ANNO XXIII -N. 6 NOVEMBRE-DICEMBRE 1971 RA.SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1971 ABBONAMENTI ANNO L. 7.500 UN NUMERO SEPARATO 1.300 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO , PIAZZA G. VERDI, 10 -RQMA e/e postale 1/40500 Stampato in Italia -Printed in ltaly Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (2219005) Roma, 1972 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. RICORDO di ADOLFO GIAQUINTO Avvocato Generale dello Stato ADOLFO GIAQUINTO deceduto in Roma il 12 agosto scorso l'ex 'Avvocato Generaie dello Stato Prof. Adolfo Giaquinto. Nato a Potenza il 12 novembre 1878, studi a Napoli, laureandosi nel 1901; consegui la libera docenza, nel 1915, in diritto amministrativo e scienza dell'amministrazione; tale insegnamento te,nne, poi, per incarico, nell'Universit di Roma. Entrato giovanissimo neiza carriera giudiziaria, fu presidente alla Corte de L'Aquila nel 1930; avvocato generale in Cassazi~ne, e poi, nel 1934, procuratore generale alla Corte d'appello di Roma, assurto, poi, alla prima presidenza nel 1936. Nominato Avvocato Generale dello Stato il 1 luglio 1938, ha cessato da tale carica il 10 novembre 1945. Studioso, autOll"e d'una vasta serie di studi; di particolare importanza, sono La responsabilit degli enti pubblici, in tre volumi (1915), Le Lezioni di diritto amministrativo, tenuto nell'Universit di Roma (1933-34), e.d i seguenti articoli: Del Sindacato della Corte di Cassa zione sulle dedsioni delle giurisdizioni speciali, Dei danni dipendenti dalla manutenzione di opere pubbliche, La potest certificatrice della pubblica amministrazione ed il danno dei privati, Responsabilit degli enti per le contravvenzioni dei rappresentanti e dipendenti, Diritto di polizia e prevenzione indiretta della criminalit, Dell'.improponibilit assoluta dell'azione giudiziale in confronto della pubblica amministrazione, Di alcuni problemi attinenti all'ordinamento degli enti ;pubblici, Problemi giuddziari del lavoro, Della potst interpretativa autentica delle leggi. Dedic la Sua fervida attivit a molte istituzioni e a compiti di coltura e di giustizia: liquidatore degli usi civici a Napoli, componente del Tribunale superiore delle acque pubbliche, della Commissione per la riforma delle legislazioni sulla espropriazione per causa di pubblica utilit, stato infine, per moUi anni P1esidente della Commissione Centrale delle Imposte. I INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE (a cura dell'avv. Michele Savarese) pag. 1275 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (a cura dell'avv. Benedetto Baccari) 1347 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura dell'avv. Pietro de Francisci) 1360 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura dell'avv. Ugo Gargiulo) . 1386 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati Giuseppe Angelini -Rota e Carlo Bafile) 1392 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE (a cura dell'avv. Franco Carusi) . ' 15-13 Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Paolo Di Tarsia di Be/monte) 1530 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO RASSEGNA DI DOTTRINA (a cura dell'avv. Luigi Mazzella) . pag. 219 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE (a cura dell'avv. Arturo Marzano) 222 CONSULTAZIONI . 254 La pubbUcazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO ARTICOLI, NOTEt OSSERVAZIONI, QUESTIONI FAVARA F., L'impiego e la destinazione di redditi acquisiti da enti operanti non per scopo di lucro . . . . . . . . . . pag. 1505 INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE -V. Competenza e Giurisdizione. AMMINISTRAZIONE DELLO STATO -V\ Competenza e Giurisdizione. AMNISTIA E INDULTI -Amnistia genm-ale -Questione infondata di costituzionalit, 1298. -Amnistia sindacale -Questione infondata di costituzionalit, 1298. -Frode in commercio -Ipotesi di esclusione -Questione infondata di costituzionalit, 1299. -Immediata declaratoria -Non contrasta con diritto di difesa, 1298. -Impossibilit di rinunciare alla amnistia -Illegittimit costituzionale, 1298. -Termine di decorrenza -Precedente iniziativa legislativa -Questione infondata di costituzionalit, 1298. APPALTO -Appalto di opere pubbliche Contabilit dell'appalto -Nozione, 1513. -Appalto di opere pubbliche -Interessi legali sulle somme contestate -Nozione e portata, 1513. -Appalto di opere pubbliche Maggiori pretese dell'appaltato~ re -Necessit della previa, tempestiva riserva nei documenti contabili dell'appalto per la successiva presa in considerazione della pretesa dell'appaltatore in sede amministrativa e, quindi arbitrale, 1513. -Appalto di opere pubbliche Maggiori pretese dell'appaltatore -Onere della riserva -Ca rattere generale -Sussiste -Ratio e portata -Inerenza della (maggiore) spese all'esecuzione dell'opera -Nozione -Necessaria correlativit con l'onere della riserva -sussiste, 1513. -Appalto di opere pubbliche -Novazione del termine dell'appalto -~etese dell'appaltatore a particolari compensi o indennizzi per la prolungata durata del vincolo -Esclusione, 1524. -Appalto di opere pubbliche Responsabilit della P.A. appaltante per danni arrecati a terzi dall'appaltatore che non siano conseguenza diretta o mediata del progetto dell'opera o del modo di esecuzione che la P .A. committente abbia disposlto Esclusione, 1522. APPROVVIGIONAMENTI E CONSUMI -Disciplina igienica della produzione e vendita di sostanze alimentari -Analisi dei campioni -Esclusione della comunicazione del risultato -Illegittimit costituzionale, 1312. ATTO AMMINISTRATIVO -Annullamento d'ufficio -Presupposto e limiti -Decorso del tempo -Valutazione -Obbligo -Sussiste, 1386. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Aclque pulbbliche ed elettricit -Poteri della p.a. in materia di polizia idraulica -Azione risarcitoria di soggetti non destinatari dei relativi provvedimenti Giurisdizione del giudice ordinario, 1354. -Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Condanna della p.a. ad un facere -Inammissibilit, 1354. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Cointrolli amministrativi -Interesse legittimo dell'ente controllato -Azione giudiziaria per il risarcimento dei danni -Inammissibilit Fattispecie, 1347. -Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -C'rediti Pignorabilit -Limiti, 1352. -Rapporto di impiego tra i convitti nazionali e il personale insegnante nelle scuol da essi gestite -Situazione anteriore all'enrt: rata in vigore della legge 9 marzo 1967, n. 1'50 -Impiego pubblico -Esclusione -Giurisdizione del giudice ordinario sulle relative controversie, 1358. -Responsabilit della P .A. -Domanda di risarcimento ex illecito -Competenza del Giudice ordinario -Danno occasionato dall'esecuzione di opere idrauliche -Irrilevanza su tale competenza, 1354. CONFLITTO DI ATTRIBUZIONI , -V. Regione. CONTABILIT GENERALE DELLO STATO -V. Contratti pubblici. CONTRATTI AGRARI -Mezzadria -Chiusura annuale dei conti -Decadenza dei reclami del mezzadro -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 1322. CONTRATTI PUBBLICI -Capitolati d'oneri predisposti dalle Amministrazioni statali per regolare i propri contratti -Natura regolamentare per i contratti interessanti lo Stato -Sussiste, 1518. -Oomminatoria di penali st'abilite con norme di Capitolati geneTali aventi natura regolamentare -Improponi!bilit nei confronti della P.A. di domanda giudiziale per riduzione della penale ad equit -Sussiste -Appli cazione al caso di penale irrogata ai isensi dell'atrt. 65 d.m. 20 giugno 1930, n. 35, 1519. -Contratti di fornitura stipulati dall'Amm.ne Militare -Condizioni generali appr. con d.m. 20 giugno 1930, n. 3,5 -Natura regolamentare -Sussiste -Necessit di specifica approvazione per iscritto delle sue norme ai sensi dell'art. 1341 e.e. -Esclusione Inapplicabilit dell'art. 1341 e.e. ai contratti stipulati con la P.A. -Sussiste, 1518. -Contratto di fornitura stipulato dall'Amministrazione militare Legittimit dell'art. 65 delle Condizioni generale appr. con d.m. 20 giugno 1930, n. 35, statuente l'obbligo del fornitore, sanzionato da penale, di ritirarre la merce rifiutata dall'Amministrazione per esito negativo del relativo collaudo -Sussiste, 1518. CORTE COSTITUZIONALE -Giudizi di legittimit costituzionale in via incidentale -Questione sollevata dal P.M. -Manifesta inammissibilit, 1316. -Giudizi per conflitto di attribu~ zione -Prentoriet dei termini -Ipotesi varie, 1285. -Sentenza dichiarativa di incostituzionalit -Interpretazione Necessit, 1389. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -V., Amnistia e indulto, Approvvigionamenti e consumi, Contratti agrari, Corte Costituzionale, Impiego pubblico, Imposte e tasse in genere, Indulto, Lavoro, Ordinamento giudiziario, Previdenza e assistenza, Procedimento civili, Procedimento penale, Regione, Riforma fondiaria, Sicilia, Trentino Alto Adige. DANNI -Risarcimento -Prescrizione_ Domanda proposta nei confronti di uno dei compartecipi dell'il INDICE XI lecito -Effetto interruttivo per l'azione di !rivalsa verso l'altro dei compartecipi, 1383. DANNJ: DI GUERRA -Sequestri all'estero di somme liquide -,Acco:rdo italo-egiziano 10 settembre 1946 reso esecutivo cn 1. 10 maggio 1957, n. 512 Liquidazione -Criteri, 1386. DEMANIO -V. Regione. ESPROPRIAZIONE PER P.U. -Concorso di Enti pubblici nella attuazione dei piani di ricost!l'uzione ai sensi del D.L. io aprile 1947, n. 261 -Legittimazione attiva e passiva rispetto ai terzi .-Presupposti, 1371. -Decreto di esproprio sopravve" nuto nel corso del giudizio di danno per illegittima occupazione ed utilizzazione dell'immobile -Opposizione alla indennit . Non necessaria, 1360. -Occupazione di urgenza -Protrazione oltre il biennio -Effetti 1360. ' -Occupazione d'urgenza -Stato di consistenza -Autorizzazione all'ing resso nel fondo -Obbligo di notifica o comunicazione al proprietario -Non sussiste, 1388. -Occupazione d'urgenza -Stato di consistenza -Redazione da parte di un tecnico dell'ANAS -Legittimit, 1388. -Occupazione d'urgenza -Stato di consistenza -Redazione -Obbligo di picchettamento-Non sussiste, 1388. -Occupazione temporanea illegittimit -Danni -Criteri di determinazione, 1360. GIUNTA PROVINCIALE AMMINISTRATIVA -V. Giustizia Amministrativa. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Atto impugnabile -Occupazione temporanea -Autorizzazione all'ingresso nel fondo per la redazione dello stato di consistenza atto preparatorio -Impugnazione -Inammissibilit, 1387. -AttG impugnabile -Partecipazione, al privato, della data di redazione dello stato di consistenza - atto preparatorio -Impugnazione -Inammissibilit, 1388. -G;iunta provinciale amministrati-. va -Dichiarazione di incostituzionalit -Devoluzione del giudizio al Consiglio di Stato -Riassunzione -Termine di decadenza -Non sussiste, 1389. -Impiego pubblico -Segretario comunale -Pretese patrimoniali -Ministero dell'Interno -Non cont!l'ointeressato, 1389. -Ricorso avverso atto non ancora emanato -Inammissibilit, 1386. GUERRA. -V. Danni. IMPIEGO PUBBLICO -Note di qualifica -Assenze giu. stificate -Valutazione negativa -Possibilit -Limiti, 1391. -Note di qualifica -Dipendente in servizio in pi uffici nel corso dell'anno -Competenza -Criterio, 1391. -Note di qualifica -Ricorso gerarchico -Decisione motivata su fatti non contestati in precedenza -Illegittimita, 1391. -Pensione privilegiata -Detrazione dal risarcimento del danno 111egittimit costituzionale, 1328. -Segretario comunale -Supplenza -Determinazione del col,rnpenso per il pe!l'iodo anteriore all'enkata in vigore della 1. 8 giugno 1962, n. 604 -Distinzione rispetto al periodo successivo Necessit, 1389. -Segretario comunale -Supplenza -Diritti di segreteria -Mancato computo -Legittimit, 1389. XII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Stipendi, assegni e indennit --Agevolazioni per le case di abiPrescrizione -Dichiarazione di tazioni non di lusso -Estensioincostituzionalit - limitata ai ne all'imposta sul valore globale rapporti d'impiego privato, 1389. delle donazioni Esclusione, 1445. -Trasferimenti -Graduatoria degli aspiranti -Ricorso gerarchi- Atti rsoggetti ia condizione soco -Semplice interesse al mispensiva -Registrazione a tassa glioramento delle posizioni in fissa -Denuncia di avveramento graduatoria -Non giuridicadella condizione -Omissione o mente protetto -Omesso esame ritardo -Non influisce sulla temdella posizione della ricorrente pestivit della registrazione, 1419. in sede di decisione gerarchica Illegittimit, 1390. -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti per loro natu -V. anche Competenza e giurisdi ra le une dalle altre -Societ zione. di capitali -Aumento di capitale deliberato al fine della fusione IMPOSTA DI REGISTRO Unica tassazione, 1399. -Agevolazioni dell'art. 44 tab. B -Solidariet -Pluralit di negozidella legge di registro -Acquisto contenuti in unico atto -Solidadi area per la costruzione di chieriet limitata fra i distinti grupsa parrocchiale -Si estende, pi contraenti -Effetti -Litiscon1433. sorzio necessario -Esclusione, 1464. -Agevolazioni per la fusione di societ ex elettriche -Aumento -Successione di leggi nel tempo di capitale diretto a facilitare la Appalti e concessioni di :pubbli fusione -Esclusione dell'agevo co servizio -Legge 28 luglio 1961, lazione -Disposizioni necessa n. 827 -Atti soggetti ad approriamente connesse e derivanti vazione o condizione sospensiva per loro natura le une dalle al Applicabilit delle norme vigenti tre -Aumento di capitale e fu a1 momento della stipulazione, sione -Possibilit. 1400. 1449. -Agevolazioni per la fusione di societ ex -- Usucapione dichiarata con sen elettriche Fusione tenza -Imposta graduale - do per unione e fusione per incorporazione -Applicabilit a tutti vuta, 1447. i casi, 1400. -Vendita fra parenti -Presunzio -Agevolazioni per le case di abine di liberalit -Prova della tazione non di lusso -Acquisto provenienza del prezzo -Assedell'area -Edificabilit -Esigno di conto col'rente -Inidostenza di limitazioni al momento neit, 1429. .. .. dell'acquisto -Possibilit di rimozione, 1481. IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBI -Agevolazioni per le case di abi LE tazione non di lusso -Acquisto di area pro indiviso -Applica bilit -Assegnazione distinta di -Pluralit di stabilimenti dello soli uffici o negozi -Ininfluenstesso soggetto -Unicit di bi za, 1392. lancio -Stabilimenti siti nel Mezzogiorno aimmessi ad c:isen -Agevolazioni per le case di abi zione -Passivit -Inclusione nel tazione non di lusso -Estensio bilancio generale, 1436. ne alla costruzione di colonie climatiche -Legge 19 luglio 1961, -Redditi acquisiti da ente di assi n. 659 -Valore innovativo - Distenza e beneficenza -Impiego o vieto di rimborso di imposta ridestinazione dei redditi per le scossa -Illegittimit costituziofinalit istituzionali dell'ente nale -Manifesta infondatezza, Irrilevanza, con nota di F. F'A1425. VARA, 1505. INDICE XIlI -Redditi acquisiti da ente non avente scop di lucro -Impiego o destinazione dei redditi per le finalit istituzionali dell'ente Irrilevan, za, 1505. -Societ ed enti tassabili in base a bilancio -Interessi passivi Deducibilit -Criterio di proporzionalit -Presunzione - relativa e non assoluta, 1493. -Spese e passivit inerenti alla posizione del reddito -Pagamento da parte dei soggetti tassabili in base a bilancio ,delle aziende ed istituti di credito, dell'imposta di R.M., Cat. A, sugli interessi corrisposti ai reddituari e rinuncia all'esercizio dell'azione di rivalsa -Non perdita - spesa -inerenza alla produzione del reddito -Non sussiste, 1493. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Beneficio di inventaTio -Credito della Finanza per imposta di successione -Procedura per la liquidazione dell'eredit - opponibile alla Finanza -Deroga alle norme tributarie per l'accertamento di passivit -Sussiste -Impugnazioni ammesse, 1453. -Beneficio di inventario -Omessa compilazione dell'inventario Conseguenze -Opponibilit della decadenza da parte della Finanza -Esclusione -Insinuazione nella proceduTa di graduazione dei debiti ereditari -Esclusione, 1453i IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Entrata imponibile -Interessi sui mutui concessi a Comuni e provincie -Esclusione, 1395. -Istituti esercenti il credito -Decisione della sezione speciale per le imposte di negoziazione della Commissione Provinciale -Azione ordinaria -Termine - quello di sei mesi, 1395. -Prescrizione -Interruzione -Ricorso al Ministro delle Finanze Effetti, ~467. ---'-Quote di partecipazione spettante ai Comuni -Impignorabilit, 1352. IMPOSTA IPOTECARIA -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Mutuo contratto per l'acquisto dell'area edificabile -Agevolazione dell'art. 18 della legge 2 luglio 1949, n. 408 -Si estende, 1443. - Credito a medio e lungo termine -Risoluzione anticipata in caso di inadempienza -Incom.:. patibilit col requisito della durata minima dell'operazione Esclusione, con nota di M. SALTINI, 1411. IMPOSTA SUI TERRENI E SUL REDDITO-AGRARIO -Ortovivaisti -Messa a dimora sui fondi dei compratori delle piante prodotte -Autonoma attivit soggetta all'imposta di ricchezza mobile -Esclusione, 1469. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Competenza e giurisdizione Controversia di imposta -Opposizione all'esecuzione degli eredi del contribuente -Competenza del Tribunale erariale, 1485. -Imposta straordinaria sul patrimonio -Privilegio speciale sugli immobili -Opponibilit ai successivi acquirenti -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 1344. -Imposte indirette -Commissioni delle imposte -Poteri sostitutivi nell'accertamento -Esercizio di potest amministrativa -Ricorso in Cassazione -Inammissibilit, 1476. -Imposte indirette -Commissioni tributarie -Competenza -Sezione speciale per l'imposta di negoziazione della Commissione provinciale -Competenza per la XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO \ sola valutazione -Decisione su questione di diritto -Ricorso alla Commissione Centrale -Inammissibilit, 1488. -Imposte indirette -Competenza delle Commissioni -Controversie di valutazione e cofltrover.sie di diritto -Questione di applicazione della legge pregiudiziale alla valutazione -Fattispecie -Rimessione alla Sezione speciale della Commissione Provinciale Necessit, 1461. -Imposte indirette -Competenza e giurisdizione -Decisione della Commissione provinciale di valutazione che risolve questioni di diritto -Incompetenza -Impugnazione al Tribunale ex art. 29, terzo comma r.d. 7 agosto 1936, n. 1639 per difetto di calcolo e errore di apprezzamento -Annullamento della decisione impugnata per incompetenza -Esclusione, 1439. -Imposte indirette -Ingiunzione Posizione processuale .della Finanza -Giudizio di appello -Deduzione di diversi presupposti di fatto e di diverso titolo giuridico -Inammissibilit, 1431. -Imposte indirette -Ingiunzione -Posizione processuale delle parti -Illegittimit della ingiunzione -Azione riconvenzionale Condanna al pagamento della stessa somma fondata su diverso titolo -Ammissibilit, 1473. -Ingiunzione -Posizione processuale della Finanza -Eccezioni nuove in appello -Diverso fondamento giuridico della pretesa tributaria -Ammissibilit, 1399. - Procedimento dinanzi alle Oommissioni -Ricorso alla Commissione Centrale ., Motivazione Esposizione del fatto -Necessit, 1490. INFORTUNIO SUL LAVORO -Assicurazioni sociali -Limitazioni in responsabilit, -Presupposti -Rapporti tra appaltante ed appaltatore -Inapplicabilit, 1383. . INGIUNZIONE - V. Imposte e tasse in genere. LAVORO -Divieto di licenziamento individuali -Onere del datore di lavoro di comunicare i motivi del licenziamento -Inapplicabilit ai lavoratori ultra.sessantacinquenni non aventi diritto a pensione Illegittimit costituzionale, 1295. -Indennit di anzianit -Servizio di durata inferiore all'anno Esclusione -Illegittimit costituzionale, 1329. -Tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti -Valutazione dellla pericolosit del lavoro A! ffidament.o transitorio agli Ispettorati del Lavoro -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 1283. LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI -Regolamenti -Impugnabilit per lilleglttimit costituzionale Esclusione -Illegittimit . -Disapplicabilit da parte del giudice -Sussiste, 1518. NAVE - V. Previdenza e Assistenza . . NOTIFlCAZIONE -Notificazioni in materia penale All'imputato -Domicilio dichiarato -Trasferimento altrove Mancata comunicazione alla cancelleria -Notifica effettuata al domicilio dichiarato -Nullit Esclusione, 1534. OBBLIGAZIONI E ONTRATTI -Clausola risolutiva espressa -Dichiarazione di avvalersi della clausola -Effetti -Decreto amministrativo -Ammissibilit .: Opposizione, 1369. INDICE OPERE PUBBLICHE - V. Appalto. ORDINAMENTO GIUDIZIARIO -Composizione di collegio giudicante -Applicazione di giudice da parte del P:residente del Tribunale -Nomina del Presidente del Tribunale previo concerto del Ministro della Giustizia -Inammissibilit della questione, 1314. PARTE CIVILE - V. Procedimento penale. POLIZIA - V. Procedimento penale. PRESCRIZIONE -V. Danno, Impiegp pubblico, Imposta generale sull'entrata. PREVIDENZA E ASSISTENZA -Previdenza marinara -Sistema delle retr~buzioni medie -Distinzione secondo il tonnellaggio della nave -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 1281. PROCEDIMENTO CIVILE -Mancato funzionamento degli uffici giudiziari -Proroga d'i termini di decadenza -Declaratoria con decreto ministeriale -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 1320. PROCEDIMENTO PENALE -Appello incidentale del Pubblico Ministero -Illegittimit costituzionale, 1310. -Arresto in flagranza -Arresto facoltativo da parte del pubblico ufficiale oltraggiato -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 1290. -Convalida dell'arresto in flagranza -Omessa prescrizione di mo. tivazione e di ricorribilit in Cassazione -Illegittimit costi tuzionale, 1290. -Costituzione di parte civile -Notificazione -Necessit di elezione di domicilio, 1530. -Dipendenza della polizia giudiziaria dai Procuratori generali Violazione della legge di delega -Esclusione, 1275. -Estinzione del reato -Formule di proscioglimento -Questione infondata di costituzionalit, 1298. -Impedimento materiale alla difesa -Illegittimit costituzionale Esclusione, 1331. -Parte civile -Obbligo di testimonianza -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 1317. -Partecipazione delle parti danneggiate non qualificate -Violazione dei principi di difesa e di eguaglianza -Esclusione, 1332. -Reato estinto per prescrizione Divieto di proscioglimento dell'imputato senza prova evidente Illegittimit costitti,ziona1e Esclusione, 1326. -Requisitorie del P.M. di istruttoria suppletiva -Preteso obbligo del giudice istruttore di conformarvisi -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 1278. - Rito direttissimo -Scelta del P.M. -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 1342. - Trasferimento temporaneo degli addetti alla polizia giudiziaria Consenso dei soli Procuratori generali -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 1275. REATO -Truffa -Atto di disposizione patrimonale del soggetto passivo . Non necessario, 1530. - V. anche Procedimento penale. REGIONE - Conflitto di attribuzione con lo Stato -Beni del demanio archeologico di Naxos -Spettanza alla Regione, 1312. XVI~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO RESPONSABILIT CIVILE -Danni cagionati dalle Forze armate alleate !in azioni non di combattimento -Indennizzo Natura -Criteri di liquidazione, 1380. -V. anche Competenza e giurisdizione. RIFORMA FONDIARIA -Espropriazione del terzo residuo -Esclusione di indennizzo -Illegittimit costituzionale, 1324. SEPARAZIONE DI CONIUGI -Separazione personale tra coniugi -Cbmparizione personale davanti al iPresidente del Tribunale per il tentativo di conciliazione -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 1326. SICILIA -Legge elettorale amministrativa -Cause di illegittimit a consigliere provinciale -Limitazione dell'elettorato passivo -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 1316. -Potest tributaria -Esclusione dell'imposta di R.M. per i cantieri edili -Disapplicazione dei relativi decreti regionali -Potere non spettante allo Stato, 1336. SOCIET -V. Imposta di registro. TRASPORTO -Trasporto internazionale di cose a mezzo ferrovia -Processo ver, bale di verifica -Efficacia -Li.,. miti -Responsabilit ex recepto -Indennizzo per il ritardo nella consegna e per l'avaria -Cumulabilit -Colpa grave -Onere della prova, 1375. TRENTINO-ALTO ADIGE -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Riconoscimento dei vini di origine controllata -Competenza spettante allo Stato, 1285. -Legge regionale sull'impiego del saccarosio nei vini a denominazione di origine controllata Mancato rispetto degli obblighi internazionali dello Stato -Illegittimit costituzionale, 1286. -Legge statale recante norme sulla protezione civile -Invasione della competenza regionale Esclusione, 1338. USUCAPIONE -V. Imposta-di registro. VENDITA -V. Imposta di registro. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 9 giugno 1971, n. 122 . 9 giugno 1971, n. 123 . 9 giugno 1971, n. 124 . 9 giugno 1971, n. 125 . 14 luglio 1971, n. 171 . 14 luglio 1971, n. 172 . 14 luglio 1971, n. 173 . 14 luglio 1971, n. 174 . 14 luglio 1971, n. 175 . 17 novembre 1971, n. 177 . 17 novembre 1971, n. 178 . 17 novembre 1971, n. 179 . 17 novembre 1971, n. 180 . ao novembre 1971, n. 189 . 30 novembre 1971, n. '190 . 30 novembre 1971, n. 191 . 16 dicembre 1971, n. 198 . 16 dicembre 1971, n. 200 . 16 dicembre 1971, n. 201 . 16 dicembre 1971, n. 202 . 16 dicembre 1971, n. 203 . 28 dicembre 1971, n. 204 . 28 dicembre 1971, n. 205 . 28 dicembre 1971, n. 206 . 28 dicembre 1971, n. 207 . 28 dicembre 1971, n. 208 . 28 dicembre 1971, n. 209 . 28 dicembre 1971, n. 210. GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. l, 19 giugno 1971, n. 1887 . Sez. I, 22 giugno 1971, n. 1968 . Sez. I, 6 luglio 1971, n. 2103 . . Sez. I, 9 luglio 1971, n. 2191 . . Sez. I, 13 luglio 1911, n. 2241 . . Sez.. I, 13 luglio 1971, n. 2257 . Sez. I, 13 luglio 1971, n. 2267 . Sez. I, 13 luglio 1971, n. 2277 . pag. 1275 1278 1281 1283 1285 1286 1290 1295 1298 1310 . 1312 1312 1316 1316 1317 1320 1322 1324 1326 1326 1328 1329 1331 1332 1336 1338 1342 1344 pag. 1392 13.95 1399 1411 1419 1425 1429 1431 XVIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sez. I, 14 luglio 1971, n. 2298 . . pag. 1433 Sez. I, 14 luglio 1971, il. 2301 . . 1436 Sez. Un., 20 luglio 1971, n. 2364 . > 1439 Sez. I, 21 luglio 1971, n. 2375 . 1443 Sez. I, 21 luglio 1971, n. 2376 . 1445 Sez. I, 21 luglio 1971, n. 2378 . 1447 Sez. I, 21 luglio 1971, n. 2S79 . 1449 Sez. I, 26 luglio 1971, n. 2490 . > 1453 Sez.' I, 26 luglio 1971, n. 2494 . > 1461 Sez. I, 26 luglio 1971, n. 2500 . > 1464 Sez. I, 26 agosto 1971, n. 2582 . 1467 Sez. I, 20. settembre 1971, n. 2622 . > 1469 Sez. I, 20 settembre 1971, n. 2623 . > 1473 Sez. Un., 6 ottobre 1971, n. 2735 . . >, 1476 Sez. Un., 6 ottobre 1971, n. 2736 . . 1481 Sez. I, 9 ottobre .1971, n. 2786 . . . 1485 Sez. Un., 11 ottobre 1971, n. 2829 . 1488 Sez. Un., 11 ottobre 1971, n. 2835 . 1347 Sez. I, 11 ottobre 1971, n. 2847 . . 1490 Sez. Un., 12 ottobre 1971, n. 2863 . 1352 . Sez. Un., 12 ottobre 1971, n. 2864 . 1354 Sez. I, 18 ottobre 1971, n. 2936 . , . 1360 Sez. Un., 21 ottobre 1971, n. 2959 . 1358 Sez. I, 25 ottobre 1971, n. 3l2 . . 1369 Sez. I, 29 ottobre 1971, n. 3051 . . . 1371 Sez. I, 9 novembre 1971, n. 3161 . . 1513 Sez. I, 19 novembre 19<71, n. 3331 ... 1518 Sez. m, 24 novembre 1971, n. 3438 . 1375 Sez. Un., 4 dicembre 1971, n. 3521 . 1493 Sez. Ili, 10 dicembre 1971, n. 3591 . 1380 Sez. III, 30 dicembre 1971, n. 3779 . 1383 TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE 18 novembre, 1971, n. 22. . . . . . . . . . ..... pag. 1522 CORTE D'APPELLO Firenze, Sez. I, 10 maggio 19711 n. 447 . . . . . . . . . . . pag. 1505 TRIBUNALE Firenze, Sez. I, 10 novembre 1971, n. 1670 .......... pag. 1505 LODO ARBITRALE 26 novembre 1971, n. 72 (Roma) pag. 1524 INDICE GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 1'5 settembre 1971, n. 820 . Sez. IV, 15 sett-embre 1971, n. 837 . Sez. IV, 15 settembre 1971, n. 839 . Sez. V, 29 settembre 1971, n. 773 . . Sez. VI, 28 settembre 1971, n. 696 . Sez. VI, 28 settembre 1971', n. 699 . GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI C!A.SSAZIONE Sez. I, 24 marzo 1969 . . . Sez. II, 20 gennaio 1971, n'. 140 . . Sez. IV, 29 aprile 1971, n. 1228 . XIX pag. 1386 1386 1387 1389 1390 1391 pag. 1530 1530 1534 SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA RoEHRSSEN C., Governo, Legge, Politica, Giuffr Ed., Milano, 1969 . . . . . . . . . . 1 pag. 219 PASC:APE G., Raccolta di giurisprudenza sulla edilizia popolare . ed economica, Jovene, Napoli, 1970 . . . . . . . . . . 220 RASSEGNA DI LEGIS'LAZIONE Leggi e decreti (segnalazioni) . . . . . . . . . . . . . . . pag. 221 NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE -Norme dichiarate incostit'uzionali: codice di procedura penale, art. 515, quarto comma . pag. 221 r. d. 7 dicembre 1923, n. 2590, art. 9 ultimo comma . 222 legge 21 ottobre 1950, n. 841, art. 9, quarto comma 222 legge 30 aprile 1962, n. 283, art. 1, terzo comma . . 222 -Norme delle quali stata dichiarata non fondata la questione di legittimit costituzionale: codice civile, art. 2162 . . . . . . . . . . . . 222 codice di procedura civile, art. 707, primo comma . 222 codice di procedura penale, art. 106 . . . . . . 223 codice di procedura penale, art. 152, secondo comma . 223 codice di procedura ~ . "'le, art. 350, secondo comma, art. 408, secor>~ _,..rma, art. 447, art. 448 e art. 449 223 d. lg. 9 aprflr ...148, n. 437, legge 10 febbraio 1953, n. 73, artt. 1, wti:ma parte e 2 . . . . . . . 223 1. reg. sic. 9 maggio 1969, n. 14, art. 7, n. 4 . . . . . 224 -Norme delle quali stato promosso giudizio di legittimit costituzionale . . . . . . . . . . . . . . . . ~224 INDICE XXI -Norme delle quali il giudizio di legittimit costituzionale stato definito con pronunce di manifesta infondatezza, di inammissibilit, o di restituzionale degli atti a.i giudice di merito . . . . . . . . . . . . pag. 248 INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) Assicurazione Circolazione stradale Commercio Contabilit generale dello Stato Contributi . Demanio Deposito Enfiteusi . . . Espropriazione per p.u Ferrovie Importazione e esportazione . Imposta di Consumo pag. 253 253 253 254 254 254 254 255 255 255 256 256 Imposta di registro . pag. 256 Imposta generale sull'entrata 256 Imposte e tasse . . . 257 Imposte ipotecarie . 258 Imposte varie 258 Lavoro . 258 Lotto e lotterie 259 Mezzogiorno . .. 259 Previdenza e assistenza 260 Propriet 260 Regioni . 260 Strade 260 PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE* CO~TE COSTITUZIONALE, 9 giugno 1971, n. 122 -Pres. Branca -Rei. Mortati -Conventi (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). Procedimento penale -Dipendenza della polizia giudiziaria dai Procuratori generali -Violazione della legge di delega -Esclusione. (Cost., art. 76, 77; l. 18 giugno 1955 n. 517, art. 20; d.P.R. 25 ottobre 1955, n. 932, art. 1, 2, 3). Procedimento penale -Trasferimento temporaneo degli addetti alla polizia giudiziaria -Consenso dei soli Procuratori generali -Ille gittimit costituzionale -Esclusione. ~ (Cost., art. 109; c.p.p., art. 220; d.P.R. 25 ottobre 1955, n. 932, art. 2). Non fondata, con riferimento ai principi della delega legislativa, la questione di legittimit costituzionale delle norme di attuazione e di coordinamento del Codice di procedwra penale che prevedono la dipendrnza dai Procuratori generali solo di nuclei specializzati di polizia giudiziaria (1). Non fondata, con riferimento an'art. 109 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale delle norme del Codice di procedura penale e delle sue norme di attuazione e di coordinamento, le quali richiedono il consenso dei Procuratori generali, e non anche dei Pretori interessati, per il trasferimento non temporaneo dei dirigenti di nuclei di polizia giudiziaria mandamentali (2). (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha collaborato anche l'avv. RAFFAELE CANANZI. (1-2) Il giudizio stato promosso con ordinanza 14 agosto 1969 del Pretore di Chieri (Gazzetta Ufficiale 22 ottobre 1969, n. 269) e 25 ottobre 1969 del Pretore di Recanati (Gazzetta Ufficiale 28 gennaio 1970). Per i precedenti, cfr. la sentenza 28 novembre 1968, n. 114, in questa Rassegna, 1968, 896 (la sentenza annotata da GALLI in Giust. cast., 1968, 2050). In dottrina, cfr. VmGA, La potest di polizia, 1954; RIGHI, G'iust. pen., 1960, I, 305. ~ 1276 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -2. -L'ordinanza del pretore di Chieri denuncia i primi tre articoli del d.P.R. 25 ottobre 1955, n. 932, in quanto essi, circoscrivendo i poteri dei Procuratori generali solo ad alcuni nuclei di ufficiali e agenti di polizia giudiziaria e non a tutti gli appartenenti a questa, sarebbero incorsi in violazione, oltre che dell'art. 109, anche degli articoli 76 e 77 della Costituzione, perch nello statuire tale limitazione avrebbero oltrepassato i limiti della competenza attribuita al Governo dall'art. 20 della legge 10 giugno 1955, n. 517, modificativa dell'art. 220 del codice di procedura penale. La questione non fondata innanzi tutto sotto l'aspetto della vio lazione dell'art. 109 della Costituzione. Dall'esame dei lavori prepa ratori dell'Assemblea costituente chiaramente risulta come, pur essen dosi voluta rendere obbligatoria la diretta sottoposizione della polizia giudiziaria alla magistratura, che il progetto dei 75 prevedeva solo come facoltativa, non venne mai e da nessuno prospettata l'ipotesi che tale rapporto di disponibilit fosse esteso a tutto quel vasto complesso di soggetti cui l'art. 221 del codice di procedura penale attribusce la qua lifica di ufficiali o agenti di polizia giudiziaria. Le dispute insorte in quella sede riguardarono solo il carattere da assegnare alla dipenden za, se solo diretta o anche esclusiva, se solo funzionale o anche organica, ma sempre limitatamente ad una parte delle forze di polizia, .secondo risulta confermato anche dall'ordine del giorno che, a conclusione della discussione, venne approvato, con il quale l'Assemblea faceva voti per l la creazione di un corpo specializzato di polizia alle dirette dipendenze dell'autorit giudiziaria. l Il nuovo testo dell'art. 220 del codice di procedura penale, quale I risulta dalla formulazione data con la novella del 1955, ebbe a svolgere f i il precetto dell'art. 109 della Costituzione specificando i modi e le forme ; della dipendenza da questo sancita limitatamente a nuclei specializzati, in fedele attuazione dell'intento che, come si visto, ebbe ad ispirarlo. S~ si fosse disposto diversamente e si fossero assoggettate tutte le forze di polizia alla dipendenza, sia pure solo funzionale, dei Procuratori generali, e trasferiti i particolari poteri ex art. 220 per quanto riguarda i movimenti di st;de e la progressione nella carriera del personale ad esse appartenente, mentre si sarebbe andato oltre la volont del Costituente, si sarebbe anche, da una parte, addossato a detti organi compiti difficolmente assolvibili, e, dall'altra, inciso sull'adempimento della funzione del mantenimento dell'ordine pubblico, pure affidate alle forze medesime, della quale il Governo assume la responsabilit. L'assoggettamento all'autorit giudiziaria solo di appositi nuclei delle forze di polizia non esclude per che quella possa giovarsi altres dell'opera degli appartenenti alla polizia, pur se non facciano parte dei nuclei, essendo tutti tenuti all'obbedienza, tempestiva e diligente, agi~ ordini dell'autorit stessa, secondo risulta dall'art. 229 c.p.p. che garan PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1277 tisce l'osservanza dell'obbligo stesso con la previsione di apposite sanzioni disciplinari irrogabili dal competente Procuratore generale. Sicch nessun ostacolo giuridico si sarebbe opposto, nella specie, al pretore ad avvalersi, per il compimento di determinate indagini, dell'attivit di ufficiali o agenti non appartenenti al .personale addetto ai servizi della pretura cui egli era preposto. Che poi siffatto impiego di personale estraneo ai nuclei debba considerarsi eccezionale discende dalla stessa ratio che ha presieduto alla formazione dei medesimi, rivolta sia a garantire negli addetti una particolare specializzazione e sia o sottrarli, per quanto possibile, all'influenza dei superiori gerarchici delle rispettive armi di appartenenza. Se, in linea di fatto, il sistema, quale risulta concretamente realizzato, corrisponda in tutta all'intento .perseguito dal Costituente ed appaghi pienamente le esigenze volute soddisfare accertamento che esula dai compiti del giudice costituzionale. 3. -Dalle precedenti osservazioni .si argomenta anche l'infondatezza dell'allegata violazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione poich le norme dei primi tre articoli del d.P.R. n. 932 del 1955 si mantengono negli stretti limiti del potere di attuazione e di coordinamento conferito dall'art. 20 della. legge n. 517 del 1955. Essi infatti svolgono i principi fissati nell'art. 220 c.p.p. (modificato da quest'ultima) disciplinando le modalit e le proce.dure relative alla formazione dei nuclei, agli interventi dell'autorit giudiziaria nei confronti dei loro appartenenti, alla responsabilit di costoro di fronte ad essa, e quindi non incorrono nel denunciato eccesso di delega. 4. -L'ordinanza del pretore di Recanati, mentre non contesta l'aderenza dell'art. 220 c.p.p. all'ar~. 109 della Costituzione per quanto riguarda la sottoposizione all'autorit giudiziaria solo di limitati gruppi delle forze di polizia, rinviene un vizio di incostituzionalit di detto articolo, nonch dell'art. 2 del d.P.R. su citato, in quanto, secondo l'interpretazione da essi data dalla prassi e consacrata anche in circolari del Ministero di grazia e giustizia, in primo luogo, escludono la necessit del consenso dell'autorit giudiziaria per gli allontanamenti dalla sede dei dirigenti i nuclei allorch abbiano carattere temporaneo, ed inoltre deferiscono in ogni caso la prestazione del consenso sugli allontanamenti stessi, anche se non temporanei, ai Procuratori generali, mentre invece per gli addetti ai mandamenti l'assenso dovrebbe essere deferito ai pretori che di essi dispongono e di fronte ai quali sono responsabili. In ordine al primo punto, se da consentire nel rilievo che anche allontanamenti temporanei possono a volte rendere meno agevole il compimento delle indagini rivolte alla persecuzione dei reati, deve tuttavia escludersi che gli inconvenienti lamentati valgano a conferire al 1278 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mancato intervento dell'autorit giudiziaria rilevanza di v1z10 di illegittimit costituzionale. Infatti la norma attiene alle modalit organizzative del servizio. volute affidare alla discrezionalit del legislatore. Ci affermato, non pu tuttavia non aus:Picarsi che i nuclei specializzati di polizia giudiziaria siano formati in modo tale da garantire in ogni momento, sia per il numero e sia per la qualit degli. addetti, una 19ro costante efficace utilizzazione da parte del magistrato inquirente; e che quindi gli allontanmenti temporanei dei dirigenti siano ridotti al minimo..e sia sempre assicurata la supplenza con altro personale idoneo. 5. -Parimenti non fondata deve ritenersi la seconda censura della stessa ordinanza. L'accentramento nel Procuratore .generale del distretto della titolarit della prestazione del consenso agli allontanamenti dalla sede, disposto dall'art. 2i2.0 c.p.p. deve ritenersi anch'esso esplicazione della discrezionalit voluta conferire dall'art. 109 circa i modi di regolamentazione del rapporto fra organo inquirente e polizia da esso stabilita. D'altra parte il sistema disposto pu ritenersi giustificato in vista della esigenza di conferire uniformit di criteri all'esercizio degli interventi in materia; a tacere poi la considerazione che tale accentramento del potere di decisione nel Procuratore generale non esclude. ed anzi di norma consiglia, che questi la faccia in pratica precedere dall'audizione del parere del pretore, allorch si tratta di addetti alla circoscrizione cui questi preposto. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 9 giugno 1971, n. 123 -Pres. Branca -Rel. Reale -Tugnoli (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). Procedimento penale -Requisitorie del P. M. di istruttoria suppletiva Preteso obbligo del giudice istruttore di conformarvisi -Ille~it timit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 101, 25, 102, 107, 112, 111; c.p.p., art. 370). Non fondata, con riferimento ai principt deZZa indipendenza deZ giudice e deZZa sua soggezione soZo azza Zegge, Za questione di Zegittimit costituzionaZe deZZ'art. 370 codice di procedura penaZe, poich, secondo Za giurisprudenza prevaZente, iZ giudice istruttore conserva sempre iZ potere di esercitare iZ controZZo suZZ'a.mmissibiZit e suZZa riZevanza deZZe requisitorie suppZetive deZ P. M., ivi previste, e, aZ caso, di non darvi corso (1). (1) La questione stata sollevata con ordinanza 12 novembre 1969. del giudice istruttore del Tribunale di Bologna (Gazzetta Ufficiale, 28 gen PARTE X. SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1279 (Omissis). -1. -Nel quadro della disciplina della fase conclusiva dell'istruzione formale, l'art. 370 del codice di procedura penale prevede il caso che, dopo la comunicazione degli atti per la presentazione delle requisitorie, il pubblicq ministero, dissentendo dal giudice istruttore, ravvisi la necessit che l'istruzione sia proseguita allo scopo di acquisire ulteriori prove. All'uopo, egli, come recita testualmente il ricordato art. 370, restituisce gli atti con le sue requisitorie specifiche al giudice. Questi, compiute senza ritardo le indagini richieste, rimette nuovamente gli atti al pubblico ministero>. Tale norma, suscettibile di duplice interpretazione, ha dato luogo a divergenze giurisprudenziali e dottrinali. Dalla meno recente giurisprudenza e anche, non senza qualche risrva o critica, dalla dottrina, essa stata intesa, con stretta osservanza dellasua formulazione grammaticale, nel senso che la richiesta di istruzione supplementare da parte del p. m. vincolerebbe il giudice, cui sarebbe imposto di procedere senza ritardo alle nuove indagini, con preclusione di vagliare la rilevanza processuale e la necessit delle prove richieste ai fini della decisione circa il proscioglimento o il rinvio a giudizio dell'imputato. Secondo altra interpretazione, invece, accolta da alcuni anni e costantemente seguita in varie sentenze della Corte di cassazione, il contenuto dell'art. 370 c.p.p. deve essere ricondotto nell'ambito logico-sistematico della disciplina dei poteri del .giudice istruttore, con la conseguenza che, anche di fronte alle richieste di nuove indagini da parte del pubblico ministero, il detto giudice ha obbligo di esercitare, come in ogni altro momento dell'istruzione e nei riguardi di altre parti, il potere di conoscere della loro ammissibilit e della loro rilevanza, ai fini degli accertamenti processuali e, quindi, al caso, non dando corso alle richieste del pubblico ministero. 2. -Al primp degli accennati indirizzi emeneutici si sono attenuti i giudici istruttori presso i tribunali di Bologna e di Trapani, i quali hanno proposto la questione di legittimit costituzionale dell'art. 370 c.p.p., assumendo che esso, imponendo mcondizionatamente al giudice istruttore di compiere gli atti di ulteriore istruzione indicati dal pubblico ministero, ne lederebbe l'indipendenza di giudizio; ci in contrasto con l'art. 101, secndo comma, della Costituzione, nel quale si enuncia il principio per cui i giudici sono soggetti soltanto alla legge >. Il giudice istruttore presso il tribunale di Trapani ha sollevato ul naio 1970 n. 24) e 3 novembre 1970 del giudice istruttore del Tribunale di Trapani (Gazzetta Ufficiale 10 febbraio 1971, n. 35). Sull'art. 370 cod. proc. pen. Cfr., Cass. 13 maggio 1969, NoLFI, Foro It., Rep., 1970, voce Istruzione penale, n. 58 e 21 ottobre 1969, BIANCHI, ibidem, n. 59; is dottrina, cfr. VIGNA, Giust. pen. 1965, III, 559. 1280 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO teriori: dubbi sulla legittimit dell'art. 370 anche sotto altri profili, in quanto al pubblico ministero, cui non sono conferite prerogative identiche a quelle dei magistrati aventi funzioni giudicanti, sarebbe tuttavia attribuito l'esercizio di potest giurisdizionale, in violazione degli articoli 102, 107, 112 della Costituzione. Inoltre, con violazione della garanzia del giudice naturale (da identificarsi nella specie col giudice istruttore) enunciata nell'art. 25, primo comma, Cost., le ricordate funzioni sarebbero affidate eccezionalmente all'organo requirente, che le eserciterebbe, per dippi, con atti non necessariamente motivati, in contrasto con l'art. 111, primo comma, Cost., il quale esige, invece, tale garanzia per tutti i provvedimenti giurisdizionali. Le censure non sono fondate. 3. -Ancorch il testo dell'art. 370 consenta perplessit interpre-' tative, basate principalmente sulla gi cennata lettera della norma, comparata con altre disposizioni del -c.p.p. vigente e con quelle (art. 269) dell'abrogato c.p.p. del 1913, come traccia pur nelle ordinanze di rimessione, tuttavia sembra alla Corte che, nel sistema del diritto positivo, non possa ad esso riconoscersi significato diverso da quello che oggi risulta costantemente seguito dalla giurisprudenza della Corte di cassazione. Tale significato palesato dalla necessaria connessione con la disposizione, cui si deve attribuire valore generale, contenuta nell'art. 299 dello stesso codice. In virt di essa il g.i. ha l'obbligo di compiere prontamente tutti e soltanto quegli atti che, in base agli elementi acquisiti nel corso dell'istruzione, appaiono necessari per l'accertamento della verit. Non pu, quindi, fondatamente ritenersi che in violazione del principio di indipendenza sancito dall'art. 101, secondo comma, della Costituzione, l'art. 370 vincoli il g.i., limitandone il libero convincimento, a dare esecuzione immediata e acritica alle richieste di ulteriori atti istruttori che gli pervengano. dal pubblico ministero. A questo soggetto, nel sistema, resta riservata (e ci deve confermarsi con riguardo alla fase conclusiva della istruttoria formale) la funzione, pur importantissima, di organica collaborazione giudiziaria, per fini di giustizia e nel rispetto dell'interesse obiettivo della legge. L'interpretazione suddetta, inoltre, deve ritenersi corroborata dai mutamenti legislativi che sono stati apportati alla disciplina stabilita dal codice di procedura penale nella materia dei rapporti fra pubblico ministero e giudice istruttore. Sono da ricordare, in particolare, le disposizioni dell'art. 6 del d.1.1. 14 settembre 1944, n. 288, che, modificando l'art. 74, terzo comma, di detto codice, hanno sottratto al p. m; il potere di disporre l'archiviazione degli atti, limitandone l'iniziativa alla mera richiesta, qualora egli reputi che per il fatto denunziato non debba essere promossa l'azione penale, ed PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1281 hanno attribuito appunto al giudice istruttore il potere di pronunziare il relativo decreto, o di disporre, malgrado la contraria richiesta dell'organo requirente, che si proceda con istruzione formale.. N va dimenticata l'ulterior.e. innovazione contenuta nell'art. 1 della legge 7 novembre 1969, n. 780, che, riformando l'art. 389 del codice di ~ procedura penale, ha affidato allo stesso giudice istruttore la competenza a giudicare sulla legalit del procedimento di istruzione sommaria, nel caso che l'imputato abbia proposto ricorso contro il decreto con il quale il pubblico ministero, rigettandone l'istanza, abbia deciso di proseguire nell'istruzione gi iniziata. 4. - evidente poi che, assoggettandosi le richieste del p. m. (che devono comunque essere motivate ai sensi dell'art. 76, secondo comma, c.p.p.) al sindacato del giudice, cadono le altre censure mosse all'art. 370 dal giudice istruttore presso il tribunale di Trapani in riferimento. agli artt. 25, primo comma, 102, 107, 112 e 111, primo comma, della Costituzione. 5. -In conclusione la razionale interpretazione dell'art. 370 c.p.p., cui la Corte ritiene di accedere, comporta l'iillfondatezza di tutte le questione prospettate. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 9 giugno 1971, n. 12:4 -Pres. Branca -Rel. Benedetti -Attanasio (avv. Abbamonte), I.N.P.S. (avv. Pierini) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Chiarotti). Previdenza e assistenza -Previdenza marinara -Sistema delle retribuzioni medie -Distinzione secondo il tonnellaggio della nave Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cast., artt. 3, 53; 1. 27 luglio 1967, n. 658, artt. 5, 6, 7). Non fondata, con riferimento ai principi di eguaglianza e della capacitd contributiva, la questione di legittimitd costituzionale degli articoli 5, 6 e 7 della legge 27 luglio 1967, n. 658 sul riordinamento della previdenza marinara, che hanno stabilito, per la determinazione dei contributi, il sistema delle retribuzioni medie distinte secondo il tonellaggio della nave (1). (1) Il giudizio stato introdotto con ordinanza 24 settembre 1969 del Tribunale di Napoli (Gazzetta Ufficiale 25 febbraio 1970, n. 50). 1282 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Nel presente giudizio le censure d'incostituzionalit non vengono rivolte alla legge per il fatto che essa abbia adottato il sistema delle retribuzioni medie per la determinazione dei contributi e delle pensioni degli iscritti alla gestione marittimi. Il ricorso a tabelle di retribuzioni medie o convenzionali non , del resto, fatto esclusivo di questi assicurati (vedi art. 49, ultimo comma, del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 827). Vi sono speciali categorie di lavoratori addetti a particolari settori per i quali molto difficile e talora impossibile determinare la retribuzione effettiva stante la molteplicit e mutevolezza dei compensi corriposti. A queste categorie appartiene la gente di mare per la peculiarit del rapporto di lavoro. Basti por mente alla variet dei relativi contratti di arruolamento (a tempo determinato o indeterminato, per uno o pi viaggi) e delle retribuzioni (fisse, a partecipazione o miste) nonch alle competenze accessorie (variabili a seconda del tipo del viaggio, del genere di merce trasportata, ecc.). Le stesse parti private negli scritti difensivi riconoscono l'utilit pratica di ricorrere a valori retributivi medi per il calcolo dei contributi dei marittimi. Le loro doglianze si appuntano unicamente sul fatto che la distinzione delle retribuzioni di cui alla tabella annessa alla legge stata effettuata, per le navi da carico, soltanto in base all'elemento del tonnellaggio (inferiore o superiore a 500 tonnellate). Le retribuzioni medie tabellari cosi fissate dal legislatore sarebbero fittizie, non corrispondenti a quelle realmente pagate sulle navi minori; verrebbe conseguentemente imposto un contributo uniforme a carico di soggetti che si trqvano in situazioni obbiettive diverse con violazione dei principi di uguaglianza e della capacit contril,mtiva enuncia ti dagli artt. 3 e 53 della Costituzione. Queste doglianze non possono trovare ingresso in questa sede. Esse implicano un'indagine sulla completezza e l'esattezza di calcoli di retribuzioni, per ricavarne una media, che la Corte non pu compiere. Al giudice della legittimit delle leggi spetta soltanto statuire se lo strumento apprestato daJ legislatore per la determinazione dei contributi e delle prestazioni previdenziali non sia arbitrario, irrazionale, discriminatorio e non accertare se in concreto detto strumento sia stato poi ben utilizzato e se le medie retributive con esso accertate siano pi o meno adeguate alla realt. Come gi posto in evidenza l'adozione del sistema contributivo in base a tabelle di retribuzioni medie nello specifico settore ampiamente Sull'art. 53 Cost. cfr. Corte Cost., 26 maggio 1971, n. 107 e 26 giugno 1971, n. 113, in questa Rassegna, retro, Sulla previdenza marinara cfr. Enc. del dir., Voce Assicurazioni sociali (invalidit) a cura di LEVI SANDRI. PABTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1283 giustificato da molteplici ragioni. La formazione delle tabelle ad opera di organi competenti che operano su dati raccolti dalle autorit marittime preposte alla stipula dei singoli contratti di arruolamnto nei vari ambienti, la partecipazione delle associazioni sindacali di categori ed, infine, la procedura di variazione delle tabelle sono tutti elementi unitariamente rivolti ad assicurare la corrispondenza dei valori medi ai valori retributivi reali. Il .sistema dettato dal legislatore quindi disciplinato in .modo idoneo ed opportuno per evitare che a base dei contributi siano poste proprio quelle retribuzioni fittizie sul cui presupposto sono state sollevate le eccezioni d'incostituzionalit. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 9 giugno 1971, n. 125 -Pres. Branca -Rel. Capalozza -Testa (n.c.) e Presidente dl Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Lavoro -Tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti -Valutazione della pericolosit del lavoro -Affidamento transitorio agli Ispet torati del Lavoro -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3, 25; 1. 17 ottobre 1967, n. 977, art. 28). Non fondata, con riferimento sia al principio di eguaglianza che a quello della riserva della legge penale, la,, questione di legittimit costituzionale dell'art. 28 legge 17 ottobre 1967, n. 977, che affidava agli Ispettorati del Lavorot.in via tramitoria, il potere di valutare i mestieri insalubri e pericolosi, cui vietato adibire i fanciulli e gli adolescenti (1). (Omissis). -1. -Questa Corte chiamata a pronunziarsi sulla le.:. gittimit costituzionale dell'art. 28 della legge 17 ottobre 196!7, n. 977 (Tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti>). L'ordinanza di rinvio assume che la norma denunziata possa essere in contrasto con gli artt. 3 e 25, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui, sino all'emanazione del decreto del Presidente della Repub blica previsto dall'art. 6 della citata legge, affida transitpriamente agli Ispettorati del lavoro la valutazione della pericolosit (o faticosit o (1) La questione stata sollevata con ordinanza 17 giugno 1969 del pretore di Nicosia (Gazzetta Ufficiale 26 novembre 1969, n. 299). La sentenza n. 191 del 1970, richiamata in motivazione, trovasi pubblicata in questa Rassegna, 1971, 19; v. pure sulle questioni degli Ispettorati del lavoro, Corte Cost. 2 gennaio 1971, n. 10, in questa Rassegna, retro. 1284 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gravosit) delle prestazioni alle quali i fanciulli e gli adolescenti sono addetti. 2. -La questione non fondata. Non pu dirsi violato l'art. 3, perch le eventuali diverse valutazioni degli Ispettorati del lavoro provincial hanno la loro obiettiva giustificazione nella variet delle particolari situazioni locali e d'ambiente, in cui gli Ispettorati stessi esercitano le loro funzioni. N pu, d'altronde, parlarsi di disparit di trattamento normativo, bensi, tutt'al pi, di diversit di comportamento degli organi amministrativi preposti alla vigilanza del lavoro e alla tutela dei lavoratori: eventualit, questa, che non evitabile e che, anzi, si riscontra, ovviamente, in qualsiasi operazione di polizia giudiziaria diretta all'investigazione dei fatti di reato. 3. -Non va taciuto, del resto -e lo ha sottolineato l'Avvocatura dello Stato -che la norma denunziata, come quella che mira ad impedire una (parziale) non operativit della legge sino alla data dell'entrata in vigore del decreto presidenziale (che, nel frattempo, stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 marzo 1971 e che, all'art. 2, n. 2, vieta mansioni di carico e scarico e di trasporto), obbedisce a cri-~ teri di necessit e di ragionevolezza. Non operativit - d'uopo aggiungere -che sarebbe in ispregio anche agli artt. 31, ultimo comma, 32, primo comma, e 37, secondo e terzo comma, della Costituzione. Quel che certo si che, pur se la disposizione denunziata non fosse stata contenuta nella legge, sarebbe pur sempre rimasta affidata agli Ispettorati la competenza a vagliare la pericolosit (o gravosit o faticosit) del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti. 4. -Quanto all'art. 25, secondo comma, della Costituzione, sufficiente osservare che, come gi_ questa Corte ha affermato, sia pure per altra specie di reati, con la sentenza n. 191 del 1970, il principio di legalit viene rispettato dal legislatore non solo con la tassativa descrizione dei: fatti di reato, ~a, altresi, con il ricorso a nozioni proprie dell'intelligenza comune, che consentono di -individuare con certezza il precetto e di giudicare se una condotta lo abbia o ?Jleno violato. A questo principio non contraddice, dunque, la norma denunziata, perch -anche qui -la tipizzazione dell'illecito si richiama ad un lato che di ordinaria. esperienza, prima ancora che di esperienza tecnica. D'altro canto, l'attivit dell'Ispettorato del lavoro, organo tecnico qualificato e preposto alla vigilanza nel campo funzionalmente affidatogli, si sostanzia nella denunzia all'autorit giudiziaria, la quale ben pu acquisire altri elementi di prova ed libera nel suo convincimento, in ordine alle complesse questioni che, in tema di protezione socia!~ del lavoro, vengono, di volta in volta, sottoposte al suo esame. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1285 La norma incriminatrice perfetta col solo divieto di adibire i fanciulli e gli adolescenti a prestazioni d'opera pericolose (o faticose o gravose): e, a guardar bene, il conferimento (transitorio) di pi delicate attribuzioni agli Ispettorati predisposto a fini processuali, attenendo all'a,i:certamento e alla prova dei reati, mentre, in diritto sostanziale, elemento normativo della fattispecie la pericolosit (o faticosit o gravosit) del lavoro. Ed significativo che, proprio per adeguare i poteri degli organi ispettivi alle situazioni concrete, l'art. 9 del d.P.R. 19 marzo 1955, n. 520 (Riorganizzazione centrale e periferica del Ministero del lavoro e della previdenza sociale) ~ di cui questa Corte, con sentenza n. 105 del 1967, ha escluso l'incostituzionalit -abbia riconosciuto legittimo il potere attribuito agli Ispettorati di diffidar,e il datore di lavoro, con apposite prescrizioni, anzich inoltrare senz'aft'ro il rapporto all'autorit giudiziaria. -(Omissis). I CORTE COSTITUZIONALE, 14 luglio 1971, n. 171 -Pres. Branca - Rel. Rocchetti -Presidente Regione Trentino-Alto Adige (avv. Giannini, Guarino) 'C. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv gen. dello Stato Savarese). Corte C~stituzionale -Giudizi per conflitto dj attribuzione -Perentoriet dei termini -Ipotesi varie. (1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 39). Trentino Alto Adige -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Ricono r . scimento dei vini di origine controllata -Competenza spettante allo Stato. (St. Trentino-Alto Adige, art. 4 n. 9; d.P.R. 12 luglio 1963, n. 930; l. 11 mag gio 1966, n. 302). Nei giudizi per conflitto di att1ibuzione fra Stato e Regioni, la lesione idonea a dar luogo a conflitto si produce nello,stesso istante in cui l'atto che si assume lesivo viene emanato, a nulla rilevando la natma preparatoria dell'atto stesso; per converso, negli stessi giudizi, non pu darsi assoluta rilevanza alle ragioni di inammissibilit, ed in particolare all'acquiescenza, cos come elaborata dalla giurisprudenza amministrativa (1). (1-3) Sulle questioni pregiudiziali nei conflitti di attribuzione v., da ultimo, C'orte Cast. n. 174 e 140 del 1970. 1286 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Spetta allo Stato provvedere al riconoscimento della denominazione di ori~e dei mosti e dei vini a denominazione di origine controllata e a denominazione di origine controllata e garantita, disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica 12 luglio 1963 n.930 (2). Il CORTE COSTITUZIONALE, 14 luglio 1971, n. 172 -Pres. Brianca - Rel. Rocchetti -Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Bavarese) c. Presidente Regione Trentino-Alto Adige (avv. Giannini). Trentino-Alto Adige -Legge regionale sull'impiego del saccarosio nei vini a denominazione di origine controllata -Mancato flspetto degli obblighi internazionali dello Stato -Illegittimit costituzionale. (St. Trentino-Alto Adige, art. 4; regg. eEE, nn. 816 e 817-70). costituzi011U11lmente illegittima, pe.r vfolazione de:l limite del rispe1Jto degli obblighi asswnti daWitaiia col Trattato di Roma sulla Comunit Economica Europea, la legge della Reg.ione Trentino-Alto. Adige 7 ottobre 1970 che consente l'additivo di saccaTIOSio nei vini a denominaizone di origine con1Jrollata (3). I (Omissis). -2. -L'Avvocatura dello Stato, quanto al parere del Comitato nazionale, eccepisce la inammissibilit del ricorso per tardi vit, e l'eccezione da ritenersi fondata. Invero, la natura preparatoria di determinati atti, nulla togi.ie alla loro idoneit ad affermare, anche per implicito, la competenza dell'organo che li adotta, ed a negare quella di altri. H che , in astratto, sufficiente a determinare la lesione della sfera delle potest costituzionalmente attribuite, per la cui reintegrazione l'a'tlt. 39 della legge n. 87 del 1953 fornisce, mediante il regolamento di competenza, l'idoneo mezzo giurisdizionale. Sulla disciplina della denominazione dei vm1, m dottrina, SoRDELLI, Denominazione di origine ed indicazione di provenienza, voce dell'Enc. del diritto, 1964, XII, 134 -Sul divieto di zuccheraggio dei vini, cfr. Corte Cost. n. 3 del 1971. Sul rispetto da parte del legislatore regionale degli obblighi interna zionali dello Stato, cfr. Corte Cost. 8 luglio 1969, n. 120, Giur. cast., 11l69, 1687, con nota di D'ALEss10 ed in Foro it. 1969, I, 2023 con nota di CATALANO. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1287 E poieh la lesione si produce nello stesso istante in cui l'atto che si afferma lesivo viene assunto, mentre la possibilit dell'azione riparatrice inizia dalla conoscenza che di quell'atto ha la parte ehe si considera :lesa, non vi ragione per ritenere che la natura preparatoria dell'atto possa sospendere o spostare l'inizio della decorrenza dei ter-. mini del ricorso ad altro momento e ad altra sede, come quella dell'impugnazione dell'atto terminale e conclusivo del procedimento. L'eccezione di inammissibilit, quanto al ricorso contro il parere del Comitato nazionale, prodotto ben oltre i sessanta giorni dalla sua pubblieazione sulla Gazzetta Ufficiale, va pertanto accolta. 3. -A diversa conclusione deve .invece pervenirsi quanto alla inammi: ssibiiltt del ricorso contro il decreto presidenziale di riconoscimento della denominazione di origine del vino di che trattasi, inammissibilit che, secondo l'Avvocatura, deriverebbe dall'acquiescenza della Regione che, trasmettendo al Ministero dell'agricoltura (eon lettera dell'Assessore 16 agosto 1966, n. 4411) \I.e domande degli interessati e il parere del Comitato regionale dell'agricoltura su di esse, avrebbe accettato e r.iconoseiuto legittima la competenza dello Stato a provvedere in materia. La Corte ha pi volte ritenuto (sentenze nn. 44 del 1957, 77 del 1958, 3 del 1964) che nei giudizi innanzi ad essa proposti in via principale, non 1pu daT, La censura apparirebbe certamente fondata ove le ipotesi previste dal citato art. 152 dovessero ritenersi rigidamente tassative, il che escluso dail:la giurisprudenza e da larga parte della pi autorevole dottrdna. In realt alla formula, ivi considerata, della non previsione da parte della legge di Un fatto come reato si deve attribuire un significato ~enerico, comprensivo non solo delle ipotesd del difetto di una qualsiasi norma penale cui ipossa ricondursi il fatto imputato, ma anche di que1le di mancanza delle condizioni di imputabilit o di punibilit, rispetto a cui il fatto, pur se astrattamente previsto dalla legge penale, risulta giuridicamente irrilevante al fine dell'applicabilit di questa, e quindi del tutto equivalente all'ailtra. Conducono a far adottare tale inter.pretazfone motivi desunti dalla ratio dell'art. 152, capov., che quella di evitare, di fronte all'evi denza delle prove, l'adozione della formula di proscioglimento per cause di estinzione del reato, che presuppone o pu :liar presupporre l'esistenza, o per .Jo meno l'astratta possibilit, di fatti in s suscetti bili di sanzione penale. E sarebbe assurdo far valere siffatta esigenza solo in confronto di alcune delle ipotesi prospettate e non di altre delle quali non pu contestarsi l'equivalenza. Ad avviso contrario si potrebbe pervenire solo se il linguaggio legislativo j.n materia ;presentasse carattere di univocit, il che non avviene, come risulta dal confronto che si faccia, da una ;parte, fra le dizioni degli artt. 1 e 2 c.p., e daill'altra quella dell'art. 152 c.p.p. e delle altre degli artt. 378 e 479 dello stesso codice, nei quali ultimi non appare la dizione fatto che la leg.ge non prevede come reato >, ed invece ne adoperata una diversa: persona non punibile perch il fatto non costituisce reato . Quanto si detto, se porta ad escludere ogni rilievo alla differenziazione fra le due formule considerate, al fine della sussistenza dell'obbligo del giudice di pronunciare .n proscioglimento in merito, in. luogo di quello fondato sulla causa di estinzione, non incide invece PART:ti: I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1305 sull'altro aspetto attinente alla geraa:-chia delle formule medesime: gerarchia da determinare in considerazione dell'interesse dell'imputato a venire assolto con l'impiego di quella fra esse che risulti _produttiva degli effetti per lui meno ;pregiudizievoli, e che conduce, com' ovvio, a dare la preminenza aUa non previsione del fatto quale reato. In conclusione l'inter:pretazione da assumere deH'art. 152 c.p.p. conduce a far ritenere infondata l'eccezione sollevata in ordine ad essa. 7. -Con quattro ordinanza in dat 27 maggfo, 1 e 26 giugno 1970 il tribunale di Milano ha .sollevato d'ufficio questione di legittimit costituzionale, sia dell'art. 596, primo comma, c.p., in relazdone all'a.rticolo 21 Cost., nella parte in cui escluderebbe la rdilevanza e la. prova della verit del fatto diffamatorio attribuito alla persona offesa, nel caso che la pubblicit data al fatto stesso costituisca esercizio del diritto di cronaca, e sia conseguentemente dell'art. 5 del d.P.R. n. 283, che, mehtre comprende neU'amnistia i delitti di diffamazione a mezzo della stampa, esclude solo le ipotesi previste dal terzo comma dell'art. 596 nn. 1, 2 e 3 c.p. Il che contrasterebbe con l'art. 3, primo comma, Cost., perch si opererebbe una diversit di trattamento secondo che il querelante per diffamazione abbia o no concesso formalmente la facolt di provare lii fatto attribuito; diversit difettante di ogni ragionevole fondamento quando si tratti di esercizio della libert di cronaca, ;poich .in ordine ad essa l'interesse del querelante alla tutela dell' onoire reale conduce ad escludere che .J'omi1SSione della concessione formale di prova sia da inter.pretare quale rinunzda alla tutela stessa. La difesa di una delle parti private .ha opposto un'eccezione di inammissibilit per dll;etto di rilev~nza, nella considerazione che il tribunale ha ammesso tale rilevanza in quanto ha ritenuto che le imputazioni di cui ali.a causa po_trebbero ev.entualmente ritenersi .esercizio del diritto di cronaca, sicch la rilevanza potrebbe venire validamente affermata solo dopo l'accertamento dell'effettivo realizzarsi di tale circostanza. Si pu opporre che, almeno nei confronti di alcuni degli imputati che rivestono Ja qualit di gio!l'lllalista, cui si addebita la patermt delle pubblicazioni incriminate, non appare dubbio che queste siano esplicazione di attivit professionale, e Ci sufficiente a conferire ri.levanza alla questione. Nel merito l'eccezione non pu ritenersi fondata quando si tengano presenti i iprdncjipi ad quali da risalire nella.materia dei reati di diffamazione a mezzo della stampa, a\lla stregua dei quali devono interpretarsi gli articoli denunciati. Sembra infatti evidente che l'art. 596, primo comma, quando non ammette il colpevole del delitto di diffamazione a provare a propria discolpa la verit o notoriet del fatto attribuito alla persona offesa, non possa trovare applicazione allorch . il colpevole stesso sia in grado di invocare l'esimente, prevista dal 1306 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'art. 51 c..p., che esclude la punibilit in quanto il fatto imputato costituisca esercizio di un diritto. E non aippar dubbio che tale sia il caso del giornalista che, nell'esplicazione del compito di informazione ad esso garantito dall'art. 21 Cost., divulghi col mezzo della stampa notizie, fatti o circostanze che siano ritenute lesive dell'onore o della reputazione altrui, semprech la divulgazione rimanga contenuta nel .rispetto dei limiti che ciTcoscrivono l'esplica2lione dell'attivit informativa derivabili dalla tutela di altri interessi costituzionali .protetti. Discende da taJd premesse che nei confronti di imputazioni riconducibili all'ipotesi ora ,prospettata non pu veni.re in considerazione la volo:n,t del querelante rivolta a consenttre o meno la facolt di provare il fatto addebitato, poich tale facolt, discendente diTettamente dai principi :rii.chiamati, costituisce mezzo necessario affinch l'imputato ISi sottragga all'accusa a lui rivolta. Allo stesso modo non incorre in censure di incostituzionalit l'art. 5, lett. d, del d.P.R. n. 283" poich deve ritenersi che l'amnistia non possa trovare applicazione per le imputazioni rifedbili alla cronaca, dato che tale iipotesi da assimilaa'e in tutto a quelle per ile quali la stessa lett. d :nega la concessione 1 di amnistia. Dall'assunto che l'interpretazione sistematica conduce ad estendere la non applicabilit dell'amnistia anche al caso della cronaca diffamatoria, ed a far ritenere che al diritto del cronista di fornire la prova della verit (o verosimiglianza) dei fatti denunciati, al fine di sottrarsi alla sanzione, corrisponde quello della ,persona offesa di !p!l."etendere che tale prova venga effettuata anche senza che ne abbia fatto espressa richiesta, . segue che analoga estensione debba farsi valere in confronto all'art. 5, lett. d, del decreto presidenziale in esame, in cui 1 da ritenersi sottintesa, accanto alle .tre ipotesi del ,terzo comma del l'art. 596 c.p., anche quella riguardante la cronaca. Non si riscontra pertanto alcuna differenza di trattamento fra il caso di formale concessione dell'exceptio veritatis e quel:lo in cui essa manchi, data la notata irrilevanza di tale dichiarazione di VIQlont. Alla conclusione cui si deve giungere dell'infondatezza, alla stregua del criterio interpretativo adottato, dell'eccezione sollevata nulla pu fondatamente opporsi muovendo, come fa la difesa di una delle parti private, dal richiamo all'a.r.t. 152 c.p.p. Infatti, quest'articolo trova applicazione solo quando sia sopravvenuta un causa di estinzione del reto e ,pertanto aippare chiaro che ad esso non possa farsi riferimento aLlorch, come accade nella specie, si debba escludere l'estensione del provvedimento di clemenza. 8: -Il pretore di Civitanova Marche, in data 27 maggio 1970, ha eccepito la incostttuzionaltt dell'avt. 151 c.ip., nonch della legge n. 282 e pedissequo decreto presidenziale, sotto l'aspetto della viola~ zione dell'art. 24, commi primo e secondo Cost., nella considerazione PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1307 della lesione che dall'applicazione automatica dell"amnistia sancita da dette norme deriva alla tutela giudiziale degli interessi, ed al diritto di difesa; nonch dell'a!r.t. 3 Cost. per 1a diversit di trattamento; quale pu desumersi sia dalla disposizione del c.ip. in ordine all'analogo caso della remdssione della querela, fa cui efficacia condizionata all'accettazione da parte del querelato, e sia daille precedenti leggi di amnistia le quali tutte prevedevano la possibilit della rinuncia. Il ;punto relativo al:la compatibilit dell'amnistia con il diritto di difesa spettante all'imputato di reato ad es.sa soggetto stato prospetta. to una prima vt. 25, ha statuito che l'istituto del:l'amnistia quale risulta regolato dall'art. 79 non legato n alla concessione della facolt di rinunciarvi, n,al divieto di esercitarla, riuscendo indifferente ad essa l'accoglimento deJ.l'una o dell'altra ipotesi. Prendendo a base e confermando quanto stabilito con quest'ultima decisione, e precisamente: a) che la facolt di rinunda all'amnistia non solo non contraddiice al diritto di difesa, ma anzi ne costituisce esplicazione; b) che l'esercizio della facolt stessa rende inoperante l'amnistia, e conseguentemente consente l'applicabilit della sanzione penale a carico del rinunziante che risulti co]Jpevole in seguito alla prosecuzione e definizione del giudizio, la Corte deve riesaminare il problema sotto l'aspetto ora sottopostole, se cio appartenga effettivamente alla discrezionalit del J.egislatore concedere o meno la facolt di rinunzia. La risposta negativa sembra discendere logicamente da quanto si gi ritenuto, che cio la rinunzia all'amnistia costituisce esplicazione del diritto di difesa, sembrando chiaro discendere da tale afferma- zione come in quest'ultimo sia da considerare inclusa non solo la pretesa al regolar.e svolgimento di un giudizio che consenta J.ibert di dedurre ogni .prova a discolpa e garantisca .piena esplicazfone del contraddittorio, ma anche quella dd ottenere il riconoscimento della com 1308 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pleta innocenza, da .considerare il bene della vita costituente l'ultimo e vero oggetto della difesa, riispetto al quale le altre pretese al giusto procedimento assumono fun:liione strumentale. Ora, non contestabile che, a differenza di quanto avviene nel caso di abrogazione di una norma penale, l'amnistia non elimina la astratta previsione punitiva relativa a determinati comportamenti, ma si limita ad arrestare la procedibilit dei giudizi relativamente a dati reati, con riferimento al tempo in cui sono stati commessi. Pertanto, con l'obbUgo fatto al giudice di dichiarare in tutti i giudizi in corso al momento del sopravvenire di un procedimento di amnistia, l'estinzione del reato (salve le tre eccezioni prima ricordate) viene compromessa irreparabilmente la soddisfazione dell'interesse ad ottenere una sentenza di merito, vincolando invece l'imputa.io a soggiacere ad una pronuncia di .proscioglimento, la quale, appunto rperch non scende ad accertare e nePI>ure solo a delibare la fondatezza dell'ac.cusa, se anche sottrae ad ogni pena, non conferisce alcuna certezza circa l'effettiva estraneit dell'imrputato all'accusa .contro di lui promossa, e quindi lascia senza protezione il diritto alla piena integrit dell'onore e della riputazione. A riprova della rilevanza costituzionalmente protetta dell'interesse di chi sia perseguito penalmente ad ottenere non gi solo una qualsiasi sentenza Che lo sottragga alla irrogazione di una pena, ma precisamente quella sentenza che nella sua formulazione documenti la non colpevolezza, rpossono richiamarsi le considerazioni prima dedicate alla gerarchia che da porre fra le formule di proscioglimento, quale risulta anche dallo stesso primo comma dell'arl. 152 .c.ip.rp. in cui le cause di estinzione occupano l'ultimo posto; gerarchia che stata esattamente considerata applicazione del favor innocentiae, come particolare aspetto del principio generale del favor rei. Non varrebbe, ne aippare fondata. Si pu prescindere dal risolvere il dubbio se la legge, conferendo agli interessati (art. 1, quarto coinma) il diritto' di chiedere la revisione dell'analisi, Si riferisca solo ai soggetti indicati nel comma TOroga dei termini di decadenza (1). (Omissis). -La Corte deve esaminare anzitutto l'eccezione di irri~ levanza. Sostiene l'Avvocatura generale dello Stato che il decreto legislativo 9 aprile 1948, n. 437, ratificato con legge 10 febbraio 19'53, n. 73, prevedendo la proroga dei termini di decadenza nella sola ipotesi di mancato o irregolare funzionamento degli uffici giudiziari , non pu venir applicato estensivamente quando l'osservanza dei termini sia resa difficile, o anche impossibile, da circostanze esteme agli uffiei giudiziari com.e, nella specie in esame, da uno sciopero delle Poste. L'eccezione infondata. Il servizio delle notificazioni per mezzo della Posta previsto nel nostro ordinamento come mezzo comune (1) La questione era stata proposta con ordinanza 3 dicembre 1969 del Tribunale di Napoli (Gazzetta Ufficiale 25 marzo 1970, n. 70). La sentenza n. 79 del 1970, richiamata in motivazione, riportata in questa Rassegna 1970, 521. ' PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1321 d'eseguire le notifiche in materia civile e penale (artt. 149 c . .p.c.; 178 c.p.p,; 107 d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229 e disposizioni richiamate). Tale servizio legato all'oroinario funzionamento degli uffici di giustizia e vanno considerati ausiliari degli ufficiali .giudiziari gli ufficiali de1ile Poste. N pu certo dirsi che il funzionamento degli uffici giudiziari sia regolare quando risultino inoperanti norme di legge in una materia cosi importante come quella delle notificazioni. 2. -Priva di fondamento la questione di legittimit degli artt. 1, ultima pa~te, e 2 del decreto legislativo 9 aprile 1948, n. 437, in ordine all'art. 87, comma quinto, della Costituzione che attribuisce al Presidente della Repubblica la facolt d'emanare regolamenti d'esecuzione. Il decreto con il quale il Ministro di grazia e giustizia riconosce l'eccezionalit dell'evento, determina il ,periodo di mancato funzionamento degli uffici .giudiziari e proroga i termini di decadenza, un atto amministrati'Vo da emettel'Si volta per volta, nell'ambito proprio degli accertamenti di competenza.ministeriale. Comunque per quanto riguarda la materia regolamentare questa Corte ha gi ritenuto che un'eventuale attribuzione di competenz:;i al Ministero non viola l'art. 87, comma quinto, della Costituzione (sent. n. 79 del 1970). 3. -Sotto un ;profilo unico vanno esaminate le eccezioni di illegittimit costituzionale degli artt. l e 2 del decreto legislativo 9 aprile 1948, n. 437, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 3, primo comma della Costituzione. Non vi dubbio alcuno che l diritto alla difesa e l'uguaglianza di trattamento in parit di situazione siano costituzionalmente garantiti. Potrebbe anche essere vero (ed questione riservata al giudice del merito) che il decreto legislativo 9 apriJ.e 1948, n. 437, conferisca al cittadino, come si legge nell'ordinanza, un diritto soggettivo alla proroga del termine perentorio in tutti i casi in cui egli si sia trovato nell'impossibilit di compiere tempestivamente atti presso gli uffici giudiziari, o a mezzo del personale addetto a questi uffici . Ma ci n<>n importa affatto la denunciata i1ilegittimit degli artt. 1, ultima parte, e 2 del decreto che attribuisce al Ministro di .grazia e giustizia di poter~- dovere di constatare il mar.ncato funzionamento degli uffici, il determinarne le proporzioni, le conseguenze e di emettere il relativo decreto di proroga dei termini. Opportunamente il compito di accer.tare il verificarsi di situazioni eccezionali, cui debbano corrispondere adeguati provvedimenti previsti da norme generali del nostro sistema, affidato al potere esecutivo, che solo pu assicurare accurata riilevazione e valutazione dei fenomeni, uniformit di criteri e uguaglianza di trattamento. 1322 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il cittadino ragionevolmente interessato alla ricognizione del mancato o irregolare funzionamento degli uffici giudiziari ha facolt di ;rivolgersi al Ministro di g.razia e giustizia per chiedere l'emissione del relativo decreto. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 16 dicembre 1971, n. 198 -Pres. Fragali - Rel. Oggiooi -Fabi (n. C.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Contratti agrari -Mezzadria -Chiusura annuale dei conti -Decadenza dei reclami del mezzadro -Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 35, 36; e.e. artt. 2162, 2152). Non fondata la questione di legittimit costiituzionale dell'art. . I 2162 e.e., in re'Lazione al precedente art. 2152, sul termine di decadenza di novanta giorni .daUa consegna del libretto co.fonico per la presentazione, da parte del mezzadro, dei reclami contro l'omissione di suoi crediti (1). 1. -L'ordinanza di rinvio sottopone la questione di legittimit dell'art. 2162 del c.c., basandola sul motivo che il termine di novanta giorni dalla consegna del libretto colonico a chiusura annuale dei conti, termine entro oui, a pena di decadenza, il mezzadro deve !reclamare contro la omissione di un suo credito, costituito dal compenso di lavoro compiuto per miglioramenti arrecati al podere secondo l'art. 2152 del e.e., contrasterebbe con gli artt. 35 e 36 della Costituzione, po.gti a tutela del lavoro e della sua retribuzione. Ci in quanto l'imposizione di un termine pel ree.Jarno, decorrente non dalla cessaziooe del .rapporto mezzadrile ma nella sua pendenza, .porrebbe il mezzadro in 'posizione di soggezione, per timore di recesso da parte del concedente, tale da indurlo alla rinuncia del credito. Non diversamente, secondo l'ordinanza, da analoga questione gi sollevata davanti a questa Corte, ri( 1) La questione stata proposta con ordinanza 31 ottobre 1969 del Tribunale di Spoleto. Sulla mezzadria in generale v. Cass. 17 giugno 1971, n. 1854, e 24 luglio 1971, n. 2475, Foro It. 1971, I, 2746, con nota di G. JETTI, La direzione della mezzadria. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1323 guardante la prescrizione dei diritti alle prestazioni salariali, prescrizione dichiarata costituzionalmente illegittima con la sentenza n. 63 del 1966 nella :parte degli artt. 2948, 2955 e 2956 in cui ne era consentita la decorrenza durante il rapporto di lavoro. 2. -La questione non fondata. Senza ravvisare necessario, agli effetti della decisione, premettere l'analisi degli elementi differenziali e di quelli comuni, che, nel quadro del lavoro nel.l'impresa, caratterizzano, rispettivamente, la prestazione lavorativa nell'impresa in generale ed in quella agricola i'q particolare, la Co.rte osserva che la questione proposta manca di fondamento per motivi che attengono alla speciale normativa del rapiporto di mezzadria, quale venuta a consolidarsi nel tempo sul punto concernente la durata del rapporto stesso. da porre nel dovuto rilievo che, con inizio dal d.1.1. 5 aprile 1945, n. 157, una serie ininterrotta di provvedimenti ha posto i contratti di mezzadria in reg1me di proroga legale. Infatti, a quel decreto hanno fatto seguito il decreto legislativo n. 273 del 1947 : le leggi n. 1094 del 1948, n. 353 del 1949, n. 505 del 1950, n. 435 del 1951, n. 765 del 1952, e l'ultima legge 15 sette_mbre 1964, n. 756, che, al divieto di stipulazione di nuovi contratti di mezzadria, ha aggiunto la proro.ga fino a nuova disposizione di quelli esistenti. La constatazione di tale perdurante proroga legale, vale, di per s, ad escludere una valtda prospettabilit delJ.'argomento su cui si basa l'ordinanza di rinvio. L'ipotesi di una temuta interruzione del rapporto, quale mezzo a disposizione del concedente :per iporre in essere una coazione psicologica sul mezzadro tale da ostacolare indirettamente una richiesta di compensi che il mezzadro ritenga a s dovuti, viene a cadere in forza delle succitate leggi protettive delJ.a durata del ra.pporto. Questa forza di resistenza assegnata al rapporto non pu ritenersi sminuita dalla previsione legislativa di situazioni ostative alla proroga. Trattasi, invero, di situazioni oggettive, tassativamente determinate ovvero di situazioni soggettive, da comprovarsi, consistenti in colposi e gravi inadempimenti contrattuali da parte del mezzadro (art. 4 d.1.1. n. 157 del 1945, art. 1 d ..1gs. n. 273 del 1947, art. 1 legge n. 1094 del 1948, art. 15 legge n. 756 del 1964). 3. -Di .conseguenza, dovendosi escludere la presunzione che il mancato tempestivo reclamo del mezzadro, a rapporto in atto, contro omissioni nel libretto colonico di ipartitte a suo credito, costituisca indice di volont viziata dal timore di rappresaglia, n termine di decadenza stabilito dall'art. 2162 del c..c. va ritenuto immune dalle proposte censure di illegittimit. -(Omissis). 1324 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 16 dicembre 1971, n. 200 -Pres. Fragali - Rel. Benedetti -La Piccirella (avv. Barile) e Presidente Consiglio dei Ministri e Ministero Agricoltura e Foreste ~sost. avv. gen. dello Stato Agr). Riforma fondiaria -Espropriazione del terzo residuo -Esclusione di indennizzo -Illegittimit costituzionale. (Cost., art. 4l!, comma terzo; 1. 21 ottobre 1950, n. 841, art. 9, comma terzo). costituzionaJmente illegittimo, in relazione all'art. 42, terzo comma della Costituzione, l'art. 9, comma quarto, della legge 21 ottobre 1950, n. 841 suita riforma f011;diaria, limitatamente alle parole senza alcun indennizzo (1). (Omissis). -Oggetto del presente giudizio il quarto comma dell'aJ.>t. 9 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, che l'o,rdinanza di rinvio denuncia costituzionalmente illegittimo, in riferimento aH'-art. 42, comma terzo, della Costituzione, lim!tatamente alla parte in cui dispone l'esproprio senza aloun indennizzo dei terreni costituenti il terzo residuo sui quali il proprietario non abbia eseguito entro il termine di due anni le opere di trasformazione previste dall'ente di riforma fondiaria. La tesi svolta dall'Avvocatura dello Stato a sostegno della legittimit deUa norma impgnata che nell'istituto del terzo residuo non sarebbe dato sco11gere i caratteri ttpici di un rapporto espropriativo, bensi Uit1 raJ?porto convenzionale tra ente ed espropriando nel quale quest'ultimo liberamente assume determinati obblighi di trasformazione accettando le conseguenze previste dalla legge nel caso di inadempimento degli stessi. La deca:e che la Corte, con la sua sentenza n. 175 del corrente anno, ha affermato il diritto dell'imputato ad ottenere una sentenza di merito alloreh l'estinzione del reato consegua all'intervento di un'amnistia, perch a tale statuizione si giunti in quanto si ritenuto costituzionalmente garantito il diritto di rinunciare all'amnistia, diritto il cui esercizio, facendo venir meno l'effetto estintivo ad essa proprio, rende possibile l'ulteriore svolgimento dell'istruttoria in corso. E appare chiaro che a soluzione analoghe non pu giungersi allorch l'effetto estintivo si faccia discendere, non gi, come nel caso dell'amnistia, da statuizioni di volta in volta emesse dal legislatore, sotto l'infiuesso di considerazioni politiche, ma da un evento come il decorso del termine, sottratto ad ogni discrezionalit. 2. -Le eonsiderazioni per ultimo prospettate rendono ragione dell'infondatezza anche della seconda denuncia, di violazione dell'art. 3 della Costituzione. Invero ila disegua.glianza di trattamento che si verifica, secondo che si sia .giudicati prima o dopo il sopravvenire del termine di prescrizione, a.pipare conseguenza di una mera disparit di fatto, che non si 1pu evitare se non facendo venire meno lo stesso istituto della prescrizione. -(Omissis). 1328 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 16 dicembre 1971, n. 203 -Pres. Fragali -Rel. Chiarelli -Di Sole (n. c.). Impiego pubblico -Pensione privilegiata -Detrazione dal risarci mento del danno -Illegittimit costituzionale. (Cost., artt. 3, 28; r.d. 7 dicembre 1923, n. 2590, art. 9, ultimo comma). fondata, con 1-iferimento ai principi di eguaglianza e di responsabilit civile della P. A., la questicrne di legittimit costituzionale deWart. 9, ultimo comma, r.d. 7 dicembre 1923 n. 259-0 che prescrive la detrazione della pensione privilegiata daWimptJll'to del risarcimento del danno facente carico aWAmministrazione di appartenenza del dipendente (1). (Omissis). -La questione fondata. H diritto del dipendente statale e dei superstiti alla pensione privilegiata e il diritto al risarcimento dei danni nei confronti della Pubblica Amministrazione si basano, come questa Corte ha rilevato nella sentenza 30 gennaio 1962, n. 1, su titoli diversi. Il primo infatti non nasce dalla responsabilit dell'Amministraziooe, ma dal fatto che, a prescindere da tale responsabilit, si sia verificato un evento di servizio, produttivo di infermit lesioni o morte, previsto dalla legge. Tale diritto strettamente connesso alla posizione del dipendente e, come osserva l'ordinanza, si collega, tra l'altro, al precedente versamento, da parte dello stesso dipendente, dei contributi ai fini del conseguimento della pensione, che sar ordinaria o privilegiata, secondo le cirostanze. L'eventuale detrazione della pensione privilegiata dalle somme dovute alla vittima o ai superstiti a titolo di risarcimento danni viene pertanto a eludere o a ridurre la xesponsabilit della Pubblica Amministrazione per fatto illecito, in contrasto con l'art. 28 della Costituzione. La norma che prevede tale detrazione per il personale delle Ferrovie dello Stato viola inoltre l'art. 3 della Costituzione. Nella ricordata sentenza la Corte ha ritenuto che le norme uhe -stabilivano la detta detrazione per gli altri dipendenti statali (decreto luogotenen ~ (1) Il giudizio stato introdotto con ordinanza 8 luglio 1969 del Tribunale di Catanzaro (Gazzetta Ufficiale 25 marzo 1970, n. 76). La sentenza n. 1 del 1962, richiamata in motivazione, leggesi in Foro it., 1962, I, 175 con nota di ANDRIOLI. Sulle pensioni cfr. anche Corte Cost. nn. 144 e 147 del 30 giugno 1971. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1329 ziale 21 ottobre 1915, n. 1558, e legge 28 maggio 1936, n. 1126) creavano una sperequazione tra il iprivato, vittima di un fatto colposo, e il dipendente statale, vittima di un medesimo fatto. Con la dichiarazione di illegittimit co~tituzionale delle menzionate norme si venuto a .produrre un ingiustificato trattamento differenziale anche tra i dipendenti delle Ferrovie e gli altri dipendenti dello Stato. Va .pertanto dichiarata l'illegittimit costituzionale della nol'llla impugnata, a conferma di quanto ritenuto nel precedente pronunciato di questa Corte. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 28 dicembre 1971, n. 204 -Pres. Fragali -Rel. Trimarchi -Bassetto (avv. Ventura). Lavoro -Indennit di anziariit -Servizio di durata inferiore all'anno Esclusione -Illegittimit costituzionale. (Cost., art. 36, comma primo; e.e. art. 2120. comma primo). costituzionalmente illegittimo, in riferimento al.l'art. 36 della Costituzione, l'art. 2120, primo comma, e.e., nella parte in cui esclude che l'indennit di anzianit sia dovuta al prestatore di lavoro il cui servizio abbia una durata inferiore all'anno (1). (Omissis). -2. -Nonostante che, in tema di indennit di anzianit, il legislatore, con l'art. 9 della legge 15 luglio 1966, n. 604, abbia dettato disposizioni a quel tempo innovative nei. confronti dell'ultima parte del detto ;primo comma dell'art. 2120 (cosi come la Corte non ha mancato di rilevare con la 'Sentenza n. 75 del 1968), non pu non ritenersi tuttavia in vigore la restante parte della rlativa norma e precisamente quella oggetto della presente denunzia. Il citato art. 9, infatti, si limita a prescrivere che l'indennit di anzianit dovuta al prestatore di lavoro in ogni caso di risoluzione del rapporto di lavoro , ed il primo comma dell'art. 2120, in conse guenza dell'entrata in vigore di quella legge, non avente per .altro (1) La questione. stata sollevata con ordinanza 9 gennaio 1970 del pretore di Bergamo e 30 maggio del Pretore di Venezia (Gazzetta Ufficiale 4 marzo 1970, n. 57 e 11 novembre 1970, n. 286). La sentenza n. 75 del 1968 riportata in questa Rassegna , 1968, 699. Per altre recenti pronunzie in materia di rapporto di lavoro v. "'I giudizi di costituzionalit ed ii contenzioso dello Stato negli anni 1966 1970 voi I, nn. 37 e 80. 1330 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO portata generale, ed a seguito della dichiarazione di parziale illegittimit costituzionale di cui alla citata sentenza n. 75 del 1968, viene a disporre che in caso di cessazione del contratto a tempo indeterminato, dovuta al prestatore di lavoro un'indennit proporzionale agli . anni di servizio . Questa norma, in tal modo, fissando il criterio da osservarsi ai fini della determinazione e liquidazione dell'indennit de qua, che per ci . deve essere proporzionata agli anni di servizio, e facendo, allo scqpo, riferimento all'anno quale unit di tempo, secondo la giurisprudenza l w~ prevalente considera il servizio prestato per un periodo di tempo in feriore ad un anno condizione non sufficiente perch il lavoratore abbia diritto alla detta indennit. 3. -Cos interpretata, la norma risulta in contrasto con il disposto dell'art. 36, comma primo, della Costituzione. ,,. L'indennit di anzianit, ad avviso della Corte (citata sentenza n. 75 del 1968), riveste carattere retrib~tivo, costituendo parte del compenso dovuto rpel lavoro prestato . Data la sua portata complementare nei -confronti della retribu zione in senso stretto, deve riconosce11si ad essa la tutela costituzio nale propria di quest'ultima: ed in particolare, il relativo diritto di scende dai principi consacrati nell'art. 36 della Costituzione e si in forma ad essi. Nella specie, escludendo implicitamente l'art. 2120, comma primo, che il diritto all'indennit spetti al lavoratore che abbia una anzianit di servizio inferiore all,..anno, il legislatore viene a negare al lavora tore un diritto che costi!uzionalmente gli assicurato. Il criterio iper cui in dipendenza della durata (annale o superiore all'anno, ovvero inferiore all"anno) del servizio, il rLpetuto diritto spetta o meno al lavoratore, non qui valutato direttamente e in rifet $ rimento al principio di eguaglianza, sibbene per la conseguenza della i sua applicazione e cio per il fatto che, in caso di servizio di durata inferiore all'anno, al lavoratore non compete l'indennit. Non pu venire, cos, in considerazione la ragione che avr deter I minato il legislatore a ricollegare al detto limite di tempo un trattamento differenziato; e Senza, per altro, doversi escludere a priori che la previsione di un periodo minimo di servizio possa apparire razionalmente giustificata. I Rileva qui in modo obiettivo la violazione del principio di pro I porzionalit quantitativa che l'art. 36 pone inderogabilmente a disciplina del rapporto tra retribuzione e prestazione di ri del quale ogni altra esigenza tutelatrice non possa che essere sacrificata per mancata previsione di mezzi idonei relativi ad altre situazioni. Sono, infatti, :previsti, come provvedimenti contingenti, da adottarsi in 'caso di necessit, sia la sospensione del dibattimento (articolo 431 c.p.p.) sia il rinvio del dibattimento a tempo indeterminato (art. 432 c.ip.rp.). poi ulteriormente prevista, anche nel caso di solo mutismo, l'adozione di provvedimenti succedanei, atti-a supplire alla fisica impossibilit o difficolt di espressione (art. 143 c.rp.p.). In definitiva, il diritto di difesa :personale trova le sue sufficienti garanzie nel sistema del diritto positivo, senza che ne risulti in alcun modo intaccata la legittimit dell'art. 88 c.p.:p. -(0mi8'sis). CORTE COSTITUZIONALE, 28 dicembre 1971, n. 206 -Pres. Fragali -Rel. Capalozza -Moesch (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gein. dello Stato Azzariti). Procedimento penale -Partecipazione delle. parti danneggiat'e non qualificate -Violazione dei principi di difesa e di eguaglianza Esclusione. (Cost., artt. 24, 3; c.p.p. artt. 408, 422, 306, 185). Non sono fondate, sia con riferimento al diritto di difesa che a quello di eguaglianza, le -questioni di legittimitd costituzionale degli Mtt. 408, 422, 306 e 185 c.p.p., che escludono la necessaria citazione in giudizio o all'assistenza di atti istruttori la persona danneggiata dal reato che non rivesta alcuna delle qualifiche, indicate nell'art. 408 dello stiesso codice (1). (Omissis). -1. .,. Le due ordinanze (del pretore di Napoli e del tribunale di Milano), rpur non avendo lo stesso oggetto, sollevano que (1) La questione stata introdotta con ordinanze 21 gennaio 1970 del pretore di Napoli e 14 gennaio 1970 del Tribunale di Milano (Gazzetta Ufficiale 1 aprile 1970, n. 82). . ' I I PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1333 stioni che attengono alle guarentigie processuali del danneggiato da reato, che non sia costituito parte civile o non sia persona offesa o querelante o denunziante; e, rispettivamente, a quelle della persona offesa, nella fase istruttoria: i giudizi .possono, quindi, essere riuniti e definiti con unica sentenza. 2. -La questione proposta dal pretore di Napoli concerne gli articoli 408 e 422 (in relazione all'art. 412) c.p..p., che si assumono illegittimi in quanto non richiedono, a pena di nullit assoluta, la citazione in dibattimento del dannegiato che non rivesta alcuna delle qualifiche indicate nelFart. 408. Nei termini in cui stata prospettata, la censura non ha fondamento. L'art. 185 c.p. statuisce che ogni reato .che abbia cagionato un danno patrimoniale o. non patrimoniafo obbliga -oltrech alle restituzioni -anche al risarcimento a carko del colpevole e delle persone che, a norma delle leggi civili, debbano rispondere per il fatto di lui. da osservare, per, che trattasi di norma di diritto sostanziale, alla quale non fa riscontro, nel codice di .rito, una coincidente normativa processuale: e ci alla stregua delle esigenze di conceintrazione e di speditezza del .processo penale, che sarebbe gravemente appesantito dalla moltiplicazione delle parti civili. E, altres, alla stregua dello stesso carattere di supremazia -per la sua funzione pubblicistica di tale processo, gi affermata da questa Corte (da ultimo, nella sentenza n. 190.del 1971), che ha indotto il legislatore a non richiedere, a pena di nullit, la difficile ricerca individuale di eventuali danneggiati (per i quali il pregiudizio pu anche non essere di carattere patrimoniale: art. 185, secondo comma, c.ip. e art. 2059 e.e.) e a limitare l'obbUgo della citazione al dibattimento per l'offeso, per il querelante, ;per il denunziante e, tra i danneggiati, per quelli che si siano costituiti parte civile (art. 408, secondo comma, c.p.p.). Che l'art. 22 c.p.p. attribuisca ad og,:ni danneggiato la facolt di costituirsi parte civile, non significa che chi non siasi avvalso di tale facolt acquisisca quei diritti che gli sarebbero riconosciuti se gli competesse, a seguito della costituzione, il ruolo di pacrte (o se si trattasse di chi, quale querelante o denunziante, abbia dato avvo al pro- Le sentenze n. 132 e n. 136 del 1968 sono riportate in questa Rasse gna 1968, 910 e 920. A seguito della sentenza n. 132 del 1968 stata' emanata la legge 5 dicembre 1969, n. 932 recante modificazione al codice di procedura pe nale in merito alle .indagini preliminari, al diritto di difesa, all'avviso di procedimento ed alla nomina del difensore. / 1334 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cesso, o di chi, quale direttamente offeso dal reato, sia un contraddit tore dell'imputato). Giustificata cosi la diversit di trattamento, da escludersi la vio lazione dell'art. 3 della Costituzione. La scelta legislativa ha una sua coerenza, perch indubitabile che, nell'economia del processo ipenale e per il ra,ggiungimento degli scopi di questo, ben diversa l'importanza dell'offeso dal reato, del querelante o del denunziante, e quella del semplice civilmente dan neggtato: l'offeso dal reato, il querelante e il denunziainte sono nor malmente in grado di offrire un contributo all'accertamento della ve rit dei fatti e al convincimento del giudi<:e; H semplice danneggiato lamenta il pregiudizio che ha sofferto e ne rivendica il ristoro, al di fuori della dialettica del processo. N il sistema prescelto viola l'art. 24 Cost.: non il primo comma, pe:reh a nessuno che abbia sofferto un danno (diretto e immediato) dal reato, sottratto il diritto di far valere le proprie ragioni nel pro cesso penale (vigilantibus iura succurrunt); non il comma successivo, perch la costituzione di parte civile consente sia la difesa svolta per sonalmente, sia la difesa tecnica. Per di pi, l'efficacia riflessa del giu dicato penale abilita il danneggiato ad avvalersi, a proprio vantaggio, del dictum giudiziario (a meno che sia risultato che il fatto non sus siste o che l'imputato non l'ha commesso o che il fatto fu commesso nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facolt legit tima, ovvero che non sufficiente la prova che il fatto sussista o che l'imputato l'abbia commesso: art. 25 c.p.ip.; vedi anche art. 27, primo comma, stesso codice). Non che il sistema sia _,perfetto (ad alcuni inconvenienti, per altra via, questa Corte ha gi ovviato : sentenza n. 55 del 1971), ma ci conseguenza della compenetrazione dell'azione civile nel processo penale, adottata dalla nostra legislazione, e della stessa funzione subordinata e sussidiaria, nel rapporto processuale penale, attribuita alla parte civile. 3. -Dalla 'premessa che i danneggfati, non altrimenti qualificati, non rientrano di per s nella nozione di parte privata (se non dopo che siansi costituiti parte civile) discende che non pu imporsi al giudice l'individuazione di -ciascuno di essi, come non pu imporglisi (tanto meno a pena di nullit) di disporne la citazione in giudizio. 4. -Per le stesse ragioni, non essenziale al processo l'avviso di procedimento a tutti i danneggiati: soddisfa alle esigenze volute dall'art. 8 della legge 5 dicembre 1969, n. 932, sostitutivo dell'art. 304 PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZioNALE E INTERNAZIONALE 1335 c.p.p., e non contrasta con i precetti costituzionali, la notificazione effettuata ai soli danneggiati cogniti: e tutti eoloro che possonoo assumere la qualit di parte privata (art. 8, secondo eomma, legge su citata) sono quelli, e soltanto quelli, che tali risultano allo stato degli atti o che successivflmente vengono a risultare. 5. -Quanto al dubbio di costituzionalit degli artt. 306 e 185 c.p..p., avanzato dal tribunale di Milano, per eventuale contrasto con l'art. 24, primo e secondo 1comma, della Costituzione, da premettere che l'art. 306 conferisce all.a persona offesa anche non 1costituita parte civile delle limitate faeolt, nel corsff dell'istruzione, dirette all'accertamento della verit, senza altri diritti nel procedimento; e, altresi, che il denunziato art. 185 c.p.ip. non concerne la ;parte civile, bensl riguarda 'le nullit attinenti alla capacit del giudice, all'iniziativa e all'intervento del pubbliieo ministero e all'intervento, assistenza e .rappresentanza dell'imputato. D'altronde, questa Corte, con sua sentenza n. 136 del 1968, dichiarando infondata la questione relativa alla .non impugnabilit della costituzione di parte civile in sede di istruttoria sommaria, ha gi accolto il principio che il contraddittorio tra imputato e parti civile non si instaura nella fase istruttoria, bensi nel dibattimento (artt. 98, 99 e 100 c.ip.p.). Prineipio non smentito dalla diversa diisciiplina statuit~ per l'istruzione formale dall'art. 97 c.p.ip., che prevede la opposizione del pubblico ministero o dell'imputato alla costituzione di parte civile e la ,relativa decisione del giudice istruttore, dappoich, per il sesto comma dello stesso art. 97, la costituzione di parte civile pu venire esclusa, pur se prima -durante l'istruzione -era stata ammessa; e, per l'articolo 99 c..p.p., la costituzione di parte civile pu essere dichiarata inammissibile dal giud~ce anche d'ufficio con ordinanza in qualsiasi stato del procedimento di primo grado, prima dell'inizio della discussione finale nel dibattimento (eceezion~ alla cosiddetta immanenza della .parte civile). N disdice' al criterio della .provvisoriet deJla costituzione di parte civile (sino alle soglie della discussione finale di primo grado) la superstite validit degli atti dell'istruzione e "del giudizio, se in qualunque stato e grado ,del procedimento detta costituzione venga dichiarata nulla (art. 100, terzo comma, c.p.p.), essendo tale validit conforme alla natura del processo penale, Che esige la utilizzazione degli elementi acquisiti al processo ai fini del soddisfacimento della pretesa punitiva, che relativamente autonoma rispetto alla rpretesa risarcitoria (e restitutoria), siccome .emerge dal disposto dell'art. 100, secondo comma, c.p.p. -(OmissiS). 7 1336 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 28 dicembre 1971, n. 207 -Pres. Fragali -Rel. De Marco -Presidente Regione Siciliana (avv. Sorrentino, Virga) c, Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Sicilia -Potest tributaria -Esclusione dell'imposta di R. M. per i can tieri edili -Disapplicazione dei relativi decreti regionali -Potere non spettante allo Stato. (St. Reg. Sic. artt. 20, 36; d.P.Reg. 4 giugno 1954, n. 2). Nan spetta allo Stato disapplicare direttamente i decreti regionali di esenziane Lla imposta di R. M. riguardante imprese edili, emanati dal Presidente e dagti assessori delta Regioine sieri.liana (1). (Omissis). -Col primo motivo di ricorso si prQS1Petta a:pipunto il problema di accertare se allo Stato -e per esso al Ministero delle finanze -incombesse 'addidttura l'obbligo, come assume l'Avvocatura generale dello Stato, o, quanto meno, la potest di disapplicare i de creti regionali oggetto delia impugnata circolare. L'obbligo discenderebbe dalla sentenza della Cassazione a sezioni unite 21 settembre 1970, n. 1640 pronunziata sui ricorsi del Ministero delle finanze contro Semilia e da Semilia contro il Ministero delle finanze. Con questa sentenza, infatti, sono stati dichiarati illegittimi il decreto del Presidente della Regione siciliana 4 giugno 1954, n. 2, nonch i decreti di esenzione emessi in esecuzione di esso nei con fronti del Semilia ed stato affermato l'obbligo degli uffici statali, che provvedono all'accertamento dei tributi erariali spettanti alla Re gione siciliana, di controlla.re la legittimit dei decreti di esenzione da questa emanati, disapplicandoli ove ne ritengano l'illegittimit. Come esattamente oppone il patrocinio della Regione questa sen tenza fa stato soltanto fra le parti nei confronti delle quali stata pro nunciata ( da notare che la Regione non era fra tali parti) e limita tamente al caso deciso. Che, entro questi limiti, il Ministero delle finanze avesse l'obbligo di conformarsi a tale sentenza non vi dubbio, dato il disposto del secondo comma dell'art. 4 della legge 20 marzo 1865, All. E, cui dopo l'istituzione della giurisdizione amministrativa, fa riscontro l'a'l"t. 27, n. 4 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054. (1) Sulla legittimit costituzionale del sistema legislativo della Regione siciliana per incentivaTe le iniziative industriali nell'Isola cfr. Corte Cost. 9 dicembre 1963, n. 167; 6 ,giugno 1965, n. 63; 23 novembre 1967, n. 122. i ' r ' I I I ! PARTE I, SEZ. I,. GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 1337 Neppure dubbio che il Ministero delle finanze potesse e possa adottare l'interipretazione dell'art. 7 della legge regionale n. 61 del 1953 e dell'art. 1 della legge regionale n. 51 del 1957, in base alla quale la Corte di cassazione pervenuta alla decisione sopra riportata, adeguando ad essa il proprio operato. Ma da ici non discende che si possa estendere senz'altro erga omnes la efficacia cogente di quella sentenza e, soprattutto, a disapplicare direttamente tutti i decreti regionali di esenzione dalla imposta di ricchezza mobile rigua'1'danti imprese edili. Come chiaramente risulta dal suo testo, l'art. 5 della legge 20 marzo 1865, Ali. E, ipone in essere soltanto un correttivo di quanto disposto dal secondo comma del precedente art. 4; dal complesso di questi articoli, infatti, scaturisce il seguente sistema. L'autorit giudiziaria, di fronte ad un atto amministrativo lesivo di un didtto deve limital"si a conoscere degli effetti dell'atto stesso, in relazione all'og.getto del giudizio, ma l'atto amministrativo non potr essere revocato o modificato se non sopra rico;rso alle competenti autorit amministrative, le quali hanno l'obbUgo di conformal"Si al giudicato dei tribunali, in quanto riguarda il caso deciso. Comunque, le autorit .giudiziarie -e, come si vedr, esse soltanto -possono applicare gli atti amministrativi ed i regolamenti gene.rali e locali, solo in quanto siano onformi ane leggi, ossia debbono disapplicarli, se li riconoscono illegittimi. Questo sistema , poi, stato completato con l'istituzione della giurisdizione amministrativa, alla quale attribuita non soltanto la potest di annullare gli atti amministrativi ed i regolamenti generali e locali triconosciuti illegittimi, ma, nei residui casi; nei quali ha com ~etenza di merito, anche quella di revocarli o modificarli. molto significativo, al rigual."do, che, fra i casi di competenza di merito, vi tra l'altro quello contemplato dall'art. 27, n. 4 del t.u. n. 1054 del 1924, sopra citato, riguardante i ricorsi diretti ad ottenere l'adempimento dell'obbUgo dell'autorit amministrativa di conformal"Si, in quanto riguarda il caso decisoo, al -giurucato che abbia riconosciuto la lesione di un diritto civile o politico. Deve, inoltre, tenersi presente che, in forza dell'ia'1't. 6 della leg-ge comunale e proviniciale, del quale stato riconosciuto il carattere generale e l'applicabilit anche agli atti amministrativi delle l."egioni a statuto speciale (v. sentenze di questa Corte n. 24 del 1957 e nn. 23 e 58 del 1959) il Governo dello Stato ha la potest di annullare di ufficio, per gravi ragioni di interesse ;pubblico, gli atti amministrativi sia emanati da ol."gani dello Stato, sia da Enti pubblici autonomi territoriali o istituzionali, che siano riconosciuti illegittimi. Occorre, infine, ricordare che nell'eserc~zio della cosiddetta autotutela, tutte le autorit amministrative hanno il potere~dovere di an 1338 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nullare i propri atti che riconoscono illegittimi e d1 revocare quelli che riconoscono non pi opportuni o convenienti. Di fronte a questo sistema, anche in applicazione del prinClfPlO di interesse pubblico di assicurare la stabilit e 1'a certezza degli atti amministrativi, che abbiano acquisita la definitivit, la potest di disapplicare gli atti amministrativi ammissibile soltanto aHorch l'ordinamento non preveda altri mezzi per rimuoverli. Passando al caso Concreto, il Ministero delle finanze dopo aver data piena esecuzione alle pronunzie della cassazione, com"era suo obbligo, nel caso Semilia, ove, condividendo e adottando la interpretazione delle leggi regionali n. 61 del 1953 e n. 51 del 1957, avesse voluto estendere erga omnes la disapplicazione del decreto del Presidente della Regione siciliana n. 2 del 1954, conseguente a quella interpretazione, aveva la possibilit di promuovere l'annullamento d'ufficio, in forza dell'art. 6 della legge comunale e provinciale, dato che non ha nei confronti degli or.gani della Regione poteri di supremazione tali da consentirgli l'annullamento diretto. N pu opporsi a questo riguardo, che questa Corte, con sentenza n. 167 del 1963, ha dichiarato inammissibile il er l'emissione dei mandati di ufficio da parte dell'organo di controllo: questo cio, nella specie, come accert il Consiglio di Stato, emise il mandato senza una previa declaratoria di obbligatoriet della spesa e comunque autorizzi l'esecuzione del mandato senza attendere che fossero stati proposti e risolti i ricorsi dell'ente controllati o che fosse invano decorso il termine per la presentazione dei detti ricorsi, violando cosi l'art. 128 del regolamento 12 febbraio 1911, n.. 297. A seguito di siffatta pronuncia e poich il mandato, poi dichiarato illegittimo, era stato riscosso dall'interessato, 1'Amministrazione provinciale ha chiesto all'Amministrazione dell'Interno il risarcimento del danno derivatole dalla illegittima (anzi -secondo l'attrice -illeci~) attivit di controllo. Di fronte ameccezione preliminare del Ministero convenuta e relativa all'assunto difetto di giurisdizione del giudice ordinario, la sentenza impugnata ha per contro affermata la detta giurisdizione. E ci sotto duplice profilo. In primo luogo, da un punto di vista generale, la Corte del merito ha rilevato che, a differenza di quanto accade per il privato, nei rapporti tra ente controllato ed ente controllante, 1e norme sui controlli non costituiscono 1350 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO una tutela indiretta e non .sono inquadrabili tra le norme cosiddette di azione, ma disciplinano proprio i rapporti tra l'ente sottoposto a tutela e lo Stato e quindi hanno natura di norme di relazione, intersoggettive, onde esse incidono su diritti soggettivi dell'ente controllato, come diritto soggettivo dell'ente controllato era quello di poter esercitare i ricorsi previsti contro la deliberazione di emettere il mandato senza la previa declaratoria di obbligatoriet della spesa 'e senza avere atteso l'esperimento dei ricorsi o il decorso del relativo termine importano non abuso del pot~re di controllo, ma mancanza addirittura del medesimo, che incide su un diritto azionabile avanti il giudice ordinario. Siffatti profili sono criticati nel primo motivo del ricorso, il primo come contrastante con i principi che regolano l'attivit di controllo, i rapporti tra ente controllato e Stato e la posizione dell'ente controllato di fronte all'esplicazione di quell'attivit; il secondo come contrastante con la differenziazione tra abuso del potere e mancanza radicale dello stesso. Le predette censure sono fondate. L'affermazione di principio della sentenza impugnata secondo cui sempre, quando l'ente controllato si pone in posizione di autonomia di fronte allo Stato, si in presenza di rapporto intersoggettivo, con la conseguenza che le norme che regolano l'esercizio dell'attivit di controllo sono. norme di relazione, di fronte alle quali vi la posizione di diritto soggettivo azionabile avanti il giudice ordinario, non pu essere condivisa perch contrastante con l'essenza della funzione di controllo quale stata determinata, oltre che dalla dominante dottrina, dalla costante giurisprudenza di questo Supremo Collegio. Prendendo in considerazione la posizione dell'ente pubblico sottoposto a controllo dello Stato, ehiaro che tale controllo diretto a veder.e se l'azione svolta dall'ente controllato per il raggiungimento dei propri fini, che sono in realt fini pubblici, dello Stato, al primo delegati per motivi di dpportunit, sia non solo legittima ma anche opportuna: di guisa che i controlli sono predisposti dalla legge non a tutela diretta degli interessi dell'ente controllato o controllante nei loro rispettivi rapporti (norma di relazione) ma a tutela dell'interesse pubblico al buon andamento delle attivit dirette al perseguimento di fini pubblici (norma di azione). Dal che consegue che anche l'attivit di controllo regolata dalla legge soprattutto nell'interesse pubblieo a che il controllo medesimo si svolga in modo da poter tutelare il raggiungimento di quelle finalit pubbliche cui diretta l'attivit dell'ente controllato. Vale a dire che interesse pubblico :non solo che i fini pubblici delegati ad ente diverso dallo Stato siano legittimamente ed opportunamente perseguiti, ma interesse pubblico anche che l'attivit di eontrollo su quell'attivit dell'ente pubblico .sia legittimamente esercitata. Onde la violazione da parte dello Stato dei limiti stabiliti dalla legge per i controlli sugli enti pubblici non incide direttamente su un diritto soggettivo dell'ente, ma, essendo diretto a tutelare immediata PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1351 mente un interesse pubblico ed incidendo solo indirettamente sull'autonomia dell'ente, tocca esclusivamente un interesse legittimo. E ci quale che sia la natura e l'essenza del controllo, anche se il medesimo sostitutivo. Questo importa che lo Stato nell'esercizio dell'attivit di controllo legittimato a sostituire la propria attivit amministra~iva a quella, non compiuta, dell'ente controllato, a determinate condizioni ed in presenza di determinati presupposti stabiliti dalla legge. Anche questa attivit sostitutiva stabilita direttamente a tutela dell'interesse pubblico di cui si dianzi parlato al sano e preciso perseguimento dei propri fini da parte dell'ente; onde se tale perseguimento non attuato dall'ente vi si pu sostituire lo Stato nell'esercizio del controllo; ne consegue che nelCesercizio di tale sostituzione, lo Stato non segue i presupposti e le condizioni di legge, tale violazione non tocca alcun diritto soggettivo dell'ente che non esiste, ma solo un interesse legittimo dello stesso. N pu dirsi che nel caso in esame lo Stato (e per esso il suo organo di controllo) non avesse il potere di emettere direttamente il mandato di ufficio al posto dell'Amministrazione provinciale che non aveva provveduto in sede di ammin.istrazione attiva: tale potere previsto dalla legge comunale e provinciale ed attribuito all'autorit di controllo (Giunta provinciale amministrativa). Solo la stessa legge e le relative norme regolamentari sottopongono l'esercizio di quel potere a determinate condizioni ed a determinati limiti: la violazione di tali limiti e la emissione del mandato senza che siano poste in essere le condizioni di legge incide certamente sull'esercizio del potere e costituisce un illegittimo esercizio, un abuso di quel potere in concreto. Si quindi nell'ipotesi tipica dell'illegittimo esercizio da parte dell'amministrazione di un'attivit (nella specie di controllo) prevista dalla norma direttamente a tutela di un interesse pubblico, onde tale illegittimo esercizio non pu che toccare un interesse legittimo. Interesse che tale fin dall'inizio, che sorto come interesse legittimo e che -come costante giurisprudenza -non pu modificarsi o trasformarsi in diritto soggettivo a seguito della dichiarazione di illegittimit pronunciata in sede di giurisdizione amministrativa. Il chiedere, dopo la tutela amministrativa (illegittimit dell'atto), anche la tutela giudiziaria (risarcimento del danno) importerebbe quella doppia tutela che inammissibile nel vigente ordinamento in relazione all'interesse legittimo. Pertanto il primo motivo del ricorso deve essere accolto con assorbimento degli altri relativi alla sussistenza in merito degli elementi dell'azione di risarcimento del danno: deve essere in conseguenza dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e cassata senza rinvio l'impugnata sentenza. In ordine alle spese dell'intero giudizio, si stima equa, in considerazione della .natura della controversia e delle vicende che essa ha avute, la compensazione totale. ._ (Omissis). ) 1352 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 ottobre 1971, n. 2863 -Pres. Pece -Rel. Mirabile -P. M. Di Maio (diff.) -Amministrazione delle Finanze dello Stato (avv. Stato Ricci) c. Milone e Fedullo (avv. Di Sevo) nonch contro Castiello, Lentini, Baldo e Comune di Rofrano (n.c.). Competenza e giurisdizione -Amministrazione dello Stato e degli enti J>Ubblici -Crediti -Pignorabilit -Limiti. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4). Imposta generale sull'entrata -Quote di partecipazione spettanti ai Comuni -Impignorabilit. (1. 2 luglio 1952, n. 703; I. 16 giugno 1960, n. 1014). I crediti nascenti dall'esercizio di pubbliche potestd, essendo vincolati al raggiungimento di pubbliche fnalitd, le quali costituiscono il presupposto e la ragion d'essere del pote1e, sono come tali sottratti alla esecuzione coatta-(1). I crediti dei Comuni verso lo Stato per quote di partecipazione sui proventi del-l'i.g.e., non possono essere pignorabili giacch l'eventuale loro assoggettamento ad esecuzione forzata importerebbe l'inammissibile sostituzione del privato all'Amministrazione in un rapporto, di cui il privato non pu essere soggetto (2). (Omissis). -Con l'unico motivo dedotto, l'Amministrazione delle Finanze denunzia la violazione e la falsa a,pplicazione degli artt. 1, 2 e 3 legge 2 luglio 1952, n. 7().3; 543, 546 c.p.c.. ; 3 legge 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E, in relazione all'art. 360, nn. 1, 3 e 5 c.p.c., e deduce il difetto di giurisdizione dell'Autorit Giudiziaria Ordinaria e l'impignorabilit del credito per quote I.G.E., assumendo che l'indubbia natura tributaria del credito del Comune di Rcifrano per le quote I.G.E. attribuitegli dal Ministro delle Finanze comportava, nella specie, l'impignorabilit del credito stesso, con conseguente difetto di giurisdizione del giudice ordinario rispetto all'azione esecutiva promossa dal Fedullo e quindi anche rispetto al giudizio incidentale di cognizione di cui all'art. 548 c.p.c. Aggiunge che la suddetta impignorabilit prescindeva (1-2) Le Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione. hanno ribadito quanto gi da esse precedentemente stabilito nella sentenza n. 2448 del 2 luglio 1969, pubblicata in questa Rassegna 1969, I, 633 con nota di richiami. La importanza delle questioni esaminate direttamente o indirettamente ma comunque incisivamente nella sentenza in rassegna induae a pubblicare per intero la parte di diritto. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1353 dalla prova dell'avvenuta iscrizione delle somme nella parte attiva del bilancio ed era perci rilevabile di ufficio. La censura fondata. Il pignoramento in esame _.'._ va innanzi tutto rilevato - caduto,. non su somme di denaro gi affiuite nelle casse del Comune, ma su crediti del Comune verso lo Stato per quote di partecipazione sui proventi I.G.E. Ora, come queste Sezioni Unite hanno gi osservato (vedi sentenza n. 2428 del 1969), ai fini della pignorabilit, occorre distinguere tra somme di denaro gi affiuite nelle casse dell'Ente pubblico e crediti dell'Ente pubblico. Infatti, mentre per le prime pu ancora discutersi sulla possibilit di una distinzione a seconda della loro provenienza e dell'avvenuta o non avvenuta destinazione ad una pubblica esigenza, nel caso dei crediti non assolutamente possibile prescindere da una distinzione in quanto occorre tener separati i crediti che traggono. origine dai rapporti di diritto privato -per i quali l'azione esecutiva da parte dei creditori dell'Ente sempre ammissibile -dai crediti nascenti dall'esercizio di pubbliche potest, i cosi detti crediti pubblicistici o di natura pubblica, che, essendo vincolati al raggiungimento di pubbliche finalit le quali costituiscono il presupposto e la ragione d'essere del potere, sono come tali sottratti all'esecuzione coatta dei creditori dell'Ente. E ci vale non solo per i crediti derivanti da rapporti tributari diretti, da rapporti cio nei quali la potest pubblica viene direttamente esercitata dall'Ente impositore nei confronti del soggetto passivo del tributo, ma anche per gli altri crediti, che, per quanto al di fuori di un ,vero e proprio rapporto tributario, hanno origine da una potest pubblica. Per quanto attiene in particolare a.l_ caso in esame e cio ai crediti dei Comuni verso lo Stato per quote di partecipazione sui proventi I.G.E., risulta dal tenore delle relative norme che con la legge n. 703 del 1952 stato riconosciuto ai Comuni un potere di natura pubblica alla percezione delle dette quote, potere che si esercita esigendo dallo Stato la relativa contribuzione ed il cui eser.cizio non cessa fino ~ quando l'ammontare di detta contribuzione non stata versata nelle casse dell'Ente. Ilcorrispondente dovere dello Stato, come risulta dalla medesima legge, connesso, peraltro, col potere dello stesso di determinare le fonti di entrate con le quali i detti Enti debbono provvedere all'espletamento delle loro funzioni. chiaro quindi che i detti crediti non possono che essere impignorabili, giacch l'eventuale loro assoggettamento ad esecuzione forzata importerebbe !'in.ammissibile sostituzione del privato all'Amministrazione in un rapporto di cui il privato non pu essere soggetto. E sotto l'accennato profilo l'impignorabilit assoluta del credito del Comune verso lo I RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Stato per quote I.G.E., risolvendosi nella improponibilit, altrettanto assoluta, dell'azione esecutiva, importa il difetto di giurisdizione del giudice ordinario. Tale difetto di giurisdizione si estende necessariamente al giudizio di cui agli artt. 548 e 549 c.p.c., sia -genericamente -per il carattere strumentale di tale giudizio rispetto al procedimento esecutivo, sia pi specificamente -perch l'accennato giudizio trova il proprio impulso o nello stesso atto di pignoramento (ove si ritenga che la dichiarazione del terzo costituisca elemento integrativo del pignoramento), oppure nell'istanza del creditore .pignorante a che si provveda all'istruttoria per accertare il eredit del terzo, istanza che costituisce pur sempre un momento di quel processo esecutivo che, per le gi esposte ragioni, non poteva essere instaurato. Il ricorso dev'essere perci accolto e l'impugnata sentenza cassata senza rinvio. Quanto alle spese ricorrono giusti motivi per dichiararle interamente compensate ,tra le parti in ordine a tutti i gradi di giudizio. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 ottobre 1971, n. 2864 -Pres. Pece -Rel. Iannitti Piromallo -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero dei Lavori Pubblici (avv. Stato Albisinni) c. Nastri (avv. Vitiello). Competenza e giurisdizione -Acque pubbliche ed elettricit -Poteri della p~ a. in materia di polizia idraulica -Azione risarcitoria di soggetti non destinatari dei relativi provvedimenti -Giurisdizione del giudice ordinario. (t.u. 25 luglio 1904, n. 523, art. I), Competenza e giurisdizione -Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Condanna della p. a. ad un facere -Inanunissibllit. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4). Competenza e giurisdizione -Responsabllit della p. a. -Domanda di risarcimento ex illecito -Competenza del Giudice ordinario -Danno occasionato dall'esecuzione di opere idrauliche -Irrilevanza su tale competenza. (e.e. art. 2043; t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140). n precetto che subordina l'esperibilit dell'azione risarcitoria all'accoglimento in sede amministrativa delle contestazioni sollevate dagli interessati ed alla conseguente riespansione del gi affievolito diritto PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1355 soggettivo non pu trovare applicazione nell'ipotesi in cui la pretesa risarcitoria attenga a posizioni soggettive non affievolite, siccome pertinenti a soggetti non destinatari di statuizioni, provvedimenti od ordini emessi, nell'esercizio dei poteri di polizia idraulica, dalla pubblica Am.ministrazione .(1). Le domande di rimozione della siturazione 1J1roduttiva del danno e di restaurazione in forma specifica del diritto leso sono inammissibili nei confronti deHa pubblica Amministrazione in quanto il loro accoglimento si risolverebbe nella condanna di questa ad un facere per il che il giudice ordinario difetta di giurisdizione: in presenza di tali domande il giudice ordinario deve limitarsi ad accertare, ove del caso, la lesione del diritto soggettivo vantato dall'attore, lasciando che la pubblica Amministrazione adotti i provvedimenti necessari alla specifica restaurazione del diritto eventualmente leso dall'attivit, di cui sia riconosciuta l'illegittimit (2). Spetta ai Tribunali regionali delle acque pubbliche la competenza a conoscere delle controversie per risarcimento dei danni dipendenti da qualunque opera eseguita dalla pubblica Amministrazione in materia di acque e impianti elettrici; rna spetta agli ordinari giudici civili la competenza a conoscere delle controversie nelle quali il privato abbia dedotto che il danno, pur se occasionato dall'esecuzione dell'opera pubblica, sia stato peralt1'0 cagionato dall'avvenuta commissione di fatti illeciti nell'esecuzione della stessa, se non sorgono questioni sulla demanialit delle acque, sulla portata di provvedimenti amministrativi attinenti al relativo regime o sulla rispondenza di una determinata attivit all'interesse pubblico legato a tale ?'egime (3). (Omissis). -Il Ministro dei Lavori Pubblici ha, con il proposto regolamento di competenza, prospettato anche una questione di giurisdizione. Conseguentemente il ricorso stato, su richiesta del P. JYI., rimesso a queste Sezioni U~ite per la trattazione in pubblica udienza. Poich tale mutamento di rito trova fondamento nel disposto degli articoli 37 e 374, comma primo, c.p.c. secondo l'interpretazione ripetutamente datane da questo Supremo Collegio (nn. 659 del 1951, 603 del 1954, 2746 del 1957, ecc.), pu procedersi all'esame del ricorso, L'Amministrazione ricorrente ha affermato che l'intentata azione risarcitoria non era proponibile per mancanza del preventivo riconoscimento, da parte dell'Amministrazione stessa, della non rispondenza delle opere (1-2-3) La sentenza riafferma dei principi importanti al di l della applicazione fattane nel caso di specie. Quindi, anche in considerazione dei numerosi richiami giurisprudenziali contenuti nei motivi della deci- sione, se ne ritiene opportuna la pubblicazione per intero. RASSEGNA DE~L'AVVOCATURA,DELLO STATO idrauliche, dalla cui esecuzione sarebbe' derivato, secondo l'assunto dei Nastri, il lamentato dissesto di un loro edificio, allo scopo cui debbono servire ed alle buone regole d'arte, come richiesto dall'art. 2 del r.d. 25 luglio 1904, n. 523. L'Avyocatura dello Stato ha sostenuto che tale disposizione darebbe luogo a carenza temporanea di giurisdizione, in quanto l'attribuzione alla Pubblica Amministrazione del potere di sta tuire e provvedere, anche in caso di contestazione, su tutto quanto possa avere relazione con il buon regime delle acque, determinerebbe l'affie volimento delle posizioni soggettive collidenti con l'interesse pubblico presidiato d~lla norma innanzi citata, escludendo in conseguenza la tu tela giurisdizionale delle posizioni stesse fino a quando 1'Amministra zione non abbia riconosciuto la discordanza .della denunciata situazione da detto prevalente interesse. L'esposta tesi destituita di fondamento. In ordine alla citata disposizione questo Supremo Collegio ha gi avuto occasione di precisare: che essa attribuisce alla P.A., in materia di regime delle acque e di opere idrauliche, un potere di polizia, che ,determina l'affievolimento delle posizioni giuridiche che ne sono soggette; che tale degrdazione dei diritti soggettivi in interessi legittimi va ravvisata sia nei confronti di coloro che deducano di aver subito un danno a causa del mancato esercizio di detto potere, la cui discrezionalit vale di per s ad escludere la tutelabilit in via diretta ed immediata della posizione lesa (n. 1417 del 1966 cit.), sia nei confronti di chi sia destinatario ,di statuizioni, provvedimenti o ordini irr cui si estrin sechi concretamente l'esercizio del potere stesso (n. 2039 del 1966). L'Avvocatura dello Stato ha affermato che le due richiamate deci sioni di queste Sezioni Unite sono in contrasto tra loro, in quanto la prima considererebbe affievolite tutte le posizioni privatistiche soggette al potere come sopra attribuito alla P. A., mentre la seconda limiterebbe l'indicata degradazione alle sole posizioni dei destinat~ri dei provvedi menti emessi nell'esercizio d~l potere stesso. La diversit delle fattispecie da esse esaminate elimina ogni possibilit di dubbio sull'esistenza del l'asserito contrasto: nella prima fattispecie il privato pretendeva il ri sarcimento di un danno che assumeva di aver subito a causa del mancato, intervento della Pubblica Amministrazione per impedire la deviazione di un corso d'acqua ad opera di altro privato e, ci avvenuto, per ripri stinare il vecchio corso; nella seconda fattispecie, invece, il proprietario di un fondo assumeva di aver subito danno a causa dell'esecuzione di opere idrauliche, compiuta -a suo dire -senza l'adozione di normali cautele. La prima decisione si impernia sul principio che, stante la di screzionalit del menzionato potere di polizia demaniale, il privato non pu pretenderne l'esercizio a presidio di proprie posizioni lese da terzi; la seconda decisione si fonda invece sul principio che l'affievolim~nto previsto o regolato dal citato art. 2 del t.u. sulle opere idrauliche ha , PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1357 luogo solo nei confronti dei destinatari dei provvedimenti adottati dalla P. A. nell'esercizio del potere ad essa Amministrazione conferito dalla norma stessa. La diversit dei rapporti in relazione ai quali stata esaminata l'incidenza di tale potere vale ad escludere che tra le richiamate decisioni sussista la disarmonia segnalata dall'Avvocatura dello Stato. Poich il caso attualmente in esame assimilabile a quello considerato nella seconda delle indicate decisioni pu, in .ordine alla questione, di giurisdizione, ripetersi quanto in essa decisione affermata e, cio, che il precetto .di cui al secondo comma dell'art. 2 del t.u. sulle opere idrauliche, che subordina l'esperibilit dell'azione risarcitoria all'accoglimento in sede amministrativa delle contestazioni sollevate dagli interessati ed alla conseguente rie.spansione del gi affievolito diritto soggettivo, non pu trovare applicazione nell'ipotesi che la pretesa risarcitoria attenga a posizioni soggettive non affievolite, perch pertinenti a soggetti non destinatari di statuizioni, provvedimenti od ordini emessi, nell'esercizio.dei poteri di polizia idraulica, dalla Pubblica Amministrazione. L'eccezione di carenza temporanea di giurisdizim1e va, pertanto, respinta in relazione al capo di domanda con cui i Nastri hanno chiesto il risarcimento pecuniario del danno che essi assumono di aver risentito a causa della mancata adozione, da parte della P. A. di normali cautele nell'esecuzione dell'indicata opera idraulica. Come esposto in narrativa i Nastri hanno, altresi, chiesto l'eliminazione del dissesto mediante rimessione in pristino. L'Avvocatura non si specificamente occupata di tale capo della domanda, avendo accomunato tutto il contenuto della pretesa, ex adverso dedotta con l'atto introduttivo del giudizio, nella sollevata eccezione di improponibilit dell'azione. Senonch l'indicata domanda di ripristino merita separata considerazione, giaoch la chiesta ~imozione deMa situazione produttiva del danno e l'invocata restaurazione in forma specifica del diritto leso si concreta in un facere cui l'Ammini,strazione non pu essere condannata dal giudice ordinario, stante il disposto dell"art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, a norma del quale l'autorit giudizfaria deve limitarsi ad accertare la lesione del diritto soggettivo vantato dal1'attore, lasciando che l'Amministrazione adotti i provvedimenti necessari alla specifica rei;;taurazione del diritto leso dall'attivit come innanzi riconosciuta illegittima. Relativamente alla domanda di rimessione in pristino deve, pertanto, dichiararsi la carenza di giurisdizione dell'autorit giudiziaria ordinaria. Per quel che riguarda, sotto il profilo della competenza, la domanda di risarciment di danni in ordine alla quale stata riconosciuta la giurisdizione ordinaria; deve stabilirsi se la relativa cognizione spetti al 1358 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Tribunale regionale d~lle acque pubbliche, come sostenuto dall'Avvocatura dello Stato con il proposto regolamento di competenza, o al giudice. ordinario non specializzato, come stato ritenuto dal Tribunale di Salerno. Ai fini dell'esame di tale questione va precisato che i Nastri hanno dedotto come causa della lesione verificatasi nel loro edificio la mancata adozione, nell'esecuzione della compiuta opera idraulica di sistemazione del rio Sguazzatorio, della normale diligenza ed accortezza, in violazione del .generale ;pri:J.cipio del neminem Zaedere. La causa petendi J>tata, cio, individuata in un comportamento colposo della Pubblica Amministrazione e non gi nel nuovo assetto da essa dato all'indicato corso di acqua demaniale. Si verte, pertanto, nell'ipotesi in relazione alla. quale la giurisprudenza di questo Supremo Collegio ha reiteramente affermato che la competenza spetta all'autorit giudiziaria civile ordinaria e non al Tribunale regionale delle acque pubbliche, cui l'art. 140 attribuisce e la cgnizione delle controversie per risarcimento di danni dipendenti da qualunque opera eseguita dalla Pubblica Amministrazio- ne e non anche di quelle nelle quali ilprivato abbia dedotto che il danno, pur se occasionato dall'esecuzione dell'opera pubblica, sia stato, peraltro, cagionato dall'avvenuta commissione di fatti illeciti nella esecuzione stessa e,. in particolare, da un comportamento non improntato al rispetto del principio presidiato dal disposto dell'art. 2043 cod. civ., semprech la controversia non involga questioni sulla demania.Ut deUe acque, sulla portata di provvedimenti amministrativi attinenti al regime di esse e sulla ~spondenza di una determinata attivit all'interesse pubblico legato al regime stesso (nn. 2039 del 1966; 1313, 1785, 2607 del 1967, 1086 del 1968). Poich nella specie non stato sostenuto che l'opera sia, ex se, produttiva di danno, n stata sollevata alcuna delle accennate questioni su~la qualitas e sul regime delle acque, deve rigettarsi la istanza proposta col regolamento di competenza ed affermarsi la competenza del giudice civile non specializzato in ordine alla domanda di risarcimento di danni. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 21 ottobre 1971, n. 2959 -Pres. Flore -Rel. Cusani -P. M. Trotta (conf.) -Cavalanti (avv. Roc~ chetti) c. Convitto nazionale maschile Vittorio Emanuele II (avv. Stato Zagari). ' Competenza e giurisdizione -Rapporto di impiego tra i convitti nazionali ed il personale insegnante nelle scuole da essi gestite Situazione anteriore all'entrata in vigore della legge 9 marzo 1967, PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1359 n. 150 -Impiego pubblico -Esclusione -Giurisdizione del giudice ordinario sulle relative controversie. (c.p.c. art. 429; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 2; r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 29 n. 1; reg. 1 settembre 1925, n. 2009, artt. 141, 142 e 145; r.d. 22 ottobre 1931, n. 1410, articolo unico). Nel periodo anteriore alla promulgazione della legge 9 marzo 1967, n. 150, i rapporti di impiego tra i convitti nazionali e gli insegnarnti delle scuole d essi annesse (ed allora solo parificate) erano di nat'Ura privatistica, onde la cognizione delle controversie relative a tali rapporti non sottratta alla giurisdizione dell'A'Utorit giudiziaria ordinaria (1). (1) Sulla questione di cui alla surriportata massima cfr. da ultimo Cass., sez. un., 29 aprile 1969, n. 1376 in questa Rassegna 1969, I, 435 ed ivi 436 nota 1. Sulla natura innovatrice non interpretativa della legge 9 marzo 1967, n. 150 che ha riconosciuto carattere pubblico alle scuole di cui si tratta natura ribadita ancora dalla se;ntenza in rassegna con la affermata esclusione della retroattivit della legge stessa cfr. Cass., sez. un., 30 marzo 1968, n. 985 in questa Rassegna 1968, I, 188 ed ivi 189 nota 1). Nell'occasione la Corte di Cassazione a sezioni unite ha altresi riaffermato che, nell'ipotesi in cui la legittimazione passiva spetti a una persona giuridica, la eventuale erroneit e la insufficienza dell'indicazione contenuta nell'atto introduttivo costituiscono causa di nullit soltanto se, valutato l'atto nel suo complesso, l'indicazione dell'ente o dell'organo che si in>eso evocare in giudizio risulti assolutamente equivoca; onde agli effetti previsti dall'art. 366, n. 1 .c.p.c. deve ritenersi che non sussista ragione di inammissibilit qu.ando non si determini alcuna incertezza nell'identificazione del soggetto contro il quale diretto l'atto di impugnazione. Tanto in relazione alla proposizione del ricorso per la specie nei confronti del Preside dell'Istituto parificato (cio nei confronti di un ente giuridico inesistente e comunque diverso dal convitto nazionale, nei confronti del quale era stata pronunciata la sentenza impugnata), e traendosi argomento del fatto che il ricorso era stato .proposto si contro il Preside dell'Istituto parificato, ma quale Rettore del convitto. SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 ottobre 1971, n. 2936 -Pres. Gian,:: nattasio -Est. Sposato -P. M. Gentile (conf.) -Amministrazione delle Ferrovie dello Stato (avv. Stato Cascino) c~ Lofaro Maria (avv. Musolino). Espropriazione per p. u. -Decreto di esproprio sopravvenuto nel corso del giudizio di danno per illegittima occupazione ed utilizzazione dell'immobile -Opposizione alla indennit -Non necessaria. (1. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 51). Espropriazione per p. u. -Occupazione di urgenza -Protrazione oltre il biennio -Effetti. (1. 25 giugno 1865, n. 2359,. art. 73). Espropriazione per p. u. -Occupazione temporanea illegittimit Danni -Criteri di determinazione. Qualora nel corso del giudizio, promosso per conseguire il pagamento del valore venale dell'immobile illegittimamente occupato ed utiiizzato dalla P. A . intervenga il decreto di espropriazione per p.u., non necessario che sia proposta anche opposizione alla indennit di esproprio ai sensi dell'art. 51 legge 1865 n. 2359 in quanto, come il diritto di propriet si converte, per effetto del provvedimento ablativo, nel diritto all'indennit di esproprio, cos la originaria azione risarcitoria si trasforma in quella di opposizione alla stima (1). (1) La sentenza si adegua all'indirizzo gi seguito in talune precedenti decisioni cfr. Cass. 30 dicembre 1968, n. 4086 in .Foro It. 1969, I, 1534; 15 aprile 1970, n. 1036 in Giust. Cic. 1970, I, 1375. In dottrina cfr. RuoPPOLO in Giust. Civ., 1969, I, 631 con nota di critica. Il principio affermato non pu tuttavia non suscitare perplessit, onde la, questione stata ulteriormente riproposto all'esame della Suprema Corte. Riteniamo interessante, ad illustrare il thema decidendum, di riportare quanto prospettato nel relativo ricorso. A) Erroneamente l'impugnata sentenza della Corte d'Appello napoletana ha ritenuto che l'originaria domanda risarcitoria della sig.ra Scarpone per la protrazione ultrabiennale senza titolo del.l'occupazione da parte della ANAS di una porzione estera mq. 2600 di un fondo di sua propriet in agro di Sicignano degli Alburni (Salerno), occorsa per la costruzione di uri tronco dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, potesse, nella sopravve . PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1361 n protrarsi dell'occ'Upazione dell'immobile oltre il biennio non ne determina la illegittimit fin dal suo inizio, ma solo pf!r il periodo 'Ultra biennale (2). Se, di norma, il risarcimento del danno per la illegittima occupazione dell'immobile viene ragguagliato agli interessi sul valore venale del fondo ovvero S'Ull'indennit di esproprio, qualora corrisponda a -tale valore; nel caso invece in cui il proprietario fornisca la prova di aver subito, per effetto dell'occupazione, 'Un danno maggiore di quello corrispondente alla mancata percezione dei frutti del fondo, come nel caso in .cui abbia perdto concrete occasioni di vendere l'immobile ad 'Un prezzo superiore al corrispettivo di esproprio, dovr il risarcimento venire commisurato al maggior danno (3). (Omissis). -La questione principale, che la presente causa ripropone all'esame di questa Suprema Corte, quella formulata con la prima delle censure del primo motivo del ricorso incidentale: se, cio, anche nuta em1ss1one del decreto espropriativo, non impugnato dall'interessata nel termine di cui all'art. 51 I. 25 giugno 1965, n. 2359, essere accolta come opposizione alla stima dell'indennit di espropriazione, ci giustificando col ricorso al concetto della conversione processuale. Tale istituto, infatti, non si attagliava e non si attaglia menomamente al caso considerato. Esso, invero, a norma dell'art. 159, ult. comma, c.p.c., supponendo che un atto sia viziato, applica il principio utile per inutile non vitiatur e, quindi, si traduce in una diversa efficacia dell'atto, ove esso sia ugualmente idoneo a' produrla. : V' conversione, a.dunque, allorch un atto a) non possa produrre un determinato effetto, a causa di un vizio che lo impedisce, ma b) sia, tuttavia, idoneo a produrre un effetto diverso. Nessuna di tali condizioni sussisteva nell'ipotesi considerata. Infatti, la sopravvenienza della pronuncia espropriativa, con la conversione del diritto di propriet del bene in diritto alla indennit, non menoma in alcun modo la validit della domanda di risaricmento danni, la quale, a sua volta, non per s idonea a produrre il diverso effetto dell'impugnativa della stima dell'indennit espropriativa, com' vero che non v' continenza dell'una rispetto alla seconda e che la decadenza non pu essere impedita, se non dall'atto tipicamente previsto, all'uopo, dalla legge. N ha senso affermare, come fatto dall'impugnata sentenza, per eludere i limiti normali dell'istituto, che tutto si riduceva ad un problema di qualificazione ope judicis. Questa , s, potere-dovere del giudice, ma non si riesce a capire come possa la sopravvenienza del decreto espropriativo, ossia la conversione del diritto di propriet del bene in diritto all'indennit, influire sulla qualificazione della domanda risarcitoria nel senso di assorbirla e trasformarla in qualificazione di opposizione alla stima dell'indennit. Non ipotizzabile tale assorbimento e trasformazione, dato che la domanda risarcitoria e quella della giusta indennit espropriativa possono perfettamente coesistere. Il factum superveniens della pronuncia di espropriazione non rende diversamente decifrabile dal giudice la domanda risarcitoria, ma solQ vale 1362 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nell'ipotesi in cui, essendo il decreto di espropriazione intervenuto tardivamente ed essendo gi in corso il giudizio promosso dal proprietario del fondo, illegittimamente occupato ed utilizzato dalla pubblica amministrazione, per ottenere, fra l'altro, il pagamento del valore venale del fondo, il proprietario medesimo possa far valere; nel giudizio gi pendente il diritto alla giusta indennit di espropriazione, ossia il diritto nel quale si convertito quello originariamente fatto valere di risarcimento del danno, o debba, invece, a tale uopo, proporre, .in un separato e nuovo giudizio, l'opposizione di cui all'art. 51 della legge sulle espropriazioni, nel termine di trenta giorni dalla notifica del decreto ;prefettizio, termine trascorso il quale, l'indennit rimane definitivamente stabilita. La questione -gi risolta da questa Suprema Corte con le sentenze 30 dicembre 1968, n. 4086 e 15 aprile. 1970, n. 1036 nel senso che, nel l'ipotesi considerata, della congruit della stima debba decidersi nel giudizio gi in corso non essendo rr.gionevole duplicare, contro il prin cipio dell'economia processuale o facendo ricadere sull'esproprato le a limitarne il contenuto, in relazione alla sanatoria ex mmc della illegittima situazione di apprensione del bene, provocata dal decreto espropriativo. E questo , precisamente, il consoli.dato insegnamento dell'Ecc.ma Corte di Cassazione (Cass., 5 giugno 1963, n. 1504; 20 gennaio 1964, n. 109; 28 lu glio 1964, n. 2142; 13 febbraio 1965, n. 223; Sez. Un., 22 luglio 1966, nu mero 1986, ecc.). D'altra parte, se funzione del gi~dice l'accertamento dei fatti e l'ap plicazione del diritto, ossia la fissazione della verit delle circostanze di fatto rilevanti per la causa e la scelta delle norme applicabili, la loro corretta interpretazione e la deduzione della regola giuridica concreta, fondamentale ed incontestabile il dovere del giudice medesimo di compiere quelle operazioni in funzione dell'azione proposta, non J;iotendo egli stesso sostituirsi al privato nel chiedere il .provvedimento reputato giusto ed utile, e, per giunta, con una inammissibile mutatio libelli. Il problema, allora, non di formalismo o non formalismo, ma di obiettivi poteri dei' giudice secondo il diritto vigente. Trattandosi di stabilire i poteri delle parti, e precisamente dell'attore, l'Ecc.ma Corte di C:1assazione ha stabilito essere inammissibile domanda nuova perfino quella di risarcimento danni rispetto ad una domanda ori ginaria di condanna ad un facere (Cass., 6 agosto 1968, n. 2815). Ebbene, trattandosi di potere del giudice, di qualificazione dell'azione proposta, come potrebbe, viceversa, negarsi che la domanda di risarcimento per illegittima occupazione e l'opposizione alla stima dell'indennit espropria tiva sostanzino due realt giuridiche autonome e distinte? La prima stata qualificata dall'Ecc.ma Corte Suprema come azione personale restitutoria, o meglio, per effetto della irreversibile trasforma zione del bene verificatasi con la costruzione dell'opera pubblica, risarci toria, in quanto normalmente diretta al conseguimento del valore del bene illegittimamente occupato ed al ristoro del mancato godimento e della man cata disponibilit dello stesso per il periodo di occupazione sine fitulo (Cass., Sez. Un., 17 luglio 1965, n. 1591; Sez. I, 8 luglio 1966, n. 1792; Sez. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1363 conseguenze onerose di un ritardo a lui non impugnabile, un'istanza rivolta ad ottenere un medesimo oggetto, ossia l'indennizzo per la perdita del bene, e posto che come il diritto di propriet si converte, per effetto della pronunzia del provvedimento ablativo, in-quello all'indennit di esproprio, cosi l'originaria azione di risarcimento del danno si trasforma in quella di opposizione alla stima in virt della quale stata determinata la detta indennit non suscettibile di una soluzione diversa. Contro le conseguenze che l'intervenuta conversione del diritto sostanziale determina sul terreno del dii-itto processuale non vale opporre gli ostacoli rappresentati dal divieto della mutatio libeiti in primo grado e dal divieto delle domande nuove in appello. Quand'anche volesse ravvisarsi una diversit -che propriamente non dcorre -di petitum e di causa petendi fra la domanda originariamente proposta e quella in ui ~sa si trasforma nel corso del giudizio, dovrebbe, tuttavia, riconoscersi che la trasformazione autorizzata dalla stessa legge. L'art. 52 della legge suJle espropriazioni stabilisce, infatti, che le azioni di rivendica- Un. 29 dicembre 1967, n. 3025, ecc.); la seconda ha per oggetto la deterrninazione della giusta indennit espropriativa. L'indennit concetto ed istituto fondamentalmente diverso dal risarcimento (Cass., 10 aprile 1951, n. 836, Giur. compl. Cass. civ., 1951, 1, n. 719; Corte Cost., sentenze n. 61 del 1957; n. 33 del 1958; n. 67 del 1959), l'una attiene ad un valore obiettivo, l'altro al soggettivo id quod intereM. L'una determinata secondo criteri di legge che proprio l'Ecc.ma Corte di Cassazione proclama inapplicabili per la liquidazione dell'altro (Cass., 27 giugno 1967, n. 1589; 26 aprile 1971, n. 1218; 20 aprile 1971, n. 1131, ecc.). Ed ancora: L'una va depsitata nella Cassa DD.PP. (Cass., 9 .giugno 1964, n. 1425), l'altro va attribuito all'attore; causa petendi dell'una un atto legittimo; dell'altro un fatto illecito. Passivamente legittimato all'una il soggetto espropriante, all'altra azione il soggetto occupante (Cass., Sez. Un., 29 dicembre 1967, n. 3025). Questi due soggetti possono non essere identici: basti pensare alle ipotesi di concorso di pi enti o soggetti nell'esecuzione di opere pubbliche in cui dall'attivit sostitutoria di un ente o soggetto (sostituto, affidatario, delegato o anche concessionario) esuli quella di promovimento e perfezionamento delle occorrenti procedure espropriative (cfr. Cass., 31 gennaio 1968, n. 311). Diverse, adunqlie, le due azioni, cosi come autonome e indipendenti sono le due situazioni, ed i relativi procedimenti, di occupazione e di espropriazione, dei quali il primo tocca soltanto il diritto d'uso del bene ed il secondo trasferisce il diritto di propriet , onde la p;a. espropriante conserva integro il potere di ottenere l'espropriazione anche dopo decorso il biennio di occupazione provvisoria e pu esercitare tale potere anche in pendenza del giudizio proposto dal proprietario per ottenere il risarcimento del danno ~C:ass., 3 ottobre 1963, n. 2679; 29 maggio 1964, n. 1345; 13 febbraio 1965, n. 223). , infatti, ius receptum nella giurisprudenza dell'Ecc.ma Corte Suprema che, intervenuto il decreto di espropriazione successivamente al decorso del biennio di occupazione di cui all'art. 73 1. n. 2359 del 1865, cessa, dal giorno dell'emissione della pronuncia espropriativa l'illegittimit 1364 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione, di usufrutto, di ipoteca, di diretto dominio e tutte le altre azioni esperibili sui fondi soggetti ad espropriazione, non possono interrompere il corso di essa, n impedirne gli effetti, e che, pronunciata l'espropriazione, tutti i diritti anzidetti si possono far valere non pi sul fondo espropriato, ma sull'indennit che lo rappresenta. chiaro che codeste norme -che sono dello, stesso genere di quella dettata dall'art. 948 e.e. per il caso in cui il convenuto nel giudizio di rivendicazione abbia, dopo la domanda, cessato, per fatto proprio, di possedere o di detenere la cosa -non sono suscettibili di essere intese nel senso che il giudizio promosso dal terzo debba essere, dopo la pronunzia del decreto di espropriazione, definito con il rigetto della domanda, o con la dichiarazione che cessata la materia del contendere, e che il terzo medesimo debba, poi, far valere il suo diritto sull'indennit di esproprio in un nuovo giudizio, ma debbano essere intese nel senso che il giudizio continua e che sulla domanda deve provvedersi nonostante l'intervenuto mutamento del petitum -ndennit che rappresenta il fondo e non il fondo ~e della causa petendi -adeguata alla cangiata situzione nei suoi elementi di diritto e di fatto. altres ovvio che la medesime disposizioni, in virt di un'interpretazione semplicemente estensiva, debbono, per identit di ratio, trovare applicazione nel giudizio promosso dal proprietario contro lo espropriante ove, anche in questo, si verifichi la sostituzione del fondo con l'indennit che lo rappresenta o, maiori rationi, quando si verifichi la sostituzione di ~somma di denaro con un'altra d'importo eguale o addirittura minore. Se la legge sulle espropriazioni non ha previsto della detenzione del bene da parte della P.A. ed al proprietario spettano, in tale ipotesi, l'indennit di espropriazione fissata nel relativo decreto o nel giudizio di oppomione a stima. l'indennit per l'occupazione temporanea legittima ai sensi dell'art. 71 1. org. espr. P.U. ed il risarcimento del danno per il periodo relativo alla occupazione illegittima, oltre il limite del biennio, consistente di regola nel mancato reddito ricavabile dall'immobile, salva la prova del ma~gior danno in conseguenza della indisponibilit del bene (Cass., 5 giugno 1963, n. 1504; 20 gennaio 1964, n. 109; 28 luglio 1964, n. 2142; 13 febbraio 1965, n. 223). Ed appunto il sopravvenuto decreto di espropriazione a contenere l'obbligo dell'espropriante al pagamento del valore del fondo nei limiti dell'indennit di esproprio (Cass., 4 luglio 1969, n. 2450). Insomma, secondo tale consolidato insegnamento, la sovravvenuta espropriazione non incide sul giudizio instaurato dal proprietario per il risarcimento del danno, che deve essere contenuto, per, esclusivamente in relazione al periodo di occupazione senza titolo (Cass., 22 luglio 1960, n. 2087, Foro it., I, 1702, 1706; 13 febbraio 1965, n. 223, Rass. Avv. Stato, 1965, I, 337, sub 2). Di guisa che non gi v' conversione di un'azione, nell'altra, ma oncorso di autonomi e distinti rimedi giuridici, e, nel giudizio risarcitorio PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1365 questo caso, mentre ~ ha previsto l'altro, gli perch l'ipotesi di una occupazione illegittima, seguita, a distanza di tempo, dal provvedimento ablativo, fuori delle linee del suo sistema. Come, per, si gi accennato, non si pu, nell'ipotesi ~n esame, parlare propriamente di immutazione nel petitum e nella causa petend.i. Difatti l'indennit di espropriazione non pu mai essere maggiore del valore venale del fondo ed , in parecchi casi, sensibilmente minore: di conseguenza il petitum o rimane invariato o viene ridotto: ma la riduzione del petitum in limiti pi ristretti non importa fa proposizione di una domanda nuova (v. Cass. 7 marzo 1967, n. 534) nel senso iln cui la novit vietata a garanzia del contraddittorio o del doppio grado di giurisdizione. N costituisce domanda nuova quella basata su una causa petendi virtualmente compresa nelle istainze formulate con l'atto introduttivo del giudizio (v. Cass., 5 settembre 1969, n. 3065; 14 giugno 1967, n. 1339). Ora co.nforme all'id quod plernmque accidit che la pubblica amministrazione nel rispetto della legge, non si appropri dei beni altrui senza l'osservanza delle apposite procedure ablative e, pertanto, nOl!l ragionevole supporre che il proprietario del bene illegittimamente occupato non tenga conto della possibilit anzi della probabilit -tanto grande da sfiorare la certezza -che, sebbene in ritardo, il decreto di esproprio sia per intervenire nel corso del giudizio. Di conseguenza, l'istanza rivolta ad ottenere la giusta indennit di esproprio ove il relativo provvedimento abbia luogo, sempre virtualmente compresa in quella formulata, rebus sic stantibus, per il risarcimento del danno nella parte in cui questa riguarda il pagamento del valore del bene occupato. l'accertamento del valore del bene da parte del giudice del risarcimento deve aver luogo incidenter tantum, al limitato effetto della determinazione del danno consistente nella mancata percezione del reddito e una tale pronunda non pu, pertanto, estendersi alla indennit di espropriazione (Cass., 13 febbraio 1965, n. 223, cit., Sez. Un., 29 dicembre 1967, n. 3025, cit.). La stessa azione relativa all'indennit di occupazione biennale com pete in via autonoma e distinta dalla indennit di espropriaz,ione Cass., Sez. Un., 29 dicembre 1967, n. 3025, cit.). Solo nel caso che il giudizio risarcitorio si concluda senza che sia so pravvenuto il decreto espropriativo dovuto a titolo di risarcimento del danno l'integrale valore del fondo, che assorbe l'indennit di espropriazione (Cass., 22 luglio 1960, n. 2087; 20 gennaio 1964, n. 109, Rass. Avv. Stato, 1964, I, 323; Sez. Un., 28 maggio 1971, n. 1589). Nel caso di sopravvenienza del decreto, espropriativo in corso di giu dizio risarcitorio v', adunque, l'opposto del fenomeno della conversione. E, come in coerenza con tali consolidati principi della Corte Suprema, non pu darsi conversione dell'azione risarcitoria in azione di opposizione alla stima dell'indennit espropriativa, cosi non pu darsi conversione di quest'ultima nella prima (Cass., 9 giugno 1971, n. 1728, Flore Pres.). 1366 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STA~O D'altro canto, chi si rivolge al giudice per ottenere un certo bene della vita -nel caso l'equivalente del fondo che egli ha perduto -chiede quello che gli spetta secondo le norme dell'ordinamento giuridico e, se invoca quel bene ad un certo titolo -responsabilit aquiliana -non per questo ne rifiuta, ma ne chiede implicitamente, l;attribuzione anche in base a qualsiasi altro titolo diverso che possa essere riconosciuto sussistente: nel caso in base alla responsabilit della P. A. per fatto lecito. Ad escludere la ritenuta inutilit, nell'i.potesi in esame, della preposizione dell'opposizione nei modi e :nei termini di cui al citato art. 51, neppure conducente il rilievo che nel giudizio iniziato dal proprietario per il risarcimento dei danni rimane estraneo il Prefetto che ha emesso il decreto di espropriazione e che, invece, deve avere la notificazione dell'atto di opposizione alla stima. Difatti codesta notificazione non diretta ad instaurare un rapporto processuale, ma ha lo scopo di portare a conoscenza del Prefetto, ai fini dell'art. 55 della legge sulle espropriazioni, l'esistenza del giudizio di opposizione alla stima, la cui pendenza impedisce che egli possa autorizzare il pagamento della somma depositata dall'espropriante. Pertanto il Prefetto non , nei giudizi in cui si controverte sulla congruit della stima, parte la cui presenza condizioni l'integrit del contraddittorio. N, infine, avrebbe col1JSistenza l'argomento contrario che si vorrebbe desumre dalla considerazione che anche l'espropriante pu impugnare la stima come eccessiva e che, dovendo egli, nell'ipotesi in questione, proporre riconvenzionalmente la sua domanda, non lo potrebbe stante la preclusione di cui all'art. 167 c.p.c., salvo il caso del tutto eccezionale nella ipotesi considerata, che il decreto di esproprio intervenga dopo la citazione . e prima della costituzione del convenuto. Difatti la conversione della quale si tratta riguarda la domanda dell'espropriato e non quella dell'espropriante che pu, ove ne sia il Sembra, pertanto, dimostrato lo stridente contrasto, sia con la norma dell'art. 159, comma terzo, c.p.c., che con tutti i fondamentali principi enucleati daJ.Ja ricordata giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte Suprema, della conclusione cui pervenuta l'impugnata sentenza della C'orte d'Appello napoletana, secondo la quale la conversione in discorso sarebbe un effetto della continuazione del giudizio da parte del proprietario che abbia gi agito per il risarcimento dei danni. La prosecuzione di quel giudizio, invece, non pu Che continuare a sortire, appunto, una pronuncia risarcitoria, anche se vi sia una mera limitazione di fondatezza del petitum. .solo in questo senso che pu agire il factum superveniens (com' ammesso che esso provochi, viceversa, la totale o parziale fondatezza di una domanda originariamente infondata: cfr. Cass., 11 maggio 1964, n. 1124); ma la mera riduzione del petitum lascia ovviamente inalterata la configurazione gl:Uridica dell'azione e, quindi, non legittima un mutamento di qualificazione PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1367 caso, proporla in un distinto processo per il quale varranno le norme procedurali applicabili in materia di cause aventi elementi comuni. Concludendo, ovvie si presentano le consegue.ze di quanto sin qui stato detto. Poich la conversione della domanda ha luogo, nel momento stesso in cui viene emesso il provvedimento ablativo, in virt di legge e senza che sia in potere dell'attore provocarla od evitarla, ne deriva che essa, verificandosi, elimina gli effetti che secondo l'art. 51 tengono dietro alla mancata proposizione dell'opposizione in esso prevista (cio la definitivit della stima determinata in sede amministrativa); che essa ha egualmente luogo sia nel caso che l'espropriato non abbia, sia nel caso che egli, per tuziorismo, abbia anche proposto l'opposizione della forma di cui all'art. 51: nel qual caso il nuovo giudizio sar regolato dalle gi richiamate norme in materia di cause identiche e aventi elementi comuni; che ha egualmente luogo sia nel caso che l'attore formuli le proprie richieste adeguandole alla mutata situazione .giuridica, sia nel caso che continui a presentarle nella originaria maniera, e sia nel caso ...che il mutamento della situazione giuridica intervenga nel corso del processo di primo grado, sia nel caso che intervenga in grado d'appello. Pertanto la Corte di merito, anzich dichiarare cessata la materia del contendere sulla richiesta formulata dalla Lofaro per conseguire l'equivalente pecuniario del terreno, avrebbe dovuto procedere al giudizio di congruit della stima operata in sede amministrativa secondo i criteri -normali o ecc~ionali -dettati dalla fogge. Da accogliere , du:r;1que, .la prima censura del primo motivo del ricorso della Lofaro e disattese debbono essere, in quanto basate sull'erroneo presupposto della necessit, anche nell'ipotesi in esame, della proposizione di un distinto giudizio di opposizione alla stima, la seconda censura del primo e la prima censura del secondo motivo del ricorso principale. Quanto alle altre censure, formulate contro la sentenza impugnata dall'una e dall'altra parte, da osservare ci che segue. della medesima... in eventum da parte del giudice, cos come sostanzialmente ritenuto dalla sentenza denunciata, n, d'altronde, senza il consenso del convenuto, l'attore potrebbe egli stesso mutare la domanda in corso di causa (art. 184 c.p.c.); n, infi.n, potrebbe seriamente sostenersi che la domanda ex art. 51 I. 25 giugno 1865, n. 2359 sia virtualmente contenuta, '" siccome logicamente e' gjuridicamente implicit, in quella ex art. 2043 e.e. (avv. Franco Carusi). (2) Cfr. Cass. 24 maggio 1968, n. 1572 in Foro It. Mass.; 28 luglio 1964, n. 2142 in questa Rassegna 1964, I, 733; 21 gennaio 1964, n. 109 in Giust. Civ. 1964, I, 1385; 5 giugno 1963, n. 1504 in Riv. giur. edilizia 1964, I, 47; 31 ottobre 1955, n. 3573 i.n Foro Amm.vo 1955, II, 1, 85; 19 ottobre 1955, n. 3309 in Giust. Civ. 1956, I, 915 ecc. (3) Cfr. Cass. 24 settembre 1970, n. 1702 in Giust. Civ. 1970, I, 1517; 20 gennaio 1964, n. 109, ivi 1964, I, 1385 connota di rinvio. 9 1368 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il protrarsi dell'occupazione temporanea oltre il biennio non implica che essa debba esser considerata illegittima sin dal suo inizio. La eventualit che essa, disposta come temporanea, sia resa definitiva, , invero, prevista dalla stessa legge (art. 73 legge sulle. espropriazioni) che la. subordina al compimento della normale procedura di esproprio. Illegittimo , dunque, il protrarsi dell'occupazione oltre il termine di due anni senza che sia intervenuto il formale provvedimento ablativo, non il fatto che sia disposta come temporanea un'occupazione della quale sia previsto, o prevedibile, il mutamento in occupazione definitiva. Pertanto da accogliere la prima censura del primo motivo del ricorso principale. Da accogliere anche la seconda censura del secondo motivo dello stesso ricorso, giacch indispensabile distinguere, ad ogni possibile effetto (per stabilire, eventualmente, ad esempio, se la perdita da parte della Lofaro delle concrete occasioni di vendita, di cui in seguito, abbia avuto luogo durante l'occupazione legittima o quella illegittima) le date iniziali e finali delle due successive occupazioni e, conseguentemente, giusta il criterio sopra enunciato, i periodi di legittimit e di illegittimit delle due occupazioni, avvenute in tempi diversi e per non eguali estensioni di terreno. Fondate sono la seconda censura del primo mot,ivo ed il secondo motivo del ricorso incidentale. Invero, la sentenza impugnata -non accennando affatto ai risultati della prova testimoniale raccolta in prima sede, per riconoscerne ovvero per escluderne l'attendibilit, e limitando la liquidazione dei danni derivati dall'occupazion; illegittima agli inte ressi sul valore del fondo, ed affermando, con ci, implicitamente, che il proprietario del fondo illegittimamente occupato non pu ottenere un risarcimento diverso dai detti interessi - incorsa in una omissione di motivazione su un purito decisivo della controversia prospettata dalla parte e si discostata dal principio di diritto pi volte affermato da questa Suprema Corte (v., fra le altre, le sentenze 22 luglio 1960, n.2087; 21 gennaio 1964, n. 109; 24 settembre 1970, n. 1702). Secondo tale prin cipio, normalmente l'effetto lesivo prodotto dalla occupazione abusiva consiste nella mancata percezione dei frutti del fondo, il cui importo, in difetto di una pi precisa determinazione, va ragguagliato agli inte ressi sul valore venale del fondo e, quindi, ove l'indennit di espropria zione corrisponda al detto valore (non quindi se essa determinata se condo i criteri eccezionali di cui alla legge 15 gennaio 1885, n. 2892 ed alle altre numerose leggi che la richiamano) sulla detta indennit. Ci per non esclude che il proprietario possa, a cagione dell'occupazione illegittima, aver perduto concrete occasioni di vendere il bene ad un prezzo superiore al corrispettivo dell'esproprio: di conseguenza, ove quella perdita risulti dimostrata, il risarcimento integrale del danno im plica che gli sia attribuita la differenza fra il maggior prezzo che avrebbe potuto realizzare e la indennit di esproprio. -(Omissis). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1369 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 ottobre 1971, n. 3012 -Pres. Favara Est. Giuliano -P. M. Antoci (conf.) -Ministero dei LL. PP. (avv. Stato Albisinni) c. Fallimento Puglisi (avv. Arena). Obbligazioni e contratti -Clausola risolutiva espressa Dichiarazione di avvalersi della clausola -Effetti -Decreto amministrativo Ammissibilit -Opposizione. (e.e. 1456). Qualora i contraenti abbiano stipulato la clausola risolutiva espressa per L'inadempimento, alle parti interessate attribuito il diritto (potestativo) di determinare l'automatica risoluzione del contratto merc semplice dichiarazione, che pei contratti stipulati dalia P. A. p esser fatta anche con decreto amministrativo, comunicata all'altra parte di volersi avvalere della clausola. In tal caso incombe a quest'ultima, qualora iintenda opporsi .alla risoluzione, di adire l'Auto1it Giudiziaria per dirimere il conflitto (1). (Omissis). -Riuniti i ricorsi, a norma dell'art. 335 del codice di rito, la Suprema Corte osserva che con l'unico mezzo del ricorso principale il Ministero, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 1456 e.e., in relazione all'art. 150 del T.U. approvato col d.1.1. 19 agosto 1917, n. 1390, e contraddittoriet di motivazione, lamenta che la Corte del merito abbia reputato neessaria, per la risoluzione del contratto, una dichiarazione giudiziale, nonostante la clausola risolutiva espressa, la quale, del resto, corrispondeva a una precisa disposizione dell'art. 150 surricordato. La censura .fondata. La Corte di Messina, infatti, muovendo dalla considerazione che, nel c_ampo contrattuale l'amministrazione pubblica non ha poteri l'imperio, afferm che, ove essa sul ritenuto presupposto che l'altro con (1) Decisione di indubbia esattezza: la clausola risolutiva espressa un peculiare mezzo apprestato alla parte, nei contratti con prestazioni corrispettive, per conseguire nel caso di inadempimento dell'altra la risoluzione del rapporto senza ricorrere alle vie normali, mediante un semplice atto di volont. In dottrina cfr. NATALI Condizione risolutiva espressa e rapporto enfiteutico in Foro lt. 1944-46, I, 570. Il patto infatti postula una specifica manifestazione di volont del soggetto che intende avvalersi della clausola, la quale pu desumersi anche implicitamente, purch in maniera non equivoca -cfr. Cass. 29 dicembre 1969, n. 4052 in Giur. lt. 1970, I, 1, 1214; 11 maggio 1957, n. 1669; 15 ottobre 1957, n. 3834 ecc.-, avente natura di dichiarazione unilaterale a carat 1370 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO traente non abbia adempiuto una determinata obbligazione secondo le modalit stabilite, intenda valersi della clausola risolutiva espressa, deve limitarsi a rendere edotta di tanto la controparte e non decretare con un proprio atto d'impero la risoluzione del contratto, e ne ha dedotto che, poich vi era disaccordo tra i contraenti l!Ulia sussistenza dell'inadempimento fatto valere dall'Amministrazione, il Ministero aveva l'obbligo di adire la magistratura ordinaria per ottenere la dichiarazione giudiziale di risoluzione del contratto. Con queste asserzioni la Corte del merito caduta nell'errore denunciato dal Minister0. Questo, invero, non aveva compiuto UJl atto di autorit valendosi dei propri poteri di natura pubblicistica, bens aveva semplice:rpente comunicato al faimento del Puglisi che il contratto era risolto perch erasi avverato l'inadempimento previsto dalla clausola risolutiva espressa. L'art. 1456 cpv. e.e. conferisce alla parte. interessata il diritto (potestativo) di determinare la risoluzione automatica del contratto con la mera dichiarazione che intende valersi .della clausola risolutiva espressa. Questa dichiarazione pu anche esser fatta con un decreto amministrativo, notifi.cato alla controparte, com' avvenuto nella specie, perch tal forma non ne cambia il contenuto, che l di carattere negoziale. D'altra parte, poich la dichiarazione prevista da1: capoverso dell'art. 1456 e.e. ha effetto risolutorio immediato, non si pu negare alla parte interessata il diritto di dichiarare che il contratto risolto nell'atto stesso in cui essa fa la suddetta dichiarazione. L'affermazione che il contratto risolto pu essere contrastata dall'altra parte; e per tere negoziale con funzione costitutiva dell'effetto risolutivo al momento in cui perviene all'inadempiente. Siffatta dichiarazione non soggetta a vincoli di forma, cfr. Cass. 25 ottobre 1969, n. 3543 per cui stato ritenuto che anche un atto di citazione nullo -cfr. Cass., 11 maggio 1954, n. 1490 od una dichiarazione portata a conoscenza dell'altra parte a mezzo di mandatario non munito di apposito mandato scritto. -Cfr. Cass. 2 luglio 1955, n. 2033 - sufficiente allo scopo. Oggetto dell'accertamento giudiziale, qualora l'altra parte intenda opporsi agli effetti risolutivi, non per la gravit dell'inadempimento, non potendosi a tal fine il giudice .sostituirsi ai contraenti in materia riservata alla loro libera determinazione, bens il presupposto della colpevolezza dell'inadempiente perocch, nessuna inadempienza, anche in presenza di .clausola risolutiva espressa, pu determinare la risoluzione del contratto se non sia sorretta da dolo o da colpa dell'inadempiente . Cfr. Cass. 21 marzo 1970, n. 756 in Foro It. 1970, Mass. Cli.rea la natura di sentenza di mero accertamento, della pronunzia giudiziale concernente la identificazione dei presupposti necessari al diritto di provocare la risoluzione del contratto. cfr. Appello Firenze 8 maggio 1951 in Giur. Toscana 1951 311. . PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1371 derimere un tale conflitto occorrer l'intervento del giudice; ma se il medesimo riconoscer che l'inadempiment~ contemplato dalla clausola risolutiva sussiste e che l'inadempimento non ne ha provato l'inimputabilit, la sua sentenza non aggiunger sostanzialmente nulla alla situazione giuridica che stata determinata dalla dichiarazione fatta dalla parte interessata a norma dell'art. 1456 e.e. e si limiter .a costatare che quella parte aveva ragione di dichiarare conseguentemente, che il contratto si era risolto. (Omissis). CORTE DI CASSZIONE, Sez. I, 29 ottobre 1971, n. 3051 -Pres. Gian. nattasio -Est. Valore -P. M. Silocchi (conf.) -Comune di Palermo (avv. Accardi e Sansone) c. Ministero dei LL. PP. (avv. Stato Albisinni). Espropriazione per p. u. -Concorso di Enti pubblici nella attuazione dei piani di ricostruzione .ai sensi del D. L. 10 aprile 1947, n. 261 Legittimazione attiva e passiva rispetto ai terzi -Presupposti. (d.l. 10 aprile 1947, n. 261, artt. 58 e 59; l. 25 giugno 1865, n. 2359). Se, di regola, parti del rapporto esprop1iativo sono l'Ente a favore del quale l'espropriazione viene disposta ed il soggetto in pregiudizio del quale essa viene pronunciata, con la conseguenza che, normalm"l'nte, i diritti e gli obblighi relativi sorgono direttamente tra di essi, tuttavia qualora pi Enti pubblici concorrono aU'esecuzione dell'opera, com!? nell'ipotesi in cui il Ministero dei LL.PP. si sostituisce al Comune nell'attuazione dei piani di ricostruzione, ai sensi degli artt. 58 e 59 D.L.C.P. 10 aprile 1947 n. 261 ed in aitre analoghe previste dalle leggi, verificandosi la separazione tra la titolarit deUa posizione e quella della attivit, la legittimazione attiva e passiva nei confronti dei terzi sussiste in base alla qualit e quantit dei poteri conferiti all'Ente che attua l'opera e che il giulice dovr accertare sulla scorta della legge e dei singoli atti amministrativi che siano stati emessi (1). (Omissis). -Il ricorrente, denunciando, con il primo motivo, la violaztone e falsa applicazione dell'art. 58 del citato d. 1. n. 261 del 1947, lamenta che la Corte di merito abbia negato la legittimazione passiva dell'Amministrazione dei Lavori Pubblici, trascurando di considerare la (1) Cfr. Cass. 21 giugno 1969, n. 2203 in Giust. Civ. 1969, I, 2056; 30 maggio 1969, n. 1918 in Foro It., 1969 Mass.; 13 luglio 1969, n. 2496, in questa Rassegna 1969, I, 45; 31 gennaio 1968, n. 313 ivi 1968, I, 419 con nota cui si rinvia. 1372 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO circostanza che l'esecuzio.ne delle opere era stata assunta, in attuazione della norma predetta, non dal Comune, ma dall'Amministrazione, che aveva versato anche l'indennit fissata nel decreto di espropriazione, e dando, invece, rilievo alla circostanza che beneficiario del provvedimento di espropriazione era n Comune di Palermo, a nulla rilevando, nei confronti nell'espropriato, che si trattasse di sostituzione. La censura fondata. Il fenomeno del concorso di pi enti pubblici nell'esecuzione di opere pubbliche non nuovo: la nostra legislazione speciale ne contempla infatti tutta una serie di casi, di cui quello in esame in tema di piani di ricostruzione costituisce soltanto una ipotesi. Al fine di stabilire, nelle varie ipotesi, quale degli enti assuma la posizion~ di parte nei rapporti con i terzi, attivamente o passivamente interessati alle attivit relative, questa Suprema Corte, con la sentenza n. 311 del 31 gennaio 1968, ha proceduto alla classificazione delle diverse fattispecie, fino ad allora presentatesi al suo esame, in quattro distinte gategorie: a) quella della delegazione amministrativa intersoggettiva1 , nella quale l'ente pubblico, investito in via originaria della competenza a provvedere alla esecuzione di una determh~ata opera pubblica, conferisce, avvalendosi di uno specifico potere attribuito dall'ordinamento, ad altro ente pubblico, autoritativamente ed .unilateralmente, una competenza derivata nella stessa materia (Cass., Sez. Un., 11 ottobre 1963, n. 2'711; Sez. Un., 20 gennaio 1964, n. 128; Cass., 13 agotsto 1964, n. 2307; 19 luglio 1965 n. 1608; 25 marzo 1966, n. 807); b) quella denominata affidamento e comprendente due distinte figure. La prhna, che potrebbe essere senz'altro equiparata alla delegazione amministrativa intersoggettiva, si avrebbe nel caso in cui l'ente pubblico, investito della competenza in ordine all'esecuzione di un'opera interessante altro ente pubblico, ne affidi -sempre sulla base di uno specifico potere conferitogli dalla legge -la intera esecuzione a quest'ulthno (Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1412; Cass., 2 agosto )968, n. 2751); la seconda, invece, configurante l'ipotesi dell'affidamento in senso proprio, sarebbe contraddistinta dal conferimento, da parte dell'ente pubblico competente in ordine all'esecuzione di una data opera interessante altro ente pubblico, dal semplice incarico ad organi tecnici di quest'ulthno di curare la parziale esecuzione dell'opera interessante altro ente pubblico, dal semplice incarico ad organi tecnici di quest'ultimo di curare la parziale esecuzione dell'opera stessa (come, ad esempio: la progettazione e la direzione dei lavori), senza peraltro assumerne la titolarit (Cass. 11 luglio 1966, n. 1829); e) quella comprendente, le ipotesi di mero finanziamento, in cui, pur ricadendo l'onere di provvedere alle spese occorrenti per l'oper~ su di un distinto ente pubblico, la competenza in ordine alla sua esecu PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE zione rimarrebbe incardinata nell'ente pubblico che ne beneficiario (Sez. Un., 6 dicembre 1966, n. 2854; Cass. 6 agosto 1965, n. 1894; 13 giugno 1963, n. 1483); d) quella, infine, comprendente le ipotesi di vera e propria sostituzione , in cui, al fine di provvedere ad un'esigenza pubblica che diversamente rimarrebbe insoddisfatta, un ente pubblico, in forza di un espresso potere conferitogli dalla legge, si assume l'esecuzione di un'opera di pertinenza di altro ente pubblico (Cass. 11 luglio 1966, n. 1829). Queste diverse ipotesi non sempre comportano la partecipazione dei vari enti al procedimento espropriativo. Nelle ipotesi del mero finanziamento o del semplice affidamento dell'esecuzione di certe opere, l'ente finanziante o affidatario, infatti, vi rimane estraneo. Nelle ipotesi, invece, di delegazione, sostituzione o. anche affidamento (totale), l'ente delegato, sostituente o affidatario assume non soltanto l'onere finanziario dell'opera e l'esecuzione della stessa, ma anche il compito di provvedere all'espropriazione. In relazione a tali ultime ipotesi, la legittimazione attiva o passiva nei confronti dei terzi va determinata in base alla qualit o alla quantit dei poteri che siano conferiti, all'ente che ttua l'opera, dalla legge o dall'atto ammini;trativo che danno luogo alla particolare situazione. Orbene, la Corte palermitana, pur mostrandosi edotta di tale orientamento giurisprudenziale (ribadito con le decisioni di questa Suprema 1968, n. 2751 e 22 gennaio 1970, n. 136) e pur avendo identificato nelle previsione del citato art. 58 un ipotesi di sostituzione, ha ritenuto di potersi distaccare dalla giurisprudenza medesima, pervenendo a conclusioni opposte, .sulla base della considerazione che, discendendo dalla espropriazione.una responskbilit da atto lecito, non possibile ricercare, nei confronti del privato, un responsabile diverso dal beneficiario del provvedimento. Ha osservato al riguardo eh.e la qualit di espropriante non dipende dal fatto proprio di uno P.ei soggetti attivi nel procedimento di espropriazione perch, quali che siano i fatti e le attivit svolte, esse sono incapaci di produrre l'effetto tipico dell'espropriazione, fino a tanto che non intervenga il decreto nei modi e forme di legge e quando il decreto interviene l'effetto traslativo del dominio si verifica soltanto a favore del soggetto che nello stesso decreto indicato. Sar, quindi possibile -afferma la sentenza -l'azione di garanzia dello ente beneficiario del decreto nei confronti del delegato o del sostituto, ma non potr escludersi la legittimazione del beneficiario. Codeste affermazioni, anche se sussidiate da alcuni rilievi non privi di correttezza formale, non appaiono idonee ad inficiare i principi reiteratamente affermati dalla giurisprudenza di questo Supremo Collegio, alla luce dei quali pu derivare una deroga ai due principi che regolano, in generale, la legittimazione in materia di attuazione di opere pubbliche, 1374 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e c1oe, da un lato, quello -ritenuto inderogabile dalla sentenza impugnata -per il quale parte del rapporto di espropriazione l'ente a favore del quale l'espropriazione disposta, e, dall'altro, quello secondo cui la responsabilit delle attivit, che vengono poste in essere dagli enti pubblici, va attribuita all'ente che le compie. La particolare disciplina legislativa, infatti, per i fini particolari che si prefigge, pei: i mezzi che prodispone e per i risultati cui tende, determina, appunto, una scissione tra la titolarit della posizione e la titolarit dell'attivit, dalla quale deriva che legittimato a compiere l'attivit con competenza propria sia un soggetto diverso da quello, cui -l'opera spetta, o che un'attivit sia compiuta nell'ambito della competenza altrui, senza che il soggetto che la compie assume la titolarit della posizione corrispondente (Cass. n. 311 del 1969, citata). Ne consegue che : compito del giudice accertare, caso per caso, quale sia l'effettivo contenuto del complesso di attivit amministrativa, attraverso il quale la situazione per cui un ente compie un'attivit propria di un altro ente, interpretando di volta in volta la singola disposizione di legge, dalla quale la situazion regolata, ed i singoli atti amministrativi che risultino emessi, e che non pu U giudice limitarsi ad enunciare principi generali, senza darsi carico del quesito se tali principi non abbiano trovato deroga nella .specifica fattispecie in discussione. I Nel caso in esame, la sentenza impugnata, enunciato il principio, secondo il quale legittimato nel rapporto di espropriazione sempre i l'ente a beneficio del quale l'espropriazione sia stata pronunciata, ha escluso che il principio stesso potesse trovare alcuna deroga, mentre .I avrebbe dovuto, in riferimento al citato art. 58, accertare, attraverso 'lesame di tale norma e ,degli atti amministrativi emessi nel corso del I procedimento, le qualit e la quantit dei poteri attribuite ai due neti che erano 'intervenuti nel rapporto di collaborazione e, pertanto, la loro posizione nei confronti dei terzi. L'art. 58 prevede, infatti, che qualora i comuni non siano in grado, per ragioni tecniche-finanziarie, di provvedere direttamente all'attuazione totale o parziale dei piani di ricostruzione, il Ministero dei Lavori Pubblici pu sostituirsi ad ssi nell'attuazione medesima, in relazione alle necessit di ciascun comune; laFnorma prevede, cio, che, con propria determinazione autoritativa ed unilaterale, anche se emessa a esguito di .sollecitazione da parte dei comuni interessati, l'Amministrazione dello Stato assume su di s l'attuazione del pia.no di ricostruzione, sostituendosi al comune cui fale compito spetterebbe. L'attivit di sostituzione pu avere un ambito pi o meno vasto, nel senso che lo Stato pu assumersi sia l'intera attuazione, che va dall'occupazione dell'immobile al procedimento di espropriazione ed al compimento dell'opera sia assumersi soltanto alcuni di tali -compiti, lasciand9 gli altri al comune; sia l'una che l'altra ipotesi devono intendersi com PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE prese nella previsione legislativa. Ed invero, nel successivo art. 59 dello stesso decreto prevista una ipotesi di sostituzione piena ed esclusiva in quant ivi disposto che, per le opere concernenti ricostruzioni di fabbricati destinati ad abitazione, spetta unicamente al Ministero dei Lavori Pubblici procedere all'espropriazione delle aree; ma, dal combinato disposto delle due norme, si evince chiaramente che l'art. 59 regola un'ipotesi gi compresa nella previsione dell'art. 58, giacch fa riferimento alla gi avvenuta assunzione dell'attuazione del pi.ano da parte del ministero, e solo in seno a questa prevede la piena esclusione del comune dal procedimento di. espropriazione; la sostituzione nel procedimento di espropriazione ammessa, cio, a sensi dell'art. 58, ma, nella previsione generale ivi contenut, lasciata alla tleterminazione discrezionale degli enti interessati stabilire se debba aver luogo o meno, mentre disposta come attivit dovuta, :i;iell'ipotesi particolare prevista dall'art. 59. In aderenza a tali principi, questo Supremo Collegio, co:n la citata sentenza n. 2496 del 1968, ha affermato che nella ipotesi prevista dall'art. 58 del d.l. C.P.S. 10 aprile 1947, n. 2,61, l'Amministrazione statale o regionale dei lavori pubblici si sostituisce al comune interessato nel provvedere al compimento dell'opera e assume la posizione di parte sia nel rapporto espropriativo che in ogni altro rapporto inerente alla opera, sempre che, dalle particolari modalit in cui l'attivit amministrativa venga svolta, non risulti il contrario. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 24 novembre 1971, n. 3438 -Pres. Boccia -Est. Grimaldi -P. M. Martinelli (conf.) -L.itro (avv. Fornario e Colonna) c. Azienda Autonoma F.S. (avv. Stato Casamassima). Trasporto -Trasporto internazionale qi cose a mezzo ferrovia -Processo verbale di verifica -Efficacia -Limiti -Responsabilit ex recepto -Indennizzo per il ritardo nella consegna e per l'avaria - Cumulabilit -Colpa grave -Onere della prova. (e.e. artt. 1693, 2697; Convenzione Internazionale 25 ottobre 1952 resa esecutiva con I. 28 maggio 1955, n. 916, artt. 3.3, 34 e 44). Il verbale di verifica delle merci trasportate al fine di accertarne la perdita o l'avaria, previsto dall'art. 44 della Convenzione Internazionale 25 ottobre 1952 per il trasporto delle merci per ferrovia, resa esecutiva con legge 28 maggio 1955, n. 916, ha valore di perizia stragiudiziale limitatamente alle obbiettive circostanze di fatto sicch, ove sia stato redatto 1376 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in contraddittorio, vincolante in ordine alle contestazioni compiute ma non vincola il giudice per tutto quel che concerne le conseguenze giuridiche ad esse 1elative (1). In conformit del generale principio di cui all'art. 1693 e.e., il vettore ferroviario responsabil del danno per la perdita o l'avaria delle merci dal momento dell'accettazione fino alla riconsegna, ove non provi che il danno sia dovuto ad un evento a lui estraneo e non imputabile, o che sussista una delle ipotesi di limitazione di responsabilit previste dalle leggi ferroviarie (2). L'indennizzo dovu,to cumulabile con quello spettante ai sensi dell'art. 34 par. 1 e 9 C.I.M. per il solo ritardo nella consegna deUe merci (3). La responsabilit del vettore presuppone, per un profilo subbiettivo, un inadempimento genericamente colposo da cui esula ogni presunzione di colpa grave e pertanto incombe all'interessato, che intenda conseguire i pi rilevanti effetti risarcitori prev.isti dall'art. 37 C.I.M. di fornire la relativa prova (4). (Omissis). -Col secondo motivo si denunzia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 41 e 44 della citata Convenzione Internazionale Merci, in relazione all'art. 53 della stessa Convenzione, nonch degli art. 1967 e 2738 cod. civ. e dell'art. 49 delle Condizio:q.i e Tariffe Italiane sul trasporto del-le cose di cui al r.d. 25 gennaio 1940, n. 9 e si lamenta l'omesso esame della questione, prospettata in sede di appello, secondo cui con gli accertamenti compiuti ai sensi dei richiamati artt. 41 e 44 della C.I.M. con il riconoscimento, in essi contenuto, del danno. sofferto dal mittente per il ritardo della consegna alle Ferrovie dello Stato erna senz'altro vincolate al pagamento del relativo indennizzo, con preclusione di ogni altra eccezione e difesa. (1) Cfr. Cass. 12 marzo 1969, n. 791 in Foro It. Mass.; 16 marzo 1961, n. 596 in Foro It. 1962, I, 1818 ecc. In dottrina dr. SANTONI Il contratto per il trasporto delle cose suHe Fenovie dello Stato 1947, 176 e segg.; DuNI Osservazioni in tema di constatazione di danni nel trasporto ferroviario di cose in Riv. Giur. Circ. e Trasp. 1962, 23. (2) Cfr. Oass. 31 marzo 1969, n. 1070 in Giur. It., 1970, I, 1, 968; Circa il momento della riconsegna al destinata1io del trasporto cfr. lACCANIELLO ivi, in nota. Per quel che concerne le limitazioni di responsabilit pacifico che al vettore a parte i limiti di responsabilit previsti dalle disposizioni in materia, dato stipulare clausole limitative di responsabilit, vincolate alla osservanza del principio generale contenuto nell'art. 12'29 e.e. cfr. Cass. 5 ottobre 1955, n. 2824 in Foro It., 1956, I, 340. (3) Non constano precedenti in termini, ma la decisione appare conforme alla disciplina dettata dalla convenzione Internazionale 25 ottobre 1952 per il trasporto delle merci per Forrovia, come dato desumere dalla chiara lettera dell'art. 34. (4) Principio pacifico. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA IVILE 1377 La censura va disattesa. L'istituto della verifica delle cose trasportate per ferrovia, previsto e disciplinato dagli artt. 41 e 44 della Convenzione Internazional Merci, al finedi accertare la perdita o l'avaria del carico, ha ~l valore e la portata di una perizia stragiudiziale necessaria sui generis, limitata all'accertamento di date circostanze obbiettive di fatto, con esclusione di ogni apprezzamento sulle conseguenze giuridiche di rilievi nei rapporti fra le parti in contesa. In conseguenza, il processo verbale di perizia, redatto in caso di avaria in contraddittorio del mittente o del destinatario e delle Ferrovie, vincolativo per le parti interessate soltanto relativamente alle contestazioni di fatto (Cass., 17 marzo 1969, n. 791) ma non importa alc.n limite per il giudice nell'accertamento della esistenza e della misura della responsabilit dell'Amministrazione Ferroviaria per i danni contestati. Con il terzo motivo il ricorrente, nel denunziare la violazione e la falsa applicazione dei principi e delle norme sulla responsabilit civile e il risarcimento dei danni, con particolare riferimento agli artt. 26, 27, 28, 33, 34 e 53 della citata C.1.M., e in relazione agli artt. 12 e 14 delle disposizioni sulla Legge in generale, nonch dell'art. 1222 cod. civ. e 58 delle Condizioni e Tariffe Italiane sul trasporto delle cose (r.d.l. 25 gennaio 1940, n. 9), censura la sentenza impugnata per avere limitato il risarcimento del danno, dovuto per le gravi avarie subite dalla merce a causa del ritardo nella riconsegna, al solo prezzo del trasporto, a norma del 2 comma dell'art. 34 della Convenzione e non all'effettivo documento sopportato dal mittente. Tale soluzione in contrasto con lo stesso art. 34, che espressamente prevede il cumulo dell'indennit dovuta pe.r il solo ritardo con l'indennit dovuta in caso di avaria, senza operare alcuna distinzione in ordine alla causale del danno e senza escludere che l'avaria, per cui spetta il .risarcimento, possa essere anche quella derivante dal ritardo. E, in eff.etti, aggiunge il ricorrente, altri sono i danni risarcibili per il solo ritardo nella riconsegna, altri sono i danni derivanti da avaria, vuoi per il ritardo, vuoi per altra causa. La censura fondata e va accolta. L'art. 34 della Convenzione Internazionale Merci, .approvata a Berna il 25 ottobre 1952 e ratificata in Italia con la lgge n. 916 del 1955, -e lo stesso pu affermarsi per l'analoga disposizione contenuta nella Convenzione approvata a Berna il 1963 -, nel disciplinare l'ammontare dell'indennit dovuta dalle Ferrovie per il ritardo nella resa della merce ) trasportata, prevede noi tre paragrafi della norma una triplice ipot~si di risarcimento, a seconda delle conseguenze verificatesi per il ritardo stesso: 1) indennit per il solo ritardo nella riconsegna, anche se manca la prova del danno subito; 1378 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 2) indennit spettando all'avente diritto, se prova che il ritardo lo ha danneggiato; 3) eventuale cumulo delle indennit dovute per. il ritardo con l'indennit conseguente alla perdita totale o parziale della merce o all'avaria della stessa. Analizzando pi in particolare questa distinta disciplina, devesi rilevare che nelle prime due ipotesi il pregiudizio contemplato non riguarda il carico nella sua consistenza o entit materiale, bensi ogni documento provato o non provato, che derivi all'avente diritto per il solo fatto di non ricevere la merce. nel tempo stabilito. Trattasi di quei danni che per lo pi ineriscono al lucro cessante e che, come tali, costituiscono una fonte di controversia in ordine al loro preciso ammontare: giustamente la legge adotta in tal caso un sistema di liquidazione a forfait, vantaggioso sia per il vettore che per l'utente, in quanto elimina contestazioni e prove laboriose. Nella terza ipotesi invece la Convenzione ferroviaria ha inteso rife rirsi al danno inerente alla cosa trasportata nella sua materiale consi stenza, e cio al cosiddetto danno emergente o danno reale (perdita o avaria), senza alcuna discriminazione in ordine alla causa di esso, per cui appare logicamente indennizzabile anche il danno avvenuto durante il ritardo e per causa del ritardo, nel senso che la perdita o avaria non si sarebbe verificata qualora le cose fossero state consegnate puntual mente al destinatario. In tale evenienza ammesso il cumulo tra l'inden nizzo previsto dai paragrafi 1 e 2 dell'art. 34 e l'indennizzo di cui agli artt. 31 e 33 (perdita o avaria.), con l'unico intuitivo limite di non oltre passare il valore che sarebbe spettato per la perdita totale della merce. pur vero che al paragrafo 3 dell'art. 34 non si accem;1a in modo espli cit all'indennizzo per il danno materiale subito dalla merce a causa del ritardo, ma ci dovuto a ragioni di tecnica legislativa, in quanto l'ipo tesi stessa risultava gi regolata in via generale dal precedente art. 33, senza alcuna distinzione in ordine alla causa del pregiudizio, per cui bastava un semplice richiamo a quella disciplina per ritenere compresa tra i risarcimenti indennizzabili anche l'avaria perdita della merce conseguente alla mancata consegna nei termini di resa. La contraria opinione della Corte di merito, che ha inteso sussumere sotto l'ipotesi di cui al paragrafo 2 dell'art. 34 (indennizzo pari al prezzo del trasporto) anche il risarcimento per avaria del carico dipen dente da ritardo nella riconsegna, cont:r~asta non solo con il principio di diritto che impone l'effettivo indennizzo del danno materiale subito, ma pi ancora con la logica del sistema della responsabilit del vettore. All'uopo non superfluo ricordare che l'art. 27 della C.I.M., sulla falsariga dell'art. 1693 cod. civ.. stabilisce che il vettore respontSabile del danno risultante dalla perdita totale o parziale della merce, nonc~h delle avarie verificatesi dal momento dell'accettazione al trasporto fino PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE alla riconsegna, a meno che non fornisca la prova che il danno sia dovuto ad un evento a lui estraneo e non imputabile. Tale regola, di portata generale non subisce deroga in ordine alla causa, onde la responsabilit ex recepto sussiste qualunque sia stata la genesi del danno, salve le poche ipotesi di irresponsabilit del vettore previste dalle leggi ferroviarie (cali naturali, deterioramento interno della merce e trasporti. eseguiti a tariffa eccezionale) che nella specie non ricorrono. Posta questa premessa, anche l'avaria o la .perdita della merce dovuta a ritardo va risarcita nella sua effettiva entit, essendo irrilevante per l'avente diritto all'indennizzo la causa del danno e dovendosi riconoscere che la stessa resa non puntual rappresenta un aspetto dell'inadempimento contrattuale e quindi una fonte di responsabilit civile. Comunque, anche sul piano logico la tesi dell'assorbimento dell'indennit per avaria nell'indennit per ritardo va rifiutata se si vogliono evitare conseguenze inique in ordine alla entit del risarcimento: e, infatti, qualora le avarie derivanti da ritardo dovessero essere indennizzate a norma del 2 paragrafo dell'art. 34, come ha opinato la Corte di merito, e cio nei limiti del presso del trasporto e quindi, il pi delle volte, in misura irrisoria, l'Amministrazione ferroviaria avrebbe' tutto l'interesse, per sfuggire ai risarcimenti normali, a ritardare la riconsegna e a far apparire l'avaria stessa come derivante da fatto del ritardo. Col quarto motivo il ricorrente, nel denunziare la violazione e la falsa applicazione dell'art. 2.697 cod. civ., in relazione agli art. 1218 e 1228 stesso codice, nonch all'art. 37 della C.I.M., sostiene che, in ogni caso, il ritardo nella resa della. merce integrava gli estremi della colpa grave di cui all'art.. 37 della citata Convenzione, con la conseguenza che al danneggiato spettava un risarcimento pari al doppio delle indennit previste dall'art. 34. Su tale profilo della 'lite la Corte di merito, aggiunge il deducente, ha omesso ogni esame, trascurando il rilevare che l'onere della prova di una mancanza di colpa grave incombeva all'amministrazione ferroviaria, si rendeva operante la presunzione di responsabilit ex art. 1218 cod. civ. Il rilievo destituito di fondamento. Ai sensi dell'art. 1693 cod. civ. e del correlativo art. 27 della C.I.M. come stato innanzi sottolineato -il vettore responsabile ex recepto della perdita e dell'avaria delle cose consegnategli per il traporto dal momento in cui le. riceve al momento in cui le consegna, se non prova che la perdita o l'avaria derivata da caso fortuito, dalla natura o dai vizi della cosa stessa o dal loro imballaggio o dal fatto del mittente o da quello del destinatario. Ci implica una presunzione di responsabilit che non si discosta dalla regola fondamentale dettata dall'art. 1218 cod. civ. relativamente alla rsponsabilit del debitore e 1380 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che presuppone, sotto il profilo subbiettivo, un inadempimento colposo generico e cio un comportamento neglimente, imprudente o contrario a norme regolamentari. Esula quindi dal regime del recentum e dal regime generale della responsabilit per inadempimento ogni presunzione di colpa grave, la quale condurrebbe a risultati opposti a quelli reclamati dal ricorrente e cio ad una limitazione di responsabilit del vettore, che, pur nella meno severa formulazione legislativa vigente, deve escludersi. Ritenuto adunque sufficiente ad integrare la presunzione della responsabilit del vettore il concorso del solo estremo della colpa normale, devesi dedurne l'estraneit a tale sistema del concetto della colpa grave, anche perch per la legge ferroviaria citata la colpa grave rappresenta un elemento costitutivo di pi rilevanti effetti (pagamento del doppio delle indennit massime previste per le inadempienze vettoriali generiche). In tal caso, come si verifica con la situazione risarcitoria contemplata dall'art. 1225 cod. civ. (inadempimento dovuto a dolo del debitore), rivive la regola generale dettata dall'art. 21697 cod. civ. in ordine alla prova, secondo cui spetta a chi chiede l'attuazione della volont della legge, in relazione a un diritto che faccia valere in via di azione o di eccezione, di provare il fatto giuridico da cui fa discendere il preteso diritto e cio le condizioni della PJ.'.e1lesa. Nella specie, incombeva al mittente o destinatario dimostrare la colpa grave del vettore nell'adempimento del contratto di trasporto, al fine di conseguire quegli effetti risarcitori pi rilevanti previsti dal l'art. 37 della C.l.M. e cio l'affermazione di una responsabilit che esula dai canoni ordinari e presuntivi del receptum. ~ (Omissis). \., CORTE DI CASSAZIONE, Sez. lii, 10 dicembre 1971, n. 3591 -Pres. La Farina -Est. Sgroi -P. M. Caristo (conf.) -Lener (avv. Lener, Lanza, Magliani) c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Zagari). Responsabilit civile -Danni cagionati dalle Forze armate alleate in azioni non di combattimento -Indennizzo -Natura -Criteri!di liquidazione. (1. 9 gennaio 1951, n. 10, artt. 1, 2, 3; r.d.1. 17 agosto 1935, n. 1765). L'indennit prevista dalla legge 9 gennaio 1951, n. 10, recante norme in materia di indennizzi per danni cagionati con azioni non di combi.it PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1381 timento delle Forze armate aUeate, per contenuto~ presupposti e ambito i applicazione, del tuttJo diversa dall'obbligazione risarcitoria da iUecito ex art. 2.043 cod. civ. e va liquidata sulla base dei criteri tassativamente predeterminati dlla legge speciale la quale, ove si tratti di danni aZ.Za persona, con il rinvio alle disposizi'oni del r.d..l. 17 agosto 1953, n. 1765 e succ. modificazioni, richiama unicamente le disposizioni entrate in vigore prima della legge 1951, n. 10 (1). (Omissis). -Dei due motivi in cui si articola il ricorso, il primo risulta integralmente svuotato di contenuto a seguito della menzionata pronuncia della Corte Costituzionale, che ha dichiarato non fondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 1 e dell'art. 2 nn. 1 e 3 della 1. 9 genilaio 1971, n. 10 (contenente norme. in materia di indennizzi per danni arrecati con azioni non di combattimento per requisizioni disposte dalle Forze armate allete), nonch della allegata tabella dei coeffic_ienti in riferimento agli artt. 2 e 3 Cost. , dunque, la disciplina dettata dalla legge specile che va applicata nella specie; e l'indennit da .essa prevista , per cc;nteztuto, presupposti e ambito di applicazione, del tutto diversa dall'obbligazione per risarcimento dei danni da fatto illecito di cui all'art. 2043 e.e., con la conseguie:t.;a che la predetta indennit non pu essere liquidata, neppure in caso di danni lla persona, in base ai criteri che presie!lono l risarcimento del danno ex delicto, ma sofo in base ai criteri tassativi e predeterminati fissati dalla legge stessa (cfr. Cass., 18 maggio 1965, n. 952). Il primo motivo di ricorso si impernia sostanzialmente sulla pretesa dl ottenere un risarcimento del danno alla stregua della disciplina comune sulla responsabilit per fatto illecito, una voita poste fuori causa per illegittimit c~stituzionle (esclu sa, per contro, nella competente sede) le disposizioni della legge speciale, applicate da.i gidici di merito. Serionch, caduto il presupposto della illegittimit costituzionle !lella normativa" riguardante gli indennizzi per danni arrecati on azioni non. di combattimento dalle For~e arm'ate alleate, resta travolta la censura, che da quel presupposto muove e trae alimento; e l'esame del ricorso circoscritto al solo secondo motivo, de dotto, in via subordinata dall'avv. Lener per l'ipotesi, irrecocabilmnte relizzatasi, di ritenuta applicabilit della legge n. 10 del 1951 al caso qui controverso. (1) Sulla prima parte della massima cfr. Cass., 18 maggio 1965, n. 952 in questa Rassegna 1965, I, 942. La sentenza della Corte Costituzionale 16 marzo 1971, n. 46 si legge in Foro It., 1971, I, 838. 1382 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA D'.ELLO STATO Le molteplici critiche che con questo secondo motivo il ricorrente muove alla sentenza impugnata, si rivelano tutte infondate. , in primo luogo, certamente da ripudiare l'idea, espressa dal ricorrente, dell'inapplicabilit della citata legge alla materia dei danni soffert.i dai professionisti. Questa opinione, che avrebbe eliminato alla radice il problema centrale della causa ed avrebbe reso irrilevante le questioni di legittimit costituzionale sulle quali intervenuta la decisione .della Corte Costituzionale, viene testualmente smentita dalla tabella -allegata alla legge e formante parte integrante della medesima -che accanto alle altre categor!e (operai, artigiani, proprietari, imprenditori) considera esplicitamente anche quella dei professionisti. Quanto alla pretesa di vedere applLcata, nella specie, la 1. 3 aprile 1958, n. 499, sull'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali, si osserva che, ai sensi dell'art. 2 n. 3 della legge n. 10 del 1951, l'indennit viene liquidata, se trattasi di .danno alla persona, avendo riguardo ai criteri stabiliti per gli infortuni sul lavoro .dal r.d.l. 17 agosto 1935, n. 1765 e successive modificazioni, in quanto applicabili. Erroneamente l'avv. Lener sostiene che, rinviando indiscriminatamente alle modificazioni successive, la citata tfuiposizione richiamerebbe anche la legge n. 499 del 1958, che anteriore alla liquidazione dell'indennit in sede amministrativa. Li'errore consiste, intanto, nell'aver trascurato di tener conto della Tatio ispiratrice dell'intero sistema della legge speciale, in cui -come ha messo in luce la Corte Costituzionale -domina l'esigenza di attribuire ai dannegiati, anzich un totale ristoro, una indennit compatibile con i sacrifici sopportabili dall'intera nazione, .sicch da rifiutare, in linea di principio, una integrazione di disciplina che sia atta a sovvertire quella mtio. Che il rinvio sia limitto alle disposizioni entrate invigore prima della legge n. 10 del 1951 nella materia dell'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro si desume poi testualmente dal disposto del n. 3 dell'art. 2 citato, il quale staibilisce che l'indennizzo si calcola capitalizzando -in base al salario massimo di cui all'art. 4 del d.l. C.P.S. 25 gennaio 1947, n. 14 -la rendita spettalnte in caso di inabilit all'infortunato o in caso di morte ai superstiti e moltiplicando il capitale cos ottenuto per una coefficente determinato discrezionalmente dall'Amministrazione fra quello minimo e quello massimo stabilito nell'allegata tabella in rapporto alla categoria professionale alla quale appartiene o apparteneva la persona infortunata. Essendo il reddito da porsi a base del calcolo chiaramente ancorato alla misura fissata nell'art. 4 del decreto n. 14 del 1947, la stessa lettera della legge a smentire la fondatezza del riferimento ad una qualsiasi diversa base di calcolo, desunta da una legge diversa da quella espressamente richiamata ed entrata in vigore successivamente alla legge contenente il rinvio. -(Omissis). ~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1383 ,CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 30 dicembre 1971, n. 3779 -Pres. Vallillo -Est. Aliotta -P. M. De Marco (conf.) -Antenore (avv. Di Se.gni e Cagli) c. I.N.A.I.L. (avv. Flamini e Ungaro), Pepoli (avv. De Luca e Silvestrini) e Ministero dei LL. PP. (avv. Stato R. Bronzini). Infortunio sul lavoro -Assicurazioni sociali -Limitazioni in responsabilit -Presupposti -Rapporti tra appaltante ed appaltatore Inapplicabilit. ~ (r.d. 17 agosto 1935, n. 1765, art. 4). Danni -Risarcimento -Prescrizione -Domanda proposta nei confronti di uno dei compartecipi dell;illecito -Effetto interruttivo per l'azione di rivalsa verso l'altro dei compartecipi. (e.e. artt. 1310, 2943). L'esonero di responsabilit stabilito dall'art. 4 del r.d.l. 17 agosto 1935, n. 1765 per l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro, in favore del datore di lavoro per i fatti non costituenti reato, ha effetto soltanto nell'ambito del rapporto assicurativo, di cui sono parti l'Ente assicuratore, il datore di lavoro ed il lavoratore, onde i rapporti tra appaltante ed appaltatore sono regolati invece dalle norme generali dettate per il contratto di appalto e cl.alle eventuali clausole stipulate eroi contraenti (nella specie art. 23 d.m. 28 maggio 1895 -Capitolato Generale di appalto per le Opere pubbliche, che pone a carico dell'appaltatore il risarcimento dei danni a terzi, verificatisi nel corso dei i.avori) (1). La domanda giudiziale per conseguire il risarcimento del danno ed ogni altro atto interruttivo della prescrizione previsto dall'art. 3943 cod. civ., proposto nei confronti di uno dei compartecipanti del fatto illecito, ha effetto interruttivo anche per gli altri e pertanto di esso pu giovarsi chi tra costoro, per avere risarcito il danneggiato, intenda rivalersi verso i corresponsabili (2). (1) Cfr. Cass. 30 ottobre 1969, h. 3615 in Giust. Civ., 1970, I, 1069; 10 ottobre 1967, n. 2377 ecc. In dottrina dr. RICHARD L'assicurazione contro gli info'l'tuni sul lavoro e le malattie professionali in trattato di diritto del lavoro -vol. IV, 1 Padova 1959, 63-6 e segg.; PERE'.l'TI GRIVA Infortuni sul lavoro e malattie professionali Utet 1937 ip. 270. (2) Cfr. Sez. Un., 7 febbraio 1969, n. 409 in Giust. Civ., 1969, I, 1059; 9 maggio 1965, n. 1883 in Foro It., 1965, I, 1645. Per il precedente orientamento, in senso contrario, cfr. Cass. 20 ottobre 1958, n. 3356; 9 giugno 1956, n. 1983. 10 1384 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Va anzitutto rilevato l'inammissibilit, ai sensi dell'art. 366 'c.p.c., del ricorso principale proposto dall'Antenore. in quanto non contiene, come giustamente eccepito dall'I.N.A.I.L., l'indicazione della quietanza del deposito per il caso di soccombenza. Ne consegue altresi l'inammissibilit del relativo ricorso incidentale proposto dal Ministero dei lavori pubblici. Venendo quindi all'esame del ricorso principale proposto dagli eredi Pepoli, si rileva che con il primo motivo i rkorrenti, denunziando la violazione dell'art. 4 r.d.l. 17 agosto 1935, n. 1765, nonch difetto di motivazione sul punto (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.), sostengono che erroneamente e senza alcuna motivazione la Corte di Appello ha escluso l'ap'plicabilit nei suoi confronti dell'esonero di responsabilit previsto nella citata disposizione. Il motivo infondato. Infatti, come ha esattamente ritenuto il giudice di appello, con adeguata motivazione, esente da vizi giuridici e logici, l'esonero di responsabilit di cui all'art..4,.della legge infortunistica, previsto in favore del datore di lavoro per i fatti non costituenti reato, applicabile soltanto nell'ambito del rapporto assicurativo, dal quale sono parti l'ente assicuratore (nella specie l'I.N.A.I.L.), il datore di lavoro ed il laivoratore assicurato. Ne consegue che la norma, per il suo carattere eccezionale, non pu trovare applicazione al di fuori di tale ambito nei rapporti tra ente appaltante e appaltatore dei lavori che hanno dato causa od occasione all'infortunato, rapporti che sono invece regolati dalle norme generali che disciplinano l'appalto e dalle particolari clausole eventualmente stipulate dalle parti. E nella specie appunto la. responsabilit dell'appaltatore trova la sua specifica regolamentazione in appos~te clausole del capitolato generale, approvato con dm 28 maggio 1895 (art. 23) e nen contratto di cottimo (art. 3), in base alle quali questi si assumeva nei confronti del Ministero ogni responsabilit per gli ventuali danni a terzi che potessero verificarsi nel corso dei lavori. Del pari infondato il secondo motivo, con il quaile i ricorrenti, denunziando la violazione degli artt. 2947 -1310 e.e. e delle norme che regolano la prescrizione nonch difetto di motivazione sul upnto (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.); sostengono che erroneamente la Corte di Appello ha respinto l'eccezione di prescrizione da essi proposta, rite nendo che la causa interruttiva della stessa, posta in essere nei confronti di altro debitore solidale, era operante anche. nei loro confronti, senza per altro precisare quale fosse l'obbligazione ..solidale. Infatti, come La giurisprudenza, applicando testualmente la norma di cui all'art. 1310 cod. civ., con particolare riguardo alla solidariet passiva, ha ripetutamente affermato che qualsiasi atto interruttivo compiuto dal creditore verso uno dei condebitori ha efficacia interruttiva della prescrizione anche nei confronti degli altri coobbligati. Cfr. Cass. 9 febbraio 1962, n. 272 in <;iust. Civ. 1962, I, 885. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE esplicitamente affermato dalla: Corte di Appello nei rapporti tra l'I.N.A.I.L. e l'Antenore e quindi implicitamente, per analogia di situazioni giuridiche, nei rapporti tra il Ministero e l'appaltatore Pepoli, secondo la ormai costante giurisprudenza di questa Corte (sentenze Sez. Un., 7 febbraio 1969, n. 408 e 3 Sezfl. 6 agosto 1965, n. 1883), la domanda giudiziale di risarcimento, proposta, dal danneggiato nei confronti di uno dei compartecipi del fatto illecito, ha effetto interruttivo anche nei confronti degli altri compartecipi. Ed analogo effetto interruttivo deve essere in conseguenza riconosciuto ad ogni altro atto interruttivo della prescrizione previsto nell'art. 2943 e.e. Pertanto di tale effetto interruttivo il compartecipe perseguito dal danneggiato, pu giovarsi, in virt dell'art. 1310 e.e., ai fini del computo del decorso del termine della priescriziorie per la sua azione d.i accertamento della corresponsabilit di altro compartecipe del fatto illecito, comunemente denominata di rivalsa o di regresso. Ne consegue nelle specie che il Ministero re,spon' sabile dell'incidente de quo, solidamnte con l'appaltatore dei lavori, convenuto in giudizio dall'INAIL con a!zione di regresso ex art. 4 della citata legge infortunistica, poteva a sua volta giovarsi degli effetti interruttivi della prescrizione v~catisi nei suoi confronti per agire in via di rivalsa contro l'appaltatore PePOli. -(Omissis). SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA* CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 15 settembre 1971, n. 820 -Pres. Potenza -Est. Battara -Stefanelli (avv. Caminiti e Cannata) c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Giorgio Azzariti). Danni di guerra -Sequestri all'estero di somme liquide -Accordo italo-egiziano 10 settembre 1946 reso esecutivo con 1. 10 maggio 1957, n. 512 -Liquidazione -Criteri. {artt. 1 e segg. l. 29 gennaio 1951, n. 21). Ai fini della liquidazione da parte deU'Ammimistrazione di una somma pari ai fondi liquidi sequestrati presso cittadini italiani dal Governo egiziano assume rilevanza, secondo quanto previsto daita l. 29 gennaio 1951, n. 21, il solo elemento relativo al saldo deUe attivit liquide sequestrate, non richiedendo la legge alcun accertamento circa le misure adottate in sede di sequestro dall'autorit egiziana (1). (1) Massima esatta. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 15 settembre 1971, n. 837 -Pres. Granito -Est. Giura: -Bellesia (avv. C. e N. Sciacca) c. Ministero della Difesa (avv. Stato Peronaci). Giustizia amministrativa -Ricorso avverso atto non ancora emanato Inammissibilit. Atto amministrativo -Annullamento d'ufficio -Presupposti e limiti Decorso del tempo -Valutazione -Obbligo -Sussiste.. inammissibile il ricorso giurisdizionale proposto contro un provvedimento amministrativo non ancora emanato (1). (1) Giurisprudenza costante. (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezion& ha collaborato anche l'avv. Francesco Mariuzzo. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1387 L'annullamento d'ufficio di un atto amministrativo viziato condizionato, oltre che alla sussistenza del vizio, all'esistenza di ragioni di pubblico interesse, che ne consigliano la rimozione; pertanto, di fronte alla consolidazione degli effetti di un atto, determinata dal decorso di un notevole lasso di tempo, sussiste l'obbligo di valutare sul piano discrezionale sia l'esigenza del rimistino della legalit, dimensi011abile anche in termini economici ove rifietta questioni patrimoniali, sia l'esigenza di non turbare situazioni giuridiche ormai definitive (2). (2) La Sezione ha fatto applicazione nel caso di specie dei principi generali elaborati in materia di convalescenza dell'atto amministrativo, dichiarando l'illegittimit di un provvedimento di annullamento di un atto di collocamento in congedo, risalente al 1949; i presupposti dell'annullamento in sede di autotutela sono stati correttamente identific~ti nella massima, che sembra aver trascurato, peraltro, di considerare che l'esistenza di ragioni di pubblico interesse, la cui omessa valutazione ha viziato i1 provvedimento impugnato, andava strettamente correlata ad esigenze di carattere patrimoniale, nelle quali ovviamente l'astratta esigenza del ripristino della legalit si colora in modo particolare, nonch alla circostnza che l'annullamento era stato effettuato dall'autorit amministrativa in presenza di due contemporanei rapporti di servizio da parte dello stesso dipendente. La valutazione della rilevanza in materia patrimoniale deve ritenersi, infatti, esistente in re ipsa in un sistema amministrativo nel quale l'ordinamento della spesa fondato sul principio di legittimit della stessa: e tale conclusione appare, del resto, avvalorata proprio dalle indicazioni fornite dalla Sezione per un corretto esercizio del potere di annullamento, tenuto conto della concreta inesistenza, in materia patrimoniale, di criteri sicuri e diversi da quelli rivolti al recupero di somme indebitamente per.cette ed idonei ad ancorar.e l'esercizio della discrezionalit da parte dell'Amministrazione. (Cfr. Ad. plen. 28 novembre 1970, n. 12 Il Consiglio di Stato 1970, I, 1841; Ad. plen. 7 ma'fzo 1962, n. 2, ivi, 1962, I, 397; inoltre Sez. IV, 8 ottobre 1961, n. 542, ivi, 1961, I, 1832; Sez. IV, 4 novembre 1963, n. 603, ivi, I, 1307. In dottrina cfr. SANDULLI: Manuale di diritto amministrativo, GIUFFR, 1962, 376 e sgg.; CANNADA-BARTOLI: Sulla discrezionalit dell'annullamento d'ufficio, RADP 1949). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 15 settembre 1971, n. 839 -Pres. Granito -Est. Paleologo -Serao (avv. AnvaldC e Vitellio) c. A.N.A.S. e Prefetto di Napoli (avv. Sta>to Dallari) e soc. Infrasud (avvocato Ferrari). Giustizia amministrativa -Atto impugnabile -Occupazione temporanea -Autorizzazione all'ingresso nel fondo per la redazione dello stato di consistenza - atto preparatorio -Impugnazione Inammissibilit. (art. 71 I. 25 giugno 1865, n. 2359). 1388 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Giustizia amministrativa -Atto impugnabile -Prtecipazione, al privato, della data di redazione dello stato di consistenza - atto preparatorio -Impugnazione -Inammissibilit. Espropriazione per p. u. , -Occupazione d'urgenza -Stato di consistenza -Autorizzazione all'ingresso nel fondo -Obbligo di notifica o comunicazione al proprietario -Non sussiste. Espropriazione per p. u. -Occupazione d'urgenza -Stato di consistenza -Redazione -Obbligo di picchettamento -Non sussiste. (art. 8 l. 25 giugno 1865, n. 2359). Espropriazione per p. u, -Occupazione d'urgenza -Stato di consistenza -Redazione da parte di un tecnico dell'A.N.A.S. -Legittimit. (art. 34 l. 7 febbraio 1961, n. 59; art. 32 1. 25 giugno 1865, n. 2359). , inammissibile il ricorso giurisdizionale avanzato contro l'atto del Prefetto di autorizzazione all'ingresso nei 'berreni di privati, preordinato alla redazione dello stato di consistenza, trattandosi di un mero atto intermedio del procedimento che si conclude con l'occuwzione temporanea (1). inammissibile il ri.corso proposto contro l'atto di comunicazione della data fissata per la redazione dello stato di consistenza, risolvendosi detto atto in un momento intermedio del procedimento di occupazione temporanea (2). L'atto del Prefetto di autorizzazione all'ingresso nei terreni di privati non deve essere notificato ai relativi proprietari, essendo sufficiente che essi ne prendano conoscenza al momento della redazione dello stato di consistenza (3). Nel corso della redazione dello stato di consistenza non sussist;e alcun obbligo di delimitare con picchetti o altri segnali il fondo da occupare, essendo condizione neces8aria e sufficiente la sua esatta determinazione (3). Legittimamente la redazione dello stato di consistenza di fondi da occupare da parte dell'A.N.A.S. viene effettuata, ai se1t8i di quanto disposto dall'art. 34 della l. 7 febbraio 1962, n. 59 in deroga alla previsione generale deU'art. 71 della l. 25 giugno 1865, n. 2359. direttamente da tecnici della suddetta Azienda (5). (1-2-3-4-5) Massime da condividere. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1389 CONSIGL.:IO DI STATO, Sez. V, 29 settembre 1971, n. 773 -f'res. ed Est. Breglia -Rel. Salvatore -Svampa (avv. De Paolis) c. Comune di Roma (avv.ti Rago e Carnevale) e Prefetto di Roma (n. c.). Giustizia amministrativa -Giunta provinciale amministrativa -Dichiarazione di incostituzionalit -Devoluzione del giudizio al Consiglio di Stato -Riassunzione -Termine di decadenza -Non sussiste. Giustizia amministrativa -Impiego pubblico -Segretario comunale Pretese patrimoniali -Ministero dell'Interno -Non controinteressato. Corte costituzionale -Sentenza dichiarativa di incostituzionalit Interpretazione -Necessit. Impiego pubblico -Stipendi, assegni e indennit -Prescrizione ~ Dichiarazione di incostituzionalit - limitata ai rapporti d'impiego privato. (e.e. artt. 2948, n. 4, 2955 e 2956). lmpieg;> pubblico -Segretario comunale -Supplenza -Diritti di segreteria -Mancato computo -Legittimit. Impiego pubblico -Segretario comunale -Supplenza -Determinazione del compenso per il periodo anteriore atl'entrata in vigore della L. 8 giugno 1962, n. 604 -Distinzione rispetto al periodo successivo -Necessit. (art. 39 1. 8 giugno 1962, n,. 604; art. 193 t.u. 3 marzo 1934, n. 383). La devoluzione al Consiglio di Stato delle' competenze gi appartenenti aila Giunta provinciale amministrativa in s. g. presuppone soltanto che il ricorso, introduttivo dell'originario .giudizio, sia stato a suo tempo ritualmente proposto e che, del pari, il giudizio medesimo non sia divenuto irrevocabile, del tutto irrilevante essendo il momento in cui concretamente il processo viene riassunto dinanzi al Consiglio di Stato (1). Nel giudizio che venga proposto in sede giurisdizionale nei confron.ti di un Comune da parte d;i un proprio dipendente il Ministero dell'Interno non assume la veste di controinteressatl>, in quanto l'eventuale ac (1) La massima da approvare in assenza di espliciti termini di decadenza per la riassunzione davanti al C.d.S. dei giudizi gi pendenti dinanzi alle G.P.A., risolvendosi il coniroarlo avvi.so in una ipotesi di denegata giustizia, come stato chiarito nella motivazione; vedasi per rif. Cass. SS.UU., 21 settembre 1970, n. 1642, Giust. Civ., 1970, I, 1330. 1390 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO coglimento del ricorso destinato ad incidere esclusivamente sul Comune (2). Le. sentenze dichiarative di incostituzionalit vanno interpretate, tenuto anche conto dell'eventuale limitato rilievo della pronuncia nel contesto delle norme sottoposte a giudizio, con riferimento alla motivazione, che ne costituisce il presupposto e daila quale si rende evidente l'esatta portata della decisione (3). La dichiarazione di incostituzionalit degli artt. 2948, n. 4, 2955 e 2956 e.e., disposta dalla Corte costituzionale con sentenza del 10 giugno 1966, n. 63 per la parte in cui le suddette norme consentivano la prescrizione dei crediti di lavoro in costanza del relativo rapporto, deve essere limitata, alla luce di quanto si desume dalla motivazione, al rapporto d'impiego di diritto privato, risultando in modo ce.rto escluso l'ambito del rapporto di pubblico impiego dalla portata della dichiarazione di incostituzionalit, anche se, in tale ultimo caso, in difetto di disciplina espressa, debbano ritenersi applicabili disposizon del e.e. (4). Nel calcolo del compenso dovuto a segretari comunali in caso di supplenza legitmamente viene omesso il computo dei diritti di segreteria, non essendo questi ultimi ricompresi nella voce tabellare iniziale e spettando esclusivamente in 1'elazione al compimento effettivo di singole prestazioni (5). Relativamente alle supplenze dei segretari comunali, effettuate in data anteriore all'entrata in vigore della l. 8 giugno 1962, n. 604 la liquidazione del compenso va determinata secondo quanto stabilito dall'articolo 193 del t.u. 3 marzo 1934, n. 383 non avendo la nuova discip1.(ina introdotta carattere retroattivo (6). (2) Massima esatta. (3-4) L'affermazione refativa all'.interpretazi.one delle decisioni della Corte costituzionale va condivisa, avendo, tra l'altro, la sezione po,sto in rilievo la sua opportunit non soltanto in via g,enel'ale, ma nell'ipotesi in cui la dicbia['azione cli incostituzionalit, attenendo ad un solo aspetto della portata della norma, consenta la sua integ,rale, letterale sopravvivenza. Non pacifica, al contrario, la conclusione che nella fatti.spede trae il collegio: cf:r. in senso difforme Sez. VI, 23 marzo 1971, n. 225 It Consiglio di Stato 1971, I, 618; vedasi anche Corte cost. 20 novembre 1969, n. 143 in questa Rassegna 1969, I, 1002. ' (5-6) Massime esatte. OCNSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 28 settembr,e 1971, n. 696 -Pres. Tozzi -Est. Valitutti -Consoli (avv. Tafuri) c. Ministero pubblica istruzione (avv. Stato Zagari). Impiego pubblico -Trasferimenti -Graduatoria degli aspiranti Ricorso .gerarchico -Semplice interesse al miglioramento delle posizione in graduatoria -Non giuridicamente protetto -Omesso PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1391 esame della posizione della ricorrente in sede di decisione gerarchica -Illegittimit. La sola, obiettiva possibilit di conseguire il trasferimento richiesto legittima l'impugnativa in sede gerarchica della graduatoria di trasferimento, non potendosi riconoscere giuridica rilevanza al mero interesse al miglioramento della rispettiva posizione in graduatoria, alla quale fa, infatti, difetto ogni natura di merito; illegittimo risulta, in conseguenza, il provvedimento di"accoglimento del ricorso gerarchico, che abbia omesso l'esame della concreta situazione dell'interessata ai fini suindicati (1). (1) -Cfr. Sez. VI, 14 novembre 1969, n. 657, Il Consiglio di Stato 1969, I, 2251. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 28 settembre 1971, n. 699 -Pres. Tozzi -Est. Brignola -Di Leonardo (avv. Tribuzio) c. Ispettorato Scolastico Melfi e Direttore didattico Rionero in Vulture (avv. Stato Casamassima). Impiego pubblico -Note di qualifica -Dipendente in servizio in pi uffici nel corso dell'anno -Competenza -Criterio. (artt. 49 e segg. t.u. 10 gennaio 1957, n. 3). Impiego pubblico -Note di qualifica -Ricorso gerarchico -Decisione motivata su fatti non contestati in precedenza -Illegittimit. Impiego pubblico -Note di qualifica -Assenze giustificate -Valutazione negativa -Possibilit -Limiti. La valutazione dei pubblici dipendenti che abbiano prestato servizio in pi uffici nel corso dell'anno va effettuata, in sede di redazio-ne delle note di qualifica, dall'organo preposto all'ufficio presso il quale l'interessato presta attuamente la propria opera, a nulla rilevando, a tal fine, l'eventuale maggiore periodo di appartenenza ad altri uffici (1). In sede di decisione di ricorso gerarchico inibita all'Amministrazione l'introduzione per la p1ima v~lta nella valutazione complessiva annuale di un insegnante di fatti mai contestati e accertati, non essendo consentito all'autorit decidente di utilizzare elementi di giudizio diversi da quelli che formano l'oggetto del thema decidendum 2).~ Le assenze dal servizio regolarmente giustificate non possono costituire, di per s considerate, il presupposto per una valutazione negativa, non potendo essere imputato al pubblico dipendente l'incidenza obiettivamente negativa sul servizio delle assenze medesime (3). (1-2-3) Massime esatte: cfr. Sez. V, 3 aprile 1970, n. 330, Il Consiglio di Stato 1970, I, 624; Sez. VI, 24 gennaio 1962, n. 92, ivi, 1962, I, 145. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 giugno 1971, n. 1887 -Pres. Giannattasio -Est. Perrone Capano -P. M. Silocchi (conf.) Ferraro (avv. Bonsembiante e Manzi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Gargiulo). Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Acquisto di area pro indiviso -Applicabilit -Assegnazione distinta di soli uffici o negozi -Ininfluenza. (1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 14). Quando pi persone acquistano la propriet d'i un'area e contemporaneamente stabiiiscano l'appartenenza delle singole unit immobiliari del fabbricato che verr costruito, l'acquisto deti'area avviene sempre per propriet indivisa e pu quind.i fruire deWagevolazione dell'art. 4 della t. 2 luglio 1949, n. 408 anche se col distinto e separato negozio di concessione reciproca e ad aed.ificandum si attribuisce a tal.uno dei candomini la propriet di soli uffici o negozi (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 13 e 14 della 1. 2 luglio 1949, n. 408, per avere i giudici di merito ritenuto che nella specie non fossero a1Pplicabili le suindicate agevolazioni tributarie. Il ricorso fondato. Si gi detto che i fratelli Ferraro vendettero a pi persone, fra cui la Fracanzani, una parte dell'area edificaibile di loro propriet; con l'intesa che sull'intera area sarebbe stato costruito un nuovo fabbricato. In (1) In ordine alla fattispecie va precisato che nel caso non cade in questione la vendita isolata di negozio (art. 17), bens l'acquisto dell'area destinata alla costruzione di un edificio per case di abitazione con negozi (articolo 14); il conttatto di acquisto dell'area va considerato separatamente dall'autonomo e coevo negozio di concessione reciproca del diritto di superficie per il costruendo edificio in condominio e, cosi isolatamente riguardato, al contratto di acquisto per propriet indivisa non pu essere negata l'age-. volazione se nel complesso dell'edificio (quale che sar la successiva ripartizione fra condomini per effetto dell'altro rapporto) le parti destinate ad uffici e negozi non sono prevalenti. L'autonoma tassabilit dell'atto di co PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1393 realt, nonostante l'unicit dell'atto, furono eseguite pi vendite (a diversi acquirenti) di quote indivise della detta area, le quali corrispondevano al valore proporzionale del1e future quote di propriet dello erigendo fabbricato. E tali quote di propriet dovevano costituire singole unit immobiliari appartenenti ai singoli proprietari, salvo il condominio sulle parti comuni dell'edificio, ai sensi dell'art. 1117 cod. civ. Avvenuta la costruzione, che ebbe per ogget.to case di abitazione (non di ..lusso) e locali destinati ad altri usi, la Fraca:nzani divenne proprietria dell'unit immobiliare che le era stata assegnata, costituita da un negozio. Il quesito, che venne sottoposto ai giudici di merito, consisteva nello stabilire se io! contratto di compravendita concluso dalla Fracanzani potesse beneficiare delle agevolazioni tributarie (imposta fissa di registro e riduzione ad un quarto dell'imposta ipotecaria) previste dall'articolo 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408, che applicabile solo per le costruzioni di case di abitazione, anche se comprendono uffici e negozi . La Corte di appello ha risolto il quesito in senso negativo, ritenendo in via di principio: a) che, ai fini delle predette agevolazioni, si debba ricercare se il fabbricato, pur costituendo strutturalmente un solo corpo, sia altresi un unico oggetto, oppure rappresenti una somma di oggetti diversi, aventi ciascuno una propria individualit e costituenti, in ultima analisi, immobili divers} ; b) che nel caso in cui, essendoci una pluralit di persone, il gruppo non acquisti la propriet pro indiviso della eostruzione, ma ciascun soggetto consegua la propriet esclusiva di una parte. (un'ala del fabbricato, o un singolo appartamento, o un negozio, o un ufficio), l'unit della costruzione viene meno, ,e non v' pi un solo oggetto, ma una pluralit di oggetti, ciascuno dei quali deve essere considerato separatamente al fine di stabilire se ricorrano le condizioni di legge per il beneficio tributario. Applicando tali principi alla fattispecie, ha poi ritenuto che con il sorgere, fiJn da;Ll'origine, di tante singole propriet esclusive, l'unit della costruzione si frazion nella molteplicit delle singole parti, ciascuna delle quali costitui un oggetto separato e autonomo, suscettibile di una propria disciplina, e 'che i.n tal modo vennero a costituirsi altrettante untt im stituzione reciproca del diritto di .superficie, che non d luogo a connessione ex art. 9 legge di registro, esclude che questo atto possa influenzare. ai fini della tassazione il contratto di acquisto dell'area. Sulla tassabilit dell'atto di costituzione del diritto di superficie si veda fa sent. 5 giugno 1971, n. 1674 (in questa Rassegna, 1971, I, 1127 con richiami) che ha escluso l'applicazione del beneficio dell'art. 14, ed ha altresl escluso che questo atto possa considerarsi in connessione strumentale o indissolubilmente collegato con quello di acquisto de'area, ed ha infine escluso che la concessione reciproca possa considerarsi una permuta. 1394 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mobiliari, tra le quali intercorreva un mero rapporto di vicinanza . In sostanza, la Corte d'appello ha affermato che un unico edificio, costi tuente nella sua struttura un unico fabbricato, ove appartenga a pi persone, in condominio per le parti comuni (suolo, fondazioni, tetti, sca le, ecc.) ed in propriet esclusiva per le singole unit immobiliari (ap partamenti, uffici, negozi, ecc.), deve considerarsi, ai fini tributari di cui trattasi, com una pluralit di immobili, diversi e distinti, fra i quali intercorra un rapporto di mera vicinanza. Siffatte affermazioni non possono essere condivise per un triplice ordine di ragioni. 1) La legge 2 luglio 1949, n. 408, .prevede J.e unit economiche a s stanti ., al fine di escludere l'applicabilit delle agevolazioni tribu tarie concesse con la legge medesima, solo per i negozi gi costruiti, che formino oggetto di vendita isolata (art. 17, ultimo comma). Ana loga previsione non contenuta nell'art. 14, che riguarda gli acquisti di aree edificabili ed i co~tratti di appalto, diretti alla costruzione di case di abitazione non di lusso, anche se comprendano uffici e negozi. Nena specie, la Fracanzani acquist una quota indivisa di area edifi cabile, non un negozio (anche se poi divenne proprietaria di un nego zio, successivamente costruito); e, ai fini dell'imposta di registro sul contratto di compravendita, si discuteva circa l'applicabilit dell'art: 14, non dell'art. 17 della legge del 1949. 2) Nessuna disposizione di tale legge richiede che, ai fini dell'appHcazione dell'art. 14, il nuovo fabbricato appartenga in propriet ad una sola persona. pacifico, anzi, che le agevolazioni tributarie in parola si applicano anche nei casi di compropriet e di condominio. Ed principio ormai affermato che, ai fini delle dette agevolazioni, occorre aver riguardo alla destinazione .prevalente dell'intero edificio, non alla destinazione delle singole unit immobiliari in esso incorporate. La prevalenza si determina in base ai criteri specificati con le leggi inter. pretative ed integrative del 6 ottobre 1962, n. 1493 e 2 dicembre 1967, n. 1212. Se prevalenti -rispetto agli uffici e ai negozi -sono le case di abitazione, le agevolazioni competono (sempre che ricorrano le altre condizioni richieste dalla legge) non solo per le case di abitazione, ma anche per gli uffici e i negozi, anche se appartenenti a .diversi .proprietari. 3) giurisprudenza di questa Suprema Corte (sentenze n. 2297 del 1968, nn. 255, 608, 639, 714 del 1970, e altre) che la convenzione con la quale pi soggetti, divenuti comproprietari di un suolo edificatorio per effetto di compravendite di quote indivise dello stesso, convengono nel l,Iledesimo atto di compravendita di costruire sul loro suolo un edificio in condominio, stabilendo che ciascuno di essi debba divenire proprietario esclusivo di una parte determinata del progettato edificio (tpotesi che ricorreva nella fattispecie), costituisce concessione reciproca di diritti di superfici.e, ai sensi dell'art. 952 e.e., soggetta ad PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1395 autonoma tassazione per imposta di registro. Nell'enunciare tali principi, questa corte ha sempre affermato che la reciproca concessione ad aedificandum non necessariamente ed intrinsecamente connessa, ai sensi dell'art. 9 della legge del registro, con i contestuali contratti di acquisto delle quote indivise dell'area edificabile, i quali, ove ne ricorrano gli estremi, fruiscono delle agevolazioni tributarie previste dall'art. 14 della legge n., 408 del 1949. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 giugno 1971, n. 1968 -Pres. Stella Richter -Est. Granata -P. M. Gentile (conf.) -Cassa di Risparmio .di Parma (avv. Costa) c.' Ministero delle Finanze (avv. Stato Angelini Rota). Imposta generale sull'entrata -Istituti esercenti il credito -Decisione della sezione speciale per le imposte di negoziazione della Comutlssione Provinciale -Azione ordinaria -Termine - quello di sei mesi. (1. 19 giugno 1940, n. 762, artt. 51 e 52). Imposta generale sull'entrata -Entrata imponibile -Interessi sui mutui concessi a Comuni e provincie -Esclusione. (1. 19 giugno 1940, n ..762, art. 1 lett. f), art. 3 lett. e). IZ termine per Za proposizione deU'azione ordinaria dopo Za deci sione deLla Sezione speciale per l'imposta di negoziaziooe detla Com missione Provinciale delle imposte in materia di valutazione delle en trate derivanti dalle operazioni degli istituti eserce111,ti il credito (art. 51 legge 19 giugno 1940, n. 762) quello di sei mesi, avente1 portata gene rale, e non quello di 60 giorni di cui all'art. 52 (1). Gli interessi sui mutui concessi ai comuni e alle provincie non danno luogo ad entrata imponibile in quanto sono da considerare astrat ta,mente qualificabili neilZa categoria A del reddito di ricchezza mobile, a norma delL'art. 3 lett. e) delZa legge 19 giugno 1940, n. 762 (2). (1-2) Sulla prima massima, di evidente esattezza, cfr. la Cass. 10 di cembre 1970, n. 2625 (in questa Rassegna, 1971, I, 146) che ha ritenuto il termine di sei mesi di applicazione generalissima e quindi riferibile, ove non sia diversamente stabilito in modo espresso, a tutte le decisioni di contenuto sia amministrativo che giurisdizionale. La seconda massima suscita invece gravi perplessit e non pu essere condivisa. La Suprema C'orte, difatti, pervenuta alla conclusione che gli interessi sui mutui concessi dagli istituti di credito ai comuni e alle pro vincie non danno luogo ad entrata imponibile con IGE sulla base della 1396 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Con il primo motivo di ricorso, la Cassa di Risparmio di Parma, denunziando violazione degli artt. 51 e 52 della legge 19 giugno 1940, n. 762 e degli artt. 325, 326 c ..p.c., sostiene che la Corte del merito avrebbe dovuto, in accoglimento dell'eccezione ;preliminare da essa formulata, riconoscere e dichiarare l'improponibilit dell'azione giudiziaria promossa dall'Amministrazione con l'atto di citazione 28 gennaio 1966. E deduce che, non essendo stabilito nell'art. 51 della detta legge alcun termine per la proposizione dell'azione giudiziaria avverso le decisioni emesse (come nella specie) dalle commissioni tributarie in materia di valutazione delle entrate derivanti d.alle operazioni degli istituti esercenti il credito, si doveva applicare per analogia il termine di sessanta giorni prescritto dal successivo art. 52 per il promovimento dell'azione giudiziaria avverso le ordinanze ed i decreti emessi dall'Intendente di Finanza e dal Ministro delle Finanze in materia di accertamento, cognizione e definizione delle violazioni prevedute dalla detta legge, e riconoscere quindi la tardivit dell'atto introduttivo del giudizio, notificato dopo il decorso di oltre cinque mesi dalla notifica della pronunzia della Commissione Provinciale. La censura priva di fondamento. Si deve bens riconoscere che l'azione giudiziaria, in materia fiscale, deve essere proposta entro un perentorio termine di decadenza ancb,e quando la legge tributaria, nel consentire la specifica azione, non lo preveda espressamente; ed parimenti esatto che, in tali casi, la durata del termine deve essere desunta da principi generali o mediante la applicazione, in via analogica, di norme che regolano rapporti similari. Per stabilire la similarit, peraltro, occorre riferirsi alla comunanza degli elementi essenziali tra i due rapporti ed alla ratio della considerazione che tali interessi, in quanto derivanti da operazioni sottratte, per speciali disposizioni di legge, al libero esercizio dell'attivit bancaria e alla libera contrattazione speculativa, sarebbero riconducilbili, in quanto tali, nella categoria A del reddito di R. M. Tale affermazione appare per in stridente contrasto con la chiara disposizione dell'ultimo comma dell'art. 85 del T.U. sulle imposte dirette n. 645 del 1958, secondo cui gli interessi percepiti dalle aziende ed istituti di credito o da altri soggetti nell'esercizio di imprese commerciali, ad esclusione di quelli derivanti dai titoli posseduti, concorrono a formare il reddito imponibile di cat. B . E siccome l'art. 3 lett. c della leg.g 19 giugno 1940, n. 762 stabilisce a sua volta che costituiscono entrata gli interessi attivi a qualunque titolo percetti da societ, da istituti ed aziende in dipendenza dell'esercizio del credito, non classificabili ai fni dell'imposta di R.M. in cat. A appare che anche .gli interessi in esame debbano essere qualificati come entrata imponibile con IGE. La questione sar quindi riproposta all'esame della Suprema Corte. 'PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1397 norma espressa, la cui disciplina si deve estendere al rapporto non I'egolto; e, alla stregua di tali criteri, non pu ravvisarsi sostanziale analogia tra i rapporti regolati dall'art. 51 della legge in esame, che concernono l'accertamento dell'entrata imponihlle, e-i rapporti regolati dal successivo art. 52, che riguardano il contenzioso repressivo, cio la applicazione delle sanzioni derivanti dalla violazione degli obblighi imposti dalla legge. Manifesta invece l'intensit della relazione analogica che esiste tra l'azione giudiziaria consentita dal succitato art. 51 della 1. 19 giu gno 1940 e l'azione giudiziaria concessa, per li;! controversie che abbiano formato oggetto di decisioni da parte delle Commissioni tributarie, dall'art. 146 della legge di Registro e dalle corrispondenti disposizioni dell'art. 94 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3270 sulle imposte di successione, dell'art. 36 del r.d. 30 diembre 1923 n. 3271 sull'imposta di mano morta e dall'art. 10 della 1. 25 agosto 1943 n. 540 sulle imposte ipote carie, le quali determinano tutte in sei mesi dalla notificazione delle dette decisioni il termine utile per adire l'autorit giudiziaria. Questa Corte, anzi, giudicando a Sezioni Unite (cfr. sentenze 26 ottobre 1955 n. 3493 e 20 ottobre 1962 n. 3051), ha sancito che dal complesso delle suindicate disposizioni pu esser.e desunto un prin cipio di portata generale, secondo cui, con la notifica del provvedi mento definitivo delle Commissioni tributarie, si pone in moto in ogni caso il termine di sei mesi al di l del quale non pi consentito adire l'autorit .giudiziaria ordinaria; e di tale principio, con la decisione del 20 ottobre 1962, stata fatta applicazione proprio in materia di imposta sull'entrata, in riguardo ad un'azione giudiziaria proposta per il rimborso di tributi indebitamente percetti. Non essendo stata dedotta (n essendo, comunque emersa) alcuna ragione che giustifichi un mutamento di indirizzo, il suenunciato prin cipio_ deve essere anche ora applicato, con la conseguente reiezione del motivo in esame. (Omissis). Con il terzo motivo la Cassa di Risparmio denunzia la violazione degli artt. 1, lett. f) e 3 lett. c) della legge organica sull'I.G.E. e so stiene che l'applicabilit del tributo agli interessi da essa percepiti in dipendenza di mutui concessi ad ,enti pubblici stata ill:egittimamente affermata dalla Corte del merito, in base all'erroneo convincimento che la legge abbia inteso escludere dall'imposta i soli interessi deri vanti dal puro impiego d capitali, indicati nell'art. 1 1 lett. f) e che pertanto l'esonero non possa essere esteso agli interessi derivanti dai mutui anzidetti, i quali, bench assoggettati a particolare disciplina, costituiscono pur sempre operazioni dipendenti dall'esercizio del ere/ dito., ai sensi dell'art. 3, lett. c) della succitata legge. La censura fondata. 1398 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Per un'esatta soluzione delle questioni sollevate con il motivo in esame, necessario esaminare congiuntamente le disposizioni dell'articolo 1 lett. f) della legge organica sull'I.G.E., secondo la quale non costituiscono entrata imponibile gli interessi derivanti dal puro impiego di capitale, classificabili agli effetti della imposta di r.m. in cat. A, e gli interessi e i dividendi derivanti dall'impiego di capitali in titoli di Stato e delle societ per azioni, nonch da depositi bancari e da rapporti di conto corrente , e la disposizione dell'art. 3 lett. c) della stessa legge, la quale prescrive che invece costituiscono entrata gli interessi attivi a qualunque titolo percetti da societ, da istituti ed aziende in dipendenza dell'esercizio del credito, non classificabili ai fini dell'imposta di R. M. in categoria A. La prima disposizione ha evidentemente, sul piano soggettivo, carattere generale, giacch, nell'escludere che gli interessi in ess~ indicati costituiscano entrata imponibile, si riferisce, in mancanza di qualsiasi specificazione o limitazione, a tutte le persone fisiche o giuridiche che percepiscano tali interessi, comprese quelle che esercitano l'attivit bancaria. La seconda, invece, si riferisce .esclusivamente ai soggetti che esercitano l'attivit creditizia e sancisce che costituiscono entrata gli interessi attivi percepiti da tali soggetti nell'esercizio dell'attivit istituzionale, a meno che non siano classificabili, ai fini dell'~posta di r.m., in categoria A. Orbene, in base a tali premesse, non pu essere condivisa l'inter pretazione data a quest'ultima disposizione della Corte del merito, s~ condo cui, con l'inciso non classificabili, ai fini dell'imposta di r.m., in cat. A , si sarebbe inteso escludere l'assoggettabilit al tributo degli intePessi che non hanno inerenza con l'attivit bancaria esercitata dal percipiente e che siano, in quanto tali, classificabili in cat. A ai fini ' dell'imposta di ricchezza mobile. da considerare, infatti, che la disposizione principale contenuta nella norma in esame ( assoggettamento all'imposta) si riferisce agli interessi dipendenti dall'esercizio del credito, cio ad interessi che necessariamente derivano da impiego di capitale e dall'organizzazione dell'impresa creditizia; non dunque configurabile, nell'ambito di tale categoria, l'esistenza di interessi che non ineriscano all'attivit ban caria, e si deve quindi escludere che tale sia il significato della ecce zione che il legislatore ha inteso apportare alla suindicata disposi zione principale. D'altra parte, la disposizione, se dovesse essere intesa nel senso voluto dalla Corte del ~erito, risulterebbe superflua, giach, una volta esclusa l'inerenza alla attivit bancaria, si rientrerebbe n~lla previsione del succitato art. 1 lett. f) della legge in esame, che gi PAR'rlil I, SEZ, V_, GIURISPltUDENZA TRIBUTARIA stabilisce, nei confronti .di tutti, l'inapplicabilit dell'imposta agli interessi deriovanti dal puro .iinpiego di capita!e. L'eccezione stabilita nell'art. 3 lett. e) della legge, con l'iinpiego dell'espressione non classificabili in (lategoria A) ai fini dell'imposta di r.m. deve dunqe necessariamente riferirsi ad interessi che, per / quanto inerenti all'esercizio del credito, derivano per da operazioni sottratte, per speciali disposizioni di legge, al libero esercizio -dell'attiv. iit bancaria e alla libera t:ontratta21ione speculativa, riconducibili, in quantb tali, nlla categoria A) -del re'ddito di R. 'M. E tali caratteristiche presentano fndubbiamente i mutui concessi alle Provincie, ai Comuni e agli altri Enti morali, che le vigenti leggi, allo s.coipo di mcentivar e agevolare l'.so pubblico dei fondi rac.colti da#M' iislituti di :::!eaito e in partieal:te dalle-~asse-di Itisparmio, assog getta)lo a uno siec.iale regime, che mentre fa\);.orlsee:gll ~ti mutuatari, pDeelude altli isti~ti balet;"a contrattazione. La lgg:e, infatti, ba considerato i recWitiJ~l1wanti da tali operazioni come avulsi--dal proficuo cielo dei norm.li. investimenti bancari e :ha iI:it~o pertanit<.1,.,ai.fini ~ell~.;p(lSta 'l!!wl:l!~ntl'.lltta, -r!ser:vare ad essi ('-Come $ta:to rll~yf,tto '4a autor.evole i;lottrina) un tiratta:mento analogo a A111ello-delle _rem~erazioni conse$Uite con altri investimenti_ non speculatf;Vj, . cQmE!i l'~Ci,lq.ui~t(:) .di titoli -41-StaI dl\:SSAZIQNE, sz. I, 8 luglio 1971, n. 2103 -Pres. Favara -Est. Gambogi -P. M. C:trupia (conf.) -Soc.-Montecatini Edison (avv. Mi,,>0h-eli e Menegaz.~i) e Minis!~r(> delle Fin_anze (avv. Stato oronas:). Imposte e tasse in genere -Ingiunzfone -Posizione processuale della .Finanza -Eccezioni nuove in appello -Diverso fondamento giu- ridico della pretesa tributaria -Ammissibilit. (t.u. 14 aprile 1910, n. 639; c.p.c. art. 345). Imposta di registro -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti per loro natura le une dalle altre -Societ di capitali .. Au 1400 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mento di capitale deliberat al fine della fusione -Unica tassa zione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 8 e 9 e tariffa A, artt. 81 e 85). Imposta di registro -Agevolazioni per la fusione di societ ex elet triche -Fusione per unione e fusione per incorporazione -Appli cabilit a tutti i casi. (1. 6 dicembre 1962 n. 1643, art. 9; e.e. art. 2501). Imposta di re~~tro -Agevolazioni per la fusione di societ ex elettriche -Aumento di capitale diretto a facilitare la fusione -Esclusione dell'agevolazione -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti per loro natura le une dalle altre -Aumento di capitale e fusione -Possibilit. (l. 6 dicembre 1962 n. 1643, art. 9; r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269-, art. 9). L'Amministrazione Finanziaria a tutti gLi effetrti convenuta nel giudizio di opposiz.ione aLl'ingiunzione fiscale e come tale pu., anche in grado di appeUo, sia essa appeLlante o appenata, propMre nuove eccezioni a norma dell'art. 345 c.p.c. e quindi addurre nuove ragioni di diritto per contrastare la pretesa del contribuente ad una agevolazione (1). L'aumento di capitale deliberato da una societ per azioini al preciso scopo di realizzare la fusione con altre socieV strettamente connesso con l'atto di fusione e costituisce anzi con esso un unico inscindibiie feinomeno economico-giuridico soggetto alla sola tassaz.ione prevista per la fusione di societ (2). L'agevolazione detl'art. 9 deLla legge 6 dicembre 1962 n. 6143 per la\fusio11ie di sooiet ex elettriche si app~ica sia aile funsio11ii per unione (creazione di una nuova societ risultante daita estinz.io11ie di queLle fuse) sia alla fusione per incorporazione (3). L'aumento di capitale deiibemto noin per assoluta necessit ma sol tanto per facilitare la fusione di societ ex elettriche no11i rientra nel (1-4) Nello stesso senso della seconda e terza massima anche la sentenza 7 luglio 1971, n. 2122 di cui si omette la pubblicazione. Sulla prima massima la giurisprudenza ormai pacifica, anche con specifico riferimento al mutamento del nomen iusis della pretesa tributaria in appello (Cass. 21 gennaio 1971, n. 202, in questa Rassegna, 19'71, I, 420). La questione oggetto della seconda massima risolta in modo del tutto nuovo: si considerano cio i due atti di aumento di capitale e di fusione non come indissolubilmente connessi (ex art. 9 legge registro) ma come integranti un unico e inscindibile fenomeno economico giuridico da considerarsi tale ex art. 8. Ma invero proprio questa unicit il carattere vero di quella connessione logica e necessaria (in senso giuridico) richiesta PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1401 l'agevolazione dell'art. 9 della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, ma pu tuttavia non dar Luogo ad autonoma tassazione ove sia in logica e necessaria concatenazione ai sensi dell'art. 9 della legge di registro on l'atto di fusione (4). (Omissis). -Col primo mezzo del suo ricorso la Montedison denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art. 2 del t.u. 14 aprile 1910 e degli artt. 4 e 5 della leg,ge abolitiva del contenzioso amministrativo, lamentando che la Corte di Appello abbia, rigettando la sua opposizione, ritenuto atto amministrativo valido la ingiunzione sebbene questa recasse una motivazione in diritto diversa da quella adottata dalla stessa Corte di Appello ed evidentemente erronea. La doglianza infondata perch secondo la ormai costante giurisprudenza di questa Corte Suprema (da ultimo: sentenze n. 609 del 1970, 582, 1585, 2775, 2019, 196 del 1969) la opposizione ad ingiunzione fiscale instaura un giudizio di cognizione ordinaria nel quale attore l'opponente e convenuta l'Amministrazione delle finanze, la quale, quindi pu proporre tutte le eccezioni che tale veste processuale le consente, nei modi e nei tempi stabiliti dal codice di rito. Nella specie la finanza ha resistito in primo grado alla opposizione deducendo come eccezione il motivo di diritto posto a fondamento della ingiunzione; in appello, invece, ha dedotto una eccezione nuova per resistere alla domanda di concessione della agevolazione fiscale, sostenendo che questa, anche se non era limitata alla ri-strettissima ipotesi di cui al penultimo comma dell'art. 9 della legge di nazionalizzazione, non spettava comunque nel caso di fusione per incorporazione. Tale comportamento processuale costituisce quindi legittimo uso della facolt concessa dal capoverso dell'art. 345 c.p.c. al convenuto, appellante od appellato che sia, e conseguentemente nessuna censura pu essere fondatamente fatta alla Corte di Appello per aver dall'art. 9; si applica questa norma quando un unico risultato pu essere raggiunto soltanto attraverso due atti che non possono stare l'uno senza l'altro. La S. C. ha spostato invece questo concetto verso l'unicit del negozio per cercare uno spaziO nuovo alla connessione dell'art. 9 verso la quale fa convergere (ultima massima) la eventuale concatenazione fra negozi di cui il primo (aumento di capitale) serve a facilitare la fusione. chiara per la differenza fra necessit logica e giuridica e mera possibilit di facilitazione; come evidente la impossibilit di considerare la connessione sotto l'aspetto del fatto, in riferimento cio ad esigenze pratiche ed economiche. Di fronte ad un aumento di .capitale di 24 miliardi che non ha una corrispondenza con l'incorporazione, di connessione necessaria non po trebbe minimamente parlarsi, a meno che non si, voglia portare la norma dell'art. 9 sul terreno delle mera utilit e convenienza dal punto di vista pratico. 1402 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO preso in considerazione la nuova eccezione della finanza. Il primo motivo di ricorso deve essere quindi rigettato. Col secondo mezzo la Montedison, denunziando la violazione degli artt. 85, 110 e 113 tariffa di registro allegato A e dell'art. 7 della legge 15 febbraio 1949 n. 33, si duole del fatto che sia stata sottoposta a registrazione, con la relativa richiesta di imposta proporzionale, la deliberazione assembleare 14 dicembre 1963 con la quale furono apP,rovati i progetti di fusione e gli aumenti di capitale all'uopo necessari, invece che il successivo atto di fusione. Anche questa censura infondata, perch la ingiunzione di pagamento del supplemento di imposta fu notificata alla Montedison il 9 novembre 1966, e cio dopo che alla fusione erasi data esecuzione con rogito Zanussi del 29 febbraio 1964 e dopo che la societ aveva comunicato, con denunzia 19 maggio 1964, che l'aumento di capitale aveva acquistato efficacia a partire dal 2 mag.gio precedente. Il secondo motivo di ricorso deve essere quindi anche esso rigettato. Col terzo motivo la Montedison lamenta che la Corte di Appello, col ritenere soggetto ad autonoma imposta di registro proporzionale l'aumento di capitale approvato ed eseguito per realizzare la fusione, abbia violato e falsamente applicato gli articoli 1, 4, 9 della legge di registro, .Sl bis ed 85 della relativa tariffa allegato A. La doglianza . fondata. A ragione, infatti, la societ ricorre:qte richiama la, sia pur vetusta, sentenza 18 gennaio 1916 della Cassazione di Roma laddove questa afferma che quando 1'.aumento di capitale sia deliberato al preciso La giurisprudenza del S. C. su questa questione si rilevata nel:l'ultimo periodo quanto mai instabile: moltevolte si segue il tradizionale concetto restrittivo: sentt. 6 febbraio 1970, n. 255; 6 marzo 1970, n. 555; 29 ottobre 1970, n. 2221 (in questa Rassegna, 1970, I, 292, 427 e 1149); 5 .giugno 1971, n. 1674; 15 aprile 1971, n. 1056 (ivi, 1971, I, 1127 e 852); allo stesso tempo per si intende il principio dell'art. 9 come una semplice convenienza soggettiva: .sentt. 3 aprile 1971, n. 944; 26 maggio 1971, n. 1565 (ivi, 1971, I, 852 e 1098). Non sembra infine corretta l'affermazione che l'atto, considerato unieo in forza dell'art. 9, debba tassarsi avendo riferimento al negozio fine (fusione) rispetto al quale diventa irrilevante il negozio mezzo (aumento di capitale), cosicch l'unica imposta dovuta sarebbe quella (agevolata) per la fusione; in base all'art. 9 l'unica disposizione tassabile quella ohe d luogo alla tassa pi grave, si che l'imposta proporzionale sull'aumento di capitale non potr mai assorbirsi nell'imposta fissa di fusione. Pertanto una volta affermato che all'aumento di capitale deliberato per facilitare la fusione non applicabile l'agevolazione della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, a nulla approderebbe il riservare una concatenazione di questo atto con altro che gode dell'agevolazione. ' PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1401 l'agevolazione dell'art. 9 della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, ma pu tuttavia non dar luogo ad autonoma tassazione ove sia in logica e necessaria concatenazione ai sensi dell'art. 9 della legge di registro on l'af!to di fusione (4). (Omissis). -Col primo mezzo del suo ricorso la Montedison denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art. 2 del t.u. 14 aprile 1910 e degli artt. 4 e 5 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo, lamentando che la Corte di Appello abbia, rigettando la sua opposizione, ritenuto atto amministrativo valido la ingiunzione sebbene questa recasse una motivazione in diritto diversa da quella adottata dalla stessa Corte di Appello ed evidentemente erronea. La doglianza infondata perch secondo la ormai costante giurisprudenza di questa Corte Suprema (da ultimo: sentenze n. 609 del 1970, 582, 1585, 2775, 2019, 196 del 1969) la opposizione ad ingiunzione fiscale instaura un giudizio di cognizione ordinaria nel quale attore l'opponente e convenuta l'Amministrazione delle finanze, la quale, quindi pu proporre tutte le eccezioni che tale veste processuale le consente, nei modi e nei tempi stabiliti dal codice di rito. Nella specie la finanza ha resistito in primo grado alla opposizione deducendo come eccezione il motivo di diritto po.sto a fondamento della ingiunzione; in appello, invece, ha dedotto una eccezione nuova per resistere alla domanda di concessione della agevolazione fiscale, sostenendo che questa, anche se non era limitata alla ristrettissima ipotesi di cui al penultimo comma dell'art. 9 della legge di nazionalizzazione, non spettava comunque nel caso di fusione per incorporazione. Tale comportamento processuale costituisce quindi legittimo uso della facolt concessa dal capoverso dell'art. 345 c;p.c. al convenuto, appellante od appellato che sia, e conseguentemente nessuna censura pu essere fondatamente fatta alla Corte di Appello per aver dall'art. 9; si applica questa norma quando un unico risultato pu essere raggiunto soltanto attraverso due atti che non possono stare l'uno senza l'altro. La S. C. ha spostato invece questo concetto verso l'unicit del negozio per cercare uno spazia nuovo alla connessione dell'art. 9 verso la quale fa convergere (ultima massima) la eventuale concatenazione fra ne.gozi di cui il primo (aumento di capitale) serve a facilitare la fusione. chiara per la differenza fra necessit logica e giuridica e mera possibilit di facilitazione; come evidente la impossibilit di considerare la con'nessione sotto l'aspetto del fatto, in riferimento do ad esigenze pratiche ed economiche. Di fronte ad un aumento di capitale di 24 miliardi che non ha una corrispondenza con l'incorporazione, di connessione necessaria non potrebbe minimamente parlarsi, a meno che non si, voglia portare la norma dell'art. 9 sul terreno delle mera utilit e convenienza dal punto di vista pratico. 1404 RASSEGNA DELL'AVVOCATU~A DELLO STATO ' , Pertanto la questione deve essere esaminato perch la ricorrente ha un preciso ed attuale interesse alla riaffermazione del principio per cui nella fusione di societ per incorporazione il corrispondente aumento di capitale azionario non deve essere colpito da imposta diversa ed autonoma da quella che, se del caso, colpisca l'atto di fusione. E che tale principio debba essere oggi riaffermato non pu essere dubbio. Vero che dopo la sentenza n. 1945 del 1968 questa Corte Suprema ha avuto occasione di affermare che la imposta di registro sugli aumenti di capitale pu corrispondere non solo ad una trasmissione di denaro in senso proprio ma anche ad una di quelle variazioni di uso e di godimento che rientrano nell'ampia dizione dell'art. 4 della legge di Registro (sentenza n. 42 del 1971) e che quindi, da questo punto di vista, si pu rilevare che i soci delle due societ fuse vengono, con l'aumento del capitale sociale, reciprocamente a godere di beni dei quali in precedenza non godevano, anche perch la potenzialit economica di una societ industriale non cresce in semplice ragione aritmetica dell'aumento di capitale risultante da una fusione per incorporazione; ma l'argomento della mancanza di incremento di ricchezza solo un argomento di rincalzo -e la sentenza n. 1945 del 1968 come tale lo considera -.per sostenere la impossibilit di tassare, contemporaneamente e distintamente atto di fusione e aumento di capitale. L'argomento principale, anzi assorbente, quello tratto dall'art. 8 della legge di registro, per cui le tasse sono applicate secondo l'intrinseca natura e gli effetti degli a~ti . Nella ipotesi in esame pi che di connessione necessaria tra fusione per incorporazione ed aumento di capitale della societ incorporante (connessione che porterebbe comunque anch'essa alla registrazione a tassa fissa a sensi dell'art. 9 cpv. della legge di registro) deve parlarsi di unicit ed inscindibilit del fenomeno economico-giuridico ehe oggetto della iII],posta, perch quando avviene la ineorporazione il patrimonio ed il capitale della societ incorporante, se non intervengano accordi o fattori speciali, aumentano automaticamente in corrispondenza degli apporti da parte della incorporata; avyiene insomma un fenomeno analogo -se il paragone lecito -al fenomeno fisico per cui, se si versa un liquido da un recipiente in un altro contenente un liquido diverso il livello della mistura cosi risultante cresce insieme al mescolarsi dei componenti, non per connessione o coincidenza tra i due fatti, ma perch questi sono, in realt, un fatto solo. Che poi fusione ed aumento di capitale siano oggetti di imposta previsti da due distinti articoli (81 e 85) della Tariffa -rilievo che dalla finanza altrove si fatto - considerazione che non assurge nemmeno a dignit di argomento, evidente essendo che, se difficilmente pu concepirsi incorporazione senza aumento di capitale, normalmente si hanno aumenti di capitale senza incoi~ PARTE 1, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1405 porazioni: e tanto basta a giustificare la esistenza dell'art. 85 della Tariffa aceanto all'art. 81. Il terzo motivo del ricorso deve essere quindi aecolto, affermandosi ,che se nella specie dovuta solo la ,imposta fissa sulla fusione, per la stessa agevolazione fiscale nemmeno pu essere pretesa imposta proporzionale sul eorrispondente aumento di capitale. Col quarto motivo del ricorso la Montedison, denunziando la violazione e falsa applicazione dell'art. 9 della legge 6 dicmbre 1962 n. 1643, lamenta ehe la Corte di appello abbia ritenuto che le fusioni di societ ex elettriche agevolate fiscalmente dal quinto comma di tale art. ,g siano soltanto le fusioni per unione, attuate mediante la costituzione di una nuova societ risultante dalla estinzione di quelle fus~, e non anehe le fusioni per incorporazione. Anche questa doglianza fondata. La sentenza impugnata ha basato, in proposito, il suo convincimen~ o -con una motivazione per vero .inadeguata alla gravit della decisione adottata -quasi esclusivamente sul rilievo terminologico che l'art. 9 della legge di nazionalizzazione usi la espressione societ risultante dalla :fusione che l'art. 2504 cod. civ. adotta in contrapposizione alla espressione societ incorporante . Ma questo rilievo pi che controbilanciato dalla considerazione che lo stesso art. 9 concede la agevolazione senza far distinzioni agli atti di fusione e che secondo l'art. 2501 e.od. civ. la fusione un genus nel quale rientrano come modi di esecuzione la species della incorporazione e della costitul!: ione di una nuova societ. E, d'altra parte, poich nel concetto di societ risultante dalla fusione rientra anche l'ipotesi della societ incorporante, che ovviamente dopo la incorporazione viene ad essere un organismo quantitativamente e qualitativamente diverso da quello che era prima, non c' nulla di strano nel fatto che il legislatore, per dettare la condizione limitatrice di cui alla lett. a) del comma quinto dell'art. 9, abbia fatto uso di una espressione che ben poteva coprire tutte e due le ipotesi di fusione richiamate precedentemente eon l'Indicazione onnicomprensiva degli atti di fusione . Ma quello che pi conta, al di l di ogni disquisizione terminologica (se vero che -come oggi in particolar modo si proclama da ogni parte, combattendo contro la .interpretazione meramente letterale della legge -~icire leges non est verba earum tenerre, se vim ac potestatem) che la ratio legis della disposizione in esame non con-. sente assolutamente la distinzione :fatta dalla Corte di Milano. Detta ratio legis , gi in s, evidente: il legislatore, infatti, ha evidentemente voluto favorire la concentrazione delle societ ex elettriche che, private della loro attivit sociale, si fossero trovate in gravi difficolt per sopravvivere destinando a nuove imprese i capitali ad esse dovuti per indennizzo dall'ENEL, e si fossero conse 1406 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO guentemente 1poste in liquidazione con dannose conseguenze tanto per i loro azionisti che per l'economia nazionale. Ci risulta espressamente dai lavori preparatori che giustificano il trattamento fiscale di favore col e migliore dimensionamento, ai fini dell'esercizio di ulteriori attivit imprenditoriali, delle societ i cui beni siano stati trasferiti e ci nel quadro di sviluppo della economia (Relazione di maggioranza alla Camera dei Deputati, n. 15); ed , del resto, l'unica spiegazione ragionevole che si pu .fornire della disposizione in esame. Ci posto, non si vede, allora per quale ragione l'agevolazione fiscale non si dovrebbe concedere proprio nel caso in cui, incorporandosi la societ di piccole dimensioni e di esile struttura finanziaria in un maggiore ente economico del tipo di quello che parte in causa -e Cio la Montedison -esiste la sicurezza assoluta che nessuna delle risorse economiche, apportate dalla piccola societ nella grande, vada dispersa o resti inutilizzata. Che se, anzi, una distinzione dovesse farsi da questo punto di vista tra le due ipotesi di fusione, sarebbe allora la fusione per costituzione di un ente nuovo che almeno in te~i apparirebbe meno idonea allo scopo legislativo del miglior dimensionamento per l'esercizio di ulteriori attivit imprenditoriali ; perch mentre si pu ritenere che l'apporto di nuove forze economiche non ipu che giovare, almeno secondo l'id quod plerumque accidit, ad una impresa gi di .grandi dimensioni, non affatto sicuro che la somma di pi debolezze dia sempre per risultato una forza; che, cio, riunendo insieme pi imprese sociali non vitali, per le loro piccole . dimensioni, dopo che si sia proceduto all'esproprio delle loro aziende elettriche, si possa dar vita senz'altro ad una grossa e redditizia concentrazione industriale. Basta considerare quale possa essere dal punto di vista dell'avvi amento la differenza tra una societ di nuova costituz.ione ed una societ che gi da lungo tempo agisce e prospera nel ..campo industriale (nella specie la Montecatini, incorporante prima della Edisonvolta e poi delle minori societ di cui oggi causa) perch appaia tutto l'assurdo interpretativo, dal punto di vista della ratio legis, della tesi propugnata dalla finanza ed accolta dalla Corte di Miano,_ che nega l'agevolazione fiscale proprio nei casi in cui essa si rivela in prospettiva generale ed astratta, naturalmente, e salvi sempre i casi particolari -pi utile ed appropriata secondo la presumibile volont del legislatore, qual essa appare anche ripetesi, dai lavori preparatori. Va infine considerato che con la successiva legge 18 marzo 1965 n. 170 lo stesso legislatore, dettando una pi ampia serie di agevolazioni .fiscali per ogni forma di fusione e concentrazione di societ e di aziende ha ribadito, all'art. 1 lett. b), che la costituzione di una societ nuova e la incorporazione non sono che i modi di attuazipne della fusione; ed ha dato la riprova, sussumendo tutte le varie ipotesi PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1407 di trasformazione, fusione, concentrazione e aumenti di capitale' allo scopo di facilitare dette operazioni sotto lo stesso beneficio fiscale (e cio la registrazione a tassa fissa) che, se la concessione di tale benefiicio motivata dalla necessit di facilitare il dimensionamento delle imprese, delle societ e delle aziende nell'interesse economico' gnerale, ogni distinzione tra le forme che i soggetti privati interessati possano scegliere per meglio conseguire, nella variet dei casi e delle esigenze singole, il fine economico e finanziario che il legislatore ha inteso agevolare fiscalmente, purch naturalmente trattisi di forme giuridicamente valide, a questi scopi arbitraria. Vero che chi si limitasse, come ha fatto la sentenza impugnata, ad interpretare la legge secondo il solo criterio letterale, potrebbe osservare che la legge n. 170 del 1965 ha espressamente specificato che la agevolazione fiscale si applica ad entrambi i modi di attuazione della fusione, e cio costituzione di nuova societ ed incorporazione, mentre la legge di nazionalizzazione elettrica tale espressa distinzione non ha fatto; ma le ragioni logico-giuridiche, sistematiche e di ricostruzione della volont del legislatore sopra messe in luce impediscono di dare anche a questa diversit di formulazione letterale dei testi di legge qualsiasi rilievo. evidente che il legislatore nel redigere una apposita legge fiscale di sei complessi articoli ha potuto adottare una fo~ulazione pi diffusa e pi specifica per descriver le varie ipotesi di atti agevolati in materia di trasformazione fusione e concentrazione di societ commerciali; mentre nell'introdurre una norma particolare in materia nel corpo di una legge indirizzata a tutt'altro scopo generale ha dovuto necessariamente essere pi conciso, omettendo quella distinzione tra costituzione di nuova societ, ed incorporazione che del resto di fronte al chiaro disposto dell'art. 2501 cod. civ., pu ben apparire pleona$tica quando siasi genericamente .parlato di atti di fusione . Anche il quarto motivo del ricorso deve essere quindi accolto, affermandosi che pure le f.sioni per incorporazione rientrano nella agevolazione fiscale di cui , causa. Colquinto ed ultimo motivo di ricorso la Montedison, denunziando ancora la violazione dell'art. 9 della legge 6 dicembre 1962 n. 1643, in relazione agli artt. 81 ed 85 della Tariffa all. A della leg.ge di registro, lamenta il mancato accoglimento della sua richiesta -fatta valere dinanzi alla Corte di Milano con appello incidentaie -di registrazione a tassa fissa anche dell'aumento di capitale da 276 a 300 miliardi di lire destinato a facilitare la fusione attraverso il concambio delle azioni tra nuovi e vecchi azionisti. La doglianza articolata su tre tesi distinte, e cio: a) estensione necessaria della agevolazione dall'aumento di capitale corrispondente alla fusione all'aumento di capitale destinato a facilitare detta fusione, secondo la tendenza legislativa in materia (leggi n. 192 del 1942, 1408 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO n. 1057 del 1948, n. 603 del 1954, n. 170 del 1965 gi richiamata); b) connessione necessaria (ai. sensi dell'art. 9 della legge di registro) tra aumento di capitale .per facilitare la fusione e atto di fusione; c) intassabilit ex art. 85 della Tariffa all. A alla legge di registro degli aumenti di capitale effettuati mediante passaggio dalle riserve a capitale, per mancanza in tal caso del trasferimento di ricchezza oggetto di imposta. La tesi sub e) stata correttamente rigettata, sia sotto il profilo processuale che sotto quello sostanziale, dalla Corte di .Aippello. Poich detta tesi prescinde completamente dalla questione della agevolazione fiscale delle fusioni di societ, essa poteva essere esaminata nel merito senza essere assorbita dalla pronunzia con cui si rigettava la pretesa di registrazione a tassa fissa delle fusioni per incorporazioni di imprese ex elettriche e relativi aumenti di capitale. E nel merito doveva essere respinta, perch questa Corte Suprema, con la gi citata sentenza n. 42 del 1971, ha affermato che l'aumento di capitale mediante passaggio dalle riserve a capitale della somma relativa non si esaurisce in una mera operazione contabile ma concreta un mutamento di regime nel godimento dei beni spettanti. agli azionisti e come tale deve essere sottoposta a tassa proporzionale di registro ai sensi dell'art. 4 della legge organica e dell'art. 85 della Tariffa all. A; non dovendosi confondere, a questi effetti, il caso della imposta di registro con quello della tassa sulle concessioni governative, per la quale la nota apposta all'art. 111 della Tabella annessa alla legge relativa .espressamente richiede quel nuovo apporto di ricchezza che evidentemente non ricorre nel passaggio da riserve a capitale (da ultimo: sentenza n. 183 del 1969, n. 2301, 2295, 2147 del 1968). Da questo indirizzo giurisprudenziale non v' oggi motivo di discostarsi, e pertanto la tesi sopra elencata sub c) deve essere senz'altro disattesa, rigettandosi per questa parte il motivo di ricorso. Anche la tesi sub a) stata rigettata dalla Corte di Appello, che ha escluso che tra la fusione e l'aumento di capitale di 24 miliardi di lire vi fosse un vincolo unitario tale da giustificare l'agevolazione fiscale. Tale pronunzia dal punto di vista del rito ultronea, perch la Corte stessa, av:endo gi affermato che nemmeno all'atto di fusione, essendo questa avvenuta per incorporazione, l'agevolazione spetteva, doveva ovviamente dichiarare assorbita quella parte dell'appello incidentale colla quale si sosteneva che detta agevolazione doveva essere riconosciuta anche per l'aumento di capitale destinato a faciliare la incorporazione, non rigettare la deduzione nel merito. A parte tale..rilievo, peraltro, la tesi del ricorrente non pu essere in diritto accettata. Questa Corte .Suprema ha ritenuto, accogliendo le deduzioni esposte dalla Montedison col terzo mezzo, che l'aumento. di capitale corrispondente alla operazione di fusione non pu essere PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA oggetto di autonoma imposta di registro; ed accogliendo il quarto mezzo, poi, ha affermato che l'agevolazione fiscale di cui al quinto comma dell'art. 9 della legge istitutiva dell'ENEL concerne anche gli atti di fusione per incorporazione; ma ci ha fatto, senza procedere ad interpretazioni estensive e tanto meno analogiche, col semplice uso del criterio logico giuridico per risolvere la questione della unicit del fenomeno fusione-aumento di caipitale e col ricorso alla evidente volont del legislatore per risolvere i dubbi interpretativi fondati sulla lettera del predetto art. 9 della Jegge di nazionalizzazione. Ma far rientrare nel disposto di tale norma di agevolazione anche gli aumenti di capitale eseguiti per facilitare il concambio delle azioni nella fusione sol perch le altre leggi indicate dalla ricorrente indubbiamente prevedono, come la legge n. 170 del 1965, fa registrazione a tassa fissa dei contemporanei aumenti di capitale deliberati per facilitare le fusioni o le concentrazioni od in OCcasione di queste non sarebbe pi una interpretazione logico sistematica e nemmeno semplicemente estensiva, ma addirittura analogica, non ammissibile come tale in materia di norme di agevolazione fiscale, data la riconosciuta natura eccezionale di queste. Sar pur vero -ma nella specie nemmeno stata data sufficiente spiegazione dell'assunto -che l'aumento di capitale destinato a favorire il concambio delle azioni un'operazione tecnicamente indispensabile per una regolare e proficua riuscita della fusione; ma certo che detto aumento di capitale prodromico e preparatorio alla fusione stessa: a) non a questa collegato c9n quel vincolo di identit ed automatica corrispondenza che si riconosciuto esistere per l'aumento di capitale contemporaneo alla incorporazione; b) non pu in alcun modo considerarsi previsto dal disposto dell'art. 9 della legge istitutiva dell'ENEL, perch la stessa formulazione delle disposizioni agevolative generali invocate dalla ricorrente fa comprendere che, agli effetti fiscali de qu.ibus, mentre l'aumento di ca.pitale che funzione della fusione rientra nel concetto di questa, tanto vero che non viene nemmeno menzionato dal legislatore, l'aumento di apitale deliberato per facilitare le fusioni o le concentrazioni ed in occasione di queste , 1sempre per riferirsi alla recente legge n./ 1 70 del 1965, espress;imente previsto come autonomo oggetto di registrazione a tassa fissa (art. 1 lett. d legge predetta). Se si accogliesse la tesi sopra quali: ficata sub a), .quindi, si estenderebbe a un caso simile, ma diverso, sia pure in omaggio ad una pretesa volont del legislatore, la norma di agevolazione dell'art. 9 legge n. 1643 del 196?; e ci in violazione della norma interpretativa di cui all'art. 14 delle Disposizioni sulla legge in generale. Ma se ci , non detto che la legge organica di registro non possa tener conto delle esigenze sostanziali dedotte nella specie dalla Montedison col far presente che senza il preliminare aumento di capi 1410 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tale per il concambio non si sarebbe potuta eseguire correttamente la incorporazione. Il capoverso dell'art. 9 della legge di registro stessa dettato proprio per venire incontro ad esig.enze del genere ed evitare quella che in defin9iiva sarebbe una doppia tassazione o, nel caso di atto agevolato, una agevolazione monca od incompleta. La connessione prevista da tale norma, infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema, va riconosciuta tutte le volte in cui tra pi disposizioni esista, in forza di legge e non per mera volont delle parti; una concatenazione logica necessaria, cosi che le stesse possano esser ricondotte per la loro intrinseca natura, o in virt di un disposto di legge, nell'unico rapporto tassabile ai fini della imposta di registro quali elementi indispensabili del medesimo (sentenza n. 2752 del 1969); ed appunto questo principio, richiamato evidentemente dalla ricorrente con la tesi sub b) del mezzo in esame, che anche nella specie deve essere applicato. Naturalmente sar il giudice di rinvio che con motivato apprzzamento di fatto dovr decidere se nel presente caso effettivamente sussista questa concatenazione logica necessaria tra la fusione e l'aumento del capitale da 276 a 300 miliardi di lire che apoditticamente la ricorrente sostiene essere stato nella specie indispensabile per procedere al concambio delle azioni e, quindi, alla incorporazione registrata a tassa fissa,. cosi che in tale registrazione agevolata possa essere compreso anche detto aumento preliminare di capitale; e ci perch un apprezzamento del ,genere non rientra nei poteri di questaCorte di legittimit (sentenza n. 2521 del 1962, proprio in materia di aumenti di capitale per facilitare la fusione di societ, ai sensi della legge n. 603 del 1954). In questi sensi, pertanto, ed entro questi limiti deve essere accolto anche il quinto mezzo del ricorso. La sentenza impugnata deve essere quindi cassata e la causa rinviata per nuovo esame ad altra Corte di Appello che applicher i seguenti principi di diritto. L'agevolazione fiscale (registrazione a tassa fissa) prevista dal quinto comma dell'art. 9 della legge 6 dicembre 1962 n. 1643 per gli atti di fusione di societ gi esercenti imprese elettriche nazionalizzate deve intendersi coneessa anche per gli aumenti di capitale contemporaneamente deliberati come mezzo, di esecuzione della fusione, che non debbono essere, quindi, autonomamente tassati ai sensi dell'art. 85 della Tariffa allegato A alla .legge di registro . Le fusioni di societ da registrasi a tassa fissa ~i sensi del quinto comma dell'art. 9 legge 12 _dicembre 1962 n. 1643 non sono soltanto quelle realizzate con la costituzione di una nuova societ, ma anche quelle realizzate mediante incorporazione ai sensi dell'art. 2501 codice civile. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1411 Gli aumenti di capitale disposti solo per facilitare le fusioni agevolate di CUi al quinto comma dell'art. 9 della legge 6 dicembre 1962 n. 1643 potranno fruire della stessa agevolazione per effetto dell'art. 9 capoverso della legge organica di registro, ove sia in fatto accertata la concatenazione logica necessaria, per loro intrinseca natura o per un disposto di legge, tra le due operazioni. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 luglio 1971, n. 2191 -Pres. Rossano -Est. Della Valle -P. M. De Marco (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. Soc. Alfer (avy. Guerra). Imposta ipotecaria -Credito a medio e lungo termine -Risoluzione anticipata in caso di inadempienza -Incompatibilit col requisito della durata minima dell'operazione -Esclusione. (1. 27 luglio 1962, n. 1228; e.e. artt. 1186 e 1819). Condiz1ione per l'applicabiLit del trattamenfJo fiscale in abbonamento per le operazioni di finanziamento a medio e lungo termine soltanto che, in via di normale proois.ione .contrattuale, la durata convenuta sia almeno fJriennale; non contrasta con tale finalit la clausola contrafJtuale che, in applicazione degli artt. 1186 e 1819 e.e., prevede la. risoluzione anticipata del contratto in caso di inadempimento del mutuatario; n quella che consente al mutuatario di rimborsare .anticipatamente il capitale (1). (Omissis). -Con l'unico mezzo dedotto la ricorrente Amministrazione finanziaria dello Stato, denunciando la vioJazione e la falsa (1) Operazioni di finanziamento .a medio e lungo termine: legge 27 luglio 1962, n. 1228 concedente agevolazioni tributarie. La legge 27 luglio 1962, n. 1228 sul trattamento tributario degli Istituti di credito a medio e "lungo termine, fonte di molti dubbi e incertezz,e per gli operatori del diritto. La Corte di Cassazione, con la sentenza in Tassegna, ha risolto un caso, sotto l'aspetto interpretativo della legge, di portata apparentemente limitata: se cio siano o meno in contrasto col concetto di operazione a medio e lungo termine, quale stato assunto dalla legge stessa, al 20 comma dell'art. 1 ( agli effetti della presente legge si considerano a medio o lungo termine le operazioni a scopo di investimento di durata non inferiore a tre anni ), le clausole che in applicazione o rafforzamento degli artt. 1186 e 1819 cod. civ. diano facolt al mutuante di !risolvere anticipatamente il contratto di mutuo in caso di inadempimento del mutuatario. Era stato sostenuto dalla difesa dell'Amministrazione che esse non sono compatibili con la particolare natura del finanziamento contemplato dalla ricordata legge del 1962, in quanto rischiano di non consentire all'impresa 1412 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO applicazione de}J'art. 1 della legge 27 luglio 1962, n. 1228 in relazione agli artt. 1186, 1453, 1454, 1813 e 1819 e.e., nonch dell'art. 8 della legge di registro 30 dicembre 1923, n. 3269 in :relazione alla legge sulle imposte ipotecarie 25 giugno 1943, n. 540, e la contraddittoriet ed insufficienza di motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., censura l'impugnata sentenza per aver ritenuto che ai fini della concessione dei benefici .fiscali di cui alla citata legge 1228 del 1962 sia sufficiente che il contratto di finanziamento sia stato stipulato a scopo d'investimento : e per una durata non inferiore a tre anni , rimanendo il negozio, per tutto il resto, soggetto alla disciplina stabilita dal e.e. per le obbligazioni ed i contratti in generale, ed in particolare per i comuni contratti di mutuo. finanziata, o di renderle oltremodo difficile, il superamento di quelle situazioni di sbilancio economico che, soprattutto nel periodo iniziale, quando cio la somma investita rappresenta una posta passiva nel bilancio azien-. dale, intervengono cos di frequente ad ostacolare o ritardare il graduale ordinato sviluppo dell'impresa . La Corte di Cassazione ha osservato che siffatta tesi non trova conferma nella lettera della legge la quale ha voluto bens sottrarre l'impresa finanziata all'arbitrio e all'agemonia dell'ente finanziatore con l'assicurarle il godimento del mutuo per almeno tre anni, ma non ha certamente voluto anche svincolare tale garanzia di durata minima dal fedele e puntuale adempimento, da parte di essa mutuataria, degli obblighi contrattualmente assunti, tra i quali quello, essenziale, del pagamento dei ratei alle scadenze pattuite . Con l'ultima parte della sentenza la Suprema Corte ha poi negato fondamento alla ulteriore tesi sostenuta da1l'Aministrazione, secondo cui la clausola contrattuale che autorizza il mutuatario a rimborsare anticipatamente il capitale preso a prestito, in contrasto con la ricordata disposizione di legge; ed ha osservato che non si pu pensare che una norma posta indubbiamente a favore del mutuatario .Io privi tacitamente del diritto riconosciutogli dall'art. 1184 e.e. di eseguire anzitemp,o la sua obbligazione. Tale argomento peraltro non sembra consistente in quanto il termine per la restituzione della somma trova, in rapporto al contratto di mutuo, una regolamentazione speciale nell'art. 1816 e.e., che deroga al principio generale posto dall'art. 1184 e.e.: talch il termine nel mutuo fruttifero, come sempre sono quelli concessi dalle imprese esercenti il credito, si presume stipulato a favore di entrambe le parti e non del solo mutuatario. Peraltro per ben comprendere il valore e la portata da attribuire alla pi volta ricordata disposizione di cui al secondo comma, art. 1, della legge del 1962, e stabilire quali clausole contrattuali siano con essa compatibili e quali no, il discorso deve spaziare' pi ampiamente, a ricercare i criteri informatori della legge. Occorre invero fissare subito l'attenzione sul fatto che la legge 27 luglio 1962, n. 1228 ha per oggetto non :gi il trattamento tributario delle operazioni di credito a medio o lungo termine, bens il trattamento tributario degli Istituti di credito a medio e lungo termine : essa cio vuol disciplinare organicamente i benefici tributari che l'e varie leggi spe"Ciali concedevano agli istituti operanti nel campo dei finanziamenti a medio e PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1413 Al riguardo, muovendo dal rilievo che la ratio della norma agevolativa non soltanto quella di favorire lo sviluppo delle medie e piccole imprese, sottraendoJ.e ai :rischi connessi, per il suo eccessivo costo, al normale ricorso al finanziamento bancario ed agevolandole rispetto ai pesi fiscali, ma anche e soprattutto quello di assicurare a dette imprese, per tutta la durata del contratto, il pieno godimento della somma mutuata, evitando loro anche il rischio, insito in un comune mutuo bancario, della decadenza dal beneficio del termine nelle ipotesi previste dall'art. 1186 e.e., essa ricorrente sostiene che la clausola con cui, all'art. 10 del contratto in oggetto, venne .pattuito che nel caso di mancato puntuale pagamento, alle scadenze indicate, anche di una sola rata, o di mancata osservanza, ,sia da parte della soiet finanziata sia da parte dei garanti e dei coobbligati, anche di una sola delle condizioni e modalit contenute in detto contratto e nel relativo capitolato, l'Istituto avrebbe potuto far decadere la mutuataria, i garanti ed lungo termine, unificando il regime di imposta in abbonamento di cui tali istituti possono fruire, imposta sostitutiva delle molteplici e gravose tasse e imposte elencate nel terzo comma dell'art. 1 della legge; essa costituisce e consolida cosi, a favore di tali istituti, un regime tributario fortemente privilegiato. D'altra parte, poich nell'ordine naturale delle cose che il carico tributario venga, da chi concede il finanziamento, riversato su chi lo riceve, ne deriva .che i benefici stessi si risolvono in un alleggerimento delle spese a favore di costui. Ci premesso, chiaro appare come il legislatore del 1962, per delimitare la sfera di applicazione della nuova normativa, segua due criteri, uno sog.gettivo e l'altro oggettivo. Sotto il profilo soggettivo il nuovo regime indica tassativamente quali sono gli enti che operano nel settore del credito, che possono usufruire del previsto regime in abbonamento. Essi sono gli istituti di credito e le sezioni di aziende e di istituti di credito, che.esercitano, in conformit alle disposizioni di legge e dei loro statuti, il credito a medio e lungo termine ., nonch le aziende di credito, per le loro sezioni o gestioni non fornite di. personalit giuridica che esercitano, anch'esse in conformit alle disposizioni di legge e degli statuti, il credito a medio e lungo termine . La dizione della legge, che definisce gli istituti ammessi allo speciale trattamento tributario, ha un significato tecnico ben preciso (V. in arg. G. FERRI, in Enciclopedia del diritto, vol. IV, voce Aziende di Credito, pag. 752, n. 1; v. anche P. ADONNINO, Il regime tributario italiano delle operazioni di credito a medio e lungo termine, in Banca, borsa e titoli di credito ., 1967, vol. I, pag. 196). Si tratta degli istituti che :ricadono sotto la disciplina dell'art. 41 della legge.bancaria. E che a questo significato abbia inteso attenersi il legislatore appare non solo dalla precisa terminologia adottata (v. in arg. gli autori citati), ma esplicitamente chiarito nella relazione del Ministro Trabucchi al disegno di legge presentato alla Camera dei Deputati (Atti parlamentari, III legislatura, progetto n. 2952): ivi infatti, dopo aver premesso che il trattamento tributario degli istituti e delle sezioni che esercitano attivit creditizie diverse dal credito a breve termine 1414 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ,,_i coobbligati dal beneficio del termine come previsto dall'art. 1186 e.e. ' non assolutamente compatibile con la particolare natura del finanziamento contemplato dalla citata legge del 1962, in quanto rischia di non consentire alrimpresa finanziata, o di renderle oltremodo diflicile, il superamento di quelle situazioni di sbilancio economico che, soprattutto nel periodo iniziale, quando cio la somma investita rappresenta soltanto una posta passiva nel bilancio aziendale, intervengono cosi di frequente ad ostacolare od a ritardare il graduale ordinato sviluppo dell'impresa. La censura infondata. Che, in vista della particolare finalit perseguita, la legge 1228 del 1962, col porre la durata e almeno triennale > dell'operazione di finanziamento come condizione indefettibile per il godimento dei benefici fiscali istituiti nel primo comma dell'art. 1, abbia inteso dero-. gare al principio sancito d.aglt artt. 1136 e 1819 e.e. -giacch tale istituti e sezioni che la legge bancaria (artt. 41 e seguenti della legge 7 marzo 1938, n. 141 e della legge 7 aprile 1938, n. 636) ed i successivi provvedimenti legislativi considerano nella disciplina del credito a medio e a lungo termine -si presenta attualmente non troppo chiaro e piuttosto diso. rganico ,vengono esposte le direttive cui si ispira.il disegno di legge, e si precisa: il provvedimento ha riferimento agli istituti ed alle sezioni che esercitano il credito a medio e lungo termine -e quindi, ovviamente, a quelli che esercitano sia il credito a medio termine che il credito a lungo termine, ed a quelli che esercitano soltanto il credito a medio termine o soltanto il credito a lungo termine -ed alle aziende di credito aventi speciali gestioni, non fornite di personalit giuridica, che esercitano il credito a medio e lungo termine (art. 1 comma primo). Poich l'art. 41 della legge bancaria e le leggi successive fanno riferimento, in via principale, ai singoli istituti, .sezioni o .gestioni, anche l'attuale provvedimento segue la medesima impostazione, raggiungendo in tal modo il risultato di sopprimere i trattamenti particolari fatti di volta in volta ai singoli istituti o a singole attivit di credito speciale . In sostanza quindi il legislatore non ha inteso estendere il particolare regime dell'abbonamento a tutti gli enti di credito che .comunque compiano operazioni di mutuo a medio o lungo termine, ma soltanto di dare una disciplina unitaria agli enti che, per l'attivit che svolgono nel campo creditizio, a favore di particolari settori dell'economia nazionale, gi usufruivano di un 'Particolare regime tributario. Rimangono quindi escluse dall'ambito della legge le aziende di credito ricadenti sotto la disciplina dell'art. 5 della legge bancaria (fTa cui anche le Casse di Risparmio). Alcune di queste aziende operano, si pu dire esclusivamente, nel campo del credito ordinario (e cio credito c.d. di esercizio): cosi le banche costituite in forma di societ per azioni, le banche popolari, le banche di interesse nazionalei per anche queste imprese possono in via eccezionale concedere mutui a medio o lungo termine (v. art. 99 legge bancaria). Altre invece, cos le Casse di Risparmio, possono operare. promiscuamente nel campo del credito ordinario o di quello a medio o lungo terfuine, in conformit ai loro statuti. l"ARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1415 , al fondo, la sostanza del ragionamento dell'Amministrazione ricorrente, risolvendosi la menzionata clausola n. 10 ir.i una pura e semplice rtproduzione del contenuto di detto articolo -, invero, affermazione che non solo non trova nella lettera della legge conferma alcuna, ma contrasta altres col fondamentale principio secondo il quale in tema 1 di agevolazioni fiscali devesi avere riguardo agli effetti potenziali dell'atto e non a quelli eventualmente .prodottisi di poi in concreto. Con lo stabilire che agli effetti della presente legge si conside rano a medio e lungo termine le operazioni a scopo d'investimento di durata non inferiore a tre anni ,, (art. 1 comma 2), il legislatore si limitato, infatti, unicamente a fissare un termine a favore del debi tore onde dar modo allo stesso di svolgere con tranqui1lit il proprio programma d'investimento senza .cqrrere il pericolo di essere da un momento all'altro, inopinatamente, richiesto dall'Istituto mutuante del la restituzione della somma ricevuta in prestito. Nulla di pi risulta voluto dalla legge; ed in particolare non ri sulta affatto che si sia voluto allargare a tal punto il trattamento di favore riservato alle imprese finanziate da negare agli enti finanziatori, Ma come, prima della legge del 1962, queste operazioni non godevano di nessun particolare trattamento tributario, cosi le imprese stesse non possono considerarsi inserite nello speciale regime della legge del 1962, per le operazioni di medio o lungo termine che continuano pi o meno eccezionalmente a svolgere, dato che la legge, nominando le sezioni di aziende (cio le sezioni fornite di personalit giuridiche) e le gestioni speciali delle aziende stesse (cio le gestioni sfornite di personalit giuridica) con dizione ben precisa e tutt'altro che equivoca, ne tiene fuori le aziende di credito. il da precisare che per aversi gestione speciale non basta, come stato detto (v. ADONNINO, op. cit., pag. 197) che l'istituto di credito tenga una contabilit separata per le operazioni a medio e lungo termine; essenziale invece che a questa si accompagni un'amministrazione separata, in modo che l'attivit di finanziamento a medio e lungo termine si incentri in un organo con mezzi e finalit specializzata, che trovi la sua particolare giustificazione, come espressamente richiede l'art. 1, primo comma della legge del 1962, nella legge e nello statuto dell'ente. Il motivo fondamentale per :Ui il legislatore ha riservato il tratta mento tributario di favore agli istituti ricadenti nell'ambito dell'art. 41 della legge bancaria, escludendone gli enti ed imprese ricadenti invece nell'ambito dell'art. 5 della medesima legge, sta nelle finalit di pubblico interesse che essi perseguono. Trattasi di istituti sottoposti a controlli notevolmente diversi da quelli predisposti .per le aziende di credito. E ci (v. FERRI, op. cit., pag. 762) sia in funzione della loro struttura, trattandosi nella quasi totalit di enti pubblici, sia in funzione delle caratteristiche della loro attivit; a differenza infatti di quanto avviene nelle operazioni di credito a breve termine nelle quali l'erogazione def fido 12 1416 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sia pure durante il solo primo triennio, l'esercizio delle azioni cautelative spettanti J.oro in base ai principi generali di diritto posti irt tema di esecuzione dei contratti. La legge, cio, ha voluto bensl sottrarre l'impresa finanziata all'arbitrio ed alla egemonia dell'ente finanziatore con l'assicurarle il godimento del mutuo per almeno tre anni, ma non ha certamente voluto anche svincolare tale garanzia di durata minima dal fedele e puntuale adempimento, da parte di essa mutuataria, degli obblighi contrattualmente assunti -.tra i quali quello, essenziale, del pagamento dei ratei alle scadenze pattuite -, ben sapendo che l'eliminazione di un siffatto vincolo avrebbe potuto frustrare lo scopo della norma agevolativa e dare origine, per converso, ad inammissibili e facili abusi, ben potendo le imprese finanziate trovare vantaggioso restare inadempienti nel pagamento delle quote di rimborso e delle annualit di interessi fino alla scadenza dei tre anni ed impiegare diversamente le somme ricevute traendone un reddito superiore al modesto interesse da corrispondere all'Istituto finanziatore. successiva all'acquisizione dei capitali attraverso i depositi, nelle operazioni di credito a medio e lungo termine il finanziamento antecedente all'aeqUisizione dei capitali la quale si attua essenzialmente attraverso la emissione di cartelle o di titoli obbligazionari e il loro collocamento sul mercato. Sotto il profilo oggettivo il progetto di legge presentato dal Ministro Trabucchi si limitava a richiamare il concetto di operazioni a medio o lungo termine gi acquisito dalla tecnica l;>ancaria. Concetto ehe interveniva anch'esso a delimitare il campo che la legge avrebbe dovuto regolare. (v. la lett. a del secondo comma art. 1 del progetto, pssato -senza alcuna variazione -nel testo definitivo, sotto la lett. a del terzo comma art. 1); .ed essenziale a tale delimitazione, dato che anche gli istituti specializzati, operanti cio nel campo del medio e lungo credito, possono compiere, sia pure in via eccezionale, operazroni a breve termine. n progetto fu approvato, senza alcuna variazione, almeno per quanto ci riguarda, dalla Camera dei Deputati. In sede di discussione al Senato, a seguito di un'interrogazione del sen. Paratore (v. Atti parlamentari, 155 seduta della 5 Commissione fi nanza e tesoro, del 27 giugno 1962, pag. 2798), fu peraltro sentita la neces sit, dato che la prassi bancaria non dava una precisa classificazione, in ordine alla durata, delle operazioni di credito a breve, medio e lungo ter mine, di stabilire la durata che doveva avere l'operazione per poter essere considerata a medio o lungo termine. Fu cosi inserito nel primo articolo, il secondo comma, per il quale agli effetti della presente legge si consi derano a medio o lungo termine le operazioni a scopo di investimento di durata non inferiore a tre anni. Chiara, dopo quanto si detto, la limitata finalit della disposizione in esame: essa non crea e:x: novo il concetto di operazioni di finanzia mento a medio o lungo termine , che assume invece direttamente dalla tecnica bancaria; ma si limita a fissare un criterio unico di discriminazione temporale. PARTE I, SEZ. V, GIURISPP'UDENZA TRIBUTARIA 1417 Ci che la legge ha inteso evitare, in altri termini, non che la .,operazione di finanziamento. venga anticipatamente risolta in conseguenza dell'inadempimento del mutuario, ma che la stessa possa essere estinta in un qualsiasi momento, prima della scadenza del triennio, su semplice richiesta dell'Ente mutuante, anche nel caso che il mutuatario abbia adempiuto puntualmente . .gli obblighi . assunti. La clausola contrattuale con cui, al n. 10, fu data facolt all'Istituto finanziatore di richiedere l'immediata Testituzione dell'intero nel ; caso che Ja societ mutuataria fosse venuta meno all'obbligo del. pagamento anche di una sola. rata, non altera quindi in alcun modo la natura del finanziamento agevolato di cui alla legge speciale summenzionata, essendo indubbio che, quand'anche di tale facolt non fosse stato fatto esplicito cenno nell'atto di finanziamento, avrebbe potuto l'Istituto finanziatore conseguire egualmente il ri-sultato voluto attraverso il ricorso agli artt. 1186 e 1819 e.e., applicabili al contratto in oggetto come a qualsiasi altro contratto di mutuo. Inutile quindi cercare di spremere da .questa norma ci che essa non dice. Ogni pi approfondita indagine sul concetto di operazione di finanziamento a medio o lungo termine non pu che rifarsi alla prassi bancaria e alle norme in materia., gi vigenti prima dell'entrata in vigore della legge del 1962. ' In particolare, per tornare alla questione da cui abbiamo preso le mosse, ed oggetto della sntenza in rassegna, ci sembra che se nella prassi . e legislazione bancaria. precedente la legge del 1962. erano conciliabili (e una conferma in tal senso potrebbe trovarsi nella legge 6 dicembre 1965, n. 1381, re~te interpretazione autentica dell'art. 21 del d.lg. 29 luglio 1927, n. 1509 sul credito agrario) con le operazioni di credito a medio o lungo termine le clausle contrattuali dirette a confermare e rafforzare, a favore del mutuante, le norme poste a sua tutela dagli artt. 1186 e 1819 del e.e., possa convenirsi con la Corte Suprema per tale conciliabilit anche di fronte alla legge del 1962. Quanto all'altra questione, esaminata anch'essa nella sentenza, se la facolt contrattualmente concessa al mutuatario di estinguere anticipatamente il mutuo possa.conciliarsi con la durata che deve avere l'operazione per potersi qualificare a medio o lungo termine, una prima osservazione parrebbe da.. farsi: la norma considera a medio o lungo termine le operazioni. a scopo calata forse non molto meditatamente -come ne farebbero fede i lavori parlamentari -nel corpo della norma, cosicch non sembra che sia da attribuirle un particolare significato. E pertanto tale espressione potrebbe non escludere l'interpretazione pi liberale della norma. Accanto alle clausole che prevedono l'anticipata risoluzione del mutuo per inadempienza del mutuatario alle sue obbligazioni, si trovano spesso 1418 RASS~GNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La durata minima del rapporto stata, infatti, stabilita dalla leg ge nel presupposto della piena osservanza, da .parte dell'impresa fi nanziata, degli obblighi assunti: il che vuol dire che essa deve essere presa in considerazione con riferimento alla volont negoziale espressa dalle parti nell'atto costitutivo del rapporto di finanziamento e non in relazione ai possibili eventi successivi capaci di modificarne i ter mini durante l'esecuzione. Al lume di tali principi si deve pertanto ritenere che, in quanto previste soltanto per il caso che si verifichino siffatti eventi, le clau sole cautelative poste a tutela delle ragioni dell'Istituto finanziatore, pur potendo portare di fatto ad una riduzione della durata minima triennale dell'operazione, non 'Sono tuttavia di ostacolo all'applicazione dei benefici fi:scali di cui trattasi, spiegando essi, in effetti, la loro ope rativit soltanto nell'ipotesi, possibile 'ma poco probabile, che il mec canismo del finanziamento s'inceppi per l'inadempienza . dell'impresa inserite nei contratti clausole che danno facolt al mutuante .di chiedere l'anticipato rimborso del capitale, quahdo si verifichino particolari circo stanze che fanno riferimento a condizioni soggettive sue pr<>prie ed esclu sive: cos in particolare quando, verificandosi un'eccezionale corsa agli sportelli, la Banca mutuante per far fronte alle richieste di rimborso dei depositi, si trovi nella necessit di chiedere l'anticipata restit'uzione delle somme mutuate. Ora da osservare in primo luogo che quando si tenga ben presente quali sono i soggetti che possono essere ammessi a fruire dell'imposta in abbonamento, tale confusione di rapporti, per cui l'ente finanziatore pu cadere in dissesto se, determinandosi quelle particolari ipotesi, non recupera prontamente le somme mutuate, atteso il genere e la e specialit della provvista destinata a finanziare le operazioni di .tali soggetti, non pu verificarsi. Comunque da rilevare che il mutuo un contratto reale, il quale si perfeziona con la consegna del denaro al mutuatario. Unico obbligato pertanto il mutuatario, cui il contratto concede il beneficio di un termine per la restituzione del capitale. Ora la clausola che d facolt al mutuante di revocare, per ragioni sue soggettive, il beneficio del termine, introduce nel termine stesso una condizione che non propria e naturale del contratto di mutuo, come quelle che sono dirette a confermare le garanzie di adempimento dell'ob bligazione del debitore, e che sostanzialmente, derivando dal principio generale per cui inadimplenti non est adimplendum non ne impediscono il naturale svolgimento. Detta condizione invece rende incerto quel termine di durata ultra triennale che deve avere l'operazione di finanziamento per essere ammessa, sotto il profilo oggettivo, ai benefici della legge del 1962, e appare quindi con la relativa norma non conciliabile. Con questa breve disamina della legge non pretendiamo di avere risolto i molti e gravi dubbi interpretativi che si presentano nella sua applicazione, ma gperiamo di aver fornito dei criteri informatori, utili a chiarire l'intricata materia. M. SALTINI PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA finanziata, passando, per cosi dire, dallo stato fisiologico -che il solo ~reso in considerazione dalla legge (art. 1) -a quello patologico. N vale opporre -come la ricorrente oppone -che per tutelarsi contro tali evenienze pu sempre l'Istituto finanziatore avvalersi della facolt datagli dalla legge di esigere dal mutuatario, frnendo delle mede~ime agevolazioni fiscali, idonee garanzie reali e personali e di agire, occorrendo, in base a queste in via esecutiva. L'esercizio di tale facolt non esclude, infatti, nel sistema generale della legge, che il mutuante possa invocare, al tempo stesso, nei confronti del mutuatario inadempiente la decadenza dal beneficio del termine. Senza dire, poi, che trattasi pur sempre di una facolt, della quale, per ragioni di carattere obiettivo -come la impossidenza del mutuatario, l'insufficienza dei beni offerti in garanzia o la mancata disponibilit di fideiussioni valide -non sempre al mutuante dato modo, di fatto, di avvalersi. Sulla clausola con cui, alfa lettera C del capitolato, era data facolt all'Istituto mutuante di consentire alla societ, che ne avesse fatto richiesta almeno trenta giorni prima, il rimborso anticipato della somma avuta in mutuo, la ricorrente Amministrazione mostra di non volere insistere soverchiamente, limitandosi a denunciarne genericamente l'incompatibilit con la norma che fissa, come si detto, in tre anni la durata minima dell'operazione di finanziamento. Ma la denuncia priva di consistenza giuridica, non essendo lecito pensare. che da una norma indubbiamente posta in suo favore -quale quella, come si detto, relativa alla durata minima del finanziamento -possa essere stato il mutuatario tacitamente privato del diritto riconosciutogli dall'art. 1184 e.e. di eseguire anzitempo la sua obbligazione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 luglio 1971, n. 2241 -Pres. Stella Richter -Est. Ferrone Capano -P. M. Cutrupia (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. Soc. Costruzioni Catania (avv. Di Stefano). Imposta di registro -Atti soggetti a condizione sospensiva -Registrazione a tassa fissa -Denuncia di avveramento della condizione Omissione o ritardo -Non influisce sulla tempestivit della registrazione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 17, 79, 91, 102, 110 e tariffa A, art. 79). NeHe ipotesi deH'atto soggetto a condizione sospensiva, deve considerarsi come registrazione quella che avviene, con la percezione dell'imposta fissa, al momento della presentazione; il successivo obbligo 1420 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di denunzia, stabiliio datl'art. 79 della legge di registro, riguarda soltanto la liquidazione defi,ni.tiva deU'imposta, ma non la registrazione (che gi avvenuta e pu avvenire una volta sola), cosicch l'omessa o ritardata presentazione della denunzia di avveramento della condizione, se pure d luogo alla applicazione della soprabassa dell'art. 102, non comporta decadenza datl'agevolazione ex art. 110 (1). (Omissis). - necessario anzitutto ricoroare che la legge 15 febbraio 1949, n. 33, con la quale sono 'state apportate modificazioni alle leggi concernenti le imposte di registro e ipotecarie, dispone all'art. 7 che l'aumento di capitale deliberato dalle societ azionarie considerato sottoposto alla condizione sospensiva che esso sia sottoscritto o comunque collocato . La relativa deliberazione va perci registrata a tassa fissa, a norma dell'art. 79 della tariffa allegato A alla leg.ge del -registro, mentre l'imposta proporzionale, di cui all'art. 85 della stessa tariffa, dovuta solo nel caso che la condizione si verifichi, ossia che l'aumento di capitale venga effettivamente sottoscritto e comunque collocato (art. 17 della legge). A tal fine sono dirette -e vanno perci osservate -le disposizioni concernenti la denunzia dell'avveramento della condizione, denunzia che deve essere fatta con le modalit e nei termini prescritti dagli artt. 79, 83 e 90 della legge di 'registro, nonch (limitatamente alle sottoscrizioni parziali) dall'art. 7 della citata legge n. 33 del 1949. Nella specie, per, la deliberazione di aumento del capitale sociale, adottata dalla societ Costruzioni Montaggi Catania, rientrava fra gli (1) Con la recente sentenza 22 ottobre 1970, n. 2102 (in questa Ras-. segna 1970, I, 1117) stato affermato il principio esattamente opposto: che cio la decadenza ex art. 110, per .gli atti soggetti a condizione sospensiva, si verifica soltanto in relazione al momento dell'avveramento della condizione e non al momento della stipulazione .dell'atto. Nemmeno questa proI nunzia poteva dirsi esatta, ma essa era comunque assai pi giustificabile di quella in esame. 11' vero che proprio perch la registrazione consiste nell'annotamento degli atti e delle trasmissioni nei pubblici registri con l'accertamento della relativa legale esistenza e della data (artt. 3 e 73), I quando l'atto o la trasmissione, per sua natura, si sdoppia in due momenti distinti, ambedue essenziali ad operare l'effetto, la registrazione deve necessariamente interessare i due momenti; e quindi non solo la percezione del I tributo (non dissociabile dalla registrazione), ma anche la certificazione t della legale esistenza e della data deve riguardare sia la stipulazione sia l'avveramento della condizione (nn avrebbe senso accertare l'esistenza e la data di un atto se non si accertasse anche se e quando esso divenuto efficace per l'avveramento della condizione). Per questo nella sua struttura e collocazione l'art. 79 del tutto simile all'art. 80 e la denuncia in esso prevista la stessa sia quando presuppone un'anteriore registrazione a PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1421 atti previsti dall'art. 10 della legge regionale siciliana 20 marzo 1950, n. 29, la quale, nell'intento di incrementare lo sviluppo delle industrie nella Regione, ha concesso una particolare agevolazione tributaria: (tassa di registro ed ipotecaria nella misura fissa di lire duecento) per gli aumenti di capitale delle societ che abbiano la sede sociale nella Regione e che esercitano attivit industriali esclusivamente nella stessa, quando il ricavato dell'operazione sia destinato all'impianto o all'esercizio di stabliimenti industriali tecnicamente organizzati. In tale situazione si trovava la societ Costruzioni Montaggi Cat~ ia, la quale, nel deliberare l'aumento del proprio capitale, dichiar di volersi avvalere della suindicata agevolazione tributaria. Ma essa, mentre ottemper a tutte le prescrizioni che le erano state imposte dai competenti organi della Regione, non denunzi all'ufficio del registro di Catania, presso cui era stata registrata a tassa fissa la deliberazione di aUII1;ento del capitale sociale, l'avv>enuta sottoscrizione delle nuove azioni. Non provvide, cio, a presentare la denuncia di avveramento della condizione sospensiva, ai sensi dei citati artt. 79, 83 e 90 della legge del registro. Da ci l'Amministrazione finanziaria dedusse che si fosse verificata la decadenza comunicata dall'art. 110 della stessa legge, secondo cui tutti gli atti e contratti, per i .quali stata concessa riduzione dalle normali imposte di registro, decadono da tali benefici... tassa fissa (secondo comma) sia quando costituisce l'atto che d luogo alla registrazione (primo comma). Un'equiparazione della denuncia ex art. 79 alla registrazione emerge chiara anche dal confronto degli artt. 136 e 137. Da ci consegue che non pu dirsi a tutti gli effetti avvenuta la registrazione con la percezione della tassa fissa e che a seguito della denunzia si opera solo la liquidazione dell'imposta. Non pu' dirsi registrato agli effetti degli artt. 2, 62, 63, 72, 106 ecc. l'atto soggetto a condizione sospensiva per il quale sia stata corrisposta la sola imposta fissa; o meglio un tale atto pu considerarsi registrato se sia preso in considerazione come ancora in stato di pendenza dell'avveramento; ma se viene impiegato come atto efficace di cui si sia avverata la condizione, non pu farsene uso, non pu essere prodoto od enunciato, non pu essere esibito in giudizio se non sia stata, a seguito di denuncia, corrisposta l'imposta progressiva, proporzionale o graduale. In modo non dissimile il decreto ingiuntivo (art. 28 .l. 7 agosto 1936, n. 1531) registrato a tassa fissa non pu considerarsi a nessun effetto registrato, dopo che divenuto esecutivo, se non sia stato nuovamente presentato alla registrazione. del resto noto che non pu concepirsi una registrazione senza il pagamento dell'imposta principale; ma quella imposta progressiva, proporzionale o graduale che si paga all'avveramento della condizione indubbiamente l'imposta principale. quindi evidente che quando in particolari ipotesi la registrazione ha luogo in due tempi, ambedue le fasi sono essenziali per conseguire lo scopo della registrazione e ambedue debbono aver luogo con l'osservanza del termine; la tempestivit della denuncia quindi pi importante della tempestivit della prima registrazione agli effetti dell'art. 110. 1422 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quando non vengano sottoposti a registrazione entro il termine di legge. Codesto assunto, posto a base della pretesa (fatta valere anche nel presente giudizio) di assogg.etare l'aumento di capitale alla ordinaria imposta proporzionale, non stato condiviso dalla Corte d'Appello, la quale ha ritenuto: a) che nella specie non ricorreva l'obbligo della denuncia di avvenuto aumento del capitale sociale, in quanto, essendo state adempiute, anche col rispetto dei relativi termini; tutte le condizioni stabilite dai competenti Assessorati regionali per la concessione dell'anzidetto beneficio, non era dovuta altra imposta, oltre quella gi corrisposta in misura fissa, e perc.i mancava un tributo da liquidare e riscuotere per effetto dell'avveramento della condizione, la cui denunca a tale scopo preordinata; b) che, in ogni caso, l'omessa denuncia :r;ion equivale ad omessa registrazione, n incide sulla regolarit e tempestivit dell'avvenuta registrazione della deUbera di aumento del capitale sociale, e perci non importa la decadenza prevista dall'art. 110 della legge del registro. Ora, con l'unico motivo di ricorso, nel denunciare la violazione e falsa applic1:1zione di tutte le norme di legge innanzi indicate, nonch vizio di insufficiente o contraddittoria motivazione circa punti decisivi della c<>ntroversia, .l'Amministrazione delle finanze deduce che l'operazione della registrazione comprende come elemento essenziale il pagamento dell'imposta; e nell'ipotesi in cui vengano in considerazione atti condizionati sospensivamente, l'operazione della registrazione non pu considerarsi perfezionata, e comunque regolarmente compiuta, prima che sia stato denunciato, nei modi e con le forme prescritte, l'avveramento della condizione sospensiva . Fino a quel momento l'imposta di registro tenuta in sospeso (artt. 17 e 91) ed poi dovuta nella misura stabilita dalla legge in vigore al giorno in cui si avvera o s'intende avverata la condizione (ultimo comma dell'art. 17). Ci significa -aggiunge la ricorrente -che nel caso di atti sottoposti a condizione sospensiva, come gli aumenti di capitale deliberati da societ azionarie, il momento giuddicamente rilevante, per l'applicazione dell'imposta quello del giorno in cui si avvera la condizione. Di conseguenza, poich le leggi regionali siciliane non precludono l'applicazione delle norme generali della legge organica di registro, da ritenere -secondo la ricorrente -Che la decadenza prevista dal citato art. 110 va sempre applicata, quando, trattandosi di beneficio fiscale per un atto sospensivamente condizionato, l'interessato non abbia provveduto al perfezionamento dell'operazione della registrazione entro i termini e con le modalit di legge , e cio non abbia presentato la denuncia di avveramento della condizione, da considerarsi atto perfezionativo e integrativo di un'anteriore registrazione non regolai::mente compiuta . PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Il ricorso non fondato. La registrazione consiste nell'~nnotamento degli atti e delle trasmissioni di diritti reali nei pubblici registri a ci destinati. Essa accerta la legale esistenza degli atti in genere, ed imprime alle scritture private la data certa di fronte a terzi. Cosi dispone testualmente l'art. 3 della legge di registro, che nel successivo art. 73, oltre che a ribadire che la registrazione consiste nell'annotazione degli atti e delle dichiarazioni in appositi registri ., stabilisce le modalit della stessa, nonch le altre formalit all'uopo occorrenti. Con l'adempimento di tali formalit e col pagamento dell'imposta in quel momento dovuta, la registrazione viene effettuata e produce i suoi effetti, anche se l'ammontare dell'imposta pagata sia suscettibile di successive variazioni. Totalmente diverse sono la natura, la funzione e le formalit della denunzia di avveramento della condizione sospensiva, prevista dagli artt. 79, 83 e 90 della legge di registro, in relazione agli artt. 17 e 91 della stessa legge. Essa deve essere fatta su appositi moduli (che una volta erano soggetti all'imposta di bollo) con le modalit prescritte dall'art. 79, che nessun rapporto hanno con le formalit richieste per la registrazione dagli artt. 3 e 73. La ricorrente afferma che la registrazione degli atti sottoposti a condizione sospensiva si effettua in due tempi successivi e distinti, strettamente collegati fra loro , una prima volta in via provvisoria ed imperfetta, mediante la registrazione a tassa fissa ex art. 79 della tariffa allegato A, ed una seconda volta a titolo di integrazione e _perfezionamento, mediante la denuncia di avveramento della condizione e la liquidazione dell'imposta dovuta. Ci non esatto, poich la registrazione unica, .come unico il numero progressivo del relativo registro ed uriica la data certa di fronte ai terzi. Essa avviene con la annotazione dell'atto nei pubblici registri a ci destinati e col contemporaneo adempimento delle altre formalit stabilite dalla legge, nonch col pagamento dell'imposta che in quel momento dovuta. La successiva denuncia di avveramento della condizione non attiene al procedimento di registrazione, sibbene a quello di liquidazione definitiva dell'imposta. Solo l'imposta, infatti, pu essere provvisoria, rettificabile, o definitiva; non anche la registrazione, che non pu essere n provvisoria n. rettificabile. La tassa fissa sull'atto condizionato non certamente definitiva e non preclude una successiva diversa tassazione. Ma, ne deriva che se la condizione non si verifica, nessuna denuncia deve essere presentata e nessun ulteriore tributo deve essere corrisposto, perci resta ferma, con tutti gli effetti che ne conseguono, la registrazione effettuata a norma dell'art. 79 della tariffa allegato A. Se, invece, la condizione si verifica, gli effetti si producono in ordine alla liquidazione dell'imposta, rimasta sospesa, non in ordine alla registrazione dell'atto, gi avvenuta a tassa fissa. N a diversi effetti pu condurre la violazione delle norme concernenti la denuncia 1424 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di avveramento della condizione, dato che l'omessa o tardiva denuncia non importa, di regola, che l'applicazione di una sopratassa, giusta la disposizione dell'art. 102, lettera c), della legge di registro. Tutte tali considerazioni rendono pi agevole l'esame della questione preliminare circa la necessit, nel caso di specie, della denuncia di sottoscrizione delle nuove azioni, quale denuncia di avveramento della condizione sospensiva a cui era da considerarsi subordinata la deliberazione di aumento del capitale sociale (alla quale competeva la predetta agevolazione tributaria). La decisione adottata su questo punto dalla Corte di merito, che ha escluso l'obbligo della denuncia, appare giuridicamente corretta e tale da essere condivisa. esatta l'osservazione della ricorrente, secondo cui le leggi regionali siciliane non precludono nella soggetta materia l'applicazione delle norme generali della legge di registro; ma, nel caso in esame, le disposizioni della legge di registro devono essere necessariamente coordinate con le norme speciali della legge regionale siciliana 20 marzo 1950, n. 29, la quale non si limita a concf'.dere ,la suindicata agevolazione tributaria (tassa fissa di registro sugli atti concernenti aumenti di capitale sociale), ma all'art. 13 specifica e prescrive: a) che l'agevolazione concessa con decreto dell'assessore alle finanze, di concerto con quello per l'industria e commercio, previa istanza debitamente documentata; b) che nel decreto di concessione sono stabilite le condizioni a cui subordinata la concessione ed il termine entro il quale esse debbono essere adempiute ; c) che l'agevolazione s'intende revocata, con la conseguenza che le imposte, tasse e sopratasse sono riscosse nella misura normale, qualora non si dimostri entro tre mesi, a mezzo di I certificato dell'assessore per l'industria e il commercio, l'avvenuto adempimento delle dette condizioni. I Come vedesi, la concessione dell'agevolazione tributaria e la revoca della stessa, nonch le conseguenze ad esse connesse, sono disciplinate d~lla legge regionale siciliana a mezzo di specifiche norme di I carattere particolar, diverse da quelle della legge di registro e con queste incompatibili, soprattutto sul punto (che qui interessa) relativo I alla denuncia di avveramento delle condizioni alle quali viene subor li dinato il beneficio fiscale. E poich in questa materia la Regione siciliana investita di potest legislativa, sono le norme regionali, e non quelle nazionali, che devono trovare applicazione, dato che entrambe mirano a conseguire la medesima finalit. Pertanto, se in linea generale da ritenere che, di regola, la denuncia di avveramento della condizione sospensiva necessaria, a norma della legge di registro, anche quando esista un beneficio fiscale e si ritenga di non dover corrispondere ulteriori tributi, a diversa conclusione devesi addivenire in applicazione delle norme della citata legge regionale, la quale impo:i:ie al contribuente l'onere di una dia:nostrazione documentale, da fornirsi PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1425 entro un dato termine, sotto pena d,i revoca del beneficio, ed affida agli organi della Regione (assessorato alle finanze e assessorat per l'industria e commercio) il compito di accertare l'avvenuto adempimento delle -condizioni a cui subordinata l'agevolazione tributaria e di renderla definitiva. Esattamente, quindi, la Corte di appello ha ritenuto che la societ Costruzioni Montaggi Catania non fosse tenuta a denunciare all'ufficio del registro l'avvenuto aumento del capitale sociale, dato che essa, dopo aver registrato a tassa fiss~ la relativa deliberazione, ottenne l'agevolazione fiscale prevista dalla legge regionale e puntualmente osserv tutte le condizioni e i termini stabiliti dal competente assessorato ; cosicch nella specie mancava, giusta l'accertamento compiuto dai competenti organi regionali, un ulteriore tributo da liquidare e riscuotere. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 luglio 1971, n. 2257 -Pres. Favara -Est. Spadara -P. M. De Marco (conf.) -Comune di Bologna (avv. Guidoboni) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso ;. Estensione alla costruzione di colonie climatiche -Legge 19 luglio 1961, n. 659 -Valore innovativo -Divieto di rimborso di imposta riscossa -Illegittimit costituzionale -Manifesta infondatezza. (1. 2 luglio 1949 n. 408, art. 14; I. 19 luglio 1961 n. 659, artt. 1 e 5). . . L'agevolazione deU'art. 14 della legge 2 luglio 1949 n. 408 per l'acquisto di aree eificabili destinate aiza costruzione di case di abitazione non di lusso stata. estesa, con la norma innovativa degli articoli 1 e 5 della legge 19 luglio 1961 n. 659, agli acquisti per la costruzione di altri edifici a carattere ricett,:ivo. In nessun caso, per, pu farsi luogo a restituzione deU'imposta pagata come espressamente dispone l'art. 5; l'eccezione di illegittimit costituzionale di questa norma manife'8tamente infondata (1). (1) Decisione da condividere in ogni parte. Il divieto di rimborso dell'imposta pagata in esecuzione della norma precedentemente vigente 1426 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Con l'unico motivo, il ricorrente comune di Bologna, denunciando la violazione e falsa applicazione dell'art. 14 della leg~e 2 luglio 1949, n. 408, in relazione agli artt. 1 e 5 della legge 19 luglio 1961 n. 659 e all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., lamenta che la Commissione Centrale, con la impugnata decisione, abbia ritenuto inapplicabile il beneficio fiscale della registrazione a tassa fissa, previsto tanto dalla legge 2 luglio 1949 n. 408 quanto da quella n. 659 del 1961, rispetto all'atto dell'8 giugno 1959 registrato il 12 novembre 1959, col quale esso ricorrente ebbe ad effettuare l'acquisto di un'area, da destinarsi alla costruzione di una. colonia climatica. In particolare, mentre sostiene che la interpretazione della -citata legge n. 408 del 1949' ben consentiva di comprendere nel beneficio fiscale in argomento anche gli acquisti di aree destinate alla costruzione di colonie, edifici scolastici e simili costruzioni, e, perci, anche l'atto di acquisto de quo, rileva che, comunque, il detto beneficio ,andava applicato a tale atto in base alla legge n. 659 del 1961, atteso il carattere interpretativo e non innovativo di questa legge rispetto alla !?recedente n. 408 del 1949 e avuto riguardo, d'altra parte, al principio secondo cui lo ius superveniens si applica ai rapporti giuridJ.ci gi compiuti ma non ancora esauriti, come quello relativo al rapporto tributario in questione, che, al momento dell'en trata in vigore della detta legge, doveva considerarsi non ancora definito, potendo essere modificato il quantum del tributo da corrispondere entro i tre anni dal pagamento ed essendo stata, nella specie, di gi presentata la domanda di restituzione del tributo corrisposto. Osserva, infine, che, atteso al car~ttere non definitivo da attribuirsi a tale rapporto tributario, non -avrebbe potuto trovare applicazione la norma del 2 comma dell'art. 5 della citata legge n. 659 del 1961; in quanto questa disposizione, secondo la quale non si fa luogo a restituzione delle somme gi pagate, sarebbe da riferirsi soltanto alla ipotesi di rapporti ! tributari gi definiti, e, ove la si volesse considerare estensibile anche I ai rapporti non ancora definiti, sarebbe da ritenersi costituzionalmente illegittima per violazione sia del principio di eguaglianza, sancito dall'art. 3 della Costituzione, che di quello relativo alla capacit contribu i' tiva, prevista dall'art. 53 della stessa Costituzione. Il motivo infondato. La tesi del ricorrente, secondo cui al rapporto tributario in questione si sarebbe dovuto applicare il beneficio fiscale della registrazione a tassa fissa e restituzione, in conseguenza, allo stesso ricorrente del tr~buto, corrisposto nella misura ordinaria, ossia nell'importo di lire espresso in modo incontrovertibile nell'art. 5 della legge 19 luglio 1961, n. 659. La legittimit costituzionale di questa norma stata espressamente confermata dalla Corte Costituzionale con la sent. 14 maggio 1968 n. 4'5 (in questa Rassegna, 1968, I, 360). I I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1427 14.583.560 si fonda sostanzialmente, da una parte, sulla interpretazione estensiva da darsi alla legge n. 408 del 1949 e sul carattere interpretativo e non innovativo da attribuirsi, rispetto a questa, alla legge n. 659 del 1961, e, dall'altra parte, sulla considerazione che il detto rapporto tributario non poteva ritenersi ancora definito, al momento della entrata in vigore di quest'ultima legge, e, quindi compreso nella esclusione dell'applicazione del beneficio, sancita dall'art. 5 della legge stessa. Ma, ai fini della infondatezza dei primi due argomenti prospettati a sostegno di questa tesi sufficiente ricordare che, mentre pacifico nella giurisprudenza di questa Corte Suprema il principio, secondo cui le agevolazio:r:ii, previste dal titolo secondo della legge n. 408 del 1949 (art. 13 e seg.) e nelle quali rientra il beneficio dell'imposta fissa di registro per gli, acquisti di aree edificabili, non sono applicabili ad edifici diversi di quelli destinati ad uso di abitazfone privata_, e, quindi, non applicabili ad edifici destinati ad ospitare collettivit di persone come le colonie climatiche, gli edifici scolastici e simili costruzioni (cass. 27 agosto 1963 n. 2361; 12 giugno 1968 n. 1870), ormai consolidato nella giurisprudenza di questa stessa Corte Suprema l'altro principio, secondo cui la legge n. 659 del 1961, che ha esteso le agevolazioni fiscali tributarie, previste dagli artt. 13, 14, 16 e 18 della citata legge n. 408 del 1949, anche agli edifici contemplati nello art. 2, 2 comma, del r.d. 21 giugno 1938, 1094 (tra i quali sono comprese anche le colonie climatiche), ha carattere innovativo e non inter. pretativo rispetto a quella precedente n. 408 del 1949 (cass. 16 giugno 1962 n. 1523; 25 gennaio 1968 n. 209). Contro questi principi giurisprudenziali, in ordine ai quali non sussistono, n sono state addotte valide ragioni per discostarsene, urtano, quindi, i due argomenti, di cui sopra, prospettati dal ricorrente, talch essi non possono che essere disattesi. In .ordine, poi, all'altro argomento, costituito dalla considerazione che il rapporto tributario in questione non poteva ritenersi definito al momento dell'entrata in vigore della legge 1961 n. 659, deve rilevarsi che, anche a volere considerare tale rapporto non ancora definito, l'argomento sarebbe privo di rilevanza, dal momento che, per la disposizione del 2 comma dell'art. 5, non si sarebbe potuto fare luogo, per un tale rapporto, alla restituzione in favore del comune di Bologna della somma corrisposta a titolo d'imposta (cass. 12 agosto 1963, n. 2306; 22 ottobre 1965 n. 2195: 25 gennaio 1968 n. 209). vero che il ricorrente ha risollevato, in ordine alla disposizione contenuta in tale 2 comma dell'art. 5, la questione di legittimit costituzionale, sostenendo che essa violerebbe sia il principio di eguaglian:zia, sancito dall'art. 3 della Costituzione, che quello della parit di trattamento tributario, sancito all'art. 53 della costituzione stessa, ma anche vero che la questione, come rettamente stato ritenuto dalla impugnata decisione, manifestamente infondata. 1428 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Questa disposizione, che sancisce, per i rapporti tributari non ancora definiti, il divieto di restituzione delle somme gi pagate a titolo di imposta, si inquadra, infatti, con riguardo alla legittimit del ipagamento eseguito seeondo la legge vigente al momento del pagamento stesso, nel principio generale e fondamentale dell'or<.namento positivo (art. 11 delle preleggi) concernente la irretroattivit deHa legge. Questo divieto va riguardato con .riferimento all'atto giuridico del pa.gamento della imposta, verificatosi sotto l'impero della diversa precedente legge, e, perci, con riguardo alla particolare situazione giuridica determinatasi in base a tale legge nei confronti di chi abbia effettuato quel pagamento, che, essendo legittimo in base alla legge stessa, non dava diritto alla ripetizione di quanto indebitamente corrisposto, situazione questa, che, mentre non poteva subire, per effetto del richiamato principio della irretroattivit della nuova legge, alcuna modificazione se non per' espressa deroga, riservata, in via eccezionale, al legislatore, che, nella specie, non ha inteso avvalersene, si presenta obbiettivamente diversa da quella, nella. quale il pagamento dell'imposta non si sia verificato e una questione di ripetizione di un indebito non poteva, ~ quindi, sorgere. Il trattamento diverso, previsto dalla disposizione in I argomento, relativamente alla situazione, nella quale si sia verificato il pagamento dell'imposta, rispetto a quella, in cui un tale evento non I sia intervenuto, , pertanto, giustificato dalla diversit obiettiva di queste due situazioni, talch la relativa norma non pu ritenersi violatrice del principio costituzionale di eguaglianza, che postula che a parit di situazioni deve conispondere parit di trattamento, per cui I' r trattamenti differenziali sono riservati a situazioni obiettivamente diverse (Corte Cost. 18 aprile 1967 n. 45; 5 maggio 1967 n. 57). ! N risulta violato l'altro principio costituzionale (art. 53) della parit di trattamento in situazioni di pari capacit contributiva, giacch ci riguarda, come rettamente stato posto in evidenza dalla impugnata decisione, il regime tributario vigente in un momento determinato, ma non anche la successione di leggi tributarie nel tempo, che po~sono ben determinare, in diversi momenti, un maggiore o minore aggravio del contribuente. E del pari non risultano violati il principio -del diritto della difesa (art. 24) e l'altro della piena tutela giurisdizionale dei diritti (art. 113), essendo manifestamente evidente che la norma in questione non incide, n interferisce in alcun modo su questi diritti; e non omettendosi qui di sottolineare che in ogni caso, come in quello prospettato dal ricorrente, una sentenza, che fosse emessa in disconoscimento della detta norma, ben sarebbe soggetta al rimedio della impugnazione da parte dell'amministrazione interessata, con la conseguenza. del suo passaggio in giudicato ove un tale rimedio non dovesse essere esperito. -(Omissis). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1429 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 luglio 1971, n. 2267 -Pres. Gian nattasio -Est. Elia -P. M. Gentile (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Cavalli) c. Mondini (avv. Iacobelli). Imposta di registro -Vendita fra parenti -Presunzione di liberalit Prova della provenienza del prezzo -Assegno di conto corrente Inidoneit. (1. 8 marzo 1945, n. 90, art. 5). La prova idonea a superare la presunzione di liberalitd dell.a vendita fra parenti deve essere duplice, dovendo riguardare, da un Lato, la possibilitd dell'acquirente di disporre delle somme necessarie a coprire il prezzo di acquisto, e, , art. 95; t.u. 24 agosto 1877, n. 4021, artt..13, 25 e 32; d.1. 14 dicembre 1947, n. 1598, art. 3). Poich in base agli artt. 13 e 25 del t.u. 24 agosto 1877 n. 4021, il reddito imponibile a.i fini dell'imposta di ricchezza mobile a carico di societ per azioni deve commisu1arsi al risultato netto complessivo di tutte le attivit svolte, anche se in diverse sedi e aziende sfornite di distinta personalit giuridica, vanno detratte ait"unico bilancio sociale anche le passivit verificatesi in stabilimenti situati nel Mezzogiorno per i quali, a norma dell'art. 3 del d.l. 14 dicembre 1947 n. 1598, non dovuta l'imposta sui redditi ivi prodotti (1). (1) La risoluzione della delicata questione stata adottata esclusivamente sul piano della normativa generale, senza tener conto della particolare situazione cui d luogo la specifica norma di agevolazione; ma se indubbio il principio della unicit del bilancio, pure evidente che l'introduzione di una esenzione per determinate aziende localizzate nel territorio crea una situazione nuova, anche se la norma di agevolazione nulla dispone in proposito. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1437 (Omissis). -Col primo motivo del ricorso la ricorrente societ Marconi denuncia violazione dell'art. 3 d.l. 14 dicembre 1947 n. 1958, col quale si dispone l'esenzione dall'imposta di ricchezza mobile sui redditi industriali degli stabilimenti, di nuova costruzione, in alcune provincie del Mezzogiorno d'Italia, fra le quali quella dell'Aquila, f essendosi erroneamente ritenuto dalla Commissione Centrale delle Imposte nella impugnata decisione che, per effetto di tale esenzione tributaria, non dovessero detrarsi le perdite della gestione dello stabilimento sito nell'Aquila, dal reddito complessivo della societ ricorrente, risultante anche dalla gestione dell'altro stabilimento sociale in Genova. La censura fondata. Per l'esercizio finanziario 1953-1954, l'Ufficio Imposte Dirette di Roma accertava a carico della Societ per azioni Marconi Italiana , attuale ricorrente, un r~ddito imponibile di L. 100 milioni, ai fini dell'imposta di Ricchezza Mobil~ cat. B. La Societ ricorrente fece presente che da tale reddito, rappresentante il complessivo utile di tutte le attivit e gestioni sociali concretamente costituito dagli utili dello stabilimento sociale in Genova, dovevano detrarsi le perdite derivanti dalla gestione dello stabilimento sociale del!'Aquila, in base al principio della unicit di bilancio, per cui l'imposta di Ricchezza Mobile va commisurata al risultato complessivo netto di tutte le attivit svolte dal soggetto produttore di redditi classificabili nella stessa specie, indipendentemente dal luogo in cui esse trovano svolgimento. Con la decisione impugn:ata, la Commissione Centrale, invece, ha ritenuto Che le passivit derivanti dalla gestione dello stabilimento dell'Aquila non dovessero detrarsi dagli utili complessivi (derivati dalla gestione dello stabilimento di Genova) in quanto per effetto della esenzione tributaria veniva ad operarsi una scissione fra lo stabilimento sito in zona di esenzione e le altre attivit del contribuente, onde nella determinazione del reddito complessivo imponibile non si pu Sembra inoltre che non sia stato compiutamente valutato il secondo aspetto della questione; l'art. 23 della legge 5 gennaio 1956, n. 1 e l'art. 96 del T.U. 29 gennaio 1958, n. 645 indubbiamente, pur sul presupposto della unicit del bilancio, escludono la deducibilit delle passivit inerenti a redditi comunque non assoggttabili ad imposta; il problema consisteva allora nel verificare se, indipendentemente dalla separazione territoriale delle singole aziende, un eguale principio fosse contenuto anche nella legislazione anteriore. A tale quesito non poteva non darsi risposta affermativa: sempre stato pacifico che le spese inerenti alla produzione (art. 32 T.U. del 1877) sono soltanto quelle in connessione con il reddito tassabile e non quelle dirette alla produzione di un reddito esente; n sembra corretta l'affermazione che tale regola possa valere solo quando esista un reddito netto esente e non anche quando nell'attivit, che sarebbe esente se chiudesse in attivo, si siano incontrate soltanto perdite. 1438 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tener conto n degli utili, n delle perdite dello stabilimento sito in zona esente da tributo. Ha ritenuto la Commissione Centrale che fosse applicabile alla specie l'art. 23 della legge 5 gennaio 1956 n. 1, e che non fosse invece applicabile l'art. 95 del t.u. 29 gennaio 1958 n. 645, che fissa il principio che l'imposta commisurata, nei confronti di ogni soggetto, in base al risultato complessivo netto di ,tutte le sue attivit, classificabili nella stessa categoria, in quanto li reddito per cui controversia anteriore all'entrata in vigore del t.u. suddetto. Esattamente, al riguardo, stato rilevato, invece, che, trattandosi di reddito relativo all'esercizio 1953-1954, non sono applicabili, nella specie, le disposizioni entrate in vigore in epoca successiva, e, cio, l'art. 23 della legge n. 1 dell'anno 1956 e quelle del citato t.u. n. 645 del 1958. Ed infatti, ai fini dell'esenzione tributaria, deve applicarsi la disposizione dell'art.. 3 del d.l. n. 1598 del 1947, che prevede esenti dalla R.M. i redditi di stabilimenti costruiti nelle provincie meridionali, compresa l'Aquila e, ai fini della determinazione del reddito imponibile, deve applicarsi la disposizione dell'art. 13 del t.u. 24 agosto 1877 n. 4021 per cui le societ di due stabilimenti in Comuni diversi devono fare una sola dichiarazione dei redditi nel Comune dove sito lo stabilimento pi importante e pagheranno l'imposta complessivmente, mentre va, anche, applicata la disposizione dell'art. 25 . dello stesso t.u. 24 agosto 1877 n. 4021, secondo cui l'imposta sui redditi delle societ anonime v.a commisurata in base al bilancio, che, come noto, redatto unitariamente (artt. 2423, 2424, 2431 e.e.) e comprende il risultato complessivo di tutte le operazioni, svolte in tutti gli stabilimenti sociali, con indicazione degli utili al netto, ossia previa detrazione delle perdite (Cass. 23 giugno 1962 n. 1634). Ai fini del calcolo del reddito imponibile deve dunque tenersi conto delle perdite, le quali tutte concorrono ad influenzare il bilanio generale, il risultato complessivo delle attivit del soggetto, e, dunque, il reddito generale oggetto d'imposta di Ricchezza Mobile, reddito che, anche in base al precetto cosituzionale (artt. 3 e 53) stabilisce la capacit contributiva, in ragione della quale dovuta l'imposta. A tali principi generali in alcun modo deroga l'art. 3 citato del d.1. n. 1598 del 1947, che ,si limita soltan!o a fiassare il principio dell'esenzione, e non intende operare alcuna scissione, n di azienda, n di gestione, n di patrimonio: onde vale il principib generale che 1 l'imposta diretta colpisce il soggetto e l'impresa commerciale sociale organizza le varie aziende, sfornite di personalit, e le gestisce nell'ambito della sua attivit complessiva (artt. 2082 e 2555 e.e.) mentre l'imposta di R.M. dovuta non dalle aziende, ma dalle persone fisiche o giuridiche che le gestiscono in esercizio di impresa (artt. 2, 13 e 15 t.u. 24 agosto 1877 n. 4021). L'art. 95 del t.u. 29 gennaio 1958 n. 645 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1439 non ha instaurato il principio dell'unicit di reddito imponibile netto, in base al bilancio unico, ma ha esteso il criterio del reddito unitario netto, per tutte le diverse attivit del soggetto, anche per i soggetti non tassabili in base a bilancio. Quanto all'art. 32 del citato t.u. del 1877, dal quale si vuol dedurre che le spese inerenti alla produzione di un reddito esente non sarebbero detraibili agli effetti della determinazione del reddito imponibile, esso presuppone che vi sia stato un reddito esente netto, mentre, nella specie, non vi stato alcun reddito netto, in Aquila, e solo una perdita. Il complesso delle disposizioni richiamate, e, specie, l'art. 13 e l'art. 25 dello stesso t.u. del 1877 affermano, comunque, chiaramente, il principio che il reddito imponibile va calcolato tenendo conto di tutte le perdite, verificatesi nei vari stabilimenti sociali, dovunque situati. Il primo motivo del ricorso va, dunque, accolto, e si deve fissare il principio che l'esenzione tributaria prevista dall'art. 3 d.l. 14 dicembre 1947 n. 1598 per i redditi industriali derivati da nuovi stabilimenti industriali nelle provincie indicate dal medesimo d.l., la quale esenzione prevede che i detti stabilimenti abbiano prodotto utili netti di gestione, non deroga al principio generale fissato agli artt. 13 e 25 t.u. 24 agosto 1877 n. 4021, secondo cui il reddito imponibile ai fini della imposta imposta di R.M. a carico delle societ anonime per azioni deve commisurarsi in base al risultato netto complessivo di tutte le attivit produttive di reddito classificabile nella stessa categoria, detratte le perdite, ovunque verificatesi, ed anche, dunque, quelle inerenti alla gestione di stabilimenti siti in zona di esenzione prevista dal citato d.l. n. 1598 del 1947. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 20 luglio 1971, n. 2364 -Pres. Marletta -Est. Berarducci -P. M. Secco (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. Agosti (avv. Sequi). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Competenza e giurisdizione -Decisione della Commissione provinciale di valutazione che risolve questioni di diritto -Incompetenza -Impugnazione al Tribunale ex art. 29, terzo comma r. d. 7 agosto 1936, n. 1639 per difetto di calcolo e errore di apprezzamento -Annullamento della decisione impugnata per incompetenza -Esclusione. (r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29). L'impugnazione di mera legittimitd ex art. 29 terzo comma r.d. 7 agosto 1936 n. 1639 proposta innanzi al tribunale contro le deci 1440 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sioni deita commissione provinciale d.i valutazione circoscritto aUa mancanza e insuwcienza di calcolo ed al grave ed evidente errore di apprezzamento nena determinazione del valore del bene oggetto del trasferimentp; conseguentemente non pu essere dedotta con tale impugnazione i'incompetenza della commissione di valutazione che abbia deciso una questione di diritto pregiudiziale atla valutazione, essendo una tale censura proponibile esclusivamente con il ricorso per Cassazione, in mancanza del quale la decisione, bench pronunciata dal giudice incompetente, diventa definitiva (1). (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso principale si lamenta che la Corte d'Appello abbia ritenuto impugnabile davanti al Tribunale, a' sensi dell'art. 29, terzo comma, r.d.l. 1936, n. 1639, la pronuncia della Commiss\one provinciale delle imposte indirette; sezione valutazione, di Brescia, che, erroneamente, aveva deciso la questione di diritto, relativa alla tassabilit dell'avviamento, esorbitante dalla propria competenza istituzionale. Si assume dalla ricorrente che detta pronuncia, in tal caso, era definitiva, e, pertanto, non poteva essere impugnata che, ex art. 111 della Costituzione, innanzi alla Corte di Cassazione. La censura fondata. La questione che, con' l'anzidetto motivo di ricorso. si pone a queste Sezioni Unite se la pronuncia della Commissione provinciale delle imposte indirette sui trasferimenti, sezione valutazione, nella ipotesi in cui, oltre a decidere una controversia avente per oggetto la determinazione del valore dei beni oggetto del trasferimento, abbia deciso anche una questione di diritto avente carattere pregiudiziale rispetto a quella concernente la determinazione del valore, sia, anche in tal capo, impugnabile, a' sensi dell'art. 29, terzo comma, del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, innanzi all'autorit giudiziaria ordinaria. La questione non pu essere decisa che in senso negativo. Ripetutamente questa Suprema Corte, anche a Sezioni Unite, ha avuto occasione di rilevare che, in mteria di imposte indirette sui tra (1) Decisione esattissima che corregge la contraria affermazione delle stesse Sez. Un. contenuta nella decisione S febbraio 1971, n. 290 (in questa Rassegna, 1971, I, 436), seguita dalla Sez. I con la sent. 15 maggio 1971, n. 1408 (ivi 1971, I. 909). In base a queste precedenti pronuncie non solo si era ritenuta ammissibile l'impugnazione ex art. 29 terzo comma per dedurre l'incompetenza della Commissione, ma si era affermato che l'incompetenza dovesse essere dichiarata d'ufficio in ogni stato e grado del giudizi; ma una tale tesi non poteva essere sostenuta con valide argomentazioni. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA sferimenti di ricchezza, a norma degli artt. 29 e 30 del r.d..l. 7 agosto 1936, n. 1639, la competenza a conoscere le controversie aventi per oggetto la determinazione del valore appartiene, in prima istanza, alla commissione distrettuale ed, in secondo grado, a quella provinciale, sezione valutazione, contro le cui decisioni ammesso ricorso all'autorit giudiziaria ordinaria per grave ed evidente errore di apprezzamento od insufficienza di .calcolo nella determinazione del valore, mentre la competenza a conoscere le controv~rsie relative all'applicazione delJa legge, cio quelle che involgono questioni di diritto, appartiene, inyece, in primo grado, alla commissione provinciale, in seno alla quale esiste un'apposita sezione -detta, comunemente di dir.itto -avente una particolare composizione, e, in secondo grado alla commissione centrale. Stante tale disciplina, non pu, pertanto, essere contestato che la commissione provinciale, szione di valutazione, non ha alcuna competenza a conoscere le questioni di diritto, appartenendo tale competenza unicamente alla commissione provinciale, sezione di diritto; con la conseguenza che, trattandosi di competenza per materia e, quindi, inderogabile, la commissione provinciale di valutazione non ha il potere di decidere le questioni di diritto neppure quando queste si presentano come pregiudiziali rispetto a quelle di valutazione. In tal caso si ha, infatti, uno sdoppiamento .di cpmpetenza tra 'l'anzidetta commissione, sezione speciale competente per la decisione delle questioni di diritto, e la commissione provinciale, sezione competente per la valutazione. Il che comporta che quest'ultima commissione ha l'obbligo di sospendere il giudizio di valutazione fino a quando non divenga definitiva la decisione sulle questioni pregiudiziali di diritto da parte della sezione speciale competente, cui tale decisione va devoluta. Tutto ci ormai pacifico in giurisprudenza e non neppure contestato dalla sentenza impugnata, la quale, tuttavia, ha accolto la tesi secondo cui, nell'ipotesi in cui la commissio~e provinciale, sezione di valutazione, esorbitando dai limiti della propria competenza, abbia deciso anche una questione pregiudiziale di diritto, tale decisione, affetta da vizio di incompetenza, sarebbe pur sempre impugnabile, a' sensi della disposizione del terzo comma dell'art. 29 del r.d.l. del 1936, n. 1639, dinanzi all'autorit giudiziaria ordinaria. Ed qui che la sentenza denunciata cade in errore. Infatti, se da un lato vero che il ricorso al giudice ordinario, previsto dalla disposizione sopra citata, costituisce una impugnazione di mera legittimit, dall'altro lato non men vero che l'oggetto di tale impugnazione circoscritto all'esistenza dei vizi specificati nella disposizione medesima e consistenti nel grave ed evidente errore di apprezzamento, ovvero nella mancanza od insufficienza di calcolo nella 1442 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO determinazione del valore del bene oggetto di trasferimento. In altri termini, il controllo demandato al giudice or7, 1998); se un terreno non sia suscettibile di edificabilit per una limitazione legale (22 settembre 1970, n. 1658 e 5 febbraio 1971, n. 290, in questa Rassegna, 1970, I, 929 e 1971, I, 436). Non hanno per nessun carattere pregiudiziale alla valutazione le questioni, quale quella della prescrizione dell'imposta, che attengono al diritto di imposizione; la completa separazione che, in materia di imposte indirette, stabilita tra questioni di valutazione e questioni di imponibilit, non ammette una subordinazione delle questioni di valutazione a quelle di diritto. cio del tutto normale che si proceda alla valutazione di un ben(! anche quando l'imposta sul relativo trasferimento, potr, in competente sed~, risultare non dovuta o dovuta in misura fissa, come non solo normale, ma necessario, procedere nei termini di decadenza all'accertamento di valore (e alla conseguente determinazione in via contenziosa), di beni trasferiti con agevolazione per l'eventualit di una successiva decadenza dal beneficio. Nel caso particolare, quindi, giustamente la Commissione provinciale di valutazione aveva dato corso al procedimento di estimazione, in quanto sarebbe spettato al contribuente adire in via principale la Sezione speciale della Commissione provinciale per far dichiarare la prescrizione dell'imposta, senza che ci influisse sul corso del procedimento di valutazione. 15 1464 RASSEGNA DELL'AVVOeATURA DELLO STATO a una tale ipotesi, verrebbe, infatti, a porsi una questione inerente alla interpretazione di quel giudicato ed ai limiti della sua efficacia ai fini della preclusione della nuova eccezione, ossia una questione, che, involgendo una indagine di carattere giuridico attinente ai .principi che regolano gli effetti del giudicato formale ed avente carattere pregiudiziale, sarebbe pur sempre sfuggita alla competenza della Commissione Provinciale -Sezione di valutazione -rientrando, ai sensi del citato art. 29, in quella inderogabile della commissione Provinciale -Sezione di diritto. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 luglio 1971, n. 2500 -Pres. Rossano -Est. Miele -P. M. Chir (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Zagari) c. Santarelli (avv. Viaggi). Imposta di registro -Solidariet -Pluralit di negozi contenuti in unico atto -Solidariet limitata fra i distinti gruppi contraenti Effetti -Litisconsorzio necessario -Esclusione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 9, 91 e 93; c.p.c. artt. 331 e 334). Quando un atto contenga pi disposizioni indipendenti, l'imposta di registro colpisce non L'unico atto (erare l'aumento, , infatti, la stessa che .propria deWUfficio; a questo le Coll],missioni vengono a sostituirsi, come organi gerarchicamente superiori, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1479 nel compimento di un'attivit di pari contenuto, non si giustappongono come organi decisori. Ed invece le Commissioni, con tali deliberazioni, non si pronunciano su pretese proposte dall'ufficio nei confronti del contribuente, ma compiono un atto che l'Ufficio avrebbe potuto compiere, ed ha omesso; la deliberazione della Commissione si viene a trovare, quindi, nella stessa posizione in cui si pone l'atto di accertamento; ed infatti, al pari di questo, soggetto alle generali impugnazioni in sede contenziosa. La peculiarit di tale atto, nei confronti dell'atto dell'Ufficio, va ravvisata soltanto nel termine previsto per l'efficacia dell'accertamento. L'accertamento suppletivo ad opera delle Commissioni viene ad essere ammesso, cio~, anche dopo la scadenza del termine previsto dal citato art. 21 del d.1. 7 agosto 1936, n. 1639; il termine di efficacia' imposto, infatti con decorrenza dailla 'data in cui la deliberazione pervenuta all'Ufficio, a sensi del citato art. 35 d.el r,d. 8 luglio 1957, n. 1516, ed quindi del tutto indipendente dal comportamento del contribuente. La rilevazione di tale peculiarit sufficiente a contestare il rilievo, sollevato, come si detto, dai ricorrenti, secondo .cui il nuovo accertamento non sarebbe stato ammissibile, in quanto effettuato dopo la scadenza. del termine annuale previsto dal citato art. 21. La facolt attribuita aile commissioni ha come presupposto, infatti, la pendenza d.i un procedimento contenzioso, si che i termini .per l'efficacia degli atti relativi vanno determinati in riferimento a 4t~e procedimento, e non alle attivit pregresse. La stessa rileva~one conduce a ritenere che nessuna efficacia .possa essere attribuita 'all'accertamento suppletivo operato dalle Commissioni, se l'accertamento stesso non sia notificato al contribuente nel termine indicato dallo stesso art. 35. Ma tale peculiarit non incide, in alcun modo, surl contenuto e la natura dell'atto. Da queste considerazioni deve essere dedotto: a) che l'atto con il quale le Commissioni tribp.tarie, distrettuale e provinciale; esercitano il potere di aumento del valore imponibile, ai sensi dell'art. 2 del d..1. 5 marzo 1942, n. 186, atto amministrativo ,fil accertamento, e non atto decisorio; b) che l'efficacia dell'accertamento suppletivo, contenuto in tale atto, subordinata alla notificazione dell'atto stesso, a cura dell'Ufficio, entro il termine previsto nel primo comma dello stesso articolo; c) che avverso tale atto sono esercitabili soltanto i mezzi di impugnazione in sede di contenzioso tributario, ivi previsti, e non altri rimedi; d) che, .non avendo l'atto medesimo contenuto decisorio, ad esso ~/ non pu essere attribuita natura qi pronuncia giurisdizionale, e per 16 1480 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tanto vi si deve ritenere inapplicabile il rimedio previsto dall'art. 111 della Costituzione, che concerne soltanto pronunce giurisdizionali. In conseguenza, H r,icorso proposto a' sensi di tale disposizione deve essere dichiarato inammissibile, e la pronuncia di inammissibilit travolge le censure proposte nel ricorso stesso, che potranno formare oggetto di .impugnazione in sede di contenzioso tributario, sempre che l'accertamento sia divenuto efficace attraverso la notificazione ai sensi del citato art. 55 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516. Il Procuratore Generale, pervero, :nella requisitoria pronunciata in udienza, ha ipotizzato che neLla. decisione impugnata con il ricorso, di cui si tratta, possano essere distinti due contenuti, l'uno decisorio, l'altro di accertamento; ed invero vi si trova enunciato nel dispositivo sia il rigetto del gravame proposto dai contribuenti, sia la deliberazione di aumento del valore. Ad una configurazione similare sembrano rifedrsi anche i ricorrenti, quando, come si detto, contestano che la potest di acertamento . possa essere esercitata dopo che la Commissione distrettuale si sia pronunciata in sede contenziosa e quando sollevano dubbi intorno alla legittimit costituzionale della commistione, in unico organo, di funzioni amministrative e funzioni giurisdizionali. Conseguenza di tale configuraziooe sarebbe che in questa sede potrebbe conoscersi della decisione, espungendo da questa l'atto amministrativo. Ma queste Sezioni Unite non ritengono di potere aderire a tale ricostruzione. L'atto con ilquale le Commissioni tributarie deliberano un aumento di valore, a' sensi della norma citata, sempre e _soltanto atto di accertamento, anche se emesso dopo lo svolgimento .di una fase contenziosa e con riferimento a questa. Ed infatti, non solo l'accertamento suppletivo emesso dalla Commissione distrettuale che si sostituisce all'accertamento dell'Ufficio, quale che sia la condotta dell'Ufficio stesso nel corso del procedimento contenzioso di primo grado, ma anche l'accertamento suppletivo emesso dalla Commissione provinciale ha eguale contenuto ed eguale natura. Nella inerzia, invero, dell'Ufficio di fronte alla decisione di diminuzione di valore adottata dalla Commissione distrettuale deve ravvisarsi l'adesione al nuovo accertamento; a questo comportamento, con il quale l'Ufficio fa proprio l'accertamento deliberato dalla Commissione distrettuale, reagisce la Commissione provinciale sostituendo il suo accertamento a quello implicitamente accolto dall'Ufficio; anche questa Commissione emette, cio, un nuovo, autonomo, accertamento. Tale accertamento rimane nuovo ed autnomo, nei confronti. dell'accertamento dell'Ufficio, sia nel caso che il valore enunciato dalla Commissione risulti diverso da quello -indicato nell'accertamento dell'Ufficio, PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1481 sia che l'uno e l'altro coincidano, rimanendo soltanto eliminate le diminuzioni apportate dalla Commissione distrettuale; con l'omissione dell'impugnazione avverso la decisione di questa, infatti, al primo accertamento dell'Ufficio se ne sostituisce un secondo, che viene ad essere coincidente con quello deliberato dalla Commissione distrettuale ed a quest'ultimo si sostituisce altro accertamento, sia ipure condotto in base ai criteri ed alle misure adottati nel primo. Con l'esercizio della facolt di accertamento in aumento, dunque, le Commissioni tributarie si spogliano in ogni caso della funzione decisoria contenziosa svolgono mera attivit di accertamento, di contenuto e natura esclusivamente amministrativi. L'atto che tale accertamento contiene si sottrae, quindi, completamente al sindacato di questa Corte. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 6 ottobre 1971, n. 2736 -Pres. Fiore -Est. Leone -P. M. Trotta (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Freni) c. Soc. Reno Immobiliare (avv. Bellardoni). Imposta di registro -Agevolazio~ per le case di abitazione non di lusso -Acquisto dell'area -Edificabilit -Esistenza di limitazioni al momento dell'acquisto -Possibilit di rimozione. (1. 2 luglio ~949, n. 408, art. 14). Nel sistema della legge 2 lwnglio 1949 n. 408 bisogna distinguere una fase di applicazione delle agevolazioni in base alle risultanze dell'atto sottoposto a registrazione e una fase di verifica a costruzio'11; uitimata; nella prima fase l'edificabiiitd dell'area va stabilita in relazione alla possibilitd che la costruzione possa essere comunque realizzata senza violazione di norme vigenti dell'ordinamento, anche se per tale realizzazione l'interessato debba ricorrere a mezzi negoziali che presuppongono l'accordo con altri soggetti o 'il ricorso a mezzi di tuteia giuris.dizionale' pi o meno aleatori atti a rimuovere i limiti giuridici esistenti, salvo poi a verificare, nella seconda fase, se l'interessato sia riuscito a realizzare la costruzione per la quale l'agevolazione 'stata concessa e se essa possa esseTe, in tutto o in pall"te, mantenuta (1). (1) La decisione si riconnette a quella 29 marzo 1969, n. 1029 (in questa Rassegna, 1969, I, 869) e riconferma l'esclusione dell'agevolazione per le aree ocparti di esse inedificabili al momento dell'acquisto per presctizione 1482 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Col secondo motivo il Ministero censura la sentenza d'appello perch avrebbe violato l'art. 14 della legge 2 luglio 1949 n. 408, l'art. 8 del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269, gli artt. 1371 e 1372 cod. civ. infine l'art. 112 c.p. civile e perch sarebbe affetta da vizi di motivazione. Assumendo che la Corte d'appello non avrebbe bene inteso la tesi svolta, l'Amministrazione delle Finanze precisa che, a suo parere, per l'applicazione dei benefici di cui alla cennata legge Tupini si deve aver riguardo alla situazione giuridica dell'area compravenduta, quale obbiettivamente risulta al momento del trasferimento, ma in tale apprezzamento si deve tener conto anche delle servit convenzionali di inedifidabilit e della stessa volont negoziale di escludere l'edificabilit di determinate porzioni dell'area; occorre infatti non solo che il .negozio concerna un'area edificabile ma altresi che l'acquirente possa e voglia eseguire la costruzione di case aventi le caratteristiche volute dalla legge, essendo invece irrilevante che l'area sia non edificabile per vincoli posti da atti autoritativi o per vincoli convenzionali. Aggiunge la ricorrente che non conferente .il rilievo che le servit sono rimuovibili a mezzo di accordo degli interessati e perci non importano un divieto assoluto di ineficabilit, dato che la situazione da prendere in considerazione quella relativa al bene al momento del negozio; e che i V:i.ncoli di indificabilit derivanti dai piani regolatori o da servit eonvenzionali non comportano utilit dirette per le costruzioni eseguite nella porzione edificabile dell'area. Anche queste censure sono prive di fondamento. Puntualizzande la questione da rilevare che essa non concerne quella parte dell'area compravenduta soggetta a pel'sistenti vincoli di piano regolatore che ne escludono l'edificabilit (in relazione all'esclusione dai benefici 'della legge Tupini delle parti ,di area non edificabile a causa di vincoli creati dal piano regolatore, vedasi la sentenza di questa S.C. n. 1029 del 1969); concerne invece una parte dell'area sot di piano regolatore o per divieti imposti da norme cogenti dell'ordinamento. Per quanto riguarda invece le limitazioni derivanti da l'apporti di diritto privato-o im:qoste con atti amministrativi particolad, non si pu in sede di registrazione dar rilevanza a limitazioni che sono astrattamente rimuovibili attraverso negozi di diritto privato, anche se richiedono il consenso non coercibile di altri soggetti, o l'esercizio di azioni giurisdizionali pi o meno aleatorie . Su quest'ultimo punto deve rilevarsi che la decisione in definitiva trasferisce nella seconda fase (quella della verifica a costruzione eseguita) gran parte dei controlli sulla sussistenza dei presupposti dell'agevolazione. Non essendo possibile in sede di registrazione una valutazione della probabilit di risultato positivo delle iniziative che l'interessato potr prendere per rimuovere le limitazioni particolari dell'edificazione, si finisc~ col restringere quella prima fase di verifica dei presupposti dell'agevola PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1483 toposta a vincoli destinati a garantire la funzionalit dell'edificando fabbricato con la determinazione di allineamenti imposti nella licenza edilizia, di distanze legali e simili, nonch a limitazioni stabilite a vantaggio di immobili contigui con servit convenzionali. Orbene, fermo il principio che l'edificabilit dell'intera area acquistata costituisce il presupposto per la concessione dei benefici fiscali di cui al citato art. 14 e che la norma contenuta nel capovrso di detto articolo ( sulla parte di suolo attigua ad fabbricato, dovuta, a costruzione ultimata, l'ordinaria imposta . di registro ed ipotecaria ) non costituisce inte.grazione della nozione di edificabilit ai fini della concessione dei benefici stessi ma contiene solo le condizioni per la conservazione di questi, nel senso che a costruzione ultimata tale atea ~deve risultare edificata per almeno un terzo (Cass. sent. cit.), deve rilevarsi che il sistema della legge Tupini organizzato su una fase di appliazione dei benefici in base alle. risultanze dell'atto negoziale sottoposto a registrazione e ,su una fase di verifica a costruzione ultimata o alla scadenza del termine per eseguirla; fasi logicamente collegate in relazione allo scopo che i benefici stabiliti in vista delle esigenze della costruzione sollecita di abitazioni non di lusso non siano utilizzati per atti che a tale esigenza non ri-spondano. insito !in questo sistema il concetto che le questioni relative alla concr.eta edifiabilit di questa o di quella parte dell'area compravenduta come area edificabile e destinata dal compratore alla costruzione di case non di lusso, debbano essere risolte pi che sul piano interpretativo del negozio su quello concreto ed effettuale della realt obiettiva a costruzione ultimata, realt che realizza la finalit dei benefici tributari e ne determina esattamente l'applicazione. Concetto, questo, che e m un certo senso connaturato a benefici fiscali che non sono ispirati solo ad uno stato di fatto o giuridico attuale di un bene (edificabilit dell'area) bens a tale 'stato considerato in funzione del risultato ulteriore che possibile ottenere con un determinato impiego del bene in un'attivit produttiva, risultato ulteriore e definitivo che l'ordinamento intende promuovere e favorire. zione. Ma in tal modo si fa diventare pressoch normale l'applicazione del capoverso dell'art. 14 della legge n. 408, che invece nel sistema della legge costituisce piuttosfo un'eccezione. Deve inoltre rilevarsi che il principio sembra affermato nella decisione in via generale per ogni sorta di limitazione particolare all'edificabilit, mentre il capoverso dell'art. 14 consente la liquidazione ritardata dell'imposta nor.male solo per la parte del suolo ,attigua al fabbricato . Ci dovrebbe almeno giustificare l'esclusione dell'agevolazione al momento della registrazione quando per l'esistenza di limitazioni attuali (siano o no rimuovibili i;n futuro) non possi (Omissis). -L'istante lamenta che la competenza del Tribunale di Catanzaro sia stata affermata con erronea applicazi,one dell'art. 8 r.d. 30 ottobre 1933 .n. 1611, che demanda la decisione delle controversie riguardanti le imposte, anche se insorte in sede di esecuzione, a:l Tribuna!~ del luogo dove risiede 'ufficio' dell'Avvocatura dello Stato, nel cui distretto trovasi l'ufficio che ha liquidato l'im);>0sta, e in violazione dell'art. 7 dello stesso dicreto .che stabilisce che le norme ordinarie di competenza rimangono ferme, anche quando .sia in causa un'ammir nistrazione dello Stato, fra l'altro, per i procedimenti esecutivi. Secondo l'istante la prima norma deroga alla seconda solo rper le controversie che abbiano come sog.getti 1'Amministrazione finanziaria e il contribuente; ma nella specie essa istante doveva considerarsi una persona terza risp~tto al rapporto tributaPio, che era intercO'l'so fra la detta Amministrazione, da una parte, e l'appaltatore Dattilo Francesco e il Comune di Locri dall'altra; come tale essa aveva proposto un'azione rivolta a sottrarre beni dL una propriet all'esecuzione iniziata dal Fisco per. ralizzare la pretesa. oggetto di quel rapporto, azione che doveva essere definita opposizione di terzo ai sensi dell'art. 619 c.p.c. : (1) Decisione da con,dividere pienamente. Sull'ampizza della controversia di imposta che si instauri fra i soggetti del rapporto tributario v. Relazione Avv. Stato 1966-70, II, 531. Importante la seconda parte della sentenza nella quale si nega ai fini che interessano ogni distinzione tra debitore e responsabile dell'imposta. Premesso che nel caso non veniva in questione la figura tipica del responsabile di imposta, si giustamente affermato che la distinzione va posta soltanto tra terzo opponente e debitore opponente (artt. 615 e 619 c.p.c.); se infatti l'opponente non pu conte 1486 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO questa definizione dell'azione implicava che si doveva dichiarare la competenza del T.ribunale di Reggio Calabria, a cui spettava la decisione della controversia in applicazione della citata norma dell'art. 7 del r.d. del 1933. Il P. M. sostanzialmente aderisce a questa tesi. La decisione sull'istanza di regolamento di competenza richiede che sia esattamente qualificata l'azione proposta dalla Villardi. appena il caso di avvertire che all'uopo non ha rilevanza la definizione che a codesta azione la parte ha ritenuto di dare; la qualificazione giuridica della domanda un potere-dovere del giudice, che non sarebbe concepibile vincolare all'apprezzamento della parte senza incidere sull'esercizio stesso della sua funzione istituzionale. Peraltro essa va operata nella base dei fatti dedotti dalla parte e del concreto risultato giuridico che questa si propone di ottenere. Dai fatti esposti dalla Vilardi nell'atto introduttivo del giudizio e dal risultato a cui ess tende emerge palesemente che la sua domanda, ancorch da lei qualificata opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c., non integra gli estremi dell'istituto contemplato in questa norma, ma si configura come opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. L'opposizione di terzo prevista dall'art. 619 c.p.c. . caratterizzata dal presupposto che non si controverta sull'estraneit dell'opponente al rapporto esecutivo. In questo tipo di azione, pacifica l'estraneit del terzo a codesto rapporto, in discussione solo un diritto reale del medesimo sul bene pignorato, al fine di sottrarre questo a:ll'esecuzione nei limiti del diritto vantato. Ove il riconoscimento di un tale diritto venga chiesto non da terzo estraneo al rapporto esecutivo, ma dal soggetto passivo di questo, la lite non ha in realt ad oggetto il riconoscimento di quel diritto, ma la legittimit l.ell'esE;iCuzione. Invero la domanda proposta dail'esecutato per ottenere la liberazione del suo bene dal vincolo esecutivo non ha nessun significato giuridico, se non la si intende come diretta ad escludere la fondatezza della pretesa esecutiva, perch, fino a che questa rimane integra, la liberazione del bene non giuridicamente concepibile. La Vilardi rappresenta una situazione di fatto c;aratterizzata dalla pendenza di una procedura esecutiva _nei suoi riguardi per un debito stare la sussistenza del debito di imposta (caso del terzo proprietario del bene gravato da privilegio speciale e del contribuente di fatto) si resta necessariamente nei limiti di una controversia civile attinente alla esecuzione .su determinati beni; ma se l'opponente o come successore a titolo universale .del contribuente o come sostituto di imposta o come responsabile di imposta (in senso tecnico) abilitato a contestare il fondamento della pretesa triibutaria (e, in sede di opposizione, il fondamento dell'azione esecutiva), non pu certo dirsi che l'opponente sia estraneo al rapporto esecutivo. PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA del marito e dalla contestazione della sua responsabilit per codesto debito, e sulla base di questa situazione di fatto essa chiede la liberazione dei suoi beni caduti in quella procedura: quale che sia stata la forma della impostazione da lei data alla domanda, questa, per quanto ora si osservato in termini di principi, non pu essere intesa che come rivolta a negare i:l titolo che sorregge il rapporto esecutivo, perch la caducazione di codesto titolo il presupposto indispens:abile per la sottrazione delle cose staggite alla loro destinazione al soddisfacimento delle ragioni di chi di esso si avvale in quella procedura. Intesa la domanda in questi termini, resta dimostrato che essa va qualificata non come opposizione id terzo, ma come opposizione all'esecuzione. Da tale qualificazione consegue che la competenza territoriale a decidere la causa deve essere determinata in base all'art. 8 e non all'art. 7 del r.d. del 1933 n. 1611, perch ricorre il caso, previsto dalla prima norma, di controvers!a tributaria insorta in sede di esecuzione. Ad escludere l'applicazione di codesta norma, per affermare quella .dell'altra che rinvia alle regole generali sulla competenza, non si :potrebbe pervenire accogliendo la tesi a cui accennano la ricorrente e il P. M., senza peraltro svilupparla, secondo la quale, in linea di principio, controversia tributaria, ai sensi del citato art. 8, solo quella in cui nel soggetto passivo del rapporto in contestazione confluisca la duplice qualit di debitore di imposta e di responsabile per il pagamento di essa, e non quella in cui tale soggetto, come sarebbe nella specie, rivesta solo la seconda qualit. N la lettera n la ratio della norma ne giustificano questa interpretazione restrittiva: non la prima, poich il generico rilerimento alle controversie giudiziali riguardanti le tasse e sovratasse -per ripetere testualmente le espressioni adottate dal legislatore -non contiene nessun .indizio da cui si possa desumere che si sia voluto assegnare rilevanza alla distinzione fra debito e responsabilit nel rapporto tributario per escludere dall'ambito di quelle controversie le liti riguardanti i soggetti responsabili per altrui debiti di imposta; non la seconda, perch, in conformit di quanto ritenuto da questa Corte Suprema, in altra occasione (sentenza n. 1704 del 4 (luglio 1962), devesi affermare che la norma ha il suo fondamento nella specifica procedura che si instaura presso l'amministrazione quando un ufficio di questa provveda a . ~a liquidazione di imposta; siffatta procedura comporta un collegamento territoriale fra l'amministrazione finanziaria e l'Avvocatura dello Stato che giustifica il collegarsi al medesimo luogo pure del foro erariale: questa ragione non fa conto alcuno della situazione del soggetto passivo del rapporto tributario e ricorre, quindi, anche se questi solo responsabile del debito di imposta e non anche esso stesso debitore. In applicazione del citato art. 8, competente a decidere la controversie in esame risulta essere il Tribunale di Catanzaro. -(Omissis). 1488 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 11 ottobre 1971, n. 2829 -Pres. Stella Richter -Est. Mirabelli -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Tarin) c. Coop. Proprietari Lavandai. Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Commissioni tributarie -Competenza -Sezione speciale per l'imposta di negoziazione della Commissione provinciale -Competenza per la sola valutazione -Decisione su questioni-di diritto -Ricorso alla Commissione Centrale -Inammissibilit. La sezione speciale per l'imposta di negoziazione detia Commissione provinciale competente a decidetre soltanto questioni di valutazione; se peraltro essa decide su questioni di diritto, ta relativa decisione non impugnabile innanzi aita Commissione CentJrale, e div~ta inoppugnabile se ccmtro di ssa non viene proposto ricorso per Cassazione o azione ordinaria (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso l'Amministrazione denuncia la violazione e falsa applicazione' degli artt. 9, 10 e 17 del r.d.l. 15 dicembre 1938, n. 1975, degli artt. 1 e 4 del d.1.1. 25 maggio 1945, n. 301, e dell'art. 27 della 1. 6 agosto 1954, n. 603, a sensi del( 1) stato ormai chiarito che la sezione .speciale per la imposta di negoziazione della Commissione provinciale sotto ogni profilo una Commissione per la 'valutazione ohe pronuncia in seconda istanza decisioni definitive .soggette soltanto a ricorso per Cassazione e all'impugnazione di legittimit innanzi al Tribunale per difetto di calcolo e errore di apprezza~ ento (Cass. 25 maggio 1971, n. 1537, in questa Rassegna, 1971, I, la93 che ha anche chiarito che il ricorso, .inammissibile alla Commissione Centrale non pu essere utile nemmeno per salvare il termine); numerosissime sono poi le decisioni che escludono in ogni caso che la Commissione Centrale possa essere adita in terza istanza, anche se solo per questioni di vizi del procedimento o di competenza della Commissione (v. Relazione Avv. Stato, 1966-70, II, 497). Deve rilevarsi una imprecisione nella decisione in Rarsegna ove si afferma che l'incompetenza della decisione che abbia pronunciato su questioni di diritto pu essere dedotta, oltre che con ricorso per Cassazione, con ricorso ordinario davanti l'Autorit Giudiziaria. Se con ci si intende riferirsi all'impugnazione ex art. 29 terzo comma del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, bisogna rilevare che in quella sede non pu essere denunciata l'incompetenza della Commissione (Cass. Sez. Un. 20 luglio 1971, n. 2364, in questo fascicolo pag. 1439); se invece, come sembra pi ragionevole, si inteso far riferimento all'azione ordinaria proposta in via autonoma (e non in grado di impugnazione) necessario rilevare che tale azione pu essere bensl proposta per far decidere nel merito la questione di diritto (mentre non pu esserlo, ovviamente, per la parte che concerne la valutazione), ma non mai per far dichiarare l'incompetenza della Commissione. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1489 l'art. 111 della Costituzione e dell'art. 360, nn. 2 e 3, cod. proc. civ., deducendo Che la Sezione speciale imposte di negoziazione dell~ Commissione Provinciale delle Imposte, di cui all'art. 1 del d.1.1. 25 maggio 1945, n. 301, l:a cui competenza stata mantenuta ferma dalla 1. 6 agosto 1954, n. 603, un organo giurisdizionale al quale stata attribuita la specifica competenza a decidere; in via esclusiva e definitiva, le controversie relative alla determinazione del valore dei titoli, e non anche quella di decidere su questioni attinenti alla tassabilit dei medesimi, e che quindi, poich nel caso in esame incontestabile che :la questione risolta riguardava la tassabilit e non la va~utazione, indubbio che la Sezione speciale abbia giudicato su materia sottratta alla sua competenza; ma che, per, per la natura definitiva delle decisioni di tale Sezione deve essere ritenuto che sia da escludere l'impugnabilit delle decisioni della stessa alla Commissione Centrale. L'Amministrazione ricorrente sostiene, quindi, che ila Commissione Centrale, prendendo in 'esame il ricorso avverso la decisione deUa Sezione speciale della Commissione provinciale ha giudicato fuori dell'ambito della sua competenza giurisdizionale, ,e chiede che la decisione di questa 1sia cassata senza rinvio, petch emessa da organo carente di giurisdizione; la Commissione Centrale sarebbe stata competente, in- L'azione ordinaria, infatti, pu essere esperita per riproporre ex novo ed in via autonoma una questione di diritto comunque decisa da una commissione ('cQmpetente e non), ma non per denunciare i vizi del procedimento, fra i quali va ricompresa l'incompetenza, innanzi alle Commissioni. Ne consegue che il Giudice ordinario decide definitivamente nel merito la questione di diritto sulla quale ha la giurisdizione e ci esclude assolutamente che possa tornarsi innanzi alle Commissioni; ulteriore conseguenza che se la questione di diritto decisa dalla Commissione di valutazione pregiudiziale alla valutazione, essa non pu essere utilmente portata alla cognizione del giudice ordinario che non potrebbe mai conoscere della valutazione, se adito in via autonoma, e non potrebbe spaziare oltre i limiti del difetto di calcolo e dell'errore di apprezzamento se adito in grado di impugnazione (sent. 20 luglio 1971, n. 2364 gi citata). Riassumendo quindi si deve ritenere che allorch la -Commissione provinciale di valutazione abbia deciso senza essere competente una questione di diritto, il solo rimedio esperibile il ricorso per Cassazione; ove questo non sia stato interposto, pu essere adito il Tribunale con azione autonoma soltanto se l questione di. diritto sia separabile da quella di valutazione si che possa essere decisa definitivamente nel merito dal giudice ordinario; se invece la questione di diritto pregiudiziale alla valutazione e in essa si assorbe non pi deducibile innanzi all'A.G.D. n in via autonoma, perch .sarebbe impossibile (oltre che inutile) decidere una questione pregiudiziale lasciando invariata la decisione conclusiva di valutazione n in via di impugnazione ex art. 29 terzo comma, perch in questa sede non potrebbe denunciarsi n l'incompetenza della Commissione n, la violazione di legge. Sull'argomento v. anche Relazione Avv. Stato, 1966-70, II, 515 e segg., 539. 1490 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO fatti, solo se il ricorso della contribuente fosse stato deciso in primo grado dalla sezione diritto della Commissione provinciale delle imposte di Milano. Il ricorso dell'Amministrazione fondato. La questione stata gi ripetutamente risolta nel senso sostenuto dall'Amministrazione ricorrente da queste Sezioni Unite (sentt. 18 ottobre 1961, n. 2225; 3 maggio 1962, n. 858; 26 febbraio 1963, n. 471; 12 luglio 1966, n. 1848), le quali hanno dedotto dalla definitivit delle decisioni della Sezione speciale la preclusione del ricorso alla Commissione Centrale; e tale preclusione sussiste anche quando la Sezione speciale, anzich decidere su questione di sua competenza e .in grado di appello sulla valutazione del Comitato Agenti di cambio, a sensi delle norme suindicate, abbia deciso, in primo grado, una questione di diritto, giacch l'avere valicato i limiti delle proprie attribm;joni costituisce un vizio che potrebbe essere fatto valere con la 'proposizione di ricorso ordinario dinnzi all'autorit giudiziaria o di ricorso di legittimit, a sensi dell'art. 111 della Costituzione, ma che non pu formare oggetto di ricOO'so alla Commissione Centrale. Ad inficiare tale conclusione non sono sufficienti le argomentazioni addotte dalla Cpoperativa resistente. N, infatti, pu essere accolta' la tesi della non impugnabilit delle decisioni delle Commissioni tributarie a sensi dell'art. 111 della Costituzione, eh~ contrasta con i principi costantemente affermati da questa Corte; n pu darsi rilevanza all'osservazione che, una volta riconosciuto che il contenuto della decisione consista nella soJ.uzione di una questione di ,diritto si debba ammetterne 1a ricorribilit alla Commissione Centrale, in quanto la competenza giurisdizionale di questa esclusa nei confronti di pronunce cui la legge attribuisce il carattere della definitivit. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 ottobre 1971, n. 2847 -Pres. Caporaso -Est. Pascasio -P. M. Gentile (conf.). -Mini!?tero delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. Soc. Snia Viscosa (avv. Andrioli). Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Ricorso alla Commissione Centrale -Motivazione -Esposizione del fatto -Necessit. Il ricorso alla Commissione Centrale un gravame limitato ad ipotesi dalla legge tassativamente previste, che si concreta in un iudicium rescindens il cui oggetto costituito dal riscontro di e1rori tf:pi.ci; conseguentemente il ricorso alla Commissione Centrale deve contenere PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1491 ' a pena di nuitit l'esposizione del fatto che ha funzione di necessario presupposto per l'esame delle questioni di diritto e deila logicit della motivazione (1). (Omissis). -L'Amministrazione ricorrente, denunciando la violazione degli artt. 38, 45, 46, 47 e 48 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 in relazione all'art. 156 c.p.c., sostiene che l'esposizione dei fatti nel ricorso proposto .all~ Commissione centrale delle imposte non prescritta a pena di inammissibilit e che questa non pu essere dichiarata se come nel caso si sarebbe verificato -i motivi dedotti consentano di individuare i vizi di attivit e di giudizio denunciati. La censura non fondata. Infatti, l'art. 46 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 statuisce che, nei casi ammessi dalla legge, debbono, nei ricorsi alla Commissione centrale, essere esposti i fatti, l~ questioni ed i capi della decisione impugnata, indicando gli articoli di legge o di regolamento che si affermano violati o erroneamente applicati. La norma va coordinta con quella del .precedente art. 11:5, secondo la quale il contribuente o l'Ufficio possono ricorrere alla Commissione centrale nei casi ammessi dalle singole leggi di imposta ; e con l'articolo 48, ottavo comma, secondo il quale quando la Commissione centrale rinvia una controversia alla Commissione provinciale per nuovo giudizio, questo deve essere emesso da una sezione competente, diversa .da quella che ha adottata la decisione annullata. Dal coordinamento di queste disposizioni, nel loro rapporto (al pari delle altre che disciplinano il processo .innanzi le commissioni tributarie) di legge speciale rispetto alla legge generale, costituita dagli articoli del codice di .procedura civile che disciplinano il processo ordinario, si trae che il ricorso alla Commissione centrale delle imposte strutturato non gi come un gravame illimitato, bensl come un gravame limitato ad ipotesi dalla legge tassativamente .previste, con procedimento nettamente configurato come iudicium rescinde'Tl!S il cui oggetto fornito dal riscontro di alcuni errori tipici che, a loro volta, debbono essere specificati, a! fine di sollecitare dalla CQmmissione quella renovatio istantiae ch'essa ha facolt di rimettere ad altra sezione della Commissione provinciale che ha giudicato. (1) Sulla motivazione dei ricorsi alle Commissioni v. Relazione Avv. Stato 1966-1970, II, 502 e segg.; mentre si ritiene sufficiente una motivazione assai succinta per i ricorsi alle Commissioni distrettuale e provinciale, notevole invece il rigore che si richiede per la motivazione dei ricorsi alla Centrale. Meno ricca la giurisprudenza sulla pi ristretta ipotesi in cui il difetto di motivazione concerne l'esposizione del fatto. 1492 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Consegue che la Commissione Centrale eome gi altra volta questa Corte Suprema ha puntualizzato (Sez. Un., sent. 20 febbraio 1969, n. 565) competente a conoscere: a) delle questioni di diritto; b) delle questioni di fatto che, connesse con le questioni di diritto, costituiscono presupposti strumentali indispensabili per l'applicazione della legge; e) dei _vizi logiei che infirmano la motivazione in fatto della decisione impugnata. L'esposizione del fatto ha dunque la sua funzione di necessario p:esupposto rispetto alle questioni di diritto o di strumento di controllo della logicit della motivazione, per cui costituisce requisito essenziale la cui mancanza, pur non essendo specificamente sanzionata dalla legge speciale, trova, tuttavia, la sua sanzione nel regime delle nullit ed in quello delle impugnazioni regolato dal codice di procedura civile, il quale, in relazione alla natura dell'atto di cui la ilegge prescrive obbligatoriamente il cont~uto, statuisce la nullit quando esso manca dei requisiti formali per il raggiungimento del suo scopo (art. 156, secondo comma, c.p.c.). E la nullit causa prevista di inammissibilit del gravame mquanto lo stesso rapporto processuale che si sarebbe dovuto costiiuire per effetto della dichiarazione di impugnazione, :in realt insussistente (artt. 360, n. 4, 398 c.p.c., 201, 8 comma c.p.c. cfr. sent. 644 del 1957 di questa Corte). Vero che, secondo quanto ebbe a rilevarsi nella sentenza citata, la norma del citato 1:/-rt. 46 cosi precisata nell'oggetto, nella sanzione, nell'intrinseca sua natura, deve di certo esseve intevpretata con criterio funziO!Ilale, nel senso che l'esposizione del fatto, delle questioni e dei capi della decisiooe contestata e la indicazione degli articoli di legge o di regolamento che si affermano violati o erroneamente applicati de~bono ritenett"Si necessarie per la individuazione del cosiddetto merito dell'impugnazione . Ma il fatto deve essere esposto e gli articoli di legge che si assumono violati debbono essere ID.dicati come componenti di questioni concrete, atte ad identificare il principio di diritto applicabile alla fattispecie in esame. .Tali concrete questioni non sono affatto poste dal ricorso proposto dall'Amministrazione alla Commissione centrale. Quanto alla lett. a) concernente gli interessi sui conti correnti di corrispondenza, manca ogni riferimento all fattispecie, n la semplice indicazione dell'art. 85 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 appare sufficiente sia alla enlinciazione della questione che si vorrebbe sollevare, sia alla idenrtificazio:ne del principio di diritto che si pretenderebbe fosse applicato; quanto alla lett. b), l'Ufficio denuncia l'eccessivit di una detrazione ai sensi dell'art. 84 del citato t.u. senza neppure indicare a quale provento essa sia riferita: analoghe deficienze si rilevano nelle lettere e), d) ed e) in relazione alla conversione di obbligazioni in a.zioni; .. per realizzo di riserve e per spese di gestioni di immobili senza precisare PARTE I, SEZ. V, GIURISPR1JDENZA TRIBUTARIA 1493 i presupposti di fatto, le questioni ed i vizi della pronuncia gravata. N ad integrare tali gravi deficienze potevano valere successive deduzioni, presentate dalla Amministrazione ben oltre il termine stabilito per riconere. Consegue che esattamente la Commissione centrale ,ebbe a dichiarare l'inammissibilit del ricorso, per cui il presente gravame deve essere rigettato siccome infondato. -(Omissis). CORTE DI CASSAZONE, Sez. Un. 4 dicembre 1971, n. 3521 -Pres. Scarpello -Est. Berri -P. M. Pedace (conf.) -Ministero delfo Finanze (avv. .Stato Albi:Sinni) c. Banca Nazionale dell'Agricoltura (avv. Aleandri, Pepe, Visentini, Micheli). Imposta di ricchezza mobile. -Societ ed enti tassabili in base a bilancio -Interessi passivi -Deducibilit -Criterio di proporzionalit -Presunzione - relativa e non assoluta. (1. 5 gennaio 1956, n. l, art. 23; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 110). Imposta di ricchezza mobile -Spese e passivit inerenti alla porzione del reddito -Pagamento da parte dei soggetti tassabili in base a bilancio, delle aziende ed istituti di credito, dell'imposta di R. M., Cat. A, sugli interessi corrisposti ai reddituari e rinuncia ll'esercizio dell'azione di rivalsa -Non perdita - spesa -Inerenza alla produzione del reddito -Non sussiste. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 91, 99 e 127). L'art. 23, secondo coma, della l. 5 gennaio 1956, n. 1 (riprodotto nell'art. 110 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645) pone, per l'esigenza di sempLificare l'accertqmento, una presunzione basata su cl.i un criterio di proporzionaUt, secondo ii quale gli interess:i passivi corrisposti dalle Societ ed Entii tassabili in base a bilancio smw deducibili dal redito di R.M. -Cat. B -per la parte corrispondente at rapporto tra l'ammcmtare dei ricavi lordi, che entrano a comporre it redito assoggevtabtile all'imposta di R.M., e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi lordi eil contribuente. Tale presunzione n01J1, assoluba, sibbene relativa. Se il c'l"iterio adottato, infatti, ha la sua region d'essere nella difficolt i operare la relativa distinzione, quando la difficolt mamca, la norma non pu espLicare efficacia. La presunzione, pertanto, non ha ragione di esistere allo'l'ch vi un obbligo all'acquisto e al possesso del cespite esentt? (b.t.o.) costituente cauzione (1). (1-2) Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza in rassegna e con altre due portanti la stessa data (nn. 3522 e 3523, rese su ricorsi proposti da:\fa Banca Popolare di Teramo e di Citt Sant'Angelo 1494 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il pagamento deU'imposta di ricchezza mobile di Categoria A, effettuato dagli Istituti di Credito (sostituti di imposta) in Luogo dei Loro depositalnti (soggetti passivi di imposta) e per il qua>le i detti Istituti non esercitino la rivalsa ammessa daLl'art. 121 t.u. n. 645 dei 1958, non costituisce perdita. a.i sensi deil'art. 99 del detto t.u. Detto pagamento costituisce spesa in cons.iderazione del fatto che sui piano economico indubbio che il pagamento di somma, pur a titolo di imposta. altrui, costituisce sempre una spesa riduttiva del capitale circolante di esercizio della banca. La quaiifica di perdita, attinente peroltro a.l conto patrimoniale pi che al conto di gestione, potrebbe trarre attendibilit dalla distinzione del momento di paga.mento della imposta da.l momento, successivo, d.i rinuncia all'esercizio del diritto al suo recupero nei confronti dei depositanti, effettivi debitori: ma tale distinzione appare fittizia, perch il pagamento della imposta avv~ene col corntestuale intendimento od impegno deita. Banca (verso i clienti dep031,tanti) di non operare il recupero; qui trova fondamento la gid fatta asserzione che si in presenza di due momenti da ricondurre a.d u,nit, perch finaUsticamente coll.egati. La spesa, che gli Istituti di Credito sostengono effettuando il paga.mento della imposta di R.M., Cat. A, sugli interessi corrisposti a.i depositanti seinza esercitare la rivalsa, non inerente alla produzione del reddito, trattandosi di spesa volontaria che non ha aLcun nesso di causalit diretta con la produzione del reddito stesso. La ragione unica del sorgere e del permanere di detta spesa, come posta passiva dei bilancio, la rinuncia deila Banca. a. recuperarla dai depositanti, per ccm.to de.i quaLi, a. titolo di loro imposta personale, stata. corrisposta da.ila Bansa stessa all'era.rio. La volontariet contro l'Amministrazione delle Finanze dello Stato per l'annullamento di due sentenze della Corte di ~pello de L'Aquila), si sono nuovamente occupate, confermando e ulteriormente precisando il proprio precedente giudizio (Sez. Un. 12 gennaio 1967, n. 125, in questa Rassegna, 1967, I, 644 e segg.). della questione della detraibilit o meno, dal reddito di impresa dei soggetti tassabili in base a bilancio e delle aziende ed Istituto di credito, delle somme, pagate per imposta di R.M. -Cat. A, sugli interessi e premi dovuti e per le quali non venga esercitata la rivalsa sui reddituari (art. 127 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645). Dopo la citata sentenza delle Sez. Un. n. 125 del 1967, si riteneva che la questione fosse oramai definitivamente risolta. Senonch prima la Com missione Provinciale delle Imposte di Novara e poi la Commissione Cen trale, quest'ultima giudicando a Sezioni Unite sul Ticorso proposto dall'Uf ficio delle Imposte avverso la decisione della detta Commissione Provinciale, (in questa Rassegna, 1969, I, 926 e segg., con nota della Redazione), avevano ritenuto di potersi discostare dall'insegnamento della Corte Suprema. La decisione della Commissione Centrale a Sezioni Unite fu dichiarata giuridicamente inesistente dalla Corte di Cassazione, con la Sent. Sez. Un. 9 ottobre 1969, n. 3235 (in questa Rassegna, loc. dt.), per la irregolare composizione del Collegio giudicante. Rinviata, quindi, il.a controversia, per PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 149.5 deila rinuncia non esclusa dalle disposizioni contenute negli artt. 32, 35 e 87 del r.d. 12 marzo 1936, n. 375, e 2 d.l.C.P.S. 17 lugiio 1947, n. 591, relativi alla disciplina del cartelLo bancario, n dalla esistenza di accordi interbancari o da convenzioni intervenute, nella fO'l'ma pi varia, tJra le banche e i depositanti, cio da strumenti e.n'aut.onomia negoziale, che, ancorch leciti, non possono modificare le no-rme imperative che attuano la ripartizione dell'imposta di r.m. tra i vari soggetti. Anche, se le Banche sono vincolate a determinati tassi dii interessi passivi coitegati con la funzione del reperimento del risparmio, vano ricercare in tutta la disciplina ora richiama1Ja una dispos.izione, avente il valore di legge sostanziale, che imponga edico Toscano (avv. Baldi Papini) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Favara). Imposta di' ricchezza mobile -Redditi acquisiti da ente non avente scopo di lucro -Impiego o destinazione dei redditi per le finalit istituzionl'l)i dell'ente -Irrilevanza. (art. 2 e 3 del t.u. 24 agosto 1877, n. 4021). Il sorgere del credito per imposta di ricchezza mobile per i redditi conseguiti da un ente non avente scopo dti. lucro non impedito clatia es?istenza di un dovere t;Legii amministratori di impi,ega.re o di destinare i reddti.ti medesimi per il perseguimento delle finaZit istituzionali dell'ente (1). .II CORTE D'APPELLO DI FIRENZE, Sez. I, 10 maggio 1971, n. 447 -Pres. Cappellini -Est. Sorge -Spedale della Misericordia di Prato (avv. Miele e Narese) .c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Favara). Imposta di ricchezza mobile -Reddi~ acquisiti da ente di assistenza e beneficenza -Impiego o destinazione dei redditi per le finalit istituzionali dell'ente -Irrilevanza. (artt. 2 e 3 del t.u. 24 agosto 1877 e n. 4021). I redditi conseguiti da un ente avente finalit istitiuzionale di assistenza e beneficienza mediante attivit di carattere speculativo sono soggetti ad imposta di ricchezza mobile, anche se i redditi ste'ssi sono destinati alle anzidette finalit non lucrative (2). (l-2) L'impiego e la destinazione dei redditi acquisiti da enti operanti non per scopo di lucro. La sentenza del Tribunale di Firenze merita di essere segnalata, perch porta un interessante contributo chiarificatore nella materia della impo 1506 RASSEGNA DELL'AVVOCATtiRA DELLO STATO I (Omissis). -La questione prospettata dall'IOT stata gi decisa da questo Tribunale con la sentenza n. 197/69 confermata da App. Firenze 10 maggio 1971, n. 447. Dopo approfondito riesame, il collegio,; non pu che ribadire il proprio convincimento, rigettando la domanda. In sostanza l'I.0.T. deduce due oirdini di argomentazioni: 1) i redditi in cootestazione non sono tassabili, perreh devono, per legge e per statuto, essere destinati al conseguimento dei fini istituzionali dell'ente; 2) l'intassabilit degli introiti degli enti ospedalieri deriva dalla legge n. 132 del 1968 (legge ospedaliera). Ebbene, poich qui si ,discute di un reddito conseguito nell'anno 1958, noo soltanto no~ pu essere applicata la (posteriore) disciplina invocata, ma neppure il t.u. n. 645 del 1958 entrato irn vigore dal lo gen naio 1960. La materia regolata dall'art. 2 t.u. 24 agosto 1877, n. 4021, sizione sui redditi-di ricchezza mobile conseguiti dagli enti non aventi scopo di lucro; materia sulla quale la giurisprudenza a volte pervenuta, negli ultimi anni, a soluzioni poco soddisfacenti (in proposito, cfr. la Relazione ' Avv. Stato 1966-1970, Il, par. 165). Il punto centrale della sentenza del Tribunale di Firenze costituito dall'affermazione secondo cui le finalit istituzionali del soggetto sono irrilevanti agli effetti della qualificazione come ,redditi imponibili degli introiti da questo conseguiti. Affermazione di indbbia esattezza, come ap pare evidente ove si tenga conto della profonda diversit tra ci che, con una prima approssimazfone, pu dirsi il dovere generico di un ente pub blico o privato di perseguire le proprie finalit istituzionali, e, di contro, le obbligazioni in senso proprfo di un soggetto, e cosi ariche dell'ente an-, zidetto, nei confronti di altri soggetti titolari di correlate soggettive situa zioni attive (sui limiti della nozione di obbligazione, tra i molti, cfr. Ro MANO SANTI, Frammenti di un dizionario giuridico, 1953, 91, GxoRGIANNI, voce Obbligazione (Diritto privato), N.mo Digesto Italiano, e inoltre L'obbliga zione, 1951, 29 segg). Per l'ente, le disposizioni che fissano le finalit istituzionali dettano essenzialmente una normativa sulla competenza (in .senso lato), operano cio, almeno in via principale e diretta, Come norme strumentali e non come norme materiali (sulla distinzione tra queste due categorie di norme, CARNELUTTI, Teoria generale del diritto, 1951, 43 seg., Aao, Scienza giuridica e diritto internazionale, 1950, 69 seg., PmAs A., Interesse legittimo e giudizio amministrativo, vol. Il, 1962, 62 seg.): per l'ente quindi, a rigore, non si pu ritenere sussistente neppure un generico dovere (~nteso come situazione passiva posta da norme materiali) di perseguire gli scopi per esso prefissati. Ovviamente diversa la situazione relativa agli amministratori dell'ente i quali sono tenuti verso l'ente e non direttamente verso i terzi a prestare una attivit rivolta al perseguimento delle finalit istituzionali. Tale essendo il ruolo di dette finalit per l'ente che le persegue, . palese come nessuna immediata rilevanza esse possano avere agli effetti della imposizione mobiliare. Infatti, mentre le obbligazioni in, senso proprio PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1507 secondo cui ogni individuo o en.te morale sia dello stato che straniero tenuto all'imposta sui redditi della ricchezza mobile che ha nello Stato, Dunque l'I.O.T. non pu invocare alcuna esenzione di natura soggettiva, Cosi sbarazzato il campo dell'indagine dal secondo motivo, non si pu non rilevare immediatamente che anche il primo si risolve nella " deduzione di una esenziooe soggettiva, attraverso il tentativo di aggiramento del problema. innegabile che tutti gU !introiti dell'ente, anche quelli indiscutibfimente di natura speculativa, sono destJinati., per via diretta o indiretta, al conseguime.nto dei filni listituziionaU che ad esso soino propri; ma ci significherebbe affermare l'esistenza di un"esenzione soggettiva; che invece esclusa per espressa disposizione di legge. Dunque chmro che le finalit istituzionali del soggetto scmo irrilevanti in relazione atl'indagi'!-e. L'obbligo generico di perseguire le proprie finalit istituzionali e quindi di destinare a quel perseguimento i redditi ccmseguiti, noo elimina n reddito come posta tassabile, ma pone un preciso limite ed imprime una precisa direzione alla politica dell'ente, nel senso che a questo fatto espresso diVieto di devolvere il reddito verso scopi diversi da quelli istituzionali. Si tratta, insomma, di. una norma str.mentale, che obbliga gli amministratori verso l'ente, ma che non esplica alctln effetto nei rapporti con gli altri soggetti. -(Omlisris). verso altri soggetti danno luQgo a voci passive del bilancio dell'ente o in genere del sogget~o debitore, e quindi possono essere portate in deduzione ai lfni della determinazione dei redditi netti imponibili, il .generico dovere (che, come si detto, a it'igore non tale) di operare.per il perseguimento di finalit istituzionali non lucrative non d luogo a una voce passiva gezierale operalllte nel senso di vanificare i redditi netti, 111. comunque l'ilevante per la loro determinazione. E sarebbe palesamente erroneo, dalle norme che indirizzano le attivit di un ente verso scopi non di lucro, desumere Ullla sol'lta di e g.enerale sua obbligazione Veil'SO se stesso, e contrapporre questa strana obbligazione, a mo' di voce passiva, alla voce attiva degli introiti netti. Del resto, come ritevato nella sentenza in !l'assegna con.argomento per absurdum, ritenere diversamente condurit'ebbe i!n sostanza all'attil'ibuzione, per via traversa, di una esenzione soggettiva dall'limposizione mobiliare; esenzione non solo non prevJsta ma persino esplicitamente negata dall'articolo 2 del testo unico approvato con r.d. 24 agosto 1~77, n. 4021. La messa a fuoco della diversit 'tra il cosiddetto dovere di un ente di persegUil'e "alcune finalit non lucrative e le obbl!igazioni in senso proprio dell'ente verso altri soggetti significativa anche in quanto contribuisce ad illumdnare la diversit tra il dovere di un ente di svolgere una attivit in modo da-assicurare il pareggio tra introiti e spese (e di riassorbire gli eventuali avanzi di gestione > per qualsiasi ragione conseguiti), e le vere e propriie obbligazioni di un ente con correlati crediti di altri soggetti. Come noto, la giurisprudenza della Corte di Cassazione negli ultimi anni ha omesso dii rileva!l'e tale diversit, e a agione di tale omissione 1508 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II (Omissis). -Nel merito, la questione da risolvere se possono essere qualificati come reddito ed essere quindi assoggettati all'imposta di ricchezza mobile gli avanzi di gestione cui si riferisce la pretesa tributaria dell'Amministrazione, la cui intassabilit, essendo essi relativi all'esercizio 1956-57, non potrebbe comunque farsi derivare dalla successiva legge ospedaliera del 12 febbraio 1968, n. 132, che, ai fini del trattamento tributario, equipara gli enti ospedalieri ali'Amministrazione dello Stato. --(Omissis). La tesi sostenuta dallo Spedale , da un lato, che tutte le attivit dalle quali derivarono i proventi in oggetto rientravano tra i fini istituzionali di beneficenza e di assistenza propri dell'ente, si che era da escludere per esse ogni carattere speculativo; e, dall'altro, che per quei proventi esisteva un vincolo legale di destinazione ai fini istituzionali. pervenuta ad asserire che H fatto dell~ esistenza di una norma di legge in astratto disponente -secondo il linguaggio di tale giurisprudenza un vincolo legale di destinazione degli introiti netti (dei cosiddetti avanzi di gestione ) sarebbe di per 'S sufficiente ad operare come causa impeditiva dell'imposi2'lione, indipendentemente dalla ottemperanza o meno che alla nonna anzidetta sia stata data e' cio senza neppure verificare se la realt abbia o meno seguito la previsione legislativa. L'erroneit di questo orientamento giurispruden2'liale evidente; invero non sufficiente osservare che un avanzo di gestione non avrebbe dovuto verificarsi, per escludere che esso .si sia in effetti verificato, e neppure per escludere che esso presenti caratteri tali da comportare la qualificazione come redddto imponibile; ,l'obliterare che la norma, di per s, esprime solo un valore deontologico pu condurre ai risultati pi assurdi. La solu2'lione del problema del trattamento tribut.ario dei redditi (o se si preferisce degli avanzi ) conseguiti, per errore o per qualsiasi altra ragione, da un ente che avrebbe dovuto perseguire il pareggio tra introiti e costi, deve essere reperita -ad avviso di chi scrive -nella distinzione tra obbligazioni in senso proprio sorte a carico dell'ente, e meri doveri di questo in ordine alle proprie attivit li.stituzionaU. Cosi, ove una attivit che avrebbe dovuto essere gestita in pB!l'eggio risulti invece al termine del periodo di imposta per qualsiasi ragione produttiva di un avanzo possono verificarsi due diverse situazioni: o l'ente obbligato nei confronti di altm soggetti (ad esempio, gli acquirenti dei suoi servizi) a restituire il di pi dm.debitamente percetto; o invece obbligazioni siffatte non sono sorte, e rimane solo dl dovere generico dell'ente di ottemperare alle norme che disciplinano la sua azione (e, ad esempio, prevedono la destinazione dell' avanzo a questo o quello scopo). Nella prima ipotesi, se cio si ha la nascita di obbligazioni verso altri soggetti creditori, l'ente pu indicare nel passivo e portare in detrazione il complesso delle somme costituenti oggetto delle obbldgaziond stesse; e ci ovviamente ha rilevanza per la determinazione del reddito netto e PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1509 La Corte riconosce che, in teoria, la capacit ,di produrre un reddito di categoria B si pu escludere per quelle attivit dalle quali, per determinazione legislativa, sia vietato trarre un provento superiore alla spesa occorrente per l'esercizio delle stesse. Altrettanto pu dirsi per i casi in cui, pur sussistendo tale obbligatoriet di coincidenza tra costi e ricavi, in concreto vi sia un'eccedenza di questi ultimi che sia obbligatoriamente destinata ad essere riasso.rbita per i fini istituzionali. In tali casi, gli avanzi di gestione non possono assumere natura di reddito; si che, mancando il presupposto oggettivo dell'obbligazione d'imposta, vano sarebbe H richiamo dell'Amministrazione al principio dell'autonomia del periodo d'imposta di cui agli artt. 3 e 4 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645. Ma quando, ad un Ente che abbia re 1967 dello Sp~ale -che gli avanzi di gestione de quibus impegnati per l'espletamento ed il miglioramento dei locali. Questo, in definitiva, porter ad un incremento quantitativo e qualitativo dell'attivit ospedaliera in generale, e, quindi, anche del ricovero dei mala.ti poveri; ma sar un' effetto indiretto -ll'iflesso di quell'ampliamento e di quel miglioramento, il cui effetto diretto ed immediato sar un incremento dl patrimonio dell'ente, cio un aumento di -ricchezza capace di produrre nuova ricchezza, anche con un aumento del numero dei ricoverati paganti: ci che costituisce il presupposto della imposta in esame (cfr. in tal senso, Cassazione, 13 dicembre 1960, numero 322, in Giust. civ., 1961, I, 431). Una indiretta conferma viene dalla I. 2 marzo 1963, n. 291, con la quale il legislatore ha disposto, in deroga alle norme generali (se non si trattasse di deroga, non sarebbe stata necessaria una legge ad hoc), che il reddito degli enti autonomi portuali... non assoggettabile ~Ila imposta di ricchezza mobile categoria B, nei limiti in cui risulta destinato alla costruzione, al miglioramento_ ed alla manutenzione straordinaria di opere ed attrezzature portuali.... -(Omissis). quali i cosiddetti avanzi di gestione ), e, persino alla mera previsione dei fatti stessi, e cio in Sostanza ad na ipotesi il cui !realizzarsi , oJ.tre che incerto, anche sospinto in un futuro imprecisato (e eventualmente remoto}. Per concludere, solo un netto rifiuto di attribui!l'e rilevanza a fatti che dalla nozione di !reddito imponibile debbono il'imanere estranei (quali i fatti meramente normativi della esistenza del cosiddetto vincolo legale di destinazione o de1la previsione di finalit istituzionali non lucrative) pu consentire un ritocno alla originaria semplicit di detta nozione e restituire ad essa quel gr.ado di certezza che indispensabile per la sua concreta uti lizzazione. F. FAVARA SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI ~ FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 novembre 1971, n. 3161 -Pres. Caporaso -Est. Sposato -P. M. Gentile (diff.) -Ministero dei Lavori Pubblici (avv. Stato Carusi) c. Fallimento Impresa Ing. Bruno Lugnani (avv. Balzarini). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Contabilit dell'appalto -Nozione. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36, 37). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Maggiori pretese dell'appaltore -Onere della riserva -Carattere generale -Sussiste -Ratio e portata -Inerenza della (maggiore) spesa all'esecuzione dell'opera -Nozione -Necessaria correlativit con l'onere della.riserva Sussiste. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36, 37, 53, 54). Appalto -App8;lto di opere pubbliche -Maggiori pretese dell'appaltatore -Necess_it della previa, tempestiva riserva nei documenti contabili dell'appalto per la successiva presa in considerazione della pretesa dell'appaltatore in sede amministrativa e, quindi, arbitrale. (d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, artt. 26, 41 e 42). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Interessi legali sulle somme contestate -Nozione e portata. (d.m. 28 maggio 1895, art. 40; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 36). La' contabitit cLi un!opera pubblica ha per oggetto !'accertamento e ta registrazione i tutti i fatti producenti ogni e quatsiasi spesa inerente all'esecuzione eil'opera (1). (1-2) Questa limpOTtante pronuncia costituisce un'altra significativa tappa nella chiarificazione del pensiero della Suip!l'ema Cocte di Cassazione in tema di riserve negli appalti di opere pubbliche e non consente equivoci di sorta nell'interpretazione delle norme del r.d. 25 maggio 1895, n. 350 e del Capitolato generale oo.pp. Spesa per l'esecuzione dell'opera (v. Cass., 13 1514 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La necessit dell'iscrizione delle riserve den'appaltatoire nella contabilit dell'appalto d'opera pubblica non sta in relazione al titolo in base al quale viene chiesto il compenso (se, cio, a titolo di prezzo o a titolo d'indennit), ma in relazione all'inerenza o meno della maggiore spesa all'esecuzione dell'opera: ed inerenti all'esecuzione dell'opera s01no tutte le spese alle quali l'appaltante abbia dato luogo, sia pur per mancata, f?Untuale osservanza delle clausole contrattuaii, neLla gestione dell'appalto, venendo meno i.l rapporto d'inerenza e, quindi, l'onere della riserva, con la precisa indicazione delle somme alle quali l'appaltat motivo). Lamenta inoltre -denunziando la violazione dell'art. 51 del Capitolato del 1962, degli artt. 112, 115, 116 132, 829 c.p.c. e vizi di motivazione -che la Corte di merito abbia erroneamente ed immotivatamente interpretato le altre 'censure da essa formulate nell'atto di impu- gnazione, come censure concernenti soltanto errori di fatto e non di diritto, quali esse erano: in quanto riguardavano la violazione delle norme sulla responsabilit della P. A. per le sospensioni e J.e proroghe dei lavori dati in appalto, di quelle che regolano la liquidazione dei danni e di quelle che disciplinano l'onere della prova (2 motivo). La tesi sostenuta dell'Amm.ne ricorrente in ordine all'estensione della speciale normativa dettata dall'art. 40 del Capitolato Generale del 1895 (vigendo il quale fu stipulato ed eseguito l'appalto di cui si tratta) fondata. L'ultimo ,capoverso di esso art. 40 dispone Che sulle somme contestate l'interesse annuo del 5 per cento comincer a decorrere due.. mesi dopo la data della registrazione alla Corte dei Conti del decreto PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1517 emesso in esecuzione dell'atto con cui, in sede amministrativa o arbitrale, sono state risolute le controversie . Tale essendo il.a disposizione che si tratta d'interpretare, ovvio che la questione della sua applicabilit anche relativamente alle somme che l'impresa appaltatrice pretenda a titolo risarcitorio .per incorse inadempienze. contrattuali della Pubblica Amministrazione appaltante, si risolve nell'altra, se controversie concernenti l'obbligo di .pagamento di determinate somme siano, oltre quelle che rig_.ardano la determinazione dei corrispettivi d'appalto, anche quelle in cui le richieste dell'appaltatore siano fondate sul presupposto di inadempienze contrattuali dell'Amministrazione appaltante. Alla questione, cosi correttamente formulata, non pu che rispondersi positivamente. Il Capitolato Generiale stabilisce, nei successivi artt. 41 e 42, che per poter essere presi in C01;1Siderazione in sede amministrativa e, poi, arbitrale, le domande ed i reclami dell'impresa debbono essere presentati ed indi scritti nei documenti contabili nei modi e nei termini ' tassativamente stabiliti dal Regolamento per la direZ:ione, contabilit e collaudazione dei lavori dello Stato, approvato con r.d. 25 maggio 1895, _n. 350. A sua volta il citato regolamento dispone, da una parte, che oggetto della contabilit di una opera' l'accertamento e la regi~ strazione di tutti i fatti producenti ogni e qualsiasi spesa inerente all'esecuzione dell'opera (artt. 36 e 37); e, dall'altra parte, dispone che l'appaltatore deve inserire le sue riserve nei documenti contabili ed esplicarle in un termine perentorio, formulando le sue domande d'indennit e indicando con precisione le cifre di compenso cui crede di aver diritto, e le ragioni di ciascuna domanda (artt. 53 e 54). Pertanto, la necessit delle riserve e della precisa indicazione in cifre dei compensi non sta in relazione con il titolo in base al quale viene chiesto il compenso -se cio a .titolo di prezzo o a titolo d'lildennit -ma sta in relazione all'inerenza, o meno, della maggiore spesa all'esecuzione dell'opera; ed inerenti all'esecuzione dell'opera sono tutte le spese alle quali l'appaltante abbia dato duogo, sia pmre per mancata puntuale osservanza delle clausole contrattuali, nella gestione dell'appalto, venendo meno il rapporto d'inerenza e, quindi, l'obbligo delle riserve e dell'indicazione .precisa delle somme aile quali l'appaltatore crede di aver diritto, soltanto nel caso di un'attivit dolosa, vale a dire del tutto scissa e contraria ai fini di quella gestione, o di fatti illeciti, che con !'esecuzione dell'opera abbiano un legame puramente occasionale ed inducano una Tesponoobilit di natura aquiliana e non contrattuale. Ci posto, ossia dal momento che, in sede amministrativa e davanti agli arbitri, le domande dell'appaltatore, in quanto riflettano spese inerenti all'esecuzione dell'opera e sono state oggetto di riserva, sono proposte (come, per l'appunto, avvenuto, e non poteva non 1518 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO avvenire, nella fattispecie) come domande di somme precisamente determinate, ne deriva che, quand'anche siano fondate su assunte inadempienze contrattuali dell'Amministrazione appaltante, :rientrano nel novero delle controversie relative a contestazioni di somme, e cio delle controversie previste dall'ultimo capoverso dell'art. 40 del Capdtolato Generale. Accolto il primo .motivo del ricorso e stante il principio della indivisibilit della sentenza arbitrale, perde ogni rilevanza, e rimane assorbito, il secondo motivo. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 novembre 1971, n. 3331 -Pres. Caporaso -Est. Eli.9. -P. M. Caldarera (conf.) -Soc. Tessilprato (avv. Paone, Sebastiani) c. Ministero Difesa (avv. Stato Zoboli). Contratti pubblici -Capitolati d'oneri predisposti dalle Amministrazioni statali per regolare i propri ontratti -Natura regolamentare per i contratti interessanti lo Stato -Sussiste. (r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 16, 88; r.d. 23 maggio 1924, n. 827, articoli 45, 99). Leggi, decreti e regolamenti -Regolamenti -Impugnabilit per illegittimit costituzionale -Esclusione -Illegittimit -Disapplicabilit da parte del giudice -Sussiste. (Cost., artt. 134, 136; disp. sulla legge in generale, artt. 1, 3, 4; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 5). Contratti pubblici -Contratti di fornitura stipulati dall'Amm. Militare -Condizioni generali appr. con d. m. 20 giugno 1930, n. 35 -Natura regolamentare -Sussiste -Necessit di specifica approvazione per iscritto delle sue norme ai sensi dell'art. 1341 c. c. -Esclusione Inapplicabilit dell'art. 1341 c. c. ai contratti stipulati con la P. A. Sussiste. (e.e., art. 1341). Contratti pubblici -Contratto di fornitura stipulato dall'Amministrazione militare -Legittimit dell'art. 65 delle Condizioni generali appr. con d. m. 20 giugno 1930, n. 35, statuente l'obbligo del fornitore, sanzionato da penale, di ritirare la merce rifiutata dall'Amministrazione per esito negativo del relativo collaudo -Sussiste. (d.m. 20 giugno 1930, n. 35, artt. 52, 65). PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1519 Contratti pubblici -Comminatoria di penali stabilite con norme di Capitolati generali, aventi natura regolamentare -Improponibilit nei confronti della P. A. di domanda giudiziale per riduzione della penale ad equit -Sussiste -Applicazione al caso di penale irrogata ai sensi dell'art. 65 d. m. 20 giugno 1930, n. 35. (e.e., art. 1384; 1. 20 marzo 1865, n. 2248; all. E, artt. 4, 5; d.m. 20 giugno 1930, n. 35, art. 65). I Capitolati d'oneri predisposti daile Amministrazioni statali con atto amministrativo generale per regolare i propri contratti, hanno valore non negoziale, ma normativo e ad essi il privato contraente vincolato, nei contratti interessanti lo Stato, in quanto sottoposto ai regolamenti di O!f'ganizzazione cOi quali l'autorit statale provvede alla propria amministrazione e contabilit (1). Le norme regolamentari, che non possono dero,gare alle .leggi ordinarie, non sono, come queste, impugnabili per illegittimit costituzionale, ma, ove contrastino con norme aventi forza di legge ordinaria, oppure con la Costituzione, possono essere disapplicate dal giudice, ai sensi dell'art. 5 l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E (2). Le Condizioni generali approvate con d.m. 20 giugno 1930, n. 35 Q per gli acquisti di vestiario ed altro da parte deUe Fo!f'ze Armate e dell'Amministrazione Statale de:lla Difesa Eserciito, essendo comprese fra i Capitolati d'oneri predisposti dalle Amministrazioni Statali, non hanno valore negoziale, ma regolamentare, epper non so,ggiacciono alla particolare disciplina prevista dall'art. 1341 c. c., norma, comunque, inapplicabile ai contratti conclusi con la P. A. (3). legittima la norma dell'art. 65 delle Condizioni generali approvate con d.m. 20 giugno 1930, n. 35, statuente l'obbligo del fornitore, sanzionato da pena1le, di rtitirare la merce rifiutata daLl'Amministrazione Militare per effetto dell'esito negativo del relativo collaudo. La penale irrogata al fornitolf'e ai sensi dell'art. 65 delle Condizioni generali approvate con d.m. 2Q giugno 1930, n. 35 non pu essere rido~ta dal G. O. in applicazione dell'art. 1384 e.e. (4). (Omissis). -Col primo mezzo del ricorso principale, la ricorrente societ denuncia la violazione degli artt. 7 r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, 107, 108 e 109 del Regolamento approvato con r.d. 23 mag( 1) Conf. Cass., 7 settembre 1970, n. 1274, in questa Rassegna, 1970, I, 959, sub 1, 'e, in generale, Cass., 23 luglio 1969, n. 2766, id., 1969, I, 762, sub 1, ove nota di :riferimenti. (2) Ofr. Cass., 24 ottobre 1967, n. 2624, Giur. it., Mass., 196.7, 978, sub c. (3) In senso puntuale, v. Cass., 23 luglio 1969, n, 2766, cit., in questa Rassegna, 1969, I, 762, sub 2, 3 e 4, ove note di riferimenti. (4) Conf. Cass., 23 luglio 1969, n. 2766, cit., in questa Rassegna, 1969, I, 762, sub 8. 1520 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gio 1924 n. 827, nonch dell'art. 1 1. 31 gennaio 1926 n. 100 e dell'articolo 3 delle disposizioni per la legge in generale preliminari al codice civile, in relazione agli artt. 3, 23, 41 e 87 della Costituzione ed all'articolo 360 nn. 2 e 5 c.ip.c., deducendo che i capitolati d'oneri emessi dal1' Amministrazione dello Stato per regolare i contratti in cui essa parte non hanno efficacia normativa, come erroneamente stato ritenuto dalla sentenza impugnata, ma costituiscono mere condizioni generali di contratto, aventi valore esclusivamente negoziale. La censura infondata. Le condizioni generali approvate con d.m. 20 giugno 1930 n. 35 per gli acquiJSti ,di vestiaTio ed altro da parte delle Forze Armate e dell'Amministrazione Statale della Difesa Esercito, essendo comprese fra i Capitolati d'oneri predisposti dalle Amministrazioni Statali per regolare d. propri contratti, preventivamente, mediante un atto amministrativo .generale, weesistente al futuro contratto ed avente quindi natura regolamentare, hanno valore non negozia.le, ma normativo, mentre ad esse il privato contraente vincolato, nei contratti interessanti lo Stato, 1n quanto sottoposto ai regolamenti di. or.ganizzazione, coi quali l'autorit statale provvede alla propria amministra-. zione e contabilit ~Cass., 22 giugno 1967, n. 1846, e Cass., Sez. Un., 12 dicembre 1967, n. 2928). Il primo motivo del ricorso principale non pu dunque essere accolto, mentre il richiamo a norme costituzionali non operante, in quanto le norme regolamentari, che non possono ,derogare alle leggi ordinarie, non. sono, come queste, impugnabili per illegittimit costituzionale, mentre possono essere disapplicate dal giudice ai .sensi dell'art. 5 della 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, ove siano viziate da illegittimit, per contrasto con norme aventi forza di legge ordinaria, oppure con la Costituzione (Cass. 24 ott~bre 1967 n. 2624). Nella specie, non sussiste alcuna contraddizione della norma regolamentare applicata nella fattispecie dai giudici di merito con alcuna norma di J.egge o della Costituzione. L'art. 65 del d.m. n. 35 del 1930, infatti, si .limita a stabilire che, in caso di rifiuto di materiali da parte dell'Amministrazione pr esito negativo del collaudo, il fornitore deve ritirarli entro sette giorni dal ricevimento della partecipazione del rifiuto, altrimenti, per l'ingombro ingiustificato dei mag~zzini statali, dovr pagare una penale pari all'l % del loro valore, per ogni giorno di ritardo, ci che non contrasta con alcuna norma costituzionale, n con alcuna disposizione avep.te forza di legge. Gol secondo motivo del ricorso principale la societ ricorrente denuncia violazione rell'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 4, c.p.c., deducendo che la norma regolamentare del citato art. 65, imponente una prestazione patrhnoniale, sarebbe in contrasto con l'art. 21 della Costituzione, secondo il PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1521 quale solo la legge pu imporre simili prestazioni. evidente che la norma costituzionale ha riguardo alle prestazioni imp.oste coattivamente, senza corrispettivo, mentre la penale per ritardo nel ritiro dei materiali trova sua causa nel comportamento del fornitore, che violava una norma regolamentare stabiUta nel pubblico Interesse, ingombrando ingiustificatamente i magazzini statali, e tale norma era conosciuta da esso contraente all'atto del contratto, stipulato nel comune interesse, e nel quale era richiamata. N la norma dell'art. 65 viola in alcun modo il .principio della \libert dell'iniziativa privata, mentre tale iniziativa non pu arrecare ingiusto danno ad altri, n violare le norme regolamentari richiamate in contratto liberamente concluso, anche nel proprio interesse privato da un fornitore di materiali allo Stato. N, infine, la norma contrasta con l'art. 1 della 1. 31 gennaio 1926, n. 100, che, .. anzi, conferma il potere regolamentare del governo, in materia di regolamenti di organizzaz~one. Con lo stesso secondo ~otivo del ricorso pri!llci:pale si deduce ille.:gittimit del comportamento della Pubblica Amministrazione, per aver preteso la penale, dopo un periodo di tempo maggiore di quello minimo previsto dallo stes~o art. 65 citato, dopo aver promesso che la questione sarebbe stata transattivamente risolta, e. violando un parere del Consiglio' di Stato. Anche questa censura infondata, :Ln quanto l'Amministrazione aveva; in punto di fatto, come, con accertamento motivato congruamente e correttamente e, dunque, insindacabile, accertarono i giudfoi di mettito, esattamente riscootrato il ritardo nel t'itiro del materiale, onde conseguentemente poteva pretendere la penale entro il decorso dlla prescrizione, sicuramente non verificatasi. e, comunque, non eccepita, senza necessit di giudizio preventivo, in base alla norma J.'legolamentare. N la prospettata eventualit di transigere ipu equivati. ere all'impegno negoziale di non riscuoterla, mentre i giudici di merj.to ri~ennero non dimostrato alcun impegno del genere, coo motivazione adeguata. N il parere del Consigilo di Stato poteva spiegare effetto vincolante sul maturato diritto dell'Amministrazione a riscuoter la penale in base alla norma regolamentare vigente. Per l'ar.t. 83 del citato d.m., avente natura regolarmntare, l'Amministrzione aveva, ovviamente, facolt di .condonare la penale, ma tale ~colt era meramente discrezionale e nessun diritto al condono .poteva vantare la s'ociet :pnivata ricol'll'ente. Anche il secondo motivo del ricorso princfpale deve essere dunque rigettato. Col terzo ed ultimo motivo del ricOJ.'lso principale la societ denuncia violaziooe dell'art. 24 della Costituzione, con riguardo agli articoli 65, citato, e 52 del d.m. n. 35 del 1939, deducendo che, mentre per l'art. 24 della Costituzione tutti possono agire in giudizio, per la tutela dei proipri diritti, onde le norme regolamentari non possono preva 1522 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lere sulla legge, il regolamento considera definitivo il provvedimento della Commissione. che decide il rifiuto della merce, ai fini del decorso iniziale della penale, senza attendere che trascorra il termine per ricorrere al Consiglio di Stato contro la decisione della Commissione. La censura del tutto priva dii fondamento. L'art. 52 del Capitolato impegna le parti ad accettare la decisione della Commissione, come arbitrato, in ordine al diritto dell'Amministrazione di rifiutare la merce, per collaudo negativo. Dalla comunicazione di tale decisione, avente comunque efficacia esecutiva, nonostante le possibilit di impugnazioni, l'art. 65 del d.m. stabilisce l'obbligo di ritiro della merce, sanzionato da penale. La esecutivit del provvedimento, ovviamente, non esclude l'esercizio della facolt di impugnazione, l'esercizio del quale non elimina l'efficacia esecutiva del provvedimento medesimo, per effetto della norma regolamentare richiamata nel contratto. Al riguardo, poi, la natura di norma. regolamentare dell'art. 65 escludeva l'applicabilit .dell'art. 1341 e.e., rendendo superflua la necessit di accettazione specifica per iscritto, mentre in ogni caso la detta norma non si applica ai contratti conclusi con la Pubblica Amministrazione (Cass. 25 giugno 1960, n. 1676). N poteva il .giudic~ di merito, in applicazione dell'art. 1384 e.e., ridurre per manifesta eccessivit la penale, proprio per la rilevata natura normativa e non negoziale dell'art. 65. Su tutti questi pit.nti la Corte di merito ha correttamente ed ampiamente motivato, onde il ricorso principale, .infondato per quanto attiene alla legittimit della decisione, non pu essere accolto neppure per vizio di motivazione, in quanto detto vizio pu ricorrere solo quando non sia possibile ricostruire l'iter logico del giudicante, 'mentre nella specie ci non si verifica, n vi sono omissioni di esame di punti decisivi, che, se esaminati, avrebbero potuto condurre ad una decisione diversa. Il ricorso principale deve essere, dunque, rigettato totalmente, anche per tale profilo. -(Omissis). TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 18 novembre 1971, n. 22 -Pres. Stella Richter -Est. Leone -Ministero Lavori Pubblici (avv. Stato Zoboli) c. Soc. Cincinnato (avv. Lessona, Sorrentino). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Responsabilit della P. A. appaltante per danni, arrecati a terzi dall'appaltatore, che non siano conse~uenza diretta o mediata del pro~etto dell'opera o del modo di esecuzione che la P. A. committente abbia disposto -Esclusione. In un rapporto di appalto, il committente, anche se esso sia la P._A., non risponde dei danni a1recati a terzi dall'appaltatore, che non siano PARTE I, SEZ'-VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1523 conseguenza dfretta o mediata del progetto di opera o del modo di esecuzione che il committente stesso abbia dispos.to (1). (Omissis). -La soc. Cincinnato ha proposto appello incidentale per il capo della sentenza impugnata che ha respinto la sua domanda di condanna dell'Amministrazione al risarcimento del danno causato col depo'Sito, .su terreno divenso da quello oggetto del decreto di occupazione, del materiale di .risulta dello scavo per la costruzione dello scolmatore. Il Tribunale Regionale ha rigettato tale domanda, perch il fatto produttivo del danno doveva imputarsi alJ.a ditta appaltatrice, non ali'Amministrazione, che, d'altra .parte, non poteva e'SSere clpita dalla responsabilit ex art. 2049 e.e. relartivo alla responsabiliit dei committenti per il fatto dei lo.ro commessi. Assume 1a ricorrente che il danno risalirebbe comunque all'opera dell'Ammmistrazione, che non avrebbe impedito all'impres l'esecuzione dei lavori con modalit ininee ad evitare gravi danni alla propriet di essa soc. Cincinnato. La tesi, per, non ha fondamento, perch, esulando dal contratto di appalto qualsiasi rapporto di dipendenza dell'appaltatore verso il committente, questo potrebbe Tispondere solo per fatto proprio; tale fatto nella specie dovrebbe essere il comportamento omissivo della P. A., che non avrebbe impedito l'attivit illecita dell'imprenditore: ma U comportamento omissivo PU essere fonte di responsabilit quando sia violatore di una norma che prescriva un determinato comportamento come obbligatorio. Nella specie, una disposizione siffatta non stata iindicata, n esiste, e perei non pu affermarsi che, in un rapporto di ap (1) Nell'appalto di opere pubbliche, i'obb1igatoriet della direzione dei lavori non vale a trasformare l'appaltatore in un nudus minister, cosicch questi, il'estando autonomo nell'organizzazione dell'impresa e del lavoro, , in tale ambito, esclusivo il'esponsabile deLle conseguenze delle propifie azioni od omissioni (cfu-. Cass., 3 mall'zo 1971, n. 550, Giur. it., Mass., 1971, 224, sub c). Deve, per di pi, avvertinsi che la stessa portata dell'obbligtoriet della D.L. nei pubblici appalti non pu essere esattamente intesa (cfr., inveiro, Ca.ss., 3 ma.rzo 1971, n. 550, supra cit.), ove non si tenga conto che, a norma del r.d. 25 maggio 1895, n. 350, il D.L. ha la speciale !responsabilit dell'accettazione dei materiali, della buona e puntuale esecuzione dei lavori in conformit ai patti contrattuali ed agli ocdini dell'ingegnere capo (art. 3) e deve prendere la iniziativa di ogni disposizione necessada, acciocch i lavori, a cui preposto, siano eseguiti a perfetta il'egola d'arte ed in conformit dei lt'elativ.i progetti e contratti (art. 13), mentre tenuto a sorveglialt'e solo il personale che da lui dipende (art. 14), ossia gli aiutanti ed assistenti (art. 3; v . .anche artt. 40, 47, 48, 51), ossia, ancora, personale dell'Amministrazione, e non gi l'appaltatore o i suoi dipendenti. 1524 RASSEGNA.DELL'AVVOCATURA DELLO STATO palto, lil committente, anche se esso sia la P. A., sia obbligato a sorvegliare a che l'appaltatore esegua i lavori in modo da non .arrecare danni a terzi, danni che non siano conseguenza diil'etta o mediata del progetto di opera o del modo di esecuzione che )1 committente stesso abbia disposto: casi di eccezione dei quali la appeB.ante non fa alcun cenno. L'appello incidentale, pertanto, dev'essere respinto. -(Omissis). LODO DI ARBITRALE 26 novembre 1971, n. 72 (Roma) -Pres. Longo Impresa Vinci (avv. Carbone) c. Assessorato ai Lavori Pubblici della Regione Siciliana (avv. Stato Ca'1."usi). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Novazione del termine dell'appalto -Pretese dell'appaltatore a particolari compensi o indennizzi per la prolungata durata del vincolo -Esclusione. Qualo'l'a fra la stazione appaltalnte e l'appalbato!l"e di opera pu,bbLica si addivenga a cori.sensuale novazione deit'originwl'lio te.'l"ffl;ine contrattuaite, l'effetto principale che ne consegue che l'appaltatore non pu dlCLlla p'l"olwngata durata del vincolo trarre fondato titolo di pretese a parbico!ari compensi o indenn:izzi, qualunque Sia stato il fatto sottostante, che ha condobto te parti a p'l"olwngare l'originario terrmine contrattuale, sia, cio, che questo consista in ragioni obiettive, ovvero in un comportamento colpevole delt'Amministrazione (1). (Omissis). -La difesa dell'Assessorato, con riferimento ai pruni cinque quesiti, ha contestato la loro fondatezza, sostenendo che l'Impresa con vari atti di sottomissione e segna.tamente con l'ultimo del 16 aP.rile 1962 avrebbe accettato la novazione dell'originario termine contrattuale e l'esecuzione di tutti i lavori agli stessi patti e condizioni del contratto principale, salvi i nuovi prezzi stabiliti in detto atto. Pertanto si dedotto che, essendo stati tutti i lavori eseguiti entro il nuovo termine di cui all'ultimo atto di sottomissione, nell'ambito di un libero regolamento contrattuale, l'Impresa n0111 avrebbe ragione alcuna per pretendere un risarcimento dei danni derivanti dalla protrazione dei lavori oltre l'originario termine contrattuale, consensualmente modificato. (1) Cfr. lodo 29 giugno 1939, Giur. oo.pp., 1939, I, 655, 685 e, in dottrina, CIANFLoNE, L'appalto di opere pubbliche, Milano, 1964, 517; per un'applicazione del concetto di novazione del termine, v. lodo 7 luglio 1970, in questa Rassegna, 1970, I, 706, nella motiv.; v. anche Relazione Avv. Stato, 19661970, III, 109, n. 416. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1525 L'Impresa ha a sua volta osservato, con la seconda memoria, che l'atto di sottomissiooe con cui l'Impresa appai.tatrice accetta le condizioni ed i prezzi stabiliti per i lavori che si richiedono con perizia suppletiva, a seguito dell'accertamento della mancata dspondenza del progetto originario alle effettive opere da eseguirsi, non comporta di per s alcuna sua rinuncia al risarcimento dei danni che la medesima abbia subito per effetto della accerfata difformit e per il colposo comportamento dell'Ente apJ;)altante. In particolare ha posto in evidenza che la rinuncia ad un diritto non pu desumersi dal silenzio tenuto dall'Impresa in ordine alle modifiche apportate dalla stazione appaltante all'originario progetto dell'opera, dovendo invece questa rdsultare esplicitamente o da Un comportamento che sia incompatibile con la volont di conservare il diritto stesso. Il Collegio, pur non contestando la giuridica esattezza delle cennate osservazioni della Impresa, rileva per che le stesse non sono pertinenti alla questione posta al suo ~me. Va inv.ero ribadito che il supporto logico dei primi cinque quesiti costituito dal fatto che essa Impresa, per effetto di numerose sospensioni -seguite da altrettanti atti di sottomissione -disposte onde predisporre varianti all'inadeguato progetto originario !Predisposto dalla Amministrazione, sarebbe stata costretta ad eseguire i lavori per completa! l"e la costruzione dell'edificio scolastico in questione in un arco temporale di dieci anni, di contra all'originario termine contrattuale di un anno. Da siffatto prolungamento dei lavori sarebbero d~varti ad essa Impresa una serie di oneri (spese di guardiania, aumenti del costo della mano d'opera e dei materiali da costruzione intervenuti medio tempore etc.) di cui chiede alternativamente ilrisarcimento del danno o un equo compenso, a seconda che debba ravvisarsi un com~rtamento I colposo dell'Amministrazione ovvero l'applicazione alla fattispecie della previsione normativa di cui al capoverso dell'art. 1664 cod. civ. Conseguentemen.te il Collegio deve innanzi .tutto verificare se l'originario termine contrattuale sia stato unilateralmente prolungato -per le ragiooi anzidette -dell'Amministrazione, ovvero se, come assume la difesa dell'Assessorato, si ,.sia avuta una novazione dell'originario termine contrattuale. chiaro, infatti, che, risultando effettiva l'ultima delle due ipotesi, non avrebbe senso parlare di colpa dell'Amministrazione e, tantomeno, di sopravvenienza ai sensi dell'art. 1664, cpv., cod. civ., poich quest'ultima postula quantomeno difficolt non previste. :inutile al riguavdo fare la cronistoria di tutti gli.atti di sottomissione, essendo necessario e sufficiente l'esame dell'ultimo, sottoscritto dall'Impresa in data 16 aprdle 1962 ed approvato con D.A. 2436/D del 13 febbraio 1.963. L'Impresa, .richiamato l'originario contratto in data 1 marzo 1954, le successive perizie di variante e suppletive, e, segna.ta 1526 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mente, l'ultima, e perizia generale di variante e suppletiva concernente tutte le opere gi eseguite e d eseguire, secondo cui l'importo netto di contratto veniva aumentato d~ L. 56.647 .835 a L. 71.602.088 (si noti che il predetto importo netto di L. 56.647.835 risultava, a sua volta, cosi determinato per effetto degli aumenti apportati in conseguenza di intervenute perizie di variante rispetto all'originario contratto dell'importo netto di L. 26.288.617), si impegnava di eseguire i lavori di cui alla perizia predetta agli stessi patti, oneri e condizioni del contratto principale, del primo atto di sottomissione etc., e di accettare nuovi prezzi per i lavori non ;previsti in precedenza. A chiusura dell'atto di sottomissione poi si stabiliva che Resta espressamente convenuto che il tempo utiie per la esecuzione dei predetti lavori fissato in mesi dodici a decorrere dal relativo verbale di consegna . Prima di passare alla valutazione giuridica di dtto atto, bene porre in evidenza, per completare i dati di :llatto della non lineare vicenda, che il verbale di consegna sopra richiamato -senza riserve'di sorta -venne posto in essere in data 21 mag gio 1963 e che i lavori vennero ultimati lin data 25 ottobre 1963 : vale a dire prima della scadenza dell'anno. Anche se il Collegio non ritiene che di per s l'atto di sottomissione, con il quale l'impresa abbia dichiarato di accettare variazioni di lavori originariamente previsti in contratto, sia senz'altro da considerare atto contrattuale sui generis, .riconducibile per analogia alla novazione (cfr. in tal senso lodo 22 agosto 1.966, n. 64 -.Roma), non ha per dubbi che l'atto di sottomissione abbia natura contrattuale, essendo il medesimo e la precedente proposta o la su~ successiva accettazione da rparite della Amministrazione atti che rientrano nell'autonomia contrattuale delle parti (cfr. lodo 13 luglio 1964, n. 50, Roma). Infatti, se l'accordo che si perfeziona con i due atti sopradescritti nella specie implichi novazione dell'originario rapporto questione che deve essere risolta alla stregua dei principi che regolano la novazione (in questo caso oggettiva) sanciti dall'art. 1230 cod. civ. Orbene nel caso in esame, anche se sussiste dubbio su uno degli elementi essenziali dell~ novazione (sostituzione alla obbligazione originaria di altra avente oggetto diverso), per indubbio che stata posta in essere una novazione del termine dell'originario contratto e successivi atti integrativi. Infatti, non solo vengono richiamati dall'Impresa tutti i. predetti atti, ma altresl chiaro che le parti hanno voluto considerare unitariamente il rapporto contrattuale, richiamando i prezzi dei singoli lavori sia con ;riferimento a quelli gi fissati, sia stabilendoli ex novo rper opere in precedenza non previste, onde determinare l'ammontare complessivo dell'appalto. Orbene, rispetto al contratto cosi unitariamente considerato dalle parti nella loro autonomia stato posto un nuovo termine finale, che sostituiva in toto i precdenti, stabilendosi appunto che resta espressam: nte convenuto che il tempo utile per la esecuzione dei predetti l~vori PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1527 (cio di tutti i lavori e non solo di quelli per i quali, non essendo stati previsti in precedenti accordi, era stato stabilito per la ;prima volta il relativo prezzo) fissato in dodici mesi etc... . Perci il Collegio ritiene, confortato dalla dottrina, che avendo. le parti posto in essere una novazione del termine, .}'effetto principale che da ci discende quello che dalla prolungata durata dei lavori conseguente l'appaltatore non pu avanzare pretese per particolari compensi o indennizzi, qualunque sia stato il fatto sottostante che ha condotto le parti a prolungare l'originario termine contrattuale, sia cio che questo consista in comportamento colpevole dell'Amministrazione o in ragioni obiettive. Cosi risolta la questione, il Collegio deve dare rispoata negativa ai primi cinque quesiti, meglio specificandola, tuttavia, in relazione ad ognuno di essi. a) Come noto il pagp.mento delle rate di saldo presuppone necessariamente la ultimazione dell'opera previa effettuazione del collaudo. Ci stante, il diritto dell'Impresa ad ottenere nella specie detto pag~mento non poteva che essere successivo alla data in citi tutti :i lavori, per effetto dell'unico termine contrattuale novato, vennero eseguiti. Ora, come .si . gi visto, Popera venne ultimata in data 25 ottobre 1963 e perci la pretesa dell'Impresa formulata con il !Pl'imo quesito, e tesa ad ottenere gli interessi sulle somme progressivamente dovute a saldo per ti lavori eseguiti dall'l luglio 1954 al 27 dicembre 19.55 e dal 28 luglio 1'958 al 27 settembre 1959, deve essere disa.ttesa perch postula, contrariamente a quanto stato voluto con l'ultimo atto di sottomissione, distinti ~ anteriori termini di esecuzione non gi della intera opera, ma di parte di essa. Viceversa, rispetto al termine fi.nale di esecuzione dell.'intera opera, cosi come risultante dalla intervenuta novazione di esso termine, risulta essere stata pagata tempestivamente -e comunque su quest'ultimo punto non sorge contrasto -l'unica rata di saldo. . b) Il secondo quesito concerne la richiesta di pagamento della semma di L. 7.010.850 (ottenuta cosi previa detrazione della somma corrisposta all'Impresa dall'Amministrazione a titolo di revisione dei prezzi originari) a titolo .di riearimento danno o indennizzo dovuto ;per effetto dei rincari dei costi di mano d'opera o dei materiali, intervenuti in seguito all'enorme spostamento nel tempo della esecuzione dei lavori per effetto / de]J.e lunghe sospensioni disposte. dall'Amministrazione. Al quesito deve darsi risposta negativa; Non vi dubbio, osserva il Collegio, che -contrariamente a quanto sostenuto in linea generale dalla difesa dell'Amministrazione -l'Istituto della revisione dei prezzi nel campo degli, appalti per opere pubbliche ha oggetto e causa petenti del tutto diversi dal risarcimento del damio, presupponendo quest'ultiI1lO, a differenza del primo, colpa dell'Amministrazione. N pu essere di ostacolo alla proposizione di quest'ultima 1528 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO azione ili. fa.tto, che anteriormente l'appaltatore abbia fatto ricorso al procedimento revisionale con esito favorevole, cosa che appunto si verificata nella specie, se si consideri che l'Impresa in questa sede ha chiesto il risarcimento per quella parte del danno assertivamente subito e non coperto dal compenso revisionale. In tal senso infatti concordano la dottrina e la costante giurisprudenza arbitrale (Cfr. lodo 13 aprile 1960, n. 21, Roma; idem 5 .giugno 1963, n. 35, Roma; idem 23 .giugno 1965, n. 52, Roma). Per, come si detto in precedenza, l'intervenuta novazione del termine di esecuzione dell'intera opera preclude all'Impresa di far valere una siffatta pretesa, non potendosi ovviamente ritenere trilevante la colpa in cui sarebbe incorsa l'Amministrazione nel determinare il prolungamento dei lavori, quando siffatto prolungamento ormai costituiva, stante l'accordo defile pariti, il normale periodo di esecuzione dei lavoxi. A diversa conclusipne, per le medesime ragioni, neppure potrebbe giungersi, ponendo a fondamento della domanda la sopravvenienza ex art. 1664 cod. civ. Ed infatti, posto chenon torna applicabile il capoverso di detta norma, essendo il fatto causativo del preteso indennizzo maggior durata dei lavori -conforme alle previsioni contrattuali, neppure pu sostenersi l'applicabilit del primo comma dello stesso articolo. Invetro, come esattamente ossetrVa in proposito la difesa deH' Assessarato, ai pubblici appalti detta previsione normativa non si applica, essendo il.a relativa fattispecie interamente disciplinata dalla normativa speciale concernente la revisione dei prezl!)i, di cui l'Impresa si avvalsa positivamente, come si visto. e) Il terzo quesito costituisce, quanto alla causa petendi ed al petitum, una specificazione del precednte or ora esaminato. Infatti l'Impresa, sempre petr effetto della maggioce durata dei lavori, chiede li1 pagamento della somma che avrebbe corrisposto a titolo di supersalari , vale a dire in misura superiore ai salari previsti dai contratti collettivi, .per effetto di rarefazione della mano d'opetra verificatasi negli anni 1962 e 1963. Le ragioni esposte per pUre diventi tale successivamente senza che intervenga una nuova indicazione, le notificazioni alla parte civile non si eseguono affatto (1). (1) La sentenza,. senza precedenti in termini, pone l'equiparazione fra inidoneit originaria deITa elezione di domicilio e inidoneit successiva onde, come esattamente nota il commentatore della massima in Cass. Pen. Mass. annotato 1971, p. 404, m. 523, l'inammissibilit della dichiarazione di costituzione di parte eivile ricorre tanto nell'ipotesi di inidoneit originaria della elezione di domicilio quanto in quelJ.a di inidoneit successiva: v. in dottrina, CAVALLARI, Le notificazioni net processo penate, 1959, p. 1!)8. Per quanto concerne le costituzioni di parti civili rappresentate dal1' Avvocatura dello Stato v., per l'inapplicabilit in questi casi delia norma che prevede l'elezione del domicilio nel comune dove in corso l'istruzione o il giudizio (art. 94 c.p.p.), v. DI TARSIA, Domicilio deU'Avvocatura deUo Stato net caso di difesa degli impiegati in processi innanzi ai giudice, ove non ha sede t'Ufficio deU'Avvocatura, in questa Rassegna 1966, I, 1434. CORTE DI CASSAZIONE, II Sez., 20 gennaio 1971, n. 140 -Pres. Criscuoli -Rei. Tria -P. M. De Andreis (conf.) -Rie. Palma ed altri. Reato -Truffa -Atto di disposizione patrimoniale del soggetto passivo -Non necessario. (art. 640 c.p.), Se req'Uisito noirmale della truffa un atto di disposizione da parte del soggetto passivo del reato, non pu affermarsi che tutte le volte PARTE I, SEZ, VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1531 in cui quell'atto di disposizione manchi, esuli la truffa e si Vfl"si in tema di aggressioni direUe deila cosa da parte del soggetto attivo del reato, onde pu esservi reato di truffa anche se la v.ittima non si procuri con le sue mani un nocumento patrimoniale con profitto altrui (1). Con sentenza in data 10 febbraio 1968 il Tribunale di Foggia assolveva Palma Abele perch il fatto non sussisteva dal :reato dii produzione continuata di alcool e di acquavilte di vifno con indebito beneficio delle agevolazioni fiscali temporanee eccezionali (reato che era stato acctiisato di aver commesso acquistando presso commercianti e dndustriali, nonch presso prOduttori viticultori, pagando a un prezzo infuri.ore a quello stabilito dalle disposizioni e acquistarndo .presso persone indicate in fatture c~e produttori irisultati fu. parte non proprietari, n coltivatori di vigneti, in parte inesistenti: articoli 1~4. legge 1 luglio 1959, n. 458; legge 30 luglio 1959, n. 560; articoli 1-7 d.p. 28 aprile 1960, n. 342 convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 1960, n. 584) e dal reato di truffa continuata rpluriaggravata liin danno dello Stato (artt. 81 cpv., 640 cpv. n. 1, 61, n. 7 c.p.) con abbuono d'imposta di fabbricazione per la rilevante somma di Lire 69.48-7.115, indebitamente conseguita; dichiarava non doversi procedere contro il ~alma .per i reati di falsit continuata in scrittura privata (artt. 81 epv., 485 c.p.) e di uso continuato di scritture private false (artt. 81 cpv: e 489 c.p.) perch estinti :per amnistia; dichiarava del pari non doversi ;procedere in ordine ai reati di falsit in scrittu!l.'a privata contestati a Falcone Michele, Ocone Luigi, Mancini Guido Luigi e a Rapuano Antonio per esser.e i reati estinti per amnistia. . Cootro tale pronuncia proponevano appello alla Corte di Bari il P.M. e gli imputati. Il P. M. domandava la C-O([ldanna del Palma per la truffa pluriaggravata contestategli. Il Fail.cone chiedeva l'assoluzione con fonnula piena e in mancanza, l'applicazione della prescrizione. L'Ocone, il Mancini e il Rapuano domandavano l'assoluzione con formula piena. (1) La sentenza indubbiamente esatta 'e-dal confronto con la norma di cui all'art. 629 c.p. si traggono airgomenti a conforto della tesi sostenuta nella decisione. Le due norme sono infatti pairallele, sanzionando J.'att. 629 c.p. il comportamento di chi costringe taluno-on la violenza ad un atto di disposizione patrimoniale, mentre l'art. 640 c.p. sanziona il comportamente di chi induca con dolo altri ad un atto di disposizione. Senonch, mentre nell'art. 629 la presenm dell'-inciso costringendo taluno a fare od omettere qualche cosa , induce ad affermare che, nella ~ estorsione, l'atto di disposizione patrimoniale sia essenziale aUa configura 1532 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Con decisione 13 giugno 1969 la Corte d'Appello di Bari coofermava la sentenza impugnata nei confronti 'dell Palma e dichiarava non doversi procedere nei confronti del Falcone, dell'Ocone, del Mancini e del Rapuaino in ordin~ ai reati di falsit in scrittuTa privata per essere estinti i reati in conseguenza di prescrizione. Ricorreva a questo Supremo Collegio il P.rocuratore Generale presso la Corte d'Appello di Bari nei confronti di tutti gli imputati (cfr. vol. I, foglio 278), denunciando, per, nei motivi detl ricorso, la suddetta sentenza soltanto 1per l'assoluzione del Palma dal delitto di truffa pluriaggravata (cfr; voi. I, fogli 48-51). Osserva, anzitutto, questa Corte che il ricorso del Procuratore Generale inammissibile, per mancata presentazione dei motivi, nei confronti del Falcone, dell'Ocone, del Mancini e del Rapuano. In relazione, poi, al ricorso proposto dal suddetto Procuratore Generale nei confronti del Palma, da rilevare che sia il Tribunale di Foggia, 'Sia la Corte d'Appello di Bari ritennero che .egli -col chiedere ed ottenere, negli anni 1959 e 1960, il'abbuono dall'imposta d:i fabbricazione sugli spiriti, facendo risultare, mediante falsa documentazione, che si erano realizzate le condizioni previste dall'art. 3 della citata legge n. 458 del 1959 e dagli articoli 3 e 6 del menzionato d.l. n. 342 del 1960 -avesse frustrato il potere d'imposizione tributaria dello Stato, impedendo che del suo .patrimonio entrasse a far .pairte la quota d'imposta normalmente dovuta e che tale schema corrispondesse chiaramente all'ipotesi di evasione fiscale , anche se nella materia riguardata non specificamente prevista come titolo autonomo di reato, come si legge nella .sentenza del Tribunale (cfr. voi. II, foglio 170), ma non avesse posto in essere una truffa, mancando l'atto di disposizione da parte del soggetto passivo del delitto. Senonch, se requisito normale della truffa un atto di disposizione da parte del soggetto passivo del reato, non pu affermarsi che tutte le volte in cui quell'atto di disposizione manchi esuli la tTUffa e si versi in tema di aggressioni dirette della cosa da parte del soggetto attivo del Teato di usurpazioni unilateraM , secondo la felice espres biLit del ireato, !'assenza di un'espressione analoga nel testo dell'art. 640 consente di sostenere che truffa ricorra anche quando un atto volontario di disposizione non vi sia (ad es. nell'ipotesi di chi abbia viaggiato senza biglietto, nascondendosi a bordo di una nave: Cass. 22 febbraio 1963 in Cass. Pen. Massimario annotato 1963, 983). Ci detto, va per subito precisato che nel caso deciso dalla sentenza che si annota, cosi come in talune delle esemplificazioni :ricruamate in motivazione, l'atto di disposizione in realt non manca, identificandosi esso, come aveva esattamente rilevato il Procuratore Gen&ale, nel riconoscimento, PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1533 Sipne usata dalla dottrina. Cos, stato ritenuto 'colpevole di truffa l'agente della filiale di una Cassa di risparmio il quale, approfittando dell'esistenza di un conto corrente intestato al proprio padre nella banca in cui svolgeva attivit .professionale, aveva posto in essere comportamenti lesivi del patrimonio della Cassa di risparmio ,stessa, quald operazioni bancarie di versamenti superiori al vero o di prelievi inferiori al vero (cfr. Cass. 3 gugno 1963, Braja, in Cass. pen. Mass. ann., 1963, p. 890, n. 1625). N, d'altronde, possibile, come pure stato fatto, trarre conferma della necessit imprescindibile dell'autodanneggiamento della vittima in seguito all'errore provocato dagli artifici o raggiri deH'agente dal fatto che nella norma parallela che prevede il delitto di estorsione il requisito della disposizione patrimonia\le indicato espressamente dalla legge poich vi figura l'inciso costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa . , dnvece, da ritenere che !la Il!.ancata specificazione nell'art. 640 c..p. dell'elemento contenuto neH'-articolo 629 c.p. sia un valido' argomento per noo escludere che possa esservi reato di truffa anche se la vittima non si procuri con le sue mani un nocumento patrimoniale con profitto altrui, contrariamente a quanto osserva un nostro chiaro giurista. , peraltro, da rilevare che anche la dottrina che ritiene indispensabfile alla configu'rabilit del delitto di" truffa la disposizione patrimoniale da parte .del soggetto passivo riconosce che la disposizione stessa pu avere carattere omissivo, come nel caso dell'indiV\duo che induce il creditore a rinunciare al credito o a non pl'otesta!I'e una cambiale, dandogli ad intendere che il .credito prescritto o che il protesto non necessa:rio per conservare l'azione cambiaria . ' Chiaro , 1pertanto, ehe nella fattispecie il Procuratore Generale ricorrente esattamente affermi che l'atto dispositivo da parte dell'ingannato s'identifica ... nel riconoscimento, ottenuto mediante falsa documentazione, del diritto all'esenzione e nella corrispondente rinuncia da parte del fisco alla per~ezione del proprio .credito d'imposta (cfr. voi. I, foglio 50). Si deve, inoltre, considerare che dell'elemento del profitto da parte del Palma na.n dato dubitare; che, d'altronde, se da una mera aspet trufialdinamente ottenuto, del diritto all'esenzione tributaria e nella corrispondnte rinuncia -che ha efficacia appunto di-spositiva -da parte della P.A al credito d'imposta. Nelle ipotesi invece in cui 'l'atto di disposizione manchi effettivamente occorrer che J.'evento -di altrui danno e di ingiusto p!I'Ofitto del reo si realizzi non contro la volont del soggetto passivo, ch altrimenti ricorrerebbero altre ipotesi di reato. 1534 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tativa non pu sorgere il danno richiesto per l'imputabilit della truffa, costituisce il danno della truffa non soltanto quello che si concreta nella perdita di un bene patrimoniale, ma anche quello che c001siste nel mancato acquisto dell'utilit patrimoniale che si aveva H diritto di attendere ed indubbio che nel caso in parola il fisco avesse il diritto, non la semplice aspettativa di riscuotere la somma di L. 69.487.115. N va omesso di aggiungere che non possibile sostenere col Tribunale di Foggia che lo Stato garantisca per altra via e con altri sistemi di recupero la realizzazione dei fini perseguiti con l'eccez.ionale produzione legislativa riguardante H mercato dei vini (cfr. volume II, foglio 170), facendo riferimento all'art. 6 ter della citata legge n. 484 del!l'anno 1960 perch tale norma si limita a conferire al produttore viticultore il diritto ad ottenere dal distillatore la differenza tra il prezzo ricevuto e quello fissato d'imperio, ove questo sia superiore a quello, senza pregiudizio delle isanzi001i fiscali, in quanto applicabili ; che, invece, non senza significato l'assenza, posta in evidenza dailla parte civile, di previsioni di sanzi001i penali nei menzionati provvedimenti J.egislativi del 1959 e del 1960, assenza che ovviamente esclude l'applicabilit dell'art. 15 c.p.. Ci stante, questo Supremo Collegio deve accogliere nei confronti del Palma H ricorso proposto dal Procuratore Generale presso il.a Corte d'Appello di Bari, annullando per violazi001e di legge la sentenza pronunciata il 13 giugno 1969 dalla suddetta Corte, rinviando, il giudizio al riguardo ad altra Sezione della Corte stessa e condannando il Palma, nella misura indicata nel dispositivo, alle spese sostenute dalla parte civile. / CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 29 aprile 1971, n. 1228 -Pres. Cortese Riva Palazzi -Rel. Galessio Piuma -P. M. De Andreis (conf.). Rie. Gambardella. Notificazione -Notificazioni in materia penale -All'imputato -Domicilio dichiarato -Trasferimento altrove -Mancata .comunicazione alla cancelleria. -Notifica effettuata al domicilio dichiarato Nullit -Esclusione. (c.p.p. artt. 171, 179). L'essersi l'imputato trasferito altrove dopo aver indicato, a no'l;rna dell'art. 171 cod. P'l"Oc. pen., il pro:!Jrio domicilio, non rende invalide PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1535 le notificazioni eseguite nei suoi confrontJi nel domicilio dichiarato, se del mutamento non stata data alla cancelleria o segreteria del magistrato procedente la comunicazione a forma vincolata prevista dal comma terzo della suddetta disposiziome e nei modi prescritti de.Zla stessa (1). (1) La giurisprudenza della Corte di Cassazione oscilla in mateda di indicazione del domicilio e:x: art. 171 c.p.p. fra ile tesi rigori-stica, cui si ispira J.a massima che si annota, e quella meno dgoristica, che consente l'eJ.ezione di domicHio anche con modalit diverse da quell.e PTeviste dall'art. 171 c.p.p. Affermano lo stesso principio ora ribadito; Cass., 26 giugno 1969 in Cass. Pen. Mass. Annotato, !971, p, 197, m. 150; 4 febbraio 1969 ivi 197i, p. 401 m. 515; 13 marzo 1969 ivi, 1970, p. 711, m. 1004; 25 gennaio 1968 ivi, 1968, p. 1438, m. 2311; 30 novembre 1966 ivi, 1968, p. 176, m. 229; 23 aprile 1965 ivi, 1966, p. 453, m. 681. Questo indirizzo giurisprudenziale, condiviso in dottrina da CAVALLARI -Le notificazioni nel processo penale, 1959 p. 203204, individua fa i'agione del rigore della norma dell'art. 171 c.p.p. nella necessit di garantire 'la reale efficacia delle notificazioni destinate all'imputato (v. anche in questa Rassegna 1966, I, 1434) onde J.a ratio che la ispira ben diversa da queHa che presiede alla norma di cui all'art. 134 c.p.p. concernente la nomina del difensore di fiducia e che, intesa a favorire l'esercizio della difesa tecnica, consente la nomina del difensore anche con letta-a raccomandata. Secondo questo indirizzo giurisprudenziale quindi inefficace l'eJ.ezione di .doinicilio effettuato con lettera raccomandata, quello effettuato con lettera raccomandata in calce a dichiarazione di impugnazione con firma autenticata, (mentre valido quello effettuato nella dichiarazione d'impugnazione raccolta a verbale dal cancelliere: v. Cass. 4 dicemb!' e 1964 in Giust. Pen. 1965, II, 289), quello indicato in calce ai motivi d'appello presentati nena CancelJ.eria. L'opinione meno rigoristica, invece, argomentado dalle norme introdotte con la riforma del 1955, secondo le quali consentito impugnare con dichiarazione scritta, da trasmettersi col mezzo delJ:a raccomandata, ritiene che nello stesso modo si possa eleggere doinicilio o mutare la dichiarazione gi fatta: v. Cass. 11 dicembre 1960, in Cass. Pen. Mass. Annotato, 1961, 48 (Validit dell'azione di domici.Jio contenuta nella dichiarazione d'impugnazione proposta a mezzo telegrafo); Cass. 8 aprile 1963 ivi 1963, 750 che ha affermato la validit di un elezione di doinicilio effettuata in calce ad un'impugnazione inviata per mezzo di raccomandata con firma autenticata sul presupposto -alquanto opinabile -dell'impossibilit di frazionare la validit di un atto per sua natura unitario. Sulle condizioni di validit della elezione di domicilio e sulla diffel'ente natura giuridica della elezione e della dichia!ra:ziione di domicilio v. Cass. 20 giugno 1968 in questa Rassegna 1966, 1434 con nota di DI TARSIA -Dichiarazione ed elezione di domicilio: criteri interpretativi giurisprudenziali. PAR'TE SECONDA I I RASSEGNA DI DOTTRINA CORDERO F., Gli Osservanti -Fenomenologia delle norme, Giuffr editore, Milano, pag. 686. ll volume che segnaliamo ai lettori non di quelli che si lasciano catalogare e definire agevolmente. un libro inconsueto nella sua strutturazione, nel suo linguaggio, nel suo contenuto. Ce lo avverte l'editore nella .presentazione in sopracoperta quando testualmente dice che (in esso) vi si parla di cose inconsuete, quali la predestinazione, la mitologia del potere, reazioni distruttive di psicologia sociale (dalla tutela della mediocrit alla repressione dei talenti ed all'aborrimento delle cose nuove) l'anima della chiesa, della setta, del partito, nalisi di parole e questioni di logica, retroscena pratici ed emotivi in filosofia ed in teologia, il contrappasso, misura del bene e del male, istinto e xepressione, peccato originale e colpa di essere nati, magia, rito, esorcismi, re, taumaturghi, misteri di salvezza, pitture del giudizio di oltre tomba . Eppure, nonostante un'elencazione cosi ricca e varia delle cose trattate il libro un'opera che sostanzialmente studia ed approfondisce i fenomeni normativi e le esperienze che vi sono connesse. Ma tali fenomeni e tali esperienze, lungi dall'essere oggettivate, staccate dalla loro matrice, sono constantemente riferite e riportate all'uomo, il quale finisce con l'essere il vexo oggetto dell'indagine -l'uomo come tessitore di norme che impone a s, agli altri, a Dio; l'uomo produttore e consumatore di regole giuridiche, legislatore, suddito, ribelle, penitente, guardiano, delatore, giudice, carnefice, vittima, spettatore; l'uomo con i suoi titoli di grandezza e di miseria: un grumo di materia capace di negare tutto il resto e di reinventarsi ad ogni passo, ma pi spesso vittima della gravit e quindi osservante ottuso, servizievole, e maligno . un libro di scienza ma 1'A. chiaramente si prefigge di far trarre ai suoi lettori conclusioni morali. I richiami, culturali, letterari, filosofici, antropologici, le associazioni di idee sono profuse a piene mani ma non si li.a mai l'impressione che siano estemporanee, sovtrabbondanti o fuori luogo. La confluenza nel volume di discipline diverse (teoria generale e filosofia del diritto, filosofia morale e teoretica, teologia, antropologia, scienze del linguaggio e del comportamento sociale, storia delle religioni e delle istituzioni politiche) non causale ma consapevolmente voluta: risponde alla profonda convinzione del C. il quale fermamente rifiuta nella su attivit di giurista -il metodo dello istologo, che stacca un frammento, lo esplora e ignora il resto , cogliendo in tal modo della materia trattata solo una parte esigua -e nemmeno la pi-. interessante e correndo il rischio di conclusioni arbitrarie. Opera, quindi, di vastissimo respiro dove alla ricerca delle forme primitive delle norme si occoppia l'indagine sugli atti, giudizi, apparati tecnici e sfondi emotivi che !I.a stessa parola norma evoca e suggerisce e dove categorie anche un tantino logore (come quella del contratto sociale ) vengono riviste e rivisitate alla luce del Freud di Totem e tab di Darwin, di Atkinson -per poter cogliere in una luce nuova i veri rapporti tra l'individuale e il sociale. Ed opera essenzialmente utile perch diretta a sottrarre la scienza giuridica dell'isolamento in' cui stata o si 220 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ricacciata e volta a restituire all'uomo in quanto produttore e destinatario di norme quella preminenza nell'indagine che non pu non spettargli, L. MAZZELLA ROEHRSSEN C., Governo, Legge, Politica, Giuffr editore, Milano 1969, pagj. 252. Segnaliamo, sia pure con un certo ritardo rispetto alla sua data di pubblicazione, questo acuto studio del R. che, nel quadro della produzione scientifica pi recente, e rappresenta certamente un contributo originale e stimolante. Come lucidamente osserva l'A., nella premessa, che si avvicina ai problemi del diritto e dello Stato, armato degli strumenti concettuali che pone a disposizione la scienza giuridica tradizionale, nc>n pu non provare un senso di insoddisfazione, la sensazione sempre meno vaga, e incerta che una semplice ricostruzione di questo o q.el problema di per s inadeguata a rendere il giurista pago della sua fatica. Perch la sua stessa posizione di giurista che poco chiara, cos com' equivoca la sua funzione di fronte all'oggetto della propria indagine. Manca !;individuazione esatta del punto di partenza che non pu certamente essere astratto, che anzi non pu essere che politico, comunque determinato da una situazione storica e da una scelta ad essa collegata, sia questa scelta cosciente o meno. Lungi dal voler fare opera di filosofi.a, il R. parte, per la sua indagine, da un concetto di diritto, quale si venuto delineando nel mondo moderno, per vedere se una tale configurazione sia ancora adeguata o se essa debba essere ulteriormente approfondita da un giurista che voglia realmente comprendere la realt contemporanea. Lo stesso metodo di ricerca presiede allo studio dei rapporti tra diritto e politica e della configurazione del potere esecutivo in questo ambito. L'indagine storica limitata ai sistemi giuridi!!i del continente europeo occidentale: resta esclusa l'Inghilterra per le caratteristiche del tutto particolari del suo ordinamento; essa altresi temporalmente circoscritta comprendendo soltanto l'et moderna e contemporanea (a partire, cio, grosso modo dall'et dell'illuminismo). Analizzando il fenomeno che ha caratterizzato le comunit statali del continente europeo occidentale in questo periodo, l'A. nota che in queste societ, sulla base di concrete strutture sociali, nonch delle necessit corrispondenti a queste strutture, il diritto si venuto configurando in un certo modo; in un secondo tempo si incominciato a prendere co'scienza del rapporto tra il diritto e le strutture sociali che lo hanno determinato, si introdotto un metodo di carattere trascendentale nella considerazione del fenomeno giuridico; in tal modo la dottrina giuridica ha assunto un carattere, ha svolto una funzione ed ha prodotto un effetto ,profondamente mutati rispetto a quelli iniziali, ma sopratutto profondamente diversi rispetto a quelli contenuti nelle affermazioni di principio dei giuristi . In particolare -prosegue il R. -ha svolto, proprio per il suo preteso distacco, una :liunzione modificatrice delle strutture esistenti e sopratutto stata, anche se molto spesso inconsciamente, un elemento di conservazione . Molto acute ed incisive sono le osservazioni del R. sui rapporti tra la formazione della borghesia ed il prevalere del formalismo. Egli rileva che al momento in cui la borghesia sufficientemente forte e l'aristocrazia PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA sufficientemente debole, anzi priva di funzioni effettive, la borghesia si appropria del potere, configurandolo nella maniera che le necessaria, cio come potere legislativo . In .questo evento i due elementi caratterizzanti sono dati, da una parte, dall'identificazione di una classe con la comunit intera e dall'altra dall'affermazione del prevalere nel fenomeno giuridico. di quell'elemento che. a questa classe appare il pi adatto ai propri bisogni ed alle proprie necessit: la legge . L'appropriazione del potere da parte della borghesia non pu, d'altronde -secondo il R. -non riflettersi in una trasformazione degli strumenti di potere: ecco, pertanto, affermarsi l'e,sclusivit della legge in quanto strumento per la creazione del diritto. In questa supremazia della legge si mescolano due esigenze: da un lato, quelllf democratica, dell'autolimitazione, da'll'altro quello di un diritto generale, tale da garantire l'eguaglianza. Dopo un'efficace disamina delle posizioni espresse dai pi autorevoli rappresentanti della scienza giuridica classica -volta anche a dimostrare che la funzione di quest'ultima supera sempre i limiti della semplice interpretazione e ricostruzio~ sistematica -l'A. si sofferma sul positivismo giuridico e sulla costruzione Kelseniana, -quest'ultima riguardata con particlare attenzione anche in tema di :!;'apporti tra gli organi e la Nazione e nel pi vasto quadro del fenomeno della riduzione della funzione di governo a funzione amministrativa. Un capitolo a parte dedicato alla evoluzione dei partiti parlamentari ed extra-parlamentari; un ultimo chiude il volume approfondendo il concetto di Costituzione in senso materiale e quello di funzione di indirizzo politico. Senza volerci addentrare ulteriormente nell'analisi di questo volume, possiamo concludere che il risultato cui esso conduce il lettore veramente notevole. L'A. .ci dimostra che concepire il diritto come una pura tecnica sociale e non come una filosofia della giustizia non possibile senza voler nascondere la verit. E la verit che il diritto, proprio in quanto tecnica dei centri di potere politico, risente delle concezioni di base che informano l'azione di questi centri; Solo per una decisione di base di carattere politico la scienza giuridica si limitata nella sua funzione di riflessione e di approfondimento. Questa limitazione ora pu e deve cadere. merito del R. averlo evidenziato. Giurista avvisato, mezzo salvato. L. MAZZELLA PASCAP G., Raccolta di giurisprudenza sulla edilizia popolare ed economica, Jovene, Napoli, 1970, pagg. 207. Questa raccolta ha come riferimento di base la giurisprudenza del foro di Napoli sulla complessa legislazione della edilizia economica e popolare. La scelta -che poi il maggior limite del volume -troverebbe la sua ragion d'essere -secondo l'A. -nel fatto che le giurisdizioni di merito del Foro di Napoli sarebbero le pi estesamente investite delle controversie in materia. L'elaborato integrato da segnalazioni complementari e da un'appendice legislativa e bibliografica ed altresi corredato da un triplice indice (analitico-alfabetico per argomento, cronologico della giurisprudenza, cronologico per articoli delle disposizioni legislative e regolamentari richiamate nelle sentenze e decisioni) particolarmente curato. L. M. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE LEGGI E DECRETI (*) Legge 15 ottobre 1971, n. 911 -Modifica l'art. 1751 del codice civile (G. u. rn novembre 1971, n. 288). legge 3 novembre 1971, n. 1059 -Estende l'applicazione dei benefici fiscali di cui alla legge 6 agosto 1954, n. 604 e successive integrazioni e modificazioni aila compravendita tra iparenti fino al terzo grado (G. U. 17 dicembre 1971, n. 318). legge 23 novembre 1971, n. 1047 -Proroga i termini iper la dichiarazione d!i paternit e modifica l'art. 274 del codice civile (G. U. 16 dicembre 1971, n. jH7). legge 25 novembre 1971, n. 1041 ,-Disciplina le gestioni :fuori bilancio nell'ambito delle Amministrazioni dello Stato (G. U. 15 dicembre 1971; n. 316). legge 6 dic:embre 1971, n. 1034 -Istituisce i tribunali amministrativi regionali, prevedendone le competenze, la composizione, con le i'elativ.e norme di procedura (G. U. 13 dicembre 1971, :n. 314). legge 6 dlc:embre 1971, n. 1065 -Revisiona l'ordinamento finanziario della Regione Valle d'Aosta (G. U. 17 dicembre 1971, n. 318). NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE (**) NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Codlc:e di .proc:edura penale, art. 515 (Cognizione del giudice di appello. Appetto incidentale del pubblico ministero), quarto c:omma. Sentenza 17 :novembre 1971, n. 177, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. Ordinanze di rimessione 28 gennaio 1970 della corte di appello di Genova (G. U. 1 aprile 1970, n. 82), 25 febbraio 1970 e 11 marzo 1970 del tribunale di Lecce (G. U. 3 1giugno 1970, n. 136 e 10 giugno 1970, n. 143), 24 aprile 1970 del tribunale di Venezia (G. U. 7 ottobre 1970, n. 254), e 13 novembre 1970 della corte .di appello di Genova (G. U. 10 :febbraio 1971, n. 35). (*) Si segnalano i provvedimenti ritenuti di maggiore interesse. ( ) Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento ai quali sono state proposte o decise le quesrtioni di legittimit costituzionale. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 223 r.d. 7 dicembre 1923, n. 2590 (Nuove disposizioni sulle pensioni del personale dell'amministrazione delle ferrovie dello Stato), art. 9, ultimo comma. Sentenza 16 dicembre 1971, n. 203, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. Ordinanza di rimessione 8 luglio 1969 del tribunale di Catanzaro, G. U. 25 marzo 1970, n. 76 . .. legge 21 ottobre 1950, n. 841 (Norme per la espropriazione, bonifica, trasformazione ed assegnazione dei terreni ai contadfai.i), art. 9, quarto comma, limitatamente alle pa_role senza alcun indennizzo . Sentenza 16 dicembre 1971, n. 200, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. Ordinanza di rimessione 4 marzo 1969 della quinta .sezione del Consiglio di Stato, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli artt. 242, 243, 247, 250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sost;anze alimentari e delle bevande), art. 1, terzo comma, limitatamente alla parte in cui esclude l'obbligo della comunicazione dell'esito dell'analisi anche a quei soggetti che in base agli atti di polizia giudiziaria gi Compiuti risultino indiziati di reato (339). Sentenza 17 novembre 1971, n. 179, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. Ordinanza di rimessione 7 novembre 1969 del pretore di Bitonto, G. U. 7 gennaio 1970, n. 5. NORME DELLE QUALI STATA DICHIARATA NON FONDATA LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE Codice civile, art. 2162 (Efficacia probatoria del libretto colonico), in relazione all'art. 2152 del codice civile (artt. 35 e 36 della Costituzione). Sentenza 16 dicembre 1971, n. 198, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. Ordinanza di rimessione 31 ottobre 1969 del tribunale di Spolto, G. U. 4 marzo 1970, n. 57. codice di procedura civile, art. 101 (Compairizione persoinale delle parti), primo comma, nella parte in cui vieta ai coniugi comparsi (339) L'art. 1 della legge 30 aprile 1962, n. 283, modificato dall'art. 1 della legge 26 febbraio 1963, n. 441 stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 3 dicembre 1969, n. 149, nella parte in cui per la revisione delle analisi escludeva l'applicazione degii artt. 390, 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale. 20 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 224 per~onalmente davanti al presidente del tribunale, per essere sentiti prima separatamente e poi congiuntamente e per il tentativo di conciliazione, di essere assistiti dai rispettivi difensori (art. 24 della Costituzione) (340). Sentenza 16 dicembre 1971, n. 201, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. Ordinanza di rimessione 2 febbraio 1971 del tribunale di Napoli, G. U. 15 settembre 1971, n. 233. 1 codice di procedura penale, art. 106 (Esercizio dell'azione civiie e obbligo della testimonianza) (art. 3 della Costituzione). Sentenza 30 novembre 1971, n. 190, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. Ordinanze di rimessione 9 dicembre 1969 del pretore di Iseo (G. U. 11 febbraio 1970, n. 37) e 4 dicembre 1970 del tribunale di Bergamo (G. U. 7 aPfile 1971, n. 87). codice di pl'ocedura penale, art. 152 (Obbligo dell'immediata declaratoria di determinate cause di non puni.bilit), secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione) (341). Sentenza 16 dicembre 1971, n. 202, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. Ordinanza di rimessione 3 ma.g.gio 1971 del tribunale di Taranto, G. U. 21 luglio 1971, n. 184. c;odice di procedura penale, art. 350 (Diritto dei prossimi congiunti di astenersi cl.al testimoniaJle), secondo comma, art. 408 (Notificazione del decreto di citaz.ione davanti al tribunale), secondo comma, art. 447 (Interrogatorio delle parti private. diverse daLl'imputJato), art. 448 (Esame dei testimooi), e art. 449 (Giu:ramento dei testimoni) (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione) (342). Sentenza 30 novembre 1971, n. 190, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. Ordinanza di rimessione 9 dicembre 1969 del ;pretore di Iseo, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. d.lg. 9 aprile 1948, n. 4l7 (Proroga dei termini di demdenza in conseguenza del mancato funzionamento degli uffici giudiziari), ratificato con legge 10 febbraio 1953, n. 73, artt. 1, ultima parte e 2, nei sensi della .(340) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 30 giugno 1971, n. 151, nella parte in cui ai coniugi comparsi personalmente davanti al presidente del tribunale, ed in caso di mancata conciliazione, inibito di essere assistiti dai rispettivi difensori. (341) Analoga questione stata dichiarata non fondata, ai sensi di cui in motivazione, con sentenza 14 luglio 1971, n. 175. (342) Altra questione di legittimit costituzionale dell'art. 449 del codice di procedura penale stata dichiarata non fondata con sentenza 13 luglio 1960, n. 58. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 225 motivazione (artt. 87, quinto comma, 24, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione). Senten~a 30 novembre 1971, n. 191, G . .U. 9 dicembre 1971, n. 311. Ordinanza di rimessione 3 dicembre 1969 del tribunale di Napoli, G. U. 25 marzo 1970, n. 76. legge reg. sic. 9 maggto 1969, n. 14 (Elezioni dei Consigli del/,e Amministrazioni straordinarie delle provincie siciliane), art. 7, n. 4 (art. 51, primo comma, della Costituzio~e). Sentenza 30 novembre 1971, n. 189, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. Ordinanza di rimessione 4 dicembre 1970 della corte di appello di Palermo, G. U. 24 febbraio 1971, n. 49. NORME DELLE QUALI STATO PROMOSSO GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE Codice civile, art. 2751 (Credit.i per spese funebri, d'infermit, alimenti, rebribuzicmi), n. 5, in quanto limita il ,privilegio del professionista .e di ogni altro prestatore d'opera intellettuale alle retribuzioni dovute per l'ultimo anno (artt.. 1, 35 e 3 della Costituzione) (343). Tl'ibunale di Milano, ordinanza 24 giugno 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. codice di procedura civile, art. 705 (Divieto di proporre giudizio petitorio), in quanto impedisce al convenuto di far valere il proprio dwitto di propriet sulla cosa fino alla definizione del giudizio poi;sessorio (artt. 42, secondo comma, 3 e 24, 1primo comma, della Costituzione). Pretore di S. Elpidio a Mare, ordinanza 20 agosto 1971, G. U. 9 .dicembre 1971, n. 311. codice di procedura civile, disp. att., art. 58, in quanto prevede la facolt, e non l'obbligo, di eseguire la notifica o comunicazione presso ' la canc~eria (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Bitonto, ordinanza 9 aiprile 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. codice penale, art. 102 (Abitualit presunta della legge), art. 103 (Abitualit ritenuta dal giudice), art. 105 (Professionalit nel reato), (343) Questione gi proposta dalla stessa autorit giudiziaria (ordinanza 29 ottobre 1970, G. U. 30 giugno 1971, n. 163). / 226 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO art. 109 (Effetti della dichiarazione di abitualit, professionalit o tendenza a delinquere), art. 204 (Accertiamento di pericotositd. Pericolosit sociale presunta), .primo e secondo comma, art. 216 (Assegnazione a una cotonia agricola o ad una casa di lavOll'o), nn. 1 e 2 e art. 217 (Durata minima), in quanto consentono il cumulo tra pene e misure di sicurezza e determinano le misure di sieurezza senza alcun riferimento alla gravit oggettiva del nuovo reato commesso (artt. 3, 25, secondo e terzo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione) ~~-. Pretore di Livorno, ordinanze 22 aprile 1971 e 6 maggio 1971, G. U. 1 dicembre 1971, n. 304. codice penale, art. 137 (Carcerazione preventiva) e art. 138 (Pena e carceri;iziooe preventiva per reati com71'1'essi all'estero), in quanto escludono il periodo di carcerazione preventiva sofferta all'estero dal computo della carcerazio.Qe preventiva sofferta nello Stato per lo stesso reato (artt. 2, 3, e 13 della Costituzione) (345). Sezione istruttoria della corte di appello di Palermo, ordinanza 21 luglio 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. codice 'enale, art. 204 (Accertamento di perico.ZOsit. Pericolosit sociale presunta), secondo comma, e art. 222 (Ricovero in un ma1liicomio giudiziario), in quanto pongono una prevenzione assoluta di pericolosit, equiparando pericolosi effettivi e pericolosi solo presunti e consentendo ii1 ricovero in manicomio di inimputabili oggettivamente non pericolosi (artt. 2, 3, primo e secondo comma, 25, 27 e 32 della Costituzione) (346). Giudice istruttore del tribunale di Milano, ordinanza 8 gennaio G. U. 17 novembre 1971, n. 290. Giudice istruttore del tribunale di Roma, ordinanza 4 agosto 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. codice penale, art. 208 (Riesame della pericolosit), in quanto l'esecuzione della revoca della misura di sicurezza condizionata al man (344) Cfr. sentenze 10 marzo 1966, n. 19, 9 giugno 1967, n. 68 e 20 gennaio 1971, n. 1, della Corte costituzionale. (345) Differente .questione di legittimit costituzionale dell'art. 137 del codice penale stata dichiarata manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, 13 e 27 della Costituzione e con richiamo alla sentenza 16 giugno 1970, n. 96, con ordinanza 2 febbraio 1971, n. 16. (346) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 13, primo e secondo comma, 24, secondo comma, 27, secondo comma, e 32 della Costituzione, con sentenza 9 giugno 1967, n. 68 e riproposta, per il primo comma dell'art. 222, ed in riferimento all'art. 3 della Costituzione, anche dal pretore di Tolmezzo (ordinanza 16 aprile 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 22'1 ca.to ricorso del pubblico ministero ed sospesa a seguito della proposizione di tale ricorso (artt. 3, 13, 102 e 112 della Costituzione) (347). Pretore di Livorno, ordinanza 22 aprile 1971, G. U. 1 dicembre 1971, n. 304. codice penale, art. 222 (Ricovero in un manicomio giudiziario), in quanto predetermina il periodo di ricovero obbligatorio in manicomio giudiziario con un minimo di due anni (art. 3 della Costituzine). Giudice istruttore del tribunale di Roma, ordinanza 4 agosto 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. codice penale, art. 341 (Oltraggio a un pubblico ufficiale), in quanto prevede a tutela del pubblico ufficiale una sanzione pi grave di quella prevista, a tutela degli altri cittadirui, dall'art. 594 del codice penale (artt. 1, 3 primo e secondo comma, 28, 35, 54, 97 e 98 .della Costituzione) (348). Pretore di Carpi, ordinanza 22 1giugno 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza 25 giugno 1971, G. U. 1 dicembre 1971, n. 304 (artt. 1, 3, 28, 35, 54, 97 e 98 della Costituzione). codice penale, art. 589 (Omicidio colposo) e art. 42 (Responsabiiit per dolo o per colpa o per delitto preterintenzicmale. Respomsabilit obiettiva), in quanto consentono che nella valutazione della colpa professionaie il giudice attribuisca rilevanza penale a gradi di colpa di tipo particolare, autorizzando discriminazioni correlate alla professione esercitata dagli imputati (art. 3 della Costituzione). Tdhunale di Varese, ordinanza 12 luglio 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. codice penale, art. 666 (Spettacoli o trattenimenti pubblici senza licenza), in quanto prescrive la licenza del questore anche per detenere e far funzionare in un bar un solo elettrogran1mofono a gettone (art. 41 della Costituzione) (349). Pretore di Padova, ordinanza 4 giugno 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. (347) Questione proposta con la stessa ordinanza anche per gli artt. 642, "646 e 647 del codice di procedura penale e gi proposta, per gli artt. 642, secondo comma, e 646 del codice di procedura penale, dal giudice di sorveglianza del tribunale !ii Pisa (ordinanza 15 febbraio 1971, G. U. 5 maggio 1971, n. 112). (348) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 1 e 3 della Costituzione, con sentenza 19 luglio 1968, n. 109, e gi riproposta da numerose autorit giudiziarie (V. retro, note 295, 171 e 69). (349) L'art. 666 del codice penale stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 15 aprile 1970, n. 56, nella parte in cui prescrive che per i trattenimenti da tenersi. in luoghi 'aperti al pubblico, e non indetti nell'esercizio di attivit imprenditoriali, ~ccorre la licenza del questore. 228 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice penale, art. 718 (Esercizio di giuochi d'azzardo) e art. 720 (Partecipazione a giuochi d'azzardo), ~n quanto punisce lo svolgimento di attivit consentite invece nei casin autorizzati (art. 3 della Costituzione) (350). Pretore di Sampierdarena, ordinanza 27 maggio 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. codice di procedura penale, art. 19 (Questioni di stato personate pregiuiziaLi a un giudizio penale), e art. 21 (Autorit det giudicato che decide la questione pregiudA.ziate, civile o amministrativa), in quanto vincolano U giudiice penale ad un .presupposto-(status di tmprenditore) contenuto in sentenza resa senza la .garanzia di adeguato contraddittorio (art. 24, secondo comma, dell Costituzione). Pretore di Mantova, ordinanza 2 luglio 1971, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. codice di procedura penale, art. 27 (Autorit del giudicato penate nel giudizio di danno), in quanto estende gli effetti del giudicato penale anche al responsabile civile rimasto estraneo al giudizio (art.. 24 della Costituzione) (351). Corte di cassazione, ordinanza 27 aprile 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. Tribunale di Napoli, ordinanza 9 giugno 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. codice di procedura penale, art. 74 (Esercizio deti'azione penate da parte dei pubblico ministero o det pretore), e art. 398 (Poteri del pretO'l" e nei procedimento con 1-struzione sommaria), in quanto consentono al pretore di esercita.re l'azione penale, di istruire il relativo procedimento e di pronunziarsi in sede istruttoria sull'azione penale da lui stesso promossa (artt. 3 e 24 della Costituzione) (352). Pretore di Caltanissetta, ordinanza 26 .giu~no 1971, G. U. 17 r:iovembre 1971, n. 290. codice di procedura penale, art. 93 (Dichiarazionecostitutiva di parte civile), secondo comma, e art. 94 (Formalit detta costituzione di parte (350) Questione gi proposta dal pretore di Cingoli (ordinanza 29 novembre 1969, G. U. 11 marzo 1970, n. 64). La stessa questione, ma in senso opposto, : stata proposta, per l'art. 1, primo comma, del r.d.l. 22 dicembre 1927, n. 2448, convertito con legge 27 dicembre 1928, n. 3125, dalla quinta sezione del Consiglio di Stato (ordinanza 10 giugno 1969, G. U. 26 novembre 1969, n. 299). (351) Questione proposta con richiamo ai principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza 22 marzo 1971, n. 55. (352) Questione gi dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, 101, secondo comma, 102, primo comma, 104, primo comma, 105, 106, primo e secondo comma, 107, primo e quarto comma, 108 e 'i12 della Costituzione, con sentenze 24 maggio 1967, n. 61 e 9 luglio 1970, n. 123. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 22'1 ca.to ricorso del pubblico ministero ed sospesa a seguito della propos.izione di tale ricorso (artt. 3, 13, 102 e 112 della Costituzione) (347). Pretore di Livorno, ordinanza 22 aprile 1971, G. U. 1 dicembre 1971, n. 304. codice penale, art. 222 (Ricovero in un manicomio giudiziario), in quanto predetennina il periodo di ricovero obbligatorio in manicomio giudiziario con un minimo di due anni (art. 3 della Costituzione). Giudice istruttore del tribunale di Roma, ordinanza 4 agosto 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. codice penale, art. 341 (Oltraggio a un pubblico ufficiale), in quanto prevede a tutela del pubblico ufficiale una sanzione pi grave di quella prevista, a tutela degli altri cittadin~, dall'art. 594 del codice penale (artt. 1, 3 primo e secondo comma, 28, 35, 54, 97 e 98 .della Costituzione) (348). Pretore di Carpi, ordinanza 22 giugno 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza 25 giugno 1971, G. U. 1 dicembre 1971, n. 304 (artt. 1, 3, 28, 35, 54, 97 e 98 della Costituzione). codice penale, art. 589 (Omicidio colposo) e art. 42 (Responsab.Uitd per dolo o per colpa o per delitto preterintenzionale. Responsabilit, obiettiva), in quanto consentono che nella valutazione della colpa professionaie il giudice attribuisca rilevanza penale a gradi di colpa di tipo particolare, autorizzando discriminazioni correlate alla professione esercitata dagli imputati (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Varese, ordinanza 12 luglio 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. codice penale, art. 666 (Spettacoli o trattenimenti pubblici senza licenza), in quanto rprescrive la licenza del questore anche per detenere e far funzionare in un bar un solo elettrograrrlmofono a gettone (art. 41 della Costituzione) (349). Pretore di Padova, ordinanza 4 giugno 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. (347) Questione proposta con la stessa ordinanza anche per gli artt. 642, 0646 e 647 del codice di procedura penale e gi proposta, per gli artt. 642, secondo comma, e 646 del codice di procedura penale, dal giudice di sorveglianza del tribunale lii Pisa (ordinanza 15 febbraio 1971, G. U. 5 maggio 1971, n. 112). (348) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 1 e 3 della Costituzione, con sentenza 19 luglio 1968, n. 109, e gi riproposta da numerose autorit giudiziarie (V. retro, note 295, 171 e 69). (349) L'art. 666 del codice penale stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 15 aprile 1970, n. 56, nella parte in cui prescrive che per i trattenimenti da tenersi. in luoghi 'aperti al pubblico, e non indetti nell'esercizio di attivit imprenditoriali, -;iccorre la licenza del questore. 230 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO esclusivo da un giudizio di (probabile) colpevolezza e con irragionevole riferimento a massimi edittali di pena' indiscriminati (artt. 3, primo comma, e 27, ultimo comma, della Costituzione) (359). Giuddce istruttore del tribunale di Milano, ordinanza 22 marzo 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. codice di procedura penale, art. 304 bis (Atti a cui possono assistere i difensori), modificato dal d.I. 23 gennaio 1971, n. 2, convertito con legge 18 marzo 1971, n. 62, in quanto non consente al difensore dell'imputato di assistere nella fase istruttoria allo svolgimento dell:a prova testimoniale (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (360). Giudice istruttore del tribunale di Pisa, ordinanza 13 maggio 1971, G. U. 1 dicembre 1971, n. 304. Pretore di Caltanissetta, ordinanza 26 giugno 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. Pretore di Stigliaho, ordinanza 7 luglio 1971, G. U. 1 dicembre 1971, n. 304. codice di procedura penale, art. 304 bis (Atti a cui possono assistere i difensori), modificato dal d.I. 23 gennaio 1971, n. 2, convertito con legge 18 marzo 1971, n. 62, in quanto non consente al difensore dell'imiputato di intervenire al confronto tra i testimoni e l'imputato (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (361). Giudice istruttore del tribunale di Roma, ordinanza 12 agosto 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. codice di procedura penale, art. 394 (Validit degl.i atti della istll"Uzione sommaria nel caso di trasformazione in istruzione formale), in quanto consente di considerare vaH!ii gli atti dell'istruttoria sommaria I anche quando tale istruttoria sia stata scelta al di fuori dei casi stabiliti t dall'art. 289 del codice di procedura penale (art. 25 della Costituzione). I Giudice istruttore del tribunale di Pisa, ordinanza 13 maggio 1971, G. U. 1 dicembre 1971, n. 304. I (359) Q..estione proposta dalla stessa autorit giudiziaria, per l'art. 253, anche con ordinanza 24 marzo 1971 (G. U. 14 luglio 1971, n. 177). L'art. 253 del codice di procedura penale stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 4 maggio 1970, n. 64, nella parte in cui escludeva l'obbligo della motivazione in ordine alla sussistenza di sufficienti indizi di colpevolezza. Con la stessa sentenza stata invece dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 13, 27 e 111 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 277, secondo comma, del codice di procedura penale. Differente questione di legittimit costituzionale dell'art. 255 del codice di procedura penale stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con sentenza 11 maggio 1971, n. 100. Per altre questioni sull'istituto della cattura obbligatoria v. retro, nota 324. (360) Questione gi proposta. V. retro, note 308, 255 e 59. (361) Per analoghe questioni gi proposte v. retro, note 308, 255 e 59. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 231 codice di procedura penale, libro terzo, titolo I, titolo Il, capi I, Il e lii (artt. 405496), nella parte in cui conferiscono al pretore il potere di emettere il decreto di citazione, di dirigere il dibattimento e di emettere la conseguente sentenza per fatti reato su cui egli stesso ha promosso l'azione penale ed ha esercitato funzioni di istruttore (artt. 3 e 24 della Costituzione) (362). Pretore di Caltanissetta, ordinanza 26 .giugno 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. codice di procedura penale, art. 466 (Lettura di rapporti, referti, denunce, querele e altri atti), in quanto consente la lettura in dibattimento del rapporto giudiziario anche nelle parti lesive della dignit dell'imputato (artt. 2, 3, primo comma, 24, secondo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Fornovo Taro, ordinanza 7 luglio 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. ' codice di procedura penale, art. 489 (Disposizioni della sentenza di coodanna relativa ai ~danni), in quanto non consente l'ap;plicazione anche in sede penale, ai soli effetti cd.vili, della presunzione di colp;a stabilita dall'art. 2054 del codice civile e subordina l'esecuzione dei provvedimenti civili, a differenza di quanto consentito da1gli artt. 282, 283 e 373 del codice di procedura civile, al passaggio in giudicato della sentenza (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Rovereto, ordinanza 13 luglio 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. codice di procedura penale, art. 642 (Effetti dei ricorsi e sanzicmi disciplinari), art. 646 (Revoca delle misure di sicurezza), e art. 647 (Riesame dello stato di pericolosit), in quanto prevedono l'inefficacia della revoca 'della misura di sicurezza prima della scadenza del termine previsto per l'impugnazione del pubblico ministero ed attribuiscono a tale impugnazione efficacia sospensiva della revoca (artt. 3, 13, 102 e 112 della Costituzione) (363). Pretore di Livorno, orinanza 22 aprile 1971, G. U. 1 dicembre 1971, n. 304. codice della navigazione (r.d. 30 marzo 1942, n. 327), art. 373, in quanto stabilisce per l'esercizio dei diritti derivanti dal contratto di (362) Questione gi dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con sentenza 9 luglio 1970, n. 123. (363) Questione gi proposta, per gli artt. 242, secondo comma, e 246 del co-, dice di procedura penale, dal giudice di sorveglianza del tribunale di Pisa (ordinanza 15 febbraio 1971, G. U. 5 maggio 1971, n. 112). 232 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO a.rruolaril.ento un termine di prescrizione minore di quello previsto dall'art. 2948, n. 5 del codice civile per gli altri rapporti di lavoro (artt. 3, 4 e 35 della Costituzione). Pretore di Civitavecchia, ordinanza 30 giugno 1971, G. U. 24 nove: rpbre 1971, n. 297. codice della navigazione (R.d. 30 marzo 1942, n. 327), art. 1317, che modifica l'art. 6 bis, quarto comma, della legge 12 febbraio 1903, n. 50 1 (introdotto con l'art. 1, punto IX, comma quarto, del r.d.1. 28 dicembre 1924, n. 2285, convertito con leg.ge 22 dicembre 1927, n. 2637), in quanto attribuisce funzioni giurisdizionali al presidente del Consorzio autonomo del porto di Genova (artt. 101, secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione). Presidente del Consorzio autonomo del porto di Genova, .ordinanza 6 settembre 1971, G. U. 1 dicembre 19'71, n. 304. legge 25 giugno 1865, n. 2359 (Disciplina delle espropriazioni forzate per pubblica utilit) art. 46, terzo comma, in quanto esclude ogni indennizzo per le servit stabilite da leggi speciali (artt. 3 e 42, terzo comma, della Costituzione) (364). Corte di appello di Genova, ordinanza 18 giugno 1971, ;. U. 17 novembre 1971, n. 290. legge 4 marzo 1877, n. 3706 (Legge suUa pesca), art. 16, in quanto consente il permanere dei diritti esclusivi di pesca (artt. 3 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 4 marzo 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. legge 12 febbraio 1903, n. 50 (Legge per la costituzione di un consorzio autonomo per L'esecuzione delle opere e per L'eserrcizio del porto di Genova), art. 6 bis, quarto e quinto comma (a.g.giunto con l'art. 1, punto IX, quarto e quinto comma, del d.1. 28 dicembre 1924, n. 2285, convertito con legge 22 dicembre 1927, n. 2637, e modificato dall'art. 1317 del codice della navigazione), in quanto attribuisce funzioni giurisdiz: ionali al presidente del Consorzio autonomo del .porto di Genova (artt. 101, secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione). Presidente del Consorzio autonomo del porto di Genova, ordinanza 6 settembre 1971, G. U. ";, dicembre 1971, n. 304. (364) Questione dichiarata non fondata con sentenza 22 giugno 1971, n. 133. PARTE II, RASSEGNA DI LEGI~LAZIONE 233 r.d.I, 2 dicembre 1923, n. 2682 (Disposizioni per il peirsonale addetto. ai pubbHci servizi di trasporto in concessione), artt. 21, 26 e 31, in quanto prevedono il diritto del lavoratore al riposo secondo un criterio che prescinde dalila cadenza settimanale (art. 36, ultimo comma, della Costituzione) (365). Corte di arppello di Genova, ordinanze 31 maggio 1971 e 21 giugno 1971 (complessivamente undici), G. U. 1 dicembre 1971, n. 304 e 9 dicembre 1971, n. 311. r.d. 30 dicembre 1923, n. 3276 (Leggi. dei diritti erariali sugli spettacoli), art. 14, riprodotto nell'art. 11 del r.d. 2 ottobre 1924, n. 1589, in quanto condiziona il rilascio della licenza di pubblica sicurezza per un solo juke-box in un bar al preventivo pagamento dei diritti erariali (artt. 2-7, primo e secondo comma, 113, 24, primo comma, e 3, primo e secondo comma, della Costituzione) (366). Pretore di Padova, ordinanza 4 ,giugno 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. r.d. 2 ottobre 1924, n. 1589 (Esazione dei diritti erariali sui cinematografi, a mezzo della societd italiana degli autori), art. 11, che riproduce l'art. 14 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3276, in quanto condiziona il rilascio della licenZ di pubblica sicurezza ai prevenrtivo pagamento dei diritti erariali (artt. 97, primo e secondo comma, 113, 24, primo comma, e 3, iprimo e secondo comma, della Costituzione) (367). Pretore di Padova, ordinanza 4 ,giugno 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. r.d.I. 28 dicembre 1924, n. 2285 (Modificazioni alla legge istitutiv.a del Consorzio autonomo del pMto di Genova), convertito con legge 22 dicembre 1927, n. 2637, art. 1, punto IX, quarto e quinto comma (che aggiunge l'art. 6 bis, quarto e quinto eomma, alla legge 12 febl;>raio 1903, n.50, modificato dall'art. 1317 del codice della navigazione), in quanto attribuisce funzioni .giurisdizionali al presidente del Consorzio autonomo del porto di Genova (artt. 101, secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione). Prei;idente del Consorzio autonomo del porto di Genova, ordinanza 6 settembre 1971, G. U. 1 dicembre 1971, n. 304. (365) L'art. 21 delle disposizioni annesse al r.d.l. 19 ottobre 1923, n. 2328, modificato dal r.d.l. 2 dicembre 1923, n. 2682, stato dichiarato incostituzionale, per il sopra indicato motivo, con sentenza 30 giugno 1971, n. 146. (366) Questione dichiarata inammissibile con sentenza 6 febbraio 1969, n. 9. (,367) Cfr. sentenza 6 febbraio 1969. n. 9 della Corte costituzionale. 234 RASSEGNA pELL'AVVOCATURA DELLO STATO .J.e9ge... 25. novembre 1926, n. 2008 (Provvedimenti per la difesa dello Stato), in quanto istitutiva di un gdudice speciale, oltretutto privo dei requisiti dell'autonomia e dell'imparzia\lit (artt. 101, 102, primo e secondo c6mma, e 104, primo comma, della Costituzione) (368). Corte di appello di Genova, ordinanza 15 luglio 1971, G. U. 1 dicembre 1971, n. 304. r.d. 12 dicembre 1926, n. 2062 (Norme per l'attuazione della legge 25 novembre 1926, n. 2008, su.i provvedimenti per la difesa dello StJato), in quanto relativo alla istituzione di un giudice speciale, oltretutto privo dei requisiti dell'autonomia e dell'imparzialit (artt. 101, 102, primo e secondo comma, e 104, primo comma, della Costituzione) (368). Corte di appello di Genova, ordinanza 15 luglio 1971, G. U. 1 dicembre 1971, n. 304. legge 22 dicembre, 1927, n. 2637 (Conversione in legge del decretotegge 28 dicembre 1924, n. 2285, recante modificazioni alla legge istitutiva del Consorzio autonomo del porto di Genova), nella parte in eui converte In legge l'art. 1, punto IX, quarto e quinto comma, del r.d.l. 28 dicembre 1924, n. 2285 (che aggiunge l'art. 6 bis, quarto e quinto comma, alla Ieg.ge 12 feb\lraio 1903, n. 50, modificato dall'art. 1317 del codice della nai:v1gazione), in quanto attribuisce funzioni giurisdizionali al presidente del Consorzio autonomo del porto di Genova (artt. 101, secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione). Presidente del Consorzio autonomo del porto di Genova, ordinanza 6 settembre 1971, G. U. 1 dicembre 1971, n. 304. r.d. 26 febbraio 1928, n. 619 (Testo unico delle disposizioni legislative riguardanti l'Opera di previdenza istituita a favore dei personali civile e militJare dello StJato e dei loro superstiti, annministrata dalla Direzione generale della Cassa deposibi e prestiti e degli Istituti di previdenza), art. 48, primo comma, in quanto condiziona il diritto all'indennit di buonuscita, diversa dall'indennit una tantum, al conseguimento del diritto alla pensione (artt. 3 .e 36 della Costituzione) (369). Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 20 ottobre 1970, G. U. 22 'dicembre 197i, n. 323. r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubbl.ica sicurezza), art+. 68 e 69, in quanto prescrivono la licenza del questore anche (368) Analoga questione, proposta in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e titolo IV della Costituzione, stata dichiarata inammissibile con sentenza 17 febbraio 1971, an (369) Analoga questione stata proposta, dalla quarta sezione del Consiglio di Stato, per l'art. 5, secondo comma, della legge 27 novembre 1956, n. 1407 (ordinanza 30 marzo 1971, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE per detenere e far funzionare in un bar un solo elettrogrammofono a gettone (art. 41 della Costituzione) (370). Pretore di Padova, ordinanza 4 giugno 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica.,sicurezza), art. 72, in quanto condiziona il rilascio della licenza di pubblica sicurezza per un solo juke-box in un bar al preventivo pa.gamento dei diritti d'autore (artt. 97, primo e secondo comma, 113., 24, primo comma, e 3, primo e secondo comma, della Costituzione) (371). Pretore di Padova, ordinanza 4 ,giugno 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. legge 8 ottobre 1931, n. 1604 (Testo unico delle leggi sulla pesca), art. 26, in quanto consente il permanere dei dir.itti esclusivi di pesca (art. 3 della Costituzione).. Tribunale di Milano, ordinanza 4 marzo 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. legge 22 febbraio 1934, n. 370 (Riposo domenicale e settimanale), e successive modificazioni, artt. 13 e 14, in quanto disciplinano il riposo settimanale degli addetti alle aziende giornalistiche in modo da impedire la pubblicazione di g.iornali e quotidiani nel pomerh~gio della domenica e nella mattinata del lunedi (artt. 21, primo e secondo comma, 3 e 41 della Costituzione); artt. 22, 23, 24, 25 e 26, in quanto impediscono la pubblicazione; a mezzo di quotidiani, di notZie e commenti nella mattinata di Junedi, consentita invece alle imprese di trasmissioni radiofoniche ed alla stampa sportiva (artt. 3 e 41 della Costituzione); art. 28, secondo e terzo comma, in quanto consente il sequestro di pubblicazioni anche in ipotesi diverse da quelle stabilite dalla Costituzione (art. 21, terzo .comma, della Costituzione) (372). Pretore di Milano, oniinanza 6 agosto 1971, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. (370) L'art. 68 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 stato dichiarato incostituzionale nella parte in cui vieta di dare feste da ballo in luogo esposto al pubblico senza la licenza del questore (sentenza 12 dicembre 1967, n. 142), e nella parte in cui prescrive che per i trattenimenti da tenersi in luoghi aperti al pubblico, e non indetti nell'esercizio di attivit imprenditoriale, occorre la licenza del questore (sentenza 15 aprile 1970, n. 56). (371) Questione dichiarata inammissibile con sentenza 6 febbraio 1969, n. 9 e gi fiproposta dallo stesso pretore con ordinanza 2 dicembre 1970 (G. U. '12 maggio 1971, n. 119). (372) Questioni gi proposte dal pretore di Trieste (ordinanza 30 novembre 1970, G. U. 19 febbraio 1971, n. 42), dal pretore di Bari (ordinanza 31 dicembre 1970, G. U. 21 aprile 1971, n. 99), dal pretore di Bologna (ordinanza 18 marzo 1971, G. U. 16 giugno 1971, n. 151), e del pretore di Napoli (ordinanza 5 aprile 1971, G. U. 7 luglio 1971, n. 170). 236 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r.d. 16. gennaio 1936, n. 801 (Testo unico deUe disposizirti .inataurati tra gli Istituti autonomi per le case popolari ed i loro inquilini (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 22 luglio 1971, G. U. 1 dicembre 1971, n. 304. legge reg. sic. 2 lugUo 1969, n. 20 (Applicazione in Sicilia de,iz.a legge nazionale 22 luglio 1966, n. 607, recante: nmme in materia di enfiteusi e prestazioni fondarie perpetiue), in quanto contempla discilplina di rapporti privati non consentita alla legislazione il'egionale (incompetenza della Regione e art. 14 dello Statuto rgionale siciliano) e consente di dete:mninare i canoni ed il prezzo dell'affrancazione in misura lesiva del diritto di una ,dlle due parti del rapp0rto (art. 42, terzo comma, della Costituzione) (398). Tribunale di Palermo, ordinanze 23 dicembre 1970 (due), G. U. 17 novembre 1971, n. 290. legge 26 novembre 1969, n. 833 (Narme relative alle Zocaziof/'l,i degli immobili urbani), in quanto non prevede la rprOToga della durata dei rapporti instaurati tra .gli Istituti autonomi per le case pQPolari ed i loro inquilini (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 22 luglio 1971, G. U. 1 dicembre 1971, n. 304. (398) Questioni gi proposte dallo stesso tribunale di Palermo (ordinanze 17 gennaio 1970, G. U. 11 marzo 1970, n. 64 e 10 aprile 1970 [tre], G. U. 21 ottobre 1970), dal pretore di Lentini (ordinanza 25 marzo 1970, G. U. 16 settembre 1970, n. 235), dal pretore di Caltanissetta (ordinanza 5 maggio 1970, G. U. 15 luglio 1970, n. 177), e dal tribunale di Caltanissetta (ordinanze 27 maggio 1970 [sette], G. U. 24 marzo 1971, n. 74). Altra questione di legittimit costituzionale stata propoaj:a, per l'art. 4 della legge, dal pretore di Troina (ordinanza 21 ottobre 1970, G. U. 14 luglio 1971, n. 177). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 247 legge 26 novembre 1969, n. 833 (Norme relative alle locazioni degli immobili urbani), art. 1, in quanto limita la ipossibilit di far valere la necessit di abitazione del locatore ai soli rapporti relativi ad immobili locali :prima del marzo 1947 (art. 3, primo e secondo comma, della Costituzione) (399). Tribunale di Venezia, ovdinanza 28 mag.gio 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. legge 26 novembre 1969, n. 833 (Norme relatrive alla locazione degli immobili urbani), art. 1, in quanto condiziona l'applicabilit della prorog~ legale del rapporto di locazione alle risultanze. . degll accertamenti fiscali ai fini dell'imposta complementare (art. 5 della Costituzione) e prende in considerazione solo la situazione economica del conduttore, e non anche quella del locatore (avt. 24 della Costituzione) (399) (400). Pretore di Milano, ordinanza 7 agosto 1971, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. d.lg. 30 aprile 1970, n. 639 (Approvazione delle deleghe conferite al Governo con gti artt. 27 e 29 della legge 30 aprile 1969, n. 153, concernente revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), art. 34, in quanto non prevede la rappresentanza della regione nei comitati provinciali dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (artt. 17, lett. f e 20 dello statuto della Regione siciliana). Corte costituzionale, ordinanza 10 novembre 1971, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. legge 20 maggio 1970, n. 300 (Tutela della libertd e dignitd dei larvoratori, della libertd sindacale e dell'attivit sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), art. 19, in quanto attribuisce la possibilit di costituire rappresentanze sindacali aziendali soltanto alle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresent.ative sul piano nazionale (ail'tt. 3 e 39 della Costituzione) (401). Pretore di Roma, ordinanza 4 agosto 1971, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertd e dignitd dei lavoratori, della libertd sindacale e 'dell'attivitd sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), art. 28, in quanto at (399) Differente questione stata proposta, per la stessa norma, dal pretore di Torre del Greco (ordinanza 23 giugno 1970, G. U. 7 ottobre 1970, n. 254). (400) La seconda delle due sopra indicate questioni stata gi proposta, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal pretore di Poggio Mirteto (ordinanza 8 giugno 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233). (401) Questione gi proposta, in riferimento al solo art. 39 della Costituzione, dal pretore di Milano (ordinanza 14 novembre 1970, G. U. 24 marzo 1971, n. 74). 248 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tribuisce alle associazioni sindacali che non sono riconosciute, e ad alcune solo disse, il diritto di ricorrere all'autorit giudiziaria (articoli 24 e 39 della Costituzione) (402). Pretore di Pompei, ordinanza 7 luglio 1971, G. U. 1 dicembre. 1971, n. 304. d.I. 26 otttobre 1970, n. 745 (Provvedimenti straordinari per la ripresa economica), convertito con legge 18 dicembre 1970, n. 10.34, art. 32, in quanto pone a carico del farmaci'Sta l'obbligo della immediata corresponsione dello sconto previsto (artt. 3 e 53 della Costituzione) (403). Pretore di Trento; ordinanza 14 luglio 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. d.I. 26 ottobre 1970, n. 745 (Provvedimenti straordinari per la ripresa economica), convertito con legge 18 dicembre 1970, n. 1034, art. 56, in quanto condiziona l'applicabilit della proroga legale del rapporto di locazione alle risultanze degli accertamenti fiscali ai fini delfimposta complementare (artt. 3, 5 e 24 della Costituzione) e prende in considerazione solo la situazione economica del conduttore e non anche quella del locatore (art. 24 della ostituzione) (404). Pretore di Roma, ordinanza 14 giugno 1971, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323 (405). Pretore di lVIilano, ordinanza 7 agosto 1971, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. legge 18 dicembre 1970, n. 1034 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 26 ottobre 1970, n. 745, concernente provvedimenti straordinari per la ripresa economica), in quanto non prevede la proroga della durata dei rapporti instaurati tra gli Istituti autonom~ per le case .popolari ed i loro inquilini (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 22 luglio 1971, G. U. 1 dicembre 1971, n. 304. (402) Differente questione di legittimit costituzionale dell'art. 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300 stata proposta, in riferimento agli artt. 54, 134, 136 e 101 della Costituzione, dal pretore di Mirandola (ordinanza 23 dicembre 1970, G. U. 21 aprile 1971, n. 99). (403) Questione gi proposta, in riferimento al solo art. 53, primo comma, della Costituzione, dalla corte di appello di Roma (ordinanza 25 maggio 1971, G. U. 22 settembre 1971, n. 240). In argomento, cfr. sentenza 16 dicembre 1960, n. 70 della Corte costituzionale, richiamata nella sopra indicata ordinanza di rimessione. (404) Questioni gi proposte, la prima dal pretore di Milano in riferimento all'art. 2 della Costituzione (ordinanza 29 gennaio 1971, G. U. 28 aprile 1971, n. 106) e dal pretore di Bologna in riferimento agli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione (ordinanza 15 marzo 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233), e la seconda dal pretore di Poggio Mirteto in riferimento all'art. 3 della Costituzione (ordinanza 8 giugno 1971, G. U. 15 settembre 1971, n. 233). (405) Dal pretore di Roma la questione stata proposta, in riferimento 'agli artt. 3 e 24 della Costituzione, solo sotto il primo profilo. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 249 legge 18 dicembre 1970, n. 1138 (Nuove norme in materia di enfiteusi), art. 2, dn quanto mantiene il riferimento agli estimi catastali previsti dalla legg 29 giugno 1939, n. 976 e rivalutati con il d.lg.C.P.S. 12 mag.gio 1947, n. 356, senz prevedere ulteriori revisioni e consentendo quindi la determinazione del prezzo di affrancazione in misura meramente simbolica (art. 42, terzo comma, della Costituzione). Pretore di Licata, ordinanza 12 luglio 1971, G. U. 17 novembre 1971, n. 290. legge reg. Veneto 6 loglio 1971, n. 2, riappr. 13 ottobre 1971 (Trattamento eco.nomico di missione per i President! del Consiglio e della Giunta regionale, per ?. membri deila Giunta, nonch per i Consiglieri regionali). Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato 1'8 novembre 1971, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. legge 9 ottobre 1971, n. 825 (Delega legislativa al Governo della Repubblica pe1 la riforma tributaria), art. 10, n. 13 (artt. 3, 41, 42 e 116 della Costituzione, artt. 4, 51 e 47 dello statuto speciale per la Sardegna, artt. 14 e 21 dello statuto speciale per la Regione siciliana, e artt. 1, 5 e 34 dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige). Regione sarda, ricorso depositato il 19 novembre 1971, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. Regione siciliana, ricorso depositato il 19 novembre 1971, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. Regione Trentino-Alto Adige, ricorso depositato il 19 novembre 1971, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. NORME DELLE QUALI IL GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE STATO DEFINITO CON 'PRONUNCE DI MANIFESTA INFONDATEZZA, DI INAMl\USSIBILITA, O DI RESTITUZIONE DEGLI ATTI AL GIUDICE DI MERITO Codice di procedura civile, art. 707 (Comparizione personale delle parti), primo comma -Manifesta infondatezza (406). Sentenza 16 dicembre 1971, n. 201, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. Ordinanza di rimessione 2 febbraio 1971 del tribunale di Napoli, G. U. 15 settembre 1971, n. 233. (406) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 30 giugno 1971, n. 151, nella parte in cui ai coniugi comparsi personalmente dav;mti al presidente del tribunale, ed in caso di mancata conciliazione, inibito di essere assistiti dai rispettivi difensori. Altra questione di legittimit costituzionale della norma stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, con sentenza 16 dicembre 1971, n. 201. 250 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice penale, art. 163 (Sospensione condizionale della pena), primo comma; e art. 625 (Circostanza aggravanti), ultimo comma (art. 27, terzo comma, della Costituzione) -Manifesta infondatezza (407). I 1 Ordinanza 17 novembre 1971, n. 184, G. U. 24 novembre 1.971, n. 297. Ordinanze di rimessione 17 dicembre 1970 e 14 gennaio 1971 del tribunale di Torino, G. U. 21 aprile 1971, n. 99 e 30 giugno 1971, n. 163. codice penale, art. 553 (Incitamento a pratiche contro la procreazione) -Manifesta infondatezza (408). Ordinanza 30 novembre 1971, n. 193, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. Ordinanza di rimessione 30 novembre 1970 del pretore di Padova, G. U. 21' aprile 1971, n, 99. codice penale, art. 596 (Esc.lusione della prova libera.toria), .primo comma -Manifesta infondatezza (409). Ordinanza 17 novembre 1971, n. 188, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. Ordinanza di r~messione 23 marzo 1971 del tribunale di Roma, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. codice penale, art. 688 (Ubriachezza), secondo comma (a!l.'t. 3 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (410). Ordinanza 17 novembre 1971, n. 185, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. Ordinanza di rimessione 29 marzo 1971, del pretore di Rossano, G. U. 14 luglio 1971, n. 177. r.d. 18 giugno 1931, n. 77'3 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), art. 68 -Manifesta infondatezza (411). Ordinanza 17 novembre 1971, n. 182, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. Ordinanza di rimessione 18 novembre 1970 del pretore di Fondi, G. U. 28 aiprile 1971, n. 106. (407) Questioni dichiarate non fondate con ordinanza 30 marzo 1971, n. 64 e con sentenza 17 febbraio 1971, n. 22. V. pure sentenze 10 giugno 1970, n. 86 e 5 aprile 1971, n. 73 della Corte costituzionale. (408) Disposizione dichiarata incostituzionale con sentenza 16 marzo 1971, n. 49. (409) V. sentenza 14 luglio 1971, n. 175 della Corte costituzionale. (410) Questione dichiarata manifestamente infondata con ordinanza 30 giu: gno 1971, n. 155. (411) V. retro, nota 103. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 251 r.d.I. 4 ottobre 1935, n. 1827 (Perfezionamento e coordinamento della previdenza sociale), convertito eon legge 6 aprile 1936, n. 1155, art. 49, terzo comma, e ali. tabella B (artt. 3, :primo comma, e 3-8, secondo comma, della Costituzione) -Inammissibilit. Sentenza 16 dicembre 1971, n. 199, G. U. 22 dicembre 1971, n. 323. Ordinanza di rimessione 9 maggio 1969 del tribunale di Parma, G. U. 22 ottobre 1969, n. 269. r.d.I. 21 febbraio 1938, n. 246 (Disciplina degli abbonamenti alle radioaudizioni), art. 19 (art. 3, .primo comma, della Costituzione) Manifesta infondatezza (412). Ordinanza 17 novembre 1971, n. 187, G. U. 24_ novembre 1971, n. 297. Ordinanze di rimessione 9 febbraio 1971 del tribunale di Milano e 27 ma,rzo 1971 del tribunale di L'Aquila (G. U. 14 luglio 1971, n. 177). r.d.I. 21 febbraio 1938, n. 246 (Disciplina degli abbonamenti alle radioaudizione), art. 19 -Manifesta inammissibilit. "> Ordinanza 17 novembre 1971, n. 186, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. Ovdinanza di rimessione 10 dicembre 1970 del sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Milano, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. d.I. 14 aprile 1939, n. 606 (Modificazioni alle disposizioni sulle assicurazioni obbligatorie per l'invalidit e la vecchiaia, per la tubercolosi e per la disoccupazione involonmria). eonvertito con legge 6 luglio 1939, n. 1272, Jirt. 10, primo comma -Manifesta infondatezza (413). Ordinanza 30 novembre 1971, n. 194, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. Ordinanza di rimessione 2 aprile 1971 del tribunale di Luc~a, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), art. 22, terzo comma (artt. 24, secondo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione) -Manifesta infondatezza (414). Ordinanza 30 novembre 1971, n. 197, G. U. 9 .dicembre 1971, n. 311. (412) Questione dichiarata non fondata con sentenza 6 luglio 1971, n. 162. Altra questione di legittimit costituzionale della norma stata dichiarata non fondata con sentenza 8 giugno 1963, n. 81. ' (413) Dispoaizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 6 luglio 1971, n. 160, nella parte espressa con le parole a meno di un terzo del suo guadagno normale, per gli operai o , e con le parole finali del comma per gli impiegati . (414) Questione dichiarata non fondata, in riferimento anche all'art. 3 della Costituzione, con sentenza 22 giugno 1971, n. 142. 252 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ordinanze di rimessione 2 e 8 febbraio 1971 del tribunale di Massa e 1 marzo 1971 del tribunale di Ferrara, G. U. 3 gi~gno 1971, n. 140. r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fanimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa). art. 98, primo c:omma (art. 24 della Costituzione) Manifesta infondatezza (415). 01.'dinanza 30 novembre 1971, n. 196, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. Ordinanza di rimessione 30 aprile 1970 del tribunale di Milano, G. U. 28 aprile 1971, n. 106. d.P.R. 29 CJennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), artt. 207, lett. e: e 131 -Restituzione degli atti per un nuovo esame della rilevanza. Ordinanza 30 novembre 1971, n. 192, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. Ordinanza di rimessione 14 novembre 1969 del tribunale di Torino, G. U. 11 marzo 1970, n. 64. d.P.R. 29 CJennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), artt. 261 e 262 (art. 3 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (416). Ordinanza 30 novembre 1971, n. 195, G. U. 9 dicembre 1971, n. 311. Ordinanza di rimessione 15 aprile 1971 del tribunale di Milano, G. U. 15 settembre 1971, n. 233. leCJJe 24 marzo 1958, n. 195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura), artt. 11, terzo c:omma (artt. 104, primo comma, 105 e 110 della Costituzione) -Inammissibilit (417). Sentenza 17 novembre 1971, n. 180, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. Ordinanza di 'rimessione 7 nov~mbre 1969 del tribunale di Milano, G. U. 25 febbraio 1970, n. 50. (415) Questione dichiarata non fondata con sentenza 6 luglio 1971, n. 157. (416) Questione dichiarata non fondata, in riferimento anche all'art. 4 della Costituzione, con sentenza 6 luglio 1970, n. 114. La questione di legittimit costituzionale dell'art. 261, quarto comma, del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, con sentenza 29 aprile 1971, n. 93. (417) Il primo comma della disposizione, dichiarato incostituzionale con sentenza 2.3 dicembre 1963, n. 168 (in quanto escludeva l'iniziativa del Consiglio superiore della magistratura per le materie indicate nel n. 1 dell'art. 10), stat sostituito con l'art. 5 della legge 18 dicembre 1967, n. 1198. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 253 d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi neiza preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), art. 76, primo comma (art. 76 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (418). Ordinanza 17 novembre 1971, n. 183, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. Ordinanza di rimessione 16 febbraio 1971 del tribunale di Marsala, G. U. 30 giugno 1971, n. 163. legge 21 maggio 1970, n. 282 (Delegazione al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia e di indulto), art. 5, primo comma, lett. d -Manifesta infondatezza (419). Ordinanza 17 novembre 1971, n. 188, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. Ordinanze di rimessione 1 ottobre 1970 del tribunale di Bologna (G. U. 28 aprile 1971, n. 106) e 23 marzo 1971 del tribunale in Roma (G. U. 30 .giugno 1971, n. 163). d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283 (Concessione di amnistia di indulto); art. 5, primo comma, lett. d e penultimo comma -Manifesta infondatezza (419). Ordinanza 17 novembre 1971, n. 188, G. U. 24 novembre 1971, n. 297. Ordinanze di rimessione 1 ottobre 1970 del tribunale di Bologna (G.U. 28 aprile 1971, n. 106), 8 marzo 1971 del pretore di Venasca (G. U. 16 giugno 1971, n. 151), e 23 marzo 1971 del tribunale di Roma (G. U. 30 giugno 1971, n. 163). (418) Questione dichiarata non fondata con sentenza 20 gennaio 1971, n. 3. (419) Questione dichiarata non fondata con sentenza 14 luglio 1971, n. 175. Con questa stessa sentenza sono stati dichiarati incostituzionali, nella parte in cui escludono la rinunzia, con le conseguenze indicate in motivazione, all'applicazione dell'amnistia, gli artt. 1, 2 e 3 della legge 21 maggio 1970, n. 282. CONSULTAZIONI ASSICURAZIONE. Interpretazione dell'art. 2 legge 28 febbraio 1967, n. 131, in materia di assicurazione di crediti relativi all'esecuzione di lavori all'estero. Se, in applicazione dell'art. 2 legge 28 febbraio 1967, n. 131, recante disposizioni sull'assicurazione di credti relativi all'esportazione di merci e servizi nonch ai prodotti nazionali costituiti in deposito all'estero ed all'esecuzione di lavori all'estero, possa essere estesa la garanzia assicurativa ai crediti ancora da scadere, che si riferiscono a lavori gi eseguiti all'estero al momento in cui la garanzia stessa viene accordata (n. 83). Se tale garanzia assicurativa per crediti ancora da scadere, relativi a lavori gi in corso di esecuzione, debba essere limitata ai soli crediti nascenti dalla applicazione di clausole contrattuali (n. 83). CIRCOLAZIONE STRADALE Decorrenza del termine ai fini della validit della notifica della ordinanza prefettizia ai sensi dell'art. 141 del Cadice della Strada. Se il termine di 30 giorni previsto dall'art. 141 del Codice della Strada per la notifica del veicolo, decorra dal giorno in cui si verificato il fatto ovvero dal giorno in cui l'ufficio venuto a conoscenza di tutti gli elementi utili per identificare l'autore della violazione (n. 30). COMMERCIO Camere di Commercio -Funzioni delegate ai sensi dell'art. 1 legge 1502/ 1952 -Regolamenti -Approvazione ministeriale. Se le Camere di Commercio, Industria e Artigianato abbiano potest di emanare regolamenti per le materie ad esse delegate in forza dell'art. 1 della legge 7 ottobre 1962, n, 1502 (n. 26). Se tali regolamenti debbano essere sottoposti ad approvazione ministeriale (n. 26). Interpretazione dell'art. 2 legge 28 febbraio 1967, n. 131, in materia di assicurazione di crediti relativi all'esecuzione di lavori all'estero. Se, in applicazione dell'art. 2 legge 28 febbraio 1967, n. 131, recante disposizioni sul!'.assicurazione di crediti relativi all'esportazione di merci e servizi nonch ai prodotti nazionali costituiti in deposito all'estero ed alla esecuzione di lavori all'estero, possa essere estesa la garanzia assicurativa ai crediti ancora da scadere, che si riferiscono a lavori gi eseguiti all'estero al momento in cui la garanzia stessa viene accordata (n. 27). Se tale garanzia assicurativa per crediti ancora da scadere, relativi a lavori gi in corso di esecuzione, debba essere limitata ai soli crediti na-. scenti dailla applicf).zione di clausole contrattuali (n. 27). , PARTE II, CONSULTAZIONI 266 CONTABILIT GENERALE DELLO STATO Smarrimento de_lla documentazione di crediti erariali -Legge 553/1955. Se la procedura PTevista dalla legge 10 luglio 1955, n. 553 sia applicabile nella ipotesi di smal'il'imento della documentazione di crediti erariali risultanti da una semplice, complessiva e generica annotazione sul registro del campione civile, crediti d'importo inferiore a L. 500 ciascuno (n. 249). CONTRIBUTI Canoni P"er la manutenzione di fognature imposti dall'Ente per l'Acquedotto Pugliese, a carico di immobili di propriet dello Stato. Se sia legittima la imposizione di canoni per la manutenzione di fognature, di cui all'art. 7 del r:Cl.l. 2 agosto 1938, n. 264, da parte dell'Ente per l'Acquedotto Pugliese; a carico di immobili di propriet dello Stato (n. 94). Se sia legittima la imposizione dell'addizionale, di cui all'art. 4 del r.dJ. 2 agosto 1938, n. 264, da parte dell'Ente per l'Acquedotto Pug.Uese, a carico di immobili di propriet dello Stato (n. 94). DEMANIO Art. 5 legge 1636 del 1864 -Possesso del diritto di esigere il canone -Procedura di cui al T.U. 639/1910. Se l'art. 5 della legge 24 gennaio 1864, n. 1636 sia ancora in vigore (n. 238). ,, Se il possesso continuato per trenta anni, senza inteirruzione, pacifico, pubblico e non equivoco, del diritto di esigere un canone annuo o altra prestazione, tenga J.uogo del titolo, seppure limitatamente ai e corpi mora;.. li-> intesi come persone giuridiche pubbliche, per tale aspetto sottratte alla disciplina privatistica (n,. 238). Se gli adempimenti alIJJI}.inistrativo-contabili, sottoposti al rigoroso servizio di vigilanza ispettiva, normativamente disciplinato, possano costituire elementi attendibili dell'esistenza e della consistenza del diritto dell'Erario alla percezione del canone, quanto meno ai fini della instaurazione della procedura di cui al T.U. n. 639 del 1910 (n. 238). DEPOSITO Eventuali modifiche apportate dalla legge 22 luglio 1966, n. 607 alle formalit del deposito presso la Cassa DD.PP. Se, in ordine alla procedura extragiudiziale di a:ffirancazione, la legge 22 luglio 1966, n. 607 abbia apportato modifiche alle precedenti disposizioni in matexia relative alle formalit del deposito del prezzo di affrancazione presso la Cassa DD.PP. (n. 27). 22 256 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ENFITESI Art. 5 legge 1636 del 1864 -Possesso del diritto di esigere il canone -Procedura di cui al T.U. 639/1910. Se l'art. 5 della legge 24 gennaio 1864, n. 1636 sia ancora in vigore (n. 32). Se il possesso cont~nuato per trenta anni, senza intel'ruzione, pacifico, pubblico e non equivoco, del diritto di esigere un canone annuo o altra prestazione, tenga luogo del titolo, seppure limitatamente ai corpi morali intesi come persone giuridiche pubbliche, per tale aspetto sottratte alla disciplina privatistica (n. 32). Se gli adempimenti amministrativo-contabili, sottoposti al rigoroso servizio di vigilanza ispettiva, nomativamente disciplinato, possano costituire elementi attendibili dell'esistenza e della consistenza del diritto del':' l'Erario alla percezione del canone, quanto meno ai fini della instaurazione della procedura di c.ui al T.U. n. 639 del 1910 (n. 32). Eventuali modifiche apportate dalla legge 22 luglio 1966, n. 607 alle formalit del deposito presso la Cassa DD.PP. Se, in ordine alla procedura extragiudiziale di affrancazione, la legge 22 luglio 1966, n. 607 abbia apportato modifiche ane precedenti disposizioni in materia relative aUe formalit del deposito del prezzo di affrancazione presso la Cassa DD.PP. (n. 33). Livelli -Fondi non identificabili -Affrancazione. Se sia applicabile l'art. 1 legg,e 22 luglio 1966, n. 607 nell'ipotesi in cui si intenda affrancare una prestazione fondiaria gravante su terreni non identificabili (n. 34). Se in detta ipotesi possa farsi luogo alla affrancazione secondo le norme di cui agli artt. 1866-1869 cod. civ. (n. 34). ESiPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT Competenza amministrativa in materia di espropriazione per opere da eseguirsi a carico della Cassa,per il Mezzogiorno, Se tra Je opere a carico dello Stato o da realizzare con il contributo dello Stato, per le quali in via di eccezione le competenze dell'amm.ne statale in materia di provvedimenti di espropriazione per pubblica utilit non sono trasferite alla Giunta regionale sarda, siano p.a annoverarsi anche le opere a carico della Cassa per il Mezzogiorno (n. 299). FERROVIE Rilascio concessioni di viaggio. Se l'impiegato rientrato nell'Amministrazione di origine -Azienda Autonoma delle FF.SS. -dopo essere stato trasferito ad altra Amministrazione statale, debba o meno essere ammesso nuovamente a fruire delle 'oncssioni gratuite di viaggio precedentemente godute .(n. 415). PARTE II, CONSULTAZIONI 257 IMPORTAZIONE ESPORTAZIONE Interpretazione dell'art. 2 legge 28 febbraio 1967, n. 131, in materia di assicurazione di crediti relativi all'esecuzione iii lavori all'estero. Se, in applicazione dell'art. 2 legge 28 febbraio 1967, n. 131, recante disposizioni sull'assicurazione di crediti relativi all'esportazione di merci e servizi nonch ai prodotti nazionali costituiti in deposito all'estero ed alla esecuzione di lavori all'estero, possa essere estesa la garanzia assicurativa ai crediti ancora da scadere, che si riferiscono a lavori gi eseguiti all'estero al momento in cui la garanzia stessa viene accordata (n. 62). Se tale garanzia assicurativa per crediti ancora da scadere, relativi a lavori gi in corso di esecuzione, debba essere limitata ai soli crediti nascenti dall'applicazione di clausole contrattuali (n. 62). IMPOSTA DI CONSUMO Imposta di consumo sui materiali impiegati nella costruzione di alberghi. Se, in materia di imposta di consumo, debba essere accettato il nuovo indirizzo giuridisprudenziale che estende, ai materiali impiegati per la costruzione di alberghi, la .esenzione prevista per gli opifici industriali dall'art. 30, n. 6 del r.d. 14 settembre 1931, n. 1175, del Testo unico per la Finanza Locale, in relazione all'art. 40 del relativo regolamento (n. 21). IMPOSTA DI REGISTRO Benefici fiscali di cui alla legge 18 novembre 1964, n. 1271. Se la rivendita parziale del fondo, acquistato per eseguirvi opere di valorizzazione agraria, comporti la decadenza totale dalle agevolazioni fiscali di cui alla legge 18 novembre 1964, n. 1271 (n. 361). Decadenza dei benefici fiscali prevista dall'art. 15 legge 6 agosto 1967, n. 765 -Modalit di accertamento -Decorrenza degli effetti. Quale prassi debba seguirsi nell'espletamento degli adempimenti volti al recupero delle normali imposte nelle ipotesi di decadenza dalle agevolazioni fiscali prevista dall'art. 15 legge 765/1967 (n. 362). Se la sanzione di decadenza dei fruiti benefici comminata dall'art. 15 della legge 6 agosto 1967, n. 765 debba applicarsi solo nei casi in cui le opere relative alle costruzioni realizzate in contrasto con le prescrizioni urbanistiche abbiano avuto inizio dopo l'entrata in vigore delJ.a legge n. 765, ovvero se le suddette sanzioni siano applicabili anche ai casi di inosservanza verificatisi in epoca anteriore (n. 362). IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA Compenso corrisposto in percentuale sugli incassi di distributore di films. Se il compenso corrisposto per contratto, qualificabile come noleggio ~ o associazione in partecipazione, dall'esercente una sala cinematografica al distributore del film, in base a percentuale sugli incassi, sia soggetta al 258 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'IGE, a norma dell'art. 12 d.l. 3 maggio 1948, n. 799 e prima dell'entrata in vigore della legge 4 novembre 1965, n. 1213 (n. 137). Entrate derivanti dalla gestione di un'autorimessa. Se l'attivit del gestore di una autorimessa sia inquadrabile fra le prestazioni al dettaglio di privati servizi di natura personale ai sensi dell'art. 6 legge 16 dicembre 1959, n. 2070 e dell'art. 3 legge 31 ottobre 1961, n. 1196 (n. 138). Rimborso I.G.E. per importazione di nave -IngiunziOne doganale di cui all'art. 24, secondo comma, della legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424. Se l'inutile decorso del termine perentorio previsto dall'art. 24, secondo comma, della legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424, per mancanza di opposizione all'ingiunzione, precluda al contribuente di contestar.e la pretesa tributaria (n. 139). IMPOSTE E TASSE Decadenza dei benefici fiscali prevista dall'art. 15 legge 6 agosto 1967, n. 765 -Modalit di accertamento -Decorrenza degli effetti. Quale prassi debba seguirsi nell'espletamento degli adempimenti volti al recupero delle normali imposte nelle ipotesi di decadenza dalle agevolazioni fiscali prevista dall'art. 15 legge 765/1967 (n. 546). Se la sanzione di decadenza dai fruiti benefici comminata dall'art. 15 della legge 6 agosto 1967, n. 765 debba applicMsi solo nei casi in cui le opere relative alle costruzioni realizzate in contrasto con le prescrizioni urbanistiche abbiano avuto inizio dopo l'entrata in vigore della legge n. 765, ovvero se le suddette sanzioni siano applicabili anche ai casi di. inosservanza verificatisi in epoca anteriore (n. 546). Imposte ipotecarie -Trattamento di abbonamento (legge 1228/1962) -Ipoteca giudiziale. Se il trattamento tributado di abbonamento, previsto dalla legge 27 luglio 1962, n. 1228 per gli istituti di credito a medio e lungo termine, si estenda anche alla imposta ipotecaria, relativa alla ipoteca giudiziale iscritta sui beni dei debitori o dei fideiussori, a seguito di decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo chiesto ed ottenuto da un istituto di credito (nella specie dall'IRFIS) (n. 547). Rimborso I.G.E. per importazione di nave Ingiunzione doganale, di cui all'art. 24, secondo comma, della legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424. Se l'inutile decorso dl termine perentorio previsto dall'art. 24, secondo comma, della legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424, per mancanza di opposizione all'ingiunzione, precluda al contribuente di contestare la pretesa tributaria (n. 545). PARTE II, CONSULTAZIONI IMPOS'I'E IPOTECARIE Imposte ipotecarie -Trattamento di abbonamento (legge 1228/1962) -Ipoteca giudiziale. Se il trattamento tributario di abbonamento, previsto dalla legge 27 luglio 1962, n. 1228 per gli istituti di credito a medio e lungo termine, si estenda anche .alla imposta ipotecaria,~ relativa aJla ipoteca giudiziale iscritta sui beni dei-debitori o dei fideiussori, a seguito di decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo chiesto ed ottenuto da un istituto di credito (nella specie dall'ffiFIS) (n. 2) . . IMPOSTE VARIE Imposta camerale -Attribuzione di gettito a Camere di Commercio di nuova istituzione. Se alla Camera di Conup.ercio di Isernia debba essere attribuito il gettito di imposta derivante da redditi iscritt nei ruoli dell'anno dell'entrata in vigore deLla legge 2 febbraio 1970, n. 20, anche se relativi a periodi di imposta precedenti (n. 52). Imposta di consumo sui materiali impiegati nella costruzione di alberghi, Se, in materia di imposta di consumo, debba essere accettato il nuovo indirizzo giurisprudenziale che estende, ai materiali impiegati !per la costruzione di alberghi, la esenzione prevista per gli opifici industriali dall'art. 30, n. 6 del r.d. 14 settembre 1931, n. 1175, del Testo unico per la Finanza Locale, in relazione all'art. 40 del relativo regolamento (n. 53). Imposte ipotecarie -Trattamento di abbonamento (legge 1228/1962) -Ipoteca giudiziale. Se il trattamento tributario di abbonamento, previsto dalla legge 27 luglio 1962, n. 1228 per gli istituti di credito a medio e lungo termine, si estenda anche alla imposta ipotecaria, relativa alla ipoteca giudiziale iscritta sui beni dei debitori o dei fideiussori, a seguito di decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo chiesto ed ottenuto d.a un istituto di credito (nella specie dall'IRFIS) (n. 54). Tassa per la raccolta e il trasporto dei rifiuti urbani a carico di amministrazioni statali. Se sia legittima la prtesa del Comune di assoggettare le amministrazioni statali alla tassa per -la raccolta e il trasporto dei rifiuti urbani dai locali adibiti ad uffici giudiziari (n. 55). LAVORO Contributi di previdenza marinara -Salariati marittimi -Regolarizzazione della posizione assicurativa. Se il principio della automaticit delle prestazioni relative alle assicurazioni per invalidit e vecchiaia, parzialmente introdotto dall'art. 40 legge 30 aprile 1969, n. 153, si applichi soltanto nei limiti della prescrizione 260 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO entro i' quali l'Istituto assicuratore pu ripetere dal datore di lavoro i contributi dovuti e non versati (n. 66). Se i dipendenti che risentono pregiudizio nella loro posizione assicurativa per il mancato pagamento dei contributi del datore di lavoro, essendo inoperante il principio della automaticit della prestazione, abbiano azione nei confronti del datore di lavoro, ed in caso affermativo, .quale sia la prescrizione applicabile (n. 66). Se, non essendo opponibile nei confronti dei dipendenti la prescrizione del diritto al l'escrizione applicabile (n. 84). Se, non essendo opponibile nei confronti dei dipendenti la prescrizione del diritto al risarcimento, di cui essi siano titolari, il datore di lavoro, in mancanza della richiesta prova documentale, sia ammesso a dare altrimenti la prova dell'effett'Llato versamento dei contributi (n. 84). PROPRIET Livelli -Fondi non identificabili -Affrancazione. Se sia applicabile l'art. 1 legge 22 luglio 1966, n. 607 nell'ipotesi in cui si ntenda affrancare una prestazione fondiaria gravante su terreni non identificabili (n. 47). Se in detta ipotesi possa farsi luogo alla affrancazione secondo le norme di cui agli artt. 1866-1869 cod. civ. (n. 47). REGIONI Competnza amministrativa in materia diespropriazione per opere da eseguirsi a carico della Cassa per il Mezzogiorno. Se tra le opere a carico dello Stato o da realizzare con il contributo dello Stato, per le quali in via di eccezione le competenze dell'amm.ne statale in materia di provvedimenti di espropriazione per pubblica utilit non sono trasferite alla Giunta regionale sarda, siano da annoverarsi anche le opere a carico della Cassa per il Mezzogiorno (n. 187). ' STRADE Decorrenza del termine ai fini della validit della notifica della ordinanza prefettizia ai sensi d.ell'art. 141 del Codice della Strada. Se il termine di 30 giorni previsto dall'art. 141 del Codice della Strada per la notifica del verbale di violazione, rilevata dal numero di targa del , veicolo, decorra dal giorno in cui l'ufficio venuto a conoscenza di tutti gli elementi utili per identificare l'autore della violazione (n. 89). -