ANNO V -N. 10-11 OrToBRE-NoVEMBRE 1952 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO P'UBBLIC1A.ZIONE DI SERVIZIO RECENTI SVILUPPI DELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE SUPREMA SU ALCUNE QUESTIONI DI DIRITTO PRIVATO CONCERNENTI LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE SOMMARIO: 1. Premessa -2. Diritto successorib -3 e 4. Diritti reali -5 e 6. Diritti delle obbligazioni 7. Esecuzione forzat~ contro lo Stato -8. Conclusioni. Premessa 1. Il problema della posizione dello Stato di fronte al diritto civile da decenni travaglia la dottrina e la giur:i,sprudenza, c01:ne quello attinente ai limiti reciproci fra principio di autorit. e principio di libert, fra diritto della_;collettivit e diritto del singolo. Per usare una suggestiva espressione adottata dal Mantellini (1), trattasi .di spiegare come e cc perch libert e principato usino del medesimo foro , e di segnare le zone d'interferenza e le zone di discriminazione. Il presente scritto si propone di registrare i capisaldi del problema, cosi come impostati e risolti dalla gturisprudenza della Corte Suprema di Cassazione dagli ultimi anni a questa parte. . Ch, in realt, in un campo dove 13: zona d1 discriminazione non ben chiara, la funz10ne della giurisprudenza assume un valore che va ben. pi~ in l della semplice interpretazione delle leggi vigenti; essa assurge a funzione di interpretazion.e costruttiva del diritto, non altrimenti che nel diritto romano dell'et classica ove medesima funzione ebbe il ius praetorium, trasfuso, poi, nell'editto di Salvo Giuliano. proprio nel campo del diritto pubblico, infatti, che la disciplina dei rapporti giuridici tra i vari soggetti ed organi risente della mancanza di codificazioni generali. Il fenomeno, accentuatissimo nel campo del diritto internazionale, degrada nel campo del diritto costituzionale, dove accanto alle poche norme scritte, imperano precetti di correttezza e di prassi tradizionale; sempre vivo, sebbene con minore intensit, nel campo del diritto amministrativo, ove la codificazione di talune partizioni della materia stata, sovente, null'altro che la traduzione in termini legislativi di decisioni giurisprudenziali. Giudicare se e quanto sia opportuno tale sistema, questione che esula (1) Lo Stato e il Codice civile, Ed. Barbera, 1882, preazione. dai limiti del presente scritto (1). comunque il sistema stesso importa una valorizzazione della giurisprudenza -come si diceva dianzi -l dove non esistono se non principi generali, al posto di pi specifiche norme. Tale giurisprudenza, com' . ovvio, appunto per la sua peculiare caratteristica, non pu non tener conto dell'evoluzione storico-sociale del campo sottoposto al suo esame. In proposito sono ben note le vicende, d'ordine politico, storico, giuridico, che hanno condotto lo Stato, attraverso un lento processo di evoluzione, da assolutamente inattaccabile qual'era ai primordi della civile convivenza sociale, all'attuale posizione di soggetto di diritto-, nell'armonioso rispetto di tutte le norme giuridiche, dettate a tutela dei singoli non men~ che della collettivit (2); fino ai recenti precetti contenuti nella Costituzione della Repubblica, precetti che segnano la codificazione di principi quasi secolari. Tuttavia, lo Stato, anche nel vigente sistema costituzionale d amministrativo, assume, nei confronti delle norme generali di diritto privato, una configurazione sua propria, consona del resto, alla peculiarit di si complesso soggetto di diritto; configurazione, codesta, che trovasi in parte codificata nelle stesse norme di diritto privato, ed in parte chiaramente delineata nella giurisprudenza della Corte Suprema. Qui di seguito sar esaminato, seguendo un preciso criterio sistematico, quale sia stato, ap (1) Su tale questione, in particolare, cfr. ZANOBINI: Corso di Diritto amministrativo, Milano, 1939, vol. I, pag. 38 segg. e richiami ivi contenuti. . (2) Per una disamina completa di tale processo d1 evoluzione, si confrontino i trattati generali del MANTELLINI: Lo Stato e il Codice civile, gi citato; CAMMEO: Commentario delle leggi sulla giustizia amministrativa, Milano, vol. I, pag. 180 segg.; MORTARA: Commentario al Codice e alle leggi di procedura civile, vol. I, pag. 44 segg.; e, tra i pi recenti, D'ALESSIO: Istituzioni di J?.iritto amministrativo, '.forino, 1934, vol. I, pag. 265 segg.; ZANoBINI: Corso di Diritto amministrativo citato, vol. I, pag. 34 sgg.; VITTA: Diritto amministrativo, Torino, 1948-50, vol. II, pag. 425 segg.; e, pi specificamente, la monografia del CHlOCA: L'evoluzione storica dei principi della soggezione alla giurisdizione e della difesa legale dello Stato, in questa Rassegna, 1951, pag. 1 segg. -158 punto, il pensiero del Supremo Collegio sul problema che ne occupa, in alcuni campi (1) del diritto privato nei quali possa, comunque, essere interessata la Pubblica amministrazione. E cos il problema sar trattato in relazione al diritto successorio, ai diritti reali, al diritto delle obbligazioni, alla tutela dei diritti, con partico lar& riguardo al . problema dell'esecuzione forzata contro lo Stato; in tutto, -cercando di essere fedeli interpreti del pensiero del Supremo Collegio. Diritto successorio 2. Poche osservazioni sono da farsi in argomento; ed esse riguardano tutte l'art. 586 del Oodice civile, concernente, com' noto, la successione (legittima) dello Stato. Nell'impero del vigente Oodice pu dirsi che la vessata questione della natura del diritto dello Stato all'acquisizione dei beni ereditari nullius stata legislativamente risolta, configurandosi tale diritto come esplicazione del potere di rappresentante la collettivit sociale pi che come un vero e proprio diritto ereditario (2). Si spiegano, cos, le disposizioni legislative riguardanti l'accettazione automatica ed irrinunciabile dell'eredit, e la responsabilit pei debiti ereditari limitata intra vires. S che per il vigente Codice, il delicato problema pu dirsi risolto. . Ma pur doveroso ricordare che il fondamento dei principi test codificati il frutto di lunghi dibattiti dottrinali e pratici, culminati con alcune memorabili sentenze delle Corti di Cassazione (prima dell'unificazione), sentenze alle cui enunciazioni ebbe parte non ultima l'Avvocatura. Invero con la sentenza 25 luglio 1896 (3), la Corte di Cassazione di Palermo poneva il principio che cc il diritto del Demanio dello Stato sui beni vacanti e senza padrone e di quelli che muoiono senza eredi, imprescrittibile , precisando, poi: cc Ad una sola condizione il diritto del Demanio non pi esperibile, o quando cessa lo stato di cose. previsto dalla legge o quando l'occupatore abbia acquistato i beni a mezzo della prescrizione: in tale ipotesi, il diritto del Demanio non pi esperibile, non per effetto della prescrizione estintiva del suo diritto, ma perch vengono meno le condizioni volute dalla legge per l'esercizio di quel diritto. Come si vede, tale sentenza, autorevolmente e favorevolmente annotata dal Gabba, poneva le basi per gli articoli 586 e 533 del Codice civile vigente. (1) Il presente st~dio non s} occupa delle. <1.uestion~ relative alla eccessiva onerosit e alla revisione dei prezzi, che pur sono state esaminate recentemente dalla stessa Corte Suprema, dato che per la loro natura specifica meritano una trattazione aparte. Cos pure non stata trattata la questione della disciplina dei prezzi, dei contingentamenti, ~ssegnazioi;i.e di merci, .ecc... (2) Vedi, in proposito, Relazione al Codice civile, n. 284; Cwu: Le successioni, Milano, 1947, pag. 204 segg.; UDINA: Il fondamento della successione dello Stato, ecc., in "Riv. dir. pubblico 1938, I, 385. (3) cc Foro Ital. >>, 1897, I, 936, con nota adesiva del Gabba. Una deviazione da siffatti principi ebbe a registrarsi con la sentenza 20 agosto 1900 della Corte di Cassazione di Roma (1). In tale sentenza, la Corte romana ebbe ad affermare che l'azione dello Stato per conseguire i beni vacanti era fondata sopra un vero e proprio diritto di successione e che essa era soggetta all'ordinaria presrizine trentennale. Trattavasi di un ritorno ~Ila pi-com- pleta equiparazione dello Stato col privato, in una materia dove, invece, pi caratteristica risul. tava la particolare posizione dllo. Stto stesso. Ma i principi segnati dalla Corte di .Qassazione palermitana ebbero ulteriore, e definitiva, conferma, in altra memoranda sentenza della . Corte di Cassazione di Torino dell'll marzo 1922 (2). Trattavasi di controversia avente ad oggetto la successione di un suddito svizzero, deceduto in Italia, senza eredi (3). L: Corte dt qassazione torinese, con la suddetta sentenza, ebbe a confermare che i beni andavano devoluti allo Stato italiano. E soggiungeva che l'opinione del Gabba, favorevole all'acquisizione allo Stato dei beni delle successioni vacanti in Italia, provenienti da qualunque straniero, cc non era indegna del favore incontrato in giurisprudenza, non parendo possibile dissociare la considerazione politica intesa ad una finalit. di ordine pubblico, per associarvi la considerazione della presunta volont. del defunto, la meno plausibile in una successione che gli scrittori concordemente definiscono anomala . Dopo tale data, non vi furono altri precedenti di qualche rilievo; s che la cristallizzazione della giurisprudenza dominante indusse il legislatore a precisare positivamente la natura e i limiti del diritto successorio dello Stato, come sopra riportati. Diritti reali 3. Molteplici sono le decisioni della Corte Suprema in tema di diritti reali e, precisamente, a proposito del regime dei beni pubblici, nella loro principale ripartizione di beni demaniali e di beni patrimoniali. In realt, la giurisprudenza ha avuto il compito di interpretare, attraverso il vaglio delle pi diverse fattispecie, gli articoli 823 e 828 del Codice civile, riguardanti, rispettivamente, la condizione giuridica dei beni demaniali e quella dei beni patrimoniali. In tale opera interpretativa, la giurisprudenza molte volte ha avuto a precisare, contro talune contrarie affermazioni ed interpretazioni, i limiti inderogabili entro i quali i beni pubblici possono dirsi sottoposti al regime del diritto privato. Cos, a proposito dei limiti dei diritti dei privati su beni demaniali, di contro ad una prece" dente e non eccessivamente chiara sentenza della II Sezione, resa in controversia ClJ.j rimase estranea (1) cc Foro Ital. >>, 1900, I, 1181. (2) cc Foro Ital. >>, 1922, I, 598. (3) Vedi per il riassunto della vertenza: Relazione Avvocatura per gli anni 1912-25, pag. 651 segg. -159 l'Avvocatura (1), da segnalare una perspicua sentenza delle Sezioni Unite, nella quale veniva decisamente inquadrato e risolto il problema (2). JJa parte centrale della motivazione di tale sen tenza afferma testualmente: cc Riferendosi alla condizione giuridica del De manio pubblico, l'art. 823 Oodice civile precisa r he i beni che ne fanno parte non possono for mare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li rigtrnrdano. Non pensabile, pertanto, una disci plina convenzionale dei beni anzidetti, sia pure in relazione ad un semplice godimento tempo raneo che porta Amministrazione e privato su di un piede di eguaglianza; e, se la Pubblica Ammini strazione non si distacca, n lo potrebbe, rebus sic stantibus, dalla sua posizione eminente, non potr. ritenersi che si sia costituito, a suo mezzo? e nei suoi confronti un rapporto contrattuale d1 diritto privato. La sua posizione rimane, infatti, inseparabile dal diritto pubblico e, nell'ambito di quest'ultimo, il contratto intervenuto costi tuir, per l'appunto, un negozio di diritto pubblico>>. Coerentemente a tali ineccepibili premesse, la Suprema Oorte traeva l'ulteriore corollario che la proroga legale sui contratti agrari non esten sibile ai diritti di godimento su beni demaniali, in quanto, questi, come dimostrato dianzi, non sorgono da contratti di diritto privato, bens da concessioni amministrative (3). Sempre sullo stesso tema la III Sezione della O.orte Suprema (4) stabiliva che il rapporto costituito tra l'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato e il gestore di un caff ristorante di stazione ipotizza una vera e propria concessione amministrativa, ed esso, pertanto, insuscettibile di assimilazione alle locazioni di diritto privato, ai fini della proroga legale. . Se il principio suddetto poteva sembrare di applicazione indiscussa per i beni demaniali in senso stretto, esso poteva lasciare qualche dubbio per ci che' concerne i beni del patrimonio indisponibile. In realt., una corretta interpretazione dell'art. 828 Oodice civile dovrebbe chiaramente staccare i due commi di cui l'articolo stesso si compone. II 10 comma, infatti, riguarda genericamente i beni patrimoniali; il 2 comma disciplina specificamente i beni patrimoniali indisponibili, restringendone, fino a ridurla al nulla, l'assoggettabilit (1) Sezione II, 15 giugno 1943, n. 1482, in cc Foro Ital. '" 1944-46, I, 60, nella quale fu affermato che ca;z:10m d imm?b1h 1;1fbam non si applica alle concess10m d1 botteghe, site nei mercati comunali, a privati " (4) Sezione III, 21 luglio 1949, 1903, in questa K Rassegna, 1950, pag. 26. alle ordinarie norme di diritto civile. La differenza sostanziale tra le due parti risulta evidente dal semplice loro confronto: I beni che costituiscono il patrimonio dello Stato, delle Provincie, dei Oomuni, sono soggetti alle regole particolari che li co:r;icernonp ~, in quanto non diversamente disposto, alle regole del pre sente Codice>> {lo comma). I beni che fanno parte del patrimonio indispo nibile non possono essere sottratti alla loro desti na.zione se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano n (20 comma). Si ha, nelle norme in parola, un esplicito richiamo alla legge sulla contabilit. generale dello Stato, richiamo che relativo, nel primo caso, assoluto e inderogabile nel secondo. Opinare altrimenti significherebbe ignorare la voluta cop.trapposizione delle due parti dell'art. 828 del Oodice civile. Anche su tale specifica questione, la Oorte Suprema fu recisa nell'escludere ogni rapporto privatistico in relazione ai beni patrimoniali pubblici. Gi. con la sentenza 30 novembre 1949, numero 25'30 (1), pronunciata in un giudizio tra privati, la III Sezione della Suprema Corte sanciva il principio che i beni che lo Stato concede ad uso di alloggio a determinata categoria di funzionari e per il solo tempo in cui prestano servizio appartengono al patrimonio indisponibile. >. Le Sezioni Unite osservano che tale conclusione veniva suffragata da vari elementi, cos, sinteticamente riassunti: a) i soggetti del rapporto che, per legge, sono particolarmente qualificati; da un lato lo Stato-, (1) In cc Foro Ital. '" 1950, I, 861. (2) In cc Foro Ital. '" 1950, I, 861. -160 dall'altro impiegati dello Stato stesso, a questo legati, quindi, da un rapporto di servizio; b) l'oggetto del rapporto, cio l'alloggio concesso in uso, bene patrimoniale di propriet. dello Stato, non disponibile, perch goduto dal privato in funzione del servizio svolto dallo stesso, e insuscettibile di diversa destinazione; c) il corrispettivo, non liberamente convenuto fra le parti, ma discrezionalmente fissato dall'Amministrazione; d) -la durata dell'uso, anche questa sottratta alla libera contrattazione delle parti e subordinata alle esigenze di pubblico interesse. Di fronte a tale indirizzo della Oorte di Oassazione non pu non considerarsi me una devia ' . zione giurisprudenziale la contraria -e oramai non pi recente -sentenza della Sezione II della .stessa Oorte, in data 28 gennaio 1944, n. 43 (1), la quale ammetteva, in linea di principio, che a carico di un bene patrimoniale indisponibile dello Stato pu essere costituita per usucapione una servit, cc purch non ne riesca inficiata la pubblica destinazione del bene . Siffatta proposizione non pu, ovviamente, condividersi, in quanto una servit, quale ne sia il contenuto, integra pur sempre un distacco di utilit. del bene a favore del fondo dominante. Ora, se si ammette -come non pu non ammettersi -che il beile pubblico diretto nella sua interezza ed esclusivit, all'uso di interesse generale che la specifica sua destinazione se ne ripromette, evidente eh.e tale uso ne resterebbe intaccato se esso dovesse coesistere insieme con un uso privato. Ed allora, non chi non veda che la riserva formulata dalla Oorte Suprema non pu mai verificarsi: o la pubblica destinazione resta nella sua interezza ed esclusivit., ed allora non pu ipotizzarsi alcuna servit; oppure essa viene intaccata, e neanche in questo caso potrebbe parlarsi di servit, senza cancellare l'art. 828, 2 comma, Oodice civile (2). . * * * 4. Tutto quanto precede riguarda i beni pubblici considerati nel loro momento, se pu cos dirsi, statico, cio, nella loro essenza intrinseca. Ma i beni pubblici vanno guardati anche, sempre per usare un'espressione figurata, nel loro momento dinamico, vale a dire con riferimento alla vita di relazione con tutto il complesso giuridicosociale. La giurisprudenza della Oorte Suprema ha avuto scarse occasioni di occuparsi ex professo dell'argo (1) Giur. compl. Oass. civile, 1944, vol. XV, pag. 26, con nota adesiva del PESCATORE. (2) Per la riprova dell'assoluta sottrazione dei beni pubblici (demaniali e patrimoniali indisponibili), ad ogni vincolo di natura diversa da quello inerente alla destinazione originaria dei beni stessi, da segnalare la giurisprudenza amministrativa, la quale ha escluso che i beni in questione possano essere soggetti alla disciplina delle terre incolte, ai fini dell'assegnazione a cooperative agricole: Oomm. terre incolte, Roma, 6 aprile 1950 (in questa cc Rassegna>>, 1950, 82); Consiglio Stato V Sezione, 27 maggio 1949, n. 430 ((( Giur. Ital. 1950, III, 17). mento; ma, allorch ha portato il suo esame sulla questione, non ha mancto di rilevare come, anche qui, le norme del diritto privato vadano applicate, nei confronti dello Stato, con quella elastica interpretazione che la particolare natura del soggetto consente. . Si tratta, in sostanza, della questione relativa all'assoggettabilit. dei beni pubblici ai regolamenti comunali edilizi e alle norme sulle distanze legali, previste nel Oodice civile. La Oorte Suprema, con la sentenza 3 luglio 1947, n. 1048 (1), trattando una controversia disciplinata ancora dalle norme del Oodice del 1865, ebbe a statuire che i beni del demanio pubblico non sono soggetti alla disciplina delle distanze e delle altezze stabilita dai regolamenti edilizi. A tale affermazione, la Suprema Oorte perveniva attraverso una logica interpretazione degli articoli 556 e 572 dell'abrogato Oodice civile. e< Per non intralciare l'attivit della Pubblica Amministrazione, il Oodice del 1865 -leggesi nella sentenza -sottraeva gli edifici destinati all'uso pubblico alla comunione forzosa dei muri e all'osservanza delle distanze minime stabilite per i fabbricati privati; per la stessa considerazione, ed a maggior ragione, deve ritenersi che il legislatore del 1865 abbia voluto esentarli dall'osservanza delle maggiori distanze stabilite da regolamenti comunali . La questione si riaffaccia nel vigore del O o dice attuale, il quale, com' noto, non riporta una disposizione analoga a quella dell'art. 572 dell'abrogato Oodice. Ma non sembra che il legislatore abbia inteso immutare al regime tradizionale, il quale il pi aderente alla natura dei beni pubblici; ond' che una disposizione consimile oggi deve considerarsi superflua. Del resto, lo stesso autorevole annotatore della sentenza in questione, pur propendendo per la soluzione contraria, non esita, per, . a concludere (pag. 213) che, nell'eventuale conflitto tra due interessi pubblici, l'uno d'ordine primario, inerente, cio agli scopi essenziali della Pubblica Amministrazione, quale quello relativo alla costruzione demaniale ; l'altro >. Di fronte a siffatte affermazioni giurisprudenziali della Corte Suprema, sembra lecito dubitare dell'opinione espressa dallo ZANOBINI (2), secondo cui l'alienazione di beni patrimoniali indisponibili non importerebbe nullit dell'atto di disposizione, bens semplice annullabilit. Per converso, se il regime dei beni indisponibili tutto in funzione della volont discrezionale dell'Amministrazione in relazione alla loro destinazione, evidente che ogni atto di disposizione, in contrasto, espresso o tacito, con tale volont, assolutamente inidoneo a produrre gli effetti sperati, onde deve considerarsi radicalmente nullo. Diritto deHe obbligazioni 5. Il tema dei diritti di obbligazione quello dove pi delicata si presentata l'indagine circa l'assoggettabilit dello Stato alle regole proprie del diritto privato. Infatti, in tale campo, pi che. altrove, dato riscontrare quella zona grigia, costituita dalle reciproche interferenze tra il diritto civile e il diritto amministrativo, nella sua sottospecie della contabilit di Stato, zona che rende estremamente complessa l'interpretazione delle norme in questione. A proposito delle obbligazioni contrattuali, il Supremo Collegio, con espressa deroga a quanto dispone il diritto civile per la generalit dei contratti ha ritenuto che la Pubblica Amministrazione non pu obbligarsi e contrattare se non nell'unica forma che la legge le consenta: la forma scritta. un principio, codesto, di indubbia evidenza, sol che (1) Sezione II, 12 maggio 1951, n. 1179, in Giur. Compl. Cass. Civile; 1951, vol. 30, pag. 291; e in questa "Rassegna 1951, pag. 120. (2) Corso di Diritto amministmtivo, Milano, 1942, vol. IV, pag. 149. -162 si consideri che, a differenza del privato, la Pubblica .Amministrazione si articola in un complesso di organi ed uffici, attraverso cui sono distribuiti i compiti di determinazione della volont, di attuazione di essa, di controllo sulla corretta attuazione della stessa; distribuzione, codesta, insussistente nel privato o, comunque, non fondata sulle medesime insopprimibili esigenze che condizionano il retto operare della Pubblica .Amministrazione. Di conseguenza, nell'apparente conflitto tra i due ordinamenti, quello privato, che sancisce il principio generale, pur con le ben note eccez.ioni (articoli 162, 782, 1350, 2328, 2475, 2518 Codice civile) dell'assoluta libert di forme nelle cntrattazioni, e quello pubblico, che impone la forma scritta, ai fini dei necessari controlli sulla Pubblica .Amministrazione, sar il diritto privato che ceder al diritto pubblico. Tale il pensiero della Suprema Corte, nelle varie decisioni ch'essa ha pronunciato in argomento. Invero, di contro ad un'isolata decisione della III Sezione (1), nella quale fu affermato che la Pubblica Amministrazione, salvo il concorso di forme o autorizzazioni speciali richieste in determinati casi, pu obbligarsi anche attraverso quelle forme di manifestazioni di volont che sono sufficienti per ogni negozio giuridico secondo il diritto comune , da segnalare un rilevante numero di decisioni, che, anche di recente, hanno esattamente fissato il principio opposto, sopra tratteggiato. Gi con la sentenza 15 giugno 1939 (2), la Oorte Suprema insegnava che un Ente pubblico non pu validamente obbligarsi se non con l'osservanza delle formalit prescritte dalla legge del tempo in cui viene assunta l'obbligazione. Analogo principio veniva fissato con la sentenza 22 luglio 1942, n. 2129 (3). Ma anche pi recentemente, e posteriormente alc l'unico precedente contrario sopra citato (che, perci, dev'essere considerato come una temporanea deviazione dai principi) la Corte Suprema ha ribadito il principio. Infatti, la sentenza 31 luglio 1946, n. 1039 (4) stabiliva: A norma degli articoli 16 e sgg. del R. D. 18 novembre 1923 n. 2440, richiamato per le opere pubbliche dall'art. 325 della legge 30 marzo 1865, n. 2248 all. Jf, la Pubblica Amministrazione non pu assumere impegni giuridicamente validi se non nelle formalit prescritte dalla legge; tra cui la scrittura richiesta ad substantiam . E, successivamente, con le sentenze 27 giugno 1950, n. 1641. (5) e 19 luglio 1950, n. 1984 (6), la Suprema Corte riconfermava l'anzidetto principio, precisando, nella seconda delle cennate decisioni che a sensi della legge sulla contabilit generale dello Stato l'atto scritto req1sito essenziale (1) Cass. Sez. III, 4 agosto 1945, n. 674, in Giur. Compi. Cass. civile 1945, vol. 18, pag. 601. (2) Rep. Foro !tal. n 1939, col 61 n. 31. (3) Rep. Foro !tal. n 1942, col. 52 n. 22.. (4) Giur. Compi. Cass. civile, 1946, vol. 22, pag. 77. (5) Giur. Compi. Cass. civile n 1950, vol. 29, pag. 583. (6) Giur. Compi. Cass. civile n 1950, vol. 29, pag. 675. per la regolarit e perfezione di un rapporto con trattuale fra il privato e l'.Amministrazione statale . Tale regola, ovviamente, non vale soltanto per le obbligazioni, ma per qualsiasi negozio giuridico adottato dalla Pubblica .Amministrazione. Cosi, la Corte Suprema, con la sentenza 30 aprile 1949, n. 1080 (1), ebbe a ritenere che la Pubblica .Amministrazione non pu rinunciare alla prescrizione, se non nelle forme che consentano il controllo delle autorit superiori, e a segu.ito del benestare di queste. La necessit della forma scritta nei negozi giuridici della Pubblica .Amministrazione giustificata, per l'appunto, dalla possibilit concreta di esplicare il successivo controllo, sia sulla competenza dell'organo che ha stipulato per la Pubblica .Amministra-. zione, sia sul merito dell'atto, in sede di approvazione dello stesso da parte degli organi superiori dell' .Amministrazione, a sensi delle leggi di contabilit. noto come, a proposito di tale successiva approvazione, si sia discusso in dottrina quale sia la condizione giuridica dei contratti gi stipulati, ma non ancora approvati (2). Due tesi si contendono il campo: quella che attribuisce all'atto di approvazione natura costitutiva o perfezionativa del contratto, e quella che all'atto stesso attribuisce natura di condizione di efficacia del contratto. Mentre per quest'ultima tesi sembra propendere la giurisprudenza prevalente dalla Corte Suprema (3), non mancata, di recente, l'affermazione dell'opposto principio dottrinale. Trattasi della sentenza della Sezione prima, del 15marzo1947, n. 390 (4), la quale ha affermato: I contratti della Pubblica .Amministrazione, che sono subordinati alla approvazione del ministro o del funzionario delegato, presentano la situazione giuridica disciplinata dall'art. 1331 codice civile in rapporto all'art. 1326 e 1328 stessi Codice, per cui la dichiarazione del privato contraente deve considerarsi quale proposta irrevocabile, di modo che il contratto va a perfezionarsi al momento in cui l'atto di approvazione sia portato a conoscenza del proponente . facile, comunque, arguire che, quale delle due tesi voglia adottarsi, le norme del Codice civile sulla perfezione dei contratti avranno applicazione, verso la Pubblica .Amministrazione, esclusivamente in funzione dei principi dianzi cennati di contabilit generale dello Stato. Vale a dire, il privato contraente non potr mai vantare alcun diritto all'approvazione del contratto, perch tale approvazione rappresenta lo stadio ultimo e determinante della volont contrattuale dell' .Amministrazione. Consegue, da ci, che nel caso di mancata approvazione del contratto da parte degli organi compe (1) Giur. Compl. Cass. Civile>> 1949, 28, I, 624. (2) Per ampia disamina, in tema di transazioni della Pubblica Amministrazione, vedi nota redazionale di N. G. in questa Rassegna n >> 1949, pag. 188. --.( 3) Sezione I, 8 aprile 1938, n. 1217, in Foro Amm. >> 1938, II, 94; Sezione I, 16 maggio 1940, n. 1473, in Riv. Dir. pubblico n, 1942, II, 40. (4) Giur, Compi. Cass. civile n, 1947, vol. 26 pagina 44, -163 - tenti, il privato non pu invocare -come potrebbe, invece, trattandosi di contratti con altri privati -le norme sull'inadempimento e sulla risoluzione dei contratti, n pu pretendere risarcimento di danno alcuno per la ritardata o mancata approvazione. Sul tem::i, pi specifico della mora dell'Amministrazione sia nell'approvare il contratto, sia nel porlo ad esecuzione, pu affermarsi che la Oorte suprema, nella sua sensibilit., ha avvertito l'inopportunit. di un sindacato sull'operato della Pubblica Amministrazione sindacato che si risolverebbe in una palese violaziohe della libera sfera di discrezionalit. amministrativa..E cos, in tema di espropriazioni, ma con una precisione di concetti adattabili ad ogni campo dei rapporti obbligatori, la Corte Suprema, con la sentenza 25 maggio 1950, n. 1319 (1) ba avuto ad affermare: Nel procedimento di espropriazione per pubblica utilit non concepibile mora colposa da parte della Pubblica Amministrazione, generatrice dell'obbligazione del risarcimento danni all'espropriato, per il solo fatto che questa, per tutelare l'interesse pubblico, svolga tutte le fasi del procedimento previsto per la liquidazione delle indennit.. Ispirata ai medesimi principi appare la giurisprudenza del Supremo Oollegio sul tema dell'adempimento concreto di un'obbligazione gi perfetta della Pubblica Amministrazione. Invero, gi con la sentenza della I Sezione 23 aprile 1935 (2), la Oorte Suprema affermava che le norme del Oodice civile in tema di offerta reale (art. 1260 Codice civile 1865) non potevano ritenersi applicabili ai pagamenti dello Stato, per i quali l'emissione del mandato e la notificazione di esso al creditore valgono come offerta di pagamento. Pi di recente, la Suprema Corte, sempre a proposito dell'adempimento di obbligazioni pecuniarie da parte della Pubblica Amministrazione, con la sentenza della III Sezione 26 aprile 1951, n. 1014 (3), ha fermato le seguenti massime: <>. J;e suddette massime mettono definitivamente a punto il problema dellradempmento da parte della Pubblica Amministrazione, delle proprie obbliga (1) Giur. Ital. " 1950, I, 1, 467. (2) Giur. Ital. " 1935, I, 1, 715. (3) In quest,a Rassegna" 1951, pag. 121, in Giur. Compl. Cass. civile, 1951, vol. 30, I, pag. 754 e in Foro Ital. '" 1952, I, 708. zioni pecuniarie. Peraltro, se pu convenirsi illimitatamente con la prima massima, non altrettanto pu dirsi per la seconda, che, invece, ammettendo un sindacato giurisdizionale sull'attivit-interna della Pubblica Amministrazione, si verrebbe ad invadere quella sfera di esclusiva competenza amministrativa, in cui deve essere lasciato al prudente apprezmento dell'Amministrazione, e solo ad esso, di portare a concreta esecuzione l'adempimento dell'obbligazione pecuniaria. Quid iuris, infatti, se, per l'esiguit dello stanziamento in una determinata voce di bilancio, ed esclusa, com' noto, la possibilit di storni di fondi, 1'Amministrazione si trovi costretta a scegliere l'uno piuttosto che l'altro dei propri creditori per l'adempimento dei suoi impegni~ evidente, in tal caso, che solo l'Amministrazione sar qualificata a graduare, tra i vari suoi debiti, quale sia quello che meriti diritto di precedenza e quale, Invece, debba essere posposto all'esercizio EmccessJvo, allorch il nuovo bilancio (approvato con legge del Parlamento e, quindi, estraneo all'ambito di attivit. dell'Amministrazione stessa) le consentir. di soddisfare tutti i propri impegni. E un sindacato giurisdizionale su tali criteri di valutazione, non che idoneo a ravvisare elementi di >, 1951, vol. 30, 2 pag. 548 e m Foi:_o _ Ital. " 1952, I, 708. . (2) "Mass. Foro Ital. >>, 1952, col 386 e m questa "Rassegna'" 1952, col. 143; in que.st'~tima rivista dato leggere anche parte della mot1va.z10ne della sentenza, unitamente ad una nota redaz10nale. -164 diritto obiettivo, nei confronti sia dell'Amministrazione, sia dei creditori, per l'esecuzione delle prestazioni pecuniarie della prima. Dal complesso delle disposizioni sulla contabilit di Stato (legge e regolamento); si evince che i debiti pecuniari dello Stato, in deroga alla norma dettata dall'art. 1282 Codice civile, diventano liquidi ed esegibili e generano, come tali, l'obbligo del pagamento degli interessi di diritto a carico dell'Amministrazione soltanto dopo che la spesa della competente Amministrazione sia stata ordinata, con l'emissione del relativo titolo di spesa. Tale sentenza, com' ovvio, segna una pietra miliare sulla via della soggezione dello. Stato alle norme contrattuali di diritto privato. Pur senza anticipare le conclusioni del presente scritto, giova rilevare che la Corte Suprema ribadisce H principio, che talvolta era parso ffuscato da isolate decisioni di specie, principalmente ad opera delle Magistrature di merito, secondo cui lo Stato -anche e sopratutto in ci che concerne i rapporti obbligatori pecuniari - vincolato a tutto un sistema di norme pubblicistiche, cui non pu derogare il diritto privato. Ond' che, qualora il contrasto fra i due sistemi venga necessariamente ad imporsi, e non sia possibile integrazione dei sistemi medesimi fra di loro, il sistema del diritto pubblico, come quello preordinato all'interesse della collettivit. sociale, che prende il sopravvento, anche se ci importi un temporaneo e limitato sacrificio di un singolo interesse privato. Del resto, sulla questione degli interessi legali dovuti dalla Pubblica Amministrazione sulle imposte da restituire perch indebitamente percette, noto come l'insegnamento costante della Corte Suprema sia stato nel senso che tali interessi decorrano dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza di condanna, e non da quello della domanda giudiziale. Si confrontino, invero, le sentenze della I Sezione 30 aprile 1942, n. 1148 {l); 19 giugno 1945, n. 438 (2); 30 giugno 1950, n. 1699 (3); e, da ultimo, 14 marzo 1951, n. 638 (4). Le ragioni che le citate sentenze hanno preso a fondamento per la loro pronuncia sono sostanzialmente le medesime; vale a dire, mutuando le parole dalla pi recente sentenza il principio immanente della presunta legittimit degli atti amministrativi, fin quando non intervenga, a distruggere la presunzione, una pronuncia definitiva di giudice: un principio che si innesta con l'altro della esecutoriet degli atti stessi . * * * 6. Per ci che attiene alle obbligazioni non contrattuali della Pubblica Amministrazione (5), noto come la giurisprudenza della Corte Suprema abbia costantemente ritenuto che l'azione di inde( 1) Foro Ital. 1942, I, 522. (2) << Giur. Compl. Cass. civile, 1945, vol. 18, pag. 525. (3) Giur. Compl. Cass. civile '" 1950, vol. 29 II, pag. 602. (4) Giur. Ital. '" 1952, I, 1, 444. (5) Vedi per l'acuta spiegazione dell'antiquata terminologia di quasi contratti>>, Arangio-Ruiz: Istituz. diritto romano, Napoli, 1934, pag. 281 segg. bito arricchimento nei confronti della Pubblica, Amministrazione non sia ammissibile, se non it seguito del riconoscimento dell'utilit dell'opera, da parte dell'Amministrazione stessa. Tale principio, da considerarsi oramai consolidato, costituisce la dimostrazione concre.ta dell'attuf.tzione della divisione dei poteri fra Autorit amministrativa e Autorit giudiziaria. Invero, poich l'opera del terzo ridonda, eventualmente, in un incremento di utilit per l'Amministrazione, evidente che questa dev'essere solo giudice della sussistenza della predetta utilit; altrimenti il giudice ordinario verrebbe egli stesso ad adottare quelle valutazioni discrezionali dell'interesse pubblico che sono,, invece, demandate unicamente all'Amministrazione. Senza richiamare le precedenti decisioni della Corte Suprema, giover solo ricordare la sentenza delle Sez. Unite 19 febbraio 1946, n. 176 (1), quella della II Sezione 27 gennaio 1948, n. 113 (2), quella, pure delle Sezioni Unite 22 maggio 1948; n. 778 (3), le quali tutte ebbero ad affermare che non ammessa l'actio e in rem verso contro la Pubblica Amministrazione, a meno che questa 1 i non abbia, esplicitamente o implicitamente, riconosciuto l'utilit dell'opera. Naturalmente, l'ammissibilit. del controllo giudiziario sul riconoscimento, da parte della Pubblica Amministrazione, dell'utilit dell'opera, si affina l dove trattisi di riconoscimento implicito. facile, infatti, in tale campo, trascendere al merito e ritenere esistente un riconoscimento l dove esso non esiste, b non esiste nella misura ritenuta dal giudice ordinario. Si avrebbe -se pu passare il paragone -una situazione analoga a quella che talvolta si verifica dinanzi alla giurisdizione amministrativa, ove, sotto il vizio dell'eccesso di potere, si denunciano ai giudici veri e propri vizi di merito. E ognuno vede come in asi del genere il giudice -ordinario. o amministrativo che sia -il quale accetti di esaminare la dogli.anza del ricorrente, esorbita manifestamente dal campo riservato alla propria giurisdizione. In tali. sensi, sembra debba essere interpretato il pensiero delle Sezioni Unite che, nella prima delle tre citate sentenze, ebbero a precisare: L'azione suddetta ammessa contro la Pubblica A~ministrazione solo quando, in concorso degli altri estremi richiesti dal diritto comune, 1'Amministrazione stessa, nell'esercizio del suo potere discrezionale, riconosca i,l vantaggio ritratto (aumento patrimoniale, o risparmio . di spesa o di perdita) in relazione ad ingiustificat hnpoveri'. mento o perdita altrui. In tal caso, l'Auto:i:,it. giudiziaria pu, senza entrare nel campo riservato all' Amministrazione, accertare se il riconoscimento vi sia stato e giudicare degli effetti relativi. Le riserve contenute nella suddetta asserzione inducono fondatamente a concludere che, . nella soggetta materia, lo Stato non pu considerarsi soggetto al diritto comune alla stessa guisa del privato: ma che la giurisdizione ordinaria, all,_ch~.q1:1i, (1) Foro Ital '" 1946, I, 360. (2) Giur. Ital '" 1948, I, 1, 296. (3) "Giur. Ital. >>, 1949, I, 1, 11. -165 incontra il proprio limite nella sfera di libera discrezionalit dell' .Amministrazione. Analoghi principi, com' ovvio, sono applicabili anche alla gestione di affari contro la Pubblica .Amministrazione. In questi sensi, ebbe ad esprimersi la sentenza della I Sezione della Oorte Suprema 23 febbraio 1950, n. 416 (1), confermando, anche qui, la propria consolidata giurisprudenza (2). Esecuzione forzata contro lo Stato 7. Il tema dell'esecuzione forzata contro la Pubblica .Amministrazione, di quelli dove in maniera superlativa, si avverte il punto di frizione tra il diritto pubblico e il diritto privato o, se si vuole, tra il diritto singolare e il diritto comune. Sulla questione sono stati profusi argomenti contrastanti, a favore delle rispettive tesi; e non certamente questo il luogo per tentare un riassunto, sia pur breve, di quanto stato scritto (3). A ben guardare, il problema non ha ragione di esistere. E ci non per le ragioni -facilmente ed a torto irrise -d'indole generale, quale l'impossibilit che lo Stato presti il braccio secolare contro se stesso, bens per delle ragioni pi profonde, che attengono alla natura ed alla funzione stessa dell'esecuzione forzata. Ohe cos', infatti, l'esecuzione forzata, e quale il suo fine? Essa pu qualificarsi, in sintesi, come sostitutiva della volont del debitore, il quale, per legge o per contratto, tenuto ad un determinato comportamento (e< facere, non facere, dare), per l'attuazione concreta di un interesse protetto dalla controparte creditrice. Esecuzione di un'obbligazione e adempimento di un'obbligazione esprimono il medesimo concetto; soltanto quando il debitore non si presti volontariamente all'adempimento del suo obbligo, all.ora alla parola e< esecuzione va aggiunto l'aggettivo e< forzata , che trasforma l'adempimento di volontario in coattivo (4). Ora, il punto centrale dell'indagine sembra sia da ricercarsi tutto nella proposizione: consentito alla Pubblica .Amministrazione l'alternativa tra l'adempimento volontario e l'esecuzione forzata? Cosi impostato, il problema sembra possa superare le sabbie mobili dellatrattazione tradizionale, (1) cc Giur. Compi. Cass. civile, 1950, voi. 29, I, pag. 423. (2) Non si ritene questa la sede adatta per trattare la questione della responsabilit aquiliana dello Stato per fatti illeciti dei propri dipendenti. L'argomento, invero, da solo, assorbirebbe tutto il campo d'indagine prefisso col presente scritto. Sul tema specifico, si rinvia alla monografia del GuGLIELMI: l'art. 28 della Costituzione la 1esponsabilit dello Stato e degli Enti pubblici, in questa Rassegna, 1949, 169 segg. (3) Cfr. da ultimo, lo scritto del Mworn: Limiti di ammissibilit delle sentenze di condanna de( giudice ordinario contro la Pubblica Amministrazione nei rapporti di ~iritto privato, in cc Foro Italiano >>, 1952, col. 1131; ed, moltre la nota del CALAPAI, in questa cc Rassegna, 1950, 82; coi precedenti dottrinali e giurisprudenziali richiamati in entrambi gli scritti. (4) Cfr., su quanto precede, SATTA: L'esecuzione forzata, Torino, 1950, pag. 15 segg. 2 seguita anche dal recente scritto del Miccio, citato nella precedente nota. Mentre la teoria tradizionale, infatti, parte da un momento successivo al preteso inadempimento volontario, ch'essa d per scontato, e postula, quindi, il rimedio alternativo dell'esecuzione forzata, la proposizione di cui sopra tende a dimostrare ci che dovrebbe essere il vero punto di partenza dell'indagine: se la Pubblica .Amministrazione possa non adempiere le proprie obbligazioni, una volta che queste siano previste dalla legge, da un contratto o sanzionate in una sentenza del giudice. Non sembra che una siffatta ipotesi sia ammissibile. E valga il vero. Come tutte le determinazioni volitive, anche la scelta tra adempimento volontario e accettazione della esecuzione forzata, dettata, per il privato, dalle ragioni le pi diverse. Sar, cos, motivo idoneo ad evitare l'adempimento volonta,rio, di volta in volta, la particolare avversione del debitore per il creditore, l'assoluta insolvibilit del debitore, la speranza di prolungare il momento del concreto soddisfacimento delle ragioni avversarie, e cos via. La scelta del privato -alla stessa guisa dell'autodeterminazione del libero arbitrio fra bene e male - pienamente libera ed equidistante dai due opposti poli. Ma la stessa scelta non consentita alla Pubblica .Amministrazione. Questa, infatti, vincolata al raggiungimento di un solo scopo, che il fondamento stesso della sua esistenza: l'attuazione concreta del diritto oggettivo nell'ambito della collettivit sociale (l). Tale scopo pu essere raggiunto con molteplici mezzi -ed qui che consiste la discrezionalit amministrativa -e pu essere raggiunto in tempo pi o meno lungo -ed qui che si misura la bont del sistema amministrativo adottato, ma non pu essere volutamente ignorato, o peggio, calpestato. .Anche la Pubblica .Amministrazione pu incorrere in errori di prospettiva, di impostazione, di esecuzione di determinati problemi; ma non pu rinnegare i problemi stessi rinnegando in pari tempo i suoi fini, perch rinnegherebbe se stessa e la ragione della sua esistenza. Di guisa che, quando la legge, o un contratto, o una decisione giudiziaria impongono all' .Amministrazione di prestarsi ad un determinato comportamento, la Pubblica .Amministrazione -a meno che ragioni d'interesse superiore non impongano l'inosservanza di quel comportamento (ma sar pur sempre un'inosservanza dettata da motivi di interesse comune e non un arbitrario diniego) -non pu non adattarsi ad eseguire volontariamente quanto le viene imposto. La Pubblica .Amministrazione non pu non prestare ossequio alla legge, se in ci si identifi (1) Per la definizione di cc Amministrazione in senso oggettivo, vedi ZANOBINI: Corso Diritto Amministrativo Milano, 1939, I, pag. 5: cc Il complesso de11e attivit concrete dispiegate dallo Stato, direttamente o indi-rettamente, per la cura dei singoli interessi pubblici, che ess? assume nei propri fini ; e, per una analisi pi dettagliata delle funzioni della Pubblica Amministrazione, VITTA: Diritto Amministrativo, Torino, 1948, I, pag. 3 segg. -166 ' cano i suoi fini istituzionali. Essa ha, quindi, incapacit strutturale all'inadempimento delle proprie obbligazioni. Allo stesso modo che lo Stato non pu delinquere -e ci non perch esso sia persona giuridica, ma perch esso giuridicamente incapace di ricezione del diritto penale -cos esso non pu non osservare la legge, quando una attivit. vincolata ve lo obblighi; ed, in particolare, non pu non eseguire volontariamente le sue obbligazioni. Cosi posto il problema, evidente che l'assioma: lo Stato non pu essere assoggettato ad esecuzione forzata ontro cui tanti si sono scagliati, in omaggio ad un male inteso principio ugualitario, si ravvisa esatto. Ma si ravvisa esatto non tanto in s, bens nel suo presupposto logico; onde esso meglio andrebbe enunciato cos: Lo Stato non pu essere assoggettato ad esecuzione forzata perch esso non pu che adempiere volontariamente le proprie obbligazioni. Come si vede, proprio in nome della eguaglianza e della giustizia distributiva che il principio suddetto si impone. Ch, in realt. per uguaglianza deve intendersi un uguale trattamento per uguali rapporti giuridici; ma non vi sarebbe pi uguaglianza ove si adottasse un uguale trattamento per rapporti giuridici disuguali. E appunto, il privato e lo Stato versano in condizioni disuguali, come dianzi si dimostrato: mentre ilprimo pu liberamente autodeterminarsi in ogni senso, il secondo non lo pu; ecco perch al primo e non al secondo pu essere imposta l'esecuzione forzata. . Di scarso pregio l'obiezione che si potrebbe muovere a siffatto principio: che, talvolta, cio in concreto, neanche lo Stato osserva le sue obbligazioni, rendendo necessario il ricorso all'esecuzione forzata. A ben guardare, nessun caso del genere, imputabile allo Stato, si verificato. Talvolta, infatti, si ha ritardo non colpevole nell'adempimento dell'obbligazione perch mancano i fondi necessari nel bilancio o perch sorgono impreviste difficolt. sulla lunga via dei controlli della spesa, secondo la legge ed il regolamento di contabilit.. Al di fuori di tali ipotesi, l'Amministrazione non ha mai rifiutato di adempiere. Ed , molto spesso, l'impazienza del creditore -impazienza non indegna di considerazione, ma inadatta a siffatti rapporti di diritto pubblico -che spinge la procedura sino all'esecuzione forzata. La Corte Suprema, nella sua pi recente giurisprudenza, pur omettendo ogni esplicita considerazione sulla possibilit. di assoggettare lo Stato ad esecuzione forzata, ha tuttavia posto notevoli limitazioni al preteso diritto del privato. Resta da augurarsi che la Suprema Magistratura completi il suo insegnamento, anche in via generale, che sussiste impossibilit. ontologica a siffatta esecuzione. Con la sentenza 5 agosto 1949, n. 2238 (1), le Sezioni Unite insegnavano: Essendo vietata al Giudice ogni pronuncia con la quale sostituisca la propria volont. a quella dell'Amministrazione, egli non pu emettere pro (1) Giur. Compl. Cass. civile, 1949, vol. 28, III, pag. 1164. f' nuncie miranti a reintegrare in forma specifica il diritto del privato violato, come nei casi di condanna ad una prestazione di dare, fare o non fare, eccettuata la condanna ad una somma di denaro, tanto meno la condanna all'adempimento specifico pu essere accompagnata dalla pronuncia con la quale si disponga che, ove l'Amministrazione non esegua nel termine indicato, provveda, in suo luogo e vece, lo stesso avente diritto . E con la successiva sentenza 2 agosto 1950, numero 2303 (1), le Sezioni Unite ribadivano il medesimo concetto, precisando che vietato al Giudice sostituire la propria volont. a quella dell'Am ministrazione. Ma, anche per ci che attiene all'espropriazione vera e propria, diretta a fornire al creditore l'equivalente pecuniario, in via forzata, di quanto dedotto nell'obbligazione, la Corte Suprema ha negato, che tale misura esecutiva possa essere compiuta su beni patrimoniali indisponibili (2) e, pi in particolare, anche sulle somme esistenti nelle casse dello Stato (3). A sostegno di tale conclusione, la Corte Suprema, in adesione a quanto costantemente sostenuto dall'Avvocatura, osservava che la distrazione di somme gi. concretamente destinate ad un pubblico servizio importa un conflitto tra gli interessi generali con quelli del privato. E, soggiungeva la Suprema Corte, il conflitto dev'essere risolto con la prevalenza dei primi. La legittimit. della destinazione non pu essere ostacolata o paralizzata da azioni esecutive, senza che la funzione giurisdizionale, contro il disposto dell'art. 4 legge 20 marzo 1865 allegato E si sovrapponga a quella amministrativa, turbandone il regolare svolgimento . Conclusione . 8. A conclusione del presente scritto, pu dirsi che, nella giurisprudenza del Supremo Collegio, dato riscontrare una valutazione pi sensibile del problema che ne occupa: l. dove il punto di incontro fra il diritto pubblico e il diritto privato, la Corte Suprema, pur senza sacrificare i diritti dei singoli, non ha pretermesso quelli preminenti della collettivit.. Resta da augurarsi solo che siffatta evoluzione giurisprudenziale venga affinata, e che essa trovi il suffragio anche di quella parte della dottrina, tuttora legata alla concezione cc paritetica>> dello Stato col privato. Siffatta concezione, al cui sorgere non sono stati, forse, estranei i profondi rivolgimenti politico-giuridici nella struttura dello Stato nell'ultimo decennio, dovr. necessariamente cedere di fronte alle pi imperiose esigenze che, con crescendo continuo, fanno capo allo Stato. Se tutti sono concordi nel rivendicare per lo Stato l'accollo e la soluzione di gravi problemi, (1) ''Foro Ital. , 1950, I, 1472. (2) Cassazione III Sezione 10 dicembre 1951, nu~-roero 2765, in Giur. Compi. cass. civile, 1951, voi. 30, II, pag. 1047. . (3) Cassazione III Sezione 20 marzo 1952, n. 755 in >, 1952, 755 e in questa Rassegna , 1952: pag. 70. -167 che qualche decennio addietro, erano ritenuti di pretta competenza privata (si pensi solo, a m di esempio, al problema della disoccupazione) uguale concordia dovrebbe sussistere nel riconoscere che lo Stato, a differenza del privato, ed anche nel campo del mero diritto civile, ha bisogno di strumenti pi affinati che non quelli concessi al privato. Negare siffatta necessit. grave incongruenza, non meno grave di quella in cui verserebbe chi, in ipotesi, rifiutasse di corrispondere i tributi, pur reclamando la prestazione dei servizi collettivi indivisibili. Per quanto riguarda, in particolare, il problema dell'esecuzione forzata contro lo Stato, deve auspicarsi, anche qui, un pi coraggioso allineamento della dottrina con la giurisprudenza della Oorte Suprema. Da qualche sintomo, dato scorgere un lieve barlume in tal senso (1). Bisogna, comunque, (1) Si confrontino, invero, l'annotazione del SANDULLI alla sentenza della Corte Suprema 20 marzo 1952, n. 755 (Foro Ital. , 1952, I, 707), gi citata; dello stessoAutore, poi, la monografia: La posizione dei creditori pecuniari dello Stato, in << Riv. Trim. Diritto pubblico, 1952, pag. 543 sgg. nonch l'ampia nota del FRAGOLA: La esecuzione forzata sul danaro dello Stato attraverso il ricorso considerare che, se degli inconvenienti si verificano, essi non sono certamente in funzione di colpa dello Stato, ma di legislazione antiquata, talora farraginosa; talvolta, poi, essi sono collegati a particolari atteggiamenti di persone. Il problema, pertanto, va spostato l>en pi in l. dello specifico campo di trattazione; esso andr. considerato in sede di riforma delle leggi di contabilit. di Stato e dell'annunciato, nuovo inquadramento della burocrazia. Quando codeste riforme saranno state affrontate e risolte, la bont. e la snellezza delle nuove norme potranno eliminare le deficienze oggi lamentate, con reciproca soddisfazione e dell'interesse generale, rappresentato dallo Stato, e di quello particolare del singolo cittadino. MICHELE SAVARESE AVVOOATO DELLO STATO a sensi dell'art. 27 n. 4 T.U. sul Consiglio di Stato, Foro Ital. , 1952, 1, 1486. In tali scritti, pur con delle asserzioni che non possono essere condivise, gli Autori, in sostanza, danno ragione dell'opinione che, pi che un problema giuridico -difficilmente risolubile per sua stessa natura -la questione investe un problema di corretta amministrazione e di riforma legislativa. LA CONTROVERSIA FRANCO-AMERICANA AVANTI LA CORTE DELL'AJA I. -Premessa 1. Per la prima volta il Governo degli Stati Uniti d'America ha accettato l'arbitrato della Corte internazionale di Giustizia; ci avvenuto in occasione della controversia con la Francia (quale potenza protettrice dell'Impero sceriffi.ano del Marocco), concernente la legittimit ed applicabilit nei confronti dei cittadini americani di un decreto sceriffi.ano (del 30 dicembre 1948) sul controllo delle importazioni sans devises (franco- valuta). Nel settembre 1939, all'inizio dell'ultima guerra, le autorit marocchine avevano adottato il principio della proibizione di tutte le importazioni non espressamente autorizzate, ad eccezione di quelle provenienti dalla Francia o dai territori dell'Unione francese. L'll marzo 1948 venne concessa una deroga generale (comportante l'abolizione delle licenze d'importazione) per tutte le merci -salvo limitate eccezioni -importate senza dar luogo al regolamento finanziario, cio franco-valuta. Il suddetto provvedimento veniva revocato con decreto del 30 dicembre 1948. Il Governo americano, che aveva gi protestato contro l'adozione del provvedimento emanato nel 1939, assumeva un atteggiamento negativo, in ordine all'applicazione, nei confronti dei propri cittadini, del provvedimento del dicembre 1948, sostenendo: a) che, in base al regime capitolare, di cui tutt'ora beneficierebbero gli Stati Uniti in Marocco, i loro cittadini fruirebbero di privilegi in materia giurisdizionale e legislativa, nel senso che nessuna legge locale sarebbe loro applicabile senza l'assentimento espresso del loro Governo b) che, comunque, i provvedimenti del 1939 e del dicembre 1948 avrebbero violato il principio della libert economica e quello ad esso conseguente della libert delle esportazioni in Marocco, garantiti agli Stati Uniti d convenzioni internazionali. Nel frattempo, per ragioni di ordine pratico, veniva connessa a quella suddetta altra questione concernente la cosiddetta immunit fiscale. Da parte americana veniva infatti contestata l'applicabilit ai propri cittadini delle locali imposte di consumo, in quanto i cittadini americani fruirebbero di una completa immunit fiscale, all'eccezione delle imposte espressamente previste dalle convenzioni internazionali, stipulate dal1' Impero marocchino nel secolo XIX, e dall'Atto di Algeciras. Essendo fallite le possibilit di una bonaria compo sizione della controversia, il Governo francese, in rappresentanz dell'Impero sceriffi.ano, adiva la Corte internazionale di giustizia. Il Governo americano proponeva alla Corte, in via riconvenzionale, una ulteriore questione (concernente l'interpretazione dell'art. 95 dell'Atto di Algeciras, ai fini della valutazione dei prodotti sottoposti a dogana, al momento del loro ingresso in Marocco), oltre quella sopra accennata sull'immunit fiscale. Le questioni dibattute avanti la Corte internazionale sono state, pertanto, le seguenti: io Diritti dei cittadini americani in ordine alle importazioni in Marocco. 20 Giurisdizione consolare degli Stati Uniti in Marocco. 30 Condizioni di applicabilit delle leggi locai ai cittadini americani. 40 Immunit fiscale dei cittadini americani. 50 Valutazione dei prodotti sottoposti a dogana. -168 2. Nell'impostazione della difesa del Governo francese si data la precedenza alle questioni concernenti i privilegi capitolari (limite della giurisdizione consolare -assentimento del Governo americano, quale condizione di applicabilit delle leggi locali ai cittadini americani); e non senza ragione. Perch, da parte francese, si cercato di sostenere che tutte le pretese americane facevano capo ad un sistema capitolare, convenzionalmente imperniato sulla clausola della nazione pi fa. vorita ed ormai caducato, per effetto della rinunzia da parte di tutte le altre potenze ai privilegi inerenti a tale sistema. La difesa francese, invocando il principio (in base al quale la clausola della nazione pi favorita, in tanto giuoca, in quanto di uno specifico privilegio sia tuttora beneficiaria altra potenza), ha sostenuto infatti che, venuti meno i privilegi concessi dal Marocco, principalmente alla Gran Bretagna ed alla Spagna era automaticamente venuto meno altres il diritto degli Stati Uniti di fruire degli stessi privilegi. Se non che, ai fini della presente esposizione, sembra pi utile riferire gli argomenti hic inde dedotti, seguendo l'ordine enunciato alla fine del precedente paragrafo e che press'a poco quello adottato dalla difesa americana; ci, sia perch tale ordine appare pi logico in relazione all'importanza delle questioni dibattute (la controversia infatti incideva essenzialmente sulla libert delle importazioni in Marocco); sia perch, nell'ordine sopra riassunto, le questioni dibattute sono state esaminate e risolte nella recente decisione della Corte internazionale. Sempre ai fini della presente esposizione, sembra utile altres prescindere dalla formale posizione di attore o convenuto delle Alte Parti contendenti: le tesi contrastanti saranno invece esposte tenendo presente lo sviluppo logico delle questioni in diacussione. Esposti i punti principali del dibattito, saranno riassunti ed, ove occorra, brevemente commentati i pi rilevanti ptinti di diritto affermati nella importante decisione. II. -Tesi difensive 3. A) Regime delle importazioni in Marocco. -Come si detto, il problema cruciale che ha precipuamente provocato l'interessante vertenza (le altre questioni accessorie non avrebbero probabilmente occasionato un giudizio della Corte dell'Aja) quello attinente alla legittimit od illegittimit internazionale dei provvedimenti interni, adottati dalle Autorit marocchine e tendenti a limitare e controllare o, praticamente, a proibire tutte le importazioni in Marocco, ad eccezione di quelle provenienti dalla Francia. La difesa americana ha sostenuto il fondamento della propria pretesa, in base all'analisi ed interpretazione delle disposizioni convenzionali esistenti, sostenendo che il diritto alla libert delle esportazioni in Marocco risulterebbe: . io Dalle convenzioni bilaterali precedenti l'Atto di Algeciras. 20 Dall'estensione agli Stati Uniti, per effetto della clausola della nazione pi favorita, dei privilegi acordati ad altri paesi da vari trattati. 30 Dalla reale portata dell'Atto di Algeciras e dei suoi effetti nella materia commerciale. L'idea base della libert dei traffici e dei commerci sarebbe gi sanzionata e garantita dagli antichi trattati stipulati dagli Stati Uniti con il Sultano del Marocco nel 1787 e nel i836. Tale principio sarebbe stato pi specificamente ed espressamente confermato dai trattati successivamente stipulati dal Sultano con altre potenze ed applicabili agli Stati Uniti in base alla clausola della nazione pi favorita, statuita dall'art. i4 del cennato Trattato del 1836. L'art. 2 del Trattato anglo-marocchino di navigazione del 9 dicembre 1856 sanciva l'obbligo del Sultano del Marocco di abolire qualsiasi monopolio o proibizione sulle merci importate, ad eccezione del tabacco, oppio, armi, munizioni, ecc.; tale principio era ribadito dall'art. 6, il quale statuiva che le merci o prodotti, salvo le eccezioni previste dall'art. 2, importati dai cittadini britannici, non sarebbero stati proibiti nei territori del Marocco. L'art. 49 del Trattato ispano-marocchino del 20 novembre i861 statuiva che non sarebbero stati proibiti in Marocco le merci o prodotti di qualsiasi provenienza importati da sudditi spagnoli. La libert delle importazioni era altres garantita dall'art. 2 del Trattato germano-marocchino del io giugno 1890, abrogato solo per effetto del Trattato di Versaglia. Le suddette disposizioni poteva noessere invocate dagli Stati Uniti, fruenti della clausola della nazione pi favorita. Infine l'art. 4 della Dichiarazione franco-britannica del 4 aprile 1904 aveva ribadito il principio della libert commerciale, tanto in Egitto che in Marocco. Tale principio fu posto a base dei lavori della conferrenza di Algeciras ed espresso nei termini di cc libert conomique sans aucune ingalit " Ci -secondo la tesi americana -a riconferma dei diritti gi sanciti dai trattati in vigore. Le disposizioni specifiche dell'Atto di Algeciras avrebbera servito a dirimere dei nuovi problemi; ma sempre nel quadro della riconfermata libert economica. 4. Esaminati i provvedimenti adottati dalle Autorit marocchine dal 1939 al 1948 e di cui dianzi si fatto cenno, la difesa americana ha sostenuto che il sistema in vigore statuisca tma discriminazione tra i prodotti francesi, liberamente importati, ed i prodotti di ogni altro paese, dei quali invece proibita l'importazione senza una licenza rilasciata da funzionari della Potenza protettrice. Ed ha affermato che tale sistema costituisca una violazione delle disposizioni convenzionali sopra riassunte; sicch non pu essere validamente opposto ai cittadini degli Stati Uniti senza il consenso del loro Governo. La difesa americana ha poi negato che i diritti convenzionali, vantati al riguardo dagli Stati Uniti, potessero essere ritenuti diritti capitolari, legati ad una concezione ormai superata di extra-territorialit: ed ha notato, in proposito, che, in base a normali trattati di commercio, amicizia o navigazione, spesso prevista l'inapplicabilit ai cittadini delle Potenze beneficiarie di alcune leggi locali. A riprova comunque della propria affermazione in ordine alla natura non capitolare dei vantati privilegi, ha rammentato che, tutte le volte che la Francia -prima e dopo l'istituzione del Protettorato -ha ottenuto la rinunzia di altre Potenze ai privilegi della giurisdizione consolare, ha riconfermato in contraccambio il mantenimento dei diritti e privilegi di natura commerciale. 5. La difesa francese ha opposto alla tesi americana ~le seguenti eccezioni: a) Forza maggiore. -L'eccezione pu essere validamente opposta quando i fatti costitutivi della forza maggiore presentino tre caratteristiche: imprevedibi -169 lit; esteriorit nei confronti dello Stato che invoca la forza maggiore; costrizione che impedisce allo Stato stesso di eseguire le propria obbligazioni internazionali. I primi due elementi -secondo la difesa francese -sarebbero dimostrati dal fatto che all'epoca dei trattati in discussione tutte le monete erano convertibili; l'inconvertibilit della propria moneta stata adottata da quasi tutti i Paesi dopo la seconda guerra mondiale. In tale situazione il Marocco non pu che acquistare da chi da esso acquista. Da tale situazione conseguirebbe una necessit assoluta (terzo elemento) che potrebbe scomparire solo ove si verificasse il ritorno generale al sistema della convertibilit, ovvero se il Marocco potesse disporre di una massa sufficiente di valuta convertibile. La dimostrata ragione di forza maggiore legittimerebbe quindi -secondo la difesa francese -l'adozione dei provveiimenti contestati, anche se, per avventura, contrastanti con disposizioni convenzionali. b) Reciprocit. -I trattati di commercio del 1856 e del 1861 erano basati sul principio della reciprocit. Da tale principio deriverebbero due conseguenze, l'una specifica all'obbietto della discussione, l'altra pi generale: 1 Le esportazioni marocchine in Gran Bretagna e Spagna sono sottoposte al controllo dei cambi. Tali Potenze non potrebbero quindi opporre al Marocco l'illegalit del medesimo controllo. Gli Stati Uniti non potrebbero, di conseguenza, opporre l'illegalit, invocando la clausola della nazione pi favorita. 2 A parte ci la clausola della nazione pi favorita, prevista dal trattato del 1836 non sarebbe gratuita, ma condizionale. Essa garantirebbe gli stessi vantaggi offerti ad altre Potenze, a condizione peraltro delle stesse garanzie di reciprocit. Gli Stati Uniti hanno adottato una politica rigorosamente protezionistica e non hanno mai offerto al Marocco il minimo vantaggio commerciale. c) Abrogazione implicita. -I trattati del principio del corrente secolo (Atto di Algeciras, Convenzione franco-tedesca del 4 novembre 1911), non menzionando pi la soppressione di tutte le proibizioni, avrebbero sostituito tale principio con quello pi 'lato della libert economica nel quadro delle riforme affidate alla Francia, Paese protettore. Infine Inghilterra e Spagna hanno accettato da tempo di regolare i rapporti commerciali con il Marocco sulla base degli scambi reciproci (compensazioni). d) Principi introdotti dall'Atto di Algeciras. -Negata, in diritto, l'esattezza della tesi che i trattati vadano interpretati esclusivamente in base alle intenzioni dei firmatari al momento della stipulazione, mentre invece l'interpretazione andrebbe completata al lume dei principi di diritto internazionale positivo esistenti al momento della contestazione (teoria del diritto intertemporale) (1), la difesa francesi') ha contestato, in fatto, ogni influenza alla circostanza che contingenze economiche eccezionali non siano state contemplate dai compilatori dell'Atto di Algeciras. In realt, la possibilit di crisi sarebbe stata ben presente ai compilatori: per. (1) 'Un trait est destin s'appliquer dans un certain milieu iuridique; c'est le milieu juridique existant au moment o se pose la question d'interprtation qu'il convient de prendre en consideration >'. tali motivi sarebbero stati adottati dei principi generalissimi, suscettibili di una certa elasticit di applicazione. I Ci premesso, la difesa francese ha rilevato: 10 L'Atto di Algeciras, unitamente al principio della libert economica, ha affermato quello della sovranit dello Stato sceriffi.ano. Va esclusa quindi ogni Iinterpretazione limitatrice di detta sovranit, oltre i casi espressamente previsti. Nessuna disposizione del trattato interdirebbe l'adozione di misure tendenti a garantire l'equilibrio della bilancia dei pagamenti. 2 La libert economica senza ineguaglianze, presuppone il concetto di reciprocit. Del diritto di egua glianza di trattamento godrebbe anche il Marocco, che sarebbe pertanto legittimato ad adottare le stesse misure sul controllo dei cambi, adottate dalla maggioranza dei Paesi. La libert degli scambi subordinata alla difesa dell'ordine pubblico. La pratica ha riconosciuto che il controllo dei cambi una misura necessaria e legittima di ordine pubblico, in caso di grave squilibrio della bilancia dei pagamenti. e) Accordi di Bretton Woods. -La difesa francese ha sostenuto che -a parte ogni altro argomento -gli Accordi di Bretton Woods avrebbero sancito una eccezione avente effetto sospensivo rispetto alle disposizioni dell'Atto di Algeciras, tendenti a garantire la libert dei commerci. A tale proposito ha citato l'art. 14, sezione 2a, dello Statuto del Fondo monetario internazionale, il quale statuisce che, nel periodo di transizione 'successivo alla guerra, i membri potranno mantenere delle restrizioni dei pagamenti e dei trasferimenti, relativi a transazioni internazionali, ed adattare tali restrizioni alle circostanze. Gli accordi preesistenti non sarebbero di ostacolo all'adozione delle misure eccezionali suddette, anche in difetto del consenso degli altri contraenti, in base al disposto dell'art. 7, sezione 5a, riflettente le monete rare quali il dollaro. 6. In ordine all'eccezione di forza maggiore ed a quella, ad essa connessa, relativa alla nozione di cc ordine pubblico ,, limitatrice del principio di libert degli scambi, la difesa americana ha principalmente replicato: a) Negato che il volume delle importazioni francovaluta in Marocco da parte degli Stari Uniti potesse seriamente influire sul corso dei cambi ed affermato che le autorit consolari americane hanno sempre offerta la loro collaborazione per reprimere il contrabando delle valute, la difesa americana ha sostenuto che nessuna seria misura adottata per impedire il mercato nero valutario (eufemisticamente defrilito march parallle); siffatta tolleranza smentirebbe la pretesa giustificazione della violazione dei diritti convenzionali degli Stati Uniti. Comunque le misure adottate in Marocco francese -pur impedendo in teoria le importazioni franco-va luta -consentirebbero ugualmente alcune importa zioni sans devises; e comunque incoraggerebbero delle misure protezionistiche, contrastanti con l'Atto di Al ge'ciras. Infatti, mentre, ad esempio, sono accordate licenze per l'importazione del t, dello zucchero o del caff, non permessa l'importazione di tessili a l>uoii - mercato. Tale discriminazione non troverebbe alcuna giustificazione nella pretesa regolamentazione dei cambi. Secondo la difesa americana il punto cruciale da decidere era se le autorit del Protettorato, nonostante le -170 disposizioni dell'Atto di Algeciras e dei trattati precedenti, potessero limitare od impedire -senza il consenso dei paesi esportatori -le importazioni nel Marocco. Il pretesto del controllo dei cambi servirebbe da paravento per mascherare la violazione del principio della libert delle importazioni. L'applicazione unilaterale del decreto 30 dicembre 1948 importerebbe la possibilit di limitare le importazioni per qualsiasi motivo, compreso quello di eliminare la conclorrenza. Ci sarebbe confermato dal fatto che alcune licenze d'importazione sarebbero state accordate a condizione che gli importatori si impegnassero a cedere una parte del prodotto ad una organizzazione locale, in modo da permettere una livellazione artificiosa con gli stessi prodotti acquistati a prezzo pi elevato nella zona del franco. La difesa americana ha poi sostenuto che la controparte non aveva dato la prova che le misure adottate fossero essenziali per la protezione dell'ordine pubblico marocchino. Ha citato al riguardo due discorsi del generale Juin, allora alto commissario al Marocco. Nel primo, del 10 gennaio 1949, questi affermava che, anche a prescindere dalle obbligazioni internazionali nascenti dai trattati, il sistema della libert economica fosse il pi consono agli inter'essi del Marocco. Tali affermazioni, a prima vista contraddittorie, rispetto alla promulgazione del decreto 30 dicembre 1948, troverebbero la loro spiegazione nel fatto che il generale Juin aveva cercato di evitare l'applicazione di tale decreto; ma vi era poi stato costretto, in seguito ad ordine formale del Consiglio dei ministri di Parigi. Cosa espressamente dichia rata dallo stesso generale nel successivo discorso dell'll gennaio 1949. Infine la difesa americana ha respinta la tesi francese, in base alla quale, essendo il franco marocchino legato a quello francese, qualsiasi misura tendente a proteggere il franco francese, sarebbe di ordine pubblico marocchino. Il legame tra le due monete deriverebbe da una decisione volontaria ed unitalerale del Governo francese, non imposta ed anzi probabilmente esclusa dall'Atto di Algeciras, che aveva prevista la creazione della Banca di Stato del Marocco. Non solo i marocchini, ma gli stessi commercianti francesi del Marocco, avrebbero pi volte richiesto lo sganciamento delle du monete, sull'esempio di quanto effettuato dallo stesso Governo francese per l'Africa Occidentale e la Somalia. b) Replicando agli argomenti concernenti la reciprocit e l'abrogazione implicita, la difesa americana ha opposto: 1 Inghilterra e Spagna non hanno rinunziato alle clausole contenut!l nei rispettivi trattati del 1856 e 1861 e garantenti la libert delle importazioni; sibbene il loro comportamento avrebbe potuto rendere inoperanti tali clausole. Comunque, il fatto che i suddetti paesi non chiedano l'applicazione in proprio favore delle cennate disposizioni, non priverebbe gli Stati Uniti dei benefici della clausola della nazione pi favorita, perch le disposizioni statuite dai citati trattati non risultano abrogate; 2 non sarebbe provata e, comunque, sarebbe inesatta l'affermazione dell'esistenza di un rigido protezionismo da parte degli Stati Uniti ai danni del Marocco. La media delle tariffa doganali applicate ai prodotti marocchini sarebbe inferiore alla uniforme tariffa del 12,50 %, applicata dalla dogana del Marocco, ai sensi dell'Atto di Algeciras; 30 la Francia esporta liberamente qualsiasi prodotto in Marocco. Gli Stati Uniti dovrebbero fruire dello stesso diritto, sempre in forza della clausola della nazione pi favorita. e) In ordine al valore ed alla portata dell'Atto di Algeciras la difesa americana, contestando la tesi francese, ha affermato che scopo principale della conferenza fu quello di confermare gli uguali diritti delle Parti contraenti, basati o su trattati o sulla consuetudine: uno dei diritti pi importanti concerneva appunto la libert delle importazioni. La nozione della libert conomique sana aucune inegalit, termine adottato nel testo dell'Atto, era indicato durante i negoziati con la formula di "libert commerciale , formula gi usata nella dichiarazione francobritannica dell'8 aprile 1904. Indubbiamente nella suddetta nozione era compresa -ad avviso della difesa americana -quello della libert delle importazioni, cos come, del resto, comprovato dalla definizione adottata dal delegato francese alla Conferenza: porta aperta in materia commerciale. Un'ulteriore riprova dell'affermazione che l'Atto di Algeciras confermava il principio delle libert commerciali sarebbe fornito dal testo dell'art. 105, il quale sancisce la regola dei pubblici concorsi per l'aggiudicazione dei servizi e dei lavori pubblici, in applicazione del principio della libert economica. Ugualmente le numerose disposizioni concernenti la fissazione della tariffa doganale, la procedura per la valutazione delle merci e la riscossione dei diritti non avrebbero avuto senso se non fosse stata garantita, in primo luogo, la libert delle importazioni. d) In ordine alla portata degli accordi di Bretton Woods, la difesa americana ha sostenuto: lo che controllo dei cambi e controllo delle importazioni non sarebbe giuridicamente la stessa cosa; 2 che il controllo dei cambi, effettuato in Marocco, servirebbe a mascherare il controllo delle importazioni; 30 che, conseguentemente, i controlli sui cambi previsti dagli accordi di Bretton Woods non potrebbero mai infirmare i trattati preesistenti concernenti la libert delle importazioni. Comunque non sarebbe applicabile la speciale eccezione prevista dall'art. 7, sezione 5a, in difetto di una dichiarazione formale del fondo monetario internazionale concernente la rarit di una determinata moneta (dollaro). 7. B) Giurisdizione consolare. -La seconda questione dibattuta alla Corte internazionale di giustizia concerneva la natura ed i limiti della giurisdizione consolare al Marocco. La difesa francese ha cominciato con porre in risalto che non esiste un regime generale delle capitolazioni, sibbene dei singoli trattati di capitolazione. Pertanto al lume dei testi convenzionali in vigore che deve essere esaminata la questione. Il trattato che ha conferito agli Stati Uniti il privilegio della giurisdizione quello del 1836. L'art. 26 di tale trattato statuisce la competenza consolare in ordine alle controversie civili tra cittadini o protetti americani; l'art. 21, a sua volta, statuisce che nei processi penali nei quali un americano sia imputato, il console -171 assiste al giudizio (1 ). Entro tali limiti, secondo la difesa francese, dovrebbe essere circoscritto il privilegio americano di giurisdizione. Il trattato del 1836 prevedeva, peraltro, la clausola della nazione pi favorita. In base a tale clausola gli Stati Uniti hanno costantemente invocato le pi estese disposizioni stabilite dal trattato generale anglo-marocchino del 9 dicembre 1856 e dal trattato ispano-marocchino del 20 novembre 1861. Gli artt. 8 a 14 del primo trattato e 10 a 16 del secondo, di contenuto sostanzialmante analogo, avevano attribuito alla giurisdizione consolare in via esclusiva, oltre alle cause civili, anche quelle penali, ove risultassero imputati i cittadini rispettivamenteinglesi o spagnuoli; per i processi misti stabilivano, in base al principio actor sequitur forum. rei, la competenza della giurisdizione consolare nelle cause in cui i cittadini inglesi o spagnuoli fossero convenuti. Il beneficio della nazione pi favorita venne riconfermato a tutte le Potenze (fra le quali gli Stati Uniti), firmatarie della Convenzione di Madrid del 1880. L'esistenza della giurisdizione consolare ampia, comprendente anche la competenza per i giudizi misti, era stata nuovamente richiamata da numerose disposizioni dell'Atto di Algeciras. A tale riguardo la difesa francese ha per obiettato che la clausola della nazione pi favorita non poteva pi essere invocata, in quanto le disposizioni sancite dai trattati successivi a quello del 1836 sarebbero colpite da caducit. In effetti la Gran Bretagna ha rinunziato ai privilegi di natura capitolare, per effetto della Convenzione del 29 luglio 1937. Ai privilegi capitolari, rispettivamente della Spagna sul Marocco francese e della Francia sul Marocco spagnolo, le suddette Potenze hanno rinunziato (Accordi del 1912 e 1914) in conseguenza dell'istituzione, su entrambe le zone, di un'organizzazione giurisdizionale, ispirata alla legislazione dei Paesi protettori. Gli Stati Uniti avrebbero quindi beneficiato sino al 1938 dello stesso regime di cui beneficiava la Gran Bretagna in virt del trattato del 1856. Successivamente al 1938 i privilegi capitolari degli Stati Uniti avrebbero dovuto essere limitati alle ipotesi testualmente previste dagli articoli 20 e 21 del trattato del 1836. Quanto alla portata della Convenzione di Madrid, la difesa francese ha sostenuto che obietto di tale Convenzione fosse solamente quello di definire e limitare il diritto di cc protezione dei sudditi marocchini: e che, agli effetti dei privilegi capitolari, abbia solamente esteso a tutti i firmatari il beneficio della nazione pi favorita, senza peraltro nulla innovare al riguardo e, soprattutto senza statuire una e:J,traterritorialit perpetua a favore delle Potenze contraenti ed a carico del Marocco. Infine la difesa francese ha ripreso la tesi, di cui dianzi (par. 5) si fatto cenno, che le disposizioni dei trattati vadano interpretate in base ai privilegi dell'ordinamento giuridico esistente al momento della contestazione (diritto intertemporale): ed ha citato al riguardo una mas (1) Art. 20. -Si des citoyens ou protgs des Etats-Unis ont entre cux un diffrend, le consul statuera entre les parties; et chaque fois que pour l'excution de ses dcisions, le consul demandera l'aide ou l'agsistance de notre Gouvernement, celles-ci lui seront immdiatement fournies. Art. 21. -Si un citoyen des Eltats Unis tue ou blesse un Maure ou si, !'inverse, un Maure tue ou blesse un citoyen des Etats Unis, la loi du pays s'appliquera et justice gale sera rendue, le consul assistant au procs; au cas o un dliquant s'chapperait, le consul n'en sera responsable en aucune manire. sima contenuta nella decisione arbitrale di Las Palmas sulla controversia olandese-americana (1). Ai fini della giurisdizione consolare, in applicazione della suddetta tesi, la difesa francese ha pertanto sostenuto che il Trattato del 1836 sia tuttora valido, ma che vada inquadrato non nelle regole dell'ordine giuridico esistente al momento della sua stipulazione (regol tutte caducate), sibbene sulle regole del presente ordine giuridico internazionale. 8. Ai predetti argomenti la difesa americana ha replicato nei seguenti termini: a) L'art. 20 del Trattato del 1836 riflette non soltanto la competenza civile, ma altres quella penale. Invero, secondo i trattati e la consuetudine della fine del secolo xvm, i tribunali consolari avevano competenza esclusiva in qualsiasi processo civile o penale tra cittadini delle Potenze esercentila giurisdizione consolare. b) La regola actor sequitur forum rei, applicabile ai giudizi misti, era gi stata adottata dalla consuetudine formatasi alla fine del secolo XVIII, prima di essere codificata nei trattati del 1856 e 1861. e) La Convenzione di Madrid, prima, e l'Atto di Algeciras, poi, avrebbero ratificato e confermato il regime della giurisdizione consolare, gi esistente. In numerose disposizioni dell'ultimo testo si fa riferimento alla giurisdizione consolare, come giurisdizione competente anche nei giudizi penali a carico di cittadini delle potenze firmatarie. Pertanto, si ritenga che al momento ~lella conferenza gli Stati Uniti fruissero di un diritto proprio, derivante in via originaria dalla Convenzione di Madrid ovvero che fruissero di un diritto consuetudinario, sarebbe comunque evidente che, per effetto della ratifica e conferma contenuta nell'Atto di Algeciras, i diritti giurisdizionali vantati dagli Stati Unit,i non sarebbero basati soltanto sulla clausola della nazione pi favorita, sibbene su di una fonte autonoma. d) La rinuncia della Gran Bretagna alla giurisdizione consolare non sarebbe comunque efficace a privare gli Stati Uniti del beneficio della nazione pi favorita perch tale rinuncia non riflette tutto il Marocco, ma solo la Zona francese. Gli inglesi conservano infatti la giurisdizione consolare nella Zona spagnola. e) Da parte spagnola non vi sarebbe stata una esplicita rinuncia alla giurisdizione consolare in Marocco francese con atto internazionalmente valido rispetto allo stato sceriffiano: sibbene Francia e Spagna si sarebbero accordati in ordine all'esercizio dei loro poteri nelle rispettive zone di influenza. 9. C) Diritto di assentimr;,nto. -Direttamente connessa alla questione riassunta nei due paragrafi che precedono era quella concernente il preteso diritto di assentimento alla legisiazione locale, derivante secondo la tesi americana, dal cosidetto cc privilegio di legislazione (principio in base al quale le giurisdizioni consolari applicavano la legge nazionale e non quella locale). Secondo (1) Pour savoir lequel des diffrents systmes juridiques en vigueur des poques successives doit tre appliqu dans un cas dtermin (question du droit dit intertemporel), 11 faut distinguer entre la cration du droit en question et le maintien de ce-drott.. Le mme principe qui soumet un acte crateur de droit la loi en vigueur l'poque o le droit natt, exige que l'existence de ce droit, en d'autres termes, sa manifestation continue, suive les condit.ions requises par l'volution de droit. (Recueil des sentences arbitrales, Nations Unies, tome Il, pag. 845). -172 la difesa americana, intorno al nucleo costituito dalle disposizioni convenzionali, si era creata una consuetudine concernente non solo la piena giurisdizione consolare, ma altres il diritto di assentimento alla legislazione locale. Resistendo alla suddetta tesi la difesa francese ha eccepito: io Il principio della competenza esclusiva in materia legislativa di ciascuno Stato nel proprio territorio. 2 La mancanza di qualsiasi disposizione convenzionale statuente il diritto di assentimento alla legislazione marocchina. 3 La mancanza di una consuetudine in tal senso. Nei litigi tra stranieri, prima dell'attuale codificazione non poteva essere applicata la legge locale, perch il diritto locale era essenzialmente religioso e basato sul Corano. Ora invece la legge scritta locale pu essere applicata senza inconvenienti anche agli stranieri. L'applicazione della legge nazionale agli stranieri da parte della giurisdizione consolare stata solo tollerata, dopo l'intervenuta codificazione, sino al 1938 nei confronti della Gran Bretagna e sinora nei confronti degli Stati Uniti. La difesa francese ha inoltre sostenuto: a) Caducato il sistema capitolare previsto dai Trattati del i856 e i861, il console degli Stati Uniti competente soltanto nei processi civili tra americani. Nei processi penali ha solo diritto di assistere. Non. vi quindi nessun motivo che in tali processi non sia applicabile la legge locale. b) L'Impero Ottomano, nonostante il regime capi-. tolare cui era sottoposto, ha sempre negato il diritto di assentimento, da parte delle Potenze cristiane alla legislazione locale. E ci, nonostante che l'assenza di una codificazione moderna e la base religiosa della legisla zione locale rendesse inapplicabile tale legislazione agli stranieri e giustificasse quindi i principi della perso nalit della legge e del privilegio di legislazione connessi al privilegio di giurisdizione. io. Replicando ai suddetti argomenti, la difesa americana ha sostenuto che in Marocco nessuna legge locale pu essere applicata a cittadini americani, in difetto del consenso formale degli Stati Uniti. Tesi questa pi generale e distinta da quella concernente l'illegalit internazionale, sostenuta da parte americana, sia del Decreto 30 dicembre 1948, di cui dianzi si ampiamente riferito, sia del Dahir 28 febbraio 1948, istituente delle imposte di consumo, di cui si far cenno in prosieguo, esponendo la questione relativa all'immunit fiscale. La difesa americana ha infatti sostenuto che i suddetti provvedimenti sarebbero stati illegittimi ed inapplicabili ai propri cittadini, in quanto costituenti violazione di trattati internazionali, indipendentemente dal diritto di assentimento ed anche nell'ipotesi che gli argomenti da essi addotti per tale ultimo profilo fossero disattesi. A 1:mstegno della tesi pi generale. la difesa americana ha precipuamente sostenuto: a) che il privilegio di legislazione connesso a quello di giurisdizione: essendo quest'ultimo ancora in vigore dovrebbe ritenersi in vigore altres il primo: il diritto di assentimento sarebbe una conseguenza necessaria del privilegio di legislazione; b) che il comportamento delle Autorit francesi, le quali hanno, a pi riprese, sollecitato il consenso americano a singole leggi, costituiva conferma e riconoscimento di tale diritto. Da parte americana si infine rilevato che il Governo americano ha normalmente concessa la propria approvazione, qualora la legislazione locale non sollevasse alcuna questione concernente i diritti convenzionali degli Stati Uniti. Ma ci per motivi di opportunit, non perch ritenesse limitato o menomato il proprio generale diritto. il. D) Immunit fiscale. -La questione dell'immunit fiscale stata occasionata dall'applicazione ai cittadini americani del Dahir (Decreto del Sultano) 28 febbraio 1948, istituente un'imposta di consumo su determinati prodotti, importati o di produzione locale. Da parte americana si sostenuto che i cittadini degli Stati Uniti godano in Marocco -in base a testi convenzionali tuttora in vigore -di una generale immunit fiscale, salve limitate eccezioni. A tale pretesa la difesa francese ha eccepito: a) fino all'istituzione del Protettorato gli stranieri praticamente non pagavano imposte in Marocco, sosoprattutto perch non esisteva un sistema fiscale nel senso moderno della parola. La legislazione fiscale adottata dopo l'istituzione del Protettorato etata invece effettuata con criteri moderni quanto alla fonte legislativa ed alle formalit di riecossione. L'imposizione grava senza discriminazioni su marocchini e stranieri, in applicazione del principio dell'uguaglianza economica. b) Il Trattato generale anglo-marocchino del i856 (art. 4) ed il trattato ispano-marocchino del i861 (art. 5) stabilivano. una larga immunit fiscale per i cittadini inglesi e spagnuoli. Gli Stati Uniti potevano invocare detti benefici, in base alla clausola della Nazione pi favorita. Peraltro tali disposizioni non sarebbero pi operanti, per effetto, da un Iato, della rimmzia della Gran Bretagna ad ogni diritto e privilegio capitolare (1937) e, dall'altro, della dichiarazione franco-spagnola del i 9i 4, abrogatrice delle capitolazioni, confermata, quanto alla rinunzia ad ogni immunit fiscale, da atti successivi (es.: accordo del 14 luglio 1931 relativo allo scambio di merci tra le due zone). e) La Convenzione di Madrid del i880 avrebbe istituito solo una immunit :fiscale di carattere diplomatico, concernente il personale delle sedi diplomatiche consolari. Gli altri stranieri erano invece sottomessi all'imposta agricola ed alla tassa detta di porta (spece di da:l'io interno o tassa di mercato). 12. In ordine all'immtmit fiscale, la difesa americana ha, in primo luogo, premesso: a) che gli Stati Uniti, pur ritenendo che i propri cittadini siano esenti da qualsiasi imposta non espressamente prevista dai trattati, hanno manifestato il loro consenso all'applicazione di svariate imposte che non apparissero discriminatorie, protezionistiche o, comunque, contrarie al principio della libert economica; b) che l'elevata aliquota delle imposte di consumo ha praticamente violato il limite della uniforme tariffa doganale (12,50 %) prevista dai trattati, con un ulteriore gravissimo onere a carico degli importatori. Passando all'esame dei testi convenzionali, la difesa americana ha sostenuto: io Le disposizioni concernenti l'immunit fiscale erano in vigore all'epoca della Convenifo:.e di Madrid. Le Potenze firmatarie di tale Convenzione avi:.ebber- rinunziato a determinati privilegi ed avrebbero accettato l'imposizione a carico dei loro cittadini dell'imposta agricola e della tassa di porta >>, a condizione della riconferma dell'immunit fiscale in ogni altro campo -173 Argomentando dagli articoli 3, 12 e 13 della Convenzione 14. La difesa americana, premessa l'importanza pratica suddetta, la difesa americana ha sostenuto che essa non e non soltanto teorica della questione della valutazione, ha istituito una speciale immunit diplomatica, appliperch il regime protezionistico, instaurato dalle autocabile solo, oltre che ai diplomatici e consoli, ai loro imrit francesi in Marocco, ha provocato una notevole piegati e protetti: sibbene ai protetti sarebbero state differenziazione tra i prezzi del mercato mondiale e quelli estese le stesse immunit fiscali accordate agli stranieri. del mercato locale, ha cos replicato: 2 La suddetta situazione di diritto sarebbe stata a) Dal punto di vista letterale il testo dell'art. 95 confermata dall'art. 64 dell'Atto di Algeciras, che ha pre( Les droits ... seront liquids suivant la valeur de la visto l'intervento del Corpo diplomatico di Tangeri per marchandise... rendu.e au bureau de Douane ) non pu decidere l'estensione agli stranieri di determinate nuove avere che un significato: la merce va valutata prima imposte, una volta che esse fossero state applicate ai del suo ingresso in Marocco. Ci escluderebbe, di per se, sudditi marocchini. la valutazione in base ai prezzi del mercato locale; e invece ai prezzi del mercato di origine che va fatto esclu I 13. E) Valutazione delle merci sottoposte a dogana. - ~ sivo riferimento. L'ultima delle questioni discusse avanti la Corte interna b) Il termine franche de droits de Douane ha zionale era la seguente: secondo il sistema dell'Atto di un significato specifico e ben determinato nella consuetu- Algeciras (art. 95) le merci sottoposte a dogana dovevano dine doganale di tutti i Paesi. essere valutate in base ai valori del mercato di origine franco il prodotto non ancora importato e quindi aumentato delle spese di trasporto e di ogni altra spesa non soggetto a diritti doganali (nello stesso senso sono sostenuta sino. al momento della presentazione alla adopera.ti i termini punto franco ecc.). La precisa dogana? Ovvero in base ai valori del mercato locale? zione suddetta servirebbe solo a rafforzare il concetto La difesa francese, sostenendo la seconda tesi, si gi chiaramente risultante dal termine, rendue : la basata: valutazione deve essere effettuata prima dell'ingresso a) Sul tenore letterale dell'art. 95 (1), il quale in Marocco e, quindi, prima dell'imposizione dei diritti statuisce che i diritti doganali ad valorem sono calcolati doganali. secondo il valore in contanti ed all'ingrosso della merce e) Adottando la tesi francese bisognerebbe am resa all'ufficio della dogana e franca dei diritti di dogana mettere che il valore delle merci vada aumentato di e di magazzinaggio. Tale ultima prescrizione sarebbe numerosi elementi di difficile e complessa valutazione stata superflua se la valutazione avesse dovuto effettuarsi (trasporto, imballaggio, commissioni, spese generali, in base ai prezzi del mercato di origine; invece neces pr.fitti, ecc.) la cui determinazione resterebbe affidata saria, se la valutazione fatta sui prezzi del mercato all'arbitrio discrezionale delle autorit doganali, senza locale, che tengono conto anche del gravame doganale. possibilit di controllo. Ci frustrerebbe uno degli scopi Per tale ragione dal valore della merce, calcolato in principali dell~Atto di Algeciras: quello di garantire, base ai valori del mercato locale, vanno dedotti i diritti attraverso l'uniformit delle tariffe doganali, l'ugua doganali. Altrimenti la disposizione non avrebbe senso. glianza di trattamento sotto ogni aspetto. b) Sulla portata dello stesso art. 95 il quale si d) L'art. 82 obbliga gli importatori a denunciare applica per la valutazione delle merci ai fini dell'imposi il valore delle merci e l'art. 85 prevede delle sanzioni zione dei diritti doganali sia d'importazione, che di espor in caso di false dichiarazioni. L'importatore pu dichia tazione. Per le merci esportate la valutazione fatta rare esattamente solo le spese incontrate per l'acquisto, indubbiamente in base ai valori del mercato locale: il trasporto, ecc. Come si sarebbe potuto pretendere una essendo identico il sistema di valutazione per le merci dichiarazione basata su elementi che l'importatore non importate, evidentemente sempre al mercato locale tenuto a conoscere? E come si poteva comminare una che l'art. 95 fa riferimento. sanzione in caso di falsa dichiarazione? La difesa francese ha infine sostenuto essere inin 11) L'art. 96 contiene solo delle disposizioni di ordine fluenti gli argomenti avversari, basati sugli artt. 82 e 85 procedurale, da applicarsi nel quadro delle regole sta dell'Atto di Algeciras, i quali impongono agli importatori tuite dall'art. 95. Il fatto che i membri della Commis una dichiarazione del valore delle merci importate. Tali sione di valutazione fossero persone residenti in Marocco, disposizioni potrebbero sembrare superflue non solo non basterebbe di per s a giustificare il riferimento ai in relazione alla tesi che la valutazione vada effettuata prezzi del mercato locale, sia perch essi -indipen in base al mercato locale ma altres in relazione al di dentemente dai criteri che erano chiamati ad applicare sposto dell'art. 96, il quale statuisce che il valore delle -necessariamente dovevano risiedere sul posto; sia merci principali debba essere determinato ogni anno da perch gli importatori in Marocco tradizionalmente ivi parte di una speciale Commissione (2). risiedevano. (1) Les droits d'entre et de sortie serout pays an comptaut III. -Decisione della Corte internazionale bureau de Donane o la liquidation aura t e:ffectue. Les 15. La Corte internazionale di giustizia, con la sua droits ad valorem seront liqnids snivant la valenr au comptant et en gros de la marchandise rendue au bureau de Donane et franche des droits de Donane et de magasinage. En eas d'avarie, il sera pronunzia del 27 agosto 1952, ha accolto, integralmente tenu eompte dans l'estimation de la dpreiation subie par la mar ed all'unanimit, la tesi americana concernente il primochandise. Les marchandises ne pourront tre retires qu'aprs e pi importante punto della controversia (libert delle le paiement des droits de Donane et de magasinage. importazioni); ha ritenuto, a maggioranza, c_lJ.e. la compe (2) In realt l'art. 96 era stato invocato dalla Cassazione di Parigi (sent. 29 luglio 1948, in Gazette des Tribuneaux du Maroc" tenza della giurisdizione consolare americana vada li!ni:.. 1948, 147) quale unico argomento per sostenere che la valutazione tata ai processi civili e penali interessanti esclusivamente deve essere e:ffettuata in base ai valori del mercato d'importazione. cittadini americani, oltre alla decisione delle specifiche Con motivazione, del resto assai succintai la Corte suddetta aveva questioni previste da singole .disposizioni dell'Atto di affermato che la valutazione e:ffettuata dalla Commissione rifletteva necessariamente la consistenza delle merci in Marocco. Algeciras; ha respinto, all'unan~mit, la pretesa americana 3 -174 relativa al diritto di assentimento rispetto alla legislazione locale; ha respinto, a maggioranza, la pretesa americana in ordine all'immunit fiscale; ha ritenuto, sempre a maggioranza, che la valutazione delle merci sottoposte a dogana debba effettuarsi in -Marocco tenendo conto sia dei prezzi del mercato di origine, sia di quelli del inercato locale. Sar ora interessante riassumere brevemente i punti salienti della motivazione dell'importante decisione. 16. A) Regime delle importazioni. -La Corte, rilevato l'accordo delle parti sul fondamento dello Statuto del Marocco quale risulta dal preambolo dell'Atto di Algeciras ( souverainet de Sa Majest le Sultan; intgrit de ses Etats; libert conomique sans aucune ingalit ), ha sottolineato che il principio della .libert economica deve essere esaminato nel quadro delle disposizioni convenzionali gi esistenti e riflettenti il commercio e Puguaglianza di trattamento in materia economica. I Trattati anglo-marocchino del 1859 ed ispano-marocchino del 1861 hanno garantito alcuni diritti in materia commerciale, compresa la libert delle importazioni in Marocco. Tali diritti sono stati estesi ad altri Paesi tra cui gli Stati Uniti -per effetto della clausola della nazione pi favorita. Alla vigilia della Conferenza di Algeciras il triplice principio sopra menzionato era stato gi accettato dalla Francia e dalla Germania (Dichiarazione dell'8 luglio 1905). Si trattava quindi di un principio ben stabilito, riaffermato dall'Atto di Algeciras e destinato a rivestire il preciso carattere di obbligazione. Ulteriore conferma data dal tenore dell'art. 105 dell'Atto e dalle dichiarazioni dei delegati francese e spagnolo alla Conferenza. La creazione del Protettorato francese non ha determinata alcuna modificazione al riguardo, cos come confermato dalla Convenzione franco-tedesca del 4 novembre 1911, contenente riconoscimento del Protettorato, la quale (art. 1) espressamente assicura che la France sauvegardera au Maroc l'galit conomique entre les nations e che (art. 4) essa si adoperer presso il Governo marocchino afin d'empcher tout traitement diffrentiel entre les ressortissants des diffrentes Puissances . Inoltre l'ambasciatore francese, sollecitando il riconoscimento del Protettorato, da parte degli Stati Uniti, con nota del 3 novembre 1911 faceva richiamo alla Convenzione franco-tedesca suddetta; ed in altra nota del 14 novembre 1918 dichiarava che .il beneficio dell'uguaglianza commerciale -anche nei confronti della Potenza protettrice -risultava per gli Stati Uniti non solo dalla clausola della nazione pi favorita, ma altres dal principio della libert economica, fissato dall'Atto di Algeciras e ripreso dalla Convenzione franco-tedesca. Ci sta a provare che l'uguaglianza commerciale ed economica era garantita non solo dal Marocco, ma anche. dalla Francia, Potenza protettrice. Ci si pu domandare se la Francia, quale Potenza protettrice, sfugga al principio dell'uguaglianza economica e possa fruire di privilegi commerciali ed economici superiori a quelli di cui fruiscono gli Stati Uniti. La Francia non contesta che il Marocco, nonostante il regime di Protettorato, abbia conservato la sua personalit giuridica internazionale. Il trattato di Protettorato del 1912 che definisce i diritti in Marocco della Francia non ha accordato a quest'ultima alcuna posizione cli privilegio in materia economica, ci che del resto sarebbe stato incompatibile con i principi dell'Atto di Algeciras. In base alle predette considerazioni, la Corte ha ritenuto che il Decreto 30 dicembre 1948 violi i diritti conferiti agli Stati -Uniti nell'Atto di Algeciras in quanto determina una discriminazione in ordine all'importazione delle merci provenienti, da una prte, dalla Francia e, dall'altra, dagli Stati Uniti. Tale conclusione, del resto, potrebbe dedursi altres dal trattato del 1836, contenente la clausola della nazione pi favorita. Infatti gli Stati Uniti, in virt di detta clausola, hanno il diritto di opporre il pi favorevole trattamento riservato alla Francia in materia d'importazioni. La Corte ha infine ritenuto non necessario di pronunciarsi sugli argomenti addotti dalla difesa francese in ordine alla legittimit internazionale nel controllo dei cambi. Anche ammessa la legalit di tale controllo, ci non giustificherebbe la discriminazione tra le importazioni provenienti dalla Francia e quelle provenienti dagli Stati Uniti. Pertanto la Corte ha ritenuto assorbiti dalle considerazioni di cui sopra gli argomenti dibattuti al riguardo. 17. B) fJittrisdizione consolare. -Premesso che la controversia limitata solo alla Zona francese del Marocco e che pertanto non potrebbe essere statuito in ordine alle altre Zone, la Corte ha passato in esame le varie fonti e cio: a) Trattati bilaterali consolari tra il Marocco e varie Potenze dal 1631 al 1892. La clausola della nazione pi favorita aveva determinato a favore di tutte le PoPqtenze firmatarie dei vari trattati l'applicazione automatica dei pi estesi diritti in ordine alla giurisdizione consolare concessi ad alcuni Stati (Gran Bretagna e Spagna) in confronto dei diritti assai pi limitati, originariamente concessi ad altri (es. Stati Uniti: trattati del 1787 e 1836). b) Trattati multilaterali (Convenzione di Madrid del 1880 ed Atto di Algeciras), stipulati non solo per garantire i diritti e i privilegi delle varie Potenze, ma altres per limitarne gli abusi. e) Trattati concernenti l'istituzione del Protettorato. La Francia legata non solo dal trattato di Fez del 1912; ma altres, da tutte le obbligazioni convenzionali stipulate dal Marocco prima dell'istituzione del Protettorato. L'organizzazione nel Protettorato di una giurisdizione capace di garantire agli stranieri l'eguaglianza giudiziaria aveva creata una situazione completamente differente da quella che aveva determinata l'adozione delle giurisdizioni consolari. Alla richiesta francese di abolire il sistema capitolare hanno finora aderito tutti i Paesi (ultima la Gran Bretagna: Convenzione del 29 luglio 1937), ad eccezione degli Stati Uniti. Rilevato l'accordo delle parti sulla validit attuale del Trattato del 1836, la Corte passata a determinarne la portata. Al riguardo ha ritenuto che il termine diffrend usato dall'art. 20 del trattato suddetto, si appiichi non solo alle controversie civili (cosi come sostenuto dalla difesa francese), ma altresi ai processi penali (cos come sostenuto dalla difesa americana), perch, sulla base dei vecchi trattati, risulta evidente che il termine suddetto od altro equivalente fosse applicabile tanto ai processi civili che a quelli penali. Del reste, all'epoca della stipulazione di tali trattati, la distinzione netta tra competenza civile e penale non era ancora acquisita in Marocco. La Corte ha pertanto concluso che la giurisdizione consolare, ai sensi del Trattato del 1836 tutt'ora in vigore, sia competente giudicare non solo le contro -175 versie civili fra cittadini o protetti americani, ma altres i processi penali, limitatamente a quelli relativi a violazione da parte di cittadini o protetti americani di norme penali a danno di altro cittadino o protetto degli Stati Uniti. Sino a questo punto la pronunzia stata unanime. Le altre questioni concernenti l giurisdizione consolare sono state invece decise a maggioranza. Si riassumer, in primo luogo, la motivazione di maggioranza; si far poi seguire un breve cenno sugli argomenti di dissenso. 18. Accolta, in ordine all'interpretazione dell'art. 20 del Trattato del 1836 la richiesta americana, la Corte l'ha invece respinta per quanto concerne la giurisdizione mista. Al riguardo ha infatti ritenuto, che i pi estesi diritti in tema di giurisdizione consolare, consacrati dai Trattati anglo-marocchino del 1856 ed ispano-marocchino del 1861, siano ormai caducati per effetto della rinunzia ai privilegi ad essi relativi effettuata rispettivamente dalla Spagna nel 1914 e dalla Gran Bretagna nel 1937. In conseguenza di ci gli Stati Uniti, che fino al 1938 potevano fruire di tali pi estesi diritti, in base alla clausola della nazione pi favorita, non possono ora reclamare che i privilegi specificamente attribuiti dal trattato del 1836, oltre -come si vedr in prosieguo --le ipotesi espressamente contemplate dall'Atto di Algeciras. Gli argomenti addotti in contrario dalla difesa americana sono stati confutati nei seguenti termini: a) Il beneficio della clausola della nazione pi favorita per tutti i firmatari della Convenzione di Madrid (anche ammesso che esso non rifletta soltanto la materia oggetto della Convenzione, ma che abbia una portata pi generale) non giustifica in alcun modo la pretesa degli Stati Uniti. La Corte ha respinto al riguardo sia l'argomento dedotto dal principio della personalit della leggen, in quanto tale principio poteva giustificarsi soltanto nell'epoca in cui il diritto marocchino, di carattere strettamente personale, era di per se inapplicabile agli stranieri; sia altres la tesi in base alla quale la clausola della nazione pi favorita sarebbe stata impiegata piuttosto come attestazione di una situazione di fatto e di diritto gi consolidatasi che come garanzia di uguaglianze di trattamento tra le varie Potenze. Perch lo spirito di tutti i trattati stipulati dal Marocco era proprio quello di mantenere l'eguaglianza tra vari Paesi interessati. Sicch, in definitiva, la tesi americana sarebbe contraria al principio dell'uguaglianza e perpetuerebbe una situazione di discriminazione. b) La controversia riflette solo la zona di Protettorato francese del Marocco; pertanto priva di rilievo l'obiezione che la Gran Bretagna non abbia rinunziato alla giurisdizione nella Zona di Protettorato spagnolo. Infatti la clausola della nazione pi favorita mira a garantire l'uguagliaza fra i vari Paesi: in base a tale clausola non pu ammettersi la pretesa degli Stati Uniti di fruire in Zona francese di quei privilegi ai quali, per tale Zona, la Gran Bretagna ha rinunziato. I tribunali costituiti in Marocco con l'aiuto e sotto la direzione francese non sono tribunali consolari. Essi offrono agli stranieri ogni garanzia di ugl;laglianza giu diziaria. Non possono quindi essere invocati come pre cedenti, ai fini dell'applicazione della clausola della nazione pi favorita. e) In base alla Convenzione del 1912 ed alla dichiarazione del 1914 .la Spagna ha rinunziato ad esercitare ogni giurisdizione consolare in Zona francese. Anche ammesso che ci abbia creato una situazione di fatto e non di diritto (in quanto il Marocco non era parte dei suddetti accordi), indubbio, comunque che la Spagna non pu esercitare la giurisdizione consolare in Zona francese. Pertanto i privilegi statuiti dal '1.Xattato ispano- marocohivo non potrebbero pi in nessun caso essere invocati dagli Stati Uniti, in base alla clausola della nazione pi favorita. D'altra parte, la rinunzia spagnola . valida anche in diritto, peroh la Francia aveva potere di accettarla a nome del Marocco in virt degli ampi poteri conferitile dal trattato di Protettorato. d) La Convenzione di Madrid ha presupposto l'esi stenza della giurisdizione consolare allora generalmente esercitata nel Marocco. Essa per non ha confermato il suddetto sistema; n, tanto meno, ne costituisce una fonte diretta ed autonoma. Infatti lo scopo della Con venzione era chiaramente ed espressamente limitato a disciplinare il diritto di << protezione '" e) Per quanto concerne l'Atto di Algeciras, la Corte ha ritenuto che, a differenza della Convenzione di Madrid, esso avesse una portata generale, non limitata ad un ristretto problema, quale quello della protezione. Pe raltro l'oggetto dell'Atto non comprendeva lo stabili mento di una giurisdizione consolare e neppure la con ferma dei diritti o privilegi preesistenti. da escludere, quindi, ohe l'Atto stesso possa considerarsi coine fonte autonoma e perpetua della giurisdizione consolare, specie perch i privilegi, accordati al riguardo dal Ma Marocco, erano, di regola, denunoiabili. Tuttavia le parti contraenti hanno certamente inteso di sotto mettere alla giurisdizione consolare alcune questioni previste dall'Atto medesimo: entro questi limiti si pu ritenere che l'esercizio della giurisdizione consolare sia stato confermato. Tale interpretazione sarebbe confermata dal tenore della convenzione anglo-francese del luglio 1937, contenente la rinuncia inglese alla giurisdizione consolare in Marocco, nella quale si fa riferimento ai privilegi accordati agli Stati Uniti dai trattati in vigore. Inoltre nel protocollo annesso alla suddetta Convenzione la Gran Bretagna ha rinunziato non solo ai privilegi sanciti dal trattato del 1856, ma anche a quelli concernenti la giurisdizione consolare previsti dall'Atto di Algeciras. /) Infine, in ordine alla tesi americana circa l'esistenza di un diritto consuetudinario, la Corte ha rilevato che fino al 1937 i privilegi concernenti la giurisdizione consolare, compresa la giurisdizione mista, non erano di natura consuetudinaria, sibbene convenzionale, basata sulle disposizioni di numerosi trattati ed applicabile a tutte le Potenze interessate in virt della clausola della nazione pi favorita. D'altro lato, non era stata fornita la prova che l'esercizio della giurisdizione consolare fosse fondato su di una consuetudine avente forza obbligagatoria per il Marocco prima o dopo il 1937. 19. I punti della decisione, riassunti nel paragrafo che precede, hanno dato luogo a due manifestazioni di dissenso riprodotte in calce al testo della pronunzia. La prima di esse del giudice Hsu No, il quale ha dichiarato che, a suo avviso, i diritti concernenti la giurisdizione consolare degli Stati Uniti in Marocco andavano-limitati alle sole ipotesi espressamente previste dal Trattato del 1836, in quanto l'Atto di Algeciras si limitato a far riferimento al sistema giurisdizionale allora in vigore, ma non pu essere considerato come fonte -176 autonoma dei privilegi concernenti la giurisdizione con solare, una volta caducati i pi ampi privilegi statuiti dai Trattati anglo-marocchino ed ispano-marocchino, e venuta meno l'applicabilit delle disposizioni dell'Atto di Algeciras, concernenti la competenza dei tribunali consolari per l'irrogazione delle sanzioni previste dal l'Atto stesso. riferimenti alle disposizioni suddette, contenute nel protocollo annesso alla Convenzione franco-britan nica del 1937, avevano carattere meramente prudenziale. La seconda . manifestazione di dissenso (dei giudici Green H. Kackw'orth, Badawi, Levi Carneiro e Rau) invece in senso contrario: essa fondata: a) Sulla portata dell'Atto di Algeciras. Si trattava di una Convenzione multilaterale, indipendente ed avente valore prevalente rispetto agli anteriori trattati unila terali (1). Al momento della sua stipulazione la giurisdi zione consolare piena era stabilita in Marocco per effetto dei trattati e della consuetudine. L'Atto di Algeciras ha adottato tale regime e ne ha fatta applicazione espressa, ove necessario. b) Sulla portata della Convenzione di Madrid del 1880, anch'esso trattato multilaterale. La disposizione concernente i processi civili interessanti i protetti e quelle tendenti ad impedire l'esercizio del diritto di pro tezione per i perseguiti penalmente, sarebbero incompren sibili, se non avessero presupposto l'esistenza di un regime completo di giurisdizione consolare, concernente non solo i protetti, ma altres ed a fortiori i cittadini delle Potenze aventi diritto di esercitare la protezione. e) Sulla consuetudine. Contrariamente all'opinione della maggioranza, l'esistenza di una consuetudine, concernente la piena giurisdizione consolare sarebbe provata dal fatto ohe i privilegi relativi ad essa (e comprendenti anche i giudizi misti) erano gi di fatto riconosciuti in Marocco ed esercitati da nmnerose Potenze, tra cui gli Stati Uniti, assai prima della stipulazione del trattato anglo-marocchino del 1856 che, per la prima volta, li ha testualmente codificati. La consuetudine in atto espressamente richiamata dagli artt. 14, del Trattato suddetto e 16 del Trattato ispano-marocchino del 1861. infine significativo ohe la Francia, tra il 1914 ed il 1916, abbia negoziato la rinunzia al regime capitolare del Marocco da parte di Stati, quali la Svizzera, la Grecia ed il Giappone, i quali non avevano mai avuto rapporti convenzionali con il Marocco stesso. d) Sulla mancanza di una rinunzia ai privilegi capitolari concernente l'intero territorio marocchino. La rinunzia dell'Inghilterra ai privilegi capitolari riflette solo la Zona francese; lo stesso pu dirsi della rinunzia della Spagna. Nessuna rinunzia riflette l'insieme del Marocco che gli Stati continuano a considerare come un solo Paese (2). (1) Art. 123 et dernier. -Tous !es traits des puissances signataires avec le Maroc restent en vigueur. Toutefois, il est entendu qu'en cas de conflit entre leurs dispositions et celles du prsent Acte Gnral, !es stiptations de ce dernier prvaudront. (2) Sinceramente entrambi le manifestazioni di dissenso appaiono pi convincenti della decisione di maggiosanza. Infatti delle due l'una: o l'Atto di Algeciras si richiamato ad una situazione di fatto successivamente caducata; ed allora i riferimenti alla giurisdizione consolare potranno essere validi ed efficaci solo rebus sic stantibus. Sicch, una volta venuto meno il sistema della giurisdizione consolare piena, le questioni attribuite alla competenza consolare passavano automaticamente alla competenza della giurisdizione locale (ci che di fatto avvenuto per tutte le controversie interessanti i cittadini cli tutte le Potenze che avevano precedentemente fruito del 20. C) Diritto di assentimento. -La Corte di giustizia . ..' ha respinto all'unanimit la tesi americana in base alla quale l'applicabilit della legislazione marocchina ai cittadini degli Stati Uniti sarebbe soggetta all'assenti mento del loro Governo. Ha, peraltro, ritenuto che i tribunali consolari americani, nei limiti -della propria competenza, possano rifiutarsi, in difetto di assentimento del loro Governo, di applicare ai propri cittadini le leggi locali. Al riguardo la Corte ha osservato che il preteso diritto di assentimento soltanto un corollario del sistema di giurisdizione consolare. I tribunali consolari giudicavano senza essere vincolati dalla legislazione locale. Perch il tribunale consolare potesse applicare una legge locale era necessario che la Potenza interessata provvedesse alla sua adozione, in modo da poterne imporre al console l'applicazione nell'esercizio della sua competenza giu diziaria. Lo Stato straniero poteva ammettere o rifiu tare l'applicazione della legge locale da parte dei tribu nali consolari; il diritto di assentimento esisteva quindi solo limitatamente ai casi in cui l'intervento del tribunale consolare era necessario per determinare l'ap- regime capitolare e non soltanto per le controversie interessanti i sudditi inglesi). Ovvero l'Atto di .A.lgeciras ha fatto riferimento ad un sistema, consolidatosi autonomamente ed indipendentemente dalle clausole della nazione pi favorita e quindi non ancora cadu cato nei confronti degli Stati Uniti, nonostante la rinunzia al regi me capitolare di tutte le altre Potenze. Fonte giuridica autonoma potrebbe essere o lo stesso Atto di Algeciras; o la Convenzione di Madrid; o la consuetudine. ( da rilevarsi che la clausola della na zione pi favorita, contenuta nei vari trattati, si riferiva non sol tanto ai privilegi della giurisdizione consolare, ma a tutto il com plesso delle disposizioni oggetto dei trattati stessi). Ci premesso, non sembra possa ritenersi che la Convenzione di ~ Madrid o l'Atto di A!geciras costituiscano fonte diretta ed autonoma lo della giurisdizione consolare in Marocco, perch l'oggetto dei detti g accordi internazionali era completamente diverso ed il riferimento r:~ alla giurisdizione consolare era un mero riferimento ad una situazione di fatto allora esistente. Per tali motivi sembra debba condim vidersi l'opinione del giudice Hsu No. Peraltro non sembra possa . . contestarsi il fondamento degli argomenti addotti nella seconda manifestazione di dissenso in ordine all'esistenza di una vera e . Pl'Opria consuetudine concernente lo stabilimento di una giurisdi jzione consolare piena in Marocco. Al riguardo pu ancora rilevarsi . che la competenza dei tribunali consolari in ordine alle controversie .~ tra stranieri di varie nazionalit (in base al principio actor sequitur tp forum rei) avesse in tutti i Paesi capitolari, compreso il Marocco, una baAe esclusivamente consuetudinaria, non essendo mai stata disciplinata da alcun trattato (cfr. ULLMAN; Trattato di Diritto internazionale pubblico, trad. ital., U.T.E.T., 1914, pag. 342). Gli . stessi Trattati anglo-marocchino del 1856 ed ispano-marocchino l"'/. , .. ' del 1861, che per primi hanno codificato la consuetudine gi preesistente, contengono soltanto disposizioni concernenti i processi misti tra cittadini inglesi e spagnoli da una parte e sudditi marocchini dall'altra. Ci nonostante la consuetudine in Marocco, sino ad , oggi applicata nei confronti dei tribunali consolari americani e con. fermata dalla costante giurisprudenza sia degli organi giudiziari del Marocco francese, sia del tribunale misto di Tangeri, ha ritenuta la competenza della giurisdizione consolare nei giudizi misti tra stranieri di varia nazionalit e non soltanto fra stranieri e sudditi I I f ~ marocchini. Per tali motivi -a sommesso avviso di chi scrive -la tesi l americana concernente la sussistenza della giurisdizione consolare l piena sarebbe stata meritevole di accoglimento. La diversa decisione di maggioranza pu ritenersi decisione di compromesso, spiegabile dato l'accoglimento della principale pretesa americana e giustifi l cabile con la ripugnanza a riconoscere la sussistenza di un sistema I capitolare ormai storicamente sorpassato (gli ultimi reliquati di I tale sistema sono appunto i tribunali consolari americani in tutto n-Marocco, compresa la Zona internazionale di Tangeri, e quelli inglesi nel solo Marocco spagnolo). infine da avvertire che il riconoscimento della sussistenza di una giurisdizione consolare piena avrebbe lasciato insoluto il deli cato problema, di cui si far cenno in nota '.LI paragrafo segt1ente. -177 plicazione effettiva della legge locale ai cittadini stranieri. D'altro lato nessun trattato ha conferito direttamente o indirettamente agli Stati Uniti il preteso diritto di assentimento'" Al riguardo non pu essere invocata n la consuetudine (dato che gli usi riflettevano solo, come si detto, l'applicabilit della legislazione locale da parte dei tribunali consolari) n ilcomportamento delle autorit marocchine o dello Stato protettore, perch l'assenso del Governo degli Stati Uniti stato pi volte sollecitato soltanto per determinare l'applicabilit della legislazione locale anche da parte dei tribunali consolari americani. Ci premesso, la Corte si prospettate ed ha risolto le tre seguenti ipotesi concrete: io Applicabilit ai eittadini americani di leggi marocchine contrarie ai diritti convenzionali degli Stati Uniti. In tal caso -a meno di espresso consenso del Governo americano -si concreterebbe una viola zione di diritto internazionale; la relativa controversia andrebbe risolta con i mezzi ordinari per il regolamento delle controversie internazionali. Tale il caso del Decreto marocchino del dicembre 1948, ritenuto, nella stessa pronunz:a, contrastante con i diritti eonvenz=o nali degli Stati Uniti. 20 Applicabilit della legislazione locale da parte dei tribunali consolari americani. In tal caso l'assenti mento degli Stati Uniti necessario, sia se la legge locale contravviene a disposizioni internazionali, sia in caso contrario. 3 Applicabilit della legislazione locale ai cittadini americani fuori dei casi di competenza della giurisdizione consolare. In tal caso l'assentimento degli Stati Uniti non condizione di applicabilit della legge (1). (1) Il cosiddetto diritto di assentimento ' -nei limiti nei quali la Corte di giustizia internazionale lo ha ritenuto sussistente -sarenbe un aspetto del "privilegio di legislazione" ritenuto dalla corrente dottrina quale necessario corollario del privilegio di giurisdizione consolare (cfr., per quanto concerne il Marocco, MENARD; Trait de droit international priv marocain, I, pag. 174). La soluzione ,adottata dalla decisione in esame pu ritenersi in pratica accettabile, per le ragioni di cui in prosiego, perch la pronunzia di maggioranza ha limitato la competenza dei tribunali consolari americani ai soli giudizi fra cittadini degli Stati Uniti, oltre al giudizio sulle questioni specificamente previste dall'.Atto di .Algeciras. La stessa soluzione darebbe peraltro luogo a non lievi perplessit, ove fosse stata invece adottata la tesi di minoranza concernente la sussistenza di una giurisdizione consolare ampia, comprendente cio la competenza dei tribunali consolari nei giudizi misti, interessanti altresi sudditi marocchini od altri stranieri e nei quali il cittadino americano avesse veste di convenuto o d'imputato. .Al riguardo sar utile un breve richiamo all'evoluzione storica del regime capitolare. noto che, dopo la caduta dell'Impero romano di Oriente, vennero stipulate numerose convenzioni (la pi antica pare sia quella ottenuta dalla Repubblica veneta nel 1454; le prime di cui si conservi il testo sono quelle del 1528 e 1535 fra Francesco I di Francia e Solimano II il Magnifico) dette " Capitolazioni (perch divise in " capitoli), le quali assicuravano ai Paesi cristiani nei territori dell'Impero ottomano, tra l'altro, il privilegio di giurisdizione ed il riconoscimento del principio della "personalit delle leggi, Il sistema capitolare venne poi esteso, per la decadenza dell'Impero ottomano, ai vari Paesi mussulmani (Nordafrica, Marocco) ed inoltre ai Paesi dell'Oriente (Cina, Giappone,. Siam, Persia). I motivi originari determinanti l'istituzione del privilegio di giurisdizione vanno ricercati nella nozione della "personalit della legge " nella ottenuta tolleranza della religione cristiana nei paesi mussulmani e nella natura religiosa delle norme di diritti islamico, basate precipuamente sul Corano. In virt di tali concezioni ripugnava agli stessi mussulmani l'applicazione delle .proprie norme di diritto agli stranieri cristiani. Si venne cosi a creare un sistema, che stato giustamente definito di "extraterritorialit" in quanto i litigi tra stranieri erano completamente sottratti alla giurisdizione locale: i consoli applicavano 21. D) Immunit fiscale. -La Corte, con decisione di maggioranza, ha, in primo luogo, respinta la tesi americana in base alla quale l'immunit fiscale sancita dai trattati anglo-marocchino del 1856 ed ispano-marocchino del 1861 sarebbe stata incorporata a titolo autonomo e definitivo nella Convenzione di Madrid del 1880 e nell'Atto di Algeciras. All'uopo si richiamato a quanto gi rilevato in ordine alla giurisdizione consolare. Caducate le disposizioni dei trattati sopra menzionati per effetto delle rispettive rinunzie (spagnuola del 1914 ed inglese del 1937), gli Stati Uniti non possono pi invocare l'immunit fiscale in base alla clausola della nazione pi favorita; ne possono invocarla in virt di una fonte autonoma. Difatti sia la Convenzione di Madrid che l'Atto di Algeciras hanno solo fatto riferimento alla situazione allora esistente, senza modificarne la base giuridica. In ordine alla pretesa americana che, indipendente mente d.11lla generale immunit fiscale le imposte di con sumo, adottate in Marocco francese, violassero delle disposizioni cnvenzionali, la Corte ha rilevato che si tratta di imposte applicate uniformemente, sia alle merci importate, sia a quelle prodotte in loco: e che esse non hanno il carattere n di speciali tasse di importazione, n di duplicati dei diritti doganali. La Corte ha infine rilevato che l'immunit fiscale non pi reclamata ne dalla Gran Bretagna n dalla Spagna, che prima ne fruivano in virt dei rispettivi trattati. Ammettere l'immtmit fiscale in favore degli Stati Uniti sarebbe ammettere una discriminazione non conforme al principio dell'uguaglianza economica. la legge nazionale: i gravami avverso le loro decisioni erano di regola devoluti alla competenza di Corti nazionali (per la Francia la Corte di appello di .Aix; per l'Italia la Corte di appello di .Ancona; per i giudizi emessi dai tribunali consolari del Levante dell'Oriente e di Egitto, quella di Genova, per i giudizi emessi dai tribunali consolari degli altri paesi africani). Soltanto in alcuni casi furono istituite Corti di appello consolari (es.: Corte di appello consolare inglese a Costantinopoli ed a Shangai). Sicch i tribunali consolari .otevano considerarsi quali giuri sdizioni nazionali dislocate in territorio straniero. Il privilegio di legislazione sembrava logicamente e necessaria mente conseguente a quello di giurisdizione, sia in ragione delle concezioni -vigenti nell'epoca in cui venne a crearsi e si consolid il sistema capitolare -in ordine alla personalit (o meglio nazionalit) delle leggi; sia in ragione del cennato carattere extraterritoriale della giurisdizione consolare; sia in ragione della assenza di qualsiasi codificazione, non solo da parte dei paesi con cedenti i privilegi capitolari, ma altresi da parte dei paesi fruenti di tali privilegi. In realt, sino a tutto il secolo xv1u si potevano contrapporre da un lato il sistema giuridico dei Paesi cristiani, fondato sul diritto comune " e costituente quasi un unico corpus ~applicabile a tutti i cittadini di detti Paesi; dall'altro il sistema ,giuridico islamico, inapplicabile ai cristiani per il suo fondamento religioso. La consuetudine -come si gi accennato nella nota al pre cedente paragrafo -estese la competenza dei tribunali consolari anche ai giudizi misti tra stranieri o tra stranieri ed indigeni, in base al principio secondo il quale la competenza va attribuita al foro del convenuto. Il problma della legge da applicare nelle contro versie miste non sembra sia stato mai sollevato; presumibilmente perch i giudizi emessi dai tribunali consolari erano:precipuamente equitativi e la materia del contendere nei processi misti ristretta generalmente a limitate controversie commerciali, re~ol!),te da usi e costumi comuni sia a cristiani che a mussulmani. ( peraltro significativo che, quando gli stranieri venero ammessi all'acquiBto della propriet immobiliare, fosse stabilita l'applicabilit al riguardo della legge locale: cfr. art. 11 della Convenzione di Madrid del 1880). Diverso aspetto presenta il problema della legge da applicare ove si tenga conto della evoluzione legislativa e della compiuta codificazione verificatasi in tutti i paesi civili nel secolo xix c -178 ' 22. Su tale punto della pronunzia i giudici Green H. Kackw'orth, Badawi, Levi Carneiro e Rau hanno manifestato il loro dissenso nei seguenti termini: a) Il di~itto d'imposizione presuppone il diritto di riscossione coatta. Nessuna costrizione pu essere esercitata senza il consenso della giurisdizione consolare (cfr. gli argomentJ degli stessi giudici in ordine alla giurisdizione consolare, riassunti nel precedente par. 19). b) Sia la Convenzione di Madrid che l'Atto di Algeciras sono fonti autonome dell'immunit fiscale. Infatti la prima consentiva l'applicazione agli stranieri ed ai loro protetti soltanto dell'imposta agricola e della tassa ''di porta, ad esclusione di ogni altro gravame :fiscale (articoli 12 e 13); il secondo, pur ammettendo la sottomissione degli stranieri al pagamento di altre imposte espressamente determinate nel testo dell'Atto (bollo, registro, ecc.), richiede l'intervento del corpo diplomatico per l'estensione agli stranieri di nuove imposte, una volta applicate ai sudditi marocchini (art. 64). 23. E) Valutazione delle merci sottoposte a dogana. Sempre con decisione di maggioranza, la Corte ha infine ritenuto che i principi fondamentali, statuiti dall'articolo 95 dell'Atto di Algeciras, ai fini della valutazione delle merci sottoposte a dogana, siano i seguenti: 1 valutazione in base ai prezzi in contanti ed all'ingrosso; 2 entrata delle merci in dogana, quale elemento determinante il tempo e il luogo della valutazione; 3 valutazione " franche de droits de donane E'Jt de magazinage ; 4 computo dell'eventuale deprezzamento in caso di avaria. L'art. 96 contiene solo disposizioni procedurali, da applicarsi nel quadro dei principi statuiti dall'art. 95. negli stessi paesi soggetti a regime capitolare nel secolo xx. II problema non risulta sia stato finora afl'rontato, perch l'evoluzione legislativa di tali ultimi paesi ha coinciso in pratica con l'abo lizione del regime capitolare, sia pure attraverso Io stadio intermedio della creazione di tribunali misti (Egitto, Tangeri). Sta in fatto, peraltro, che nelle tre Zone del Marocco, ove sussiste tuttora la giurisdizione consolare americana (e quella britannica limitatamente alla Zona spagnola), si negli ultimi decenni operata una completa codificazione ispirata essenzialmente alla legislazione europea (francese o spagnola). Come si accennato il problema del privilegio di legislazione appare sprovvisto di pratica importanza al lume della decisione che ha limitata la competenza dei tribunali consolari americani. Infatti, per quanto attiene i giudizi interessanti esclusivamente i cittadini americani, ammissibile, che in base al concetto di extra territorialit, vada applicata solamente la legge nazionale. Natu. ralmente il tribunale consolare terr conto della legislazione locale in base ai principi di diritto internazionale privato, accolti dal prcr prio ordinamento nazionale (cosi, ad esempio, un tribunale consc1 lare italiano applicherebbe la legge locale ai sensi degli articoli 25 e 26 delle preleggi); ma vi sarebbe vincolato in virt di una norma del proprio ordinamento interno, non in virt di una norma locale. Certo pu ripugnare -al lume della moderna nozione publicistica del diritto penale -ohe anche i processi penali, quando imputato e vittima siano americani, possano essere considerati alla stregua di un afl'are privato fra stranieri; ma ci pu ancora giustificarsi, malgrado le inevitabili difficolt di pratica attuazione in base al concetto dell'extraterritorialit. Ugualmente la competenza dei tribunali consolari americani nelle ipotesi specificamente previste dall'Atto di Algeoiras, non fa sorgere gravi problemi in ordine alla legge d'applicare; peroh le norme applicabili sono quelle dello stesso Atto, cli volta in volta espressaruente riohiaruate. Peraltro, ove fosse stata ritenuta tuttora sussistente (e gli argo menti, come si visto, non mancavano) la competenza dei tribunali consolari anche nei giudizi misti, come avrebbe potuto reputarsi tuttora sussistente, tenuti presenti gli sviluppi del diritto sia interno La dichiarazione dell'importatore, richiesta dall'art. 82 solo tmo degli elementi della procedura. Le suddette disposizioni, considerate nel loro complesso, non forniscono una prova decisiva in appoggio dell'una o dell'altra tesi in dibattito. I lavori preparatori altres non forniscono alctm. elemento decisivo di giudizio: vero che la delegazione tedesca propose un testo (1) che avrebbe eliminato ogni dubbio, ma tale formulazione venne respinta. La prassi concernente l'applicazione delle disposizioni in esame, appare anch'essa non uniforme ed a volte contradittoria. Sembra comunque che, quale elemento di valutazione, siarw stati normalmente tenuti presenti sia i prezzi del mercato di origine che quelli del mercato locale. In conclusione la Corte ha ritenuto che le autorit doganali dovranno tener presenti i seguenti fattori: a) i quattro elementi sopra menzionati; b) la dichiarazione dell'importatore; e) i prezzi del mercato locale; d) il costo sul mercato di origine, aumentato delle spese di carico, scarico, trasporto, assicurazione, ecc.; e) i valori eventualmente :fissati dalla Commissione prevista dall'art. 96 (che praticamente ha cessato di funzionare) o da qualsiasi altra commissione che possa esserle sostituita (commissionE'J trizonale, che praticamente anch'essa ha cessato di funzionare da prima dell'inizio dell'ultima guerra); /) qualsiasi altro elemento in ordine alle condizioni speciali dell'invio o della natura della merce. Ha avvertito che i fattori suddetti non erano elencati in ordine di priorit; e che essi dovevano essere utilizzati, razionalmente ed in buona fede, tenendo presenti il principio dell'uguaglianza economica, e quindi applicati senza discriminazioni a tutte le importazioni, per merci di qualsiasi origine ed importatori di qualsiasi nazionalit ohe internazionale (al riguardo avrebbe ben potuto invocarsi la teoria del diritto intertemporale, richiamato dalla difesa francese: cfr. supra paragrafi 5 e 7), il cosiddetto privilegio di legislazione 1 Come avrebbe potuto pretendersi l'applicazione di una norma diversa alla stessa oont.nvnsia, in conseguenza del fatto meramente contingente che il cittadino americano fosse attore o convenuto 1 La questione stata sfiorata, ma non approfondita dalla difesa francese (cfr. supra par. 9) e dalla stessa Corte (ofr. supra par. 18-a). Ad avviso di chi scrive, sembra che il problema (tuttora attuale, in base a quanto implicitamente statuito dalla corte per la Zona spagnola del Marocco) dovrebbe essere risolto nel senso seguente. Il privilegio di giurisdizione, in base all'attuale sviluppo della legislazione locale pu essere inteso -per quanto attiene ai process misti -soltanto quale un mero privilegio di procedura. In ordine ai suddetti processi l'antico privilegio di legislazione dovrebbe considerarsi come caduoato. I tribunali consolari dovrebbero, nei giudizi misti, ritenersi vincolati all'applicazione della legge locale, in tutti i oasi ove ci sia necessario, non in virt di una norma del proprio ordinamento nazionale, sibbene in base ai generali principi di diritto internazionale privato accolti dalle moderne legislazioni e del resto espressamente codificati in Marocco (Dahir 12 agosto 1913, sur la condition civile des franais et des trangers, per la Zona francese; Dahir 1 giugno 1914, de la condioion civil de los espa:fl.oles y extranjeros, per la Zona spagnola; Code sur la condi tion civile des trangers, per la Zona internazionale di Tangeri). In base ai suddetti principi dovrebbe essere applicata la legge nazionale pe1 le questioni concernenti lo statuto personale, le suc cessioni, ecc.; dovrebbe essere invece applicataJa~egge locale per le questioni penali edimmobiliari; infine per le obbligazloni 6-Contmttj dovrebbe essere generalmente applicata la legge del luogo di stipu lazione. (1) Les droits ad valorem perus au Maroo sur !es importations seront calouls sur la valeur que I'article import a dans le lieu de chargement ou d'aohat avec majoration des frais de transport et d'assurance jusqu'au point de dchargement au Maroc. -179 24. Anche in ordine a tale ultimo punto i giudici Green H. Kach'W'orth, Badawi, Levi Carneiro e Rau hanno manifestato il loro dissenso, cos argomentando: a) I termini adoperati dall'art. 95 (cc rendu au bureau de Douane e cc franches de droits de douane et de magazinage ) hanno un preciso significato tecnicogiuridico, decisivo ai fini della risoluzione della questione controversa. Il primo riflette il trasporto delle merci dal luogo di origine alla dogana; quindi i due elementi essenziali per la valutazione sono il valore di esportazione e la spesa di trasporto ed accessori. Il secondo, nel senso comune alla legislazione doganale di ogni Paese, definisce le merci non ancora entrate nel mercato locale, perch il valore delle merci gi entrate comprende altres i diritti doganali. Se si fosse fatto riferimento ai prezzi del mercato locale, piuttosto che il termine cc franches des si sarebbe usato quello di aprs dduction des droits de douane (tale dizione era stata difatti adottata nel Trattato anglo-marocchino del 1938, non ratificato). N varrebbe obiettare che lo stesso sistema previsto per le importazioni e per le esportazioni. Anzi ci confermerebbe che nell'uno e nell'altro caso si fa riferimento sempre ai prezzi del mercato di origine: il quale, in caso di esportazione, appunto il mercato locale. b) La dichiarazione dell'importatore prevista dall'art. 82, poteva essere util~ solo se la valutazione doveva essere effettuata in base ai prezzi del mercato di origine. Altrimenti non avrebbe avuto senso: ne sarebbero state giustificate le sanzioni previste dall'art. 85. e) L'emendamento proposto dalla Delegazione tedesca in fase di elaborazione dell'Atto di Algeciras venne respinto non per quanto riflette la precisazione che la valutazione andava fatta in base ai prezzi del mercato di origine, oltre le spese di trasporto, ecc.; sibbene per quanto rifletteva altre disposizioni, contenute in ulteriori paragrafi dell'emendamento, che non furono accettate dalla Conferenza. Non essendo state sollevate obiezioni in ordine al principio suddetto, da ritenersi che le intenzioni unanimi dei partecipanti alla Conferenza erano nel senso formulato dalla delegazione tedesca. d) Sino al 1930, l'art. 95 era stato interpretato ed applicato nel senso di basare la valutazione sui prezzi del mercato di origine e non di quello locale. Soltanto a partire dal 1930 le autorit del protettorato non hanno pi seguito tale criterio. Ci significa solo che la controversia risale a tale epoca (1). (1) Anche per quanto concerne l'ultima questione, gli argomenti addotti nella manifestazione di dissenso (soprattutto il primo) appaiono pi convincenti della decisione di maggioranza.. la quale in fondo, su questo punto... non ha deciso. In aggiunta agli argomenti sopra riassunti avrebbe potuto invocarsene un altro, che non stato preso in esame n dalla difesa, n dalla Corte. L'art. 95 statuisce altresi: 'En cas d'avarie il sera tenu compte dans l'estimation de la dprciation subie pa:r la marchandise . Tale disposizione ha senso, solo se si ammette che elemento essenziale della valutazione sono i costi di origine 25. Nel suo complesso la pronunzia dell'Aja, sia per l'interesse delle questioni dibattute, sia per l'importanza delle massime di diritto in essa contenute, si inquadra sotto un riflesso davvero notevole nell'evoluzione dei rapporti internazionali. da augurarsi che anche per l'avvenire numerose .eontroversie .(Francia e Stati Uniti hanno dato il buon esempio), piuttosto che trascinarsi faticosamente nell'ambito delle trattative diplomatiche, per essere definite con inevitabili soluzioni di compromesso, siano sottoposte al giudizio sereno ed imparziale di un'alta giurisdizione. Ci potr conferire maggior fiducia nei principi di diritto internazionale, volgarmente ritenuti vuoti di pratico contenuto, perch non assistiti da efficaci sanzioni ne da possibilit di coazione alla loro osservanza: ed estendere anche nell'ambito internazionale, quella certezza del diritto ; che elemento '.essenziale di ogni convivenza pacifica. da augurarsi altres -e lo stesso comportamento delle Potenze che hanno volontariamente adito la Corte internazionale ne d assicurazione -che il giudicato sar eseguito, nella lettera e nello spirito, non solo con buona fede (il che non neppure da dubitare), ma con buona volont, soprattutto per quanto concerne la fondamentale questione della libert ed uguaglianza economica; e che i principi di massima enunciati nella importante pronuncia saranno applicati con la stessa buona fede e buona volont anche nei confronti di altre Potenze (prima tra esse l'Italia, la quale vede in tutta l'Africa settentrionale uno sbocco naturale per la sua operosit) che, per non essere stati parti nel giudizio, possono invocare un precedente, ma non un giudicato a proprio favore. Le sommesse note critiche, che chi scrive ha ritenuto opportuno formulare su alcuni punti -del resto secondari -della pronunzia, per ogni altro aspetto davvero perspicua, non valgono certo a sminuire il doveroso senso di ammirazione per l'imparzialit : ed acume, con i quali la complessa e delicatissima vertenza stata risolta. NICOLA CATALANO AVVOOATO DELLO STATO OONSIGLIERE GIURJDIOO DELL'AMMINISTRA ZIONE IN/J'ERNAZIONALE ,_DI TANGERI oltre il trasporto, ecc.: una merce, pagata 100, va valutata, mettiamo 50, se giunta avariata; la stima del deprezzamento attribuita alla competenza degli uffici doganali. Ma. se termine di valutazione fosse il mercato locale, la disposizione suddetta non avrebbe significato, percl sul mercato locale la merce buona ha un prezzo, la merce avariata ne ha un altro. Non solo; ma sarebbe stato assurdo affidare agli uffici doganali il giudizio sul deprezzamento, perch essi si sarebbero dovuti limitare a riferirsi ai prezzi del mercato loc11le per merci buone od avariate, senza effettuare verun giudizio di stima. NOTE D I DOTTRINA u. FRAGOLA: Gli atti amministrativi (U.T.;E.T., 1952, pagg. 186). Questo libro ha lo scopo di fornire i pratici del diritto di uno strumento per fare il punto ed orientarsi nella materia dell'atto amministrativo, in base ai risultati dei pi recenti studi di giuripubblicisti italiani e della giurisprudenza del Consiglio di Stato di questi ultimi anni; e tale scopo il volumetto del Fragola pienamente raggiunge. Il metodo seguito nella trattazione quello di studiare l'atto amministrativo in funzione dei suoi eventuali vizi e della possibilit. di impugnativa davanti agli organi giurisdizionali. Si potranno avere dubbi, dal punto di vista scientifico, sulla adeguatezza di una tale impostazione, la quale, peraltro, appare come quella che meglio risponde alle esigenze di coloro che, avvocati o magistrati, si trovano a dover considerare l'atto amministrativo solo in funzione della legittimit. del sacrificio che esso impone agli interessi dei privati. logico che una tale impostazione non poteva non risolversi che in uno studio accurato ed acuto di tutti i possibili mezzi offerti agli interessati per contestare l'azione amministrativa. Vogliamo dire, cio, che la trattazione non poteva non avere una finalit. essenzialmente pratica, sich a certe conclusioni cui perviene il Fragola non va attribuito maggior valore di un consiglio, spesse volte acuto, di un avvocato esperto nello sfruttare le infinite risorse che offre il dibattito giudiziario. Questo speciale carattere della trattazione aumenta, peraltro, l'interesse alla lettura della pubblicazione ancor pi che se si trattasse di una esposizione di tesi prettamente scientifiche . .A. conclusione di queste osservazioni di carattere generale, sembra opportuno mettere in rilievo che, quantunque non scevro di pregi, anche sul piano dottrinario, il libro del Fragola non rappresenta qualcosa di veramente nuovo; mentre da notare che la terminologia adottata dall'.A.. per la classificazione degli atti amministrativi, dal punto di vista statico e dinamico, se pur non priva di una certa suggestivit., appare eccessivamente originale. Passando ad un esame pi particolareggiato dell'opera, ci limiteremo a ricordare e criticare la soluzione data dal Fragola ad alcune questioni delle pi interessanti. Si tratta, talvolta, di questioni gi. esaminate dall'.A.. in altra occasione, come quella relativa alla esclusione della figura del ministro-giudice in materia di leva e di dogana, sulla quale ci si gi intrattenuti in questa Rassegna (1951, pp. 197-200); o come quella relativa alla pretesa invalidit della donazione al cessato p. n. f. deliberato a suo tempo dai Comuni (p. 30), invalidit. che l'.A.. fonda sulla inammissibilit. di atti amministrativi a titolo gratuito. .A.I quale riguardo rileviamo come il Fragola non abbia colto esattamente il punto fondamentale per la soluzione della questione, che non quello della inammissibilit. di atti amministrativi a titolo gratuito, ma della rispondenza della cessione gratuita di beni, per la realizzazione di un determinato scopo pubblico, ai fini dell'ente cedente. Su questo punto attesa una pronuncia della Corte Suprema, alla quale la questione stata sottoposta. Anche nella delicata materia del c. d. silenziorifiuto, il Fragola formula delle osservazioni e delle proposte, come quella della congruit. del termine di trenta giorni fissato dall'Amministrazione per provvedere su una domanda del privato, o come quella di stabili.,.., legislativamente che, in caso di mancata risposta entro il termine, la istanza si i11tenda accolta e non respinta, sostituendosi cos al silenzio-rifiuto, il silenzio-accoglimento. Quest'ultima proposta costituisce indubbiamente una deviazione troppo forte dalle linee fondamentali del nostro ordinamento giuridico, poich tenderebbe a dar vita, in ogni caso, ad un atto amministrativo positivo, considerando equivalente il silenzio non solo all'azione di un singolo organo amministrativo, ma, spesse volte, anche a quella di pi organi e di varia natura {attivi, consultivi, di controllo). Troppo sbrigativa non pu non riscontrarsi la ,trattazione riservata al principio del solve et repete (p. 76) in ordine al quale non condividiamo la tesi che esso costituisca solo una manifestazione della esecutoriet. dell'atto amministrativo e, meno ancora, che possa applicarsi anche nei confronti dello Stato a favore di enti pubblici minori impositori. Siamo, invece, d'accordo con l'.A... sulla qualificazione dell'atto amministrativo che permette-1'aper.,_ tura di case da giuoco come atto di dispensa e riteniamo che analogo principio debba valere per le case di tolleranza (p. 95). Meriterebbe di essere ulteriormente studiata ed approfondita, poi, la tesi del Fragola che l'eventuale -181 conflitto di opinioni tra l'Amministrazione attiva e l'organo consultivo chiamato ad esprimere parere vincolante, possa trovare la soluzione in una determinazione del Presidente del Consiglio dei ministri adottato in base alla legge 24 dicembre 1925, n. 2263 (p. 106). Nell'esaminare la cos detta patologia degli atti amministrativi (pag. 121-141) il Fragola si giova largamente dell'esperienza acquisita durante lo svolgimento dell'attivit di difensore nei giudizi davanti il Consiglio di Stato, e le sue osservazioni in merito alle varie questioni trattate sono sempre opportunamente documentate. Non possiamo, inoltre, condividere la tesi del Fragola accennata a pag. 149 secondo la quale l'Amministrazione sarebbe obbligata a revocare gli atti amministrativi illegittimi indipendentemente dalla tempestiva impugnazione dell'interessato, perch appare del tutto infondato l'argomento che l'A. adduce a sostegno della tesi stessa, e, cio, che alla revocazione dell'atto illegittimo non impugnato tempestivamente potrebbe giungersi anche per via della disapplicazione dell'atto ex art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248. Su tale questione, com' noto, ci siamo gi intrattenuti in questa Rassegna (1952, pag. 37 e segg.). Rileviamo, infine, che anche il Fragola condivide gli argomenti di coloro che ritengono impugnabili davanti il Consiglio di Stato i decreti legislativi delegati con i quali si proceduto alle espropriazioni in attuazione delle leggi stralcio della riforma agraria (pag. 160). Di questi argomenti abbiamo in questa Rassegna ampiamente dimostrato la infondatezza e su tale questione riteniamo inutile tornare in attesa della pubblicazione ormai prossima della sentenza delle Sezioni Unite della Suprema Oorte. Concludiamo questo, necessariamente, sommario esame rilevando che l'opera del Fragola non pu mancare nella biblioteca di coloro che, sopratutto come pratici, si occupano di questioni di diritto amministrativo. Aggiungono pregio al volume i frequenti e precisi richiami, oltre che alla pi recente giurisprudenza, anche agli scritti dei giuristi italiani che da ultimo si sono occupati dell'argomento. MICHELE STRINA e LIVIA RIZZO : Le Istituzioni di Gaio (traduzione e note). Roma, Ed. Aldo Quinti,~1952, pp. xv-266. Anche il Croce nella sua Estetica ha ritenuto non potersi sfuggire al dilemma: traduzione letterale o versione libera; brutta fedele o bella infedele. Michele Strina e Livia Rizzo credono invece che il mezzo per sfuggirvi vi sia, e lo additano nella formula interpretare per poi tradurre n: prima afferrare il reale pensiero dell'autore (usando i noti metodi logico, filologico, sistematico, storico, ecc.) e poi renderlo con il pi appropriato linguaggio. Non dunque sostituire meccanicamente alle parole lative le corrispondenti italiane, ma risalire dalle prime alle intuizioni n che lo scrittore romano aveva inteso esprimere, e quindi scegliere le parole italiane pi idonee ad evocare quelle stesse intuizioni nelle menti dei lettori contemporanei. I due traduttori si sono dunque assoggettati al duplice sforzo di penetrare, con paziente ricerca il1terpretativa, il pensiero di Gaio, e di renderlo con chiarezza e precisione in. lingua italiana. Quanto al primo obiettivo, ci limitiamo a riportare ci che ii Betti -con l'autorit che gli deriva dalla sua specifica competenza -scrive nella prefazione al volume: per quel che ho potuto constatare, penso che la mta sia stata felicemente rag I giunta. Circa il secondo obiettivo, ci sia permesso aggiungere alcune osservazioni. ILa traduzione Strina-Rizzo ha senza dubbio un ~ sapore di novit per essersi servita del linguaggio f tecnico-giuridico attuale n. L'idea sembra assai buona: tale linguaggio infatti il pi idoneo a suscitare senza sforzo nello studioso del xx secolo quei dogmi e concetti tecnico-giuridici, che Gaio ebbe ad esprimere nel latino argenteo del II secolo. Non stupisca sentire un romano parlare di fonte genetica (I, 1), di rapporto giuridico (II, 88), di analogia (II, 200) ecc. Se Gaio, anzich nel II secolo, avesse insegnato diritto nel xx, si sarebbe servito del lessico familiare ai giuristi del nostro tempo. da approvarsi anche la rinuncia degli autori a recare in italiano il nome di istituti tipicamente romani come la mancipatio, la in iure cessio, il nexum, la coemptio, la manus, o i furti manifestum, conceptum, oblatum, prohibitum, che precedenti traduttori avevano italianizzato in vendita solenne n, cessione giudiziale n ecc.: fatica ingiustificata, perch tali istituti non hanno riscontro nel diritto moderno e sono noti a tutti col loro nome latino. I traduttori avrebbero anzi fatto meglio a proseguire pi risolutamente su questa via, conservando il nome latino anche ad istituti, che pur avendo riscontro nel diritto moderno, vi hanno assunto caratteri o importanza diversa; continuando a parlare di traditio, fiducia, exceptio doli, testamenti factio, anzich di trasmissione (II, 19), rapporto fiduciario (II, 60), eccezione di dolo (II, 76), diritto di far testamento (II, 219). per doveroso precisare che non di rado il nome latino viene enunciato fra parentisi o in nota. Altre volte, come nel caso delle parti della formula (IV, 39 s.), si alternano opportunamente nel testo la parola latina e la corrispondente italiana. Alcuni termini prescelti dai traduttori sono quelli gi coniati dagli studiosi per esprimere in modo sintetico concetti, per i quali gli antichi dovevano ricorrere a giri di parole; immobili per res quae solo continentur >> (II, 53), propriet civile e pretoria per dominium ex iure Quiritium n e in > (II, 40). Ma di regola la versione italiana pi analitica del testo latino, intendendosi esprimere il pensiero di Gaio nella sua totalit, senza che alcun frammento ne vada perduto. Anche nelle parti non strettamente tecniche l'opera resa in buona lingua italiana esrpresenta scorrevole e di piacevole lettura. - utile un breve confronto con le traduzioni di Giuseppe Tedeschi (Verona, 1857) e Pietro Novelli (Roma, 1914), gli unici precedenti -a quanto ci consta -di questo lavoro. Non priva di ele --182 ganza e nobile conms10ne la prima, ma troppo cc in manu mariti n, dovesse assentarsi ogni i1nno per lontana dal nostro modo di esprimerci e quindi tre notti, interrompendo cos l'usucapione annale. fatalmente imprecisa. Pi tecnica, ma sciatta e disarmonica la seconda, sulla quale certo influ l'antipatia, che il Novelli nutriva per il diritto romano in genere e la figura di Gaio in ispecie. Limitiamoci ad esaminare tre passi. I, 7. Responsa prudentium sunt sententiae et opiniones eorum, quibus permissum est iura condere. Quorum omnium si in unum sententiae concurrunt, id, quod ita sentiunt, legis vicem optinet; si vero dissentiunt, iudici licet quam velit sententiam sequi. TEDESCHI: Risposte dei giureconsulti sono le sentenze e le opinioni di queglino, a cui fu permesso di stabilire il diritto, e se sono unanimi, il loro sentimento legge; se discordi, il giudice segue l'opinione che crede. NOVELLI: Le risposte dei giurisperiti sono le sentenze e le opinioni di coloro ai quali fu permesso di stabilire principi giuridici. Se le opinioni sono tutte d'accordo su di un medesimo punto, questo assume forza di legge; se invece sono discordi, il giudice pu seguire quella che vuole. STRINA-RIZZO: La elaborazione interpretativa della giurisprudenza consiste nelle massime di decisione e nei pareri di coloro che furono autorizzati a stabilire principi di diritto. Se le massime di decisione di tutti costoro sono univoclie, il principio giuridico cos affermato ha forza di legge; se invece dissentono, il giudice ha la facolt. di applicare nella decisione la massima che, secondo il suo apprezzamento, sia pi attendibile. L'ultima traduzione evidentemente la pi ana.. litica. Ci costituir. forse una inelegantia; ma vale ad _esprimere il pensiero Gaiano in quasi tutte le sue sfumature. L'espressione elaborazione interpretativa della giurisprudenza n, sostituita al pi conciso responsa prudentium n criticabile, ma rende l'essenza di questa tipica fonte del diritto romano: quale valutazione discrezionale di esigenze sociali pur nel rispetto della tradizione e nella conservazione dei suoi principi. Ed assai pi preciso il duplice termine massime di decisione e pareri n in luogo del pedissequo sentenze ed opinioni n. I, 111. U su in manum conveniebat quae anno continuo nupta perseverabat; quia enim veluti annua possessione usucapiebatur, in familiam viri tmnsibat filiaeque locum optinebat. Itaque lege XII tabularum cautum est, ut si qua nollet eo modo in manum mariti convenire, ea quotannis trinoctio abesset atque eo modo usum cuiusque anni interrumperet. TEDEl'lCHI: La donna rimasta un anno di seguito in matrimonio, diveniva in manu ii coll'uso; giacch venendo come usucapita col possesso di un anno, transitava nella famiglia del marito qual figlia; epperci la legge delle XII tavole disponeva che la donna, la quale non voleva cadere cos NOVELLI: Passava sotto la potest. maritale in forza della convivenza quella donna, la quale durava per un anno intero a fungere df!i_sposa, e siccome in virt del possesso di un anno diveniva in certo modo oggetto di propriet., passava nella famiglia del marito e veniva considerata come figlia. Pertanto la legge delle XII tavole stabil che se una donna non voleva passare in questo modo sotto la potest. del marito, doveva allontanarsi da lui per tre notti ogni anno per interrompere cos la convivenza di ciascun anno. STRINA-RIZZO: Era assoggettata alla manus ii in forza di convivenza la donna che per un anno, ininterrottamente, rimaneva in qualit. di sposa presso un uomo; e poich per il possesso continuato di un anno era in certo modo acquisita in propriet., passava a far parte del nucleo famigliare dell'uomo ed ivi assurgeva ad una posizione equivalente a quella di una figlia. Pertanto nella legge delle XII tavole si stabili che se una donna non volesse in tal modo passare sotto la manus ii del marito' dovesse allontanarsi da lui per tre notti ogni anno e cos interrompere la convivenza di ciascun anno. III, 159. Sed recte quoque contractum mandatum si, dum adhuc integra res sit, revocatum fuerit, eva 1 nescit. TEDESCHI: Ma anche un mandato regolarmente dato cesserebbe, venendo revocato in punto che fossero le cose tuttavia integre. NOVELLI: Tuttavia un mandato, bench validamente assunto, si annulla se stato revocato prima che sia eseguito. STRINA-RIZZO: Ma anche un mandato validamente costituito posto nel nulla, qualora venga revocato prima che ne sia iniziata l'esecuzione. .Anche in questi due passi la versione Strina-Rizzo appare pi raffinata e precisa, idonea ad esprimere in modo pi esatto e completo il pensiero dell'au tore latino. L'opera, per dichiarazione degli autori, sarebbe destinata agli studenti; ma utile anche a studiosi pi maturi, poich la buona conoscenza del latino assai meno diffusa di quanto non si voglia credere. D'altronde, anche a chi esperto di latino pu riuscire utile confrontare la propria estemporanea Iinterpretazione del testo con quella seria e meditata offerta dai due autori. La traduzione non accompagnata dal testo la tino: ci costituisce a nostro avviso un vantaggio, in quanto esistono ottime edizioni del solo testo latino; ricordiamo quella inserita nel Breviarium iu1is Romani dell'A.RANGIO-Rmz (ed. Giuffr) e quella recentissima edita dal Ba:i;:pera. Sarebbe stato invece utile inserire un indice sistematico,_ di cui potrebbero sentire la mancanza proprio gli studenti, cui l'opera si dichiara destinata. G. OLMI RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Opposizione ad ingiunzione di pagamento -Esecuzione di lavori d'ufficio -Obbligo di concorrere alla spesa -Difetto di giurisdizione del Tribunale Superiore Acque pubbliche. (Tribunale Superiore Acque pubbliche n. 10 dell'S marzo 1952 -Pres. Pellegrini; Est. Gallo Turi c. Lavori pubblici). Esula dalla giurisdizione del Tribunale Superiore pubbliche la domanda, con la quale l'utente contesti il suo obbligo di pagare una somma in denaro, posta a suo carico dall'Amministrazione in seguito a lavori, compiuti d'ufficio e causati da colpa dell'utente medesimo. La domanda sarebbe inammissibile ancorch il provvedimento amministrativo denunciato avesse ritenuto sussistere l'obbligazione dell'utente ai sensi degli articoli 42, 43 e 48 T. U. e, cio, come obbligazione ex lege e non fondata su colpa. La massima affermata conferma la ormai consolidata giurisprudenza. Le questioni aventi ad oggetto diritti soggettivi appartengono alla competenza dell'Autorit giudiziaria ordinaria (nella specie Tribunale regionale delle Acque pubbliche), ancorch s'impugni un provvedimento amministrativo. La domanda con la quale si neghi il potere della Amministrazione d'imporre il pagamento di somma di denaro e, conseguentemente, si contesti il proprio debito ha, indubbiamente, ad oggetto diritti soggettivi. ELETTRODOTTO -Spostamento causato da lavori ferroviari della Pubblica Amministrazione -Occupazione ) di urgen:::a -No": importa trasferimento di ,pro.priet. } (Corte di Cassazione -Sez. unite, Sent. n. 530-52 - Pres.: Pellegrini, Est.: Tavolaro, P. M: Macaluso ' I i Ente Autonomo Volturno cont.ro Ministero LL. PP.) Nell'ipotesi che il Ministero dei r,avori pubblici dovendo procedere alla costruzione di un nuovo tronco ferroviario, avvalendosi delle speciali norme sulle costruzioni ferroviarie, occupa permanentemente, in via di urgenza, determinati terreni, e, poich questi sono attraversati da un elettrodotto di questo richiede ed ottiene dall'ente interessat~ lo spostamento, il Ministero stesso obbligato a rimborsare all'ente le spese eccessive da questo sostenute per lo spostamento della linea; e ci a norma dell'art. 126 del T. U. delle leggi sulle acque e sulle condutture elettriche, approvato con R. D. 17 dicembre 1933, n. 1775. Nelle espropriazioni per pubblica utilit, pur dovendosi l'occupazione immediata con l'inizio dei lavori, autorizzata a causa della indifferibilit, e urgenza dell'opera, considerare presa di possesso anticipata e definitiva, il trasferimento della propriet si effettua alla data del decreto definitivo di esproprio. Lo spostamento di elettrodotti regolato dal T. U. n. 1775 del 1933 negli articoli 122 e 126, in relazione a due separate ipotesi. L'art. 122 disciplina le modalit di esercizio della servit di elettrodotto coattivo nei rapporti fra proprietario del fondo servente e l'utente dell'elettrodotto, ispirandosi al principio generale dell'art. 1065 Codice civile; l'art. 126, per contro, regola le modalit di esercizio nei rapporti fra utente e la pubblica amministrazione. Alla diversit dei rapporti corrisponde, nella disciplina legislativa, una diversa procedura. Mentre il proprietario che si avvale dell'art. 122 deve, in caso di resistenza dell'utente, far ricorso ai normali mezzi di tutela del diritto di propriet, invece la Pubblica Amministrazione, che si avvale dell'art. 126, pu emettere un ordine obbligatorio, al quale l'utente deve sottostare. Nelle due ipotesi si ha inoltre, secondo l'opinione dominante, una diversa intensit di contenuto del diritto (e del potere) esplicati: mentre il proprietario pu solo obbligare l'utente a spostare l'elettrodotto in relazione ad innovazioni, costruzioni e impianti che esso proprietario intenda eseguire sul suo fondo, e non pu mai imporgli determinate modalit di esecuzione, invece l'ordine della Pubblica Amministrazione pu prescindere dalla necessit di modificazioni relative ad un determinato fondo, ricollegandosi a latissime ragioni di pubblico interesse; e, per di pi, pu esigere che lo spostamento venga eseguito secondo determinate modalit e prescrizioni, che possono essere s1iggerite o imposte dall'interesse pubblico. Parallelamente alla diversit di posizione stabilito un diverso regolamento patrimoniale: lo spostamento richiesto dal proprietario del fondo servente va eseguito dall'utente senza diritto a rimborso di spese, mentre lo spostamento ordinato dalla Pubblica Amministrazione va indennizzato, se esso richieda una spesa che, secondo una valutazione rimessa al Ministro dei lavori pubblici, venga considerata eccessiva. Questa , per sommi capi, la configurazione delle due ipotesi quale che si venuta delineando attraverso -184 una lenta elaborazione giurispritdenziale, di cui costituisce una notevole manifestazione la sentenza 6 marzo 1950, n. 571, della Corte Suprema (cc Giur. Gompl. Gass. Civile, 1950, III, p. 6 con nota). Dalle classiche note del Pulvirenti (cc Nuova rivista pubblici appalti, 1932, II, 433; ivi, 1934, II, p. 1; ivi, 1936, II, p. 214; ivi (cc Servit prediali) 1939, II, p. 9) alle pi recenti trattazioni del Ruini (cc Foro Ital. , 1940, IV, p. 1), fino alla sentenza della Corte di Appello di Roma 12 novembre 1948 (cc Foro Pad. , 1949, I, p. 14), confermata appunto dalle Sezioni unite con la sentenza n. 571 sopra citata, fu un progressivo evolversi di concetti, che oggi sembrano definitivamente fissati negli schemi sopra delineati. E a questi schemi dichiara di volersi attenere la sentenza annotata. Il caso di specie era semplice, almeno nei profili sottoposti al Supremo Consesso. La Pubblica Amministrazione aveva occupato con la procedura d'urgenza un terreno gravato di servit, di elettrodotto, per determinate finalit di pubblico interesse. Poich queste stesse finalit esigevano, fra l'altro, anche lo spostamento dell'elettrodotto, la Pubblica Amministrazione ritenne di poter invitare l'utente a provvedere a tale spostamento; e ci fu fatto. Sorta controversia circa il rimborso delle spese, la Pitbblica Amministrazione osserv che con l'occupazione d'urgenza essa era stata sostituita nei diritti dominicali del proprietario, e che appunto facendo valere tali diritti essa aveva ottenuto lo spostamento, inquadra- bile, quindi, nell'ipotesi dell'art. 122 (spostamento senza indennitd). La Cassazione neg, invece, l'applicabilit di tale articolo, in quanto l'occupazione di urgenza non implicava di per s trasferimento del diritto di propriet: l'occupante non il proprietario. Questa affermazione, considerata su un piano puramente letterale, difficilmente contestabile. lJIIa se si spinge lo sguardo dentro la sfera dei poteri dell'occupante d'urgenza, rispetto ai diritti dominicali, si scorge subito che l'argomento letterale f allace, o almeno malsicuro. Anche i frutti naturali appartengono al proprietario, anche il godimento della cosa spetta al proprietario, anche il potere di disposizione spetta al proprietario: ma nessuno dubita che, dopo l'occupazione d'urgenza, tali poteri siano passati ex lege all'occupante; e non tutti (ad esempio, il potere di disposizione) rientrano nella semplicistica configurazione di un mero passaggio di possesso. La verit che <~ richiedano lo spostamento di elettrodotto su terreni di propriet di terzi, per ragioni di pubblico interesse del tutto estranee all'utilizzazione di un terreno demaniale o patrimoniale. Se il sovraintendente ai monumenti del Lazio richiede per la tutela di determinate zone monumentali, lo spostamento di alcune linee; o..se il provveditorato agli studi segnala l'opportunit di allontari,(J,_re__ un elettrodotto da un istituto scolastico, si evidente~ mente fuori dell'ambito dell'art. 122, giacch questo regola il comportamento del proprietario di un fondo rispetto alla servit di elettrodotto su di esso costituita. Ma se, essendo la Pubblica Amministrazione -185 proprietaria del fondo, esiste questo rapporto diretto fra le necessit delle innovazioni al fondo e lo spostamento dell'elettrodotto, sembra indubbio che debba ricevere applicazione l'art. 122, e non l'art. 126. Certo, nessuno nega che in tutti i casi in cui la Pubblica Amministrazione, proprietaria del terreno soggetto a servit di elettrodotto, imponga uno spostamento eccedente le necessit derivanti dal diverso uso del fondo, tenendo conto di pi lati interessi pubblici, essa debba valersi dell'art. 126. Ma se, invece, l'ordine di spostamento trova la sua giustificazione e la sua causa nel limitato intento di usare e godere del fondo, demaniale o patrimoniale, nel modo ritenuto migliore ai fini del pubblico interesse, non si vede per quale ragione la Pubblica Amministrazione non possa avvalersi dell'art. 122. La facolt di procedere in via amministrativa, per i beni demaniali, sanzionata da una precisa norma di _legge (art. 823 Codice civile). La forma o il modo con il quale la Pubblica Amministrazione ottiene lo spostamento -cio, in sostanza, la forma o il modo con il quale essa tutela quel diritto dominicale di fare innovazioni nel proprio fondo, ribadito dall'art. 122 -non sottrae la sua azione all' ambito dell'ipotesi regolata da quell'articolo. E neppure esorbiterebbe da quell'ambito se le innovazioni o gli impianti, per le loro esigenze, richiedessero per avventura il rispetto di altre misure di sicurezza, pur sempre riconnesse o derivanti dalle predette innovazioni. Infatti, anche nell'ipotesi del proprietario privato che intende costruire un determinato impianto nel proprio fondo, l'utente della servit, spostando senza indennit l'elettrodotto, tenuto ad osservare le prescrizioni della competente Autorit amministrativa (art. 108 e 111 T. U.). JJfo ci non altera certamente la struttura del rapporto fra esso utente ed il proprietario del fondo. Se, perci, la Pubblica A mmiwistrazione, titolare dei diritti dominicali sul fondo pubblico, mentre si avvale dei mezzi amministrativi per la libera disponibilit del fondo, precisa contemporaneamente le modalit delle variazioni dell'elettrodotto, con ci non esplica alcun potere diverso da quello previsto dagli articoli 108 e 111. Questi elementi rimangono puramente accidentali: decisivo invece accertare se lo spostamento derivi da innovazioni da eseguire sul fondo pubblico, demaniale o patrimoniale. Ove questa relazione esista, entra in gioco l'art. 122. Solo quando l'ordine di spostamento ecceda le necessit dei nuovi impianti, e sia ispirato a diverse e pi late esigenze di interesse pubblico, subentra l'art. 126, anche se la Pubblica Amministrazione sia proprietaria del fondo che ha dato occasione all'ordine di spostamento. La sentenza annotata, che ha generalizzato l'obbligo dell'indennizzo a carico della Pubblica Ammi nistrazione senza tener conto dell'elemento determinante .sopra ricordato, non pare, quindi, a nostro modesto avviso, corretta. Perfettamente esatta invece la soluzione data dalla Corte ad un altro quesito (non risultante dalla massima), relativo alla possibilit, sia per il proprietario del fondo servente sia per la Pubblica Amministrazione che agisca in base all'art. 126, di chiedere o ordinare lo spostamento anche se l'impianto fosse stato dichiarato di pubblica utilit. Questo marginale problema era stato gi affrontato dalla .entenza della Ca88a.zione 25 giu gno 1937 (cc Foro Ital. , 1937, I, p. 1276 con nota di Graziani), e risolto in senso analogo. Infine, sulla questione relativa ai criteri di discriminazione della competenza, in caso di discussione sulla indennit quando la Pubblica Amministrazione sia proprietaria del fondJ servente, va qui ricordata la diffusa sentenza 17 agosto 1945 della Corte Suprema a Sezioni Unite (cc Giur. Ital. , 1946, I, l, 132 con ampia nota di Guicciardi; cc Foro Ital. , 1944-46, I, 952; cc Riv. Amm. ii, 1946, 19 entrambe con note redazionali) che riconobbe la competenza dell'autorit giudiziaria ordinaria, con esatte osservazioni circa i limiti di tale competenza. A. C. IMPIEGO PUBBLICO -Impiegati statali -Danni riportati in servizio -Legge 6 marzo 1950, n. 104: Inapplicabilit a fatti dannosi avvenuti anteriormente alla entrata in vigore di essa -R. D. L. 6 febbraio 1936, n. 313 -Atto amministrativo definitivo di diniego del trattamento speciale conseguente al rapporto di servizio. Ammissibilit dell'azione giudiziaria ordinaria di risarcimento del danno. (Sezioni Unite civili Sent. n. 3019/1952 -P:ces.: Anichini; Rel.: Capizzi; P. M. Eula -Costagli c. Ferrovie dello Stato). La dichiarazione del potere legislativo fatta dopo la emanazione di una norma, a_l fine di interpretare quest'ultima e cio di chiarirne il contenuto oscuro ed incerto, costituisce una nuova legge, che viene ad integrare e si incorpora in quella precedente, formando un sol tutto di una norma organica. Da ci deriva che i rapporti giuridici, anche se perfezionati prima della legge dichiarativa, devono ritenersi regolati e vanno decisi in conformit di essa. Ma tale carattere dichiarativo non pu essere attribuito alla legge del 1950, la quale si limitata ad abrogare le norme del R. D. L. 6 febbraio 1936, n. 313, e del D. L. 21 ottobre 1915, n. 1558, senza nulla disporre in ordine ai rapporti giuridici sorti sotto l'impero della legge anteriore. La priorit della forma di risarcimento, contemplata dal R. D. L. 6 debbraio 1936, n. 313, deve ritenersi esaurita con l'emanazione dell'atto amministrativo negativo che, accompagnato da presunzione di legittimit e di giustizia, bene pu essere accettato dall'interessato come base per l'ulteriore tutela del suo diritto innanzi all'Autorit. giudiziaria ordinaria, senza che possa essergli imposto di adire preventivamente il Magistrato amministrativo in sede di contenzioso sulle pensioni. La prima massima riguarda la questione, di cui la Corte di Cassazione si ora occupata per la prima volta, della efficacia nel tempo della Legge 6 marzo 1950, n. 104, che ha dichiarati abrogati il D. L. 21 ottobre 1915, n. 1558, e il R. D. L. 6 febbraio 1936, n. 313, la questione cio se la Legge del 1950 possa, in mancanza di espresse statuizioni al riguardo, avere applicazione anche per i ftti dannosi verificatisi anteriormente alla entrata in vigore-dt essa. In favore di una soluzione affermativa del problema si sostenuto, principalmente, che tanto il D. L. del 1915 che il R. D. L. del 1936 avevano, -186 per esplicita dichiarazione del legislatore, contenuta nelle premesse, natura di norme interpretative delle disposizioni del T. U. sulle pensioni del 2i feb braio 1895, n. 70, e che, di conseguenza, la Legge del 1950, abrogando entrambi i decreti citati, ha eli minato il vincolo di una interpretazione autentica, di modo che il giudice pu ora interpretare libera mente le disposizioni, di cui i decreti del 1915 e del 1936 contenevano la interpretazione obbligata, anche in relazione a fatti dannosi avvenuti anterior mente alla entrata in vigore della legge di abroga zione. In contrario si sosteneva che, a conferire ad una legge carattere di legge interpretativa, non basta la esplicita dichiarazione del legislatore, ma neces sario che, nella sostanza, la nuova legge si limiti a risolvere le incertezze che siano sorte nella interpre tazione di precedenti disposizioni, senza per con tenere -come invece era avvenuto per i decreti del 1915 e del 1936 -norme che, apportando modifi cazioni ed uggiunte, siano chiaramente innovative rispetto alle leggi che si vorreb.bero interpretare. In tali sensi vi era stata qualche decisione di Giu dici di merito (Trib. Firenze, Sez. I civile, 8 feb braio-10 marzo 1951 -Fiorini c. Ferrovie dello Stato). La Corte di Cassazione, giudicando a Sezioni Unite, ha accolto la soluzione negativa del problema ed a noi pare che le conclusioni a cui essa perve nuta siano esatte (cfr. questa Rassegna , 1950, marzo, p. 88). Nella seconda massima appare riconfermato un principio, sul quale pu oramai dirsi consolidata la giurisprudenza della Corte di Cassazione (sen tenze n. 832 e n. 1550 del 1948), ed al quale anche noi riteniamo di poter pienamente consentire. G. A. IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Determinazione dell'ammontare dell'imposta pagabile in abbonamento -Decisioni della Commissione provinciale Definitivit -Inammissibilit del ricorso all'Autorit giudiziaria. (Corte di Cassazione, Sezioni Unite, Sent. n. 1709/52 -Pres.: Anichini; Est.: Fibbi; P. M. Eula S. P. A. Galleria Navaria c. Finanze dello Stato). Contro le decisioni delle Commissioni provinciali in materia di determinazione dell'ammontare imponibile soggetto ad imposta sull'entrata pagabile in abbonamento, non dato ricorso all'autorit. giudiziaria per grave errore di apprezzamento o difetto di calcolo. Le decisioni delle Commissioni provinciali delle Imposte in materia di imposta generale sull'entrata, ove siano mancanti assolutamente di motivazione non possono ritenersi inesistenti, ma solo annullabili e il motivo di nullit dipendente dalla mancata motivazione pu esser fatto valere soltanto nei limiti e secondo le regole proprie dei mezzi di impugnazione cui le decisioni stesse siano per legge soggette. La prima massima conferma la giurisprudenza non solo della Corte di Appello di Napoli, ma anche della Corte di Appello di Firenze, quale risulta dalla sentenza di quest'ultima che abbiamo pubblicato in questa Rassegna, 1951, p. 145 e segg. Dopo quanto abbiamo ivi detto a sostegno della tesi ora accolta dalla Corte Suprema, ci sembra sufficiente riportare testualmente la motivazione della sentenza della Corte stessa: La controversia, cui d occasione il vigente complicato ordinamento del contenzioso tributario, trova sicura soluzione nell'analisi delle varie disposizioni di legge. La norma procedurale dell'art. 29, 30 comma del R. D. L. 7 agosto 1936, n. 1639, tramandata dalle consimili disposizioni esistenti per i vecchi giudizi di stima in materia di tasse di registro e di successione (T. U. 30 dicembre 1923, n. 3269 e 3 27 O) attua nel campo del contenzioso tributario per le imposte indirette sui trasferimenti della ricchezza una vera e propria situazione eccezionale. noto il sistema cui s'informa l'attuale ordinamento fondato sulla coesistenza di una duplice o autonoma giurisdizione in materia tributaria, devoluta da una parte alle cosiddette Commissioni amministrative che giudicano definitivamente sulle questioni relative alla estimazione dei redditi, e ai criteri tecnici di tassazione, mentre la loro decisione sulle questioni di diritto non di ostacolo alla normale azione innanzi all'l' Autorit giudiziaria ordinaria. Pu cos riconoscersi il principio comune a tutte le imposte dirette (art. 22 D. L. 7 agosto 1936, n. 1639), ribadito espressamente in tema di imposta fondiaria (art. 23 L. 8 marzo 1943, n. 153), di ricchezza mobile (art. 53 T. U. 24 agosto 1877, n.4 021) e di tri buti locali (art. 285 T. U. 14settembre1931, n. 1175), e riannodantesi alla norma fondamentale dell'art. 6 della legge sul contenzioso amministrativo 20 marzo 1865, n. 2230, che sottrae ogni controversia di semplice estimazione dei redditi al sindacato dell'Autorit giudiziaria ordinaria, principio che vale come criterio generale anche in tema di imposte indirette, tranne espressa disposizione in contrario. appunto il caso delle imposte indirette sui trasferimenti di ripchezza, per le quali, con la riforma degli ordinamenti tributari attuata nel 1936 (R. D. L. 7 agosto 1936,n . 1639), sostituito al giudizio di stima quello duplice delle Commissioni distrettuale e provinciale, si dispone (art. 29, 3 comma), che, pur dichiarandosi definitivo in via nor;riale, il giudizio delle Commissioni provinciali, fosse eccezionalmente ammesso il ricorso dell'Autorit giudiziaria nei soli .casi di grave ed evidente errore d'apprezzamento >> ovvero di mancanza o insufficienza di calcolo sulla determinazione del valore , il che implica anche una interferenza fra le due giurisdizioni in detoga al principio dell'autonomia del procedimento amministrativo da quello giudiziario. Basterebbe la constatazione di questo carattere singolare della norma per escluderne l'applicazione ad imposte non espressamente contemplate dalla legge; e tale non poteva essere la tassa sull'entrata istituita quattro anni dopo e, ci che pi conta, in sostituzione della' tassa scambi, con cui ha notevolissimi ptmti di contatto, la quale peraltro era stata espressamente richiam:ata nella. riforma degli ordinamenti tributari del 1936, insieme con le tasse di bollo, di concessioni governative ed ogni altra sugli affari o a queste assimilata unicamente per riaffermare l'autonomia e la persistenza degli anteriori rispettivi ordinamenti (art. 28, secondo comma). -1137 Dopo ci sembra superfluo indugiare sulla natura della nuova imposta in esame, che, introdotta col R. D. L. 9 gennaio 1940, n. 2, all'atto stesso dell'abolizione della tassa di scambio (art. 54) e gravante su ogni entrata in denaro o altri mezzi di pagamento dovuti in corrispettivo di beni e servizi con diritto di rivalsa contro chi esegue il versamento (art. 1 e 6), e con facolt di riscossione prima limitatamente ad alcune entrate (D. L. 10 ottobre 1944, n. 348) poi a molte altre, nonch a tutte quelle conseguite mediante vendita al pubblico di qualunque materia, merce e prodotto (D. L. 27 dicembre 1946, n. 469), mediante canoni annui ragguagliati al. volume degli affari, si rivelata praticamente, o quanto meno prevalentemente, come una vera e propria imposta sui consumi, incidente, com' non ~olo per un noto fenomeno economico .di traslazione, ma per effetto diretto della rivalsa, che pone il contribuente nella condizione di debitore per conti di terzi, sulla categoria dei consumatori. In tali condizioni mai avrebbe potuto trovare applicazione per essa il regime contenzioso eccezionale previsto esclusivamente per le imposte indirette sui trasferimenti di ricchezza; ma le norme positive dettate per la nuova imposta ne pongono espressa conferma. Infatti sia nel primo ordinamento (D. L. 27 dicembre 1946, n. 469) che, per le controversie relative alla applicazione dell'imposta nei casi in cui era dovuta in abbonamento mediante canoni annui ragguagliati al volume degli affari, prevedeva il solo ricorso ad una Sezione speciale della Commissione provinciale delle imposte (art.16), sia nel secondo (D. L. 3maggio1938, n. 799) che istituiva anche in questo campo il doppio grado di cognizione, deferendo quella di prima istanza a una speciale sezione della Commissione distrettuale (art. 19), si precis sic et simpliciter, che la decisione della CommissionQ provinciale definitiva (art. 21). L'assolutezza di questa persistente riaffermazione di definitivit senza eccezione, in palese, e non certo casuale contrapposto con la norma singolare dettata in tema di imposte indirette sui trasferimenti di ricchezza per s stessa ben significativa e offre argomento letterale di sicitra indicazione all'interprete, ma non meno decisiva, dal punto di vista sostanziale, la considerazione della intrinseca diversit dei due ordinamenti tributari, per cui si renderebbe praticamente inapplicabile, una norma di competenza che riguarda fra l'altro la mancanza o insufficienza di calcolo nella determinazione del valore di beni trasferiti, quando oggetto dell'accertamento non sia la diretta valutazione dei beni, secondo specifici criteri fissati dalla legge e richiedenti l'esecuzione di computi suscettibili di controllo, ma il volume degli affari cio l'estimazione, in via necessariamente induttiva della presumibile entrata annua del contribuente, in base, sia pure come si esprime il penultimo capoverso dell'art. 16 del D. 27 dicembre 1946, n. 469, alla obiettiva considerazione dei fatti, delle circostanze e degli elementi tutti di apprezzamento, propri della fattispecie. Sotto ogni aspetto considerata, dunque la questione circa l'applicabilit del ricorso all'Autorit giudiziaria a norma dell'art. 29 del R. D. L. 7 ago.~ to 1936, n. 1639, non potetJa che essere ri8olta come fu dalla C. d. A. negativamente. Per quanto riguarda la seconda massima, rileviamo he nella motivazione della sentenza della Corte Suprema sono contenute delle espressioni che farebbero ritenere che il Supremo Collegio abbia accolto la tesi .della possibilit di una .immediato, impugnazione per Cassazione delle sentenze della Commissione provinciale in materia di I.G.E., le quali siano affette da vizi di nullit in procedendo, e ci in applicazione dell'art. 111 della Costituzione, sempre che1 naturalmente, si ritenga che contro tali sentenze non sia dato ricorso alla Commissione centrale. Crediamo che trarre tali conclusioni dalla sentenza in esame sia per lo meno azzarij,ato. Essa, infatti, come risulta dalla motivazione che appresso riportiamo, si preoccupata soltanto di escludere che l'eventuale. vizio in procedendo della decisione della Commissione provinciale possa comunque esser fatto valme avanti l'autorit giudiziaria ordinaria per contestare la legittimit dell'accertamento tributario e le argomentazioni relative alla possibilit di impugnativa autonoma della suddetta decisione non hanno alcuna relazione con il dispositivo della sentenza. Si tratta, d'altronde, di materia molto delicata che merita di essere riesaminata ex professo e che non pu considerarsi in alcun modo pregiudicata da frasi od espressioni del tutto incidentali. Ed ecco il testo della motivazione, relativa alla seconda massima : ic Osserva questa Corte Suprema che, riaffermata anche alla stregua dell'art. 111 della Costituzione della Repubblica la necessit della motivazione in ogni sentenza sia del giudice ordinario sia di giudici speciali, ai fini del necessario controllo, cui per esigenze inderogabili di giustizia ogni decisione giudiziaria deve sempre poter essere sottoposta -e a tali esigenze non soddisfa una motivazione quasi di stile, come quella contenuta nella sentenza della Commissione tributaria in esame, priva di ogni riferimento alla norma astratta e solo con generico richiamo ad imprecisate informazioni e alle ancor meno individuate dichiarazioni del contribuente, e quindi con palese obliterazione di entrambe le premesse del sillogismo giudiziario -non sembra possa condividersi l'opinione di chi vede nel vizio in parola una causa non tanto di nullit quanto di inesistenza della sentenza, parificabile alla mancanza della capacit soggettiva dell'ordine giurisdizionale o della stessa sottoscrizione del giudice, nei casi in cui non si renda eliminabile col rito della correzione degli errori materiali. La mancanza di motivazione, cui ora equipa rata anche la sua insufficienza contraddittoria come vizio che incide sopra un requisito formale indispen sabile della sentenza, legato al raggiungimento dello scopo essenziale sopraccennato (art. 132, n. 4 e 156, n. 2, C. p. c.), costituisce motivo di nullit della sentenza stessa; ma al pari di ogni altra nullit pu esser fatto valere soltanto nei limiti e secondo le regole (forme e termini) proprie dei mezzi di impugnazione -appello o ricorso in cassazione-cui la sentenza sia per legge soggetta (art. 161 e 360, n. -4, C. p. c.). Conseguentemente, nel caso, come quello che ne occupa, di sentenza della Commissione provinciale delle imposte in materia di imposta generale sull'entrata, di senten.za cio di 2 grado di una giurisdizione speciale, affetta dal vizio in proce -188 dendo rilevato, essa era suscettibile di annullamento per mancanza di motivazione (art. 360, n. 4, C. p. c. e 360, n. 5, nel testo rif01mato) dinanzi alla Commissione centrale delle imposte, qualora si ritenga -secondo una recente contrastata giurisprudenza di questa al riguardo -non ostativa la dichiarazione di definitivit di cui agli articoli 16 del D. L. 27 dicembre 1946, n. 469, e 21 D. L. 3 maggio 1948, n. 799, o comunque innanzi a questa Corte Suprema di Cassazione in applicazione dell'art. 111 della Costituzione che esige in ogni pronunzia giurisdizionale una motivazione sia pure concisa che la giustifichi. Ma, ci che qui maggiormente interessa, in ogni caso tali rimedi debbono essere fatti valere, per il principio dell'assorbimento dei motivi di nullit della sentenza in motivi di impugnazione, espresso col precetto dell'art. 161 C. p. c., nel giudizio stesso in cui quella sentenza intervenuta e prima del suo pa.~saggio in giudicato. Esclusa, infatti, come resistita dall'ordinamento positivo, la tesi della inesistenza o della nullit insanabile delle sentenze viziate da difetti pi o meno completi di motivazione, l'errore in procedendo in parola intervenuto nel giudizio di estimazione avanti la giurisdizione speciale, un volta decrsi i trmini d'impugnazione, resta coperto dal giudicato e non pu pi essere opposto in un nuovo giudizio in cui si intenda impugnare per tale motivo dinanzi alla Autorit giudiziaria ordinaria la legittimit della tassazione. Vi osterebbe, fra l'altro, il principio dell'autonomia dei due procedimenti, relativi l'uno al giudizio di estimazione da portare innanzi al giudice speciale, l'altro alle questioni di diritto per cui esperibile azione dinanzi al giudice ordinario, questioni di diritto che non possono, senza palese contraddizione, con quel principio, riguardare gli errori in procedendo eventualmente incorsi nell' anteriore giudizio di stima . I l ffe jJ . '. dj" ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI MERITO ACQUE PUBBLICHE -Competenza -Danni dipendenti da mancata manutenzione di opera pubblica collegata con il regime delle acque -Proponibilit dell'azione Competenza del giudice ordinario. (Corte di Appello di Roma, Sent. 24 giugno-6 agosto 1952; Soc. An. Costruzioni Pasotti c. Ministero Lavo1i pubblici). 1. Non d. luogo a controversia compresa tra quelle attribuite alla cognizione del Tribunale regionale delle acque pubbliche, a sensi dell'art. 140 lett. F, T.U. 11 dicembre 1933, n. 1775, l'azione di danni dipendenti da opere (collegata al regime delle acque) eseguite dalla Pubblica Amministrazione, quando non viene in discussione la esecuzione dell'opera bens ed unicamente il mancato normale funzionamento dell'opera stessa, cui viene rapportato, con stretto nesso di causalit, il danno sofferto dal privato. Questione quindi di diritto comune che, all'infuori di ogni indagine sulle modalit di esecuzione dell'opera e sugli eventuali danni che nel corso e in dipendenza dell'esecuzione (o costruzione) medesima siano potuti derivare a terzi, di competenza del magistrato ordinario. 2. Dalla mancata manutenzione dBll'opera pubblica che cagioni danno alla propriet privata sorge per il cittadino diritto all'indennit, purch tra il danno sofferto e la mancata manutenzione, vi sia rapporto di causa ed effetto. 1. L'art. 140, lett. E, del T. U. 11 dicembre 1933, n. 1775, cos dispone: Appartengono in primo grado alla cognizione dei Tribunali delle acque pubbliche.. . le controversie per risarcimenti di danni dipendenti da qualunque opera eseguita dalla Pubblica Amministrazione o da qualunque provvedimento emesso dall'Autorit amministrativa a termini dell'art. 2 del T. U. 25 luglio 1904, n. 523, ecc. i>. Non da porre in dubbio che anche la controversia avente ad oggetto il risarcimento dei danni (che si asseriscono) dipendenti dalla mancata efficienza di un grande manufatto, rientri nella competenza dei Tribunali delle Acque, se, oltre la (pretesa) incuria del personale venga in esame il funzionamento, la difficolt di funzionamento del manufatto, anche se dovuta a difetto di manutenzione. Il carattere stesso della domanda di risarcimento del danno postulava -nella specie decisa -la indagine sull'evento dannoso (che fu non gi la materiale esondazione di un fosso, ma la causa di questa) ossia la alluvione in rapporto alla situazione I i idraulica della zona prima e dopo il compimento delle opere pubbliche. Tale evento esigeva la cognizione dell'organo speciale, quale , istituzionalmente, il Tribunale regionale delle Acque pubbliche. Il fenomeno atmosferico, se esso valga o non come caso di forza maggiore, rispetto alle opere e al loro stato di manutenzione1 la stessa portata e violenza della tracimazione degli argini da parte delle acque, rappresentano questioni spiccatamente tecniche che la legge deferisce alla cognizione dell'anzidetto Tribunale. La giurisprudenza e la dottrina che la Corte ha invocato per sostenere (2a massima) la proponibilit della domanda di risarcimento, per mancata manutenzione dell'opera pubblica (estensione dell'art. 46, Legge espropriazione) stata ampiamente elaborata anche in tema di danni dipendenti da opere idrauliche, ma in controversie svoltesi dinanzi ai Tribunali delle Acque. In tal senso le numerose pronunce del Tribunale superiore delle acque circa la responsabilit (vedremo in quali limiti) della Pubblica Amministrazione che avesse costruito opere pubbliche di sistemazione di corsi d'acqua, per danni derivati alle propriet finitime, in occasione di piene o pioggie (cfr. Massimario a cura di PELOSI, 1948, p. 211 e segg.). Il Supremo Collegio ha, pi volte, chiarito i limiti delle rispettive competenze dei Tribunali ordinari e dei Tribunali delle Acque, in tema di risarcimento di danni, comunque, ricollegabili alla costruzione o alla manutenzione delle opere pubbliche. Quando la Pubblica Amministrazione estranea alla lite, la questione delicata e di sottile indagine (Sezioni Unite 12 giugno 1939, n. 1977, in Massimario cit. p. 56, n. 21; Cass. II, 16 luglio 1949, n. 1828, in Giur. Opere pubbliche n 1949, II, 22; Cass. I, 31 maggio 1950, n. 1324; Sezioni Unite 5 dicembre 1950, n. 1677, ivi 1951, II, 14). JJ!Ia l'ipotesi dell'art. 140 lett. E, ricorre sempre che sia proposta la domanda contro la P.A. in tema di danni da opere che possano aver 1elazione col regime delle acque o da manutenzione di manufatti (Sezioni Unite 23 luglio 1937, in Diritto Beni pubblici, 1938, p. 163; Cass. II, 16 luglio 1949; n. 1828 cir.; cfr. anche Relazione dell'Avvocatura Generaledello Staton, per gli anni 1930-1941, I, 276). 2. Nella ipotesi di ritenuta competenza del giudice ordinario, l'eccezione di improponibilit appariva fondata. -190 La sentenza ha erroneamente applicato il criterio della responsabilit della Pubblica Amministrazione per atti leciti, a ipotesi non contemplate dalla legge: a) quanto alla responsabilit per colpa aquiliana, non affatto venuta in considerazione; b) quanto alla responsabilit oggettiva, la giurisprudenza del Supremo Collegio pur ravvisando nell'art. 46 Legge espropriazione il sintomo del suddetto principio generale, ne ha limitato la sfera di applicazione alle sole ipotesi nelle quali la manutenzione dell'opera pubblica importasse un sacrificio particolare al privato. In tale solo caso si pu configurare una responsabilit analoga a quella iniziale dell'esecuzione, non gi nell'ipotesi di mancata _manutenzione, che si risolva nel ritorno alle condizioni antecedenti alla opera, circostanza questa sufficiente ad eliminare la responsabilit della Pubblica A mministrazione (Tribunale Superiore 29 gennaio 1940, n. 3 e 6 agosto 1940 n. 27 in Massimario cit. p. 225). L'ovvia soluzione della controversia era, dunque, l'improponibilit dell'azione, perch costruzione e manutenzione dell'opera pubblica rientrano nella discrezione della Pubblica Amministrazione o la reiezione della domanda. (D. .A.. F.) AMMINISTRAZIONE DELLO STATO -Uf/i.ci stralcio per la liquidazione delle soppresse associazioni sindacali fasciste -Rappresentanza in giudizio -Propriet dei beni delle soppresse associazioni. (Ti ibunale di Roma, Sez. I, 31 gennaio-31mazo1952 -Pres.: Elia; Rel.: Mazzacane -Ufficio skalcio pe~ la liquidazione delle Confede:azioni dei lavoratori c. Confederterra p_ovinciale di Roma). Gli Uffici stralcio, costituiti con decreto nnmsteriale 25 giugno 1949 in applicazione dell'art. 5 D.L.O.P.S. 1 dicembre 1947, n. 1611, sono organi statali, gerarchicamente dipendenti dal Ministero del lavoro e della Previdenza Sociale. Essi, pertanto, sono rappresentati e difesi in giudizio dalla Avvocatura dello Stato ai sensi dell'art. 1 R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611. Durante il periodo della liquidazione la rappresentenza delle associazioni sindacali fasciste, soppresse col D.L.L. 23 novembre 1944, n. 369, ma la cui personalit sussiste al limitato fine delle operazioni di liquidazione, spetta agli organi liquidatori e, per essi, agli Uffici stralcio, cui sono attribuiti tutti i poteri gi spettanti agli organi amministrativi ordinari degli enti soppressi. I beni facenti parte del patrimonio degli enti soppressi sono tuttora di propriet degli stessi e tutti i poteri e le facolt loro spettanti sono esercitati dagli Uffici stralcio. La devoluzione di tali beni, ai sensi dell'art. 30 D.L.L. 30 novembre 1944, n. 369, sar effettuata con decreto interministeriale soltanto dopo la chiusura della liquidazione e con largo criterio discrezionale, per cui le varie associazioni libere potranno a quel tempo vantare un interesse legittimo, ma non un diritto soggettivo perfetto alla devoluzione in proprio favore. Il perdurare, oltre i limiti prefissi dalla legge, delle operazioni di liquidazione consente e, per innegabili motivi d'interesse pubblico, impone che l'Amministrazione la quale esercitava la vigilanza sulle operazioni di liquidazione, si sostituisca agli organi di essa nell'esplicazione di tale. attivit, la quale, pur essendo compiuta direttamente dall' A mministrazione governativa, non cessa di essere riferibile all'ente controllato e soltanto a questo. Dalla natura di organo statale dell'Ufficio stralcio discende, come conseguenza, che la sua rappresentanza in giudizio spetta all'Avvocatura dello Stato,ai sensi dell'art. 1 R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, e che per le cause relative si applicano i principi del Foro dello Stato. Con la terza massima il Tribunale ha risolto l'importante questione sugli effetti della soppressione delle Associazioni sindacali in relazione alla loro personalit giuridica. Com' noto il D.L.L. 23 novembre 1944, n. 369, sciolse le associazioni sindacali fasciste; abol i contributi sindacali imposti per effetto della legge 3 aprile 1926, n. 563; licenzi il personale assunto direttamente dalle associazioni; dispose la liquidazione delle associazioni medesime; determin gli enti, ai quali i beni, disponibili dopo il pagamento dei creditori, dovessero essere devoluti; fiss il termine, pi volte prorogato, entro il quale dovevano essere chiuse le operazioni di liquidazione delle associazioni disciolte; dispose che, qualora tale termine fasse decorso invano, le operazioni di liquidazione sarebbero state affidate ad un Ufficio stralcio. Questo complesso di norme sciolse o soppresse la Associazioni sindacali fasciste, privandole degli scopi istituzionali e dei poteri, per il raggiungimento di tali scopi assegnati alle associazioni medesime l dall'ordinamento sindacale fascista, ma non estinse la personalit giuridica delle .Associazioni stesse, I che sopravvive tuttora e sopravviver finche non , saranno completate le operazioni di liquidazione. ' Questo concetto comunemente accettato in dot. trina. "" Cos il MESSINEO (Corso, 1 p. 174) ritiene che I >. Ohe si tratti d'1tn esempio di sostituzione prevista dalla legge, e quindi inoppugnabilmente valida ai sensi dell'art. 81 O. p. c. non vare dubitabile (2). Un legittimo dubbio aveva invece sollevato la difesa dell'attore, osservando che la sostituzione stessa avrebbe dovuto operare in virt d'una norma italiana non estMa a Trieste e perta,nto qui inefficace; dubbio, peraltro, che la difesa dell'I.R.O. presumeva di aver fugato deducendo che in terna di capacit di agire e contraddire conta lo statuto personale dell'attore o convenuto, statuto personale che, per l'I.R.O. Italia, comportava la perdita di detta capacit, che s'era trasferita nell'Amministrazione italiana. In altri termini la sostituzione processuale doveva, considerarsi, con riferimento all'I.R.O., alla stregua dei diritti della personalit, di quei diritti cio che ineriscono nei soggetti come parte integrante degli stessi, dovunque essi si trovino ad operare legalmente. A parte ci, la sostituzione processuale era stata implicitamente accettata dall'attore mediante l'accettazione d'uno speciale contratto-regolamento di pubblico impiego che presupponva nell'Ente non solo una posizione di preminenza comune a tutti gli Enti pubblici, ma pure una speciale condizione di privi (1) L'eccezione della nullit della citazione fatta direttamente all'I.R.O., e non al suo sostituto processuale presso l'Avvocatura dello Stato, fu gi accolta dal Tribunale di Roma con sentenza 31 dicembre 1949-3 novembre 1950 in causa Winter c. I.R.O. Per effetto di tale sostituzione -dice la sentenza -operante in tutte le azioni giudiziali concernenti l'I.R.O., la legittimazione ad agire e a contraddire per l'I.R.O. spetta unicamente all'Amministrazione dello Stato italiano. Conseguentemente ... l'attore non avrebbe dovuto (come fece) citare l'I.R.O. in persona del suo legale rappresentante, ma per l'I.R.O. il competente organo dell'Amministrazione italiana, con le prescritte forme di notifica presso l'Avvocatura dello Stato (art. 144 0.p.c. in relazione all'art. 11 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611). Non essendo ci stato fatto, la mancanza di notifica presso l'Avvocatura sello Stato importa, giusta il costante insegnamento della Suprema Corte di Cassazione, la nullit dell'atto di citazione: nullit che, essendo appunto " assoluta o radicale ", non sanabile n con la comparizione in giudizio della stessa Avvocatura... n con la rinnovazione della citazione medesima. (Ofr. in tal senso la giurisprudenza consolidata ivi citata). (2) La dottrina presenta ancora, invero, qualche incertezza sull'istituto della sostituzione processuale. pi per concordano ormai nel considerarla una categoria della legittimazione ad agire e a contraddire, che trova origine nella non coincidenza fra soggetto del processo e soggetto della lite (ALLORIO : Diritto processuale tributario, Giuffr, Milano, 1941, pag. 350; ANDRIOLI: -Sostituzione processuale, in" Riv. Dir. Proc. >>, 1935, vol. I, pag. 331: OARNELUTTI: Istituzioni del nuovo processo civile italiano, Roma, 1941, pag. 93; DE BLASIO: Sostituzione prooessuale, in ccNuovo Digesto Italiano, vol. XII, pag. 649; ZANZUCCHI: Diritto processuale oivile, Giuffr Milano, 1947, vol. I, pag. 310 e segg., ecc.). -194 legio sua propria particolare, e cio appunto la sostituzione processuale. Pertanto il D. L. 6 marzo 1948, n. 468, esteso o no a Trieste, costitufoa comunque una clausola implicite. del contratto stipitlato dall'attore ed avvva, quindi, valore di legge quantomeno fra le parti. Il giudice ha, disinvoltamente superato questi argomenti affermando apoditticamente che cc per principio generale di diritto ... il sostituito pit venire citato direttamente in giudizio , col che veniva reietta l'eccezione di nullit della citazione. Ora non risulta che dottrina e giurisprudenza abbiano trattato ex professo il punto. Sembra, tuttavia, legittimo a questo proposito il rilievo che se generalmente il sostituito pu intervenire nel processo per agire in proprio a fianco del sostituto o per difendere al suo fianco il proprio diritto aggredito, non possa invece affermarsi il diritto della controparte a costituire una sua scelta il contradditorio anche o solo nei confronti del sostituito, perch ove cos fsse verrebbe completamente frustato lo scopo della legge. La sostituzione processuale pi tipica che la legge prevedeva, in regime monarchico, era qu,ella del ministro della real casa in sostituzione del re e dei membri della famiglia reale (art. 76 O.p.c.). ovvio che tale sostituzione era voluta dalla legge per im]fedire, per ragioni di prestigio, che si instaurasse il contradditorio nei confronti di tali alti personaggi, senza che con ci venisse meno la tutela del diritto delle controparti. Orbene, ammettere che le controparti po- tessero ci nonostante citare direttamente in giudizio il sostituito -come afferma senza argomentare il Tribunale di Trieste -significherebbe annullare il proposito della norma protettiva. L'esempio offerto dalla rausa che si esamina altrettanto chiaro: l' I. R.O., per esplicare la sua benefica opera di assistenza in Italia (e a Trieste) in favore di tante persone duramente colpite dalla guerra, ha chiesto e ottenuto dal Governo italiano l'adozione di una speciale protezione che la mettesse al sicuro da ogni fastidio processuale, sia attivo che passivo. Evidentemente, anche questa sostituzione processuale, come quella dei membri della real casa, o obbligatoria erga omnes, oppure, se dev'essere subordinata alla capricciosa scelta dell'antagonista attore (o, sebbene pi difficile da configurarsi, dell'antagonista convenuto), si svuota automaticamente di tutto il suo contenuto protettivo: il che manifestamente assurdo. La questione, sollevata dll' attore, della non validit a Trieste del D. L. 6 marzo 1948, n. 468, colle contrarie argomentazioni dell'I.R.O., non era dunque evitabile, e, qualora l'esame fosse risultato favorevole alla tesi dell' I.R.O., la nitllit della citazione ad essa direttamente notificata ne sarebbe stato un logico e inevitabile corollario. 4. Ma dove la sentenza del Tribunale di Trieste ci trova pi fortemente dissenzienti quando nega all'I.R.O. la personalit giuridica internazionale, per essere -vi si dice -istituzione cc non destinata a far agire i soggetti nel cui interesse stata creata e riconosciuta, ma soltanto ad agire nell'interesse di questi ; e dove le si nega l'immunit giurisdizionale. Il ragionamento, piuttosto confuso, col quale il Tribunale vuol passare la sua decisione, sembra voler arieggiare a quella teoria che nega (sulla falsa riga del FLORtO: Le Organizzazioni internazionali, Giuffr, 1949, pag. 121) allf. specialized agencies la piena capacit internazionafo perch, pur godendo di autonomia sia rispetto all'O.N. U. che rispetto agli Stati membri, esse non avrebbero un'attivit che le costit-uisca destinatarie; v11r nome proprio, di nonne di diritto internazionale cotnune. Non condividiamo questa opinione n per l'I.R.O. n, in tesi generale, per gli altri << istituti specializzati collegati coll'O.N. U. ed operanti nel quadro dell'art. 57 dello Statuto delle Nazioni Unite. NeJare personalit giuridica internazionale all'I.L.O. (Organizzazione internazionale del lavoro), alla F. A.O. (Organizzazione per l'alimentazione e l'agricolt, ura), all' U.N.E.S.0.0. (Organizzazione delle N. U. per l'educazione, la scienza e la cultura), al Fondo Monetario Internazionale, alla Banca I nternazionale per la ricostruzione e lo sviluppo, alla W.H.O. (Organizzazione mondiale della sanit), e infine allo I.R.O., significa fare marcia indietro in quella strada dell'evoluzione sulla quale il diritto internazionale ha gi percorso grandi e decisivi passi (1). Oi limitiamo ad affermare col Piccardi che la tesi della personalit gi'uridica di tali istititzioni cc non trova pi ostacolo nella pretesa che solo gli Stati possono essere soggetti dell'ordinamento internazionale, essendo tale pretesa abbandonata dalla migliore dottrina. In particolare per l'I.R.O., quale miglior prova e dimostrazione della sua capacit giuridica internazionale che nella serie di accordi da essa stipulati con quasi tutti gli Stati europei occidentali, su un perfetto piede di parit, da soggetto a soggetto, ottenendo garanzie, sicurezze e privilegi che si sarebbero potuti definire, prima d'ora, tipicamente statuali? Il Tribunale non ha speso una parola sull'accordo tra il Governo italiano ed il Comitato preparatorio per l'I.R.O., concluso a Roma il 24 settembre 1947 e approvato col citato D. L. 6 marzo 1948, n. 468, che da solo bastava a qualificare l'I.R.O. come ente dotato di itna propria attivit internazionale, formatore, attraverso accordi, di norme di I diritto internazionale e a sua volta destinatario di tali norme. (1) Sui soggetti di diritto internazionale diversi dagli IStati e sulla loro immunit giurisdizionale vedere: FEDOZz1, Gli Enti collettivi nel Diritto internazionale, Verona 1897; RUFFINI, La natura giuridia delle Unioni internazionali amministrative, in Riv. Dir. Pubblico >>, 1928, I, 241 I e la ricchissima dottrina ivi riportata; CAVAGLIERI, I soggetti del Diritto iinternazionale in Riv. Dir. Internaz, >>, 1925, p.3.g. 18 e segg.; RAPISARDI e MmABELLI: La natura giuridica dell'Istituto internazionale di agri'., coltura e la categorfo di enti istituzionali internaz., in Jus gentium,,, 1938, pag, 125-144; PICCARDI: L'Istituto interna ' zionale di agricoltura e la giurisdizione dei Tribunali italiani, in cc Riv. Dir. Proc. civ." 1933, II, l; ANZILLOTTI: in cc Riv. Dir. Internaz. >>, 1910, p~g. 477, 1914, pag. 156164; MORELLI, L'Istituto internazionale agricoltura e la giurisdizione italiana, in Foro Ital. >>, 1931, col. 1244 e segg.; MONACO: Manuale Diritto internazionale pubblico e privato, Torino, U.T.E.T., 1949, pag. 110 e altrove; PROVINCIALI, L'immunit giurisdizionale degl:i Stati stranieri, C.E.D.A.M, 1933, pag. 174; FERRARA, in Riv. Dir. Pub.blico 1931 >>, I. pag. 531; OLIVI: Diritto internazionale Pubblico, 3a ediz., Hoepli, Milano, 1933, pag. 615; BALJ, ADORE e P ALI,IERI: Diritto internazionale, 4a ediz, Giuf fr , 1946, pag. 236, 256 e altrove; e numerosissimi altri citati nelle opere qui elencate. -195 Nuova luoe ha ricevuto ora l'eterodossia del Tribunale di Trieste dalla emanazione della legge 24 agosto 1951, n. 1740, pubblioata solo il 5marzo1952, oolla quale la Repubblioa Italiana ha aderito e dato eseouzione alla Convenzione sui privilegi e le imrnunit delle istituzioni speoializzate, adottate dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite con risoluzione 21 novembre 1947. Probabilmente, se il Tribunale avesse potuto oonosoere e utilizzare questo fondamentale ed esplioito rioonosoimento della immunit giurisdizionale delle istituzioni figliate dall'O.N. U., il suo giudizio non sarebbe stato in oonfiitto ool livello oggi raggiunto dal diritto internazionale. Anzitutto, infatti, all'art. II, Sezione 3, della oitata legge, si rioonosoe ohe Les institutions spcialises possdent la personalit juridique; personalit giuridioa ohe non pu essere che pubblioa, data la natura degli enti, ed internazionale (sia pure oon oapaoit limitata), dato il rioonosoimento oontemporaneo, mediante la Convenzione, da parte degli altri soggetti di diritto internazionale. All'art. III, Sezione 4, si determina poi per la prima volta claris verbis oi ohe la migliore dottrina e giurisprudenza avevano gi affermato ripetutamente (1) e oio ohe les institutions spoialises, leurs bien et avoirs, en qualque endroit <.J.it'ils se trouvent et quel qu'en soit le dtenteur, jouissent de l'immunit de juridiction, sauf dans la mesure ou' (1) Il MORELLI, il PwoARm, il FERRARA, il MoNAOO, ecc., op. cit., affermano il principio dell'immunit giurisdizionale {o, secondo una pi appropriata terminologia, dell'esenzione dell'azione) e, in particolare, insistono sull'immunit con mflesso ai rapporti fra detti enti e i propri impiegati, rapporti che devono essere considerati come di diritto pubblico (Piccardi) che attendono alla funzione giuridico-pubblica dell'ente (Morelli), e sono creati in base all'ordinamento giuridico dell'ente e disciplinati dallo stesso (Ferrara). Il Ferrara ha inoltre proposto una nuova teoria a sostegno dell'esenzione dall'azione, fondandola, indi pendentemente dall'immunit giurisdizionale, sul con cetto di autonomia. cc Il rapporto d'impiego -egli dice (op. cit.) - compreso nella sfera di tale autonomia. L'Unione regola il rapporto col suo diritto interno. Regolare un rapporto significa ed implica non soltanto disciplinare lo svolgimento normale ma anche le forme di garanzia degli interessi della parti nel caso di svolgi mento anormale: pone la norma di diritto materiale e la norma di diritto processuale >>. Quanto alla giurisprudenza, vedere la commentatis sina sentenza della Cassazione, Sezioni unite civili, 26 febbraio 1931-13 maggio 1931 (in cc Riv. Dir. Proc., 1933 , II, pag. 3-51): Istituto Internazionale Agricoltura contro Profili, in cui si legge che cc i rapporti di impiego fra detto Ente e i suoi dipendenti sono sottratti per la natura internazionale dell'Ente stesso, alla giurisdizione dello Stato italiano ; e dove si rileva che il carattere pubblico internazionale dell'Ente riconoscibile dal fatto che ai suoi delegati e funzionari superiori, nello esercizio della loro attivit, sono state concesse le im munit diplomatiche: esattamente come ora, nell'Ac cordo 24 ottobre 1947, alla Missione italiana dell'I.R.O. (art. IV). Notevole anche, ma solo per ci che attiene alla esenzione dell'azione riferita al rapporto d'impiego, la pi recente decisione della Cassazione, Sezioni unite civili, 12 maggio 1947, n. 740 (in cc Foro !tal., 1948 col. 855 858), Tani contro Rappresentanza commerciale U.R.S.S. Altri utili riferimenti su questo punto: ANzILLOTTI: Corso di Diritto internazionale, 1928, pag. 263; ROMANO: Corso Diritto internazionale, Padova 1929, pag. 224; BoRSI: Il rapporto d'impiego nella Societ delle Nazioni, in cc Riv. Dir. Internaz. 1923, pag. 261-295 e 425-449; BALDONI: Gli organi e gli Istituti nelle Unioni internazionali, in Riv. Dir. Internaz. , 1931, 488. elles y ont expressment renono dans un oas partioulier . Che di pi, una volta ohe sia ammesso (e non pu non esserlo), ohe l'I.R.O., anche se non espressamente menzionata nella Convenzione, rientra tuttavia nella lettera (j) della Sezione 1 dell'Art; I (tonte autre institution relire l'Organisation des N ations Unies oonformment aux articles 47 et 63 de la Charte )? 5. Il :tribunale ha aooolto quella che per l'I.R.O. non era ohe una difesa di ripiego, vale a dire l'eooezione di difetto di giurisdizione per essere la vertenza riservata al giudizio arbitrale. Ciroa tale eooezione erano sostenibili almeno due obiezioni, oon riohiamo all'art. 806 in correlazione agli artieoli 429 e 459 C. p. o. (esclusione dell'arbitrato nelle cause del lavoro); e all'art. 809 C.p.o. (generalit della designazione degli arbitri). Nessun dubbio nella natura pubblioistioa del divieto, contenuto nella norma italiana, di oompromettere in arbitri oause del lavoro, e della portata generale di tale norma. Sorprendente inveoe che il Tribunale, ohe pure aveva rifiutato di riconosoere la vera natura giuridioa. dell'I.R.O., abbia inveoe ammesso oh'essa ((ha il potere di fissare da s le norme ohe dovranno regolare i rapporti fra essa e i privati . Enunoiazione troppo ampia e disoutibile, in quanto sembrerebbe voler inoludere anohe la sfera degli atti iure. gestiony, ohe oertamente son regolati o dalla volont delle parti o dalla legge oomune delle stesse o, spesso, dalla legge del luogo ove tali rapporti sorgono. Ma enunciazione oorretta l dove oontiene l'affermazione ohe nel rapporto di lavoro tra l'I.R.O. e un suo dipendente non s'inoontrano due uguali volont, ma, da un lato, la potest regolamentare au tonoma d'un soggetto di diritto internazionale (po test rioonosoiuta dallo stato ospitante in oui il oon tratto si perfezionato), e la volont adesiva del pre statore d'opera. In tale quadro, indubbiamente, la olausola arbitrale validissima sull'altro costituendo un'estrinsecazione positit!a di quella potest, spe cificatamente e tipicamente diretta alla tutela del l'organizzazione propria interna dell'ente, ed assolu tamente sottratta all'esame da parte dell'autorit giu diziaria dello Stato ospitante. Giudicare della vali dit della norma regolamentare, che attribuisce la so luzione di tali vertenze all'arbitraggio dell' A vvoca tura dello Stato italiano, sulla base del diritto italiano, sarebbe certo arbitrario. L'Ente internazionale, es sendo soggetto autonomo di diritto, si d all'interno le norme che crede; le quali, buone o cattive che siano nel giudizio altrui, potranno essere criticate in sede scientifica, ma non certo attraverso il traguardo delle norme interne positive di un altro soggetto internazio nale, quale lo Stato ospitante, il quale ha fini diversi e, ovviamente, diversi mezzi per attuarli. Giudicare di questi fini, e dall'idoneit a raggiungerli dei mezzi predisposti, costituirebbe ingerenza inammissibile d'un ordinamento nell'altro. L'I.R.O. ha regolato i rapporti d'impiego "oi propri dipendenti nel modo che ha ritenuto pi confa--cente ai suoi fini organizzativi. Ha fatto meglio di tanti altri soggetti di diritto internazionale non statuali in quanto ha affidato il compito di giudice ad un terzo estraneo, tecnicamente competente (l'A vvo -196 catura dello Stato italiano). Creando sin dal'origine sibbene perch anche mancando tale clausola e in diuno strumento di giustizia indipendente per questi fetto di qualsiasi predisposta tutela giurisdizionale, specifici rapporti, essa ha fatto pi di quello che per per l'autonomia della potest regolamentare dell'I. molti anni aveva fatto nientedimeno che la Societ R.O., il rapporto I.R.O. dipendente sottratto alla delle Nazioni, ch'era del tutto sprovvista d'un organo giurisdizionale. Questo criterio assorbe ovviamente ogni rilievo circa l'idoneit e la determinatezza della clausola arbitrale (1), ma non come vorrebbe la sentenza annotata, sulla base della stessa clausola arbitrale, (1) Articolo 9, para.gr. 1, del Regolamento del Personale locale dell'I.R.0.-Italia: cc In caso di controversie contrattuali fra l'Amministrazione e l'impiegato, qualora queste non possano esserer isolte nell'interno dell'Amministrazione stessa, saranno deferite all'arbitraggio dell'Avvocatura dello Stato. giurisdizione dello Stato ospitante. _Oh, se la validit della clausola dovesse essero f!iudicata dalla clausola stessa, alla stregua del diritto italiano, qualche dubbio dovuto alla sua indeterminatezza non sarebbe in questo caso del tutto ingiustificato. Il principale difetto di questa sentenza sta appunto nell'avere intuito solo parzialraente e con ritardo una verit che riposa nella natura stessa dell'I.R.O. e che, una volta accettata, doveva esserlo senza riserve ed ini,estire l'intero rapporto dedotto in giudizio e portare alla declaratoria del difetto di giurisdizione non gi sulla base d'una altrimenti discutibile clausola arbitrale, ma in applicazione ed osservanza del principio dell'esenzione dall'azione. :M. 0ECOVINI j j ~. I i 'j ; I I RASSEGNA DI LEGISLAZIONE I PROVVEDIMENTI SONO ELENCATI SECONDO L'ORDINE DI PUBBLICAZIONE SULLA 'GAZZETTA UFFICIALE, I. 1. Legge 16 agosto 1952, n. 1206 (G. U., n. 219): Interpretazione dell'art. 4 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, recante norme per la espropriazione, bonifica, trasformazione e assegnazione dei terreni ai contadini. Si tratta della interpretazione della formula intera propriet contenuta nel primo comma del citato articolo 4, nel senso che essa comprende la propriet di tutti i beni terrieri situati in qualunque parte del territorio della Repubblica. Con questa interpretazione autentica si risolvono i dubbi che erano sorti in relazione all'applicazione della legge. 2. Deereto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1952, n. 1292 (G. U., n. 237): Modificazioni al decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1949, n. 884, relativo alle Commissioni di conciliazione previste dal Trattato di Pace. (Si veda il commento al D.P.R. numero 884 del 20 ottobre 1949, in questa Rassegna, 1949, pag. 277). Nel presente decreto viene prevista la carica di Segretario generale che coordina l'azione degli agenti e degli agenti sostituti presso le singole commissioni di conciliazione. Naturalmente, come abbiamo avvertito nel commento al precedent.e D.P.R. n. 884, poich gli agenti e gli agenti sostituti sono avvocati dello Stato' ai quali devoluta istituzionalmente la funzione di rappresentare e difendere l'Amministrazione davanti tutte le giurisdizioni e in qualunque sede, evidente che il coordinamento affidato al segretario generale ha solo carattere amministrativo, essendo, nell'esercizio delle loro funzioni di avvocato, gli agenti e gli agenti sostituti soggetti solo ai poteri di vigilanza e coordinamento dell'Avvocato Generale dello Stato. 3. Legge 11 luglio 1952, n. 1641 (G. U., n. 275): Modificazioni alla legge sul monopolio dei sali e dei tabacchi del 7 luglio 1952, n. 907. Sono modificati alcuni articoli che riguardano il monopolio del sale. II. CAMERA DEI DEPUTATI I. Disegno di legge n. 469 B (iniziativa governativa): Norma sulla costituzione e sul funzionamento della Corte Costituzionale. Si tratta del testo approvato dal Senato, che ha introdotto emendamenti a quello gi approvato dalla Camera dei Deputati e che torna ora alla Camera stessa per il nuovo esame. Richiamiamo anzitutto quanto abbiamo scritto in questa Rassegna, 1948, fase. 7-8, pag. 1 e segg.; fase. 9, pag. 1 e segg.; 1950, pag. 162. Le modificazioni, contenute nel presente testo, e che interessano pi specialmente le questioni trattate negli scritti sopra citati sono le seguenti: stato modificato l'art. 20 ultimo comma nel senso che il Governo, anche quando intervenga (il testo della Camera diceva ove non intervenga ) nella persona del Presidente del Consiglio dei Ministri o di un Minis(ero a ci delegato, rappresentato e difeso dall'Avvocato Generale dello Stato o da un suo Sostituto . Si tratta di un evidente miglioramento della formula del testo approvato dalla Camera, che risponde esattamente alle dichiarate intenzioni del legislatore, che sono.. quelle di affidare appunto all'Avvocato Generale dello Stato od a un suo Sostituto, in ogni caso, la rappresentanza e la difesa in giudizio degli organi del Governo. stato modificato il primo comma dell'art. 37, concernente i conflitti di attribuzione fra poteri dello St.ato, -198 nel senso che cc la Corte Costituzionale giudica dei con III. 1 flitti fra poteri dello Stato, che sono sollevati, per violazione delle attribuzioni ad essi assegnati dalla CostiSENATO DELLA REPUBBLICA . tuzione, dagli organi costituzionali non sottoposti ad altri organi nell'ambito dei rispettivi poteri, con istanza motivata. Restano ferme le norme vigenti per le questioni di giurisdizione >>. Questa modifica non porta alcuna innovazione al principio sempre sostenuto in questa Rassegna e accolto dai due rami del Parlamento, secondo il quale i tradizionali conflitti di attribuzione tra potere giudiziario e potere esecutivo (ivi compreso il difetto assoluto di giurisdizione) rientrano nella competenza della Corte Costituzionale. L'inciso restano ferme, ecc. n significa evidentemente solo che i conflitti di giurisdizione tra organi giurisdizionali, ordinari e speciali sono-decisi in ultima istanza dalle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione. stato, poi, soppresso il secondo comma dell'art. 37, il quale disponeva, tra l'altro, che la richiesta di risoluzione di conflitto pu essere fatta da altro soggetto che la Corte ritenga legittimato n. Si vedano in proposito le critiche che facevamo a questa norma nel citato scritto di questa Rassegna, 1950, pag. 162. stato infine modificato l'ultimo comma del medesimo art. 37, concernente la difesa nel giudizio sui conflitti di attribuzione, per ia quale si richiama l'ultimo comma dell'art. 20 che affida in ogni caso la difesa e la rappresentanza in giudizio degli organi del Governo all'Avvocato Generale dello Stato o a un suo Sostituto. 1. Disegno di legge, n. 1638 A (iniziativa governativa): Regolazioni finanziarie connesse con le integrazioni di prezzo accordate sul bilncio dello Stato. Si veda quanto abbiamo scritto in proposito in questa Rassegna 1951, pag. 77. La relazione della IX Commissione permanente, che propone di non approvare il disegno di legge, osserva che esso non tiene conto del D.L.C.P.S. 18 gennaio 1947, n. 21 che escludeva dalla convalida i provvedimenti della r.s.i. in materia di integrazione di prezzi. 2. Disegno di legge, n. 2728 (iniziativa parlamentare); Norme modificative ed integrative agli articoli del testo unico di legge sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, riguardante l'econom,ia delle zone montane. All'art. I di questo disegno di legge, che gi risulta approvato dalla Camera dei Deputati, prevista l'istituzione di un Collegio 'Arbitrale obbligatorio che, in veste di arbitro amichevole compositore, deve decidere sulle controversie previste dall'art. I medesimo. Sorge il dubbio se non si venga cos ad istituire una giurisdizione speciale con legge ordinaria, in violazione dell'articolo 102 della Costituzione. INDICE SISTEMATICO DELLE CONSULTAZIONI LA FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALCUN MODO LA SOLUZIONE OHE NE STATA DATA APPALTO. -Se il supplente, subentrato all'appaltatore nella gestione dell'appalto, abbia diritto al rimborso della cauzione, da questi costituita, al momento della liquidazione definitiva (n. 157). AUTOVEICOLI. -I) Se lo stato di particolare necessit, conseguente ad uno sciopero, giustifichi una utilizzazione dei veicoli dell'Amministrazione diversa da quella autorizzata, cos da non incorrere nelle sanzioni previste dal Codice della strada a carico di coloro che pongano in circolazione automezzi per usi differenti da quelli per cui venne rilasciata la licenza di circolazione (n. 311). -II) Se l'Amministrazione possa provvedere alla assicurazione dei propri automezzi. (n. 38). CASE ECONOMICHE E POPOLARI. -I) Quale sia la natura delle assegnazioni degli alloggi degli Istituti case popolari (P. 37 ). -II) Se ai rapporti locativi tra gli Istituti case popolari e i loro inquilini siano applicabili le vigenti norme vincolistiche (n. 37). COMUNI E PROVINCIE. -I) Se nell'occupazione di locali scolastici disposta dal sindaco in contravvenzione alla norma dell'art. 260 del Regolamento 26 aprile 1928, n. 1297, possano ravvisarsi i reati previsti dagli articoli 633 e 323 Codice penale (n. 38). -II) Se, nell'eventuale relativo procedimento penale nei confronti del Comune e, per esso, nei confronti del sindaco, debba tenersi conto dello speciale istituto della garanzia amministrativa, previsto dagli articoli 22 e 51 della legge 2 marzo 1934, n. 383) (n. 38). -III) Quale valore abbiano i motivi nei contratti jure priva.to degli Enti pubblici (n. 3>l). -IV) Se mia condizione sospensiva, posta nella deliberazione di un Consiglio comunale, concernente il trasferimento di alcuni beni, ma di cui non sia cenno nel compromesso successivamente stipulato in base ad essa, con la controparte, possa ritenersi non apposta al compromesso stesso (n. 39). -V) Se la norma dello art. 2932 Codice civile, concernente l'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto, possa applicarsi nei-confronti d'un comune.(n. 39). CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO. I) Se la facolt dell'appaltatore di sciogliersi dagli obblighi contrattuali, ove l'approvazione del contratto non intervenga entro quattro mesi dalla stipula, permanga anche nel caso in cm s1 sia data esecuzione immediata alle opere (n. 93). -II) Se le suddetta facolt dell'appalto di sciogliersi dall'impegno per decorso del termine possa farsi valere, in ogni caso, dopoch sia intervenuta l'approvazione stessa (n. 93). -III) Se, in caso di mancata approvazione del contratto, i lavori gi eseguiti porch disposti d'urgenza, debbano essere liquidati a termine dell'art. 337 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 (n. 93). -IV) Se l'aggiudicatario, pur in pendenza dell'approvazione, possa rifiutarsi di eseguire i lavori, quando ne sia richiesto d'urgenza dall'organo a ci competente dell'Amministrazione (n. f3). -V) Se il rimborso delle spese dovute dall'aggii.ldicatario per i lavori eseguiti, perch disposti d'urgenza, ove non sia poi intervenuta l'approvazione del contratto, vada fatto in base ai costi effettivi o in base ai prezzi stabiliti nel contratto (n. 93). -VI) Se alle spese incontrate per l'esecuzione di opere non previste ma necessarie possano o meno applicarsi i ribassi d'asta, ove il contratto non sia stato approvato (n. 93). -VII) Se il deposito cauzionale richiesto per la partecipazione a licitazioni private o ad aste pubbliche possa essere versato in assegni bancari (n. r4). -VIII) Se l'interesse dell'Amministrazione possa ritenersi garantito dal versamento del deposito provvisorio mediante vaglia cambiario della Banca d'Italia (n. 94). -IX) Se sia possibile dispensare una ditta dal versamento di deposito provvisorio (n. 94). -X) Se, ottenuto mediante sentenza, l'accertamento del credito e, quindi, di un'entrata, la stessa, in caso di nullatenenza del debitore, possa essere compresa tra i " crediti ritenuti assolutamente inesigibili'" di cui alla lettera e) dell'art. 263 del Regolamento suddetto e sottoposta alla procedura di annullamento (n. 95). CONTRATTI DI GUERRA. -I) Quale sia la natura del debito della Pubblica Amministrazione per i prezzi delle opere e delle forniture per i quali sussiste un legittimo impedimento all'effettuazione dei pagamenti, come per i crediti ante-armistizio regolati dalla legge 8 maggio 1946, n. 428 (n. 17). ELETTRODOTTO. -I) Se, a norma dell'art. 122 del T.U. 11 dicembre 1933, n. 1775, possa ottenersi la rimozione dell'elettrodotto senza indennizzo solo quando non vi siano state diverse pattuizioni all'atto della costi ~ -200 tuzione della relativa servit e non sia possibile offrira alle cose riportati in servizio o in occasione del serv1z10 altro luogo adatto (n. 5). -II) Se l'Autorit giudiziaria ordinaria, per disporre ai sensi del medesimo art. 122, la rimozione dell'elettrodotto, sia competente ad accertare l'impossibilit di offrire il passaggio su altro luogo di propriet del richiedente (n. 5). -III) Se sia competente esclusivamente il Ministero dei Lavori pubblici a stabilire che lo spostamento non possa eseguirsi senza spese eccessive, e quale sia la congrua indennit (n. 5). ESECUZIONE FISCALE. -I) Se sia lecito il patto tra un Comune e l'appaltatore dell'esattoria delle imposte, per cui il maggior onere derivante da aumenti delle retribuzioni dei dipendenti dell'esattoria, intervenuti dopo la conclusione dell'appalto, venga posto a carico dell'appaltatore medesimo (n. 25). ESPROPRIAZIONE PER P.U. -I) Da quale momento decorra il termine biennale, previsto dall'art. 73 della legge sull'espropriazione per pubblica utilit per la durata dell'occupazione di urgenza (n. 73). -II) Se il detto termine biennale cominci a decorrere, ove il Consiglio di Stato, a seguito di ricorso giurisdizionale dell'interessato, sospenda l'esecutoriet del provvedimento prima che si faccia luogo all'occupazione (n. 73). -III) Se la pronuncia del Consiglio di Stato che sospenda l'occupazione di urgenza, peraltro gi intervenuta, valga ad interrompere o, comunque, a sospendere la decorrenza del termine biennale di decadenza (n. 73). -. IV) Se, operante la sospensione disposta dal Consiglio di Stato, l'Amministrazione che intenda procedere ad espropriazione, debba farlo prescindendo dalla gi disposta occupazione di urgenza (n. 73). FALLIMENTO. -Se la cessione di crediti vantati nei confronti dell'Amministrazione, riconosciuta dalla. Amministrazione medesima, possa spiegare i suoi effetti, ove successivamente il cedente sia dichiarato fallito (n. 7). FERROVIE. -Se la dichiarazione rilasciata dall'utente al fine di esonerare l'Amministrazione da ogni responsabilit per eventuali danni derivanti alle materie caricate sui carri cisterna, specializzati per altriprodotti, da residui dei precedenti diversi carichi, sia compatibile con la norma dell'art. 34 delle Condizioni e Tariffe per il trasporto di cose (n. 152). IMPIEGO PUBBLICO. -I) Se l'impiegato dimissionario possa formulare domande relative al suo trattamento, sul presupposto che sia in facolt della Pubblica Amministrazione di determinare il momento di decorrenza delle dimissioni ove le medesime non costituiscano una condizione o un termine relativo alla decorrenza delle dimissioni stesse (n. 308). -II) Se il comportamento, successivo alle dimissioni dell'impiegato, il quale continui a prestare servizio sull'erroneo presupposto che le dimissioni stesse siano operative solo con l'accettazione, possa indurre .a considerare le mdesime come revocate (n. 308). -III) Se il salariato dello Stato, allontanato dal servizio e licenziato, abbia diritto al pagamento degli assegni arretrati, in seguito alla declaratoria- di illegittimit del provvedimento dell'Amministrazione (n. 303). -IV) Se esista, nel nostro diritto positivo, una norma generale, che attribuisca all'impiegato pnbblico il diritto di essere indennizzato per i danni (n. 310). -V) Entro quali limiti l'impiegato pubblico possa agire nei confronti dello Stato per il risarcimento dei danni alle cose (n. 310). -VI) Se la dichiarazione del dipendente statale emessa a quietanza di una somma elargita dalla Pubblica Amministrazione in via equitativa per indennizzo danni, non risarcibili obbligatoriamente, concreti un atto transattivo e sia sottoposto al visto dell'Avvocatura dello Stato (n. 310). -VII) Se, in caso di trasporto di agenti ai posti di lavoro su veicoli dell'Amministrazione, gli infortuni vadano considerati come avvenuti in servizio e per causa di servizio (n. 3ll). -VIII) Se spetti la indennit di preavviso a un dipendente dell'Amministrazione, il cui rapporto d'impiego si sia risolto in forza della soppressione della categoria cui apparteneva (n. 312). -IX) Se il provvedimen+ o di licenziamento abbia carattere dichiarativo o costitutivo e, quindi, se la risoluzione del rapporto di impiego possa riportarsi alla data di soppressione della categoria o meno, tenuto presente che la soppressione stessa, disposta con D.I. del 1947, decorre dal 1945 (n. 312). -X) Quale sia il trattamento economico spettante, ai sensi dell'art. 35 del R.D. 10 dicembre 1942, n. 1774, agli allievi dell'Accademia navale, nominati aspiranti (n. 313). -XI) Se all'aspirante competa, comunque, l'eventuale supero o la restituzione delle competenze accantonate ai sensi dell'art. 35 del R.D. del 1942, n. 1774 (n. 313). -XII) Se nella cc notificazione di concorso" per l'ammissione alla Accademia Navale possa derogarsi alle disposizioni del succitato R.D. 1774 (n. 313). IMPOSTA DI REGISTRO. -I) Se siano dovuti all'Ufficio del Registro i diritti di segreteria sugli atti transattivi e, comunque, sui contratti stipulati nell'interesse dello Stato, ove, con espressa clausola, lo Stato si assuma tutto il carico delle spese relative (n. 74). II) Se, pronunciata giudizialmente la risoluzione di una vendita di un certo quantitativo di stoffe, corrispondente a determinate caratteristiche, quando non era stato ancora individuato l'oggetto del contratto, si abbia l'effetto reale di un nuovo passaggio della propriet dell'acquirente all'alienante o soltanto quello obbligatorio del risarcimento del danno, non soggetto, come tale, alla imposta di registro sulla retrocessione della merce (n. 7b}. -III) Se sia dovuta la restituzione della tassa di registro, ove il contratto, sospeso dall'Amininistrazione ai sensi della legge 1772 del 1940, sia risoluto su richiesta della ditta appaltatrice (n. 76). IMPOSTA SULL'ENTRATA. -I) Se i diritti fissi sui prodotti petroliferi istituiti col R.D.L. 6 aprile 1944, n. 106, siano soggetti all'imposta sull'entrata (n. 32). II) Se sia dovuta l'imposta generale sull'entrata sui canoni di fitto dei locali adibiti ad uso delle ricevitorie postali, dei quali l'Amministrazione postale effettua il rimborso a favore del ricevitore (n. 33). -III) Se Li castagne secche rientrino fra la frutta sgusciata e secca, per la quale il D.M. 8 dicembre 1944 stabilisce un trattamento pi favorevole agli effetti dell'imposta sull'entrata (n. 34). -IV) Se il termine.di.trenta giorni, entro il quale deve essere esercitata l'azione giudiziaria. a norma dell'art. 52 della legge 26 gennaio 1940, n. 10, decorrente dalla data di notificazione del decreto del Ministro e dell'Ordinanza definitiva dell'Intendente, possa ritenersi decorso perch con l'atto introduttivo -201 del giudizio l'attore ha mostrato di essere edotto della esistenza di detto decreto od ordinanza, ad onta della mancata notifica (n. 34). IMPOSTE E TASSE. -I) Quale sia la natura del fenomeno della traslazione delle imposte (n. 180). II) Se l'aggravio, derivante ad uno dei contraenti dall'estensione dell'addizionale sui tessili, sopravvenuta nell'intervallo fra la stipulazione e:l'approvazione del contratto, possa considerarsi quale uno di quegli eventuali maggiori oneri, imprevisti e imprevedibili, che rien_ trano nell'alea del commercio e che non creano alcuna necessit di modificazione del contratto, se non nei casi e nei limiti previsti dalla legge (art. 1467 Codice civile) (n. HO). -III) Se il ritardo nell'approvazione del contratto dia luogo a responsabilit della Pubblica Amministrazione (n. 180). -IV) Se le indennit di mora, da pagarsi ai sensi dell'art. 5 del D.L. 3 maggio 1947, n. 278, sulle somme dovute e non versate entro trenta giorni dalla notifica della liquidazione del maggiore importo dell'imposta stabilito dal decreto stesso, possano equipararsi alle cc sopratasse e pene pecuniarie " agli effetti del condono previsto dall'art. 1 del D.L. 31 gennaio 1948, n. 109 (n. 181). -V) Se la sospensione dei termini perentori di decadenza da un'azione, eccezione o diritto qualsiasi, previsti in 1nateria di tasse e imposte indirette sugli affari disposta dall'art. 2 L. 31 gennaio 1941, n. 1, e pi volte prorogata, da ultimo per effetto della legge 23 dicembre 1949, n. 926, si verifichi di diritto nei confronti dell'esercizio dell'azione giudiziaria entro il termine ultimo disposto dalla legge 926, nonostante siano decorsi pi di sei mesi dalla notifica della decisione impugnata (n. 182). -VI) Se i benefici fiscali, previsti dai decreti legislativi luogotenenziali 7 giugno 1945, n. 322 e 26 marzo 1946, n. 221, si appli chino soltanto ai contratti stipulati in forma scritta e contenenti la dichiarazione che i contratti stessi sono conclusi ai fini della ricostruzione o riparazione di edifici distrutti o gravemente danneggiati da eventi bellici (n. 182). -VII) Se all'I.N.A.M., come all'I.N.P.S., siano applicabili tutti i benefici, privilegi ed esenzioni tributarie, sia di carattere oggettivo che soggettivo, previsti dal R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, in particolare per quanto concerne la tassazione cui devono essere sottoposti i decreti ingiuntivi richiesti nei cor.fronti dei datori di lavoro (n. 183). -VIII) Quali siano le funzioni del segretario delle Commissioni delle Imposte (n. 184). LOCAZIONI. -I) Se l'Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni possa invocare in suo favore la clausola di subentro prevista nell'originario contratto di locazione di ricevitoria postale, ove detto contratto sia stato, poi, alla scadenza, sostituito da altro patto che non conteneva la clausola in parola. (n. 66). II) Se in qualsiasi momento possano disdirsi i contratti di locazione di locali dell'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato ceduti o subaffittati dagli affittuari a terzi (n. 67). -III) Se sia dovuta l'imposta generale sulla entrata sui canoni di fitto dei locali adibiti ad uso delle ricevitorie postali, dei quali l'Amministrazione postale effettua il rimborso a favore del ricevitore (n. 68). OPERE PUBBLICHE. -1) Se nella revisione dei prezzi stabilita in un contratto di appalto, di durata superiore ad un anno, e da effettuarsi a norma del D. L.L. 5 aprile 1945, n. 192, debba tenersi conto delle disposizioni del R.D.L. 21 giugno 1938, n. 1296 (n. 31). II) Se la mancata esecuzione di un contratto di appalto, cui non si sia mai dato corso, avendo le autorit militari disposto la destinazione ad altri settori dei materiali che dovevano essere impiegati nell'esecuzione stessa, possa equipararsi alla sospensione dei contratti a causa di guerra, prevista dalla legg 28 novern:bre 1940, n. 1772 (n. 32). -III) Se, in caso di sospensione di un contratto, ai sensi della legge n. 1772 del 1940, le Imprese appaltatrici abbiano il diritto di chiedere la risoluzione del contratto stesso, ottenendo il pagamento delle opere eseguite e dei materiali utili esistenti in cantiere nonch di una quota degli impianti fissi, corrispondente all'ammortamento non eseguito (n. 32). -IV) Se la manc&ta esecuzione di un contratto di appalto di opere pubbliche per la richiesta priorit delle esigenze militari poss ritenersi causata da forza maggiore (n. i-2). V) Se risolto affermativamente il precedente quesito, ricorra nella specie l'applicazione dell'art. 32 della legge di registro e sia, quindi, dovuta la restituzione della tassa a suo tempo pagata dall'Impresa appaltatrice (n. 32). -VI) Se sia dovuta la restituzione della tassa di registro, ove il contratto, sospeso dall'Amministrazione ai sensi della legge 1772 del 1940, sia risoluto su richiesta della Ditta appaltatrice (n. 32). PENSIONI. -I) Se, sopravvivendo la vedova, che non abbia perduto il diritto a pensione, e gli orfani, questi ultimi siano titolari di una liquidazione autonoma, o il loro diritto sia assorbito in quello della madre, nei cui confronti soltanto pu effettuarsi la liquidazione (n. 52). -II) Se, in ogni caso, quando la pensione non sia stata richiesta entroun anno dalla morte dell'ufficiale, essa decorra dal primo giorno del mese successivo a quella della domanda, ai sensi dell'art. 182 del T. U. 21 febbraio 1895, n. 70) (n. 52). POSTE. -I) Se sia dovuta l'imposta generale sull'entrata sui canoni di fitto dei locali adibiti ad uso delle ricevitorie postali dei quali l'Amministrazione postale effettua ilrimborso a favore del ricevitore (n. 27). II) Se l'Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni possa invocare in suo favore la clausola di subentro prevista nell'originario contratto di locazione di. ricevitoria postale, 9ve detto contratto sia stato, poi, alla scadenza, sostituito da altro patto che non conteneva la clausola in parola (n. 28). PROFITTI DI REGIME. -I) Se il segretario della Commissione speciale per i profitti di regime possa assistere alle deliberazioni della Commissione stessa (n. 64). REGIONI. -Se il disegno di legge regionale dal titolo cc Istituzione e potenziamento delle infermerie comunali " sia compreso nei limiti della competenza legislativa complementare che spetta in materia alla Regione Siciliana, a norma dell'art. 17, lett. b dello Statuto (n. 34). RESPONSABILIT CIVILE. -I) Se l'evento dannoso, prodotto da un mulo che trainava una carretta militare, e improvvisamente imbizzarritosi, p9_ss.a essere riferito al soldato che conduceva il carretto medesimo., ai fini del risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 2054 Codice civile (n. 130). -II) Se, ai fini dell'esonero del proprietario del mulo (o di chi ne abbia l'uso) da ogni responsabilit per l'evento dannoso prodotto dal medesimo, possa considerarsi lo scatto improvviso del 202 mulo, che ha causato l'incidente, come caso fortuito o forza maggiore, capace di dirimere la responsabilit del proprietario medesimo (n. 130). -III) Se ad una condanna della Pubblica Amministrazione per fatto commesso in servizio da un suo dipendente in danno di terzi, debba necessariamente seguire la condanna del dipendente medesimo (n. 131). SERVIT. -I) Se ai pi della imposizione delle se:vit militari sia rimesso alla discrezionalit assoluta dell'Amministrazione militare lo stabilire che un'opera occorrente o meno per la difesa dello Stato (n. 9). -II) Se sia lecito far seguire ad unai mposizione d'urgenza di servit militare una seconda imposizione d'urgenza, sempre che sussistano i requisiti d'urgenza giustificanti l'eccezionalit del provvedimento (n. 10). -III) Se i termini di decadenza entro i quali va esperito il ricorso contro il decreto che imponga la servit militare, sussistano anche per i reclami da proporre avverso il manifesto che taliimposizioni disponga (n. 10). SUCCESSIONI. -Se la rinuncia degli eredi dell'istituito che abbia gi accettato l'eredit di un cittadino svizzero, valga a far acquistare direttamente al sostituito l'eredit medesima (n. 32). TITOLI DI CREDITO. -I) Se l'intestazione di azioni a nome della Cassa Depositi e Prestiti legittimi quest'ultima all'esercizio dei diritti azionari nonostante la provvisoriet dell'intestazione stessa (n. 7). -II) Se, a norma dell'art. 8 del R.D.L. 21 novembre 1942, n. 1316, la Cassa Depositi e Prestiti abbia diritto a conservare inalterato il titolo azionario fino a cinque anni dopo la dichiarazione di decadenza del medesimo (n. 7). TRANSAZIONE. -Se siano dovuti all'Ufficio del Registro i diritti di segreteria sugli atti transattivi e, comunque, sui contratti stipulati nell'interesse dello Stato, ove, con espressa clausola, lo Stato si assuma tutto il carico delle spese relative (n. 4). VENDITA. -I) Se la vendita di un certo quantitativo di stoffa, corrisponde a determinate caratteristiche, debba essere considerata come un contratto avente per oggetto il trasferimento di cosa determinata solo nel genere la cui propriet, pertanto, si trasmetta con la individuazione, fatta d'accordo tra le parti o nei modi da esse stabiliti (n. ~l). -II) Se la vendita di cose mobili in danno del compratore, di cui all'art. 1515 Codice civile, costituisca una procedura giudiziale, i cui atti debbano essere compiuti dall'Avvocatura dello Stato (n. 10).