-ANNO XXXVI -N. 6 NOVEMBRE -DICEMBRE 1984 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servtzio ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1985 ABBONAMENTI ANNO 1985 ANNo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 33.350 UN NUMERO SEPARATO , 6.100 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Commerciale -Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma e/e postale n. 387001 Stampato in ltalia -Printed in Italy Jl.utorlzzazlonc" Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 lu11lio 1966 (6219206) Roma, 1984 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato -P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura delfavv. Franco Favara) . . . . . . pag. 837 sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE (a cura de//'avv. Oscar Fiumara) . . . li 900 Sezlcme terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDI. ZIONE (a cura-degli avvocati Carlo Carbone, Carlo Sica e Antonio Cingolo) . . . li 939 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura degli avvocati Paolo Cosentino e Anna Cenerini) . . . . . li 949 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura degli avvocati Raffaele Tamiozzo e G. P. Polizzi} , 968 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura delfav , vocato Carlo Baflle) 998 Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (a cura degli avvocati Sergio Laporta, Piergiorgio Ferri e Paolo Vittoria) 11 1028 Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura degli avvocati. Paolo di Tarsia di Be/monte e Nicola Bruni) . . 1047 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNA DI DOTTRINA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO QUESTIONI pag.. 141 RASSEGNA DI DOTTRINA 151 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 167 La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Giovanni CONTU, Cagliari; Francesco GuiccrARDr, Genova; Carlo BAFILE, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Raffaele CANANZI, Napoli; Nicasio MANcuso, Palermo; Rocco BERARDI, Potenza; Francesco ARGAN, Torino; Maurizfo DE FRANcHrs, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste.; Giancarlo MANDb, Venezia ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI CARAMAZZA I. F., L'accesso dei cittadini ai documenti della pubblica amministrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il, 141 FIUMARA O., Il giudice successivamente adito nella convenzione di Bruxelles del Zl settembre 1968 sulla competenza giurisdi zionale . . . . . . . . . . . . . I, 911 FIUMARA O.,La clausola attributiva di competenza nelle polizze di carico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 917 FIUMARA O., Reddito garantito alle persone anziane: parit di trattamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 929 PoLIZZI G. P., Brevi note sulla pretesa incostituzionalit dell'art. 85 t.u. d.P.R. 3/1957 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 974 VITIORIA P., I ricorsi ammi11istrativi in materia di revisione dei prezzi: orientamenti giurisprudenziali e modifiche _legslative . I, 1031 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA APPALTO -Appalto di opere pubbliche -Revi sione dei prezzi -Determinazione specifica della P.A. in corso d'opepera sui criteri di liquidazione Onere di impugnazione, con nota di P. VITTORIA, 1029. -Appalto di opere pubbliche -Revisione dei prezzi -Prezzi correnti alla data dell'offerta -Individuazione Tabelle note -Pubblicazione successiva di tabelle relative a periodi comprensivi della data dell'offerta Irrilevanza, con nota di P. VITTORIA, 1029. -Appalto di opere pubbliche -Revi sione dei prezzi -Ricorso ex art. 4 dJ.C.p.S. 6 dicembre 1947, n. 1051 Decisione -Competenza delle Pro vince di Trento e Bolzano -Esclusione -Generico trasferimento delle materie lavori pubblici di interesse provinciale ed edilizia sovvenzionata -Irrilevanza, con nota di P. VITTORIA, 1028. - Appalto di opere pubbliche -Revisione dei prezzi -Ricorso ex art. 4 d.l.C.p.S. 6 dicembre 1947, n. 1051 Dichiarazione di voler attendere il parere della commissione -Adozio ne e comunicazione del parere Inerzia dell'Amministrazione -Silenzio rigetto -Configurabilit -Esclusione -Formazione del silenzio rifiuto -Necessit, con nota di P. VITTORIA, 1028. - Appalto di opere pubbliche -Revisione dei prezzi -Ricorso ex art. 4 d.l.C.p.S. 6 dicembre 1947, n. 1051 Dichiarazione di voler attendere il parere della commissione -Effetti Spostamento della decorrenza del termine di decisione del ricorso alla data di comunicazione, obbligatoria, del parere, con nota di P. VITIO RIA, 1029. - Revisione prezzi -Competenza statale o regionale, 987. AVVOCATURA DELLO STATO -A.I.M.A. -Patrocinio -:S obbligato rio, 953. BELLEZZE NATURALI -Tutela del paesaggio -Ordine di de molizione -Esistenza di altre situa zioni lesive -Disparit di trattamento -Non sussiste -Non necessariet di licenza edilizia -Irrilevnza, 992. -Tutela del paesaggio -Prefabbricato mobile in legno -Idoneit a turbare l'aspetto dei luoghi -Sussiste, 992. BOLZANO -Provincia di Bolzano -Censimento generale popolazione -Dichiarazione appartenenza a gruppo linguistico Impossibilit dichiarazione alloglotta o misti-lingua -lllegittiinit, 981. -Provincia di Bolzano -Censimento generale popolazione -Dichiarazione appartenenza a gruppo linguistico Legittimit, 980. COMUNIT EUROPEE -Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 sulla competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale Clausola attributiva di competenza inserita in una polizza di carico Validit nei rapporti fra il caricatore e il vettore -Validit nei confronti del' terzo portatore, con nota di 0. FIUMARA, 917. -Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 sulla competenza giurisdi zionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale Competenza giurisdizionale -Giudice successivamente adito -Liti spendenza, con riota di O. FIUMARA, 911. INDICB DELIA GIURISPRUDBNZA vn -Inadempimento di uno Stato membro -Procedimento di infrazione Fase precontenziosa -Lettera di intimazione Delimitazione della materia del contendere, 924. -Libera circolazione delle merci Misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative all'importazione -Gelatina animale in prodotti dolciari importati, 924. -Libera circolazione delle merci Misure di effetto equivalente. a restrizioni quantitative all'importazione -Imbottigliamento di vini -Forma della bottiglia (Bocksbeutel), 902. -Libera circolazione delle merci Misure di effetto quivalente a restrizioni quantitative all'importazione -Imbottigliamento di vini -For ma della bottiglia (Bocksbeutel) Motivi di ordine pubblico o di tutela della propriet industriale o com merciale . Insussistenza, 902. -Libera circolazione delle persone Reddito garantito alle persone anziane -Parit di trattamento, con nota di O. FIUMARA, 928. -Trasporti Contingente comunitario Autorizzazioni -Veicoli accoppiati, 933. CORTE COSTITUZIONALE -Giudizio incidentale di legittimit costituzionale -Applicazione di una disposizione di dubbia costituzionalit -Qu~do si ha, 863. -Giudizio incidentale di legittimit costituzionale -Eliminazione di disposizione emessa in eccesso della delega . Contrariet al principio di eguaglianza delle disposizioni residue . Rilevabilit, 876. CORTE DEI CONTI -Decentramento di funzioni giurisdi zionali Sezione staccata per la Sardegna Illegittimit costituzionale, 859. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -Principio di eguaglianza Libert di adesione ad associazioni e for mazioni sociali -Comunit israelitiche -Adesione ope legis -Illegittimit costituzionale, 872. DIRITTO INTERNAZIONALE -Trattati internazionali -Accordo itaJo-francese di coproduzione cinematografica -Autorizzazione alla ra tifica -Deve precedere questa Ordine di esecuzione Procedimento legislativo Approvazione in commissione Non consentita, 892. EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE -Alloggi di servizio -Diversit dei presupposti e delle procedure per l'assegnazione -Criteri per la qualificazione giuridica, 949. EI,.EZIONI -Elettorato passivo -Tutela dello jus officium -Competenza esclusiva delle Camere -Verifica dei poteri -Insindacabilit in sede giuri- sdizionale, 946. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT -Indennit -Determinazione in base alla legge 3'85/80 Declaratoria di incostituzionalit della predetta legge Consegu~nze, 961. -Indennit Determinazione in base alla legge n. 385/80 -Declaratoria di incostituzionalit della predetta legge Conseguenze, 965. -Indennit Determinazione -Valutazione dei beni espropriati -Alla data dell'espropriazione, 961. -Pagamento dell'indennit Debito di valuta Svalutazione monetaria Effetti, 961. FONTI DEL DIRITTO -Legge -Procedimento legislativo Modificazioni di coordinamento Condizioni e limiti Difformit tra i testi approvati dall1:1 due camere Effetti, 880. Vlll RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO GIURISDIZIONE CIVILE. -Appalto -Revisione prezzi -Riconoscimento spettanza -Contrasto sulla misura, 987. -Giurisdizione ordinaria e amminir strativa -Corte dei conti -Pensioni Diritto del coniuge divorziato a quota della pensione di riversibilit spettante al coniuge superstite Giurisdizione dell'A.G.0. -Pensione a carico dello Stato -Deroga -Esclusione, 939. -Pensione -Recupero emolumenti non dovuti Corte dei conti, 986. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Appello Legittimazione -Interesse acquisito durante giudizio di I gra-. do -Possibilit, 997. -Appello Notifica sentenza presso procuratore non domiciliatario, 968. -Appello Notifica sentenza presso segreteria T.A.R., 968. -Appello proposto dal controinteressato -Costituzione Amministrazione soccombente Non necessit d'impugnativa, 997. -Impugnazione -Contributo in conto interessi Revoca per fatto dell'Istituto mutuante -Interesse all'impugnazione dell'Istituto, 996. IMPIEGO PUBBLICO -Destituzione di diritto -Condanna penale per delitto tentato -Equiparazione a condanna per delitto consumato Questione legittimit costituzionale, con nota di G. P. Pouzz1, 972. -Equo indennizzo -Limite del danno alla integrit fisica Legittimit costituzionale, 853. -Insegnante -Risoluzione rapporto per condanna penale -Esclusione per beneficio condizionale -Condono della pena -Irrilevanza, con nota di G. P. Pouzzr, 973. -Silenzio rifiuto -Pretesa infondata riguardo scelta vincolata -Inconfigurabilit, con nota di G. P. Pouzz1, 973. POSTE E TELECOMUNICAZIONI -Radiotelevisione -Emittenti locali private Installazione ed esercizio di impianti senza previa autorizzazione amministrativa -Sanzione penale Legittimit costituzionale, 863. PREVIDENZA E ASSISTENZA -Avvocati e procuratori -Concorso di due sistemi previdenziali obbligatori Legittimit costituzionale, 838. -Avvocati e procuratori -Corrispondenza tra contributi e prestazioni previdenziali -Non necessit, 837. PROCEDIMENTO CIVILE -Regolamento di giurisdizione -Sospensione dell'attivit istruttoria del giudice a quo -Legittimit costituzionale, 891. REATO -Reati valutari -Art. 8 d.l. 4 marzo 1976, n. 31, sostituito dall'art. 1 legge 30 aprile 1976 n. 159 Riferibilit a tutte le ipotesi criminose previste nel d.l. citato, 1047. -Reati valutari -Art. 392, terzo comma, c.p.p. -Applicabilit, 1047. -Reati valutari Avocazione della istruzione sommaria da parte del Procuratore Generale presso la Corte d'Appello Art. 4 d.l. 4 marzo 1976 n. 31 Applicabilit, 1047. -Reati valutari -Condanna generica al risarcimento danni a favore del Ministero del Tesoro costituitosi parte civile -Necessit di prova della effettiva sussistenza del danno e del nesso di causalit tra questo e l'autore dell'illecito -Insussistenza Accertamento di fatto potenzialmente produttivo di conseguenze dannose -Sufficienza, 1057. -Reati valutari -Costituzione di parte civile del Ministero del Tesoro Danno risarcibile, 1047. -Reati valutari Questione di illegittimit costituzionale dell'art. 2 legge 30 aprile 1976 n. 159, mod. dall'art. 3 INDICE DELLA GIURISPRUDENZA legge 8 ottobre 1976 n. 689 per contrasto con l'art. 24 della Costituzione -Manifesta infondatezza, 1047. -Reati valutari -Questione di ilfegittimit costituzionale dell'art. 2 legge 30 aprile 1976 n. 159, mod. dall'art. 3 legge 8 ottobre 1976 n. 689 per contrasto con art. 25 secondo comma Costituzione -Manifesta infondat~ zza, 1047. -Reati valutari -Questione di illegittimit costituzionale degli artt. 1 e 2 legge 30 aprile 1976 n. 159 e dell'art. 27 codice penale per contrsto con gli artt. 3 e 27 Cost. -Manifesta infondatezza, 1047. -Reati valutari -Questione di illegittimit costituzionale degli artt. 105 e 107 c.p.p. per contrasto con l'arti. colo 24, secondo comma, Costituzione Manifesta infondatezza, 1047. -Reati valutari -Societ per Azioni Fatti- reato addebitati a suoi amministratori -Citazione ad opera del Ministero del Tesoro, parte civile, della societ quale responsabile civile -Legittimit, 1047. REGIONI -Regioni a statuto speciale -Disposizioni di attuazione dello Statuto Potest normativa permanente, 859. RESPONSABILIT CIVILE -Occupazione illegittima -Responsa. bilit del concessionario -Occupazioni illegittime poste in essere dalla S.A.R.A. -Decadenza dalla concessione -Responsabilit dell'ANASSussiste, 953. TRENTINO ALTO-ADIGE -Istruzione secondaria -Istituzione di nuove scuole -Attribuzione della Provincia, 879. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -Imposta sui redditi di ricchezza mobile -Plusvalenza -Liquidazione di quota sociale comprensiva di avviamento -Dimostrazione di intento di speculazione -Necessit, 1025. -Imposta sul reddito delle persone fisiche -Tassazione separata -Natura -Addizionale straordinaria per l'anno 1974 -Non si applica ai redditi soggetti a tassazione separata, 1005. TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta di registro -Atti soggetti all'imposta sul valore aggiunto Beni relativi alla impresa -Determinazione, 999. -Imposta di registro -Concordato fallimentare -Assunzione di debiti Imposta proporzionale, 1002. -Prescrizioni -Interessi -Decorrenza -Credito non ancora definitivo Non ha inizio, 998. -Riscossione -Pagamento nelle mani dell'ufficiale giudiziario -Efficacia, 1013. TRIBUTI IN GENERE -Accertamento -Contenzioso tributario -Rapporti -Difetto di motivazione -Conseguenze -Nullit e illegittimit -Motivazione insufficiente ma non totalmente mancante -Rinvio per nuova valutazfone estimativa, con nota di C. BAFILE, 1015. -Contenzioso tributario -Giudizio di terzo grado -Imposta di registro Indagine sulla natura e gli effetti dell'atto -Apprezzamento del fatto ai fini della simulazione di atto a titolo gratuito -Deducibilit, 1009. -Contenzioso tributario -Giudizio innanzi alle commissioni -Natura ed oggetto, con nota di C. BAFILE, 1014. -Contenzioso tributario -Necessit di rinnovare il giudizio di valutazione -Giudice di rinvio -~ sempre la commissione di secondo grado, con nota di C. BAFILE, 1015. --Termini di decadenza e di prescrizione -Proroga -Legittimit costituzionale, 868. URBANISTICA -Ingegneri e architetti -Maggiorazione del compenso per incarico parziale -Legittimit costituzionale, 855. ff* .. : X ff'. , . :iffi /l:""-; 7# .,. X X . .. X X ~= . . . . , . . . . INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 4 maggio 1984, n. 132 4 maggio 1984, n. 133 "/ 11 luglio 1984, n. 191 11 luglio 1984, n. 192 18 luglio 1984, n. 212 30 luglio 1984, n. 237 30 luglio 1984, n. 238 30 luglio 1984, n. 239 3 dicembre 1984, n. 255 (in cam. cons.) 12 dicembre 1984, n. 279 19 dicembre 1984, n. 292 19 dicembre 1984, n. 293 19 dicembre 1984, n. 295 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE 13 marzo 1984, nella causa 16/83 . . . . . . . . . . . . . 7 giugno 1984, nella causa 129/83 19 giugno 1984, nella causa 71/83 11 luglio 1984, nella causa 51/83 1 sez., 12 luglio 1984, nella causa 261/83 13 dicembre 1984, nella causa 113i83 .. GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 26 giugno 1984, n. 3717 . . . . . . . . . . Sez. I, 5 luglio 1984, n. 3942 . Sez. I, 10 luglio 1984, n. 4044 Sez. I, 10 luglio 1984, n. 4052 Sez. I, 12 luglio 1984, n. 4097 Sez. I, 12 luglio 1984, n. 4099 Sez. I, 30 luglio 1984, n. 4541 Sez. I, 30 luglio 1984, n. 4542 Sez. Un., 4 ottobre 1984, n. 4912 Sez. I, 4 ottobre 1984, n. 4915 . Sez. I, 8 ottobre 1984, n. 5017 . . Sez. I, 30 ottobre 1984, n. 5544 . Sez. I, 12 dicembre 1984, n. 6533 Sez. Un., 14 dicembre 1984, n. 6568 Sez. I, 18 dicembre 1984, n. 6631 . . pag. pag. pag. )) )) )) )) ,; . .I 837 838 853 855 859 863 868 872 876 879 880 891 892 902 911 917 924 928 933 998 999 1002 1005 1009 1013 1014 1025 939 949 953 953 961 946 965 INDICE CRONOLOGICO DEU.A GIURISPRUDENZA Xl GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. Plen.~ 19 giugno 1984, n. 13 ..... pag. 968 Ad. Plen., ordinanza i29 giugno 1984, n. 15 972 Ad. Plen., 7 settembre 1984, n. 18 . . . 1028 Sez. IV, 7 giugno 1984, n. 439 . . . . . . 980 Sez. IV, ordinanza 21 giugno 1984, n. 480 986 Sez. IV, ordinanza 27 giugno 1984, n. 504 987 Sez. V, 12 giugno 1984, n. 455 997 Sez. V, 23 giugno 1984, n. 483 997 Sez. V, 23 luglio 1984, n. 565 . 992 Sez. VI, 20 giugno 1984, n. 389 996 Sez. VI, 14 luglio 1~84, n. 441 973 TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER IL LAZIO Sez. III, 16 febbraio 1984, n. 91 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 1028 GIURISDIZIONI PENALI CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Sez. III, 5 novembre 1984, n. 1445 . . .............. pag. 1047 PARTE SECONDA Questioni pag. 141 Rassegna di dottrina pag. 151 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Leggi e decreti . . . . pag. 167 I Norme dichiarate incostituzionali pag. 168 II Questioni dichiarate non fondate 170 III Questioni proposte 172 1] I i i ~ r11111111111;111111111;1111r1111f111:11m1111111111Jr1111r1111111111111 PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE I CORTE COSTITUZIONALE, 4 maggio 1984 n. 132 -Pres. Elia -Rel. Covasaniti Setti (avv. Setti), Abaiz ed altri (avv. Sbaiz), Torricelli e altro (avv. Bari.le), Cassa previdenza avvocati e procuratori (avv. Pace e Berlini) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Ferri). Previdenza e assistenza Avvocati e procuratori Corrispondenza tra contributi e prestazioni previdenziali Nori necessit. (Cost., artt. 3, 4, 18, 31, 33, 35, 38; legge 20 settembre 1980, n. 576, artt. 2, 10 e 22). La non corrispondenza tra contributi e prestazioni previdenziali (e tra contributi e rischi) pu essere giustificata dall'dozione di un sistema di previdenza di tipo solidaristico; secondo un siffatto sistema il prelievo contributivo eff~ttuato sulla base della capacit contributiva mentre le .prestazioni sono proporzionate allo stato di bisogno . Non contrastano con la Costituzione (e segnatamente con gli artt. 3 e 38 Cost.) le disposizioni che impongono contributi (o pi elevati contributi) non puntualmente correlati a prestazioni (o maggiori prestazioni) previdenziali, o che riducono queste ultime in presenza di situazioni indicative di capacit contributiva o di minor bisogno. I doveri di solida riet cui si richiama l'art. 2 Cost. possono essere resi operanti anche all'interno di categorie circoscritte (nella specie, della categoria degli avvocati e procuratori) (1). (1-2) La sentenza n. 132 in rassegna, e in minor misura, la sentenza n. 133 fanno leva sui doveri inderogabili di solidariet" previsti dall'art. 2 Cost.; doveri peraltro ravvisati non soltanto a livello di collettivit nazionale e/o locale-territoriale ma anche nel pi (e diversamente circoscritto) ambito delle categorie" professionali o produttive raffigurate come collettivit minori . Questa applicazione ulteriore del principio solidaristico .-forse resa pi agevole da ricorrenti dati lessicali -solleva per problemi delicati, oltre che di cospicuo rilievo politico: v' infatti da individuare un discrimine fra prelievo tributario e prelievo contributivo a titolo di solidariet, se si vuole evitare che il secondo (il prelievo contributivo) tenga luogo del primo, si traduca cio in non esplicita -e per ci stesso meno razionale -sovraimposizione tributaria. 838 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO II CORTE COSTITUZIONALE, 4 maggio 1984, n. 133 -Pres. Elia -Rel. Corasaniti -De Luca Tamajo ed altri .(avv. Spagnuolo Vigorita), Scognamiglio ed altri (avv. Satta), Cassa previdenza avvocati e procuratori (avv. Pace e Berlisi) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato De Francisci). Previdenza e assistenza Avvocati e procuratori Concorso di due sistemi previdenziali obbligatori Legittimit costituzionale. (Cost., artt. 2, 3, 38 e 53; legge 20 settembre 1980, n. 576, art. 22; legge 5 luglio 1975, n. 798, art. 6). .Occorre distinguere tra l'ipotesi di due concorrenti sistemi previdenziali entrambi riferiti alla medesima attivit lavorativa considerata tractu temporis e l'ipotesi di due concorrenti sistemi previdenziali ciascuno riferito ad una distinta attivit lavorativa: nella seconda ipotesi non v' duplicazione (o eccesso) di tutela previdenziale, non contrastano con la Costituzione (e segnatamente con gli artt. 2, 3, 38 e 53 Cost.) le disposizioni che sottopongono al sistema della previdenza forense anche le persone (nella specie, docenti universitari) gi sottoposte ad altro sistema previdenziale (2). -I (omissis) Il sistema della previdenza forense risultante dalla legge n. 576 del 1980 viene censurato anzitutto mettendosi a raffronto la massima estensione soggettiva degli obblighi previdenziali e la limitatezza dei benefici previdenziali per alcuni soggetti. Si premette che, per effetto dell'art. 22, comma primo della legge e delle connesse norme sulla contribuzione, gli obblighi previdenziali gravano in modo incondizionato su tutti gli esercenti con continuit la professione forense. Si premette altresi che gli attt. 4 e 5 dela legge escludono rispettivamente il diritto alla pensione di inabilit e il diritto alla pensione di invalidit per gli iscritti alla Cassa da data successiva al compimento del quarantesimo anno di et, e che gli artt. 2 e 3 della legge subordinano rispettivamente il diritto alla pensione di vecchiada e il diritto alla pensione di anzianit a condizioni (compimento di un periodo di iscrizione e Una concezione alveolare (ossia per piccoli comparti o segmenti della societ) dei doveri cli solidariet, se non coordinata con U sistema tribu tarlo, pu pervenire alla introduzione di cripto-addizionali, prelievi per certi versi avvicinabm alla censurata ILOR sul lavoro professionale, e che, per di pi, possono influenzare negativaII'ente la effettivit (oltre che U disegno comples ~J sivo) del predetto sistema. i: II !: .....,.......~ PARTE I, SBZ.' I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALB di assicurazione cli almeno trenta anni per la pensione di vecchiaia, e di almeno trentacinque anni per la pensione di anzianit) non realizzabili o difficilmente realizzabili da parte di coloro che siano stati iscritti (even tualmente senza loro colpa o addirittura loro malgrado) in et avanzata. Si sospetta quindi che l'art. 22, comma primo della legge e le altre norme a esso collegate siano in contrastp: a) con l'art. 3 Cost. in quanto introducono in pari tempo una ingiu stificata perequazione (negli obblighi di iscri2lione e di contribu2lione) fra professionisti di et diversa e un'altrettanto ingiustificata sperequa2lione (nel conseguimento delle prestazioni previdenziali) in danno dei profes sionisti di et pi avanzata; b) con l'art. 4 Cost., in quanto determinano un onere ulteriore a carico del lavoro dei professionisti anziani e cosi un ostacolo al libero svolgimento di esso; e) con gli artt. 18 e 38 Cost., lin quanto determinano una compressione della libert associativa non giustificata dal perseguimento di finalit previdenziali, e anzi l'elusione delle dette finalit, le quali, al pari d1 quelle della mutualit ad esse strumentali, non ammettono che una parte dei mutuati, pur esposti ai rischi e soggetti ad contributi, siano esclusi, gi in partenza, dalle relative prestazioni previdenziali. Il sistema previdenziale in discorso viene poi contestato in altro suo momento strutturale, mettendosi a raffronto il criterio -dettato dal l'art. 10, comma primo, della legge n. 576 del 1980 -di riparto dell'impo sizione contributiva fondamentale (cio del contributo soggettivo dovuto, per effetto del combinato disposto del richiamato art. 10, comma primo e dell'art. 22, comma primo della legge, da ogni iscritto o tenuto a iscriversi alla Cassa di previdenza, e quindi da ogni esercente con continuit la pro fessione forense), e il criterio -stabiLito dall'art. 2, commi secondo e quinto, della legge -di calcolo della pensione (di vecchiaia, ma esteso dalle successive disposizioni agli altri tipi di pensiione). Si premette che, secondo l'art. 10, comma. primo della legge, il con tributo soggettivo calcolato in una percentuale del reddito professio nale, e cio, (con gradualit decrescente) nella Inisura del dieci per cento per la fascia di reddito fino a quaranta milioni, e nella misura del tre per cento per il reddito eccedente. _.. Si premette altres che, secondo 1l'art. 2, commi secondo e quinto della legge, la media dei redditi cui va commisurata la penSlione (art. 2, comma primodella legge) va calcolata soltanto sui redditi rientranti nella pri ma fascia. Si prospetta quindi la tesi che la cennata disciplina sia in contrasto con l'art. 3 Cost., in quanto introduce una sperequazione in danno dei pro duttori di redditi professionali superiori ai 40 milioni: produttori co RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 840 stretti a versare, per la fascia eccedente, contributi senza un corrispondente aumento deHa pensione (vale a dire senza oausa o a fondo perduto), o, se si vuole, esposti a percepire una pensione non proporzionata (cio sproporzionata per difetto) ai contributi versati. Altre contestazioni vengono mosse per quanto concerne i'l trattamento previdenziale di coloro che, avendo conseguito nella previdenza forense !a pensione di vecchiaia, continuino a esercitare la professione legale. Si !ipotizza: (omissis) b) che l'obbligo della contribuzione fatto ad essi dall'art. 10, comma terzo della legge, messo in relazione con l'ulteriore trattamento pensionistico per essi preV'isto.dall'art. 2, comma ottavo della legge -consistente in un supplemento di pensione liquidabile una sola volta, e per di pi subordinato al compimento di un quinquennio di iscrizione e di contribuzione, e ridotto nella misura (perch calcolato sulla met de1le percentuali delle medie dei redditi assunte a base del calcolo della pensione) -dia luogo a contrasto con l'art. 3, comma primo o comma secondo, nonch con l'art. 38 Cost.; ai, per un verso, a causa dell'irrazionalit dell'imposi-. zione contributiva e comunque dell'onerosit della contribuzione, avente incidenza negativa sulla pensione in godimento (per s gi inadeguata alle esigenze di vita dei pensionati) e, per altro verso, a causa dell'aleatoriet e restrittivit (quanto a!lle condizioni di acquisto) e della limitatezza (quanto alla misura) del trattamento pensionistico ulteriore: fattori en trambi di scorrelazione fra contributi e prestazioni pensionistiche; e) che la riduzione a due terzi della pensione di vecchiaia in godi mento prevista per essi dall'art. 2, comma sesto della legge, oltre ai pro fili di illegittimit per contrasto con l'art. 3 Cost. come sopra denunciati a carico dell'art. 10, comma terzo della legge, ne presenti uno particolare o pi accentuato; ci ii.n quanto introdurrebbe fra pensionati una distin zione sulla base di un elemento (la continuazione del:l'esercizio professionale) non compreso fra quelli costitutivi del diritto a pensione (l'anzianit contributiva e l'et pensionab!ile), concorrendo i quali il diritto stesso deve ritenersi acquisito intangibilmente, anzi sulla base di un elemento meramente formale, qual l'inscrizione all'Albo. Per la soluzione delle questioni poste necessario darsi carico della tipologia dei sistemi previdenziali e della collocazione in essa della previdenza forense. Come noto, l'organizzazione giuridica della preV'idenza sociale presenta, sia con riguardo a categorie diverse, sia con riguardo a:lla stessa categoria in tempi diversi, una sensibile variet di sistemi. Ci implica qualche ostacolo all'individuazione dei tipi tanto in relazione alLa irripetibile individualit di ogni sistema (sentenza Corte cost. n. 91 del 1972 e n. 62 del 1977), quanto in relazione alla gradualit con la quale, in questa PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE materia, gli stessi tipi sono realizzati mediante soluzioni intermedie (sentenze Corte cost. n. 65 del 1979 e n. 128 del 1973). Con riferimento all'esperienza italiana tuttavtla possibile enucleare due tipi, ai quali i singoli sistemi possono ricondursi: quello, prevalso soprattutto in passato, definibile come mutualistico e quello, che tende a prevalere nel presente momento storico, definibile come solidaristico" Il primo tipo caratterizzato, per un verso, dalla riferibilit dell'assunzione dei f.ini e degli oneri previdenziali ad.l'esigenza della divisione del rischio fra gli esposti e quindi dalla corrispondenza fra rischio e contribuzione, e, per a:ltro verso, da una rigorosa proporzionalit fra contributi e prestazioni previdenzdali. ravvisabile nei sistemi di tale prim> tipo, particolarmente in riferimento alla cennata proporzionalit, l'influenza del modello deH'assicurazione privata e del relativo nesso sinallagmatico fra premi e indennit o rendite. Il tipo di previdenza solidaristico invece caratterizzato, per un verso, da:lla riferibilit dell'assunzione dei fini e degli oneri previdenziali, anzich alla divisione del rischio fra gli espostli, a princpi di solidariet, operanti all'interno di una categoria, con conseguente non corrispondenza fra rischio e contribuzione (cfr. S$!nt. n. 91 del 1976 in materia di assicurazione della materruit a proposito -delle favoratrici sterili) e, per altro verso, dalla irrilevanza della proporzionalit fra contributi e prestazioni previdenziali. Qui i contributi vengono in considerazione, in ragione del prelievo fra tutti gli appartenenti alla categoria secondo la loro capacit contributiva, unicamente quale strumento finanziario della previdenza, mentre le prestazioni sono proporzionate soltanto allo stato di bisogno (sia esso considerato eguale o no per tutti i soggetti). ravvisabile in tale secondo tipo l'influenza del modello della sicurezza sociale, per eccellenza informato a princpi di solidariet operanti direttamente nei confronti dei membri della collettivit generale, ma sempre secondo il criterio della capacit contributiva. Ora, sebbene la gradual!it .ella realizzazione di un tipo, importi qualche parallela difficolt anche nella qualificazione tipologica del singolo sistema considerato, tuttavia la qualificazione consentita alla stregua dei caratteri prevalenti del sistema. E, per quanto concerne il sistema prevtldenziale forense, essa stata operata da:lla sentenza di questa Corte n. 62 del 1977, la quale, anche se in riferimento alla disciplina recata dalla previgente legge 22 luglio 1975, n. 319, ha ricondotto il sistema in argomento al tipo solidaristico e ne ha affermato in tal modo la rispondenza agli artt. 2 e 38 Cost. In particolare stato rilevato, con la detta sentenza di questa Corte n. 62 del 1977, che il sistema ha abbandonato la tecnica (propria del tipo mutualistico) dell'accreditamento dei contributi in conti individuali per far luogo a una gestione collettiva dei contributi stessi, ed ha abban~ 842 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO donato altres il connesso criterio della proporzionalit delle pensioni ai l contributi per far luogo a un trattamento pensionistico di categoria che I rientra, quanto ai mezzi e ai filni, nel quadro generale dell'adempimento dei doveri di solidariet cui si richiama l'art. 2 Cost. . E ne stata tratta la conclusione che la.Cassa nazionale di previden I za e assistenza degli Avvocati e Procuratori risponde a questi fini gene rali nell'ambito dehla categoria, sicch per essa resta superato il concetto stesso di semplice mutualit per espandersi, apptinto, in quello di previ denza (vale a dire: di solidariet nella previdenza). Conclu&ione che trova riscontro l dove la stessa sentenza, richiamandosi alle precedenti sen tenze n. 91 del 1972 e n. 23 del 1968, definisce come tributaria la natura della contribuzione previdenziale (almeno con riguardo al contributo personale -ora soggettivo -.che ne costituisce l'elemento qualificante). La qualificazione e la valutazione positiva del sistema allom operate vanno tenute ferm~. nonostante che spesso i concetti di mutualit e di solidariet siano promiscuamente ad.operati. Non importa indugiare sull'ipotesi che l'uso sia dovuto a vischiosit concettuale ovvero ad apparente o a reale sopravvivenza di elementi mutualistici in sistemi previdenziali di tipo solidaristico, sopravvivenza che, anche se reale, sarebbe comunque priva di significanza in presenza della qualificazione tipologica del sistema cosi operata sulla base dei suoi oarat teri prevalenti. Importa piuttosto negare risolutamente che la previdenza forense, e cos del resto le altre previdenze concernenti professioni intellettuali, pos sano qualificarsi di tipo mutualistico per essere organizzate sulla base del riferimento a date categorie professionali e alle rispettive attivit tipiche, e secondo un criterio di accentuata autonomia strutturale e finan ziaria sia reciprooa che rispetto all'assicura~ione generale obbligatoria e alle previdenze dell'impiego pubblico. Invero si tratta di scelte che sono compatibili con l'idea cli solidariet, e che anzi ne rappresentano una specificazione, giustificata dal pluralismo che informa il nostro ordinamento: pluralismo che ammette solidariet operanti nell'ambito di collettivit minori. La qualificazione e la valuta2lione, allora formulate per il sistema quale risulta dalla legge n. 319 del 1975, non hanno ragione di mutare per il sistema quale risuta dalla vigente legge n. 576 del 1980, non essendo motivo idoneo a far ritenere che con quest'ultima legge il sistema sia stato rimodellato, almeno in parte, sul tipo mutualistico o addirittura sullo schema proprio dell'assicurazione privata. Non decisiva, infatti, la restituzione dei contributi disposta, pera:l tro con i soli interessi legali, a favore degli iscritti che non abbiano maturato il diritto a pensione (art. 21, leg.ge n. 576 del 1980), perch essa non implica necessariamente la corrispettivit fra contributi e pensioni, PARm I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 843 ma soltanto una partlicolare configurazione dei doveri di solidariet posti comunque a carico di tutti gli iscritti. N decisiva la sostituzione, a una pensione eguale per tutti nell'ammontare, di una pensione retributiva , cio commisurata a una certa media dell'ammontare degli ultimi redditi professionali, giacch con tale criterio (accolto del resto anche nell'assicurazione generale obbligatoria), la pensione non stata resa proporzionale o addirittura corrispettj. va ai contributi, ma stata adeguata allo stato di bisogno, a sua volta non pi considerato astrattamente eguale , ma qualificato in concreto dal reddito professionale venuto meno, e, per questa via, dal lavoro svolto. Mentre addirittur~ irrilevante fa sostituzione, per quanto concerne il prelievo e la destinazione dei contributi, al criterio della capitalizzazione , (secondo il quale la contribuzione prelevata oggi in vista della erogazione delle pensioni, e quindi dei bisogni, di domani), del criterio della ripartizione (secondo il quale la contribuzione prelevata oggi per sopperire all'erogazione delle pensioni, e quindi ai bisogni, di oggi). Ch anzi il nuovo criterio del tutto difforme dallo schema della corrispettivit e del tutto conforme al principio dii solidariet, in quanto eli mina ogni collegamento fra contributi versati e pensioni percepite dagli stessi soggetti, anche se considerati collettivamente (come dalla legge n. 319 del 1975). Dopo quanto fino,ad ora osservato circa la qualificazione tipologica del sistema e circa la rispondenza del tipo cui esso appartiene ai princpi _ espressi negli artt. 2 e 38 Cost., appare chiaro che vano tanto addebitare al sistema stesso di non adeguarsi ad altri tipi e ai rispettivi modi di essere, quanto rappresentare come operazioni normative discriminatorie e/o arbitrarie quelli che sono momenti strutturli o modalit applicative di esso riferibili a modi di essere del tipo di apparteneip;a. Critiche del genere (non meno di quelle di inadeguatezza del sistema a perseguire i fini della previdenza, che vengano mosse senza darsi carico della inevita bile gradualit con la quale tali fini vengono realizzati e della correlativa modulazione del trattamento: cfr. sent. di questa Corte n. 65 del 1979) corrono il rischio di arenarsi sulle secche della insindacabilit delle scelte di politica sociale operate dal legislatore. Ci naturalmente non importa ritenere che precluso a questa Corte il sindacato di ragionevolezza sull'esercizio della discrezionalit che alle dette scelte presiede. Importa soltanto ritenere che pi conducente orientare il sindacato stesso alla verifica della coerenza interna del sistema, cio della congruenza fra i singoli. strumenti giuridici adottati e i fim specificamente perseguiti, (per fini intendendosi la misura qualitativa e quantitativa degli obiettivi di fondo della previdenza che il legislatore si determinato a realizzare), nonch della conformit dei detti strumenti ai principi e ai criteri cardine assunti. Principi e criteri cardine i quali, RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO nel caso del tlipo solidaristico, sono costituiti, per quanto concerne l'attribuzione e distribuzione degli oneri previdenziali, dall'adeguamento alla capacit contributiva e, per quanto concerne l'attribuzione e la distribuzione dei benefici previdenziali, dall'adeguamento allo stato di bisogno. Se cos , perdono consistenza tutte le censure sopra riportate, relative a:lla violazione del principio di eguaglianza sotto i profili dell'irragionevolezza e deHa disparit di trattamento. Infatti esse poggiano sul presupposto che ogni corretto sistema presenti il requisito della (pari) proporzionalit, per ogni soggetto o classe di soggetti appartenente alla categoria protetta, fra costi e benefici della tutela, vale a dire fra oneri contributiW. e trattamento pensionistico. E solo in relazione a tale presupposto sono dirette a rappresentare la mancanza del requisito stesso come vizio --. di legittimit del sistema previdenziale forense (quale risulta dalla legge n. 576 del 1980) per violazione del principio di eguaglianza. Una volta stabilito che il requisito soltanto un mo.do cli essere proprio del tipo mutualistico e che, viceversa, l'abbandono di esso un modo cli essere proprio del tipo solidaristico (cui il sistema in argomento si adegua), Je ~ensure stesse mostrano tutta la loro fragilit. (omissis). Valgono per tali censure, e vanno pertanto ribadite e anzi riformulate in termini pi generali, le conclusioni raggiunte dalla sentenza di questa Corte n. 62 del 1977, secondo le quali l'assunto di irrazionalit ai sensi dell'art. 3 Cost. del sistema vigente (della previdenza forense, risultante dalla legge n. 319 del 1975 e, ora, dalla legge n. 576 del 1980) per mancata proporzionale corrispondenza tra oneri personali contributivi e misura della pensione, non accoglibiile , In positivo peraltro giustificato1 nell'ottica solidaristica: (I.) porre rla contribuzione (annua) a carico . di tutti gli esercenti con continuit la professione e proporzionarla nella misura al reddito professionale (annuo), correlandola cos a:lla capacit contributiva generica (desunta dall'esercizio professiionale) e specifica (desunta dal reddito dichiarato ai fini dell'IRPEF), e non gi ai benefici previdenziali conseguibili in futuro da ciascun eserc~nte o gruppo di esercenti; e correlare invece tali benefiici, nelle condiziom di acquisto, agli specifici fini previdenziali insidacabilmente assunti dal legislatore sulla base della valutazione dei presupposti e del:le disponibilit finanziarie, e, nella misura, allo stato di bisogno; b) applicare analoghi criteri, per quanto concerne l'imposizione contributiva, ai pensionati che continuino a esercitare la professione rimanendo iscritti all'albo. Non irrazionale ravvisare anche per essi nell'esercizio professionale un segno della capacit contributiva, n presumere l'effettivo esercizio sulla base dell'iscrizione all'albo. N si vede perch la solidariet contributiva dei pensionati stessi dovrebbe essere gi assolta in parte >>, mediante il versamento del contributo integrativo di cui all'art. 11 845 PARm I, SEZ: I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE della legge n. 576 del 1980 (a prescindere'dal fatto che, essendo ripetibile, tale contributo finisce per gravare su soggetti estranei alla categoria professionale e quindi non astretti dalla relativa solidariet, non esatto che soltanto esso, e non anche quello soggettivo, sia disancorato dalla corrispettivit con la pensione); e) ridurre la misura della pensione in godimento nei confronti dei pensionati predetti, assumendosi la continuazione dell'esercizio professionale non soltanto come segno di capacit contributiva, ma anche come sintomo di attenuazione dello stato di bisogno. Un criterio del genere, peraltro, ricorre anche nell'assicura2lione generale obbligatoria (cfr. sentenza cli questa Corte n. 155 del 1969). (omissis) -II (omissis) La norma, contenuta nell'art. 22, comma primo, della legge 20 settembre 1980, n. 576, definisce l'opera1livit del sistema della previdenza forense assoggettando agli obblighi di iscrizione a:lla Cassa nazionale degli Avvocati e Procuratori e di versamento dei relativi contributi tutti gli esercenti con continuit la professione forense. Ed essa sospettata di illegittimit sotto vari profili, ~n quanto comprende nella propria previsione (o almeno non esclude da essa) quegli esercenti i quali siano contemporaneamehte inseri1li in un altro sistema previdenziiale obbligatorio, e in particolare, i docenti nelle universit o negli istituti di istruzione media, soggetti al sistema previdenziale istituito per i dipendenti dallo Stato. stato ~zitutto sostenuto che la norma impugnata, nonostante l'assoluta latitudine della sua formulazione quanto all'obbligo di is<:rizione, _susettiva di interpretazione, asseritamente conforme alla Costituzione, nel senso di non riferirsi ai professionisti suindicati., Ci evidentemente al fine di sollecitare una sentenza iinterpretativa di rigetto. Una siffatta pronuncia richiederebbe, peraltro, secondo l'orientamento di questa Corte, che l'interpretazione asseritamente conforme a Costituzione fosse universalmente accolta o almeno prevalente nella giurisprudenza dei giudici chiamati ad applicarla e, soprattutto, della Corte di cassazione (diritto vivente). Ma tale ipotesi qui non si verifica, perch la giurisprudenza di merito non concorde, mentre la Corte di cassazione sembra orientata nel senso cli ritenere che la norma comprenda nel:la propria previsione anche i professionisti suindicati (sentenze Corte di cassazione n. 4091 del 1981 e-n. 299 del 1968). Sicch non vi ragione di discostarsi dall'interpretazione dei giudici a quibus e di negare ingresso alle sollevate questioni di legit timit costituzionale. / r11r1111m1:wi1ll1fliirl@rllifliwtllftttlgi:rriflil1f111111r1&1;1i11rrflrl&lf1~111r111111111'rlml 846 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO La questione avente carattere di centralit, se la norma di cui al l'art. 22, comma primo, della legge n. 576 del 1980, dal contenuto dianzi descritto, in quanto prescriv l'operativit nei confronti dei medesimi soggetti di due sistemi previdenziali obbligatori, importi una duplicazione di tutela previdenziale (obbli.gatoria) in contrasto con l'art. 38 Cost., ovve ro in pari tempo con l'art. 38 e con l'art. 2 Cost. Della denunciata duplicazione di trattamento previdenziale, in alcune ordinanze di rimessione, sottolineato l'aspetto passivo di , non era chiamato ad applicare la norma denunziata bens a compiere atti di istruzione probatoria, in applicazione di norme del codice processuale penale. Ne consegue che le questioni proposte dal pretore di Putignano vanno dichiarate inammissibili. (omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 30 lugLio 1984, n. 238 -Pres. De Stefano - Rel. Maccarone -Maggia ed altri (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Angelini Rota). Tributi (in generale) -Termini di decadenza e di prescrizione -Proroga Legittimit costituzionale. (Cost., artt. 3 e 24; legge 2 dicembre 1975, n. 576, art. 19; d.1. 10 dicembre 1976 n. 798, art. 1 e legge 8 febbraio 1977, n. 16, di conversione del predetto d.I.). La posizione dello Stato e quella dei contribuenti non sono raffrontabili, ai fini dell'applicazione del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.): precipue esigenze finanziarie dello Stato possono giustificare disposizioni procedimentali asimmetriche. Il richiamare in vigore termini scaduti, per colmare un vuoto temporale privo di valide giustificazioni, non lede l'art. 24 Cost. (omissis) Con l'art. 19 della legge 2 dicembre 1975, n. 576, concernente disposizioni in materia dd imposte sui redditi e sulle successioni, i termini di prescrizione e di decadenza prorogati al 31 dicembre 1975 dal citato decreto n. 237 del 1974 e dalla relativa legge di conversione furono ulteriormente prorogati al 31 dicembre 1976. Inoltre, col secondo comma dello stesso articolo venne stabilita la sospensione per un anno dei termini in materia di prescrizione e cli decadenza in corso alla data . di entrata in vigore della legge e sca denti tra il 1 gennaio ed il 31 dicembre 1976. Con ci mentre si intendeva ovviare ai perduranti descritti inconvenienti nell'Amministraizone finanziaria, si intendeva anche avviare alla normalizzazione il regime dei termini in esame. PARm I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE A tal fine appare infatti specificamente diretta la norma di cui al secondo comma del citato art. 19, la quale, prendendo in considerazione in particolare i termini in corso alla data di entrata in vigore della legge (5 dicembre 1975) e scadenti fra il 1 genn~io ed il 31 dicembre 1976 , e che, come tali, sarebbero stati esclusi dalla proroga dL cui al primo comma, estesa soltanto ai termini scadenti entro il 31 dicembre 1975, ne dispone la sospensione per un anno, a condi:zfone che i termini stessi siano in corso alla data di entrata in vigore della legge. Tale condizione restringeva il beneficio della sospensione mediante un riferimento temporale allo stato del termine, ed aveva il fine di armonizzare e coordinare in qualche modo il regime dei termini assoggettati alla serie organica delle proroghe precedenti con il regime di quei termini che, invece, come si detto, per essere scadenti oltre il 31 dicembre 1975 sarebbero rimasti esclusi dalle proroghe precedenti. Inoltre con l'art. 1, primo comma, d.l. 10 dicembre 1976 n. 798 i termini di prescrizione e di decadenza prorogati al 31 dicembre 1976 dall'art. l, primo comma, della citata legge n. 576 del 1975 furono prorogati di altri sei mesi, Cio fino al 30 giugno 1977; e col secondo comma i termini previsti dallo stesso art. 19 che in virt delle disposizioni ivi contenute, scadono tra il 1 gennaio ed il 4 dicembre 1977 furono prorogati al 31 dicembre 1977; col terzo comma i termini in parola, compresi espressamente quelli concernenti il contenzioso tributario scadenti tra la data di entrata in vigore del decreto ed il 30 giugno 1978 furono prorogati a quest'ultima data. Con la legge di conversione n .. 16 del 1977, fu poi introdotta la proroga al 31 dicembre 1977 dei termini scaduti nel periodo compreso dal 5 dicembre 1976, scadenza della proroga del 1975, all'lt dicembre 1976, entrata in vigore della nuova proroga, e che risultavano pertanto scoperti da qualsiasi proroga. (omissis) Ci premesso, conviene anzitutto esaminare la censura con cui si lamenta che l'art. 19, secondo comm!l della legge 2 dicembre 1975, n. 576, limitando la sospensione per un anno dei termini di prescrizione e di decadenza solo a quelli in corso alla data di entrata in vigore della legge stessa e scadenti nell'anno 1976 indurrebbe una disparit di trattamento fra i contribuenti e la pubblica amministrazione, a favore della quale rimarrebbe sempre in vigore la proroga dei termini stabilita in via generale col primo comma dell'art. 19 stesso, il quale, infatti, dispone la proroga dei termini di prescrizione e di decadenza gi precedentemente prorogati portandoli al 31 dicembre 1976, per cui i termini stessi rimarrebbero sempre in corso per l'amministrazione al 5 dicembre 1975, e beneficerebbero quindi sempre della sospensione, a differenza di quanto accadrebbe per i contribuenti, che potrebbero fruire della sospenstione solo per i termini effettivamente in corso al 5 dicembre 1975. (omissis). 870 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Quanto al merito deve osservarsi che la lamentata diversit di trat tamento trova una sua ragione di essere in ci che si detto a proposito dei motivi che ispirarono al legislatore la disciplina denunziata. Invero regolare in via transitoria la scadenza dei termil11i nei sensi sopra esposti significava, sostanzialmente, da un lato, prolungarne il regime eccezionale per consentire la funzionalit degli uffici e recuperare all'era rio alcune migliaia di miliardi, come precisato nei lavori preparatori, e, dall'altro, porre una disciplina che rappresentava una via di transizione verso il ritorno alla normalit nel settore. La speciale considerazione dei termini in corso aveva, invero, come sd detto, una fumione limitativa, rispondente a razionali motivi e tale quindi da escludere la violazione del principio di eguaglianza che, per costante giurisprudenza di questa Corte, osservato quando la diversit di disciplina fra situazioni omogenee razionalmente giustificata. N pu tacersi che la posizione dello Stato e dei contribuenti nella situazione descritta non era raffrontabile, date le precipue esigenze finanziarie cui la discip1ina censurata corrispondeva. Ma, anche prescindendo da tali considerazioni, va rilevato che, non contenendo il_ testo normativo specifiche indicazioni circa i soggetti desti natari, da ritenere che la previsione riguardi sia_J'amministrazione che il contribuente. Ci comporta parit di trattamento normativo ed esclude, anche sotto tale profilo, la violazione del principio di eguaglianza. (omissis). stata poi prospettata l'Hlegittimit del terzo comma dell'art. 1 d.l. 10 dicembre 1976, n. 798, introdotto con la legge n. 16 del 1977 che estendeva la proroga dei termini in esame a quelli scaduti dal 5 all'll dicembre 1976, non rientranti tra quelli compresi nel periodo precedente. Si afferma al riguardo che i detti termini, appunto perch non compresi nella proroga erano scaduti e pertanto la norma impugnata avrebbe in sostanza prodotto la reviviscenza di termini ormai esauriti, il che comporterebbe la violazione dell'art. 24 Cost. In proposito da osservare, peraltro, che, come pacifico; i termini cos prorogati in realt erano rimasti esclusi dalla proroga senza motivo, e solo a causa di un probabile difetto di coordinamento. Si legge appunto nei lavori preparatoci che al fine di eliminare l'esclusione, non' sorretta da alcun valido motivo, occorreva colmare il vuoto temporale cosi creatosi mediante la saldatq.ra dei periodi sopra spe cificati. Il richiamare in vigore in tali circostanze termini scaduti non lede in alcun modo la garanzia costituzionale invocata, :limitandosi a rendere possibili, per ovvii motivi di razionalit, attivit altrimenti precluse. In relazione all'eventuale azione dell'amministrazione gli interessati potevano d'altra parte liberamente esercitare, a loro volta, il diritto di difesa senza :Limitazione alcuna. PARm I. SllZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALB ,, A:ltra questione stata sollevata circa la pretesa illegittimit del l'art. 1 del d.l. 10 dicembre 1976, n. 798 in quanto sostanzialmente tale disposizione, coordinata con la precedente normativa in materia, non prevederebbe l'estensione della proroga precedentemente sancita anche a quei termini che avevano avuto :inizio nel periodo compreso fra il 5 dicembre 1975 (entrata, in vigore della legge n. 576 del 1975) ed il 5 ottobre 1976 (6()<> giorno antecedente al compimento dell'anno di sospen sione stabilito con la stessa legge n. 576 per i termini relativi ai ricorsi in materia di imposte). In tal modo, secondo la censura, risulterebbe violato anzitutto l'art. 3 Cost., perch l'esclusione dalla proroga, sostanzialmente collegata all'ele mento occasionale ed aleatorio della data di notifica dell'accertamento, dalla quale appunto inizia il decorso del termine per il ricorso e conse guentemente dipende l'applicabilit o meno della proroga, comporterebbe una disc11iminazione irrazionale e come tale contrastante con il principio di eguaglianza. Ma la questione non fondata. Nel corso dei lavori preparatori della legge 8 febbraio 1977, n. 16, invero, il .problema della esclusione dei termini anzidetti dalla proroga fu espressamente trattato in sede di discussione di un emendamento all'uopo presentato, ma non trov accog1imento da parte del Governo sulla basilare confilderazione che dopo l'approvazione della legge n. 576 del 1975 la tendenza era quella di normalizzare la materia della scadenza dei termini. Pertanto era da ritenere che i contribuenti i quali avevano . operato dopo l'entrata in vigore della legge stessa (5 dicembre 1975) erano in regime normale e di ci dovevano essere consapevoli dato il preciso riferimento a tale data per l'operativit del beneficio. L'accoglimento dell'emendamento, secondo il Governo, avrebbe anzi comportato la rimessione in termini di tutti coloro che li avt:vano lasciati decadere, ed avrebbe finito con il premiare i contribuenti che si erano comportati meno diligentemente di quelli che invece avevano pagato quanto dovuto. Queste considerazioni costituiscono una valida e razionale giustifica zione dell'esclusione lamentata, e in funzione di esse si delinea in modo evidente la diversit delle situazioni dei contribuenti che avevan ope rato prima e dopo l'entrata in vigore della legge del 1975. Diversit che vale ad escludere la sussistenza del lamentato wzio di legittimit. Parallele considerazioni valgono anche ad escludere la disparit fra contribuente e amministrazione, sostenuta in quanto gli avvisi di accer tamento in virt della proroga potrebbero essere notificati dall'Ammini strazione in regime di favore. Invero la posizione della P.A. caratterizzata dalle descritte difficolt, e quella dei contribuenti, non sono raffrontabili e come tali sfuggono al controllo di legittimit in relazione all'art. 3 Cost. (omissis). 872 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 30 luglio 1984, n. 239 -Pres. e rel. De Stefano -Meir (avv. Di Gravio e Rombol), Comunit dsraelitica di Roma (avv. Tedeschi e Giannini) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Salimei). Costituzione della Repubblica -Principio di eguaglianza -Libert di adesione ad associazioni e formazioni sociali -Comunit israelitiche Adesione ope legis -Illegittimit costituzionale. (Cost., artt. 2, 3 e 18; r.d. 30 ottobre 1930, n. 1731, art. 4). L'obbligatoria appartenenza ,alla Comunit di un soggetto, per il solo fatto di essere israelita e di risiedere nel territorio di pertinenza della Comunit medesima, senza che l'appartenenza sia accompagnata da alcuna manifestazione di volont in tal senso, viola il principio di eguaglianza (art. 3 Cast.) concretando una disparit di trattamento in ragione della religione e/o razza, e la libert di aderire o non aderire (non solo ad associazioni ma anche) a formazioni sociali tutelata dagli artt. 2 e 18 Cast. 1 Il pretore di Roma, con ordinanza emessa il 16 maggio 1979, ha deferito a questa Corte la questione di legittimit costituzionale, nei ter I mini esposti in narrativa, degli artt. 1, 4, 5, 15 lett. c), 24, 25, 26, 27, 28, 29 e 30 del r.d. 30 ottobre 1930, n. 1731, singolarmente considerati, nonch i in rapporto al sistema normativo da essi derivante, per contrasto con l gli artt. 3, 2 e 18, 23, 24 e 102, 53 della Costituzione. I Il menzionato decreto dtta norme sulle Comunit israelitiche e sulla Unione delle Comunit medesime. L'art. 1 definisce le Comunit israe I litiche corpi morali che provvvedono al soddisfacimento dei bisogni ! religiosi degli israeliti secondo la legge e le tradizioni braiche ; in rela I zione a tale finalit ne specifica, al secondo comma, i compiti. Per ! ! l'art. 4 appartengono di diritto alla Comunit tutti gli israeliti che hanno residenza nel territorio di essa . Il successivo art. 5 dispone che i cessa di far parte della Comunit chi passa ad un'altra religione o dichiara di non voler pi essere considerato israelita agli effetti del l presente decreto; colui che cessa di far parte della Comunit perde iI diritto di valersi delle istituzioni israelitiche, e in particolare perde il diritto a prestazioni di atti rituali ed alla sepoltura nei cimiteri israelitici. Gli altri articoli denunciati (15, lett. e e da 24 a 30) disoipHnano il potere impositivo attribuito alla Comunit, prevedendo la determinazione di un contributo annuo, cui sono tenuti tutti gli appartenenti alla Comunit in ragione del rispettivo reddito complessivo. Il Consiglio della Comunit fissa, anno per anno, l'aliquota del contributo, mentre spettano alla Giunta la valutazione del reddito complessivo di ciascun contribuente, la determinazione del reddito imponibile e del contributo, la PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE formazione della matricola dei contribuenti. Contro la determinazione dell'imponibile fatta dalla Giunta, il contribuente pu presentare ricorso al Consiglio della Comunit, e contro la decisione del Consiglio ammesso dl ricorso ad una commissione arbitrale; avverso la decisione cli quest'ultima non ammesso alcun gravame, salvo il ricorso all'autorit giudiziaria nei soli casi di violazione di legge. (omissis). Nei termini anzidetti la questione fondata. Giova ricordare che, anteriormente all'emanazione del r.d. n. 1731 del 1930, la disciplina del culto israelitico in Italia era diversa secondo le diverse regioni, corrispondenti agli ex Stati pre-unitari; e talvolta era diversa anche nell'mbito di una stessa regione. La legge sarda 4 luglio 1857, n. 2325 (c.d. legge Rattazzi), operante in Piemonte ed in Liguria, ed estesa, all'atto della unificazione, all'Emilia ed alle Marche, disciplinava le Universit isr~elitiche come persone giuridiche pubbliche, necessariamente costituite da tutti gl'israeliti. domiciiliati nella loro circoscrizione, fornite del potere d'imposi~ione su di essi, e integralmente regolate, nella loro organizzazione e nelle loro funzioni, dal diritto dello Stato, secondo lo schema della legge comunale dell'epoca. Anche in Toscana, nel Veneto, nella provdncia di Mantova, nonch nelle province annesse dopo la guerra 1915-18, continuando ad applicarsi ivi le preesistenti disposizioni, le Universit israelitiche ave~ano natura di corporazioni pubbliche necessarie, con di potere d'imporre ai loro membri speciali tributi; ma, a differenza cli quelle che formavano oggetto della legge sarda, erano dotate di autonomia organizzativa, in quanto le leggi che le disciplinavano rinviavano a.i rispettivi statuti per il regolamento della loro struttura e per l'esercizio delle loro attribuzioni. Infine, in altre localit (come, ad esempio, Roma, Napoli e Milano), le organizzazioni israelitiche, operando nell'mbdto del diritto comune, erano costituite in associazioni volontarie, dotate o meno cli personalit giuridica, che provvedevano alle spese del culto con le volontarie contribuzioni dei loro aderenti. Le varie comunit, obbligatorie e volontarie, tra loro assolutamente autonome e indipendenti, avevano poi dato vita ad un Consorzio volontario, sul piano nazionale, per la difesa e la cura dei comuni interessi. Con il r.d. n. 1731 del 1930, avente forza. di legge in virt della facolt di rivedere le norme legislative esistenti che disciplinano i culti acattolici, conferita al Governo dall'art. 14 del:la legge 24 giugno 1929, n. 1159, sull'esercizio dei culti ammessi nello Stato, s'intese apprestare un ordinamento uniforme per le Comunit israelitiche di tutta l'Italia, e federarle in urla Unione obbligatoria. Nella relazione allo schema del decreto si legge, infatti, che esso procede alla unificazione della legislazione sulle Universit israelitiche, stabilendo per esse un ordinamento ed un sistema uniforme di confrollo, ci che nisponde all'indirizzo del moderno diritto pubblico, che vuole sottoposte all'autorit RASSEGNA DBIL'AVVOCATURA DELLO STATO 874 dello Stato, ed opportunamente vigilate, tutte le forme di attivit, specie quelle a b~se collettiva . Si legge, ancora, che il tipo di ordinamento prescelto si foggia essenzialmente su quello della legge sarda del 1857, che regoLa le Universit israelitche con criteri di compiutezza, a un dipresso come la legge comunale e provinciale.. regola i Comuni, non essendosi creduto di adottare il sistema austriaco, . vigente nelle nuove province, chei limitandosi alle norme fondamentali, lascia largo campo all'autonomia delle Comunit, cui impone di farsi uno statuto . Si rile v, allora, in dottrina, che le Comunit israelitiche non solo appa riscono corporazioni cli dinitto pubblico, in quanto hanno c~rattere ter ritoriale e sono sottoposte a vigilanza e tutela, ma anche in quanto esercitano poteri d'impero, sono di creazione statale, sono regolate in teramente da una legge dello Stato, la quale ha fissato gli scopi, gli organi, 1a costituzione e J'amministrazione delle Comunit: concretan dosi, cos, una sorta di costituzione civile di una confessione reli giosa ad opera. del legislatore stataJe; un esempio, forse unico nel nostro ordinamento giuridico, di statuto di confessione reliigiosa formato ed emanato dallo Stato . Fondamentale, nella nuova disciplina, ed in perfetta coerenza con lo spirito che tutta la permea, appare il precetto dell'art. 4, che ben pu dirsi costituisca un caposaldo della rigida strutttura dettata dal legi slatore statale per le Comullit israelitiche. In proposito, la gi citata relazione afferma che si riconosciuto alle singole Comunit carat tere di necessariet, nel senso che di esse devono far parte tutti gli israeliti del luogo, Il principio accolto -viene ancora ribadito che non possibile pretendere, agli effetti civili, di essere israelita, -ma di non voler appartenere alla Comunit, rifiutando cos il proprio contributo finanziario all'organo riconosciuto, che rappresenta l'interesse superiore della collettivit . Gi autorevole dottrina, subito dopo l'emanazione del decreto, non aveva dubbi nell'affermare che gli ebrei appartengono obbligatoria-: mente, cl fatto stesso di avere la residenza legale nel territorio di una Comunit israelitica, alla Comunit stessa . Di appartenenia neces saria, automatica, che consegue ipso iure alla qualit di israe lita ed alla sua reS!i.denza nel territorio della Comunit, pa-rla la suc cessiva dottrina, con una interpretazione della norma che pu dirsi pressoch costante, e >che s'identifica con quella accolta dal giudice a quo, il quale denuncia l'art. 4 appunto perch statuisce ia coattiva partecipazione dell'israelita alla Comunit. Che poi I' appartenenza di diritto valga -secondo rilevato in dottrina -a tutelare il diritto all'appartenenza, e cio il diritto, non soggetto a valutazioni discrezionali da parte della Comunit, del l'israelita a partecipare ad un complesso di beni e di servizi espresso dalla Comunit , non comporta certo che siffatta tutela possa venir PARm I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE realizzata unicamente mediante l'appartenenza coattiva ; e d'altro canto ovviamente non esclude che il diritto medesimo venga incondizionatamente riconosciuto, verificandosene i presupposti, a chi abbia manifestato la volont di esercitarlo. Il decreto del 1930 non indica chi debba considerarsi israelita, e quindi destinatario del precetto .dell'art. 4. Anche a questo riguardo si ha una interpretazione largamente prevalente, nel senso che il legislatore rinvii, per tale determinazione, alle norme ed aHe tradizioni ebraiche, secondo le quali ebreo chiunque sia nato da madre ebrea, o sia stato accolto nell'ebraismo con i prescritti atti rituali. Alla luce di quanto precede, palese il contrasto della norma m esame con il fondamentale principio sancito dall'art. 3 della Costituzione, che assevera l'eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, senza distinzione, fra l'altro, cli razza e di religione, Nel denunciato art. 4, invece, assumono essemiale rilievo appunto le caratteristiche religiose ed etniche, che confluiscono nella qualificazione di israelita; si concreta cos una disparit di trattamento tra i cittadini, che tale qualit, d'ordine etnico-religioso, rivestano, e che, a cagione di essa, divenendo cos obbligatoriamente destinata:rti degli effetti s_he da tale appartenenza discendono, anche nell'ordinamento statuale, e tutti gli altri cittadini, cui'la norma stessa non si applica. A sostegno dell'infondatezza della questione la difesa della Comunit e l'Avvocatura dello Stato si richiamano alla possdbilit di recesso dalla Comunit, prevista dal successivo art. 5 dello stesso decreto. In altri termini, la necessaria, automatica appartenenza non violerebbe il precetto dell'art. 3 della Costituzione, perch sarebbe consentito, a chi lo volesse, di uscire dalla Comunit con il passaggio ad altra religione o con la dissociazione. Ma agevole replicare, in contrario, che la facolt del distacco appare soltanto come un rimedio ex post ad una situazione che nel suo stesso realizzarsii gi si pone in insanabile contrasto con il ricordato fondamentale principio dell'art. 3 della Costituzione. Violati dal denunciato art. 4 appaiono anche gli altri parametri costituzionali (artt. 2 e 18), indicati dal giudice a quo. La Corte ha gi affermato (sentenza n. 69 del 1962) che il precetto costituzionale contenuto nell'art. 18 deve essere interpretato nel contesto storico che l'ha visto nascere e che porta a considerare, della proclamata libert di associazione, non. soltanto l'aspetto che stato definito positivo , ma anche l'altro negativo, quello che si risolve nella libert di non associ.arsi che dov apparire al Costituente non meno essenziale dell'altra dopo un periodo nel quale la politica legislativa di un regime totalitario aveva mirato a inquadrare i fenomeni assc,>ciativd. nell'mbito di strutture pubblicistiche e sotto di controllo dello Stato . Periodo a cui appunto risale la normativa adesso sottoposta alla pronuncia della Corte. La stessa sentenza prosegue affermando che - la libert di non associarsi si deve 876 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO ritenere Vliolata tutte le volte in cui, costringendo gli appartenenti a un gruppo o a una categoria, ad associarsi tra di loro, si violi un diritto o una libert o un principio costituzionalmente garantito: quale, appunto, nella fattispecie ora in esame, il principio garantito dall'art. 3 della Costituzione. Non qui necessario prendere posizione suHa natura .associativa o istituzionale delle Comunit israelitiche, perch fa libert di adesione , nei suoi aspetti (positivo e negativo), dianzi indicati, va tutelata, come diritto inviolabile , nei confronti non solo delle associazioni, ma anche di quelle formazioni sociali , cui fa riferimento l'art. 2 della Costituzione, e tra le quali si possono ritenere comprese anche le confessioni religiose. Libert di aderire e di non aderire che, per quanto specificamente concerne l'appartenenza alle strutture di una confessione religiosa, negli aspetti che rilevano nell'ordinamento dello Stato, affonda le sue radici in quella libert di coscienza, riferita aHa professione sia di fede religiosa sfa di opinione in materia religiosa (sentenza n. 117 del 1979), che garantita dall'art. 19 della Costituzione, e che va annoverata anch'essa tra i diritti inVlioLabili dell'uomo (sentenza n. 14 del 1973). L'obbligatoria appartenenza alla Comunit di un soggetto, per il solo fatto di essere israelita e di risiedere nel tenitorio di pertinenza della Comunit medesima, senm che l'appartenenza sia accompagnata da alcuna manifestazione di volont in tal senso, viola appunto quella libert di adesione che tutelata dagli artt. 2 e 18 della Costituzione. Conclusivamente, per le s. esposte considerazioni, va dichiarata la illegittimit costituzionale dell'art. 4 del r.d. n. 1731 del 1930, per violazione degli artt. 2, 3 e 18 deUa Costituzione. (omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 3 dicembre 1984, n. 255 (in cam. cons.) Pres. Elia -Rel. Paladin -Veneruso e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Cavalli). Corte costituzionale -Giudizio incidentale di legittimit costitmionale Eliminazione di disposizione emessa in eccesso dalla delega Con trariet al principio di eguaglianza delle disposizioni residue Rile vabilit. (Cost., art. 76; d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, art. 5). Alla pronuncia che dichiara la illegittimit costituzionale per eccesso della delega (art. 76 Cast.) di una disposizione legislativa delegata pu seguire una ulteriore pronuncia di illegittimit costituzionale non sollecitata dal giudice a quo di altra dispsizione contrastante con il principio PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 877 di eguaglianza (art. 3 Cast.) la quale diverrebbe operante per effetto della prima pronuncia (1). Con ordinanza emessa il 12 settembre 1977 -nel corso di un procedimento civile in cui si controverteva sulla spettanza dell'indennit di buonuscita alla figlia nubile maggiorenne (ed orfana di madre) di un dipendente statale deceduto in attivit di servizio il 20 febbraio 1975 il Pretore di Napoli ha sollevato questione di legittimit costituzionale dell'art. 5 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato). La norma impugnata violerebbe, infatti, J'art. 76 della Costituzione, da:l momento che avrebbe soppresso -in contrasto con l'ar ticolo 6 della legge delega 28 ottobre 1970, n. 775 -il diritto delle figlie nubili maggiorenni a percepire l'indennit di buonuscita spettante a genitore deceduto in attivit di servizio , gi previsto dall'art. 5 della legge 27 novembre 1956, n. 1407. (omissis). Nei' testo originario -precedente la sostituzione operata dall'art. 7, secondo comma, della legge 29 aprile 1976, n. 177 -l'impugnato art. 5, primo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973; n. 1032, stabiliva che, in caso di morte del dipendente statale in attivit di servizdo , l'indennit di buonuscita spettasse, nell'ordine, ral coniuge superstite e agli orfani, ai genitori, ai fratelli e sorelle, che conseguissero il diritto alla pen sione di riversibilit . A sua volta, l'art. 82, primo comma, del d.P.R . .29 dicembre 1973, n. 1092 ( testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, prevedeva e prevede che la pensione stessa spetta anche agli orfani maggiorenni inabili a proficuo lavoro o in et superiore a sessanta anni, conviventi a carico del dipendente o del pensionato e nullatenenti.. Dal combinato disposto di queste due norme discendeva pertanto -come ha giustamente rilevato il giudice a quo -l'abrogazione dell'art. 5 apv. della legge 27 novembre 1956, n. 1407, per cui, in mancanza del coniuge" !"indennit di cui si controverte competeva -fra l'altro -alle figlie nubili maggiorenni, nonch ai figli maggiorenni inabili a. proficuo lavoro . Senonch, precisamente in questo effetto abrogativo il Pretore di Napoli ravvisa un eccesso di delega, dato che il testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali in favore dei dipendenti civili e militari dello Stato non avrebbe in tal senso rispettato l'art. 6, terzo comma, della legge 28 ottobre i970, n. 775, in base al quale il Governo veniva bens delegato a provvedere, entro i:l 31 dicembre 1973, alla raccolta in testi unici, aventi (1) La sentenza amplia alquanto le possibilit della Corte di incidere sul tessuto normativo. Forse una sentenza di non rilevanza o -come sostenuto in memoria dall'Avvocatura dello Stato -di manifesta infondatezza avrebbe potuto costituire una alternativa percorribile. 878 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO valore di leggi ordinarie, delle disposizioni in vigore concernenti le singole materie , ma solo per apportare ove d'uopo alle stesse le moditca11ioni ed tintegrazioni necessarie per i1 loro coordinamento ed ammodernamento, ai fini di una migliore accessibilit e comprensibilit delle norme medesime e sempre con i criteri indicati nel comma precedente (ossia tendendo alla semplificazione ed allo snelltimento delle procedure). Posta in questi termini, la questione fondata. Indubbiamente, il testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali non avrebbe potuto riprodurre senza alcurta modificazione l'art. 5 cpv. della legge n. 1407 del 1956, continuando a differenziare le figlie nubili maggiorenni dai figli maggiorenni inabili a proficuo lavoro: lo preclud~va, infatti, il principio d'eguaglianza senza distinzione di sesso, che vincola, imp1icitamente, al pari di qualunque altro precetto costituzionale, le stesse disposizioni dei testi unici di coordinamento; e, nella specie, il vincolo in questione risultava tanto pi stringente, in quanto la Corte -'con decisioni n. 53 del 1969 e . n. 135 del 1971 -aveva gi dichiarato costituzionalmente illegittima la disciplina che dava rilievo alla condizione del nubilato, sia pure in tema di trattamento di quiescenza e non di prestazioni previ denziali (in ordine alle quali era stata anzi pronunciata la sentenza di rigetto n. 82 del 1973). Ma ci non toglie che, sul punto, il legislatore delegato abbia realizzato la parit di trattamento fra orfani ed orfane, privando le figlie nubili maggiorenni -attraverso un mero testo unico di un diritto che loro competeva, quand'anche esse non fossero nullatenenti, conviventi a carico del dipendente statale in serW.zio ed inabili a proficuo lavoro ovvero in et superiore a sessant'anni; il che non si giustifica, n in nome della semplificazione e dello snellimento del.le procedure, n in vista della mig1iore accessibilit e comprensibilit delle norme previdenziali, di cui si ragiona nell'art. 6, terzo comma, della legge n. 775 dei 1970. D'altra parte, non giova replicare che il legislatore delegato avrebbe pur sempre perseguito, mediante l'impugnato art. 5 del d.P.R. n. 1032 del 1973, uno stretto coordinamento fra la disciplina delle prestazioni previ denziali e quella del trattamento di quiescenza spettante ai superstiti dei dipendenti civili e militari dello Stato. La citata norma dti delegazione si limita, infatti, a considerare il coordinamento delle disposizioni in vigore concernenti le singole materie , senza alcun riferimento all'armonizzazione delle normative niguardanti materie. diverse. Ed il collegamento fra i regimi previdenziale e pensinistico, gi introdotto dalla norma in discussione, non rappresentava e non rappresenta affatto una soluzione obbligata o comunque preferibile sul piano legislativo, tanto vero che l'art. 7, secondo comma, della legge n. 177 del 1976, concernente il diritto all'indennit di buonuscita , ha interrotto il nesso stabilito dall'art. 5 del d.P.R. n. 1032 del 1973, disponendo senz'altro che, in caso di morte del dipendente statale in attivit di servizio ,l'indennit competa, nella stes PARTB I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALB sa misura che sarebbe spettata al dipendente, al coniuge superstite e agli orfani, ai .genitori, ai fratelli e sorelle . La : richiesta pronuncia di accoglimento non si pu certamente risolvere, per, nella restaurazione di quanto gi previsto dall'art. 5 cpv. della legge n. 1407 del 1956: una siffatta soluzione non sarebbe, nonch indispensabile sul piano costituzionale, nemmeno conforme all'art. 3 della Costituzione, poich rinnoverebbe la preesistente disparit di trattamento tra le figlie ed i figli maggftorenni. N pu ipotizzarsi la radicale dichiarazione d'illegittimit costituzionale del riferimento -contenuto nella norma impugnata. -agli orfani... che conseguano il diritto alla pensione di riversibilit : poich una tale pronuncia verrebbe nuovamente a contraddire il principio generale d'eguaglianza, negando agli orfani in genere il diritto all'indennit di buonuscita, a beneficio di altre categorie di superstiti, non considerati dalla legge n. 1407 del 1956 e quindi posposti agli orfani stessi, sia dal d.P.R. n. 1032 del 1973 sia dalla legge n. 177 del 1976. Ne segue che la soluzione costituzionalmente obbligata del problema in esame consiste, invece, nel fare cadere le condizioni previste dal d.P.R. n. 1032, in collegamento con il d.P.R. n. 1092 del 1973, affinch gli orfani maggiorenni potessero vedersi corrispondere l'indennit di buonuscita: cos anticipando, sotto il profilo in questione, l'appliciibilit del regime pi favorevole ai superstiti, introdotto dall'art. 7, secondo comma, della legge n. 177 del 1976. p.q.m. dichiara l'illegittimit costituzionale dell'art. 5, primo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 (testo unico delle norme s~lle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato), nella par,te in cui prevede che gli orlani maggiorenni abbiano diritto all'in dennit di buonuscita solo quando conseguano il diritto alla pensione di riversibilit. CORTE COSTITUZIONALE, 12 dicembre 1984, n. 279 -Pres. Elia Rel. Ferrari -Provincia di Bolzano (avv. Panunzio) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Azzariti). Trentino-Alto Adige Istruzione secondaria Istituzione di nuove scuole Attribuzione della Provincia. La potest di istituire nel territorio .della provincia di Bolzano scuole del grado e del tipo di cui all'art. 9, n. 2, d.P.R. n. 670 del 1972 spetta alla Provincia. L'esercizio di tale potest subordinato all'intesa con il ministero per la pubblica istruzione, ma limitatamente agli oneri per il personale a carico dello Stato ed alle variazioni degli organici; conseguentemente, allo Stato spetta. soltanto di disporre in ordine alle suddette variazioni degli organici ed allo stato giuridico ed economico del personale insegnante. 880 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 19 dicembre 1984, n. 292 -Pres. Elia -Rel. Ferrari -S.I.P. (avv. Satta) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Siconolfi). Fonti del diritto -Legge -Procedhnento legislativo -Modifiazloni di coordinamento -Condizioni e limiti -Difformit tra i testi approvati dalle due camere -Effetti. ,,,.. (Cost., artt. 70 e 72; legge 2 luglio 1952, n. 703, art. 39). Il coordinamento previsto dall'art. 103 del regolamento del Senato dovrebbe avvenire prima della votazione finale; peraltro, esso pu__aversi (come per prassi) anche dopo la votazione purch non ne risulti alterata la sostanza del testo e non si verifichino, nelle sedi interpretative ed applicative, incertezze gravi sul suo significato. Quando non si ha la convergenza della volont dei due rami del Parlamento, la pronuncia caducatrice per illegittimit costituzionale deve colpire la disposizione esaminata solo per la parte affetta dal predetto vizio ogni qualvolta sia possibile applicare il principio di conservazione dei valori giuridici (1). Il testo unico per la finanza locale (t.u.f.l.) approvato con il r.d. 14 settembre 1931, n. 1175 conosce, fra le altre entrate dei Comuni, la ((tassa e per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, disciplinata negli artt. 192-200. Per quanto riguarda pi proplliamente l'occupazione del sottosuolo mediante condutture, cavi ed impianti in genere, tale tassa cosi ai sensi del dato testuale dell'art. 198, primo comma, lettera a), Ǐ applicata... a metro lineare, in base alla.. tariffa massima di iire 0,50 ovvero di lire 1, secondo che le suindicate apparecchiature abbiano un diametro inferiore o superiore a centimetri 20. La tariffa massima come sopra stabilita venne poi quadruplicata con l'art. 32, lettera a), del decreto legislativo luogotenenziale 8 marzo 1945, n. 62, che, iinfatti, la (1) ... e successive modificazioni: chiunque abbia pratica di cose gIUl'l ddche sa bene che questa espressione molto frequente, e non solo in materia di finanza locale e di leggi tributarie -in genere. Indubbiamente, trattasi. di espressione poco chiara, originata spesso dalla frettolosit dei lavori di produzione legislativa (anche quando effettuati all'm terno degli uffici legislativi) e talvolta da intendimenti di cautela (pu accadere che neppure chi inserisce le parole in questione sappia esattamente quante e quali siano le successive modificazioni cui allude). Deplorare una siffatta tecnica sarebbe agevole: basti pensare alle moltitudini dei non addetti ai lavori ai quali pure la legge indirizzata e che hanno il dovere (e quindi anche il diritto) di conoscerla ; ed alle quali paradossali formule ricordate nella ultima parte della sentenza in rassegna, ove peraltro non si rammenta il caso -verificatosi -di richiamo di successive modificazioni ... mai intervenute. Tuttavia, uno sforzo di comprensione deve essere fatto: non sempre i lavori parlamentari e pre-parlamentri possono avere ritmi lenti e pacati e PARm I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 881 elev, rispettivamente, a lire 2 e lire 4, e nuovamente aumentata di quaranta volte, a decorrere dal 1 gennaio 1952, con gli artt. 39, primo comma, e 44 della legge 2 luglio 1952, n. 703 ( disposizioni in materia di finanza locale). Per l'esattezza, mentre il Senato approvava la disposizione nel seguente testo: la tariffa massima di cui all'art. 198 del testo unico 14 settembre 1931, n. 1175, e al decreto ministeriale 26 febbraio 1933, concernente le norme provvisorie aggiunte di applicazione dello stesso testo unico in materia di tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche aumentata di 40 volte , H menzionato art. 39, primo comma, cos recita, Vliceversa, nel testo approvato dalla Camera, promulgato dal Presidente della Repubblioa, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale ed inserito nella Raccolta ufficiale .delle leggi e dei decreti della Repubblica: La tariffa massima di cui all'art. 198 del testo unico per la finanza locale 14 settembre 1931, n. 1175, e successive modificazion, e al decreto mini-. steriale 26 febbraio 1933, concernente le norme provvisorie aggiunte di applicazione dello stesso testo unico .in materia di tassa per l'occupa2lione di spazi ed aree pubbliche, aumentata di quaranta volte . (omissis) La Corte d'appello di Milano, con ordinanza emessa il 13 novembre 1979, ed il Tribunale di Lucca, con ordinanze emesse il 10 novembre 1982 e 1'8 febbraio 1984, dato preliminarmente atto che non era contestato dalle parti che l'art. 39 fu approvato dal Senato senm l'inciso ( e successive modificazioni) e che tale inciso venne introdotto, dopo la votazione finale, dalla commissione di coordinamento del Senato , Ia quale poi non rimise pi il testo coordinato al plenum, osserviano concordemente che: i due testi approvati dal Senato e dalla Camera sono tra loro totalmente difformi; l'inciso non costituisce un semplice coordinamento..., ma un'effettiva modifica legislativa; la rilevata difformit comporta una diversa statuizione normativa. Osservato altres (anche se possono raggiungere quei livelli di approfondimento consentiti ad esempio nelle pi serene sedi scientifiche. Un rimedio di portata generale potrebbe essere costituito da qualche norma, non rileva se scritta o giurisprudenziale, di semantica legislativa, da qualche norma cio che puntualizzi il significato da attribuirsi ad espressioni quale quella di che trattasi. Potrebbe cosi stabilirsi, una volta per tutte (se si vuole per convenzione), che il richiamo di una disposizione si intende effettuato con riferimento al testo come modificato esplicitamente o implicita mente (di non poca delicatezza infatti anche il proj)lema delle modificazioni implicite) da norme vigenti nel momento anteriore a quello della innovazione legislativa. Meno risolutore appare -malgrado l'ottimismo palesato dalla Corte il rimedio della compilazione di testi unici o di nuove leggi organiche confer mative .ed interpretative: spesso i problemi che tali fonti pongono sono pi numerosi e complessi di quelli che esse risolvono (ovviamente si parla di leggi che non innovano sostanzialmente, posto che l'opportunit o meno di queste ultime va valutata con criteri del tutto diversi). 882 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dal solo Tribunale di Lucca) che cos non risulta rispettata la regola fondamentale del bicameralismo " i due giudici a quibus hanno sollevato, in riferimento agli artt. 70 e 72 Cost., la questione di legittimit costi tuzionale dell'intero art. 39 della legge n. 703 del 1952. (omissis). Con 1a sentenza n. 9 del 1959, questa Corte ha affrontato per la prima volta, in tema di procedimento legislativo, la problematica cui d vita la constatazione della difformit fra il testo approvato da una Camera e quello approvato dall'altra Camera. Con tale pronuncia, dopo ayere riconosciuto la propria competenza in via: generale a controllare la legittimit costituzionale di una legge per quanto concerne il procedi mento della sua formazione e, quindi, che l'attestazione contenuta nel messaggio che accompagna la trasmissione di un testo di legge da un ramo all'altro del Parlamento ~on preclude il sindacato del giudice delle leggi sugli atti anteriori, essa statu tin particolare che: a) la prassi del coordinamento, autorizzato dalla Camera (o da una commissione in sede legislativa) ed operato dalla Presidenza, in quanto risponde ad esigenze del funzionamento di organi collegiali, rion pu ritenersi senz'altro contraria alfa Costituzione, se poi il testo del disegno di legge, una volta coordinato, non ripresentato alla Camera (o alla commissione competente) per una nuova votazione finale; b) tuttavia, il testo coordinato, in tanto pu non essere sottoposto ad una nuova votazione finale, in quanto abbia una formulazione che non alteri la sostanza del testo che aveva formato oggetto della votazione finale; e) l'accertamento se la formulazione del testo coordinato si mantenuta (nei limiti nei quali il coordinamento stato autonizzato), in modo che'esso esprima J'effettiva volont della Camera e sia idoneo a concorrere con una identica volont dell'altra Camera a produrre la legge va compiuto dalla Corte caso per caso , ed all'uopo rilevante il raffronto fra il testo votato... con riserva del coordinamento ed il testo coordinato e poi promulgato; d) in conclusione , se non risultano modificazioni di sostanza, l'eccezione di legittimit costituzionale... per assunta difformit. dei testi votati..., pu dichiararsi non fondata. Successivamente alla nicordata pronuncia, la competenza di CI,Uesta Corte a sindacare il processo fon;nativo delle leggi non stata pi giudizialmente posta in discussione, sicch pu dirsi costituire ormai uno dei principi del nostro ordinamento costituzionale, e le statuizioni di cui sopra sono state poi ribadite ed applicate in altre due sentenze pronunciate peraltro, la prima delle due su difformit tra testo approvato e testo prol}lulgato, ed entrambe su difformit conseguente ad errore materiale verificatosi nella trascrizione -, sicch possono dirsi costituire ormai giurisprudenza costante di questa Corte. Tali due sentenze, infatti, hanno precisato, l'una a riguardo della facolt di coordinamento (sentenza n. 134 del 1969), che nella nozione pi restnittiva che sd voglia dame non rientra soltanto .la correzione di errori materiali , ma anche la PARTB I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE eventuale correzione lessicale dei testi per conformarne la dizione alla sostanza, e l'altra a riguardo dell'accertamento caso per caso (sentenza n. 152 del 1982), che non si pu ragionare astrattamente e meccanicamente dei vizi formali di legittimit costituzionale delle leggi, dovendosi, invece, non solo tener conto della effettiva volont d.elle Camere, ma anche valutare il rilievo che l'errore potrebbe assumere nelle sedi interpretativa ed applicativa della disposizione impugnata. Ma particolare risalto merita quest'ultima sentenza (n. 152 del 1982), per la statuizione dl tutto nuova, che essa enuncia e che si aggiunge a quelle pi sopra riportate, integrando la visione di questa Corte in tema di coordinamento delle leggi. In ordine al dilemma, infatti, se ii vizio dell'iter procedimentale produca effetti limitati alla sola disposizione -o parte viziata ovvero travolga l'intero atto, essa ha statuito che: e) deve farsi... applicazione del principio generale di conservazione degli atti e che per ci il vizio formale ... non comporta -per s considerato -l'annullamento integrale della legge ..., ma pu solo incidere, in ipotesi, sulla parte specificamente viziata: Ritiene questa Corte che non vi sono motivi, i quali sospingano a variare il rievocato indirizzo giurisprudenziale o anche solo a discostarsene. pertanto sulla base del principio generale della sindacabilit, in questa sede, delle leggi anche per vizi dei loro procedimenti di formazione, ed alla luce delle statuzioni di cui sopra, che va esaminata e risolta la questione di legittimit costituzionale sollevata. _ Giova precisare che la difformit. verificatasi alla Camera, fra il testo approvato da questa ed il testo approvato dal Senato, la conseguenza della difformit, verificatasi anteriormente al Senato, fra il testo approvato da questo ed il testo coordinato. Si pone, quindi, un triiplice interrogativo: se, avendo il testo coordinato ottenuto l'approvazione della sola Camera, possa dirsi che vi stato l'incontro delle volont di entrambi i rami del Parlamento; se il coordinamento ha comportato, o meno, una modifica sostanziale della legge; nell'ipotesi affermativa; se esso ha viziato l'intero atto ovvero soltanto l'intera proposizione normativa ovvero ancora la sola patte coordinata. Il primo interrogativo chiama in causa l'art. 70 Cost., tl quale dichiara che la funzione legislativa esercitata collettivamente dalle due Camere; gli altri due chiamano in causa l'art. 72 Cost., il quale detta, sl, la disciplina del procedimento legislativo, ma ne demanda l'integrazione all'autonomia normativa di ciascuna Camera. Ora, l'istituto del coordinamento ignoto alla Costituzione, ma non anche ai regolamenti parlamentari. Il regolamento del Senato che era in vigore nel 1952, cio al momento dell'approvazione della legge de qua, pre vedeva all'art. 74, bench non nominatim, il coordinamento, stabilendo, sotto il profilo contenutistico, che esso doveva intendersi consistere, non solo nelle correzioni di forma che siano opportune , ma anche nelle necessarie modificazioni di quegli emendamenti gi approvati che sem RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 884 brino inconciliabili con lo scopo della legge o con alcune delle sue disposizioni e, sotto dl profilo procedurale, che doveva essere deLiberato dal Senato prima della votazione finale . L'istituto rimasto sostanzialmente immutato nel regolamento approvato il 17 febbraio 1971, ed oggi in vigore, il qua:le, al contrario di quello antedore, parla espressamente di coordinamento , l dove facoltizza le modificazioni di coordinamento che appaiono opportune (art. 103.1), prevedendo altres il conferimento del l'incarico alla commissione di presentare le opportune proposte (articolo 103.2), eventualmente accompagnate da una relazione (art. 103.3), sulle quali pu intervenire non pi di un oratore per ciascun gruppo parlamentare e la votazione ha luogo per alzata di mano (art. 103.4). Insomma, di tutta evidenza che i~ ogni caso -si abbia riguardo alla nuova o alla cessata disciplina regolamentare -il coordinamento in linea di principio legittimo, se avviene prima della votazione finale . Il coordinamento in esame stato, viceversa, operato dopo la votazione finale, e _perci stride con la f;ittispeoie astratta disegnata dall'articolo 74 del cessato regolamento del Senato. In coerenza, tuttavia, con il costante indirizzo giurisprudenziale di questa Corte, non pu dirsi che la modifica ap:i;>ortata in sede di coordinamento all'art. 39, primo comma, ciella legge n. 703 del 1952 mediante il denunciato inserto sia di per s costi tuzionalmente viiziata e viziante. Ed invero, l'introduzione nell'impugnato articolo dell'inciso, su cui il Senato p.on fu poi chiamato a pronunciarsi, se per un verso innegabilmente avvenuta in difformit della norma regolamentare, per altro verso risulta operata in conformit di una prassi tutt'altro che recente, la quale trova osservanza anche nell'altro ramo del Parlamento. In ordine a tale prassi, questa Corte, come si gi ricordato, ha statuito (sentenza n. 9 del 1959) -ed in 'considerazione, non gi della sua annosit, ma della necessit, in taluni casi e circostanze, del ricorso ad essa al fine di assicurare la funzionalit di organi collegia:Li particolarmente numerosi -non potersi ritenere senz'altro contraria alla Costituzione . Non pu non dirsi lo stesso per quanto concerne la modifica subita, ad opera dell'inciso in argomento, dalla disposizione sospettata di illegittimit costituzionale: la ricordata statuizione, infatti, vale a maggior ragione nel caso di specie, in cui il coordinamento risulta operato, non gi dalla Presidenza, come nelle fattispecie di cui alle pronunce n. 9 del 1959 e n. 134 del 1969, bens dalla commissione competente. Si deve ora sottolinare che questa Corte non ha inteso, con le sentenze pi volte richiamate, riconoscere in linea di principio, e perci in ogni caso, la legittimit della suddetta prassi del coordinamento, bens ha anteso escluderne l'illegittimit in quei soli casi, in cui la formulazione modificata non alteri la sostanza de testo che aveva formato oggetto della votazione finale (sentenza n. 9 del 1959). Con questa ultima precisazione, il problema diviene palesemente ermeneutico: in tanto sar possibile, infatti, valutare .. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE se la modifica costituita dall'inserto abbia alterato la sostanza del testo, quale risulta approvato nella votazione finale dal plenum del Senato, in quanto sii conosca previamente l'effettiiva volont espressa da questo, sia col voto sull'articolo, sia poi con la votazione finale. Ed a tale scopo, si richiede appunto un'indagine volta a cogliere l'esatta interpretazione dell'impugnato art. 39 nella versione approvata dal Senato (cio, senza l'inciso) e, pi precisamente, a stabilire se il Senato, disponendo l'aumento di 40 volte, volle riferirsi alle tariffe originarie del 1931 ovvero a quelle quadruplicate del 1945. questo il nodo che va preliminarmente sciolto; il nodo, cio, form_atosi nell'ambito del Senato, come del resto si gi precisato pi sopra, allorch si posto in rilievo che la difformit fra i testi approvati dalle due Camere la conseguenza della difformit, verificatasi in Senato, fra il testo anteriormente approvato e quello successivamente coordinato. Non mancano elementi, i quali lascerebbero pensare che intenzione del Senato, pur in mancanza dell'inciso poi introdotto in sede di coordinamento era quella di aggiungere un ulteriore aumento alla quadruplicazione disposta nel 1945. Quando, infatti, la legge de qua veniva approvata, dopo una laboriosa gestazione triennale, era in vigore la tariffa, del 1945, non pi quella del 1931; e ci, proprio per effetto del menzionato decreto legislativo luogotenenziale n. 62 del 1945, il cui art. 32 dispone testualmente che la misura della tassa in parola, quale stabilita nel 1931 dall'art. 198 t.u.fJ., modi ficata , e precisamente quadrupLicata. Poich questa era la situazione nor mativa del momento, non sembra che l'opinione secondo cui il Senato avrebbe avuto in mente, non gi la tariffa in vigore, ma la tariffa abrogata, meriti maggior credito di quella inversa. Oltre tutto, se con l'ipotizz!'lta opinione i giudici a quibus intendessero sostenere che il denunciato art. 39 della legge n. 703 del 1952 avrebbe implicitamente abrogato l'art. 32 del d.1.1. n. 62 del 1945 ed implicitamente ridato vigore all'art. 198 t.u.f.l., si porrebbe il problema, di non agevole soluzione, se possa ritenersi che l'abrogazione tacita di una norma successiva abbia di per s, indipendentemente da un'apposita legge ripristinatoria, la virt di far riivivere la norma anteriore espressamente abrogata -o modificata -, qual appunto, nella specie, quella.che nel 1931 stabi1iva la tariffa della tassa in contestazione. Ed il dubbio sull'opinabilit di tale tesi apparirebbe trovare riscontro nel diritto positivo a chi osservasse che proprio la legge in parola ubi voluit dixit: l'art. 31, primo comma, infatti, dopo avere espressamente disposto che a decorrere dal 1 gennaio 1952, l'art. 29 del d.1.1. 8 marzo 1945, n. 62 abrogato, soggiunge altrettanto espressamente, offrendo cos un chiaro esempio di legge ripristinatoria, che i Comuni, pertanto, deb bono applicare l'imposta di patente secondo le norme dell'art. 166 t.u.f.l., e la misura ivi prevista pu essere aumentata fino a quaranta volte . 886 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO N pu dirsi che sia priva cli alcun rilievo la constatazione che dato fare nella relazione di maggioranza e, prima ancora, in quella governativa accompagnante il disegno di legge, ove risulta scritto che, stante ii disavanzo talvolta pauroso dei bilanci comunali ed in vista del foro risanamento, quegli adeguamenti fiscali venivano disposti allo scopo di avvicinare i singoli tributi ad un livello non dissimile da quello prebellico . Questarisultando la ratio legis, non sarebbe corretto prescindere da essa, allorch si tratti di valutare se intenzione del le~slatore sia stata quella di assumere come base la tariffa minima, stabilita oltre vent'anni prima, in tempo di pace e di stabilit economica, anzich quella aumentata da poco pi di cinque anni, pressoch al termine della guerra (marzo 1945), e perci in tempo di lievitazione delle spese. Inoltre: il Senato approv all'unanimit, nella votazione finale, il testo della legge de qua, ed H coordinamento venne operato, come gi si posto in rilievo, non dalla Presidenza, bens dalla stessa commissione (Finanze e Tesoro), la quale, stante la sua competenza in materia, aveva esaminato e dibattuto in sede referente il disegno di legge. Ed allora, bench non esistano verbali dei lavori della commissione in sede di coordinamento, appare tutt'altro che Jnattendibile la congettura che l'inciso di che trattasi sia stato inserito nel corpo dell'impugnato art. 39 nel convincimento che esso -cio l'esplicito richiamo alle successive modificazioni -rendesse pienamente chiara la :volont che il Senato aveva inteso effettivamente esprimere. Tanto pi che la commissione procedette al coordinamento subito dopo la votazione finale, esaurendolo entro una dieoina di giorni -dal 23 novembre 1952, data della suddetta votazione finale, al 5 dicembre successivo, data del messaggio di trasmissione all'altra Camera-, quando era pi sicura e viva la memoria del dibattito e del vero orientamento dell'assemblea. Le considerazioni test esposte sembrano avvalorare l'interpretazione secondo cui il Senato, pur approvando l'impugnato art. 39 senza l'inciso, avrebbe inteso riferirsi alla tariffa come modificata dall'art. 32 del d.1.1. n. 62 del 1945 -a quella quadruplicata, insomma, ed allora in vigore -, non gi a quella del 1931, che da ben sette anni era-stata esplicitamente modificata, cio abrogata, dallo stesso art. 32 del menzionato provvedimento legislativo. Se si accogliesse questa ricostruzione del pensiero del Senato, allora l'aggiunta dell'inciso (e successive modificazioni) potrebbe ritenersi, come afferma l'Avvocatura dello Stato, meramente esplicativa del significato che scaturiva dal testo iniziale, Conseguentemente, svanirebbe ogni dubbio sulla legittimit costituzionale del denunciato art. 39: il coordina . mento operato secondo prassi non sarebbe censurabile, e le due Camere avrebbero espresso la medesima volont sul purito controverso. La disposizione in esame consente tuttavia di pervenire a conclusioni del tutto opposte. rJr111t111&11a1111211111111111111111111111:1111-11111f111111i PARm I, SEZ. I, GIURISPRUDEN7..A COSTITUZIONALE La difesa della SIP sostiene nella sua elaborata memoria: che dalla relazione della commissione della Camera rtislta... senz'altro pacifico e acquisito che 'l'aumento si riferisce esclusivamente alle tariffe fissate dal t.u. del 1931 , cio propr:io alle misure originarie; che il riferimento fisso e non mobile alle {ariffe originarie implica in via generale... l'abrogazione tacita delle disposizioni in materia .introdotte successivamente , s:icch l'abrogazione espressa stta superflua; che la semplice interpretazione dell'art. 39 rivela come esso o dica pi di quanto si sia voluto, o viceversa ... gli si faccia dire pi di quanto effettivamente dice . E nella discussione orale la stessa difesa della SIP ha dedotto che, poich .l decreto ministeriale 26 febbraio 1933, richiamato nell'art. 39 in discorso, si riferisce esclusivamente al soprassuolo, ne deriverebbe la conseguenza -inaccettabile, e perci stesso confermativa della giustezza della sua interpretazione -che l'aumento di 40 volte si applicherebbe esclusivamente all'occupazione del sottosuolo, mentre rimarrebbe invariata la tariffa per l'occupazione del soprassuolo. Dello stesso avviso sono, soprattutto, i giudici che hanno sollevato la questione in oggetto. Secondo la Corte d'appello di Milano, la dizione approvata dal Senato con esclusivo riferimento alle tariffe originarie non lascia dubbi sull'intenzione del legislatore e di voler cio fare riferimento proprio a 'quelle tariffe , aggiungendo che in tal senso poi ancora la relazione della IV commissione permanente della Camera dei Deputati che prevedeva un preventivo di maggiori entrate... per 1.250 milioni , anzich per 5.000 m:ilioni preventivabili in base alle tariffe come applicate dal convenuto . Le argomentazioni che precedono :indurrebbero a concludere nel senso che il Senato, approvando l'impugnato art. 39 senza l'inciso, avrebbe inteso riferirsi alla tariffa quale stabilita originariamente dall'art. 198 del t.u.f.I. del 1931. E se questa diversa ricostruzione del pensiero del Senato fosse esatta, dovrebbe allora ritenersi che l'aggiunta, operata dalla commissione in sede di coordinamento, dell'inciso (e successive modificazioni) abbia alterato la sostanza della disposizione, qual era stata approvata dall'assemblea. Conseguentemente acquisterebbe consistenza il dubbio sulla legittimit cost:ituzionale del denunciato art. 39: il coordinamento avvenuto secondo prassi sarebbe illegittimo e dovrebbe registrarsi la mancanza della comune volont legislativa sul punto controverso. La disposizione in esame si presta, 'dunque, ad interpretazioni diverse e contrastanti. La difesa del Comune di Cinisello Balsamo e, come gi ricordato, l'Avvocatura dello Stato sostengono che il riferimento sia stato fatto alle tariffe quadruplicate del 1945; per l'una, questo il solo significato dell'art. 39, con o senza l'inciso, per l'altra, l'aggiunta dell'inciso meramente esplicativa . Al contrario, la difesa della SIP ed i giudici a quibus ritengono che il riferimento sia stato fatto alle tariffe originarie 888 RASSF.GNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del 1931. Tuttavia, mentre per l'una l'aggiunta dell'inciso pu intendersi soltanto. come clausola di stile, in quanto con essa la commissione di coordinamento prima e la Camera pi plus dixit quam voluit , sicch l'art. 39 non ha subto alcuna modificazione sostanziale, pertanto da ritenere che la questione di costituzionalit... infondata, per i giudici a quibus, viceversa, il contestato inciso non costituisce un semplice coordinamento degli articoli approvati..., ma integra una ~ffettiiva modifica legislativa , cio comporta una diversa statuizione normativa, sicch l'eccezione di incostituzionalit dell'art. 39... non manifestamente infondata . Il dissidio fra le due letture dell'art. 39 evidente e stridente, ma spetta ai giudici delle liti di comporlo. Compito di questa Corte, che non dispone di elementi tali, da indurla a disattendere la prospettazione offerta dalle ordinanze in esame, quello di stabilire se il coordinamento de quo sia, o meno, costituzionalmente legittimo. E poich la legittimit costituzionale di un testo legislativo coordinato, non gi secdhdo il regolamento, bens secondo la prassi parlamentare, condizionato alla portata del coordinamento, non pu non riconoscersi che un siffatto coordinamento viola la Costituzione, e precisamente negli artt. 70 e 72, tutte le volte che provochi, nelle sedi interpretative ed applicative, grave incertezza sul significato del testo coordinato. Con riguardo al caso di specie, deve pertanto dirsi che il contestato inciso costituzionalmente illegittimo per un duplice e concorrente motivo: non solo e non tarito, infatti, perch stato :inserito nelfart. 39 della legge n. 703 del 1952 mediante il coordinamento instauratosi per prassi che potrebbe cos configurarsi addirittura come un emendamento aggiuntivo surretizio, ma anche e soprattutto perch ha generato l'incertezza di cui si detto sull'intenzione del legislatore. Dalla conclusiione test enunciata non deriva, tuttavia, doversi disconoscere che si sia verificata convergenza delle volont dei due rami del Parlamento. Intanto, gi l'antico prihcipio, secondo ~ui utile per inutile non vitiatur, impone di considerare che il vi~io si ann4ta in uno solo dei 60 articoli di cui si compone la legge de qua -anzi, soltanto nel primo dei due commi, di cui si compone il denunciato art. 39 -e che la specificit dell'oggetto disciplinato in tale comma confecisce alla relativa dispositlone piena autonomia rispetto all'intero testo, che, infatti, neppure le ordinanze in esame coinvolgono nella denuncia di .illegittimit . costituzionale. E va 1:1ilevato altres che la censura, bench nei dispositivi delle ordinanze appaia impugnato tutto l'art. 39, investe esclusivamente il pcimo comma, nel quale appunto risulta illegittimamente inser.ito il contestato inciso. Ne consegue che, non riverberandosi il vitlo sull'intera legge, e neppure sull'intero art. 39, il cui secondo ed PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 889 ultimo comma non concerne pi la misura della tassa, ma le convenzioni stipulate dai Comuni per il 'pagamento di essa, questa Corte deve pronunciarsi sulla sola disposizione di cui al primo comma dell'art. 39, la sola passsibile di una sentenza caducatoria. Ma, pur circoscritta la questione nei suddetti termini, si impone egualmente di valutare, in relazione al principio della salvezza dei valor giuridici, se la pronuncia caducatoria debba travolgere l'intera disposizione ovvero possa limitarsi a colpire soltanto la parte viziata. Risulterebbe -noncurante del suddetto principio e non argomentata la scelta che venisse fatta tra le due alternative .in base alla semplicistica constatazione della non piena coincidenza tra le due formulazioni senza l'inciso e con l'nciso -approvate dalle due Camere, deducendone che, quindi, sarebbe mancata la comune volont legislativa sulla disposizione impugnata. Al contra:do, come a ci.guardo di qualsiasi atto, si deve tentare in caso di dubbio di interpretarlo nel senso che produca qualche effetto, anzich nel senso che non ne produca alcuno, cos a riguardo della disposizione de qua, una volta epurata dell'inciso, si tratta di vedere se in essa non sia .individuabile n punto di convergenza tra la volont della Camera e la volont del Senato. E piena convergenza si verific nnegabilmente sullo scopo, che era quello di maggiorare la tassa di occupazione del sottosuolo. Supposto pure, poi, che il Senato, approvando la disposizione senza l'inciso, intendesse l'iferirsi alla tariffa originaria stabi1ita nel 1931, e che la Camera, invece, approvando la disposizione con l'inciso, intendesse riferirsi alla tariffa modificata nel 1945, pu bene affermarsi che tra le due Camere e le due volont si verific convergenza sino all'aumento minore, sicch l'area della divergenza si riduce all'aumento maggiore. In applicazione, pertanto, del ricordato principio della conservazione dei valori giuridici, la dichiarazione di illegittimit costituzionale pu essere limitata al solo inserto (e successive modificarioni ), facendo cos salva, dopo l'eliminazione _della parte vitlata, la disposizione di cui all'art, 39, primo comma, legge n. 703 del 1952, la cui operativit compete ai giudici del merito di stabilire. Questa Corte,. nel momento in cui, nell'eserci:llio del suo ruolo di garante della Costituzione, dichiara l'illegittimit costituzionale di una disposizione di fegge per vizio procedurale, non pu non segnalare l'indifferibilit di un intervento del legislatore nella materia della finanza locale. Questa ancor oggi governata da una normazione che si carat ' terizza, oltre che per la vetust della disciplina di fondo -il t.u.f.l. ha ormai superato il mezzo secolo di vita -, anche per la incessante successione di provvedimenti legislativii, peraltro occasionali e volti per lo pi a disporre maggiorazioni dei tributi. Non era ancora cessata la guerra, allorch venne emanato il d.1.1. n. 62 del 1945 cui fecero seguito : ' RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELl..O STATO due provvedimenti nel 1946 (18 febbraio, n. 100 e 27 maggio n. 517), uno nel 1947 (29 marzo, n. 177), uno nel 1948 (26 marzo, n. 261), uno nel 1950 (30 luglio, n. 575), uno nel 1952 (la impugnata legge n. 703). Pi di recente, poi, risultano adottati una serie di decreti legge, tra cui: uno nel 1980 (7 maggio, n. 153, convertito nella legge n. 299), due nel 1981 (28 febbraio, n. 38, convertito nella legge n. 153 e 22 dicembre, n. 786, convertito nella legge 26 febbraio 1982, n. 51), uno nel 1983 (28 febbraio, n. 55, convertito nella legge n. 131). Gi solo a riguardo degli aumenti. man mano disposti possono rta scere, come nel caso di specie, dubbi interpretativi, che nei rapporti tra fisco e contribuenti nuocciono alla loro certezza e speditezza, risol , vendosi altresl in aggravio per la gi gravosa attivH dei giudici di qualsiasi livello. E ci, in conseguenza anche solo del generico richiamo ad imprecisate successive modificazioni . Il ricorso a cosiffatto rinvio senza dubbio tanto consolidato e frequente, da sembrare che costituisca ormai un metodo di legifera zione, ma non per questo incensurabile, quando ne derivi ambiguit. In caso contrario, si legittimerebbe persino la degenerazione della genericit dell'abituale formula in evasivit, come potrebbe dirsi accadere proprio nella legge n. 703 del 1952 (art. 7), ove .il rinvio risulta fatto addiritttura ad analoghe eventuali successive modificazioni . E ba ster aggiungere al riguardo che a problemi di compatibilit con la normazione anteriore potrebbero dar luogo anche i provvedimenti adottati dal 1980 al 1983, i quali -pur se nei rispettivi titoli parlino di norme per l'attivit finanziaria degli enti locali , di provvedimenti finanziari per gli enti locali , di disposizioni in materia di finanza, locale, di provvedimenti urgenti per le finanze locali -, in realt si limitano per lo pi a prescrivere aumenti di tariffe, richiamando peraltro pur sempre indeterminate successive modificazioni ed integraziond . Ma vale rilevare altres che in materia oggi coperta da riserva di legge riscontrabile anche -cos infatti testualmente nell'art. 39, primo comma, legge n. 703 del 1952 -il rinvio a norme provv~sorie aggiunte, che, bench disposte con decreto ministeriale, potrebbero, una volta fatte espressamente proprie da una legge, dar luogo a per plessit sulla loro collocazione nella scala dei valori normativi. Non occorrono altri rilievi o altre esemplificazioni a sostegno della asserzione di indifferibilit di un intervento del legislatore nella materia della finanza locale, perch provveda ad una revisione globale e sistematica -la quale tenga conto della novit e complessit delle artico-_ lazioni territoriali nel novus orda repubblicano e delle loro posizioni -o, quanto meno, perch dissolva mediante interpretazioni autentiche quei dubbi che nascono dai disorganici aggiustamenti apportati al testo unico del 1931 nel corso del successivo cinquantennio. I_ ;, ): -I ~ PARm I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 19 dicembre 1984, n. 293 -Pres. Elia -Rel. Corasaniti -Pucello (avv. Muggia) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Azzzariti). Procedimento civile -Regolamento di giurisdizione -Sospensione dell'attivit istruttoria del giudice a quo -Legittimit costituzionale. (Cost., artt. 3 e 24; cod. proc. civ., artt. 41 e 367). Unicamente la Corte di Cassazione, adita con regolamento di giurisdizione, potrebbe prospettare un dubbio circa la legittimit costituzionale della disciplina della istruttoria consentita nell'ambito di detto regolamento. pertanto inammissibile il dubbio in proposito prospet tato dal giudice del merito. Come si desume dalla. narrativa, il giudice a quo --\ discutendosi .se fa giurisdizione spettasse al giudice ordinario o a quello ammini strativo, ed essendo stato proposto regolamento preventivo -ha so spettato di illegiittimit costituziona:le il combinato disposto degli arti coli 41 e 367 c.p.c. sotto il particolare profilo dell'incidenza che esso spiega sulla prova in tema di giu:cisdizione. Ha sottolineato al riguardo come la normativa denunciata impon ga, per il caso di .intervenuta proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione, fa sospensione di un'attivit istruttoria in punto a giu risdizione diretta, come quella del giudice a quo, all'accertamento dei fatti rilevanti senza limitazione di mezzi di prova, e devolva correlati vamente il giudizio alle Sezioni Uruite della Corte di Cassazione, costret- te dalla peculiarit del rito a valutare i soli documenti gi acquisiti (art. 372 c.p.c.) o al pi (secondo un'interpretazione meno rigorosa della detta disposizione) ad acquisire soltanto nuovi documenti (con esclu sione di altri mezzi di prova). L'illegittimit del congelamento o della limitazione dell'attivit istrut toria che vengono in tal modo a determinarsi prospettata con rifeci mento a due parametri: a) all'art. 3 Cost. in quanto, dandosi alla parte, al:la cui tesi in punto di giurisdizione siano favorevoli i risultati istruttori in un dato momento, il potere di determinare unilateralmente, mediante la pro posizione del regolamento preventivo, gli effetti suindicati, sarebbe vio lato iii principio della parit delle parti nel processo (la regola del wmbattimento ad armi pari); b) all'art. 24 Cost. in quanto gli effetti suindicati costituirebbero comunque violazione del diritto di difesa considerato come diritto alla prova. Va tuttavia rilevato che i due profili di illegittimit danno vita a una questione sostanzialmente unica. Invero, a parte che la violazione / 892 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del principio.del ombattimento giudiziale ad armi pari feriisce J'art. 24 Cost. non meno eh~ l'art. 3 Cost., il vizio normativo denunciato consiiste, al di l della prospettazione, non gi nella possibilit che ii.I congela mento o la limitazione della prova intervengano su iniziativa della parte che in un dato momento la reputi a s pi favorevole e malgrado l'altra parte, bens nella possibilit stessa che il congelamento o la limita zione in s considerati intervengano. L'eccezione di inammissibilit sollevata dall'interventore nella me moria (sopravvenuta decisione del regolamento preventivo da parte del la Corte regolatziice nel senso della negazione della giurisdizione del giudice a quo) -a parte ogni dubbio sulla sua fondatezza in relazione al carattere del dedotto ostacolo preclusivo (irrilevanza successiva) rimane comunque assorbita da una diversa e preliminare ragione di inammissibi1it della questione stessa. L'illegittimit prospettata risiede non tanto nella inibizione della attiv:i~ istruttoria nei confronti del giudice a quo e nella rimessione di tale attivit ad altro giudice, quanto nelle peculiarit probatorie del procedimento davanti al giudice ad quem, cio alla Corte di Cassa zione, o meglio nella loro estensione al giudizi~ della detta Corte sulla giurisdizione (solo indirettamente le denunciate carenze del procedi mento davanti alla Cassazione possono riflettersi sulla legittimit del l'intero istituto del regolamento preventivo). Sicch unicamente la, Cas sazione, -di fronte a cui quel procedimento, con quelle peculiarit, si svolge, ed ai fini del cui (solp) giudizio l'eliminazione del vizio per tanto rilevante -pu postularla, e non anche il giudice a quo. N, per giungere a conclusione opposta, varrebbero gli argomenti adducibili. a favore della rilevanza per il giudice a.dito ex art. 700 c.p.c. delle questioni relative alla legittimit della privazione nei suoi confronti di un potere di decidere su richieste di provvedimenti di urgenza. antici patori non devoluto medio tempore ad altro giudice. CORTE COSTITUZIONALE, 19 dicembre 1984, n. 295 Pres. Elia Rel. La Pergola -S.r.l. Medusa Distribuzione ed altre (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Onufrio). Diritto internazionale Trattati internazionali Accordo italo-francese di coproduzione cinematografica Autorizzazione alla ratifica Deve precedere questa -Ordine di esecuzione Procedimento legislativo Approvazione in commissione Non consentita. (Cost., artt. 72, 80, 81 e 87; legge 21 giugno 1975, n. 287, art. 20). La Costituzione vuole che le Camere valutino in anticipo il testo del trattato, al fine di rimuovere, in quanto organi autorizzanti, il limite PARTE I, SBZ. I, -OIURISPRUD}iNZA COSTITUZIONALE che, secondo le previsioni degli artt. 80 e 87 Cost., circonda l'esercizio del potere di ratifica; d'altro canto, anche se esplicitamente previstq. solo per la legge di autorizzazione alla ratifica, la competenza della as semblea plenaria sussiste anche per l'ordine di esecuzione. La legge 4 novembre 1965, n. 1213 -modificata con la legge 21 giugno 1975, n. 287 -reca provvedimenti a favore della cinematografia e fra l'altro contempla, in ordine ai lungometraggi nazionali: la relativa ammissione alla programmmone obbligatoria (art. 5); incentJivi agli esercenti delle sale cinematografiche (art. 6); sovvenzioni ai produttori (art. 7); premi di qualit al produttore e agli autori dei f.ilms; ulteriori abbuoni di diritti erariali agli esercenti delle sale cinematografiche (art. 9). La stessa legge prevede (art. 19) che detti benefici siano estesi a films realizzati, secondo speciali accordi internazionali di reciprocit, in coproduzione con imprenditori stranieri. Il film risultante dalla coproduzione deve, a questo riguardo, esser dichiarato _ nazionale . prescritto che la quota Ininima cli partecipazione non sia inferiore al 30 % del costo del film, salvo deroghe eccezionali, le qual!i vanno prevedute negli accordi internazionali di reciprocit e concesse previo parere di appos.:ita sottocommissione, istituita in seno alla comlll! ssione centrale per la cinematografia presso il Ministero per il turismo e lo spettacolo. L'art. 5 dell'accordo di coproduzione italo-francese del 1 agosto 1966 pone, a sua volta, nei paragrafi dal I al III, talune condizioni per l'applicabildt del regime di coproduzione, con riferimento al costo del film, all'entit della partecipazione minoritaria, alle c~ratteristiche qualitative prescritte per l'apporto del coproduttore minoritario; esso stabilisce tuttavda, al paragrafo IV, che deroghe eccezionali alle previsioni dei paragrafi precedenti possano essere accordate dalle autorit dei due Paesi per films di indubbio valore artistico o \ . di carattere spettacolare. In relazione a quest'ultima categoria, previsto che la partecipazione del coproduttore minoritario non possa essere in alcun caso inferiore al 20 % del costo del film. L'accordo internazionale in parola ha ricevuto attuazione" nell'ordinamento italiano per mezzo di due atti distJinti e successivi: prima con il decreto presidenziale 28 aprile 1968, n. 1339, poi con l'art. 20, penultimo comma, della legge n. 287 del 1975. Quest'ultima norma d esecuzione, dalla data i.spendenm disciplinata dall'art. 3.9 del codice di procedura civile, dl quale, con una termino logia simile a quella dell'art. 21 della convenzione, stabilisce che se una stessa causa proposta davanti a giudici diversi, quello successivamente adito... dichiara la litispndenza , e precisa che la prevenzione determinata dalla notificazione della citazione . Questa norma, pur dettata per il processo civile ordinario, che viene introdotto con un atto di citazione notificato alla parte convenuta e solo successivamente depositato in Tribunale (per l'iscrizione a ruolo), stata ritenuta applicabile dalla dottrina e dalla giurisprudenza, quale espressione di un principio generale che ricollega la pengenza della lite alla costituzione del contraddittorio -, anche a quei giudizi che si propon gono con ricorso depositato presso n giudice prima ancora della notificazione al convenuto, allorch la costituzione del contraddittorio sia necessaria (.ad esempio nelle oause in materia di lavoro): anche in tali casi la proposizione - RASSEGNA DI..'AVVOCATURA DELLO STATO 914 nella versione francese. Una Lite sarebbe anhiingig nel diritto tedesco gi dal momento della presentazione al giudice della domanda giudiziale. Per contro, ne1l'art. 22 della Convenzione il termine formes , figurante nel testo francese, sarebbe stato tradotto con il termine erhoben ~ nel testo tedesco. L'attore ne deduce che la Convenzione ha operato una distinzione tra la nozione di proposizione della domanda ai sensi dell'art. 21, per cui sufficiente il semplice deposito, e la nozione di proposizione della domanda ai sensi dell'art. 22, per cui la lite deve essere definitivamente instaurata a norma del diritto interno dello Stato membro interessato. 8. Secondo ~attore, nel diritto tedesco la notifica dell'atto di citazione al convenuto dev'essere effettuata dal giudice ed esula dall'attivit delle parti. La cmpetenza del giudice adito non potrebbe tuttavia dipendere da ritardi nella notifica, effettuata dallo stesso giudice. 9. H convenuto nella causa principale assume che la differenza tra i termini tedeschi usati negli artt. 21 e 22 della Convenzione come equivalenti del termine formes nella versione francese non deve influire sull'interpretazione della Convenzione. A suo avwso, la nozione di domanda proposta ai sensi dell'art. 21 della Convenzione dev'essere interpretata nel senso d'instaurazione definitiva del giudizio e deve valutarsi con riferimento a1la lex fori del giudice adito. 10. Occorre sottolineare che 1e norme di procedura dei vari Stati contraenti non sono identiche per quel che riguarda la determinazione della data in cui il giudice viene adito. della causa rilevante ai sensi dell'art. 39, cod. proc. civ., solo in quanto determini -e dal momento hi cui la dete11mma -la pendenza della lite con la notificazione alla parte {;Onvenuta. 3. -Neanche in base alla versione in lingua francese della convenzione sembra che possano sorgere perplessit. In questa versione, infatti, si parla, nel titolo della sezione, di litispendance et connexit '" e nell'art. 21 di juridiction saisie en second liett e tribunal premier saisi , per cui il rifer mento alle domande formes devant les juridictdon appare anch'esso rile vante in quanto e dal momento in cui si sia determinata una pendenza della lite. 4. -Restano le versioni della convenzione in lingua tedesca e in lingua olandese. Nella versione dn liingua tedesca (e sembra che la terminologia' sii.a parallela in quella olandese), la sezione intitolata Rechtshii.ngigkeit und im Zusammenhang stehende Verfahren '" e l'art. 21 parla di causa anhii.ngig gemacht '" nel qual caso il giudice ". spiiter angerufene deve spogliarsi della causa. Il giudice tedesco espvime perplessit, rilevando che nel dimtto proces suale tedesco la pendenza di una lite si ha con la notificazione dell'atto introduttivo al convenuto e questo concetto si esprime con il termine Rechts PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 915 11. -.Risulta infatti dalle dnformazioni di diJ:1i:tto comparato fornite alla Corte che in Francia, in Italia, in Lussemburgo e nei Paesi Bassi la lite si considera pendente dinanzi al gdudice a decorrere dal momento della notifica al convenuto della d9manda. In Belgio ha importanza decisiva il riguardo l'iscrizione della causa nel ruolo generale, la quale presuppone, in via cli principio, che l'atto di citazione sia gi stato notificato al convenuto. 12. -Nella Repubblica federale di Gerinania, la domanda , a norma del 253, n. l, de1la Zivilprozessordnung, proposta a!l momento in cui l'atto di citazione stato notificato al convenuto. La notifica effettuata d'ufficio dal gdudice al quale l'atto stato previamente presentato. La fase procedurale che si colloca tra la presentazione dell'atto al giudice e la notifica si chiama Anhlingigkeit . La presentazione dell'atto di citazione importante in materia di prescrizione e di rispetto dei termini processuali, ma non determina in nessun caso il momento della litispendenza. Dal combinato disposto del 253 precitato e del 261, n. l, della Zivilp:rozessordnung msulta'. che la litispendenza prende vita .a decorrere dalla notifica dell'atto di citazione al convenuto. 13. -Dal raffronto di queste normative emerge che non si pu desumere una nozione comune della litispendenza dall'accostamento del_!_7 varie norme nazionaLi pertinenti. A maggior ragione non si pu estendere a tutte le parti contraenti, come vorrepbe l'attore, una concezione propria del diritto tedesco, la quale, per le sue caratteristiche, non pu essere trasposta negli altri ordinamenti giuridici interessati. hangigkeit , mentre la Anhiingigkeit cui fa riferimento il testo dell'art. 21 indica la proposizione del giudizio nel senso del deposito dell'atto presso il giudice. Di conseguenza, dice il giudice tedesco, pu essere che la convenzione abbia voluto riferirsi, per stabilire la prevenzione, al momento della presentazione dell'atto al tribunale e non a quello in cui si determina la litispendenza. E ci tanto pi, si aggiunge, che nel successivo art. 22 non si parla di Anhiingigkeit ma di Erhebung , con il quale specificp il riferimento alla notificazione dell'atto. Riteniamo che il testo tedesco (e cos pure il testo olandese, che parla di domanda aanhangig ) consenta letteralmente e logicamente un'intepretazione identica a quella che scaturisce dai testi italiano e francese. Malgrado che il testo parli di domande anhangig {e poi nell'art. 22 di domande erhoben , mentre in entrambi i casi il testo italiano parla di domande proposte , quello francese di domande formes " e quello olandese di domande aanhangdg ), rilevanza essenziale sembra doversi dare al concetto di pendenza espresso nel titolo della sezione ( Rechtshangigkeit... ) e alla prevenzione del giudice (das spiiten angerufene Gericht -giudice successivamente adito -juridiction saisie en second lieu) riguardo al momento in cui si determina la pendenza della Lite, sicch la Anhiingigkeit di cui parla la norma assume rilevanza (al pari della proposizione >>, termine pi generico RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 916 14. -Si pu dedurre dall'art. 21, nel suo !insieme, che l'obbligo del giudlice di spogliarsi della competenza in favore di un a.itro giudice esiste solo quando sia assodato che una domanda stata definitivamente proposta dinanzi al giudice di uno Stato diverso sullo stesso oggetto e tra le stesse parti. Per dl resto, l'art. 21 non fornisce indicazioni sulla natura delle formaliti:. procedurali da prendere in considerazlione al fine di ammettere l'esistenza di tale effetto; in particolare, non fornisce indicazioni sulla questione se la litispendenza risulti dal deposlito di una domanda presso un giudice o dalla sua notifica alla parte interessata. 15. -Poich la Convenzione non ha lo scopo di unificare queste formalit, strettamente legate all'organizzazione della procedura giudiziaria nei vari Stati, la questione del momento in cui sussistono i presupposti per una liitispendenza definitiva ai sensi dell'art. 21 deve essere valutata e risolta, per ciascun giudice, in base al suo diritto nazionale. Questo metodci consente ad ogni giudice di stabilire con sufficiente certezza, con riferimento alla propria legge nazionale, per quel che 10 riguarda, ed alla legge nazlionale di qualsiasi altro giudice adito, per quel che riguarda quest'ultimo, l'ordine dli precedenza nel tempo tra pi domande, proposte conformemente ai requisiti indicati da1la Convenzione. 16. -La questione proposta dall'oberlandesgericht di Monaco di Baviera dev'essere quindi risolta come segue: l'art. 21 della Convenzlione va interpretato nel senso che deve considerarsi preventivamente adito il giudice dinanzi al quale sono stati soddisfatti in primo luogo i requisliti ai quali subordinata la litispendenza definitiva; tali requisiti devono essere valutati in base alla legge nazionale di ciascuno dei giudici interessati. (omissis) adottato dal testo italiano) solo in quanto determini -e dal momento che determina -una pendenza della lite (Rechtshiingigkeit). 5. -Naturalmente le quattro versioni linguistiche devono portare ad una unica interpreta2lione. Dal testo dtaliano e dal testo francese sembra ricavarsi agevolmente l'interpretazione sopraindicata, la quale non appare affatto incompatibile con il testo tedesco e il testo olandese. Una interpretazione ddversa non solo urterebbe contro la versione italiana e francese, ma risulterebbe illogica perch, pur volendosi indubbiamente disciplinare la litispendenza (ldtiispendance, Rechtshangigkeit, Aanhiingigheid) si ancorerebbe la pronuncia di incompetenza del giudice successivamnte adito" ad un momento (deposito dell'atto in tribunale) che pu non essere determinante -e sembra non esserlo in alcun ordinamento nazionale -per la pendenza della lite. 6. -Si propone, in conseguenza, di rispondere al quesito posto dal giudice tedesco nel senso che per stabilire quale giuddce di uno Stato contraente sia stato adito per primo, ai sensi dell'art. 21 della convenzione di Bruxelles, si deve aver riguardo al momento in cui si determina la pendenza di ciascuna Lite secondo gli ordinamenti giuridici nazionali . OSCAR FIUMARA PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 917 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, 19 gugno 1984, nella causa 71/83 -Pres. Mackenzie Stuart -Avv. Gen. Slynn -Domanda di pronuJ?.cia pregiudiziale proposta dalla Corte di cassailione belga nella causa soc. Partenrederei m.s. Tilly Russ c. soc. Haven e Vervoerbedrijf Nova -Interv.: Governi del Regno Unito (ag. Howes) e italiano (avv. Stato Fiumara) e Commissione delle C.E. (ag. Zim mermann e avv. Van Houtte). Comunit Europee -Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 sulla competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale -Clausola attributiva di competenza inserita in una polizza di cario -Validit nei rapporti fra il caricatore e il vettore -Validit nei confronti del terzo portatore. (Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 21 giugno 1971, n. 804 art. 17). 1. -La clausola attributiva di competenza figurante fra le condizioni stampate su una polizza di carico soddisfa i requisiti stabiliti dall'art. 17 della Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968: -se il consenso delle due parti circa l~ condizioni della polizza di carico confenenti detta clausola sia stato manifestato per iscritto; -oppure se la clausola attributiva di competenza abbia costituito oggetto di un precedente accordo verbale fra le parti che la concerne espressamente e di cui la polizza di carico, firmata dal vettore, deve essere considerata la conferma scritta; -oppure se la polizza di carico rientri nell'ambito dei rapporti commerciali correnti fra le parti e sia in tal modo provato che detti rapporti sono disciplinati dalle condizioni generali contenenti tale clausola. 2. -Quanto ai rapporti fra il vettore e il terzo portatore i requisiti stabiliti dall'art. 17 della, Convenzione sono soddisfatti se la clausola attributiva di competenza sia stata riconosciuta valida tra il caricatore e il vettore e, in base al dirittQ nazionale vigente, il terzo portatore, acquistando la polizza di carico, sia subentrato nei diritti e negli obblighi del caricatore (1). (1) Si trascrivono le osservazioni scritte presentate per il Governo italiano, sostanzialmente condivise dalla Corte. La clausola attributiva di competenza nelle polizze di carico. (omissis) 1. -I quesiti posti dal giudice belga alla Corte sono due: a) se, tenendo conto degli usi generalmente vigenti in materia, la polizza di carico rilasciata dal vettore marittimo al caricatore possa essere considerata, aii sensi dell'art. 17 della convenzione di Bn..elles del 27 settembre 1968, un accordo scritto ovvero un accordo confermato per iscritto " fra le parti; b) se, in, caso di risposta affermativa al quesito precedente, ci valga anche nei confrbnti del terzo portatore della poldzza di cario. 918 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (omissis) 1. -Con ordinanza 8 aprile 1983, pervenuta in cancelrleria il 28 aprile 1983 la Corte di cassazione belga ha sottoposto a questa Corte in forza del protocollo 3 !W.ugno 1971 relativo all'interpretazione, da parte della Corte di giustizia, della Convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giu:nisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civhle e commerciale (in prosieguo: la Convemione), una questione pregiudiziale relativa all'interpretazione dell'art. 17 di detta Convenzione. 2. -La questione stata sollevata nell'ambito di una lite che oppone la soaiet anonima belga Goeminne Hout (in prosieguo: resistente in cassazione) alla societ armatrice tedesca Partenreederei ms: Tilly Russ e al sig. Ernst Russ, ambedue di Amburgo (in prosieguo: Tilly Russ), e che concerne ila validit di una clausola attributiva di competenza inserita nelle polizze di carico CT 108 e CT 118 del 16 agosto 1976. Riisulta dal fascicolo che le polizze di carico venivano emesse dalla Tolmar International Inc., Cleveland, in qualit d'agente dell'Europe Canada Line Ernst Russ North America, Inc., Chicago, per conto del vettore all'ordine deil. caricatore American Lumber International Inc., Union City, Pennsylvail'ia, e indicavano quale not~fy party la resistente in cassazione e quale exporting carrier la TiiUy Russ. 3. -Poich all'atto della consegna della merce ad Anversa, il 7 settembre 1976, llimballaggio di due partite risultava dmmeggiato e mancavano una decina di assi, la resistente in cassazione chiedeva la somma di 304 dollal'li USA per risarcimento danni dinanzi al Rechtbank van Koophandel (Tribunale commerciale) del circondario di Anversa. 2. -Quanto al primo quefilto, ricordiamo che la Corte ha ripetutamente affermato, -nelle sentenze 14 dicembre' 1976 (cause 24/76, EsrASIS SALOTTI, in Racc.;'pag. 1831, e 25/76, SEGOURA, in Racc., pag. 1851), 6 maggio 1980 (causa 784/79, PORTA LEASING, in Racc., pag. 1517) e, da ultimo, 14 luglio 1983 (causa 201/82, 'GERLING KONZERN SPEZIALE KREDITVERSICHERUNGS, dn Racc., pag. 2503: la sentenza ora pubblicata in questa Rassegna, 1983, I, 676) -, che il requisito della forma scritta stabmto dall'art. 17 della Convenzione inteso a garantire che il consenso delle parti; le quali, mediante la proroga di competenza, der<> gano ai principi generali in materia di competenza sanciti dagli artt. 2, 5 e 6 della Convenzione, sia manifestato in maniera chiara e precisa e sia effettiva mente provato. Se, dunque, la clausola contenuta nella polizza di carico ha un contenuto inequivoco, indicando chiiaramente il giudice in cui favore disposta la proroga, ed facilmente conoscibile dalle parti, -e il relativo accertamento di fatto ovviamente di competenza del giudice naziomrle dinanzi al quale proposta la causa -, deve ritenersi che essa integri l'accordo scritto di cui all'art. 17 della Convenzione di Bruxelles. Infatti la polizza di carico, che titolo rappresentativo delle merci e documento probatorio del contratto di trasporto, emesso in due originali: l'uno, ritenuto dal vettore, e non trasferibile, sottoscritto dal caricatore o da un suo rappresentante; l'altro, rilasciato al cari- l i I I I I ' PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 919 4. -La Tilly Russ eccepiva l'incompetenza del giudice di Anversa in quanto sul retro di ogni polizza figurava una clausola attributiva di competenza che recitava: any dispute arising under this bill of lading shall be decided by the Hamburg courts (competente a conoscere di qualsiasi controversia attinente alla presente polizza il foro di Amburgo). 5. -Ci nonostante, con sentenza 31 ottobre 1978, il Tribunale di Anversa si dichiarava competent~ ed accoglieva la domanda della Goeminne Hout; pOlich detta sentenza veniva confermata con sentenza 7 ottobre 1981 dallo Hof van Beroep (Corte d'appello) dii Anversa, il 1 marzo 1982 la Tilly Russ ricorreva per cassazione. 6. -La Corte di cassazione ha chiesto alla Corte di giustizia delle Comunit Europee di pronunciarsi in via .pregiudZIale sulla seguente questione: Se, tenendo conto degld usi generalmente vigenti in materia, la polizza di carico rilasciata dal vettore mal1ittimo _al caricatore possa essere considerata, ai sensi dell'art. 17 della Convenzione 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale, e l'esecuzione delle decisioni in materna civile e commerciale, una " olausola ... scritta " OVvero una " clausola ... confermata per iscritto " fra le parti e, in caso affermativo se ci valga anche nei confronti del terzo portatore della polizza di carico. catore, e normalmente trasferibile, sottoscritto dal vettore, ovvero dal raccomandatario o dal comandante della nave in nome del vettore (cfr., nell'ordinamento giuridico italiano, gli attt. 458 e 463 del codice della navigazione). V' dunque un incontro delle volont delle partii e la sottoscrizione dell'accordo da parte di entrambe. 3. -Il secondo quesito si riferisce ad una situazione che presenta un certo parallelismo cn quella dedotta nella causa 201/82, risolta con la sentenza 14 luglio 1983 sopracitata. Ivi si discuteva della possibilit da parte del terzo beneficiario del contratto di far valere la clausola di proroga della competenza sottoscritta dalle sole parti del contratto e non dal terzo stesso. E la Corte, anche indipendentemente dal disposto dell'art. 12 della convenzione in materia di assicurazione (richiamato solo per conferma), ha precisato che l'art. 17 della convenzione, imponendo il requisito della forma scritta fra le parti, non ha lo scopo, n l'effetto, di subordinare alla stessa condizione di forma la facolt, per il terzo bene ficiario del .contratto, di far valere, in una lite che Io opponga all'assicuratore, la clausola attributiva di competenza stipulata in suo favore . Invero, aveva osservato il Governo italiano, nel contratto a favore di terzo, il terzo il quale intenda profittare della stipulazione m suo favore acquista i diritti che deri vano dal contratto senza bisogno di alcuna accettazione per il solo effetto della stipulazione intervenuta fra le parti; e come egli si giova automaticamente dei benefici pattuiti fra altri e pu agire per ottenere la soddisfazione dei diritti he il contratto gli attribuisce, cos egli pu giovarsi anche della clausola che 7 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 7. -La questione va intesa nel senso che essa mira a stabilire se la clausola attributiva di competenza inserita nelle polizze di carico risponda ai requisiti posti dall'art. 17 della Convenzione per quanto concerne in primo luogo il rapporto tra l caricatore ed il vettore ed in secondo luogo il rapporto tra il vettore e il terzo portatore. Sulla prima parte della questione 8. -Secondo la ricorrente e la Commissione delle Comunit Europee, l'art. 17 della Convenzione va interpretato nel senso che la clausola attributiva di competenza, qualora non sia stata espressamente accettata dal caricatore e dal vettore, non valida ai sens di questa disposizione. 9. -La Commissione aggiunge tuttavia che tale clausola, anche se non stata firmata dal caricatore, pu nondimeno essere valdda ai sensi dell'art. 17 della Convenzione purch esistano fra le due parti rapporti commerciali correnti. 10. -Il Governo italiano l1itiene che la polizza di carico sia un documento comprovante l'esistenza del contratto di trasporto e che pertanto la clausola attributiva di competenza costituisce un accordo verbale confermato per iscritto. Se ila clausola stata sottoscritta dalla parte contro la quale invocata e fa parte delle condizioni generali del contratto, essa pu essere conforme all'art. 17 della Convenzione. Tuttavia spetterebbe al giudice na2lionale verificare se vi sia una sottoscrizione nel senso sopra indicato ed in quale modo la clausola attributiva di competenza sia stata inserita nella polizza di carico. gli consente di ricorrere ad un particolare giudice, senza che sia necessario, per l'esercizio chi tale facolt, la sottoscrizione o la conferma per iscritto della clausola stessa. Mutatis mutandis, la soluzione sembra dover essere conforme anche nel caso del terzo portatore della polizza di carico: e ci sia che la clausola venga invocata dal terzo, sia che essa venga invocata nei confronti del terzo. In effetti, l'originale della polizza di carico pu essere trasfe:riito dal caricatore a un terzo nelle forme onsentite dall'ordmamento e il possessore di esso, come legittimato per l'esercizio del diritto men2lionato nel titolo (in base alla presentazione del titolo stesso o a una serie continua di-girate ovvero per effetto dell'intestazione a suo favore, a seconda che il titolo sia al portatore, all'ordine o nominativo) nelle stesse condizioni in cui si trovava il caricatore (salve le eccezioni personali al possessore stesso), cosi soggetto agli obblighi ed alle limitazioni o soggezioni che dal titolo stesso derivano, purch appaiano chiaramente e inequivocabilmente dal tenore letterale del titolo medesimo. A garan2lia del terzo possessore, come pure delle stesse parti o di quella in cui favore la proroga di competenza stata stabilita, sono da consi derare sufficienti i requiSiiti di ordine generale di chiarezza e inequivocit del patto di proroga indicati in precedenza. (omissis) OSCAR FIUMARA I II PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 921 11. -All'udienza il Governo britannico, dopo aver insistito sul carattere fondamentale del problema sollevato, ha suggenito che la questione del giudice nazionale sia riformulata nel seguente modo: se la clausola attrtibutiva di competenza sia stata inserita neJJla polizza cli carico in modo tale da dimostrare che vi era un reale accordo tra le due parti, anche c~n riguardo al principio della buona fede. Secondo il Governo britannico, tale questione pu essere risolta solo se si conoscono gli antefatti specifici della causa principale; ora poich questi ftti non sono stati accertati nel caso presente, occorre evitare di forare una soluzione generale a questa prima questione poich vi sono pi soluzioni possibili e lasciare al giudice nazionale la cura di definire pi precisamente la natura della polizza di carico. 12. -Occorre in primo luogo ricordare che a tenore dell'art. 17, 1 comma, della Convenzione attualmente vigente qualora, con clausola scritta, o con clausola verbale confermata per iscritto, le parti, di cui almeno una domiciliata nel territorio dello Stato contraente, abbiano convenuto la competenza di un giudice o dei giudici di uno Stato contr11ente a conoscere delle controversie, presenti o future, nate da un determinato rapporto giuridico, la competenza esclusiva spetta al giudice o ai giudici di quest'ultimo Stato contraente , 13. -Si deve rilevare preliminarmente che per l'applicazione dell'art. 17 della Convenzione necessario che almeno una delle parti sia domiciliata nel territorio di uno Stato contraente, fatto che spetta al giiudice nazionale accertare. 14. -Come la Corte ha dichiarato nelle sentenze 14 dicembre 1976 (cause 24/76, ESTASIS SALOTTI, Racc. pag. 1831, e . 25/76, SEGOURA, Racc. pag. 1851) e 6 maggio 1980 (causa 784/79, PORTA LEASING, Racc. pag. 1517), le condizioni alle quali l'art. 17 subordina la validit deMa clausola attributiva di competenza vanno interpretate restrittivamente poich l'art. 17 iinteso a garantire che il consenso delle parti le quali, mediante la proroga di competenza, derogano ai principi generali in materia di competenza sanciti dagli artt. 2, 5 e 6 della Convenzione, sia effettivamente provato e sia manifest~to in maniera chiara e precisa. 15. -Per stabilire se le condizioni poste dall'art. 17 siano soddisfatte, opportuno esaminare separatamente se il consenso delle parti sull'attribuzione di competenza sfa stato espresso sotto forma di clausola scritta o sotto forma di clausola verbale confermata per iscritto. 16. -In primo luogo occorre constatare che, trattandosi di una clausola attributiva di competenza figurante fra le condizioni stampate sulla poliizza di carico firmata dal vettore, il reqUIsito della clausola scritta ai sensi dell'art. 17 della Convenzione rispettato solo se il caricatore RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 922 abbia espresso per iscritto il proprio consenso quanto alle condizioni contenenti detta clausola, o sullo stesso documento di cl11i trattasi o in un documento separato. Si deve aggiiungere che il semplice fatto che sul retro del modulo della polizza di carico sia stampata una clausola attributiva di competenza non soddisfa i requisiti di cui all'art. 17 della Convemiione, poich nessuna garanzia viene fornita da tale procediimento che la controparte abbia effettivamente aderito alla clausola che deroga alle norme generali della convenzione in fatto di competenza. 17. -In secondo luogo occorre constatare che se fosse previsto che la clausola attributiva di competenza figurante tra le condizioni stampate sulla polizza dii carico ha costituito oggetto di un precedente accordo verbale tra le due part che la concerneva espressamente e di cui la polizza di carico, firmata dal vettore, dev'essere considerata la conferma scritta, questa clausola soddisferebbe i requisiti di cui all'art. 17 della Convenzione, anche se non fosse firmata dal caricatore e recasse quindi soltanto la firma del vettore. In tal modo, dnfatti, viene rispettata non solo la lettera dell'art. 17, che contempla espressamente fa possibilit di un accordo orale confermato per iscritto, ma anche la sua funzione, che consiste nel garantire che il consenso tra le due parti sia effettivamente provato. 18. -Infine, tale clausola attributiva di competenza non firmata dal caricatore pu soddisfare i requisiti di cui all'art. 17 della Convenzione anche in assenza di un precedente accordo verbale ad essa relativo a condizione, per, che l'emissione della polizza di carico rientri nell'ambito dei rapporti commerciali correnti tra il caricatore ed il vettore e qualora sia in tal modo provato che detti rapporti sono disciplinati, nel loro insieme, dalle condizioni generali dell'autore della conferma scritta, nel caso presente il vettore (si veda la sentenza Segoura sopra memiionata), contenenti detta clausola attributiva di competenza, e che le p~lizze di carico sono tutte redatte su moduli prestampati che contengono sistematicamente tale clausola attributiva di competenza. In una situazione del genere sarebbe contrario alla buona fede negare l'esistenza dii una proroga di competenza. 19. -Di conseguenza, la prima parte della questione sollevata deve essere risolta nel senso che la clausola attributiva di competenza figurante fra le condizionl. stampate su di una polizza di carico soddisfa i requisiti stabiliti dall'art. 17 della Convenzione: -se il consenso delle due parti circa le condizioni della polizza di carico contenenti detta clausola sia stato manifestato per iscritto; -oppure se la clausola attributiva di competenza abbia costitl11ito oggetto di un precedente accordo verbale fra le parti che la concerne PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE espressamente e di cui la polizza di carico, firmata dal vettore, dev'essere considerata la conferma scritta; -oppure se la polizza di carico rientri nell'ambito dei rapporti commerciali correnti fra le parti e sia in tal modo provato che detti rapporti sono disciplinati dalle condiziond generali contenenti tale clausola. Sulla seconda parte della questione 20. -Per quanto :riiguarda la validit della clausola attributiva di competenza nei rapporti tra il vettore e il terzo portatore, la resistente in cassazJione e fa Commissione ritengono che, se il terzo portatore non ha firmato la polizza di carico, la clausola attributiva di comptenza ivi contenuta non possa essergli opposta perch l'accordo fra le due parti non sussiste. 21. -Secondo la Commissione, si pu derogare a questa regola solo se nell'ordinamento giuridico nazionale linteressato esista una teoria della cessione secondo la quale il caricatore cede i suoi diritti e obblighi al terzo portatore. 22. -I Governi della Repubblica italiana e del Regno Uruito osservano che la clausola attributiva di competenza, in quanto sia valida tra il caricatore ed il vettore, deve esserlo anche neli confronti del terzo portatore della polizza di carico, essenzialmente per la ragione che quest'ultimo, acquistando la polizza di carico, pu, certo, esercitare i diritti ivi menzionati, ma parimenti soggetto agli obblighi ed alle Hmitazioni che ne derivano; i due Governi basa.o la loro tesi sulla sentenm della Corte 14 luglio 1983 (causa 201/82, Gerling Konzern, Racc. pag. 2503). 23. -Occorre in pr.imo luogo constatare che la sentenza nella causa GerHng Konzern si riferiva a1la possibilit, per un terzo rispetto a un contratto di assicurazJione, beneficiario di una stipulazione a favore di terzi da parte dell'assicurato, di tinvocare la clausola attributiva di competenza nei confronti dell'assicuratore, clausola ispirata, come ha rilevato la Corte, dalla preoccupazione di tutelare l'assicurato, il quale la persona economicamente pi debole . Le stesse conslderazioni non sono necessariamente pertinenti nell'ambito del trasporto marittimo. 24. -Qualora la clausola attributiva di competenza inserita in una polizza di carico sia valida ai sensi dell'art. 17 della Convenzlione nel rapporto tra il caricatpre ed il vettore e il terzo portatore, acqwistando la polizza di carico, sia subentrato al caricatore nei suoi diritti ed obblighi in forza del vigente diritto nazionale, non sl pu consentire al terzo portatore di sottrarsi all'obbligo derivante, in materia di foro, dalla polizza di carico perch non ha dato il proprio consenso a quest'ultima; RASSEGijA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO infatti, ci esulerebbe dallo scopo dell'art. 17, che mira a privare di efficacia le clausole contrattuali che rischiano di passare inosservate. 25.. In effetti, nell'ipotesi sopra prospettata l'acquisto della pooizza di carico non pu attribuire al terzo portatore pi diritti di quanti ne aveva il caricatore. Il terzo portatore diventa cos tli.tolare ad un tempo di tutti i diritti e di tutti gli obblighi derivanti dalla polizza di carico, compresi quelli relatiivi alla proroga di competenza. 26.. Da tutto quanto precede risulta che da seconda parte della questione sollevata va risolta nel senso che i requisitli stabiliti dall'art. 17 della Convenzione sono soddisfatti, trattandosi' di una clausola attributiva di competenza insenita in una polizza di cavico, allorch questa clausola sia stata riconosciuta valida tra il caricatore ed !il vettore e, in base al diritto nazionale vigente, il terzo portatore, acquistando la polizza di carico, sia subentrato nei suoi diritti e negli obblighi del caricatore. (omissis) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, 11 luglio 1984, nella causa 51/83 Pres. Mackenzie Stuart Avv. Gen. Lenz Commis sione delle C.E. (ag. Prozzillo) c. Repubblica italiana (avv. Stato Braguglia). Comunit Europee Inadempimento di uno Stato membro Procedimento di infrazione Fase precontenzlosa Lettera di intimazione Delimi tazione della materia del contendere. (Trattato CEE, art. 169). Comunit Europee ;Libera circolazione delle merci Misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative all'importazione Gelatina ani~ male in prodotti dolciari importati. (Trattato CEE, artt. 30 e 36; direttive del Consiglio 18 giugno 1974, n. 74/329/CEE, artt. 2, 4 e 9, e 18 dicembre 1978, n. 79/112/CEE, art. 6, n. 5; decreti ministeriali 20 ottobre 1978 e 14 aprile 1983). Nel procedimento per inadempimento di cui all'art. 169 del Trattato CEE la lettera di intimazione ha lo scopo di circoscrivere la materia del contendere e di fornire allo Stato membro invitato a presentare le sue osservazioni i dati che gli occorrono per predisporre la propria difesa: l'osservanza di tale garanzia un presupposto della ritualit della proce dura per la dichiarazione della trasgressione di uno Stato membro (1). (1) Conformi le sentenze della Corte, citate in motivazione, 17 febbraio 1970, nella causa 311/69, Commissione c. Italia, in Racc., 1970, 25, e 15 dicembre 1982, nella causa 211/81, Commissione c. Danimarca, in Racc., 1982, 4547, con la quale ultima stato anche precisato, in conseguenza, che poich l'oggetto del ricorso f proposto ai sensi dell'art. 169 viene .stabildto dal parere mollivato della Com f: mj.ssione, i due atti devono essere basati sui medesimi motivi e mezzi , ' ~ ~ f. ' I f ! f ' PARTE I, SEZ, II, GlURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 925 La Repubblica italiana, limitando l'importazione dei prodotti dol ciari contenenti una quantit di gelatina animale superiore all'l %, legal mente fabbricati e posti in commercio in altri Stati membri, venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell'art. 30 del Trattato CEE (2). (omissis) 1. Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 29 marzo 1983, la Commissione delle Comunit Europee ha proposto, ai sensi dell'art. 169 del Trattato CEE, un ricorso diretto a far constatare che la Repubblia italiana, Jimitando l'importazione di prodotti dolciari, di carni cotte e di gelati alimentari contenenti gelatina animale, legalmente fabbricati e posti in commercio in altri Stati mem bri, venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell'art. 30 del Trattato CEE. Sulla ricevibilit 2. La Repubblica italiana rileva che la lettera 24 marzo 1982, con cui la Commissione la invitava a presentare Je sue osservazioni sul l'inadempimento che Je veniva contestato, si riferiva solo alla limitazion~ dell'dmpiego della gelatina nelle cara~elle mentre il parere motivato della Commissione del 24 novembre 1982, come pure il ricorso di cui la Corte investita, si estendono, inoltre, a tutti li prodotti dolciari, alle carni i::otte e ai gelati. 3. -Va ricordato che, in forza . dell'art. 169 del Trattato, fa Com misslione pu proporre alla Corte di giustizia un ricorso per inadempi mento solo se lo Stato interessato non si conformi al parere motivato nel termine ivi da essa fissato. Essa emette il parere motivato solo dopo aver posto lo Stato membro interessato in condizioni di presen tare le sue osservazioni. 4. -Dalla funzione assegnata a tale fase precontenziosa del procedimento per !inadempimento, sii desume che la lettera di intimazione ha lo scopo di circoscrivere la materia del contendere e_ di fornire allo Stato membro invitato a presentare le sue osservazioni i dati che gli occorrono per predisporre la propria difesa. (2) Quanto alla giurisprudenza della Corte secondo la quale l'esigenza della tutela del consumatore pu essere soddisfatta adottando mezzi appropriati che ostacolino il meno possibile il flusso degli scambi, quali ad esempio l'adeguata informazione del consumatore stesso, cfr. la sent. 19 febbraio 1981, nella causa 130/81, KEl.DERMANN, n Racc., 19811, 527, e, da ultimo, con :!1iguardo all'etkhet tatura dei vini, la sentenza 13 marzo 1984, nella causa 16/83, PRANn., in questa Rassegna, supra, pag. 902. 926 RASSEGNA DEIL'AWOCATURA DELLO STATO 5. -Come la Corte ha dichiarato nelle sentenze 17 febbraio 1970 (causa 31/69, Commissione c. Italia, Racc. pag. 25) e 15 dicembre 1982 (causa 211/81, Commissione c. Regno di Danimarca, Racc. pag. 4547), poich la facolt concessa allo Stato membro interessato di presentare le sue osservazioni CO$tituisce -anche se esso preferisce non servirsene -una garanzia fondamentale voluta dal '.frattato, l'osservanza di tale garanzda un presupposto della ritualit della procedura per la dichiarziione della trasgressione di uno Stato membro. 6. -Dai documenti agli atti risulta che, con la lettera di intimazione 24 marzo 1982, :la Commissione ha specificato che l'tinadempimento contestato alla Repubblica dtaliana consisteva nella limitazione dell'uso della gelatina alimentare nella fabbricazione e nella messa in commercio di prodotti dolciari. Dopo le osservazioni del Governo italiano al riguardo, la Commissione, col parere motivato del 24 novembre 1982, seguito dal presente ricorso, ha ampmato l'ambito degli addebiti mossi alla Repubblica italiana aggiungendovi le carni cotte e li gelati, violando cos iJ proprio obbligo di garantire il rispetto dcl diritto alla difesa del Governo italliano. 7. -Tale irregolarit non pu ritenersi sanata per il fatto che la Repubblica italiana ha, in seguito, formulato osservazioni sul parere moti vato del 24 novembre 1982. 8. -Ne consegue che il ricorso ricevibile solo nella misura in cui verte sulla limitazione dell'uso dIJ.a gelatina animale nei prodotti doldari e va respinto in quanto irricevibile per il resto. 9. -Il Governo italiano fa valere poi che, con decreto ministeriale 14 aprile 1983 (G. U. 4 maggio 1983), la limitazione dell'uso della gela tina alimentare nelle caramelle stata soppressa. Esso sostiene che, dli conseguenza, l'interesse della Commissione alla decisione del ricorso dovrebb esser venuto meno . 10. -Al riguardo occorre rilevare che il succitato decreto ministeriale riguarda solo le caramelle, e non concerne, pertanto, gli altri prodotti dolciari. La Commissione mantiene quindi un interesse alla prosecuzione de1l'azione. Nel merito 11. -Va ricordato che J'art. 30 del Trattato vieta le misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative all'importaz~one di prodotti. legai mente fabbricati e mesS!i in commercio in altri Stati membri. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 12. -Il Governo italiano sostiene, lin primo luogo, che l'uso della gelatina ailimentare si trova disciplinato da1la direttiva del Consiglio 18 giugno 1974, n. 74/329, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stat:Ji membri concernenti gli emulsionanti, gli stabilizzanti, gli addensanti e i g~lificanti che possono essere impiegati nei prodotti alimentari (G. U. n. L 189, pag. 1), che introduce una libert totale, da parte degli Stati membri, di adottare i provvedimenti ritenuti necessari senza che essi siano, di conseguenza, tenut:Ji ad osservare ili. divieto contenuto nel disposto dell'art. 30 del Trattato. 13. -Tale argomento va respinto. Anche se la gelatina alimentare viene menzionata nella diirettiv~ del Consiglio n. 74/329, non risulta da alcuna delle sue disposizioni che gi Stati membri siano dotati di tale libert da potersi scostare dal divieto di cui all'art. 30 del Trattato nel l'adozione di provvediimeriti relativi all'uso della gelatina animale. 14. -Il Governo dtaliano fa poi valere che le disposizioni nazionali contestate mirano a soddisfare all'esigenza imperativa della tutela del consumatore che potrebbe essere indotto in inganno circa la consistenza dei prodotti conservati se la gelatina potesse essere impiegata in maniera illimitata nella loro composizione. 15. -Va tuttavia rilevato al riguardo, in conformit ad una costante giurisprudenza della Corte, che possibile agli Stati membri soddisfare a tale esigenza imperativa adottando mezzi appropriati che ostacolino il meno possibile hl flusso degli scambi fra Stati membri, quale ad esempio l'adeguata informazione del consumatore. 16. -Il Governo italiano sostiene inoltre che i provvedimenti nazionali contestati sono necessari alla protezione deLla salute pubblica, tenuto conto del pericolo rappresentato da un impiego i1filmitato di gelatina animale nei prodotti alimentari. 17. -Va constatato al riguardo che il Governo italiano non adduce, a sostegno di tale assunto, alcuna prova o indizio che consenta di stabilire l'esistenza di un pericolo reale incombente sulla salute pubblica a seguito dell'impiego di gelatina animale in misura superiore all'l % fissato dai provvedimenti contestati. 18. -Va pertanto constatato che la Repubblica italiana, limitando l'importazione dei prodotti dolciari contenenti gelatina animale in quant: Jit superiore all'l %, legalmente fabbricati e posti in commercio in altri Stati membri, venuta meno agli obblighi ad essa incombenti [n forza dell'art. 30 del Trattato CEE. (omissis) RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, Ja sez., 12 luglio 1984, nella causa 261/83 Pres. Koopmans Avv. Gen. Verloren van Themaat -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte del :lavoro di Liegi nella causa Castelli c. Office natli.onal des pensions pour travaiJleurs salaries (0.N.P.T.S.) Interv.: Governi del Regno unito (ag. Dagtoglou) e italiano (avv. Stato Fiumara) c. Com missione delle C.E. (ag. Griesmer). Comunit Europee Libera circolazione delle persone Reddito garantito alle persone anziane . Parit di trattamento. (Regolamenti CEE del Consiglio 14 giugno 1971, n. 14911, artt. 1, 2, 3 e 4, e 15 ot tobre 1968, n. 1612, artt. 7 e 10). L'art. 7, n. 2, del regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, re,lativo alla libera circolazione dei lavoratori nell'ambito della Comunit va interpretato nel senso che la concessione di un vantaggio sociale, quale il reddito garantito alle pensane anziane dalla legge di uno Stato membro, agli ascendenti a carico del lavoratore non si pu far dipendere dall'esistenza di un accordo di reciprocit fra questo Stato membro e quello di cui l'ascendente cittadino (1). (omissis) 1. Con sentenza 4 novembre 1983, pervenuta in cancelleria il 21 novembre 1983, la Cour du travail di Liegi ha sottoposto a questa Corte, in forza dell'art. 177 del Trattato CEE, tre questioni pregiudiziali vertenti, in sostanza, sull'interpretazione del regolamento del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo al!l'applica.iione dei regimi di previdenza sociale ai ilavoratori s~borddnati ed ai loro familiari che si spostano nell'ambito della Comunit (G.U. n. L 149, pag. 2) e del regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori nell'ambito .della Comunit (G.U. n. L 257, pag. 2), in relazione all'applicazione della legge belg~ 1 aprile 1969 istli.tutiva di un reddito garantito per le persone anziane. (1) La Corte ha risposto -in senso conforme alle osservazioni dcl Governo italiano -solo ad uno dei quesiti posti dal giudice belga precisando che .la risposta data dovrebbe essere sufficiente per consentdre al giudice di rinvio di pronunciarsi nella cau8a principale >>, sicch non necessario esaminare la questione del se, nella situazione considerata, una cittadina di uno Stato membro possa pretendere, in forza del reg. 1408/71, il reddito garantito alle persone an2liane dalla legislazione di un altro Stato membro, sia in quanto familiare di un lavoratore migrante stabilito in tale Stato, sia in quanto essa stessa beneficiaria di una prestazione di previdenza sociale nel suo Stato di origine (le sentenze della Corte 30 settembre 1985, nella causa 32/75, CRISTINI, e 14 gennaio :1982, nella causa 65/81, REINA, sono pubblicate in questa Rassegna, 1975, I, 822, e 1982, I, 70, con note). 929 PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 2. . Le suddette questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia fra la signora Castelli e l'Office National des Pensions des Travailleurs Salaris (0.N.P.T.S.). 3. -La signora Castelli, oittadina italiana, fruisce in Italia di una pensione parziale di riversibilit. DaJ maggio 1957 essa iii.siede nel Belgio presso il figlio, che titolare di una pensione di anzianit belga. La signora Castelli non ha mai lavorato in Belgio. 4. Con provvedimento in data 22 dicembre 1978, l'O.N.P.T.S. rifiutava alla Castelli il beneficio del reddito garantito a1le persone antiane ai sensi della legge 1 aprile 1969, in quanto la richiedente, non avendo la cittadinanza belga, non essendo cittadina di un paese con cUI il Belgio ha concluso in materna un accordo di reciprocit e non fruendo di una pen sione di anzianit o cli reversibilit a carico del Belgio, non soddisfaceva requisiti sta,biJ.iti dall'art. 1 della suddetta legge. 5. -La signora Castelli .impugnava il mfiuto dell'O.N.P.T.S. dinanzi al Tribunail du travail di Liegi, il quale, con sentenza 23 maggio 1980, respin geva il ricorso. L'interessata interponeva allora appelilo dinanzi alla Cour du travail di Lle~, sostenendo che la condizione della reciprocit posta dalla legge belga era in contrasto col diritto comunitario. Peraltro proprio sui quesiti cui la Corte non ha dato risposta si erano accese ae discussioni pi interessanti, con la prospettazione di soluzioni opposte. Riteniamo opportuno riportare un estratto della discussione orale sul punto svolta per il Governo italiano. REDDITO GARANTITO ALLE PERSONE ANZIANE: PARITA DI TRATTAMENTO 1. -(omissis) Nelle varie osservazioni scritte che sono state presentate nella presente causa, stato trattato in via prevalente il quesito posto dal giudice . nazionale belga con il quale si chiesto se, a.i fini del godimento in Belgio del reddito garantito " per le persone anziane, la posizione di chi gode di una pensione sociale in Italia (o in altro Stato membro diverso dal Belgio) sia assimilabile a quella di chi gode di una pensione sociale belga). Ci tratta, invero, del punto pi complesso e controverso della questione. a) Base di partenza per la soluzione della questione ci sembra essere quanto stato gi affermato dalla Corte nella sentenza FRIU.I (22 giugno 1972, causa 1/72, in Racc., 1972, 457) circa la duplice funzione che assolve la legge belga: una, consistente nel garantire un minimo di mezzi di sussistenza a chi non sia coperto da un sistema di previdenza sociale; una seconda, consi stente nel garantire un reddito complementare a beneficiari di prestazioni previdenziali insufficienti. b) Da questa prima considerazione ne scatwiisce una seconda. Nei confronti di un lavoratore (e qui parldamo di un lavoratore belga, che ha lavorato in Belgio), la legislazione sul reddito garantito si applica indipendentemente dal fatto che egli goda o meno di una penSlione sociale. Tale legislazione mira a garantire al lavoratore (ed\ eventualmente anche a chi .non ha lavorato: ma questo qui non ci interessa) un minimo tenore di vita. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 6 .. -Ritenendo che, per emanare la propria sentenza, era necessaria una pronunzia di questa Corte, la Cour du travail di Liegi fo ha sottoposto le seguenti questiorui: a) Se, tenuto conto del princo.p10 di parit di trattamento posto dai regolamenti comunitari in materia di previdenza sociale, la mancanza di un accordo di reciprocit tra due Statii membri della Comunit possa porre ostacolo alla concessione del reddito garantito alle persone anziane allorch la richiedente, bench non abbia rrmi avuto la qualit di lavoratrice dipendente sul territorio dello Stato in cui essa risiede al momento dehla domanda, abbia maturato la durata minima di residenza richiesta dalla normativa giuridica di questo Stato per la concessione della presta7lione sollecitata, sia a carico del figlio che ha lavorato in Belgio e ivi ha fruito del regime della pensione di vecchiaia anticipata o pensionato, e benefici di una pensione parziale a carico del suo paese d'origine, l'Italia, paese membro della CEE, in forza del regime italiiano per lavoratori dipendenti. b) Se, tenuto conto del godimento da parte dell'appe1Iante di una pensione parziale in forza del regime italiano, il suo caso possa essere equiparato a quello di una persona che fruisce in Belgio di una pensione e) Dati questi presupposti, dobbiamo ritenere che tale legislazione trovi applicazione in favore di qualunque lavoratore, cittadino di uno degli Stati membri, che abbia lavorato in Belgio, iiindipendentemente dal fatto che egli goda o non goda :in tale paese di una pensione sociale: se cos non fosse vd sarebbe una chiara disparit di trattamento fra lavoratori belgi che abbiano lavorato in Belgio e lavoratori di altri paesi comunitari che anch'essi hanno lavorato in Belgio; e ci incompatibile con il principio della parit di tratta mento voluta dal Trattato. d) Di conseguenza non pu richiedersi come requisito per l'applicazione della legislazione di cui si tratta nei confronti di un lavoratore comunlitario non belga, che abbia lavorato in Belgio, il godimento da parte di esso di una prestazione previdenziale belga (in quanto tale requdsito non richiesto per i lavoratori belgi). vero che la Corte di giustizia -con la gi richiamata sentenza PRILLI -ha fatto riferimento a un lavoratore subordinato o assimi lato che abbia svolto periodi lavorativi in Belgio, ivi risieda e ivi goda di una pensione sociale'" ma con tale riferimento -in particolare quello del godimento di una pensione sociale -si volevano indicare i presupposti della fattispecie decisa, non i requisiti 'indispensabili per l'equiparazione del lavoratore straniero al lavoratore nazionale. Riteniamo cio che il principio affermato dalla Corte nella sentenza F1m.u, disancorato dalla fattispecie allora decisa, debba essere ietto in senso pi ampio e cio: iii reddito garantito previsto da norme di carattere generale di uno Stato membro, le quali attribuiscono alle persone anziane residenti un minimo di pensione, va considerato, per quanto riguarda i lavoratori subordinatd e assimilati, che hanno lavorato nello Stato di cui trattasi, come una prestazione di vecchiaia, con una sostituzione -cio -dell'inciso che godano nello Stato di cui trattasi del diritto alla pensione con l'dnoiso .che hanno lavorato nello Stato di cui trattasi . I i I I . I PARTE I, SEZ. II, GIURI$. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 931 parziale belga di anzianit o di reversibilit, che giustifichi la concessione del complemento costituito dal reddito garanmto alle persone anziane. e) Se l'appellante possa essere considerata familiare, ai sensi dei regolamenti comunitari, in particolare nn. 1408/71 e 1612/68, del figlio che in Belgio ha svolto attivit lavorativa subordinata, ha fruito del regime di pensione di vecchiaia anticipata e gode infine della normale pensione di vecchiaia. 7. Le suddette questioni riguardano la situazione d[ una cittadina di uno Stato membro, fa quale fruisce di una prestazione di previdenza sociale in tale Stato e si trasferita in un altro Stato membro, in cui ,non ha mai lavorato e dove vive a carico del figlio, a sua volta titolare dii una prestazione di previdenza sociale in questo secondo Stato. Il giudice a quo mira in sostanza a stabilire se l'interessata possa pretendere il beneficio del reddito garantito alle persone anziane contemplato dalla legislazione di tale secondo Stato, o quanto meno della differenza fra .. detto reddito e l'importo meno elev:ato della prestazione previdenziale corrisposta dal primo Stato membro, sia a titolo di prestazione di vecchiaia ai sensi del summenzionato regolamento n. 1408/71, sia a titolo di vantaggio sociale ai sensi del regolamento del Consiglio n. 1612/68, anch'esso sopra menzionato. E ci ripetiamo, perch se il godimento di una pensione non richiesto per il lavoratore nazionale, non si vede perch un siffatto godimento dovrebbe essere richiesto per il lavoratore di altro Stato membro. Avremmo, in caso con trarlo, l'assurdo che il lavoratore straniero il quale abbia lavorato nello Stato di. cui si tratta per un notevole periodo, senza per maturare il diritto a pen sione, si vedrebbe escluso dal beneficio del reddito garantito sol perch non ha maturato la pensione! E questo sarebbe senza senso. 2. -Vediamo ora che cosa pu avvenire se 1a persona che, risiedendo in uno Stato membro, richieda il reddito garantito ivi previsto per le persone anziane abbia s la qualifica di lavoratore (o assimilato), ma ci in dipendenza di un'attivit lavorativa svolta in altro Stato membro. A nostro avviso la saluzione del problema non pu cambiare. Tale persona ha acquisito nell'ambito della Comunit lo status di lavoratore e in forza di questo status egli deve godere in ogni parte della comunit dello stesso trattamento che ad lavoratori fatto, proprio in quanto lavoratori, da ciascuno Stato membro. Se la legislazione di uno Stato membro garntisce ai propri lavoratori anziani, che hanno cessato la loro attdwt lavo1mtiva, un minimo di reddito, cio un minimo tenore di vita, e oi appunto per il solo loro status acquisito, sembra giusto e conforme allo spirito del trattato che quella legislazione trovi applicazione nei confronti di qualsivoglia persona che quello status ha acquisito in ogni altra parte della Comunit, una volta che si sia. verificata l'inerenza al territorio di tale persona attraverso la residenza. Noi ci rendiamo conto della puntualit delle obiezioni mosse ad una siffatta soluzione dal Regno unito e dalla Commissione, laddove essi osservano che in tal modo potrebbe verificarsd una specie di reazione a catena: il lavoratore dello Stato n. 1 va nello Stato n. 2, in cui non ha mai lavorato, e acquisisce, solo in form della residenza ivi stabilita, un reddito garantito, che poi nes 932 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 8. -Questo problema dev'essere esaminato anzitutto dal punto di vista del regolamento n. 1612/68, cui si niferisce specificamente fa terza questione formulata dal giudice di rinvio. 9. -L'art. 10 del regolamento n. 1612/68, attribuisce agli ascendenti a carico, qualunque sia la foro cittadinanza, il diritto di stabihirsi con il lavoratore cittadino di uno Stato membro, occupato nel territorio di un altro Stato membro. Quanto al diritto di rimanere nel territorio dli uno Stato membro, esso stato esteso dal regolamento n. 1251/70 (G. U. n. L. 142, pag. 70) agli ascendenti a carico del cittadino di un altro Stato membro che sia occupato in qualit di lavoratore dipendente nel primo Stato. a perci manifesto che l'appellante ne1la causa prinaipaile fa parte della cerchia dei beneficiari del regolamento n. 1612/68. 10. -In forza dell'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68, il lavoratore cittadino di uno Stato membro gode degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratri nazionali. Come niswlta dalle sentenze 30 settembre 1975 (causa 32/75, Cristini, Racc. pag. 1085) e 16 dicembre 1976 (causa 63/76, InziriUo, Racc. pag. 2057), la parit di trattamento sancita dall'art. 7 del regolamento n. 1612/68 intesa a vietare anche le discriminazioni a danno deglli ascendenm che siano a carico del lavoratore, come l'appellante nella causa principale. suno gli potr pi togliere, per effetto dell':iiirdlevanza delle clausole di resi denza, quando egli ritorni nello Stato n. 1 o si trasferisca in uno Stato membro n. 3. Questo possibile ed vero. Ma diciamo anche francamente che ci potr accadere in un numero ridottissimo di oasi, essendo difficile pensare ad un vorticoso, frenetico spostarsi di persone anziane, che cambierebbero l'esidenza, Stato, abitudini, sol per lucrare eventualmente la differenza fra una prestazione maggiore di uno Stato e una prestazione minore di un altro: perch, ovvio, il reddito garantito di cui si parla non potrebbe essere corrisposto se non per l'importo differenziale rispetto ad altre prestazioni. Del resto un limite naturale a siffatti abusi ~e ogni legge conosce il suo abuso!) sta nelle ridotte possibilit di stabilire 1a propria residenza negli altri Stati membri al di fuori dello svolgimento di attivit lavorative. Del resto non ci sarebbe neanche molto da meravigliarsi di eventualit del genere, posto che non potrebbe essere negato il beneficio di cui si tratta al lavoratore straniero che, nello Stato che tale beneficio prevede, ha svolto una at1livdt lavorativa molto ridotta. E la funzione sociale che il beneficio si prefigge dovrebbe comunque elim:i nare ogni residua perplessit. Sembra, quindi, che a chi si trovi nella posizione della Castelli spetti il beneficio del reddito garantito blga (ovviamente nella misura in cui questo superi la prestazione previdenziale goduta ,in Italia), trattandosi di persona assi milata a lavoratore straniero che ha lavorato in uno Stato membro diverso e ha poi fissato la rresidenza nello Stato che prevede H beneficio. E ci indipendentemente dalla sua posizione di familiare o persona a carico di altro lavoratore (il figlio) che abbia prestato la sua attivit lavorativa in Belgio. (omissis) OSCAR FIUMARA PARTE I, gEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 11. -Come stato pi volte affermato dalla Corte (sentenze 31 maggio 1979, causa 207/78, Even, Racc. pag. 2019, e 14 gennaio 1982, causa 65/81, Reina, Racc. pag. 33), la nozione di vantaggio sociale comprende tutti i vantaggi che, connessi o no ad un contratto di lavoro, sono. generalmente attribuiti ai lavoratori nazD.onaLi, a causa principalmente della loro qualit obiettiva di lavoratori e del semplice fatto della loro residenza nel ten;itorio nazionale, .e la cui estensione ai lavoratori cittadinti di altri Stati membri appare quindi atta a facilitarne la mobilit nell'ambito della Comunit . Questa definizione delila nozione di vantaggio sociale, costantemente ribadita dalla Corte, porta ad includervi il reddito garantito alle persone anziane contemplato dalla legge di uno Stato membro. 12. -Si deve quindi dichiarare che l'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68 va intepretato nel senso che ila concessione di un vantaggio sociale, quale iii reddito garantito alle persone anZJ.ane dalla legge dli uno Stato membro, agli ascendenti a carico del Javoratore non si pu far dipendere dall'esistenza di un accordo di reciprocit fra questo Stato membro e quello di cui l'ascendente cittadino. 13. -Poich questa interpretazione dovrebbe essere sufficiente per c90sentire al giudice di rinvio di pronunziarsi nella causa principale, non necessario esaminare ila questione del se, nella situazione consliderata, una cittadina di uno Stato membro possa pretendere, in forza del regolamento n. 1408/71, il reddito garantito alle persone anziane dalla legislazione di un altro Stato membro, sia in quanto familiare di un lavoratore migrante stabilito in tale Stato, sia in quanto essa stessa beneficiaria di t.la prestaZJ.one di previdenm sociale nel suo Stato d'origine. (omissis). CORTE DI GIUSTIZA DELLE COMUNJT EUROPEE, 13 dicembre 1984, nella causa 113/83 -Pres. Mackenzie Stuart -Avv. Gen. Lenz -Commissione delle Comunit europee (ag. Marenco) c. Repubblica Italiana (avv. Stato Caramazza). Comunit Europee -Trasporti -Contingente comunitario -Autorizzazioni Veicoli accoppiati. (Reg. CEE del Consiglio 16 dicembre 1976, n. 3164). La Repubbblica italiana, esigendo due autorizzazioni di trasporto nell'ambito del contingente comunitario allorch un insieme di veicoli accoppiati, composto di elementi immatricolati in due Stati membri diversi, effettua un trasporto internazionale su strada, venuta meno agli obbli RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ghi ad essa incombenti in forza del regolamento del Consiglio 16 dicembre 1976, n, 3164 (1). 1. Con atto re~strato nella Cancelleria della Corte il 17 giugno 1983, la Commissione delle Comunit Eur9pee ha proposto, a norma dell'arti colo 169 del Trattato CEE, un ricorso diretto a far constatare che la Repubblica italiana venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in base al regolamento (CEE) del Consiglio 16 dicembre 1976, n. 3164, relativo al contingente comunitar.io per i trasporti dii merci su strada effettuati fra Stati membri (G. U. n. L 357, pag. 1). 2. -IJ regolamento n. 3164/76 dispone che il contingente comunitario delle autorizza7lioni, fissato ogni anno dal ConSliglio, suddiviso fra 'gli Stati membri. Ogni Stato membro rilascia le autorizzazioni defila sua quota-parte ai vettori stabiliti nel suo territorio. Lo stesso regolamento prescrive all'art. 2, n. l, che le autorizzazioni comunitarie abilitano i loro titolari ad effettuare i trasporti di merci su strada, per conto terzi, su tutte le relazioni di traffico tra gli Stati membri, ad esclusione di ogni traffico dnterno nel territorio dii uno Stato membro, nonch a spostare a vuoto i loro veicoli in tutto il territorio della Comunit. 3. -Il n. 3 del medesimo articolo stabilisce che. le autorizzazioni comunitar. ie sono redatte a nome di un vettore , che non possono essere trasferite da quest'ultimo a terzi, che ciascuna autorizzazione pu essere utilizmta per un solo veicolo per volta, che essa deve accompagnare quest'ultimo e deve essere esibita ad ogni richiesta degli agenti addetti al controllo, e che per veicolo, si dntende un veicolo isolato o un insieme di veicoli accoppiati . (1) La sentenza in rassegna ha risolto il problema sottoposto al suo esame esprimendo adesione alla tesi della Commissione, con particolare riferimento a quella parte della normativa comunitaria citata che prescinde dall'identit del veicolo. Sembra avere omesso, peraltro, l'analisi del problema di fondo, superato dalla Corte lussemburghese con la formula della lacuna nell'ordinamento " Tale problema era, infatti, se l'autorizzazione al trasporto su strada per conto terzi rilasciata da uno Stato membro nell'ambito del contingente comuni tario conferisca al vettore beneficiario la tito1arit di una situazione giuridica attiva non condizionata in alcun modo dalla narura, identit e nazionalit del veicolo, o se vi sia invece un inscindibile collegamento fra i tre elementi: autorizzazione- veicolo-viaggio. L'assunto, fatto proprio dalla Corte, comporta che 1a stessa autorizzazione possa coprire, nell'arco di uno stesso viaggio , non solo mutamenti nella com posizione del veicolo (ad es. per effetto di cambiamento .di motrice o di rimor chio), ma addirittura mutamenti integrali di veicolo, sicch un viaggio potrebbe essere, ad es., costituito da un percorso AB compiuto dalla motrice x con il f: [:'. rimorchio y, pi un percorso BC compiuto dalla motrice z con U rimorchio f y, pi un percorso C-D compiuto dall'autocarro k e cosi via. f f i: I! :.; PARm I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 935 .. 4. -L'art. 5 del medesimo regolamento contempla una mutua assistenza fra gli Stati membri per l'applicazione ed il controllo del regolamento stesso. 5. -Nell'esercizio di questi poteri di applicazione e di controllo, conferiti ad ogni Stato membro, le autorit italiane, allorch i due elementi di un veicolo composito effettuano un : ~ PARTB I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 945 giurisdizjone e senza svolgere un giudizio di ottemperanza che la legge devolve in altra sede al giudice amministrativo. 4. -La circostanza che nel caso in esame il tribunale si sia gi pronunziato ai sensi dell'art. 9 della legge 898/70 e con il procechimento in essa previsto, attribuendo alla Merand una quota della pensione che sarebbe spettata al coniuge superstite, non altera i termini del problema. La questione se il tribunale abbia deciso esattamente, o meno, la controversia, con l'attribuire alla Merand una quota chi pensione, pur mancando il coniuge superstite (secondo un'dnterpretazione dell'art. 9, nel testo originario, in senso conforme al nuovo testo dettato dall'art. 2 della legge 436/78), riguarda, come si precedentemente chiarito, il merito di una controversia non avente natura pensdoillistica, e per ci devoluta' al tribunale, e non pu formare oggetto di sindacato n da parte della P. A. n da parte della Corte dei conti, non essendo quello proposto dinanzi ad essa, come esattamente si osserva nella decisiOne impugnata, un giudizio di ottemperanza, che potr:ebbe se mai instaurarsi dlinanZJi. aw!i organi chi giustizia amministrativa ad esso preposti. N rileva, ai fini che qui iinteressa, dl fatto che il precedente giudizio cmerale si sia svolto in assenza dell'ente erogatore (la cui presenza, soltanto con Ja novella del 1978 stata espressamente prevista), circostanza questa, della quale peraltro l'Amministrazione ricorrente -unica interessata a farlo -non si doluta in questa sede, poich ['eventuale problema se quella decisione faoia stato nei confronti dell'ente erogatore (s che questo debba obbligatoriamente uniformarvisi) oppure se, nella ipotesi negativa, la Merand debba munirsi di un titolo, questa volta formato secondo la disciplina processuale dettata dall'art. 2 della legge n. 436/78, non vale a trasferire nel campo pensionistico una controversia che rimane nell'ambito della diversa materia disciplinata dall'art. 9 e del procedimento in esso regolato, inerendo agli effetti del provvedimento adottato; n deve, in questa sede risolversi, in quanto eccede dai lii.miti dell'impugnazione proposta e non ha ancora concreta attualit, essendo anzi ragionevole ritenere che il provvedimento del Tribunale di Genova trow spontanea attuazione d.a parte de1la P. A. 5. -Poich la controversia esaminata dalla Corte dei conti non aveva ad oggetto il diritto alla pensione di riverstibilit del coniuge superstite, ipotizzato come esistente, ma iii chiritto del coniuge divorziato ad ottenere una quota della pensione, che sarebbe spettata a questo e che, del resto, il tribunale di Genova le ha gi rtlconosoiuto, la controversia medesima non ricadeva sotto la giurisdizione de1la Corte dei conti, la quale quinchi avrebbe dovuto dichiarare il proprio difetto di ~ucisdizione ed astenersi di pronunciare nel merito. Il ricorso va pertanto accolto, con la conseguente cassazione senza rinvio della decisione impugnata. (omissis). 946 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE .DI CASSAZIONE, Sez. Un., 14 dicembre 1984, n. 6568 -Pres. Barba Rel. Sensale -P. M. Caristo (conci. conf.) -Senato della Repubblica (avv. Stato Linguiti) c. Mazzeo (non cost.). Elezioni Elettorato passivo Tutela dello jus officlum Competenza esclusiva delle Camere Verifica dei poteri Insindacabilit in sede giurisdizionale. ' (Artt. 64, 66 Cost.; art. 25 legge 6 febbraio 1948, n. 29, modificato dalla legge 28 aprile 1967, n. 262; art. 87 d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361; art. 2 legge 27 febbraio 1958, n. 64; art. 53 t.u. 16 maggio 1960, n. 570; art. 19 reg. Senato 1971). Nel vigente ordinamento costituzionale la tutela dei diritti soggettivi pubblici all'aequisizione di un mandato politico affidata esclusivamente alle Camert; legislative, per mezzo dell'apposito organo (Giunta delle elezioni) e, in ultima istanza, all'assemblea delle Camere, nell'ambito del potere di controllo sulla validit e regolarit delle operazioni elettorali. Tale attivit in sede di verifica dei poteri sfugge a qualsiasi sindacato alternativo, concorrente o successivo da parte di qualsiasi autorit giurisdizionale (1). l Con la istanza di regolamento preventivo di giurisdizione, si sostiene che il rimedio praticato dalla Mazzeo del tutto estraneo all'ordinamento I dello Stato e confligge con il principio della divisione dei poteri, in attuazione del quale, in forza dell'art. 64 Cost., ciascuna Camera giudica dei f: titoli dii ammissione dei suoi componenti, secondo il regolamento adottato ai sensi dell'art.. 66 Cost., escluso l'intervento di qualsiasi organo giurisdizionale. Si deduce, in particolare, che Ja verifilca dei poteri , I comprendente l'esame e la decisione su proteste e reclami circa le operazioni elettorali, spetta, -secondo l'art. 19 del regolamento del Senato, 1~ approvato il 17 dicembre 1971 -alla Giunta per le elezioni e per le immunit parlamentari ed allo stesso Senato, dal che consegue l'assoluto difetto di giurisdizione, nella materia de qua, sia <,lei giudice ordinario sia I (1) Cfr. Cass., 31 luglio 1%7, n. 2036, in Foro it., 11967, I, 2009; in Giust. civ., 1968, I, 317, in CUI, in sede di regolamento di giurisdizione, venne dichiarata assolutamente improponibile .la domanda proposta da chi, assumendosi illegittimamente . escluso, chiedeva il risarcimento dei danni nei confronti dello Stato e del Presidente dell'Ufficio elettorale regionale; id., 10 marzo 1971, n. 674, in Giur. it., 1971, I, 1, 811; in Giust. civ., 19711, I, 10%, con .ampia nota di richiami, in tema di controllo giurisdizionale sulle deliberazioni dell'Assemblea della regione siciliana in sede di verifica dei poteri; su cui cfr. id., 5 dicembre 1977, n. 5263, Mass., 1977. La sentenza Cass., S. U., .17 ottobre 1980, n. 5583, citata in motivazione, pubblicata su Giust. civ., 1981, I, 44 e in Giur. it., 1981, I, il, 750 con ampia nota di richiami giurisprudenziali e dottrinali. Per la giurisprudenza amministrativa cfr. Cons. Stato, sez. IV, 20 ottobre 1950 n. 504, in Cons. Stato, 1950, I, 281. PARTB I, SBZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 947 del giudiee amministrativo, essendo limitate le attribuzioni del T.A.R. al contenzioso elettorale ammin:istmtivo (art. 6 della legge n. 1034 del 1971). IJ ricorso fondato. L'art. 64 Cost. stabilisce che ciascuna Camera adotta il proprio rego lamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti; e, i11 base al successivo art. 66, ciascuna Camera giudica dei 1litoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilit e di incompatibilit. L'art. 62 del D.P.R. 5 febbraio 1948 n. 26 (ora art. 87 del D.P.R. 30 marzo 1957 n. 361)..11i.serva alla Camera dei deputati la convalida della elezione dei propri componentJi., nonch la pronunzia del giudizio definitivo su11e contestazioni, le proteste e, in generale, su tutti i reclami presentati agli uffici delle singole szioni elettorali o all'ufficio centrale durante la loro attivit o posteriormente. Tali disposizioni, contenute nel testo unico delle norme per le elezioni alla Camera dei deputati, sono richiamate nella discipltlna delle elezioni al Senato (art. 25 de11a legge 6 febbraio 1948 n. 29, modificata daHa legge 28 aprile 1967 n. 262; art. 2 della legge 27 febbraio 1958 n. 64). In relazione alle citate norme detla Costituztlone, le Camere si sono date il proprio regolamento, in cui sono dettate, fra l'altro, anche fo norme relative alla verificaztlone delle elezioni e della nomina degli eletti. Per il Senato, nell'art. 7 del regolamento approvato hl 18 giugno 1948, ed ora nell'art. 19 del successivo regolamento approvato il 17 febbraio 1971, sono previste composizione e materia riservata alla cognizione di un'apposita Giunta delle elezioni e delle !immunit parfamentari , cui spetta la verificazione dehle eleziioni e delle nomine a senatore. In questo quadro normativo, ,1e Sezioni unite ebbero ad affermare il principio che, nel vigente ordinamento costituzionale, la tutela dei diritti soggettivi pubblici atl'acquisiztlone di un mandato poHtico affidata escluslivamente alle Camere legislative, per mezzo dell'apposito organo (Giunta delle elezioni) e, in ultima istanza (eventualmente), all'assemblea delle Camere stesse, nell'ambito del potere di controllo sulla vallidit e regolarit delle opera7Jioni elettorali (sent. 2036/67), precisando successivamente (sent. 674/71) che l'attivit deUe Camere Jegislative dello Stato in sede dli verifica di poteri sfugge a qualsiasi sindacato alternativo, concorrente o successivo da parte di qualsivoglia autorit giurisdizionale, ordinaria o amministrativa. Questi princpi sono stati ribaditi, anche di recent (sent. 5583/80), dalle Sezioni unite, le qualii hanno osservato che il sindaoato di legittimit sud titoli di ammisslione dei componenti delle assemblee parlamentari si pu realizzare, in astratto, attraverso molteplici sistemi, tra i quali il nostro Costituente ha prescelto quello c.d. della verifica delle elezioni, . affidando .detto sindacato alle stesse Camere: oi secondo l'esempio di molti paesi europeli ed agltl uffici delle singole sezioni elettorali o all'ufficio centrale durante la loro attivit o posteriormente. 1111111111110r111r111111.111=r111111111111111r111@1111ir111111111m11 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 948 Con la sentenza 5583/80 si , infine, osservato che eventuali questioni di legittimit costituzionale delle norme ordinarne non potrebbero sollevarSI. in questa sede, ma, se mai, nel procedimento di verifica par.lamentare dei poteri, posto pure che in esso sia possibile l'inserimento del processo pregiudiziale previsto dall'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; e che, comunque, nessuna rilevanza assumerebbe in questa sede la risposta che volesse darsi all'interrogativo circa la natura di quel proced!imento, Jegiislativa in senso lato, obiettivamente amministrativa, intrinsecamente giurisdizionaile ovvero di mero esercizio di un peculjare potere di controllo costituzionale. Che se poi -si aggiunto -il procedimento davanti alle Camere non offre, nella fattualit, le garanzie proprie della giurisdizione, e dunque non attua realmente il precetto insito nel termine giud!ica usato dall'art. 66 Cost., star allo stesso Jegisfatore, in sede costituente e ai sensi della VI disp. trans., dettare Ja normativa alruopo eventualmente occorrente. / SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 ottobre 1984, n. 4915 -Pres. Sandullii - Rel. Rocchi -P. M. Valente (conf.) -Lazzarolli ed altri (avv. Piras) c. Ministero Difesa (avv. Stato Siconolfii). Edilizia economica e popolare -Alloggi di servizio -Diversit dei presupposti e delle procedure per l'assegnazione Criteri per la qualificazione giuridica. Allorch gli alloggi concessi in locazione dall'INCIS sono assegnati in base non ad un normale concorso aperto alla generalit degli .impiegati dello Stato, bens sulla base di una designazione dell'Amministrazione, e sul presupposto della qualit di dipendenti di una specifica Amministrazione (nella specie l'Accademia Navale di Livorno) e della prestazione in loco di un determinato servizio, si versa in una situazione analoga a quella prevista dall'art. 381, 1 comma, T.U. 1165/39 sugli alloggi degli ufficiali e sottufficiali. Trattasi pertanto di alloggi di servizio esclusi dal riscatto, ai sensi dell'art. 2 lett. A, d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 (1). Con il primo motivo del ricorso principale -denunciandosi viola zione deglii artt. 99 e segg., 105, 331 cod. proc. civ. -si deduce il difetto di legittima:llione dell'Amministrazione militare a proporre impugnazione innanzi fa Corte d'Appello, in quanto detta Amministrazine aveva spie gato nel giudizio intervento adesivo dipendente, e non adesivo autono mo, che solo avrebbe integrato il diri.tto ahl'impugnazione, in via autono ma, della decisione resa inter partes in prim cure. La contestaz:ione della legittimazione ad impugnare, dedotta nei ter mini indicati, presuppone quella circa l'eSlistenza, in capo all'Amministra zione militare, di un diritto soggettivo alla disponibilit degli alloggi di propriet dell'IA.C.P. Con il secondo motivo del ricorso principale -denunciandosi viola. zione deM'art. 2 lettera A del D.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 e norme richiia (1) Cfr. Cass. 4' ottobre 1982 n. 5074, in questa. Rassegna 1983, I, 950. Sulla giurisdizione dell'A.G.0. a conoscere di una controversia tra Amrndnistrazione FF.SS. e un dipendente assegnatario di alloggio di tipo economico e popolare avente ad oggetto la sussistenza dei presupposti e requisiti .. per la cessione in propriet v. Cass. 9 maggio 1983 n. 3150 fa Mass. Foro it., 1983. In dottrina sugli alloggi di servizio e case popolari v. G. PASINI -L. BALUCANI, I beni pubblici e relative concessioni, 1978, 603. 950 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO mate -si sostiene il diritto dei ricorrenti al riscatto in propriet degli ailloggi loro concessi, a suo tempo, in locazione, in base al reg:ime proprio dell'edili2'Jia economica e popolare. Entrambe le censure sono infondate. Il tema di fondo di entrambi i motivi unitario e conStiste nell'accertamento dell'esatta qualificazione giuridica degli a1loggi per cui ricorso: detta qualificazione, linfatti, consentir di rispondere sia al quesito (sostanziale, con riflessi processuali) del se eStiste un diritto autotonomo dell'amministrazione militare in ordine alJ.a disponiblilit degli. ailloggi de quibus; sia al quesito (sostan2'Jiale) del se i ricorrenti siano o meno titolari del dirotto di riscatt azionato. Orbene, sostengono i ricorrenti di essere titolari di una normale assegnazione di case dell'INCIS, costruite per la generalit degli impiegati dello Stato e finanziate a norme del D.L. C.P.S. 8 maggio 1947, n. 399, e agg:iungono di aver stlipulato con l'INCIS un contratto di locazione che, per l'ammontare del canone e in o~i altra clausola, non si differenzia dai! modello di norma utilizzato; riconoscono, peraltro, di aver usufrlllito di. una prelazione rispetto agli altri impiegati dello Stato, ali sensi dell'art. 378 del tu. 28 aprile 1938, n. 1165, che, nel disciplinare i criteri da seguire nell'assegnazione degli alloggi INCIS, fa salvi i casi speqiali segnalati dalle amministrazioni de1lo Stato per esigenze dli servizio e quelli accertati direttamente dall'INCIS. In realt, dall'intero contesto della vlicenda risulta che i ricorrenti usufruiscono di alloggi ubicati in un edificio destinato iJ1 blocco ab origine ai dipendenti dell'Accademia navale di Livorno ed assegnati dall'INCIS su designazione del Comando del!' Accademia. Detto edificio -contraddistinto con la lettera M venne costruito dall'INCIS in Livorno (Via Lepanto) su area gi di pertinenza dell'Accademia Navale, ceduta gratuitamente all'Istlituto dal Ministero delle Finanze, Direzione Generale del Demanio, con atto del 3 marzo 1949.. Slia la dismissione dell'area, che la sua cessione aill'INCIS rappresentarono l'attuazione di accordi intervenuti anteriormente tra il Ministero della Marina e l'Istituto, dn base ai quali uno degli edifici costruendd sulfu predetta area (edificio M , con~enente venti alloggi) sarebbe stato riservato al personale in servizio presso l'Accademia Navale di Livorno e assegnato su sempliice designazione del Comando dell'Accademia stessa, a differenza degH altri allogg:i costruendi, da assegnare mediante concorso secondo le vigenti norme . I predetti accordii trovarono pieno riscontro nei fatti, allorch i venti alloggi della palazzina M furono originariamente assegnati a dipendenti designatli dal Comando dell'Accademia, con i quaili l'INCIS stipul regolare contratto di locazione, nel quale si puntualizzava, peraltro, che la cessazione del servi2'Jio presso l'Accademia avrebbe comportato automa tcamente il venir meno dell'assegnazione. f. f ~ PARTB I, SBZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILB 951 Le medesime modalit vennero seguite per le successive assegnazioni. Orbene, tale successione di fatti dimostra che i ricorrenti hanno conseguito l'assegnazione non gi in esito ad un normale concorso INCIS aperto aille generalit degli impiegati dello Stato, ina avvalendosi della Joro qualit di dipendenti dell'Accademia (o in genere del Ministero della Difesa -Marina) e sulla base della designazione dell'amministrazione militare, alla quale l'INCIS, nello stipulare i confratti di locazione, si puntualmente attenuta. Si venuta, in tal modo, a creare una situazione che si discosta nettamente da quella ipotizzata dall'art. 378 del T.U. n. 1165 del 1938 dianZJ citato, e che si ddentifica, piuttosto, in quella di cui al precedente art. 381, 1 comma, dello stesso T.U., faddove si disciplina la procedura di assegnazione degli alloggi per ufficiali e sottufficiali dell'esercito. Tale procedura prevede, infatti, che gli alloggi vengano concessi in affitto a ufficiali e sottufficiali su determinazioni dei Comandi militari, comunicare all'INCIS ai fini della stipulazione dei contratti di locazione. Analogamente, nella fattispecie che ci occupa le determinazioni in ordine dell'assegnazione""degli alloggi ossia in ordine al pres~pposto pubblicistico del conseguenziale e accessorio rapporto di locazione, sono state, fin dal 1950, adottate dal Comando dell'Accademia navale di Livorno; e, in relazione a ci l'INCIS si limitato a prendere atto delle decisioni di detto Comando ed a stipulare i contratti di locazione con i soggetti designati. Deducono, peraltro, al riguardo, i ricorrenti che, nella specie, non ricorre l'ipotesi di case costruite per ufficiali. e sottufficiali ex art. 343 del T.U. del 1938; che gli alloggi di cui trattasi sono stati assegnati anche a dipendenti civiai del Ministero della Difesa ed anche a personale non dipendente dall'Accademia; che l'assegnazione non stata, comunque, subordinata alla prestazione del servizio presso lAccademia. Tale d7duzione non appare, peraltro, concludente nel riflesso che, se dl procedimento seguito nella specie pu essere stato atlipico ed irregolare, lo stesso non ha, comunque, compromesso o alterato il dato di fondo oggettivo, costituito, come detto, dalla circostanza che i ricorrenti usufruiscono di alloggi riservati ab origine ai dipendenti dell'Accademia navale ed assegnati dn base alle determinazioni vincolanti dell'Autorit militare, al di fuori di un regolare concorso INCIS, e senza alcuna posSli. bilit di valutazione, di comparazione e di controllo da parte dello INCIS medesdmo. In detto quadro, appare del tutto logica ed incontrovertibile l'equiparazione degli a1loggi di cui trattasi agli alloggi di servizio esclusi dal riscatto ai sensi dell'art. 2, lett. A, del D.P.R. n. 2/1959. Equiparaziione evidenziata dall'essere gli alloggi in esame originariamente riservati ai dipendenti dell'Accademia navale in relaziione al servizio prestato dagld stessi presso l'Accademia medesima, circostanza questa che si traduce in .:::: .... 952 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO un connotato oggettivo degli alloggi e si riflette sUille modalit ogget tive della loro assegnazione, in tutto analoghe a quelle previste dall'art. 381 del T.U. per gli alloggi riservati agli ufficiali. In detta prospettiva, l'esclusione del dimtto di riscatto nell'ipotesi di specie (e, per converso, mi profilo del diritto dell'amministrazione militare alla disponibilit degli alloggi de quibus) sii delinea ulteriormente alila luce del disposto di cui alla lett. b), dell'art. 2 del D.P.R. citato, il quale esclude dalla concessione in propriet gli alloggi conferiti in godimento per la prestztione in loco di un determinato servizio presso pubbliche amministrazioni. Disposizione questa che, per affermata giurisprudenza, va intesa nel senso che la detta deroga comprende non solo gli alloggi assegnati a singoli funzionari intuitu ministerii, e, cio, in base ad un inscindibile collegamento con le funzioni esercitate, ma tutti quelli in cui l'assegnazione venga, comunque, condizionata alla . prestazione dii servdzio presso gli uffici del luogo in cui si trovi l'immobile (cfr., da ultimo, Cass. n. 3919/79). In conclusione, la condizione giuridica degli alloggi, qualtifilcata dal l'originaria pertinenza dell'area edificatoria, nonch dagli accordi intervenut tra l'INCIS (oggi IA.C.P.) e il Ministero della Marina, al momento della loro costruzione, e, successivamente, dalla procedura di assegnazione, attribuisce ad un tempo all'Amministrazione militare una posizione processuale autonoma, in dipendenza della titolarit di un dliriitto soggettivo perfetto alla dlisponibilit degli immobili, ed esclude il diritto di riscatto, in capo ai ricorrenti, degli alloggi loro assegnati in locazione. Con il terzo ed ultimo motivo del ricorso principale, si deduce testualmente che l'appello essendo inammissibile (quanto meno ex art. 311 cod. proc. civ.), la mancanza di una valida rimpugnaztione della decisione del Tribunale ed id decorso del tempo hanno ormai fatto passare in giudicato la sentenza di pri.mo grado . La censura, in sostanza, ripropone la questione dell'ammissibilit dell'appello in relazione alla legittimazione dell'amministrazione militare ad impugnare l~ decisione di primo grado e, come tale, deve considerarsi assorbita dalle considerazioni che precedono in risposta ai primi due motivi del ri.corso prnncipale. Con il ricorso incidentale, si censura, in linea subordinata, la sentenza della Corte d'Appello nella parte in cui i giudici del gravame hanno omesso di richiamare espressamente, sia nell'intestazione che nel dispositivo della sentenza l'I.A.C.P. di Livorno, al quale l'impugnaztione era stata ritualmente notificata; cos denunziandosi la decisione della Corte di merito per violazione dell'art. 132 cod. proc. civ. in relazione all'art. 360. n. 3, dello stesso codice. La censura deve considerarsi anch'essa assorbita in conseguenza del rigetto del ricorso principale, attesa la sua proposizione in linea subordi nata all'accoglimento del detto ricorso. PAIUB I, SBZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILB 953 Conclusivamente, il ricorso principale va rigettato e il ricorso incidentale dichiarato assorbito. Motivi di opportunit inducono Ja Corte a compensare interamente tra le parti le spese processuali del presente giudizio. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 ottobre 1984, n. 5017 Pres. Santosuosso Rel. Corda P. M. Jannelli (diff.) S.A.R.A. (avv. Creta) c. ANAS (avv. Stato Mataloni). Responsabilit civile Occupazione illegittima Responsabilit del concessionario Occupazioni illegittime poste in essere dalla S.A.R.A. Decadenza dalla concessione Responsabilit dell'ANAS Sussiste. Ai sensi dell'art. 2 del D.L. 10 febbraio 1977 n. 19, convertito con modificazioni nella legge 6 aprile 1977, n. 106, successivamente alla decaden za della concessione, l'ANAS succede alla S.A.R.A. in tutte le obbligazioni sorte alla stessa, sia di natur negoziale sia a titolo di risarc mento dei danni per fatto illecito, purch non vi sia gi stato un accertamento definitivo di responsabilit nei confronti della S.A.RA. (1). (,1) Non risultano precedenti: con questa sentenza infatti la Cassazione ha preso per la prima volta posizione sull'interpretazione dell'art. 2 del DL. 10 aprile 19n n. 106, che ha dichiarato la SA.R.A. decaduta dalla concessione delle Autostrade romane e abruzzesi e ha regolato i rapporti successori nei confronti dei terai. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 ottobre 1984, n. 5544 Pres. Greco Rel. Sensale -P. M. Minetti (conf.) Cantina sociale Marsala (avv. Gratlani) ~-A.I.M.A. (avv. Stato Fiumara). Avvocatura dello Stato. A~I.M.A. Patrocinio ~ obbligatorio. Attraverso la costituzione dell'A.I.M.A. la legge ha inteso realizzare fini propri dello Stato, il quale in tal modo si reso adempiente degli obblighi derivantigli dalle norme comunitarie sul mercato agricolo; n contrasta con tale inerenza all'amministraziOne dello Stato la circostanza che essa sia dotata di autonoma personalit giuridica. Ne consegue che la rappresentanza in giudizio dell'A.I.M.A. per mezza dell'Avvoca tura dello Stato obbligatoria e non facoltativa e si applica all'A.I.M.A. il foro erariale previsto dall'art. 25 del cod. proc. civ. (1). (1) Non esistono precedenti specifici. Per quanto concerne il foro erariale degli enti mutualistici soppressi relativamente alle controversie concernenti operazioni di liquidazione che sono destinate ad essere assunte dall'apposito 954 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ' 1. Con il primo motivo ila ricorrente sostiene che non poss.ibile ritenere che il riconoscimento all'A.I.M.A. della personalit giuridica, eseguita a mezzo. della legge istitutiva 13 maggio 1966, n. 303, abbia avuto effetti meramente formali, Slia perch tale conclusione contrasta con i principi generali che regolano sede l'ufficio dcll'avvooatura dello Stato nel cwi distretto si trova il tri bunale o la corte d'appel:lo che sarebbe competente secondo le norme ordinarie (art. 6). Il successivo art. 43 stabilisce, poi, che l'avvocatura dello Stato pu assumere la rappresentanza e la difesa in giudizio dd amministrazioni pubbliche non statali ed enti sovvenzionati sottoposti a tutela o anche a sola vigtilanza dello Stato, sempre che sia autorizzata da disposti di legge, dd regolamento o di altro provvedimento approvato con decreto. Da tali norme si trae la regola che la rappresentanza, il patrocinio e l'assistenza in giudizio ad opera dell'avvocatura dello Stato sono obbtli gatori per le amministrazioni dello Stato, anche se organizzate ad ordina mento autonomo, e sono facoltativi per le amministra2lioni pubbliche non statali e per gli enti sovvenzionati, sottoposti a tutela o vigiilanza dello Stato, e che la norma sul foro erariale opera solo nel primo caso. Per quanto la legge si sia preoccupata di indicare gli enti pubblici non statali per i quald ma~tenuta ferm l'autorizzazione ad avvalersi del patrocinio erariale nell'ambito di prC;!visiOne dell'art. 43 (v., ad esem pio, iil R.D. 8 giugno 1940 n. 779, il D.P.R. 9 lugilio 1953 n. 693, il D.P.R. 6 marzo 1978 n. 218, H D.P.R. 6 agosto 1978 n. 872), non sempre dl proble ma stato posto e risolto sul piano testuale C;! si di volta n volta ricer cato se l'organizzazione autonoma, per la sua struttura e per i fini che persegue, possa dirsi inserita, oppure no, neLl'apparato dell'amministra zione dello Stato. Itl. fatto che tale dnterrogativo non sempre riceva risposta nella legge spiega talune qsaiMazioni che non sono mancate nella giurisprudenza di questa Corte. A parte quelle ipotesi in cui, pur ponendosi l'accento sulla sogget tivit giuridica formalmente distinta da queLla dello Stato (quale elemento per escludere dl patrocilllio erariafo), tale esclusione si giustiiicava in realt con il'estraneit di taluni enti pubblici all'organizzazione sta4tle (v. sent. 384/67, per la Giovent italiana; 774/75 e 464/78 per gli IACP e la Gescal; 548/77 e 2967/80 per le Gestiond provvisorie delle ferrovie in concessione; 374/80 e 2123/80 per Il Poligraiico delilo Stato), le oscillazioni giurisprudenziali si sono manifestate, in modo particolare, con riferimento alla Cassa per il. Mezwgiomo, alla quale talvolta si riconosciuta fa veste di organo dello Stato, pur se dotato di personalit giuridica (sent. 718/70, 4164/75, 2363/76), mentre altre volte le si negato fil beneficio del foro erariale, sul presupposto della sua distinta soggettivit giuridica (sent. 4150/78, 2967/80, 4852/81). Per contro, con riguardo al fondo di previdenza delle Dogane (sent. 2328/75, 2742/76, 2264/83) e alla Gestione commissariale dell'ENPAS (sent. 5030/80), si ritenuto che la personalit giuridica di cui tali enti sono dotati si concilia con il loro inserimento nell'amministrazione dello Stato e con la conseguente applicabilit del foro erariale. PARTB I, SBZ. IV, GIURISPRUDENZA ClVILB 3. Il problema che si pone , dunque, se le organizzazioni autonome delle amministrazioni dello Stato possano essere fornite di personalit giuridica senza che vengano meno al loro inserimento nell'apparato organizzativo dello Stato e, conseguentemente, ila regola del patrocinio obbligatorio dell'Avvocatura dello, Stato; e se il conferimento ad una di tali organizzazioni della personalit giuriddca la trasferisca, come sostiene fa ricorrente, nella previisione dell'art. 43 del R.D. 1611 del 1933, con la conseguenza della non obbligatoriet del patrocinio suddetto e della sottrazione al foro erariale de1le cause in cui essa sia parte. La tesi, maggiormente accreditata presso la dottmna meno recente, dell'impossibilit d'inserimento nell'organizzaziione dello Stato degli enti dotati cli personalit giuridica (in quanto -si ddceva -il concetto di persona giuridica non pu scompaguarsd dall'idea di un ente rivolto al conseguimento di fini propri ), non ha retto di fronte altl.a considerazione che, in seguito aM'ampliamento dei compiti che lo Stato moderno sii assunto e alla esigenza, da tale ampliamento derivata per alcuni settori dell'azione pubblica, di una maggiore semplicit strutturale e di una maggiore agilit fumrl.onale, il legislatore, quando ilo ha ritenuto necessario al pi ,idoneo perseguimento dei fini dello Stto, ha preferito costituire talune organizzaziioni dell'amministrazione statale come distinti soggetti, dotati di patrimonio e di organizzazione autonoma. Muovendo da tali considerazioni, la pi moderna dottrina, ponendosi il problema della conciliabilit fra la personalit ~uridica di taluni enti e la loro veste di organi dello Stato, ha osservato che la questione di stretto diritto positivo, poich, se di regola l'organo, essendo il normale mezzo d'impugnazione ad una persona giul1idica della sua azione, non ha a sua volta personalit giuridica (esso, infatti, avrebbe poi bisogno di un altro mezzo per imputare fattispecie a se stesso in quanto persona giumdica), nel nostro ordinamento accolto il pmncipio che taluni organi (e, a maggior ragione, talune organizzazioni, anche non legate da rapporto organico con lo Stato) possano ricevere la personalit giumdica per effetto ,di norme eccezionali, in virt delle qua1Ii l'organo-persona giuridica sd istituisce sempre e solo quando ricorrono particolari ragioni, di solito di carattere patrimoniaJe, cio per dare all'organo maggiore ildbert negoziale, con la possibilit di percepire proventi ddretti in corrispettivo delle prestazioni erogate. La pecularit dd ta1Ii soggetti che essi, da un lato si inseriscono in un quadro di rapporti interorganici e sono soggetti, a seconda dei casi, a poteri gerarchici o di direttiva ed a controlli generali o speciali;_ dall'altro hanno propri rapporti patrimoniali, propria contabilit, propria organizzazione e, spesso, proprio personale e propri beni. Nel trattare delle amministrazioni statali autonome,' si recentemente precisato in dottrina che se, per lo pi, esse sono prive di personalit giuridica, nulla esclude che, in talUilli casi, esse assumano tale personali RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO t, nel qua.J. caso gli organi ministeriali ad esse preposti acquistano anche la veste di organi dell'ente; e, fra queste amministrazioni statali autonome, si espressamente indicata l'AIMA. 4. Se, dunque, la controversia deve risolyersi sul piano deJ. diritto positivo, essendo irrilevante che l'AIMA sia dotata di personalit giuridica, non v' dubbio che essa -definita dalla legge dstitutiva Azienda di Stato, al pari di altre per le quali non si mai dubitato dell'app.Jdca I bilit del foro eraniale -debba includersi fra Je amministrazioni de1lo Stato organizzate ad ordinamento autonomo, per le quali, ai sensi degM artt. 1 e 6 del R.D. 1611/1933, il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato obbligatorio e trova applicazione l'art. 25 del cod. proc. civ. sul foro erria.J.e. L'Azienda di Stato per gli interventi. nel mercato agricolo fu istituita con legge 13 m~ggio 1966 n. 303 presso il Ministero dell'agricoltura e delle.,.,/_weste per s:volgere i compiti di_ gfganismo d'intervento previsti dafer accolto, per quanto di ragione, in relazione cio a quella parte dell'indennit dii espropriazione che concerne terreni agricoli, perch le dichiarazioni di illegittimit costitU2lionale contenute nelle sentenze della Corte Cost. n. 5 del 30 gennaio 1980 e n. 223 del 1983 sono limitate alle norme gi citate, in quanto applicate ai terrend che abbiano destinazione edificatoria. Tale assunto non pu essere segwito. Come stato ricordato in narrativa, la Corte d'appello ha ritenuto che tutto il terreno del Calafati ricadesse in zona con destinazione edificatoria-turistico-alberghiera; ed ha fatto propria la valutazione del terreno stesso operata dal C.T.U. che, con riguardo alle fasce di rispetto stabilite dall'art. 9 della legge 24 lugli~ 1961 n. 729 sulle nuove costruzioni autostradali, e succ. modif., ha ritenuto di dare una valutazione agricola . Si tratta dii un critetjo di pura e semplice valutazione di una diminuzione dii valore del terreno edificabile che non indennizzabile, secondo la costante giurisprudenza di ! i: 1: fo i ~: i! ............ PARTE I, SBZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILB 967 questa Corte, dn quanto non dipende daH'espropria2li.one, ma afferente a tutte Je propriet situate a certe distanze dalle autostrade. Il criterio, peraltro, rileva soltanto in sede di attribuzione del valore, ma non esclude aa natura edificatoria astrattamente attribuibile al terreno, indipendentemente dal vdncolo, che -appunto -presuppone l'edificabilit perch attiene al divieto di costruire . Pertanto, non dato operare fa distinzione postulata dal . P .M. i SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 19 giugno 1984, n. 13 -Pres. Pescatore Est. Baccarini-Bottiglione (avv. Lazzara) c. Ministero delle Poste e Tele comunicazioni (avv. Stato Carbone). '"Giustizia at.ministrativa Appello Notifica sentenza presso procUl'atore non domiciliatario. (Art. 285 e 170 cod. proc. civ.). Giustizia amministrativa Appello Notifica sentenza presso segreteteria T.A.R. (T.U. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 35). E ido~ea a far decorrere il termine breve per l'impugnazione la notifica della sentenza del T.A.R. effettuata presso il procuratore costituito, anche se la parte non abbia nel ricorso eletto domicilio presso il procuratore stesso (1). E idon~a a far decorrere il termine breve per l'impugnazione la notifica della sentenza effettuata presso la Segreteria del T.A.R. quando il procuratore costituito della parte, essendo iscritto nell'albo di altra circoscrizione, non abbia eletto il proprio domicilio nel luogo ove ha sede il T.A.R. adito (2). DIRITTO -1) La questione preliminare che l'ordinanza di. rimessione della VI Se:l'Jone ha devoluto alla cognizione dell'Adunanza plenari.a Sti appunta sulla ricevibilit dell'appello in relazione alla controversa validit (1-2) Le questioni erano state rimesse all'Adunanza Plenaria dalla Sez. VI con ord. 27 febbraio 1984, n. 1l()C) (in Cons. St. 1984, I, 198) la quale aveva ipotizzato che nel caso di specie l'unica forma di valida notifica potesse essere quella effettuata al domicilio proprio del ricorrente. L'Ad. Plen. nel solco della precedente sentenza 3/84 continua coerentemente nell'opera di ricostruzlione del sistema processuale mutuando gli istituti e le regole principali del giudizio civile, facendo ricorso per un verso agli articoli 170 e 285 c.p.c. relativamente alla notifica presso il procuratore e per l'altro all'articolo 82 r.d. 22 gennaio 1934 n. 37 quanto all'onere di indicare il domicilio nena sede del giudice adito. Da segna1are che rimasta assorbita l'altra questione sollevata della Sez. VI circa il regime da applicare in caso di decadenza dell'impiego quando gli effetti della condanna penale 1si.ano stati elusi per effetto dell'applicata amnistia. La problematica dei rapport-i tra giudizio penale di condanna e provvedimento disciplinare si trova per riproposta e divernamente valutata nella ord 15/84 dell'Ad. Plen. e nella sent. 441/84 che si riportano in questo stesso numero. ! ' ! llllilllllriflllllilllllllllllllfllllillll:911fllllfll!fllllllI~ PARm I, Sl!2:. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA delle due notificazioni della sentenza di primo grado eseguite dall'Amministrazione al procuratore del ricorrente costJi.tuito in primo grado l'una nel -domicilio reale e l'altra presso :la segreteria del T.A.R. In punto di fatto, occorre precisare che nel giudizio di primo grado il ricorrente non aveva dichiarato di eleggere domioillio presso il procuratore e che quest'ultimo aveva indicato il proprio domicilio in Brindisi, e pertanto in Juogo sito fuori. della circoscrizione del T.A.R. della Basilicata presso il quale si svolgeva il giudizio, senza eleggere domicilio nel luogo dove aveva sede il T.A.R. In tale situazione processuale, l'Amministrazione vincitrice aveva eseguito la notificazione della sentenza di primo grado al procuratore costituito sia nel domicillio reale che presso fa segreteria del T.A.R. 2) Quanto alla validit deHa prima notificazione al procuratore (presso lil domicilio reale), i dubbi prospettati nell'ordinanza di rimessione non resistono ad una approfondita riflessione. Giova premettere che, nel quadro normativo conseguente all'emanazione della L. 3 aprile 1979 n. 103, la controversa questione del :luogo di noticazione della sentenza di primo grado ha trovato ila sua definitiva soluzione con la sentenza 5 aprile 1984 n. 8 di questa Ap. che, riconoscendo ia portata generaie del pr~naipio della notificazione al procuratore costituito di cui agli artt. 285 e 170 c.p.c., ha operato la necessaria reductio ad unitatem dell'istituto. Ci posto, la mancanza, nel caso di specie, dell'elezione di domicilio del ricorrente presso il procuratore, evidenziata dall'ordinanza di rimessione, indnfluente. Ed invero, la parte, per legge, presente in giudizio a mezzo del procuratore. Ci reso necessario dal tecnicismo del processo, che richiede una formazione cuiturad.e che la parte generalmente non possiede.. Da:lla sostituzione procuratoria discend come fogico corollario la regola generale, posta dall'art. 170 c.p.c., richiamato dall'art. 285 stesso codice per la notificazione della sentenza di primo grado, secondo la quale dopo la costituzione in giudizio l procuratore, e non ila parte, il naturale destinatanio degli atti processuali. Altrimenti detto, il procuratore destinatario degli atti processuali in quanto tale, cio ;in quanto sostituto necessario della parte, e non in quanto suo domiciliatario, con la necessaria ulteriore conseguenza che la mancata dichiarazione di elezione di domicillio deHa parte presso iii procuratore, che cosa distinta dal conferimento della rappresentanza procuratora (cfr. Cass. 1 agosto 1980 n. 4909), ininfluente sul regime delle notificazioni. Applicando i suesposti principi al caso di specie, si osserva che ritualmente l'Amministraztlone vincitrice ha notificato la sentenza di primo grado al procuratore costituito nel domicilio reale, che risultava dalla stampigliatura apposta sul ricorso dii primo grado, a nulla rilevando RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che ivi la parte non avesse dichiarato di eleggere domicilio presso il procuratore. ' 3) L'ordinanza di rimessione ha altresl devoluto rul'Adunanza plenaria la questione dehla validit della notificalJione della sentenza di primo grado eseguita presso la segreteria del T .A.R. al procuratore costituito . che, essendo assegnato ad altro Tribunale, non aveva eletto domi cilio nel luogo dove aveva sede}l T.A.R. adito. La questione va risolta affermativamente. Nell'ordinanza di rimessione la VI Sezione dubita dell'applicabildt al caso di specie, per quanto di ragione, dell'art. 35 cpv. T.U. n. 1054 del 1924, in base al quale il ricorrente che non abbia eletto nel ricorso domicilio . in Roma Sii. :intender averlo eletto, per gli atti e gli effetti del ricorso,' presso la segreteria del Consiglio di Stato, potendo trat tarsi di norma di stretta interpretazione, inidonea a regolare la notificazione deHa sentenza. da osservare in contrario cl!.e ~i ordinamenti processuali, in fun. zione dell'interesse superindividuale alla speditezza del rito, impongono costantemente, e sempre pi incisivamente, alle parti l'obbligo di dichiarare o di eleggere domicilio, di regola in un luogo collegato con ' l'ufficio procedente, sanzionandone l'inosservanza con la notificabilit degli atti processuali in un domicilio de jure, di regola individuato nella cancelleria o segreteI1ia dell'ufficio procedente. Ed invero, nel procsso tributario, ai sensi dell'art. 32 bis d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 sub art. 20 d.P.R. 3 novembre 1981 n. 739, se mancano la ,dichiarazione della residenza o ['elezione di domicilio, che hanno effetto anche per i successivi gradi del processo, se per. la foro assoluta incertezza la notificaZJione non possibile o se la parte non indica la residenza nel territorio dello Stato o non vi elegge domicilio, gli atti del procedimento sono comunicati o notificati presso la segreteria della Commissione tributaria. Nel processo penale, nel quale in gii.oco l bene stesso della. libert personle dei consociati, ai sensi dell'art. 171, quinto e sesto comma c.p.p. novellato dall'art. 4 della L. 8 agosto 1977 n. 534, Je notificazioni ll'!nd~ziato e all'imputato, se mancano o sono dnsuificienti o inidonee fa dichiarazione o l'elezione di domicilio o se le notificazioni sono divenute impossibi1i nel domicilio ,dichiarato o eletto, sono eseguite mediante deposito nella cancelleria o segreteria dell'ufficio giudiziario nel quale si procede e con immediato avviso al difensore. Inoltre, ci che pi conta, nella fase dell'istruzione, ai sensi dell'art. 4 disp. att. c.p.p. (d.P.R. 25 ottobre 195$ n. 932), il difensore dell'imputato che non risieda n abbia domicilio nel luogo ove ha sede l'ufficio giudiziario presso cui in corso l'istruzione penale deve, ai fini cl.elle notificazioni degli avvisi Indicati negli artt. 304 ter e 304 quater c.p.p., eleggere domicilio o indicare un sostituto in detto luogo; in mancanza, l'auto PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINIS.PUTIVA ri.t procedente dispone che la notificazione sia eseguita presso il ]i>re sidente del consiglio dell'ordine degli avvocati se questo ha sede nel luogo in cui si procede o, in difetto, mediante deposito nella cancel leria o segreteria. ' Nel processo civile, l'obbligo delle parti di dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel . Comune dove ha sede l'ufficio giudiziario espressamente enunciato per il p~ocedimento dinanzi al Pretore e al conciliatore (artt. 314 cpv. e 58 dtisp. att. c.p.c.) e per il giudizio di cassazione (art. 366 secondo comma c.p.c.), con la conseguenza che, in difetto le notificazioni sono fatte in cancelleria. Al di fuori di queste fattispecie, soccorre la norma generale dell'ordinamento professionale -art. 82 r.d. 22 gennaio 1934 n. 37 -secondo la quale -ed l'ipotesi che qui Iii.corre -i procuratori i quali esercitano til proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del Tribunale al quale sono assegnati devono, all'atto della costituzione nel l.?iiudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l'autorit giudiziaria presso la quale il giudizo in corso; in mane~ delrla elezione di domicilio, questo si intende eletto presso la cancelleria della stessa autorit l.?iiudtiziaria . Di quest'ultima norma la Corte di cassazione ha costantemente affermato la perdurante vigenza anche dopo l'entrata in vigore dell'art. 170 c.p.c. (Cass., sentenze n. 2807 del 1983, n. 402 del 1979, n. 5422, 3386, 3313 e 916 del 1977, n. 3018 del 1976, n. 2053 del 1975, n. 1919 del 1965, n. 2631 del 1958, n, 1377 del 1956) e l'applicabilit anche alla notificazione della sentenza per gli effetti del decorso del termine per l'impugnazione (Cass., sentenze n. 6477, 2142, 1770 e 854 del 1983, n. 256 del 1982, n. 4151 e 377 del 1981). In questo-quadro di ri.feri.men1li normativi, la disppsizione dell'art. 35 cpv. t.u. n. 1054 del 1924, che stabilisce per il ricorrente dinanzi al Consiglio di Stato l'obbligo di eleggere domicilio in Roma, a parte il rilievo dell'evidente parallelismo della formula normativa con le analoghe dispo . sizioni vigenti per Je altre giurisdizioni superiori (art. 366, secondo comma, c.p.c. per i giudizi dinanzi alla Corte di cassa:vione; art. l, ultimo comma r.d. 13 agosto 1933 n. 1038 per i . giudizi dinanzi alla Corte deii. conti), costituisce non gi norma di stretta dnterpretazlione, come ipotizzato nell'ordinanza di rimessione, bens invece punto di emersione di una costante ~inea di tendenza normativa intesa a garantire, dinanzi ali giudici non soltanto di unico grado ma di ognd grado, la speditezza del processo con l'imposizione dell'obbligo dell'elezione del domicilio nel luogo ove ha sede 1H giudice che procede e con la determinazione, in difetto, di un domicilio de jure. La vigenza di questo principio generale va quindi affermata anche per i giudizi dinanzi ai T.A.R., in relazione sia alla specifica fattispecie legale dell'art. 82 r.d. 22 gennaio 1934 n. 31, che regola il caso di specie (pro. curatore appartenente ad altro foro), sia al generale schema normativo dell'art. 35 cpv. T.U. n. 1054 del 1924 in rifenimento al rinvlio di cui all'art. 19, primo comma legge n. 1034 del 1971. E il carattere generale della regola, letta sotto H profilo teleologico, ne implica la necessaria applicaziOne alla generalit delle notificazioni degli atti processuali, avi compresa la notificazione della sentenza ai fini della decorrenza del termine breve per appellare. Nel caso di specie, quindi, anche la notificazione della sentenza presso la segreteria del T.A.R. deve considerarsi validamente compiuta dall'Amministrazione vincitrice, ferma restando, peraltro, la concorrente valtidit della notificazione nel domicilio reale (cfr. Cass. 9 marzo 1971 n. 976). Ne consegue che il presente appello, notificato il 15 febbraio 1982 dopo che la sentenza di primo grado era stata validamente notificata al procuratore costittllito in primo grado sia il 14 novembre 198i presso la segreteria del T.A.R. che il 18 novembre 1981 nel domicilio reale, tardivo e va pertanto dichiarato irricevlibiJ.e. Ogni altra questione resta assorbita. I CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., ordinanza 29 giugno 1984, .n. 15 -Pres. Pescatore -Est. Bozzi -Ministero delle Poste e Telecomunicazioni (avv. Stato Zotta) c. Coco (avv. Scoca). Impiego pubblico -Destituzione di diritto -Condanna penale per delitto tentato -Equiparazione a condanna per delitto coQsumato -Questione legittimit costituzionale. (T.U. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 85, lett. A). Non manifestamente infondata la questione di costituzionalit della norma che prevede la destituzione di diritto del pubblico impiegato, che sia stato condannato per delitto tentato, in relazione al principio di eguaglianza ed a quello di ragionevolezza per l'identit di trattamento rispetto alla fattispecie di condanna per delitto consumato. (1). (1) La questione era stata rimessa all'Ad. Plen. da Sez. VI 27 febbraio 1984 n. 110 (in Cons. St. 1984, 201) la quale pure dubitava della legittimit costituzionale della nornna, seppure in via subordinata rispetto alla perplessit concernente l'appliabilit della !Stessa al caso di specie. Alla base di entrambi risoluzione di diritto del rapporto d'impiego del professore in caso di condanna definitiva alla reclusione esclusa solo quando venga concesso all'insegnante il beneficio della condizionale e non anche quando la pena venga condonata (3). I DIRITTO -Oggetto del giudizio il provvedimento con il quale il sig. Giovanni Coco, dipendente del Mimstero delle poste e telecomunicazioni, stato destitito di diritto in seguito a:l passag~o in giudicato della condanna per l reato di tentata concussione contiinuat, nello svolgimento dell'attivit di consigliere comunale. La disposi:lli.one applicata nei suoi confronti la lett. a) dell'art. 85 del T.U. approvato con d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, m base alla quale l'impiegato incorre nella destituzione, esoluso il procedimento .P.R. 15 gennaio 1972 n. 8; D.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1036; artt. 87 ss. D.P.R. 24 agosto 1977 n. 616), sia attualmente di pertinenza delle Regioni medesime anche la potest decisoria prevista in tema di revisione prezzi dagli. artt. 4 e ss. D.Lgs. C.p.s. 6 dicembre 1947 n. 1501 e successive modificazioni, ovvero se essa sia rimasta nella sfera di competenza dello Stato. Alla prima soluzione potrebbe pervenirsi nel presupposto di una normale inerenza dell'istituto della revisione prem alle materie pred~tte e, di qui, sulla scort~ del generale principio secondo cui, .. come noto, il passaggio di materie alle Regioni comporta, in una con il mantenimento delle norme statuali dli carattere sostanziale regolanti quelle materie fin quando le Regioni non abbiano autonomamente legiferato (cfr. Cons. St., VI Sez., 14 luglio 1981 n. 411; V Sez., 24 ottobre 1980 n. 895; VI Sez., 5 giugno 1979 n. 432), l'immediato spossessamento delle pregresse competenze facenti capo agli organi statali. Alla seconda conclusione potrebbe, viceversa, pervenirsi individuando nella legislazione di cui al citato D.Lgs. C.p.s. 6 dicembre 1947 n. 1501 una preminente funzione giustiziale destinata, a garanzia dell'uniformit dei giudi2li, ad essere esercitata da un unico organo per tutto il territorio nazionale e tale, dunque, da comportare l'esclusione -almeno in assenza di espresse previsioni in contrario -della potest deciso~a in questione dal trasferimento che delle materie predette sia fatto alle Regioni. Che, invero, la legislazione de qua presenti una preminente funzione giustiziale emerge, in primo luogo,. dalla stessa generalit di applicazione del proceddmento gravatorio da essa regolato, il quale investe i rapporti d'appalto facenti capo, oltrech allo Stato, anche a tutti gli altri enti pubbliici (art. 1 D.Lgs. C.p.S. cit.; art. 1 L. 23 ottobre 1963 n. 1481; artt. 1, 3 e 5 L. 21 giugno 1964 n. 463; art. 3 L. 19 febbraio 1970 n. 76; art. 2 L. 22 .febbraio 197~ n. 37); emerge, in secondo luogo, dalle garanzie poste a base dell'esercizio di essa funzione medesima, quali principalmente costlituite dalla piena operativit del principio del contraddittorio (artt. 5 e 7 D.Lgs. C.p.S. cit.) e, soprattutto, dalla peculiare composizione della commissione chiamata ad esprimere parere sui gravami, commissione la I.I: 1: PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA. quale, in quanto formata da magistrati e da esponenti. dell'Avvocatura deHo Stato, di ,diverse pubbliche Amministratloni e di organizzazioni di settore, si connota come palesemente dotata dell'attributo della c.d. terziet (n, in via sintomatica, da sottacere l'elemento dato, ex art. 4,. terz'ultimo comma, D.Lgs. C.p.S., dalla potest della commissione di condannare il soccombente, in tutto o in parte, alla rifusione delle spese della procedura, conformemente 'alla nota regol~ propria dei procedimenti giurisdizionali). Che, d'altro canto, la presenza di simile preminente funzione giustiziale sia suscettiva di escludere la competenza [n questione dal trattamento operato dall'ordinamento in sede di determinazione delle attribuzioni delle Regioni a statuto ordinario relativamente ai compiti delle commissioni di vigilanza sull'edilizia economica e popolare, organi parimenti dotati di poteri contenziosi in funzione gustiziale (cfr. artt. 129' ss. R.D. 28 aprile 1938 n. 1165; artt. 19 ss. D.P.R. 23 maggio 1964 n. 655). Noto infatti, che mentre con l'art. 93 D.P.R., 24 agosto 1977 n. 616 stata genericamente trasferita a dette Regioni Ja materia dell'e&lizia reSli.denziale pubblica, solo con norma a parte, il successivo art. 94, significativamente intitolato ulteriori trasferimenti dn materia di edilizia pubblica , sono state altres trasferite le funzioni amministrative. esercitate da dette commissioni. Manifestazione questa evidente del convincimento. del legislatore circa la necessit di disposizioni ad hoc ai fini del trasferimento di funzioni siffatte. In wa subordinata, le esposte considerazfoni potrebbero, comv.nque~ valere a riconoscere allo strumento gravatorio in esame un tale rilievo da doversi lo stesso ritenere conservato nella sua attuale connotazione fin quando le Regioni non introducano nella rispettiva legislazione un meccanismo garantisuco di pari valenza. da aggiungere che l'esposta problematica non sembra possa essere superata aHa stregua della tesi del tribunale regionale, che ha radicate> la competenza nella specie del Ministro dei lavori pubblici sul disposte> ' dell'art. 125 secondo comma D.P.R. 24 agosto 1977 n. 616. Dal complessivo contest~ detta disposizione appare, infatu, riferirsi alle sole materne rimaste fino al 31 dicembre 1977 di pertinenza dello Stato (donde l'ob bligo, sancito dal primo comma, degli organi di quest'ultimo di consegnare a ciascuna Regione interessata entro il successivo 31 gennafo 1978 gli atti inerenti le funzioni trasferite con il d.P.R. esistenti presso i rispettivi uffici), laddove, come sd mnanzi rilevato, i compdti di realizzazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica gi erano da tempo stati dismessi dallo Stato (L. 22 ottobre 1971 n. 865; d.P.R. 30 dlicembre 1972 n. 1036), cui continuavano a far campo unicamente poteri dd finanziamento. '992 RASSEGNA lll!LL'AVVOCATURA DEllO STATO Attesa la particolare delicatezza delle questioni prospettate e la pos. sibilit che in ordine alla loro soluzione insorgano contrasti di giurisprudenza fra le Sezioni, appare opportuno rimettere i ricorsi all'Adunanza plenaria ai sensi dell'art. 45 secondo comma R.D. 26 giugno 1924 n. 1-054. CONS. STNI'O, SEZ. V, 23 luglio 1984, n. 565 -Pres. Santaniello Est. Cossu: Ministero per i Beni Culturali e Ambientali (Avv. Stato Tarin) c. Salvatori (avv. vespasiani). Bellezze naturali l'utela del paesaggio Prefabbricato mobile in legno Idoneit a turbare l'aspetto dei luoghi Sussiste. Bellezze naturali Tutela del paesaggio Ordine di demolizione Esistenza di altre situazioni lesive Disparit di trattamento Non sussiste Non necessarlet di licenza edilizia Irrilevanza. Il presupposto per la applicazione delle norme a tutela del pae .saggio di cui alla legge 29 giugno 1939 n. 1497 consiste nella alterazione in senso negativo dell'aspetto del bene protetto, di conseguenza, rica. dono nel divieto sancito dall'art. 7 della legge citata e sono quindi as soggettati alla sanzione prevista dal successivo art. 15 tutti quei manufatti .od oggetti che -pur non essendo qualificabili come immobili ai sensi delle norme civilistiche o urbanistiche. -sono comunque idonei, in ragione della loro collocazione non transitoria e non occasionale a compromettere la bellezza dei luoghi (1). La accertata idoneit di un manufatto a pregiudicare la zana vincolata rende irrilevante la circostanza che. esso possa essere realizzato .senza licenza edilizia (2). (1-2) Nella fattispecie oggetto della decisione, stato 'ritenuto lesivo del~ t'assetto paesistico un prefabbricato in legno montato su ruote, poggiato al suolo e reso stabile con l'ausilio di martinetti. Il ricorrente aveva impugnto avanti al TAR Lazio l'ordine di rimozione del prefabbricato, emesso con decreto del Ministro per i Beni Culturalii e Ambientali, asserendo che detto bene -in quanto mobile -sfugge ai divieti posti dalla legge urbanistica e, pertanto, insuscettibile di arrecare pregiudizio .alle bellezze naturali. Il TAR .Lazio con deciSiione n. 495 del 26 sttembre 11977, aveva accolto il ricorso ritenendo che la natura di bene mobile del prefabbricato non consentisse alla Pubblica Amministrazione l'appldcazione dell'art. .15 legge 1497/ 1939, che ha riguardo alle sole costruzioni per le quali previsto il rilascio iani paesistici l'autorizzazione dell'Autorit comi>etente e la licenza edilizia sono atti autonomi, dntesi alla cura di interessi pubblici diversi e differenti per presupJ>Osti, anche se rivolti al medesimo oggetto (v. Cass. SSUU 8 febbraio 1972 n. 310; in Giust. civ. 1972, 685; Consiglio. di Stato, Sez. VI 18 gennaio 1977 n. 25, Consiglio di Stato, Sez. VI, 17 gennaio 1978, nn. 76 e 77; Consiglio di Stato Sez. VI, 30 settembre 1980 n. 793). Ci comporta da un lato che il precedente ottenimento della licenza ediliizia non impedisce che la costruzione sia ritenuta dalla competente autorit lesiva dell'aspetto paesistico, dall'altro lato che la non necessariet della licenza edilizia per opere non assoggettabili alla disciplina urbanistica non idonea a svincolare il privato dai limitd e dagli obblighi di cui alla legge 29 giugno 1939 n. 1497 (v. Consiglio di Stato Sez. IV, 9 aprile 1974 n. 305 in Cons. Stato 1974, I, 533). RASSEGNA DEU..'AWOCATURA DELLO STATO di indicare che il manufatto -abusivo perch non autorizzato -pregiudica il paesaggio: se poi, l'originario ricorrente ed attuale appellante intende dolersi dell'apprezzamento operato dall'Amministrazione ai.rea la portata e l'incidenza del pregiudiizio arreoato al bene protetto, la censura attiene al merito ed quindi inammissibile in sede di legittimit. Parimenti infondato l'ulteriore profilo di eccesso di potere per disparit di trattamento: e ci sia perch nel caso di specie l'attivit dell'amministrazione vincolata ed il vizio dedotto attiene soltanto all'attiv.it discrezionale; sia perch anche l'esistenza di eventuali opere abusive non perseguite non impone cli motivare circa il diverso criterio seguito nel caso specifico (da ultimo, sul punto, Se;z. VI, 30 ottobre 1981, n. 600). Ci non significa ovviamente che, ove la situazione affermata dal Salvatori corrisponda al vero, l'amministrazione sia esonerata dal valutare se ~cle le altre costruzioni o manufatti -eventualmente non autorizzati -siano tali da pregiudicare l'ambiente e dall'adottare, in caso positivo, i provvedimenti di legge. Significa soltanto che una eventuale ingiustificata inerzia in altre ipotesi non pu essere addotta, da chi si trova comunque in situazione di difetto, per pretendere che anche nei suoi confronti si faccia luogo ad una ulteriore illegittima omissione. L'appello va dunque accolto e la sentenza appellata va riformata. I CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 20 giugno 1984 n. 389 -Pres. CaianeHo, Est. Barberio Corsetti -Istituto regionale credito agrario Emilia Romagna (avv. Roversi Monaco) c. Ministero commercio estero ed altro (avv. Stato Fiorilli). Giustizia amministrativa -Impugnazione -Contributo in conto interessi Revoca per fatto dell'Istituto mutuante -Interesse all'impugnazione dell'Istituto. Il decr~to di revoca del contributo in conto interessi gi concesso ad una ditta, disposto a causa della mancata produzione da parte dell'Istituto mutuante della documentazione tecnica, pu essere impugnato dall'Istituto stesso in forza del suo interesse ad evitare la responsabilit civile nei confronti della ditta mutuata (1). (1-3) Le tre sentenze in epigrafe si segnalano per I'fateresse connesso alle questioni processuali risolte. La 389 rivela l'intendimento del Consiglio di Stato di concedere la massima ampiezza alla nozione di .interesse che legittima la parte alla -impugnazione. In proposito basta rinviare alla sent. V 49/84 pubblicata in questa Ras 997 PARm I, SBZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA II CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 23 giugno 1984 n. 483 Pres. Salvatore P. Est. Salvatore V: Cavallo (avv. Pellegrino) c. USL BR n. 6( avv. Sticchi Damiani) e Sava (avv. Lubrano e Massari). Giustizia amministrativa Appello Legittimazione Interesse acquisitodurante giudizio di I grado Possibilit. legittimato a proporre appello contro la sentenza che accoglie un ricorso anche il soggetto che abbia acquisito un interesse alla conservazione del prowedimento -impugnato in epoca successiva alla instaurazione del giudizio di I grado e che quindi non sia stato controinteressato in quel giudizio (2). III CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 12 giugno 1984 n. 455 -Pres. (FF) Adobbati -Est. Santoro -Foni (avv.ti Giuffr e Soncini) c. Comune di Langhirano (avv.ti Bassi e Scoca), Cavazzini (avv.ti Cugurra e Mi-rabelli) ed altro (n.c.). Giustizia amministrativa -Appello proposto dal controinteressato Costituzione Amministrazione soccombente Non necessit d'impugnativa . Annullato in primo grado il prqwedimento impugnato, la p.a. che l'aveva emanato pu nel giudizio d'appello proposto da altra parte costituirsi con semplice memoria senza proporre appello a sua volta, nel qual caso essa non pu chiedere la riforma della sentenza 'impugnata,. che pu essere decisa in accoglimento delle censure della parte appellante (3). segna 1984, p. 287 ed all'ampia citazione di precedenti ivi contenuta, sottoli rieando come nella presente fattdspecie il G. A. ha fatto nascere l'interesse in questione dalla possibilit per l'Istituto mutuante di essere chiamato a rispondere del proprio operato da parte della ditta beneficiaria del mutuo. La sentenza 483 individua un'ipotesi di interesse alla conservazione del provvedimento impugnato nascente in epoca successiva alla proposizione del ricorso, traendone la logica conseguenza, per un verso della non necessariet della notifica al titolare di esso del ricorso stesso, e per altro verso della legittimazione del titolare stesso alla proposizione di appello ovvero la sentenza di accoglimento del ricorso. Infine la sentenza 455 chiarisce la posiZlione dell'AmrIJ. che rimasta soccombente in primo grado non propone appello limitandosi a costituirsi nel giudizi<> proposto dal controinteressato, ed assimila tale posizione a quella dell'interveniente le cud prospettazioni devono confluire nelle richieste proposte dalla. parte principale. SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 giugno 1984, n. 3717 -Pres. Greco Est. Pannella -P. M. Antoci (conf.). Ministero delle Finanze (Avv. Stato Vittoria) c. De Vita. Tributi erariali indiretti . Prescrizioni Interessi -Decorrenza Credjto non ancora definitivo Non ha inizio. La decorrenza della prescrizione degli interessi sui tributi indiretti coincide con la data della esigibilit e quindi con la data della definitivit dell'accertamento del tributo al quale gli interessi accedono (1). (omissis) Con l'unico motivo di ricorso, la ricorrente denunciando la violazione degli artt. 2935 e.e., 1 e segg~ 1. 26 gennaio 1961 n. 29, 1 l. 28 mar- zo 1%2 n. 147 nonch omessa ed insufficiente motivazione, sostiene che il giorno, a partire dal quale l'Amministrazione finanziaria poteva far valere il diritto al pagamento degli interessi moratori coincidente con quello di inizio della decorrenza del termine della prescrizione ai sensi dell'articolo 2935 e.e., era quello in cui era stato definito il procedimento di determinazione dell'imponibile e cio il 26 novembre 1963. Il mezzo fondato. Invero vale il principio secondo il quale l'esigibilit degli interessi di cui alle leggi n. 29/61 e 147/62, anche al fine dell'ini2iio del decorso della prescrizione, poggia sulla definitivit dell'accertamento inerente al tributo al quale gli interessi accedono (sent. 4 novembre 1980 n. 5915). Nella fattispecie in esame sembra evidente che \'entit della imposta <:omplementare, su cui calcolare gli interessi nella misura del 3 % seme strale (art. 1 I. n. 29/61), stata definita nel momento in cui l'Ufficio finanziario, accettando la proposta dei contribuenti, ne ha concordata la misura in L. 43.250.000, accettando, altres, il pagamento dell'acconto nella stessa data del 26 novembre 1963. Da questo giorno cominciato a decorrere il termine della prescri zione quinquennale relativa agli interessi, che devono essere calcolati con decorrenza dalla data di entrata in vigore della I. n. 29/61, in applicazione della regola dell'art. 3 I. 29/61, secondo cui -nell'ipotesi di insufficiente denuncia -gli interessi si computano dal giorno in cui l'imposta sarebbe (1) La decisione ineccepibile e assai opportunamente elimina i dubbi che aveva posto qualche anteriore decisione (v. Relazione Avv. Stato, 1976-80, Il, 428 nonch Cass. 2 ottobre 1980 n. 5343, m questa Rassegna, 1981, I, 547). PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 999 stata dovuta se la denuncia presentata fosse stata fedele, temperata dal principio di cui all'art. 11 delle preleggi, secondo cui la legge non dispone che per l'avvenire. Quanto sopra induce a considerare che alla data del 15 novembre 1968 (data di ingiunzione fatta ai contribuenti.per il pagamento degli interessi moratori), non era ancora decorso il quinquennio per la interruzione della prescrizione (decorso che avrebbe av.to luogo solamente il 26 novembre 1968), sicch quell'ingiunzione stata utilmente eseguita per il pagamento di tutti gli interessi anteriori, a partite dalla data di entrata in vigore della legge istitutiva di essi. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 luglio 1984, n. 3942 -Pres. Bologna Est. Contu -P. M. Leo (conf.). Ministero delle Finanze (Avv. Stato .., Zotta) c. Pasino (avv. Paladino). Tributi erariali indiretti Imposta di registro -Atti soggetti all'imposta sul valore aggiunto -Beni relativi alla impresa -Determinazione. (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 38; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 4; d.P.R. 23 dicembre 1974, n. 689, art. 1). Non soggetta all'imposta proporzionale di registro in quanto soggetta all'imposta sul valore aggiunto la cessione dei beni relativi all'impresa; sono tali i beni, anche diversi da quelli strumentali, che per volont dell'imprenditore siano destinati all'azienda (1). I (omissis) Con l'unico motivo l'Amministrazi9ne Finanziaria dello Stato denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 4 d.P.R. 26 otto-. bre 1972, n. 633; 38 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634; 1 d.P.R. 23 dicembre 1974, n. 689; omessa o insufficiente motivazion su punto decisivo della controversia. (1) La decisione pu apparire non del tutto convincente. Se vero che, sia ai fini dell'IRPEF che ai fini dell'IVA possano essere relativi all'impresa " anche beni diversi da quelli strumentali (ci si evince con certezza dall'art. 52 secondo comma del d.P.R. n. 597/1973) non sembra che possa condividersi la affermazione che l'inserimento di qualunque bene nell'impresa dipende esclusivamente dalla volont dell'imprenditore. Meno che mai questo inserimento pu dipendere, piuttosto che da atti di contenuto economico-produttivo, da una semplice esposizione contabile (sia quella di portata transitoria prevista dall'art. 1 del d.P.R. 23 dicembre 1974 n. 689 sia quella ordinaria dell'inventario). Anche se oggi diminuita, ai fini dell'imposta sul reddito, l'importanza della collocazione in una o altra categoria, sono tuttavia ancora presenti le ragioni, e lo sono maggio:rmente ai fini delle imposte indirette, per ritenere che il ricomprendere o non un cespite nell'attivdt dell'impresa deve rispondere a criteri oggettivi. 12 1000 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO A suo avviso la commissione tributaria centrale non avrebbe considerato che l'assoggettamento ad IV A non riguarda ogni cessione di beni o prestazione di servizi, ma solamente le operazioni effettuate nell'esercizio dell'impresa. Ed al riguardo pacifico che mentre i beni facenti parte del patrimonio di una societ sono sempre relativi all'impresa, altrettanto non pu dirsi con riferimento ad un'impresa individuale, nei cui confronti la disciplina dell'IVA applicabile solo per la cessione di beni esplicitamente inerenti all'esercizio dell'impresa; quali macchinari ed attrezzature, tra i quali non rientrano, ad esempio, l'alloggio dell'imprenditore o la sua autovettura utilizzata non per ragioni di lavoro. Nel caso specifico, tratandosi di cessione, da parte di un imprenditore individuale, di un immobile mai utilizzato nell'esercizio dell'impresa non potrebbe perci parlarsi di bene inerente all'esercizio dell'impresa. N potrebbero invocarsi le norme del d.P.R. 23 dicembre 1974, n. 689 -sulla obbligatoriet del prospetto dei beni dell'impresa con effetto retroattivo -sia perch le stesse erano intervenute dopo la registrazione dell'atto di cui trattasi, sia perch dall'adempimento di detta formalit, che aveva il fine di agevolare l'accertamento delle imposte sul reddito, non potevano ricavarsi presunzioni assolute per l'accertamento di imposte diverse da quelle sul reddito. L'amministrazione Finanziaria sostiene, inoltre, che il decreto n. 689 del 1974 ripete la dizione dell'art. 4 della legge sull'IVA laddove prescrive le indicazioni in inventario delle attivit e passivit relative alle imprese, con la conseguenza che anche a' sensi di tale normativa l'inserzione nel prospetto pu riguardare solo i beni ricompresi nel processo produttivo e non pu servire ad attribuire ad un bene la qualifica di bene dell'impresa. Se, pertanto, l'inserimento nel prospetto riguarda -come nella fattispecie -un bene estraneo all'esercizio dell'impresa, tale qualifica deve essere esclusa in concreto e la cessione deve essere assoggettata all'imposta proporzionale di registro. Tali censure J)On sono fondate. noto che l'imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni cli beni effettuate nell'esercizio di impresa, ed la stessa legge istitutiva (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633) che, all'art. 4, chiarisce il significato della locuzione esercizio di imprese . Questa norma ha subito delle modificazioni ma alla fattispecie applicabile nella formulazione originaria, secondo la quale si considerano effettuate nell'esercizio di imprese le cessioni di beni relativi all'impresa . L'ampia previsione normativa induce a ritenere che la disposizione di egge riguardi tutti i beni dell'impresa, anche se non strumentali in senso proprio. Devono perci considerarsi relativi all'impresa i beni facenti , parte del patrimonio aziendale, e per stabilire tale rapporto di destinazione deve necessariamente farsi riferimento alla volont dell'imprenditore, essendo a lui riferibile la formazione dell'azienda e la correlativa distin PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA zione fra i beni da includere nel patrimonio aziendale e quelli da lasciare nel suo patrimonio personale. L'individuazione dei beni relativi ,all'impresa implica cos un problema di prova che talvolta pu presentarsi di non facile soluzione. Nella fattispecie, per, la commissione tributaria centrale lo ha risolto attribuendo valore decisivo all'inserimento del bene di cui trattasi nel prospetto redatto dal Pasino a' sensi del d.P.R. 23 dicembre 1974, n. 689, avendo ritenuto che i beni inseriti dall'imprenditore nel prospetto per sua libera scelta, oltre ad assumere una destinazione finalizzata all'esercizio dell'impresa, venivano a costituire, agli effetti dell'imposta sul reddito, il patrimonio dell'impresa, il quale acquistava cos, ai fini fiscali, una sua autonomia e si distingueva da quello generale dell'imprenditore. Siffatto apprezzamento appare corretto sotto il profilo logico-giuridico e si sottrae alle critiche del ricorrente. Non decisivo, al riguardo, che la normativa applicata sia entrata in vigore dopo la registrazione del contratto di compravendita di cui trattasi, poich il prospetto da essa reso obbligatorio doveva riferirsi a tutti i beni esistenti al 1 gennaio 1974, cio a data anteriore al contratto, e poteva essere perd utilizzato pet stabilire_ la consistenza del patrimonio azihdale a quella data che - bene sottolinearlo -era anteriore alla registrazione dell'atto di cui trattasi. Sarebbe infatti illogico ritenere che un bene dovesse essere ricompreso nel patrimonio aziendale fin dal 1 gennaio 1974 a determinati effetti tributari, ed esserne invece escluso ad altri effetti, pur sempre tributari anche se inerenti ad imposte diverse. invece pi aderente ad una corretta sistematica giuridica ritenere che il riconoscimento dell'appartenenza di un bene al patrimonio aziendale dell'imprenditore, effettuato dall'Amministrazione Finanziaria, abbia valore ed effetti di carattere generale, almeno fino a quando non venga dimostrato che il bene fosse stato inserito nel prospetto a scopo fraudolento ed in palese contrasto con la realt della situazione. Del resto la stessa Amministrazione Finanziaria ha ammesso nel ricorso che le circostanze acquisite in sede di adempimento di obblighi imposti per l'accertamento di un'imposta possano essere utilizzate, come elementi aventi valore presuntivo juris tantum, nell'ambito di un diverso rapporto tributario; tuttavia non ha tratto le debite conclusioni da tali affermazioni, giacch ha omesso di considerare che non erano stati dedotti n pro~ati elementi di fatto idonei a vincere detta presu~ione, con la conseguenza che non pu contestarsi il valore probatorio ad essa attribuito dalla commissione tributaria centrale. N pu avere rilevanza che l'immobile in questione non fosse stato mai usato dal Pasino come sede , dell'impresa. Si gi posto in rilievo, infatti, che il patrimonio dell'impresa si estende anche ai beni non strettamente strumentali, ed a tale criterio si espressamente attenuta la 1002 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO comm1ss1one tributaria centrale, la quale ha giustamente affermato che l'art. 1 del citato decreto n. 689 del 1974 lasciava agli imprenditori ampia libert di inserire nel prospetto qualsiasi bene, al fine di formare il patrimonio dell'impresa, ma nello stesso tempo prevedeva che, per effetto di tale autonoma decisione, il valore dei beni inseriti sarebbe stato definitivamente preso a base per l'accertamento e l'applicazione dell'imposta sul reddito (art. 12). Giova ancora rilevare che, nella fattispecie, dall'inserimento del bene nel prospetto obbligatorio derivavano sicuramente, ai fini dell'imposta sul reddito cui era specificamente preordinato, effetti di carattere tributario per il periodo d'imposta successivo al 1 gennaio 1974, pur essendo stato esso redatto dopo che il Pasino aveva perso la propriet del bene di cui , trattasi. perci logicamente conseguenziale che tale rilevanza tributaria, essendo relativa a profili giuridici di un rapporto che deve essere necessariamente valutato unitariamente, non pu essere circoscritta alla sola imposta sul reddito ma, riferendosi ad elementi e circostanze che si atteggiano allo stesso modo anche con riferimento ad altri tributi, suscettibile c essere estesa a rapporti tributari di, altra natura. Queste considerazioni trovano poi conferma nella sostanziale identit di espressione nell'art. 4 della legge sull'IVA (beni relativi all'impresa) e dall'art. 2, n. 2 di quella sull'obbligo del prospetto (attivit e passivit relative alle imprese), il che implica che lo stesso bene non pu essere soggetto a qualificazione diversa a seconda che venga preso in considerazione con riferimento ~l'una o all'altra norma. La decisione impugnata, con la quale stato affermato che la vendita di cui trattasi era soggetta ad IVA e non all'imposta proporzionale di registro (art. 38 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634), dunque giuridicamente corretta ed immune da vizi logici, e non merita censura. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 luglio 1984 n. 4044 -Pres. Santosuosso; Est. Sgroi -P. M. Benanti (conf.). Guarnieri c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Angelini Rota). Tributi erariali indiretti Imposta di registro Concordato fallimentare Assunzione di debiti Imposta proporzionale. (D.P,R. 26 ottobre 1972, n. 634, artt. 14 e 26 tariffa A, art. 8, lett. e e lett. f e 9). soggetta all'imposta proporzionale di registro la sentenza di omologazione del concordato fallimentare per la parte che prevede l'accollo dei debiti da parte dell'assuntore (1). (:1) La decisione riconferma l'esatto pnnc1pio gi affermato con la sentenza 11 agosto 1982 n. 4520, in questa Rassegna, 1983, I, 175. ~ da segnalare il collegamento operato con la interpretazione giurisprudenziale affermatasi sulla PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1003 (omissis) Con il primo motivo,H Guamieri deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 8 tariffa All. A al d.P.R. n. 634 del 1972, in relazione all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ., affermando che nella nuova disciplina si deve scludere che la sentenza di omologazione del concordato fallimentare sia assoggettabile ad imposta proporzionale, in quanto essa una sentenza di carattere costitutivo che la legge sottopone a tassa fissa, mentre gli atti omologati non sono suscettibili di tassazione n in quanto rilevati dalla sentenza n in quanto forniscono a tale sentenza gli elemnti su cui statuire. La convenzione o accordo fra i creditori ed il loro debitore, che costituiva un'ipotesi autonoma nella precedente legge di registro, non ha conservato, nella vigente normativa, un carattere autonomo e pertanto, secondo il ricorrente, anche le sentenze che prevedono obbligazioni ed oneri patrimoniali per l'assuntore devono essere ricompresi nell'art. 8 (e non nell'art. 9 della tariffa, come pretende l'ufficio). Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 8 della predetta tariffa e, comunque, contraddittoria motivazione, osservando che la sentenza di omologa, pur presentando un contenuto costitutivo, deve essere sottoposta a tassa fissa e non a tassa proporzionale. Aggiunge il ricorrente che non si verifica una successione a titolo particolare nel debito e che l'assunzione degli obblighi del concordato, da parte di un terzo, non implica la liberazione del fallito, di modo che gli effetti a carico dell'assuntore trovano il loro titolo nella sentenza di omologazione, rispetto alla quale gli elementi di natura negoziale hanno il ruolo di semplici presupposti. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce la violazione .e falsa applicazione dell'art. 132 n. 4 cod. proc. civ. in relazione all'art. 360 n. 5 cod. proc. civ., perch -a suo dire -nell'impugnata sentenza non sono stati indicati i criteri seguiti per ritenere la sentenza di omologa del concordato fallimentare assoggettata ad imposta di registro. Il ricorso infondato. L'ultimo motivo puramente assertivo, perch smentito dall'ampia motivazione, in fatto e in diritto, contenuta nella sentenza impugnata. Vero che la suddetta motivazione in parte errata, ma a ci supplisce il potere correttivo affidato a questa Corte dall'art. 384 cod: proc. civ., posto che l'atto da tassare rientra in un'ipotesi diversa da quella indicata dalla Commissione Centrale, ma tassato con la medesima aliquota. Invero, come ha gi statuito questa Corte con sentenza 11 agosto 1982 n. 4520, la sentenza di omologazione del concordato soggetta all'imposta proporzionale di registro ai sensi dell'art. 8 legislazione anteriore (6 gennaiio 1980 n. 119; 14 aprile 1981 n. 2227; 15 ottobre 1981, n. 5401, in questa Rassegna, 1980 I, 631; 1981, I, 824; 1982, I, 776) per ritenere che atto soggetto a registra2lione siano non tanto ,le convenzioni presupposte o enunziate nella sentenza, ma la stessa sentemla di omologazione che imprime efficacia agli atti di un procedimento complesso. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lettera e) della tariffa all. A al d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 634, per la parte in cui prevede l'acco.o dei debiti da parte dell'assuntore. Si deve premettere che esula dal ricorso che si sta esaminando l'ulteriore problema della tassabilit separata della cessione dei beni dell'assuntore, essendo oggetto di questa controversia soltanto la tassazione dell'accollo dei debiti a carico del medesimo. L'interpretazione dell'art. 8 lett. f) della tariffa all. A p,arte prima, che sottopone a tassa fissa gli atti di omologazione emessi dall'autorit giudiziaria, non pu prescindere dal riferimento al testo della legge, l dove richiama i predetti atti. L'art. 14. nel regolare la registrazione degli atti soggetti ad omologazione, impone chiaramente la registrazione, secondo il tasso che gli proprio, dell'atto omologato, come ribadito dall'art. 26 sesto comma, a tenore del quale gli atti indicati nell'art. 14, quando intervenga l'omologazione, sono soggetti all'imposta nella misura indicata nella tariffa. E pertanto, l'atto del terzo assuntore, contenente la promessa di pagare la percentuale di debiti fallimentari (art. 124 legge fallimentare) non potrebbe sfuggire a tale tassazione proporzionale, a prescinpere dalla sentenza di omologazione (soggetta, a sua volta, a tassa fissa), in base all'art. 9 della tariffa, in cui indubbiamente rientra l'assunzione dell'obbligo di pagare un debito altrui, a prescindere da ogni precisazione sulla sua configurabilit come accollo in senso stretto o come altra figura di modificazione soggettiva del rapporto obbligatorio, dalla parte del debitore (cfr. Cass. 27 maggio 1971 n. 1580, in motivazione). Era questo l'orientamento pacifico della giurisprudenza formatosi sotto la vecchia legge di registro. Tuttavia, la promulgazione della nuova legge di registro in un periodo nel quale era affermato dalla giurisprudenza (cfr., in particolare, Cass. 26 agosto 1971 n. 2576; Cass. 25 ottobre 1972 n. 2331) che le obbligazioni ed i diritti del terzo assuntore trovano il loro. titolo nella sentenza di omologazione, nella quale restano assorbiti e trasfusi (costituendone solo un presupposto) gli accordi fra il fallito e l'assuntore e quelli fra quest'ultimo ed i creditori, di modo che si ha una composiZione giudiziale . del dissesto, mediante un regolamento negoziato ed omologato (cfr. Cass. 29 settembre 1977 n. 4159), induce a ritenere pi consono lla ratio legis del nuovo testo, che la tassazione colpisca non tanto la promessa del terzo, considerata come separata da un atto estrinseco di controllo giudiziario, quanto l'atto giudiziario in s stesso. La sentenza di omologazione infatti una pronuncia nella quale si trova contenuto (anche per relationem) il regolamento dei debiti dell'assunto, di modo che non appare pertinente il richiamo alla lettera f) dell'art. 8 della tariffa (che presuppone una distinzione fra l'atto stragiudiziale e la mera omologazione di esso), mentre evidente l'inquadrabilit della sentenza, al di l della terminologia che non ne esprime con completezza il contenuto, nel , PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1005 l'ambito delle pronuncie indicate nella lettera c), e cio di quelle pronuncie che sanzionano, tra l'altro, obbligazioni di somme di. denaro, Imponendone l'adempimento a carico di un soggetto (nella specie, l'assuntore). Le considerazioni fatte implicano l'irrilevanza del richiamo all'ipotesi dell'enunciazione (ai sensi dell'art. 21 terzo comma e 35 del d.P.R. n. 634), appena accennata nella sentenza di questa Corte n. 4520 del 1982 (anche se nella massima ufficiale si d risalto a tale profilo), posto che l'art. 21 terzo comma riguarda l'enunciazione di un atto non soggetto a registrazione in termine fisso, mentre -come si gi detto -non si sfugge alla gi indicata alternativa: a) o la proposta su cui deve deliberare il Tribunale fallimentare considerata come atto autonomo, necessariamente scritto, e quindi soggetto a registrazione in termine fisso, sia pure con la decorrenza indicata dall'art. 14 del d.P.R. n. 634); b) ovvero tale proposta viene considerata come un atto del procedimento giudiziario che conduce alla sentenza, come tale esente da registrazione (art. 2 Tariffa all. B). Da ultimo, appena il caso di sottolineare che l'inquadramento dell'atto de quo in uno piuttosto che in un altro articolo della tariffa, questione di qualificazione giuridica che appartiene al giudizio di legittimit, a prescindere dalla tesi delle parti, dato che non viene mutato il tasso dell'imposta (1,50 per cento, all'epoca della sentenza tassata). sintomatico che il decreto-legge 23 dicembre 1976 n. 854, conv. in legge 21 febbraio 1977 n. 36 abbia elevato al 2 per cento, contestualmente, la aliquote stabilite dall'art. 8 lett. c) e dall'art. 9 della parte prima all. A della tariffa. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 luglio 1984, n. 4052 -Pres. Santosuosso -Est. Gualtieri -P. M. Iannelli (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Angelini Rota) c. Garinoni (avv. Ermetes). Tributi erariali diretti Imposta sul reddito delle persone fisiche Tassazione separata Natura Addizionale straordinaria per l'anno 1974 -Non si applica ai redditi soggetti a tassazione separata. (D,P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 12 e 13; d.l. 6 luglio 1974, n. 259 e legge di conversione 17 agosto 1974, n. 384, art. 1). Poich la tassazione separata una forma di imposizione diversa da quella sul reddito delle persone fisiche, l'addizionale straordinaria per l'anno 1974 di cui all'art. 1 del 4.1. 6 luglio 1974, n. 259 convertito con modificazioni nella legge 17 agosto 1974 n. 384, non si applica ai proventi per i quali prevista la tassazione separata (1). (1) Per la risoluzione cli una questione di specie e transitoria la sentenza si spinge ad affermazioni che destano perplessit. Che possa esser dubbia la 11111111J:t11111111r11r1r111r111r1rr11r11111rrr1r1111111r1111111111111r11.4'11 1006 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (omissis) Con un unico motivo la ricorrente denunciando violazione dell'art. 1 decreto legge 6 luglio 1974, n. 259, convertito nella legge 17 agosto 1974, n. 384 e dei principi sulla tassazione" separata di cui all'art. 13 D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, deduc!'l che la Commissione centrale confonde le nozioni, tra loro diversissime, di reddito imponibile ai fini dell'imposta delle persone fisiche e di tassazione separata. Ed invero, quando la legge 9 ottobre 1971, n. 825, di delega per la riforma tributaria, all'art. 2 n. 19, dispone l'esclusione dell'indennit di fine rapporto del reddito complessivo non intende certo sottrarre tale indennit all'imposta sul reddito delle persone fisiche, ma persegue solo l'obbiettivo di evitare il cumulo delle indennit stesse con gli altri redditi percepiti nello stesso anno e di evitare, quindi, la tassazione con l'aliquota pi elevata corrispondente alla somma dei . redditi conseguiti in quel determinato periodo di imposta. _ Pertanto, la commisurazione dell'aliquota a quella corrispondente alla met della somma dei_ redditi del precedente biennio non che un correttivo alla rigida applicazione dell'aliquota in base al complesso dei redditi conseguiti nel periodo di imposta. Al riguardo, rileva, la ricorrente, che quando gli artt. 12 e 13 del D.P.R. n. 597 del 1973, enunciati nella legge delega prevedono che l'indennit di anzianit sia soggetta a tassazione separata non sanciscono affatto che alla indennit sia applicata una imposta diversa da quella sul reddito delle persone fisiche, ma si limitano a disporre che la tassazione avvenga con un'aliquota diversa da quella corrispondente al cumulo dell'indennit con gli altri redditi dell'anno. Pertanto, l'istituto della tassazione separata non signific~ esenzione dell'imposta sul reddito o esclusione dei redditi del contribuente, ma significa soltanto tassazione con un'aliquota diversa da quella che sarebbe altrimenti applicabile per effetto della somma dei redditi conseguiti. In conclusione, secondo la ricorrente, l'indennit di anzianit soggetta all'aliquota sul reddito nell'anno di percezione e che ci che di- estensione della addizionale straordinaria, istituita per un solo anno, a redditi che hanno un riferimento ad un lungo periodo non si pu disconoscere. Ma ci non rendeva necessaria l'affermazione che il regime di tassazione separata sia una imposizione estranea all'IRPEF e del tutto autonoma Addirittura, esponendo una defniizione abbastanza esatta di reddito, si mette in dubbio che i ricavi definiti nell'art. 13 del d.P.R. n. 597/1973 siano redditi. E cosa mai sarebbero e che specie di imposta verrebbe ad essere quella a tassazione separata? Non si pu disconoscere che taluni redditi siano. assoggettati a tassazione separata (dal reddito complessivo) esclusivamente a causa della progressivit dell'aliquota e per determinare una particolare m~sura d'imposta. Ed infatti quegli stessi proventi rientrano nel reddito complessivo delle persone giuridi che perch ai fini dell'IRPEG, non progressiva, la tassazione separata non ha ragione d'essere. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA stingue tale reddito da tutti gli altri percepiti nello stesso periodo di imposta solo la diversa modalit di determinazione dell'aliquota, per cui l'indennit percepita dal contribuente nel 1974 non pu non essere soggetta anche all'addizionale dell'imposta sul reddito delle persone fisiche. Il complesso motivo privo di fondamento. La" questione su cui si incentrano le opposte tesi delle parti se l'addizionale straordiriaria dell'imposta suJ reddito delle persone fisiche, istituita per l'anno 1974 dal d.l. 6 luglio 1974, n. 259, convertito nella legge 17 agosto 1974, n. 384, fosse dovuta sui redditi soggetti, nel predetto anno, a tassazione separata, ai sensi degli artt. 12 e 13 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597. Tale questione va risolta, come ha ritenuto la Commissione Tributaria Centrale, nella decisione ora impugnata, nel senso che detta addizionale non applicabile alla indennit una tantum di fine rapport0> poich tale indennit non concorre a formare il reddito complessivosoggetto all'IRPEF, avendo lo stesso legislatore delegante prescritto il diverso sistema della tassazione separata (legge 9 ottobre 1971, n. 825. art. 2, n. 19). Va anche precisato che il legislatore delegato ha ripetuto che l'indennit di fine rapporto non costituisce materia imponibile ai fini dell'IRPEF, ma soggetta a tassazione separata (d.P.R. 29 settembre 19n n. 597, art. 12, lett. e). L'ampia dizione dell'art. 12 non autorizza a considerare tassabile qualsiasi erogazione fatta al dipendente alla fine del rapporto di lavoro. . A tale scopo necessaria la ricorrenza di due essenziali presupposti,. cio che l'erogazione costituisca un reddito e, in secondo luogo, ove di reddito si tratti, che esso sia legato da nesso di causalit con la presta zione di lavoro dipendente. La necessit del primo presupposto deriva dall'art. 1 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, secondo cui presupposto dell'imposta sul reddito delle persone fisiche il possesso di redditi in danaro o in natura, continuativi od occasionali, provenienti da qualsiasi fonte . g stato rilevato che per reddito , in linea di. massima, si intende il frutto, la retribuzione o comunque l'utilit o ricchezza nuova che viene ad incrementare in modo continuo o variabile o periodico il patrimonio di taluno in quanto prestatore d'opera o possessore di mezzi di produzione o che impieghi dei capitali. Esso dunque un quid novi, di aggiuntivo, e che costituisce nuova ricchezza. Al reddito si contrappone il capitale che , al contrario, un patrimonio insuscettibile di per s di creare ricchezza nuova, ossia reddito, se non impiegato e quindi tendenzialmente stabile ed immutabile. RASSEGNA DEIJ..'AVVOCATURA DELLO STATO -Ouanto sopra esposto, devesi rilevare che l'Amministrazione ricorrente ha confuso le nozioni di reddito imponibile ai fini dell'IRPEF e di tassazione separata, comportando quest'ultima solo l'applicazione di una aliquota diversa, per cui non potrebbe non considerarsi soggetta anche all'addizionale istituita nel 1974. Orbene, gi tenendo presente nel suo testo letterale la norma (art. l, quarto e quinto comma del D.L. 6 luglio 1974, n. 259, convertito nella legge 17 agosto 1974, n. 384) istitutiva dell'addizionale di cui trattasi, risulta che il legislatore, per soddisfare ad una straordinaria esigenza finanziaria dello Stato, volle istituire un tributo ad hoc, denominato, appunto addizionale straordinaria; cio non fece luogo ad un aumento delle aliquote, come avrebbe agevolmente potuto, stabilite nella tabella allegata al d.P.R. 29 setembre 1973, n. 597. L'autonomia di siffat.ta imposizione, gi chiara nel quarto comma, pi evidenziata dal successivo quinto comma, che ne stabilisce la riscossione, in forma altres autonoma, mediante ruoli, mentre avrebbe dovuto essere riscossa con l'IRPEF se si fosse trattato di una sempllce elevazione, come sostiene la ricorrente, delle relative aliquote. Aggiungasi che una autorevole dottrina, in sede di esame ex professo della materia, pervenuta alla conclusione che il predetto sistema d luogo ad una tassazione completamente separata rispetto a quella del r.eddito complessivo in quanto tutti gli articoli nei quali si accenna alla tassazione separata sono redatti in modo tale da legittimare la conclusione che questa una vera e propria tassazione per s stante e non un semplice modo di calcolare l'imposta. Inoltre, l'imposta commisurata al reddito complessivo netto liquidata dallo stesso contribuente e versata, tramite banca, alla Tesoreria dello Stato entro il termine stabilito per la presentazione della dichiarazione dei redditi. Invece, l'imposta dovuta per i redditi soggetti a tassazione separata liquidata dall'Ufficio delle imposte, iscritta a ruolo, e pagata nei termini, stabiliti dal d.P.R. n. 602. Una volta provato che la tassazione separata di cui trattasi genera un'obbligazione di imposta distinta da quella relativa all'imposta dovuta sul reddito complessivo, ne discende che l'addizionale straordinaria si riferisce solo a quest'ultima poich ha come propri destinatari i titolari di quel rapporto tributario che ha come presupposto il reddito delle persone fisiche e, come contenuto dell'obbligazione, la relativa imposta, e non i titolari di quel diverso rapporto tributario che, secondo l'esatto giudizio del resistente, ha per presupposto le entrate da assoggettare a tassazione separata ed ha a proprio contenuto l'obbligazione di imposta <:onseguente alla tassazione separata. Una diversa interpretazione, ha esattamente evidenziato il medesimo resistente, porterebbefatalmente a dover dubitare della legittimit costi PARTE I, SEZ. vt, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1009 tuzionale della norma contenuta nella legge n. 384/1974 in quanto la <:ontestata applicazione porterebbe ad una riduzione dell'indennit di anzianit (che retri12.:uzione differita) superiore a quella riferentesi all'ultimo biennni.o, per cui il lavoratore cessato dal rapporto nel 1974 si troverebbe in posizione nettamente deteriore rispetto a quelli cessati nel 1973 o nel 1975. La contestata applicazione porterebbe altresi alla tassazione con una addizionale valida per il solo anno 19:74 di redditi prodottisi in pi anni e per i quali il lavoratore non ha avuto modo di scegliere a quale regime tributario soggiacere, venendo a trovarsi in condizioni di radicale diversit rispetto a chi ha percepito lo stesso reddito nel 1973,,o nel 1975. _ Il tutto, infatti, si porrebbe in contrasto con il principio di uguaglianza (art. 3 Costituzione), che si articola, in campo tributario, nel principio qella parit di trattamento e parit di capacit contributiva. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 luglio 1984, n. 4097 -Pres. Sandulli Est. Sensale -P. M. Ferraiuolo (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Stato D'Amico) c. Soc. Manifatture Gallo. Tributi in genere Contenzioso tributarlo Giudizio di terzo grado Imposta di registro Indagine sulla natura e gli effetti dell'atto Apprezzamento del fatto ai fini della simulazione di atto a titolo gratuito Deducibilit. (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 26; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 8; d.!. 8 marzo 1945, n. 90, art. 5). Rientra nei poteri del giudice di terza grado l'apprezzamento dei fatii necessari per determinare, agli effetti dell'art. 8 dell'abrogata legge di registro, l'intrinseca natura e gli effetti dell'atto anche nel caso che debba stabilirsi se l'atto a titolo oneroso simuli un trasferimento a titolo gratuito. (1) Decisione ineccepibile. Va intanto segnalata la riassuntiva ma assai completa e attenta definizione dell'ambito del giudizio di terzo grado. La giurisprudenza stata non sempre costante, ma ormaii si sta rafforzando la linea che intende la valutazione estimativa, come comprensiva delle questioni di fatto attinenti all'esistenza del reddito o del cespite o del presupposto materiale e oggettivo del tributo; tutto il resto ricompreso nell'area del terzo grado (v. la sent. delle Sez. Un. 13 ottobre 1983 n. 5960, in questa Rassegna, 1984, 1, 135, con richiami). Il problema specifico era di pi facile soluzione; nelle dei versamenti necessari al perseguimento dello scopo sociale. Infine, se tale accertamento era stato compiuto dalla commissione di secondo grado, la Commissione centrale non avrebbe potuto esimersi dall'esame della relativa motivazione, posto che l'impugnazione dinanzi ad essa proponibile concerne ogni violazione di legge, ivi compreso il viziodi motivazione o l'errata risoluzione di questioni di fatto, escluse soltanto quelle relative a valutazione estimativa nel senso precisato nella richiamata sentenza delle Sezioni unite (cfr. sent. 1307 e 6678/81). (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 luglio 1984 n. 4099 -Pres. Scanzano -Est. Virgilio -P. M. Zema (conf.). Ministero delle Finanze (avv .. Stato Salimei) c. Giurin (aw. Laudati). Tributi erariali indiretti Riscossione Pagamento nelle mani dell'ufficiale giudiziario Efficacia. (COii. proc. civ., art. 494). Il pagamento nelle mani dell'ufficiale giudiziario a norma dell'articolo 494 cod. proc. civ. non soltanto solutorio per il debitore, ma deve considerarsi a tutti gli effetti come eseguito presso l'ufficio tributario (applicazione alla data di decorrenza del termine per l'accertamento) (1). (omissis) La ricorrente in .via principale deduce che erroneamente la Corte di appello ha ritenuto effettuato il pagamento gi all'atto del versamento della somma nelle mani dell'ufficiale giudiziario incaricatodi eseguire il pignoramento, mentre l'effetto solutorio si ha ~oltanto nel momento dell'incasso del denaro da parte dell'ufficio fiscale, non avendo l'ufficiale procedente la veste di contabile dell'amministrazione e di legittimato a rilasciare ,quietanza. Perci, il termine di decadenza non poteva cominciare a decorrere se non dal momento in cui l'amministrazione finanziaria ebbe diretta conoscenza dell'evento cui la decadenza era collegata (momento cio del pignoramento), in quanto tale momento stato indicato nell'art. 21 del D.L. n. 1639 del 1936 non con riferimento all'efficacia liberatoria del d~bi( 1) .Questione nuova della cui soluzione deve prendersi atto. 1014 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tore, ma quale momento in cui l'~mministrazione viene a conoscenza che si conclusa la fase dell'accertamento e della percezione dell'imposta principale, e pu aprirsi quella dell'accertamento dell'imposta complementare. La censura non fondata. Secondo la giurisprudenza di questa Corte (sent. n. 2092 del 1966 .e n. 2560 del 1969), il versamento nelle mani dell'ufficiale giudiziario, legittimato ex lege a riceverlo, della somma per cui si procede e dell'importo delle spese, con l'incarico di consegnarli al creditore -effettuato rsi relativi alla revisione prezzi, la potest decisoria de~ stessi dovrebbe. ritenersi senz'altro di perti nenza delle Province. Al riguardo si osserva che fa prima argomentazione non apporta alcun contributo alla. risoluzione del problema, dato c~e il mezzo di tutela previsto e disciplinato dagli artt. 4, 7 ed 8 del d.l.C.p.S. n. 1501/1947 es. accolto la seconda soluzione. per l'annullamento di ufficio delle licenze di costruzione illegittime ex art. 7 I. 6 agosto 1967 n. 765 (Cons. St., Ap., 25 febbraio 1980 n. 8 in Cons. Stato 11980, I, .136) anche se dopo aver seguito un costante indirizzo contrario (a partire da Cons. St., rsez. IV, 21 dicembre 1971 n. 1284 in Cons. Stato 1971, I, 2429 sino a Cons. St., sez. IV, 4 marzo 1975 n. 232 in Con.S. Stato 1975, I, 25), mentre .segue il primo indirizzo in tema di controllo sugli atti degli enti locali e dell regioni (Cons. St., sez. V, 28 agosto 1981 n. 378 iin Cons. Stato, 1981, I, 925; Cons. St., sez. II, 27 gennaio 1976 n. 142/75, ivi, 1979, I, 76; T.A.R. Lazio, sez. I, 1 febbraio 1984 n. 123, in Trib; Amm. Reg. 1984, I, 785). Va piuttosto considerato che le disposizioni che si commentano concor rono a dettare la regolamentazione dii un procedimento su ricorso, sicch . l'interpretazione ne va condotta alla stregua della disciplina dei ricorsi am ministrativi, quale risulta dal d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 e dall'art. 20 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034. Ora, secondo questa disciplina, l'organo cui spetta decidere iii ricovso esercita il suo potere quando, nel termine asse gnatogli dalla legge, assume una decisione espressa e la comunica..Nella disci plina comune, l'alternativa al mancato esercizio del potere costituita dal rigetto per silenzio. In quella speciale, l'alternativa costituita dalla qualifica rione del parere come atto di decisione. Al di l della modifica del termine e della sua decorrenza (sessap.ta giorni, anzich novanta; ricezione del parere, amich del ricol"so) giustificato ritenere che il modo di esercizio del potere di decisione, per comunicaxione della decisione, non sia mutato. Questa conclusione congrua sia al dato PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 1039 costituisce un ricorso atipico (c.d. ricorso gerarchico impr9prio), che prescinde da:1l'appartenenza dell'organo decidente all'amministrazione attiva della materia ed anche dal rapporto di vigilanza. La seconda argomentazione, poi, d 'per scontato che la potest decisoria di cui al decreto legislativo del 1947 rientri tra le generiiche attribuzioni di amministrazione attiva in' materia di edilizia sovvenzionata e di lavori pubblici, considerate dalle norme richiamate del d.P.R. n. 381/1974, come tale da ritenersi senz'altro trasferita. Ma proprio in questo postulato che si annida J'erroneit della tesi del resistente. Invero, nella legislazione di cui al cit. d.l.C.p.S. n. 1501/1947, va ravvisata una preminente funzione giustiziale, destinata, a garanzia della uniformit dei giudizi, ad essere esercitata sulla base del parere di una commissione Ull!ca (integrata con il rappresentante dell'Amministrazione interessata) da un organo centrale per tutto il territorio nazionale e .tale, dunque, da comportare l'esclusione -almeno in assenza di espresse P,_revisioni in contrario -della potest decisoria in questione dal trasferimento che delle materie suddette sia stato fatto alle Regioni (o alie Province di Trento e di Bolmno). Come stato esattamente rilevato nell'ordinanza di rimessione della Sezione IV, la preminente funzione ~ustiziale, nella legislazione de qua, evidenziata, 'in primo luogo, dal carattere di generalit del procedimento grav3:torio da essa regolato, il quale applicabile per le deter strutturale, secondo il quale il modulo dichiarazione di voler attendere il parere -comunicazione del parere -inerzia si pone con la decisione espres sa nello stesso rapporto di alternativa del modulo ricorso-inerzia ; sia al dato funzionale, giacch la ragione per cui si dettata la disciplina speciale dei ricorsi in materi di rev,isione dei prezzi stata quella di conservare effettivit al congegno rappresentato dal parere della commissione, ed perci conforme a questa ratio l'interpretazione che maggiormente ne assicura la stabilit. Ci che, del resto, .in consonanza anche con la riduzione del termine per 1a decisione, da novanta a sessanta giorni. 5. Sebbene costituisca ipotesi di scuola, va considerato il oaso che il parere sopravvenga, sia cio . comunicato al ministero competente e al ricorrente prima che questi abbia dichiarato all'autorit adita di volers.i. avvalere della facolt di attenderlo. Poich il passaggio dal modulo decisorio ordinario a quello speciale avviiene non per effetto dell'emissione del parere, ma della dichiarazione del ricorrente, da ritenere che essa sia necessaria anche in questo caso. 6. Nella decisione in rassegna prospettato un trzo profilo controverso della interpretazione dell'art. 17, quello del rapporto tra ricorso amministrativo e ricorso giurisdizionale, se cio, in materia di revisione, il previo esperimento del ricorso amministrativo sia necessario o facoltativo e se perci il ricorso giurisdizionale sia esperibile prima ancora della decisione di quello amministrativo (secondo quanto ritenuto da Cons. St., Ap. 3 febbraio 1978 n. 3, in Cons. Stato, 1978, I, 141). Se dell'art. 17 si d la lettura restrittiva cui s' attenuta la decisione T.A.R. Lazio, sez. III, 28 febbraio 1983 n. 169 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO minazioni in materia di revisione dei prezzi di appalto adottate, oltre che dallo Stato, da tutti gli altri enti pubblici, territoriali e non (art. 1 d.1.C.p.S. n. 1501/1947; art. 11. n. 1481/1963; artt. l, 3 e 5 1. n. 463/1964; art. 3 1. 76/1970; art. 2 1. n. 37/1973), anche per opere non assistite dal contributo dello Stato; emerge, in secondo luogo, dalile garanzie poste a base dell'eserci: o della funzione medesima, quali principalmente quelle costituite dali'operativit del principio del contraddittorio (artt. 5 e 7 d.1.C.p.S. cit.) e dalla peculiare composizione de1la commissione chiamata ad esprimere parere sui ricorsi, la quale, in quanto composta da magistrati e da esponenti di diverse pubbliche amministrazioni e di organizzazioni di settore, si connota come palesemente dotata dell'attributo della c.d. Otessero avere rilevanza ai fini della revisione dei prez7Ji; ed aggiungeva che oi premesso la vostra richiesta non pu essere presa in esame ed superfluo qualsiasi altro incombente da entrambe le parti . Orbene, tale nota conteneva Ia determinazione, concreta e definitiva (come reso palese dall'ultima frase), dell'Ente di negare la revisione dei prezzi, per la parte afferente ai maggiori oneri derivanti dal contratto aziendale; e contro questo atto, pertanto, l'Impresa avrebbe dovuto proporre gravame, nei termini di legge. Invece l'Impresa, con nota n. 139 del 29 gennaio 1979, insisteva nella propria richiesta. Ed il Pre&idente dell'Ente, Con nota 14 febbraio 1979 n. 1524, rispondeva che ,l'Istituto non poteva che confermare quanto contenuto nella precedente nota, , ribadendo che l'ultima circolare ministeriale era categorica ndl'affermare che gli accordi aziendali, anche per il periodo transitorio ottobre 1976-lugLio 1977, non potessero avere rilevanza mfini della revisione dei prezzi. ! Contro questa nota l'Impresa ~a proposto, in data 8 marzo 1979, ricors amministrativo al Ministro dei LL.PP. e poi,' decorso inutilmente n termine di 90 giorni, queno giurisdizionale n. 569 del. 17 settembre 1979. I Ma l'atto cos impugnato -in quanto emanato dalla stessa Autorit che I ': aveva adottato il precedente provvedimento, nella medesima situazione l di fatto e di diritto e senza alcun rilevante profilo di novit -ha natura I I I I I I / PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 1043 meramente confermativa del provvedimento del 12 gennaio 1979, come ha esattamente eccepito il resti.stente. Nessun vantaggio potrebbe derivare, pertanto, dall'annullamento di tale atto alla lii.corrente, il cui interesse continuerebbe ad essere inoppugnabilmente leso dal provvedimento confermato. Infondata , invece, la medesima eccezione formulata dall'I.T.E.A. nei confronti dei ricorsi nn. 259, 260 e 261 del 1983, proposti contro le determinazioni 11 novembre 1981 di approvazione dei conti finali e di determinazione definitiva della revisione prezzi, relativamente ai tre appalti per la costruzione delle torri 13, 14 e 12. Assume la difesa del rsistente che, in ordine alla questione delle tabelle dei prezzi della mano d'opera da considerare come dato di partenza della revisione (oggetto di tali ricorsti.) l'Ente aveva gi da tempo manife stato l'intento di tener conto, non delle fa.belle cognite , ma di quelle comunque vigenti al momento delle offerte; e ci con precedenti .atti amministrativi, che erano stati anche impugnati. Ma tale assunto non risulta dimostrato. Anzi, nella decisione 27 ottobre 1981 n. 800 della Sezione IV di questo Consiglio, emessa tra le stesse parti in ordine all'impugnativ della nota 6 luglio 1978 dell'I.T.E.A., si legge che tale nota non conteneva alcuna determinazione concreta di diniego (totale o parziale) della revisdone, ma semplicemente una precisazione sulle tabelle dei costi della mano d'opera da considerarsi nel calcolo revisionale (rdspetto alla quale non sorgeva, dunque, un obbligo di pronuncia da parte dell'autorit adita in via amministrativa, con la conseguente irricevibilit del rncorso). Ora, evidente che quando l'atto precedente non costituisca un vero e proprio provvedimento amministrativo, il problema della conformativit o meno dell'atto successivo -per gli effetti in esame -non sorge neppure. 3) Ma l'esame dei ricorsi nn. 259, 260 e 261 dei 1983-implica la risoluzione ili un ulteriore problema. Come si ricordato nell'esposi2lione in fatto, alla loro proposizione l'Impresa iistante pervenuta esperendo previamente i gravami amministrativi di cui al ridetto d.l.C.p.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, e dichiarando di volere attendere l'emissione dei pareri della commissione consultiva anche oltre il novantesimo giorno, secondo quanto ora consentita dal: l'art. 17 della 1. n. 741/1981. Parern questi che sono stati in effetti emessi, mentre il Ministro dei LL.PP. non ha adottato le proprie decisioni, neppure a seguito di diffide a provvedere, notificate ai sensi dell'art. 25 del t.u. n. 3/1957 e prodotte in atti. Si deve, quindi, decidere se ci si trovi di fronte ad ipotesi di silenziorigetto o di silenzio-rifiuto, al fine di determinare l'ambito della cognizione del giudice, che -com' noto -nel primo caso Sii estende all'esame della legittimit o meno dei provvedimenti gravati in via amministrativa, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEI.LO STATO 1044 mentre nel secondo caso limitato all'esame della giustifi.cabilit o meno del rifiuto della pubblica amministrazione a pronunciarsi. L'art. 17 della detta legge, con il primo comma, ha dichiarato inapplicabm ad ricorsi in questione f'art. 6 del d.P.R. n. 1199/1971 e l'art. 20 della I. n. 1034/1971; con il secondo comma, ha disposto: Scaduto il trmine di novanta giorni dalla presentazione del nicorso di cui all'art. 4, primo comma, del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 6 dicembre 1947, n. 1501, il nicorrente pu dichiarare, nei successivi sessanta giorni, all'autorit adita di volersi avvalere della facolt di attendere l'emissione del parere di cui al secondo comma dell'art. 4 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 6 dicembre 1947, n. 1501, prima dell'eventuale adizione del giiudice amministrativo. La disposi2lione -aggiunta al testo, a quanto rJsulta, in sede di discussione in aula e non bene coordinata con i pnincipi del sistema risulta di difficile interpretazione, sul piano letterale. L'interpretazione letterale va, quindi, integrata con quella logica, tenendo conto delle vicende cui la norma Sii riconnette e della finalit, che essa persegue; nonch con quella sistematica. Come noto, -l'art. 6 del d.P.R. n. 1199/1971 dispone che, trascorsi novanta giiorni dalla data della presentazione del ricorso (gerarchico) senza che l'organo adito abbia comunicato la decisione, il ricorso si intende respinto a tutti gli effetti, con la conseguenza che contro il provvedimento impugnato esperibile il ricorso all'autorit giunisdizionale competente o quello straordinario al Presidente della Repubblica. Rispetto ai ricorsi di cui al decreto legislativo n. 1501/1947, la giurisprudenza di questo Consiglio aveva inizialmente ritenuto che il termine di novanta giorni per la forma:ziione del silenzio-rigetto iniiziasse a decorrere solo dopo che su di essi fosse intervenuto il previo parere obbligatorio della commissione ministeriale, in quanto, sino a quel momento, l'Autorit decidente non avrebbe avuto la disponibiilit del ricorso e non sarebbe stata -in concreto e legalmente -in grado di provvedere. Ma questo orientamento era stato poi superato, perch, essendo stato affermato (Ad. pl. 7 febbraio 1978 n.. 4) il pnincipfo che la disciplina prevista dall'art. 6 del d.P.R. n. 1199/1971 applicabile ad ogni tipo di ricorso amministrativo, sia esso gerarchico proprio che improprio o atipico -si era nitenuto che a non diversa solu2lione potesse condurre la previsione, nella materia de qua, di un parere obbhlgatorio da parte della commissione ministeriale, atteso che il termine prescritto dal citato art~ 6 -di carattere tassativo e perentorio -in nessun caso risultava correlato dalla legge all'articolazione in pi fasi, anche di carattere obbligatorio, del procedimento stesso (Sez. IV, 15 dicembre 1978, n. 1242). Ma la soluzione, da ultimo accolta dalla giurisprudenza, rendeva praticamente impossibile -attesa la brevit del termine -l'esercizio delle funzionii della menzionata commissJone (che spesso si trova nella ............................. ... .......................... .. ...-..,,..,..........,.~~..,~~ ............J PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 1045 necessit di esperire mezzi istruttori di non rapido espletamento, anche per potersi esprimere su questioni di ordine tecnico o di merito), preclu dendo cos l'esercizio del potere decisorfo del Ministro, ben pi pene trante di quello -di sola legittimit -del giudice amministrativo. Per risolvere questo problema, molto sentito dalla categoria interessata, stata prevista la disposizione dell'art. 17, la quale, dunque, perse gue iil fine (per quanto qui interessa) di recuperare il ricorso amministrativo ed il relativo procedimento, disciplinati dal decreto del 1947 (e successive modifiche), nel rispetto delle esigenze di maggiore tutela espresse dal d.P.R. n. 1199/1971. Si attribuito, perci, all'interessato una facolt di scelta: eglii, infatti, nei sessanta giorni successivi alla scadenza del termiine (di novanta giorni) per la formazione del silenzio-rigetto, pu proporre il ricorso giurisdizionale contro il provvedimento impugnat> ovvero pu dichiarare all'Autorit adita con il ricorso amminiistrativo di voler attendere l'emis sione del parere della Commissione ministeriiale, prima dell'eventuale adizione del giudice amministrativo . Ma, affinch la disposiizione consegua pienamente il suo scopo, deve riconoscersi -ad avviso del Collegio -alla dichiarazione del ricorrente (cui appunto compete la facolt dispositiva al ci.guardo) l'effetto di spostare a dopo la comunicazione dell'emissione del detto parere il decorso dello spatium deliberandi, attribuito all'Autorit decidente. In altre parole, dalla data della comunicazione della emissione del parere della commissione (comunicazione anche prima effettuata in via di fatto, ma che ora deve considerarsi un adempimento necessario per l'operativit della norma) inizia a decorrere iil termine di novanta giornii per la comunicazione della decisione del ricorso. Dall'Jnutile decorso di questo termine inizia a decorrere, poi, quello di sessanta giorni per la proposizione del ricorso giurisdizionale contro il provvedimento impugnato in sede amministrativa (mentre il termine dii sessanta giorni per 1a proposizione del gravame contro la decisione, se emessa e comurucata nei novanta giorni, decorre ovviamente dalla comunicazione della stessa). Non pu, invero, condiividersi l'opiinione della difesa dell'Impresa -ispirava ad una interpretazione soltanto letterale della norma -secondo cui la dichiarazione del ricorrente comporterebbe J'effetto di differire la sola proposizion~ del ricors~>, il cui termine ini:ziierebbe a decorrere dalla comunicazione della emissione del parere, perch, in tale caso, la portata della disposizione risulterebbe assai modesta: infatU, il parere obbl.iigatorio, ma non vincolante e, d'altra parte, fa riistrettezza del termine di sessanta giorni costringerebbe l'interessato a proporre quasi sempre, e come prima, il ricorso giurisdizionale contro il provvedimento orginario. N pu condiviidersi l'avviso, espresso in dottrina, secondo cui la dichiarazione suddetta opererebbe bens rispetto al solo ricorso giurisdizionale ma, il termine per proporlo inizierebbe a decorrere dalla 1046 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO comunica7lione, non del parere, ma del decreto decisorio del ricorso, perh, in tal caso, l'interessato rimarrebbe privo di un efficiente mezzo di tutela contro l'inerzia. Alla stregua dell'interpretazione accolta e del ridetto art. 17, sd deve, dunque, ritenere che, nella specie, ci si troVli di frnte ad ipotesi di silenzio-rigetto, in quanto, per effetto delle dichiarazioni rese dall'Impresa nei' tre procedimenti dal 21 gennaio 1983 (data di comunicazione della emissione dei pareri), iniziato il decorso del termine di novanta giorni per deliberare sui ricorsi; e che le diffide, notificate (il 21 febbraio 1983) durante tale spazio di tempo, hanno avuto solo funzione sollecitativa e comunque non hanno modificato l'effetto del comportamento omissiivo. Benvero, anche i'ricorsi giurisdizionali sono stati notificati (il 10 mar zo 1983) nel corso del suddetto termine. Ma l'errore (se vi :_ V. Ad. Pl. 27 gennaio 1978 n. 2) appare scusabile, considerata la novit e comples sit della questione; e, d'altra parte, il Mj.nistro non ha provveduto sui ricorsi, n durante lo spatiwn deliberandi, n dopo. 4) Nel merito, i ricorsi nn. 259, 260 e 261 del 1983 sono fondati. Pacifici essendo gli 'estremi di fatto, Si deve decidere se -come dato di partenza della revisione -debbano essere assunti i costi della mano d'opera resi noti dopo la data delle offerte ma applicabili con effetto l retroattivo a pemodi comprensivi delle offerte (come ha operato l'Ente f appaltante), oppure debbano. essere utilizzti quelli risultanti dalle tabelle ~ gi note all'epoca delle offerte (come pretende l'Impresa). ~ ~ Il collegio ritiene esatta la seconda soluzione. La legge (art. 1 d.1.C.p.S. f: n. 1501/1947) pone il preciso criterio del riferimento ai prezzi correnti ~ all'epoca dell'offerta; e sono corren1li i prezzi che, in un determinato i ~ periodo servono a compensare la prestazione alla quale si riferiscono, e quindi quelli noti. Nella specie, l'Impresa, al momento delle offerte del 13 aprile 1976 per gli appalti delle Torri 12 e 14, si basata evidentemente sui costi I della mano d'opera risultanti dalla tabella 133, che era quella nota; non I sui costi della tabella 134, che doveva essere ancora pubblicata. Parimenti, al momento dell'offerta del 18 novembre 1976 per l'appalto I I ! della Torre 13, l'Impresa 'si . basata sulla tabella 138 e non sulla tabella ! 139, cognita H 19 novembre 1976. , Che le tabelle 134 e 139 siano entrate In vigore con effetto retroattivo, rispettivamente dal 1 aprile 1976 e dal 1 novembre 1976, non , quindi, rilevante ai fini revisionali. I I ricorsi suddetti vanno, quindi, accolti e le determinazioni dell'I. T.E.A. in data 11 novembre 1981 (comunicate con note-23 novembre 1981 I nn. 10852, 10853 e 10854) vanno annullate, limitatamente all'errore di cal-~ ' colo derivante dall'avere assunto -come dato di partenza della revil sione -costi della mano d'opera non msultanti dalle tabelle gi al momento delle offerte. (omissis) note ! I I f !I i I SEZIONE OTTAVA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, Sez. III, 5 novembre 1984, n. 1445 Pres. Radaelli -Rel. Damasco -Rie. P. G. -parte civile Ministero del . Tesoro (avv. dello Stato Fiumara) e Zanon di Valgiurata ed altri. Reato -Reati valutari -Art. 392, terzo comma, c.p.p. -Applicabilit. Reato -Reati valutari -Avocazione della istruzione sommaria da parte del Procuratore Generale presso la Corte di Appello -Art. 4 dJ. 4 marzo 1976 n. 31 -Applicabilit. Reato -Reati valutari Questione di illegittimit costituzionale dell'art. 2 legge 30 aprile 1976 n. 159, mod. dall'rt. 3 legge 8 ottobre 1976 n. 689 per contrasto con l'art. 25, secondo comma, Costituzione -Manifesta infondatezza. Reato -Reati valutari -Questione di illegittimit costituzionale dell'art. 2 legge 30 aprile 1976 n. 159, mod. dall'art. 3 legge 8 ottobre 1976 n. 689 per contra8to con l'art. 24 della Costituzione -Manifesta infondatezza. Reato -. Reati valutari -Questione di illegittimit costituzionale degli artt. 1 e 2 legge 30 aprile 1976 n. 159 e dell'art. 27 codice penale per contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost. -Manifesta infondatezza. Reato -Reati valutari Questione di illegittimit costituzionale degli artt. 105 e 107 c.p.p. per contrasto con l'art. 24, secondo comma, Costituzione -Manifesta infondatezza. Reato -Reati valutari -Art. 8 dJ. 4 marzo 1976, n. 31, sostituito dall'art. 1 legge 30 aprile 1976 n. 159 -Riferibilit a tutte le ipotesi criminose previste nel dJ. citato. Reato -Reati valutari -Societ per Azioni -Fatti-reato addebitati a suoi amministratori -Citazione ad opera del Ministero del Tesoro, parte civile, della societ quale responsabile civile -Legittimit. Reato -Reati valutari -Costituzione di parte civile del Ministero del Tesoro -Danno risarcibile. Reato -Reati valutari -Condanna generica al risarcimento danni a favore del Ministero del Tesoro costituitosi parte civile -Necessit di prova della effettiva sussistenza del danno e del nesso di causalit tra questo e l'autore dell'illecito Insussistenza -Accertamento di fatto potenzialmente produttivo di conseguenze dannose -Sufficienza. Il terzo comma dell'art. 392 cod. proc. pen. (avocazione della istruzione sommaria da parte del Procuratore Generale presso la Corte di Appello) trova applicazione anche in tema di reati valutari. 15 1048 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In tema di reati valutari il Procuratore Generale presso la Corte di Appello, che ha avocato a s l'istruzione sommaria, competente a richiedere al Tribunale il giudizio direttissimo pre1Jisto dall'art. 4 d.l. 4 marzo 1976 n. 31. manifestamente infondata la questione di, illegittimit costituzionale dell'art. 2 legge 30 aprile 1976 n. 159, modificato dall'art. 3 legge 8 ottobre 1976 n. 689, per contrasto con l'art. 25, secondo comma, Costituzione. manifestamente infondata la questione di illegittimit costituzionale dell'art. 2 legge 30 aprile 1976 n. 159, modificato dall'art. 3 legge 8 ottobre 1976 n. 689, per contrasto con l'art. 24 Costituzione. manifestamente infondata la questione di il.}egittimit costituzionale degli artt. 1 e 2 legge 30 aprile 1976 n. 159 e dell'art. 27 cod. pen., per contrasto con gli artt. 3 e 27 della Costituzione. E manifestamente infondata la questione di illegittimit costituzionale degli artt. 105 e 107 cod. proc. pen. per contrasto con l'art. 24, secondo comma, Costituzione. L'art. 8 del d.l. 4 marzo 1976 n. 31, sostituito dall'art. 1 della legge i 30 aprile 1976 n. 159, riferibile -a tutte le ipotesi criminose previste ~ nel d.l. citato. l Qualora siano contestati agli imputati illeciti valutari commessi i agendo quali amministratori di societ per azioni, legittima la citazione ad opera del Ministero del Tesoro, costituitosi parte civile, della societ l quale responsabile civile ai sensi dell'art. 105 cod. proc. pen. i In procedimento penale per reati valutari previsti dall'art. 1 d.l. 4 mar' ~ zo 1976 n. 31 e dall'art. 2 legge 30 aprile 1976 n. 159, il Ministero del i Tesoro legittimato a costituirsi parte civile solo per il danno connesso ! agli interventi imposti a detto Ministero per porre rimedio al disavanzo i della bilancia dei pagamenti conseguente al reato. ! In tema di reati valutari, per aversi condanna generica degli imputati I e del responsabile civile al risarcimento del danno subito dal Ministero I del Tesoro costituitosi parte civile, non necessaria la prova della l effettiva sussistenza del danno e del nesso di causalit tra questo e l'autore dell'illecito, ma sufficiente l'accertamento di un fatto potenzialmente I i produttivo di conseguenze dannose. (omissis) Ai fini di una organica valutazione delle varie questioni sottoposte al giudizio di questa Suprema Corte, appare opportuno esaminare, innanzi tutto e singolarmente, le numerose questioni pre~udiziali che, se pur sollevate da alcuni solo dei ricorrenti, interessano peraltro la posizione di tutti e, solo successivamente passare all'esame di quelle particolari riguardanti i singoli. 1) Questioni di legittimit costituzionale. Da parte di alcuni ricorrenti (soc. La Centrale Finanziaria Generale, Antonio Tonello, Giuseppe Zanon di Valgiurata) sono state riproposte PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE in questa sede le questioni di legittimit costituzionale degli artt 1 e 2 della legge 30 aprile 1976 n. 319, per asserito contrasto con gli artt. \3, 24, . 2~ e 27 della Costituzione, nonch -da parte della sola Centrale -anche la questione di legittimit costituzionale degli artt. 185 e 107 cod. proc. pen., per asserito contrasto con l'art. 24, secondo comma, della Costituzione. Tale ultima questione, peraltro, stata sollevata solo in via subordinata e per il caso di mancato accoglimento di una tesi in diritto avanzata, in via principale, dallo stesso ricorrente con il primo motivo di ricorso. Ne deriva, quindi, la necessit di rinviare l'esame di tale questione al momento in ctii sar esaminato il fondamento della tesi principale della Centrale. Ci premesso osserva la Corte: stata, in primo luogo, eccepita la illegittimit costituzionale dell'art. 2 legge 30 aprile 1976 n. 159, mod. dall'art. 3 della legge 8 ottobre 1976' n. 689, per contrasto con il principio di irretroattivit della legge penale sancito dall'art. 25 della Costituzione; e ci in quanto -cos si assume -la menzionata norma valutaria, anche se apparentemente incrimina l'omesso rientro di disponibilit valutarie od attivit costituite all'estero anteriormente al 6 marzo 1976, in realt finirebbe col rendere punibile proprio il pregresso illecito amministrativo; il che sarebbe dimostrato anche dal fatto che la pena da irrogare per il reato sarebbe fissata in misura proporzionale al quantum. delle disponibilit possedute. L'assunto palesemente infondato, in quanto non considera che in base alla nuova normativa del 1976 la pregressa illegittima costituzione di ttivit o disponibilit valutarie all'estero costituisce mero presupposto di fatto del reato, il quale invece si realizza e si perfeziona esclusivamente per effetto della mancata osservanza del nuovo obbligo imposto dalla legge di denunciare l'esistenza illegittima di capitali all'estero e di farli rientrare in Italia. Non quindi sanzione penale per un pregresso illecito amministrativo (che continua, per quanto attiene al passato, a conservare tale sua specifica natura), bens sanzione penale per un nuovo comportamento posto in essere dall'imputato successivamente all'entrata in vjgore della legge. Del resto, che esuli totalmente dall'ambito della norma la repressione penale del pregresso illecito amministrativo (costituente, come si detto, mero presupposto di fatto del reato) dimostrato altres dall'ulteriore decisiva considerazione che in tanto pu sussistere l'obbligo di denuncia e di rientro in quanto, al momento dell'entrata in vigore della legge del 1976, le menzionate disponibilit si trovino ancora all'estero e, per converso, che la entit della sanzione penale da comminare per la perpetrazione della nuova figura di reato deve essere correlata non gi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO alla situazione esistente al momento in cui venne commesso l'illecito amministrativo, ma a quello diverso in cui, per la prima volta, sono stati imposti gli obblighi de quibus (e, quindi, tenendo conto degli eventuali, jntervenuti aumenti o diminuzioni di disponibilit verificatisi nel frattempo). L'illegittimit costituzionale dell'art. 2 della legge del 1976 stata , dedotta (dal ricorrente Zanon) anche con riferimento all'art. 24 della Costituzione, sotto il profilo che la dichiarazione all'Ufficio dei Cambi imposta dalla menzionata norma valutaria comporterebbe, di per s, oltre alla confessione dell'illecito amministrativo (per il quale stabilita la sanatoria), anche quella di fatti diversi previsti dalla legge come reato e, quindi, un illegittimo obbligo di autodenuncia contrastante con il principio del. nemo tenetur se detegere. Anche tale assunto manifestamente infondato; e ci per un duplice ordine di considerazioni: Innanzi tutto; perch la legge impone esclusivamente di dichiarare il pregresso illecito amministrativo e non pure altri fatti diversi integranti eventualmente la figura di reato; per cui l'eventuale scoperta di illeciti penali connessi con quello ammiriistrativo costituisce semmai il frutto di autonome e diverse indagini effettuate dagli organi dello Stato; indagini che, quindi, si presentano collegate alla dichiarazione de qua da un mero rapporto di occasionalit e non. certo da un rapporto diretto e necessario. In secondo luogo e comunque, perch -come stato gi osservato da questa Suprema Corte con sentenza n. 7096 del 26 aprile 1984, rie. Della Piazza + 1 "'"--nessun contrasto pu essere ravvisato tra la disciplina dettata dalla citata norma valutaria e l'art. 24 della Costituzione. Proprio in relazione ad un'caso in cui si sollevava questione di costituzionalit relativamente ad una norma che imponeva a determinati cittadini di denunciare all'autorit di vigilanza e di controllo un loro futuro comportamento che, se messo in atto, costituiva reato, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 10 del 10 febbraio 1963, ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione, osservando che l'art. 24 della Costituzione, in tutto il suo contenuto (oltre che per il suo secondo comma che, nel parlare in particolare del diritto di difesa, stabilisce essere la difesa diritto inviolabile in ogni' stato e grado del procedimento), si riferisce esclusivamente al giudizio ed alle garanzie assicurate a hi deve agire in giudizio o comunque subire un giudizio, e non si estende a considerare i momenti anteriori dai quali esso trae origine. Tale principio stato, poi, ulteriormente ribadito dalla Corte Costituzionale con la successiva sentenza n. 149 del 15 dicembre 1967, ed altre, fra cui notevole la sent. n. 236 di quest'anno, intervenuta nel frattempo, proprio in termini. I I I I PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE stata, infine, .sollevata (dal ricorrente Tonello) questione di legittimit costituzionale degli artt. 1 e 2 della citata legge n. 319 del 1976 e 27 cod. pen., per asserito contrasto con gli artt. 3 e 27 della Costituzione. In particolare, si assume che il sistema adottato dagli artt. 1 e 2 della legge, in conformit all'art. 27 cod. pen. (irrogazione di pene pecuniarie proporzionali all'entit delle somme esportate o no. rimpatriate) darebbe luogo ad una sanzione irragionevolmente sproporzionata alla colpevolezza del soggetto (con violazione dell'art. 3 della Costituzione) e si porrebbe in contrasto con il principio di umanit della pena consacrato dall'art. 27, secondo comma della Carta Costituzionale. Inoltre, il criterio adottato nella specie dal legislatore -in quanto fondato su di un calcolQ estrinseco. alla sfera del condannato importerebbe la violazione del principio di personalit della responsabilit di cui all'art. 27, primo comma, della Costituzione. Anche tale questione (sulla quale gi si pronunciata la Corte Costituzionale con sentenza n. 167 , del 1971) si presenta manifestamente infondata. Non sussiste, infatti, violazione del principio secondo il quale la ]:'.esponsabilit penale personale, in quanto l'entit della pena pecuniaria da infliggere al condanmlto stata dalla legge agganciata proprio all'entit del fatto-reato commesso da costui. Nemmeno, poi, pu parlarsi di violazione del principio di umanit della pena, sia perch l'effettivo pagamento della pena pecuniaria jnflitta risulta pur sempre condizionato dall'effettiva entit del patrimonio del condannato, sia perch, in caso di effettiva insolvibilit di costui, non pu farsi luogo alla espiazione di pena alternatiya, stante l'illegittimit costituzionale della conversion~. delle pene pecuniarie in pene detentive, dichiarata dalla Corte Costituzionale con la nota sentenza 21 novembre 1979 n. 131. 2) Dedotta incompetenza funzionale del Procuratore Generale a promuovere il giudizio dirttissimo e nullit degli atti istruttori da questi compiuti. Con riferimento all'avocazione ed alla successiva attivit posta in essere dal Procuratore Generale ih relazione al procedimento per reati valutari originariamente affidato alle cure del Sostituto Procuratore della Repubblica, stata eccepita la violazione dell'art. 185 n. 2 cod. proc. pen., in relazione agli artt. 74, 232, 234, 391, 392, ultimo comma e 502 stesso codice; degli artt. 70 e 74 dell'ordinamento giudiziario, nonch dell'art. 4 del d.l. 4 marzo 1976 n. 31, integrato dall'art. 1 della legge 30 marzo 1976 n. 159. In particolare stata dedotta la totale illegittimit della disposta avocazione, in quanto contrastante con la natura eccezionale dell'istituto, non suscettibile di applicazione analogica e, quindi, non utilizzabile. in casi diversi da quelli tassativamente previsti dalla legge .. 1052 RASSllGNA DBU.'AVVOCATURA DF.LLO STATO L'assunto non pu esere accolto, in quanto postula, in radice, la tesi di una limitata titolarit della iniziativa penale da parte del Procuratore Generale, tesi contrastante col sistema desumibile dall'art. 112 della Costituzione e dagli artt. 74, 220, 233, 234, primo 'comma, e 392, terzo comma cod. proc. pen. La citata norma costituzionale, infatti, nel sancire l'obbligo incondizionato di esercizio dell'azione penale, fa riferimento comprensivo all'istituto del Pubblico Ministero, cio ad un organo che secondo le leggi comprende sia il Procuratore Generale che il Procuratore della Repubblica; si riferisce, io, al P. M. come istituto organicamente concepito dalle leggi, in sede locale, nel modo che risulta altresl dall'art. 74 cod. proc. pen.; tale norma, proprio con riferimento all'esercizio dell'azione penale, parla anch'essa genericamente di Pubblico Ministero, con ampia accezione comprensiva di entrambi gli organi locali di esso, confermata sia dall'art. 233 cod. proc. pen., che impone al Procuratore della Repubblica di informare il Procuratore Generale presso la Corte d'appello delle querele, delle denunce ... e di ogni altra notizia di reato a lui pervenuta, sia dall'art. 234, primo comma, stesso codice, che abilita il detto Procuratore Generale ad esercitare la facolt attribuita al Procuratore della Repubblica dall'art. 232 cod. proc. pen. di procedere, anche direttamente, ad atti di polizia giudiziaria, ovvero di espletare egli stesso l'istruzione sommaria. (Si tenga conto anche dell'art. 220 cod. proc. pen. circa la contemporanea subordinazione degli organi di polizia giudiziaria al Procuratore Generale e al Procuratore della Repubblica). In tale ultima ipotesi (c.d. potere di sostituzione) al Procuratore Generale sono dunque riconosciuti tutti i poteri preliminari, di iniziativa penale e di istruzione spettanti al J>rocuratore della Repubblica; in pari modo, coerentemente col sistema descritto, gli va riconosciuto di norma quello di avocazione attribuitogli dall'art. 392, terzo comma, cod~ proc. pen. In particolare -per quanto attiene ali~ avocazione ed alla sostituzione - il caso di sottolineare come, con numerose pronunce (cfr. principalmente C. C. 19/27 novem,bre 1963 n. 148 e 18 marzo/2 aprile 1964 n. 32), la Corte Costituzionale, pur effettuando una parziale revisione delle norme relative, ha riconosciuto, peraltro, la legittimit costituzionale dei due istituti, in quanto non spostano la competenza di alcun giudice, ma attengono unicamente ai rapporti tra due uffici del Pubblico Ministero e rispondono ad esigenze strettamente connesse al miglior funzionamento dell'attivit giudiziaria. Una volta ammessa l'ampiezza dei poteri come sopra riconosciuti dalla legge al Procuratore Generale preso la Corte d'Appello, non sembra a questa Corte che, per escludere la legittimit dell'avocazione di un giudizio direttissimo' da parte del Procuratore Generale medesimo, possa fondatamente invocarsi il contenuto dell'art. 502 cod. proc. pen., e ci per le seguenti considerazioni: innanzitutto va rilevato -bench non PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 1053 sia di per s argomento decisivo -che la detta norma posta tra quelle che regolano lo svolgimento dei giudizi (Capo IV del libro III) e non tra quelle sopra esaminate che, invece ed esplicitamente, riguardano i poteri e le attribuzioni del P.M. In secondo luogo, nell'art. 502 la menzione del solo Procuratore della Repubblica ha una sua particolare e specifica ragion d'essere, che la rende inestensibile ad altre ipotesi. Nel giudizio direttissimo di cui al detto articolo l'arrestato deve necessariamente essere presentato al Procuratore della Repubblica (art. 244 cod. proc. pen.); quindi logico che la norma menzioni solo costui, tacendo del Procuratore Generale. Nella materia valutaria si verte in una ipotesi speciale di giudizio direttissimo, introdotta dal legislatore al fine di ottenere, in tale materia, una pi rapida pronuncia, anche al di fuo~i dei presupposti stabiliti dal citato art. 502 cod. proc. pen., il cui dettato conseguentemente non pu essere preso come paradigma ad ogni fine. Egualmente, poi, non pu essere accolta l'eccezione di nullit degli atti istruttori compiuti nella specie dal Procuratore Generale, formante oggetto di separato motivo di ricorso da parte della Centrale. Sul punto, infatti, non pu non osservarsi, innanzi tutto, che lo stesso disposto dell'art. 502 cod. proc. pen. prescrive che il Procuratore della Repubblica procede all'interrogatorio, sia pure sommario, dell'arrestato. Come stato, inoltre, gi altra volta precisato da questa Suprema Corte (cfr. Cass. 27/6/77, n. 1671 in c. Marini Giorgio), in caso di giudizio direttissimo, il P. M. pu compiere l'attivit di acquisizione probatoria strettamente necessaria ai fini della ricerca di sufficienti indizi di colpevolezza. Nel caso di specie si verte in materia di giudizio direttissimo speciale, voluto dal legislatore per una situazione diversa da quella. contemplata dall'art. 502 cod. proc. pen., e, quindi, anche per casi indiziari; per cui, per esso, pu diventare addirittura indispensabile -soprattutto nell'interesse degli imputati -l'espletamento di un minimo di attivit intesa ad accertare l'effettiva presenza di sufficienti indizi di colpevolezza. D'altra parte, non pu non sottolinearsi la carenza di interesse degli imputati a dolersi del fatto che il loro interrogatorio si sia svolto con tutte le garanzie di difesa assicurate dall'interrogatorio formale. 3) Violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza. In relazione alla contestazione di cui al capo a), si assume dai ricorrenti Tonello, .Zanon e soc. La Centrale la violazione dell'art. 477 cod. proc. pen., sotto il profilo che, mentre con tale contestazione si faceva loro carico di non aver provveduto alla dichiarazione all'U.I.C. ed al rientro in Italia di una disponibilit valutaria di lire 23.579.574.150 posseduta all'estero dalla Centrale e costituita nel novembre 1975 mediante acquisto di n. 1.110.934 azioni Toro ad un prezzo unitario superiore di lire 21.225 a quello di mercato, con la sentenza di secondo grado, la Corte PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 1055' delle azioni Toro del novembre 1975 venne effettuato ad un prezzo unitario di ben 21225 lire superiore-a quello di mercato, pur vero, peral~ tro, che viene altres e contemporaneamente detto che, in realt, k stesse azioni erano state gi acquistate dalla Centrale sin dal 1973. Il che significa che, fermo rimanendo il centrale e principale addebito circa l'effettiva esis.tenza di una disponibilit valutaria all'ester0> e circa il mancato rientro di essa in Italia, nonch la prescritta denuncia all'U.l.C. (e, cio, la I condotta criminosa prevista e punita dal-l'art. 2 legge n. 159 del 1976), per quanto attiene all'entit ed alle modalit relative alla pregressa costituzione di tale disponibilit valutaria_ vengono, invece, prospet.tate due ipotesi aternative: o che il capitalecostituito all'estero sarebbe rappresentato dalla differenza tra prezzo apparentemente stipulato e-prezzo di mercato del 1975 (ipotesi accolta pal' Tribunale), ovvero dall'intero ammoQtare della valuta esportata all'estero a titolo di prezzo per il fittizio acquisto del 1975 (tesi accolta dalla Corte d'Appello che, sulla scorta degli atti e delle risultanze processuali, ha. motivatamente spiegato le ragioni di tale decisione). N -ai fini del decidere -pu darsi rilievo alla circostanza cher a proposito della apparente intestazione delle azioni a societ estere,. nel detto capo di imputazione si parla di vendite fiduciarie , anzichdi vendite simulate effettuate dalla Centrale, palese essendo che -al di l della impropriet dell'espressione usata -il concetto ivi espresso era (ed quello) di significare che durante tutto il periodo di parcheggio. delle azioni all'estero la titolarit delle azioni medesime rimase sempre 1 alla Centrale.- Ne consegue, quindi, che nessuna violazione del diritto di difesa pu essere ipotizzata nella specie, dato che le due ipotesi alternative furono. sicuramente contestate agli imputati sin dalla contestazione originaria e, quindi, gli imputati si trovarono, sin dall'inizio, nella possibilit di difendersi, sia nei confronti dell'una che nei confronti dell'altra. La violazione dell'art: 477 cod. proc. pen. stata denunciata anche dal ricorrente Cappugi sotto il diverso profilo che nell'originario capo. di imputazione di cui al capo b) della rubrica gli sarebbe stata attri-buita la erronea qualifica di appartenente al Consiglio di amministrazione della soc. La Centrale, anzich quella esatta di Direttore generale di tale societ e di Amministratore Delegato della soc. SPARFIN. La censura del tutto inconsistente, in quanto -a prescindere dalla considerazione che tale erronea indicazione venne immediatamente corretta nel giudizio di primo grado -l'erronea indicazione della vera qualifica spettante al Cappugi costitu palesemente una mera inesattezza formale, che in nessun modo pot pregiudicare i diritti di difesa dell'imputato, 'che non poteva certo ignorare quale fosse la sua effettiva posizione nell'interno delle due societ. PARTI! I, SBZ. VIII, GIURISPRUDENZA PNALE dall'art. 475 n. 3 cod. proc. pen. e, quindi, deducibile dinanzi alla Suprema Corte, a norma dell'art. 524 n. 3 stesso codice. b) Ricorsi del Procuratore Generale e della Parte Civile relativamente al proscioglimento di Giuseppe Zanon di V algiurata e Mario Valeri Manera (con formula piena), nonch di Aladino Minciaroni (con formula dubitativa) dal reato di cui al capo b). Anche tale parte dei ricorsi non pu che essere rigettata, atteso che i relativi motivi -anche se formalmente rivolti a dedurre un'asserita (ma .inesistente) carenza o contraddittoriet di motivazione -in realt si risolvono in una serie di critiche circa la valutazione dei fatti e delle prove compiuta dal giudice di merito, contrapponendo ad essa, una diversa valutazione opposta e contraria. e) Ricorsi di Giuseppe Zanon di Valgiurata e di Aladino Minciaroni ayverso i capi della sentenza con i quali venivano giudicati limitatamente ai reati loro rispettivamente ascritti alle lettere a) e b) del capo di imputazione. I ricorsi -si presentano fondati, in quanto indubbiamente contraddittoria si presenta la motivazione della sentenza adottata dalla Corte a sostegno delle emesse pronunzie di condanna ed assolutoria con formula dubitativa. Ed invero, contraddittoria si presenta la sentenza per quanto attiene alla posizione dello Zarion, dato che i giudici di merito, dopo avere con ampia motivazione (cfr. f. 35 e sgg. e f. 102) precisato che costui sicuramente si indusse alla stipula del patto di sindacato con la Centrale per non perdere il ontrollo della Toro Assicurazioni , nella quale deteneva il dominio di fatto, graiie al possesso del 25 % delle azioni ordinarie e dopo aver altres affermato che l'operazione di acquisto (da parte della Centrale) delle azioni Toro non destinate al patto di sindacato sicuramente si poneva in contrasto con gli obbiettivi dello Zanon, essendo evidente che l'acquisizione, da parte della Centrale, della maggioranza assoluta nella societ, automaticamente toglieva ogni potere allo Zanon, afferma poi che il detto Zanon avrebbe invece collaborato a far acquisire alla Centrale la detta maggioranza assoluta: e ci senza spiegare per quali nuove intervenute ragioni lo Zanon avrebbe avuto interesse a partecipare ad una operazione in contrasto con I suoi interessi, ma fondando tale suo convincimento sul solo ambiguo dato che lo Zanon ebbe ad intermediare la negoziazione delle Toro che dalla SAI pervennero alla finanziaria estera E.P.I., una delle venditrici del 1975 . Ora palese la inidoneit di tale dato a dimostrare una eventuale coincidenza o identit di interessi tra Zanon e Centrale, ove sol si consideri che le dette azioni SAI (cui bisogna aggiungere 20.400 azioni Midana) erano solo 40.600 e che, in realt, tali azioni furono vendute in Italia (nel luglio del 1973) al Banco di Napoli; per cui -in difetto RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1058 di altri e p1u convincenti argomenti -non pu certo affermarsi con sicurezza che lo Zanon -facendosi intermediatore di tali vendite sapesse verament~ che tali azioni dovevano andare all'estero per essere ivi parcheggiate per conto della Centrale. Egualmente censurabile ' si presenta la sentenza per quanto attiene alla valutazione della posizione del Minciaroni. Ed invero, gi nella sentenza del Tribunale, l'emessa pronuncia assolutoria con formula . dubitativa non si concilia con la motivazione della sentenza che, sul punto, si limita unicamente a dire che il fatto che egli fosse presidente della Sparfin con poteri eguali a quelli del!' Amministratore delegato non ha significato probatorio una volta che consti, come consta (tenuto presente il ruolo puramente strumentale della Sparfin) che era stato l'amministratore delegato Cappugi ad operare in concreto e che il presidente Minciaroni aveva avuto notizia dello acquisto del 29 novembre 1976 solo a seguito del.la riunione del Consiglo di Amministrazione della Sparfin del 21 dicembre 1976 ed a seguito della relazione ivi fatta dall'amministratore delegato Cappugi. La situazione non. migliora, poi, con la sentenza di . secondo grado. atteso che quest'ultima, . pur affermando che, .in realt, dagli atti processuali risultava che la persona del Minciaroni si appalesa del tutto sostituita, nell'ambito della Sparfin, da quella del Cappugi ,., richiama, poi, proprio la posizione del Minciaroni al vertice della societ per motivare il proprio dubbio e, quindi, l'emessa pronuncia assolutoria con formula dubitativa. Conseguentemente -e limitatamente a tali capi -la impugnata sentenza deve essere annullata per difetto di motivazione ed il giudizio rinviato, per nuovo esame, ad, altra Sezione della Corte d'Appello di Milano. d) Ricorso di Antoni Tonello, condannato alla pena di anni 1, mesi 6 di reclusione e lire 6 miliardi di multa (oltre pena eccessoria) per i reati di cui ai capi a) e b). Con il proposto ricorso, il Tonello -in aggiunta ai motivi di ricorso sopra esaminati e rigettati -censura la sentenza impugnata per carenza di motivazione in ordine alla sua penale responsabilit e per violazione degli artt. 40 e 110 cod. pen., nonch dell'art. 8 decreto-legge 4 marzo 1976 n. 31. Esaminando singolarmente tali motivi, osserva la crirte: -Deduce, innanzi tutto il ricorrente che la motivazione della' sen teriza sarebbe, in realt,. meramente apparente, in. quanto l'emesso giu dizio di colpevolezza, anzich su prove, si baserebbe su argomentazioni del tutto generiche e di nessuna forza probante, nonch su mere con getture. La censura non pu essere accolta. j i i I ! ~ Z'.'.ZZZZ'.'.'.ZZZZC'.'.Z"z:::ZZ'.'.ZZ .. =Z''. ......., ............z:::ZC>'.Z'.ZZCC'.:ZZZ::ZZC:Mzc-..wm ............r.-c..................................c.-.....r.-c.,............................................./...........................................;.....,..J PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 1059 Ed invero, non pu, innanzi tutto, convenirsi sull'affermata irrilevanza delle Considerazioni generali premesse dalfa Corte d'Appello all'esame dettagliato della posizione dei singoli imputati, in quanto esse -come stato del resto sottolineato dallo stesso giudice di merito -, pur non potendo da solo costituire base sufficiente per un giudizio di colpevolezza (avendo, comunque bisogno di essere ancorate al concreto della fattispecie), si fondano pur sempre su indubbie massime di esperienza, e quindi, in base al criterio della probabilit, costituiscono sicuramente indizi da poter utilizzare, in concorso con altri indizi o presunzioni, a fondamento di un giudizio di colpevolezza. Del resto, l'indubbio ancoraggio delle menzionate considerazioni di carattere generale alla comune esperienza non sembra che possa essere seriamente negata, ove sol si considera che -come esattamente osservato dal giudice di merito - proprio in base alla comune esperienza che deve considerarsi normale che in un organismo societario le operazioni pi importanti siano oggetto di esame, di discussio.e e di preventivi accordi, almeno tra le massime cariche; per cui difficilmente credibile che una persona posta ai vertici di una societ e dotata di indubbie capacit professionali possa effettivamente ignorare il contenuto ,e la portata di tali pi importanti _operazioni. Ma -e con ci la Corte passa all'esame del secondo rilievo -nel caso in esame il giudice di secondo grado non ha basato l'emesso giudizio di colpevolezza sulle sole considerazioni generali; ma -come sopra si . precisato -si dato cura di confrontare tali considerazioni generali con il concreto processuale riguardante la struttura della Centrale, la personalit del Tonello e la sua, posizione nella societ, ricavando da tale complesso esame, una serie, non gi di mere supposizioni, ma di specifici indizi che, visti nella loro globalit, convergevano univocamente nel dimostrare che l'imputato era perfettamente a conoscenza delle finalit e della portata delle operazioni Toro e Credito Varesino; pervenuto, cio, ad uri giudizio finale di merito che, per essere immune da vizi logico-giuridici, sfugge, come tale, al sindacato di legittimit di questa Suprema Corte. Egualmente inconsistenti si presentano i restanti motivi di ricorso. Non ravvisabile, infatti, la dedotta violazione degli artt. 10 e 110 cod. pen. (denunciata specialmente con riferimento all'imputazione sub a), essendo di palmare evidenza che il Tonello, essendo a perfetta conoscenza dei fatti, era anche lui personalmente tenuto -quale vice presidente della societ -a controllare e ad attivarsi affinch fossero puntualmente eseguiti gli adempimenti imposti dall'art. 2 della citata legge n. 159 del 1976, avvalendosi, se del caso, dei poteri vicari a lui spettanti di sostituire il Presidente inadempiente e, comunque, chiedendo la immediata convocazione del Consiglio di Amministrazione. --... -------... --........../. -----,. -----,-.,. . ----------------------. ----------------------- ------.-.-.-.-.-.-.-.---- ----.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-..-.-.-.-.-..'.'.-'.:'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.'.>'.'.'.'.'.'.'. '.~'.-'.'.'. 1060 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO N a dire che, fino a quando non fosse scaduto il termine fissato dalla legge, il Tonello non aveva motivo di pensare che la prescritta denuncia all'U.I.C. non sarebbe stata presentata, dato che anche la pi semplice dichiarazione ha pur sempre bisogno di un'attivit preparatoria. preliminare: attivit quest'ultima la cui mancanza non pot non essere notata dal Tonello che, pertanto, ignorandola, dimostr di essere consenziente nel non far effettuare la dichiarazione. Ne~meno sussiste la denunciata violazione dell'art. 8 d.l. 4 marzo 1976 n. 31, dato che -come stato gi precisato da questa Suprema Corte con sentenza 27 aprile 1984, rie. Guarnaccia -a seguito delle modifiche apportate a tale decreto dalla legge di conversione 30 aprile 1976 n. 159, la norma di cui all'art. 8 di tale decreto (conversione delle sanzioni . amministrative in pena accessoria) deve intendersi riferita a tutte le ipotesi criminose previste dal decreto-legge come sopra modificato. e) Ricorso di Giorgio Cappugi. I I Risulta dagli atti che il giudice d'appello ha concesso all'imputato le circostanze attenuanti generiche, dichiarandole equivalenti alla cir! costanza aggravante contestata ex art. 1, quarto comma, della legge 30 aprile 1976 n. 159 e lo ha conseguentemente condannato alla sola pena I pecuniaria prevista (anteriormente alla modifica apportata alla struttura del reato de quo con l'art. 2 della legge 23 dicembre 1976 n. 863) per I il reato-base dall'art. 1, primo comma della citata legge n. 159. Ne deriva, quindi, che, poich la data del commesso reato deve I essere fissata al 29 novembre 1976, il termine massimo per la sua prei ._scrizione deve -a norma degli artt. 157 n. 5 e 160 cod. pen. -essere ! fissato al pi tardi al 29 maggio 1984. Consegiiente:mente -dato atto di tale intervenuta causa estintiva del reato e considerato altresl che, nella specie, non pu trovare appli I cazione il disposto del capoverso dell'art. 152 cod. proc. pen. (non risul tando evidente dagli atti che l'imputato non commise i fatti a lui ascritti o che gli stessi non costituiscono reato) ritiene la Corte di dover pronunciare, per tale causale, l'annullamento senza rinvio della impugnata sentenza. f) Azione risarcitoria esercitata nel processo penale contro il responsabile civile. Contesta, innanzitutto, la s.p.a. la Centrale Finanziaria Generale la propda legittimazione passiva ad essere convenuta nel presente processo in veste di responsabile civile per i fatti-reato addebitati ai suoi amministratori, in, quanto -Cos assume -in forza del nesso organico sussistente tra gli amministratori e la societ, la responsabilit civile di essa La Centrale dovrebbe essere qualificata come diretta '" mentre presupposto inderogabile per l'assunzione della qualit di re PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE sponsabile civile nel processo penale sarebbe, invece, la natura indi retta di tale responsabilit. Ed, a sostegno del proprio assunto, invoca il disposto dell'art. 107 cod. proc. pen. (dove si parla di responsabilit per fatto dell'imputato), nonch, principalmente, quello dell'art. 185 cod. pen. che, ponendo l'ob bligo del risarcimento del danno a carico del colpevole e delle persone che a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui >>, chiaramente rivelerebbe che alla responsabilit civile per fatto pro prio dell'imputato pu essere aggiunta esclusivamente quella di sog getti che, pur non essendo colpevoli, sarebbero peraltro tenuti a' rispon dere civilmente del fatto altrui. L'assunto non pu essere accolto, in quanto non considera che quando nell'art. 185 cod. pen. il legislatore parla delle persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto dell'imputato , non ha certo inteso riferirsi ali.a (oltretutto non sempre pacifica) distinzione civilistica tra responsabilit diretta ed indiretta, ma unicamente preci sare il ben diverso concetto che la responsabilit civile per il reato si e.~tende oltre la persona del colpevole (penalmente). Il motivo di ricorso non considera, perci, che l'accoglimento di tale assunto comporterebbe una irrazionale limitazione della portata della norma, il cui fine, invece, quello di consentire alla persona danneggiata dal reato di portare la sua pretesa risarcitoria non solo contro il colpevole del reato, bens pure contro tutti coloro che, non essendo ritf;:nuti penalmente colpevoli, debbono tuttavia rispondere delle conseguenze dannose del fatto-reato. La stessa sottolineata contrapposizione messa in luce dal ricorrente tra colpevolezza (dell'imputato) e non colpevolezza (del responsa bile civile) chiaramente si riferisce (e non pu che rifrirsi) al concetto penalistico di colpevolezza e non pure a quello civilistico di essa, notorio essendo che, anche in caso di responsabilit civile indiretta, ricorre spesso un aspetto di colpa. Lo stesso metro vale per l'espressione fatto dell'imputato, di cui all'art. 107 cod. proc. pen.; essa deve essere intesa nel senso proprio di fatto-reato dell'imputato e non gi, invece, come fatto-illecito civile del solo imputato. Ulteriore conforto alla esattezza della interpretazione qui accolta viene infine dalla considerazione che l'azipne risarcitoria contro il responsa bile civile in sede penale sempre stata ammessa nei confronti della Pubblica Amministrazione (cfr. da ultimo Cass. 14 aprile 1981 n. 7231, De Palo; id. 12 febbraio 1981, Cavani), nonostante che, per consolidata giurisprudenza di questa Suprema Cort~ (cfr. Cass. 16 dicembre 1981 n. 693~; id. 10 ottobre 1979 n. 5428; id. 23 maggio 1962 n. 1187; id. 2() luglio 1953 n. 6934), la responsabilit per fatto illecito della Pubblica Amministrazione e degli enti pubblici non tragga fondamento dalla norma dell'art. 2049 cod. civ. (responsabilit indiretta per fatto del pre 1062 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO posto, presupponente una culpa in eligendo od in vigilando del preponente), ma costituisca invece una ipotesi di responsabilit diretta per fatto proprio ex art. 2043 cod. civ., in quanto dipende dal rapporto organico che lega il funzionario o il dipendente all'ente ed in forza del quale si ha, di fronte ai terzi, identit tra ente pubblico e dipendente. In via subordinata, la soc. La Centrale solleva altres questione di legittimit. costituzionale dei citati artt. 185 cod. pen. e 107 cod. proc. pen., per asserito contrasto con l'art. 24, secondo comma della Costituzione. Ed a tal fine deduce che, una volta riconosciuta la possibilit di attribuire ad una persona giuridica la posizione di responsabile civile per i fatti addebitati ai suoi amministratori, la detta persona giuriclica si verrebbe a trovare -con enorme pregiudizio per il suo diritto di -difesa -in una duplice antitetica posizione per il medesimo fatto, dato che -per quanto attiene alla pretesa risarcitoria della parte civile essa non avrebbe altra difesa che quella di far propria la linea difensiva degli imputati, mentre -per quanto attiene ai suoi rapporti diretti con gli amministratori -avrebbe invece interesse a far valere nei loro confronti Una vera e propria azione civile. di responsabilit. Col suo assunto, il ricorrente intende denunciare un'asserita violazione del diritto di difesa, derivante dalla impossibilit di far valere in sede penale eventuali azioni di rivalsa, di regresso o di responsabilit da parte del responsabile civile nei confronti dell'imputato. La Corte, per, non pu che dichiarare la JI1.anifesta infondatezza della sollevata .questione di legittimit costituzionale. La voluta limitazione delle azioni civili esercitabili in sede penale esclusivamente a quelle per il risarcimento del danno e per le restituzioni avanzate dal danneggiato del reato nei confronti dell'imputato e del responsabile civile non si pone, infatti, in contrasto con la citata norma costituzionale, sia perch trova il suo ragionevole fondamento nella necessit di non ampliare eccessivamente l'ambito del processo penale, sia perch -limitando l'incidenza della controversia civile ivi risolta ai soli rapporti tra parte civile, da un lato, ed imputato e responsabile civile, dall'altro -non pregiudica in .alcun mod i diritti di difesa del responsabile civile, dato che fa salva ed impregiudicata ogni e qualsiasi ragione di controversia attinente al rapporto interno tra costui e l'imputato; rapporto interno che ben potr essere successivamente devoluto alla cognizione del competente giudice -civile. g) Con altro motivo di ricorso, la Soc. La Centrale contesta altres la legittimazione attiva del Ministero del Tesoro a costituirsi parte -civile nel presente giudizio, sotto il profilo che i reati come sopra con testati agli imputati non lederebbero alcun diritto patrimoniale dello .Stato, ma un mero interesse, non assurgente al rango di diritto sogget _tivo, che si colloca, come tale, fuori dalla sfera di protezione dell'art. 2043 sgg. cod. civ. PARTI! I, SBZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE Pi in particolare, con tale motivo viene anzitutto criticata la tesi della Corte di merito che ha ritenuto la sussistenza di un danno patrimoniale dello Stato e la conseguente legittimazione attiva del Ministero del Tesoro sotto il triplice profilo del lucro cessante per la sottrazione di un reddito a determinate imposte; del pregiudizio all'equilibrio economico dello Stato, derivante dalla sottrazone di valuta alla disponibilit dell'economia nazionale; degli interventi imposti al Ministero del Tesoro per porre rimedio al conseguente disavanzo della bilancia dei pagamenti. Questo Collegio, pur condividendo in parte le argomentazioni della difesa, non pu tuttavia che confermare la legittimazione del Tesoro a richiedere il risarcimento del danno derivante dal duplice reato valutario di cui causa. Ed invero, deve condividersi con la difesa, con riguardo al primo dei detti profili, .l'osservazione che non detto che le somme indebitamente esportate avrebbero prodotto un reddito sottoponibile a tributi, trattand,osi di una mera eventualit non certa; soprattutto poi giusto sostenere che, a seguito della mancata riscossione di tributi, spetterebbe semmai al Ministero delle Finanze e non a quello del Tesoro far valere la pretesa derivante dalla sottrazione di reddito imponibile. Sotto il profilo del danno arrecato all'economia nazionale, pur sostenuto ad altri fini. anche dall'autorevole giurisprudenza citata dalla Corte di merito, non si pu che negarne la risarcibilit in favore del Tesoro, incidendo esso su interessi diffusi in seno alla comunit, interessi assai cospicui, ma non determinabili n 'precisabili in alcun modo; non riconducibili inoltre ad una situazione patrimoniale dello Stato che possa dirsi direttamente protetta dall'ordinamento n lesa dalle azioni in contestazione, interessi comunque non impersonati o rappresentati come tali dall'Amministrazione del Tesoro. sotto il terzo profilo, invece, quello degli interventi imposti agli organi dello Stato a seguito della ingente sottrazione di valuta alla sua disponibilit, che pu dirsi verificato un danno di natura patrimoniale, ricadente sul bilancio del Tesoro, anche se, in sede di liquidazione, la determinazione del quantum destinata ad incontrare non lievi difficolt. Stante il regime di monopolio valutario vigente nel Paese, regime che per il decreto luogotenenziale 17 maggio 1945 n. 331 fa .capo all'Ufficio Italiano dei Cambi (art. 2), allo stesso incombe il compito di mantenere, oltre che controllare, l'equilibrio valutario, attingendo se del caso alle proprie riserve o svolgendo quelle operazioni anche con l'estero che si rendano necessarie all'uopo. L'una e l'altra ipotesi sono ordinariamente suscettibili di produrre un danno, per la riduzione degli utili sulle riserve e/o per l'acquisto di valuta ad un cambio eventualmente sfa vorevole. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO bensl vero che tale danno, in entrambe le ipotesi, ricade prima~ riamente sull'U.I:C.; ma esso si ripercu!'.>te necessariamente anche sul Ministero del Tesoro, per il collegamento finanziario stabilito con esso dalla richiamata legge istitutiva~ ed in particolare dagli artt. 8, 9 e 10. Non vale il dedurre che nel caso in esame non sarebbe stata in realt fornita la prova, piena e convincente, dell'effettiva sussistenza di tale asserito danno, dato che in contrario non pu non osservarsi che -come stato ormai ripetutamente precisato, con giurisprudenza eonsolidata, da questa Suprema Corte (cfr. da ultimo, Cass. Civ. 24 febbraio 1982 n. 1169; id. 29 aprile 1981 n. 2630; id. 22 maggio 1980 n. 3379; id. 21 marzo 1980 n. 1911; id. 22 ottobre 1979 n. 5486; Cass. Pen. 21 novembre 1983 n. 798) -ai fini della pronuncia di condanna generica al. risarcimento dei danni, non necessario che il danneggiato dia la prova della loro effettiva sussistenza e del nesso di causalit tra questi e l'autore dell'illecito, ma sufficiente l'accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di conseguenze dannose, costituendo la predetta pronuncia una mera declaratoria iuris, da cui esula ogni accertamento relativo sia alla misura che alla stessa esistenza del danno, il quale rimesso, invece, al giudice della liquidazione. Nemmeno, poi, vale il richiamare l'affermazione (contenuta nella citazione del giudizio per risarcimento del danno erariale instaurato dalla Procura Generale della Corte dei Conti nei confronti del Banco Ambrosiano, quale Banca agente) secondo la -,quale, ove il Ministero del Tesoro dovesse conseguire in sede penale risarcimento di danni da parte di soggetti dichiarati colpevoli, gli im porti cosl conseguiti dovranno essere detratti dalle somme oggetto di una eventuale condanna che la Corte in questa sede dovesse pronunciare . 1Trattasi, infatti, del mero richiamo al noto principio di diritto con sacrato nell'art. 1292 cod. civ., in forza del quale quando pi debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione, in modo che ciascuno pu essere costretto all'adempimento per la totalit, l'adempimento parziale del debito da parte di uno di essi giova anche agli altri, che rimangono pertanto obbligati al pagamento del solo debito residuo. Egualmente, infine, non pu essere accolto il quarto motivo di ricorso de L~ Centrale (illegittimit della sua condanna in relazione al fatto di cui al capo b), in quanto dimentica che -come accertato in punto di fatto dal giudice di merito -le azioni del Credito Varesino, illegitti mamente esportate all'estero, solo apparentemente furono vendute dal gruppo INVEST alla Dunlac, alla Gestivaleur ed alla SA.PI.SA, mentre, in realt, effettiva acquirente di esse fu proprio La Centrale. In definitiva, e conclusivamente, ritiene la Corte di dovere, per le suesposte considerazioni, dichiarare la manifesta. infondatezza delle sol levate questioni di legittimit costituzionale; di dover pronunciare l'an nullamento senza rinvio della impugnata sentenza nei confronti di Gior gio Cappugi, perch il reato ascrittogli estinto per prescrizione; di do PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE vere, inoltre, ed in accoglimento dei ricorsi di Giuseppe Zanon di Valgiurata e di Aladino Minciaroni, pronunciare l'annullamento con rinvio della medesima sentenza, per difetto di motivazione, limitatamente ai reati rispettivamente ascritti ai detti ricorrenti alle lettere a) e b) del capo di imputazione; nonch, infine, di rigettare i restanti motivi di ricorso, con ogni conseguenza di legge. (omissis) / - PiARTE SECONDA I ! I ~ II ! I l i' i I I I ! I i I QUESTIONI L'ACCESSO DEI CITTADINI AI DOCUMENTI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE Introduzione all'incontro-dibattito organizzato dal CEVAR (Centro per la promozione e valorizzazione della ricerca) tenuto presso il C.N.R. il 12 novembre 1984 1. -Introduzione. Nelle dichiarazioni programmatiche del Governo dell'agosto 1983 veniva affermata la necessit di por mno ad un complesso di riforme istituzionali quale tema centrale della IX Legislatura. Fra queste, particolare importanza assumeva la riforma della Pubblica Amministrazione lungo la triplice direttiva della democraticit, dell'efficienza e della semplificazione. In particolare stata sottolineata l'esigenza di porre fine alla imperscrutabilit ... dei comportamenti amministrativi e di affermare il diritto del cittadino all'acquisizione di dati e informazioni sul funzionamento dei servizi che lo interessano in nome di un principio di trasparenza . Veniva cos enunciata la necessit di introdurre nel nostro ordinamento l'istituto del diritto di accesso ai documenti della Pubblica Amministrazione. Ratione materiae il relativo compito fu affidato, quindi, alla Sottocommissione incaricata dello studio della riforma del procedimento amministrativo, anche se ci ha comportato un ampliam'ento di competenze in quanto il diritto di accesso, indubbiamente connesso con il procedimento, concepibile per anche al di fuori di esso. Esso si pone, infatti, in connessione con tre possibili diritti del cittadino nei confronti della Pubblica Amministrazione: quello di difesa in giudizio, quello di partecipazione al procedimento e quello generico alla informazione. _ Il primo si correla, in particolare, con la regola di giudizio del processo amministrativo e con l'istituto dei motivi aggiunti nonch con la nota giurisprudenza elaborata in tema di elementi di prova tratti dalla inottemperanza dell'Amministrazione all'ordine di esibizione; il secondo discende da una concezione partecipativa del procedimento amministrativo e da una piena esplicazione in esso del principio del contraddittorio; il terzo, infine, corrisponde ad un principio liberale avanzato di trasparenza che dovrebbe condurre ad una amministrazione dai cassetti aperti o casa di vetro (naturalmente con eccezioni funzionali di segretezza in campi quali la difesa esterna, l'ordine pubblico interno, la privacy, ecc.). rrll!lllllllllllllllllllllllrtlllllillllll11JlllllllillllllllJIMlllllJI 1.42 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DllLLO STATO In questa sua ultima e pi comprensiva accezione il diritto di accesso rappresenta il verso di una medaglia che porta sul recto l'istituto del segreto amministrativo discrezionale. Non a caso si parlato in proposito di un discrimine di civilt: da una parte quella del diritto di accesso e dall'altra quella del segreto amministrativo. La tradizion italiana indubbiamente quella . del segreto e ci non pu, d'altronde, costituire taccia di particolare arretratezza perch, come si vedr subito, fino a pochissimi anni or sono la situazione era comune a quasi tutti i Paesi del mondo. .<-: 2. Il segreto amministrativo, Il problema affrontato dalla Commissione riguarda, dunque, sia pure in chiave positiva, l'attualissimo problema del segreto un problema di cui opinione pubblica, dottrina e legislatore italiani hanno di recente avuto varie occasioni per occuparsi. Basti ricordare in proposito le vicende che condussero alla riforma dei servizi segreti (1), con sostitu~ zione del segreto di Stato al segreto politico-militare e quelle che portarono alla attuazione dell'art. 18 della Costituzione con introduzione del di vieto penalmente sanzionato di associarsi segretamente (2) e tutto il quadr di polemiche, di vicende giudiziarie e di dibattiti dottrinali in cui le due normative ora citate si collocano. Non certo questa la sede per tentare di cimentarsi in quel vero e proprio sesto grado del diritto che la definizione dogmatica del segreto. Converr limitarsi pragmticamente ad alcune osservazioni. La prima da farsi sembra essere quella he occorre gui:rrdarsi dalla istintiva valutazione del segreto come valore negativo. Vi sono in realt dei segreti che esprimono valori positivi, come quello professionale e sono addirittura tutelati a livello costituziOnale, come quello epistolare. Sembra, quindi, di poter dir che il segreto non un valore, ma un concetto relazionale polivalente e che acquista dunque un segno positivo, negativo o neutro a seconda dell'interesse a tutela del quale si pone. Cosl il segreto assumer connotazione negativa quando sia volto a coprire una associazione che abbia per scopo fini politici; sar indifferente per l'ordinamento quando i fini di quella stessa associazione siano non politici; assumer un valore positivo quando sia volto a proteggere un interesse giuridico tutelato, quale ad esempio, quello della riservatezza o quello al corretto svolgimento di una funzione. Cos accade, ad esempio, per il segreto istruttorio nel processo penale, essendo tale segreto finalizzato, secondo la concezione tradizionale, a garantire la funzionalit del processo stesso. {1) Legge 14 ottobre 1977, n. 801. {2) Legge 25 gennaio 1982, n. 17. PARTE II, QUESTIONI Sullo stesso piano del segreto istruttorio penale si pone, nella nostra tradizione, il segreto amministrativo: garanzia, secondo una tradizionale dottrina modellata sugli schemi francesi, non solo di tranquillit del funzionario , ma anche di efficacia dell'azione amministrativa. Secondo tale tradizionale dottrina il diritto comune il segreto, l'accesso l'eccezione , e l'autorit si afferma nella misura della distanza cui tenuto l'interessato (3). \ 3. -Cenni storici e di diritto comparato. Una tale affermazione di un potere generale di segretazione discrezionale attribuita, fino a tempi r~ntissimi. all'amministrazione nei confronti del cittadino valida -quanto meno a livello di diritto di accesso indifferenziato (e cio non correlato con un processo o con un procedimento) -per tutti i Paesi del mondo con due sole eccezioni, delle quali l'una prova troppo e l'altra non abbastanza. La prima quella della Svezia che, con l'eccezione di una breve parentesi a cavallo tra il 700 e 1'800, riconosce un diritto di accesso generalizzato ai cittadini sin dal 1766 (4). Ma, si sa, in materia di democrazia avanzata, la Svezia suole essere un ellfant prodige ed ogni comparazione con essa risulta scarsamente producente. La seconda eccezione quella degli Stati Uniti d'America in cui si da sempre affermato, con riferimento al primo emendamento della Costituzione, il rigl;lt to know . Sta di fatto, per, che alla generale affermazione di principio (5) non corrispondette, fino al 1967, negli Stati . Uniti, un effettivo diritto di accesso, s che il famoso right to know doveva considerarsi nulla pi che uno slogan giornalistico (6). La prima timida regolamentazione la si trova, infatti, nella legge generale di procedura del 1946 (7) nella quale, peraltro, il diritto di accesso. aveva le seguenti notevolissime limitazioni: era riconosciuto soltanto ai diretti interessati, a fronte della richiesta di accesso l'Amministrazione poteva opporre un segreto desunto da clausole generali quale l'interesse pub (3) M. J. C. Bo,ULAIU>, Rapporto nazionale sulla Francia in Le Secret Administratif dans les Pays dvlopps, Institut Intemational .des Sciences Administratives, Cujas 1977, J.70. (4) M. SIGVARD HoLSTAD, Rapporto nazionale sulla Svezia, in Le Secret Administratif , cit., 55 ss. . (5) Dettata pi che altro da una diffidenza nei riguardi dell'Amministrazione inesistente nel Vecchio Continente .e ispirata dal ricordo di un privilegio della Corona sentito come odiosa sopraffazione: cfr. A. HmumoNNBR, Prefazione al Secret Administratif , oit. (6) B. ScHWARTZ, Administrative Law -A. Casebook, Little Brown and Company, Boston and Toronto, 1982, 239. (7) Federai Administrative Procedure Act, 11 giugno 1946. 144 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA l>Ef.to STATO blico e la confidenzialit della notizia; non era prevista, infine, alcuna possibilit di ricorso al giudice ~vverso la decisione amministrativa di segretazione (8). -$i pu, dunque, concludere che negli Stati Uniti d'America, anche dopo il 1946 (e, come si vedr, fino al 1967), sotto l'egida di una formale enunciazione del diritto di accesso vigeva il principio del segreto amministrativo. In Europa, poi, con quell'unica eccezione svedese sopra citata, fino a pochissimi anni fa alla disciplina sostanziale si accompagnava anche l'enunciazione teorizzata dal principio del segreto amministrativo discrezionale. Il che non deve, d'altronde, stupire, quando si pensi a tutta una serie di circostanze e di fattori. Alla vischiosit delle prerogative reali, innanzitutto: l'ammiilistrazione del monarca assoluto era stata istituzionalmente una amministrazione segreta. Logico, quindi, che tale caratteristica sia stata conservata -per tradizione e per comodit anche dopo la fine dell' Ancien Rgime . Secondo importante fattore la limitatezza delle funzioni assunte al suo nascere dallo Stato liberale: esso era, infatti, uno Stato carabiniere con compiti limitati a settori -quali la difesa, l'ordine pubblico e simili -in cui il segreto appariva funzionalmente giustificato (tanto che ancora oggi esso conservato come tale -seppure in via di eccezione -anche nelle pi avanzate legislazioni sull'accesso). logico quindi che. esso venisse mantenuto anche dopo il passaggio dallo stato liberale allo stato sociale, e quindi dopo l'avocazione alla mano pubblica di funzioni con cui il segreto appariva meno o per nulla congruente, in virt di tradizione e di isteresi burocratica. Un terzo aspetto da considerare che prima della rivoluzione tecnologica portata da macchine da scrivere, fotocopi~trici e simili, il documento amministrativo era un prezioso e costoso esemplare unico da proteggere gelosamente con una disciplina che, per traslato, si estendeva dall'oggetto alle notizie in esso contenute. 4. -L'evoluzione europea. Nell'evoluzione europea della disciplina del diritto di accesso, possiamo riconoscere tre tappe logiche (e temporali) fondamentali. Nella prima, l'area coperta dal segreto amministrativo discrezionale era praticamente indefinita e si estendeva a tutti i casi non diversamente regolati con norme espresse. Era questo il regime vigente fino a pochissimi anni fa, ad esempio, in Italia (9) ed in Francia (10) dove (8) M. MICHAEL JAY SINGER, Rapporto Nazionale sugli U.S.A., in Le Secret Administratif cit., 322. (9) A. M. SANDUU.I, Documento, voce Enc. dir. (10) Consiglio di Stato francese, Botton, 7 giugno 1935, Miara 21 luglio 1950 e Gauthier 12 marzo 1954. PARTB U, QUESTIONI 1.4) solo l'azione evolutiva della giurisprudenza introdusse -in sede di giustizia amministrativa -un diritto di accesso funzionalizzato al diritto di difesa (11). In altri Paesi l'area del segreto amministrativo era gi da tempo invece, limitata ai soggetti non interessati, in quanto l'accesso era riconosciuto in linea di principio da normative generali sul procedimento introdotte a partire dal tempo fra le due guerre e che contemplavano il diritto dei privati alla partecipazione al procedimento stesso (Austria, Germania, Jugoslavia, Polonia e in genere Paesi dell'Est europeo) (12). La linea di tendenza di ammettere un diritto . di accesso dell'interessato agli atti del procedimento ha fatto poi breccia pi di recente -pur in carenza di normativa sul punto -anche nei Paesi in cui la tradizione del segreto amministrativo era pi fortemente radicata come la Francia e l'Italia (13). L'ultima tappa quella della piena liberalizzazione, cio dell'affermazione di un diri.tto all'accesso limitato soltanto da espressi divieti, con configurazione, quindi, di un diritto all'informazione limitato soltanto dalla tutela di altri diritti o valori con esso confliggenti, quali sicurezza interna, difesa esterna, privacy, ecc. :S il caso di tutti i Paesi scandinavi che in questo dopoguerra si sono, in date varie, adeguati alla normativa svedese (14) e della Francia a partire dal 1978 (15). 5. -L'esperienza francese. La sottocommissione incaricata dello studio della riforma del procedimento, per quanto riguarda il problema dell'accesso, si mossa sulla falsariga dell'esperienza francese e americana, predisponendo un testo dishiaratamente sperimentale. Cos le prove fatte oltr'Alpe, come quelle effettuate oltre Atlantico, hanno dimostrato, infatti, la necessit di procedere ad aggiustamenti e correzioni di tiro nell'introduzione di una normativa che innova cos radicalmente. Per cominciare con l'esempio francese, giover notare, in proposito, che l'originaria legge 17 luglio 1978 n. 753 richiedette delle modifiche ad appena un anno di distanza dalla sua entrata in vigore (legge 11 luglio 1979, n. 587). (11) Consiglio di Stato francese, Barel, 28 maggio 1954; Consiglio di Stato italiano, VI, 22 aprile 1969, n. 205. (12) G. PASTORI, La Procedura Amministrativa, Neri Pozza, Vicenza 1964, passim. s. BERENYI, T. G. NAGY e M. Pm'ROVIC: Rapporti nazionali ungherese e jugoslavo in u Le Secret Administratif ,. oit. (13) Consiglio di Stato francese, Rousselot 17 dicembre 1971. Consiglio di Stato italiano, Ad. Plen. 10 giugno 1980 n. 22. (14) T. MODEEN, N. EILSCHOVHOLM, A. FRIHAGEN, Rapporti nazionali finlandese, danese e norvegese in u Le Secret Administratif cit. (15) Legge 17 luglio 1978, n. 753. RASSEGNA DEU.'AWOCATURA DELLO STATO 146 Il meccanismo della legge francese che si apre -nel testo novellato con la enunciazione del riconoscimento a chiunque del diritto di accesso, fondato s~ una distinzione tra atto nominativo e non nominativo, su di una elencazione tassativa dei casi in cui pu essere opposto iil segreto al richiedente (e che riguardano i soliti casi di difesa nazion!tle, sicurezza interna, privacy, ecc.) e sulla piena tutela giurisdizionale garantita .al cittadino nei confronti del rifiuto di accesso dinanzi al giudice amministrativo. Elemento caratteristico della normativa francese l'istituzione di una Commissione dell'accesso: organo collegiale incaricato di vigilar~ sul rispetto della legge, di rendere pareri su richiesta delle Amministrazioni o di cittadini (16) ed infine di redigere un rapporto annuale sulla applicazione della legge. L'esperienza sin qui maturata ha dimostrato una forte resistenza dell'amministrazione francese di fronte all'esercizio del diritto all'accesso: il parere della Commissione in caso di rifiuto ha dato, infatti, ragione al cittadino in circa il 90 % dei casi (circa 300 annui) e molte volte la semplice adizione della Commissione bastata per indurre l'Amministrazione a consentire l'accesso richiesto (17). 6. -L'esperienza americana. Negli Stati Uniti d'America il diritto di accesso, nel pi comprensivo senso del termine, fu effettivamente introdotto soltanto con il Freedom of Information Act (18) che introdusse i seguenti principi: -riconoscimento a tutti del diritto di accesso a qualunque docu mento identificabile dietro pagamento di un diritto non quantificato, fatti salvi soltanto nove tipi di notizie tassativamente elencati; -attribuzione al richiedente che si veda rifiutata una notizia di un'azione dinanzi al giudice che pu emettere ingiunzione nei confronti dell'Amministrazione; -capovolgimento del principio di presunzione di legittimit del l'azione amministrativa: compete infatti all'Amministrazione provare la legittimit del diniego e non al richiedente provare la fondatezza della sua richiesta; (16) La richiesta di parere da parte del cittadino condizione di ammissibilit del ricorso giurisdizionale: Consiglio di Stato francese, Commaret, 19 febbraio 1982. (17) D. JANICOT, L'accs aux documents administraft (Premies rapport d'activit de la Commission d'accs ax documents administratifs .1979-1980), La documentation franadse,' Parigi,. 1981. (18) F.O.LA. approvato il 4 luglio 1967. 147 PARTI! II, QUESTIONI -particolare disciplina della, judicial review azionata in subiecta materia dal privato e non limitata ad un giudizio di tipo cassatorio ma consistente in un riesame completo (de novo) della questione; -procedura d'urgenza prevista per la judicial review stessa . . L'Act fu emendato nel 1974-1975 (19) e le modifiche rivelano in modo assai chiaro quali disfunzioni si fossero verificate. La novella del '75 introdusse, infatti, le seguenti innovazioni: -Determinazione, per i diritti di copia, del tetto di un ragionevole standard di costo vivo, con libert per l'Amministrazione soltanto di ridurlo. -Previsione per l'Amministrazione di un termine di 10 giorni per rispondere alla richiesta di informazioni con atto ricorribile gerarchicamente al Capo dell'Amministrazione, tenuto a decidere nei venti giorni successivi. Il mancato rispetto dei termini di cui sopra stato equiparato all'esaurimento delle vie di . ricorso amministrative con conseguente accedibilit alla judicial review , salv la facolt per il giudice, in casi particolari, di accordare all'Amministrazione un termine di grazia nel corso del giudizio. -Espressa previsione -nell'ambito del riesame de novo -del potere del giudice di esaminare in Camera di Consiglio tutti i documenti e di decidere quali -o in quale parte -siano .ostensibili. -Obbligo dell'Amministrazione di. costituirsi in giudizio -esponendo le sue ragioni nei 30 giorni successivi alla notifica dell'atto introduttivo. -Possibilit per il giudice di condannare l'Amministrazione alle spese di lite. -Trasmissione degli atti all'Amministrazione per l'inizio dell'azione disciplinare in caso di condanna alle spese di lite e se il rifiuto di documenti sia stato ritenuto arbitrario o capriccioso . /:.._ Obbligo di porre in calce ad ogni dinie~ di informazione nomi e qualifiche dei funzionari resppnsabili. -La principale eccezione al diritto di accesso, che nel testo origi nario veniva individuata nelle materie che dovevai;io rimanere segrete nell'interesse della difesa nazionale o della politica estera su ordine dell'Esecutivo , risult radicalmente trasformata dalla novella del '75, che concesse al giudice il potere di sindacare se la segretazione corrisponda effettivamente a criteri generali previamente stabiliti dll'Esecutivo nell'interesse della difesa nazionale e della politica estera. (19) Emendamento approvato il 19 febbraio 1975. 1.48 RASSEGNA DBLL'AVVOCATURA DELLO STATO Nel 1981 la prima Amministrazione Reagan propose sostanziali modifiche al F.O.I.A. In particolare, per quanto riguarda la segretazione da ultimo considerata, la proposta mirava a restringere i poteri del giudice a quelli classici della judicial review con esclusione del de novo standard. L'ingiunzione di esibizione sarebbe prevista, infatti, soltanto. in caso di rifiuto arb\rario o capriccioso. La proposta prevedeva inoltre due ulteriori eccezioni al diritto di accesso, la libert per le Amministrazioni di rispondere alle richieste non in termini perentori ma nel tempo ragionevolmente necessario e la facolt per le Amministrazioni di pretendere il rimborso dell'intero costo del servizio di ricerca e copia. Non consta se tale proposta abbia avuto un seguito. Essa appare tuttavia indicativa di quel che si ritiene essere il mal funzionamento della legge sul versante dell'autorit. 7. -Il progetto di disegno di legge italiano predisposto dalla Sottocommissione. Il progetto si apre con una enunciazione di principio consistente nel riconoscimento a tutti del diritto di accesso ai documenti ammini. strativi al f.nel di assicurare la libera circolazione delle informazioni, la trasparenza e lo svolgimento imparziale dell'attivit amministrativa. Sono inoltre precisati l'oggetto del diritto (individuato in ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti formati dalla pubblica amministrazione o comunque utilizzati ai fini dell'attivit amministrativa) ed i soggetti nei cui confronti esso si eserciti, individuati nelle amministrazioni dello Stato, ivi comprese le Aziende autonome e gli Enti pubblici e nei Concessionari di pubblici servizi. Le modalit per l'accesso sono state disciplinate attraverso la previsione di una pubblicazione di tutti gli atti a carattere generale e attraverso la possibilit per il pubblico di prendere visione dei documenti e di estrarne copia a prezzo di costo. Le eccezioni al diritto di accesso sono state tassativamente elencate con riferimento ai classici valori della difesa nazionale, della sicurezza int~rna, della riservatezza, ecc. La tutela giurisdizionale dell'accesso stata prevista attraverso l'obbligo di motivazione del rifiuto, del differimento e della limitazione di esso con previsione di una procedura a termini abbreviati dinanzi al . giudice amministrativo. Ad esso viene attribuita competenza in sede di giurisdizione esclusiva estesa al merito ed il potere di prendere riservatamente visione di ogni documento necessario alla pronuncia, ad eccezione di quelli coperti dal segreto di Stato. Sulla falsariga dell'esempio francese stata inoltre prevista l'istituzione, presso la Presidenza del Consiglio, di una Commissione per l'accesso ' f: f f ~ > ......,~ 149 PARTE II, QUESTIONI con il compito di vigilare sulla osservanza della legge, rendere pareri alle Amministrazioni interessate, formulare raccomandazioni, riferire annual-. mente alle Camere e alla Presidenza del Cnsiglio dei Ministri, formulare proposte di modifiche legislative o regolamentari atte ad assicurare la effettivit del diritto all'accesso. In considerazione del carattere fortemente innovativo della legge e dell'esperienza effettuata in altri Paesi, in cui a breve distanza di tempo si son.o rese necessarie modifiche, il progetto stesso stato concepito in forma sperimentale ed stato quindi espressamente previsto che, a tre anni dall'entrata in vigore della legge, il Presidente del Consiglio dei Ministri, sulla base dei rapporti della Commissione, riferisca al Parlamento e proponga le modifiche eventualmente necessarie. IGNAZIO FRANCESCO CARAMAZZA - I I I I I I! ~ RASSEGNA DI DOTTRINA INDICE -SOMMARIO DELLE RECENSIONI DI ARTICOLI DIRITTO INTERNAZIONALE E COMUNITARIO M. CERCHIARA: Normativa italiana sull'incameramento della cauzione per pagamenti anticipa# ed ordinamento comunitario. DIRITTO COSTITUZIONALE G. ILLUMINATI: Obbligo di testimoniare del tossicodipendente e diritto di difesa. G. MANGIA: Nota redazionale a Pretura Palestrina 20 ottobre 1983. D. REsTA: Magistratura, Potere politico e attivit di indirizzo politico. A. VIRGILIO: Decisioni giurisprudenziali e provvedimenti legislativi. DIRITTO AMMINISTRATIVO A. ANGIULI: Silenzio-assenso in materia di concessioni edilizie e provvedimenti cautelari del giudice amministrativo. G. BERLIRI: La giurisprudenza della Corte Costituzionale in materia di giurisdizione contabile. D. BONAMORE: La parit" per le scuole non statali (art. 33 Cost.) in rapporto al servizio dei docenti. F. CARINCI: Fenomeno burocratico e anzianit di servizio. S. CASSARINO: Tendenze riformatrici della giustizia amministrativa. S. CASSESE: Le ingiustizie della giustizia amministrativa. N. COVIELLO: Contributo allo studio dell'espropriazione per motivi di interesse generale. F. GARRI: Il giudizio di ottemperanza. C. ME!..IDORO: Alcuni particolari aspetti pubblicistici e privatistici nella contrattazione amministrativa. D. RESTA: Alcune osservazioni in margine al sistema delle partecipazioni pubbliche. G. SANVITI: Limiti e alternative della giurisdizione amministrativa. 17 1J2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO A. ScHREIBER: Recenti sviluppi giurisprudenziali in tema di tutela delle minoranze linguistiche. G. VACIRCA: Atti amministl"ativi di scelta del procedimento di contrattazione e tutela giurisdizionale. ACQUE ED APPALTI A. CLARizu: Associazione temporanea tra imprese e consorzi nell'esecuzione delle opere pubbliche: profili amministrativistici. A. ScoLA: Riflessioni in tema di interessi per ritardato pagamento, rivalutazione dei prezzi e collaudi negli appalti pubblici. DIRITTO E PROCEDURA CIVILE F. CIPRIANI: La sospensione del processo civile per pregiudizialit. F. CIPRIANI: Omessa sospensione per regolamento di giurisdizione e potere del giudice dell'impugnazione. G. CosTANTINO: Note sulle forme di tutela espropriativa dei crediti assistiti da garanzie mobiliari specifiche. A. IACONO: L'ordinanza di rilascio di immobile locato e l'estinzione det processo. R. l.ANZILLO: I contratti di fornitura di elaboratori elettronici. F. MAZZARELLA: Sull'efficacia e l'impugnabilita dei lodi dopo la legge di riforma del 9 febbraio 1983. A. NICITA: Note sulle forme di chiusura della procedura di amministrazione straordinaria. G. PERA: Sulla costituzionalit o no del decreto-legge del govern Craxi sulla contingenza. VARIE P. GALLERANI MONACI: Il centro elaborazione dati presso il Ministero dell'Interno. Problemi e prospettive. PARTE ll, RASSEGNA DI DOTTRINA tn DIRITTO INTERNAZIONALE E COMUNITARIO MAURIZIO CERCHIARA, Normativa italiana sull'incameramento della cauzione per pagamenti anticipati ed ordinamento comunitario, in Giustizia Civile, maggio 1984, pp. 1633-1635. Alla luce della recente giurisprudenza comunitaria e nazionale si indaga sulla cortetta interpretazione da dare al termine importazione ,. di cui alla legge n. 1126/52 e sulla compatibilit di detta normativa con l'ordinamento comunitario; si svolgono, infine, alcune considerazioni sulla portata del d.m. 4 agosto 1982 (M. Salvatorelli) DIRITTO COSTITUZIONALE GIULIO ILLUMINATI, Obbligo di testimoniare del tossicodipendente e diritto di difesa, in Giur. Cost., fase. 9 novembre 1983, pp. 1832-1840. Nella nota alla sentenza del 5 ottobre 1983 della Corte Costituzionale, l'Autore richiama l'attenzione sull'art. 82 della legge n. 685 del 22 dicembre 1975 (la c.d. legge sugli stupefacenti) che impone al tossicodipendente prosciolto il dovere di testimoniare anche quando debba rivelare il nome di coloro che gli hanno fornito la droga. Da tale norma, infatti, deriverebbe una inaccettabile compressione del diritto di difesa del tossicodipendente prosciolto non per la semplice imposizione dell'obbligo di tstimoniare, di per s solo non lesivo del principio nemo tenetur edere contra se, ma perch, sotto il profilo del principio di eguaglianza sancito nell'art. 3 Cost., al medesimo appare negata o fortemente ridotta una tutela che peraltro trova fondamento nell'art. 24 della Costituzione. Problema centrale quindi quello di conciliare le esigenze di accertamento dei fatti e il rispetto del diritto di difesa. Problema cui forse potrebbe offrire una soluzione la diversa disciplina adottata nel progetto ,preliminare del nuovo codice di procedura penale: l'art. 189 secondo comma stabilisce che il testimone non ha l'obbligo di rispondere alle domande quando ci potrebbe fare emergere una sua responsabilit penale. (N. Palmieri) GABRIELLA MANGIA: Nota redazionale a Pret. Palestrina 20 ottobrfi 1983, in Giur. Cost., fase. 9 novembre 1983, pp. 2239-2246. Nella nota si pone in risalto come la giurisprudenza, ancora una volta, ribadisca che l'attivit privata di trasmissione radiotelevisiva, che si svolga su scala sostanzialmente nazionale, contra legem e il relativo esercizio penalmente sanzionato dall'art. 195 d.P.R. n. 156 del 1973 (cosi come modificato dall'art. 45 legge n. 103 del 1975 e dalla sentenza n. 202 del 1976 della Corte Costituzionale). Dopo aver sottolineato la uniformit dell'indirizzo giurisprudenziale in tale materia -collocandosi anche questa decisione nel solco gi tracciato dalla Corte Costituzionale con la pronuncia n. 148 del 1981 -si rileva come, al if4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO contrario, la dottrina appaia divisa: per uri.a parte di essa infatti, almeno fino a quando il legislatore statale non intervenga con una apposita disciplina, si deve ritenere vigente un regime c.d. di libert di antenna , Ribadito, per, che a tutt'oggi il territorio regionale costituisce ancora il limite massimo di \) espansione consentito alle emittenti private, stante il monopolio pubblico relativo all'attivit di trasmissioni radiotelevisive su scala nazionale, l'Autore richiama dottrina e giurisprudenza sugli ulteriori punti esaminati -dalla sen tenza: ruolo delle Regioni nel sistema dei controlli in riferimento all'esercizio della attivit radiotelevisiva privata; competenza della P.A. nell'assegnazione delle frequenze; necessit della autorizzazione per l'esercizio delle emittenti priv 1984, p. 285 ss. L'articolo contien~ un'alitica espos1Z1one della disciplina dell'appalto pubblico ed alcuni raffronti fra questa ~ quella dell'appalto di diritto privato. Ci si sofferma in particolare sui problemi inerenti al compenso dell'appaltatore, alla revisione prezzi (come regolata dalla pi recente normativa), al1'" equo compenso. per difficolt impreviste, ed agli interessi per. il ritardato. paiamento, nonch alla natura giuridica ed agli effetti del collaudo. (A. D'Elia} DIRITTO E PROCEDURA CIVJ,LE FRANCO CIPRIANI, Le sospensioni del processo civile per pregiudizialit, in Riv. dir. processuale 1984, Il, 239 .ss. L'Autore si sofferma in un'ampia disamina dell'istituto della sospensione del processo civile, con particolare riferimento alle ipotesi previste dagli artt. 295; e 337 II comma, cod. proc. civ. Vengono quindi analizzate le varie posizioni della dottrina che ha tentato cli coordinar.e le due disposizioni, giungendosi alla conclusione della sostanziale superfluit della seconda; ci, a giudizio dell'Autore, anche per effetto di quella prevalente interpretazione giurisprudenziale che ha trasformato la sospensione ex art. 295 od. proc. civ. da necessaria in discrezionale. (V. Nunziata) FRANCO CIPRIANI, Omessa sospensione per regolamento di giurisdizione e poteri del giudice dell'impugnazione (MOT. a Cass. 28 aprile 1984 n. 2145 e 12 gennaio 1984 n. 222) in Foro lt., n. 6, giugno 1984, I, 1533. L'autore della nota critica l'orientamento accolto dalle sentenze annotate riguardo alla cassazione della pronuncia del giudice d'appello, con rinvio, per la ripetizione del giudizio, al giudice di primo grado, allorquando quest'ultimo abbia omesso di sospendere ex art. 367 c.p.c. stante la proposizione del regolamento di giurisdizione poi conch,1sosi con il riconoscimento della stessa. A parere dell'Autore necessario poi differenziare l'ipotesi in cui la sentenza sul regolamento sia intervenuta a giudizio d'appello ormai concluso da quella in cui questo sia ancora in itinere. (E. Figliolia) ' 160 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO GIORGIO COSTANTINO, Note sulle forme di tutela espropriativa dei crediti assistiti da garanzie mobiliari specifiche. (Nota a Pretura Firenze 2 marzo 1984 in Foro It. If. 6, giugno 1984, I, 1715. L'Autore, prendendo spunto da un provvedimento pretorile di re1ez1one di ricorso ex art. 700 c.p.c. a petto di intimazione di pagamento di credito privilegiato ai sensi degli artt. 2756 e 2797 cod. civ., si sofferma su quei particolari tipi di tutela espropriativa in cui si perviene alla vendita forzata prescindendo dal pignoramento. (E. Figliolia) A. IACO! 1984, n. 809, G. U. 21 novembre 1984, n. 321. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, quarto comma (artt. 2, 3, 24 e 53, della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Milano, ordinanza 19 gennaio1984, n. 905, G. U. 21 novembre 1984, n. 321. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 15, 39, 53 e 54 (artt. 24 ~. 113 della Costituzione). Pretore di Caltanissetta, ordinanze (sei) 12 aprile 1984, nn. 914-919, G. U. 19 dicembre 1984, n. 348. legge 15 febbraio 1974, n. .36, art. 1, primo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Modena, ordinanza 22 marzo 1984, n. 910, G. U. 28 novembre 1984, n. 328. legge 18 aprile 1975, n. 110, artt. 10, sesto comma, e 26 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Cremona, ordinanza 30 marzo 1984, n. 811, G. U. 5 dicembre 1984, n. 335. legge 3 giugno 1975, n. 160, art. 27, terzo comma (artt. 3, 36, 38 e 53 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 18 febbraio 1983, n. 819/84, G. U. 7 novembre 1984, n. 307. legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 69, quinto comma (art. 24 della Costituzione). Magistrato di sorveglianza di Padova, ordinanza 22 marzo 1984, n. 862, G. U. 21 novembre 1984, n. 321. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge prov. di Trento 3 settembre 1977, n. 24, art. 28, secondo comma {art. 3 della Costituzione). Consiglio di Stato, sezione quarta giurisdizionale, ordinanza 20 dicembre 1983, n. 842/84, G. U. 21 novembre 1984, n. 321. legge 23 dicembre 1977, n. 952, art. 2, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Macerata, ordinanza 11 aprile 1984, n. 888, G. U. 21 novembte 1984, n. 321. legge 27 luglio 197~, n. 392, art. 27, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Forl, ordinanza 15 marzo 1984, n. 805,. G. U. 7 novmbre 1984, n. 307. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 30, 46 e 84 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Pizzo Calabro, ordinanza 7 aprile 1984, n. 818, G. U. 5 dicembre 1984, n. 335. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 62 e 71 (art. 3 della Costituzione). Giudice. conciliatore di Roma, ordinanza 27 aprile 1984, n. 838, G. U. 28 novembre 1984, n. 328. legge 7 febbraio 1979, n. 29, art. 2, terzo comma (artt. 3 e 37 della Costituzione). Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la regione Sicilia, ordinanza 19 gennaio 1984, n. 937, G. U. 28 novembre 1984, n. 328. legge 26 gennaio 1980, n. 16, art. 5, secondo comma, seconda parte (art. 3