.C.P. -Natura -Contratto di. appalto stipulato dagli Istituti. -. --:-Zona d,i protezione per gli apControversie Legittimazione postamenii -Consenso del propassiva degli Istituti, 1413. prietario salvi i diritti quesiti Contrasto con il principio di eguaglianza e della tutela della propriet -Esclusione, 1215. APPELLO -Mutamento della domanda di re CASSAZIONE trocessione in quella di restituzione del bene per nullit del -Ricorso per omessa, insufficiente decreto espropriativo -Domane contraddittoria motivazione delda nuova .,. Inammissibilit, con la sentenza circa. un punto denota di F. ARGAN, 1235. cisivo della controversia -Li mitazione del mezzo solo ai vizi -V. anche Notificazione. di motivazione attinenti all'accertamento ed alla valutazione dei fatti rilevanti ai fini della ARBITRATO decisione -Sussiste, 1281. -Domanda arbitrale -Termine per il rifiuto della competenza arbiCATASTO trale -Fallimento dell'Impresa nelle more -Notifica al curato- Atti di trasferimento di immore, 1419. bili -Voltura -Documenti da esibire -Certificato catastale -Mancata approvazione del col Tipo di frazionamento -Richiesta laudo -Domanda di arbitrato dell'Ufficio tecnico erariale di ret Improponibilit, 1410. tifica entro determinato termine del tipo di frazionamento irregolare -Inottemperanza da par ATTI AMMINISTRATIVI te del tecnico sottoscrittore Conseguenze -Rettifica di uffi -ControllQ di legittimit inciden cio a spese del tecnico ed irro ter tantum da parte del g. o. g;uione_ di pena pecuniaria -Re Portata, 1279. cupero delle spese di rettifica - Ingiunzione del procuratore del Competenza esclusiva del procuregistro ex artt. 2 e segg, t. u. ratore del registro -Esclusione 14 aprile 1910, n. 639 -OrdiPotere dell'Intendente di Finannanza dell'Intendente di Finanza non solo di irrogare la pena za ex artt. 55 e segg. -Legge pecuniaria ma anche di richie 7 gennaio 1929, n. 4 -Comunandere direttamente il pagamento za di natura, 1275. delle spese di rettifica del tipo di frazionamento -Sussiste, 1275. -Interpretazione giudiziale -Presunzione di legittimit -Assunzione come criterio di interpreCIRCOLAZIONE STRADALE tazione dell'atto -Esclusione, 1279. -Contravvenzione -Rilevanza del la propriet dell'area -Elementi -V. anche Amministrazione dello di prova desunti da estratto sto Stato. rico catastale -Insufficienza, 1424. COMPETENZA E GIURISDIZIONE TIVA AUTORIZZAZIONE AMMINISTRA -Giudicato -Su questioni pregiu -Operazione a premio -Parere -diziali -Giudicato sulla giuriCommissione interministeriale -sdizione -Presupposti -GiudiNecessit, 1294. cato implicito -Pronuncia di giu INDICE VII dice speciale -Configurabilit, con nota di A. QUARAN';l'A, 1218. -Giurisdizione amministrativa Interesse legittimo "". Fondamento -Circolare -Effetti -Fattispecie, 1225. -Impiego pubblico - Giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa -Enti pubblici economici -Provvedimenti discreziozionali dell'ente relativi alla propria organizzazione -Illegittimit -Giurisdizione del Consiglio di Stato, 1222., -Ordinamento- giudiziario -Consiglio superire della Magistratura -Decreti del Presidente della Repubblica e del Ministro di grazia e giustizia -Sindacato giurisdizionale da part del Consiglio di Stato sulla legittimit dei provvedimenti riguardanti i magistrati -Estensione, . 1223. -Ordinamento gidiziari -Consiglio superiore della Magistratura -Silenzio -Rifiuto del Ministro di grazia e giustizia in ordine a richiesta da avanzare al Consiglio superiore della Magistratura -Natura di atto oggettivamente e soggettivamente amministrativo -Giurisdizione del Consiglio di Stato sulla legittimit -Sussiste, 1224. -Quote di i.g.e. spettanti ai Comuni -Provvedimento di assegnazione -Conseguente diritto del Comune alla risco8Sione -Difetto di prova circa la iscrizione nella parte attiva del bilancio comunale -Pignorabilit del credito, 1231. -Regolamento di competenza Provvedimento con cui il Pretore in veste di giudice dell'esecuzione per consegna di cose mobili pronuncia sull'istanza di sospensione del processo esecutivo proposto in seguito ad opposizione all'esecuzione -Forma e sostanza ordinatoria -Regolamento di competenza contro tale provvedimento -Inammissibilit, 1266. CONCESSIONI AMMINISTRATIVE -V., Acque Pubbliche: CORTE COSTITUZIONALE -Giudizi di legittimit costituzionale in via incidentale -Questione proposta dalla Corte dei Conti nel corso del giudizio d~ rendiconto generale della Regione Siciliana -Ammissibilit, 1205. -Questione di legittimit costituzionale in via principale -Proposizione da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri senza previa deliberazione del Consiglio dei Ministri -Inammissibilit, 1199. ' -Questione di legittimit costituzionale in via incidentale -Sentenza di accoglimento della questione -Effetti, 1186. CORTE DEI CONTI __.. V. Corte Costituzionale. COSA GIUDICATA -Autorit della regiudicata sostanziale in un nuovo e distinto giudizio -Presupposto -Identificazione delle azioni -Insufficenza del contrasto e teorico fra decisioni del giudice amministrativo e sentenza del giudice ordinario a seguito dell'applicazione del principio della doppia tutela giurisdizionale in tema di violazione di norme di regolamenti edilizi, 1241. -V. anche Competenza e giurisdizione, Giustizia amministrativa. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -V. Agricoltura, Caccia e pesca, Corte costituzionale, Imposte e tasse in generale, Lavoro, Procedimento penate, Sicilia, Trentino- Alto Adig, VaUe d'Aosta. EDILIZIA -Distanze legali -Edifici non soggetti alle norme sulle distanze Costruzioni a confine con piazze Vlll RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO o vie pubbliche -Sottoposizionealle norme di edilizia e di or. nato pubblicoi -Violazione -Diritto al risrcimento del 'Proprietario dell'edificio fronteggiante Sussiste, 1242 . ..,..: I:oegge 25 noyembre i962, n. 1684, art. 33 -Preteso contrasto con l'art. 102 Cost. -Manifesta infondatezza, 1289. -Norm~tiva.., VJqlazione di'norme il).tegratfve o. :poi). del codice ci. vile -Div.ersit dLrbn,edi -;Azione di risarcimento .del datino e ricorso.al giudice amministrativo per l'nnullamento della licenza edilizia, 1~1. - Poteridel frov]re4it()re e;x: adi 33 1. 25 novembre 1962, n. 1684 Prescrizione Inapplicabilit, Limiti tempo1111t ,. Esclusione 1289. -Provvedimenti e:x art. 33 1. 25 novembre 1962, n. 1684 -Motivazione in contrasto con disposizioni rese in sede penale da funzionari del Genio civile -Ina , deguata mdtivazione - Eccesso di :i:;>otere -Sussiste, 1289. EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA -Cooperativa edilizia -Socio ..prenotatario -Socio Che non sia iscritto ad alcuno del programmi costruttivi -N.cm ha la qualit di prenotatario, l,295. -Cooperativa edilizia ; -Vacanza di alloggi -Determinatasi prima prima della stipuJaziol).e del mutuo edilizio individuale -Onere della Cooperativa -Onere di interpellare i soci che precedonoil titolare dell'alloggio resosi vacante .:. Non sussiste, 1295. -. Piani. e:x:-lege n. Hl7 del 1962 Adozione -Opposizioni ed osservazioni -Deliberazione comunale -Forma -Scrutinio segreto Non occorre, 1285. -Piani e:x:-lege n. 167 del 1962 Adozione -Procedimento -Deliberazione comunale -Approvazione della G.P.A., 1285. -Piani 4!re-lege n. 167 del 1962 : ApprovaZione -Opposizione ed osservazioni -Reiezione -Motivazione per relationem -Legittimit, 1285. ESECUZIONE FORZATA -Giudice dell'esecuzione -Poteri -Attivit ordinaria, 1266, ESPROPRIAZIONE PER P. U. - Espropriazione -Edilizia popo ,.J~r~ ~.li ~opomica art. 12, secondo comma, I parte e art. 16, primo coxnma, 1. n. 167 del 1962 Dichiatm: ione di incostituzionalit ' -Non ihclde sUlla adozione dei 'piani di zona, 1285. -Espropriazione. -Retrocessione Apprezzamento del Prefetto -Discrezionalit -Sindacabilit -Limiti, U84. -Espropriazione -Retrocessione - Artt. 60, 61 e 63 1. n. 2359 del 1865 -Distinzione, 1184. -Inutilizzabilit del singolo bene espropriato o di parte di esso, anteriore o posteriore all'esecuzione dell'opera publica -Distinte ipotesi di retrocessione -Retrocessione prevista dall'art. 63 e retrocessione prevista dall'art. 61, n. 2359 del 1865 -Necessit perquesto secondo tipo di retrocessione del previo formale procedimento amministrativo di accertamento della inutilizzabilit del bene, con nota di F. ARGAN, 1235. - Legge per Napoli -Eccezionale procedura espropriativa d'urgenza prevista dall'art. 12 d. lg. lgt. 27 febbraio 1919, n. 219, conv. nella 1. 24 agosto 1921, n. 1290, per i beni compresi nel catasto rustico -Successiva estensione ai beni compresi nel catasto urbano, con decorrenza dall'entrata in vigore della 1. 28 gennaio 1941, n. 53, 1246, - Opere di pubblica utilit da eseguirsi per il risanamento della Citt di Napoli -Determinazione dell'indennit espropriativa -De INDICE IX roga al normale procedimentoprevisto dalla 1. 25 giugno 1865, n. 2359 -Competenza della Giunta speciale per le espropriazioni presso la Corte di Appello di Napoli, 1246. - Retrocessione del bene espropriato nelle due ipotesi ex artt. 60, 61 ed ex art. 63 1. n. 2359 del 1865 -Restituzione. del bene pernullit della procedura di esproprio -Caratteri differenziali, con nota di F. ARGAN, 1235. FALLIMENTO -Crediti verso la massa insoddisfatti pel diniego del decreto del Giudice Delegato di cui all'ulti.mo comma dell'art. 111 legge fall. -Assoggettamento dei medesimi al concorso fallimentare Sussiste, con nota di F. CARUSI, 1254. -Crediti verso la massa -Normale esclusione della procedura di verificazione -Presupposto Sufficiente certezza, con nota di F. CARUSI, 1254. -Insinuazione tardiva -Obbligodi costituzione -Sussistenza, con nota di T. ALIBRANDI, 1261. - Istanza di insinuazione tardiva non iscritta a ruolo -Riproponibilit dell'istanza -Esclusione, con nota di T. ALIBRANDI, 1262. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Esecuzione del giudicato -Licenza di costruzione e doveri del sindaco, 1291. -Esecuzione del giudicato -Obbligo della P. A. -Fattispecie Non sussiste, 1292. -Esecuzione del giudicato -Ricorso al Consiglio di Stato -Presupposti, 1291. -Ricorso giurisdizionale -Ricorso collettivo -Ammissibilit -Criterio, 1294. -Ricorso giurisdizionale -Forma -Mancata indicazione delle parti avverse nell'epigrafe del ricorso -Ammissibilit, 1294. -Ricorso giurisdizionale -Ricorso collettivo -Posizioni giuridiche diverse ma connesse -Ammissibilit, .1294. -Ricorso giurisdizionale -Ricorso collettivo -Presupposti e limiti, 1292. GIUDIZIO CIVILE E PENALE -Artt. 27 e 28 c. p. c. -Rispettivipresupposti di applicazione, con nota di F. ARGAN, 1240. -Giudicato penale -Efficacia nel giudizio civile -Accertamento di fatti materiali -Concorso di colpa -Terzo estraneo al giudizio penale, con nota di F. ARGAN, 1240. -Interpretazione della sentenza penale da parte del giudice civile Giudizio di fatto -Insindacabilit in Cassazione -Limiti, con nota di F. ARGAN, 1240. IMPIEGO PUBBLICO -Combattenti -Benefici -Concessioni nel corso di uno stesso rapporto di impiego -Utilizzazione differita -Annullabilit Concessione nel caso di rinuncia al rapporto di impiego ed inizio di altra carriera -Rinnovazione del beneficio, 1288. -Concorsi -Commissione -Composizione -Criteri di scelta dei componenti, 1287. -Concorsi -Nomina della Commissione -Pubblicazione del relativo decreto -Presupposti Ricusazione dei componenti la Commissione -Tempo nel quale essa pu essere fatta valere, 1287. -Concorso -Prove scritte -Comunicazione -Contenuto -Limiti, 1287, -Costituzione -Qualificazione del rapporto ( di impiego pubblico o di incarico profesionale) -Rilevanza del titolo e non del contenuto, 1286. -Incarico professionale -Natura Mancato rinnovo alla scadenza Attribuzione di incarico ad altri RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO X -Eccesso di potere -Insussisten. za, 1286. _.. Posti conferibili con la medesima decorrenza -:Posti conferibili in parte per esame e in parte mediante scrutini -Decorrenza Precedenza nel ruolo ai promossi per esami -Limiti, 1290. -Promozione -Decorrenza -Principi generali, 1290. -V. anche Competenza e. giurisdizione. IMPOSTA DI REGISTRO -Accessioni -Presunzione di trasferimento -Prova contraria richiesta dall'art. 47 della legge organica -Tassativit -Equipollenti di tale prova -Esclusione con nota di R. SEMBIANTE, 1354'. -Accessioni e pertinenze -Presunzione di trasferimento secondo l'art. 47 della legge organica -Donazioni -Inapplicabilit -Principi di diritto comune in tema di accessioni e pertinenze Rilevanza ai fini tributari anche per le donazioni, con nota di R. SEMBIANTE, 1363. .--Agevolazioni ex ert. 81, 1. 24 luglio 1961, n. 729, per la costruzione e l'esercizio di autostrade Concessione congiunta della costruzione e dell'esercizio -Costituisce presupposto per l'operativit della norma di agevolazione -Appalto di co.struzione concesso dall'ANAS -Inapplicabilit dei benefici, con nota di R. SEMBIANTE, 1371. -Agevolazioni per atti relativi alla costruzione di chiese perrocchiali -Ricorrenza del presupposto della concessione del contributo statale per la costruzione -Necessit, con nota di R. SEMBIANTE, 1347. -Agevolazio.i previste dall'art. 44 della tab. B) allegata alla legge organica per 'le costruzioni diedifici scolastici -Applicabilit a sensi dell'art. 29 del Concord~to tra la Santa Sede e l'Italia ad atti per fini di culto e di reltgione -Esclusione, con nota di R. SEMBIANTE, 1347. -Agevolazioni previste dalla I. 2 :luglio 1949, n. 408 -Necessit di esplicita dichiarazione o richiesta delle parti -Esclusione, con nota di R. SEMBIANTE, 134 7. -Applicazione dell'imposta secondo la natura gli effetti degli atti -Nozione, con nota di R. SEMBIANTE, 1363. _;., Cessio:q.e di crediti vers lo Stato, le province, i comuni e aziende dipendenti, in relazine a finanziamenti concessi da aziende ed enti di credito a favore di ditte commerciali e industriali Aliquota ridotta -Regime anteriore alla 1. 4 aprile 1953, n. 261 Condizioni -Quelit del debitore ceduto -Consorzio tra comuni Inapplicabilit del beneficio con nota di C. BAFILE, 1311. ' -Cessione di crediti verso lo Stato, le province, i comuni e aziende dipendenti, in relazione a finanziamenti concessi da aziende o enti di credito a favore di ditte commerciali e industriali -Aliquota ridotta -Regime anteriore alla 1. 4 aprile 1953, n. 261 -Correlezione tra. i due negozi -Estremi -Criteri di determinazione, con nota 'di C. BAFILE, 1310. -Cessione di crediti verso la pubblica Amministrazione in relazione a finanziamenti di somme concesse da aziende o enti di credito a favore di ditte commerciali e industriali -Aliquota ridotta -Correlazione tra i due negozi -Estremi -Criteri di determinazione, con nota di C. BAFILE, 1308. -Contratti sottoposti a condizione sospensiva o soggetti ad approvazione -Retroattivit della condizione e dell'approvazione Conseguenze in ordine al tempo cui va riferito il valore imponibile dei trasferimenti, 1300. - Determinazione della base imponibile -Dichiarazione di valore di cui all'art. 18 r. d. I. 7 agosto 1936, n. 1639 -Applicabilit ai soli trasferimenti occulti o presunti, compresi gli acquisti per usucapione, con nota di R. SEMBIANTE, 1363. -Diritto dell'Amministrazione alle ordinarie imposte per decadenza del contribuente dai benefici -Normativa anteriore alle leggi n. 35 del. 1960 e n. 1493 del 1962 -Termini prescrizionali previsti dalla legge organica del registro -Inapplicabilit -Prescrizione ordinaria decennale -Applicabilit, 1357. -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti per intrinseca loro natura le une dalle altre Nozione -Fattispecie in tema di apertura di conto corrente bancario destinato al versamento di somme riscosse da una banca in dipendenza di una cessione di cr.editi a garanzia di operazioni di finanziamento, con nota di C. BAFILE, 1307. -Enunciazione di convenzione verbale -Tassabilit -Condizioni Enunciazione di societ di fatto, con nota di F. PAGANO, 1301. -Fideiussione -Fideiussione a garanzia di obbligazione condizionale -Immediata assoggettabilit al tributo -Sussiste, 1332. -Interpretazione dei negozi soggetti ad imposta -Criteri, con nota di C. BAFILE, 1308. -Presunzione di trasferimenti ai sensi dell'art. 47 della legge organica -Deroga disposta con l'articolo unico deHa 1. 24 gennaio 1962, n. 23 -Carattere -Limiti, con nota di R. SEMBIANTE, 1354. -Privilegio del credito dello Stato -Imposte cemplementari e suppletive -Non esercitabilit del privilegio, per le imposte suppletive, in pregiudizio dei diritti acquistati da terzi, dopo la registrazione dell'atto, sul bene gravato -Esercitabilit per le imposte complementari, 1327. -Privilegio del credito dello Stato -Natura, 1328. -Privilegio del credito dello Stato -Termine per l'esercizio del privilegio nei confronti dei terzi subacquirenti -Natura -Durata -Prelazione nei confronti degli altri creditori -Limitazione temporale -Insussistenza, 1328. -Solidariet -Agevolazioni in tema di piccola propriet contadina -Decadenza dalle agevolazioni a seguito di rivendita dei fondi -Obbligazione dell'acquirente per le ordinarie imposte Sussistenza "" Obbligazione solidale del venditore -Esclusione, 1335. -Trasferimento di quota di societ commerciale di persone -Patrimonio sociale formato da beni mobili e immobili -Tassazione della quota -Criteri, con nota di A. MERCATALI, 1339. IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -V. Competenza e giurisdizione. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Imposta di bollo -Aumento della misura unica di L. 400 -Violazione del principio della progressivit del sistema tributario -Esclusione, 1216. -Imposta di registro -Imposta suppletiva -Azione giudiziaria non preceduta da ricorso in via amministrativa -Condanna del1' Amministrazione soccombente alle spese -Ammissibilit -Condizioni, 1360. -Procedimento -Notificazioni secondo le norme speciali tributarie -Omessa sottoscrizione dell'originale da parte del consegnatario -Nullit -Esclusione, 1298. -Procedimento amministrativo di accertamento e procedimento contenzioso dinanzi alle commissioni -Notificazioni -Notificazioni a mezzo di ufficiali giudiziari ed equiparati e notificazioni a mezzo di messi comunali e di messi all'uopo autorizzati -Scelta -Norme applicabili, 1297. -Procedimento dhlanzi alle Commissioni -Applicabilit delle norme procesuali comuni -Limiti Impugnazioni -Notifica al procuratore costituito -Esclusione, con nota di R. SEMBIANTE, 1347. XII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Procedimento dinanzi alle commissioni -Decisioni -Componenti della commissione partecipanti alla decisione -Nlimero minimo -Indicazione, nel solo verbale, dei membri del collegio giudicante -Sufficienza -Decisione sottoscritta soltanto dal presidente e dal segretario -Validit, 1299. -Procedimento dinanzi alle commissioni -Decisioni -Impugnazioni -Notifica al domicilio reale invece che al domicilio eletto Validit, con nota di R. SEMBIANTE, 1347. -Procedimenti dinanzi alle commissioni tributarie -Notificazioni -Norme applicabili, 1296. -Procedimento dinanzi alle commissioni tributarie -Notificazioni e comunicazioni -Comunicazione dell'appello dell'Ufficio effettuata con lo stesso atto di no , tificazione della decisione impugnata -Eventuale nullit di tale notificazione -Estensione della nullit alla comunicazione, 1296. -Procedimento dinanzi alle commissioni tributarie -Notificazione delle forme previste dall'articolo 89 del r. d. 11 luglio 1907, n. 560 -Mancanza nell'originale dell'atto del consegnatario o della menzione dei motivi dell'omessa sottoscrizione -Nullit Esclusione -Rinnovazione della notifica ai sensi dell'art. 291 c. p. c. -Ammissibilit -Effetti, 1296. -Procedimento dinanzi alle commissioni -Omesso esame, da parte della Commissione centrale, del ricorso incidentale del resistente -Decisione su solo ricorso principale -Nullit, 1299. -Procedimento dinanzi alle commissioni -Ricorso alla Commissione centrale -Omessa indicazione dei motivi -Inammissibilit del ricorso -Motivi succintamente esposti -Ammissibilit, 1299. - Procedimento dinanzi alle commissioni -Ricorso alla Commissione cenrale -Audizione delle parti e obbligo di comuncazione della data di discussione in procedimenti diversi da quelli previsti dall'art. 50 del t. u. 24 agosto 1877, n. 4021 -Esclusione, 1299. -Procedimento dinanzi alle commissioni -Ricorso non motivato (c. d. interruttivo) alla Commissione distrettuale (ed alla Commissione provinciale) -Inammissibilit -Motivi indicati in note e ricorsi aggiunti -Irrilevanza ai fini dell'ammissibilit del ricorso, 1373. IMPUGNAZIONE -Denuncia di omessa pronunciada parte del giudice di un'eccezione di regiudicata -Revocazione della sentenza -Esclusione -Necessit di ricorso per cassazione, 1241. INGIUNZIONE - V. Atti amministrativi. LAVORO -Disciplina dell'apprendistato Limitazione dell'et massima degli apprendisti -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 1213. LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI -Interpretazione -Chiarezza della lettera -Interpretazione letterale -Sufficienza -Necessit di ricercare la volont del legislatoee -Non sussiste, con nota di A. MERCATALI,, 1339. NOTIFICAZIONI -Appello -Domicilio eletto o dichiarato -Validit per il giudizio di appello, con nota di P. DI TARSIA DI BELMONTE, 1433. INDICE Xlll -Domicilio dichiarato o eletto Dichiarazione o elezione fatta dall'imputato detenuto -Validit per il tempo successivo alla scarcerazione, con nota di P. Dt TARSIA DI BELMONTE, 1433. -Domicilio dichiarato o eletto Differenza tra dichiarazione ed elezione -Effetti -Domicilio eletto -Notificazione in luogo diverso -Nullit -Eccezione, con nota di P. DI TARSIA DI BELMONTE, 1433. -Domicilio dichiarato o eletto Prevalenza del domicilio eletto su quello dichiarato -Impugnazioni -Dichiarazione di domicilio in un atto di impugnazione Prevalenza del domicilio precedentemente eletto, salvo prova di revoca, con nota di P. DI TARSIA DI BELMONTE, 1433. -Domicilio dichiarato o eletto Revoca del domicilio eletto Esigenza di atto formale -Revoca per lettera -Inefficacia, con nota di p. Dx TARS:tA DI BELMONTE. OBBLIGAZIONI E CONTRATTI -Fideiussone -Sottoposizione a garanzia dell'obbligazione garantita -Condizionabilit anche dell'obbligazione fideiussoria -Esclusione, 1332. ...:... Transazione -Diritti patrimoniali connessi ad illecito penale o a questioni di profilo pubblicistico -Disponibilit -Fattispecie in tema .di occupazione ultrabiennale, con nota di A. MARZANO, 1397. -Transazione -Erronea valutazione sulla convenienza economica -Annullamento per errore essenziale di fatto -Inammissibilit, con nota di A. MARZANO, 1396. -V. anche Acque pubbliche, Amministrazione dello Stato, Edilizia. OPERE PUBBLICHE - V. Appalto. PIANO EGOLATORE -Licenza edilizia in deroga -Emanazione successiva del nulla osta ministeriale -megittiinit, 1293. -Licenza edilizia in deroga -Impugnativa autonoma -Ammissibilit, 1293. PRESCRIZIONE -Diritto al risarcimento dal danno -Fatto considerato dalla legge come reato -Applicabilit della norma contenuta nel terzo comma dell'art. 2947 c. c. -Presupposti, 1281. -Responsabilit civile -Diritto al risarcimento del danno derivante dalla circolazione dei veicoli di ogni specie -Prescrizione biennale -Applicabilit a tutte le ipotesi di danno derivante da illecito strettamente connesso alla circolazione del veicolo -Sussiste -Situazione del danneggiato nei confronti del veicolo danneggiante -Irrilevanza, 1269. -Responsabilit civile -Fatto illecito con carattere permanente -Nozione -Diritto al risarcimento del danno -Decorrenza del termine prescrizionale, 1253 . PROCEDIMENTO CIVILE -Appello -Domanda di risoluzione di contratto di cui sia dedotta in primo grado la nullit -Improponibiilt, con nota di A. MARZANO, 1396. -Appello -Domanda nuova -Nozione -Mutamento della causa petendi -Ammissibilit -Limiti, con nota di A. MARZANO, 1396. -Atti nulli -Eccezione in grado di appello della parte che non ha provocato in tempo utile la regolarizzazione o la rinnovazione -Inammissibilit, con nota di A. MARZANO, 1396. RASSEGNA DELL'AV~ATURA DELLO STATO XIV -Azione -Legittimazione alla causa e titolarit del diritto -Nozione -Differenza, 1251. -Estinzione -Atto di citazione Efficacia interruttiva della prescrizione -Efficacia istantanea e non gi permanente -Momento di decorrenza del nuovo periodo di prescrizione, 1281. -Ingiunzione fiscale -Giudizio di opposizione -Accoglimento dell'opposizione per . motivi giuridici diversi da quelli indicati dalla parte -Vizio di ultrapetizione -Non sussiste, con nota di A. MERCATALI, 1339. -Notificazioni -Omissione delle formalit previste dall'art. 139, quarto comma, c. p. c. -Nullit -Esclusione -Vizi della notificazione inducenti nullit -Rinnovazione della notificazione ai sensi dell'art. 291 c. p. c. -SanatOria ex tunc, 1298. -'--Poteri. del giudice -Fatti modificativi ed estintivi del diritto provati in giudizio -Rilevabilit ex officio iudicis in mancanza di apposita norma contraria Sussiste -Aplicazione -Risoluzione consensuale di un contratto risultante dagli atti di causa -Rilevabilit ex officio iudicis -Sussiste, 1264. -Proposizione di domande nuove nel corso del giudizio di primo grado -Mancanza di tempestiva eccezione della controparte di inammissibilit delle medesime Acquisizione delle domande nuove al processo -Sussiste, 1273. V. anche Acque pubbliche, Appello, Esecuzione forzata, Notificazione. PROCEDIMENTO PENALE -Istruttoria sommaria -Assistenza dei difensori agii atti del procedimento -Limitazione di cui all'art. 392 c. p. p. -Violazione del diritto di difesa -Sussistenza, 1185. -Istruttoria sommaria -Necessit del deposito degli atti analoga mente all'istruttoria formale Violazione del diritto di difesa Esclusione, 1185, -Tribunale per i minorenni Concessione del perdono giudiziale in Camera di Consiglio Violazione del diritto di difesa Esclusione, 1211. REATO -Reato continuato -Pi violazioni della stessa disposizione -Contestazione di ciascun reato -Continuazione -Insussistenza, 1431. -Reato contravvenzionale -Ignoranza della norma penale indotta da provvedimento dell'autorit, con nota di I. F. CARAMAZZA, 1426. RESPONSABILIT CIVILE -Risarcimento del danno -Danno emergente -Domanda di rimborso delle spese sostenute dal danneggiato per eliminare le conseguenze dannose del fatto illecito -Correlativa obbligazione del responsabile del danno -Debito di valuta -Insuscettibilit di rivalutazione -Sussiste, 1271. -Risarcimento del danno -Giudizio di liquidazione -Questione della incidenza della svalutazione monetaria -Rilevabilit di ufficio -Sussiste, 1271. -V. anche Obbligazioni e conttratti, Prescrizione. REVOCAZIONE - V. Impugnazione. SENTENZA -Riconoscimento di sentenza penale straniera -Casellario giudiziale -Sentenza straniera iscritta -Insufficienza ai fini della re INDICE xv cidiva -Necessit della annotazione del riconoscimenti:> o di accertamento dello stesso, con nota di P. DI TARSIA DI BELMONTE, 1429. SICILIA -Conflitto di attribuzione -Decreto del ;M~nistro per le Finanze modificativo delle attribuzioni degli Uffici I.G.E. di Roma e di Palermo -Infondatezza, 1203. -Registrazione con riserva degli atti alla Regione -Illegittimit costituzionale -Sussistenza, 1205. TRENTINO..;ALTO ADIGE ~ Conflitto di attribuzione -Competenza per la dichiarazione di p. u. e di indifferibilit ed urgenza degli elettrodotti costruiti dall'ENEL -Spetta allo Stato, 1196. VALLE D'AOSTA -Conflitto di attribuzione tra Stato e Regione -Nomina di Commissario di Governo -Rinuncia al ricorso -Validit, 1192. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 26 giugno 1965, n. 52 . . pag. 1185 19 novembre 1966, n. 101 1192 19 novembre 1966, n. 102 1195 19 dicembre 1966, n. 118 1196 19 dicembre 1966, n. 119 1199 19 dicembre 1966, n. 120 1203 19 dicembre 1966, n. 121 1205 19 dicembre 1966, n. 122 1211 19 dicembre 1966, n. 123 1213 19 dicembre 1966, n. 124 1215 29 dicembre 1966, n. 127 1185 29 dicembre 1966, n. 128 1216 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un., 4 marzo 1966, n. 634 . pag. 1235 Sez. Un., 5 aprile 1966, n. 874 . 1222 Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1330 . 1296 Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1332 (in nota a Cass. 20 agosto 1966, n. 2263) . 1308 Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1336 . 1299 Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1340 . 1301 Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1341 (in nota a Cass. 25 maggio 1966, n. 1336) . 1300 Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1352 (in nota a Cass. 25 maggio 1966, n. 1330) . 1297 Sez. I, 28 maggio 1966, n. 1392 (in nota a Cass. 20 agosto 1966, n. 2263) . 1308 Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1417 . 1379 Sez. III, 30 maggio 1966, n. 1439 . 1240 Sez. I, 7 giugno 1966, n. 1484 (in nota a Cass. 20 agosto 1966, n. 2263) 1308 Sez. I, 17 giugno 1966, n. 1560 . 1307 Sez. Un., 27 giugno 1966, n. 1649 . 1222 Sez. Un., 28 giugno 1966, n. 1675 . 1241 Sez. I, 30 giugno 1966, n. 1685 (in nota 'a Cass. 25 maggio 1966, n. 1336) . 1300 Sez. I, 30 giugno 1966, n. 1686 (in nota a Cass. 25 maggio 1966, n. 1336) . 1300 Sez. I, 30 giugno 1966, n. 1687 (in nota a Cass. 25 maggio 1966, n. 1336) . 1300 INDICE XVII Sez. I, 30 giugno 1966, n. 1688 (in nota a Cass. 25 maggio 1966, n. 1336) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 1300 Sez. I, 5 luglio 1966, n. 1737 (in nota a Cass. 20 agosto 1966, n. 2263) ........ . 1308 Sez. Un., 23 luglio 1966, n. 2009 . 1246 Sez. II, 23 luglio 1966, n. 2018 . 1251 Sez. Un., 25 luglio 1966, n. 2040 . 1223 Sez. Un., 25 lui}io 1966, n. 2043 . 1224 Sez. II, 4 agosto 1966, n. 2167 . 1253 Sez. I, 10 agosto 1966, n. 2174 . 1254 Sez. I, 10 agosto 1966, n. 2175 . 1261 Sez. III, 11 agosto 1966, n. 2193 . 1264 Sez. I, 20 agosto 1966, n. 2260 (in nota a Cass. 20 agosto 1966, n. 2263) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1308 Sez. I, 20 agosto 1966, n. 2261 (in nota a Cass. 20 agosto 1966, n. 2263) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1308 Sez. I, 20 agosto 1966, n. 2262 (in nota a Cass. 20 agosto 1966, n. 2263) . . . . . . . ... 1308 Sez. I, 20 agosto 1966, n. 2263 . . . 1308 Sez. I, 5 settembre 1966, n. 2318 . . 1327 Sez. III, 6 settembre 1966, n. 2329 . . 1266 Sez. III, 13 settembre 1966, n. 2371 . 1269 Sez. III, 23 settembre 1966, n. 2385 . 1271 Sez. I, 14 ottobre 1966, n. 2453 . 1332 Sez. I, 14 ottobre 1966, n. 2455 . . . 1297 Sez. I, 14 ottobre 1966, n. 2457 . . . 1328 Sez. I, 19 ottobre 1966, n. 2538 . . . 1335 Sez. I, 25 ottobre 1966, n. 2589 (in nota a Cass. 14 ottobre 1966, n. 2457) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... 1328 Sez. I, 26 ottobre 1966, n. 2605 (in nota a Cass. 20 agosto 1966, n. 2263) ......... . 1308 Sez. I, 26 ottobre 1966, n. 2607 . . 1310 Sez. I, 26 settembre 1966, n. 2613 . 1273 Sez. Un., 27 ottobre 1966, n. 2642 . 1274 Sez. I1 27 ottobre 1966, n. 2642 . . 1279 Sez. Un., 28 ottobre 1966, n. 2693 . 1225 Sez. I, 29 ottobre 1966, n. 2705 . . 1339 Sez. I, 29 ottobre 1966, n. 2706 . . 1347 Sez. I, 29 ottobre 1966, n. 2713 . . 1354 Sez. III, 5 novembre 1966, n. 2727 . 1281 Sez. I, 10 novembre 1966, n. 2749 . 1357 Sez. Un., 22 novembre 1966, n. 2783 . 1231 Sez. I, 30 novembre 1966, n. 2812 . . 1279 Sez. Un., 16 dicembre 1966, n. 2939 . 1370 Sez. I, 16 dicembre 1966, n. 2944 (in nota a Cass. 20 agosto 1966, n. 2263) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1308 Sez. I, 16 dicembre 1966, n. 2946 . . . . . . . . . . . . . 1363 Sez. I, 16 dicembre 1966, n. 2947 (in nota a Cass. 25 maggio 1966, n. 1330) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1297 Sez. I, 16 dicembre 1966, n. 2948 (in nota a Cass. 25 maggio 1966, n. 1330) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1297 Sez. I, 16 dicembre 1966, n. 2949 (in nota a Cass. 25 maggio 1966, n. 1330) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1297 2 XVIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI APPELLO Sez. I, 21 giugno 1966 . . . . . . . . TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE 5 agosto 1966, n. 24 . 11 agosto 1966, n. 26 . LODI ARBITRALI 11 novembre 1965, n. 86 (Roma) 2 luglio 1966, n. 43 (Roma) . 21 settembre 1966, n. 65 (Roma) GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 29 settembre 1966, n. 610 . Sez. IV, 29 settembre 1966, n. 636 . Sz, IV, 13 ottobre 1966, n. 651 . Sez. IV, 13 'Ottobre 1966, n. 653 . Sez. IV, 21 ottobre 1966, n. 706 . Sez. IV, 26 ottobre 1966, n. 713 . Sez. IV, 28 ottobre 1966, n. 759 . Sez. V, 27 agosto 1966, n. 1091 . Sez. V, 27 agosto 1966, n. 1105 . Sez. V, 27 agosto 1966, n. 1106 . Sez. V, 27 agosto 1966, n. 1110 . Sez. V, 21 ottobre 1966, n. 1224 . Sez. VI, 12 luglio 1966, n. 598 Sez. VI, 26 luglio 1966, n. 639 . COMMISSIONI TRIBUTARIE COMMISSIONE CENTRALE Sez. Un., 23 giugno 1966, n. 84493 . . . . . . . . . . . . . GIURISDIZIONI PENALI CASSAZIONE PENALE Sez. IV, 10 novembre 1965, n. 2323 . Sez. I, 3 gennaio 1966, n. 1624 . . Sez. III, 7 febbrai'O 1966, n. 1424 . Sez. IV, 28 aprile 1966, n. 18 . Sez. I, 8 agosto 1966, n. 962 . pag. 1371 1395 1405 1410 1413 1419 pag. 1184 1184 1286 1287 1288 1289 1290 1291 1291 1292 1292 1293 1294 1294 pag. 1373 pag. 1424 1426 1429 1431 1433 SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA MENESTRINA F., L'accessione nell'esecuzione, Giuffr, Milano, 1962, pagg. 274 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 281 KELSEN H., La dottrina pura del diritto, Einaudi, Torino, 1966, pagg. CIII-418 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 281 RASSEGNA DI LEGISLAZINE LEGGI E DECRETI (segnalazioni) . . . . . . . . . . . . . . pag. 143 NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO Dl LEGITTIMIT COSTITUZIONALE -Norme dichiarate incostituzionali: d. lg. P. R. 6 maggio 1948, n. 655, art. 2, secondo comma e art. 6, primo comma, primo periodo, art. 6, secondo comma 284 -Norme delle quali stata dichiarata non fondata la questione di legittimitd costituzionale: r. d. I. 20 luglio 1934, n. 1404, artt. 14 e 15 . 284 r. d. 5 giugno 1939, n. 1016 . 284 legge 19 gennaio 1955, n. 25 . . . . . . . 284 -Norme delle quali stato promosso giudizio di legittimit costituzionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . 285 codice civile, art. 2086, secondo comma . . . . . . . 285 codice civile, art. 2120, primo comma, ultima parte . 285 codice di procedura civile, art. 545, quarto comma . 285 codice di procedura civile, art. 622 . 285 codice penale, art. 145 e art. 213 . . . . . . . 285 codice di procedura penale, art. 398 . . . . . . . 286 codice di procedura penale, art. 503, terzo comma . 286 r. d. 11 dicembre 1887, n. 1550 ,recto 5138) . . . . 286 r. d. 2 luglio 1896, n. 313 . . . . . . . . . . . . 286 r. d. 5 luglio 1896, n. 314 ; . . . . . . . . . . . 287 legge 14 febbraio 1904, n. 36, art. 2, secondo comma art. 3, terzo comma, nel complesso delle disposizioni . 287 r. d. I. 15 marzo 1923, n. 692, art. 9, secondo comma . 287 r. d. 10 maggio 1923, n. 1792, art. 1, r. d. 19 novembre 1921, n. 1592 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 287 J J xx RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 31, primo, secondo e terzo comma . . . . . . pag. 288 r. d. 23 marzo 1924, n. 442. 288 legge 17 aprile 1925, n. 473 . . . . . . . 288 r. d. 16 agosto 1926, n. 1489 . . . . . . . 288 r. d. 29 luglio 1927, n. 1443, artt. 10 e 19 . 288 r. d. 21 gennaio 1929, n. 61 . . . . . . . 288 r. d. 18 giugno 1931, n. 787, art. 124, primo comma, artt. 125, secondo comma, 125, primo comma, art. 125, quinto e sesto comma, e 327, secondo comma, ultima parte .................... . 289 r. d. 18 giugno 1931, n. 787, art. 142, secondo comma 289 r. d. 27 novembre 1936, n. 645, artt. 12, secondo comma, 13 e 72 . . . . . ......... . 289 r. d. 7 giugno 1943, n. 651 . . . . . . . . 289 d. lg. lgt. 9 novembre 1945, n. 848, art. 6 . 289 d. lg. C.P.S. 1 aprile 1947, n. 273 . . . . 290 d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 176 . 290 legge 24 marzo 1958, n. 195 . . 291 legge 2 aprile 1958, n. 339 . . . . . . . 291 d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1011 . . . . . . 291 d. P. R. 11 settembre 1960, n. 1326, articolo unico . 291 d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 . . . . . . . . . 292 legge 22 luglio 1966, n. 614 . . . . . . . . . . . 292 d. P. R. 9 agosto 1966, n. 869, art. 3, primo comma . 292 legge reg. sic. approv. 12 ottobre 1966 . 292 legge reg. sic. approv. 16 novembre 1966 . . . . . 292 -Norme delle quali il giudizio di legittimit costituzionale stato definito con pronunce d iestinzione, di inammissibilit, di manifesta infondatezza o di restituzione degli atti al giudice di merito . . . . . . 293 codice di procedura penale, art. 398 . 293 legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F . . 293 r. d. 12 febbraio 1911, n. 297, art. 160 . 293 legge 7 ottobre 1947, n. 1058, artt. 3, secondo comma, 23e24.................. 294 d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645,, art. 136, lett. b) . 294 d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032, articolo unico . . 294 d. P. R. 9 maggio 1961, n. 866, articolo unico . . 294 legge reg. sarda approv. 14 maggio 1965 (20 gennaio 1966) . . . . . . . . . . . . . . 295 legge reg. sic. approv. 21 luglio 1965 . . 295 legge reg. sic. approv. 21 luglio 1965 . . 295 legge reg. sic. approv. 19 ottobre 1965 . 295 legge reg. sic. approv. 26 ottobre 1965 . 295 legge reg. sic. approv. 25 novembre .1965 . 295 legge reg.. sic. approv. 4 aprile 1966 . . . 296 legge reg. sic. approv. 4 aprile 1966 . . . 296 prescrizioni di massima per la provincia di Enna, artt. 27 e 39 . . . . . . . . . . . . . . . 296 ; INDICE XXI INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) pag. 303 303 304 304 305 305 306 306 306 306 307 307 307 308 308 308 309 309 309 309 310 310 pag. 311 Agricoltura e foreste . Appalto Borsa Daccia e pesca . . Comuni e province . Consiglio di Stato Contabilit Generale dello Stato Costituzione . Danni di guerra Demanio Edilizia economica e popolare Elettricit ed elettrodotti Enti e beni ecclesia stici Esecuzione forzata . Espropriazione per p.u. Fallimento Ferrovie Impiego pubblico . Importazione ed espor tazione Imposta di bollo . NOTIZIARIO Convegni di studi pag. 297 Imposta di registro . . 297 Imposta di successione 298 Imposte e tasse . . . 298 Infortuni sul lavoro . . 298 Lavoro 298 Locazione . Navi 298 Obligazioni e con299 tratti . 299 Opere publiche 299 Pensioni 300 Pignoramento Poste e telecomnicazioni 300 Prescrizione Previdenza e assisterlza 300 Privilegi 301 Regioni. 301 Responsabilit civile 301 Servit . 301 Societ . 302 Transazione rrasporti 303 Trattati e convenzioni 303 internazionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE I CORTE COSTITUZIONALE, 26 giugno 1965, n. 52 -Pres. Ambrosini Rei. Castelli -Avolio -Vernieri (n. c.). Procedimento penale -Istruttoria sommaria -Assistenza dei difensori agli atti del procedimento -Limitazione di cui all'art. 392 c. p. p. Violazione del diritto di difesa -Sussistenza. (Cost., art. 24; c. p, p. art. 392, primo comma, 304, bis, ter, quater). fondata, con riferimento all'art. 24 Cost., la questione di legittimit costituzionale dell'inciso in quanto applicabili., contenuto nell'art. 392, primo comma, c. p. c., ove esso renda possibile non applicare all'istruzione sommaria le disposizioni di cui agli artt. quater, previste per l'istruzione formale (1). 304, bis, ter, II CORTE COSTITUZIONALE, 29 dicembre 1966, n. 127 -Pres. Ambro sini -Rel. Manca -Chendi (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). Procedimento penale -Istruttoria sommaria -Necessit del deposito degli atti analogamente all'istruttoria formale -Violazione del diritto di difesa -Esclusione. Cost. art. 24; c. p. p. art. 392, primo comma, 372, 397). (1-2) La questione di cui alla prima massima era stata proposta con ordinanza del Pretore di Imola 4 marzo 1965 (Gazzetta Ufficiale 30 aprilcl 1965 n. 109). La questione di cui alla seconda massima era stata proposta da ordinanze di giudici diversi: Tribunale Ferrara, 6 luglio 1965 (Gazzetta Ufficiale ll 1186 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Corte Costituzionale -Questione di legittimit costituzionale in via in cidentale -Sentenza di accoglimento della questione -Effetti. (Cost., art. 136: I. 11 marzo 1953, n. 87, art. 30, terzo comma). Non fondata la questione di legittimit costituzionale, con riferimento all'art. 24. Cost., dell'art. 392, primo comma, c. p. p. neU'inciso in quanto applicabili, riferito al deposito degli atti prescritto nella istruzione formale dall'art. 372, in quanto tale deposito non manca nell'istruttoria sommaria,. nella quale la richiesta del P. M. di citazione a. giudizio deve essere accompagnata, a termini dell'art. 397, ultimo comma c. p. p., dal deposito degli atti nella cancelleria competente (2). Non fondata la questione di legittimit costituzionale, dell'art. 30, terzo comma, della l. 11 marzo 1953, n. 87, poich questa, nel suo contenuto sostanziale, non diverge in alcun modo dal precetto dell'art. 136 Cost., in base al quale la dichiarazione di illegittimit costituzionale di una norma di legge produce conseguenze assimilabili a quelle dell'annullamento, con incidenza anche sulle situazioni pregresse verificatesi. nel .giudizio, salvo il limite del giudicato. e quello derivante da situazioni giuridiche comunque divenute irrevocabili (3). I (Omissis). -Con la sentenza n. 11 del corrente anno questa Corte, in considerazione dell'intento ispiratore della riforma legislativa del 1955, degli orientamenti giurisprudenziali immediatamente successivi a 31 dicembre 1965 n. 326); Tribunale Varese 30 dicembre 1965 (Gazzetta Ufficiale 12 marzo 1966 n. 64); Pretore di Pieve di Cadore 25 gennaio 1966 mazzetta Ujjciale 12 marzo 1966 n. 64). Entrambe riguardano l'applicabilit al procedimento penale con istruzione sommaria di specifiche norme dettate per l'istruzione formale, che l'artt. 392 c. p. p. estende solo in quanto applicabili . Le due sentenze ritengono che l'estensione sia pienamente valida relativamente alle attivit del difensore previste ngli artt. 304 bis, ter, e quater c. p. p.; non sia consentita invece, per il deposito degli atti di cui all'art. 372 c. p. p., posto che, in ogni caso, prima del dibattimento, il difensore dell'imputato viene a conoscenza di tutti gli atti depositati a termini del1' artt. 397 c. p. p. La casistica potrebbe continuare anche per altre disposizioni dell'istruttoria formale, dato che il rinvio contenuto nell'art. 392 c. p, p. necessariamente elastico. Sulla precedente sentenza della Corte in merito allo stesso problema (sent. 19 febbraio 1965, n. 11) si rinvia alla nota contenuta in questa: Rassegna, 1965, 25, nonch al volume I giudizi di costituzionalitd, 1961-65,. 213 e segg.; cfr. anche; ELIA, Divergenze e convergenze della Corte costituzionale con la magistratura ordinaria in materia di garanzie difensive nell'istruzione sommaria, Riv. it. dir. proc. pen., 1965, 537. (3) La terza massima concerne l'applicazione della prima sentenza ai giudizi in corso, applicazione, come noto, negata dalla Corte Suprema con PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1187 tale riforma, dei generali, autorevolissimi convincimenti della dottrina, aveva ritenuto di dover, escludere ogni contrasto tra l'art. 392, primo comma, del Codice di procedura penale e l'art. 24 della Costituzione, sul presupposto che il rinvio fatto dall'art. 392 alle disposizioni relative all'istruzione formale, e in quanto sono applicabili , consentisse l'esten , sione all'istruzione sommaria delle disposizioni degli artt. 304 bis, ter, e quater dell'anzidetto codice, riguardanti l'esercizio del diritto di difesa nell'istruzione formale. In tal modo interpretata, la norma avrebbe potuto continuare a vivere nel sistema, in piena armonia con la Costituzione. L'esperienza immediatamente successiva ha tuttavia rivelato che la giurisprudenza della magistratura ordinaria, la quale fin dal 1958 aveva ritenuto di doversi discostare dall'anzidetta interpretazione dell'art. 392 -che l'unica non contrastante col precetto dell'art. 24 della Costituzione-, continua a escludere che la formulazione dell'anzidetto articolo del Codice di procedura penale, dati i particolari caratteri dell'istruzione sommaria, consenta l'estensione a quest'ultima -delle garanzie del diritto di difesa introdotte nel codice con gli artt. 304 bis, ter e quater. Interpretata e applicata in tal modo, la disposizione del primo comma dell'art. 392 continua perci a vivere nella realt concreta in modo incompatibile con la Costituzione, come questa Corte ha gi diffusamente spiegato nella ricordata sentenza n. 11. evidente, del resto, che, ove con l'istruzione sommaria dovesse risultare, per natura, incompatibile l'esercizio del diritto di difesa, quel tipo di istruzione sarebbe esso stesso in assoluto contrasto con l'art. 24 della Costituzione, il quale vuole assicurato il diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento . Questa Corte rimane per ferma nel convincimento della inesistenza di una naturale incompatibilit dell'istruzione sommaria con l'esercizio del diritto di difesa. Onde contrasta con l'art. 24 della Costituzione semplicemente il fatto che nel corso di tale tipo di istruzione la legge escluda l'esercizio della difesa. ripetute sentenze (Riv. it. dir. e proc. pen., 1965, 1101 e segg.) fino a quella delle Sezioni Unite penali dell'll dicembre 1965 (Foro it., 1966, II, 65). Va tuttavia rilevato, indipendentemente dal problema di merito, che sia l'art. 136 Cost., sia l'art. 30 della 1. 11 marzo 1953, n. 87 hanno il medesimo contenuto; e di ci ha dato conferma la stessa Corte Costituzionale nella seconda delle sentenze in rassegna. Ci importa, sul piano dell'applicazione giurisprudenziale, che una eventuale dichiarazione di illegittimit costituzionale dell'art. 30 citato, fondata su di una diversa interpretazione che di esso dovesse darne la Corte Suprema, non sortirebbe effetti pratici, dato che il Giudice ordinario sarebbe chiamato ad interpretare, in tale ipotesi, direttamente ed esclusivamente l'art. 136 Cost., il quale, per sua natura, non suscettibile di sindacato di legittimit costituzionale. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Uniformandosi al precedente segnato dalla sentenza n. 26 del 1961, la Corte ritiene pertanto di dovere, nella situazione determinatasi, della quale si fatto eco l'ordinanza che ha dato inizio al presente giudizio, dichiarare illegittimo l'art. 392, primo comma, del Codice di procedura penale, nella parte in cui, estendendo alla istruzione sommaria le norme stabilite per l'istruzione formale solo in quanto sono applicabili , autorizza ad escludere che anche nell'istruzione sommaria debbano avere applicazione le disposizioni degli artt. 304 bis, ter, quater, poste a garanzia del diritto di difesa. -(Omissis). II (Omissis). -Come si nota anche nell'ordinanza, la sentenza di questa Corte n. 52 del 1965, con riguardo alla questione allora prospettata, ha dichiarato l'illegittimit della disposizione, ora nuovamente impugnata, in relazione agli artt. 304 bis, ter e quater del Codice di procedura penale (modificato dalla 1. 18 giugno 1955, n. 517), concernenti i diritti dell'imputato nello svolgimento dell'istruttoria sommaria. Ma, con tale pronunzia, si dichiarata soltanto parzialmente l'illegittimit dell'inciso anzidetto, lasciando peraltro inalterata, nella sua struttura e nelle sue finalit, l'istruzione col rito sommario cosi come delineata dal codice processuale; e lasciando quindi tuttora operante la norma per la parte non concernente la questione proposta. Ora, non contestabile che il deposito degli atti e dei documenti nella cancelleria, prescritto dall'art. 372, all'atto della chiusura della istruttoria formale, sia dettato anch'esso a garanzia della difesa, come chiramente dimostra il secondo comma dello stesso articolo. peraltro da osservare che tale deposito non manca nell'istruttoria sommaria, poich l'art. 397, ultimo comma, dispone che la richiesta di citazione, da parte del Pubblico Ministero, depositata nella cancelleria competente, e, con essa, sono trasmessi gli atti del procedimento. Ci ovviamente al fine di porre in grado la difesa di prenderne conoscenza. Il che trova conferma anche nell'art. 323, (modificato dalla legge del 18 giugno 1955), il quale, per quanto riguarda la nomina del consulente tecnico, ammette che pu essere richiesta, dalla parte interessata o dal suo difensore, fino a cinque giorni prima della data fissata per il dibattimento. Non si pu pertanto disconoscere che, nell'accennata ipotesi, il di ritto alla difesa viene rispettato, in relazione al carattere ed alla finalit di quel tipo di istruttoria, e che quindi non dato riscontrare, sotto tale aspetto, alcuna violazione del precetto costituzionale, nella parte impu gnata dell'art. 392, sopra citato. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1189 2. -La questione principale della controversia concerne, come in precedenza si riferito, il terzo comma dell'art. 30 della legge 11 marzo 1953, n. 87, secondo il quale le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione delle decisioni di questa Corte. Si assume, nelle ordinanze di rimessione, che questa disposizione (emanata, in base all'art. 1 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1), per l'attuazione delle norme costituzionali (art. 136 della Costituzione e art. 1 della legge costituzionale n. 1 del 1948), data anche la divel'sit di formulazione rispetto al primo comma dell'art. 136 ( cessa di avere efficacia ), renderebbe possibile una interpretazione restrittiva degli accennati precetti: un'interpretazione cio che, circa l'incidenza delle pronunzie di incostituzionalit sui procedimenti in corso davanti agli organi giurisdizionali, escluderebbe tale incidenza relativamente agli atti di istruzione penale, compiuti, come nella specie, col rito sommario, prima della pubblicazione della sentenza sopra indicata, senza l'osservanza delle garanzie del diritto di difesa, prevedute dai citati artt. 304 bis, ter e quater. 3. -L'Avvocatura dello Stato deduce preliminarmente l'inammissibilit della questione, sul riflesso che la disposizione impugnata sarebbe compresa in una legge ordinaria, la quale, trattandosi di legge di attuazione di norme costituzionali, avrebbe carattere rinforzato rispetto alle altre leggi, tale da escludere il controllo di incostituzionalit. L'assunto contrario alla costante giurisprudenza di questa Corte (sentenze nn. 14, 15, 16 e 20 del 1956 e 15 del 1957) e l'eccezione deve essere perci respinta. 4. -Nel merito la questione non fondata. La difesa dello Stato muove dal presupposto che la norma impugnata, sebbene con formulazione diversa da quella del primo comma dell'art. 136 della Costituzione, ne costituisca tuttavia una chiarificazione ed una precisazione, senza restringerne la portata. Non contesta, d'altra parte, che la dottrina, quasi unanime, riconosce al precetto della Costituzione, collegato con l'art. 1 della legge costituzionale n. 1 del 1948, efficacia obiettiva erga omnes . Rileva peraltro che siffatta estensione alle situazioni verificatesi anteriormente alla pubblicazione della sentenza, implicherebbe anche un problema di limiti, sino a qual punto cio l'efficacia, cosi detta retroattiva, delle sentenze di questa Corte reagisca sulle accennate situazioni: problema che, in quanto concernente lo svolgimento, in concreto, del procedimento in base alle regole del codice processuale, non darebbe luogo ad una questione di costituzionalit, ma, soltanto, all'interpretazione ed applicazione della legge ordinaria, nell'ambito della competenza degli organi giurisdizionali. 1190 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Senonch da obiettare che la questione proposta investe il problema relativo agli" effetti delle sentenze che dichiarano l'illegittimit costituzionale di una norma di legge: problema, che deve essere perci esaminato nel complesso unitario della disciplina che regola tali effetti (art. 136, primo comma della Costituzione in relazione all'art. 1 della legge costituzionale 1948, n. 1 ed all'art. 30, terzo comma, della legge di attuazione n. 87 del 1953). Rimane ovviamente devoluta alla competenza degli organi giurisdizionali, l'applicazione in concreto dei principi che da tale interpretazione derivano. 5. -Com' noto il primo comma del citato art. 131), con modificazioni di forma e con l'aggiunta dal giorno successivo alla pubblicazione delle decisioni ., ha riprodotto il terzo comma dell'art. 128 del progetto; ed il primo eomma del progetto stesso divenuto l'art. 1 della legge eostituzionale del 9 febbraio 1948, n. 1. E mentre, nell'art. 136, si dispone che, con la diehiarazione di illegittimit costituzionale, la norma eessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione, nell'art. 1 della legge del 1948 si precisa che la questione di legittimit costituzionale, non ritenuta dal giudice manifestamente infondata, pu essere sollevata di ufficio o ad istanza di parte, nel corso di un giudizio, davanti ad organi giurisdizionali. pure noto ehe, nell'Assemblea costituente, non furono approfonditi (salvo qualche accenno in un intervento) i vari problemi che sarebbero potuti insorgere in dipendenza della dichiarazione di illegittimit. Ed i primi commentatori della Costituzione, fondandosi anche sulla formulazione letterale del primo comma dell'art. 136 si orientarono nel senso che la dichiarazione stessa producesse effetti analoghi a quelli dell'abrogazione, con le conseguenze inerenti a tale istituto. Per altro non appariva allora chiaro che, nonostante la formulazione della norma coatituzionale, tuttavia il riconoscimento (secondo anche l'orientamento del legislatore costituente) del carattere generale, obiettivo ed erga omnes degli effetti derivanti dalla dichiarata illegittimit di una norma, mal si conciliava con le regole che disciplinano l'abrogazione, per la quale, come noto, rimane pienamente valida la norma abrogata fino all'entrata in vigore di quella abrogante. In contrario di ci che si verifica (come anche attualmente ritiene la dottrina quasi unanime), nel caso di dichiarazione di illegittimit, in quanto questa colpisce la norma fin dalla sua origine, eliminandola dall'ordinamento e rendendola inapplicabile ai rapporti giuridici. Sostanziale diversit di situazioni, quindi, che stata gi posta in luce dalla giurisprudenza di questa Corte in varie sentenze, (n. 1 del 1956, 43 del 1957, 4 del 1959, 11 e 12 del 1960, n. 1 del 1962, 77 del 1963 e 38 del 1965), rilevandosi (sentenza n. 1 del 1956) Che e i due istituti dell'abrogazione e della illegittimit costituzionale non sono identici fra loro, si muovono su piani diversi con PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1191 effetti diversi e con competenze diverse .. Principi questi che han.no indotto questa Corte ad ammettere il controllo di costituzionalit anche rispetto a norma gi abrogata, quando ne permanessero gli effetti nel vigore della nuova Costituzione. Da ci e dal carattere sostanzialmente invalidante della dichiarazione di illegittimit deriva la conseguenza (pure accolta dalla dottrina quasi unanime) che la dichiarazione stessa produce conseguenze assimilabili a quelle dell'annullamento. Con incidenza quindi, in coerenza con gli effetti di tale istituto, anche sulle situazioni pregresse, verificatesi nello svolgimento del giudiizo nel quale consentito sollevare, in via incidentale, la questione di costituzionalit, salvo il limite invalicabile del giudicato, con le eccezioni espressamente prevedute dalla legge, e salvo altresi il limite derivante da situazioni giuridiche comunque divenute irrevocabili. Con riferimento all'istituto dell'annullamento appunto (come risulta dall'ampia relazione della Commissione della Camera dei Deputati ad illustrazione dell'art. 30 della 1. n. 87), stata inserita la disposizione del terzo comma: disposizione che, come pure risulta dalla citata relazione, stata dettata per eliminare i dubbi che erano stati sollevati nell'interpretazione dell'art. 136 della Costituzione e che derivano appunto dall'aver considerato come rapporti di diritto transitorio, quelli derivanti dalle dichiarazioni di incostituzionalit . 6. -Senonch, come si gi accennato in precedenza, nelle ordinanze di rimessione, con particolare riguardo all'attuale giudizio, si assume che dalla norma impugnata, potrebbe desumersi, in via di interpretazione, una restrizione del precetto costituzionale, circa gli effetti delle sentenze che dichiarano l'illegittimit di una norma, e quindi un impedimento all'applicazione delle garanzie di difesa (artt. 304 bis, ter e quater c. p. p.) per gli atti istruttori compiuti, prima della ricordata sentenza di questa Corte (n. 52 del 1965), senza l'osservanza di tali garanzie. In quanto cio gli atti istruttori sarebbero regolati dal principio tempus regit actum. Ritiene peraltro la Corte che l'assunto sia infondato. Pur ammettendo, infatti, l'esistenza nell'ordinamento di un tale principio, ricollegato a quello pi generale della normale non retroatti vit delle leggi che modificano o sostituiscono quelle precedenti, al principio stesso non pu farsi richiamo nel caso di specie, il quale, come si detto, retto da principi diversi; da quelli cio che disciplinano l'annullamento. d'altra parte da osservare che il terzo comma dell'art. 30 della legge n. 87, contrariamente a quanto si assume, nel suo contenuto so .stanziale, non diverge, in alcun modo, dal precetto costituzionale, come anche ritengono concordemente la dottrina e la giurisprudenza. 1192 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'opinione contraria contrasta con gli intendimenti che ne hanno determinato l'emanzione, quali risultano dalla sopra citata relazione e dallei dichiarazioni del Presidente della Commissione parlamentare, nel senso che la formula adoperata nel citato terzo comma interpretativa e integrativa di quella costituzionale, in quanto chiarisce che la pronunzia di illegittimit vale per tutti i processi in corso>. Non giova in contrario richiamarsi, come fanno le ordinanze di rinvio, alla diversa formulazione del terzo comma dell'art. 30, rispetto all'art. 136 della Costituzione. Questo infatti stabilisce, in linea generale ed obiettiva, quale sia la conseguenza nell'ordinamento della pronunzia di incostituzionalit: il terzo comma in contestazione ne precisa gli effetti nel processi in corso, ai fini della disapplicazione conseguente alla dichiarata illegittimit. Pertanto, cosi interpretata, e soltanto in tal senso, la Corte non ritiene illegittima la disposizione che ha formato oggetto del presente giudizio. 7. -Quanto si finora esposto porta quindi a concludere che le disposizioni circa il diritto alla difesa, non soltanto sono applicabili alla istruttoria sommaria, com' stato gi deciso, ma lo sono altresi agli atti istruttori compiuti con tale rito, prima della pubblicazione della sentenza di questa Corte pi volte menzionata (n. 52 del 1965), come effetto della dichiarazione di illegittimit dell'art. 392, primo comma, del Codice di procedura penale, salvi i limiti gi precisati. Si tratta, invero, di disposizioni, alle quali fa riferimento il n. 3 dell'art. 185 del Codice di procedura penale (modificato dalla I. n. 517 del 1955), che attengono all'intervento, all'assistenza ed alla rappresentanza dell'imputato nella istruzione. Esse riguardano bensi atti di carattere processuale, ma appunto, per i loro riflessi sulle garanzie della difesa, possono incidere su tutto il processo. Il che fatto palese dal modo con cui le ha considerate il legislatore, in quanto, nella citata norma, dispone che la loro violazione d luogo a nullit insanabile, rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del procedimento. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 19 novembre 1966, n. 101 -Pres. Ambrosini -Rel. Cassandro -Pres. Regione Valle d'Aosta (avv. Lucatello, Guarino, Crisafulli) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Guglielmi). Valle d'Aosta -Conflitto di attribuzione fra Stato e Re~ione -Nomina di Commissario del Governo -Rinuncia al ricorso -Validit. (Cost., art. 134; St. Val d'Aosta, art. 48; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 40). valida la rinuncia al ricorso per conjlitto di attribuzione formulata dal Presidente della Regione Val d'Aosta, in virt di deliberazione PARTE 1, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1193 della Giunta regionale eletta dal Consiglio regionale, in base a convocazione di un Commissario dello Stato nominato e ad hoc , non potendosi contestare al Presidente del Consiglio dei Ministri l'esercizio del potere-dovere di accertare se il Consiglio regionale sia in grado di funzionare, ai fini del suo eventuale scioglimento a' sensi delt'art. 48 dello Statuto (1). (Omissis). -La Corte non pu limitarsi nel caso presente a prendere atto dell'avvenuta rinunzia al ricorso da parte della Regione e dell'accettazione, da parte dello Stato, di tale rinunzia. Gli eventi di questa causa, quali risultano dalla narrativa, sono sufficiente ragione della necessit in cui la Corte si trova, al fine della tutela dell'ordinato svolgersi dei rapporti tra Stato e Regione e dell'integrit delle sfere di competenza dell'uno e dell'altra, di accertare preliminarmente la validit della rinunzia. E codesto accertamento non possibile fare senza verificare, in primo luogo, la legittimit del provvedimento di nomina di un commissario incaricato di convocare il Consiglio regionale e di assicurarne il pacifico e regolare funzionamento, adottato dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Non occorre ai fini di questo accertamento esaminare la fondatezza di tutte le tesi che sono state addotte dalla difesa del Presidente del Consiglio, segnatamente di quelle relative al carattere del provvedimento presidenziale, e dell'atto successivo di convocazione, che si porrebbero, nella serie degli atti del Consiglio, non gi come presupposti in senso tecnico dell'ulteriore attivit consiliare, ma come presupposti remoti e di fatto. N occorre accertare la natura del potere del Presi dente del Consiglio regionale di convocare il Consiglio, e se sia tale da non ammettere che una convocazione da parte di un organo dello Stato possa configurarsi come un'invadenza della sfera di competenza della Regione; n, infine, se il potere del Commissario del Governo di convo (1) Con la presente decisione ha termine la vertenza giudiziaria sorta in conseguenza della nomina, da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri, di un Commissario dello Stato nella Regione Val d'Aosta, con l'incarico di convocare auel Consiglio regionale che l'allora Presidente in carica si rifiutava di convocare. Avverso il provvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri era stata proposta domanda di sospensione, peraltro respinta dalla Corte con ordinanza 15 giugno 1966, n. 70 (in questa Rassegna, 1966, I, 765). La Corte Costituzionale ha accolto uno dei rilievi difensivi prospettati dall'Avvocatura Generale, e precisamente quello attinente al potere-dovere del Presidente del Consiglio dei Ministri di accertare il mancato funzionamento del Consiglio regionale, ai fini del suo eventuale scioglimento da parte del Governo dello Stato. Attivit preliminare e quasi istruttoria questa, la quale, anche se non espressamente attribuita al Presidente del Consiglio da specifiche norme costituzionali od ordinarie, rientra nei suoi poteri naturali di dirigere 1194 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO care il Consiglio, previsto dal quarto comma dell'art. 26 dello Statuto T.-A.A., sia espressione di un principio generale valido anche per le altre Regioni a statuto speciale. La difesa dello Stato ha invocato, anche, l'esistenza di un principio secondo il quale spetta al Governo un potere generale di sorveglianza su tutti gli enti ed organi esistenti nell'ambito dell'ordinamento per garantire la legalit e lo svolgimento regolare delle loro funzioni. Ma nemmeno di questo principio, del quale, segnatamente se ricondotto all'altro pi generale del potere-dovere dello Stato di garantire l'ordinamento contro ogni violenza e di assicurare il rispetto della legalit costituzionale, la Corte non si dissimula l'importanza1 occorre in questa sede dimostrare la fondatezza e i limiti. Nel caso presente pacifico che l'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale non soltanto si rifiut di osservare le norme statutarie relative alla convocazione ordinaria e straordinaria del Consiglio, non soltanto la Giunta, o il suo Presidente, impedl l'accesso dei consiglieri nella sede del Consiglio, ma il VicePresidente del Consiglio regionale che esercitava la carica al posto del Presidente, dimissionario per motivi di salute, rivolse al Presidente del Consiglio dei Ministri una lettera con la quale invitava il Governo a sciogliere il Consiglio a suo avviso incapace di funzionare. Ne consegue, a prescindere dall'applicabilit di quel pi alto e generale principio sopra enunciato, che il provvedimento del Presidente del Consiglio trova in questo contesto, e senza che occorra tener conto della motivazione che reca, un pi puntuale e preciso fondamento nell'art. 48 dello Statuto che riconosce al Governo il potere di sciogliere il Consiglio regionale, tra l'altro anche nel caso nel quale esso Consiglio non sia in grado di funzionare . Ora non pu contestarsi, ad avviso della Corte, che tale potere comporti l'altro, l'esercizio del quale di natura preliminare e istruttoria, di accertare se in effetti il Consiglio fosse in grado la politica generale del Governo e di mantenerne l'unit di indirizzo politico e amministrativo (art. 95 Cost.). Si afferma, cosi, anche nella nostra giurisprudenza costituzionale, la c. d. teoria dei poteri impliciti ( implied powers ). che dette luogo agli appassionanti dibattiti politico-giuridici -nell'ordinamento costituzionale statunitense ai principi dell'Unione (cfr., in proposito, LEVI, La teoria hamiltoniana degli implied powers della Costituzione, Rendiconti Accad. Lincei, voi. VI, 1951, 492-518). Per la preminenza delle attribuzioni del Presidente del Consiglio dei Ministri su quelle dei colleghi del Gabinetto, cfr. PRETI, n Governo nella Costituzione italiana, Milano, 1954, 21 sgg. Sul concetto di e Governo , ai fini della competenza ad adottare i provvedimenti di cui all'art. 6 legge com. e prov., cfr. l'ampia nota del CuocoLo, Conflitti di attribuzione, interessi regionali, ecc. in Giur. cost., 1966, I, 53 sgg. a commento della sentenza della Corte Costituzionale 13 gennaio 1966, n. 4. J J PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1195 di funzionare, come affermava la maggioranza del Consiglio e negava il suo Vice-Presidente. Dal ehe discende anche che tale potere non poteva essere esercitato se non dal Presidente del Consiglio, che rappresenta il Governo nei rapporti con la Regione, e al quale spetta di coordinare e dirigere l'attivit del Consiglio dei Ministri e di fissarne l'ordine del giorno, e quindi anche di investirlo della questione relativa all'eventuale scoglimento del Consiglio regionale. Della legittimit del provvedimento presidenziale, cos inteso, non pu dubitarsi; ne consegue l'impossibilit di ricavarne l'invalidit dei due provvedimenti di revoca del mandato agli avvocati Guido Lucatello e Giuseppe Guarino e di rinunzia al presente conflitto di attribuzione, adottati dalla Giunta regionale. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 19 novembre 1966, n. 102 -Pres. Ambrosini -Rel. Sandulli -Galati (n. c.). A~ricoltura e foreste -Tutela dei boschi e terreni montani -Prescrizioni di massima da parte della Camera di Commercio. -Sindacato di le~ittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 134; r. d. 30 novembre 1923, n. 3267; r. d. I. 18 aprile 1926, n. 731, art. 35). inammissibile, perch proposta contro atti regolamentari e non legislativi, la questione di legittimit costituzionale delle disposizioni di massima per la protezione dei boschi, emanate dalle Camere di Commercio, subentrate ai Comitati forestali (1). (Omissis). -Le disposizioni denunciate 'sono comprese fra le prescrizioni che, in ottemperanza all'art. 10 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3267, le Camere di commercio, sottentrate ai comitati forestali ai sensi dell'art. 35 del d. 1. 18 apr.ile 1926, n. 731, sono tenute a compilare per la protezione e l'utilizzazione dei boschi in ciascuna provincia. Esse, come questa Corte ha avuto gi occasione di affermare con la sentenza n. 26 del corrente anno (in conformit del resto con la definizione che ne d il citato art. 10 del decreto), hanno natura regolamentare. Non (1) Questione proposta con ordinanza 11 novembre 1965 del Pretore di Torino (Gazzetta Ufficiale 20 gennaio 1966, n. 25), e decisa con procedimento in Camera di Consiglio non essendovi stata costituzione di parti. La sentenza 23 marzo 1966, n. 26, menzionata nella motivazione, pubblicata in questa Rassegna, 1966, 489. Sulla inammissibitit del sindacato di legittimit costituzionale su atti aventi natura regolamentare cfr. ampiamente I giudizi di costituzionalit, 1961-65, pag. 16 sgg. 1196 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO consentito quindi nei confronti di esse il sindacato di legittimit di questa Corte, che l'art. 134 della Costituzione consente nei confronti dei soli atti aventi forza di legge. Le questioni proposte debbono essere pertanto dichiarate inammissibili. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 19 dicembre 1966, n. 118 -Pres. Ambrosini -Rel. Sandulli -Pres. Regione Trentino Alto Adige (avv. Barbato) c. Presidente Consiglio dei Ministri (n. c.). Trentino Alto-Adige -Conflitto di attribuzione -Competenza per la di chiarazione di p. u. e di indifferibilit ed urgenza degli elettrodotti costruiti dall'Enel -Spetta allo Stato. (St. Trentino Alto Adige, artt. 4, n. 4 e 5, art. 5 n. 5; d. P. R. 18 marzo 1965, n. 342, art. 9). I decreti di autorizzazione alla costruzione di elettrodotti da parte dell'Enel, emessi dagli organi dello Stato, ai sensi dell'art. 9, comma ottavo, del d. P. R. 18 marzo 1965, n. 342, hanno efficacia di dichiarazione di p. u. e di indifferibilit ed urgenza anche nella Regione Trentino Alto Adige, in quanto non ledono le attribuzioni statutarie della Regione in materia di esp1opriazioni e di utilizzazione di acque pubbliche (1). (Omissis). -Siccome l'atto impugnato si basa appunto sulla ricordata disposizione del d. P. R. 18 marzo 1965, n. 342, emanato in virt della delegazione di potest legislativa conferita al Governo con 1. 6 di- (1) La Corte Costituzionale, sotto il paradigma del conflitto di attribuzione, ha incidentalmente affrontato e risolto, in senso positivo, anche la questione di legittimit costituzionale della disposizione del d. P. R. 18 marzo 1965, n. 342, la quale attribuisce efficacia di dichiarazione di p. u. e di indifferibilit ed urgenza ai decreti, ministeriali o provveditoriali, di autorizzazione all'Enel alla costruzione di elettrodotti. Decisione ineccepibile, a fronte delle norme statutarie concernenti espropriazioni e lavori di interesse esclusivamente 7egionale. In via generale, sui problemi relativi alla istituzione dell'Enel sotto il riflesso costituzionale, cfr. nota riassuntiva alla sentenza della Corte Costituzionale 11 luglio 1966, n. 94, in questa Rassegna, 1966, I, 991. Per la riaffermazione del principio che la materia delle acque pubbliche -e della connessa competenza giurisdizionale dei Tribuna.li delle acque pubbliche -riguarda solo l'utilizzazione diretta e immediata delle acque, con esclusione della successiva immissione in rete (idrica o elettrica) cfr. Trib. Sup. Acque pubb., 11 marzo 1964, in 8, in questa Rassegna, 1964, I, 405. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1197 cembre 1962, n. 1643, e rinnovata con 1. 27 giugno 1964, n. 452, e siccome tale decreto sicuramente applicabile in tutto il territorio in cui opera l'E.N.E.L., e perci in tutto il territorio dello Stato, occorre preliminarmente portare l'esame in via delibativa (ai sensi e per gli effetti dell'art. 23 della I. 11 marzo 1953, n. 87) sulla questione di leg.ittimit costituzionale della disposizione stessa -prospettata in via subordinata dalla Regione -, ai fini della eventuale elevazione di un giudizio di legittimit nei confronti della medesima. La Corte ritiene per che la questione sia manifestamente infondata. A torto la Regione si richiama alle ricordate disposizioni statutarie. L'art. 4, n. 4, dello statuto attribuisce alla Regione la materia della e espropriazione per pubblica utilit non riguardante opere a carico dello Stato . Quando pur dovesse ammettersi che le dichiarazioni di pubblica utilit e di urgenza e indifferibilit delle opere pubbliche rientrino nella materia di tale numero -e non in quella del successivo n. 5, che si riferisce ai e lavori pubblici (si tenga presente che la tendenza della legislazione statale, a partire dalla 1. 18 dicembre 1879, n. 5188, appare sempre pi orientata in quest'ultimo senso) -sta di fatto che, essendo l'E.N.E.L. -in quanto preposto alla gestione di n servizio pubblico nazionalizzato (1. 6 dicembre 1962, n. 1643 e d. P. R. 15 dicembre 1962, n. 1670) -un ente di Stato, le opere relative al servizio cui esso preposto non possono non esser considerate, ai fini del n. 4 in esame, opere a carico dello Stato , e perci estranee alla materia cui il numero stesso si riferisce. L'art. 4, n. 5, dello statuto considera, a sua volta, materia di spettanza della Regione, oltre alla viabilit e agli acquedotti, i lavori pubblici di interesse regionale . chiaro per che la specificazione di tale categoria di lavori non pu essere effettuata se non attraverso norme di attuazione (come avvenuto per le altre Regioni: v., per la Sicilia, l'art. 3 d. P. R. 30 luglio 1950, n. 878, e, per la Sardegna, l'art. 9 d. P. R. 19 maggio 1950, n. 327). Per il Trentino-Alto Adige le necessarie norme di attuazione sono, finora, mancate: infatti l'unica norma di attuazione finora emanata in materia di lavori pubblici l'art. 37 del d. P. R. 30 giugno 1951, n. 574, attinente al settore urbanistico. Pu essere anzi opportuno tener presente in proposito che l'art. 3 lett. g) delle norme di attuazione dello statuto della Regione siciliana in materia di opere pubbliche, emanate col ricordato d. P. R. 30 luglio 1950, n. 878, qualifica e grandi opere pubbliche di prevalente interesse nazionale nell'ambito di quella Regione (ai sensi dell'art. 14 lett. g) del relativo statuto) le linee elettriche di trasporto con tensione non .inferiore a 15.000 volts. E pu essere utile ricordare che la linea in occasione della cui realizzazione sorto il presente giudizio della tensione di ben 220 Chilovolts. 1198 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'art. 5, n. 5, dello statuto, infine, attribuisce alla Regione la materia della utilizzazione delle acque pubbliche. In questa materia sono state emanate, con d. P. R. 30 giugno 1951, n. 574 ( e precisamente con gli artt. 8-16 di esso), le norme di attuazione, le quali riflettono anche le disposizioni degli artt. 9-10 dello statuto, interessanti le ingerenze e i diritti regionali in materia di concessioni, da parte dello Stato, di grandi derivazioni di acque a scopo idroelettrico. Ma tale materia sicuramente non comprende gli elettrodotti. A parte la lettera della disposizione statutaria, il caso di ricordare, in proposito, che, secondo la costante giurisprudenza formatasi in riferimento all'art. 143 del t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775 sulle acque e sugli impianti elettrici, la materia delle acque pubbliche non si estende agli impianti di trasmissione dell'energia elettrica (i quali non attengono alla utilizzazione diretta e immediata .dell'acqua). E tale concetto dsulta puntualmente applicato nelle ricordate norme di attuazione, le quali non si occupano di tutti gli impianti elettrici, bensi unicamente degli impianti di derivazione di acque a scopi idroelettrici. Risulta perci ictu oculi destituita di fondamento altresi l'affermazione che la disposizione dell'ottavo comma dell'art. 9 del d. P. R. 18 marzo 1965, n. 342, contrasterebbe con le ricordate norme di attua zione, e, pi specificamente, con l'art. 8 di esse (il quale si riferisce soltanto al riconoscimento, alla concessione e alla rinnovazione delle derivazioni di acque). Dimostrata l'evidente insussistenza di qualsiasi contrasto della de nunciata disposizione del d.lgs. del 1965 con le norme statutarie e con quelle di attuazione di esse, non il caso -n possibile -saggiarne la legittimit costituzionale rispetto alla legge regionale sulle espropria zioni per pubblica utilit emanata nel 1956 e modificata e integrata nel 1963. Il problema della prevalenza tra norme legislative di pari grado si risolve infatti in termini di successione temporale (lex posterior derogat priori) e non in termini di legittimit costituzionale. Si pu prescindere quindi anche da ogni considerazione circa il carattere speciale della legislazione sull'E.N.E.L., destinata a realizzare (come questa Corte ha avuto occasione di affermare nella sentenza n. 13 del 1964) una di quelle riforme economico-sociali dalle quali l'art. 4 dello statuto del Trentino-Alto Adige vuole che i poteri regionali siano condizionati. Una volta esclusa ogni possibilit di prevalenza della legge regio nale rispetto al successivo decreto legislativo statale non occorre poi affrontare la questione -che la stessa Regione non ha mancato di considerare -della illegittimit della legge regionale per essere stata emanata nonostante la mancanza di norme di attuazione delle disposi zioni statutarie in materia di espropriazione per pubblica utilit e di lavori pubblici di interesse regionale. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1199 Dalla dimostrazione della manifesta infondatezza della questione di legittimit costituzionale dell'art. 9, comma ottavo, del decreto legislativo sulla base del quale lo Stato ha affermato la propria competenza nel caso in esame, e dalla conformit di tale affermazione all'anzidetta disposizione legislativa -che la stessa Regione non contesta -, discende che la pretesa fatta valere dalla Regione con l'elevato conflitto di attribuzioni da dichiarare infondata. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 19 dicembre 1966, n. 119 -Pres. Ambrosini -Rel. Bonifacio -Pres. Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Guglielmi) c. Presidente Regione Sarda (avv. Gasparri). Corte Costituzionale -Questione di legittimit costituzionale in via principale -Proposizione da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri senza previa deliberazione del Consiglio dei Ministri Inammissibilit. (Cost., art. 127; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 31; St. reg. Sardegna, art. 33). inammissibile i1 ricorso proposto dal Presidente del Consiglio dei Ministri avverso Za legge della regione Sardegna 20 gennaio 1966, concernente Za concessione di un sussidio ai vecchi lavoratori senza pensione, qualora esso non sia stato preceduto dalla formale deliberazione del Consiglio dei Ministri, a nulla rilevando la deliberazione intervenuta successivamente al termine di scadenza, n le dimissioni in atto del Gabinetto (1). (Omissis). -L'eccezione di inammissibilit del ricorso, sollevata dalla difesa della Regione, fondata. L'art. 33, secondo comma, della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 -contenente lo Statuto speciale per la Sardegna -confe (1) Con la sentenza in esame, la Corte ha fissato alcuni principi che trascendono il caso deciso e sono suscettibili di ulteriori approfondimenti. Col primo di essi si esclude che sussista un generale principio di sosti tuzione presidenziale all'organo collegiale nei casi urgenti, ancorch essa sia seguita da ratifica. Con il secondo, si afferma che la deliberazione collegiale del Consiglio dei Ministri deve necessariamente precedere la proposizione del ricorso. Con l'altro, infine, si afferma che da tale deliberazione non pu pre scindersi neanche nell'ipotesi di Governo dimissionario, quando essa debba essere assunta a tutela di un obiettivo interesse generale . In ordine al primo punto, non sembra, peraltro, pertinente il richiamo alla sentenza n. 33 del 1962 (Giu.r. cost., 1962, 257 e nota di GROTTARELLI 1200 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO risce non al Presidente del Consiglio dei Ministri, ma al Governo della Repubblica il potere di promuovere la questione di legittimit costituzionale di una legge riapprovata dal Consiglio regionale; l'art. 31 della 1. 11 marzo 1953, n. 87, prescrive che il ricorso del Presidente del Consiglio va proposto previa deliberazione del Consiglio dei Ministri . Nel caso in esame i due provvedimenti non sono stati adottati nell'ordine in tal modo stabilito. La legge impugnata -approvata dal Consiglio regionale il 14 maggio 1965 e riapprovata, a seguito di rinvio da parte del Governo, nella seduta del 20 gennaio 1966 -venne comunicata il 21 gennaio 1966 al Presidente del Consiglio, secondo le modalit previste dall'art. 14 del d. P. R. 19 maggio 1949, n. 250. Risulta dagli atti che il ricorso, notificato il 5 febbraio 1966, non fu preceduto dalla deliberazione del Consiglio dei Ministri, la quale intervenne, col contenuto di ratifica, solo il 7 febbraio, vale a dire dopo la scadenza del termine fissato dall'art. 33 dello Statuto. Gli artt. 31 e 32 della 1. 11 marzo 1953, n. 87, impongono (cfr. .sent. n. 33 del 1962) che il ricorso del Presidente del Consiglio o del Presidente della Giunta venga proposto dopo la deliberazione collegiale del Consiglio dei Ministri o della Giunta e ci perch solo a questi organi attribuito il potere di deliberare l'impugnativa per illegittimit costituzionale di una legge. Dal che discende che l'ordine degli atti collegiale e presidenziale risponde -come fu precisato nella DE' SANTI), la quale aveva deciso in conformit la questione sorta a proposito di un ricorso proposto dal Presidente della Regione Siciliana. Sul piano dell'organizzazione statuale, infatti, non senza rilevanza la precisa caratterizzazione che l'art. 95 Cost attribuisce alla figura del Presidente del Consiglio dei Ministri, rispetto ai colleghi del Gabinetto, ed ai relativi poteri, anche impliciti, che da tale particolare caratterizzazione gli derivano; del che, d'altronde, sembra essersi resa interprete la stessa Corte nella precedente sentenza 19 novembre 1966, n. 101, retro, ). Pi delicata la questione relativa al termine entro il quale la deliberazione consiliare deve aver luogo. La Corte, infatti, ha affermato che l'ordine cronologico del procedimento deve essere osservato sostanzialmente, nel rigoroso rispetto delle competenze relative ad una attivit alla quale sono connessi gravi effetti costituzionali. Non ha, per, precisato, (essendo stata nella specie, la deliberazione consiliare adottata dopo la .scadenza del termine per il ricorso) se una deliberazione adottata entro tale termine, ancorch successiva alla proposizione del ricorso, sia idonea a salvare questo dalla sanzione dell'inammissibilit. Bench da qualche autore, in dottrina, si generalizzi tale sanzione (BELLI, n sindacato di costituzionalit delle leggi regionali, in La Corte Costituzionale, Roma 1957, 464), devesi ritenere che, nell'ipotesi considerata, non possa dichiararsi l'inammissibilit del ricorso, dato che, entro il termine di legge, tutti gli organi costituzionali hanno espresso la loro PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1201 ricordata sentenza di questa Corte -ad una esigenza non formale, ma sostanziale, al rigoroso rispetto, cio, delle competenze relative ad una attivit alla quale sono connessi gravi effetti costituzionali. Una successiva deliberazione del Consiglio dei Ministri, nella specie adottata dopo la scadenza del termine, appare perci non idonea a sanare un vizio che deriva dall'assoluto difetto del potere del Presidente. A contrastare tale conclusione, fondata su una non dubbia interpretazione del sistema vigente, non valgono le osservazioni prospettate dall'Avvocatura dello Stato. Ed invero da escludere che possa farsi ricorso ad un preteso principio generale secondo il quale ogni organo di presidenza potrebbe, in caso di urgenza e salvo ratifica, adottare i provvedimenti spettanti al collegio. Le competenze di ordine costituzionale sono infatti tassativamente attribuite e delimitate, e di conseguenza la sostituzione di un organo ad un altro ammissibile solo nei casi e nei limiti eccezionalmente previsti da specifiche norme: non giova, perci, invocare il precedente giurisprudenziale costituito dalla sentenza n. 57 del 1957 di questa Corte, giacch in quella occasione la eccezione di inammissibilit venne respinta perch una norma statutaria (art. 48 n. 7 dello Statuto T.-A.A.) espressamente consente alla Giunta provinciale di adottare in via di urgenza i provvedimenti di volont. Se poi il Consiglio dei Ministri non ratificasse il ricorso gi pro posto, il Presidente potrebbe dare esecuzione alla volont collegiale del Ga binetto, rinunciando al ricorso stesso. Diverso il problema dell'indicazione, nel ricorso, della deliberazione consiliare ritualmente adottata. A questo proposito, la Corte, con la sen tenza 30 maggio 1963 n. 76, (Giur. cost., 1963, 629), escludeva la necessit di tale indicazione, dato che nessuna disposizione di legge la stabilisce, n essa necessaria per il raggiungimento degli scopi dell'atto. L'ultimo principio affermato dalla Corte merita pure esso qualche precisazione. Attribuendo al Governo dimissionario il potere-dovere di deliberazione sulla proponibilit o meno di un ricorso avverso leggi regionali, e perci foriero -come la Corte stessa afferma -di gravi effetti costituzionali , si va certamente oltre la nozione corrente di ordinaria amministrazione che riconosciuta normalmente al Gabinetto dimissionario, (PRETI, Il Go verno nella Costituzione italiana, Milano, 1954, 210; ELIA, Sulla ordinaria amministrazione degli organi costituzionali, Arch. giur., 1958, 89). D'altra parte, come ricorda il primo dei due autori citati, una interpre tazione restrittiva del concetto di 01dinaria amministrazione avvalo rata dall'art. 14 r. d. 18 novembre 1923, n. 2441 che vieta al Governo dimis sionario di chiedere la registrazione con dserva dei decreti alla Corte dei conti. Se non si deve considerare questa norma come una mera eccezione, essa risulta l'espressione di un principio pi generale il quale tende alla 4 1202 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO competenza consiliare (e nella successiva sentenza n. 33 del 1962 la Corte conferm che da tale disposizione non ricavabile una norma atta a regolare fattispecie analoghe); n giova, con pi diretto riferimento al caso in esame, richiamare l'art. 3 del d. P. R. 30 giugno 1951, n. 574, perch questa norma, dettata in attuazione dello Statuto T.-A.A. e avente forza di legge ordinaria, regola anch'essa una delimitata fattispecie e non pu essere assunta a fonte di individuazione di un principio generale che consenta lo spostamento, sia pure provvisorio, di competenze costituzionali. Nessuna incidenza sulla questione in esame, infine, pu avere la circostanza che all'epoca del ricorso il Governo era dimissionario. A parte il rilievo che quando, in data 7 febbraio 1966, il Consiglio dei Ministri deliber la ratifica il gabinetto era ancora in crisi -e, dunque, si riconobbe purtuttavia competente a provvedere sulla materia evidente che l'urgenza determinata dalla perentoriet del termine,. se non legittima la sostituzione del Presidente del Consiglio (in senso analogo cfr. sent. n. 36 del 1962), rende incontrovertibile che la relativa deliberazione, adottata a tutela di un obbiettivo interesse generale, rientra fra gli atti che il Governo dimissionario pu legittimamente porre in essere. -(Omissis). conservazione dello statu quo politico-costituzionale, fino all'entrata in carica del nuovo Ministero. In tale prospettiva, quanto meno dubbio che un Governo, sfornito. di un requisito costituzionale indispensabile per la sua validit, la fiducia. delle Camere (art. 94, primo comma, Cost.) possa promuovere un giudizio di legittimit costituzionale in via principale contro leggi regionali davanti alla Corte Costituzionale, a tutela delle competenze legislative, assegnate allo Stato. La tesi ne vieppi avvalorata allorch si consideri l'altra ipotesi di impugnazione di leggi regionali da parte del Governo, quella di merito per contrasto di interessi davanti alle Camere, anch'essa soggetta al termine perentorio di quindici giorni (art. 127 Cost.). Come potrebbe, infatti, un Governo battuto, o comunque non pi sorretto, dalle Camere, rivolgersi proprio ad esse per proporre una questione politico-costituzionale nei confronti di una Regione? Ed allora l'unica conclusione ammissibile per superare i gravi incon-. venienti prospettati, potrebbe essere quella di considerare sospeso, per il Presidente del Consiglio dei Ministri, il termine per l'impugnativa, dal giorno della presentazione delle dimissioni a quello del conferimento della fiducia da parte della seconda Camera. Giusta autorevole dottrina, infatti, neanche l'investitura presidenziale e l'avvenuta prestazione del giuramento dei membri del nuovo Governo abiliterebbero questo all'esercizio di funzioni diverse da quelle del Governo dimissionario (Bozzi, Nomina,, fiducia e dimissioni del Governo, in Studi dir. costituz., Milano, 1961, 137 segg,). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1203 CORTE COSTITUZIONALE, 19 dicembre 1966, n. 120 -Pres. Papaldo - Rel. Branca .-Pres. Regionei Siciliana (avv. Sorrentino) c. Presi dente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Guglielmi). Sicilia -Conflitto di attribuzione -Decreto del Ministro per le finanze modificativo delle attribuzioni de~li Uffici I.G.E. di Roma e di Palermo -Infondatezza. (St. reg. Sicilia, art. 36; d. P. R. 26 luglio 1965, n. 1074, art. 8). Spetta allo Stato, e non alla Regione Siciliana, disporre degli Uffici preposti alla riscossione di tributi regionali, sempre che ne venga garantito il servizio e non sia necessario provvedere sulle loro piante organiche, per le quali necessaria l'intesa con la Regione (1). (Omissis). -La Regione si duole perch, con d. m. 18 dicembre 1965, il Ministro delle finanze ha concentrato presso il primo ufficio i.g.e. di Roma la riscossione di quei tributi (i.g.e., concessioni governative, pubblico insegnamento e istruzione) che erano riscossi dal primo ufficio i.g.e. di Palermo: il decreto avrebbe violato norme statutarie e d'attuazione disponendo, in materia di riscossione tributaria, di un ufficio periferico sottoposto al controllo della Regione siciliana (Statuto sic., art. 36; d. l. 12 aprile 1948, n. 507, art. 2; d. P. R. 26 luglio 1965, n. 1074, art. 8). La denuncia, bench abbia una sua giustificazione, non pu essere accolta. Non c' dubbio, e la Corte lo ha pi volte riconosciuto, che il primo ufficio i.g.e. di Palermo svolgesse funzioni amministrative regionali com.e tutti quegli organi ed uffici dello Stato di cui la Regione si avvale in virt di norme d'attuazione; ma altrettanto sicuro che tali organi ed uffici strutturalmente continuano ~ far parte dell'organizzazione dello Stato (sentenza della Corte costituzionale n. 61 del 1960): vi appartengono e vi apparterranno se e fino a quando non saranno passati definitivamente alla Regione o comunque fino a quando non sar diversamente stabilito (in particolare v. art. 8 d. P. R. n. 1074 del 1965). Ne deriva che lo Stato pu disporre degli uffici preposti alla riscossione di tributi regionali purch ne sia garantito il servizio e salvo che (1) Sui rapporti tra Stato e Regione Siciliana in materia finanziaria cfr. I giudizi di costituzionalit, 1961-65, 348. Sulla competenza dello Stato in materia di sorveglianza e sanzioni sul servizio di riscossione, cfr. la precedente sentenza della Corte 24 giugno 1965, n. 48 in questa Rassegna, 1965, I, 865. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1204 non occorra provvedere sulle loro piante organiche, per le quali necessaria l'intesa con la Regione siciliana (citato art. 8). Ma la concentrazione del servizio di riscossione dell'i.g.e. e degli altri tributi nel primo ufficio di Roma non compromette quel servizio, mentre i poteri di vigilanza e quelli di concorso alla formazione delle piante organiche non sono stati sottratti alla Regione, che ora potr esercitarli nei confronti dell'ufficio romano: e li potr esercitare, beninteso, data la complessit dell'ufficio, solo ai fini del servizio di riscossione dei tributi regionali e nei limiti in cui lo consente il diverso impianto dell'ufficio, che provvisto d'un apparato elettronico. D'altra parte, poich le somme pagate affluiscono a un conto corrente vincolato a favore della Regione, il mutamento del sistema di riscossione si riduce, nella sostanza, a ben poco: le somme prima giungevano all'ufficio i.g.e. di Palermo che le girava al Banco di Sicilia; ora giungono all'ufficio i.g.e. di Roma, che le gira al Banco di Sicilia. E altrettanto accade di eventuali sopratasse o interessi di mora, che ugualmente affluiscono al conto corrente postale 7 /100 vincolato a favore della Regione siciliana. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 19 dicembre 1966, n. 121 -Pres. Papaldo - Rel. Sandulli -Presidente Regione Siciliana (avv. Santoro -Passarelli, Orlando-Cascio, Giannini) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Guglielmi). Corte costituzionale -Giudizi di legittimit costituzionale in via incidentale -Questione proposta dalla Corte dei Conti nel corso del giudizio di rendiconto generale della Regione Siciliana -Ammissibilit. (L. cost. 9 febbraio 1948, n. l, art. 1; 1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23; d. P. R. 6 maggio 1948, n. 655, art. 2, n. 2 e 6). Sicilia -Registrazione con riserva degli atti della Regione -Illegitti mit costituzionale -Sussistenza. (Cost., art. 125, St. Reg. Sic., art. 23, secondo comma; d. P. R. 6 maggio 1948, n. 655, art. 2, primo comma, art. 6, primo comma). ammissibile una questione di legittimit costituzionale soLlevata in via incidentale dalla Corte dei Conti nel giudizio di parifi,cazone del rendiconto generale della Regione Siciliana, dato che tale giudizio, analogamente a quello per il rendiconto generale dello Stato, viene svolto con le formalit della giurisdizione contenziosa (1). (1) La questione era stata proposta con ordinanza 1 luglio 1965 delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti per la Regione Siciliana (Gazzetta Ufficiale 4 settembre 1965 n. 223). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1205 fondata la questione di legittimit costituzionale delle disposizioni del d. P. R. o maggio 1948, n. 655, che consentono agli organi di governo della Regione Siciliana di chiedere alla Sezione di controllo della Corte dei Conti decentrata nella Regione la registrazione con riserva di decreti regionali, dato ch ci consentirebbe agli stessi organi la possibilit di sottrarre, di propria libera iniziativa, al controllo dello Stato, atti che alt1imenti vi sarebbero esposti e che, per regola costituzionale, non possono sfuggire al controllo statale (2). (Omissis). -L'eccezione di inammissibilit sollevata dalla Regione non pu essere attesa. Con la sentenza n. 165 del 1963 questa Corte ebbe gi a ritenere ammissibile, e decise nel merito, una questiOne di legittimit costituzionale proposta dalla Corte dei conti nel corso di un giudizio di parificazione ai sensi degli artt. 38 e seguenti del t. u. approvato con r. d. 12 luglio 1934, n. 1214. Invitata ora espressamente a pronunciarsi sul punto, essa non ritiene di modificare il proprio orientamento. In ordine alla necessit di un giudizio nel quale venga ad essere innestata la questione di legittimit costituzionale in via incidentale, cfr. I giudizi di costituzionalit, 1961-65, 57. Per il 1966, si rinvia alle sentenze della stessa Corte 12 febbraio 1966, n. 13 (in questa Rassegna 1966, 30, ove nota di richiami anche di dottrina), 10 giugno 1966, n. 62 (ivi 755) e 2 luglio 1966, n. 83 (ivi, 780). Lo specifico precedente citato nella motivazione della sentenza in rassegna, bench l'eccezione di inammissibilit non fosse stata espressamente proposta nei medesimi termini, Corte Cost. 19 dicembre 1963, n. 165, leggesi in Giur. it., 1964, 261. Va rilevato, comunque, come, in dubiis , la Corte ribadisca l'opportunit di una certa liberalizzazione del concetto di giudizio , al fine di consentire un pi esteso e penetrante controllo di costituzionalit delle leggi, garantendo, cos, il preminente interesse pubblico della certezza del diritto. In ordine al rendiconto generale dello Stato davanti alla Corte dei Conti, e per la qualifica di costituzionali delle relative attribuzioni, cfr. in dottrina, P1cozz1, La Corte dei Conti in Italia, Torino, 1963, 162; per la natura giurisdizionale di dette attribuzioni, BuscEMA, Giur. cost., 1963, 1616; contra, invece, per la natura particolare di controllo delle stesse, CHIMENTI, ivi, 1963, 893. (2) La questione di merito particolarmente importante, non solo per la riaffermazione della necessit del control:lo statale anche sugli atti regionali, ma, altresi, per la riserva, contenuta nella motivazione, della ipotizzabilit di un conflitto di attribuzione -quando ne ricorrano le condizioni -nei confronti delle determinazioni sfavorevoli dell'organo statale di controllo. Il richiamo alla precedente sentenza n. 66 del 1964 (in questa Rassegna, 1964, 985) sembrerebbe indicare nuove prospettive della Corte in materia di conflitti di attribuzione, nel senso di ricomprendere nell'atto im 1206 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'art. 40 del ricordato testo unico (le cui regole risalgono all'art. 32 della 1. 14 ago"sto 1862, n. 800 e all'art. 84 del r. d. 5 ottobre 1862, n. 884) dispone che la pronuncia di competenza della Corte dei conti sul rendiconto generale dello Stato viene adottata da quel consesso a sezioni riunite e con le formalit della sua giurisdizione contenziosa , e perci, tra l'altro, previa trattazione in udienza pubblica, con la partecipazione del procuratore generale, in contraddittorio dei rappresentanti dell'Amministrazione. La funzione di tale pronuncia risulta analiticamente specificata nell'art. 39, e consiste nel verificare se le entrate riscosse e versate, ed i resti da riscuotere e da versare risultanti dal rendiconto redatto dal Governo siano conformi ai dati esposti nei conti periodici e nei riassunti generali trasmessi alla Corte dai singoli ministeri, e se le spese ordinate e pagate durante l'esercizio concordino con le scritture tenute o controllate dalla stessa Corte, nonch nell'accertare i residui passivi in base alle dimostrazioni allegate ai decreti ministeriali di impegno e alle scritture tenute dalla Corte. La pronuncia della Corte dei conti definitiva e insindacabile, e viene trasmessa direttamente al Parlamento dalla pugnabile non solo quello a contenuto e di provenienza giurisdizionale (veggasi, in conformit, a proposito di conflitti tra poteri dello Stato PIERANDREI, Corte Costtiuzionale, in Enciclopedia del diritto, Milano 1962 n. 33), ma anche quell.i dalla natura non esattamente definita, come il visto della Corte dei Conti (cfr., in proposito, PAONE, Note intorno al visto della Corte dei Conti, Milano, 1955, 25; P1cozz1, op. cit., 104; e, per la prevalenza dell'elemento giurisdizionale, FERRARI, Gli organi ausiliari, Milano, 1956, 273). Sembra lecito dubitare, tuttavia, dell'ammissibilit, in via generale, di un conflitto relativamente alle ipotesi di mancato visto della Corte dei Conti su atti regionali. L'istituto del conflitto, invero, trova giuridica composizione nella du plice funzione cui assolve ~a sentenza della Corte costituzionale: la decla ratoria di appartenenza del potere in contestazione, e l'annullamento del l'atto viziato da incompetenza, intesa quest'ultima nel senso di incompe tenza assoluta (artt. 38 e 41 legge 11 marzo 1953, n. 87). Nelle ipotesi di conflitto tra Stato e Regioni, la competenza di queste va riguardata unicamente in il'elazione alle disposizioni di carattere gene rale della Costituzione, di quelle particolari degli Statuti, nonch di quelle, ulteriormente richieste come condicio sine qua non per il concreto eser cizio del potere, dalle singole norme di attuazione. In base a tali incontroversi principi, la ricusa del visto da parte della Corte dei Conti su atti di produzione regionale potrebbe ipotizzare la sussistenza di un conflitto, nel senso tecnico ora precisato, solo in qualche rara evenienza, che non potrebbe generalizzarsi al di l dei limiti suoi propri. Ci potrebbe verificarsi, ad esempio, qualora la Corte dei Conti pretendesse di appor.re il visto su atti che ne sono esenti (basti pensare ai PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1207 Corte stessa (art. 100 Cost.), accompagnata da una relazione motivata (prevista dall'art. 41 t. u. cit. e dall'art. 79 della cosiddetta legge sulla contabilit generale dello Stato, r. d. 18 novembre 1923, n. 2440). Il Parlamento viene successivamente chiamato ad approvare a sua volta -nell'esercizio della sua autonoma funzione politica -il rendiconto governativo (art. 81, primo comma, Cost.), senza che ci possa significare ingerenza nell'opera di riscontro giuridico espletata dalla Corte dei conti. N potrebbe essere invocata in contrario la disposizione regolamentare riflettente il rendiconto, contenuta nell'art. 150 del r. d. 23 maggio 1924, n. 827, secondo la quale quell'atto, una volta chiuso ed approvato per legge, intangibile, n pu essere modificato in nessuna delle sue parti. Tali essendo la funzione e i caratteri della prnuncia della Corte dei conti e la procedura, non ritiene questa Corte di poter escludere nel giudizio in esame la presenza delle condizioni ipotizzate dall'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, per la proposizione davanti ad essa di questioni di legittimit costituzionale. Condizioni gi riscontrate, contratti di importo inferiore a quelli indicati nell'art. 18 T. U. 12 luglio 1934, n. 1214, modificati dalla legge 10 dicembre 1953, n. 936). In tale evenienza si potrebbe ravvisare uno straripam~nto delle funzioni della Corte con la contestuale invasione della competenza regionale. Si potrebbe poi verificare altra ipotesi di conflitto, di natura etero dossa, allorch la Corte dei Conti ritenesse, negando il visto ad un atto regionale, che l'emanazione di questo rientri nella competenza dell'Ammi nistrazione dello Stato. L'eterodossia consisterebbe in ci, che la tutela delle prerogative costituzionalmente attribuite allo Stato verrebbe assunta non direttamente da esso, attraverso l'Amministrazione attiva compe tente, bens da un Organo costituzionale di controllo, quale la Corte dei Conti. Tuttavia sembrerebbe che il conflitto sia, anche in questa partico lare ipotesi, ammissibile, sia in base alla interpretazione estensiva datane dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale (cfr. I giudizi di costitu zionalit 1961-65, 337), sia in base al principio generale che, nella mateTia dei conflitti, non possibile ipotizzare a priori, in categorie tipiche, gli atti ed i soggetti in conflitto; basti ricordare, a questo proposito, l'art. 51 Cod. proc. pen. che espressamente prevede i casi di conflitto analogo a quelli specificati. Per converso, un conflitto di attribuzioni in ipotesi diverse da quelle ora considerate non sembrerebbe ammissibile. Invero, esso dovrebbe necessariamente presupporre un controllo di merito sulla legittimit del rifiuto della Corte dei Conti, che pu essere fondato su leggi statali, o anche regionali, o addirittura su norme a carat tere regolamentare generale statali o regionali. In sostanza, il giudizio di legittimit costituzionale si trasformerebbe in un giudizio di legittimit tout court, il che non sembra conforme al sistema. D'altra parte, il potere. di applicare o ricusare il visto appartiene esclusivamente alla Corte dei Conti, cio allo Stato, e non potrebbe essere 1208 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tra l'altro, nei procedimenti di giurisdizione volontaria (sentenze n. 4 del 1956, 5, 40, 129 del 1957, 24 del 1958) e nei procedimenti relativi ai ricorsi elettorali pendenti davanti ai Consigli comunali e provinciali (sentenze n. 42, 43 e 44 del 1961, 92 del 1962, 93 del 1965), nonostante ch in ordine al carattere giurisdizionale di essi fossero avanzati, nella dottrina, dubbi non meno sostanziosi di quelli avanzati per i procedimenti di cui ora si discute. In proposito anzi questa Corte ritiene di dover ricordare l'affermazione, enunciata nella sentenza n. 129 del 1957, che il preminente interesse pubblico della certezza del diritto (che i dubbi di costituzionalit insidierebbero), insieme con l'altro dell'osservanza della Costituzione, vieta che dalla distinzione tra le varie categorie di giudizi e processi (categorie de~ resto dai confini sovente incerti e contrastati), si traggano conseguenze cosi gravi ., quale l'esclusione della proponibilit di questioni di legittimit costituzionale. Ci premesso, e tenendo presente che sotto il profilo in esame il giudizio della Corte dei conti sul rendiconto generale della Regione siciliana, previsto dagli artt. 2 n. 2, e 6, terzo comma, del decreto legislativo del Presidente della Repubblica 6 maggio 1948, n. 655, non si differenzia dal giudizio sul rendiconto generale dello Stato, questa Corte ritiene infondata l'eccezione di inammissibilit sollevata dalla Regione. dichiarato di appartenenza regionale, specie dopo la sentenza in rassegna che ha escluso l'istituto della legislazione con riserva per gli atti regionali. Per di pi, non essendovi alcun atto positivo da annullare, sarebbe estremamente difficile ammettere una qualsiasi altra pronuncia della Corte costituzionale che non fosse meramente dichiarativa della legittimit (o della illegittimit) del rifiuto del visto. E poi, di fronte ad una pronuncia di illegittimit, quid iuris? La Corte costituzionale non .potrebbe mai sosti tuirsi alla Corte dei Conti, apponendo essa il visto negato, n la Corte dei Conti, persistendo i motivi di dissenso, sarebbe mai giuridicamente tenuta ad apporlo. Da parte di autorevole dottrina non si mancato, di recente, di ipotizzare conflitti tra poteri dello Stato ricomprendendovi anche la stessa Corte costituzionale, allorch, ad esempio, il giudice ordinario, dichiarando manifestamente infondata una questione di legittimit costituzionale, la risolvesse nel senso della sua sostanziale infondatezza, invadendo la competenza esclusiva della Corte Costituzionale (BONIFACIO, Corte Costituzionale e Autorit giudiziaria, in La giustizia costituzionale, Firenze, 1966, 41 e passim); ma lo stesso Autore prospetta le estreme difficolt di ammettere fa coesistenza della Corte costituzionale come giudice del conflitto e come parte in conflitto. Sono proprio queste ragioni che inducono a ritenere inipotizzabile un conflitto tra Corte dei Conti, che persistesse nel ricusare il visto dichia rato dovuto dalla Corte Costituzionale, e quest'ultima Corte; e, di riflesso, che inducono a ritenere inipotizzabile un conflitto tra Stato e Regione a causa di ricusa del visto da parte della Corte dei Conti, tranne le tassative eccezioni sopra prospettate. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 12C9 2. -Passando al merito, la Corte ritiene che la questione proposta dall'ordinanza di rimessione sia fondata. L'istituto della registrazione con riserva, da parte della Corte dei conti, dei provvedimenti governativi e amministrativi, da essa giudicati illegittimi, che il Consiglio dei Ministri ritenga debbano nondimeno aver corso (art. 25 t. u. 12 luglio 1934, n. 1214), ha remota origine; e, pur con caratteri rinnovati dal fatto di vivere ormai in un sistema costituzionale che ha nel principio di legalit uno dei suoi cardini, continua ad assolvere una sua utile funzione nell'attuale ordinamento (nel quale, del resto, opportunamente, il Governo non suole farvi ricorso se non in casi oltremodo rari, e con notevole moderazione). La deroga che tale istituto comporta al principio della non eseguibilit degli atti del Governo o dell'Amministrazione dello Stato ritenuti non legittimi dall'organo preposto al controllo giuridico ha il suo tradizionale contrappeso -almeno sul piano normativo -nell'immediato, istituzionale, assoggettamento del provvedimento registrato con riserva al controllo politico del Parlamento. Orbene, alla stregua del sistema costituzionale vigente, un congegno siffatto non si addice al controllo dello Stato nei confronti delle Regioni. Per quanto dotate di autonomia politica e di potest legislativa, le Regioni sono infatti enti collocati, in seno a tale sistema, su un piano diverso rispetto allo Stato: quest'ultimo si trova, di fronte alle Regioni, in una posizione di evidente preminenza (pi volte constatata da questa Corte: si vedano la sentenza n. 66 del 1964 e quelle precedenti in essa ricordate), nel cui con testo assumono un particolare rilievo i poteri di controllo dello Stato sugli organi e sugli atti delle Regioni. In un sistema siffatto, da un lato, la surrogabilit del controllo politico del Parlamento, e degli effetti propri di esso, a quello giuridico dell'organo istituzionalmente competente per quest'ultimo, e agli effetti propri di tale controllo, comporterebbe il rischio -incompatibile col sistema -di una compressione dell'autonomia regionale a opera dei centr.i di direzione politica dello Stato. Dall'altro, la surrogabilit dell'anzidetto controllo giuridico, e degli effetti di esso, col controllo politico dell'Assemblea regionale, si risolverebbe nell'ammissione -altrettanto incompatibile col sistema -che la Regione si sottragga, a propria discrezione, al controllo dello Stato e ai suoi effetti. Di qui l'impossibilit assoluta di inserire l'istituto della registrazione con riserva nel quadro dei controlli sugli atti delle Regioni. 3. -In tale prospettiva va considerata la disposizione dell'art. 23, secondo comma, dello Statuto della Regione siciliana, che demanda alla Corte dei conti il controllo amministrativo e contabile nei confronti di quella Regione. 1210 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La disposizione ha avuto attuazione attravaerso il ricordato decreto legislativo n. 655 del 1948, il cui art. 2, n. 1, ha attribuito alla sezione di controllo della Corte dei conti decentrata in Sicilia il controllo sugli atti del Governo e dell'Amministrazione regionale . Per tale via stato realizzato, nei confronti di questi atti, un controllo preventivo di legittimit di tipo corrispondente a quello previsto dagli artt. 17 e seguenti del t. u. 12 luglio 1934, n. 1214, per il sindacato, da parte della Corte dei conti, degli atti dello Stato, e cio un controllo da esercitare attraverso la sottoposizione degli atti stessi al visto e alla registrazione, ai quali la Corte dei conti fa luogo solo nel caso che riconosca legittimi gli atti, mentre quelli che non siano riconosciuti tali e non ottengano il visto e la registrazione non possono esser portati a esecuzione. L'inserzione, in tale normativa, della registrazione con riserva, che il secondo comma dell'art. 2 e il primo comma, primo periodo, dell'art. 6 del d. lgsl. del 1948 autorizzano gli assessori e il Governo regionale a ottenere dalla Corte dei conti -mentre il secondo comma dell'art. 6 aggiunge che la Corte trasmette ali'Assemblea regionale l'elenco delle registrazioni eseguite con riserva, accompagnato dalle deliberazioni relative -, risulta per assolutamente incompatibile col descritto sistema costituzionale. In tal modo viene a esser consentita infatti agli organi della Regione la possibilit di sottrarre del tutto, di propria libera iniziativa, agli effetti del controllo preventivo dello Stato, atti che altrimenti vi sarebbero esposti, e che per regola costi tuzionale non possono sfuggire al controllo statale. Con la conseguenza che possono avere esecuzione, nonostante l'illegittimit :riscontrata dall'organo del controllo, atti contrari a leggi regionali e statali e persino a leggi costituzionali e a sentenze costituzionali. evidente, poi, che una tanto grave alterazione del sistema non pu esser considerata n riparata, n limitata, dall'assoggettamento dei provvedimenti sottratti agli effetti sfavorevoli del controllo giuridico della Corte dei conti al controllo politico dell'Assemblea regionale, che non un organo dello Stato. Le considerazioni che precedono appaiono sufficienti alla dichia razione della illegittimit costituzionale del secondo comma dell'art. 2 e del primo comma, primo periodo, dell'art. 6 del pi volte ricordato decreto legislativo del 1948 -limitatamente alla parte in cui con sentono, rispettivamente, al Governo regionale di richiedere, e alle sezioni regionali riunite della Corte dei conti di disporre, la registra zione degli atti ritenuti illegittimi in sede di controllo e l'apposizione del visto con riserva -, nonch dell'intero secondo comma dell'art. 6 del medesimo decreto. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1211 4. -La Corte ritiene opportuno aggiungere che dalla caducazione delle anzidette disposizioni non derivano aWautonomia della Regione -quando l'esercizio di questa venga mantenuto, come doveroso, nei limiti della legalit -conseguenze di grave momento. Innanzi tutto, una volta depurati della parte riflettente la registrazione con riserva, il secondo comma dell'art. 2 e il primo periodo del primo comma dell'art. 6 sono pur sempre in grado di assolvere alla esigenza di consentire che le sezioni regionali riunite della Corte dei conti procedano a un ulteriore e pi ponderato vaglio di quegli atti, che, ritenuti illegittimi in sede di primo riscontro, il Governo regionale ritenga di sottoporre ad esse al fine di ottenerne, nel caso di accertata legittimit, la registrazione dapprincipio ricusata. E ci non diversamente da quanto previsto per altre Regioni dall'art. 25 del d. P. R. 19 maggio 1949, n. 250 e dall'art. 77 del d. P. R. 30 giugno 1951, n. 574. Nei confronti delle determinazioni definitive sfavorevoli dell'organo statale di controllo comunque da ritenere aperta alla Regione la possibilit di promuovere davanti a questa Corte -quando ne ricorrano le condizioni -un conflitto di attribuzione, al fine di ottenere per tale via il ripristino della legalit eventualmente lesa con sacrificio della sua sfera d'azione. In tal modo, anche alla luce della successiva evoluzione giurisprudenziale in materia di conflitti di attribuzione, e in particolare delle prospettive accolte con la sentenza n. 66 del 1964, questa Corte ritiene di dare pi adeguata soluzione a un problema risolto altrimenti nella non pi recente sentenza n. 20 del 1957. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 19 dicembre 1966, n. 122 -Pres. Papaldo Rei. Bonifacio -Ferreri (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Albisinni). Procedimento penale -Tribunale per i minorenni -Concessione del perdono giudiziale in Camera di Consiglio -Violazione del diritto di difesa -Esclusione. {Cost., art. 24; r. d. l. 20 luglio 1934, n. 1404, artt. 14, 15). Non fondata, con riferimento all'art. 24 Cost., la questione di legittimit costituzionale degli artt. 14 e 15 r. d. l. 20 luglio 1934, n. 1404, che consentono, rispettivamente, al Tribunale ed alla Sezione di Corte di Appello per i minorenni di pronunciare in Camera di Con. siglio sentenza di non doversi procedere per concessione del perdono giudiziale, in quanto, prima dell'adozione di detto provvedimento, l'imputato minorenne pu difendersi con piena conoscenza di tutti gli ele 1212 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO menti probatori acquisiti al processo e chiedere il proscioglimento per motivi diversi della concessione del perdono giudiziale (1). (Omissis). -La Corte ritiene che sulla decisione della presente questione di legittimit costituzionale non possano incidere n la circostanza che il tribunale deve decidere in camera di consiglio n, per altro verso, la circostanza che l'art. 15 della legge in esame prevede il potere di impugnativa della sentenza: non la prima, perch il procedimento in camera di consiglio non pu essere ritenuto di per s contrastante con l'art. 24 della Costituzione; non la seconda, pereh, se vero che l'imputato prosciolto per concessione di perdono giudiziale pu cognita causa contestare gli elementi assunti dal giudice a motivazione della sua pronuncia (e, in particolare, a motivazione del convincimento di sussistenza di prove che sarebbero state sufficienti al rinvio a giudizio), altrettanto certo che la norma costituzionale esige che il diritto di difesa venga garantito in ogni stato e grado del procedimento e, dunque, anche prima che il provvedimento sia adottato in primo grado. Sicch appare evidente che il punto decisivo della questione consiste nell'accertare se il procedimento che si conclude con la concessione del perdono offra o meno all'imputato quella possibilit di difesa che valga a soddisfare il precetto costituzionale. Giova in proposito rilevare che il procedimento minorile non svincolato, se non nei punti espressamente disciplinati dalla legge spe ciale, dal rispetto delle norme dettate dal Codice di procedura penale (art. 34 r. d. l. 20 luglio 1934, n. 1404; art. 18 d. P. R. 25 ottobre 1955, n. 932, emanato in forza dell'art. 20 della 1. 18 giugno 1955, n. 517). Dal che discendono conseguenze di rilevante importanza ai fini della decisione della presente questione. Ed infatti: a) in virt delle modifiche apportate al precedente sistema dalla l. 18 giugno 1955, n. 517 il giudice non pu in nessun caso (cfr. artt. 376, primo comma; 395, quarto comma; 398, quarto comma, c. p. p.) dichiarare di non doversi procedere per concessione del perdono giudiziale (1) La auestione era stata proposta .con ordinanza 30 settembre 1964 alla Sezione della Corte di Appello di Torino per i minorenni (Gazzetta. Ufficiale 5 giugno 1965, n. 139). stata accolta la tesi dell'Avvocatura, fondata principalmente sulla obbligatoriet del deposito degli atti a conclusione dell'istruttoria sommaria del P. M., giusta l'art. 372 c. p. p. Nello stesso senso la coeva sentenza. della Corte costituzionale 19 dicembre 1966, n. 127, retro. Sulle differenze tra perdono giudiziale e sospensione condizionale della pena cfr. Fa1soL1, Criteri di scelta fra perdono e condanna condizionale, in La scuola positiva, 1962, 119. Per le precedenti questioni di legittimit costituzionale del procedimento minorile, cfr. da ultimo, la sentenza della Corte Costituzionale 8 febbraio 1966, n. 19, in questa Rassegna, 1966, 22, e nota di riferimenti. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1213 " se l'imputato non stato interrogato sul fatto costituente l'oggetto dell'imputazione ovvero se il fatto non stato enunciato in un mandato rimasto senza effetto ; b) per effetto della sentenza n. 52 del 16 giugno 1965 di questa Corte all'istruttoria minorile condotta dal pubblico ministero col rito sommario devono essere applicate tutte le disposizioni contenute negli artt. 304 bis, ter e quater c.p.p.; c) deve infine ritenersi, come esattamente sostiene l'Avvocatura dello Stato, che il, tribunale per i minorenni anche tenuto all'osservanza dell'art. 372 c.p.p. Ed in effetti i provvedimenti devoluti alla sua competenza e da adottarsi in camera di consiglio sono quelli stessi (cfr. art. 13, ultimo comma, della legge in esame) che ii pubblico ministero nell'istruttoria sommaria ordinaria tenuto a richiedere al giudice istruttore a norma dell'art. 395, c.p.p. agevole dedurre da ci che il tribunale per i minorenni, investito dalla richiesta del procuratore della repubblica, deve osservare gli stessi obblighi che il codice impone al giudice istruttore prima del provvedimento che chiude la fase istruttoria; deve, cio, procedere, nel rispetto dell'articolo 372 c.p.p., al deposito degli atti e documenti, a seguito del quale il difensore dell'imputato potr esercitare quelle facolt (estrazione di copie, presentazione di memorie e di istanze) che la stessa norma gli conferisce. Dal complesso delle disposizioni fin qui richiamate risulta che lo imputato minorenne prima che il tribunale adotti i provvedimenti di sua competenza pu difendersi dalla imputazione, aver conoscenza di tutti gli elementi probatori acquisiti al processo, presentare memorie e richieste con l'assistenza del difensore e chiedere il proscioglimento per motivi diversi dalla concessione del perdono giudiziale. E pertanto gli artt. 14 e 15 del r.d.1. 20 luglio 1934, n. 1404, inquadrati nel sistema processuale ed interpretati alla luce di questo, appaiono non in contrasto con l'art. 24 della Costituzione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 19 dicembre 1966, n. 123 -Pres. Papaldo -Rel. Jaeger -Palmieri (n. C.), I.N.P.S. (avv. Nardone), I.N.A.M. (avv. Jemolo) e Pres. Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Albisinni). Lavoro -Disciplina dell'apprendistato -Limitazione dell'et massima degli apprendisti -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost. art. 35; I. 19 gennaio 1955, n. 25, art. 6). Non contrasta col principio costituzionale della formazione professionale dei lavoratori l'art. 6 della l. 19 gennaio 1955, n. 25, che 1214 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO fissa in anni 20 l'et massima per l'assunzione degli apprendisti, dato che la natura e la funzione dell'apprendistato sono stati sempre concepiti come il metodo pi adeguato per avviare all'occupazione i giovani aspiranti ad un'arte od un mestiere (1). (Omissis). -Le osservazioni e le conseguenti deduzioni esposte nella ordinanza del Tribunale di Caltanissetta, che ha ritenuto in contrasto con la norma dell'art. 35 della Costituzione la limitazione ad anni venti per l'assunzione dei lavoratori con la qualifica di apprendista, non possono essere condivise dalla Corte. Esse sono infatti in netto contrasto con la natura e la funzione dell'apprendistato, che stato sempre ed ovunque concepito come il metodo pi adeguato per avviare alla occupazione i giovani, aspiranti ad imparare un'arte od un mestiere, sul luogo stesso del lavoro e sotto la guida dell'imprenditore e l'esempio dei compagni pi anziani e provetti. L'abolizione di ogni limite di et in relazione a tale qualifica avrebbe effetti del tutto negativi, sia nei riguardi dell'ordine, della disciplina e del rendimento del lavoro, sia rispetto ai rapporti fra le maestranze, basati necessariamente sulla osservanza di una gerarchia a carattere tecnico, in funzione della esperienza acquisita. pertanto comprensibile e giustificata la decisione del legislatore di stabilire i limiti di et, tanto per la assunzione della qualit di apprendista quanto per la cessazione di essa: il limite minimo -di quattordici anni - in correlazione con le norme che regolano la istruzione obbligatoria e con la necessit che l'aspirante abbia raggiunto un certo grado di sviluppo fisico ed intellettuale; il limite massimo -di venti anni -trova giustificazione nella scarsa probabilit di successo di soggetti, i quali siano giunti a quella et senza avere svolto alcuna attivit lavorativa e raggiunto una certa esperienza. (1) La questione era stata proposta con ordinanza 7 aprile 1965 del Tribunale di Caltanissetta (Gazzetta Ufficiale, 28 agosto 1965, n. 216). La sentenza in rassegna ha avallato la nozione prevalente di apprendistato, inteso come lo strumento per avviare i giovani all'inserimento nella vita lavorativa. In questo senso, e per la prevalenza del concetto del tirocinio su quello dell'attivit lavorativa, cfr. GAIOTTI, Il principio dell'attivit svolta nel rapporto di tiro.cinio, Giur. it., 1963, I, 2, 453; GIUGNI, Mansioni e qualifiche nel rapporto di lavoro, Napoli, 1963, 31. Per la generalizzazione ed estensione del concetto di apprendistato anche alle categorie impiegatizie, cfr. Tribunale Trento 6 febbraio 1964, Giur. it., 1964, I, 2, 362. Ai fini dell'apprendistato, stato ritenuto possa prescindersi dalla qualifica professionale di imprenditore del datore di lavoro (App. Trieste 1 dicembre 1960, Foro it., 1961, 677 ove ricchissima nota di riferimenti). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1215 D'altro lato, l'aspirazione, pi che legittima, di lavoratori che abbiano superato quel limite di et senza avere ottenuto alcuna qualificazione professionale, di conseguirla successivamente, pu e deve essere soddisfatta in altri modi, come quelli descritti dagli Istituti assistenziali costituiti nel presente giudizio, che dovranno per essere potenziati e diffusi, anche per evitare il pericolo, segnalato dagli Istituti stessi, che la qualifica di apprendista possa essere attribuita a lavoratori maggiorenni ed eventualmente anche esperti al solo scopo di corrispondere loro un salario inferiore a quello dovuto, eludendo le norme contenute nelle leggi o nei contratti collettivi. La questione sottoposta all'esame della Corte non pu essere perci considerata fondata. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 19 dicembre 1966, n. 124 -Pres. Ambros1m -Rel. Jager -Finassi (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Carafa). Caccia e pesca -Zona di protezione per gli appostamenti -Consenso del proprietario salvi i diritti quesiti -Contrasto con il principio di eguaglianza e della tutela della propriet -Esclusione. (Cost., artt. 3, 41, 42; t. u. 5 giugno 1939, n. 1016, art. 19, terzo comma). Non fondata, con riferimento agli artt. 3, 41 e 42 Cost., la questione di legittimit costituzionale del terzo comma dell'art. 19 t. u. sulla caccia 5 giugno 1939, n. 1016, nell'inciso, salvi i diritti quesiti-. perch non pu considerarsi illegittima una norma che tenda a salvaguardare i diritti acquisiti in base a leggi anteriori (1). (1) La questione era stata proposta dal Pretore di Rovato con ordinanza 2 luglio 1965 (Gazzetta Ufficiale, 30 ottobre 1965, n. 273). Decisione di indubbia esattezza, in quanto il legislatore doveva regolare il passaggio della disciplina della zona di rispetto degli appostamenti da quella prevista dal t. u. del 1931 (che gi innovava rispetto a quella di cui alla legge n. 1420 del 1923) a quella prevista dal t. u. n. 1016 del 1939, e che, quindi, non poteva non tener conto di situazioni meritevoli di speciale considerazione, come quelle dei cacciatori che non avevano mai avuto bisogno del consenso del proprietario interessato dalla zona di rispetto, e ci sin dal 1931, per essere da tempo anteriore titolari di un appostamento. Costoro, infatti, si trovavano in posizione diversa nei confronti di quei cacciatori, che tale consenso dovevano procurarsi per poter procedere all'impianto dell'appostamento (art. 19 t. u. del 1931, art. 19 t. u. del 1939). La giurisprudenza aveva, in proposito, riconosciuto la validit dei diritti quesiti nel regime intertemporale delle varie norme (Cass. 30 giugno 1954, n. 2251, Giur. agr. it., 1955, 244). In via pi generale, sul regime intertemporale delle norme giuridiche, cfr. RESCIGNO, voce Disposizioni transitorie., in Enc. dir., XIII, 219. - 1216 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -La Corte ritiene fondati gli argomenti esposti dalla Avvocatura generale dello Stato a dimostrazione della infondatezza della questione di legittimit costituzionale proposta con l'ordinanza del Pretore di Rovato. Le considerazioni esposte nella ordinanza infatti, potrebbero servire, se mai, a porre in rilievo alcuni inconvenienti pratici dell'ordinamento in vigore e la conseguente opportunit di una revisione legislativa; ma non sono sufficienti a giustificare la pronuncia di illegittimit di un inciso, il quale ha il solo fine di salvaguardare i diritti quesiti . Si deve osservare, fra l'altro, che, servendosi di questi termini, il legislatore si attenuto ad un principio generale normalmente osservato, la cui attuazione rimessa in definitiva ai giudici di merito. A questi compete pertanto accertare di volta in volta se tali diritti sussistano, in base alle norme vigenti: compito, questo, che pu indubbiamente, in taluni casi, presentare non lievi difficolt, ma che, comunque, non pu e non deve essere considerato di competenza della Corte costituzionale. D'altra parte, ovvio che ogni provvedimento amministrativo o legislativo in tanto viene emanato, in quanto si ritenga opportuno dagli organi competenti modificare in un senso o nell'altro la disciplina giuridica di certi rapporti; ma in taluni casi tale modificazione potrebbe importare conseguenze eccessive nei riguardi di soggetti, i quali avevano acquisito legittimamente un diritto in base alle norme preesistenti. La emanazione successiva di una disciplina giuridica diversa non pu determinare di per s la illegittimit costituzionale di tali norme, ove non sia dimostrato che esse siano in contrasto con i principi della Costituzione; n pu considerarsi illegittima una norma, che tenda a salvaguardare i diritti acquisiti in base alle leggi anteriori. ( Omissis). CORTE COSTITUZIONALE 29 dicembre 1966, n. 128 -Pres. Papaldo - Rel. Verzi -Crisci (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Tracanna). Imposte e tasse -Imposta di bollo -Aumento nella misura unica di L. 400 -Violazione del principio della pro~ressivit del sistema tributario -Esclusione. (Cost., art. 53, secondo comma; I. 5 dicembre 1964, n. 1267, art. 1). Non fondata, con riferimento aZZ'art. 53 cpv., deZZa Costituzione, la questione di legittimit costituzionale deU'art. 1 deUa Z. 5 dicembre 1964, n. 1267, recante L'aumento deUa imposta di bozzo neHa mi PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1217 sura unica di L. 400 per foglio, in quanto il principio delta progressivit, applicabile alle imposte personali, ma non a tutte le altre diverse imposte, non pu riguardare quelle di bollo (1). (Omissis). -La questione destituita di qualsiasi fondamento. Non il caso di discutere se il bollo, che un mezzo di riscossione di pubbliche entrate, appartenga alla categoria delle tasse, oppure a quella delle imposte. concordemente riconosciuto, infatti, che i proventi delle imposte possono essere destinati dal legislatore alla copertura, tanto delle spese generali, quanto di quelle relative al costo dei particolari servizi anche quando per questi siano previste delle tasse che non diano un gettito sufficiente; correlativamente, nulla esclude che una parte del provento di una tassa venga utilizzato per esigenze di carattere generale. Dal che deriva che il precetto costituzionale dell'art. 53 non vieta che la spesa per i servizi generali sia coperta da imposte indirette o da entrate che siano dovute esclusivamente da chi richiede la prestazione dell'ufficio organizzato per il singolo servizio o ~ia chi ne provoca J.a attivit (sent. n. 30 del 18 marzo 1964). Del pari evidenti sono le ragioni per le quali la norma costituzionale non vieta che i singoli tributi siano ispirati a criteri diversi da quello della progressvit, ma si limita a dichiarare che il sistema tributario deve avere nel suo complesso un carattere progressivo. Ed invero -nella molteplicit e variet di imposte, attraverso le quali viene ripartito fra i cittadini il carico tributario -non tutti i tributi si prestano, dal punto di vista tecnico, allo adattamento al principio della progressivit, che -inteso nel senso dell'aumento di aliquota col crescere del reddito -presuppone un rapporto diretto fra imposizione e reddito individuale di ogni contribuente. Pertanto il principio della progressivit, applicabile alle imposte personali ma non a tutte le altre diverse imposte, non pu riguardare quelle di bollo. Il precetto costituzionale della progressivit ha un fine politico sociale, che potr essere attuato, nei limiti consentiti dalle particolari esigenze, ricorrendo di preferenza a tipi di tributi i quali consentano di fare gravare maggiormente il carico sui redditi personali pi elevati, e rendano quindi la partecipazione di ciascuno alle spese pubbliche adeguata alla capacit contributiva individuale. -(Omissis). (1) Questione sollevata con ordinanza 27 febbraio 1965 del Pretore di Pieve di Cadore (Gazzetta Ufficiale 13 novembre 1965, n. 284). Le precedenti sentenze della Corte, le quali hanno confermato il principio che la progressivit riguarda iJ. sistema tributario nel suo insieme, e non le singole imposte, 31 marzo 1965, n. 16, 16 giugno 1954, n. 45, n. 2 aprile 1964, n. 30, sono pubblicate in questa Rassegna, rispettivamente, 1965, 262, e 1964, 643 e 442. SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 5 aprile 1966, n. 874 -Pres. Lo nardo -Est. Straniero -P. M. Criscuoli (conf.). -Ministero Finanze (avv. Stato Colletta) c. Soc. lmprota Vincenzo e figli (avv. Piegari). Competenza e giurisdizione -Giudicato -Su questioni pregiudiziali Giudicato sulla giurisdizione -Presupposti -Giudicato implicito Pronuncia di giudice speciale -Configurabilit. (C. c., art. 2909). Il giudicato sulla giurisdizione, idoneo a precludere l'esame della; questione nei successivi stadi e gradi del processo, si forma, oltre che in funzione di una specifica pronuncia della Corte di Cassazione ai sensi degli artt. 41 e 367 c. p. c., e della pronuncia simultanea sulla giurisdizione e sul merito che non sia stata tempestivamente e ritualmente im-pugnata, anche nel caso del passaggio in giudicato di una pronuncia di merito di un giudice speciale (nella specie, Commissione Centrale delle Imposte) che presupponga necessariamente il riconoscimento, sia pure implicito, della giurisdizione del giudice che l'abbia emessa (1). (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso lAmministrazione delle Finanze dello Stato denuncia, sotto il profilo del difetto di giurisdizione, la violazione degli artt. 19, 81, 83 e 86 t. u. sull'imposta straordinaria (1) Osservazioni circa il giudicato implicito sulla questione di giurisdizione in rapporto alle pronunce dei giudici speciali. Con la sentenza in rassegna le Sez. Un. della Cassazione hanno confermato la loro precedente giurisprudenza secondo la quale il giudicatosulla giurisdizione, preclusivo dell'esame della questione nei successivi stadi: e gradi del processo, si forma oltre che in funzione di una specifica pro-nunzia della Suprema Corte regolatrice, ai sensi degli artt. 41 e 367 del c. p. c., e della pronuncia simultanea sulla giurisdizione e sul merito che non .sia stata tempestivamente e ritualmente impugnata, anche nel caso di passaggio in giudicato di una statuizione di merito che presupponga necessariamente il riconoscimento implicito della giurisdizione da. parte del giudice che l'ha emessa (Cass., Sez. Un., 18 giugno 1965, n. 1256, in questa Rassegna, 1965, I, 664, con nota di MAND; Cass., Sez. Un., 20 gennaio 1964, n. 128, ivi. 1964, I, 698, con nota di CARusr; Cass., Sez. Un., 25 luglio 1964, n. 1039; in dottrina, vedasi SANDULLI R., In tema di giudicato PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1219 proporzionale sul patrimonio, approvato con d. P. 9 maggio 1950, n. 203, nonch degli artt. 22 d. l. 27 agosto 1936, n. 1639 e 1 d. l. 25 maggio 1945, n. 301. Ci per avere la Commissione tributaria ritenuto di poter procedere alla interpretazione dell'art. 83 comma secondo del citato t. u. e di affermare il principio che nella valutazione, agli effetti della richiamata imposta straordinaria sul patrimonio imponibile della societ le cui azioni non siano quotate in borsa e delle quote di partecipazione in enti e societ, le Sezioni speciali delle Commissioni delle imposte dirette hanno il potere di discostarsi dalla valutazione definita per l'imposta ordinaria e di discendere al disotto della base imponibile commisurata al valore iscritto nei ruoli del 1947 per quest'ultima imposta, senza avvedersi che la questione di interpretazione, in quanto di diritto, avrebbe potuto essere proposta soltanto all'ordinaria Commissione tributaria prevista, per le controversie sulle imposte dirette, dall'art. 22 del d. I. 7 agosto 1936, n. 1639. La giurisdizione delle Sezioni speciali chiamate a pronunciarsi, ai sensi del d. I. 25 maggio 1945, n. 301 e della 1. 6 agosto 19!)4, n. 603, in sede di reclamo contro le valutazioni dei capitali delle societ fatte dai Comitati direttivi degli agenti di cambio ai fini dell'imposta straordinaria sul patrimonio, si deve, invero, ritenere limitata, a norma del combinato disposto degli artt. 81, 18 e 19 del t. u., soltanto alle controversie di mera valutazione, dal momento che, per la risoluzione di ogni altra controversia, l'art. 86 dello stesso t. u. richiama le norme vigenti per i redditi di ricchezza mobile. La societ resistente oppone, peraltro, in linea pregiudiziale, che il ricorso va rigettato perch la doglianza proposta riguarda una questione gi preclusa da giudicato, dal momento che la decisione impusulla giurisdizione, Giust. civ., 1960, I, 1932). Ne1la specie in esame la Suprema Corte ha fatto applicazione di tale principio ad una pronunzia di un giudice speciale, e cio della Commissione Centrale delle Imposte in materia di valutazione dell'imponibile sulle societ agli effetti dell'imposta straordinaria sul patrimonio. Tale orientamento, applicato alle pronunce dei giudici speciali, sembra suscettibile di critica sotto il profilo che la Suprema Corte, nella sua funzione regolatrice della giurisdizione, riconoscendo la possibilit della formazione del giudicato implicito sulla questione di giurisdizione, viene implicitamente > a rinunciare ad una delle sue pi importanti funzioni istituzionali, che le riconosciuta a livello costituzionale (cfr. art. 111, 30 comma, Costituzione). La Cassazione, cio, proprio in quella delicatissima funzione di regolatrice della competenza e della giurisdizione, con particolare riferimento alle pronunce dei giudici speciali (art. 362 c. p. c.), mediante l'applicazione del principio del giudicato implicito anche relativamente alla questione di giurisdizione sembra rinunciare all'esercizio del suo potere istituzionale che in tema di esistenza di limiti del potere giurisdizionale le consente di rilevare in ogni stadio e grado del processo, anche di ufficio, il difetto e l'eccesso di giurisdizione dei giudici speciali. Non va dimenticato, infatti, che come ha ritenuto l'ANDRIOLI (Commentario ai codice di procedura civile, Napoli, 1957, II, 521) sia pure I 1 j 1220 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gnata stata emessa in sede di rinvio da decisione 1 febbraio 1961 della 2a Sezione della Commissione Centrale; che quest'ultima fu adita dall'Ufficio distrettuale finanziario a seguito di precedente decisione inter partes 16 novembre 1959 della stessa Sezione speciale, impugnata, in linea principale, proprio per quella stessa erronea interpretazione dell'art. 83 che ora viene dedotta; che la Commissione Centrale rigett il profilo principale della doglianza e rinvi gli atti alla stessa Sezione speciale, per nuovo esame nei limiti dell'accoglimento, soltanto perch ritenne di dover accogliere il vizio di motivazione dedotto in subordine; che la questione di giurisdizione non fu allora affatto sollevata nel corso del giudizio n I'Amministrazione si preoccup di denunciare la decisione della Commissione Centrale, malgrado quest'ultima, col confermare il punto di diritto deciso dalla Sezione speciale e col rinviarle la controversia per l'ulteriore corso, ne avesse implicitamente riconosciuto la giurisdizione sull'intero oggetto della lite. L'eccezione fondata. Non v' dubbio che la Commissione Centrale, adita in sede di legittimit, avesse il potere-dovere di rilevare, anche di ufficio, qualsiasi errore in procedendo della decisione denunciata e di annullare, pertanto, la stessa per difetto di giurisdizione con conseguente rinvio della controversia, per nuovo giudizio, alla Commissione provinciale ritenuta competente. Non pu esservi neppur dubbio, pertanto, che il rigetto della doglianza e la conferma della decisione impugnata sul punto contestato contengano implicitamente, per necessario presupposto logicogiuridico, il riconoscimento della giurisdizione del giudice sul punto medesimo. La mancanza di impugnazione della decisione della Commis ad altri fini, e l'eccesso di potere giurisdizionale si risolve nella violazione delle norme costituzionali che presiedono alla suddivisione dei poteri tra gli organi dello Stato, cui sono connesse le funzioni legislative, esecutiva e giurisdizionale . Ci sembra, in altri termini, che il principio affermato dalla Cassazione sul giudicato implicito relativamente alla questione di giurisdizione non possa conciliarsi con i principi che disciplinano l'eccezione di difetto ,di giurisdizione particolarmente con riguardo alle pronunce dei giudici speciali. evidente, infatti, che non pu non essere riconosciuto carattere assoluto alla questione di giurisdizione, ossia alla possibilit, e quindi alla necessit, che la questione stessa sia rilevata in ogni stadio e grado del processo, indipendentemente dalla stessa iniziativa delle parti, fino al momento in cui intervenga '.I.a statuizione dell'unico organo giurisdizionale legittimato a pronunciarsi in maniera definitiva e vincolante sull'esistenza e sui limiti del potere giurisdizionale esercitato dai giudici sottordinati. Con ci, ovviamente, non si intende contestare la validit del principio del giudicato implicito su ogni altra questione, quando tra la questione espressamente decisa e quella che si vuole tacitamente riso'l.ta esista in concreto pi che un rapporto di causa ad effetto, un nesso di dipendenza ' , ' -~ .: , . . ' PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1221 sione Centrale e la considerazione che quest'ultima, col disancorare irrevocabilmente la valutazione del capitale imponibile dalla valutazione a suo tempo fatta per l'imposta ordinaria sul patrimonio, ha, altrettanto, irrevocabilmente, disconosciuto, per il singolo caso, la pretesa dell'Amministrazione di vedere approvata la maggior tassazione fondata sulla valutazione precedente e reso, quindi, definitiva, sia pure parzialmente, una pronuncia sul merito della res in judicium deducta convincono, infine, della esattezza del rilievo della resistente sulla preclusione da giudicato sia per la questione di merito sia sul punto della giurisdizione e del valore sostanzialmente pleonastico, espresso in via di mera introduzione alla applicazione di concreti criteri tecnici, che assumeva la questione di diritto gi accertata nella ratio decidendi di una Commissione tributaria in sede di rinvio, vincolata, secondo la giurisprudenza della Commissione Centrale, al rispetto dei principi di diritto stabiliti dalla decisione di annullamento. Il giudicato sulla giurisdizione, idoneo a precludere l'esame della questione nei successivi stadi e gradi del processo, si forma, invero, oltre che in funzione di una specifica pronuncia da parte di questa Corte Suprema ai sensi degli artt. 41 e 367 c. p. c. e della pronuncia simultanea sulla giurisdizione e sul merito che non sia stata tempestivamente e ritualmente impugnata, anche nel caso del passaggio in giudicato di una statuizione di merito che presupponga necessariamente il riconoscimento, sia pure implicito, della giurisdizione del giudice che l'abbia emessa (Cass., 3 febbraio 1965, n. 170, 18 marzo 1964, n. 615, 20 gennaio 1964, n. 128). talmente indissolubile da non potersi decidere l'una senza avere deciso prima l'altra. Bene, infatti, si forma il giudicato implicito, in relazione alle decisioni non definitive, non impugnate, su questioni, oltre che di merito, anche attinenti ai presupposti processuali diversi dalla giurisdizione, come la regolarit del contraddittorio e la legitimatio ad causam, allorch esse costituiscono il logico e necessario presupposto della pronuncia. Si contesta qui soltanto che tale principio possa valere anche per la questione di giurisdizione, proprio per la funzione regolatrice che il nostrto ordina mento giuridico attribuisce alle Sezioni Unite della Cassazione in tale materia. Ci sembra, quindi, nella fattispecie decisa dalla annotata sentenza, che l'avere la Commissione Centrale delle Imposte, quale giudice speciale sottoposto al sindacato delle Sezioni Unite per quanto attiene alla giuri sdizione (art. 362 c. p. c.), implicitamente riconosciuto la propria giurisdizione mediante l'esame della questione di diritto decisa dalla Commissione Provinciale ed il rinvio della controversia alla stessa Commissione Provinciale, non determina alcuna preclusione per l'Amministrazione ricorrente nella proposizione innanzi alle Sezioni Unite medesime della questione attinente alla esistenza ed ai limiti del potere giurisdizionale del giudice speciale, non potendosi fare corretta applicazione nella subiecta materia > dei principi relativi al giudicato implicito. A. QUARANTA Referendario al Consiglio di Stato r.F.%.ffp:?~"""""o/.:<'-'"..?.(.-%:"'M."V.::ffi'/~~-=-:W'.::::-w:::::-0$:""..r..:%~~m:f..~$""P.ff:@'.ff.-%'"~~9-"f.~%fry:%r:W * 1222 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La formazione del giudicato sia sulla questione di merito che sul punto della giurisdizione ha, d'altra parte, anche ulteriori conseguenze. Essa assorbe, invero, in primo luogo, in relazione al caso controverso, il richiamo dell'Amministrazione al contrasto rilevabile fra il principio affermato dalle Commissioni tributarie in tema di disancoramento di valori e l'altro espresso da questo Supremo Collegio con sentenza 10 agosto 1962, n. 2549. Assorbe, inoltre, posto che il giudicato concerne, in dipendenza della mancanza di impugnazione a questa Corte, anche la giurisdizione della Commissione Centrale a pronunciare sul ricorso contro le decisioni delle Sezioni speciali del 1959, la questione sulla proponibilit di detto ricorso per violazione di legge in tema di valutazione di titoli sociali alla Commissione medesima piuttosto che (Oassazione 28 maggio 1963, n. 1411, 12 ottobre 1960, n. 2689) a questa Corte ai sensi dell'art. 111 della Costituzione in relazione al carattere definitivo delle decisioni delle Sezioni Speciali. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 27 giugno 1966 n. 1649 -Pres. Tavolaro S. -Rel. Tamburrino -P. M. Criscuoli (conf.) -S. I. A. E. (avvocati Chiocci e Sorrentino) c. Capri (avv. Avezzano Comes). Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa -Enti pubblici economici Provvedimenti discrezionali dell'ente relativi alla propria organizzazione -Illegittimit -Giurisdizione del Consiglio di Stato. (C. c., art. 2093). L'assoggettamento dell'ente pubblico economico, nei rapporti di impiego e di lavoro intercorrenti con i propri dipendenti, alla disciplina dei rapporti privatistici non senza limiti, incidendo solamente sugli atti attraverso i quali l'ente manifesta la volont di regolare gli effetti economici della prestazione d'opera dei propri dipendenti e che esorbitano dalla discrezionalit autoritativa dell'ente; poich un ente pubblico ha il potere di emettere, nell'esercizio della sua discrezionalit, provvedimenti che disciplinano la propria organizzazione, pure condizionando a questa la vicenda del rapporto con i propri dipendenti, in tal caso prevale la natura pubblicistica dell'ente e la disciplina del rapporto di lavoro rimane soggetta ai limiti di quel potere discrezionale, con la duplice conseguenza che i diritti soggettivi derivanti da quel rapporto degradano ad interessi legittimi e che viene meno la giurisdizione del giudice ordinario, il cui sindacato, trattandosi di atti diretti PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1223 ad adattare la struttura dell'ente alle finalit del medesimo, non pu i3stendersi oitre l'accertamento dell'esistenza del provvedimento di-' Crezionale (1). (1) La sentenza si legge per esteso in Giust. civ., 1966, I, 1, 1472 con note redazionali di richiami. La Corte di Cassazione, a sezioni unite, conferma in questa massima i principi gi affermati con precedenti pronunzie: v. in questa Rassegna, 1966, I, 295 ed ivi nota 1. Di tali principi la sentenza in rassegna costituisce puntuale applicazione per la specie, nella quale stato dichiarato il difetto di giurisdizione dell'Autorit giudiziaria ordinaria rispetto alla richtesta declaratoria di illegittimit -per asserito contrasto con le norme costituzionali attinenti alla parit giuridica dei sessi -di una norma del regolamento per il perso -nale della societ italiana degli autori ed editori (di cui stata affermata la natura di ente pubblico economico) la quale prevedeva per il collocamento a riposo del personale femminile un limite di et inferiore a quello previsto per il personale maschile. L'orientamento giurisprudenziale, che cosi si va consolidando, come si ebbe ad osservare (v. Relazione Avvocatura Stato, 1961-1965, III, 425, e segg.), non sembra potersi condividere. Benvero, se la ratio dell'attribuzione della giurisdizione al Giudice -Ordinario sui rapporti 'di lavoro e di impiego dei dipendenti degli enti pubblici economici va individuata nel modo, con cui tali enti operano per la r.ealizzazione dei loro scopi, pare debba negarsi la possibilit di distin: zioni, che il disposto dell'art. 429 c. p. c. n. 3 non consente, nell'ambito dell'attivit dello stesso ente. D'altra parte, la cosiddetta e doppia tutela -mentre non si giustifica .sul piano teorico, rende evidentemente complesso sul piano pratico lo esercizio degli interessi garantiti, imponendo di discernere tra le varie ipotizzabili situazioni, che certamente saranno foriere di questioni eleganti quanto si vuole in un campo, nel quale la esigenza di semplificazione dei problemi appare particolarmente .sentita. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 luglio 1966, n. 2040 -Pres. Scarpello -Rel. Saya -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero grazia e giustizia (avv. Stato Agr) c. Roperti (avv. Giannini e Peri) e Aliotta (n. c.). Competenza e giurisdizione -Ordinamento giudiziario -Consiglio superiore della Magistratura -Decreti del Presidente della Repubblica e del Ministro di grazia e giustizia -Sindacato giurisdizionale da parte del Consiglio di Stato sulla legittimit dei provvedimenti riguardanti i magistrati -Estensione. (L. 24 marzo 1958, n. 195, art. 17, secondo comma). Il sindacato giurisdizionale, attribuito dall'art. 17, secondo comma, della legge 24 marzo 1958, n. 195 al Consiglio di Stato sulla legittimit 1224 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dei provvedimenti riguardanti i magistrati, concerne non solo i vizi propri del decreto del Presidente della Repubblica e del Ministro di grazia e giustizia, che ne costituisce l'elemento formale, ma pure i vizi delle deliberazioni del Consiglio superiore della Magistratura, le quali ne costituiscono l'elemento sostanziale (1). (1) Con la sentenza, di cui alla massima riportata, e con le altre n. 2041 e n. 2042, in pari data, le sezioni unite del1a Corte di Cassazione hanno dato aliLa norma considerata una interpretazione, a seguito della quale hanno, poi, dovuto rimettere alla Corte costituzionale la questione di legittimit costituzionale della stessa norma in riferimento agli artt. 100, primo comma, 104, 105, 24, primo comma, 103 e 102, secondo comma, prima parte, della Costituzione (Cass., Sez. Un., ordinanze 25 luglio 1966, nn. 242, 243, 244). In sostanza, di fronte al dilemma tra la interpretazione della norma dello art. 17, secondo comma, della l. n. 195 del 1958, nel senso che il sindacato giurisdizionale, attribuito al Consiglio di Stato sulla legittimit dei provvedimenti riguardanti i magistrati, concernesse soltanto i vizi propri dei decreti del Presidente della Repubblica e del Ministro di grazia e gustizia, con cui i provvedimenti vengono adottati, restandone esclusi quelli afferenti alle deliberazioni del Consiglio superiore della Magistratura, e la illegittimit costituziona~e della norma medesima per non essere consentito sindacato alcuno neppure di carattere giurisdizionale relativamente agli atti degli organi costituzionali dello Stato, nei quali rientra il Consiglio superiore della Magistratura, le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno optato per la seconda soluzione. In .effetti, la disposizione, di cui si tratta, si presta alla interpretazione sopra accennata, che consentirebbe di superare ogni questione, ma negandosi una tale interpretazione non restava altra alternativa. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 luglio 1966, n. 2043 -Pres. Scarpello -Rel. Saya -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero grazia e giustizia (avv. Stato Agr) c. Ghiliberti ed altri (n. c.). Competenza e giurisdizione -Ordinamento giudiziario -Consiglio superiore della Magistratura -Silenzio-rifiuto del Ministro di grazia e giustizia in ordine a richiesta da avanzare al Consiglio superiore della Magistratura -Natura di atto oggettivamente e soggettivamente amministrativo -Giurisdizione del Consiglio di Stato sulla legittimit -Sussiste. (L. 24 marzo 1958, n. 195, artt. 2, 10 e 17; t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 26). Il silenzio-rifiuto del Ministro di grazia e giustizia relativo a richiesta da avanzare al Consiglio superiore della Magistratura un atto PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1225 oggettivamente e soggettivamente amministrativo, onde sussiste la giurisdizione del Consiglio di Stato in ordine alla legittimit (1). (1) Con la sentenza, di cui alla massima riportata, e con le altre n. 2044 e n. 2045, in pari data, le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno affermato un principio, la cui rilevanza pratica ormai sostanzialmente venuta meno . a seguito della sentenza 23 dicembre 1963, n. 168 della Corte Costituzionale (in questa Rassegna, 1963, 174) che ha dichiarato la ililegittimit costituzionale dell'art. 11, primo comma, della legge n. 195 del 1958 ed a seguito dell'entrata in vigore della 1. 4 gennaio 1963, n. 1. D'altra parte, una volta ritenuto in fatto che la impugnazione venne nel:la specie esperita esclusivamente contro il silenzio rifiuto del Ministro di grazia e giustizia relativo alla richiesta da avanzare, sulla base delle norme allora in vigore, al Consiglio superiore della Magistratura per i bandi di concorsi di promozione dei magistrati e che le considerazioni fatte nella impugnata decisione sulla natura giuridica del Consiglio superiore della Magistratura e sulle sue deliberazioni non hanno minimamente influito nella decisione stessa, le sezioni unite de1la Corte di Cassazione non avevano pi questioni giuridiche da risolvere. Restava, peraltro, il problema deHa impossibilit di dare esecuzione al giudicato amministrativo, dati gli sviluppi intervenuti nelle norme disciplinanti la materia, ma ci, secondo le sezioni unite della Corte di Cassazione, avrebbe rilevanza solo ini un eventuale giudizio di ottemperanza, a' sensi dell'art. 27 n. 4 del t. u. 26 giugno 1924, n. 1024 . CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 28 ottobre 1966, n. 2693 -Pres. Tavolaro S. -Rel. Ferrati -P. M. Criscuoli (parz. conf.) -Ministero Tesoro (avv. Stato Dallari) c. Kaiser in Tardich (avv. Andreicich). Competenza e ~iurisdizione -Giurisdizione amministrativa -Interesse le~ittimo -Fondamento -Circolare -Effetti -Fattispecie. (T. u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 26). Il potere giurisdizionale del Giudice amministrativo esercitabile solo di fronte alla lesione di un interesse legittimo ed in tanto pu riconoscersi una posizione di interesse legittimo a favore del privato, in quanto la posizione subbiettiva di questo si trovi ad essere tutelata di riflesso per effetto di una disposizione di legge, che direttamente disciplini i poteri dell'Amministrazione, o di un'attivit normativa, che l'Amministrazione stessa abbia espletato nell'esercizio delle facolt spettantile, mentre una circolare non costituisce manifestazione di attivit normativa, dalla quale possano trarre origine interessi legittimi: RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1226 appticazione in materia di riliquidazione degli indennizzi per danni di guerra con riferimento a rapporti giuridici estinti (1). (Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente Ministero, richiamandosi all'art. 362 c.p.c., in relazione all'art. 26 t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, denuncia il difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato, in sede di legittimit, a sindacare le attribuzioni dell'Amministrazione attiva in materia coperta da situazioni giuridiche quesite ed osserva che il provvedimento amministrativo non impugnato ed accettato dall'interessato diviene insindacabile ed irrevocabile e crea delle situazioni giuridiche definitive ed intangibili, simili a quelle dei diritti quesiti nei rapporti tra privati e che l'Amministrazione ha il potere discrezionale di provvedere all'annullamento d'ufficio dell'atto, divenuto definitivo, che risulti inficiato da vizi di legittimit, soltanto se sussista un interesse effettivo, specifico ed attuale alla rimozione dell'atto e non vi si oppongano, in rapporto a provvedimenti che importino oneri patrimoniali per l'Amministrazione, i limiti di carattere finanziario che scaturiscono dall'art. 81 Costituzione. Secondo il ricorrente il giudice amministrativo sarebbe caduto in errore fondando la propria decisione sulla circolare n. 139, poich una circolare, in quanto atto amministrativo generale, pu costituire una autolimitazione di discrezionalit solo se I'Amministrazione disponga di una scelta discrezionale sul modo con cui svolgere una data attivit cui sia tenuta, mentre un obbligo giuridico di provvedere, che concretamente non sussista, non pu sorgere per effetto di un atto di autolimitazione; conseguentemente il Consiglio di Stato, affermando nella specie l'esistenza dell'obbligo giuridico dell'Amministrazione di provvedere sulla diffida della Kaiser, avrebbe commesso una illecita ingerenza nella sfera delle attribuzioni discrezionali dell'Amministrazione attiva. Con riferimento sempre alle medesime norme di legge il ricorrente denuncia, con il secondo motivo, il difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato, in sede di legittimit, ad attribuire a interessi di fatto (1) Con la sentenza, di cui alla surriportata massima, le sezioni unite della Corte di Cassazione sostanzialmente ribadiscono i principi gi di recente affermati (v. Cass., Sez. Un., 12 lug[io 1966 n. 1846, retro, I, 1003). La pi ampia motivazione, riguardante pure i limiti del sindacato della Corte di Cassazione sulle decisioni del Consiglio di Stato (cfr. in merito, da ultimo, Cass., sez. un., 30 settembre 1965, n. 2070, retro, I, 552, ed, ivi, 553, nota 1), ne suggerisce la integrale pubblicazione anche per talune precisazioni in essa contenute circa le questioni, di cui gi si scritto in questa Rassegna (retro, I, 1003). =a - PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1227 la tutela giurisdizionale .spettante ad interessi legittimi e sostiene che, divenuta definitiva la liquidazione dell'indennizzo per danni di guerra, la Kaiser non era titolare di alcun interesse legittimo alla revisione di quel provvedimento neppure dopo l'emanazione della circolare n. 139, giacch gli interessi patrimoniali dei privati, che impongono oneri diretti e unilaterali dell'Amministrazione, non possono essere riconosciuti in modo indiretto od occasionale, ma solo attraverso norme di legge. Le due censure, che s'intrecciano vicendevolmente onde se ne impone l'esame congiunto, appaiono fondate ed il ricorso va accolto per quanto di ragione. Giova premettere, per la miglior intelligenza della controversia, che: 1) nell'operare la liquidazione dell'indennizzo a favore della Kaiser il Ministero del Tesoro, in conformit alla prassi allora vigente, applic i limiti di indennizzo, previsti dall'art. 28 I. 27 dicembre 1953, n. 968, sulla somma risultante dall'ammontare del danno valutato al 30 giugno 1943 e moltiplicato per il coefficiente legale di rivalutazione; 2) che il relativo decreto 4 settembre 1962 non venne tempestivamente impugnato dalla Kaiser; 3) che con circolare n. 136 in data 11 maggio 1963 il Ministero del Tesoro imparti istruzioni ai dipendenti uffici affinch, nella liquidazione degli indennizzi, si adeguassero alla diversa interpretazione dell'art. 28, adottata dal Consiglio di Stato, secondo la quale i limiti previsti da tale articolo vanno applicati sulla somma presa a base per il calcolo dell'indennizzo, vale a dire sul danno valutato al 30 giugno 1943; 4) che con successiva circolare n. 139, in data 13 marzo 1964, lo stesso Ministero dispose che anche le pratiche gi definite venissero riliquidate, facendosi applicazione del medesimo criterio, qualora gli interessati ne avessero fatta richiesta; 5) che, avendo la Corte dei Conti rifiutato la registrazione di alcuni decreti di riliquidazione, il Ministero del Tesoro con una terza circolare n. 144 in data 25 maggio 1965 revoc la circolare n. 139 ed il 14 dicembre 1965 present al Parlamento un disegno di legge per disciplinare la materia della revisione degli indennizzi gi liquidati. La controversia tra le parti si imperniata quindi sulla legittimit o meno del silenzio opposto dall'Amministrazione prima alla istanza e poi alla formale diffida intimata dalla Kaiser per conseguire la riliquidazione, secondo il nuovo criterio, dell'indennizzo disposto a sua favore con il decreto 4 settembre 1962. Ora non interessa accertare se il Consiglio di Stato abbia corret tamente deciso nel merito la controversia, poich ai sensi dell'art. 111 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1228 ultimo comma della Costituzione il ricorso in Cassazione contro le decisioni del Consiglio di Stato ammesso e per i soli motivi inerenti alla giurisdizione > e, com' stato pi volte affermato (cfr. sent. 28 luglio 1964, n. 2124 e n. 2121), il sindacato del tutto eccezionale consentito a questa Suprema Corte configurabile in materia quando il Consiglio di Stato abbia giudicato al di fuori dei limiti che la legge pone alle sue specifiche attribuzioni e va individuato in concreto con riferimento alla natura della controversia sottoposta al suo esame e al contenuto della pronuncia impugnata. Ne consegue che la decisione censurabile in questa sede, quando, con una pronuncia positiva, il giudice amministrativo abbia invaso il campo riservato alla libera discrezionalit della pubblica amministrazione ovvero abbia invaso la sfera dell'altrui giurisdizione, sia essa propria di altri poteri dello Stato ovvero di un giudice ordinario o speciale oppure quando, con una pronuncia negativa, quel giudice abbia dichiarato di non potere decidere perch si tratterebbe di materia che, a suo avviso, non pu formare oggetto in modo assoluto di funzione giurisdizionale o che non pu essere oggetto della funzione giurisdizionale propria del Consiglio di Stato. Se quindi si deve semplicemente verificare se il Consiglio di Stato abbia esorbitato dai confini tracciati dalla legge all'attivit esteriore dell'organo, occorre accertare se sia configurabile in astratto una posizione giuridica tutelata come fonte di pretesa del singolo e pi specificamente se, di fronte all'azione amministrativa denunciata come illegittima, sia configurabile un interesse legittimo del cittadino ricorrente. Il potere giurisdizionale del giudice amministrativo esercitabile infatti solo in cospetto della lesione di un interesse legittimo. Ora, poich nella specie l'attuale resistente si doleva del comportamento dell'Amministrazione che, nonostante la diffida fattale, non aveva adottato il richiesto provvedimento di riliquidazione dell'indennizzo, il ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato in tanto poteva ritenersi proponibile in quanto la Kaiser fosse risultata portatrice di un interesse legittimo all'emanazione di quel provvedimento e correlativamente si fosse potuta affermare l'esistenza di un obbligo a provvedere da parte dell'Amministrazione. Al riguardo devesi considerare che il danneggiato per eventi bellici titolare ab origine di un interesse legittimo al conseguimento dell'indennizzo in conformit alle norme poste dalla legge che disciplina la materia: senza dubbio egli ha un interesse a conseguire un indennizzo che lo compensi nella misura pi ampia del danno subito. Ma quando, esaurita la procedura tracciata dalla legge, 1'Amministrazione abbia adottato un provvedimento di liquidazione, contro il quale non siano stati esperiti i consentiti rimedi giurisdizionali, l'interesse legittimo - PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1229 del danneggiato soddisfatto e quello di conseguire un maggiore indennizzo rimane un puro interesse di fatto. Gli che in tal caso ci si trova di fronte ad un atto, la cui definitivit s'impone tanto al cittadino quanto all'Amministrazione, che con la sua emanazione ha esaurito ogni suo potere in materia: e difatti lo stesso Consiglio di Stato ha correttamente affermato che l'Amministrazione non tenuta a provvedere su una istanza rivolta al riesame di provvedimenti non pi impugnabili (Sez. VI, 25 luglio 1964, n. 562), giacch per la formazione di un atto negativo impugnabile sotto forma .. di silenzio rifiuto occorre l'esistenza di un obbligo giuridico della pubblica Amministrazione di provvedere (cfr. Sez. V, 24 novembre 1964, n. 1449, 26 settembre 1964, n. 1122). Ed allora non resta che esaminare se quell'obbligo di provvedere, che sicuramente non sussisteva nel sistema generale della legge sul risarcimento dei danni di guerra, possa essere sorto per effetto della circolare n. 139 e se, di conseguenza, possa ravvisarsi un interesse legittimo del. danneggiato alla applicazione nei suoi confronti della circolare medesima. La risposta non pu essere che negativa: gli che le disposizioni emanate dall'Amministrazione per l'interpretazione e l'applicazione della legge hanno il fine di chiarire dubbi e stabilire criteri uniformi per gli uffici dipendenti, ma non li vincolano in modo assoluto. Pi precisamente questo Supremo Collegio ha ritenuto (sent. 13 giugno 1958, n. 1908) che le istruzioni amministrative, anche quando sono emanate nell'esplicazione del potere gerarchico, esauriscono la loro portata nell'ambito dei rapporti interni tra i vari uffici e i loro funzionari e come non vincolano i terzi non sono fonte di diritti a favore degli stessi, n di obblighi a carico dell'Amministrazione. E tale indirizzo stato ancor di recente (sent. 17 dicembre 1962, n. 3385) riaffermato. Ora, in tanto pu riconoscersi una posizione di interesse legittimo a favore del privato, in quanto la situazione subiettiva di quello si trovi ad essere tutelata di riflesso per effetto o di una disposizione di legge, che direttamente disciplini i poteri dell'Amministrazione, o di un'attivit normativa che l'Amministrazione stessa abbia espletato nell'esercizio delle facolt spettantile. Esclusa la prima ipotesi (la presentazione del disegno di legge 14 dicembre 1965 la dimostrazione migliore dell'inesistenza attuale di una norma positiva, che costituisca il substrato della pretesa del danneggiato), devesi escludere anche la seconda, giacch una circolare non costituisce manifestazione di attivit normativa, dalla quale possano trarre origine interessi legittimi. Ne sostanzialmente convinta la stessa resistente, la quale ha tentato, ma invano, di dimostrare che l'atto 13 marzo 1964 ha .soltanto la I I I I -I RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELI.O STATO 1230 forma esteriore della circolare, ma in realt un decreto ministeriale con efficacia esterna: chiaro che il condizionare l'attivit dell'Amministrazione alla richiesta del privato non significa incidere nella sfera giuridica di quest'ultimo, n importa modificazione della natura dell'atto che contiene quella condizione, perch, al contrario, esso conserva sempre la sua natura di istruzione interna con la limitata efficacia propria di tale atto. Cadono quindi tutte le argomentazioni che la resistente prospetta a sostegno del proprio assunto, poich non possibile configurare interessi legittimi in relaziorte ad un atto interno dell'Amministrazione non ricollegabile ad alcuna norma obiettiva; e lo stesso a dirsi per le considerazioni che la medesima resistente fa sulla possibilit di rinuncia agli effetti del giudicato, essendo esse imperniate su principi strettamente privatistici che mal si adattano alla soggetta materia, in cui predomina invece l'interesse pubblico. Non si pu poi ravvisare nell'emanazione della circolare n. 139 un esercizio del potere della pubblica Amministrazione di annullare d'ufficio, in sede di autotutela, gli atti amministrativi illegittimi, poich la possibilit di riesaminare i provvedimenti amministrativi illegittimi presuppone da un lato che l'atto non sia conforme alle regole prescritte per la sua validit e dall'altro che l'atto medesimo produca tuttora degli effetti giuridici, che nell'interesse pubblico necessario rimuovere; di tutta evidenza come nessuna delle due ipotesi sia configurabile nella specie, giacch non pu ritenersi viziato ab origine un atto solo perch in tempo successivo alla sua emanazione venga adottata una diversa interpretazione della norma di legge di cui l'atto costituisce applicazione, .mentre certo che con l'emissione del decreto di liquidazione ogni rap porto tra Amministrazione e danneggiato rimane definito. Piuttosto, come queste Sezioni Unite hanno ritenuto in altro caso analogo recentemente deciso (sent. 12 luglio 1966, n. 1846), la circolare in questione pu essere messa in relazione con la potest di revoca che la pubblica Amministrazione pu esercitare in vista di una sopravvenuta inopportunit della situazione giuridica sorta dal provvedimento rispetto all'interesse attuale dell'Amministrazione stessa: senonch il potere di revoca, sia essa totale o parziale, costituisce sempre esplicazione di am ministrazione attiva, all'esercizio della quale il privato ha un mero inte resse di fatto, non tutelabile davanti al giudice amministrativo, cosicch rimane ribadito l'eccesso di potere giudisdizionale compiuto nella specie dal Consiglio di Stato quando ha affermato l'illegittimit del silenzio rifiuto e conseguentemente l'obbligo dell'Amministrazione di provve dere, mentre la riforma del provvedimento definitivo di liquidazione rappresenta estrinsecazione del solo potere d'iniziativa della pubblica Amministrazione. < PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1231 Non sussistono pertanto motivi per discostarsi da quanto stato recentemente affermato nella sentenza test menzionata e si deve, in accoglimento del ricorso, annullare per difetto di giurisdizione l'impugnata decisione del Consiglio di Stato. Di fronte alla peculiarit della controversia giusto ed opportuno disporre la totale compensazione delle spese dell'intero giudizio. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 novembre 1966, n. 2783 -Pres. Felicetti -Rel. D'Amico -P. M. Tavolaro (conf.) -Ministero finanze (avv. Stato Ricci) c. S.p.A. S.I.F.A.C. (avv. Delli Paoli, Falcone e Gabriele) e Comune di San Michele di Ganzaria (n. c.). Competenza e giurisdizione-Quote di i.g.e. spettanti ai Comuni -Provvedimento di assegnazione -Conseguente diritto del Comune alla riscossione -Difetto di prova circa la iscrizione nella parte attiva del bilancio comunale -Pignorabilit del credito. (C. p. c., art. 543; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4; 1. 2 luglio 1952, n. 703, artt. 1, 2 e 3). Con l'emissione del decreto ministeriale di assegnazione della quota di i.g.e~ ad un determinato Comune, la somma relativa entra nella disponibilit del Comune stesso, che acquista il diritto alla riscossione e con la iscrizione nella parte attiva del bilancio rende impignorabile il credito: pertanto, in questa situazione, mancando la prova di tale iscrizione, non sussiste il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario sulla domanda di assegnazione di quelle somme proposta da un creditore del Comune (1). (Omissis). -Col primo mezzo l'Amministrazione delle Finanze ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 3 della 1. 2 luglio 1952, n. 703, 543 c. p. c., 4 della 1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, e deduce il difetto di giurisdizione dell'autorit giudiziaria ordi (1) Con l'affermazione dei principi riportati nella massima la questione di fondo circa la impignorabilit delle quote di i.g.e. spettanti ai Comuni. in conformit degli artt. 1, 2 e 3 della legge 2 luglio 1952, n. 703, non sembra sia stata affrontata dalle sezioni unite della Corte di Cassazione nella sentenza, che qui si considera, e di conseguenza non pu ritenersi definitivamente risolta. Intanto, il principio, per cui con la emissione del provvedimento di assegnazione della quota di i. g. e. ad un determinato Comune la somma relativa entra nella digponibilit del Comune medesimo, il quale acquista cosi il diritto ana riscossione, non pu implicare -a parte ogni rilievo sul - 1232 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO naria e l'impignorabilit del credito per quota i.g.e. Assume che le norme della 1. n. 703 del 1952, le quali prevedono che una quota pari al 7,50 per cento del provento complessivo dell'imposta generale sull'entrata sia attribuita ai Comuni eccedenti il primo limite della sovrimposta fondiaria, da ripartirsi proporzionalmente alla popolazione residente in base ai dati del censimento ufficiale demografico, con versamenti da effettuarsi secondo le modalit stabilite con decreto del Ministro per le Finanze d'intesa con quello per il Tesoro, perseguono uno scopo di interesse generale che trascende l'interesse di Comuni destinatari con la conseguente destinazione delle somme ad un pubblico servizio; e che il Ministro per le Finanze, nell'operare il riparto delle quote, esercita un potere discrezionale, ponendo in essere un formale atto amministrativo, cosicch non pu sorgere alcun diritto soggettivo di credito del Comune verso lo Stato e non pu essere permesso il pignoramento delle quote da parte di terzi, senza che l'autorit giudiziaria ordinaria revochi o modifichi l'atto amministrativo e interferisca nell'esercizio di poteri esclusivamente riservato alla pubblica Amministrazione. principio stesso in s e sul concetto di una disponibilit, che prescinda dall'iscrizione in bilancio -la pignorabilit di quella somma. Inoltre, il principio, per cui la iscrizione nena parte attiva del bilancio rende impignorabile il credito, a seguito della destinazione cosi operata dalla pubblica Amministrazione, pu avere rilevanl')a risp.etto alle entrate cosiddette di diritto privato non rispetto ai proventi dei tributi. Ecco il punto centrale della questione. Benvero, a prescinder,e dal fatto che in pratica, di norma, i crediti sono iscritti nella parte attiva dei bilanci degli enti pubblici (nella specie, invero, particolare, il Comune rimasto contumace e nessuna prova stata offerta in merito), in nessun caso i proventi dei tributi sono pignorabili. Il precedente ricordato nella sentenza in rassegna (Cass., 20 marzo 1952, n. 755, Foro it., 1952, I, 707) riguardava, infatti, delle somme pignorate nella cassa di una stazione ferroviaria ed allora appunto la Corte di Cassazione ebbe ad affermare che non soggetto ad esecuzione forzata il danaro custodito nelle casse dello Stato, destinato genericamente, in virt della iscrizione nella parte attiva del bilancio, ad un servizio pubblico . Del resto, gi la dottrina aveva chiaramente delineato quanto innanzi accennato nel senso che l'esecuzione forzata pu aver luogo sui crediti di diritto priv;ato (non su quelli di diritto pubblico, quali ad es. i tributi...), nonch sulle somme di danaro esistenti nelle casse dell'Amministrazione (non per su quelle che gi siano state destinate alla soddisfazione di un particolare bisogno pubblico e non si trovino, quindi, pi nella cassa gene rale dell'ente) : SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1952, 488-489. Su queste ultime proposizioni, espresse anche con maggiore am piezza da altri autorevoli pubblicisti (v., per tutti, ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, vol. II, Milano, 1948, 119-120, il quale, tuttavia, pure egli afferma esplicitamente che e ai crediti di diritto pubblico l'esecuzione non applicabile... neppure presso gli esattori delle imposte, perch il credito degli enti .... conserva sempre il carattere e la efficacia di un credito pub blico ), la Corte di Cassazione nella richiamata sentenza ebbe a precisare il - PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1233 Il mezzo dev'essere disatteso. Nella specie l'Amministrazione delle Finanze riconosce, con riferimento alla dichiarazione di terzo resa a' sensi dell'art. 547 c. p. c., che il contributo Ige era stato gi assegnato, con decreto ministeriale, al Comune di S. Michele in Ganzaria. Si delinea cosi una situazione giuridica del tutto diversa da quella che si potrebbe configurare ove non fosse stato gi esercitato il potere conferito al Ministro per le Finanze dalla legge n. 703 del 1952. Poich, nella specie, con l'emissione del decreto ministeriale, l'assegnazione della quota i.g.e. divenuta perfetta ed operante e Ja somma relativa nella disponibilit del Comune che ha acquisito il diritto alla riscossione, divenendo cosi arbitro esclusivo nella destinazione della somma, non possono valere le ragioni addotte dall'Amministrazione a sostegno della sua eccezione di difetto di giurisdizione. Nella situazione come sopra delineata l'autorit giudiziaria ordinaria non chiamata a svolgere alcuna attivit sostitutiva di quella della pubblica Amministrazione, mentre soltanto il Comune, che rimasto invece contumace, era legittimato, in conseguenza della gi avvenuta assegnazione della quota, ad eccepire l'impignorabilit del credito. principio sopra riportato, mentre, per contro, le stesse sezioni unite della Corte di Cassazione non avevano mai posto in dubbio che e i proventi dei tributi degli enti pubblici (nella specie di un Comune) sono sottratti in ogni caso al pignoramento condizionando la impignorabilit alla destinazione da parte dell'ente a soddisfare i servizi pubblici solo per i proventi dei beni patrimoni penale, sfa basata sul medesimo fatto costituente reato, per il q'l!-0-lefu esercitata l'azione penale e pronunciata la relativa condanna. L'articolo 28 c. p. p. si applica invece all'ipotesi in cui, pur essendo l'azionecivile fondata su di un titolo autonomo, il diritto dedotto nella controversia dipende, quanto al suo riconoscimento, dall'accertamento dei fatti materiali che formarono oggetto del giudizio penale (2). n giudicato penale ha efficacia preclusiva dell'indagine del giudice civile per quanto concerne l'accertamento dei fatti materiali, limitatamente a quelli che hanno costituito iZ fondamento logico-giuridica. della decisione penale. Di conseguenza, qualora nella sentenza penalesia stato ritenuto, quale presupposto per l'affermazione della respon (1) Cfr., in senso conforme: Cass., 15 giugno 1965, n. 1225, in questa Rassegna, 1965, I, 525, con nota di richiami. (2) Sull'applicabilit dell'art. 28 c. p. p. alle ipotesi, nelle quali nel giudizio civile si faccia valere un titolo autonomo rispetto a quello dedottO' nel giudizio penale, cfr.: Trib. Firenze, 20 gennaio 1964, Riv. giur. ed.,. 1964, I, 374. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1241 sabiiit penale deli'imputato, che iZ comportamento colposo di questo ultimo sia stato causa efficiente dell'evento dannoso, poich tale accertamento non comporta necessariamente quello di un nesso di causalit esclusiva tra il fatto dell'imputato e l'evento dannoso, iZ giudice civile pu liberamente indagare in merito all'eventuale concorso di colpa di una terza persona, rimasta estranea al processo penale (3). (3) Sui limiti dell'efficacia preclusiva del giudicato penale, nel giudizio civile, cfr., in senso conforme, Cass., 5 aprile 1963, n. 872, Resp. civ., 1963, 502; App. Napoli, 21 ottobre 1963, Dir. e giur., 1965, 77; Cass., 10 agosto 1964, n. 2291, Giust. civ., 1964, I, 219; 13 novembre 1965, n. 2378, Foro it., Mass., 1965, 697. F-ARGAN CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 28 giugno 1966, n. 1675 -Pres. Fibbi -Est. La Farina -P. M. Criscuoli (conf.) -Ansaldo e Sciaccaluga (avv. Podest, Traverso, D'Audino) c. Societ edilizia Invernizzi (avv. Tedeschi, Pallottino). Impugnazione -Denuncia di omessa pronuncia da parte del giudice su di un'eccezione di regiudicata -Revocazione della sentenza Esclusione -Necessit di ricorso per cassazione. (c. p. c., artt. 360, 395, n. 5). Cosa giudicata -Autorit della regiudicata sostanziale in un nuovo e distinto giudizio -Presupposto -Identificazione delle azioni -Insufficienza del contrasto teorico fra decisioni del giudice amministrativo e sentenze del giudice ordinario a seguito dell'applicazione del principio della doppia tutela giurisdizionale in tema di violazioni di norme di regolamenti edilizi. (C. c., artt. 872, 2909). Edilizia -Normativa -Violazione di norme integrative o non del codice civile -Diversit dei rimedi -Azione di risarcimento del danno e ricorso al giudice amministrativo per l'annullamento della licenza edilizia. (c. c., artt. 872, 873; t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 26). Edilizia -Distanze legali -Edifici non soggetti alle norme sulle distanze -Costruzioni a confine con piazze o vie pubbliche -Sot 1242 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO toposizione alle norme di edilizia e di ornato pubblico -Violazioni -Diritto al risarcimento del danno del proprietario dell'edificio fronteggiante -Sussiste. {c. c., artt. 871, 872, 879). Si versa nell'ambito della revocazione della sentenza per contrasto con altra precedente, avente tra le parti autorit, di cosa giudicata, solo ove ricorrano, congiuntamente, le due condizioni che trattisi di giudicato risultante da separato giudizio e di omessa prospettazione della relativa eccezione davanti al giudice che abbia pronunciato la sentenza revocanda. Quando si tratti, viceversa, di giudicato formatosi nello stesso giudizio, ovvero, pur trattandosi di giudicato esterno, l'eccezione di cosa giudicata sia stata sollevata anche se essa non sia stata esaminata dal giudice, il rimedio esperibile contro le sentenze di cui all'art. 395 c.p.c. resta quello del ricorso per cassazione, a seconda i casi, per violazione di una norma di diritto sostanziale (art. 2909 e.e.), ovvero di diritto processuale (preclusione, ove la sentenza da cui deriva il giudicato sia stata pronunciata nello stesso giudizio, o vizio di omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia, avendo il giudice trascurato di pronunciarsi su un'eccezione potenzialmente perentoria) (1). L'autorit, della cosa giudicata (sostanziale) si impone nel nuovo e distinto giudizio, secondo il principio della identificazione delle azioni, soltanto ove sussista identit, di soggetti, di causa .petendi e di petitum, cio ove si richieda tra i medesimi soggetti, nella medesima qualit,, lo stesso bene, per lo stesso titolo, epper il mero contrasto teorico, che, solo, pu sorgere tra sentenze del giudice amministrativo e sentenze del giudice civile ordinario, a seguito deU'applicazione del principio della doppia tutela giurisdizionale in tema di violazione di norme di regolamenti edilizi, non d, luogo a violazione della cosa giudicata, non potendo la pronuncia emessa per prima da uno dei due giudici aditi avere autorit, di giudicato nell'altro giudizio, per la diversit, dei soggetti e del petitum (2). (1) Conf. Cass., 23 ottobre 1959, n. 3053, Giust. civ., Mass., 1959, 1033, sub 1 ed ivi riferimenti; 23 gennaio 1954, n. 142, Foro it., Mass., 1954, 29, sub 2. (2) Conf. Cass., 22 gennaio 1966, n. 268, Giust. civ., Mass., 1966, 140, sub 4; 2 novembre 1963, n. 3006, id., Mass., 1963, 1406; contra Ca,ss., 5 agosto 1946, n. 1080, Foro it., Rep., 1946, voce Cosa giudicata civile, c. 274, n. 16. Il principio della doppia tutela in tema di violazione di regolamenti edilizi cosi inteso dalla giurisprudenza della Suprema Corte regolatrice: e quando la controversia deriva dalila violazione delle distanze e in alcune ipotesi delle altezze delle propriet finitime determinate nei regolamenti comunali e sia stata rilasciata una Ucenza in deroga alle norme regolamentari in forza dei poteri che la p. a. si sia espressamente ;riservati, la W.if:@.7C%Jrq::::::rar.w-;::;w.:r.-:::m~w.1..f::::-9=::::%::::::::::.=::::-:w:-::--...-::::::-=:.@r::w-;:-x::::::::-:.:.:.:.:.-:-~=::.:.:;:.::7x:::.::~-Y..:-:-:-:.:..-:-.:.:-:..-...:-:-:-:x-=-=--r..:...-~-=%':>:-:-.-/.o/.-IB:::--::;:::/.;y/..-.-:n..:-:--..-...--w..:::z-~ ~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1243 Nelle controversie tra privati relative alla violazione di norme di vicinato occorre distinguere le norme relative alle distanze nelle costruzioni, di cui agli artt. 873 e seguenti e.e. e nei regolamenti locali, da quelle richiamate nelle altre norme di edilizia contenute nelle leggi speciali e nei regolamenti edilizi comunali. Dalla violazione delle norme della prima categoria derivano a favore del privato, che si pretenda leso dalla stessa, un'azione per l'eliminazione dello stato di cose abusivamente creato (vera e propria azione reale, avente ad oggetto la riduzione in pristino) ed un'azione per l'accertamento ed il risarcimento del danno che ne sia derivato. Dalla violazione delle norme della seconda categoria (come quelle dei regolamenti comunali, che non attengono alla materia delle distanze, bensi ad altra, d'interesse prevalentemente pubblico: urbanistico, igienico, estetico, ecc., quale quella dell'altezza degli edifici) pu, a norma dell'art. 872, comma secondo, e.e., conseguire per il privato, nei confronti dell'altro privato, che abbia violato la norma, una tutela limitata alla sola azione di condanna al risarcimento del danno. Tale azione autonoma e distinta rispetto all'impugnativa che il privato pu proporre contro il provvedimento amministrativo (licenza edilizia), che, in deroga o non in deroga alle norme regolamentari edilizie, abbia autorizzato la costruzione. Questa impugnativa, essendo diretta nei confronti della p.a., al fine di ottenere l'annullamento dell'atto amministrativo, devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, mentre l'azione diretta ad ottenere soltanto il risarcimento del danno a carico del privato, che ha ottenuto la licenza ed eseguito la costruzione, appartiene alla giurisdizione dell'a.g.o., trattandosi di una domanda, il petitum della quale si esaurisce nella situazione di chi denunci la lesione del diritto derivata dallo svolgimento dell'attivit autorizzata dalla p. a. riceve una duplice qualificazione: da un J.ato vi l'interesse legtttimo a che l'autorit non rilasci la licenza in deroga e dall'altro i>1 diritto .soggettivo verso il vicino, che viene leso solo quando questi costruisca effettivamente l'edificio autorizzato. L'eccezione dell'esistenza di una licenza in deroga non d luogo al difetto di giurisdizione del g. o.: l'esame della licenza vien fatto incidenter tantum al fine di stabilire se esisteva o meno il potere di concedere la licenza in deroga e di pronunciare, di conseguenza, sulla denunciata lesione di diritto. Solo se si chieda l'annullamento della licenza la domanda deve essere proposta al giudice amministrativo : Cass., Sez. Un., 27 gennaio 1959, n. 221, Giust. civ., 1959, I, 871, sub 7, con nota di ABBAMONTE (per una prospettazione delle condizioni che darebbero luogo a due distinte ed autonome posizioni di interesse legittimo e di diritto soggettivo nei confronti della stessa p.a. v., invece, Cons. Stato, Sez. VI, 9 novembre 1965, n. 788, Giur. it., 1966, III, 221, nella motivazione, nonch in questa Rassegna, 1966, I, 146). Ma sul limite della disapplicazione da parte del g. o. degli atti amministrativi illegali, lesivi di diritti soggettivi, costituito dalla inoppugnabilit dell'atto, v. nota sub 1 a Cass., 27 ottobre 1966, n. 2643, in questa Rassegna, 1966, I, 1279. l l i j % - . -~ ' k "':':'"'W:"'==Wff:'""-"".W..Af.":CT:f::f&'/$;':/.-Y.llif""""W-'f.W'"%:'-='1Zf%""'""-""'W%$f:fjf.&%%W.~..::Af?'P$.:r. In senso conforme allla sentenza sopra massimata v., invece, Cass., 16 febbraio 1965, n. 238, Giust. civ., Mass., 1965, 96; 22 aprile 1965, n. 712, ibidem, 361 ed ivi riferimenti; v. anche, con applicazione al Caso di azione di risarcimento di danni a cose, Cass., 10 marzo 1966, n. 672, Giur. it., Mass., 1966, 290; e, con applicazione al caso di azione di regolamento di confini, Cass., 25 marzo 1966, n. 812, ibidem, 357. Questa pi recente giurisprudenza accoglie, cosi, la nota dottrina del BETTI, Diritto processuale civile, Roma, 1936, 159, secondo cui: il controllo della legittimazione governato da un criteiro analogo a quello che regge il controllo della fondatezza in diritto della ragione e a quello concernente la sussi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stenza degli elementi dell'azione. li'sso, cio, si deve fare in astratto e in ipotesi, stando a quanto afferma l'attore nella domanda e con riguardo esclusivo alle affermazioni enunciate, non gi alla loro fondatezza in fatto, alla loro veridicit, che rimane da indagare e che va ammessa solo per un momento, provvisoriamente ( si vera sint exposita ). Giacch la questione, di ordine preliminare, per ora di vedere soltanto se -ammesso per un momento quanto si afferma nella domanda -chi si fatto attore o chi stato convenuto abbia o non abbia Veste o qualit per sostenere la ragione che fa valere o riSPettivamente per contestarla o riconoscerla: se risultasse che non l'ha, sarebbe inutile ogni ulteriore discussione di merito. Successivamente il BETTI, Legittimazione ad agire e rapporto sostanziale, Giur. it., 1949, I, 763 e segg, ha precisato che la J.egittimazione ad agire un rapporto qualificato, connesso al rapporto sostanziale (litigioso) siccome al rapporto qualificante, sottolineando che connessione non vuol dire identit ed ammonendo, pertanto, a non confondere fra il piano del rapporto processuale, dell'azione come tale, e quello del rapporto sostanziale (litigioso). Il CARNELUTTI, Titolarit del diritto e legittimazione, Riv. dir. proc., 1952, II, 122, ha, di rincalzo, ritenuto che, per tracciare, a guida dei pratici, il confine tra i due piani, sia utile spiegare che la legittimazione alla causa una delle condizioni di trattabilit del merito, nel senso che per fare giudicare se un diritto esiste o no una condizione necessaria qu~lla, se esiste, di poterne essere il soggetto . Su questa possibilit dovrebbe vertere, adunque, il controllo del giudice (dello stesso A ..v. anche, Legittimazione e interesse ecc., Riv. dir. proc., cit., 1960, II, 512-513, ove si avverte che la norma generale sulla legittimazione deve ritenersi scritta nell'art. 99 c.p.c.). Sulla distinzione tra stadio preliminare al merito ., concernente la mera ipossibilit giuridica della domanda, ossia la sua ammissibilit in un esame .j che essenzialmente di puro diritto., e stadio di merito, concernente il fondamento intrinseco della domanda ed involgente sempre dei punti di fatto, v. MoNACCIANI, Azione e legittimazione, Milano, 1951, 294. Nega, invece, recisamente, che possa distinguersi una questione di legittimazione dalla questione di merito il SATTA, Commentario al codice di procedura civile, Libro primo, Milano, 1959, 355 (negare... la legittimazione e negare il diritto sono la .stessa, identica cosa, perch la legittimazione in funzione del diritto che si fa valere ). Contesta, tuttavia, l'impossibilit di scindere concettualmente l'oggettiva esistenza di un diritto dalla sua 1soggettiva appartenenza lo ZANZUCCHI, Diritto processuale civile, I, Milano, 1948, 115, il quale, peraltro, delinea (op. cit., 115 e segg.) un compendio delle disparate teorie sulla legittimazione ad agire dibattute nella dottrina 1processualistica (si ricordi che appunto pei casi in cui la questione della esistenza oggettiva del diritto e dell'azione e della sua appartenenza soggettiva si offrono staccate al giudice il CHIOVENDA, Principi di dir. proc. civ., 4 ed., 151 e segg., concepiva il sorgere della questione di legittimazione, che si presenterebbe, specia!l.mente, quando abbia avuto luogo un passaggio di diritti ). -~ Secondo altri (MICHELI, Considerazioni sulla legittimazione ad agire, Riv. dir. proc., 1960, 566 e segg.) la questione della legittimazione avrebbe rilevanza autonoma e pu perci costituire oggetto di una distinta pronuncia del giudice, che non coincide con quella di merito, in tutte le ipotesi in cui il giudice medesimo chiamato a decidere o deve decidere in via preliminare se egli pu provvedere nei confronti di due o pi soggetti. Queste ipotesi si presentano per lo pi, oltre che nei casi di litisconsorzio necessario, nei casi di interventi volontari o coatti, di pluralit di soggetti legittimati a fare valere un diritto, o nei cui confronti un diritto pu essere fatto valere, e di sostituzione processuale (AUT., op. citt., 581). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1253 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 4 agosto 1966, n. 2167 -Pres. La Via -Est. Pratis -P. M. De Marco (conf.) -Franzoni (avv. Sandulli) c. Societ Lamaro (avv. Scopece). Prescrizione -Responsabilit civile -Fatto illecito con carattere permanente -No.zione -Diritto al risarcimento del danno -Decorrenza del termine prescrizionale. (c. c., art. 2947). Per stabilire la decorrenza del termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno per fatto illecito, si deve avere riguardo non al carattere permanente del danno, bens al carattere permanente dcl fatto illecito generatore del primo. Quando il fatto illecito abbia carattere permanente, esso non si pu ritenere consumato con riferimento al solo suo momento iniziale, bens si deve ritenere verificato con riferimento al momento finale (cessazione del fatto generatore del danno), in quanto l'illiceit del comportamento lesivo non si esaurisce nel primo atto dell'agente, ma, in relazione al contenuto deH'attivit e dell'attitudine di questa a produrre di continuo danno, perdura nel tempo, fino a quando permanga la situazione illegittima posta in essere e nella quale si concreta una violazione ininterrotta dell'altrui diritto. In questo caso, il diritto al risarcimento del danno sorge con l'inizio del fatt'> illecito generatore del danno stesso, ma con questo persiste nel tempo, rinnovandosi di momento in momento, con la conseguenza che la prescrizione, secondo la regola del suo computo, ha inizio da ciascun giorno rispetto al fatto gi verificatosi e al corrispondente diritto al risarcimento (1). (1) La motivazione della sentenza leggesi in Foro it., 1966, I, 1671, segg. In senso conforme alla massima in rassegna, v. Cass., Sez. Un., 29 aprile 1964, n. 1039, in questa Rassegna, 1964, I, 712, sub 4 (715); Trib. Sup. AA. PP., 23 settembre 1964, n. 24, ibidem, 1168, sub 1. In tema di danni da occupazione abusiva di immobili, secondo Cass., 19 giugno 1961, n. 1440, Foro it., 1961, I, 1315, la prescrizione non decorre per tutta la durata dell'abusiva occupazione; v., per, le osservazioni dell'ANDRIOLI, in nota, ivi, 1316, il quale avverte che, se il credito di indennizzo del p:rivato deve collegarsi non tanto al fatto illecito, quanto alla tutela della propriet, la relativa pretesa dovrebbe essere imprescrittibile (salvi gli effetti dell'usucapione contraria). Ci ipu dirsi, appunto, del risarcimento in quanto sostitutivo della 1estituzione del bene, ossia rappresentante il valore venale del medesimo, del quale il G.O. non possa ordinare la restituzione al proprietario, a norma dell'art. 4 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E. ed invero, entro tali limiti, il risarcimento ha, in sostanza, funzione di indennit espropriativa. Sulla sussumibilit della sentenza del G.O., che, adito dal privato per la tutela del suo diritto di propriet leso, condanni la P.A. al pagamento del valore venale del bene, nella categoda dell'atto espropriativo in senso materiale, v., infatti, CARUSI, Tutela giudiziaria del proprietario di immobile occupato sine titulo dalla P.A. e trasferimento in opera pubblica ed atto espropriativo in senso materiale, in questa Rassegna, 1966, I, 1047 e segg. 1254 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 agosto 1966, n. 2174 -Pres. Favara -Est. Montanari -P. M. De Marco (diff.) -Ministero delle delle Finanze (avv. Stato Colletta) c. Fallimento Bracco e Panunzio (avv. Martinengo, De Majo). Fallimento -Crediti verso la massa -Normale esclusione dalla procedura di verificazione -Presupposto -Sufficiente certezza. (r. d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 52, 89, 92, 111, n. 1). Fallimento -Crediti verso la massa insoddisfatti pel diniego del decreto del giudice delegato di cui all'ultimo comma dell'art. 1111. fall. Assoggettamento dei medesimi al concorso fallimentare -Sussiste. (r. d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 51, 52, 111). I debiti contratti durante l'amministrazione fallimentare e in generale i debiti sorti posteriormente all'apertura del concorso e che ineriscono allo stesso svolgimento del processo faUimentare (spese di giustizia in senso stretto', quali le tasse di bollo e di registro, spese di amministrazione del patrimonio fallimentare, comprese le obbligazioni assunte verso i terzi per il subentro in contratti conclusi dal fallito o per nuovi contratti stipulati dalla curatela, ecc.) sono debiti che gravano al pari degli altri sul patrimonio del fallito: essi sono di regola esenti dalla procedura di verificazione del passivo, avendo il legislatore ritenuto superfluo il loro assoggettamento a tale procedura, per il loro connaturale, sufficiente grado di certezza, trattandosi di debiti assunti dal curatore sotto la direzione del giudice delegato o, comunque, originati nel processo (1). La possibilit che tali crediti verso la massa siano realizzati durante la pendenza del fallimento senza attendere il pagamento degli aitri debiti e comunque con preferenza rispetto ai crediti anteriori alla di (1-2) Prededuzione e prelazione nella ripartizione delle somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo fallimentare. Che i c.d. creditori della massa debbano essere soddisfatti sul patrimonio fallimentare deriva dal:la circostanza che l'esecuzione collettiva abbraccia tutti i beni del debitore esistenti alla data della dichiarazione del fallimento (esclusi quelli di cui all'art. 46 legge fall.), dei quali egli perde l'amministrazione e la disponibilit. Ma che tale circostanza valga anche a dimostrare la natura concol"suale di quei crediti illazione che non sembra autorizzata dalla legge fallimentare. Il criterio di concentrazione processuale, secondo il quale si appalesa conveniente sottoporre ad un controllo giur1sdizionale unitario fallimentare, altro il costo del procedimento. Ma, se cosi, ila prededuzione > con cui quelli vanno soddisfatti sul ricavato della liquidazione dell'attivo assolve essa stessa, nell'anzidetto procedimento, ad una funzione precipua di liquidazione: attiene alla depurazione dell'attivo fallimentare da tale costo, ossia alla determinazione dell'attivo netto, sul quale soltanto concepibile si esplichi il concorso dei creditori (SATTA, Istituzione di diritto f (v., in argo 1256 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la sussistenza del credito prededucibile -che adire l'autorit giudiziaria nelle forme ordinarie. Gi con sentenze nn. 3186/62 e 1473/62 questa Suprema Corte ha risolto la questione se nello speciale procedimento di verifica del passivo fallimentare possano farsi valere crediti da pagarsi con prededuzione a norma dell'art. 111, ultimo comma, legge fallimentare. La questione stata risolta in senso positivo, affermandosi che la decisione delle questioni di prededuzione in sede di ammissione al passivo fallimentare non solo non appare in contrasto con la disciplina del fallimento, ma risponde ad un retto criterio di concentrazione processuale. Quanto alla distinzione tra creditori del fallito e cosiddetti creditori di massa, la richiamate sentenze di questo Supremo Collegio hanno ritenuto che la distinzione medesima non sostanziale, bensi soltanto apparente, in quanto anche i cosiddetti debiti di massa (e cio le spese di procedura e le obbligazioni contratte per l'amministrazione del fallimento ed eventualmente per la continuazione dell'esercizio dell'impresa: cfr. sent. n. 423/66) sono indubbiamente debiti del fallito, sia pure assunti dagli organi fallimentari che sono subentrati al fallito stesso nell'amministrazione e nella disponibilit dei suoi beni (artt. 31 e 42 legge sul fallimento). Le sentenze indicate hanno messo in rilievo che ogni diversa conclusione postulerebbe la configurilzione del fallimento come ente a s stante, con personalit propria o per lo meno costituente patrimonio autonomo, concezione invece inconciliabile con la legislazione positiva sul fallimento e che, condotta alle sue estreme conseguenze, potrebbe comportare un'esecuzione da parte del creditore di massa insoddisfatto sui beni gi sottoposti ad esecuzione collettiva (cfr. sent. n. 658/61). I debiti contratti durante l'amministrazione fallimentare e in generale i debiti sorti posteriormente all'apertura del concorso e che ineri mento, Trib. Napoli, 31 dicembre 1960, Giur. it., 1961, I, 2, 482, segnatamente 484). Non si riesce ad intendere, allora, come possa la stessa sentenza annotata risolvere i:l primo concetto nel secondo (per la distinzione v., invece, MICHELI, Amministrazione controllata ecc., Riv. trim. dir. e proc. civ., 1960, 1433; OPPO, Mandato irrevocabile ecc., Riv. dir. civ., 1961, I, 53) ed affermare che, poich la regola della estraneit dei crediti verso la massa al concorso si fonderebbe sul sufficiente grado di certezza dei medesimi, una volta che tale presupposto difetti, quei crediti debbono diventare anch'essi concorsuali. Un siffatto ragionamento, a ben vedere, dato che compete al giudice delegato disporre i prelevamenti (o le anticipazioni a carico dell'Erario) indispensabili per la soddisfazione di quei crediti in prededuzione, equivale ad attribuirgli altresi il potere di valutare la sufficienza del loro grado di certezza ai fini (non gi del pagamento, ma) della loro sottoposizione al concorso, ossia si traduce nell'affermazione che la legge falli PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1257 scono allo stesso svolgimento del processo fallimentare (spese di giustizia in senso stretto -quali le tasse di bollo e di registro -spese di amministrazione del patrimonio fallimentare, comprese le obbligazioni assunte verso terzi per il subentro in contratti conclusi dal fallito o per nuovi contratti stipulati dalla curatela, ecc.) sono debiti che gravano -al pari degli altri -sul patrimonio del fallito e la dimostrazione di ci data dall'art. 111 della legge fallimentare, in base al quale i cosiddetti crediti di massa non sono esclusi dal concorso, ma vi partecipano, sia pure con preferenza assoluta di fronte ai crediti anteriori alla dichiarazione di fallimento. Se i crediti anzidetti sono di regola esenti dalla procedura di verificazione del passivo, ci dovuto (cfr. sent. n. 3186/62) al solo motivo che, a differenza dei debiti contratti dal fallito, i debiti della massa hanno un sufficiente grado di certezza, essendo stati assunti dal curatore sotto la direzione del giudice delegato o, comunque, avendo avuto origine nel processo. Pertanto il legislatore ha ritenuto superfluo il loro accertamento attraverso il procedimento menzionato. Quanto, poi, alla prededuzione , cio alla possibilit di riscuotere il credito senza attendere il pagamento degli altri debiti (art. 111, ultima parte), essa deriva (cfr. sent. n. 658/61) dalla circostanza che i crediti di massa sono ammessi al concorso con preferenza rispetto ai crediti anteriori alla dichiarazione di fallimento, anche se muniti di diritto di prelazione; e, del resto, la possibilit di un'anticipata realizzazione, durante la pendenza della procedura di fallimento, prevista anche per alcuni crediti non di massa (cfr. art. 53 1. fall. per i crediti garantiti da pegno o assistiti da privilegio su mobili) e perci tale possibilit di pi pronta realizzazione non muta la natura del credito, n lo sottrae alla regola del concorso. mentare conoscerebbe, accanto all'ordinaria disciplina, secondo fa quale la concorsualit dei crediti verso il fallito anteriori alla dichiarazione di fallimento deriva come immediato effetto legale, direttamente connesso a tale pronuncia (di accertamento costitutivo: SATTA, op. cit., 64), anche l'istituto di una concorsualit successiva... non pi legale, ma dipendente da una distinguente valutazione discrezionale del giudice. Ora l'attribuzione di una tale po.test al giudice delegato non si rinviene assolutamente nella legge. Ammesso che ne sia concepibile un'attribuzione implicita, essa non solo non pu arguirsi dal congiunto disposto dagli artt. 51, 52 e 111, n. 1, legge fall., ma, anzi, a parere di chi scrive, dallo stesso esame di tali norme, se ce ne fosse bisogno, appare esclusa. Ed invero la testuale portata dell'art. 111 legge fall. nel senso della distinzione e contrapposizione dei crediti indicati al n. 1 rispetto a quelli ammessi nello stato passivo (nn. 2 e 3), ivi compresi (n. 2) quelli ammessi con prelazione (riprova testuale della impossibilit di ridurre la prededuzione ad una sorta di prelazione sui generis), ed all'ultimo comma di quell'articolo si parla di prelevamenti e si precisa che il loro ammontare determinato da apposito decreto del giudice delegato. Sembra, pertanto, pi corretta inter 1258 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Se di regola, come si detto, per i crediti di massa non vi necessit di ricorrere alla procedura di verificazione del passivo, potendo i prelevamenti per i crediti stessi essere immediatamente autorizzati a seguito di determinazione adottata dal giudice delegato con proprio decreto, tuttavia sorge la necessit dell'individuazione della sede competente per l'accertamento della loro esistenza e del loro ammontare qualora il giudice delegato non ritenza come nella specie di emettere il provvedimento con il quale si dispone il pagamento, ovvero si dispone l'anticipazione a carico dell'Erario (prenotazione a debito per le tasse di bollo e registro) ai sensi dell'art. 91 I. fall. In tale ipotesi, il creditore di massa, oltre a poter proporre -contro il provvedimento negativo del giudice delegato -reclamo al Tribunale, ai sensi dell'art. 26 I. fall., con eventuale successivo ricorso alla Corte Suprema di Cassazione, ove ne ricorrano gli estremi, ai sensi dell'art. 111 della Costituzione, pu -per i motivi sopra esposti e come stato riconosciuto dalle sentenze di questo Supremo Collegio gi citate -avvalersi anche dei mezzi previsti per l'accertamento del passivo fallimentare (domanda di ammissione al passivo ai sensi dell'art. 93 I. fall. ovvero -nel caso di stato passivo gi chiuso e dichiarato esecutivo dichiarazione tardiva di credito mediante il ricorso previsto dall'articolo 101 I. fall.). invece improponibile una domanda in via contenziosa ordinaria, che il creditore proponga mediante atto di citazione nei confronti del curatore del fallimento e ci per le ragioni sopra ricordate. Anche la dottrina prevalente ritiene che i creditori della massa insoddisfatti debbono necessariamente far valere le proprie ragioni in sede fallimentare e che, secondo il diritto speciale del fallimento, i pretazione della legge positiva quella che, ritenuta l'apertura del concorso immediata e riferita ai soli crediti anteriori alla dichiarazione del fallimento e anche se muniti di diritto di prelazione (artt. 52, 89, 92) e ritenuto altres che proprio il dettato dell'art. 111 legge fall. ad escludere i crediti verso la massa dalle (due) categorie dei crediti che vanno verificati ed ammessi al passivo (cfr., cosi, Cass., 8 aprile 1959, n. 1024, Giur. it., 1959, I, 1, 943, nella motivazione; 9 aprile 1964, n. 820, Giust. civ., 1964, I, 1838; App. Lecce, lO settembre 1964, Giur. it., Rep., 1965, voce Fallimento, c. 1315, nn. 201-202; Trib. Napoli, 31 dicembre 1960, cit., Giur. it., 1961, I, 2, 482 e segg.), attribuisca a tale espressa e testuale distinzione e contrapposizione significato non gi di conferma, ma di esclusione dell'applicazione ai casi considerati dell'art. 51 legge fa:ll., che fa, appunto, salva ogni eventuale diversa disposizione della legge e va, comunque, interpretato in stretta e funzionale connessione col successivo art. 52. N pare costituisca argomento decisivo quello che vorrebbe far leva sulla stranezza di una azione esecutiva per esproprililzione contro l'organo incaricato di procedere all'esecuzione forzata (AZZOLINA, n fallimento, I, Torino, 1953, 700), obliterando che -e ci si dice non senza ricordare che l'&fiffilfffilfffillfrrtfnf@f%If%f@Ff0ffff@fflTif&iHf@f@ffff%ffffff@rfITffffifffffffff@HtBWJffjfffilrf@KzL.,00 ~l~~lllJlall...,~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1259 -crediti per le spese processuali e in genere i crediti cosiddetti di massa debbano essere fatti valere in sede concorsuale al pari di ogni altro credito da soddisfarsi sulle attivit fallimentari, secondo un principio .che pu ricavarsi non solo dall'art. 111 I. fall., che stabilisce che il pagamento delle spese e dei debiti contratti per l'amministrazione del fallimento deve avvenire con le somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo, ma anche dagli artt. 51 e 52 della legge, i quali -considerata la loro precisa formulazione letterale, che esclude ogni possibilit di discriminare la situazione dei creditori a seconda della qualit> del credito -risultano applicabili anche ai creditori postfallimentari ecce- zionalmente ammessi a soddisfarsi sui beni del fallimento (quali i cosiddetti creditori di massa). Poich nessuna autonomia di azione esecutiva, fuori del fallimento, lasciata dal legislatore ai creditori anzidetti, costoro -dovendo essere soddisfatti sull'attivo fallimentare -non possono agire a tale scopo che nella sede del fallimento. stato anche esattamente posto in rilievo in dottrina che, se la disciplina speciale della legge fallimentare concentra nella sede unica le azioni di coloro che vantano un credito dipendente dallo svolgimento del processo esecutivo, ci risponde ad esigenze di economia e di speditezza processuale, nell'interesse degli stessi predetti creditori (ai quali non sarebbe possibile realizzare il proprio diritto su altri beni del :fallito dato che tutti sono compresi nel fallimento) e alla necessit, infine, di sottoporre ad un controllo giurisdizionale unitario la collocazione di crediti che, per il fatto stesso di ripetere il proprio soddisfacimento sopra un medesimo patrimonio, si trovano comunque in posizione di concorso, anche se nell'ordine di erogazione delle somme non manca in dottrina chi ritiene che l'azione esecutiva esattoriale ex art. 97 t. u. 17 ottobre 1922, n. 1401 (ora art. 206 t. u. 29 gennaio 1958, n. 645; ma v. art. 85 t. u. 15 maggio 1963, n. 858, sulla necessit che l'esattore insinui ugualmente il credito nella procedura di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa) vada promossa contro il curatore (v. indicazioni in nota a Cass., 29 febbraio 1956, n. 609, Giur. it., 1957, I, 1, 1295; sulla questione v., ex professo, App. Bologna, 24 febbraio 1936, Riv. dir. comm., 1936, II, 244) nel fallimento l'esecuzione si realizza mediante un'amministrazione, la quale, pur se esercitata a fini esecutivi, non si sottrae, come tale, alle regole di diritto comune, in tema di responsabilit per l'inadempimento delle obbligazioni contratte. Non sembra, adunque, strana la conclusione che i c. d. creditori della massa (pur esattamente intesi come creditori del fallito, quale soggetto passivo delle obbligazioni assunte dall'amministrazione fallimentare) vanno considerati semplicemente fuori della massa passiva e pertanto risultano tutelati dai principi generali che disciplinano l'adempimento delle obbligazioni (DE SEMO, Dir. fall., Firenze, 1948, 217; v. anche SATTA, op. cit., 140; PROVINCIALI, op. cit., 94). 1260 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ricavate dalla liquidazione dell'attivo la legge riconosce loro una situazione di preferenza assoluta (cosiddetta prededuzione o collocazione in anteclasse). Il primo mezzo di annullamento deve essere perci rigettato, avendo la Corte d'Appello di Genova legittimamente dichiarato improponibile la domanda proposta dall'Amministrazione delle Finanze in sede contenziosa ordinaria davanti al Tribunale di Savona. Con il secondo motivo del ricorso l'Amministrazione delle Finanze deduce che la sentenza impugnata ha trascurato di accertare che nella specie vi era stato un formale ricorso al giudice delegato del fallimento, avente tutti i requisiti formali e sostanziali del ricorso previsto dall'art. 101 I. f., e che perci lo stesso giudice delegato avrebbe dovuto -anzich respingere la domanda di pagamento della imposta di registro -fissare l'udienza per la comparizione del creditore e del curatore a norma dell'art. 101 citato. In proposito deve essere rilevato che la Corte di Appello di Genova ha rigettato quanto meno implicitamente la predetta argomentazione difensiva, avendo correttamente accertato -come risulta dalla esposizione del fatto, contenuta nella sentenza -che nella domanda presentata il giorno 19 luglio 1962 al giudice delegato dall'Ufficio del Registro non esisteva alcuna richiesta, neppure subordinata, di ammissione al passivo, bens soltanto una richiesta di pagamento, in prededuzione, dell'imposta di registro, con espresso richiamo agli articoli 91 e 111 della 1. f. Pertanto nessun obbligo aveva certamente, nella specie, il giudice delegato di procedere alla fissazione di un'udienza davanti a s per la comparizione delle parti. Sempre con il secondo motivo di gravame, l'amministrazione ricorrente assume che, essendosi instaurato, a seguito dell'atto di citazione davanti al Tribunale di Savona, un ordinario processo di cognizione, l'eventuale nullit od inidoneit iniziale dell'atto di citazione stesso era stata sanata dal raggiungimento dello scopo. L'atto processuale formalmente anomalo (citazione ordinaria anzich ricorso al giudice delegato ai sensi dell'art. 101 1. f.) avrebbe raggiunto ugualmente lo scopo della costituzione di un valido rapporto processuale e pertanto non vi sarebbe luogo per alcuna nullit. Al riguardo, questo Supremo Collegio osserva che, se vero che l'adozione della forma della citazione in luogo di quella del ricorso (o viceversa) non importa nullit del procedimento, quando questo si sia svolto regolarmente e sia stata raggiunta la fondamentale finalit di assicurare il legale contraddittorio tra le parti, nella specie tale principio non pu trovare applicazione: infatti, nel caso in esame, non si trattato semplicemente dell'adozione da parte dell'Amministrazione delle Finanze di una forma di atto introduttivo del giudizio diversa da quella prevista dalla legge (citazione in luogo di ricorso),. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1261 ma stata anche proposta l'azione in una sede diversa da quella prevista come necessaria ed obbligatoria, come si detto, dalla disciplina speciale della legge sul fallimento. Proponendosi da parte del creditore l'azione nella sede giudiziaria ordinaria e non nell'ambito del procedimento fallimentare, non pu ritenersi che sia stata semplicemente attuata dalla parte la proposizione della domanda in una forma diversa da quella tipica prevista dalla norma di rito: accaduto, invece, che l'azione stata introdotta anche in una sede processuale diversa da quella prevista come necessaria e inderogabile dal legislatore. Inoltre, anche a prescindere dalla suddetta considerazione, dovrebbe essere rilevato che l'adozione della forma della citazione in luogo dello specifico ricorso di cui all'art. 101 della legge falilmentare non potrebbe, in via generale, condurre a ritenere l'equivalenz,a dei due mezzi procedurali e l'esclusione della nullit per il raggiungimento dello scopo a seguito della costituzione in giudizio del curatore del fallimento: infatti lo scopo immediato del ricorso di cui all'art. 101 I. f. non propriamente quello di instaurare un ordinario giudizio di cognizione contro la curatela fallimentare relativamente all'accertamento del credito del ricorrente. L'instaurazione del giudizio contenzioso meramente eventuale, presupponendo la contestazione da parte del curatore del credito tardivamente dichiarato. Il creditore che presenti insinuazione tardiva chiede unicamente di essere ammesso al passivo del fallimento e, se il curatore non contesta l'esistenza del credito e il giudice delegato lo ritiene fondato, il credito viene ammesso al passivo con semplice decreto. Con il comune atto di citazione questa fase necessaria dello speciale procedimento in esame verrebbe ad essere ovviamente omessa e tale omissione renderebbe impossibile l'esercizio da parte degli organi fallimentari, indebitamente privandoli, con ci stesso, della facolt, loro invece espressamente accordata dalla legge, di evitare il passaggio alla fase contenziosa del procedimento, mediante il riconoscimento del diritto del ricorrente. Anche il secondo mezzo di annullamento deve essere perci respinto. Si ravvisano giusti motivi per la compensazione integrale, tra le parti, delle spese di questo giudizio di cassazione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 agosto 1966, n. 2175 -Pres. Rossano -Est. D'Armiento -P. M. Tavolaro (conf.). Ministero Finanze (avv. Stato Soprano) c. Fallimento Raineri (avv. Lorusso Caputi). Fallimento -Insinuazione tardiva -Obbli~o di costituzione -Sussistenza. (r. d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 98, comma terzo, 101, comma secondo; c. p. c., art. 165). 1262 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Fallimento -Istanza di insinuazione tardiva non iscritta a ruolo - Riproponibilit dell'istanza -Esclusione. (r. d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 98, comma terzo, ult. parte, 101, comma secondo). La norma di cui al terzo comma dell'art. 98 legge fallimentare, secondo la quale i creditori esclusi o ammessi con riserva, che propongano opposizione allo stato passivo, debbono costituirsi in giudizio almeno cinque giorni prima dell'udienza fissata dal giudice delegato, a pena di decadenza, applicabile anche all'ipotesi di istanza di ammissione tardiva al passivo fallimentare (1). inammissibile la riproposizione di una domanda di insinuazione tardiva al passivo falZimentare, precedentemente proposta e non iscritta tempestivamente a ruolo (2). (Omissis). -Con i due motivi di ricorso, strettamente connessi e interdipendenti, la ricorrente Amministrazione denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 98-101 r. d. 16 marzo 1942, n. 267, sostenendo che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto e dichiarato perenta la istanza di ammissione tardiva del credito, solo perch parte attrice non aveva provveduto ad una tempestiva iscrizione a ruolo e costituzione. Ed invero -argomenta -anzitutto nei procedimenti che s'iniziano con ricorso, come quello di specie, la iscrizione a ruolo non richiesta, perch la costituzione avviene col semplice deposito del ricorso e pedissequo decreto del giudice, ritualmente notificato; in secondo luogo, non sussiste l'identit di situazione, n configurabile analogia, fra l'istanza di insinuazione tardiva e quella d'impugnativa dello stato passivo, per cui non dato parificare gli effetti della mancata costituzione nell'uno e nell'altro procedimento. Sostiene, infine, la ricorrente, che la sanzione d'improponibilit di una nuova domanda di insinuazione tardiva, quando se n' abbandonata un'altra, costituisce un formalismo ingiustificato. (1) La massima trova precedenti in termini nelle decisioni 18 luglio 1960, n. 1999, Giust. civ., Mass., 1960, 774; 5 aprile 1960, n. 779, ivi, 1960, 296 e 7 agosto 1959, n. 2490, ivi, 1959, 851, e deve perci ritenersi espressione di un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. (2) Non constano precedenti in termini. La massima lascia perplessi giacch, come era stato sostenuto dall'Avvocatura in sede di ricorso, mentre l'opposizione allo stato passivo si inquadra nel regime delle impugnazioni (Cass., 28 ottobre 1965, n. 2286, Foro it., 1966, I, 673 e segg.), onde la sanzione di non riproponibilit appare aderente al sistema, l'insinuazione tardiva del credito non pu essere assimilata ad un atto di impugnazione: sull'insinuazione tardiva v. Cass., 11 marzo 1966, n. 684, in questa Rassegna, 1966, I, 348, con nota di F. CARusr. T. ALIBRANDI PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Il ricorso infondato, alla stregua del consolidato indirizzo giurisprudenziale di questa Suprema Corte (cfr. sent. 7 agosto 1959, n. 2490; 5 aprile 1960, n. 779 e 18 luglio 1960, n. 1999). Invero la dichiarazione tardiva di credito regolata dall'art. 101, comma 1, 1. fall., ove stabilito che le parti si costituiscono a norma dell'art. 98, comma 3. Questa disposizione, nel disciplinare l'opposizione dei creditori esclusi o ammessi con riserva, sancisce che almeno cinque giorni prima dell'udienza fissata dal giudice delegato i creditori devono costituirsi. Se il creditore non si costituisce l'opposizione si reputa abbandonata . Orbene, al cospetto di una normativa, la quale non solo impone all'attore di costituirsi in un dato termine, ma prevede, in mancanza, una presunzione iuris et de iure di abbandono dell'istanza, non appare sostenibile la tesi prospettata dalla ricorrente che, agli effetti della costituzione e di evitare la grave sanzione derivante dalla mancanza di essa, basti il deposito in Cancelleria del ricorso e del pedissequo decreto del giudice delegato, fissante l'udienza per la comparizione delle parti davanti a se stesso per la relativa discussione. Evidentemente, ed in mancanza di espressa volont contraria e difforme, la normativa sopra richiamata ha inteso riferirsi alla normale costituzione dell'attore ., prevista e disciplinata dall'art. 165 c. p. c., secondo cui la costituzione deve effettuarsi, a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, depositando in cancelleria la nota di iscrizione a ruolo e il proprio fascicolo, contenente l'originale della citazione, la procura ed i documenti offerti in comunicazione. Quanto all'assunto che il richiamo all'art. 98, comma terzo, contenuto nell'art. 101, riguarda soltanto la prima parte del detto terzo comma, che regola i termini per la costituzione, e non la seconda, che concerne le conseguenze processuali della mancata costituzione, va osservato che l'assunto stesso inconciliabile in primo luogo con la espressione letterale della norma, la quale esclude che siasi voluto limitare il rinvio al precetto e non alla sanzione, strettamente connessa col primo. L'assunto medesimo, inoltre, in contrasto col criterio seguito dal legislatore di voler sottoporre i due istituti, dell'opposizione e dell'insinuazione tardiva, alla medesima disciplina giuridica, al fine di assicurare un rapido svolgimento della procedura di accertamento del passivo nell'interesse comune dei creditori. N vale obbiettare che l'opposizione contro lo stato passivo del creditore escluso o ammesso con riserva s'inquadra nel regime delle impugnazioni, onde la non riproponibilit del medesimo atto, mentre il processo d'insinuazione tardiva del credito non presuppone una precedente attivit contenziosa e non ha carattere d'impugnazione c~ sia applicabile il principio della conservazione. La dichiarazione tardiva, 1264 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO infatti, interviene dopo il procedimento di chiusura della verifica dei crediti -che secondo la giurisprudenza di questa Corte ha carattere giurisdizionale -ed ha per scopo di modificarne i risultati e le statuizioni. Deve pertanto concludersi, in piena conformit con i precedenti giurisprudenziali richiamati, che la decadenza dall'opposizione allo stato passivo, per la mancata costituzione nel termine di cinque giorni prima dell'udienza fissata dal giudice delegato, applicabile anche ai creditori che abbiano presentato dichiarazioni tardive di crediti; e che inammissibile la riproposizione di una domanda d'insinuazione tardiva, precedentemente proposta e non iscritta a ruolo nel termine di cinque giorni prima dell'udienza fissata dal giudice delegato (caso di specie). ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 11 agosto 1966, n. 2193 -Pres. Cannizzaro -Est. Aliotta -P. M. De Marco (conf.) -Luezza (avv. Della Pietra) c. Commissariato Nazionale Giovent Italiana (avv. Stato Chiarotti). Procedimento civile -Poteri del giudice -Fatti modificativi ed estintivi del diritto provati in giudizio -Rilevabilit ex officio iudicis in mancanza di apposita norma contraria -Sussiste Applicazione -Risoluzione consensuale di un contratto, risultante dagli atti di causa -Rilevabilit ex officio iudicis -Sussiste. (c. p. c., arg. ex art. 112). Quando non si tratta di eccezione in senso proprio, non sussiste ii divieto di massima di cui all'art. 112 c.p.c., epper i fatti modificativi o estintivi del diritto dell'attore acquisiti al processo, in mancanza di specifica norma contraria (come ad esempio quella di cui all'art. 1248 e.e. per la compensazione e quella di cui all'art. 2938 e.e. per la prescrizione), possono e debbono essere rilevati anche d'ufficio dal giudice, nell'esercizio del suo potere-dovere di accertamento della fondatezza della domanda (applicazione al caso di risoluzione consensuale di un contratto, risultante dagli atti di causa e non eccepita dal convenuto) (1). (Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente, denunziando la violazione degli artt. 1371 e 2697 c. c., 112 e 260, nn. 3 e 5, c.p.c., sostiene che erroneamente la Corte di Appello aveva ritenuto che il contratto (1) Cfr. Cass., 13 aprile 1959, n. 1086, Giust. civ., 1959, I, 1010, con nota di GRANATA. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1265 de quo era stato consensualmente :risolto dalle parti, in quanto la risoluzione contrattuale non era stata eccepita dal Commissariato G. I., il quale, invece, aveva dedotto in via principale la estinzione del contratto stesso per interitus rei, in conseguenza del perimento della cosa (il cinema) che ne era oggetto. In proposito, questa Corte ritiene di uniformarsi al principio accolto nella sentenza 13 aprile 1959, n. 1086, con la quale era stata ritenuta la rilevabilit d'ufficio della risoluzione consensuale di un contratto. L'accettazione di tale principio implica la risoluzione di una delicata questione circa i limiti dei poteri del giudice di utilizzazione dei fatti modificativi ed estintivi del diritto dell'attore, la prova dei quali sia acquisita al processo, nel caso in cui il convenuto non abbia proposto la relativa eccezione. da rilevare su questo punto che l'art. 112 c.p.c., nel disciplinare i doveri e i poteri del giudice, pone una chiara distinzione tra <;lomanda ed eccezione. Infatti, mentr per quanto attiene alla domanda stabilisce che il giudice deve pronunziare su tutta la domanda stessa e non oltre i limiti di essa, invece, per quanto attiene alle eccezioni, fissa un principiO meno rigoroso, limitandosi a stabilire che il giudice non pu pronunziare d'ufficio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti . Dal che, per argomento a contrariis, si deduce che, fuori da tale ipotesi, tutte le altre ragioni che possono portare al rigetto della do-_ manda sono rilevabili d'ufficio dal giudice. Orbene per eccezioni che possono essere dedotte soltanto dalle parti debbono intendersi quelle che, la pi autorevole dottrina, gi prevalente prima dell'entrata in vigore del vigente codice di rito, denomina eccezioni in senso proprio o in senso stretto , cio quelle che corrispondono ad un controdiritto del convenuto diretto all'impugnazione del diritto fatto valere dall'attore. Per l'individuazione delle singole ipotesi di eccezioni in senso proprio soccorre talora la legge, stabilendo che determinati fatti modificativi o estintivi del diritto fatto valere dall'attore non possono essere presi in considerazione dal giudice, se non a seguito di proposizione di un'apposita deduzione difensiva da parte del convenuto, come ad esempio per la compensazione (art. 1248 c. c.) e per la prescrizione (art. 2938 c. c.). Fuori da tali ipotesi, le eccezioni in senso proprio vanno individuate quando si contrappone alla domanda dell'attore un diritto di impugnazione che potrebbe farsi valere anche separatamente in via autonoma e 'senza l'ese11cizio del quale il diritto dell'attore non potrebbe essere disconosciuto. Trattasi in altri termini di quei diritti potestativi il cui esercizio da parte del titolare necessario perch si verifichi il mutamento della situazione giuridica preesistente alla quale esse tendono. 8 I I i l 1266 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Invece tutti gli altri fatti estintivi o modificativi del diritto dell'attore, proprio perch i relativi effetti si sono gi verificati fuori del processo, senza che sia stato necessario un atto di giudiziale volont del convenuto diretto alla loro costituzione, possono e debbono essere rilevati d'ufficio dal giudice nell'esercizio del potere-dovere di accertamento della fondatezza o meno della domanda. Naturalmente il giudice potr rilevare i fatti estintivi o modificativi di cui trattasi soltanto se risultanti dagli atti, come quando sono am messi dall'attore o dal convenuto. In applicazione di tali principi, per quanto pi particolarmente inte ressa il caso in esame, va considerato che la risoluzione consensuale di un contratto costituisce un fatto estintivo dei diritti nascenti dallo stesso, che si verifica ipso iure, per cui, in mancanza di una contraria disposi zione di legge, deve ritenersi che tale fatto estintivo non dia luogo ad una eccezione in senso proprio. Si deve in conseguenza ritenere che, qualora, come nella specie, una parte faccia valere in giudizio un diritto derivante da un contratto e, pur in mancanza della relativa eccezione del convenuto, risulti dagli atti che il contratto stato consensualmente risolto, la domanda dell'attore deve essere respinta per la sua infondatezza, derivante dalla estinzione del diritto nascente dal contratto, del quale l'attore chiede la. tutela giurisdizionale. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 6 settembre 1966, n. 2329 -Pres. Cannizzaro -Est. Felicetti -P. M. Raja (conf.) -Balestra e Del Drago (avv. Ferrari, Liuzzi, Tamburini) c. Ministero della Pubblica Istruzione (avv. Stato Chiarotti). Esecuzione forzata -Giudice dell'esecuzione -Poteri -Attivit or-. dinatoria. (c. p. c., artt. 484, 487). Competenza e giurisdizione -Regolamento di competenza -Provvedimento con cui il Pretore, in veste di giudice dell'esecuzione per consegna di cose mobili, pronuncia sull'istanza di sospensione del processo esecutivo proposta in seguito ad opposizione all'esecuzione -Forma e sostanza ordinatoria -Regolamento di compe-. tenza contro tale provvedimento -Inammissibilit. (c. p, c., artt. 16, comma primo, 42, 615, 616, 624, 625). Nei sistema del vigente codice di rito H Giudice deU'esecuzione non. ha poteri decisori in senso proprio, ma soia ordinatori, giacch La sede esecutiva propriamente detta non sede contenziosa; non chiamato PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1267 a ius dicere, ma solo investito della funzione di dirigere e condurre a termine il procedimento esecutivo e, quindi, autorizzato soltanto a compiere gli atti strumentali o finali di esso; epper, a meno che la legge non disponga diversamente, egli non pu pronunciare sentenze, ma solo ordinanze (1). Il provvedimento, con il quale il Pretore, in veste di giudice dell'esecuzione, accoglie o respinge l'istanza di sospensione in pendenza di opposizione ex art. 615 c.p.c. e d disposizioni per la trattazione della causa d'opposizione nella sede competente, ha forma e sostanza meramente ordinatorie, onde contro di esso non ammissibile iL regolamento di competenza (2). (Omissis). -La proposta istanza per regolamento di competenza inammissibile, mancando nel provvedimento impugnato sia la forma che il contenuto sostanziale di una sentenza. Trattasi, invero, di un provvedimento con il quale il Pretore, in veste di giudice dell'esecuzione per consegna di cose mobili (art. 16, primo comma, c.p.c.) ed in seguito ad incidente sorto davanti all'ufficiale giudiziario procedente (art. 610), ha pronunciato sull'istanza di sospensione del processo esecutivo, che gli veniva proposta a sensi degli artt. 624 e 625 c.p.c. e che era stata motivata con la pendenza di due cause per opposizione all'esecuzione in corso; ed ha altres dato disposizioni per la trattazione di tali cause nella sede competente, senza risolvere (ed in quella sede non avrebbe avuto potest di farlo) alcuna questione di competenza, in ordine alla quale, peraltro, nessuna controversia era insorta fra le parti. Infatti il Pretore, nella suddetta qualit, ha espressamente avvertito di voler delibare il contenuto delle opposizioni, proposte. separatamente dalle parti interessate a resistere all'esecuzione, all'unico fine di .valutare l'opportunit dj sospendere quest'ultima e, ravvisati i gravi motivi richiesti dall'art. 625 c.p.c. ha accolto l'istanza di sospensione. (1) Cfr. Relazione al Re al Cod. proc. civ., par. 31: nel processo esecutivo non si tratta pi di decidere, ma di operare in conformit di un titolo gi di per s esecutivo. I poteri del giudice dell'esecuzione sono attinenti all'ordine dell'esecuzione. La forma normale dei suoi provvedimenti l'ordinanza (art. 487 c. p. c.). La forma della sentenza adottata sol quando il pretore ad un tempo adempie alle funzioni del giudice dell'esecuzione ed competente per valore a decidere sulle controversie in sede di distribuzione del prezzo ricavato dalla vend1ta mobiliare (art. 512), sulle contestazioni della dichiarazione del terzo pignorato (art. 548), e sulle opposizioni preventive alla ordinanza di vendita e d'assegnazione mobiliare (art. 530) : ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, vol. III, Napoli, 1957, 69. (2) Cfr. Cass., 29 maggio 1964, n. 1331, Giust. civ., Mass., 1964, 603, sub 2; v. anche Cass., 10 agosto 1963, n. 2270, id., Mass., 1963, 1065, sub 1. ! I I 1268 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Riferendosi poi al disposto dell'art. 616 c.p.c. lo istesso Pretore, senza risolvere alcun contrasto fra le parti in materia di competenza, ha ritenuto che la cognizione della causa di opposizione all'esecuzione promossa a norma dell'art. 615 c.p.c. non apparteneva al suo ufficio giudiziario, ma, per ragioni di valore, al Tribunale di Firenze ed ha assegnato un termine per riassumere le istanze davanti a quel Tribunale. Cosi provvedendo, il suddetto giudice dell'esecuzione si mantenuto nella veste e nella sede nella quale era stato adito, com' appunto previsto dagli artt. 624, 625 e 616 c.p.c., ch'egli ha dichiarato di applicare. Pertanto, sia sotto il primo aspetto (sospensione dell'esecuzione), in ordine al quale, peraltro, non pu sorgere dubbio, sia sotto il secondo aspetto (rimessione delle cause di opposizione al giudice ritenuto competente per valore), al provvedimento in esame non pu attribuirsi natura sostanziale di sentenza . Questa Corte Suprema ha avuto occasione di esaminare la questione con riferimento al caso di diniego della sospensione del procedimento esecutivo ed ha riconosciuto che il provvedimento con il quale il Pretore respinge l'istanza di sospensione in pendenza di opposizione ex art. 615 e.e. e rimette le parti davanti al Tribunale competente per la cognizione di tale opposizione ha forma e sostanza meramente ordinatoria e pertanto contro tale provvedimento non ammissibile il regolamento di competenza (v. sent. n. 1331 del 1964; n. 2270 del 1963). Tale principio dev'essere applicato nel caso di specie, ricorrendone esattamente le condizioni e la ragion d'essere. , infatti, irrilevante dal punto di vista logico l'esito positivo anzich negativo dell'istanza di sospensione ed identica la situazione processuale; mentre il fondamento giuridico del principio stesso va ricercato nel rilievo che il giudice dell'esecuzione, nel sistema del codice di rito, non ha poteri decisori in senso proprio, ma poteri meramente ordinatori, giacch la sede esecutiva propriamente detta non sede contenziosa. Il giudice dell'esecuzione (analogamente al giudice istruttore nel processo di cognizione) non organo chiamato a ius dicere, ma solo un magistrato investito della funzione di dirigere e condurre a termine il procedimento esecutivo e quindi autorizzato solo a compiere gli atti strumentali o finali di esso (art. 487, in relazione agli artt. 174, 175, 116 e 186, c.p.c.). Sicch, a meno che la legge non disponga diversamente (art. 487), egli non pu pronunciare sentenze, ma solo ordinanze. La cognizione delle controversie di qualsiasi natura, che -sotlanto a mezzo delle opposizioni previste dalla legge -possono insorgere nel corso del procedimento esecutivo, e quindi la potest di decidere con l'efficacia sostanziale dalla sentenza qualsiasi questione, sia essa attinente ai presupposti processuali che al merito dei giudizi cognitori collateralmente instituibili mediante le cennate opposizioni, non spettano al - PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1269 giudice dell'esecuzione, ma al giudice -organo di giurisdizione (singolo o collegiale) indicato dalla legge ed al quale il primo deve rimettere le relative cause. Che tale rimessione sia meramente ordinatoria confermato dalla considerazione che la competenza uno dei presupposti processuali e pertanto qualsiasi pronuncia decisoria su di essa non pu provenire se non dal giudice davanti al quale il processo instaurato. Ogni giudice, d'altra parte, pu solo giudicare della competenza propria, non di quella di altri. A fortiori non pu, quindi, riconoscersi al giudice dell'esecuzione anche per tale motivo -la potest di decidere, con eventuale efficacia di giudicato, sulla competenza del (futuro) giudice del processo di cognizione, cui dar luogo l'opposizione del debitore o di terzi, ma solamente a questo giudice una tale potest pu essere riconosciuta. Vertendosi, pertanto, nel caso di un provvedimento, cui non pu essere attribuita la natura sostanziale di una sentenza che abbia deciso fra le parti una questione di competenza (art. 41 c.p.c.), dev'essere dichiarata l'inammissibilit del ricorso, con la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese processuali. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 13 settembre 1966, n. 2371 -Pres. Vallillo -Est. Salemi -P. M. Raja (conf.). -Fallimento Andreoli e Zanella (avv. Gagliardi U., Cattaneo U.) c. Amministrazione Ferrovie dello Stato (avv. Stato Gentile). Prescrizione -Responsabilit civile -Diritto al risarcimento del danno derivante dalla circolazione dei veicoli di ogni specie -Prescrizione biennale -Applicabilit a tutte le ipotesi di danno derivante da illecito strettamente connesso alla circolazione del veicolo -Sussiste Situazione del danneggiato nei confronti del veicolo danneggiante Irrilevanza. (e.e., art. 2947, comma secondo). Il termine bienn(lle di prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante dalla circolazione dei veicoli di ogni specie, previsto dal secondo comma dell'art. 2947 e.e., si applica a tutte le ipotesi di danni prodotti da fatto illecito strettamente connesso alla circolazione del veicolo, senza che possa aversi riguardo alla particolare causa generatrice del danno, n alla situazione in cui si trovi il danneg .. -l 1270 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO giato nei confronti del veicolo danneggiante (e cio senza distinguere tra persone trasportate dal veicolo medesimo e terzi estranei) (1). (Omissis). -Il giudice di rinvio ha anche direttamente esaminato la questione, se la prescrizione biennale stabilita dal comma secondo dell'art. 2947 si applichi all'azione per risarcimento dei danni proposta dalle persone trasportate, e, richiamandosi alla giurisprudenza di questa Corte, ha ritenuto che detta norma contempla tutte le ipotesi di danni prodotti da fatto illecito della persona che circola col veicolo, senza che possa aversi riguardo alla situazione giuridica in cui si trovi il danneggiato (cio senza distinguere tra persone trasportate dal veicolo medesimo e terzi estranei) nei confronti del veicolo danneggiante, n alla causa generativa del danno, essendo sufficiente, ad integrare l'ipotesi regolata dalla norma predetta, che il danno tragga origine da un qualunque fatto illecito, che sia strettamente connesso alla circolazione del veicolo. Siffatta interpretazione, data dal giudice di rinvio alla norma in questione, si adegua perfettamente alla giurisprudenza di questa Corte, ribadita anche con recenti decisioni (vedi sent. n. 2259 dell'anno 1965 e n. 1829 dell'anno 1964). In Conseguenza, anche se, per ipotesi, volesse ritenersi, come si sostiene dai ricorrenti, che l'applicazione, nella specie, della prescrizione biennale non fosse determinata dall'obbligo, per il giudice di rinvio, di uniformarsi ai principi di diritto fissati dalla Cassazione con la sentenza rescindente, e che tale giudice dovesse direttamente esaminare la questione, se fosse applicabile la prescrizione biennale (1) V. Cass., 27 ottobre 1965, n. 2259, Giust. civ., Mass., 1965, 1153, sub 2, secondo la quale la prescrizione biennale stabilita dal comma secondo dell'art. 2947 c. c., pur riferendosi unicamente alle obbligazioni derivanti da responsabilit extracontrattuale per fatto i1lecito, applicabile eccezionalmente anche in ordine al risarcimento dei danni arrecati alla persona trasportata, in quanto il danno che il viaggiatore subisce arrecato tanto in violazione di un obbligo derivante dal contratto di trasporto (danno contrattuale), quanto in violazione dalla norma da cui discende il diritto assoluto all'integrit fisica e sotto questo aspetto si configura come danno extracontrattuale ; v. anche Cass., 11 luglio 1964, n. 1829, in questa Rassegna, 1964, I, 892, sub 2 ed ivi ulteriori riferimenti. Sull'argomento della prescrizione dell'azione contrattuale e di quella extracontrattuale, in materia di trasporto di persone da parte delle FF.SS., v. Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 1961-1965, vol. III, Roma, 1966, 221 e seg. Beninteso, l'insegnamento della sentenza in rassegna non ha nulla a che vedere con la ratio che presiede alla presunzione di cui all'art. 2054 c. c., applicabile solo per i danni cagionati dalla circolazione del veicolo ai terzi utenti della strada, ma non anche per i danni subiti dalle persone trasportate: su tale diversa ratio v. Cass., 23 ottobre 1965, n. 2214, Riv. giur. circ. e trasp., 1966, 75, sub 2 (76); 29 ottobre 1965, n. 2296, ibidem, 53. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1271 (ex secondo comma dell'art. 2947), ovvero quella quinquennale (ex primo comma dell'articolo medesimo), dovrebbe riconoscersi che il giudice di merito ha in effetti ottemperato a tale compito e che la sua statuizione, sul punto, non merita censura, in quanto informata ad esatti principi giuridici, non ritenendo questa Corte di modificare il proprio consolidato orientamento, che va mantenuto fermo, poich non sussistono apprezzabili motivi in contrario e gli stessi ricorrenti, che ne auspicano il mutamento, si limitano a richiamare una corrente dottrinaria, le cui argomentazioni furono, in sostanza, gi considerate, e non prospettano alcun motivo nuovo, che consigli detto mutamento. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 23 settembre "1966, n. 2385 -Pres. Cannizzaro -Est. Aliotta -P. M. Pedace (conf.) -Chinetti (avv. Sorge G., Iacobelli) c. Amministrazione delle Ferrovie dello Stato (avv. Stato Pietrini -Pallotta). Responsabilit civile -Risarcimento del danno -Giudizio di liquidazione -Questione della incidenza della svalutazione monetaria -Rilevabilit di ufficio -Sussiste. (c. c., artt. 1223, 2043, 2056). Responsabilit civile -Risarcimento del danno -Danno emergente Domanda di rimborso delle spese sostenute dal danneggiato per eliminare le conseguenze dannose del fatto illecito -Correlativa obbligazione del responsabile del danno -Debito di valuta -Insuscettlbilit di rivalutazione -Sussiste. (c. c., artt. 1223, 1277, 2043, 2056). La questione della incidenza della svalutazione monetaria nel giudizio di liquidazione del danno da fatto illecito rilevabile anche di ufficio dal giudice di merito e non , quindi, necessaria un'apposit'L domanda di rivalutazione della parte interessata (1). (1) Ed infatti, osserva Cass., 18 aprile 1966, n. 963, Giur. it., Mass., 1966, 427, che l'obbligo del risarcimento del danno, sia che esso derivi da responsabilit per illecito contrattuale, come previsto nell'art. 1223 e.e., sia che si ricolleghi a responsabilit extracontrattuale, come previsto nell'art. 2043 c. c., che trova riscontro, per i fatti illeciti costituenti reato, nella norma dell'art. 185 c. p., avendo come contenuto la reintegrazione del patrimonio del danneggiato nella situazione economica preesistente al momento della perpetrazione dell'illecito, ha natura di debito di valore.. esso si trasforma in debito di valuta soltanto al momento della liquidazione, j I i 1 ! 1272 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'obbligazione avente per oggetto il rimborso di spese sostenute dal danneggiato per eliminare le conseguenze pregiudizievoli di un fatto inecito ha natura di debito di valuta e, come tale, non suscettibile di rivalutazione in relazione al mutato potere di acquisto della moneta: ed infatti, in tale ipotesi, l'obbligazione risarcitoria, anche se avente originariamente carattere di debito di valore, viene a concretarsi, per fatto volontario del creditore, in una determinata somma di danaro, della quale si chiede il rimborso (2). (Omissis). -Fondato anche il secondo motivo, con il quale la ricorrente, denunziando la violazione dei principi di diritto sulla rivalutazione dei debiti di valore e difetto di motivazione, sostiene: a) che erroneamente la Corte di Appello ha escluso la rivalutazione dei debiti di valore in dipendenza della svalutazione monetaria verificatasi dopo la pronunzia del Tribunale, non considerando che non era in proposito necessaria una specifica richiesta della parte, dovendo essere rilevata anche d'ufficio dal giudice del gravame e che nel merito non poteva essere esclusa solo perch era rimasto accertato che si trattava di svalutazione di lieve portata; b) che del pari erroneamente la Corte di Appello aveva omesso di provvedere alla rivalutazione del danno da inabilit permanente. Infatti, per quanto attiene alla censura sub a), va precisato che, come ormai jus receptum di questa Corte, la questione della incidenza della svalutazione monetaria nel giudizio di liquidazione del danno rilevabile anche d'ufficio dal giudice di merito e non quindi necessaria, come erroneamente ritenuto dalla Corte di Appello, una apposita domanda della parte interessata. per cui deve tenersi conto della eventuale svalutazione della moneta, verificatasi nelle more ; v. anche, per il corollario della proponibilit di esplicita richiesta di rivalutazione anche in grado di appello, Cass., 23 luglio 1966, n. 2034, ibidem, 901. (2) Cfr. Cass., 18 aprile 1966, n. 963, cit. a nota 1: l'obbligazione di risarcimento non muta la sua natura giuridica, che sempre di debito di valore, se al momento della sua produzione il danno consiste nella perdita di una determinata somma di danaro, costituendo questo soltanto un eiemento per la commisurazione dell'ammontare dello stesso, mentre l'obbligazione risarcitoria conserva la sua natura di debito di valore ed quindi suscettibile di .rivalutazione in relazione alle fluttuazioni del potere di acquisto del.la moneta. Unica eccezione deve farsi per le somme spese dal danneggiato per eliminare gli effetti dannosi dell'illecito, poich in tale ipotesi l'obbligazione risarcitoria, per fatto volontario del creditore, si ormai cristallizzata in una determinata somma di danaro, della quale si chiede il rimborso, per cui ha assunto carattere di obbligazione pecuniaria . PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1273 D'altra parte non pu essere esclusa la liquidazione di tale ulteriore danno soltanto perch nel caso concreto il fenomeno della svalutazione monetaria sia di lieve entit, in quanto non consentito al giudice di privare la parte di un suo diritto anche se di limitato valore economico. Per quanto attiene poi alla censura sub b), evidente l'errore commesso dalla Corte di Appello, che non ha proceduto alla rivalutazione del danno per inabilit permanente, omettendo in proposito ogni motivazione. Infondato invece il terzo motivo, con il quale la Chinetti, denunziando la violazione degli artt. 1277 e 2056 e.e., in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di Appello, la somma liquidata per danni consistenti in spese di cura sostenute da essa ricorrente aveva natura di debito di valore ed era perci suscettibile di rivalutazione monetaria. infatti jus receptum di questa Corte che l'obbligazione avente per oggetto il rimborso di spese sostenute dal danneggiato per eliminare le conseguenze dannose di un fatto illecito ha natura di debito di valuta e, come tale, non suscettibile di rivalutazione in relazione al mutato potere di acquisto della moneta, perch in tale ipotesi l'obbligazione risarcitoria, anche se avente originariamente carattere di debito di valore, si ormai, per cos dire, cristallizzata per fatto volontario del creditore in una determinata somma di denaro, della quale si chiede il rimborso; per cui ha assunto carattere di obbligazione pecuniaria, non suscettibile quindi di rivalutazione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 ottobre 1966, n. 2613 -Pres. Vistoso -Est. Onnis -P. M. Tavolaro (conf.) -Amministrazione delle Finanze (avv. Stato Varvesi) c. Istituto Autonomo Case Popolari della Provincia di Parma (avv. ]annone). Procedimento civile -Proposizione di domande nuove nel corso del giudizio di primo grado -Mancanza di tempestiva eccezione della controparte di inammissibilit delle medesime -Acquisizione delle domande nuove al processo -Sussiste. (c. p, c., arg. ex artt. 99, 163, 183, 184). In caso di proposizione di domande nuove nel corso del giudizio di primo grado, qualora il convenuto siasi limitato a concludere chie dendo il rigetto di tutte le avverse domande, v' un'implicita accettazione del contraddittorio anche sulle domande nuove, le quali, in 1274 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mancanza di tempestiva eccezione di inammissibilit delle medesime, restano acquisite al processo, non essendo il divieto di tale proposizione imposto a pena di nuUit (1). (Omissis). - fondata la seconda censura. Sulla questione, se la richiesta degli interessi, avanzata per la prima volta nelle conclusioni finali, costituisce precisazione della domanda proposta, ovvero domanda nuova assorbente di ogni altra la considerazione che anche in quest'ultimo caso la richiesta avrebbe dovuto essere presa in esame, alla stregua del principio pi volte affermato da questo Collegio Supremo, secondo cui il divieto di proporre nuove domande nel corso del giudizio di primo grado non imposto a pena di nullit e, pertanto, se la parte non eccepisce tempestivamente la preclusione, le domande stesse restano acquisite al processo (da ultimo, Cass., 6 agosto 1965, n. 1899). Nella specie, avendo il convenuto concluso Chiedendo il rigetto di tutte le avverse pretese, aveva, implicitamente, chiesto il rigetto anche della nuova domanda degli interessi, accettando cos il contraddittorio sulla domanda stessa anzich eccepirne la preclusione come bene ne avrebbe avuto la possibilit. Pertanto, accogliendo, per quanto di ragione, l'unico mezzo, la denunciata sentenza deve essere cassata, con rinvio della causa ad altra Corte d'Appello, la quale si uniformer al principio di diritto dianzi enunciato. -(Omissis). (1) Confr. Cass., 6 agosto 1965, n. 1899, Giust. civ., 1965, I, 1964; 4 giugno 1965, n. 1113, Giur. it., Mass., 1965, 403, le quali avvertono che il divieto di proporre domande nuove inderogabile solo nel giudizio di appello. Sulla portata del divieto, nel giudizio di primo grado, v. Cass., 7 giugno 1965, n. 1131, Giust. civ., 1965, I, 2036: alle parti non consentita la proposizione di domande nuove, che esorbitano dall'ambito del petitum, cos come delineato nell'atto di citazione o nella comparsa di risposta, che cio rappresentino una mutatio e non una emendatio libelli, ma esse possono sempre, sia in primo che in secondo grado precisare o chiarire il nomen juris delle pretese da esse fatte valere in giudizio, modificare le domande e le eccezioni, mutare la causa petendi, nonch avvalersi di nuove argomentazioni e difese, purch, non immutino gli elementi di fatto gi dedotti, che delimitano l'oggetto della controversia . CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 27 ottobre 1966, n. 2641 -Pres. Scarpello -Est. Cortesani G. -P. M. Tavolaro (parz. diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Lancia) c. Giuliana (intimato). Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Ord.inamento amm. inistrativo -Competenza degli organi -Criteri fondamentali di ripartizione -Inderogabilit -Eccezioni -Avocazione e delegazione Criteri ispiratori Presupposti e condizioni. :ii ~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1275 Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Amministrazione delle finanze -Intendente di finanza -Funzioni. (r. d. 26 settembre 1869, n. 5286; r. d. 17 novembre 1869, n. 5344; r. d. 22 aprile 1910, n. 216; 1. 23 aprile 1911, n. 509; r. d. 19 aprile 1932, n. 938; r. d. 30 dicembre 1924, n. 3281; 1. 7 gennaio 1929, n. 4; 1. 23 marzo 1933, n. 185; d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639; d. 1. 19 ottobre 1938, n. 1933; 1. 19 giugno 1940, n. 762; 1. 17 luglio 1942, n. 907; d. 1. 7 maggio. 1948, n. 1173; 1. 3 gennaio 1951, n. 27; d. P. R. 4 novembre 1955, n. 72; d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645). Catasto -Atti di trasferimento di immobili -Voltura -Documenti da esibire -Certificato catastale -Tipo di frazionamento -Richiesta dell'Ufficio tecnico erariale di rettifica entro determinato termine del tipo di frazionamento irregolare -Inottemperanza da parte del tecnico sottoscrittore -Conseguenze -Rettifica d'ufficio a spese del tecnico ed irrogazione di pena pecuniaria -Recupero delle spese di rettifica -Competenza esclusiva del Procuratore del Registro Esclusione -Potere dell'Intendente di Finanza non solo di irrogare la pena pecuniaria ma anche di richiedere direttamente il pagamento delle spese di rettifica del tipo di frazionamento -Sussiste. (t. u. 8 ottobre 1931, n. 1572, artt. 56, 57, 60; 1. 7 gennaio 1929, n. 4, artt. 55 e segg.). Atti amministrativi -Ingiunzione del Procuratore del Registro ex artt. 2 e segg. t. u. 14 aprile 1910, n. 639 -Ordinanza dell'Intendente di finanza ex artt. 55 e seg. 1. 7 gennaio 1929, n. 4 -Comunanza di natura. (t. u. 14 aprile 1910, n. 639, artt. 2 e segg.; 1. 7 gennaio 1929, n. 4, artt. 55 e seg.). Nell'ordinamento amministrativo la competenza va ripartita fra i -vari organi in base al triplice, fondamentale criterio della materia, del grado e del territorio. Essa conferisce ad ogni pubblico ufficio una propria autonomia nella esplicazione delle sue specifiche attribuzioni ed i principi che la regolano sono, in linea generale, inderogabili. In ordine alla competenza per grado, tuttavia, la relativa disciplina pu, talora, subire una deroga: ci possibile, in via del tutto eccezionale, mediante il ricorso a due distinti istituti: l'avocazione e la delegazione, -ciascuno dei quali si ispira a un diverso ed opposto criterio. Col primo, infatti, l'autorit superiore pu sostituirsi a quella inferiore nella trattazione di un determinato affare, mentre col secondo l'ufficio inferiore che viene investito da quello superiore del disimpegno di una specifica funzione; tutto ci trova la sua ratio nel principio che la P. A., pur congegnata gerarchicamente nel disimpegno delle sue attivit attraverso una suddivisione di organi ed una ripartizione di competenze, tuttavia RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1276 preposta all'esercizio di una funzione unitaria nel suo risultato finale. Naturalmente, agli istituti anzidetti consentito fare ricorso solo se concorrono determinati presupposti e condizioni di legge. Segnatamente, in riferimento all'avocazione, va osservato che essa pu trovare concreta applicazione non solo quando una esplicita disposizione di legge lo consenta, ma altresi nei casi in cui possa escludersi che la competenza sia stata attribuita all'ufficio inferiore in considerazione di una specifica idoneit. con sottrazione al superiore del potere di annullamento e di riforma del provvedimento dell'inferiore: queste limitazioni trovano a loro volta giustificazione in motivi di ordine pubblico, in quanto la speciale competenza di un determinato organo rende insostituibile l'attribuzione del relativo potere e, d'altra parte, il passaggio della medesima potest. all'ufficio superiore precluderebbe al singolo, nei casi consentiti dalla legge, il rimedio del ricorso gerarchico (1). (1) Avverte la sentenza che il problema della competenza intesa come il potere-dovere conferito dalla legge a un determinato organo per il compimento di uno specifico atto si pone, ovviamente, anche in diritto amministrativo, sia pure con criteri e presupposti diversi rispetto ai principi processualistici che disciplinano la materia nel campo dei rapporti civili. Ogni comando giuridico, destinato ad operare all'esterno dell'organizzazione amministrativa, non solo caratterizzato dal contenuto e dalla forma, ma, per essere operante nei confronti di coloro ai quali rivolto, deve anche provenire da un organo (sia esso costituito da una persona singola o da un ente collegiale), cui la legge abbia espressamente demandato la relativa funzione. L'efficacia di un atto amministrativo , dunque, condizionata al cOlncorso dei requisiti anzidetti, in difetto dei quali esso resta privo di rilevanza giuridica : ma occorre distinguere tra incompetenza assoluta (o straripamento di potere), che si verifica quando un'autorit amministrativa, senza che la legge espressamente lo consenta, emana un atto che, per la sua sostanza, costituisce esercizio di funzione non amministrativa, ma legislativa o giurisdizionale (Gu1cCIARDI, La giustizia amministrativa, Padova, 1954, 21) ed incompetenza relativa, che ricorre ogni qualvolta l'atto che si considera costituisce esercizio di attribuzioni che, per ragione di materia, di territorio, o di grado, spettano ad un'autorit amministrativa diversa da quella che l'ha ,emanato (GmccIARDI, op. Zoe. citt.). L'incompetenza relativa d luogo all'annullabilit dell'atto e perci deve essere fatta valere nei modi e termini di legge: Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 1956-1960, vol. III, Roma, 1961, 7 e seg., ove giurisprudenza del C. S. e questa anche in ordine alla sanabilit del vizio; v. anche Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli 1961-1965, voi. III, Roma, 1966, 7; in dottrina v. SANDULLI, Per la delimitazione del vizio di incompetenza degli atti amministrativi, Rass. dir. pubbl., 1948, I, 25 e 101. Sul rapporto di gerarchia v. VITTA, Diritto amministrativo, vol. I, Torino, 1949, 167 e segg., il quale avverte che la gerarchia comprende un potere fondamentale, senza del quale non pu sussistere, e cio il potere di dare ordini all'inferiore e che, in mancanza di apposita norma, l'avocazione non ammissibile, salvo che: PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1277 Tra le molteplici funzioni demandate all'Intendente di Finanza, fra l'altro, dal r. d. 17 novembre 1869, n. 5344, dalla l. 23 marzo 1933, n. 185 e dal r. d. l. 7 agosto 1936, n. 1639 rientrano, oltre alle attribuzioni specifiche per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie, anche la suprema direzione dei servizi degli uffici, compresi quelle esecutivi, posti aUe sue dipendenze e la vigilanza su tutte le pubbliche entrate: nell'ambito della Provincia l'Intendente , dunque, l'organo finanziario posto al vertice della piramide gerarchica e, per ci stesso, titolare di quei poteri di supremazia che, sul piano amministrativo, gli sono propri in conseguenza di siffatta qualit (2). A norma degli artt. 56 e 57 t. u. 8 ottobre 1931, n. 1572 delle leggi sul nuovo catasto prescritta, per gli atti di trasferimento di immobili, l'esibizione del certificato catastale ai fini della voltura e, nel caso di frazionamento di particella, del corrispondente tipo, da eseguirsi a cura di un ingegnere, geometra o perito agrimensore. Ove il tipo di frazionamento non risulti regolare e il tecnico, sottoscrittore di esso, non ne curi la rettifica nel tempo all'uopo fissato dall'amministrazione del catasto e dei servizi tecnici erariali, questa vi provvede d'ufficio a spese del tecnico ed il relativo importo viene iscritto dal procuratore del registro sopra apposito campione per operarne il recupero. da escludere, comunque, che per tale recupero sussista la competenza esclusiva del procuratore del registro, poich nessuna specifica attribuzione funzionale all'uopo prevista dal citato t.u. del 1931 nelle operazioni concernenti la formazione del nuovo catasto, onde il recupero medesimo deve ritenersi affidato a quell'organo solo in virt di un generale potere di riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, allo stesso dalla legge conferito. a) le fonti abbiano attribuito la competenza in modo generico ad un determinato ramo dell'amministrazione, di cui l'inferiore ed il superiore fanno parte: in tal caso i~ superiore ha poteri eguali a quelli dell'inferiore ; b) l'autorit inferiore abbia omesso di provvedere senza giustificato motivo, sebbene a ci espressamente richiamata dall'autorit superiore: in tal caso l'avocazione consentita affinch l'A. P. non resti inerte di fronte alle necessit del servizio . Anche pel caso di delega si avverte che essa deve essere consentita dalla legge; nel silenzio di questa, pu ammettersi soltanto nel caso di competenza indistinta fra superiore ed inferiore : VITTA, op. cit., vol. cit., 169. il opportuno avvertire, infine, che la delegazione (amministrativa) interorganica, come autonomo istituto, fondato su specifiche norme di legge (delegatorie), prescinde dal rapporto di gerarchia: MIELE, Delega (dir. amm.), in Enciclopedia del diritto, vol. XI, Milano, 1962, 914. (2) Cfr. DE LucA A., Le Intendenze di finanza, Dir. e prat. trib., 1951, I, 74; LICCARDO F., La vera funzione delle Intendenze di finanza nel quadro del decentramento regionale, Rass. fin. pubblica, 1956, I, 80; MAZZILLI T., - RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Secondo il successivo art. 60 del t. u. del 1931 detta inadempienza comporta, inoltre, una pena pecuniaria, all'applicazione della quale provvede l'Intendente di finanza, competente per territorio, ai sensi degli artt. 55 e segg. l. 7 gennaio 1929, n. 4 .(3). Deve disconoscersi che tra il procedimento di coazione ex artt. 2 e segg. t. u. 14 aprile 1910, n. 639 e quello contemplato dagli artt. 55 e seg. l. n. 4 del 1929 sussista una sostanziale difformit di contenuto. Invero, quest'ultima legge ha demandato all'Intendente di Finanza speciali poteri relativi sia alla cognizione delle contravvenzioni per le quali sia stabilita la sola pena dell'ammenda (art. 21, n. 1) che all'applicazione delle pene pecuniarie (art. 55). Nel primo caso l'Intendente emette decreto penale di condanna con la procedura prevista dagli artt. 36 e segg. della stessa legge, mentre nel secondo egli provvede con ordinanza seguendo l'iter procedurale indicato dai successivi artt. 55 e seguenti. Trattasi, quindi, di due distinti procedimenti, del tutto autonomi tra loro, in quanto il decreto viene emesso nell'esercizio di un'at.tivit squisitamente giurisdizionale, mentre l'ordinanza predisposta per le violazioni di natura civile ed assume nelle sue linee generali un carattere ed una portata non dissimili dalla ingiunzione di cui al citato t. u. del 1910. Entrambe, infatti, si concretano in una intimazione di pagamento e per entrambe consentito il ricorso all'A.G.O., giacch il divieto di gravame di cui all'art. 58 l. n. 4 del 1929 non preclusivo dell'azione giudiziaria, sempre ammissibile contro un atto amministrativo che importi lesione di un diritto soggettivo (4). Le Intendenze di finanza ecc., Nuova Rass., 1957, 1367; D1 MAIO A., Organizzazione periferica dell'Amministrazione finanziaria, BoH. trib., 1960, 1223. (3) Sulla pena pecuniaria v. nota seguente; sulla funzione fiscale del catasto v. Cass., 26 maggio 1955, n. 1599, Giust. civ., Mass., 1955, 593, sub 2; sui tipi di frazionamento (da considerare non semplici dati catastali, ma fonte di tali dati) v. Cass., 14 dicembre 1962, n. 3361, Foro it., Mass., 1962, 939. In genere, sul catasto, v. RuMBOLDT, in Novissimo Digesto Italiano, vol. III, Torino, 1957, 3. (4) La 1. 7 gennaio 1929, n. 4 reca la generale disciplina degli effetti dell'illecito fiscale di natura amministrativa, nonch di quello di natura penale, ossia del reato tributario: su tutta la materia v. CARBONE e ToMAs1ccH10, Le sanzioni fiscali, Torino, 1959, 1 e segg.; in particolare, sul procedimento ex art. 55 e segg. 1. 7 gennaio 1929, n. 4 (a cui rinvia l'art. 60 t. u. 8 ottobre 1931, n. 1572) e sull'ordinanza dell'Intendente di finanza, v. AuTT. CITT., op. cit., 204 e segg. Sulla pena pecuniaria v. Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 1956-1960, vol. II, Roma, 1961, 805 e seg.; sulla procedura di riscossione di cui al t. u. 14 aprile 1910, n. 639, v. Relazione cit., vol. cit., 830 e segg. (in particolare, sulla natura dell'ingiunzione, 836 e seg.). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1279 I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 ottobre 1966, n. 2643 -Pres. Pece Est. Straniero -P. M. Gedda (conf.) -Ministero del Tesoro (avv. Stato Carafa) c. Redaelli (avv. Corsale, De Majo). Atti amministrativi -Controllo di legittimit incidenter tantum da parte del g. o. -Portata. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 5). Nell'ambito del controUo di legittimit dell'atto amministrativo in relazione al caso singolo il g.o. ha il potere-dovere di valutare l'esistenza d.ei presupposti di fatto necessari perch l'attivit della p.a. non vioii per arbitrio o eccesso di potere la sfera giuridica del cittadino (1). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 novembre 1966, n. 2812 -Pres. Fibbi -Est. Leone -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Ministero LL.PP. (avv. Stato Cavalli) c. Ente ricostruzione edilizia Resurgo (avv. Vacchelli, Ambrosia). Atti amministrativi -Interpretazione giudiziale -Presunzione di legittimit -Assunzione come criterio di interpretazione dell'atto -Esclusione. Nell'interpretare un atto amministrativo di natura negoziale il Giudice deve ricercare il significato letterale e logico delle espressioni usate per la dic:hiarazione di volont, prescindendo dalla presunzione (1) Contra Cass., Sez. Un., 14 luglio 1961, n. 1715, Giust civ., Mass., 1961, 754, sub 1: Il g. o., nel procedere all'indagine se il provvedimento amministrativo sia conforme a legge, deve soltanto esaminare se la p. a. avesse o meno il potere di emanarlo, ma non pu esercitare alcun sindacato -esercitabile esclusivamente in via amministrativa -sul modo mediante il quale il potere ,stesso stato esercitato e su tutto ci che ha influito sulla volont dell'organo amministrativo nell'emanare quel determinato atto. Nel senso che la disapplicazione da parte del g. o. degli atti amministrativi lesivi di diritti soggettivi (e non di meri interessi legittimi) possa avere luogo allorch si tratti di atti viziati non gi solo da - 1280 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di legittimit dell'atto medesimo: ed invero siffatta presunzione vale pe1 quanto attiene alla esecuzione dell'atto, identificato nel suo contenuto e nella sua disciplina giuridica, ma non vale quale criterio di interpretazione della dichiarazione, interpretazione dalla quale dipende, in tutto o in parte, anche la determinazione della disciplina normativa dell'atto amministrativo. Diversamente opinando, risulterebbe in via di interpretazione sempre esclusa la violazione di norme da parte della p.a. e verrebbe corretta l'azione amministrativa viziata da errore di diritto (2). incompetenza o violazione di legge, ma anche da eccesso di potere v., invece, Cass., Sez. Un., 12 gennaio 1965, n. 63, in questa Rassegna, 1965, I, 290, sub 3, con nota di SACCHETTO, ove non si manca di sottolineare che, nonostante l'esistenza di una notevole tendenza dottrinale favorevole a tale orientamento, la retta interpretazione dell'art. 5 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E non consente che il controllo dell'atto da parte del g. o. in sede di disapplicazione vada oltre l'esame della sua conformit alle leggi, ossia della sua estrinseca legalit. Ed invero, contrapponendosi illegalit (cfr. art. 650 c. p.) ad illegittimit (art. 26 t. u. 26 giugno 1924, n. 1054) dell'atto, era gi stato avvertito che l'art. 5 pone un limite al divieto posto con il precedente art. 4, ma non pu annullarlo: diversamente opinando, si negherebbe il criterio discriminativo fra la giurisdizione ordinaria e quella .speciale o fra le giurisdizioni speciali e si frustrerebbe il divieto dell'art. 4. Ogni giudice, ordinario o speciale, cio, potrebbe sindacare la legittimit degli atti amministrativi fuori dei limiti della sua giurisdizione, con il solo limite di disapplicarli invece di annullarli : GuGLIELMI, La pregiudiziale amministrativa, in questa Rassegna, 1965, I, 401. Sulla portata della inoppugnabilit dell'atto amministrativo v. SANDULLI, Il giudizio davanti al Consiglio di Stato, Napoli, 1963, 189 e seg., iJ quale avverte (189) che i vizi del provvedimento divenuto inoppugnabile non possono essere fatti valere in nessun caso -e quindi n principaliter, n incidenter -(oltre che da coloro che lo impugnarono senza fortuna) da coloro che avrebbero avuto la possibilit di impugnare il provvedimento e non se ne avvalsero (e cosi Cass., Sez. Un., 11 luglio 1955, n. 2194, Foro amm., 1956, II, 1,18 avverte che la disapplicazione incontra un ostacolo nell'inoppugnabilit dell'atto amministrativo ). Su tutta la questione v. Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 1961-1965, vol. II, Roma, 1966, 86 e segg. (2) L'indagine sull'individuazione dell'atto non va confusa con quella sulla sua applicabilit e validit: cfr. Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 1961-1965, Vol. III, Roma, 1966, 4. Peraltro, l'individuazione dell'atto va fatta in base al principio fondamentale della tipicit degli atti amministrativi, su cui v. Cass., Sez. Un., 21 maggio 1961, n. 1285, Giust. civ., 1961, I, 919 (segnatamente: 922, nella motivazione). Quanto a11a parificazione dell'interpretazione del provvedimento amministrativo a quella del contratto, v. Cass., Sez. Un., 15 gennaio 1966, n. 216, in questa Rassegna, 1966, I, 189 (191); Cass., 19 luglio 1965, n. 1608, id., 1965, I, 1142, sub 8 (1143) ed ivi (1147-1148) nota di riferimenti ed osservazioni; ma, in argomento, v. anche avvertenza in Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 1961-1965, vol. II, Roma, 1966, 81. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1281 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 5 novembre 1966, n. 2727 -Pres. Boccia -Est. Speziale -P. M. Caldarera (conf.) -Ministero DifesaEsercito (avv. Stato Gargiulo) c. Moreschi e Pucci (avv. Vicentini, De Cesaris). Prescrizione -Diritto al risarcimento del danno -Fatto considerato dalla legge come reato -Applicabilit della norma contenuta nel terzo comma dell'art. 2947 c. c. -Presupposti. (c. c., art. 2947, comma terzo). Procedimento civile -Estinzione -Atto di citazione -Efficacia interruttiva della prescrizione -Efficacia istantanea e non gi permanente Momento di decorrenza del nuovo periodo di prescrizione. (c. c., art. 2945). Cassazione -Ricorso per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza circa un punto decisivo della controversia Limitazione del mezzo solo ai vizi di motivazione attinenti all'accertamento ed alla valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione -Sussiste. (c. p. c., art. 360, n. 5). Le disposizioni del terzo comma dell'art. 2941 c. c. si rendono applicabiii ogniqualvolta venga iniziato un procedimento penale per accertare se un determinato fatto, produttivo di danno, rivesta o meno gli -estremi di un reato; in tal caso su:fjciente, ad evitare la prescrizione, -che l'azione civile venga esercitata nei termini fissati nell'ultima parte dello stesso comma: e cio, nel caso che il giudizio si concluda con .sentenza, sia essa di condanna o di assoluzione, sia essa emessa nel dibattimento o in istruttoria, nel termine di due o cinque anni dal mo I mento in cui la sentenza divenuta irrevocabile (1). I In caso di estinzione del processo (civile) la citazione perde il suo carattere di atto interruttivo della prescrizione ad effetto permanente, I conservando solo il valore di atto interruttivo ad effetto istantaneo, come I un qualunque atto di costituzione in mora, cosicch il nuovo periodo di prescrizione comincia a decorrere dalla data della notifica della I citazione (2). I (1) Cfr. Cass., 23 luglio 1966, n. 2037, Giur. it., Mass., 1966, 902; 8 noI vembre 1965, n. 2329, Giur. it., 1965, I, 1, 1473; 10 ,agosto 1960, n. 2355, Foro it., Rep., 1960, voce Prescrizione civ., c. 1950, nn. 55-56; 7 maggio 1958, I n. 1493, Giust. civ., Mass. ,1958, 537, sub 1. (2) Cfr. Cass., 4 luglio 1962, n. 1706, Giust. civ., Mass. 1962, 845 ed ivi I riferimenti; sulla differenza di efficacia interruttiva della domanda giudiziale e dell'atto stragiudiziale di costituzione in mora v. Cass., 7 marzo 1964, n. 500, id., Mass., 1964, 218. I 9 I < ! ~ ~ 1282 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I vizi di motivazione della sentenza, deducibili ai sensi dell'art. 360~ n. 5, c. p. c. come motivo di ricorso per cassazione, sono solo quelli attinenti aZZ'accertamento ed alla valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della causa e non anche quelli che si riferiscono alla soluzione di questioni di puro diritto (3). (Omissis). -L'art. 2947 c. c., dopo aver stabilito, nei primi due commi, che il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si verificato e in due anni se si tratta di danno prodotto dalla circolazione dei veicoli, dispone, al terzo comma, che, se il fatto considerato dalla legge come reato e per questo stabilita una prescrizione pi lunga, questa si applica anche all'azione civile; tuttavia, se il reato estinto per causa diversa dalla prescrizione o intervenuta sentenza irrevocabile nel giudizio penale, il diritto al risarcimento del danno si prescrive nei termini indicati nei primi due commi, con decorrenza dalla data di estinzione del reato o dalla data in cui la sentenza divenuta irrevocabile. Con numerose, anche recenti, pronunce questa Suprema Corte ha ritenuto che le disposizioni del terzo comma dell'art. 2947 si rendano applicabili ogni qualvolta venga iniziato un procedimento penale, per accertare se un determinato fatto, produttivo di danno, rivesta o meno gli estremi di un reato, con la conseguenza che in tal caso sufficiente, ed evitare la prescrizione, che l'azione civile venga esercitata nei termini fissati nell'ultima parte dello stesso comma: e cio, nel caso che il giudizio si concluda con sentenza, sia essa di condanna o di assoluzione, ed indipendentemente dal fatto che la sentenza sia emessa nel dibattimento o in istruttoria, nel termine, rispettivamente, di due o cinque anni dal momento in cui la sentenza divenuta irrevocabile (v. Cass. n. 1493 del 1958; n. 2355 del 1960; n. 2329 del 1965; n. 2037 del 1966). Da questo indirizzo la Corte ritiene di non doversi discostare. E di conseguenza diventa del tutto irrilevante che il giudizio civile, pro (3) Cfr. Cass., 23 novembre 1965, n. 2404, in questa Rassegna, 1966, I, 93 ed ivi nota (1) di riferimenti, cui adde: Cass., 28 febbraio 1959, n. 590,. Giust. civ., Mass., 1959, 203, sub 1 e 2: l'insufficienza di motivazione circa i motivi in diritto della sentenza -cio quelli che attengono al giudizio di qualificazione giuridica dei fatti e, in generale, all'interpretazione della norma giuridica applicabile -non prevista come motivo di ricorso per cassazione; soltanto la mancanza assoluta di motivazione, che escluda ogni possibilit di controllo sulla rispondenza della sentenza a giustizia, costituisce ragione di nullit della sentenza ; 12 aprile 1956, n. 1068, id., Mass.,. 1956, 369, sub. 1 : e i vizi logici di motivazione, denunciabili in Cassazione a norma dell'art. 360, n. 5, c.p.c., non concernono la qualificazione giuridica dei fatti accertati dal giudice di merito, ma '1a motivazione relativa all'accertamento dei fatti . PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1283 mosso dai congiunti della vittima subito dopo il fatto e successivamente sospeso fino all'esito del procedimento penale instaurato .a carico del conducente dell'autocarro, si sia estinto per mancata riassunzione nei termini di legge. Se vero, infatti, che in caso di estinzione del processo la citazio:o.e perde il suo carattere di atto interruttivo della prescrizione ad effetto permanente, conservando solo il valore di atto interruttivo ad effetto istantaneo come un qualunque atto di costituzione in mora, sicch il nuov0c periodo di prescrizione comincia a decorrere dalla data della :notifica della citazione (v. art. 2945 c. c.), nella specie stato escluso che la prescrizione si sia verificata, non per la interruzione del termine determinata dalla domanda giudiziale, ma in conseguenza delle particolari disposizioni dettate dal legislatore in relazione all'ipotesi che l'illecito civile sia al tempo stesso considerato dalla legge come reato; disposizioni che operano indipende)lteme:nte dal .fatto che sia stata proposta oppur no l'azione civile. E pel caso in esame, estintosi il primo processo civile per inattivit delle parti (nancata riassunzione nei termini di legge), la domanda venne riproposta nei due anni dalla sentenza di proscioglimento, con cui si era concluso, in istruttoria, il procedimento penale. Va disatteso anche il terzo mezzo, perch i vizi di motivazione, deducibili, ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c., come motivo di ricorso per cassazione, sono solo quelli attinenti all'accertamento e alla valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della causa e non anche i vizi che si riferiscono (come quelli denunciati dal ricorrente) alla risoluzione di questioni di puro diritto (Cass. n. 3865 del 1953; n. 1068 del 1956; n. 590 del 1959; n. 2404 del 1965). -(Omissis). SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 settembre 1966, n. 610 -Pres. Polistina -Est. Mezzanotte -D'Aquino (avv. Martignetti) c. Prefetto di Roma e Ministeri Difesa-Aeronautica e Interno (avv. Stato Carafa). Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Retrocessione -Artt. 60, 61 e 63 1. n. 2359 del 1865 -Distinzione. Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Retrocessione -Apprezzam. enti del Prefetto -Discrezionalit -Sindacabilit -Lim.iti, La distinzione fra le due ipotesi di retrocessione previste dagli articoli 60 e 61 e dall'art. 63 l. 25 giugno 1865, n. 2359 non ha riguardo alla ubicazione dell'opera pubblica per la quale fu disposta l'espropriazione, e cio se essa ricada, o meno, sui fondi espropriati, bens se questa sia stata, o meno, eseguita (1). Nel procedimento di retrocessione dei beni espropriati, gli apprezzamenti dell'Autorit amministrativa (Prefetto) ed i vizi formali dell'atto contenente la dichiarazione prevista dall'art. 61 ultimo comma Z. 25 giugno 1865, n. 2359 possono formare oggetto di censura in sede giurisdizionale soltanto sotto il profilo della legittimit; pertanto, sono inammissibili i motivi di ricorso attinenti al merito del provvedimento prefettizio (2). (1-2) Cfr., in termini, Cons. Stato, IV Sez. 22 novembre 1961, n. 673, n Consiglio di Stato, 1961, I, 1877; cfr., altresi, Cass., Sez. Un., 4 marzo 1966, n. 634, Foro it., 1966, 213. In dottrina v . .ARn1zzoNE, In tema di retrocessione dei beni espropriati, Foro pad., 1960, I, 1115; CAPPucc10, In tema di retrocessione di beni espropriati, Acque, bonif. costruz., 1960, 602; BARILE, La dichiarazione di inservibilit dei beni espropriati ai fini deZla retrocessione, Dir. e tecnica, 1961, 47. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 settembre 1966, n. 636 -Pres. Polistina -Est. Napolitano -Belloni (avv. Lodi) c. Provveditorato 00. PP. per la Lombardia (avv. Stato Terranova) e Comune di Nerviano (n. c.). Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Edilizia popolare ed econom. ica art. 12, secondo com.m.a, I parte e art. 16, prim.o com.m.a PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1285 1. n. 167 del 1962 -Dichiarazione di incostituzionalit -Non incide sulla adozione dei piani di zona. Edilizia popolare ed economica -Piani ex lege n.167del1962 -Adozione -Procedimento -Deliberazione comunale -Approvazione della G.P.A. Edilizia popolare ed economica -Piani ex lege n.167del1962 -Adozione -Opposizioni ed osservazioni -Deliberazione comunale Forma -Scrutinio segreto -Non occorre. Edilizia popolare ed economica -Piani ex lege n. 167del1962 -Approvazione -Opposizione ed osservazioni -Reiezione -Motivazione per relationem -Legittimit. La caducazione dell'art. 12, secondo comma, I parte, i. 18 aprile 1962,n. 167, con la quale si faceva risalire a due anni prima della deliberazione comunale di adozione del piano di zona la determinazione ai fini dell'indennizzo, del valore venale del suolo da espropriare, e dell'art. 16, primo comma, legge citata, relativo all'utilizzazione diretta delle aree da parte dei proprietari, non ha inciso sul sistema normativo che regola la formazione, l'adozione e l'approvazione dei piani di zona, essendone risultata modificata solo per qualche aspetto la disciplina dei rapporti concernenti l'acquisizione e l'utilizzazione delle aree, che afferiscono alla successiva fase di attuazione dei piani (1). I piani di zona sono assoggettati ad una particolare forma di pubblicit, dettagliatamente regolata dall'art. 6 l. 18 aprile 1962, n. 167 e, avendo valore di piani particolareggiati, secondo il disposto dell'art. 9 legge cit. tutte le deliberazioni consiliari che ad essi si riferiscono sono sottoposte all'approvazione della Giunta provinciale amministrativa, ai sensi dell'art. 96, n. 11 e segg. t. u. 3 marzo 1934, n. 383, modificati dalla Z. 9 giugno 1947, n. 530; pertanto, ad essi non si applica la procedura per il controllo prefettizio di legittimit (2). In ordine alle deliberazioni del Consiglio Comunale, l'art. 298 t. u. 4 febbraio 1915, n. 148, rende obbligatorio lo scrutinio segreto per le sole deliberazioni concernenti persone, ossia per quelle che importano l'esercizio di una facolt discrezionale nei confronti di determinate persone o, comunque, la valutazione delle qualit o degli atti di una persona; pertanto, non va adottata con la forma dello scrutinio segreto la (1) Sulla questione di costituzionalit delle norme contenute nella 1. n. 167 del 1962, cfr. Corte Costituzionale 9 aprile 1965, n. 22, in questa Rassegna, 1965, I, 425. (2) Non risultano precedenti in termini. I I I I l I g ! I i 1286 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO deZiberazione consiZiare che esamini e vaZuti questioni procedurali e di merito attinenti aZZa formazione di un atto generaZe, quale iZ piano di zona previsto dalZa Z. 18 apriZe 1982, n. 167 (nelZa specie, approvazione delZe controdeduzioni alZe opposizioni ed osservazioni formulate contro iZ piano di zona) (3). Zegittimo il decreto di approvazione deZ piano di zona da parte deZ Provveditore regionale azze opere pubbliche, ai sensi deZZa Z. 18 apriZe 1982, n. 167, ove deZ rigetto delZe opposizioni presentate dagZi interessati sia stata data adeguata, congrua motivazione, per reZationem alZe deduzioni deZ Comune che ha adottato il piano (4). (3-4) Giurisprudenza costante sul principio generale. Cfr. Cons. Stato, V Sezione, 9 maggio 1964, n. 544, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 929 e giurisprudenza ivi richiamata. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 13 ottobre 1966, n. 651 -Pres. Polistina -Est. Tozzi -Dona (avv. Rizzo) c. Ministero Bilancio (avv. Stato Ciardulli). Impiego pubblico -Costituzione -Qualificazione del rapporto (di impiego pubblico o di incarico professionale) -Rilevanza del titolo e non del contenuto. Impiego pubblico -Incarico professionale -Natura -Mancato rinnovo alla scadenza -Attribuzione di incarico ad altri -Eccesso di potere -Insussistenza. In materia di impiego pubbZico, Za natura giuridica deZ rapporto si fonda suZ titoZo di assunzione, e non suZ contenuto deZ rapporto stesso, con Za conseguenza che per iZ sorgere di qualsiasi impiego pubblico occorre Z'atto formaZe di nomina (che Za p. a. non libera di emanare, ma obbligata a conformarsi ai propri ordinamenti ed alZe Zeggi vigenti), mentre non rilevante Z'atto che, pur esistendo, sia rivoZto aZ conferimento di un incarico professionale o alZa creazione di qualsiasi rapporto di diritto privato (1). (1-2) La giurisprudenza pacifica nel ritenere l'atto formale di nomina elemento essenziale per i.I sorgere del rapporto di impiego pubblico: cfr. Cass., Sez. Un., 4 marzo 1966, n. 638, retro, 555 con nota critica, cui si rinvia, ponendo in rilievo come la natura del rapporto di impiego pubblico deve essere caratterizzata dalla natura di ente ,pubblico del datore di lavoro e dall'attivit del di.pendente in diretta correlazione con i fini istituzionali PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1287 Non viziato da eccesso di potere l'atto col quale la p. a. dichiara la cessazione di efficacia dell'incarico e, nel contempo, conferisce ad altri l'incarico stesso, perch quest'ultimo pu essere svolto da un numero di persone diverse (2). dell'ente (con un'indagine che all'uopo potr svolgersi ai fini della giurisdizione che appartiene sempre al giudice 1amministrativo), mentre non decisivo .ratto formale df nomina, che pu anche mancare (fermo riestando la giurisdizione nel senso ora detto). Ove per l'atto esista, non vi dubbio ehe decisivo il titolo, e non l'attivit esercitata, per la qualificazione del rapporto, come rapporto di impiego pubblico o come rapporto privatistico: giurisprudenza pacifica, cfr. Sez. V, 31 gennaio 1964, n. 134, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 80. V. anche Ad. Plen., 13 maggio 1966, n. 11, retro, 879. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 13 ottobre 1966, n. 653 -Pres. Polisti na -Est. Tozzi -Rago (avv. Troccoli) c. Ministero Interni (avv. Stato Cerocchi). Impiego pubblico -Concorsi -Nomina della Commissione -Pubblicazione del relativo decreto -Presupposti -Ricusazione dei componenti la Commissione -Tempo nel quale essa pu essere fatta valere. Impiego pubblico -Concorsi -Commissione -Composizione -Criteri di scelta dei componenti. Impiego pubblico -Concorso -Prove scritte -.Comunicazione -Contenuto -Limiti. n provvedimento di nomina della Commissione esaminatrice pu essere impugnato soltanto insieme con l'atto finale di approvazione della graduatoria e di nomina dei vincitori. Non sussiste pertanto alcun obbligo di preventiva pubblicazione del decreto di nomina della Commissione stessa nei cui confronti le eventuali cause di ricusazione per taluni membri possono essere fatte valere solo prima dello svolgimento delle cooperazioni di concorso (1). (1) Non vi dubbio che l'atto di nomina della Commissione non pu -considerarsi autonomo, in seno al procedimento del concorso, ma si inserisce in esso, nella fase preparatoria. E quindi una sua eventuale illegittimit non determina, ex se, una lesione attuale dell'interesse dei concorrenti, bensi solo una lesione potenziale che diviene attuale al momento in cui il concorrente, approvata la graduator~a, risulti soccombente. E ci pu 1288 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ai sensi dell'art. 70, primo comma, d. P. R. 3 maggio 1957, n. 686, i componenti delle Commissioni per concorsi ad esami per merito distinto, da scegliersi fra gli impiegati dell'Amministrazione interessata, possono appartenere a qualunque ramo dell'Amministrazione centrale, purch abbiano qualifica non inferiore a direttore di divisi PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1289 concorso esterno, al grado iniziale di altra carriera statale, non si ha un passaggio di ruolo, agli effetti dell'applicazione dei benefici combattentistici, ma si ha una nuova assunzione, nella quale i benefici possono essere concessi, poich in tal caso non si ha un cumulo, bens una rinnovazione del beneficio, divenuto, in seguito alla rinunzia, inoperante. Pertanto, legittimo il diniego della p. a. di concessione di benefici, nel caso di passaggio dalla carriera di concetto speciale, (ove l'impiegato ha gi usufruito di tali benefici) alla carriera direttiva speciale (di cui agli artt. 195 e 196 t. u. 10 gennaio 1957, n. 3), trattandosi di prosecuzione di carriera che nel sistema della legge considerata unica (1). (1) La norma dell'art. 24 del r. d. I. 3 gennaio 1926, n. 48 prevede soltanto la utilizzazione differita dei benefici, ove non siano stati goduti nel precedente grado gerarchico. Nulla prevede nel caso di rinunzia al rapporto di impiego e quindi nel caso di inizio di altra carriera statale. Non vi dubbio per che il beneficio deve essere sempre operante sulla carriera dell'impiegato e quindi, non pu cumularsi, bensi pu rinnovarsi. Di rinnovo, appunto, si tratta allorch l'impiegato rinunzia ad un rapporto di impiego e inizia altra carriera, nella quale il beneficio pu essere concesso. Se invece si tratta di progressione nella stessa carriera, anche se con qualifica diversa, il beneficio una volta concesso, non pu essere rinnovato. In tal senso cfr. Ad. Plen., 27 luglio 1961, n. 18, Il Consiglio di Stato, 1961, I, 1045; ed anche per la utilizzazione del beneficio, Corte Conti, Sez. Riun., 11 agosto 1965, n. 20, Foro amm., 1965, 3, 210. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 26 ottobre 1966, n. 713 -Pres. Polistina -Est. Tozzi -Polini (avv. Di Paolo) c. Provveditore 00. PP. L'Aquila (avv. Stato Angelini Rota). Edilizia -Legge 25 novembre 1962, n. 1684 art. 33 -Preteso contrasto con l'art. 102 Cost. -Manifesta infondatezza. Edilizia -Poteri del Provveditore ex art. 33 1. 25 novembre 1962, n. 1684 Limiti temporali -Esclusione -Prescrizione -Inapplicabilit. Edilizia -Provvedimenti ex art. 33, 1. 25 novembre 1962, n.1684 -Motivazione in contrasto con deposizioni rese in sede penale da funzionari del Genio civile -Inadeguta motivazione -Eccesso di potere Sussiste. infondata l'eccezione di incostituzionalit dell'art. 33 l. 25 novembre 1962, n. 1684 per contrasto con l'art. 102 Cost., perch detta norma, nell'attribuire al Provveditore alle 00. PP. la competenza ad 1290 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO adottare l'ordine di demolizione o le opportune prescrizioni in caso di abusi edilizi, non conferisce una funzione giurisdizionale (1). Il potere discrezionale del Provveditore alle 00. PP. di ordinare la demolizione o le modifiche dell'edificio in conformit alle disposizioni vigenti non limitato nel tempo, e perci non sottoposto a prescrizione (2). viziato da eccesso di potere l'ordine di demolizione dell'edificio dato dal Provveditore ai sensi del cit. art. 33, che non abbia tenuto conto, senza adeguata motivazione, del diverso avviso espresso in sede penale da funzionari del Genio civile, che avevano invece ritenuto possibile le modifiche dell'edificio stesso (3). (1-3) Sulla prima massima cfr. Ad. Plen., 28 luglio 1965, n. 19, Foro amm., 1965, I, 2, 933; Sez. IV, 30 marzo 1966, n. 183, ivi, 1966, I, 2, 470, nelle quali si precisa anche che il Provveditore non deve tener conto del diverso ordine dato in sede penale dal PrC:!tore con la sentenza che stata poi annullata in sede di appello. La seconda massima contiene un'esatta applicazione della norma racchiusa nel citato art. 33. La terza massima risolve una questione di specie. Sui poteri del Sindaco ex art. 32 legge urbanistica cfr. Sez. VI, 25 novembre 1963, n. 878, in questa Rassegna, 1964, I, 351. Sui poteri del Consig!J.io di Stato, adito ai sensi dell'art. 27, n. 4, t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, di impartire l'ordine al Prefetto di nominare un Commissario per l'esecuzione del giudicato che annullava una licenza edilizia, cfr. Cass., Sez. Un., 13 aprile 1965, n. 666, ivi, 1965, I, 1122, con nota. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 28 ottobre 1966, n. 759 -Pres. De Marco -Est. Granito -Galiani (avv. Sciacca) c. Ministero Tesoro (avv. Stato Carbone). Impiego pubblico -Promozione -Decorrenza -Principi generali. Impiego pubblico -Posti conferibJll con la medesima decorrenza Posti conferibili in parte per esame e in parte mediante scrutini Decorrenza -Precedenza nel ruolo ai promossi per esami -Limiti. Le promozioni, conferite per esame o per scrutinio (e non per mera anzianit), possono avere efficacia retroattiva, la quale non pu farsi risalire a data anteriore a quella, rispettivamente, della graduatoria formata dalla Commissione giudicatrice ovvero dal giudizio espresso dal Consiglio di Amministrazione; e ci perch la promozione non pu spiegare effetti prima del riconoscimento del possesso dei titoli e requisiti :~ PARTE I, SE:t:. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1291 occorrenti per il conferimento della qualifica superiore, a meno che una norma di legge non disponga espressamente il contrario (1). Quando i posti di un medesimo ciclo, debbono conferirsi con diversi sistemi di promozione, e cio in parte mediante esami (di concorso o di idoneit), in parte mediante scrutinio (di merito assoluto e comparativo), ai promossi per esami spetta la stessa anzianit di qualifica e, in pi, la precedenza nell'ordine di ruolo, rispetto ai promossi per scrutinio, anche se gli esami sono stati esauriti in data posteriore allo scrutinio (2). (1) Giurisprudenza pacifica: cfr. Sez. IV, 21 aprile 1965, n. 335, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 645, con nota. (2) Giurisprudenza pacifica: Ad. Plen., 9 febbraio 1966, n. 7, retro, I, 634, con nota. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 27 agosto 1966, n. 1091 -Pres. Barra - Caracciolo -Est. Piroso -Soc. coop. edil. -Sassarese CES ed altri (avv. Cordella). Giustizia amministrativa -Esecuzione del giudicato -Licenza di costruzione e doveri del Sindaco. Nel caso di esecuzione del giudicato che concerne l'annullamento in s. g. di una licenza edilizia (situazione, codesta, identica a quella dell'effettuazione dei lavori senza licenza), il Sindaco ha il dovere di provvedere, ma pu discrezionalmente valutare quale sia il mezzo pi conveniente di cui servirsi (1). (1) Giurisprudenza costante, cfr. Cons. Stato, Sez. V, 13 novembre 1965, n. 1053, in questa Rassegna, 1966, I, 143, con nota di riferimento. V. pure Cons. Stato, Sez. V, 21 giugno 1966, nn. 893 e 926, Il Consiglio di Stato, 1966, I, 555 e 1250, nonch Cons. Stato, Sez. V, 27 agosto 1966, n. 986, ivi, 1966, 1465. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 27 agosto 1966, n. 1105 -Pres. Barra Caracciolo -Est. Caianello -Anzanello (avv. Benvenuti e Lorenzoni) c. Comune di Conegliano Veneto e Ditta F.lli Bruno e altro (n. c.). Giustizia amministrativa -Esecuzione del giudicato -Ricorso al Consiglio di Stato -Presupposti. Il giudizio di ottemperanza, previsto dall'art. 27 n. 4 t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, presuppone l'inadempimento da parte dell'Ammini - 1292 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO straziane di un obbligo derivante da un giudicato; occorre cio che la decisione di cui si chiede l'esecuzione ponga a carico dell'Amministrazione l'obbligo di un determinato comportamento rispetto al quale lii Autorit amministrativa sia rimasta inerte (1). (1) Giurisprudenza costante. Cfr. da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 13 novembre 1965, n. 1051, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 1926. Per una applicazione di specie v. pure, Cons. Stato, Sez. IV, 13 novembre 1963, n. 740, in questa Rassegna, 1964, I, 343. Correlativamente il Consiglio di Stato ha numerose volte affermato il .principio dell'automaticit dell'effetto oblativo della pronuncia di annullamento: cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 5 marzo 1965, n. 149, in questa Rassegna, 1965, n. 749. In dottrina, su questo ordine problemi, cfr. SANDULLI, Consistenza ed estensione dell'obbligo delle autoritd amministmtive di conformarsi ai giudicati, Riv. trim. dir. proc. civ., 1960, 394 e segg.; GIANNINI, Contenuto e limiti del giudizio di ottemperanza, ivi, 1960, 442 e segg.; BENVENUTI, Valore delle pronunce ex art. 27, n. 4, t. u. Consiglio di Stato, ivi, 1960, 478 e segg. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 27 agosto 1966, n. 1106 -Pres. Breglia -Est. Scarcella -Morrica (avv. Sanmauro) c. Ospedali riuniti di Napoli (n. c.). Giustizia amministrativa -Esecuzione del giudicato -Obbligo della P. A. -Fattispecie -Non sussiste. Non ammissibile il ricorso proposto per l'esecuzione del giudicato ai sensi dell'art. 27 n. 4 t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, quando l'Amministrazione, in dipendenza del giudicato stesso, non abbia da porre in essere alcuna attivit vincolata (nella specie, essendo rimesso alla sua discrezionalit di bandire altro concorso per la copertura di un posto di pubblico impiego in base ad altra norma regolamentare che creder di adottare) (1). (1) Principio pacifico. Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 27 agosto 1966, n. 1105, retro, 1291, con nota di richiami. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 27 agosto 1966, n. 1110 -Pres. Barra Caracciolo -Est. Scarcella -Aldrighettoni e altro (avv. Dolzani, Giovannini, Angelucci) c. Comune di Rovereto (avv. Resta) e Ditta Breda Hupp (avv. Mandrioli e Lia). Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizonale -Ricorso collettivo Presupposti e limiti. ammissibile la proposizione da parte di pi soggetti di un unico atto di impugnativa contro provvedimenti connessi, o contro lo stesso PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1293 provvedimento, nel caso che gli interessi sostanziali fatti valere, anche se diversi, non presentino una divergenza tale da determinare tra gli stessi un vero e proprio con'/f,itto, cos che la vittoria nel giudizio possa giovare ad uno solo con esclusione dell'altro o degli altri ricorrenti (1). (1) Giurisprudenza costante. Cfr. Sez. V, 10 marzo 1962, n. 205, Il Consiglio di Stato, 1962, I, 502. V. pure, Sez. IV, 3 novembre 1965, n. 677, in questa Rassegna, 1966, I, 139. Nello stesso senso in dottrina, SANDULLI, Il giudizio davanti al Consiglio di Stato e ai giudici sottordinati, Napoli, 1963, 264. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V., 21 ottobre 1966, n. 1224 -Pres. Breglia -Est. Cesareo -Loconte ed altri (avv. Jemolo e Pensa) c. Comune di Napoli (avv. Glejeses) Ministero LL.PP. (avv. Stato Lancia) e Soc. I.P.I.C. (avv. Sorrentino). Piano regolatore -Licenza edilizia in deroga -Impugnativa autonoma Ammissibilit. Piano regolatore :-Licenza edilizia in deroga -Emanazione successiva del nulla osta ministeriale -Illegittimit. ammissibile il ricorso avverso il nulla osta, concesso dal Ministero dei LL.PP., ai sensi dell'art. 3 l. 21 dicembre 1965, n. 1359, al rilascio della licenza edilizia in deroga, quando esso sia stato emesso successivamente alla licenza edilizia ed alla esecuzione della costruzione fino all'altezza ritenuta regolare (1). illegittimo il nulla osta, che deve essere concesso preventivamente dal Ministero dei LL.PP. ai sensi dell'art. 3 l. 21 dicembre 1965, n. 1359, quando invece esso venga emesso successivamente alla licenza edilizia in deroga (2). (1-2) Non vi dubbio che un atto pr.eparatorio -il quale come tale non autonomamente impugnabile -pu essere, in casi particolari, avulso dal procedimento, e perci acquista propria autonomia e come tale impugnabile. Per qualche precedente che consideri invece il nulla osta atto preparatorio cfr. Sez. V, 5 febbraio 1965, n. 93. Non del pari dubbio che un atto presupposto non pu essere emesso successivamente all'atto finale e determinarne il contenuto: nella specie il nulla osta non poteva essere emesso successivamente alla licenza, e deter minarne i limiti. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1294 CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 12 luglio 1966, n. 598 -Pres. Stumpo Est. Toro -Ditta F.lli Vignali ed altri (avv. Biscottini e Sargenti) c. Ministero Finanze (avv. Stato Cerocchi). Giustizia ammlnistrativa -Ricorso giurisdizionale -Ricorso collettivo -Ammissibilit -Criterio. Autorizzazione ammlnistrativa -Operazione a premio -Parere -Commissione interministeriale -Necessit. ammissibile il ricorso collettivo con cui pi soggetti impugnino i provvedimenti con i quali l'Amministrazione abbia opposto un diniego ad istanze da loro rispettivamente presentate, qualora i provvedimenti stessi abbiano identico contenuto ed unica causa, gli interessi sostanziali fatti valere in giudizio non siano in contrasto e l'interesse a ricorrere sia in comune (1). Ai sensi degli artt. 58 primo comma r. d. Z. 19 ottobre 1938, e 138 r. d. 25 luglio 1940, n. 1077, illegittimo il diniego di autorizzazione a svolgere operazioni a premio che iZ Ministero delle Finanze adotta senza aver sentito iZ parere dell'apposita commissione interministeriale (2). (1) Giurisprudenza costante. Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 3 novembre =il 1965, n. 677, in questa Rassegna, 1966, I, 139, nonch, da ultimo, V Sez., 27 agosto 1966, n. 1110, retro, 1292. (2) Non risultano precedenti in termini. Per qualche riferimento cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 17 novembre 1964, n. 845, in questa Rassegna, 1965, I, 528. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 26 luglio 1966, n. 639 -Pres. Meregazzi -Est. Anelli -Delfino ed altro (avv. Sciacca). c. Ministero Lavori Pubblici (avv. Stato Casamassima) e Cooperativa edilizia Ufficiali Esercito Italiano (avv. Bugliari). Giustizia ammlnistrativa -Ricorso giurisdizionale -Forma -Mancata indicazione delle parti avverse nell'epigrafe del ricorso -Ammissibilit. Giustizia ammlnistrativa -Ricorso giurisdizionale -Ricorso collettivo Posizioni giuridiche diverse ma connesse -Ammissibilit. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1295 Edilizia popolare ed economica -Cooperativa edilizia -Socio prenota tario -Sodo che non sia iscritto ad alcuno dei programmi costrut tivi -Non ha la qualit di prenotatario. Edilizia popolare ed economica -Cooperativa edilizia -Vacanza di alloggi -Dterminatasi prima della stipulazione del mutuo edilizio individuale -Onere della Cooperativa -Onere di interpellare i soci che precedono iltitolare dell'alloggio resosi vacante -Non sussiste. L'omessa indicazione delle parti avverse nell'epigrafe del ricorso al Consiglio di Stato non causa di inammissibilit, qualora il ricorrente abbia adempiuto all'onere di notificare il provvedimento impugnato all'Autorit emanante ed ai controinteressati (1). ammissibile il ricorso giurisdizionale collettivo proposto da sog getti che con tale mezzo di impugnazione facciano valere posizioni giu ridiche diverse, ma connesse (nella specie, il diritto all'uso ed il diritto all'assegnazione di un alloggio cooperativo ricollegate ad un medesimo presupposto, qualit del socio prenotatario del dante causa) (2). Legittimamente la Commissione di vigilanza per l'edilizia popolare ed economica nega la qualit di prenotatario al socio che non abbia prenotato alcun alloggio compreso nei programmi costruttivi elaborati dalla Cooperativa edilizia in base al proprio regolamento interno e, infine, invitato dal Presidente della Cooperativa stessa ad iscriversi nell'elenco speciale relativo ad altro programma costruttivo, abbia di chiarato di non aderirvi (3). Ai sensi dell'art. 108 t. u. 28 aprile 1938, n. 1165, nel caso di alloggi cooperativi che si rendano disponibili prima della stipulazione del con tratto di mutuo edilizio individuale per decadenza, rinuncia od altre cause, il Consiglio di amministrazione della Cooperativa edilizia deve interpellare, uno dopo l'altro, tutti i soci che immediatamente segue, e non quelli che precedono, nell'ordine, il titolare dell'appartamento vacante (4). (1) Giurisprudenza consolidata sul punto che nella redazione del ricorso giurisdizionale non occorrano formule sacramentali o solennit di carattere meramente formale. In dottrina, cfr. SANDULLI, Il giudizio davanti al Consiglio di Stato e ai giudici sottordinati, 1963, 330 e segg. (2) Cfr., nello stesso senso, Sez. V, 14 ottobre 1961, n. 514, Il Consiglio di Stato, 1961, I, 1651; Sez. V, 29 ottobre 1960, n. 745, ivi, 1960, O, 1806. (3) Massima di evidente esattezza che si inserisce in un costante orientamento giurisprudenziale; cfr. Sez. VI, 16 ottobre 1963, n. 535, in questa Rassegna, 1964, I, 137, con nota di riferimenti. (4) Non risultano precedenti in termini. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA I COR~E DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1330 -Pres. Rossano -Est. Malfitano -P. M. Pedace (conf.). Ministero Finanze (avv. Stato Salto) c. Piccinini (n. c.). Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle commissioni tributarie -Notificazioni -Norme applicabili. (r. d. 11 luglio 1907, n. 560, art. 89; r. d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 31; t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 38). Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle commissioni tributarie -Notificazioni e comunicazioni -Comunicazione dell'appello dell'Ufficio effettuata con lo stesso atto di notificazione I::: della decisione impugnata -Eventuale nullit di tale notifica zione -Estensione della nullit alla comunicazione. (c. p. c., artt. 136, 1;37 ss., 156 ss.; r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, artt. 38, 45). ' . , . Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle commissioni tri I. butarie -Notificazioni nelle forme previste dall'art. 89 del r. d. ' 11luglio1907 n. 560 -Mancanza nell'originale dell'atto della firma I del consegnatario o della menzione dei motivi dell'omessa sotto scrizione -Nullit -Esclusione -Rinnovazione della notifica ai sensi dell'art. 291 c. p. c. -Ammissibilit -Effetti. I (r. d. 11 luglio 1907, n. 560, art. 89; c. p. c., artt. 156 ss., 291). Le norme sulle notificazioni di dichiarazioni e rettifiche in tema di imposta di ricchezza mobile, di cui all'art. 89 del r. d. 11 luglio 1907, n. 560, erano applicabili -prima dell'entrata in vigore del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, il cui art. 38 reca disposizioni di contenuto sostanzialmente analogo -anche alle notificazioni di atti del procedimento dinanzi alle commissioni, cos per le imposte dirette, per il richiamo ad .esse fatto dagli artt. 97, 99, 102 e 105 dello stesso r. d. n. 560 del 1907, - PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1297 come per le imposte indirette, per il rinvio disposto dall'art. 31 del r. d. 7 agosto 1936, n. 1639 (1). La comunicazione al contribuente di una impugnazione proposta dall'Ufficio avverso una decisione di commissione tributaria pu essere data in via autonoma, ovvero con lo stesso atto di notifica della decisione impugnata. Nel primo caso si osservano le norme sulla comunicazione degli atti processuali, trattandosi di atto da compiersi dalla segreteria della commissione adita; nel secondo caso sono applicabili all'intero atto le norme sulle notificazioni, e l'eventuale nullit di notifica colpisce indivisibilmente l'atto medesimo, nel suo duplice contenuto (2). Per le notificazioni di atti del procedimento dinanzi alle commissioni tributarie, ai sensi dell'art. 89 del r. d. 11 luglio 1907, n. 560 (ora art. 38 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645), la sottoscrizione dell'originale da parte del consegnatario o la menzione dei motivi dell'omessa sottoscrizione, non rappresentano requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo dell'atto, e la loro mancanza, quindi, in difetto di espressa comminatoria di legge, non d luogo a nullit, bens a semplice irregolarit, sanabile con effetto ex tunc o con la costituzione del destinatario dell'atto, ovvero con la rinnovazione della notifica, a norma dell'art. 291 c.p.c., applicabile anche nei procedimenti di impugnazione, compresi quelli dinanzi alle commissioni delle imposte (3). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 ottobre 1966, n. 2455 -Pres. Rossano -Est. Azara -P. M. Di Majo (conf.). Ministero Finanze (avv. Stato Ciampoli) c. Cattaneo (n. c.). Imposte e tasse in genere -Procedimento amministrativo di accertamento e procedimento contenzioso dinanzi alle commissioni Notificazioni -Notificazioni a mezzo di ufficiali giudiziari ed equiparati e notificazioni a mezzo di messi comunali e di messi all'uopo autorizzati -Scelta -Norme applicabili. (1-6) Conformi, sulle questioni di cui alle massime 1,3 e 5, sono anche Cass., Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1352 e Cass., Sez. I, 16 dicembre 1966, n. 2947, 2948 e 2949. Le soluzioni tutte, di cui alle sentenze in nota ed alle altre ora menzionate, sono espressione di giurisprudenza consolidata, per la quale si veda, in generale: Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 331 ss.. In particolare, poi: a) sull'applicabilit, al procedimento contenzioso dinanzi alle commissioni, delle norme sulle notificazioni di cui all'art. 89 del r. d. n. 560 del 1907 (ed ora dell'art. 38 del t.u. n. 645 del 1958), cfr. Cass. 29 gennaio 1964, n. 228, in questa Rassegna, 1964, I, 364, con nota; Cass. 23 giugno 1964, 10 1298 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Imposte e tasse in genere -Procedimento -Notificazioni secondo le norme speciali tributarie -Omessa sottoscrizione dell'originale da parte del consegnatario -Nullit -Esclusione. Procedimento civile -Notificazioni -Omissione delle formalit previste dall'art. 139, quarto comma, c. p. c. -Nullit -Esclusione Vizi della notificazione inducenti nullit -Rinnovazione della notificazione ai sensi dell'art. 291 c. p. c. -Sanatoria ex tunc. Per le notificazioni di atti, sia di natura sostanziale che di natura. processuale, in materia tributaria, l'amministrazione finanziaria pu<} avvalersi degli ufficiali giudiziari e dei loro equiparati (tra i quali sono compresi i messi di conciliazione), ovvero dei messi comunali e dei messi all'uopo autorizzati. Nel primo caso, le notificazioni si eseguono secondo le norme ordinarie del codice di procedura civile; nel secondo,. invece, devono osservarsi le forme previste dall'art. 89 del r. d . .11 luglio 1907, n. 560 (ed ora dall'art. 38 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645), salva l'applicabilit, anche per tali notificazioni, delle norme di diritto comune in tema di rilevanza e sanatoria delle nullit (4). Nelle notificazioni di atti, in materia tributaria, eseguite secondo il disposto dell'art. 89 del r. d. 11 luglio 1907, n. 560 (ed ora dell'art. 38' del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645), la sottoscrizione dell'originale, da parte del consegnatario, non costituisce requisito essenziale, e, pertanto,. ed in mancanza di espressa comminatoria di legge, l'omissione non d. luogo a nullit (5). n. 1648, Riv. leg. fisc., 1964, 1729; Cass. 9 novembre 1964, n. 2704, in questa Rassegna, 1965, I, 379, con nota di O. FIUMARA; Cass. 15 luglio 1965, n. 1242, Riv. leg. fisc., 1965, 1866; Cass. 21 luglio 1965, n. 1686, in questa Rassegna,_ 1965, I, 818, con nota; b) nel senso che l'omessa sottoscrizione dell'originale, da parte del destinatario dell'atto notificato, non d luogo a nullit, cfr.. Cass. n. 1648 e n. 2704 del 1964, citate, nonch Cass. 20 novembre 1964, n. 2771, in questa Rassegna, 1964, I, 1150; Cass. 19 luglio 1965, n. 1634, id.,. 1965, I, 1227 (da notare, peraltro, che, delle due sentenze ora in nota, pi rigorosamente esatta, sul punto, appare la n. 2455, la quale, come gi la n. 2771 del 1964, citata, esclude senz'altro la nullit, e quindi anche l'esigenza della rinnovazione della notifica, ritenuta invece dalla sent. 1532,. come gi dalle altre precedenti ricordate); c) sul punto dell'ammissibilit, a scelta, delle notificazioni a mezzo di ufficiali giudiziari ed equiparati, ovvero di messi comunali e di messi all'uopo autorizzati, con conseguente rispettiva applicabilit delle norme di diritto processuale comune e di quelle speciali delle leggi tributarie, cfr. Cass. n. 2704 e n. 2771 del 1964,. citate; d) sull'ammissibilit, anche nel processo tributario, della distinzione tra notificazioni e comunicazioni, cfr., conformi anche sul punto evidenziato nella seconda massima, Cass. 19 luglio 1965, n. 1634 e 21 luglio 1965,. n. 1686, citate; e per tutte, per, si osservi che la conclusione, secondo cui. -:= l'eventuale nullit della notificazione della decisione si estenderebbe alla ~ comunicazione, che sia fatta con lo stesso atto, dell'impugnazione proposta dall'ufficio, pu apparire discutibile, poich l'unit formale dell'atto non. dovrebbe impedire che se ne consideri la sostanzi); e la stessa ricorrente riconosce che la sopratassa non dovuta da entrambe le parti, in solido, ma solo da quella che ha reso la dichiarazione infedele. E' da ritenere, quindi, che l'art. 7 della legge in esame contenga una ulteriore deroga al principio della solidariet nel pagamento dell'imposta di registro ed accessori. Ci risulta non solo dal tenore letterale della norma, ma anche dalla ratio legis, che si desume attraverso le diverse espressioni adoperate nella stessa legge per gli altri casi innanzi indicati, che sono bensi di diversa natura, ma che comportano ugualmente il pagamento dei tributi ordinari. La diversit di regolamentazione corrisponde alla sostanziale diversit di situazioni. Mentre nei casi previsti dagli articoli 3, 4 e 5 non ricorrono ragioni per derogare al principio della solidariet (tranne che per la sopratassa di cui all'art. 3), in quanto il venditore in grado di conoscere la reale situazione e di produrre in tempo utile la relativa documentazione, per il caso, invece, di rivendita del fondo e di conseguente decadenza dalle agevolazioni tributarie gi applicate, la deroga al principio della solidariet giustificata dalla considerazione che il fatto produttivo della decadenza ( e del conseguente pagamento dei tributi) un fatto che, oltre a verificarsi dopo il perfezionamento della compravendita e dopo la legittima applicazione dei benefici fiscali, del tutto estraneo alla persona e alle attivit del venditore, il quale, anche se ne viene previamente a conoscenza, non ha la possibilit di evitarlo n comunque di influirvi. Nella discussione orale si sostenuto che l'espressa menzione dell'obbligo solidale di tutte le parti contraenti, contenuta nell'art. 3 con specifico ed esclusivo riferimento ai tributi ordinari, mira a porre in risalto che la sopratassa dovuta, invece, dalla sola parte cne ha reso la dichiarazione infedele. Ci pu essere esatto, ma quel che conta che siano stati specificati i soggetti passivi delle due obbligazioni, con conseguente esclusione della solidariet in uno dei due casi, come la stessa ricorrente ammette. Ed proprio la specificazione dei soggetti passivi, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1339 diversamente individuati nei vari articoli (3, 4, 5 e 7), ci che induce ad adottare la predetta interpretazione dell'art. 7, secondo cui, nel caso previsto dall'articolo medesimo, l'acquirente il solo soggetto tenuto al pagamento della differenza fra misura ordinaria e misura ridotta dell'imposta di registro e di quella ipotecaria, in quanto decaduto dai benefici precedentemente accordati. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 ottobre 1966, n. 2705 -Pres. Rossano -Est. Roperti -P. M. Pedote (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Varvesi) c. Monarbario (avv. Sacerdote e Benedetti). Procedimento civile -Ingiunzione fiscale -Giudizio di opposizione Accoglimento dell'opposizione per motivi giuridici diversi da quelli indicati dalla parte -Vizio di ultrapetizione -Non sussiste. (c. p. c., artt. 112, 345). Leggi, decreti e regolamenti -Interpretazione -Chiarezza della lettera Interpretazione letterale -Sufficienza -Necessit di ricercare la volont del legislatore -Non sussiste. (Disposizioni sulla legge in generale, art. 12). Imposta di registro -Trasferimento di quota di societ commerciale di persone -Patrimonio sociale formato da beni mobili e immobili -Tassazione della quota -Criteri. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 27). Il vizio di ultrapetizione ipotizzabile rispetto al bene che l'attore ha inteso giudizialmente perseguire e, quindi, rispetto all'oggetto diretto della decisione e non pure rispetto azze ragioni di fatto e di diritto che il giudice ha assunto a sostegno deZZa propria pronunzia. Non incorre pertanto nel vizio di ultrapetizione il giudice che, neZZ'attribuire azza parte suZZa base dei fatti dedotti in giudizio, il bene effettivamente richiesto, fondi tale attribuzione su una norma giuridica non invocata ovvero diversa da queZZa invocata dall'istante, e ci sia che si tratti di giudizio a cognizione ordinaria, che di opposizione ad ingiunzione fiscale (1). (1) La prima parte della massima si pone sulla scia della giurisprudenza ormai consolidata della Suprema Corte (cfr. Cass. 11 agosto 1964, n. 2302; Cass. 29 luglio 1964, n. 2154; Cass. 23 aprile 1964, n. 974; Cass. 18 luglio 1963, n. 1971, e altre). Va peraltro rilevato che se, da un punto di vista generale e astratto, il suddetto orientamento pu condividersi, esso deve, quando l'oggetto 1340 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In tema di interpretazione della legge consentito ricorrere alla ricerca della volont del legislatore soltanto nei casi nei quali la lettera della legge sia dubbia, essendo sufficiente, altrimenti, la sola interpretazione letterale (2). Ai fini della imposta di registro, la quota di societ di persone va considerata di natura immobiliare proporzionalmente al valore dei soli immobili per natura esistenti nel patrimonio sociale e non anche proporzionalmente al valore delle pertinenze (3). (Omissis). -Col primo mezzo la ricorrente Amministrazione denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 345 c. p. c. in relazione all'art. 360, n. 3 stesso codice, sostiene che l'opposizione all'ingiunzione intimata dalla Finanza si fondava su due gradati ordini di motivi e cio: a) che con l'abrogazione del codice civile del 1865 era divenuta inapplicabile la disposizione dell'art. 46, primo comma, della legge di registro, in base alla quale i mobili dalla legge civile parificati di un giudizio sia costituito da una opposizione ad ingiunzione fiscale, esseil'e armonizzato con l'altro principio, del pari recepito dalla giurisprudenza della Cassazione, della specificit dei motivi di opposizione. noto infatti come sia ormai pacifico che l'opponente ad ingiunzione fiscale deve dichiarare i motivi su cui fonda l'azione senza che possa pretendere di precisarli nel corso del giudizio, oltre i termini nei quali la legge del processo gli consente di modificare od anche di ampliare la domanda originaria (Cass., Sez. Un. 19 aprile 1955, n. 1079; Cass. 4 giugno 1962, n. 1346, Foro amm. 1963, II, 88, ed altre; ed in argomento cfr. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 771). Il che significa peraltro, che il mutamento dei motivi di opposizione in grado di appello, deve considerarsi mutamento della causa petendi e quindi domanda nuova a' sensi dell'art. 345 c. p. c., con conseguente impossibilit, da parte del giudice di appello, di prendere in esame, d'ufficio, motivi di opposizione non sollevati o non tempestivamente sollevati daH'opponente (App. Firenze, 19 giugno 1964, Boll. trib., 1965, 164). (2-3) La tassazione del trasferimento di quote di partecipazione a societ di persone. 1. L'ultimo capoverso dell'art. 27 della legge di registro recita: Le quote di partecipazione nelle societ in nome collettivo o in accomandita semplice sono considerate mobili o immobili secondo la natura dei beni costituenti i:1 patrimonio sociale. Se questo comprende beni mobili e immobi. li, la quota di partecipazione, fino a concorrenza del valore degli immobili, si considera di natura immobiliare . Sorge ora il problema del significato che, ai fini della qualificazione tributaria, e quindi della tassazione, del:le quote di societ di persone, deve attribuirsi alla espressione secondo la natura dei beni, usata dalla legge. La sentenza in rassegna ha ritenuto che, con la suddetta espressione, il legislatore abbia voluto riferirsi solo e soltanto agli immobili per natura con esclusione della categoria di beni che, sotto il vecchio codice, z PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1341 agli immobili, che vengono trasferiti insieme a questi ultimi devono sottostare alla tassa proporzionale; b) che i macchinari di cui si tratta non erano destinati al servizio del capannone. Per ,contro, la Corte di Appello avrebbe accolto l'opposizione per altra ragione e cio sul rilievo che si trattasse del trasferimento di quota di partecipazione in societ in nome collettivo tassabile a sensi dell'art. 27 della legge di registro, con riferimento esclusivo alla natura dei beni costituenti il patrimonio sociale, incorrendo con ci nel vizio di ultrapetizione per avere fondato la propria decisione su una tesi che neppure gli opponenti avevano dedotto. La censura non ha fondamento. venivano denominati immobili per destinazione e che, pi esattamente, oggi sono qualificati pertinenze. Ed giunta, la Suprema Corte, a tale conclusione basandosi solo sulla lettera della legge che sarebbe talmente chiara, da non consentire neppure il ricorso ad altri criteri interpretativi, come il criterio logico, storico, sistematico, ecc .. 2. Secondo la Cassazione, invero, dowebbe ritenersi sufficiente l'interpretazione letterale e inapplicabile ogni altro criterio di ermeneutica quando la lettera della legge sia sufficientemente chiara . Purtroppo una tale massima ribadisce un orientamento che sembra consolidato (Cass. 5 ottobre 1964, n. 1598; Cass. 15 luglio 1963,' n. 1568; Trib. Venezia, 3 settembre 1962, Mon. Trib. 1963, 41; Cons. Stato, 4 dicembre 1963, n. 939, in Consiglio di Stato 1963, I, 1923), ma che non pu, in nessun caso, essere condiviso. Esso fonda tutto su una certa concezione del processo di interpretazione della norma, che visto sotto un profilo, meccanico e atomistico che disintegra le successive fasi del processo interpretativo e le tratta come altrettanti mezzi da adoperare indifferentemente secondo la contingente opportunit. Cos... si crede che, di regola, basti la cosidetta interpretazione letterale e che solo in certi casi bisogni ricorrere a quella logica... (BETTI, Interpretazione della legge e degli atti giuridici, 'rorino, 1949, 174 ss.). In realt l'errore di una simile concezione evidente; l'interprete deve tendere a comprendere il significato -e tutto, e completo -della norma; deve penetrare, per applicarla, quella che comunemente viene chiamata volont della legge , e in questa sua ricerca deve necessariamente usare tutti i mezzi a sua disposizione sottoponendo il primo risultato, ottenuto con la semplice lettura, a successivi controlli, applicando tutti i criteri inte11pretativi. Assurdo -afferma con la consueta incisivit il BETTI (op. Zoe. cit.) -stabilire o supporre una sorta di concorrenza e di contrasto tra i vari criteri interpretativi quasi che questi fossero da raffigurare quali altrettanti pretendenti in lotta tra loro, aspiranti ad una applicazione esclusiva: raffigurazione grottesca, a determinare la quale influisce un cumulo di pregiudizi ancora accettati come quello in claris non fit interpretatio . (Cfr., nello stesso senso: BoBBIO, Scienza del Diritto e analisi del linguaggio, Riv. Trim. Dir. Proc. Civ. 1950, 142 segg.; GIORDANO, Vecchi e nuovi orientamenti in tema di interpretazione giuridica, Riv. dir. comm., 1950, I -414 ss.; ROTONDI, Interpretazione della legge, Noi,issimo Digesto, VIII, 893 ss.; MESSINEO, Manuale, I, 94,. TORRENTE, Manuale, 1962, 23; BER- i ! I l I ~ ~ f. t 1342 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il vizio di altra petizione ipotizzabile rispetto al bene che l'attore ha inteso giudizialmente perseguire e, quindi, rispetto all'oggetto ,diretto della decisione e non pure rispetto alle ragioni di fatto e d). diritto che il giudice ha assunto a sostegno della propria pronuncia. Detto vizio, cio, non ricorre ove il giudice, nell'attribuire alla parte, sulla base dei fatti dedotti in giudizio, il bene effettivamente richiesto, fondi tale attribuzione su una norma giuridica non invocata ovvero diversa da quella invocata dall'istante, essendo compito del giudice quello di accertare l'esatta configurazione giuridica del rapporto dedotto in giudizio, applicando la norma ad esso pi aderente, sia che si tratti di giudizio a cognizione ordinaria, che di opposizione ad ingiunzione fiscale. LIRI A., Principi di Diritto tributario, Milano, 1952, I, 76; BERLIRI L. V., Interpretazione e integrazione delle leggi tributarie, Riv. It. dir. fin., 1942, 16 ss.). Del resto sembra evidente la petizione di principio, e quindi il difetto di motivazione, della giurisprudenza che qui si critica: se una parte sostiene che una norma di legge in base alla sua ratio, in base a criteri sistematici e storici, debba essere interpretata in modo difforme da auello cui condurrebbe la sua semplice lettura, sar preciso compito del giudice esaminare la tesi esposta e accoglierla, o rigettarla dopo adeguata confutazione. Ma non sembra davvero corretto r).fiutare l'esame stesso della interpretazione proposta sulla considerazione che la lettera della legge sufficientemente chiara. In realt, prima di un completo processo inter~etativo, la norma soltanto apparentemente chiara e sar proprio l'interpretazione ad accertare se tale chiarezza sia reale o fittizia. 3. A parte le suesposte considerazioni di carattere generale, sembra poi facilmente dimostrabile che nelle conclusioni della sentenza in rassegna non pu comunque consentirsi. Anche a voler seguire infatti, in tema di interpretazione, i concetti accolti dalla Corte di Cascsazione, dovr concludersi che la lettera dell'art. 27 della legge ,del registro tutt'altro che chiara e univoca. Anzi, il significato che immediatamente scaturisce dalla semplice lettura della norma, sembra essere nettamente diverso da quello accolto dalla Corte. Come si detto, la legge considera le quote di societ di persone come mobili o immobili secondo la natura dei beni facenti p&rte del patrimonio sociale. Orbene, intuitivamente e letteralmente, tale espressione deve intendersi nel senso che debba aversi riguardo alla natura giuridica dei beni sociali. Non pu dimenticarsi infatti che la legge del registro fu emanata vigente il Codice del 1865 che riconosceva ben tre categorie di beni immobili: immobili per natura, immobili per destinazione, immobili per l'oggetto cui si riferiscono. (artt. 407, 408, 409, 412, 413, 414, 415). Ma allora, anche liinitando l'esegesi alla lettera della norma, sembra corretto ritenere che, riferendosi alla natura dei beni, il Legislatore abbia voluto comprendere tutti i beni che abbiano natura giuridica di immobili e non invece liinitarsi ad indicare gli immobili e per natura . L'interpretazione dell'art. 27 L. R. accolta dalla Suprema Corte, quin PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1343 Ci posto, nessuna censura pu essere fondatamente mossa all'impugnata sentenza che, disattendendo le ragioni di diritto addotte dagli opponenti, a sostegno del loro assunto, ha accolto l'opposizione per un motivo diverso da quello da essi prospettato. Rientrava, .infatti, nel potere di detta Corte di precisare, anche di ufficio, le norme di legge ed i principi giuridici applicabili al caso concreto (art 27, terzo comma anzich art. 46 legge registro); fermi restando i fatti dedotti e la sostanziafo corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato. Col secondo mezzo la ricorrente, denunciando la violazione degli artt. 27, 46 e 47 legge registro, in.relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c. p. c. di, deve presupporre per la pa.-opria validit una impropriet di linguaggio del legislatore (che,. ad esempio, meglio avrebbe potuto esprimere il concetto. corisiderando mobili o immobili le quote. a s~conda che il patrimonio fosse. ;fo:rm1:tto o meri() da immobili per natura) oppure deve addirittura consideriilriiJ come Uni;! interp.l."eti;lzione restrittiva. Ma nell'un caso e nell'altro evidente che la presupposta e riaffermata chiarezza della legge non esist.e eche, nena interpretazione della !ltessa avrebbe dovuto ricorrersi a tutti l criteriesegetici ivi compl'esi quello logico, quello storico e quello sistematico .. Applicando i quali, (peraltro, si sarebbe pervenuti ad una ben diversa conclusione. a) Come nto, l'articolo 21 del precedente testo unico delle leggi di registro. del 1897, considerava come beni mobili le quote di partec1pazione a societ di persone, in armonia, del resto, all'art. 418 del codice del 1865. E ci indipendentemente dalla natura dei beni costituenti il patrimonio sociale. Questo regime, peraltro, consentiva troppo facili frodi fiscali, che venivano attuate mediante il trasferimento di quote di societ fittizie con conseguente evasione della imposta di registro. La nuova legge, pertanto, ha operato una vera e propria fictio iuris imponendo di considerare le suddette quote non gi secondo la loro stessa natura.giuridica di beni mobili, ma secondo quella dei beni che costituiscono il patrimonio della societ. Ma, come si detto, sotto il codice del 1865 vi era anche la categoria degli immobili per destinazione, che trovavano la loro disciplina negli artt. 46-47 della vigente legge del registro. Tali beni venivano colpiti con l'aliquota immobiliare quando fossero trasferiti, unitamente o separatamente all'immobile cui erano destinati, al proprietario dell'immobile stesso. chiaro quindi che, se veramente le quote di cui si discute dovessero essere considerate immobili solo proporzionalmente al valore degli immobili per natura facenti parte del patrimonio sociale, sarebbe rimasta, sia pure ridotta e limitata al valore degli immobili per destinazione, quella possibilit di evasione fiscale alla quale il legislatore volle, dichiaratamente, ovviare. Il che , del resto, espressamente escluso dalla relazione alla legge di registro che testualmente si esprime: per tal modo si impedisce che, sotto la forma apparente della cessione di quote di pail'tecipazione in societ di persone, costituite soltanto fittizziamente, possa avvenire il trasferimento di beni immobili (e 1344 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO si duole che la Corte di merito ha ritenuto talmente chiara ed inequivoca la lettera dell'art. 27 legge registro da escludere ogni altra forma di interpretazione sia sotto il profilo logico sistematico, in riferimento all'art. 46 stessa legge di registro, sia in riferimento ai lavori preparatori. In sostanza -secondo la ricorrente -l'art. 27 terzo comma, comporterebbe una jctio iuris che considerando di natura immobiliare la quota di partecipazione in una societ in nome collettivo solo fino alla concorrenza del valore degli immobili, tenderebbe a parificare il trattamento fiscale a quello contemplato negli artt. 46 e 47 legge registro, n vi sarebbe contrasto tra le dette disposizioni in quanto pur essendo tra loro diverse, sono assoggettate alla medesima disciplina. Anche tale censura priva di fondamento. quindi -evidentemente -di tutte le categorie di beni immobili) a favore di un solo socio senza il pagamento della corrispondente tassa... . (Cfr., anche, JAMMARINO, Commento alla Legge sulle Imposte di Registro, 1962, I, 140-141; UKMAR, La Legge di Registro, 1958, I, 307; BERLIRI, Le Leggi di Registro, 1961, 228). Si pu quindi concludere con sicurezza che l'espressione usata dall'articolo 27 L. R. secondo la natura dei beni deve essere letta secondo la natura giuridica dei beni e che, vigente il codice del 1865, si doveva avere riguardo, ai fini dell'applicazione dell'aliquota mobiliare o immobiliare alle quote delle societ di persone, alla natura giuridica dei beni facenti parte del patrimonio sociale: natura giuridica che, ai sensi della legge civile allora vigente, poteva essere quella di immobili per natura, per destinazione, per l'oggetto cui si riferivano o, infine, quella di mobili. b) Le suddette conclusioni sono confermate, ove le si verifichino con il criterio sistematico. L'art. 46 L. R. sottopone i trasferimenti contestuali di mobili ed immobili alla aliquota immobiliare salvo che non siano stati espressamente pattuiti prezzi distinti e semprech i mobili trasferiti non siano dalla legge civile parificati agli immobili . Ora, chiaro, non potendosi ipotizzare, in un trasferimento di quota di partecipazione in una societ, una stipulazione di prezzi separati in relazione al valore dei beni costituenti il patrimonio sociale, che il trasferimento della quota avrebbe dovuto essere colpito ai sensi dell'art. 46, sempre con l'aliquota immobiliare quando il patrimonio sociale fosse costituito da mobili e immobili. A questa, che sarebbe stata una palese ingiustizia, ha posto ximedio proprio l'ultimo capoverso dell'art. 27 che, considerando di natura immobiliare la quota sino a concorrenza del valore degli immobili, ha voluto parificare nei due casi il trattamento fiscale. Ma se cosi -il che non pare dubbio -dal momento che, a sensi dell'art. 46, in ogni caso il trasferimento di immobili per destinazione colpito con l'aliquota immobiliare, deve concludersi ancora una volta che tra i beni aventi natura di immobili da prendersi a base per la valutazione della quota, l'art. 27 abbia voluto ricomprendere anche i beni immobili per destinazione. c) Le conclusioni cui si pervenuti sinora risolvono peraltro solo in parte il problema in esame. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1345 La questione stata risolta dalla Corte di merito in modo esatto e con convincente motivazione. La Corte di merito ha correttamente rilevato che il trasferimento di una quota di partecipazione in societ commerciali, non comporta il trapasso, a favore del cessionario, della propriet di una quota proporzionale di beni compresi nel patrimonio sociale, ma soltanto la trasmissione di un diritto di credito: del diritto cio di partecipazione agli utili sociali ed al reparto di liquidazione relativamente a quella parte ideale del patrimonio della societ, che spettava al socio cedente, per cui il codice del 1865 considerava beni mobili tali quote di partecipazione qualunque fosse la forma della societ e la natura dei beni componenti Infatti, sostituito il codice del 1865 dall'attuale, venuta meno la (categoria degli 1immobili per destinazione . Oggi il di1:'itto positivo riconosce soltanto gli immobili per natura e per disposizione di legge (art. 812 c. c.); tutti gli altri beni sono mobili. In particolare, gli immobili per destinazione sono considerati oggi pertinenze, che pur seguendo il regime della cosa principale (art. 818 c. c.) mantengono la propria natura di beni mobili. In tale situazione la dnch gli atti di cessione del contributo dello Stato :.; .Quindi, poieh la. J.egge prevede il concorso dello Stato nella costruzione.. di nu-0ve chiese; sotto forma. di. un contributo per l'acquisto dell'area e. per la costruzione del rtistico degli edifici, il beneficio fiscale per l'attuazione della legge opera slo nell'ipotesi, la sussistenza della quale non stata dedotta nel caso concreto, di concessione del contributo statale. Meritevole di accoglimento , invece, U secondo motivo del ricorso, con il quale si deduce la violazione dell'art. 14 della 1. 2 luglio 1949, n. 408, per l'incremento delle costruzioni edilizie, e dell'art. 115 c. p. c., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, stesso codice, e si censura la sentenza denunciata per avere affermato"""'."" con un travisamento di fatto che si ri~o1verebbe ne:Ua maincata consin11:rnento che ha indotto la Commissione centrale a giudicare erroneamente applicate all'atto Cinque del 22 giugno 1953 le disposizioni della 1. 2 luglio 1949, n. 408 -senza esaminare se ricorressero o meno le condizioni per la applicazione di tale legge -parte dalla premessa che un attO pu beneficiare di un'agevolazione tributaria solo se le parti stipulanti ne facciano richiesta, dichiarando nel medesimo che esso diretto a perseguire la fi!J!lalit in relazione alla quale il beneficio stato accordat<>. Senonch, come questa Suprema Corte ha gi avuto occasione di chiarire: (sentenza 8 febbraio 1963, n. 233), la predetta dichiarazione condizione imprescindibile per usufruire di un beneficio fiscale sofo qualora sia espressamente richiesta dalla legge, con la conseguenza che, prescrivendo la ilegge solo in alcuni casi tale enunciazione (come, appunto in materia di agevolazioni tributarie per la ricostruzione edilizia, 1354 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO fa il d. 1. 1. 7 giugno 1945, in. 322, subordinando, nell'art. 6, il conseguimento delle agevolazioni, relative alla ricostruzione di fabbricati distrutti o danneggiati dalla guerra, alla contestuale dichiarazione, in ogni singolo atto, che esso stato stipulato ai fini dello stesso decreto), si deve ritenere che, in mancanza di una volont espressa di legge, la dichiarazione non sia condizione per usufruire del beneficio fiscale. Ora, poich la dichiarazione in parola non richiesta dalla 1. n. 408 del 1949, l'indagine sull'applicabilit di questa legge al rogito Cinque del 1953 non era preclusa del fatto che i benefici concessi con tale Jegge fossero stati invocati solo nei precedenti atti di acquisto del 1950, e non anche in tale rogito. La decisione denunciata deve essere, pertanto, cassata in relazione al motivo accolto, e la Commissione centrale, cui, per il compimento di tale indagine, la causa viene rinviata, si uniformer, decidendola, al seguente principio di diritto: Salvo che la legge non subordini espressamente un'agevolazione tributaria alla dichiarazione del contribuente di voler conseguire i fini in vista dei quali l'agevolazione concessa, i benefici fiscali competono anche se il contribuente non dichiari di volerne usufruire. Pertanto, poich la il. 2 luglio 1949, n. 408 non richiede la dichiarazione che l'atto sia diretto a perseguire le finalit in relazione alle quali sono concessi i benefici previsti dalla legge stessa, tali benefici sono applicabili anche se nell'atto non siano espressamente invocati . -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 ottobre 1966, n. 2713 -Pres. Pece Est. Roperti -P. M. Cutrupia (conf.) -Comune di Pieve Ligure (avv. Ukmar) c. Ministero Finanze (avv. Stato Carafa). Imposta di registro -Accessioni -Presunzione di trasferimento Prova contraria richiesta dall'art. 47 della legge organica -Tassativit -Equipollenti di tale prova -Esclusione. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 47). Imposta di registro -Presunzione di trasferimenti ai sensi dell'art. 47 della legge organica Deroga disposta con l'articolo unico della legge 24 gennaio 1962, n. 23 -Carattere Limiti. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 47; I. 24 gennaio 1962, n. 23). Mentre in diritto comune per impedire che il proprietario del suolo acquisti ipso iure per accessione la propriet deZZa costruzione da altri eretta sul suo suolo necessario e sufficiente che la concessione ad aedificandum risulti da atto scritto anteriore azza costruzione, per la legge di registro occorre un'altra condizione: che, cio, l'atto scritto abbia . ,., PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1355 acquistato data certa anteriore col mezzo della registrazione senza che siano ammessi equipollenti a tale formaiit (1). L'articolo unico della l. 24 gennaio 1962, n. 23, innovativo e non integrativo dell'art. 47 della legge di registro, e la disposizione in esso contenuta costituisce una tipica norma eccezionale, diretta a sanare, in via meramente temporanea, alcune situazioni particolari; donde la conseguenza della sua inapplicabilit a casi diversi da quelli tegislativamente previsti (2). (Omissis). -Col secondo mezzo il ricorrente, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dell'art. 47, primo e secondo comma della legge del registro, sostiene che la Corte di merito abbia errato nell'affermare che solo gli atti, che hanno acquistato data certa con il mezzo della registrazione, valgano a superare la presunzione del citato art. 47, laddove, data la natura pubblica dei compromessi, la detta presunzione doveva ritenersi superata anche in difetto di registrazione dei medesimi, per avere essi data certa per il fatto che erano stati stipulati con l'intervento del segretario comunale. Anche tale censura priva di fondamento. Mentre, infatti, per diritto comune, per impedire che il proprietario del suolo acquisti ipso iure per accessione la propriet della costruzione da altri eretta sul suo suolo necessario e sufficiente che la concessione ad aedifi,candum risulti da atto scritto anteriore alla costruzione, per la legge di registro occorre un'altra condizione: cio che l'atto scritto abbia acquistato data certa anteriore col mezzo della registrazione senza che siano ammessi equipollenti a tale formalit. (1) Giurisprudenza costante; cfr. Cass. 18 dicembre 1964, n. 2902, in questa Rassegna, 1964, I, 1155 e sentenze ivi Citate. La decisione annotata ha il pregio di aver definito con chiarezza il rapporto fra gli articoli 3 e 47 della 1legge organica del registro, riconoscendo fil carattere di eccezionalit del secondo, giustificato dallo scopo di evitaire trasferimenti di immobili in frode alla legge fiscale. La nO'lma in esame estende, infatti, agli atti pubiblici, nei confronti della Finanza ed in relazione aU.e ipotesi ivi considerate, fil principio, sancito dall'art. 3 per le scritture private, secondo cui la registrazione oltre ad accertare la legale esistenza degli atti , !imprime certezza alla data nei confronti dei terzi in genere. Per il regime fiscale delle accessioni in relazione a trasferimenti a titolo gratuito, cfr. Cass. 16 dicembre 1966, n. 2946, ultra, 1363, con nota cui si rinvia. (2) Il carattere innovativo, temporaneo ed ogetti.vamente limitato> dell'articolo unico della 1. 24 gennaio 1962, n. 23, stato affermato dalla Cassazione fin dalla sentenza 18 dicembre 1964, n. 2902, citata nella nota che precede. Che, in particolare, iLa sanatoria disposta dalla [egge eccezionale per la vendita da parte del Comune non potesse estendersi agli acquisti dei medesimi, era gi stato riconosciuto dal Tribunale di Bologna, ,con sentenza 14 giugno 1963, n. 504, in questa Rassegna, 1964, I, 180. R. SEMBIANTE 1356 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sicch, a differenza del diritto comune, nel quale l'atto pubblico fa fede della data sino a querela di falso e la scrittura privata acquista data certa in uno dei modi previsti dall'art. 2704 c. c., per la legge tributaria la data certa degli atti che vi sono soggetti in termine fisso (fra i quali gli atti pubblici) fornita soltanto dalla registrazione. Quindi, neanche l'atto pubblico, se non registrato, sufficiente a vincere la presunzione di trasferimento dell'opera insieme col suolo, prevista dalla norma di cui all'art. 47 della legge di registro, la quale, oltre a costituire un elemento di salvaguardia del fisco nei confronti di possibili evasori, riveste anche carattere di ulteriore sanzione per l'omessa tempestiva registrazione dell'atto di trapasso del diritto di sup~rficie. Non giova il richiamo a,ll'art. 3 della legge del registro, col quale espressamente stabilito che la registrazione, pur accertando la esistenza di tutti gli atti in genere, tuttavia conferisce la certezza della data soltanto a1Jle scritture private. Rispetto a tale norma, quella di cui all'art. 47 si presenta con carattere di eccezionalit ed ha una sua specifica funzione consistente nell'evitare trasferimenti di immobili in frode alla legge fiscale. Ed in forza di tale natura eccezionale, la certezza della data di un atto, per i fini previsti da detta norma, non esiste se non in funzione della sua registrazione. Di conseguenza, il richiamo all'art. 3 non influisce sulla portata autonoma dell'art. 47, il cui tenore non lascia dubbi sulla limitazione dei mezzi di prova atti a dimostrare la separata propriet dell'edificio e del suolo. Pertanto, i due compromessi, pur essendo atti pubblici siccome rogati dal segretario comunale, dovevano essere registrati, acquistando solo cosi la certezza della data. Col terzo ed ultimo mezzo il ricorrente rimprovera alla Corte la mancata applicazione, nei suoi confronti della 1. 24 gennaio 1962, n. 23, sostenendo che quanto meno mediante una interpretazione estensiva, il contratto di appalto stipulato da esso Comune per la costruzione dell'edificio, avrebbe potuto essere ritenuto idoneo a vincere la presunzione fissata dalla legge di registro. In sostanza, secondo il ricorrente, avendo il legislatore con la legge suddetta indicato e i contratti di appalto stipulati dagli istituti autonomi per le case popolari per la costruzione su terreni successivamente acquistati come mezzi idonei a vincere la presunzione di accessione dell'art. 47, il Comune, in materia di edilizia popolare, avrebbe dovuto essere considerato alla stregua dell'istituto autonomo, e come tale beneficiare della disposizione stessa. A confutazione di detta tesi per appena necessario obiettare che l'articolo unico della legge in esame innovativo e non integrativo dell'art. 47 della legge del registro, e che, anzi, come questa Suprema Corte ha avuto occasione di affermare (sent. n. 2902 del 1964) la dispo PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1357 sizione costituisce una tipica norma eccezionale diretta a sanare, in via meramente temporanea, alcune situazioni particolari. Donde la conseguenza che non pu applicarsi a casi diversi da quelli legislativamente previsti. Correttamente pertanto la Corte di merito ha escluso la riferibilit della norma ai contratti di appalto stipulati dal Comune di Pieve Ligure, dato l'inequivocabile riferimento fatto dalla legge a quegli enti, bene individuati, che sono gli istituti autonomi per le case popolari. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 novembre 1966, n. 2749 -Pres. Rossano -Est. Arienzo -P. M. Colonnese (conf.) -Pel (avv. Bonsembiante, Liuzzi) c. Ministero Finanze (avv. Stato Colletta). Imposta di registro -Diritto dell'Amministrazione alle ordinarie imposte per decadenza del contribuente dai benefici -Normativa anteriore alle leggi n. 35 del 1960 e n. 1493 del 1962 -Termini prescrizionali previsti dalla legge organica del registro -Inapplicabilit -Prescrizione ordinaria decennale -Applicabilit. (c. c., art. 2946; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 136, 137, 138; 1. 2 febbraio 1960, n . .35, art. 4; l. 6 ottobre 1962, n. 1493, art. 2). L'azione dell'Amministrazione per il recupero delle ordinarie imposte, dovute per decadenza da benefici, non inquadrabile in alcuna delle ipotesi per le quali gli artt. 136, 137 e 138 della legge organica del registro prevedono particolari termini di prescrizione, e pertanto -secondo la normativa anteriore all'entrata in vigore delle leggi n. 35 del 1960 e n. 1493 del 1962, le quali hanno carattere innovativo -deve in materia ritenersi l'applicabilit dell'ordinaria prescrizione decennale, ai sensi dell'art. 2946 c. c., con decorrenza dalla data dell'avveratasi decadenza (1). (Omissis). -La censura fondatamente denuncia l'errore della Corte del merito nel ritenere applicabile l'art. 137 della legge del registro; tuttavia deve essere respinta con la correzione della motivazione della sentenza essendo il dispositivo conforme al diritto (art. 384 c. p. c.). (1) Il lineare indirizzo gi segnato, nella soggetta materia, da Cass. 11 luglio 1966, n. 1826 (retro, 939), viene cosi a consolidarsi. L'odierna pronuncia, inoltre, pi esplicitamente sottolinea il cal'attere innovativo delle disposizioni delle legge n. 35 del 1960 e n. 1493 del 1962; cosa che dalla prima sentenza, come si rilevava in nota (Zoe. cit.), poteva per gi chiaramente desumersi. 1358 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La sentenza impugnata, invero, dopo aver rilevato che la legge n. 408 del 1949 non contiene alcuna norma sulla prescrizione del diritto della Finanza di pretendere l'imposta ordinaria di registro nel caso di decadenza dai benefici fiscali in essa previsti, ha ritenuto che non poteva :invocarsi n l'art. 4 della legge n. 35 del 1960, non avendo efficacia retroattiva la norma che introduce il termine di prescrizione di cinque anni per il recupero dell'imposta ordinaria per effetto della decadenza dalle agevolazioni fiscali in materia di edilizia, n l'art. 136 della legge del registro, essendo il credito tributario sorto in un momento successivo a quello della registrazione, dal quale comincia a decorrere il termine triennale di prescrizione dell'azione della Finanza. Dopo queste esatte premesse, la sentenza impugnata ha affermato che l'art. 137, citato, in virt del quale la prescrizione triennale per la richiesta della tassa graduale, proporzionale o progressiva sui trasferimenti decorre dalla data dela denuncia che fa carico al contribuente, era applicabile al caso concreto, come regola valida per tutte le ipotesi in cui l'evento determinatore del credito di imposta si verifichi successivamente alla registrazione, con decorrenza della prescrizione dal giorno di conoscenza dell'evento da parte dell'Amministrazione. E, quindi, ha concluso che nella fattispecie non vi era stata denuncia del fatto che comportava la decadenza dal beneficio e che l'Amministrazione non aveva avuto conoscenza non potendosi dedurla dall'atto 2 giugno 1958, di rivendita di parte dell'area, che non specificava la provenienza del bene. Invero, l'azione della Finanza per il pagamento dell'imposta di registro, dovuta dal Pel nella misura ordinaria per essere decaduto dalle agevolazioni tributarie concernenti la ricostruzione edilizia, non si identifica con nessuna di quelle per le quali la legge di registro ha stabilito il termine di prescrizione triennale. Non con quella diretta ad ottenere il pagamento di un supplemento di tassa (art. 136 cit.) perch, pur intendendosi questa espressione in senso lato, si da comprendervi l'imposta suppletiva e quella complementare, non pu farsi rientrare in essa anche l'imposta dovuta per effetto di decadenza da benefici fiscali. Infatti, mentre il diritto della Finanza a percepire l'imposta suppletiva e quella complementare alla data della registrazione dell'atto esiste, ma non pu essere fatto valere per mancanza o insufficienza di elementi di accertamento o per errore in cui incorso l'ufficio del registro nella liquidazione dell'imposta, invece, il diritto al pagamento dell'imposta, nel caso di decadenza dai benefici fiscali, non esiste alla data della registrazione dell'atto bensi sorge successivamente a seguito del verificarsi della decadenza. Non pu, quindi, l'ipotesi in esame inquadrarsi nell'art. 136 cit., il quale prevede azioni che trovano fondamento nella situazione esistente al momento della registrazione e non pure quelle che si fondano su situazioni sopravvenute. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1359 N l'azione proposta dalla Finanza, come ha dedotto il ricorrente, pu farsi rientrare tra quelle dell'art. 137 della legge di registro. Tale norma,in fatti, si riferisce ad azioni dirette ad ottenere il pagamento di imposte su atti e trasferimenti vincolati a condizione sospensiva o per prezzo non determinato, tra i quali non rientra quello stipulato dal Pel, ovvero ad azioni dirette ad ottenere il pagamento di imposte su atti di natura del tutto diversa da quelli di compravendita, e prevede, inoltre, un obbligo di denuncia a carico del contribuente, che non pu essere esteso, in via analogica, fuori dei casi previsti. Infine, l'azione della Finanza non pu neppure rientrare tra quelle per le quali l'art. 138 della legge di registro stabilisce la prescrizione ventennale, riguardando tali azioni il pagamento di tasse o soprattasse dovute per atti non registrati . La non applicabilit all'azione della Finanza, per il recupero dei tributi dovuti nella misura ordinaria a seguito della decadenza dai benefici concessi in materia di edilizia, del termine di prescrizione previsto nella legge di registro, trova conferma nella circostanza che il legislatore, con le leggi 2 febbraio 1960, n. 35 e 6 ottobre 1962, n. 1493, ha fissato prima in cinque, e, poi, in sette anni, il termine di prescrizione dell'azione della Finanza per ottenere il pagamento dei detti tributi, introducendo, con la seconda legge, anche l'obbligo della denuncia del verificarsi delle condizioni richieste per la conferma dei benefici. Tali norme colmano la lacuna verificatasi nella legislazione tributaria a seguito dell'entrata in vigore, nel settore dell'edilizia, delle agevolazioni fiscali sottoposte a decadenza per il mancato adempimento, da parte dei contribuenti, degli oneri previsti a loro carico. Ed il loro carattere innovativo si deduce, oltre che dal pi lungo termine di prescrizione introdotto, anche dalla previsione dell'obbligo giuridico a carico del contribuente di denunciare, entro sei mesi, l'avveramento delle condizioni richieste per il conseguimento delle agevolazioni tributarie. In conseguenza, poich, la legge di registro non prevede la prescrizione applicabile all'azione in esame, n questa pu essere riportata nella disciplina delle leggi n. 35 del 1960 e n. 1493 del 1962, che successivamente ex novo hanno regolato la materia, si deve far ricorso alla norma generale dell'art. 2946 cod. civ., che prevede il termine decennale di prescrizione dei diritti, ed applicabile, come principio generale, anche in materia tributaria, allorch le leggi particolari della materia non dispongano diversamente. Si deve, pertanto, affermare che, prima dell'entrata in vigore delle leggi 2 febbraio 1960, n. 35' e 6 ottobre 1962, n. 1493, l'azione della Finanza per il pagamento delle imposte di registro dovute nella misura ordinaria per effetto della decadenza dalle agevolazioni tributarie concesse nel settore dell'edilizia, si prescrive con il decorso di dieci anni dalla data in cui si verific la decadenza. -(Omissis). 1360 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 16 dicembre 1966, n. 2939 -Pres. Flore -Est. Giannattasio -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Del Greco) c. Molinari-Zei (avv. Ludovisi). Imposte e tasse in genere -Imposta di registro -Imposta suppletiva -Azione giudiziaria non preceduta da ricorso in via amministrativa -Condanna dell'Amministrazione soccombente alle spese -Ammissibilit -Condizioni. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 148). La disposizione deU'art. 148 delta legge del registro, secondo La quale l'Amministrazione soccombente va esente dall'onere delle spese di lite quando l'azione giudiziaria non sia stata preceduta da ricorso in via amministrativa o sia s.tata promossa prima della scadenza del termine di novanta giorni dalla proposizione del ricorso stesso, deve ritenersi osservata, sicch si rendono applicabili le norme comuni per iZ regolamento delle spese, allorquando, in materia di imposte suppletive di registro, l'autoritd giudiziaria sia adita immediatamente, senza il preventivo esperimento dei rimedi amministrativi, ma la causa sia poirtata in decisione dopo la scadenza del termine di novanta giorni dalla sua instaurazione, senza che, nel termine stesso, l'Amministrazione abbia adottato un provvedimento confoirme a giustizia (1). (Omissis). -L'Amministrazione ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 148 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 e nega che in caso di opposizione giudiziaria ad ingiunzione per il pagamento di imposta di registro, promossa senza la previa presentazione del ricorso in via amministrativa, e decisa dopo trascorsi novanta giorni dalla notifica dell'ingiunzione, possa in alcun caso derivare condanna dell'amministrazione finanziaria al pagamento delle spese di lite. A tale soluzione sarebbe di ostacolo la lettera dell'art. 148 gi citato, il cui chiaro significato precluderebbe l'indagine sulla ratio della norma: (1) Sul punto dell'ammissibilit della condanna dell'Amministrazione soccombente al pagamento delle spese di lite, pur in mancanza di previo ricorso amministrativo, quando la causa sia portata in decisione dopo il termine di novanta giorni dalla sua instaurazione, senza che nel termine stesso l'Amministrazione abbia adottato un provvedimento conforme a giustizia, l'odierna pronuncia conferma un indirizzo che gi si era venuto consolidando (v. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 376). La pronuncia stessa, peraltro, resa dalle Sezioni Unite, merita parti.colare segnalazione, in quanto considera, vero, in senso generale, lo scopo della disposizione dell'art. 148 della legge del registro, osservando che esso PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1361 avendo il legislatore concesso al contribuente il mezzo per ottenere il riconoscimento delle sue ragioni, senza costringerlo alle spese di lite, ricorrendo alle commissioni tributarie, se egli non si avvale di tale mezzo, e preferisce ricorrere direttamente all'autorit giudiziaria, non potrebbe pretendere il rimborso di quelle spese. La censura infondata. A norma dell'art. 148 della legge di registro, l'amministrazione finanziaria non pu essere condannata al pagamento delle spese di lite quando l'azione giudiziaria sia promossa senza previo ricorso in via amministrativa o prima di novanta giorni dalla presentazione di esso. La proposizione immediata dell'azione giudiziaria pu sembrare che porti, in ogni caso, l'irrepetibilit delle spese di lite, se ci si ferma al significato letterale delle parole, ma ove si penetri il significato di quel periodo di attesa di novanta giorni, e del comando espresso nella norma, appare chiaro che il trattamento privilegiato dell'Amministrazione (che ha lo scopo di consentire all'Ufficio finanziario di riesaminare, sulla base delle contestazioni del contribuente, la determinazione in precedenza espressa e di emettere un provvedimento conforme a giustizia) non ha pi ragione di essere quando, portata la causa in discussione dopo il termine di novanta giorni, l'Amministrazione resti soccombente, senza aver preso alcuna determinazione entro il detto termine o una determinazione conforme a giustizia, e sia quindi fallito lo scopo cui la norma medesima sicuramente preordinata. Il fatto dell'Amministrazione che, nonostante sia sollecitata a rivedere la sua determinazione, rimanga ferma a questa, anzi la faccia valere in giudizio, bench ritenuta poi inesatta dal giudice, rende inoperante la esenzione prevista dall'art. 148 legge del registro e sottopone l'Amministrazione alla regola generale che il soccombente tenuto al rimborso delle spese a favore dell'altra parte (art. 91 c. p. c.). In tali ipotesi, l'amministrazione finanziaria viene, per sua volont, a trovarsi nella situazione in cui si sarebbe trovata se, interposto dal contribuente reclamo amministrativo, essa avesse espresso giudizio ne- realizzabile pur in mancanza di ricorso amministrativo (potendo l'Amministrazione, nei novanta giorni dalla proposizione del giudizio, ugualmente rivedere il proprio operato), ma specificamente sottolinea che alla pi rigorosa conclusione, della imprenscindibile necessit di quel ricorso -(cui, del resto, la norma espressamente ha riguardo) -si oppone il rilievo della diversit di effetti dei mezzi di tutela predisposti dall'ordinamento, derivando soltanto dall'azione giudiziaria la sospensione dell'esecuzione. Il che, dunque, e poich la sospensione del procedimento coattivo prevista esclusivamente per il caso di opposizione a richiesta di imposte suppletive (art. 145 della legge organica), consente di rilevare: a) che, ai fini in questione, la mancata proposizione di ricorso in via amministrativa pu ritenersi irrilevante soltanto nelle controversie relative, appunto, ad imposte .suppletive, come gi ritenuto da Cass. 24 marzo 14 1362 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gativo sulla richiesta dell'opponente, oppure se nessuna risposta avesse dato nel termine di novanta giorni previsto dall'art. 148 legge del registro. N vale sostenere che l'intenzione della legge si concreterebbe nella concessione al contribuente, per far valere le sue ragioni, del ricorso amministrativo, che un mezzo pi economico di tutela, con la conseguenza che, se egli vuole intraprendere la via pi costosa, debba rinunciare al rimborso delle spese. Per ritenere che sia cosi, occorrerebbe che i due mezzi di tutela predisposti dalla legge, il ricorso amministrativo e quello giudiziario, avessero la stessa efficacia sospensiva della riscossione coattiva, il che non , perch il ricorso amministrativo non sospende l'esecuzione, con il rischio per il contribuente, che a tal mezzo faccia ricorso, di dover pagare ingiustamente il tributo. N a diversa conclusione consente di pervenire l'argomento della finanza, imperniato sul secondo comma dell'art. 48 t. u. per la finanza locale 14 settembre 1931, n. 1175 (aggiunto dall'art. 1 lett. b, d. I. 25 febbraio 1939, n. 338). Secondo il detto testo in caso di opposizione in via giudiziaria contro l'ingiunzione senza che siano stati esauriti tutti i gravami amministrativi ai sensi del successivo art. 90, la Amministrazione non pu essere condannata al rimborso delle spese di lite, neanche in caso di soccombenza . Innanzi tutto la disposizione regola altra materia, sia pure analoga, e non la si potrebbe certo invocare per analogia in tema di imposta di registro, che dispone di una propria, precisa regolamentazione. Secondariamente, il comma secondo dell'art. 48 t.u. finanza locale una diversa espressione, con sue peculiarit, dello stesso principio contenuto nell'art. 148 legge registro, come hanno precisato queste Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., 4 febbraio 1945, n. 93) quando hanno affermato che la scelta dell'opponente, che pu promuovere l'opposizione contro l'ingiunzione fiscale di pagamento o in via amministrativa o in via giudiziaria regolata in con 1962, n. 611, Riv. leg. fisc., 1962, 1341, e ,come del resto precisato dalla sentenza in rassegna, nell'enunciazione conclusiva dell'affermato principio; b) che, in ogni caso, ed ugualmente avuto riguardo alla evidenziata ratio decidendi, appunto collegata alla posizione dell'interessato di fronte ad una pretesa di imposte suppletive, deve per queste ritenersi superato, con la sentenza in nota, il pi restrittivo orientamento di recente espresso dalle Sezioni semplici (Cass. 21 febbraio 1966, n. 538, retro, 675, con nota di dis senso; Cass. 13 aprile 1965, n. 674, in questa Rassegna, 1965, I, 394, con os servazioni critiche di G. NoRI), cosi confermandosi che nelle relative con troversie deve ritenersi sempre dato all'.Amministrazione, ai fini dell'esonero dalle spese processuali in caso di soccombenza, almeno fil. termine di no vanta giorni dalla notifica dell'atto introduttivo del giudizio per riesami nare, sulla base delle contestazioni del contribuente, la determinazione in precedenza espressa . PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1363 formit alle norme sulla legge di registro , e la diversit consiste in ci che l'art. 48 t. u. finanza locale non fissa il termine di attesa di novanta giorni, contenuto nell'art. 148 legge di registro, di cui si chiarito il significato e la portata, ma esige l'esaurimento dell'intero cursus dei gravami amministrativi. In mancanza di nuovi convincenti argomenti, che inducano a modificare un indirizzo oramai consolidato (Cass. 10 maggio 1965, n. 872; 30 ottobre 1963, n. 2900; 23 luglio 1962, n. 2042; 24 marzo 1962, n. 611; 6 ottobre 1959, n. 2695) la Corte Suprema, a Sezioni Unite, non pu che ribadire il principio secondo il quale ammessa la condanna dell'amministrazione finanziaria soccombente, allorquando, in materia di imposta suppletiva di registro, aditasi immediatamente l'autorit giudiziaria, senza previo ricorso in via amministrativa, la causa sia portata in decisione dopo decorso il termine di novanta giorni, previsto dall'art. 148 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, senza che l'amministrazione abbia adottato un provvedimento conforme a giustizia. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez_. I, 16 dicembre 1966, n. 2946 -Pres. Rossano -Est. Omnis -P. M. Gentile (conf.) -Chiesa Parrocchiale del Sacro Cuore di Ges in Villannova (avv. Romagnoli) c. Ministero Finanze (avv. Stato Cavalli). Imposta di registro -Determinazione della base imponibile -Dichiarazione di valore di cui all'art. 18 r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 -Applicabilit ai soli trasferimenti occulti o presunti, compresi gli acquisti per usucapione. (r. d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 18, 20; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 18, 33). Imposta di registro -Accessioni e pertinenze -Presunzione di trasferimento secondo l'art. 47 della legge organica -Donazioni Inapplicabilit -Principi di diritto comune in tema di accessioni e pertinenze -Rilevanza ai fini tributari anche per le donazioni. (c. c., art. 934; r. d. 30 dicembre 1923, n . .3269, art. 47). Imposta di registro -Applicazione dell'imposta secondo la natura e gli effetti degli atti. -Nozione. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 8). Le norme sulla dichiarazione di valore, di cui all'art. 18 dei r. d. 7 agosto 1936, n. 1639, non concernono i trasferimenti sottoposti a registrazione in base ad atto scritto o in base a denuncia di convenzione 1364 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO verbale , bensi soltanto i trasferimenti occulti o presunti, compresi gli acquisti per usucapione (1). Le disposizioni dell'art. 47 della legge del registro, in tema di trasferimento di pertinenze ed accessioni, si riferiscono alle ipotesi (1) L'acquisto per usucapione nella legge del registro. L'evidente esattezza della massima, fondata sul non equivoco testo dell'art. 18 r. d. 1. n. 1639 del 1936 esime da particolare attenzione in proposito. Offre, invece, l'opportunit di qualche maggiore indagine sia l'equiparazione, ammessa de plano dalla annotata sentenza, degli acquisti per usucapione ai trasferimenti immobiliari presunti sottoposti a tassazione in forza dell'art. 18 della legge organica di registro, sia la ragione giustifi.catiV1a che la Cassazione ha ritenuto di scorgere nella dichiarazione di valore prevista dal r. d. 1. del 1936. Premesso, a tale ultimo proposito, che la forma di imposizione in esame rappresenta una delle eccezioni al principio dell'iniziativa privata vigente in materia di imposta di registro, in quanto consente all'Ufficio di percepire la tassa indipendentemente da un documento, da una enunciativa, o, comunque, da una denunzia, sembra doversi escludere che la dichiarazione estimativa si giustifichi quale corollario del principio generale secondo cui l'obbligazione tributaria sorge al verificarsi del presupposto, consistente, di regola, quanto all'imposta di registro, in un documento. Se, infatti, la mancata richiesta, da parte dell'Ufficio, di detta dichiarazione, non importa 1a nullit dell'eseguito accertamento, come altre volte la stessa Corte Suprema ha affermato (sent. 13 luglio 1959, n. 2253, Riv. leg. fi,sc., 1959, 1844; 26 novembre 1964, n. 2797, in questa Rassegna, 1965, I, 189, con nota) a proposito di quella prevista dall'art. 17 del r. d. 1. n. 1639 del 1936, e ci perch le noirme che la disciplinano non impongono all'Amministrazione un dovere di condotta, sembira assai pi confacente al sistema collocarla nell'ambito di quegli obblighi a contenuto formale nascenti a cairico del contribuente correlativamente al potere di accertamento della base imponibile conferito dalla legge alla stessa Ammin1strazione. Per quanto concerne invece la prima questione necessario distinguere due ipotesi. In primo luogo, possibile ipotizzare che l'usucapione del diritto di propriet o di usufrutto venga riconosciuto dalle parti interessate mediante atto scritto o venga dichiarata con sentenza. Si discusso in questi casi se sia applicabile l'imposta proporzionale di trasferimento, o se, invece, da un lato l'atto debba scontare la sola tassa fissa, ai sensi dell'art. 95 tariffa all. A, in vista del suo carattere meramente ricognitivo, e dall'altro la sen tenza debba essere assoggettata alla sola tassa graduale prevista dall'art. 68 della legge di registro. La prima tesi stata a suo tempo accolta dalla Cassazione con sen tenza 28 luglio 1932, n. 3271, Riv. leg. fi,sc., 1933, 113, sulla considerazione che, ai fini fiscali, atto ricognitivo solo quello che sussegua in ordine di tempo e conferma, mediante formale riconoscimento per parte dei sog getti inteil'essati, un precedente titolo costitutivo del rapporto consistente in un atto il quale abbia acquistato data certa mediante la formalit della registrazione e pel quale sia stata gi scontata la prescritta tassa proporzionale (nota aggiunta all'art. 95 della tariffa ali. A). Dal che, sempre secondo l'avviso della citata sentenza, discenderebbe che nel caso di diritti non costituiti mediante titolo formale, ma acquistati PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1365 giuridiche che muovono dal presupposto di trasferimenti immobiliari a titolo oneroso, e pertanto non sono applicabili alle donazioni, ferma restando per queste la considerazione, anche ai fini tributari, dei principi comuni in tema di proprietd delle accessioni e delle pertinenze (2). L'art. 8 della legge di registro, il quale dispone che le tasse sono applicate secondo l'intrinseca natura e gli effetti degli atti o dei trasferimenti anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, intende riferirsi alla natura ed agli effetti giuridici e non alla natura e agli effetti economici dell'atto (3). (Omissis). -Con il primo motivo, la ricorrente, in relazione allo art. 360, n. 3 e 5 c.p.c., denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 18 r. d. I. 7 agosto 1936, n. 1639, 1 e 8 della legge di registro 30 dicembre 1923, n. 3269, e dei principi generali sul contraddittorio, nonch difetto di motivazione su punto decisivo, e sostiene che l'accertamento riguardava cespiti non indicati come oggetto n nell'atto di donazione, n in quello di accettazione, di modo che l'Ufficio sarebbe stato imprescindibilmente obbligato a promuovere le sue pretese in ordine alla costruzione, attrezzatura ed avviamento, con la garanzia di cui all'articolo 18 del r. d. 1. n. 1639 del 1936, mediante un preliminare invito alla parte a farne dichiarazione o, su rifiuto esplicito o implicito, a renderla. Il motivo infondato. La Corte del merito, ammettendo che il caso in esame ricadeva sotto la disciplina dell'articolo 18 del r. d. 1. n. 1639 del 1936, ha affer mato che l'omissione dell'invito di cui al detto articolo non aveva rile vanza nella specie, attesa la pregiudizialit della questione relativa alla esistenza dell'obbligo tributario su quella della valutazione. Senonch, siffatta argomentazione -qui non interessa la sua esattezza o meno, come pure la questione se anche nella ipotesi di cui per prescnz1one (acquLsitiva), l'atto di ricognizione o la sentenza -in virt del disposto dehl'art. 121 della tariffa ali. A (conf. !AMMARINO, Le imposte di registro, 339) -quando siano primi nel tempo, debbano considerarsi, ai fini fiscali, atti costitutivi, e qundi assoggettati ad imposta proporzionale. La seconda tesi accolta, quanto alle sentenze, dalla Commissione cen trale, con decisione 4 luglio 1940, n. 29074, Riv. leg. fisc., 1940, 531, nel riflesso che, essendo l'usucapione un modo originario d'acquisto, la sentenza che la dichiara e riconosce non rivela in alcun modo l'esistenza di una qualsiasi convenzione tra i successivi titolari del diritto, non solo ignora il precedente della Cassazione, ma trascura del tutto la speciale disciplina dettata dalla legge di registro in tema di ricognizione di diritti preceden temente acquistati, onde non arreca alla soluzione del problema un per suasivo contributo. Diversa, come si accennava in principio, '1'ipotesi in cui, sussistendo i presupposti di cui all'art. 18 della legge di registro, l'ufficio tassi il tra- I ! I I I ! ~ 1366 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO all'art. 18 del decreto del 1936 l'omissione dell'invito non importi la nullit dell'accertamento -non era pertinente, perch l'assunto della parrocchia era da disattendersi, affermandosi, pi correttamente, che il caso in esame era fuori dalle previsioni dell'invocato art. 18 del decreto del 1936. Come la difesa dell'amministrazione sosteneva nel giudizio di merito, e sostiene in questa sede, la disposizione di cui al detto art. 18 corcerne i trasferimenti occulti, ossia quei trasferimenti che, per quanto riguarda gli immobili, vengono effettuati con atto scritto volontariamente occultato dalle parti o i trasferimenti per usucapione, e, per quanto riguarda le aziende commerciali o industriali, avvengono spesso verbalmente non essendo necessario l'atto scritto, ci che d facile modo di sfuggire alla tassa di registro. In tali casi, l'invito alla parte a presentare la dichiarazione di valore trova la sua giustificazione nel principio generale della legge di registro secondo il quale il sorgere del rapporto tributario si ricollega alla esistenza di un atto scritto, comprendendo nel concetto di questo altresl la denuncia, allorch sia prescritta, di una convenzione verbale, eccettuati i casi in cui, eccezionalmente, la esistenza di tale atto viene presunta. Nella specie, il trasferimento occulto, come dianzi precisato, non sussiste, attesa la esistenza dell'atto pubblico di donazione che ha determinato il sorgere del rapporto tributario. L'Ufficio, avvalendosi dei poteri attribuitigli dallo art. 33 della legge di registro, accertato che l'immobile oggetto della donazione, costituito, al momento della registrazione dell'atto di liberalit, oltre che da un'area anche da un fabbricato adibito a cinema-bar e pesa sferimento presunto della p!I'opriet o dell'usufrutto ed il contribuente vi si opponga assumendo di averli acquistati per usucapione. chiaro che, di per se, il richiamo a tale modo di acquisto non impedisce l'operativit del citato art. 18 perch, come la Cassazione ha recentemente affermato nella sentenza 12 novembre 1965, n. 2357, in questa Rassegna, 1965, I, 1305, la legge fiscale sui cosi detti trasferimenti presunti non impone all'Amministrazione di individuare l'esistenza di un atto scritto, avendo quest'ultima solo il'obbligo di dimostrare alcuni dati di fatto, in base ai quali la norma predetta (art. 18) consente di agire: dati di fatto che sono gli stessi, sia che esista, sia che non esista l'atto scritto . Escluso, d'altronde, per l'esplicito dettato dell'ultimo comma dell'art. 18, che il contribuente possa vincere la presunzione mediante la prova testimoniale, si discusso se l'atto notorio sia compreso nel medesimo divieto. La Commissione centrale, che ha esaminato la questione a Sezioni Unite nella decisione 15 gennaio 1958, n. 431, Riv. leg. fisc., 1958, 1461, ha concluso in senso negativo, ma con argomenti non persuasivi. Nel caso in discussione Tizio aveva venduto con rogito notarile a Caio alcuni immobili assumendo di averli, a suo tempo, acquistati per usucapione ed allegando, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1367 pubblica, aveva un valore non di lire 2.000.000 ma di lire 42.012.000, ha notificato al contribuente l'avviso di maggior valore. L'art. 33 citato, lett. a), prevede esattamente il trasferimento di beni immobili a titolo gratuito ed in tale previsione rientra manifestamente il caso in esame. La ricorrente, per sostenere il proprio assunto, costretta a configurare la costruzione come oggetto separato e distinto dall'area che era stata donata, laddove, per il principio dell'accessione, area e costruzione formano un tutto inscindibile, e la tassazione della Costruzione si risolve, quindi, in un accertamento di maggior valore della area. Nei sensi su esposti deve intendersi rettificata la motivazione sul punto della denunciata sentenza, il cui dispositivo si presenta conforme a1 diritto (art. 384, 2 comma, c.p.c.). Con il secondo motivo, la ricorrente, in relazione all'art. 360, n. 5, c.p.c., censura la denunciata sentenza per omessa motivazione su un punto decisivo della controversia. Sostiene che la Corte del merito, partendo dal presupposto erroneo che l'art. 47 della legge organica di registro fosse applicabile anche ai trasferimenti a titolo gratuito, si limit ad indagare -concludendo negativamente -se la parrocchia avesse fornito la prova idonea a vin cere la presunzione di cui al detto articolo e cosi non si diede carico ed omise completamente qualunque considerazione della circostanza sottopostale, che la donazione non concerneva che il suolo e che il suo risultato giuridico non poteva andare oltre il contenuto dell'atto, di modo che, secondo l'art. 8 della legge organica di registro, non poteva a comprova, un atto notorio raccolto dal Pretore. L'ufficio, negando ogni efficacia probatoria all'atto notorio, aveva ravvisato nel rogito una conven zione che faceva presumere nel venditore il diritto di propriet degli im mobili. La Commissione ha disatteso la tesi, osservando in pr~mo luogo che non pu essere tassato un atto notmio nel quale si attesti un mero stato di fatto, che non pu mai assurgere a qualit di contratto traslativo di propriet per il quale elemento indispensabile l'incontro di due volont, e, in secondo luogo, che essendo l'usucapione un modo di acquisto a titolo originario, non potrebbe concretare un trasferimento passibile di imposta proporzi on al e. Ora, agevole replicare che l'ufficio non aveva affatto inteso tassare l'atto notorio e che la questione da risolvere non concerneva la natura dell'acquisto per usucapione, ma la validit della prova offerta a tale scopo dal contribuente. E la risposta al quesito avrebbe dovuto essere sicuramente negativa perch al di fuori dei casi circoscritti dalJ.a legge e dall'ordina mento -e quello in esame non compreso fra questi -di nessuna tutela specifica gode il'atto notorio, nemmeno di una presunzione iuris tantum MORELLO, Notoriet (atti di), Noviss. Digesto, XI, 412). Non solo, ma es sendo innegabili le affinit tra prova testimoniale ed 'atto di notoriet, H RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1368 ravvisarsi trasferimento al di l di quello che consentivano la intrinseca natura e gli effetti del titolo. Il motivo infondato. Indubbiamente, il richiamo della denunciata sentenza all'art. 47 della legge di registro da ritenere erroneo, perch il detto articolo, riferendosi soltanto alle ipotesi giuridiche che muovono dal presupposto di trasferimenti immobiliari a titolo oneroso, non era applicabile ad un atto di donazione. Inoltre, il terzo comma dello stesso articolo contempla trasferimenti dai quali siano state espressamente escluse le accessioni e tale ipotesi non ricorreva nella specie. Ci, tuttavia, non importa la cassazione della sentenza perch, essendo il suo dispositivo conforme al diritto, sufficiente rettificarne la motivazione. Il punto del quale si lamenta l'omesso esame non affatto decisivo proprio alla stregua dell'invocato art. 8 della legge di registro. Detto articolo disponendo che le tasse sono applicate secondo la intrinseca natura e gli effetti degli atti o dei trasferimenti, se anche non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, ed essendo principio unanimente accolto quello secondo il quale l'articolo intende riferirsi alla natura ed agli effetti giuridici e non alla natura ed agli effetti economici dell'atto, il trasferimento dell'area non poteva essere disgiunto da quello inscindibile delle accessioni. Infatti, accettata la donazione e trasferitasi alla data del 17 settembre 1958 la propriet dell'area dalla societ S. Giuseppe alla chiesa parrocchiale, in virt del principio dell'accessione codificato dall'articolo 934 e.e., con l'area si trasferiva tutto ci che su l'area insisteva e, quindi, anche l'edificio. divieto dell'ultimo comma dell'art. 18 non pu non estendersi ad esso. E pu dirsi perci, conclusivamente, che l'acquiisto della propriet o dell'usufrutto per usucapione non si sottrae in nessun caso all'imposta proporzionale, perch, se riconosciuto in convenzione od in sentenza, vien tassato al momento della registrazione di queste, mentre nemmeno potrebbe essere opposto utilmente dal contribuente in sede di tassazione del trasferimento presunto perch non suscettibile, per sua natura, di prova diversa dalla testimoniale, e questa appunto esclusa dalla legge fiscaile. (2-3) La terza massima riafferma un principio da tempo pacifico: Cass., 10 luglio 1954, n. 2446, in questa Rassegna, 1954, I, 274; 23 ottobre 1959, n. 3046, Giur. it., 1960, I, 1, 535. L'interesse della sentenza annotata, per la parte relativa alle due massime in esame, concerne il regime tributario delle accessioni agli effetti deH'imposta di registro sulle donazioni, regime che, come ritenuto dalla Cassazione, non quello disciplinato daH'art. 47 della legge fondamentale. Atteso peraltro che il trasferimento a titolo gratuito di un'area importa, per il principio dell'accessione sancito dall'art. 934 c. c., anche l'effetto :-: * PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1369 Del pari, nel caso che la chiesa parrocchiale non fosse stata autorizzata ad accettare la donazione, l'edificio gi costruito sull'area non poteva che appartenere al proprietario dell'area, ossia alla societ S. Giuseppe e ci non per altro che per effetto dell'accessione. Esattamente, quindi, l'Ufficio valut tutto quanto per effetto del trasferimento_ dell'area si era trasferito dalla societ San Giuseppe alla chiesa parrocchiale, e cio l'area con l'edificio adibito a cinema-bar e pesa pubblica. Il contrai-io assunto della ricorrente non trova conforto nella invocata sentenza della Commissione Centrale 6 marzo 1958, n. 2693, perch questa, al contrario, fa puntuale applicazione dei principi sovra esposti e, dopo avere affermato che l'articolo 47 della legge di registro non applicabile alle donazioni, soggiunge, peraltro, che, a norma dell'articolo 934 e.e., il trasferimento del suolo a qualunque titolo importa il trasferimento anche delle accessioni e delle pertinenze; di guisa che, automaticamente, la cessione dell'area implica anche il trasferimento a titolo gratuito, nel donatario, della costruzione da costui effettuata gi all'epoca della donazione nonch le pertinenze -macchinari, utensili, ecc. -introdotte da terzi nella detta costruzione anteriormente all'atto di donazione del terreno. Non trova conforto neppure nella legge 24 gennaio 1962, n. 23, portante deroga all'art. 47 della legge di registro, invocata con la seconda memoria illustrativa, posto che, nella specie, non ricorre la ipotesi da detta legge esclusivamente contemplata di vendite di terreni non edificati autorh;zate dalle Provincie e dai Comuni a coloro che, successivamente, hanno stipulato il contratto di acquisto consentendo, nel frattempo, alla edificazione. Con il terzo motivo, la ricorrente, denunciando, in relazione allo art. 360, n. 3 e 5, violazione e falsa applicazione degli artt. 934, 771, giuridico del trasferimento della costruzione che vi insista, l'imposta relativa, in virt del criterio generale di tassazione accolto dall'art. 8 1. r., colpisce sia il primo, sia il secondo. Tuttavia, posto che l'effetto giuridico, sul quale riposa la tassazione del trasferimento della costruzione eseguita dal terzo non proprietario, quello disciplinato dall'art. 934 c. c., si deve tener conto delle eccezioni previste dalla norma citata in relazione sia a speciali disposizioni di legge, quali quelile in tema di enfiteusi, usufrutto, possesso e locazione, sia a speciali pattuizioni, quali la costituzione del diritto di superficie o la concessione ad aedificandum. In questi casi, .peraltro, quando il contribuente si richiami, per escludere l'accessione, ad un atto non ;registrato o non denunciato, dovr pur sempre fornire aliunde la prova che esso abbia data certa anteriore al trasfe.rimento dell'area e curarne la registrazione corrispondendo le relative imposte e le eventuaH sopratasse; a meno che non possa ritenersi, come forse pi correttamente deve ritenersi, che la disposizione del terzo comma dell'art. 47 della legge organica -che richiama quelle dei precedenti primo e secondo comma concernenti il regime delle legge del regtstro, cfr. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 458, ed ivi ulteriori richiami. R. SEMBIANTE legge del regtstro, cfr. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 458, ed ivi ulteriori richiami. R. SEMBIANTE 1370 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 782 e.e., nonch difetto di motivazione su punto decisivo, lamenta che la Corte del merito, non considerando la esistenza del modo afferente alla donazione e la circostanza che l'onere di costruire posto a carico della Chiesa costituiva anche un obbligo per il donante, abbia ignorato che la accessione risultava esclusa dallo stesso articolo, a norma dell'art. 934 e.e. Il motivo infondato. L'art. 934 e.e. disponendo che qualunque costruzione esistente sopra il suolo appartiene al proprietario di questo salvo che risulti diversamente dalla legge o dal titolo, ha inteso riferirsi, quanto alle disposizioni contrarie contenute nella legge, in primo luogo, alle disposizioni concernenti il diritto di superficie (art. 952 e segg.), in secondo luogo, alle norme relative alle addizioni dell'enfiiteuta (art. 975, 3<> comma), dell'usufruttuario (art. 986, 2 comma), del possessore (art. 1150, 5 comma) e del locatore (art. 1593), per le quali l'ius tollendi quasi sempre la regola, se non ne venga nocumento alla cosa; e, quanto alle eccezioni contenute nel titolo, alle costituzioni di diritti reali, tra i quali, oltre la costituzione diretta di un diritto di superficie, la cosi detta concessione ad aedificandum con la quale il proprietario del suolo rinuncia a fare propria la costruzione che sorger su di esso; accordi negoziali che, essendo relativi a diritti reali, o importando il trasferimento di propriet immobiliari, devono risultare da atto scritto ad substantiam; come, anche per iscritto deve risultare la rinuncia del proprietario al diritto di accessione traducendosi, sostanzialmente, nella costituzione di un diritto di superficie. Talch, chiaro come nessuna rilevanza potesse attribuirsi allo obbligo fatto al donatario di costruire, ai fini di escludere l'accessione di un edificio costruito anteriormente al perfezionarsi del contratto di donazione. -(Omissis). pertinenze, ed anche per le accessioni, che si dicano escluse dai trasferi menti, cos richiede la prova con atto anteriormente registrato -sia appli cabile anche ai trasferimenti gratuiti, mancando nello stesso terzo comma l'espresso riferimento ai soli trasferimenti onerosi, che invece si !rinviene nel primo comma, e ben pi generale risultando la ratio della disposizione in discorso, per le accessioni, attesi i principi che per queste vigono, come si visto, anche nel diritto comune, e considerato poi, specificamente, la funzione del!la rigorosa norma di cui all'art. 47, quale proprio di recente sottolineata dalla Corte Suprema (Cass., 29 ottobre 1966, n. 2713, in moti vazione, retro, 1354). La decisione della Commissione Centrale, 6 marzo 1958, n. 2693, ricor data nell'annotata sentenza, pu leggersi in Riv. leg. fisc., 1960, 98. In generale, sulle questioni in tema di accessioni e pertinenze nella PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1371 CORTE DI APPELLO DI ROMA, Sez. I, 21 giugno 1966 -Pres. Ciaccio -Est. Granata -Ministero Finanze (avv. Stato Cavalli) c. soc. Cozzani (avv. Scat). Imposta di registro -Agevolazioni, ex art. 8 1. 24 luglio 1961, n. 729, per la costruzione e l'esercizio di autostrade -Concessione congiunta della costruzione e dell'esercizio -Costituisce presupposto per l'operativit della norma di agevolazione -Appalto di costruzione commesso dall'ANAS -Inapplicabilit dei benefici. (1. 24 luglio 1961, n. 729, art. 8). Il trattamento tributario previsto dall'art. 8 della l. 24 luglio 1961, n. 729, in tema di costruzione ed esercizio di autostrade, trova applicazione nel presupposto che la costruzione e l'esercizio costituiscano oggetto congiunto di concessione ad enti pubblici o a privati. In ogni altro caso, di atti relativi alla sola costruzione "o alla sola gestione, e cosi per un appalto di costruzione commesso dall'ANAS, il regime tributario resta quello ordinario (1). (Omissis). -Secondo il 1 comma dell'art. 8 della I. 24 luglio 1961, n. 729, sul piano di nuove costruzioni stradali ed autostradali, tutti gli atti e contratti occorrenti per la attuazione della presente legge ivi compresi le convenzioni per le concessioni, i contratti relativi alle costruzioni e all'esercizio delle autostrade previste dalla stessa legge; i contratti di appalto e di fornitura per la costruzione, manutenzione e gestione delle strade di cui sopra; i contratti di finanziamento, di consolidamento, di estinzione e revoca dei finanziamenti stessi, comprese le fideiussioni prestate dagli enti pubblici per il servizio dei mutui; l'emissione di obbligazioni ed i relativi interessi, nonch gli atti di cessione dei contributi previsti dagli artt. 2, 18 e 19 della presente (1) La sentenza in rassegna individua esattamente la portata del beneficio, di cui 1all'art. 8 della legge 24 luglio 1961, n. 729, rilevando, con corretta esegesi 1lessica1le e logica della norma, che questa posta con riferimento alla sola ipotesi di concessione cumulativa della costruzione e dell'esercizio delle autostrade, l'una e l'altro sempre insieme considerati nella complessiva disciplina della materia, di cui alla letta legge, ed in effetti soltanto in unit valutabili anche ai fini del tributo in abbonamento, previsto dal penultimo comma del citato art. 8, in funzione del quale sancita, dalle precedenti disposizioni dello stesso articolo, l'esenzione dalle altre imposte. Sulla funzione sostitutiva, o compensativa, dei tributi in abbonamento, in genere, e perci .per l'esigenza di considerare, in sede ermeneutica, il rapporto tra la fattispecie delimitata ai fini di tale forma di imposizione, e queHa della corrispondente norma di esenzione da singoli tributi, cfr. Cass. 20 maggio 1966, n. 1289, retro, 689. 1372 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge, sono esenti da tasse, imposte e tributi presenti e futuri, spettanti sia all'Erario dello Stato sia agli Enti locali . Il quesito sottoposto all'esame della Corte se della citata disposizione beneficino anche i negozi relativi alla sola costruzione delle autostrade, ovvero se la norma sia applicabile soltanto nel caso di concessione congiunta della costruzione e dell'esercizio. Il Tribunale ha accolto la prima tesi, ponendo a premessa della sua argomentazione il tenore letterale della disposizione, che non consentirebbe di escluderne l'applicazione quando la costruzione sia affidata a soggetto diverso da quello incaricato dell'esercizio della nuova autostrada, e la sua ratio, ravvisata nella urgenza di risolvere il problema della rapida apertura di nuove autostrade, e poi esprimendo l'avviso che la validit di tali argomentazioni non fosse pregiudicata dalle obiezfoni sollevate dalla Amministrazione, secondo la quale ad opposte conclusioni dovrebbe pervenirsi in base ad una interpretazione logica della norma comma, r. d. 8 luglio 1937, n. 1516); per il contribuente, analogo divieto specificamente ed espressamente disposto per le controversie relative all'i.g.e. applicabile mediante canoni l'agguagliati al volume degli affari (art. 21, d. I. 3 maggio 1948, n. 799). Ora, se nel silenzio delle leggi generali (r. d. 7 agosto 1936, n. 1639; r. d. 8 luglio 1937, n. 1516) regolatrici del processo avanti alle commissioni per la risoluzione delle controvel'sie in materia di imposte ddrette e di imposte indirette sui trasferimenti della ricchezza (cio per controversie diverse da quelle previste dal citato art. 21 r. d. n. 799), fosse consentito al contribuente di proporre ricorso interruttivo, non chi non veda la sperequazione che si verrebbe a creare tra contribuente che proponga impugnazione per l'i.g.e. e contribuente che proponga impugnazione per diversa imposta e, nell'ambito delle controversie relative ad imposte dirette ed imposte indirette sui trasferimenti della ricchezza, tra Ufficio e contribuente. E poich un siffatto diverso trattamento, oltre che incostituzionale, non avrebbe 11agione giustificatrice, evidente come il sistema non consenta, anche fuori del caso previsto dall'art. 21 d. I. n. 799, la proposizione, entro il termine di rito, di .un gravame non motivato. Per il ricorso alla Commissione distrettuale la situazione non diversa. V' espresso obbligo della proposizione di ricorso motivato nel termine di rito solo per quello prodotto avverso l'accertamento i.g.e. (art. 20 citato d. I. n. 799). Ci non toglie, per, che l'obbligo della motivazione sussista anche per il ricorso proposto contro atto di accertamento di diversa imposta. questa sia adita quale giudice di secondo grado, negli stessi sensi decidendo, inoltre, per il controricorso, contenente o meno anche una impugnazione incidentale (cfr., da uJ.timo, Cass. 25 maggio 1966, n. 1336, retro, 1299, ed ivi richiami in nota), ha creduto invece di dover ravvisare, nell'ordinamento, la previsione di un minor rigore di forme per i ricorsi alle Commissioni distrettuali e provinciali, e di poter conseguentemente affermare l'ammissibilit di tali ricorsi, pur se privi di motivazione, purch con questa integrati ne termini e modi previsti dall'art. 24, quarto comma, del r. d. n. 1516 del 1937. 1376 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Stabilisce l'art. 24 del citato r. d. n. 1516, applicabile, peraltro, anche nei giudizi avanti alla Commissione provinciale per effetto del successivo art. 41, 1 comma, che il contribuente ha facolt di presentare alla Commissione distrettuale, fino a cinque giorni prima della seduta, note aggiunte, repLiche, ricorsi aggiunti. Essendo la nota aggiunta atto destinato unicamente ad illustrare le istanze gi ritualmente formulate per cui non pu prospettare nuovi motivi di gravame, n pu ,contenere la enunciazione di motivi non indicati tempestivamente nell'atto di impugnazione (Cass. 19 maggio 1964, n. 1247), di tutta evidenza come il citato art. 24 confermi implicitamente il principio che i motivi di gravame, sia contro l'atto di accertamento che contro la decisione di prima istanza, devono essere indicati tempestivamente nell'atto di impugnazione. Il concetto di replica non spiega rilevanza alcuna al fine de quo. Torna utile, per, precisarne ugualmente la portata. .Com' noto, in rito o~dinario il resistente pu contestare i motivi posti dall'avversario a fondamento della sua domanda o con la comparsa di risposta, avanti le magistrature di merito, o con il controricorso avanti alla Corte di Cassazione, si come pu contestare le deduzioni avversarie, contenute nelle memorie aggiunte, con le memorie di replica (art. 190 c. p. c.). Degli indicati atti di parte l'ordinamento processuale tributario prevede, per i soli giudizi avanti alla Commissione Centrale, il controricorso (art. 48, 60 comma, r. d. 8 luglio 1937 n. 1516), mentre per i giudizi avanti le Commissioni di merito solo le repHche (art. 24, 4 comma; 41, 1 comma, cit. r. d. n. 1516). Poich, come si visto, la repUca stricto sensu una risposta aUe deduzioni contenute nelle memorie aggiunte, non disponendo nulla la legge tributaria circa il primo atto di difesa che il resistente pu presentare per contestare i motivi dell'appello proposto alla Commissione provinciale dall'Ufficio (nella pratica il cosidetto contrappello ), ritiene il Collegio che il concetto di replica ., di cui allo art. 24, 4:0 comma, del r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, comprende non solo l'atto destinato a contestare le deduzioni avversarie nei giudizi avanti alle Commissioni distrettuali e provinciali (memoria di replica), ma anche quello di contrappello La stessa Corte Suprema, per vero, non ha sottovalutato gJi argomenti che in contrario possono addursi, anche sulla base dei principi e nella considerazione della funzione del ricorso, che atto di impugnazione di un accertamento dell'Amministrazione, o, negli ulteriori gradi, di una decisione delle Commissioni (in argomento, v. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, loc. cit.); ed in effetti -tenuto altresi conto, in relazione al termine previsto dall'art. 24, citato; per il deposito di note aggiunte ., che ci a .stretto rigore, starebbe ad indicare il carattere integrativo di queste, e l'anteriore svolgimento dei motivi -ha riconosciuto che a quella conclusione di am PAJlTE l, SE2k .V, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA 1377 per i giudizi avanti alle Commissioni. provinciali. Il che, del resto, quanto $i verifica nei giudizi avanti il Consiglio di Stato. Ancorch, int~tti,; gli atti di parte previ:;1ti dal T. u. 24 giugno 1924, n. 1054, siano s()lo "'le memode, le istanze; i ricordi incidentali (art. 37), nella pratica la prima memoria del resistente, se presentata nel termine previ$to comma ... .. ;La lettura del 39 e 49 comma del citato art. 24 potrebbe indurre a ritenere che laespressi dhrieritlcarsi ehe nel 1937 le Commissioni per la risoluzione delle controversie in materia di imposte dirette ed indirette avevalio carattere a:tnlninistrativo (art. 22, pruno e secondo comma, r; d; 7 agosto 1936', comma, r. d. n. 1516 del 1937 cinque giorni prima della udienza. Con la entrata in vigore del t. u. 29 gennaio 1958 n. 645, la cennata potest ex citato art. 2 non stata pi confermata. Ci non toglie, per, ad avviso del Collegio, che il ricorso aggiunto possa ritenersi tuttora funzionale. Deve al riguardo tenersi presente che la funzione giurisdizionale delle commissioni si sostanzia, al pari di quella della G.P.A. in sede giurisdizionale e del Consiglio di Stato, in un sindacato di legittimit (congiunto al merito nei casi previsti dalla legge) di un atto amministrativo. Ora, poich principio consolidato della giurisprudenza del Consiglio di Stato che la presentazione di motivi aggiunti ammissibile, dopo la presentazione del ricorso principale, solo quando la documentazione prodotta dalla controparte metta in luce nuove circostanze che mostrino nuovi vizi di legittimit (da ultimo, Sez. VI, 11 febbraio 1966, n. 140), il Collegio ritiene che tale principio possa trovare applicazione anche per il procedimento avanti alle commissioni e, pertanto, che i ricorsi aggiunti ex citato art. 24 r. d. n. 1516 del 1937 possano continuare a spiegare la loro efficacia solo entro detto limite. Il che porta a ritenere, ancora una volta, che il ricorso mel"amente interruttivo fine a s stesso, ed inammissibile nei giudizi avanti alle commissioni di merito. -(Omissis). dato a questo la lineare soluzione di cui alla massima, ponendo in luce, tra l'altro, con argomenti di indubbio rigore logico-sistematico, considerati .altresi in rapporto all'evoluzione legislativa in materia, quale sia, anche in relazione aLle esigenze del contraddittorio, la specifica funzione delle note e dei ricorsi aggiunti, di cui al ripetuto art. 24 del r. d. n. 1516 del 1937: note e ricorsi che non possono, in principio, per i limiti loro propri, correlati allo sviluppo difensivo durante lo svolgimento della controversia, supplire all'originaria deficienza di motivazione del ricorso introduttivo. SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. Civ., 30 maggio 19616, n. 1417 - Pres. Scarpello -Est La Farina -P. M. Tavolaro (concl. parz. conformi) -Brogna e Sesto (avv. Selvaggi) c. Cutuli (avv. Spadaccini) e Ministero dei Lavori Pubblici e Assessorato per i Lavori Pubblici della Regione Siciliana (avv. Stato Agr). Acque pubbliche -Opere idrauliche -Risarcimento dei danni -Improponibilit dell'azione nei confronti della pubblica amministrazione. (r. d. 25 luglio 1904, n. 523, art. 2; l. 13 luglio 1911, n. 774; r. d. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 140 e 143). Acque pubbliche -Richiesta di rimessione in pristino -Improponibilit dell'azione. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4). 'I La disposizione fondamentale dettata dall'art. 2 del r. d. 25 luglio 1904, n. 523, attribuisce aUa Pubblica Amministrazione il potere I esclusivo di provvedere, in materia di opere di qualunque natura (compiute da privati, e, secondo una contrastata interpretazione estensiva, anche dalla stessa P. A. o dai suoi concessionari) che possano avere I relazione col buon regime deUe acque pubbliche e con altri interessi ! pubblici connessi a tali acque (primo comma art. cit.) e di ordinare ! ~ la modificazione, cessazione, distruzione di atti e fatti dannosi al regime delle acque pubbliche (secondo comma dello stesso articolo). I La pretesa inerzia della Pubblica Amministrazione a provvedere, nella materia indicata, non determina il sorgere, a favore di eventuali interessati, di alcuna lesione di diritto soggettivo, come tale aziona I bile contro la P. A., ancorch al limitato fine di ottenere il risarcimento del danno, dinanzi all'Autorit Giudiziaria, sia pure in sede specializzata (Tribunale Regionale delle acque pubbliche). 1380 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'esercizio, il mancato esercizio o il cattivo esercizio della pub blica funzione di polizia demaniale, e di polizia idraulica in specie, va considerato pur sempre come esplicazione di una pubblica funzione di screzionale, come, del resto, si pu dire per tutte le funzioni di polizia, la cui regolamentazione non pu fondare nei privati interessati, in con correnza di tutti gli altri elementi richiesti dal sistema, altro che una situazione di interessi protetti (1). La pronuncia, da parte del Giudice ordinario, di rimessione in pristino di un bene demaniale preclusa sulla base dei principi desumibili dalla legge del 1865 abolitiva del contenzioso amministrativo e particolarmente dalla norma contenuta nell'art. 4 di detta legge. Tale norma non soltanto impedisce alla Autorit Giudiziaria di revocare o modificare gli atti amministrativi, ma le fa altres divieto di emettere condanne che, direttamente o indirettamente, obblighino l'Amministrazione a fare o a non fare qualche cosa, o sovrappongano o, comunque, sostituiscano la volont del Giudice a quella che legittimamente pu emanare soltanto dalla P. A., attraverso gli interventi riservati dalla legge agli organi di questa. La direzione formale della domanda esclusivamente verso gli autori materiali della deviazione del corso di un torrente e di altre opere dannose compiute su beni demaniali non esclude che, trattandosi di operare su un bene demaniale, sia pure in senso inverso alle attivit arbitrarie svolte dai privati, la pronuncia del Giudice, e ancor pi la sua esecuzione coattiva ad opera di organi ausiliari della giustizia, si sovrapponga a quella valutazione, mista di discrezionalit amministrativa e tecnica, spettante alla P. A. nel suo specifico compito di polizia idraulica sul se e sui modi pi idonei per restituire le acque pubbliche al loro originario corso e al loro originario regime, in funzione preminente dell'interesse attuale della collettivit (2). (1) Sia la prima che la seconda sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono occupate della vexata quaestio della interpretazione dell'art. 2 del t.u. sulle Opere Idrauliche, approvato con r. d. 25 lulio 1904, n. 523, ma mentre la prima (n. 1417 del 30 maggio 1966) ha confermato la interpretazione che potremmo dire oramai consolidata nella giurisprudenza della Suprema Corte, la seconda (n. 2039 del 25 luglio 1966), pronunziata su ricorso del Ministero dei Lavori Pubblici avverso la sentenza d,el Tribunale Superiore delle AA.PP. n. 9 del 3 maggio 1955 (in questa Rassegna 1966, n. 2, Parte I, 1Sez. VI, pagg. 468 e segg.), ha espresso un nuovo orientamento, indubbiamente interessante, ma che non ci pare, per verit, confortato n dalla lettera della norma n dallo spirito informatore della norma stessa. Tutt'e due le sentenze hanno riaffermato il principio che la disposizione fondamentale dettata dall'art. 2 del r. d. 25 luglio 1904, n. 523, attribuisce alla Pubblica Amministrazione il potere .esclusivo di provvedere, in materia di opere di qualunque natura che possano avere relazione col buon PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1381 II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. Civ., 25 luglio 1966, n. 2039 - Pres. Flore -Est. Mirabelli -P. M. Pedote (concl. conf.) -Ministero Lavori Pubblici (avv. Stato Albisinni) c. S. p. A. Ceramica Richard Ginori (avv. Battagliese e Cervati). Acque pubbliche -Opere idrauliche -Risarcimento dei danni -Pro ponibilit dell'azione. (art. 2 t. u. sulle Opere Idrauliche approvato con r. d. 25 luglio 1904, n. 523). Il provvedimento che, ai sensi dell'art. 2 del t. u. sulle Opere Idrauliche, accerti la dannosit, o meno, delle opere o dell'attivit per il regime delle acque pubbliche deve essere richiesto ed emanato tutte le volte che sorga contestazione intorno alla rispondenza di una attivit, sia di privati che dell'Amministrazione, al buon regime delle acque pubbliche . Tale provvedimento richiesto, e si pone come condizione per l'esercizio delle pretese relative in sede giurisdizionale, ogni volta che venga in discussione la sussistenza, o meno, di un affievolimento della posizione soggettiva vantata dalla controparte, ma non richiesto, ed anzi inammissibile, quando la pretesa riguardi posizioni non suscettibili di affievolimento, qual', in primo luogo, la pretesa di risarcimento di danni per inosservanza dell'obbligo generale di diligenza, ossia per attivit dannose imputabili a colpa dell'Amministrazione Pubblica. Il potere, attribuito alla Amministrazione dall'art. 2 del t. u. sulle Opere Idrauliche, di imporre la sua volont con ordini .(statuire ) overo attuare direttamente il soddisfacimento deli'interesse pubblico ( provvedere ) si dirige ai destinatari del comando, che impone di regime delle acque pubbliche, sia che dette opere siano compiute da privati sia che siano compiute dalla stessa P.A. o dai suoi concessionari. Il principio era stato negato dal Tribunale Superiore delle AA. PP. nella surrichiamata sentenza n. 9 del 3 maggio 1955. La prima decisione della Cassazione lo ha riaffermato chiaramente e senza perplessit, sia pure richiamando una contrastata interpretazione estensiva; la seconda decisione, invece, quella pronunziata sul ricorso avverso la sentenza del Tribunale Superiore delle AA.PP. che aveva negato il principio, ha, in definitiva, riaffermato anche essa il principio stesso, pur attraverso una motivazione che a noi sembrata abbia voluto, nel riformare sul punto fa sentenza del Tribunale Superiore delle AA. PP., dare atto a tale Giudice del proprio apprezzamento per il tentativo di interpretazione articolato. Ha esattamente rilevato la seconda decisione, pur trascurando altre argomentazioni che noi avevamo prospettate nei nostri atti difensivi e che 1382 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cessare o di modificare l'esercizio del diritto, ovvero del provvedimento, che importi modificazione o distruzione delle opere. nei confronti di questi destinatari che opera la norma del citato art. 2 -secondo comma -in base al quale, quando sorga contestazione intorno ad interessi legati con il regime delle acque, occorre che sia provocato un apposito provvedimento dell'Amministrazione, che si pone come presupposto per le impugnative, davanti al Tribunale Superiore delle Acque Publiche, delle statuizioni e dei provvedimenti anche per iZ merito, e, nel caso di annullamento e conseguente riespansione del diritto gi affievolito, davanti al Giudice dei diritti .(Tribunale Regionale), per il risarcimento dei danni. L'esigenza di un provvedimento consimile viene a mancare, invece, quando la pretesa riguardi posizioni soggettive e non affievolite .(perch di terzi non destinatari della statuizione o del provvedimento) ovvero non passibili comunque di affievolimento, ma munite di tutela piena ed incondizionata nei confronti della P. A. Tra queste si pone, in primo luogo, la posizione soggettiva attiva corrispondente al generale obbligo di correttezza e diligenza, all'obbligo del neminem laedere, cui incondizionatamente soggetta anche la P. A., quanto meno nello svolgimento di attivit con riflessi materiali (1). I (Omissis). -Con i primi due motivi del ricorso, attinenti entrambi ai limiti della giurisdizione, i ricorrenti censurano le statuizioni emesse dal Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche nei confronti della P. A. Infatti, con il primo di detti motivi si sostiene che avrebbe dovuto ritenersi ammissibile una domanda di rimessione in pristino,, non ostando a ci la demanialit delle acque. In particolare secondo i ricorci sembravano ben serie per la dimostrazione del principio da noi assunto, che l'ultimo comma dell'art. 2 del T. U. sulle Opere Idrauliche, il quale statuisce: Le disposizioni si applicano a tutte le opere di carattere pubblico che si eseguiscono entro l'alveo o contro le sponde di un corso di acqua , rende applicabile l'intera disciplina ivi prevista anche all'ipotesi in cui le opere o le attivit, che si assumono dannose, siano compiute dalla P. A. Ha poi accennato ila stessa decisione ad una interpretazione particolarmente restrittiva, secondo la quale potrebbe ritenel'ISi che nel comma citato venga considerata solo la ipotesi in cui le opere di carattere pubblico vengano compiute da organi od enti che, pur facendo parte della Pubblica Amministrazione, siano diversi da quelli preposti alla tutela del regime delle acque. Ma da ultimo la decisione ha fatto una affermazione conclusiva che ci pare superi la interpretazione restrittiva, per riaffermare anche essa il principio generale, gi riaffermato nell'altra decisione, che spetti alla P. A., in ogni caso, provvedere sia per le opere compiute .; PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1383 renti non ricorrerebbero nella specie preclusioni di carattere soggettivo, perch la domanda era rivolta contro privati e non contro la P. A., n d'altro ordine, mancando ogni provvedimento della P. A. su cui potesse incidere la pronuncia del giudice. N il. difetto assoluto di giurisdizione, inteso come carenza di azione o improponibilit della domanda, avrebbe potuto giustificarsi per essere la manutenzione del corso d'acqua demandata alla P. A. nella sua discrezionalit, essendo nella specie in contestazione soltanto interessi di privati nei confronti di altri privati, e non anche la tutela di interessi generali (violazione degli artt. 2 legge 20 marzo 1965, n. 2248, all. E, art..293 e segg. t. u. 25 luglio 1904, n. 503, art. 360, n. 1 c. p. c.). Con il secondo mezzo, poi, i ricorrenti lamentano che il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche abbia ritenuto, nella specie, non ammissibile l'azione di risarcimento dei danni nei confronti della P. A.; osservano, a questo riguardo, che la qualificazione di attivit di polizia, adottata da detto Tr.ibunale circa la natura dell'intervento della P. A. previsto dalla legge quanto al regime delle acque, non escluderebbe la possibilit di una pretesa risarcitoria: e fanno rilevare che lo stesso Tribunale ammette l'esistenza di un dovere pubblico di far cessare J.e attivit illecite altrui, sicch un mancato esercizio di tale dovere costituirebbe violazione di un diritto soggettivo (violazione dell'art. 2 t. u. 2.5 luglio 1904, n. 523, falsa applicazione dell'art. 7 del t. u. 18 giugno 1931, n. 773 con riferimento agli artt. 2043 c. c. e 46 legge 25 giugno 1865, n. 2359; art. 360 nn. 1 e 3 c. p. c.). Entrambi i motivi sono infondati; e, a dimostrarne l'infondatezza, appare, pi opportuno, in ordine logico, procedere all'esame del secondo motivo, dal quale esame pi compiutamente possono risultare alcuni princpi basilari in ordine alla posizione del privato rispetto ai poteri che la legge demanda alla P. A., in ordine al regime delle acque. da privati sia per quelle compiute dalla P.A. dai suoi concessionari, intendendosi per P. A. tutti gli organi od Enti che possano in essa essere ricompresi, anche quelli, quindi, preposti alla tutela delle acque pubbliche. Comunque la interpretazione restrittiva a noi pare che non .possa essere accolta. Essa contrasta con fa lettera della Legge, che non distingue fra organi ed organi della P. A.: si coDJSideri, fra l'altro, che le opere idrauliche pi importanti, quelle, cio, che abbiano relazione col buon regime delle acque pubbliche nonch con la difesa e conservazione delle sponde, sono proprio di competenza della stessa Amministrazione dei Lavori Pubblici, a cui poi compete la tutela delle stesse acque pubbliche. E se la norma conferisce alla P. A. di statuire e provvedere anche sulle opere indicate, non si vede come possa distinguersi, accedendosi cosi alla accennata interpretazione restrittiva, fra organi ed organi della P. A. La interpretazione restrittiva contrasta anche -1a nostro avviso -con lo spirito informatore della norma di cui discutiamo, che quello della difesa 1384 RASSEGNA DELL,AVVOCATURA DELLO STATO Invero, come premessa di ordine generale opportuno rilevare che la disposizione fondamentale dettata dall'art. 2 del r. d. 25 luglio 1904,. n. 523 (t. u. delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie) attribuisce, anche attraverso le modificazioni apportate dalle leggi successive (1. 13 luglio 1911, n. 774, artt. 140 e 143 t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775) alla P. A. il potere esclusivo di statuire e di provvedere, in materia di opere di qualunque natura (compiute dai privati, e, secondo una contrastata interpretazione estensiva, anche dalla stessa P. A. o dai suoi concessionari) che possano avere relazione col buon regime delle acque pubbliche e con altri interessi pubblici connessi a tali acque (primo comma art. cit.) e di ordinare la modificazione, cessazione, distruzione di atti e fatti dannosi al regime delle acque pubbliche (secondo comma dello stesso articolo). Trattasi, in definitiva, con la particolare articolazione e con il particolare adattamento resi necessari dalla complessit e dall'importanza della materia, dell'estrinsecazione, in materia di acque pubbliche, di quel generale potere di polizia demaniale, che tradizionalmente riconosciuto all'amministrazione, soprattutto in base alle ancora vigenti norme della legge di LL. PP. del 1865 (artt. 374-378); potere che comprende -oltre la vigilanza sull'uso del bene demaniale e sull'osservanza delle relative norme legislative e regolamentari -la tutela della integrit materiale dei beni e del diritto dominicale della stessa amministrazione sui beni medesimi, attraverso mezzi di coercizione e d'esecuzione mediante l'ordine di riduzione coattiva al pristino stato, e l'esecuzione diretta, d'ufficio, di tale ordine (V. anche gli artt. 93-101 del citato t. u. del 1904). E in tale quadro s'inserisce la generale disposizione dell'art. 823 secondo comma cod. civ. che, pur ammettendo a favore dell'amministrazione la concorrente tutelt derivante dai mezzi ordinari a difesa della propriet e del possesso regolati dallo stesso codice, ribadisce il basilare principio che spetta all'autorit ammini idraulica, la quale va attuata in funzione di un preminente interesse pubblico, la difesa del territorio nazionale, di fronte al quale assumono posizione secondaria e ben, quindi, possono affievolirsi -come pi diffusamente diremo in seguito -le posizioni di diritto subiettivo perfetto, spettanti ai singoli titolari delle rive e dei beni ad esse adiacenti. E tale preminente interesse pubblico non pu che essere valutato, nell'esercizio di una discrezionalit sia tecnica che amministrativa, dalla P. A. che preposta alla tutela delle acque pubbliche, la quale pu, anzi deve, di ufficio o su denuncia, sia giudicare della conformit all'interesse pubblico delle opere costruite da aJ.tri, si'a riesaminare se le opere da essa stessa compiute siano conformi al detto interesse pubblico o debbano, in ipotesi, essere, sempre in vista dell'interesse pubblico, distrutte o mo' dificate. E sono le stesse ragioni, la lettera della norma e lo spirito informatore di essa, che contrastano -a nostro avviso -con il nuovo orienta :: " =~[ ~~ PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1385 strativa la tutela dei beni che fanno parte del demanio pubblico, e che essa ha facolt di procedere a tale tutela in vira amministrativa, cio in via di autotutela. N a fare escludere la pi volte citata norma del l'art. 2 dal pi ampio generale ambito dell'attivit pubblica amministrativa diretta in via. essenziale e primaria alla tutela di interessi pubblici, pu valere la considerazione che in detto articolo alla P. A. sembra riconoscito w,t certo potere d'intervento anche quando le opere, ecc., abbiano dato ~uogo a contestazioni tra privati ed anche a pretese di danni tra i p~ivati stessi. Tale intervento in via puramente ammini$ trativa assume carattere meramente accessorio alla potest primaria di provvedere alai tutela degli interessi pubblici inerenti alle opere e di fatti denunciati e accertati, e, comunque, almeno allo stato attuale della legislazione successiva -che ha inciso sulle norme originarie dettate dal t.. u. del 1904 .....,. non esclude il ricorso alle competenti autorit giurisdizionali .per tali. contestazioni tra privati venute occasionalmente a provocare operazioni di polizia demaniale o venute ad inserirsi nelle stesse. Ci premesso, appare chiaro che dall'inerzoa originaria della P. A., dallai nvocazione di intervento, invano fatta dai coniugi Brogna ai competenti organi, con l'e$Posto di cui in narrativa, e dall'assoluta permanente inerzia dell'amministrazione stessa, anche dopo l'esposto, a provvedere nei sensi auspicati dagli autori di esso, cio ad avvalersi dei poteri di ordinare la rimessione in pristino, e di provvedere in via immediata coattiva e diretta a tale rimessione, non poteva sorgere a favore dei Brogna alcuna lesione di diritto soggettivo, come tale azionabile contro la P. A., ancorch al limitato fine di ottenere il risarcimento del danno dinanzi all'autorit giudiziaria, sia pure in sede $Pecializzata (Tribunale Regionale delle acque pubbliche). appena necessario; a questo riguardo, ricordare che, secondo il concetto emergente dalla consolidata giurisprudenza di questa S. C., la discriminazione tra la giurisdizione del giudice ordinario e quella del mento espresso dalla Corte di Cassazione, nella seconda deciisione, circa la interpretazione dell'art. 2 del t. u. sulle Opere Idrauliche. Ha ritenuto La Corte di Cassazione che il potere della P. A. di imporre la sua volont con ordini ( statuire ) ovvero di attuare diTettamente il soddisfacimento de1lo interesse pubblico ( provvedere >) nei confronti degli utenti di acque pubbliche si diriga rsoltanto ai destinatari del comando, che impone di cessare o di modificare l'esercizio del diritto, ed ai destinatari del provvedimento, che importa modificazione o distruzione delle opere, con la conseguenza che nei confronti di questi destinatari che opera la norma dell'art. 2 -secondo comma -, in base al quale, quando sorga contestazione intorno ad interessi legati con il regime delle acque, occorre che sia provocato dall'interessato un apposito provvedimento dell'Amministrazione, atto ad affievolire :i.e posizioni soggettive dei destinatari medesimi. Ma l'esigenza della emanazione di un provvedimento del genere verrebbe a mancare, quando la pretesa riguardi posizioni soggettive e non affievolite 1386 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO giudice amministrativo si determina in base all'oggetto specifico del giudizio, individuato con riferimento congiunto alla causa petendi e al petitum; cosicch la giurisdizione spetta al giudice ordinario o, invece, a quello amministrativo, a seconda che si domandi la tutela di un diritto soggettivo perfetto, o soltanto di un interesse legittimo. Il criterio distintivo dato non dal modo con cui il privato prospetta la pretesa da lui fatta valere contro la P. A., ma dalla reale natura della protezione accordata dall'ordinamento giuridico alla posizione soggettiva dedotta dal privato a fondamento di tale pretesa. In altri termini, per affermare la giurisdizione del giudice ordinario, non sufficiente che il privato sostenga di essere stato leso, dall'atto amministrativo, in un suo diritto soggettivo, ma occorre che esista una norma, la quale attribuisca alla posizione soggettiva dedotta in giudizio dal privato, una tutela diretta ed immediata, con esclusione di ogni potere discrezionale della P. A. d'incidere su tale posizione; soltanto in tal caso la posizione del privato configurabile come un diritto soggettivo perfetto, laddove, di fronte al potere discrezionale della P. A., al posizione del privato non pu essere che di interesse legittimo. Nelal specie, i coniugi Brogna, affermando che il comportamento del Provveditore alle 00. PP. (inazione anteriore e posteriore al loro esposto) sarebbe stato illegittimo, in quanto tale organo avrebbe dovuto impedire lo spostamento del torrente e non lo ha impedito, e, successivamente avrebbe dovuto ordinare la rimessione in pristino, e non lo ha fatto, e che con tale illegittimo comportamento omissivo sarebbe stato leso il loro diritto di propriet sul fondo soggetto alle conseguenze dannose dello spostamento, da ci pretenderebbero fare derivare, la pretesa ad una dichiarazione di illegittimit del comportamento della P. A., da emetteiisi dal giudice ordinario specializzato, e, conseguentemente, una pretesa ad una pronuncia di condanna di risarcimento dei danni nei confronti dell'amministrazione stessa; ma (perch di terzi non destinatari della statuizione o del provvedimento) ovvero non passibiJ.i di affievolimento, ma munite di tutela piena ed incondizionata nei confronti della P. A. Fra tali posizioni soggettive si porrebbe -secondo l'affermazione della Suprema Corte -, in primo luogo, quella attiva corrispondente al generale obbligo di correttezza e diligenza, all'obbligo del neminem laedere, cui sarebbe incondizionatamente soggetta anche la P. A., quanto meno nello svolgimento di attivit con riflessi materiali. In conclusione, quindi, nei confronti dei soggetti non destinatari della statuizione o del provvedimento, nei confronti, cio, per restare nell'ambito del caso esaminato dalla Suprema Corte, dei titolari di diritti sulle rive e sui beni ad esse adiacenti, il provvedimento non sarebbe richiesto n opererebbe, con la conseguenza che le posizioni soggettive dei titolari di tali diritti non sarebbero passibili di affievolimento. La tesi indubbiamente di particolare interesse. Essa, per, ci si consenta, si concreta -a nostro sommesso avviso -in un tentativo di -~ PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1387 ovvio, cosi precisata la materia contenziosa, che l'A. G. ordinaria difetta di giurisdizione su tali pretese, in quanto i ricorrenti deducono una posizione soggettiva che non pu essere configurata come di diritto soggettivo, ma, se mai, d'interesse legittimo. Infatti, non solo non esite alcuna norma che riconosca al privato il diritto di esigere dalla P. A., la tutela immediata e diretta della propriet contro la attivit dannosa della P. A., ma come si detto, i poteri di cui i coniugi Brogna invano avevano sollecitato l'esercizio, hanno carattere eminentemente discrezionale; il mancato esercizio di essi -quale che ne possa essere stata la ragione ricorrente nella specie (opinione che le opere in questione, ancorch lesive della propriet dei Brogna, non pregiudicassero in alcun modo, o sensibilmente, il buon regime delle acque pubbliche, ecc.) -non pu profilare alcun diritto soggettivo dei Brogna che sia stato leso dalla P. A., e quindi non pu rendere proponibile alcuna pretesa nei confronti della P. A. al ristoro dei danni, neppure nella forma secondaria e sostitutiva di una condanna al risarcimento pecuniario, pronunciabile dal giudice ordinario. In altri termini, l'esercizio, il mancato esercizio o il cattivo esercizio della pubblica funzione di polizia demaniale, e di polizia idraulica in specie, va considerato pur sempre come esplicazione di una pubblica funzione discrezionale, come del resto, si pu dire per tutte le funzioni di polizia (invano cercando i ricorrenti di restringere tali concetti alla polizia di sicurezza), la cui regolamentazione non pu fondare nei privati interessati, in concorrenza di tutti gli altri elementi richiesti dal sistema, altro che una situazione di interessi protetti ; cosicch, nella specie, ammesso che si fosse perfezionata la fattispecie del silenzio-rifiuto, da parte dell'organo di polizia demaniale, di provvedere intorno una situazione, in cui l'interesse pubblico, direttamente inteso ed amministrato, avrebbe coinciso con la tutela del diritto di propriet dei coniugi Brogna, i rimedi giurisdizionali, quanto meno, in via immediata, avrebbero do- costruzione di una normativa, in un tentativo, meglio, di inquadramento di una normazione particolare, dettata da speciali esigenze di pubblico interesse, nel principio generale dell'obbligo del neminem laedere, cui indubbiamente anche la Pubblica Amministrazione soggetta. Ma non pu dirsi che lo ,sia incondizionatamente: lo tutte le volte in cui l'attivit della Pubblica Amministrazione non sia specificamente e puntuammente regolata da norme, di fronte alle quali le posizioni di diritto subiettivo dei terzi vengano a degradarsi, cosicch, venendo a mancare nei terzi un diritto subiettivo perfetto, di contro non pu nemmeno configurarsi nella Pubblica Amministrazione la sussistenza dell'obbligo del neminem laedere. Nel caso in esame -come dicevamo - la lettera della Legge e pi ancora lo spirito informatore di essa che contrasta con il principio affermato da1la Corte di Cassazione. L'art. 2 del t. u. sulle Opere Idrauliche attribuisce alla P. A. preposta alla tutela delle Acque Pubbliche un potere di carattere generale, da 1388 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vuto essere identificati soltanto nel ricovso, per annullamento, ai competenti organi di giustizia amministrativa (cfr. l'art. 143 lett. b) del t. u. n. 17.75 del 1933 nelle acque, che attribuisce, tra l'altro, alla cognizione diretta del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, i ricorsi, anche per il merito, contro i provvedimenti definitivi adottati dall'autorit amministrativa in materia di regime delle acque pubbliche, ai sensi dell'art. 2 pi volte citato e successive modificazioni). N, per concludere sul secondo motivo di ricorso, dalla astratta configurabilit, prospettata dai ricorrenti, di un dovere dell'amministrazione di provvedere, ricorrendo genericamente le situazioni previste dall'art. 2, nei sensi previsti dalla norma stessa, pu derivare la proponibilit dell'azione giudiziaria rivolta alla declaratoria di illegittimit del comportamento negativo, e alla condanna al risarcimento dei danni, giacch tale < astratto dovere non si concreta, nel sistema dalla! egge, in un obbligo, in senso tecnico, che vincoli l'amministrazione nei confronti del privato. Dal complesso dei concetti sopra precisati chiara emerge poi, l'esattezza della soluzione adottata dal Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, anche in ordine alla richiesta di rimessione in pristino, dichiarata improponibile sia pure con la succinta specifica motivazione proprio perch l'acqua pubblica, gli appellanti non hanno alcuna azione per ottenere la riduzione in pristino . Cos come spettava esclusivamente all'autorit amministrativa di stabilire, discrezionalmente, se impedire o no lo spostamento del torrente Rio Sanfratello, cosi spettava alla stessa autorit, e sempre nell'esercizio di un potere discrezionale, di provvedere, o di non provvedere, a seguito dell'esposto, cio di ordinare o meno la distruzione o la modificazione delle opere eseguite e il ripristino della situazione anteriore, o di procedere o di non procedere direttamente o in via coattiva a tale ripristino, a mezzo dei suoi organi esecutivi. Le ragioni sopra precisate, quanto alla inesistenza di un diritto soggettivo dei ricorrenti esercitarsi nell'interesse pubbllco della difesa idraulica, e di fronte a tale potere gli interessi dei privati. non possono che avere una tutela indiretta e riflessa. L'opera idraulica deve rispondere prima all'interesse pubblico del buon regime delle acque e solo subordinatamente agli interessi privati che l'opera idraulica serva o che, comunque, da essa possano, in ipotesi, subire una lesione. Pu anche avvenire che l'opera idraulica, proprio per assolvere alla funzione preminente di tutela del buon regime delle acque, cagioni danni a privati, perch la Pubblica Amministrazione, nell'esercizio del potere indicato, ha dovuto necessariamente 1scegliere fra l'interesse pubblico e queLlo del privato, fra il danno ben pi grave ipotizzabile per la collettivit ed il danno meno grave ipotizzabile a carico del privato ed ha dovuto sacrificare la posizione di quest'ultimo di fronte all'interesse pubblico della collettivit. In situazioni del genere non ipotizzabile la violazione dell'obbligo del neminem laedere, perch l'attivit dell'Ammi PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1389 la cui lesione rendesse esperibile in sede giudiziaria un'azione di con~ danna della amministrazione, al risarcimento dei danni, valgono, poi, e a maggior ragione, a rendere inammissibile una pronuncia del giudice che, suscettibile di esecuzione in forma specifica, secondo le norme del codice di procedura civile attinenti all'esecuzione degli obblighi di fare o di non fare, ordinasse la restituzione delle cose al pristino stato. N tale conclusione pu essere scossa dai sia pur suggestivi rilievi in contrario, contenuti nel motivo primo del ricorso, secondo cui una tale pronuncia giudiziaria sarebbe stata e sarebbe ammissibile, sia perch la domanda relativa era stata proposta, e la correlativa condanna vrebbe dovuto essere emessa esclusivamente nei confronti dei privati autori dell'atto dannoso, sia perch tale pronuncia giudiziaria non avrebbe inciso su alcuno specifico atto amministrativo, e su alcuno specifico comportamento positivo della P. A., nella specie insussistente, sia infine perch, in base ad una nozione di ordine generale, non avrebbe nemmeno possibilit di profilarsi una situazione di difetto di giurisdizioneimproponibilit della domanda, ove 1a controversia civile si svolga, quali legittimi contraddittori, soltanto tra privati. Invero, la direzione formale della domanda soltanto verso gli autori materiali della deviazione del corso del torrente e delle altre opere dannose, non esclude, che, trattandosi di operare su un bene demaniale, sia pure in senso inverso alle attivit arbitrarie svolte dai privati, la proinuncia del giudice, ed ancora, pi la sua esecuzione coattiva ad opera di organi ausiliari della giustizia, si sovrapponga a quella valutazione, mista di discrezionalit amministrativa e tecnica, spettante alla P. A. nel suo specifico compito di polizia idraulica sul se, e sui modi pi idonei per restituire le acque pubbliche al loro originario corso e al loro originario regime, in funzione preminente dell'interesse attuale della collettivit. In casi di tal genere, si ritiene dalla dottrina e dalla giurisprudenza prevalenti, che anche se la domanda sia rivolta da un privato contro un altro soggetto privato, ed anche se esista la semplice inerzia e non gi nistrazione non va valutata nei confronti del diritto del singolo sibbene in relazione alla posizione generale della collettivit. Esattamente il Tribunale Regionale delle Acque di Firenze, giudicando ne1ila controversia, aveva affermato: A ben comprendere lo spirito informatore della norma, devesi ricordare che il fine della difesa idraulica non quello di tutelare la proprietd dei singoli titolari delle rive e dei beni ad esse adiacenti, ma di assicurare l'integritd del territorio dello Stato, sicch l'Amministrazione, allorch emana un provvedimento positivo o negativo nell'interesse generale, per il buon regime delle acque pubbliche, deve essere sottratta in modo assoluto al Sindacato giurisdizionale perch il suo atto attiene alla funzione di pubblico interesse che ad essa Amministrazione spetta . N la lettera n lo spirito informatore della norma confortano, quindi, la nuova interpretazione che della norma stessa hanno ritenuto di poter 1390 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO un atto amministrativo specifico o un comportamento positivo della P. A., concludente in modo inequivocabile nel senso della rispondenza del nuovo stato di cose posto in essere all'interesse pubblico, la pronuncia di rimessione in pristino del bene demaniale, da parte del giudice ordinario, rimarrebbe preclusa in base ai principi desumibili dalla legge del 1865 sul contenzioso, e particolarmente dal suo art. 4; norma questa che, se rettamente intesa, non soltanto impedisce all'autorit giudiziaria di revocare o modificare gli atti amministrativi, ma le fa altresi divieto di emettere condanne che, direttamente o indirettamente, obblighino l'amministrazione a fare o a non fare qualche cosa, o soprappongano, comunque, o sostituiscono la volont del giudice a quella che legittimamente pu emanare soltanto dalla P. A.,a ttraverso gli interventi riservati dalla legge agli orgai di questa. -(Omissis). II (Omissis). -Con il secondo motivo, peraltro, l'Amministrazione ricorrente, denunciando l'improponibilit, allo statod egli atti, della domanda, per difetto di giurisdizione, la violazione e la falsa applicazione del citato art. 4 della I. 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E, nonch dell'art. 2 del t. u. sulle opere idrauliche 2,5 luglio 1904, n. 523, parimenti citato, ed inoltre il difetto di motivazione della sentenza impugnata, ai sensi dell'art. 360, nn. 1, 3 e 5., c. p. c., sostiene che erroneamente il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche abbia ritenuto che la lesione del diritto del proprietario del fondo danneggiato da opere od atti della P. A. in materia di regime delle acque pubbliche possa essere fatta volere indipendentemente dal riconoscimento della donnosit delle opere da parte della autorit amministrativa, richiesto ed emesso a sensi del 2 comma del citato art. 2; in particolare sostiene che la sentenza impugnata abbia erroneamente interpretato tale norma, nel dare le Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Non dato distinguere fra destinatari della statuizione o del provvedimento ed estranei al rapporto, per affermare che nei confronti di questi ultimi la norma di cui all'art. 2 del t. u. sulle Opere Idrauliche non opererebbe, valendo per essi i principi normali circa la responsabilit extracontrattuale della P. A. e, conseguentemente, l'obbligo del neminem laedere. L'interesse pubblico, di cui, in materia di Opere Idrauliche, portatrice l'Amministrazione preposta alla tutela delle Acque Pubbliche, operativo e prevale su tutti gli interessi privati che alle acque pubbliche siano collegati o che da esse siano condizionati. Esso, perci, non pu non determinare un affievolimento di tutte le posizioni di diritto in cui si concretino i detti interessi privati, cosicch a ritenersi che la statuizione o il provvedimento operi non soltanto nei confronti dei destinatari ma anche dei terzi, i quali an PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1391 punto in cui ha affermato che la norma stessa si applichi soltanto alle ipotesi in cui le opere dannose siano poste in essere da soggetti privati, e non da organi dell'Amministrazione, ed afferma che, invece, l'omisione del provvedimento ivi previsto precluda l'esercizio di qualsiasi pretesa, che sia fondata comunque su opere e provvedimenti concernenti il regime delle acque, sia che provengano da soggetti privati sia che siano compiuti da organi della P. A. Queste Sezioni Unite sono di avviso che la pronuncia del Tribunale Superiore che ha rigettato l'eccezione di improponibilit meriti conferma, ed a tale conclusione sono giunte attraverso un pieno riesame della norma in discussione. Sembra, invero, da accogliere, in primo luogo, la t$i, affermata dalla sentenza impugnata, secondo la quale l'ipotesi cui si riferisce direttamente il 2P comma del citato art. 2,, con riferimento alla enunciazione . contenuta nella prima parte dello stesso articolo, quella di attivit compiute . da soggetti . diversi dagli organi della P. A. Questa tesi si fonda soprattutto su un rilievo testuale; la norma, infatti, attribuisce ali' Amministrazione la facolt di ordinare la modificazione delle situazioni, la cessazione delle attivit e la distruzione delle opere, che siano dannose per il regime delle acque. Orbene, se l'Amministrazione intendesse provvedere in tali sensi, nei confronti di opere od attivit ad essa risalenti, non emetterebbe ordini, ma direttamente compirebbe le attivit innovative, cesserebbe dalle attivit in corso od effettuerebbe la distruzione delle opere esistenti, mentre solo in relazione ad atti compiuti da soggetti ad essa estranei pu essere configurata l'emissione di ordini di modificazione, cessazione o distruzione. La tesi trova indubbio appoggio, come la stessa sentenza impu gnata ha rilevato, nella formulazione della lett. e) dell'art. 140 del t. u. sulle acque pubbliche, in cui si trova nettamente distinta l' opera se guita dalla pubblica amministrazione del provvedimento emesso dall'autc:>rit amministrativa., con riferimento appunto all'art. 2 del t. u. sulel opere idauliche, di cui si discute si che appare fondata la che, di fronte ad una situazione di pericolo o di danno di un'opera idrau lica, debbono farne denuncia alla Amministrazione preposta alla tutela per ottenere quel provvedimento a:nuninistvativo, che condiziona la propo nibilit di una azione di danni. N si dica che, in tal modo, i terzi sarebbero sprovvisti di adeguata tutela, perch avverso il provvedimento ammesso il ricorso al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche anche per il merito e successivamente le ragioni di danno potranno essere esperite innanzi al Giudice dei diritti, sia pure con il limite che dinanzi ai Giudici ordinari non potranno pi discutersi le questioni gi risolute in via amministrativa. Si aggiunga che tutto ci riguarda le azioni di risarcimento danni de rivanti da una pretesa responsabilit extracontrattuale della Pubblica Am 1392 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO deduzione he questa norma, nella parte in cui menziona ordini , cio provvedimenti, non si riferisca alle opere compiute dalla P. A., ma riguardi opere ed attivit poste in essere da soggetti diversi dall'amministrazione competente. Tuttavia non pu non essere rilevato che l'ultimo comma dello stesso art. 2, che statuisce: Le disposizioni del presente articolo si applicano a tutte le opere di carattere pubblico che si eseguiscono entro l'alveo o contro le sponde di un corso d'acqua ., rende applicabile l'intera disciplina ivi prevista anche all'ipotesi in cui le opere o le attivit, che si assumono dannose, siano compiute dalla P. A. Anche se, infatti, si voglia ritenere, con un'interpretazione particolarmente restrittiva, che in tale comma venga considerata solo la ipotesi in cui le opere di carattere publico vengano compiute da organi od enti che, pur facendo parte della publica amministrazione, siano diversi da quelli preposti alla tutela del regime delle acque, non potrebbe, comunque, essere negato che ivi sancita l'appilcabilit di tutte le disposizioni contenute nell'articolo, e quindi anche di quella posta nel secondo comma, ad ipotesi di attivit compiute dalla P. A. Sembra che tale rilievo impedisca, dunque, di accogliere integralmente la tesi affermata dalla sentenza impugnata, secondo la quale la disposizione del secondo comma sarebbe da applicare solo nelle ipotesi di opere od attivit compiute da soggetti diversi dalla P. A., ed invece sia pi corretto ritenere che il provvedimento che accerti la dannosit, o meno, dell'opere o dell'attivit per il regime delle acque debba essere richiesto ed emanato tutte le volte che sorga contstazione intorno alla rispondenza di un'attivit, sia di privati che dell'amministrazione, al buon regime delle acque publiche . La ragione, peraltro, in base alla quale deve essere escluso che l'emanazione di tale provvedimento sia preliminare alla proposizione dell'azione giudiziaria sia nel caso in esame sia in ogni altro in cui si pretenda il risarcimento di un danno per fatto colposo dell'amministrazione nello svolgimento dell'attivit amministrativa inerente alla ministrazione. Resta sempre salva e non condizionata ad alcun provvedimento l'azione per indennizzo, ex art. 46 della 1. n. 2359 del 25 giugno 1865 e art. 140, lett. d, del t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775, per i danni di carattere permanente derivanti dalla esecuzione e manutenzione di opere idmuil.iche. (2) La seconda massima pienamente conforme ai principi oramai largamente consolidati circa i poteri del Giudice ordinario nella esplicazione del sindacato ad esso spettante, entro i limiti di cui agli artt. 4 e 5 della legeg abolitiva del Contenzioso Amministrativo, sugli atti della P. A. La massima di particolare interesse per il riferimento che essa ha ai compiti spettanti alla P. A. in materia di polizia idraulica. G. ALBISINNI PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1393 tutela del demanio idrico, risulta da altre considerazioni, che si traggono dai principi generali del diritto amministrativo, di cui si trova riflesso anche nella sentenza impugnata. . Prescindendo dalle ipotesi nelle quali, essendo abusivo il comportamento di singoli, il potere dell'amministraznone trova fondamento nel principio dell'autotutela, da osservare che, nel ca.so di comportamento lecito del singolo, i diritti soggettivi possono trovare tutela piena nei confronti della P. A. oppure rimanere condizionati alla soddisfazione del ptiblbico interesse. In questa seconda ipotesi, che dottrina e giurisprudenza qualificano come affievolimento dei diritti soggettivi, atribuita alla P. A. la potest discrezionale di valutare entro quali limiti i diritti dei singoli debbano essere sacrificati al pubblico interesse. appunto una situazione di affievolimenuto che si trova enunciata e regolata nel citato art. 2 del t. u. sulle opere idrauliche. La norma, infatti, attribuisce alla P. A. la potest di emettere ogni provvedimento e di compiere ogni attivit che afferisca al regime delle acque pubbliche e subordina, cosi, i diritti dei soggetti al perseguimento del fine generale del buon regime delle acque stesse. L'Amministrazione pu, in altri termini, imporre la sua volont con ordine ( statuire ) ovvero attuare direttamente il soddisfacimento dell'interesse pubblico ( provvedere ) nei confronti degli utenti, sia l'uso delle acque, da parte di questi, uso generale, speciale o eccezionale, sia che esistano concessioni di costruire opere entro gli alvei e contro le sponde, sia che l'amministrazione stessa od altri abbiano provveduto ad opere pubbliche nell'alveo o contro le sponde. Tale potere si dirige ai destinatari del comando, che impone di cessare o di modificare l'esercizio del diritto, ovvero del provvedimento, che importi modificazione o distruzione delel opere. nei confronti di questi destinatari che opera la norma dell'art. 2, secondo comma, in base al quale, quando sorga contestazione intorno ad interessi legati con il regime delle acque, occorre che sia provocato dall'intressato un apposito provvedimento dell'amministrazione, che si pone come presupposto per le impugnative, davanti al Tribunale Superiore delel acque publbiche, delle statuizioni e dei provvedimenti anche per il merito, e, nel caso di annullamento e conseguente riespansione del diritto gi affievolito, davanti al giudice dei diritti (Tribunale Regionale), per il risarcimento dei danni. L'esigenza dell'emanazione di un provvedimento consimile viene a mancare, invece, quando la pretesa riguardi posizioni soggettive o non affievolite (perch di terzi non destinatari della statuizione o del provvedimento) ovvero non passibili comunque di affievolimento, ma munite di tutela piena ed incondizionata nei confronti della P. A. J6 1394 1394 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Tra queste si pone, in primo luogo, la posizione soggettiva attiva corrispondente al generale obbligo di correttezza e diligenza, all'obbligo del neminem laedere, cui dottrina e giurisprudenza hanno ormai definitivamente accertato, come si rilevato innanzi, che incondizionatamente soggetta anche la P. A., quanto meno nello svolgimento di attivit con riflessi materiali. Ogni soggetto, infatti, pu pretendere che la P. A. adempia a tale obbligo di diligenza e risponda delle conseguenze dannose dell'eventuale inadempimento, sia che l'attivit della medesima P. A. incida su posizioni giuridiche munite di tutela piena, sia che l'attivit stessa si svolga in una situazione nella quale abbia avuto luogo un affievolimento delle posizioni soggettive. L'obligo di diligenza, invero, non muta contenuto e sanzione in relazione alla categoria dei rapporti nell'ambito dei quali l'attivit si svolge, ma si pone come obbligo generale al cui rispetto ogni soggetto tenuto, nello svolgimento di qualsiasi attivit, sl che l'inosservanza di esso non pu trovare giustificazione nell'affermazione di una esigenza di tutela dell'interesse pubblico. Nei confronti di una pretesa di risarcimento fondata sull'inadempimento di tale obbligo non pu trovare posto, dunque, una manifestazione di volont o di giudizio della P. A., che dichiari la rispondenza, o meno, della attivit compiuta al pubblico interesse, giacch anche nell'attuazione del pubblico generale interesse la P. A. tenuta alla osservanza di quell'obbligo ed responsabile delle conseguenze dannose derivanti dalla inosservanza. Deve essere precisato, quindi, che il provvedimento previsto dal secondo comma dell'art. 2 del t. u. sulle opere idrauliche richiesto, e si pone come condizione per l'esercizio delle pretese relative in sede giurisdizionale, ogni volta che venga in discussione la sussistenza, o meno, di un affievolimento della posizione soggettiva vantata dalla controparte, ma non sia richiesto, ed anzi sia inammissibile, quando la pretesa riguardi posizioni non suscettibili di affievolimenti, quale , in primo luogo, la pretesa di risarcimento di danni per inosservanza dell'obligo generale di diligenza, ossia per attivit dannose imputabili a colpa dell'Amministrazione publica. Di questi principi si trova eco nella sentenza impugnata, dove viene rilevato che con l'esigere un preventivo riconoscimento amministrativo della dannosit dell'opera eseguita dalla medesima amministrazione per subordinare a quel riconoscimento la proponibilit dell'azione di risarcimento dei danni cagionati dall'opera medesima, si verrebbe a contravvenire al fondamentale principuio nemo iudex in causa propria, in quanto sarebbe attribuito alla stessa P. A. il potere di rimuovere il limite ad un'azione diretta contro l'Amministrazione PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1395 medesima~. Alla. valutazione ed. al giudizio della P. A, non prt essere data, infatti, rilevanza alcuna .quando si tratti di obblighi, come quello del neminem laedere, all'osservanza . Il principio enunciato nella massima, inoltre, non sembra possa conciliarsi con l'art. 3, primo comma, del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775 e con la legge 18 dicembre 1951, n. 1550, potendo facilmente verificarsi che il tempo necessario per la prescrizione sia gi decorso al momento in cui l'utente, pur nei termini di legge, assuma le iniziative richieste per il riconoscimento (e a tale riguardo non pu ovviamente attribuirsi rilievo alla maggiore durata stabilita dal codice civile del 1865 per la prescrizione ordinaria): ipotesi per la quale l'art. 38, interpretato nel senso sopra ricordato, risulterebbe praticamente inapplicabile, indipendentemente da even 1408 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO volont del titolare di esso, il ritardo da parte di questo nel procedere agli atti necessari per renderlo azionabile, funziona ad esclusivo suo danno e non pu, quindi, ostacolare il verificarsi della prescrizione. Non in contrasto con detto criterio la giurisprudenza invocata dall'appellante, sia della Corte di Cassazione (Cass. Sez. Un. 22 maggio 1951, n. 1271; 25 giugno 1943, n. 1600) sia di questo stesso collegio (Trib. Sup. Acque Pubbl. 19 dicembre 1960, n. 36), secondo la quale l'Amministrazione demaniale pu richiedere il pagamento, con decorrenza dal 1 luglio 1924, data della soppressione della gratuit totale o parziale delle utenze, in qualunque tempo avvenga il riconoscimento dell'utenza, e non sono soggetti a prescrizione i canoni maturati precedentemente; perch l'esclusione cui dette sentenze fanno riferimento quella della prescrizione quinqunnale delle annualit (art. 2144 c. c. 1865; art. 2948 c. c. vigente) ed posto in relazione alla data di riconoscimento dell'utenza, mentre, nella specie, non v' stato riconoscimento e il problema quindi non si pone. N poteva decorrere la prescrizione quinquennale per il periodo anteriore all'intimazione di pagamento per la ragione indicata nell'impugn~ta sentenza, e cio perch la somme richieste, a causa del mancato riconoscimento dell'utenza, hanno pi natura di indennizzo che non di annualit. stato parlato sinora, e a ragion veduta, di prescrizione ordinaria in genere, e non della prescrizione decennale dell'art. 2946 c. c., perch devesi risolvere il problema di diritto intertemporale, del coordinamento tra la prescrizione trentennale delle azioni quale era stabilita dall'articolo 2135 c. c. 1865 e la prescrizione ordinaria decennale regolata dal tuali ritardi imputabili all'Amministrazione; a parte il fatto, Poi, che, essendo il riconoscimento condizionato alla iniziativa dell'utente, un onere dell'Amministrazione di richiedere il pagamento dei canoni nei termini di prescrizione (ipotizzato invece in via di principio nella decisione in rassegna) potrebbe tutt'al pi configurarsi solo con riferimento al periodo successivo alla domanda di riconoscimento, per quel periodo, cio, durante il quale il decorso della prescrizione dovrebbe comunque considerarsi sospeso. Anche l'orientamento dottrinario risulta in senso contrario alla sentenza in rassegna. L'obbligo del pagamento del canone -osserva, sia pur criticando il sistema della legge, il BuscA, Le acque nella legislazione italiana, 1962, 204 -decorre, in ogni caso dal 12 luglio 1924, e poich l'effettiva imposizione del canone avviene collo stesso atto di riconoscimento, il quale avvenuto, in molti casi, soltanto in epoca recente, e, anzi, per qualche utenza, esso tuttora in corso, le utenze sono state e saranno tenute al pagamento del canone per una lunga serie di anni arretrati, esclusa ogni possibilit di eccepi?'e la prescrizione estintiva del diritto dell'Amministrazione, che resta in tal modo sottratta alle conseguenze che nel nostro ordinamento giuridico derivano dalla inerzia nell'esercizio dei diritti; lo stesso A. ritiene, anzi, che pur non potendosi dubitare che anche :~ -:: PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1409 codice civile al citato art. 2946. Il problema si risolve alla stregua delrart. 252, primo comma, disp. trans. c. c.; per il quale, quando per la prescrizione il codice nuovo stabilisce un termine pi breve di quello fissato dalle leggi anteriori, il nuovo termine -si applica anche alle prescrizioni in corso, ma decorre (trattandosi, nella specie, di termine stabilito dal libro sesto del.cotlice) dal :u aprile .1942 purch, a norma della legge precedente non rimanga da decorrere un termine minore . Alla data del 21 aprile 1942, i canoni in contestazione (decorrenti dal 10 luglio 1924 al 30 giugno 1943) potevano essere tutti richiesti, ad esclusione degli ultimi due, che dovevano addirittura ancora maturare; E poich anche per il canone pi remoto, quello con scadenza 10 luglio 1924, rimaneva da decorrere tin termine di prescrizione superiore l .decennio, bisogna aver riguardo, in ordine a tutte le annualit, al termine prescrizionale dell'art. 2946 c. c. vigente, iniziando il conteggio dal 21 aprile 1942. Ci ha ritenuto anche il Tribunale Regionale, ma l'Amministrazione appellante lamenta che non sia stato tenuto presente che, prima dell'invito di pagamento del 12 giugno 1954, vi era stato un altro atto interruttivo della prescrizione in data 4 giugno 1951 e che non si sia neppure tenuto conto .della sospensione del corso della prescrizione durante il tempo di guerra. Il primo rilievo non ha fondamento, perch del preteso atto interruttivo del 1951 non v' traccia alcuna negli atti, n risulta che si sia mai parlato; fondato , invece, il secondo rilievo. i crediti dello Stato sono soggetti a prescrizione estintiva quando non ri.. sulti diversamente disposto daHa legge, gli artt. 6 e 7 del r. d. 25 febbraio 1924, n. 456 (riprodotti all'art. 38 del r. d. 11 dicembre 1933, n. 1775) non possono interpretarsi se rion nel senso che colle norme ivi stabilite il legislatore abbia appunto inteso di escludere la presctizion estintiva, e che perci l'Amministrazione abbia sempre facolt di addivenire in qulunque tempo alla imposizione del canone, il quale decorrer sempre dal 1 luglio 1924, salva la prescrizione quinquennale delle singole annulit quando l'Amministrazione, dopo aver provveduto alla imposizione del canone, ne trascurasse la riscossione (op. cit., 266). Per la imprescrittibilit dei canoni, cfr. pure M1ccoLI, Le acque pubbliche, 1958, 181, con riferimento, per, alla prescrizione quinquennle; sulla possibilit di far valere ila prescrizione (affermata solo incidentalmente e senza esame del problema) cfr. Cass., 6 agosto 1962, n. 2537, Giur. it., 1953, I, l; 712, in motivazione. Nel merito, la decisione in rassegna ha accolto l'appello proposto dall'Amministrazione delle finanze, escludendo dal computo del termine di prescrizione il periodo di sospensione di cui al r.d.l. 3 gennaio 1944, n. 1, e al d. lg. lgt. 24 dicembre 1944, n. 392. A. MARZANO 17 1410 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Infatti, in virt del d. 1. 3 gennaio 1944, n. 1 e del successivo d.1.1. 24 dicembre 1944, n. 392, i termini di prescrizione furono sospesi dal1'8 settembre 1943 fino a sei mesi dopo la cessazione legale dello stato di guerra, cio fino al 15 ottobre 1946 (essendo stata detta cessazione fissata convenzionalmente al 15 aprile 1946); esattamente per un periodo di anni tre, mesi uno e giorni sette. Ci decisivo ai fini dell'accoglimento dell'appello, perch, se in base agli atti 2946 c. c. e 252 disp. trans., anche per il pi antico canone, quello con scadenza 1 luglio 1924, il termine prescrizionale si sarebbe compiuto al 21 aprile 1952, se non vi fosse stata cio la sospensione dei termini dall'8 settembre 1943 al 15 ottobre 1946 (tre anni un mese e sette giorni), una volta tenuto conto di detta sospensione, il termine prescrizionale, anche per il canone pi antico, veniva a scadere non pi il 21 aprile 1952, ma il 28 maggio 1955. E poich prima di tale data, la prescrizione era stata interrotta con l'invito di pagamento 12 giugno 1954, tutti i canoni dal 1924 al 1943 sono dovuti, non operando, rispetto ad essi, la prescrizione. -(Omissis). LODO ARBITRALE 11 novembre 1965, n. 86 (Roma) -Pres. Cesareo Impresa Trischitta (avv. Lilla) c. I.A.C.P. Messina (avv. Brancati) e Ministero LL.PP. (avv. Stato Del Greco). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Collaudo -Contenuto delle relative operazioni. Appalto -Appalto di opere pubbliche -Collaudo -Provvedimento di approvazione -Natura giuridica. Arbitrato -Mancata approvazione del collaudo -Domanda di arbitrato -Improponibilit. n collaudo di un'opera pubblica non si esaurisce in un singolo atto, ma consiste in una serie di operazioni aventi lo scopo non solo di accertare la corrispondenza dell'opera alle pattuizioni di contratto ed alle regole dall'arte, ma di verificare anche l'esattezza di tutta la gestione contabile. Ne consegue che il compimento di uno o pi di tali atti (scioglimento delle riserve, pagamento delle rate dovute ed anche di quella di saldo), non esauriscono tutta la gamma delle operazioni di collaudo, poich le stesse vanno prese nel loro insieme e costituiscono un complesso unico ed inscindibile, che per spiegare effetto richiede l'approvazione formale definitiva ed incondizionata, concretantesi in un ~ PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1411 negozio di accertamento da parte del competente organo amministrativo (1). Il collaudo assume rilevanza giuridica esterna solo dopo l'approvazione, la cui mancanza rende improponibile la domanda arbitrale (2). (Omissis). -Osserva il Collegio che l'eccezione, sollevata dall'I. A.C.P. ed alla quale si associata l'Avvocatura Generale dello Stato, di inammissibilit dell'istanza di arbitrato proposta dall'Impresa Trischitta giuridicamente fondata e merita pertanto accoglimento. L'art. 44 del Capitolato Generale di appalto delle opere di competenza del Ministero dei LL.PP. approvato con D. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063 e che riproduce l'analoga disposizione contenuta nel Cap. gen. appro'V'ato con d. m. 28 maggio 1895, prescrive testualmente che per tutte le controversie la domanda di arbitrato deve essere proposta dopo l'approvazione del collaudo ; norma cotesta che trova la sua giustifiazione nella peculiare natura del collaudo sotto il profilo tecnico-contabile, il quale peraltro assume rilevanza giuridica esterna solo dopo la deliberazione di approvazione adottata dal Ministero dei LL.PP. Che tale deliberazione non esistesse all'atto della proposizione della domanda di arbitrato e che non sia in seguito intervenuta, almeno sino alla data della presente decisione, non pu essere posto in dubbio, e n, come sostiene l'istante, da una siffatta approvazione si pu in alcun modo prescindere e n comunque essa potrebbe essere considerata superata, avuto riguardo al successivo comportamento delle parti. Ed invero il collaudo non si esaurisce nella esecuzione di un singolo atto, consistendo in una serie di operazioni che hanno lo scopo non soltanto di accertare la corrispondenza o meno dell'opera alle pattuizioni contrattuali ed alle regole d'arte, ma di verificare altresi se i dati risultanti dai conti e dai documenti giustificativi ed i compensi attribuiti siano esatti. Ne consegue pertanto che il compimento di uno o pi di tali atti (scioglimento delle riserve, pagamento di rate dovute ed anche della rata di saldo, ecc.), non esauriscano tutta la gamma delle operazioni inerenti al collaudo poich tutte, prese nel loro insieme, costituiscono un complesso unico ed inscindibile, il quale comunque per spiegare i suoi effetti richiede l'approvazione formale, definitiva (1-2) Nella giurisprudenza arbitrale (in questa Rassegna, 1964, I, 1178; 1966, I, 1134), era stato ritenuto proponibile il giudizio arbitrale anche in mancanza di collaudo, a seguito della semplice diffida a provvedere da parte dell'Impresa. L'indirizzo risultava frutto di inadeguata valutazione della natura giuridica del collaudo, ed era in contraddizione con l'insegnamento della Corte Suprema, espresso nella sentenza ricordata nel testo, alla quale, adde 22 dicembre 1964, n. 2968 (in questa Rassegna, 1965, I, 222). La decisione ora pubblicata corregge l'accennato indirizzo, ed lucidamente motivata. Va solo osservato che sarebbe stata opportuna l'ulte 1412 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ed incondizionata, che si concreta in un negozio di accertamento, da parte del competente organo amministrativo. N poi questo Collegio pu sindacare i motivi per i quali l'autorit amministrativa non ha proceduto all'approvazione del collaudo ed addirittura ritenere siffatta approvazione superflua o ritenerla implicitamente avvenuta, in quanto noto che inibito al giudice (e quindi anche a questo Collegio che esplica funzioni di giurisdizione ordinaria) di esercitare un qualsiasi controllo sul merito dell'attivit .amministrativa. Posto dunque che nella specie non intervenuta l'approvazione del collaudo e che d'altro canto non ricorre alcuna delle ipotesi per cui possa farsi luogo al giudizio arbitrale prima di tale approvazione, si pone il problema se, di fronte ad un atteggiamento negativo della Pubblica Amministrazione causato anche da semplice negligenza nel compimento di quell'atto formale terminale e conclusivo del contratto di appalto che si identifica nel collaudo, l'appaltatore, e cio il contraente pi debole, sia sfornito di qualsiasi mezzo per costringere l'altro contraente ad adempiere quella determinata funzione che, se pur rientra tra i suoi specifici compiti, non pu peraltro essere arbitrariamente rifiutata o ritardata senza rilevante danno del cittadino. A tal uopo la Suprema Corte di Cassazione si anche di recente pronunziata con sentenza delle Sez. Un. in data 11 aprile 1963, n. 927, affermando il principio che, ove la P.A. ritardi nell'adottare la deliberazione di approvazione del collaudo, l'appaltatore pu ricorrere all'Autorit Giudiziaria ordinaria per far dichiarare l'obbligo della Stazione appaltante di procedere all'approvazione entro il termine che sar fissato dal giudice ex art. 1183 e.e. Al suesposto principio avrebbe dovuto pertanto uniformarsi l'istante, poich nel contratto stipulato tra lui e l'I.A.C.P. non prefissato alcun termine per l'esperimento delle operazioni di collaudo, e, non avendolo :fatto prima di proporre l'istanza di arbitrato, non pu sfuggire ad una pronunzia di inammissibilit dell'istanza medesima, la quale, poi, atteso il suo carattere pregiudiziale ed assorbente, vieta al Collegio di esaminare le altre domande ed eccezioni hinc inde formulate. -(Omissis). riore puntualizzazione, secondo cui 1anche se l'approvazione del coll.audo sopraggiunge in corso di lite, il giudizio resta improponibile. Infatti l'approvazione costituisce un presupposto processuale, la cui mancanza causa di temporaneo difetto di giurisdizione da parte del collegio arbitrale, o del giudice ordinario eventualmente adito. Si di fronte, cio, alla stessa situazione processuale un tempo caratterizzata dalla mancata osservanza del solve et repete nelle liti tributarie. Conseguentemente, ai sensi dello art. 5 del c.p.c., non hanno rilevanza le V'ariate situazioni di fatto successive al momento della proposizione della domanda (v. su tale punto, pi ampiamente, retro, 1966, I, 1135). PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1413 LODO ARBITRALE 2 luglio 1966, n. 43 (Roma) -Pres. Cesareo -Impresa Turiaco (avv. Vitarelli) c. Ministero LL. PP. (avv. Stato Del Greco) e Istituto autonomo case popolari Caltanissetta (avv. Cavalieri). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Legge 9 agosto 1954 n. 640 per l'eliminazione di case malsane -Affidamento delle opere agli I.A.C.P. -Natura -Contratto di appalto stipulato dagli Istituti Controversie -Legittimazione passiva degli Istituti. Appalto -Appalto di opere pubbliche -Contratto -Mancata approvazione nel termine -Conseguenze. Gli artt. 4 e 5 della l. 9 agosto 1954, n. 640, sull'eliminazione delle case malsane, autorizzano il Ministero dei LL. PP. ad affidare l'esecuzione dei singoli lavori agli Istituti per le case popolari. Questo affidamento costituisce una delega di diritto pubblico, attributiva di competenza derivata, che pone l'ente delegato in una condizione pari a quella del Ministero delegante, e quest'ultimo nella posizione di soggetto investito della funzione di controllo. Ci importa che l'ente suddetto provvede sull'oggetto della delega in nome proprio e non come rappresentante dell'Amministrazione delegante; e che direttamente responsabile nei confronti dei terzi degli atti posti in essere in esecuzione della delega, senza che in contrario possano assumere rilievo le eventuali ripercussioni di tali atti nel rapporto interno tra delegante & delegato. Da tanto consegue, che l'unico legittimato passivo nelle controversie con l'appaltatore, l'Istituto delegato contraente (1). (1) La giurisprudenza arbitrale in precedenza aveva sempre affermato la legittimazione passiva del Ministero dei LL.PP., in difformit dell'insegnamento della Corte Suprema (cfr. in questa Rassegna, 1964, I, 410). E ci sia nell'ipotesi prevista dalla 1. n. 640 del 1954, che in quella analoga dell'art. 18 della 1. 4 marzo 1952 n. 137, sulla costruzione delle case per profughi. L'indirizzo della Cassazione costante in tutti i casi di affidamento di opere pubbliche ad enti delegati (v. da ultimo, Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1412, ivi, 1966, I, 854, a proposito dell'art. 3 della 1. 9 aprile 1953, n. 297 sull'attuazione di opere pubbliche di competenza del comune e della provincia di Napoli, da eseguirsi a cura della Cassa del Mezzogiorno ed affidate alle amministrazioni interessate). In particolare, secondo lo schema normativo previsto negli artt. 4 e 5 della 1. 9 agosto 1954, n. 640, poich il contratto di appalto stipulato dall'ente delegato con l'Impresa appaltatrice, immediatamente risultano precisate le parti legittimate alle eventuali controversie. A questo rapporto il Ministero dei LL.PP. :rimane estraneo, poich il proprio intervento di approvazione del progetto e del contratto e di controllo dell'appalto, si esplica in base ad una diversa situazione giuridica, e cio alla delega tra RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1414 L'appaltatore non ha diritto ad ottenere l'esecuzione del contratto, fino a quando non intervenga l'approvazione. Prima dell'approvazione egli gode di una semplice aspettativa all'esecuzione del contratto; e trascorsi i termini di legge, ha facolt di ottenere la liberazione dagli obblighi posti a suo carico, con il rimborso delle spese sostenute, ma senza compenso di sorta (2). (Omissis). -Pregiudizialmente il Ministero convenuto ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva. Assume che l'appalto in oggetto intercorso fra l'Impresa Turiaco e l'Istituto Autonomo per le Case Popolari di Caltanissetta che ha predisposto gli atti progettuali, ha concluso il relativo contratto e ha tenuto la direzione dei lavori, anche se nella gestione dell'appalto stesso v' stato il controllo dell'Amministrazione dei LL. PP. nell'esercizio dei poteri spettanti allo Stato in forza del decreto di finanziamento nell'utilizzazione dei fondi statali. Ergo, il Ministero rimasto estraneo al negozio giuridico concluso fra i soggetti su nominati e quindi non responsabile di eventuali danni derivati alla impresa dall'esecuzione del negozio stesso. Oppone l'Istituto che la chiamata e la presenza in giudizio del Ministero, quale effettivo titolare dei rapporti e dei beni in discussione, renderebbe superflua e vessatoria la presenza di esso Istituto che, conseguentemente, dovrebbe essere estromesso. La questione, che involge la legittimazione ad causam delle parti convenute dall'appaltatore, stata ampiamente esaminata dalla Suprema Corte di Cassazione (sentenze n. 1711 del 1963 e n. 128 del 1964) con l'enunciazione di principi ai quali questo Collegio arbitrale intende uniformarsi. La Corte -premesso che la delegazione amministrativa costituisce un istituto di diritto pubblico al quale non sono applicabili i criteri esso Ministero ed ente delegato, e si ispira ad evidenti ragioni tecniche e finanziarie connesse alla gestione della delega. Trattasi di rapporti ben distinti e diversi: il primo di natura prettamente contrattuale tra ente delegato ed appaltatore, il secondo di natura pubblica tra enti. Per superare le conseguenze derivanti da tale situazione non esiste altra strada che quella di riconoscere all'-ente delegato una presunta immedesimazione organica nell'ente delegante: il che da escludere recisamente, non potendosi il fenomeno della immedesimazione organica non intendere limitato ad uffici od organi, per l'impossibilit concettuale di configurare l'immedesimazione di un ente fornito di propria personalit giuridica, in altra persona giuridica pubblica. (2) A norma dell'abrogato Capitolato generale del 1895, a partire dall'aggiudicazione l'Amministrazione aveva a disposizione due mesi per stipulare il contratto (art. 7) e quattro mesi per approvarlo (art. 13). Questi termini sono ,stati variati dall'art. 4 del nuovo Capitolato generale, ma i principi restano gli stessi. In base ad essi, la prima disposizione deve essere ) i :: ~~ PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1415 privatistici del mandato e della rappresentanza -ha stabilito che la delegazione intersoggettiva fra due Enti Pubblici pone il delegato, nei limiti della delega e per la durata di essa, in una condizione pari a quella del delegante il quale viene a trovarsi nella posizione di soggetto investito di controlo. Pertanto il delegato investito del potere di provvedere rispetto all'oggetto della delega in nome proprio e non in veste di rappresentante dell'altro soggetto anche se agisce per conto e nell'interesse di quest'ultimo. Di conseguenza, l'Ente delegato direttamente responsabile nei confronti dei terzi degli atti posti in essere in esecuzione della delega senza che in contrario possano aver rilievo le eventuali ripercussioni degli atti stessi nell'ambito del rapporto interno col delegante e la loro incidenza nella sfera giuridica dello stesso. Sostiene l'Istituto che, pur sussistendo la legittimazione passiva del delegato, non sarebbe esclusa quella del delegante non potendosi disconoscere che i beni costruiti rimangono in propriet di quest'ultimo e il rapporto di delega resta limitato alla progettazione e costruzione per suo conto ed interesse. Quindi non potrebbe escludersi la responsabilit e la legittimazione concorrente del Ministero delegante che rettamente poteva essere chia mato in giudizio alternativamente con l'Istituto. L'argomentazione non condivisa dal Collegio. Proprio perch nella specie la delega aveva come oggetto la progettazione e la costruzione degli edifici, i rapporti con i terzi e l'eventuale responsabilit verso gli stessi derivanti dalla progettazione e dalla costruzione dovevano intercorrere esclusivamente con !'Istituto delegato che aveva redatto il progetto e stipulato il contratto di appalto. L'Ente delegato, infatti, ha proceduto all'appalto in nome proprio, anche se per conto e nell'inte posta in relazione agli artt. 336 e 337 della legge fondamentale sui lavori pubblici, secondo cui i contratti e non sono obbligatori per l'Amministra zione, f.nch non siano approvati dalla superiore autorit nelle forme prescritte dalle vigenti leggi; ma il deliberatario resta vincolato dal mo mento in cui ha sottoscritto l'atto del deliberamento all'asta (art. 337); e i contratti in generale sono esecutori soltanto dopo l'approvazione del l'autorit competente secondo le norme prescritte dalla legge di conta bilit generale (art. 337). Le leggi vigenti all'epoca del Capitolato generale 28 maggio 1895, erano quella del 17 febbraio 1884 n. 2016, ed il regio decreto 4 maggio 1885 n. 3074, rispettivamente sulla contabilit di Stato e relativo regolamento. Analoghe disposizioni e principi sono nella il.egge e nel regolamento di contabilit del 1923 e 1924. L'art. 12 della legge 17 febbraio 1884 n. 2016, disponeva che i contratti diventano eseguibili quando sono approvati per decreto... ed il decreto sia stato registrato presso la Corte dei Conti . L'art. 110 del regolamento 4 maggio 1885 n. 3074, stabiliva a sua volta che gli atti di aggiudicazione definitiva ed i contratti stipulati s'intendono soggetti ... alla con 1416 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO resse del Ministero che non ha contratto alcun vincolo giuridico con l'appaltatore, e il rapporto di delegazione amministrativa era separato ed autonomo dal rapporto con l'appaltatore per il quale l'altro contraente era soltanto l'Istituto appaltante. In sostanza, per effetto della natura giuridica della delegazione intersoggettiva venuta a crearsi una situazione non sostanzialmente diversa da quella del mandato senza rappresentanza in cui il mandatario agisce in nome proprio e acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dal negozio ed i terzi non hanno rapporto col mandante (art. 1705 c. c.). Perci l'Impresa doveva convenire in giudizio soltanto l'Istituto delle Case Popolari col quale stipul il contratto e non anche il Ministero. che va estromesso per carenza di legittimazione passiva. ( Omissis). Passando al merito della lite, l'Impresa assume (quesiti n. 1 e 2) che le spetta una indennit di L. 6.887 .230 complessive (vincolo capitali e attrezzature, guardiania e rincari nelle paghe e nei materiali) per il notevole ritardo nella consegna dei lavori. Espone che l'opera fu aggiudicata 1'8 gennaio 1958 con una durata prevista di 12 mesi dalla consegna dei lavori, la quale, anzich avvenire non oltre il termine di nove mesi previsto dagli artt. 7, 13 e 14 del Capitolato Generale del 1895 (due mesi per la stipula del contratto, quattro mesi per l'approvazione di questo e tre mesi per la consegna dei lavori), avvenne il 18 novembre 1959 con un ritardo di 405 giorni. Deduce che all'atto della firma del verbale di consegna inserl una riserva di danni conseguenti al ritardo e che la stazione appaltante, avendo consentita l'esecuzione dei lavori nonostante la riserva e nonostante la ricezione di una lettera in data dizione sospensiva della loro approvazione; e non sono eseguibili se non dopo che siano stati approvati con decreto ..., ed il decreto sia stato regi strato alla Corte dei Conti. Va aggiunto, che il citato Regolamento non fissava alcun termine per l'approvazione e da ci si dedusse, considerata l'equiparazione, anche ai fini dell'approvazione, degli atti di aggiudicazione definitiva ai contratti che nell'ipotesi della mancata stipulazione dell'appalto nei due mesi dell'aggiudicazione per fatto dell'amministrazione, l'unica conseguenza era quella di cui all'art. 13 de1lo stesso Capitolato generale, e cio il diritto dell'appaltatore di essere liberato -senza compenso dell'impegno assunto (RABACHINO, Il nuovo cap. gen. degli appalti, 1889, pagg. 32 e 73; CIANFALONE, L'appalto di 00.PP. 1950, p. 285). Ad identiche conclusioni si perviene sulla scorta della legge e del regolamento di contabilit vigenti. L'art. 19 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, ripete che gli atti di aggiudicazione definitiva ed i contratti, non sono obbligatori per la amministrazione, finch non sono approvati, e non sono eseguibili che dopo l'approvazione. E l'art. 114 del regolamento 23 maggio 1924, n. 827, aggiunge che se nel capitolato d'oneri o nello schema del contratto sia stabilito un terinine per l'approvazione, il contraente ha diritto di essere liberato da ogni suo impegno, ove entro il ~ =~= :il PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1417 3 ottobre 1958 con la quale l'Impresa protestava l'ingiustificato ritardo, avrebbe tacitamente riconosciuto all'impresa stessa un diritto a maggiori compensi. Eccepisce l'Istituto appaltante che, tenuto conto della stipulazione di un atto aggiuntivo in quanto l'appaltatore aveva dato il nominativo di un supplente inidoneo che s'era dovuto sostituire -non v'era stato ritardo nell'approvazione del contratto, cosi come non v'era stato ritardo nella consegna dei lavori avvenuta nei tre mesi successivi all'approvazione. In ogni caso un eventuale ritardo nell'approvazione del contratto non conferirebbe all'appaltatore -a mente del vecchio e nuovo capitolato generale -un diritto a risarcimento di danni. Osserva il Collegio che la richiesta dell'Impresa di un risarcimento per ritardata approvazione del contratto d'appalto infondata. Di vero, sino all'approvazione da parte dei competenti organi amministrativi non sussiste un diritto dell'appaltatore ad ottenere l'esecuzione del contratto poich la pubblica Amministrazione vincolata verso il privato soltanto quando tale approvazione intervenuta.Se questa non interviene, la manifestazione di volont negoziale dell'Ente appaltante non ha valore obbligatorio nei confronti dell'appaltatore, poich manca del controllo ch' elemento integratore della volont stessa a tutela del pubblico interesse. Sicch il contraente privato, prima dell'approvazione, gode di una semplice aspettativa all'esecuzione del contratto stesso e ha la facolt -trascorsi i termini di legge -di ottenere lo scioglimento del contratto col rimborso delle spese. Ci chiaramente affermato dall'art. 13 del Capitolato generale del 1895 e dell'art. 4 del Capitolato generale del 1962. La prima norma stabilisce che l'approvazione del contratto d'appalto dev'essere data nel termine di quattro termine stesso non venga emesso il decreto di approvazione ... Il contraente dichiaratosi sciolto dell'impegno assunto non pu pretendere compenso di sorta. Quindi l'approvazione costituisce una condizione necessaria per far nascere nell'Amministrazione l'obbligo di eseguire; in pendenza della quale i diritti e le legittime aspettative del privato sono tutelate solo se esiste in sede contrattuale (o nel capitolato d'oneri), un termine per l'approvazione; e, per di pi, unicamente nel solo senso indicato del legislatore: e cio, con la facolt del contraente di liberarsi dall'impegno, decorso il termine pattuito (SEPE, Encictopedia det diritto, 1961, Vol. IX, voce contratto dir. amm., p. 1010 e ss.). , Come ovvio, identiche considerazioni valgono per il termine di quattro mesi, indicato nell'art. 13 del Capitolato generale per l'approvazione del contratto. L'appaltatore, quindi, non ha alcun diritto n ad ottenere la stipulazione del contratto nei due mesi dall'aggiudicazione, n l'approvazione dell'appalto nei quattro mesi dalla stipulazione istessa; e, conseguentemente, non pu vantare pretese risarcitorie per eventuali ritardi. Se nelle more dell'approvazione del contratto, e perci prima che esso sia eseguibile da parte della Amministrazione, ha apprestato il can ~Pffilf!P41RIW~ .,~.'811..~.-r1a11J1 1418 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mesi dalla stipulazione e che, in caso di ritardo oltre il predetto termine, l'appaltatore avr diritto di ottenere lo scioglimento del contratto salvo il rimborso delle spese sostenute. La seconda norma riduce il termine a 60 giorni e ripete la stessa disposizione che si trova in altri precetti legislativi (art. 336 e 337 della legge sui lavori pubblici del 1865; art. 19 della legge e 114 del regolamento di contabilit del 1923 e 1924) i quali ribadiscono il principio che gli atti di aggiudicazione e i contratti non sono eseguibili se non dopo l'approvazione, con diritto del contraente privato ad essere liberato dall'impegno, senza compenso di sorta. Non ricorre nemmeno, nel caso di specie, un diritto dell'Impresa per danni conseguenti alla ritavdata consegna dei lavori dopo l'approvazione del contratto. L'art. 14 del Capitolato generale del 1895 prevede che, approvato il contratto, l'Ingegnere direttore dei lavori, procede alla consegna dei lavori la quale non potr essere ritardata oltre tre mesi dalla data di approvazione del contratto. Ora, p.el rapporto in esame, non v' stato alcun ritardo poich la approvazione dell'appalto fu data con decreto ministeriale 13 agosto 1959, registrato alla Corte dei conti il 26 settembre 1959 e i lavori vennero consegnati il 18 novembre 1959 per cui fra le due ultime date intercorsero meno di tre mesi. Potrebbe riconoscersi un ritardo di cinque giorni facendo decorrere il termine dalla data del decreto di approvazione e non dalla registrazione di esso. Tanto perch il citato art. 13 del Capitolato del 1895 non dispone espressamente -come fa l'art. 10 del Capitolato del 1962 -che il termine decorre dalla registrazione. Ma ovviamente si tratterebbe di un ritardo cos breve da non essere apprezzabile ai fini di un risarcimento di danni. tiere ed effettuato spese, deve rimproverare a s stesso la propria fretta, e l'inesatta cognizione delal situazione di diritto nella quale si trovava. Non essendo n l'aggiudicazione, n il contratto, efficaci per l'Ammini strazione fino a quando non intervenga l'approvazione (a sua volta colle gata ad una facolt il cui esercizio non solo svincolato da termini tempo rali, ma addirittura rimesso ad una discrezionale valutazione dell'interesse pubblico connesso al contratto, e che pu risolversi pure in senso negativo), all'appaltatore non spettano altri diritti che quelli precisati dalla legge e cio la sola facolt di ritrattazione, rettamente qualificata come condi zione risolutiva potestativa (SEPE, loc. cit., 1012): di tal che, se il titolare non la fa valere, rinunciando cosi alle conseguenze a lui favorevoli della eventuale ritrattazione, non pu sostenere di avere diritto ad essere com pensato degli oneri, che con l'esercizio della facolt ripetuta non avrebbe subiti. Tra le due situazioni sussiste una incompatibilit logica e giuridica: se l'appaltatore poteva evitare un pregiudizio economico, avvalendosi di una facolt, che avrebbe determinato l'eliminazione del vincolo obbligato rio nascente dall'aggiudicazione (o dal contratto), non pu evidentemente pretendere di essere risarcito del pregiudizio istesso. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1419 Rileva l'Impresa che l'Istituto appaltante, avendo consentito alla esecuzione dell'appalto a seguito delle condizioni comunicategli con lettera del 3 ottobre 1958 e delle riserve sollevate in sede di consegna dei lavori, avrebbe tacitamente accettato le condizioni stesse. Inoltre, avendo a sua volta l'Impresa accettato l'esecuzione tardiva con riserva non contestata dal committente, le competerebbe il risarcimento dei danni e degli oneri provenienti dal ritardo. Il rilievo noh ha valore. La riserva apposta dall'Impresa nel verbale di consegna del 18 novembre 1959 risulta respinta dal direttore dei lavori e nella lettera menzionata come in altra precedente, l'appaltatore non pose alcuna condizione ma sollecit l'Istituto alla consegna dei lavori affermando che l'approvazione del contratto era stata gi data e fece presente che il notevole ritardo aggravava i danni dei quali al momento opportuno si sarebbe svolta azione di risarcimento. L'Istituto non aveva il dovere di contestare la protesta dell'impresa per il ritardo della consegna dei lavori quando all'epoca della lettera non v'era ancora l'approvazione del contratto e non era quindi neppure iniziato il termine per la consegna. Comunque -per quanto stato detto -non era configurabile un diritto dell'appaltatore ad indennizzo per il ritardo dell'approvazione del contratto n, d'altro canto, il silenzio dell'Ente pubblico appaltante di fronte alle proteste dell'Impresa avrebbe potuto determinare il riconoscimento di un diritto dell'impresa escluso dal Capitolato generale. N un diritto al risarcimento poteva sorgere per la semplice esecuzione del contratto -nonostante il preteso ritardo dell'approvazione -considerato che l'impresa, a parte le riserve, aveva esercitato una scelta e aveva ritenuto pi conveniente nei suoi interessi eseguire l'appalto anzicch sciogliersi dal relativo contratto. -(Omissis). LODO ARBITRALE 21 settembre 1966, n. 65 (Roma) -Pres. Catenacci -Fallimento Milone (avv. Piaggio) c. Ministero LL.PP. (avv. Stato Pentinaca). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Capitolato generale per le oo.pp. statali -Norme processuali -Applicabilit immediata. Arbitrato -Domanda arbitrale -Termine perilrifiuto della competenza arbitrale -Fallimento dell'Impresa nelle more -Notifica al curatore. L'art. 47 del nuovo capitolato generale per le oo. pp. di competenza statale, che prevede la deroga alla competenza arbitrale, ha ca 1420 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rattere di norma processuale in quanto regola la competenza del giudice. Essendo perci immediatamente applicabile, riguarda anche i rapporti sorti anteriormente al 1<> settembre 1962 (1). Il termine di trenta giorni entro il quale la parte convenuta te-. nuta a dichiarare se rifiuti la competenza arbitrale di decadenza, e pe1ci non soggetto a sospensione o interruzione. Nel caso che l'Impresa attrice risulti nelle more fallita, l'atto relativo va notificato al curatore del fallimento (2). (Omissis). -Proseguendo nell'esame delle eccezioni preliminari proposte dall'Amministrazione, il Collegio deve, per ultimo, stabilire se sia applicabile alla presente vertenza, relativa ad un rapporto giuridico sorto anteriormente all'entrata in vigore del Capitolato generale approvato con D. P. R. 16 luglio 1962, l'art. 47 del Capitolato stesso. chiaro che se fosse pacifica l'applicabilit del precedente Capitolato, che aveva nella sua interezza efficacia normativa (cfr. da ultimo Cass. 20 marzo 1965, n. 462), l'inderogabilit della competenza degli arbitri sarebbe innegabile e non occorrerebbe far ricorso ad altre argomentazioni. Ma la questione controversa. La Corte di Cassazione aveva dapprima ritenuto di immediata applicazione solo gli arti (1) Giurisprudenza ormai pacifica. Oltre alla decisione citata nel testo, cfr. Cass. 18 marzo 1965, n. 461, in questa Rassegna, 1965, I, 413. V. pure, ivi, 1964, I, 969. (2) La decisione ha ritenuto inefficace il rifiuto della competenza arbitrale manifestato dall'Amministrazione, perch la relativa dichiarazione, in quanto successiva al fallimento dell'Impresa, doveva essere resa non a questa ormai incapace, ma al Curatore ad essa succeduto nei rapporti di diritto patrimoniale L'affermazione non pu essere condivisa. Per quanto relativa a fattispecie certamente insolita, tuttavia merita di essere discussa, consentendo utili rilievi sul sistema predisposto dal Capitolato generale in vigore per 1a risoluzione delle controversie con gli appaltatori. Infatti il Collegio arbitrale non ha esattamente avvertito le peculiari modalit di tale sistema, che (art. 43) nel riservare al giudizio arbitrale tutte le controversie non definite in sede amministrativa, fa tuttavia espressamente salvo il disposto del successivo art. 47 . Al quale perci bisogna in primo luogo riferirsi. Questa norma in deroga al precedente art. 43 , attribuisce alla parte attrice il diritto di escludere la competenza arbitrale, e di adire immediatamente il giudice ordinario (1 comma). Identico diritto riconosce alla parte convenuta, che ha facolt, a sua volta, di escludere la competenza arbitrale ., notificando a tale fine entro 30 giorni la sua determinazione all'altra parte (2 comma) . :ill quindi evidente che il Capitolato generale del 1962 disciplina la materia in senso radicalmente diverso da quello previsto nell'abrogato Capitolato del 1895: invero, non viene dettata una clausola compromissoria, che renderebbe senz'altro obbligatorio per entrambe le parti il giudizio arbitrale; n viene riconosciuto alla sola Am PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1421 coli 45, 48 e segg. del nuovo Capitolato, con esclusione dunque dell'art. 47 che prevede la deroga della competenza arbitrale; successiva: mente per (cfr. sent. 24 luglio 1964, n. 1989) ha considerato che il predetto art. 47 ha carattere di norma processuale, in quanto regola la competenza del giudice; ed essendo perci immediatamente applicabile riguarda anche i rapporti sorti anteriormente al 10 settembre 1962. Pare al Collegio che debba essere seguito questo nuovo indirizzo. Posto invero che, come nessuno dubita, in relazione ai collegi arbitrali previsti dal Capitolato generale di appalto di opere pubbliche si configura una questione di competenza, agevole affermare che una norma la quale concede la facolt di escludere la competenza arbitrale e di proporre le domande davanti al giudice competente a norma del codice di procedura civile e del t. u. 30 ottobre 1933, n. 1611 costituisce una norma di carattere processuale. Fermati questi concetti, rileva il Collegio che la differenza tra la disciplina del Capitolato del 1895 e quella del Capitolato del 196,2 consiste in ci : in base al primo la competenza dei collegi arbitrali era inderogabile e ogni questione sulla stessa poteva essere rilevata anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo, ai sensi dell'art. 38 c.p.c. (cfr. Cass. 18 febbraio 1963, n. 365); in base al vigente Capitolato la ministrazione la facolt di rifiutare la competenza degli arbitri, come accade in altri capitolati generali (ad esempio, in quello per le opere delle Ferrovie dello Stato, o in quello un tempo adottato dalla Cassa per il Mezzogiorno). La mancanza di una clausola compromissoria resa ancora pi evidente dall'ovvio rilievo, che non avrebbe altrimenti giustificazione la facolt della parte attrice di introdurre immediatamente il giudizio ordinario, senza dover preventivamente interpellare quella convenuta. La quale, per di pi, in questo caso, costretta a seguire la strada prescelta con autonoma determinazione dalla parte suddetta, senza alcuna possibilit di discuterla, e di dichiarare la propria preferenza per la competenza arbitrale. ' Esclusa, dunque, l'esistenza di una clausola compromissoria, va notato che dall'ulteriore interpretazione della disposizione in esame e degli articoli 43 e 46 che la precedono, chiaramente di desumere che nel sistema in vigore la competenza accennata non fondata direttamente su una norma (regolamentare) del Capitolato generale, ma basata su un accordo intercorso tra le parti dopo che la lite gi sorta, e cio su un vero e proprio compromesso. Infatti, il Capitolato si limita a disciplinare -da un lato -il contenuto dell'eventuale compromesso (la autonomia delle parti non abilitata ad introdurvi clausole diverse da quella predeterminate nel capo VI), e -dall'altro -i tempi e le modalit del procedimento formati'l;o dell'accordo. Il quale prende vita da una istanza per arbitrato (articolo 46), avente natura e contenuto di vera e propria proposta contrattuale di compromesso, e da un'accettazione tacita consistente (come nel caso dell'articolo 1333, 2 comma, c. c.) nel mancato tempestivo rifiuto della proposta, e cio nel 1422 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO competenza pu essere derogata dalle parti e, per quanto concerne la convenuta, mediante la notifica della propria determinazione all'altra parte entro trenta giorni dalla notifica della domanda di arbitrato. Se tale formalit non venga espletata nei modi e nei termini stabiliti, resta esclusivamente competente il collegio arbitrale. Si tratta dunque di stabilire se l'Amministrazione dello Stato ha regolarmente esercitato la facolt anzidetta, e, quindi, se la competenza a decidere la presente controversia rimasta o non definitivamente attribuita a questo Collegio. Come si accennato in narrativa, l'Amministrazione, a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, ha dichiarato, con atto del 18 settembre 1962, notificato all'Impresa Milone (nel suo domicilio eletto), di voler escludere la competenza arbitrale. Il fallimento eccepisce l'inefficacia dell'atto di declinatoria, perch rivolto all'Impresa e notificato al domicilio eletto nella domanda di arbitrato, dopo la dichiarazione di fallimento dell'Impresa stessa, pronunziata il 5 settembre 1962. L'eccezione fondata. Il citato art. 47 prescrive che la determinazione di escludere la competenza arbitrale venga notificata, dalla parte convenuta all'altra parte, in un termine che certamente di decadenza e, quindi, non soggetto a sospensione e l'omessa notifica nel termine di legge della determinazione di rifiuto della competenza arbitrale (art. 47). Pertanto, il Capitolato generale del 1962 esclude l'arbitrato obbligatorio, e riconosce giudice naturale delle controversie quello ordinario: ci, del resto, in conformit ai precetti costituzionali e tenuto conto della sua natura di atto normativo generale. Al tempo istesso, in relazione al possibile interesse delle parti ad un sistema contenzioso diverso (e considerata sempre l'accennata sua natura, e la conseguente necessaria e costante applicazione in tutti gli appalti della pubblica Amministrazione), riconosce ai contraenti J.a facolt di scelta di altro giudice, preordinando a questo fine il sistema descritto, idoneo a conciliare la massima speditezza nelle formalit preliminari della lite, con la pi completa tutela della libert di determinazione delle parti. Ci posto, ed esattamente qualificata come proposta di arbitrato la domanda dell'Impresa, se alla stessa (come sembra) doveva iriconoscersi contenuto a natura meramente processuale, le conseguenze causate dal fallimento, non potevano non essere definite alla stregua dei principi processuali. In sede ordinaria l'articolo 299 c.p.c. prevede l'interruzione del processo, se il fallimento di una delle parti dichiarato prima della costituzione in giudizio; mentre il successivo articolo 300 dispone l'insensibilit del rapporto processuale alla mutata capacit soggettiva della parte, se la circostanza interviene in corso di lite, e fin quando non ne sia data espressa comunicazione alla controparte. Trattasi di norme applicabili anche alle liti arbitrali; e che comunque, essendo igpirate a principi generali di diritto processuale, vanno osservate quanto meno in via analogica pure nelle liti suddette. Nella specie, quindi, il Collegio arbitrale avrebbe dovuto: o ritenere interrotto dalla dichiarazione di fallimento il termine di cui all'articolo 47 PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1423 interruzione (art. 2964 e.e.). La dichiarazione di fallimento ha una portata costitutiva analoga ad un cambiamento di stato, sicch deve valere erga omnes dal giorno della pubblicazione nei modi stabiliti dall'art. 17 del r. d. 16 marzo 1942, n. 267. Una volta, dunque, accertato che la determinazione anzidetta stata portata a conoscenza di chi non era pi legittimato a riceverla invece che al curatore, il quale era succeduto all'Impresa fallita nei rapporti di diritto patrimoniale, si deve necessariamente concludere che pienamente fondata l'eccezione di inefficacia dell'atto di declinatoria. N ha certo giovato all'Amministrazione la ripetizione della notifica dell'atto dopo il decorso dal termine stabilito dal capitolato per l'esercizio della facolt anzidetta; n giova il riferimento alle norme processuali concernenti l'interruzione del processo, non attinenti al caso in esame. La competenza a decidere rimasta dunque definitivamente attribuita al Collegio arbitrale, dovendosi escludere, per quanto sopra si detto, ogni possibilit, di assorbimento da parte dell'autorit giudiziaria. Si cio verificata una situazione identica a quella che, vigente il Capitolato del 1895, conseguiva al principio dell'inderogabilit originaria della competenza, rispetto al quale principio la Corte di Cassazione aveva sempre negato la possibilit dell'assorbimento (cfr. citate sentenze della Suprema Corte n. 1593 del 1963, n. 1577 del 1959, n. 3424 del 1955 e n. 4188 del 1954; nonch, con riguardo al nuovo Capitolato Generale, la sentenza arbitrale 23 dicembre 1963, n. 63 in Arbitrati e appalti ., 1966, p. 38). -(Omissis). del Capitolato generale del 1962, non avendo in proposito alcuna rilevanza l'articolo 2964 c. c., riguardante situazioni di diritto sostanziale e non processuale. Oppure, in mancanza di diretta notizia all'Amministrazione del fallimento, ritenere efficace la determinazione di rifiuto del giudizio arbitrale dalla stessa notificata. Quante volte, poi, alla proposta di arbitrato si fosse voluto attribuire contenuto negoziale, sia pure nell'ambito di un rapporto processuale (e come sembra che abbiano preferito gli arbitri), non poteva dimenticarsi che la proposta doveva restare valida per tutto il periodo di opzione offerto dalla legge alla parte cui era rivolta: per cui, intervenuto il fallimento, la proposta istessa era rimasta decaduta e priva di ogni valore. In entrambe le ipotesi, quindi, la decisione errata. La proposta di arbitrato dell'Impresa non si era mai perfezionata con il consenso dell'Am ministrazione; ed in difetto di un negozio compromissorio, gli arbitri man cavano addirittura in via assoluta di potere decisorio. Infatti, data la con troversia sulla stessa esistenza del consenso a far funzionare la clausola compromissoria, la competenza era istituzionalmente sottratta agli arbitri e riservata al giudice ordinario, trattandosi non di giudicare dei limiti e del contenuto della clausola, o di eventuali cause di nullit della stessa, ma di decidere sull'esistenza o meno di un atto volitivo, formativo del negozio compromissorio, e perci anteriore al momento ed all'atto nei quali viene radicata -attraverso il reciproco consenso -la competenza arbi trale. SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 10 novembre 1965, n. 2323 - Pres. Duni -Rel. Tartaglione -P. M. (conf.) -Rie. P. M. in proc. Gagliardi. Circolazione stradale -Contravvenzione -Rilevanza della propriet dell'area -Elementi di prova desunti da estratto storico catastale -Insufficienza. Se nella contravvenzione stradale decisivo rilevare la propriet pubblica dell'area, dove stato infisso un divieto di sosta, le risultanze catastali, come non valgono a fornire la prova della propriet, pur potendo essere diversamente utilizzate per l'integrazione di prova non del tutto sicura, cos non valgono a fornire la prova che il bene assoggettato a pubblico uso di fatto sia stato destinato, con un provvedimento legittimo della p. a. o ab immemorabili, alla libera circolazione a favore della generalit (1). (Omissis). -Il ricorrente P. M. muove censura alla sentenza impugnata per avere espresso sulla base di una prova invalida il giudizio che il sito, dove era stato disposto dalla competente Autorit comunale il divieto di sosta, fosse di esclusiva propriet privata ed avere conseguentemente ritenuto che tale divieto fosse da considerare giuridicamente inefficace. Come si accennato, il giudicante ha preso in considerazione a tal fine un solo elemento di prova. l'estratto storico catastale esibito dalla difesa dell'opponente per dimostrare la propriet dell'area. Tale documento da ritenere, in effetti, inidoneo a fornire la dimostrazione che nel sito dove era applicato il divieto di sosta l'Autorit comunale non avesse la potest di disporlo; e ci sotto entrambi i profili rappresentanti dal ricorrente. In primo luogo, il caso di osservare che l'estratto storico catastale esibito non permette di identificare l'area alla quale i relativi (1) Ai fini dell'accertamento sull'appartenenza dell'area alla p. a. il S. C. richiama i noti pt"incipi sui limiti probatori delle risultanze catastali. Non constano precedenti specifici per la questione decisa, ed appare conforme ai principi del processo penale il riferimento al potere di indagine del giudice ai fini dell'integrazione della prova. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1425 dati si riferiscono, poich tale documento non fa menzione di confini e si limita a riportare semplici misure di superficie e denominazioni indicative ( Dietro il Carmine e Piano Carmine ). Tale rilievo non vuole essere la premessa di un sindacato del giudizio di merito circa lo stato di propriet dell'area, ma si risolve nella constatazione che il procedimento logico seguito dalla sentenza si esaurisce in un esame superficiale del documento, senza neppure approfondire la rilevanza significativa dei dati da esso emergenti. la qual cosa importa quel vizio di motivazione, che si suole designare sotto il nome di motivazione apparente. In secondo luogo, bisogna tener presente che le risultante del catasto non valgono a dimostrare la propriet di un bene immobile, ma possono essere utilizzate come semplici indizi per integrare una prova non del tutto sicura, cosi come ha ripetutamente affermato questa Corte in sede civile. Inoltre, in i'elazione alle strade ed altre aree di pubblico traffico, bisogna ricordare che ai Comuni data dall'art. 12 del t. u. delle norme sulla circolazione stradale la potest di esercitare le medesime facolt di quelle spettanti all'Ente proprietario anche per le vie vicinali, cio appartenenti in propriet a privati ma soggette a servit di pubblico transito e che questa servit di solito non risulta da atti che vanno comunicati al catasto. N bisogna dimenticare che molto spesso avviene, come risulta dalla copiosa giurisprudenza civile ed amministrativa, che, nello apprestamento di nuove strade o aree pubbliche, gli enti territoriali procedono alla immediata occupazione di fondi di privati ed alla loro destinazione di fatto al pubblico uso prima che sia pronunziato il decreto di espropriazione menzionato dall'art. 48 della I. 25 giugno 1965, n. 2359, valido ad operare il trasferimento della propriet nello espropriante ai sensi del successivo art. 50, e che non vengano eseguite presso il catasto annotazioni relative al trapasso di propriet. Pertanto, la documentazione catastale a maggior ragione insufficiente a fornire la prova se un bene assoggettato ad un uso pubblico di fatto sia stato destinato, con un provvedimento legittimo della pubblica amministrazione o eventualmente ab immemorabili, alla libera circolazione in favore della generalit. Giustamente rileva il ricorrente che, poich nella specie l'esibito estratto catastale rappresenta l'unico elemento di prova dedotto per convalidare l'assunto che l'area di cui si discute fosse di propriet di privati, sarebbe stato necessario che il Pretore ponesse le notizie fornite dall'estratto in rapporto con gli altri dati risultanti dal pro cesso sulla situazione giuridica dei luoghi. A ci devesi aggiungere che, data la libert d'iniziativa del giudice penale nella ricerca della I prova, il Pretore avrebbe potuto attingere, se del caso, altri elementi I presso i competenti uffici amministrativi per chiarire gli eventuali 18 I I ,.,,,,..,....~-~--f"__,_J ~ 1426 RASSEGNA DELL?AVVOCATURA D:ii:LLO STATO punti incerti, sulla appartenenza dell'aree e sulla sua legittima destinazione all'uso pubblico universale. Nel fare riferimento agli altri dati processuali, il ricorrente richiama l'attenzione sui criteri interpretativi che possono esser tratti dall'art. 22 della 1. 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F, e dall'art. 6 della 1. 25 novembre 1962, n. 1684. La menzione della prima norma senza dubbio pertinente, poich la citata legge del 1865 contiene norme generali sulla appartenenza in propriet delle strade agli enti pubblici territoriali e l'art. 22, del terzo comma, stabilisce, in via di principio, che nell'interno delle citt e villaggi fanno parte delle strade comunali le piazze, gli spazi ed i vicoli ad esse adiacenti ed aperti sul suolo pubblico, ma fa salve le consuetudini, le convenzioni preesistenti e i diritti acquisiti. Pertanto, nella specie sarebbe stato necessario accertare in primo luogo se lo spazio di cui si tratta si trovasse in una simile situazione. Non si sa fino a qual punto sia opportuno il richiamo alla legge n. 1684 del 1962, avente per oggetto provvedimenti per l'edilizia con particolari prescrizioni per le zone sismiche , che negli artt. 6 e 17 detta norme per le nuove strade e per le nuove costruzioni, poich non risulta che quello spazio facesse parte di una zona di recente sviluppo urbanistico. Comunque, la valutazione compiuta nella sentenza da ritenere senz'altro incompleta, non essendosi tenuto conto di elementi di notevole rilevanza, che sarebbero valsi ad orientare meglio il giudicante sullo stato giuridico dei luoghi: per la qual cosa si riscontra anche l'altro vizio di motivazione, che viene solitamente denominato difetto di motivazione intrinseca. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 gennaio 1966, n. 1624 -Pres. Fumu -Rel. Petrone -P. M. Vacca -Rie. Parisi. Reato -Reato contravvenzionale -Ignoranza della norma penale indotta da provvedimento dell'autorit. (c. p., art. 5). In tema di reati contravvenzionali l'ignoranza della legge penale ha valore scriminante quando la mancata coscienza della illeicit del fatto sia indotta non dal mero elemento negativo della non conoscenza della legge ma da un elemento positivo che determini nel soggetto la convinzione della liceit del suo comportamento (1). (1) Il benevolo orientamento della giurisprudenza in materia di ignoranza della legge penale (vedasi in questa Rassegna, 1965, I, 854, Cass. 18 febbraio 1964, Paoletti), si va consolidando e puntualizzando. L'ignoranza come tale, afferma la Suprema Corte, non scrimina: il valore scriminante pu essere riconosciuto solo all'errore di diritto scusa ' ' PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1427 (Omissis). -Parisi. Filippo, titolare di un esercizio di drogheria, fu tratto al giudizio del Pretore di Palermo, quale colpvole di contravvenzione agli artt. 86 del t. u. delle leggi di P. S. e 176 del relativo regolamento approvato con r. d. 6 maggio 1940, n. 635, per avere nel proprio esercizio posto in vendita bottiglie di mezzo litro di Ferro China Bisleri, senza licenza del questore. Condannato dal Pretore, fu invece assolto dal Tribunale di Palermo con formula piena per difetto dell'elemento psicologico, in quanto avendo il Ministero dell'Interno, con due circolari, l'una del 1933, l'altra del 1938 (comunicate a tutti gli esercenti) consentito una tolleranza di mezzo grado nella gradazione alcolic~ delle bevande, il Parisi aveva ragionevole motivo di ritenere che .il Ferro China Bisleri da lui posto in vendita, nonostante avesse un contenuto in alcool dichiarato pari al 21 % del volume, dovesse considerarsi, invece, come liquore di gradazione alolica superiore ai 210 e ne fosse, perci, consentita la vendita senza bisogno della licenza del Questore in recipienti da mezzo litro a mente dell'art. 86 della legge di pubblica sicurezza, in relazione all'art. 176 del regolamento. Ricorre il Procuratore della Repubblica di Palermo contro tale decisione lamentando la violazione dell'art. 5 del cod. penale e degli artt. 86 della legge di pubblica icurezza n. 176 del relativo regolamento. Assume il ricorrente P. M. che deve ritenersi inconcludente la tesi del Tribunale, di avere, cio, l'imputato agito in buona fede nell'attenersi alle circolari amministrative sopra menzionate, in quanto l'allegato errore non cade sul fatto costituente reato, ma su norma penale che, a me~te della'rt. 5 del c.p., non causa di esclusione deHa punibilit, dappo1ch anche l'errore d'interpretazione della legge pari alla ignoranza della legge stessa. b~le, cio alla falsa convinzione che sia da seguirsi una determinata norma d1 comportamento. Pur condividendo pienamente l'istanza di giustizia sostanziale che a11a base di tale orientamento, non ci si pu esimere dal rilevare come il rimedio giurisdizionale adottato non sia del tutto soddisfacente sul piano logico. Pacifico anzitutto come, anche in tali prudentissimi termini esso costituisca una forzatura del rigido disposto dell'art. 5 c.p. ' Altrettanto pacifico come non sia ben chiara la ratio della discriminazione fra ignoranza. tota!~ per non-conoscenza e ignoranza qualificata per falsa conoscenza (s1 pensi al caso della zona isolata dal resto del Paese i cui abitanti sono rimasti quindi all'oscuro di nuove leggi). ' N si vede infine perch solo la contravvenzione e non anche il delitto debba beneficiare di una tale benigna considerazione. Una volta infranto il rigido muro dell'art. 5 nel suo tenore letterale tanto varrebbe versare negli stampi di una logica formale le istanze urna~ wr.:::-.:.:i:w@''"*"'P'f"'"/$"~~.,,..,,.~igwW}'.ff;W..ff:Y.<:Y~P...:&::~:=:nw,ffil'.':ffl.WMr.1fo/..&rf%.f.~:W%'..ffeW'#".#:1!%.{1%.~.. ::i - 1428 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il ricorso , per, destituito di fondamento. La questione in esame stata gi risolta con giurisprudenza costante da questa Corte, la quale ha ritenuto che nelle contravvenzioni, quando la mancanza di coscienza della illeceit del fatto derivi non da una ignoranza della legge, e, cio, da un elemento negativo, ma da un elemento positivo consistente in una circostanza dalla quale venga determinata nel soggetto la convinzione della liceit del suo comportamento, il fatto non integra gli estremi del reato per difetto dell'elemento psicologico. Fattispecie in cui non pu siffatta circolare non essere riconosciuta come circostanza atta a determinare nell'esercente la inevitabile convinzione, da un lato, della impossibilit di ottenere dal Questore la licenza prevista dalla legge di pubblica sicurezza e del relativo regolamento per \la vendita dei liquori con gradazione alcolica del 21 % del volume in recipienti compresi tra la met e i due terzi di litro, per essere stata la necessit di tale licenza esclusa proprio dall'organo centrale da cui le questure dipendono, e, dall'altro della liceit di tale vendita senza licenza individuale, in quanto autorizzata a priori e in via generale dall'organo centrale predetto nello esercizio di un ritenuto potere soprastante e comprendente le competenze dei predetti uffici periferici (sent. I Sez. Cass. 11 giugno 1965, rie. D'Aleo). Ora siccome il Tribunale, in punto di fatto, ha ritenuto nella specie accertato che il Parisi aveva posto in vendita bottiglie di Ferro China-Bisleri da mezzo litro con grado alcolico di 21 % e accertata altres la esistenza delle due circolari dianzi ricordate, secondo le quali -come si detto -i liquori di grado alcolico di 21<> debbono essere considerati di gradazione di 21 gradi e mezzo e possono, perci, essere venduti in recipienti chiusi, di capacit inferiore ai due terzi di litro, ma non a mezzo litro, anche da chi non sia in possesso della licenza del prefetto, cosi deve ritenersi esatta la decisione contenuta nella impugnata sentenza, che, pertanto, non merita la censura mossa dal r.icor.rente P. M. -(Omissis). nitarie prevaricate da un legislatore forse troppo severo, e ci, anzitutto, facendo fruire di pari trattamento delinquenti e contravventori ed in secondo luogo elaborando una teoria dell'errore di diritto in materia penale valida per ogni circostanza (v. in questa Rassegna, 1965, I, 855). La gravit e la complessit della questione ed i limiti imposti da una breve annotazione inducono a non prospettare neppure in via ipotetica una soluzione giurisprudenziale del grave problema. Non rimane che auspicare un intervento del legislatore atto a liberare il giudice penale dalla angosciosa alternativa fra condanne giuridicamente ineccepibili, ma inique, ed assoluzioni eque, ma giuridicamente non convincenti. I. F. CARAMAZZA PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1429 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 7 febbraio 1966, n. 1424 -Pres. Migliardi -Rel. Borghese -P. M. Barone (conf.). Rie. Cipro. Sentenza -Riconoscimento di sentenza penale straniera -Casellario giudiziale -Sentenza straniera iscritta -Insufficienza ai fini della recidiva -Necessit della annotazione del riconoscimento o di accertamento dello stesso. Poich l'art. 604 ultimo comma c.p.c. prevede la possibilit della iscrizione nel casellario di sentenze straniere di condanna in seguito a semplice comunicazione ufficiale e indipendentemente dal riconoscimento, prescrivendo l'apposita annotazione per il caso in cui il riconoscimento sia avvenuto, in mancanza di tale annotazione il giudice pu applicare l'aumento stabilito per la recidiva sulla base della sentenza straniera iscritta nel caselZario e risultante dal relativo certificato, solo dopo aver accertato che la stessa sentenza stata riconosciuta (1). (Omissis). -Con l'unico motivo il Cipro deduce che erroneamente la Corte di merito lo ha ritenuto recidivo, aumentando conseguentemente la misura della pena, sulla base di due condanne, inflitte (1) La massima, che conferma una costante giurisprudenza (14 gennaio 1954 in Giust. pen., 1954, II, 685; 22 maggio 1951, ivi, 1951, III, 649; 8 gennaio 1951, III, 280; 6 maggio 1959, in Giust. pen., Mass., annotato, 1965, 386), appare di ovvia esattezza: se nel casellario giudiziale vengono iscritte le sentenze straniere quando sussistano le condizioni volute dal penultimo comma dell'art. 604 c.p.c. (quando ne data la comunicazione ufficiale, quando si tratti di fatti previsti come delitti anche dalla legge italiana, quando il soggetto del reato sia un cittadino italiano, un ex cittadino italiano, uno straniero o un apolide residente nel territorio dello Stato) fra le quali non sussiste quella del riconoscimento da p~te dell'autorit giudiziaria italiana, impossibile, sulla base di quella 1sentenza, stabilire la recidiva, poich lo vieta l'art. 12 c.p. N la mera iscrizione nel casellario giudiziale pu valere come dimostrazione dell'avvenuto riconoscimento, poich di questo, quando vi sia stato, deve essere fatta espressa menzione. evidente la ragione della norma, che pone il principio dell'inefficacia della sentenza penale straniera prima del suo riconoscimento: evitare le gravi conseguenze, penali, civili o amministrative che al condannato o al prosciolto deriverebbero dall'esistenza di una sentenza straniera, prima che il giudice italiano abbia accertato se ricorrano certe condizioni (elencate nell'art. 674 c.p.p.), che il nostro legislatore ha ritenuto costituire un minimo insopprimibile di garanzia dei diritti della difesa o in mancanza delle quali la sentenza sarebbe del tutto incompatibile con il nostro ordinamento (sul problema, v. VENTURINI, Il riconoscimento delle sentenze penali straniere in Riv. ital. dir. pen., 1940, 119; ALLEGRA, Il riconoscimento della sentenza penale straniera, Milano, 1943; CoNTIERI, Sentenza penale straniera in Nuovo Digesto Italiano; sulla deliberazione della Corte di Appello, in ordine al 1430 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO da autorit giudiziaria straniere (corte d'appello di Rion in Francia), affermando che il fatto che esse siano iscritte nel casellario, e l'isultino quindi nel relativo certificato, importa che esse dovevano ritenersi riconosciute, e quindi valutabili ai fini penali. Il ricorso fondato. Escluso, invero, che la sola annotazione nel casellario possa costituire riconoscimento, il quale deve seguire alla particolare procedura prevista dagli artt. 672 e ss. e pp., l'annotazione nel casellario non costituisce, quando non detto espressamente, prova che la decisione straniera abbia avuto il riconoscimento; infatti il penultimo comma dell'art. 604 c.p.c. prevede l'ipotesi della n. l deli'art. 674 c.p.p., v. Corte Costituzionale II luglio 1961, n. 39 che ha affermato la necessit, per il riconoscimento della sentenza straniera che ricorrano entrambe le condizioni della. citazione in giudizio e dell'assistenza o rappresentanza del difensore, sentenza cui sembra aver aderito la Corte di Cassazione: v. Cass. Sez. Un. 31 marzo 1962, in Giust. pen., 1962, 291; 7 dicembre 1962, ivi, 1963, 566. In dottrina v. SABATINI, Trattato dei provvedimenti speciali e complementari nel processo penale, 1956; LEONE, Trattato di dir. proc. pen., 1961, III, 539). A parte per le varie questioni attinenti alla procedura per il riconoscimento ed al contenuto dell'indagine che la Corte d'Appello deve effettuare, per le quali la sentenza non offre alcuno spunto, resta da chiedersi a che pro la legge richieda la iscrizione delle sentenze straniere e quali siano gli effetti della iscrizione in mancanza del riconoscimento. infatti troppo poco limitarsi alla constatazione che l'ordinamento giuridico italiano assume quelle sentenze come meri fatti giuridici (v. MANZINI, Diritto Penale It., 1948, I, 476), mentre vale solo come giustificazione dogmatica dell'istituto l'affermazione che le norme dell'art. 604 c.p.p. e 12 c.p. si ispirano al principio di solidariet internazionale per la lotta contro il crimine e contro i criminali e che fanno capo ad un dispositivo di collegamento tra l'ordinamento interno e quello straniero (SABATINI, op. cit., 541 ss.). Tutt'al pi, invero, in base a simili considerazioni di diritto internazionale, sulla falsarig.a degli internazionalisti (v. per la dottrina delle norme di rinvio e per l'affermazione che la sentenza straniera ha nell'ordinamento italiano valore di fatto di produzione giuridica, PERASSI, Lezioni di diritto internazionale privato, II, p. 61, 62; QUADRI, Sentenza straniera e sentenza di deliberazione, in Archivio dir. pubbl., 1940; MORELLI, Lezioni di dir. internazionale privato, 1941, 132) si arriva ad una prima delimitazione di carattere negativo e cio che la sentenza pronunciata all'estero non pu produrre i suoi effetti come giudicato nell'ordinamento italiano e, prima del riconoscimento, nemmeno quelli tassativamente previsti dall'art. 12 c.p. A parte l'efficacia della sentenza straniera come atto con valore probante nei casi previsti dall'art. 41 c.p. e per la quale l'iscrizione nel casellario giudiziale non costituisce condizione (v. per la questione se, fra gli atti previsti dall'art. 41 c.p. sia compresa la sentenza straniera, le opposte soluzioni del MANZINI, Diritto proc. pen. italiano, 1956, II, 81 e del CoNTIERI, op. cit., n. 8), non pu non concordarsi con il CoNTIERI (op. cit.), nell'affermare che l'iscrizione assolve ad un mero compito di certificazione, mentre lascia molto perplessi l'affermazione dello stesso autore che sostiene che l'iscrizione importante rispetto all'eventuale potere discrezionale del giudice nel fissare la misura della pena di un reato, per la quale si deve tener PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PEN'AL~ " 1431. iscrizione nel casellario di sentenze straniere di condanna in seguito a semplice comunicazione ufficiale, e indipendentemente dal riconoscimento, il quale v annotato espressamente; ne consegue, da un lato, che l'iscrizione pu avvenire anche per sentenze non riconosciute e, dall'altro, che la mancata annotazione del riconoscimento, ove non sia effetto di dimenticanza, proverebbe invece la non esistenza del riconoscimento stesso. La sentenza impugnata deve quindi essere annullata; il giudice di rinvio provveder ad accertare se, al momento della contestazione della recidiva, le sentenze straniere erano state riconosciute, e provveder, conseguentemente a nuova valutazione circa la aggravante della recidiva e alle conseguenti pronunce. -(Omissis) conto della capacit a delinquere del colpevole, desunta, fra l'altro, dalla condotta e dalla vita antecedenti, contemporanee e susseguenti al reato (art. 133 c.p.). Questo sarebbe infatti un effetto della sentenza penale straniera analogo a quelli conseguenti al suo avvenuto riconoscimento e altrettanto lesivo del diritto di libert dell'imputato, ma che opererebbe, secondo il Contieri, quando ancora non stato accertato dalla Corte di appello se, nel giudizio innanzi all'Autorit stranie11a, sia stato rispettato il principio della difesa, come l'art. 674 c.p.p. impone. E si noti che, se si pu forse sostenere che anche il giudice del processo penale pendente contro l'imputato gi condannato all'estero potrebbe accertare la sussistenza, nella decisione straniera, della condizione voluta dal n. 3 dell'art. 674 (non contrariet della sentenza a disposizione di legge o ai principi generali dell'ordinamento giuridico italiano) in virt della disposizione dell'art. 31 delle disposizioni sulla legge in generale, certamente non potrebbe affermarsi che quel giudice sia in grado, senza violare le norme sulla competenza, di condurre tutti gli accertamenti devoluti alla cognizione esclusiva della Corte di appello, in sede di riconoscimento della sentenza straniera. Quindi, se il giudice penale potesse tener conto, per aggravare la pena, della sentenza penale straniera prima del suo avvenuto riconoscimento, violerebbe gravemente il principio dell'autorit esclusiva della legge dello Stato e darebbe all'accertamento dei fatti materiali che furono oggetto del giudizio seguito all'estero, una rilevanza che viceversa il nostro ordinamento consente solo attraverso il procedimento di riconoscimento. P. DI TARSIA DI BELMONTE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 28 aprile 1966, n. 18 -Pres. Ber nabei -Rel. Sisto -P. M. Sullo (conf.) -Rie. Faustini. Reato -Reato continuato -Pi violazioni della stessa disposizione Contestazione di ciascun reato -Continuazione -Insussistenza. (c. p., art. Bl cpv.; d. P. R., 15 giugno 1959, n. 393, art. 140). n vincolo della continuazione tra pi violazioni della medesima disposizione del codice della strada, commesse a brevi intervalli di 1432 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tempo e con analoghe modalit, non pu essere riconosciuto, ai fini deZla dichiarazione di continuazione dei reati, quando risulti che ciascuna di essere fu direttamente contestata aZZ'imputato, perch Za contestazione immediata, cos come avviene per Za denuncia e Za sentenza di condanna, anche se non passata in giudicato, fa sorgere nuovi motivi inibitori che interrompono la originaria deliberazione criminosa (1). (Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente denunzia la violazione dell'art. 81, cpv. 1 e 20 c.p., assumendo che, trattandosi di violazioni della stessa disposizione di legge, il pretore avrebbe dovuto ritenerle manifestazioni del medesimo disegno criminoso ed applicare l'art. 81, cpv. 10 e 2 c.p. relativo al reato continuato. Il motivo non merita accoglimento. Il decidere se pi violazioni della stessa disposizione di legge siano state commesse in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, come richiesto dall'articolo suddetto, importa un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in questa sede, quando giustificato con motivazione adeguata ed immune da errori logicogiuridici (cfr. da ulti.: Cass. Sez. IV, 31 marzo 1965 Tartari; Cass. Sez. III, 26 settembre 1964 Bottai; Cass. Sez. III, 6 dicembre 1963 Cimini Zocco). Il pretore con la impugnata sentenza pur trattandosi di molteplici violazioni della stessa disposizione di legge (art. 4 del codice stradale) commesse dall'imputato nella stessa citt e con una certa pronimit cronologica, tuttavia non ha ritenuto la continuazione per tutte le contravvenzioni, oltre i due casi indicati nei decreti di condanna, ripetuti nel decreto di citazione e nella sentenza nei numeri 1 e 4 sopra ricordati, ed ha giustificata la esclusione, con motivazione sufficiente e corretta, osservando che trattasi di contravvenzioni contestate all'imputato nello stesso giorno in cui vennero commesse e che tale contestazione interruppe la identit del disegno criminoso. Cosi giudicando, il pretore si sottomesso alla giurisprudenza di questa Corte Suprema, secondo la quale il vincolo della continuazione in violazioni della tStessa disposizione di legge commesse a brevi intervalli di tempo e con modalit analoghe non pu essere riconosciuto quando risulti che ciascun reato fu contestato all'imputato, perch la contestazione, come ogni denunzia, come la sentenza di condanna, anche se non passata in giudicato, fa sorgere nuovi motivi inibitori per il superamento dei (1) La sentenza riafferma i principi accolti da1la giurisprudenza della Cassazione in tema di continuazione (v. Sez. I, 4 aprile 1966, n. 3371 e le sentenze citate in motivazione). chiaro, infatti, che la contestazione determina nell'agente la necessit di una nuova deliberazione criminosa ai fini della commissione di altro fatto identico, il che sufficiente per escludere la operativit del precedente proposito criminoso. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1433 quali rendesi necessaria una ulteriore deliberazione criminosa, di modo che le successive violazioni della stessa disposizione di legge risultano non preventivamente e genericamente progettate nel loro complesso dal soggetto, ma determinante di volta in volta quale risultato d'immediate, autonome risoluzioni (cfr. da ult. Cass. Sez. II, 19 febbraio 1965 Lanterna; Cess., Sez. II. 23 agosto 1963 P.M. e Rullo; Cass.; Sez. III, 5 luglio 1963 Borghino; Cass., Sez. IV, 12 ottobre 1962 Brucola; C~.. Sez. III, 29 marzo 1962 Nicolai). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 agosto 1966, n. 962 -Pres. Caporaso - ReZ. Amoroso -P. M. Lorenzo (conf) -Rie. Leonetti ed altri. Notificazione -Domicilio dichiarato o eletto -DJ.ft'erenza tra dichiarazione ed elezione -E:ffetti -Domicilio eletto -N otifi.cazione in luogo diverso -Nullit -Eccezione. Notificazione -Domicilio dichiarato o eletto -Dichiarazione o elezione fatta dall'imputato detenuto -Validit per il tempo successivo alla scarcerazione. Notificazioni -Domicilio dichiarato o eletto -Revoca del domicilio eletto -Esigenza di atto formale -Revoca per lettera -Inefficacia. Notificazioni -Appello -Domicilio dichiarato o eletto -Validit per il giudizio di appello. Notificazioni -Domicilio dichiarato o eletto -Prevalenza del domicilio eletto su quello dichiarato -Impugnazioni -Dichiarazione di domicilio in un atto di impugrazione -Prevalenza del domicilio precedentemente eletto, salvo prova di revoca. La dichiarazione di domicilio ben diversa daZZa elezione di domicilio, mediante Za prima, l'imputato indica, come luogo per Ze notificazioni, queZZo in cui ha Za sede principale dei suoi affari e interessi, cio indica iZ luogo iZ luogo rispondente azza sua effettiva residenza o recapito; mediante la seconda, invece, l'imputato indica un Zuogo diverso daZ primo per iZ fine particolare di ricevere Ze notificazioni, assumendo a suo rischio Za indicazione di un luogo qualsiasi presso altre persone, ove preferisca che gli siano notificati gli atti deZ procedimento penale. Ne consegue, che la dichiarazione di domicilio diventa inidonea ad effettuare Ze notificazioni quando l'imputato si sia trasferito altrove. Invece, Ze notificazioni eseguite neZ domicilio eletto conservano efficacia, per legale presunzione -non suscettibile di contraria dimostrazione -che abbiano raggiunto lo scopo indifferentemente dalla 1434 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO S.TATO prova che gli atti notificati siano oppure non siano venuti a notizia dell'imputato; e, correlativamente, quando vi sia elezione di domicmo, le notificazioni devono essere effettuate soltanto nel luogo cosi indicato, senza che abbiano alcuna rilevanza n l'effettiva abitazione del dchiiarante, n qualsiasi notizia sulla diversit del domicilio proveniente dal domiciliatario, sicch la notificazione eseguita in luogo diverso nulla a meno che non venga effettuata mediante consegna nelle mani proprie dell'imputato (1). La disposizione dell'art. 171 c. p. c., secondo cui la dichiarazione e la elezione di domicilio sono idonee soltanto per le notificazioni ad imputato non detenuto, non esclude che l'imputato detenuto possa dichiarare od eleggere validamente il domicilio in previsione della successiva scarcerazione: perci, dopo la scarcerazione, le notificazioni sono validamente eseguite nel domicilio cosi dichiarato o eletto, quando questo non sia stato revocato. Nel caso anzidetto, il temporaneo stato di detenzione dell'imputato sospende, ma non esclude, la efficacia della dichiarazione o elezione di domicilio (2). La mutazione del domicilio eletto un atto formale, che deve essere fatto nei modi stabiliti dalla legge (art. 171, comma terzo, c. p. c.); pertanto, inefficace il mutamento di domicilio partecipato per lettera (nella specie per raccomandata) (3). La elezione di domicilio, essendo valida. per ogni stato e grado del procedimento di merito a norma dell'art. 172 c. p. p. (che esclude soltanto il giudizio di cassazione, in relazione al disposto dell'art. 532 stesso codice), valida anche per il giudizio di appello (4). Al fine della validit delle notificazioni, la elezione di domicilio atto, per sua natura e funzione, prevalente sulla dichiarazione di domicilio; pertanto, quando vi sia una precedente elezione di domicilio, non sufficiente, ad annullarne gli effetti, che l'imputato abbia dichiarato un diverso domicilio nell'atto di impugnazione, essendo necessario dimostrare che, mediante tale dichiarazione, l'imputato abbia voluto revocare la precedente elezione di domicilio (5). (Omissis). -Fiondato invece il primo motivo del ricorso del Lonetti e fondate pure le censure esposte nelle memorie di difensiva, che devono essere prese in considerazione perch riflettono la regolarit (1-5) Dichiarazione ed elezione di domicilio: a) criteri interpretativi giurisprudenziali; b) domicilio dell'Avvocatura dello Stato nel caso di difesa di impiegati in processi innanzi a giudici ove non ha sede l'ufficio dell'avvocatura. a) Se la legge processuale penale facesse un uso pi generoso dei termini di domicilio e residenza, nel chlaro significato che essi hanno nel diritto civile, o se la giurisprudenza, nella pur lodevole interpretazione PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1435 della costituzione del rapporto processuale. Il Lonetti, arrestato in seguito di mandato di cattura, nel primo interrogatorio reso al giudice istruttore il 29 luglio 1959, dichiarava di eleggere domicilio per tutti gli atti da notificargli in Crotone, Via Reggio -IV traversa -presso Cerando Francesco (ff. 220 voi. 1<>) e nominavasi proprio difensore di fiducia l'avvocato Giuseppe Scola. Successivamente, con lettera raccomandata 28 settembre 1959 (ff. 285 voi. 1-0 l'avv. Ciarropoco Fernando, altro difensore dell'imputato chiedeva al giudice istruttore la revoca dell'obbligo imposto all'imputato, gi ammesso a libert provvisoria, di presentarsi alla polizia in giorni alterni; la stessa lettera conteneva un proscritto a firma non autenticata dal Lonetti, col quale questi dichiarava di eleggere domicilio per la notificazione presso lo studio dell'avv. Fernando Ciarropico. Chiusasi la formulata istruttoria venivano chieste informazioni ai carabinieri circa il recapito dell'imputato, ottenendosi risposta negativa, a seguito di ci il Presidente del Tribunale emetteva provvedimento col quale si disponeva la notificazione del decreto di citazione al Lonetti nel domicilio indicato nella lettera del 28 settembre 1959; ove infatti, veniva eseguita la notifica e, nella contumacia dell'imputato, veniva dal Tribunale della norma dell'art. 171 c.p.p. si servisse -come fa la sentenza che si annota -del termine di residenza, anzkh di quello, scientificamente discutibile, di domicilio reale, le perplessit che ancora indugi.ano sulle situazioni riferibili all'art. 171 c.p.p. forse potrebbero essere fugate. noto che la legge processuale penale, nelle sue disposizioni dirette ad assicurare una valida instaurazi<>ne del contraddittorio mediante la notificazione di atti a tal fine essenziali, si ispiira ai principi complementari del raggiungimento delJ.o scopo dell'atto e del riconoscimento del diritto delle parti a stabilire il luogo in cui desiderano ricevere gli atti notificandi. evidente che la previsione legislativa di questo diritto (concretamente previsto ad es. negli artt. 171, 177 bis nel testo modificato aseguito della sentenza della Corte Costituzionale 8 aprile 1965, che ha dichiarato l'illegittimit della norma limitatamente all'inciso nel il.uogo in cui si procede e nell'art. 4 d.P.R. 25 ottobre 1955, n. 932) consente di attribuire alle norme che stabiliscono i luoghi delle notificazioni, in mancanza di una diversa manifestazione di volont, la natura di norme suppletive, se lecito mutuare questa terminologai dalla dottrina civilistica. Di ci si ha una riprova nel confronto fra l'attuale testo dell'art. 171 e queUo precedente alla novella del 1955, il quaJ.e prevedeva che, in mancanza di dichiarazione o di elezione di domicilio, la notific.azione doveva essere eseguita ai 'sensi del II comma dell'art. 170, cio come 1se si trattasse di imputati irreperibili (V. anche la Relazione alla L. 18 giugno 1955, n. 517). Cosi, nell'accentuato riconoscimento dei diritti delle parti cui tende la legislazione processuale penale, sembra che non debbano esservi difficolt ad ammettere che anche la parte civile possa, nel corso del processo, modificare il proprio domicilio nell'ambito del Comune dove in corso l'istruzione o il giudizio (art. 94 c.p.p.). Una volta riconosciuto questo diritto, era facile il passo alla d~stinzione fra atto e negozio, che la legge ha introdotto con la distinzione fra dichiara 1436 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO emessa la sentenza di condanna del 4 dicembre 1961. Propostosi appello dell'imputato costui, nel dare al cancelliere della Pretura di Roma le proprie indicazioni personali, affermava, nella stessa dichiarazione di appello, di essere domiciliato in Roma Largo Pannonia 48 presso Giudicis. Il decreto di citazi<0ne per il giudizio di appello veniva notificato al detto domicilio ed a quello anagrafico. Al dibattimento il difensore proponeva formale incidente eccependo la nullit della citazione non eseguita nel domicilio eletto, ma la Corte rigettava l'eccezione, sotto il profilo che la residenza indicata nell'atto di appello doveva considerarsi revoca della precedente elezione di domicilio, con sentenza del 5 febbraio 1966, emessa sopra contumacia dell'imputato, stata confermata la decisione di primo grado. Ci posto osserva il Supremo Collegio che le nullit denunziate sono sussistenti. zione ed elezione di domicilio e che la giurisprudenza ha rettamente in terpretato (v. Cass. 7 novembre 1961, Giust. pen., 1962, 391; 28 febbraio 1958, ivi, 1958, III, 715; 5 ottobre 1960, ivi, 1961, 218; 17 dicembre 1960, ivi, 1961, 218; 21 ottobre 1959, ivi, 1960, 298), attribuendo all'elezione di domicilio, in quanto manifestazione di volont negoziale, gli effetti tipici del negozio giuridico, con le conseguenti logiche affermazioni della preva lenza sulla dichiarazione di domicilio in quanto mera dichiarazione di scienza (v. invece nel caso di due successive dichiarazioni; Cass. 11 luglio 1966, n. 1643) e sulla necessit della interpretazione negoziale attraverso la ricerca dell'intento etf.ettivo, che si leggono ne1la sentenza annotata. (In dottrina, v. PAOLO V1Tucc1, Domicilio speciale, in Enciclopedia del diritto il quale per esclude la natura negoziale dell'atto di elezione di domicilio; secondo, invece, la definizione di negozio giuridico processuale adottata dal LEONE, Trattato di procedura penale, sembra che l'elezione di domicilio possa pienamente il'ientrare in questa categoria). Sotto questo profilo interessante notare come la giurisprudenza, coe rentemente abbia affermato: l'inidoneit dell'elezione di domicilio per equivocit della manifestazione di volont, la validit dell'elezione di do micilio limitata ad un solo atto da notificare (in omaggio al principio del l'autonomia negoziale), la natura unilaterale non recettizia del negozio, la non subordinazione della validit del negozio alla pennanenza della qualit di difensore nel domiciliatario (v. le sentenze sopra citate), affermazione questa che persuade molto di pi di quella contraria, contenuta in una sentenza meno recente, alla quale era probabilmente sfuggita la natura di negozio processuale autonomo dell'elezione di domicilio (Cass. 4 marzo 1954,. Giust. pen., 1958, 715). Altrettanto esattamente stata riconosciuta la nullit dell'elezione quando l'imputato abbia indicato un domicilio fit tizio, poich ci impone l'art. 1418 e.e. (Cass., 1 dicembre 1960, Giust. pen., 1961, 218). Ovviamente, le esigenze del processo impongono la forma vincolata a siffatta manifestazione di volont, ma occorre anche in tale caso tener presenti i principi cui il legislatore si ispira ed evitare rigorj interpreta PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1437 La sentenza impugnata ha anzitutto, confuso i concetti di elezioni di domicilio e di dichiarazione di domicilio. L'imputato, al fine di ricevere notifica e atti riguardanti il procedimento penale pu dichiarare il proprio domicilio o recapito ovvero pu indicare a suo rischio un luogo qualsiasi presso altri, ove preferisca ricevere le dette notifiche. Si ha dichiarazione di domicilio quando l'imputato indichi, come luogo per le notificazioni, quello in cui ha la sede principale del suoi affari e interessi; si ha invece, elezione di domicillio quando venga indicato un luogo diverso dal primo per il fine particolare di ricevere la notificazione. (Conf. 43 e 47 c. c.). La dichiarazione di domicilio, quindi, si riferisce alla indicazione di effettiva residenza o recapito dell'imputato; l'elezione riflette la indicazione di un luogo o di una persona presso cui debbano farsi le notificazioni. Dal che segue che la dichiarazione di domicilio diventa inidonea per l'avvenuto trasferimento dell'imputato, menter l'elezione di domicilio fa si che le notificazioni eseguite nel domicilio eletto conservino efficacia per legale presunzione -non suscettibile di con tivi che per essere del tutto superflui rispetto alle funzioni che le forme dell'atto garantiscono, appaiono completamente ingiustificabili. La sentenza che si annota ed altre (31 ottobre 1961, Cass. pen., Mass., 1962, 362; 7 novembre 1960, ivi, 1961, 329; 7 febbraio 1962, Giust. pen., 1962, 390) affermano infatti l'invalidit dell'elezione di domicilio fatta con lettera raccomandata, .sostenendo che l'unico modo previsto dalla J.egge quello della dichiarazione a verbale e giustificando questo rigore con la necessit di evitare il pericolo del disconoscimento della legittima provenienza della lettera. Deve per osservarsi in primo luogo che l'art. 171 c.p.p. non prevede l'unico modo di elezione di domicilio, ma soltanto quello posto in essere nel primo atto compiuto con l'intervento dell'imputato e non sembra quindi escludere -perch ci violerebbe i diritti delle parti -un'elezione di domicilio antecedente, per la quale non dispone una forma particolare; in secondo luogo che il legislatore ha ritenuto tanto poco necessario questo rigore, da riconoscere la validit dell'impugnazione trasmessa col mezzo di raccomandata o del telegrafo, purch sia attestata l'autenticit della firma (art. 198 c.p.p. e art. 3 1. 21 marzo 1958, n. 229). Appare pertanto molto pi accettabile il meno rigoroso indirizzo giurisprudenziale che am mette la validit dell'elezione di domicilio fatta con raccomandata purch la firma sia autenticata (Cass. 8 aprile 1963, Cass. pen., Mass., 1963, 750; 11 dicembre 1960, Cass. pen., Mass., 1961, 48). In tal caso invero soddi sfatto quello stesso interesse garantito, con analogia di situazioni, dalle norme sulle impugnazioni. Stabilito, come si visto, che l'elezione di domicilio atto negoziale, e che la dichiarazione di domicilio invece mero atto (dichiarazione di scienza), se ne tratta, in giurisprudenza, una conseguenziale affermazione e cio che la dichiarazione di domicilio, in quanto atto da cui prescinde 1438 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO traria dimostrazione -che abbiano raggiunto lo scopo; si che irrilevante la prova che gli atti notificati siano oppure non siano venuti a notizia dell'imputato. Correlativamente, eletto il domicilio, le notificazioni devono essere effettuate soltanto nel luogo cosi indicato e non hanno alcuna rilevanza, n l'effettiva a)Jitazione del dichiarante n qualsiasi notizia sulla diversit del domicilio proveniente dal domiciliatario; sicch la notificazione eseguita in luogo diverso nulla, a meno che non venga effettuata mediante consegna a mani proprie. Nel caso di specie il Lonetti, nell'interrogatorio reso al giudice istruttore, aveva inequivacobilmente eletto il proprio domicilio a Crotone, Via Reggio, IV traversa, presso Cerante Francesco e quivi si sarebbero dovute eseguire tutte le notificazioni. Vero che al momento della elezione di domicilio l'imputato era detenuto e l'art. 171, prevede espressamente la dichiarazione o l'elezione di domicilio solo per le notificazioni all'imputato non detenuto giacch le notificazioni all'imputato detenuto si eseguono mediante consegna della copia alla persona (art. 168}, ma nulla vieta che la dichiarazione o l'elezione anzidette vengono effettuate dall'imputato detenuto in previsione della successiva scarcerazione e, se al ogni contenuto volitivo (atto volontario, non atto di volont) e diretto soltanto a manifestare una situazione di fatto, non pu che riferirsi all'indicazione del luogo in cui la nersona ha la dimora abituale -residenza -mentre l'elezione di domicilio acquista la sua dignit negoziale proprio attra verso una manifestazione di volont di;retta a modificare, in modo giuridi camente rilevante, la naturale sede delle notificazioni. Certamente questa affermazione potrebbe portare troppo in l, sino ad affermare che non pu avere contenuto negoziale (e non essere quindi valida elezione) la manife stazione di volont con la quale l'imputato elegge domiciUo presso la propria residenza. Il che, se astrattamente affermato in modo assoluto, costitui;rebbe un'evidente assurdit, ma chiaro che, quando la giurisprudenza sostiene ci, si pone sostanzialmente un problema di interpretazione della volont: diviene allora legittimo il dubbio, di fronte alle brevi formule di stile con le quali solitamente si provvede agli incombenti di cui all'art. 171 c.p.p., che la cosi detta elezione non sia tale ed esatta appare l'affermazione che l'atto con il quale si ~legge domicilio a casa propria, non accompagnato da una pi sicura dimostrazione di intento negoziale, non sia valido a di mostrare l'effettivo intendimento dell'imputato di revocare la precedente elezione di domicilio. Cos statuendo, la sentenza che si annota ed altre (Cass. 18 giugno 1963, Giust. pen., 1964, 223; 18 febbraio 1963, ivi, 1964, 129; 25 marzo 1963, Cass. pen., Mass., 1963, 92; 6 maggio 1966, n. 1075) hanno correttamente applicato le norme vigenti in materia. Non appaiono viceversa ineccepibili per la loro drasticit quelle deci sioni che richiedono, per la validit dell'elezione di domicilio, l'indicazione della persona del domiciliatario (Cass. 8 maggio 1962, Cass. pen. Mass. 1964, 91; 17 maggio 1966, n. 1163) anche se appaiono ispirate al principio del con creto raggiungimento dello scopo dell'atto: oltre infatti una ragionevole garanzia di efficienza, le norme processuali non possono andare senza che il PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1439 momento della scarcerazione essa non sia revocata, non vi alcun motivo per ritenerla invalida, trattasi, infatti, di una manifestazione di volont che pu persino essere espressa ancora prima che il giudice compia alcun atto con l'intervento dell'imputato, come si arguisce dall'art. 169 c. p. p. manifestazione di volont che conserva piena validit fino a che non venga revocato nella forma prescritta. Pertanto il temporaneo stato di detenzione dell'imputato vale solo a sospendere ma non ad escludere la efficacia della elezione di domicilio. L'obbligo. di procedere alle notificazioni al Lonetti. nel domicilio eletto non poteva poi considerarsi cessato per effetto di quella nuova elezione contenuta nella lettera raccomandata del 28 settembre 1959. L'imputato libero di modificare la elezione di domicilio, ma deve farlo secondo le modalit all'uopo prescritte dall'art. 171 c. p. p. La mutazione del domicilio eletto , invero, un atto formale nei modi stabiliti dalla legge, onde inefficace il mutamento del domicilio partecipato per lettera: quando il legislatore ha voluto attribuire effi regolare corso del processo ne risenta negativamente e tali affermazioni aprono la porta ad una inamissibile indagine sulla effettiva cognizione dell'atto notificato. Oltre tutto, 'limitano eccessivamente l'autonomia negoziale e le possibilit di interpretazione: non c' ragione infatti di escludere una manifestazione di volont per relationem (ad. es.: eleggo domicilio in via x n. Y ove ha sede lo studio legale, pu essere una valida elezione, come viceversa pu essere valida elezione anche quella a casa propria, purch accompagnata da chiara ed esplicita manifestazione in questo senso: certamente per non potrebbe interpretarsi come atto negoziale la mera affermazione eleggo domicilio a casa mia quando vi sia una precedente elezione di domicilio e quando la successiva dichiarazione sia fatta all'atto della scarcerazione in adempimento dell'obbligo imposto di non allontanarsi dalla propria residenza. In tal caso, il dubbio che questa non sia elezione diventa certezza. (Vedi anche per una corretta interpretazione della volont di revoca del precedente domicilio; Cass. 4 giugno 1966, n. 1342). Dopo quanto sin qui detto, appare appena il caso di notare che l'affermazione giurisprudenziale della validit della elezione di domicilio condizionata (fatta cio durante lo stato di detenzione e che esplicher i suoi effetti dopo la scarcerazione), appare ben pi conforme alla natura negoziale dell'atto, che non quella contraria (conformi sul punto alla sentenza annotata: Cass. 20 maggio 1962, Cass. pen. Mass. 1964, n. 91; 12 ottobre 1959, Giust. pen. 1960, 356; 16 marzo 1964, Cass. pen. Mass. 1964, n. 814; 29 novembre 1960, Giust. pen. 1961, 218). b) Un'ipotesi particolare di elezione di domicilio ove fra l'altro si usano correttamente i due termini di residenza e domicilio prevista dall'art. 4 del d.P.R. 25 ottobre 1955, n. 932, relativamente al difensore dell'imputato che non risieda n abbia domicilio nel luogo ove ha sede l'ufficio giudiziario presso cui in corso l'istruzione penale. In tale ipotesi, la norma prevede che, ai fini delle notificazioni degli avvisi indicati negli artt. 304 ter e 304 1440 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cacia giuridica alle comunicazioni per lettera, lo ha stabilito espressamente come nell'art. 134 il che vale ancora ad escludere che l'imputato possa valersi di tale mezzo nei casi non contemplati, stante la validit della non elezione di domicilio al Lonetti si sarebbe dovuto quindi notificare la citazione per il giudizio di primo grado nel domicilio eletto e da tale inosservanza deriva la nullit dell:a citazione e quella degli atti successivi, compreso la sentenza (art. 189 prima parte). Anche per il giudizio di appello la citazione doveva essere notificata nel domicilio eletto perch, per espressa disposizione di legge, la elezione di domicilio vale per ogni stato e grado del procedimento di merito, escluso il giudizio di cassazione per il quale il domicilio del ricorrente deve essere sempre presso il difensore (artt. 172-532). La Corte di appello di Catanzaro ha ritenuto di potere superare l'ostacolo, osservando che nella dichiarazione di appello dell'imputato aveva affermato di essere domiciliato in Roma Largo Pannonia quater del c.p.p. il difensore deve eleggere domicilio o indicare un sostituto nel luogo ove pende il procedimento entro tre giorni dalla comunicazione della nomina, ailtrimenti le notificazioni saranno eseguite presso il presidente del Consiglio dell'ordine degli avvocati, se questo ha sede nel luogo in cui si procede, o in mancanza, mediante deposito nella cancelleria o segreteria. Va richiamata l'attenzione su questa norma, poich talvolta accaduto, in casi in cui l'Avvocatura dello Stato aveva assunto la difesa di impiegati o agenti dello Stato in giudizi penaJ.i pendanti innanzi a Giudici ove non ha sede un Ufficio dell'Avvocatura, che gli avvisi previsti dagli articoli 304 ter e quater c.p.p., sono stati notificati presso il Presidente del Consiglio del l'Ordine degli Avvocati, con la conseguenza che :J.'Avvocato dello Stato in caricato della difesa, o non ha ricevuto affatto o non ha ricevuto in tempo, la notizia necessaria all'espletamento di un'efficiente difesa in sede istrut toria. In siffatti casi, ricorre una ipotesi di nullit assoluta, per il combinato disposto degli artt. 18 5n. 3 c.p.p. e 11 e 44 ro. 30 ottobre 1933, n. 1611. Infatti sembra difficile poter sostenere che l'art. 4 del d.P.R. 25 ottobre 1965, n. 932 possa essere applicato anche quando il difensore sia un avvocato dello Stato, poich essendo la difesa assunta impersonalmente dall'Ufficio dell'Avvocatura territorialmente competente, sono applicabili integralmente le norme sulla difesa e irappresentanza in giudizio dello Stato che, come noto, prevedono, a pena di nullit assoluta, come unica sede per le notifi cazioni, quella della competente Avvocatura dello Stato. Siffatta soluzione non inficiata dalla norma dell'art. 45 t.u. n. 1611 del 1933 che richiama il solo art. 1 per la difesa degli impiegati (che anzi ci comporta una perfetta equiparazione fra difesa dello Stato e difesa degli impiegati agli effetti dell'applicabilit del citato decreto) ed rafforzata dalla nota ratio della norma di cui all'art. 11 e dalla coincidenza tra interesse dello Stato e interesse dell'impiegato alla difesa. P. DI TARSIA DI BELMONTE 1441 PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE n. 48 e che tale dichiarazione dovesse considerarsi come una revoca della prima elezione di domicilio. Senonch, anzitutto, l'elezione di domicilio atto per sua natura e funzione prevalente sulla dichiarazione di domicilio, sicch si sarebbe dovuto dimostrare l'effettivo intendimento dell'imputato di revocare la elezione di domicilio preventivamente fatta, ma soprattutto da rilevare che l'argomento della Corte non verrebbe a salvare dalla nullit l'intero giudizio di primo grado, anzi la revoca verrebbe a confermare Ja validit della prima elezione di domicilio. Da quanto detto discende la nullit della sentenza di primo e secondo grado emesse nei confronti del Lonetti, onde gli atti dovevano essere trasmessi al tribunale di Crotone per il giudizio, rimanendo assorbito il secondo motivo di ricorso che riflette il merito della causa. Rigettandosi i ricorsi degli altri imputati. -(Omissis). 19 PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA F. MENESTRINA, L'accessione nell'esecuzione, Giuffr Milano, 1962, pagg. 274. Nel dichiarato intento di rendere onore ad uno dei maggiori Maestri del moderno diritto processuale civile e di mettere a disposizione degli studiosi opere che possono considerarsi classici della scienza giuridica, la Fondazione PIERO CAI.AMANDREI > ha curato, recentemente, la riedizione in tre tomi degli scritti pi significativi di FRANCESCO MENESTRINA. Questa Rassegna appare la sede pi naturale per ricordare e lodare l'iniziativa della Fondazione CALAMANDREI ., se vero, com' vero, che il Menestrina, facendo parte per molti anni del nostro Lstituto, ad esso dedic la maggior parte della sua attivit e delle sue energie. Anche i suoi scritti, del resto, sull'Avvocatura dello Stato, sul Foro generale dell'Erario, sul Contenzioso erariale (v. rispettivamente in Riv. dir. proc. civ., 1931, I, 201, ivi, 1927, I, 297, Riv. dir. pubbl., 1931, I, 26) testimoniano di un sempre intenso e costante interesse per i problemi giuridici connessi alla difesa dello Stato. Dell'opera in rassegna baster ricordare che con essa il M. apport un contributo notevolissimo e fecondo di r[sultati anche sul piano della futura legislazione alla teoria del cumulo processuale soggettivo, scoprendo, per la prima volta, al di fuori dell'ipotesi del consor21io > (l'unica fino ad allora rilevata nella letteratura) ipotesi di ~ aggruppamento di parti comprensive oltre che dei pi creditori istanti in una esecuzione speciale anche dei creditori insinuatisi nel concorso fallimentare>. Il merito dell'A. acquista tanto pi rilevanza quanto maggiormente si considera che, all'epoca in cui il libro in rassegna veniva pubblicato, la teoria dell'esecuzione era piuttosto negletta dagli studiosi di diritto processuale, per cui, relativamente ad essa, invano si sarebbero cercati lavori monografici od opere di sintesi di portata uguale a quella dei lavori sul processo di cognizione. La lettura del volume resa piacevole dallo stile piano e ben articolato del M. e dagli interessanti riferimenti storici e comparatistici. Si pu concludere, quindi, che la riedizione del volume in rassegna, oltre a rendere un doveroso omaggio alla memoria di un grande giurista scomparso, contribuisce alla diffusione, specialmente tra i giovani, di un testo che s'impone all'attenzione di ogni studioso sia per l'originalit e lucidit del pensiero espressovi e sia per il rigore e la severit, certamente esemplari, del metodo d'indagine. L.M. H. KELSEN, La dottrina pura del diritto, Einaudi, Torino, 1966, pagg. CIII-418 (Saggio introduttivo e tradU2lione di M. G. Losano; titolo originale dell'opera: Reine Rechtslehre, Verlag Franz Deuticke, Wien, 1960). Si segnala ai lettori della Rassegna la recente traduzione italiana, curata, su suggerimento di Norberto Bobbio, da Mario G. Losano, della Dottrina Pura del Diritto di H. KELSEN nella stesura pubblicata a Vienna nel 1960. 20 282 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Quest'opera, definita da Ross il maggior contributo del secolo alla filosofia del diritto, costituisce una vera e propria e summa del pi maturo pensiero Kelseniano sul concetto del Diritto in s, inteso quale struttura autosufficiente e non contraddittoria di norme giuridiche interdipendenti. Come lo stesso A. avverte ne111i sua prefazione al libro, la seconda edizione dell'opera rappresenta una rielaborazione totale dei temi trattati nella prima edfaione, pubblicata in Austria nel 1934 e tradotta in Italia nel 1952, ed un considerevole ampliamento del suo argomento. E difatti il K., mentre un tempo si era ritenuto pago di enunciare i principi fondamentali di una dottrina pura dei diritto e di indicare i risultati pi propriamente caratteristici di tale teoria, in questa nuova edizione del libro ha voluto sviluppare le medesime concezioni di fondo in tutte le loro pi specifiche implicazioni, tentando di risolvere i problemi essenziali di una dottrina generale del diritto secondo i principi della purezza metodologica della conoscenza scientifico-giuridica e cercando, con ci, di precisare pi dettagliatamente la posizione della 'Scienza giuridica nel sistema delle scienze . L'evoluzione delle pi importanti concezioni espresse nel volume e le modificazioni pi rilevanti subite, pur nella sua coerenza e linearit, dal pensiero Kelseniano, sono sottolineate, oltre che dalle perspicue note dell'A. al testo, dall'ottimo saggfo introduttivo del traduttore; saggio che costituisce di per s uno studio degno di segnalazione ai cultori di filosofia del diritto e di teoria generale del diritto. Al traduttore si devono, altresl, un'utilissima bibliografia , aggiornata al 1966, degli scritti originali del K. e delle traduzioni italiane ed una avvertenza terminologica avente lo scopo di spiegare alcune difficolt lessicali del testo, dovute al fatto che l'A. usa oggi vocaboli in un senso del tutto diverso da quello con cui anni fa li introdusse nella sua costruzione giuridica. L.M. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE LEGGI E DECRETI * legge 31 ottore 1966, n. 948 -Sostituisce i primi due commi dell'art. 31 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270 relativo alla presunzione di esistenza di un predeterminato quantitativo di gioielli, denaro e mobilia nel patrimonio ereditario (G. U. 16 novembre 1966, n. 287). legge 31 ottobre 1966, n. 958 -Modifica l'art. 32 del d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, riducendo di un anno i termini per la rettifica e per l'accertamento di ufficio dei redditi imponibili (G. U. 17 novembre 1966, n. 289). legge 6 dicembre 1966, n. 1077 -Estende le norme sul trattamento di quiescenza e di previdenza vigenti per i dipendenti di ruolo delle Amrninistraz'ioni dello Stato ai dipendenti non di ruolo (G. U. 20 dicembre 1966, n. 319). legge 12 dicembre 1966, n. 1078 -Disciplina la posizione ed il trattamento economico dei dipendenti dello Stato e degli Enti pubblici eletti a cariche presso Enti autonomi territoriali (G. U. 20 dicembre 1966, n. 319). legge 20 dicembre 1966, n. 1114 -Modifica l'art. 13 del Codice postale e delle telecomunicazioni (r. d. 27 febbraio 1936, n. 645), contemplando l'intervento dell'autorit giudiziaria (Pretore) per la pronuncia sulla inoltrabilit delle corrispondenze ritenute non ammesse dall'ufficio postale (G. U. 27 dicembre 1966, n. 325). legge 20 dicembre 1966, n. 1116 -Modifica l'ordinamento del personale della pubblica sicurezza (G. U. 27 dicembre 1966, n. 325). legge 23 dicembre 1966, n. 1139 -Concede, nei limiti e con le condizioni indicate, il condono delle sopratasse, pene pecuniarie ed altre sanzioni non penali in materia tributaria (G. U. 30 dicembre 1966, n. 328). legge 23 dicembre 1966, n. 1147 -Contiene la nuova disciplina del contenzioso elettorale amministrativo, con modifica degli artt. 15, 82, 83 e 84 del d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570, aggiunta dell'art. 9-bis, abrogazione dell'art. 2 della legge 18 maggio 1951, n. 328 e norme transitorie per i ricorsi pendenti (G. U. 31 dicembre 1966, n. 329). () Si segnalano i provvedimenti ritenuti di maggiore interesse. 284 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE * NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI d. lg. P. R. 6 maggio 1948, n. 655 (Istituzione di sezioni della Corte dei Conti per la Regione siciliana), art. 2, secondo comma, e art. 6, primo comma, primo periodo, limitatamente alle parti in cui consentono, rispettivamente, al Governo regionale di richiedere, e alle sezioni regionali riunite della Corte dei conti di disporre, la registrazione degli atti ritenuti illegittimi in sede di controllo e l'apposizione del visto con riserva; art. 6, secondo c:omma. Sentenza 19 dicembre 1966, n. 121, G. U. 24 dicembre 1966, n. 324. Ordinanza di rimessione 10 luglio 1965 delle Sezioni riunite della Corte dei conti per la Regione siciliana, G. U. 4 settembre 1965, n. 223, e in questa Rassegna, 1965, II, 145. NORME DELLE QUALI STATA DICHIARATA NON FONDATA LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE r. d. I. 20 luglio 1934, n. 1404 (Istituzione e funzionamento del tribunaie -~ per i minorenni) (1), artt. 14 e 15 (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 19 dicembre 1966, n. 122, G. U. 24 dicembre 1966, n. 324. Ordinanza di rimessione 30 settembre 1964 della Corte di appello di Torino, G. U. 5 giugno 1965, n. 139, e in questa Rassegna, 1965, II, 79. r. d. 5 giugno 1939, n. 1016 (Testo unico delle norme per la protezione della selvaggina e per l'esercizio della caccia), art. 19, terzo c:omma, alle parole salvi i diritti quesiti (artt. 3, 41 e 42 della Costituzione). Sentenza 19 dicembre 1966, n. 124, G. U. 24 dicembre 1966, n. 324. Ordinanza di rimessione 2 luglio 1965 del Pretore di Rovato, G. U. 30 ottobre 1965, n. 273, e in questa Rassegna, 1965, II, 145. legge 19 gennaio 1955, n. 25 (Disciplina dell'apprendistato), art. 6 art. 35 della Costituzione). Sentenza 19 dicembre 1966, n. 123, G. U. 24 dicembre 1966, n. 324. Ordinanza di rimessione 7 aprile 1965 del Tribunale di Caltanis setta, G. U. 28 agosto 1965, n. 216, e in questa Rassegna, 1965, II, 109. (*) Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento ai quali sono state proposte o decise le questioni di legittimit costituzionale. (1) Convertito, con modificazioni, in legge 27 maggio 1935, n. 835. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 285 NORME DELLE QUALI STATO PROMOSSO GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE Codice civile, art, 2068 (Rapporti di lavoro sottratti a contratto collettivo), se-condo comma, nella parte in cui sottrae alla disciplina del contratto collettivo i rapporti di lavoro domestico (art. 39, ultimo comma, della Costituzione). Pretore di Napoli, ordinanza 30 maggio 1966, G. U. 26 novembre 1966, n. 299. codice civile, art. 2120 (Indennit di anzianit), primo comma, ultima parte, nel punto in cui, con disparit di trattamento rispetto ai dipendenti statali (art. 3 della Costituzione), stabilisce la perdita dell'indennit di anzianit in caso di cessazione del rapporto di lavoro per dimissioni volontarie (art. 36 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 4 luglio 1966, G. U. 24 dicembre 1966:, n. 324. codice di procedura civile, art. 545 (Crediti impignorabili), quarto com ma, limitatamente alle parole e in eguale misura per ogni altro credito , in quanto, con disparit di trattamento rispetto ai dipendenti pubblici, consente il pignoramento del quinto delle somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennit di lavoro o di impiego per crediti di qualsiasi natura (art. 3 della Costituzione). Pretore di Gallarate, ordinanza 10 ottobre 1966, G. U. 26 novembre 1966, n. 299. codice di procedura civile, art. 622 (Opposizione della moglie del debitore), sia perch limita alle sole ipotesi previste l'opposizione della moglie contro i creditori del marito (art. 24, primo comma, della Costituzione), sia perch le limitazioni alla proponibilit ed ai mezzi di prova concernono l'opposizione solo della moglie (art. 29, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 23 maggio 1966, G. U. 12 novembre 1966, n. 284. codice penale, art. 145 (Remunerazione ai condannati per il lavoro prestato) e art. 213 (Stabilimenti destinati alla esecuzione delle misure di sicurezza detentiva. Regime educativo, curativo e di lavoro), nelle parti in cui pongono a carico, rispettivamente, del detenuto e del sottoposto a misure di sicurezza detentive, le spese di mantenimento (artt. 1, 3 e 27 della Costituzione). Tribunale di Varese, ordinanza 26 luglio 1966, G. U. 26 novembre 1966, n. 299. 286 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice cli procedura penale, art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento con istruzione sommaria), terzo comma, in quanto consente al pretore di emettere decreto di citazione a giudizio senza che l'imputato sia stato interrogato qualora non si proceda al compimento di atti di istruzione (artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione) (2). Pretore di Gonzaga, ordinanza 16 giugno 1966, G. U. 12 novembre 1966, n. 284. codice di procedura penale, art. 503 (Atti del giudizio direttissimo), terzo comma, in quanto rimette alla discrezione del giudice la concessione di un termine per preparare la difesa (artt. 3 e 24 della Costituzione) (3). Tribunale di Bari, ordinanza 8 giugno 1966, G. U. 12 novembre 1966, n. 284. r. d. 11 dicembre 1887, n. 1550 (rec:te: 5138) (che chiama la Consulta Araldica a dar pareri al Governo in materia di titoli e distinzioni nobiliari, di stemmi ed altre pubbliche onorificenze e ne stabilisce le norme), in quanto relativo al riconoscimento di titoli nobiliari (art. 3 e disp. trans. XIV della Costituzione) (4). Tribunale di Bologna, ordinanza 18 giugno 1966, G. U. 12 :novembre 1966, n. 284. r. d. 2 luglf.o 1896, n. 313 (Nuovo ordinamento per la Consulta Araldica), in quanto relativo al riconoscimento di titoli nobiliari (art. 3 e disp. trans. XIV della Costituzione) (4). Tribunale di Bologna, ordinanza 18 giugno 1966, G. U. 12 novembre 1966, n. 284. (2) Questione gi proposta dal Pretore di Venezia (ordinanza 13 maggio 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213, e retro, 11, 202) e, con riferimento al solo art. 24, secondo e terzo comma, della Costituzione, dal Pretore di Avezzano (ordinanza 13 giugno 1966, G. U. 24 settembre 1966, n. 239, e retro, II, 248). La disposizione, e limitatamente alle parti in cui, nei procedimenti di competenza del pretore, non prevede la contestazione del fatto e l'interrogatorio dell'imputato, qualora si proceda aZ compimento di atti di istruzione , stata dichiarata illegittima con sentenza 28 aprile 1966, n. 33. (3) Questione gi proposta dal Tribunale di Belluno (ordinanza 10 dicembre 1965, G. U. 12 febbraio 1966, n. 38, e retro, 11, 2.3), dal Tribunale di Bari (ordinanze 1 giugno 1966 e 15 giugno 1966, G. U. 10 settembre 1966, n. 226, e retro, II, 249) e con riferimento al solo art. 24 della Costituzione, dal Pretore di Bari (ordinanza 16 marzo 1966, G. U. 21 maggio 1966, n. 124, e retro, II, 154) dal Tribunale di Bari (ordinanza 22 marzo 1966, G. U. 28 maggio 1966, n. 131, e retro, II, 154) e dal Pretore di Milano (ordinanza 28 marzo 1966, G. U. 23 luglio 1966, n. 182, e retro, II, 203). (4) Questione gi proposta dal Tribunale di Roma con quattro ordinanze del 13 dicembre 1965, G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e retro, II, 155 e seguenti. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE r. d. 5 luglio 1896, n. 314 (Regolamento per la Consulta Araldica), in quanto relativo al riconoscimento di titoli nobiliari (art. 3 e disp. trans. XIV della Costituzione) (4). Tribunale di Bologna, ordinanza 18 giugno 1966, G. U. 12 novembre 1966, n. 284. legge 14 febbraio 1904, n. 36 (Disposizioni sui manicomi e sugli alienati), art. 2, secondo comma, e sia nella parte che consente l'accertamento dell'alienazione mentale senza le garanzie di contraddittorio, di difesa giuridica e tecnica e di impugnabilit, sia nella parte che consente, alla autorit di pubblica sicurezza in via di urgenza, l'internamento provvi sorio per un periodo di tempo superiore a quello consentito per la carcerazione di indiziato di reit (artt. 2, 3, 24 e 32 della Costituzione); art. 3, terzo comma, in quanto affida non solo al giudizio, ma altresi all'arbitrio generico ed amplissimo del direttore del manicomio la facolt del licenziamento dell'internato in via di prova (artt. 2, 3, 24 e 32 della Costituzione); e nel complesso delle disposizioni, con particolare riguardo all'art. 3, ultimo punto, in quanto contemplano gravi restrizioni della libert personale (art. 13, primo, secondo e terzo comma, della Costituzione). Tribunale di Ferrara, ordinanze 30 luglio 1966 e 18 agosto 1966 (quattro complessivamente), G. U. 12 novembre 1966, n. 284. r. d. I. 15 marzo 1923, n. 692 (Limitazioni all'orario di lavoro per gli operai ed impiegati deUe aziende industriali o commerciali di qualunque natura), art. 9, secondo comma, in quanto attribuisce al Governo, predeterminando solo la natura ed il limite massimo della sanzione, il potere di creare (e, negli indicati limiti, reprimere) nuove figure di reato (art. 25, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Busto Arsizio, ordinanza 5 ottobre 1966, G. U. 24 dicembre 1966, n. 324. r. d. 10 maggio 1923, n. 1792 (Convalidazione, con modificazioni, dei regi decreti 19 novembre 1921, n. 1592, e 16 novembre 19.21, n. 1593, suU'imposta sul consumo del gas e deZZ'energia elettrica), art. 1, in quanto convalida il r. d. 19 novembre 1921, n. 1592, per violazione dei principi che regolavano, all'epoca della sua emanazione, la convalida dei decreti legge nonch l'esercizio, da parte del Governo, del potere legislativo delegato dalle Camere. Tribunale di Monza, ordinanza 14 marzo 1966, G. U. 26 novembre 1966, n. 299 (5). (5) Nella stessa ordinanza il Tribunale di Monza ha dichiarato manifestamente infondate le questioni di legittimit costituzionale del r. d. 1. 15 settembre 1915, n. 1373 (e, subordinatamente all'esito della questione sopra indicata, del r. d. 1. 19 novembre 1921, n. 1592) (art. 77 della Costituzione) e del comb. disp. art. 45, primo e secondo comma, del d. m. 8 luglio 1924 e norme da esso richiamate <.art. 70 della Costituzione). I I I ~ f j 288 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (Legge tributaria sulle sucessioni), art. 31, primo, secondo e terzo o:omma, in quanto pone la presunzione iuris et de iure di esistenza di un predeterminato quantitativo di gioielli, danaro e mobilia nel patrimonio ereditario (artt. 3 e 53 della Costituzione) (6). Commissione provinciale delle imposte di Napoli, ordinanza 17 maggio 1966, G. U. 26 novembre 1966, n. 299. r. d. 23 marzo 1924, n. 442 (Disposizioni per disciplinare l'uso di titoli od attributi nobiliari), in quanto relativo al riconoscimento di titoli nobiliari (art. 3 e disp. trans. XIV della Costituzione) (4). Tribunale di Bologna, ordinanza 18 giugno 1966, G. U. 12 novembre 1966, n. 284. legge 17 aprile 1925, n. 473 (Conversione in legge, con approvazione complessiva, di decreti luogotenenziali e regi aventi per oggetto argomenti diversi, emanati sino al 23 maggio 1924), per la parte in cui converte in legge il r. d. 20 marzo 1924, n. 442, con disposizioni relative al riconoscimento di titoli nobiliari (art..3 e disp. trans. XIV della Co~ stituzione) ( 4). Tribunale di Bologna, ordinanza 18 giugno 1966, G. U. 12 novembre 1966, n. 284. r. d. 16 agosto 1926, n. 1489 (Statuto delle successioni ai titoli e agli attributi nobiliari), in quanto relativo al riconoscimento di titoli nobiliari (art. 3 e disp. trans. XIV della Costituzione) (4). Tribunale di Bologna, ordinanza 18 giugno 1966, G. U. 12 novembre 1966, n. 284. r. d. 29 luglio 1927, n. 1443 (Norme di carattere legislativo per disciplinare la ricerca e la coltivazione delle miniere), artt. 10 e 19, nella parte in cui, senza prevedere indennizzo, impongono un pati ai possessori dei fondi compresi nel perimetro di ricerca e di coltivazione delle miniere (art. 42, terzo comma, della Costituzione). Tribunale di Montepulciano, ordinanza 14 giugno 1966, G. U. 12 novembre 1966, n. 284. r. d. 21 gennaio 1929, n. 61 (Approvazione dello stato nobiliare italianor, in quanto relativo al riconoscimento di titoli nobiliari (art. 3 e disp. trans. XIV della Costituzione) (4). Tribunale di Bologna, ordinanza 18 giugno 1966, G. U. 12 novembre 1966, n. 284. (6) Questione gi proposta dalla Corte di appello di Milano con ordinanza 22 febbraio 1966, G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e retro, II, 157. I primi commi della disposizione, dichiarati illegittimi con sentenza 12 luglio 1965, n. 69 e in quanto escludono le aziende agricole dal trattamento disposto per le aziende industriali e commerciali ., sono stati sostituiti con legge 31 ottobre 1966, n; 948. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 289 r. d. 18 giugno 1931. n. 787 (Regolamento per gli istituti di prevenzione e di pena), art. 124 primo comma, in quanto prescrive la gratuit del lavoro prestato dai detenuti durante il tirocinio (art. 36 della Costituzione); artt. 125, secondo comma, e 126 primo comma, in quanto rimettono l'assegnazione dei detenuti alle varie categorie di lavoratori alla insindacabile valutazione discrezionale del direttore del carcere (art. 4 della Costituzione); art. 125, quinto e sesto comma, e 327, scondo comma, ultima parte, in quan,to determinano la retribuzione dovuta ai detenuti secondo criteri che prescindono dalla qualit e dalla quantit del lavoro in concreto prestato (artt. 36 e 3 della Costituzione). Tribunale di Varese, ordina.nza 26 luglio 1966, G. U. 26 novembre 1966, n. 299. r. d. 18 glugno 1931, n. 787 (Regolamento per gli istituti di prevenzione e di pena), art. 142, secondo comma, in quanto obbliga i detenuti che al momento delliingresso netto stabilimento non abbiano dichiarato di appartenere ad altra confessione religiosa a seguire le pratiche collettive del culto cattolico (art. 19 e 21 della Costituzione). Giudice di sorveglianza presso il Tribunale di Varese, ordinanza 4 agosto 1966, G. U. 24 dicembre 1966, n. 324. r. d. 27 novembre 1936, n. 645 (Codice postale e delle telecomunicazioni), artt. 12, secondo comma, 13 e 72, in quanto, nell'autorizzare l'Amministrazione postale, e cosi ogni suo dipendente che maneggi la corrispondenza, a non darvi corso ove nella sua discrezionale valutazione ritenga di ravvisarvi una contrariet all'ordine pubblico, al buon costume e alla sicurezza dello stato, consentono in effetti all'Amministrazione di esaminare e stabilire, discrezionalmente, senza intervento dell'autorit giudiziaria, ed in base al loro contenuto intrinseco, quali oggetti di corrispondenza possano essere consentiti (artt. 15 e 21 della Costituzione) (7). . Giudice istruttore del Tribunale di Bologna, ordinanza 21 ~iugno 1966, G. U. 24 dicembre 1966, n. 324. r. d. 7 giugno 1943, n. 651 (Ordinamento dello Stato Nobiliare Italiano), in quanto relativo al riconoscimento di titoli nobiliari (art. 3 e disp. trans. XIV della Costituzione) (4). Tribunale di Bologna, ordinanza 18 giugno 1966, G. U. 12 novembre 1966, n. 284. d. lg. lgt. 9 novembre 1945, n. 848 (Trattamento di pensione degli addetti ai pubbtici servizi di trasporto in concessione, gi licenziati per motivi politici), art. 6, in quanto, nel disporre l'annullamento della po( 7) L'art. 13 del Codice postale stato modificato con legge 20 dicembre 1966, n. 1114, che devolve all'autorit giudiziaria (Pretore) la pronuncia sulla inoltrabilit delle corrispondenze ritenute non ammesse dall'Ufficio postale. 290 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO s1z10ne assicurativa conseguita dagli agenti autoferrotramvieri in dipendenza di rapporti di lavoro svolti dopo l'esonero dal servizio per motivi politici, contempla, con disparit di trattamento anche rispetto agli agenti che dopo l'esonero non abbiano prestato lavoro subordinato, una disciplina diversa da quella stabilita con il r. d. t 6 gennaio 1944, n. 9 e con il d. lg. lgt. 19 ottobre 1944, n. 301, per le altre categorie di dipndenti pubblici ai quali riconosciuto, ai fini della ricostruzione della carriera e della liquidazione della pensione, il periodo di tempo successivo all'esonero dal servizio per motivi politici (art. 3 della Costituzione) (8). Tribunale di Roma, ordinanza 30 maggio 1966, G. U. 24 dicembre 1966, n. 324. d. lg. C.P.S. 1 aprile 1947, n. 273 (Proroga dei contratti agrari), in quanto rimette alla valutazione dell'Ispettorato compartimentale dell'agricoltura, non suscettibile di sindacato da parte dell'autorit giudiziaria, l'accertamento sulla attuabilit ed utilit del piano di trasformazione agraria (artt. 3, 25 e 102 della Costituzione) (9). Corte di appello di Catania, Sezione agraria, ordinanza 11 luglio 1965, G. U. 24 dicembre 1966, n. 324. d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 176, in quanto consente di assoggettare ad imposizione tributaria redditi solo presunti (10). Commissione distrettuale. delle imposte di Milano, ordinanze 5 maggio 1966 (tre), G. U. 26 novembre 1966, n. 299 (artt. 53, 113, 70, 71, 76 e 81 della Costituzione). Commissione distrettuale delle imposte di Asti, ordinanza 21 g.iugno 1966, G. U. 24 dicembre 1966, n. 324 (artt. 53 e 3 della Costituzione). Commissione distrettuale delle imposte di Acireale, ordinanza 14 lu glio 1966, G. U. 12 novembre 1966, n. 284 (artt. 53, 113, 70, 71 e 76 della Costituzione). (8) Questione gi proposta dallo stesso Tribunale di Roma con ordinanza 24 gennaio 1966 (G. U. 27 agosto 1966, n. 213, e retro, II, 207). (9) La disposizione stata sostituita con l'articolo unico della legge 13 giugno 1961, n. 527, per il quale la stessa questione stata gi proposta dalla Sezione agraria della corte di appello di Venezia, in riferimento agli artt. 24, 101 e 102 della Costituzione (ordinanza 4 marzo 1966, G. U. 11 giugno 1966, n. 143, e retro, II, 163). (10) La questione (che nelle ordinanze delle Commissioni distrettuali delle imposte di Milano e di Acireale non risulta motivata) stata gi pro.posta dalla stessa Commissione distrettuale delle imposte di Milano in riferimento agli articoli 53, 76 e 77 della Costituzione (ordinanze 15 luglio 1965 {due) G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e retro, II, 161) e dalla Commissione distrettuale delle imposte di Crotone in riferimento al solo art. 53 della Costituzione (ordinanza 16 aprile 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213, e retro, II, 211). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 291 legge 24 marzo 1958, n 195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura), art. 17, secondo com ma, in quanto consente il sindacato giurisdizionale (e da parte del Consiglio di Stato) sulle deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura (artt. 100, primo comma, 104, 105, 24, primo comma, 103 e 102, secondo comma, prima parte, della Costituzione). Corte di cassazione, sezioni unite civili, ordinanze 10 marzo 1966 (tre), G. U. 12 novembre 1966, n. 284. legge 2 aprile 1958, n. 339 (Tutela del lavoro domestico), in quanto dettata nel presupposto che la materia del lavoro domestico sottratta alla regolamentazione collettiva (art. 39, ultimo comma, della Costituzione). Pretore di Napoli, ordinanza 30 maggio 1966, G. U. 26 novembre 1966, n. 299. d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1011 (Norme sui licenziamenti individuali dei lavoratori dipendenti dalle imprese industriali), articolo unico, nella parte in cui rende obbligatorie erga omnes le clausole dell'Accordo interconfederale del 18 ottobre 1950 relative alle formalit di costituizione del Collegio di conciliazione e arbitrato (art. 39 e 76 della Costituzione) (11). Tribunale di Roma, ordinanza 26 luglio 1966, G. U. 26 novem~ bre 1966, n. 299. d. P. R. 11 settembre 1960, n. 1326 (Norma sul trattamento economico e normativo dei lavoratori dipendenti dalle imprese grafiche e affini), articolo unico, in quanto rende obbligatorio erga omnes l'art. 11 del Contratto collettivo nazionale di lavoro 1 ottobre 1959 per la parte in cui richiama gli accordi interconfederali per i criteri in materia di licenziamento (art. 39 e 76 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 26 luglio 1966, G. U. 26 novembre 1966, n. 299. (11) Con sentenza 26 maggio 1966, n. 50, ed in riferimento agli artt. 76, 77 e 102 della Costituzione, la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimit costituzionale del d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1011 e per la sola parte in cui discipiina l'intenento di conciliazione delle organizzazioni di categoria ed ha dichiarato non fondata la questione di legittimit costituzionale dello stesso decreto presidenziale in quanto rende obbligatorie erga omnes le clausole dell'Accordo interconfederale del 18 ottobre 1950 che deferisco.no la cognizione delle controversie a Collegi di conciliazione e di arbitrato. In riferimento all'art. 39 della Costituzione, nel rilievo, cio, che la soggezione al giudizio arbitrale si risolve in una violazione del principio della libert sindacale, la questione sopra indicata stata gi propOBta dal Tribunale di Milano con ordinanza 13 ottobre 1965 (G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e retro, II, 162). 292 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), art. 108~ per eccesso dai limiti della delega conferita con l'art. 2, terzo comma, della legge 9 ottobre 1964, n. 991, in quanto prevede la pena accessoria della pubblicazione della sentenza di condanna (art. 76 della Costituzione) (12). Pretore di Lugo, ordinanze 17 settembre 1966 e 22 settembre 1966, G. U. 26 novembre 1966, n. 299. legge 22 luglio 1966, n 614 (Interventi straordinari a favore dei territori depressi dell'Italia settentronale e centrale), in quanto sacrifica competenze, legislative ed amministrative, proprie delle Regioni e delle Provincie autonome (artt. 11, 13 e 57 e segg. dello Statuto della Regione Trentino-Alto Adige e artt. 5, 116, 118, 119 e 128 della Costituzione). Regione Trentino-Alto Adige, ricorso depositato il 24 ottobre 1966, G. U. 12 novembre 1966, n. 284. d. P. R. 9 agosto 1966, n. 869 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di igiene e sanit, assistenza sanitaria ed ospedaliera, recupero dei minorati. fisici e mentali), art. 3, primo c:omma, in quanto riserva al Ministero della sanit le attribuzioni in materia di classificazione degli ospedali e i provvedimenti intesi ad assicurare in tutto il territorio nazionale una adeguata assistenza ospedaliera (art. 15, n. 16 dello Statuto della Regione FriuliVenezia Giulia). Regione Friuli-Venezia Giulia, ricorso depositato il 28 novembre 1966, G. U. 24 dicembre 1966, n. 324. legge reg. sic:. approv. 12 ottobre 1966 (Norme per i concorsi nella Regione siciliana per i medici, veterinari ed ostetriche condotti e norme integrative transitorie per il personale sanitario degli ospedali della Regione siciliana). Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, G. U. 26 novembre 1966, n. 299. legge reg. sic:. approv. 16 novembre 1966 (Riordinamento dei ruoli organici dell'Assessorato regionale dell'agricoltura e delle foreste). Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, G. U. 24 dicembre 1966, n. 324. \12) La questione di legittimit costituzionale del d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162, nel suo complesso, per sostanziale eccesso dai limiti temporali della delega conferita con legge 9 ottobre 1964, n. 991, e in riferimento agli artt. 73 e 76 della Costituzione stata proposta dal Pretore di Latina con ordinanza 15 luglio 1966 (G. U. 15 ottobre 1966, n. 258, e retro, II, 260). PARTE II, RASSEGNA DI I,EGISLAZIONE 293 NORME DELLE QUALI IL GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE STATO DEFINITO CON PRONUNCE DI ESTINZIONE, Di INAMMISSIBILITA, DI MANIFESTA INFONDATEZZA O DI RESTITUZIONE DEGLI ATTI AL GIUDICE DI MERITO Codice di procedura penale, art 398 (Poteri del pretore nel procedimento con istruzione sommaria), nella parte in cui, nei procedimenti di competenza del Pretore, non prevede la contestazione del fatto e l'interrogatorio dell'imputato, qualora si proceda al compimento di atti di istruzione -manifesta infondatezza per sopraggiunta inefficacia deHa norma ai sensi deHa sentenza n. 33 del 20 aprile 1966 (pubblicata il 28 aprile 1966). Ordinanza 19 novembre 1966, n. 115, G. U. 26 novembre 1966, n. 299. Ordinanze di rimessione 1<> aprile 1965 del Pretore di Montichiari (G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e retro, II, 154); 24 gennaio 1966 (due) del Tribunale di Ferrara (G. U. 30 aprile 1966, n. 105, e retro, II, 101; G. U. 11 giugno 1966, n. 143, e retro, II, 154); 1<> febbraio 1966 (tre) del Tribunale di Ferrara (G. U. 30 aprile 1966, n. 105, e retro, II, 101); 12 febbraio 1966 del Pretore di Novara (G. U. 30 aprile 1966, n. 105, e retro, II, 101); 12 febbraio 1966 del Pretore di Cagli (G. U. 21 maggio 1966, n. 124, e retro, II, 154); 14 febbraio 1966 del Pretore di Royigo (G. U. 21 maggio 1966, n. 124, e retro, II, 154); 16 febbraio 1966 del Pretore di Benevento (G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e retro, II, 154); 24 febbraio 1966 del Pretore di Livorno (G. U. 21 maggio 1966, n. 124, e retro, II, 154). legge 20 marzo 1865, n. 2248, alla F (Legge sui lavori pubblici), art. 317 -restituzione per un nuovo giudizio sulla rilevanza. Ordinanza 19 dicembre 1966, n. 126, G. U. 26 ottobre 1966, n. 324. Ordinanze di remissione 23 giugno 1965 del Pretore di Borgo S. Lorenzo (G. U. 31 luglio 1965, n. 191, e in questa Rassegna, 1965, II, 107) e 6 dicembre 1965 del Pretore di Caltanissetta (G. U. 12 febbraio 1966, n. 38, e retro, II, 23). r. d. 12 febbraio 1911, n. 297 (Regolamento per la esecuzione deHa legge comunale e provinciale), art. 160 -manifesta infondatezza (13). Ordinanza 19 novembre 1966, n. 116, G. U. 26 novembre 1966, n. 299. Deliberazione 19 febbraio 1966 del Consiglio comunale di Acerra, G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e retro, II, 156. (13) Questione gi dichiarata inammissibile con sentenza 22 novembre 1962, n. 92, per la natura regolamentare della disposizione. I I I l ! j 294 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 7 ottobre 1947, n. 1058 (Norme per la disciplina dell'elettorato attivo e per la tenuta e la revisione annuale delle liste elettorali), artt. 3, sec:ondo c:omma, 23 e 24 -restituzione per un nuovo giudizio sulla rilevanza. Ordinanza 19 dicembre 1966, n. 125, G. U. 24 dicembre 1966, n. 324. Ol'dinanze di remissione 5 novembre 1964 della Corte di appello di Ancona e 30 ottobre 1964 e 13 novembre 1964 della Commissione elettorale mandamentale di Imola, G. U. 13 febbraio 1965, n. 39, e in questa Rassegna, 1965, II, 15. d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 136, lettera bJ -restituzione per un nuovo giudizio sulla rilevanza (14). Ordinanza 19 novembre 1966, n. 112, G. U. 26 novembre 1966, n. 299. Ordinanza di rimessione 9 novembre 1965 della Commissione distrettuale delle imposte di Polistena, G. U. 29 gennaio 1966, n. 25, e retro, II, 24. d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai e degli impiegati addetti alle industrie edilizie ed affini), artlc:olo unlc:o, nella parte in cui rende obbligatorio erga omnes l'art. 56 del contratto collettivo 24 luglio 1959 per gli operai addetti all'industria edilizia ed affini -manifesta infondatezza per sopraggiunta inefficacia della norma ai sensi della sentenza n. 45 del 4 maggio 1966 (pubblicata il 27 maggio 1966). Ordinanza 19 novembre 1966, n. 113, G. U. novembre 1966, n. 299. Ordinanza di rimessione 9 novembre 1965 del Tribunale di Catania, G. U. 12 marzo 1966, n. 64, e retro, II, 106. d. P. R. 9 maggio 1961, n. 866 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai dipendenti dalle imprese edili ed affini delle provincie di Catanzaro, Cosenza e Reggio Calabria), artic:olo unic:o, per la parte che rende obbligatorie e1'ga omnes le clausole concernenti la Cassa edile di cui all'art. 11 dell'accordo integrativo collettivo 1 luglio 1959 per gli operai edili della provincia di Reggio Calabria -manifesta infondatezza per sopraggiunta inefficacia della norma ai sensi della sentenza n. 48 del 23 maggio 1966 (pubblicata il 28 maggio 1966). Ordinanza 19 novembre 1966, n. 114, G. U. 26 novembre 1966, n. 299. Ordinanza di rimessione 19 novembre 1965 del Pretore di Palmi, G. U. 12 marzo 1966, n. 64, e retro, II, 106. (14) Sulla presumibile motivazione del provvedimento, gi adottato per la stessa questione di legittimit costituzionale (ordinanza 28 aprile 1966, n. 36, G. U. 30 aprile 1966, n. 105, e retro, II, 110) cfr. retro, II, 257, nota 23. PARTE Il, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 295 legge reg. sarda approv. 14 maggio 1965 (riapprov. 20 gennaio 1966) (Modifiche alla legge regionale 31 marzo 1965, n. 5, concernente la concessioni di un assegno mensile ai vecchi lavoratori senza pensione) inammissibilit. Sentenza 19 dicembre 1966, n. 113, G. U. 24 dicembre 1966, n. 324). Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri depositato 1'11 febbraio 1966, G. U. 12 marzo 1966, n. 64, e retro, II, 163. legge reg. sic. approv. 21 luglio 1965 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 11 gennaio 1963, n. 2) -estinzione per rinuncia. Ordinanza 19 novembre 1966, n. 105, G. U. novembre 1966, n. 299. Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato il 6 agosto 1965, G. U. 28 agosto 1965, n. 216. legge reg, sic. approv. 21 luglio 1965 (Provvidenze per iniziative nel settore minerario) -estinzione per rinuncia. Ordinanza 19 novembre 1966, n. 108, G. U. 26 novembre 1966, n. 299. Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato il 6 agosto 1965, G. U. 28 agosto 1965, n. 216. legge reg. sic. approv. 19 ottobre 1965 (Istituzione di un posto di ruolo di idraulica agraria con applicazione di disegno presso l'Universitd di Catania) -estinzione per rinuncia. Ordinanza 19 novembre 1966, n. 110, G. U. 26 novembre 1966, n. 299. Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato il 6 novembre 1965, G. U. 13 novembre 1965, n. 284. legge reg. sic. approv. 26 ottobre 1965 (Modifiche alla legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 21 luglio 1965 recante modifiche ed integrazioni della legge 11 gennaio 1963, n. 2) -estinzione per rinuncia. Ordinanza 19 novembre 1966, n. 106, G. U. 26 novembre 1966, n. 299. Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato il 9 novembre 1965, G. U. 27 novembre 1965, n. 297. legge reg. sic. approv. 25 novembre 1965 (Interpretazione autentica dell'art. 13 della legge regionale 22 febbraio 1963, n. 14 e norme aggiuntive alla legge stessa) -estinzione per rinuncia. Ordinanza 19 novembre 1966, n. 107, G. U. 26 novembre 1966, n. 299. Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato il 14 dicembre 1965, G. U. 31 dicembre 1965, n. 326. 296 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge reg. si:. approv. 4 aprile 1966 (Modifiche alla legge regionale 30 dicembre 1960, n. 48, e successive aggiunte e modificazioni, concernente e Norme per la tutela sociale dei lavoratori e per lo sviluppo della cooperazione >) -estinzione per rinuncia. Ordinanza 19 novembre 1966, n. 109, G. U. 26 novembre 1966, n. 299. Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato il 22 aprile 1966, G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e retro, II, 164. legge reg. sic. approv. 4 aprile 1966 (Stati di previsione dell'entrata e della spesa della Regione siciliana per l'anno finanziario 1966) -estinzione per rinuncia. Ordinanza 19 novembre 1966, n. 111, G. U. 26 novembre 1966, n. 299. Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato il 22 aprile 1966, G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e retro, II, 164. Prescrizioni di massima per la provincia di Enna, artt. 27 e 39 -inammissibilit (artt. 25 e 77 della Costituzione). Sentenza 19 novembre 1966, n. 102, G. U. 26 novembre 1966, n. 299. Ordinanze di rimessione 11 novembre 1965 (due) del Pretore di Troina, G. U. 29 gennaio 1966, n. 25 e retro, II, 23 (nota 3), e G. U. 12 marzo 1966, n. 64, e retro, II, 102 (nota 14). CONSULTAZIONI AGRICOLTURA E FORESTE Affittanze e concessioni a scopo di sfruttamento agricolo. Se le norme recate dalla legge n. 567/62 sulla perequaziOlne dei canoni delle affittanze agrarie siano applicabili ai beni demaniali (n. 44). Se le norme recate dalla legge n. 567/62 sulla perequazione dei canoni sulle affittanze agrarie siano applicabili a tutti i beni del patrimonio disponibile ed indisponibile (n. 44). Se per le affittanze e le concessioni a scopo di sfruttamento agricolo sia possibile effettuare la scelta del contraente con la procedura della trattativa privata (n. 44). APPALTO Clausole penali. Se l'art. 1384 c. c. possa applicarsi per la riduzione di una penale prevista in un capitolato d'oneri (n. 299). Se l'artt. 1384 c. c. possa applicarsi per la riduzione di una penale prevista in un singolo contratto fra l'Amministrazione ed il privato (n. 299). In virt di quale norme data facolt all'Amministrazione di disapplicare le clausole penali e con quali limiti (art. 15 il.egge cont. gen. dello Stato) (n. 299). Revisione prezzi -Opere pubbliche. Se le norme del d. 1. C. P. S. 6 dicembre 1947, n. 1501 e successive modificazioni, in materia di revisione dei prezzi nell'appalto di opere da parte dello Stato e di Enti pubblici, in tanto operino in quanto nel contratto non si sia derogato al loro contenuto, non essendo le stesse di ordine pubblico (n. 300). Transazione. Se una transazione che ponga fine alil.e controversie seguite ad un contratto d'appalto, stipulato da un'Azienda Autonoma su delega dell'Assessorato per le finanze della Regione Siciliana, debba essere stipulata a sua volta dall'Azienda Autonoma o dall'Assessorato (n. 301). Se di fronte alil.'art. 34 del Capitolato Generale dei LL. PP. del 1895 l'appaltatore possa chiedere la risoluzione del contratto per cause imputabili all'Amministrazione pubblica (n. 301). Se, quando per fatto imputabile alla P. A., l'esecuzione dell'appalto venga a ricadere in un periodo di prezzi crescenti, l'appaltatore abbia diritto al rimborso dei maggiori costi a titolo di risarcimento del danno, senza che possano applicarsi i presupposti, i limiti e il.e forme procedurali dettate per la revisione (n. 301). 21 298 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO BORSA Agenti di cambio -Rappresentanti. Se il provvedimento di revoca dell'autorizzazione concessa ad un agente di cambio perch si avvalga dell'opera di un rappresentante alle grida possa essere impugnato dal rappresentante stesso, quando non vi sia stata acquiescenza da parte dell'agente di cambio (n. 23). Se il predetto provvedimento debba avere come destinatario il solo agente di cambio ovvero anche il suo rappresentante (n. 23). CACCIA E PESCA Inclusione terreni demaniali in zone di ripopolamento e cattura -Indennit. Se l'Amministrazione delle Finanze possa pretendere canoni o indennit per l'inclusione di terreni demaniali in zone di ripopolamento e cattura costituite ai sensi degli artt. 52 e segg. del t. u. 5 giugno 1939, n. 1016, e successive modifiche, sulla protezione della selvagglna e l'esercizio della caccia (n. 33). Se nel caso che l'ente gestore della zone di ripopolamento e cattura impedisca arbitrariamente le normali utitlizzazioni produttive del :Condo ed arrechi molestia ai terzi concessionari, provocando, la chiamata in garanzia dell'Amministrazione delle Finanze, sia dovuto ad essa il risarcimento del danno (n. 33). COMUNI E PROVINCIE Licenze edilizie. Se possano ritenersi legittime le licenze di costruzione rilasciate da un Comune per un terreno privato che nel programma di fabbricazione comunale risulta compreso in una zona destinata ad ampliamento di una scuola gi esistente (123). CONSIGLIO DI STATO Effetti estensivi della decisione -Limiti. Se, in seguito ad una decisione del Consiglio di Stato, la P. A. possa, avvalendosi dell'effetto estensivo di questa, procedere ailla riliquidazione di indennit gi determinate in via definitiva e corrisposte senza che vi sia stato reclamo, o di indennit per le quali sia decorso il termine prescrizionale biennale (n. 4). CONTABILIT GENERALE DELLO STATO Clausole penali. Se l'art. 1384 c. c. possa applicarsi per la riduzione di una penale prevista in un capitolato d'oneri (n. 216). PARTE II, CONSULTAZIONI 299 Se l'art. 1384 c. c. possa applicarsi per la riduzione di una penale prevista in un singolo contratto fra l'Amministrtazione ed il privato (n. 216). In virt di quale norma data facolt all'Amministrazione di disapplicare le clausole penali e con quali limiti (art. 15 legge cont. gen. dello Statot) (n. 216). COSTITUZIONE Illegittimit cost. art. 183, t. u. (21 febbraio 1895, n. 70) sulle pensioni civili e militari -art. 187. Se la dichiarazione di illegittimit costituzionale, effettuata con la sentenza n. 3 del 1966, dell'art. 183, primo comma lett. a) e terzo comma, t. u. 21 febbraio 1895, n. 70, sulle pensioni civili e militari, che prevedeva la perdita del diritto a pensione per le destituzioni dal servizio verificatesi per i reati ivi contemplati, importi l'illegittimit costituzionale del successivo art. 187, il quale prevede la riduzione della pensione per gli impieg.ati destituiti senza l'esplicita dichiarazione defila perdita del diritto a pensione, o, comunque, allontanati dal servizio per effetto di regolare provvedimento disciplinare (n. 37). DANNI DI GUERRA Indennizzo -Status di cittadinanza. Se, una volta concesso l'indennizzo per danni di guerra con provvedimento definitivo, il concessionario sia tenuto a provare ancora la sussistenza dello status di cittadinanza affinch venga emesso mandato di pagamento a suo favore (124). Se la dichiarazione di non aver ottenuto provvidenze per il titolo per cui si chiesto l'indennizzo per danni di guerra, costituendo un presupposto della domanda di indennizzo ed essendo stata delibata nel corso del relativo procedimento amministrativo, possa essere nuovamente richiesta per l'emis sione del mandato di pagamento (n. 124). DEMANIO Inclusione te1reni demaniali in zone di ripopolamento e cattura. Se l'Amministrazione delle Finanze possa pretendere canoni o indennit per l'inclusione di terreni demaniali in zone di ripopolamento e cattura costituite ai sensi degli ar.tt. 52 e segg. del t. u. 5 giugno 1939, n. 1016, e successive modifiche, sulla protezione della selvaggina e l'esercizio della caccia (n. 211). Se nel caso che l'ente gestore della zone di ripopolamento e cattura impedisca arbitrariamente le normali utilizzazioni produttive del fondo ed arrechi molestia ai terzi concessionari, provocando la chiamata in garanzia dell'Amministrazione delle Finanze, sia dovuto ad essa il risarcimento del danno (n. 211). 300 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Regime del patrimonio indisponibile. Se ai beni del patrimonio indisponibile dello Stato possano applicarsi le norme sulla propriet relative ai rapporti di vicinato (n. 212). EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE Alloggi per lavoratori -Facoltd di revisione del prezzo. Se la facolt, concessa dall'art. 14 1. 28 febbraio 1949, n. 43, di revisione del prezzo degli alloggi per lavoratori, in conseguenza del maggior costo di costruzione accertato in sede di consuntivo, possa essere esercitata anche dopo la stipulazione del contratto di vendita degli alloggi (n. 187). Cooperative finanziate in base alla legge Aldisio. Se sia possibile autorizzare la messa in liquidazione di una cooperativa edilizia che abbia ottenuto il finanziamento in base alla 1. 10 agosto 1950, n. 715 quando sia intervenuta l'assegnazione degli alloggi costruiti ai soci ed il frazionamento del mutuo (n. 188). ELETTRICITA ED ELETTRODOTTI Canoni relativi ad attraversamento di strade pubbliche con linee elettriche. Se in caso di attraversamento di strade statali con linee elettriche aeree, $enza infissione di pali o mensole o senza posa di cavi, il canone dovuto debba essere corrisposto a norma dell'art. 4 della 1. 21 dicembre 1961, n. 1501 {n. 28). . Se invece in caso di attraversamento di strade statali con linee elettriche sotterranee o aeree, ma con occupazione di suolo, sottosuolo o soprasuolo, il canone dovuto debba essere corrisposto ai sensi dell'art. 1 del d. P. R. 23 luglio 1948, n. 1248 (n. 28).' Combustibile nucleare -Garanzia per il trasporto. Se sia possibile concedere ad un Ente pubblico l'esonero dalla stipula dell'assicurazione o dalla prestazione di altra forma di garanzia finanziaria, prescriitta dalil'art. 21 1. 21 dicembre 1962, n. 1860, in caso di trasporto di combustibile nucleare irradiato (n. 29). ENTI E BENI ECCLESIASTICI Regime del patrimonio indisponibile. Se ai beni del patrimonio indisponibile dello Stato possano applicarsi le norme sulla propriet relative ai rapporti di vicinato (n. 43). 301 PARTE II, CONSULTAZIONI ESECUZIONE FORZATA Pignoramento -Azioni del terzo contro il debitore. Se il terzo pignorato, che nel corso della proceduza esecutiva abbia erroneamente pagato la somma pignorata al proprio creditore diretto, abbia azione contro quest'ultimo per la ripetizione di quella parte della somma che esso terzo abbia dovuto pagare una seconda volta al creditore procedente in esecuzione della ordinanza di assegnazione (n. 40). Se, nell'ipotesi di cui sopra, competa comunque al terzo pignorato la azione di ingiustificato arricchimento nei confronti del proprio creditore diretto (n. 40). Se, nell'ipotesi di cui sopra, possa configurarsi la possibilit di azione di annullamento per errore dell'avvenuto pagamento da parte del terzo (n. 40). ESPROPRIAZIONE PER P. U. Pagamento dell'indennit. Se il decreto di occupazione immediata dei fondi, previsto dall'art. 30, comma 2, 1. 25 giugno 1865, n. 2359, possa essere emanato a seguito della sola emissione dell'ordine di pagamento o se debba, invece, attendersi l'effettiva riscossione del mandato da parte del destinatario (n. 228). FALLIMENTO Concordato -Recupero crediti dell'Amministrazione post concordato. Se, dopo l'omologazione del concordato fallimentare, l'Amm.ne possa agire nei confronti del fallito per il recupero della parte di credito insoddisfatta (n. 103). Se, nella negativa, il credito erariale debba annullarsi per inesistenza o per inesigibilit (n. 103). Fallimento di societ cancellate dal registro delle imprese. Se dopo l'intervenuta liquidazione e cancellazione di una societ dal Registro delle Imprese possa, per debiti tributari di r. m. accertati successivamente, richiedersi la dichiarazione di fallimento della societ stessa e sia quindi applicabile l'art. 10 della legge fallimentare agli effetti del decorso dell'anno dalla cessazione dell'impresa (n. 104). FERROVIE Nuovo t. u. assicurazione infortuni sul lavoro. Se il r. d. 10 marzo 1938, n. 1054, che disciplina l'assicurazione obbliga.,. tovia contro gli infortuni sul lavoro del personale delle FF. SS., debba considerarsi abrogato a seguito dell'entrata in vigore del nuovo t. u. 30 giugno 1965, n. 1124 (n. 376). 302 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO IMPIEGO PUBBLICO Casse conguaglio nazionali -Esame rendiconti annuali di gestione. Se ai funzionari dell'Amministrazione del Tesoro e del CIP che si recano presso le Casse Conguaglio nazionali al di fuori del normale orario d'ufficio, onde esaminare i rendiconti di gestione che, ai sensi del d. I. 26 gennaio 1948, n. 98, devono poi essere approvati dal Ministero del Tesoro d'intesa con il CIP, possa corrispondersi un compenso forfettario a carico delle Casse (637). Se i suddetti funzionari debbano essere rimborsati delle spese vive di trasporto affrontate per recarsi presso le sedi delle Casse da queste stesse, mentre per le ore straordinarie debbano essere retribuiti dalle Amministrazioni di appartenenza (n. 637). Conservatorio di musica S. Cecilia -Incompatibilit tra varie cariche. Se la carica di Presidente del Consiglio di amministrazione sia incompatibile con quella di Direttore del Conservatorio e, in genere, con la posizione di appartenente al personale dell'Istituto (n. 638). Se tale incompatibilit sussista anche rispetto alla carica di Presidente dell'Accademia di S. Cecilia, dato che il Presidente dell'Accademia anche Presidente di diritto della Commissione amm.va del Conservatorio, ove di questo faccia parte (n. 638). Data di decorrenza prescrizione crediti di lavoro. Se lo Stato Itali!ano sia tenuto, ove ne ricorrano le condizioni di legge, a regolarizzare la posizti.one assicurativa degli ex dipendenti del soppresso partito nazionale fascista (n. 639). Se il diritto del prestatore di lavoro al rci.sarcimento dei danni ex art. 2116 c. c. sia di natura extra contrattuale od invece contrattuale, con relativa durata decennale del termine di prescrizione (n. 639). Se tale termine decorra dal raggiungimento dell'et pensionabile od invece dalla data della cessazione del rapporto di lavoro (n. 639). Lavoro straordinario -Indennit di anzianit. Se il compenso per lavoro straordinario debba ,essere ricompreso nella retribuzione-base per il calcolo di indennit di anzianit, in quanto carat terizzato dalla continuit e dalla obbligatoriet (n. 640). Se i compensi speciali per festivit. siano computabili ai fini dell'in dennit di anzianit (n. 640). Se sia legittimo il licenziamento di un avventizio per assenza arbitraria con decorrenza dalla data di inizio dell'assenza non giustificata (n. 640). -Prescrizione dei crediti di stipendio. Se la imprescrittibiUt del credito di lavoro in costanza di rapporto si applichi anche al pubblico impiego statale (n. 641). PARTE II, CONSULTAZIONI 303 IMPORTAZIONE ED ESPORTAZIONE Cassa Conguaglio zucchero d'importazione -Provvedimento C.I.P. n. 1066. Se le quote prezzo che, in base al provvedimento C.I.P. n. 1066 del 24 marzo 1964, pubblicato nella G. U. n. 79 del 28 marzo 1964, debbono essere versate a favore della Cassa Conguaglio Prezzo dello zucchero d'importazione dai soggetti importatori, possano compensarsi parzialmente con gli interessi bancari pagati prima dell'immissione al consumo dello zucchero come prodotto finito e o con le somme relative all'I.G.E. afferente gli oneri doganali (n. 44). IMPOSTA DI BOLLO Credito cinematografico -Limiti di applicazione dell'art. 30 l. 4 novembre 1965, n. 1213. Se la tssa di boMo nella misura fissa dello 0,10 per mille stabiliita dall'ultimo comma dell'art. 30 della 1. 4 novembre 1965, n. 1213 per le cambiali rilasciate per operazioni di credito, attuate nel settore cinematografico, operi per le sole operazioni di credito cinematografico effettuate dalla Sezione Autonoma della Banca Nazionale del Lavoro od anche per quelle effettuate da Enti o Societ finanziarie legalmente riconosciute (n. 30). Se il suddetto trattamento di favore concerna Le cambiali attraverso le quali viene attuato il credlto cinematografico ., senza che alcun rilievo abbia il fatto che le cambiali stesse vengano rilasciate daiJ. produttore del film (n. 30). IMPOSTA DI REGISTRO Decorrenza della prescrizione in caso di negozio simulato. Se, nell'ipotesi di negozio simulato (vendita per donazione ad una societ) al fine di porre in essere un negozio dissimulato indiretto (donazione ai soci), il termine prescrittivo per la tassazione del negozio dissimulato decorra daMa data di stipula del negozio simulato o dalla sentenza che accerti il negozio indiretto (n. 240). IMPOSTA DI SUCCESSIONE Decorrenza della prescrizione in caso di negozio simulato. Se, nell'ipotesi di negozio simulato (vendita per donazione ad una societ) al fine di porre in essere un negozio dissimulato indiretto (donazione ai soci), il termine prescrittivo per la tassazione del negozio dissimulato decorra dalla data di stipula del negozio simulato o dalla sentenza che accerti il negozio indiretto (n. 48). 304 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Privilegio dello Stato su mobili ed azioni compresi nell'asse ereditario. Se il privilegio dello Stato, per la riscossione delle imposte di successione, sui mobili cui le imposte si riferiscono si estenda a tutti i mobili che sono compresi nell'asse ereditado ed, in particolare, ad azioni non ancora vulturate all'erede (n. 49). IMPOSTE E TASSE Decorrenza della prescrizione in caso di negozio simulato. Se, nell'ipotesi di negozio simulato (vendita per donazione ad una societ) al fine di porre in essere un negozio dissimulato indiretto (donazione ai soci), il termine prescrittivo per la tassazione del negozio dissimulato decorra dalla data di stipula del negozio simulato o dalla sentenza che accerti il negozio indiretto (n. 426). Imposte doganali -Navi destinate all'esportazione -Esenzioni. Se i limiti posti dalla I. 21 luglio 1965, n. 939, ail1a esenzione dogana.le siano o meno applicabili in caso di navi destinate alla e$portazione (n. 427). Recuperabilit di crediti tributari alt'estero. Se sia riconosciuta in via generale dal diritto internazionale la possibilit per uno Stato di esigere crediti tributari all'estero (n. 428). Responsabilit dei liquidatori di societ. Se sia da considerare le~ttimo il provvedimento dell'Intendente di Finanza che dichiara la responsabilit del liquidatore di una societ per omissione del pagamento dei tributi diretti ed ordina all'Esattore di agire nei confronti di questo in proprio per il pagamento stesso (n. 429). Societ estinte -Responsabilit dei soci e liquidatori -Riscossione coattiva. Se possa l'Esattore agire coattivamente, sulla base dei ruoli, contro i liquidatori e i soci per la riscossione delle dmposte dirette dovute dalla societ estinta (n. 430). INFORTUNI SUL LAVORO Personale FF. SS. -Nuovo t. u. Assicurazione infortuni -Successione al precedente. Se il r. d. 10 marzo 1938, n. 1054, che disciplina l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro del personale delle FF. SS., debba considerarsi abrogato a seguito dell'entrata in vigore del nuovo t. u. 30 giugno 1965, n. 1124 (n. 47). PARTE II, CONSULTAZIONI 305 LAVORO Data di decorrenza prescrizione crediti di lavoro. Se lo Stato Italiano sia tenuto, ove ne ricorrano le condizioni di legge, a regolarizzare la posizione assicurativa degli ex dipendenti del soppresso partito nazionale fascista (n. 40). Se il diritto del prestatore di lavoro al risarcimento dei danni ex art. 2116 c. c. sia di natura extra contrattuale od invece contrattuale, con relativa durata decennale del termine di prescrizione (n. 40). Se tale termine decorra dal raggiungimento dell'et pensionabile od invece dalla data della cessazione del rapporto di lavoro (n. 40). Imprescrittibilit credito di lavoro. Se la imprescrittibilit del credito di lavoro in costanza di rapporto si applichi anche al pubblico impiego statale (n. 41). Lavoro straordinario -Commisurazione dell'indennit di anzianit. Se il compenso per lavoro straocdinario debba essere ricompreso nella retribuzione-base per il calcolo di indennit di anzianit, in quanto carat terl.zzato dalla continuit e dalla obbligatoriet (n. 42). Se i compensi specfali per festivit siano computabili ai fini dell'indennit di anzianit (n. 42). Se sia legittimo il licenziamento di un avventizio per assenza arbitraria con decorrenza dalla data di inizio dell'assenza non giustificata (n. 42). Uffici di collocamento -Obblighi dei comuni. Se la disposizione contenuta nell'art. 28 della 1. 29 apr.ile 1949, n. 264 -secondo la quale i Comuni erano tenuti a fornire i locali occorrenti, in genere, per i servizi di collocamento -sia stata modificata dal quinto comma dell'art. 11 1. 22 luglio 1961, n. 628 che riduce entro pi ristretti e precisi limiti tale obbligo (n. 43). LOCAZIONE Affittanze e concessioni a scopo di sfruttamento agricolo. S0 ,1e norme recate dalla l. n. 567/62 sulla perequazione dei canoni delle affittanze agrarie siano applicabili ai beni demaniali (n. 127). Se le norme recate dalla 1. n. 567/62 sulla perequazione dei canoni sulle affittanze agrarie siano applicabili a tutti i beni del patrimonio dLspo nibiJ.e ed indisponibile (n. 127). Se per le affittanze e le concessioni a scopo di sfruttamento agricolo sia possibile effettuare la scelta del contraente con la procedura della trat tativa privata (n. 127). 308 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO NAVI Navi destinate all'esportazione -Esenzioni dalle imposte doganali. Se i limiti posti dalla 1. 21 luglio 1965, n. 939, alila esenzione doganale siano o meno applicabili in caso di navi destinate alla esportazione (n. 114). Qualit di armatore -Contributi assicurativi. Se debba continuare a considerarsi armatore -in particolare agli effetti del versamento di contributi assicurativi a favore di membr:i dell'equipaggio -l'esercente della nave che, dopo la scadenza del contratto di affitto, sia pur .senza titolo ed in via di fatto, continui a gestire il natante (n. 115). OBBLIGAZIONI E CONTRATTI Garanzia reale e garanzia personale. Se sia possibile sostituire con una garanzia personale (fideiussione bancaria) la garanzia contrattuale prevista (e da assimilare a garanzia reale in numerario) della trattenuta della rata di saldo del compenso dovuto dalla p. a. per cottimi di prestazione di opere professionali, ove il pagamento del saldo sia subordinato all'intervenuto accertamento da parte di apposita Commissione tecnico-amministrativo dell'esatto adempimento da parte del professionista degli obblighi contrattuali e della tutela degli interessi erariali (n. 45). OPERE PUBBLICHE Revisione prezzi -Appalto -d. l. C. P. S. 6 dicembre 1947, n. 1501 -Natura della norma. Le 1e norme del d. 1. C. P. S. 6 dicembre 1947, n. 1501, e successive modificazioni, in materia di revisione dei prezzi nell'appalto di opere da parte dello Stato e di Enti pubblici, in tanto operino in quanto nel contratto non si sia derogato al loro contenuto, non essendo le stesse di ordine pubblico (n. 68). PENSIONI Illegittimit cost. art. 183, t. u. (21 febbraio 1895, n. 70) suUe pensioni civili e militari -art. 187. Se la dichiarazione di illegittimit costituzionale, effettuata con la sentenza n. 3 del 1966, de'.ll'art. 183, primo comma lett. a) e terzo comma, PARTE II, CONSULTAZIONI 307 tt. u. 21 febbraio 1895, n. 70, sulle pensioni civili e militari, che prevedeva la perdita del dirdtto a pensione per le destituzioni dal servizio verificatesi per i reati ivi contemplati, importi l'illegittimit costituzionale del successivo art. 187, il quale pr,evede la riduzione della pensione per gli impiegati destituiti senza l'esplicita dichiarazione della perdita del diritto a pensione, o, comunque, allontanati dal servizio per effetto di regolare provvedimento disciplinare (n. 112). PIGNORAMENTO Esecuzione forzata -Azioni del terzo contro il debitore. Se il terzo pignorato, che nel cor,so della procedura esecutiva abbia erroneamente pagato la somma pignorata al proprio creditore diretto, abbia azione contro quest'ultimo per la ripetizione di quella parte della somma che esso terzo abbia dovuto pagar,e una seconda volta al creditore procedente in esecuzione della ordinanza di assegnazione (n. 10). Se, nell'ipotesi di cui sopra, competa comunque al terzo pignorato l'azione di ingiustificato arricchimento nei confronti del proprio creditore diiietto (n. 10). ' Se, nell'ipotesi di cui sopra, possa configurarsi la possibilit di azione di annullamento per errore dell'avvenuto pagamento da parte del terzo (n. 10). POSTE E TELECOMUNICAZIONI Corrispondenza contenente valuta -Attribuzioni dell'U. I. C. Se fra 1e attribuzioni dell'Ufficio Italiano Cambi, in relazione ai plichi tolti di corso e trattenuti dalla competente Direzione Provinciale PP. TT. perch sospetti di contenere valuta, rientri solo l'eventuale profilo valutario, nei limiti in cui sia rilevabile dalle risultanze di verbale ad esso Ufficio trasmesso (n. 122). PRESCRIZIONE Crediti di lavoro -Data di decorrenza. Se lo Stato Italiano sia tenuto, ove ne ricorrano le condizioni di legge, a regolarizzare la posizione assicurativa degli ex dipendenti del soppresso partito nazionale fascista (n. 58). Se il diritto del prestatore di lavoro al risarcimento dei danni ex art. 2116 c. c. sia di natura extra contrattuale od invece contrattuale, con relativa durata decennale del termine di prescrizione (n. 58). Se tale termine decorra dal raggiungimento dell'et pensionabile od invece dalla data della cessazione del rapporto di lavoro (n. 58). 308 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Imprescrittibilit credito di lavoro. Se la imprescrittibilit del credito di lavoro in costanza di rapporto si applichi anche al pubblico impiego statale (n. 59). PREVIDENZA E ASSISTENZA Contributi assicurativi a favore di membri dell'equipaggio. Se debba continuare a considerarsi armatore -in particolare agli effetti del versamento di contributi assicurativi a favore di membri dello equipaggio -l'esercente della nave che, dopo la scadenza del contratto di affitto, sia pur senza titolo ed in via di fatto, continui a gestire il natante (n. 54). PRIVILEGI Privilegio dello Stato per la riscossione dell'imposta di successione. Se il privilegio dello Stato, per la riscossione delle imposte di successione, sui mobili cui le imposte si riferiscono si estenda a tutti i mobili che sono compresi nell'asse ereditario ed, in particolare, ad azioni non ancora vulturate all'erede (beneficiato o non) (n. 2). REGIONI Regione Siciliana -Disciplina della produzione di vini. Se sussista competenza della Regione Siciliana in tema qi disciplina giuridica della produzione di vini, mosti ed aceti (n. 141). Se tra le attribuzioni amministrative in materia di produzione di vini, mosti ed aceti competenti aJ.le autorit regionali, debbano ricomprendersi "' anche quelle di accordare autorizzazioni (di mera polizia agricola e sani taria) a norma degli artt. 6, 13 e 42 d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (n. 141). Transazione -Contratto di appalto. Se una transazione che ponga fine alle controversie seguite ad un contratto d'appalto, stipulato da un'Azione Autonoma su delega dell'Assessorato per le Finanze della Regione Siciliana, debba essere stipulata a sua volta dall'Azione Autonoma o dall'Assessorato (n. 142). Se di fronte all'art. 34 del Capitolato Generale dei LL. PP. del 1895 l'appaltatore possa chiedere la risoluzione del contratto per cause impu.:. tabili all'Amministrazione pubblica (n. 142). Se, quando per fatto imputabile alla P. A., l'esecuzione dell'appalto venga a ricadere in un periodo di prezzi crescenti, l'appaltatore abbia diritto al rimborso dei maggiori costi a titolo di risarcimento del danno; senza che possano applicarsi i presupposti, i limiti e le forme procedura. Ii dettate per la revisione (n. 142). I PARTE II, CONSULTAZIONI 309 RESPONSABILITA CIVILE Reati doganali. Se la responsabilit civile dell'E.A.M., quale associazione garante per la corresponsione di diritti e penalit dovuti a norma della legge doganale e delil.a convenzione ratificata con I. 12 agosto 1962, n. 1517 per i trasporti internazionali di merci coperte con libretto e TIR, debba ritenersi esclusa dall'allibramento della merce in arrivo e deposito della stessa in magazzino locato dal vettore e se invece la liberazione della responsabilit si abbia solo con la percezione dei diritti dovuti (n. 235). Se, in conseguenza, in caso di reato doganale comportante la responsabilit civile dell'E.A.M., questo possa essere citato come responsabile civile (n. 235). SERVITU'. Servit di passaggio -Usucapibilit -Interclusione. Se siano usucapibili le servit discontinue non apparenti, in particolare quella di passaggio (n. 43). Se debba considerarsi e intercluso il fondo adiacente ad una strada attualmente impraticabile ma ripristinabile al trafico (n. 43). SOCIETA Imposte e tasse -Societ estinte -Responsabilit di soci e liquidatori Riscossione coattiva. Se possa l'Esattore agire coattivamente, sulla base dei ruoli, contro i liquidatori e i soci per la riscossione delle imposte dirette dovute dalla societ estinta (n. 114). TRANSAZIONE Contratto di appalto. Se una transazione che ponga fine alle controversie seguite ad un contratto d'appalto, stipulato da un'Azienda Autonoma su delega dell'Assessorato per le Finanze della Regione Siciliana, debba essere stipulata a sua volta dall'Azienda Autonoma o dall'Assessorato (n. 14). Se di fronte all'art. 34 del Capitolato Generale dei LL. PP. del 1895 l"appaltore possa chiedere la risoluzione del contratto per cause imputabili all'Amministrazione pubblica (n. 14). Se, quando per fatto imputabile alla P. A., l'esecuzione dell'appalto venga a ricadere in un periodo di prezzi crescenti, l'appaltatore abbia diritto al rimborso dei maggiori costi a titolo di risarcimento del danno, senza che possano applicarsi i presupposti, i limiti e le forme procedurali dettate per la revisione (n. 14). 310 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO TRASPORTI Trasporti internazionali -Libretto TIR -Reati doganali -Responsabilit dell'E.A.M. Se la responsabiUt civile dell'E.A.M., quale associazione garante per la corresponsione di diritti e penalit dovuti a norma della legge doganale e della convenzione ratificata con 1. 12 agosto 1962, n. 1517 per i trasporti internazionali di merci coperte con libretto TIR, debba ritenersi esclusa dall'allibramento della merce in arrivo e deposito della stessa in magazzino locato dal vettore e se invece la liberazione della responsabilit si abbia solo con la percezione dei diritti dovuti (n. 56). Se, in conseguenza, in caso di reato doganale comportante la responsabilit civile dell'E.A.M., questo possa essere citato come responsabile civile (n. 56). TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI Recuperabilit di crediti tributari all'estero. Se sia riconosciuta in via generale dal diritto internazionale la possibilita per uno Stato di esigere crediti tributari all'estero (n. 30). NOTIZIARIO CONVEGNI DI STUDI Nei giorni 19-20 novembre 1955, nell"aula magna del Palazzo di giustizia di Palermo si tenuto un Congresso Nazionale sulla riforma del processo penale, organizzato dalla sede regionale siciliana del centro di studi giuridici e sociali, sotto l'Alto Patronato del Presidente della Re pubblica. Relatori sono stati il prof. Ugo Pioletti e il dott. Giovanni Rosso, i quali unitamente ai dott. Salvatore Messina, Giuseppe Gueli, Girolamo Bellavista, Salvatore Romano, Giovanni Musotto, Benedetto Vellinger, e Giovanni Leone hanno sottoscritto la mozione finale che fa voti affinch: 1) sia resa effettiva la dipendenza della polizia giudiziaria dell'autori t giudiziaria con la istituzione di apposito corpo e che al pubblico ministero siano affidati compi~i inerenti alla sua funzione di organo giudiziario indipendente dal potere esecutivo; 2) sia mantenuta la sanzione di nullit assoluta nei casi di cui all'art. 185 c. p. p. e che siano previste pi ampie sanatorie per le altre nullit; 3) che sfo mantenuto il potere del Magistrato di procedere agli esami ed agli interrogatori, dando anche facolt alle parti di procedere all'interrogatorio diretto; 4) che sia mantenuta la formula di assoluzione per insufficienza di prove per le sentenze dibattimentali, sopprimendo la sola formula di proscioglimento per insufficienza di prove in istruzione, in considerazione dei gravi riflessi anche d'ordine civilistico che l'abolizione della formula predetta comporterebbe; 5) che sia rielaborato il principio parzialmente devolutivo dell'appello e introdotto l'appello delle sentenze emesse dai tribunali militari; 6) che il ricorso per Cassazione sia limitato ai vizi di legittimit del provvedimento impugnato; 7) che sia previsto il regolamento necessario di competenza nei casi di conflitto proprio; 8) che sia ammessa la notificazione all'imputato -entro un ristretto termine (salvo nel caso in cui possa nuocere alle esigenze dell'accertamento della verit) -di un unico .avviso del procedimento iniziato a suo carico e che di tale notificazione venga data notizia, a cura dell'organo procedente, all'offeso dal reato ai fini delLa tutela degli interessi civili. * * * Promosso ed organizzato dalla Regione Siciliana, sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica, si svolto a Palermo e Catania, nei giorni dal 30 novembre al 4 dicembre 1966, il quinto Convegno di studi giuridici sulle Regioni. I temi del Convegno sono stati tre: a) La programmazione nazionale e la sua incidenza sulla competenza normativa delle Regioni a statuto comune 312 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e di quelle a statuto speciale; b) L'Amministrazione statale decentrata e l'ordinamento delle Regioni a statuto speciale; c) La Riforma della Finanza locale come strumento delle autonomie a statuto speciale. Su ognuno dei tre temi del Convegno erano state previste sei relazioni ma alcuni relatori non hanno potuto partecipare ai lavori. Ciononostante la mole degli studi proposti per il dibattito stata veramente imponente e tale, comunque, da impedire che se .ne tenti qui un riassunto sia pure sommario. Di particolare interesse sono apparsi gli interventi del prof. Livio Paladin per la Regione Friuli-Venezia Giulia, del prof. Aldo Piras per la Regione Sarda, del dott. Placido Cesareo per la Regione Trentino Alto Adige, dell'avv. Fortunio Palmas per la Regione Val d'Aosta, dello on. Emanuele Tuccari e iel prof. Salvatore Orlando Cascio per la Regione Siciliana sul primo dei tre temi del convegno. I complessi rapporti tra strumenti ed effetti dell'attivit pubblica di programmazione economica, da un lato, e funzioni legislative ed amministrative degli Enti Regionali, dall'altro, sono stati ampiamenti approfonditi ed hanno offerto, altresi, lo spunto ai relatori per un excursus sui caratteri formali, sullo scopo e sul contenuto dei programmi pluriennali e dei conseguenti atti approvativi. Sul secondo tema, assente il prof. Vezio Crisafulli, relatore per la Regione Friuli-Venezia Giulia, hanno svolto i loro interventi il prof. Pietro Gasparri per la Regione Sarda, il prof. Umberto Pototschinj P~r la Regione Trentino-Alto Adige, il prof. Ignazio Gallo per la Regione Val d'Aosta, l'on. Gaetano Sciteza ed il prof. Enzo Silvestri per la Regione Siciliana. Il terzo tema .stato trattato, invece, dal prof. Sergio Steve per la Regione sarda, dal prof. Giancarlo Mazzocchi per la Regione Trentino-Alto Adige, dal prof. Francesco Forte per la Regione V:al d'Aosta, e dai proff. Giuseppe La Loggia ed Emilio Giardina per la Regione Siciliana; rimasto assente il relatore per la Regione Friuli-Venezia Giulia, prof Giacomo Pellegrini. Numerose sono state le comunicazioni; tra esse ricordiamo quelle del dott. Pernicone, del prof. Buscema e dei dott. Savia e Teresi, sul primo tema; del dott. Gani e del dott. Fazio, sul secondo; del prof. Giorgete, del dott. Scallo ed ancora del prof. Buscema, sul terzo tema. Le rela21ioni ufficiali, i resoconti delle discussioni, le comunicazioni e le memorie saranno pubblicate, a cura della Regione Siciliana, in un volume di atti. Ad esso, pertanto, si rinvia il lettore curioso di approfondire la complessa tematica, oggetto del Convegno.