ANNO XXVIII -N. 6 NOVEMBRE-DICEMBRE 1976 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di ser\'izio ROMA IS11TUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1976 ABBONAMENTI ANNO ................................ L. 12.750 UN NUMERO SEPARATO ............. 2.250 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/2640 Stampato in Italia Printed in ltaly Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1960 (7219020) Roma, 1977 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V~ ili :i . INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del/'avv. Giuseppe Angelini-Rota e del/'avv. Franco Favara) . . . . . . . . . . . 845 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE (a cura dell'avv. Arturo Marzano) . . 929 Sezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI SDIZIONE (a cura del/'avv. Benedetto e del/'avv. Carlo Carbone) . . . . . GIURIBaccari . . . 978 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura cato Adriano Ross~ . . . . . . . dell'avvo 998 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA del/'avv. Ugo Gargiulo) . . . . . (a cura . . . . I O I I Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura vocato Carlo Bafile) . . . . . . . . dell'av. . . I021 Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (a cura del/'avv. Arturo Marzano, per gli appalti e del/'avv. Paolo Vittoria, per /e acque pubbliche) . . . . . . . I040 Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Paolo Di Tarsia di Be/monte) . . . . . . . . . I055 Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO LEGISLAZIONE . pag. 163 CONSULTAZIONI 176 La pubblicazione diretta dall'avvocito: UGO GARGIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Glauco NORI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Michele DIPACE, Bologna; Giovanni CONTU, Cagliari; Americo RALLO, Caltanissetta; Filippo CAPECE MINUTOLO DEL SAsso, Catanzaro; Raffaele TAMIOZZO, Firenze; Francesco GuICCIARDI, Genova; Adriano R-0ssI, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Giuseppe MINNITI, Messina; Marcello DELLA VALLE, Milano; Aldo ALABISO, Napoli; Nicasio MANCUSO, Palermo; Pier Giorgio LIGNANI, Perugia; Rocco B~RARDI, Potenza; Umberto GIARDINI, Torino; Maurizio DE FRANCHIS, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo MAND, Venezia. ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI FAVARA F., Equo canone e canone sociale .... FAVARA F., Gli obblighi internazionali e comunitari e le Regioni (con riguardo alle direttive comunitarie) . . . . , . . . . . . . . . FAVARA F., I regolamenti comunitari tra Corte Costituzionale e Corte di giustizia delle Comunit europee . . . . . . . . . . . MARZANO A., G.A.T.T. e diritto per i servizi amministrativi . . TAMIOZZO R., Approvazioni, prescrizioni e nulla osta del Soprintendente ai monumenti in localit di interesse paesaggistico, con spe,. cifico riferimento alla progettazione e realizzazione di opere pubbliche . . . . . . . . . , . . . . I, 893 I, 868 I, 915 I, 932 I, 1015 ve dell'appaltatore -Onere -Carattere generale, 1040. zione det giudice amministrativo, 981. ve dell'appaltatore -Onere -Carattere generale, 1040. zione det giudice amministrativo, 981. PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICITA -Acque defluenti verso impianti di assorbimento -Pubblicit -Esclusione, 1050. -Competenza e giurisdizione -Danni da opere eseguite dalla P. A. -Convogliamento di rivo o colatore verso vasca di raccolta -Competenza dei tribunali delle acque, 1050. -Competenza e giurisdizione -Tribunale superiore delle acque e Consig1io di Stato -Piano regolatore generale degli acquedotti -Impugnativa -Ricorso in materia di acque pubbliche -Non tale, 1048. -Piano regolatore generale degli acquedotti -Modalit di pubblicazione -Pubblicazione sulla G. U. del solo decreto di approvazione -Legittimit, 1048. -Piano regolatore generale degli acquedotti -Motivazione per relationem -Legittimit -Difficolt di consultazione degli atti richiamati -Irrilevanza, 1048. -Piano regolatore generale degli acquedotti -Ricorso giurisdfaionale Termine per l'impugnazione -Decorrenza, 1048. APPALTO -Appalto di opere pubbliche -Maggiori oneri derivanti da fatti continuativi -Riserva avanzata dall'appaltatore dopo l'ultimazione dei lavori -Inammissibilit, 1040. -Appalto di opere pubbliche -Opere di competenza delle Ferrovie dello Stato -Onere della tempestiva riserva dell'appaltatore -Applicabilit del principio, 1040. -Appalto di opere pubbliche -Riser -Appalto di opere pubbliche -Riserve dell'appaltatore -Onere -Momento in cui diviene attuale, 1040. -Appalto di opere pubbliche -Riserve dell'appaltatore -Onere della ripetizione alla firma del certificato di collaudo -Insussistenza, 1040. -Appalto di opere pubbliche -Somme riconosciute all'appaltatore in sede giudiziale -Interessi -Decorrenza, 1040. ATTO AMMINISTRATIVO -Atto collegiale -Pubblicit delle sedute solo se espressamente prevista, 1014. -Legittimit -Accertamento -Rilevanza esclusiva della situazione esistente alla data dell'atto -Piano regolatore generale degli acquedotti Fattispecie, 1049. -Motivazione -Sostituzione con quella svolta dalla difesa dell'Amministrazione -Preclusione, 1014. COMMERCIO -Merci esposte -Omessa indicazione del prezzo -Sanzione penale Legittimit costituzionale, 847. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Autolinee sostitutive di linee ferrotramvfarie concesse all'industria privata -Disciplina, 991. -Difetto di giurisdizione -Cognizione del merito invece che della legittimit dell'atto: duplice difetto di giurisdizione, 978. -Edilizia popolare ed economica Cooperative edilizie -Posizioni giuridiche soggettive -Controversie sulla consegna dell'alloggio: giurisdi INDICE DELLA GIURISPRUDENZA Vll -Giurisdizione amministrativa -Eccesso di potere per travisamento del fatto e sindacato di merito sull'atto impugnato: differenze, 981. -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa -Concessioni -Servizi automobilistici sostitutivi di ferrotramvie in concessione -Trasporto e scambio degli effetti postali: modalit -Giurisdizione dell'A.G.D., 991. COMUNIT ECONOMICA EUROPEA -Blocco dei prezzi -Incompatibilit o meno con organizzazione comune di mercato delle carni bovine -Questione di interpretazione di normativa C.E.E. -Spetta alla giurisdizione della Corte di giustizia Comunit europee, con nota di F. FAVARA, 914. -Interpretazione di normativa e.E.E. -Spetta alla Corte di giustizia Comunit europee -Eliminazione di disposizione legislativa 'Statale meramente riproduttiva di regolamento comunitario -Spetta alla Corte Costituzionale, con nota di F. FAVARA, 914. -Libera prestazione dei servizi in materia di appalto di opere pubbliche Coordinamento delle procedure nazionali per l'aggiudicazione -Mancata attazione di direttiva comunitaria -Declaratoria di inadempimento, 929. CONTABILIT GENERALE DELLO STATO -Contratti pubblici -Forma -Rapporto fra appalto per progetto-of ferta e appalto-concorso -Criteri di scelta -Accertamento dei requisiti Discrezionalit -Limiti, 1020. CONTENZIOSO TRIBUTARIO -Commissioni tributarie -Revisione operata con d.P.R. n. 636 del 1972 Legittimit costituzionale -Contenzioso tributario giurisdizione ordinaria -Azione di accertamento negativo -Esclusione, 925. -Composizione delle Commissioni Conoscenza personale dei fatti -Non necessaria e non rilevante, 924. CORTE COSTITUZIONALE -Conflitto di attribuzione -Intervento di un comune ad adiuvandum di Regione non costituita ritualmente Inammissibilit, 855. -Giudici di legittimit costituzionale in via incidentale -Giudice della esecuzione civile -Potere di sollevare questioni di legittimit costituzionale -Limiti, 920. -Giudizi di legittimit costituzionale in via incidentale -Procedimento cautelare dinanzi al giudice a quo Emissione del provvedimento cautelare -Esaurisce il potere giurisdizionale, 881. -Giudizio di costituzionalit -Pregiudizialit rispetto a giudizio sulla giur. isdizione, con nota di F. FAVARA, 914. -Interpretazione di normativa e.E.E. Questione pregiudiziale rispetto a processo costituzionale -Restituzione degli atti al giudice a quo, con nota di F. FAVARA, 915. -Ricorso in via principale -Indicazione di disposizioni costituenti parametro di giudizio -Errore materiale -Pu essere corretto dalla Corte, 921. CORTE DEI CONTI -Responsabilit amministrativa dei dipendenti delle Ferrovie dello Stato -Sottrazione alla giurisdizione della Corte dei Conti -Illegittimit costituzionale, 909. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -V., Commercio, Comunit economica europea, Contenzioso tributario, Corte Costituzionale, Corte dei Conti, Edilizia popolare ed economica, Fallimento, Impiego pubblico, Imposte e tasse in genere, Lavoro, Locazione, Matrimonio, Ordinamento giudiziario Pena, Poste e telecomunicazioni, Procedimento penale, Reato, Regione, Sicurezza pubblica, Trentino Alto-Adige. DEMANIO E PATRIMONIO -Bellezze naturali -Costruzioni -Soprintendente ai monumenti -Diniego di nulla osta ex art. 25 r.d. 3 giu Vlll RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO gno 1940, n. 1357 -Obbligo di motivazione -Sussiste, con nota di R. TAMIOZZO, 1015. -Bellezze naturali Costruziorui Soprintendente ai monumenti -Diniego di nulla osta ex art. 25 r.d. 3 giugno 1940, n. 1357 -Richiamo alla normativa del piano regolatore Legittimit -Sussiste, con nota di R. TAMIOZZO, 1015. - Bellezze naturali -Vincolo di bellezza d'assieme -Obblighi collegati al vincolo -Decorrenza, 1011. EDILIZIA -Urbanistica -Immobile sottoposto a vincolo di bellezze naturali -Licenza edilizia -Licenza in sanatoria -Rapporto con il provvedimento di vincolo -Effetti, 1011. EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA -Assegnazione in locazione -Durata del rapporto -Predeterminazione Illegittimit costituzionale, con nota di F. FAVARA, 893. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT -Determinazione dell'indennit -Valore del bene espropriato -Momento della determinazione del valore nell'ipotesi di una serie di espropriazioni non contestuali, 1005. FALLIMENTO -Credito fondiario Procedura esecutiva individuale Legittimit costituzionale, 920. GIUOCO D'AZZARDO -Lotto e lotterie -Bollette e relative Matrici Custodia e smarrimento delle stesse -Pagamento della vincita -Controlli prescritti dalla legge 19-10..1938, n. 1933 -Impossibilit del riscontro -Irresponsabilit del giocatore, 1007. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Impiego pubblico -Promozioni Merito comparativo -Controinteressati Individuazione -Criteri, 1013. -Ricorso giurisdizionale -Impiego pubblico -Pretese patrimoniali -Diritti soggettivi perfetti Termini di prescrizione Sussiste, 1013. -Ricorso giurisdizionale -Interesse Licenza edilizia -Impugnazione Limiti, 1011. -Ricorso giurisdizionale Pronuncia di annullamento -Nuovo provvedimento -Interesse al ricorso -Limiti, 1011. IMPIEGO PUBBLICO -Ex combattenti collocati a riposo Divieto di assumere impieghi o incarichi -Legittimit costituzionale, 905. -Inquadramento -Rilevanza del titolo di studio rispetto alle mansioni -Sussiste, 1012. -Inquadramento in qualifica superiore -Rilevanza del titolo di studio -Questione di costituzionalit dell'art. 2 I. 4 febbraio 1966, n. 32 in relazione all'art. 3 Cost. -Manifesta infondatezza, 1012. -Inquadramento in qualifica superiore -Rilevanza del titolo di studio rispetto alle mansioni -Questioni di costituzionalit dell'art. 2 I. n. 32 del 1966 in relazione all'art. 36 Cost. Manifesta infondatezza, 1012. -Promozioni -Commissioni di scrutinio -Momentanea presenza di funzionari estranei - consentita, 1014. -Promozioni -Merito comparativo Carriera con accesso per laureati e dipendenti sforniti di laurea -Punteggio criteri, 1014. -Promozioni -Merito comparativo Parit di punteggi -Attitudine a funzioni superiori -Motivazione Necessit -Sussiste, 1014. -Stipendi e assegni -Familiare ricoverato in luogo di cura -Onere a carico di Ente pubblico -Corresponsione dell'aggiunta di famiglia -Legittimit, 1013. IMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazione per le opere di interesse degli enti locali -Art. 18 legge 3 agosto 1949, n. 589 Elencazione tassativa -Edili:llia giudiziaria Esclusione, 1024. INDICE DELLA GIURISPRUDENZA IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Competenza e giurisdizione -Estimazione semplice e complessa -Questioni di fatto inerenti all'applicazione di agevolazioni -Estraneit al concetto di estimazione -Giurisdizione dell'A.G.O. -Sussiste, 1035. -Credito a medio e lungo termine Imposta in abbonamento sostitutiva delle tasse e imposte indirette sugli affari -Limite di applicabilit, 1021. -Imposte dirette -Maggiorazione di aliquota per ritardata iscrizione a , ruolo -Infedele dichiarazione -Concetto, con nota di C. BAFILE, 1026. -Interessi -Decadenza da agevolazioni -Imposta ordinaria -Decorrenza dalla data della registrazione, 1033. -Possesso di redditi -Redditi della moglie -Imputazione al marito Illegittimit costituzionale, 862. -Presunzione di riproduzione dei redditi -Pu essere relativa non assoluta, 909. LAVORO -Indennit di anzianit Modalit particolari di corresponsione e di commiisurazione -Legittimit costituzionale, 845. -Rapporti di diritto privato e di diritto pubblico Diversit -Esclusione dai benefici a favore degli ex combattenti -Legittimit costituzionale, 905. LOCAZIONE -Abitazioni urbane Proroga legale Legittimit costituzionale Condizioni, 893. -Abitazioni urbane -Proroga legale Non abbienza del conduttore -Limiti di prova Illegittimit costituzionale Rilevanza delle condizioni patrimoniali del conduttore Legittimit costituzionale, con nota di F. FAVARA, 893. - Immobili urbani non abitativi Blocco dei canoni -Finalit antinflazionistica -Legittimit costituzionale Limiti, con nota di F. FAVARA, 894. MATRIMONIO -Divorzio -Separazione di fatto iniziata prima della legge n. 898 del 1970 Rilevanza -Legittimit costituzionale, 865. OBBLIGAZIONI E CONTRATTI -Ipoteca -Diritti del terzo acquirente C,reditori ipotecari Azione ex art. 2867 cod. civ. Azione reale o personale Azione surrogatoria, 1002. ORDINAMENTO GIUDIZIARIO -Comandante di porto Giurisdizione penale -Illegittimit costituzionale, 852. PENA -Perdono giudiziale Divieto di reiterazione -Illegittimit costituzionale, 850. POSTE E TELECOMUNICAZIONI ~ Servizio radiotelevisivo via etere Trasmissione su scala locale -Liberalizzazione in regime di autorizzazione statale, 910. PROCEDIMENTO PENALE -Atti preliminari al giudizio penale Riunione di giudizi Reato continuato -Reati giudicandi in procedimenti diversi -Istanza di riunione -Unicit del disegno criminoso Onere della prova a carico dell'imputato, 1056. -Notificazione presso il portiere -Avviso a mezzo raccomandata Necessit, 852. -Notificazioni -All'imputato -Domicilio dichiarato -Domicilio eletto Possibilit di fare le dichiarazioni previste nell'art. 171 cod. proc. pen. in atti diversi da quelli indicati nel predetto articolo, 1055. -Notificazioni -All'imputato -Domicilio eletto -Elezione del domicilio presso il difensore -Indicazione del luogo -Necessit -Esclusione, 1056. -Revisione e assoluzione -Azione di riparazione e risarcimento del dan RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO X no -Colpa della P.A. -Inammissibilit della domanda risarcitoria, 998. - Rimessione ad altro ufffoio giudiziario per mancanza numero legale Legittimit costituzionale, 850. -Rito direttissimo -Interrogatorio dell'imputato -Assistenza del difensore -Necessit, 853. REATO -Assicurazini sociali -Omesso pagamento di contributi Responsabilit dell'imprenditore -Legittimit costituzionale, 854. -Liberazione condizionale -Diritto penale militare -Potere del Ministro da cui dipendeva il militare Illegittimit costituzionale, 892. -Reato continuato -In genere -Nozione, 1055. REGIONE -Agricoltura -Parco nazionale -Attribuzioni statali -Coordinamento con attribuzioni regionali in materia urbanistica, 855. -Comunit economica europea -Direttive comunitarie Persistente inadempimento da parte di Regione Potere sostitutivo dello Stato -Sussiste, con nota di F. FAVARA, 868. -Funzione di indirizzo e coordinamento -Convenzioni ospedaliere Potere di emanare schemi di convenzione -Spetta allo Stato, 885. -Legge regionale -Delibera di riadozione sostitutiva di precedente delibera invalida -Proponibilit di ricorso alla Corte Costituzionale, 847. - Legge regionale -Riadozione dopo rinvio -Difetto della maggioranza assoluta -Invalidit del procedimento -Proponibilit di ricorso alla Corte Costituzionale, 847. -Potere di emanare norme di attuazione di legge statale -Rispetto dei limiti posti da tale legge, 921. RESPONSABILIT CIVILE -Responsabilit della P.A. -Danni da cosa in custodia -Cedimento degli argini di vasca di raccolta Sussiste, 1051. SICUREZZA PUBBLICA -Riunione in luogo pubblico -Pre avviso di almeno tre giorni -Legittimit costituzionale, 851. TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI -G.A.T.T. -l.G.E. all'importazione Cotoni importati da Paesi aderenti al G.A.T.T. -Applicabilit dell'aliquota ridotta stabilita per i cotoni di produzione nazionale -Esclusione, con nota di A. MARZANO, 932. -G.A.T.T. -Norme relative ai diritti doganali -Immediata applicabilit Diritto per i servizi amministrativi Applicabilit alle merci provenienti dai Paesi aderenti al G.A.T.T. Esclusione, con nota di A. MARZANO, 932. TRENTINO ALTO ADIGE - Energia elettrica -Provvedimenti C.l.P. -Devono far salva attribuzio ne provinciale, 882. - Finanza e tributi -Concorde richiesta e accordo tra Stato e Province, 856. - Governo della Repubblica -Partecipazione alle sedute del Consiglio dei Ministri -Non prevista da disposizioni costituzionali, 856. -Incremento della produzione industriale -Energia elettrica -Localizzazione impianti -Attribuzione statale, 881. ! INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 7 luglio 1976, n. 151 7 luglio 1976, n. 152 7 luglio 1976, n. 153 7 luglio 1976, n. 154 7 luglio 1976, n. 158 7 luglio 1976, n. 160 7 luglio 1976, n. 164 14 luglio 1976, n. 170 14 luglio 1976, n. 172 14 luglio 1976, n. 173 14 luglio 1976, n. 175 15 luglio 1976, n. 179 22 luglio 1976, n. 180 22 luglio 1976, n. 181 22 luglio 1976, n. 182 22 luglio 1976, n. 186 22 luglio 1976, n. 190 22 luglio 1976, n. 191 22 luglio 1976, n. 192 28 luglio 1976, n. 193 28 luglio 1976, n. 194 28 luglio 1976, n. 200 28 luglio 1976, n. 201 28 luglio 1976, n. 202 28 luglio 1976, n. 205 28 luglio 1976, n. 206 (ordinanza) (. 3 agosto 1976, n. 211 3 agosto 1976, n. 212 3 agosto 1976, n. 214 3 agosto 1976, n. 215 3 agosto 1976, n. 217 18 novembre 1976, n. 225 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE 22 settembre 1976, nella causa 10/76 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 15 dicembre 1975, n. 4135 Sez. Un., 2 febbraio 1976, n. 327 Sez. Un., 21 febbraio 1976, n. 577 Sez. Un., 25 febbraio 1976, n. 620 pag. 845 )) 847 )) 847 )) 850 850 851 852 )) 852 )) 853 )) 854 855 )) 862 )) 856 )) 865 )) 868 )) 881 )) 881 )) 885 )) 892 )) 893 )) 905 )) 909 909 )) 910 914 )) 914 )) 920 921 924 )) 925 882 893 pag. 929 pag. 998 978 )) 991 )) 981 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO XII Sez. I, 12 maggio 1976, n. 1665 Sez. I, 29 maggio 1976, n. 1946 Sez. I, 25 giugno 1976, n. 2388 Sez. I, 28 giugno 1976, n. 2435 Sez. I, 28 giugno 1976, n. 2444 Sez. Un., 13 luglio 1976, n. 2689 Sez. I, 18 agosto 1976, n. 3041 . Sez. I civile, 6 ottobre 1976, n. 3293 Sez. I civile, 12 ottobre 1976, n. 3375 Sez. Un., 20 ottobre 1976, n. 3616 Sez. Un., 28 ottobre 1976, n. 3923 . TRIB. REG. ACQUE PUBBLICHE Napoli, 28 gennaio 1976, n. 4 . . ., . GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad Plen., 6 maggio 1976, n. 3 Sez. IV, 30 marzo 1976, n. 227 Sez. IV, 7 maggio 1976, n. 303 Sez. IV, 18 maggio 1976, n. 340 Sez. VI, 11 maggio 1976, n. 219 Sez. VI, 11 maggio 1976, n. 220 Sez. VI, 25 maggio 1976, n. 237 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 7 novembre 1975, n. 1992 Sez. III, 10 novembre 1975, n. 2008 Sez. V, 23 marzo 1976, n. 554 Sez. V, n. 26 marzo 1976, n. 601 pag. 1021 1002 1024 1026 1033 1035 1040 1005 1007 932 932 pag. 1050 pag. 1011 1048 1012 1013 1013 1015 1020 pag. 1055 1055 )) 1056 )) 1056 PARTE SECONDA ll'-lDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLE CONSULTAZIONI ACQUE PUBBLICHE -Val d'Aosta -Concessioni all'ENEL Competenza, 176. AGRICOLTURA -Istituti sperimentali di agricoltura Aziende agrarie -Addetti -Natura del rapporto -Diritto alla qualifica, 176. - Istituti sperimentali di agricoltura Gestione di aziende agrarie -Personale addetto -Piante organiche Divieto di assunzioni in eccedenza, 176. - Istituti sperimentali per la zootecnica -Istituti consorziali -Patrocinio dell'Avvocatura, 176. AMMINISTRAZIONE PUBBLICA -Enti lirici -Contratto di scrittura teatrale -Natura difetto di giurisdizione dell'A.G.O. -Limiti, 177. AMMINISTRAZIONE PUBBLICA -Versamento contributi previdenziali -Inadempienza della P.A. -Interessi moratori -Degenza -Limiti, 177. ANTICHIT E BELLE ARTI -Antichit e belle arti -Opera d'arte di propriet privata -Esportazione illecita -Acquisto della propriet da parte dello Stato italiano, 177. -Fornitura -Inadempienza per sciopero incidente sul sub-fornitore Responsabilit, 177. -Legge sulla casa -Procedimento e criteri di indennizzo -Scavi e sistema'Zioni archeologiche -Applicabilit, 177. -Opere d'arte -IUnvenute a bordo di navi straniere -Esportazione clandestina -S1:1ssistenza -Limiti, 177. APPALTO -Appalto opere pubbliche -Garanzia fideiussoria in luogo delle ritenute sui pagamenti in conto -Applicabilit ai pagamenti effettuati prima dell'entrata in vigore 1. 12 gennaio 1974, n. 8, 178. -Appalto di opere pubbliche -Sospensione di lavori illegittimi -Aggravio di spese generali -Determinazione dell'indennizzo spettante, 178. - Ritardi nei pagamenti degli acconti e del saldo -Interessi moratori Onere di riserva, 178. ASSICURAZIONI -Assicuratore -Surroga nei diritti dell'assicurato -Danneggiato -Costituzione di parte civile -Inammissibilit, 178. -Assicurazione obbligatoria -Violazioni -Accertamento -Su strade non statali e da parte di organi di polizia locale -Proventi -Spettanza, 178. ATTI AMMINISTRATIVI - Atti paritetici Impugnativa al T.A.R. -Anteriore al loro funzionamento -Irricevibilit, 179. AVVOCATI E PROCURATORI -Difesa dello Stato -Comandi Nato Patrocinio -Avvocatura dello Stato, 179. BELLEZZE ARTISTICHE E NATURALI -Protezione delle bellezze naturali Esecuzione di opere senza preventivo -Nulla osta della soprintendenza -Obbligo di denunzia all'Autorit giudiziaria -Limiti, 179. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Protezione delle bellezze naturali ' Giudicato penale sulla esistenza del reato di distruzione o deturpamento di bellezze naturali Conseguenze, 179. -Vincolo paesistico Dichiarazione di notevole interesse pubblico Opere militari nella zona Atto di concerto Necessit, 179. -Vincolo paesistico Dichiarazione di notevole interesse pubblico Preesistente vincolo di interesse militare Rapporti, 180. -Vincolo storico Artistico Immobile privato notificato Modifica non autorizzata Inelimabilit o impossibilit di ripristino Pretesa risarcitoria della P. A., 180. BENEFICENZA E ASSISTENZA -Assunzioni obbligatorie Obblighi del datore di lavoro -Mancata assunzione del lavoratore avviato Sanzione applicabile, 180. BORSA -Agenti di cambio -Divieto di personale interesse -Operazioni di borsa Nozione, 180. CACCIA E PESCA -Molluschicoltura Poteri di v1g1lanza -Delega alle Regioni -Molluschi eduli Autorizzazione alla coltivazione Competenza, 180. CIRCOLAZIONE STRADALE -Assicurazione obbligatoria Violazioni Accertamento Su strade non statali e da parte di organi d( polizia locali -Proventi -Spettanza, 181. -Poteri dell'autorit comunale Parchimetri a pagamento -Imposizione custodia dei veicoli -Mancanza Legittimit del provvedimento, 181. COMMERCIO -Disciplina dei prezzi dei beni di largo consumo carni fresche e bestiame vivo da macello, 181. -Impianti di distribuzione carburanti -Disciplina Violazioni Sanzioni pecuniarie -Impugnazione Competenza giurisdizionale dell'A. G.O., 181. -Impianti di distribuzione carburanti Disciplina -Violazioni -Sanzioni pecuniarie Impugnazione Competenza giurisdizionale dell'A.G.O., 181. COMUNI E PROVINCE -Consorzi per la industrializzazione Partecipazione dei Comuni Facolt di recesso -Limiti, 181. -Consorzi per la industrializzazione Partecipazione dei Comuni Obbligatoriet o facoltativit, 182. -Sanit locale -Provvedimenti -Con impegno di spesa a carico del Comune -Competenza, 182. -Sanit locale -Ufficiale sanitario Natura Competenza generale, 182. -Sindaco -Decreto di citazione a giudizio Sospensione delle funzioni Successiva elezione al Parlamento Effetti, 182. COMUNIT ECONOMICA EUROPEA -Comunit economiche europee -Importi compensativi monetari -Importazioni di carne da paesi terzi Contratti anteriori al 19 dicembre 1971 Esenzione -Condizione valutaria Legittimit, 182. -Comunit economiche europee -Organizzazioni comuni di mercato Titolo di importazione Smarrimento Estinzione obbligo di importare Causa di forza maggiore, 182. -Imposta di R.M. e complementare Trattato e convenzione C.E.C.A. Dipendenti societ minerarie -Corresponsione indennit c.d. extra di attesa Assoggettabilit al tributo, 183. CONCESSIONI AMMINISTRATIVE -Demanio marittimo -Concessioni Attivit degli uffici del genio civile -Compensi e parcelle, 183. INDICE DEI.LE CONSULTAZIONI CONTABILIT DELLO STATO -Contabilit dello Stato Acquisto di immobili Libert e propriet Certificati Visure notarili, 183. CONTABILIT GENERALE DELLO STATO -Fermo amministrativo Enti pubblici diversi dallo Stato Applicabilit Limiti, 183. -Forniture Inadempienze per sciopero incidente sul sub-fornitore Responsabilit, 183. -Immobili urbani Locazioni passive della P.A. regime vincolistico Applicabilit, 184. -Versamento contributi previdenziali -Inadempienza della P .A. -Interessi moratori -Degenza -Limiti, 184. CONTENZIOSO TRIBUTARIO -Imposte dirette -Condono -Giudizio in corso -Sospensione -Definizione senza ulteriore iscrizione a ruolo -Applicabilit, 184. CONTRABBANDO -Generi di monopolio -Sequestro penale -Devoluzione all'Amministrazione dei monopoli -Accreditamento del prezzo -Criteri di determinazione, 184. -Tabacco lavorato estero -Contrabbando -Provvedimenti relativi alla merce sequestrata -Modalit e competenza, 184. CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI -Immobili in Pozzuoli -Danni da bradisismo -Contributo di riparazione o ricostruzione -Ordinanza di sgombero -Necessit e limiti, 185. CORTE DEI CONTI -Dipendenti -Danno recato all'Ente regione -Responsabilit amministrativa -Accertamento -Giudizio di responsabilit -Competenza, 185. COSTITUZIONE -Sindaco -Decreto di citazione a giudizio -Sospensione dalle funzioni -Successiva elezione al Parlamento -Effetti, 185. DANNI DI GUERRA -Imprese elettriche -Attivit esclusiva o principale -Trasferimento all'ENEL -Danni di guerra Provvidenze -Spettanza, 185. -Imprese elettriche -Attivit non esclusiva o principale -Trasferimento all'ENEL -Danni di guerra Provvidenze -Spettanza, 185. -Societ -Ammissione all'indennizzo -Nazionalit italiana Partecipazione azionaria di cittadini stranieri -Rilevanza, 186. -Sopravvenienze ereditarie -Indennizzi per danni di guerra -Liquidazione al decuius -Legge nuova -Riliquidazione a favore dell'erede -Assoggettabilit al tributo, 186. DAZI DOGANALI -Dazi doganali -Restituzioni alla esportazione -Prodotti siderurgici Uguali prodotti in cemento amianto, 186. DAZI DOGANALI -Dazi doganali -Restituzioni alla "esportazione Prodotti siderurgici Uguali prodotti in cemento amianto, 186. DEMANIO -Autostrade -Distanze di rispetto dal ciglio -Creazione di nuove pertinenze stradali Spostamento delle fa. scie di rispetto, 186. -Vincolo paesistico -Dichiarazione di notevole interesse pubblico -Opere militari nella zona -Atto di concerto -Necessit, 186. -Vincolo paesistico -Dichiarazione di notevole interesse pubblico -Preesistente vincolo di interesse militare -Rapporti, 187. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO XVI DIFESA DELLO STATO -Difesa dello Stato -Comandi Nato Patrocinio -Avvocatura dello Stato, 187. - Dipendente militare -Procedimento penale avanti Tribunale Militare Patrocinio dell'Avvocatura, 187. -Istituti sperimentali per la zootecnica -Istituti consorziali -Patrocinio dell'Avvocatura, 187. -Istituto Nazionale Conserve Alimentari (INCA) -Patrocinio dell'Avvocatura dello Stato -Esclusione, 187. -Responsabilit civile -Trattati e convenzioni internazionali -Trattato Nato -Danni a Stato contraente -Legittimazione attiva Stato di soggiorno, 187. EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE -Alloggio popolare -Contributo statale -Societ beneficiaria -Fallimento -Preventivo nulla aosta del!' Amministrazione -Mancanza -Effetti sulla procedura concorsuale gi iniziata, 188. -Cooperative edilizie -Soci -Assegnazione di alloggio in propriet o di mutuo -Mancata occupazione Locazione a terzi -Sanzioni, 188. -Imposta R.M. -Esenzioni e agevolazioni -Interessi su mutui contratti per costruzione abitazioni non di lusso -Proroga dei termini di ultimazione -Limiti, 188. ELETTRICIT ED ELETTRODOTTI -Imprese elettriche -Attivit esclusiva o principale -Trasferimento all'E.N.E.L. -Danni di guerra -Provvidenze -Spettanza, 188. -Imprese elettriche -Attivit non esclusiva o principale -Trasferimento all'E.N.E.L. -Danni di guerra Provvidenze -Spettanza, 189. -Val d'Aosta -Concessioni all'E.N.E.L. -Competenza, 189. ESECUZIONE FORZATA - Credito di un privato per rivalsa I.V.A. -Natura -Pignoramento presso terzi -Ammissibilit, 189. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT -Autostrade -Distanze di rispetto del ciglio -Creazione di nuove pertinenze stradali -Spostamento delle fascie di rispetto, 189. -Costruzione di ippodromo -Dichiarazione di pubblica utilit -Competenza prefettizia -Limiti -Pubblico interesse provinciale -Necessit, 189. -Costruzione di ippodromo -Pubblico interesse, 190. -Espropriazione per pubblica utilit Dopolavori postelegrafonici locali, 190. -Espropriazione per pubblica utilit Impianti sportivi -Dopolavoro P.T. Dopolavori postelegrafonici locali Procedimento, 190. - Espropriazione per pubblica utilit -Impianti sportivi -Dopolavoro P.T. Ufficio Centrale Dopolavoro P.T. -Procedimento, 190. -Legge sulla casa -Procedimento e criteri di indennizzo -Scavi e sistemazioni archeologiche -Applicabilit, 190. -Regione Friuli-Venezia Giulia -Attribuzione di poteri statali -Estensione, 190. -Regione Friuli-Venezia Giulia -Espropriazioni per la zona industriale di Trieste -Opere portuali -Competenza, 190. - Zone terremotate del viterbese -Abitazioni per i senza tetto -Espropriazione aree occorrenti -Legislazione applicabile, 191. FALLIMENTO -Alloggio popolare -Contributo statale -Societ beneficiaria -Fallimento -Preventivo sulla sosta dell'Amministrazione -Mancanza -Effetti sulla procedura concorsuale gi iniziata, 191. FARMACIE -Concorso -Ammissione -Requisiti Anzianit -Diritto transitorio, 191. -Concorso -Ammissione -Requisiti Qualit di docente universitario Esclusione, 191. INDICE DELLE CONSULTAZIONI -Concorso -Vittoria -Docente universitario di ruolo -Autorizzazione all'esercizio -Dimissioni dall'impiego, 191. FERROVIE -Ferrovie; carta di libera circolazione, medici fiduciari F.S., 192. -Tariffe ferroviarie -Modifiche approvate con decreto ministeriale Pubblicazione Modalit, 192. FORESTE -Regione Marche Legge n. 6/1973 sulla protezione della flora, costruzione di nuove strade da parte dell'ANAS, rispetto della legge, 192. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Atti paritetici -Impugnativa al TAR . Anteriore al loro funzionamento Irricevibilit, 192. -Giustizia amministrativa: ricorsi al TAR -Spostamento di competenza per connessione oggettiva -Impugnativa congiunta di atto normativo emanato da Autorit Centrale e atto esecutivo di autorit locale -Competenza del TAR, 192. -Ricorso alla G.P.A. -Natura amministrativa -Istituzione e funzionamento dei T.A.R. -Rimessione, 193. GUERRA -Benefici a favore dei dipendenti ex combattenti -Profughi per applicaziOne trattato di pace Profughi da zone colpite dalla guerra -Equiparabilit, 193. IDROCARBURI -Impianti di distribuzione carburanti -Disciplina Violazioni -Sanzioni pecuniarie Impugnazione -Competenza giurisdizionale dell'A.G.O., 193. IGIENE E SANIT -Molluschicoltura -Poteri di v1g1lanza -Delega alle Regioni Molluschi eduli -Autorizzazione alla coltivazione -Competenza, 193. -Sanit locale -Provvedimenti -Con impegno di spesa a carico del Comune -Competenza, '193. -Sanit locale -Ufficiale sanitario Natura Competenza generale, 194. -Trasferimento degli uffici dallo Stato alle Regioni -Consiglio Provinciale di Sanit -Potere di nomina dei membri non di diritto -Spettanza, 194. IMPIEGO PUBBLICO -Benefici a favore dei dipendenti ex combattenti Profughi per applicazione trattato di pace -Profughi da zone colpite dalla guerra -Equiparabilit, 194. -Benefici combattentistici -Dipendenti Enti pubblici -Indennit di buonuscita -Liquidazione -Criteri propri dei dipendenti statali -Applicabilit, 194. -Demanio marittimo -Concessioni Attivit degli uffici del genio civile -Compensi e parcelle, 194. -Dipendenti -Danno recato all'Ente regione Responsabilit amministrativa Accertamento Giudizio di responsabilit -Competenza, 195. -Dipendenti ex combattenti -Benefici -Esodo volontario -Domanda con termine iniziale -Decesso an teriore al termine -Effetti, 195. -Dipendenti ex combattenti -Benefici economici -Prescrizione biennale -Applicabilit generale, 195. -Enti lirici -Contratto di scrittura teatrale -Natura difetto di giurisdizione dell'A.G.O. -Limiti, 195. -Impigeato civile dello Stato -Procedimento disciplinare -Sopravvenuta cessazione del rapporto di impiego -Presclusione, 195. -Impiegato statale -Nuova retribuzione disposta dal d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1079 -Riconoscimento dell'anzianit di servizio nella qualifica inferiore ai fini della determinazione di una retribuzione non inferiore nella qualifica superiore posseduta al 1 luglio 1970, 195. -Impiegato statale -Sospensione obbligatoria dal servizio per emissione di mandato di cattura -Annul XVlll RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lamento del mandato di cattura Revoca della sospensione obbligatoria Irretroattivit degli effetti, 196. -Istituti sperimentali di agricoltura Aziende agrarie -Addetti -Natura del rapporto -Diritto alla qualifica, 196. -Istituti sperimentali di agricoltura Gestione di aziende agrarie -Personale addetto -Piante organiche Divieto di assunzioni in eccedenza, 196. -Lavoro subordinato -Impiego pubblico -Assunzione obbligatoria -Limite percentuale complessivo -Invalidi -Regime transitorio, 196. -Riammissione in servizio -Trattamento economico -Assegno ad personam precedentemente goduto Riconoscibilit, 196. -Ufficio Italiano Cambi -Dipendenti nubili -Prole naturale -Riconoscimento anche del padre -Assegni familiari -Spettanza, 197. -Universit: cessazione della figura dell'assistente volontario, 197. -Universit -Posti di assistente di ruolo -Soprannumerari -Riassorbimento -Messa a concorso di posti vacanti, 197. IMPOSTA DI REGISTRO -Alienazione tra parenti di immobile verso costituzione di rendita -Atto di donazione -Atto a titolo oneroso -Qualificazione, 197. -Atti sottoposti a condizione sospensiva -Denuncia di avveramento Tardivit o omissione -Effetti Benefici fiscali -Decadenza, 197. -Atti. sottoposti a condizione sospensiva -Registrazione Unicit o duplicit, 198. -Contratti stipulati con lo Stato Clausola circa il trasferimento dell'obbligo tributario allo Stato -Ammissibilit, 198. -Condono tributario -Controversia pendente -Relativa alla sola sopratassa -Applicabilit, 198. -Esenzioni e agevolazioni -Decadenza -Imposta normale -Riscossione -In pendenza di ricorso -Soprav venienza delle nuove norme -Effetti, 198. -Esenzioni e agevolazioni -Edilizia abitativa -Trasferimento dell'immobile -Destinazione a residence Applicabilit, 198. -Esenzioni e agevolazioni -Edilizia economica e popolare -Acquisto di area da parte del Comune in attuazione PEEP -Tassa fissa -Applicabilit, 198. -Esenzioni e agevolazioni -Edilizia economica e popolare -Alloggi INAcasa -Cessione ad altro lavoratore Benefici accordati all'atto di assegnazione -Decadenza, 199. -Esenzioni e agevolazioni -Edilizia economica e popolare -Alloggi INAcasa -Cessione ad altro lavoratore -Spettanza dei benefici, 199. -Esenzioni e agevolazioni -Istituti di credito a medio e lungo termine -Imposta in abbonamento -Trasferimento coattivo a seguito vendita forzata -Applicabilit, 199. -Imposta di registro -Enti equiparati allo Stato a fini tributari -Nuova disciplina risultante del d.P.R. 22 ottobre 1972, n. 634 -Mantenimento delle agevolazioni -Entrata in vigore del d.P.R. 29 settembre 1973, Il. 601, 199. -Imposta di registro -Nuova disciplina risultante dal d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634 -Contratti stipulati con lo Stato, 199. -Imposta di registro -Trasformazione di societ di capitali in societ di persone -Scioglimento -Assegnazione ai soci -Criteri di tassazione, 200. -Presunzioni di liberalit nelle vendite tra parenti -Alienazione di immobile verso costituzione di rendita vitalizia -Sussistenza della presunzione, 200. -Procura irrevocabile con obbligo di rendiconto -Tassa fjissa o imposta proporzionale, 200. -Societ -Societ in nome collettivo -Patto sociale di continuazione anche in caso di morte di un socio -Obbligo di corrispondere agli INDICE DELLE CONSULTAZIONI eredi di valore della quota -Atto traslativo di quota -Assoggettabilit all'imposta, 200. -Societ -Trasformazione lii societ di capitali a societ di persone Successivo scioglimento -Assegnazione ai soci di beni immobili -Re gime giuridico, 200. -Soggetti passivii -Solidariet -Prescrizione -Atti interruttivi -Provenienti dal debitore d'imposta -Efficacia -Estensione -Limiti, 201. -Valutazione base imponibile -Accertamento di valore -Appalti -Abrogazione delle norme -Effetti sui procedimenti di valutazione esauriti -Diritto intertemporale, 201. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Denuncia di successione -Pluralit di denuncie -Termine biennale per la documentazione delle passivit Decorrenza, 201. -Sopravvenienze ereditarie -Indennizzi per danni di guerra -Liquidazione al decuius -Legge nuova - Riliquidazione a favore dell'erede - Assoggettabilit al tributo, 201. IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Vendite all'ingrosso e al dettaglio Attivit promiscua -Onere di separate scritturazioni, 201. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE .-;. I -Norme dichiarate incostituzionali II -Questioni dichiarate non fondate III -Questioni proposte pag. ,. 163 164 165 PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 7 luglio 1976, n. 151 -Pres. Rossi -Rel. Ama dei -Caresio (avv. Nappi), I.N.P.S. (avv. Casalma) e Presidente Con siglio dei Ministri (sost. avv. gen. Angelini Rota). Lavoro -Indennit di anzianit -Modalit particolari di corresponsione e di commisurazione -Legittimit costituzionale. (cost., artt. 3, 36 e 38; I. 1 luglio 1955, n. 638, artt. 11, 20 e 23). Fermo restando il principio che l'indennit di anzianit dovuta in ogni caso dal datore di lavoro, non costituzionalmente illegittima la disciplina legislativa che preveda un sistema di liquidazione e di commisurazione di detta indennit diverso da quello stabilito dal codice civile. (Omissis). -Tale legge (la legge 1 . luglio 1955, n. 638) detta norme particolari in tema di previdenza del personale delle aziende private del gas, istituendo un fondo la cui gestione viene affidata all'Istituto nazionale della previdenza sociale. In vigore all'epoca in cui venne a cessare il rapporto di lavoro che ha dato luogo alla vertenza dalla quale originata la questione di legittimit costituzionale, stata successivamente sostituita da altra legge1 datata 6 dicembre 1971, n. 1086, con effetto dal 1 novembre 1967. L'art. 11 della legge impugnata stabilisce, tra l'altro, che il trattamento da essa previsto, sostituisce quello dell'assicurazione obbligatoria per la invalidit e .la vecchiaia e per i superstiti di cui al r.d.1. 4 ottobre 1935, n. 1827, e successive integrazioni e modificazioni, nonch la indennit di anzianit per risoluzione del rapporto di lavoro ed ogni altro trattamento previsto, in materia, da norme di legge, contratti collettivi, accordi generali e particolari, regolamenti aziendali, usi e consuetudini. Gli artt. 19 e 20 disciplinano il trattamento relativo alla liquidazione della indennit di anzianit differenziandolo tra lavoratore che cessi il servizio con diritto a pensione (art. 19) e lavoratore licenziato per raggiunti limiti di et (60 anni compiuti) o per altro motivo e che non RASSEGNA DEU.'AWOCATl'RA DELLO STATO 846 abbia acquisito il diritto a pensione (art. 20); l'art. 23 disciplina, invece, la pensione del lavoratore che cessi dal rapporto di lavoro per dimissioni. -(Omissis). Fermo restando il principio che l'indennit di anzianit dovuta in ogni caso dal datore di lavoro, nessun problema costituzionale, per quanto detto sopra, pu sorgere per il fatto che la corresponsione avvenga attraverso sistemi diversi, purch questi siano idonei a garantirla in ogni caso. All'atto pratic<;> la costituzione del fondo di cui trattasi offre al lavoratore una maggiore possibilit e facilit di realizzazione del diritto ponendolo al coperto da eventuali inadempienze da parte del datore di lavoro per difficolt economiche ed altro. Ci tanto vero che il fondo stato mantenuto con la legge 6 dicembre 1971, numero 1084, ancorch riordinato alla luce dell'esperienza e dell'evoluzione dell'intero sistema previdenziale sociale. Nessuna violazione, pertanto, dell'art. 36 della Costituzione per il fatto che l'indennit venga erogata dal fondo e non direttamente dal datore di lavoro, il quale peraltro tenuto a versamenti periodici contributivi. Il problema centrale che inerisce alla questione, pertanto, rimane quello di appurare se il sistema di liquidazione dell'indennit stabilito dalla legge tuteli adeguatamente gli interessi e i diritti dei lavoratori in tema di corresponsione della indennit di anzianit, soprattutto nei confronti di coloro che abbiano cessato dal rapporto di lavoro senza aver raggiunto il diritto a pensione sia per licenziamento per raggiunti limiti di et o per altri motivi, sia per dimissioni volontarie. In fondo, come dato rilevare dall'art. 11 della legge, ha una sua particolare natura complessa in quanto concerne tutte le competenze e previdenze che possono spettare al lavoratore come conseguenza del rapporto di lavoro dipendente al quale legato (trattamento di quiescenza e di pensione, assicurazione obbligatoria per l'invalidit o la vecchiaia e per i superstiti, indennit di anzianit) e in essa confluiscono, in un'unica gestione, ed in un unico contesto, oltre a quanto necessario a corrispondere la indennit oggetto del presente giudizio anche quei contribuenti che il lavoratore stesso sarebbe stato obbligato comunque a versare per le assicurazioni sociali che lo riguardano. Consegue da ci che la trattenuta fino al 50 % sulla indennit di liquidazione non fine a se stessa ma si inserisce negli aspetti finalistici propri della legge ed diretta anche a coprire quelle contribuzioni che dovrebbero fare capo, nl campo assicurativo, al prestatore d'opera, senza per questo incidere nella corresponsione delle prestazioni di carattere previdenziale di cui all'art. 38 della Costituzione. In sostanza, nonostante i collegamenti di natura tecnico-organizzativa che presiedono alle plurime finalit del fondo, ogni istituto previdenziale mantiene la propria fisionomia e autonomia caratteristica. -(Omissis). PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 7 luglio 1976, n. 152 -Pres. Rossi -Rel. Capalozza -Piccinini (u.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Gozzi). Commercio . Merci esposte Omessa indicazione del prezzo Sanzione penale Legittimit costituzionale. (1. 11 giugno 1971, n. 426, artt. 38 e 39). Non ingiustificato n irrazionale che il trattamento riservato alle merci di largo e generale consumo esposte nelle vetrine esterne all'ingresso del locale o sui banchi di vendita sia differenziato da quello delle merci diversamente esposte o delle altre merci comunque esposte. CORTE COSTITUZIONALE, 7 luglio 1976, n. 153 -Pres. Rossi Rel. Crisafulli -Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. G. Az. zariti) e Regione Umbria (avv. Piras). Regione Legge regionale Riadozione dopo rinvio Difetto della mag gioranza assoluta Invalidit del procedimento Proponibilit di ricorso alla Corte Costituzionale. Regione Legge regionale Delibera di riadozione sostitutiva di precedente delibera Invalida Proponibilit di ricorso alla Corte Costituzionale. La proposta di riadozione di una delibera legislativa regionale rinviata dal 'Governo ai sensi dell'art. 127 Cast. deve considerarsi respinta, ove non sia raggiunta la maggioranza assoluta; n consentito reiterare le votazioni fino al raggiungimento della maggioranza prescritta. Peraltro, nel caso non sia stata raggiunta la maggioranza assoluta, se il Consiglio regionale erroneamente ritiene di avere riadattato la precedente delibera e della .delibera di riadozione data comunicazione al Commissario del Governo alla stregua di legge approvata, non consentito un ulteriore rinvio al Consiglio regionale, ma proponibile ricorso alla Corte Costituzionale per far accertare l'invalidit de' procedimento legislativo. Una seconda riadozione , ancorch a maggioranza assoluta, di delibera legislativa in precedenza invalidamente riadattata pu essere diret tamente impugnata davanti alla Corte Costituzionale, senza necessit di previo rinvio al Consiglio regionale. (Omissis). - pacifico tra le parti, e si evince dagli atti del Consiglio regionale allegati al ricorso, che, nella seduta del 24 ottobre 1974, la proposta di riadozione della legge precedentemente rinviata dal Go 848 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO verno ottenne il voto favorevole di 15 consiglieri contro 8, sui 30 assegnati alla Regione, non raggiungendosi pertanto la maggioranza assoluta a tal fine prescritta. Dal che potrebbe anzi argomentarsi, a rigore, che la proposta era da considerare respinta, e la legge, dunque, non approvata (ed in questo senso avrebbe dovuto esprimersi il Presidente dell'Assemblea nel proclamare il risultato della votazione), rendendosene pertanto superflua l'impugnazione da parte dello Stato; con l'ulteriore conseguenza della chiusura del procedimento legislativo, e del divieto, a norma dell'art. 61 del Regolamento consiliare, cui rinvia l'art. 42 dello Statuto, di ripresentazione della stessa proposta di legge se non dopo il decorso di sei mesi. Senonch, sta di fatto che il Consiglio regionale ha erroneamente ritenuto di avere riadottata la legge, della quale stata data comunicazione al Commissario del Governo come di una legge approvata. Onde la necessit di proporre ricorso davanti a questa Corte, allo scopo di farne accertare erga omnes la invalidit per vizio del procedimento. Nel quale ordine di idee, non sarebbe stato invece configurabile un ulteriore rinvio al Consiglio regionale, perch, nessuna modificazione essendo stata apportata al testo precedente, la legge non avrebbe potuto considerarsi diversa da quella una prima volta approvata e poi rinviata dal Governo, e perci nuova ai fini del terzo comma dell'art. 127 della Costituzione. N d'altronde alla ammissibilit della censura pu formare ostacolo il principio, pi volte affermato dalla giurisprudenza della Corte (v. da ultimo sent. nn. 123, 132 e 221 del 1975), che i motivi. di ricorso debbano sostanzialmente corrispondere ai rilievi pmspettati nell'atto di rinvio, trattandosi, nella specie, e sempre a seguire la linea argomentativa da ultimo accennata, di vizio formale sopravvenuto ed esclusivamente proprio della fase della seconda deliberazione. -(Omissis). Successivamente, il Consiglio regionale, nella seduta del 6 febbraio 1975, con deliberazione n. 1363 approvava una legge (di iniziativa di due consiglieri), recante revoca della deliberazione n. 1226 adottata dal Consiglio regionale il 24 ottobre 1974 (ossia di quella impugnata con il primo ricorso dello Stato), nonch, con deliberazione n. 1364, su proposta della Giunta, altra legge riproducente integralmente il testo originario. Avverso queste ultime leggi, comunicate entrambe al Commissario del Governo, si rivolge il secondo ricorso, deducendo violazione degli artt. 134 e 127 Cost. e dell'art. 61, ultimo comma, del regolamento consiliare, sopra richiamato, in quanto, revocando la legge a suo tempo impugnata con il primo ricorso per sostitui:r'vene un'altra, di identico contenuto, ma adottata -questa volta -con la prescritta maggioranza, la Regione avrebbe eluso, da un lato, il controllo di legittimit costituzionale spettante a questa Corte e, d'altro lato, lo sbarramento PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE rappresentato dalle condizioni richieste per la validit della seconda deliberazione delle leggi regionali, nonch dal divieto di riproporne l'approvazione, se respinte, prima del decorso di sei mesi, secondo il gi detto. La difesa della Regione eccepisce pregiudizialmente l'inammissibilit del ricorso, sostenendo che le due leggi avrebbero dovuto formare previamente oggetto c:J,i rinvio al Consiglio, in quanto approvate per la prima volta, e cio leggi nuove. Ma l'assunto in contrasto con quanto in fatto _ avvenuto, secondo risulta dagli atti consiliari, e con le dichiarate intenzioni della Giunta (proponente. della seconda) e dello stesso Consiglio regionale: circostanze, queste, delle quali si pu e si deve tenere il massimo conto quando siano denunciati, come nel caso, vizi del procedimento legislativo, e tanto pi in sede di sindacato preventivo delle leggi regionali, sospese com'esse sono nella efficacia, perch non promulgate n pubblicate, e da considerarsi quindi pi propriamente delibere consiliari legislative, non ancora distaccatesi dai loro autori. E dagli atti si evince con sicurezza che la Giunta regionale aveva deliberato di proporre al Consiglio la riapprovazione della legge suddetta (se., della legge a suo tempo rinviata e non riapprovata, od invalidamente riapprovata, nella seduta del 24 ottobre 1974) nello stesso testo precedente e con la maggioranza di voti prescritta nell'art. 62 dello Statuto regionale (art. 127 Cost.): ci che si puntualmente verificato nella seduta del 6 febbraio 1975, con la ricordata deliberazione consiliare n. 1364. Nelle premesse della quale, per di pi, si prende atto che con deliberazione n. 1363 di data odierna il Consiglio regionale ha deliberato di revocare la propria deliberazione n. 1256 del 24 ottobre 1974 concernente lo stesso oggetto . Non vi ha dubbio, pertanto, che quella del 6 febbraio 1975 stata una riapprovazione, con la maggioranza assoluta, . del testo legislativo a suo tempo adottato una prima volta, rinviato dal Governo e poi non riapprovato (o invalidamente riapprovato dal Consiglio) in seconda lettura nella seduta del 24 ottobre 1974: non una legge nuova, dunque, ma una nuova seconda approvazione della medesima legge. Chiara risulta altres la funzione che, nell'anomalo procedimento seguito, era destinata ad assumere la revoca dlla deliberazione del 24 ottobre 1974, utilizzandosi anche una certa ambiguit della parola, deliberazione potendo significare tanto l'atto del deliberare quanto l'atto deliberato: funzione che consisteva nell'eliminare la votazione intervenuta, con esito negativo, in quella seduta, e con essa l'ostacolo ad una terza votazione che la sostituisse ai fini e per gli effetti dell'art. 127 della Costituzione. Sostanzialmente, perci, revoca e 'riadozione si fondono in unica determinazione, malgrado l'apparente distinzione dei due atti, peraltro RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 850 immediatamente consecutivi nel tempo, oltre che logicamente collegati. Ed quindi ammissibile il ricorso che congiuntamente li impugna, nella loro interdipendenza. Le considerazioni che precedono valgono altres a dimostrare la fondatezza della censura di violazione dell'articolo 127 Cost., che sicuramente non consente per la riadozione delle leggi regionali rinviate al Consiglio, fermo restandone il testo originario, una serie di successive votazioni, fino al raggiungimento della maggioranza prescritta. Due soltanto sono le fasi previste dall'art. 127: una prima approvazione, a semplice maggioranza, ed una seconda, ove sia intervenuto rinvio governativo e le censure con esso prospettate non siano accolte, con la maggioranza assoluta. E, nella specie, questa seconda fase era stata ormai infruttuosamente percorsa. Tanto basta per dichiarare la illegittimit costituzionale anche delle delibere legislative n. 1363 e n. 1364 del 6 febbraio 1975, rimanendo assorbita ogni ulteriore e diversa censura. .-:. (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 7 luglio 1976, n. 154 (cam. cons.) -Pres. Rossi -Rel. Crisafulli. Pena -Perdono giudizia]e -Divieto di reiterazione Illegittimit costi tuzionale. (cost., art. 3; cod. pen., art. 169). Contrasta con l'art. 3 Cost. il comma quarto dell'art. 169 cod. pen., nella parte in cui esclude che possa concedersi un nuovo perdono giudiziale nel caso di condanna per delitto commesso anteriormente alla prima sentenza di perdono, a pena che, cumulata con quella precedente, non superi i limiti per l'applicabilit del beneficio. CORTE COSTITUZIONALE, 14 luglio 1976, n. 158 -Pres. Rossi -Rel. Reale -Barbagallo (avv. Pisapia). Procedimento penale -Rimessione ad altro ufficio giudiziario per mancanza numero legale -Legittimit costituzionale. (cost., art. 25 cod. proc. pen., art. 70). Nel caso previsto dall'art. 70, quarto comma, c.p.p. lo spostamento di competenza dipende da fatti oggettivi e mira ad assicurare la continuit e l'efficenza della funzione giurisdizionale; detta disposizione, quindi, non contrasta con l'art. 25 Cost. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 7 luglio 1976, n. 160 -Pres. Rossi -Rel. Astuti -Chiti (n.p.). Sicurezza pubblica -Riunione in luogo pubblico -Preavviso di almeno tre giorni -Legittimit costituzionale. L'ampiezza del termine del preavviso di cui al comma terza dell'art. 17 Cast. deve essere stabilita dal legislatore ordinario; e un termine di tre giorni non irragionevole o eccessivo. (Omissis). -Con le ordinanze indicate in epigrafe viene sollevata, in riferimento agli artt. 17, terzo comma, e 21 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 18, primo e terzo comma, del r.d. 18 giugno 1931, n. 773, testo unico delle leggi di pubblica sicurezza , nella parte in cui dispone che i promotori di una riunione in luogo pubblico devono darne avviso almeno tre giorni prima al questore, comminando sanzioni per i contravventori. La disposizione impugnata confliggerebbe cor~ l'art. 17 della Costituzione, che prevede il preavviso senza imporre alcun termine dilatorio, e comporterebbe una ingiustificata limitazione delle libert di riunione e di manifestazione del pensiero; si assume al riguardo che dovrebbe essere sufficiente un preavviso comunque dato all'autorit di pubblica sicurezza in tempo utile per consentire l'adozione di eventuali provvedimenti, e che dovrebbe quindi escludersi il reato di omesso preavviso quando la detta autorit fosse stata preventivamente avvisata della riunione, indipendentemente dall'osservanza del termine di tre giorni. Poich le due ordinanze propongono la medesima questione, i giu. dizi possono essere riuniti e decisi con unica sentenza. La questione non fondata. La norma costituzionale circa l'obbligo di preavviso non esclude, anzi consente e postula la statuizione legislativa di un congruo termine, entro il quale l'autorit possa valutare l'eventuale sussistenza di motivi tali da giustificare il divieto della riunione a' sensi del terzo comma dell'art. 17, nonch adottare, ove occorra, i provvedimenti opportuni per la tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico. L'ampiezza di questo termine dilatorio deve necessariamente essere prestabilita dal legislatore, non potendosi ovviamente pretendere che sia oggetto di apprezzamento caso per caso; ed un termine di tre giorni non pu considerarsi irragionevole o eccessivo, sol che si tenga conto delle molteplici esigenze che possono presentarsi all'autorit di pubblica sicurezza, ad esempio, nei casi non infrequenti in cui riceva l'avviso di una pluralit di riunioni indette per lo stesso giorno, ovvero dell'organizzazione di un raduno con rilevante numero di partecipanti, a carattere regionale o nazionale. D'altra parte, il termine dilatorio, imposto dalla legge per le sole riunioni in luogo pubblico,_ non comporta, di per s, apprezzabile com 852 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO pre~sione delle libert costituzionali di riunione e di manifestazione del pensiero; e la sua inosservanza giustifica la sanzione penale comminata ai contravventori dal terzo comma dell'art. 18, secondo quanto la Corte ha gi avuto occasione di dichiarare con sentenza 19 giugno 1956, n. 9. I ?. CORTE COSTITUZIONALE, 7 luglio 1976, n. 164 (cam. cons.) -Pres. Rossi -Rel. Reale. I Ordinamento giudiziario Comandante di porto Giurisdizione penale i Illegittimit costituzionale. i (cast., artt. 101 e 108; cad. nav., art. 589). I Contrasta con gli artt. 101 e 108 Cast., l'art. 589 del codice della na' vigazione nella parte in cui attribuisce al comandante di porto, quale giudice di primo grado, la competenza a decidere le cause per sinistri marittimi in detto articolo elencate e il cui valore non ecceda le lire centomila (1). (1) La sentenza pubblicata in Foro it., 1976, I, 1770, con nota di precedenti. CORTE COSTITUZIONALE, 14 luglio 1976, n. 170 (cam. cons.) Pres. Rossi -Rel. Oggioni. Procedimento penale Notificazione presso il portiere Avviso a mezzo raccomandata Necessit. (cast., art. 24; cad. proc. pen., art. 169). La garanzia della difesa non osservata quando, malgrado sia possibile, adottare una forma di notificazione idonea ad assicurare l'effettiva conoscibilit dell'atto da parte del destinatario, si adotta invece altra forma di notificazione che soltanto pone in essere una presunzione legale di conoscenza. Contrasta pertanto con .l'art. 24 Cast. l'art. 169, comma terzo del codice di procedura penale nella parte in cui non prevede, quale elemento integrante e sostanziale della prima notificazione, presso il portiere o chi ne fa le veci all'imputato non detenuto, che l'Ufficiale giudiziario debba darne notizia al destinatario a mezzo di lettera raccomandata. (Omissis). -In ottemperanza al principio che la garanzia della difesa non pu ritenersi osservata quando, pur essendo possibile adottare una forma di notificazione tale da portare il contenuto dell'atto nell'effettiva sfera di conoscibilit dell'interessato, si faccia ricorso ad altra forma di notifica dalla quale deriva una presunzione legale di conoscenza, questa Corte, con la citata sentenza n. 77 del 1972, ai fini del controllo del PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE l'osservanza della garanzia di difesa, ha sostanzialmente riconosciuta l'esigenza di accertare se, comunque, la notifica fondata su presunzione legale risponda a criteri tali da realizzare il maggior numero possibile di probabilit che si verifichi la conoscenza reale dell'atto da parte del destinatario. Ci posto, anche a prescindere dalla peraltro diffusa statuizione giurisprudenziale secondo cui nel caso di cui all'articolo 169, terzo comma, l'atto validamente notificato anche se la consegna viene effettuata a mani del sostituto di fatto del portiere, con le implicazioni evidenti che dalla precariet della posizione di tale soggetto derivano in senso contrario alla piena affidabilit allo stesso della cura di interessi cos incisivi come quelli legati alla notifica di un atto penale, deve, comunque, constatarsi che, in ogni caso, la notifica al portiere rimane un mezzo alquanto incerto riguardo agli scopi da raggiungere. Anche se i portieri, ai fini dell'art. 169 c.p.p. si vogliano identificare soltanto in quelle persone alle quali affidata stabilmente la sorveglianza degli immobili secondo le norme vigenti in materia, (art. 62 t.u. leggi di p.s. e 111 e 113 del relativo regolamento) deve, tuttavia, tenersi presente che, per la brevit dei termini di impugnazione gi espressamente posta in evidenza dalla Corte, con la citata sentenza n. 77 del 1972, e la gravit delle conseguenze di eventuali e sempre possibili omissioni o ritardi, il loro intervento presenta aspetti peculiari, rappresentando esso, nell'ambito della situazione corrispondente alla norma impugnata, l'unico tramite o strumento previsto dalla legge ai fini dell'osservanza della primaria esigenza di porre comunque in essere le migliori condizioni per la conoscibilit dell'atto da parte dell'interessato. ~. pertanto, da considerare che la natura formale della notificazione non pu mai escludere il riscontro della sussistenza delle migliori condizioni per rendere possibile la conoscenza reale dell'atto da parte dell'interessato, dovendo la esigenza di certezza degli atti processuali, cui la detta natura della notifica corrisponde, accompagnarsi alle fondamentali garanzie della difesa nel processo penale poste dall'art. 24 della Costituzione. CORTE COSTITUZIONALE, 14 luglio 1976, n. 172 (cam. cons.) " Pres. Rossi -Rel. Reale. Procedimento penale Rito direttissimo Interrogatorio dell'iinputato Assistenza del difensore Necessit. (cast., art. 24; cod. proc. pen., artt. 502 e 503). Contrastano con l'art. 24 Cost. gli artt. 502 e 503 del codice di procedura penale nella parte in cui non prevedono che il difensore dell'imputato abbia il diritto di assistere al sommario interrogatorio del medesimo. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 854 CORTE COSTITUZIONALE, 14 luglio 1976, n. 173 -Pres. Rossi -Rel. Amadei -Liberatore (u.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. G. Azzariti). Reato Assicurazioni sociali -Omesso pagamento di contributi -Respon sabilit dell'imprenditore Legittimit costituzionale. (cost., art. 27; d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 20, 28, 44, 50 e 195; d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, art. 82; l. 4 aprile 1952, n. 218, art. 23; l. 11 gennaio 1943, n. 138, artt. 11 e 36; I. 14 febbraio 1963, n. 60, art. 11). Le disposizioni che fanno obbligo al datore di lavoro di provvedere al versamento di contributi previdenziali e assistenziali in relazione al personale dipendente non delineano una responsabilit oggettiva, e pertanto non contrastano con l'art. 27 Cost. (Omissis). -Si assume, dal giudice a quo, che le norme impugnate, con l'attribuire la responsabilit penale al titolare dell'azienda per l'omesso pagamento dei contributi assicurativi da esse previsti anche quando altri, dipendenti o estranei, professionalmente qualificati, siano da esso preposti agli adempimenti relativi, violerebbero il principio della per sonalit della pena previsto dall'art. 27 della Costituzione. La questione non fondata. Se pur vero che, per il principio costituzionale, ognuno chiamato penalmente a rispondere per fatto proprio, tuttavia colui al quale la legge penale impone obblighi specifici di fare o non fare risponde della inadempienza dell'obbligo stesso quando tra la sua omissione e l'evento sussista un nesso di causalit materiale, al quale si accompagni un nesso psichico (art. 40 c.p.) sufficiente a conferire alla condotta il connotato della responsabilit. Tale principio stato pi volte enunciato dalla Corte Costituzionale e, in particolare, sviluppato, tra le altre, nella sentenza n. 3 del 1956, in tema di responsabilit penale del direttore del giornale configurata nell'art. 57, n. 1, del codice penale, prima della modifica ad esso apportata dall'art. 1 della legge 6 marzo 1958, n. 127. Le disposizioni impugnate fanno obbligo al datore di lavoro di prov-. vedere al versamento dei vari contributi assicurativi e assistenziali previsti a favore del personale dipendente comminando sanzioni a carattere contravvenzionale in caso di inadempimento. Le norme in questione non delineano affatto, nella loro formulazione, una responsabilit oggettiva -come sembrerebbe ritenere il giudice a quo -per cui il titolare dell'azienda debba rispondere in ogni caso del mancato versamento dei contributi e, quindi, anche quando affidi ad altri, nel quadro organizzativo dell'azienda, il compito di materialmente provvedervi. Sulla PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE base del principio affermato dalla Corte, il titolare dell'azienda risponde" r della omissio.ne quando emerga, in relazione al fatto materialmen te commesso dal terzo, che egli non ha esercitato quel controllo necessario diretto ad impedire il verificarsi dell'evento contravvenzionale pur sussistendo in concreto la possibilit di impedirlo. Del resto la stessa giurisprudenza ordinaria ha inquadrato nei giusti limiti e per aspetti diversi la responsabilit penale dell'imprenditore quando gli obblighi che, in via generale, gli fanno, per legge, carico, siano stati ripartiti, avuto soprattutto riguardo alla vastit dell'azienda, tra i suoi collaboratori, escludendola quando risulti che nell'assegnare i vari compiti a ciascun collaboratore abbia impartito precisi ordini e valide direttive e, potendolo, abbia esercitati opportuni e adeguati controlli. Spetter, di conseguenza, al giudice di merito accertare, caso per caso, se la omissione in materia di disposizioni sull'assistenza e sulla previdenza dei lavoratori sia o meno ricollegabile alla mancanza di diligenza da parte del datore di lavoro per non aver controllato che gli adempimenti affidati a terzi siano puntualmente osservati. Qualora il collegamento sussista, v' titolo per una affermazione di responsabilit per fatto proprio, riconducibile alla colpa. D'altra parte vale rilevare che, nel caso oggetto della questione di legittimit costituzionale, il reato di natura contravvenzionale. -(Omissis). I CORTE COSTITUZIONALE, 14 luglio 1976, n. 175 Pres. Rossi Rel. Crisafulli . Ministro agricoltura e foreste per delega del Presidente del Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Fanelli), Regione Lazio e Comune di Sabaudia (avv. Selvaggi). Corte Costituzionale Conflitto di attribuzione Intervento di un comune ad adiuvandum di Regione non costituita ritualmente Inammissibilit. Regione Agricoltura Parco nazionale Attribuzioni statali Coordinamento con attribuzioni regionali in materia urbanistica. Impregiudicata restando la questione della assimibilit di interventi davanti alla Corte Costituzionale, specie nei giudizi su conflitti di attri buzione, inammissibile l'intervento ad adiuvandum di Regione resi stente non ritualmente costituitasi. Le attribuzioni statali in ordine ai parchi nazionali non si limitano agli aspetti inerenti alla materia dell'agricoltura ma interferiscono anche 856 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nella materia dell'urbanistica. Pertanto, l'adozione e l'approvazione dei piani regolatori, ove questi incidano su parchi nazionali, devono essere precedute da intese con i competenti organi dello Stato (1). II CORTE COSTITUZIONALE, 22 luglio 1976, n. 180 -Pres. Rossi -Rel.. De Stefano -Provincia di Trento e Provincia di Bolzano (avv. Guarino) e. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. AngeliniRota). Trentino Alto Adige -Governo della Repubblica -Partecipazione alle dute del Consiglio dei Ministri -Non prevista da disposizioni stituzionali. seco( d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, artt. 40 e 52; d.P.R. 1 febbraio 1973, n. 49). Trentino Alto Adige -Finanza e tributi -Concorde richiesta e accordo tra Stato e Province. (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, artt. 78 e 104; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638). La partecipazione del Presidente della Regione Trentino Alto Adige o di Presidente di Giunta provinciale alle sedute del Consiglio dei Ministri prescritta, allorch si debba deliberare circa l'approvazione di disegni di legge o di atti aventi valore di legge, soltanto dall'art. 19 del d.P.R. 1 febbraio 1973, n. 49 e non anche da disposizioni di livello costituzionale (2). La concorde richiesta, ai sensi dell'art. 104 del testo unico delle leggi costituzionali concernenti il Trentino Alto Adige, della deroga con legge ordinaria dello Stato alle disposizioni costituzionali contenute nell'art. 13 e nel titolo VI del predetto testo unico, deve essere formalmente deliberata dagli organi regionali competenti e deve essere rivolta at. legislatore ordinario. Le quote della J.G.E. e delle tasse e imposte sugli affari devolute alle province di Trento e di Bolzano devono essere stabilite annualmente d'accordo tra Governo e Presidente della giunta provinciale; pertanto costituzionalmente illegittimo l'art. 8 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638, nella parte in cui prevede che si proceda sentite le anzidette Province (3). (1-3) Le due sentenze affrontano questioni relative alla partecipazione di organi regionali a procedimenti (legislativi o amministrativi) statali: un argomento che probabilmente diverr di sempre maggiore importanza. ( 1: ~ f ~ I I - PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE I (Omissis). -Con ricorso notificato il 18 dicembre 1974 e depositato il 24 dicembre 1974, il Ministro dell'agricoltura e foreste per delega del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso da~l'Avvocato Generale dello Stato, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente della Giunta regionale del Lazio, avverso la deliberazione della Giunta regionale di approvazione, con modifiche, del piano regolatore generale del Comune di Sabaudia (LT), per contrasto con gli artt. q7 e 118 Cost. in relazione all'art. 4, lett. s) del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11, che ha operato il trasferimento alle regioni delle funzioni statali in .materia di agricoltura e foreste. L'approvazione del menzionato piano regolatore generale, che incide per gran parte sul Parco nazionale del Circeo, violerebbe la competenza statale in materia di parchi nazionali, espressamente riservata allo Stato dalla citata disposizione del d.P.R. n. 11 e prevista altres dalla legge 25 gennaio 1934, n. 285, istitutiva del Parco nazionale del Circeo. In via subordinata, la difesa dello Stato, ammesso che l'approvazione del piano regolatore generale redatto da;i comuni rientra nelle competenze urbanistiche. della Regione e che il piano non pu non comprendere anche quella parte del territorio in cui sia stato istituito un parco nazionale sostiene che, quanto meno, non possa negarsi la coesistenza di due sfere di competenza, quella statale, in materia di parchi, e quella regionale, in materia urbanistica, e che, quindi, debba intervenire tra i due enti una intesa, che, nella specie, mancata. Il Presidente della Regione Lazio si costituito in giudizio con deduzioni depositate il 19 maggio 1975, quindi oltre il termine di 20 giorni dall'ultima notificazione prescritto dall'art. 3 delle Norme integrative, chiedendo il rigetto del ricorso. intervenuto in giudizio il Comune di Sabaudia con atto depositato il 30 gennaio 1976. -(Omissis). Alla pubblica udienza, l'avvocato Carlo Selvaggi ha insistito per l'ammissibilit all'intervento del Comune di Sabaudia. Di contrario avviso si dichiarato il sostituto avvocato generale dello Stato Mario Fanelli per il Presidente del Consiglio dei ministri. Questa Corte, con ordinanza letta in udienza, ritenuto che l'intervento del Comune di Sabaudia viene prospettato come intervento adesivo nei confronti della Regione Lazio; che peraltro la Regione predetta si costituita fuori termine e non pu svolgere quindi attivit di parte in questo processo, di guisa che la difesa delle attribuzioni che si assumono costituzionalmente spettanti alla Regione verrebbe assunta da un soggetto diverso dal loro titolare, esclusivamente legittimato a ricorrere ed a resistere dinanzi a questa Corte; senza pregiudizio della pi gene RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 858 raie questione dell'ammissibilit di interventi davanti a questa Corte, specialmente nei giudizi su conflitti di attribuzione, ha dichiarato inammissibile l'intervento del Comune di Sabaudia. -(Omissis). Dalla normativa a livello costituzionale e legislativo disciplinante le materie su cui verte il conflitto dato ricavare taluni punti fermi, che si passa a specificare, quali necessarie premesse per la risoluzione del conflitto medesimo. Non vi ha dubbio, anzitutto (e lo riconosce in linea di principio la stessa difesa dello Stato) che, a norma degli artt. 117 e 118 Cost. e del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, che ebbe ad operare il trasferimento alle Regioni delle funzioni statali in materia urbanistica, alla Regione spetta (per quanto ora particolarmente interessa) il potere di approvare i piani regolatori generali (e le loro varianti), predisposti dai Comuni (art. 1, lett. d, del citato d.P.R. n. 8). Ed certo altres che, a norma dell'art. 7 della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, nel testo modificato dall'art. 1 della legge 19 novembre 1968, n. 1187, i piani regolatori generali devono comprendere la totalit del territorio comunale (larghe zone del quale, nel caso del Comune di Sabaudia, sono comprese nel Parco nazionale del Circeo). D'altro canto, le competenze statali in ordine ai parchi nazionali sono state tenute ferme dall'art. 4, lett. s, del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11, sopra menzionato: onde il conflitto di attribuzione su cui la Corte chiamata a pronunziarsi. ~ vero bens che tale riserva (che questa Corte, con sent. n. 142 del 1972, ebbe a giudicare costituzionalmente non illegittima), per la sua collocazione nel contesto del decreto, si riferisce specificamente alla materia che ne costituisce l'oggetto, cio all'agricoltura e foreste, caccia e pesca, e non trova riscontro alcuno nel decreto n. 8, che pure contiene, nell'art. 8, una elencazione di submaterie escluse dal trasferimento; ma le competenze statali in ordine ai parchi nazionali non si limitavano n si limitano agli aspetti pi strettamente inerenti alla materia anzidetta delle zone in essi incluse, comportando invece una serie di vincoli e divieti, che inevitabilmente interferiscono anche con l'urbanistica. Per convincersene, con particolare riguardo al Parco del Circeo, che viene in considerazione nel presente giudizio, basta por mente alle finalit della sua istituzione, quali enunciate nell'art. 1 della legge 25 gennaio 1934, n. 285 (tutelare e migliorare la flora e la fauna, conservare le speciali formazioni geologiche nonch le bellezze del paesaggio, promuovere lo sviluppo del turismo), nonch ai divieti stabiliti nel successivo art. 5 (ulteriormente specificati nel regolamento di applicazione r.d. 7 marzo 1935, n. 1324). Deve peraltro osservarsi che, eccezion fatta per le autorizzazioni alle costruzioni e ricostruzioni di qualsiasi genere, prevista dall'art. 3 del cit. regolamento soltanto limitatamente ad alcune localit indicate PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE nella annessa tabella, la vigente legislazione non attribuisce all'Azienda di Stato per le foreste demaniali, cui affidata la gestione tecnica ed amministrativa del Parco (art. 2 della legge n. 285 del 1934), poteri che abbiano ad oggetto l'assetto del territorio in esso rientrante. Rilievi analoghi valgono, d'altronde, anche per gli altri parchi nazionali. E poich le. competenze riservate allo Stato in ordine ai parchi nazionali sono quelle esistenti al momento del trasferimento delle funzioni alle Regioni, la conclusione (con alcune limitatissime eccezioni, tra cui, per il Parco del Circeo, quella test menzionata) che nessuna competenza suscettibile di essere qualificata, in senso proprio, urbanistica pu oggi considerarsi, relativamente ai Parchi nazionali, di spettanza dello Stato. Con il che pu spiegarsi, in qualche misura, il gi rilevato silenzio in proposito del d.P.R. n. 8 del 1972, traendosene altres il corollario che il Parco nazionale del Circeo non sottratto ai poteri regionali nella materia de qua, nessuna deroga risultando disposta al sopra rammentato principio dell'art. 7 della legge urbanistica del 1942, cos come modificato dall'art. 1 della legge n. 1187 del 1968, secondo cui i piani regolatori generali devono comprendere l'intero territorio comunale. Ma l'esercizio dei poteri urbanistici, che, alla stregua delle premesse sopra esposte, devono considerarsi trasferiti alle Regioni, incontra, per altro verso ed in forza delle medesime premesse, un limite nei diversi poteri riservati allo Stato per la tutela degli interessi pubblici cui i parchi nazionali sono istituzionalmente peordinati. Competenza regionale e competenza statale devono pertanto coordinarsi tra loro, di guisa che possa realizzarsi un giusto contemperamento delle finalit rispettive. Una tale esigenza stata, per la verit, in qualche modo avvertita dalla Giunta regionale che, nell'approvare, con modifiche, il piano regolatore generale del Comune di Sabaudia, ha vincolato quest'ultimo, in parziale accoglimento di osservazioni formulate dall'Azienda di Stato per le foreste demaniali, ad esaminare i progetti di attuazione di determinate previsioni del piano di concerto con l'Azienda medesima. Senonch, cos facendo, la Regione ha esercitato una facolt, della quale poteva avvalersi come non avvalersi (e non se n' avvalsa, infatti, per altre previsioni del piano, che pure avevano formato oggetto di osservazioni dell'Azienda e concernevano anch'esse zone comprese nel Parco): ci che si appalesa insufficiente a realizzare una efficace tutela degli interessi inerenti al Parco del Circeo, il cui soddisfacimento compito riservato allo Stato, e non pu quindi essere rimesso alla discrezionalit della Regione. Quel che necessario a tal fine , invece, che l'approvazione del piano regolatore sia condizionata, con riferimento alle parti di esso incidenti sul Parco, ad intervenute intese con il Co RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mune e, per quanto di sua competenza, con la Regione. In questo senso e nei limiti sopra indicati, il ricorso per regolamento di competenza proposto dal Ministro per l'agricoltura merita accoglimento. II (Omissis). -Va innanzi tutto, in ordine logico, presa in esame l'asserita violazione dell'art. 23, comma 2, della legge costituzionale 10 novembre 1971, n. 1, recante modificazioni ed integrazioni dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (di poi trasfuso nell'art. 52, u.c., del t.u. delle leggi costituzionali concernenti lo stesso Statuto, approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), a tenore del quale il Presidente della Giunta provinciale interviene alle sedute del Consiglio dei Ministri, quando si trattano questioni che riguardano la Provincia . Si deduce che il decreto in questione, pur facendo riferimento alle Province autonome di Trento e di Bolzano, stato deliberato dal Consiglio dei Ministri senza che alla relativa seduta partecipassero, come d'obbligo, i rispettivi Presidenti. La censura non fondata. La Corte ha gi avuto occasione di affermare che l'intervento dei Presidenti regionale e. provinciali alle sedute del Consiglio dei Ministri non pu considerarsi prescritto anche per gli atti legislativi; ed in tal snso l'invocata norma statutaria fu correttamente applicata al momento della emanazione del decreto legislativo n. 638 del 1972. Ben vero che il d.P.R. 1 febbraio 1973, n. 49, dispone ora, all'art. 19, che il Presidente della Giunta regionale del Trentino-Alto Adige e i Presidenti delle Giunte provinciali di Trento e di Bolzano devono essere invitati alle sedute del Consiglio dei Ministri quando il Consiglio chiamato ad approvare disegni di legge, atti aventi valore di legge, atti o provvedimenti che riguardano. la sfera di attribuzioni della regione e delle province; ma trattasi di norma di attuazione dello Statuto, avente carattere integrativo rispetto alla norma statutaria, e la sua entrata in vigore successiva alla emanaziqne del decreto impugnato, che, sotto tale profilo, deve essere riconosciuto immune dal dedotto vizio d'incostituzionalit. Fondata , invece, l'altra censura dedotta dalle Province ricorrenti. Con l'art. 39 della citata legge costituzionale n. 1 del 1971, stato aggiunto allo Statuto per il Trentino-Alto Adige l'art. 68-ter (di poi trasfuso nell'art. 78 del citato testo unico statutario), a tenore del quale devoluta a ciascuna provincia autonoma una quota del gettito dell'imposta generale sull'entrata, relativo al territorio regionale, e delle tasse ed imposte sugli affari non indicate nei precedenti articoli, da stabilirsi annualmente d'accordo fra il Governo e il Presidente della Giunta provinciale . Sono, cio, previste delle quote variabili ; ed in tale PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE ipotesi l'impugnato art. 8 del d.P.R. n. 638 del 1972, ai fini della corresponsione di somme sostitutive del gettito di tributi aboliti in attuazione della riforma, prevede, come dianzi ricordato, per un periodo transitorio fino al 31 dicembre 1977, un meccanismo con cui -fermi restando come base di commisurazione gli importi attribuiti, a seconda dei casi, nel 1972 o nel 1973, al titolo di quota dei soppressi tributi -si apporta una maggiorazione da determinarsi, di anno in anno, sentite le amministrazioni interessate, con decreto ministeriale. Deve convenirsi con le ricorrenti Province che la instaurata procedura per la determinazione della maggiorazione viola la richiamata norma statutaria: infatti, l dove questa colloca le Province su un piano paritetico con il Governo, ai fini del prescritto accordo circa la determinazione del quantum loro spettante, la impugnata norma del decreto delegato le degrada, prevedendo che ne sia acquisito_ soltanto il parere, e che la successiva determinazione spetti esclusivamente al Ministro per le finanze di concerto con quello per il tesoro. In contrario, dall'Avvocatura dello Stato si richiama l'art. 104 del citato testo unico statutario, che prevede la possibilit di modificare le norme del titolo VI con legge ordinaria dello Stato su concorde richiesta del Governo e, per quanto di rispettiva competenza, della Regione o delle due Province: un atto avente forza di legge ordinaria dello Stato, che incontri il preventivo consenso delle parti interessate, pu, quindi, derogare sia alla procedura dell' accordo, sia alla determinazione dei soggetti dell'accordo, fissati dall'articolo 78, ultima parte, dello stesso testo unico (ex art. 68-ter dello Statuto), che ricade appunto tra le norme del titolo VI. E si assume che, nella specie, la legge di delega n. 825 del 1971 venne approvata dal Parlamento sulla base di uno schema che ebbe l'assenso anche delle due Province, manifestato al Ministro delle finanze pro-tempore; che di essa legge fa parte l'art. 12 n. 3, che prevede l'emanazione, d'intesa con le Province, di norme ordinarie per modificare le disposizioni statutarie in materia finanziaria; che I' intesa formulata pi elastica rispetto a quella dell' accordo; che l'assenso dato dalle due Province relativamente allo schema di leggedelega originaria deve intendersi riferito anche alla successiva legge n. 321 del 1972, che della prima sostanzialmente una proroga; che, conclusivamente, l'impugnato art. 8 del decreto delegato n. 638 del 1972, perfettamente conforme alle leggi di delega, costituzionalmente legittimo. Siffatte argomentazioni non possono essere condivise. Va innanzi tutto osservato che, dalla esibita documentazione, risulta soltanto che in data 1 marzo 1971 vi fu una riunione tra rappresentanti del Ministero delle finanze, delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome, nel corso della quale gli enti interessati hanno fatto RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 862 conoscere, sia pure nelle vie brevi, di essere d'accordo in linea di massima sul testo degli emendamenti da proporre al disegno di legge sulla riforma tributaria; il che non pu certo integrare la concorde richiesta ,prevista dal menzionato art. 104 del testo unico statutario, che dev'essere invece formalmente e puntualmente deliberata dagli organi competenti, e rivolta al legislatore ordinario. N pu ritenersi che la procedura prescritta dall'art. 78 del testo unico statutario sia stata modificata dalla norma impugnata in applicazione di quanto previsto dal richiamato art. 12 n. 3 della legge di delega n. 825 del 1971. Questo articolo, infatti, fa riferimento a norme di coordinamento, da emanare, sempre nel rispetto dei princpi e delle procedure stabiliti dagli statuti speciali, d'intesa con le regioni e le province, per la disciplina definitiva dei rapporti finanziari con lo Stato; e tra tali norme non sono certo da ricomprendere quelle del decreto n. 638 che ha inteso dare semplicemente attuazione alla disciplina transitoria oggetto del successivo art. 14 della stessa legge di delega. Tanto pi ove si consideri che il comma 7 dell'art. 14 prescrive la corresponsione delle somme in questione in deroga alle disposizioni previste al n. 3 del precedente art. 12 . -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 15 luglio 1976, n. 179 -Pres. Rossi -Rel. Trimarchi -Garzia (avv. Scoca) Ottavi (avv. Basile) e altri, e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Albisinni). Imposte e tasse in genere -Possesso di redditi Redditi della moglie Imputazione al marito Illegittimit costituzionale. (cost., artt. 3, 29 e 53; t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 131 e 139; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 2, 3 e 4; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 1). Presupposto della imposizione sui redditi il legale possesso, e cio il godimento o l'amministrazione senza obbligo di rendiconto, dei redditi stessi. Contrastano con gli artt. 3, 29 e 53 della Costituzione, le norme che prevedono: l'imputazione al marito dei redditi della moglie non legalmente ed effettivamente separata ed il cumulo dei redditi di entrambi ai fini dell'applicazione dell'imposta; la soggettivit passiva del marito anche per i detti redditi della moglie e la correlativa negazione di tale soggettivit alla moglie; l'obbligo del marito di dichiarare, in unico atto, oltre ai redditi propri, anche i menzionati redditi della mogtie; l'obbligo della moglie non separata di indicare al marito gli elementi, i dati e le notizie relative ai propri redditi a lui imputabili perch egli possa effettuare la dichiarazione unica dei redditi (1). (1) Il testo integrale della sentenza pubblicato in Foro it., 1976, I, 2035, con nota di richiami cui si rinvia. Sul cumulo dei redditi nell'ambito familiare, MICHELI, Corso di diritto tributario, 1976, 383. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 863 (Omissis). - indubbio, ad avviso della Corte, che la donna coniugata (che non sia legalmente ed effettivamente separata) sia sottoposta nella materia de qua ad un trattamento giuridico diverso da quello previsto di regola per ogni altro contribuente ed in particolare per il di lei marito. Ed infatti: -pur essendo il possesso di redditi il presupposto della imposta (art. 1 del d.P.R. n. 597) e pur essendo le persone fisiche soggetti passivi dell'imposta (art. 2, comma primo), la donna coniugata (non legalmente ed effettivamente separata), la quale abbia il possesso di redditi, non soggetto passivo dell'imposta; -i redditi della moglie, che si. trovi nella ripetuta situazione, sono imputati al marito, nonostante che legalmente la donna ne abbia la titolarit ed il possesso; -il marito (e non anche la moglie non separata) tenuto a dichiarare annualmente i redditi propri, ed unitamente quelli della moglie a lui imputabili; -il reddito complessivo del soggetto passivo che costituisce la base imponibile, formato da tutti i redditi del soggetto stesso e qualora questo sia coniugato (e non sia coniuge separato), anche dai redditi della moglie; -a seguito dell'applicazione dell'imposta sul reddito complessivo del marito comprensivo dei redditi della moglie (non separata) a lui imputati, l'onere per debito d'imposta gravante sul marito viene ad es- Punto centrale della sentenza in esame l'affermazione secondo cui implicita -ed anzi coessenziale -ai criteri di progressivit (art. 53 Cost.) la necessit di un non manipolabile collegamento tra possesso di redditi e persona fisica effettiva percettrice dei redditi stessi. Di qui l'esigenza che l'IRPEF sia applicata sul reddito complessivo del soggetto... e l'esigenza che siano impedite evasioni di imposta attraverso... fittizie attribuzioni di redditi . Il principio di personalit dell'imposizione cos enunciato suscettibile di sviluppi ulteriori, in tutt'altra direzione. Gi l'art. 5 del d.P.R. n. 597 del 1973 ha previsto l'imputazione a ciascun socio, indipendentemente dall'effettiva percezione , dei redditi prodotti da societ di persone o comunque in forma associata (cfr. in precedenza l'art. 8 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645). L'enunciazione del principio di personalit potrebbe ora condurre a riconsiderare la sottoposizione a IRPEG -e quindi la sottrazione alla IRPEF -dei redditi che appaiono posseduti (art. 2 lettera d del d.P.R. n. 598 del 1973) da societ o enti di ogni tipo: .. che non hanno nel territorio dello Stato la sede legale o amministrativa n l'oggetto principale (ad esempio, Anstalten del Lichtenstein, o societ estere non aventi in Italia neppure una sede secondaria con rappresentanza stabile), e che siano in realt percepiti da persone fisiche residenti nel territorio dello Stato; salva -s'intende -la repressione di eventuali illeciti valutari. 864 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sere superiore a quello che sarebbe stato in dipendenza di distinta soggettivit e tassazione; e ci tanto nel caso di reddito complessivo inferiore a 5 milioni che in quello opposto. Esiste, pertanto, l'asserita disparit di trattamento. E tale disparit non limitata a qualche aspetto o profilo secondario della materia, n di scarsa importanza. A fronte di tale trattamento differenziato non si hanno posizioni soggettive o situazioni oggettive diverse o suscettibili d'essere ritenute tali. Sia l'uomo che la donna come cittadini, come lavoratori autonomi o subordinati, come coniugi, come contribuenti si trovano nelle medesime condizioni per ci che tutti i cittadini hanno pari dignit sociale e sono eguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, a tutti i cittadini riconosciuto il diritto al lavoro, il matrimonio ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni, il lavoratore ha diritto alla giusta retribuzione, la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parit di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore, e tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro personale capacit contributiva. E nelle normative e negli istituti afferenti a ciascuna delle ora dette materie trovano piena applicazione quelle disposizioni o quei principi, o quanto meno si hanno a riguardo di tali disposizioni o princpi univoche ed avanzate affermazioni di tendenze. La detta disparit di trattamento, d'altra parte, non si presenta adeguatamente e razionalmente giustificata n, a proposito del rapporto tra coniugi, le norme che la caratterizzano si risolvono in limiti posti all'eguaglianza in funzione della garanzia dell'unit familiare. Si sostiene, riportandosi alle disposizioni ed ai princpi di cui all'art. 53 della Costituzione, che il legislatore abbia dettato le norme in questione presupponendo o presumendo: che la capacit contributiva di due persone, coniugi non separati, sia in concreto superiore a quella delle stesse due persone che non siano coniugi, a causa della riduzione delle spese generali, della collaborazione e dell'assistenza reciproca, ecc., e che il marito, come capo della famiglia abbia la materiale disponibilit dei redditi della moglie non separata; e ritenendo di dover tutelare l'esigenza che l'IRPEF, sia applicata sul reddito complessivo del soggetto, tenendosi conto della concreta attitudine di questo a concorrere alle spese pubbliche, e l'esigenza che siano impedite evasioni di imposta attraverso fittizie intestazioni di beni e fittizie attribuzioni di redditi da un coniuge a favore dell'altro. Nella sostanza la tutela di tali esigenze merita di essere approvata. Per non si pu fare a meno di osservare che le due presupposizioni o presunzioni non sono invocabili perch la convivenza dei coniugi in PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE dubbiamente influisce sulla capacit contributiva di ciascuno di essi, ma non dimostrato n dimostrabile, anche per la grande variet delle possibili ipotesi e delle situazioni concrete (caratterizzate, tra l'altro, dalla esistenza dei figli), che in ogni caso per tale influenza si abbia un aumento della capacit contributiva dei due soggetti insieme considerati; e perch, tranne le ipotesi in cui in fatto sia il marito a poter disporre del reddito di entrambi, e quelle in cui de iure ci avviene, di regola i redditi sono prodotti separatamente e tenuti distinti ed anche quando siano posti in comune, non solo il marito a poterne disporre ma lo sono entrambi i coniugi, con un grado maggiore o minore di autonomia a seconda dei casi; e che, comunque, la posizione di capo famiglia attribuita al marito pu apparire, sotto certi aspetti, di incerta conformit a Costituzione e ad ogni modo risulta superata dalla riforma del diritto di famiglia. E del pari si deve rilevare che alle esigenze sopraddette con le norme in questione non stata data adeguata a razionale tutela perch, a parte il fatto che all'applicazione dell'imposta sul reddito complessivo di entrambi i coniugi si perviene attraverso un sistema normativo che va anche contro altre disposizioni costituzionali, si posto in essere nei confronti dei coniugi conviventi un trattamento fiscale pi oneroso rispetto a quello previsto per conviventi non uniti in matrimonio (che vengono assoggettati separatamente all'imposta, pur beneficiando degli eventuali vantaggi connessi o conseguenti alla vita in comune). Ed infine, c' da considerare che la mancata tutela egualitaria dei coniugi non il riflesso o il correlato della esistenza di norme dettate a garanzia dell'unit familiare. Ch anzi possibile riscontrare, anche per la normativa risultante dalla riforma tributaria, una scelta di politica legislativa che anche a non volerla ritenere in contrasto con gli interessi tutelati dall'art. 31 della Costituzione, di certo non pu dirsi dettata in favore della famiglia legittima. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 22 luglio 1976, n. 181 Pres. Rossi -Rel. Oggioni -Di Tommaso (avv. Ligi), Macchi (avv. Mellini) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Cavalli). Matrimonio Divorzio -Separazione di fatto iniziata prima della legge n. 898 del 1970 -Rilevanza -Legittimit costituzionale. (cost., artt. 2, 29 e 31; I. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 3). Il giudice con domanda di scioglimento di matrimonio non deve limitarsi a constatare l'esistenza del mero fatto della separazione, ma RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 866 deve accertare la cessazione della comunione materiale e spirituale come fatto permanente ed anche attuale; pertanto, l'art. 3, n. 2, lett. b della legge n. 898 del 1970 non contrasta con gli artt. 29 e 31 Cost. (Omissis). -Con la legge n. 898 del 1970, e sempre ai fini della pronuncia di scioglimento del matrimonio, la separazione tra i coniugi considerata rilevante. Ma si distingue tra separazione giudiziale pronunciata con sentenza passata in giudicato, separazione consensuale omologata e separazione di mero fatto. Ed evidente che le tre ipotesi, oltre che distinte, sono diverse, perch, mentre nelle prime due vi un momento in cui, sia pure nell'esercizio di funzioni differenti e con atti di corrispondente natura, interviene il giudice ad accertare o a prendere e dare atto che rispettivamente, in concreto, ricorrano cause di separazione personale o il solo consenso di entrambi i coniugi, nella terza ipotesi, quella della separazione di fatto, manca l'intervento del giudice. Ai fini che qui interessano, ad integrare codesta terza ipotesi, non basta il mero fatto della separazione tra i coniugi. Non si richiede, invero, che tale fatto si sia verificato e mantenuto per accordo o con il consenso dei coniugi ovvero ad iniziativa di uno solo di essi e senza l'adesione o con l'opposizione dell'altro, perch esso, nella logica della legge n. 898 del 1970, ha valore solo sul terreno probatorio come dato da cui possa desumersi, secondo l'id quod plerumque accidit, che tra i coniugi separati di fatto, sia venuta meno, in un dato momento e per un dato periodo, la comunione spirituale e materiale. Ed allora occorre che al mero fatto della separazione in concreto si accompagni ogni altro elemento che la cessazione (con la mancata ricostruzione) di detta comunione faccia apparire effettivamente avvenuta. Cos intesa la fattispecie de qua, si ha, poi, che nelle tre ipotesi sopraddette, vengono ad essere riconosciuti come essenziali, elementi che ne rendono possibile una complessiva considerazione in termini di omogeneit e di razionale assimilabilit, in funzione dell'eguaglianza di trattamento. Ed a ci non di ostacolo il disposto dell'ultima parte del primo capoverso dell'art. 3, n. 2, lett. b, l ove si dice che per la proposizione della domanda di scioglimento del matrimonio, nella separazione di fatto iniziatasi anteriormente all'entrata in vigore della legge (e da almeno due anni) i cinque anni decorrono dalla cessazione effettiva della convivenza . Tale norma, infatti, ha una sua particolare ragione di essere, giacch per la determinazione del momento finale del termine, da calco / PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE larsi a ritroso, ai fini della proposizione della domanda, non si sarebbe potuto non fare riferimento ad un elemento concreto ed esterno e facilmente dimostrabile. Ed in tal senso esaurisce la sua portata. Separazione di fatto e cessazione effettiva della convivenza non possono assumersi come fatti equivalenti: altrimenti, oltre tutto, potrebbe apparire irrazionale (e invece non lo ) il fatto che nelle due altre ipotesi il legislatore non si riferisce, e sempre allo scopo della determinazione del dies ad quem, al momento di perfezionamento (o di passaggio in giudicato) della sentenza, sibbene a quello in cui avvenuta la comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale . Riguardate alla luce delle considerazioni che precedono, le dedotte censure non sono fondate. Escluso che il mero fatto della separazione integri ed esaurisca la . fattispecie in ordine alla quale si ragiona, , del pari, da escludere che dall'accertamento del fatto derivi automaticamente lo scioglimento del matrimonio. Il giudice, adito al fine dell'accoglimento di quest'ultima domanda, deve procedere agli accertamenti occorrenti perch possa formare il proprio convincimento. E, posto che, in concreto, ricorra la condizione di ammissibilit dell'azione, cio che la cessazione effettiva della convi venza abbia avuto inizio nel tempo richiesto, il giudice ricerca gli elementi probatori necessari e sufficienti al detto fine, non limitandosi a constatare l'esistenza del mero fatto della separazione, ma valutando quegli elementi in funzione della ricerca e determinazione in concreto della cessazione della comunione materiale e spirituale, come fatto permanente ed anche attuale: ci attraverso successive fasi istruttorie e decisorie (artt. 4 e S della legge). Gli artt. 2, 29 e 31 della Costituzione non sono violati dalla norma oggetto di denuncia. I diritti inviolabili dell'uomo che la Repubblica riconosce e garantisce (art. 2) sono qui oggetto di specifica e particolare considerazione nei successivi artt. 29 e 31, per cui la Repubblica da un canto riconosce i diritti della famiglia e garantisce l'unit familiare e dall'altro agevola la formazione della famiglia. L'art. 3, n. 2, lett. b, in parte qua, della citata legge, come sopra inteso, non si pone contro i diritti della famiglia n incide o compromette l'unit familiare. La famiglia come societ naturale fondata sul matrimonio una realt sociale e giuridica che presuppone, richiede e comporta che tra i soggetti che ne costituiscono il nucleo essenziale, e cio tra i coniugi, esista e permanga la pi volte ricordata comunione spirituale e materiale. E, del pari, l'unit familiare viene a costituire il fine e il segno di tendenza di un comportamento che di quella comunione sia l'espressione. -(Omissis). 868 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 22 luglio 1976, n. 182 -Pres. Rossi -Rel. Astrati -Regione Valle d'Aosta (avv. Romanelli), Provincia di Bolzano, Provincia di Trento e Regione Sardegna (avv. Coronas), e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. G. Azzariti). Regione -Comunit economica europea -Direttive comunitarie -Persistente inadempimento da parte di Regione -Potere sostitutivo dello Stato Sussiste. (Statuti reg. Valle d'Aosta, Trentino Alto Adige e Sardegna; !. 9 maggio 1975, n. 153, art. 27; !. 22 luglio 1975, n. 382, art. 1). Dagli obblighi internazionali o comunitari consegue un generale limite alle attribuzioni di tutte le Regioni anche a statuto speciale, pur se il singolo Statuto non lo segnali in modo espresso. Le direttive comunitarie si rivolgono agli Stati e non ai soggetti dei loro ordinamenti interni; in questo quadro, allo Stato italiano attribuito il compito di adottare provvedimenti legislativi regolamentari o amministrativi idonei al raggiungimento dei risultati prescritti dalle direttive predette. Lo svolgimento di attivit amministrative pu peraltro essere affidato dallo Stato alle Regioni, restando allo Stato il potere d.i sostituzione in caso di persistente inadempimento (1). (1) Gli obblighi internazionali e comunitari e le Regioni (con riguardoalle direttive comunitarie). 1. -La sentenza in rassegna si colloca nell'alveo di un orientamento fermo e costante della Corte Costituzionale, gi emerso nelle sentenze n. 32 del 1960 (in Giur. it., 1960, I, l, 1075, con nota di CANSACCHI,. Impegni internazionali e autonomia regionale), n. 46 del 1%1 (in Far. it., 1961, I, 1044), n. 49 del 1963 (in Giur. it., 1963, I, l, 1359, con nota di GAIA), n. 21 del 1968 (in questa Rassegna, 1968, I, 163 e in Giur. cast., 1%8, 405, con nota di PALADIN, Territorio regionale e piattaforma continentale), n. 120 del 1969 (ivi, 1969, I, 805, e annotata da CATALANO in Foro it., 1969, I, 3023) e n. 142 del 1972 (in questa Rassegna, 1972, I, 1024) (1). La Corte ha nuovamente ribadito che allo Stato e solo allo Stato competono tutte le potest necessarie per lo svolgimento dei rapporti internazionali e comunitari (arg. anche artt. 80 e 87 Cost.), che all'interno dello Stato ad organismi statali devono essere riconosciuti poteri (e responsabilit) per assicurare l'adempimento pieno e tempestivo agli obblighi internazionali e comunitari, e che quindi il sorgere di obblighi internazionali o comunitari assunti (e gestiti) dallo Stato incide direttamente sul riparto tra attribuzioni (legislative e amministrative) statali e regionali, nel senso della compressione di queste ultime. Com' noto, il limite del rispetto degli obblighi internazionali stato esplicitamente stabilito persino nei riguardi delle competenze legislative esclusive (1) Le sentenze Corte giust. 17 dicembre 1970, in causa 33/70, in causa 33/70, 15 dicembre 1971, in cause 51-54/71, 21 giugno 1973, in causa 79/72, citate in motivazione, leggonsi in Foro it. 1971, IV, 97; 1972, IV, 158; 1973, IV, 129 con osservazioni di Tizzano. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 869 (Omissis). -Con i ricorsi indicati in epigrafe, le Regioni .Sardegna e Valle d'Aosta e le Province autonome di Trento e Bolzano hanno promosso la questione di legittimit costituzionale dell'art. 27 della legge 9 maggio 1975, n. 153 (attuazione delle direttive del Consiglio delle Comunit europee per la riforma dell'agricoltura), che dispone: In caso di persistente inadempimento degli organi regionali nello svolgimento delle attivit amministrative di attuazione delle direttive comunitarie di cui all'art. l, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli delle Regioni a statuto speciale (art. 3 Statuto Sardegna; art. 2 Statuto Val d'Aosta; art. 4 Statuto Trentino Alto Adige e art. 4 Statuto Friuli V.G.; sent. n. 49 del 1963 citata per la Sicilia); a fortiori deve operare nei riguardi delle altre competenze legislative regionali (CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzio~ nale, 1962, 365). Del resto significativamente simile la risposta di un ordinamento (non regionale ma) federale quale quello degli U.S.A., per quanto attiene ai riflessi dell'esercizio del treaty making power spettante all'Unione, sul riparto tra attribuzioni dell'Unione e attribuzioni dei singoli Stati federati (cfr. CoRWIN, La costituzione degli U.S.A., trad. it. 1958, 137). Nella citata sentenza n. 142 del 1972 (il brano che interessa riportato nella motivazione della sentenza in rassegna) concernente le Regioni a statuto ordinario e in particolare la legittimit costituzionale dell'art. 4 lettere b) ed m) del d.P .R. 15 gennaio 1972, n. 11, la Corte aveva indicato nello strumento della delegazione alle Regioni di funzioni amministrative (art. 118 Cost.) per loro natura statali una strada percorribile per pervenire ad un contemperamento tra la esigenza unitaria di assicurare l'ottemperanza agli obblighi internazionali e l'esigenza di rispettare il carattere regionale delle attribuzioni nella materia agricoltura e foreste . Di questa indicazione ha tenuto conto, pur in parte discostandosene, il legislatore statale, allorch ha dovuto emanare norme integrative e di attuazione alle direttive n. 72/159, n. 72/160 e n. 72/ 162 del Consiglio dei Ministri delle Comunit (in Gazzetta Ufficiale C.E., 23 aprile 1972, n. 96). * * * 2. -Giova rammentare i momenti di questa vicenda. Le direttive menzionate hanno previsto un penetrante intervento degli organismi comunitari nelle attivit legislative e amministrative di integrazione e attuazione, rimesse agli Stati membri. Tale intervento si manifesta in una sorta di partecipazione di detti organismi persino ai procedimenti legislativi degli Stati membri (analoga partecipazione prevista dall'art. 93 del Trattato CEE per i progetti diretti ad istituire o modificare aiuti). Nelle tre direttive in questione si infatti, prevista una duplice comunicazione: dapprima, gli Stati membri comunicano alla Commissione i progetti delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative che essi prevedono di adottare in applicazione della presente direttiva ; e successivamente gli Stati membri comunicano alla Commissione le disposfzioni legislative, regolamentari o amministrative di cui al paragrafo 3 (progetti comunicati) immediatamente dopo averle adottate . Quel che pi conta che l'intervento finanziario delle Comunit (attraverso il FEOGA) condizionato ad un positivo apprezzamento delle disposizioni emanate dagli Stati membri. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 870 affari esteri o del Ministro per l'agricoltura e le foreste, sentito il pre sidente della giunta regionale interessata, autorizza il Ministro per l'agri coltura e le foreste a disporre il compimento degli atti relativi in sosti tuzione dell'amministrazione regionale, proponendo, ove occorra, le op portune variazioni di bilancio. La norma denunciata violerebbe la sfera di competenza assegnata alle Regioni e Province ricorrenti, in materia di agricoltura, dagli artt. 116, 117, 118 Cost., e rispettivamente degli artt. 3, lett. d e 6 dello Statuto Cos, il disegno di legge n. 2244 (Camera dei deputati, VI legislatura) divenuto, dopo modifiche, la legge 9 maggio 1975, n. 153 stato preventivamente presentato per il parere alla Commissione delle Comunit, la quale, sulla parte del progetto riguardante la strumentazione operativa nonch la ripartizione delle funzioni fra l'amministrazione centrale e le regioni, si rigorosamente astenuta dal fare osservazioni trattandosi, in questo caso, di questioni di organizzazione interna di uno Stato membro. Sul problema dei rapporti tra Stato e Regioni vivacissimo stato, invece, proprio in occasione dell'esame del disegno di legge anzidetto, il dibattito all'interno del Parlamento nazionale. Come si legge nella Relazione di maggioranza alla Camera dei deputati (in Le leggi, 1975, 707 e segg.), tale problema ha rappresentato l'aspetto del progetto governativo pi contrastato e, perci stesso, pi lungamente discusso, prima di giungere ad una soluzione di compromesso nell'ambito della maggioranza, compromesso raggiunto sulla base del parere della Commissione Affari costituzionali della Camera . Frutto di laboriose trattative politiche sono stati sopratutto gli artt. 2, 26 e 27 della legge n. 153 del 1975; la soluzione accolta fondata su una funzione impulsiva e direttiva dello Stato, che si esprime, da una parte, nella formulazione di una normativa di principio inderogabile e, dall'altra, nella predisposizione di una normativa di dettaglio, derogabile da parte delle Regioni, nel senso che queste possono adattarla alle specifiche esigenze dei propri territori o di determinate zone agrarie, ma che fino alla emanazione di queste leggi regionali, trova regolare attuazione, in modo da consentire l'immediata e ceontemporanea applicazione, su tutto il territorio nazionale, degli interventi previsti dalle direttive. Tale soluzione sembrata, al di l di ogni strumento miracolistico, come la pi pratica e la pi rispondente allo spirito rlel nostro .ordinamento giuridico-costituzionale e dello stesso sistema comunitario (cos la test menzionata Relazione). In effetti, all'attivit legislativa (e -parallelamente -all'attivit amministrativa regionale) concernente l'attuazione delle direttive CEE, si pongono tre serie di limiti: a) limiti derivanti dalla estraneit alla competenza regionale di determinate materie (si pensi, ad esempio, al credito agrario, che, essendo inerente alla materia del credito in generale addirittura estraneo al settore dell'agricoltura, e rimane disciplinato a livello statale per la stretta correlazione con l'intera politica economico-monetaria: cfr. Corte cost. n. 142 del 1972); b) limiti derivanti dalle direttive comunitarie, alle quali tanto lo Stato quanto, e a fortiori, le Regioni debbono uniformarsi, in adempimento di un preciso obbligo internazionale; e) limiti derivanti dalla riserva allo Stato del potere di fissare i principi fondamentali che le Regioni sono tenute ad osservare. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 871 della Regione Sardegna, 2, 4 e 48 dello Statuto della Regione Valle d'Aosta, 3, terzo comma, 8 n. 21, 16, 38, 49 e 51 dello Statuto della Regioae Tren tino-Alto Adige e delle Province autonome di Trento e Bolzano. In base a queste disposizioni, l'ammissibilit di un potere di intervento sostitutivo dello. Stato per l'esercizio di funzioni amministrative in materia ri servata alla competenza primaria regionale o provinciale dovrebbe rite nersi assolutamente esclusa. Lo Stato non ha altro potere di controllo sugli atti amministrativi delle Regioni che quello previsto dall'articolo 125 In questo quadro, la legge n. 153 del 1975 ha fissato principi di grande importanza (2) -specie se si considera che essi operano anche nei confronti della competenza piena (o esclusiva) attribuita alle Regioni a statuto speciale -disponendo: 1) che le attivit legislative e amministrative necessarie per adempiere ad obblighi internazionali o comunitari non sono totalmente avocate allo Stato, .e che quindi non aprioristicamente esclusa una partecipazione, seppur limitata, delle Regioni a dette attivit; 2) che, peraltro, questa particolare attivit legislativa regionale esercitata solo successivamente all'approvazione di legge statale (assimilabile alla legge-cornice) contenente le norme di principio , e pu avere solo contenuto di dettaglio , ferme restando quelle disposizioni della legge-cornice che lo Stato stesso competente a qualificare principi fondamentali ; 3) che lo Stato pu emanare anche la normativa di dettaglio , almeno fino alla emanazione delle leggi regionali ; 4) che il controllo dello Stato sulla attivit amministrativa regionale della quale si tratta -che attivit doppiamente dovuta, nell'ordinamento internazionale (o comunitario) e in quello interno -deve essere esercitato non solamente sugli atti (art. 125 Cost.) e, in via repressiva, sull'organo Consiglio regionale (art. 126 Cost.), ma anche sulle omissioni di atti (3). In particolare, per quest'ultimo strumento di controllo, l'art. 27 citato ha disposto che in caso di persistente inadempimento degli organi regionali nello svolgimento delle attivit amministrative di attuazione delle direttive comunitarie di cui all'art. l, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per 'gli affari esteri o del Ministro per l'agricoltura e le foreste, sentito il presidente della giunta regionale interessata, autorizza il Ministro per l'agricol (2) Si pensi al vasto dibattito che si avuto in dottrina in ordine all'incidenza degli obblighi internazionali sulle attribuzioni regionali. Sull'argomento cfr. fra gli altri, PrnRANDREI, Sui rapporti tra ordinamento internazionale e ordinamento statale, in Giur. it. 1949, II, 285; CRISAFULLI, La legge regionale nel sistema dalle fonti, in Riv. trim. dir. pubbl., 1960, 280; LA PERGOLA, Note sull'esecuzione degli obblighi internazionali nelle materie di competenza del legislatore regionale, in Giur. cast., 1960, 1051; PALADIN, Sulle competenze connesse dello Stato e delle regioni, in Riv. trim. dir. pubbl., 1959, 431; MAzzIOTTI, Studi sulla potest legislativa delle regioni, 1961, 241; ROMAGNOLI, Stato, regioni e norme comunitarie in materia .di strutture agricole, in Dir. eonomia, 1970, 517; BARTOLE, Supremazia e collaborazione nei rapporti tra Stato e regioni, in Riv. trim. dir. pubbl., 1971, 89; SEVERI, Limiti alle potest regionali derivanti dagli accordi comunitari europei, in Riv. trim. se. poi. e amm., 1972 15; PANZERA, L'esecuzione dei trattati riguardanti materie attribuite alla legislazione regionale, in Riv. dir. intern., 1972, 261; CONDORELLI -STROZZI, L'Agricoltura tra CEE, Stato e regioni, 1973; VIRGA, Diritto costituzionale, 1975, 352; D'AmNA, L'autonomia legislativa delle Regioni, 1974, 100. (3) Un siffatto controllo dovrebbe essere strutturato anche per le attivit regionali dovute rispetto al solo ordinamento interno. 872 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Cost., salva la possibilit di ricorso alla Corte costituzionale nel caso di conflitto di attribuzione; l'intervento sostitutivo di organi dello Stato comporterebbe lesione gravissima dell'autonomia costituzionalmente garantita alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome, autonomia che non potrebbe essere comunque limitata o compressa anche nell'ipotesi di violazione degli obblighi internazionali, dato che n l'ordinamento italiano n l'ordinamento comunitario prevedono forme di controllo sostitutivo; unico rimedio, nel caso di atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge, sarebbe la possibilit di scioglimento del Consiglio regionale, a' sensi dell'art. 126 Cost. -(Omissis). turn e le foreste a disporre il compimento degli atti relativi in sostituzione dell'amministrazione regionale, proponendo ove occorra, le opportune variazioni di bilancio . t;: cos stato configurato un procedimento articolato nei seguenti momenti: a) istaurazione di un contraddittorio con il presidente dalla giunta regionale interessata il quale presidente deve essere sentito ; b) proposta del Ministro per gli affari esteri oppure, alternativamente, del Ministro per l'agricoltura e le foreste; e e) deliberazione del Consiglio dei Ministri configurata come autorizzazione , ma in realt atto attributivo di poteri, per cos dire commissariali, di sostituzione. * * * 3. -L'ampiezza del dibattito avutosi in occasione dell'approvazione della legge n. 153 del 1975 ha elevato la normativa in tale legge dettata sui rapporti tra Stato e Regioni a modello per successive disposizioni legislative. Cos, l'art. 1, comma terzo numero 5 della legge 22 luglio 1975, n. 382, nello stabilire criteri generali per una legislazione delegata sull'ordinamento regionale (per le Regioni a statuto ordinario), ha previsto che sar provveduto nelle materie spettanti ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, al trasferimento alle regioni delle funzioni amministrative relative all'attuazione di regolamenti della CEE e d sue direttive, fatte proprie dallo Stato con legge nella quale saranno indicate le norme di principio, prevedendosi altres, che in mancanza della legge regionale, sar osservata quella dello Stato in tutte le sue dispoI sizioni; sar prevista in materia, la facolt del Consiglio dei Ministri, previo parere della commissione parlamentare per le questioni regionali, sentita la I regione interessata, di prescrivere, in caso di accertata inattivit degli organi f regionali che comporti inadempimenti agli obblighi comunitari, un congruo ! termine alla regione per provvedere, nonch la facolt di adottare, trascorso invano il termine predetto, i provvedimenti relativi in sostituzione dall'amministrazione regionale . I Anche la disposizione test riportata ha escluso la competenza legislativa e amministrativa delle Regioni per attuare ed integrare direttive comunitarie, ! sicch esse non siano state fatte proprie dallo Stato con legge nella quale I saranno indicate le norme di principio, e ha previsto un controllo sulle inati tivit degli organi regionali che comporti inadempimenti agli obblighi comunitari . Merita peraltro sottolineare che tale strumento di controllo presenta cospicue differenze rispetto al parallelo strumento previsto dall'art. 27 della legge n. 153 del 1975: anzitutto esso pu operare le omissioni di attivit dovute senza distinzione tra attivit legislative e amministrative e senza distin PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 873 La questione non fondata. Le ricorrenti si richiamano alla garanzia costituzionale della loro autonomia nei confronti dello Stato, dimenticando che l'Italia fa parte della Comunit economica europea, e che, con l'adesione. al trattato istitutivo di questa Comunit, ha accettato, a condizioni di parit con gli altri Stati membri e per il conseguimento delle finalit ivi precisate, determinate limitazioni dei poteri sovrani dello Stato in ordine all'esercizio delle funzioni legislativa, esecutiva e giurisdizionale, quali si rendevano necessarie per la creazione di una organizzazione interstatuale, di tipo sovranazionale, concepita come stru zione tra organi regionali; e -per quanto concerne il procedimento prescritta l'assegnazione di un congruo termine alla Regione per provvedere, e, inGltre, prima di provvedere, il Governo deve sentire la Regione interessata (e non pi soltanto il Presidente della Giunta regionale), e, il parere della commissione parlamentare per le questioni regionali (4). La tematica qui esaminata stata nuovamente affrontata, poco prima dell'esaurirsi dalla VI legislatura, dal Parlamento nazionale con la legge 10 maggio 1976, n. 352 (attuazione della direttiva comunitaria n. 75/268 sull'agricoltura di montagna). Nell'art. 1 comma terzo e quarto di questa legge si stabilito: Le regioni a statuto ordinario, ai sensi degli articoli 117 e 118 della Costituzione, disciplinano entro sei mesi con proprie leggi e pongono in atto il regime di aiuti previsto dalla presente in conformit alle norme della stessa. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano provvedono, ai sensi dell'articolo 116 della Costituzione, a norma dei rispettivi statuti speciali nonch a norma della direttiva comunitaria n. 75/268/ CEE del 28 aprile 1975 . Significativo il richiamo dell'art. 118 Cost. (oltre che dell'art. 117 Cost.). letto in relazione al successivo art. 2 (della stessa legge n. 352). ove si prevedono interventi sostitutivi dello Stato hon soltanto nel caso di omissione di attivit amministrativa ma anche qualora risulti una accertata inattivit da parte degli (4) Non conformi ai criteri generali dettati dalla legge n. 382 del 1972 potrebbero essere ritenute le seguenti proposizioni normative predisposte dalla cosidetta commissione Giannini la quale ha elaborato, a livello di studi, uno scliema di decreto delegato per l'attuazione della legge predetta (pubblicato in Le regioni, 1976, 685): P .N. I Nella materia di competenza regionale, ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, l'attuazione delle direttive delle Comunit europee avverr in primo luogo mediante leggi dello Stato, destinate a individuare nella materia oggetto di ciascuna direttiva norme aventi carattere e forza di principi. Successivamente nel quadro di tali principi, spetter alle regioni disporre con opportune leggi o atti amministrativi, ai fini. dell'attuazione della direttiva. Ove il Parlamento non provveda a esaminare le leggi di cui al 1 comma della presente proposizione normativa, entro 6 mesi dalla emanazione di una direttiva, le Regioni possono adottare le relative leggi di attuazione . P.N. III Qualora si accerti che gli organi competenti di una determinata Regione omettano di assolvere i compiti di esecuzione innanzi des'-'itti, e tale inattivit comporti inadempimenti agli obblighi comunitari dello Stato, il Consiglio dei Ministri, sentita la Regione interessata e previo parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali, potr prescrivere alla Regione inattiva un congruo termine per provvedere. Trascorso invano detto termine, il Consiglio promuover! o adotter i provvedimenti occorrenti, in sostituzione degli organi regionali . 874 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO mento di integrazione tra gli Stati partecipanti, per fini comuni di sviluppo economico e sociale. evidente che queste limitazioni non possono non riflettersi anche sull'autonomia costituzionalmente riconosciuta alle Regioni e Province autonome, e ci anche in base alle espresse disposizioni statutarie che ad esse impongono, nell'esercizio delle funzioni legislative ed amministrative, il rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali della Repubblica. Al riguardo, questa Corte ha gi avuto pi volte l'occasione di dichiarare, in termini generali, che incontrovertibile il principio che organi regionali nel disciplinare con legge. Inoltre, poich la direttiva n. 75/ 268 non ha posto agli Stati membri l'obbligo (comunitario) di attuare il regime di aiuti in essa previsto, i poteri sostitutivi dovrebbero essere configurati come strumenti per ottenere l'ottemperanza delle Regioni ad un dovere verso lo Stato di operare per conseguire gli aiuti messi a disposizione della Comunit (cfr. retro, nota 3). Ci pu indurre a ritenere che il legislatore statale abbia inteso qualificare la legislazione regionale per l'integrazione e l'attuazione delle direttive -legislazione che, come si visto, pu essere solo di dettaglio e successiva alla legislazione statale -come normativa per l'attuazione di tale legislazione (art. 117 ult. comma Cost.), e qualificare le funzioni amministrative affidate alle Regioni come delegate (art. 118 comma secondo Cost.). Del resto, lo stesso art. 2 della legge n. 352 del 1976 prevede che la inattivit anche legislativa della Regione venga superata da atti del potere esecutivo dello Stato, e quindi implicitamente configura la legislazione regionale in materia come avente contenuto sostanzialmente regolamentare (in ordine alla competenza normativa di cui all'art. 117 ult. comma, cfr. PALADIN, La potest legislativa regionale, 1958, 160; LAVAGNA, Istituzioni di diritto pubblico, 1973, 299; MORTATI, I limiti della legge regionale, in Atti del III convegno di studi giuridici sulle Regioni, 1962, 56). * * * 4. -La sentenza in rassegna -che ha affrontato solo un aspetto limitato della problematica cui si fatto breve cenno (e cio solo la compatibilit dello art. 27 citato con alcune leggi costituzionali istitutive di Regioni o Province a statuto speciale) -appare, nel complesso, saggiamente cauta. Non stato affermato che l'attivit legislativa e amministrativa necessaria per adempiere ad obblighi internazionali o comunitari attribuzione propria dello Stato, anche se eventualmente in parte affidata alle Regioni nel quadro degli artt. 117 ult. comma e 118 secondo comma Cost.; non per neppure stato affermato il contrario, e cio che le Regioni conservano le attribuzioni loro assegnate dalla Costituzione (o dalle leggi costituzionali) anche in presenza degli obblighi anzidetti. La Corte ha accuratamente evitato di inquadrare la propria pronuncia in un disegno di pi ampie proporzioni, ed ha fatto un discorso in termini, potrebbe dirsi, di necessit (il Governo sarebbe completamente disarmato... ove non gli fosse riconosciuto il potere-dovere... ). Comunque, e -quel che pi rileva -anche per le materie attribuite alla competenza esclusiva delle Regioni a Statuto speciale, il legislatore statale e la Corte hanno ritagliato alcuni settori nei quali, per la presenza di I I PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 875 affida allo Stato, e solo ad esso, l'esecuzione all'interno degli obblighi assunti in rapporti internazionali con altri Stati (sentenza n. 46 del 1961); che poich soltanto lo Stato soggetto nell'ordinamento internazionale e ad esso vengono imputati giuridicamente in tale ordinamento gli atti, normativj. o amministrativi, posti in essere dalle Regioni, non pu dubitarsi della legittimit delle limitazioni che ne conseguono alla autonomia delle Regioni nell'esercizio delle loro attivit istituzionali; che pertanto, anche nelle materie di competenza primaria o esclusiva, nel necessario coordinamento degli interessi regionali con i preminenti interessi nazionali sul piano dell'unit politica dello Stato in cui le Regioni sono inserite e vivono, e sul piano delle esigenze fondamentali che informano la vita dello Stato, il rispetto degli obblighi internazionali dello Stato , per la competenza regionale, un limite indefettibile, pur se il singolo Statuto non lo segnali in modo espresso (sentenze n. 30 del 1959; n. 49 del 1963; n. 21 del 1968). Per quanto concerne in particolare gli obblighi derivanti dell'appartenenza dell'Italia alla C.E.E., non v' dubbio che le disposizioni dei re- obblighi internazionali o comunitari da rispettare, non soltanto le Regioni incontrano limiti negativi alla loro azione, ma si hanno competenze concorrenti di Stato e Regioni (ripetesi, anche a statuto speciale), e -per di pi -una posizione di sostanziale subordinazione gerarchica di queste rispetto allo Stato (5). Ed invero il potere riconosciuto allo Stato di condizionare l'attuazione della potest legislativa regionale alla previa emissione di legge statale contenente le norme di principio , e il carattere dovuto di attivit legislative e amministrative regionali con i conseguenti poteri di sostituzione attribuiti allo Stato, non appaiono meri limiti delle attribuzioni regionali. D'altro canto, la gestione dei rapporti internazionali e comunitari -che non si esaurisce nell'adempimento di obblighi -deve necessariamente essere unitaria e accentrata nello Stato. In particolare, nei riguardi del potere delle autorit comunitarie di emanare direttive, v' una porzione di sovranit dello Stato che deve essere salvaguardata. Come osservato in L'Avvocatura dello Stato (Studio per il centenario, 1976, 535) dopo l'emanazione della direttiva comunitaria rimane agli Stati membri un consistente ambito di competenze normative e amministrative, per la determinazione dei modi e dei mezzi pi idonei per il raggiungimento dei risultati nella direttiva stessa indicati e, in genere, per la determinazione, in coerenza con tali risultati, di ogni possibile aspetto della disciplina della materia trattata. Questo ambito di competenza per alcuni settori riservato e garantito agli Stati membri dagli stessi trattati istitutivi delle Comunit; ci si ha allorquando (ad esempio, in tema di diritto di stabilimento e di ravvicinamento delle legislazioni) alle istituzioni comunitarie consentito emanare direttive e non anche regolamenti. In tali settori le direttive comunita:t'i.e debbono perci limitarsi a indicare dei risultati, degli scopi, e non possono dettare una disciplina dettagliata che tolga spazio alle (5) Di gerarchia dei contenuti parla CRISAFULLI, La legge regionale nel sistema delle fonti, in Rass. J!,iur. sarda, 1961, 24 (dall'estratto). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 876 golamenti comunitari emanati a norma dell'art. 189 del Trattato di Roma abbiano piena efficacia obbligatoria e diretta applicazione in tutte le Regioni, abrogando ogni eventuale incompatibile normativa statale o regionale preesistente, e vincolino l'esercizio dell'attivit legislativa o amministrativa delle Regioni, anche a statuto speciale, secondo i principi enunciati da questa Corte nelle sentenze n. 120 del 1969, 183 del 1973 e 232 del 1975. Qualche precisazione si impone quanto all'efficacia delle direttive del Consiglio o della Commissione delle Comunit. Queste, a differenza dai regolamenti, secondo il disposto dell'art. 189 n. 3 del Trattato di Roma, vincolano lo Stato membro cui sono rivolte per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi. La Corte di giustizia delle Comunit ha con la sua giurisprudenza sottolineato l'importanza delle direttive, affermando che la loro efficacia deve essere valutata con riguardo non solo alla forma ma anche alla sostanza dell'atto ed alla sua funzione nel sistema del Trattato, e che pertanto anche le direttive possono contenere disposizioni precettive idonee a produrre effetti diretti nei rapporti tra gli Stati membri destinatari e i soggetti privati (sentenza 17 dicembre 1970 in causa 33/70). Peraltro, di regola, le direttive vengono emanate come strumenti di coordinamento ed armonizzazione della legislazione e dell'azione amministrativa degli Stati membri a cui vengono indirizzate, per il conseguimento di obiettivi comuni, che rimane affidato alla competenza degli organi nazionali quanto alla forma ed determinazioni (anche politiche) degli organi statali; osservazione -questa non puramente teorica, posto che riscontrabile una tendenza delle autorit comunitarie a rendere sempre pi dettagliate le proposizioni normative contenute nelle direttive . Ad una ricostruzione sistematica di questi rapporti Stato-Regioni dovr pervenirsi, essendo insufficiente (e troppo facile) quella fuga nella singolarit e diversit dell'ordinamento comunitario e nella necessit dell'obbedienza ai trattati, che espediente cui taluni ricorrono con l'osservare che le questioni internazionali vanno guardate e valutate, anzich dall'interno, dall'esterno dell'ordinamento statale (6) (osservazione non esatta, duplice dovendo essere l'ottica per tali questioni), ovvero con l'invocare il totem di un asserito carattere sopranazionale delle Comunit. FRANCO FAVARA (6) MONACO, L'esecuzione delle direttive comunitarie nell'ordinamento italiano, in Foro it., 1976, I, 2326. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE ai mezzi. Esse si rivolgono dunque generalmente agli Stati, non ai soggetti dei loro ordinamenti interni, e richiedono per l'attuazione nell'ambito di questi ordinamenti l'intervento degli Stati, i quali sono conseguentemente tenuti ad adottare, nei termini stabiliti dalle direttive, i provvedimenti legislativi, regolamentari o amministrativi idonei al raggiungimento dei risultati prescritti. Non solo il rifiuto, ma anche il semplice ritardo di uno Stato destinatario nell'adozione dei provvedimenti imposti da una direttiva costituisce violazione d'un obbligo comunitario imposto dal Trattato, soggetta al sindacato giurisdizionale della Corte di giustizia delle Comunit. Questa ha osservato al riguardo che l'esatta attuazione delle direttive tanto pi importante in quanto i provvedimenti d'attuazione sono rimessi alla discrezione degli Stati membri, e, ove non raggiungessero gli scopi prefissi nel termine stabilito, esse resterebbero lettera morta. Se vero che, nei confronti degli Stati membri destinatari, le direttive non sono meno vincolanti di altre norme di diritto comunitario, ci ancora pi vero per le disposizioni che fissano il termine per l'entrata in vigore delle norme contemplate (sentenza 21 giugno 1973 in causa 79/72). d'altra parte certo che i trattati comnitari prevedono esclusivamente la responsabilit degli Stati, qualunque possa essere la distribuzione delle competenze all'interno di ciascuno di essi, come la Corte di giustizia delle Comunit ha affermato in particolare nella sentenza -15 dicembre 1971 in cause 51-54/71. Per quanto concerne l'adempimento degli obblighi comunitari in materia di agricoltura da parte dello Stato e delle Regioni, giova ricordare che il legislatore italiano, in base alla riserva contenuta nell'art. 17, lett. a, della legge 16 maggio 1970, n. 281 (delega al Governo per il passaggio delle funzioni e del personale statale alle Regioni), aveva con il decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1972, n. 11 mantenuto ferma la competenza degli organi statali in ordine alla applicazione di regolamenti, direttive ed altri atti della Comunit economica europea concernenti la politica dei prezzi e dei mercati, il _commercio di prodotti agricoli e gli interventi sulle strutture agricole (art. 4 lett. b: cfr. anche art. 4 lett. a e m, ed art. 8), attuando una limitata delega alle Regioni per l'esercizio di funzioni amministrative in ordine all'applicazione dei regolamenti C.E.E. relativi alle strutture agricole e l'attuazione degli interventi conseguenti alle decisioni comunitarie (art. 13, lett. a). La legittimit di queste disposizioni, contestata da alcune Regioni, fu riconosciuta dalla Corte con sentenza n. 142 del 1972, osservando tra l'altro che ogni distribuzione dei poteri di applicazione delle norme comunitarie che si effettui a favore di enti minori diversi dallo Stato RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 878 contraente (che assume la responsabilit del buon adempimento di fronte alla Comunit) presuppone il possesso da parte del medesimo degli strumenti idonei a realizzare tale adempimento anche di fronte all'iner, zia della Regione che fosse investita della competenza dell'attuazione; e che di conseguenza, nel difetto di tali strumenti, il solo mezzo utilizzabile per fare concorrere le Regioni all'attuazione delle norme comunitarie era quello della delegazione di poteri, che appunto offre il rimedio della sostituibilit del delegante in caso di inadempimento del delegato . Dovendosi successivamente dare applicazione alle importanti diret-. tive del Consiglio delle Comunit europee numeri 159, 160, 161 del 17 aprile 1972, il disegno governativo di legge presentato alla Camera nel 1973 prevedeva l'attribuzione alle Regioni di una limitata competenza ammi ' nistrativa, delegata dallo Stato, con facolt del Ministro per l'agricoltura di provvedere sostituendosi alle Regioni in caso di inadempimento o inerzia degli organi regionali, o divergenza di valutazione con gli organi dello Stato rispetto agli obiettivi da conseguire (art. 20). Ma nella discussione alla Camera, in considerazione delle istanze prospettate dalle Regioni (oggetto gi di riserva da parte di alcuni membri della Commissione parlamentare per le questioni regionali, nel parere sullo schema del decreto delegato n. 11 del 1972), il disegno di legge fu profondamente modificato, riconoscendo alle Regioni ampia competenza legislativa ed amministrativa per l'attuazione delle direttive comunitarie, ed introducendo con la disposizione dell'articolo 27 lo strumento idoneo a consentire allo Stato di dare esecuzione agli obblighi comunitari nel caso di persistente inadempimento da parte delle Regioni. Di fatto, l'art. 2 della legge 9 maggio 1975, n. 153, dichiara che le Regioni a statuto ordinario, e rispettivamente le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano, possono con proprie leggi regolare la materia di attuazione delle direttive C.E.E. nn. 159, 160, 161 del 1972, purch in ogni caso siano rispettati i limiti stabiliti dalle direttive comunitarie stesse , e gli altri limiti ivi espressamente indicati con riguardo ai diversi tipi di autonomia. La legge contiene inoltre numerose disposizioni dirette a disciplinare i rapporti tra Stato e Regioni, l'emanazione di norme sostanziali e procedurali da parte delle Regioni, l'esercizio delle conseguenti funzioni amministrative, e fissa altres i termini per i diversi adempimenti di competenza delle Regioni a statuto ordinario o speciale e delle Province autonome. In particolare, l'art. 26 precisa che le funzioni amministrative debbono essere esercitate in conformit delle direttive espresse dalla presente legge e di quelle che saranno successivamente emanate dallo Stato con le modalit di cui dall'art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1972, PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 879'. n. 11 , ossia nell'esercizio delle funzioni di indirizzo e coordinamento attinenti ad esigenze di carattere unitario, anche con riferimento agli obiettivi del programma economico nazionale ed agli impegni derivanti dagli obblighi internazionali ed in particolare dalla Comunit economica europea. -(Omissis). Agli stessi princpi si ispira anche la delega legislativa contenuta nella successiva legge 22 luglio 1975, n. 382, ove all'art. l, terzo comma n. 5, previsto in via generale il trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative relative all'attuazione dei regolmenti e direttive della C.E.E., riservando tuttavia al Governo la facolt di intervento sostitutivo in caso di accertata inattivit degli organi regionali che comporti inadempimento agli obblighi comunitari. Le ricorrenti, pur riconoscendo il carattere vincolante delle direttive comunitarie, osservano che lo Stato non potrebbe intervenire nello svolgimento della loro attivit amministrativa senza invadere la sfera di competenza loro propria in materia di agricoltura. Ma questa &fera di competenza, come gi si rilevato, oltre ai limiti costituzionali nei confronti dello Stato incontra limiti nelle norme e direttive comunitarie, per cui nell'ambito dell'ordinamento comunitario anche le competenze primarie o esclusive dell'autonomia regionale, non meno di quelle proprie della sovranit statuale, sono soggette a modificazioni che si riflet~ tono necessariamente nelle conseguenti disposizioni di adattamento dell'ordinamento interno. N vale obiettare che la competenza per l'attuazione delle direttive comunitarie dovrebbe essere riconosciuta alle Regioni, quali organi nazionali aventi competenza a provvedere, e che lo Stato non potrebbe considerarsi l'unico ente legittimato ad assicurare l'osservanza delle direttive stesse nell'ambito dell'ordinamento interno. Per vero, a prescindere dalla possibilit di qualificare le Regioni quali organi nazionali ai sensi del disposto dell'art. 189 n. 3 del Trattato di Roma, certo che l'art. 189 dichiara le direttive vincolanti per lo Stato, e che solo allo Stato riferibile la responsabilit internazionale nel caso di violazione degli obblighi comunitari. L'intervento del Governo previsto dell'art. 27 della legge n. 153 del 1975, trova precisamente la sua giustificazione nel generale interesse nazionale ad un puntuale e tempestivo adempimento degli obblighi in questione nell'intero territorio dello Stato, in inscindibile correlazione con l'esclusiva r'sponsabilit internazionale dello Stato. Il Governo, al quale consentito di ricorrere, nelle competenti sedi, contro leggi e provvedimenti regionali illegittimi per violazione delle direttive comunitarie, sarebbe completamente disarmato di fronte alla inerzia amministrativa delle Regioni, ove non gli fosse riconosciuto il potere-dovere di intervenire in via sostitutiva, che la legge gli ha espres RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 880 samente riservato nell'atto stesso in cui attribuiva alle Regioni le funzioni amministrative di attuazione delle direttive C.E.E. Il legislatore ha regolato questo potere sostitutivo con opportune ed idonee garanzie: esso infatti previsto con espresso ed esclusivo riferimento alle attivit di attuazione delle direttive comunitarie; ammesso solo nel caso di persistente inadempimento degli organi regionali, ossia non di semplice inosservanza dei termini stabiliti dalla legge stessa, ma di inattivit protratta oltre ogni ragionevole limite, qualificabile come inadempimento; deve essere autorizzato dal Consiglio dei ministri, dopo aver sentito il presidente della giunta regionale interessata, al quale pertanto consentito di fornire ogni eventuale giustificazione ed assicurazione. Le ricorrenti prospettano la possibilit che l'intervento governativo possa verificarsi anche successivamente alla emanazione delle norme attuative e procedurali di loro competenza: ma ovvio che il Ministro per l'agricoltura, nel disporre il compimento degli atti in questione, dovr rispettare la normativa regionale legittimamente in vigore, osservando anche, nei limiti del possibile, le disposizioni di carattere procedurale. Le ricorrenti denunciano inoltre la facolt attribuita dall'art. 27 al Governo di proporre, ove occorra, le opportune variazioni di bilancio, come palese violazione della loro autonomia finanziaria. Anche questa censura non fondata, sia perch la norma consente soltanto la formulazione di proposte ai competenti organi regionali o provinciali, ai quali viene riservato il potere di provvedere in via definitiva, nelle forme pre ,,, viste dai rispettivi ordinamenti, sia soprattutto perch la norma trova giustificazione nella necessit di svolgimento di un'attivit amministrativa la quale comporta oneri di spesa anche per le Regioni, in conformit agli stanziamenti previsti dagli artt. 4 e 5 della stessa legge. Per le considerazioni suesposte, deve escludersi che la disposizione dell'art. 27 possa qualificarsi come inammissibile attentato all'autonomia, che anzi dalla legge stata riconosciuta ed arricchita con l'attribuzione di ampi poteri in ordine all'esercizio delle funzioni legislative ed amministrative comunitarie; n pu in essa ravvisarsi un precedente pericoloso per l'autonomia stessa, perch la facolt di intervento sostitutivo stata riservata al Governo con esclusivo riferimento all'attivit di attuazione delle direttive comunitarie, e trova giustificazione solo negli obblighi internazionali dello Stato e nelle connesse responsabilit. Non occorre aggiungere che il ricorso allo scioglimento del Consiglio regionale, previsto dall'art. 126 della Costituzione e prospettato dalle ricorrenti quale rimedio per il caso di persistente inattivit degli organi PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 881 regionali, non potrebbe essere considerato mezzo idoneo allo scopo che il legislatore ha inteso perseguire, che non quello di applicare una sanzione alle Regioni e Province inadempimenti, bens di assicurare il puntuale adempimento degli obblighi comunitari dello Stato. CORTE COSTITUZIONALE, 22 luglio 1976, n. 186 -Pres. Rossi -Rel. Amadei -Pilone e altri (u.p.), S.I.P. (avv. Sorrentino, Tosato e Chiomenti) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Carafa). Corte Costituzionale -Giudizi di legittimit costituzionale in via incidentale -Procedimento cautelare dinanzi al giudice a quo --Emissione del provvedimento cautelare Esaurisce il potere giurisdizionale. (I. cost. 9 febbraio 1948, art. l; c.p.c. art. 700). Con l'emissione del richiesto provvedimento cautelare (nella specie, ex art. 700 c.p.c.) si esaurisce il procedimento dinanzi al giudice competente per detto provvedimento, ed conseguentemente inammissibile la questione di legittimit costituzionale dallo stesso giudice sollevata (1). (1) La sentenza n. 221 del 1972, richiamata in motivazione, in questa Rassegna, 1973, I, 119, con nota di richiami, ed in Foro it., 1973, I, 307, con osservazioni di ANDRIOLI. Le sentenze n. 117 del 1973 e n. 135 del 1975 sono in Foro it., 1974, I, 1 e 1975, I, 1901. I CORTE COSTITUZIONALE, 22 luglio 1976, n. 190 -Pres. Rossi -Rel. Crisafulli -Provincia di Bolzano (avv. Piras) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. G. Azzariti). Trentino Alto Adige -Incremento della produzione industriale Energia elettrica -Localizzazione impianti Attribuzione statale. (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, artt. 9, 10, 55, 56, 87 e 97; I. 18 dicembre 1973, n. 880). La attribuzione della provincia di Bolzano in materia di incremento della produzione industriale non si estende ai programmi di sviluppo di un'industria nazionalizzata,' la provincia predetta non ha competenze in materia di localizzazione di centrali elettriche ed elettronucleari. Restano peraltro salve le attribuzioni della provincia nelle materie della urbanistica, dell'igiene e sanit, e della tutela del paesaggio e del patrimonio artistico. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO II CORTE COSTITUZIONALE, 3 agosto 1976, n. 217 -Pres. Rossi -Rel. De Stefano -Provincia di Bolzano (avv. Guarino) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. G. Azzariti). Trentino Alto Adige Energia elettrica Provvedimenti C.I.P. Devono far salva attribuzione provinciale. (d.P.R. 31 agosto 1972, D.. 670, art. 13). Spetta alla Provincia di Bolzano stabilire, nel suo mbito territoriale, le tariffe di utenza dell'energia elettrica per i servizi pubblici e le categorie di utenti determinati con sua legge in applicazione dell'art. 13, primo e secondo comma del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670; e siffatta competenza deve essere rispettata dallo Stato, allorch disciplina, mediante i provvedimenti C.I.P., i prezzi e le tariffe dell'energia elettrica per tutto il territorio nazionale. I (Omissis). -Come si sopra ricordato, al punto 1, il ricorso della Provincia di Bolzano muove dall'assunto dell'applicabilit dell'intera legge del 1973 alla Provincia medesima, e dell'applicabilit, altres, della stessa alle Regioni a statuto speciale, salvo che in ordine al procedimento di cui all'art. 3, facendone anzi motivo di specifica doglianza. Ma la censura non fondata, perch erronea ne la premessa. Deve infatti ritenersi che le due Provincie di Bolzano e di Trento siano implicitamente incluse nella formula dell'art. 3 (fatti salvi i poteri delle Regioni a statuto speciale), in considerazione delle analoghe caratteristiche che contrassegnano le Regioni a statuto speciale e le due Provincie in cui si articola quella del Trentino-Alto Adige: identicamente dotate, le une come le altre, di autonomia garantita da statuti differenziati, adottati con leggi costituzionali. N alla collocazione topografica della riserva, formulata, come gi detto, nell'art. 3 anzich in apertura della legge, pu darsi un peso eccessivo, restringendone illogicamente la portata: tanto pi che l'articolo 3 inscindibilmente connesso con le altre disposizioni che nella medesima legge lo precedono e Io seguono. D'altronde, una conferma dell'interpretazione che correttamente deve darsi della salvezza dei poteri delle Regioni a statuto speciale (e PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE quindi anche, come rilevato, delle Provincie di Bolzano e di Trento) si ricava dalla pi volte citata legge n. 393 dl 1975, disciplinante materia analoga (ed in parte la stessa materia), che -con identica formula zione -ha sicuro riferimento, nel suo art. l, sia alle Regioni a statuto speciale sia alle Provincie di Bolzano e di Trento. Conseguentemente anche negli artt. 4, terzo comma, e 5, primo com ma, i riferimenti testuali al presidente della Regione interessata vanno letti, per la Provincia di Bolzano, come aventi riguardo al Pre sidente della stessa. Ma la Provincia di Bolzano non ha competenze in materia di pro grammazione della costruzione di centrali elettriche e loro insediamento, materie certamente riservata allo Stato perch attinente ad esigenze uni tarie e strumentalmente collegata alla nazionalizzazione dell'attivit di produzione e distribuzione dell'energia elettrica, che rientra nell'ambito della riserva di legge statale posta dall'art. 43 della Costituzione. In questo senso, la giurisprudenza di questa Corte ha pi volte avuto occasione di pronunciarsi, anche nei confronti di Regioni a statuto specile, compreso il Trentino-Alto Adige (sent. n. 13 del 1964, nn. 79 e 118 del 1966 e n. 91 del 1967). Che restino salvi i poteri della Provincia significa invece e soltant che, laddove la normativa della legge impugnata (per la parte ancora in vigore dopo le ricordate modificazioni introdotte dalla successiva legge del 1975), venga ad interferire in materie di competenza della Provincia stessa continuano ad avere applicazione, nell'ambito territo riale della medesima, le disposizioni sostanziali e procedimentali da essa emanate (ovviamente, se ed in quanto rispettose dei limiti costituzio nalmente prescritti). Il che vale per le competenze provinciali in materia di urbanistica e piani regolatori di tutela del paesaggio e del patrimo nio artistico e popolare e di igiene e sanit; ma non vale per quella concernente l'incremento della produzione industriale (di cui all'art. 9, n. 8, del testo unificato dello Statuto), che ha un ambito pi circoscritto e non si estende di certo a tutto quanto attiene all'industria, e meno che mai ai programmi di sviluppo di un'industria nazionalizzata qual' quella di produzione dell'energia elettrica. Altrimenti detto, mentre da un lato restano legittimamente fermi i poteri dalla legge attribuiti ad organi statali ed i compiti dalla stessa affidati all'Enel quanto alla individuazione delle aree geografiche del territorio nazionale destinate ad accogliere gli insediamenti delle, cen trali, alla approvazione dei relativi progetti ed alla autorizzazione alla costruzione (o ampliamento) ed all'esercizio (sotto l'aspetto tecnico-economico), rimangono d'altro lato fermi anche i poteri che le leggi provinciali riservano alle autorit locali quanto alla formazione dei piani regolatori e relative varianti, alle licenze edilizie che si rendano neces RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 884 sarie, ad eventuali autorizzazioni paesaggistiche e via dicendo, cos come nella costruzione delle opere dovranno osservarsi le norme di leggi della provincia disciplinanti le cautele contro il rischio di inquinamenti. (Omissis). II (Omissis). -Trattasi di una competenza che non ha -in analogia a quanto gi affermato dalla Corte con la ricordata sentenza, a proposito della Regione, sulla base della normativa allora vigente -carattere generale, nell'mbito del territorio provinciale, ma rimane circoscritta a determinate categorie di utenti. In proposito va precisato che le tariffe, con le consentite riduzioni rispetto a quelle C.I.P., sono fissate per categorie di utenti, indipendentemente dalla provenienza dell'energia distribuita. Invero, la ratio della fornitura gratuita alla Provincia, desumibile dal precetto statutario, quella di consentire una riduzione di tariffa per intere categorie omogenee di utenti, non certo di instaurare ingiustificati privilegi in favore solo di alcuni nella cerchia di una stessa categoria, mediante una differenziata distribuzione. Questa sarebbe, sotto un profilo tecnico, di impossibile attuazione pratica, dovendosi far coesistere due diverse tariffe, entrambe destinate alla stessa categoria di utenti, a seconda della provenienza dell'energia loro distribuita; ma, pur se attuabile, riuscirebbe soprattutto contraria 'al principio di eguaglianza del trattamento. Anche l'art. 14 delle citate norme di attuazione, nel confermare che spettava (allora) alla Regione di determiI\,are il prezzo di cessione agli utenti dell'energia ad essa (allora) for~ita, aveva stabilito che ci dovesse farsi evitando comunque di creare sperequazioni fra cittadini. D'altronde, il legame tra le tariffe ridotte per determinate categorie di utenti ed energia gratuitamente fornita alla Provincia reso palese dal meccanismo compensativo introdotto con la citata legge provinciale n. 18 del 1972. -(Omissis). Conclusivamente, i provvedimenti C.I.P. riguardanti la disciplina dei prezzi dell'energia elettrica, trovano applicazione nell'mbito del territorio della provincia di Bolzano, innanzi tutto come parametro di riferimento, ai sensi dell'art. 13, comma secondo, del testo unico statutario, nonch della stessa legge provinciale n. 18 del 1972; ed inoltre devono essere osservati nei confronti di quegli utenti che non rientrino nei servizi pubblici e nelle categorie, che spetta alla Provincia determinare con sua legge, ai sensi del primo comma dello stesso art. 13. Ma non possono estendere la loro efficacia oltre tali limiti, dovendosi rispettare nella materia de qua la competenza della Provincia statutariamente garantita. (Omissis). PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 22 luglio 1976, n. 191 -Pres. Rossi -Rel. Astuti . Regione Lombardia (avv. Pototsching) Regione Toscana e Regione Emilia Romagna (avv. Cheli), e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Azzariti). Regione Funzione di indirizzo e coordinamento Convenzioni ospedaliere -Potere di emanare schemi di convenzione Spetta allo Stato. (cost., artt. 117 e 118; I. 17 agosto 1974, n. 386, art. 18). Il legislatore statale ordinario pu prevedere modalit di esercizio della funzione statale di indirizza e coordinamento della attivit amministrativa attribuita alle Regioni a statuto ordinario diverse da quelle previste dai decreti legislativi (del 1972) di trasferimento di attribuzioni statali a dette Regioni. La menzionata funzione di indirizza e coordinamento pu essere esercitata anche mediante atti dettagliati e vincolanti. Spetta pertanto allo Stato emanare gli schemi di convenzione previsti dall'art. 18 del d.l. 8 luglio 1974, n. 264, convertito con modificazioni nella l. 17 agosto 1974, n. 386, schemi emanati con il decreto ministeriale 30 giugno 1975 ed approvati dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 1 luglio 1975. Peraltro, nella stipula delle convenzioni in conformit agli schemi ministeriali, le regioni, fermo il rispetto delle clausole essenziali rispondenti alle esigenze di uniformit di criteri che sono state qui sopra ricordate, potranno discrezionalmente integrare il contenuto normativo con ulteriori e non incompatibili clausole regolatrici dei diversi rapporti, secondo le particolarit delle singole situazioni concrete. (Omissis). -Con i ricorsi indicati in epigrafe le Regioni EmiliaRomagna, Lombardia e Toscana hanno sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione al decreto del Ministro per la sanit in data 30 giugno 1975, con il quale, in esecuzione del disposto degli articoli 12 e 18 del decreto-legge 8 luglio 1974, n. 264, convertito con modificazioni, nella legge 17 agosto 1974, n. 386, sono stati emanati quattro schemi di convenzione tra le regioni e le cliniche universitarie, gli istituti di ricovero e cura riconosciuti a carattere scientifico, gli istituti ed enti ecclesiastici civilmente riconosciuti che esercitano l'assistenza ospedaliera, gli istituti ed enti di cui alla legge 26 novembre 1973, n. 817, e le case di cura private; schemi approvati dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 1 luglio 1975. -(Omissis). Secondo un primo motivo, comune ai tre ricorsi, rispetto alle funzioni amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera, trasferite alle regioni a statuto ordinario, la residua funzione di indirizzo e coordinamento delle attivit attinenti ad esigenze di carattere unitario, riservata allo Stato dali'art. 17, primo comma, lett. a, della legge RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 886 16 maggio 1970, n. 281, sarebbe disciplinata in via generale dalla disposizione dell'art. 8 del d.P;R. 14 gennaio 1972, n. 4, comune ai decreti delegati di trasferimento, in base alla quale detta funzione deve essere esercitata, fuori dei casi in cui si provveda con le$ge o con atto avente forza di legge, mediante deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, d'intesa con il Ministro o i Ministri competenti. L'art. 18 della legge 17 agosto 1974, n. 386, richiedendo per gli schemi di convenzione ivi previsti l'approvazione da parte del Consiglio dei Ministri a' sensi del ricordato art. 8 del d.P.R. n. 4 del 1972, avrebbe esplicitamente ricondotto tale approvazione alla funzione di indirizzo e di coordinamento, ed implicitamente riconosciuto <:he le convenzioni da stipularsi dalle regioni ricadono nella competenza regionale di esercizio delle funzioni trasferite a norma dell'art. 17, lett. a, della legge n. 281 del 1970. Nel caso di specie, il Consiglio dei Ministri sarebbe stato invece chiamato solo ad aggiungere la propria approvazione ad un atto gi emanato dal Ministro per la sanit, senza previa proposta da parte del Presidente del Consiglio, con aperta violazione delle forme richieste per l'esercizio da parte dello Stato della funzione di indirizzo e coordinamento in materia di sicura spettanza regionale in base all'art. 117 Cost., con illegittima invasione della sfera di competenza amministrativa garantita alle Regioni ricorrenti. -(Omissis). Peraltro, nella specie la denunziata violazione non sussiste. Occorre, infatti, ricordare che la delega legislativa contenuta nell'art. 17, primo <:omma, lett. a, della legge n. 281 del 1970, e il d.P.R. n. 4 del 1972 emanato in base a tale delega, concernono espressamente il trasferimento alle regioni delle funzioni amministrative gi esercitate in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera dagli organi centrali e periferici dello Stato>>, rispetto alle quali l'art. 8 del d.P.R. n. 4, (ora abrogato e sostituito dall'art. 3 della legge 22 luglio 1975, n. 382), disciplinava l'esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento da parte dello Stato. Il decreto ministeriale di cui causa non ha ad oggetto funzioni statali gi trasferite alle regioni, bens attribuzioni che erano proprie di una serie di istituti ed enti nazionali, ai quali la legislazione previgente affidava compiti di assistenza contro le malattie, e che solo il decreto-legge .8 luglio 1974, n. 264, convertito nella legge 17 agosto 1974, n. 386, ha assegnato alle regioni. Giova precisare al riguardo che il legislatore, in vista della riforma sanitaria generale che dovr attuare un sistema di sicurezza sociale secondo le previsioni programmatiche della legge 27 luglio 1967, n. 685, (cap. VII, artt. 70 e seguenti), dopo avere emanato la legge 12 febbraio 1968, n. 132, sull'assistenza ospedaliera pubblica, affidata alle regioni sotto l'alta sorveglianza del Ministero della sanit per la tutela degli interessi generali dello Stato (art. 15), e dopo aver provveduto con il d.P.R. n. 4 del 1972 a trasferire alle regioni le fun-,,~: i~ .. . Ir: ~ PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 887 zioni amministrative statali in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera, (mantenendo ferme, tra l'altro, all'art. 4, le attribuzioni degli organi dello Stato in ordine agli enti ed istituti pubblici a carattere nazionale o pluriregionale operanti in detta materia), con il provvedimento legislativo del 1974, dianzi ricordato, ha dettato un complesso di norme per l'estinzione dei debiti degli enti mutualistici nei confronti degli enti ospedalieri, il finanziamento della spesa ospedaliera, e l'avvio della riforma sanitaria. -(Omissis). chiaro che il legislatore, nell'atto con cui trasferiva alle regiom i compiti in materia di assistenza ospedaliera gi pertinenti all'INAM, all'ENPAS ed altri istituti ed enti previdenziali, oltre a mantenere temporaneamente in vita le convenzioni stipulate da detti istituti ed enti, ha espressamente disposto che le nuove convenzioni dovessero essere stipulate dalle regioni sulla base di schemi emanati nel modo previsto dal secondo comma dell'art. 18. Il procedimento ivi stabilito bens parzialmente diverso da quello previsto dall'art. 8 del d.P.R. n. 4 del 1972 per l'esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento, ma sembra ovvio rilevare che trattasi di compiti diversi dalle attribuzioni amministrative gi trasferite alle regioni a statuto ordinario con detto decreto legislativo. Soprattutto, la differenza del procedimento giustificata dalla speciale natura dell'atto: trattandosi di emanare schemi di convenzione, oppor-. tunamente stato stabilito ch'essi fossero predisposti ed emanati dal Ministro della sanit, di concerto con i Ministri del tesoro e del lavoro e previdenza sociale, sentite le regioni, e quindi sottoposti all'approvazione del Consiglio dei Ministri. Anche il richiamo dell'art. 18, secondo comma, all'art. 8 del d.P.R. n. 4 del 1972, valido come riferimento alla funzione statale di indirizzo e coordinamento per esigenze di carattere unitario, non pu essere considerato vincolante quanto al modo di esercizio di detta funzione, oggetto nello stesso articolo della nuova legge di espressa disciplina difforme in relazione a quel particolare tipo di provvedimento. Queste considerazioni consentono di concludere che il decreto ministeriale di cui si contende non viziato da violazione di norme sul procedimento o sulla competenza, idonea a determinare lesione della sfera di. attribuzione costituzionalmente garantita alle regioni dagli artt. 117 e 118 della Costituzione. Con un secondo motivo, anch'esso comune ai tre ricorsi, si osserva che gli schemi di convenzione previsti dal ricordato art. 18, essendo ema nati nell'esercizio della funzione statale di indirizzo e coordinamento, avrebbero dovuto contenere soltanto le direttive o i criteri generali ne cessari per coordinare ed uniformare, quanto al regime delle nuove con venzioni di assistenza ospedaliera, le attivit amministrative delle regioni attinenti ad esigenze di carattere unitario; mentre gli schemi ministe 5 888 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO riali, con una disciplina minuziosa delle clausole delle convenzioni avrebbero praticamente vanificato la competenza regionale, imponendo alle regioni di stipulare convenzioni gi interamente predeterminate nel loro contenuto dispositivo. Anche questo motivo non fondato. Come gi si dianzi avvertito, la legge 17 agosto 1974, n. 386, con le disposizioni degli artt. 12-18 ha attuato e disciplinato il trasferimento alle regioni, a statuto ordinario come a statuto speciale, dei compiti anteriormente svolti in materia di assistenza ospedaliera dagli enti mutuo-previdenziali, disponendo che le relative prestazioni vengano erogate dalle regioni sia avvalendosi degli enti ospedalieri, sia ricorrendo, mediante convenzioni, ad altri istituti o presidi di ricovero e cura pubblici e privati appartenenti alle categorie elencate nel primo comma dell'art. 18. Lo stesso art. 18 ha stabilito che dette convenzioni debbono essere conformi agli schemi predisposti dal Ministro della sanit ed approvati con il procedimento previsto nel secondo comma: la emanazione di questi schemi di convenzione a cui tutte le regioni sono tenute ad uniformarsi stata dunque voluta dal legislatore non gi come limitazione delle funzioni amministrative gi spettanti alle regioni, bens come specifico limite contestuale al trasferimento dei compiti di assistenza ospedaliera degli istituti ed enti previdenziali o mutualistici di cui all'art. 2, a carattere nazionale o pluriregionale; istituti ed enti rispetto ai quali l'art. 4 del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, aveva mantenuto ferme, in attesa del loro riordinamento con legge dello Stato, le attribuzioni degli organi statali, e solo l'art. l, pri- mo comma, lett. b), della legge 22 luglio 1975, n. 382, prevedere .il trasferimento alle regioni delle funzioni non ancora trasferite, inerenti alle materie indicate nell'art. 117 della Costituzione. Imponendo alle regioni il temporaneo rispetto delle convenzioni preesistenti e la stipula di nuove convenzioni in conformit agli schemi ministeriali, la legge non ha certamente determinato lesione delle competenze legislative ed amministrative attribuite alle regioni in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera dagli artt. 117 e 118 della Costituzione; di fatto, n le regioni ricorrenti n altre regioni promossero a suo tempo questione di legittimit del decreto-legge n. 264 e della relativa legge di conversione n. 386 del 1974, a' sensi dell'art. 2 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e dell'art. 32 della legge 11 marzo 1953, n. 87. Solo ora, nella memoria prodotta in causa dalla Regione Emilia-Romagna, si asserisce che, ove la disciplina posta nel decreto-impugnato dovesse essere considerata una corretta attuazione del disposto dell'art. 18, occorrerebbe allora sollevare la questione di legittimit costituzionale di questa norma, per violazione degli artt. 117 e 118 Cast., con riferimento all'art. 17, lett. a, della legge n. 281 del 1970 e all'art. S: I I! PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE del d.P.R. n. 4 del 1972; questione che viene prospettata sotto un triplice profilo, per pretesa 'incompatibilit tra la funzione di indirizzo e coordinamento e la previsione di schemi di convenzione dettagliati e vincolanti, per la conseguente espropriazione del potere amministrativo regionale, per violazione del principio di legalit, non essendo state preliminarmente indicate in sede legislativa le esigenze di carattere unitario giustificative del provvedimento ministeriale. Questione peraltro di cui si rileva la manifesta infondatezza, perch le esigenze di carattere unitario idonee a legittimare le disposizioni degli artt. 12 e 18 della legge n. 386 del 1974 non avevano certo necessit di una espressa declaratoria da parte del legislatore, dato che trattavasi di sostituire le regioni nei compiti di assistenza ospedaliera dell'INAM e dell'ENPAS, per tacere degli altri istituti ed enti a carattere nazionale o interregionale, e quindi di assicurare nelle diverse regioni alla generalit dei lavoratori, dipendenti pubblici o privati,, le medesime forme di assistenza, sulla base di una effettiva eguaglianza di trattamento, e di stabilire altres criteri uniformi per la determinazione e ripartizione dei costi ed oneri diretti e indiretti relativi al ricovero, all'assistenza, ad eventuali prestazioni integrative a carico degli assistiti. Come questa Corte ha gi avuto occasione di dichiarare, quando con gli interessi regionali concorrano o possono confliggere interessi di dimensione ultra-regionale o, come nel caso presente, di carattere generale, nazionale, in piena coerenza con il disegno costituzionale e senza lesione delle competenze regionali il rispetto delle esigenze unitarie garantito dai principi fondamentali stabiliti nelle leggi dello Stato per quanto riguarda la potest legislativa, dalla funzione statale di indirizzo e coordinamento per quanto riguarda la potest amministrativa (sentenze n. 39 del 1971, n. 138 e 140 del 1972). Anche l'asserita incompatibilit obiettiva tra la funzione di indirizzo e coordinamento e la emanazione di schemi di convenzione a contenuto vincolante, per cui avverrebbe sottratto alle regioni l'effettivo esercizio della loro potest amministrativa, non sussiste di fatto nel caso particolare di cui qui si discute. Senza indugiare sulle varie concezioni prospettate dalla dottrina circa il fondamento e contenuto dei poteri riservati allo Stato in ordine all'esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento delle attivit regionali attinenti ad esigenze di carattere unitario, sembra incontestabile che questa funzione -la cui riserva allo Stato rappresenta il risvolto positivo di quel limite generale del rispetto dell'interesse nazionale o di altre regioni, che l'art. 117 prescrive alla legislazione regionale (sentenza n. 39 del 1971) -possa essere attuata in concreto con varie forme di esercizio, in relazione alla diversit delle esigenze cui lo Stato deve soddisfare, per la tutela degli interessi generali. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 890 Nella concreta fattispecie in esame, risulta evidente l'opportunit, riconosciuta dal legislatore, di evitare che nella stipula delle convenzioni per l'assistenza ospedaliera le singole regioni, anche a statuto speciale, potessero adottare criteri o perseguire scopi suscettibili di ledere le esigenze unitarie gi ricordate. Ci tanto pi considerando che trattasi d'un regime a carattere temporaneo e transitorio, di avvio alla riforma sanitaria generale, in vista della quale la stessa legge n. 386 del 1974 ha predisposto la possibilit di estensione dell'assistenza ospedaliera anche ai soggetti non assistibili dagli istituti ed enti mutuo-previdenziali, mediante la facoltativa iscrizione in appositi ruoli, secondo le modalit stabilite dall'art. 13. Riconosciuta l'infondatezza del dubbio circa la legittimit della previsione normativa contenuta negli artt. 12 e 18 della legge n. 386 del 1974, si deve obiettivamente escludere che il Ministro della sanit ed il Governo, nel predisporre ed approvare gli schemi di convenzione emanati con l'impugnato decreto 30 giugno 1975, abbiano violato le disposizioni dell'art. 18, primo comma, o ecceduto rispetto al potere loro conferito dalla legge, nella formulazione del contenuto di detti schemi. In ossequio al dettato legislativo, sono stati formati, in relazione al tipo di assistenza erogata, quattro distinti schemi di convenzione, per regolare, rispettivamente, i rapporti tra regioni ed universit; tra regioni ed istituiti di ricovero e cura riconosciuti a carattere scientifico, distinguendo tra quelli .aventi personalit giuridica di diritto pubblico e di diritto privato; tra regioni ed istituti o enti di cui alle leggi 12 febbraio 1968, n. 132 (art. 1, penultimo comma), e 26 novembre 1973, n. 817, per i dipendenti ospedali classificati; tra regione e case di cura private, o presidi di ricovero e cura non classificati, dipendenti dagli istituti ed enti di cui alle citate leggi n. 132 del 1968 e 817 del 1973. -(Omissis). Gli schemi contengono dunque le condizioni essenziali del regolamento dei rapporti convenzionali, per quanto attiene da un canto alle eguali esigenze di cura e tutela degli assistiti, e dall'altro alla fissazione di criteri uniformi per l'accertamento e l'attribuzione degli oneri finanziari dell'assistenza ospedaliera. Pi complesso risulta lo schema di convenzione con le case di cura private, al quale sono allegati criteri di classificazione per la loro attribuzione, in base ai servizi, impianti, attrezzature di cui sono dotate, a quattro distinte fasce funzionali, ai fini della corresponsione delle diarie di degenza e dell'eventuale compenso ai sanitari. Ma anche questa particolare disciplina, nella quale le regioni ricorrenti ravvisano una indebita invasione della loro competenza sull'ordinamento delle case di cura private, trova puntuale giustificazione nell'intento di assicurare uniformit di assistenza e corrispondenza dei relativi oneri alle effettive prestazioni, anche quando le regioni ravvisino i'ARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE la necessit, per esigenze del servizio ospedaliero, di ricorrere a convenzioni con case di cura private in possesso dei requisiti previsti dalla legge 12 febbraio 1968, n. 132, come espressamente loro consentito dall'art. 18, primo comma, della legge n. 386 del 1974. N pu dirsi che la statuizione di criteri per l'attribuzione delle case di cura alle quattro fasce funzionali sia lesiva della competenza trasferita alle regioni dagli artt. 1 e 2 del d.P.R. n. 4 del 1972, dato che in base all'art. 6, n. 6, dello stesso decreto rimasta ferma la competenza degli organi statali in ordine alla normativa tecnica relativa alle case di cura private. Poich la legge aveva disposto l'emanazione di schemi di convenzione, a cui le regioni debbono uniformarsi nel regolamento dei rapporti di assistenza ospedaliera, si deve riconoscere che questi schemi non avrebbero potuto essere formulati in modo sostanzialmente diverso: le reg_ioni ricorrenti assumono che gli schemi avrebbero dovuto contenere soltanto indirizzi o direttive generali, per orientare l'azione regionale in ordine ai fini fondamentali da perseguire , ma sembra ovvio osservare che una siffatta limitazione palesemente contrasta con il normale contenuto tipico d'uno schema di convenzione. D'altra parte, nella, stipula delle convenzioni in conformit agli schemi ministeriali, le regioni, fermo il rispetto delle clausole essenziali rispondenti alle esigenze di uniformit di criteri che sono state qui sopra ricordate, potranno discrezionalmente integrarne il contenuto normativo con ulteriori e non incompatibili clausole regolatrici dei diversi rapporti, secondo le particolarit delle singole situazioni concrete. Anche sotto questo profilo si deve dunque escludere che l'emanazione degli schemi di convenzione previsti dagli artt. 12 e 18 della legge n. 386 del 1974 abbia determinato illegittima lesione delle attribuzioni amministrative delle regioni. Conseguentemente a quanto gi si osservato, deve riconoscersi l'infondatezza anche dell'ultimo motivo dei ricorsi, con il quale si assume che il decreto ministeriale impugnato contrasterebbe con le leggi regionali gi in vigore, perch gli schemi di convenzione contengono una normativa parzialmente difforme, e ci proprio laddove le regioni hanno provveduto, per quanto di loro competenza, a dare attuazione alla 386 . Deve rilevarsi al riguardo che le tre regioni ricorrenti hanno fatto nelle loro leggi espresso riferimento alle disposizioni degli artt. 12 e 18 di detta legge (contro la quale non avevamo promosso giudizi di impugnazione diretta), proprio in vista della loro puntuale applicazione anche per quanto concerne il subingresso nelle convenzioni in atto e la stipula delle nuove convenzioni in conformit agli schemi ministeriali. Cos, la legge 14 maggio 1975, n. 30, della Regione Emilia-Romagna dispone che la giunta regionale stipula le convenzioni per l'assistenza ospedaliera da RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 892 erogare agli aventi diritto in conformit ai principi stabiliti dalla presente legge e agli schemi di cui all'art. 18, secondo comma, del d.l. 8 luglio 1974, n. 264, convertito con modificazioni nella legge 17 agosto 1974, n. 386 (art. 31: e si v. anche gli artt. l, 2, 9, 11, 15, 32); la legge 15 gennaio 1975, n. 5 della Regione Lombardia dichiara che la giunta regionale si conforma al disposto dell'art. 35 della legge regionale 3 settembre 1974, n. 55, e agli schemi di cui al secondo comma dell'art. 18, etc. (art. 26: e si v. anche gli artt. 1, 27, nonch l'art. 4, lett. b, della legge regionale 15 gennaio 1975, n. 6); la legge 3 febbraio 1975, n. 10, della Regione Toscana prevede anch'essa la stipula delle convenzioni in applicazione dell'art. 18 della legge 17 agosto 1974, n. 386 (art. 1: e si v. anche gli artt. 11, 12, 13). Esorbita dall'oggetto di questo giudizio una indagine sulla compatibilit delle ricordate leggi regionali con gli schemi ministeriali in questione, dal momento che le stesse leggi hanno formalmente recepito il disposto dell'art. 18 della legge statale n. 386 circa la conformit delle convenzioni agli schemi predisposti dal Ministro per la sanit ed approvati, previa audizione delle regioni, dal Consiglio dei Ministri. Nel caso di specie ogni eventuale difformit delle leggi regionali anteriormente emanate, rispetto agli schemi di convenzione dalle leggi stesse richiamati -e ci in ossequio ad una espressa norma della legge statale -, non pu integrare illegittima invasione da parte dello Stato nella sfera delle competenze delle Regioni. CORTE COSTITUZIONALE, 22 luglio 1976, n. 192 -Pres. Rossi -Rel. Rocchetti -Kappler e altro (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. Avv. gen. G. Azzariti). Reato -Liberazione condizionale -Diritto penale militare Potere del Ministro da cui dipendeva il militare Illegittimit costituzionale. (cost., artt. 13, 24 e 111; r.d. 9 settembre 1941, n. 1023, artt. 34 e 35). La liberazione condizionale rappresenta ora un peculiare aspetto del trattamento penale; il riesame della situazione del condannato non pu essere deferito ad alcun organo dell'esecutivo, ma deve essere affidato ad un organo giusdizionale. Pertanto, contrastano con l'art. 24 Cast. gli artt. 34 e 35 del r.d. 9 settembre 1941, n. 1023, nella parte in cui attribuiscono la decisione sulla domanda di liberazione condizionale al Ministro da cui dipendeva il militare condannato al momento del commesso reato, anzich ad un organo giurisdizionale di adeguato livello. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 893 I CORTE COSTITUZIONALE, 28 luglio 1976, n. 193 -Pres. Rossi -Rel. De Stefano -IACP Cagliari (a.p.) Neri (a.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. G. Azzariti). Edilizia popolare ed economica -Assegnazione in locazione Durata del rapporto Predeterminazione Illegittimit costituzionale. (cost., art. 3; r.d. 28 aprile 1938, n. 1165, art. 30). Diversa la situazione dell'inquilino di una abitazione di propriet privata e dell'assegnatario in locazione di un alloggio popolare, gli I.A.C.P. sono enti pubblici aventi lo scopo di prestare il servizio del porre abitazioni a disposizione dei cittadini meno abbienti, e il rapporto tra detti Istituti e gli assegnatari in locazione presen(a peculiari caratteristiche non riscontrabili nel normale rapporto di locazione. Contrasta con l'art. 3 Cost. la disposizione dell'art. 30 del t.u. n. 1165 del 1938, nella parte in cui consente agli enti pubblici concedenti di stipulare con gli assegnatari degli alloggi popolari contratti di locazione per un tempo determinato, nonch di avvalersi nei loro confronti del procedimento per convalida di licenza o di sfratto per finita locazione (1). II CORTE COSTITUZIONALE, 18 novembre 1976, n. 225 -Pres. Rossi Rel. De Stefano -Soc. Universale costruzioni (avv. Carlevaris) e altri (u.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Albisinni). Locazione Abitazioni urbane Proroga legale Non abbienza del con duttore Limiti di prova Illegittimit costituzionale Rilevanza delle condizioni patrimoniali del conduttore Legittimit costituzionale. (cost., artt. 3 e 24; d.!. 24 luglio 1933, n. 426, art. 1, e successive modificazioni). Locazone Abitazioni urbane -Proroga legale Legittimit costituzionale Condizioni. (cost., artt. 3 e 42; d.!. 24 luglio 1973, n. 426, art. 1, e successive modificazioni). (1-4) Equo canone e canone sociale. Dalla lettura delle due sentenze qui in rassegna e delle sentenze n. 3 e n. 4 del 1976 (in questa Rassegna, 1976, I, 3 con nota di richiami) appare consentito desumere i principi orientativi enunciati dalla Corte costituzionale in tema di locazioni (in senso lato) di immobili urbani. La Corte ha, anzitutto, sottolineato la netta distinzione gi enunciata nella sentenza n. 159 del 1969 (in Foro it., 1970, I, 381, ove nta di richiami) e desu RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 894 Locazioni -Immobili urbani non abitativi -Blocco dei canoni -Finalit antinflazionistica -Legittimit costituzionale -Limiti. (cost., art. 42; d.l. 24 luglio 1973, n. 426, art. 1 e successive modificazioni). Contrastano con gli artt. 3 e 24 Cost. le disposizioni legislative che limitano la possibilit del locatore di provare con qualsiasi mezzo l'effettivo ammontare dei redditi del conduttore (e dei componenti la famiglia anagrafica del medesimo) al momento in cui si decide del sussistere o meno del diritto alla proroga legale del rapporto di locazione. Non contrastano con l'art. 3 Cost. le disposizioni legislative, che, al fine del sussistere o meno del predetto diritto, distinguono tra conduttori non abbienti e conduttori abbienti, e fanno riferimento unicamente alla condizione patrimoniale del conduttore e non anche a quella del locatore (2). L'equilibrio tra interessi dei conduttori e interessi dei locatori pu essere alterato da interventi legislativi (di proroga dei rapporti o di blocco dei fitti) caratterizzati da straordinariet e temporaneit e finalizzati dall'esigenza di favorire le classi meno abbienti, ma non da un complesso di interventi legislativi reiterati e sovrapposti che attribuisca alla proroga dei rapporti e al blocco dei fitti carattere di ordinariet (3). Il sacrificio imposto ai locatori di immobili urbani adibiti ad uso diverso da abitazione da provvedimenti legislativi di blocco dei canoni pu essere giustificato dall'esigenza d'infrenare la spinta inflazionistica, purch si dia brevit del periodo di blocco; ed invero paralleli e concomitanti provvedimenti di blocco dei prezzi delle merci hanno cessato di spiegare i loro effetti con il 31 luglio 1974, venendo sostituiti, e solo per taluni beni e servizi, da un regime di controllo pubblicistico dei prezzi (4). mibile dalla sentenza n. 71 del 1962 (in Giur. cast., 1962, 260) tra prestazione del servizio pubblico di porre appartamenti economici a disposizione delle categorie di cittadini meno abbienti (cfr. NIGRO, L'edilizia pubblica come servizio pubblico, Riv. trim. dir. pub. 1957, 118) e prestazione (jure privato) del locatore il quale fornisca il godimento di un appartamento (prestazione questa configurabile anche come servizio privato) ad un conduttore non soggettivamente qualificato. Il corrispettivo del servizio pubblico predetto, pi modesto dei canoni di locazione correnti sul mercato (cfr. artt. 19 e segg. del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035), non equiparabile alla controprestazione in senso privatistico . La sottolineata distinzione conduce implicitamente ad escludere che i privati locatori possano essere riguardati come prestatori del menzionato pubblico servizio in sostituzione degli organismi pubblici a tale scopo preposti, e senza contropartita di un reddito (cos nella l sentenza n. 3 del 1976) o lucro (cos nella sentenza n. 193 del 1976). i ~ ! ri!Fffiiz:;g~pr"'Wfzr1.vrfoRRJ!~~.-r7.J MWJ.ilr'*-.tJJ.\L,i@xxr#Z&AWi,.ffat$.fJW;>-.....,....,tlf.AW?iefAi-!Ar0.-x-:...Jlf!o/4%m-.....,fWMWh1Wi9',"'.:.:~f.iiL,.,,,;@, . -....-...... ...._ ....... . . -. -. . -... . ... .. -........ -.. -... -.. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 895 I (Omissis). -La sollevata questione va esaminata prendendo le mosse dall'analisi del complesso rapporto che si instaura tra gli Istituti delle case popolari e gli assegnatari in locazione degli alloggi. Secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione, si devono in esso distinguere due fasi: la prima, di natura pubblicistica, che ha termine con l'atto unilaterale di assegnazione, ed caratterizzata da posizioni di interesse legittimo; la seconda, di natura privatistica, che ha inizio con la convenzione di locazione (stipulata in dipendenza del provvedimento amministrativo di assegnazione), ed caratterizzata da posizioni di diritto soggettivo perfetto e di correlative obbligazioni. La locazione, pur presupponendo il procedimento -di assegnazione, ha carattere autonomo rispetto alla precedente fase; di guisa che i diritti soggettivi, scaturenti dal negozio bilaterale, regolato dal diritto privato, restano delimitati, quanto alla loro estensione ed alla loro durata, dal contratto medesimo. Ne consegue che la locazione soggetta alle cause di risoluzione, di cessazione e di estinzione, previste dal contratto e dalle norme integrative del codice civile, in quanto non esplicitamente derogate; e l'efficacia di tali censure non condizionata alla formale revoca, da parte Ci premesso, peraltro, la Corte ha qualificato la attitudine degli appartamenti di propriet privata a soddisfare il bisogno primario dell'abitazione, come funzione sociale della propriet dei beni in questione. In tal modo la Corte, dopo essersi ritenuta legittimata a sceverare i diversi tipi di propriet (sulla molteplicit di tali tipi, si rimanda a PuGLIATTI, La propriet e le propriet, in La propriet nel nuovo diritto, 1954, 145 e seg.) e ad individuare quando sussistano e quali siano le funzioni sociali per ciascuno di essi, ha promosso la idoneit alla destinazione abitativa degli appartamenti urbani a funzione sociale >>, asservendo ad essa detti beni (peraltro, analoga considerazione si rinviene per gli immobili non destinati ad abitazione nella sentenza n. 30 del 1975, in questa Rassegna, 1975, I, 51). A questo proposito, deve essere rilevata una importante diversit tra la sentenza n. 3 del 1976 e la sentenza n. 225 qui in rassegna: nella prima (in tema di blocco dei fitti) si parla di intervento a favore delle classi meno abbienti>>, mentre nella sentenza n. 225 (che tratta soprattutto della proroga legale) si auspica una disciplina per equamente conciliare... i contrapposti interessi dei locatori e dei conduttori... specie se appartenenti, tanto i primi quanto i secondi, alle lassi meno abbienti . Dalle sentenze menzionate emergono quindi, da un canto una contrapposizione tra alloggi dell'edilizia pubblica, strumenti di un pubblico servizio da offrire con compenso modesto (ossia, a prezzo politico) ai cittadini meno abbienti, e appartamenti di propriet privata, asserviti alla funzione sociale del soddisfacimento dei bisogni abitativi nel quadro di un disciplina di equa conciliazione degli interessi contrapposti , e, d'altro canto, ulteriori sottodistinzioni tra questi ultimi appartamenti in relazione alle condizioni economiche del locatore (piccolo proprietario o non) o del conduttore (appartenente o meno alle classi meno abbienti). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 896 dell'Istituto, dell'atto amministrativo di assegnazione, che ha concluso la prima fase del rapporto. In altri termini, se il collegamento genetico tra il provvedimento amministrativo di assegnazione ed il negozio bilaterale di locazione, pu importare che la revoca dell'assegnazione si rifletta sul rapporto di locazione, non pu invece affermarsi che la cessazione della locazione sia sempre e necessariamente condizionata alla preventiva revoca dell'assegnazione, nel senso che l'estinzione prevista dalla disciplina contrattuale non possa operare indipendentemente dalla revoca dell'assegnazione. In particolare, ove la locazione sia stata stipulata a tempo determinato e il termine sia trascorso, o la locazione sia comunque scaduta in base al contratto, il diritto dell'assegnatario Quali possibili scopi sociali della disciplina legislativa in materia, le menzionate sentenze indicano: la finalit (assistenziale) di intervenire a favore dei cittadini meno abbienti, la finalit (di politica economica generale) di temporaneo contenimento del cosidetto costo del lavoro e quindi dell'inflazione (1), la finalit (equitativa) di evitare una soccombenza dei locatori ovvero dei conduttori, la finalit {produttiva ma anche giuridico-costituzionale) di stimolare l'afflusso del risparmio popolare alla propri~t dell'abitazione (art. 47 Cost.). La contemporanea considerazione di tutte queste esigenze appare non agevole, sopratutto perch la esigenza che si detta assistenziale>>, mentre costituisce canone specifico per l'edilizia pubblica, poco si concilia con altre esigenze proprie dell'edilizia privata; al punto che dovrebbe pi correttamente parlarsi piuttosto che di un'unitaria funzione sociale della propriet privata di appartamenti, di (almeno) due diverse funzioni sociali>>, l'una generica e poco incisiva sul contenuto della propriet, e l'altra-caratterizzata anche dalla predetta esigenza assistenziale e perci pi intensa, maggiormente limitativa -av~olgente la propriet degli appartamenti dati in locazione ai cittadini meno abbienti (criterio soggettivo), ovvero destinati ad abitazione economica, popolare o ultrapopolare (criterio oggettivo). In questo quadro, potrebbe forse risultare doveroso tener distinti equa conciliazione... dei contrapposti interessi dei locatori e dei conduttori (e cio, con espressione corrente, lo equo canone) e intervento in favore delle classi meno abbienti (con eventuale concessione di un prezzo politico della casa) anzich racchiudere in un quadro normativo unitario tutti i rapporti genericamente locatizi: del resto, una siffatta distinzione stata implicitamente praticata dalla legislazione degli ultimi decenni, attraverso il diverso trattamento riservato ai conduttori meno abbienti. Collocare tutte le abitazioni, anche quelle locate a cittadini abbienti, su un unico tapis roulant, in un unico sistema di prezzi tra loro collegati da rigidi rapporti, approccio metodologico che finisce per diffondere l'intervento che detto assistenziale ben oltre l'ambito della sua effettiva necessit; e (1) Di questa finalit di politica economica generale, la Corte nella sentenza n. 225 in esame ha individuato la portata anticongiunturale e quindi anche i limiti temporali, laddove -per le locazioni d'immobili urbani non destinati ad abitazione -ha ritenuto doversi mantenere un certo parallelismo tra blocco dei canoni e andamento dei prezzi amministrati e sorvegliati. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 897 al godimento dell'alloggio cessa al pari di quanto si verifica per ogni altro conduttore, anche se non sia intervenuto provvedimento di revoca dell'assegnazione, che in tal caso si appalesa oltretutto superfluo. La struttura del rapporto, cos delineata, e la sostanziale autonomia delle due fasi in esso enucleate, trovano, sempre secondo la richiamata giurisprudenza, la loro base legislativa nelle norme del citato testo unico n. 1165 del 1938, ed in particolare nell'art. 30, ove espressamente si dispone che la gestione degli alloggi da parte degl'istituti ed enti per le case economiche e popolari, avvenga mediante locazione, da effettuarsi secondo determinati criteri preferenziali. Di tale articolo, cos interpretato, il giudice a quo prospetta il contrasto con l'art. 3 della Costituzione. La questione fondata. Questa Corte ha gi avuto occasione (sent. n. 159 del 1959) di sottolineare le finalit sociali e gli scopi di pubblico interesse perseguiti dagl'Istituti per le case popolari; e di affermare la diversit di situazione tra l'inquilino di una privata abitazione e l'assegnatario di uri alloggio popolare, sul piano del rapporto locativo che Ii lega, ai rispettivi proprietari dell'immobile. Gli istituti in questione sono, infatti, enti pubblici, creati dallo Stato per il soddisfacimento di un proprio fine, che si identifica con l'interesse e l'obbligo sociale di costruire appartamenti potrebbe condurre, ove la compos1z1one tra opposti interessi si rilevasse non equilibrata, a sprechi di risorse: i cittadini potrebbero infatti venire indotti a consumare una quantit maggiore e una qualit migliore di servizio-casa di quelle che consumerebbero ove i canoni di locazione fossero realmente adeguati ai costi di riproduzione e di manutenzione degli edifici. Inoltre, una compressione oltre l'equo dei redditi da fabbricati comporta, pi o meno esplicitamente, una corrispondente sottrazione di ricchezza reale alla imposizione diretta (nel vigente sistema tributario, non v' una imposta direttamente applicata sul consumo di abitazione); mentre concedere a conduttore anche abbiente il servizio-casa a un prezzo non equamente remunerativo del capitale-casa equivale a trasferire a detto conduttore parte del reddito da fabbricati, senza peraltro far seguire a suo carico un prelievo tributario sulla parte di reddito cos trasferitagli. La prospettata diversit delle funzioni sociali delle propriet private di appartamenti potrebbe, forse, far risultare aderente ai criteri di ragionevolezza insiti nel c.d. principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) anche una pronunciata divaricazione tra regime dei canoni nei confronti dei conduttori meno abbienti avvicinato al livello del canone sociale dell'edilizia pubblica ed eventualmente determinato con la partecipazione delle forze sociali, e regime di equa conciliazione dei contrapposti interessi dei locatori e dei conduttori , determinato in altre sedi e senza perseguire finalit estranee alla interna economia dei rapporti di locazione. FRANCO FAVARA 898 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO economici da porre a disposizione delle categorie di cittadini meno abbienti e pi bisognosi; ed i canoni da questi corrisposti, pi modesti di quelli correnti sul mercato, perch calcolati senza intenti speculativi o di lucro, non sono equipara.bili alla controprestazione in senso privatistico. La natura pubblicistica sia degli enti sia della funzione dai medesimi esplicata, incide sul rapporto intercedente tra l'Istituto e l'assegnatario dell'alloggio, dando luogo a peculiari caratteristiche, non riscontrabili nel comune rapporto di locazione. Con la riconosciuta preponderanza dell'aspetto pubblicistico del rapporto mal si concilia, peraltro, l'ampiezza privatistica dell'autonomia negoziale attribuita ai suddetti istituti, cui si riconosce la illimitata facolt d'imporre, nel negozio bilaterale susseguente all'assegnazione dell'alloggio, termini di scadenza che determinano la cessazione del rapporto di locazione, senza che sia previsto alcun nesso con la revoca dell'atto amministrativo di assegnazione, o con altre ipotesi di risoluzione legislativamente sancite. Se la mens legis quella univoca, di fornire un'abitazione alle classi meno agiate , ed in tale mbito ai pi bisognosi secondo predeterminati criteri preferenziali, irrazionale ed incongrua si appalesa la norma che consente di eludere lo scopo chiaramente voluto dal legislatore. Infatti, il rigoroso procedimento amministrativo di assegnazione, che si concreta in un concorso e si conclude con una graduatoria degli aspiranti, pu agevolmente essere frustrato, con l'apporre al rapporto locatizio, che si instaura in conseguenza dell'atto di assegnazione, un breve termine (talvolta anche di un solo mese), allo scader del quale il rapporto cessa ex lege, essendo in facolt dell'Istituto locatore di negarne ad nutum la rinnovazione, pur conservando l'assegnatario i requisiti soggetti ed oggettivi che nella graduatoria lo avevano anteposto agli altri aspiranti. L'alloggio pu, quindi, dall'Istituto, essere dato in locazione ad altro soggetto, che abbia minori titoli preferenziali rispetto al precedente assegnatario, e magari lo segue nell'ordine della stessa gratuatoria; o essere posto nuovamente a concorso, alla cui alea l'assegnatario dovrebbe sobbarcarsi per riottenerlo in locazione. Ad altri assegnatari, invece, l'Istituto pu concedere la rinnovazione del contratto scaduto, senza dover esternare le ragioni del diverso comportamento, avvantaggiandosi cos nei confronti di quelli, del pari utilmente classificati in graduatoria, ai quali il rinnovo sia stato negato. La norma in esame, nel consentire questa arbitraria ed ingiustificata disparit di trattamento, in irrazionale antitesi con la voluta preliminare selezione dei pi bisognosi, vulnera il primo comma dell'art. 3 della Costituzione. Ed appare, altres, in contrasto con il secondo comma dello stesso articolo, in quanto impedisce il perseguimento della finalit, di alto rilievo sociale, intesa a fornire l'alloggio ai meno abbienti, per i quali la estrema difficolt di procurarsi l'abitazione sul libero mercato costituisce indubbiamente uno tra i pi PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE gravi ostacoli al pieno sviluppo della persona umana ed all'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. N varrebbe il rilievo che gl'Istituti si avvalgono della scadenza del termine per porre fine al rapporto con assegnatari che non abbiano pi i requisiti di legge. facile replicare che in tali casi altro il rimedio apprestato dall'ordinamento, quale la risoluzione del diritto del contratto per decadenza annullamento e revoca dell'assegnazione, e ad esso doveroso far ricorso, anche per le maggiori garanzie in sede .giurisdizionale che offre agl'interessati. Al qual proposito questa Corte ha gi riconosciuto (ord. n. 48 del 1974) che il d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035, intervenuto a dettare una organica disciplina dell'intera materia delle assegnazioni in locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, delle ipotesi di decadenza delle stesse nonch di loro annullamento e revoca (e conseguente risoluzione di diritto del rapporto di locazione) per il venir meno nell'inquilino dei requisiti, accentuando cos gli aspetti pubblicistici delle precedenti disposizioni del citato testo unico n. 1165 del 1938, nonch della legge 16 maggio 1956, n. 503, e del d.P.R. 23 maggio 1964, n. 655, in ordine ai mezzi di tutela amministrativa e giurisdizionale, di cui gl'Istituti per le case popolari e gli enti assimilati possono valersi per l'assolvimento dei loro compiti. La richiamata disciplina applicabile alla quasi totalit delle case popolari che, per essere state costruite a totale carico e con il concorso o con il contributo dello Stato, rientrano nell'mbito dell'edilizia residenziale pubblica. A quelle che non vi sono comprese, la normativa stessa, qualora ritenuta non applicabile in via analogica, potrebbere essere estesa dal legislatore con apposito provvedimento. Conclusivamente, per i su esposti motivi, va dichiarata l'illegittimit costituzionale, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, dell'impugnato art. 30 del testo unico n. 1165 del 1938, nella parte in cui consente agli enti pubblici concedenti di stipulare con gli assegnatari degli alloggi popolari contratti di locazione per un tempo determinato, nonch di avvalersi nei confronti degli stessi del procedimento per convalida di licenza o di sfratto per finita locazione. -(Omissis). II (Omissis). -Passando alle questioni indicate alla lett. B) del n. l, va egualmente dichiarata, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, la illegittimit costituzionale dell'art. 1 del d.I. 24 luglio 1973, n. 426 (convertito in legge 4 agosto 1973, n. 495), nella parte in cui, disattendendo le ragioni poste a base della ricordata sentenza di questa 900 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Corte n. 132 del 1972, gi intervenuta all'epoca della sua emanazione,_ omette anch'esso di considerare rilevanti ai fini della proroga le sopravvenute variazioni del reddito imponibile del conduttore o subconduttore. N pu dirsi che il legislatore, con il suddetto art. 1, siasi almeno uniformato -come sostiene l'Avvocatura dello Stato -ai principi affermati dalla stessa sentenza per quanto concerne il riconoscimento al locatore del diritto di provare che il conduttore o subconduttore goda di un reddito imponibile superiore a quello risultante dall'iscrizione nei ruoli dell'imposta complementare per l'anno preso a riferimento (1969 dagli artt. 1, secondo comma, 3, terzo comma, e 6, secondo comma, della legge 26 novembre 1969, n. 833, come modificata dall'art. 56 del d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, convertito in legge 18 dicembre 1970, n. 1034, norme tutte la cui illegittimit costituzionale stata appunto dichiarata, nella parte in cui non riconoscono al locatore il diritto sopra cennato, dalla richiamata sentenza; 1973 dall'art. l, primo comma, del d.l. n. 426 del 1973, la cui denuncia sotto questo profilo forma oggetto delle ordinanze dei pretori di Foggia, Roma e Taranto). Non si nega, invero, che la norma in esame, dopo aver escluso dalla proroga i contratti stipulati con conduttori o subconduttori iscritti a ruolo per il 1973 per un reddito complessivo netto superiore a 4.000.000 di lire, ha aggiunto, rispetto al corrispondente testo delle precedenti norme, che la proroga stessa non opera nemmeno per i conduttori e subconduttori che comunque abbiano percepito nel 1972 un reddito di pari misura determinabile ai sensi degli artt. 133, 135, 136 e 138 del testo unico 29 gennaio 1958, n. 645 . Ma siffatta subordinata si ritiene, anche sulla scorta dei lavori parlamentari, che operi soltanto in mancanza della iscrizione a ruolo e non possa, invece, trovare applicazione contro le risultanze della iscrizione stessa; mentre, a mente di quanto gi affermato da questa Corte, il diritto del locatore, di cui discorso, va riconosciuto in ogni caso. E in tali sensi va dunque dichiarata, sempre per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, l'illegittimit costituzionale della denunciata norma, nonch dell'art. l, comma quarto, della legge 22 dicembre 1973, n. 841, che ad essa si richiama, e che stato conseguentemente denunciato con l'ordinanza del 12 febbraio 1975 del pretore di Roma (ved. lett. C) del n. 1). Fondato altres l'ulteriore profilo di incostituzionalit, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, del citato art. 1 del d.l. n. 426 del 1973 prospettato dai pretori di Firenze e di Taranto nei riguardi del comma secondo, il quale, ai fini della determinazione del reddito imponibile del conduttore o subconduttore, dispone che i redditi derivanti dal lavoro dipendente e le pensioni sono provati esclusivamente sulla base di attestazioni del datore di lavoro o dell'ente erogatore della PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Come questa Corte ha gi affermato nella ricordata sentenza n. 132 del 1972, la tutela giurisdizionale sul diritto controverso deve essere pienamente garantita dal regolare contraddittorio e dalla ammissione della prova contraria, che rappresentano mezzi essenziali per la ricerca della verit e per l'attuazione della giustizia. In armonia con ciuesto fondamentale principio, ed in logica concatenazione con il diritto innanzi riconosciuto al locatore, non si pu a quest'ultimo negare, come fa invece la norma impugnata, la facolt di fornire la prova che il conduttore o subconduttore goda di un reddito derivante da lavoro dipendente o fruisca di una pensione in misura superiore a quella risultante dalla certificazione del datore di lavoro o dell'ente erogatore. In tali sensi va dichiarata, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, l'illegittimit costituzionale della denunciata norma. Le questioni sollevate, sempre a proposito dell'art. 1 del d.l. n. 426 del 1973, con le ordinanze dei pretori di Napoli e di Taranto, circa la disparit di trattamento tra lavoratore dipendente' e lavoratore autonomo, sotto il profilo della dimostrazione dei relativi" redditi, rimangono assorbite in conseguenza delle pronuncie di cui innanzi, potendo per effetto di esse il locatore provare pienamente, quale che ne sia la fonte, il reddito complessivo dei soggetti in questione e degli altri componenti la loro famiglia anagrafica ai sensi del comma secondo dell'art. 1 del d.l. 25 giugno 1975, n. 255, nel testo sostituito dall'articolo unico della legge di conversione 31 luglio 1975, n. 363. (Omissis). -Nella sua ordinanza il pretore di Gallarate afferma che la norma in discorso, facendo riferimento alla condizione patrimoniale del solo conduttore e non anche a quella del locatore, precostituirebbe una posizione di ingiustificato privilegio in favore del primo, e si tradurrebbe in una chiara discriminazione in danno del secondo, cui sarebbe precluso di poter godere dell'immobile in caso di necessit. Argomenti analoghi, addotti a sostegno del dubbio d'incostituzionalit, per violazione del principio di uguaglianza, dell'art. 1, secondo comma, della legge 26 novembre 1969, n. 833, sono stati gi con diffusa motivazione disattesi dalla pi volte menzionata sentenza di questa Corte n. 132 del 1972. In essa, non soltanto si ricordato che, qualora il locatore abbia necessit di riottenere l'immobile per adibirlo ad. abitazione propria e dei familiari, pu far cessare la proroga avvalendosi della disposizione dell'art. 4 della legge n. 253 del 1950, riconosciuta di generale applicazione nell'ambito del regime vincolistico; ma si soprattutto osservato che una norma, come quella allora denunciata, intesa a creare, per fini sociali, una differenziazione fra conduttori meritevoli di particolare tutela, ed aventi perci diritto alla proroga, e conduttori cui tale diritto non va riconosciuto, ben pu, senza pecca di irrazionalit, non prendere in considerazione la posizione economica del locatore. Valutazione allora rife RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 902 rita alla norma del 1969, che la Corte ora rinnova nei confronti della corrispondente norma del 1974, della quale egualmente non ravvisa contrasto con il principio di uguaglianza. Peraltro, occorre subito soggiungere che la pronuncia cui la Corte perviene, va collocata nella prospettiva temporale gi evidenziata dalla sentenza n. 3 del 1976. In quest'ultima si , invero, osservato che l'eventuale alterazione dell'equilibrio (il quale deve pure sussistere) tra interessi dei conduttori ed interessi dei proprietari locatori non viene in rilievo (e la Corte si esime dall'esaminarla) in ragione dei riconosciuti caratteri di straordinariet e temporaneit della disciplina, che giustificano un intervento per fini sociali in favore delle classi meno abbienti, realizzato senza una definitiva ed irreversibile compressione delle facolt di godimento del proprietario. Ma si nel contempo sottolineato, partendo dalla constatazione della ripetizione e sovrapposizione nel tempo di normative di blocco, che l'ulteriore procrastinarsi di tali normative potrebbe conferire, in linea di fatto, al regime di blocco un carattere di ordinariet, e indurre, quindi, la Corte a riformulare, sotto tale diverso presupposto, il giudizio di legittimit con riferimento ai parametri costituzionali e con riguardo, tra l'altro, anche all'aspetto della valutazione comparativa delle condizioni economiche del locatore. Osservazioni e rilievi che, formulati allora a proposito del regime di blocco dei canoni delle locazioni degl'immobili urbani adibiti ad uso. di abitazione, trovano ora non meno appropriato riferimento anche nei confronti del contestuale regime di proroga. dei relativi contratti, nel cui ambito si colloca la denunciata norma, emanata con quella stessa legge n. 351 del 1974, che ha gi formato oggetto di esame sotto primo profilo nella ricordata sentenza n. 3 del 1976. La Corte ne trae opportuna occasione per reiterare l'avvertimento allora rivolto al legislatore, sottolineando che, in epoca successiva alla sua sentenza, stata ancora una volta disposta ulteriore proroga di tutte le disposizioni speciali vigenti in materia, con il d.l. 13 maggio 1976, n. 228, convertito con modificazioni in legge 22 maggio 1976, n. 349 (le cui norme, peraltro, non formano oggetto del presente giudizio). Le questioni concernenti gl'immobili urbani adibiti ad uso diverso da abitazione sono puntualizzate alle lettere E) ed F) del precedente n. 1. Giova in proposito ricordare che gi per effetto della legge 11 dicembre 1971, n. 1115, le locazioni d'immobili adibiti all'esercizio di attivit di natura commerciale ed artigianale, in corso alla data della sua entrata in vigore, erano state prorogate fino al 31 dicembre 1973, senza alcuna discriminazione tra persone fisiche e persone giuridiche di qualsiasi tipo, e senza alcuna limitazione in base alle dimensioni dell'impresa e al reddito dell'imprenditore, a differenza di quanto in antecedenza prec visto dall'art. 6 della legge 26 novembre 1969, n. 833. La questione di PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE legittimit costituzionale dell'articolo unico di detta legge n. 1115 del 1971, sollevata in riferimento all'art. 42, secondo e terzo comma, della Costituzione, stata da questa Corte dichiarata non fondata con sentenza n. 30 del 1975. Il successivo d.l. n. 426 del 1973, nel disporre la proroga di tutte indistintamente le locazioni e sublocazioni non abitative, e il blocco dei relativi canoni, in base all'unico requisito temporale dell'essere in corso>> alla data della sua entrata in vigore, s'inseriva fra gli altri provvedimenti anticongiunturali ed urgenti, adottati in pari data dal Governo (d.l. 24 luglio 1973, n. 425, recante disciplina dei prezzi di beni prodotti e distribuiti da imprese di grandi dimensioni; n. 427, recante disciplina dei prezzi di beni di largo consumo), allo scopo d'infrenare la spinta inflazionistica, particolarmente accentuatasi nei primi mesi del 1973. Come fu osservato in sede parlamentare, in occasione della conversione del d.l. n. 426 nella legge 4 agosto 1973, n. 495, si cerc, attraverso il blocco generalizzato, di evitare l'aumento di una delle componenti del costo dei prodotti, facendo appunto ricorso ad un provvedimento eccezionale e temporaneo, la cui scadenza era fissata al 31 gennaio 1974. La Corte, nel dichiarare non fondata la questione di legittimit costituzionale degli artt. 1 e 2 del coevo d.l. n. 427 del 1973, proposta in riferimento all'art. 41 della Costituzione, ha gi avuto modo di affermare, con la sentenza n. 200 del 1975, che il sacrificio imposto da un blocco indiscriminato e generale pu essere ritenuto tollerabile e ragionevole, in considerazione della eccezionalit del momento, dell'alta finalit perseguita e della relativa brevit del periodo di blocco. Circostanze, queste, che ricorrono tutte anche per il d.l. n. 426, e che, pertanto, inducono la Corte a ritenere non fondate le proposte questioni, tanto per il blocco dei contratti delle locazioni non abitative e dei relativi canoni, quanto per la disposta inefficacia delle clausole di adeguamento dei canoni medesimi. Al quale ultimo proposito va, infatti, osservato che, essendo le clausole anzidette intese a compensare appunto eventuali effetti di valutazione monetaria, frustrata sarebbe stata la finalit antinflazionistica I perseguita dal provvedimento, ove se ne fosse consentita l'operativit nel periodo di sua vigenza. Come si innanzi precisato, il termine del blocco era stato fissato al 31 gennaio 1974; e nella menzionata sede parlamentare si era precisato trattarsi di una misura quasi interlocutoria, che deve preludere ad una riforma generale ed organica dell'intera materia delle locazioni, da at tuarsi nel su indicato termine. Senonch, il termine anzidetto stato ulteriormente prorogato: dal l'art. 1 della legge 22 dicembre 1973, n. 841, fino alla data 'di entrata in vigore della legge relativa alla disciplina organica delle locazioni an che in materia di canoni, e comunque non oltre il 30 giugno 1974 ; dal RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 904 l'art. 1 del d.l. 19 giugno 1974, n. 236 fino alla data del 31 dicembre 1974 ; dalla legge 12 agosto 1974, .n. 351, di conversione con modifiche di tale decreto legge, fino alla data del 30 giugno 1975 ; dal d.l. 25 giugno 1975, n. 225, fino al 31 dicembre 1975 ; dalla legge 31 luglio 1975, n. 363, di conversione con modifiche di tale decreto legge, fino alla data del 30 giugno 1976 per tutti i contratti di locazione e di sublocazione in corso alla data del 30 giugno 1975. Norme tutte denunciate, con riferimento agli artt. 3 e 42 della Costituzione, dall'ordinanza del tribunale di Rovereto. Ed una ulteriore proroga, va soggiunto, stata disposta fino al 31 dicembre 1976 dal d.l. 13 maggio 1976, n. 228, convertito con modificazioni in legge 22 maggio 1976, n. 349: norme, queste ultime, che, anche sotto tale profilo, non formano oggetto del presente giudizio. Costante giustificazione dei vari provvedimenti succeduti al d.l. n. 426 del 1973, stata. quella di voler con essi evitare le gravissime conseguenze di una repentina liberalizzazione, e consentire al Governo di portare a conclusione gli studi per giungere ad una sistemazione organica di tutta la materia. La Corte non pu a tal riguardo non riconoscere che sussisteva un margine di valutazione politica, e ritiene, pertanto, non fondata la questione di legittimit costituzionale proposta per tutte le anzidette norme di proroga. Devesi, peraltro, rilevare che il blocco, disposto dal primo provvedimento del 1973 per pochi mesi, si ormai profratto, per effetto delle intervenute ulteriori proroghe, per oltre tre anni: eppure, in sede di conversione in legge del d.l. n. 426 del 1973, era stato ribadito non essere nemmeno ipotizzabile una sua protrazione, attese le pesanti e dannose conseguenze che, per tutta l'economia del Paese, potrebbero derivare da misure di blocco generalizzato protratte nel tempo . Va ancora rilevato che i provvedimenti di blocco generalizzato dei prezzi, adottati in concomitanza, non sono stati prorogati, ma hanno, invece, cessato di spiegare i loro effetti con il 31 luglio 1974, venendo sostituiti, e solo per taluni beni e servizi, da un regime di controllo pubblicistico, mediante la determinazione di prezzi amministrati e prezzi solvegliati dal CIP, con una finalit di contenimento, a tutela del consumatore, che peraltro non ne ha impedito una lievitazione pi o meno accentuata. La iniziale ragionevolezza di un generale e indiscriminato regime vincolistico delle locazioni degl'immobili urbani adibiti ad uso diverso dall'abitazione, e dei relativi canoni, e la tollerabilit, in ragione della prevista breve durata, dei conseguenti sacrifici imposti ai locatori, si sono cos andate progressivamente affievolendo e riducendo; e la Corte non pu non rendere di ci avvertiti Parlamento e Governo. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Per quanto innanzi detto, appare ormai non pi procrastinabile la emanazione di quella organica disciplina di tutta la complessa materia delle locazioni di immobili urbani, che stata gi preannunciata nell'art. 1 della legge n. 841 del 1973, ed il cui ritardo, con le conseguenti successive proroghe dell'attuale regime, stato in sede parlamentare pi volte giustificato con il richiamo ad approfonditi studi da tempo avviati. La Corte auspica che l'instauranda disciplina -nel pi ampio quadro delle indilazionabili misure che si richiedono per sottrarre l'attivit edilizia ai fenomeni distorsivi della speculazione, per incrementare adeguatamente l'offerta pubblica di abitazioni di tipo economico, per incentivare il concorso dell'iniziativa privata e stimolare l'afflusso del risparmio popolare nel settore edilizio -valga, ponendo alfine rimedio ad inconvenienti e riflessi negativi, d'ordine economico e sociale, messi in luce da una trentennale esperienza, .ad equamente conciliare, mediante soluzioni aventi caratteri di ordinariet e definitivit, i contrapposti interessi dei locatori e dei conduttori, al cui conflitto ed alla eventuale soccombenza degli uni o degli altri, specie se appartenenti, tanto i primi quanto i secondi, alle classi meno abbienti, non pu certo rimanere indifferente la collettivit nazionale, chiamata, ove del caso, ad apprestare provvidenze ristoratrici. Sar in tal guisa possibile attingere razionali equilibri, ottemperando al precetto costituzionale, che vuole perseguita ed assicurata la preminente funzione sociale della propriet, mediante un armonico congegno di limiti, ai quali non pu essere consentito di spingersi fino al segno di vanificarne il godimento. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 28 luglio 1976, n. 194 -Pres. Rossi . Rel. Oggioni Marchetti (u.p.), soc. Cogne ed EGAM (avv. Buffa), Mastrolilli ed altri (avv. Lubrano e P. Tesauro), Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Carafa e Baccari). Lavoro -Rapporti di diritto privato e di diritto pubblico -Diversit Esclusione dai benefici a favore degli ex combattenti -Legittimit costituzionale. (cost., artt. 3, 35 e 52; I. 24 maggio 1970, n. 336, art. 4). Impiego pubblico -Ex combattenti collocati a riposo -Divieto di assu mere impieghi o incarichi -Legittimit costituzionale. (cost., art. 4; I. 14 agosto 1974, n. 355, art. 1). Tra rapporto di lavoro pubblico e rapporto di lavoro privato intercorrono differenze in relazione alle diversit strutturali dei rapporti stessi e alla differenza di funzioni. L'eventuale assoggettamento di rapporti di RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lavoro con enti pubblici alla disciplina privatistica e alla regolamentazione dettata da contratti collettivi non esclude la qualificazione pubblicistica dei rapporti stessi. Non pu pertanto considerarsi ingiustificata l'esclusione dei lavoratori sottoposti a rapporti di lavoro di diritto privato o a rapporti di lavoro con enti pubblici regolati per da normativa collettiva, dai benefici economici e di carriera previsti dall'art. 4 della legge n. 336 del 1970. Il diritto al lavoro (art. 4 Cast.) si traduce non in una pretesa giuridica ad un determinato posto di lavoro, ma nella generica possibilit di accedere, concorrendone i requisiti, ai posti di lavoro disponibili. Al legislatore ordinario rimane la facolt di regolare l'esercizio della libert di scelta dell'attivit lavorativa. Il divieto al personale collocato a riposo con i benefici combattentistici di assumere impieghi o incarichi presso lo Stato o gli enti pubblici non contrasta con l'art. 4 Cast. (Omissis). -Con le ordinanze dei pretori di Aosta, Fiorenzuola d'Adda, Orbetello e Vittorio Veneto stata prospettata l'illegittimit del suaccennato art. 4 della legge n. 336 del 1970 in quanto, nell'estendere ai dipendenti delle Regioni, degli enti locali e delle loro aziende, degli enti pubblici e di diritto pubblico, compresi gli enti pubblici economici, delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza e degli enti ospedalieri, ancorch regolamentati da contratti collettivi di lavoro, tutti i benefici economici e di carriera a favore dei dipendenti civili dello Stato ex combattenti previsti dagli articoli precedenti, e nell'avere implicitamente escluso dall'estensione predetta i dipendenti delle imprese private, avrebbe operato una ingiustificata discriminazione a danno di questi ultimi, che pure hanno assolto come gli altri il comune dovere di difesa della patria, stabilito per tutti dall'art. 52 Cost. e dovrebbero, quindi meritare eguale riconoscimento, indipendent_emente dalla circostanza, estrinseca all'assolvimento del detto dovere, che datore di lavoro sia, da una parte, lo Stato, o un ente pubblico come quelli indicati nella norma impugnata, ovvero, dall'altra parte, un privato. Da ci conseguirebbe la violazione degli articoli 3, 35, primo comma, e 52 della Costituzione. La questione non fondata. Quanto stato esposto al n. 3 a proposito dei criteri informatori della legge in esame vale anche a segnare i limiti del contenuto della legge stessa rispetto ad altri rapporti. Tra il rapporto di lavoro pubblico e quello privato intercorrono peculiari differenze, non solo e non tanto in relazione alle diversit strutturali dei rapporti stessi, di cui pure la giurisprudenza di quest4 Corte si occupata, mettendone in luce le caratteristiche principali, quanto soprattutto in relazione alle diversit collegate alla differenza di funzioni, come si gi esposto. Ci stato recentemente ribadito in modo espresso con la sent. n. 118 dell'anno corrente, I, !: ~ {: ~ PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE la quale sentenza ha altres dato atto del processo di tendenziale assimilazione dei due rapporti, aggiungendo, tuttavia, che ci rimessa ad una graduale evoluzione del sistema, affidata al solo legislatore, quale naturale interprete delle istanze politiche e sociali della comunit nazionale. D'altra parte, a completamento di quanto precedentemente richiamato a proposito di benefici tradizionalmente gi concessi ai soli dipendenti dello Stato e degli enti pubblici, va ricordato che non v' traccia, per converso, nella nostra legislazione di provvedimenti del genere di quelli qui considerati, destinati a dipendenti di imprese private, rinvenendosi, al riguardo, solo interventi legislativi diretti alla garanzia del posto di lavoro per i reduci ed assimilati, ma non gi all'attribuzione di vantaggi di carriera od economici astrattamente riconducibili alla sfera dell'autonomia collettiva. Da quanto premesso deriva che, mentre le censure in esame risultano collegate al parametro comune di raffronto costituito dalla condizione di lavoratore dei dipendenti pubblici e privati, tale presupposto insufc ficiente ai fini del giudizio di comparazione che dovrebbe seguirne, difettando la necessaria omogeneit fra le categorie poste a confronto e risultando, comunque, ragionevolmente giustificata la diversit di trattamento stabilita dal legislatore, al .di fuori della comune e doverosa dedizione al servizio della patria in armi. -(Omissis). Con la precitata ordinanza del pretore di Orbetello, viene, poi, sottoposta una particolare questione di legittimit dello stesso art. 4 della legge n. 336 del 1970, in riferimento agli artt. 3 e 35, primo comma, Cost. Premesso che il caso de quo riguarda un dipendente dell'ente pubblico ENEL, il cui personale regolamentato da contratto collettivo di lavoro, l'ordinanza rileva che il collegamento, stabilito nell'art. 4, tra la qualit di ente pubblico e l'esistenza di un contratto collettivo di lavoro per i dipendenti, dovrebbe razionalmente condurre alla conclusione dell'estensione dei benefici anche a quelle categorie di dipendenti privati, che siano pur essi sottoposti a contratto collettivo di lavoro. La questione non fondata. Il dedotto parallelismo tra imprese pubbliche e imprese private, che sarebbe evidenziatoe dalla comune regolamentazione del rapporto di lavoro, non pu costituire elemento decisivo per ritenere sussistente il preteso contrasto con il principio di eguaglianza. Invero, nel caso di enti pubblici con personale regolamentato da contratto collettivo di lavoro, trattasi pur sempre di enti che istituzionalmente perseguono scopi di interesse generale, in funzione dei quali appunto loro attribuita dalla legge natura pubblicistica. L'eventuale assoggettamento, per questa parte del relativo rapporto di lavoro, alla disciplina privatistica, non esclude la qualificazione pubblicistica del rapporto n trasforma la natura pubblicistica degli enti stessi, che frutto 908 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO di una valutazione operata direttamente dall'ordinamento, con l'effetto di definire la posizione giuridica dell'ente ed il suo inquadramento nell'organizzazione dello Stato. La differenza di trattamento rispetto alla attribuzione di benefici combattentistici non pu ritenersi arbitraria o ingiustificata, ove si consideri, come in precedenza gi osservato, la particolare posizione dei dipendenti pubblici in genere per la peculiarit delle prestazioni loro richieste. -(Omissis). Con le ordinanze, indicate in epigrafe, emesse dal tribunale amministrativo regionale del Lazio, si assume che il divieto imposto dall'art. 6 d.l. 8 luglio 1974, n. 261, sostituito con l'art. 1 legge di conversione 14 agosto 1974, n. 355, al personale collocato a riposo con i benefici combattentistici, di assumere impieghi o incarichi presso lo Stato e gli enti pubblici in genere, salvo determinate eccezioni, e la conseguente disposta cessazione obbligatoria degli incarichi stessi comunque attribuiti prima della pubblicazione del citato Decreto-legge n. 261, salvo rinuncia al trattamento preferenziale di quiescenza gi ottenuto a norma della legge n. 336 del 1970, comporterebbero una violazione dell'art. 4 della Costituzione (diritto al lavoro) e dell'art. 13 (inviolabilit della libert personale). La Corte non pu condividere le argomentazioni che il giudice a quo ha posto a fondamento della censura sotto tale profilo e che sostanzialmente si incentrano sulla pretesa violazione degli obblighi che la norma costituzionale invocata porrebbe allo Stato, tanto di astenersi dall'emanare norme comunque limitatrici di tale libert, quap.to di promuovere, anzich limitare, l'attivit lavorativa di tutti i cittadini idonei, violazione che nella specie assumerebbe portata maggiormente incisiva collegandosi con la efficacia retroattiva della disposizione denunciata. Deve osservarsi che il diritto al lavoro garantito dall'art. 4 della Costituzione si traduce non in una pretesa giuridica del singolo soggetto ad ottenere un determinato posto di lavoro, ben:;; nella generica possibilit di avere accesso, concorrendone i requisiti, ai posti di lavoro disponibili e nell'obbligo, pure genericamente imposto al legislatore, di realizzare un ordinamento che renda effettivo questo diritto, attraverso l'adozione di concrete ed idonee misure per l'assicurazione dell'occupazione e la creazione di posti di lavoro. Il diritto al lavoro, cos concepito, anche integrato nel suo aspetto per cos dire strumentale, dalla garanzia della libert di scelta della attivit lavorativa e di quelle libert che a tale scelta si colleghino in funzione di mezzo al fine. Ma, con ci, non pu ovviamente escludersi che al legislatore rimanga la facolt di regolare l'esercizio della libert di scelta dell'attivit lavorativa mediante l'adozione di opportune cautele che valgono a tutelare altri interessi ed altre esigenze sociali, anche se ci si traduca nella limitazione per alcune categorie di soggetti della possibilit di accedere a determinati posti di la PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 909 voro (Corte cost. sentt. nn. 120 del 1960; 105 del 1963; 11 del 1967; 102 del 1968; 41 del 1971). Nella specie, come risulta chiaramente dai lavori preparatori, la disciplina censurata risponde ad evidenti esigenze di equit e di moderazione, tendendo ad evitare che il personale a cui, sia pure in relazione a sue benemerenze speciali, era stato attribuito un trattamento di quiescenza di particolare favore, si avvantaggiasse ulteriormente, e sempre a carico della pubblica finanza, utilizzando la propria situazione di preferenza per svolgere altre attivit e frustrando cos le finalit delle norme di favore per gli ex combattenti, ispirate al presupposto della attribuzione di un trattamento preferenziale in quanto collegato alla cessazione dei beneficiari dal rapporto di impiego pubblico. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 28 luglio 1976, n. 200 -Pres. Rossi -Rel. Oggioni -Sacchi (u.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Albisinni).. Imposte e tasse in genere -Presunzione di riproduzione dei redditi Pu essere relativa non assoluta. (cost., art. 53; 1. 11 gennaio 1951, n. 25, art. 18; d.P.R. 5 luglio 1951, n. 573, art. 10). La presunzione che redditi imponibili prodotti durante un periodo di imposta si riproducono nella stessa misura nel successivo periodo di imposta pu essere relativa e non assoluta (1). (1) La sentenza n. 77 del 1967 in questa Rassegna, 1967, I, 503; nonch in Foro it., 1967, I, 1688 con nota di FEDELE; la sentenza n. 103 del 1967 in questa Rassegna, 1967, I, 709; la sentenza n. 99 del 1968 in questa Rassegna, 1968, I, 542, con nota di richiami; e la sentenza n. 107 del 1971 in questa Rassegna, 1971, I, 144. CORTE COSTITUZIONALE, 28 luglio 1976, n. 201 -Pres. Rossi -Rel. Rocchetti -Calabresi (avv. Lanzara). Corte dei Conti -Responsabilit amministrativa dei dipendenti delle Fer rovie dello Stato Sottrazione alla giurisdizione della Corte dei Conti Illegittimit costituzionale. (cost., artt. 3 e 103; 1. 7 luglio 1907, n. 429, art. 25, e successive modificazioni e integrazioni). Contrastano con l'art. 103 Cast. le disposizioni che assegnano alla azienda delle Ferrovie dello Stato l'accertamento della responsabilit am RASSEGNA DEll'AWOCATURA DELLO STATO 910 ministrativa dei dipendenti da detta azienda; e contrasta con l'art. 3 Cost. la disposizione che conferisce alla stessa il potere di totale rimessio1J, e dell'addebito (1). (1) Le ordinanze di rimessione 22 giugno e 10 dicembre 1973 della Corte dei Conti sono pubblicate in Giur. cost., 1974, 1083 e 3043. CORTE COSTITUZIONALE, 28 luglio 1976, n. 202 -Pres. Rossi Rel. De Marco -Anastasio (avv. Guarino), R.A.I. (avv. Barile, Santoro e Pace) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. G. Azzariti). Poste e telecomunicazioni Servizio radiotelevisivo via etere Trasmis sione su scala locale Liberalizzazione in regime di autorizzazione statale. (cost., artt. 3 e 21; I. 14 aprile 1975, n. 103, artt. 1, 2, 14 e 45). Sulla base della premessa di fatto che per le trasmissioni radiofoniche e televisive su scala focale via etere esista una disponibilit di frequenze sufficiente a consentire la libert di iniziativa privata senza pericolo di monopoli od oligopoli privati, contrastano con gli artt. 3 e 21 Cost. gli artt. 1 2 e 45 della l. 14 aprile 1975, n. 103 nella parte in cui non consentono, in regime di autorizzazione statale quale descritto in motivazione, l'installazione e l'esercizio di impianti di diffusione via etere di portata non eccedente l'ambito locale, e, conseguentemente, l'art. 14 della legge predetta nella parte in cui riserva alla societ concessionaria l'assorbimento delle frequenze assegnate all'Italia dagli accordi internazionali (1). (1) La sentenza in rassegna -il cui testo pubblicato in Foro it., 1976, I, 2066 -si collega alle sentenze n. 225 e n. 226 del 1974 della stessa Corte (in questa Rassegna, 1974, I, 1347); sull'argomento anche la sentenza n. 1 del 1976 in Giur. cost., 1976, 170, con nota di CHIOLA. La sentenza qui segnalata si basa su una premessa di fatto, per il cui accertamento la Corte ha utilizzato anche uno studio compiuto dal Centro Microonde della Universit di Firenze per conto di una delle emittenti private. Non esaminato rimasto .il problema se anche gli esercenti privati autorizzati siano, in qualche misura, tenuti a garantire lo accesso a quelle pi rilevanti formazioni nelle quali il pluralismo sociale si esprime e si manifesta . D'altro canto, palesemente arduo sar ottenere l'ottemperanza effettiva al divieto di forme di concentrazione (che possono assumere anche l'aspetto di mezzo di semplici scambi di programmi tra emittente formalmente distinte) e al divieto di situazioni di... oligopolio (i privati autorizzati saranno inevitabilmente pochi). !,: 1; t: 1: ----1~: PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (Omissis). -Le altre otto ordinanze (due delle quali e precisamente quella del pretore di Ragusa e quella del giudice istruttore presso il tribunale di Reggio Emilia si riferiscono ad impianti per trasmissioni televisive via etere, le altre ad impianti per trasmissioni radiofoniche via etere) senza contestare la legittimit costituzionale del monopolio statale per le trasmissioni radiofoniche e televisive su scala nazionale -e richiamandosi, anzi, alle motivazioni delle sentenze di questa Corte che l'hanno affermato -contestano la legittimit della estensione del regime di monopolio agli impianti ed all'esercizio di stazioni radiofoniche e televisive via etere su scala locale, per i quali chiedono l'assoggettamento a regime di autorizzazione in analogia con quanto stato dichiarato con la sentenza di questa Corte n. 226 del 1974 ed attuato con la legge n. 103 del 1975 nella parte relativa alle trasmissioni televisive via cavo. Comune a tutte queste otto ordinanze la tesi che il motivo fondamentale che ha indotto questa Corte a riconoscere la legittimit del monopolio statale la limitatezza dei canali utilizzabili (sentenze n. 59 del 1960 e n. 225 del 1974) e che questo motivo se pu ritenersi tuttora valido, allo stato attuale, per le trasmissioni su scala nazionale, non lo per quelle su scala locale. -(Omissis). A sostegno della tesi della possibilit di trasmissioni su scala locale senza intralci n per quelle delle reti nazionali, n per quelle di altre su scala locale, le varie ordinanze di rimessione si richiamano o a consulenze tecniche esibite dalle parti private o allo stato di fatto ormai esistente, secondo il quale attualmente sarebbero funzionanti in Italia ben 400 impianti del genere. Tanto l'Avvocatura generale dello Stato, quanto il patrocinio della RAI-TV contestano, anzitutto, sulla base di elaborati accertamenti tecnici, la disponibilit, se non illimitata, tuttavia sufficientemente ampia, di canali utilizzabili per impianti su scala locale, asserita nelle ordinanze di rimessione. Sostengono, poi, che, come ha riconosciuto la sentenza di questa Corte n. 225 del 1974, quello radio-televisivo costituisce un servizio pubblico essenziale, di preminente interesse generale che, per questa sua natura, non pu formare, neppure in parte, oggetto di attivit privata. Il patrocinio della RAI-TV, inoltre, ammette sostanzialmnte l'esistenza dello stato di fatto asserito nelle ordinanze, ma deduce che reso possibile soltanto transitoriamente, in quanto in corso di completamento lo studio da parte degli organi tecnici statali, per la realizzazione, su scala nazionale, di due nuove reti televisive, realizzazione che assorbirebbe gran parte della disponibilit di canali attualmente esistenti. (Omissis). 912 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO La tesi fondamentale -comune a tutte le ordinanze e sopra ricordata -sulla quale poggano le denunziate violazioni di norme costituzionali, consiste nell'affermazione che il presupposto del riconoscimento della legittimit di tale monopolio la limitatezza dei canali disponibili e che tale presupposto non sussiste per quanto attiene alle trasmissioni su scala locale. Ai fini del decidere , quindi, necessario accertare se e sino a qual punto siano esatti i termini giuridici e di fatto ~mi quali poggia la tesi come sopra riassunta. A tale riguardo da rilevare che dalle sentenze n. 59 del 1960 e n. 225 del 1974 risulta in modo del tutto evidente che questa Corte al riconoscimento della legittimit del monopolio statale pervenuta sul presupposto della limitatezza dei canali utilizzabili. Ma, nel contempo, emerge la considerazione dell'attivit d'impresa di cui si tratta, come servizio pubblico essenziale e di preminente interesse generale. Stante ci, ove si constati -come ragionevole fare sulla base delle diffuse cognizioni tecniche e delle pratiche realizzazioni in atto esistenti -la ingiustificatezza, allo stato attuale, della tesi secondo cui sussisterebbe una concreta limitatezza in ordine alle frequenze utilizzabili per le trasmissioni radiofoniche e televisive, deve riconoscersi su scale locale che il relativo presupposto non possa ulteriormente essere invocato. Il che, per, non richiede n tanto meno comporta che debba escludersi la legittimit costituzionale delle norme che riservano allo Stato le trasmissioni radiofoniche e televisive su scala nazionale. Giacch e ci giova ribadirlo in modo espresso -la radiodiffusione sonora e televisiva su scala nazionale rappresenta un servizio pubblico essenziale e di preminente interesse generale. Ne consegue che la normativa de qua, oggetto di denuncia, si appalesa costituzionalmente illegittima in riferimento agli artt. 3 e 21 della Costituzione. Sotto il profilo della violazione dell'art. 3, in quanto che, se non sussiste la illimitatezza di frequenze, propria delle trasmissioni via cavo, esiste, tuttavia, per le trasmissioni su scala locale via etere una dispo nibilit sufficiente a consentire la libert di iniziativa privata senza pe ricolo di monopoli od oligopoli privati, dato anche il costo non rilevante degli impianti, cosicch il non consentirla -al contrario di quanto si fatto per le trasmissioni via cavo -implica violazione del principio di eguaglianza, sancito dalla norma a riferimento. Sotto il profilo della violazione dell'art. 21 della Costituzione, giacch, esclusa la possibilit di monopoli od oligopoli per le trasmissioni su scala locale, viene meno l'unico motivo che per queste ultime trasmissioni PAR1 E I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE possa giustificare quella grave compressione del fondamentale principio di libert, sancito dalla norma a riferimento, che anche un monopolio di Stato necessariamente comporta. Il riconoscimento del diritto di iniziativa privata, nei limiti risultanti da quanto precede, data la connessione con il servizio pubblico essenziale ->, nel senso che non esclusa la produzione di norme da parte dello Stato in assenza di divergenti norme di produzione comunitaria (praeter foedus) (L'Avvocatura cit., 516). Nello stesso senso si espre~sa la Corte Costituzionale nella sentenza 30 ottobre 1975, n. 232 (in questa Rassegna, 1975, I, 812), ove -richiamati i principi enunciati nella sentenza 27 dicembre 1973, n. 183, della stessa Corte (in questa Rassegna, 1974, I, 57, con nota di DI CIOMMO, La elaborazione giurisprudenziale del diritto comunitario) -si precisato doversi escludere che il trasferimento agli organi delle Comunit del potere di emanare norme giuridiche, sulla base d'un preciso criterio di ripartizione di competenze per determinate materie per l'assolvimento dei loro compiti e alle condizioni contemplate dai trattati (cfr. art. 189 del Trattato di Roma) comporti come conseguenza una radicale privazione di efficacia della volont sovrana degli organi legislativi degli Stati membri, pur manifestata nelle materie riservate dai trattati alla normazione comunitaria; tale trasferimento fa sorgere, invece, il diverso problema della legittimit costituzionale dei singoli atti legislativi . A tale pi equilibrato orientamento ha aderito la Corte di giustizia delle Comunit europee, con la sentenza 22 gennaio 1976 (nella causa 60/75, in questa Rassegna, 1976, I, 36, con nota di A. MARZANO, Intervento dello Stato sul mercato nazionale e responsabilit nei confronti dei singoli per attivit in contrasto con la normativa comunitaria) e con le due sentenze 26 febbraio 1976 (in cause 88-90/75 e in causa 65/75, entrambe in Foro it., 1976, IV, 281, con nota di richiami). Nella sentenza 22 gennaio 1976, la Corte ha affermato che l'attivit di uno Stato membro consistente nell'acquistare grano duro sul mercato mondiale e nel rivenderlo poi sul mercato comunitario a prezzo inferiore al prezzo indicato incompatibile con l'organizzazione comune dei mercati nel settore dei cerali , dopo avere precisato che un intervento del genere, da parte di uno Stato t. membro, pu essere compatibile con l'organizzazione comune del mercato nel I I PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 917 Comunit europee, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore delle carni bovine, che avrebbe privato in radice gli Stati membri del potere di legiferare in materia di prezzi, restando affidati ai competenti organismi comunitari anche gli interventi straordinari per far fronte a situazioni congiunturali; talch l'asserito contrasto con la disciplina comunitaria determinerebbe l'incostituzionalit delle disposizioni sopra ricordate, nella parte in cui sottopongono a blocco il prezzo di vendita all'ingrosso delle carni fresche bovine, in contrasto con il regolamento 805/68 del Consiglio delle Comunit europee, e quindi in violazione dell'art. 11 Cost. . -(Omissis). settore dei cereali soltanto qualora non metta in pericolo gli obiettivi o il funzionamento di tale organizzazione. Nelle due sentenze 26 febbraio 1976, la Corte, .rilevato che, in pratica, una disciplina nazionale in materia di prezzi agricoli, la quale si riferisca alle stesse fasi commerciali contemplate dal. regime dei prezzi vigente nell'ambito dell'organizzazione comune di mercato avr maggiori probabilit di trovarsi in conflitto con questo regime che non una disciplina da applicare esclusivamente in altre fasi commerciali >>, ha affermato che indipendentemente dalla fase commerciale considerata, la fissazione unilaterale, da parte di uno Stato membro, dei prezzi massimi per la vendita di zucchero incompatibile con il regolamento n. 1009/67, qualora metta in pericolo gli obiettivi ed il funzionamento della suddetta organizzazione, ed in ispecie del suo regime di prezzi . In sostanza, anche la Corte di giustizia delle Comunit europee ha preso a ragionare in termini di compatibilit, e non in termini di competenza. seguita la sentenza 20 maggio 1976, n. 122 della Corte Costituzionale (in questa Rassegna, 1976, retro), che ha esaminato un problema prevalentemente di diritto intertemporale, e cio la eliminazione di disposizioni legislative statali ad opera di regolamento comunitario sopravvenuto. In questo quadro vanno inserite le due pronunce in rassegna. Con la sentenza n. 205 la Corte Costituzionale ha eliminato (ex nunc, si noti) alcune disposizioni legislative statali, avendole ritenute derogative e sostitutive (1) di disposizione dettata da regolamento comunitario (e non, invece, attuative del regolamento stesso). Peraltro, tale valutazione stata fatta dalla nostra Corte Costituzionale la quale ha -essa stessa -direttamente interpretato le parole ai produttori di olio d'oliva prodotto nella Comunit con olive raccolte nella Comunit contenute nel regolamento comunitario, ravvisando nella corrispondente statuizione compiutezza di contenuto dispositivo . Sicch, svuotata di significato rimane la riserva alle competenti sedi giurisdizionali, salva in ultima istanza la pronuncia della Corte di giustizia delle Comunt ,, del potere (1) Pu essere interessante osservare quanto diverso sia l'atteggiamento della Corte Costituzionale nei riguardi delle cosiddette leggi regionali recettizie. In proposito si giustamente ritenuto che la legge di recezione pu assumere carattere normativo sostanziale quando la legge regionale non si limiti ad una mera nevazione della fonte, ma si presenti, attraverso un processo di rielaborazione o attraverso modifiche parziali di questa o quella norma della legge statale, quale concreta rivelazione di una precisa manifestazione di esercizio di autonoma potest legislativa (cos la sentenza n. 165 del 1973, in Foro it., 1974, I, 20; cfr., in precedenza, le sentenze n. 6 del 1957, ivi, 1957, I, 195, n. 18 del 1969, ivi, 1969, I, 819, e D. 148 del 1971, ivi, 1971, I, 2137). 918 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Considerato che il giudice a quo afferma l'incompatibilit tra la disciplina comunitaria e il disposto blocco del prezzo interno di vendita . all'ingrosso delle carni bovine fresche, facendo richiamo alle statuizioni contenute nella sentenza 23 gennaio 1975 della Corte di Giustizia delle Comunit, resa in causa n. 31/1974, sulla analoga situazione verificatasi in rapporto ai regolamenti C.E.E. n. 120/67 e 136/66 relativi alla organizzazione comune dei mercati nei settori dei cereali e dei grassi; che in senso contrario l'Avvocatura dello Stato ha rilevato come la ricordata sentenza -concernente fattispecie diverse avente efficacia limitata ad esse -abbia dichiarato l'inammissibilit di interventi unila- di stabilire quali debbano essere i beneficiari delle provvidenze comunitarie , Per certi versi opposta la strada percorsa nella ordinanza n. 206. In tale ordinanza la Corte Costituzionale ha sospeso il proprio giudizio (non pu, allo stato, pronunciarsi ), ritenendo pregiudiziale una pronuncia interpretativa di competenza della Corte di giustizia delle Comunit. L'ordinanza n. 206 per di grande interesse, perch in essa la Corte Costituzionale ha, per certi versi, fissato i termini entro i quali il giudice a quo e la Corte di giustizia delle Comunit debbono mantenersi: detti giudici possono valutare solo la compatibilit della disciplina statale sui prezzi con il fun. zionamento del sistma dei prezzi istituito dal regolamento , e non possono limitarsi ad escludere in limine la competenza normativa dello Stato in materia di prezzi di prodotti agricoli. E la Corte Costituzionale ha distinto tra disposizioni statali che pregiudicano il commercio intracomuntario e disposizioni statali che disciplinano i prezzi senza apportare tale pregiudizio, sostanzialmente reperendo nell'ambito comunitario un criterio simile a quello -facente capo alla distinzione tra interstate commerce ed intrastate commerce -operante negli U.S.A. per le relazioni tra ordinamento federale e ordinamenti statali. Quanto si sin qui osservato conduce a dissentire dalla affermazione fatta da TIZZANO (op. cit., 2310), secondo cui basta molto poco per capire che la questione di costituzionalit della legge italiana viene in realt risolta non dalla Corte Costituzionale, ma dalla sua omologa di Lussemburgo, perch la prima dovr limitarsi, in definitiva, a registrare ed applicare meccanicamente la pronuncia della seconda; infatti, dato che una delle premesse del sillogisma compiuto dalla Corte Costituzionale rappresentata in realt non da una norma costituzioJ;J.ale ma dal regolamento comunitario, e che l'interpretazione di questo ultimo spetta esclusivamente alla Corte di giustizia, chiaro che il ruolo della Corte Costituzionale sar qui meramente formale e, come si detto, notarile " In realt, la Corte Costituzionale -alla quale sola attribuito il potere di eliminare le disposizioni legislative italiane incompatibili con la normativa comunitaria -ha trovato il modo di dettare -con garbo e con misura - le proprie condizioni alla Corte di giustizia delle Comunit; operazione questa che verosimilmente non sarebbe riuscita ove il coordinamento tra i due ordinamenti -comunitario e statale -fosse stato affidato, in modo per cos dire decentrato, ai giudici ordinari o amministrativi (e cio venisse realizzato -come auspicato dal TIZZANO -nell'ambito di giudizi sulla applicabilit o meno di norme statali). Indubbiamente, un riparto di attribuzioni giurisdizionali basato -come quello tra Corte Costituzionale e Corte di giustizia delle Comunit -sulla appartenenza della disposizione normativa sub judice all'ordinamento normativo !, i .,..___,.,....~ I! PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 919 terali degli Stati membri che siano atti ad incidere sul normale funzonamento del sistema di prezzi istituito dal regolamento, ossia soltanto nel caso in cui il regime interno di blocco, pregiudicando in forma diretta o indiretta il commercio intracomunitario, alteri il processo di formazione dei prezzi previsto dall'organizzttzione comune di mercato, s da mettere in pericolo gli obiettivi o il funzionamento di detta organizzazione , come la stessa Corte di Giustizia ha dichiarato nella successiva sentenza 26 febbraio 1976 (cause riunite n. 88-90/1975). ci che nel caso concreto non si sarebbe potuto verificare, data la speciale e limitata portata del provvedimento temporaneo di cui causa; che inoltre -secondo l'Avvocatura dello Stato -detto provvedimento non potrebbe ritenersi emanato in assoluta carenza di potere, per violazione della competenza esclusiva degli organi comunitari ratione materiae, ma potrebbe in ipotesi far sorgere soltanto un problema di scorretto esercizio del potere, di cui gli Stati membri certo dispongono, di fronteggiare situazioni congiunturali di emergenza del mercato interno dei generi alimentari di generale consumo; talch non potrebbe prospettarsi una questione di legittimit costituzionale per violazione del statale o invece a quello comunitario risulta non facile (2) e non privo di inconvenienti, dal momento che gli ordinamenti si integrano fra loro (ed nzi la loro stessa distinzione, irreprensibile sul piano concettuale, nelle cose si rivela, per cos dire, innaturale. Del resto, non escluso che l'attuale equilibrio tra i predetti ordinamenti si riveli instabile e transitorio, alla lunga dovendosi pervenire al prevalere dell'uno o dell'altro di essi. In siffatta situazione, compito del giurista di reperire i modi e i termini di una necessaria sintesi . A questo proposito bene precisare come la normativa comunitaria non si ponga come premessa maggiore di un sillogisma, nel quale alla disposizione legislativa statale sia assegnato un ruolo minore ; gli ordinamenti comunitario e statale debbono trovare una sintesi attraverso il coordinamento (e, potrebbe dirsi, -la reciproca comprensione) e non attraverso il declassamento della normativa statale al livello di fatto da valutare secondo criteri di giudizio posti dalla normativa comunitaria. Prima di concludere questo breve scritto, si segnala come, con la ordinanza n. 206, la Corte Costituzionale abbia ritenuto di non essere tenuta a rinviare direttamente alla Corte di giustizia delle Comunit la questione interpretativa, ed abbia invece lasciato tale compito al giudice a quo: in tal modo la Corte Costituzionale ha escluso di essere destinataria dell'obbligo imposto dall'art. 177 del Trattato C.E.E. alle giurisdizioni nazionali avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno . FRANCO FAVARA (2) Nella sentenza 10 ottobre 1976, n. 3616, la Corte di Cassazione ha respinto la richiesta di rimessione alla Corte di giustizia delle Comunit europee di una questione di interpretazione dell'accordo G.A.T.T., osservando che n tale accordo n la legge che l'ha reso esecutivo in Italia sono atti appartenenti all'ordinamento comunitario. E ci conferma come non si sia avuto un trasferimento di attribuzioni individuate e delimitate dagli Stati agli organismi comunitari, ma solo un fenomeno di compresnza di attribuzioni e di normative. RASSEGNA. DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 920 l'art. 11 della Costituzione, ma semmai solo la eventualit di un procedimento a' sensi degli artt. 169 e 170 del Trattato, che peraltro, non risulta essere stato promosso n dalla Commissione n da altro Stato membro; che pertanto, di fronte al rilevato contrasto interpretativo circa l'effettivo contenuto dispositivo e la sfera di applicazione del regolamento C.E.E. n. 805/1968, -il cui accertamento, in via definitiva, riservato dall'art. 177 del Trattato di Roma alla competenza della Corte di Giustizia ,delle Comunit europee -questa Corte non pu, allo stato, pronunciarsi sulla dedotta incostituzionalit delle norme interne denunciate, la cui legittimit gi stata riconosciuta, sotto altro profilo, dalla sentenza n. 200 del 10 luglio 1975, con espresso riguardo alla eccezionalit del momento, alle alte finalit che il provvedimento perseguiva, e ai temperamenti che le stesse norme prevedevano per limitare il blocco, con la possibilit di variazione dei prezzi in relazione alle disposizioni della C.E.E. che occorre quindi disporre la restituzione degli atti al giudice a quo, perch riconsideri la questione alla stregua di quanto precede. (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 3 agosto 1976, n. 211 -Pres. Rossi -Rel. Trimarchi -Tempestini (u.p.), Istituto di credito fondiario della Toscana (avv. Sorrentino), Monte Paschi di Siena (avv. Micheli e Anzaldi),. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Angelini Rota). Corte Costituzionale -Giudici di legittimit costituzionale in via inci- dentale -Giudice della esecuzione civile -Potere di sollevare questioni di legittimit costituzionale -Limiti. Fallimento -Credito fondiario -Procedura esecutiva individuale -Lepttimit costituzionale. (cost., artt. 3 e 24; r.d. 16 luglio 1905, n. 646, art. 42). Il giudice dell'esecuzione pu sottoporre alla Corte Costituzionale questioni che concernano le norme da applicare durante il corso dell'espropriazione forzata, e che non si riferiscano a punti controversi la. cui decisione spetti al Tribunale (1). (1-2) Il testo della sentenza pubblicato in Foro it., 1976, I, 2059, con nota di richiami. L'ordinanza di rimessione 25 febbraio 1974 del Tribunale di Prato riportato in Banca, borsa e titoli di credito, 1974, II, 90 con nota di BRONZINI. Sulla legittimazione a rimettere questioni di costituzionalit alla Corte Costituzionale, F. SATTA, Ci sono attivit amministrative del giudice?, in Giur. cost., 1973, 1362. Cfr. inoltre Corte Cost. 10 luglio 1975, n. 195 e 22 giugno 1971, n. 142 (in Foro it., 1975, I, 1889 e 1971, I, 1757) circa la legittimazione del giudice de- PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 921 Le particolari esigenze del credito fondiario rendono giustificabile il diverso trattamento riservato a tale credito in sede di esecuzione; n v' contrasto con l'art. 24 Cost. posto che il curatore del fallimento legittimato e tenuto ad interw1nire nella procedura esecutiva individuale promossa dall'istituto di credito fondiario (2). legato, Corte Cost. 28 aprile 1970, n. 60 e 10 giugno 1970, n. 88 (in questa Rassegna, 1970, I, 361 e Foro it., 1970, I, 1861), circa la legittimazione del presidente del tribunale nel procedimento di separazione dei coniugi e del giudice istruttore nell'attivit di liquidazione del compenso al consulente tecnico d'ufficio. CORTE COSTITUZIONALE, 3 agosto 1976, n. 212 -Pres. Rossi -Rel. Di Stefano -Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. G. Azzariti) e Regione Lombardia (avv. Pototschnig). Corte Costituzionale -Ricorso in via principale -Indicazione di disposizioni costituenti parametro di giudizio -Errore materiale -Pu essere corretto dalla Corte. Regione -Potere di emanare norme di attuazione di legge statale -Ri spetto dei limiti posti da tale legge. Anche in un giudizio di legittimit costituzionale proposto in via principale, l'esame pu essere portato sulla base di norma diversa da quella specificatamente indicata nel ricorso per errore materiale, se il contenuto e i motivi dell'impugnazione ad essa, e non all'altra norma, chiaramente si riferiscano. Per l'art. 117 comma secondo Cost., leggi statali possono demandare alle Regioni il potere di emanare norme di attuazione; e la delibera legislativa della Regione Lombardia in tema di consorzi bacini imbriferi montani riapprovata il 20 novembre 1975 contiene norme di attuazione della legge statale 3 dicembre 1971, n. 1102, senza operare spostamento di funzioni dai consorzi alle comunit montane, senza sottrarre ai consorzi medesimi alcuno dei loro compiti istituzionali e senza mutare la destinazione del fondo comune alimentato dal gettito dei sovracanoni di cui alla legge 27 dicembre 1953, n. 959. (Omissis). -Con il ricorso in epigrafe il Presidente del Consiglio dei ministri chiede che sia dichiarata l'illegittimit costituzionale, per volazione degli artt. 3, 117 ed VIII disp. trans. e finale della Costituzione e degli artt. 3 ed 8 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, e 3 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11 (che dispongono il trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali, rispettivamente in ma RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 922 teria di urbanistica, viabilit, acquedotti e lavori p~blici di interesse regionale, ed in materia di agricoltura e foreste, caccia e pesca nelle acque interne), della legge approvata il 26 marzo 1975 e riapprovata il 20 novembre successivo dal Consiglio regionale della Lombardia, recante norme sui Consorzi B.I.M. (Bacini imbriferi montani). -(Omissis). Nel 1971, con la legge n. 1102 del 3 dicembre, sono state dettate nuove norme per lo sviluppo della montagna, per promuovere, in attuazione degli artt. 44, ultimo comma, e 129 della Costituzione, la valorizzazione delle zone montane, favorendo la partecipazione delle popolazioni, attraverso le Comunit montane, alla predisposizione ed all'attuazione dei programmi di sviluppo e dei piani territoriali dei rispettivi comprensori montani ai fini di una politica generale di riequlibrio economico e sociale nel quadro delle indicazioni del programma economico nazionale e dei programmi regionali (art. 1). All'uopo si disposta la ripartizione, con legge regionale, dei territori montani in zone omogenee, in base a criteri di unit territoriale economica e sociale (art. 3); e la costituzione tra i Comuni ricadenti in ciascuna zona, sempre con legge regionale, di una Comunit montana, ente di diritto pubblico. Spetta, inoltre, alla Regione stabilire con sua legge le norme cui le Comunit devono attenersi nella formulazione degli statuti (che devono essere approvati dalla Regione), nell'articolazione e composizione dei propri organi, nella preparazione dei piani zonali e dei programmi annuali, nei r.apporti con gli altri enti operanti nel territorio (art. 4). Ogni Comunit tenuta ad approntare un piano pluriennale per lo sviluppo economico-sociale della propria zona, al quale debbono adeguarsi i piani degli altri enti operanti nel territorio della Comunit, delle cui indicazioni, tuttavia, devesi tener conto nella preparazione del piano di zona, mediante opportuni coordinamenti (art. 5). La realizzazione del piano generale di sviluppo e dei piani annuali d'intervento affidata alla Comunit, la quale, nell'espletamento dei propri fini istituzionali, predispone, coordina ed attua i programmi d'intervento (art. 6). Le linee generali della richiamata disciplina consentono di sottolineare alcuni aspetti di peculiare rilievo: l'ampio potere normativo demandato alla Regione per la sua attuazione; la competenza programmatoria di carattere generale, a livello zonale, e nel quadro della programmazione regionale, attribuita alla Comunit montana, quale strumento partecipativo della popolazione di un territorio delimitato anche con criteri socio-economici e non meramente geografici; la conseguenziale subordinazione all'attivit programmatica della Comunit, degli interventi settoriali predisposti dagli altri enti operanti nel suo territorio. In attuazione di quanto previsto dall'art. 4 della citata legge n. 1102 del 1971, la Regione Lombardia ha emanato la legge regionale 16 aprile 1973, n. 23, avente ad oggetto la costituzione delle Comunit montruie e PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE la formulazione dei loro statuti, il cui art. 11 disciplina i rapporti con gli altri enti, disponendo che, nella fase di preparazione del piano di sviluppo economico-sociale, la Comunit mantenga gli opportuni collegamenti con gli enti operanti nello stesso territorio, nel settore della bonifica o delle attivit consorziali tendenti allo sviluppo economico della zona; e che,' dal loro canto, gli enti medesimi trasmettano i propri piani e programmi alla Comunit e li adeguino al piano di sviluppo da questa elaborato, dopo la sua definitiva approvazione. Nel quadro della preesistente normativa statale e regionale si colloca, costituendone un ulteriore sviluppo attuativo, la impugnata legge, deliberata dalla Regione in base ai poteri ad essa derivanti dalla legge n. 1102, che al ricordato art. 4, ne afferma la competenza a regolare i rapporti tra Comunit ed altri enti operanti nel loro territorio. La Regione ha, cio, legiferato, esercitando una competenza che non va ricondotta a quella radicata nelle materie indicate nel primo comma dell'art. 117 della Costituzione, ma rientra, invece, nell'mbito del secondo comma dello stesso articolo, a tenore del quale le leggi della Repubblica possono demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione. In tale contesto, va riconosciuto che, con la impugnata legge, stato apprestato un meccanismo di coordinamento e di adeguamento, senza operare alcuno spostamento di funzioni dai Consorzi alle Comunit, e senza sottrarre ai Consorzi medesimi alcuno dei loro compiti istituzionali. Invero, il previsto riparto annuale in bilancio del fondo comune -riparto che, secondo il ricorrente, lascerebbe ai Consorzi la mera funzione esattoriale del sovracanone -non comporta alcun trasferimento di somme dall'uno all'altro ente, ma si concreta in una preordinazione, mediante una sorta di articolazione contabile, dell'attivit gestionale degli stessi Consorzi, tenuti dalla legge dello Stato ad adeguare i loro interventi ai piani zonali di sviluppo ed ai programmi annuali delle Comunit. N va taciuto che al successivo impiego delle risultanti quote del fondo comune provvedono pur sempre i Consorzi, mediante programmi operativi da essi predisposti distintamente per ciascuna Comunit. Non v'ha dubbio che la discrezionalit dei Consorzi nelle loro scelte programmatiche ed operative risulti contenut, ma ci appare aderente proprio alla ratio della legge statale, che ha voluto a vantaggio dei territori montani e delle loro popolazioni una programmazione di globale apertura, superando il preesistente sistema d'interventi settoriali non coordinati e non convenientemente finalizzati. D'altra parte, la responsabile autonomia dei Consorzi, nei limiti derivanti dal voluto adeguamento, resta pur sempre garantita dall'imprescindibile rispetto delle loro competenze istituzionali, essendo pacifico. che le quote del fondo comune, riservate, secondo quanto previsto dalla impugnata legge, al RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 924 finanziamento di interventi ed opere indicati dalle Comunit tra quelli compresi nei loro piani e programmi, devono comunque essere impiegate con l'osservanza della destinazione prescritta dall'art. l, comma 14, della legge n. 959 del 1953. Che se poi i piani e i programmi delle Comunit fossero strutturati in modo cos analitico da individuare singolarmente e tassativamente le opere e gl'interventi da eseguirsi a carico dei Consorzi, rendendo cos meramente ripetitivi i programmi operativi riservati questi ultimi, a tutelare la loro autonomia gestionale soccorrerebbero come riconosce la stessa Regione resistente -idonei strumenti in sede di riesame da parte della Regione, oltre che nella definitiva sede giurisdizionale. Conclusivamente, la impugnata legge non viola gl'indicati parametri (VIII disp. trans. e fin. della Costituzione, art. 3 (recte 7) del d.P.R. n. 8 del 1972, art. 3 del d.P.R. n. 11 del 1972), in quanto non altera l'attuale distribuzione di funzioni amministrative tra gli enti locali. -(Omissis). I CORTE COSTITUZIONALE, 3 agosto 1976, n. 214 -Pres. Rossi Rel. Rocchetti -Silvani (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Albisinni). Contenzioso tributario -Composizione delle Commissioni Conoscenza personale dei fatti Non necessaria e non rilevante. (cost., artt. 3, 25 e 76; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 2). La conoscenza personale dei fatti rilevanti per l'imposizione da parte del componente di commissione tributaria non n essenziale n rilevante, dovendo il giudice valutare iuxta alligata et probata (1). (1-3) Anche nella sentenza n. 215 in esame, come gi nella sentenza n. 287 del 1974 (in questa Rassegna, 1975, I, 7), la Corte Costituzionale ha avvertito la necessit di assicurare un giudice alle controversie in materia di estimazione semplice (e in materia di determinazione dei valori imponibili), e quindi di conservare l'attuale assetto della giustizia tributaria. Forse il contenuto e la natura della attivit di estimazione dei redditi e dei valori -non rileva se svolta in sede amministrativa o in sede contenziosa (l'espressione volutamente neutra) -non stato ancora adeguatamente messo a fuoco dalla dottrina. La recente revisione del contenzioso tributario tende implicitamente a sminuire l'autonomia di detta attivit, e a non distinguerla dagli altri momenti della imposizione; e ci per rispondere. ad una esigenza pratica di semplificazione dei procedimenti contenziosi. Peraltro, il distacco e la distinzione tra attivit di estimazione e altri momenti dell'attivit di impo PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 925 II CORTE COSTITUZIONALE, 3 agosto 1976, n. 215 -Pres. Rossi -Rel. Rocchetti -Fall. Ceramica ligure Vaccari (avv. V. Uckmar) e altri (n.p.), e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Ganelli). Contenzioso tributario -Commissioni tributarie -Revisione operata con d.P.R. n. 636 del 1972 -Legittimit costituzionale -Contenzioso tributario giurisdizione ordinaria Azione di accertamento negativo Esclusione. (cost., artt. 102 e VI disp. trans.; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636). L'art. 102 Cast. dispone soltanto che non possono essere istituiti (cio creati ex novo) giudici speciali; dei giudici speciali preesistenti consntita la conservazione ai sensi della VI disposizione transitoria (2). Il ripristino della azione di accertamento negativo dinanzi al Giudice ordinario in materia di tributi indiretti potrebbe derivare soltanto da una dichiarazione di globale illegittimit delle commissioni tributarie (3). I (Omissis). -Data l'ampiezza del territorio di competenza delle commissioni e la esiguit del numero dei componenti da nominare, ovvio non potrebbe mai verificarsi, se non per puro caso, che anche uno solo dei componenti la sezione appartenga al Comune ove, in materia di imposta di registro, situato il bene del cui trasferimento si tratta. lnoltre, su un piano pi generale, deve osservarsi che il giudice deve giudicare iuxta alligata et probata, e non in base alla conoscenza personale che pu avere dei fatti sottoposti al suo giudizio. Le conoscenze occorrenti per vagliare quei fatti, egli deve trarle dalle prove, che, in materia tecnica, sono costituite dalle consulenze tecniche e dalle perizie estimative esibite in contradittorio. smone permangono, e non possibile (n auspicabile) equiparare, nella sostanza, l'accertamento degli imponibili alla quantificazione di un credito illiquido (ad esempio, per risarcimento di danni). Nella sentenza n. 215 la Corte ha nuovamente valorizzato dati offerti dalla legislazione ordinaria (e anche dalla recente legislazione delegata), ed ha rite nuto di non dar rilievo alla distinzione tra legislazione anteriore e legislazione posteriore alla data del primo gennaio 1948. Sull'argomento, e sul punto che la revisione di cui alla sesta disposizione transitoria della Costituzione concerne gli organi qualificabili giurisdizionali a detta data, cfr. M1cHELI, Reviviscenza delle commissioni tributarie come giudici speciali?, in Riv. dir. proc., 1975, 319, e ANDRIOLI, Dubbi sulla qualificazione giuridica delle commissioni tributarie, in Giur. cost., 1974, 3383. D'altro canto, non 926 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO II (Omissis). -Ci premesso, occorre qui precisare le ragioni in base alle quali le tre ordinanze prospettano il dubbio relativo alla totale illegittimit delle norme del decreto e della stessa istituzione delle commissioni tributarie, ragioni poste in riferimento all'art. 102, secondo comma, e alla disposizione VI transitoria della Costituzione. A tal proposito esse formulano le seguenti tre proposizioni alternative, la cui soluzione, secondo le ordinanze, condurrebbe, in ogni caso, alla dichiarazione della illegittimit delle commissioni predette. Tali proposizioni assumono a riferimento la natura giuridica -amministrativa o giurisdizionale -delle nuove come delle anteriori commissioni tributarie, e vengono cos enunciate: a) se le nuove commissioni tributarie sono organi amministra,tivi, i diritti, soggettivi -specie in materia di estimazione semplice -sarebbero privi di tutela giurisdizionale; b) se le nuove commissioni sono organi giurisdizionali, mentre le anteriori avevano natura amministrativa, le nuove commissioni costituirebbero giudici speciali di nuova creazione, vietati dall'art. 102 della Costituzione, in quanto non derivati, ex disposizione VI transitoria, dalla revision di un giudice speciale preesistente; e) se sia le nuove che le vecchie commissioni devono qualificarsi come giurisdizionali, le nuove sarebbero sempre illegittime, perch la revisione degli anteriori giudici speciali pu attuarsi solo mediante la creazione di sezioni specializzate della magistratura ordinaria. Le tre proposizioni non inseriscono nella tematica nessun nuovo elemento che non sia stato dalla Corte gi esaminato e le questioni in esse formulate non possono che essere ritenute infondate in base agli argomenti enunciati nella sentenza n. 287 del 1974. (Omissis). proprio agevole ritenere che il legislatore odierno possa aprire la strada ad una revisione mediante una interpretazione autentica di disposizioni legislative anteriori al 1948. Cfr. anche FAVARA, N timori n speranze: le due facce dell'indipendenza del giudice, in Riv. dir. proc., 1976, 649, ove tra l'altro si rammenta come in passato il legislatore abbia cercato di valorizzare le conoscenze personali dei componenti le commissioni tributarie (in proposito, in questa Rassegna, 1971, I, 345, La prova per indizi e l'accertamento dei redditi imponibili). In ordine al ricorso alla VI disp. trans. per la revisione delle commissioni tributarie, cfr. tra gli altri, Russo P., Il nuovo processo tributario, 1974, 359 e segg., e -con accenti sensibilmente diversi -in Prime riflessioni sul nuovo processo tributario, Studi Furno, 1973, 857. Com' noto, nettamente prevalente l'orientamento che riconosce carattere giurisdizionale alle commissioni; in senso contrario, anche dopo la revisione, SERA, La disciplina del contenzioso tributario avanti alla Corte Costituzionale, in Riv. dir. fin., 1974, 508. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Con ci il discorso sul tema della operata revisione potrebbe ritenersi concluso, se non occorresse ancora rilevare la infondatezza di altre asserzioni contenute nelle ordinanze circa i limiti che la revisione dovrebbe incontrare e che non sarebbero stati nel caso rispettati. Si osserva particolarmente nell'ordinanza del tribunale di Roma che, pur a voler ammettere che, nel caso, l'intento legislativo sia stato quello di attuare una revisione ai sensi della VI transitoria, pur tuttavia quell'intento si sarebbe attuato in senso ben diverso da quello tracciato dalle norme costituzionali. Queste, si dice, nell'art. 102, secondo comma, vietano comunque la istituzione di giudici speciali, s che la revisione deve inten dersi possa attuarsi soltanto mediante la creazione di sezioni specializzate degli organi giudiziari ordinari, che sono invece ammesse. Al che facile opporre che, per creare sezioni specializzate, previste dallo stesso comma dell'art. 102, nel secondo periodo, non occorreva nessuna disposizione trnsitoria, giacch esse sono oggetto di apposita ed autonoma previsione nel testo stesso della Costituzione. La revisione non pu concernere quindi che i giudici speciali preesistenti e per la cui conservazione appunto prevista quella procedura di adeguamento ai principi della Costituzione (sentenze n. 41 del 1957, 42 del 1961, n. 92 del 1962 e 17 del 1965). N la norma del 102 della Costituzione interferisce nella materia della conservazione, previa revisione, dei giudici speciali preesistenti, in quanto essa dispone soltanto che non possono essere <>, si rilevi in concreto discriminatoria nei risultati (perch anche se ci fosse vero si tratterebbe pur sempre di effetti ineluttabili della volizione normativa, ed ai quali perci non potrebbe negarsi applicazione), ed hanno espressamente escluso che possa procedersi, da parte dell'interprete, alla verifica o rettifica delle norme legislative o che il giudice possa disapplicare o modificare una norma giuridica affermando che essa sbagliata . A pensarla diversamente -hanno infatti precisato le Sezioni unite si dovrebbe accreditare l'inammissibile postulato che un precetto normativo, quale risulta chiaramente dalla lettera e dalla ratio legis, abbia forza vinco lante solo se e nella misura in cui il risultato della sua applicazione coin cida effettivamente e pienamente con la finalit perseguita dal legislatore sulla base di una certa situazione (di fatto e di diritto) ritenuta esistente e come tale apprezzata: il che quanto dire che se tale situazione non esisteva o fu male apprezzata, la legge non sarebbe applicabile o lo sarebbe solo per la parte che eventualmente residua dallo espunto errore. Enunciato, codesto, che non richiede una particolare dimostrazione, bastando qui ricordare che potere-dovere del giudice di interpretare ed applicare fedelmente la legge, cui egli soggetto (art. 101 Cost.), non rientrando fra i suoi compiti quello di completare l'opera del legislatore mediante la verifica, e se del caso, la rettifica, delle norme che questi ha posto in essere . Le Sezioni unite hanno anche escluso l'ammissibilit stessa di una indagine in sede giurisdizionale circa l'esattezza o meno del presupposto del provvedimento legislativo , quanto tale indagine sia stata compiuta in sede normativa, rilevando, anzi, che quando anche risulti ipotizzabile un errore di valutazione del legislatore, in tal caso il giudice, che un potere corret tivo non ha neanche sugli atti di autonomia privata e a fortiori sugli atti di sovranit statuale come la legge, non pu di certo sovrapporre il suo giudizio a quello del legislatore, al fine di emendare il supposto errore e rendere pi congruo il precetto, ma questo deve applicare secondo il comando ivi espresso. Con riferimento alla nota: questione sull'aliquota I.G.E. applicabile ai cotoni importati, infine, le Sezioni unite hanno in particolare precisato che quan d'anche potesse ammettersi che nell'art. 9 del d.l. 2 luglio 1969, n. 319, che ha RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Quanto all'utilizzazione dei criteri enunciati da questa Corte nella sentenza n. 10 del 1975, va subito detto che essi non giovano in nessun modo alla tesi sostenuta dalla ricorrente, anche a prescindere dall'irriducibile differenza esistente tra le norme della cui interpretazione si tratta. Nel caso risolto con la sentenza n. 10 del 1975, veniva in questione l'art. 5 della legge n. 267 del 1958, che stabiliva la riduzione (dal 6 al 4 per cento) dell'aliquota dell'I.G.E. per il cotone depurato da semi, di produzione nazionale. Nonostante la dizione testuale della norma, si sosteneva che la riduzione dovesse essere applicata anche al cotone importato dai Paesi aderenti al G.A.T.T., grazie alla clausola del trattamento nazionale, contenuta nell'art. IV n. 2 dell'Accordo e dato che Ja sperequazione in danno del cotone nazionale (che il legislatore aveva ritenuto sussistente ed alla quale aveva inteso rimediare) in realt non sussisteva. Fu affermato in quell'occasione che, essendo univoco il precetto espresso dalla norma, essa non poteva essere applicata al cotone abrogato l'art. 5, secondo comma, della legge 21 marzo 1958, n. 267, sia insito il riconoscimento della sperequazione in danno del cotone importato cui l'abrogata norma avrebbe in ipotesi dato luogo per tutto il tempo in cui rest in vigore, non altra conseguenza verrebbe a trarsi dalla successione delle due leggi se non questa: che il trattamento fiscale differenziato, disposto e voluto dalla prima (n. 267 del 1958), venne a cessare .solo allorch questa fu abrogata dalla seconda legge (n. 478 del 1969); la quale, invero, in tanto pu dirsi che abbia eliminato l'asserita sperequazione in quanto evidentemente si riconosca che questa gi esisteva ed operava con pienezza di effetti che al giudice non era dato di rimuovere o correggere, poich altrimenti non sarebbe statQc necessario ricorrere all'intervento abrogativo del legislatore >>. con riguardo a tali affermazioni di principio che si profila la necessit di un riesame della questione, che deve verificarsi cio, tenuta anche presente la legge 24 giugno 1971, n. 447, se il legislatore, nel porre la legge 15 giugno 1950, n. 330, abbia avuto la intenzione (art. 12 disp. prel. cod. civ.) di escludere l'applicabilit del diritto per i servizi amministrativi ai prodotti delle liste di concessione importati dai Paesi aderenti al G.A.T.T.; e tale indagine non pu invero risolversi che in senso negativo, proprio perch ogni differente soluzione comporterebbe, necessariamente, quel sindacato di merito e quella verifica di cui le Sezioni un~te della Corte di cassazione hanno motivatamente escluso la stessa ammissibilit. 20. Ai fini della proposta indagine, occorre tener presente, anzitutto, che non solo alla data del G.A.T.T. e dei relativi protocolli di adesione e di emendamento, ma ancora nel 1957 (epoca cio del trattato istitutivo della Comunit economica europea), il concetto stesso di tassa di effetto equivalente ai dazi doganali veniva considerato solo per ragioni di comprensibile cautela, senza che di esso fosse chiara e definita la portata alle stesse Parti contraenti, e con impreciso e generico riferimento ai dazi doganali (amplius, cfr.: MURATORI, Sulla nozione di tassa di effetto equivalente ai dazi doganali, Dir. prat. trib., 1970, Il, 958 e segg.; VENTURI, in Commentario del Trattato e.E.E., 1965, I, pagg. 95-101); ed sintomatico che ancora nell'accordo di associazione tra la Comunit e la Grecia si sia ritenuto necessario precisare che i prelievi non potevano essgre considerati come tasse di effetto equivalente ai dazi doganali" PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 953 estero, perch l'apprezzamento, eventualmente erroneo, che l'aveva originata non era n sindacabile, n emendabile da parte del giudice. Nel nostro caso viene, invece, in questione una norma che, istituendo il diritto per i servizi amministrativi puramente e semplicemnte sulle merci importate, senza alcuna specificazione, non affatto univoca nel senso di assoggettare al tributo anche alle merci provenienti dall'area G.A.T.T., specialmente se si considera che la legge pressoch contemporanea a quella che reca l'ordine di esecuzione dell'Accordo e che difficile supporre una volont dello Stato di violare quel patto al quale aveva appena dato riconoscimento. Va, dunque, utilizzato il criterio interpretativo per cui si deve presumere, in mancanza di ostacoli testuali, che, ponendo una norma, lo Stato abbia inteso rispettare, piuttosto che violare, gli impegni internazionali. La circostanza che, secondo quanto risulta dai lavori preparatori, il legislatore ritenesse (a torto) compa e che nella recente istruttoria della causa comunitaria 37/73 la stessa Commissione delle Comunit europee abbia rilevato che la espressione potrebbe riferirsi, nei pi recenti regolamenti, ad eventuali tasse comunitarie di effetto equivalente ai dazi doganali. Nello stesso ambito dell'ordinamento comunitario, del resto, alla progressiva abolizione delle tasse di effetto equivalente ai dazi doganali si sarebbe dovuto provvedere, ai sensi dell'art. 13, n. 2, del trattato di Roma, ad opera degli Stati membri, durante il periodo transitorio, e secondo un ritmo determinato dalla Commissione della Comunit economica europea con direttive ispirate alle norme previste dall'art. 14, paragrafi 2 e 3 ed alle direttive del Consiglio in applicazione del citato paragrafo 2 . noto, peraltro, che stata la stessa Commissione a provvedere in concreto alla individuazione delle tasse di effetto equivalente ai dazi doganali, con analitico esame delle imposizioni segnalate dai vari Stati membri in risposta ad uno specifico questionario; cos com' noto che a tale concreta individuazione stato in effetti provveduto anche a prescindere dalle segnalazioni fornite dagli Stati membri, per essere le risposte al questionario risultate condizionate dalle variabili valutazioni proprie delle competenti autorit degli Stati membri, tanto che per non poche contestazioni al riguardo stato necessario far ricorso alla Corte di giustizia delle Comunit europee. Tale individuazione, anche se sono state finora valutate oltre 470 fattispecie, e pur essendo il periodo transitorio terminato da vari anni, non stato oltretutto ancora completata (com' risultato, in particolare, nella istruttoria della causa 37/73), ed stata anzi appena iniziata relativamente alle tasse di effetto equivalente ai dazi doganali riscossi dai nuovi Stati membri delle Comunit europee, per tasse, cio, che non avrebbero nemmeno ragione di essere se l'art. II del G.A.T.T. fosse di diretta ed immediata applicabilit, e se potesse la sua osservanza prescindere da specifici provvedimenti legislativi di ciascuno Stato aderente all'Accordo. Per quanto concerne, in particolare, il diritto per i serv1z1 amministrativi, la possibilit stessa di qualificare tale diritto come tassa di effetto equivalente ai dazi doganali venne espressamente esclusa, sette anni dopo la ratifica del G.A.T.T., nelle relazioni alla legge di ratifica del trattato istitutivo della Comunit economica europea (cfr., in particolare, Relazione della Commissione speciale del Senato, Atti Senato, II Leg-islatura, doc. n. 2107-A; Relazione Bat RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 954 tibile con l'Accordo l'introduzione del nuovo tributo, e intendesse perci applicarlo anche alle merci di provenienza G.A.T.T., non pu affatto valere come argomento risolutivo per l'adozione di una interpretazione conforme a quell'intento. Proprio alla luce dei principi espressi nella sentenza n. 10 del 1975, infatti, va ribadito che ogni legge deve essere interpretata secondo la sua effettiva portata; che l'intenzione perseguita dal legislatore vale nella misura in cui si effettivamente trasfusa ed oggettivata nella norma; e che valorizzare come criterio interpretativo la convinzione risultante dai lavori preparatori, di cui parla la ricorrente, significherebbe, per l'appunto, operare quella rettifica diretta a rendere la legge conforme ai convincimenti di chi l'ha dettata, che la sentenza n. 10 del 1975 ha escluso possa essere fatta dal giudice. Infondato, infine, anche il terzo motivo del ricorso, con cui si lamenta che la Corte di Palermo abbia applicato l'art. II del G.A.T.T. ad una tista per la maggioranza, La legisl. it., 1957, I, Il, 964, pagg. 2262-2263); ed ancora nel 1962, data di entrata in vigore dei primi regolamenti comunitari sulla organizzazione comune dei mercati agricoli (che contemplano, come si gi sopra accennato, il divieto di riscuotere tasse di effetto equivalente ai dazi doganali), era normalmente escluso, in dottrina, che il diritto per i servizi amministrativi potesse essere considerato tassa di effetto equivalente ai dazi doganali. Gli stessi esperti della Commissione CEE, inoltre, ritennero di non aver rilievi da muovere alla riscossione del diritto per i servizi amministrativi, in occasione di due visite espressamente effettuate in Italia; ed certo che l'ammontare del diritto in questione non stato considerato n ai fini di cui all'art. 14 del trattato di Roma, n nell'applicazione del criterio stabilito in taluni regolamenti comunitari per la determinazione del prelievo applicabile; cos com' noto che ancora nel giudizio promosso dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunit europee le competenti autorit italiane ebbero a contestare che al diritto per i servizi amministrativi potesse attribuirsi natura di tassa di effetto equivalente ai dazi doganali. Tali precedenti rendono evidente, in definitiva, che nemmeno si sospettava, alla data di emanazione della legge 15 giugno 1950, n. 330, che il diritto per i diritti amministrativi potesse qualificarsi come tassa di effetto equivalente ai dazi doganali, e non si poteva nemmeno avvertire, quindi, la necessit di escluderne l'applicabilit, in base a tale qualificazione, ai prodotti importati dai Paesi aderenti al G.A.T.T.; ed ovvio che attribuire invece tale intenzione al legislatore del 1950 significherebbe falsare del tutto la portata del provvedimento, e far opera di creazione, e non di interpretazione del diritto, proprio perch la effettiva volont del legislatore (oltretutto confermata, necessariamente, dalla legge 24 giugno 1971, n. 447) non pu essere individuata, senza alterarne la portata, in base ad una qualificazione sopravvenuta circa venti anni dopo l'epoca di formazione della legge. 21. -La validit e rilevanza, addirittura intuitive, di tali considerazioni sono confermate, del resto, dalla origine stessa dell'imposizione del diritto per i servizi amministrativi, che concorre a ribadire l'espresso proposito di riferire l'applicabilit del diritto a tutti i prodotti importati dall'estero, e quindi anche a quelli provenienti dai Paesi aderenti al G.A.T.T. La nozione stessa di diritto per i servizi amministrativi (prima ignota al diritto doganale interno) stata infatti mutuata dal legislatore, alla lettera, pro PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 955 merce (nave armata) non compresa nella lista XXVII allegata all'Accordo. Quello elenco, infatti, stat.o sostituito dalla lista XL (c.d. lista comune) applicabile tanto ai Paesi G.A.T.T., quanto a quelli CEE, nella quale (cap. 89) compreso ogni tipo di nave. -(Omissis). II (Omissis). -1. Il ricorso principale della Banca e quello incidentale del Ministero vanno riuniti, perch rivolti contro la medesima sentenza. 2. La questione proposta dai ricorsi cos riuniti duplice: a) se, con riferimento alla specie, le partite di cotone sodo importato, della cui sottoposizione all'I.G.E. si discute, siano, con riguardo ai Paesi di provenienza, comprese nel potenziale ambito di applicabilit dell'Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (G.A.T.T.: General Agreement on Tariffs and Trade); b) quale in linea di principio, sia l'aliquota I.G.E. prio dall'art. II, n. 2, del G.A.T.T., secondo cui Aucune disposition du prsent article n'empchera une partie contractante de percevoir tout moment, l'importation d'un produit quelconque: ... c) des redevances ou autre droit proportionnels au coit des services rendus (da limitare, ai sensi dell'art. VIII dell'Accordo, au coit approximatif des services rendus ). Potrebbe discutersi -ora -sulla riconducibilit del diritto per i servizi amministrativi disciplinato dalla leg.ge 15 giugno 1950, n. 330 nella categoria dei droits proportionnels aut coit des services rendus espressamente consentiti dal G.A.T.T.; e nemmeno pu assumersi, oltretutto, che una tale indagine dovrebbe necessariamente risolversi in senso negativo, specialmente quando si consideri che la diversa qualificazione di tassa di effetto equivalente ai dazi doganali intervenuta nella diversa prospettiva dell'ordinamento comunitario, in relazione a differenti norme e finalit, e nell'ambito di un sistema nel quale non risulta espressamente contemplata l'ammissibilit di droits proportionnels au coit des services rendus ~>. Certo , comunque, che il legislatore del 1950, nel sostituire il diritto di licenza (riconosciuto incompatibile con gli impegni assunti in. sede internazionale) con il meno gravoso diritto per i servizi amministrativi ha inteso proprio riferirsi ai diritti per i servizi consentiti dagli artt. II e VIII del G.A.T.T., ha voluto cio istituire l'imposizione proprio in ragione della ritenuta sua compatibilit con le clausole del G.A.T.T.; ed ovvio, perci, che nessun motivo aveva di escluderne l'applicabilit ai prodotti importati dai Paesi aderenti all'Accordo. Che poi possa discutersi, a tale proposito, di un errore di valutazione del legislatore, naturalmente questione estranea al compito dell'interprete, proprio perch in tal caso il giudice, che un potere correttivo non ha neanche sugli atti di autonomia privata e a fortiori sugli atti di sovranit statuale come la legge, non pu di certo sovrapporre il suo giudizio a quello del legislatore, al fine di emendare il supposto errore e rendere pi congruo il precetto, ma questo deve applicare secondo il comando ivi espresso,, (Cass. 7 gennaio 1975, n. 10, Rass. Avv. Stato, 1975, I, 88). 22. -L'applicabilit del diritto per i servizi amministrativi ai prodotti importati dai Paesi aderenti al G.A.T.T. ribadita inoltre, e senza possibilit di 956 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dovuta per le importazioni di cotone sodo proveniente dall'area del G.A.T.T., effettuate, come quelle .di cui causa, nella vigenza della leg ge 21 marzo 1958, n. 267, che per il cotone sodo di produzione nazionale riduce al 4 % l'aliquota gi fissata nella misura del 6 % dalla 1. 12 ago sto 1957, n. 757, per quello di produzione sia nazionale che estera. Al primo quesito, la Corte di merito ha dato risposta affermativa, ritenendo sufficiente per la operativit delle norme G.A.T.T. la provenien za delle merci da Paesi aderenti, nella specie, la Turchia e gli Stati Uniti d'America. Quanto al secondo quesito, ha ritenuto non applicabile l'aliquota ridotta del 4% in base ad un iter motivo articolato fondamentalmente nelle seguenti proposizioni: a) l'ordine di esecuzione sia del Protocollo di Annecy del 10 otto bre 1949, concernente l'adesione dell'Italia al trattato G.A.T.T., sia dei success1v1 Protocolli di emendamento adottati a Ginevra nel marzo 1955, impartito rispettivamente con leggi n. 295 del 5 aprile 1950 e n. 1307 dubbi, dai lavori preparatori della legge 15 giugno 1950, n. 330, coerenti ed uni voci in tal senso. Gi nella relazione del ministro proponente, invero, veniva espressamente precisato, dopo essersi rilevata la incompatibilit del diritto di licenza con l'art. VIII, n. 1, del G.A.T.T. e la necessit, quindi, di disporne l'abrogazione, che ((in sostituzione viene proposta la imposizione sulle merci importate dall'estero di un diritto per i servizi amministrativi che, nella aliquota ridotta dello 0,50 per cento -compatibile quindi con gli obblighi internazionali di cui sopra inteso a reintegrare l'Erario della spesa che sostiene per i servizi relativi alle importazioni (Atti della Camera dei deputati, II Legislatura, doc. n. 1283). Gli stessi accordi consentono per -rilevava inoltre il relatore alla Ca mera -che sulle merci importate o esportate siano imposti dei diritti intesi a compensare l'amministrazione delle spese dei suoi servizi; e di questa facolta si avvale lo Stato per istituire, con l'articolo 2 del disegno di legge in esame, un modesto "diritto per i servizi amministrativi", che, stabilito nell'aliquota dello 0,50 per cento del valore, si rende compatibile con gli obblighi internazionali suindicati (Atti della Giunta per i trattati e la legislazione doganale, seduta del 26 maggio 1950, pag. 25). , Lo stesso relatore si rendeva poi promotore della norma transitoria di cui all'art. 4 della legge, per evitare che fino all'entrata in vigore della legge, pre. vista in coincidenza con l'entrata in vigore della nuova tariffa dei dazi, le merci comprese nelle liste di concessione continuassero ad essere gravate dal diritto di licenza (il che conferma, come si accennato, che la sola ratifica del G.A.T.T. non era a tal fine sufficiente); ed anche dal dibattito relativo a tale proposta risultano elementi utili a confermare la univoca intenzione del legislatore di assoggettare al diritto per i servizi amministrativi anche i prodotti compresi nelle liste di concessione (doc. ult. cit., pag. 27). Alla proposta di eliminare dal testo della norma transitoria la parola tut tavia , infatti, il ministro proponente si opponeva, insistendo perch il termine, anche se non molto elegante , fosse conservato per sottolineare che s'inten deva porre soltanto una eccezione (limitata al periodo transitorio) alla rc" gola generale. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 957 del 7 novembre 1957, comprende -pur con la riserva stand-still limitativa della recezione nella misura della compatibilit della norma internazionale pattizia con l'ordinamento nazionale in quel momento esistente -anche la parte II del Trattato e quindi l'art. III n. 2 (poi divenuto art. I, n. 2), che sancisce la regola della parit tributaria tra prodotto nazionale e prodotto estero provenie_nte dall'area del G.A.T.T. per effetto della quale al secondo assicurato, all'interno di ciascuno degli Stati aderenti, un trattamento fiscale non deteriore rispetto a quello riservato al primo; b) trattandosi di norma dotata di sufficiente precisione, la regola suddetta stata dall'ordine di esecuzione inserita nell'ordinamento in terno con efficacia immediatamente precettiva; ' e) anche l'I.G.E. c.d. all'importazione, di cui all'art. 17 della legge istitutiva, rientra nell'ambito di previsione della clausola di parit; d) la parit voluta dalla clausola va riferita non ai singoli tributi -ed alle singole aliquote, ma al carico fiscale complessivo gravante sul prodotto nazionale; Risulta poi considerato, dallo stesso ministro, che in base alla predisposta norma transitoria si sarebbe avuto per le merci comprese nelle liste di concessione, fino all'entrata in vigore della nuova tariffa doganale, un trattamento pitt favorevole di quello previsto dall'Accordo internazionale, in quanto il diritto per i servizi amministrativi sarebbe entrato in vigore soltanto in coincidenza con l'entrata in vigore della nuova tariffa doganale, e fino a tale data, quindi, le merci convenzionate non sarebbero state soggette n al diritto di licenza n al sostitutivo diritto per i servizi amministrativi. Con il testo che abbiamo approvato _,__ rilevava in argomento il ministro proponente -nel mese di giugno avremo questa situazione: le merci che hanno, per il protocollo di Annecy, un dazio inferiore all'incidenza attuale del dazio pi il diritto di licenza, non pagano il diritto di cui all'art. 2, perch questo entra in vigore soltanto con l'entrata in vigore dei dazi doganali; pagheranno questo diritto a partire dal r luglio in avanti. Questo riguarda soprattutto le merci totalmente esenti dal dazio, e la cui esenzione stata consolidata dagli accordi di Annecy. Con la norma che aobiamo fissato, per tutto il mese di giugno non pagheranno il diritto dello 0,50 per cento. Il ministro aggiungeva, inoltre, che si era anche pensato di proporre una norma in virt della quale il diritto per i servizi amministrativi potesse " entrare in vigore immediatamente per i prodotti compresi nelle liste di con <::essione (e ci per evitare l'inconveniente prima segnalato), ma che ci si aste neva dal proporla perch ne verrebbe fuori una norma piuttosto complessa e difficile a concretare ; e precisava che soltanto per questa ragione formale il Governo si arrestato di fronte all'opportunit del pagamento dello 0,50 per cento per queste merci durante il periodo transitorio, pur dando atto che per i prodotti compresi nelle liste di concessione si sarebbe verificato che gli impor tatori avranno questo 0,50 per cento di favore in giugno, rispetto agli importatori del mese di luglio . Queste -considerazioni venivano condivise ed accettate da tutta la Commis sione; ed il fatto stesso, invero, che si sia tanto discusso sul fatto che per il periodo di un mese i prodotti compresi nelle liste di concessione non avrebbero pagato il diritto per i servizi amministrativi (la cui entrata in vigore era pre RASSEGNA DEU.'AVVOCATDRA DEU.0 STATO 958 e) alla stregua di tale interpretazione, la riduzione dell'aliquota al 4 %, disposta dalla legge n. 267 del 1958 per il prodotto nazionale, non si estende, per il tramite della clausola di parit tributaria, al prodotto estero di provenienza G.A.T.T., che resta quindi soggetto all'aliquota del 6 % fissata dalla precedente legge n. 757 del 1957, in quanto la differenza a favore del primo destinata a compensare le tassazioni su di esso incidenti in occasione dei passaggi che, prima della sgranatura, subisce allo stato di cotone in semi; passaggi non inferiori quanto meno a due, ciascuno colpito con l'aliquota dell' 1 % (donde: 1 + 1 + 4 = 6). 3. Con l'unico motivo del ricorso principale, articolato in due distinte censure, la Banca ha investito, con riferimento al secondo quesito, le proposizioni motive sub (d) e sub (e), ed ha inoltre, in sede di memoria e di discussione orale, sollevato varie questioni di (il)legittimit costituzionale in relazione all'eventuale conferma della interpretazione del dato normativo in senso ad essa sfavorevole. vista, come si accennato, in coincidenza con l'entrata in vigore della nuova tariffa dei dazi) costituisce ovviamente una ulteriore riprova del proposito del legislatore di assoggettare anche tali prodotti al diritto per i servizi amministrativi, tanto pi che tale trattamento di favore fu per tale limitato periodo consentito, nonostante fosse riconosciuto non giustificato, soltanto per le ragioni di or.dine pratico segnalate dal Governo. 23. Le risultanze dei lavori preparatori nessun dubbio consentono, in de finitiva, sulla interpretazione da dare alla legge 15 giugno 1950, n. 330; ed anche in ordine al manifestato proposito di sostituire il diritto per i servizi amministrativi al soppresso diritto di licenza, oltretutto, nessun sindacato sarebbe in sede di interpretazione ammesso, specialmente quando si consideri che il diritto di licenza veniva nel 1950 pacificamente applicato e riscosso, e che la volont del legislatore non potrebbe essere individuata, senza necessariamente forzarla, sulla base dei principi affermati in sede giurisdizionale, circa quindici anni dopo, a proposito della limitata applicabilit del diritto di licenza: rilievo, questo, che renderebbe in ogni caso rilevante la favorevole e preclusiva comparazione di oneri contemplata dalla sopra riprodotta disposizione dell'art. Il, n. 1, del G.A.T.T. significativo, del resto, che nella richiamata sentenza 2 maggio 1973, n. 1455 non si contestata l'inequivoca portata dei lavori preparatori, quale del resto risulta, innegabilmente, dalle sopra commentate relazioni e discussioni parlamentari. la stessa rilevanza di tali lavori preparatori, infatti, che stata in quella occasione esclusa, per essere tali lavori condizionati dalla convinzione che la istituzione del diritto per i servizi amministrativi fosse rivolta a compensare l'Amministrazione delle spese dei suoi servizi e consentita dall'art. VIII del G.A.T.T., e quindi fondati su premessa erronea. Nella specie -veniva invero rilevato -l'opinione espressa dal Ministro proponente e dal relatore del disegno di legge alla Camera dei deputati (circa la conformit dell'istituendo diritto alla normativa dell'Accordo G.A.T.T.) parte dalla premessa -di cui si gi dimostrata l'infondatezza -che si sarebbe trat tato di un diritto inteso a compensare l'Amministrazione delle spese dei suoi servizi e si rif all'art. VIII dell'Accordo (che la classificazione, qui accolta, del PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 959 Dal canto suo l'Amministrazione del Tesoro, con il terzo motivo, ha censurato la soluzione data dalla Corte di merito al primo quesito (quello di specie); in relazione al secondo (quello di principio) ha, poi, cen, surato con il primo motivo la proposizione motiva sub (b), sostenendo la natura imprecisa e quindi la non precettivit della regola sulla parit tributaria; infine ha proposto con il secondo mezzo una tesi assorbente della proposizione motiva sub (e), deducendo che l'adeguatezza della differenza di aliquote al fine di perequare il carico tributario complessivo dei due prodotti sarebbe stata autoritativamente valutata una volta per tutte dal legislatore e non sarebbe quindi suscettibile di verifica caso per caso da parte del giudice. 4. In relazione alle censure rispettivamente ricordate per prima e per ultima (terzo e secondo motivo), il ricorso incidentale dell'Amministrazione , come tale, inammissibile, ivi proponendosi tesi giuridiche preliminari rispetto a quella posta dalla Corte di merito a fondamento diritto per i servizi amministrativi tra i diritti doganali rende estraneo alla materia controversa) . Tale motivazione risulta peraltro in sostanziale contrasto con le afferma zioni di principio enunciate nella pi recente decisione 7 gennaio 1975, n. 10, in quanto si risolve, nella sostanza, in un sindacato sulle intenzioni del legislatore ed in un tentativo di ovviare ai suoi supposti errori di valutazione. Pu anche ammettersi, invero, che non si pu attribuire importanza decisiva alle opinioni personali di coloro che parteciparono all'elaborazione della legge, se queste non trovino corrispondenza nel testo legislativo . Quando per risulti, come nella specie per le considerazioni sopra svolte, che non altra intenzione possibile attribuire al legislatore se non quella espressa nei lavori parlamentari, quando cio la ratio e la portata del provvedimento legislativo siano comunque evidenziate indipendentemente dai lavori preparatori, ed i propositi in tale sede manifestati risultino a tale ratio e portata aderenti, non possibile invece, evidentemente, negare rilevanza ermeneutica concorrente a tali lavori preparatori solo perch sia nelle relative valutazioni evidenziato, ad avviso dell'interprete, un eventuale errore del legislatore. Con tale criterio, invero, si perverrebbe proprio a quel sindacato di merito che nella recente decisione sopra richiamata stato riconosciuto inammissibile in sede di interpretazione della norma di legge, ed a quella verifica e rettifica di cui stata in via di principio esclusa l'ammissibilit. 24. -L'applicazione del diritto per i servizi amministrativi anche ai prodotti compresi nelle liste di concessione ribadita, infine, dalla legge 24 giugno 1971, n. 447, che ha espressamente disposto l'abrogazione del diritto per i servizi amministrativi, dal 1 luglio 1968 per quanto concerne gli scambi intracomunitan e dall'entrata in vigore della legge per gli scambi con i Paesi terzi. Nella sentenza del 1973 stato affermato, a tale proposito, che l'abolizione con tale legge disposta non potrebbe che riferirsi ai contenuti limiti di persi stente applicabilit dell'imposizione (e quindi ai soli rapporti con gli Stati non aderenti al G.A.T.T.); e ci rilevandosi che per vero, al momento della ratifica del trattato di Roma (legge 14 ottobre 1957, n. 1203) il diritto per i servizi am ministrativi era gi in vigore, sicch i problemi della sua applicazione non pos RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della decisione, ma egualmente conducenti al dispositivo di rigetto nel merito della domanda della Banca, volta a recuperare le somme pagate oltre l'aliquota del 4 % assertivamente applicabile. Ci non toglie, tuttavia, che le tesi cos proposte debbano egualmente essere prese in esame, al fine dell'eventuale correzione della motivazione ai sensi dell'art. 384, comma 2, c.p.c. Lo stesso ricorso invece ammissibile in relazione all'altra censura (primo motivo), che, se fondata, condurrebbe alla dichiarazione di improponibilit assoluta (e non di mero rigetto nel merito) della domanda per astratta inconfgurabilit nell'ordinamento interno della situazione soggettiva azionata. Nell'ordine logico-giuridico delle questioni cos sollevate dai due ricorsi, quest'ultima certamente assume rilevanza pregiudiziale. Ad essa segue la questione oggetto del terzo motivo dell'Amministrazione (inapplicabilit nella specie della clausola G.A.T.T., per difetto della condi- sono essere impostati nell'identico modo in relazione al predetto trattato ed all'Accordo GA.T.T. . Secondo tale interpretazione, quindi, il diritto per i servizi amministrativi non sarebbe stato mai dovuto per i prodotti compresi nelle liste di concessione importati dai Paesi aderenti al GA.T.T., e sarebbe stato abolito con decorrenza dal 1 luglio 1968 per i prodotti importati dagli Stati membri della Comunit economica europea e dalla entrata in vigore della legge per i prodotti importati dagli Stati non aderenti al G.A.T.T. Rimane da spiegare per, tenendosi presente che di due interpretazioni per ipotesi possibili deve ovviamente prevalere quella secondo la cui norma abbia una sua effettiva portata ed un concreto contenuto, quale necessit poteva mai ricorrere di abolire il diritto per i servizi amministrativi negli scambi intracomunitari (ed a decorrere dal 1 luglio 1968), se tutti gli Stati membri della Comunit economica europea avevano aderito al G.A.T.T. gi vari anni prima del trattato di Roma. 25. -In definitiva, e secondo lo stesso criterio enunciato nella sentenza 7 gennaio 1975, n. 10, deve riconoscersi che la intenzione del legislatore di riferire l'applicabilit del diritto per i servizi amministrativi anche ai prodotti elencati nelle liste di concessione del G.A.T.T. emerge con certezza dal risultato convergente dell'interpretazione letterale, logica e teleologica ; a) letterale, perch la norma formulata con specifico ed esclusivo rife rimento alle merci importate dall'estero>>, ed in un contesto nel quale risul tano espressamente considerate, ad altro fine, le merci comprese nella tabella XXVII annssa al protocollo di Annecy ; b) logica, perch una diversa soluzione, oltre a rendere priva di senso, per buona parte, la legge di abrogazione 24 giugno 1971, n. 447, e la stessa nor mativa comunitaria in argomento intervenuta, condizionata alla qualificazione del diritto per i servizi amministrativi come tassa di effetto equivalente ai dazi doganali, e cio ad una qualificazione espressamente esclusa ancora nelle rela zioni alla legge di ratifica del trattato di Roma, e della quale si cominciato a discutere circa venti anni dopo la formazione della legge; c) teleologica, perch ii preciso proposito del legislatore, espressamente manifestato nelle relazioni al disegno di legge e nelle discussioni parlamentari, era PARTE I, SEZ. TI, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 961 zione di reciprocit); quindi quella oggetto del primo profilo dell'unico motivo svolto dalla Banca (contenuto e portata della regola circa la parit tributaria); poi quella sollevata dal secondo motivo dell'Amministrazione (insuscettibilit di correzione, in sede applicativa, della valutazione legislativa circa la adeguatezza della differenza del 2 % rispetto al fine di ottenere la parit tributaria fra prodotto nazionale e prodotto estero); poi, ancora, quella posta con il secondo profilo della censura dedotta dalla Banca (in ordine alla correttezza e comunque alla giustificazione motiva dell'apprezzamento in concreto circa la corrispondenza della differenza di aliquota al diverso carico fiscale effettivo dei due prodotti). Vengono infine i profili di incostituzionalit. All'esame delle varie questioni secondo l'ordine cos precisato occorre ora passare, peraltro subito avvertendo che rispetto a molte di esse la giurisprudenza di questa Corte Suprema ha ormai raggiunto soluzioni consolidatesi attraverso una serie di arresti conformi, ai risultati dei quali sar quindi sufficiente fare in questa sede sommario richiamo, nella misura in cui non siano dalle parti offerti stimolanti spunti per il riesame. appunto quello di istituire una nuova imposizione compatibile con gli impegni assunti in sede internazionale, e la cui stessa nozione, anzi, veniva mutuata dagli artt. II e VIII del G.A.T.T. Ed quindi evidente che il rapporto ravvisato tra le leggi 21 marzo 1958, n. 267 ed il d.l. 2 luglio 1969, n. 319, e le conseguenze che le Sezioni unite della Corte di cassazione ne hanno fatto derivare non possono negarsi anche per quanto concerne le leggi 15 giugno 1950, n. 330 e 24 giugno 1971, n. 447. :E;. evidente, cio, che se anche dovesse ammettersi che il legislatore abbia errato nel presupporre la compatibilit dell'istituendo diritto per i diritti ammi nistrativi con gli impegni assunti in sede internazionale, e se pur dovesse ri conoscersi, di conseguenza, che la istituzione del diritto per i servizi amministrativi sia stata disposta in violazione degli impegni assunti con l'adesione al G.A.T.T., "non altra conseguenza verrebbe a trarsi dalla successione delle due leggi se non questa: che il trattamento disposto dalla prima venne a cessare solo allorch questa fu abrogata dalla seconda legge: la quale, invero, in tante pu dirsi che abbia eliminato l'asserita sperequazione in quanto evidentemente si riconosca che questa gi esisteva ed operava con pienezza di effetti che al giudice non era dato di rimuovere o correggere, poich altrimenti non sarebbe stato necessario ricorrere all'intervento abrogativo del legislatore. 26. -Le questioni esaminate nei primi due motivi di ricorso sono state proposte, evidentemente, nel meditato proposito di investire nuovamente le Sezioni unite delle questioni di principio concernenti la efficacia del G.A.T.T. nel diritto interno e la portata della legge 15 giugno 1950, n. 330; e la opportunit, quan tomeno, di tale riesame appare oltretutto confermata, per quanto concerne la seconda delle due questioni indicate, dai principi enunciati dalle stesse Sezioni unite nella recente sentenza 7 gennaio 1975, n. 10. Ad evidenziare la censurabilit della decisione impugnata con il presente ricorso invero sufficiente (ma lo si deduce solo in via subordinata) denunciarne il manifesto contrasto con gli stessi principi di diritto che pur si assu RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 962 5. Ci vale in primo luogo per il problema se la clausola di parit tributaria sia stata inserita, ed a quale livello operativo, nell'ordinamento giuridico interno. Gi con la prima sentenza a sezione semplice n. 2293 del 6 luglio 1968, e poi con le successive sentenze a S.U., proprio in tema di I.G.E. sul cotone sodo, 17 aprile 1972, n. 1196, 8 giugno 1972, n. 1771 e 7 gennaio 1975, n. 10, nonch 8 giugno 1972, n. 1773 e 4 gennaio 1975, n. 2, in tema di acqueviti, 20 ottobre 1975, n. 3403, in tema di medicinali, questa Corte Suprema ha affermato che con l'ordine di esecuzione impartito dalle leggi n. 295 del 1950 e n. 1307 del 1957 la clausola G.A.T.T. sulla parit tributaria st.ata inserita nell'ordinarp.ento giuridico nazionale come norma produttiva di effetti a livello di rapporti intersoggettivi e quindi attrib1;1tiva di diritti tutelabili in sede giurisdizionale, precisandone la operativit nel senso che in forza di essa il prodotto estero di provenienza G.A.T.T. non pu ricevere un trattamento fiscale meno favorevole di quello fissato per il prodotto nazionale similare, con l'effetto che ogni disposizione tributaria pi favorevole dettata per quest'ultimo reagisce automaticamente sul trattamento tributario del primo nella misura necessaria affinch la parit sia realizzata. Sicch soltanto in presenza di una volont legislativa contraria all'operare di tale meccanismo di adeguamento, la estensione dal prodotto nazionale al prodotto estero di una data disposizione di favore dettata per il primo pu essere mono applicati, e la omessa motivazione, comunque, circa un punto decisivo della controversia. Nell'affermare la diretta ed immediata efficacia normativa dell'art. II dcl G.A.T.T. e la inapplicabilit del diritto per i servizi amministrativi ai prodotti importati dai Paesi aderenti all'Accordo, i giudici di appello sembrano non aver considerato, infatti, che i principi dei quali hanno inteso far applicazione si. riferiscono solo ai prodotti compresi nelle liste di concessione, ed in particolare, per quanto concerne l'Italia, nella lista XXVII. Si sarebbe dovuto perci verificare se la nave armata alla quale si riferisce l'imposizione di cui si discute sia o no compresa nell'elenco della lista XXVII; e se a tale indagine avessero i giudici di appello provveduto non avrebbero certo omesso di rilevare che la lista XXVII non contempla le navi armate ma soltanto. per quanto concerne la Navigation maritime et fluviale (capitolo LXXXIX), i rimorchiatori di potenza sino. a 700 CV non pontati (n. 1240 b) ed i battelli per la navigazione a rimorchio e per servizi interni nei porti, nelle rade, nei laghi, fiumi, canali e fossi navigabili, con le specificate distinzioni (n. 1241). E poich l'indicata violazione di legge ed il denunciato vizio di attivit sono stati evidentemente determinanti ai fini della decisione adottata in ordine alla legittimit della pretesa in discussione, non pu negarsi che la impugnata sentenza, anche se dovesse essere per ipotesi esclusa la fondatezza dei primi due motivi di ricorso (ovviamente assorbenti e pregiudiziali), andrebbe comunque cassata per violazione di legge e per omessa motivazione circa un punto .ecisivo della controversia. -(Omissis). A. M. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE dall'interprete esclusa. Le indubbie difficolt connesse alla individuazione in concreto sia del limite di compatibilit, sia della misura in cui la estensione deve operare, non privano la regola cennata dei necessari predicati di precisione e di completezza, e quindi non ne pregiudicano la immediata precettivit, ma si traducono in normali problemi di interpretazione, risolubili con gli usuali strumenti ermeneutici idonei ad individuare il precetto contenuto nella norma in tl guisa data dall'ordinamento giuridico. Nella sentenza n. 3403 del 1975, questa Corte si data carico anche nel diverso orientamento adottato di recente dalla Corte di Giustizia delle Comunit Economiche Europee, rilevandone la inidoneit a giustificare un mutamento della propria giurisprudenza, e con la sentenza emessa sul ricorso proposto dalla medesima Amministrazione delle Finanze contro la Marsud-Compagnia di navigazione p.a., deciso contemporaneamente alla deliberazione della presente causa, ha con puntuale motivazione, che qui basta quindi richiamare, ulteriormente illustrato le ragioni della conferma del precedente suo indirizzo e della estraneit al caso, malgrado il rilevato contrasto, del meccanismo di rimessione alla Corte di Giustizia previsto dall'art. 177 del Trattato di Roma. 6. Altrettanto consolidato nella giurisprudenza di queste S.U. il principio, secondo il quale per l'applicabilit delle norme G.A.T.T. non si richiede alcun particolare accertamento circa la osservanza della condizione di reciprocit nel Paese di provenienza del prodotto importato, essendo sufficiente sotto tale riguardo la certezza che trattisi di Paese aderente. Ci sul rilievo (sentenze n. 1771 del 1972 e n. 10 del 1975) che la cennata condizione di reciprocit non richiesta ai fini dell'applicazione del Trattato nello Stato italiano, una volta che questo, con l'ordine di esecuzione, ha recepito e inserito le convenzioni nel proprio sistema normativo, senza subordinarne l'efficacia ad ulteriori adempimenti da parte degli altri Stati aderenti. E nella specie fuori contestazione che Turchia e Stati Uniti d'America, Paesi di provenienza del cotone de quo, abbiano aderito al Trattato. 7. Non meno ferma, a partire dalla prima -in ordine di tempo delle sentenze emesse sul punto da queste Sezioni Unite, la individuazione del significato preciso, nel quale la regola della parit tributaria, del cui inserimento nell'ordinamento interno con piena efficacia precettiva nei rapporti intersoggettivi si gi discorso, deve essere intesa: cio la individuazione del modo, nel quale essa opera nell'ordinamento. Rifiutando l'originario significato di regola ispirata ad un criterio c.d. atomistic0 della parit fiscale, e cio riferita a ciascun tributo, RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 964 a ciascuna aliquota, a ciascun beneficio isolatamente considerati, attribuitole dalla sentenza della I Sezione n. 2293 del 1968, le successive sentenze delle S.U. hanno stabilito doversi la parit imposta dalla clausola intendere in senso globale >>, cio come eguaglianza del complessivo carico fiscale che, indipendentemente dalla identit o diversit della singola aliquota, grava nell'insieme sul prodotto nazionale e sul corrispondente prodotto straniero, in guisa da realizzare per entrambi, ma solo nel risultato finale, una eguaglianza sostanziale di trattamento tributario. Cos che, in definitiva, il parametro di riferimento della valutazione comparativa, alla stregua della quale l'interprete -in base alla regola della parit -deve individuare il trattamento tributario del prodotto estero di provenienza G.A.T.T., offerto dal costo fiscale del similare prodotto nazionale, risultante dal coacervo delle varie tasse o altre imposizioni interne che si scontano lungo l'intero ciclo economico, dalla fase (iniziale) dell'acquisto e lavorazione della materia prima, alla fase (finale) dello scambio del prodotto finito, avuto riguardo alla normalit delle operazioni economiche ed al concetto di media secondo l'id quod plerumque accidit (sentenza n. 10 del 1975). Ferma rimanendo, peraltro, la irrilevanza, agli effetti della comparazione, dei tributi che il prodotto estero abbia gi scontato nel Paese di provenienza, trattandosi di prelievi, appunto, non interni allo Stato importatore, ma estranei ed esterni ad esso. Alla revisione di questo orientamento -ampiamente e diffusamente motivato nei ricordati arresti in base ad una attenta e dettagliata interpretazione letterale e logica della norma ed attraverso la verifica della perfetta coincidenza dei suoi risultati con quelli attinti dalla Corte di Giustizia e.E.E. con riferimento alla corrispondente disposizione (art. 95) del Trattato di Roma -dovrebbero condurre, secondo la Banca ricorrente, indicazioni ermenutiche offerte. sia dagli organi G.A.T.T., sia dalla pi recente giurisprudenza della Corte di Giustizia, sia infine dallo stesso legislatore nazionale. Nessuna di tali indicazioni per sufficientemente concludente nel senso auspicato dalla ricorrente principale. Non lo la prima, atteso in generale il valore certamente non vincolante, nell'ordinamento interno, dei contributi ermeneutici periodicamente elaborati dagli organi amministrativi del G.A.T.T., istituzionalmente non dotati di poteri in materia, e cosiderato, comunque, che il testo cui la Banca si richiama ( Index analitique; Troisime revision -Mars 1970 ~ Notes sur la redaction, l'interprtation et l'application des articles de l'Accord gnral , ove -p. 21 -nell'esplicare che le tasse sui prodotti importati possono essere aumentate se egualmente lo sono quelle sui prodotti nazionali, si precisa essere necessario que la taxe soit la meme per i due prodotti) non offre indicazioni inequivocamente PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE contrarie a quelle risultanti dalla lettura dell'Accordo, sottolineata nelle precedenti sentenze, non potendosi escludere l'uso in senso collettivo della sua formulazione al singolare (taxe ... meme). Ancora meno probanti sono gli elementi offerti dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, con la sentenza 20 febbraio 1973 nella causa 54/72 in punto di interpretazione dell'art. 95 del Trattato C.E.E. -avente formulazione identica, come si detto, alla norma G.A.T.T. in esame essendo il riferimento alla aliquota ed all' imponibile , entrambi al singolare, contenuto nella motivazione affatto congruo al problema della doppia tassazione (mediante lo sdoppiamento dell'unica operazione in due fasi distinte) ivi esaminato, e non potendosi quindi esso intendere come il segno di un mutamento rispetto all'indirizzo precedente, nettamente affermativo, secondo quanto gi sottolineato, della interpretazione in senso globale della regola sulla parit tributaria. N, infine, in senso favorevole alla tesi della Banca pu utilmente argomentarsi dai lavori preparatori della 1. 1 agosto 1969, n. 478. Perch se da essi, effettivamente, traspare -come fra breve pi diffusamente si vedr -il convincimento dei compilatori circa la portata atomistica della regola sulla parit tributaria, d nulla pu rilevare sul piano interpretativo della norma G.A.T.T., specie considerando la probabile dipendenza di quel convincimento dall'orientamento adottato, proprio nei mesi immediatamente precedenti, da questa Corte Suprema con la -citata sentenza n. 2293, resa nel luglio 1968, dalla I Sezione, ma poi ripudiato dalla giurisprudenza successiva. 8. Come si gi avuto occasione di sottolineare, tutte le precedenti sentenze, postulando in principio il valore meramente ordinario della legge con cui impartito l'ordine di esecuzione nello Stato di un Trat tato internazionale, ammettono che anche la regola della parit tributaria dettata dagli accordi G.A.T.T. e recepita con le leggi n. 295 del 1950 e n. 1307 del 1957 possa essere validamente ed efficacemente derogata dal legislatore. Ammettono, cio, che il meccanismo -attraverso il quale il trattamento. fiscale del prodotto estero di provenienza G.A.T.T. si adegua per regola generale al pi favorevole trattamento riservato al prodotto ,iazionale nella misura necessaria ad assicurare la parit tributaria, in senso complessivo e globale, delle due categorie suddette -pu essere impedito di operare in via di specifica deroga, ogni qualvolta il legislatore statuisca che una data disposizione debba valere soltanto per il prodotto nazionale. Onde di volta in volta deve l'interprete chiedersi se la specifica fattispecie legale propostagli osservi, oppur no, la regola della ~arit tributaria, con l'avvertenza peraltro che siffatta indagine ermeneutica deve ispirarsi al principio secondo il quale da presumersi che il legisfator~ abbia statuito in conformit degli obblighi internazionali, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e quindi in guisa dal lasciare operare la regola stessa, anzich in modo da derogarvi. La giurisprudenza si invece divisa nell'applicazione di quest'ultimo principio alla materia delle importazioni di cotone nella vigenza della 1. 21 marzo 1958, n. 267. A parte la. prima sentenza a sezione semplice n. 2293 del 1968, che, sul presupposto della parit in senso atomistico, ritiene la minore aliquota del 4 % -da tale 1. n. 267 del 1958 fissata per il prodotto nazionale in riduzione di quella maggiore, 6 %, stabilita dalla 1. 12 agosto 1957 n. 757, sia per il prodotto nazionale che per quello estero -estensivamente applicabile anche al cotone sodo proveniente dall'area G.A.T.T., la giurisprudenza successiva delle S.U., che, ripudiato quel presupposto ed accettato il concetto della parit in senso globale, tornata sull'argomento, ha riconosciuto -s -all'unisono che la riduzione era stata dettata direttamente solo per il prodotto nazionale, al fine (non di favorirlo, ma) di eliminare la sperequazione a suo danno verificatasi in dipendenza della citata legge precedente n. 757 del 1957; si per poi divaricata in sede di ulteriore svolgimento del principio. Infatti le prime sentenze (Cass. nn. 1196 e 1171 del 1972) hanno ritenuto, in ossequio alla presunzione di conformit dell'ordinamento interno a quello internazionale pattizio, che la legge del 1958 lasciava spazio al l'interprete per accertare in concreto la misura dei carichi fiscali rispet tivamente gravanti sulle due categorie -nazionale e estera -di pro dotto e per verificare la corrispondenza al divario reale fra queste esistente della differenza di aliquote fissata dal legislatore, con il conseguente potere-dovere del giudice di dichiarare dovuto sul prodotto estero solo quel quid pluris, rispettQ all'aliquota fissata per il prodotto nazionale, necessario per realizzare la parit tributaria (ovviamente intesa in senso globale). Invece le sentenze pi recenti (Cass. nn. 10, e in termini analoghi per i medicinali, 3403 del 1975) hanno ritenuto la incondizionata e definitiva vincolativit della valutazione compiuta dal legislatore circa la diversificazione da introdurre fra le rispettive aliquote per perequare il trattamento fiscale del prodotto nazionale a quello straniero, altrimenti favorito, e quindi hanno negato al giudice il Potere di rivedere il computo attraverso la comparazione in concreto dei due carichi tributari complessivi. Quest'ultimo indirizzo -invocato dall'Amministrazione nel secondo motivo del ricorso incidentale, mentre la Banca si richiama al precedente, in linea subordinata alla tesi principale dell'applicazione diretta e piena al prodotto importato dell'aliquota fissata per il nazionale -le Sezioni Unite giudicano di dover ribadire, alla luce di un attento riesame del dato normativo, dal quale risulta la piena rispondenza dell'indirizzo stesso PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE al precetto dettato con l'art. 5 della I. n. 267 del 1958, apprezzato nel contesto dei suoi nessi funzionali e storici con la legge precedente n. 757 del 1957 e con la legge successiva n. 478 del 1969, quali inequivocabilmente emergono dai rispettivi lavori preparatori. 9. Nel quadro di una iniziativa volta a favorire il settore tessile mediante la introduzione in esso, quanto all'imposta I.G.E. del sistema di tassazione una tantum in luogo di quello normale a cascata , la I. n. 757 del 1957 fissava aliquote c.d. condensate per gli atti di commercio aventi ad oggetto le materie prime e i prodotti semilavorati e finiti dell'industria tessile, rispettivamente menzionati nelle tre tabelle -A, B, C allegate alla legge stessa (art. 1). Quanto in particolare alle materie prime tessili indicate nella tabella allegato A, l'I.G.E. era fissata nella misura del 6% (comma l, prima parte) sia per i prodotti nazionali (comma 1, lett. a), che per i prodotti provenienti dall'estero (comma 1, lett. b). . stato sostenuto in dottrina -e la Banca ricorrente qui ripete che la tassazione condensata cos istituita avrebbe colpito, quanto al c.otone, sia quello in massa>>, sgranato e depurato dai semi, sia quello in seme , Con la conseguenza che un maggiore aggravio globale per quello nazionale sgranato, dipendente dalla incidenza su di esso anche delle tassazioni a cascata gravanti sui passaggi precedente del cotone in seme, non sarebbe stato in principio ravvisabile. Ora, non si nega che taluni passi dei lavori preparatori possano apparire indicativi della presenza di siffatta opinione in alcuni dei compilatori (parere della IX Commissione permanente, in: Senato -II Legislatura -V Commissione in sede deliberante, pp. 2374-2375, dove la proposta della riduzione dal 6% al 4% per il cotone nazionale per essere questo, a differenza dell'altro, venduto in seme, potrebbe significare che si riteneva soggetta all'aliquota anche, appunto, il cotone in seme). Per, la lettura della tabella A , cui il testo articolato rinvia, esclude de iure condito la possibilit dell'interpretazione proposta, u:ta volta che in detta tabella menzionata la voce doganale 662-Cotone in massa e non anche quella 110-1-semi di cotone..Del che puntuale conferma autentica si ricava dal testo del successivo d.I. 2 luglio 1969 n. 319, poi convertito con modifiche nella I. 1 agosto 1969 n. 478, che all'art. 9, comrria 2 -nel riferirsi alla imposta assolta sul cotone in massa depurato dai semi, ai sensi dell'art. 2 della I. 12 agosto 1957 n. 757 per dirla assorbita da quella che sarebbe dovuta per la vendita del cotone greggio non ancora depurato dai semi (cotone in semi) -univocamente attesta come l'aliquota condensata del citato art. 2 I. n. 757 del 1957 concernesse unicamente il cotone sgranato (e sulla identificazione con questo cotone di quello denominato in massa, cfr. pure le risultanze univoche dei lavori p:repa lO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ratori della citata 1. n.'478 del 1969: ad esempio, Camera -V Legislatura stampato 1659, Relazione ministeriale sul disegno per la conversione del d.l. 2 luglio 1969 n. 319, p. 3; idem, Relazione della VI Commissione permanente, stampato numero 1659-A, p. 5; Camera, V Legislatura, Discussioni in aula, p. 9715, intervento Perdon; Senato, V Legislatura, Assemblea, p. 8805, relatore Martinelli). Se cos , non si vede come possa negarsi che l'identit dell'aliquota condensata prevista per tale tipo di cotone, tanto se nazionale quanto se importato, si risolvesse per il primo, in raffronto al secondo, nel maggiore aggravio correlato alle tassazioni a cascata dei precedenti passaggi del cotone in seme, ciascuno colpito con l'aliquota ordinaria del 3% non rientrando il cotone in seme tra i prodotti agevolati dalla 1. 23 dicembre 1950 n. 1019 (sul punto cfr. la relazione al disegno di legge n. 2564 della Camera, II Legislatura, poi divenuto 1. n. 575 del 1957, p. 1; nonch i ripetuti riferimenti a tale tassazione originaria del cotone in seme, contenuti nei lavori preparatori sia della 1. n. 267 del 1958: Senato, II Legislatura, V Commissione in sede deliberante, Relatore Spagnolli, p. 3209; sia della 1. n. 478 del 1969: Camera, V Legislatura, stampato n. 1659, relazione al disegno di conversione d.l. n. 319 del 1969, p. 1; Camera, V Legislatura, Discussioni in aula, intervento Perdon, p. 9715). Non vale obiettare che la disciplina sull'imposta di conguaglio dettata dalla 1. 31 luglio 1954 n. 570 e relative tabelle approvate con d.P.R. 14 agosto 1954 n. 676, con l'assoggettare alla speciale imposizione (intesa proprio a perequare gli oneri tributari indiretti gravanti sui prodotti nazionali rispetto a quelli importati) il cotone idrofilo della sottovoce (ex)622-b e non anche (ex)662-a cotone in massa: greggio , starebbe a dimostrare che il diritto positivo disconosceva la incidenza (indiretta) della tassazione del cotone in seme sul costo tributario del cotone sgranato greggio. In primo luogo, infatti, resterebbe da dimostrare quanto non abbia inciso su questa conformazione della disciplina generale dell'imposta di conguaglio, dichiaratamente riferita ai soli prodotti industriali (art. 1, cit. 1. n. 570 del 1954), la qualificazione del cotone sgranato come prodotto, appunto, non anco:a industriale, ma agricolo. In ogni caso, poi, la indubbia incidenza economica sul costo globale del cotone greggio del tributo pagato dal cotone in semi nei passaggi anteriori alla sgranatura ed a questa conducenti ben potrebbe avere formato oggetto da parte del legislatore speciale di una positiva, anche se in tesi diversa da quella generale, valutazione di rilevanza sul piano giuridico. E che tale rilevanza sia stata dallo stesso legislatore del 1957 avvertita, pur se poi immotivatamente negletta, risulta in termini inequivocabili dai lavori preparatori. Nel disegno di legge originario (Camera, Legislatura II, stampato n. 2564) la condensazione dell'I.G.E. nel settore tessile era congegnata in modo affatto diverso da quello poi tradotto nella 1. n. 757 del 1957, perch PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE limitata in quel disegno (a parte talune disposizioni complementari per i filati) ai soli prodotti tessili finiti , cio ai tessuti (ivi, relazione al disegno di legge, p. 2; art. 1 e ss.; tabella all. A). Nel corso della discussione, peraltro, il meccanismo fu profondamente modificato, essendosi preferita alla tassazione incardinata su un unico momento la tassazione articolata in due momenti, identificati -per la preferenza accordata all'emendamento Berloffa rispetto all'emendamento Tosi -negli atti di commercio della materia prima e dei prodotti semilavorati e finiti (cfr. Camera, Legislatura II, Commissioni in sede legislativa, IV Commissione, p. 1422 e ss., p. 1443, p. 1464). Di conseguenza, il sistema di compensazione predisposto nel disegno governativo per ovviare al maggiore onere gravante sul prodotto nazionale mediante il rinvio alla speciale imposta di conguaglio -previsto, per tutti i prodotti originariamente considerati nel disegno stesso dall'art. 2, comma 1, seconda proposizione, ultima parte, e ribadito anche per i casi di entrata non imponibile dall'art. 4, comma 4 -diventava insufficiente, come il ministro Andreotti avvertiva gi in occasione ?ella presentazione dell'emendamento Berloffa (ivi, p. 1445). Ci malgrado, nella successiva elaborazione della legge il vuoto cos apertosi non veniva, per le materie prime, colmato, avendo la Camera approvato (ivi, 1471) un art. 2-bis (poi 4, nel testo coordinato trasmesso al Senato: cfr. Senato, Legislatura II, stampato n. 1930) rinviante soltanto alle (nuove) tabelle B e C, e non anche alla (nuova) tabella A, relativa appunto alle materie prime, fra cui la voce 662-Cotone in massa (ivi, p. 1477); Di tale carenza, nella successiva discussione al Senato, si mostr pienamente avvertito il ;ministro Andreotti, testualmente dichiarando ... si sono dimenticati alla Camera, nel trambusto della formulazione del nuovo testo, la determinazione dell'imposta di conguaglio per le materie prime tessili... (Senato, Legislatura II, V Commissione in sede deliberante, pp. 2376-2377) e preannunciando emendamenti per bocca del Presidente della Commissione (ivi, p. 2377). La circostanza che la disposizione sull'imposta di conguaglio sia poi passata, invece, nel testo approvato dalla Camera, assume in questo contesto, e specialmente nel silenzio serbato sul punto dai successivi lavori parlamentari anche in sede di riesame da parte della Camera di altri emendamenti apportati dal Senato (Camera, II Legislatura, Commissioni in sede legislativa, IV Commissione, p. 1643 e ss.), il significato di una mera dimenticanza, e come tale non contrasta, ma anzi conferma e spiega l'effetto sperequativo prodotto dalla 1. n. 757 del 1957. 10. La sperequazione cos provocata in danno del cotone sgranato nazionale dalla identit della aliquota condensata, statuita senza tenere conto della incidenza sul costo fiscale complessivo delle tassazioni relative ai precedenti passaggi del cotone in semi, il presupposto, obiettivamente RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO certo ed esistente, dal quale consapevolmente e correttamente muove il legislatore del 1958. La l. n. 267 del 1958 nasce come proposta Brusasca (Camera, Legislatura II, Documenti, stampato n. 3459) con il limitato scopo di ritoccare il regime della condensazione in tema di materie prime impiegate nella produzione di cappelli. Ma successivamente il relatore Vicentini faceva proprio un pi ampio ed articolato testo predisposto dal governo al fine di rimuovere dubbi e di eliminare inconvenienti e... sperequazioni ,, verificatisi in sede , di applicazione della I. n. 757 del 1957 (Camera, Legislatura II, Commissioni in sede legislativa, IV Commissione, p. 2022). In questo pi ampio testo era compreso l'art. 5, nel cui unico comma era stabilito che per gli atti economici aventi ad oggetto il cotone greggio non aricora depurato dai semi (cotone in semi) l'imposta generale sull'entrata dovuta nei modi e nei termini normali con l'aliquota dell'l% . Ma l'on. Turnaturi presentava un emendamento aggiuntivo, formulato nel senso che per il cotone di produzione nazionale depurato dai semi l'aliquota ridotta al 4% , motivandolo proprio sulla sperequazione verificatasi in danno del prodotto nazionale, il quale era costretto a sottostare ad altre due imposizioni che riguardano il processo di trasferimento dall'agricoltura all'industria, onde si rendeva necessario rimuovere una tale posizione assurda. Si associava l'on. Aldisio, il quale qualificava strano, stranissimo il fatto che la merce nazionale non debba avere lo stesso trattamento che ha il prodotto importato. Si capisce, egli proseguiva, che la tassazione del cotone estero sia del 6%, in quanto il prodotto che arriva cotone sodo; da noi, invece, per arrivare al cotone sodo bisogna pa~sare attraverso due altre fasi sottoposte a tassazione. E concludeva chiedendo che il trattamento fatto al cotone di produzione nazionale non sia diverso da quello fatto al cotone estero (ivi, p. 2060). La proposta veniva approvata, conseguentemente assumendo l'art. 5 la formulazione definitiva, risultante dall'aggiunta dell'emendamento Turnaturi al testo predisposto dal governo e fatto proprio dal relatore (ivi, pp. 2060-2061). E con tale tenore la norma era approvata anche dal Senato (Senato, II Legislatura, V Commissione in sede deliberante, p. 3208 e ss.), con una pressoch totale unanimit di giudizi circa il risultato meramente perequativo, prima e pi che di protezione (Spagnolli, relatore, ivi, p. 3209) perseguito con la riduzione al 4% dell'aliquota sul cotone sgranato nazionale, in quanto volta appunto ad eliminare la sperequazione precedente (ancora Spagnolli, relatore; Piola, sottosegretario; Tom: ivi, p. 3211), in guisa da mette(re) dal punto di vista fiscale la produzione del cotone nazionale sullo stesso piano del cotone estero (ancora Spagnolli, relatore, p. 3212). Alle indicazioni offerte dalla funzione della norma, cos obiettivamente identificata in relazione al reale presupposto di fatto dal quale PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE muove ed in consonanza con l'inequivoca intenzione del legislatore, non pu obiettarsi che lo strumento proprio della perequazione tributaria fra prodotto nazionale e prodotto importato costituito in tesi dalla imposta di conguaglio, il mancato uso della quale dovrebbe condurre a negare la funzione perequativa della disposizione esaminata. Non vera la tesi; non vero cio che fuori dell'imposta di conguaglio non v' perequazione. Al contrario, il proprium della perequazione sta nel graduare le varie componenti del carico fiscale gravante sui prodotti da perequare, e siffatta graduazione, ovviamente, pu realizzarsi tanto aggravando il carico del prodotto meno tassato, quanto alleggerendo il carico di quello pi gravato. La ragione della adozione dell'uno o dell'altro modulo operativo sta nella scelta del livello, al quale si vuole che la perequazione si attui, cio nel fatto che il legislatore voglia elevare il carico del primo fino al livello del secondo, o viceversa abbassare questo fino al livello di quello. Nella specie, evidentemente, il legislatore del 1958 ha ritenuto sufficiente il carico tributario del prodotto straniero e per conseguenza, anzich gravare ulteriormente questo con una imposizione aggiuntiva, ha diminuito per il prodotto nazionale l'aliquota dell'imposta base. 11. La sopravvenienza della 1. 1 agosto 1969 n. 478, che, ratificando con modificazioni il d.l. 2 luglio 1969 n. 319, ha ripristinato nella sostanza la situazione legislativa del 1957, non offre, alla luce di una esatta ricostruzione della sua genesi, indicazioni ermeneutiche contrastanti con le conclusioni cos raggiunte in punto di interpretazione della 1. n. 267 del 1958, ma le conferma. Nel quadro di una pi generale esigenza di adeguare il regime fiscale di alcuni prodotti tessili agli obblighi internazionali assunti dall'Italia, l'art. 9 del citato d.l., mentre con il comma 1 dichiarava l'art. 5 della 1. 21 marzo 1958 n. 267 abrogato >>, stabiliva nel secondo, come gi si accennato, che l'imposta generale sull'entrata assolta sul cotone in massa depurato dai semi, ai sensi dell'art. 2 della 1. 12 agosto 1957 n. 757 e successive modificazioni, assorbe quella che sarebbe dovuta per la vendita del cotone greggio non ancora depurato dai semi (cotone in seme). evidente che il .nuovo congegno normativo cos apprestato, se, da un lato, ripristinava per il cotone sgranato sia nazionale che estero l'aliquota unica condensata del 6% fissata con la 1. del 1957, dall'altro, per, manteneva fermo il risultato economico perseguito con la riforma del 1958, depurando il costo tributario del prodotto nazionale dall'aggravio derivante dalle tassazioni dei precedenti passaggi del cotone in seme mediante il diverso congegno della sua eliminazione attraverso l'assorbimento di tale tassazione sul seme nella tassazione sullo sgranato. 972 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO La consapevolezza nel legislatore del risultato di sostanziale conservazione della situazione a quel momento esistente, attinto con il nuovo sistema, emerge ad univoche note dai lavori preparatori. Nella relazione ministeriale (Camera, V Legislatura, stampato n. 1659) e nella relazione della VI Commissione permanente (ivi, stampato n. 1659-A) sul disegno di legge per la conversione del citato d.l. n. 319 del 1968, posta chiaramente in luce la incidenza sul costo del cotone sgranato delle tassazioni, a monte, sul cotone in seme e sono sottolineate sia la sperequazione a danno del prodotto nazionale prodotta dalla 1. del 1957, sia la funzione perequativa assolta dalla riforma del 1958 con la riduzione dell'aliquota per il prodotto nazionale (ivi, relazione ministeriale, p. 3; relazione VI Commissione, p. 5). Si ricordano poi le contestazioni mosse in sede G.A.T.T. circa la corrispondenza al Trattato di siffatta tassazione differenziale, qualificata ora (ivi, relazione ministeriale, p. 3) discriminazione... soltanto apparente , ora (ivi, relazione VI Commissione, p. 5) riconosciuta come una vera anomalia rispetto alle disposizioni dell'art. 3 del Trattato G.A.T.T. , queste disposizioni peraltro erroneamente intendendosi -in consonanza con la nozione di parit tributaria in senso atomistico allora recepita dalla Cassazione nella sentenza n. 2293 del 6 luglio 1968 -come facenti obbligo di praticare... aliquote... identiche . Si riconosce infine la necessit di eliminare la ragione del contrasto con gli organi G.A.T.T., peraltro chiaramente avvertendo che per non riproporre la situazione precedente alla riforma del 1958 era stabilito l'assorbimento della tassazione sul seme nella tassazione sul cotone sgranato (relazione ministeriale citata), in guisa da raggiunge(re) ... secondo una tecnica impositiva pi appropriata... un equo assetto tributario per il cotone nazionale , a questo, appunto, evitando successive imposizioni lungo l'arco di trasformazione della materia prima (relazione VI Commissione citata); Gli stessi concetti si trovano ripetuti negli interventi in aula (Camera, V Legislatura; cfr. ivi Bianchi, p. 9628, che ribadisce trattarsi di discriminazione pi apparente che reale provocata dalla riduzione della aliquota dell'I.G.E. sul cotone in massa di produzione nazionale , e parla di eliminazione del sospetto di una... posizione irregolare rispetto al Trattato; Sorrentino, p. 9694, che ricorda come la minore aliquota fissata per il prodotto nazionale trovasse ragione nella duplicazione del tributo su di questo gravante a causa della tassazione anche... sul seme e spiega che poich, per, la discriminazione stata rilevata in sede internazionale, il decretp legge stabilisce che anche i filati di cotone nazionale abbiano a pagare la stessa aliquota dell'I.G.E. e, nello stesso tempo, elimina l'imposta sul seme prima esistente, in modo che i prodotti nazionali ed esteri abbiano un identico trattamento). r11t11r11111111r1111r;114111111:1111111111111111111;1111111r&1111r11r1111r1ir111 PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 973 Ma il sistema cos predisposto salta, poi, con l'emendamento Perdon (ivi, p. 9715-9716), che sostituisce l'art. 9 del d.l. con il testo successivamente passato nella legge di conversione n. 478 del 1969, in forza del quale -con l'abrogazione del comma 2 dell'art. 5 della l. 21 marzo 1958 n. 267 statuita nel comma 1, e con il rinvio, dettato nel comma 2, all'articolo 2 della legge del 1957 per la tassazione del cotone sgranato di produzione nazionale -si ripristina in pieno la disciplina dettata dalla citata legge del 1957. E la modifica spiegata dal proponente con la ragione che l'assorbimento (della tassazione sul seme in quella sul cotone depurato dai semi) darebbe luogo ad inconvenienti in sede comunitaria in quanto il cotone in seme estero, che viene importato, soggiace nei paesi d'origine ad una tassazione indiretta, sicch permarrebbe una differenziazione a favore del prodotto nazionale, la quale potrebbe sollevare ancora reclami in sede comunitaria; da qui l'opportunit di mantenere semplicemente il principio della parit... dell'aliquota I.G.E. sul cotone in massa sia di produzione nazionale, sia di produzione estera . Dove sono evidenti due errori giuridici: la parit tributaria ancora intesa in senso atomistico, come pura e semplice identit della singola aliquota; la obliterazione, poi, della irrilevanza per l'ordinamento nazionale delle imposte scontate dal prodotto straniero nel suo Paese di origine. Ma non basta: ch nel corso del successivo iter parlamentare, pur dopo la eliminazione dell'assorbimento della tassazione sul seme in quella sul cotone sodo, nel sistema del d.l. conducente per altra via allo stesso risultato attinto nel 1958 con la riduzione dell'aliquota sul prodotto nazionale, si continua a ragionare secondo quegli stessi schemi logici che avevano presieduto alla adozione del sistema dell'assorbimento e la cui giustificazione era quindi venuta meno con l'eliminazione di questo. Al Senato, infatti, nella relazione orale in aula (Senato, V Legislatura, Assemblea, p. 8802 e ss.) l'on. Martinelli, nell'illustrare l'art. 9 approvato dalla Camera nel testo Perdon, torna a spiegare che la riduzione di aliquota sul prodotto nazionale apportata dalla riforma del 1958 non era senza una sua spiegazione 1ogica, che stava nel fatto che sul cotone nazionale gravava l'aliquota del 3% applicata alla vendita del cotone in semi; dichiara che tale sistema non era per conforme all'obbligo di praticare... aliquote di imposte identiche discendente dall'art. 3 del Trattato G.A.T.T. (evidentemente ancora una volta inteso secondo l'erronea nozione della parit in senso atomistico), e, nel riconoscere la necessit di dare applicazione al richiamo pervenuto al riguardo dagli organi del G.A.T.T., ancora ripete, parafrasando la relazione ministeriale e la relazione della VI Commissione sull'originario disegno governativo di conversione, che a ci l'art. 9 del provvedimento... provvede... secondo una tecnica impositiva appropriata che, pur applicando RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 974 le regole del G.A.T.T., concede al cotone nazionale un equo assetto tributario, evitando ad esso le successive imposizioni lungo l'arco del processo di trasformazione della materia prima (ivi, p. 8805). Sicch, riassumendo, se vero che il legislatore del 1969 ha ripristinato la situazione .gi attuata con la legge del 1957 ed eliminata con quella del 1958, pur vero che a tale risultato pervenuto grazie a due errori giuridici (supposizione della rilevanza nell'ordinamento interno di tributi scontati all'estero ed interpretazione in senso atomistico, e non globale, della parit tributaria imposta dal Trattato G.A.T.T.) e ad una svista tecnica (la mancata percezione della caduta della norma atta ad assicurare l'identico risultato perequativo mediante una tecnica impositiva diversa dalla riduzione di aliquota). Onde non sembra che alla restaurazione normativa cos prodottasi possa attribuirsi in sede ermeneutica il significato di un consapevole disconoscimento, da parte del legislatore, sia della sperequazione creatasi con la prima delle precedenti due leggi, che della funzione perequativa della seconda. 12. Dunque, la legge n. 267 del 1958, in presenza della sperequazione prodottasi a danno del cotone sodo nazionale, rispetto a quello importato, per effetto della fissazione dell'aliquota unica da parte della legge del 1957, ha obiettivamente e realmente svolto una funzione perequativa, con la quale ovviamente inconciliabile la estensione pura e semplice al prodotto straniero della riduzione di aliquota stabilita, appunto a fine perequativo, per il nazionale. Rimane tuttavia ancora aperto il problema se lo scarto fra le aliquote, fissate per i due prodotti, rappresenti nell'economia della norma un dato definitivo, che non lascia spazio in sede di applicazione per ulteriori verifiche della sua congruit alla effettiva differenza dei rispettivi carichi fiscali complessivi, o se invece esso sostituisca una mera indicazione di massima, fornita dal legislatore in via di prima approssimazione, da valere soltanto quando non sia possibile accertare caso per caso la misura effettiva di ciascuno dei due concreti carichi globali. Ritengono le Sezioni Unite che debba preferirsi la seconda alla prima interpretazione. Quest'ultima ha dalla sua unicamente la presunzione di conformit della legge interna agli impegni internazionali dello Stato, alla cui luce indubbiamente possibile, in linea astratta, argomentare che il legislatore italiano abbia adottato un sistema di applicazione dell'imposta idoneo a garantire quanto pi possibile in ciascuna ipotesi il rispetto del principio della parit (globale) tributaria, a tal fine affidando all'interprete il compito, appunto, di accertare con riferimento alle peculiarit di tempo e di spazio del caso concreto il reale carico tributario PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE sopportato dal prodotto nazionale per rapportare poi ad esso l'imposizione sul prodotto importato. Ma, in primo luogo, dal sistema di diritto positivo adottato dalla legge del 1958 emerge una presunzione di segno nettamente opposto, offerta dalla comprovata sua finalit perequativa e dalla perfetta identit tra lo scarto normativamente adottato fra le due aliquote (6% 4% = 2%) ed il risultato della moltiplicazione del numero di tassazioni a cascata dai compilatori ritenute (Gamera, II Legislatura, IV Commissione in sede legislativa, intervento Tarnaturi cit., p. 2060; idem intervento Aldisio) mediamente incidenti sul cotone in seme per l'importo unitario di ciascuna di tali tassazioni (2 x 1% = 2%). Elementi, questi, in considerazione dei quali appare pi congruo ritenere che il legislatore abbia inteso definitivamente fissare nella misura da esso stesso data la differenza di aliquota necessaria per attuare la parit tributaria. Tale conclusione, poi, trova conforto, sul piano storico, nella costante utilizzazione in questa materia da parte del legislatore (gi per la legge del 1957, cui quella del 1958 ovviamente si riannoda, cfr. Camera, Commissioni in sede legislatura, Legislatura II, IV Commissione, p. 1425, intervento Castelli; p. 1426, intervento ministro Andreotti; Senato, II Legislatura, V Commissione in sede deliberante, p. 2373, relatore Spagnolli) di criteri medi per la stima dei passaggi cui rapportare definitivamente l'aliquota condensata, nonch, sul piano lqgico, nella inattendibilit della adozione, in materia cos delicata ed importante, di un sistema che demanderebbe ai singoli giudici di merito, senza neppure la possibilit di un intervento unificante della Corte Suprema trattandosi in tesi di valutazioni in gran parte di fatto, il compito di determinare in ultima sede la misura dell'aliquota di imposta applicabile nei singoli casi concreti in relazione ad una serie di elementi economici e di mercato estremamente mutevoli nel tempo e nello spazio e gi di per s molteplici, come la stessa Banca ricorrente denunzia, nell'unit di tempo e di luogo. Donde la correttezza della interpretazione accolta, che reputa definitivo e costante l'assoggettamento, nella vigenza dell'art. 5 I. 21 marzo 1958 n. 267, del cotone sodo importato di provenienza G.A.T.T. all'aliquota I.G.K del 6%, senza possibilit, per l'amministrazione finanziaria e per il giudice, di variare in alcun modo l'aliquota stessa, rimanendo con ci superata ogni ulteriore questione circa la completezza e logicit del calcolo delle tassazioni sul cotone in seme con riferimento alla specie effettuato dal giudice del merito, la cui decisione deve sul punto essere lasciata ferma per le assorbenti ragioni discendenti dalla recepita interpretazione del citato art. 5 I. n. 267 del 1958. 13. Ovviamente con tale interpretazione si riconosce che il legislatore del 1958 ha accettato l'eventualit che nei singoli casi la (misura della) RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 976 ! perequazione tributaria in tal guisa forfettariamente attuata possa non corrispondere esattamente alla realt economica del rapporto corrente r fra i carichi tributari complessivi rispettivamente gravanti -nel tempo e nel luogo della singola importazione considerata -sul cotone sodo I rnazionale e su quello importato. Ci tuttavia privo di rilevanza sul piano del diritto positivo, anche sotto il profilo della (ir)ragionevolezza della norma apprezzata in relazione alla (in)esistenza del persupposto, secondo la Banca ricorr~nte elevata dalla Corte Costituzionale (tra l'altro con la sentenza n. 64 del 1971) a condizione di costituzionalit della norma stessa in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Per cogliere la manifesta infondatezza della questione cos sollevata dalla Banca sufficiente invero osservare, tralasciando ogni diverso e pi approfondito rilievo, che l'indagine precedentemente svolta ha condotto a riconoscere la effettiva esistenza di quella sperequazione, sul presupposto della quale il legislatore del 1958 ha provveduto, mentre l'adozione del criterio quantitativo di adeguamento si risolve in una scelta di politica legislativa discrezionale ed insindacabile. N l'eventuale discrepanza fra valutazione forfettaria normativa e realt quantitativa del caso concreto potrebbe rilevare in relazione all'art. 10 comma 1 Cost. sotto il profilo di una imperfetta osservanza dell'obbligo di osservare la regola della parit tributaria internazionalmente assunto con il Trattato G.A.T.T., essendo ben ferma nella giurisprudenza di queste S.U. (sentenze n. 867 del 1972; nn. 1771 e 2070 del 1972; nonch, in via di concreta applicazione del principio, nn. 2 e 10 del 1975), conformemente del resto alla opinione della Corte Costituzionale (sentenze n. 14 del 1964 e 32 del 1960), l'affermazione che la norma costituzionale citata non riguarda il diritto internazionale pattizio. 14. Manifestamente infondate si appalesano anche le altre questioni di costituzionalit. Quanto a quella sollevata riguardo alla legge n. 757 del 1957, per asserito contrasto con l'art. 72 Cost. in relazione all'art. 40 del Regolamento della Camera dei Deputati, basta invero ricordare come sia stato gi negato dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 9 del 1959) che l'approvazione di una legge in Commissione anzich in Assemblea fuori dei casi previsti dal citato art. 40 del Regolamento possa essere apprezzata dal giudice della costituzionalit delle leggi, attesa la insindacabilit della valutazione compiuta dell'organo legislativo in ordine alla specifica natura del provvedimento in esame ed alla conseguente sua riconducibilit o meno, in una delle categorie da quella disposizione regolamentare enumerate. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE Quanto, poi, alla dedotta illegittimit costituzionale dell'art. 9 legge n. 478 del 1969 sotto il profilo dell'art. 3 Cost. per omessa regolamenta- zione degli effetti verificatisi in pendenza delle disposizioni della legge .n. 267 del 1958 da esso abrogato, alla conclusione di manifesta infondatezza, ed inoltre di irrilevanza, si perviene osservando, per un verso, che la tesi della Banca si fonda ancora una volta sulla pretesa erroneit -per difetto di presupposto -di quest'ultima legge, per contro gi esclusa pi sopra, e, per altro verso, che la reintroduzione dell'aliquota del 6% anche per il cotone nazionale disposta con la legge del 1969 si risolve in una evenienza negativa riguardante soltanto tale cotone, del tutto irrilevante per le importazioni, pure al 6%, di cotone straniero in precedenza effettuate. -(Omissis). SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 2 febbraio 1976, n. 327-Pres. Boccia Est. R. Granata -P.M. Del Grosso (concl. conf.) -Ente Ospedaliero ArcisJ>edale S.M.N. (avv. Amorth) c. Ministro Sanit (avv. Stato Di Tarsia) e Zampetti (avv. Sorrentino). Competenza e giurisdizione Difetto di giurisdizione Cognizione del me rito invece che della legittimit dell'atto: duplice difetto di giurisdi zio ne. (r.d. 26 giugno 1924, art. 48). Sono viziate da difetto di giurisdizione sia la decisione con la quale il giudice amministrativo invada la sfera della giurisdizione di merito quando la legge gli attribuisca solo il sindacato di legittimit, sia la dec~ sione con la quale egli ometta di esercitare la giurisdizione di merito nei casi in cui ne sia investito. Il difetto di giurisdizione duplice nell'ipotesi in cui il giudice amminstrativo abbia conosciuto del merito dell'atto invece che della sua legittimit; infatti in tal caso non solo egli ha esercitato un potere giurisdizionale -di merito -che la legge non gli attribuisce, ma ha anche, per altro verso, omesso di esercitare la giurisdizione -di legittimit -che invece gli conferita. (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso, l'Arcispedale di S. Maria Nuova di Reggio Emilia denunzia violazione -in relazione all'art. 380 n. 1 c.p.c. ed all'art. 111 Cost. -dell'art. 26 del t.u. del 1924 n. 1054, nonch degli artt. 15 e 16 della legge ospedaliera 12 febbraio 1968 n. 132. Il caso di specie riguardava l'eventuale errore commesso da una decisione del Consiglio di Stato nell'affermare che il provvedimento dell'autorit tutoria -impugnato dinanzi a tale organo -si era mantenuto nei limiti del controllo di legittimit senza trascendere nell'esame del merito, riservato all'autorit controllata. Le Sezioni Unite hanno correttamente affermato, ribadendo una giurisprudenza ormai consolidata, che tale errore non sostanzia un vizio di giurisdizione, ma una mera violazione di legge concretantesi in un'inesatta delimitazione del contenuto del controllo di legittimit rispetto a quello di merito e che, pertanto, esso d luogo solo ad un errar in judicando sottrato al sindacato sui limiti esterni della giurisdizione. Particolarmente interessante appare la duplice configurazione del difetto di giurisdizione per erroneo sindacato di merito intendendosi quest'ultimo come PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 979 Ricordati i momenti salienti della vicenda (prima deliberazione dell'Arcispedale di non confermare il prof. Zampetti nell'incarico al termine del periodo di prova e suo annullamento in sede di controllo tutorio da parte del Medico provinciale; seconda delibera di non conferma e nuovo annullamento tutorio; ricorso gerarchico dell'Arcispedale al Ministero della Sanit contro entrambi i decreti del Medico provinciale ed annullamento ministeriale del primo, con assorbimento della impugnazione relativa al secondo; ricorso dello Zampetti al Consiglio di Stato e decisione di annullamento del decreto ministeriale, con salvezza degli ulteriori provvedimenti dell'Amministrazione; decreto ministeriale di rigetto di entrambi i ricorsi gerarchici contro i provvedimenti del Medico provinciale; ricorso dell'Arcispedale al Consiglio di Stato e decisione di rigetto, oggi impugnata davanti a queste Sezioni Unite), il ricorrente deduce che la denunziata decisione del Consiglio di Stato sarebbe viziata da eccesso di potere giurisdizionale per avere sconfinato nel merito amministrativo. Secondo la sua tesi, infatti, avendo il Ministero della Sanit -nel rinnovare la decisione gerarchica sui ricorsi dell'Arcispedale contro gli annullamenti adottati in sede tutoria dal Medico provinciale -invaso la sfera di discrezionalit propria dell'ente ospedaliero, procedendo alla valutazione e qualificazione , anzich al mero accertamento della loro sussistenza in fatto, degli atteggiamenti di grave sconvenienza... nei confronti del personale femminile imputati allo Zampetti, anche la decisione del Consiglio di Stato, a propria volta, sarebbe pervenuta allo stesso risultato e avrebbe, quindi, anch'essa sconfinato nel merito) indirettamente, accettando e avallando... il giudizio dell'Autorit ministeriale. N, aggiunge il ricorrente, l'osservazione della decisione impugnata, secondo cui, trattandosi di fatti morali, l'accertamento ne implicava necessariamente la qualificazione, potrebbe condividersi, non solo perch in generale perfettamente possibile distinguere l'accertamento del fatto dalla qualificazione, ma anche perch nella specie la qualificazione comportava una valutazione del comportamento serbato dal sanitario durante il periodo di prova, riservata all'Amministrazione ospedaliera. contemporaneo esercizio di un potere giurisdizionale inesistente e di omesso esercizio del potere giurisdizionale spettante. Su tale punto non si rinvengono specifici precedenti. Viceversa sulla prima parte della massima, cfr. Cass. sez. un. 24 maggio 1975, n. 2099 in Giust. civ., osservazioni di G. DE FINA; Cass. Sez. up.. 15 marzo 1972 n. 745, Giur. it. 1973, I, 1, 796 nota di SATTARO F. Sui rapporti fra ente controllante ed ente controllato, cfr. Cass. Sez. Un., 19 maggio 1967, n. 1073, Foro it., 1968, I, 787; Cass. Sez. Un., 4 maggio 1964, n. 1059 in questa Rassegna 1964, I, 472, nota di G. ZAGARI; Foro it., 1964, I, 921, nota di D'ALBERGO; Cass. Sez. un., 28 aprile 1964, n. 1016, in Giust. civ., 1964, I, 1336, nota di SANDULLI; questa Rassegna, 1964, I, 472. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 980 Il Ministro della Sanit e lo Zampetti pregiudizialmente eccepiscono la inammissibilit del ricorso: il primo, sul rilievo che in tesi generale lo sconfinamento nell'apprezzamento di merito da parte del giudice amministrativo pure investito di sola giurisdizione generale di legittimit non concreterebbe (vizio di) difetto di giurisdizione, denunziabile a queste Sezioni unite; il secondo, sul rilievo che l'assunto del ricorrente, postulando l'esercizio da parte del Consiglio di Stato di poteri non attribuitigli, e, per conseguenza, il difetto di qualsiasi giudice investito del potere di pronunziarsi sulla discrezionalit dell'Amministrazione, condurrebbe alla cassazione senza rinvio della decisione impugnata, con l'effetto di consolidare definitivamente l'annullamento tutorio della delibera adottata dallo Arcispedale di non confermare lo Zampetti nell'incarico, donde la carenza nell'Arcispedale stesso dell'interesse al presente ricorso. Entrambe le eccezioni sono peraltro infondate. L'una, perch consolidata giurisprudenza di queste Sezioni unite che viziata da difetto di giurisdizione la decisione del giudice amministrativo che invada la sfera della giurisdizione di merito in ipotesi in cui la legge gli attribuisca il solo sindacato di legittimit (Cass. S. U. 7 febbraio 1974 n. 344; Cass. S. U. 15 marzo 1972 n. 745), cos come costituisce pure questione di giurisdizione, per converso, la deduzione del mancato esercizio, da parte del giudice amministrativo, della giurisdizione di merito nei casi in cui ne sia investito (Cass. S. U. 24 maggio 1975 n. 2099). L'altra, perch, ogni qualvolta si assume che il giudice amministrativo abbia conosciuto del merito dell'atto anzich della legittimit di esso, si viene con ci stesso ad imputare alla decisione un duplice vizio in punto di giurisdizione, e cio l'avere, per un verso, esercitato un potere giurisdizionale (di merito) non attribuito e l'avere, per altro verso, omesso di esercitare la giurisdizione (d legittimit) per contro conferita, sicch in definitiva si prospetta una situazione processuale per la quale si dvrebbe dichiarare, in relazione al primo capo di pronunzia, il difetto assoluto di giurisdizione, e, in relazione al secondo, la giurisdizione del giudice amministrativo, al quale quindi tornerebbe ad incombere il dovere di rendere una nuova decisione, in punto di legittimit, sul ricorso ad esso indirizzato a suo tempo dalla parte. Onde l'interesse a ricorrere davanti a queste Sezioni unite per ragioni di giurisdizione giammai potrebbe, in una evenienza siffatta, essere revocato in dubbio. Ammissibile in rito, il ricorso per infondato nel merito, per l'assorbente rilievo che, pure a volere tutto concedere alla tesi con esso prospettata, il Consiglio di Stato avrebbe conosciuto solo indirettamente, come lo stesso ricorrente riconosce, del merito dell'atto di amministrazione attiva, cio della deliberazione dell'Arcispedale assoggettata al controllo tutorio, essendo stato oggetto diretto ed immediato della sua PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE cognizione soltanto l'atto, appunto, di controllo. Sarebbe quindi mancato, in ogni caso, quel giudizio basato su una diretta valutazione dell'interesse pubblico , in cui lo sconfinamento della cognizione giurisdizionale dalla legittimit al merito ravvisato dalla giurisprudenza pi sopra ricordata (sent. n. 344 del 1974). Stando, cio, allo stesso assunto del ricorrente, l'errore in cui il Consiglio di Stato sarebbe incorso, consisterebbe nell'avere, quanto meno per implicito, ritenuto -nel rigettare il secondo motivo del ricorso ad esso proposto, con cui l'Arcispedale aveva denunziato che il Ministero della Sanit non avrebbe potuto, in sede di rinnovata decisione sui ricorsi gerarchici contro gli annullamenti tutori del Medico provinciale, sostituirsi all'Amministrazione ospedaliera nell'apprezzare i fatti oggetto delle accuse di ordine morale mosse allo Zampetti -che l'organo tutorio sovraordinato si era mantenuto nell'ambito del controllo di legittimit, laddove, secondo la tesi del ricorrente, il controllo era sconfinato invece clamorosamente nel merito. Orbene, proprio alla stregua di tale impostazione, il vizio che travaglierebbe la decisione impugnata si configura come violazione di legge, siccome concretantesi nell'avere confuso il (contenuto del) controllo di merito con (l'oggetto e l'ambito di) quello di legittimit: si configura cio -in tesi -come un errore in iudicando, la cui verifica sottratta al sindacato di queste Sezioni unite, limitato alla mera osservanza da parte del giudice amministrativo dei limiti esterni della giurisdizione al medesimo attribuita. Si impone pertanto il rigetto del ricorso... -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 febbraio 1976, n. 620 -Pres. Stella Richter -Est. Sandulli -P. M. Trotta (concl. diff.) -Soc. coop. Edilizia La Nuova Tecnica (avv. Corso) c. Rizzuto (avv. Guerini Gorgone) e Commissione Centrale di Vigilanza per l'edilizia economica e popolare (avv. Stato Angelini-Rota). Competenza e giurisdizione Edilizia popolare ed economica Cooperative edilizie . Posizioni giuridiche soggettive Controversie sulla consegna dell'alloggio: giurisdizione del giudice amministrativo. (r.d. 28 aprile 1938, n. 1165, artt. 116 e 131; r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 26). Competenza e giurisdizione Giurisdizione amministrativa Eccesso di potere per travisamento del fatto e sindacato di merito sull'atto im pugnato: differenze. (r.d. 26 giugno 1924, n. 1054 artt. 26 e 27; I. 6 dicembre 1971, n. 1034 artt. 2, 3, 4 e 7). Prima della stipulazione del mutuo individuale il socio di una cooperativa ediUzia a contributo statale titolare di un mero interesse RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legittimo: pertanto in tale periodo la controversia relativa al subingresso degli eredi nella posizione del socio rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo (1). Il giudice amministrativo conoscendo del vzzw di legittimit del provvedimento, adottato con travisamento del fatto , pu scendere all'analisi delle componenti del fatto medesimo senza superare il limite della giurisdizione di legittimit (2). (Omissis). -... Con l'unico motivo di ricorso, la ricorrente, -dopo aver premesso che il Consiglio di Stato: a) ha affermato la propria competenza giurisdizionale a conoscere della domanda di accertamento del diritto soggettivo degli eredi a succedere nell'alloggio popolare al de cujus, socio-di una cooperativa edilizia a contributo statale; b) ha equiparato -disattendendo la propria giurisprudenza -alla consegna formale dell'alloggio di cui agli artt. 98 e 116 del t.u. delle disposizioni sull'edilizia economica e popolare (approvato con r.d. 28 aprile 1938, n. 1165) la consegna materiale o di fatto; c) ha ritenuto che le prove acquisite agli atti giustificassero la conclusione della intervenuta consegna materiale dell'alloggio -denuncia il difetto di giurisdizione, ex art. 362 cod. proc. civ. del giudice amministrativo, sotto tre profili. Il primo ed il secondo delineamento, fra loro intimamente connessi, vanno esaminati congiuntamente. Con il primo la ricorrente sostiene -sul presupposto di fatto che il de cujus, socio della cooperativa edilizia, sia morto in un momento posteriore alla consegna dell'alloggio -che la pretesa, fatta valere dalle eredi ex art. 116 del t.u. n. 1165 del 1938, integri una situazione giuridica soggettiva, configurabile come diritto soggettivo, e non come interesse legittimo, con la conseguente implicazione che il giudice amministrativo sia carente di giurisdizione, appartenendo la stessa al giudice ordinario. A chiarimento, aggiunge -sul presupposto giuridico che il diritto nascente dall'assegnazione dell'alloggio (realizzatasi in conseguenza della_ consegna) sia stato qualificato come diritto personale di godimento dalla giurisprudenza di questa Corte, la quale avrebbe anche configurato come diritto soggettivo la posizione dell'assegnatario di allOggio di tipo popolare a norma delle leggi 21 marzo 1958, n. 447 e 27 aprile 1962, n. 231 e (1) La particolare fattispecie -trattavasi di controversia su una consegna di fatto dell'immobile con decesso del socio prima della stipulazione del mutuo individuale -ha indotto la Suprema Corte ad enunciare numerosi principi -in parte gi consolidati, in parte privi di specifici precedenti -che, nel loro complesso costituiscono un'esauriente panoramica della materia considerata. (2) Per i numerosi riferimenti dottrinali e giurisprudenziali, cfr. Giust. civ., 1976, I, 1114. I I PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 983 del d.P.R. 27 gennaio 1959, n. 2 -che, succedendo gli eredi del socio morto dopo la consegna, a norma dell'art. 116 del t.u. del 1938, nella stessa posizione giuridica del de cujus (jure hereditatis), la pretesa da essi fatta valere per il conseguimento dell'alloggio debba qualificarsi come un vero e proprio diritto soggettivo. Assume, infine, che il Consiglio di Stato, affermando la propria giurisdizione, ha ritenuto che l'art. 131, penult. comma, del t.u. n. 1165 del 1938 attribuisca al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva in materia di sindacato sulle decisioni della Commissione di vigilanza. Con il secondo profilo, la ricorrente sostiene che il Consiglio di Stato -emettendo una pronuncia dichiarativa riguardo alla sussistenza del diritto degli eredi all'alloggio (sia pure attraverso l'annullamento della decisione della Commissione Centrale di Vigilanza per l'edilizia economica e popolare) -ha emanato una decisione rientrante nella giurisdizione del giudice ordinario, innanzi al quale i diritti soggettivi vanno tutelati. A chiarimento, deduce che il _difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato, gi denunciato alla stregua della consistenza oggettiva della situazione giuridica protetta, trova conferma nel tipo di pronuncia emessa dal giudice amministrativo, giacch -non essendo stato impugnato un atto amministrativo, ma postulandosi soltanto l'accertamento di un diritto -non sarebbe stata emessa una pronuncia costitutiva, ma soltanto una statuizione dichiarativa, strettamente legata alla tutela di diritti soggettivi. I rilievi, mossi alla denunciata decisione, sono privi di fondamento giuridico. Con i profili, delineati nella riassunta, complessa ed articolata censura, la ricorrente sostiene che la situazione giuridica soggettiva del socio assegnatario di una cooperativa edilizia sovvenzionata debba configurarsi come un vero e proprio diritto soggettivo (e non come un interesse legittimo) e che, pertanto, competente a conoscere della vertenza relativa alla cennata posizione giuridica (ed al subingresso in essa degli eredi del socio assegnatario) sia il giudice ordinario (e non quello amministrativo). Il problema che si pone , quindi, se, nell'ipotesi in cui all'attribuzione di alloggi economici e popolari si provveda attraverso l'attivit edilizia (mediata) svolta da cooperativa sovvenzionate dallo Stato, al socio assegnatario dell'alloggio spetti (o meno) un diritto soggettivo perfetto. Corollario di esso il quesito se la controversia relativa alla successione degli eredi della posizione giuridica del socio assegnatario di un alloggio di cooperativa edilizia, rientri (o meno) nella competenza giurisdizionale del giudice ordinario. Riguardo al tema di base, costituente nucleo tematico fondamentale del presente dibattito giudiziale, il Consiglio di Stato -muovendo dal Il RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 984 (dichiarato presupposto giuridico che per il perfezionamento dell'assegnazione dell'alloggio di Cooperativa sovvenzionata sia sufficiente la consegna materiale (di fatto), e cio l'effettiva attribuzione del godimento dell'alloggio, non occorrendo a tal fine il verbale di consegna, e cio la sua formale enunciazione scritta, avente, quale fattore documentale, mero valore estrinseco (statuizione che, se comportante violazione di legge non sarebbe denunciabile e valutabile in questa sede, per essere ammesso, ex art. 111, comma terzo, Cost., il ricorso per cassazione contro le decisioni del Consiglio di Stato esclusivamente per motivi inerenti alla giurisdizione, donde l'impugnativa contro di essa, se eventualmente proposta, dovrebbe dichiararsi inammissibile) - esattamente pervenuto -uniformandosi alla linea direttrice della costante giurisprudenza di queste Sezioni Unite (cfr. sent. 10 maggio 1969, n. 1611; sent. 9 marzo 1968, n. 773) -alla conclusione che, fino al momento della stipulazione del mutuo individuale, il socio di una cooperativa edilizia a contributo statale, non solo se prenotatario, ma anche se assegnatario di alloggio, sia titolare, non di un diritto soggettivo (avente ad oggetto l'alloggio, prenotato o gi assegnato), ma di un mero interesse legittimo, essendo, nel periodo precedente la stipulazione del contratto di mutuo individuale, l'interesse del socio all'assegnazione dell'alloggio collegato e condizionato al raggiungimento del fine pubblicistico perseguito dalla pubblica Ammi nistrazione. Invero, la struttura del procedimento di assegnazione degli alloggi popolari, nella ipotesi in cui all'attribuzione si provveda con la mediazione delle Cooperative edilizie, attesta la funzione meramente strumentale delle varie fasi procedimentali, attraverso le quali il socio diventa destinatario dell'appartamento, talch tutte le situazioni che si manifestano nel corso del complesso processo attributivo devono essere riguardate sotto la prospettiva del fine pubblicistico perseguito dalle Cooperative edilizie, la cui destinazione, fondamentale ed organica, volta istituzionalmente ad assicurare un alloggio ai soci del sodalizio cooperativistico. E ci in quanto, nell'organizzazione (cosiddetta di settore) dell'edilizia popolare il cui corpo agente costituito, oltre che da enti pubblici, anche da soggetti privati quali le cooperative (per essere utilizzato il fenomeno organizzatorio privatistico di queste dalla normazione positiva ai fini di ovviare -nell'interesse della collettivit alla mancanza degli alloggi e di soddisfare il bisogno della casa) -la funzione di tali sodalizi rivestita da un carattere di mera medialit, individuato nella realizzazione della finalit pubblica di far conseguire l'alloggio ai soggetti beneficiari della normativa (d'incentivazione) in materia di edilizia popolare. E -poich nelle fasi precedenti la stipulazione del mutuo individuale, il soggetto titolare della propriet dell'alloggio non pu individuarsi se non negli organismi preposti all'attivit produttiva e distributiva delle PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE unit immobiliari, costruite per la realizzazione del programma di edilizia economica, e, quindi, alle Cooperative -le situazioni giuridiche soggettive dei privati vanno valutate, prima di tale momento, nel quadro (ed alla stregua) delle situazioni giuridiche riscontrabili nello svolgimento di qualsiasi funzione amministrativa, nei confronti dei soggetti preposti all'attuazione dell'azione pubblica. Trattasi, invero, della configurazione giuridica (nell'ambito della problematica generale del rapporto di assegnazione di alloggi popolari) della particolare posizione del destinatario di un alloggio di cooperativa edilizia sovvenzionata dallo Stato. Nella complessa fattispecie procedimentale, intesa alla destinazione dell'alloggio cooperativo, alle varie fasi, in cui essa si scompone (ammissione come socio, prenotazione, assegnazione, acquisto della propriet, riscatto), va riconosciuta autonoma significazione, e, nella dinamica del procedimento di destinazione ed attribuzione, netta preminenza e poziorit va accordata alle fasi della prenotazione e dell'assegnazione (oltre che della stipulazione del mutuo individuale). In dette fasi procedimentali, in considerazione della prevalenza dell'interesse pubblico, la posizione giuridica dei destinatari, subordinata e condizionata al perseguimento della finalit pubblica e tutelata indirettamente e di riflesso, da norme che si rivolgono in linea immediata all'azione amministrativa (cosiddette norme di azione), non pu configurarsi -sulla linea della pi autorevole dottrina e della giurisprudenza prevalente di questa Corte (cfr., da ultimo, sent. 10 maggio 1969, n. 1611) che come un mero interesse legittimo. Invero, la prenotazione e l'assegnazione -consistendo nella identificazione e destinazione (mediante consegna: nella legislazione vigente, nel riferirsi all'istituto dell'assegnazione, si fa contemporaneamente cenno agli istituti della consegna e della occupazione) di un alloggio (individuato fra quelli realizzati nel programma di costruzione) ad un socio hanno la funzione di tutelare l'aspettativa del socio iscritto rispetto all'acquisto della propriet dell'alloggio a lui destinato. E -poich l'acquisto della propriet da parte del socio si realizza soltanto al momento della stipulazione del mutuo individuale -alla situazione giuridica del prenotatario e dell'assegnatario non pu riconoscersi -come, per converso, si sostiene dalla ricorrente -qualifica, natura e contenuto di diritto soggettivo perfetto, pienamente (e non occasionalmente) protetto. N al fine di dimostrare siffatta natura valer richiamare -come si fa dalla ricorrente -la giurisprudenza di questa Corte (ed, in particolare, la sent. 10 giugno 1968, n. 1791) con la quale si riconoscerebbe all'assegnatario un diritto (personale) di godimento, nonch quella, secondo cui, in base alla disciplina normativa, posta in essere con la legge 21 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 985 marzo 1958, n. 447, con il d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 e con la legge 27 aprile 1962, n. 231, l'assegnatario di un alloggio di tipo economico e popolare (il quale richieda nei confronti dell'ente concedente, la ces sione in propriet dell'alloggio), sarebbe portatore di un diritto sog gettivo perfetto. Quanto alla prima linea giurisprudenziale, va rilevato che, con le decisioni richiamate, si riconosciuto al socio assegnatario di cooperativa edilizia a contributo statale, in virt della materiale (ma non giuridica) disponibilit dell'alloggio, derivantegli in conseguenza della consegna (e dell'occupazione) di esso, soltanto una facolt personale di godimento, priva -in mancanza dei connotati essenziali qualificanti -di ogni carattere di realit e, pertanto, non sussumibile in alcuno degli schemi legali paradigmatici, tipici dei diritti reali di godimento, rimanendo non solo la propriet, ma anche il possesso dell'alloggio all'ente cooperativistico, (ed avendo l'assegnatario semplice facolt di godimento nel proprio interesse, ma nomine alieno). Ed, inoltre, riguardo alla sent. n. 1791 del 1968 -sulla quale si insistito dalla ricorrente anche in sede di discussione orale -va osservato come il problema, in essa dibattuto ed esaminato, atteneva alla posizione giuridica del socio assegnatario nei confronti di altro socio dello stesso sodalizio (e non nei confronti della pubblica Amministrazione) e come la questione della qualificazione della situazione giuridica dell'assegnatario non costituisse il thema decidendi (ma soltanto un obiter dictum) della cennata pronuncia, trattandosi, nella fattispecie concreta considerata, esclusivamente di valutare se l'assegnatario (semplice detentore qualificato, e non possessore, in epoca anteriore alla stipulazione del mutuo individuale) potesse (o meno) proporre la denuncia di nuova opera contro altro assegnatario della cooperativa. Quanto al secondo indirizzo giurisprudenziale, va considerato come .il richiamo -operato all'udienza di discussione -alla normativa di cui alla legge n. 447 del 1958 e n. 231 del 1962 ed al d.P.R. n. 2 del 1959 ed alla giurisprudenza, di questa Corte, che, in detta materia, ha affermato il diritto soggettivo dell'assegnatario (alla cessione in propriet) debba considerarsi effettuato fuor di proposito, giacch la sfera di applicazione di tali statuizioni legislative deve ritenersi ben circoscritta e delimitata, offrendosi con esse la potest di acquistare la propriet dell'alloggio di tipo economico e popolare a quegli assegnatari che in base alla precedente normativa, non ne avevano alcuna possibilit (contemplando l'art. 1 della legge delega 21 marzo 1958, n. 447, la cessione in propriet esclusivamente degli alloggi di tipo economico e popolare, per i quali le vigenti disposizioni gi non prevedano l'acquisto della propriet da parte degli assegnatari). PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE rimanendo gli alloggi costruiti dalle societ cooperative sovvenzionate fuori dall'area previsionale di tali recenti atti di normazione non pu non escludersi che le richiamate statuizioni legislative siano applicabili indiscriminatamente a qualsiasi assegnatario di alloggio popolare ed economico (e non gi soltanto agli assegnatari degli alloggi indicati nell'art. 1 del d.P.R. n. 2 del 1959) e, quindi, anche gli assegnatari di cooperative edilizie sovvenzionate dallo Stato. La qualificazione giuridica della posizione di questi ultimi va, perci, valutata esclusivamente alla luce e nella prospettiva della disciplina normativa dettata dal t.u. n. 1165 del 1938 (e successive modificazioni). E -poich, in base a questa la situazione. soggettiva dell'assegnatario di alloggio di cooperativa sovvenzionata, "in epoca anteriore alla stipula del mutuo individuale -come gi si visto in precedenza - condizionata al raggiungimento dell'fhteresse pubblico inerente all'attuazione del programma di edilizia popolare, rimanendo subordinata, a tale fine, alle direttrici ed alle incidenze della potest (discrezionale) amministrativa -deve escludersi che la stessa possa assurgere a dignit di diritto soggettivo perfetto. E, sulla base di siffatta configurazione della (consistenza oggettiva della) situazione giuridica dell'assegnatario, il Consiglio di Stato ha esattamente ritenuto che la questione, oggetto della disputa giudiziale, relativa al subingresso degli eredi dell'assegnatario defunto ex art. 116 del t.u. n. 1165 del 1938, rientrasse nei limiti della sua giurisdizione, dovendosi ricomprendere la vertenza riguardante la pretesa dell'assegnatario o dei suoi eredi al conseguimento dell'alloggio del novero dei giudizi demandati alla competenza giurisdizionale del Consiglio di Stato dall'art. 131 comma secondo, del t.u. n. 1165 del 1938, stabilente al riguardo un espresso. collegamento con l'art. 26 del t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato, approvato con r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, relativo al sindacato di legittimit. N pu ritenersi -come si sostiene dalla ricorrente con il secondo profilo -che il Consiglio di Stato -emettendo una pronuncia dichiarativa, di accertamento della sussistenza della pretesa degli eredi dell'assegnatario al conseguimento dell'alloggio -abbia superato i limiti cosiddetti interni dei poteri del giudice amministrativo, invadendo l'area della competenza giurisdizionale del giudice ordinario (nei cui margini rientrerebbero tale tipo di pronuncia). Invero, innanzi al Consiglio di Stato era stato impugnato il provvedimento amministrativo decisionale, emesso, ex art. 131 del t.u. n. 1165 del 1938, dalla Commissione Centrale di vigilanza sull'edilizia economica e popolare, la quale (pur essendo organo di giurisdizione speciale amministrativa in ordine alle controversie in materia di condominio, s che le sue decisioni, in detta materia, sono impugnabili innanzi alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ex art. 362, comma primo cod. proc. civ.) 98i RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO investita ex art. 131, comma primo, del t.u. del 1938 di funzioni contenziose (n. 1 e 2) e consultive (n. 3) -di natura amministrativa (cfr., in tal senso, Cass. sent. 16 marzo 1970, n. 679). E -poich le decisioni, emanate nell'esercizio delle cennate funzioni contenziose, costituiscono atti amministrativi definiti, impugnabili con ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato, a norma del Coordinato disposto dagli artt. 131, comma secondo, del cit. t.u. e 26 del t.u. n. 1054 del 1924 -esattamente il provvedimento amministrativo, emesso dalla Commissione Centrale di Vigilanza, stato impugnato, con ricorso giurisdizionale innanzi al Consiglio di Stato in sede di giurisdizione di legittimit; e non meno correttamente il Consiglio di Stato -avendo ritenuto che la decisione della Commissione fosse inficiata da vizi di legittimit, comportanti la sanzione della caducazione -ha annullato il cennato provvedimento in quanto illegittimo. Cos operando, il giudice amministrativo ha agito -contrariamente a quanto si assume dalla ricorrente -nel pieno rispetto dei limiti della propria giurisdizione, senza esercitare in alcun modo i poteri del giudice ordinario, per avere provveduto all'annullamento dell'atto amministrativo illegittimo, lesivo dell'interesse (indirettamente protetto), delle eredi del socio assegnatario al conseguimento dell'alloggio. N -trattandosi, nel caso di specie, di un giudizio instaurato innanzi al Consiglio di Stato per la tutela di un interesse legittimo inciso da un provvedimento (decisionale) amministrativo illegittimo, in quanto emanato senza l'osservanza delle norme giuridiche all'uopo disposte, -occorre indugiare sul rilievo della ricorrente, secondo il quale il giudice amministrativo -affermando la propria giurisdizione -avrebbe erroneamente ritenuto di essere investito ex art. 131, comma secondo, del t.u. n. 116 del 1938, della giurisdizione esclusiva in detta materia. Invero -presupponendo la giurisdizione rivestita del carattere di esclusivit una controversia in tema di diritti soggettivi (e non di interessi legittimi ed una potestas decidendi sul rapporto giuridico sostanziale e non sull'atto amministrativo -non pu non escludersi che, nel caso di specie, ricorra un'ipotesi di giurisdizione esclusiva. Per modo che, non il caso di approfondire, in questa sede, il quesito -propostosi da una recente decisione delle Sezioni Unite di questa Corte (sent. 22 febbraio 1976, n, 671) -se la giurisdizione del Consigli di Stato, adito con ricorso giurisdizionale, esperito contro una pronuncia della Commissione di Vigilanza, integri (o meno) una giurisdizione esclusiva di legittimit. Il primo ed il secondo profilo, delineati nell'unico motivo d'impugnativa, sono, quindi, da disattendere. Con il terzo profilo, la ricorrente sostiene che il Consiglio di Stato rivalutando gli elementi di fatto, posti a base della pronuncia della Com PARTE I. SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE missione Centrale di Vigilanza, e sostituendosi, quindi, all'organo amministrativo nella valutazione del fatto e nell'apprezzamento delle circostanze emerse dall'istruttoria amministrativa -abbia travalicato i limiti della giurisdizione di legittimit, invadendo il campo della giurisdizione di merito. Anche questo profilo giuridico , per, privo di fondamento. Va, innanzi tutto, precisato che il Consiglio di Stato non ha proceduto, nel caso di specie, alla rivalutazione degli elementi probatori come si sostiene dalla ricorrente -bens soltanto all'analisi, approfondita ed esaustiva, delle specifiche componenti del fatto, desumibili dagli atti acquisiti nel corso della procedura amministrativa. E -poich, a fronte della dichiarazione dell'ex presidente della cooperativa edilizia dott. Vecchio, con la quale si attestava che la consegna dell'alloggio al Rizzuto era inter:venuto prima della sua morte e che l'occupazione dello stesso era stata da lui autorizzata (consegna ed occupazione comportanti -come si visto -l'assegnazione ex art. 98 del t.u. n. 1165 del 1938), nonch degli altri dati di base, quali l'avvenuto abbinamento, mediante sorteggio, dell'alloggio al nome del Rizzuto; l'effettuazione di opere di trasformazione e di miglioria (nell'alloggio) da parte di quest'ultimo prima del suo decesso, la consegna delle chiavi dell'alloggio al Rizzuto (le modalit della cui detenzione potevano trarsi anche dal contenuto della lettera del successivo presidente della Cooperativa Vincenzo Bruno), le quietanze relative ai lavori eseguiti nell'appartamento prima della sua morte, la Commissione Cen trale di Vigilanza, in Clfrenza di una visione organica della fattispecie, non ha provveduto al superamento definitivo del bilanciamento delle antitesi sulla base di validi elementi di fatto, in posizione antagonistica e contrastante con quelli sopra indicati ed atti a soverchiare gli stessi, limitandosi alla erronea considerazione che lo Rizzuto non avessero fornito la prova della consegna dell'alloggio al de cujus in epoca anteriore alla sua morte, in quanto l'onere della prova, inteso come criterio risolutore dell'incertezza circa gli avvenimenti riguardanti un rapporto sostanziale, presupporrebbe il carattere dispositivo del process e l'assenza di un potere di accertamento ex officio, laddove, nel caso di specie, la Commissione aveva la facolt di esplicare piena attivit istruttoria il Consiglio di Stato, dopo aver provveduto ad analizzare, specificamente ed in tutte le loro pieghe, gli elementi di fatto e le componenti (materiali di giudizio) della fattispecie concreta, oggetto di disputa, pervenuto, cor rettamente e nel pieno rispetto delle norme che ne disciplinano l'atti vit, all'accertamento della sussistenza del travisamento dei fatti (inte grante l'eccesso di potere innanzi ad esso denunciate), in cui era in corsa la Commissione Centrale di Vigilanza, la quale -provvedendo ad una analisi superficiale e ridotta, e, perci, non soddisfacente, degli 990 RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DELLO STATO I elementi di giudizio, che, se considerati posti a base di un accurato {: !~ e corretto esame analitico, avrebbe condotto necessariamente l'organo deliberante ad una diversa soluzione -aveva emanato un provvedimento ~ decisionale inficiato da vizi di legittimit. E -poich i giudici amministrativi, sia se investiti soltanto della I competenza (giurisdizionale) di legittimit, sia se investiti anche di quella di merito, conoscono sempre del fatto (s che, in tal senso, possono considerarsi sempre giudici del merito della controversia) -deve I escludersi che il Consiglio di Stato abbia invaso l'area della giurisdizione di merito -ricorrente quando il giudice amministrativo conosca, oltre che dei vizi di legittimit dell'atto, anche della rispondenza di caso ai I dettami delle norme extragiuridiche, che sovrintendono al buon andamento ed al proficuo esercizio (sotto il profilo dell'equit e dell'opportunit) dell'azione amministrativa -in quanto -provvedendo all'analisi (e non alla valutazione) delle varie componenti del fatto e ritenendo il provvedimento della Commissione di Vigilanza viziato, sotto il profilo funzionale, per eccesso di potere, verificabile come noto -non soltanto quando si riscontri una effettiva deviazione dell'atto dalle sue finalit istituzionali, ma anche quando esso appaia determinato da una inesatta od incongrua rappresentazione della realt, atta a farlo deviare dal risultato prefisso, nonch quando risulti assente il necessario nesso di conseguenzialit tra i presupposti di adozione dell'atto e le sue conclusioni) -sarebbe rimasto nei limiti della sfera della giurisdizione di legittimit, per aver ritenuto il provvedimento amministrativo decisionale della Commissione inficiato per travisamento dei fatti (ravvisandosi, il conseguenza di una deviata considerazione, una non coincidenza tra la funzione istituzionale e la finalit concreta dell'atto, nonch fra le componenti del contesto materiale di fatto ed il provvedimento emanato). E -riscontrandosi il cosiddetto travisamento dei fatti (costituente una delle figure sintomatiche -elaborate dalla giurisprudenza -pi tipiche dell'eccesso di potere) nelle ipotesi in cui, il provvedimento sia stato emanato sul presupposto dell'esistenza (o meno) di fatti, che dagli atti risultino, invece, insussistenti (o, viceversa, esistenti) -deve ritenersi che esattamente il Consiglio di Stato -procedendo (come si visto sopra) ad una analisi accurata (e non alla rivalutazione ed all'apprezzamento) delle varie componenti del fatto (consentita, anche secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato: decis. 19 dicembre 1964) n. 181, decis. 23 settembre 1961 n. 631) -abbia considerato che la Commissione di Vigilanza fosse incorsa nel vizio (di legittimit) di eccesso di potere per travisamento degli elementi di fatto, in quanto -di fronte alla dichiarazione dell'ex-presidente della cooperativa edilizia, attestante l'intervento dell'avvenuta consegna dell'alloggio al Rizzuto prima della sua PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE morte, per avere egli stesso provveduto a detta consegna, autorizzando il destinatario di essa all'occupazione dell'alloggio -avrebbe ritenuto fattore decisivo, con la conseguente sostanziale neutralizzazione degli elefttore decisivo, con la conseguente sostanziale neutralizzazione degli elementi probatori positivi -che la pretesa occupazione dell'alloggio da parte del Rizzuto (se eventualmente intervenuta) sarebbe stata effettuata abusivamente, per essere stata posta in esser la consegna in contrasto con la volont degli organi della Cooperativa. Per modo che, deve ritenersi che il Consiglio di Stato -rilevante che le enunciazioni, contenute nella decisione della Commissione Centrale di Vigilanza in merito alla abusivit della pregressa occupazione dell'alloggio da parte del Rizzuto, fossero prive di qualsiasi effettiva derenza alla realt e non trovassero alcun addentellato o concludente riscontro nelle risultanze emergenti negli atti -acquisiti alla procedura amministrativa -abbia esattamente ritenuto che -risultando, in tal modo, vanificata la conclusione decisionale finale -la pronuncia, emanata dalla Commissione Centrale di Vigilanza, fosse viziata da eccesso di potere per travisamento dei fatti, e dovesse, quindi, essere annullata. Anche il terzo profilo di cen.sura , quindi, da disattendere. In definitiva, il ricorso va rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente alla perdita del deposito per il caso di soccombenza, a norma dell'art. 381 cod. proc. civ.... -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 21 febbraio 1976, n. 577 -Pres. Stella Richter -Rel. R. Granata -P. M. Di Majo (concl. conf.) -Ministero PP.TT. (avv. Stato Tarin) c. S.p.A. S.I.A. (Societ Italiana Autotrasporti) (avv.ti Baseggio, Messina). Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa Concessioni -Servizi automobilistici sostitutivi di ferrotramvie in concessione -Trasporto e scambio degli effetti postali: modalit Giurisdizione dell'A.G.D. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 2). Competenza e giurisdizione -Autolinee sostitutive di linee ferrotramviarie concesse all'industria privata -Disciplina. (r.d. 9 maggio 1912, n. 1447, artt. 132, 271; r.d.l. 14 ottobre 1932, n. 1496, artt. 2 e 3; I. 28 settembre 1939, n. 1822, artt. 1, 16, 37; I. 8 gennaio 1952, n. 53). Appartiene alla giurisdizione dell'A.G.O. la controversia con la quale un concessionario di servizi automobilistici sostitutivi di tramvie extraurbane in regime di concessione contesti di essere tenuto ad eseguire il trasporto e lo scambio degli effetti postali non pi nei modi stabiliti 992 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO per le concessioni ferrotramviarie -:-cio nell'interno delle stazioni -, ma nei modi delle concessioni automobilistiche -cio accedendo con personale proprio alle sedi degli uffici postali -, in quanto la pretesa fatta valere in giudizio si muove nell'ambito dei diritti ed obblighi scaturiti dal rapporto concessorio (1). La disciplina degli autoservizi di linea per viaggiatori in regime di concessione all'industria privata non si applica alle autolinee sostitutive di linee ferrotramviarie concesse all'industria privata, le quali, pertanto, anche per quanto riguarda il servizio postale rimangono assoggettate salvo diversa regolamentazione pattizia -alla loro originaria disciplina. (Omissis). -Con atto 21 ottobre 1966, la Societ Italiana Trasporti (S.I.A.) p.a., esercente in provincia di Brescia servizi automibilistici sostitutivi di tranvie extraurbane condotte in regime di concessione, conveniva davanti al Tribunale di Roma il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni. Esponeva che in forza degli artt. 132 e 271 r.d. 8 maggio 1912, n. 1147 (t.u. delle disposizioni di legge per le ferrovia concesse all'industria privata, le tranvie a trazione meccanica _e gli automibili ), ad essa concessionaria incombeva -quando agli effetti postali -l'obbligo di trasporto e scambio entro le singole stazioni, gratuitamente, della corrispondenza e, per un corrispettivo variabile secondo peso, dei pacchi postali. Tale sistema aveva trovato applicazione pacifica fino al 10 marzo 1966, quando il Ministero convenuto aveva preteso che venissero invece applicate le pi gravose norme della legge 8 gennaio 1952, n. 53, modificata con d.P. 9 aprile 1953, n. 592 e 1. 21 giugno 1964, n. 559, peraltro riferentisi, secondo l'attrice, esclusivamente agli ordinari servizi automobilistici concessi all'industria privata in forza della 1. 28 settembre 1939, n. 1822, e non anche ai servizi sostitutivi di linee ferroviarie e tranviarie, quali, appunto, quelli condotti da essa attrice. Tale illegittima estensione importava i ben maggiori oneri economici derivanti dalla diversa regolamentazione del trasporto degli effetti postali sulle autolinee ordinarie (e cio gli oneri del trasporto e scambio con personale proprio e accesso delle autovetture agli uffici postali, sia estremi che intermedi, per un ammontare complessivo di circa Lire 20 milioni annui). Pertanto la societ attrice chiedeva che il Tribunale la dichiarasse esente, appunto perch concessionaria di servizi automobilistici sostitutivi di (1) A quanto consta non si rinvengono specifici precedenti. (2) La motivazione della sentenza contiene un ampio riferimento di precedenti giurisprudenziali. Su questi pu anche utilmente consultarsi Giust. civ., 1976, I, 1323. In dottrina cfr. GASPARRI In tema di linee automobilistiche sostitutive di servizi ferroviari>>, Foro amm., 1954, IV, 17. PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE tranvie e non gi di autolinee ordinarie, dall'osservanza delle specifiche disposizioni di cui alle leggi n. 53 del 1952 e n. 559 del 1964 ed al d.P. n. 562 del 1953, e, per l'effetto, dichiarasse illegittima la contraria pretesa dell'Amministrazione, con la condanna di questa al risarcimento del danno derivante dalla imposta attuazione della pretesa stessa. Il Ministero resisteva alla domanda, contestandone la fondatezza, sul rilievo, tra l'altro, che la legge n. 53 del 1952, riguardante il trasporto degli effetti postali sulle autolinee in concessione, doveva intendersi riferita a tutti i concessionari delle autolinee medesime, ancorch sostitutive di ferrotranvie. Nel successivo corso del giudizio il Ministero eccepiva inoltre il difetto di giurisdizone del giudice ordinario. Con sentenza non definitiva 19 maggio 1969, il Tribunale, affermata la propria giurisdizione, accoglieva le domande attrici, riservando al definitivo la liquidazione del danno genericamente riconosciuto e disponendo al riguardo la necessaria istruttoria. Su appello immediato dell'Amministrazione, la Corte di appelo confermava la decisione impugnata con la sentenza 16 ottobre 1972, oggi denunziata. Sulla questione pregiudiziale di giurisdizione, la Corte osservava che non poteva dubitarsi dell'appartenenza della causa alla cognizione del giudice ordinario, avendo l'attrice posto, a fondamento della richiesta dichiarazione di illiceit della condotta dell'Amministrazione e della condanna conseguente ai danni, la posizione soggettiva assicuratale dal rapporto concessionario nel suo momento privatistico e paritetico, consistente nella titolarit del diritto a non vedere perturbati, in costanza di rapporto, gli obblighi ed i diritti nascenti dalla convenzione attuativa della concessione. Nel merito negava che alle autolinee sostitutive di ferrotranvie fosse estensibile la disciplina del trasporto degli effetti postali sulle ordinarie autolinee in concessione alla industria privata, muovendo dal pacifico rilievo della non applicabilit alle prime della normativa dettata per le seconde dalla legge 28 settembre 1939, n. 1822, ed argomentando che lo stesso limitato ambito di operativit doveva necessariamente riconoscersi alla legge n. 53 del 1952, dalla quale l'Amministrazione intendeva invece trarre il diritto di esigere le pi onerose prestazioni postali pretese, posto che la citata legge n. 53 niente di pi costituiva che una modificazione della precedente, nella parte riguardante il trasporto postale ed i canoni. Aggiungeva che l'assimilazione, quanto agli oneri postali, dei due tipi di concessione, avrebbe postulato la trasformazione in automobilistica della concessione originariamente ferroviaria per effetto della sostituzione, nell'esercizio di questa, del servizio ferrotranviario con autoveicoli, il che doveva invece escludersi proprio in base alla disciplina della materia dettata dal r.d.1. 14 ottobre 1932, n. 1496, che prevedeva la mera possi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 994 bilit di sostituzione del mezzo tecnico per l'esercizio della impresa in concessione, ferma peraltro restando la identit del rapporto originario. Considerava infine che proprio la persistenza della concessione ferroviaria, pur dopo la sostituzione del mezzo tecnico di trasporto, conduceva a ritenere che anche per gli autoservizi sostitutivi permanesse la necessit di quelle caratteristiche operative -tra cui, appunto, l'effettuazione del trasporto e dello scambio entro le singole stazioni -che sono connaturate al servizio ferroviario, indissolubilmente legato, in ogni aspetto dell'esplicazione, alla guida delle rotaie, cui obbligato il relativo materiale mobile. II Ministero delle Poste e Telecomunicazioni ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi. Resiste con controricorso la societ S.I.A. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo, l'Amministrazione -denunziando violazione dell'art. 2 della legge 20 marzo 1965, n. 2248, ali. E, sul contenzioso amministrativo, in relazione all'art. 360 n. 1 c.p.c. -ripropone l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario. Assume la ricorrente che nella specie verrebbe in rilievo unicamente la legittimit del provvedimento, con cui si imposta alla societ resistente, esercente servizi automobilistici sostitutivi di ferrotranvie in concessione, la disciplina relativa al servizio di trasporto e scambio degli effetti postali prevista dalla legge 8 gennaio 1952, n. 53, discutendosi soltanto se siffatta normativa sia o meno applicabile alla specie. La censura infondata. La tesi dell'Amministrazione, secondo cui il concessionario di servizi ferrotranviari sostitutivi con autoservizi, ai sensi degli artt. 2 r.d.I. 14 ottobre 1932, n. 1496 e 1 legge 12 ottobre 1952, n. 1221, tenuto ad eseguire il trasporto e Io scambio degli effetti postali non pi nei modi stabiliti per le concessioni ferrotranviarie, e cio all'interno delle stazioni, ma in quelli propri delle concessioni automobilistiche, e cio accedendo con personale proprio alle sedi degli uffici postali, al di l delle formule verbali con cui prospettata, non si fonda sul postulato di un potere autoritativo, che, in contemplazione del miglior governo dell'interesse pubblico affidato alle sue cure, le consenta di modificare unilateralmente il regime del rapporto concessorio, discrezionalmente scegliendo ed imperativamente imponendo l'adozione, da parte del concessionario, dell'uno o dell'altro modo. In realt, essa si ricollega, invece, alla asserita modificazione apportata direttamente dalla legge stessa al modo di esplicazione del trasporto postale per effetto, appunto, della sostituzione del servizio ferroviario con il servizio automobilistico. Trat PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDI:~IONE tasi cio di una pretesa che si muove nell'ambito dei contrapposti diritti ed obblighi, correlati al momento sinallagmatico e paritetico del rapporto concessorio vero e proprio, senza affatto coinvolgere situazioni di potere e di interesse legittimo, onde la relativa controversia attiene esclusivamente alla sfera dei diritti soggettivi e si appartiene quindi alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario. Riguarda poi il merito, e non la giurisdizione, il problema se nella .materia delle ferrotranvie concesse all'industria privata la sostituzione del servizio su rotaia con il servizio su strada comporti effettivamente l'assoggettamento del concessionario -per quanto concerne il trasporto postale -alle regole dettate per le autolinee concesse o se, invece, essa lasci immutato il regime precedente. Appunto al merito si riferisce il secondo motivo di ricorso, con cui si denunzia, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione della legge 8 gennaio 1952, n. 53 e successive modificazioni, nonch della legge 28 settembre 1939, n. 1882, con particolare riferimento agli artt. 1 e 16, in relazione al t.u. 9 maggio 1912, n. 1447, artt. 132-271, ed al r.d.l. 14 ottobre 1932, n. 1496, art. 2, 3. Secondo la ricorrente, tanto la legge n. 1822 del 1939, quanto quella n. 53 del 1952 si riferiscono, nella loro formulazione letterale, ai concessionari dei servizi pubblici per viaggiatori, bagagli e pacchi agricoli (autolinee) di qualunque natura , e pertanto non consentito all'interprete individuare discriminazione alcuna, quanto al servizio postale, tra le autolinee sorte originariamente come tali e quelle sostitutive di precedenti servizi tranviari, senza che in contrario rilevi la circostanza valorizzata invece in senso opposto dalla Corte di merito, che la legge del 1952 n. 53 si riferisca agli stessi servizi automobilistici, oggetto della precedente legge del 1939 n. 1822, gi quest'ultima riguardando, appunto, anche le autolinee sostitutive di preesistenti ferrotranvie. La necessit, poi, della limitazione all'interno delle stazioni delle operazioni di trasporto e scambio degli effetti postali nel servizio ferrotranviario, in ragione dell'inscindibile legame di questo con gli impianti fissi, non giustifica la persistenza dello stesso regime una volta che quella situazione sia venuta meno per la trasformazione del servizio ferroviario in servizio automobilistico. Del pari priva di rilievo, a giudizio della ricorrente, la considerazione, sottolineata invece dalla Corte di merito, che la sostituzione del servizio ferrotranviario con quello automobilistico non fa venire meno la concessione originaria, dovendosi qui avere riguardo unicamente al distinto rapporto, che a quella inerisce, relativo al trasporto dei pacchi postali e corrente fra il concessionario e l'Amministrazione delle Poste, e che non si sottrae alla disciplina dettata, per tutti i serv1z1 automobilistici di qualsiasi natura e durata, appunto dalle leggi del 1939 n. 1822 e del 1952 n. 53. RASSEGNA DELL'AVVOCATUR<\ DELLO STATO Neppure tale motivo pu trovare accoglimento. Denominatore comune e motivo ispiratore fondamentale di tutte le critiche svolte dall'Amministrazione ricorrente alla sentenza impugnata l'assunto, secondo cui, una volta intervenuta la sostituzione dell'originario servizio su rotaie con il servizio automobilistico, lo svolgimento ulteriore del rapporto resta assoggettato alla disciplina prevista per tutte le autolinee, comprese quelle sostitutive di linee ferrotraviarie, dalla legge n. 1822 del 1939, e quindi, per quanto attiene al trasporto e scambio degli effetti postali, alle norme della citata legge, come modificato dalla successiva legge n. 53 del 1952. proprio tale assunto, che, peraltro, si appalesa privo di fondamento. Sul tema, in generale, d~i rapporti fra la normativa dettata per le autolinee concesse all'industria privata dalla legge n. 1822 del 1939 e quella dettata dalle leggi sulla sostituzione dei servizi ferrotranviari con servizi automobilistici, a conclusioni opposte sono gi pervenute queste Sezioni unite (sent. 20 novembre 1956 n. 4269), con riferimento all'analogo caso della sostituzione, ai sensi del r.d.l. 21 dicembre 1931 n. 1575, convertito in legge 24 marzo 1932 n. 388, di linee ferrotranviarie esercitate dallo Stato. E le ragioni, che in quell'incontro hanno condotto ad affermare la perdutante vigenza del citato r.d.l. del 1931 n. 1575 pur dopo l'emanazione della legge n. 1822 del 1939 e, quindi, la estraneit alla seconda delle sostituzioni previste dal primo, suffragano identica conclusione anche per le sostituzioni di ferrotranvie concesse all'industria privata, delle quali qui si discute. Comuni ad entrambe le ipotesi, invero, sono tanto il rilievo del diverso ambito e scopo delle due normative, generale e speciale, in raffronto, quanto quello della estraneit del r.d.l. n. 1496 del 1932 al novero dei testi abrogati in forza dell'art. 37 legge n. 1822 del 1939, al primo non potendosi riferire neppure la generica formula della abrogazione di ogni altra disposizione contraria , contenuta nel secondo, sia perch la sottolineata diversit di contenuto e di scopo esclude tale contrariet, sia perch non credibile che una volont legislativa di abrogazione sia stata espressa in cotal guisa nei riguardi di un testo tanto pi importante di non pochi degli altri per i quali, invece, nello stesso momento veniva avvertita la necessit di una elencazione specifica. N meno pertinente la considerazione che gi nell'ordinamento precedente alla legge n. 1822 del 1939 la normativa speciale per le autolinee sostitutive coesisteva con quella generale delle autolinee concesse come tali ab origine, sicch la mera sostituzione di quest'ultima con la citata legge n. 1822 del 1939 non idonea di per s a far ritenere cessato tale duplice regime normativo. Appunto nel senso che la legge del 1939 sulle autolinee concesse, come non si applica alle autolinee sostitutive di ferrovie statali regolate PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 997 dal r.d.l. del 1931 n. 1575, cos neppure comprende la autolinee sostitutive .di ferrotranvie concesse all'industria privata, orientata la giurisprudenza del Consigli di Stato, che, dopo avere affermato il principio con riferimento alle prime (Sez. II, 26 aprile 1947 n. 155; Sez. VI, 19 febbraio 1952 n. 56; Sez. VU, 16 marzo 1954 n. 167), lo ha poi ribadito con riferimento anche alle seconde, proprio sul presupposto della identit di ragioni (Sez. IV, 19 ottobre 1956 n. 989), sicch oggi tale indirizzo pu dirsi pacificamente ricevuto per entrambe le situazioni (Sez. IV, 25 gennaio 1957 n. 96; Sez. II, 9 agosto 1961 n. 570; Sez. VI, 26 giugno 1963 n. 373; Sez. VI, 2 luglio 1965 n. 503; Sez. IV, 28 settembre 1967 n. 394). Onde deve conclusivamente affermarsi che le disposizioni della legge n. 1822 del 1939 e successive modificazioni non si applicano alle autolinee sostitutive di linee ferrotranviarie concesse alla industria privata, le quali quindi, anche per quanto riguarda la effettuazione dei servizi postali, rimangono assoggettate, salva diversa regolamentazione pattizia, alla loro originaria disciplina. Il che trova ulteriore conferma nelle ragioni, intrinseche al tipo di servizio, che nelle concessioni ferrotranviarie giustificano la naturale limitazione del trasporto e scambio postale all'interno delle stazioni; ragioni, che si identificano nella stretta correlazione del servizio ferrotranviario con gli impianti fissi ad esso strumentali, e che permangono pur dopo la sostituzione del mezzo tecnico di trasporto, dovendo in principio l'esplicazione del servizio rimanere quanto pi possibile immodificata, anche nel percorso e negli scali, nell'interesse precipuo degli utenti al fine di continuare ad assicurare (loro) le preesistenti comodit, come a suo tempo riconosciuto dalla stessa Amministrazione concedente nelle istruzioni impartite ai propri organi periferici (circolare Ministero Trasporti, Serv. III, n. 126/2480-34 del 23 settembre 1959), nel contesto di una disciplina complessiva che configura la sostituzione del servizio come mera vicenda modificativa della perdurante concessione originaria, la cui persistenza, fra l'altro, ha l'effetto -appunto -di impedire la devoluzione anticipata degli impianti fissi strumentali (Cass. S.U. 9 gennaio 1974 n. 3487). Il ricorso deve dunque essere rigettato... (Omissis). SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, sez. III, 15 dicembre 1975, n. 4135 -Pres. Toro - Rel. Sammarco -P. M. Martinelli (conf.) Selis e Landorno (avv.ti Fornario e Sotgiu) c. Ministero delle Poste e Telecomunicazioni (avv. Stato Palatiello). Procedimento penale Revisione e assoluzione Azione di riparazione e risarcimento del danno . Colpa della P. A. Inammissibilit della domanda risarcitoria. L'azione di riparazione dell'errore giudiziario, di regola unico stru mento di ristoro concesso a chi stato assolto in sede di revisione, non cumulabile con l'azione ordinaria ex lege. (1). Quest'ultima azione tuttavia data nei confronti dell'autore della falsit o di altro reato la cui commissione determin l'errore giudiziario; in tale ipotesi l'azione di riparazione proponibile in via sussidiaria. Pertanto, nel caso in cui la condanna fu determinata da colpa civil. mente rilevante di taluno non esperibile l'azione risarcitoria, ma solo quella di riparazione (2). (Omissis). -I ricorrenti con il primo motivo, denunciano la viola zione e la falsa applicazione degli artt. 112, 132, 339 segg. 343, 345 c.p.c. 571, 572, 573, 574 e 574-bis, c.p.p. nonch degli artt. 2043 e segg. e 2947 e.e. in relazione all'art. 360 n. 3. Essi sostengono, in linea di principio, che la vittima di un errore giudiziario ha a sua disposizione due azioni: quella di riparazione del l'errore gudiziario disciplinata dagli artt. 571 e segg. c.p.p. e quella ordi naria di risarcimento danni ex art. 2043 e.e. ricollegabile a fatti illeciti che hanno contribuito a determinare l'ingiusta condanna. Le due azioni corrispondono a due diritti fra loro distinti, aventi origine, finalit e pre supposti diversi, e sono esercitabili cumulativamente senza reciproche pre clusioni. Inoltre precisano che il diritto al risarcimento del danno per fatto illecito va tenuto separato e non confuso, come ha fatto la Corte di merito, con il diritto al risarcimento previsto dall'art. 574-bis per il caso contemplato dall'art. 554 c.p.p., in quanto nel detto caso, essendo (1-2) Per un precedente di rilievo, cfr. Cass. 1-12-1970, imp. DI LASCIA, Foro it. Rep. 1971, 1039; non si rinvengono, invece, precedenti in merito ai rapporti tra azione di riparazione ed azione di risarcimento del danno. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE il diritto al risarcimento del danno sostitutivo o complementare della riparazione, si versa nell'istituto della riparazione stessa. Nella specie, ad avviso dei ricorrenti, i fatti illeciti che avevano determinato la condanna di esso Selis e che davano origine ad un suo autonomo diritto al risarcimento dei danni, a parte la riparazione pecuniaria gi ottenuta, erano rappresentati dall'imperizia con la quale il Branca aveva condotto l'ispezione, dalla sua ostinata volont di sostenere una versione dei fatti non rispondente al vero, dal ritardo, durato ben tredici anni, con il quale l'amministrazione aveva disposto una nuova inchiesta che in pochissimo tempo aveva accertato la falsit di tutti gli elementi di accusa. Quanto poi all'eccezione di prescrizione del diritto fatto valere dal Selis, sollevata dalla amministrazione sin dal giudizio di primo grado, i ricorrenti osservano che la Corte di merito non avrebbe potuto pronunciarsi su di essa, in quanto, pur avendo formato oggetto di una autonoma pronuncia di rigetto. da parte del Tribunale, l'amministrazione non l'aveva riproposta con appello incidentale. Come emerge chiaramente dall'esposizione dell'assunto dei ricorrenti, l'azione di risarcimento danni da essi configurata, che si affiancherebbe all'azione di riparazione dell'errore giudiziario, mirerebbe, al pari di quest'ultima, a rivalere la vittima dell'errore giudiziario del pregiudizio da essa subito per effetto dell'ingiusta sentenza penale di condanna. Coerentemente a tale impostazione, il Selis nell'originario atto di citazione, con il quale ha promosso il presente giudizio, ha individuato i danni di cui ha chiesto il risarcimento, in quelli arrecati alla sua sfera sia patrimoniale sia non patrimoniale, dalla sentenza di condanna e dalla conseguente carcerazione sofferta. Considerato che questa azione aggiuntiva investe anch'essa la risarcibilit delle conseguenze dannose derivanti dall'errore giudiziario, e d'uopo, ai fini di valutarne l'ammissibilit, rifarsi alle particolari disposizioni sulla riparazione dell'errore giudiziario, dettate dal codice di procedura penale negli artt. 571-574-bis, nel testo introdotto dalla legge 23 maggio 1960, n. 504, onde delimitarne l'ambito di applicazione. L'azione di riparazione dell'errore giudiziario, come questa Corte ha posto in luce, mira a compensare la vittima delle sofferenze e dei nocumenti arrecatile da una decisione che, per quanto erronea, si pone pur sempre come il risultato di una esercitata potest giurisdizionale, per cui l'obbligo verso lo Stato non nasce ex illecito, bens da una doverosa solidariet verso l'innocente di cui debbono cancellarsi, in equa misura, le dolorose conseguenze cagionate dall'errore (Cass. Pen. Sez. VI, 1 dicembre 1970, imp. Di Lascia). Essa data soltanto a chi stato assolto in sede di revisione e si atteggia diversamente a secondo dei casi di revisione contemplati dal t2 1000 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'art. 554 c.p.p. Questi possono essere raggruppati in due categorie: quella che comprende le ipotesi dei nn. 1, 2 e 3 e 5 della detta disposizione, in cui l'errore del giudice ha, se cos pu dirsi, una germinazione spontanea e quella che s'identifica con l'ipotesi contemplata dal n. 4 del citato art. 554 c.p.p. in rapporto all'ultimo comma dell'art. 557 c.p.p., la quale riguarda la condanna pronunciata in conseguenza di falsit in atti o in giudizio o di altro fatto preveduto dalla legge come reato, commessi da un terzo, la cui responsabilit sia stata accertata con sentenza irrevocabile. In questo caso, si tratta di un errore indotto, la cui fonte, rappresentata dal reato commesso dal terzo, ben individuata e, quindi, la causa di esso, enucleabile dall'attivit giurisdizionale che ha condotto alla decisione erronea. Per i casi rientranti nella prima categoria, in cui l'errore riferibile all'attivit giurisdizionale, senza possibilit d'identificare alcun soggetto cui attribuirla, esperibile unicamente l'azione di riparazione. Nell'ipotesi, invece, di cui al n. 4 dell'art. 554 c.p.p., nella quale la causa effettiva dell'ingiusta condanna il fatto doloso del terzo, ammessa in via principale l'azione di risarcimento dei danni contro il terzo secondo i principi della responsabilit extracontrattuale. E giusto, infatti, che a rispondere del nocumento arrecato dalla condanna, sia il terzo che con la sua condotta delittuosa, l'ha provocata, condotta che assume il ruolo di causa efficiente del detto nocumento, mentre l'errore del giudice, provocato dall'attivit del terzo, perde nella previsione normativa rilevanza causale. Beninteso, perch si possa chiedere il risarcimento in via ordinaria,. indispensabile che il fatto delittuoso del terzo agisca come unico fattore causale della condanna ingiusta, in quanto, come ha ritenuto questa Corte, l'azione non sarebbe proponibile se la revisione non derivi solo dall'accertamento della falsit in atti o di testimonianza su cui sia fon- data la sentenza di condanna, ma anche dall'esame di nuove prove o da. una diversa valutazione di quelle in precedenza acquisite (Cass. Pen. Sez. I, 7 marzo 1972, imp. Spano). Nell'ipotesi in esame l'azione di riparazione, consentit, ma in via sussidiaria o complementare, rispetto a quella di risarcimento danni, soltanto quando il danneggiato dalla condanna ingiusta non abbia potuto, per causa a lui non imputabile, conseguire in tutto o in parte, il risarcimento del danno dall'autore della falsit o di altro reato, la cui commissione h determinato l'errore del giudice. Da quanto esposto, si rileva che la risarcibilit delle conseguenze dannose derivante dall'errore giudiziario afferente ad una sentenza penale di condanna, regolata specificamente e con completezza delle disposizioni sopra richiamate. In effetti versa in una materia per la quale il legislatore ha apprestato una speciale disciplina che tien conto, PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE da un lato, dell'istanza di salvaguardare l'autonomia della funzione giurisdizionale, e dall'altro, del meccanismo di formazione della decisione giudiziale e che contiene la responsabilit dei soggetti che con la loro condotta hanno deviato il corso della giustizia, in limiti rigorosamente controllati. Nel vigore di questa disciplina speciale che regola l'intera materia, l'applicabilit delle norme di carattere generale sul risarcimento dei danni da fatto illecito, al di fuori dell'eccezione dalla detta normativa introdotta, resta necessariamente esclusa. Agli enunciati rilievi di carattere ermeneutico, se ne possono aggiungere altri, tratti dall'analisi strutturale e funzionale delle due azioni, i quali confermano l'assoluta incompatibilit dell'azione di riparazione con quella di risarcimento dai danni da fatto illecito. Sotto il profilo strutturale, da rilevare, in aderenza alla prospettazione dei ricorrenti, che mentre la causa del danno che fanno oggetto nell'azione di riparazione, risiederebbe nell'errore del giudice, la causa del danno contemplato dall'azione di risarcimento, sarebbe costituita dall'atto illecito del terzo. Data la cumulabilit delle due azioni e considerato che, dal punto di vista giuridico, ognuna delle indicate cause, si presenta come autonoma rispetto all'altra, ne conseguirebbe che due distinti fattori causali produrrebbero, indipendentemente l'uno dall'altro, lo stesso evento, rappresentato dalla ingiusta sentenza penale di condanna; evenienza questa, che urta contro la pi elementare logica giuridica. Sotto l'aspetto funzionale, poi, si manifesterebbe un'altra insanabile anomalia. Poich le due azioni coprirebbero la stessa area di danni, la vittima dell'errore giudiziario beneficierebbe di due risarcimenti con riguardo all'unica situazione dannosa, conducibile alla sentenza ingiusta; risultato questo inaccettabile per il nostro diritto positivo che non consente una duplicit di risarcimenti. N a correggere questo risultato varrebbe la constatazione che la sfera dei due risarcimenti non coincidono necessariamente, in quanto, a secondo dei casi, la riparazione pu avere un ambito pi ristretto o pii1 ampio del risarcimento in senso proprio, per cui la vittima dell'errore giudiziario, promuovendo entrambe le azioni, otterrebbe con l'una la parte di risarcimento. che non riuscita ad ottenere con l'altra. In verit, neanche per questa via l'anomalia sarebbe rimossa, perch vi sarebbe pur sempre una duplicazione di risarcimento per la parte in cui le sfere delle due azioni verrebbero a sovrapporsi. Duplicazione tanto pi inammissibile, ove si consideri che la vittima dell'errore giudiziario provocato da un semplice fatto illecito, godrebbe di una duplice tutela risarcitoria, mentre il condannato per effetto di un comportamento del terzo, ben pi riprovevole in quanto RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO integrante gli estremi del reato di falsit o di altro reato, e per di pi giudizialmente accertato, usufruirebbe di una unica azione, e cio in via principale di quella di risarcimento in senso proprio e soltanto in via sostitutiva e complem_entare, di quella di riparazione. In esito alle esposte considerazioni deve, quindi, negarsi ogni fondamento all'assunto dei ricorrenti che, in rapporto alla risarcibilit delle conseguenze dannose derivanti da una sentenza penale di condanna configura una dualit di azioni, quella di riparazione e quella di risarcimento danni da fatto illecito, che si sommerebbero fra di loro e, conseguentemente, con riferimento al caso in esame, deve escludersi che l'amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni, possa rispondere per i presenti fatti illeciti addebitati (le superficialit e lacunosit dell'ispezione eseguita dal Branca, dichiarazioni non veritiere di costui rese nel processo penale, ritardo con il quale fu disposta una nuova inchiesta); essa non pu essere chiamata a risponderne, n alla stregua dell'art. 574- bis in relazione all'art. 554 n. 4, perch non ricorre l'ipotesi contemplata .dalle dette disposizioni, n in base alla norma generale dell'art. 2043 e.e., non trovando tale, norma alcun spazio di applicazione. Per quanto concerne, poi, la censura, espressa nell'ultima parte del motivo, con la quale si deduce che l'eccezione di prescrizione, sollevata dall'Amministrazione e rigettata dal Tribunale avrebbe dovuto essere riproposta nel giudizio di secondo grado mediante appello incidentale, va osservato che essa a rigore inammissibile per mancanza di interesse, essendo stata l'eccezione respinta nel merito. Comunque, la doglianza certamente infondata, dato che la parte vittoriosa (e tale era l'amministrazione delle PP.TT.) non ha necessit di proporre appello incidentale per richiamare in discussione in secondo grado l'eccezione che abbia prospettato e che risultino assorbite o respinte dalla decisione di primo grado (Sez. Un. 18 settembre 1970 n. 1553 -Cass. 17 aprile 1970 n. 1096). (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I,. 29 maggio 1976, n. 1946 -Pres. Rossi Est. Sandulli -P. M. Trotta (Conf.) Giarrizzo (avv. Fernandez) c. Azienda Foreste Demaniali (avv. dello Stato Soprano). Obbligazioni e contratti -Ipoteca -Diritti del trzo acquirente -Creditori ipotecari -Azione ex art. 2867 cod. civ. -Azione reale o personale Azione surrogatoria. L'azione consentita dall'art. 2867 Cod. civ. nei confronti del precedente proprietario al fine. di attenere dal terza acquirente (debitore in PARTE I. SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 1003 tutto o in parte del prezzo di acquisto) il pagamento diretto del corri spettivo riveste carattere personale e non reale (1). Essa, pur presentando qualche elemento di affinit con la comune azione surrogatoria prevista dall'art. 2900, non pu peraltro inquadrarsi, per lo scopo cui si ispira, per le connotazioni formali e sostanziali, oltre che per gli effetti che ne conseguono, nello schema della surrogatoria, cui pertanto non pu essere assimilata (2). (Omissis). -La Corte del merito -dopo aver ritenuto che, con il passaggio dei terreni, acquistati dall'Azienda delle Foreste Demaniali della Regione Siciliana, al patrimonio indisponibile della Regione, l'ipoteca si fosse estinta, a norma dell'art. 2878 n. 4 cod. civ., per essersi verificato il perimento in senso giuridico degli immobili, divenuti insuscettibili di espropriazione forzata, non essendo sottraibili alla loro destinazione (e cio al perseguimento di finalit d'interesse pubblico) -ha esattamente affermato che il creditore ipotecario ben potesse agire ex art. 2867 cod. civ. nei confronti del terzo acquirente per ottenere, nel concorso degli estremi previsti da detto articolo {esigibilit del debito; e sufficienza a soddisfare tutti i creditori iscritti), il pagamento diretto del prezzo di vendita, non ancora corrisposto. Ed in tale statuizione non pu ravvisarsi n la denunciata violazione di legge n alcuna contraddittoriet nel processo logico-giuridico posto a supporto di essa. Invero -nell'ipotesi dell'azione consentita, dall'art. 2867 cod. civ., al creditore iscritto nei confronti del precedente proprietario, al fine di ottenere dal terzo acquirente, il quale sia ancora (in tutto o in parte) debitore del prezzo di acquisto, il pagamento diretto del corrispettivo (nei limiti della parte ancora insoluta), con il vantaggio di evitare la necessit del ricorso all'espropriazione forzata ed il pericolo di un minor ricavo dalla vendita ipotecaria e con il beneficio per l'alienante della (1-2) Non esistono precedenti giurisprudenziali, e la dottrina risulta notevolmente divisa, sia in merito alla natura dell'azione di purgazione coattiva, che in rapporto all'identificazione di essa con la surrogatoria. Hanno sostenuto la tesi della personalit dell'azione ex art. 2867 e.e., pi di recente il RUBINO (L'ipoteca, in Comm. Cicu, Milano 1956, pag. 468) ed il GoRLA (del pegno e delle ipoteche, in Comm. Branca, Bologna 1962, pag. 387); per la realit di essa si erano invece schierati il FRANCESCHELLI (L'ipoteca come diritto reale, Riv. Dir. Comm. 1938, pag. 286) ed il MORTARA (Commentario del Codice e delle leggi di procedura civile, 1910, vol. V pag. 426-27). L'identificazione dell'azione di purgazione coattiva con quella prevista dall'art. 2900 e.e. stata autorevolmente affermata dal COVIELLO e dal MORTARA (rispettivamente in: Delle ipoteche, Napoli 1928, pag. 339 e Commentario, cit. pag. 426), mentre per l'autonomia dei due istituti orientata la pi recente dottrina. Cfr. oltre agli AA. sopra citati, NICOL R., Della conservazione della garanzia patrimoniale, Comm. Branca, Bologna 1953, pag. 53 e segg. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO liberazione dalla garanzia per evizione e dal suo debito ipotecario personale (all'alienante terzo acquirente o terzo datore dato il regresso ex artt. 2866 e 2871 cod. civ.) -il diritto esercitato non il credito ipotecario (che non si rivolge contro il terzo) n la pura e semplice ipoteca (non configurabile senza un credito), bens il credito personale dell'alienante (con le modalit e nei suoi limiti originari, e, quindi, ad esempio, con la opponibilit delle eccezioni proponibili contro l'alienante, e la limitazione della pretesa al pagamento fino all'ammontare del credito di quest'ultimo). La fattispecie giuridica considerata nell'art. 2867, pur .presentando qualche elemento di affinit con la comune azione surrogatoria, prevista dall'art. 2900, non pu, peraltro, inquadrarsi (per lo scopo cui essa appare ispirata, per i presupposti che la legittimano, per le connotazioni, formali e sostanziali, qualificanti di essa e per gli effetti che ne conseguono -ad esempio: indisponibilit del diritto da parte del debitore; immediata realizzazione del credito) nello schema legale paradigmatico della surrogatoria (alla quale non pu assimilarsi e al cui regime giuridico non pu rifarsi). Invero, caratterizzata -secondo l'opinione di autorevole dottrina da una legittimazione primaria all'esercizio del diritto altrui, la quale trova, peraltro, il suo presupposto nel credito ipotecario del legittimato, ed preordinata all'immediato soddisfacimento di questo; quindi, il pagamento va eseguito direttamente, allo stesso legittimato, ed attraverso una complessa vicenda determina (fino al concorrente ammontare) sia l'estinzione, a titolo di adempimento, del credito ipotecario, sia l'estinzione, in via indiretta ed in modo satisfattivo, del credito dell'alienante (debitore ipotecario). Per modo che -essendo l'azione ex art. 2867 priva (come si visto) di ogni carattere di realit -non pu ritenersi che debba necessariamente sussistere il collegamento strumentale (preteso e denunciato dalla ricor rente) fra la perdurante esistenza ed operativit dell'ipoteca, quale di ritto reale, e la detta azione (dal quale supposto collegamento vorrebbe trarsi, senza alcun fondamento, la conseguenza delli'mproponibilit del l'azione, a seguito del venir meno della ipoteca). In realt, con precipuo riferimento alla peculiarit del caso di specie, decisivo osservare che la sopravvenuta inefficacia dell'ipoteca, deter minata dal fatto che l'immobile, dopo l'acquisto da parte dell'Azienda, divenuto bene patrimoniale indisponibile, implica senza dubbio che l'ipoteca non possa esser fatta valere con effetti reali nei confronti del terzo acquirente; ma ci non significa che il patto di costituzione del l'ipoteca debba addirittura considerarsi tamquam non esset pur nel rapporto interno tra i soggetti attivo e passivo del credito ipotecario (Cassa e Giarrizzo). Per contro, le situazioni giuridiche inerenti alla PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 1005 pattuizione ed alla iscrizione della garanzia ipotecaria, proprio perch conservano una rilevanza giuridica, sia pur limitata, nell'ambito del menzionato rapporto, ben possono considerarsi pur sempre operanti, anche nei confronti dell'Azienda (terzo acquirente dell'immobile), quale mero presupposto per l'esercizio dell'azione, di natura personale, prevista dal cit. art. 2867 cod. civile. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE -Sez. P civile -6 ottobre 1976, n. 3293 -Pres. Movelli -Est. D'Orsi -P. M. Tratta (conf.) -Ministro dei Lavori Pubblici (Avvocato dello Stato Siconolfi) c. Lagan Maria e Laface Carmela (avv. Celi). Espropriazione per pubblica utilit -Determinazione dell'indennit -Va lore del bene espropriato -Momento della determinazione del valore nell'ipotesi di una serie di espropriazioni non contestuali. (art. 39, I. 25 giugno 1865, n. 2359). A mente dell'art. 39 della l. 25 giugno 1865, n. 2359, l'indennit di espropriazione deve essere determinata con riferimento allo stato di fatto e di diritto del bene nel momento antecedente alla sua occupazione (1). Qualora l'opera pubblica venga effettuata per fasi successive si che le varie espropriazioni non risultino contestuali, non possibile tener conto, nella valutazione dei fondi ancora da espropriare, dalla diminuzione di valore subita dai medesimi, a causa dell'inizio dell'esecuzione dell'opera (2). (Omissis). -Con il secondo mezzo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 39, 42 e 46 della legg~ 25 giugno 1865, n. 2359 e 55 cod. nav. e, partendo dalla premessa che esso, prima del l'espropriazione dei fondi Lagan, Laface e Milea aveva acquistato la propriet dei beni contigui e aveva eseguito su di essi opere portuali, afferma che nel determinare l'indennit del fondo Lagan, Laface e Milea, doveva tenersj conto della totale interclusione del fondo e del vincolo di inedificabilit sussistente a norma dell'art. 55 cod. nav. e insiste sul rilievo che mentre l'art. 42 della legge generale sulle espropriazioni ha previsto la non computabilit degli incrementi di valore conseguiti dal fondo a causa dell'evento pubblico, manca una norma, la quale imponga di tener conto dei decrementi derivanti dall'intrapresa esecuzione dell'opera sui fondi contigui. Allorch non vi sia una esplicita (1-2) Giurisprudenza costante cfr. Cass. 26 aprile 1974, n. 1195, in questa Rassegna, 1974, pag. 1167 e Cass. 14 novembre 1973, ibidem, pag. 412. RASSEGNA DELL'AVVOCATlJRA DELW STATO norma che .ricoaosca l'effetto depressivo del valore conseguente ai vincoli nascenti dall'iniziativa pubblica, nulla il privato potrebbe pretendere. . E nella specie, continua il ricorrente, al momento della pronuncia del decreto .di esproprio, essendo state le aree circostanti gi acquistate dallo Stato e dessendo stato gi costruito il molo sottoflutto, il fondo espropriato era totalmente intercluso (per tre lati dal demanio marittimo e per quarto della massicciata ferroviaria) e soggetto alla diminuzione di edificabilit per una profondit di trenta metri, a norma dell'art. 55 cod. navig. Il mezzo infondato. La Corte d'appello con valutazione di fatto, ha negato che i fondi fossero interclusi o che precedentemente all'esecuzione dell'opera confinanti col demanio marittimo. Ha solo riconosciuto che la via di accesso non era agevole e di ci ha tenuto conto nella misura dell'indennit. Ma -ed questa la parte censurata -ha affermato che, dovendo l'indennit essere liquidata con riferimento allo stato di fatto e di diritto dei beni al momento dell'espropriazione, non poteva tenersi conto delle modificazioni intervenute successivamente e neppure di quelle derivanti dall'esecuzione dell'opera pubblica cui l'espropriazione era preordinata. Ma poi osservato che la peculiarit della fattispecie, che la differenziava dall'ipotesi dell'art. 46 della legge n. 2359 del 1865, escludendo la incidenza nella stima dell'immobile della diminuzione di valore dipendente dall'esecuzione dell'opera, consisteva nel fatto che la costruzione del moletto di sottoflutto, per la quale le espropriazioni nella zona erano state realizzate, era un'opera unica ed organica nella sua struttura insistente sui terreni in questione, mentre la norma dell'art. 46 trovava applicazione nel caso di opera eseguita esclusivamente sui fondi-finitimi e comportante la perdita o la diminuzione di un diritto, in danno dei proprietari vicini non direttamente interessati dalla espropriazione. Ora questo ragionamento non pu essere censurato per le valuta zioni di fatto, n per le argomentazioni di diritto; La regola generale desumibile dall'art. 39 che il valore del bene da accertare, ai fini della determinazione dell'indennit quello precedente all'occupazione. Ma l'opera pubblica deve essere considerato nel suo complesso e se essa viene effettuata a fasi successive e le varie espropriazioni non sono contestuali, non si pu pretendere di tener conto nella valutazione dei fondi ancora da espropriare della diminuzione di valore subita dai fondi medesimi a causa dell'inizio dell'esecuzione dell'opera. In tal modo nella prima espropriazione si terrebbe conto del valore del fondo, indipendentemente dall'opera: questa con ripercussione a catena, inciderebbe sul valore di tutte le zone ancora da espropriare. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 1007 N pu ricavarsi argomento a favore delle tesi del ricorrente dagli artt. 42 e 46 della legge del 1865, potendosi dal primo (il quale prescrive che non si pu tener conto dell'aumento di valore che sarebbe derivato al fondo dall'opera pubblica) ricavare solo una conferma della regola che l'indennit deve essere calcolata prescindendo dall'opera pubblica e dovendosi, quanto al secondo, riconoscer.e che esso riguarda i proprietari non espropriati che vengono gravati da servit o subiscono un danno permanente dalla perdita o dalla diminuzione di un diritto, i proprietari, cio, che subiscono una riduzione qualitativa e non quantitativa del loro bene e che, comunque, esso armonizza con la regola generale prevista dall'art. 39. Del resto la giurisprudenza di questa Corte costante nell'affermare che la diminuzione (o l'aumento) di valore derivante dal piano dell'opera non pu essere calcolata ai fini della determinazione dell'indennit di espropriazione (sent. 26 novembre 1974, n. 3866; 26 aprile 1974, n. 1195; 14 novembre 1973, n. 3017). E le stesse considerazioni valgono naturalmente anche pel vincolo di inedificabilit derivante dall'art. 55 cod. nav., perch tale vincolo proprio una conseguenza dell'opera iniziata non contestualmente su tutti i terreni previsti. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE -Sez. I civile, 12 ottobre 1976, n. 3375 -Pres. Mirabelli -Rel. Granata -P. M. Martinelli (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Azzariti) c. Buccelli Delio (avv. Benzi). Giuoco d'azzardo -Lotto e lotterie Bollette e relative matrici Custodia e smarrimento delle stesse Pagamento della vincita Controlli prescritti dalla legge 19-10-1938, n. 1933 Impossibilit del riscontro Irresponsabilit del giocatore. La consegna al Ricevitore della bolletta relativa alla giocata al lotto, costituisce per il giocatore adempimento di tutti gli oneri posti a suo carico dalla legge, al fine di assicurare all'Amministrazione delle Finanze la possibilit di espletare i prescritti controlli, senza che possa addebbitarsi a carico del medesimo l'impossibilit dell'amministrazione -unica a decidere sulla scelta della modalit di custodia e nei mezzi di trasmissione dei documenti -a procedere all'adempimento delle formalit prescritte dalla legge, a causa dello smarrimento o sottrazione delle relative matrici (1). (1) Non risultano precedenti giurisprudenziali degni di nota; sembra comunque appagante l'interpretazione fornita dal S. C. dell'art. 28 della I. 19 ottobre 1938, n. 1933. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 1008 (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso l'Amministrazione delle Finanze dello Stato, denunziando violazione dell'art. 28 del d.l. 19. ottobre 1938, n. 1933, sostiene che illegittimamente la Corte del merito ha affermato il diritto del Buccelli a conseguire il pagamento delle vincite nonostante la riconosciuta impossibilit del riscontro, prescritto dalla succitata disposizione di legge, della perfetta corrispondenza delle bollette con le matrici, sia in riguardo ai numeri vincenti sia in riguardo alla entit delle poste giocate. E deduce, in particolare, che, mentre dovevasi affermare che l'accertamento della corrispondenza costituisce presupposto imprescindibile per il pagamento delle vincite, si doveva escludere che nella specie l'evento di forza maggiore, costituito dal furto delle bollette, si fosse verificato dopo che queste erano entrate nella sfera interna dell'Amministrazione, non potendosi considerare soddisfatto, con la sola consegna delle bollette stesse al Ricevitore l'obbligo di presentazione all'Intendenza previsto dalla legge. La censura infondata. Si deve bens riconoscere che nel complesso delle garanzie stabilite a tutela della regolarit del gioco, va attribuita particolare rilevanza, oltrech alla disposizione dell'art. 21 del d.l. 19 ottobre 1938, n. 1933 (che condiziona la validit delle giocate all'avvenuto deposito delle matrici nell'archivio prima dell'estrazione) anche a quella del successivo art. 28, secondo cui le vincite sono pagate all'esibitore della bolletta, semprech questa sia integra non presenti alcuna alterazione e correzione dei numeri vincenti, nelle poste giocate e nella designazione della ruota sulla quale fatta la giocata e corrisponda perfettamente con la matrice, sia nei numeri vincenti sia nei segni che valgono a stabilirne la identit. Ma non pu essere condiviso l'assunto, posto dall'Amministrazione a sostegno della censura, secondo cui la suindicata disposizione dell'art. 28 dovrebbe essere interpretata nel senso che l'adempimento amministrativo del raffronto tra la bolletta e la matrice costituisca imprescindibile presupposto del diritto alla riscossione della vincita, sicch la semplice constatazione dell'impossibilit dell'adempimento stesso renderebbe legittimo il rifiuto di pagamento. Difatti, gli elementi di interpretazione letterale e logica del testo legislativo inducono ad attribuire alla disposizione in esame un diverso contenuto normativo, nel senso che il presupposto necessario per il pa gamento della vincita costituito non gi dall'esecuzione dell'adempimento amministrativo, in s considerato, bens dell'esistenza di determinati elementi obiettivi concernenti la regolarit della bolletta. Sul piano letterale, invero, l'espressione: le vincite sono pagate all'esibitore della bolletta, semprech questa sia integra, non presenti . . . fil . PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 1009 alcuna alterazione o correzione dei numeri vincenti, nelle poste giocate e nella designazione della ruota e corrisponda perfettamente con la matrice denunzia l'intento di condizionare il pagamento alla sussistenza dei dati obiettivi presi in considerazione, concernenti l'integrit della bolletta stessa, la mancanza di correzioni o alterazioni e la corrispondenza con la matrice. Alla stessa conclusione inducono gli elementi di interpretazione logica, giacch, mentre pu ben ravvisarsi una responsabilit del giocatore per il difetto di integrit della bolletta, per la presenza di correzioni o alterazioni ed anche per l'obiettiva difformit della bolletta rispetto alla matrice (avendo il giocatore, ai sensi dell'art. 13 del succitato decreto, l'obbligo di assicurarsi che la giocata venga esattamente scritta tanto sulla bolletta che sulla matrice), non dato ravvisare alcuna ratio idonea a legittimare la perdita del diritto alla vincita in base alla mera constatazione dell'impossibilit, da parte dell'Amministrazione di procedere a uno degli adempimenti previsti dalla legge. Tale interpretazione del contenuto normativo del succitato art. 28 non esclude certamente che l'esistenza dei suennunciati elementi obiettivi debba essere accertata e che l'accertamento debba essere effettuato mediante l'espletamento delle formalit stabilite dalla legge a tutela della regolarit del gioco; ma la rilevanza delle singole finalit e le conseguenze che possono derivare dall'impossibilit di espletarle vanno determinate in base all'esame complessivo del sistema di controllo stabilito dalla legge ed in aderenza ai principi generali che regolano l'azione amministrativa. Orbene, il sistema di accertamento stabilito dal d.l. 19 ottobre 1938, n. 1933, nonch dal regolamento approvato con r.d. 25 luglio 1940, n. 1077, prevede che il Ricevitore, in seguito all'esibizione della bolletta, deve controllare la regolarit della stessa per quanto concerne l'esistenza di tutti i requisiti cui subordinato il pagamento, deve inoltre procedere all'accertamento dell'esistenza della vincita mediante gli opportuni riscontri con il copia-giochi (cio con il registro nel quale sono riportati i giochi contenuti in ciascun bollettario) e deve infine rilasciare al giocatore una ricevuta, contenente tutti i dati risultanti nella bolletta esibitagli, nel caso che la vincita sia superiore a lire 100.000 mentre, nel caso di importo inferiore, deve procedere al diretto pagamento. Ci comporta che al successivo controllo demandato alla Commissione d'archivio presso l'Intendenza di Finanza non pu attribuirsi il carattere di essenzialit sostenuto dalla ricorrente, dovendosi riconoscere che con l'esibizione della bolletta al Ricevitore viene gi espletato un accertamento amministrativo in ordine all'integrit della bolletta stessa e alla mancanza di alterazioni o correzioni nei numeri, nelle poste giocate e nella designazione delle ruote, nel caso di sopravvenuta indi 1010 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sponibilit della bolletta, all'accertamento della corrispondenza della matrice con i dati risultanti dalla ricevuta rilasciata al giocatore. manifesto, dunque, che l'evento di forza maggiore costituito dal furto delle bollette non ha determinato nella specie n l'impossibilit di eseguire la prestazione (come la Corte del merito ha esattamente rilevato) n l'impossibilit di accertare adeguatamente la regolarit della vincita. Si soltanto determinata l'impossibilit di procedere ad una particolare formalit di controllo, ma indubbio che le conseguenze dell'evento di forza maggiore, verificatosi nella sfera interna dell'Amministrazione, non possono ricadere sul Buccelli. Quest'ultimo, infatti, con la consegna della bolletta al Ricevitore (espressamente consentita dall'art. 34 del Decreto 19 ottobre 1938) aveva adempiuto a tutti gli oneri posti a suo carico dalla legge ed in particolare aveva espletate, per quanto gli competeva, le formalit necessarie ad assicurare la possibilit dei prescritti controlli, con conseguente esonero da ogni rischio relativo ad eventi che si sono verificati in una fase. successiva, nella quale, essendo entrate le bollette nella esclusiva disponibilit dell'Amministrazione, egli non poteva in alcun modo influire sulle decisioni relative alla scelta delle modalit di custodia e dei mezzi di trasmissione dei documenti. ( Omissis). SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA(*) CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 6 maggio 1976, n. 3 -Pres. Vetrano Es~. Benvenuto -Mazzullo (avv.ti Virga, Papale e Sorrentino) c. Comune di Taormina (avv. Aula) e Castrogiovanni (avv.ti Restivo e Guarino). Giustizia amministrativa Ricorso giurisdizionale -Interesse -Licenza edilizia Impugnazione Limiti. Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Pronuncia di annullamento Nuovo provvedimento Interesse al ricorso -Limiti. Demanio e patrimonio Bellezze naturali Vincolo di bellezza d'assieme . Obblighi collegati al vincolo Decorrenza. Edilizia Urbanistica Immobile sottoposto a vincolo di bellezze naturali Licenza edilizia Licenza in sanatoria -Rapporto con il provvedimento di vincolo -Effetti. In una localit sottoposta ai vincoli di cui all'art. 2 l. 29 giugno 1939, n. 1497 il godimento del panorama oggetto di tutela suscettibile di turbamento anche solo per la impressione sfavorevole che pu derivare dalla presenza di nuove opere a distanza non eccessiva dalla propriet (1,el terza al quale, conseguentemente, va riconosciuta la titolarit dell'interesse che legittima alla impugnazione della licenza edilizia relativa a siffatte nuove opere (1). Sussiste interesse a ricorrere anche qualora, in sede di rinnovazione di un procedimento amministrativo a seguito di decisione giurisdizionale di annullamento, l'Amministrazione emani un provvedimento che confermi il contenuto del precedente atto impugnato, dal quale siano stati eliminati i censurati vizi di forma o procedura (2). Poich con la pubblicazione dell'elenco delle localit nell'albo dei Comuni interessati sorge il momento in cui si perfeziona l'imposizione del vincolo su una bellezza d'assieme ex art. 2 l. 29 giugno 1939, n. 1497, dalla data di pubblicazione decorre l'obbligo ex art. 7 di detta legge, per proprietari, possessori e detentori a qualsiasi titolo, di non distruggere o modificare gli immobili tutelati (3). Qualora l'autorit comunale abbia recepito la determinazione del Soprintendente ai monumenti quale presupposto del provvedimento di rilascio della licenza edilizia per un immobile vincolato come bellezza natu (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa sezione ha collaborato l'avv. R. TAMIOZZO. 1012 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO rale, l'emanazione della licenza in sanatoria per i lavori eseguiti in modo diverso da quello assentito resta subordinata ad una nuova pronuncia autorizzativa (nulla osta) dello stesso Soprintendente ex art. 7 l. 29 giugno 1939, n. 1497, con la conseguente illegittimit della licenza in sanatoria emanata in difetto di detto nulla osta (4). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 7 maggio 1976, n. 303 -Pres. De Capua Est. Vaiano -Stampanone (avv. Catalano) c. Ministero Finanze. Impiego pubblico -Inquadramento Rilevanza del titolo di studio rispetto alle mansioni Sussiste. Impiego pubblico . Inquadramento in qualifica superiore -Rilevanza del titolo di studio Questione di costituzionalit dell'art. 2 1. 4 febbraio 1966, n. 32 in relazione all'art. 3 Cost. Manifesta infondatezza. Impiego pubblico -Inquadramento in qualifica superiore Rilevanza del titolo di studio rispetto alle mansioni Questione di costituzionalit dell'art. 2 1. n. 32 del 1966 in relazione all'art. 36 Cost. Manifesta infondatezza. In relazione al principio di legalit degli atti dell'Amministrazione, non sussiste la possibilit di sostituzione con altri criteri discrezionali del requisito, in ipotesi mancante, del possesso del titolo di studio richiesto per legge; pertanto legittimamente l'Amministrazione inquadra l'impiegato privo di detto titolo di studio nella categoria inferiore anche se le mansoni svolte dal dipendente sono di carriera superiore (1). manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale, in relazione all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 2 l. 4 febbraio 1966, n. 32, non sussistendo alcuna violazione del principio di eguaglianza nell'inquadramento in una data qualifica superiore degli impiegati in possesso del titolo di studio richiesto dalla legge, posto che tale categoria di impiega. ti si differenzia da quella dei dipendenti che ne sono privi (2). Considerato che non pu sollevarsi questione di legittimit costituzionale in relazione ad un mero comportamento della p.a., va dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale, in relazione all'art. 36 della Costituzione, dell'art. 2 l. 4 febbraio 1966, n. 32 (1-3) Decisione pienamente da condividere in quanto costituisce puntuale applicazione del principio di legalit degli atti dell'Amministrazione (principale garanzia della sua imparzialit), laddove esclude l'inquadramento nella qualifica superiore di impiegati privi del titolo di studio espressamente contemplato dalla legge (cfr. anche Sez. VI, 23 gennaio 1976, n. 5, in Il Consiglio di Stato 1976, I, 76). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1013 e delle altre norme che richiedono per l'inquadramento degli impiegati pubblici il possesso del titolo di studio, indipendentemente da ogni indagine circa il comportamento dell'Amministrazione che abbia di fatto adibito i propri dipendenti a compiti diversi da quelli cui i medesimi erano tenuti (3). Per riferimenti sul conferimento delle funzioni di qualifica superiore nell'impiego pubblico e sul relativo trattamento economico cfr. Sez. VI 5 giugno 1973, n. 253, in Il Consiglio di Stato 1973, I, 1112; Sez. IV 11 giugno 1974, n. 431, in questa Rassegna 1974, I, 170; Sez. VI, 18 ottobre 1974, n. 204, in Foro Amm.vo 1974, I, 2, 1130; Sez. VI 19 aprile 1974, n. 138, in Il Consiglio di Stato 1974, I, 614. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 18 maggio 1976, n. 340 -Pres. De Capua -Est. Caianiello -Dodero (avv. Milesi) c. Ministero Poste e telecomunicazioni (~vv. Stato Cosentino). Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Impiego pubblico Pretese patrimoniali -Diritti soggettivi perfetti -Termine di prescrizione -Sussiste. Impiego pubblico -Stipendi e assegni -Familiare ricoverato in luogo di cura -Onere a carico di Ente pubblico -Corresponsione dell'aggiunta di famiglia -Legittimit. Qualora la pretesa svolta nel ricorso giurisdizionale amministrativo si riferisca a questioni relative a diritti soggettivi perfetti (quali ad es. le quote di aggiunte di famiglia), il termine per ricorrere non di decadenza (sessanta giorni), ma di prescrizione (1). Anche per il periodo in cui il familiare del pubblico dipendente si trova ricoverato in una casa di cura a spese dell'Amministrazione vanno corrisposte le quote di aggiunta di famiglia (2). (1-2) Decisione esatta, che conferma i princpi consolidati sul termine di prescrizione applicabile ai diritti soggettivi perfetti nell'ambito della giurisdizione esclusiva sul pubblico impiego (cfr. ad es. Sez. IV, 20 febbraio 1973 n. 129, in questa Rassegna, 1973, I, 545, con nota di commento; Sez. VI, 17 ottobre 1975, n. 468, in Il Consiglio di Stato 1975, I, 1133). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 11 maggio 1976, n. 219 -Pres. Cesareo Est. Zanda -Bernardini (avv. Lessona) c. Servizio contributi agricoli unificati (avv. Barillaro), Botticelli (avv. Cochetti) e Catone (n.c.). Giustizia amministrativa -Impiego pubblico -Promozioni -Merito comparativ9 -Controinteressati -Individuazione -Criteri. 1014 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Atto amministrativo . Atto collegiale Pubblicit delle sedute solo se espressamente prevista. Impiego pubblico Promozioni Commissioni di scrutinio Momentanea presenza di funzionari estranei i: consentita. Impiego pubblico Promozioni Merito comparativo Carriera con accesso per laureati e dipendenti sforniti di laurea Punteggio Criteri. Impiego pubblico Promozioni Merito comparativo Parit di punteggi Attitudine a funzioni superiori Motivazione Necessit Sussiste. Atto amministrativo . Motivazione Sostituzione con quella svolta dalla difesa dell'Amministrazione Preclusion~. Solo i dipendenti promossi (non quelli non promossi) sono considerati controinteressati al ricorso giurisdizionale proposto contro lo scrutinio di promozione per merito comparativo (nel quale compresa la fase preliminare finalizzata alla predeterminazione dei criteri di massima per la valutazione), ove si consideri che i non promossi non riceverebbero nessun danno dalla eliminazione della graduatoria che ha lasciato inalterata la loro posizione giuridica (1). La pubblicit delle sedute di un organo collegiale amministrativo sempre subordinata ad una esplicita previsione normativa al riguardo, diversamente, le sedute non sono mai pubbliche (2). Il principio della esclusione della pubblicit delle sedute degli organi collegiali che procedono a scrutini di promozione non preclude la possibilit di accedere al luogo in cui si tiene la seduta da parte di funzionari del servizio del personale, peraltro al solo, limitato scopo di fornire notizie e chiarimenti e per il tempo strettamente necessario a tale fine (3). Qualora della carriera direttiva facciano parte anche dipendenti sforniti della laurea specifica, legittima, in sede di predeterminazione dei criteri di massima per la promozione per merito comparativo, la mancata previsione per detto titolo di studio di un punteggio specifico, costituendo la laurea uno soltanto degli elementi dai quali desumere il livello di cultura degli impiegati, per la valutazione del quale vanno invece considerate anche le possibilit di sviluppo della preparazione individuale dei dipendenti, possibilit non necessariamente legate al possesso di un diploma (4). In sede di attribuzione di punteggi relativi alle categorie di titoli, per il cui giudizio nelle promozioni per merito comparativo attribuito (1-6) La decisione conferma l'orientamento del Consiglio di Stato, in particolare circa la pubblicit delle sedute degli organi collegiali amministrativi, che di regola deve essere esclusa, salvo espressa previsione normativa. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1015 all'Amministrazione un elevato margine di discrezionalit, necessario che la p.a. dia costantemente conto del corretto uso di detto potere discrezionale; ne consegue la illegittimit del comportamento della p.a. che, in presenza di un identico punteggio per le aUre categorie di titoli, attribuisca un punteggio differenziato per la voce attitudinale senza fornire alcuna motivazione al riguardo (5). Non valgono a supplire all'omessa motivazione di un atto amministrativo le difese svolte dall'Amministrazione in giudizio, posto che la motivazione sempre e solo quella che risulta dall'atto stesso (6). In linea con tale principio si pone anche il parere 10 gennaio 1975, n. 3332/74 (in Il Consiglio di Stato 1976, I, 660), reso dalla Sezione I al Ministero della Pubblica Istruzione anche in relazione all'art. 27 del d.P.R. 31 maggio 1974, n. 416, che costituisce un importante, indubbio contributo alla soluzione, nel senso della esclusione, della pubblicit delle sedute degli organi collegiali della scuola. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 11 maggio 1976, n. 220 -Pres. Cesareo Est. Zanda -Vivarelli Colonna (avv. Lessona) c. Ministero pubblica istruzione (avv. Stato Mataloni) e Sopraintendenza ai monumenti di Pisa (n.c.). Demanio e patrimonio -Bellezze naturali -Costruzioni -Soprintendente ai monumenti -Diniego di nulla osta ex art. 25 r.d. 3 giugno 1940,'n. 1357 Obbligo di motivazione -Sussiste. Demanio e patrimonio -Bellezze naturali -Costruzioni -Soprintendente ai monumenti -Diniego di nulla osta ex art. 25 r.d. 3 giugno 1940, n. 1357 Richiamo alla normativa del piano regolatore -Legittimit -Sussiste. Va congruamente motivato il diniego di nulla osta alla. costruzione di 'un edificio in zona tutelata con vincolo paesistico, emanato dal Soprintendente ai monumenti ai sensi dell'art. 25 r.d. 3 giugno 1940, n. 1357 (5). (1-6) Approvazioni, prescrizioni e nulla osta del Soprintendente ai monumenti in localit di interess~ paesaggistico, con specifico riferimento alla progettazione e realizzazione di opere pubbliche. La Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato era stata investita, ex art. 5, 4 comma, del d. legisl. pres. n. 654/1948, dal Consiglio di Giustizia della Regione Siciliana in relazione al contrasto giurisprudenziale esistente fra lo stesso Consiglio di Giustizia (cfr. ad es. dee. 25 maggio 1968, n. 251, in Il Consiglio di Stato 1968, I, 1102; 21 febbraio 1968, n. 41. ivi, 1968, I, 315; 6 luglio 1963, n. 175, ivi, 1963, I. 1136) e le Sez. IV e VI giurisdizionali e I consultiva del Consiglio di Stato (cfr. VI Sez. 4 dicembre 1970, n. 803, ivi, 1970, I. 2320; 4 maggio 1971, n. 381, ivi, 1971, I, 1150; 2 luglio 1971, n. 512, ivi, 1971, I, 1504; 7 dicembre 1971, n. 1076, ivi, 1971, I, 2517; Sez. IV 14 febbraio 1968, n. 86, ivi, 1968, I, 193; 30 ottobre 1968, n. 698, ivi, 1968, I, 1523; Sez. VI, 21 ottobre 1969, n. 484, ivi, 1969, I, 1790; Parere Sez. I, 9 settembre 1964, n. 1670, ivi, 1966, I, 669) sulla decorrenza del vincolo su 13 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1016 Ai sensi dell'art. 3 l. 6 agosto 1967, n. 765 (che ha modificato l'art. 10 l. 17 agosto 1942, n. 1150), con il decreto che approva il piano regolatore generale di un Comune possono introdursi anche modifiche riconosciute indispensabili ai fini della tutela del paesaggio; in forza di tale disposizione, fermi i poteri e l'autonomia delle decisioni del Sindaco e del Soprintendente ai monumenti, legittimo e non incorre pertanto nel vizio di incompetenza il provvedimento del Soprintendente ai monumenti con il qitale si neghi il nulla osta ex art. 25 r.d. 3 giugno 1940, n. 1357,. con richiamo espresso, in motivazione, alla normativa contenuta nel piano regolatore comunale ex art. 3 citata l. 765/1967 (6). una bellezza di assieme, che il primo ricollegava alla pubblicazione del decreto. ministeriale ex art. 2 I. 29 giugno 1939, n. 1497 nella Gazzetta Ufficiale,' laddove il Consiglio di Stato lo ricollegava alla pubblicazione nell'albo comunale dell'elenco delle bellezze d'insieme deliberato dalla Commissione provinciale. L'Ad. PI., confermando l'orientamento del Consiglio di Stato, fa risalire alla data della pubblicazione dell'elenc nell'albo dei Comuni interessati l'obbligo, ex art. 7 citata l. 1497/1939, di non distruggere o modificare gli immobili costituenti bellezze naturali. II ragionamento seguito dalla Ad. PI. parte dalla distinzione fra bellezze individue e bellezze d'insieme, per le quali la Commissione provinciale predispone distinti elenchi. L'elenco delle bellezze individue, dopo essere stato compilato, viene trasmesso dal Soprintendente al Ministero il quale ordina la notificazione in via amministrativa (cfr. art. 6 I. 1497/39) della dichiarazione di notevole interesse pubblico, dichiarazione che andr quindi trascritta nei registri della Conservatoria delle ipoteche e manterr efficacia nei confronti di ogni successivo proprietario, possessore o detentore. In buona sost e tradizionale) che quelli indicati al n. 4 (bellezze panoramiche considerate come quadri naturali e cos pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si gode lo spettacolo di quelle bellezze) della I. 1497/1939 e ogni variante di mano in mano che vi si introduce, siano pubblicati per un periodo di tre mesi all'albo di tutti i comuni interessati della provincia e depositati nelle segrete'ie dei comuni stessi; in detto periodo possono essere presentate opposizioni, reclami e proposte all'elenco; entro il trimestre successivet a tale periodo le opposizioni e gli altri reclami e proposte vengono trasmessi al Ministero che Ii esamina e approva l'elenco, con le eventuali modifiche ritenute opportune. Infine l'elenco delle localit approvato dal Ministero pub- blicato nella G. U. (art. 4 I. 1497/1939). La funzione del Ministro quindi sostanzialmente quella -di una conferma, di un consolidamento definitivo di un vincolo gi operante sia pure a titolo provvisorio . PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA Come aveva notato anche la gi citata dee. Sez. VI n. 512/1971, proprio il successivo art. 7 della legge a confermare il collegamento fra l'insorgenza del vincolo e il momento della pubblicazione dell'elenco delle localit nell'albo dei Comuni interessati. Recita, infatti, l'art. 7 testualmente: I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo, dell'immobile il quale sia stato oggetto di notificata dichiarazione (bellezza individua) o sia stato compreso nei pubblicati elenchi delle localit (bellezza >, secondo la terminologia del Capaccioli, non eccezionale . Cosicch l'atto del Soprintendente non si presenter tanto come una licenza, provvedimento autorizzatorio vero e proprio (di rimozione di un ostacolo preesistente, secondo la comune accezione), quanto piuttosto come un provvedimento preparatorio (atto presupposto del provvedimento finale che autorizzer l'esecuzione dell'opera pubblica), e cio pi propriamente un nulla osta nel senso etimologico di atto accertativo della compatibilit (pur con le eventuali prescrizioni particolari che la fattispecie concreta di volta in volta consiglier di imporre) dell'opera pubblica da realizzare con le esigenze di tutela ambientale alla cui salvaguardia il medesimo Soprintenden!er istituzionalmente, e in via esclusiva, preposto (cfr. in dottrina SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli 1971, 99 e segg.). Un caso di specie, destinato a ricorrere con una certa frequenza, quello previsto dall'art. 120 del r~d. 11 dicembre 1933, n. 1775 sulle acque e sugli impianti elettrici, secondo il quale gli elettrodotti che debbono passare su immobili di interesse paesaggistico o monumentale (monumenti pubblici) non possono essere autorizzati in nessun caso se non si sia pronunciato in merito il Soprintendente ai monumenti: anche in tale articolo I' autorizzazione riferita al solo provvedimento finale dell'autorit competente (Ministro dei lavori Pubblici), laddove il Soprintendente ai monumenti, cos come tutte le altre autorit interessate nei rispettivi settori (militare, ferroviario, postale,' telefonico, stradale, ecc.), deve soltanto manifestare il proprio avviso (nulla osta) a carattere accertativ-dichiarativo della inesistenza di ostacoli -sotto il profilo del particolare settore di tutela al medesimo affidato -all'attraversamento del l'elettrodotto. E sembra, invero, sufficiente la individuata, particolare natura dell'atto presupposto di partecipazione del Soprintendente all'iter procedimentale, preparatorio della autorizzazione finale in materia di elettrodotti, ad eliminare ogni dubbio circa la preclusione alla applicabilit, a siffatto nulla osta del Soprintendente ai monumenti, del termine di decadenza di cinque anni ex art. 16, 4 comma, r.d. 1357/1940, preclusione motivata e ricavabile -riteniamo, con palmare evidenza -dalla chiara lettera della legge e dalla sua semplice interpretazione, prima letterale c;he logica, senza bisogno di ulteriori, indirette conferme, che peraltro pur sempre ben potrebbero scaturire da altre considerazioni, non ultima quella secondo la quale, a differenza di quanto avviene per opere la cui esecuzione rimessa alla semplice iniziativa del privato, la complessit delle procedure per l'esecuzione di un'gpera pubblica e la ricorrente variet e molteplicit delle autorit alla medesima interessate (e quindi chiamate a pronunciarsi necessariamente e preventivamente) renderebbero con ogni probabilit pressoch ricorrente la scadenza del termine medesimo, con conseguente, gravosa necessit di riprendere ex novo la procedura per la progettazione e l'autorizzazione dei lavori. R.T. 1020 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 25 maggio 1976, n. 237 -Pres. Daniele Est. Roselli -Soc. Degremont Italia (avv. Pototschnig e Lorenzoni) c. Soc. HOLST Italia (avv.ti Paparella e Guarino), Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Mataloni) ed Ente autonomo acquedotto pugliese (n.c.). Contabilit generale dello Stato -Contratti pubblici Forma Rapporto fra appalto per progetto-offerta e appalto-concorso -Criteri di scelta Accertamento dei requisiti -Discrezionalit -Limiti. Anche nella procedura di appalto per progetti-offerta (analoga a quel la per appalto-concorso), a differenza delle gare per pubblici incanti o per licitazione privata, non sussiste alcun obbligo di aggiudicare il contratto al migliore offerente, mantenendo l'Amministrazione un ampio margine di discrezionalit in ordine alla valutazione sotto il duplice profilo tecnico ed economico nella valutazione comparativa delle singole offerte; in sede di accertamento dei requisiti e degli adempimenti formali del progetto-offerta sussiste peraltro un limite a siffatto potere discrezionale: in particolare, a differenza della inosservanza di prescrizioni contenute in norme legislative o regolamentari (che peraltro non comportano l'esclusione dalla gara), la inosservanza che si riferisca a prescrizioni contenute nell'invito o nel disciplinare allegato all'invito (prescrizioni espressamente previste a pena di esclusione dal procedimento concorsuale} comporta la nullit dell'ammissione alla gara (1). (1) Cfr. in termini Sez. IV, 5 novembre 1971, n. 945 (in Il Consiglio di Stato 1971, I, 2059); Sez. V, 26 iprile 1972, n. 341 (ivi, 1972, I, 676); Sez. V, 13 luglio 1973, n. 628 (ivi, 1973, I, 1092); Sez. V, 27 ottobre 1972, n. 733 (in questa Rassegna, 1973, I, 181, con nota di commento); Cass. Sez. I, 12 giugno 1975, n. 2333 (ivi, 1975; I, 754). SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 maggio 1976, n. 1665 -Pres. Mirabelli -Est. Carnevale -P. M. Cutrupia (conf.). Mediocredito del Friuli- Venezia Giulia c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Vitaliani). Imposte e tasse in genere -Credito a medio e lungo termine -Imposta in abbonamento sostitutiva delle tasse e imposte indirette. sugli affari Limite di applicabilit. (I. 27 luglio 1962, n. 1228, art. 1). Gli atti ai quali riferibile il regime sostitutivo di abbonamento per il credito a medio e lungo termine, in forza de~l'art. 1 della legge 27 luglio 1962, n. 1228, sono da individuare oltre che in base al criterio soggettivo della provenienza da uno degli istituti di credito, anche in base al criterio oggettivo della conformit alle disposizioni legislative concernenti tali istituti e ai relativi statuti e del diretto collegamento con una operazione di finanziamento in favore di una piccola o media industria. Sono pertanto soggetti al regime tributario normale gli atti destinati a soddisfare esigenze funzionali degli istituti (nella specie compravendita di immobile destinato all'ampliamento della sede) (1). (Omissis). -Con runico motivo -denunciando la violazione e la falsa applicazione dell'art. 1, quarto comma, della legge 27 luglio 1962, n. 1228, in relazione all'art. 360 n. 3, cod. proc. civ. -l'Istituto ricorrente sostiene che l'agevolazione tributaria prevista dal quarto comma dell'art. 1 della citata legge n. 1228 del 1962 si applica a tutti gli atti compiuti dagli istituti di credito cui la norma agevolativa si riferisce (tra i quali compreso esso ricorrente), qualunque ne sia il contenuto (e, quindi, anche se non si riferiscano ad operazioni creditizie) purch posti in essere -come era indubbiamente l'atto in relazione al quale (1) Riallacciandosi a precedenti pronunzie (24 febbraio 1975, n. 680, in questa Rassegna 1975, I, 716 con nota di M. SALTINI), la sentenza ora intervenuta precisa, con perspicua motivazione, che la esigenza del collegamento dell'atto con una operazione di finanziamento in favore di una piccola o media industria va soddisfatta anche per la categoria degli atti rion specificamente definiti di cui al terzo comma dell'art. 1 della legge 27 luglio 1962, n. 1228. 1022 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la Corte del merito ne ha escluso l'applicabilit nell'ambito e in conformit delle leggi erettive e degli statuti. Il motivo infondato. Il problema concernente i limiti di applicabilit del particolare re gime di alleggerimento fiscale previsto dal quarto comma dell'art. 1 della legge 27 luglio 1962, n. 1228, in favore degli istituti di credito indicati nella stessa norma non nuovo per questa Corte Suprema, la quale, con la sentenza 24 marzo 1971, n. 825, ha ritenuto -in partico lare -che tra gli altri atti menzionati nella norma citata non possa farsi rientrare un contratto di appalto concluso da uno dei predetti isti tuti di credito per il rifacimento di un edificio destinato ad accogliere la sua sede e -in termini pi generali -, con le sentenze 7 dicembre 1972, n. 3538; 24 febbraio 1975, n. 680, e 20 ottobre 1975, n. 3421, ha affermato che l'applicazione del regime tributario sostitutivo delle normali imposte incontra, anche nell'ipotesi disciplinata dalla norma pi volte richiamata, il duplice limite oggettivo che si tratti pur sempre di operazioni di credito e che queste siano compiute da alcuno degli istituti di credito espressamente indicati con l'osservanza delle norme legislative che li reggono e dei rispettivi statuti. L'indirizzo giurisprudenziale risultante dalle sentenze avanti richia mate e, principalmente, dalla meno recente di esse deve essere confer mato anche in questa occasione. Il particolare regime tributario previsto dall'art. 1 della legge 27 luglio 1962, n. 1228, nei confronti degli istituti di credito a medio e lungo termine -in base al quale l'imposta annua in abbonamento, pari a quindici centesimi per ogni cento lire dell'ammontare dei crediti esistenti alla fine dell'esercizio per finanziamenti a medio e lungo termine da, essi effettuati, sostitutiva di tutte le tasse e imposte indirette sugli affari -non si applica a tutti gli atti compiuti dai predetti istituti, ma soltanto a quelli che siano direttamente o strumentalmente collegati ad operazioni di finanziamento a medio e lungo termine, alla loro esecu zione, modificazione ed estinzione, nonch alle loro garanzie di qualunque tipo e da chiunque prestate. Tale triplice distinzione di -atti si ricava dalla stessa formulazione letterale del terzo comma dell'articolo citato, il quale contiene una pre cisa indicazione delle attivit compiute dagli istituti di credito cui si riferisce il regime agevolato e le quali sono appunto quelle riguardanti i finanziamenti a medio e lungo termine alle piccole e medie industrie, la loro esecuzione ed estinzione e le loro garanzie. L'indicazione degli atti ai quali esso si riferisce e la stessa legge istitutiva degli istituti di credito a medio e lungo termine consentono di individuare la ratio del regime agevolato nell'esigenza di favorire-non PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA gi l'istituto mutuante, ma, essenzialmente, lo s~iluppo e l'esercizio delle piccole e delle medie industrie, rendendo a queste .pi facile e meno oneroso l'accesso al credito. In base a tale ratio, che vale a segnare il limite logico di applica bilit del regM:ie in esame, anche l norma contenuta nel quarto comma dell'art. 1 della legge n. 1228 del 1962 -la quale estende il regime agevolato, nei confronti degli istituti di credito da essa indicati, agli altri atti da essi compiuti in conformit delle norme legislative che li reggono e degli statuti -deve essere interpretata nel senso che, per l'ap plicabilit del regime agevolato, non sono sufficienti la particolare natura dell'ente che compie l'atto e la conformit di questo alle leggi regolatrici e allo statuto del medesimo ente, ma necessario che l'atto, pur non essendo riconducibile ad alcuna delle categorie indicate nel terzo comma dello stesso articolo, sia pur sempre relativo al finanziamento delle medie e delle piccole industrie. Questa interpretazione della-'norma risulta, infatti, del tutto aderente alla ratio del regime agevolato, in quanto -da .un lato -consente di evitare che atti aventi la medesima finalit di quelli previsti dal terzo comma siano assoggettati al normale regime tributazio, con conseguente aggravamento, per i mutuatari, delle condizioni di concessione del credito in contrasto con lo spirito informatore del sistema e -dall'altro -impedisce che il regime agevolato sia applicato ad atti che abbiano soltanto un indiretto collegamento con la finalit che giustifica l'agevolazione. Gli atti ai quali il regime agevolato si applica in virt della norma di chiusura contenuta nel quarto comma dell'art. 1 della legge pi volte citata debbono, quindi, rispondere, ltre al criterio soggettivo della pro venienza da uno degli istituti di credito indicati nella stessa norma, al duplice criterio oggettivo della conformit alle disposizioni legislative concernenti tali istituti ed ai relativi statuti e del diretto collegamento con un'operazione di finantiamento in favore di una piccola o media industria. Gli atti compiuti dagli istituti di credito per soddisfare esigenze inerenti alla loro funzionalit -come quello posto in essere dall'Istitu to ricorrente -, essendo collegati all'esercizio del credito in modo non specifico e diretto, ma soltanto mediato e strumentale, sono esclusi, in vece, dal regime agevolato e soggetti al regime tributario comune. L'applicazione del regime agevolato anche a quest'ultima categoria di atti si risolverebbe, infatti, in un'arbitraria estensione delle norme al di l dei casi da esse previsti e non gi in una mera interpretazione estensiva, indubbiamente consentita anche rispetto a norma che -come quelle che concedono agevolazioni tributarie -hanno carattere ecce zionale. 1024 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'interpretazione estensiva tende, com' noto, a determinare il con1024 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'interpretazione estensiva tende, com' noto, a determinare il contenuto_ concreto della voluntas legis, in modo da comprendervi tutti i casi considerati della norma, quali risultano dalla sua espressione letterale e dalla sua ratio. Qualora, per, la voluntas legis, cos individuata, sia dubbia o addirittura tendenzialmente negativa, non (t;onsentito all'interprete, senza con ci sostituirsi arbitrariamente al legislatore, applicare la norma a un caso da essa non previsto e, per di pi, estraneo alla sua ratio. La sentenza impugnata -av~ndo escluso che jl regime agevolato previsto dall'art. l, quarto comma, della legge 27 luglio 1962, n. 1228, fosse applicabile al contratto di vendita concluso dall'Istituto ricorrente ed avente per oggetto parti di un immobile destinate all'ampliamento della sua sede -ha fatto, quindi, una corretta applicazione dei principi di diritto avanti enunciati, anche se la motivazione addotta della Corte del merito deve essere corretta e integrata con le considerazioni sopra svolte. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 giugno 19'76, n. 2388 -Pres. Novelli Est. Pascasio -P. M. Martinelli (conf.) -Comune di Mede Somellina c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cascino). Imposta di registro Agevolazione per le opere di interesse degli enti 1ocali -Art. 18 legge 3 agosto 1949, n. 589 Elencazione tassativa .. Edilizia giudiziaria -Esclusione. (I. 3 agosto 1949, n. 589, art. 18; I. 21 aprile 1941, n. 392). Poich l'elencazione delle opere di interesse degli enti local contenuta nell'art. 18 della legge 3 agosto 1940, n. 589, tassativa, non possono fruire dell'agevolazione le opere di edilizia giudiziaria eseguite a norma della legge 21 aprile 1941, n. 392 (1). (Omissis). -Il Comune ricorrente, denunciando, con l'unico motivo la violazione dell'art. 18 della legge 3 agosto 1949, n. 589, in relazione alla legge 25 giugno 1956, .n. 702 ed all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., sostiene che, per (1) Sulla tassativit dell'elencazione contenuta nell'art. 18 della legge 3 ago sto 1949, n. 589, la giurisprudenza pacifica (Cass. 27 gennaio 1971, n. 204, in questa Rassegna 1971, I, 423). stato bens affermato che l'agevolazione non richiede anche che le opere siano ammesse a contributo ed quindi accordabile nel caso che i mezzi di PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1025 quanto non espressamente menzionate, nel citato art. 18, le opere di edilizia giudiziaria, tuttavia esse rientrano fra quelle poste a carico dei comuni, per cui ai relativi contratti di mutuo spetterebbe il beneficio fiscale da detta norma previsto. La censura non fondata. Infatti, la Corte d'appello ha esattamente osservato che nella legge 3 agosto 1949, n. 589, recante "provvedimenti per agevolare l'esecuzione di opere pubbliche di interesse degli enti locali non si rinviene alcuna disposizione riguardante l'edilizia giudiziaria, sicch in nessun caso agli atti e contratti che riguardano quest'ultima pu essere applicata la disposizione dell'art. 18 della stessa legge, che concede il trattamento fiscale stabilito per gli atti stipulati dallo Stato. Le spese necessarie per la costruzione e l'uso degli uffici giudiziari furono rese obbligatorie per i comuni dalla legge 24 aprile 1941, n. 392, ma detta legge non concesse agevolazioni fiscali per gli atti ed i contratti relativi. N la legge 25 giugno 1956, n. 702, che attribuisce ai comuni sedi di uffici giudiziari di disporre in parte dei contributi corr:.sposti dallo Stato per costruzioni, ricostruzioni, sopraelevazioni, ampliamenti e restauri di edifici giudiziari contiene alcuna agevolazione di carattere fiscale. La predetta legge 3 agosto 1949, n. 589, si limita pertanto a contenere disposizioni agevolative per l'esecuzione di opere nell'interesse degli enti locali, ma fra qt1este non possono rientrare le opere occorrenti per l'edilizia giudiizaria che, pur interessando lo Stato, sono affidate ai comuni senza peraltro prevedere il beneficio fiscale che invano viene invo Cato, non essendo ammissibile in materia interpretazione estensiva n analogica delle indicate disposizioni. Questa Corte Suprema peraltro ha gi altra volta avuto occasione di affermare che l'elencazione delle opere contenute nella citata legge del 1949 ha indubbio carattere tassativo, essendo esse indicate in base a caratteri tipici obiettivi (sent. n. 204 del 27 gennaio 1971), per cui l'elenco non pu essere integrato con le opere di edilizia giudiziaria, che in esso non sono menzionate. E poich il trattamento tributario di favore stabilito dall'art. 18 riferito agli atti ed ai contratti occorrenti per l'attuazione deHa stessa legge, manifesto che esso non pu riguardare l'edilizia giudiziaria che dalla legge stessa non prevista n regolata, formando invece oggetto specifico dell'altra, Citata legge del 24 aprile 1941, n. 392. -(Omissis). finanziamento siano reperiti in forza di leggi diverse, ma sempre sul presupposto che le opere rientrino obiettivamente fra quelle definite nella legge n. 589 del 1%9 (Cass. 9 agosto 1973, n. 2290 e 22 gennaio 1974, n. 177, ivi 1973, I. 971, e 1974, I, 474). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 giugno 1976, n. 2435 Pres.. Novelli Est. Lipari P. M. Minetti (conf.). Soc. Monte Amiata (avv. Micheli) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cavalli). Imposte e tasse in genere Imposte dirette . Maggiorazione di aliquota per ritardata iscrizione a ruolo Infedele dichiarazione Concetto. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 184 bis e 245). La nozione di infedele dichiarazione, non definita nel t.u. delle imposte dirette, deve essere stabilita sulla base dell'art. 184 bis, autonomamente dall'art. 245. Essa implica da parte del dichiarante un comportamento quanto meno colposo nella indicazione degli elementi di fatto, attivi e passivi, che compongono il red.dito con esclusione di ogni valutazione giuridica dei fatti stessi; di conseguenza quando siano stati esattamente dichiarati i fatti non si configura una responsabilit per pagamento di maggiore aliquota ove la qualificazione giuridica di essi, che il contribuente deve soltanto proporre all'Ufficio, sia rettificata e dia luogo ad una ritardata iscrizione a ruolo di una maggiore imposta. Ai fini della maggiorazione di aliquota non si richiede peraltro che il divario tra il reddito dichiarato e quello accertato sia superiore ad un quarto, come per talune ipotesi stabilite nell'art. 245 a fini dell'applicazione delle sanzioni (1). (Omissis). -1. Con il primo motivo di ricorso la s.p.a. Monte Amiata, denunziando la violazione dell'art. 184 bis del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, in relazione agli artt. 245, comma terzo, e 12 delle preleggi, sostiene che erroneamente e semplicisticamente la Commissione Centrale ha ritenuto che la maggiorazione di imposta prevista dall'art. 184 bis citato, per le ipotesi di dichiarazione dei redditi omessa, incompleta (1) La sentenza sopra riportata commenta ed arricchisce la pronunzia delle Sez. Un. 10 maggio 1975, n. 1815 (in questa Rassegna, 1975, I, 1072, con annotazione di c. BAFILE). Riconfermando che il contribuente ha il dovere di presentare tempestivamente una dichiarazione completa e fedele dei soli elementi di fatto, senza che debba darsi carico anche della loro valutazione giuridica >>, si conclude che la indetraibilit in senso giuridico di passivit ed oneri non da luogo a maggiorazione di aliquota. Ci in definitiva pone il problema del valore giuridico della dichiarazione, problema che si presenta all'identico modo anche dopo la riforma, se pure nella sentenza in rassegna si sottolineano alcune differenze. Non pu condividersi la preoccupazione che il denunziante si trovi esposto al rischio di subire l'aggravio della maggiorazione di aliquota per una divergenza di opinione col fisco ovvero di sopportare un carico tributario in misura superiore al dovuto. Ci nella natura stessa della mora che si ha anche quando il credito non ancora definitivamente accertato; in tutti i rapporti, anche di diritto comune, il debitore deve saper scegliere tra l'adem PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1027 o infedele, sarebbe applicabile in ogni caso per il semplice ritardo della iscrizione a ruolo dell'imposta dovuta, a prescindere da ogni indagine e valutazione del ritardo stesso, e quindi anche in casi, come quello di specie, in cui il contribuente ha esposto tutti gli elementi attivi e passivi concorrenti a formare il rddito, risultato maggiorato solo perch la finanza non ha ritenuto detraibili alcune componenti passive indicate nella dichiarazione . E contesta che l'ipotesi di non concessa detrazione di spese e di passivit sia da assimiliare alla infedele dichiarazione. Sostiene la societ ricorrente che l'infedelt della dichiarazione va intesa unitariamente nel sistema del testo unico e non pu quindi identificarsi nella mera divergenza fra reddito dichiarato e reddito accertato, ma ai sensi dell'art. 245 del t.u. sussiste solo quando il contribuente abbia indicato un imponibile inferiore di almeno un quarto a quello definitivamente accertato, sempre che tale differenza non sia dovuta ad oneri passivi indetraibili, ma dedotti dal contribuente. Il ricorso sostanzialmente fondato, sia pure per ragioni parzialmente diverse da quelle svolte, dovendosi disattendere l'esegesi dell'art. piere in modo completo e il non adempiere quando ritiene ci giustificato, proponendosi anche, se del caso, la risoluzione di questioni giuridiche sull'interpretazione della legge o sugli effetti del contratto. Se dopo il rifiuto di adempimento il debitore viene condannato a pagare, sia pure a seguito della decisione della pi sottile delle questioni giuridiche, non potr sottrarsi all'obbligo degli interessi moratori; se invece per evitare questo rischio ha adempiuto secondo le pretese del creditore resta con il dubbio di aver consentito a riconoscere una pretesa validamente contestabile. Questa inevitabilmente la vicenda di tutti i rapporti obbligatori e non si vede perch si .debba andare alla ricerca di qualcosa di diverso nei rapporti tributari. Ora la dichiarazione nelle imposte dirette non una semplice esposizione di elementi di mero fatto sulla quale l'Ufficio, applicando la legge, determina, l'obbligazione. Senza tentare in questa sede di affrontare nei suo complesso il vastissimo problema della definizione giuridica della dichiarazione, si deve rilevare che la dichiarazione oltre a. fornire gli elementi che debbono servire per il futuro accertamento dell'Ufficio, deve valere come base (irretrattabile) per l'immediata iscrizione a ruolo a titolo definitivo della parte del tributo di cui il dichiarante si riconosce debitore (art. 174 del t.u. del 1958), salva la determinazione di un maggior debito che inevitabilmente sar iscritto a ruolo con ritardo, il che per l'appunto da luogo alla maggiorazione di aliquota (oggi interessi) dell'art. 184 bis. Ma perch la dichiarazione possa valere come base irretrattabile per l'iscrizione a ruolo, integrata con la sola operazione meramente aritmetica di liquidazione dell'imposta applicando l'aliquota, non sufficiente l'esposizione di meri fatti e sono invece necessarie le qualificazioni giuridiche dalle quali discendono i criteri per la liquidazione dell'imposta. Ed infatti la dichiarazione deve contenere (art. 24) gli elementi attivi e passivi necessari, secondo le norme delle singole imposte, per determinare i redditi imponibili posseduti nel periodo di imposta il che pu comportare la soluzione di una quantit di problemi giuridci che il dichiarante deve affrontare: in via di mero esempio, per determinare la qualit del reddito (di quale delle categorie dell'art. 85), quali siano gli elementi attivi RASSEGNA DEI..L'AWOCATURA DELLO STATO 1028 184 bis seguita dalla Commissione centrale, ed avallata dall'isolata sentenza di questa Corte 23 aprile 1970, n. 1171, dalla quale si sono distaccate peraltro le successive pronunce della Sezione (Cass. 14 luglio 1972, n. 2392; 8 febbraio 1974, n. 362; 21 febbraio 1974, n. 461; 14 ottobre 1974, n. 2829) trovando definitiva ratifica nelle pronunce conformi delle S.U. (Cass. 10 maggio 1975, n. 1815-1820). 2. Il Collegio pu limitarsi, perci, a ricalcare l'iter argomentativo che porta ad escludere la infedelt della denuncia quando la dichiarazione degli elementi attivi e passivi del reddito sia stata conforme alla realt, senza che prenda rilievo la valutazione eventualmente inesatta di tali elementi, che non rientra nel contenuto degli obblighi imposti al contribuente, ma si ricollega ai poteri esclusivamente attribuiti all'ufficio finanziario. L'art. 184 bis del t.u. sulle imposte dirette (introdotto con 1. 25 ottobre 1960, n. 1316) stabilisce che, decorso un semestre dalla data di imponibili (si pensi a tutti i complicatissimi problemi giuridici sulla imponibilit di plusvalenze e sopravvenienze) e quali gli elementi passivi (il problema, specifico della controversia, della deducibilit di oneri e passivit), ed anche per stabilire il periodo di imposta in relazione alle spese pluriennali agli ammortamenti ecc. Per i redditi di imprese ed ancor pi per i redditi dei soggetti tassabili in base a bilancio, la dichiarazione un'opera d' grande impegno, che non pu evidentemente esaurirsi in uria semplice esposizione di fatti. Del resto nella motivazione della sentenza che si commenta non si esclude che il dichiarante debba affrontare le questioni giuridiche che si possono presentare, ma solo si afferma che egli non responsabile della diversa qualificazione data dall'Ufficio a quella da"esso semplicemente proposta. Questa definizione del valore della dichiarazione in vero poco logica: o spetta solo all'Ufficio stabilire gli effetti giuridici del presupposto ed allora nulla si chiede al contribuente (come ad es. nell'imposta di registro ove il contribuente dichiara soltanto il prezzo o il valore venale), ovvero si richiede dal contribuente anche una definizione degli effetti che nell'ambito della legge tributaria producano i fatti dichiarati ed allora la definizione data vincolante, salvo rettifica dell'ufficio, ai fini della liquidazione dell'imposta. Certo non avrebbe senso una proposta del contribuente priva di ogni effetto e che possa essere corretta senza conseguenze. Ora il rapporto impostato sul brocardo da mihi factum dalo tibi ius presuppone, come nell'attivit giurisdizionale, un ineliminabile intervallo di tempo tra la dichiarazione del fatto e l'accertamento dell'obbligazione; invece nel sistema delle imposte dirette si vuole che la dichiarazione dia luogo alla precoce iscrizione a ruolo (oggi al versamento diretto dell'imposta autoliquidata dal contribuente) imponendo quindi al contribuente non soltanto di proporre ma anche risolvere, salvo verifica dell'esattezza, le questioni di valutazione giuridica necessarie per consentire la liquidazione dell'imposta. Da ci consegue che le inesatte valutazioni giuridiche (che possono essere non colpevoli ma potrebbero anche essere maliziose) che danno luogo ad una ritardata iscrizione a ruolo sono pur sempre causa di mora solvendi, non tollerata dalla legge che non ammette che sia premiato il contribuente che adempie con ritardo rispetto a quello che adempie con regolarit. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 102-9 pubblicazione del ruolo in cui vengono iscritte le imposte risultanti dalle dichiarazioni presentate, si applica (indipendentemente dalle sanzioni stabilite nel titolo XI) a carico del contribuente che abbia omesso la dichiarazione, o l'abbia presentata incompleta o infedele, una maggiorazione del 2,50 % sulle imposte, o sulle maggiori imposte, dovute in base a rettifica delle dichiarazioni stesse o ad accertamento d'ufficio. Ora mentre le nozioni di omissione o di incompletezza della denunzia trovano un loro riscontro definitivo in altre disposizioni del sistema tributario, sicch la loro portata non d luogo a dubbi, quella di infedelt di meno agevole fissazione. L tre ipotesi si trovano peraltro contemplate congiuntamente sia nell'art. 245 che nella disposizione. in esame il che porta ad apparentarle nel minimo comune denomiriatore della colpa del dichiarante, che sottende l'omissione e l'incompletezza, riguardando pure l'infedelt nel senso che la dichiarazione non conforme, non rispecchiandola, alla realt dei fatti dalla quale si discosta alla stregua di un elemento psicologico di consistenza colposa. Omissione, incompletezza ed infedelt, rapportandosi all'obbligo di dichiarazione, debbono essere valutate in relazione al contenuto di tale Con ci si chiarisce che fondamento della maggiorazione di aliquota, come degli interessi, non un comportamento quanto meno colposo, ma un ritardo nell'adempimento non giustificato da impossibilit; e lo stesso per l'indennit per ritardato sgravio a carico dell'Amministrazione di cui all'art. 199 bis. :l?. vero che, a differenza delle norme della riforma, la maggiorazione di aliquota si collega non soltanto all'elemento temporale ma alla dichiarazione (omessa, incompleta o infedele) in cui individuabile un comportamento soggettivo; ma ci si spiega perch appunto la dichiarazione che d causa al ritardo e questa oggettivamente deficiente (e quindi incompleta ed infedele) quando non mette l'Ufficio nella condizione di liquidare ed iscrivere a ruolo tutta l'imposta dovuta sugli imponibili dichiarati e rende necessaria la notifica dell'avviso di accertamento. Solo con la recentissima norma dell'art. 2 del d.P.R. 24 dicembre 1976, per la prima volta si conferito all'Ufficio il potere di liquidare l'imposta dovuta in base alla dichiarazione da iscrivere nel ruolo principale con la facolt, senza contraddittorio del contribuente e senza notificazione di avvisi, di correggere errori materiali, escludere lo scomputo di ritenute di acconto non documentate, escludere o ridurre le detrazioni non legittime, escludere o ridurre le deduzioni non ammesse dalla legge o non documentate. Questa norma non risolve il problema sia perch vi sono molte altre cor rezioni che possono essere fatte solo in sede di accertamento sia perch questa solo una facolt che non esclude la mora del contribuente quando di essa l'Ufficio non si avvale; ma quando questa norma non esisteva ed era necessario l'ordinario accertamento per correggere un errore di calcolo o per rettificare una detrazione o per escludere una passivit, non si poteva evitare l'applicazione della maggiorazione di aliquota indipendentemente dal comportamento del contribuente (la cui colpevolezza assai spesso indimo strabile) e indipendentemente anche dalla natura della incompletezza della dichiarazione (sul fatto o sul diritto) che rende necessario l'accertamento. C. BAFILE RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1030 obbligo che (come si evince dagli artt. 21 e 23 del testo unico) comprende la tempestivit e la completezza (art. 24 t.u.), riguardando indistintamente tutti i redditi e le componenti del patrimonio del denunziante e di coloro per i quali egli tenuto alla denunzia. All'uopo si devono esporre gli elementi di fatto attivi e passivi, mentre escluso che si debba procedere anche ad una valutazione giuridica incidente sulla determinazione del tipo di tributo, dell'aliquota o dell'ammontare dell'imposta. Ne consegue che il denunziante non adempie al precetto della legge se indica per i redditi importi diversi dal vero, e se non specifica la provenienza dei redditi medesimi suscettibili di riflettersi sul regime impositivo dei medesimi. Lo stesso discorso vale per l'indicazione degli elementi passivi, che ha lo scopo di permettere la eventuale deduzione dall'attivo. E poich il denunziante tenuto solo ad esporre elementi di fatto, senza che debba darsi carico anche dlla loro valutazione giuridica, ne discende che se la posta passiva stata esattamente indicata, come elemento oggettivamente suscettibile di influire sulla misura del tributo dovuto, la ritenuta non detraibilit in concreto, per effetto di una qualificazione giuridica, non pu farsi rientrare nel concetto di infedele denuncia, dal momento che il contribuente ha puntualmente, con scrupolosa rispondenza alla consistenza del suo patrimonio e dei suoi redditi, esposto gli elementi passivi ed attivi sulla base dei quali l'ufficio perfettamente in grado di operare le qualificazioni di legge, apportando le opportune rettifiche se ritenga che l'elemento passivo non sia suscettibile di detrazione. Non pu, invero, farsi ricadere sul contribuente la conseguenza di una diversa qualificazione giuridica dell'eleme1:1to attivo o passivo espo sto esattamente nell,a sua consistenza di fatto. Una diversa esegesi esporrebbe il denunziante al rischio o di dovere subire l'aggravio ex art. 184 bis per una divergenza di opinione col fisco drca la giuridica detraibilit di un dato elemento passivo, ovvero di sopportare un carico tributario in misura superiore al dovuto, stante l'irretrattabilit della denunzia in base alla quale, ex art. 174, gli impo nibili sono iscritti a ruolo. Le S.U., quindi, hanno valutato, con approccio interpretativo diretto, la norma dell'art. 184 bis, indipendentemente dal suo raccordo con l'art. 245, ipotizzando cio che tale norma riguardi pur sempre ipotesi di omessa, incompleta o infedele dichiarazione la cui nozione deve es sere fissata per fare scattare lo strumento della maggiorazione. L'autonomia dell'art. 184 bis, rispetto all'art. 245, se vale a consen tire il cumulo delle misure rispettivamente irrogate apre il discorso sulla eventuale non coincidenza fra le nozioni da infedele denuncia as PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA sunte nell'una e nell'altra disposizione. Occorre far capo in proposito ai motivi che hanno determinato il divario fra l'imponibile esposto nella dichiarazione e quello accertato dall'ufficio, senza che venga in considerazione la misura dell'operata maggiorazione rispetto al denunziato. Non quindi la meccanica constatazione di un qualsiasi divario fra accertamento e dichiarazione, ma una rettifica che si correla ad un comportamento colposo per mancata rispondenza al vero degli elementi passivi ad attivi esposti in dichiarazione legittima la maggiorazione percentuale di imposta; in altre parole sul piano dei rapporto fisco-contribuente si ripercuote il brocardo dettato per l'attivit giurisdizionale; narra mihi factum, dabo tibi ius. S,e il denunziante ha esposto tutti i fatti, sia di segno positivo che di segno negativo, non gli si possono imputare le divergenze quantitative che in tema di liquidazione dell'imposta sono conseguenza di una valutazione giuridica di quei fatti. E che l'obbligo di denuncia del contribuente sia circoscritto alla indicazione di meri fatti risponde non solo alla lettera della legge, ma coerente con il suo spirito, non potendosi ipotizzare in ciascuno un tecnicismo giuridico raffinato il cui esercizio, come si precedentemente osservato, importerebbe il passaggio tra le forche caudine di una imposta definitivamente corrisposta in misura superiore al dovuto, o di una maggiorazione di imposta per la divergenza sulla applicabilit di una detrazione. Ai sensi dell'art. 184 bis, quindi, ed a prescindere dall'esegesi dell'art. 245, l'ipotesi della denuncia infedele si .verifica solo quando il denunziante abbia dichiarato elementi attivi o passivi non conformi alla realt, o perch di diverso ammontare, o per diversit di natura o di provenienza. Le ulteriori dichiarazioni del denunziante circa la spettanza della detrazione di elementi passivi valgono solo come esposizione all'ufficio finanziario di una proposta in tal senso, perch ne accerti la fondatezza giuridica.. Passando a valutare il rapporto corrente fra la norma dell'art. 184 bis e quella dell'art. 245, le S.U. hanno osservato che nemmeno con riguardo a tale ultima disposizione si pu individuare la nozione di denunzia infedele, sicch il relativo concetto deve essere ricostruito dall'interprete venendo a coincidere con quello enucleato in proposito dall'art. 184 bis: solo che, sul piano degli effetti, non ogni, bench minima, divergenza viene in rilievo, applicandosi le previste sanzioni, in aggiunta alla maggiorazione di interesse, soltanto se il divario fra l'imposta effettivamente dovuta e quella risultante dall'imponibile dichiarato non superi una certa percentuale (il quarto), ovvero non si riferisce ad un determinato tipo di redditi o di patrimoni accertati all'estero. La tesi della applicabilit della maggiorazione in ogni caso di diver genza non si regge nemmeno alla stregua della qualificazione degli inte ressi medesimi come compensativi (anzich moratori). L'obbligo degli RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1032 interessi, infatti, dipende dall'effettuazione di una denunzia omessa, incompleta o infedele; il che suppone un comportamento quantomeno colposo che deve essere accertato alla stregua delle specificate indicazioni, sicch non sufficiente a far sorgere l'obbligazione il semplice ritardo nella iscrizione a ruolo del tributo. Anche a questo proposito non pu non farsi leva sul concetto di infedelt e sulla sua qualificazione soggettiva. Se il legislatore avesse voluto dar rilievo alla situazione del debitore d'imposta che lucra il godimento della somma corrispondente al tributo avrebbe usato un'altra dizione, facendo leva esclusivamente sull'elemento temporale, mentre collegando gli interessi all'imputabilit al denunziando di ben determinati comportamenti ha dato rilievo ai medesimi nella loro rispondenza o meno al modello imposto dalla legge tributaria. 3. Le considerazioni che precedono valgono a puntualizzare la posizione che le S.U. hanno assunto sul tema dell'interpretazione dell'art. 184 bis dell'abrogato testo unico del 1958 in termini di superamento delle precedenti contrapposte opinioni. Secondo la sentenza n. 1171 del 1970, occorreva ricercare un significato unico dell'espressione infedele dichiarazione adoperata nel 't.u., che si ravvisava in qualsiasi differenza fra l'imponibile indicato dal contribuente e quello definitivamente accertato, non potendosi riservare sulla maggiorazione di imposta la proporzione del quarto indicata nell'art. 245 rispetto alla sovrattassa e ci perch nell'art. 184 bis non viene operato alcun richiamo all'art. 245. Art. 184 bis e 199 bis rappresenterebbero gli opposti poli di un medesimo principio: il fisco deve gli interessi al_ contribuente per ritardato sgravio; il contribuente deve gli interessi al fisco per cmp.pensare le finanze del ritardo nella riscossione della maggiore imposta accertata in seguit a controllo della finanza dal quale sia risultata una qualsiasi difformit (anche, quindi, se inferiore al quarto). Va msso in chiaro che il discorso esegetico, restando circoscritto al sistema normativo risultante dal t.u. del 1958, non pu essere influenzato dal sistema attualmente vigente in base al quale la inclusione nella dichiarazione di detrazioni cui il soggetto non abbia diritto punito con pena pecuniaria che peraltro le commissioni tributarie possono dichiarare non dovuta quando vi sia obbiettiva .incertezza sulla portata o sull'ambito di applicazione delle disposizioni artt. 46 e 49 d.P.R. 29 settembre 1973, n..600, mentre prevista l'applicazione degli interessi in ogni caso di ritardata iscrizione a ruolo, decorso un certo termine della dichiarazione (art. 20 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602). Sempre alla stregua del d.P.R. n. 645 del 1958, peraltro, nella successiva risoluzione la giurisprudenza della Sezione neg che dal mancato espresso richiamo dell'art. 184 bis all'art. 245 potesse dedursi una PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1033 deroga all'art. 245 e ritenne che l'art. 184 bis contenesse un richiamo all'intero titolo XI, ivi compreso il disposto dell'art. 245. L'unitariet del concetto di infedele dichiarazione porterebbe ad attingerlo all'art. 245, ipotizzando quale condizione non solo per l'applicazione delle sopratasse, ma anche della maggiorazione di imposta, la dichiarazione che si discosti dall'imponibile definitivamente accertato di oltre il quarto. Le due misure delle sopratasse e della maggiorazione si cumulano, (e in ci sta il valore dell'avverbio indipendentemente che non ha carattere avversativo, comportando la deroga al principio espresso dall'art. 245, ma opera il collegamento con la nozione di infedele dichiarazione valida per tutti i casi in cui ad essa si faccia richiamo nell'ambito delle discipline delle imposte dirette). La soluzione delle S.U. comporta il superamento della rigorosa alternativa perch rifiuta l'approccio definitorio di infedele denuncia che si pretendeva di ricavare dall'art. 245 (cos come gli artt. 243 e 244 enunciano le nozioni di omessa e di incompleta dichiarazione) e opera sia rispetto all'articolo 184 bis, sia rispetto all'art. 245, con autonoma esegesi di cui si dato conto pi sopra. La connotazione soggettiva di colpevolezza rappresenta, quindi, la condicio sine qua non per l'applicazione vuoi della maggiorazione di impost_ a, vuoi della sopratassa alla stregua di due processi interpretativi che si muovono indipendentemente l'uno dall'altro, pur sfociando nel medesimo risultato di fondo di far dipendere la infedelt della denuncia dalla dichiarazione di elementi attivi e passivi non conforme alla realt. Resta cos ulteriormente chiarito, nel confronto con i precedenti orientamenti della giurisprudenza, la esatta portata della soluzione accolta dalle S.U. ed avallata nella presente pronuncia. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 giugno 1976, n. 2444 -Pres. Mirabelli -Est. Milano -P. M. Martinelli (conf.). Di Mattia c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Vitaliani). Imposte e tasse in genere -Interessi -Decadenza da agevolazioni -Imposta ordinaria -Decorrenza dalla data della registrazione. (I. 26 gennaio 1961, n. 29, art. 1; I. 28 marzo 1972, n. 147, art. un.). Nel caso di decadenza da agevolazioni provvisoriamente accordate, gli interessi sulla imposta ordinaria dovuta decorrono dalla data della registrazione dell'atto inizialmente agevolata (1). (1) Confermando quanto gi statuito con la sent. 14 febbraio 1975, n. 565 (in questa Rassegna 1975, I, 563), viene definitivamente ripudiato l'opposto indirizzo emerso con le pronunzie 27 luglio 1972, n. 2570 e 14 ottobre 1974, n. 2828 (ivi 1972, I, 849 e 1974, I, 1442). RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). Con il primo e con il terzo motivo -da esaminarsi congiuntamente perch riflettono profili connessi di un'unica questione i ricorrenti, nel denunziare la violazione dell'art. 7 della legge organica di registro del 1923, dell'art. 3 della legge 26 gennaio 1961, n. 29 e dell'articolo unico della legge 28 marzo 1962, n. 147, si dolgono che la Corte di merito abbia ritenuto che, in caso di decadenza del beneficio fiscale previsto dall'art. 5 del d.l. c.p.S. 14 dicembre 1947, n. 2598, gli interessi moratori sulla somma, dovuta per imposta nella misura normale, decor rono dalla registrazione dell'atto ammesso al beneficio, e non gi dal momento in cui si verificata la decadenza dal beneficio. Deducono, in particolare, che la imposta dovuta per effetto della decadenza dal bene ficio non ha natura completamentare rispetto alla tassa fissa corrisposta al momento della registrazione, e che, in ogni caso, la mancata produzione del certificato attestante la avvenuta realizzazione del nuovo impianto industriale non imput~bile al contribuente, dato che la liquidazione del tributo rimasta sospesa per disposizione di legge. I riassunti motivi non sono fondati. La questione con essi prospet tata, e relativa alla decorrenza degli interessi sulle imposte liquidate in misura ordinaria per decadenza del contribuente da un beneficio fi scale, stata affrontata e risolta da questa Corte Suprema con la recente sentenza 1 febbraio 1975, n. 565, con la quale, abbandonandosi il contrario orientamento espresso in due precedenti pronuncie (sen tenze n. 2570 del 1972 e n. 2878 del 1974) e con riferimento alla decadenza dal beneficio fiscale previsto dalla legge 2 luglio 1949, n. 408, si affer mato il principio, applicabile anche al presente caso di decadenza dal beneficio concesso dal citto decreto n. 2598 del 1947, della decorribi lit degli interessi moratori previsti dalle leggi n. 29 del 1961 e n. 141 del 1962, sulla somma dovuta per imposta nella misura normale, dal mo mento della registrazione dell'atto inizialmente agevolato e non dal mo mento successivo in cui si verificata la decadenza dell'agevolazione. A sostegno di questo pi recente orientamento giurisprudenziale, al quale si ravvisa giusto aderire, stanno le considerazioni espresse nella suindicata decisione e, cio, che, considerato il diritto alla percezione della normale imposta sull'atto provvisoriamente agevolato come subor dinato al non adempimento, da parte del contribuente, dell'obbligo im: posto dalla legge di favore, tale inadempimento costituisce un elemento essenziale per la liquidazione e la percezione del detto tributo, con la conseguenza, che, nella pendenza della possibilit di adempiere a tale obbligo, sussiste proprio la mancanza di un elemento occorrente alla liquidazione come previsto dalla legge n. 147 del 1962; che, d'altra parte, precisandosi dall'art. 1 della legge n. 29 del 1961 che 'gli interessi mora tori nella misura semestrale del 3 % si applicano sulle somme dovute all'Erario per tasse ed imposte indirette sugli affari, non pu negarsi che, PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA quando un atto invocante i benefici fiscali viene presentato alla registrazione esistono gi imposte ordinarie dovute in relazione a quell'atto; che, nella prospettata ipotesi non si tratta di una sottoposizione a condizione sospensiva degli effetti del negozio con conseguente sospensione anche della tassazione, sicch si avrebbe un rinvio del sorgere dell'obbligazione tributaria, bens di una condizione sospensiva della concessione del beneficio fiscale, talch, caduta la condizione, la situazione deve equitativamente riportarsi alla situazione originaria; che la decadenza dell'agevolazione ed il conseguente ritardo nella percezione della normale imposta sono certamente addebitabili a fatto del contribuente ed in alcun modo possono essere imputati all'Ufficio impositore, il quale non pu applicare l'agevolazione sia pure in via provvisoria; che, diversamente opinando, si consentirebbe al contribuente di ritardare la corresponsione dell'imposta normale in base alla sua sola dichiarazione di voler destinare il suolo comprato alla costruzione di un opificio industriale (art. 5 decreto n. 1598 del 1947) di un edi:l?i.cio per abitazioni non di lusso (art. 13 legge n. 408 del 1949), determinandosi in tal modo addirittura una disparit di trattamento tra il soggetto che non ha chiesto alcuno di tali benefici ed il soggetto che, in identica situazione, avendo chiesto i benefici, decide di non valersene e pretende di protrarre uni~ lateralmente nel tempo il pagamento di un'imposta o di una parte di essa che il primo soggetto ha pagato subito. Le suesposte considerazioni sono per s sufficienti a respingere le censure proposte con i due motivi del ricorso, emergendo da esse che, contrariamente a quanto si afferma dai ricorrenti, il tributo corrisposto al momento della decadenza del beneficio fiscale da ricondursi nell'ambito dell'imposta complementare sotto il profilo della mancanza di un elemento occorrente alla liquidazione come previsto dall'art. 7, capov., prima ipotesi, legge di registro del 1923, e che la ritardata liquidazione del tributo stesso dipesa da fatto imputabile al contribuente a norma delle previsioni contenute nelle leggi su riferite. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 13 luglio 1976, n. 2689 -Pres. Danzi, Est. Granata -P. M. Berri (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Angelini Rota) c. Barba (avv. Pacifici). Imposte e tasse in genere -Competenza e giurisdizione Estimazione semplice e complessa Questioni di fatto inerenti all'applicazione di agevolazioni Estraneit al concetto di estimazione Giurisdizione dell'A.G.O. Sussiste. Gli accertamenti di fatto sul presupposto di una gevolazione sono estranei al concetto di estimazione, sia semplice che complessa. Spetta RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO 1036 al giudice ordinario conoscere detti fatti per applicare la legge al caso concreto (1). (Omissis). -Con il primo motivo di ricorso -in cui denunzia difetto I di giurisdizione per violazione dell'art. 6 legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E , in relazione all'art. 22 d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639 ed all'art. 23 legge 8 marzo 1943, n. 153, in applicazione dell'art. 360 n. 1 c.p.c. -l'Amministrazion. e delle Finanze richiama il costante orientamento giurisprudenziale, secondo il quale nel contenzioso tributario il giudizio di estimazione semplice, riservato alla esclusiva competenza giurisdizionale delle Commissioni, non riguarda soltanto la quantificazione del reddito tassabile, ma si estende all'accertamento ed alla valutazione di tutti i fatti che integrano il presupposto della tassazione e ne deduce che nella specie, in cui la controversia cadeva soltanto in ordine allo accertamento di un fatto storico (data di inizio della costruzione) secondo la espressa attestazione della stessa sentenza impugnata, la competenza a decidere, all'opposto di quanto ritenuto dalla Corte di merito, esulava dalla giurisdizione del giudice ordinario e spettava in via esclusiva alle commissioni tributarie, nulla rilevando in contrario che il fatto da accertare costituisce il presupposto per la concessione della esenzione venticin" quennale in ordine all'imposta sui fabbricati concessa dalla legge n. 408 del 1949. Oppongono i contribuenti nel controricorso e ribadiscono nella memoria, che in realt la tesi, da essi proposta alle commissioni tributarie e poi rinnovata davanti al giudice ordinario, circa la effettiva ultimazione della costruzione entro il biennio dall'inizio dei lavori postulava, s, l'accertamento n fatto del momento in cui i lavori stessi erano stati iniziati, ma con ci implicava, ancor prima, la necessit di individuare in principio la correlativa fattispecie legale, cio di fissare la stessa nozione (1) In passato, proprio allo scopo di ricercare una definizione precisa del limite di discriminazione delle materie devolute alla giurisdizione ordinaria e alla Commissione Centrale, le Sez. Un., dopo aver sperimentato l'inadegatezza di altri criteri, avevano affermato che l'unica base di discriminazione che trova un addentellato nella lettera della, legge va ricercata nella contrapposizione tradizionale tra estimazione semplice e complessa il cui campo non limitato alle questioni inerenti alla determinazione quantitativa della base imponibile (20 febbraio 1969, n. 565, in questa Rassegna 1969, I, 141; 21 maggio 1969, n. 1770, ivi, 715; 24 aprile 1970, n. 1181, ivi, 1970, I. 645; v. anche Relazione Avv. Stato, 1966-70, II, 482). Ora, senza escludere che la nozione di estimazione possa abbracciare, oltre alla determinazione della base imponibile, anche gli altri fatti relativi alla sussistenza del reddito (e quindi, in defnitiva, i fatti su cui si fonda l'obbligazione), si precisa che su un piano nettamente distinto operano le norme di agevolazione e di esenzione che si contrappongono a quelle che individuano i presupposti della fattispecie tributaria tipica. Nell'applicazione della norma / PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1037 di inizio dei lavori ai sensi della legge n. 408 citata. Pertanto, essi assumono, si versava in ogni caso in una ipotesi evidente di estimazione complessa, attribuita al giudice ordinario. I resistenti propongono cos una tesi senz'altro suscettibile di esame in questa sede, siccome relativa alla individuazione dell'effettivo oggetto del giudizio al fine di verifica della giurisdizione ed inoltre potenzialmente idonea a somministrare autonomo fondamento al dispositivo della sentenza impugnata e quindi a condurre, attraverso la mera correzione eventuale della motivazione, al rigetto del ricorso. Tuttavia, nell'ordine logico, preliminare rispetto ad essa la questione sollevata con il motivo di ricorso sopra rifrito, la necessit di stabilire se nell'ipotesi trattavasi di estimazione semplice o complessa sorgendo solo nel caso in cui si riconosca la pertinenza -affermata dal1' Amministrazione ricorrente -di siffatta tematica anche alle controversie in materia di (sussistenza o meno di cause di) esenzioni tributarie. Tale questione preliminare va invece risolta in senso negativo, modificandosi il diverso orientamento precedentemente espresso da questa stessa Corte Suprema a sezione semplice (cfr. sent. 27 ottobre 1965, n. 2261). ben noto come, nella vigenza dell'ordinamento tributario anteriore alla recente riforma e con riferimento globale alle singole disposizioni in cui la regola trovava speeifica enunciazione in termini non sempre testualmente coincidenti, la giurisprudenza di questa Corte Suprema si sia consolidata, attraverso numerosissime pronunzie conformi, nel senso di ravvisare un giudizio di estimazione semplice, devoluto alla cognizione esclusiva delle commissioni tributarie, tutte le volte in cui, ai fini della sussistenza, entit, qualit, natura e causa del reddito tassabile, l'accertamento sia limitato alla valutazione di dati e di elementi di agevolazione il giudice ordinario pu sempre conoscere i fatti presupposto con cognizione piena. Sull'utilit di questa distinzione lecito dubitare. Il secolare. affinamento del concetto dell'estimazione resta probabilmente il mezzo pi valido per risolvere il sempre risorgente problema, ed anche dopo la riforma le nuove competenze (della Commissione Centrale e della Corte di Appello), se pure cambiata la formula, sembra che debbano ancora determinarsi ricorrendo all'estimazione complessa per definire le questfoni di fatto escluse quelle relative a valutazione estimativa . Sulla sostanza della controversia invero non sembra che possono sorgere dubbi; spetta comunque al giudice ordinario conoscere i fatti che costituiscono il presupposto indispensabile per la retta applicazione della legge (v. Relazione Avv. Stato 1970-75, II, 560) e quindi anche i fatti presupposto delle agevolazioni la cui spettanza da luogo ad una controversia di applicazione della legge, conoscibile, nel passato ordinamento, della sezione speciale della commissione provinciale, dalla Commissione centrale e dal giudice ordinario. 1038 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO di puro fatto, prescindendosi da ogni indagine di diritto, laddove si ha giudizio di estimazione complessa, soggetta alla giurisdizione (anche) del giudice ordinario quando, pur versandosi ancora in materia di ac certamento dei fatti, questo tuttavia sia connesso con una operazione giuridica di interpretazione ed applicazione di leggi, regolamenti, pronunzie, atti e negozi giuridici. Orbene, senza rimettere qui in discussione siffatto orientamento, non condiviso, come pure noto, da autorevole e diffusa dottrina favorevole ad una nozione assai pi limitata della estimazione c.d. semplice, deve escludersi che possa considerarsi operazione estimativa -sia semplie che complessa -quella volta ad accertare la sussistenza, o meno, degli estremi costitutivi di una fattispecie legale di esenzione. Invero, fuori dai casi, in cui la esclusione di talune ipotesi della fattispecie legale impositiva soltanto il modo espressivo utilizzato dal legislatore per descrivere, individuandola anche al negativo, la fattispecie stessa, la previsione normativa di una causa di esenzione dalla imposizione per determinate ipotesi, che altrimenti ad essa sarebbero rimaste assoggettate, assume rilevanza e funzione autonome rispetto a quella, che individua sia i presupposti della fattispecie tributaria tipica, sia gli elementi utili e necessari per la quantificazione della obbligazione fiscale. La norma di esenzione, cio, opera su un piano affatto diverso da quello sul quale si muove quella che delinea l'oggetto del giudizio di estimazione; pure inteso questo nella latitudine massima e quindi riferito non solo alla entit dell'imponibile, ma alla stessa esistenza del cespite. Sicch, quand'anche -ripetesi -la estimazione semplice venga dilatata fino a ricomprendere tutti i fatti materiali relativi alla sussistenza del reddito (quindi della sua quantit suscettibile di oscillare in astratto da zero all'infinito) o delle attivit da cui lo si faccia derivare (cfr. la sent. 20 febbraio 1969, n. 565, tra le pi si~nificative e meditate degli ultimi anni), rimane ad essa estranea l'indagine che, sul presupposto della esistenza di un reddito altrimenti tassabile in una determinata (o determinabile) misura, volta ad accertare la ricorrenza nella specie degli elementi, anche di mero fatto, costitutivi dell'autonoma fattispecie legale di esenzione. A tale conclusione non possono utilmente opporsi considerazioni fondate sulla pretesa ratio, cui la limitazione della giurisdizione ordinaria in subiecta materia si fonderebbe, dovendosi in verit negare che quest~ consista, come pure da taluno si assume, in una valutazione normativa di inettitudine (o di non sufficiente attitudine) di tale giudice a conoscere dei fatti rilevanti ai fini del. concreto insorgere dell'obbligazione tributaria, posto che una individuazione siffatta del fondamento della disciplina trova puntuale smentita nella pacifica attribuzione al medesimo giudice della competenza a conoscere il fatto in sede di estimazione com PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA plessa. E per contro alla conclusione come sopra raggiunta recano conforto rilievi sia sistematici, dato che la regola della pienezza di cognizione del giudice ordinario in materia di diritti soggettivi impone una interpretazione restrittiva delle limitazioni ad essa apportate, sia storici, la formulazione degli artt. 26 e 40 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 fornendo, diversamente da quanto sembra aver ritenuto una recente decisione di queste Sezioni Unite (sent. 29 ottobre 1974, n. 3251), indicazioni utili pel,' ritenere che il nuovo legislatore abbia inteso muoversi appunto nel senso di riconoscere l'esistenza, per attribuirne la cognizione (anche) al giudice ordinario, di questioni di fatto diverse da quelle relative a valutazione estimative . Il primo motivo del ricorso va. dunque rigettato, alla stregua del principio secondo il quale rientra nella competenza giurisdizionale del giudice ordinario l'accertamento dei fatti rilevanti per l'ammissione al godimento della esenzione tributaria. Esclusa, cos, la pertinenza alla specie dei principi in tema di estimazione semplice e complessa, rimane acquisita la estraneit alla stessa anche della ulteriore censura dall'Amministrazione sollevata con il secondo motivo per negare, ancora peraltro sul presupposto, test riconosciuto erroneo, che si trattasse di un giudizio di estimazione semplice, il potere della Corte di merito di tornare ad apprezzare la prova relativa al momento in cqi i lavori di costruzione avevano avuto effettivamente inizio al fine di verificare il soddisfacimento della condizione -ultimazione nel biennio -richiesta dalla legge invocata dal contribuente. (Omissis). SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 agosto 1976, n. 3041 Pres. Novelli Rel. Mazzacane P. M. Grossi (conf.) Ferrovie dello Stato (avv. Stato De Francisci) c. S.a.s. Ing. C. Sartorio & C. (avv. Guerra). Appalto Appalto di opere pubbliche Riserve dell'appaltatore Onere . .Carattere generale. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36 e segg., 54, 64 e 89). Appalto ;Appalto di opere pubbliche Opere di competenza delle Fer rovie dello Stato Onere della tempestiva riserva dell'appaltatore Applicabilit del principio. (capitolato generale amministrativo per le opere ferroviarie approvato il 9 aprile 1909, art. 41; capitolato per l'esecuzione dei lavori ferroviari approvato il 3 maggio ed il 14 luglio 1922, art. 14). Appalto Appalto di opere pubbliche Riserve dell'appaltatore Onere Momento in cui diviene attuale. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36 e segg., 54, 64 e 89). Appalto Appalto di opere pubbliche Maggiori oneri derivanti da fatti continuativi Riserva avanzata dall'appaltatore dopo l'ultimazione dei lavori Inammissibilit. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 16, 36 e segg., 54, 62, 64 e 89). Appalto Appalto di opere pubbliche Riserve dell'appaltatore Onere della ripetizione alla firma del certificato di collaudo Insussistenza. (regolamento per l'aggiudicazione e la gestione delle opere ferroviarie approvato il 26-27 luglio 1906, art. 30; capitolato generale amministrativo per le opere ferroviarie approvato il 9 aprile 1909, art. 38). Appalto Appalto di opere pubbliche Somme riconosciute all'appaltatore in sede giudiziale Interessi Decorrenza. (capitolato generale amministrativo per le opere ferroviarie approvato il 9 aprile 1909, art. 40; capitolato per l'esecuzione dei lavori ferroviari approvato il 3 maggio ed il 14 luglio 1922, art. 12; capitolato generale d appalto approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 36, quarto comma). Le disposizioni relative alla necessit della tempestiva formulazione (e successiva quantificazione) delle richieste dell'appaltatore di opere pubbliche rivestono carattere generale e comprendono quindi tutte le pretese tali da incidere sul compenso spettante all'appaltatore, poich la ragione PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 1041 fondamentale giustificatrice delle preclusioni esplicite o implicite che a dette disposizioni il sistema ricollega deve rinvenirsi nella necessit della continua evidenza delle spese dell'opera, nel quadro generale delle .esigenze proprie di un bilancio pubblico in relazione alla corretta utilizuizione ed eventuale tempestiva integrazione dei mezzi finanziari all'uopo predisposti, nonch alle altre possibili determinazioni dell'Amministra zione di fronte ad un notevole superamento delle previsioni originarie di spesa (1). Il sistema dell'onere della tempestiva riserva dell'appaltatore di opere pubbliche trova puntuale espressione, per le opere eseguite dall'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, nelle disposizioni dell'art. 41 del capitolato generale amministrativo 9 aprile 1909 e dell'art. 14 del capitolato per l'esecuzione dei lavori 3 maggio-14 luglio 1922; e tali disposizioni, quindi, non hanno lo scopo limitato di regolare i rapporti fra appaltatore e direzione dei lavori, ma assumono una funzione preclusiva di richieste per ulteriori compensi intempestivamente proposte dall'appaltatore (2). Nell'appalto di opere pubbliche l'onere della riserva dell'appaltatore diviene attuale nel momento in cui si manifesta la rilevanza causale del fatto cui la riserva si riferisce, vale a dire nel momento in cui per l'appaltatore diventa in concreto possibile avvedersi della esistenza di una situazione di fatto in base alla quale sorge la necessft delle riserve (3). Va dichiarata inammissibile per decadenza, con valutazione assorbente rispetto ad ogni altra possibile considerazione, la riserva relativa a fatti continuativi che non sia stata avanzata nemmeno alla firma del verbale di ultimazione dei lavori (4). (1-3) Con le affermazioni di cui alle prime tre massime la sentenza in rassegna ribadisce ancora una volta consolidati princpi, la cui applicabilit viene espressamente confermata anche in tema di appalto di opere di competenza delle Ferrovie dello Stato. In argomento, cfr., da ultimo: Cass., 9 luglio 1976, n. 2613; 15 aprile 1976, n. 1337, retro, I, 624; 5 gennaio 1976, n. 8, ibidem, I, 124. Per i precedenti cfr.: Rel. Avv. Stato, 1971-1975, III, 287-310. (4) Da rilevare che la mancata iscrizione della riserva in sede d ultimazione dei lavori stata ritenuta risolutiva rispetto ad ogni altra considerazione ; e ci per essere invero evidente che anche la riserva iscritta alla firma del verbale di ultimazione dei lavori pu risultare in effetti tardiva, quando si riferisca a richieste c.he avrebbero dovuto essere gi in precedenza avanzate. Nel senso che l'ipotesi della sospensione dei lavori non rientra nella categoria dei cc.dd. fatti continuativi, e che le riserve dell'appaltatore debbano essere in tale ipotesi iscritte (quantomeno) alla firma del verbale di ultimazione dei lavori, cfr., da ultimo: Cass., 5 gennaio 1976, n. 8, retro, I, 124, ed ivi richiamo in nota. Il principio sopra massimato va segnalato, in particolare, in quanto conferma che l'onere della tempestiva iscrizione della riserva non riferibile alla 1042 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il richiamo nel certificato di collaudo alle riserve in precedenza iscritte dall'appaltatore e la mancanza di provvedimenti del collaudatore 'relativi a tali riserve escludono l'onere per l'appaltatore di ripetere le riserve alla firma del certificato di collaudo (5). In tema di appalto di opere di competenza delle Ferrovie dello Stato, gli interessi legali sulle somme riconosciute all'appaltatore cominciano a decorrere, a norma degli artt. 40 del capitolato generale amministrativo 9 aprile 1909 e 12 del capitolato per l'esecuzione dei lavori 3 maggio-14 luglio 1922, sessanta giorni dopo la definizione della controversia in sede amministrativa o giudiziale, con esclusione di ogni altro dies a quo, e quindi anche di quello che coincide con la proposizione della domanda giudiziale (6). (Omissis). -Il ricorso principale e quello incidentale devono essere riuniti in quanto proposti contro la stessa sentenza (art. 335 c.p.c.). La Corte del merito, sui punti tuttora oggetto di contestazione per le censure proposte dall'una o dall'altra parte, ha ritenuto: 1) Per i danni pretesi dalla Impresa a causa delle sospensioni dei lavori imposte dalla Amministrazione occorreva distinguere: a) per le sospensioni dal 1 luglio 1959 al 6 maggio 1961 ogni ragione di danno era stata contrattualmente disciplinata con l'atto addizionale stipulato il 6 maggio 1961, con il quale le parti elevarono il termine di compimento sola firma del registro di contabilit, ma a qualsiasi atto che l'appaltatore sia chiamato a sottoscrivere (nella specie: certificato di ultimazione dei lavori). (5) L'affermazione di principio, che pu essere condivisa quanto agli appalti disciplinati dal capitolato generale approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, appare invece in contrasto con il contenuto delle norme nella specie applicate. Va comunque confermato, s'intende, l'onere della riserva alla firma del certificato di collaudo per le richieste che l'appaltatore ritenga di avanzare con riferimento alle operazioni di collaudo; in argomento cfr., nel senso che la firma senza riserve del certificato di collaudo preclude all'appaltatore ogni richiesta di risarcimento dei danni da ritardo nel collaudo: Cass., 18 novembre 1976, n. 4304; 22 giugno 1971, n. 1962, in questa Rassegna, 1971, I, 928; amplius, cfr.: Rel. Avv. Stato, 1971-1975, III, 271 e 294. (6) Per una conforme soluzione, in tema di appalti disciplinati dal capitolato generale di appalto approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, cfr.: Cass., 21 giugno 1974, n. 1830, in questa Rassegna, 1974, I, 1021. La decisione in rassegna tenta di giustificare il diverso criterio adottato nella sentenza 28 gennaio 1974, n. 218 (al quale sembra ispirata anche la pi recente sentenza 18 novembre 1976, n. 4304), rilevando che l'art. 40 del capitolato generale di appalto approvato con d.m. 28 maggio 1895, in quella occasione applicato, stabilisce il termine di decorrenza per gli interessi con riferimento alle controversie che siano state ri:;;olte in sede amministrativa o arbitrale e non anche per le controversie in sede giudiziale . Gi in altra occasione, peraltro, si rilevato (Rel. Avv. Stato, 1971-1975, III, 260-261) che il riferimento della norma alle controversie definite in sede ammi PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 1043 dei lavori e l'impresa non avanz domande di danni, dichiarandosi disposta a migliorare il ribasso contrattuale; b) per i successivi ritardi l'impresa non oppose riserve agli ordini di sospensione n in sede di ultimazione dei lavori, quindi essa era decaduta da ogni diritto, ai sensi delle disposizioni dei capitolati di appalto 9 aprile 1909 e 3 maggio-4 luglio 1922 applicabili al contratto concluso fra le parti. 2) La domanda dell'impresa di compensi per maggior aggravio di spese e per aggravate condizioni esecutive non era improponibile .....: come assumeva l'Amministrazione -per mancata apposizione di riserve, da parte dell'Impresa, nel certificato di collaudo, perch in questo si dava atto che l'impresa aveva firmato con riserva la situazion finale dei lavori ed il collaudatore aveva dichiarato che avrebbe riferito con relazione a parte in ordine alle riserve: pertanto, non essendo stato adottato alcun provvedimento in sede di collaudo, doveva ritenersi che l'impresa non era obbligata a ripetere le riserve sollevate in precedenza. 3) La richiesta dell'impresa per aggiornamento di prezzi di imperio nell'ammontare di lire 16.500.006 non poteva essere accolta poi~ ch la tesi dell'impresa secondo cui su quei prezzi si era formato un accordo contrattuale era smentita dalle risultanze processuali. 4) Nel difetto di espresse disposizioni, doveva ritenersi applicabile la. regola generale secondo cui sui crediti contestati in sede giudiziale gli interessi decorrono dalla domanda; e pertanto nella specie gli interessi sulle somme riconosciute all'Impresa dovevano decorrere dal giorno della domanda di arbitrato (declinato dalla Amministrazione). nistrativa o arbitrale deve essere interpretato tenendosi presente che il capi tolato del 1895 non consentiva la declinatoria arbitrale e che la sentenza arbitrale, oltretutto, non era soggetta n ad appello, n a cassazione , s che la definizione della vertenza in sede... arbitrale coincideva con la definizione della vertenza in sede... contenziosa (termine che la decisione in rassegna ha riconosciuto nella specie determinante e risolutivo); ed perci evidente, a parte ogni altra possibile considerazione, che anche per i rapporti regolati dal capitolato del 1895, ed alla cui definizione contenziosa si applicano, per la loro immediata operativit, le norme processuali contenute nel capitolato generale di appalto approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. ,1063, la decorrenza degli interessi va stabilita con riferimento alla definitiva pronuncia resa in sede contenziosa: concfusione la cui validit, gi manifesta nell'ipotesi di impugnazione della decisione arbitrale, va a maggior ragione riconosciuta quando si con- sideri la differente decorrenza che verrebbe altrimenti ad assumere rilievo, con inammissibile sanzione della scelta effettuata, a seconda che sia o no declinata la competenza arbitrale. La decisione in rassegna conferma comunque che una questione in argomento, come si gi altre volte osservato (loc. ult. cit., pag. 261), non potrebbe nemmeno porsi con riferimento alla formula ora adottata con l'art. 36, ultimo comma, del capitolato generale di appalto approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, nel quale la decorrenza degli interessi viene stabilita con riferimento alle controversie risolte in sede amministrativa o contenziosa . RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Le statuizioni della Corte del merito indicate sub 1 e sub 3 sono censurate dall'Impresa; quelle sub 2 e sub 4 sono censurate dalla Amministrazione. E precisamente: Sub. 1. -L'Impresa, con il secondo motivo del ricorso incidentale, denunciando violazione e falsa applicazione di norme di diritto nonch omessa ed insufficiente motivazione in relazione all'art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c., sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte del merito, le disposizioni dell'art. 41 del Capitolato Generale Amministrativo di appalto del 9 aprile 1909 e dell'art. 14 del capitolato 14 luglio 1922 riguardano la definizione di contrasti che insorgono durante la esecuzione dei lavori fra appaltatori direzione dei lavori; esse non concernano invece pretese di danno (per comportamenti colposi dell'Amministrazione incidenti sulla durata dei lavori) dell'appaltatore verso le Amministrazione appaltante, sulle quali la Direzione dei lavori non ha alcun potere decisorio e per le quali non sono previste nei capitolati riserve e termini di decadenza. D'altro canto, aggiunge la impresa ricorrente, il danno subito per il prolungamento dei lavori, causato da carenze nella progettazione e nell'espletamento di formalit amministrative preliminari, non poteva essere determinato se non in sede di consuntivo finale. La censura infondata. Va anzitutto rilevato che i giudici del merito hanno escluso ogni pretesa risarcitoria per il protrarsi dei lavori nel periodo 1 luglio 1959 6 maggio 1961 in quanto hanno ritenuto, interpretando la volont contrattuale espressa con l'atto addizionale 6 maggio 1961, che ogni eventuale danno per il periodo in questione era stato regolato dalle parti con l'atto predetto: e la pronuncia della Corte, su tal punto, non stata impugnata. Quanto al danno che si assume subito per il successivo prolungamento dei lavori deve premettersi: nei pubblici appalti il corrispettivo dovuto all'appaltatore si determina mediante l'accertamento e la registrazione, nei documenti contabili dell'appalto, di tutti i fatti che producono spese per la esecuzione dell'opera; ne discende la decisiva importanza che, agli effetti della determinazione dei diritti e degli obblighi delle parti contraenti, assumono le norme specifiche sulla contabilit dei lavori nonch le disposizioni che fissano le modalit per la proposizione di eventuali pretese dell'appaltatore le quali si risolvano in richieste di ulteriori compensi o indennizzi. Infatti, in materia, principio generale che l'appaltatore, ove ~ntenda contestare la contabilizzazione, tenuto ad iscrivere tempestivamente apposita riserva nel registro di contabilit o in altri documenti; ad esporre poi, nel modo e nei termini indicati, gli elementi atti ad individuare la sua pretesa, nel titolo e nella somma; PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 1045 ed a confermare infine la riserva all'atto della sottoscrizione del conto finale. Invero l'attuazione dell'opera pubblica, dalla gara di appalto alla consegna dei lavori, alla loro esecuzione ed al loro collaudo, si articola in fasi successive attraverso un procedimento formale e vincolato, svolgentesi in una serie di registrazioni e certificazioni alla cui formazione l'appaltatore chiamato di volta in volta a partecipare; ragion per cui gli imposto l'onere di contestare immediatamente le circostanze che riguardano le sue prestazioni e che siano suscettibili di produrre un incremento delle spese previste. In tale sistema le disposizioni relative alla necessit di tempestiva formulazione (e successiva quantificazione) delle richieste dell'appaltatore rivestono carattere generale e comprendono quindi tutte le pretese tali da incidere sul compenso spettante all'appaltatore, poich la ragione fondamentale giustificatrice delle preclusioni esplicite o implicite che a dette disposizioni il sistema ricollega deve rinvenirsi nella necessit della continua evidenza delle spese dell'opera, nel quadro generale delle esigenze proprie di un bilancio pubblico in relazione alla corretta utilizzazione ed eventuale tempestiva integrazione dei mezzi finanziari all'uopo predisposti, nonch alle altre possibili determinazioni della Amministrazione di fronte ad un notevole superamento delle previsioni originarie di spesa. Il sistema dell'onere delle riserve nello svolgimento di lavori per opere pubbliche commesse in appalto, fondato sui princpi suesposti gi delineati da questa Corte in precedenti decisioni (sent. n. 1527/73, sent. n. 1960/72), trova puntuale espressione nelle disposizioni degli artt. 41 del Capitolato Generale 3 maggio -14 Juglio 1922, applicabili al contratto intercorso fra le parti. Esse, pertarito, non hanno lo scopo limitato di regolare i rapporti fra appaltatore e direzione dei lavori, come sostiene l'impresa ricorrente con la censura pi sopra riassunta, bens assumono, in coerenza con i menzionati princpi, una funzione preclusiva di richieste per ulteriori compensi intempestivamente proposte dall'appaltatore. Orbene nel caso in esame la Corte del merito ha accertato che l'impresa sottoscrisse senza alcuna riserva tanto i vari verbali di sospensione dei lavori quanto il verbale di ultimazione dei lavori stessi in data 30 marzo 1962, e che essa avanz richieste di danno soltanto in data 26 febbraio 1964 per fatti -prolungamento eccessivo dei lavori per carenze di progettazione e per preteso comportamento colposo della Amministrazione durante il corso di essi -anteriori al compimerito dei lavori. In base a tali accertamenti esattamente la Corte del merito ha ritenuto che l'appaltatore non aveva adempiuto l'onere di tempestiva riserva. Infatti, in base ai princpi suenunciati, tale onere diventa attuale nel momento in cui si manifesta la rilevanza causale del fatto cui la riserva si riferisce, vale a dire nel momento in cui per l'appaltatore diventa in RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO concreto possibile avvedersi della esistenza di una situazione in base alla quale sorge la necessit delle riserve: nella fattispecie i fatti determinativi della pretesa erano ben individuabili all'epoca delle singole sospen sioni e, poi, della ultimazione dei lavori. N vale opporre che nella specie si tratta di fatti continuativi, per i quali l'obbligo della riserva sorgerebbe al momento della cessazione della continuit, poich decisivo il rilievo -da cui assorbita ogni altra considerazione -che all'epoca del compimento dei lavori l'asserita continuit, riferita a situazione preesistenti, era cessata e tuttavia nessuna riserva fu apposta al verbale di ultimazione dei lavori stessi. Sub. 2. L'Amministrazione, con il primo motivo del ricorso princi pale, denuncia la violazione dell'art. 38 del Capitolato Generale ammini strativo di appalto per le opere che si eseguono dalla Amministrazione delle F.S. (deliberazione del Consiglio di amministrazione del 9 aprile 1909 e succ. mod.) e dell'art. 30 del regolamento per l'aggiudicazione e la gestione dele opere che si eseguono dalla Amministrazione F.S. (de libere del Consiglio di amministrazione 26 e 27 luglio 1906 e succ. mod.), nonch omessa o insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c. So stiene che la Corte del merito avrebbe dovuto dichiarare improponibile la richiesta della impresa di compensi per maggior aggravio di spese e per aggravate condizioni esecutive in quanto essa era decaduta dal relativo diritto per non aver firmato con riserva, come prescrivono le menzionate disposizioni, il certificato di collaudo. La censura infondata. La Corte del merito ha accertato che nel certificato di collaudo si diede atto che l'impresa aveva firmato con riserva, quanto alle pretese in questione specificate con atto 26 febbraio 1964, la situazione finale dei lavori, e che il collaudatore dichiar che, in ordine a tali riserve, avrebbe riferito con relazione riservata a parte. In base a tali accerta menti la Corte del merito ha esattamente ritenuto che l'Impresa non fosse decaduta dal diritto fatto valere. Invero: a) l'avere le parti pre cisato, nel certificato di collaudo, che l'impresa aveY:a firmato con ri serva la situazione finale dei lavori richiamando l'atto (26 febbraio 1964) in cui le pretese erano state specificate, indica che le riserve furono rinnovate, per relationem, nel certificato b) in ogni caso poich il col laudatore non adott alcun provvedimento, in sede di collaudo, in ordine alle riserve predette -nonostante che ad esse _si fosse fatto preciso riferimento -non poteva, conseguenzialmente, sorgere per l'impresa l'one re di ripetere le riserve in precedenza sollevate. Sub. 3. -L'impresa, con il primo motivo del ricorso incidentale, denunciando violazione di norme di diritto ed insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata, in relazione all'art. 360 PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 1047 n. 3 e n. S c.p.c., sostiene che la Corte del merito, mal valutando la documentazione in atti, ha erroneamente negato che si fosse formato un accordo contrattuale, quanto meno implicito, sulla richiesta da essa avanzata di un pi elevato aggiornamento prezzi di imperio e, del pari erroneamente, ha ritenuto applicabile, sui prezzi stessi, il ribasso d'asta. La censura infondata. Il convinciment.o della Corte del merito infatti basato sulla valutazione di taluni ordini di servizio -dai quali emergeva che la richiesta dell'impresa di un pi elevato aggiornamento dei prezzi non era stata accolta dalla Amministrazione, di guisa che era da escludersi ogni accordo su tal punto -e dell'atto addizionale 6 maggio 1961 -dal quale risultava che il ribasso d'asta era stato espressamente pattuito -: e tale convincimento, espresso con congrua motivazione, sottratto al sindacato di legittimit. Sub. 4. -L'Amministrazione, con il secondo motivo del ricorso principale, denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 40 del Capitolato Generale am:giinistrativo di appalto per le opere che si eseguono per conto dell'Amministrazione F.S. (deliberazione del Consiglio di Amministrazione del 9 aprile 1909 e succ. mod.) e dell'art. 12 del Capitolato per la esecuzione di lavori e forniture per conto dell'Amministrazione F.S. (delibera del Consiglio di amministrazione 3 maggio e 14 luglio 1922 e succ. mod.), in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. Sostiene che per effetto di tali disposizioni gli interessi sulle somme attribuite all'impresa cominciano a decorrere sessanta giorni dopo la definizione delle controversie in sede giudiziale, e non dal giorno della domanda, come erroneamente ha statuito la Corte del merito. L'assunto fondato. Le menzionate disposizioni -applicabili al contratto concluso dalle parti poich espressamente recepite da esso -dispongono che gli interessi legali sulle somme contestate cominciano a decorrere sessanta giorni dopo l'atto con cui in via amministrativa o in sede contenziosa siano state risolute le controversie. Si tratta di una particolare regolamentazione che stabilisce il termine iniziale della decorrenza degli interessi o con riferimento alla definizione delle controversie in sede amministrativa (ipotesi estranea alla fattispecie), o con riferimento alla definizione di esse in sede contenziosa (cio a seguito di giudizio dinanzi all'autorit giudiziaria ordinaria, come accaduto nella specie dove il giudizio arbitrale stato declinato dalla Amministrazione), con esclusione di qualsiasi altro dies a quo, e quindi anche di quello che coincide con la proposizione della domanda giudiziale. Ad eguale conclusione questa Corte pervenuta in analoga fattispecie, relativa all'art. 36, quarto comma, del capitolato generale di appalto approvato con d.P.R. 16 lu 15 RASSEGNA llllLL'AVVOCATURA DELLO STATO 1048 glio 1962, n. 1963 (sent. n. 1830/74). Non pertinente il richiamo della societ alla sent. n. 218/74 di questa Corte poich in tale sentenza stata fatta applicazione dell'art. 40, ultimo comma, del Capitolato generale per le opere pubbliche approvato con D.M. 38 marzo 1895 il quale -con disposizione diversa rispetto a quelle qui esaminate -stabilisce il termine di decorrenza per gli. interessi con riferimento alle controversie che siano state risolte in sede amministrativa o arbitrale e non anche per le controversie in sede giudiziale. Pertanto la sentenza impugnata, che non ha osservato le menzionate disposizioni dei capitolati applicabili alla fattispecie, deve essere cassata in relazione al motivo accolto con rinvio della causa, per nuovo esame, a giudice di pari grado -che si designa in altra sezione della stessa Corte di Milano -che provveder, sul punto relativo alla decorrenza degli interessi, in conformit a quanto stabiliscono le disposizioni stesse. opportuno rimettre la pronuncia sulle spese di questo giudizio al giudice di rinvio (art. 385, ultimo comma, c.p.c.). Il rigetto del ricorso incidentale comporta la condanna della societ ricorrente alla perdita del deposito (art. 381 c.p.c.). -(Omissis). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 30 marzo 1976, n. 227 -Pres. Uccellatore -Est. Giovannini -Comune di Travagliato (avv. Landriscina, Carboni Corner) c. Min. dei lavori pubblici, agricoltura e foreste, bilancio e programmazione economica, sanit (avv. Stato Imponente). Acque pubbliche ed elettricit -Piano regolatore generale degli acquedotti -Ricorso giurisdizionale -Termine per l'impugnazione -Decorrenza. (I. 4 febbraio 1963, n. 129; I. 1 luglio 1966, n. 506; I. 9 agosto 1967, n.,634; d.P.R. 3 agosto 1968, art. 3; r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 36; r.d. 17 agosto 1907, n. 642, art. 2). Acque pubbliche ed elettricit -Competenza e giurisdizione -Tribunale superiore delle acque e Consiglio di Stato -Piano regolatore generale degli acquedotti -Impugnativa -Ricorso in materia di acque pubbliche -Non tale. (I. 4 febbraio ]963, n. 129, art. 2; d.P.R. 3 agosto 1968; t.u. 11 dicembre 1933, n. 1175, art. 143 !et. a). Acque pubbliche ed elettricit -Piano regolatore generale degli acquedotti Modalit di pubblicazione -Pubblicazione sulla G. U. del solo decreto di approvazione -Legittimit. (!. 4 febbraio 1963, n. 129, art. 3; I. 9 agosto 1967, n. 734, art. 1; d.P.R. 3 agosto 1968). Acque pubbliche ed elettricit Piano regolatore generale degli acquedotti -Motivazione per relationem -Legittimit -Difficolt di consultazione degli atti richiamati -Irrilevanza. (d.P.R. 3 agosto 1968, art. 1). I ! ' I I i :::'.:ᥥᥥ.-.:...:...:.''.'.:.::.:..:.....:.............ᥥᥥ......-.....-.-.-.....-...-....-.... '.'.'.'.('.-'.".'.Z".'.:'.:".Z'....:......>....................-!:.......-...........-..-..... - ..,..,.,.,..,...,.,.,.,.,.,. ..,.,..,.,.,._...,.,.,.,.,.,JI PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 1049 Atto amministrativo -Legittimit -Accertamento -Rilevanza esclusiva della situazione esistente alla data dell'atto -Piano regolatore generale degli acquedotti -Fattispecie. Il termine per la impugnazione del piano regolatore generale degli acquedotti approvato con il d.P.R. 3 agosto 1968 decorre non dalla data della pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale (25 febbraio 1969), ma dalla data (11 maggio 1969) di scadenza del periodo di deposito degli atti presso i provveditorati regionali alle opere pubbliche previsto dal l'ar~. 3 dello stesso decreto (1). Il ricorso proposto contro il piano regolatore generale degli -acque dotti rientra nella giurisdizione del Consiglio di Stato e non in quella del Tribunale superire delle acque pubbliche, essendo estraneo alle determinazioni del piano qualsiasi effetto involgente l'utilizzazione delle acque pubbliche in modo immediato e diretto, onde agli effetti della giu risdizione il piano stesso non pu essere considerato provvedimento pre so dall'Amministrazione in materia di acque pubbliche (2). La pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del solo decreto di approva zione del piano regolatore generale degli acquedotti conforme al dispo sto dell'ultimo comma dell'art. 3 legge 4 febbraio 1963, n. 129, che ha con tinuato a regolare le forme di pubblicit susseguenti alla conclusione del procedimento di formazione del piano; e non viola l'art. 1 legge 9 agosto 1967, n. 734, che ha disposto invece in ordine alle forme di pubblicit ine renti alla fase istruttoria (3). (1-3) Nello stesso senso, Cons. St., Sez. IV, 17 dicembre 1974, n. 1042, Cons. Stato 1974, I, 1610 e Giust. civ. 1975, II, 210; in senso contrario, Trib. sup. acque 15 luglio 1975, n. 19, in questa Rassegna 1975, I, 1141. Nel commentare quest'ultima decisione s'era segnalato il contrasto esistente tra la soluzione accolta dal Tribunale superiore e la giurisprudenza formatasi in tema di impugnazione dei piani regolatori generali in materia edilizia. Alla giurisprudenza del Consiglio di Stato ivi richiamata, adde Sez. IV, 21 ottobre 1975, n. 922, in Cons. Stato 1975, I, 1088, che ha peraltro individuato il dies a quo di decorrenza del termine di impugnazione nella data iniziale del periodo di deposito degli atti nella casa comunale e non in quella finale, come aveva invece ritenuto la precedente giurisprudenza. In questa occasione il Consiglio di Stato ha per ritenuto che a far decorrere il termine non valesse la conoscibilit consentita dal fatto dell'inizio del deposito perch questo non comportava l'onere per gli interessati di immediamente attivarsi al fine di conoscere l'effettivo contenuto del piano, giacch lo stesso decreto di approvazione stabiliva i modi e i termini affinch quella conoscenza fosse appresa. In ordine alla questione di giurisdizione, risolta in senso contrastante dalle richiamate decisioni 15 luglio 1975, n. 19, del Tribunale superiore e 17 dicembre 1974, n. 1042, della IV Sez. del Consiglio di Stato, cfr. Cass., Sez. Un., 7 dicembre 1974, n. 4089, in questa Rassegna, 1975, I, 429, e la giurisprudenza ivi richiamata al punto 9 della nota. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1050 La difficolt di consultazione degli atti, con richiamo ai quali motivato il decreto di approvazione del piano regolatore generale degli acquedotti, non d luogo a difetto assoluto di motivazione, essendo ammessa la motivazione per relationem e derivando la difficolt dalla ontologica complessit della materia disciplinata (4). La legittimit di un provvedimento amministrativo deve essere valutata in relazione alle circostanze di fatto e di diritto esistenti e vigenti alla sua emanazione: non d perci luogo ad illegittimit del piano regolatore generale degli acquedotti la circostanza che la previsione di incremento demografico di un comune si sia in prosieguo rivelata insufficiente, se la previsione era giustificata in base ai dati a disposizione dell'amministrazione al momento dell'approvazione del piano (5). Sulla questione risolta dalla terza massima non constano precedenti. (4) Nel senso che condizione di legittimit della motivazione per relationem sia la conoscibilit degli atti istruttori di riferimento, conoscibilit che sussiste quando l'atto da cui la motivazione desunta indicato nel provvedimento, cfr., da ultimo, Cons. St., Sez. V, 11 luglio 1975, n. 1018, Cons. Stato 1975, I, 888; T.A.R. Lazio, Sez. III, 7 aprile 1975, n. 140 e Sez. I, 14 luglio 1975, n. 523, Rass. T.A.R. 1975, I, 1148 e 1868. (5) Nello stesso senso, cfr. T.A.R. Toscana 26 marzo 1975, n. 78, Rass. T.A.R. 1975, I, 956; con riguardo alla situazione di fatto esistente all'emanazfone dell'atto, Cons. St., Sez. VI, 17 gennaio 1975, n. 1, Cons. Stato 1969, I, 1366, con riguardo alla situazione di diritto, T.A.R. Liguria 3 luglio 1975, n. 142, Rass. T.A.R. 1975, I, 2626; Cons. St., Sez. V, 1 febbraio 1974, n. 55, Cons. Stato 1974, I, 226; Cons. St., Sez. V, 17 ottobre 1972, n. 677, Cons. Stato 1972, I, 1680; Cons. St., IV, 12 maggio 1972, n. 414, Cons. Stato 1972, I, 828. TRIB. REG. ACQUE PUBBLICHE NAPOLI, 28 gennaio 1976, n. 4 -Pres. Cesaro . Est. Fusco -Fusco e altri (avv. Abbamonte e Marone), Mauro (avv. Angelino), Natale e altri (avv. Flora e Narciso) c. Comune di Napoli (avv. Peccerillo), Provincia di Napoli (avv. Del Giudice), Ministero dei lavori pubblici (avv. Stato Tonello) e altri. Acque pubbliche ed elettricit Acque defluenti verso impianti di assor bimento Pubblicit Esclusione. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 1). Acque pubbliche ed elettricit Competenza e giurisdizione -Danni da opere eseguite dalla P. A. Convogliamento di rivo o colatore verso vasca di raccolta -Competenza dei tribunali delle acque. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 143 !et. e; t.u. 25 luglio 1904, n. 523, art. 2 modif. da l. 13 luglio 1911, n. 774, art. 22). PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 1051 Responsabilit civile Responsabilit della P. A. Danni da cosa in cu stodia Cedimento degli argini di vasca di raccolta Sussiste. (cod. civ., art. 2051). Deve escludersi la natura pubblica di acque defluenti attraverso un alveo in una vasca di raccolta per essere smaltite mediante assorbimento in appositi pozzi (1). Il convogliamento delle acque di un rivo o colatore in una vasca di raccolta rientra nella nozione di opera eseguita dalla P.A. quale configu rata dall'art. 2 del t.u. 25 luglio 1904, n. 523, modif. dall'art. 22 della l. 13 luglio 1911, n. 774 e la controversia relativa al risarcimento dei danni cagionati da tale opera rientra nella competenza dei tribunali delle acque pubbliche a norma dell'art. 140 lett. e) del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, ancorch le acque convogliate non siano pubbliche (2). La responsabilit per i danni cagionati da acque fuoriuscite per la rottura degli argini da una vasca di raccolta si imputa in modo esclusivo al proprietario della vasca, nel caso un comune, se non sia provato che la rottura degli argini sia stata provocata dalla immissione di acque ope rata da terzi (3). (Omissis). -L'avvocatura dello Stato ha criticato la decisione del Tribunale di Napoli nel duplice riflesso che nella specie non sarebbe con figurabile una questione di demanialit delle acque del Cassano e che, in ogni caso, la natura demaniale dell'alveo predetto sarebbe irrilevante ai fini del decidere e non determinerebbe, pertanto, lo spostamento del l'ordinaria competenza in materia di danni. Il primo profilo, che ha poi carattere assorbente del secondo, appare senza dubbio fondato: essendo pacifico in causa e risultando, del resto, dalla stessa formulazione delle rispettive difese che il recapito finale delle acque del Cassano era la vasca Taglia, ove esse venivano raccolte per essere smaltite mediante l'assorbimento negli appositi pozzi, era cor relativamente manifesta l'assenza di una loro qualsiasi attitudine ad usi di pubblico, generale interesse e, quindi, l'inconfigurabilit, sulla base delle deduzioni in contrasto, di una questione di demanialit. Ma se la motiva (1) In termini, Cass. 21 gennaio 1970, n. 126, in questa Rassegna 1970, I, 60. Decisiva per il riconoscimento della natura pubblica delle acque non la loro origine (in tema di acque piovane, cfr., da ultimo, Cass. 15 marzo 1975, n. 1014, Giust. civ. Mass. 1975, 445; Trib. L'Aquila 12 febbraio 1974, Rass. giur. Enel 1975, 115), ma l'attitudine ad usi di pubblico generale interesse (cfr. Trib. sup. acque 1 ottobre 1974, n. 16, in questa Rassegna 1975, I, 599 con nota di richiami. (2) La questione dell'appartenenza o meno alla competenza dei tribunali -delle acque delle controversie relative a danni arrecati da opere che provvedono in materia di acque risolta dalla giurisprudenza negando la competenza, quante volte l'opera non presenti un'immediata relazione con un'acqua pubblica, - RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1052 zione della sentenza con cui il Tribunale di Napoli ha declinato la propria competenza, riconoscendo quella del Tribunale delle Acque, non pu essere condivisa, la sostanza della pronunzia appare conforme ai criteri dettati dall'art. 140 del t.u. del 1933. Ed infatti la lettera e) di tale articolo attribuisce alla competenza del giudice specializzato la cognizione delle controversie per risarcimento di danni dipendenti da qualunque opera eseguita dalla pubblica amministrazione a termini dell'art. 2 del t.u. 25 luglio 1904, n. 523, modificato con l'art. 22 della legge 13 luglio 1911, n. 774 e non pu dubitarsi che il canale del Cassano costituisca un rivo e/o colatore ed il suo convogliamento nella vasca Taglia rientri nella nozione di opera, quale emerge dal citato art.1 2. Passando al merito della causa deve anzitutto escludersi che l'evento de quo sia imputabile, come ha adombrato il Comune di Napoli nelle sue difese e come hanno sostenuto anche le amministrazioni chiamate in causa, ad un caso di forza maggiore e, precisamente, ad un eccesso assolutamente straordinario di precipitazioni atmosferiche, che si sarebbe verificato nella notte sul 30 novembre del 1969: l'ipotesi pu essere scartata proprio in base alla documentazione prodotta dal Comune di Napoli, dalla quale emerge che nei bacini imbriferi del Sebeto e dei Regi Lagni, cio proprio nel comprensorio interessato nell'evento de quo, la quantit di pioggia caduta il 19 settembre 1969 super di gran lunga quella caduta il 30 novembre dello stesso anno. Restano in tal modo dimostrati da un lato il carattere non eccezionale delle precipitazioni verificatesi in quest'ultima occasione e dall'altro, quand'anche si volesse ammettere tale carattere, il difetto del nesso di causalit rispetto al cedimento degli argini della vasca Taglia, i quali il precedente giorno 19 settembre avevano retto, ad onta della maggiore quantit di pioggia caduta. Superata tale questione, seguono nell'ordine logico l'eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dal Comune di Napoli e la domanda di rivalsa proposta nei confronti delle amministrazioni chiamate in causa. Le due questioni vanno esaminate congiuntamente, perch involgono una medesima indagine, quella tendente ad accertare se l'amministrazione dei la- e perci facendo discendere la qualifica di un'opera come idraulica dalla pubblicit dell'acqua cui ha riguardo: in tal senso, cfr. Cass. 31 marzo 1971, n. 937, Giust. civ. Rep. 1971, acque pubbl. e priv., 30; Cass. 17 dicembre 1970, n. 2700, Giust, civ. 1971, I, 748; Cass. 21 gennaio 1970, n. 126, cit. (3) Per l'applicazione in confronto della P.A. del criterio di imputazione della responsabilit posto dall'art. 2051 cod. civ., cfr. App. Bari 3 maggio 1975, Giur. merito 1975, I, 296 con nota di CENICCOLA R., Brevi note sull'art. 2051 cod. civ.; Trib. Napoli 28 giugno 1974, Arch. civ. 1975, 445; App. Milano 12 aprile 1974, Arch. resp. civ. Sul punto cfr. altres, Rel. Avv. Stato 1971-1975, Il, 277 e, ivi richiamate, Cass. 14 ottobre 1972, n. 3060, Foro it. 1973, I, 715 con osserv. di C. M. BARONE, e Cass. Z7 marzo 1972, n. 976, in questa Rassegna 1972, I, 241. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 1053 vori pubblici, l'Amministrazione della Provincia di Napoli, i Comuni di Arzano, Cardito, Casavatore e Frattamaggiore abbiano contribuito ed in qual misura alla produzione dell'evento de quo. Sono incontroverse in causa le seguenti circostanze: a) l'appartenenza della vasca Taglia al Comune di Napoli; b) la presenza nella vasca stessa di acque di pertinenza dell'ente predetto, il quale acquist la depressione naturale, poi destinata a vasca di raccolta, proprio' per convogliarvi scoli provenienti dai suoi territori; e) che lo straripamento del liquame fu dovuto al cedimento degli argini. Stando cos le cose sembra al Collegio che trovi puntuale applicazione nella fattispecie l'art. 2051 cod. civ. La responsabiilt per danni cagionati da cose in custodia ha base: a) nell'essersi il danno verificato nell'ambito del dinamismo connaturato alla cosa o dallo sviluppo di n agente dannoso sorto nella cosa; b) nell'esistenza di un effettivo potere fisico di un soggetto sulla cosa, al quale potere fisico inerisce il dovere di custodire la cosa stessa, cio di vigilarla e di mantenere il controllo, in modo da impedire che produca danni a terzi; in presenza di questi due elementi, la norma dell'art. 2051 cod. civ. pone a carico del custode una presunzione iuris tantum di colpa, che pu essere vinta soltanto dalla prova che il danno derivato esclusivamente da caso fortuito, inteso nel senso pi ampio, comprensivo del fatto del terzo, il quale, per, esclude la colpa del custode solo quando si pone, nel determinismo dell'evento dannoso, come dotato di impulso causale autonomo e con carattere di inevitabilit. Tale in sintesi l'orientamento della Corte Suprema in materia di responsabilit ex art. 2051 cod. civ. (cfr. Cass. 12 giugno 1973, n. 1698 in Foro it., 1973, I, 3384), orientamento che questo Tribunale condivide pienamente. Orbene nel caso di specie pu sicuramente riscontrarsi il concorso del presupposto di cui sub a), in quanto il materiale che invest i fabbricati delle Fusci, della Mauro, dei Natali e dei Narciso era raccolto nella vasca Taglia , nella quale; dunque, si form e dalla quale compatta si mosse la massa liquida responsabile del sinistro; altres certamente presente il presupposto di cui sub b), non essendo seriamente contestabile che il comune, proprietario della vasca, ne fosse anche il custode, nei sensi recepiti dall'art. 2051. Il convenuto, per andare esente da responsabilit avrebbe dovuto, pertanto, provare il fatto del terzo. Il tentativo in tal senso esperito dal Comune di Napoli attraverso l'allegazione della responsabilit esclusiva dell'Amministrazione dei Lavori pubblici, della Provincia di Napoli e dei Comuni di Arzano, Cardito, Casavatore e Frattamaggiore deve giudicarsi totalmente fallito. Dopo aver ricordato che la prova liberatoria richiesta dall'art. 2051 esige che il fatto del terzo, cui il custode pretende di ricollegare l'evento dannoso, deve essere dotato di impulso causale autonomo ed avere il carattere dell'inevitabilit, osserva il Collegio che tali condizioni difettano RASSEGNA DELl..'AVVOCATURA DELLO STATO 1054 del tutto nella situazione che, secondo il Comune di Napoli, dovrebbe integrare il comportamento illecito dei chiamati in causa: ed invero da innumerevoli elementi documentali emerge non soltanto che il con-, vogliamento delle acque del Cassano nella vasca Taglia risaliva ad epoca remota ed era a perfetta conoscenza del Comune di Napoli, ma addirittura che quest'ultimo contribu per la maggior quota all'esecuzione delle opere di copertura del detto canale, legalizzando in tal modo, ove ve ne fosse stata necessit, l'immissione delle acque del Cassano stesso nella vasca di sua propriet. Conseguentemente tale immissione, lungi dal costituire un fatto assolutamente imprevedibile ed inevitabile, era una costante del regime della vasca ed avrebbe dovuto, pertanto, essere tenuto presente dal custode per l'adozione di adeguate misure preventive. Consegue da quanto stato detto che la responsabilit del Comune di Napoli sicuramente sussiste; ma ad avviso del Collegio tale responsabilit anche esclusiva. Premesso che a carico dei chiamati in causa non sussiste alcuna presunzione di colpa, osserva il Tribunale che la prova di una loro eventuale responsabilit non poteva evidentemente prescindere dalla positiva dimostrazione di un apporto causale, giuridicamente rilevante, da essi in ipotesi dato alla produzione dell'evento dannoso: orbene, su tale punto dagli atti emerge esclusivamente la prova che lo straripamento si verific per il cedimento degli argini, e non assolutamente acclarata la causa di tale cedimento, sicch sarebbe, allo stato, assolutamente arbitrario imputarla alla immissione delle acque provenienti dal Cassano anzicch all'intrinseca fatiscenza degli argini stessi. Accertata l'estraneit al giudizio dei chiamati in rilievo, deve disporsene l'estromissione con la condanna del Comune di Napoli alla rifusione delle spese processuali. -(Omissis). SEZIONE OTTAVA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 7 novembre 1975, n. 1992 -Pres. Marmo -Rel. Peppe -P. M. Antonucci (conf.) -Rie. Rocchi. Reato -Reato continuato -In genere -Nozione. Perch possa affermarsi la sussistenza del nesso della continuazione non basta che l'imputato abbia commesso pi violazioni della stessa disposizione di legge, ma occorre la dimostrazione che le stesse siano riconducibili ad un unico disegno criminoso, in quanto altrimenti la continuazione finirebbe con l'identificarsi con l'abitualit alla contravvenzione, con un programma generico di attivit delinquenziale in contrasto con la volont, che ha solo inteso mitigare l'asprezza delle pene in caso di pi violazione della stessa disposizione di legge commessa in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. L'unicit del disegno criminoso sussiste solo quando le violazioni della stessa disposizione di legge siano comprese sin dal primo momento nel quadro del disegno criminoso, nel senso che quando si commette la prima violazione, siano state deliberate tutte le altre (1). (1) V. nello stesso senso, Cass. 22 febbraio 1973, n. 769 (124568), 18 marzo 1970, in Cass. pen. mass. ann. 1971, p. 1103, m. 1588. Se, invero, il disegno criminoso generico ed illimitato nel tempo, non si nell'ipotesi del reato continuato, ma in quella di abitualit nel delitto. I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 10 novembre 1975, n. 2008 -Pres. Mu scolo -Rel. Monarca -P. M. Ambrosio (conf.) -Rie. Lanza. Procedimento penale -Notificazioni -All'imputato -Domicilio dichiarato Domicilio eletto -Possibilit di fare le dichiarzioni previste nell'art. 171 cod. proc. pen. in atti diversi da quelli indicati nel predetto articolo. La dichiarazione di cui all'art. 171 del codice di procedura penale pu essere contenuta anche in atti diversi da quelli indicati nello stesso articolo, come, ad esempio, nelle dichiarazioni di impugnazione (1). (1-2) La Suprema Corte di Cassazione ripete, con coerenti affermazioni, principi, come quelli che si leggono nelle sentenze in nota, che sono la logica 1056 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. V, 26 marzo 1976, n. 601 -Pres. Passanisi -Rel. Russo -P. M. De Matteo (conf.) -Rie. Rossica. Procedimento penale -Notificazioni -All'imputato -Domicilio eletto Elezione del domicilio presso il difensol:e -Indicazione del luogo Necessit -Esclusione. Con la elezione di domicilio presso il difensore l'imputato vuole garantirsi che giunga a quest'ultimo ogni notizia relativa al processo che lo riguarda; di conseguenza la persona del difensore che va presa in considerazione per la notificazione degli atti e non gi il luogo, che pu essere successivamente diverso da quello in cui egli aveva il suo studio al momento della elezione. Ne deriva che l'indicazione del luogo non elemento essenziale della dichiarazione di elezione di domicilio, dovendo esso intendersi sempre quello del dom}ciliatario. La sua mancanza pertanto non comporta l'invalidit della elezione (2). conseguenza della natura negoriale dell'elezione di domicilio e della natura di mero atto della dichiarazione. V. in questo senso la nota pubblicata in questa Rassegna, con abbondante citazione di giurisprudenza, 1966, I, 1434. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. V, 23 marzo 1976, n. 554 -Pres. Ianiri - Rel. Russo -P. M. Capecelatro (conf.) -Rie. Olla. Procedimento penale -Atti preliminari al giudizio penale -Riunione di giudizi -Reato continuato -Reati giudicandi in procedimenti diversi Istanza di riunione -Unicit del disegno criminoso -Onere della prova a carico dell'imputato. A sostegno della richiesta di applicazione della continuazione l'imputato ha l'onere di allegare non solo le diverse sentenze di condanna relative ai fatti che si assumono commessi in attuazione del medesimo di segno criminoso, ma anche gli elementi dai quali tale unicit di disegno criminoso dovrebbe emergere, non essendo sufficiente la generica richiesta rivolta al giudice di riunire i procedimenti distinti (1). (1) V. per l'affermazione che non possibile la continuazione fra reati giudicati con sentenza irrevocabile e reati commessi successivamente, Cass. 7 ottobre 1974, in Cass. pen. mass. ann. 1974, p. 387, m. 366. PARTE SECONDA LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Codice di procedura penale, artt. 203, 553 e 554, nella parte in cui non consente che la sentenza emessa in sede di revisione in favore di un condannato possa spiegare l'effetto estensivo nei confronti di chi, imputato di concorso nello stesso reato, ne sia stato assolto per insufficienza di prove. Sentenza 6 dicembre 1976, n. 236, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. legge reg. Siciliana 16 dicembre 1948, n. 47. Sentenza 20 dicembre 1976, n. 246, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. legge 18 dicembre 1970, n. 1034, nella parte in cui non attribuisce rilevanza alla variazioni del reddito imponibile del conduttore o subconduttore eventualmente sopravvenute. Sentenza 18 novembre 1976, n. 225, G. U. 24 novembre 1976, n. 314. d.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1431, art. 5, primo comma, nella parte in cui esclude che l'assicurazione obbligatoria dei lavoratori dipendenti possa essere volontariamente proseguita nei periodi durante i quali l'assicurato si iscritto a gestioni speciali dell'assicurazione obbligatoria per i lavoratori autonomi. Sentenza 20 dicembre 1976, n 243, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. legge 30 luglio 1973, n. 477, art. 4, ultimo comma. Sentenza 18 novembre 1976, n. 226, G. U. 24 novembre 1976, n 314. legge 4 agosto 1973, n. 495, nella parte in cui non riconosce al locatore il diritto di provare che il conduttore o subconduttore gode di un reddito complessivo netto superiore a quello risultante dall'iscrizione a ruolo ai fini dell'imposta complementare per l'anno 1973; nella parte .in cui non riconosce al locatore il diritto di provare che il conduttore o subconduttore gode di un reddito derivante da lavoro dipendente o fruisce di' una pensione in misura superiore a quella risultante dalla certificazione del datore di lavoro e dell'ente erogatore; nonch nella parte in cui non attribuisce rilevanza alle variazioni del reddito complessivo netto del conduttore o subconduttore eventualmente sopravvenute. Sentenza 18 novembre 1976, n. 225, G. U. 24 novembre 1976, n. 314. 164 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO. legge 22 dicembre 1973, n. 841, art. 1, quarto comma, nella parte in cui, facendo richiamo al reddito indicato nel primo comma dell'art. 1 del dl. 24 luglio 1973, n. 426, non riconosce al locatore il diritto di provare che il nuovo conduttore gode di un reddito complessivo netto superiore a quello risultante dall'iscrizione a ruolo ai fini dell'imposta complementare per l'anno 1973. Sentenza 18 novembre 1976, n. 225, G. U. 24 novembre 1976, n. 314. d.I. 19 giugno 1974, n. 236, art. 1, primo comma, nella parte in cui non riconosce al locatore il diritto di provare che il conduttore o subconduttore gode di un reddito complessivo netto superiore a quello risultante dall'iscrizione a ruolo ai fini dell'imposta complementare per l'anno 1972, nonch nella parte in cui non attribuisce rilevanza alle variazioni del reddito complessivo del conduttore o subconduttore eventualmente sopravvenute. Sentenza 18 novembre 1976, n. 225, G. U. 24 novembre 1976, n. 314. legge reg. Puglia riappr. 23 aprile 1975, n. 52. Sentenza 6 dicembre 1976, n 235, G: U. 15 dicembre 1976, n. 333. legge reg. Calabria 29 aprile 1975. Sentenza 20 dicembre 1976, n 244, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. legge 19 maggio 1975, n. 167, art. unico, n. 3. Sentenza 18 novembre 1976, n. 226, G. U. 24 novembre 1976, n. 314. legge 8 luglio 1975, n. 306, artt. 2, terzo, quarto, quinto e sesto comma: 5, primo comma, quanto all'impostazione del termi.ne di sessanta giorni: 6, 7, primo e secondo comma, limitatamente alla loro applicazione nella provincia autonoma di Bolzano. Sentenza 20 dicembre 1976, n. 248, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. legge 31 luglio 1975, n. 363, nella parte in cui non riconosce al locatore il diritto di provare che il conduttore o subconduttore gode di un reddito complessivo netto superiore a quello risultante dall'iscrizione a ruolo ai fini dell'imposta complementare per l'anno 1973, nonch nella parte in cui non attribuisce rilevanza alle variazioni del reddito complessivo netto del conduttore o subconduttore eventualmente sopravvenute. Sentenza 18 novembre 1976, n. 225, G. U. 24 novembre 1976, n. 314. II QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE codice di procedura penale, art. 543: quinto comma, e 546 (art. 101 della Costituzione). Sentenza 6 dicembre 1976, n. 234, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. legge 1 giugno 1939, n. 1089, art. 5 (art. 42 della Costituzione). Sentenza 20 dicembre 1976, n. 245, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. PARTE II, LEGISLAZIONE legge 13 giugno 1942, n. 794, art. 30 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 6 dicembre 1976, n. 238, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. legge 18 marzo 1968, n. 249, art. 16 (artt. 3, 36, 76 e 97 della Costituzione). Sentenza 24 novembre 1976, n. 228, G. U. lo dicembre 1976, n. 321. legge 28 ottobre 1970, n. 775, art. 12 (artt 3, 36, 76 e 97 della Costituzione). Sentenza 24 novembre 1976, n. 228, G. U. lo dicembre 1976, n. 321. d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, art. 1 (art. 3, 36, 76 e 97 della Costituzione). Sentenza 24 novembre 1976, n. 228, G. U. lo dicembre 1976, n. 321. d.I.. 24 luglio 1973, n. 426, art. 1 (art. 3 e 42 della Costituzione). Sentenza 18 novembre 1976, n. 225, G. U. 24 novembre 1976, n. 314. legge 22 dic:embre 1973, n. 841, art. 1 (art. 3 e 42 della Costituzione). Sentenza 18 novembre 1976, n. 225, G. U. 24 novembre 1976, n. 314. legge 12 agosto 1974, n. 351, (art. 3 e 42 della Costituzione). Sentenza 18 novembre 1976, n. 225, G. U. 24 novembre 1976, n. 314. legge reg. Sic:iliana 27 maggio 1975 (art 17 dello statuto siciliano). Sentenza 20 dicembre 1976, n. 249, G. lf. 29 dicembre 1976, n. 346. legge 31 luglio 1975, n. 363 (art. 3 e 42 della Costituzione). Sentenza 18 novembre 1976, n. 225, G. U. 24 novembre 1976, n. 314. III QUESTIONI PROPOSTE c:odic:e c:ivile, art. 480 (art. 3 della Costituzione). Corte d'appello di Catanzaro, ordinanza 18 maggio 1976, G. U. 10 dicembre 1976, n. 321. c:odic:e c:.ivile, arff. 826, terzo c:omma, e 828, sec:ondo c:omma (artt. 3, 24, 28 e 113 della Costituzione). Pretore di Verbania, ordinanza 13 agosto 1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. c:odic:e c:ivile, art. 19011 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Casteggio, ordinanza 29 ottobre 1976, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. c:odic:e ivile, art. 2948, n. 4 (art. 36 della Costituzione). Pretore di Andria, ordinanza 4 agosto 1976, G. U. 10 novembre 1976, n. 300. 166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice di procedura civile, art. 420, primo e quinto comma (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Busto Arsizio, ordinanza 17 agosto 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. codice di procedura civile, art. 514, n. 5 (artt. 3, 24) 28 e 113 della Costituzione). Pretore di Verbania, ordinanza 13 agosto 1976, G. V. 22 dicembre 1976, n. 340. codice di procedura civile, art. 613 (art. 3, primo comma, della Costituzione). Pretore di Verona, ordinanza 9 luglio 1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. codice di procedura civile, artt. 651 e 668, terzo comma, (art. 24 della Costituzione). Pretore di Palermo, ordinanza 22 maggio 1976, G. U. 17 novembre 1976, n. 307. codice di procedura civile, art. 663 (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 7 febbraio 1976, G. U. 3 novembre 1976, n. 294 codice penale, art. 57 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 3 maggio 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. codice penale, art. 204, secondo comma, (artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione). Giudice di sorveglianza presso il Tribunale di Frosinone, ordinanza 30 ago sto 1976, G. U. 1 dicembre 1976, n. 321. codfoe penale, art. 205, secondo comma (art. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione). Giudice di sorveglianza presso il tribunale di Frosinone, ordinanza 30 agosto 1976, n. 321. codice penale, art. 22Z, primo comma (art. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione). Giudice di sorveglianza presso il tribunale di Frosinone, ordinanza 30 agosto 1976, G. U. lo dicembre 1976, n. 321. codice penale, art. 376 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Frosinone, ordinanza 13 luglio 1976, G. U. 10 novembre 1976, n. 300. codice .penale, art. 666 (artt. 3, 4, 35, prima parte, e 41, prima parte, della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 13 settembre 1976, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346 codice penale, art. 707 (artt. 3, 24 e 27 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 15 gennaio 1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. PARTE II, LEGISLAZIONE codice di procedura penale, art. 70, ultimo comma (art. 25, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Enna, ordinanza 7 luglio 1976, G. U. lo dicembre 1976, n. 321. codice di procedura penale, art. 177-bis (artt. 3 e 24, della Costituzione). Pretore di Chieri, ordinanza 21 giugno 1975, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. codice di procedura penale, artt. 378, primo comma, prima parte, e 381, secondo comma, ultima parte (artt. 25, primo comma, 3, primo comma, e 24 secondo comma, della Costituzione). Giudice istruttore presso il tribunale di Roma, ordinanza 27 settembre 1976, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. codice di procedura penale ... art. 415, secondo comma (art. 24, secondo cpv., della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza lo giugno 1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. codice di procedura penale, art. 51 O, primo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Empoli, ordinanza 8 giugno 1976, G. U. 10 novembre 1976, n. 300. codice di procedura penale, art. 513, n. 2 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Corte d'appello di Roma, ordinanza 30 giugno 1976, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. codice .penale militare di pace, artt. 14c 18,2 (artt. 3, 21, primo comma, 25, primo comma, 52, ultimo comma, 103, ultimo comma, della Costituzione). Pretore di Messina, ordinanza 21 giugno 1976, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, art. 4 (artt. 3, 24, 28 e 113 della Costituzione). Pretore di Verbania, ordinanza 13 agosto 1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. legge 27 maggio 1929, n. 847, art. 17 (artt. 2, 3, 7, .24, 45, 29, 101 e seguenti dell" Costituzione) . . t!:e d'appello di Roma, ordinanza 30 marzo 1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. Corte d'appello de l'Aquila,.ordinanza 13 aprile 1976, G:-U. lo dicembre 1976, n. 321. r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art+. 68, 69, 72 e 86 (artt. 3, 4, 24, secondo comma, 35, prima parte, 41, prima parte, e 97, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 13 settembre 1976, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. 16 168 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r.d: 31 agosto 1933, n. 1592, (artt. 3, 24, 28, 42, 54 e 97 della Costituzione). 168 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r.d: 31 agosto 1933, n. 1592, (artt. 3, 24, 28, 42, 54 e 97 della Costituzione). Corte dei conti, seconda sezione giurisdizionale, ordinanza 27 novembre 1975, G. U. 10 novembre 1976, n. 300. r.d. 3 marzo 1934, n. 383, art. 270 (artt. 27, 113, 3, 51, 24 e 97 della Costituzione). . Tribunale amministrativo regionale delle Marche, ordinanza 13 maggio 1976, G. U. 3 novembre 1976, n. 294. r.d.I. 14 aprile 1939, n. 636, art. 13 (art. 3, 4, 29, 31, 37, 38 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 12 luglio 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. r.d. 16 marzo 1942, n. 2167, art. 209, secondo c:omma (art. 24, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanze (tre) 8 e 22 gennaio 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333, e 22 gennaio 1976, n. 340. legge 17 luglio 1942, n. 907, art+. 45 e seguenti (artt. 41 e 43 della Costituzione). Corte d'appello di Campobasso, ordinanza 22 aprile 1976, G. U. 22 dicembre 1976; n. 340. 'iegge 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41, lettera b) (art. 3 della Costituzione). Pretore di Ivrea, ordinanza 7 ottobre 1976, G. U. 29 dicembre '1976, n. 346. legge 11 gennaio 1943, n. 138, art. 4 (artt. 3, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione). Corte di cassazione, sezioni unite civili, ordinanza 29 aprile 1976, G. U. 17 novembre 1976, n. 307. d.l.C.p.S. 10 aprile 1947, n. 273, art. 1, lettera a (artt. 3 e 44 della Costitu" zione). Tribunale di Brescia, ordinanze 18 maggio 1976, G. U. 10 novembre 1976, n. 300. legge 9 febbraio 1948, n. 1, art. 1 (artt. 27, 113, 3, 51, 24 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale delle Marche, ordinanza 13 maggio 1976, G. U. 3 novembre 1976, n. 294. legge 8 febbraio1948, n. 47, art. 3 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 3 maggio 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. d. lgt. 11 febbraio 1948, n. 50, art. 2 (art. 3 de11a Costituzione). Pretore di Alessandria, ordinanza 4 giugno 1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. PARTE II, LEGISLAZIONE legge 5 maggio 1949, n. 178 (artt. 3, 23, 41, primo e secondo comma, della Costituzione). Pretore di Ancona, ordinanza 24 gennaio 1976, G. U. 1<> dicembre 1976, n. 321. legge 4 aprile 1952, n. 218, art 2 (artt. 3, 4, 29, 31, 37, 38 della Costituzione). Pretore cli Bologna, ordinanza 12 luglio 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 23 (artt. 27, 113, 3, 51, 24 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale delle Mai:che, ordinanza 13 maggio 1976, G. U. 3 novembre 1976, n. 294. .legge 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 2 (art. 16 della Costituzione). Pretore <;li Venezia, ordinanza 25 maggio 1976, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 146 (artt. 3 e 24, primo e secondo comma, della Costituzione). Corte di cassazione, sezioni unite civili, ordinanza 3 giugno 1976, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. legge 21 marzo 1958, n 267, art. 5, secondo comma (artt. 10 e 11 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanze (due) 24 giugno 1976, G. U. 17 novembre 1976, n. 307. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 87, ottavo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Chieri, ordinanza 24 gennaio 1976, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 94 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Brunico, ordinanza 7 agosto 1976, G. u,10 dicembre 1976, n. 321. legge 21 dicembre 1961, n. 1501, artt. 1, terzo comma (artt. 3, primo comma, e 23 della Costituzione). Corte di cassazione, sezioni unite civili, ordinanza 1<> aprile 1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. legge 27 gennaio 1963, n. 19, art. 4 (artt. 3 e 41 della Costituzione). Tribunale di Campobasso, ordinanza 15 luglio 1976, G. U. 26 novembre 1976, n. 314. legge Zl luglio 1965, n. 903, art. 22, quinto comma, (artt. 3, 4, 29, 31, 37, 38 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 12 luglio 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. 170 RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DELLO STATO le9ge 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 1 O e 11 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 30 giugno 1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 11, primo comma (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Rovigo, ordinanza 20 agosto 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 1 O (artt. 3, primo e secondo comma, 35 e 41, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Napoli, ordinanza ~21 settembre 1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. legge 2 agosto 1967, n. 799 (art. 117 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 24 giugno 1976, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. legge 8 marzo 1968, n. '152, art. 3 (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, ordinanza 23 marzo 1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. legge 18 marzo 1968, n. 249, artt. 44-bis e da 45 a 50 (artt. 3 e 24, primo e secondo comma, della Costituzione). Corte di cassazione, sezioni unite civili, ordinanza 3 giugno 1976, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 24 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanze 28 aprile 1976, G. U. 15 dicembre, 1976, n. 333. legge 26 novembre 1969, n. 833, art. 1 (art. 42, secondo comma e art. 3 della Costituzione). Pretore di Livorno, ordinanza 18 maggio 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 32, primo comma (artt. 3) primo comma, 51, terzo comma, 53, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Lucca, ordinanza 2 luglio 1976, G. U. 10 novembre 1976, n. 300. d.I. 26 ottobre 1970, n. 745, art. 56 (art. 42, secondo comma e art. 3 della Costituzione). Pretore di Livorno, ordinanza 18 maggio 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. legge ~8 ottobre 1970, n. 775, art. 7 e 20 (artt. 3 e 24, primo e secondo comma, della Costituzione). Corte di cassazione, sezioni unite civili, ordinanza 3 giugno 1976, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. -~ legge 10 novembre 1970, n. 852, artt. 1 e ~ (artt. 27, 113, 3, 51, 24 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale delle Marche, ordinanza 13 maggi 1976, G. U. 3 novembre 1976, n. 294. PARTE II, LEGISLAZIONE legge '18 dicembre 1970, n. 1034 (art. 42, secondo oomma e art. 3 della Costituzione). Pretore di Livorno, ordinanza 18 maggio 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. legge 11 giugno l971, n. 426, artt. 1 e 45 (artt. 21, 41 e 9 della Costituzione). Pretore 'di Otina, ordinanza 22 luglio 1976, G. U. 10 novembre 1976, n. 300. legge 9 ottobre 197.1, n. 824, art. 6 (artt. 3, 36, 52, 53, 81, quarto comma, 117, 118 e 38 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 13 luglio 1976, G. U. 10 novembre 1976, n. 300. legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 16 (artt. 3, 42 della Costituzione). Corte d'appello di Torino, ordinanza 28 maggio 1976, G. U, lo dicembre 1976, n. 321. legge 15 novembre 1971, n. 1042, art. 1, primo comma (artt. 3, 24, 25, 28, 42, 54, 97 e 101 della Costituzione). Corte dei conti, seconda sezione giurisdizionale, ordinanza 27 novembre 1975, G. U. 24 novembre 1976, n. 314. legge 25 novembre 1971, n. 1042, art. 2, primo comma (artt. 3, 24, 25, 54, 97 e 103 della Costituzione). Corte dei conti, prima sezione giurisdizionale, ordinanza 9 aprile 1976, G. U. 17 novembre 1976, n. 307. d.P.R. ~4 novembre 197.1, n. 1199, art. 1O, primo comma (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia Romagna, ordinanza 29 aprile 1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. d..P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (artt. 102, secondo comma, e VI disp. trans. e 108, secondo comma, della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Pavia, ordinanza 15 ~ugno 1976, G. U. 24 novembre 1976, n. 314. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 12 . 35 e 39 (artt. 3, 36, 97, 101, 108 e 113 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Udine, mdinanza 22 maggio 1976, G. U. Io dicembre 1976, n. 321. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 35, primo capoverso, e 39 (art. 24 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Bolzano, ordinanze (due) 29 aprile 1976; G. U. 10 novembre 1976, n. 300. % .. I 172 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 26 ottobre 1972, n 636 artt. 35, secondo comma, e 39, secondo comma (artt. 76, 77, 3 e 24 della Costituzione). ..Commissione tributaria di secondo grado di Salerno, ordinanza 15 marzo 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44 (artt. 3, 24 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria centrale, ordinanza 10 novembre 1976, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. Commissione tributaria di secondo grado di Milano, ordinanza 9 giugno 1976, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. Commissione tributaria di secondo grado di Alessandria, ordinanza 20 luglio 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. Commi~sione tributaria di primo grado di Cremona, ordinanza 25 marzo 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. Commissione tributaria di primo grado di Sondrio, ordinanza 14 luglio 1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44, terzo comma (artt. 3 e 24, primo e secondo comma, della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Rovigo, ordinanza 9 giugno 1976, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. Commissione tributaria di primo grado di Sala Consilina, ordinanza 19 giugno 1976, G. U. 10 novembre 1976, n. 300. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 639, art. 38, primo terzo, quarto e quinto comma (artt. 97, primo, e secondo comma, 28, 51, primo comma, 54, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di La Spezia, ordinanza 4 giugno 1976, G. U. 10 novembre 1976, n. 300. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 ,artt. 7, 4, 2, 15 e 14 (artt. 3, 42 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Firenze, ordinanza 11 maggio 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6 e 14 (art. 53, primo comma, della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Ferrara, ordinanza 3 giugno 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, art. 67, ultimo comma (artt. 3 e 9, primo comma, e 33, primo comma, della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia, ordinanza 3 luglio 1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. d.P.R. 30 dicembre 1972, il. 1035, artt. 17 e 18 (art. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di S. Benedetto del Tronto, ordinanza 12 luglio 1976, ,G. U. 10 dicembre 1976, n. 321. l I I PARTE II, LEGISLAZIONE legge 4 agosto 1973, n. 495, art. 1 (art. 42, secondo comma e art. 3 della Costituzione). Pretore di Livorno, ordinanza 18 maggio 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. legge 11 agosto 1973, n. 533, art. 409, n. 5 (artt. 3 e 102 della Costituzione). Tribunale di Massa, ordinanza 16 settembre 1976, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. legge reg. Piemonte 13 agosto 1973, n. 21, art. 2, secondo, terzo, quarto e quinto comma (artt. 117 e 119 della Costituzione). Pretore di Alessandria, ordinanza 25 luglio 1975, G. U. 3 novembre 1976, n. 294). legge 19 dicembre 1973, n. 823, art. 2, lettera a (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo. grado di Bolzano, ordinanza 31 marzo 1976, G. U. 3 novembre 1976, n. 294. legge 22 dicembre 1973, n. 841, art. 1 (art. 42, secondo comma e art. 3 della Costituzione). Pretore di Livorno, ordinanza 18 maggio 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 86, primo comma, e 272 (art. 3 .della Costituzione). Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale, ordinanza 18 febbraio 1975, G. U. 20 dicembre 1976, n 346. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 272, primo comma (art. 3 della Costituzione). Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale, ordinanza 15 ottobre 1976, G. U. 29 dicembre 1976, n. 346. d.I. 11 aprile 1974, n. 99, art. 12 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 25 settembre 1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. legge reg. Campania, 13 maggio 1974, n. 17, art. 1 e 5 (artt 3 e 25, secondo comma, della. Costituzione). Pretore di Pisciotta, ordinanza 24 aprile 1976, G. U. 10 novembre 1976, n. 300. legge 7 giugno 1974, n. 220, art. l2 (artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 27 gennaio 1976, G. U, 3 novembre 1976, n. 296. legge reg. Toscana 4 luglio 1974, n. 35, artt. 19, 21, 55 (artt. 3 e 117 della Costituzione). Pretore di Pontremoli, ordinanza 23 aprile 1976, G. U. 24 novembre 1976, n. 314. * 174 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 12 agosto 1974, n. 351 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Palermo, ordinanza 10 giugno 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. Pretore di Modena, ordinanza 15 giugno 1976, G. U. 10 novembre 1976, n. 300. legge 1'2 agosto 1974, n. 351, art. 1 (artt. 3, 41 e 42, secondo comma, -della Costituzione). Tril;mnale di Campobasso, ordinanza 15 luglio 1976, G. U. 26 novembre 1976, n. 314. Pretore di Livorno, ordinanza 18 maggio 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. legge reg. Lazio 17 agosto 1974, n. 41, artt. 4, 8 e 13 (artt. 117, 97 e 128 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 12 novembre 1975, G. U. 3 novembre 1976, n. 294. legge 14 aprile 1975, n. 103, artt. 1, 2 e 45 (artt. 2, 3, 21, 41 e 43 della Costituzione). Pretore di Saluzzo, ordinanze (tre) 26 marzo e 6 aprile 1976, G. U. 10 novembre 1976, n. 300, e 10 dicembre 1976, n. 321. legge reg. Cam.pania, 16 maggio 1975, n. 30, art. 39 (art. 118, ultimo comma, della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 4 febbraio 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. legge 19 maggio 1975, n. 151, art. 35 (artt. 29 e 3 della Costituzione). ' Tribunale di Firenze, ordinanza 29 aprile 1976, G. V. 3 novembre 1976, n. 294. legge 22 luglio 1975, n. 319, art+. 4, 7, 9, e tabelle allegate A, B, C, e ed IF (aftt. 3, 36 e 38 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 19 giugno 1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. Pretore di Pistoia, ordinanza 22 giugno 1976, G. U. lo dicembre 1976, n. 321. Pretore di Massa, ordinanza 19 luglio 1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. legge 22 luglio 1975, n. 319, art. 9 (artt 3, 4, 38 della Costituzione). Pretore di Trieste, ordinanza 30 giugno 1976, G. U. lo dicembre 1976, n. 321. legge 26 luglio 1975, n. 354, artt. 47, secondo comma, e 54, ultimo comma (artt. 3, 25, capoverso, 27, terzo comm_a, e 111 della Costituzione). Corte d'appello di Firenze, sezione di sorveglianza, ordinanza 21 settembre 1976, G. V. 15 dicembre 1976, n. 333. Corte d'appello di Napoli, sezione di sorveglianza, ordinanza 20 agosto 1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. legge 31 luglio 1975, n. 363 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Palermo, ordinanza 10 giugno f976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 133. PARTE II, LEGISLAZIONE 17J legge 31 luglio 1975, n. 363, artt. 1 e lbis (art. 42, secondo comma e art. 3 della Costituzione). Pre}ore di Livorno, ordinanza 18 maggio 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. legge 22 dicembre 1975, n. 685, art. 98 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale per i minorenni di Bologna, ordinanza 14 giugno 1976, G. U. 22 dicembre 1976, n. 340. d.I. 13 maggio 1976, n. 228, art. 1 (art. 42, secondo comma e art 3 della Costituzione). Pretore di Livorno, ordinanza 18 maggio 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. legge 22 maggio 1976, n. 349 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Palermo, ordinanza 10 giugno 1976, G. U. 15 dicembre 1976, n. 333. legge reg. Abruzzo riappr. 22 settembre 1976 (artt. 117 e 128 della Costituzione). Presidente del Consiglio dei Ministri ricorso depositato il 16 ottobre 1976, n. 34, G. U. 3 novembre 1976, n. 294. legge reg. Friuli-Venezia Giulia riappr. 28 settembre 1976 (art. 5 della Costituzione). Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato il 23 ottobre 1976, n. 35; G. U. 17 novembre 1976, n. 307. legge reg. Valle d'Aosta riappr. 30 setembre 1976 (art. 3 della Costituzione). Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato il 3 novembre 1976, n. 36, G. U. 17 novembre 1976, n. 307. legge reg. Vale d'Aosta riappr. 30 setembre 1976 (artt 3 e 36 della Costituzione). Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato il 3 novembre 1976, n. 37, G. U. 17 novembre 1976, n. 307. CONSULTAZIONI ACQUE PUBBLICHE Val d'Aosta -Concessioni all'ENEL -Competenza (Statuto Valle d'Aosta, artt. 6, 7, 8, 9, 18). Se, fino a quando non vengano assunti provvedimenti legislativi che modifichino l'attuale normativa, l'adesione di provvedimenti di concessione all'ENEL, a scopo idroelettrico, di acque pubbliche esistenti in Val d'Aosta spetti allo Stato ovvero alla Regione a statuto speciale Valle d'Aosta (n. 115). AGRICOLTURA Istituti sperimentali di agricoltura -Aziende agrarie -Addetti -Natura del rapporto -Diritto alla qualifica (l. 23 novembre 1967, n. 1310; cod. civ. art. 2100; l. 20 agosto 1970, n. 300, art. 13). Se agli addetti ad una azienda agraria gestita da un Istituto Sperimentale di Agricoltura siano applicabili le norme sul lavoro subordinato di diritto privato ed in particolare quella che riconosce il diritto all'assegnazione della qualifica superiore in caso di prolungato compimento delle mansioni corrispondenti (n. 81). Istituti sperimentali di agricoltuta -Gestione di' aziende agrarie -Personale addetto -Piante organiche -Divieto di assunzioni in eccedenza -(l. 23 novembre 1967, n. 1310, art. 81). Se per l'assunzione da parte dell'Istituto sperimentale di agricoltura di personale da destinarsi esclusivamente alla conduzione della azienda agraria valga il divieto di assunzioni in eccedenza alla pianta organica come dipendenti non di ruolo stabilito dall'art. 81 della legge 23 novembre 1967, n. 1310 (n. 80). Istituti sperimentali per la zootecnica -Istituti consorziali -Patrocinio dell'Avvovatura -(r.d.l. 25 novembre 1929, n. 2226, art. 14; r.d. 8 giugno 1940, n. 779; r.d. 29 maggio 1941, n. 489; r.d.l. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43; d.P.R. 23 novembre 1967, n. 1318, art. 46). Se l'Avvocatura dello Stato possa assumere il patrocinio legale, ai sensi dell'art. 43 del t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, di un Istituto sperimentale per la zootecnica che non sia compreso fra quelli elencati' dall'art. 14 r.d.l. 25 novembre 1929, n. 2226 e nel r.d. 29 maggio 1941, n. 489 (n. 79). PARTE II, CONSULTAZIONI AMMINISTRAZIONE PUBBLICA Enti lirici -Contratto di scrittura teatrale -Natura difetto di giurisdizione del-. l'A.G.O. -Limiti -(l. 14 agosto 1967, n. 800; r.d.l. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 29, n. 1; l. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 7, 2o comma; l. 11 giugno 1973, n. 533, art. 1; c.p.c. art. 409). Se il contratto di scrittura teatrale, inteso come contratto di lavoro subordinato a termine, stipulato con un Ente lirico, come tale avente natura di Ente pubblico non economico ai sensi della I. 14 agosto 1967, n. 800, dia luogo a rapporto di impiego pubblico, sottoposto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (n. 383). AMMINISTRAZIONE PUBBLICA Versamento contributi previdenziali -Inadempienza della P.A. -Interessi moratori -Degenza -Limiti -(cod. civ. art. 1282; r.d. 23 maggio 194, n. 827, art. 277). Se le amministrazioni dello Stato che siano inadempienti all'obbligo del versamento dei contributi previdenziali dovuti per legge siano altres tenute alla corresponsione di somme aggiuntive a titolo di interessi moratori per il periodo anteriore alla emissione del titolo di spesa (n. 385). ANTICHIT E BELLE ARTI Antichit e belle arti -Opera d'arte di propriet privata -Esportazione illecita Acquisto della propriet da parte dello Stato italiano -(l. 1 giugno 1939, n. 1089, artt. 35, 66 e 64). Se il fatto dell'esportazione illecita di un'opera d'arte di propriet privata produca, in difetto del provvedimento di confisca, l'automatico acquisto della propriet dell'opera stessa in favore dello Stato italiano (n. 77). Fornitura -Inadempienza per sciopero incidente sul sub-fornitore -Responsabilit. Se il fornitore che non adempie o ritardi ad adempiere a causa di scioperi .che colpiscono l'attivit del suo sub-fornitore possa invocare la causa di forza maggiore (n. 386). Legge sulla casa -Procedimento e criteri di indennizza -Scavi e sistemazioni archeologiche -Applicabilit -(l. 1 giugno 1939, n. 1089, artt. 54, 55, 56, 57; l. 22 ottobre 1971, n. 865). Se il procedimento per l'espropriazione per pubblica utilit e i nuovi criteri per la determinazione dell'indennit di espropriazione, stabiliti con la I. 22 ottobre 1971, n. 865 (c.d. legge sulla casa), siano applicabili anche alle espropriazioni promosse dall'Amministrazione della Pubblica Istruzione per lo scavo e la sistemazione di zone archeologiche in base agli artt. 54 e 57 della I. 1 giugno 1939. n. 1089 (n. 75). Opere d'arte -Rinvenute a bordo di navi straniere -Esportazione clandestina Sussistenza -Limiti -'(l. 1 giugno 1939, n. 1089; l. 25 settembre 1940, n. 1424; cod. civ. art. 28 disp. prel.; cod. proc. pen. art. 2). Se, malgrado il principio generale di diritto internazionale marittimo secondo il quale le merci esistenti a bordo di-una nave straniera si considerano merci 178 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELt.0 STATO estere >>, come tali soggette al potere dello Stato di bandiera, opere d'arte di cui non possa provarsi senz'altro la legittima provenienza rinvenute a bordo di navi straniere da diporto battenti bandiera di comodo, siano da ritenere oggetto di esportazione in violazione della legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424 nonch della I. 1 giugno 1939, n. 1089 sulla tutela del patrimonio artistico nazionale, con conseguente obbligo di denunzia del proprietario all'A.G. penale da parte della competente soprintendenza ai monumenti (n. 76). APPALTO Appalto operP pubbliche -Garanzia fideiussria in luogo delle ritenute sui pagamenti in conto -Applicabilit ai pagamenti effettuati prima dell'entrata in vigore l. 12 gennaio 1974, n. 8. Se la facolt concessa agli appaltatori di opere pubbliche dell'art. 1 della I. 12 gennaio 1974, n. 8 di costituire anche per i contratti in corso di esecuzione garanzia fideiussoria in sostituzione delle ritenute di garanzia sui pagamenti in conto, possa essere esercitata anche in relazione alle ritenute gi applicate sui pagamenti in conto effettuti prima dell'entrata in vigore della legge (n. 387). Appalto di opere pubbliche -Sospensione di lavori illegittimi -Aggravio di spese generali Determinazione dell'indennizzo spettante -(d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1060). In quel modo debba determinarsi l'indennizzo per le spese generali aggravate a danno dell'impresa appaltatrice di opere pubbliche in conseguenza di sospensione di lavori illegittimi (n. 388). Ritardi nei pagamenti degli acconti e del saldo -Interessi moratori -Onere di riserva -(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36, 37 e 54; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, artt. 35 e 36). Se in materia di interessi moratori per ritardo dell'Amministrazione nei pagamenti della rata di acconto e della rata di saldo in favore dell'appaltatore sussiste a carico di quest'ultimo l'onere della tempestiva riserva in applicazione degli artt. 36, 37 e 54 del r.d. 25 maggio 1895, n. 350 (n. 385). ASSICURAZIONI Assicuratore -Surroga nei diritti dell'assicurato -Danneggiato -Costituzione di parte civile -Inammissibilit -(art. 22 c.p.p.; r.d. 16 giugno 1938, n. 1275). Se l'assicuratore (nella specie l'Amministrazione P.T. che agisca in surrogazione quale istituto assicuratore dei propri dipendenti) possa costituirsi parte civile nel processo penale contro il danneggiante in relazione all'avvenuto pagamento delle indennit all'assicurato (dipendente) danneggiato (n. 92). Assicurazione obbligatoria -Violazioni -Accertamento -Su strade non statali e da parte di organi di polizia locale -Proventi -Spettanza -(l. 24 dicembre 1969, n. 990, artt. 32 e 33; t.u. 15 giugno 1959, n. 333, artt. 13( e 139; l. 3 maggio 1967, n. 317, artt. 5 e 6). Se i proventi contravvenzionali per infrazioni alla disciplina sulla assicurazione obbligatoria per la circolazione dei veicoli a motore previsti dagli artt. 32 PARTE II, CONSULTAZIONI e seguenti della 1. 24 dicembre 1969, n. 990, spettino allo Stato anche nel caso di accertamenti effettuati da organi di polizia locale per violazioni concesse su strade non statali (n. 93). ATTI AMMINISTRATIVI Atti paritetici -Impugnativa al T.A.R. -Anteriore al loro funzionamento -Irricevibilit -(l. 6 dicembre 1971, n. 1034, artt. 21 e 38; t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 36; cod. proc. civ., art. 5). Se nelle controversie meramente patrimoniali in materia di giurlsdizione esclusiva, relative ai c.d. atti paritetici promosse innanzi ai tribunali Amministrativi Regionali anteriormente al termine di cui all'art. 38 della 1. 6 dicembre 1971, n. 1034 possa eccepirsi la irricevibilit del ricorso per difetto di competenza e di giurisdizione (n. 30). AVVOCATI E PROCURATORI Difesa dello Stato -Comandi Nato -Patrocinio -Avvocatura dello Stato -(d.P.R. 9 luglio 1953, n. 693). Se i comandi Nato stabiliti in Italia e dipendenti dal Comando in Capo Forze Alleate Settore Sud Europa possano agire in giudizio con il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (n. 73). BELLEZZE ARTISTICHE E NATURALI Protezione delle bellezze naturali -Esecuzione di opere senza preventivo -Nulla osta della soprintendenza -Obbligo di denunzia all'Autorit giudiziaria -Limiti -(art. 734 c.p.; art. 361 c.p.; art. 2 c.p.p.; art. 7 l. 29 giugno 1938, n. 1497). Se (anche sotto il profilo della responsabilit penale dei funzionari della Soprintendenza per omessa denunzia di reato) la valutazione amministrativa di compatibilit o meno di un'opera con le bellezze naturali abbia carattere di autonomia rispetto al giudizio del magistrato in sede di accertamento del reato di distruzione o deturpamento di bellezze naturali previsto dall'art. 734 c.p. (n. 33). Protezione delle bellezze naturali -Giudicato penale sulla esistenza del reato di distruzione o deturpamento di bellezze naturali -Conseguenze -(art. 734 c.p.; art. 14 l. 29 giugno 1939, n. 1947; art. 15 l. 29 giugno 1939, n. 1497). Se l'intervenuto giudicato penale circa la sussistenza del reato di distruzione o deturpamento di bellezze naturali previsto dall'art. 734 c.p.c. vincoli l'Amministrazione, ovvero rimanga nella discrezionalit di questa applicare le opportune sanzioni amministrative o consentire il mantenimento delle opere in corrispettivo di una determinata indennit (n. 32). Vincolo paesistico -Dichiarazione di notevole interesse pubblico -Opere militari nella zona -Atto di concerto -Necesit -(l. 2 giugno 1939, n. 1497, art. 13). Se nell'adottare provvedimenti di vincolo paesistico sia necessario. procedere di concerto con l'Amministrazione militare qualora la zona vincolata comprenda anche opere militari (n. 30). 180 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Vincolo paesistico -Dichiarazione di notevole interesse pubblico -Preesistente vincolo di interesse militare -Rapporti -(l. 1 agosto 1921, n. 866; l. 29 giugno 1939, n. 1497, art. 13). Se il provvedimento di vincolo paesistico che incida su zone gi vincolate nell'interesse militare limiti o pregiudichi i poteri di spettanza dell'Amministrazione militare (n. 31). Vincolo storico -Artistico -Immobile privato notificato -Modifica non autorizzata -lnelimabilit o impossibilit di ripristino -Pretesa risarcitoria della P. A. -(l. 1 giugno 1939, n. 1089, artt. 2, 3, 5, 12, 21 e 59). Se la modifica di un immobile privato notificato ai sensi degli artt. 2, 3 e 5 della legge 1 giugno 1939, n. 1089, recante norme a tutela delle cose di interesse artistico o storico, eseguita senza l'autorizzazione della competente Soprintendenza, legittimi, qualora la detta modifica non possa essere eliminata, una pretesa risarcitoria dell'Amministrazione ai sensi dell'art. 59, 3 comma, della legge citata (n. 34). BENEFICENZA E ASSISTENZA Assunzioni obbligatorie -Obblighi del datore di lavoro -Mancata assunzione del lavoratore avviato -Sanzione applicabile -(l. 2 aprile 1968, n. 482, artt. 16, 4 comma, e 23, 2 e 3 comma). Se al privato datore di lvoro che, dopo aver fatto richiesta all'ufficio Provinciale del Lavoro ai sensi dell'art. 16, 4 comma, della 1. 2 aprile 1968, n. 482 sulle assunzioni obbligatorie di invalidi civili e altre categorie beneficiate, non provveda poi di fatto ad assumere il lavoratore avviato al lavoro da tale ufficio sia applicabile la sanzione di cui all'art.; 23, 3 comma, della citata legge ovvero quella pi grave prevista dal 2 comma dello stesso art. 23 (n. 2). BORSA Agenti di cambio -Divieto di personale interesse -Operazioni di borsa -Nozione (r.d. 30 giugno 1932, n. 815, art. 10). Se nella nozione di " operazioni di borsa '" ai fini dell'applicazione del divieto di avervi personale interesse stabilito dall'art. 10 del r.d. 30 giugno 1932, n. 815, siano compresi solo i tipici contratti di borsa ovvero anche qualsiasi atto speculativo che si svolga nelle borse intese come mercati a negoziazione indiretta attraverso intermediari qualificati (agenti di cambio) (n. 30). CACCIA E PESCA Molluschicoltura -Poteri di vigilanza -Delega alle Regioni -Molluschi eduli Autorizzazione alla coltivazione -Competenza -(d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, art. 13, n. 15; l. 4 luglio 1929, n. 1315, art. 1). Se nei poteri di vigilanza in materia di molluschicoltura, il cui esercizio stato delegato alle Regioni a statuto ordinario in forza dell'art. 13 n. 15 del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, sia compresa anche la competenza a rilasciare autorizzazioni per la coltivazion~ dei molluschi eduli ai sensi dell'art. 1 della 1. 4 luglio 1929, n. 1315 (n. 41). PARm II, CONSULTAZIONI CIRCOLAZIONE STRADALE Assicurazione obbligatoria -Violazioni -Accertamento -Su strade non statali e da parte di organi di polizia locali -Proventi -Spettanza -(l. 24 dicembre 1969, n. 990, artt. 32 e 33; t.u. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 137 e 139; l. 3 maggio 1967, n. 317, artt. 5 e 6). Se i proventi contravvenzionali per infrazioni alla disciplina sulla assicurazione obbligatoria per la circolazione deiveicoli a motore previsti dagli artt. 32 seguenti della legge 24 dicembre 1969, n. 990, spettino allo Stato anche nel caso di accertamenti effettuati da organi di polizia locale per violazioni commesse su strade non statali (n. 51). Poteri dell'autorit comunale -Parchimetri a pagamento -Imposizione custodia dei veicoli -Mancanza -Legittimit del provvedimento -(d.P.R. 15 giugno 1959, n. 383, art. 4). Se sia legittimo da parte del Sindaco imporre l'uso dei parchimetri a pagamento senza prevedere, come corrispettivo, la custodia dei veicoli (n. 52). COMMERCIO Disciplina dei prezzi dei beni di largo consumo carni fresche e bestiame vivo da macello -(d.l. 24 luglio 1973, n. 427 conv. in legge 4 agosto 197, n. 496, art. 2, n. l, d.m. 3 agosto 1973, art. 13). Se il regime del blocco dei prezzi fissato per le carni fresche di qualunque specie animale si applichi anche al bestiame vivo da macello (n. 33). Impianti di distribuzione carburanti -Disciplina -Violazioni -Sanzioni pecuniarie -Impugnazione -Competenza giurisdizionale dell'A.G.O. -(1. 28 luglio 1971, n. 538, art. 10). Se i provvedimenti di applicazione delle sanzioni pecuniarie per contravvenzioni alla disciplina dei turni festivi degli impianti di distribuzione di carburante incidono su situazioni di diritto soggettivo e siano pertanto di competenza del giudice ordinario le relative controversie (n. 32). Impianti di distribuzione carburanti -Disciplina -Violazioni -Sanzioni pecuniarie -Impugnazione -Competenza giurisdizionale dell'A.G.O. -(l. 28 luglio 1971, n. 538, art. 10). Se i provvedimenti di applicazione delle sanzioni pecuniarie per contravvenzioni alla disciplina dei turni festivi degli impianti di distribuzione di carburante incidano su situazioni di diritto soggettivo e siano pertanto di competenza del giudice ordinario le relative controversie (n. 34). COMU,NI E PROVINCIE Consorzi per la industrializzazione -Partecipazione dei Comuni -Facolt di recesso -Limiti -(l. 31 maggio 1964, n. 357, art. 19 bis; l. 4 novembre 1963, n. 1457; cod. civ. art. 2609). Se nel caso di consorzio amministrativo per la realizzazione dei nuclei di industrializzazione, costituito ai sensi della legge 31 maggio 1964, n. 357 (integra 182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tiva e modificativa della legge 4 novembre 1963, n. 1457), la cui durata sia prevista dallo statuto limitata nel tempo, sia ammissibile il recesso per giusta causa da parte di uno dei Comuni partecipanti al consorzio medesimo (n. 160). Consorzi per la industrializzazione -Partecipazione dei Comuni -Obbligatoriet o facoltativit -(l. 31 maggio 1964, n. 357, art. 19 bis; l. 4 novembre 1963, n. 1457; cod. civ. artt. 2616 e 2618). Se la partecipazione dei Commi.i ai Consorzi per la realizzazione dei nuclei di industrializzazione costituiti a sensi della legge 31 maggio 1964, n. 357 (intewativa e modificativa della legge 4 novembre 1963, n. 1457) debba ritenersi obbligatoria ovvero facoltativa (n. 159). Sanit locale -Provvedimenti -Con impegna di spesa a carico del Comune -Competenza -(d.P.R. 11 febbraio 1961, n. 264, art. 2). Se i provvedimenti in materia di sanit locale, quali ordinanze di sgombero di vaccherie, stalle e simili, che comportino impegni di spese a carico del Comune rientrino nella competenza dell'ufficiale sanitario ai sensi dell'art. 2 del d.P.R. 11 febbraio 1961, n. 164 ovvero in quella del Sindaco (n. 163). Sanit locale -Ufficiale sanitario -Natura -Competenza generale -(d.P.R. 11 febbraio 1962, n. 264, art. 2). Se per effetto dell'art. 2 del d.P.R. 11 febbraio 1962, n. 261 l'ufficiale sanitario comunale sia diventato da organo locale meramente tecnico autorit locale in materia sanitria con competenza generale (n. 162). ' Sindaco -Decreto di citazione a giudizio -Sospensione delle funzioni -Successiva elezione al Parlamento Effetti -(r.d. 3 marzo 1934, n. 383, art. 270; l. 10 novembre 1970, n. 852, art. 1 Cost., art. 68). Se il provvedimento di sospensione dalle funzioni comunicato ad un amministratore comunale (sindaco) a seguito di decreto di citazione a giudizio conservi efficacia, ove pi non sussista la condizione di procedibilit per essere il suddetto amministratore eletto deputato (n. 161). COMUNIT ECONOMICA EUROPEA Comunit economiche europee -Importi compensativi monetari -Importazioni di carne da paesi terzi -Contratti anteriori al 19 dicembre 1971 -Esenzione Condizione valutaria -Legittimit -(regolamento C.E.E. 12 maggio 1971, n. 974; regolamento e.E.E. 17 maggio 1971, n. 1013, art. 4; regolamento C.E.E. 30 dicembre 1971, n. 2887, art. 4; d.l. 15 novembre 1972, n. 661, art. 20). Se lo Stato italiano e gli altri Stati membri" fossero autorizzati ad imporre importi compensativi monetari su importazioni di carni bovine congelate in provenienza da paesi terzi, effettuate in base a contratti stipulati anteriormente alla data prevista nei regolamenti comunitari, qualora tali contratti prevedessero il pagamento in dollari USA (n. 16). Comunit economiche europee -Organizzazioni comuni di mercato -Titolo di importazione -Smarrimento -Estinzione obbligo di importare -Causa di forza maggiore. Se, nell'ambito delle organizzazioni comuni di mercato, lo smarrimento del titolo d'importazione costituisca, di per s, causa di estinzione dell'obbligo di importare gravante sUll'operatore, ovyero possa costituire causa di forza maggiore in base alla quale ritenere detto obbligo estinto (n. 15). PARTE II, CONSULTAZIONI Imposta di R.M. e complementare -Trattato e convenzione C.E.C.A. -Dipendenti societ minerarie -Corresponsione indennit c.d. extra d'attesa -Assoggetta bilit al tributo -(l. 28 marzo 1968, n. 405; trattato internaz. 18 aprile 1951, art. 5; d.P.R. 16 ottobre 1954, n. 1270). Se, anteriormente all'entrata in vigore della legge di esenzione 28 marzo 1968, n. 405, siano soggette ad imposta di ricchezza mobile e complementare le c.d. indennit extra di attesa corrisposte all'atto del licenziamento ai lavoratori di societ minerarie carboniere in virt dell'art. 6 del trattato internazionale 18 aprile 1951 istitutivo della Comunit Europea del Carbone e dell'acciaio e dell'art. 23 della relativa convenzione (n. 17). CONCESSIONI AMMINISTRATIVE Demanio marittimo -Concessioni -Attivit degli uffici del genio civile -Compensi e parcelle -(d.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328, artt. 11 e 12; d.l. 31 luglio 1954, n. 836, art. 1; l. 26 settembre 1954, n. 860; l. 15 novembre 1973, n. 734, art. 21). Se possa imporsi a carico di coloro che chiedono la concessione di beni del demanio marittimo il pagamento di compensi e parcelle professionali per l'attivit svolta dai funzionari dell'ufficio del genio civile (opere marittime) ai sensi dell'art. 12 del regolamento per la navigazione marittima approvato con d.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328 (n. 128). CONTABILIT DELLO STATO Contabilit dello Stato -Acquisto di immobili -Libert e propriet -Certificati Visure notarili -(d.m. 24 agosto 1940, n. 2948, art. 826). Se nelle procedure di acquisto di beni immobili le Amministrazioni dello Stato debbano acquisire la documentazione concernente la libert e propriet degli immobili medesimi ovvero possano sostituire i relativi certificati con una relazione di visura affidata ad un notaio (n. 307). CONTABILIT DELLO STATO Fermo amministrativo -Enti pubblici diversi dallo Stato -Applicabilit -Limiti (r.d. 20 novembre 1923, n. 2440, art. 69, ultimo comma, l. 10 agosto 1950, n. 646, art. 8). Se il fermo amministrativo dei crediti della P.A. di cui all'art. 69, ultimo comma, della legge di contabilit generale dello Stato sia invocabile a favore di Enti pubblici che non siano soggetti in via generale alle norme sulla contabilit dello Stato (nella specie: Cassa per il Mezzogiorno) (311). Forniture -Inadempienze per sciopero incidente sul sub-fornitore -Responsabilit. Se il fornitore che non adempie o ritardi ad adempiere a causa di scioperi che compiscano l'attivit del suo sub-fornitore possa invocare la causa di forza maggiore (309). 184 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Immobili urbani -Locazioni passive della P.A. regime vincolistico -Applicabilit (d.l. 24 luglio 1973, n. 426, art. 1; l. 26 novembre 1969, n. 833; d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, art. 56). Se il regime vincolistico di proroga legale e blocco dei canoni stabilito dal d.I. 4 luglio 1973, n. 426 si applichi anche alle locazioni passive di immobili urbani stipulate dalle Amministrazioni statali per disporre di locali necessari ad uffici o servizi (n. 310). Versamento contributi previdenziali -Inadempienza della P.A. -Interessi moratori -Degenza -Limiti -(cod. civ., art. 1282; r.d. 23 maggio 1924, n. 827, art. 277). Se le Amministrzioni dello Stato'che siano inadempienti all'obbligo del versamento dei contributi previdenziali dovuti per legge siano altres tenute alla corresponsione di somme aggiuntive a titolo di interessi moratori per il periodo anteriore alla emissione del titolo di spese (n. 308). CONTENZIOSO TRIBUTARIO Imposte dirette -Condono -Giudizio in corso -Sospensione -Definizione senza ulteriore iscrizione a ruolo -Applicabilit -(l. 19 dicembre 1973, n. 823, artt. Z e 11). Se si applichi la sospensione del giudizio prevista dall'art. 11 della I. 19 dicem-bre 1973, n. 823, relativa alle norme per agevolare la definizione delle pendenzein materia tributaria, nel caso in cui la definizione della vertenza fiscale avvenga senza che vi sia ulteriore iscrizione a ruolo per effetto della definizione anzidetta (n. 13). CONTRABBANDO Generi di monopolio -Sequestro penale -Devoluzione all'Amministrazione de! monopoli -Accreditamento del prezzo -Criteri di determinazione -(l. 17 luglio 1942, n. 907, art. 199). Se in caso di sequestro di generi di monopolio per violazione della legge sui monopoli, il prezzo da accreditare per la devoluzione all'Amministrazione della merce sequestrata debba corrispondere al valore di mercato dei beni ovvero a quanto effettivamente ricavato dall'Amministrazione con la loro utilizzazione (n. 55). Tabacco lavorato estero -Contrabbando -Provvedimenti relativi alla merce sequestrata -Modalit e competenza -(1. 25 settembre 1940, n. 1242, art. 140; l. 17 luglio 194, n. 907, art. 109; d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 333). Se, concorrendo con la violazione alla legge sui monopoli la violazione alla legge doganale, i provvesimenti relativi all'utilizzazione del tabacco lavorato estero sequestrato debbono essere adottati ai sensi dell'art. 109 della legge sui monopoli (automatica devoluzione all'Amministrazione con accreditamento del prezzo) ovvero ai sensi dell'art. 140 (ora 333) della legge doganale (vendita previo provvedimento dell'Autorit giudiziaria) (n. 56). PARTE II, CONSULTAZIONI CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI Immobili in Pozzuoli -Danni da bradisismo -Contributo di riparazione o ricostruzione -Ordinanza di sgombero -Necessit e limiti -(d.l. 1 giugno 1971, n. 290, artt. 1, lett. h), 2, 7 e 16; l. 19 luglio 1971, n. 465). Se per la concessione del contributo previsto dal d.I. 1 giugno 1971, n. 290 (convertito in I. 19 luglio 1971, n. 465) per la riparazione o la ricostruzione di immobili urbani, siti in Pozzuoli, danneggiati dai fenomeni di bradisismo sia richiesto che l'immobile sia stato dichiarato inabitabile e abbia formato oggetto di ordinanza di sgombero ovvero di altro provvedimento a tutela della incolumit pubblica entro la data del 31 maggio 1971 (n. 117). CORTE DEI CONTI Dipendenti -Danno recato all'Ente regione -Responsabilit amministrativa Accertamento -Giudizio di responsabilit -Competenza -(r.d. 12 luglio 1934, n. 1414, art. 52; r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 83); d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 19; Cost. art. 103). Se la competenza ad accertare la responsabilit di dipendenti della Regione Friuli-Venezia Giulia, che con il loro comportamento abbiano arrecato danno alla Amministrazione da cui dipendono e a promuovere il relativo giudizio di responsabilit spetti alla Corte dei conti (n. 12). COSTITUZIONE Sindaco -Decreto di citazione a giudizio -Sospensione dalle funzioni -Successiva elezione al Parlamento -Effetti -(r.d. 3 marzo 1934, n. 383, art. 270; l. 10 novembre 1970, n. 852, art. 1; Cast., art. 68). Se il provvedimento di sospensione dalle funzioni comunicato ad un amministratore comunale (sindaco) a seguito di decreto di citazione a giudizio conservi efficacia, ove pi non sussiste la condizione di procedibilit per essere il suddetto amministratore eletto deputato (n. 58). DANNI DI GUERRA Imprese elettriche -Attivit esclusiva o principale -Trasferimento all'ENEL Danni di guerra -Provvedinze -Spettanza -(l. 6 dicembre 1962, n. 1643, art. 4, n. 1; d.P.R. 4 febbraio 1963, n. 36, art. 4; l. 29 settembre 1967, n. 955, art. 3, 1' comma; cod. civ., art. 2558, 2559 e 2560). Se spettino all'ENEL ovvero alle imprese espropriate le provvidenze (indennizzi e contributi) per danni di guerra relativi a beni appartenenti ad imprese elettriche nazionalizzate allorch queste ultime abbiano esercitato attivit elettriche in via esclusiva o principale (n. 152). Imprese elettriche -Attivit non esclusiva o principale -Trasferimento all'ENEL Danni di guerra -Provvidenze -Spettanza -(l. 6 dicembre 1962, n. 1643, art. 4, n. 2; d.P.R. 4 febbraio 1963, n. 36, art. 4; d.P.R. 25 febbraio 1963, n. 138, art. 3; l. 29 settembre 1967, n. 955, art. 3, 1 comma; cod. civ., artt. 2558, 2559, 2560). Se spettino all'ENEL ovvero alle imprese espropriate le provvidenze (indennizzi e contributi) per danni di guerra relative a beni appartenenti ad imprese 186 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO elettrich~ nazionalizzate allorch queste ultime non abbiano esercitato attivit elettriche in via esclusiva o principale (n. 153). Societ -Ammissione all'indennizzo -Nazionalit italiana -Partecipazione azionaria di cittadini stranieri -Rilevanza -(l. 27 dicembre 1953, n. 968, art. 1; l. 19 settembre 1967, n. 955, art. 1; cod. civ., artt. 2505, 2506, 2507, 2508 e 2509). Se per l'accertamento del requisito della nazionalit italiana della societ, come requisito per l'ammissione all'indennizzo per danni di guerra, sia sufficiente che la nazionalit italiana risulti in base ai presupposti richiesti dalle disposizioni dettate in materia dal codice civile ovvero occorra anche la Ulteriore condizione della non prevalenza della partecipazione azionaria straniera al capitale della societ (n. 151). Sopravvenienze ereditarie -Indennizzi per danni di guerra -Liquidazione al decuius -Legge nuova -Riliquidazione a favore dell'erede -Assoggettabilit al tributo -(l. 27 dicembre 1953, n. 968, art. 28, 1 comma; l. 29 settembre 1967, n. 955, art. 19; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 54). Se costituisca sopravvenienza ereditaria assoggettabile ad imposta di successione la riliquidazione per la quota di spettanza di danni di guerra gi liquidati al defunto dante causa, effettuata a seguito della sostituzione del 1 comma dell'art. 28 della 1. 27 dicembre 1953, n. 968 ad opera dell'art. 19 della legge 29 settembre 1967, n. 955 (n. 150). DAZI DOGANALI Dazi doganali -Restituzioni alla esportazione -Prodotti siderurgici -U guaii prodotti in cemento amianto -(l. 10 marza 1955, n. 103; d.P.R. 20 aprile 1955, n. 367; d.P.R. 9 ottobre 1957, n. 1167; l. 18 marzo 1958, n .284; l. 5 luglio 1964, n. 639; l. 8 novembre 1973; n. 773). Se la restituzione di dazi doganali ed altri oneri fiscali diversi dall'IGE per l'esportazione di prodotti industriali siderurgici sia dovuta, dopo la 1. 5 luglio 1964, n. 639, anche per l'esportazione di prodotti ivi espressamente contemplati ma che non siano costruiti in materiale sidenirgico, bens in cemento amianto (n. 906). DEMANIO Autostrade -Distanze di rispetto dal ciglio -Creazione di nuove pertinenze stradali -Spostamento delle fascie di rispetto -( d.m. 1 aprile 1968, art. 3; l. 6 agosto 1967, n. 765, art. 19). Se la creazione di aree di servizio lungo i raccordi autostradali comporti il trasferimento delle fascie di rispetto di mt. 60, come previsto dall'art. 3 del d.m. 1 aprile 1968, anche al di l delle pertinenze stradali da realizzare o ci anche ai fini della determinazione dell'indennit di espropriazione relativa alle porzioni di terreno eccedenti la profondit di mt. 60 misurata dal ciglio stradale (n. 274). Vincolo paesistico -Dichiarazione di notevole interesse pubblico -Opere militari nella zana -Atto di concerto -Necessit -(l. 29 giugno 1939, n. 1497, art. 13). Se nell'adottare provvedimenti di vincolo paesistico sia necessario procedere di concerto con l'Amministrazione militare qualora la zona vincolata comprenda anche opere militari (n. 272). PARTE II, CONSULTAZIONI Vincolo paesistico Dichiarazione di notevole interesse pubblico Preesistente vincolo di interesse militare Rapporti -(l. 1 giugno 1931, n. 866; l. 29 giu gno 1939, n. 1497, art. 13). Se il provvedimento di vincolo paesistico che incida su zone gi vincolate nell'interesse militare limiti o pregiudichi i poteri di spettanza dell'Amministrazione militare (n. 273). DIFESA DELLO STATO Difesa dello Stato Comandi Nato -Patrocinio -Avvocatura dello Stato (d.P.R. 9 luglio 1953, n. 693). Se i comandi Nato stabiliti in Italia e dipendenti dal Comando in Capo Forze Alleate Settore Sud Europa possano agire in giudizio con il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (n. 39). Dipendente militare Procedimento penale avanti Tribunale Militare Patrocinio dell'Avvocatura (r.d.l. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 44). Se possa concedersi, ai sensi dell'art. 44 del t.u. 30 ottobre 193, n. 1611, il patrocinio legale dell'Avvocatlira dello Stato a favore di un militare soggetto a procedimento penale presso il Tribunale Militare (n. 35). Istituti sperimentali per la zootecnica Istituti consorziali Patrocinio dell'Avvovatura (r.d.l. 25 novembre 1929, n. 2226, art. 14; r.d. 8 giugno 1940, n. 779; r.d. 29 maggio 1941, n. 489; r.d.l. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43; d.P.R. 23 novembre 1967, n. 1318, art. 46). Se l'Avvocatura dello Stato possa assumere il patrocinio legale, ai sensi dell'art. 43 del t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, di un Istituto sperimentale per la zootecnica che non sia compreso fra quelli elencati dall'art. 14 r.d.I. 25 novembre 1929, n. 2226 o nel r.d. 29 maggio 1941, n. 489 (n. 36). Istituto Nazionale Conserve Alimentari (INCA) -Patrocinio dell'Avvocatura dello Stato Esclusione (r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43; r.d. 8 giugno 1940, n. 779, art. unico; r.d.l. 8 febbraio 1923, n. 501; r.d. 31 agosto 1928, n. 2126, art. 1; d.P.R. 27 dicembre 1953, n. 1260). Se l'Istituto Nazionale per le Conserve Alimentari, in assenza di espressa autorizzazione contenuta in disposizioni di legge, di regolamento o di altro atto con valore di legge, possa avvalersi della rappresentanza e difesa in giudizio da parte dell'Avvocatura dello Stato ai sensi dell'art. 43 del t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611 (n. 37). Responsabilit civile -Trattati e convenzioni internazionali Trattato Nato Danni a Stato contraente Legittimazione attiva Stato di soggiorno (conversione di Londra 19 giugno 1951, art. 8, n. 5; l. 30 novembre 1955, n. 1335). Se in forza della convenzione di Londra sulla Nato lo stato di soggiorno sia legittimato a richiedere in giudizio il risarcimento dei danni subiti, ad opera di terzi, da altri Stati contraenti nell'esecuzone dei servizi previsti (n. 38). 188 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE Alloggio popolare -Contributo statale -Societ beneficiaria -Fallimento -Pre ventivo nulla aosta dell'Amministrazione -Mancanza -Effetti sulla proce dura concorsuale gi iniziata -( d.l.c.p.s. 8 maggio 1941, n. 399, artt. 1 e 2; d.l. 22 dicembre 1947, n. 1600; 1. 2 luglio 1949, n. 408, artt. 2 e 11; r.d. 28 aprile 1938, n. 1165, art. 80, 2 comma). Se, essendo stata dichiarata fallita una societ beneficiaria di contributo statale per la costruzione di alloggi popolari ai sensi del d.l.c.p.s. 8 maggio 1947, n. 399, come modificato con d.l. 22 dicembre 1947, n. 1600, e della legge 2 luglio 1949, n. 408, l'Amministrazione dei LL.PP. possa bloccare la procedura concorsuale gi iniziata senza il suo preventivo assenso o nulla osta, secondo il disposto dell'art. 80, 2 comma, del t.u. 28 aprile 1938, n. 1165 sull'edilizia economica e popolare (n. 263). Cooperative edilizie -Soci -Assegnazione di alloggio in propriet o df mutuo Mancata occupazione -Locazione a terzi -Sanzioni -(1. 14 febbraio 1963, n. 60, artt. 15 e 29, 1 comma; d.P.R. 11 ottobre 1963, n. 1471; d.P.R. 5 novembre 1964, n. 1614; d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035, art. 17). Se nei confronti di assegnatari di alloggi in propriet costruiti ai sensi della legge 14 febbraio 1963, n. 60 o di assegnatari di mutui concessi ai sensi della stessa legge, i quali non occupino effettivamente gli alloggi assegnati o costruiti o acquistati o li concedano in locazione, possano ai sensi della citata legge e dei relativi regolamenti di attuazione, approvati con d.P.R. 11 ottobre 1963, n. 1471 e con d.P.R. 5 novembre 1964, n. 1614 essere adottate sanzioni di decadenza a altre (n. 264). Imposta R.M. -Esenzioni e agevolazioni -Interessi su mutui contratti per costruzione abitazioni non di lusso -Proroga dei termini di ultimazione -Limiti (1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 18, 2 comma; 1. 2 febbraio 1960, n. 35, art. 2; l. 19 luglio 1961, n. 659, art. 1). Se il termine di ultimazione delle costruzioni per ottenere l'esenzione dall'imposta di ricchezza mobile cat. A sugli interessi sui mutui contratti per la costruzione di case di abitazione non di lusso ai sensi dell'art. 18, 2 comma, della legge 2 luglio 149, n. 408, abbia ricevuto proroga per effetto dell'art. 2 della legge 2 febbraio 1960, n. 35, o dell'art. 1 della legge 19 luglio 1961, n. 659 (n. 262). ELETTRICIT ED ELETTRODOTTI Imprese elettriche -Attivit esclusiva o principale -Trasferimento all'E.N.E.L. Danni di guerra -Provvidenze -Spettanza -(1. 6 dicembre 1962, n. 1643, art. 4, n. 1; d.P.R. 4 febbraio 1963, n. 36, art. 4; l. 29 settembre 1967, n. 955, art. 3, 1 comma; cod. civ. art. 2558, 2559 e 2560). Se spettino all'E.N.E.L. ovvero alle imprese espropriate le provvidenze (indennizzi e contributi) per danni di guerra relativi a beni appartenenti ad imprese elettriche nazionalizzate allorch queste ultime abbiano esercitato attivit elettriche in via esclusiva o principale (n. 57). 18J "eesz'stente l. 29 . gllJ '~colate IIIJ.istra. ~-1?. PARTE II, CONSULTAZION! ihe -Attivit non esclusiva o principale -Trasferimento al Danni di guerra -Provvidenze -Spettanza -(l. 6 dicembre 1962, . 4, n. 2; d.P.R. 4 febbraio 1963, n. 36, art. 4; d.P.R. 25 febbraio 1963, cJ; l. 29 settembre 1967, n. 955, art. 3, 1 comma; cod. civ. artt. 2558, io all'E.N.E.L. ovvero alle imprese espropriate le provvidenze (inden ibuti) per danni di guerra relative a beni appartenenti ad imprese ;izionalizzate allorch queste ultime non abbiano esercitato attivit .i via esclusiva o principale (n. 58). a Concessioni all'E.NE.L. -Competenza -(Statuto Valle d'Aosta, arti7, 8, 9, 12). fio a quando non vengano emanati provvedimenti legislativi che modifi.. ftuale normativa, l'adozione di provvedimenti di concessione all'E.N.E.L., jdroelettrico, di acque pubbliche esistenti in Val d'Aosta spetti allo Stato ktlla Regione a statuto speciale Valle d'Aosta (n. 56). JUZIONE FORZATA lito di un privato per rivalsa I.V.A. -Natura -Pignoramento presso terzi Ammissibilit -(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 17 e 18). i Se possa essere assoggettata a pignoramento presso terzi una somma dovuta JUo Stato ad un privato a titolo di rivalsa per imposta sul valore aggiunto, e { anche nel caso che il tributo non sia stato ancora corrisposto dal soggetto 1ssivo d'imposta (n. 60). . ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA Autostrade -Distanze di rispetto del ciglio -Creazione di nuove pertinenze stradali -Spostamento delle fascie di rispetto -(d.m. 1 aprile 1968, art. 3; l. 6 ago. sto 1967, n. 765, art. 19). Se la creazione di aree di servizio lungo i raccordi autostradali comporti il trasferimento delle fascie di rispetto di mt. 60, come previsto dall'art. 3 del d.m. 1 aprile 1968, anche al di l delle pertinenze stradali da realizzare e ci anche i fini della determinazione dell'indennit di espropriazione relativa alle :porzioni di terreno eccedenti la profondit di mt. 60 misurata dal ciglio stradale (n. 361). Costruzione di ippodromo -Dichiarazione di pubblica utilit -Competenza prefettizia -Limiti -Pubblico interesse provinciale -Necessit -(l. 25 giugno 1865, n. 2350, art. 10, 1 comma). Se il Prefetto abbia competenza, ai sensi dell'art. 10, 1 comma, seconda parte, della legge 25 giugno 1865, n. 2359, a dichiarare la pubblica utilit dell'opera ai fini dell'espropriazione di un'area da destinare alla costruzione di un ippodromo, qualora l'utilit di tale impianto sportivo non sia limitata all'ambito provinciale ma si estenda a livello nazionale (n. 358). 190 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Costruzione di ippodromo -Pubblico interesse. Se la costruzione di un ippodromo senza contributi o sovvenzioni da parte dello Stato possa essere considerata opera di pubblico interesse ai fini della espropriazione per pubblica utilit (n. 357). Espropriazione per pubblica utilit -Dopolavori postelegrafonici locali -(1. 12 marzo 1968, n. 325). Se sia consentito ai dopolavori postelegrafonici locali procedere ad espropriazione per pubblica utilit per la costruzione di impianti sportivi (n. 355). Espropriazione per pubblica utilit -Impianti sportivi -Dopolavoro P.T. -Dopolavori postelegrafonici locali -Procedimento -(r.d.l. 2 febbraio 1939, n. 302; l. 21 giugno 198, n. 1580; l. 22 ottobre 1971, n. 865). Se sia consentito ai dopolavori postelegrafonici locali procedere ad espropriazione per pubblica utilit secondo la procedura prevista dalla legge sulla casa 22 ottobre 1971, n. 865 per la costruzione di impianti sportivi (n. 356). Espropriazione per pubblica utilit -Impianti sportivi -Dopolavoro P.T. Ufficio Centrale Dopolavoro P.T. -Procedimento -(art. 9 l. 22 ottobre 1971, n. 865; art. 1 ter, l. 25 febbraio 197, n. 13). Se sia consentito all'Ufficio Centrale Dopolavoro P.T. ed alle aziende procedere ad espropriazione per pubblica utilit secondo la procedura prevista dalla legge sulla casa 22 ottobre 1971, n. 865 per la costruzione di impianti sportivi per il dopolavoro stesso (n. 354). Legge sulla casa -Procedimento e criteri di indennizzo -Scavi e sistemazioni archeologiche -Applicabilit -(1. 1 giugno 1939, n. 1089, artt. 54, 55, 56, 57; l. 22 ottobre 1971, n. 865). Se il procedimento per l'espropriazione per pubblica utilit e i nuovi criteri per la determinazione dell'indennit di espropriazione, stabiliti con la 1. 22 ottobre 1971, n. 865 (c:d. legge sulla casa), siano applicabili anche alle espropriazioni promesse dall'Amministrazione della Pubblica Istruzione per lo scavo e la sistemazione di zone archeologiche in base agli artt. 54 e 57 della legge 1 giugno 1939, n. 1089 (n. 360). Regione Friuli-Venezia Giulia -Attribuzione di poteri statali -Estensione -(d.P.R26 agosto 1965, n. 1116, artt. 22 e 30). Se per effetto degli artt. 22 e 30 del d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116, che hanno attribuito alla Regione Friuli-Venezia Giulia i poteri gi spettanti allo Stato in materia di espropriazione per pubblica utilit, siano da ritenere trasferiti alla Regione suddetta i poteri espropriativi con riguardo ad ogni tipo di espropriazione (con esclusione solo di quelle riguardanti opere a carico dello Stato) owero solo con riguardo alle espropriazioni per l'esecuzione di opere pubbliche in senso stretto (n. 352). Regione Friuli-Venezia Giulia -Espropriazioni per la zona industriale di Trieste Opere portuali -Competenza -(d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116, artt. 22 e 30). Se la competenza in materia di espropriazioni per opere portuali a favore l'Ente Zona Industriale di Trieste (E.Z.I.T.) sia da ritenere ricomprensa nell'attribuzione dallo Stato alla Regione Friuli-Venezia Giulia dei poteri in materia operata con gli artt. 22 e 30 del d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116 owero sia rimasta allo Stato (n. 353). PARTE II, CONSULTAZIONI Zone terremotate del viterbese -Abitazioni per i senza tetto -Espropriazione aree occorrenti -Legislazione applicabile -(d.l. 1 aprile 1971, n. 119, artt. 9, 10 e 11; l. 26 maggio 971, n. 288; d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, art. 13; d.P.R. 5 maggio 1973, n. 45, art. 4 lett. e); l. 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 9, 16 e 20). Se per la espropriazione delle aree occorrenti per la costruzione di abitazioni per i senza tetto in Comune di Piansano (prov. Viterbo) colpito dal sisma del 1971, possano trovare applicazione le disposizioni di cui agli artt. 9 e 10 del d.l. 1 aprile 1971, n. 119 (convertito con modificazioni in legge 26 maggio 1971, n. 288) ovvero si applichino le disposizioni di cui alla legge 22 ottobre 1971, n. 865 (n. 359). FALLIMENTO Alloggio popolare -Contributo statale -Societ beneficiaria -Fallimento -Preventivo nulla osta dell'Amministrazione -Mancanza -Effetti sulla procedura concorsuale gi iniziata -(d.l.c.p.s. 8 maggio i947, n. 399, artt. 1 e 2; d.l. 22 dicembre 1947, n. 1600; l. 2 luglio 1949, n. 408, artt. 2 e 11; r.d. 28 aprile 1938, n. 1165, art. 80, 2 comma). Se, essendo stata dichiarata fallita una societ beneficiaria di contributo statale per la costruzione di alloggi popolari ai sensi del d.l.c.p.s. 8 maggio 1947, n. 339, come modificato con d.l. 22 dicembre 1947 n. 1600, e della legge 2 luglio 1949, n. 408, l'Amministrazione dei LL.PP. possa bloccare la procedura concorsuale gi iniziata senza il suo preventivo assenso o nulla osta, secondo il disposto dell'art. 80, 2 comma, del t.u. 28 aprile 1938, n. 1165 sull'edilizia economica e popolare (n. 148). FARMACIE Concorso -Ammissione -Requisiti -Anzianit -Diritto transitorio -(l. 2 aprile 1968 n. 475, artt. 3 e 25). Se relativamente ai concorsi per il conferimento di farmacie urbane, banditi entro i 5 anni dall'entrata in vigore della legge 2 aprile 1968 n. 475, fosse necessario per l'ammissione il requisito di cinque anni di anzianit come direttore di farmacia prescritto dall'art. 3 della citata legge (n. 32). Concorso -Ammissione -Requisiti -Qualit di docente universitario -Esclusione l. 2 aprile 1968 n. 457, artt. 13 1 comma e 25). Se, ai sensi dell'art. 13, 1 comma, della legge 2 aprile 1968 n. 475 osti alla possibilit di ammissione al concorso per il conferimento di farmacie urbane bandito entro i 5 anni dall'entrata in vigore della citata legge, la circostanza che il candidato, pur farmacista non titolare, sia al momento del bando professore universitario, aiuto o assistente ordinario, straordinario o volontario (n. 30). Concorso -Docente universitario di ruolo -Autorizzazione all'esercizio Dimissioni dall'impiego -(l. 2 aprile 1968 n. 475, art. 13, 2 comma). Se, nella ipotesi in cui un docente universitario di ruolo sia risultato vincitore di concorso per il conferimento. di farmacie urbane, l'autorizzazione alla farmacia sia subordinata alle dimissioni del docente dall'impiego pubblico nonch alla intervenuta accettazione di tali dimissioni da parte dell'universit (n. 31). 192 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO FERROVIE Ferrovie; carta di libera circolazione, medici fiduciari F.S. -1. 5 dicembre 1941. n. 1476 art. 82 legge 7 luglio 1967 n. 428 r.d.l. 8 gennaio 1925 n. 34 r.d. 29 gennaio 1942 n. 286 legge r novembre 1955 n. 1108 d.m. 19 giugno 1974 n. 7343). Se, con l'entrata in vigore del nuovo regolamento dei medici fiduciari F.S. (d.m. 19 giugno 1974 n. 7343) che, limitando ai soli sanitari in servizio la concessione della carta di libera circolazione sui treni, ha modificato la precedente disciplina regolamentare escludendo dal beneficio i sanitari cessati dall'incarico, si debba tuttavia conservare il menzionato beneficio a coloro tra questi ultimi che furono assunti in base alla precedente normativa (n. 443). Tariffe ferroviarie -Modifiche approvate con .decreto ministeriale -Pubblicazione -Modalit -(r.d.l. 25 gennaio 1940 n. 9, art. 6 lett. C e D legge 13 maggio 1940, n. 674, art. 6, lett. C e D. R.D. 24 settembre 1931, n. 1256, art. 7). Se le modificazioni delle tariffe ferroviarie che possono essere approvate con decreti ministeriali ai sensi dell'art. 6 lett..c) e d) r.d.l. 25 gennaio 1940 n. 9, convertito in legge 13 maggio 1940 n. 674, debbano essere obbligatoriamente pubblicate nella Gazzetta Ufficiale, ai sensi dell'art. 7 del r.d. 24 settembre 1931, n. 1256, ovvero sia sufficiente che le stesse siano pqbblicate soltanto nel bollettino ufficiale del Ministero dei Trasporti (n. 442). FORESTE Regione Marche -Legge n. 6/1973 sulla protezione della flora, costruzione di nuove strade da parte dell'ANAS, rispetto della legge (art. 1 legge Regione Marche 22 febbraio 1973 n. 6 art. 3 legge Regione Marche 22 febbraio 1973 n. 6). Se l'ANAS sia tenuta, riel tracciare ed eseguire nuovi tronchi di strade statali, all'osservanza della legge della Regione Marche sulla protezione della flora, che vieta in modo assoluto l'abbattimento degli alberi di alto fusto secolari e di particolare valore naturalistico ed ambientale delle specie da essa indicate (n. 15) GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA Atti paritetici -Impugnativa al TAR -Anteriore al loro funzionamento -Irricevibilit -(l. 6 dicembre 1971, n. 1034, artt. 1 e 38; t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 36; cod. procfl. civ. art. 5). Se nelle controversie meramente patrimoniali in materia di giurisdizione esclusiva, relativa ai c.d. atti paritetici promosse innanzi ai tribunali Amministrativi Regionali anteriormente al termine di cui all'art. 38 della 1. 6 dicembre 1971 n. 1034 possa eccepirsi la irricevibilit del ricorso per difetto di competenza o di giurisdizione (n. 2). Giustizia amministrativa: ricorsi al T AR -Spostamento di competenza per connessione oggettiva -Impugnativa congiunta di atto normativo emanato da Autorit Centrale e atto esecutivo di autorit locate -Competenza del TAR (l. 6 dicembre 1971, n. 1034). Se in caso di impugnativa di atto normativo (generale) presupposto emanato da autorit Centrale dello Stato insieme con atto esecutivo puntuale di autorit locale, la competenza per connessione spetti al TAR del Lazio (n. 3). PARTE II, CONSULTAZIONI Ricorso alla G.P.A. -Natura amministrativa -Istituzione e funzionamento dei T.A.R. -Rimessione -(l. 11 giugno 1971, n. 426, art. 32; l. 6 dicembre 1971, n. 1034, artt. 38 e 42). Se, in ordine a un ricorso proposto dinanzi alla Giunta Provinciale Amministrativa ai sensi dell'art. 3 della legge 11 giugno 1971, n. 426, una volta sopravvenuta la istituzione e il funzionamento dei tribunali Regionali Amministrativi possa trovare applicazione l'istituto della rimessione ovvero se tale ricorso, in quanto proposto prima di tale funzionamento, debba essere esaminato e deciso dalla Giunta, e in quanto proposto successivamente, debba essere dichiarato inammissibile (n. 1). GUERRA Benefici a favore dei dipendenti ex combattenti -Profughi per applicazione trattato di pac -Profughi da zone colpite dalla guerra -Equiparabilit -(1. 4 marzo 1052, n. 137, art. 1 n. 4; l. 24 maggio 1970, n.fl 336, art. 1). Se possano ritenersi ricompresi nelle categorie dei destinatari dei benefici previsti a favore dei dipendenti civili dello Stato e degli Enti pubblici ex com battenti e assimilati dalla legge 24 maggio 1970 n. 336, e in particolare possano assimilarsi alla categoria dei profughi per l'applicazione del trattato di pace di cui all'art. 1 legge n. 336/70 cit., tutti i soggetti contemplati nella legge 4 marzo 1952, n. 137 e in particolare la categoria dei profughi da zone del territorio nazionale colpito dalla guerra di cui all'art. 1 n. 4 della legge n. 137I 51 cit. (n. 140). IDROCARBURI Impianti di distribuzione carburanti -Disciplina -Violazioni -Sanzioni pecuniarie Impugnazione -Competenza giurisdizonale dell'A.G.O. -(l. 28 luglo 1971, n. 538, art. 10). Se i provvedimenti di applicazione delle sanzioni pecuniarie per contravvenzioni alla disciplina dei turni festivi degli impianti di distribuzione di carburante incidono su situazioni di diritto soggettivo e siano pertanto di competenza del giudice ordinario le relative controversie (n. 9). IGIENE E SANIT Molluschicoltura -Poteri di vigilanza -Delega alle Regioni -Molluschi eduli . Autorizzazione alla coltivazione -Competenza -(d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 1, art. 13, n. 15; l. 4 luglio 1929, n. 1315, art. 1). Se nei poteri di vigilanza in materia di molluschicoltura, il cui esercizio stato delegato alle Regioni e statuto ordinario in forza dell'art. 13, n 15 del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 1, sia compresa anche la competenza a rilasciare autorizzazioni per la coltivazione dei molluschi eduli ai sensi dell'art. 1 della legge 4 luglio 1929, n. 1315 (n. 17). Sanit locale -Provvedimenti -Con impegno di spesa a carico del Comune -Competenza -(d.P.R. 11 febbraio 1961, n. 264, art. 2). Se i provvedimenti in materia di sanit locale, quali ordinanze di sgombero di vaccherie, stalle e simili, che comportino impegni di spese a carico del Comune 19.J RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rientrino nella competenza dell'ufficiale sanitario ai sensi dell'art. 2 del d.P.R. 11 febbraio 1961, n. 264 ovvero in quella del Sindaco (n. 15). Sanit locale -Ufficiale sanitario -Natura -Competenza generale -(d.P.R. 11 febbraio 1962, n. 264, art. 2). Se per effetto dell'art. 2 del d.P.R. 11 febbraio 1962, n. 264 l'ufficiale sanitario comunale sia diventato da organo locale meramente tecnico autorit locale in materia sanitaria con competenza generale (n. 14). Trasferimento degli uffici dallo Stato alle Regioni -Consiglio Provinciale di Sanit -Potere di nomina dei membri non di diritto -Spettanza -(d.P.R. 11 febbraio 1961, n. 57, art. 12; d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, art. 12, 2 comma, lett. A). Se a seguito del trasferimento dallo Stato alla Regione degli uffici periferici del Ministero della Sanit e di altri organi competenti in materia sanitaria e ospedaliera, operato dall'art. 1 del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, il Prefetto conservi tuttora il potere di nomina dei membri non di diritto del Consiglio Provinciale di Sanit ai sensi dell'art. 12 del d.P.R. 11 febbraio 1961, n. 257 ovvero tale potere debba essere ora esercitato dal competente organo regionale (n. 16). IMPIEGO PUBBLICO Benefici a favore dei dipendenti ex combattenti -Profughi per applicazione trattato di pace -Profughi da zone colpite dalla guerra -Equiparabilit -(l. 4 marzo 1952, n 137, art. 1, n. 4; l. 24 maggio 1970, n. 336, art. 1). Se possano ritenersi ricompresi nelle categorie dei destinatari dei benefici previsti a favore dei dipendenti civili dello Stato e degli Enti pubblici ex combattenti e assimilati dalla legge 24 maggio 1970, n. 336, e in particolare possano assimilarsi alla categoria dei profughi per l'applicazione del trattato di pace di cui all'art. 1 legge n. 336/70 cit., tutti i soggetti contemplati nella legge 4 marzo 1952, n. 137 e in particolare la categoria dei profughi da zone del territorio nazionale colpite dalla guerra di cui all'art. 1, n. 4 della legge 137/52 cit. (n. 789). Benefici combattentistici -Dipendenti Enti pubblici -Indennit di buonuscita Liquidazione -Criteri propri dei dipendenti statali -Applicabilit -(l. 24 maggio 1970, n. 336, art. 4; l. 9 ottobre 1971, n. 824, art. 4; d.P.R. 5 giugno 1965, n. 759, art. 1). Se la commisurazione dell'indennit di buonuscita in rapporto all'anzianit convenzionale riconosciuta in via di beneficio combattentistico debba essere effettuata secondo la regola propria degli impiegati dello Stato, e cio sul parametro dell'80% dello stipendio annuo, anche per quei dipendenti di Enti pubblici che siano muniti di un diverso regime di liquidazione dell'indennit di fine rapporto (n. 788). Demanio marittimo -Concessioni -Attivit degli uffici del .genio civile -Compensi e parcelle -(d.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328, artt. 11e12; d.l. 31luglio1954, n. 533, art. 1; l. 26 settembre 1954, n. 869; l. 15 novembre 1973, n. 734, art. 21). Se possa imporsi a carico di coloro che chiedono la concessione di beni del demanio marittimo il pagamento di compensi e parcelle professionali per l'attivit svolta dai funzionari dell'ufficio del genio civile (opere marittime) ai sensi dell'art. 12 del regolamento per la navigazione marittima approvato con d.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328 (n. 803). PARTE II, CONSULTAZIONI Dipendenti -Danno recato all'Ente regione -Responsabilit amministrativa Accertamento -Giudizio di responsabilit -Competenza -(r.d. 1 luglio 1934, n. 1214, art. 52; r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 83; d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 19; Cost., art. 103). Se la competenza ad accertare la responsabilit di dipendenti della Regione Friuli Venezia Giulia, che con il loro comportamento abbiano arrecato danno all'Amministrazione da cui dipendono e a promuovere il relativo giudizio di responsabilit spetti alla Corte dei conti (n. 804). Dipendenti ex combattenti -Benefici -Esodo volontrio -Domanda con termine iniziale -Decesso anteriore al termine -Effetti -(l. 24 maggio 970, n. 336, art. 3; l. 9 ottobre 1971, n. 924). Se i benefici di cui alle leggi 24 maggio 1970, n. 336 e 9 ottobre 1971, n. 924 a favore dei dipendenti pubblici ex combattenti possano applicarsi nella ipotesi che il dipendente, dopo aver chiesto il collocamento a riposo anticipato, sia deceduto anteriormente al termine di cessazione dal servizio indicato nella domanda di esodo volontario (n. 793). Dipendenti ex combattenti -Benefici economici -Prescrizione biennale -Applicabilit generale -(l. 24 maggio 1970, n. 336). Se ai benefici economici previsti per i pubblici dipendenti ex combattenti dalla legge 24 maggio 1970, n. 336 vada applicata la prescrizione biennale ivi prevista anche quando la disciplina dell'Ente pubblico preveda specificatamente per i propri dipendenti la operativit della prescrizione quinquennale (794). Enti lirici -Contratto di scrittura teatrale -Natura difetto di giurisdizione dell'A. G.O. -Limiti -(l. 14 ago~to 1967, n. 800; r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 29, n. 1; l. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 7, 2 comma; l. 11 giugno 1973, n. 533, art. 1; c.p.c. art. 409). Se il contratto di scrittura teatrale, inteso come contratto di lavoro subordinato a termine, stipulato con un Ente lirico, come tale avente natura di Ente pubblico non economico ai sensi della I. 14 agosto 1967, n. 800, dia luogo a rapporto di impiego pubblico, sottoposto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (n. 797). Impiegato civile dello Stato -Procedimento disciplinare -Sopravvenuta cessazione del rapporto di impiego -Presclusione -(art. 118 d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3; l. 8 giugno 1966, n. 424). Se sia ammissibile la irrogazione della sanzione disciplinare a carico di pubblico impiegato nel caso in cui, nel corso del relativo procedimento, sia intervenuta la cessazione del rapporto di impie~o (n. 792). Impiegato statale -Nuova retribuzione disposta dal d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1079 -Riconoscimento dell'anzianit di servizio nella qualifica inferiore ai fini della determinazione di una retribuzione non inferiore nella qualifica superiore posseduta al 1 luglio 1970 -(art. 3 d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1079; art. 11 d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1079). Se il riconoscimento dell'anzianit complessiva di carriera ai fini degli aumenti periodici di stipendio disposto dall'art. 3 del d.P.R. 28 dicembre 1970, n 1079 (che