ANNO LXX - N. 4 OTTOBRE - DICEMBRE 2018 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO COMITATO SCIENTIfICO: Presidente: Michele Dipace. Componenti: Franco Coppi - Giuseppe Guarino Natalino Irti - Eugenio Picozza - Franco Gaetano Scoca. DIRETTORE RESPONSABILE: Giuseppe Fiengo -CONDIRETTORI: Maurizio Borgo, Danilo Del Gaizo e Stefano Varone. COMITATO DI REDAZIONE: Giacomo Aiello -Lorenzo DĠAscia -Gianni De Bellis -Francesco De Luca - Wally Ferrante -Sergio Fiorentino -Paolo Gentili -Maria Vittoria Lumetti -Francesco Meloncelli Marina Russo. CORRISPONDENTI DELLE AVVOCATURE DISTRETTUALI: Andrea Michele Caridi -Stefano Maria Cerillo Pierfrancesco La Spina -Marco Meloni -Maria Assunta Mercati -Alfonso Mezzotero -Riccardo Montagnoli -Domenico Mutino -Nicola Parri -Adele Quattrone -Pietro Vitullo. HANNO COLLABORATO INOLTRE AL PRESENTE fASCICOLO: Federico Casu, Andrea Colaruotolo, Carla Colelli, Isabella Corsini, Enrico De Giovanni, Pierluigi Di Palma, Andrea Fedeli, Michele Gerardo, Daniela Giacobbe, Federico Gragnoli, Raffaele Greco, Antonio Mitrotti, Gaetana Natale, Alessandra Parente, Carlo Maria Pisana, Vincenzo Rago, Diana Ranucci, Agnese Soldani, Luca Soldini, Marco Stigliano Messuti, Antonio Tallarida. Email giuseppe.fiengo@avvocaturastato.it maurizio.borgo@avvocaturastato.it danilodelgaizo@avvocaturastato.it stefanovarone@avvocaturastato.it ABBONAMENTO ANNUO ..............................................................................Û 40,00 UN NUMERO .............................................................................................. Û 12,00 Per abbonamenti ed acquisti inviare copia della quietanza di versamento di bonifico bancario o postale a favore della Tesoreria dello Stato specificando codice IBAN: IT 42Q 01000 03245 348 0 10 2368 05, causale di versamento, indirizzo ove effettuare la spedizione, codice fiscale del versante. I destinatari della rivista sono pregati di comunicare eventuali variazioni di indirizzo AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO RASSEGNA - Via dei Portoghesi, 12, 00186 Roma E-mail: rassegna@avvocaturastato.it - Sito www.avvocaturastato.it Stampato in Italia - Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma - Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 indice -sommario CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE federico Gragnoli, La Òsaga TariccoÓ al capolinea. Brevi riflessioni offerte da questa singolar tenzone. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 1 Carla Colelli, La tutela processuale nel rito Òsuper acceleratoÓ degli appalti pubblici e i principi eurounitari (C. giustizia UE, Sez. IV, ord. 14 febbraio 2019, C-54/18) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ŬŬ 26 CONTENZIOSO NAZIONALE Andrea Colaruotolo, In tema di reato tributario di Òomesso versamento di ritenuteÓ il solo mod. 770 non prova il rilascio ai sostituiti della certificazione fiscale (Cass. pen., Sez. Un., sent. 1 giugno 2018 n. 24782) . . ŬŬ 39 federico Casu, Le Sezioni Unite della Cassazione penale tra ÒabnormitˆÓ delle situazioni processuali e diritto di difesa: brevi considerazioni sulla sentenza n. 40984 del 2018 (Cass. pen. Sez. Un., sent. 24 settembre 2018 n. 40984). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ŬŬ 56 Carlo Maria Pisana, Cassazione civile: principio di chiarezza nella formulazione dei motivi di impugnazione (art. 360 c.p.c.) (Cass. civ., Sez. V, ord. 23 gennaio 2019 n. 1831) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ŬŬ 81 La sentenza n. 2097/2017 del Tribunale di Cagliari sulla definizione di demanio marittimo (sistema dunale) (Trib. Cagliari, sent. 27 giugno 2017 n. 2097). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ŬŬ 91 Luca Soldini, Qualche riflessione sullĠaccesso civico generalizzato a nota della sentenza n. 1546/2019 del Consiglio di Stato (Cons. St., Sez. III sent. 6 marzo 2019 n. 1546) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ŬŬ 99 I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Andrea fedeli, Gara pubblica, sulla regolarizzazione postuma della posizione previdenziale di un impresa subentrata in seguito a scorrimento della graduatoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ŬŬ 115 Isabella Corsini, Il rimborso delle spese legali (ex art. 18 d.l. n. 67/1997) solo in caso di procedimenti giudiziari conseguenti ad atti compiuti o connessi allĠespletamento dei compiti istituzionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ŬŬ 118 Isabella Corsini, Il (non) rimborso delle spese legali (ex art. 18 d.l. n. 67/1997) in caso di assoluzione da parte del giudice penale per la particolare tenuitˆ della condotta in contestazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ŬŬ 120 Vincenzo Rago, Il rimbordo delle spese legali (ex art. 18 d.l. n. 67/1997) solo in caso di esercizio dei compiti istituzionali espletati Òsenza violazione di doveri e senza conflitto di interessi con lĠAmministrazioneÓ . . . ŬŬ 122 Agnese Soldani, In merito alla sospensione della concessione di vitalizio a favore di Consigliere regionale a seguito di condanna definitiva comportante interdizione dai pubblici uffici: la Ònorma monitoÓ (art. 2, D.L. 174/2012) ŬŬ 126 Daniela Giacobbe, Possibilitˆ di rateizzazione di un credito erariale vantato da un Ministero nei confronti di un Comune, la normativa applicabile ... Enrico De Giovanni, Il rimborso delle spese legali (ex art. 18 d.l. n. 67/1997) ai soli giudizi svoltisi nellĠambito dellĠapparato giurisdizionale dellĠordinamento statale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Danilo Del Gaizo, Modalitˆ di applicazione della sospensione di diritto dalla carica elettiva ex art. 11, D.lgs. 31 dicembre 2012 n. 235 . . . . . . . Andrea fedeli, Il (non) rimborso delle spese legali (ex art. 18 d.l. n. 67/1997) in caso di decreto di archiviazione per remissione della querela Enrico De Giovanni, Il rimborso delle spese legali (ex art. 18 d.l. n. 67/1997) in Òun casoÓ di procedimento civile conclusosi in rito . . . . . . Diana Ranucci, Accordo (ex art. 15, L. 241/90) tra una p.a. ed un ente pubblico economico per la concessione in uso di beni pubblici, presupposti e condizioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Giacomo Aiello, Accordi e convenzioni stipulati tra ICE e reti di distribuzione (GDO) in Paesi esteri, la normativa di riferimento . . . . . . . . . . Sergio fiorentino, Sulla esclusione delle imprese da gare pubbliche per pregresse condotte che integrano illeciti anticoncorrenziali . . . . . . . . . . Marco Stigliano Messuti, Convenzione tra una autoritˆ portuale ed un ente pubblico di ricerca (ex art. 15, l. 241/1990), in specie sulla ammissibilitˆ del rimborso delle spese per il personale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . LEGISLAZIONE ED ATTUALITˆ Antonio Tallarida, I trasferimenti individuali nel rapporto di lavoro pubblico e privato. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pierluigi Di Palma, Problemi attuali del trasporto aereo nel nostro Paese Alessandra Parente, Il Dottorato di ricerca tra spinte internazionali e digitali in un difficile equilibrio tra mondo della formazione e mondo del lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . CONTRIBUTI DI DOTTRINA Michele Gerardo, La selezione della burocrazia in Italia nellĠattuale momento storico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Un incontro (studio comparativo) in tema di esecuzione delle decisioni giudiziarie. Visita di Studio a Roma di una Delegazione Indonesiana . . Gaetana Natale, Effective civil decisions enforcement system in Italy Raffaele Greco, Enforcement proceedings in the italian admnistrative trial Antonio Mitrotti, LĠestensiva interpretazione della sicurezza della Repubblica: dai foreign fighters agli attacchi cyber. Riflessioni sulla dilatazione giurisprudenziale del diniego di concessione della cittadinanza per motivi di sicurezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 133 ŬŬ 136 ŬŬ 140 ŬŬ 145 ŬŬ 146 ŬŬ 152 ŬŬ 159 ŬŬ 163 ŬŬ 181 ŬŬ 191 ŬŬ 204 ŬŬ 241 ŬŬ 259 ŬŬ 284 ŬŬ 292 ConTenziosoComuniTarioedinTernazionaLe La Òsaga TariccoÓ al capolinea. Brevi riflessioni offerte da questa singolar tenzone Federico Gragnoli* Sommario: 1. Premessa -2. il casus belli -3. La sentenza Taricco e le reazioni dei giudici nazionali - 4. La Taricco bis e la replica della Consulta: divieto dĠaccesso della Òregola TariccoÓ - 5. Prospettive de iure condendo. in aLLegaTo: Sentenza Taricco bis (CgUe, grande Sezione, sent. 5 dicembre 2017, C-42/2017); Sentenza Corte Costituzionale, n. 115/2018. 1. Premessa. La vicenda giudiziaria che va sotto il nome di ÒSaga TariccoÓ pur da considerarsi, ormai, archiviata a seguito della sentenza di rigetto del 10 aprile 2018 (1) della nostra Corte Costituzionale, continua ad offrire interessanti spunti di riflessione, anche alla luce, come si darˆ conto infra, di interessanti novitˆ legislative offerte dal diritto dellĠUnione Europea. Infatti, quella che allĠinizio poteva apparire come una ÒbanaleÓ vicenda giudiziaria ha, in realtˆ, palesato pi implicazioni che, travalicando i confini delle aule dei Tribunali, attengono a problematiche di pi ampio respiro, quali il bilanciamento dei diritti fondamentali sanciti nella Carta costituzionale con le norme dellĠUnione Europea, oppure lĠequilibrio tra potere legislativo (rectius diritto penale di produzione scritta) e quello giudiziario (rectius diritto penale di produzione magistratuale). Tale asserzione trova conforto in una riflessione critica della vicenda Taricco globalmente considerata; difatti, come si vedrˆ, si  assistito, da un lato, alla presa dĠatto della Corte di Giustizia dellĠUE della necessaria considera (*) Dottore in Giurisprudenza, Ufficiale della Guardia di Finanza. (1) Sentenza n. 115 del 10 aprile 2018, Corte Costituzionale, Pres. Lattanzi. raSSEGna aVVOCaTUra DELLO STaTO - n. 4/2018 zione da attribuire ai principi fondamentali scolpiti nella Costituzione italiana e, dallĠaltro, la nostra Corte Costituzionale, prendendo spunto dalla saga giudiziaria in questione, ha colto lĠoccasione per sottolineare la primazia del diritto positivo su un diritto frutto di creazionismo, dando risalto alla figura del giudice bouche de la loi rispetto a quella del giudice di scopo (2). Ha offerto, quindi, la possibilitˆ (3) di dare una concreta applicazione a quella teoria c.d. dei controlimiti, che si propone di essere il baluardo contro gli ÒattacchiÓ delle normative sovranazionali ai principi contenuti nella Costituzione repubblicana. 2. il casus belli. Per dare un contenuto alle riflessioni offerte  necessario ripercorrere e chiarire la vicenda giudiziaria che ha coinvolto, tra gli altri, il Sig. Taricco, commerciante di champagne cuneese, coinvolto in una frode carosello allĠIVa (4). In tale circostanza, il G.U.P. presso il Tribunale di Cuneo (5), chiamato a giudicare gli imputati, si avvide del fatto che i reati tributari ascritti erano destinati ad estinguersi per decorso del termine prescrizionale, in virt dellĠapplicazione delle regole sul tema offerte dal codice penale. Tale status quo ha determinato nel giudice lĠintendimento di promuovere un rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte di Giustizia dellĠUE chiedendosi se con la norma che consente la decorrenza del termine di prescrizione dei reati fiscali durante il procedimento penale, con conseguente garantita impunitˆ per gli evasori dellĠiVa, lo Stato italiano abbia creato unĠipotesi aggiuntiva di esenzione non prevista nella direttiva, violando lĠobbligo imposto a livello comunitario, di prevenire qualsiasi forma di evasione, elusione ed abuso. In sostanza, il giudice piemontese si chiede se le disposizioni italiane ine (2) La definizione di giudice di scopo  tratta da un articolo di D. PULITan˜, il giudice e la legge penale, in Questione giustizia n. 2/2017. (3) Possibilitˆ definita dalla stessa Corte Costituzionale come sommamente improbabile nel paragrafo 2 dellĠOrdinanza n. 24 del 2017. (4) Tali tipologie di frode vengono poste in essere, nella loro modalitˆ pi semplice, attraverso lĠinterposizione nella filiera commerciale, in particolare quale primo acquirente nazionale, di una societˆ Òscatola vuotaÓ priva di alcuna attivitˆ imprenditoriale e di consistenza patrimoniale, avente lĠesclusivo scopo di assorbire il debito IVa scaturente dalla cessione nazionale successiva allĠacquisto intracomunitario, che  del tutto neutro ai fini IVa in quanto a seguito della registrazione della fattura nel registro degli acquisti, vi  anche la registrazione in quello delle vendite, annullando, di fatto, il vantaggio IVa derivante dallĠacquisto. LĠobiettivo che viene perseguito non  solo di carattere fiscale, finalizzato dunque allĠevasione dellĠIVa, ma  anche di carattere commerciale; la prima finalitˆ  quindi servente alla seconda che si esplica nella possibilitˆ, da parte degli appartenenti alla filiera commerciale criminale, di immettere sul mercato prodotti, beni o servizi ad un prezzo decisamente pi basso rispetto alla concorrenza, proprio perchŽ in quella catena si  verificato un vuoto impositivo. é il c.d. Òsotto-costoÓ. nei sistemi di frode pi complessi, invece, il soggetto interposto non  solo la cartiera, ma ci sono anche i c.d. ÒfiltriÓ, societˆ funzionali allĠallungamento della catena fraudolenta e tra i pi insidiosi ai fini dellĠaccertamento del coinvolgimento in un contesto siffatto. (5) Tribunale di Cuneo, Ufficio del G.U.P., Ordinanza del 17 gennaio 2014. COnTEnzIOSO COmUnITarIO ED InTErnazIOnaLE renti alla prescrizione (6), in ragione del particolare meccanismo applicativo secondo il quale il termine prescrizionale, anche a seguito di interruzione, non pu˜ prolungarsi di oltre un quarto rispetto al termine naturale, violi talune disposizioni di matrice europea. Tali disposizioni riguardano: -il divieto di concorrenza sleale (articolo 101 TFUE); -il divieto di aiuti di Stato (articolo 107 TFUE); -il divieto di creare unĠesenzione dellĠIVa non prevista dalla normativa dellĠUE (articolo 158, paragrafo 2, della direttiva 2006/112); -lĠobbligo degli Stati di vigilare sul carattere sano delle finanze pubbliche (articolo 119 TFUE). Per superare lĠimpasse il G.U.P. di Cuneo ha, quindi, proposto rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dellĠUnione Europea. 3. La sentenza Taricco e la reazione dei giudici nazionali. Dalla lettura della sentenza (7) che va sotto il nome ÒTariccoÓ si percepisce immediatamente qual  il preminente interesse dellĠUE sulla questione pregiudiziale che le viene sottoposta. Difatti, dal paragrafo 34 della sentenza in commento, la Corte inizia a discutere nel merito della questione iniziando proprio dalla fattispecie che riguarda il divieto di creare unĠesenzione dellĠIVa non prevista (articolo 158, paragrafo 2, della direttiva 2006/112). Ci˜ in ragione di una specificazione che viene fornita nel paragrafo 38 in cui la Corte sottolinea che lĠIVa costituisce una risorsa propria del bilancio dellĠUE e che per tale ragione gli Stati devono, come statuisce lĠarticolo 2 paragrafo 1 della Convenzione PIF, prendere le misure necessarie affinchŽ le condotte che integrano una frode lesiva degli interessi finanziari dellĠUnione siano passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive che comprendano, almeno nei casi di frode grave, pene privative della libertˆ. Tale ultima asserzione  prima facie incompatibile con la disciplina della prescrizione italiana applicata al caso concreto, proprio perchŽ nella circostanza in esame il termine prescrizionale  maturo, quindi, in effetti, gli interessi finanziari dellĠUE non sono stati adeguatamente tutelati. Questa valutazione, per˜, spiega la Corte, deve essere effettuata dal giudice nazionale che, secondo un giudizio di prognosi postuma applicata alla fattispecie concreta, deve valutare se dallĠapplicazione delle disposizioni nazionali in materia di prescrizione consegue, in un numero considerevole di casi, lĠimpunitˆ penale a fronte di fatti costitutivi di una frode grave. (6) Con particolare riguardo al combinato disposto di cui agli articoli 160, ultimo comma, c.p. e 161, comma secondo, c.p. (7) Sentenza della Corte di Giustizia dellĠUnione Europea (Grande Sezione) del giorno 8 settembre 2015 (Causa C-105/14). raSSEGna aVVOCaTUra DELLO STaTO - n. 4/2018 In caso affermativo, il giudice dovrˆ, al fine di dare applicazione allĠarticolo 325, paragrafi 1 e 2 del T.F.U.E., disapplicare la normativa italiana sulla prescrizione. La Corte, anticipando le possibili reazioni della magistratura italiana, sottolinea come tale disapplicazione, traducendosi in un allungamento del termine prescrizionale, non viola lĠarticolo 49 della c.d. Carta di nizza e rafforza questa conclusione sulla base della giurisprudenza maturata intorno allĠarticolo 7 della C.E.D.U. Per quanto concerne, invece, la possibilitˆ di valutare il caso Taricco alla luce degli articoli 101, 107 e 119 T.F.U.E. la Corte si limita a dichiarare che tale situazione non  valutabile alla luce di queste disposizioni. Le conclusioni cui giunge la Corte sono confortate,  bene introdurre lĠargomento sin dĠora, essenzialmente da una visione del principio di legalitˆ in materia penale diversa da quella operata dai giudici nazionali; difatti secondo la C.G.U.E. tale principio si limiterebbe a perimetrare la fattispecie astratta e la pena da comminare, mentre, secondo la tradizione giurisprudenziale italiana, abbraccia ogni sfaccettatura della punibilitˆ, donde ne deriva anche la divergenza, di natura eminemente dogmatica, del concetto di prescrizione che viene inquadrato dalla C.G.U.E. come un istituto di diritto penale processuale, e non sostanziale. allĠalba della sentenza appena riassunta era evidente attendersi comunque delle perplessitˆ da parte della dottrina, nonchŽ dubbi applicativi da parte della giurisprudenza, chiamata, in virt del principio della prevalenza del diritto unionale sul diritto interno, a dare applicazione alla Òregola TariccoÓ. E cos“, in alcuni casi (8), ha deciso di disapplicare lĠarticolo 161, comma 2, reputando che il soggetto non ha alcun diritto soggettivo che prevale sulla pretesa punitiva dello Stato, dovendo escludersi ogni violazione del diritto di difesa, perchŽ non pu˜ assegnarsi alcun rilievo giuridico allĠaspettativa del- lĠimputato al maturarsi della prescrizione (9). Prosegue la Cassazione asserendo che si tratta di un mutamento limitatamente per˜ a quel termine di natura squisitamente processuale, il quale deve considerarsi subvalente rispetto alla fedeltˆ agli obblighi europei discendenti dagli articoli 4 T.U.e. e 325 T.F.U.e.: il contrasto con gli obblighi europei concerne pertanto unicamente il regime della durata massima del termine che comincia a decorrere dopo lĠinterruzione della prescrizione, regime che non riceve copertura dallĠart. 25 Cost. UnĠinterpretazione, questa, sicuramente deludente per quelli che si aspettavano una soluzione ÒconcilianteÓ, che mediasse tra la posizione della (8) Tra tutte, Corte di Cassazione, Sez. III, Sentenza 2210 ud. 17 settembre 2015. (9) Ovviamente in relazione allĠapplicazione della regola del combinato disposto degli articoli 160, comma 3, e 161, comma 2, c.p. COnTEnzIOSO COmUnITarIO ED InTErnazIOnaLE C.G.U.E. e le tradizioni del diritto italiano, allorquando, come sembra il caso, ci si trovi in presenza di una posizione giurisprudenziale in potenziale contrasto con i principi costituzionali del nostro Paese. Deludente anche perchŽ, in presenza di tale conflitto, ci si poteva anche aspettare che la Corte di Cassazione interessasse la Corte Costituzionale, unica figura chiamata a circoscrivere, attuando la teoria dei controlimiti, la penetrazione del diritto di fonte internazionale allĠinterno del diritto italiano. Ulteriormente, quello che delude di questa sentenza  anche lĠerrore di valutazione che la Corte di Cassazione ha effettuato in relazione al precedente giurisprudenziale citato a suffragio della propria tesi. Difatti, la sentenza n. 236/2011 della Corte Costituzionale, il precedente cui si  fatto cenno, riguardava un caso di retroattivitˆ di una norma favorevole allĠimputato e nel contesto di quella vicenda si cercava di chiarire se la normativa sovranazionale (lĠarticolo 7 della C.E.D.U.) potesse applicarsi al caso concreto, chiedendosi, in estrema sintesi, se lĠarticolo 7 citato riguardasse anche i termini prescrizionali. In tale caso la risposta non fu positiva, sulla scorta del fatto che nella giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dellĠUomo la prescrizione  un istituto di natura processuale. Comunque, nella vicenda Taricco il problema era ben diverso, perchŽ riguardava non la retroattivitˆ della norma favorevole, bens“ la irretroattivitˆ della norma sfavorevole, la quale va valutata alla luce dellĠarticolo 25 della nostra Costituzione e quindi secondo i paradigmi interpretativi proprio della nostra tradizione giurisprudenziale, tra i quali figura, ad esempio, la natura sostanziale della prescrizione. Queste le ragioni per cui la prima sentenza di applicazione della Òregola TariccoÓ non  condivisibile. Difatti, altri giudici si sono mossi in direzione completamente diversa, ragionando intorno alla compatibilitˆ della Òregola TariccoÓ con il diritto costituzionale italiano ed hanno adito la Corte Costituzionale. é lĠadozione di una visione improntata al rigoroso rispetto di principi di matrice costituzionale, primo tra tutti quello della legalitˆ formale, ad aver ispirato una visione diversa dalla concezione del diritto penale adottata dalla C.G.U.E. La Corte dĠappello di milano (10) ha, quindi, statuito che la disapplicazione delle norme di carattere sostanziale di cui agli articoli 160, ultimo comma, e 161, comma 2, c.p., [É] produrrebbe la retroattivitˆ in malam partem della normativa nazionale risultante da tale disapplicazione, implicante lĠallungamento dei termini prescrizionali, con effetti che non sembrano compatibili con il principio di legalitˆ in materia penale [É]. (10) Corte dĠappello di milano, Sez. II, sentenza del 18 settembre 2015. raSSEGna aVVOCaTUra DELLO STaTO - n. 4/2018 a sua volta, la Corte di Cassazione (11) ha sancito che la disapplicazione degli articoli 160, ultimo comma, e 161, comma 2, c.p., determinerebbe la retroattivitˆ in mala partem della normativa nazionale, anche a fatti commessi prima della sentenza Taricco, con conseguente violazione del diritto di difesa dellĠimputato a non subire lĠapplicazione imprevista di una disciplina penale complessivamente pi rigorosa rispetto a quella vigente al momento di commissione del fatto, oltre al principio di uguaglianza. Le conclusioni cui pervengono i giudici milanesi e della Suprema Corte, vengono fatte proprie dalla Corte Costituzionale con lĠordinanza n. 24 del 2017 con la quale questĠultima chiede in via pregiudiziale alla C.G.U.E. la soluzione interpretativa su tre questioni di diritto afferenti allĠarticolo 325 T.F.U.E. e alla Sentenza Taricco. In particolare, la sentenza della Consulta prende le mosse dalla presa di posizione su due questioni fondamentali per la risoluzione della controversia interpretativa: in primo luogo viene affermato che il principio di legalitˆ in materia penale esprime un principio supremo dellĠordinamento, posto a presidio dei diritti inviolabili dellĠindividuo, per la parte in cui esige che le norme penali siano determinate e non abbiano in nessun caso portata retroattiva; secondariamente viene precisato che nellĠordinamento giuridico nazionale il regime legale della prescrizione  soggetto al principio di legalitˆ in materia penale. La vexata quaestio, quindi, che si pone la Corte Costituzionale  del seguente tenore: lĠarticolo 325 T.F.U.E. deve essere interpretato cos“ come statuito nella Sentenza Taricco, oppure pu˜ essere oggetto di formulazioni esegetiche tali da scongiurare qualsiasi attrito con lĠarticolo 25 della Costituzione? Il percorso logico-argomentativo affrontato dalla Corte Costituzionale si snoda attraverso un ragionamento operato su due distinte specificazioni del principio di legalitˆ in materia penale: la prevedibilitˆ, da parte dellĠimputato ed in base al vigente quadro normativo, delle conclusioni interpretative rese in causa Taricco dalla Corte di Giustizia, e il grado di determinatezza che lĠordinamento penale esige in relazione allĠinterpretazione fornita dellĠarticolo 325 T.F.U.E., anche con particolare riguardo al potere dei giudici nellĠapplicazione della sentenza. Con riferimento al primo aspetto, la Corte candidamente afferma che la persona non potesse ragionevolmente pensare, prima della sentenza resa in causa Taricco, che lĠart. 325 del TFUe prescrivesse al giudice di non applicare gli artt. 160, ultimo comma, e 161, secondo comma, cod. pen. ove ne fosse derivata lĠimpunitˆ di gravi frodi fiscali in danno dellĠUnione in un numero considerevole di casi [É] (11) Corte di Cassazione, Sez. III, sentenza n. 28346 del 30 marzo 2016. COnTEnzIOSO COmUnITarIO ED InTErnazIOnaLE In relazione al secondo aspetto, la verifica cui  chiamata la Corte prevede unĠanalisi della sentenza Taricco alla luce di un giudizio in termini di idoneitˆ nel delimitare la discrezionalitˆ giudiziaria. anche tale verifica  chiaramente negativa, perchŽ il riferimento a concetti quali Ònumero considerevole di casiÓ non fa altro che attribuire ai giudici un obbligo di risultato in termini di politica criminale (la punizione di chi froda il bilancio dellĠUE) ed  del tutto incompatibile con un sistema penale legalmente orientato, nel quale, per lĠappunto, ogni aspetto della punibilitˆ soggiace al primato della legge. La Consulta, in ogni caso, si preoccupa di giustificare il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dellĠUE specificando che lĠimpedimento del giudice nazionale ad applicare direttamente la regola enunciata dalla Corte non deriva da una interpretazione alternativa del diritto dellĠUnione, ma esclusivamente dalla circostanza, in sŽ estranea allĠambito materiale di applicazione di questĠultimo, che lĠordinamento italiano attribuisce alla normativa sulla prescrizione il carattere di norma penale sostanziale e la assoggetta al principio di legalitˆ espresso dallĠart. 25, secondo comma, Cost. é questa una qualificazione esterna rispetto al significato proprio dellĠart. 325 del TFUe, che non dipende dal diritto europeo ma esclusivamente da quello nazionale. alla luce di queste formulazioni esegetiche, la Consulta formula rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dellĠUE, ravvedendo, nellĠapplicazione della regola Taricco, la violazione del principio di legalitˆ in materia penale e del suo corollario, la sufficiente determinatezza, ci˜ anche nellĠottica della concezione sostanzialistica del regime della prescrizione. 4. La Taricco bis e la replica della Consulta: divieto dĠaccesso della Òregola TariccoÓ. Si apre, a questo punto, lĠultimo capitolo della Saga Taricco, che prende le mosse dalle conclusioni dellĠavvocato Generale Yves Bot presentate il 18 luglio 2017. Da una disamina di tale documento giudiziario non ci si sarebbe aspettata quella che  stata la conclusione adottata dalla Corte di Giustizia dellĠUnione Europea. Difatti, lĠavvocato Generale, sin dalle battute dĠapertura difende lĠoperato della C.G.U.E. nella I Sentenza Taricco, asserendo che non si tratta di rimettere in discussione il principio stesso stabilito dalla Corte di giustizia nella sentenza Taricco, [É] quanto piuttosto di precisarne i criteri in base ai quale tale obbligo deve essere attuato. Si tratta, in estrema sintesi e secondo le indicazioni dellĠavvocato Generale, di perimetrare ed offrire gli adeguati criteri ermeneutici che possano giustificare lĠattuazione del principio per il quale il giudice nazionale deve disapplicare le norme italiane sulla prescrizione allorquando queste ultime non raSSEGna aVVOCaTUra DELLO STaTO - n. 4/2018 possano garantire sanzioni effettive e dissuasive delle gravi frodi lesive del- lĠUE in un numero considerevole di casi. Tale operazione verrebbe posta in essere attraverso, da un lato, lĠadozione di una nozione autonoma del diritto dellĠUnione Europea di interruzione della prescrizione e, dallĠaltro, analizzando la portata del principio di legalitˆ dei reati e delle pene nel diritto unionale. nello specifico, lĠavvocato Generale Yves Bot sostiene che la Corte di giustizia deve considerare la nozione di interruzione della prescrizione una nozione autonoma del diritto dellĠUnione, e deve definirla nel senso che ogni atto diretto al perseguimento del reato nonchŽ ogni atto che ne costituisce la necessaria prosecuzione interrompe il termine di prescrizione; tale atto fa quindi decorrere un nuovo termine, identico al termine iniziale, mentre il termine di prescrizione giˆ decorso viene cancellato. nellĠanalisi, invece, della portata del principio di legalitˆ lĠavvocato Generale opera un ragionamento sillogistico che, a partire dal macro concetto di Òambito di applicazione del diritto dellĠUnioneÓ, finisce per suffragare la bontˆ dellĠapplicazione della regola Taricco sulla scorta dellĠarticolo 49 della Carta di nizza, dellĠarticolo 7 della C.E.D.U. e della relativa giurisprudenza. In sostanza, lĠargomentazione che viene propugnata attiene al fatto che allorquando si tratti di interessi finanziari dellĠUE, la relativa violazione rientra nellĠambito del diritto dellĠUE e solo tale diritto deve essere applicato, con particolare riguardo alla nozione processuale di prescrizione. Ed  ovvio che solo seguendo tale interpretazione si pu˜ accettare la regola Taricco, diversamente censurabile per violazione del principio di legalitˆ. Ed  proprio questo aspetto, lĠapplicazione esclusiva del diritto dellĠUE, che la Corte di Giustizia dellĠUnione Europea (12) stigmatizza nella Taricco-bis. Difatti, viene affermato dapprima che il settore della tutela degli interessi finanziari dellĠUnione rientra nella competenza concorrente dellĠUnione e degli Stati membri, ai sensi dellĠarticolo 4, paragrafo 2, del T.F.U.e; viene inoltre asserito che alla data dei fatti di cui al procedimento principale, il regime della prescrizione applicabile ai reati in materia di iVa non era stato oggetto di armonizzazione da parte del legislatore dellĠUnione, armonizzazione che  successivamente avvenuta solo con lĠadozione della direttiva Ue 2017/1371 [É]. La repubblica italiana era quindi libera a tale data di prevedere che, nel suo ordinamento giuridico, detto regime ricadesse, al pari delle norme relative alla definizione dei reati e alla determinazione delle pene, nel diritto penale sostanziale [É]. appare chiaro, quindi, che lĠItalia, allĠepoca dei fatti, ben poteva (rectius doveva) operare un ragionamento intorno alla compatibilitˆ della regola Taricco con i propri principi costituzionali operanti in ambito penale. (12) Corte di Giustizia dellĠUnione Europea (Grande Sezione), Sentenza del 5 dicembre 2017. COnTEnzIOSO COmUnITarIO ED InTErnazIOnaLE La conclusione non poteva essere diversa: i requisiti di determinatezza, prevedibilitˆ e irretroattivitˆ del principio di legalitˆ si devono applicare, nel- lĠordinamento italiano, anche al regime della prescrizione relativo ai reati in materia di IVa, donde ne deriva che la regola Taricco non pu˜ trovare usbergo nel diritto italiano qualora si ravvisi insufficiente determinatezza nella legge applicabile o violazione dellĠirretroattivitˆ di una norma sfavorevole allĠimputato. Da queste ultime asserzioni la Consulta (13) tira le fila del discorso anticipato nellĠordinanza 24/2017, precisando che, avuto riguardo al caso in trattazione, il divieto dĠaccesso della regola Taricco nellĠordinamento nazionale non deriva solo dal fatto che si tratta di eventi avvenuti prima dellĠ8 settembre 2015 (14), ma anche dallĠaperto contrasto con il principio di determinatezza in materia penale che caratterizza la regola Taricco. In maniera lapidaria la Consulta chiude il discorso sancendo che la violazione del principio di determinatezza in materia penale sbarra la strada senza eccezioni allĠingresso della regola Taricco nel nostro ordinamento. Una conclusione, si potrebbe dire, tuttĠaltro che conciliante. 5. Prospettive de iure condendo. La vicenda Taricco, come si  avuto modo di vedere, ha aperto un altro capitolo della saga sorta attorno al bilanciamento del principio del primato del diritto dellĠUE e la tutela dei diritti fondamentali sanciti nella Costituzione italiana. E pare di intuire che in questa occasione il conflitto non abbia trovato un bilanciamento, ma sia stata trovata una soluzione tranchant da parte della Consulta, nonostante la Corte di Giustizia dellĠUnione Europea abbia, vagamente ed in termini che in effetti si prestano a critiche, fatto riferimento ad una pacifica soluzione del problema. Ci si riferisce allĠaffermazione offerta dalla C.G.U.E. inerente allĠadozione della direttiva UE 2017/1371 (15) ed in particolare al suo articolo 12 il quale nasce con il precipuo scopo di armonizzare la legislazione dei Paesi membri intorno al regime prescrizionale da adottare in contesti di frodi gravi allĠIVa. armonizzazione che, si badi bene, opererebbe, come si desume dalla lit- tera legis (16), sul piano del meccanismo di funzionamento (in particolare sulla durata) del termine prescrizionale e non su questioni dogmatiche del- lĠistituto della prescrizione, come la C.G.U.E. vorrebbe con la Taricco-bis, allorquando afferma che la repubblica italiana era quindi libera a tale data di (13) Corte Costituzionale, Sentenza n. 115 del 2018. (14) Per cui ci sarebbe violazione dellĠirretroattivitˆ della norma penale sfavorevole. (15) Il cui termine di recepimento scadrˆ il 6 luglio 2019. (16) articolo 12 direttiva 2017/1371 paragrafo 2: Gli Stati membri adottano le misure necessarie per permettere che le indagini, lĠazione penale, il processo e la decisione giudiziaria per i reati di cui agli articoli 3, 4 e 5 punibili con una pena massima di almeno 4 anni di reclusione, possano intervenire per un periodo di almeno cinque anni dal momento in cui il reato  stato commesso. raSSEGna aVVOCaTUra DELLO STaTO - n. 4/2018 prevedere che, nel suo ordinamento giuridico, detto regime ricadesse, al pari delle norme relative alla definizione dei reati e alla determinazione delle pene, nel diritto penale sostanziale, quasi a voler dire che, una volta armonizzate le legislazioni nazionali nei termini appena delineati, anche la natura dellĠistituto della prescrizione debba subire una omologazione a livello di UE. Chiaramente  da destituire di fondamento tale conclusione in quanto, come evidenziato, la norma  chiara e non fa riferimento ad aspetti di carattere dogmatico. Conserva certamente validitˆ la direttiva citata allorquando si pone in evidenza non tanto la valenza ÒclassificatoriaÓ, quanto piuttosto la portata ed il significato del precetto in termini di bilanciamento degli interessi contrapposti citati precedentemente, ovvero la tutela dei diritti garantiti dalla Costituzione italiana in materia penale ed il principio del primato del diritto dellĠUE. In relazione al primo principio, la direttiva offre, allĠarticolo 2, paragrafo 2, una definizione chiara di reato grave, con ci˜ elidendo lĠostacolo (sottolineato in ultima istanza dalla Consulta nel paragrafo 14 della Sentenza 115 del 2018) della indeterminatezza quale sbarramento allĠaccesso della regola Taricco nellĠordinamento italiano. In riferimento al secondo, invece, lĠarmonizzazione della legislazione renderˆ, almeno per quanto concerne il regime della prescrizione, automatica lĠaderenza della condotta dei Paesi membri al dettato di cui allĠarticolo 325 T.F.U.E. o, per dirla diversamente, formalizzerˆ il primato del diritto dellĠUE sulle questioni intorno al regime prescrizionale che riguardino gravi frodi in danno dellĠUE. Infine,  opportuno sottolineare come il tema della prescrizione italiana, al di lˆ del caso oggetto di riflessione, sia comunque di profonda attualitˆ e di interesse da parte dellĠUE; basti citare, a tal proposito, il ÒDocumento di lavoro dei servizi della CommissioneÓ siglato a Bruxelles il 22 febbraio 2017, nel quale si fa rimando ad alcune raccomandazioni che la Commissione europea aveva fatto allĠItalia, tra le altre cose, in materia di giustizia, ed in particolare propugnando una riforma della prescrizione. Probabile che questa serie di raccomandazioni, unitamente alla direttiva 2017/1371 e alla Saga Taricco abbiano influenzato le ultimissime novitˆ legislative; il riferimento  alla legge 9 gennaio 2019 n. 3 che, allĠarticolo 1, comma 1, lettere d), e) ed f) introduce una profonda rivoluzione dellĠistituto della prescrizione (17), per cui il decorso del termine prescrizionale  sospeso dalla sentenza di primo grado fino alla data di esecutivitˆ della sentenza. (17) La cui entrata in vigore  fissata al 1 gennaio 2020. COnTEnzIOSO COmUnITarIO ED InTErnazIOnaLE 11 Corte di Giustizia dellĠunione europea, Grande sezione, sentenza 5 dicembre 2017, causa C-42/17 -Pres. K. Lenaerts, rel. J.L. da Cruz Vilaa - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte costituzionale (Italia) il 26 gennaio 2017 - m.a.S., m.B. Çrinvio pregiudiziale -articolo 325 TFUE -Sentenza dellĠ8 settembre 2015, Taricco e a. (C.105/14, EU:C:2015:555) -Procedimento penale riguardante reati in materia di imposta sul valore aggiunto (IVa) -normativa nazionale che prevede termini di prescrizione che possono determinare lĠimpunitˆ dei reati - Lesione degli interessi finanziari dellĠUnione europea -Obbligo di disapplicare qualsiasi disposizione di diritto interno che possa pregiudicare gli obblighi imposti agli Stati membri dal diritto dellĠUnione -Principio di legalitˆ dei reati e delle peneÈ 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sullĠinterpretazione dellĠarticolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE come interpretato dalla sentenza dellĠ8 settembre 2015, Taricco e a. (C.105/14, EU:C:2015:555) (in prosieguo: la Çsentenza TariccoÈ). 2 Tale domanda  stata presentata nellĠambito di un procedimento penale a carico di m.a.S. e m.B. relativo a reati in materia di imposta sul valore aggiunto (IVa). Contesto normativo Diritto dellĠUnione 3 LĠarticolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE prevede quanto segue: Ç1. LĠUnione e gli Stati membri combattono contro la frode e le altre attivitˆ illegali che ledono gli interessi finanziari dellĠUnione stessa mediante misure adottate a norma del presente articolo, che siano dissuasive e tali da permettere una protezione efficace negli Stati membri e nelle istituzioni, organi e organismi dellĠUnione. 2. Gli Stati membri adottano, per combattere contro la frode che lede gli interessi finanziari dellĠUnione, le stesse misure che adottano per combattere contro la frode che lede i loro interessi finanziariÈ. Diritto italiano 4 LĠarticolo 25 della Costituzione cos“ dispone: Çnessuno pu˜ essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge. nessuno pu˜ essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. nessuno pu˜ essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla leggeÈ. 5 LĠarticolo 157 del codice penale, come modificato dalla legge del 5 dicembre 2005, n. 251 (GUrI n. 285 del 7 dicembre 2005; in prosieguo: il Çcodice penaleÈ), prevede quanto segue: ÇLa prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorchŽ puniti con la sola pena pecuniaria. (...)È. 6 LĠarticolo 160 del codice penale  cos“ formulato: ÇIl corso della prescrizione  interrotto dalla sentenza di condanna o dal decreto di condanna. Interrompono pure la prescrizione lĠordinanza che applica le misure cautelari personali e (...) il decreto di fissazione della udienza preliminare (...). La prescrizione interrotta comincia nuovamente a decorrere dal giorno della interruzione. raSSEGna aVVOCaTUra DELLO STaTO - n. 4/2018 Se pi sono gli atti interruttivi, la prescrizione decorre dallĠultimo di essi; ma in nessun caso i termini stabiliti nellĠarticolo 157 possono essere prolungati oltre il termine di cui allĠarticolo 161, secondo comma, fatta eccezione per i reati di cui allĠarticolo 51, commi 3.bis e 3.quater, del codice di procedura penaleÈ. 7 ai sensi dellĠarticolo 161, secondo comma, del codice penale: ÇSalvo che si proceda per i reati di cui allĠarticolo 51, commi 3.bis e 3.quater, del codice di procedura penale, in nessun caso lĠinterruzione della prescrizione pu˜ comportare lĠaumento di pi di un quarto del tempo necessario a prescrivere (...)È. 8 ai sensi dellĠarticolo 2 del decreto legislativo del 10 marzo 2000, n. 74, recante nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto (GUrI n. 76 del 31 marzo 2000; in prosieguo: il Çd.lgs. n. 74/2000È), la presentazione di una dichiarazione IVa fraudolenta che menzioni fatture o altri documenti relativi a operazioni inesistenti  punita con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni. Procedimento principale e questioni pregiudiziali 9 nella sentenza Taricco, la Corte ha dichiarato che il combinato disposto dellĠarticolo 160, ultimo comma, e dellĠarticolo 161 del codice penale (in prosieguo: le Çdisposizioni del codice penale in questioneÈ), nella parte in cui tali disposizioni prevedono che un atto interruttivo della prescrizione verificatosi nellĠambito di procedimenti penali riguardanti frodi gravi in materia di IVa comporti il prolungamento del termine di prescrizione di solo un quarto della sua durata iniziale,  idoneo a pregiudicare gli obblighi imposti agli Stati membri dallĠarticolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE, nellĠipotesi in cui tali disposizioni nazionali impediscano di infliggere sanzioni effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dellĠUnione, o in cui prevedano, per i casi di frode che ledono gli interessi finanziari dello Stato membro interessato, termini di prescrizione pi lunghi di quelli previsti per i casi di frode che ledono gli interessi finanziari dellĠUnione. La Corte ha altres“ dichiarato che il giudice nazionale competente  tenuto a dare piena efficacia allĠarticolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE disapplicando, allĠoccorrenza, le disposizioni nazionali che abbiano per effetto di impedire allo Stato membro interessato di rispettare gli obblighi impostigli dalle suddette disposizioni del Trattato FUE. 10 La Corte suprema di cassazione (Italia) e la Corte dĠappello di milano (Italia), che hanno rimesso alla Corte costituzionale (Italia) le questioni di costituzionalitˆ, ritengono che la regola tratta da detta sentenza sia applicabile nellĠambito di due procedimenti pendenti dinanzi alle medesime. Tali procedimenti, infatti, hanno ad oggetto reati previsti dal decreto n. 74/2000 suscettibili di essere qualificati come gravi. Inoltre, detti reati sarebbero prescritti ove si dovessero applicare le disposizioni del codice penale in questione mentre, in caso contrario, i suddetti procedimenti si potrebbero concludere con una pronuncia di condanna. 11 La Corte dĠappello di milano, inoltre, dubita che lĠobbligo derivante dallĠarticolo 325, paragrafo 2, TFUE sia rispettato per quanto riguarda il procedimento pendente dinanzi ad essa. Infatti, il reato di associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri, previsto allĠarticolo 291 quater del decreto del Presidente della repubblica del 23 gennaio 1973, n. 43, recante approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale (GUrI n. 80 del 28 marzo 1973), benchŽ assimilabile a reati puniti dal decreto n. 74/2000, come quelli oggetto dei procedimenti principali, non  soggetto alle medesime regole sul limite del termine di prescrizione previste per tali reati. COnTEnzIOSO COmUnITarIO ED InTErnazIOnaLE 13 12 La Corte suprema di cassazione e la Corte dĠappello di milano ritengono quindi di essere tenute, conformemente alla regola enunciata dalla sentenza Taricco, a disapplicare il termine di prescrizione previsto dalle disposizioni del codice penale in questione e a pronunciarsi sul merito. 13 La Corte costituzionale solleva dubbi sulla compatibilitˆ di una soluzione del genere con i principi supremi dellĠordine costituzionale italiano e con il rispetto dei diritti inalienabili della persona. In particolare, secondo tale organo giurisdizionale, questa soluzione potrebbe ledere il principio di legalitˆ dei reati e delle pene, il quale impone, segnatamente, che le norme penali siano determinate con precisione e non possano essere retroattive. 14 a tale riguardo, la Corte costituzionale precisa che, nellĠordinamento giuridico italiano, il regime della prescrizione in materia penale riveste natura sostanziale e, pertanto, rientra nellĠambito di applicazione del principio di legalitˆ, previsto allĠarticolo 25 della Costituzione italiana. Di conseguenza, tale regime dovrebbe essere disciplinato da norme precise vigenti al momento della commissione del reato considerato. 15 alla luce di tali premesse, la Corte costituzionale ritiene di essere chiamata dai giudici nazionali interessati a pronunciarsi sul rispetto, da parte della regola enunciata nella sentenza Taricco, del requisito della ÇdeterminatezzaÈ che, secondo la Costituzione, deve caratterizzare le norme di diritto penale sostanziale. 16 Pertanto, in primo luogo, si tratterebbe di verificare se lĠinteressato potesse sapere, al momento della commissione del reato considerato, che il diritto dellĠUnione impone al giudice nazionale, in presenza dei presupposti individuati nella suddetta sentenza, di disapplicare le disposizioni del codice penale in questione. Peraltro, il principio secondo cui la natura penale dellĠillecito e la pena applicabile devono essere previamente e chiaramente determinabili dallĠautore della condotta punibile discenderebbe, altres“, dalla giurisprudenza pertinente della Corte europea dei diritti dellĠuomo relativa allĠarticolo 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dellĠuomo e delle libertˆ fondamentali, firmata a roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la ÇCEDUÈ). 17 In secondo luogo, il giudice del rinvio rileva che la sentenza Taricco non precisa a sufficienza gli elementi che il giudice nazionale deve prendere in considerazione per riscontrare il Çnumero considerevole di casiÈ cui  legata lĠapplicazione della regola tratta da tale sentenza, e non pone quindi limiti al potere discrezionale dei giudici. 18 Secondo il suddetto organo giurisdizionale, peraltro, la sentenza Taricco non si pronuncia sulla compatibilitˆ della regola da essa enunciata con i principi supremi dellĠordine costituzionale italiano, e ha espressamente demandato questo compito ai giudici nazionali competenti. Esso rileva, a tale riguardo, come al punto 53 di tale sentenza si affermi che, se il giudice nazionale dovesse decidere di disapplicare le disposizioni del codice penale in questione, detto giudice dovrˆ allo stesso tempo assicurarsi che i diritti fondamentali degli interessati siano rispettati. Esso aggiunge che al punto 55 di detta sentenza si precisa che una disapplicazione siffatta va disposta con riserva di verifica da parte del giudice nazionale in ordine al rispetto dei diritti degli imputati. 19 Inoltre, il giudice del rinvio rileva che la Corte, nella sentenza Taricco, si  pronunciata sulla questione della compatibilitˆ della regola enunciata in detta sentenza con lĠarticolo 49 della Carta dei diritti fondamentali dellĠUnione europea (in prosieguo: la ÇCartaÈ) riferendosi unicamente al principio di irretroattivitˆ. La Corte non avrebbe tuttavia esaminato lĠaltro profilo del principio di legalitˆ dei reati e delle pene, ossia la necessitˆ che la norma relativa al regime di punibilitˆ sia sufficientemente determinata. Si tratterebbe tut raSSEGna aVVOCaTUra DELLO STaTO - n. 4/2018 tavia di un principio comune alle tradizioni costituzionali degli Stati membri, presente anche nel sistema di tutela della CEDU, e che come tale corrisponde a un principio generale del diritto dellĠUnione. Orbene, anche qualora si dovesse attribuire natura processuale al regime di prescrizione in materia penale nellĠordinamento giuridico italiano, nondimeno esso dovrebbe essere applicato in base a regole determinate. 20 alla luce di tali premesse, la Corte costituzionale ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: Ç1) Se lĠarticolo 325, paragrafi 1 e 2, (É) TFUE debba essere interpretato nel senso di imporre al giudice penale di non applicare una normativa nazionale sulla prescrizione che osta in un numero considerevole di casi alla repressione di gravi frodi in danno degli interessi finanziari dellĠUnione, ovvero che prevede termini di prescrizione pi brevi per frodi che ledono gli interessi finanziari dellĠUnione di quelli previsti per le frodi lesive degli interessi finanziari dello Stato, anche quando tale omessa applicazione sia priva di una base legale sufficientemente determinata. 2) Se lĠarticolo 325, paragrafi 1 e 2, (É) TFUE debba essere interpretato nel senso di imporre al giudice penale di non applicare una normativa nazionale sulla prescrizione che osta in un numero considerevole di casi alla repressione di gravi frodi in danno degli interessi finanziari dellĠUnione, ovvero che prevede termini di prescrizione pi brevi per frodi che ledono gli interessi finanziari dellĠUnione di quelli previsti per le frodi lesive degli interessi finanziari dello Stato, anche quando nellĠordinamento dello Stato membro la prescrizione  parte del diritto penale sostanziale e soggetta al principio di legalitˆ. 3) Se la [sentenza Taricco] debba essere interpretata nel senso di imporre al giudice penale di non applicare una normativa nazionale sulla prescrizione che osta in un numero considerevole di casi alla repressione di gravi frodi in danno degli interessi finanziari del- lĠUnione europea, ovvero che prevede termini di prescrizione pi brevi per frodi che ledono gli interessi finanziari dellĠUnione europea di quelli previsti per le frodi lesive degli interessi finanziari dello Stato, anche quando tale omessa applicazione sia in contrasto con i principi supremi dellĠordine costituzionale dello Stato membro o con i diritti inalienabili della persona riconosciuti dalla Costituzione dello Stato membroÈ. 21 Con ordinanza del 28 febbraio 2017, m.a.S. e m.B. (C.42/17, non pubblicata, EU:C:2017:168), il presidente della Corte ha deciso di accogliere la domanda del giudice del rinvio diretta a sottoporre la presente causa al procedimento accelerato previsto allĠarticolo 23 bis dello Statuto della Corte di giustizia dellĠUnione europea e allĠarticolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte. sulle questioni pregiudiziali Considerazioni preliminari 22 Occorre anzitutto ricordare che il procedimento di rinvio pregiudiziale previsto dallĠarticolo 267 TFUE instaura un dialogo da giudice a giudice tra la Corte e i giudici degli Stati membri, il quale mira ad assicurare lĠunitˆ di interpretazione del diritto dellĠUnione nonchŽ la coerenza, la piena efficacia e lĠautonomia di tale diritto [v., in tal senso, parere 2/13 (adesione dellĠUnione alla CEDU), del 18 dicembre 2014, EU:C:2014:2454, punto 176]. 23 Il procedimento ex articolo 267 TFUE funge dunque da strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi dĠinterpretazione del diritto dellĠUnione loro necessari per risolvere la controversia che essi sono chiamati a dirimere (v., in tal senso, sentenza del 5 luglio 2016, Ognyanov, C.614/14, EU:C:2016:514, punto 16). COnTEnzIOSO COmUnITarIO ED InTErnazIOnaLE 15 24 a tale riguardo, occorre sottolineare che, quando risponde a questioni pregiudiziali, la Corte deve prendere in considerazione, nellĠambito della ripartizione delle competenze tra i giudici dellĠUnione e i giudici nazionali, il contesto materiale e normativo nel quale si inseriscono dette questioni, quale definito dalla decisione di rinvio (sentenza del 26 ottobre 2017, argenta Spaarbank, C.39/16, EU:C:2017:813, punto 38). 25 Si deve rilevare che, nellĠambito del procedimento allĠorigine della sentenza Taricco, il Tribunale di Cuneo (Italia) ha interrogato la Corte sullĠinterpretazione degli articoli 101 TFUE, 107 TFUE e 119 TFUE nonchŽ dellĠarticolo 158 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune dĠimposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1). 26 nella sentenza Taricco, la Corte ha tuttavia ritenuto necessario, ai fini del procedimento penale pendente dinanzi a detto giudice italiano, fornirgli unĠinterpretazione dellĠarticolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE. 27 nel procedimento principale, la Corte costituzionale solleva la questione di unĠeventuale violazione del principio di legalitˆ dei reati e delle pene che potrebbe derivare dallĠobbligo, enunciato dalla sentenza Taricco, di disapplicare le disposizioni del codice penale in questione, in considerazione, da un lato, della natura sostanziale delle norme sulla prescrizione stabilite nellĠordinamento giuridico italiano, la quale implica che dette norme siano ragionevolmente prevedibili per i soggetti dellĠordinamento al momento della commissione dei reati contestati senza poter essere modificate retroattivamente in peius, e, dallĠaltro, della necessitˆ che qualunque normativa nazionale relativa al regime di punibilitˆ si fondi su una base giuridica sufficientemente determinata, al fine di poter delimitare e orientare la valutazione del giudice nazionale. 28 Spetta pertanto alla Corte precisare, tenuto conto degli interrogativi che sono stati sollevati dal giudice del rinvio con riferimento a tale principio e che non erano stati portati a conoscenza della Corte nella causa allĠorigine della sentenza Taricco, lĠinterpretazione del- lĠarticolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE operata da tale sentenza. Sulle questioni prima e seconda 29 Con le sue questioni prima e seconda, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se lĠarticolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE debba essere interpretato nel senso che esso impone al giudice nazionale di disapplicare, nellĠambito di un procedimento penale riguardante reati in materia di IVa, disposizioni interne sulla prescrizione, rientranti nel diritto sostanziale nazionale, che ostino allĠinflizione di sanzioni penali effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dellĠUnione o che prevedano, per i casi di frode che ledono tali interessi, termini di prescrizione pi brevi di quelli previsti per i casi che ledono gli interessi finanziari dello Stato membro interessato, e ci˜ anche qualora lĠattuazione di tale obbligo comporti una violazione del principio di legalitˆ dei reati e delle pene a causa dellĠinsufficiente determinatezza della legge applicabile o di unĠapplicazione retroattiva di questĠultima. 30 Occorre ricordare che lĠarticolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE impone agli Stati membri di lottare contro le attivitˆ illecite lesive degli interessi finanziari dellĠUnione con misure effettive e dissuasive nonchŽ di adottare, per combattere la frode lesiva degli interessi finanziari dellĠUnione, le stesse misure che adottano per combattere la frode lesiva dei loro interessi finanziari. 31 PoichŽ le risorse proprie dellĠUnione comprendono in particolare, ai sensi della decisione raSSEGna aVVOCaTUra DELLO STaTO - n. 4/2018 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, relativa al sistema delle risorse proprie dellĠUnione europea (GU 2014, L 168, pag. 105), le entrate provenienti dallĠapplicazione di unĠaliquota uniforme agli imponibili IVa armonizzati determinati secondo regole dellĠUnione, sussiste un nesso diretto tra la riscossione del gettito dellĠIVa nel- lĠosservanza del diritto dellĠUnione applicabile e la messa a disposizione del bilancio dellĠUnione delle corrispondenti risorse IVa, dal momento che qualsiasi lacuna nella riscossione del primo determina potenzialmente una riduzione delle seconde (v., in tal senso, sentenze del 26 febbraio 2013, kerberg Fransson, C.617/10, EU:C:2013:105, punto 26, nonchŽ Taricco, punto 38). 32 é compito degli Stati membri garantire una riscossione effettiva delle risorse proprie dellĠUnione (v., in tal senso, sentenza del 7 aprile 2016, Degano Trasporti, C.546/14, EU:C:2016:206, punto 21). a questo proposito, tali Stati membri sono tenuti a procedere al recupero delle somme corrispondenti alle risorse proprie che sono state sottratte al bilancio dellĠUnione in conseguenza di frodi. 33 al fine di assicurare la riscossione integrale delle entrate provenienti dallĠIVa e tutelare in tal modo gli interessi finanziari dellĠUnione, gli Stati membri dispongono di una libertˆ di scelta delle sanzioni applicabili, che possono assumere la forma di sanzioni amministrative, di sanzioni penali o di una combinazione delle due (v., in tal senso, sentenze del 26 febbraio 2013, kerberg Fransson, C.617/10, EU:C:2013:105, punto 34, nonchŽ Taricco, punto 39). 34 a tale riguardo, occorre tuttavia rilevare, in primo luogo, che possono essere indispensabili sanzioni penali per combattere in modo effettivo e dissuasivo determinate ipotesi di gravi frodi in materia di IVa (v., in tal senso, sentenza Taricco, punto 39). 35 Gli Stati membri, pena la violazione degli obblighi loro imposti dallĠarticolo 325, paragrafo 1, TFUE, devono quindi assicurarsi che, nei casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dellĠUnione in materia di IVa, siano adottate sanzioni penali dotate di carattere effettivo e dissuasivo (v., in tal senso, sentenza Taricco, punti 42 e 43). 36 Deve pertanto ritenersi che gli Stati membri violino gli obblighi loro imposti dallĠarticolo 325, paragrafo 1, TFUE qualora le sanzioni penali adottate per reprimere le frodi gravi in materia di IVa non consentano di garantire efficacemente la riscossione integrale di detta imposta. a tale titolo, detti Stati devono altres“ assicurarsi che le norme sulla prescrizione previste dal diritto nazionale consentano una repressione effettiva dei reati legati a frodi siffatte. 37 In secondo luogo, ai sensi dellĠarticolo 325, paragrafo 2, TFUE, gli Stati membri devono adottare, per combattere contro la frode che lede gli interessi finanziari dellĠUnione, in particolare in materia di IVa, le stesse misure che adottano per combattere contro la frode che lede i loro interessi finanziari. 38 Per quanto riguarda le conseguenze di unĠeventuale incompatibilitˆ di una normativa nazionale con lĠarticolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE, dalla giurisprudenza della Corte emerge che detto articolo pone a carico degli Stati membri obblighi di risultato precisi, che non sono accompagnati da alcuna condizione quanto allĠapplicazione delle norme enunciate da tali disposizioni (v., in tal senso, sentenza Taricco, punto 51). 39 Spetta quindi ai giudici nazionali competenti dare piena efficacia agli obblighi derivanti dallĠarticolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE e disapplicare disposizioni interne, in particolare riguardanti la prescrizione, che, nellĠambito di un procedimento relativo a reati gravi in materia di IVa, ostino allĠapplicazione di sanzioni effettive e dissuasive per combattere COnTEnzIOSO COmUnITarIO ED InTErnazIOnaLE 17 le frodi lesive degli interessi finanziari dellĠUnione (v., in tal senso, sentenza Taricco, punti 49 e 58). 40 Si deve ricordare che, al punto 58 della sentenza Taricco, le disposizioni nazionali in questione sono state considerate idonee a pregiudicare gli obblighi imposti allo Stato membro interessato dallĠarticolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE, nellĠipotesi in cui dette disposizioni impediscano di infliggere sanzioni penali effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dellĠUnione o in cui prevedano, per i casi di frode che ledono detti interessi, termini di prescrizione pi brevi di quelli previsti in casi di frode che ledono gli interessi finanziari di tale Stato membro. 41 Spetta, in prima battuta, al legislatore nazionale stabilire norme sulla prescrizione che consentano di ottemperare agli obblighi derivanti dallĠarticolo 325 TFUE, alla luce delle considerazioni esposte dalla Corte al punto 58 della sentenza Taricco. é infatti compito del legislatore garantire che il regime nazionale di prescrizione in materia penale non conduca allĠimpunitˆ in un numero considerevole di casi di frode grave in materia di IVa o non sia, per gli imputati, pi severo nei casi di frode lesivi degli interessi finanziari dello Stato membro interessato rispetto a quelli che ledono gli interessi finanziari dellĠUnione. 42 a tale riguardo, occorre ricordare che il fatto che un legislatore nazionale proroghi un termine di prescrizione con applicazione immediata, anche con riferimento a fatti addebitati che non sono ancora prescritti, non lede, in linea generale, il principio di legalitˆ dei reati e delle pene (v., in tal senso, sentenza Taricco, punto 57, e giurisprudenza della Corte europea dei diritti dellĠuomo citata a tale punto). 43 Ci˜ premesso, occorre aggiungere che il settore della tutela degli interessi finanziari del- lĠUnione attraverso la previsione di sanzioni penali rientra nella competenza concorrente dellĠUnione e degli Stati membri, ai sensi dellĠarticolo 4, paragrafo 2, TFUE. 44 nella fattispecie, alla data dei fatti di cui al procedimento principale, il regime della prescrizione applicabile ai reati in materia di IVa non era stato oggetto di armonizzazione da parte del legislatore dellĠUnione, armonizzazione che  successivamente avvenuta, in modo parziale, solo con lĠadozione della direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dellĠUnione mediante il diritto penale (GU 2017, L 198, pag. 29). 45 La repubblica italiana era quindi libera, a tale data, di prevedere che, nel suo ordinamento giuridico, detto regime ricadesse, al pari delle norme relative alla definizione dei reati e alla determinazione delle pene, nel diritto penale sostanziale e fosse a questo titolo soggetto, come queste ultime norme, al principio di legalitˆ dei reati e delle pene. 46 Dal canto loro, i giudici nazionali competenti, quando devono decidere, nei procedimenti pendenti, di disapplicare le disposizioni del codice penale in questione, sono tenuti ad assicurarsi che i diritti fondamentali delle persone accusate di aver commesso un reato siano rispettati (v., in tal senso, sentenza Taricco, punto 53). 47 a tale riguardo, resta consentito alle autoritˆ e ai giudici nazionali applicare gli standard nazionali di tutela dei diritti fondamentali, a patto che tale applicazione non comprometta il livello di tutela previsto dalla Carta, come interpretata dalla Corte, nŽ il primato, lĠunitˆ o lĠeffettivitˆ del diritto dellĠUnione (sentenza del 26 febbraio 2013, kerberg Fransson, C.617/10, EU:C:2013:105, punto 29 e giurisprudenza ivi citata). 48 In particolare, per quanto riguarda lĠinflizione di sanzioni penali, spetta ai giudici nazionali competenti assicurarsi che i diritti degli imputati derivanti dal principio di legalitˆ dei reati e delle pene siano garantiti. raSSEGna aVVOCaTUra DELLO STaTO - n. 4/2018 49 Orbene, secondo il giudice del rinvio, tali diritti non sarebbero rispettati in caso di disapplicazione delle disposizioni del codice penale in questione, nellĠambito dei procedimenti principali, dato che, da un lato, gli interessati non potevano ragionevolmente prevedere, prima della pronuncia della sentenza Taricco, che lĠarticolo 325 TFUE avrebbe imposto al giudice nazionale, alle condizioni stabilite in detta sentenza, di disapplicare le suddette disposizioni. 50 DallĠaltro, secondo detto giudice, il giudice nazionale non pu˜ definire il contenuto concreto dei presupposti in presenza dei quali esso dovrebbe disapplicare tali disposizioni ossia nellĠipotesi in cui esse impediscano di infliggere sanzioni effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave - senza violare i limiti imposti alla sua discrezionalitˆ dal principio di legalitˆ dei reati e delle pene. 51 a tale riguardo, si deve ricordare lĠimportanza, tanto nellĠordinamento giuridico del- lĠUnione quanto negli ordinamenti giuridici nazionali, che riveste il principio di legalitˆ dei reati e delle pene, nei suoi requisiti di prevedibilitˆ, determinatezza e irretroattivitˆ della legge penale applicabile. 52 Tale principio, quale sancito allĠarticolo 49 della Carta, si impone agli Stati membri quando attuano il diritto dellĠUnione, conformemente allĠarticolo 51, paragrafo 1, della medesima, come avviene allorchŽ essi prevedano, nellĠambito degli obblighi loro imposti dallĠarticolo 325 TFUE, di infliggere sanzioni penali per i reati in materia di IVa. LĠobbligo di garantire lĠefficace riscossione delle risorse dellĠUnione non pu˜ quindi contrastare con tale principio (v., per analogia, sentenza del 29 marzo 2012, Belvedere Costruzioni, C.500/10, EU:C:2012:186, punto 23). 53 Inoltre, il principio di legalitˆ dei reati e delle pene appartiene alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri (v., per quanto riguarda il principio di irretroattivitˆ della legge penale, sentenze del 13 novembre 1990, Fedesa e a., C.331/88, EU:C:1990:391, punto 42, nonchŽ del 7 gennaio 2004, X, C.60/02, EU:C:2004:10, punto 63) ed  stato sancito da vari trattati internazionali, segnatamente allĠarticolo 7, paragrafo 1, della CEDU (v., in tal senso, sentenza del 3 maggio 2007, advocaten voor de Wereld, C.303/05, EU:C:2007:261, punto 49). 54 Dalle spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali (GU 2007, C 303, pag. 17) emerge che, conformemente allĠarticolo 52, paragrafo 3, della Carta, il diritto garantito allĠarticolo 49 della medesima ha significato e portata identici al diritto garantito dalla CEDU. 55 Per quanto riguarda gli obblighi derivanti dal principio di legalitˆ dei reati e delle pene, occorre rilevare, in primo luogo, che la Corte europea dei diritti dellĠuomo ha dichiarato, a proposito dellĠarticolo 7, paragrafo 1, della CEDU, che, in base a tale principio, le disposizioni penali devono rispettare determinati requisiti di accessibilitˆ e di prevedibilitˆ per quanto riguarda tanto la definizione del reato quanto la determinazione della pena (v. Corte EDU, 15 novembre 1996, Cantoni c. Francia, CE:ECHr:1996:1115JUD001786291, ¤ 29; Corte EDU, 7 febbraio 2002, E.K. c. Turchia, CE:ECHr:2002:0207JUD002849695, ¤ 51; Corte EDU, 29 marzo 2006, achour c. Francia, CE:ECHr:2006:0329JUD006733501, ¤ 41, e Corte EDU, 20 settembre 2011, OaO neftyanaya Kompaniya Yukos c. russia, CE:ECHr:2011:0920JUD001490204, ¤¤ da 567 a 570). 56 In secondo luogo, occorre sottolineare che il requisito della determinatezza della legge applicabile, che  inerente a tale principio, implica che la legge definisca in modo chiaro i reati e le pene che li reprimono. Tale condizione  soddisfatta quando il singolo pu˜ co COnTEnzIOSO COmUnITarIO ED InTErnazIOnaLE 19 noscere, in base al testo della disposizione rilevante e, se del caso, con lĠaiuto dellĠinterpretazione che ne sia stata fatta dai giudici, gli atti e le omissioni che chiamano in causa la sua responsabilitˆ penale (v., in tal senso, sentenza del 28 marzo 2017, rosneft, C.72/15, EU:C:2017:236, punto 162). 57 In terzo luogo, il principio di irretroattivitˆ della legge penale osta in particolare a che un giudice possa, nel corso di un procedimento penale, sanzionare penalmente una condotta non vietata da una norma nazionale adottata prima della commissione del reato addebitato, ovvero aggravare il regime di responsabilitˆ penale di coloro che sono oggetto di un procedimento siffatto (v., per analogia, sentenza dellĠ8 novembre 2016, Ognyanov, C.554/14, EU:C:2016:835, punti da 62 a 64 e giurisprudenza ivi citata). 58 a tale riguardo, come rilevato al punto 45 della presente sentenza, i requisiti di prevedibilitˆ, determinatezza e irretroattivitˆ inerenti al principio di legalitˆ dei reati e delle pene si applicano, nellĠordinamento giuridico italiano, anche al regime di prescrizione relativo ai reati in materia di IVa. 59 ne deriva, da un lato, che spetta al giudice nazionale verificare se la condizione richiesta dal punto 58 della sentenza Taricco, secondo cui le disposizioni del codice penale in questione impediscono di infliggere sanzioni penali effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dellĠUnione, conduca a una situazione di incertezza nellĠordinamento giuridico italiano quanto alla determinazione del regime di prescrizione applicabile, incertezza che contrasterebbe con il principio della determinatezza della legge applicabile. Se cos“ effettivamente fosse, il giudice nazionale non sarebbe tenuto a disapplicare le disposizioni del codice penale in questione. 60 DallĠaltro, i requisiti menzionati al punto 58 della presente sentenza ostano a che, in procedimenti relativi a persone accusate di aver commesso reati in materia di IVa prima della pronuncia della sentenza Taricco, il giudice nazionale disapplichi le disposizioni del codice penale in questione. Infatti, la Corte ha giˆ sottolineato, al punto 53 di tale sentenza, che a dette persone potrebbero, a causa della disapplicazione di queste disposizioni, essere inflitte sanzioni alle quali, con ogni probabilitˆ, sarebbero sfuggite se le suddette disposizioni fossero state applicate. Tali persone potrebbero quindi essere retroattivamente assoggettate a un regime di punibilitˆ pi severo di quello vigente al momento della commissione del reato. 61 Se il giudice nazionale dovesse quindi essere indotto a ritenere che lĠobbligo di disapplicare le disposizioni del codice penale in questione contrasti con il principio di legalitˆ dei reati e delle pene, esso non sarebbe tenuto a conformarsi a tale obbligo, e ci˜ neppure qualora il rispetto del medesimo consentisse di rimediare a una situazione nazionale incompatibile con il diritto dellĠUnione (v., per analogia, sentenza del 10 luglio 2014, Impresa Pizzarotti, C.213/13, EU:C:2014:2067, punti 58 e 59). Spetta allora al legislatore nazionale adottare le misure necessarie, come rilevato ai punti 41 e 42 della presente sentenza. 62 alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alle questioni prima e seconda dichiarando che lĠarticolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE devĠessere interpretato nel senso che esso impone al giudice nazionale di disapplicare, nellĠambito di un procedimento penale riguardante reati in materia di IVa, disposizioni interne sulla prescrizione, rientranti nel diritto sostanziale nazionale, che ostino allĠinflizione di sanzioni penali effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dellĠUnione o che prevedano, per i casi di frode grave che ledono tali interessi, termini di prescrizione pi brevi di quelli previsti per i casi che ledono gli interessi finan raSSEGna aVVOCaTUra DELLO STaTO - n. 4/2018 ziari dello Stato membro interessato, a meno che una disapplicazione siffatta comporti una violazione del principio di legalitˆ dei reati e delle pene a causa dellĠinsufficiente determinatezza della legge applicabile, o dellĠapplicazione retroattiva di una normativa che impone un regime di punibilitˆ pi severo di quello vigente al momento della commissione del reato. Sulla terza questione 63 In considerazione della risposta fornita alle prime due questioni, non  necessario rispondere alla terza questione. sulle spese 64 nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara: LĠarticolo 325, paragrafi 1 e 2, TFue devĠessere interpretato nel senso che esso impone al giudice nazionale di disapplicare, nellĠambito di un procedimento penale riguardante reati in materia di imposta sul valore aggiunto, disposizioni interne sulla prescrizione, rientranti nel diritto sostanziale nazionale, che ostino allĠinflizione di sanzioni penali effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dellĠunione europea o che prevedano, per i casi di frode grave che ledono tali interessi, termini di prescrizione pi brevi di quelli previsti per i casi che ledono gli interessi finanziari dello stato membro interessato, a meno che una disapplicazione siffatta comporti una violazione del principio di legalitˆ dei reati e delle pene a causa dellĠinsufficiente determinatezza della legge applicabile, o dellĠapplicazione retroattiva di una normativa che impone un regime di punibilitˆ pi severo di quello vigente al momento della commissione del reato. Corte Costituzionale, sentenza 31 maggio 2018 n. 115 -Pres. e red. Lattanzi - Giudizi di legittimitˆ costituzionale dellĠart. 2 della legge 2 agosto 2008, n. 130 (ratifica ed esecuzione del Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sullĠUnione europea e il Trattato che istituisce la Comunitˆ europea e alcuni atti connessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, fatto a Lisbona il 13 dicembre 2007), promossi dalla Corte dĠappello di milano e dalla Corte di cassazione, con ordinanze del 18 settembre 2015 e dellĠ8 luglio 2016. (...) Considerato in diritto 1. La Corte di cassazione ha sollevato questioni di legittimitˆ costituzionale dellĠart. 2 della legge 2 agosto 2008, n. 130 (ratifica ed esecuzione del Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sullĠUnione europea e il Trattato che istituisce la Comunitˆ europea e alcuni atti connessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, fatto a Lisbona il 13 dicembre 2007), in riferimento agli artt. 3, 11, 24, 25, secondo comma, 27, terzo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione. 2. a sua volta la Corte dĠappello di milano ha sollevato una questione di legittimitˆ costituzionale dellĠart. 2 della legge n. 130 del 2008, in riferimento allĠart. 25, secondo comma, Cost. COnTEnzIOSO COmUnITarIO ED InTErnazIOnaLE 3. La disposizione censurata ordina lĠesecuzione del Trattato sul funzionamento del- lĠUnione europea (TFUE), come modificato dallĠart. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge n. 130 del 2008, e, conseguentemente, dellĠart. 325 di tale trattato. I rimettenti dubitano della legittimitˆ costituzionale della norma, nella parte in cui, imponendo di applicare lĠart. 325 TFUE, come interpretato dalla sentenza della Grande sezione della Corte di giustizia 8 settembre 2015, in causa C-105/14, Taricco, comporta che in taluni casi venga omessa lĠapplicazione degli artt. 160, terzo comma, e 161, secondo comma, del codice penale, nei confronti dei reati in materia di imposta sul valore aggiunto (IVa) che costituiscono frode in danno degli interessi finanziari dellĠUnione. Il combinato disposto degli artt. 160, terzo comma, e 161, secondo comma, cod. pen. pone un limite allĠaumento del termine di prescrizione in seguito a un atto interruttivo. Questo limite per˜ non opera per i delitti elencati dallĠart. 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale. La sentenza resa in causa Taricco dalla Corte di giustizia ha stabilito che il giudice nazionale deve disapplicare, alle condizioni che poi si vedranno, gli artt. 160, terzo comma, e 161, secondo comma, cod. pen., omettendo di dichiarare prescritti i reati e procedendo nel giudizio penale, in due casi: innanzitutto, secondo una regola che  stata tratta dallĠart. 325, paragrafo 1, TFUE, quando questo regime giuridico della prescrizione impedisce di infliggere sanzioni effettive e dissuasive in un numero considerevole di gravi casi di frode che ledono gli interessi finanziari dellĠUnione; in secondo luogo, in base a una regola desunta dallĠart. 325, paragrafo 2, TFUE (cosiddetto principio di assimilazione), quando il termine di prescrizione, per effetto delle norme indicate, risulta pi breve di quello fissato dalla legge nazionale per casi analoghi di frode in danno dello Stato membro. Entrambi i rimettenti giudicano imputati ai quali sono addebitati reati che, ove fossero applicati gli artt. 160, terzo comma, e 161, secondo comma, cod. pen., dovrebbero ritenersi prescritti. Diversamente si dovrebbe decidere, invece, se in applicazione della Òregola TariccoÓ tali disposizioni non potessero operare. I giudici a quibus osservano che questa regola  senzĠaltro applicabile nei rispettivi giudizi, che vertono su gravi frodi in materia di IVa, con conseguente lesione degli interessi finanziari dellĠUnione. Le frodi, inoltre, ricorrerebbero in un numero considerevole di casi, cos“ da integrare tutte le condizioni che concretizzano la Òregola TariccoÓ. nel solo processo milanese rileverebbe anche, e con il medesimo effetto, il paragrafo 2 dellĠart. 325 TFUE, perchŽ ad alcuni imputati  contestato il reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari attinenti allĠIVa. Questa figura criminosa non  compresa nellĠelenco dei delitti previsti dallĠart. 51, commi 3-bis e 3-quater, cod. proc. pen., che invece, nel comma 3-bis, include lĠart. 291-quater del d.P.r. 23 gennaio 1973, n. 43 (approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale), ovvero lĠassociazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri. Vi sarebbe perci˜ unĠipotesi di frode in danno dellĠItalia dal profilo analogo a quello del reato per cui procede la Corte dĠappello rimettente, per la quale lĠordinamento nazionale prevede un regime della prescrizione pi severo, violando cos“ il principio di assimilazione. 4. I rimettenti, dopo aver dato conto della necessitˆ di applicare la Òregola TariccoÓ, reputano che essa sia in contrasto con i principi supremi dellĠordine costituzionale dello Stato e censurano pertanto la normativa nazionale che, dando esecuzione allĠart. 325 TFUE, accoglie nel nostro ordinamento tale regola. Premesso che lĠistituto della prescrizione appartiene alla legalitˆ penale sostanziale, la raSSEGna aVVOCaTUra DELLO STaTO - n. 4/2018 Corte di cassazione ritiene violato lĠart. 25, secondo comma, Cost. per i profili della riserva di legge in materia penale, posto che il regime della prescrizione cesserebbe di essere legale, della determinatezza, a causa della genericitˆ dei concetti di Çgrave frodeÈ e di Çnumero considerevole di casiÈ, intorno ai quali ruota la Òregola TariccoÓ, e del divieto di retroattivitˆ, considerato che i fatti addebitati agli imputati sono anteriori allĠ8 settembre 2015, data di pubblicazione della sentenza Taricco. Inoltre sarebbe leso lĠart. 101, secondo comma, Cost., perchŽ verrebbe demandata al giudice unĠattivitˆ implicante una Çvalutazione di natura politico-criminaleÈ che spetterebbe invece al legislatore. Sarebbero poi violati gli artt. 3 e 24 Cost., a causa della irragionevolezza manifesta della Òregola TariccoÓ e dellĠimpedimento che essa avrebbe costituito per gli imputati di prevedere la data di prescrizione del reato e conseguentemente di valutare lĠopportunitˆ di accedere a un rito alternativo. Infine, sarebbe leso lĠart. 27, terzo comma, Cost., perchŽ legare il termine di prescrizione esclusivamente a considerazioni attinenti alla tutela di interessi finanziari farebbe venire meno la finalitˆ rieducativa della pena. La Corte dĠappello di milano, a sua volta, premessa la natura sostanziale della prescrizione, reputa leso lĠart. 25, secondo comma, Cost., a causa del carattere retroattivo in malam partem della Òregola TariccoÓ, tenuto conto del fatto che i reati contestati nel giudizio a quo sono stati commessi prima dellĠ8 settembre 2015. 5. Questa Corte con lĠordinanza n. 24 del 2017 ha riunito i giudizi e disposto un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia per lĠinterpretazione relativa al corretto significato da attribuire allĠart. 325 TFUE e alla sentenza Taricco. Secondo questa Corte lĠeventuale applicazione della Òregola TariccoÓ nel nostro ordinamento violerebbe gli artt. 25, secondo comma, e 101, secondo comma, Cost., e non potrebbe perci˜ essere consentita neppure alla luce del primato del diritto dellĠUnione. Tuttavia  sembrato a questa Corte che la stessa sentenza Taricco (paragrafi 53 e 55) tenda ad escludere tale applicazione ogni qual volta essa venga a trovarsi in conflitto con lĠidentitˆ costituzionale dello Stato membro e in particolare implichi una violazione del principio di legalitˆ penale, secondo lĠapprezzamento delle competenti autoritˆ di tale Stato. Di ci˜  stata chiesta conferma alla Corte di giustizia. 6. La Grande sezione della Corte di giustizia, con sentenza 5 dicembre 2017, in causa C42/ 17, m.a. S. e m. B., ha compreso il dubbio interpretativo di questa Corte e ha affermato che lĠobbligo per il giudice nazionale di disapplicare la normativa interna in materia di prescrizione, sulla base della Òregola TariccoÓ, viene meno quando ci˜ comporta una violazione del principio di legalitˆ dei reati e delle pene, a causa dellĠinsufficiente determinatezza della legge applicabile o dellĠapplicazione retroattiva di una normativa che prevede un regime di punibilitˆ pi severo di quello vigente al momento della commissione del reato. 7. La nuova pronuncia della Corte di Lussemburgo opera su due piani connessi. In primo luogo, provvede a chiarire che, in virt del divieto di retroattivitˆ in malam partem della legge penale, la Òregola TariccoÓ non pu˜ essere applicata ai fatti commessi anteriormente alla data di pubblicazione della sentenza che lĠha dichiarata, ovvero anteriormente allĠ8 settembre 2015 (paragrafo 60). Si tratta di un divieto che discende immediatamente dal diritto dellĠUnione e non richiede alcuna ulteriore verifica da parte delle autoritˆ giudiziarie nazionali. In secondo luogo demanda a queste ultime il compito di saggiare la compatibilitˆ della Òregola TariccoÓ con il principio di determinatezza in materia penale (paragrafo 59). In tal COnTEnzIOSO COmUnITarIO ED InTErnazIOnaLE caso, per giungere a disapplicare la normativa nazionale in tema di prescrizione,  necessario che il giudice nazionale effettui uno scrutinio favorevole quanto alla compatibilitˆ della Òregola TariccoÓ con il principio di determinatezza, che , sia principio supremo dellĠordine costituzionale italiano, sia cardine del diritto dellĠUnione, in base allĠart. 49 della Carta dei diritti fondamentali dellĠUnione europea (CDFUE), proclamata a nizza il 7 dicembre 2000 e, in una versione adattata, il 12 dicembre 2007 a Strasburgo (paragrafi 51 e 52 della sentenza m.a.S.). 8. a questĠultimo proposito va ribadito quanto giˆ affermato con lĠordinanza n. 24 del 2017. LĠautoritˆ competente a svolgere il controllo sollecitato dalla Corte di giustizia  la Corte costituzionale, cui spetta in via esclusiva il compito di accertare se il diritto dellĠUnione  in contrasto con i principi supremi dellĠordine costituzionale e in particolare con i diritti inalienabili della persona. a tale scopo il ruolo essenziale che riveste il giudice comune consiste nel porre il dubbio sulla legittimitˆ costituzionale della normativa nazionale che dˆ ingresso alla norma europea generatrice del preteso contrasto. Perci˜ non pu˜ essere accolta la richiesta di restituzione degli atti avanzata dal Presidente del Consiglio dei ministri e da una parte del giudizio davanti alla Corte dĠappello di milano, dato che in seguito alla sentenza m.a. S. spetta innanzi tutto a questa Corte la valutazione circa lĠapplicabilitˆ della Òregola TariccoÓ nel nostro ordinamento. 9. alla luce del chiarimento interpretativo offerto dalla sentenza m.a. S., tutte le questioni sollevate da entrambi i rimettenti risultano non fondate, perchŽ la Òregola TariccoÓ non  applicabile nei giudizi a quibus. 10. In entrambi i processi principali si procede per fatti avvenuti prima dellĠ8 settembre 2015, sicchŽ lĠapplicabilitˆ degli artt. 160, terzo comma, e 161, secondo comma, cod. pen. e la conseguente prescrizione dei reati oggetto dei procedimenti a quibus sono riconosciute dalla stessa sentenza m.a. S., che ha escluso gli effetti della Òregola TariccoÓ nei confronti dei reati commessi prima di tale data. Ci˜ per˜ non significa che le questioni sollevate siano prive di rilevanza, perchŽ riconoscere solo sulla base della sentenza m.a.S. lĠavvenuta prescrizione significherebbe comunque fare applicazione della Òregola TariccoÓ, sia pure individuandone i limiti temporali. Indipendentemente dalla collocazione dei fatti, prima o dopo lĠ8 settembre 2015, il giudice comune non pu˜ applicare loro la Òregola TariccoÓ, perchŽ essa  in contrasto con il principio di determinatezza in materia penale, consacrato dallĠart. 25, secondo comma, Cost. Questa Corte, nel compimento del relativo scrutinio di legittimitˆ costituzionale, che in questo peculiare caso  anche adempimento della verifica sollecitata dalla Corte di giustizia, non pu˜ che ricordare quanto aveva giˆ osservato con lĠordinanza n. 24 del 2017. Un istituto che incide sulla punibilitˆ della persona, riconnettendo al decorso del tempo lĠeffetto di impedire lĠapplicazione della pena, nel nostro ordinamento giuridico rientra nel- lĠalveo costituzionale del principio di legalitˆ penale sostanziale enunciato dallĠart. 25, secondo comma, Cost. con formula di particolare ampiezza. La prescrizione pertanto deve essere considerata un istituto sostanziale, che il legislatore pu˜ modulare attraverso un ragionevole bilanciamento tra il diritto allĠoblio e lĠinteresse a perseguire i reati fino a quando lĠallarme sociale indotto dal reato non sia venuto meno (potendosene anche escludere lĠapplicazione per delitti di estrema gravitˆ), ma sempre nel rispetto di tale premessa costituzionale inderogabile (ex plurimis, sentenze n. 143 del 2014, n. 236 del 2011, n. 294 del 2010 e n. 393 del 2006; ordinanze n. 34 del 2009, n. 317 del 2000 e n. 288 del 1999). 11. Ci˜ posto, appare evidente il deficit di determinatezza che caratterizza, sia lĠart. 325, raSSEGna aVVOCaTUra DELLO STaTO - n. 4/2018 paragrafi 1 e 2, TFUE (per la parte da cui si evince la Òregola TariccoÓ), sia la Òregola TariccoÓ in sŽ. QuestĠultima, per la porzione che discende dal paragrafo 1 dellĠart. 325 TFUE,  irrimediabilmente indeterminata nella definizione del Çnumero considerevole di casiÈ in presenza dei quali pu˜ operare, perchŽ il giudice penale non dispone di alcun criterio applicativo della legge che gli consenta di trarre da questo enunciato una regola sufficientemente definita. nŽ a tale giudice pu˜ essere attribuito il compito di perseguire un obiettivo di politica criminale svincolandosi dal governo della legge al quale  invece soggetto (art. 101, secondo comma, Cost.). ancor prima,  indeterminato lĠart. 325 TFUE, per quanto qui interessa, perchŽ il suo testo non permette alla persona di prospettarsi la vigenza della Òregola TariccoÓ. La sentenza m.a. S. ha enfatizzato, a tal proposito, la necessitˆ che le scelte di diritto penale sostanziale permettano allĠindividuo di conoscere in anticipo le conseguenze della sua condotta, in base al testo della disposizione rilevante, e, se del caso, con lĠaiuto dellĠinterpretazione che ne sia stata fatta dai giudici (paragrafo 56). Perlomeno nei paesi di tradizione continentale, e certamente in Italia, ci˜ avvalora (finanche in seno al diritto dellĠUnione, in quanto rispettoso dellĠidentitˆ costituzionale degli Stati membri) lĠimprescindibile imperativo che simili scelte si incarnino in testi legislativi offerti alla conoscenza dei consociati. rispetto a tale origine nel diritto scritto di produzione legislativa, lĠausilio interpretativo del giudice penale non  che un posterius incaricato di scrutare nelle eventuali zone dĠombra, individuando il significato corretto della disposizione nellĠarco delle sole opzioni che il testo autorizza e che la persona pu˜ raffigurarsi leggendolo. Il principio di determinatezza ha una duplice direzione, perchŽ non si limita a garantire, nei riguardi del giudice, la conformitˆ alla legge dellĠattivitˆ giurisdizionale mediante la produzione di regole adeguatamente definite per essere applicate, ma assicura a chiunque Çuna percezione sufficientemente chiara ed immediataÈ dei possibili profili di illiceitˆ penale della propria condotta (sentenze n. 327 del 2008 e n. 5 del 2004; nello stesso senso, sentenza n. 185 del 1992). Pertanto, quandĠanche la Òregola TariccoÓ potesse assumere, grazie al progressivo affinamento della giurisprudenza europea e nazionale, un contorno meno sfocato, ci˜ non varrebbe a Çcolmare lĠeventuale originaria carenza di precisione del precetto penaleÈ (sentenza n. 327 del 2008). 12. é persino intuitivo (anche alla luce della sorpresa manifestata dalla comunitˆ dei giuristi nel vasto dibattito dottrinale seguito alla sentenza Taricco, pur nelle sfumature delle diverse posizioni) che la persona, prendendo contezza dellĠart. 325 TFUE, non potesse (e neppure possa oggi in base a quel solo testo) immaginare che da esso sarebbe stata estrapolata la regola che impone di disapplicare un particolare aspetto del regime legale della prescrizione, in presenza di condizioni del tutto peculiari. Se  vero che anche Çla pi certa delle leggi ha bisogno di ÒlettureÓ ed interpretazioni sistematicheÈ (sentenza n. 364 del 1988), resta fermo che esse non possono surrogarsi integralmente alla praevia lex scripta, con cui si intende garantire alle persone Çla sicurezza giuridica delle consentite, libere scelte dĠazioneÈ (sentenza n. 364 del 1988). Ci˜  come dire che una scelta relativa alla punibilitˆ deve essere autonomamente ricavabile dal testo legislativo al quale i consociati hanno accesso, diversamente da quanto accade con la Òregola TariccoÓ. Fermo restando che compete alla sola Corte di giustizia interpretare con uniformitˆ il diritto dellĠUnione, e specificare se esso abbia effetto diretto,  anche indiscutibile COnTEnzIOSO COmUnITarIO ED InTErnazIOnaLE che, come ha riconosciuto la sentenza m.a. S., un esito interpretativo non conforme al principio di determinatezza in campo penale non possa avere cittadinanza nel nostro ordinamento. 13. Quanto appena rilevato concerne la Òregola TariccoÓ, sia per la porzione tratta dal paragrafo 1 dellĠart. 325 TFUE, sia per quella desunta dal paragrafo 2. In questĠultimo caso, anche se il principio di assimilazione non desse luogo sostanzialmente a un procedimento analogico in malam partem e potesse permettere al giudice penale di compiere unĠattivitˆ priva di inaccettabili margini di indeterminatezza, essa, comunque sia, non troverebbe una base legale sufficientemente determinata nellĠart. 325 TFUE, dal quale una persona non avrebbe potuto, nŽ oggi potrebbe, desumere autonomamente i contorni della Òregola TariccoÓ. In altri termini, qualora si reputasse possibile da parte del giudice penale il confronto tra frodi fiscali in danno dello Stato e frodi fiscali in danno dellĠUnione, al fine di impedire che le seconde abbiamo un trattamento meno severo delle prime quanto al termine di prescrizione, ugualmente lĠart. 325, paragrafo 2, TFUE non perderebbe il suo tratto non adeguatamente determinato per fungere da base legale di tale operazione in materia penale, posto che i consociati non avrebbero potuto, nŽ oggi potrebbero sulla base del solo quadro normativo, raffigurarsi tale effetto. Bisogna aggiungere che una sufficiente determinazione non sarebbe rintracciabile neppure nellĠenunciato della sentenza Taricco, relativo ai Çcasi di frode che ledono gli interessi finanziari dello Stato membro interessatoÈ, per i quali sono stabiliti Çtermini di prescrizione pi lunghi di quelli previsti per i casi di frode che ledono gli interessi finanziari dellĠUnioneÈ. Si tratta infatti di un enunciato generico, che, comportando un apprezzamento largamente opinabile, non  tale da soddisfare il principio di determinatezza della legge penale e in particolare da assicurare ai consociati una sua sicura percezione. 14. LĠinapplicabilitˆ della Òregola TariccoÓ, secondo quanto riconosciuto dalla sentenza m.a. S., ha la propria fonte non solo nella Costituzione repubblicana, ma nello stesso diritto dellĠUnione, sicchŽ ha trovato conferma lĠipotesi tracciata da questa Corte con lĠordinanza n. 24 del 2017, ovvero che non vi sia alcuna ragione di contrasto. Ci˜ comporta la non fondatezza di tutte le questioni sollevate, perchŽ, a prescindere dagli ulteriori profili di illegittimitˆ costituzionale dedotti, la violazione del principio di determinatezza in materia penale sbarra la strada senza eccezioni allĠingresso della Òregola TariccoÓ nel nostro ordinamento. PEr QUESTI mOTIVI La COrTE COSTITUzIOnaLE riuniti i giudizi, dichiara non fondate le questioni di legittimitˆ costituzionale dellĠart. 2 della legge 2 agosto 2008, n. 130 (ratifica ed esecuzione del Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sullĠUnione europea e il Trattato che istituisce la Comunitˆ europea e alcuni atti connessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, fatto a Lisbona il 13 dicembre 2007), sollevate dalla Corte di cassazione, in riferimento agli artt. 3, 11, 24, 25, secondo comma, 27, terzo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione, e dalla Corte dĠappello di milano, in riferimento allĠart. 25, secondo comma, Cost., con le ordinanze indicate in epigrafe. Cos“ deciso in roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 aprile 2018. raSSEGna aVVOCaTUra DELLO STaTO - n. 4/2018 La tutela processuale nel rito Òsuper acceleratoÓ degli appalti pubblici e i principi eurounitari CorTe di giUSTizia Ue, Sezione QUarTa, ordinanza 14 Febbraio 2019, C-54/18 In rassegna lĠordinanza con cui la Corte UE si  pronunciata sulla compatibilitˆ con i principi eurounitari in materia di tutela processuale delle disposizioni del c.p.a. relative al c.d. rito superaccelerato in materia di appalti pubblici. La Corte ha risposto ai due quesiti posti dal giudice di rinvio affermando che: 1) La direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative al- l'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, e in particolare i suoi articoli 1 e 2 quater, letti alla luce dell'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che i ricorsi avverso i provvedimenti delle amministrazioni aggiudicatrici recanti ammissione o esclusione dalla partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici debbano essere proposti, a pena di decadenza, entro un termine di 30 giorni a decorrere dalla loro comunicazione agli interessati, a condizione che i provvedimenti in tal modo comunicati siano accompagnati da una relazione dei motivi pertinenti tale da garantire che detti interessati siano venuti o potessero venire a conoscenza della violazione del diritto dell'Unione dagli stessi lamentata. 2) La direttiva 89/665, come modificata dalla direttiva 2014/23, e in particolare i suoi articoli l e 2 quater, letti alla luce dell'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che, in mancanza di ricorso contro i provvedimenti delle amministrazioni aggiudicatrici recanti ammissione degli offerenti alla partecipazione alle procedure di appalto pubblico entro un termine di decadenza di 30 giorni dalla loro comunicazione, agli interessati sia preclusa la facoltˆ di eccepire l'illegittimitˆ di tali provvedimenti nell'ambito di ricorsi diretti contro gli atti successivi, in particolare avverso le decisioni di aggiudicazione, purchŽ tale decadenza sia opponibile ai suddetti interessati solo a condizione che essi siano venuti o potessero venire a conoscenza, tramite detta comunicazione, dell'illegittimitˆ dagli stessi lamentata. La pronuncia pu˜ ritenersi pienamente favorevole posto che l'ordinamento giˆ ricollega la decorrenza dei suddetti termini alla effettiva conoscenza dei provvedimenti da impugnare, corredati di motivazione. COnTEnzIOSO COmUnITarIO ED InTErnazIOnaLE 27 In tal senso l'art. 29, comma 1, del d.lgs. 50/2016, in base al quale Ò.. al fine di consentire lĠeventuale proposizione del ricorso ai sensi dellĠarticolo 120, comma 2-bis, del codice del processo amministrativo, sono altres“ pubblicati, nei successivi due giorni dalla data di adozione dei relativi atti, il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni allĠesito della verifica della documentazione attestante lĠassenza dei motivi di esclusione di cui allĠarticolo 80, nonchŽ la sussistenza dei requisiti economico-finanziari e tecnico-professionali. entro il medesimo termine di due giorni  dato avviso ai candidati e ai concorrenti, con le modalitˆ di cui allĠarticolo 5-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante il Codice dellĠamministrazione digitale o strumento analogo negli altri Stati membri, di detto provvedimento, indicando lĠufficio o il collegamento informatico ad accesso riservato dove sono disponibili i relativi atti. il termine per lĠimpugnativa di cui al citato articolo 120, comma 2-bis, decorre dal momento in cui gli atti di cui al secondo periodo sono resi in concreto disponibili, corredati di motivazioneÓ. Carla Colelli* Corte di Giustizia dellĠunione europea, sezione Quarta, ordinanza 14 febbraio 2019, C-54/18 -Pres.e rel. m. Vilaras -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte (Italia) il 29 gennaio 2018 - Cooperativa animazione Valdocco S.C.S. Impresa Sociale Onlus / Consorzio Intercomunale Servizi Sociali di Pinerolo, azienda Sanitaria Locale To3 di Collegno e Pinerolo. Çrinvio pregiudiziale - appalti pubblici - Procedure di ricorso - Direttiva 89/665/CEE - articoli 1 e 2 quater -ricorso contro i provvedimenti di ammissione o esclusione degli offerenti -Termini di ricorso - Termine di decadenza di 30 giorni - normativa nazionale che esclude la possibilitˆ di eccepire lĠillegittimitˆ di un provvedimento di ammissione nellĠambito di un ricorso contro gli atti successivi - Carta dei diritti fondamentali dellĠUnione europea - articolo 47 - Diritto ad una tutela giurisdizionale effettivaÈ 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sullĠinterpretazione dellĠarticolo 1, paragrafi 1 e 2, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative allĠapplicazione delle pro cedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (GU 1989, L 395, pag. 3), come modificata dalla direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014 (GU 2014, L 94, pag. 1) (in prosieguo: la Çdirettiva 89/665È), dellĠarticolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dellĠUnione eu ropea (in prosieguo: la ÇCartaÈ) nonchŽ dei principi di equivalenza e di effettivitˆ. 2 Tale domanda  stata presentata nellĠambito di una controversia tra la Cooperativa ani mazione Valdocco Soc. coop. soc. Impresa Sociale Onlus (in prosieguo: la ÇCooperativa (*) avvocato dello Stato. raSSEGna aVVOCaTUra DELLO STaTO - n. 4/2018 animazione ValdoccoÈ), da una parte, e il Consorzio Intercomunale Servizi Sociali di Pinerolo (in prosieguo: il ÇCISS di PineroloÈ) e lĠazienda Sanitaria Locale To3 di Collegno e Pinerolo, dallĠaltra, in merito allĠassegnazione di un appalto pubblico di servizi di assistenza domiciliare ad un raggruppamento temporaneo di imprese costituito dalle societˆ ati Cilte Soc. coop. soc., Coesa Pinerolo Soc. coop. soc. arl e La Dua Valadda Soc. coop. soc. (in prosieguo: il Çraggruppamento temporaneo di imprese aggiudicatarioÈ). Contesto normativo Il diritto dellĠUnione 3 LĠarticolo 1, paragrafo 1, quarto comma, e paragrafo 3, della direttiva 89/665 cos“ prevede: Ç1. (...) Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per garantire che, per quanto riguarda gli appalti disciplinati dalla direttiva 2014/24/UE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU 2014, L 94, pag. 65),] o dalla direttiva [2014/23], le decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici possano essere oggetto di un ricorso efficace e, in particolare, quanto pi rapido possibile, secondo le condizioni previste negli articoli da 2 a 2 septies della presente direttiva, sulla base del fatto che tali decisioni hanno violato il diritto dellĠUnione in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici o le norme nazionali di recepimentoÈ. (...) 3. Gli Stati membri provvedono a rendere accessibili le procedure di ricorso, secondo modalitˆ che gli Stati membri possono determinare, a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere lĠaggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazioneÈ. 4. LĠarticolo 2 quater di tale direttiva, relativo ai Ç[t]ermini per la proposizione del ricorso È, dispone quanto segue: ÇQuando uno Stato membro stabilisce che qualsiasi ricorso avverso una decisione presa da unĠamministrazione aggiudicatrice nel quadro di o in relazione ad una procedura di aggiudicazione di un appalto disciplinata dalla direttiva [2014/24] o direttiva [2014/23] debba essere presentato prima dello scadere di un determinato termine, questĠultimo  di almeno dieci giorni civili a decorrere dal giorno successivo alla data in cui la decisione dellĠamministrazione aggiudicatrice  stata inviata allĠofferente o al candidato, se la spedizione  avvenuta per fax o per via elettronica, oppure, se la spedizione  avvenuta con altri mezzi di comunicazione, di almeno quindici giorni civili a decorrere dal giorno successivo alla data in cui la decisione dellĠamministrazione aggiudicatrice  stata inviata allĠofferente o al candidato o di almeno dieci giorni civili a decorrere dal giorno successivo alla data di ricezione della decisione dellĠamministrazione aggiudicatrice. La comunicazione della decisione dellĠamministrazione aggiudicatrice ad ogni offerente o candidato  accompagnata da una relazione sintetica dei motivi pertinenti. In caso di presentazione di un ricorso relativo alle decisioni di cui allĠarticolo 2, paragrafo 1, lettera b), della presente direttiva che non sono soggette ad una notifica specifica, il termine  di almeno dieci giorni civili dalla data della pubblicazione della decisione di cui trattasiÈ. Il diritto italiano 5 LĠarticolo 120, comma 2-bis, dellĠallegato I al decreto legislativo del 2 luglio 2010, n. 104 -Codice del processo amministrativo (supplemento ordinario alla GUrI n. 156, del 7 luglio 2010), nella versione di cui allĠarticolo 204 del decreto legislativo del 18 aprile 2016, COnTEnzIOSO COmUnITarIO ED InTErnazIOnaLE 29 n. 50 -Codice dei contratti pubblici (supplemento ordinario alla GUrI n. 91, del 19 aprile 2016) (in prosieguo: il Çcodice del processo amministrativoÈ),  cos“ formulato: ÇIl provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa allĠesito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dellĠarticolo 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici (...). LĠomessa impugnazione preclude la facoltˆ di far valere lĠillegittimitˆ derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale. é altres“ inammissibile lĠimpugnazione della proposta di aggiudicazione, ove disposta, e degli altri atti endo-procedimentali privi di immediata lesivitˆÈ. 6 LĠarticolo 29 del decreto legislativo del 18 aprile 2016, n. 50 - Codice dei contratti pubblici, cos“ come modificato dal decreto legislativo del 19 aprile 2017, n. 56 (supplemento ordinario alla GUrI n. 103, del 5 maggio 2017; in prosieguo: il Çcodice dei contratti pubblici È) prevede quanto segue: Ç(...) al fine di consentire lĠeventuale proposizione del ricorso ai sensi dellĠarticolo 120, comma 2-bis, del codice del processo amministrativo, sono altres“ pubblicati, nei successivi due giorni dalla data di adozione dei relativi atti, il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni allĠesito della verifica della documentazione attestante lĠassenza dei motivi di esclusione di cui allĠarticolo 80, nonchŽ la sussistenza dei requisiti economico-finanziari e tecnico-professionali. Entro il medesimo termine di due giorni  dato avviso ai candidati e ai concorrenti (...) di detto provvedimento, indicando lĠufficio o il collegamento informatico ad accesso riservato dove sono disponibili i relativi atti. Il termine per lĠimpugnativa di cui al citato articolo 120, comma 2-bis, decorre dal momento in cui gli atti di cui al secondo periodo sono resi in concreto disponibili, corredati di motivazioneÈ. 7 LĠarticolo 53, commi 2 e 3, del codice dei contratti pubblici dispone quanto segue: Ç2. Fatta salva la disciplina prevista dal presente codice per gli appalti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, il diritto di accesso  differito: a) nelle procedure aperte, in relazione allĠelenco dei soggetti che hanno presentato offerte, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle medesime; b) nelle procedure ristrette e negoziate e nelle gare informali, in relazione allĠelenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno manifestato il loro interesse, e in relazione allĠelenco dei soggetti che sono stati invitati a presentare offerte e allĠelenco dei soggetti che hanno presentato offerte, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte medesime; ai soggetti la cui richiesta di invito sia stata respinta,  consentito lĠaccesso allĠelenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno manifestato il loro interesse, dopo la comunicazione ufficiale, da parte delle stazioni appaltanti, dei nominativi dei candidati da invitare; c) in relazione alle offerte, fino allĠaggiudicazione; d) in relazione al procedimento di verifica della anomalia dellĠofferta, fino allĠaggiudicazione. 3. Gli atti di cui al comma 2, fino alla scadenza dei termini ivi previsti, non possono essere comunicati a terzi o resi in qualsiasi altro modo notiÈ. Procedimento principale e questioni pregiudiziali 8 Con decisione del 19 maggio 2017, il CISS di Pinerolo ha aggiudicato, secondo il criterio raSSEGna aVVOCaTUra DELLO STaTO - n. 4/2018 dellĠofferta economicamente pi vantaggiosa, al raggruppamento temporaneo dĠimprese aggiudicatario lĠappalto pubblico di servizi di assistenza domiciliare allĠinterno del suo ambito territoriale, per il periodo compreso tra il 1ĵ giugno 2017 e il 31 maggio 2020. 9 Una volta intervenuta lĠaggiudicazione dellĠappalto, la Cooperativa animazione Valdocco, seconda classificata, ha proposto dinanzi al giudice del rinvio, ossia il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte (Italia), un ricorso di annullamento contro la decisione di assegnazione dellĠappalto in questione nonchŽ contro i vari atti della procedura di gara, compresa la mancata esclusione del raggruppamento temporaneo di imprese aggiudicatario, facendo segnatamente valere che, in difetto del deposito di una cauzione provvisoria dellĠimporto richiesto e in mancanza della dimostrazione del possesso dei requisiti di partecipazione, detto raggruppamento non avrebbe dovuto essere ammesso a partecipare alla procedura di gara. 10 Il giudice del rinvio precisa che lĠamministrazione aggiudicatrice e il raggruppamento temporaneo di imprese aggiudicatario hanno eccepito lĠirricevibilitˆ del ricorso, per il motivo che era stato proposto avverso la decisione di aggiudicazione definitiva. Orbene, conformemente al rito Çsuper acceleratoÈ organizzato dal combinato disposto dellĠarticolo 29 del codice dei contratti pubblici e dellĠarticolo 120, comma 2-bis, del codice del processo amministrativo, il ricorso della Cooperativa animazione Valdocco avrebbe dovuto essere proposto entro un termine di 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento di ammissione degli offerenti a partecipare alla procedura di gara dĠappalto. 11 Tale giudice osserva, a tal riguardo, che lĠintroduzione del rito Çsuper acceleratoÈ dĠimpugnazione dei provvedimenti di esclusione o di ammissione degli offerenti, di cui allĠarticolo 120, comma 2-bis, del codice del processo amministrativo, risponde alla necessitˆ di consentire la definizione della controversia prima della decisione di aggiudicazione, determinando in maniera esaustiva i soggetti ammessi a partecipare alla gara dĠappalto in un momento antecedente allĠesame delle offerte e alla conseguente aggiudicazione. 12 Esso sottolinea, tuttavia, che tale rito Çsuper acceleratoÈ presenta alcuni profili di criticitˆ, in particolare alla luce del diritto dellĠUnione. 13 In proposito, esso rileva, in primo luogo, che tale rito impone allĠofferente che non sia stato ammesso a partecipare alla gara dĠappalto lĠobbligo di impugnare il provvedimento di ammissione o di non esclusione di tutti gli offerenti, mentre, da un lato, in tale momento egli non pu˜ sapere chi sarˆ lĠaggiudicatario e, dallĠaltro, potrebbe egli stesso non trarre alcun vantaggio dal contestare lĠaggiudicazione, non essendo in posizione utile nella graduatoria finale. Detto offerente sarebbe quindi costretto a promuovere lĠazione giurisdizionale senza alcuna garanzia che tale iniziativa gli procurerˆ una concreta utilitˆ, obbligandolo al contempo ad assumere gli oneri connessi allĠesperimento immediato dellĠazione. 14 Il giudice del rinvio osserva, poi, che lĠofferente in tal modo obbligato a promuovere unĠazione secondo il rito Çsuper acceleratoÈ non solo non ha un interesse concreto e attuale, ma subisce altres“, per lĠapplicazione dellĠarticolo 120, comma 2-bis, del codice del processo amministrativo, vari danni. Il primo deriverebbe dai notevoli esborsi economici collegati alla proposizione di ricorsi plurimi. Il secondo sarebbe legato alla potenziale compromissione della propria posizione agli occhi dellĠamministrazione aggiudicatrice. Il terzo sarebbe relativo alle nefaste conseguenze della sua classificazione, dal momento che lĠarticolo 83 del codice dei contratti pubblici individua come parametro di giudizio negativo lĠincidenza dei contenziosi attivati dallĠofferente. COnTEnzIOSO COmUnITarIO ED InTErnazIOnaLE 31 15 Il giudice del rinvio precisa, infine, che il carattere eccessivamente gravoso dellĠaccesso alla giustizia amministrativa viene inasprito ulteriormente dallĠarticolo 53 del codice dei contratti pubblici, il cui terzo comma vieta ai funzionari pubblici o incaricati di un servizio pubblico di comunicare o comunque rendere noti, a pena di sanzione penale, gli atti di gara, lĠaccesso ai quali  differito allĠaggiudicazione. Considerata la cogenza di tale divieto, i soggetti responsabili della procedura sarebbero restii a divulgare, oltre al provvedimento di ammissione, la documentazione amministrativa dei concorrenti, costringendo gli operatori economici a proporre ricorsi Çal buioÈ. 16 In tale contesto, il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 1) Se la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettivitˆ sostanziale della tutela, segnatamente, gli artt. 6 e 13 della [Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dellĠuomo e delle libertˆ fondamentali, firmata a roma il 4 novembre 1950], lĠart. 47 della Carta (...) e lĠart. 1 Dir. 89/665/CEE [paragrafi] 1 e 2 della Direttiva, ostino ad una normativa nazionale, quale lĠart. 120 comma 2 bis c.p.a., che impone allĠoperatore che partecipa ad una procedura di gara di impugnare lĠammissione/mancata esclusione di un altro soggetto, entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento con cui viene disposta lĠammissione/esclusione dei partecipanti; 2) se la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettivitˆ sostanziale della tutela, segnatamente, gli artt. 6 e 13 della [Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dellĠuomo e delle libertˆ fondamentali], lĠart. 47 della Carta (...) e lĠart. 1 Dir. 89/665/CEE[, paragrafi] 1 e 2 della Direttiva, osti ad una normativa nazionale, quale lĠart. 120 comma 2 bis c.p.a., che preclude allĠoperatore economico di far valere, a conclusione del procedimento, anche con ricorso incidentale, lĠillegittimitˆ degli atti di ammissione degli altri operatori, in particolare dellĠaggiudicatario o del ricorrente principale, senza aver precedentemente impugnato lĠatto di ammissione nel termine suindicato È. sulle questioni pregiudiziali 17 ai sensi dellĠarticolo 99 del suo regolamento di procedura, quando la risposta a una questione pregiudiziale pu˜ essere chiaramente desunta dalla giurisprudenza, la Corte, su proposta del giudice relatore, sentito lĠavvocato generale, pu˜ statuire in qualsiasi momento con ordinanza motivata. 18 Tale articolo deve essere applicato alla presente causa. Sulla ricevibilitˆ della domanda di pronuncia pregiudiziale 19 In via preliminare si deve rilevare che, come emerge dalle osservazioni presentate alla Corte, il valore dellĠappalto pubblico di cui al procedimento principale ammontava a EUr 5 684 000, vale a dire una cifra ampiamente superiore alle soglie di cui allĠarticolo 4 della direttiva 2014/24. 20 La direttiva 89/665  quindi applicabile allĠappalto in questione, conformemente allĠarticolo 46 della direttiva 2014/23, e, pertanto, la domanda di pronuncia pregiudiziale non pu˜ essere dichiarata irricevibile per la sola omessa indicazione, nellĠordinanza di rinvio, del valore dello stesso appalto, contrariamente a quanto fatto valere dal governo italiano. 21 La domanda di pronuncia pregiudiziale non pu˜ essere dichiarata irricevibile neppure per il motivo che con essa si chiederebbe alla Corte di sindacare la scelta discrezionale del legislatore italiano nel recepimento della direttiva 89/665, come sostenuto dal CISS raSSEGna aVVOCaTUra DELLO STaTO - n. 4/2018 di Pinerolo. Infatti, le questioni poste vertono chiaramente sullĠinterpretazione di varie disposizioni della direttiva citata. 22 Di conseguenza, la presente domanda di pronuncia pregiudiziale  ricevibile. Sulla prima questione 23 Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se lĠarticolo 1, paragrafi 1 e 2, della direttiva 89/665, letto alla luce dellĠarticolo 47 della Carta, debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che i ricorsi avverso i provvedimenti delle amministrazioni aggiudicatrici recanti ammissione o esclusione dalla partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici debbano essere proposti entro un termine di 30 giorni, a pena di decadenza, a decorrere dalla comunicazione degli stessi agli interessati. 24 Si deve anzitutto ricordare che, ai sensi dellĠarticolo 2 quater della direttiva 89/665, gli Stati membri possono stabilire termini per presentare un ricorso avverso una decisione presa da unĠamministrazione aggiudicatrice nel quadro di una procedura di aggiudicazione di un appalto disciplinata dalla direttiva 2014/24. 25 Tale disposizione prevede che il termine in parola sia di almeno dieci giorni civili a decorrere dal giorno successivo alla data in cui la decisione dellĠamministrazione aggiudicatrice  stata inviata allĠofferente o al candidato, se la spedizione  avvenuta per fax o per via elettronica, oppure, se la spedizione  avvenuta con altri mezzi di comunicazione, di almeno quindici giorni civili a decorrere dal giorno successivo alla data in cui la decisione dellĠamministrazione aggiudicatrice  stata inviata allĠofferente o al candidato o di almeno dieci giorni civili a decorrere dal giorno successivo alla data di ricezione della decisione dellĠamministrazione aggiudicatrice. La stessa disposizione precisa inoltre che la comunicazione della decisione dellĠamministrazione aggiudicatrice ad ogni offerente o candidato  accompagnata da una relazione sintetica dei motivi pertinenti. 26 Dallo stesso tenore letterale dellĠarticolo 2 quater della direttiva 89/665 si evince quindi che un termine di 30 giorni, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, in cui i ricorsi contro i provvedimenti delle amministrazioni aggiudicatrici recanti ammissione o esclusione dalla partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici disciplinati dalla direttiva 2014/24 devono essere proposti, a decorrere dalla loro comunicazione alle parti interessate, a pena di decadenza , in linea di principio, compatibile con il diritto dellĠUnione, a condizione che tali provvedimenti siano accompagnati da una relazione dei motivi pertinenti. 27 Inoltre, lĠarticolo 1, paragrafo 1, della direttiva 89/665 impone agli Stati membri lĠobbligo di garantire che le decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici possano essere oggetto di un ricorso efficace e quanto pi rapido possibile. Orbene, come la Corte ha giˆ avuto modo di sottolineare, la fissazione di termini di ricorso a pena di decadenza consente di realizzare lĠobiettivo di celeritˆ perseguito dalla direttiva 89/665, obbligando gli operatori a contestare entro termini brevi i provvedimenti preparatori o le decisioni intermedie adottati nellĠambito del procedimento di aggiudicazione di un appalto (v., in tale senso, sentenza del 28 gennaio 2010, Commissione/Irlanda, C.456/08, EU:C:2010:46, punto 60 e giurisprudenza ivi citata). 28 La Corte ha inoltre dichiarato che la fissazione di termini di ricorso ragionevoli a pena di decadenza risponde, in linea di principio, allĠesigenza di effettivitˆ derivante dalla direttiva 89/665, in quanto costituisce applicazione del fondamentale principio della certezza del COnTEnzIOSO COmUnITarIO ED InTErnazIOnaLE 33 diritto (sentenze del 12 dicembre 2002, Universale-Bau e a., C.470/99, EU:C:2002:746, punto 76, nonchŽ del 21 gennaio 2010, Commissione/Germania, C.17/09, non pubblicata, EU:C:2010:33, punto 22), e che essa  compatibile con il diritto fondamentale a unĠeffettiva tutela giurisdizionale (v., in tale senso, sentenza dellĠ11 settembre 2014, Fastweb, C.19/13, EU:C:2014:2194, punto 58). 29 LĠobiettivo di celeritˆ perseguito dalla direttiva 89/665 deve essere tuttavia realizzato nel diritto nazionale nel rispetto delle esigenze di certezza del diritto. Pertanto, gli Stati membri hanno lĠobbligo di istituire un sistema di termini di decadenza sufficientemente preciso, chiaro e prevedibile onde consentire ai singoli di conoscere i loro diritti ed obblighi (v., in tale senso, sentenze del 30 maggio 1991, Commissione/Germania, C.361/88, EU:C:1991:224, punto 24, e del 7 novembre 1996, Commissione/Lussemburgo, C.221/94, EU:C:1996:424, punto 22). 30 al riguardo, nel definire le modalitˆ procedurali dei ricorsi giurisdizionali destinati ad assicurare la salvaguardia dei diritti conferiti dal diritto dellĠUnione ai candidati ed agli offerenti lesi da decisioni delle amministrazioni aggiudicatrici, gli Stati membri devono garantire che non sia compromessa nŽ lĠefficacia della direttiva 89/665 nŽ i diritti conferiti ai singoli dal diritto dellĠUnione, in particolare il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, sancito dallĠarticolo 47 della Carta (v., in tale senso, sentenza del 15 settembre 2016, Star Storage e a., C.439/14 e C.488/14, EU:C:2016:688, punti da 43 a 45). 31 LĠobiettivo posto dallĠarticolo 1, paragrafo 1, della direttiva 89/665 di garantire lĠesistenza di ricorsi efficaci contro le violazioni delle disposizioni applicabili in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici pu˜ essere quindi conseguito soltanto se i termini prescritti per proporre siffatti ricorsi iniziano a decorrere solo dalla data in cui il ricorrente abbia avuto o avrebbe dovuto avere conoscenza dellĠasserita violazione di dette disposizioni [sentenze del 28 gennaio 2010, Uniplex (UK), C.406/08, EU:C:2010:45, punto 32; del 12 marzo 2015, eVigilo, C.538/13, EU:C:2015:166, punto 52, nonchŽ dellĠ8 maggio 2014, Idrodinamica Spurgo Velox e a., C.161/13, EU:C:2014:307, punto 37]. 32 ne consegue che una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che i ricorsi avverso i provvedimenti delle amministrazioni aggiudicatrici recanti ammissione o esclusione dalla partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici debbano essere proposti, a pena di decadenza, entro un termine di 30 giorni a decorrere dalla loro comunicazione agli interessati  compatibile con la direttiva 89/665 solo a condizione che i provvedimenti in tal modo comunicati siano accompagnati da una relazione dei motivi pertinenti, tale da garantire che i suddetti interessati siano venuti o potessero venire a conoscenza della violazione del diritto del- lĠUnione dagli stessi lamentata. 33 Secondo costante giurisprudenza della Corte, infatti, lĠefficacia del controllo giurisdizionale garantito dallĠarticolo 47 della Carta presuppone che lĠinteressato possa conoscere la motivazione su cui si fonda la decisione adottata nei suoi confronti, vuoi in base alla lettura della decisione stessa vuoi a seguito di comunicazione della motivazione effettuata su sua richiesta, al fine di consentirgli di difendere i suoi diritti nelle migliori condizioni possibili e di decidere, con piena cognizione di causa, se gli sia utile adire il giudice competente, nonchŽ per porre pienamente in grado questĠultimo di esercitare il controllo sulla legittimitˆ della decisione nazionale in questione (v., in tale senso, sentenze del 15 ottobre 1987, Heylens e a., 222/86, EU:C:1987:442, punto 15, nonchŽ del 4 giugno 2013, zz, C.300/11, EU:C:2013:363, punto 53). raSSEGna aVVOCaTUra DELLO STaTO - n. 4/2018 34 Il giudice del rinvio osserva tuttavia che lĠofferente che intenda impugnare un provvedimento di ammissione di un concorrente deve proporre il proprio ricorso entro un termine di 30 giorni a decorrere dalla sua comunicazione, vale a dire in un momento in cui egli spesso non  in grado di stabilire se abbia realmente interesse ad agire, non sapendo se alla fine il suddetto concorrente sarˆ lĠaggiudicatario oppure se sarˆ egli stesso nella posizione di ottenere lĠaggiudicazione. 35 Occorre rammentare, al riguardo, che lĠarticolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665 impone agli Stati membri di garantire che le procedure di ricorso siano accessibili, secondo modalitˆ che gli Stati membri possono determinare, per lo meno a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere lĠaggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione. 36 QuestĠultima disposizione  applicabile, segnatamente, alla situazione di qualunque offerente che ritenga che un provvedimento di ammissione di un concorrente a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico sia illegittimo e rischi di cagionargli un danno, in quanto simile rischio  sufficiente a giustificare un immediato interesse ad impugnare detto provvedimento, indipendentemente dal pregiudizio che pu˜ inoltre derivare dallĠassegnazione dellĠappalto ad un altro candidato. 37 La Corte ha comunque riconosciuto che la decisione di ammettere un offerente a una procedura dĠappalto configura un atto che, in forza dellĠarticolo 1, paragrafo 1, e dellĠarticolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 89/665, pu˜ costituire oggetto di ricorso giurisdizionale autonomo (v., in tale senso, sentenza del 5 aprile 2017, marina del mediterr‡neo e a., C.391/15, EU:C:2017:268, punti da 26 a 29 e 34). 38 Pertanto, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che la direttiva 89/665, e in particolare i suoi articoli 1 e 2 quater, letti alla luce dellĠarticolo 47 della Carta, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che i ricorsi avverso i provvedimenti delle amministrazioni aggiudicatrici recanti ammissione o esclusione dalla partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici debbano essere proposti, a pena di decadenza, entro un termine di 30 giorni a decorrere dalla loro comunicazione agli interessati, a condizione che i provvedimenti in tal modo comunicati siano accompagnati da una relazione dei motivi pertinenti tale da garantire che detti interessati siano venuti o potessero venire a conoscenza della violazione del diritto dellĠUnione dagli stessi lamentata. Sulla seconda questione 39 Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se lĠarticolo 1, paragrafi 1 e 2, della direttiva 89/665, letto alla luce dellĠarticolo 47 della Carta, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che, in assenza di ricorso contro i provvedimenti delle amministrazioni aggiudicatrici recanti ammissione degli offerenti alla partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici entro un termine di 30 giorni dalla loro comunicazione, agli interessati sia preclusa la facoltˆ di eccepire lĠillegittimitˆ di tali provvedimenti nellĠambito di ricorsi diretti contro gli atti successivi, e in particolare contro le decisioni di aggiudicazione. 40 al riguardo, la Corte ha ripetutamente dichiarato che la direttiva 89/665 deve essere interpretata nel senso che essa non osta, in linea di principio, ad una normativa nazionale che prevede che ogni ricorso avverso una decisione dellĠamministrazione aggiudicatrice COnTEnzIOSO COmUnITarIO ED InTErnazIOnaLE 35 debba essere proposto nel termine allĠuopo previsto e che qualsiasi irregolaritˆ del procedimento di aggiudicazione invocata a sostegno di tale ricorso vada sollevata nel medesimo termine a pena di decadenza talchŽ, scaduto tale termine, non sia pi possibile impugnare detta decisione o eccepire la suddetta irregolaritˆ, purchŽ il termine in parola sia ragionevole (sentenze del 12 dicembre 2002, Universale-Bau e a., C.470/99, EU:C:2002:746, punto 79; del 27 febbraio 2003, Santex, C.327/00, EU:C:2003:109, punto 50, nonchŽ dellĠ11 ottobre 2007, LŠmmerzahl, C.241/06, EU:C:2007:597, punto 50). 41 Tale giurisprudenza  fondata sulla considerazione secondo cui la realizzazione completa degli obiettivi perseguiti dalla direttiva 89/665 sarebbe compromessa se ai candidati e agli offerenti fosse consentito far valere, in qualsiasi momento del procedimento di aggiudicazione, infrazioni alle norme di aggiudicazione degli appalti, obbligando quindi lĠamministrazione aggiudicatrice a ricominciare lĠintero procedimento al fine di correggere tali infrazioni (sentenze del 12 dicembre 2002, Universale-Bau e a., C.470/99, EU:C:2002:746, punto 75; dellĠ11 ottobre 2007, LŠmmerzahl, C.241/06, EU:C:2007:597, punto 51, nonchŽ del 28 gennaio 2010, Commissione/Irlanda, C.456/08, EU:C:2010:46, punto 52). Infatti, un comportamento del genere, potendo ritardare senza una ragione obiettiva lĠavvio delle procedure di ricorso che la direttiva 89/665 impone agli Stati membri di porre in essere,  tale da nuocere allĠapplicazione effettiva delle direttive del- lĠUnione in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici (sentenza del 12 febbraio 2004, Grossmann air Service, C.230/02, EU:C:2004:93, punto 38). 42 nel caso di specie, dalla giurisprudenza della Corte discende che la direttiva 89/665, e in modo del tutto particolare il suo articolo 2 quater, deve essere interpretata nel senso che essa non osta, in linea di principio, a che, in difetto di un ricorso avverso una decisione di unĠamministrazione aggiudicatrice entro il termine di 30 giorni previsto dalla normativa italiana, non sia pi possibile per un offerente eccepire lĠillegittimitˆ di tale decisione nellĠambito di un ricorso diretto contro un atto successivo. 43 nondimeno, se norme nazionali di decadenza non risultano, di per sŽ, in contrasto con quanto prescritto dallĠarticolo 2 quater della direttiva 89/665, non pu˜ tuttavia escludersi che, in particolari circostanze o in considerazione di talune delle loro modalitˆ, la loro applicazione possa pregiudicare i diritti conferiti ai singoli dal diritto dellĠUnione, segnatamente il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, sancito dallĠarticolo 47 della Carta (v., in tale senso, sentenze del 27 febbraio 2003, Santex, C.327/00, EU:C:2003:109, punto 57, nonchŽ dellĠ11 ottobre 2007, LŠmmerzahl, C.241/06, EU:C:2007:597, punti 55 e 56). 44 La Corte ha infatti giˆ avuto occasione di dichiarare che la direttiva 89/665 doveva essere interpretata nel senso che essa osta a che norme di decadenza stabilite dal diritto nazionale siano applicate in modo tale che lĠaccesso, da parte di un offerente, ad un ricorso avverso una decisione illegittima gli sia negato, sebbene egli, sostanzialmente, non potesse essere a conoscenza di detta illegittimitˆ se non in un momento successivo alla scadenza del termine di decadenza (v., in tale senso, sentenze del 27 febbraio 2003, Santex, C.327/00, EU:C:2003:109, punto 60, nonchŽ dellĠ11 ottobre 2007, LŠmmerzahl, C.241/06, EU:C:2007:597, punti da 59 a 61 e 64). 45 Va inoltre sottolineato, come ricordato al punto 31 della presente ordinanza, che la Corte ha altres“ dichiarato che ricorsi efficaci contro le violazioni delle disposizioni applicabili in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici possono essere unicamente garantiti qualora i termini imposti per proporre tali ricorsi inizino a decorrere solo dalla data in raSSEGna aVVOCaTUra DELLO STaTO - n. 4/2018 cui il ricorrente abbia avuto o avrebbe dovuto avere conoscenza della presunta violazione di dette disposizioni (v., in tale senso, sentenza del 12 marzo 2015, eVigilo, C.538/13, EU:C:2015:166, punto 52 e giurisprudenza ivi citata). 46 Spetta pertanto al giudice del rinvio verificare se, nelle circostanze di cui al procedimento principale, la Cooperativa animazione Valdocco sia effettivamente venuta o sarebbe potuta venire a conoscenza, grazie alla comunicazione da parte dellĠamministrazione aggiudicatrice del provvedimento di ammissione del raggruppamento temporaneo di imprese aggiudicatario, ai sensi dellĠarticolo 29 del codice dei contratti pubblici, dei motivi di illegittimitˆ del suddetto provvedimento dalla stessa lamentati, vertenti sul mancato deposito di una cauzione provvisoria dellĠimporto richiesto e sullĠomessa dimostrazione della sussistenza dei requisiti di partecipazione, e se essa sia stata quindi posta effettivamente in condizione di proporre un ricorso entro il termine di decadenza di 30 giorni di cui allĠarticolo 120, comma 2-bis, del codice del processo amministrativo. 47 Detto giudice deve in particolare garantire che, nelle circostanze del procedimento principale, lĠapplicazione combinata delle disposizioni dellĠarticolo 29 e dellĠarticolo 53, commi 2 e 3, del codice dei contratti pubblici, che disciplinano lĠaccesso alla documentazione delle offerte e la sua divulgazione, non escludesse del tutto la possibilitˆ per la Cooperativa animazione Valdocco di venire effettivamente a conoscenza dellĠillegittimitˆ del provvedimento di ammissione del raggruppamento di imprese aggiudicatario dalla stessa lamentata e di proporre un ricorso, a decorrere dal momento in cui la medesima ne ha avuto conoscenza, entro il termine di decadenza di cui allĠarticolo 120, comma 2-bis, del codice del processo amministrativo. 48 Occorre aggiungere che il giudice nazionale deve fornire alla normativa interna che  chiamato ad applicare unĠinterpretazione conforme agli obiettivi della direttiva 89/665. Qualora tale interpretazione non sia possibile, esso deve disapplicare le disposizioni nazionali contrarie a tale direttiva (v., in tale senso, sentenza dellĠ11 ottobre 2007, LŠmmerzahl, C.241/06, EU:C:2007:597, punti 62 e 63), dal momento che lĠarticolo 1, paragrafo 1, della stessa  incondizionato e sufficientemente preciso per essere fatto valere nei confronti di unĠamministrazione aggiudicatrice (sentenze del 2 giugno 2005, Koppensteiner, C.15/04, EU:C:2005:345, punto 38, e dellĠ11 ottobre 2007, LŠmmerzahl, C.241/06, EU:C:2007:597, punto 63). 49 alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che la direttiva 89/665, e in particolare i suoi articoli 1 e 2 quater, letti alla luce dellĠarticolo 47 della Carta, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che, in mancanza di ricorso contro i provvedimenti delle amministrazioni aggiudicatrici recanti ammissione degli offerenti alla partecipazione alle procedure di appalto pubblico entro un termine di decadenza di 30 giorni dalla loro comunicazione, agli interessati sia preclusa la facoltˆ di eccepire lĠillegittimitˆ di tali provvedimenti nellĠambito di ricorsi diretti contro gli atti successivi, in particolare avverso le decisioni di aggiudicazione, purchŽ tale decadenza sia opponibile ai suddetti interessati solo a condizione che essi siano venuti o potessero venire a conoscenza, tramite detta comunicazione, dellĠillegittimitˆ dagli stessi lamentata. sulle spese 50 nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. COnTEnzIOSO COmUnITarIO ED InTErnazIOnaLE Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara: 1) La direttiva 89/665/Cee del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative allĠapplicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2014/23/ue del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, e in particolare i suoi articoli 1 e 2 quater, letti alla luce dellĠarticolo 47 della Carta dei diritti fondamentali del- lĠunione europea, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che i ricorsi avverso i provvedimenti delle amministrazioni aggiudicatrici recanti ammissione o esclusione dalla partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici debbano essere proposti, a pena di decadenza, entro un termine di 30 giorni a decorrere dalla loro comunicazione agli interessati, a condizione che i provvedimenti in tal modo comunicati siano accompagnati da una relazione dei motivi pertinenti tale da garantire che detti interessati siano venuti o potessero venire a conoscenza della violazione del diritto dellĠunione dagli stessi lamentata. 2) La direttiva 89/665, come modificata dalla direttiva 2014/23, e in particolare i suoi articoli 1 e 2 quater, letti alla luce dellĠarticolo 47 della Cartadei diritti fondamentali dellĠunione europea, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che, in mancanza di ricorso contro i provvedimenti delle amministrazioni aggiudicatrici recanti ammissione degli offerenti alla partecipazione alle procedure di appalto pubblico entro un termine di decadenza di 30 giorni dalla loro comunicazione, agli interessati sia preclusa la facoltˆ di eccepire lĠillegittimitˆ di tali provvedimenti nellĠambito di ricorsi diretti contro gli atti successivi, in particolare avverso le decisioni di aggiudicazione, purchŽ tale decadenza sia opponibile ai suddetti interessati solo a condizione che essi siano venuti o potessero venire a conoscenza, tramite detta comunicazione, dellĠillegittimitˆ dagli stessi lamentata. Lussemburgo, 14 febbraio 2019. CONTENZIOSONAZIONALE In tema di reato tributario di Òomesso versamento di ritenuteÓ il solo mod. 770 non prova il rilascio ai sostituiti della certificazione fiscale Nota a CasssazioNe peNale, sezioNi UNite, seNteNza 1 giUgNo 2018 N. 24782 Andrea Colaruotolo* Con la sentenza Cass., Sez. Unite, pen., 22 marzo 2018 (dep. 1 giugno 2018), n. 24782 la Suprema Corte ha chiarito, con riguardo alla formulazione dellĠart. 10 bis D.lgs. n. 74/2000 anteriore allĠentrata in vigore del D.lgs. n. 158/2015, che la dichiarazione modello 770 del sostituto dĠimposta non  di per sŽ sola idonea a provare lĠavvenuto rilascio al sostituito della certificazione fiscale, presupposto della condotta punita. Tuttavia, il modello 770  prova sufficiente in sede cautelare reale atteso il diverso standard richiesto rispetto a quello necessario nel giudizio di penale responsabilitˆ. Questa la norma oggetto dellĠinterpretazione delle Sezioni Unite: art. 10-bis. Omesso versamento di ritenute dovute o certificate. ante riforma: é punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta. post riforma D.lgs. n. 158 2015: é punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta. (*) Dottore in Giurisprudenza, giˆ praticante forense presso lĠAvvocatura dello Stato. rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 1. Fatto. A conferma della sentenza del giudice di prime cure, la Corte dĠappello di Ancona ha condannato E.M., legale rappresentante della M. s.r.l., alla pena di otto mesi di reclusione per il reato di cui allĠart. 10 bis D.lgs. n. 74/2000. In particolare, allĠimputato era stato contestato di aver omesso, nei termini previsti per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto dĠimposta, il versamento delle ritenute relative agli emolumenti erogati nellĠanno di imposta 2010. Avverso la sentenza di condanna, lĠimputato ha proposto ricorso per cassazione. Con un primo motivo, il ricorrente ha dedotto la violazione ed erronea applicazione dellĠart. 10 bis D.lgs. n. 74/2000 e dellĠart. 4, commi 1 e 6 ter, D.p.r. 322/1998 per aver il giudice dĠappello ritenuto integrato il reato tributario sulla base dellĠallegazione, da parte dellĠaccusa, del solo modello 770. Con un secondo motivo,  stata eccepita la violazione degli artt. 27 Cost., 6 Conv. Edu e 533 c.p.p. per aver violato il Giudicante la regola secondo cui la dimostrazione della responsabilitˆ penale compete allĠaccusa. Con un terzo motivo, lĠimputato ha denunciato il vizio motivazionale della sentenza di condanna. Con il quarto motivo, il ricorrente ha censurato lĠapplicazione della confisca per equivalente da parte della Corte territoriale in quanto la misura ablatoria non era prevista al momento della commissione del fatto. Con il quinto ed ultimo motivo di doglianza, il ricorrente ha impugnato la sentenza di condanna per aver il Giudicante respinto come manifestamente infondata la prospettata questione di legittimitˆ costituzionale dellĠart. 322 ter c.p. Con ordinanza del 23 novembre 2017, la terza sezione penale della Cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite la risoluzione della questione di massima relativa allĠidoneitˆ del solo modello 770 a provare -sotto la vigenza dellĠart. 10-bis, D.lgs. n. 74/2000 anteriore alla riforma introdotta con il D.lgs. n. 158/2015 -lĠavvenuto rilascio ai sostituiti delle certificazioni delle ritenute fiscali operate. 2. sullĠidoneitˆ del solo modello 770 ad integrare la prova del rilascio della certificazione nel delitto di omesso versamento di ritenute: i due orientamenti in seno alla sez. iii.(1) Come  noto, la ragion dĠessere della sostituzione di imposta risponde (1) I precedenti Conformi: Cass. pen. Sez. III Sent., 8 aprile 2014, n. 40526: Nel reato di omesso versamento di ritenute certificate, la prova dell'elemento costitutivo rappresentato dal rilascio ai sostituiti delle certificazioni attestanti le ritenute effettivamente operate, il cui onere incombe all'accusa, non pu˜ essere costituita dal solo contenuto della dichiarazione modello 770 proveniente dal datore di lavoro. Cass. pen. Sez. III Sent., 15 ottobre 2014, n. 11335: In tema di omesso versamento di ritenute certificate, la presentazione del modello 770 da parte del datore di lavoro non  sufficiente a dimostrare l'avvenuto rilascio della certificazione delle ritenute operate, come sostituto di imposta, sulle somme corrisposte ai CONtENzIOSO NAzIONAlE allĠesigenza dellĠAmministrazione finanziaria di tassare immediatamente la ricchezza nel momento della sua produzione. Si tratta, quindi, di uno strumento impositivo in forza del quale lĠErario incassa il tributo dal soggetto erogatore dellĠemolumento retributivo, cd. sostituto imposta, in luogo della riscossione dellĠimposta dal soggetto percettore, cd. sostituito. In tale ottica, lĠoperativitˆ del meccanismo della sostituzione di imposta implica che il sostituto debba provvedere: a) al versamento allĠAmministrazione finanziaria degli importi delle ritenute operate alla fonte entro scadenze predeterminate; b) entro il 31 marzo dellĠanno successivo a quello di erogazione delle somme, al rilascio in capo al sostituito della cd. certificazione unica attestante lĠammontare complessivo delle somme corrisposte e delle ritenute operate; c) a trasmettere telematicamente la certificazione allĠAgenzia delle Entrate entro il 7 marzo dellĠanno successivo e a presentare la dichiarazione anuale unica di sostituto dĠimposta, cd. modello 770. Ora, la questione risolta dalle Sezioni Unite non ha ad oggetto la struttura del fatto punito, quanto piuttosto la possibilitˆ o meno di provare per mezzo della sola dichiarazione mod. 770 del sostituto, che il reo ha rilasciato ai sostituiti le relative certificazioni. la questione della idoneitˆ astratta di tale tipo di prova prescinde dallĠinquadramento teorico che si voglia dare al rilascio di tali certificazioni; secondo alcuni considerato elemento costitutivo della fattispecie delittuosa, secondo altri mero fatto presupposto della condotta. Per lĠindirizzo ermeneutico minoritario, invero, la prova delle certificazioni attestanti le ritenute operate dal datore di lavoro, come sostituto di imposta, sulle retribuzioni corrisposte ai sostituiti pu˜ essere fornita mediante dipendenti, in quanto tale modello, non contenendo alcuna dichiarazione in tal senso, costituisce un semplice indizio privo dei caratteri di gravitˆ e precisione. Cass. pen. Sez. III Sent., 16 dicembre 2016, n. 10509: In tema di omesso versamento di ritenute certificate, alla luce della modifica apportata dall'art. 7 del D.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, all'art. 10 bis del D.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, che ha esteso l'ambito di operativitˆ della norma alle ipotesi di omesso versamento di ritenute dovute sulla base della dichiarazione proveniente dal datore di lavoro (c.d. mod. 770), deve ritenersi che per i fatti pregressi la prova dell'elemento costitutivo del reato non pu˜ essere costituita dal solo contenuto della dichiarazione, essendo necessario dimostrare l'avvenuto rilascio ai sostituiti delle certificazioni attestanti le ritenute operate dal datore di lavoro quale sostituto di imposta. Difformi: Cass. pen. Sez. III Sent., 15 novembre 2012, n. 1443: Nel reato di omesso versamento di ritenute certificate, la prova delle certificazioni attestanti le ritenute operate dal datore di lavoro, quale sostituto d'imposta, sulle retribuzioni effettivamente corrisposte ai sostituiti, pu˜ essere fornita dal pubblico ministero mediante documenti, testimoni o indizi. (Fattispecie nella quale  stata ritenuta sufficiente la allegazione dei mod. 770 provenienti dallo stesso datore di lavoro). Cass. pen. Sez. III Sent., 30 maggio 2014, n. 27479: In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, il mod. 770 sottoscritto dal datore di lavoro, contenendo la dichiarazione relativa alle trattenute operate a titolo di imposta su compensi, salari e previdenza, pu˜ essere valutato, in assenza di elementi contrari, come prova piena della effettiva corresponsione delle retribuzioni ai lavoratori dipendenti. rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 documenti, testimoni o indizi; da ci˜ discende lĠasserita idoneitˆ anche della sola allegazione del mod. 770 al fine di provare lĠavvenuto rilascio della certificazione. la premessa di fondo di tale ragionamento poggia sullĠassunto per cui non avrebbe senso dichiarare ci˜ che non  stato corrisposto e, quindi, certificato. Ne consegue, dunque, che lĠonere probatorio in capo allĠaccusa pu˜ dirsi assolto anche attraverso il ricorso a documentazione equipollente alle certificazioni, come  la dichiarazione mod. 770 (Cass. pen. Sez. III, 15 novembre 2012, n. 1443; Cass. pen. Sez. III, 30 maggio 2014, n. 27479). Per lĠorientamento interpretativo maggioritario, invece, non  sufficiente -stando alla littera legis dellĠart. 10 bis ante riforma - la sola allegazione del mod. 770 ai fini della dimostrazione dellĠeffettuazione delle ritenute e del successivo rilascio ai sostituiti della relativa certificazione. la citata preclusione deriva, infatti, dalla diversitˆ di presupposti, finalitˆ e contenuti tra il mod. 770 e la certificazione rilasciata ai sostituiti. tanto  vero che il mod. 770 attesta esclusivamente lĠerogazione delle retribuzioni e lĠeffettuazione delle ritenute, mentre non postula il rilascio delle certificazioni ai sostituiti (Cass. pen. Sez. III Sent., 8 aprile 2014, n. 40526; Cass. pen. Sez. III Sent., 16 dicembre 2016, n. 10509). 3. la soluzione delle sezioni Unite.(2) A seguito del predetto contrasto interpretativo, le Sezioni Unite hanno aderito allĠimpostazione maggioritaria, affermando lĠinidoneitˆ della sola dichiarazione mod. 770 a provare lĠavvenuto rilascio delle certificazioni fiscali. In particolare, il quadro St del mod. 770 non presuppone il rilascio delle certificazioni, avendo ad oggetto solo i dati dellĠimporto versato e delle ritenute operate. Diversamente, con lĠentrata in vigore del D.lgs. n. 158/2015 lĠoperativitˆ della previsione di cui allĠart. 10 bis D.lgs. n. 74/2000  stata estesa anche allĠomesso versamento delle ritenute dovute sulla base della dichiarazione, ampliandosi in tale modo la portata del precetto antecedente al 2015, riferito alle sole ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti, dunque mod. CUD e CU. Per lĠeffetto, lĠidoneitˆ della dichiarazione mod. 770 a dimostrare lĠintegrazione degli estremi del reato fiscale  maturata soltanto successivamente alla modifica normativa del 2015. In ordine a questĠultima, i giudici di legittimitˆ ne hanno ribadito la portata innovativa e non meramente interpretativa, con esclusione di applicazione retroattiva in conformitˆ agli artt. 2 c.p. e 25, 2Ħ co., Cost. Ne consegue, quindi, che il contrasto giurisprudenziale e la (2) la soluzione delle Sezioni Unite: ÒCon riferimento all'art. 10 bis nella formulazione anteriore alle modifiche apportare dal d.lgs. n. 158 /2015, la dichiarazione modello 770 proveniente dal sostituto di imposta non pu˜ essere ritenuta di per sŽ sola sufficiente ad integrare la prova della avvenuta consegna al sostituito della certificazione fiscaleÓ. CONtENzIOSO NAzIONAlE relativa risoluzione hanno riguardo solo i fatti anteriori alla entrata in vigore del D.lgs. n. 158/2015. In sostanza, per la punibilitˆ di fatti di omesso versamento di ritenute di cui allĠart. 10 bis D.lgs. n. 74/2000, commessi anteriormente al 2015, occorre il raggiungimento della prova in merito al rilascio delle certificazioni ai sostituiti mediante il ricorso ad elementi ulteriori e diversi rispetto alla sola produzione del mod. 770. In tale contesto,  irrilevante lĠomessa allegazione da parte dellĠimputato di circostanze di segno contrario, giacchŽ lĠaffermazione della responsabilitˆ penale al di lˆ di ogni ragionevole dubbio  onere della sola accusa. In sede cautelare reale, invece, i giudici di legittimitˆ hanno riconosciuto lĠidoneitˆ della dichiarazione mod. 770 ai fini dellĠapplicazione delle relative misure, ferma restando la sua insufficienza in sede di giudizio di merito. tutto ci˜ precisato, la Cassazione ha manifestato alcuni dubbi critici rispetto alla disciplina vigente. Profili di eccesso di delega sembrano, infatti, emergere dalla estensione della portata dellĠart. 10 bis D.lgs. n. 74/2000 operata con lĠart. 7 D.lgs. n. 158/2015, a fronte delle previsioni contenute nella legge delega di riduzione del trattamento sanzionatorio per gli illeciti fiscali meno gravi, tra cui  da ricomprendersi quello in esame. Invero, lĠart. 8 della legge delega di riforma del sistema tributario n. 23/2014 stabiliva esclusivamente di ridurre le sanzioni o di applicare sanzioni amministrative, mentre non autorizzava il Governo ad estendere la portata delle fattispecie incriminatrici. Incontroverso , infatti, lĠampliamento della portata dellĠart. 10 bis D.lgs. n. 74/2000 con lĠart. 7 del D.lgs. n. 158/2015 attraverso la previsione di una condotta in precedenza penalmente irrilevante. Ed ancora, perplessitˆ sono state espresse dalla Suprema Corte in merito alla differenziazione tra illecito amministrativo e reato tributario a seguito della rilevanza penale attribuita allĠomesso versamento di ritenute risultanti anche solo dalla dichiarazione con conseguenti pericoli di violazione del ne bis in idem. Da ultimo, la Suprema Corte ha evidenziato che le ritenute risultanti dalle certificazioni potrebbero non corrispondere a quelle riportate in dichiarazione. Pertanto, a fronte del- lĠattuale equipollenza probatoria tra le due documentazioni, lĠinterprete potrebbe, non senza conseguenze critiche rispetto ad unĠesigenza di certezza, propendere per quella recante gli importi pi elevati, per soddisfare la necessitˆ di superare la soglia di punibilitˆ della fattispecie delittuosa. Cassazione penale, Sezioni Unite, sentenza 1 giugno 2018 (ud.: 22 marzo 2018) -pres. D. Carcano, Rel. G. Andrezza. CONSIDErAtO IN DIrIttO 1. la questione di diritto in ordine alla quale il ricorso, con riferimento essenzialmente al primo motivo,  stato rimesso alle Sezioni Unite,  sinteticamente riassumibile nei seguenti termini: "se, ai fini dell'accertamento del reato di cui al D.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10-bis, rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 nel testo anteriore all'entrata in vigore del D.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, art. 7, comma 1, lett. b), sia sufficiente la sola dichiarazione modello 770 proveniente dal datore di lavoro per integrare la prova dell'avvenuta consegna ai sostituiti delle certificazioni delle ritenute fiscali". 2. é necessario in primo luogo richiamare i tratti essenziali della disciplina relativa al versamento delle ritenute, operate sulle retribuzioni, da parte del sostituto d'imposta e, subito dopo, soffermarsi sulla regolamentazione, sotto il profilo sanzionatorio, delle relative omissioni. va quindi anzitutto ricordato che la sostituzione predetta  uno strumento impositivo con il quale l'Amministrazione finanziaria, in luogo della riscossione dell'imposta direttamente dal percettore del reddito, incassa il tributo da un altro soggetto, ovvero quello che eroga gli emolumenti, il quale assume la qualifica di "sostituto" d'imposta in quanto tenuto al pagamento in luogo dell'altro (normale soggetto passivo, c.d. "sostituito"), sotto forma di prelievo di una percentuale (c.d. "ritenuta alla fonte") della somma oggetto di erogazione (costituente reddito) e del suo successivo versamento all'Erario (in genere con cadenza mensile). l'istituto ha la sua ragion d'essere nell'esigenza pratica di colpire la ricchezza da tassare nel momento della produzione, prima ancora che la stessa giunga nella disponibilitˆ del destinatario e si applica, in base a quanto stabilito dal titolo III del D.P.r. 29 settembre 1973, n. 600, ad una platea di soggetti comprendente gli enti pubblici, gli istituti di credito, i soggetti esercenti attivitˆ di impresa, ovvero artistica e professionale, che corrispondono redditi di lavoro dipendente o assimilati, redditi di lavoro autonomo, redditi di capitale, provvigioni inerenti a rapporti di commissione, agenzia, mediazione, rappresentanza di commercio e procacciamento d'affari o redditi diversi. l'operativitˆ del meccanismo di sostituzione d'imposta comporta l'adempimento di determinati obblighi strumentali a carico del sostituto, il quale deve essenzialmente: provvedere, entro scadenze predeterminate (precisamente entro il 16 del mese successivo a quello in cui le somme sono state corrisposte), al versamento in favore dell'Erario degli importi delle ritenute operate alla fonte; rilasciare al sostituito (entro il 31 marzo dell'anno successivo a quello di erogazione delle somme) una "certificazione unica" (CU) attestante l'ammontare complessivo delle somme corrisposte e delle ritenute operate (in modo da permettere al soggetto passivo di documentare e di dimostrare il prelievo subito), delle detrazioni di imposta effettuate e dei contributi previdenziali e assistenziali; trasmettere in via telematica detta certificazione all'Agenzia delle Entrate entro il 7 marzo sempre dell'anno successivo; presentare infine la dichiarazione annuale unica di sostituto d'imposta (mod. 770) dalla quale risultino tutte le somme pagate e le ritenute operate nell'anno precedente. A loro volta i contribuenti sono obbligati a conservare le certificazioni cos“ rilasciate e ad esibirle a richiesta degli uffici competenti per i dovuti controlli (come previsto dal D.P.r. 29 settembre 1973, n. 600, art. 3, comma 3). 2.1. Quanto alla disciplina sanzionatoria, va ricordato che inizialmente l'omesso versamento di ritenute da parte del sostituto era previsto dal D.l. 10 luglio 1982, n. 429, art. 2, convertito dalla l. 7 agosto 1982, n. 516, che, nel suo testo originario, contemplava espressamente come condotta delittuosa il fatto di non versare "all'erario le ritenute effettivamente operate, a titolo di acconto o di imposta, sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori". la norma veniva successivamente modificata dal D.l. 16 marzo 1991, n. 83, art. 3, convertito dalla l. 15 maggio 1991, n. 154 che provvedeva, diversificando la risposta sanzionatoria, a contemplare, alla lett. a), il fatto del mero "mancato versamento nel termine delle ritenute" ed invece, alla lett. b), il fatto del "mancato versamento nel termine delle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti", con ulteriore diversificazione, in tale secondo ambito, della sanzione a seconda del superamento o meno di determinate soglie di punibilitˆ. CONtENzIOSO NAzIONAlE Allo stesso tempo, la condotta veniva sanzionata anche in via amministrativa per effetto del D.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13, comma 1, attesa l'introduzione di una specifica previsione in tal senso riguardante i versamenti tributari in generale dovuti "alle prescritte scadenze". la previsione penale veniva tuttavia soppressa dal D.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 25, lett. d), espressamente abrogativo del titolo 1 del D.l. 10 luglio 1982, n. 429, convertito dalla l. 7 agosto 1982, n. 516, ivi compresi, dunque, anche i reati a carico del sostituto di imposta, senza alcuna contestuale introduzione di fattispecie di reato in continuitˆ normativa rispetto a quella di cui al citato art. 2 della l. n. 516. Ne derivava, pertanto, che la condotta omissiva pi volte indicata, non pi prevista come reato, residuava solo come illecito di carattere amministrativo, attesa la scelta del legislatore di eliminare, testualmente, una "figura criminosa (...) pi di altre (...) al centro di vivaci polemiche" anche in ragione della sua caratterizzazione, n pi n meno, come di mero inadempimento di un debito, sia pure nei confronti dello Stato, non caratterizzato da alcuna componente di tipo fraudolento. Il fatto tornava per˜ a riacquistare le caratteristiche di illecito penale con la l. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 414, (legge finanziaria per l'anno 2005), che provvedeva ad inserire nell'impianto normativo del D.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 l'art. 10-bis dal titolo "Omesso versamento di ritenute certificate", venendo questa volta, infatti, sanzionato l'omesso versamento, unicamente ove riguardante "ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti", per un ammontare superiore a cinquantamila Euro per ciascun periodo di imposta. la norma  stata infine modificata per effetto del D.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, art. 7, s“ che attualmente  punito "chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila Euro per ciascun periodo d'imposta". 2.2. A parte l'innalzamento della soglia della rilevanza penale, appare dunque evidente l'elemento differenziale nelle due versioni della norma: mentre in quella ante 2015 si faceva riferimento alle sole "ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti" (quindi il CUD o CU) ad oggi la norma appare operare anche, ed alternativamente, il riferimento alle "ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione" (cio quella annuale del sostituto, e, quindi, il mod. 770). 3. tanto premesso, la questione portata al vaglio delle Sezioni Unite -per vero la stessa questione era stata rimessa nel 2015, ma, in ragione della sopravvenuta estinzione del reato, la Corte, con la sentenza n. 19755 del 24/09/2015 (dep. 2016), Mondello, non  potuta entrare nel merito -affonda le sue radici nel contrasto (che, come si dirˆ in seguito,  in realtˆ contrasto non giˆ in ordine all'esegesi della norma bens“, piuttosto, sulle conseguenze, sotto il profilo probatorio, della caratterizzazione normativa delle ritenute, il cui versamento venga omesso, come necessariamente risultanti dalla certificazione rilasciata) che si  formato in seno alla terza Sezione penale, nella vigenza della formulazione dell'art. 10-bis cit. anteriore alla modifica del 2015, quanto in particolare alla sufficienza della dichiarazione mod. 770 del sostituto a dimostrare l'avvenuto rilascio ai sostituiti delle certificazioni; e ci˜ a fronte della necessitˆ di considerare tale rilascio, sulla base della formulazione della norma, se non quale elemento costitutivo del reato, quanto meno di suo presupposto. 3.1. Un primo orientamento  stato originato dalla pronuncia di Sez. 3, n. 1443 del 15/11/2012 (dep. 2013), Salmistrano, rv. 254152: nell'affermare che nel reato di omesso ver rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 samento di ritenute certificate, la prova delle certificazioni attestanti le ritenute operate dal datore di lavoro, quale sostituto d'imposta, sulle retribuzioni effettivamente corrisposte ai sostituiti, pu˜ essere fornita dal pubblico ministero mediante documenti, testimoni o indizi, la sentenza riconosce espressamente come sufficiente a tal fine la allegazione dei mod. 770 provenienti dal datore di lavoro. Dopo avere premesso che l'art. 10-bis, pur costituendo "una nuova fattispecie criminosa introdotta o reintrodotta dalla novella citata senza alcuna continuitˆ normativa con le disposizioni previgenti", opera sullo stesso piano della norma abrogata, seguendo una ratio consistente nell'"impedire, attraverso la sanzione penale, che il datore di lavoro ometta di versare le somme trattenute, quale sostituto di imposta, sulle retribuzioni corrisposte al lavoratori", la pronuncia sottolinea come la norma, mediante il riferimento alle "certificazioni rilasciate ai sostituiti" in luogo della pi generica formula che si rinveniva nel D.l. 10 luglio 1982, n. 429, art. 2, convertito in l. 7 agosto 1982, n. 516 ("le ritenute effettivamente operate, a titolo di acconto o di imposta, sulle somme pagate") abbia inteso esplicitare in modo assolutamente chiaro che la sanzione penale trova applicazione soltanto sulle ritenute effettivamente operate sulle retribuzioni corrisposte ai dipendenti; non vi sarebbe dunque ragione "per ritenere che la prova del rilascio quale elemento costitutivo del reato debba ricavarsi solo dalle "certificazioni" senza possibilitˆ di ricorrere ad "equipollenti" potendo l'onere probatorio essere assolto dal pubblico ministero "mediante il ricorso a prove documentali o testimoniali oppure attraverso la prova indiziaria". Di qui, dunque, l'idoneitˆ a tal fine anche del modello 770 posto che da esso emerge la prova delle ritenute operate e che tali ritenute "devono ritenersi per ci˜ stesso certificate, dal momento che non avrebbe senso dichiarare quello che non  stato corrisposto e, perci˜ stesso, certificato". tale indirizzo risulta successivamente seguito, tra le altre, da Sez. 3, n. 33187 del 12/06/2013, Buzi, rv. 256429; Sez. 3, n. 20778, del 06/03/2014, leucci, rv. 259182; Sez. 3, n. 19454 del 27/03/2014, Onofrio, rv. 260376, ove i concetti giˆ enucleati dalla pronuncia Salmistrano vengono ripresi e ribaditi pur nella qualificazione del rilascio delle certificazioni talora come elemento costitutivo del reato (in tal senso Sez. 3, n. 33187 del 12/06/2013, Buzi, cit., e Sez. 3, n. 19454 del 27/03/2014, Onofrio, cit.) e talaltra quale presupposto del reato stesso (in tal senso Sez. 3, n. 20778, del 06/03/2014, leucci, cit.). la differente valutazione giuridica dell'elemento in oggetto, affidata da tutte le pronunce richiamate ad una mera enunciazione definitoria a ben vedere non supportata dalla manifestazione delle specifiche ragioni determinanti la scelta in un senso oppure nell'altro, non appare infatti rilevare quanto all'esigenza, riconosciuta da tutte le pronunce, che dell'elemento in questione sia comunque necessaria la dimostrazione in giudizio;  la pronuncia leucci in particolare a chiarire che, pur dovendo il rilascio delle certificazioni essere individuato quale presupposto del reato (la fattispecie penalmente rilevante sarebbe integrata dalla sola condotta omissiva che si realizza con il mancato versamento entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta delle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti), il rilascio della certificazione  comunque necessario per integrare il reato de quo. va anzi constatato che le stesse Sezioni Unite, intervenute sul punto dell'affermata applicabilitˆ della norma, entrata in vigore in data 1 gennaio 2005, anche alle omissioni dei versamenti relativi all'anno 2004, e richiamate dalla sentenza leucci (S.U., n. 37425 del 28/03/2013, Favellato, rv. 255760), pur qualificando il reato come "omissivo proprio", non appaiono sottrarsi ad una sostanziale linea di incertezza proprio con riguardo alla qualificazione dell'elemento in questione, definito, dapprima, come "presupposto" del reato (analogamente alla erogazione delle somme al sostituito) e, poco dopo, come "elemento costitutivo", significati CONtENzIOSO NAzIONAlE vamente richiesto per il solo illecito penale e non anche per l'illecito amministrativo e dunque idoneo a rappresentare, insieme alle diverse scadenze temporali previste per il versamento, la linea di demarcazione tra l'uno e l'altro tipo. In ogni caso, anche le sentenze appena sopra richiamate appaiono "sposare" le impostazioni adottate in via generale dalla sentenza Salmistrano, puntualizzandosi, quanto al modello 770, che nello stesso sono "comunicati in via telematica all'Agenzia delle Entrate i dati fiscali relativi alle ritenute operate nell'anno precedente nonch gli altri dati contributivi ed assicurativi richiesti, tra cui i dati relativi alle certificazioni rilasciate ai soggetti cui sono stati corrisposti in tale anno redditi di lavoro dipendente, equiparati ed assimilati o indennitˆ di fine rapporto" (vedi, testualmente, sul punto, sempre la sentenza leucci). 3.2. Un secondo orientamento, che ha ben presto assunto, nella giurisprudenza della Corte, le dimensioni di indirizzo largamente maggioritario,  stato inaugurato da Sez. 3, n. 40256 del 08/04/2014, Gagliardi, rv. 259198. Dopo avere premesso che anche secondo l'interpretazione fatta propria dalle Sezioni Unite e dalla prevalente dottrina l'elemento specializzante che determina il configurarsi della natura delittuosa della fattispecie  costituito dal rilascio della certificazione al sostituito e che quindi la norma penale non pu˜ trovare applicazione, non solo nei casi in cui il sostituto non abbia operato le ritenute, ma anche nei casi in cui non abbia rilasciato la certificazione o la abbia rilasciata in un momento successivo alla scadenza del termine per effettuare il versamento, si afferma che "gli elementi costitutivi della fattispecie, necessari per attribuire rilevanza penale alla fattispecie sono costituiti dalle parti di condotta attiva comprendenti sia l'effettuazione della ritenuta e sia la successiva emissione della certificazione". Si aggiunge che "trattandosi (...) di elementi costitutivi del reato (ma le conseguenze non cambierebbero anche se si volesse parlare di presupposti del reato) per ritenere sussistente il delitto  necessario che l'accusa fornisca la prova di tali elementi e, in particolare (...) che il sostituto abbia rilasciato ai sostituiti la certificazione (o le certificazioni) da cui risultino le ritenute il cui versamento  stato poi omesso", dovendo, peraltro, detta prova non essere necessariamente data dalla produzione delle certificazioni stesse, ma potendo consistere anche in altre prove documentali ovvero anche orali. tra di esse, tuttavia, si aggiunge, non pu˜ essere ricompresa la sola dichiarazione modello 770: da un lato perch la stessa non contiene la dichiarazione di avere tempestivamente emesso le certificazioni ma solo di avere erogato le retribuzioni ed effettuato le ritenute, e dall'altro perch, tra dichiarazione modello 770 e certificazione rilasciata ai sostituiti, disciplinati da fonti distinte, rispondenti a finalitˆ non coincidenti e che non devono essere consegnati o presentati contestualmente, vi sono differenze sostanziali tali da non consentire di ritenere, automaticamente, che l'uno non possa risultare indipendente dall'altro. Di qui, dunque, le diverse conclusioni rispetto al primo indirizzo ricordato. Gli assunti della pronuncia Gagliardi sono stati successivamente ribaditi da numerose pronunce, tutte nel senso, per le medesime ragioni, della inidoneitˆ della sola dichiarazione modello 770 a provare l'avvenuto rilascio delle certificazioni (Sez. 3, n. 10475/15 del 9/10/2014, Calderone, rv. 263007; Sez. 3, n. 11335/15 del 15/10/2014, Pareto, rv. 262855; Sez. 3, n. 6203 del 29/10/2014, rispoli, rv. 262365; Sez. 3, n. 37075/15 del 19/12/2014, ravelli; Sez. 3, n. 5736 del 21/01/2015, Patti; Sez. 3, n. 10104 del 7/1/2016, Grazzini, rv. 266301; Sez. 3, n. 7884 del 4/2/2016, Bombelli; Sez. 3, n. 41468 del 30/03/2016, Pappalardo; Sez. 3, n. 48591 del 26/4/2016, Pellicani, rv. 268492; Sez. 3, n. 48302 del 20/09/2016, Donetti; Sez. 7, n. 53249 del 23/09/2016; D'Ambrosi; Sez. 3, n. 51417 del 29/11/2016, Fontanella; Sez. 3, n. 10509/17 del 16/12/2016, Pisu, rv. 269141; Sez. 3, n. 57104 del 12/4/2017, Polinari; Sez. 3, rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 n. 30139 del 15/6/2017, Fregolent, rv. 270464; Sez. 3, n. 36057 del 11705/2017, Cerere; Sez. 3 n. 1439/18 del 12/7/2017, Sesana; Sez. 3, n. 46390 del 9/10/2017, Gambardella; Sez. 3, n. 2393 del 22/1/2018, vecchierelli). va anche qui precisato che, in tale ambito, appare essersi riproposta (senza che ci˜, come giˆ detto, abbia potuto comportare una differente conclusione quanto, comunque, alla necessitˆ di prova del'elemento) la divergenza circa la qualificazione da dare al rilascio delle certificazioni, se cio, di presupposto del reato (in tal senso, solo Sez.3, n. 7884 del 2016, Bombelli cit.) ovvero di elemento costitutivo dello stesso (in tal senso, Sez.3, n. 1439 del 2017, Sesana, cit.; Sez. 3, n. 10475 del 2015, Calderone, cit.; Sez. 3, n. 10509 del 2017, Pisu, cit.; Sez.3, n. 11335 del 2015, Pareto, cit.; Sez. 3, n. 30139 del 2017, Fregolent, cit.; Sez. 3, n. 57104 del 2017, Polinari, cit.; Sez. 3, n. 36057 del 2017, Cerere, cit.). In seno a tale indirizzo, peraltro, una particolare attenzione va assegnata a quelle pronunce che, a cominciare, cronologicamente, da Sez. 3, n. 10104 del 7/1/2016, Grazzini, rv. 266301, sono giunte a confermare gli approdi ermeneutici della sentenza Gagliardi anche tenendo conto delle modifiche operate dal D.lgs. n. 158 del 2015. Infatti, dopo avere escluso che alla novella operata, lˆ dove la stessa ha posto, come visto in principio, accanto alle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti, anche le ritenute dovute sulla base della dichiarazione di interpretazione autentica, possa assegnarsi, in ragione dell'esigenza di dipanare il contrasto creatosi, natura di norma di interpretazione autentica a fronte della problematica coesistenza di disposizioni di tal fatta con la necessitˆ di rispettare il principio di irretroattivitˆ proprio delle norme incriminatrici, la sentenza ha colto la incidenza "interpretativa" della nuova disposizione: se il legislatore, si  affermato, ha inteso estendere la tipicitˆ del reato anche alle ipotesi di omesso versamento delle ritenute dovute sulla base della dichiarazione modello 770, deve ritenersi che non soltanto la precedente formulazione racchiudesse nel proprio perimetro di tipicitˆ soltanto l'omesso versamento di ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti, ma richiedesse, sotto il profilo probatorio, la necessitˆ di una prova del rilascio delle certificazioni ai sostituiti. Di qui, dunque, l'ulteriore conferma del- l'indirizzo negativo quanto alla idoneitˆ probatoria del solo modello 770. tali assunti sono stati seguiti anche da Sez.3, n. 48591 del 2016, Pellicani, cit.; Sez. 3, n. 48302 del 2016, Donetti, cit.; Sez. 7, n. 53249 del 2016, D'Ambrosi, cit.; Sez. 3, n. 51417 del 2016, Fontanella, cit.; Sez. 3, n. 10509 del 2017, Pisu, cit.; Sez. 3, n. 57104 del 12/4/2017, Polinari, cit.; Sez. 3, n. 30139 del 2017, Fregolent, cit.; Sez. 3, n. 36057 del 2017, Cerere, cit.; Sez. 3 n. 1439 del 2018, Sesana, cit.; Sez. 3, n. 46390 del 2017, Gambardella, cit.; Sez. 3, n. 2393 del 2018, vecchierelli, cit.). In particolare, Sez. 3, n. 10509 del 2017, Pisu, cit., ha specificato, quanto alla nuova norma, che la natura innovativa e non meramente interpretativa della stessa non pu˜ essere posta in discussione per il solo fatto che, nella relazione illustrativa al D.lgs. n. 158 del 2015, si sia affermato che la modifica ha "chiarito" la portata del precedente modello legale della fattispecie incriminatrice a fronte comunque dell'oggettivo precipitato della norma. 4. Queste Sezioni Unite ritengono che, con riferimento alla normativa previgente alla modifica intervenuta nell'anno 2015 (il reato contestato all'imputato  stato commesso nell'anno 2011, s“ che la nuova formulazione, di chiaro stampo innovativo per come si dirˆ oltre, non pu˜ in alcun modo retroagire), debba essere condiviso l'indirizzo, maggioritario, che esclude la idoneitˆ del solo modello 770 (di dichiarazione delle erogazioni effettuate e delle ritenute operate), a provare l'elemento, da considerare presupposto del reato, del rilascio delle certificazioni. 4.1. Deve anzitutto premettersi come non possa porsi in dubbio la circostanza che il legi CONtENzIOSO NAzIONAlE slatore del 2004, nel reintrodurre (secondo il percorso illustrato sopra) l'illecito penale di omesso versamento delle ritenute, giˆ previsto, anteriormente, dalla l. n. 516 del 1982 e successivamente abrogato dal D.lgs. n. 74 del 2000, abbia condizionato testualmente l'illecito alle sole ritenute, il cui omesso versamento viene sanzionato, "risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti"; in altri termini, solo le ritenute che risultino, ovvero siano attestate, dalle certificazioni predette sono quelle idonee ad attingere il grado di disvalore penale considerato dal legislatore. N un tale dato, la cui evidenza  tale che nessuna delle pronunce di questa Corte che si sono occupate del tema al vaglio di queste Sezioni Unite, sia se riconducibili al primo sia se riconducibile al secondo degli indirizzi illustrati, ha mai potuto affermare il contrario, appare revocabile in dubbio sulla base di pur plausibili considerazioni di carattere sistematico: la eventuale irrazionalitˆ della scelta di assoggettare a sanzione penale, diversamente dalla originaria impostazione della l. n. 516 del 1982, il mancato versamento delle ritenute solo se accompagnato dal rilascio delle relative certificazioni (s“ che una condotta altrimenti penalmente irrilevante verrebbe ad assumere significato penalistico solo lˆ dove ad essa si accosti un comportamento costituente adempimento di un dovere, finalizzato a garantire al sostituito il diritto a detrarre la ritenuta subita, evitando cos“ il prodursi di una doppia imposizione) non potrebbe certo offuscare il chiaro significato della norma, insuscettibile, per il rispetto dovuto al principio di legalitˆ, di interpretazioni in definitiva abrogatrici della locuzione qui in esame. Ed anche restando sul piano di una interpretazione di ordine logico-critico, non potrebbe sottacersi il significato di un elemento (quello, appunto, del rilascio delle certificazioni) che, come a suo tempo giˆ evidenziato da Sez. Un. Favellato, appare svolgere in realtˆ la funzione di differenziare l'illecito penale dal mero illecito amministrativo: una funzione, dunque, di carattere selettivo, che, sia pure comportando il sacrificio della realtˆ materiale al fine di privilegiare solo quella "contabilizzata" o "certificata", appare tutt'altro che incomprensibile, ove si rifletta sulla necessitˆ, alla luce del principio del ne bis in idem e della sua portata sempre pi cogente, di una precisa demarcazione, a partire soprattutto dal momento della legiferazione, tra il "fatto" intrinsecamente penale (a prescindere dalle denominazioni coniate dal legislatore) e quello solo amministrativo. Del resto, non  secondario considerare, sempre nell'ambito di una razionale differenziazione dei due campi, la maggiore gravitˆ di una condotta destinata ad incidere, proprio perch accompagnata dal rilascio delle certificazioni, sullo stesso rapporto fiduciario con il sostituito. 4.2. Ne deriva dunque che, ai fini della consumazione del reato in oggetto, occorre il rilascio delle certificazioni, sia che lo stesso venga configurato come elemento costitutivo del reato (come  dato rinvenire nella gran parte delle decisioni sopra segnalate), sia invece che lo stesso venga configurato quale presupposto di esso (come una parte minoritaria della giurisprudenza mostra di ritenere). Entrambi gli indirizzi segnalati, come giˆ visto, significativamente non uniformi al loro interno proprio su questo punto, convengono su tale postulato, in definitiva implicitamente fatto proprio anche dalle giˆ rammentate Sezioni Unite Favellato che, sia pure restando, come visto, ondivaghe sulla esatta qualificazione di tale elemento, hanno per˜ implicitamente considerato necessario, ai fini della consumazione del reato, il rilascio delle certificazioni. Cos“ come entrambi gli indirizzi appaiono convenire sul fatto (o comunque appaiono implicitamente muovere dallo stesso, non essendovi affermazioni di segno contrario) che, ai fini di provare il rilascio delle certificazioni, non  necessaria l'acquisizione materiale delle certificazioni stesse, perch ben possono supplire prove documentali anche di altro genere o prove rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 orali (tra cui in primis le dichiarazioni rese dal sostituito), conclusione, questa, del tutto corretta e logicamente discendente, evidentemente, dal principio di atipicitˆ delle prove penali insito nel disposto di cui all'art. 189 c.p.p., dovendo, dunque, anche qui ribadirsi l'incompatibilitˆ, con l'assetto processuale penale, di un sistema di prove tipiche o legali. N appare infine in discussione il fatto che l'onere di tale prova incomba, ancora una volta non essendo determinante sul punto la classificazione formale dell'elemento in oggetto quale elemento costitutivo o, piuttosto, quale presupposto del reato, sul pubblico ministero giacch, riprendendo le parole della giˆ citata sentenza leucci, "incombe appunto al pubblico ministero di provare i fatti costitutivi dell'addebito contestato, tra cui, per quanto qui interessa, il rilascio delle certificazioni" e incombendo invece all'imputato "provare i fatti (estintivi o modificativi) che paralizzino la "pretesa punitiva"". 4.3. In definitiva, dunque, il contrasto verte, in realtˆ, su null'altro che su una valutazione di carattere probatorio. Semplificando, si potrebbe affermare che l'unico vero sostanziale effetto differentemente conseguente ai due orientamenti sarebbe quello di esonerare o meno il pubblico ministero dall'onere di ricercare, al fine del raggiungimento della prova richiesta sul punto giˆ sottolineato, elementi ulteriori e diversi (orali, come ad esempio le dichiarazioni dei sostituiti, o documentali) rispetto alla sola dichiarazione modello 770 (nel panorama giurisprudenziale giˆ complessivamente richiamato solo Sez. 3, n. 37075 del 2015, ravelli, cit., sostiene, con affermazione che parrebbe presentare margini di equivocitˆ rispetto al principio di atipicitˆ delle prove penali, che il giudice deve fornire anche "risposte precise e concrete sulle ragioni per le quali non ha percorso la strada diretta dell'acquisizione dei certificati stessi privilegiando una prova pur sempre indiretta del reato ma a rischio di derive analogico sostanzialistiche"). Ed il pubblico ministero, vale ribadire, non  comunque esonerato da tale prova per il fatto che l'imputato non abbia allegato circostanze ed elementi in senso contrario, non essendo, nell'ordinamento processuale penale, previsto un onere probatorio a carico dell'imputato modellato sui principi propri del processo civile (Sez. 5, n. 32937 del 19/05/2014, Stanciu, rv. 261657). Infatti, sia norme sovraordinate di carattere generale internazionali (specificamente l'art. 6.2. della Convenzione Edu e l'art. 14 n. 2 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, entrambe espressamente indicanti la necessitˆ che la colpevolezza dell'accusato sia provata secondo legge) e interne (art. 25 Cost. in ordine alla presunzione di non colpevolezza sino alla condanna definitiva), sia norme processuali (specificamente l'art. 533 c.p.p. ove si stabilisce che il giudice pronuncia sentenza di condanna solo lˆ dove l'imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di lˆ di ogni ragionevole dubbio) appaiono indicative della fissazione in senso "sostanziale", a carico di chi sostenga la tesi di accusa nel processo penale, di un preciso onere di prova (in tale ultimo senso, Sez. 3, n. 2393 del 2018, vecchierelli, cit.). 5. Escluso, dunque, che il contrasto segnalato riguardi l'esegesi della norma, in particolare con riguardo all'elemento oggettivo del reato contemplato, ci˜ su cui gli indirizzi giˆ illustrati divergono viene, in definitiva, ad essere rappresentato dalla possibilitˆ o meno di includere di per s solo, tra gli elementi indicativi dell'avvenuto rilascio della certificazione unica attestante le ritenute effettuate, il "documento" rappresentato dal mod. 770 (dichiarazione del sostituto d'imposta). Appare allora significativo un primo dato oggettivo: il quadro St del modello 770 non appare, come ben posto in risalto dall'indirizzo maggioritario, recare alcuna specifica indicazione in ordine al rilascio delle certificazioni avendo invece ad oggetto, per quanto qui interessa, unicamente i dati dell'"importo versato" e delle "ritenute operate". N alcun valore probatorio potrebbe evidentemente connettersi alle istruzioni per la compilazione del modello 770 sem CONtENzIOSO NAzIONAlE plificato lˆ dove si prescrive che "detto modello contiene i dati relativi alle certificazioni rilasciate ai soggetti cui sono stati corrisposti (...) i redditi di lavoro dipendente" (dizione questa, testualmente ripresa da Sez. 3, n. 20778 del 2014, leucci, cit. al fine di giungere alla soluzione giˆ vista sopra), essendo chiara in tale dizione la volontˆ di riferirsi non giˆ al fatto del rilascio, ma a quello della necessitˆ di indicazione, in dichiarazione, delle medesime ritenute di cui alla certificazione unica, ove rilasciata. Ed infatti, proprio per superare un tale impasse, l'indirizzo pi risalente  ricorso sostanzialmente ad un ragionamento di carattere presuntivo, essendosi affermato che "non avrebbe senso dichiarare quello che non  stato corrisposto e perci˜ stesso certificato" (testualmente, Sez. 3, n. 20778 del 2014, leucci, cit.). Sennonch, intesa tale affermazione come volta ad affermare che, secondo l'id quod plerumque accidit, ci˜ che si dichiarerebbe nel mod. 770 sarebbe allo stesso tempo anche ci˜ che si certifica (il riferimento alla "corresponsione" deve ritenersi improprio perch ci˜ di cui si tratta non sono gli emolumenti ma le ritenute, che non si corrispondono ma si effettuano), ed equiparati dunque l'indicazione nel modello 770 alla attestazione nelle certificazioni, resta tuttavia, anche in tale assioma, ancora una volta "scoperto", e non colmabile dal punto di vista logico, il dato del rilascio. Correttamente, pertanto, la sentenza Sez. 3, n. 40256 del 2014, Gagliardi, cit. ha potuto affermare che "se davvero la presentazione della dichiarazione di sostituto presupponesse, secondo il criterio dell'id quod plerumque accidit, sempre e comunque la formazione e consegna dei certificati ai sostituiti, il legislatore ne avrebbe certamente tenuto conto ed avrebbe, con notevole semplificazione probatoria, punito unicamente il mancato versamento delle ritenute riportate nella dichiarazione modello 770. Se ci˜ non ha fatto, ed ha anzi modificato la precedente normativa (che richiedeva soltanto l'omesso versamento delle ritenute),  proprio perch il legislatore era ben consapevole delle differenze strutturali e della radicale autonomia dei due distinti documenti, sicch non era possibile desumere automaticamente dall'esistenza dell'uno la sussistenza dell'altro". Anche la questione della natura da attribuire al modello 770, se cio avente valore di confessione stragiudiziale, come parrebbe adombrato da Sez. 3, n. 10104 del 2016, Grazzini, cit., ma escluso da Sez. 3, n. 11335 del 2015, Pareto, cit., e da Sez. 3, n. 2393 del 2018, vecchierelli, cit. (nel senso della dichiarazione fiscale quale "mera esternazione di scienza", Sez. U. Civ. n. 13378 del 07/06/2016, vetro Associati S.r.l. contro Ministero delle Finanze, rv. 640206) appare fondamentalmente irrilevante proprio perch il modello non contiene alcun riferimento al rilascio delle certificazioni s“ che da esso potrebbe dunque eventualmente dedursi la "confessione" di avere operato le ritenute ma non certo quella di avere rilasciato le relative certificazioni. Infine, anche il riferimento al modello DM 10 di versamento dei contributi previdenziali attestante le retribuzioni corrisposte ai dipendenti e l'ammontare degli obblighi contributivi (la cui accertata presentazione da parte del datore di lavoro  valutabile, in assenza di elementi di segno contrario, secondo questa Corte, come prova della effettiva corresponsione degli emolumenti ai lavoratori: tra le altre, Sez. 3, n. 21619 del 14/04/2015, Moro, rv. 263665) appare impropriamente evocato ove si tenga conto della diversitˆ di contenuto della prova necessaria (corresponsione degli emolumenti da un lato, appunto, e rilascio delle certificazioni dall'altro). Di qui, dunque, la condivisibilitˆ della conclusione secondo cui le indicazioni contenute nel modello 770 non sono da sole idonee a provare il fatto del rilascio delle certificazioni, essendo indizio che, se pu˜ essere sufficiente in sede cautelare reale a fronte del differente standard dimostrativo richiesto (Sez. 3, n. 46390 del 2017, Gambardella, cit., e Sez. 3, n. 48591 rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 del 2016, Pellicani, cit.), non lo  per˜ in giudizio a fronte del canone, ad esso riferito, del- l'accertamento al di lˆ di ogni ragionevole dubbio cristallizzato dall'art. 533 c.p.p.; e ci˜, va sottolineato, a prescindere, come giˆ affermato in talune delle pronunce sopra richiamate, dalla attribuibilitˆ, alla circostanza del rilascio delle certificazioni, della veste di presupposto del reato ovvero di elemento costitutivo dello stesso. Sul punto deve essere anzitutto chiarito, sul piano generale, come una formale distinzione tra "presupposti del reato" ed "elementi costitutivi" dello stesso sia impropriamente posta: si  correttamente puntualizzato in dottrina come i presupposti del reato, tra i quali vengono annoverati, tra gli altri, il soggetto attivo e passivo, la condotta e l'oggetto materiale, altro non siano, logicamente, che quegli stessi requisiti necessari per la qualificazione del fatto come illecito penale ovvero, in altri termini, gli stessi elementi costitutivi, s“ che nessuno spazio di reale differenziazione tra i due concetti potrebbe evidentemente sussistere. Dovrebbe allora pi correttamente parlarsi di "presupposti della condotta", da intendersi, atteso anche il significato lessicale della locuzione ("ci˜ che si pone come precedente ad altro e come sua condizione"), come circostanze, di fatto o di diritto, preesistenti alla realizzazione di essa (in relazione al criterio di anterioritˆ cronologica necessariamente discendente dal giˆ indicato significato letterale del sostantivo) e necessarie per attribuire un "significato criminoso" alla condotta stessa; ma anche in tal caso, va subito detto, e proprio perch anche tali circostanze sarebbero comunque necessarie ai fini dell'integrazione del reato, sarebbe assai difficile individuare una reale differenza rispetto agli elementi costitutivi del reato, se non in termini di elemento psicologico posto che, essendosi tali circostanze giˆ realizzate, le stesse potrebbero essere unicamente conosciute, ma non volute dal soggetto agente. Del resto, il sintomo della difficoltˆ di attribuire un significato autonomo alla nozione di presupposto rispetto a quella di elemento costitutivo del reato appare nella specie plasticamente dato dalla incertezza in cui, con riferimento alla questione di specie qui trattata, appaiono essere incorse le pronunce giˆ richiamate allorquando si  trattato di inquadrare il rilascio delle certificazioni nell'una o nell'altra delle due categorie. E tale incertezza appare nella specie accentuata dal fatto che il rilascio delle certificazioni  circostanza ordinariamente consistente in una condotta posta in essere dallo stesso soggetto agente che incorra nell'omissione del versamento salvo che, successivamente al rilascio e prima della scadenza del termine annuale prevista per la presentazione della dichiarazione, abbia a mutare la persona fisica del sostituto di imposta; sicch, in tal caso, anche l'eventuale margine di utile significato rinvenibile nel concetto di presupposto della condotta (conosciuto ma non voluto secondo appunto la dottrina sopra richiamata) verrebbe, nella specie, quasi sempre a dissolversi. Ed allora, ove, come pare necessario, si debba privilegiare il significato letterale del termine, chiaramente volto ad evidenziare la anterioritˆ cronologica del fatto, il rilascio delle certificazioni, fisiologicamente anteriore alla scadenza del termine per il versamento (anche nella struttura della norma, che significativamente appare impiegare il participio passato "rilasciate"), appare pi correttamente inquadrabile nella categoria del presupposto della condotta senza che, per˜, ci˜ possa portare ad escludere la necessitˆ (su cui, come visto, convengono, infatti, esplicitamente o implicitamente, tutte le pronunce di questa Corte) che di tale circostanza, necessaria per integrare l'illecito penale anche soprattutto per differenziare quest'ultimo, come ricordato in premessa, dall'illecito amministrativo, debba essere data prova. 6. la fondatezza degli approdi raggiunti dalla giurisprudenza di segno pi rigoroso appare poi non contraddetta dagli sviluppi normativi giˆ segnalati con riguardo in particolare alle modifiche operate, sul corpus dell'art. 10-bis cit., dal D.lgs. n. 158 del 2015, art. 7. CONtENzIOSO NAzIONAlE Come giˆ anticipato sopra, la revisione della norma  consistita nella integrazione della rubrica dell'articolo (passata da "omesso versamento di ritenute certificate" a "omesso versamento di ritenute dovute o certificate") e nella apposizione, accanto al periodo "risultanti dalla certificazione rilasciata", del periodo "dovute sulla base della stessa dichiarazione". In tal modo, anzich ricostruire la fattispecie nel senso di un ritorno all'impianto come disciplinato dal D.l. n. 429 del 1982, ove l'obbligo di versamento penalmente presidiato riguardava semplicemente le ritenute "effettivamente operate", si  scelto non solo di mantenere la necessitˆ di una "fonte" di attestazione delle stesse, ma altres“ di duplicare la stessa mediante il ricorso anche al contenuto della dichiarazione. la stessa strada prescelta trova del resto come spiegazione logica quanto esternato dallo stesso legislatore nella relazione illustrativa allo schema del D.lgs. n. 158 cit. ove si  scritto essere stata "chiarita, con l'articolo 7, la portata dell'omesso versamento di ritenute dovute sulla base della dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti di cui all'art. 10-bis (mediante l'aggiunta del riferimento alle ritenute dovute sulla base della dichiarazione)". Ora, una tale necessitˆ di chiarimento del significato della norma non pu˜ che essere rapportata, logicamente, all'incertezza determinata dal dibattito giurisprudenziale avutosi appunto con riguardo alle modalitˆ probatorie del fatto del rilascio della certificazione unica essendo la disposizione stata ricostruita quanto al momento "attestativo" delle ritenute, non pi confinato solo a quanto risultante dalla certificazione ma esteso anche a quanto dovuto sulla base del contenuto della dichiarazione modello 770 (che riporta l'indicazione delle ritenute operate): in tal modo si  reso dunque non pi indispensabile provare il previo rilascio della certificazione unica potendo guardarsi, per l'individuazione delle ritenute il cui omesso versamento deve essere sanzionato, anche al solo modello 770. Se questo  il significato della modifica, non pu˜ allora sussistere dubbio sulla portata innovativa della norma che, prendendo atto del prevalente orientamento di questa Corte, ha obiettivamente inciso sullo stesso oggetto materiale della condotta la cui omissione  sanzionata, la cui individuazione, dapprima limitata a quelle sole ritenute che risultavano dalla certificazione,  oggi estesa alle ritenute emergenti dalla dichiarazione modello 770. N in senso contrario, come la stessa ordinanza di rimessione a questa Corte pare invece prospettare, pu˜ valorizzarsi la volontˆ di mero "chiarimento" che avrebbe animato il legislatore nell'effettuare la interpolazione in oggetto: se il chiarimento si  tradotto, come pare indubitabile, nella individuazione di un oggetto dell'omesso versamento alternativo a quello in origine contenuto nella norma e in precedenza in alcun modo ricavabile dal testo (il riferimento alla dichiarazione compare solo nella nuova versione), appare non corretto discorrere di norma di interpretazione autentica; e ci˜, tanto pi ove si consideri quanto correttamente evidenziato in particolare dalla sentenza Gagliardi in ordine alle differenze e alle diverse finalitˆ di certificazione unica da una parte e dichiarazione del sostituto d'imposta dall'altra; in particolare va ribadito che la certificazione delle ritenute  regolata, per quanto qui interessa, dal D.P.r. n. 322 del 1998, art. 4, comma 6 -ter, ed ha la funzione di attestare l'importo delle somme corrisposte dal sostituto di imposta e delle ritenute da lui operate, dovendo essere consegnata entro il 31 marzo di ogni anno. la dichiarazione mod. 770  invece disciplinata dal D.P.r. n. 322 del 1998, art. 4, comma 1, e segg., ed  destinata ad informare l'Agenzia delle entrate delle somme corrisposte ai sostituiti, delle ritenute operate sulle stesse e del loro versamento all'erario e deve essere inoltrata nella data fissata volta per volta dal legislatore. Infine, mentre le certificazioni devono essere emesse soltanto quando il datore ha provveduto a versare le ritenute, la dichiarazione va invece rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 obbligatoriamente presentata entro il termine stabilito per legge (salva, in caso contrario, l'applicazione di sanzioni amministrative). va del resto osservato come nella stessa relazione illustrativa al decreto legislativo si precisi anche, subito dopo il passaggio giˆ ricordato, che la integrazione della rubrica del novellato art. 10-bis  stata imposta dalle "modifiche introdotte e, in particolare dell'estensione del comportamento omissivo non pi alle sole ritenute "certificate" ma anche a quelle "dovute" sulla base della dichiarazione annuale del sostituto d'imposta", una tale precisazione finendo quanto meno per neutralizzare la possibile portata del riferimento all'esigenza di "chiarimento" nel senso della natura mera interpretativa del nuovo testo. 6.1. Soccorre, del resto, sul punto, quanto affermato dalla Corte Costituzionale con riferimento al fatto che l'essenza di una norma interpretativa deve essere quella di imporre per legge una scelta nell'interpretazione di una norma che "rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, con ci˜ vincolando un significato ascrivibile alla norma anteriore" (Corte cost. n. 525 del 2000). Sempre il giudice delle leggi ha poi chiarito che "va riconosciuto il carattere interpretativo ad una legge, la quale, fermo restando il testo della norma interpretata, ne chiarisca il significato normativo e privilegi una delle tante interpretazioni possibili, di guisa che il contenuto precettivo sia espresso dalla coesistenza di due norme, quella precedente e quella successiva, che ne esplica il significato e che rimangono entrambe in vigore" (Corte cost. n. 455 del 1992) e, in altra decisione, ha chiarito essere necessario che "la scelta ermeneutica imposta dalla legge interpretativa rientri fra una delle possibili varianti di senso del testo interpretato, cio stabilisca un significato che ragionevolmente poteva essere ascritto alla legge anteriore" (Corte cost. n. 480 del 1992). Ora, come appena evidenziato sopra, la diversitˆ strutturale e funzionale dei due documenti impedisce che, nel testo anteriore della norma, potesse rinvenirsi il significato oggetto del "chiarimento" attuato con la nuova formulazione. N pu˜ trascurarsi che uno dei limiti all'adozione di norme interpretative  da ravvisarsi proprio nella materia penale (Corte cost. n. 525 del 2000, n. 311 del 1995 e n. 397 del 1994). 6.2. Ne deriva il dato della portata innovativa della modifica legislativa, allo stesso tempo di indiretta "conferma" dell'indirizzo maggioritario della Corte, che esclude qualunque possibilitˆ di sua applicazione retroattiva in ossequio all'art. 2 c.p. e art. 25 Cost., con la conseguenza che il contrasto devoluto a queste Sezioni Unite, riguardante un'omissione realizzata nell'anno 2011, deve essere sciolto unicamente sulla base del dato previgente. Allo stesso tempo, e per le stesse ragioni, diviene irrilevante, nella specie, ogni possibile questione di legittimitˆ costituzionale o di violazione del divieto di bis in idem, pur prospettate da attenta dottrina a seguito dell'analisi del nuovo testo. va solo ricordato che, quanto al primo punto, si  dubitato della conformitˆ del D.lgs. n. 158 del 2015, art. 7, cit. (modificativo appunto dell'art. 10-bis cit.) ai criteri direttivi della legge delega con conseguente possibile attrito rispetto all'art. 76 Cost. posto che la l. 11 marzo 2014, n. 23, art. 8 (di delega di riforma del sistema tributario), con riferimento alle fattispecie meno gravi (cui viene ricondotta l'omissione in questione), prevedeva solo ed esclusivamente di ridurre le sanzioni o di applicare sanzioni amministrative e non autorizzava il Governo in alcun modo ad estendere la portata dell'incriminazione attraverso la previsione di una condotta in precedenza penalmente irrilevante. Quanto poi al secondo punto, a fronte della precisazione giˆ operata dalle Sez. U. n. 37425/2013, Favellato, cit. con riguardo all'elemento di differenziazione tra illecito amministrativo e reato tributario rappresentato dal rilascio al sostituito della certificazione delle rite CONtENzIOSO NAzIONAlE nute, previsto solo in quest'ultimo, si  posto in rilievo come, venendo ora sanzionato penalmente l'omesso versamento di ritenute anche solo risultanti dalla dichiarazione, la distinzione in oggetto rischi di venire quanto meno offuscata se non vanificata con conseguente sovrapposizione tra loro delle fattispecie penale ed amministrativa. E tutto ci˜ a prescindere dai non trascurabili aspetti critici che la novazione legislativa appare avere comportato, primo fra tutti il fatto che le ritenute risultanti dalla certificazione potrebbero anche, nella variegata realtˆ dei casi, non coincidere con quelle riportate in dichiarazione (il legislatore parrebbe invece muovere dal presupposto in senso contrario), s“ che l'interprete, a fronte della equipollenza, oggi posta dalla norma, dell'una e dell'altra documentazione, resterebbe libero di propendere per la prima ovvero per la seconda pur in presenza della possibile differenza di importi tanto pi rilevante attesa la previsione della soglia di punibilitˆ contemplata dalla disposizione in esame. 7. In definitiva, dunque, va affermato il seguente principio: "con riferimento all'art. 10-bis nella formulazione anteriore alle modifiche apportate dal D.lgs. n. 158 del 2015, la dichiarazione modello 770 proveniente dal sostituto di imposta non pu˜ essere ritenuta di per s sola sufficiente ad integrare la prova della avvenuta consegna al sostituito della certificazione fiscale". 8. tenuto dunque conto di tale principio, la sentenza impugnata deve essere annullata. Premesso che il terzo motivo, in realtˆ avente carattere logicamente pregiudiziale,  manifestamente infondato assumendosi, pur a fronte dell'incontestata omissione del versamento e della altrettanto incontestata provenienza dall'imputato, rappresentante legale della "MrC S.r.l.", della dichiarazione modello 770, che la sentenza non avrebbe indicato gli elementi di responsabilitˆ, sono invece fondati i primi due motivi di ricorso, tra loro strettamente connessi. la Corte dorica, infatti, ha desunto dalla dichiarazione suddetta il solo elemento sulla cui base ritenere dimostrato il rilascio delle certificazioni a fronte del silenzio serbato sul punto dall'imputato, in tal modo ponendosi in contrasto con il principio sopra enunciato e non considerando che  onere del pubblico ministero provare il rilascio delle predette certificazioni. Si impone pertanto l'annullamento della sentenza con rinvio alla Corte d'Appello di Perugia che procederˆ a nuovo giudizio nell'osservanza dei criteri di valutazione probatoria posti da questa Corte. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte d'appello di Perugia. Cos“ deciso in roma, il 22 marzo 2018. rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 Le Sezioni Unite della Cassazione penale tra ÒabnormitˆÓ delle situazioni processuali e diritto di difesa (brevi considerazioni sulla sentenza n. 40984 del 2018) Federico Casu* soMMaRio: 1. introduzione - 2. lĠabnormitˆ fra dottrina e giurisprudenza - 2.1 (segue): ulteriori considerazioni sulla figura dellĠabnormitˆ -2.2 (segue): la natura dellĠatto abnorme - 3. la sentenza ss.UU. n. 40984 del 2018. 1. introduzione. Con la pronuncia in commento le Sezioni Unite sono tornate ad occuparsi della categoria giuridica dellĠabnormitˆ (1), con particolare riferimento ai poteri del giudice per le indagini preliminari a fronte di una richiesta di archiviazione formulata dal pubblico ministero e alla sussistenza o meno, in capo alla persona indagata, del diritto di attivare il rimedio impugnatorio contro lĠordinanza del giudice ritenuta, giustappunto, abnorme. In proposito  fin troppo nota, in letteratura e in giurisprudenza, la delicatezza di questa particolare fase del procedimento penale (2), ove la presenza di unĠautoritˆ terza e imparziale, qual  il g.i.p.,  funzionale a garantire e a stimolare lĠattuazione del principio costituzionale dellĠobbligatorietˆ, per il p.m., dellĠazione penale (art. 112 Cost.) (3). Ed  altrettanto noto come il ricorso, in (*) viceprefetto. (1) Il tema dellĠabnormitˆ, in diritto processuale penale,  vastissimo. Ampi riferimenti bibliografici in BEllOCChI A., voce ÒabnormitˆÓ (dir. proc. pen.), in Digesto discipline penalistiche, anno di pubblicazione 2008; BEllOCChI A., lĠatto abnorme nel processo penale, Utet, torino, 2011; CAtAlANO E.M., lĠabnormitˆ tra crisi della legalitˆ e crisi della Cassazione, lĠindice penale, Anno II -n. 1, Gennaio- Aprile 2016, Dike giuridica, roma, pp. 113-138. Nella manualistica contemporanea il tema  accennato nella parte relativa allĠinvaliditˆ degli atti e alle impugnazioni: cfr. GArOFOlI v., Diritto processuale penale, II ed., Giuffr, Milano, 2012, pp. 188-196 e 489-497, 516-526; tONINI P., Manuale di procedura penale, Giuffre, Milano, pp. 222 ss. e 975 ss. Ed ancora, in CONSO G. e GrEvI v., Compendio di procedura penale (a cura di MArtA BArGIS), CEDAM, Milano, 2018, si vedano le parti dedicate agli atti, pp. 284-287, di vOENA G.P. e alle impugnazioni, pp. 859-861, di BArGIS M. Nel manuale collettaneo Diritto processuale penale di SIrACUSANO D., GAlAtI A., trANChINA G., zAP- PAlˆ E. (a cura di DI ChIArA G., PAtANé v., SIrACUSANO F.), Giuffr, Milano, 2018, si veda la parte sulle impugnazioni (curata da GAlAtI A., zAPPAlˆ E., PAtANé v., SIrACUSANO F.), pp. 777 ss. (2) Anche per ulteriori e ampi riferimenti bibliografici cfr. BrESCIANI l., voce Ògiudice per le indagini preliminariÓ, in Digesto discipline penalistiche, anno di pubblicazione 1991. Nella manualistica contemporanea cfr. GIUlIANI l., indagini preliminari e udienza preliminare, in CONSO G. e GrEvI v., Compendio di procedura penale, cit., pp. 588-611; SIrACUSANO D., GAlAtI A., trANChINA G., zAPPAlˆ E., DI ChIArA G., PAtANé v., le indagini preliminari e lĠudienza preliminare, in SIrACUSANO D., GAlAtI A., trANChINA G., zAPPAlˆ E., Diritto processuale penale, cit., pp. 546 ss.; rUGGErI F., Diritto processuale e pratiche criminali, zanichelli, Bologna, 2018, pp. 201-209. (3) DĠElIA G., Commento allĠart. 112 della Costituzione, in Commentario della Costituzione, a CONtENzIOSO NAzIONAlE questa fase, da parte della Cassazione, alla categoria dellĠabnormitˆ sia servita da argine per evitare che il g.i.p. debordasse dalle sue prerogative per incidere su quelle del p.m. e, cos“ facendo, consentire a tendenze di tipo inquisitorio di snaturare lĠimpianto accusatorio del Codice di procedura del 1988. Con riserva di analizzare in seguito il percorso argomentativo della Cassazione - invertendo i tradizionali canoni di un commento a sentenza -  utile evidenziare sin dĠora che i giudici di Piazza Cavour hanno riconosciuto allĠindagato il diritto di impugnare per abnormitˆ lĠordinanza con la quale il g.i.p. chiede al p.m. di formulare lĠimputazione ex art. 409, comma 5, c.p.p. per un reato diverso da quello oggetto della richiesta di archiviazione. In particolare, la Cassazione evidenzia come sia condivisibile Ò.. quella dottrina orientata a ritenere che Çsulla scena dellĠart. 409, comma 5, cod. proc. pen., si profila un terzo principio costituzionale: il diritto di difesa. in questo terreno di incontro/ scontro tra principi costituzionali, lĠunico potere di intervento modificativo dellĠimputazione che la giurisprudenza sembra lasciare in capo al giudice  costituito dalla possibilitˆ di riqualificazione del fatto, che del resto, costituendo corretta applicazione della legge, ius dicere e, pertanto, attuazione del principio di legalitˆ, si deve estendere a tutte le fasi del processoÈÓ. verrebbe, tuttavia, da chiedersi fino a che punto questĠulteriore apertura garantista della Cassazione sia -non importa se intenzionalmente o meno fine a se stessa oppure funzionale e coerente alla ratio dellĠabnormitˆ che, nel tempo,  divenuta la chiave di volta di un complesso sistema di istituti di cui lĠordinamento (specie nel settore processuale penale) si serve per difendere ed affermare la propria intrinseca, oggettiva, strutturale razionalitˆ. 2. lĠabnormitˆ fra dottrina e giurisprudenza. Una prima compiuta elaborazione dottrinale e giurisprudenziale dellĠabnormitˆ nel processo penale si deve ad Ugo Aloisi che a partire dagli anni Ġ30, come studioso e presidente di Sezione della Corte di Cassazione, deline˜ i tratti caratteristici di questa figura, nel cui ambito sarebbero dovuti confluire tutti quegli atti strutturalmente e funzionalmente anomali verso i quali sarebbe stato possibile ricorrere al di lˆ dei tradizionali mezzi di impugnazione tassativamente individuati dallĠordinamento. Interessanti, al riguardo, le considerazioni tratte dal libro III del suo Manuale pratico di procedura penale: Òtrattasi, in sintesi, del sindacato che ai giudici dellĠimpugnazione pu˜ essere attribuito non soltanto sulle sentenze che presentino un vizio fondamentale di forma ma anche su ogni altra sentenza, la quale, pur dovendosi a cura di rAFFAElE BIFUlCO, AlFONSO CElOttO, MArCO OlIvEttI, Utet, torino, 2008, III, pp. 2127 ss.; NEPPI MODONA G., Commento agli articoli 112 e 117, 4Ħ comma, della Costituzione, in Commentario della Costituzione (diretto da GIUSEPPE BrANCA), zanichelli (Bologna) -Soc. Ed. del Foro Italiano (roma), 1987, pp. 39-85. rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 rigore considerare come non impugnabile secondo le norme dettate dalla legge per le impugnazioni dei provvedimenti dei giudici, tuttavia presenti tali vizi in procedendo da renderla non soltanto manifestamente illegale ma altres“ manifestamente incompatibile col nostro ordinamento giuridico; onde si impone che un giudice superiore la ponga nel nulla..Ó. Ed ancora: ÒColle norme dettate sia per lĠappello che per il ricorso in cassazione, il legislatore ha inteso riferirsi soltanto a determinati schemi di sentenze, rientranti normalmente nella potestˆ del giudice decidente e che per il loro pi frequente ricorso in pratica o per altra particolare ragione era opportuno, a suo giudizio, di prevedere e sancire la possibilitˆ di deferire le sentenze dei giudici di un determinato grado al sindacato del giudice superiore. Non poteva, viceversa, il legislatore medesimo prendere in considerazione quelle altre sentenze che per il loro contenuto assolutamente abnormeÉ non era agevole prevedere e tanto meno sarebbe stato possibile contenere in schemi legislativi determinabili a priori. Codeste sentenze non possono in verun caso contenere diritto di cittadinanza nel nostro ordinamento giuridico, ma debbono essere assoggettate agli ordinari controlli giurisdizionali alfine di essere poste nel nulla, come meritano. Nella pratica il sindacato di cui  cenno  stato finora esercitato dalla corte di cassazione conformemente ai suoi compiti istituzionali; esso peraltro non costituisce una prerogativa della suprema magistratura dello stato; ma pu˜ e deve essere esercitato da qualsiasi giudice dellĠimpugnazione cos“ richiedendo elementari esigenze di giustiziaÓ (4). E invece detta prerogativa rimase e rimane, tuttora, in capo alla Cassazione in un sistema processuale penale ben attestato sul principio dellĠatipicitˆ del ricorso avverso provvedimenti abnormi. In proposito, la relazione al progetto preliminare del Codice di procedura penale dellĠ88, nella parte dedicata alle impugnazioni, evidenzia come: Ò.. sia rimasta esclusa [dalle disposizioni del Codice] lĠespressa previsione dellĠimpugnazione dei provvedimenti abnormi, attesa la rilevante difficoltˆ di una possibile tipizzazione e la necessitˆ di lasciare sempre alla giurisprudenza di rilevarne lĠesistenza e di fissarne le caratteristiche ai fini dellĠimpugnabilitˆ. se infatti, proprio per il principio di tassativitˆ, dovrebbe essere esclusa ogni impugnazione non prevista,  vero pure che il generale rimedio del ricorso per cassazione consente comunque lĠesperimento di un gravame atto a rimuovere un provvedimento non inquadrabile nel sistema processuale o adottato a fini diversi da quelli previsti dallĠordinamentoÓ. Sul versante giurisprudenziale pu˜ essere interessante notare come le Sezioni Unite della Cassazione si siano pi volte trovate davanti alla necessitˆ (4) AlOISI U., Manuale pratico di procedura penale. volume III. Delle impugnazioni -Disciplina generale -impugnazioni istruttorie -appello -Ricorso in Cassazione -Revisione, Giuffr, Milano, 1952, pp. 44, 46-47. CONtENzIOSO NAzIONAlE di dover elaborare una definizione consolidata del concetto di abnormitˆ che, tuttavia, sembrerebbe non ancora giunta a compiuta maturazione in quanto sprovvista di puntuali criteri per stabilire, proprio nella pratica dellĠattivitˆ processuale, quando un atto sia da considerarsi abnorme o meno. In altri termini,  come se la giurisprudenza di legittimitˆ, invece di rinchiudere in uno spazio concettuale e giuridico definito atti da considerarsi abnormi, abbia privilegiato lĠopzione di delineare, con una definizione molto ampia, i confini di uno spazio vuoto da riempire, poi, volta per volta e in via residuale. UnĠanalisi delle varie pronunce delle Sezioni Unite che si sono occupate di questo argomento (5) evidenzia, infatti, una graduale estensione della nozione di atto abnorme - anche sulla scorta dei contributi nel frattempo forniti dalle varie Sezioni penali della Corte - e il tentativo di consolidarla nellĠalveo di un canone condiviso. la fasi di questo processo sono tre. la prima  rappresentata dallĠordinanza delle Sezioni Unite del 26 aprile 1989, pres. zucconi Galli Fonseca, rel. teresi (6), secondo cui gli atti abnormi sono: Ò.. quelli affetti da vizi Çin procedendo o in iudicandoÈ cos“ radicali, e al tempo stesso cos“ imprevedibili, da non poterli inquadrare in alcun schema legaleÓ. (5) Sezioni Unite penali: ordinanza del 26 aprile 1989, pres. zucconi Galli Fonseca, rel., teresi; sent. n. 19 del 18 giugno 1993, pres. Brancaccio, rel. DĠUrso; sent. n. 8 del 24 marzo 1995, pres. zucconi Galli Fonseca, rel. lattanzi; sent. n. 10 del 9 luglio 1997, pres. Jacomini, rel. Silvestri; sent. n. 11 del 9 luglio 1997, pres. Jacomini, rel Silvestri; sent. n. 17 del 10 dicembre 1997, pres. Scorzelli, rel. Di Noto; ordinanza n. 26 del 24 novembre 1999 (dep. il 26 gennaio 2000), pres. viola, rel. losapio; sentenza n. 25 del 24 novembre 1999 (dep. il 6 dicembre 1999), pres. viola, rel. Canzio; sent. 33 del 22 novembre 2000 (dep. il 13 dicembre 2000), pres. vessia, rel. Nappi; sentenza n. 34 del 22 novembre 2000 (dep. il 15 gennaio 2001), pres. vessia, rel. Marrone; sentenza n. 4 del 31 gennaio 2001 (dep. in data 8 febbraio 2001), pres. vessia, rel. Canzio; sentenza n. 34536 del 11 luglio 2001 (dep. il 24 settembre 2001), pres. vessia, rel. Marrone; sentenza n. 28807 del 29 maggio 2002 (dep. il 26 luglio 2002), pres. Marvulli, rel. lattanzi; sent. n. 19289 del 25 febbraio 2004 (dep. il 23 aprile 2004), pres. Marvulli, rel. Gironi; sent. n. 25957 del 26 marzo 2009 (dep. il 22 giugno 2009), pres. Gemelli, rel. Galbiati; sent. n. 22909 del 17 giugno 2005, pres. Marvulli, rel. Carmenini; sent. n. 4319 del 28 novembre 2013 (dep. il 30 gennaio 2014), pres. Santacroce, rel. lombardi. Queste pronunce si sono concentrate su una articolata tipologia di provvedimenti adottati dai giudici e riguardanti lĠarchiviazione di procedimenti, decreti di citazione diretta a giudizio, il potere di cestinazione del p.m. delle c.d. ÒpseudonotizieÓ, citazioni di testimoni di parte e ordini del g.i.p. al p.m. di prosecuzione delle indagini o di formulazione dellĠimputazione. (6) lĠordinanza, importante perchŽ riguardava un procedimento a carico dellĠon. Giovanni Goria, giˆ Presidente del Consiglio dei Ministri, per reati ministeriali, nellĠambito della nuova disciplina in materia a seguito della legge costituzionale n. 1 del 1989, fu commentata Òa caldoÓ, tra gli altri, da rOMEO G., Quale giudice per i politici?, in la giustizia penale (parte terza: Procedura Penale), roma, pp. 742-746; SAU S., sulla nuova disciplina dei procedimenti in materia di reati ministeriali, in Rivista italiana di Diritto e procedura penale, fasc. 2 (aprile-giugno 1990), Giuffr, Milano, 748-759. é stato possibile reperire e consultare il testo integrale dellĠordinanza attraverso i Servizi bibliotecari della Biblioteca del Ministero dellĠInterno e della Biblioteca Centrale Giuridica del Ministero della Giustizia, che si ringraziano. rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 Questa definizione, in sŽ molto generica, viene successivamente arricchita (seconda fase) da SS.UU. Cass. pen., n. 11 del 9 luglio 1997, pres. Jacomini, rel. Silvestri: Òin mancanza di una definizione legislativa, la giurisprudenza di questa Corte ha configurato il paradigma del provvedimento abnorme ponendo in risalto i caratteri salienti nel fatto che esso si discosta e diverge non solo dalla previsione di determinate norme ma anche dallĠintero sistema organico della legge processuale, tanto da porsi come atto insuscettibile di ogni inquadramento normativo e da risultare imprevisto e imprevedibile rispetto alla tipizzazione degli atti processuali compiuta dal legislatoreÉ [é stato, peraltro,] precisato che  abnorme non solo il provvedimento che, per la sua singolaritˆ, non sia inquadrabile nellĠambito dellĠordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di lˆ di ogni ragionevole limiteÉ Nella ricerca degli elementi qualificanti la figura del provvedimento abnorme  stato altres“ stabilito che lĠatto abnorme rappresenta unĠevenienza del tutto eccezionale essendo emesso in assoluta carenza di potere, oltre che con radicale divergenza dagli schemi e dai principi ispiratori dellĠordinamento processualeÉ, e che lĠabnormitˆ inerisce soltanto a quei provvedimenti che si presentano avulsi dagli schemi normativi e non anche a quelli che, pur essendo emessi in violazione di specifiche norme processuali, rientrano tra gli atti tipici dellĠufficio che li adottaÉ: inoltre,  stato posto in luce che lĠabnormitˆ dellĠatto processuale pu˜ riguardare tanto il profilo strutturale, allorchŽ, per la sua singolaritˆ, si pone fuori dal sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale, quando, pur non estraneo al sistema normativo, determina la stasi del processo e lĠimpossibilitˆ di proseguirloÉ lĠassenza di criteri omogenei e uniformi di identificazione dei caratteri distintivi del provvedimento abnorme ha contribuito ad una progressiva estensione di tale categoria alla quale la giurisprudenza di legittimitˆ ha fatto ricorso per rimuovere situazioni processuali Òextra ordinemÓ - altrimenti non eliminabili - create da provvedimenti del giudice inficiati da anomalie genetiche o funzionali che ne impediscono lĠinquadramento nei tipici schemi normativi e li rendono incompatibili con le linee fondanti del sistema processualeÓ. la terza fase, che evidenzia un ulteriore tentativo di sintesi,  rappresentata da SS.UU. Cass. pen. n. 25957 del 26 marzo 2009 (dep. il 22 giugno 2009), pres. Gemelli, rel. Galbiati, secondo cui: ÒÉ  affetto da vizio di abnormitˆ, sotto un primo profilo, il provvedimento che, per singolaritˆ e stranezza del suo contenuto, risulti avulso dal- lĠintero ordinamento processuale, ovvero quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste al di lˆ di ogni ragionevole limite. sotto altro profilo, si CONtENzIOSO NAzIONAlE  detto che lĠabnormitˆ pu˜ discendere da ragioni di struttura allorchŽ lĠatto si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, ovvero pu˜ riguardare lĠaspetto funzionale nel senso che lĠatto stesso, pur non essendo estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e lĠimpossibilitˆ di proseguirloÓ. tuttavia, il canone cos“ elaborato presenta tali e tanti contorni di incertezza da non essere comunque in grado di fornire univoci criteri, anche e soprattutto per consentire ai giudici della fase delle indagini preliminari o del processo di evitare, con valutazioni ex ante applicative del predetto canone, lĠadozione di atti abnormi, limitando cos“ al minimo i casi di ricorso in Cassazione in deroga al principio di tassativitˆ delle impugnazioni. Ed infatti, cosa vogliono significare in concreto ÒsingolaritˆÓ e ÒstranezzaÓ del contenuto del provvedimento? E quandĠ che il contenuto di un provvedimento, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplica ÒÉ al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste al di lˆ di ogni ragionevole limiteÓ ? Ed ancora, cosa significano le espressioni Òragioni di strutturaÓ o Òaspetto funzionaleÓ, questĠultima in relazione alla possibilitˆ che si determini la Ò.. stasi del processo e lĠimpossibilitˆ di proseguirloÓ ? 2.1 (segue): ulteriori considerazioni sulla figura dellĠabnormitˆ. rispetto alle argomentazioni della giurisprudenza di legittimitˆ, si ha, dunque, lĠimpressione che il concetto di abnormitˆ possa essere meglio definito e compreso con un ragionamento a contrario, ovvero domandandosi quando un provvedimento non sia da considerarsi abnorme. Si pu˜, allora, cominciare a dire che non  abnorme un atto di parte, ma solo del giudice: Òe, in giurisprudenza,  consolidato il principio per cui gli atti di parte, quali quelli del p.M., non sono annoverabili nella categoria del provvedimento abnorme la quale comprende solo i provvedimenti aventi natura giurisdizionale e, quindi, i provvedimenti dotati di uno specifico contenuto giurisdizionaleÉ la decisione contrastante con tale principio  quella riguardante il caso Cappelli (Cass., sez. Vi, sent. n. 3583 del 10 novembre 1999), che riconnette lĠintervento della Cassazione alla necessitˆ di ovviare alla elusione del principio della obbligatorietˆ dellĠazione penale (art. 112 Costit.) che consegue allĠuso improprio del registro delle pseudonotizie da parte del p.M. quando (con atto perci˜ abnorme) archivia direttamente una notitia criminis. tesi non condivisibile, per˜, perchŽ viola il principio fondante del processo penale per il quale tutto il sistema delle impugnazioni  imperniato sul controllo dei provvedimenti adottati dallĠautoritˆ giudiziaria (e aventi contenuto giurisdizionale). le decisioni e gli atti delle parti (pubbliche o private) assumono rilievo solo se e quando filtrate dal provvedimento del giudice. Di rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 tal che non  configurabile lĠabnormitˆ degli atti e dei provvedimenti delle parti processualiÓ (7). tanto meno pu˜ ricondursi alla categoria dellĠabnormitˆ il provvedimento c.d. ÒinesistenteÓ, ovvero quellĠatto che, per le sue gravi anomalie strutturali,  inidoneo a produrre effetti e a conseguire un qualsiasi riconoscimento da parte dellĠordinamento ed  insuscettibile di passare in giudicato, con la conseguenza che la sentenza la quale: ÒÉ accerti le condizioni per emettere tale pronuncia, a differenza di quella che rilevi la presenza di nullitˆ assolute, ha carattere meramente dichiarativoÓ (8). NŽ pu˜ essere considerato abnorme il provvedimento del giudice che abbia usurpato attribuzioni del potere legislativo o amministrativo, ovvero una potestˆ non riconosciuta ai pubblici poteri perchŽ, ad esempio, riservata esclusivamente alla sfera dellĠautonomia e della libertˆ private: in questo caso, infatti, esso potrˆ essere impugnato in Cassazione ai sensi dellĠart. 606, comma 1, lett. a, c.p.p.). Stesso discorso pu˜ essere fatto per quei provvedimenti inosservanti norme processuali stabilite a pena di nullitˆ (art. 606, comma 1, lett. c) c.p.p.). DallĠarea dellĠabnormitˆ vanno, altres“, escluse le ordinanze emesse nel corso del dibattimento e per le quali  stabilito il principio della loro impugnabilitˆ congiuntamente alla conseguente relativa sentenza (art. 586 c.p.p.), salvo, ovviamente, quelle ordinanze sulla libertˆ personale immediatamente ricorribili in Cassazione quando non altrimenti impugnabili (ex art. 568 c.p.p. e art. 111 Cost.). Da questa breve ricognizione , dunque, possibile sostenere che lĠatto abnorme, nellĠambito di un procedimento penale, si configura come provvedimento atipico del giudice in grado di produrre effetti giuridici e suscettibile di passare in giudicato. tuttavia, non tutti i provvedimenti atipici sono abnormi, ma solamente quelli i cui effetti risultino distonici rispetto alla ratio del sistema processuale penale e che lĠordinamento non  in grado di prevedere a priori e di fronteggiare con i normali rimedi previsti dalla legge. In altri termini, sembrerebbe che nella trama del Codice di procedura penale sia presente uno spazio non definito e non definibile in cui residuino in capo al giudice poteri ÒatipiciÓ che il giudice stesso pu˜ s“ esercitare, ma in (7) Cassazione penale, SS.UU. n. 34536 del 11 luglio 2001 (dep. il 24 settembre 2001), pres. vessia, rel. Marrone. (8) Cassazione penale, SS.UU. ordinanza del 26 aprile 1989, pres. zucconi Galli Fonseca, rel. teresi, giˆ citata alla nota 6. Si veda, altres“, per il caso di una sentenza emessa dopo il decesso dellĠimputato (si trattava di una sentenza, adottata da un tribunale, di non doversi procedere contro lĠimputato, nel frattempo deceduto, per estinzione del reato per amnistia), Cassazione penale, SS.UU. sentenza n. 3489 del 23 gennaio 1982 (dep. il 30 marzo 1982), pres. Mirabelli, rel. Piccininni. CONtENzIOSO NAzIONAlE coerenza con i fini dellĠordinamento; solo se ci˜ non accade, lĠatto  abnorme e rimuovibile attraverso il rimedio del ricorso in Cassazione. Ed  proprio su questo crinale che la Suprema Corte ha, di volta in volta, stabilito lĠabnormitˆ o meno degli atti, pervenendo a soluzioni diverse, anche a fronte di casi simili, a seconda degli scopi perseguiti dai singoli provvedimenti in relazione ai fini generali dellĠordinamento. é il caso, ad esempio, di tutto quel filone giurisprudenziale riguardante le ordinanze atipiche adottate dai pretori con le quali veniva disposta la trasmissione degli atti al p.m. per la rinnovazione della citazione diretta a giudizio: esse, infatti, venivano considerate valide o abnormi a seconda, rispettivamente, che fossero riscontrate cause di nullitˆ della citazione prima della corretta instaurazione del giudizio (9) ovvero a giudizio instaurato. Per la Cassazione, infatti, solo in questĠultimo caso una remissione degli atti al p.m. avrebbe comportato una irragionevole regressione del procedimento penale ad una fase precedente e una conseguente abnormitˆ dellĠordinanza, spettando quindi al pretore (e non al p.m.) provvedere alla rinnovazione della citazione; e ci˜ sulla base di un potere sostanzialmente atipico in capo al giudice ricavato da unĠinterpretazione estensiva dellĠart. 143 delle disposizioni attuative, di coordinamento e transitorie del c.p.p. in base al quale ÒNegli atti preliminari al dibattimento, in tutti i casi in cui occorre, per qualunque motivo, rinnovare la citazione a giudizio o la relativa notificazione, vi provvede il presidenteÓ. In proposito, pu˜ essere interessante ricordare che la Cassazione estese lĠambito di applicazione del citato art. 143, ricomprendendovi anche il pretore, attraverso unĠopera ermeneutica di tipo sistematico, riguardante i principi generali dellĠordinamento, rafforzata da unĠinterpretazione estensiva dellĠart. 549 c.p.p. (10): ÒÉ essendo lĠart. 143 disp. att. espressione di principi sistematici immanenti nellĠorditura strutturale della disciplina codicistica, il suo tratto normativo, ove attribuisce la competenza per il provvedimento de quo al giudice del giudizio,  da ritenere disposto attuativo di principio desunto dalla sistematica processuale, onde ne rinviene la sua generale applicabilitˆ nella fase del giudizio, indipendentemente dalla natura, collegiale o monocratica, del giudice, che deve trattarlo. Con ci˜ emergendo, giˆ col solo ausilio degli accennati criteri ermeneutici, la ricomprensione, nella sfera di previsione della norma, delle (9) Quindi nel passaggio dalla fase delle indagini preliminari al giudizio, ovvero quando il giudice non era stato ancora formalmente investito: era il caso, ad esempio, di un decreto di citazione notificato allĠimputato o al suo difensore in violazione del termine minimo di quarantacinque giorni tra la notificazione e il giudizio previsto dallĠart. 555, terzo comma, c.p.p. nel testo ante riforma (del 1999); detta violazione era considerata in grado di determinare un vulnus al diritto della difesa. (10) Nella sua formulazione originaria (ante riforma del Ġ99) in base alla quale ÒNel procedimento davanti al pretore, per tutto ci˜ che non  previsto nel presente libro o in altre disposizioni, si osservano le norme relative al procedimento davanti al tribunale, in quanto applicabiliÓ. rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 omologhe ipotesi, pur verificabili nella fase giudiziale del procedimento davanti al pretore, rimane contemporaneamente dimostrata lĠinevitabile confluenza del disposto di cui trattasi nel novero delle Ònorme relative al procedimento davanti al tribunaleÓ, di cui lĠart. 549 detta lĠosservanza, in quanto applicabili, nel procedimento pretorile. Di guisa che  consentito approdare allĠesito interpretativo, giˆ raggiunto, sul piano del criterio sistematico- strutturale, anche alla stregua di quanto espressamente sancito dalla norma appena ricordata. Non sembra, dunque, che possa fondatamente porsi in discussione lĠincidenza del disposto in esame nel giudizio pretorile, derivandone lĠindubitabile attribuzione al pretore della competenza a provvedere alla rinnovazione della citazione, Òin tutti i casi, in cui occorre, per qualunque motivoÓ Ó (11). Ed ancora, la Cassazione stabil“ fosse legittimo, da parte del pretore, restituire gli atti al p.m. per la rinnovazione, nei confronti dellĠindagato, della citazione colpita ab origine (ovvero in una fase antecedente allĠinstaurazione del giudizio) da nullitˆ per mancata notifica, ma non anche nel caso analogo riguardante la persona offesa: Òil Collegio ritiene che lĠinterpretazione logica e sistematica della normativa fornisca dati precisi e inequivoci in base ai quali deve escludersi che lĠomessa notificazione della citazione alla persona offesa precluda la progressione alla fase del giudizio e possa costituire una legittima causa di regressione del procedimento alla fase anterioreÓ (12). 2.2 (segue): la natura dellĠatto abnorme. Gli esempi sintetizzati nel precedente paragrafo (13) evidenziano come la Corte di Cassazione, attraverso unĠopera di interpretazione sistematica dei principi su cui poggia lĠordinamento processuale penale, abbia individuato in capo al giudice una sfera di poteri atipici suscettibili di produrre atti abnormi solo se esercitati in modo non conforme ai fini dellĠordinamento. Ma proprio lĠanalisi della casistica giurisprudenziale consente di superare quella definizione dellĠabnormitˆ affinata nel tempo dalla Cassazione secondo quella linea temporale riassunta nel paragrafo 2 e che distingue unĠabnormitˆ di tipo strutturale da una di tipo funzionale. In altri termini, al di lˆ delle definizioni, che rischiano di restare delle Òscatole vuoteÓ, sembrerebbe possibile sostenere che lĠabnormitˆ non sia mai riconducibile ad un fenomeno di tipo strutturale, ovvero riguardante la forma e il contenuto dellĠatto rispetto ai modelli precostituiti dal Codice, perchŽ se (11) Cassazione penale, SS.UU. n. 19 del 18 giugno 1993, pres. Brancaccio, rel. DĠUrso. (12) Cassazione penale, SS.UU. n. 10 del 9 luglio 1997, pres. Jacomini, rel. Silvestri. (13) Ai quali se ne potrebbero aggiungere altri tratti da vicende processuali sulle quali le SS.UU. della Cassazione sono state chiamate ad intervenire, dalla ordinanza Goria del 1989 sino alla pronuncia in commento. CONtENzIOSO NAzIONAlE lĠatto abnorme  comunque un atto atipico, non  poi sempre vero il contrario potendo esistere atti atipici non abnormi, se adottati non in contrasto con le finalitˆ dellĠordinamento. Dunque, lĠatipicitˆ non  un requisito identificante dellĠabnormitˆ che, viceversa, sembrerebbe essere sempre spiegabile in termini funzionali, non solamente, come sostiene la Cassazione, perchŽ e nella misura in cui il provvedimento abnorme pu˜ determinare una irragionevole stasi del procedimento e lĠimpossibilitˆ di proseguirlo (14), ma in quanto esso  sempre in contrasto -e proprio in questo senso manca di ÒfunzionalitˆÓ -con le finalitˆ del sistema cos“ come ricavabili dai principi dellĠordinamento. Mutato il quadro prospettico, lĠabnormitˆ di un atto non  determinata dalla sua atipicitˆ rispetto alle forme e ai contenuti dei modelli disciplinati dal Codice, ma dalla non conformitˆ, a prescindere dal suo essere atipico o meno, agli scopi del sistema. Questo significa che alla base del fenomeno dellĠabnormitˆ vi  sempre un vizio di tipo funzionale molto simile a quello che la giurisprudenza amministrativa riconduce alla nozione di eccesso di potere nella forma dello ÒsviamentoÓ (dŽtournement de pouvoir). Pur con le dovute differenze con il diritto amministrativo, segnatamente per quanto concerne la categoria dellĠinvaliditˆ degli atti amministrativi e della loro tipicitˆ connessa al principio di legalitˆ e riserva di legge, la storia di questo particolare vizio pu˜ essere utile per fornire qualche ulteriore spunto di riflessione. lĠeccesso di potere, infatti, nasce nella Francia repubblicana per indicare unĠusurpazione del potere giudiziario rispetto alle attribuzioni del potere esecutivo, in un ordinamento ideologicamente caratterizzato dal principio della divisione dei poteri. In un secondo momento, questa figura si evolve sino a ricomprendere il fenomeno opposto (usurpazione di attribuzioni giudiziarie da parte del potere esecutivo) per poi designare il cattivo uso del potere da parte della Pubblica Amministrazione. Ed , appunto, in questa accezione che il vizio dellĠeccesso di potere transita dalla giurisprudenza francese a quella del nostro Consiglio di Stato, che lo arricchisce di nuovi significati con uno scopo preciso: ampliare lĠambito del sindacato giurisdizionale sugli atti amministrativi dallĠarea tipica delle violazioni di legge, a quella atipica dei motivi che hanno spinto la P.A. a distorcere lĠesercizio di un potere attribuitole dalla legge (15). Oggi, mentre lĠeccesso di potere nella forma dellĠusurpazione  per gli (14) Circostanza (quella dellĠimpossibilitˆ) in teoria discutibile: infatti, nellĠipotesi (possibile in astratto) in cui le parti interessate e legittimate non attivassero il ricorso in Cassazione per abnormitˆ, il procedimento potrebbe regredire ad una fase precedente per poi proseguire normalmente verso lĠinstaurazione del giudizio e la decisione. (15) Sulla figura dellĠeccesso di potere cfr. CASEttA E., Manuale di Diritto amministrativo (a cura rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 atti processuali penali e per i provvedimenti amministrativi, rispettivamente, transitata nellĠalveo del tipico vizio del ricorso in Cassazione ex art. 606, comma 1, lett. a) e della nullitˆ, nella forma della mancanza di elementi essenziali o del difetto assoluto di attribuzione ex art. 21-septies della legge 241 del 1990, una sorte in qualche modo simile sembrerebbe, invece, individuabile con riferimento allĠeccesso di potere in termini di ÒsviamentoÓ. Nel diritto amministrativo questĠultimo - che si configura come vizio residuale, rispetto alle violazioni di legge, ivi comprese quelle sulla competenza -ha occupato, nel tempo, un ruolo di rilievo nellĠambito dellĠinvaliditˆ relativa (annullabilitˆ), riferita a provvedimenti suscettibili di assumere una stabilitˆ giuridica certa e definitiva a seguito del decorso dei termini di legge previsti per attivare il sindacato del giudice amministrativo. Anche nel diritto processuale penale, del resto,  accaduto qualcosa di simile per quanto concerne lĠabnormitˆ, che, configurandosi come vizio residuale, rispetto ai casi di illegittimitˆ ordinariamente ricorribili in Cassazione, coinvolge atti comunque in grado di acquisire la forma del giudicato se non impugnati nei termini di legge. In ultima analisi, anche se la tematica meriterebbe pi ampio sviluppo argomentativo, si pu˜ osservare che lĠeccesso di potere, nella forma dello sviamento, ha finito per ampliare, sia nel diritto amministrativo che in quello processuale penale, la possibilitˆ del sindacato giurisdizionale a tutela dellĠintrinseca razionalitˆ dellĠordinamento giuridico, ovvero della salvaguardia di quegli scopi ancorati alle ragioni ultime ideologicamente giustificanti lĠesistenza stessa della comunitˆ statale, nellĠattuale forma storicamente determinata (16); scopi che, nel presente assetto, non possono che ricondursi ai principi della Costituzione repubblicana. di FABrIzIO FrACChIA), Giuffr, Milano, 2017, pp. 572-577; CErUllI IrEllI v., Corso di Diritto amministrativo, Giappichelli, torino, 2001, pp. 581-589; vIllAtA r., lĠatto amministrativo, in Diritto amministrativo (a cura di l. MAzzArOllI - G. PErICU - A. rOMANO - F.A. MONACO - F.G. SCOCA), vol. II, Monduzzi ed., 1998, pp. 1472-1482; vIrGA P., Diritto amministrativo, vol. 2 atti e ricorsi, Giuffr, Milano, 2011, pp. 124-128. Per la manualistica classica cfr. GIANNINI M.S., Diritto amministrativo, vol. II (II edizione), Giuffr, Milano, 1988, pp. 750-757; SANDUllI A.M., Diritto amministrativo, XIv edizione, vol. 1, Jovene editore, Napoli, 1984, pp. 677-682; zANOBINI G., Corso di diritto amministrativo, vol. I principi generali, Giuffr, Milano, 1950, pp. 250-253 e vol. II la giustizia amministrativa, Giuffr, Milano, 1948, pp. 141-144. (16) Nel giudizio di legittimitˆ costituzionale possono essere rinvenute assonanze nel criterio della ragionevolezza/proporzionalitˆ, se solo si pensa che la Corte costituzionale si  spinta a considerare il sindacato di ragionevolezza come un sindacato sullĠeccesso di potere legislativo: ÒperchŽ sia dunque possibile operare uno scrutinio che direttamente investa il merito delle scelte sanzionatorie operate dal legislatore,  pertanto necessario che l'opzione normativa contrasti in modo manifesto con il canone della ragionevolezza, vale a dire si appalesi, in concreto, come espressione di un uso distorto della discrezionalitˆ che raggiunga una soglia di evidenza tale da atteggiarsi alla stregua di una figura per cos“ dire sintomatica di "eccesso di potere" e, dunque, di sviamento rispetto alle attribuzioni che l'or CONtENzIOSO NAzIONAlE 3. la sentenza ss.UU. n. 40984 del 2018. la sentenza in commento si inserisce, coerentemente, nel contesto tematico delineato nei paragrafi precedenti. Ecco i fatti di causa. Il 24 settembre 2015 lĠindagato, subito dopo aver fatto rifornimento in una stazione di servizio, lamentava la mancata corrispondenza tra il quantitativo di carburante erogato e la somma versata, chiedendo ai titolari, con Òparticolare virulenzaÓ, la restituzione della somma. Nel corso del litigio, egli accusava i titolari di analoghe condotte truffaldine, Òesibendo il tesserino dellĠarma dei Carabinieri e minacciando, forte della sua posizione, accertamenti sulla stazione di benzinaÓ. Successivamente, in data 3 febbraio 2016, lĠindagato, presentatosi nuovamente presso lĠimpianto, di fronte al rifiuto dei titolari di consentire lĠerogazione del carburante, Ò.. lasciava ferma la sua vettura davanti alle colonnine .. , cos“ impedendo il funzionamento dellĠimpianto per circa trenta minuti.. Ó. Il p.m. procedeva, per i soli fatti del settembre 2015, per tentata concussione (artt. 56 e 317 c.p.), ma successivamente si determinava per la richiesta di archiviazione. Il g.i.p., per tutta risposta, riqualificava la condotta da tentata concussione a esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone (art. 393 c.p.), mentre per i fatti del febbraio 2016, non presi in considerazione dalle indagini, individuava la fattispecie della violenza privata (art. 610 c.p.). rigettava, quindi, la richiesta di archiviazione, chiedendo al p.m. di procedere a formulare lĠimputazione per detti reati ex art. 409, comma 5, c.p.p. Avverso lĠordinanza del giudice, lĠimputato proponeva ricorso in Cassazione, rilevando lĠabnormitˆ del provvedimento sulla base del principio secondo cui il g.i.p. non pu˜ chiedere al p.m. di formulare imputazioni per fattispecie diverse da quelle per cui si procede a seguito dellĠiscrizione della notizia di reato. le SS.UU., va detto subito, dichiareranno ammissibile il ricorso e annulleranno, perchŽ abnorme, lĠordinanza limitatamente alla richiesta di formulare lĠimputazione per il reato di violenza privata, trasmettendo per i seguiti gli atti alla Procura competente. Al riguardo, va evidenziato che la Sezione assegnataria del ricorso (la vI) dinamento assegna alla funzione legislativaÓ (sentenza n. 313/1995, pres. Baldassarre, rel. vassalli). Si veda, altres“, Coste costituzionale sentenza n. 146/1996, pres. Ferri, rel. Cheli. Assonanze, suggestioni appunto, echi di unĠesigenza di unitarietˆ e coerenza dellĠordinamento, anche se va ricordato che la stessa Corte, in una precedente pronuncia (n. 37/1969), aveva escluso che fosse ipotizzabile consentire lĠingresso, nel giudizio di legittimitˆ costituzionale, alla figura dellĠeccesso di potere legislativo. Sulla questione SCACCIA G., eccesso di potere legislativo e sindacato di ragionevolezza, in politica del diritto, volume XXX, n. 3, settembre 1999, il Mulino, Bologna, pp. 387-421 (con ampi riferimenti bibliografici). rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 rimette la decisione alle Sezioni Unite non tanto per quanto concerne il tema dellĠabnormitˆ in sŽ del provvedimento, questione che resta sullo sfondo del- lĠintera vicenda processuale, ma con riferimento allĠammissibilitˆ o meno del ricorso proposto da parte dellĠindagato avverso un atto potenzialmente abnorme. In merito allĠabnormitˆ le SS.UU., richiamandosi a precedente giurisprudenza (17), mentre ritengono compatibile con il ruolo e i poteri del g.i.p. la possibilitˆ di questĠultimo di ÒriformulareÓ lĠipotesi accusatoria e, contestualmente, ordinare lĠimputazione coatta, considerano abnorme che ci˜ possa avvenire con riferimento a fatti non contestati dal p.m. e non iscritti fra le notizie di reato. In questĠultimo caso, infatti, il giudice travalicherebbe le sue funzioni, spingendosi fino a compartecipare con il p.m. allĠesercizio dellĠazione penale, che, viceversa, come  noto, la Costituzione riserva in esclusiva alla pubblica accusa. Ma vi  di pi, ed ecco il quid pluris della pronuncia, perchŽ in unĠipotesi siffatta la mancata iscrizione della notitia criminis lederebbe il diritto di difesa dellĠindagato che non potrebbe interloquire con il p.m. a seguito della comunicazione di chiusura delle indagini ex art. 415 bis c.p.p. e della possibilitˆ, per evitare ulteriori seguiti, di presentare memorie e documenti, di chiedere un supplemento istruttorio o di essere interrogato. Un vulnus che, invece, secondo la giurisprudenza della Cassazione e della Corte costituzionale, non si verificherebbe nel caso della riformulazione della fattispecie contestata ove, comunque, lĠindagato, nellĠipotesi di una richiesta di archiviazione formulata dal p.m., ma non accolta dal g.i.p., avrebbe la possibilitˆ di difendersi nellĠudienza camerale fissata dal giudice ai sensi dellĠart. 409 c.p.p. (18). A questĠultimo riguardo, invero, ci si potrebbe continuare a domandare, nonostante la presenza di autorevoli arresti giurisprudenziali in senso contrario, se anche nellĠipotesi di una semplice riformulazione dellĠipotesi accusatoria da parte del g.i.p. lĠindagato e il p.m. non subiscano una limitazione delle proprie prerogative costituzionali e se, quindi, non sia maggiormente in linea con la tutela del principio dellĠobbligatorietˆ dellĠazione penale e del diritto di difesa far regredire ÒragionevolmenteÓ il procedimento con restituzione degli atti alla pubblica accusa perchŽ questĠultima, avviando nuove indagini sulla base di una nuova iscrizione nel registro delle notizie di reato, attivi la fase interlocutoria dellĠart. 415 bis c.p.p. In altri termini, proprio nel quadro delle finalitˆ e dei principi dellĠordi (17) Cassazione penale, SS.UU. n. 22909 del 17 giugno 2005, pres. Marvulli, rel. Carmenini; SS.UU. n. 4319 del 28 novembre 2013 (dep. il 30 gennaio 2014), pres. Santacroce, rel. lombardi. (18) tra lĠaltro lĠindagato avrebbe la possibilitˆ di disporre di tutti gli atti di indagine in relazione ai quali il sistema prevede la piena ostensibilitˆ (art. 408 c.p.p.). CONtENzIOSO NAzIONAlE namento, potrebbe non esserci spazio per un potere del g.i.p. (ÒatipicoÓ e non abnorme) di riformulazione del fatto, con la conseguenza che il giudice, a fronte di una richiesta di archiviazione per una data ipotesi accusatoria, potrebbe: accogliere la richiesta di archiviazione, chiedere al p.m. nuove indagini ovvero ancora ordinare lĠimputazione coatta nei limiti dello schema accusatorio, senza poter dĠemblŽe Òcambiare le carte in tavolaÓ valutando la possibilitˆ di sussumere il fatto storico in una diversa fattispecie incriminatrice. Ma al di lˆ di queste considerazioni, va rilevato che per la sentenza in commento unĠimputazione per un fatto non contestato consentirebbe di saltare a pi pari la fase dellĠart. 415 bis (19), con conseguente lesione del diritto di difesa dellĠindagato, titolare, quindi, di uno specifico e legittimo interesse a ricorrere avverso lĠordinanza abnorme (20). la peculiaritˆ della pronuncia in parola, quindi, sta nel fatto che le SS.UU. hanno aperto le porte del ricorso per abnormitˆ anche alla parte privata, oltrechŽ al p.m., quando questĠultima abbia uno specifico e diretto interesse ad impugnare. UnĠapertura senzĠaltro garantista a tutela del diritto di difesa che, per˜, nel contesto giurisprudenziale e dottrinale sullĠabnormitˆ, finisce per divenire essa stessa funzionale agli scopi di questo particolare e atipico istituto impugnatorio il quale, come giˆ sopra evidenziato, consente di rimuovere atti in contrasto con le finalitˆ ÒoggettiveÓ dellĠordinamento, specie in quella parte, il sistema processuale penale appunto, dove pi delicata  quella dinamica di incontro- scontro tra la sovranitˆ ÒinternaÓ dello Stato e la libertˆ degli individui. In conclusione, la pronuncia rappresenta un significativo rafforzamento dellĠistituto del ricorso per abnormitˆ, perchŽ lo rende ancora pi centrale, aumentandone le possibilitˆ di utilizzo e, quindi, le occasioni per attivare il sindacato della Suprema Corte. Cassazione penale, Sezioni Unite, sentenza 24 settembre 2018 (Ud. 22 marzo 2018) n. 40984 -pres. D. Carcano, Rel. F.M.S. Bonito. rItENUtO IN FAttO (...) 2. Avverso questo provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il G., denunciandone la illegittimitˆ per violazione dell'art. 409 c.p.p., artt. 111 e 112 Cost., sul rilievo che il provvedimento impugnato, risolvendosi nell'imposizione al pubblico ministero di atti non previsti (19) la tesi dellĠincompatibilitˆ tra imputazione coatta e avviso di conclusione delle indagini ex art. 415 bis trova, peraltro, autorevole avvallo nella giurisprudenza costituzionale. Cfr., per tutte, Corte costituzionale, ord. 286 del 5 dicembre 2012 (dep. il 12 dicembre 2012), pres. Quaranta, rel. lattanzi. (20) In ci˜ le SS.UU. aderiscono ad un indirizzo minoritario per il quale cfr. Cassazione penale, vI, n. 34811 del 20 luglio 2016, pres. e rel. Petruzzellis. lĠindirizzo opposto (maggioritario)  stato, invece, seguito da Cassazione penale, II, n. 47613 del 18 ottobre 2016, pres. Fiandanese, rel. Pardo; Cassazione penale, vI, n. 49093 del 11 ottobre 2017, pres. Conti, rel. ricciarelli. rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 dall'ordinamento processuale, integrasse un'ipotesi di atto abnorme. A sostegno del motivo il ricorrente richiama l'insegnamento di Sez. U, n. 4319 del 28/11/2013, dep. 2014, l., rv. 257786, e quello di Sez. 5, n. 12987 del 16/02/2012, Di Felice, rv. 253313, decisioni assertive del principio secondo cui  inibita al giudice per le indagini preliminari la richiesta, rivolta al pubblico ministero, di formulare imputazioni per reati diversi da quelli per cui sia stata domandata l'archiviazione, potendo semplicemente disporre la iscrizione nel registro notizie di reato qualora rilevi fattispecie diverse da quelle per le quali si procede e di cui ritenga emergenti i requisiti dagli atti di indagine. tanto a presidio ed a salvaguardia della titolaritˆ del- l'azione penale in capo al pubblico ministero. 3. la Sesta Sezione, cui il ricorso  stato assegnato, con ordinanza del 12 ottobre 2017 ha rimesso la decisione alle Sezioni Unite, avendo rilevato l'esistenza di un contrasto interpretativo, avente ad oggetto l'ammissibilitˆ del ricorso per cassazione proposto dall'indagato avverso il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che, respinta la richiesta di archiviazione, disponga la formulazione dell'imputazione, ai sensi dell'art. 409 c.p.p., comma 5, per un reato diverso da quello per il quale il pubblico ministero ha richiesto l'archiviazione. 3.1. la Sezione rimettente ha richiamato un primo orientamento, maggioritario, secondo il quale sarebbe inammissibile il ricorso per cassazione dell'indagato avverso il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che non accolga la richiesta di archiviazione e disponga, nel contempo, la formulazione dell'imputazione relativamente ad una notizia di reato iscritta contro ignoti, in quanto unico soggetto legittimato ad impugnare, anche in questo caso,  il pubblico ministero (cos“ Sez. 3, n. 15251 del 14/12/2016, De Bosini, rv. 269649, in un caso in cui l'imputato aveva eccepito l'abnormitˆ del provvedimento del giudice che aveva ordinato l'imputazione coatta relativamente ad una notizia di reato iscritta contro ignoti). Nella fattispecie data il pubblico ministero sarebbe l'unico legittimato all'impugnazione per cassazione perch, nella fase procedimentale nella quale il giudice per le indagini preliminari dispone l'imputazione coatta a carico di un nominativo non iscritto nel relativo registro, il rapporto processuale riguarda esclusivamente il giudice stesso ed il pubblico ministero e su di esso l'indagato non ha alcun interesse al preventivo controllo sulla regolaritˆ di quella interlocuzione interna. Inoltre, secondo l'ordinanza, l'orientamento appena richiamato si pone in continuitˆ anche con quello precedente alla pronuncia delle Sez. U, n. 4319 del 2013, peraltro espresso sempre nelle ipotesi "fisiologiche" di imputazione coatta a carico di indagato per fattispecie di reato giˆ iscritte nel registro di cui all'art. 335 c.p.p. (Sez. 4, n. 10877 del 20/01/2012, rossi, rv. 251986). 3.2. la Sesta Sezione ha poi rilevato che un diverso ed opposto orientamento giurisprudenziale, minoritario, assume che, qualora l'imputazione coatta imposta dal giudice abbia ad oggetto un'ipotesi di reato diversa da quella per la quale il pubblico ministero ha avanzato domanda di archiviazione, l'indagato  legittimato all'impugnazione per cassazione avverso la relativa ordinanza. In tal senso si  espressa Sez. 6, n. 34881 del 20/07/2016, Sparaciari, rv. 267988, che valorizza il profilo secondo cui l'abnormitˆ dell'atto del giudice, giˆ affermata dalle Sezioni Unite citate sia per l'ordine d'imputazione coatta emesso nei confronti di persona non indagata sia per quello emesso nei confronti dell'indagato per reati diversi da quelli per i quali il pubblico ministero aveva richiesto l'archiviazione - ipotesi ricorrente anche nella fattispecie in esame -, esclude in radice la inammissibilitˆ del ricorso dell'indagato, atteso il radicale vizio che inficerebbe l'atto del giudice per le indagini preliminari, caratterizzato dall'esorbitanza dei poteri ad esso riconosciuti, giacch in stridente contrasto con le prerogative del pubblico ministero, unic˜ titolare dell'azione penale. Di qui la necessitˆ di assicurare la difesa dell'indagato ed il suo evidente interesse a vedersi tutelato nel rispetto delle regole del CONtENzIOSO NAzIONAlE contraddittorio e di quelle costituzionali in ordine al riparto dei poteri tra pubblico ministero e giudicante. CONSIDErAtO IN DIrIttO 1. le Sezioni Unite sono chiamate a risolvere la seguente questione di diritto: "se sia ricorribile per cassazione, dalla persona sottoposta ad indagine, il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che, non accogliendo la richiesta di archiviazione, ordini, ai sensi dell'art. 409 c.p.p., comma 5, al pubblico ministero di formulare l'imputazione per un reato diverso da quello oggetto della richiesta stessa". 2. la questione di diritto sottoposta all'attenzione del Collegio presuppone, quale dato ormai non controverso, i risultati dell'elaborazione giurisprudenziale in merito alla nozione giuridica di abnormitˆ e all'atteggiarsi di quest'ultima con riferimento agli atti resi dal giudice per le indagini preliminari nel procedimento di archiviazione. In merito al primo profilo, deve essere qui ribadito che ai fini dell'individuazione dell'atto abnorme si richiede, in negativo, che non si tratti di atto adottato semplicemente in violazione di norme processuali e, in positivo, che l'atto stesso si caratterizzi per contenuti talmente atipici, da renderlo estraneo all'ordinamento processuale ovvero che, pur espressione di una legittima potestˆ processuale, esso sia adottato al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, tanto da determinare una stasi del processo, la impossibilitˆ di proseguirlo ovvero la sua inammissibile regressione ad una fase processuale ormai esaurita (cos“, Sez. U, n. 17 del 10/12/1997, Di Battista, rv. 209603; Sez. U, n. 26 del 24/11/1999, Magnani, rv. 215094; Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, toni, rv. 243590). In merito al secondo profilo, Sez. U, n. 22909 del 31/05/2005, Minervini, rv. 231163, si sono occupate del tema in relazione all'ipotesi in cui il giudice per le indagini preliminari, non accogliendo la richiesta di archiviazione del pubblico ministero, ordini l'iscrizione nel registro delle notizie di reato di altri soggetti mai prima indagati e per i quali il pubblico ministero non aveva formulato alcuna richiesta, disponendo nuove indagini e fissando contestualmente una nuova udienza di rinvio. la Corte ha ritenuto l'abnormitˆ della decisione impugnata, limitatamente alla fissazione da parte del giudice di una nuova udienza di rinvio, ritenendo che, in tal modo, il giudice aveva determinato un vincolo per le valutazioni conclusive del pubblico ministero circa l'idoneitˆ degli elementi acquisiti a sostenere l'accusa in giudizio (Sez. U, Minervini, cit.). I giudici hanno colto l'occasione per tracciare una chiara linea di demarcazione tra l'attivitˆ del pubblico ministero ed il potere di controllo del giudice nel procedimento di archiviazione. richiamandosi alla giurisprudenza costituzionale, hanno affermato che i confini tracciati dal legislatore sui poteri dei due organi che si occupano delle indagini preliminari sono ben definiti e conformi ai principi costituzionali dell'obbligatorietˆ dell'azione penale e della sua titolaritˆ in capo all'organo requirente (art. 112 Cost.), riservando al giudice delle indagini la funzione di controllo e di impulso (v. Corte cost. n. 88 del 1991, n. 478 del 1993, n. 263 del 1991, n. 417 del 1991, n. 34 del 1994, n. 176 del 1999, n. 349 del 2002). Il dato saliente, emergente dall'arresto in parola e che adesso si intende ribadire, attiene alla sfera di valutazione del giudice per le indagini preliminari, non limitata ad un semplice esame della richiesta finale del pubblico ministero, ma estesa al complesso degli atti procedimentali rimessi al giudice dall'organo requirente, nel rispetto, per˜, sempre delle prerogative del pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale. Il travalicamento di questo limite determina, sulla base della nozione giuridica di abnormitˆ sopra chiarita, l'abnormitˆ della decisione. rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 2.1. Nel solco di questa impostazione, si inseriscono le Sez. U, rv. 257786, le quali hanno ritenuto che, in materia di procedimento di archiviazione, sono affetti da abnormitˆ, in quanto esorbitano dai poteri del giudice per le indagini preliminari, sia l'ordine d'imputazione coatta emesso nei confronti di persona non indagata, sia quello emesso nei confronti dell'indagato per reati diversi da quelli per i quali il pubblico ministero ha richiesto l'archiviazione, dovendo, in queste ipotesi, il giudice per le indagini preliminari limitarsi ad ordinare le relative iscrizioni nel registro di cui all'art. 335 c.p.p. Questa seconda pronunzia fornisce un'ulteriore significativa indicazione ermeneutica, in quanto opera un chiaro distinguo tra le ragioni dell'abnormitˆ dell'atto (attinenti al rapporto pubblico ministero/giudice) e gli effetti pregiudizievoli dell'atto medesimo, concernenti non soltanto l'alterazione del riparto di attribuzioni tra l'organo deputato in via esclusiva all'esercizio dell'azione penale ed il suo "controllore", ma anche il diritto di difesa della persona, imputata per effetto del provvedimento, senza mai avere potuto interloquire, da indagata, sul fatto contestatole. 3. Quanto sin qui esposto consente di concordare con quanto osservato dalla Sezione rimettente, secondo la quale pu˜ ormai considerarsi ius receptum il principio secondo cui  abnorme il provvedimento del giudice per le indagini preliminari del tenore venuto all'odierno esame del Collegio, in quanto caratterizzato da anomalia incidente sulla delimitazione dei poteri del giudice per le indagini preliminari rispetto alle potestˆ proprie dell'organo inquirente ed alla sua autonomia, organo inquirente destinatario di un ordine per il compimento di atti al di fuori delle ipotesi espressamente contemplate dalla legge. 4. Siffatta affermazione non , tuttavia, da sola sufficiente per risolvere la questione portata all'esame delle Sezioni Unite, e cio se sussista o meno un interesse dell'indagato ad impugnare per cassazione un provvedimento giudiziale abnorme secondo i profili appena evidenziati. Si consideri, invero, che, anche nei casi di abnormitˆ, ai fini della legittimazione a ricorrere non basta dedurre un vizio del provvedimento impugnato, ma occorre anche che il ricorrente abbia un interesse pratico e attuale all'annullamento dell'atto del quale deduce l'abnormitˆ e affinch detto interesse sussista  necessario che l'impugnazione sia idonea a rimuovere un pregiudizio, considerato come conseguenza concreta derivante dagli effetti primari e diretti della pronuncia impugnata (Sez. 6, n. 25683 del 02/04/2003, Donzelli, rv. 228307; in termini v. anche Sez. 6, n. 42542 del 06/10/2004, Marino, rv. 231186). Al riguardo, le Sezioni Unite hanno avuto modo di affermare che la facoltˆ di attivare i procedimenti di gravame non  assoluta e indiscriminata, ma  subordinata alla esistenza di una situazione in forza della quale il provvedimento del giudice risulti idoneo a produrre la lesione della sfera giuridica dell'impugnante e la eliminazione o la riforma della decisione gravata renda possibile il conseguimento di un risultato vantaggioso. Nell'occasione  stato altres“ specificato che la legge processuale non ammette l'esercizio del diritto di impugnazione avente di mira la sola esattezza teorica della decisione o la correttezza formale del procedimento, senza che alla posizione giuridica del soggetto derivi alcun risultato pratico favorevole, nel senso che miri a soddisfare una posizione oggettiva giuridicamente rilevante e non un mero interesse di fatto (Sez. U, n. 42 del 13/12/1995, timpani, rv. 203093). Coniugando tali affermazioni con la tematica che qui interessa, occorre verificare l'an ed il quantum del pregiudizio arrecato all'indagato dall'imputazione coatta "abnorme" e di conseguenza l'eventuale interesse del predetto alla rimozione dell'atto. 5. l'analisi richiede di rivolgere l'attenzione al rapporto tra imputazione coatta e diritto di difesa. CONtENzIOSO NAzIONAlE Si tratta di un tema ripetutamente affrontato dalla Corte costituzionale che, pur dichiarando sempre infondate le specifiche questioni sottoposte al suo esame, non ha tralasciato di rimarcare l'ineludibile garanzia da accordare al diritto di difesa dell'indagato nella fase camerale del procedimento di archiviazione. Solo attraverso questa puntualizzazione il giudice costituzionale  pervenuto alla conclusione di escludere che la mancata previsione normativa dell'avviso ex art. 415-bis c.p.p., nel- l'ipotesi di imputazione coatta, determini lesione di alcuna delle prerogative difensive, trovando queste "assicurazione nella piena ostensione della documentazione relativa alle indagini espletate (ai sensi dell'art. 408 c.p.p., comma 1, il pubblico ministero deve infatti trasmettere il fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini espletate e i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari) e nel diritto di intervento dell'imputato nell'udienza camerale ex art. 409 c.p.p." (ordinanza n. 348 del 2005). la questione successivamente riproposta  stata nuovamente dichiarata manifestamente infondata con ordinanza n. 286 del 2012. In questa seconda occasione la Corte, richiamando la propria giurisprudenza e nello specifico l'ordinanza n. 460 del 2002, ha affermato che "la funzione dell'avviso di cui al richiamato art. 415-bis appare essere chiaramente quella di assicurare una fase di "contraddittorio" tra indagato e pubblico ministero, in ordine alla completezza delle indagini", e che, pertanto, l'espletamento di quella fase e la garanzia di uno specifico ius ad loquendum dell'indagato in tanto si giustificano, in quanto il pubblico ministero intenda coltivare una prospettiva di esercizio del- l'azione penale"; pertanto "quando ricorre una ipotesi di esercizio dell'azione penale conseguente all'ordine di formulare l'imputazione a seguito di richiesta di archiviazione non accolta, il contraddittorio sulla eventuale incompletezza delle indagini trova necessariamente sede nella udienza in camera di consiglio che il giudice  tenuto a fissare ove la domanda di "inazione" del pubblico ministero non possa trovare accoglimento", sicch, tra l'altro, "nessuna lesione al diritto di difesa pu˜ prospettarsi in tale situazione, in quanto tale diritto , nella specie, congruamente assicurato nella sede camerale che precede l'ordine di formulare l'imputazione". In precedenza anche le ordinanze n. 491 del 2002 e n. 441 del 2004 avevano avuto modo di affermare che "ove l'esercizio dell'azione penale consegua all'ordine del giudice di formulare l'imputazione, previsto dall'art. 409 c.p.p., comma 5, il contraddittorio sulla eventuale incompletezza delle indagini si esplica necessariamente nell'udienza in camera di consiglio che, ai sensi del comma 2 dello stesso articolo, il giudice  tenuto a fissare ove non accolga la richiesta di archiviazione del pubblico ministero; (...) tale circostanza esclude dunque la configurabilitˆ della violazione degli artt. 3 e 24 Cost., ventilata dal rimettente". la Corte esclude che la presentazione della richiesta di archiviazione, sulla quale pu˜ innestarsi la vicenda procedimentale destinata a sfociare nell'imputazione coatta, sia accompagnata da una discovery di minore portata rispetto a quella che caratterizza la notificazione dell'avviso della conclusione delle indagini preliminari. Osserva, inoltre, che anche l'assunto secondo cui nell'ipotesi prevista dalla disciplina censurata non vi sarebbe alcun obbligo di procedere all'interrogatorio dell'indagato che ne faccia richiesta non  fondato, in quanto la disciplina generale del procedimento in camera di consiglio, richiamata dall'art. 409 c.p.p., comma 2, assicura all'indagato, prima della "imputazione coatta", uno ius ad loquendum idoneo ad escludere la violazione dei parametri costituzionali invocati dal rimettente. Infatti, proprio con specifico riferimento all'udienza camerale ex art. 409 c.p.p. la giurisprudenza di legittimitˆ ritiene che integri l'ipotesi di nullitˆ di cui all'art. 127 c.p.p., comma 3, la mancata audizione della parte comparsa, che abbia chiesto di essere sentita. rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 Nei medesimi arresti i giudici hanno, infine, reputato priva di fondamento la censura secondo cui nel rito camerale "archiviativo" mancherebbe una contestazione "delineata e cristallizzata", che sarebbe invece assicurata dalla notificazione dell'avviso della conclusione delle indagini preliminari. Si legge al riguardo che "la mancanza di una contestazione del fatto di reato analoga a quella prevista dall'art. 415-bis c.p.p. non pu˜ considerarsi lesiva dei parametri evocati dal rimettente e, segnatamente, del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, adeguatamente salvaguardati dall'accesso completo agli atti di indagine e dallo ius ad loquendum, riconosciuti all'indagato, l'uno e l'altro strumentali al contraddittorio garantito dinanzi al giudice nella "sede camerale che precede l'ordine di formulare l'imputazione" (ord. n. 460 del 2002). 6. l'esposizione che precede consente di svolgere una serie di considerazioni, dirimenti ai fini della soluzione della questione all'esame del Collegio: -lo schema del rito camerale "archiviativo" non si esaurisce nella dinamica pubblico mi- nistero/giudice (cui si correla la problematica della limitazione delle prerogative del pubblico ministero a garanzia dell'effettivitˆ del principio di obbligatorietˆ dell'azione penale), ma investe anche l'indagato ed il suo diritto di difesa; -analogamente a quanto previsto in merito all'esercizio dell'azione penale che deve essere preceduto dall'avviso ex art. 415-bis c.p.p., l'imputazione coatta presuppone che l'indagato sia stato posto nelle condizioni di partecipare all'udienza camerale ed ivi interloquire sui fatti oggetto della richiesta di archiviazione; -l'assenza di tali previsioni avrebbe esposto la norma ad inevitabile censura di illegittimitˆ costituzionale e in questo senso il riferimento all'art. 6 della Convenzione EDU, pur non costituendo disposizione da potere invocare come parametro al fine di affermare l'incostituzionalitˆ delle norme denunciate, dal momento che la stessa costituisce solo norma interposta al fine di accertare la violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., non invocato dal giudice a quo (ordinanza n. 163 del 2010), rafforzerebbe la censura di illegittimitˆ costituzionale con riguardo all'art. 111 Cost. (ordinanza n. 286 del 2012); -il mancato riconoscimento, nel caso concreto, delle predette garanzie all'indagato determina una lesione del diritto di difesa e di conseguenza un interesse del predetto alla rimozione del provvedimento a s sfavorevole. tutto ci˜ induce a concordare con quella dottrina orientata a ritenere che "sulla scena del- l'art. 409 c.p.p., comma 5, si profila un terzo principio costituzionale: il diritto di difesa. In questo terreno di incontro/scontro tra principi costituzionali, l'unico potere di intervento modificativo dell'imputazione che la giurisprudenza sembra lasciare in capo al giudice  costituito dalla possibilitˆ di riqualificazione del fatto, che del resto, costituendo corretta applicazione della legge, ius dicere e, pertanto, attuazione del principio di legalitˆ, si deve estendere a tutte le fasi del processo". 7. I rilievi da ultimo svolti offrono al Collegio le coordinate per risolvere il contrasto interpretativo sottoposto alla sua attenzione. 8. ribadita ancora una volta la natura abnorme del provvedimento di imputazione coatta imposta dal giudice in relazione a soggetti o reati non contemplati nella richiesta di archiviazione, le Sezioni Unite ritengono che i principi suesposti rivelino tutte le debolezze dell'orientamento favorevole alla tesi dell'inammissibilitˆ del ricorso dell'indagato. Peraltro, le pronunzie ricomprese in questo indirizzo, pur convergenti nella conclusione, vi approdano attraverso percorsi argomentativi alternativi dettati anche dalla diversitˆ delle fattispecie esaminate. CONtENzIOSO NAzIONAlE Ci˜ impone di procedere separatamente alla loro disamina. a) Un primo gruppo di pronunzie (peraltro ripetutamente richiamate in successivi arresti come caposaldi dell'orientamento in parola) si riferiscono, in realtˆ, ad ipotesi in cui il provvedimento di imputazione coatta, oggetto di ricorso, non recava alcuna divergenza rispetto al nominativo ed al reato indicati nella richiesta di archiviazione non accolta, per cui esulava dalle ipotesi di abnormitˆ che caratterizzano, invece, la fattispecie in esame. Il riferimento  alla sentenza emessa da Sez. 4, n. 10877 del 20/01/2012, rossi, rv. 251986 (in termini anche Sez. 5, n. 6807 del 21/01/2015, Dr., rv. 262688). In quel caso, invero, l'indagato aveva impugnato l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari deducendone la nullitˆ per carenza della motivazione e per un vizio attinente l'opposizione della persona offesa. la Corte aveva dichiarato inammissibile il ricorso, enunciando il principio secondo cui l'unico soggetto legittimato ad impugnare  il pubblico ministero e ritenendo che l'ordinanza adottata dal giudice non potesse essere qualificata come abnorme, perch era stata "assunta nell'ambito del potere ordinatorio riconosciuto al giudice ai sensi dell'art. 409 c.p.p., comma 5. Essa poteva eventualmente ritenersi illegittima, ma il suo contenuto non  sicuramente avulso dal sistema e gli effetti non sono tali da pregiudicare in concreto lo sviluppo del processo". I giudici precisavano, altres“, che "solo" qualora il provvedimento impugnato fosse affetto da abnormitˆ ne sarebbe consentita l'impugnazione al di fuori del principio di tassativitˆ dei mezzi di impugnazione. Nel caso di specie, l'atto poteva eventualmente essere ritenuto illegittimo, ma non abnorme in quanto assunto nell'ambito dei poteri riconosciuti al giudice dall'ordinamento, (anche se i presupposti che ne legittimano l'emanazione sono stati ritenuti sussistenti in modo errato) e il pubblico ministero poteva sempre compiere il successivo atto senza incorrere in alcuna nullitˆ. Queste affermazioni conferiscono, dunque, al principio di diritto enunciato dalla Corte una portata pi limitata, circoscritta alle ipotesi di patologie dei provvedimenti non trasbordanti nell'abnormitˆ. In questi casi,  agevole ritenere che la conformitˆ del provvedimento adottato allo schema disciplinato dall'art. 409 c.p.p. escluda ogni lesione del diritto di difesa dell'indagato (posto nelle condizioni di interloquire all'udienza camerale sulla sussistenza della contestazione nei suoi confronti) e, per l'effetto, la legittimazione del predetto ad impugnare il provvedimento avente natura ordinatoria. b) Confacente, invece, alla fattispecie in esame  un secondo gruppo di arresti che, pur in presenza dell'abnormitˆ dell'atto, ne ha escluso l'impugnabilitˆ da parte dell'indagato/imputato. tra questi, Sez. 3, n. 15251 del 14/12/2016, dep. 2017, De Bosini, rv. 269649, senza operare alcun distinguo tra atto abnorme e atto puramente illegittimo (tanto da richiamare le suindicate Sez. 5, n. 6807/15 e Sez. 4, n. 10877/12), ha ritenuto "inammissibile l'impugnazione proposta con ricorso per cassazione dall'indagato, avverso il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che non accolga la richiesta di archiviazione e disponga la formulazione dell'imputazione, ex art. 409 c.p.p., comma 5, in quanto unico soggetto legittimato ad impugnare , in tal caso, il pubblico ministero". Nell'arresto in commento, i giudici hanno rilevato che nell'ordinamento giuridico non  previsto un diritto dell'indagato (o dell'indagando) ad impugnare l'ordine del giudice per le indagini preliminari che disponga l'imputazione coatta, ancorch il pubblico ministero non abbia ancora proceduto all'iscrizione del nominativo nel registro degli indagati, perch, in questa fase, l'interlocuzione  esclusivamente tra il giudice per le indagini preliminari ed il rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 pubblico ministero il quale, nella specie, si riteneva aver prestato "implicitamente acquiescenza all'ordine del giudice per le indagini preliminari, procedendo alla preventiva iscrizione del ricorrente a modello 21, ed esercitando conseguentemente l'azione penale. la Corte, nel corpo della motivazione, dimostra, tuttavia, di non trascurare le affermazioni delle Sezioni Unite nella sentenza n. 4319 del 28/11/2013, dep. 2014, l., in tema di lesione del diritto di difesa, dalle quali ritiene di non discostarsi in ragione della peculiaritˆ del caso concreto. Nella fattispecie, invero, era accaduto che il pubblico ministero, in ottemperanza a quanto disposto dal giudice per le indagini preliminari, aveva proceduto all'iscrizione del nominativo, indicato nel provvedimento, nel registro degli indagati ed aveva esercitato nei confronti del "neo indagato" l'azione penale attraverso la richiesta di decreto penale di condanna. Soltanto a seguito dell'emissione di questo da parte del g.i.p. il ricorrente era venuto a conoscenza del- l'imputazione coatta disposta nei suoi confronti. Secondo la Corte di cassazione, "nella specifica ipotesi in esame, sicuramente il ricorrente non aveva la legittimazione ad impugnare perch non aveva neanche un interesse pretensivo al controllo sulla regolaritˆ dell'interlocuzione interna tra il giudice per le indagini preliminari ed il pubblico ministero, potendo formulare la richiesta relativa solo nell'ipotesi in cui il pubblico ministero non abbia esercitato l'azione penale, nell'alveo del meccanismo disegnato dall'art. 413 c.p.p.". Al di lˆ di tale ultima notazione, deve rilevarsi che, nel caso in esame, l'imputato era privo di interesse ad impugnare il provvedimento di imputazione coatta per l'assenza, in concreto, di alcun pregiudizio subito. l'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero attraverso la richiesta del decreto penale di condanna avrebbe, invero, comunque esonerato l'organo dell'accusa (ove anche il giudice si fosse correttamente limitato ad ordinare l'iscrizione del nominativo del- l'indagando nel registro di cui all'art. 335 c.p.p.) dal compiere l'avviso ex art. 415-bis c.p.p. Come  agevole cogliere, si tratta di un caso del tutto peculiare, in ragione anche del momento in cui l'indagato ebbe ad avere notizia del provvedimento del gip a lui sfavorevole, nel quale non si registra in danno del predetto alcuna menomazione del diritto di interlocuzione per impedire l'esercizio dell'azione penale nei suoi confronti. Da qui il difetto di un interesse concreto ad impugnare la decisione emessa dal giudice. c) Un terzo gruppo di arresti affronta la questione oggi dibattuta sotto un diverso angolo prospettico e perviene all'inammissibilitˆ del ricorso proposto dal soggetto, sfavorevolmente colpito dal provvedimento di imputazione coatta abnorme, in ragione della non irreversibilitˆ del pregiudizio subito dal predetto. Cos“, Sez. 5, n. 32753 del 19/05/2014, Fasanella, in una fattispecie in cui l'imputazione coatta era stata disposta nei confronti di un soggetto diverso da quelli iscritti nel registro delle notizie di reato, ha dichiarato inammissibile il ricorso del- l'indagato sulla base del seguente ragionamento: "la abnormitˆ del provvedimento garantisce l'ammissibilitˆ del ricorso solo a fronte di atti caratterizzati da assoluta peculiaritˆ rispetto al sistema legale del processo ovvero tali da determinare l'impossibilitˆ di prosecuzione del processo (Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, toni, rv. 243590). la categoria presenta, invero, indubbi caratteri di eccezionalitˆ, in relazione alla deroga che viene attuata al principio di tassativitˆ delle nullitˆ (art. 177 c.p.p.) e dei mezzi di impugnazione (art. 568 c.p.p.), talch essa, come precisato dalla sentenza n. 25957 del 2009 appena menzionata,  ravvisabile solo in mancanza di ulteriori strumenti di gravame lato sensu, ovvero in assenza di possibilitˆ offerte dal sistema per rimediare con prontezza all'anomalia della pronuncia giudiziale nell'ambito dello sviluppo processuale e delle sue fasi". CONtENzIOSO NAzIONAlE la Corte non precisa, tuttavia, in che termini il pregiudizio subito dall'imputato sarebbe nel caso specifico ovviabile, in quanto dalla premessa in diritto passa direttamente alla conclusione per cui "l'abnormitˆ non consente di estendere la platea dei legittimati attivi a proporre ricorso per cassazione, rispetto al novero dei soggetti giˆ individuati dal vigente ordinamento processuale". la lacuna non si riscontra, invece, in Sez. 2, n. 47613 del 18/10/2016, Bongiorno, la quale ha ritenuto che "il diritto al contraddittorio dell'indagato nella fase delle indagini preliminari non pu˜ essere assicurato anche nella fase della richiesta di archiviazione e della conseguente imputazione coatta poich a seguito di tale ordine non si verifica il diretto rinvio a giudizio bens“ il procedimento trova successivi snodi nei quali l'indagato pu˜ esercitare conformemente a quanto previsto dalla legge il proprio diritto di difesa. Si pensi, infatti, che a seguito dell'ordine di imputazione formulato dal giudice e diretto al pubblico ministero questi dovrˆ procedere alla chiusura delle indagini e quindi ad inviare l'avviso di cui all'art. 415-bis c.p.p., in occasione del quale l'indagato potrˆ formulare mediante memorie le proprie richieste ed anche chiedere di essere sentito. Ancor dopo segue l'udienza preliminare nella quale l'indagato ha piena possibilitˆ nel contraddittorio con il pubblico ministero e di fronte al giudice terzo di far valere le proprie ragioni con specifico riferimento all'esito delle indagini preliminari ed al materiale probatorio sin l“ raccolto, deducendo anche la non adeguatezza dello stesso per sostenere l'accusa in giudizio. A fronte di un cos“ vasto quadro di possibilitˆ deve quindi essere escluso che il diritto al contraddittorio nella fase delle indagini, che pure deve ritenersi limitato in ragione della strumentalitˆ delle stesse alla raccolta delle prove, possa esser anticipato sin dalla fase dell'imputazione coatta di cui all'art. 409 c.p.p., comma 5, e consenta all'indagato di impugnare per abnormitˆ detto provvedimento che attiene esclusivamente ai rapporti tra giudice per le indagini preliminari e pubblico ministero e non prevede alcun autonomo mezzo di gravame. Unico legittimato ad impugnare detto provvedimento anche per abnormitˆ rimane pertanto sempre il pubblico ministero al quale l'ordine del giudice si rivolge. In ogni caso, nella specie (provvedimento che aveva disposto la formulazione dell'imputazione in relazione a titoli di reato diversi da quelli oggetto di iscrizione), l'ordinanza adottata dal giudice non pu˜ qualificarsi come abnorme, perch  stata in ogni modo assunta nell'ambito del potere ordinatorio riconosciutogli ai sensi dell'art. 409 c.p.p., comma 5. Essa pu˜ eventualmente ritenersi illegittima, ma il suo contenuto non  sicuramente avulso dal sistema e gli effetti non sono tali da pregiudicare in concreto lo sviluppo del processo". l'arresto in commento contiene una serie di affermazioni che il Collegio ritiene di non condividere: -il diritto al contraddittorio dell'indagato nella fase delle indagini preliminari non pu˜ essere assicurato anche nella fase della richiesta di archiviazione; principio, questo, in apparente contrasto, oltre che con il dato normativo, con quanto ripetutamente affermato dalla Corte costituzionale secondo cui la disciplina generale del procedimento in camera di consiglio, richiamata dall'art. 409 c.p.p., comma 2, assicura all'indagato, prima della "imputazione coatta", uno ius ad loquendum idoneo ad escludere la violazione dei parametri costituzionali; -a seguito dell'ordine di imputazione formulato dal giudice e diretto al pubblico ministero questi dovrˆ procedere alla chiusura delle indagini e quindi ad inviare l'avviso di cui all'art. 415-bis c.p.p., in occasione del quale l'indagato potrˆ formulare mediante memorie le proprie richieste ed anche chiedere di essere sentito; affermazione, questa, difforme rispetto alla giurisprudenza consolidata (ex multis, Sez. 6, n. 45126 del 22/10/2014, Grimaldi, rv. 260824; Sez. 4, n. 48033 del 19/11/2009, Caldarar, rv. 245795; Sez. 6, n. 5369 del 08/10/2002, dep. rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 2003, taormina, rv. 223690) e che sembra non tener conto della richiamata giurisprudenza costituzionale (cfr., Corte cost., ord. n. 460 del 2002 e ord. n. 491 del 2002); -l'ordinanza che dispone la formulazione dell'imputazione in relazione a titoli di reato diversi da quelli oggetto di iscrizione non pu˜ qualificarsi come abnorme, in quanto assunta nell'ambito del potere ordinatorio riconosciuto al giudice ai sensi dell'art. 409 c.p.p., comma 5; affermazione, questa, che pone la decisione in questione in contrasto con quanto ritenuto dalle Sezioni Unite n. 4319 del 28/11/2013, dep. 2014, l., ed oggi ribadito dal Collegio. Sulla scia della pronunzia da ultimo esaminata, Sez. 6, n. 49093 dell'11/10/2017, russo, rv. 271499, non trascurando, anch'essa, il profilo delle garanzie del diritto di difesa, ha affermato che il soggetto, nei cui confronti  stata formulata l'imputazione, pur non legittimato a ricorrere per cassazione, non resta privo di tutela: "ed invero, secondo il fisiologico sviluppo del procedimento, l'imputazione coatta deve essere preceduta dal contraddittorio in camera di consiglio, che solo giustifica sul piano delle garanzie il venir meno dell'obbligo per il pubblico ministero di inviare l'avviso ex art. 415-bis c.p.p. Correlativamente, la circostanza che l'epilogo della fase delle indagini preliminari sia stato contrassegnato dall'anomalia rappresentata dall'emissione dell'ordine di formulare l'imputazione, non preceduto dall'udienza nella quale deve essere assicurato il contraddittorio tra le parti interessate, implica che venga ad assumere rilievo la mancata comunicazione dell'avviso ex art. 415-bis c.p.p., ci˜ che l'imputato pu˜ utilmente dedurre in sede di udienza preliminare o, in mancanza di questa, dinanzi al giudice del dibattimento". Il ragionamento non pare poter essere condiviso. I giudici, pur riconoscendo il pregiudizio subito dall'imputato per la mancata interlocuzione all'udienza camerale innanzi al giudice, lo ritengono ovviabile attraverso lo strumento dell'art. 415-bis c.p.p., omettendo di considerare la non operativitˆ di questa norma nel caso di imputazione coatta. Al riguardo, a quanto giˆ esposto nei paragrafi che precedono deve, ora, aggiungersi, mutuando le affermazioni della Corte cost., n. 286 del 2012, che "il meccanismo procedimentale basato sull'avviso previsto dall'art. 415-bis c.p.p.  diverso da quello relativo all'imputazione coatta, perch l'avviso in questione  diretto a consentire all'indagato l'esplicazione di un'ulteriore attivitˆ difensiva, che potrebbe incidere sulle determinazioni del pubblico ministero, inducendolo a richiedere l'archiviazione, mentre dopo l'ordine del giudice per le indagini preliminari di formulare l'imputazione viene meno qualunque ulteriore spazio per l'attivitˆ difensiva; infatti, se il giudice delle indagini preliminari, all'esito della udienza camerale avente ad oggetto la decisione sulla richiesta di archiviazione del pubblico ministero, ritiene che la notizia di reato non sia infondata e che debba dunque farsi luogo all'esercizio dell'azione penale, n il pubblico ministero n l'indagato sono in grado di contrastare tale valutazione (Sez. 6, n. 5369 del 08/10/2002, dep. 2003, taormina, rv.223690)". In definitiva, contrariamente a quanto sostenuto in sentenza, l'avviso ex art. 415-bis c.p.p., non pu˜ sanare la violazione del diritto di difesa patita dall'indagato all'udienza camerale ex art. 409 c.p.p., per la semplice ragione che, una volta definito il procedimento archiviativo con l'emissione dell'ordinanza di imputazione coatta, la norma di garanzia anzidetta non trova alcuno spazio di operativitˆ. 9. A differenza dell'indirizzo maggioritario appena esaminato, quello c.d. minoritario sembra coerente con i principi di diritto suesposti. Secondo Sez. 6, n. 34881 del 20/07/2016, Sparaciari, rv. 267988, sussiste la legittimazione dell'indagato a proporre ricorso per cassazione avverso il provvedimento del giudice per le in CONtENzIOSO NAzIONAlE dagini preliminari che dispone la formulazione dell'imputazione, ex art. 409 c.p.p., comma 5, in ordine a reati diversi da quelli per i quali il pubblico ministero aveva richiesto l'archiviazione. Il percorso argomentativo seguito prende avvio dalle affermazioni contenute nella sentenza delle Sez. U, n. 4319 del 28/11/2013, dep. 2014, l., in ordine alla abnormitˆ sia dell'ordine d'imputazione coatta emesso nei confronti di persona non indagata, sia di quello emesso nei confronti dell'indagato per reati diversi da quelli per i quali il pubblico ministero aveva richiesto l'archiviazione. Si afferma, in particolare, che "l'anomalia strutturale realizzatasi nel procedimento attraverso l'esercizio da parte del giudice per l'udienza preliminare di poteri di surroga delle attribuzioni del pubblico ministero integra la figura dell'atto abnorme, che deve essere annullato per ripristinare il corretto svolgimento del procedimento, attraverso le determinazioni che il pubblico ministero vorrˆ formulare rispetto alle segnalazioni provenienti dal giudice per le indagini preliminari". Passando, quindi, al profilo che qui interessa, la Corte, in consapevole contrasto con l'indirizzo maggioritario seguito dalla giurisprudenza di legittimitˆ, chiarisce che "non appare possibile dubitare della legittimazione a proporre impugnazione dell'indagato (...) sia per l'accertata ricorrenza di un atto abnorme, ipotesi chiaramente esclusa dalla valutazione sull'inammissibilitˆ del ricorso contenuta nella decisione richiamata, sia soprattutto per la presenza dell'interesse diretto dell'indagato il quale, nel caso in cui il pubblico ministero non ritenga di reagire con l'impugnazione, si troverebbe dinanzi all'intervenuto esercizio dell'azione penale, in mancanza della necessaria interlocuzione in contraddittorio prevista a garanzia dei diritti delle parti dall'art. 409 c.p.p., comma 2, cos“ come efficacemente ribadito dalla Corte costituzionale nell'ordinanza n. 286 del 2012 a conferma di precedenti decisioni della medesima autoritˆ sul punto (ord. n. 460 e n. 491 del 2002 e ord. n.441 del 2004)". 10. Il percorso argomentativo svolto conduce le Sezioni Unite a concludere nel senso che l'imputazione coatta per fatti non contemplati dal pubblico ministero nella richiesta di archiviazione incide pesantemente sulla possibilitˆ per l'indagato di interloquire sull'accusa e sulla sua legittimitˆ e, in ultima analisi, sulla possibilitˆ di difendersi per impedire di essere sottoposto a processo; interesse questo per nulla soddisfatto dalle possibilitˆ difensive offerte dal- l'ordinamento nel prosieguo procedimentale. In questa situazione, l'indagato , dunque, pienamente legittimato ad impugnare il provvedimento a lui sfavorevole per ottenerne la rimozione. 11. l'odierna questione controversa pu˜, pertanto, essere risolta con la formulazione del seguente principio di diritto: "é atto abnorme e quindi ricorribile per cassazione anche dalla persona sottoposta ad indagine il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che, non accogliendo la richiesta di archiviazione, ordini, ai sensi dell'art. 409 c.p.p., comma 5, che il pubblico ministero formuli l'imputazione per un reato diverso da quello oggetto della richiesta". 12. tornando ora al caso concreto sottoposto alla valutazione della Corte, giova ribadire che l'ordinanza impugnata, a fronte di una richiesta di archiviazione riferita alla ipotesi di indagine di cui al reato di tentata corruzione (artt. 56 e 317 c.p.), ha disposto l'imputazione coatta per i reati di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (art. 392 c.p.) e di violenza privata (art. 610 c.p.). Per quanto riguarda il reato di violenza privata non pu˜ dubitarsi che si tratta di una fattispecie non delibata da parte del pubblico ministero, del tutto estranea alle condotte per le quali il rappresentante della pubblica accusa aveva chiesto l'archiviazione della notizia di reato. Sul rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 punto pertanto, in applicazione delle regole di diritto appena enunziate e delle ragioni esposte, deve ritenersi abnorme l'ordinanza in esame e sussistente l'interesse dell'indagato ad impugnarla. Consegue l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza stessa e la trasmissione degli atti al Procuratore della repubblica presso il tribunale di teramo affinch provveda, comunque, all'iscrizione della notizia di reato indicata dal giudice nel registro di cui all'art. 335 c.p.p. A diverse conclusioni occorre pervenire in riferimento all'ordinanza in esame nella parte in cui l'imputazione coatta  stata disposta per il delitto di cui all'art. 393 c.p., giacch al riguardo non ricorre l'ipotesi di nuova contestazione di reato rispetto alla quale manchi l'iniziativa del pubblico ministero, bens“ quella di una diversa qualificazione della condotta per la quale il pubblico ministero aveva comunque promosso l'azione penale, di guisa che il giudizio espresso risulterebbe coerente con la disciplina procedimentale vigente e rispettosa del riparto di poteri (Sez. 1, n. 47919 del 29/09/2016, Guarnieri, rv. 268138; Sez. 2, n. 31912 del 07/07/2015, Giovinazzo, rv. 264509; Sez. 5, n. 24030 del 04/06/2015, richetto; Sez. 6, n. 34284 del 22/06/2011, Polese, rv. 250836). P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata limitatamente all'ordine di formulazione della imputazione per il reato di cui all'art. 610 c.p.; dispone la trasmissione degli atti al Procuratore della repubblica di teramo. rigetta nel resto il ricorso. Cos“ deciso in roma, il 22 marzo 2018. CONtENzIOSO NAzIONAlE Cassazione civile: principio di chiarezza nella formulazione dei motivi di impugnazione (art. 360 c.p.c.) Nota a CassazioNe CiVile, sezioNe V, oRDiNaNza 23 geNNaio 2019 N. 1831 Carlo Maria Pisana* Con ordinanza Cass. V, 23 gennaio 2019, n. 1831 la Corte di Cassazione civile nel ribadire che devono ritenersi inammissibili i motivi di impugnazione per cassazione formulati in modo contestuale e indistinto, richiama il Òprincipio di chiarezza che presiede alla formulazione dei motivi di ricorso per cassazioneÓ. Nel presente articolo si cerca di ricostruire tale principio, peraltro talvolta invocato nelle difese dellĠAvvocatura dello Stato davanti al giudice di legittimitˆ. lĠordinanza Cass. v, 23 gennaio 2019, n. 1831 della Corte di Cassazione, ribadita lĠinammissibilitˆ dei motivi di impugnazione per cassazione formulati in modo contestuale e indistinto, richiama a giustificazione della decisione il Òprincipio di chiarezza che presiede alla formulazione dei motivi di ricorso per cassazioneÓ. Al fine di ricercare il significato da attribuire a tale nozione, appare opportuno partire dai fatti di causa. 1. il fatto. la pronuncia in esame trae origine da una lite tributaria proposta da una societˆ di informatica, a cui il Fisco aveva ripreso a tassazione lĠIva detratta, nonchŽ i costi dedotti, in relazione a operazioni ritenute soggettivamente inesistenti per lĠadozione del noto schema della Òfrode caroselloÓ. la societˆ aveva impugnato gli atti impositivi, restando soccombete in primo e secondo grado. Essa aveva pertanto proposto ricorso per cassazione, criticando la sentenza della Commissione regionale tributaria del lazio (lĠordinanza in commento per un errore materiale parla della Ct della Basilicata) a mezzo di tre motivi. Qui rileva prendere in considerazione la formulazione del primo e del terzo, di cui si riporta la rubrica: Ò1) violazione dellĠart. 360 c. 1 n. 5 in relazione allĠart. 2697 c.c. e allĠart. 2729 c.c., alla c.m. 45/D del 17 novembre 2005 per incompleta ricostruzione del fatto storico complesso e per insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversiaÓ; Ò3) violazione dellĠart. 360 c. 1 nn. 3 e 5 per falsa applicazione di norme di diritto in relazione al combinato disposto degli artt. 19 e 21 del d.p.r. 633/72, nonchŽ omessa motivazione su un punto decisivo della controversiaÓ. (*) Avvocato dello Stato. rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 Come preannunciato dalla rubrica dei due motivi in esame, lĠargomentazione che seguiva in entrambi i casi si risolveva in una critica libera della sentenza di merito, portata sotto pi profili, astrattamente censurabili in sede di legittimitˆ, ma concretamente svolti in modo contestuale e indistinto e pertanto lĠargomentazione non risultava riferibile ai motivi indicati dallĠart. 360 c.p.c., se non attraverso unĠoperazione ermeneutica del testo dellĠatto difensivo. lĠAvvocatura, costituitasi con controricorso e ricorso incidentale condizionato per lĠErario, oltre a contestare il fondamento delle doglianze nel merito, aveva brevemente segnalato lĠinammissibilitˆ dei due motivi predetti. 2. la pronuncia. In relazione a tale contesto processuale, la Corte ha ribadito lĠinammissibilitˆ dei motivi volti a lamentare in modo contestuale e indistinto pi censure. I passi rilevanti dellĠordinanza in commento hanno il seguente tenore testuale: -in relazione al primo motivo, Òil motivo  inammissibile, traducendosi in una inestricabile commistione di violazioni di legge e vizi motivazionali, lamentando la ricorrente, al contempo, sia l'errata ripartizione dell'onere della prova, sia il difetto del ragionamento presuntivo da parte del giudice di merito, sia l'omessa considerazione di elementi fattuali asseritamente costitutivi della fattispecieÓ; -in relazione allĠaltro, Òpure tale censura  inammissibile, presentando i medesimi vizi rilevati con riguardo al primo motivo, con evidente violazione del principio di chiarezza che presiede alla formulazione dei motivi di ricorso per cassazioneÓ. Ora, lĠinammissibilitˆ dei ricorsi formulati con le modalitˆ di cui sopra non costituisce una novitˆ. la novitˆ sta invece nel motivare tale inammissibilitˆ mediante il riferimento ad un Òprincipio di chiarezzaÓ, da ritenersi sotteso alle norme che presiedono alla formulazione dei motivi di impugnazione in sede di legittimitˆ. Questa espressione  stata talvolta impiegata nelle difese in cassazione allo scopo di puntualizzare che al ricorrente incombe lĠonere di formulare i motivi di ricorso in modo, non soltanto specifico, ma anche chiaramente ed inequivocabilmente riferibile ad uno dei motivi predeterminati dalla legge processuale. 3. la ricostruzione teorica. A nostro avviso, tale onere di chiarezza imposto alla parte ricorrente trova ragione nella stessa natura di giudizio a critica vincolata propria dellĠimpugnazione per cassazione. la caratteristica di giudizio a critica vincolata comporta, infatti, lĠimpossibilitˆ per il giudice di legittimitˆ di giudicare in ordine a censure che non siano riconducibili alle tipologie predefinite dalla legge processuale, ossia CONtENzIOSO NAzIONAlE dallĠart. 360 c.p.c. Siffatta peculiaritˆ  legata alla stessa origine storica del giudizio di legittimitˆ. Come  noto, le moderne corti di cassazione derivano dallĠarchetipo maturato nel travaglio intellettuale della rivoluzione Francese. Per essere pi precisi, lĠAssemblea nazionale, con decreto del 27 novembre 1790, istitu“ il Òtribunal de CassationÓ. Ma la nuova istituzione fu collocata presso il corpo legislativo e non presso quello giurisdizionale, proprio perchŽ volta a fornire la corretta interpretazione delle norme, in cui i principi rivoluzionari ravvisavano la volontˆ del Popolo. In quellĠoccasione fu chiarito il fondamentale carattere del giudizio di legittimitˆ, che lo caratterizza anche oggi: in nessun caso la Corte potrˆ conoscere Òdu fond des affairesÓ e la sua competenza sarˆ limitata allĠaccertamento della Òcontravvention au texte de la loiÓ. lĠAssemblea precis˜ fin da allora, che non si trattava di un terzo grado di giudizio, poichŽ Òil y aurait deux degrŽs de jurisdiction en matire civileÓ. la Cassazione nacque quindi come custode della legge con il compito di Òannullare le sentenze e non giudicareÓ e anche oggi mantiene tale carattere, benchŽ sia ormai da secoli parte integrante del potere giurisdizionale, di cui anzi costituisce nel nostro ordinamento lĠorgano supremo (r.D. 30 gennaio 1941, n. 12, Art. 65). 4. la giurisprudenza della Corte di Cassazione in tema di formulazione dei motivi contestuali e indistinti. la delimitazione dellĠambito della cognizione del giudice di legittimitˆ, benchŽ abbia lontane origini storiche,  cosa attuale e la giurisprudenza della nostra Corte di Cassazione ha ribadito, anche in tempi a noi vicini, lĠattualitˆ di tale principio. Pacificamente si esclude infatti lĠammissibilitˆ delle censure volte ad ottenere un riesame del merito della controversia (Cass. civ. Sez. Unite, 4 marzo 2016, n. 4254). In proposito la Corte afferma costantemente che: ÒCon la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non pu˜ rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l'apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall'analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sŽ coerente, atteso che l'apprezzamento dei fatti e delle prove  sottratto al sindacato di legittimitˆ, dal momento che, nell'ambito di quest'ultimo, non  conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all'uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilitˆ e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussioneÓ (Cass. civ. Sez. vI - 5 Ordinanza, 7 aprile 2017, n. 9097; in senso analogo: Cass. civ. Sez. lavoro, 24 gennaio 2017, n. 1749; Cass. civ. Sez. vI - 1 Ordinanza, 21 settembre 2016, n. 18542; Cass. civ. Sez. v, 13 settembre 2013, n. 20973). rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 Il Giudice di legittimitˆ quindi, come il suo antenato francese, non conosce Òdu fond des affairesÓ, del merito delle liti, ma ha una cognizione limitata alla disamina della ricorrenza o meno di alcuni vizi della sentenza di merito predeterminati dal legislatore. la preclusione della piena conoscenza del merito delle liti ha come corollario la natura vincolata del giudizio di legittimitˆ. Infatti, se il giudice di legittimitˆ non pu˜ conoscere liberamente tutta la controversia, allora pu˜ conoscerne soltanto la parte oggetto di impugnazione entro il limite costituito dalle tipologie di censure rimesse alla sua cognizione dalla legge (nel nostro ordinamento i nn. da 1 a 5 del comma 1 dellĠart. 360 c.p.c.). Ma, se la cognizione  delimitata a determinate censure,  allora indispensabile che possano ammettersi soltanto i motivi di impugnazione, che siano riportabili alle censure predeterminate dalla legge processuale in modo specifico e distinto. é pertanto coerente con tale impostazione la costante giurisprudenza della Corte, che ritiene inammissibili le censure che non si riferiscano distintamente ai vizi censurabili elencati dallĠart. 360 c.p.c. In proposito la Corte ha affermato che: Òil ricorso appare inammissibile e se ne propone il rigetto. infatti, con l'unico motivo di impugnazione (privo di rubrica) la parte qui ricorrente si duole - contemporaneamente e sotto una molteplicitˆ di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati - dell'esito della controversia, censurando liberamente le conclusioni a cui il giudice del merito  pervenuto. siffatto modo di articolare la censura nei confronti della decisione impugnata (nel difetto di qualsivoglia coordinamento con le fattispecie di vizio tassativamente previste dall'art. 360 c.p.c.) non  rispettoso del sistema processuale vigente, in relazione alla formula prevista per il ricorso per cassazione, cos“ come inveratasi nella norma dell'art. 360 c.p.c. a tal proposito, basta qui richiamare il noto principio giurisprudenziale secondo cui: "il giudizio di cassazione  un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso; il singolo motivo, infatti, anche prima della riforma introdotta con il D.lgs. n. 40 del 2006, assume una funzione identificativa condizionata dalla sua formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative di censura formalizzate con una limitata elasticitˆ dal legislatore. la tassativitˆ e la specificitˆ del motivo di censura esigono, quindi, una precisa formulazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche di censura enucleate dal codice di rito" (Cass. civ. Sez. vI - 5, Ord., 8 gennaio 2014, n. 186). Ancora pi pregnante nellĠenunciazione di unĠesigenza di enunciazione chiara e distinta dei motivi riferibili alle tipologie ammesse dallĠart. 360 c.p.c. appare la seguente motivazione: Òil motivo del ricorso principale  inammissibile, in quanto sotto la rubrica che denuncia la nullitˆ della sentenza e contestualmente il vizio della CONtENzIOSO NAzIONAlE sua motivazione, i vizi proposti sono generici e privi della specificitˆ, manca l'individuazione delle norme alla stregua delle quali la sentenza impugnata sarebbe nulla, n emergono con chiarezza quali siano gli elementi necessari per individuare le dedotte violazioni processuali; É é, infatti, insegnamento di questa Corte, quello secondo cui "il giudizio di cassazione  un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassativitˆ e della specificitˆ ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall'art. 360 c.p.c., sicch  inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicitˆ di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleata dal codice di rito" (Cass. civ. Sez. v, Sent., 9 novembre 2016, n. 22766). QuestĠultima pronuncia merita attenzione anche per due ulteriori aspetti. In primo luogo, fa riferimento alla ÒrubricaÓ, ossia al titoletto che precede lĠenunciazione del motivo nella prassi espositiva delle impugnazioni per cassazione, rilevando giˆ da tale elemento il carattere indistinto del motivo di impugnazione poi dichiarato inammissibile. la ÒrubricaÓ dellĠatto difensivo peraltro da mero elemento stilistico, privo di rilievo giuridico, tende ad assumere una valorizzazione nellĠattuale diritto vivente, quale indispensabile elemento di anticipazione della esposizione del motivo di impugnazione. Si richiama in proposito il Òprotocollo dĠintesaÓ del 17 dicembre 2015 tra il Primo Presidente della Corte e il Presidente del Consiglio Nazionale Forense, che nellĠÒadottare un modulo redazionale dei ricorsiÓ per cassazione, indica la Òsintesi dei motiviÓ e in relazione alla esposizione dei motivi richiede che questi rispondano al critierio di Òspecificitˆ e concentrazioneÓ. tale documento, sia pur privo di valore precettivo proprio, assume comunque valore indicativo dellĠorientamento condiviso della Corte in tema di applicazione delle norme processuali. In secondo luogo, la pronuncia del 2016 puntualizza che non soltanto i motivi devono essere specifici e rispondenti a quelli predeterminati dalla legge processuale, ma anche che devono emergere Òcon chiarezzaÓ dallĠesposizione contenuta nel ricorso. la ragione sottesa al predetto onere di chiarezza nella specifica formulazione dei motivi di censura  rappresentata in modo puntuale nella motivazione di una sentenza non recentissima. la Corte, nel dichiarare inammissibili alcuni motivi dĠimpugnazione formulati in modo indistinto e contestuale, ebbe occasione di chiarire che: Òl'esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l'apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 rimettere al giudice di legittimitˆ il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d'impugnazione enunciati dall'art. 360 cod. proc. civ., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, cos“ attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimitˆ il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esseÓ (Cass. civ. Sez. I, 23 settembre 2011, n. 19443). tale pronuncia ha il pregio di puntualizzare inoltre quale sia il limite dei poteri di interpretazione dellĠatto processuale propri del Giudice di legittimitˆ: a questi non pu˜ attribuirsi infatti il compito di ricercare e individuare le censure riconducibili ai vizi codificati allĠinterno dellĠesposizione compiuta dalla parte. A nostro avviso, peraltro, lĠonere di chiarezza nellĠesposizione dei motivi di cassazione risponde non soltanto agli interessi pubblicistici sottesi alla configurazione del giudizio di legittimitˆ, ma anche al diritto di difesa della parte resistente, la quale deve essere posta in grado di esercitare la propria difesa nei confronti di una domanda chiara, che non imponga la necessitˆ di ricorrere alla difesa ÒbifidaÓ. Ci si riferisce a quella tecnica defensionale in virt della quale, a fronte di una domanda ambigua del ricorrente, espone distintamente le proprie controdeduzioni in relazione alle diverse ipotesi di possibile interpretazione del ricorso di controparte (Òper il caso in cui lĠavverso motivo abbia inteso ÉÓ) per contestarle entrambe. Il principio di chiarezza sembra quindi esprimere lĠesigenza apprezzabile a che i motivi di ricorso per cassazione siano specifici e riferibili a uno dei vizi codificati dal legislatore e che, inoltre, tanto emerga in modo palese, senza cio il concorso di una particolare opera di interpretazione dellĠatto processuale da parte del Giudicante. lĠaffermazione del principio di chiarezza, ossia dellĠonere di indicazione dei motivi in modo distinto e palesemente riferibile alle tipologie previste dallĠart. 360 c.p.c., non deve per˜ spingersi fino a pretendere lĠadozione di inderogabili formule. Non sarebbe insomma auspicabile un ritorno alle cinque Òlegis actionesÓ, esperibili soltanto mediante la pronuncia di Òcerta verbaÓ. la tendenza ad un certo ritorno al formalismo propria delle legislazione processuale degli ultimi anni, cos“ come di una parte della giurisprudenza di legittimitˆ,  opportunamente bilanciata dallĠopposta tendenza volta a circoscrivere le ipotesi di inammissibilitˆ alle violazioni pi gravi. In relazione allo specifico tema della formulazione dei motivi qui trattato, la Corte ha affermato che: -l'erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla riqualificazione della censura e alla sua sussunzione in altre fattispecie di cui all'art. 360, comma 1, c.p.c., nŽ determina l'inammissibilitˆ del ricorso, se dal- l'articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato (Cass. civ. Sez. v Ord., 23 gennaio 2019, n. 1802); CONtENzIOSO NAzIONAlE -Òil fatto che un singolo motivo sia articolato in pi profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per s, ragione d'inammissibilitˆ dell'impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell'ammissibilitˆ del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettateÓ (Cass. civ. Sez. v, Ord., 5 dicembre 2018, n. 31443 e Cass. civ. Sez. Unite Sent., 6 maggio 2015, n. 9100); -fermo che il ricorso per cassazione Òdeve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizioneÓ, la Corte ha puntualizzato che non  necessaria adozione di formule sacramentali o l'esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi e pertanto, anche quando sia stata omessa lĠindicazione della specifica fattispecie di cui allĠart. 360 c.p.c. il motivo  comunque ammissibile quando Òrechi univoco riferimentoÓ alla censura che la parte ha inteso far valere (Cass. S.U. n. 17931 del 24 luglio 2013). In definitiva, lĠinammissibilitˆ non pu˜ derivare dal semplice fatto che la parte abbia indicato in modo erroneo la tipologia di censura, per esempio qualificandola in relazione al n. 4 in luogo che al n. 5 dellĠart. 360 c.p.c., nŽ  indispensabile la stessa indicazione del numero riferito al vizio che si intende fare valere, nŽ dalla indicazione in unĠunica rubrica di censure diverse che avrebbero trovato migliore esposizione se trattate distintamente, Ma resta indispensabile che la censura proposta dalla parte ricorrente sia individuabile in modo palese e inequivoco. Pertanto le predette omissioni o errate indicazioni darebbero luogo a inammissibilitˆ, qualora non fossero presenti altri elementi nella rubrica o nellĠargomentazione e in particolare nella conclusione del motivo, che rendano evidente lĠunivoco riferimento a uno dei motivi predeterminati dalla legge processuale. 5. Conclusione. lĠordinanza in commento richiama il risultato della elaborazione giuridica che precede, facendo propria lĠespressione sintetica Òprincipio di chiarezzaÓ. In conclusione, tale Òprincipio di chiarezza che presiede alla formulazione dei motivi di ricorso per cassazioneÓ trova la sua fonte positiva direttamente nellĠart. 360 c.p.c. e si pu˜ individuare nellĠonere della parte ricorrente, a pena di inammissibilitˆ, di formulare in modo specifico, distinto, univoco e chiaro, i motivi di impugnazione, che intende sottoporre al giudice di legittimitˆ. Ai fini dellĠassolvimento di tale onere assume rilievo, ma non determinante, anche lĠindicazione sintetica contenuta nella ÒrubricaÓ del singolo motivo e nellĠintestazione del ricorso. la nozione non appare inutile: -sul piano ricostruttivo poichŽ consente di richiamare sinteticamente i requisiti dei motivi di impugnazione per cassazione giˆ elaborati dalla giurisprudenza; rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 -sul piano pratico, perchŽ, enfatizzando la necessitˆ di chiarezza della domanda giudiziale, concorre alla semplificazione della risposta del Giudice di legittimitˆ. é essenziale per˜ che lĠesigenza di semplificazione e di deflazione del contenzioso di tale tipo non si risolva in uno sbarramento allĠaccesso alla Giustizia sostanziale, la quale resta pur sempre lo scopo ultimo dellĠintero apparato del potere giurisdizionale. Orbene, siffatti limiti non paiono superati dallĠelaborazione del principio di chiarezza, di cui si  detto, che potrˆ essere invece utile alla definizione pi puntuale dei limiti e degli scopi dellĠistituto del ricorso per cassazione, purchŽ non se ne faccia in futuro un utilizzo indiscriminato. Cassazione civile, Sezione Tributaria, ordinanza 23 gennaio 2019 n. 1831 -pres. E. Manzon, Rel. G. Fuochi tinarelli -GPWAY Computer Srl (avv. G. Marzio) c. Agenzia delle entrate (avv. gen. Stato). rIlEvAtO ChE -GPWAY Computer Srl impugnava gli avvisi di accertamento per Iva per gli anni d'imposta 2003-2006, emessi dall'Agenzia delle entrate per operazioni soggettivamente inesistenti nel- l'ambito di attivitˆ di commercio intracomunitario di prodotti informatici, acquistati da societˆ cartiere; -la Commissione tributaria provinciale di roma dichiarava inammissibili per tardivitˆ i ricorsi avverso gli avvisi per gli anni 2003-2005 e rigettava il ricorso con riguardo all'anno 2006; la Ctr, in parziale riforma della decisione di primo grado, riteneva la nullitˆ della notifica con riguardo agli avvisi per le prime tre annualitˆ e, quindi, ammissibili tutti i ricorsi, che, peraltro, rigettava nel merito; -GPWAY Computer Srl propone ricorso per cassazione con tre motivi; resiste l'Agenzia delle entrate con controricorso, proponendo altres“ ricorso incidentale condizionato con un motivo, cui si oppone la contribuente con controricorso; CONSIDErAtO ChE -il primo motivo denuncia, ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c., violazione degli artt. 2697 e 2729 c.c., nonchŽ della circolare ministeriale n. 45/D del 17 novembre 2005, "per incompleta ricostruzione del fatto storico complesso e per insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia", per, aver la Ctr ritenuto fondata la pretesa dell'Amministrazione fiscale pur in assenza della prova della consapevolezza dell'indebita detrazione da parte della contribuente, non essendo stato nŽ indicato, nŽ individuato il soggetto dissimulato asseritamente effettivo fornitore della societˆ; rileva, inoltre, che l'acquisto era stato effettivamente operato con versamento del relativo costo e che i beni non erano stati successivamente venduti ad un prezzo inferiore a quello di mercato; contesta, infine, il ragionamento presuntivo operato dalla Ctr; -il motivo  inammissibile, traducendosi in una inestricabile commistione di violazioni di legge e vizi motivazionali, lamentando la ricorrente, al contempo, sia l'errata ripartizione del- l'onere della prova, sia il difetto del ragionamento presuntivo da parte del giudice di merito, sia l'omessa considerazione di elementi fattuali asseritamente costitutivi della fattispecie; CONtENzIOSO NAzIONAlE - al di lˆ dell'irrituale formulazione, peraltro, la doglianza  comunque infondata; -giova premettere, sul punto, che in tema di operazioni soggettivamente inesistenti questa Corte, con la sentenza n. 9851 del 10 aprile 2018, ha affermato che: 1. l'Amministrazione finanziaria, la quale contesti che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell'ambito di una frode carosello, ha l'onere di provare, anche solo in via indiziaria, l'oggettiva fittizietˆ del fornitore e la consapevolezza del destinatario che l'operazione si inseriva in una evasione dell'imposta; 2. la prova della consapevolezza dell'evasione, peraltro, non richiede che l'Amministrazione finanziaria provi la partecipazione del soggetto all'accordo criminoso od anche la sua piena consapevolezza della frode ma che essa dimostri, in base ad elementi oggettivi e specifici non limitati alla mera fittizietˆ del fornitore, che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l'ordinaria diligenza in rapporto alla qualitˆ professionale ricoperta, che l'operazione si inseriva in una evasione fiscale, ossia che egli disponeva di indizi idonei a porre sull'avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente; 3. incombe sul contribuente la prova contraria di aver agito in assenza di consapevolezza di partecipare ad un'evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalitˆ in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, nŽ la regolaritˆ della contabilitˆ e dei pagamenti, nŽ la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi; - orbene, la Ctr si  attenuta ai principi sopra esposti, ritenendo, sulla base degli elementi introdotti dall'Ufficio e con motivazione congrua, gli acquisti effettuati da societˆ cartiere e la consapevolezza della contribuente, che avrebbe dovuto sapere Çdata la sistematicitˆ di dette operazioni compiute per numero e importi rilevantiÈ, senza che, per contro, sia stata fornita alcuna idonea prova contraria; - poi irrilevante che non siano stati identificati gli effettivi fornitori della merce atteso che una volta fornita la prova della fittizietˆ dell'apparente venditore non  necessario che sia anche dimostrata l'identitˆ di quello effettivo, che nulla aggiunge alla ormai conseguita dimostrazione dell'alteritˆ soggettiva rispetto a quella reale; -quanto, infine, alla contestazione in ordine al ragionamento presuntivo operato in base agli elementi introdotti in giudizio, la censura  ulteriormente inammissibile, traducendosi in una non condivisione del percorso motivazionale adottato dal giudice di merito giudice, in vista, dunque, di una nuova valutazione di merito, non consentita in sede di legittimitˆ; -il secondo motivo denuncia, ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c., violazione dell'art. 54 d.P.r. n. 633 del 1972 "per incompleta ricostruzione del fatto storico complesso e per insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia" per non aver la Ctr tenuto conto della nullitˆ dell'avviso di accertamento, generico ed incompleto; - il motivo  inammissibile e per pi ragioni; -per novitˆ della questione, nulla risultando dalla sentenza, nŽ avendo la ricorrente indicato (e riprodotto i relativi atti) ove la stessa era stata posta in primo e in secondo grado; -per l'assoluta genericitˆ della doglinza, nulla essendo stato precisato in ordine alle asserite insufficienze dell'avviso; - per difetto di autosufficienza, non essendo stato in alcun modo riprodotto l'atto censurato; -il terzo motivo denuncia, ai sensi dell'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 19 e 21 d.P.r. n. 633 del 1972, nonchŽ omessa motivazione su un punto decisivo rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 della controversia; la ricorrente lamenta che l'obbligo di versare l'imposta incomberebbe, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, solo in capo all'emittente le fatture e non sull'utilizzatore delle stesse e che, inoltre, indebitamente l'Ufficio avrebbe ripreso i costi documentati anche ai fini delle imposte dirette; -pure tale censura  inammissibile, presentando i medesimi vizi rilevati con riguardo al primo motivo, con evidente violazione del principio di chiarezza che presiede alla formulazione dei motivi di ricorso per cassazione; -la censura, peraltro, da un lato neppure si traduce in una doglianza nei confronti della decisione della Ctr (fermo restando che, per la costante giurisprudenza nazionale e unionale, il diritto a detrazione per il destinatario della fattura presuppone l'effettivitˆ dell'operazione: v. ex multis Corte di Giustizia, sentenza 6 settembre 2012, in C-324/11, t—th; sentenza 22 ottobre 2015, in C-277/14, ppuh; sentenza 19 ottobre 2017, in C-101/16, sC paper Consult); dall'altro, poi, trascura che gli avvisi di accertamento di cui al giudizio hanno ad oggetto esclusivamente l'Iva, sicchŽ del tutto irrilevanti sono le censure in ordine all'indicata ripresa ai fini delle imposte dirette; - il ricorso va pertanto rigettato per inammissibilitˆ dei motivi; -il ricorso incidentale condizionato - con cui l'Agenzia denuncia la violazione degli artt. 145 c.p.c., 7 l. n. 890 del 1982, 2700 c.c. e 20 d.lgs. n. 546 del 1992 per aver la Ctr ritenuto tempestivi i ricorsi della contribuente per le annualitˆ 2003-2005 - resta assorbito; - le spese, regolate per soccombenza, sono liquidate come in dispositivo; P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso e dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato. Condanna il contribuente al pagamento delle spese a favore dell'Agenzia delle entrate, che liquida in complessive in Û 13.000,00, oltre spese prenotate a debito. Deciso in roma, nell'adunanza camerale del 18 dicembre 2018. CONtENzIOSO NAzIONAlE La sentenza n. 2097/2017 del Tribunale di Cagliari sulla definizione di demanio marittimo (sistema dunale) tRibUNale CiVile Di CagliaRi, sezioNe ii, seNteNza 27 giUgNo 2017 N. 2097 Il tribunale di Cagliari, con lĠunita sentenza n. 2097/ 2017, nel frattempo passata in giudicato, ha enunciato le seguenti massime (per noi, in Sardegna, importanti e mi auguro in generale utili): ÒDella spiaggia fanno parte altres“, costituendone una particolare tipologia morfologica, le dune costiere, vale a dire quegli accumuli sabbiosi originati dal vento e dai moti ondosi delle correnti marine, che sono interessate da costanti interazioni con la spiaggia antistante, attraverso continui apporti ovvero prelevamenti di sabbia, si da costituire altres“ la principale difesa naturale contro i fenomeni di erosione. In ragione di tali processi simbiotici naturali, il sistema dunale non  quindi naturalisticamente e giuridicamente distinguibile dal concetto di spiaggiaÓ. ÒNella nozione di lido, possono rientrare diverse categorie di beni, come i tratti di costa elevati o a picco sul mare, le scogliere, gli scogli ed i promontori che si presentino immediatamente a contatto col mare e siano appunto raggiunti dalle ordinarie mareggiate invernali (arg. ex art. 55 Codice della Navigazione, che assoggetta ad autorizzazione la realizzazione di opere entro una fascia di rispetto dal demanio marittimo e 'dal ciglio dei terreni elevati sul mare..')Ó. giandomenico tenaglia* In effetti, lĠaffermazione mi pare notevole. Spesso per la definizione di spiaggia si  in passato fatto riferimento alla potenziale destinazione agli usi pubblici del mare, con una sorta di formula tralaticia. Secondo parte della dottrina e della giurisprudenza addirittura il criterio fisico sarebbe irrilevante, rilevando invece, quale autonomo criterio la asservibilitˆ allĠuso pubblico del mare. la cosa non mi ha mai convinto perchŽ condurrebbe a escludere la qualificazione come spiaggia di un terreno in caso di lontananza dal mare sebbene dotato delle caratteristiche fisiche e naturali della spiaggia. Notevole pure lĠapertura per le coste rocciose, sebbene timidamente limitata al Òquatenus hybernus fluctus maximus excurritÓ. Non si comprende infatti quale sia la logica di considerare demanio necessario una costa in dipendenza della Òmorbidezza del suoloÓ. Carlo Maria pisana* Tribunale di Cagliari, Sezione II civile, sentenza 27 giugno 2017 n. 2097 -giud. Gabriella Dess“ - Accademia Societˆ GI Gestione del risparmo s.p.a. (avv.ti l. Frau, P. Frau, M. Frau, A. Contini) c. Agenzia del demanio (avv. distrett. Stato Cagliari). Oggetto: accertamento negativo proprietˆ. Occupazione senza titolo immobile. (...) lĠamministrazione convenuta ha resistito in giudizio, contestando radicalmente la fondatezza delle avverse domande eccependo in particolare quanto segue: (*) Avvocati dello Stato. rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 -i lotti di terreno oggetto di causa s“ appartengono indubitabilmente al pubblico demanio MArIttIMO, in primo luogo perchŽ da sempre catastalmente intestati al demanio dello Stato; -gli stessi inoltre, presentano inequivocabilmente i caratteri naturalistici propri del Demanio Marittimo, e non possono pertanto perdere tale connotazione per fatto ascrivibile all'intervento artificiale dell'uomo, come parrebbe nella specie essere avvenuto ad opera della stessa societˆ attrice ovvero della sua dante causa; -stante il particolare regime normativo che da sempre connota i beni del pubblico demanio marittimo, neppure potrebbe ad ogni buon conto rilevare l'eventuale immutazione che detti beni dovessero avere subito nel tempo per effetto di fenomeni naturali, richiedendosi anche in tal caso un espresso provvedimento di sclassificazione rimesso al prudente apprezzamento della amministrazione competente anche in relazione al venir meno della concreta loro idoneitˆ ai pubblici usi del mare; -nessun rilievo poteva infine rivestire il verbale di delimitazione in data 30 giugno 1960, sia perchŽ ove posto in essere in contrasto coi parametri di legge non potrebbe certo valere a far venir meno la ritenuta demanialitˆ dei luoghi, sia perchŽ -in ogni caso -contrariamente a quanto ritenuto da parte attrice, detto verbale non era stato portato a compimento proprio in relazione al tratto di litorale oggetto della odierna contesa, non avendo l'ufficio procedente reputato sussistere le condizioni di legge. ha concluso per il rigetto della avversa domanda col favore delle spese di lite. la causa, istruita con produzioni documentali e consulenza tecnica d'ufficio, all'udienza del 2 dicembre 2016  stata infine trattenuta per la decisione sulle sopra trascritte conclusioni di parte. le domande proposte nell'interesse dell'attrice sono tutte risultate infondate e devono pertanto essere rigettate per le ragioni in fatto o diritto meglio di seguito specificate. Preliminarmente all'esame del merito della controversia, deve essere dichiarata la giurisdizione di questo tribunale a conoscere del merito del presente procedimento, vertendosi pacificamente -come costantemente ribadito dalla giurisprudenza amministrativa e del Supremo Collegio -in materia di diritti soggettivi pieni, relativamente ai quali non  configurabile lĠesercizio di discrezionalitˆ amministrativa. Invero, le procedure di delimitazione del Demanio Marittimo comunque attuate dalla amministrazione competente, hanno sempre natura di mero accertamento e non carattere costitutivo, non comportano l'esercizio di poteri discrezionali da parte della PA atti a degradare a meri interessi i diritti soggettivi eventualmente implicati dalle operazioni di confinamento, sono pertanto suscettibile di contestazione davanti al Giudice ordinario, che avrˆ il potere di disapplicare ogni provvedimento e determinazione illegittimamente adottato, ai sensi dell'art. 5 della legge abolitrice del contenzioso amministrativo. Invero Ò.. il procedimento di delimitazione del demanio marittimo, previsto dall'art. 32 c. nav., tendendo a rendere evidente la demarcazione fra tale demanio e le proprietˆ private finitime, si presenta quale proiezione specifica della normale azione di regolamento di confini di cui all'art. 950 c.c., e si conclude con un atto di delimitazione, il quale ha una funzione di mero accertamento, in sede amministrativa, dei confini del demanio marittimo rispetto alle proprietˆ dei privati, senza lĠesercizio di un potere discrezionale della p.a.; ne consegue che il privato, il quale contesti l'accertata demanialitˆ del bene, pu˜ invocare la tutela della propria situazione giuridica soggettiva dinanzi al g.o., abilitato alla disappllcaziorie dell'atto amministrativo, se od in guanto illegittimo.. (in tal senso, fra l'altro, Cass. 10817/2009). CONtENzIOSO NAzIONAlE Ci˜ chiarito, la difesa di parte attrice contesta la correttezza della recente rivisitazione della cartografia SID - Sistema Informativo Demanio Marittimo - che avrebbe comportato la indebita inclusione nell'ambito del pubblico Demanio Marittimo di due lotti di terreno - rispettivamente distinti nel catasto del Comune di Sorso al foglio 26, mappale 9, sub. c, attualmente mappale 12, di ettari 10.52.31, e al foglio 27, mappale 24, sub. d), attualmente dal mappale 69, di ettari 4.81.55 - in realtˆ appartenenti all'attrice, che li aveva acquisiti dalla originaria proprietaria ItA Industria turistica Alberghiera, titolare degli stessi per legittimi titoli risalenti al ben oltre il ventennio. Come giˆ in premessa meglio evidenziato, e conformemente a quanto ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimitˆ, allorquando si controverte in merito alla effettiva estensione delle aree demaniali e alla loro delimitazione dalle contigue proprietˆ dei privati, si configura una situazione non dissimile a quella che costituisce il presupposto dell'azione di regolamento di confini, alla cui disciplina dovrˆ quindi essere assoggettata la relativa cognizione, anche tenuto canto della pariteticitˆ del rapporto che in proposito si configura tra le parti in causa. In forza di quanto disposto dall'art. 950 CC ÒI) Quando il confine tra due fondi  incerto, ciascuno dei proprietari pu˜ chiedere che sia stabilito giudizialmente [ii] ogni mezzo di prova  ammesso. [iii] in mancanza di altri elementi, il giudice si attiene al confine delineato dalle mappe catastali..Ó. tali regole di giudizio trovano piena applicazione anche nei rapporti tra proprietˆ pubblica e proprietˆ privata, pertanto - stante il carattere puramente residuale delle mappe catastali e la non vincolativitˆ della speciale procedura di accertamento prevista per i beni demaniali marittimi dall'art. 32 del Codice della Navigazione - dovrˆ in concreto aversi riguardo alla specifica normativa che connota ogni singola categoria di beni, e segnatamene alle previsioni che attengono all'acquisto e alla perdita della loro demanialitˆ. Ai sensi dell'art. 822 CC e 28 Codice della Navigazione, appartengono allo Stato e fanno parte del pubblico demanio marittimo il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti, oltre alle lagune, alle foci dei fiumi che sboccano in mare ed ai canali utilizzabili per i pubblici usi del mare. l'elencazione contenuta in tali previsioni normative  ritenuta comunemente tassativa, anche in ragione del fatto che dalla sua applicazione derivano importanti implicazioni in tema di regime giuridico e circolazione dei beni, e tuttavia - considerato che nessuna di tali previsioni contiene una puntuale definizione delle singole categorie di beni - le stesse sono di fatto il risultato di un risalente processo di elaborazione di dottrina e giurisprudenziale, che muove dal condivisibile presupposto che la tipizzazione normativamente operata - non essendo espressamente comprensiva di tutte le moltepici varietˆ morfologiche che compongono l'oggettiva entitˆ del Demanio Marittimo - da ritenersi riferita a particolari categorie o tipologie di beni, comprensive di tutte le entitˆ che presentano le caratteristiche proprie del tipo. Cos“, ad esempio, il lido del mare  la porzione di terraferma a diretto contatto con le acque del mare, da cui resta normalmente coperta in occasione delle ordinarie mareggiate, con esclusione dei momenti di tempesta. Nella nozione di lido cos“ determinata, peraltro, possono rientrare diverse categorie di beni, come i tratti di costa elevati o a picco sul mare, le scogliere, gli scogli ed i promontori che si presentino immediatamente a contatto col mare e siano appunto raggiunti dalle ordinarie mareggiate invernali (arg. ex art. 55 Codice della Navigazione, che assoggetta ad autorizzazione la realizzazione di opere entro una fascia di rispetto dal demanio marittimo e Ò..dal ciglio dei terreni elevati sul mare..Ó). la spiaggia comprende i tratti di terra, sabbiosi o ghiaiosi o di altra natura, che dal lido del rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 mare si estendono verso la terraferma, con estensione variabile a seconda dell'andamento delle mareggiate anche straordinarie. Strettamente coessenziale alla nozione di spiaggia  quella di arenile, che comprende i tratti di terra gi alluviati ma non pi bagnato dalle acque del mare neppure in occasione della straordinarie mareggiate, che risultano pertanto relitti dal naturale ritirarsi delle acque, restando tuttavia idonei, per la loro contiguitˆ alla spiaggia ancora interessata dai cicli delle maree, ai pubblici usi del mare anche se in via soltanto potenziale. Della spiaggia fanno parte altres“, costituendone una particolare tipologia morfologica, le dune costiere, vale a dire quegli accumuli sabbiosi originati dal vento e dai moti ondosi delle correnti marine, che sono interessate da costanti interazioni con la spiaggia antistante, attraverso continui apporti ovvero prelevamenti di sabbia, s“ da costituire altres“ la principale difesa naturale contro i fenomeni di erosione. In ragione di tali processi simbiotici naturali, il sistema dunale non  quindi naturalisticamente e giuridicamente distinguibile dal concetto di spiaggia. trattandosi di beni appartenenti al demanio naturale necessario, lĠacquisto della demanialitˆ e la conseguente appartenenza allo Stato coincide coi fenomeni naturali che ne determinano la formazione, indipendentemente dalla adozione di specifici provvedimenti amministrativi. Al contrario, il mutamento dello stato dei luoghi non  di per sŽ solo idoneo a modificare lo status giuridico di detti beni, essendo opinione pressochŽ unanime in giurisprudenza che, giusta quanto disposta dallĠart. 35 del Codice delta Navigazione (".. le zone demaniali che dal capo del compartimento non siano ritenute utilizzabili per pubblici usi del mare sono escluse dal demanio marittimo con decreto del ministro dei trasporti e della navigazione di concerto con quello per le finanze..") la sdemanializzazione dei beni del demanio marittimo richiede necessariamente un formale provvedimento amministrativo che - diversamente dagli atti di mera classificazione e mappatura - assumono efficacia costitutiva, non potendo detti effetti prodursi per meri fatti concludenti di tacita sdemanializzazione. l'applicazione di tale speciale normativa presuppone, naturalmente, la riconducibilltˆ del bene di volta in volta considerato nel novero delle specifiche e tassative categorie naturalistiche testŽ evidanziate, ed impone pertanto una indagine di carattere fattuale -da condursi alla stregua di rigorosi parametri scientifico-naturalistici incentrati sull'esame dello stato e delle caratteristiche morfologiche dei luoghi -alla quale -solamente potrˆ far seguito la individuazione della normativa correttamente applicabile, dovendosi solo residualmonte conferire rilievo alle vicende traslative e alle emergenze catastali che normalmente improntano la indagine valutativa ex art. 950 CC. Peraltro, un volta accertata l'appartenenza del bene ad una delle categorie normalivamente contemplate come costitutive del Demanio Marittimo naturale, la sua natura demaniale dovrˆ essere senz'altro affermata e mantenuta fino alla comprovata sopravvenienza di un provvedimento amministrativo di sdemanializzazione che comporti il venir meno di tale peculiare status giuridico del bene, all'esito di una valutazione ampiamente discrezionale circa la utilitˆ strumentale che l'area mantiene con riguardo ai potenziali usi del mare. Nella specie, nel rispondere ai quesiti formulati all'udienza del 10 febbraio 2015, il consulente tecnico incaricato ing. roberto Balia ha riferito quanto segue: - i lotti di terreno oggetto del presente giudizio, in catasto al foglio 26, mappale 9, sub. c, attualmente mappale 12, di ettari 10.52.31, e al foglio 27, mappale 24, sub. d), attualmente mappale 69, di ettari 4.81.55, ricadono interamente all'interno della striscia di terreno ricompresa fra la dividente demaniale derivante dalle operazioni d“ confinamento risalenti agli anni CONtENzIOSO NAzIONAlE 1960/1961 fatta propria da parte attrice, e la nuova linea di confine oggi risultante dal SID, Sistema informatico Demanio Marittimo, che risulta mediamente arretrata rispetto alla precedente di circa 70 metri, quantunque pi prossima al mare di circa metri 2,40 rispetto alla dividente demaniale tracciata nell'anno 1935; -sotto il profilo naturalistico detta area  interamente ricompresa nell'ambito del sistema dunale costiero che, per uno sviluppo lineare di svariati chilometri, contraddistingue la localitˆ Marina di Sorso -tale sistema dunale  rimasto inalterato nel tempo quanto meno, per quanto rileva ai fini del presente giudizio, dagli inizi del secolo scorso, come chiaramente si evince, procedendo a ritroso a) dallo stato attuate dei luoghi come rilevato dal CtU in sede d“ espletamento della indagine peritale, graficamente restituito attraverso documentazione fotografica ed elaborati grafici e planimetrici b) dalla orto foto risalente allĠanno 1968, che mostra l'imponente corpo dunale tagliato in due dalla Strada Provinciale e con la presenza di alcune discese a mare (Figura 19 prima CtU) c) dallo stralcio di mappa redatto dall'Istituto Geografico Militare intorno agli anni 1961/1962, sulla scorta di un rilievo aerofotogrammetrico risalente all'anno 1958, attestante come l'intera area fosse, al momento, dal punto di vista naturalistico del tutto integra ed incontaminata, e pertanto contrassegnata in mappa come Ò..dune eoliche pi o meno vegetate..Ó (Figura 20 prima relazione di CtU; d) dalla orto foto risalente all'anno 1954, che mostra il medesimo fronte dunale del tutto intonso nella sua conformazione naturale (Figura 18 prima relazione di CtU); e) e soprattutto dal verbale delle operazioni di perimetrazione risalenti all'anno 1935 - con risultati pressoch sovrapponibili a quelli oggi recepiti nella contestata cartografia SID - contenente analitica descrizione dell'assetto naturale dei luoghi, connotati dalla presenza "..di dune mobili alte fino a 20 metri, coperte di boscaglia fitta di ginepro e tamerici..", ritenute sufficienti ad attestare la natura demaniale dei luoghi, siccome costituenti per tali "..inoppugnabili indizi... dominio del mare e pertinenza del demanio marittimo.."; -in dipendenza di tali risultanze, la dividente demaniale derivata delle operazioni di delimitazione risalenti agli anni 1960/61, deve ritenersi determinata senza tenere in alcun conto l'asseto naturale dei luoghi, come ampiamente documentato da epoca risalente, posto che -viene definita arenile quella che in realtˆ  una spiaggia ancora soggetta ai moti ondosi del mare -viene definito costa rialzata quella che in concreto Ž il fronte a mare del banco dunale incorporato nella spiaggia, che si protende per diverse centinaia di metri verso la terraferma; -viene definita vegetazione colturale quella che in realtˆ  una tipica vegetazione spontanea dunale (lecci, tamerici, lentischio) - deputata ad accrescere la compattezza dei banchi dunali e a regolare i processi di accumulo e di cessione della sabbia alla spiaggia - come incontrovertibilmente attestato dalle orto foto degli anni 1954 e 1968, e soprattutto dal verbale delle operazioni di perimetrazione espletate dell'anno 1935, che giˆ espressamente documenta la copiosa esistenza di tale vegetazione spontanea. Alla luce di tali emergenze di ordine fattuale, facendo applicazione al caso di specie delle regole di giudizio meglio in premessa evidenziate, tenuto segnatamente conto del carattere meramente dichiarativo e non costitutivo delle operazioni -peraltro meramente eventuali -di confinamento e mappatura via via operate dagli organi tecnici dell'amministrazione demaniale e della loro non vincolativitˆ nella presente sede processuale, deputata a conoscere dei limiti rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 fra proprietˆ privata e proprietˆ demaniale alla sola stregua dei parametri di legge in concreto applicabili alla tipologia di bene considerato, le domande proposte nell'interesse di parte attrice devono tutte essere rigettate. é invero indubitabile che i lotti di terreno oggetto degli atti traslativi e delle formalitˆ catastali versati in atti dalla difesa di parte attrice -hanno sempre fatto parte e fanno parte tutt'ora del Demanio Marittimo naturale necessario - sono sempre appartenuti ed appartengono tutt'ora allo Stato -sono stati sempre, per conseguenza, assoggettati al regime giuridico di incommerciabilitˆ, inalienabilitˆ, ed inuscettibilitˆ di usucapione e possesso da parte dei privati che dei pubblici beni demaniali  proprio -sono sempre ricaduti e ricadono altres“ sotto la sfera applicativa dellĠart. 35 del Codice della Navigazione, in forza del quale, come giˆ detto, le zone demaniali che per modifiche sopra- venute non siano ritenute utilizzabili per pubblici usi del mare possono essere escluse dal demanio marittimo con decreto del ministro dei trasporti e della Navigazione di concerto con quello per le Finanze. Per constante giurisprudenza, alla luce di tale normativa deve ritenersi che "..per i beni del demanio marittimo, quale la spiaggia, da intendersi comprensiva dell'arenile, e cio di quel tratto di terraferma che risulti relitto dal naturale ritirarsi delle acque, restando potenzialmente idoneo ai pubblici usi dei mare, la cosiddetta sdemanializzazione non pu˜ verificarsi tacitamente, ma richiede un espresso e formale provvedimento dell'autoritˆ amministrativa, di carattere costitutivo, tanto sotto il vigore dell'attuale codice della navigazione (art. 35), quanto in base alla legislazione anteriore (art. 157 codice della marina mercantile del 1877). pertanto, in difetto di tale provvedimento, l'arenile non perde la propria qualitˆ di bene demaniale, con la conseguenza che il possesso del medesimo da parte del privato  improduttivo di effetti nei rapporti con l'amministrazione (art. 690 c.c. del 1865 e 1145 comma 1 c.c. vigente), e, in particolare,  inidoneo all'acquisto della proprietˆ per usucapione.." (in tal senso, fra l'altro, Cass. 2995/1980), In concreto, dunque, il venir meno della demanialitˆ del bene pu˜ essere affermato solo a fronte del concomitante verificarsi di due distinte condizioni rappresentate a) dalla perdita delle caratteristiche naturali che ne determinano la riconduzione nell'ambito delle tipologie normativamente ascritte al Demanio Marittimo naturale b) e dalla adozione da parte delle competenti Autoritˆ del formale provvedimento di sdemanializzazione di cui all'art. 35 del Codice della Navigazione. Nessuna di tali condizioni pu˜ dirsi in concreto perfezionata nel caso oggetto del presente giudizio. Non quella sub a), posto che, come univocamente emerso all'esito della esperita indagine peritale, i due lotti di terreno oggetto di causa ricadono interamente - da epoca remota e certamente da prima dell'inizio del secolo scorso -nell'ambito del sistema dunale facente parte della spiaggia e dell'arenile che connotano la localitˆ Maria di Sorso. NŽ, tanto meno, quella sub. b), posto che nessun provvedimento ministeriale risulta essere stato mai adottato in tal senso, mentre nessun rilievo pu˜ essere a tal fine riconosciuto alle operazioni di delimitazione risalenti agli anni 1960/1961, il cui valore meramente dichiarativo -comunque disapplicabile nella presente sede processuale ordinaria deputata all'accertamento della demanialitˆ del bene alla stregua degli astratti parametri di legge - stato costantemente ribadito dalla giurisprudenza amministrativa e di legittimitˆ. Emerge, deil resto, pacificamente in atti come le risultanze delle operazioni di delimitazione CONtENzIOSO NAzIONAlE di cui sopra si  detto non furono mai introdotte nelle mappe catastali, non essendo stati mai in proseguo eseguiti i necessari rilievi tecnici dal competente Ufficio tecnico Erariale. Allo stesso modo, del resto, non erano state mai inserite in catasto, con le opportune variazioni di mappa e volture, le risultanze delle operazioni di delimitazione risalenti all'anno 1935, che avevano - tuttavia - chiaramente collocato il limite demaniale ben aldilˆ della dividente risultante dalle mappe catastali d'impianto e segnatamente arretrandola di ben ".. 38 metri dalla parte verso terra.." “n ragione della giˆ descritta conformazione naturale dei luoghi, contraddistinta dalla presenza "di dune mobili alte fino a 20 metri, coperte di boscaglia fitta di ginepro e tamerici..". Non casualmente del resto - come risultante dalla relazione integrativa di CtU - in sede di predisposizione della nuova cartografia informat’zzata SID, in assenza di un diverso confine formalmente introdotto nella cartografia ufficiale relativamente alla zona d'interesse -non essendosi mai dato attuazione alle operazioni di delimitazione intraprese negli anni 1935 e 1960 -veniva prudenzialmente recepita la dividente demaniale risultante dalla mappa catastale di impianto, ben pi favorevole alla difesa di parte attrice di quella che sarebbe risultata dall'applicazione del confine naturale - a tutt'oggi esistente - individuata in loco fin dall'anno 1935 e del tutto ignorato, invece, in occasione della successiva perimetrazione operata negli anni 1960/61 (allorquando, come giˆ detto, il fronte dunale veniva limitato alla sua faccia a mare, estromettendone del tutto il corpo sabbioso che lo costituiva). trattandosi - come giˆ detto - di procedura a carattere meramente dichiarativo, suscettibile di sindacato e contestazione in sede giudiziale alla stregua dei parametri normativi che improntano la individuazione e qualificazione giuridica dei beni appartenenti al Demanio Marittimo Statale, deve affermarsi la correttezza della dividente demaniale oggi recepita nel nuovo sistema informatizzato SID, che ha prudenzialmente recepito la linea di demarcazione risultante dalle mappe catastali d'impianto, prima che il fronte dunale si insinuasse ulteriormente verso l'entroterra per circa 38 metri. l'opera di forestazione costiera intrapresa negli anni '60 a cura del locale Corpo Forestale, dovette, del resto, essere finalizzata proprio ad arginare lo spostamento verso terra di tale imponente fronte dunale -chiaramente apprezzabile dalla cartografia e dalle vedute aeree versate in atti -previo incremento della vegetazione spontanea frangivento che giˆ aveva colonizzato i corpi sabbiosi. tale intervento era, peraltro, ben lungi dal poter far venir meno i connotati naturalistici e quindi il carattere demaniale della fascia di terreno interessata dalla presenza dei corpi dunali pi prossimi al mare e all'antistante tratto di spiaggia, degradandola ad una non meglio specificata "costa rialzata" priva di qualsivoglia aderenza all'assetto dei luoghi. Sotto altro profilo, la sequenza temporale ed il contenuto degli atti traslativi - peraltro inopponibili alla amministrazione convenuta avendo ad oggetto beni incommerciabili -che ebbero ad interessare i lotti di terreno oggetto di causa comprovano ulteriormente come gli stessi fossero al momento - come del resto in passato - sempre intestati al Demanio dello Stato, quanto meno fino al limite risultante dalla cartografia catastale d'impianto oggi recepito nel sistema informatizzato SID. In tal senso si  costantemente pronunciata la giurisprudenza del Supremo Collegio secondo la quale "..Qualora venga in discussione l'appartenenza di un determinato bene, nella sua attuale consistenza, al demanio naturale, il giudice ha il potere-dovere di controllare ed accertare con quali caratteri obiettivi esso si presenti al momento della decisione giudiziale, sicchŽ, nel caso in cui un bene acquisisca la connotazione di lido del mare, inteso quale por rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 zione di riva a contatto diretto con le acque del mare da cui resta normalmente coperta per le ordinarie mareggiate, ovvero di spiaggia (ivi compreso l'arenile), che comprende quei tratti di terra prossimi al mare, che siano sottoposti alle mareggiate straordinarie, esso assume i connotati naturali di bene appartenente al demanio marittimo necessario, indipendentemente da un atto costitutivo della p.a. o da opere pubbliche sullo stesso realizzate, mentre il preesistente diritto di proprietˆ privata subisce una corrispondente contrazione, fino, se necessario, alla totale eliminazione, sussistendo, ormai, quei caratteri che, secondo l'ordinamento giuridico vigente, precludono che il bene possa formare oggetto di proprietˆ privata.." (Cassazione civile, sez. I, 01/04/2015, n. 6619). Nella specie, come giˆ detto, i luoghi oggetto di causa hanno posseduto i connotati naturalistici (sistema dunale incorporato alla spiaggia in localitˆ Marina di Sorso) atti a determinarne la riconducibilitˆ al demanio pubblico dello Stato quanta meno a partire dall'inizio del secolo scorso. le domande proposte dall'attrice devono quindi essere tutte rigettate, con ogni consequenziale effetto di legge. le spese processuali - tenuto conto della situazione di incertezza venutasi a determinare a seguito delle operazioni di delimitazione intraprese nell'anno 1961 -possano tuttavia essere compensate fra le parti in ragione del 50%, con onere per la parte attrice del residuo importo. A carico di entrambe le parti, nella paritetica quota del 50% ciascuna, devono invece essere posti i costi di perizia. Il presente provvedimento deve infine come per legge essere dichiarato provvisoriamente esecutivo. PQM Il trIBUNAlE Definitivamente pronunciando; disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione; a) rIGEttA le domande proposte nell'interesse dell'attrice; b) DIChIArA per l'effetto che le particelle di terreno in Comune di Sorso (SS) localitˆ Marina di Sorso distinte nel catasto terreni di detto Comune al foglio 26, mappale 9, sub. c, oggi mappale 12, di ettari 10.52.31, ed al foglio 27, mappale 24, sub. d), oggi mappale 69, di ettari 4.81.55, presentano i caratteri della demanialitˆ marittima naturale di cui agli art. 822 CC e 28 Codice della Navigazione, e sono pertanto da intendersi interamente ricompresi entro i limiti del Demanio Marittimo dello Stato, fino alla dividente oggi risultante dalla cartografia SID, Sistema Informatizzato Demanio Marittimo c) CONDANNA per lĠeffetto parte attrice a rifondere alla controparte - in ragione del 50% del totale come di seguito liquidato e compensato il residuo - le spese del presente giudizio che, cos“ ridotte, liquida in complessivi euro 5.000,00 per compenso professionale, oltre accessori di legge, spese generali d) PONE le spese di CtU a carico delle parti nella paritetica quota del 50% ciascuna, devono invece essere posti i costi di perizia e) DIChIArA provvisoriamente esecutivo il presente provvedimento. Cagliari 19 giugno 2017. CONtENzIOSO NAzIONAlE Qualche riflessione sullĠaccesso civico generalizzato a nota della sentenza n. 1546/2019 del Consiglio di Stato CoNsiglio Di stato, sezioNe teRza, seNteNza 6 MaRzo 2019 N. 1546 Luca Soldini* Con la sentenza n. 1546/2019, il Consiglio di Stato annulla la sentenza di primo grado con la quale il tAr lazio aveva rigettato il ricorso della Confederazione Nazionale Coldiretti avverso il diniego opposto dal Ministero della Salute allĠistanza diretta a conoscere le Çspecifiche quantitˆ di importazione di latte e prodotti lattiero caseari da paesi Ue ed extra Ue da parte di operatori economici italianiÈ. NellĠoccasione, vengono affrontate una serie di questioni connesse al- lĠapplicazione dellĠistituto dellĠaccesso civico generalizzato. Innanzi tutto, dellĠaccesso in generale - sia esso documentale o civico il Consiglio di Stato evidenzia la stretta funzionalitˆ alla trasparenza ed al- lĠimparzialitˆ della Pubblica Amministrazione. lĠenfasi giustamente attribuita a tale aspetto, da un lato, conferma che lĠaccesso civico  strumento concepito per la massimizzazione del buon andamento dellĠAmministrazione, che viene realizzata per il tramite di una vera e propria cooperazione virtuosa fra privato cittadino ed amministrazione; al tempo stesso, ragionevolmente, essa sottintende il rifiuto della diversa impostazione ricostruttiva, che nellĠaccesso civico generalizzato ravvisa -piuttosto -uno strumento per la soddisfazione non giˆ di un interesse generale, bens“ di un diritto individuale, latamente collegato a quello di informazione di cui allĠart. 21 Cost. QuestĠultima tesi, del resto -portata alle sue estreme conseguenze -finirebbe paradossalmente per trasformare lo strumento in un boomerang, legittimando finanche le istanze pretestuose, emulative, o dettate da mera curiositˆ, e costringendo lĠAmministrazione a destinarvi tempo e risorse che meglio sarebbe dedicare a quel Òperseguimento delle funzioni istituzionaliÓ che la legge dichiaratamente intende tutelare. Il giudice affronta, poi, il tema della legittimazione attiva della ricorrente, profilo - questo - che desta speciale interesse in ragione della particolaritˆ del caso. lĠassociazione che ha proposto lĠistanza di accesso ed il ricorso avverso il diniego , infatti, un ente esponenziale di interessi di categoria; ci˜ ha indotto (*) Dottore in Giurisprudenza, ammesso alla pratica forense presso lĠAvvocatura dello Stato. Cfr. in questa Rassegna, vol. 2/2018, pp. 151 ss., ANNA PASCAlE, il diritto di accesso civico generalizzato: una sentenza del t.a.r. lazio sullĠinterpretazione dellĠart. 5, co. 2, d.lgs. 33/2013 (nota a t.a.r. lazio, Sez. III quater, 16 marzo 2018 n. 2994). rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 la difesa della parte pubblica a rilevare la possibile sussistenza di un conflitto dĠinteresse interno alla categoria rappresentata, tale da incidere - elidendola sulla legittimazione ad agire dellĠente: lĠampia formulazione della norma, pur consentendo a ÒchiunqueÓ di richiedere lĠaccesso civico, dovrebbe a rigore incontrare un limite nellĠomogeneitˆ dellĠinteresse azionato allĠintera categoria rappresentata. Il giudice dellĠappello ha tuttavia superato lĠobiezione, assumendo che lĠostensione dei dati richiesti da Coldiretti giovi, per definizione, al mercato Çin cui essa rappresenta la maggioranza degli operatori economiciÈ, e che gli eventuali contrapposti interessi di taluni fra detti operatori debbano pertanto necessariamente recedere rispetto a quello, generale, del complessivo settore di mercato in cui opera la totalitˆ degli aderenti. tale valutazione (che, per via della stretta correlazione con le peculiaritˆ del caso, non sembrerebbe comunque assumere valenza di principio generale) resta tuttavia sganciata da unĠindagine concreta ed effettiva sia sullĠentitˆ numerica dei controinteressati, sia sulla meritevolezza di tutela degli interessi contrari di cui i controinteressati sono portatori, sia -infine -sulla stessa compatibilitˆ statutaria di unĠiniziativa dellĠente che risulti potenzialmente pregiudizievole per soggetti ad essa aderenti, peraltro neppure evocati in giudizio. Altra questione rilevante, ed al contempo problematica, emersa dalla sentenza in commento attiene al grado di approfondimento ed al tipo di controllo consentito a chi esercita il diritto di accesso civico: essa, in particolare, non ha ritenuto sufficiente lĠostensione di dati aggregati offerta dallĠAmministrazione, ma non si  - a ben considerare - affatto soffermata, fossĠanche solo per confutarla, sullĠesame della motivazione addotta dal Ministero a giustificazione di tale offerta, motivazione consistente nella concreta difficoltˆ di gestire le numerose informative ai controinteressati:  andata cos“ perduta unĠoccasione di approfondimento da parte del giudice di ultima istanza, sullĠonere di motivazione del diniego delle istanze massive, offerta da uno dei primi casi (se non il primo in assoluto) in cui il Consiglio di Stato  stato chiamato a decidere sullĠargomento. Infine -prescindendo dal caso di specie, ma comunque traendo spunto dalla constatazione che lĠaccesso  stato consentito con modalitˆ tali da consentire la visione di dati disaggregati estremamente dettagliati -si osserva come, in linea di massima, sia comunque auspicabile che lĠaccesso civico non venga, nel tempo, forzatamente piegato al conseguimento di conseguire informazioni ÒminuteÓ. Ove ci˜ accadesse, infatti, si finirebbe per superare il perimetro del consentito Òcontrollo diffuso sul perseguimento delle funzioni istituzionaliÓ, con un inaccettabile appiattimento dellĠistituto dellĠaccesso civico su quello - diverso per fine, presupposti e modalitˆ di esercizio -dellĠaccesso documentale. la distinzione fra i due istituti non  causale, nŽ priva di utilitˆ, ed  perci˜ CONtENzIOSO NAzIONAlE bene che entrambi vengano conservati: la diversa sede nella quale lĠaccesso civico concretizza il ÒcontrolloÓ sulla legittimitˆ dellĠazione amministrativa rispetto allĠaccesso documentale, invero,  essa stessa giustificazione del diverso grado di approfondimento consentito: sarebbe infatti inutile (se non controproducente, nella misura in cui potrebbe facilmente prestarsi a divenire strumento di manipolazione dellĠopinione pubblica), consentire un accesso dettagliato ad informazioni specifiche la cui comprensione esige competenze tecniche, per consentirne il vaglio non giˆ in una sede (quella del processo) altrettanto tecnica e come tale attrezzata adeguatamente alla critica dellĠazione tecnico-amministrativa - bens“ in quella della pubblica ÒagorˆÓ, che non disporrebbe degli strumenti necessari per un esercizio critico consapevole e costruttivo di un tal genere di informazioni. Consiglio di Stato, Sezione Terza, sentenza 6 marzo 2019 n. 1546 -pres. f.f. G. veltri, est. r. Sestini - Confederazione Nazionale Coldiretti (avv.ti B.G. Mattarella, M. Petitto) c. Ministero della Salute (avv. gen. Stato). FAttO e DIrIttO 1 la Coldiretti, confederazione nazionale che associa gran parte dei coltivatori diretti italiani, appella la sentenza n. 02994/2018 del tar lazio, Sezione III Quater, che ha respinto il ricorso ed i motivi aggiunti contro il diniego opposto dal Ministero della salute alla sua richiesta di accesso civico, avanzata ai sensi dell'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo n. 33 del 2013, e volta a conoscere, anche mediante un collegamento permanente alla banca dati esistente, le specifiche quantitˆ di importazioni di latte e prodotti lattiero caseari da Paesi UE ed extra Ue da parte di operatori economici italiani, nonchŽ contro il diniego (impugnato con motivi aggiunti) opposto a una seconda domanda pi limitata quanto ai prodotti interessati e senza la richiesta di collegamento telematico. lĠAmministrazione si  costituita in giudizio e le parti hanno scambiato plurime memorie. 2 In particolare, nel 2017 la Coldiretti presentava alla Direzione Generale della Sanitˆ animale e dei farmaci veterinari ed alla Direzione Generale per la Prevenzione sanitaria del Ministero della Salute due diverse istanze di accesso civico, aventi il medesimo oggetto, con la finalitˆ di ottenere i dati ed i documenti relativi alle importazioni di latte e dei prodotti lattiero caseari provenienti da Paesi comunitari ed extracomunitari. la Direzione Generale della Sanitˆ animale e dei farmaci veterinari, vista lĠampiezza dellĠistanza e la mancata individuazione dei controinteressati, rispondeva richiedendo alla Coldiretti di Òcircostanziare lĠistanza, individuando specificamente i dati e/o i documenti di interesseÓ riferendo che, secondo lĠart. 5 bis, comma 2 del d.lgs. n. 33 del 2013 e secondo le linee Guida dellĠANAC, lĠAmministrazione doveva poter interpellare gli eventuali controinteressati onde venire a conoscenza degli eventuali motivi di pregiudizio recati dallĠistanza. la Direzione generale concludeva facendo riserva comunque Òdi fornire tali dati e/o documenti attraverso un report contenente le informazioni aggregate per paese estero di spedizione e per provincia di destinazione in italia, senza i riferimenti delle ditte individuali e dei soggetti giuridici nazionali ed esteriÓ. DĠaltra parte, invece, la Direzione Generale per la Prevenzione sanitaria eccepiva la propria incompetenza in materia di latte e dei prodotti lattiero caseari. rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 2.1. la Coldiretti proponeva poi ricorso al responsabile della trasparenza del Ministero della salute ai sensi dellĠ art. 5 del decreto legislativo n. 33 del 2013, chiedendo di accedere alla documentazione giˆ richiesta con lĠistanza di accesso civico ai sensi dellĠart. 5 del decreto legislativo n. 33/2013, presentata il 27 aprile 2017, con conseguente richiesta di condanna del- lĠAmministrazione resistente ad esibire la documentazione, ma otteneva un nuovo diniego. 3 la Coldiretti presentava, quindi, ricorso al tribunale Amministrativo per il lazio chiedendo lĠannullamento: -della nota della Direzione generale della sanitˆ animale e dei farmaci veterinari del Ministero della Salute riguardante la richiesta di accesso ai dati dei flussi commerciali del latte e dei prodotti lattiero caseari oggetto di scambio intracomunitario e provenienti dallĠestero; -della nota della Direzione generale della prevenzione sanitaria avente il medesimo oggetto; - della nota del responsabile della trasparenza del Ministero della Salute; -della risposta del responsabile della trasparenza del Ministero della salute avverso il ricorso che contestava la legittimitˆ delle due risposte allĠistanza di accesso civico fornite dalle due direzioni generali del Ministero della salute. 3.1. Con motivi aggiunti depositati il 5 dicembre 2017, la ricorrente impugnava anche la risposta alla nuova richiesta di accesso civico presentata dal Presidente della Coldiretti in data 11 ottobre 2017 per conoscere i dati relativi alla importazione di latte e di prodotti lattiero caseari provenienti da Paesi non aderenti allĠUE ovvero oggetto di scambio intracomunitario, che aveva ottenuto una nuova risposta negativa. 3.2. Avverso gli atti summenzionati, la ricorrente, premessa la propria legittimazione a proporre la domanda di accesso civico, deduceva sia la violazione degli artt. 5 e 5 bis del d. lgs n. 33 del 2013, sia il difetto di motivazione e la violazione dellĠart. 3 della l. n. 241 del 1990. 4 - Si costituiva in giudizio il Ministero intimato per contestare la legittimazione e lĠinteresse della Coldiretti e per difendere la legittimitˆ del proprio operato. Seguiva un ampio scambio di memorie, con le quali, in particolare, la Coldiretti ribadiva il proprio interesse allĠaccesso civico pur in presenza di un obbligo di legge di etichettatura in ordine allĠorigine degli ingredienti di alcuni alimenti in quanto, da un lato, un tale obbligo non sussisteva per i formaggi affettati e venduti a peso dal commerciante e, dĠaltro lato, molti prodotti caseari erano prodotti e confezionati in Italia sulla base di altri prodotti caseari (come i cagliati) con conseguente impossibiliˆ per il consumatore di ottenere una piena informazione sugli ingredienti; infine, in quanto la disciplina dellĠetichettatura e della tracciabilitˆ consentiva di vendere, come prodotti Italiani, alimenti che avevano subito in Italia alcune fasi della produzione ma le cui materie prime erano importate, conseguendone che Òle informazioni prescritte nelle etichette sono ben minori di quelle a cui si chiede di accedere e soprattutto non consentono di tracciare i prodotti lattiero caseari dei quali il latte importato sia ingrediente.Ó. In conclusione, la Coldiretti confermava la richiesta di conoscere la quantitˆ di latte importata da ciascuna impresa operante sul territorio italiano, ribadendo che non erano, viceversa, oggetto della domanda di accesso civico il prezzo e le condizioni contrattuali praticate dalle imprese importatrici, nŽ lĠidentitˆ dellĠesportatore straniero, nŽ lĠuso fatto dei prodotti importati. 5 Il tribunale Amministrativo regionale per il lazio considerava non meritevole di tutela la domanda di accesso della Confederazione Nazionale Coldiretti e rigettava il ricorso. riteneva infatti che il consumatore fosse in grado di conoscere la provenienza del latte lavorato o il tipo di latte usato attraverso lĠarticolo 2 del D.M. 9 dicembre 2016, che espressamente si riferisce alla Òindicazione dell'origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattieri caseari, in attuazione del regolamento (Ue) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni CONtENzIOSO NAzIONAlE 103 sugli alimenti ai consumatoriÓ e secondo il quale lĠetichetta deve fornire Òl'indicazione di origine del latte o del latte usato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari di cui all'allegatoÓ. Il tar rilevava, poi, che le risposte offerte dallĠAmministrazione in data 26 maggio 2017 ed in data 9 novembre 2017 non si ponevano come un diniego, in quanto entrambe offrivano, in alternativa, un report di dati aggregati per Paese estero di spedizione e per provincia di destinazione in Italia. Statuiva, inoltre, che ҏ legittimo il diniego di accesso motivato in base alla necessitˆ di impedire che all'ente venga imposto un facere straordinario quale produrre - in formato analogico o digitale -una mole irragionevole di dati o documentiÓ (citando tAr lombardia, Milano Sez. III, 11-10-2017, n. 1951). 6 la Coldiretti proponeva appello, argomentando che la pubblica amministrazione aveva opposto un sostanziale ed illegittimo diniego alla domanda di accesso civico e che ci˜ aveva comportato, al contrario di quanto ritenuto dal tAr, lĠimpossibilitˆ per il consumatore di poter conoscere la provenienza dei prodotti mediante il raffronto fra le importazioni di latte e prodotti lattiero caseari da parte di una determinata azienda, e le etichette dalla stessa apposte sui propri prodotti, ledendo, cos“, sia il diritto del consumatore ad essere informato, sia il buon andamento e lo sviluppo di un mercato largamente rappresentato dalla medesima Confederazione Nazionale Coldiretti, quale pi grande associazione delle imprese agricole italiane con oltre 1.300.000 associati, di cui oltre 600.000 titolari attivi di impresa. DIrIttO 7 Ai fini della decisione, considera preliminarmente il Collegio che con lĠappello la Coldiretti deduce in primo luogo la violazione della nuova disciplina dellĠaccesso civico, come oggi normata dagli articoli 5 e 5 bis del d.lgs. n. 33 del 2013 e successive modifiche ed integrazioni. Si tratta, osserva ancora il Collegio, di un innovativo istituto di recente introduzione, di non facile coordinamento con i preesistenti istituti sulla trasparenza amministrativa e di non semplice inserimento nel nostro ordinamento giuridico. Pertanto, ai fini della sua corretta interpretazione e della conseguente decisione sul ricorso si impone, in primo luogo, una attenta ricostruzione storica e sistematica del nuovo istituto dellĠaccesso civico nellĠambito del nostro sistema Costituzionale. 7.1. In particolare, il citato art. 5 prevede che Ò1. l'obbligo previsto dalla normativa vigente in capo alle pubbliche amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni o dati comporta il diritto di chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione. 2. allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall'articolo 5-bis. 3. l'esercizio del diritto di cui ai commi 1 e 2 non  sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente. l'istanza di accesso civico identifica i dati, le informazioni o i documenti richiesti e non richiede motivazione. l'istanza pu˜ essere trasmessa per via telematica secondo le modalitˆ previste dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ed  presentata alternativamente ad uno dei seguenti uffici: a) allĠufficio che detiene i dati, le informazioni o i documenti; b) allĠUfficio relazioni con il pubblico; c) ad altro ufficio indicato dall'amministrazione nella sezione "amministrazione trasparente" del sito istituzionale; rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 d) al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, ove l'istanza abbia a oggetto dati, informazioni o documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi del presente decreto. 4. il rilascio di dati o documenti in formato elettronico o cartaceo  gratuito, salvo il rimborso del costo effettivamente sostenuto e documentato dall'amministrazione per la riproduzione su supporti materiali. 5. Fatti salvi i casi di pubblicazione obbligatoria, l'amministrazione cui  indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti controinteressati, ai sensi dell'articolo 5-bis, comma 2,  tenuta a dare comunicazione agli stessi, mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione. entro dieci giorni dalla ricezione della comunicazione, i controinteressati possono presentare una motivata opposizione, anche per via telematica, alla richiesta di accesso. a decorrere dalla comunicazione ai controinteressati, il termine di cui al comma 6  sospeso fino all'eventuale opposizione dei controinteressati. Decorso tale termine, la pubblica amministrazione provvede sulla richiesta, accertata la ricezione della comunicazione. 6. il procedimento di accesso civico deve concludersi con provvedimento espresso e motivato nel termine di trenta giorni dalla presentazione dell'istanza con la comunicazione al richiedente e agli eventuali controinteressati. in caso di accoglimento, l'amministrazione provvede a trasmettere tempestivamente al richiedente i dati o i documenti richiesti, ovvero, nel caso in cui l'istanza riguardi dati, informazioni o documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi del presente decreto, a pubblicare sul sito i dati, le informazioni o i documenti richiesti e a comunicare al richiedente l'avvenuta pubblicazione dello stesso, indicandogli il relativo collegamento ipertestuale. in caso di accoglimento della richiesta di accesso civico nonostante l'opposizione del controinteressato, salvi i casi di comprovata indifferibilitˆ, l'amministrazione ne dˆ comunicazione al controinteressato e provvede a trasmettere al richiedente i dati o i documenti richiesti non prima di quindici giorni dalla ricezione della stessa comunicazione da parte del controinteressato. il rifiuto, il differimento e la limitazione dell'accesso devono essere motivati con riferimento ai casi e ai limiti stabiliti dall'articolo 5-bis. il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza pu˜ chiedere agli uffici della relativa amministrazione informazioni sull'esito delle istanze. 7. Nei casi di diniego totale o parziale dell'accesso o di mancata risposta entro il termine indicato al comma 6, il richiedente pu˜ presentare richiesta di riesame al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza di cui all'articolo 43, che decide con provvedimento motivato, entro il termine di venti giorni. se l'accesso  stato negato o differito a tutela degli interessi di cui all'articolo 5-bis, comma 2, lettera a), il suddetto responsabile provvede sentito il garante per la protezione dei dati personali, il quale si pronuncia entro il termine di dieci giorni dalla richiesta. a decorrere dalla comunicazione al garante, il termine per l'adozione del provvedimento da parte del responsabile  sospeso, fino alla ricezione del parere del garante e comunque per un periodo non superiore ai predetti dieci giorni. avverso la decisione dell'amministrazione competente o, in caso di richiesta di riesame, avverso quella del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, il richiedente pu˜ proporre ricorso al tribunale amministrativo regionale ai sensi dell'articolo 116 del Codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104. 8. Qualora si tratti di atti delle amministrazioni delle regioni o degli enti locali, il richiedente pu˜ altres“ presentare ricorso al difensore civico competente per ambito territoriale, ove costituito. Qualora tale organo non sia stato istituito, la competenza  attribuita al difensore CONtENzIOSO NAzIONAlE civico competente per l'ambito territoriale immediatamente superiore. il ricorso va altres“ notificato all'amministrazione interessata. il difensore civico si pronuncia entro trenta giorni dalla presentazione del ricorso. se il difensore civico ritiene illegittimo il diniego o il differimento, ne informa il richiedente e lo comunica all'amministrazione competente. se questa non conferma il diniego o il differimento entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione del difensore civico, l'accesso  consentito. Qualora il richiedente l'accesso si sia rivolto al difensore civico, il termine di cui all'articolo 116 del Codice del processo amministrativo decorre dalla data di ricevimento, da parte del richiedente, dell'esito della sua istanza al difensore civico. se l'accesso  stato negato o differito a tutela degli interessi di cui all'articolo 5-bis, comma 2, lettera a), il difensore civico provvede sentito il garante per la protezione dei dati personali, il quale si pronuncia entro il termine di dieci giorni dalla richiesta. a decorrere dalla comunicazione al garante, il termine per la pronuncia del difensore  sospeso, fino alla ricezione del parere del garante e comunque per un periodo non superiore ai predetti dieci giorni. 9. Nei casi di accoglimento della richiesta di accesso, il controinteressato pu˜ presentare richiesta di riesame ai sensi del comma 7 e presentare ricorso al difensore civico ai sensi del comma 8. 10. Nel caso in cui la richiesta di accesso civico riguardi dati, informazioni o documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi del presente decreto, il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza ha l'obbligo di effettuare la segnalazione di cui all'articolo 43, comma 5. 11. Restano fermi gli obblighi di pubblicazione previsti dal Capo ii, nonchŽ le diverse forme di accesso degli interessati previste dal Capo V della legge 7 agosto 1990, n. 241.Ó 7.2. Dal complessivo testo dellĠarticolo si evince il diritto di chiunque di richiedere dati, informazioni e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, non solo quando lĠAmministrazione non ottemperi allĠobbligo di legge di pubblicarli (comma 1), bens“ anche (comma 2) Òallo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionaliÓ, nel rispetto della procedura di tutela degli eventuali controinteressati disciplinata dai commi seguenti e nei (soli) limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall'articolo 5 bis del medesimo decreto legislativo n. 33/2013 (che, nel caso di specie, la Coldiretti ritiene egualmente violato), secondo cui: Ò1. l'accesso civico di cui all'articolo 5, comma 2,  rifiutato se il diniego  necessario per evitare pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pubblici inerenti a: a) la sicurezza pubblica e lĠordine pubblico; b)la sicurezza nazionale; c)la difesa e le questioni militari; d) le relazioni internazionali; e) la politica e la stabilitˆ finanziaria ed economica dello stato; f) la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento; g) il regolare svolgimento di attivitˆ ispettive. 2. l'accesso di cui all'articolo 5, comma 2,  altres“ rifiutato se il diniego  necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati: a) la protezione dei dati personali, in conformitˆ con la disciplina legislativa in materia; b) la libertˆ e la segretezza della corrispondenza; c) gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietˆ intellettuale, il diritto d'autore e i segreti commerciali. 3. il diritto di cui all'articolo 5, comma 2,  escluso nei casi di segreto di stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l'accesso  subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalitˆ o limiti, inclusi quelli di cui all'articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990. rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 4. Restano fermi gli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente. se i limiti di cui ai commi 1 e 2 riguardano soltanto alcuni dati o alcune parti del documento richiesto, deve essere consentito l'accesso agli altri dati o alle altre partiÓ. 5. i limiti di cui ai commi 1 e 2 si applicano unicamente per il periodo nel quale la protezione  giustificata in relazione alla natura del dato. l'accesso civico non pu˜ essere negato ove, per la tutela degli interessi di cui ai commi 1 e 2, sia sufficiente fare ricorso al potere di differimento. 6. ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all'accesso civico di cui al presente articolo, l'autoritˆ nazionale anticorruzione, d'intesa con il garante per la protezione dei dati personali e sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adotta linee guida recanti indicazioni operative.Ó 7.3. lĠart. 5 bis citato consente, quindi, di individuare casi eccezionali in cui il soggetto non pu˜ ottenere lĠaccesso civico, mediante lĠindividuazione tassativa delle fattispecie in cui, nel bilanciamento di interessi contrapposti, lĠaccesso  suscettibile di pregiudicare un interesse generale di natura pubblica ovvero un affidamento tutelato di natura privata. 8 Non  controverso che il diritto di accesso di cittadini ed imprese ai documenti ed alle informazioni detenuti dallĠAmministrazione costituisca il necessario corollario dei principi di trasparenza e di partecipazione che devono caratterizzare lĠattivitˆ amministrativa alla stregua dei principi fondamentali di legalitˆ, di tutela dei diritti della persona e di uguaglianza e non discriminazione sanciti dai primi tre articoli della Costituzione che, al contempo, esso attui lĠart. 97 e i principi di imparzialitˆ e di buon andamento dellĠAmministrazione. 9 - Giˆ con la legge n. 241 del 1990, il legislatore nazionale ha previsto il Òdiritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativiÓ (art. 22, comma 1, lett. a), legge n. 241/1990) configurando tale previsione come Òprincipio generale dellĠattivitˆ amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurare lĠimparzialitˆ e la trasparenzaÓ e includendo, giuste le previsioni di cui allĠart 29, comma 2 bis, della medesima legge, i contenuti di tale ÒdirittoÓ tra i livelli essenziali delle prestazioni ai sensi dellĠart. 117, comma 2, lett. m), Cost.. In tale primigenia configurazione della posizione giuridica soggettiva, lĠaccesso viene garantito Òagli interessatiÓ: non basta, come precisato dalla giurisprudenza, la semplice curiositˆ, essendo necessario invece un interesse di base differenziato e meritevole di tutela, secondo la titolaritˆ e nei limiti dellĠutilitˆ di una posizione giuridicamente rilevante. 9.1. la legge n. 241/1990 ha costruito il Òdiritto di accessoÓ in termini di protezione diretta di un bene della vita, secondo lo schema del diritto soggettivo. Sotto il profilo processuale la tutela di tale diritto  stata ricompresa nellĠambito delle materie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Ci˜ nonostante  comunque prevalsa la tesi che non si tratti di un diritto soggettivo in senso proprio e che lĠaccesso vada inquadrato, al di lˆ del nomen utilizzato dalla legge, nella categoria dellĠinteresse legittimo, conseguendone la necessitˆ che il diniego di accesso, quale provvedimento in senso proprio, sia impugnato nel termine di decadenza di 60 giorni, piuttosto che nel termine pi lungo di prescrizione applicabile in via ordinaria ai diritti soggettivi (Consiglio di stato, Adunanza Plenaria 18 aprile 2006 n. 6 e 20 aprile 2006 n. 7). 10 - Accanto a questa prima forma di accesso sono state introdotte, di recente, nellĠordinamento, altre fattispecie di accesso qualificabili in termini di diritto soggettivo in senso proprio, tra le quali la recente disposizione sul cosiddetto accesso civico, noto anche come Freedom of information act (Foia) sulla scorta dellĠesempio statunitense -introdotta nellĠambito della CONtENzIOSO NAzIONAlE normativa anticorruzione con il sopra riportato art. 5 del decreto legislativo del 14 marzo 2013 n. 33, come modificato dal decreto legislativo n. 97 del 2016, che prevede due fattispecie: a) In primo luogo, chiunque pu˜ richiedere lĠaccesso alle informazioni e ai dati che le amministrazioni avrebbero comunque lĠobbligo di pubblicare sui propri siti o con altre modalitˆ tutte le volte in cui esse hanno omesso questo adempimento. b) In secondo luogo, con previsione ancor pi generale volta a Òfavorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sullĠutilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico,Ó si dispone che chiunque abbia diritto di accedere ai dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, anche a quelli per i quali non sussiste un obbligo di pubblicazione, anche se lĠart. 5 bis prevede una serie di esclusioni in relazione alla necessitˆ di tutelare interessi pubblici e privati come ad esempio la sicurezza nazionale, la difesa, le relazioni internazionali, la protezione dei dati personali, la libertˆ e la segretezza della corrispondenza e pi in generale tutti i casi di esclusione di cui allĠart. 24, comma 1, della legge n. 241/1990. 11 -Dunque, osserva il Collegio, sia lĠaccesso documentale ex art. 22 della legge n. 241/1990, sia lĠaccesso civico ex art. 5 del d.lgs. n. 33/2013, hanno lo scopo di assicurare lĠimparzialitˆ e la trasparenza dellĠattivitˆ amministrativa e di favorire la partecipazione dei privati, ed entrambi gli istituti scontano talune limitazioni risultanti dalla ponderazione con altri interessi costituzionalmente rilevanti. tuttavia nel primo caso il diritto di accesso  riconosciuto solamente al soggetto titolare di un interesse qualificato in relazione ad un procedimento amministrativo. Nel caso dellĠaccesso civico, viceversa, tale diritto  esteso a qualunque soggetto, singolo o associato, e non vi  la necessitˆ di dimostrare un particolare interesse qualificato a richiedere gli atti o le informazioni, secondo il modello del Freedom of information act (Foia), che trae ispirazione dalle esperienze storiche dĠoltralpe e dĠoltreoceano. 12 Al fine di interpretare ed applicare correttamente il nuovo istituto, occorre considerare che il modello FOIA  da tempo presente nella storia delle moderne democrazie: giˆ nel 1766 si parlava in Svezia di libertˆ dĠinformazione, ed oggi  divenuto uno standard informativo il modello entrato in vigore negli Stati Uniti nel 1966, mediante il quale le agenzie dellĠExecutive Branch del Governo Federale hanno lĠobbligo di rendere noti e di pubblicare, in modo celere, nel ÒFederal registerÓ, unĠampia varietˆ di documenti a vantaggio dei cittadini. Il FOIA statunitense inoltre stabilisce che ogni ente governativo deve rendere disponibili a chiunque i documenti non inerenti agli obblighi di pubblicazione. Si tratta dunque di unĠaccessibilitˆ pressochŽ totale (i cui limiti sono specificamente delineati in nove eccezioni) che ne fa, secondo i commentatori pi attenti, uno degli indicatori pi significativi del tasso di democraticitˆ del sistema di governo americano. In particolare, nel Freedom of information act il Òright to knowÓ, diritto di essere informati, persegue tre diversi obiettivi, il primo, ÒaccountabiltyÓ, vuole consentire un controllo diffuso sullĠoperato degli enti pubblici allo scopo di evitare fenomeni di corruzione. la seconda finalitˆ, ÒpartecipationÓ, vuole garantire ai cittadini una partecipazione consapevole alle decisioni pubbliche. Infine, con la ÒlegitimacyÓ si vogliono rafforzare le stesse pubbliche amministrazioni, che devono agire in completa trasparenza nei confronti dei cittadini. Ad oggi esiste una versione del Freedom of information act in oltre cento Paesi del mondo, e lĠaccesso alle informazioni raccolte dallo Stato costituisce un punto di riferimento per gli Stati democratici, tanto da essere riconosciuto a livello internazionale come diritto umano collegato alla libertˆ di espressione dellĠindividuo in generale; a sostegno del FOIA si schiera la Convenzione Onu contro la Corruzione, che include lĠobbligo per gli Stati di fornire accesso rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 alle informazioni per promuovere la partecipazione della societˆ civile nella prevenzione e nella lotta alla corruzione, mentre lĠUnesco riconosce Òil 28 settembre come la Giornata mondiale del diritto di accesso.Ó 13 -Il percorso per la trasparenza nel nostro Paese  iniziato solo in tempi pi recenti: la prima norma contenente il diritto di accesso  entrata in vigore solo nel 1990 con la giˆ citata legge n. 241 sul procedimento amministrativo. Successivamente, il sopra citato decreto legislativo n. 33/2013 ha disciplinato la pubblicazione on line di informazioni rilevanti sui siti web istituzionali delle pubbliche amministrazioni. Peraltro lĠobbligo di pubblicazione, riguardante grandi quantitˆ di dati talvolta di scarso interesse per le imprese e per i cittadini,  stato nuovamente disciplinato dal decreto legislativo n. 97/2016, che ha modificato il decreto n. 33/2013 precisando le informazioni da pubblicare nelle pagine web istituzionali. la medesima fonte ha infine introdotto, com giˆ ricordato, un nuovo sistema di accesso civico, tendenzialmente generalizzato, che si ispira al sopracitato FOIA statunitense secondo la regola primaria della general disclosure di qualsiasi atto, salvo tassative eccezioni, anche se non sottoposto a pubblicazione. 14 lĠintroduzione del nuovo istituto di matrice anglosassone  stata accompagnata da talune perplessitˆ ed incertezze applicative, riferite sia ai problemi di coordinamento derivanti dal mantenimento dei precedenti istituti di trasparenza amministrativa, sia alla radicale ridefinizione del rapporto fra cittadino e pubblica amministrazione ed alle possibili difficoltˆ organizzative derivanti per questĠultima dalla possibilitˆ generalizzata e diffusa di presentare richieste di accesso alle informazioni o agli atti pubblici senza dover fornire alcuna motivazione. Osserva tuttavia il Collegio che il nuovo accesso civico risponde pienamente ai sopraindicati principi del nostro ordinamento nazionale di trasparenza e imparzialitˆ dellĠazione amministrativa e di partecipazione diffusa dei cittadini alla gestione della ÓCosa pubblicaÓ ai sensi degli articoli 1 e 2 della Costituzione, nonchŽ, ovviamente, dellĠart. 97 cost., secondo il principio di sussidiarietˆ di cui allĠart. 118 della Costituzione. 15 - In particolare lĠart. 118 Cost., nella sua vigente formulazione, al primo comma prevede che Òle funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a province, Cittˆ metropolitane, Regioni e stato, sulla base dei princ“pi di sussidiarietˆ, differenziazione ed adeguatezzaÓ, sancendo il principio di sussidiarietˆ c.d. ÒverticaleÓ, volto ad avvicinare le competenze dei pubblici uffici ai cittadini e alle imprese e alle loro associazioni e, quindi, ai bisogni del territorio, secondo il modello di ÒStato delle AutonomieÓ giˆ delineato dallĠart. 5 Cost. Esso, al quarto ed ultimo comma, introduce, ed  la vera novitˆ, anche il principio di sussidiarietˆ in senso c.d. ÒorizzontaleÓ, sancendo che Òstato, Regioni, province, Cittˆ Metropolitane e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attivitˆ di interesse generale, sulla base del principio della sussidiaritˆ". Il ÒnuovoÓ principio di sussidiarietˆ , quindi, volto a favorire ÒlĠautonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associatiÓ, ovvero a favorire la partecipazione dei cittadini e delle formazioni sociali (imprenditoriali ed associative) nelle quali si svolge la loro personalitˆ, ai sensi dellĠart. 2 Cost., alla cura e al buon andamento della ÒCosa pubblicaÓ mediante Òlo svolgimento di attivitˆ dĠinteresse generaleÓ. In tal modo, viene riconosciuto in primis il valore del volontariato, che insieme alla cooperazione costituisce un patrimonio storico della nostra nazione (attualmente il Òterzo settoreÓ annovera in Italia circa sette milioni di volontari impegnati a vario titolo, insieme a pi di tremila associazioni e organizzazioni Òno profitÓ, nellĠassistenza ai pi bisognosi e nella tutela della persona, dellĠambiente e della cultura, dando uno spontaneo adempimento ai Òdoveri inderogabili di solidarietˆ politica, economica e socialeÓ previsti CONtENzIOSO NAzIONAlE dallĠart. 2 Cost.). Al tradizionale modello solidaristico va progressivamente affiancandosi un nuovo modello di Òcittadinanza attivaÓ, giˆ patrimonio della lunga storia della democrazia in Europa e nei Paesi anglosassoni ma non estraneo alla storia Italiana, dai Comuni alle repubbliche marinare, dalle Societˆ di mutuo soccorso alle Cooperative di lavoro, dalle Signorie alle attuali ÒMisericordieÓ che affiancano i servizi sociali comunali. tale nuovo modello  caratterizzato, alla stregua delle previsioni degli artt. 1, 2 e 118 della Costituzione, dalla spontanea cooperazione dei cittadini con le Istituzioni pubbliche mediante la partecipazione alle decisioni e alle azioni che riguardano la cura dei beni comuni, anzichŽ dei pur rispettabili interessi privati, e che quindi cospirano alla realizzazione dellĠinteresse generale della societˆ assumendo a propria volta una valenza pubblicistica, nella consapevolezza che la partecipazione attiva dei cittadini alla vita collettiva pu˜ concorrere a migliorare la capacitˆ delle istituzioni di dare risposte pi efficaci ai bisogni delle persone e alla soddisfazione dei diritti sociali che la Costituzione riconosce e garantisce. 16 la sopradescritta disciplina nazionale del nuovo accesso civico, inquadrandosi in questo secondo modello, si pone in diretta attuazione delle previsioni costituzionali risultanti dalla riforma del titolo v della Costituzione del 2001, quale istituto strumentale volto ad assicurare le condizioni -ovvero la conoscibilitˆ generalizzata degli atti e delle informazioni in possesso dellĠAmministrazione -necessarie Òal fine di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sullĠutilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblicoÓ (art. 5, citato, sullĠacceso civico) e quindi volte a favorire la Òautonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attivitˆ di interesse generaleÓ (art. 118 Cost., citato, che introduce il principio di sussidiarietˆ). 17. la ricostruzione del predetto quadro normativo consente al Collegio di evidenziare che il nuovo accesso civico, che attiene alla cura dei beni comuni a fini dĠinteresse generale, si affianca senza sovrapposizioni alle forme di pubblicazione on line del 2013 ed allĠaccesso agli atti amministrativi del 1990, consentendo, del tutto coerentemente con la ratio che lo ha ispira e che lo differenzia dallĠaccesso qualificato previsto dalla citata legge generale sul procedimento, lĠaccesso alla generalitˆ degli atti e delle informazioni, senza onere di motivazione, a tutti i cittadini singoli ed associati, in guisa da far assurgere la trasparenza a condizione indispensabile per favorire il coinvolgimento dei cittadini nella cura della ÒCosa pubblicaÓ, oltrechŽ mezzo per contrastare ogni ipotesi di corruzione e per garantire lĠimparzialitˆ e il buon andamento dellĠAmministrazione. 18. Ci˜ accade, a giudizio del Collegio, anche nella specifica fattispecie in esame. la Coldiretti infatti, dopo una prima domanda di accesso generalizzato che comprendeva la richiesta di un collegamento alle banche dati dellĠAmministrazione - ritenuta eccessivamente generica dal- lĠAmministrazione e pertanto respinta con lĠatto gravato con il ricorso principale di primo grado - ha liberamente proposto una nuova domanda, analoga ma molto pi circostanziata e quindi sostitutiva della precedente, sostanzialmente volta a verificare la corrispondenza e la non contraddittorietˆ fra le importazioni di latte e di prodotti a base di latte da parte dei singoli operatori nazionali, da un lato, e le indicazioni fornite al consumatore in etichetta a termini di legge circa lĠorigine delle materie prime utilizzate dallĠaltro. tal“ finalitˆ corrispondono proprio a quelle forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e di partecipazione degli amministrati al dibattito pubblico, previste dalla nuova normativa del 2016 sullĠaccesso civico. 18 Dalle pregresse considerazioni emerge, innanzitutto sul piano processuale: a) la sopravvenuta carenza dĠinteresse alla definizione dellĠoriginario ricorso di primo grado contro il di rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 niego opposto alla prima domanda, spontaneamente sostituita dallĠAssociazione appellante; b) la necessitˆ di esaminare nel merito i motivi aggiunti, di ordine sostanziale, proposti contro il secondo diniego, che sono ugualmente incentrati sulla violazione della nuova disciplina dellĠaccesso civico. 19. Ai fini della decisione della specifica questione di cui al punto b) del par. 18, il Collegio deve preliminarmente dare risposta ai seguenti quesiti: -se la Coldiretti abbia la legittimazione a proporre la domanda di accesso, e se vi possa essere un conflitto dĠinteressi con i suoi iscritti che potrebbero essere pregiudicati dalla richiesta informativa; - se la possibilitˆ di Coldiretti di acquisire i dati dai propri iscritti, oppure lĠofferto report periodico con dati aggregati, oppure il vigente obbligo di riportare in etichetta le indicazioni di legge, siano idonei a far venire meno lĠinteresse di Coldiretti allĠaccesso; -se la domanda di accesso sia inammissibile poichŽ emulativa o comunque sproporzionata rispetto alle finalitˆ dichiarate di tutela dei consumatori e del mercato, o se ci˜ comporti comunque oneri insostenibili per lĠAmministrazione; -se lĠaccesso ai dati richiesti possa compromettere i diritti dei contro interessati, ed in particolare degli operatori economici che importano latte o suoi derivati. 19.1. Procedendo con ordine, considerato che il diritto di accesso civico spetta a ÒchiunqueÓ non appare dubbia la legittimazione della Coldiretti a proporre una domanda di accesso a documenti e ad informazioni, a maggior ragione se riguardanti un mercato in cui essa rappresenta la maggioranza degli operatori economici perseguendone, per finalitˆ statutaria, la tutela e lo sviluppo, posto che la completa informazione dei consumatori (oltre a costituire un diritto di questi ultimi, sancito dal Codice del consumo) pu˜ favorire un corretto e regolato confronto concorrenziale, nonchŽ un aumento dei consumi interni ed un ulteriore sviluppo di quel mercato. Ci˜  vero e dirimente anche laddove dovesse tradursi in un danno per alcuni dei singoli operatori associati, posto che lĠeventuale pregiudizio dei singoli non pu˜ andare a detrimento delle finalitˆ associative statutariamente condivise. In altre parole, e indipendentemente da ogni considerazione circa le dinamiche economiche sottese alla produzione nazionale ovvero alla importazione del latte e dei suoi derivati in una economia ormai globalizzata, non  ictu oculi priva di fondamento la tesi che la trasparenza e la credibilitˆ di fronte ai consumatori circa la provenienza delle materie prime possa favorire lo sviluppo del mercato interno di riferimento, e che, conseguentemente, lĠinteresse di alcuni associati alla Coldiretti, potenzialmente pregiudicati dalle informazioni pubblicate, debba essere considerato recessivo in quanto non in linea con lo scopo comune della Coldiretti. 19.2. DĠaltro canto i dati e le informazioni richieste per conseguire la predetta finalitˆ, ossia per ricostruire la filiera delle importazioni di ogni singolo produttore nazionale al fine di suscitare un controllo diffuso ed un dibattito circa la rispondenza fra etichette dei singoli prodotti offerti sul mercato e reali importazioni dei singoli produttori, non potrebbero essere raccolti dallĠAssociazione solo presso i propri iscritti (che costituiscono solo una parte degli operatori) nŽ potrebbero essere sostituite dal proposto report periodico con dati aggregati. 19.3. Neppure gli obblighi dĠinformazione in etichetta giˆ presenti per legge, sono, del resto, idonei a far venire meno lĠinteresse di Coldiretti allĠaccesso, atteso che, a superamento di quanto argomentato dal tAr, lĠAssociazione persegue proprio la verifica della credibilitˆ di quelle dichiarazioni riportate in etichetta. In particolare, erra il tar quando considera che la Coldiretti non avrebbe interesse a proporre lĠistanza di accesso generalizzato poichŽ allo stesso fine  prevista statutariamente la disciplina sulle etichette (decreto ministeriale del 9 dicembre 2016 sulla etichettatura dei prodotti alimentari). Anche a voler seguire questa prospettazione, CONtENzIOSO NAzIONAlE in ogni caso rimane lĠinteresse della Coldiretti ad Òaccedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazioneÓ (art. 5, comma 2, cit.). Infatti, il richiesto accesso ai dati a disposizione dellĠAmministrazione in relazione ai procedimenti amministrativi concernenti lĠimportazione di materie prime e semilavorati da parte dei singoli operatori, oltre a consentire una verifica circa la complessiva affidabilitˆ del controllo pubblico in ordine al rispetto dellĠobbligo degli stessi operatori di indicare in etichetta lĠorigine degli ingredienti di alcuni alimenti, consentirebbe di integrare la predetta forma di pubblicitˆ quanto alla complessiva provenienza delle materie prime utilizzate per produrre in Italia gli ingredienti ed i semilavorati a propria volta utilizzati nei prodotti commercializzati dal medesimo operatore, ma non indicati, a termini di legge, in etichetta. Pertanto, a giudizio del Collegio le informazioni richieste dalla Coldiretti al Ministero della Salute, da un lato, integrano quelle oggetto di pubblicitˆ obbligatoria ma non coincidono con esse e, dallĠaltro, non consentono di individuare alcun Òabuso del dirittoÓ dĠinformazione, in quanto rispondono alle dichiarate esigenze legate alla tutela dei consumatori e alla stessa ratio della rintracciabilitˆ della filiera che motiva gli obblighi di etichettatura, operando quel Òcontrollo diffuso sullĠattivitˆ amministrativaÓ perseguito dalla nuova norma. 19.4. venendo agli ulteriori quesiti,  pur vero che sebbene il summenzionato art. 5 del d.lgs. n. 33/2013 non richieda allĠistante di fornire una specifica qualificazione o motivazione, la giurisprudenza ha talvolta attribuito rilievo al carattere emulativo o non proporzionato della domanda rispetto alle finalitˆ perseguite. tuttavia le pregresse considerazioni consentono di escludere che ricorra una tale circostanza nella fattispecie in esame, considerata la corrispondenza fra la domanda e la dichiarata finalitˆ di tutela della trasparenza del mercato e, quindi, del diritto dei consumatori di essere informati. In particolare, la richiesta di Coldiretti risulta conforme alle finalitˆ di tutela dei consumatori del Codice del consumo che, allĠart. 2, garantisce una serie di diritti del consumatore, alcuni dei quali appaiono connessi alla domanda di accesso civico in esame. lĠart. 2 del Codice del Consumo afferma, infatti, che Ò1. sono riconosciuti e garantiti i diritti e gli interessi individuali e collettivi dei consumatori e degli utenti, ne  promossa la tutela in sede nazionale e locale, anche in forma collettiva e associativa, sono favorite le iniziative rivolte a perseguire tali finalitˆ, anche attraverso la disciplina dei rapporti tra le associazioni dei consumatori e degli utenti e le pubbliche amministrazioni. 2. ai consumatori ed agli utenti sono riconosciuti come fondamentali i diritti: a) alla tutela della salute; b) alla sicurezza e alla qualitˆ dei prodotti e dei servizi; c) ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicitˆ; c-bis) all'esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di buona fede, correttezza e lealtˆ; d) all'educazione al consumo; e) alla correttezza, alla trasparenza ed all'equitˆ nei rapporti contrattuali; f) alla promozione e allo sviluppo dell'associazionismo libero, volontario e democratico tra i consumatori e gli utenti; g) all'erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualitˆ e di efficienza.Ó. tale articolo si mostra, quindi, in linea con le richieste della Coldiretti, che vuole indagare sul latte e sui prodotti caseari al fine di informare e rendere consapevoli i consumatori, coerentemente con la ratio dellĠaccesso civico generalizzato, cos“ come disciplinato dal decreto del 2013 e modificato da quello del 2016. rASSEGNA AvvOCAtUrA DEllO StAtO - N. 4/2018 19.5. Assume inoltre rilievo la circostanza che la seconda istanza proposta da Coldiretti  stata depurata di tutti quegli elementi che conferivano un carattere di genericitˆ alla prima istanza, in conformitˆ alle linee Guida emanate dallĠANAC in materia. 19.6. Neppure pu˜ ritenersi che la domanda comporti oneri eccesivi o sproporzionati per lĠAmministrazione. la stessa mira infatti ad ottenere dati disaggregati senza alcuna previa rielaborazione, la cui messa a disposizione (al contrario del report offerto dallĠAmministrazione) non implica particolari oneri organizzativi o gestionali dellĠAmministrazione (lĠAssociazione, nella prima domanda aveva anche proposto un diretto collegamento telematico alla banca dati, ma la questione, in disparte il rischio di interferenza della fattispecie con la diversa disciplina della pubblicazione on line erga omnes, non costituisce pi, come sopra indicato, oggetto del presente giudizio). 19.7. Infine, quanto allĠobiezione che lĠaccesso potrebbe compromettere i diritti degli operatori economici importatori, evidenzia il Collegio che lĠart. 5 soprariportato disciplina dettagliatamente il procedimento in contraddittorio che lĠAmministrazione deve obbligatoriamente avviare al ricevimento della domanda al fine di tutelare i possibili controinteressati, non potendo certamente lĠAmministrazione limitarsi a prefigurare il rischio di un pregiudizio in via generica e astratta, e dovendo invece motivare, in modo puntuale, la effettiva sussistenza di un reale e concreto pregiudizio agli interessi considerati dai commi 1 e 2 del soprariportato art. 5 bis. Sulla questione lĠANAC ha emanato nel 2016 le linee Guida recanti Òindicazioni operative ai fini della definizione delle esclusione e dei limiti allĠaccesso civico di cui allĠart. 5, co 2 del D.lgs 33/2013Ó, ed in tale documento viene affermato che ÒaffinchŽ lĠaccesso possa essere rifiutato, il pregiudizio agli interessi considerati ai commi 1 e 2 deve essere concreto, quindi deve sussistere un preciso nesso di causalitˆ tra lĠaccesso e il pregiudizio. lĠamministrazione, in altre parole, non pu˜ limitarsi a prefigurare il rischio di un pregiudizio in via generica e astratta, ma dovrˆ: a) indicare chiaramente quale - tra gli interessi elencati allĠart. 5 bis, co. 1 e 2 - viene pregiudicato; b) valutare se il pregiudizio (concreto) prefigurato dipende direttamente dalla disclosure del- lĠinformazione richiesta; c) valutare se il pregiudizio conseguente alla disclosure  un evento altamente probabile, e non soltanto possibileÓ. risulta, quindi, confermata lĠerroneitˆ del diniego di accesso alla informazioni richieste dalla Coldiretti, in quanto il pregiudizio paventato ai controinteressati era solo ipotetico e comunque agevolmente rimovibile mediante la richiesta inziale di segnalare specifiche ed ipotetiche circostanze ostative, purchŽ riferite a profili diversi rispetto alle informazioni giˆ obbligatoriamente riportate in etichetta, alla stregua del comma 5 del citato art. 5, che disciplina la comunicazione ai soggetti controinteressati Òfatti salvi i casi di pubblicazione obbligatoriaÓ. Alla luce della predetta precisazione normativa, in particolare, neppure pu˜ assumere rilievo la considerazione, svolta dalla Difesa dellĠAmministrazione, circa il diverso impatto derivante dai diversi modi di divulgazione dei dati ai consumatori, i quali non possono essere pregiudizialmente ritenuti disattenti nella lettura delle informazioni giˆ obbligatoriamente riportate in etichetta e nel conseguente giudizio sui prodotti. 20. Conclusivamente, la risposta ai quesiti, nei termini di cui al par. 19), conduce al riconoscimento del diritto dĠaccesso civico in capo allĠassociazione ricorrente. Alla stregua delle pregresse considerazioni lĠappello deve essere accolto, e per lĠeffetto deve essere annullato, in riforma dellĠappellata sentenza, il diniego impugnato in primo grado con i motivi aggiunti, CONtENzIOSO NAzIONAlE dovendo invece essere dichiarata la sopravvenuta carenza dĠinteresse in ordine al ricorso principale di primo grado. 21. Ne consegue lĠobbligo dellĠAmministrazione intimata di dare corso, senza alcun indugio, alla seconda domanda di Òaccesso civicoÓ dellĠAssociazione appellante, previa attivazione e conclusione, nei termini di legge, della procedura di confronto con i potenziali controinteressati, i quali, in relazione alla specificitˆ del caso, potranno essere interpellati preliminarmente in via generale secondo modalitˆ telematiche. lĠAmministrazione potrˆ, se del caso, tenere conto (mediante il parziale oscuramento dei dati) solo di eventuali specifiche ragioni di riservatezza dei controinteressati, puntualmente motivate e circostanziate, eventualmente ritenute meritevoli di protezione, ma con riferimento a profili diversi ed ulteriori rispetto a quelli giˆ implicitamente superate dai vigenti obblighi di informazione dei consumatori. 22. Quanto, infine, alle spese del presente giudizio, la novitˆ e complessitˆ delle questioni ne giustificano lĠintegrale compensazione fra le parti. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per lĠeffetto, in riforma dellĠappellata sentenza dichiara improcedibile il ricorso principale ed accoglie i motivi aggiunti, ai sensi e per gli effetti di cui in motivazione. Compensa fra le Parti le spese del presente grado di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autoritˆ amministrativa. Cos“ deciso in roma nella camera di consiglio del giorno 17 gennaio 2019. PareridelComitatoConsultivo Gara pubblica, sulla regolarizzazione postuma della posizione previdenziale di un impresa subentrata in seguito a scorrimento della graduatoria Parere del 05/12/2017-583778, al 43320/2017, avv. andrea Fedeli Con riferimento alla richiesta di parere formulata da codesta Amministrazione il 20 ottobre 2017, si comunica quanto segue. Codesto Provveditorato ha bandito la gara per la progettazione esecutiva e l'esecuzione dei lavori di realizzazione di efficientamento energetico ed uso di fonti rinnovabili sull'edificio H, presso la Caserma del Carabinieri "Salvo D'Acquisto" in Roma. La procedura di gara prescelta  stata quella dellĠofferta economicamente pi vantaggiosa, conclusasi in data 8 aprile 2015 con lĠaggiudicazione provvisoria al Consorzio I. Avverso lĠaggiudicazione lĠimpresa C., seconda classificata, ha proposto ricorso dinanzi al TAR Lazio. Con sentenza n. 6527/2016, depositata il 7 giugno 2016 il TAR ha accolto la domanda disponendo lĠaggiudicazione dellĠappalto allĠimpresa ricorrente. Avverso tale pronuncia, il Consorzio Stabile I. ha proposto ricorso in appello al Consiglio di Stato che, con sentenza n. 5475/2016 del 28 dicembre 2016 ha rigettato il gravame. Al fine di procedere alla stipula del contratto con la C., codesto Provveditorato ha richiesto, in data 25 giugno 2017 un nuovo DURC nel frattempo scaduto. Tale documento  risultato ÒNON REGOLAREÓ. AllĠimpresa veniva, pertanto, richiesta la regolarizzazione del DURC con la concessione di vari termini per procedere allĠadempimento richiesto. In data 20 settembre 2017 la C. comunicava di aver presentato domanda di concordato prenotativo e, in data 21 settembre 2017, lĠimpresa trasmetteva la sentenza del Tribunale Ordinario di Prato n. 1869/2017 del 15 settembre RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 2017 che ordinava agli Enti Previdenziali il rilascio del ÒDURC REGOLAREÓ; in data 21 settembre 2017, a seguito di ulteriore verifica dellĠUfficio, il DURC  risultato regolare con validitˆ confermata fino al 19 gennaio 2018. Alla luce del quadro fattuale cos“ sinteticamente delineato, codesto Provveditorato chiede parere sulla possibilitˆ di stipulare il contratto con l'impresa che versa in concordato preventivo secondo la procedura prevista dall'art. 161 comma 7 della legge fallimentare ovvero passare al concorrente successivo in graduatoria, considerando fatale l'interruzione della regolaritˆ contributiva del- l'aggiudicatario ai sensi dell'art. 38 del D.Lgs. 163/2006. Preliminarmente, occorre evidenziare che, con riferimento alla procedura di concordato, la giurisprudenza amministrativa (tra le altre Cons. di Stato, VI, n. 426/2016) ritiene legittima la partecipazione alle gare e lĠassunzione di contratti, anche in caso di domanda di concordato Òin biancoÓ, alle condizioni di cui allĠart. 186 bis L.F. (autorizzazione del Tribunale, ecc.), per non vanificare la finalitˆ precipua dellĠistituto del concordato con continuitˆ, che  quella di garantire, attraverso la prosecuzione delle attivitˆ, la migliore soddisfazione dei creditori; finalitˆ che lo distingue dal concordato preventivo comune definito liquidatorio (in tal senso anche lĠAnac, det. n. 5/2015). Con riferimento al DURC, a partire dalla data della domanda di concordato, lĠimpresa si considera ÒregolareÓ se nel piano ex art. 161 L.F.  prevista la integrale soddisfazione dei crediti degli enti previdenziali, potendo comunque essere concessa una moratoria di un anno per il pagamento (art. 5 d.m. 30 gennaio 2015, art. 186 bis l.f.). In relazione alla regolaritˆ contributiva lĠorientamento giurisprudenziale consolidato (cfr. Cons. Stato n. 5501/2016 e, da ultimo TAR Lazio, sez. III, n. 10965/2017 e TAR Lazio, sez. III quater, n. 3096/2017),  quello secondo cui non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l'impresa essere in regola con l'assolvimento dei relativi obblighi fin dalla presentazione dell'offerta, conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e per tutta la durata del rapporto contrattuale con la stazione appaltante, restando dunque irrilevante un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva. Orbene,  pacifico che la C. successivamente al provvedimento di aggiudicazione definitiva non fosse in regola con il DURC. Sotto tale profilo, come evidenziato dalla citata sentenza del TAR Lazio n. 10965/2017 lĠimpresa non pu˜ utilmente richiamare Ògli effetti della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo proposta ai sensi dell'art. 161, sesto comma, l.F., posto che anche ai sensi dell'art. 5 del decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ("Semplificazione in materia di documento unico di regolaritˆ contributiva - dUrC"), l'effetto di regolaritˆ contributiva che consegue all'inibizione del pagamento dei debiti pregressi alla pubblicazione nel registro delle imprese del ricorso di ammis PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO sione in parola (perdurante fino al decreto di omologazione) non comporta alcuna sanatoria delle irregolaritˆ contributive pregresse, operando invece soltanto de futuro (cfr cit. Tar lazio, sez. iii quater, n. 3096/2017)Ó. Peraltro, nel caso di specie, chiarito che gli effetti del concordato preventivo non hanno efficacia ex tunc ma solo dalla data di presentazione della relativa domanda, risulta dai documenti trasmessi che le contestate inadempienze (accertate da codesto Provveditorato a seguito della richiesta del DURC scaduto, effettuata il 25 giugno 2017) si riferiscano a periodi che precedono la data di presentazione della domanda di concordato (28 luglio 2017). NŽ, da altro punto di vista, appare applicabile alla fattispecie de qua il principio giurisprudenziale (tra le altre, Consiglio di Stato, sez. III, 6 marzo 2017, n. 1050, e sez. VI, 25 settembre 2017 n. 4470) secondo cui, in caso di subentro in seguito a scorrimento della graduatoria, non si applica il principio della continuitˆ nel possesso dei requisiti. Questi ultimi, infatti, devono essere posseduti al momento del subentro, ma non necessariamente con continuitˆ dal momento della presentazione dellĠofferta, poichŽ, quando la gara giunge allĠaggiudicazione, deve differenziarsi la posizione dellĠaggiudicatario da quella degli altri concorrenti. Mentre per il primo si impone il mantenimento dei requisiti con continuitˆ, secondo i principi espressi nella sentenza del Consiglio di Stato, A.P. n. 8/2015, per gli altri lĠofferta formulata non  pi vincolante nei confronti dellĠamministrazione e cessa il rapporto che si era instaurato con la domanda di partecipazione. In caso di scorrimento della graduatoria, i requisiti andranno, pertanto, verificati al momento del subentro. Le suindicate decisioni, tuttavia, riguardano la sussistenza di requisiti specifici indicati nel bando di gara (in particolare SOA), mentre appare quanto meno dubbia lĠapplicazione dei suddetti principi giurisprudenziali nellĠipotesi di irregolaritˆ DURC anche se accertata successivamente allo scorrimento della graduatoria; ci˜ in quanto la regolaritˆ del DURC  un requisito -previsto sotto pena di esclusione - di ordine generale di partecipazione alle procedure di evidenza pubblica, con lo scopo di contrastare il lavoro sommerso e irregolare e di tutelare, di conseguenza, i diritti dei lavoratori. Alla luce di quanto sopra, pur non potendosi sottacere lĠalea di un contenzioso con la societˆ C., appare maggiormente cautelativo per codesta Amministrazione disporre lĠesclusione dalla gara dellĠimpresa ed operare lo scorrimento della graduatoria. Questa Avvocatura resta a disposizione per quanto ulteriormente possa occorrere. Il presente parere  stato sottoposto allĠesame del Comitato Consultivo, ai sensi dellĠart. 26 della L. 3 aprile 1979 n. 103, che si  espresso in conformitˆ. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 il rimborso delle spese legali (ex art. 18 d.l. n. 67/1997) solo in caso di procedimenti giudiziari conseguenti ad atti compiuti o connessi allĠespletamento dei compiti istituzionali Parere del 11/12/2017-591316, al 39953/2017, avv. iSabella CorSini Il dipendente indicato in oggetto ha presentato istanza diretta ad ottenere il rimborso delle spese di difesa sostenute nellĠambito del procedimento penale per i reati di Òinsubordinazione con minaccia ed ingiuria continuateÓ, definito con sentenza resa dal Tribunale militare di Roma che, con sentenza confermata dalla Corte di Appello militare, ha assolto il militare perchŽ il fatto non sussiste. Il dipendente ha allegato alla domanda una fattura predisposta dal legale che ha patrocinato il giudizio nei due gradi, per lĠimporto complessivo di Û 900,85 (comprensivi di CPA ed IVA). Risulta che a seguito dei fatti oggetto di contestazione in sede penale  stato adottato provvedimento sanzionatorio ministeriale di perdita del grado per rimozione, ai fini della responsabilitˆ disciplinare. LĠamministrazione di appartenenza ha espresso perplessitˆ in merito alla spettanza del rimborso, non ritenendo sussistenti i requisiti richiesti dalla norma. Alla luce degli atti trasmessi, si esprime parere sfavorevole al rimborso. A parere della Scrivente, la condotta posta in essere dal militare non rientra tra quelle contemplate dal sopra citato art. 18 d.l. n. 67/1997, in quanto nel compiere i fatti per i quali  stato sottoposto a giudizio, egli non ha agito nello svolgimento del proprio servizio istituzionale, con una condotta attribuibile direttamente alla amministrazione di appartenenza, in virt del rapporto organico esistente tra pubblico dipendente e pubblica amministrazione. LĠart. 18 del D.L. 25 marzo 1997, n. 67, convertito in legge 23 maggio 1997, n. 135, consente il rimborso delle spese legali a favore dei dipendenti di amministrazioni statali, qualora vengano sottoposti a giudizi Òin conseguenza di fatti ed atti connessi con lĠespletamento del servizio o con lĠassolvimento di obblighi istituzionaliÓ, Òconclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilitˆÓ. La ÒratioÓ del rimborso  quella di tenere indenni i pubblici dipendenti dalle spese legali affrontate per i procedimenti giudiziari relativi agli atti compiuti nel o connessi allĠespletamento dei compiti istituzionali. Nel caso di specie, lĠoperato dellĠimputato non  neppure incardinabile nellĠambito del rapporto di servizio con lĠAmministrazione di appartenenza essendo risultato, dal testo della sentenza di assoluzione della Corte di Appello, che i fatti che hanno danno luogo allĠimputazione sono estranei al rapporto di servizio, avendo egli lamentato, con tono alterato, in un colloquio con il suo superiore gerarchico, nel suo ufficio, Òil cattivo stato manutentivo nonchŽ le condizioni pessime dellĠalloggio di servizioÓ a lui assegnato: (cfr. pag. 4 della PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO sentenza di primo grado, confermate dai giudici di appello a pag. 9. Ò... le parole pronunciate dallĠimputato costituivano una reazione al fatto che altri e non il C., dopo avergli promesso una migliore sistemazione alloggiativa non avevano poi rispettato tale impegno. reazione che sicuramente rilevante sotto il profilo disciplinare non pu˜ costituire il reato di insubordinazione con ingiuria che si pretende commesso in danno del magg. C.ÉÓ). La condotta posta in essere dal militare non rientra, dunque, tra quelle contemplate dal sopra citato art. 18, in quanto nel compiere i fatti per i quali  stato sottoposto a indagini preliminari (presunte dichiarazioni offensive rese in occasione di un dialogo dai toni alterati con il suo diretto superiore relativo allo stato dellĠalloggio di servizio a lui assegnato) egli non ha agito nello svolgimento del proprio servizio istituzionale, con una condotta attribuibile direttamente allĠamministrazione di appartenenza, in virt del rapporto organico esistente tra pubblico dipendente e pubblica amministrazione. Alla luce di tali considerazioni si esprime parere negativo al rimborso. Sul presente parere si  espresso in conformitˆ il Comitato Consultivo in data 24 novembre 2017. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 il (non) rimborso delle spese legali (ex art. 18 d.l. n. 67/1997) in caso di assoluzione da parte del giudice penale per la particolare tenuitˆ della condotta in contestazione Parere del 13/12/2017-595824, al 38066/2017, avv. iSabella CorSini Il dipendente indicato in oggetto ha presentato istanza diretta ad ottenere il rimborso delle spese di difesa sostenute nellĠambito del procedimento penale per il reato militare di truffa militare continuata e pluriaggravata, definito con sentenza di assoluzione della Corte militare di appello di Roma, che, in riforma della sentenza di condanna di primo grado, assolveva il militare perchŽ il fatto non sussiste, con la seguente precisazione Ò.. pur ritenendo provata la condotta in contestazione ma avendo tuttavia a riferimento la pochezza della fattispecie sottoposta ad esame ..Ó. Il militare ha allegato alla domanda, nota spese predisposta dal proprio legale per un importo complessivo di euro 20.898,00 (importo comprensivo di CPA ed IVA). La scala gerarchica e codesta Amministrazione hanno espresso parere sfavorevole al rimborso, precisando che gli aspetti disciplinari della vicenda sono ancora al vaglio dellĠAmministrazione, in attesa della definizione di un procedimento penale avviato dalla procura della Repubblica di Crotone per i reati di falsitˆ materiale ed ideologica commessa da p.u. in atti pubblici e rifiuto di atti legalmente dovuti, sempre con riferimento ai medesimi fatti esaminati dai giudici militari. La Scrivente concorda con il parere negativo espresso, alla luce del consolidato indirizzo della giurisprudenza, che ha inteso lĠart. 18 del D.L. 25 marzo 1997, n. 67, convertito con L. 23 maggio 1997, n. 135 come norma di stretta interpretazione, e deve essere applicata nel senso di rigettare ogni richiesta risarcitoria che non sia suffragata da un provvedimento che escluda qualsiasi profilo di responsabilitˆ, risultando applicabile ai soli casi espressamente disciplinati ex lege. Nel caso di specie, dal testo della sentenza di assoluzione della Corte di Appello appare evidente che in sede penale, pur non ritenendo raggiunta la certezza di un illecito penale, la condotta del P.  stata ritenuta non rispondente agli interessi dellĠAmministrazione: (cfr. pag. 21 ÒÉla Corte pur ritenendo provata la condotta in contestazione ma avendo tuttavia a riferimento la pochezza della fattispecie sottoposta al suo esame,  portata a concludere che non risulta integrato il reato militare di truffa ipotizzato, non potendosi ritenere il danno patrimoniale conseguente allĠattivitˆ decettiva contestata come economicamente apprezzabile: si tratta invero di circa due ore di servizio, forse di un tempo anche inferiore, stando alla versione dei testi a discarico, la cui deposizione pu˜ avere al massimo determinato incertezza sul preciso PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO momento del rientro e dunque, sul tempo dellĠassenza non giustificata ma giammai sulla sussistenza dellĠallontanamento stesso. in sostanza la Corte ritiene di aderire ai numerosi arresti dei Supremi Giudici che hanno affermato in tema di allontanamento del pubblico dipendente dai luoghi di lavoro che i periodi di assenza devono poter esser considerati economicamente apprezzabili: tale non  di certo lĠindebita percezione di poco pi di una ventina di euroÉÓ). A parere della Scrivente la formula assolutoria utilizzata sembra consistere nel riconoscimento di una causa di non punibilitˆ per la particolare tenuitˆ della condotta tenuta. Nel caso di specie, dallĠesame della sentenza risulta che Òil fattoÓ - allontanamento dal servizio -per il quale il militare  stato tratto a giudizio  pacifico e lĠimputato  stato assolto poichŽ il giudice penale non ha escluso la responsabilitˆ, ma in ragione della pochezza della fattispecie ha escluso la punibilitˆ - v. sentenza pag. 21. Si esprime, pertanto, parere negativo al rimborso. Sul presente parere si  espresso in conformitˆ il Comitato Consultivo in data 24 novembre 2017. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 il rimborso delle spese legali (ex art. 18 d.l. n. 67/1997) solo in caso di esercizio dei compiti istituzionali espletati Òsenza violazione di doveri e senza conflitto di interessi con lĠamministrazioneÓ Parere del 18/12/2017-602712, al 26925/2017, avv. vinCenzo raGo Con riferimento allĠistanza di rimborso in oggetto, preso atto del parere sfavorevole espresso da codesta Amministrazione, si osserva quanto segue. ComĠ  noto lĠart. 18 della legge 23 maggio 1997, n. 135 richiede, per il rimborso, che le spese legali siano relative a Ògiudizi per responsabilitˆ civile, penale e amministrativa promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti o atti connessi con lĠespletamento del servizio o con lĠassolvimento di obblighi istituzionaliÓ. Va osservato che la ÒratioÓ del rimborso  quella di tenere indenni i soggetti che abbiano agito in nome e per conto, oltre che nellĠinteresse, dellĠAmministrazione, dalle spese legali affrontate per i procedimenti giudiziari relativi agli atti connessi allĠespletamento dei compiti istituzionali. In questo senso,  possibile imputare gli effetti degli atti del dipendente direttamente allĠamministrazione di appartenenza solo quando risulti che lĠagire incriminato di questi sia strettamente strumentale al regolare e diligente adempimento dei compiti istituzionali di servizio, vi sia quindi coincidenza di posizioni e non si concreti invero un conflitto di interessi con lĠAmministrazione di appartenenza (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 29 aprile 2005, n. 2041). Naturalmente, il rimborso trova applicazione - a tutela del corretto esercizio dei compiti istituzionali - alla condizione Òche processualmente emerga lĠespletamento degli stessi senza violazione di doveri e senza conflitto di interessi con lĠamministrazioneÓ (cos“ Cons. Stato, n. 2041 del 2005, cit.) e che Òla sentenza di assoluzione abbia accertato lĠinsussistenza di qualsiasi forma di colpa nellĠoperato del soggetto proscioltoÓ (cos“ CGA, sez. consultiva, parere del 4 aprile 2006, n. 358/2006, che richiama il parere del Consiglio di Stato, n. 3218 del 29 ottobre 2003), non ravvisandosi altrimenti alcuna valida ragione, meritevole di tutela, per tenere indenne il dipendente che abbia compiuto atti estranei al diligente espletamento dei propri compiti e al regolare andamento dellĠattivitˆ amministrativa. Il giudizio di ÒconnessioneÓ (tra la condotta, posta in essere dal dipendente, e lĠespletamento del servizio o lĠassolvimento di obblighi istituzionali) deve essere formulato in concreto e non in astratto e dovrˆ dunque essere svolto facendo riferimento al giudizio di fatto formulato dallĠorgano giudicante che adotta il provvedimento conclusivo del processo ed alle valutazioni eventualmente espresse dai superiori gerarchici. Il corretto espletamento del servizio va valutato con riferimento alle sin PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO gole imputazioni e al contenuto della sentenza di assoluzione e non sussiste nel caso di specie con riferimento alle imputazioni formulate avverso il sig. G. ed al contenuto della sentenza della Corte di Appello. LĠistante  stato imputato per vari episodi di peculato e falso, per svariate e spregiudicate operazioni effettuate nella sua qualitˆ di cassiere (...). La Corte di Appello, giudicando in sede di rinvio dalla Cassazione, ha assolto il sig. G. dal reato di peculato, confermando peraltro la ricostruzione dei fatti da parte dei giudici di merito (cfr. sentenza pag. 13). In particolare, la Corte -nella motivazione della sentenza -ha chiarito che Òil l. (uno dei co-imputati n.d.r.) a seguito di problemi economici derivati dalla gestione della macelleria di famiglia, utilizzava la cassa (...) per operazioni di cambio assegni per poi ideare un vero e proprio meccanismo di prelievo di denaro o di monetizzazione di assegni bancari, avvalendosi del necessario contributo del G., quale cassiere (...), e del T., quale direttore del- lĠagenzia interna bPM; in sintesi, per quanto accertato anche a seguito della disposta consulenza tecnica, resasi necessaria dal rilevante numero di conti correnti accesi dal l. e del vorticoso giro di titoli, risulta che sugli assegni bancari emessi dal l. e da altri soggetti veniva apposto a firma del G. il timbro Òper conoscenza e garanziaÓ e che tali assegni, presentati presso lĠagenzia interna bPM, venivano poi ÒmonetizzatiÓ con il rilascio di assegni circolari (carta in cambio di denaro, come efficacemente riferito da un teste escussoÓ; risulta, infine, che tali operazioni, protrattesi per un apprezzabile periodo, in assenza di adeguate forme di controllo interno, avevano comportato per lĠistituto bancario un danno economico rilevante (circa 1.700.000 euro) in quanto gli assegni bancari erano privi della necessaria provvista, mentre la cassa (...) non aveva registrato alcun ammanco a seguito del ÒrocambolescoÓ rinvenimento della somma di 412 mila euro, in contanti e in titoli, custodita allĠinterno di una scatola di scarpeÓ. Quindi, pur essendo stato escluso il reato di peculato, essendo stata riconosciuta valida la giustificazione offerta dai difensori degli imputati per uno degli episodi contestati -ovvero che, ÒÉa fronte dellĠemissione di tale assegno circolare non vi era stato versamento di denaro pubblico ma, secondo un sistema collaudato, lĠemissione di assegni bancari da parte di soggetti privati..Ó (pag. 14 sentenza),  stata confermata la circostanza che Òil l., a seguito di problemi economici derivati dalla gestione della macelleria di famiglia, utilizzava la cassa (...) per operazioni di cambio assegni per poi ideare un vero e proprio meccanismo di prelievo di denaro o di monetizzazione di assegni bancari, avvalendosi del necessario contributo del G., quale cassiere (...) e del T., quale direttore dellĠagenzia interna bPMÉÓ. Ci˜ che conferma il non corretto espletamento del servizio. Quanto al falso, la Corte di Appello ha Òconfermato la declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, in assenza di elementi certi RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 di innocenza degli imputati; in tal caso, difatti, lĠargomento logico che solo gli imputati avevano un precipuo interesse a falsificare gli atti per Òfar quadrare i contiÓ  ulteriormente rafforzato dalle dichiarazioni rese del M. il quale esclude di avere sottoscritto lĠatto nel gennaio 2003ÉÉÓ (pag. 15) e, quindi, anche sotto questo profilo, la rimborsabilitˆ delle spese legali sostenute va esclusa, cos“ come ripetutamente ritenuto dal questa Avvocatura in precedenti consultazioni (cfr., in terminis, parere del Comitato Consultivo n. 240745 del 4 giugno 2014, seduta del 22 maggio 2014, CS 47105/13), non avendo il Giudice escluso la sussistenza di fatti penalmente rilevanti. Del resto il sig. G., per i fatti oggetto del procedimento penale ha subito anche un procedimento disciplinare che si  concluso con sanzione della sospensione disciplinare dallĠimpiego, essendo stata riconosciuta la commissione di atti contrari ai doveri di ufficio. Sotto questo profilo, va considerato che la rimborsabilitˆ va esclusa, secondo lĠorientamento consolidato della giurisprudenza (cfr. ancora sent. Consiglio di Stato n. 1190 del 26 febbraio 2013; parere Corte dei Conti Abruzzo n. 13/2013), in particolare, nel caso della rilevanza disciplinare della condotta tenuta dal dipendente. Il Consiglio di Stato ha chiarito, con riferimento appunto ad ipotesi di responsabilitˆ disciplinare, che: Òai fini dell'applicazione dell'art. 18 comma 1, d.l. 25 marzo 1997 n. 67, conv. nella l. 23 maggio 1997 n. 135, in tema di rimborso di spese legali, la connessione dei fatti con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali va intesa nel senso che tali atti e fatti siano riconducibili all'attivitˆ funzionale del dipendente stesso in un rapporto di stretta dipendenza con l'adempimento dei propri obblighi, dovendo trattarsi di attivitˆ che necessariamente si ricollegano all'esercizio diligente della pubblica funzione, nonchŽ occorre che vi sia un nesso di strumentalitˆ tra l'adempimento del dovere e il compimento dell'atto, nel senso che il dipendente non avrebbe assolto ai suoi compiti se non compiendo quel fatto o quell'atto. ai fini del rimborso delle spese legali sostenute da un pubblico dipendente (nella specie, un maresciallo aiutante), affinchŽ sia ravvisabile una connessione tra la condotta tenuta e l'attivitˆ di servizio del dipendente,  necessario che la suddetta attivitˆ sia tale da poterne imputare gli effetti dell'agire del pubblico dipendente direttamente alla amministrazione di appartenenza, poichŽ il beneficio del ristoro delle spese legali richiede un rapporto causale con una modalitˆ di svolgimento di una corretta prestazione lavorativa le cui conseguenze ricadrebbero sull'amministrazione n  sufficiente che l'evento avvenga durante e in occasione della prestazione (tra tante, Consiglio Stato sez. iii, 1 marzo 2010, n. 275)É La possibilitˆ del rimborso delle spese legali  da escludersi qualora vi sia conflitto di interessi tra dipendente ed amministrazione, emergendo o comunque potendo emergere estremi di natura disciplinare ed amministrativa, per mancanze attinenti al compimento dei doveri d'ufficioÓ. PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Cos“ stando le cose, tenuto conto del non diligente comportamento tenuto dallĠimputato, si esprime parere contrario al rimborso. Sulla questione  stato sentito il Comitato Consultivo che si  espresso in conformitˆ. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 in merito alla sospensione della concessione di vitalizio a favore di Consigliere regionale a seguito di condanna definitiva comportante interdizione dai pubblici uffici: la Ònorma monitoÓ (art. 2, d.l. 174/2012) Parere del 21/12/2017-610901, al 46117/2017, avv. aGneSe Soldani LĠAvvocatura Distrettuale in indirizzo ha qui trasmesso, in quanto questione di massima, la richiesta di parere pervenuta dallĠUfficio di Presidenza della Regione Sardegna relativa alla materia in oggetto, con particolare riferimento alla problematica sollevata da una nota interna predisposta dal Segretario Generale della medesima regione, che solleva dubbi sulla legittimitˆ dellĠattuale formulazione dellĠart. 12 bis del Òregolamento per gli assegni vitalizi dei consiglieri regionali eletti fino alla Xiv legislaturaÓ per contrasto con la normativa primaria contenuta nellĠart. 28 del codice penale. Pi in particolare la norma regolamentare stabilisce: ÇQualora il titolare dell'assegno vitalizio sia condannato in via definitiva per uno dei delitti di cui al libro ii (dei delitti in particolare), titolo ii (dei delitti contro la pubblica amministrazione) del codice penale, per fatti commessi successivamente all'entrata in vigore della legge n. 213 del 2012 e la condanna importi l'interdizione dai pubblici uffici, l'erogazione del vitalizio  sospesa a titolo di sanzione per una durata pari a quella dell'interdizione stessaÈ. Detta norma  stata introdotta nel predetto regolamento al fine di adempiere a quanto statuito dallĠart. 2 D.L. 174/2012, come convertito dalla l. 213/2012, secondo cui Çai fini del coordinamento della finanza pubblica e per il contenimento della spesa pubblica, a decorrere dal 2013 una quota pari all'80 per cento dei trasferimenti erariali a favore delle regioni, diversi da quelli destinati al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, delle politiche sociali e per le non autosufficienze e al trasporto pubblico locale,  erogata a condizione che la regione, con le modalitˆ previste dal proprio ordinamento, entro il 23 dicembre 2012, ovvero entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto qualora occorra procedere a modifiche statutarie: a) É.. n) abbia escluso, ai sensi degli articoli 28 e 29 del codice penale, l'erogazione del vitalizio in favore di chi sia condannato in via definitiva per delitti contro la pubblica amministrazioneÈ (art. 2, comma 1 lett. n). Il comma 2 della medesima norma stabilisce poi che ÇFerme restando le riduzioni di cui al comma 1, alinea, in caso di mancato adeguamento alle disposizioni di cui al comma 1 entro i termini ivi previsti, a decorrere dal 1Ħ gennaio 2013 i trasferimenti erariali a favore della regione inadempiente sono ridotti per un importo corrispondente alla metˆ delle somme da essa destinate PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO per l'esercizio 2013 al trattamento economico complessivo spettante ai membri del consiglio regionale e ai membri della giunta regionaleÈ, cos“ introducendo, come chiarito anche dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 23/2014, la sanzione del taglio dei trasferimenti erariali in caso di mancato adempimento dellĠonere gravante sulle Regioni (1). Secondo lĠavviso del Segretario Generale, la norma regolamentare regionale, cos“ come strutturata -e pi in particolare nella parte in cui individua lĠambito di applicazione della sospensione dellĠerogazione del vitalizio alle condanne comportanti interdizione dai pubblici uffici per fatti commessi successivamente allĠentrata in vigore della l. 213/2012 e non anche alle condanne per fatti commessi antecedentemente a tale momento -si porrebbe in contrasto con gli artt. 28 e 29 del codice penale, che da sempre (e quindi molto prima dellĠentrata in vigore della legge del 2012) disciplina lĠistituto della pena accessoria dellĠinterdizione dai pubblici uffici, istituto che priva il condannato, in via temporanea o definitiva, Çdegli stipendi, delle pensioni e degli assegni che siano a carico dello Stato o di un altro ente pubblicoÈ (art. 28, comma 2 n. 5 c.p.), quindi anche del vitalizio corrisposto agli ex consiglieri regionali. Oltre al quesito relativo allĠambito applicativo della sospensione del vitalizio in caso di sentenza di condanna definitiva con interdizione dai pubblici uffici sollevata dal Segretario generale, il Presidente della Regione, nella richiesta di parere a codesta Distrettuale, ne formula anche un secondo, relativo alla Çnatura pensionistica o meno del vitalizioÈ, problematica, questa, la cui soluzione  a ben vedere prodromica a quella del primo quesito. Invero, la Corte Costituzionale con la sentenza n. 3/1966, ha dichiarato lĠillegittimitˆ costituzionale dellĠart. 28, secondo comma, n. 5, c.p. nella parte in cui prevedeva che lĠinterdizione dai pubblici uffici comportasse anche la perdita dei diritti - quali la pensione - che traggono titolo da un rapporto di lavoro, e in conseguenza di tale sentenza la l. 424/1966 ha abrogato tutte le disposizioni che prevedono, a seguito di condanna penale o disciplinare, la perdita, la riduzione o la sospensione delle pensioni a carico dello Stato o di altro ente pubblico. Da ci˜ consegue che ove al vitalizio del consigliere regionale dovesse attribuirsi natura pensionistica, il problema del coordinamento tra le norme sin (1) Al riguardo la Corte Costituzionale nella predetta sentenza n. 23/2014 ha infatti affermato: Çoccorre É tenere presente la struttura della norma censurata, che  ispirata alla logica premiale e sanzionatoria giˆ delineata dal legislatore all'art. 2, comma 2, lettera z), della legge n. 42 del 2009, quale criterio direttivo generale nell'esercizio della delega al Governo in materia di federalismo fiscale. il censurato art. 2, comma 1, infatti, pur contenendo alcune previsioni puntuali, le configura non come obblighi bens“ come oneri. esso non utilizza, dunque, la tecnica tradizionale d'imposizione di vincoli alla spesa ma un meccanismo indiretto che lascia alle regioni la scelta se adeguarsi o meno, prevedendo, in caso negativo, la conseguenza sanzionatoria del taglio dei trasferimenti erariali È. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 qui richiamate nemmeno si porrebbe perchŽ lĠart. 28, comma 2 n. 5) c.p. non si potrebbe applicare a tale istituto. In estrema sintesi, al fine di fornire risposta ai quesiti posti si tratta di stabilire: a) Se la sanzione dellĠinterdizione (temporanea o perpetua) dai pubblici uffici, disciplinata dagli artt. 28 e 29 del codice penale, comporti come conseguenza anche quella della perdita (temporanea o perpetua) del vitalizio, ove il condannato sia un ex consigliere regionale; b) In caso di risposta positiva al primo quesito, se lĠistituto della sospensione del vitalizio dei consiglieri della regione Sardegna, disciplinato dal combinato disposto dellĠart. 2 D.L. 174/2012 convertito con modificazioni dalla l. 213/2012 e dellĠart. 12 bis del relativo Regolamento, debba o meno applicarsi anche a sentenze di condanna comportanti interdizione dai pubblici uffici per fatti commessi prima dellĠentrata in vigore della l. 213/2012. a) Quanto al primo quesito, la questione  giˆ stata ampiamente affrontata dal parere di questo G.U. del 27 ottobre 2014, approvato dal Comitato Consultivo, menzionato anche da codesta Distrettuale, e che in questa sede si conferma. Sia la giurisprudenza della Corte Costituzionale (2) che quella della Corte di Cassazione (3) hanno evidenziato la differenza di natura e struttura esistente tra rapporto di lavoro ed esercizio del mandato pubblico elettivo e, quindi, la differenza tra lĠistituto della pensione e quello dellĠassegno vitalizio goduto in conseguenza della cessazione dalla carica, che non ha natura pensionistica perchŽ non trova titolo in un rapporto di lavoro. Ci˜ comporta che la dichiarazione di parziale incostituzionalitˆ dellĠart. 28, comma 2 n. 5) del c.p. non riguarda il vitalizio dei consiglieri regionali, che a quella norma resta assoggettato. Si pu˜ quindi affermare che la sanzione accessoria dellĠinterdizione (temporanea o perpetua) dai pubblici uffici comporta la perdita (temporanea o perpetua) del diritto a percepire detto vitalizio. b) Anche con riferimento al secondo quesito devono sostanzialmente confermarsi le tesi giˆ espresse nel citato precedente parere di questo G.U. con le ulteriori precisazioni che seguono. LĠart. 28 c.p. (rubricato Çinterdizione dai pubblici ufficiÈ) stabilisce ai commi 2 e 3, per quel che in questa sede interessa, che: Çl'interdizione dai pubblici uffici  perpetua o temporanea. l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, salvo che dalla legge sia altrimenti disposto, priva il condannato: (2) Corte Cost., sentenza n. 289/1994. (3) Cass. 10177/2012, 23793/2010, 20538/2010, 6557/201.. PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO ..... 5. degli stipendi, delle pensioni e degli assegni che siano a carico dello Stato o di un altro ente pubblico. É l'interdizione temporanea priva il condannato della capacitˆ di acquistare o di esercitare o di godere, durante l'interdizione, i predetti diritti, uffici, servizi, qualitˆ, gradi, titoli e onorificenzeÈ. LĠart. 29 c.p. (rubricato: ÇCasi nei quali alla condanna consegue l'interdizione dai pubblici ufficiÈ) stabilisce inoltre: Çla condanna all'ergastolo e la condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni importano l'interdizione perpetua del condannato dai pubblici uffici; e la condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a tre anni importa l'interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque. la dichiarazione di abitualitˆ o di professionalitˆ nel delitto, ovvero di tendenza a delinquere, importa l'interdizione perpetua dai pubblici ufficiÈ. Peraltro viene in rilievo, con specifico riferimento ai reati contro la pubblica amministrazione, anche lĠart. 317 bis del c.p. (introdotto dalla l. 86/1990), a tenore del quale Çla condanna per i reati di cui agli articoli 314 [ndr: peculato], 317 [n.d.r.: concussione], 319 [n.d.r.: corruzione propria] e 319-ter [n.d.r.: corruzione in atti giudiziari] importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. nondimeno, se per circostanze attenuanti viene inflitta la reclusione per un tempo inferiore a tre anni, la condanna importa l'interdizione temporaneaÈ. Dunque secondo le norme del codice penale del 1930 qualunque condanna alla reclusione a pi di cinque anni, nonchŽ la dichiarazione di abitualitˆ, professionalitˆ o tendenza a delinquere, comportano lĠinterdizione perpetua dai pubblici uffici e quindi la perdita definitiva del vitalizio se il condannato  un ex consigliere regionale, mentre la condanna ad una pena detentiva tra i tre e i cinque anni comporta lĠinterdizione temporanea dai pubblici uffici e quindi la perdita temporanea del predetto vitalizio. Queste soglie di pena si abbassano per˜ (art. 317 bis c.p.) in caso di condanna per peculato, concussione o per le forme pi gravi di corruzione. In questi casi infatti la condanna alla reclusione comporta come minimo lĠinterdizione temporanea e, per condanne dai tre anni in su, quella perpetua. Queste norme si applicano a tutti i fatti commessi dopo la loro entrata in vigore, quindi dal 1930 in poi e - per quel che riguarda le pi rigorose soglie di pena dellĠart. 317 bis - dal 1990 in poi. Nel quadro normativo cos“ delineato  poi intervenuto lĠart. 2, comma 1 lett. n) D.L. 174/2012, come convertito dalla l. 213/2012, secondo cui (lo ricordiamo) Çai fini del coordinamento della finanza pubblica e per il contenimento della spesa pubblica, a decorrere dal 2013 una quota pari all'80 per cento dei trasferimenti erariali a favore delle regioni, diversi da quelli desti RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 nati al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, delle politiche sociali e per le non autosufficienze e al trasporto pubblico locale,  erogata a condizione che la regione, con le modalitˆ previste dal proprio ordinamento, entro il 23 dicembre 2012, ovvero entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto qualora occorra procedere a modifiche statutarie: a) É.. n) abbia escluso, ai sensi degli articoli 28 e 29 del codice penale, l'erogazione del vitalizio in favore di chi sia condannato in via definitiva per delitti contro la pubblica amministrazioneÈ. Detta norma in nulla ha modificato le caratteristiche dellĠistituto dellĠinterdizione dai pubblici uffici (il richiamo espresso allĠart. 28 c.p. testimonia infatti la chiara volontˆ legislativa di mantenere intatta la disciplina dellĠistituto, che sin dalla sua originaria esistenza comportava, per quel che in questa sede interessa, la perdita del diritto al vitalizio da parte dellĠex consigliere regionale condannato) nŽ i presupposti in base ai quali scatta lĠinterdizione dai pubblici uffici (prova ne  il richiamo espresso allĠart. 29 c.p.). Non sembra pertanto praticabile lĠopzione interpretativa secondo cui il legislatore con tale norma avrebbe inteso estendere gli originari confini del- lĠistituto prevedendo che la pena accessoria della sospensione o della perdita definitiva del vitalizio si applichi a tutte le condanne per reati contro la p.a., a prescindere dallĠentitˆ della condanna. Considerando che in materia penale vige il principio di tassativitˆ e di stretta interpretazione, con il corollario che nel dubbio va scelta lĠopzione interpretativa pi favorevole al reo, osta ad una simile soluzione lĠespresso richiamo allĠart. 29 e dunque alle soglie di condanna ivi previste. Quanto al rischio, paventato dallĠAvvocatura Distrettuale in indirizzo, di Çprivare di alcun significato e ambito applicativo le disposizioni di cui al decreto legge n. 174 del 2012È, pare non inutile anzitutto richiamare il contenuto dei lavori preparatori al relativo Disegno di legge, nei quali viene evidenziato, in via generale, che lĠart. 2 risponde allĠesigenza di porre un freno alla sostanziale elusione di obblighi derivanti dalle leggi dello Stato (e dunque giˆ previgenti) da parte delle Regioni (4). (4) La relazione di accompagnamento al d.d.l. 5520 presentata alla Camera chiarisce: Çla disposizione di cui all'articolo 2 intende rendere effettivo l'apporto delle regioni al contenimento dei costi della politica. le vicende giudiziarie in corso e le cronache recenti hanno reso indifferibile e urgente per il Governo intervenire con misure incisive considerate le dimensioni e la vastitˆ dei fenomeni di malcostume riscontrati tra i rappresentanti eletti nei consigli regionali. Tali fenomeni non hanno un carattere episodico o circoscritto ad un'area del Paese e, per tale ragione e per la loro gravitˆ, sono in grado di minare gli stessi princ“pi costituzionali posti alla base dell'istituto democratico della rappresentanza politica regionale rischiando nel contempo di compromettere gli enormi sforzi messi in campo dal Governo che con misure, anche impopolari, ha richiesto ai cittadini italiani un apporto gravoso al risanamento della finanza pubblica. ancorchŽ tali fenomeni siano o meno perseguibili per via giudi PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO In questo senso lĠelemento di novitˆ  rappresentato essenzialmente dal- lĠintroduzione - a fronte del mancato adempimento di un preciso onere cui le Regioni sono sottoposte - della sanzione della decurtazione dei trasferimenti erariali alle regioni stesse (5). Per utilizzare unĠespressione impiegata per definire alcuni tipi di sentenze della Corte Costituzionale, si tratta quindi di una sorta di Ònorma monitoÓ, che non mira tanto ad innovare lĠordinamento mediante lĠintroduzione di nuovi istituti giuridici o la modifica di quelli giˆ vigenti, quanto a garantirne, Çcon le modalitˆ previste dal proprio ordinamentoÈ, come sancisce lĠart. 2 del D.L. 174/2012 convertito, lĠeffettiva applicazione, prevedendo una serie di conseguenze negative in caso di loro elusione da parte delle Regioni. Con riferimento specifico alla lett. n), si trattava quindi di assicurare lĠeffettivo adempimento dellĠobbligo della sospensione dellĠerogazione del vitalizio ai consiglieri regionali condannati, per la durata della interdizione dai pubblici uffici, non tanto mediante una regolamentazione della fattispecie - in quanto detta fattispecie era giˆ disciplinata dagli artt. 28 e 29 del codice penale ziaria, si rende pertanto assolutamente urgente intervenire nuovamente con disposizioni incisive, da realizzare nel breve periodo, in quanto le misure approvate fino ad oggi con legge dello Stato sono state sostanzialmente eluse dai consigli regionali che non hanno provveduto, nell'ambito della propria autonomia statutaria e legislativa, ad adeguare i rispettivi ordinamenti ai parametri richiesti dal legislatore statale con l'articolo 14 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, per il conseguimento degli obiettivi stabiliti nell'ambito del coordinamento della finanza pubblicaÈ. (5) La Relazione del 16 ottobre 2012 delle Commissioni riunite I (Affari Costituzionali) e V (Bilancio) della Camera chiarisce: ÇQuanto al contenuto dell'articolo 2, il comma 1 reca la maggior parte delle misure di risparmio introdotte dall'articolo in esame, finalizzate al coordinamento della finanza pubblica e per il contenimento della spesa pubblica. Si tratta di una serie di misure che ciascuna regione deve adottare entro il 30 novembre 2012, oppure entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto -e quindi entro l'11 aprile 2013 -qualora il recepimento nell'ordinamento regionale necessiti di modifiche statutarie, ai sensi dell'articolo 123, commi secondo e terzo, della Costituzione. Si stabilisce quindi che l'applicazione di tali misure costituisce condizione inderogabile per l'erogazione dell'80 per cento dei trasferimenti erariali a favore delle regioni. Sono esclusi dal vincolo i finanziamenti del trasporto pubblico locale, mentre quelli per il servizio sanitario nazionale subiranno, in caso di inadempienza, una decurtazione limitata al 5 per cento. Una prima parte di misure  contenuto nella lettera a) e riguarda, oltre alla riduzione del numero dei consiglieri e degli assessori regionali, la riduzione degli emolumenti percepiti dagli stessi, la commisurazione del trattamento economico all'effettiva partecipazione alle sedute del Consiglio, il passaggio al sistema previdenziale contributivo per i consiglieri regionali; l'istituzione del Collegio dei revisori dei conti quale organo di vigilanza del Consiglio regionale. ComĠ noto, tali misure erano giˆ state previste dall'articolo 14 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, prevedendo recepimento da parte delle regioni al fine della collocazione nella classe di enti pi virtuosi in relazione all'applicazione del patto di stabilitˆ. Con la disposizione in esame si aggiungerebbe quindi la sanzione della suddetta decurtazione dei trasferimenti erarialiÈ. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 espressamente richiamati dal legislatore statale - quanto mediante lĠadozione dei necessari provvedimenti idonei a far cessare, entro il termine del 23 dicembre 2013 imposto dal medesimo D.L., lĠeventuale erogazione dei predetti vitalizi, se ancora in atto, pena il taglio dei trasferimenti erariali. Dalle considerazioni sin qui esposte deriva, in conclusione, che: 1. le Regioni sono tenute a sospendere temporaneamente o a non elargire pi in via definitiva il vitalizio ai consiglieri regionali condannati in via definitiva, qualora la condanna comporti lĠinterdizione - rispettivamente - temporanea o perpetua dai pubblici uffici, in quanto ci˜  previsto dalle giˆ citate norme del codice penale, che hanno diretta applicazione; 2. tale misura si applica a tutte le condanne per fatti commessi dopo lĠentrata in vigore delle relative norme del codice penale e non ai soli fatti commessi dopo lĠentrata in vigore dellĠart. 2, comma 1 lett. n) D.L. 174/2012, come convertito dalla l. 213/2012; 3. al fine di assicurare la coerenza complessiva del sistema, si condivide pertanto lĠavviso del Segretario Generale della regione Sardegna in ordine allĠesigenza di riformare lĠart. 12 bis del Regolamento per gli assegni vitalizi dei consiglieri regionali della Regione Sardegna, espungendo da detta norma la parte che individua lĠambito di applicazione della sospensione dellĠerogazione del vitalizio alle sole condanne per fatti commessi successivamente allĠentrata in vigore della l. 213/2012. Sulla questione  stato sentito il Comitato Consultivo che, nella seduta del 20 dicembre 2017, si  espresso in conformitˆ. PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Possibilitˆ di rateizzazione di un credito erariale vantato da un ministero nei confronti di un Comune, la normativa applicabile Parere del 12/02/2018-80064, al 43772/2010, avv. daniela GiaCobbe Con la nota che si riscontra codesto Ministero chiede il parere di questo G.U. in ordine alla possibilitˆ di accoglimento della richiesta, formulata dal Comune di Catania, relativa alla concessione di una dilazione dei tempi di restituzione delle somme corrisposte al medesimo Comune ai sensi del D.Lgs. n. 237/1998 (e di cui  incontestato l'obbligo di restituzione), articolata su un piano di ammortamento trentennale. Codesto Ministero riferisce, in particolare, che il Comune di Catania avrebbe rappresentato una situazione di particolare difficoltˆ, che renderebbe Ònon sostenibile un esborso di cassa in un solo esercizio o anche in pochi eserciziÓ e che, in situazione analoga (relativa al Comune di Isola di Capo Rizzuto), sarebbe stato giˆ perfezionato un accordo transattivo sul quale la Corte dei Conti avrebbe espresso il proprio parere favorevole. Si premette che dallĠesame della documentazione trasmessa -da ultimo, con nota 31 maggio 2017, integrata per le vie brevi in data 5 giugno 2017 -risulta che lĠaccordo transattivo stipulato con il Comune di Isola di Capo Rizzuto presenta profili particolari, che non sembrano riscontrabili nella vicenda in esame. Infatti, nella nota in data 15 settembre 2016 n. 6201 codesto Ministero rappresentava allĠAvvocatura Distrettuale di Catanzaro -che ha reso il parere 3 dicembre 2016 n. 55742 -che i fondi allĠepoca concessi al Comune erano inseriti nella contabilitˆ infruttifera dellĠEnte presso la Banca dĠItalia, il che costituiva garanzia per la restituzione della somma, considerati i tempi concordati. Nella citata nota si rappresentava, inoltre, che in detto accordo erano previsti interessi ad un tasso che avrebbe consentito comunque un recupero di somme maggiori rispetto a quelle risultanti dal criterio di calcolo proposto dalla D.G. Le circostanze di fatto sopra evidenziate - alla stregua delle quali lĠAvvocatura di Catanzaro aveva reso parere favorevole alla definizione transattiva della vicenda -non sembrerebbero presenti nella situazione del Comune di Catania, con il quale era stato giˆ sottoscritto un accordo transattivo, che prevedeva la restituzione delle somme corrisposte ai sensi del citato D.Lgs. n. 237/1998. Tale accordo, approvato con Decreto Direttoriale n. 44 del 2013 e registrato alla Corte dei Conti in data 1 agosto 2013, non  stato eseguito dal Comune, nonostante i numerosi solleciti effettuati dallĠAmministrazione. Tale essendo la situazione questa Avvocatura ritiene, in linea generale, che la richiesta del Comune di Catania di rateizzare il suo debito in un periodo di trent'anni non possa, allo stato, trovare accoglimento per mancanza di una base normativa, prevista invece: RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 -per "le somme a debito a qualsiasi titolo dovute dagli enti locali al Ministero dell'interno" (art. 1 comma 128 della legge n. 228/12 (1)), con una durata massima della dilazione di cinque anni; -per i crediti, giˆ iscritti a ruolo, vantati "dalle agenzie fiscali" nonch "dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatori" (art. 243bis del D.Lgs. n. 267/2000, commi da 7-bis a 7-quinquies, introdotti con l'art. 1, comma 890, della legge di Bilancio 2018 n. 205/2017 (2)), con una durata massima della dilazione di dieci anni. Un termine di trenta anni  invece previsto in via eccezionale dall'art. 1, comma 714, della legge n. 208/2015 per la restituzione delle anticipazioni di liquiditˆ erogate agli enti locali che si trovino nelle particolari condizioni indicate nella stessa disposizione (3). In ogni caso, considerata la particolare situazione nella quale il Comune di Catania assume di trovarsi, si osserva che, in mancanza di una specifica disposizione normativa che consenta una rateizzazione per i crediti vantati da codesto Ministero nei confronti degli enti locali, si potrebbe pensare di utiliz (1) La disposizione prevede che solo per taluni crediti Òil Ministero dell'interno, su richiesta del- l'ente locale a firma del suo legale rappresentante, del Segretario e del responsabile finanziario, che attesta la necessitˆ di rateizzare l'importo dovuto per non compromettere la stabilitˆ degli equilibri di bilancio, procede all'istruttoria ai fini della concessione alla rateizzazione in un periodo massimo di cinque anni dall'esercizio successivo a quello della determinazione definitiva dell'importo da recuperare, con gravame di interessi al tasso riconosciuto sui depositi fruttiferi degli enti locali dalla disciplina della tesoreria unica al momento dell'inizio dell'operazioneÓ. (2) I nuovi quattro commi introdotti nell'art. 243-bis del D.Lgs. n. 274/2000 cos“ dispongono: Ç7-bis. al fine di pianificare la rateizzazione dei pagamenti di cui al comma 7, l'ente locale interessato pu˜ richiedere all'agente della riscossione una dilazione dei carichi affidati dalle agenzie fiscali e relativi alle annualitˆ ricomprese nel piano di riequilibrio pluriennale dell'ente. le rateizzazioni possono avere una durata temporale massima di dieci anni con pagamenti rateali mensili. alle rateizzazioni concesse si applica la disciplina di cui all'articolo 19, commi 1-quater, 3 e 3-bis, del decreto del Presidente della repubblica 29 settembre 1973, n. 602. Sono dovuti gli interessi di dilazione di cui all'articolo 21 del citato decreto del Presidente della repubblica n. 602 del 1973. 7-ter. le disposizioni del comma 7-bis si applicano anche ai carichi affidati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatoria. 7-quater. le modalitˆ di applicazione delle disposizioni dei commi 7-bis e 7-ter sono definite con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. 7-quinquies. l'ente locale  tenuto a rilasciare apposita delegazione di pagamento ai sensi dell'articolo 206 quale garanzia del pagamento delle rate relative ai carichi delle agenzie fiscali e degli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatoria di cui ai commi 7-bis e 7-terÈ. (3) La possibilitˆ di una rateizzazione fino a trenta anni  inoltre prevista (come limite massimo per le regioni e gli enti locali) dall'art. 62 ("Contenimento dell'uso degli strumenti derivati e dell'indebitamento delle regioni e degli enti locali") del D.L. n. 112/2008, il cui comma 2 dispone che "alle regioni, alle province autonome di Trento e di bolzano e agli enti locali di cui all'articolo 2 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267,  fatto divieto di emettere titoli obbligazionari o altre passivitˆ che prevedano il rimborso del capitale in un'unica soluzione alla scadenza, nonchŽ titoli obbligazionari o altre passivitˆ in valuta estera. Per tali enti, la durata di una singola operazione di indebitamento, anche se consistente nella rinegoziazione di una passivitˆ esistente, non pu˜ essere superiore a trenta nŽ inferiore a cinque anni". PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO zare la disciplina di cui al D.P.R. n. 602/1973, recante "disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito", in materia di riscossione dei crediti pubblici tramite l'Agente della riscossione (ADER, Agenzia delle Entrate-Riscossione, giˆ Equitalia s.p.a.). In particolare all'art. 19 di tale D.P.R. ("dilazione di pagamento"), l'art. 1-quinquies (introdotto con l'art. 52, comma 1, lett. a), n. 1 del D.L. n. 69/2013) prevede che in presenza di determinati presupposti la rateizzazione prevista nei precedenti commi, "pu˜ essere aumentata fino a centoventi rate mensili". Ora, sebbene tale possibilitˆ di rateizzazione sia dettata nei confronti del- l'Agente della riscossione per i crediti iscritti a ruolo, sembrerebbe logico ritenere che della stessa si possano avvalere anche le Amministrazioni creditrici prima della iscrizione a ruolo del credito di cui sono titolari, credito che - in forza degli artt. 17 e 21 del D.Lgs. n. 46/1999 -pu˜ essere oggetto di iscrizione a ruolo e successiva riscossione ex D.P.R. n. 602/1973, ed in quella sede suscettibile di rateizzazione ai sensi del citato art. 19. A tale riguardo si evidenzia che lĠart. 26 del D.Lgs. n. 46 del 1999, ha esteso la disciplina prevista dal citato art. 19 a tutte le entrate iscritte a ruolo dalle Amministrazioni statali e da vari enti e autoritˆ, a conferma di una volontˆ di consentire, in determinate situazioni, una soluzione in grado di contemperare gli opposti interessi. Tutto ci˜ a prescindere dalla possibilitˆ, per il Comune, di utilizzare la disciplina di cui allĠart. 243 bis del D.Lgs. 267/2000, in vigore dal 1Ħ gennaio 2018, secondo cui i comuni per i quali sussistano squilibri finanziari del bilancio, in grado di provocarne il dissesto, possono ricorrere alla procedura di riequilibrio finanziario, secondo un piano di riequilibrio finanziario pluriennale di durata complessiva tra quattro e venti anni. Ovviamente,  rimessa alla discrezionalitˆ di codesta Amministrazione la valutazione della sussistenza dei presupposti per concedere una rateizzazione, nonchŽ dei tempi e delle modalitˆ di essa, in relazione allo specifico caso concreto. La concessione della rateizzazione dovrˆ, comunque, essere subordinata al rilascio di idonee garanzie, soprattutto in relazione ai tempi concordati per la restituzione del debito. Inoltre, poichŽ, come si  detto, il nuovo accordo che si dovrebbe concludere con il Comune di Catania consegue allĠinottemperanza, da parte del Comune stesso, ad un precedente accordo, approvato con Decreto Direttoriale n. 44 del 2013 e registrato alla Corte dei Conti in data 1 agosto 2013, si ritiene che anche in questo caso debbano essere seguite le medesime procedure in precedenza adottate (approvazione con decreto direttoriale e approvazione della Corte dei Conti). La questione  stata sottoposta all'esame del Comitato Consultivo del- lĠAvvocatura dello Stato di cui allĠart. 26 della legge 3 aprile 1979 n. 103, che si  espresso in conformitˆ nella riunione del 2 febbraio 2018. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 il rimborso delle spese legali (ex art. 18 d.l. n. 67/1997) ai soli giudizi svoltisi nellĠambito dellĠapparato giurisdizionale dellĠordinamento statale Parere del 08/05/2018-243671, al 42064/2017, avv. enriCo de Giovanni Con riferimento all'istanza di rimborso in oggetto si osserva quanto segue. L'istante chiede il rimborso delle spese legali relative al giudizio promosso dall'Ufficio di Procura Antidoping, dinanzi al Tribunale Nazionale Antidoping. Il fatto si pu˜ cos“ riassumere. Il procedimento trae origine dagli atti della Procura Antidoping relativi agli accertamenti ad ampio raggio svolti nella c.d. indagine "Olimpia", dalla quale era emerso che nel periodo primo trimestre 2011/secondo trimestre 2012 numerosi atleti appartenenti alla Federazione Italiana di Atletica Leggera - tra i quali l'istante -non avevano adempiuto agli obblighi relativi ai c.d. "whereabouts" (Informazioni sulla reperibilitˆ presso il luogo di permanenza) che prevedono la comunicazione delle reperibilitˆ per i controlli antidoping nel periodo considerato, di fatto eludendoli. La Procura Antidoping ha proceduto all'audizione di nr. 65 atleti, compreso l'atleta S., convocato il 30 gennaio 2015. Sulla base degli elementi acquisiti l'atleta veniva deferito innanzi al Tribunale Nazionale Antidoping, venendogli contestata la violazione degli artt. 2.3 delle NSA (Norme Sportive Antidoping) vigenti, con conseguente richiesta di applicazione della sanzione della squalifica per un periodo di due anni, ai sensi del previgente art. 4.3.1. NSA. All'esito del giudizio, con decisione del TNA del 21 aprile 2016, lo S. veniva assolto dall'addebito ascrittogli nel procedimento disciplinare. Al fine di riscontrare la richiesta di parere occorre valutare l'applicabilitˆ dell'articolo 18 del D.L. 25 marzo 1997 n. 67, convertito in legge 23 maggio 1997, n. 135, al giudizio promosso dall'Ufficio di Procura Antidoping nei confronti del sig. S. dinanzi al Tribunale Nazionale Antidoping: si ritiene che il rimborso vada escluso e ci˜ per le varie ragioni di seguito esposte, ciascuna autonoma e sufficiente ex sŽ a motivare il diniego. a) Ai fini della corretta soluzione della questione, occorre preliminarmente considerare il contesto giuridico nel quale  inserito il procedimento in esame e valutare l'applicabilitˆ allo stesso dell'art. 18 d.l. 67/97. Il giudizio in questione si inquadra nell'ambito dell'ordinamento sportivo nazionale, il quale costituisce un ordinamento giuridico settoriale, articolazione dell'ordinamento sportivo internazionale, in rapporto di autonomia rispetto all'ordinamento giuridico statale (come chiaramente sancito dalla legge n. 280 del 2003, legge di conversione del decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220, recante disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva). PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Detto ordinamento fa capo, a livello nazionale, al CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano), ente pubblico confederato che cura l'organizzazione ed il potenziamento dello sport nazionale, nonchŽ l'adozione di misure di prevenzione e repressione del doping. Nell'ambito di quest'ultima azione, il CONI ha adottato le Norme Sportive Antidoping e ha istituito una serie di organismi deputati all'esercizio di attivitˆ di controllo, accertamento e repressione delle violazioni delle NSA, tra i quali l'Ufficio di Procura Antidoping e il Tribunale Nazionale Antidoping. Il caso in esame si inserisce proprio nell'ambito del descritto quadro giuridico. Il Sig. S.  stato infatti convenuto in giudizio dall'Ufficio di Procura Antidoping, dinanzi al Tribunale Nazionale Antidoping per la violazione delle Norme Sportive Antidoping (in particolare per l'addebito di cui agli artt. 2.3 "eludere, rifiutarsi od omettere d“ sottoporsi al prelievo di campioni biologici"). Ci˜ chiarito occorre definire l'ambito di applicazione dell'articolo 18 citato e la sua ratio, per valutare se detta norma possa applicarsi al caso di specie. L'articolo 18 dispone espressamente che: "le spese legali relative ai giudizi per responsabilitˆ civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti e atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilitˆ, sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall'avvocatura dello Stato. le amministrazioni interessate, sentita l'avvocatura dello Stato, possono concedere anticipazioni del rimborso, salva la ripetizione nel caso di sentenza definitiva che accerti la responsabilitˆ". AffinchŽ un dipendente di unĠamministrazione statale possa correttamente invocare l'applicazione di detta disposizione  dunque necessario che: 1) sia stato sottoposto ad un procedimento giudiziario volto ad accertare la sua responsabilitˆ civile, penale o amministrativa; 2) sia stato sottoposto a detto procedimento in conseguenza di fatti o atti connessi con l'espletamento del suo servizio; 3) sia stato pienamente assolto o sia stata comunque accertata l'assenza della sua responsabilitˆ. ratio della norma  dunque quella di Òtenere indenni i soggetti che abbiano agito in nome e per conto e nell'interesse della P.a., dalle spese legali sopportate per i procedimenti giudiziari relativi agli atti strettamente connessi all'espletamento dei compiti istituzionaliÓ, in applicazione del principio generale secondo cui chi agisce diligentemente nel perseguimento dei fini pubblici non pu˜ -e non deve -sopportare le conseguenze economiche svantaggiose o dannose che gli derivano a causa delle attivitˆ svolte (cos“ T.A.R. Lazio Latina Sez. I, 24 febbraio 2015, n. 187 e T.A.R. Brescia, Lombardia, Sez. I, 20 gennaio 2012, n. 82; nello stesso senso T.A.R. Toscana Fi RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 renze Sez. I. 20 giugno 2013, n. 982; Consiglio di Stato Sez. IV, Sentenza 17 maggio - 6 giugno 2011, n. 3396). Va inoltre sottolineato che la norma  di stretta interpretazione: come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza, infatti, trattandosi di norma che incide sulla spesa pubblica, essa  di carattere eccezionale e ne va data un'interpretazione restrittiva, che sia oltretutto coerente con la ratio legis, che  quella di tenere indenne il dipendente pubblico per condotte riferibili al servizio, in cui il dipendente agisce come organo o comunque agente della P.A. Ci˜ chiarito ben si comprende come la norma in questione non possa trovare applicazione nel caso di specie per differenti ragioni. Il primo ostacolo risiede nell'estraneitˆ e nell'autonomia dell'ordinamento sportivo e del suo sistema di giustizia rispetto all'ordinamento statale. Difatti, la disposizione in esame non pu˜ che trovare applicazione nel solo ambito dell'ordinamento giuridico nel quale  stata prodotta, cio in quello statale. Siffatta considerazione  peraltro coerente con la portata stessa della norma che, incidendo negativamente sul bilancio dello Stato (poichŽ dispone un obbligo di rimborso a carico delle amministrazioni statali), necessitˆ di un'interpretazione restrittiva. Deve dunque concludersi per l'applicazione della previsione del rimborso delle spese legali ai soli giudizi svoltisi nell'ambito dell'apparato giurisdizionale dell'ordinamento statale. b) In secondo luogo si rileva come, in ogni caso, nella situazione in esame non sia configurabile un procedimento giudiziario volto ad accertare la responsabilitˆ civile, penale o amministrativa del Sig. S. Esclusa a priori la sussistenza di un giudizio d“ responsabilitˆ civile o penale, in merito alla sussistenza di una responsabilitˆ amministrativa si rileva quanto segue. Per responsabilitˆ amministrativa si intende la responsabilitˆ in cui incorre un soggetto persona fisica, avente una relazione funzionale con un ente pubblico, il quale, in violazione di doveri derivanti da tale relazione abbia cagionato un danno diretto o indiretto all'amministrazione; come precisato dalla Suprema Corte (Sez. U, Sentenza n. 1377 del 25 gennaio 2006) "l'esistenza di una relazione funzionale tra l'autore dell'illecito causativo di danno patrimoniale e l'ente pubblico che il danno subisce"  il "presupposto per la formulazione di un addebito di responsabilitˆ amministrativa". Tale tipo di responsabilitˆ non pu˜ dirsi configurabile nel caso di specie. Nella situazione in esame manca infatti la diretta relazione funzionale tra il soggetto autore dell'ipotizzato (ma non realizzato) illecito e l'attivitˆ posta in essere nell'interesse dell'Amministrazione, nonchŽ la conseguente violazione di doveri derivanti da tale rapporto; manca, inoltre, anche il potenziale danno erariale. PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO L'illecito sportivo ipotizzato all'art. 2.3 NSA trovava la propria origine non nel rapporto di servizio intercorrente con l'Amministrazione ma semplicemente nella circostanza che lo S. aveva il dovere di comunicare la propria reperibilitˆ agli organismi sportivi ai fini degli accertamenti antidoping. Dunque nessuna violazione dei doveri derivanti dal rapporto di servizio con l'ente pubblico era prospettabile nel caso in esame (nŽ alcun potenziale danno a carico dell'Amministrazione) e di conseguenza non vi  nessun giudizio di responsabilitˆ amministrativa legittimante il diritto di rimborso a favore del dipendente e a carico del Ministero. Alla stregua delle considerazioni che precedono si esclude sotto qualunque profilo l'applicabilitˆ dell'art. 18 d.l. 67/97 con riferimento al giudizio promosso dall'Ufficio di Procura Antidoping nei confronti del sig. S. dinanzi al Tribunale Nazionale Antidoping. Sul presente parere si  espresso in senso conforme il Comitato consultivo dell'Avvocatura dello Stato in data 4 maggio 2018. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 modalitˆ di applicazione della sospensione di diritto dalla carica elettiva ex art. 11, d.lgs 31 dicembre 2012 n. 235 Parere reSo in via ordinaria del 11/05/2018-253361-253362, al 24089/2017, avv. danilo del Gaizo Con le note alle quali si fa riscontro codesto Ministero ha chiesto un parere in merito all'interpretazione dell'art. 11 del D.Lgs. n. 235 del 31 dicembre 2012 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilitˆ e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell'articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190), rappresentando che il dr. (..), allorchŽ rivestiva la carica di Assessore e Vicesindaco del Comune di (..), era stato condannato per il reato di abuso d'ufficio di cui all'art. 323 del codice penale, con sentenza non definitiva del 10 novembre 2016; conseguentemente il Prefetto di Reggio Calabria, con decreto del 12 novembre 2016, aveva accertato nei suoi confronti l'esistenza di una causa di sospensione di diritto dalla carica, ai sensi dei commi 1 e 5 del predetto art. 11. La consiliatura nel corso della quale la sospensione aveva operato si era, per˜, interrotta, a seguito della sospensione del Consiglio comunale, con provvedimento prefettizio del 23 dicembre 2016, e del suo successivo scioglimento, disposto con d.P.R. 3 febbraio 2017, adottato ai sensi dell'art. 141, comma 1, lettera b), n. 4), del D.Lgs. 235/2012. PoichŽ l'interessato si era candidato alla carica di Sindaco dell'ente nelle successive consultazioni amministrative dell'11 giugno 2017, codesto Ministero, rilevando che, nell'eventualitˆ in cui egli fosse risultato eletto, il Prefetto avrebbe dovuto adottare un nuovo provvedimento accertativo dell'esistenza di una temporanea causa ostativa all'espletamento del mandato, ha formulato, nella richiesta di parere, i seguenti due quesiti: a) se, ricorrendo le suddette condizioni, il decreto di sospensione possa essere adottato senza attendere che il nuovo consiglio comunale proceda alle operazioni disciplinate dall'art. 41 del D.Lgs. 267/2000 (T.U.E.L.), ovvero debba essere assunto solo dopo che il Consiglio comunale abbia proceduto alla verifica della condizione degli eletti, constatando l'assenza di cause di ineleggibilitˆ nei confronti del sindaco e convalidandone l'elezione; b) se, considerato che il fatto ostativo all'espletamento del mandato elettivo - id est la sentenza di condanna non definitiva -  unico, ai fini dell'individuazione del termine finale della misura comminata, si debba tenere conto del periodo di sospensione giˆ trascorso, scomputandolo dalla durata della sospensione conseguente al nuovo provvedimento, ovvero debba ritenersi che, trattandosi di diverse cariche elettive e di diverse consiliature, all'atto dell'assunzione della nuova carica inizi a decorrere un autonomo periodo di sospen PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO sione della durata di diciotto mesi, prevista dall'art. 11, comma 4, del D.Lgs. 235/2012. ***** 1.-Per quanto riguarda la prima questione prospettata, si rileva che, subito dopo lo svolgimento delle elezioni comunali, in data 12 giugno 2017 il dr. (..)  stato proclamato Sindaco del Comune di (..) e, in pari data, ha provveduto a nominare la signora (..) quale Assessore, conferendole l'incarico di Vicesindaco dell'ente. Il successivo 13 giugno 2017 il Prefetto di Reggio Calabria, con proprio decreto, ha accertato la sussistenza della causa di sospensione dalla carica di Sindaco del dr. (..). Con manifesto elettorale in pari data il signor (..) ha reso nota l'avvenuta proclamazione del Sindaco e dei consiglieri comunali. Con atto del 19 giugno 2017, la signora (..) ha convocato il Consiglio comunale in seduta ordinaria, fissando al punto 1 dell'ordine del giorno l'esame delle condizioni di eleggibilitˆ e di compatibilitˆ degli eletti alla carica di Sindaco e di consigliere comunale, nonchŽ il giuramento del Vicesindaco e, al punto 3, la comunicazione dei componenti della Giunta e presentazione delle linee programmatiche. Con sentenza n. 862 del 5 ottobre 2017, il TAR Calabria -Reggio Calabria -Sez. I, ha annullato i citati atti degli organi comunali, impugnati da alcuni consiglieri di minoranza, ritenendo che la sospensione ex art. 11, comma 1, D.Lgs. 235/2012 operasse giˆ in virt della sentenza di primo grado, indipendentemente dall'adozione del nuovo decreto prefettizio e che, inoltre, la nomina del Vicesindaco fosse stata effettuata in violazione dell'art. 46 T.U.E.L. La predetta decisione  stata annullata in sede di appello dal Consiglio di Stato, Sez. III, con sentenza n. 1328 del 5 marzo 2018, per motivi meramente procedurali (erronea applicazione del rito abbreviato elettorale anzichŽ del rito ordinario), con conseguente rinvio della causa al TAR Calabria, dinanzi al quale il giudizio risulta riassunto nei termini. Pertanto, poichŽ la questione  tuttora sottoposta all'esame del giudice amministrativo, appare, allo stato, opportuno attendere l'esito definitivo della controversia, prima di esprimere un parere sullo stesso quesito. 2.-La seconda questione sottoposta da codesto Ministero ha formato oggetto di analoga richiesta di parere all'Avvocatura distrettuale dello Stato di Reggio Calabria, avanzata dal Prefetto di tale Provincia con nota del 26 aprile 2018. Al riguardo si osserva che l'attuale formulazione dell'art. 11 del D.Lgs. 235/2012 riproduce sostanzialmente, per quanto qui interessa, il testo dell'art. 59 T.U.E.L., il quale, a sua volta, deriva dalle disposizioni contenute nell'art. 15 (commi da 4-bis a 4-septies, 5 e 6) della legge 19 marzo 1990, n. 55, nel testo in vigore dal 1Ħ gennaio 2000. Nell'interpretare il citato art. 59 con riferimento al meccanismo della so RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 spensione di diritto dalla carica degli amministratori locali che abbiano riportato condanna non definitiva per taluni reati previsti dal codice penale, il Consiglio di Stato, in sede consultiva (Sez. I, par. n. 427/2001 del 9 maggio 2001), ha chiarito che nella sua applicazione "vengono in contrapposto rilievo valori primari che l'ordinamento protegge in uguale misura: alla ineludibile esigenza di salvaguardia della trasparente gestione degli enti locali, si contrappongono infatti la presunzione di non colpevolezza fino a sentenza definitiva (art. 27 Cost.) ed il diritto all'elettorato passivo (art. 51 Cost.) ed al connesso svolgimento del mandato elettivo"; ed ha rilevato, in conformitˆ con la giurisprudenza costituzionale in materia, "la conseguente necessitˆ di bilanciamento fra valori di tale rilievo costituzionale ... indica all'operatore la necessitˆ di attenersi a criteri di stretta interpretazione". Nello stesso parere il Consiglio di Stato ha evidenziato che la previsione della sospensione a tempo determinato dell'amministratore non irrevocabilmente condannato, per diciotto mesi, con possibilitˆ di prolungamento di tale periodo in caso di conferma della sentenza di condanna in sede di appello contenuta nell'art. 15, comma 4-bis, 1. 55/1990 e poi riprodotta nell'art. 59, commi 1, lett. a), e 3, T.U.E.L., e nell'art. 11, commi 1, lett. a) e 4, D.Lgs. 235/2012 -  stata introdotta dalla legge n. 475/1999, in luogo dell'originaria previsione della sospensione a tempo indeterminato, a seguito della pronuncia n. 141/1996, con la quale la Corte Costituzionale aveva dichiarato l'illegittimitˆ costituzionale dello stesso art. 15, nella parte in cui prevedeva la non candidabilitˆ alle elezioni regionali e locali dei soggetti condannati, per i delitti indicati dalla norma, con sentenza non ancora passata in giudicato. Invero, nella citata sentenza, il Giudice delle leggi aveva affermato che le "Finalitˆ di ordine cautelare -le uniche che possono farsi valere in presenza di un procedimento penale non ancora conclusosi con una sentenza definitiva di condanna - valgono a giustificare misure interdittive provvisorie, che incidono sull'esercizio di funzioni pubbliche da parte dei titolari di uffici, e anche dei titolari di cariche elettive, ma non possono giustificare il divieto di partecipare alle elezioniÓ. 3.-Sulla base dei principi sopra riportati, pare a questa Avvocatura che le disposizioni contenute nell'art. 11, commi 1, lett. a), e 4, D.Lgs. 235/2011, debbano interpretarsi nel senso che, ove, come  avvenuto nel caso di specie, la sospensione da una delle cariche contemplate dalla norma non abbia esaurito il decorso dei diciotto mesi ivi previsti, tale circostanza determini il perdurare della sospensione per il solo periodo residuo, in relazione alla successiva assunzione di una qualsiasi tra le cariche sopra indicate, anche se diversa da quella ricoperta al momento in cui l'applicazione della misura aveva avuto inizio. A sostegno di tale conclusione si osserva, in primo luogo, che il comma 1 citato fa riferimento alla sospensione di diritto "dalle cariche indicate al PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO comma 1 dell'articolo 10", senza operare distinzioni tra le stesse, mentre il successivo comma 4 stabilisce la durata temporale della misura, menzionando quest'ultima unitariamente e senza specificare che essa si riferisce ad una singola carica; dunque l'interpretazione della norma qui proposta appare pienamente coerente col significato letterale della stessa, tanto pi se inteso in senso rigoroso, in conformitˆ con il canone ermeneutico indicato dalla giurisprudenza costituzionale. Inoltre, come la stessa Corte Costituzionale e la giurisprudenza di legittimitˆ hanno pi volte indicato, la misura in esame non persegue una finalitˆ sanzionatoria, nŽ costituisce un effetto penale della condanna, trattandosi "di una misura tipicamente interinale, di mera anticipazione dell'effetto interdittivo derivante dal giudicato, anch'esso parimenti non diretto a finalitˆ punitive. Tale effetto trova il suo fondamento nella valutazione, compiuta dal legislatore, delle condizioni che sconsigliano provvisoriamente la permanenza dell'eletto in una determinata carica pubblica, al fine di sottrarre l'ufficio a dubbi sulla onorabilitˆ di chi lo riveste che potrebbero metterne in discussione il prestigio e pregiudicarne il buon andamento" (Corte Cost. 276/2016; v. anche Corte Cost. 236/2015 e giurisprudenza ivi citata; nello stesso senso, per quanto riguarda la giurisprudenza del giudice amministrativo, cfr., ex multis, CdS, sez. V, 23 ottobre 2013, n. 5222). Come ha, altres“, evidenziato ancora il Giudice delle leggi nella citata sentenza n. 141/1996, allorchŽ ha dichiarato l'illegittimitˆ costituzionale della previsione di incandidabilitˆ assoluta degli amministratori locali destinatari di sentenze penali di condanna non definitive, nel contemperamento dei concorrenti valori costituzionali della salvaguardia della correttezza e trasparenza della gestione degli enti locali, della presunzione di non colpevolezza fino a sentenza definitiva, del diritto all'elettorato passivo ed al connesso svolgimento del mandato elettivo, le restrizioni del contenuto di questi ultimi sono ammissibili solo nei limiti indispensabili alla tutela di altri interessi di rango costituzionale, in base alla regola della necessarietˆ e della ragionevole proporzionalitˆ di tale limitazione. Ora, pare evidente che interpretare la norma in esame nel senso che essa determini la decorrenza di un nuovo periodo di sospensione della durata di diciotto mesi, cumulabile con i precedenti, ogni qualvolta l'interessato assuma nuovamente una delle cariche contemplate dalla disposizione, consentirebbe il prolungamento della misura a tempo indeterminato, ripristinando, nella sostanza, un istituto espunto dall'ordinamento, perchŽ ritenuto irragionevole e costituzionalmente illegittimo, per di pi in conseguenza della durata del giudizio di impugnazione in sede penale, anzichŽ nel perseguimento delle ricordate finalitˆ di correttezza e trasparenza. Pu˜ aggiungersi, infine, che nella prassi applicativa dell'art. 15, comma 4bis, l. 55/1990 (contenente, come si  detto, sul punto una disciplina del tutto RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 analoga a quella della norma in esame), il Governo ha giˆ avuto occasione di provvedere in senso conforme all'interpretazione formulata nel presente parere. Invero, con d.P.C.M. 21 aprile 2011 (pubblicato in G.U. n. 119 del 24 maggio 2011), la Presidenza del Consiglio dei Ministri, prestando acquiescenza a un'ordinanza del Tribunale di Napoli, dispose la correzione del proprio precedente decreto di sospensione di un consigliere regionale, il quale era giˆ stato sospeso, in virt della stessa sentenza non definitiva di condanna in primo grado, nella precedente consiliatura regionale, precisando che il nuovo periodo di sospensione avrebbe operato fino a decorrenza dei 18 mesi previsti dalla norma, a far tempo dalla data in cui era iniziato il primo periodo di sospensione. Il contenuto del menzionato precedente risulta pienamente coerente con la predetta interpretazione: a tale conclusione non pare opporsi, infatti, la circostanza che in quel caso il consigliere in questione abbia ricoperto lo stesso tipo di carica in entrambe le consiliature, poichŽ la cesura tra il primo e il secondo mandato sembra in ogni caso differenziare il contenuto delle diverse cariche ricoperte. 4.- In conclusione appaiono sussistere numerosi e validi argomenti che suffragano l'interpretazione della norma esposta nel presente parere. Nel confermare la stessa, peraltro, pare altres“ opportuno precisare, visto che la questione  stata segnalata per le vie brevi dall'Avvocatura distrettuale di Reggio Calabria, che, in considerazione delle stesse finalitˆ di correttezza e trasparenza perseguite dalla disposizione in esame, se pu˜ correttamente affermarsi che il periodo di sospensione di diciotto mesi opera una sola volta, anche nel- l'ipotesi di successiva assunzione di diverse cariche nel tempo, nel computo del suddetto termine non pare possibile fare rientrare anche i periodi nei quali l'interessato non abbia ricoperto alcuna carica, come, ad esempio, pare avvenuto nel caso di specie, durante le fasi di sospensione e scioglimento del Consiglio comunale, disposte con i provvedimenti indicati in premessa, fino alla nuova proclamazione degli eletti. Invero, ragionando diversamente, si finirebbe con l'attribuire alla sospensione un carattere meramente virtuale, contrastante con le stesse finalitˆ della misura in questione perseguite dalla legge. PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO il (non) rimborso delle spese legali (ex art. 18 d.l. n. 67/1997) in caso di decreto di archiviazione per remissione della querela Parere del 21/05/2018-269433, al 43341/2016, avv. andrea Fedeli In riscontro alla nota sopra indicata, relativa alla richiesta avanzata dal nominato in oggetto, questa Avvocatura non ritiene sussistere il diritto al rimborso delle spese giudiziali, ex art. 18 D.l. n. 67/1997, convertito in legge n. 135/1997. Nel caso di specie, infatti, il decreto di archiviazione non ha escluso la responsabilitˆ del Prof. (..) esaminando nel merito le imputazioni, come invece richiesto dall'art. 18 tenuto conto che il decreto  stato disposto esclusivamente per ragioni di rito, senza che sia stata effettivamente esclusa, con certezza, la responsabilitˆ in ordine ai fatti addebitati (cfr. Tar Campania -Napoli, sez. VII, 30 luglio 2008 n. 9616; Tar Campania -Napoli, sez. VI, 27 febbraio 2008 n. 968; C. conti, sez. giur. reg. Abruzzo, 29 novembre 1999 n. 1122/EL; Cons. St., sez. III, 11 novembre 2008, n. 1914/2008; parere Coco prot. 115247 del 11 novembre 2000 -sentenza declaratoria di prescrizione/estinzione del reato). Nell'ipotesi di remissione della querela, il rimborso non spetta perchŽ la remissione della querela deve esser sempre accettata dall'imputato che potrebbe anche decidere di non avvalersene e proseguire il procedimento per giungere ad una pronuncia nel merito che escluda la esistenza di responsabilitˆ penale. Il presente parere  stato sottoposto all'esame del Comitato Consultivo, ai sensi dell'art. 26 della L. 3 aprile 1979 n. 103, che si  espresso in conformitˆ. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 il rimborso delle spese legali (ex art. 18 d.l. n. 67/1997) in Òun casoÓ di procedimento civile conclusosi in rito Parere del 15/06/2018-321483, al 28649/2016, avv. enriCo de Giovanni Con riferimento al quesito posto da codesta Avvocatura distrettuale in relazione allĠistanza di rimborso in oggetto, esaminati gli atti, si osserva quanto segue. Come  noto lĠart. 18 del D.L. 25 marzo 1997, n. 67, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 23 maggio 1997, n. 135, cos“ recita: Òle spese legali relative a giudizi per responsabilitˆ civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilitˆ, sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall'avvocatura dello Stato. le amministrazioni interessate, sentita l'avvocatura dello Stato, possono concedere anticipazioni del rimborso, salva la ripetizione nel caso di sentenza definitiva che accerti la responsabilitˆÓ. Dunque la rimborsabilitˆ delle spese legali affrontate da un dipendente pubblico in occasione di un procedimento giudiziario a suo carico presuppone non solo che lĠagire incriminato sia strumentalmente connesso al diligente espletamento della pubblica funzione, come ripetutamente posto in luce dalla giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 29 aprile 2005, n. 2041), ma anche lĠesistenza di una sentenza di assoluzione che Òabbia accertato lĠinsussistenza di qualsiasi forma di colpa nellĠoperato del soggetto proscioltoÓ (cos“ CGA, sez. consultiva, parere del 4 aprile 2006, n. 358/2006, che richiama il parere del Consiglio di Stato, n. 3218 del 29 ottobre 2003; il parere si riferisce in concreto, come  evidente, ad un giudizio penale). Ci˜ premesso ritiene la Scrivente che tale ultimo presupposto debba essere declinato in modo specifico ed appropriato con riferimento da un lato ai procedimenti penali e dallĠaltro a quelli civili, alla luce dei generali principi che reggono i due giudizi e della diversa natura dellĠaccertamento che essi hanno ad oggetto, onde evitare che unĠapplicazione testuale e pedissequa del dato normativo determini, in concreto, uno sviamento rispetto alla ratio legis che ha ispirato il legislatore nel delineare lĠistituto in esame. Va al riguardo sottolineato che i giudizi penali sono sempre diretti alla valutazione della riprovevolezza di una condotta antisociale, e che il giudizio penale  retto dal principio dellĠobbligatorietˆ dellĠesercizio dellĠazione penale (art. 112 Cost.), cosicchŽ esso si sottrae alla disponibilitˆ in capo alle parti processuali; dunque esso non pu˜ che concludersi con lĠaccertamento o con lĠesclusione della responsabilitˆ, salvo che alla conclusione con un giudizio PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO di merito ostino ragioni di rito. Pertanto, il provvedimento che lo conclude, laddove consista in una pronuncia di mero rito, non  idoneo ad escludere la responsabilitˆ del dipendente pubblico nel merito delle imputazioni, e, di conseguenza, non pu˜ fondare il diritto al rimborso delle spese sostenute, che presuppone, secondo legge, la predetta esclusione di responsabilitˆ. Il processo civile  invece contraddistinto dal principio dellĠimpulso di parte, secondo cui la scelta se chiedere o meno la tutela giurisdizionale  rimessa interamente alla volontˆ della parte interessata, in accordo con il principio della disponibilitˆ dei diritti soggettivi. Essendo, dunque, lĠoggetto di tale attivitˆ di cognizione il petitum contenuto nella domanda, questĠultima, oltre a poter essere accolta o respinta, ben pu˜ essere abbandonata dallĠattore. Pertanto, solo laddove un giudizio civile si concluda con un provvedimento che decida nel merito, accogliendo in tutto o in parte quanto chiesto dallĠattore ovvero respingendolo, pu˜ senzĠaltro ritenersi accertata ovvero esclusa la responsabilitˆ del dipendente pubblico, con le relative conseguenze in merito alla rimborsabilitˆ delle spese di giudizio. Qualora, invece, il procedimento si concluda per ragioni di natura processuale, quale ad esempio lĠinattivitˆ delle parti, viene meno, nella decisione che definisce il giudizio, ogni valutazione sulla responsabilitˆ del convenuto, e ci˜ sempre in virt dellĠapplicazione del generale principio dispositivo che regge il giudizio civile; va inoltre osservato che lĠaccertamento della responsabilitˆ non  lĠoggetto diretto del giudizio civile, ma  connesso logicamente allĠaccoglimento del petitum sostanziale (nel caso de quo, lĠoggetto immediato della domanda consisteva nella restituzione delle armi sequestrate e nel risarcimento dei danni provocati); dunque esso  necessariamente subordinato allĠaccoglimento della domanda. Nel caso di pronuncia avente contenuto meramente processuale, comĠ quella sul difetto di giurisdizione, manca dunque un accertamento in merito alla responsabilitˆ del dipendente pubblico per una ragione riconducibile alla domanda stessa e al modo in cui essa  stata proposta dalla parte attrice; e la successiva estinzione del giudizio per inerzia dellĠattore impedisce una decisione nel merito. In tali casi occorre valutare se, ai sensi del citato art. 18, possa riconoscersi un diritto al rimborso, ove ne sussistano le ulteriori condizioni, affinchŽ non si concretizzi unĠapplicazione sostanzialmente iniqua dellĠarticolo 18 che si pone in aperto contrasto con la relativa ratio legis. Se, infatti, si negasse la refusione delle spese di un procedimento estinto per inattivitˆ della parte attrice, si dovrebbe ammettere la possibilitˆ che il dipendente possa restare gravato delle spese di difesa sopportate in conseguenze delle scelte processuali della controparte. Ci˜ premesso, si rende necessaria unĠinterpretazione dellĠarticolo 18 del d.l. 67/1997 che consenta di realizzare le finalitˆ e i principi equitativi espressi nella relazione illustrativa che accompagn˜ lĠapprovazione della norma in esame, relazione che si trascrive. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 Òrelazione illustrativa: articolo 18. - la norma prevede il rimborso delle spese legali per dipendenti ed amministratori i quali, per fatti connessi allĠesercizio dei loro compiti istituzionali, abbiano subito un procedimento civile, penale o contabile conclusosi a loro favore. detta disposizione risponde ad esigenza di equitˆ sostanziale e di tutela degli amministratori e funzionari onesti; essa contribuisce, altres“, a superare il diffuso clima di incertezza (cosiddetta Òpaura della firmaÓ) che tuttora caratterizza gran parte dellĠattivitˆ dei manager pubbliciÓ. Il principio sotteso alla disciplina del rimborso delle spese legali  dunque riconducibile a esigenze di equitˆ sostanziale, le quali esigono che i funzionari onesti che abbiano agito in nome e per conto dellĠAmministrazione siano tenuti indenni delle spese legali affrontate per i procedimenti relativi agli atti strettamente connessi allĠ Òassolvimento degli obblighi istituzionaliÓ, ove tali procedimenti si siano conclusi Òa loro favoreÓ. La ratio legis, come ricostruita alla luce degli intenti perseguiti dal legislatore, impone di considerare la disposizione in esame come unĠapplicazione generale del divieto di locupletatio cum aliena iactura, secondo cui il mandatario che agisce diligentemente nel perseguimento dellĠinteresse altrui, non dovendo sopportare le conseguenze svantaggiose che derivano dallĠattivitˆ svolta, ha diritto di esigere dal mandante il risarcimento dei danni (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 11 aprile 2007, n. 1681; CGA, sez. Consultiva, parere del 4 aprile 2006, n. 358/2006, che richiama i pareri del Consiglio di Stato, n. 1215/98 e n. 3218/2003; Cons. Stato, 14 aprile 2000, n. 2242), purchŽ, ovviamente, sia stata giudizialmente esclusa ogni forma di responsabilitˆ del mandatario ovvero questĠultima non sia stata oggetto di valutazione per causa riconducibile alla domanda di parte attrice. Il principio di disponibilitˆ dei diritti soggettivi e delle relative azioni in materia civile mal si concilia, dunque, con unĠapplicazione rigorosamente testuale del primo periodo del comma 1 dellĠarticolo 18, che richieda necessariamente la pronuncia di un decisione, definitiva, di merito che escluda la responsabilitˆ; applicazione rigorosa, peraltro, sconsigliata, sul piano ermeneutico, dallo stesso secondo periodo del comma 1 dellĠart. 18 in esame, laddove, nel caso sia stata concessa unĠanticipazione del rimborso, ne prevede la Òripetizione nel caso di sentenza definitiva che accerti la responsabilitˆÓ, non richiedendo, dunque, nello specifico caso, lĠesplicito accertamento dellĠesclusione della responsabilitˆ bens“, pi limitatamente, il mancato accertamento dellĠesistenza della responsabilitˆ medesima. Sul piano pratico, poi, tornando alla ratio dellĠart. 18, va sottolineato che la proposizione di iniziative processuali infondate o addirittura temerarie, ovvero di condotte manipolative, come pu˜ essere quella dellĠattore che arbitrariamente proponga azione contro un funzionario diligente e poi coscientemente PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO abbandoni il procedimento in seguito a una pronuncia di mero rito, potrebbe potenzialmente ingenerare proprio quel sentimento, denominato dal legislatore nella ricordata relazione illustrativa Òpaura della firmaÓ, che pu˜ indurre il pubblico dipendente a preferire comportamenti omissivi o comunque non zelanti pur di evitare vicende processuali indesiderate, in palese contrasto con la rammentata finalitˆ dellĠart. 18 in esame. Dunque, lĠesclusione del rimborso delle spese legali tutte le volte in cui il procedimento civile si sia concluso in rito oltre ad essere contrario alla ratio legis, alla luce della mancanza di un accertamento positivo in merito alla responsabilitˆ del convenuto, risulta anche profondamente inopportuno poichŽ, di riflesso, idoneo a ledere il corretto esplicarsi della funzione pubblica laddove possa indurre il funzionario pubblico ad ispirare la propria azione pi alla realizzazione dellĠinteresse individuale dellĠintegritˆ del proprio patrimonio che a quello del pieno ed efficace perseguimento dei fini dellĠAmministrazione. In sostanza, quindi, si ritiene che lĠespressione Òconclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilitˆÓ, contenuta nel citato art. 18 (formulata probabilmente, sul piano letterale, sulla base di una particolare attenzione dedicata dal legislatore al processo penale), vada intesa alla luce dei principi di disponibilitˆ del giudizio in capo alle parti processuali, principi diversi fra il giudizio penale e quello civile, con la conseguenza che rispetto al giudizio civile la sentenza o comunque la soluzione in rito non sia necessariamente ostativa del rimborso, consentendo allĠAmministrazione a cui viene richiesto il rimborso di valutare caso per caso, con la collaborazione consultiva dellĠAvvocatura dello Stato, la riconducibilitˆ della richiesta di rimborso nelle previsioni di cui al citato art. 18 come sopra interpretata; si ritiene, peraltro che siffatta lettura sia costituzionalmente orientata, con particolare riferimento al principio di buon andamento dellĠazione amministrativa di cui allĠart. 97 Cost. In sostanza, dunque, si ritiene che, in questi casi, si debba procedere ad un esame complessivo dellĠintera vicenda processuale, che consenta lĠattribuzione al pubblico dipendente del beneficio del rimborso laddove emerga che la soluzione in rito sia dipesa dalla volontˆ della controparte e che lĠandamento del giudizio consenta di inferire, anche a prescindere da un giudicato in tal senso, lĠesclusione di ogni responsabilitˆ del dipendente e dunque il diligente espletamento della pubblica funzione. Peraltro la mancata riassunzione del giudizio da parte dellĠattore, consolida una situazione processuale favorevole al convenuto, che non subisce alcuna affermazione dellĠaccertamento di responsabilitˆ nellĠambito del processo, che si estingue; appare comunque opportuno, in tali casi, considerando che lĠestinzione riguarda il giudizio e non lĠazione, che lĠeventuale rimborso sia cautelativamente concesso con salvezza di ripetizione nei confronti del beneficiato qualora lĠazione civile venga nuovamente esercitata e si risolva in sentenza che accerti la responsabilitˆ del dipendente. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 Va infine affrontata, per completezza, anche la questione relativa ai poteri di impulso processuale comunque spettanti al convenuto; in altri termini, occorre chiedersi se e fin a qual punto sia possibile far gravare sul dipendente convenuto in sede civile lĠonere di dare impulso al giudizio in difetto di iniziative di parte attrice anche al solo fine di ottenere una favorevole condanna sulle spese legali, allo scopo di farle gravare sulla controparte e non sullĠAmministrazione in sede di rimborso ex art. 18. Anche in questo caso si ritiene che solo una valutazione caso per caso possa, in modo soddisfacente, comparare i diversi interessi in gioco e individuare una soluzione conforme alle finalitˆ dellĠart. 18; laddove, infatti, lĠeventuale impulso al giudizio esponga il dipendente a rischi di soccombenza o ad ulteriori spese processuali (che, sia detto per inciso, finirebbero con il gravare ulteriormente sullĠErario in caso di esclusione di responsabilitˆ) non pu˜ ritenersi, in base ad un principio di valorizzazione della diligenza, della buona fede e della prudenza, che sussista sul convenuto un onere di impulso a cui subordinare il diritto al rimborso delle spese legali; laddove invece la mancata iniziativa non abbia valide ragioni e finisca con il trasferire in modo ingiustificato sullĠAmministrazione oneri che ben avrebbero potuto essere gravati sulla controparte, si ritiene che la condotta processuale del dipendente debba essere considerata ai fini dellĠeventuale esclusione del rimborso. Alla luce delle suesposte valutazioni interpretative di ordine generale si pu˜ esaminare il caso di specie. La domanda di risarcimento del danno proposta contro lĠistante, respinta nel merito in primo grado, fu poi oggetto di appello al termine del quale fu dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario. Decorsi i termini di cui allĠart. 59 L. n. 69/2009 senza che lĠattore avesse riassunto la causa davanti allĠautoritˆ amministrativa, il processo si estinse e le spese sostenute dal- lĠistante rimasero a suo carico in virt di un parere negativo reso con nota 22 febbraio 2017 n.79973 dalla Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze, la quale ha ravvisato lĠinsussistenza di uno dei presupposti per il riconoscimento del diritto al rimborso. Tuttavia, unĠinterpretazione orientata alla realizzazione dei principi sopra esposti, che lĠistituto di cui allĠart. 18 intende perseguire, suggerisce di riconoscere la sussistenza del diritto al rimborso delle spese sostenute dallĠistante, la cui responsabilitˆ, esclusa in primo grado, non  stata oggetto di accertamento definitivo per cause riconducibili esclusivamente alla domanda prima (diretta a giudice privo di giurisdizione) e poi allĠinerzia (la mancata riassunzione) di parte attrice. LĠandamento del giudizio, ed in particolare lĠesito del primo grado del giudizio, ancorchŽ sia poi intervenuta la sentenza di appello che ha riformato la prima decisione e ha escluso la giurisdizione del giudice civile, lasciano comunque chiaramente inferire lĠassenza di ogni responsabilitˆ del dipendente. PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Peraltro lĠistante, allĠesito del giudizio dĠappello, conclusosi con una sentenza di difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore di quello amministrativo, non avrebbe avuto alcun interesse alla riassunzione della causa, mancando lĠaccoglimento della domanda di parte attrice, con conseguente implicito riconoscimento della legittimitˆ della propria condotta. Dunque, pur in assenza di un giudicato sul merito, impedito dallĠinerzia della controparte, la lettura della documentazione processuale consente di ritenere, allo stato, sussistente il requisito dellĠesclusione della responsabilitˆ del dipendente nei sensi richiesti dal citato art. 18 come sopra interpretato. Si ritiene, pertanto, che nel caso di specie il rimborso possa essere concesso, rimettendo ogni valutazione sulla congruitˆ del rimborso medesimo a codesta Avvocatura distrettuale. Sul presente parere si  espresso in senso conforme il Comitato Consultivo in data 4 maggio 2018. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 accordo (ex art. 15, l. 241/90) tra una p.a. ed un ente pubblico economico per la concessione in uso di beni pubblici, presupposti e condizioni Parere del 06/07/2018-363198, al 19666/2017, avv. diana ranUCCi a) Con nota del 14 aprile 2017 codesta Amministrazione chiedeva alla Scrivente di esprimere il proprio parere in ordine alla possibilitˆ di interpretare in via estensiva il comma 233 dellĠart. 4 della L. n. 350/03, recante disposizioni in materia di concessioni di spazi in comodato dĠuso gratuito a favore delle amministrazioni pubbliche, al fine di verificare la possibilitˆ di applicare tale disciplina nei confronti di ENIT -Ente nazionale italiano del turismo. Il problema si poneva in quanto, a seguito della trasformazione di ENIT in ente pubblico economico, questo aveva perso il carattere di Òamministrazione pubblicaÓ, che costituisce il requisito indispensabile per poter accedere alla disciplina di cui al comma 233 citato. Tale disposizione infatti prevede la possibilitˆ, per gli uffici allĠestero, di concedere in comodato dĠuso gratuito spazi a favore delle amministrazioni pubbliche di cui allĠart. 1, comma 2, del D.lgs n. 165/2001. A tale quesito la Scrivente, con nota del 5 luglio 2017, dava risposta negativa, nel rilievo che lĠart. 4 comma 233 cit. contiene una disciplina di favore e speciale rispetto al principio generale per cui i beni dello Stato devono essere fruttiferi e che, quindi, non poteva applicarsi a soggetti non contemplati nel- lĠelenco, da ritenersi tassativo, di cui allĠart. 1 comma 2 d.lgs. n. 165/2001, nel quale non risultano inseriti enti pubblici economici. Pertanto, Codesta Amministrazione, preso atto del negativo parere della Scrivente sotto il profilo sopra esaminato, chiede ora un nuovo parere, sempre in relazione alla concessione ad ENIT di spazi presso gli immobili del patrimonio indisponibile in uso agli Uffici di codesta Amministrazione allĠestero (Rappresentanze, Ambasciate, Consolati ed Istituti Italiani di Cultura), sulla base di una diversa impostazione giuridica. B) In dettaglio, codesta Direzione fornisce la seguente analisi della questione: 1) in via preliminare -dopo avere richiamato lĠart. 16, comma 3, del D.L. 31 maggio 2014, n. 83 (1) e lĠart. 37, comma 3, del DPR 5 gennaio 1967, n. (1) Art. 16, comma 3, del D.L. 31 maggio 2014, n. 83: ÒlĠeniT ha autonomia statutaria, regolamentare, organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione. ne costituiscono gli organi il presidente, il consiglio di amministrazione e il collegio dei revisori dei conti. la sua attivitˆ  disciplinata dalle norme di diritto privato. lĠeniT stipula convenzioni con le regioni e le province autonome di Trento e di bolzano, gli enti locali ed altri enti pubblici. Fermo restando quanto disposto dallĠarticolo 37, comma terzo, del decreto del Presidente della repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, le attivitˆ riferite a mercati esteri e le forme di collaborazione con le Rappresentanze diplomatiche, gli Uffici consolari e gli Istituti italiani di cultura sono regolate da intese stipulate con il Ministero degli affari esteriÓ. PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 18 (2) -codesto MAECI evidenzia che lo Statuto dellĠENIT, adottato con DPCM 21 maggio 2015, contiene un riferimento al principio delle intese, prevedendo tra le finalitˆ ed i compiti dellĠEnte quelli di Òattuare intese e forme di collaborazione con enti pubblici e con gli Uffici della rete diplomatico-consolare del Ministero degli affari esteri e della Cooperazione internazionale, compresi gli istituti di cultura, secondo quanto previsto da appositi protocolli di intesa e con le altre sedi di rappresentanza italiana allĠestero, anche ai sensi dellĠart. 1 della legge 31 marzo 2005, n. 56Ó (art. 2, comma 1, lett. h)); 2) a parere di codesta amministrazione sembrerebbe possibile riportare la nozione di ÒinteseÓ di cui allĠart. 16 dello Statuto -tenuto conto anche del principio di coordinamento della Missione diplomatica, al quale lĠart. 16 del D.L. 83/14 rinvia -nellĠambito degli Òaccordi fra amministrazioniÓ ai sensi dellĠart. 15 della l. 241/90 o comunque di poter trattare le intese in discorso alla stregua degli accordi, assoggettandole alle stesse disposizioni di garanzia; 3) considerato che lĠENIT svolge attivitˆ di interesse comune pubblico, sembrerebbe quindi possibile concludere intese con ENIT aventi ad oggetto la concessione di spazi presso gli immobili del patrimonio indisponibile di codesta Amministrazione -a titolo oneroso, ma a canoni agevolati -tenuto conto delle sinergie istituzionali tra lĠEnte e le Missioni diplomatiche e della non esclusivitˆ degli spazi da concedere ad ENIT, la cui fruizione sarebbe limitata alla collaborazione nelle attivitˆ di interesse comune; 4) il ricorso allĠistituto giuridico delle intese, oltre ai generali rapporti di collaborazione di cui allĠart. 15 della L. 241/90, potrebbe regolare anche il regime della concessione degli spazi -a titolo oneroso agevolato -riconoscendo allĠenit la possibilitˆ di non dover concorrere con soggetti privati nella concessione degli spazi. Tale soluzione, da indicare nelle ÒinteseÓ, assicurerebbe ad ENIT una preferenza, nel rispetto dellĠonerositˆ, ma senza obbligarlo a concorrere con soggetti privati e costringere gli uffici allĠestero allĠadozione di nuove procedure selettive ogni volta che si profili una possibile collaborazione con tale ente; 5) in base a tali considerazioni, ritiene codesta Amministrazione che sembrerebbe possibile trattare le ÒinteseÓ di cui al D.L. 83/14 alla stregua degli Òaccordi fra AmministrazioniÓ, ex art. 15 della L. 241/90, con facoltˆ di regolare in modo preferenziale le modalitˆ di concessione di spazi, fermo restando il principio dellĠonerositˆ. I relativi accordi, inoltre, sarebbero motivati e soggetti ai controlli ordinari, in ragione delle materie trattate (Corte dei Conti, Ufficio Centrale di Bilancio). (2) Art. 37, comma 3, del DPR 5 gennaio 1967, n. 18: Òla Missione diplomatica esercita altres“ azione di coordinamento e, nei casi previsti, di vigilanza o di direzione dellĠattivitˆ di uffici ed enti pubblici italiani, operanti nel territorio dello Stato di accreditamentoÓ. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 C) Tanto premesso, la Scrivente esprime le seguenti considerazioni in relazione alla possibilitˆ di codesta Amministrazione di adottare lo strumento giuridico degli Òaccordi fra amministrazioniÓ, previsto dallĠart. 15 della L. 241/90, al fine di regolare i rapporti con lĠENIT circa la concessione a questĠultimo degli spazi presso gli immobili del patrimonio indisponibile in uso agli Uffici allĠestero (Rappresentanze, Ambasciate, Consolati ed Istituti Italiani di Cultura). LĠart. 15 della L. 241/90 stabilisce che Ò1. anche al di fuori delle ipotesi previste dallĠarticolo 14, le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attivitˆ di interesse comune. 2. Per detti accordi si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni previste dallĠarticolo 11, commi 2 e 3. 2-bis. a fare data dal 30 giugno 2014, gli accordi di cui al comma 1 sono sottoscritti con firma digitale, ai sensi dellĠarticolo 24 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, con firma elettronica avanzata, ai sensi dellĠarticolo 1, comma 1, lettera q-bis), del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, ovvero con altra firma elettronica qualificata, pena la nullitˆ degli stessi. dallĠattuazione della presente disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. allĠattuazione della medesima si provvede nellĠambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste dalla legislazione vigenteÓ. a) La natura giuridica dellĠENIT In via preliminare, si reputa necessario analizzare la natura giuridica dellĠENIT, al fine di verificare se lĠEnte in questione possa rientrare nella nozione di ÒAmministrazione pubblicaÓ, di cui allĠart. 15 della L. 241/90, nozione che, come si vedrˆ, non coincide con quella contenuta nellĠart. 1, comma 2, D.lgs n. 165/2001. Con lĠart. 16 del D.L. 83/2014, lĠENIT  stato trasformato in Ente Pubblico Economico (di seguito, e.p.e.), sottoposto alla vigilanza del Ministro dei beni e delle attivitˆ culturali e del turismo. I caratteri distintivi dellĠe.p.e., giˆ messi in risalto nel precedente parere (Prot. n. 339616) reso allĠAmministrazione in data 5 luglio 2017, possono essere cos“ sintetizzati: ÒlĠe.p.e. si configura come uno dei principali strumenti attraverso il quale lo Stato interviene nel settore economico: a tal fine, infatti, lĠente possiede una propria personalitˆ giuridica, un proprio patrimonio e un proprio personale dipendente, godendo al contempo di un accentuato grado di autonomia amministrativa, finanziaria, patrimoniale e contabile. Pertanto, gli e.p.e. si collocano, in determinati settori della produzione e dello scambio di beni e servizi, in concorrenza con le imprese private dalle quali si distinguono per la peculiaritˆ del fine che non  quello di lucro, bens“ quello pubblicistico per cui sono stati costituiti. a tal proposito occorre sottolineare che lĠassenza del fine di lucro non significa che tali enti non debbano essere comunque guidati dal criterio del PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO lĠobiettivitˆ economica, tale per cui i ricavi devono ricoprire i costi. lĠe.p.e. viene spesso considerato un ente pubblico strumentale, in quanto legato alla P.a.: difatti, gli organi di vertice dellĠente di norma sono nominati in tutto o in parte dai Ministeri competenti nel settore in cui opera lĠente e, di conseguenza, ad essi spetta un potere di indirizzo generale e di vigilanza [É]. Spesso poi gli e.p.e. rappresentano una tappa intermedia in vista della privatizzazione delle aziende autonome, le quali, prima della trasformazione in societˆ per azioni, vengono trasformate in e.p.e.Ó. A parere della Scrivente, la locuzione Òamministrazioni pubblicheÓ utilizzata nellĠart. 15, comma 1, della l. 241/90 ricomprende anche gli e.p.e. Invero, a differenza della formulazione impiegata nellĠart. 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001 (preso in considerazione dalla Scrivente nel precedente parere reso a codesta Amministrazione), il quale prevede unĠelencazione tassativa, che non annovera gli e.p.e. e non  suscettibile nŽ di interpretazione analogica nŽ di interpretazione estensiva, il termine Òamministrazioni pubblicheÓ che figura nellĠart. 15, comma 1, della l. 241/90 viene interpretato in senso lato ed esteso sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza. Il Consiglio di Stato (Sez. III, n. 3194 del 24 giugno 2014) ha avuto modo di chiarire che ÒlĠ art. 15 della l. n. 241 contiene una vera e propria clausola generale che consente alle pubbliche amministrazioni di concludere accordi per disciplinare lo svolgimento, in collaborazione, di attivitˆ di interesse comune, riconducibili allĠesercizio delle pubbliche funzioni loro assegnate dal- lĠordinamentoÓ; ancora, il Consiglio di Stato (Sez. III, n. 1837 del 16 dicembre 2013) ha ulteriormente chiarito che Òdeve essere riconosciuta valenza generale agli accordi organizzativi di cui allĠart. 15, l. 241/1990, in forza del quale gli enti pubblici possono ÒsempreÓ utilizzare lo strumento convenzionale per concludere tra loro accordi organizzativi volti a disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attivitˆ di interesse comune. Una cooperazione del genere tra autoritˆ pubbliche non pu˜ interferire con lĠobiettivo principale delle norme comunitarie in materia di appalti pubblici, vale a dire la libera circolazione dei servizi e lĠapertura alla concorrenza non falsata in tutti gli Stati membri, poichŽ lĠattuazione di tale cooperazione  retta unicamente da considerazioni e prescrizioni connesse al perseguimento di obiettivi dĠinteresse pubblico e poichŽ viene salvaguardato il principio della paritˆ di trattamento degli interessati di cui alla direttiva 92/50, cosicchŽ nessun impresa privata viene posta in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrentiÓ. Anche la dottrina ricomprende gli e.p.e tra le ÒAmministrazioni pubblicheÓ. In particolare, si legge che Òil nostro sistema non  improntato a una visione centralistica che contempla un solo ente pubblico, ma  basato sullĠapproccio pluralistico che affianca allo Stato una molteplicitˆ di enti pubblici volti al perseguimento del pubblico interesse [É]. [É] occorre richia RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 mare le diverse classificazioni tracciate dalla dottrina [in relazione alle figure degli enti Pubblici]: É g) enti autarchici ed enti pubblici economici. [É] Spiccano in questo nuovo quadro, in modo particolare, lo Stato, gli enti territoriali e altri soggetti attraverso i quali si realizzano finalitˆ di interesse pubblico, come gli enti pubblici economiciÓ (F. CARINGELLA, Manuale di diritto amministrativo). In conclusione, sembra possibile affermare che gli Enti Pubblici Economici rientrano nel concetto di ÒAmministrazioni pubblicheÓ, di cui allĠart. 15, comma 1, della L. 241/90. b) Le attivitˆ di interesse comune svolte con lĠENIT. Appurato che nel concetto di ÒAmministrazioni pubblicheÓ, di cui allĠart. 15 della L. 241/90, possono essere ricompresi anche gli e.p.e, la norma dispone che Òle amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attivitˆ di interesse comuneÓ. Sul punto, la Scrivente concorda con quanto esposto da codesta Direzione Generale: tenendo in considerazione la previsione contenuta nellĠart. 16 del D.L. 83/14, che fa riferimento alle Òforme di collaborazioneÓ sui mercati esteri tra lĠENIT e gli Uffici allĠestero, nonchŽ la disciplina espressa nello statuto dellĠENIT, sembra possibile affermare la sussistenza di attivitˆ di interesse comune fra ENIT e gli Uffici allĠestero, tali da soddisfare il requisito posto dal- lĠart. 15, comma 1, L. 241/90. Esemplificando, tra le Òattivitˆ di interesse comuneÓ svolte con lĠENIT  possibile ricordare: Òi compiti pubblicistici, finalizzati allĠinternazionalizzazione e alla promozione del Sistema Paese, quali: lĠindividuazione, lĠorganizzazione, la promozione e la commercializzazione dei servizi turistici, culturali e dei prodotti enogastronomici, tipici e artigianali in italia e allĠestero; la cura dellĠimmagine turistica unitaria italiana, delle varie tipologie dellĠofferta turistica nazionale e la promozione integrata delle risorse turistiche delle regioni, delle Province autonome e degli enti locali; la realizzazione di strategie promozionali a livello nazionale e internazionale e di informazione allĠestero e di sostegno alle imprese per la commercializzazione dei prodotti turistici italiani, in collegamento con la produzione di qualitˆ degli altri settori economici e produttivi; la promozione del Òmarchio italiaÓ nel settore turisticoÓ. (...). In conclusione, sembra alla Scrivente che anche le indicazioni previste nella seconda parte dellĠart. 15, comma 1, della L. 241/90 siano soddisfatte. c) Le condizioni dellĠAccordo da stipulare con lĠENIT Alla luce di quanto affermato nei punti a) e b), a parere della Scrivente, codesta Direzione Generale pu˜ legittimamente stipulare accordi con lĠENIT PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO ex art. 15 della L. 241/90. tuttavia, nella redazione dellĠaccordo, lĠamministrazione dovrˆ osservare le condizioni di seguito esplicitate. DallĠanalisi della giurisprudenza comunitaria e nazionale emerge che gli accordi fra Amministrazioni pubbliche -per essere legittimi -devono avere ad oggetto una collaborazione tra le stesse finalizzata a garantire lĠadempimento di una funzione di servizio pubblico di interesse comune. In dettaglio, la Corte di Giustizia UE ha fornito una serie di indicazioni che risultano fondamentali per capire a quali condizioni gli accordi fra Amministrazioni pubbliche possano considerarsi legittimi e, quando, al contrario, siano da ritenersi conclusi in violazione delle norme di legge. In particolare, la Corte di Giustizia UE con la sentenza del 19 dicembre 2012, causa C-159/11, ha enucleato le seguenti condizioni: 1) lĠaccordo deve essere indirizzato ad una cooperazione tra gli enti Pubblici interessati, avente alla base unicamente esigenze connesse al perseguimento di obiettivi di interesse pubblico; 2) la funzione di servizio pubblico, cui la collaborazione  indirizzata, deve essere comune ad entrambi gli enti, nel senso indicato dalla giurisprudenza (cfr. infra, Consiglio di stato n. 3849/2013); 3) lĠaccordo deve essere stipulato unicamente tra enti Pubblici, senza la partecipazione di soggetti privati; nessun soggetto privato - in virt di tale accordo - deve essere posto in posizione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti. DallĠanalisi complessiva della giurisprudenza comunitaria  poi possibile estrapolare ulteriori indicazioni, che si aggiungono a quelle appena richiamate: 4) alla base dellĠaccordo deve esserci una reale divisione di compiti e responsabilitˆ; 5) in relazione allĠonerositˆ,  stato statuito che alla base dellĠaccordo non deve esserci pagamento di un corrispettivo comprensivo di un margine di guadagno: lĠunico scambio finanziario ammesso tra i partecipanti pu˜ essere un mero ristoro dei costi sostenuti, nella forma del c.d. rimborso spese. Anche la giurisprudenza nazionale  conforme a quella comunitaria. Il Consiglio di Stato, (Sez. V, n. 3849 del 15 luglio 2013) ha affermato che Ò[É] il requisito dellĠinteresse pubblico ÒcomuneÓ non pu˜ essere inteso in termini di identitˆ ontologica, incentrato cio sul settore materiale di intervento delle amministrazioni stipulanti. la considerazione sembra a ben guardare ovvia, perchŽ ad opinare in questo senso si finirebbe per limitare ingiustificatamente le forme di cooperazione tra enti pubblici, circoscrivendole a quelle concluse tra soggetti appartenenti alla medesima branca amministrativa. [É] il predicato in questione [pu˜] essere soddisfatto allorchŽ vi sia una Òsinergica convergenzaÓ su attivitˆ di interesse comune, pur nella diversitˆ del fine pubblico perseguito da ciascuna amministrazioneÓ. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 Ci˜ premesso, ritiene la Scrivente che codesta Amministrazione possa siglare ÒinteseÓ con lĠENIT, ex art. 15 della L. 241/90, al fine di regolare i generali rapporti di collaborazione disciplinati da tale norma, e quindi concedere ad ENIT spazi presso gli immobili del proprio patrimonio indisponibile, a patto che lĠaccordo stipulato sia pienamente rispettoso delle indicazioni riportate ai numeri 1), 2), 3), 4) e 5), e lĠutilizzo degli spazi in questione sia quindi funzionale al perseguimento di obiettivi comuni nel senso sopra precisato. Di conseguenza, codesta Direzione Generale potrˆ siglare con lĠENIT intese volte a riconoscere a questĠultimo la concessione degli spazi solo al ricorrere delle riferite condizioni, mancando le quali lĠeventuale accordo concluso sarebbe illegittimo, nella misura in cui concederebbe ad ENIT una preferenza rispetto agli altri operatori. ENIT infatti verrebbe dispensato dal partecipare alle procedure selettive ogni qual volta si profili una possibile collaborazione, e il relativo accordo sarebbe tale da dissimulare lĠaffidamento diretto di una concessione (o di una locazione), in violazione del principio di contabilitˆ di stato che impone, da un lato, il ricorso a procedure competitive per la concessione in uso di beni pubblici, quali sono i beni del patrimonio indisponibile, e, dallĠaltro, la tendenziale onerositˆ della stessa, salvo che non esista una norma di legge che consenta un affidamento del bene a terzi a titolo gratuito ovvero a canone agevolato. Inoltre, si osserva che codesta Amministrazione dovrˆ predisporre un testo di Accordo che, oltre ad essere aderente alle indicazioni fornite nel presente parere, contenga clausole e principi validi in via generale e astratta per tutte le sedi diplomatiche, da utilizzare ogniqualvolta ricorrano le condizioni per concedere ad ENIT spazi presso gli immobili del patrimonio indisponibile in uso agli Uffici allĠestero. Sarˆ poi cura di ogni singola sede adattare il contenuto dellĠaccordo alle proprie esigenze e al caso concreto. Infine, come affermato da codesta Direzione Generale, i futuri accordi dovranno essere motivati e soggetti ai controlli ordinari, in ragione delle materie trattate (Corte dei Conti, Ufficio Centrale di Bilancio etc.). La questione  stata sottoposta all'esame del Comitato Consultivo del- lĠAvvocatura dello Stato di cui allĠart. 26 della legge 3 aprile 979 n. 103, che si  espresso in conformitˆ nella seduta del 3 luglio 2018. PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO accordi e convenzioni stipulati tra iCe e reti di distribuzione (Gdo) in Paesi esteri, la normativa di riferimento Parere del 01/08/2018-416103, al 15952/2018, avv. GiaCoMo aiello Con la nota del 11 aprile 2018  stato richiesto lĠavviso della Scrivente in merito allĠapplicazione dellĠart. 63, comma 2 lett. b) punto 2 del D.Lgs. 50/2016, agli accordi stipulati da codesta Agenzia con le reti di distribuzione (GDO) di Paesi esteri, in ossequio a quanto prescritto dallĠart. 30, comma 2 lett. d) della L. 164/2014. Codesta Agenzia con la nota che si riscontra, in esito alla richiesta istruttoria avanzata dalla Scrivente, ha trasmesso copia degli accordi giˆ stipulati al fine di promuovere la penetrazione dei mercati internazionali da parte delle PMI italiane. DallĠesame della documentazione pervenuta risulta che le convenzioni giˆ perfezionate sono essenzialmente finalizzate a definire una cornice regolatoria che ha lo scopo di promuovere una forma di collaborazione definita Òstrategic partnershipÓ con i primari operatori della grande distribuzione internazionali. Questi si impegnano non solo a incentivare la vendita di prodotti italiani, spesso anche in spazi dei centri commerciali appositamente dedicati, ma anche a promuovere adeguate campagne pubblicitarie per sensibilizzare il mercato di riferimento circa le loro qualitˆ. Le forme attraverso le quali si esplica la collaborazione con le reti di distribuzione (GDO) presenti in paesi esteri sono le pi varie perchŽ possono anche consistere nel coinvolgimento in eventi di promozione del Made in italy che si svolgono sul territorio nazionale per stimolare la conoscenza dei prodotti e per aprire un canale di comunicazione diretto degli acquirenti con i produttori che, altrimenti, per le proprie dimensioni economiche ed organizzative, non potrebbero accedere a mercati altamente selettivi e complessi. Codesta Agenzia, attraverso la propria rete internazionale,  in grado di individuare le migliori opportunitˆ per lĠesportazione dei prodotti italiani e procede pertanto allĠindividuazione delle GDO, con cui definire accordi di collaborazione, in base ad una serie di fattori tra cui rientra sia lĠelemento della copertura geografica, sia lĠaffidabilitˆ dellĠinterlocutore e la coerenza delle linee di prodotti da questo tipicamente commercializzati con quelli italiani che si intende promuovere. I contratti esaminati, che realizzano alcune delle finalitˆ individuate dal- lĠart. 30, comma 2 D.L. 133/2014, convertito con modificazioni dalla l. n. 164/2012 (in particolare quelle di cui alle lett. d) ed f)), prevedono anche lĠerogazione di un contributo a favore della rete di distribuzione che serve a coprire, in misura talvolta estremamente ridotta, i costi delle campagne pubblicitarie RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 o di promozione dei prodotti italiani che saranno in seguito avviate, con il consenso previo di codesta Agenzia, per il lancio dei beni che si intende commercializzare. Spetta in ogni caso alla rete di distribuzione scegliere in maniera del tutto autonoma sia le modalitˆ della campagna di promozione, sia il compito di selezionare i prodotti italiani che si intende commercializzare nel quadro di unĠofferta di varie tipologie merceologiche che viene predisposta a seguito di apposita selezione interna da parte dellĠICE. Il beneficiario diretto della contribuzione corrisposta dallĠICE  la GDO anche se i benefici si ripercuotono in maniera indiretta, ma economicamente assai pi rilevante, sui produttori italiani ammessi ai canali distributivi internazionali, che ne divengono i reali destinatari. La determinazione dellĠoggetto della prestazione dedotta negli accordi sottoposti allĠesame della Scrivente, dipende di volta in volta dalla valutazione di una serie di fattori tutti correlati alle peculiaritˆ del singolo mercato considerato rilevante per il Made in italy. Detta ponderazione discende dallĠanalisi delle caratteristiche proprie di ciascun contesto commerciale rispetto al quale la scelta della controparte consiste nel riconoscimento dellĠunicitˆ di un determinato tipo di offerta in relazione al contesto geografico, economico e sociale che si intende penetrare. Sono dunque modalitˆ di scelta che possono sfuggire, tenuto conto di volta in volta delle risultanze dellĠanalisi di mercato effettuata da codesta Agenzia e della situazione giuridica ed economica del Paese presso il quale si intende intervenire, alla predeterminazione dei criteri di massima valevoli per una pluralitˆ di concorrenti perchŽ, per le loro caratteristiche intrinseche, i medesimi presentano profili di unicitˆ rispetto agli obbiettivi che si intende realizzare. Le convenzioni trasmesse da codesta Agenzia rientrano anzitutto nella categoria dei contratti di diritto internazionale e sono assoggettati alla disciplina giuridica del Paese a cui appartiene la GDO. Le medesime presentano caratteristiche affatto peculiari che, per certi versi, sono proprie dellĠappalto di servizi di cui allĠart. 1655 c.c., sebbene il carattere sinallagmatico rilevi solo parzialmente, atteso che la contribuzione corrisposta dallĠICE copre solo in minima parte il costo complessivo della campagna di promozione pubblicitaria. Non possono nemmeno considerarsi stricto iure contratti in favore del terzo ex 1411 c.c. perchŽ, nel caso di specie, il diritto del terzo non trova il suo esclusivo fondamento nel contratto, occorrendo un apposito negozio tra il produttore e la rete di distribuzione. Non si tratta neanche di contratti di sponsorizzazione perchŽ lĠICE non acconsente allĠuso di marchi propri. Le convenzioni in esame non rientrano nemmeno pienamente nella categoria dei contratti di diffusione pubblicitaria, perch la GDO si assume, oltre PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO al compito della promozione del prodotto italiano, anche quello ben pi rilevante della sua vendita. I contratti in questione non sembrano infine appartenere alla categoria del contratto di partenariato pubblico privato come definito dallĠart. 1, comma 3 lett. ee), come  stato correttamente rilevato da codesta Agenzia. Codesta Agenzia rappresenta di avere operato in analogia al combinato disposto degli art. 57 comma 2 lett. b) D.lgs. 163/2006 e 63, punto 2 lett. b) sub 2 del nuovo codice dei contratti pubblici, di cui al D.Lgs. n. 50/2016, ritenendo che la selezione del contraente per le fattispecie esaminate e quindi della rete di distribuzione commerciale nello stato straniero, possa essere effettuata con la procedura negoziata, senza previa pubblicazione del bando, per lĠaffidamento di un servizio ad un fornitore che presenta carattere di unicitˆ tecnica. Rispetto al parametro normativo da ultimo indicato ed allo stato degli atti, se  possibile ritenere che nelle fattispecie scrutinate non esistano Òsoluzioni alternative ragionevoliÓ potrebbero emergere perplessitˆ in relazione allĠÒassenza di concorrenzaÓ che  lĠaltro presupposto cui viene fatto riferimento nel secondo periodo della lett. b) del comma 2 dellĠart. 63 richiamato. Da quanto precede consegue lĠindubbia natura atipica dei contratti in esame, ed il fatto che le convenzioni con i GDO possono considerarsi ricomprese nellĠattivitˆ di diritto privato della P.A. Come  noto, le pubbliche amministrazioni possono stipulare negozi iure privatorum, in quanto  riconosciuta la loro capacitˆ di diritto privato (Cfr. CdS parere 6 dicembre 2000; Ad. Plen 6/2002). Detta attivitˆ risponde tuttavia ad un principio di funzionalizzazione non potendosi prescindere dallo scopo di realizzare fini di pubblico interesse assegnati allĠAmministrazione procedente. Questa pu˜ utilizzare quasi tutti i modelli di contratto previsti e disciplinati dal Codice civile, seppure la formazione e la efficacia del contratto stesso siano vincolate al rispetto di particolari procedimenti. I contratti di diritto privato stipulati dalla pubblica amministrazione sono pertanto riconducibili alla nozione degli artt. 1321 e 1322 c.c. Pur essendo l'amministrazione una parte giuridicamente equiparata ad un qualsiasi soggetto privato contraente, essa non pu˜ tuttavia prescindere dalle proprie caratteristiche intrinseche, quali la personalitˆ giuridica e l'interesse pubblico perseguito attraverso l'attivitˆ contrattuale. Queste circostanze si riflettono in particolare sul procedimento di formazione della volontˆ contrattuale dell'amministrazione attraverso lĠadozione della delibera a contrarre, l'approvazione o il diniego o la revoca dell'approvazione, la registrazione e il visto, ovvero il diniego degli stessi, atti che hanno pacificamente natura provvedimentale, Con riferimento alla scelta del contraente, permane in ogni caso la necessitˆ che vengano offerte le pi ampie garanzie di trasparenza e concorrenza. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 La normativa di riferimento per tutti i contratti di diritto privato della pubblica amministrazione  rappresentata dalle norme contenute nel Codice civile, dalla legge sulla contabilitˆ generale dello Stato (r.d. 18 novembre 1923 n. 2440) e dal relativo regolamento di esecuzione (r.d. 23 maggio 1924 n. 827), nonchŽ dalla normativa in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi (l. 7 agosto 1990 n. 241). Rispetto alle fattispecie esaminate si ritiene altres“ necessario fare riferimento allĠart. 4 primo comma D.lgs. 50/2016 a mente del quale: Òl'affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, dei contratti attivi, esclusi, in tutto o in parte, dall'ambito di applicazione oggettiva del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicitˆ, efficacia, imparzialitˆ, paritˆ di trattamento, trasparenza, proporzionalitˆ, pubblicitˆ, tutela dell'ambiente ed efficienza energeticaÓ. Ad avviso della Scrivente, nella negoziazione che determina la stipulazione delle convenzioni oggetto dĠesame, codesta Agenzia dovrˆ quindi certamente attenersi alle regole fin qui richiamate, diretta attuazione dei principi contenuti nellĠart. 97 Cost., allo scopo di assicurare il raggiungimento degli obbiettivi definiti dal D.L. 133/2014, indicando con unĠespressa ed articolata motivazione le ragioni che di volta in volta suggeriscono la scelta di una determinata GDO al fine del migliore conseguimento della promozione del Made in italy. Si resta a disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti. *** Involgendo questioni di massima, il presente parere  stato sottoposto allĠesame del Comitato consultivo, ai sensi dellĠart. 26 della legge 3 aprile 1979, n. 103, che si  espresso in conformitˆ nella seduta del 19 luglio 2018. PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO sulla esclusione delle imprese da gare pubbliche per pregresse condotte che integrano illeciti anticoncorrenziali al 27806/2018, avv. SerGio FiorenTino i) Parere del 06/08/2018-424435 Con la nota indicata a margine, codesto Ufficio - richiestone da Consip S.p.A. - ha posto alla scrivente alcuni quesiti relativi alla rilevanza, quale motivo di esclusione dalla partecipazione alle procedure di gara per lĠaffidamento di contratti pubblici, di pregresse condotte delle imprese che integrano illeciti anticoncorrenziali. Si chiede in primo luogo di conoscere - alla luce del pertinente quadro normativo e delle Linee guida pubblicate dallĠANAC - se, al fine anzidetto, la stazione appaltante debba valutare esclusivamente le condotte accertate con provvedimento dellĠAutoritˆ garante della concorrenza e del mercato divenuto inoppugnabile o confermato, quanto meno nella direzione di accertamento del- lĠillecito, con sentenza passata in giudicato, ovvero se possano avere rilievo anche illeciti che non siano divenuti giˆ incontestabili da parte delle imprese interessate (Çprimo quesitoÈ). In secondo luogo -e in relazione a una limitazione, in tal senso, contenuta nelle vigenti Linee guida dellĠANAC - si chiede di conoscere, anche con specifico riferimento a un recente cartello anticoncorrenziale accertato dal- lĠAGCM, se, ai fini suddetti, debba esserci integrale coincidenza tra il mercato rilevante nel cui contesto si  realizzato lĠillecito antitrust e mercato oggetto del contratto da affidare (Çsecondo quesitoÈ) ** I. il quadro normativo e regolamentare. La direttiva 2014/24/UE, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici, allĠart. 57, rubricato ÇMotivi di esclusioneÈ, par. 4, dispone quanto segue: ÇLe amministrazioni aggiudicatrici possono escludere, oppure gli Stati membri possono chiedere alle amministrazioni aggiudicatrici di escludere dalla partecipazione alla procedura dĠappalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni: a) - b) (É) c) se lĠamministrazione aggiudicatrice pu˜ dimostrare con mezzi adeguati che lĠoperatore economico si  reso colpevole di gravi illeciti professionali, il che rende dubbia la sua integritˆ; d) se lĠamministrazione aggiudicatrice dispone di indicazioni sufficientemente plausibili per concludere che lĠoperatore economico ha sottoscritto accordi con altri operatori economici intesi a falsare la concorrenza; e) - i) (É)È (1). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 NellĠinterpretazione di tale disposizione  opportuno tener conto del ÔconsiderandoĠ n. 101, che ha il seguente tenore: Çle amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero continuare ad avere la possibilitˆ di escludere operatori economici che si sono dimostrati inaffidabili, per esempio a causa di violazioni di obblighi ambientali o sociali, comprese le norme in materia di accessibilitˆ per le persone con disabilitˆ, o di altre forme di grave violazione dei doveri professionali, come le violazioni di norme in materia di concorrenza o di diritti di proprietˆ intellettuale. é opportuno chiarire che una grave violazione dei doveri professionali pu˜ mettere in discussione lĠintegritˆ di un operatore economico e dunque rendere questĠultimo inidoneo ad ottenere lĠaggiudicazione di un appalto pubblico indipendentemente dal fatto che abbia per il resto la capacitˆ tecnica ed economica per lĠesecuzione dellĠappalto. Tenendo presente che lĠamministrazione aggiudicatrice sarˆ responsabile per le conseguenze di una sua eventuale decisione erronea, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero anche mantenere la facoltˆ di ritenere che vi sia stata grave violazione dei doveri professionali qualora, prima che sia stata presa una decisione definitiva e vincolante sulla presenza di motivi di esclusione obbligatori, possano dimostrare con qualsiasi mezzo idoneo che lĠoperatore economico ha violato i suoi obblighi, inclusi quelli relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali, salvo disposizioni contrarie del diritto nazionale. dovrebbero anche poter escludere candidati o offerenti che in occasione dellĠesecuzione di precedenti appalti pubblici hanno messo in evidenza notevoli mancanze per quanto riguarda obblighi sostanziali, per esempio mancata fornitura o esecuzione, carenze significative del prodotto o servizio fornito che lo rendono inutilizzabile per lo scopo previsto o comportamenti scorretti che danno adito a seri dubbi sullĠaffidabilitˆ dellĠoperatore economico. il diritto nazionale dovrebbe prevedere una durata massima per tali esclusioni. nellĠapplicare motivi di esclusione facoltativi, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero prestare particolare attenzione al principio di proporzionalitˆ. lievi irregolaritˆ dovrebbero comportare lĠesclusione di un operatore economico solo in circostanze eccezionali. Tuttavia, casi ripetuti di lievi irregolaritˆ possono far nascere dubbi sullĠaffidabilitˆ di un operatore economico che potrebbero giustificarne lĠesclusioneÈ. lĠart. 80 del d.lgs 18 aprile 2016, n. 50 (ÇCodice dei contrattiÈ), intitolato ÇMotivi di esclusioneÈ, al comma 5 stabilisce quanto segue: Çle stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura (1) Questi motivi di esclusione sono richiamati, dallĠart. 80 della direttiva 2014/25/UE, per gli appalti dei settori c.d. ÒspecialiÓ. Analoghe cause di esclusione sono previste, in materia di concessioni, dallĠart. 38, par. 7 della direttiva 2014/23/UE. PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO dĠappalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui allĠarticolo 105, comma 6, qualora: a) - b) (É) c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che lĠoperatore economico si  reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integritˆ o affidabilitˆ. Tra questi rientrano: le significative carenze nellĠesecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata allĠesito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sullĠesclusione, la selezione o lĠaggiudicazione ovvero lĠomettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione; d) - m) (É)È. Il successivo comma 13 del medesimo articolo 80 stabilisce, inoltre, che: ÇCon linee guida lĠanaC, da adottarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente codice, pu˜ precisare, al fine di garantire omogeneitˆ di prassi da parte delle stazioni appaltanti, quali mezzi di prova considerare adeguati per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui al comma 5, lettera c), ovvero quali carenze nellĠesecuzione di un precedente contratto di appalto siano significative ai fini del medesimo comma 5, lettera c)È. In attuazione di tale comma, lĠANAC ha approvato, con delibera n. 1293 del 16 novembre 2016, le Linee guida n. 6, successivamente aggiornate con deliberazione n. 1008 dellĠ11 ottobre 2017. Riguardo alle cause di esclusione consistenti in gravi illeciti professionali, al punto 2.1. delle vigenti Linee guida si afferma quanto segue: Çrilevano quali cause di esclusione ai sensi dellĠart. 80, comma 5, lett. c) del codice gli illeciti professionali gravi accertati con provvedimento esecutivo, tali da rendere dubbia lĠintegritˆ del concorrente, intesa come moralitˆ professionale, o la sua affidabilitˆ, intesa come reale capacitˆ tecnico professionale, nello svolgimento dellĠattivitˆ oggetto di affidamento. al ricorrere dei presupposti di cui al periodo precedente, gli illeciti professionali gravi rilevano ai fini dellĠesclusione dalle gare a prescindere dalla natura civile, penale o amministrativa dellĠillecitoÈ. Con particolare riferimento agli illeciti sanzionati dallĠAGCM, il punto 2.2.3.1 delle medesime Linee guida recita: Çal ricorrere dei presupposti di cui al punto 2.1, la stazione appaltante deve valutare, ai fini dellĠeventuale esclusione del concorrente: PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO tipizzata ipotesi di grave illecito professionale (si veda, in tal senso, il ÔconsiderandoĠ n. 101 nonchŽ Corte di giustizia dellĠUnione europea, sentenza 18 dicembre 2014, causa C-470/13, Generali-Providencia biztos’t—, punti 35 e 37). La direttiva consente, inoltre, agli Stati membri di imporre tale esclusione (Çoppure gli Stati membri possono chiedere alle amministrazioni aggiudicatrici di escludereÈ), al ricorrere di una di delle situazioni che legittimerebbero lĠesclusione facoltativa. Con lĠart. 80, comma 5, del Codice dei contratti il legislatore si  avvalso di tale possibilitˆ, stabilendo che le stazioni appaltanti ÇescludanoÈ -e non che esse abbiano la mera facoltˆ di escludere - gli operatori economici allorquando emerga, sulla base di fonti di prova ÒadeguateÓ, che i medesimi si siano resi colpevoli di gravi illeciti professionali, tali da mettere in dubbio la loro integritˆ e affidabilitˆ. LĠobbligo , del resto, ribadito al comma 6: Çle stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura, qualora risulti che lĠoperatore economico si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui ai commi 1, 2, 4 e 5È. Alle stazioni appaltanti residua, dunque, un margine di apprezzamento circa il rilievo quale Ògrave illecitoÓ professionale del fatto escludente ipotizzato, circa lĠadeguatezza della prova del fatto medesimo e circa la proporzionalitˆ della misura di esclusione, in relazione alla gravitˆ dellĠillecito, non anche un margine di discrezionalitˆ sullĠopportunitˆ di disporre lĠesclusione. La norma nazionale enumera, a titolo esemplificativo, alcune ipotesi di grave illecito professionale, tra le quali non figurano espressamente gli illeciti anticoncorrenziali. In questo contesto intervengono le Linee guida n. 6, non vincolanti, emanate dellĠANAC con la finalitˆ appunto di coadiuvare le stazioni appaltanti nellĠattivitˆ di individuazione dei fatti escludenti e di uniformare le prassi sul territorio nazionale. In sintesi, per quanto qui interessa, nelle Linee guida: -si esclude che possa venire in rilievo, e dunque che la stazione appaltante possa ritenere adeguatamente provato, un illecito professionale che non sia stato quanto meno accertato con Òprovvedimento esecutivoÓ (cfr. punto 2.1 e punto 2.2.3.1.); (3) Il termine ÒsottoscrittoÓ non deve evidentemente intendersi in senso letterale, essendo da escludere, nella generalitˆ dei casi, che accordi intesi a falsare la concorrenza siano formalmente ÒsottoscrittiÓ dalle parti. La fattispecie va, dunque, riferita alla ÒconclusioneÓ di simili accordi, come si evince, tra lĠaltro, dalla versione francese della disposizione (Çle pouvoir adjudicateur dispose dĠŽlŽments suffisamment plausibles pour conclure que lĠopŽrateur Žconomique a conclu des accords avec dĠautres opŽrateurs Žconomiques en vue de fausser la concurrenceÈ) e da quella inglese (Çwhere the contracting authority has sufficiently plausible indications to conclude that the economic operator has entered into agreements with other economic operators aimed at distorting competitionÈ). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 -si chiarisce che costituiscono gravi illeciti professionali, che la stazione appaltante deve valutare, gli illeciti antitrust gravi, ivi incluse le pratiche commerciali scorrette (e non solo gli accordi contemplati dallĠart. 57, par. 4, lett. d della direttiva), alla condizione, tuttavia, che questi abbiano o possano avere effetti sulla Òcontrattualistica pubblicaÓ e siano stati posti in essere Ònel medesimo mercato oggetto del contratto da affidareÓ(4); -non si richiede - a differenza della soluzione individuata in una prima versione delle Linee guida -che tali illeciti antitrust si debbano considerare definitivamente accertati, in ragione della inoppugnabilitˆ del provvedimento o della definitivitˆ della sentenza che ha confermato la valutazione di sussistenza dellĠillecito, con la conseguenza che si potrˆ dare il caso di unĠimpresa esclusa dalla procedura di gara sulla base di un provvedimento dellĠAGCM che sia successivamente annullato dal giudice. *** II. Sul primo quesito. Cos“ brevemente ricostruito il quadro regolamentare, si pu˜ passare a esaminare il primo quesito, con il quale si chiede alla scrivente di valutare se sia praticabile unĠipotesi interpretativa secondo la quale -come si era ritenuto nella prima versione delle Linee guida n. 6 - possano venire in rilievo, ai fini dellĠesclusione di un operatore economico, i soli illeciti antitrust gravi accertati con provvedimento dellĠAGCM divenuto inoppugnabile o, comunque, confermati - quanto meno nella direzione di accertamento dellĠilliceitˆ della condotta - con sentenza passata in giudicato. Ritiene la scrivente che una simile soluzione non sarebbe in linea con le fonti normative sopra richiamate. LĠart. 80, comma 5, del Codice dei contratti dˆ chiaramente rilievo, nel suo tenore letterale, a illeciti professionali gravi non ancora accertati con provvedimento definitivo o con sentenza passata in giudicato, rispetto ai quali la stazione appaltante dispone, tuttavia, di prove serie e ÒadeguateÓ. In tal senso (4) Nel vigore del D.lgs. n. 163 del 2006, la giurisprudenza amministrativa aveva, invece, costantemente escluso che lĠillecito anticoncorrenziale integrasse il Çgrave errore professionaleÈ previsto dal- lĠart. 38, lett. f), d.lgs. n. 163 del 2006. Ci˜, in applicazione del principio di determinatezza delle cause di esclusione da procedure di affidamento di contratti pubblici e in considerazione del fatto che la disciplina di cui al previgente codice dei contratti pubblici, come pure la legge n. 287 del 1990, con riguardo alle sanzioni pecuniarie irrogate dallĠAGCM, non prevedeva alcuna sanzione accessoria rilevante in termini di esclusione dalla gara: cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 17 aprile 2017, n. 3505 e 4 dicembre 2017, n. 5704, che ha anche affermato che lĠart. 80, comma 5, lett. c) del nuovo codice dei contratti pubblici, nella misura in cui attribuisce rilievo allĠillecito anticoncorrenziale, non risulta comunque estensibile in via retroattiva a procedure di affidamento ricadenti nellĠalveo applicativo del previgente codice. Merita, al riguardo, segnalare tuttavia che, con ordinanza 21 giugno 2018, n. 7770, il T.A.R. Piemonte ha rimesso in Corte di giustizia dellĠUnione europea la questione di compatibilitˆ comunitaria di tale previgente regime, appunto nella parte escludeva Çdalla sfera di operativitˆ del c.d. Òerrore graveÓ commesso da un operatore economico ÒnellĠesercizio della propria attivitˆ professionaleÓ, i comportamenti integranti violazione delle norme sulla concorrenza accertati e sanzionati dalla autoritˆ nazionale antitrustÈ. PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO milita, tra le altre, la considerazione che il medesimo comma 5 richiede, rispetto a diversa fattispecie (le Çsignificative carenze nellĠesecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipataÈ), che tale situazione sia stata Çnon contestata in giudizio, ovvero confermata allĠesito di un giudizioÈ. Inoltre, lo stesso art. 80, ai commi 1 e 4, relativi a ipotesi di esclusione obbligatorie, richiede espressamente la presenza di condanne Çcon sentenza definitivaÈ o di violazioni definitivamente accertate in quanto Çcontenute in sentenze o atti amministrativi non pi soggetti ad impugnazioneÈ. Il mancato riferimento alla definitivitˆ dellĠaccertamento degli illeciti di cui al comma 5 -salvo il caso di cui si  detto - impedisce, dunque, sul piano letterale-sistematico, di ritenere che sia possibile circoscrivere in tal senso il dovere delle stazioni appaltanti di escludere lĠoperatore economico che si assume incorso in illeciti professionali gravi. Una volta ritenuto - come appare pacifico - che in tale novero rientrino anche gli illeciti antitrust gravi, si deve, pertanto, concludere che il descritto regime si applichi anche a dette ipotesi. La conclusione -che sembra discendere pianamente dalla lettura delle norme interne di recepimento -, dĠaltronde, imposta dalla direttiva 2014/24/UE che, come si  visto, allĠart. 57, par. 4, esige che sia dato rilievo a illeciti rispetto ai quali lĠamministrazione aggiudicatrice disponga di mezzi di prova ÒadeguatiÓ o di Çindicazioni sufficientemente plausibiliÈ, senza richiedere un accertamento definitivo dellĠillecito medesimo (accertamento definitivo che  invece richiesto, per altre ipotesi, dai parr. 1 e 2 del medesimo art. 57). * Nessuno degli argomenti prospettati nella richiesta di parere sembra deporre decisivamente in senso contrario. * II.1 il parere 3 novembre 2016, n. 2286, del Consiglio di Stato. Il parere 3 novembre 2016 n. 2286 della Commissione speciale del Consiglio di Stato  stato reso con riferimento alla prima versione delle Linee guida n. 6 dellĠANAC, che, come si  visto, imponevano di valutare solo provvedimenti dellĠAGCM divenuti definitivi, mentre analogo requisito non era previsto per i provvedimenti sanzionatori dellĠANAC. In tale contesto, il Consiglio di Stato si limit˜ a osservare quanto segue: Çil paragrafo 2.1.3. delle linee guida individua casistica ulteriore, rispetto al codice, in ordine al grave illecito professionale, desunta dagli illeciti antitrust definitivamente accertati ovvero da provvedimenti sanzionatori del- lĠanaC iscritti nel casellario informatico. Mentre i provvedimenti sanzionatori dellĠaGCM acquisiscono rilevanza solo se inoppugnabili, i provvedimenti sanzionatori dellĠanaC acquistano rilevanza quando iscritti nel casellario dellĠautoritˆ. Sarebbe opportuno circoscrivere la rilevanza ai soli provvedimenti sanzionatori dellĠanaC divenuti RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 inoppugnabili, o quanto meno, se contestati in giudizio, non sospesi dal giudice amministrativoÈ. Sembra, pertanto, alla scrivente che in questo passaggio non vi sia alcuna valutazione, fondata sullĠinterpretazione delle pertinenti disposizioni normative, circa la doverositˆ della soluzione allĠepoca identificata dallĠANAC con riguardo agli illeciti antitrust. Anzi, nel momento in cui nel parere si afferma che possano venire in rilievo anche provvedimenti dellĠANAC contestati, purchŽ Ònon sospesiÓ dal giudice amministrativo, si deve coerentemente ammettere che analoga soluzione sia stata implicitamente ritenuta praticabile con riferimento ai provvedimenti dellĠAGCM. * II.2 la sentenza della Corte di giustizia dellĠUnione europea 18 dicembre 2014, resa in causa C-470/13, Generali-Providencia Biztos’t—. Non sembra, poi, che la soluzione secondo la quale solo lĠaccertamento definitivo dellĠillecito antitrust grave darebbe ingresso al motivo di esclusione di cui allĠart. 80, comma 5, del Codice dei contratti sia imposta dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dellĠUnione europea e, in particolare, dalla giˆ citata sentenza 18 dicembre 2014, causa C-470/13, Generali-Providencia biztos’t—. NellĠoccasione, la Corte di giustizia si  limitata a valutare la compatibilitˆ con il diritto dellĠUnione di una disposizione ungherese che consentiva alle amministrazioni aggiudicatrici di escludere dalle procedure di affidamento di appalti pubblici imprese che avevano commesso illeciti professionali, ivi inclusi quelli antitrust, ÒconstatatiÓ con Òdecisione giurisdizionale passata in giudicatoÓ. La fattispecie  stata scrutinata dalla Corte con riferimento a unĠepoca nella quale era in vigore la precedente direttiva (n. 2004/18/CE), non la direttiva 2014/24/UE, e - peraltro - nellĠaccertata inapplicabilitˆ anche di tale direttiva, trattandosi di appalto c.d. ÒsottosogliaÓ al quale, per il riscontrato interesse transfrontaliero, risultavano applicabili i soli principi desumibili dagli artt. 49 e 56 TFUE. In disparte tali pur decisive considerazioni, emerge dalla piana lettura della sentenza che, nella circostanza, la Corte si  limitata a dichiarare che i predetti articoli del TFUE non ostano a una norma nazionale come quella ungherese, senza nel contempo affermare che lĠesclusione sarebbe legittima solo in caso di accertamento giudiziale definitivo dellĠillecito e che, pertanto, sarebbe contraria al diritto dellĠUnione una soluzione che consentisse di anticipare lĠesclusione ai casi di grave illecito professionale di cui lĠamministrazione aggiudicatrice Çpu˜ dimostrare con mezzi adeguati che lĠoperatore economico si  reso colpevoleÈ ovvero rispetto ai quali Çdispone di indicazioni sufficientemente plausibiliÈ. * PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO II.3 Gli argomenti di interpretazione logica e sistematica ritraibili dal- lĠart. 80, comma 10, del Codice dei contratti. Da ultimo, non sembra ravvisabile alcun ÒcontrastoÓ tra le indicazioni contenute nellĠattuale versione delle Linee guida n. 6 e il comma 10 dellĠart. 80 del Codice dei contratti. Tale comma dispone quanto segue: ÇSe la sentenza di condanna definitiva non fissa la durata della pena accessoria della incapacitˆ di contrattare con la pubblica amministrazione, ovvero non sia intervenuta riabilitazione, tale durata  pari a cinque anni, salvo che la pena principale sia di durata inferiore, e in tale caso  pari alla durata della pena principale e a tre anni, decorrenti dalla data del suo accertamento definitivo, nei casi di cui ai commi 4 e 5 ove non sia intervenuta sentenza di condannaÈ. Il contrasto tra tale disposizione e la soluzione contenuta nelle Linee guida risiederebbe nel fatto che la durata, fissata in tre anni, della condizione di incapacitˆ a contrattare con la pubblica amministrazione, Çnei casi di cui ai commi 4 e 5 ove non sia intervenuta sentenza di condannaÈ, verrebbe fatta decorrere dal suo Òaccertamento definitivoÓ, il che confermerebbe che sarebbe necessaria lĠinoppugnabilitˆ del provvedimento o la sentenza non soggetta a impugnazione. Merita al riguardo premettere che, nella disposizione contenuta al comma 10, lĠart. 80 del Codice dei contratti manifesta con maggiore evidenza quella lacunositˆ che il Consiglio di Stato ha rilevato nel citato parere n. 2286 del 2016 (v. ¤ 13.1 del parere medesimo). La norma, nel suo tenore letterale, sembra voler disciplinare la durata della pena accessoria dellĠincapacitˆ a contrattare con la pubblica amministrazione (anche in deroga allĠart. 32-ter, comma secondo, cod. pen.), che , peraltro, condizione diversa dalla soggezione a uno dei motivi di esclusione dalle procedure di gare previsti dallĠart. 80 del Codice dei contratti Il parere n. 2286/2016 del Consiglio di Stato rileva, al riguardo, che ÇlĠart. 80, c. 10, a causa di un evidente errore materiale commesso nel testo definitivo rispetto allo schema, indica la durata massima di rilevanza delle cause di esclusione solo con riferimento alle condanne penali, e non anche con riferimento alle altre cause di esclusione contemplate dallĠart. 80È. SennonchŽ lo stesso comma 10 dellĠart. 80 si riferisce a ipotesi -comprese nella casistica di cui ai commi 4 e 5 del medesimo articolo -per le quali la pena accessoria dovrebbe avere durata di tre anni, benchŽ non sia intervenuta sentenza di condanna (e tuttavia vi sia stato Òaccertamento definitivoÓ dellĠillecito). Ora,  noto per˜ che non si danno casi in cui, in assenza di una sentenza di condanna, si renda applicabile una pena accessoria e, in particolare, la pena accessoria dellĠincapacitˆ di contrattare con la pubblica amministrazione. Ai sensi dellĠart. 20 cod. pen., le pene accessorie Çconseguono di diritto alla con RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 danna, come effetti penali di essaÈ, non sono applicabili in caso di patteggiamento (cfr. art. 445 cod. proc. pen.) - salvo deroghe specifiche (cfr. ad es., art. 609 nonies, comma primo. cod. pen.), che tuttavia non constano rispetto alla sanzione interdittiva in esame - nŽ con la sentenza che accerti una intervenuta causa di estinzione del reato. Non resta che concludere, pertanto, che con lĠultima parte del comma 10 dellĠart. 80 il legislatore abbia voluto regolare -non la durata di una (inesistente) pena accessoria di incapacitˆ a contrattare con la pubblica amministrazione - ma la durata massima dei motivi di esclusione previsti dai commi 4 e 5 del medesimo articolo (5). In altre parole, con tale parte del comma in esame sarebbe stato recepito lĠart. 57, par. 7, della direttiva 2014/24/UE, che  disposizione a recepimento effettivamente necessario. SennonchŽ tale disposizione stabilisce quanto segue: Çin forza di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative e nel rispetto del diritto dellĠUnione, gli Stati membri specificano le condizioni di applicazione del presente articolo. in particolare essi determinano il periodo massimo di esclusione nel caso in cui lĠoperatore economico non adotti nessuna misura di cui al paragrafo 6 per dimostrare la sua affidabilitˆ. Se il periodo di esclusione non  stato fissato con sentenza definitiva, tale periodo non supera i cinque anni dalla data della condanna con sentenza definitiva nei casi di cui al paragrafo 1 e i tre anni dalla data del fatto in questione nei casi di cui al paragrafo 4È. Si vede, quindi, come -con riferimento ai casi qui in esame, contemplati dal par. 4 dellĠart. 57 -la direttiva limita a tre anni lĠoperativitˆ del motivo di esclusione, ma con decorrenza dalla data del ÒfattoÓ e non dallĠaccertamento definitivo (a conclusiva conferma dellĠinterpretazione sopra illustrata, secondo la quale tale accertamento non  presupposto della causa di esclusione, mentre lo  nei casi stabiliti dal par. 1, di talchŽ, in tali diversi casi, la direttiva fa coerentemente decorrere il periodo massimo di esclusione dalla sentenza definitiva). Di qui gli inconvenienti segnalati nel punto 13.1 del pi volte citato parere n. 2286/16 del Consiglio di Stato, nel quale si conclude nel senso che Çla lacuna del codice non pu˜ che essere colmata mediante diretta applicazione della direttiva in parte qua, la quale, piaccia o meno, fa decorrere i tre anni non dalla notizia del fatto, o dallĠaccertamento definitivo del fatto, come pure sarebbe logico e razionale, ma Òdalla data del fattoÓ, ossia dallĠaccadimento storico (come dimostra anche lĠesame comparato dalla versione delle norma nelle varie lingue, sopra riportata), nella specie, lĠillecito professionaleÈ. (5) Secondo questa lettura, la locuzione Çtale durataÈ, contenuta nella proposizione subordinata del comma 10, non andrebbe riferita alla locuzione Çla durata della pena accessoriaÈ, contenuta nella proposizione reggente, ma - genericamente - alla durata massima delle cause di esclusione. PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO La soluzione va evidentemente condivisa, con la precisazione che gli aspetti di irrazionalitˆ del sistema rilevati dal Consiglio di Stato - indotti dalla circostanza che il termine del periodo di esclusione iniziasse a decorrere dal fatto, mentre lĠesclusione medesima non poteva essere disposta se non dopo lĠaccertamento definitivo del fatto medesimo (che, in ipotesi, poteva intervenire anche dopo il decorso del triennio) - vengono in gran parte meno con la soluzione individuata nella pi recente versione delle Linee guida, giacchŽ la stazione appaltante dispone del potere di escludere lĠimpresa dallĠepoca della commissione del fatto, momento dal quale decorre anche il periodo triennale di vigenza della causa di esclusione. Peraltro, un residuo ambito di autonoma applicazione dellĠultima parte del comma 10 dellĠart. 80 potrebbe comunque ravvisarsi, con riferimento a quegli specifici motivi di esclusione che, ai sensi dei commi 4 e 5 del medesimo articolo, postulano il previo accertamento definitivo del fatto: segnatamente, le violazioni gravi rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali e le significative carenze nel- lĠesecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata (la durata dellĠesclusione conseguente allĠulteriore ipotesi della violazione del divieto di intestazione fiduciaria di cui allĠarticolo 17 della legge 19 marzo 1990, n. 55 essendo autonomamente determinata dalla lettera h del comma 5). Va da sŽ, poi, che se lĠoperatore economico, in conseguenza della condanna per un reato, risulta destinatario della pena accessoria dellĠincapacitˆ di contrarre con la pubblica amministrazione (o, se strutturato in forma societaria, della sanzione amministrativa del Çdivieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizioÈ di cui allĠart. 9, comma 2, lett. c, del D.lgs. n. 231 del 2001), anche questa causa di esclusione si renderˆ applicabile, con decorrenza dallĠaccertamento giudiziale e con la durata stabilita dalla misura interdittiva. ** II.4 Conclusioni. Sulla base della ricostruzione che precede, ritiene la scrivente che sia condivisibile la soluzione che ispira le Linee Guida n. 6 dellĠANAC, secondo la quale lĠaccertamento definitivo dellĠillecito antitrust grave non  condizione necessaria per lĠesclusione. LĠindicazione secondo cui il grave illecito professionale, ivi compreso lĠillecito antitrust, debba risultare quanto meno da un provvedimento emesso da parte dellĠautoritˆ amministrativa competente -restando cos“ circoscritto lĠambito dellĠapprezzamento discrezionale circa la prova dellĠillecito, rimesso alla stazione appaltante -costituisce suggerimento opportuno, dovendosi escludere, nella generalitˆ dei casi, che la stazione appaltante possa ritenere sufficientemente provato un illecito antitrust che non sia stato ancora sanzionato RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 dallĠAutoritˆ competente. Considerato, tuttavia, che lĠesclusione non costituisce sanzione accessoria al provvedimento dellĠAGCM, ma misura che la stazione appaltante adotta sulla base della propria conoscenza dei fatti e del proprio autonomo apprezzamento dei medesimi, non  in radice da escludere che i presupposti per disporre lĠesclusione possano emergere anche in una fase precedente allĠadozione del provvedimento sanzionatorio dellĠillecito antitrust (si pensi, ad esempio, a quegli illeciti anticoncorrenziali - come i cartelli volti alla spartizione delle commesse pubbliche - che possono integrare anche illeciti penali). In ogni caso, nelle Linee Guida lĠesistenza del provvedimento del- lĠAGCM - cui si affianca la sua perdurante esecutivitˆ (aspetto che, nelle pi recenti Linee guida, appare essere stato inserito in recepimento del citato parere del Consiglio di Stato, ma che sembrerebbe ultroneo, giacchŽ la sospensione giudiziale dellĠatto amministrativo non sempre implica unĠeffettiva valutazione del fumus di infondatezza del provvedimento) - prospettata quale condizione necessaria, ma non sufficiente ai fini dellĠesclusione. Come nota correttamente codesto Ufficio, infatti, le Linee guida del- lĠANAC non instaurano alcun automatismo tra lĠesistenza di un provvedimento esecutivo dellĠAGCM e lĠesclusione dalle procedure di gara: ben diversamente, nelle Linee guida si afferma che la stazione appaltante Òdeve valutareÓ i provvedimenti esecutivi dellĠAGCM ai fini della Òeventuale esclusioneÓ del concorrente (6). Nella sostanza, ci˜ che rileva non  il provvedimento in sŽ, ma i fatti ivi contestati e le fonti di prova sulla base delle quali la condotta  stata accertata: elementi che la stazione appaltante deve valutare autonomamente, per verificare se essa dispone effettivamente di Òindicazioni sufficientemente plausibiliÓ circa la sussistenza dellĠillecito. Condizione, questĠultima, che non  escluso possa intervenire solo nel corso del giudizio di impugnazione del provvedimento dellĠAGCM (ad esempio, per effetto di una sentenza di primo grado che confermi, con motivazioni che si dimostrino persuasive, la valutazione dellĠAGCM) o, in ipotesi, solo allĠesito di tale giudizio, con la sentenza che definitivamente confermi il provvedimento sanzionatorio. *** III. Sul secondo quesito. Con il secondo quesito, codesto Ufficio chiede di conoscere se, ai fini (6) In tal senso si veda anche, nella prassi dellĠANAC, il parere precontenzioso reso con delibera n. 266 del 14 marzo 2018: Çspetta alla stazione appaltante valutare in concreto la rilevanza dei fatti richiamati dallĠoperatore economico ai fini dellĠesclusione ai sensi dellĠart. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50/2016, tenendo conto, a tal fine, anche dei provvedimenti esecutivi dellĠautoritˆ Garante della Concorrenza e del Mercato di condanna per pratiche commerciali scorrette o per illeciti antitrust gravi aventi effetti sulla contrattualistica pubblica e posti in essere nel medesimo mercato oggetto del contratto da affidareÈ. PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO della rilevanza di un illecito antitrust quale motivo di esclusione da una gara pubblica, debba esservi integrale coincidenza tra mercato rilevante accertato dallĠAGCM e mercato oggetto del contratto da affidare. La questione si pone in quanto, come si  visto, al punto 2.2.3.1, par. 1, delle Linee Guida n. 6 dellĠANAC si prevede che la stazione appaltante debba valutare esclusivamente provvedimenti sanzionatori dellĠAGCM Çposti in essere nel medesimo mercato oggetto del contratto da affidareÈ. Al riguardo, si deve premettere che non appaiono del tutto comprensibili le ragioni di tale limitazione, ove si consideri la ratio del motivo di esclusione che fa perno sulla commissione di gravi illeciti professionali, ivi compresi gli illeciti antitrust. LĠesclusione dalle procedure di gara dellĠoperatore economico in simili casi, si giustifica, infatti, con la considerazione che si tratta di condotte Çtali da rendere dubbia la sua integritˆ o affidabilitˆÈ (art. 80, comma 5, del Codice dei contratti. V. anche art. 57, par. 4, lett. c, della direttiva 2014/24/UE), in considerazione del fatto che Çuna grave violazione dei doveri professionali pu˜ mettere in discussione lĠintegritˆ di un operatore economico e dunque rendere questĠultimo inidoneo ad ottenere lĠaggiudicazione di un appalto pubblico indipendentemente dal fatto che abbia per il resto la capacitˆ tecnica ed economica per lĠesecuzione dellĠappaltoÈ (v. ÔconsiderandoĠ n. 101 della direttiva 2014/24/UE). Ora, la valutazione di integritˆ e affidabilitˆ dellĠoperatore non sembra poter risentire, in maniera significativa, del fatto che lĠillecito antitrust grave sia stato posto in essere nel medesimo mercato oggetto del contratto da affidare o in un mercato diverso, dal punto di vista geografico o anche del prodotto. Il requisito introdotto dalle Linee Guida introduce, quindi, una rilevante restrizione del campo di applicazione delle norme primarie, plausibile solo in presenza di una ragione giustificatrice forte, che tuttavia non sembra nella specie identificabile. La limitazione era, peraltro, presente anche nella versione originaria delle Linee guida e nessuna osservazione, al riguardo,  stata formulata nel pi volte citato parere 2286 del 2016 del Consiglio di Stato (che, in effetti, non si  pronunciato - nŽ in senso favorevole, nŽ in senso contrario - su questo punto delle Linee guida). Quanto precede porta a ritenere che la stazione appaltante - laddove non ritenga di doversi motivatamente discostare dallĠindicazione contenuta nelle Linee guida (cos“ come si  visto essere possibile nel caso di strumento non vincolante) -debba comunque privilegiare unĠinterpretazione restrittiva del criterio, tale da circoscrivere quanto pi possibile la portata della limitazione allĠapplicazione della disciplina di fonte primaria. Ci˜ premesso, la questione che si pone consiste nello stabilire se, alludendo al Çmedesimo mercato oggetto del contratto da affidareÈ, le Linee guida dellĠANAC abbiano inteso richiamare la nozione di Òmercato rilevanteÓ vale RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 vole ai fini dellĠapplicazione del diritto della concorrenza, stabilendo, cos“, che lĠesclusione debba riguardare solo le gare che intervengono nello stesso segmento del mercato nel quale era stata posta in essere lĠintesa restrittiva della concorrenza o lĠabuso di posizione dominante. Come noto, la nozione di mercato rilevante si articola in una dimensione Òdel prodottoÓ e in una dimensione ÒgeograficaÓ: il mercato del prodotto rilevante comprende tutti i prodotti e/o servizi che sono considerati intercambiabili o sostituibili dal consumatore, in ragione delle loro caratteristiche, dei loro prezzi e dellĠuso al quale sono destinati; il mercato geografico rilevante comprende lĠarea in cui le imprese interessate forniscono o acquistano prodotti o servizi, nella quale le condizioni di concorrenza sono sufficientemente omogenee. Per mercato rilevante, dunque, si intende Çquella zona geograficamente circoscritta dove, dato un prodotto o una gamma di prodotti considerati tra loro sostituibili, le imprese che forniscono quel prodotto si pongono fra loro in rapporto di concorrenzaÈ (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 11 luglio 2016, n. 3047 e giurisprudenza ivi richiamata). La definizione del mercato rilevante  elemento da considerare nellĠaccertamento dellĠillecito antitrust, di guisa che deve darsi per scontato che, in presenza di un provvedimento dellĠAGCM che accerti un cartello anticoncorrenziale o un abuso di posizione dominante, si disponga anche di una definizione del mercato rilevante nel quale lĠillecito  stato realizzato, ossia dellĠÇambito economico interessato dallĠillecito anticoncorrenziale addebitato in concreto alle impreseÈ (cfr. Consiglio di Stato, Sez.VI, 28 febbraio 2017, n. 928). Tuttavia, per giurisprudenza costante, Ç(d)iversamente dai casi di concentrazioni e di accertamenti della posizione dominante, in cui la definizione del mercato rilevante  presupposto dellĠillecito, in presenza di una intesa illecita la definizione del mercato rilevante  successiva rispetto allĠindividuazione dellĠintesa poichŽ lĠampiezza e lĠoggetto dellĠintesa medesima circoscrivono il mercato. anche le gare di pubblici appalti possono costituire, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, un mercato a sŽ stante, in quanto la definizione del mercato rilevante varia in funzione delle diverse situazioni di fattoÈ (cos“, tra le innumerevoli, Consiglio di Stato, Sez. VI, 12 ottobre 2017 n. 4733. V. anche Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 3047/16, cit. e Sez. VI, 29 maggio 2018, n. 3197). In sintesi (non essendo questa la sede per una trattazione diffusa del fenomeno), nei casi, che maggiormente rilevano ai nostri fini, di c.d. bid rigging -vale a dire di accordi o pratiche concordate posti in essere in occasione di gare ad evidenza pubblica - il mercato di riferimento pu˜ venire a coincidere con lĠoggetto della gara in seno alla quale lĠintesa  stata realizzata. In tal senso, si vedano anche le indicazioni richiamate, nella richiesta di parere, dellĠAutoritˆ garante della concorrenza e del mercato -secondo la PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO quale il mercato di riferimento, nel caso da cui origina la richiesta di parere, ha Çriguardato esclusivamente lĠambito dei servizi oggetto della gara Consip nei cui confini  stata individuata lĠintesa (É) ossia i servizi di assistenza tecnica allĠautoritˆ di auditÈ -e dellĠANAC, secondo la quale Çil medesimo mercato oggetto del contratto da affidare  quello definito nel provvedimento sanzionatorio, che, di regola, coincide con lo specifico oggetto della garaÈ. Se ci˜  vero,  evidente come una lettura eccessivamente rigorosa del criterio stabilito nelle Linee guida n. 6 -unĠinterpretazione, cio, che pretendesse che vi sia esatta coincidenza tra il mercato rilevante, nella dimensione geografica e di prodotto, nel quale si  realizzato lĠillecito e il mercato oggetto del (successivo) contratto da affidare -rischierebbe di impedire lĠapplicazione del motivo di esclusione nei casi, invece indubbiamente rilevanti sotto il profilo dellĠintegritˆ dellĠoperatore economico, di bid rigging, essendo di regola da escludere che lĠambito oggettivo di gare differenti possa perfettamente coincidere (7). Considerata anche la descritta necessitˆ di dare interpretazione restrittiva al criterio, ritiene, pertanto, la scrivente che il Çmedesimo mercato oggetto del contratto da affidareÈ, cui si riferiscono le Linee guida, non debba pedissequamente identificarsi -nŽ con riferimento alla dimensione geografica, nŽ con riferimento alla dimensione del prodotto -con il mercato rilevante individuato nel provvedimento sanzionatorio dellĠAGCM (nel caso specifico oggetto della richiesta di parere, le Çattivitˆ di supporto e assistenza tecnica per lĠesercizio e lo sviluppo della Funzione di Sorveglianza e audit dei programmi cofinanziati dallĠUnione europeaÈ), ma debba piuttosto investire il contesto merceologico di riferimento (nel caso di specie, i Çservizi di supporto e consulenzaÈ). Da ultimo, nel caso di affidamento di contratti ÒmistiÓ - ossia comprendenti prestazioni di tipologia eterogenea, della quali solo una, o solo alcune, sono interessate dallĠillecito antitrust - non sembra vi sia spazio per affermare la astratta inapplicabilitˆ della causa di esclusione, fermo restando che la stazione appaltante, in applicazione del principio di proporzionalitˆ (richiamato, come si  visto, anche dal ÔconsiderandoĠ 101 della direttiva 2014/24/UE), dovrˆ in concreto valutare lĠincidenza della prestazione ÒcolpitaÓ nellĠoggetto complessivo del contratto da affidare e, quindi, deliberare lĠesclusione solo nei casi in cui tale prestazione abbia unĠimportanza significativa nellĠeconomia complessiva del contratto posto a gara. * Sulle questioni oggetto del presente parere  stato sentito il Comitato Consultivo, che si  espresso in conformitˆ nella seduta del 31 luglio 2018. (7) La questione acquista particolare rilievo nel settore dei lavori pubblici, caratterizzato da un mercato geografico molto segmentato, di livello provinciale o anche inferiore, quanto meno con riferimento ad alcune delle subforniture: si pensi al c.d. Òmovimento terraÓ o alla fornitura di materiali difficilmente trasportabili come il calcestruzzo. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 al 27806/2018, avv. SerGio FiorenTino ii) Parere del 26/11/2018-606595 Con nota prot. 424435/6 P del 6 agosto 2018, che si unisce in copia, la scrivente, in risposta alla nota indicata a margine, ebbe a rendere un parere sulla questione in oggetto [Illeciti antitrust gravi ex art. 80, comma 5, lett. c) del Codice dei contratti pubblici nelle posizioni di ANAC e AGCOM, ndr], relativamente -tra lĠaltro -alla operativitˆ, quale motivo di esclusione dalle procedure di gara per lĠaffidamento di contratti pubblici, di pregresse condotte delle imprese che integrano illeciti anticoncorrenziali. NellĠoccasione, si  sostenuto che era da condividere la soluzione contenuta nelle Linee guida n. 6, non vincolanti, approvate dallĠANAC con delibera n. 1293 del 16 novembre 2016, secondo la quale lĠaccertamento definitivo dellĠillecito antitrust - conseguente alla mancata impugnazione del provvedimento dellĠAutoritˆ garante della concorrenza e del mercato che lo ha accertato o al passaggio in giudicato della decisione del giudice amministrativo di rigetto del ricorso dellĠimpresa interessata - non  condizione necessaria per disporre lĠesclusione dellĠimpresa dalle gare. Nel motivare tale conclusione, si era, tra lĠaltro, richiamato lĠorientamento espresso dal Consiglio di Stato nel parere n. 2286/16 con riferimento alla durata massima del periodo di esclusione, che lĠart. 57, par. 7, della direttiva 2014/24/UE (parzialmente recepito nellĠart. 80, comma 10, del Codice dei contratti), fissa in Çtre anni dalla data del fattoÈ. Si era, quindi, dato conto del fatto che, in base allĠinterpretazione datane nel citato parere del Consiglio di Stato, tale locuzione doveva intendersi riferita allĠÇaccadimento storico (É) nella specie, lĠillecito professionaleÈ. é ora opportuno ritornare brevemente sulla questione, in ragione di alcune sopravvenienze di cui si deve dar conto a codesta Amministrazione. Innanzi tutto, nellĠadunanza del 23 ottobre 2018, il Consiglio di Stato ha reso il parere n. 2616/2018 sulle Linee guida n. 6 dellĠANAC, pubblicato il successivo 11 novembre. Nel parere, il Consiglio di Stato ha in primo luogo dichiarato di Çprende(re) atto della proposta dellĠanaC, condivisa dallĠaGCM, di ammettere lĠefficacia escludente dei provvedimenti sanzionatori (dellĠuna) e di quelli (dellĠaltra) di condanna per pratiche commerciali scorrette o per illeciti antitrust gravi solo se ÒdefinitiviÓÈ. Secondo questa lettura, la rilevanza dellĠillecito antitrust grave quale causa di esclusione dalle procedure di gara ha, quindi, come presupposto la ÒdefinitivitˆÓ del provvedimento dellĠAGCM che lo ha accertato: condizione, questa, che  data dalla Çinoppugnabilitˆ del provvedimento dellĠaGCM perchŽ non contestato; ovvero, laddove invece contestato in giudizio, dalla sua conferma in giudizioÈ. Ci˜ con la precisazione che la seconda ipotesi si realizza nel caso di con PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO ferma dei provvedimenti ÇallĠesito del giudizio di merito di cui allĠart. 119, comma 1, lett. b) c.p.a.È: in breve, non incide su detta condizione la proposizione di un ricorso per revocazione, del ricorso per cassazione ai sensi dellĠart. 110 c.p.a. e dellĠopposizione di terzo. Soluzione, questĠultima, non diffusamente argomentata nel parere e non del tutto priva di una certa opinabilitˆ, in presenza di un pacifico orientamento secondo il quale il passaggio in giudicato di una sentenza del giudice amministrativo si ha quando nei suoi confronti non  pi ammessa unĠimpugnazione c.d. ordinaria: lĠappello al Consiglio di Stato, il ricorso alla Corte di cassazione per motivi di giurisdizione, la revocazione nei casi previsti dallĠart. 395, numeri 4 e 5 del cod. proc. civ. Il parere non chiarisce, inoltre, se su tale condizione incida, o meno, lĠeventuale provvedimento di sospensione della sentenza impugnata che consegua - come non  del tutto infrequente - a una delle suddette impugnazioni. In secondo luogo, e in coerenza con tale impostazione, il Consiglio di Stato ha dichiarato che lĠart. 80, comma 10, del Codice dei contratti pubblici deve essere interpretato nel senso che il periodo massimo triennale di esclusione dalle gare dellĠimpresa decorre, anchĠesso, dalla data in cui il provvedimento  divenuto definitivo, nei sensi sopra chiariti. Sulla questione si , tuttavia, recentemente pronunciata anche la Corte di giustizia dellĠUnione europea con sentenza del 24 ottobre 2018, resa nella causa C-124/17, vossloh loss. La sentenza non poteva essere conosciuta dal Consiglio di Stato che, come detto, ha reso nellĠadunanza del giorno precedente il parere (il quale, infatti, non tratta di tale sentenza). In questa decisione, la Corte di giustizia ha chiarito che Ç(l)Ġarticolo 57, paragrafo 7, della direttiva 2014/24 deve essere interpretato nel senso che, qualora un operatore economico abbia tenuto un comportamento che integra il motivo di esclusione di cui allĠarticolo 57, paragrafo 4, lettera d), di tale direttiva, comportamento che  stato sanzionato da unĠautoritˆ competente, il periodo massimo di esclusione  calcolato a decorrere dalla data della decisione di tale autoritˆÈ (1). (1) Si vedano, in particolare, i punti da 37 a 39 della sentenza: Ç37 Sebbene il paragrafo 7 dellĠarticolo 57 della direttiva 2014/24 non precisi ulteriormente la natura del Çfatto in questioneÈ nŽ, in particolare, il momento in cui esso si verifica, occorre rilevare che tale disposizione prevede, per i motivi di esclusione obbligatori di cui al paragrafo 1 di tale articolo e quando il periodo di esclusione non sia stato fissato con sentenza definitiva, che detto periodo di cinque anni deve essere calcolato dalla data della condanna con sentenza definitiva, senza tener conto della data dei fatti che hanno dato luogo a tale sentenza di condanna. Pertanto, per i suddetti motivi di esclusione, tale periodo  calcolato a decorrere da una data che, in determinati casi,  di molto successiva alla commissione dei fatti costitutivi della violazione. 38 nel caso di specie, il comportamento che integra il pertinente motivo di esclusione  stato sanzionato da una decisione dellĠautoritˆ competente pronunciata nellĠambito di una procedura disciplinata dal diritto dellĠUnione o dal diritto nazionale e intesa a constatare un comportamento che viola una norma di diritto. in tale situazione, per ragioni di coerenza con le modalitˆ di calcolo del termine previsto per RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 Ora, considerato che il disposto dellĠart. 57, par. 7, della direttiva 2014/24/UE ha, a tutta evidenza, un contenuto Òchiaro, preciso e incondizionatoÓ, gli interessati potrebbero invocarne il c.d. effetto diretto verticale nei confronti della stazione appaltante, per opporsi a un provvedimento di esclusione che intervenga a distanza di oltre tre anni dallĠadozione del provvedimento dellĠAGCM che lo abbia accertato (benchŽ entro i tre anni dalla data in ipotesi di molto successiva - in cui il provvedimento  divenuto definitivo). Inoltre, se, come ha stabilito la Corte di giustizia, il periodo massimo di esclusione dalle gare decorre dalla data del provvedimento dellĠautoritˆ nazionale o europea di concorrenza che lo accerta (e non dalla data in cui il provvedimento  divenuto definitivo), ne dovrebbe, con ogni evidenza, derivare che la definitivitˆ di tale provvedimento non  condizione per deliberare lĠesclusione. Ci˜ posto, ritiene la scrivente che lĠefficacia vincolante, diretta e prevalente sullĠordinamento nazionale delle sentenze interpretative della Corte di giustizia dellĠUnione europea (cos“ come confermato anche dalla Corte Costituzionale con sentenze nn. 168/1981 e 170/1984) suggerisca - nellĠattesa di una pi chiara definizione del quadro giurisprudenziale in materia di esclusioni dalle gare (sulla quale insistono, tra lĠaltro, diverse questioni pregiudiziali in Corte di giustizia, alcune delle quali sollevate da giudici nazionali) -che si faccia unĠapplicazione prudente della soluzione interpretativa contenuta nel pi recente parere del Consiglio di Stato, nei punti in cui essa si pone in possibile contrasto con lĠinterpretazione della Corte di giustizia. Allo stato, si pu˜ tuttavia affermare con sicurezza che il periodo massimo triennale di esclusione non decorre, come affermato nel parere n. 2286/16 del Consiglio di Stato, dalla data dellĠillecito, essendo tuttavia ancora incerto se esso decorra dalla data del provvedimento dellĠAGCM che lo accerti (secondo la soluzione contenuta nella sentenza del 24 ottobre 2017 della CGUE) o dalla data in cui il provvedimento  divenuto definitivo (secondo la soluzione contenuta nel parere 2616/18 del Consiglio di Stato). * Sulle questioni oggetto del presente parere  stato sentito il Comitato Consultivo, che si  espresso in conformitˆ nella seduta del 22 novembre 2018. i motivi obbligatori di esclusione, ma anche di prevedibilitˆ e di certezza del diritto, occorre ritenere che il periodo di tre anni di cui allĠarticolo 57, paragrafo 7, della direttiva 2014/24 sia calcolato a decorrere dalla data della suddetta decisione. 39 Tale soluzione appare tanto pi giustificata in quanto, come rilevato dallĠavvocato generale ai paragrafi da 83 a 85 delle sue conclusioni, lĠesistenza di comportamenti restrittivi della concorrenza pu˜ essere dimostrata solo dopo una decisione che qualifichi giuridicamente i fatti in tal sensoÈ. PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Convenzione tra una autoritˆ portuale ed un ente pubblico di ricerca (ex art. 15, l. 241/90), in specie sulla ammissibilitˆ del rimborso delle spese per il personale (Parere del 30/11/2018-619847, al 4909/2016, avv. MarCo STiGliano MeSSUTi) Con la nota emarginata codesta Avvocatura ha sottoposto allo scrivente una richiesta di parere avente ad oggetto la disciplina applicabile alle convenzioni tra pubbliche amministrazioni, ex art. 15, l. 241 del 7 agosto 1990. Tale quesito origina dal parere richiesto dall'allora Autoritˆ Portuale di Olbia -Golfo Aranci -Porto Torres, oggi AdSP del Mare di Sardegna, ex D.lgs. 169/2016 (con nota prot. n. 364 del 15 gennaio 2016), in merito ad una eventuale convenzione, di cui  stata allegata la bozza, tra la stessa e l'Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), avente ad oggetto lo studio di "nuove soluzioni di dragaggio e deposizione dei sedimenti in ambienti confinati e sensibili". 1) Il quesito ha ad oggetto il tema dell'ammissibilitˆ del rimborso delle spese previste dalla bozza di convenzione, con specifico riferimento alle spese per il personale sulle quali permanevano dei dubbi da parte della stessa Autoritˆ. Codesta Avvocatura, rimettendo la questione allo scrivente, ritenendola di carattere generale e di massima, evidenziava altre perplessitˆ riguardo alla legittimitˆ della bozza di convenzione in oggetto. Nello specifico: 2) se il parere richiesto dall'Autoritˆ potesse essere reso; 3) se sussista la possibilitˆ "di potere legittimamente procedere alla stipula della convenzione e, nel caso, a quali condizioni"; 4) se la bozza di convenzione rientri nelle previsioni di cui al D.M. 21 maggio 2010, n. 123, con specifico riguardo agli artt. 12 e 13; 5) se la convenzione in oggetto sia compatibile con il diritto dell'unione europea, anche in ossequio alla determinazione dell'AVCP n. 7 del 21 ottobre 2010 (richiamata espressamente dalla bozza di convenzione); 6) se la previsione della clausola di recesso, di cui all'art. 13 della bozza di convenzione, possa ritenersi ammissibile, ancor pi in presenza di un limite al rimborso delle spese sostenute, fissato in 300.000,00 euro (art. 5 della bozza di convenzione). *** Preliminarmente, al fine di una compiuta risoluzione del quesito, si rende necessario qualificare la natura giuridica e la disciplina applicabile all'accordo tra pubbliche amministrazioni, cd. orizzontale. Tale istituto, previsto dell'art. 15 della l. 241 del 7 agosto 1990, viene definito come "accordo di diritto pubblico" e nasce con lo scopo di facilitare la cooperazione tra pubbliche amministrazioni, nel perseguimento dei propri ob RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 biettivi istituzionali. Specificamente si afferma come "[É] le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attivitˆ di interesse comune. 2. Per detti accordi si osservano, per quanto applicabili, le disposizioni previste dall'articolo 11, commi 2 e 3". La scarna disposizione normativa, quindi, oltre a stabilire lo scopo a cui tali accordi debbano tendere, si riporta specificamente alle norme che regolano gli accordi tra amministrazioni e privati di cui all'art. 11, con esclusione del comma che prevede il diritto di recesso unilaterale per l'amministrazione. La giurisprudenza, anche su spinta di quella eurounitaria, ha ritenuto ammissibile tale strumento anche allo scopo di prestazione di attivitˆ e di fornitura di servizi tra amministrazioni, escludendo tali accordi dall'applicazione del codice dei contratti pubblici. Affinch, per˜, operi tale esclusione devono ricorrere alcuni presupposti, ben definiti dal legislatore comunitario con la direttiva 2014/24/UE, cos“ come recepita dall'art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 50, del 18 aprile 2016, specificamente: "lĠaccordo stabilisce o realizza una cooperazione tra le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti, finalizzata a garantire che i servizi pubblici che essi sono tenuti a svolgere siano prestati nellĠottica di conseguire gli obiettivi che essi hanno in comune; lĠattuazione di tale cooperazione  retta esclusivamente da considerazioni inerenti allĠinteresse pubblico; le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20% delle attivitˆ interessate dalla cooperazione". A tale ammissibilitˆ di massima, deve aggiungersi la ricostruzione operata dalla giurisprudenza amministrativa, in ordine al rimborso delle spese. Se infatti, una remunerazione per l'attivitˆ originata da un accordo ex art. 15 ben si pone in contrasto con i principi della concorrenza, impedendo il verificarsi delle condizioni di cui all'art. 5, d.lgs. 50/2016, diverso  il caso in cui venga previsto un mero ristoro delle spese effettivamente sostenute dal- l'amministrazione. Questo, ovviamente "purch il trasferimento di risorse resti entro i ristretti limiti del riconoscimento di un corrispettivo [É] a copertura delle spese vive sostenute", cos“ come affermato dal Consiglio di Stato, nel parere del 22 aprile 2015, n. 1178 (Cfr. anche Consiglio di Stato, Sez. III, 22 febbraio 2018, n. 1132). Quanto premesso in via generale e preliminare, si procede ora all'analisi di ogni specifico quesito. *** 1) Con riferimento all'ammissibilitˆ della convenzione in oggetto, la questione pi annosa risulta essere relativa al rimborso delle spese del personale, e quindi alla loro annoverabilitˆ tra le "spese vive sostenute" cos“ come chiarito PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO dalla citata giurisprudenza. Tale elemento risulterˆ dirimente rispetto alla qualificazione dell'onerositˆ come avente, o meno, natura lucrativa. Solo in assenza di quest'ultimo elemento l'accordo potrˆ ritenersi al di fuori dell'ambito di applicazione della disciplina del codice dei contratti pubblici. Alla luce dell'analisi sopra compiuta, pu˜ osservarsi come il rimborso delle spese sia ben ammissibile nei rapporti disciplinati dall'art. 15 della legge sul procedimento amministrativo, richiedendosi per˜ che questo non celi un trasferimento economico di natura remunerativa/lucrativa. A parere dello scrivente, il rimborso delle spese del personale dovrebbe configurarsi come ammissibile, alla luce di una pluralitˆ di considerazioni: a) il trasferimento economico non ha natura forfettaria; viene richiesta, infatti, la giustificazione specifica di ogni singola voce di costo; b) il rimborso risulta essere "fuori campo IVA", ex art. 4 del DPR 633/1972, laddove si prevede l'esclusione dalle attivitˆ commerciali, cos“ come affermato dalla convenzione stessa. L'assenza dell'imposizione dell'IVA, perci˜, pu˜ considerarsi indice della sua natura non remunerativa; c) la sussistenza di un tetto massimo alle spese (300.000,00 euro), lascerebbe emergere la volontˆ dell'Autoritˆ di impedire una proliferazione dei costi, mantenendoli nei limiti di quanto effettivamente sostenuto; d) la necessitˆ della precisa attestazione delle spese, cos“ come la loro qualificabilitˆ in termini di necessarietˆ ed inerenza, sembra escludere la natura lucrativa per l'Ente. Conclusivamente, la previsione di un onere di rimborso posto a carico solamente all'Autoritˆ di Sistema Portuale, non sembra possa ritenersi come un elemento che giustifichi la natura lucrativa dell'accordo. Sul punto pu˜ osservarsi, inoltre, cos“ come evidenziato da codesta Avvocatura e dall'Autoritˆ, che nella maggior parte delle convenzioni tra amministrazioni rinvenibili sul sito istituzionale della PDCM, sia possibile individuare il rimborso delle spese per il personale (cfr. accordo tra PDCM Dipartimento Politiche Antidroga e Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Fisiologia Clinica; accordo tra PDCM e Istituto degli Innocenti). Non da ultimo tale previsione  rinvenibile anche negli accordi tra amministrazioni derivanti dall'art. 64, del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300, cos“ come modificato ed integrato dall'art. 6 del d.l. n. 16/2012. In tale caso, essendo direttamente la legge a riconoscere la possibilitˆ di questo tipo di rimborso, non potrebbe ritenersi configurato un utilizzo illegittimo dell'art. 15, della L. 241/1990. Confrontando altre ipotesi convenzionali rinvenibili su numerosi siti di altre amministrazioni, pu˜ notarsi la presenza, inoltre, di una simile clausola. Elemento questo che seppur non possa qualificarsi come validante di per sŽ, certo si pone come indice di una prassi non censurata, quantomeno in via generale, dalla giurisprudenza amministrativa. Fermo quanto sopra detto si rende necessario comunque svolgere alcune RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 precisazioni. Nello specifico bisogna osservare come qualche dubbio permanga in merito all'applicazione generica ed indiscriminata dell'art. 5, comma 3, laddove si afferma vagamente come tra le spese rimborsabili rientrano le "spese di personale (sia esso dipendente, ovvero titolare di contratti di collaborazione a progetto, collaborazione occasionale, di borse di studio, assegni di ricerca o altre forme contrattuali al personale esterno chiamato a collaborare, il tutto comprensivo degli oneri contributivi e differiti in genere); progetto, collaborazione occasionale, di borse di studio, assegni di ricerca o altre forme contrattuali al personale esterno chiamato a collaborare, il tutto comprensivo degli oneri contributivi e differiti in genere)". Nello specifico, in relazione al personale dipendente dell'ISPRA, si ritiene che l'attivitˆ lavorativa ulteriormente remunerabile (e conseguentemente rimborsabile) sembrerebbe essere solo quella relativa a prestazioni straordinarie, rientrando l'ordinaria prestazione nell'ambito dei rapporti di lavoro dipendente, precedentemente stabiliti e relativi all'incardinamento presso l'Istituto. A questo deve aggiungersi anche una valutazione in ordine al finanziamento di "borse di studio, assegni di ricerca o altre forme contrattuali al personale esterno chiamato a collaborare". In merito, seppur non sembrerebbe rinvenirsi alcuna specifica impossibilitˆ o illegittimitˆ della previsione, l'istituzione di tali rapporti, stante la loro natura fortemente flessibile, comporterˆ una puntuale verifica e motivazione in ordine alla "necessitˆ ed inerenza" richiamata dall'art. 5, comma 2. Conclusivamente, a parere dello scrivente, il rimborso delle spese del personale, oggetto dell'unico quesito posto dall'Autoritˆ, non sembrerebbe ritenersi di natura lucrativa, tale da escludere l'accordo ex art. 15. *** Per completezza espositiva e di analisi non pu˜ che segnalarsi, in via autonoma rispetto al quesito posto dall'Autoritˆ, come l'art. 5 della bozza di convenzione preveda che l'attivitˆ di rendicontazione sia regolata dai "successivi art. 6, 6bis, 6ter". Non risulta per˜, allo scrivente, l'esistenza degli art. 6bis e 6ter nella bozza di convenzione. *** Codesta Avvocatura ha autonomamente sottoposto, come detto, ulteriori quesiti ed in particolare: 2) se possa "provvedersi a rendere il richiesto parere o, in alternativa, quali siano le modalitˆ con le quali lo stesso deve essere reso. invero nel caso di specie detto parere concerne una convenzione che deve essere stipulata con l'iSPra, che pure gode del patrocinio dell'avvocatura dello Stato". Non si ravvisano motivi ostativi al rilascio del presente parere atteso che trattasi entrambi di soggetti che godono del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato e che possono richiedere il parere ai sensi dell'art. 47 del Regio Decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, laddove si afferma come "l'avvocatura dello Stato PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO dˆ i pareri che le siano richiesti dagli enti dei quali assume la rappresentanza e la difesa a norma del titolo iii". Conclusivamente  perfettamente legittima l'evasione del parere in oggetto. *** 3) Quanto alla "possibilitˆ di potere legittimamente procedere alla stipula della convenzione e, nel caso, a quali condizioni", non ci si pu˜ che riportare alla disciplina contenuta nell'art. 15, della l. 241 del 1990, in combinato disposto con l'art. 5, comma 6 del d.lgs. n. 50 del 2016, cos“ come giˆ ampiamente chiarito. L'inserimento di entrambi i soggetti stipulanti tra le amministrazioni pubbliche, cos“ come la sussistenza della personalitˆ giuridica in capo agli stessi, lascerebbe propendere per la sussistenza dell'effettivo potere di stipula della convenzione. *** 4) Altra questione sottoposta riguarda l'ammissibilitˆ dell'accordo, con specifico riguardo all'ISPRA, alla luce del D.M. 21 maggio 2010, n. 123 dove all'art. 13, rubricato "Rapporti convenzionali" prevede che "nell'ambito delle proprie competenze e garantendo prioritariamente l'efficace svolgimento delle attivitˆ ricomprese nella convenzione di cui all'art. 12 del presente decreto, l'iSPra, previa comunicazione al Ministro, pu˜ svolgere incarichi di carattere tecnico-scientifico, mediante convenzioni, per conto di pubbliche amministrazioni, enti o organizzazioni pubbliche o private, anche internazionali. l'iSPra pu˜, altres“, ferma restando la previa comunicazione di cui al periodo precedente, partecipare o costituire consorzi con amministrazioni pubbliche e private, nazionali o internazionali". Codesta Avvocatura ritiene che, non rientrando la convenzione in oggetto tra quelle previste nell'elenco della convenzione di cui all'art. 12, questa debba ritenersi illeggittima. Tale avviso non appare condivisibile, alla luce del dato letterale dell'art. 13 laddove non risulta vietata la stipula di convenzioni al di fuori dell'ambito dell'elenco previsto. Ci˜ che viene richiesto  che, riguardo agli incarichi ulteriori, questi garantiscano comunque lo svolgimento "prioritario" delle attivitˆ ricomprese nella convenzione di cui all'art. 12. Non risulta nŽ da quanto dichiarato da codesta Avvocatura, nŽ da alcun atto allegato, la sussistenza di alcuna mancanza (o di un rischio di essa) nello svolgimento delle attivitˆ prescritte dell'art. 12 e dalla convenzione ad esso legata, perci˜ non si ritiene condivisibile l'interpretazione fornita da codesto distrettuale ufficio. Per tali motivi, a parere di questa avvocatura, la convenzione in oggetto non si pone in contrasto con il D.M. 21 maggio 2010, n. 123. *** RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 5) Altra questione, riguarda la compatibilitˆ della convenzione in oggetto con la disciplina eurounitaria. Sul punto codesta Avvocatura, richiama la determinazione dell'AVCP n. 7 del 21 ottobre 2010, in quanto indicata anche nella convenzione, a sostegno della sua legittimitˆ. Similmente viene indicato anche il parere del Consiglio di Stato, sez. II, 11 marzo 2015, n. 1178. Come giˆ affermato, pu˜ ritenersi che una convenzione tra amministrazioni, ritenuta esclusa dal campo di applicazione della disciplina sulla contrattualistica pubblica, sia coerente con l'assetto normativo europeo, nello specifico con la direttiva 2014/24/UE, laddove: a) "l'accordo regola la realizzazione di un interesse pubblico, effettivamente comune ai partecipanti, che le parti hanno l'obbligo di perseguire come compito principale, da valutarsi alla luce delle finalitˆ istituzionali degli enti coinvolti; b) alla base dell'accordo deve esserci una reale divisione di compiti e responsabilitˆ; c) i movimenti finanziari tra i soggetti che sottoscrivono l'accordo devono configurarsi solo come ristoro delle spese sostenute, essendo escluso il pagamento di un vero e proprio corrispettivo, comprensivo di un margine di guadagno". Si rende necessario, perci˜, analizzare compiutamente l'accordo in oggetto, con riferimento ai singoli punti sopra esposti, al fine di verificarne la compatibilitˆ con il diritto dell'unione europea. *** a) Riguardo al perseguimento dell'interesse pubblico, si rende necessario verificare quali siano gli obiettivi dell'attivitˆ dei due soggetti pubblici, cos“ come quale sia lo scopo centrale della convenzione in oggetto. All'art. 2 della bozza di convenzione si osserva come questa sia rivolta "all'esecuzione del programma di attivitˆ di collaborazione [É], nelle attivitˆ di programmazione, progettazione e realizzazione delle attivitˆ di movimentazione dei sedimenti, con le connesse attivitˆ di formazione e divulgazione inerenti le differenti attivitˆ tecnico-scientifiche oggetto della collaborazione tra i due enti [É]". Nella sostanza, tale accordo avrebbe ad oggetto attivitˆ di studio dello stato dei fondali di competenza dell'AdSP, cos“ come di studio e supporto nell'attivitˆ di dragaggio degli stessi. Questo anche in ossequio al "Piano operativo Triennale dell'autoritˆ, laddove si prevedono significative attivitˆ di manutenzione dei fondali portuali per portarli a migliori condizioni operative" (elemento contenuto nei "considerato" della bozza di convenzione). Venendo all'AdSP, i compiti e le funzioni a questa assegnati sono deducibili dall'articolo 6, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, cos“ come modificata dal comma 4, dell'art. 7, del D.Lgs. 4 agosto 2016, n. 169, laddove specificamente si prevede come "l'adSP nel perseguimento degli obiettivi e delle finalitˆ di cui all'articolo 1 svolge i seguenti compiti: PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO a) indirizzo, programmazione, coordinamento, regolazione, promozione e controllo, anche mediante gli uffici territoriali portuali secondo quanto previsto all'articolo 6-bis, comma 1, lettera c), delle operazioni e dei servizi portuali, delle attivitˆ autorizzatorie e concessorie di cui agli articoli 16, 17 e 18 e delle altre attivitˆ commerciali ed industriali esercitate nei porti e nelle circoscrizioni territoriali. all'autoritˆ di sistema portuale sono, altres“, conferiti poteri di ordinanza, anche in riferimento alla sicurezza rispetto a rischi di incidenti connessi alle attivitˆ e alle condizioni di igiene sul lavoro ai sensi dell'articolo 24; b) manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni nell'ambito portuale, ivi compresa quella per il mantenimento dei fondali; c) affidamento e controllo delle attivitˆ dirette alla fornitura a titolo oneroso agli utenti portuali di servizi di interesse generale, non coincidenti nŽ strettamente connessi alle operazioni portuali di cui all'articolo 16, comma 1, individuati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti; d) coordinamento delle attivitˆ amministrative esercitate dagli enti e dagli organismi pubblici nell'ambito dei porti e nelle aree demaniali marittime comprese nella circoscrizione territoriale; e) amministrazione in via esclusiva delle aree e dei beni del demanio marittimo ricompresi nella propria circoscrizione". Cos“ come, nella stessa legge, sono previste specifiche norme relative al dragaggio delle aree portuali e marino costiere (art. 5-bis), lasciando perci˜ evidenziare come questo settore sia di competenza ed interesse dell'AdSP. Specificamente la "manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni nell'ambito portuale, ivi compresa quella per il mantenimento dei fondali" si configura come perfettamente coerente con gli obiettivi e gli interessi della convenzione in oggetto. Venendo ora all'ISPRA e alle funzioni ed interessi a cui questo  preposto, possiamo osservare come lĠIstituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) sia un ente pubblico di ricerca, dotato di personalitˆ giuridica di diritto pubblico, autonomia tecnica, scientifica, organizzativa, finanziaria, gestionale, amministrativa, patrimoniale e contabile. Tale ente, vede i propri compiti cristallizzati nello statuto dove all'art. 2, rubricato "compiti istituzionali", prevede che "l'istituto svolge attivitˆ di ricerca e sperimentazione; attivitˆ conoscitiva, di controllo, monitoraggio e valutazione; attivitˆ di consulenza strategica, assistenza tecnica e scientifica, nonchŽ di informazione, divulgazione, educazione e formazione, anche post-universitaria, in materia ambientale, con riferimento alla tutela delle acque, alla difesa dell'ambiente atmosferico, del suolo, del sottosuolo, della biodiversitˆ marina e terrestre e delle rispettive colture"; eguale previsione  rinvenibili nel Decreto ministeriale 21 maggio 2010 n. 123. Proprio l'attribuzione di compiti in ambito di ricerca e sperimentazione, con specifico riguardo alla materia ambientale e alla tutela delle acque, la PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Altres“ deve osservarsi come l'AdSP  chiamata a mettere a disposizione dei mezzi nautici, oltrech a coordinare le attivitˆ di prelevamento dei campioni di studio, lasciando emergere l'utilizzo della propria expertise e della propria competenza sull'area delle operazioni. Le articolate competenze dei singoli enti, modulate sulle rispettive capacitˆ, lascerebbero propendere per la sussistenza del requisito in analisi, non configurandosi un rapporto di appalto, in cui una parte demanda all'altra alcune attivitˆ o servizi, quanto piuttosto una cooperazione nei rispettivi ambiti istituzionali. Il requisito richiesto dalla disciplina eurounitaria, risulterebbe perci˜ presente. *** c) Venendo ora al requisito cd. "finanziario", quale cio l'elemento rispetto al quale "i movimenti finanziari tra soggetti devono configurarsi come rimborso delle spese sostenute". Non pu˜ che richiamarsi quanto giˆ affermato al punto 1) del presente parere. Nello specifico sembrerebbe, perci˜, potersi ritenere il trasferimento finanziario previsto dalla convenzione come avente natura meramente di rimborso, e privo di connotati lucrativi. *** 6) L'ultima questione posta da codesta Avvocatura,  relativa alla validitˆ della clausola di recesso contenuta nell'art. 13 della bozza di convenzione. Tale articolo prevede come "le Parti possono recedere dalla presente Convenzione mediante comunicazione scritta da notificare con preavviso di almeno sessanta (60) giorni mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento ovvero con posta elettronica certificata (PeC), fatto salvo il rimborso delle spese sostenute per le attivitˆ sino a quel momento eseguite". Si configura, in tal modo, un'ipotesi di recesso unilaterale prevista in capo a ciascun contraente, comprensiva della possibilitˆ di rimborso delle spese sostenute fino a tal momento. Nonostante ampio dibattito abbia coinvolto il mancato richiamo dell'art. 15 della l. n. 241 del 1990 all'ipotesi di recesso unilaterale di cui all'art. 11, comma 4 e la conseguente ammissibilitˆ dell'applicazione del recesso unilaterale per sopravvenuti motivi di interesse pubblico, il caso di specie risulta differente. Infatti in tale ipotesi non si rientrerebbe in una causa di recesso specifico prevista dalla legge, quanto nel pi generale caso di recesso convenzionale. Sul punto, devono ritenersi applicabili i generali principi civilistici relativi alle obbligazioni ed ai contratti, cos“ come stabilito dall'art. 11, comma 2, richiamato specificamente dalla disciplina degli accordi tra pubbliche amministrazioni (cfr. in tema di recesso, con previsione anche della possibilitˆ di esercizio unilaterale tra amministrazioni, Consiglio di Stato, sez. VI, 23 novembre 2011, n. 6162). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2018 Altres“, la sentenza del Consiglio di Stato n. 849 del 2013 citata da codesta avvocatura (che alla scrivente risulta depositata in data 12 febbraio 2013, e non 15 luglio come affermato nella nota che si riscontra), non risulterebbe pertinente al caso di specie, non sembra riferirsi, infatti al diritto di recesso, nŽ pi genericamente agli accordi tra amministrazioni, di cui all'art. 15 l. 241/1990, quanto a concessioni edilizie in sanatoria. Pertanto, nonostante appaia scarsamente opportuna la previsione della possibilitˆ di recesso qualora le spese sostenute dall'ISPRA superino la soglia massima per il rimborso prevista dall'art. 5 della convenzione, non si ritiene a parere dello scrivente che si incorra in ipotesi di illegittimitˆ, stante l'assenza di uno specifico riferimento normativo volto ad impedire una tale configurazione. *** Conclusivamente, nulla sembrerebbe ostare, da parte dello scrivente, alla stipula della convenzione in oggetto. Il Comitato Consultivo, nella seduta del 22 novembre 2018, si  espresso in conformitˆ. LegIsLazIoneedattuaLItˆ I trasferimenti individuali nel rapporto di lavoro pubblico e privato Antonio Tallarida* Sommario: 1. Trasferimenti dĠufficio - 2. Norma generale - 3. La giurisprudenza in materia - 4. Disposizioni speciali - 5. ricongiungimento familiare - 6. Distacco, comando, trasferta o missione -7. Trasferimenti a domanda -8. il lavoro agile -9. Contrattazione collettiva nazionale - 10. Considerazioni finali. 1. Trasferimenti dĠufficio. La materia del trasferimento di sede nellĠambito del rapporto di lavoro con la PA o con il privato riveste particolare importanza per il singolo dipendente. Essa infatti attiene agli interessi primari e concreti del lavoratore, spesso alle prese con le necessitˆ della propria vita sociale o pi strettamente familiare (del coniuge che lavora, dei figli che studiano, dei genitori anziani, dei parenti disabili, ecc.), sovente difficilmente conciliabili con quelli aziendali. La legislazione cerca di districare questo groviglio di interessi con poche ma significative disposizioni, suscettibili di essere integrate dalla contrattazione collettiva, il tutto oggetto di attento esame da parte della giurisprudenza di merito e di legittimitˆ. Anzitutto va specificato che non tutti i mutamenti di sede lavorativa rientrano nel concetto di trasferimento. Non sono tali infatti le assegnazioni di nuova sede a seguito di promozione interna o di favorevole esito di procedura concorsuale, che ricadono nella categoria appunto della prima assegnazione. Non rientrano nel tema nemmeno i trasferimenti collettivi conseguenti a spostamenti territoriali dellĠazienda per scelte imprenditoriali o per fusioni e (*) Giˆ Vice Avvocato Generale dello Stato. rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 incorporazioni o per mutamenti di titolaritˆ, rispondendo questi a vicende che riguardano lĠazienda nel suo insieme e non solo il singolo lavoratore, i cui interessi possono trovare una qualche tutela in altri istituti pi generali, quali il preventivo esame in sede sindacale della programmata dislocazione, se previsto dalla contrattazione collettiva. Infine non sono veri e propri trasferimenti i meri spostamenti di ufficio nellĠambito della stessa sede (di stanza, di piano, di edificio) o quelli che non comportano un apprezzabile spostamento topografico del luogo di prestazione del lavoro, tendendo la normativa a tutelare le esigenze di vita sociale e familiare del lavoratore che non sono normalmente compromesse da questo tipo di mobilitˆ, nŽ quelli di natura meramente temporanea (distacchi, missioni), cui provvede altra normativa (v. ¤ 6). In sostanza, si ha trasferimento solo quando si  in presenza di uno spostamento individuale (o anche di pi lavoratori) apprezzabile del luogo di prestazione del lavoro, senza mutamento della qualifica posseduta e con carattere di tendenziale stabilitˆ. 2. Norma generale. La regola generale che disciplina la materia  costituita dallĠart. 2103 cod. civ. (prestazione del lavoro), come sostituito dallĠart. 13 dello Statuto dei Lavoratori, che impone di adibire il lavoratore alle mansioni per le quali  stato assunto e dispone che Òegli non pu˜ essere trasferito da una unitˆ produttiva ad un'altra, se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. ogni patto contrario  nulloÓ. A questa disposizione si ricollega la legge n. 183/2010 che ha fissato il termine di decadenza in 60 gg. dalla ricezione della comunicazione di trasferimento per l'impugnazione dello stesso: il lavoratore ha poi 180 gg. per ricorrere in Tribunale o per richiedere il tentativo di conciliazione o l'arbitrato. Il trasferimento deve essere comunicato entro 5 gg. al Centro per lĠimpiego competente per territorio (d.lgs. n. 181/2000, art. 4-bis, comma 5), sotto pena di una sanzione amministrativa (d.lgs. 176/2003, art. 19, comma 3). Le disposizioni dettate per il rapporto di lavoro privato si applicano anche per il rapporto di impiego pubblico, stante la generale sottoposizione di questo alla normativa del codice civile e alle leggi sul rapporto di lavoro subordinato nell'impresa, salvo diversa specifica disposizione (art. 2, comma 2, d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165), quale in materia lĠart. 30, comma 2, d.lgs. n. 165/2001 cit. (come sostituito dallĠart. 4 d.l. 24 giugno 2014 n. 90, conv. in l. n. 114/2014) che, nellĠintento di agevolare la mobilitˆ nel pubblico impiego, dispone che: ÒNell'ambito dei rapporti di lavoro di cui all'articolo 2, comma 2, i dipendenti possono essere trasferiti all'interno della stessa amministrazione o, previo accordo tra le amministrazioni interessate, in altra amministrazione, in sedi collocate nel territorio dello stesso comune ovvero a LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ distanza non superiore a cinquanta chilometri dalla sede cui sono adibiti. ai fini del presente comma non si applica il terzo periodo del primo comma del- l'articolo 2103 del codice civileÓ. In tal modo e in detti limiti si possono attuare trasferimenti dĠautoritˆ a prescindere dalle condizioni poste dalla suddetta norma generale, salvo i casi in cui  comunque necessario il consenso dellĠinteressato (v. ¤ 4). A siffatta disciplina deve poi aggiungersi quella normalmente prevista nei CCNL di settore, che ha una funzione integrativa e complementare. 3. La giurisprudenza in materia. Le principali questioni sorte in sede applicativa di dette disposizioni riguardano la nozione di trasferimento, la forma e la motivazione del provvedimento, il concetto di unitˆ produttiva, le ragioni o causali del trasferimento, il rifiuto del lavoratore a trasferirsi, la reintegrazione nel posto di lavoro. In particolare, secondo Cass. sez. lav., 28 febbraio 2013 n. 5011, posto che a seguito della contrattualizzazione del lavoro pubblico vanno applicate le norme civilistiche, va qualificato come trasferimento una assegnazione di durata elevata (12 anni), con conseguente applicabilitˆ dellĠart. 2103 cod. civ. Per T.a.r. Lazio roma I-bis, 20 aprile 2018 n. 4400,  trasferimento dĠautoritˆ qualsiasi spostamento che sia il risultato di una determinazione autoritativa a prescindere dalla disponibilitˆ espressa su invito dellĠamministrazione. La giurisprudenza  concorde nel ritenere non necessaria la forma scritta nŽ la comunicazione contestuale dei motivi nŽ quella successiva a richiesta (Cass. 18 gennaio 2019 n. 1383; Cass. 28 settembre 2018 n. 23595; Cass. 5 gennaio 2007 n. 43). ritengono invece che i motivi vadano comunicati in caso di specifica richiesta del lavoratore: Cass. 15 maggio 2004 n. 9290; C. app. Milano, sez. lav., 20 febbraio 2004, in Lav. nella giur., 2004, 907; Trib. Bologna, sez. lav., 21 giugno 2002, in id., 2003, 92, in applicazione analogica del- lĠart. 2 L. 15 luglio 1966 n. 604, dettato per il caso del licenziamento. Sul concetto di unitˆ produttiva, la giurisprudenza individua come tale ogni articolazione autonoma dellĠazienda avente, sotto il profilo funzionale, idoneitˆ a svolgere in tutto o in parte lĠattivitˆ dellĠimpresa, anche se composta da uffici e stabilimenti dislocati in zone diverse dello stesso Comune (Cass. 22 marzo 2005 n. 6117; Cass. 14 febbraio 2014 n. 2873). Quanto alle ragioni del trasferimento, queste devono essere quelle indicate nellĠart. 2103 cod. civ., devono essere oggettive e non meramente soggettive (Trib. Milano, sez. lav., 16 marzo 2017; Trib. Milano, 8 giugno 2002, in D&L, 2002, 955) e devono essere comprovate nel giudizio con onere a carico del datore di lavoro (Trib. Milano, sez. lav., 29 giugno 2017; id., 9 ottobre 2014, in Lav. in giur., 2015, 421). Peraltro il Giudice non pu˜ sostituirsi al- lĠAmministrazione nella valutazione dellĠopportunitˆ del trasferimento (Trib. roma, 4 marzo 2002) o delle esigenze dellĠimpresa, rientrando tale valuta rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 zione nella potestˆ organizzativa datoriale (Cass. 15 marzo 2016 n. 5056) e nemmeno in quella della scelta del luogo di svolgimento dellĠattivitˆ e del lavoro (Cass. 28 novembre 2016 n. 24112; Cass. 15 marzo 2016 n. 5056). Possono integrare ragioni valide di trasferimento anche le situazioni di incompatibilitˆ ambientale o aziendale quante volte determinino disorganizzazione o disfunzioni nellĠattivitˆ dellĠazienda (Cass. 26 ottobre 2018 n. 27226; Cass. 12 febbraio 2002 n. 17786; Cass. 9 marzo 2001 n. 3525; C. app. Firenze, sez. lav., 4 marzo 2003, in Dir. e lav., 2003, 705) o la sussistenza di procedimenti disciplinari (Cass. 6 luglio 2011 n. 14875; Cass. 17 marzo 2009 n. 6462; Trib. Firenze, sez. lav., 27 maggio 2009, in Lavoro, 2009, 715) o penali (Trib. roma, sez. lav., 4 marzo 2002), ove possano determinare grave turbamento nellĠattivitˆ della pubblica amministrazione o dellĠazienda. Si ritiene inoltre che in caso di trasferimento nullo, in quanto non adeguatamente giustificato a norma dellĠart. 2103 cod. civ., il rifiuto del lavoratore di assumere servizio nella sede di destinazione sia legittimo (Cass. 24 luglio 2017 n. 18178; Cass. 28 ottobre 2013 n. 24260), anche se deve essere proporzionato allĠinadempimento datoriale, ai sensi dellĠart. 1460, comma 2, cod. civ., ed essere accompagnato da una seria ed effettiva disponibilitˆ a prestare servizio presso la sede originaria (Cass. 10 gennaio 2019 n. 434; Cass. 5 dicembre 2017 n. 29054, nella specie si trattava di un trasferimento da Pomezia a Milano). Infine, in caso di reintegra del lavoratore a seguito di annullamento del licenziamento, questi deve essere reinserito nel luogo e nelle mansioni originarie, a meno che il datore di lavoro non intenda disporre il trasferimento dello stesso ad altra unitˆ produttiva, sempre che ricorrano le condizioni per il mutamento di sede di cui allĠart. 2103 cod. civ. (Cass., 9 agosto 2013 n. 19095; Cass. 2013 n. 11927; Cass. 30 dicembre 2009 n. 27844) e salvo sia intervenuta acquiescenza del lavoratore (C. app. roma, sez. lav., 28 novembre 2018 n. 3923; Cass. 8 aprile 2016 n. 6900). 4. Disposizioni speciali. disposizioni legislative speciali tutelano particolari categorie di lavoratori in ragione della situazione in cui versano o delle funzioni che espletano. Cos“ il dipendente pubblico o privato che assiste con continuitˆ un parente o affine entro il terzo grado, anche non convivente, in mancanza di altri soggetti idonei a prendersene cura, Ònon pu˜ essere trasferito senza il suo consenso ad altra sedeÓ (L. n. 104/1992, art. 33, comma 5; L. n. 53/2009, artt. 19, 20), come pure la persona handicappata maggiorenne in situazione di gravitˆ (art. 33, comma 6). Anche lĠart. 30 d.lgs. n. 165/2001 subordina, in alcuni casi, il trasferimento al consenso del pubblico dipendente interessato disponendo che Òle disposizioni di cui al presente comma si applicano ai dipendenti con figli di etˆ LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ inferiore a tre anni, che hanno diritto al congedo parentale, e ai soggetti di cui all'articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, con il consenso degli stessi alla prestazione della propria attivitˆ lavorativa in un'altra sedeÓ. LĠart. 22 dello Statuto dei Lavoratori condiziona il trasferimento del dirigente di rSA al preventivo nulla osta del sindacato di appartenenza. disposizione analoga tutela il militare eletto negli organi di rappresentanza istituiti nellĠamministrazione militare (d.lgs. 15 marzo 2010 n. 66, codice dellĠordinamento militare, artt. 1476, 1480). Al fine di evitare trasferimenti ritorsivi, lĠart. 1 della L. 30 novembre 2017 n. 179, che sostituisce lĠart. 54-bis del d.lgs n. 165 del 2001, vieta il trasferimento del pubblico dipendente che abbia segnalato illeciti al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza o allĠAnac o allĠA.G. o contabile, determinato dalla segnalazione. Misure discriminatorie, dirette o indirette, a carico del rPCT, in cui rientra il trasferimento collegato allo svolgimento delle sue funzioni, devono essere segnalate allĠAnac che pu˜ intervenire ai sensi e nei modi di cui allĠart. 15, comma 3, d.lgs. n. 39 del 2013. Anche per alcune di queste fattispecie si  occupata a pi riprese la giurisprudenza di merito e legittimitˆ. In particolare, in materia di l. n. 104/1992, si  ritenuto che il divieto di trasferimento del dipendente senza il suo consenso non costituisce un diritto soggettivo ma un interesse legittimo da valutare in base alle esigenze organizzative e allĠefficienza complessiva del servizio (T.a.r. Piemonte Torino, 2 gennaio 2018 n. 4; T.a.r. Toscana I, 11 luglio 2017 n. 926) e pu˜ trovare limite nella sussistenza provata di esigenze aziendali effettive e urgenti, insuscettibili di essere altrimenti soddisfatte (Cass. 19 maggio 2017 n. 12729; Cass. 12 dicembre .2016 n. 25379), da dimostrare da parte del datore di lavoro (Trib. roma, sez. lav., 10 gennaio 2019), in un equo bilanciamento di interessi (Cass. 12 ottobre 2017 n. 24015; Cass. Sez. un. 27 marzo 2008 n. 7945) ovvero nella impossibilitˆ di prosecuzione del rapporto nella sede originaria per soppressione di posto o per incompatibilitˆ ambientale (Cass. 23 febbraio 2007 n. 4265; Cass. 23 febbraio 2006 n. 5320). Tale divieto sussiste anche se lĠinabilitˆ del familiare non si configuri come grave (Cass. 7 giugno 2012 n. 9201; Trib. Milano, sez. lav., 2 maggio 2017), purchŽ per˜ la prestazione assistenziale sia oggettivamente utile allĠassistito (Trib. Milano, sez. lav., 20 maggio 2003, in D&L, 2003, 700). Il trasferimento del rappresentante sindacale senza il nulla osta del sindacato di appartenenza integra comportamento antisindacale ai sensi dellĠart. 28 Statuto dei Lavoratori (Trib. Catania, sez. lav., 26 marzo 2010, in riv. it. dir. lav., 2011, 156, con nota di G. PICArELLA; Trib. Milano, sez. lav., 28 gennaio 2004, in D&L 2004, 308, con nota di G. CordEddA; id., 28 novembre 2001, in D&L, 2002, 339, con nota di F. MAzzoNE; Trib. Bolzano, sez. lav., rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 22 marzo 2000, in D&L, 2000, 119; v. in argomento anche Cass. 9 aprile 2004 n. 8725). 5. ricongiungimento familiare. Al fine di alleviare i disagi che possono accompagnare un trasferimento dĠautoritˆ, la legislazione o la contrattazione collettiva prevedono, a tutela dellĠunitˆ del nucleo familiare, la possibilitˆ per il coniuge del dipendente pubblico trasferito dĠufficio di chiedere il proprio trasferimento a certe condizioni. Cos“, prima con la legge 10 marzo 1987 n. 100 (ora abrogata dal codice dellĠordinamento militare, d.lgs. 15 marzo 2010 n. 66, art. 2268, comma 1 n. 942) e poi in maniera pi allargata con la L. 28 luglio 1999 n. 266 e s.m., si  disposto che il coniuge convivente del personale militare (Forze AA, Carabinieri, Guardia di Finanza, Forze di Polizia, Vigili del fuoco) in servizio permanente e dei piloti di complemento in ferma dodecennale, trasferito dĠautoritˆ Òha diritto allĠatto del trasferimento o dellĠelezione di domicilio nel territorio nazionale ad essere impiegato presso lĠamministrazione di appartenenza, per comando o distacco, presso altre amministrazioni nella sede di servizio del coniuge, o, in mancanza, nella sede pi vicinaÓ (art. 17). Tale disposizione  stata ritenuta costituzionalmente legittima dalla sentenza della Corte Cost. 30 maggio 2008 n.183, in riferimento allĠart. 97 Cost. Queste disposizioni sono state espressamente richiamate dal CCNI 20182019 per la mobilitˆ nella Scuola, ai fini del riconoscimento al personale docente e ATA di una preferenza nei trasferimenti a domanda (v. ¤ 9). In via generale, lĠart. 42-bis del d.lgs. 26 marzo 2001 n. 151, prevede che il genitore di figli minori di 3 anni, dipendente di amministrazione pubblica, pu˜ essere assegnato a richiesta, per un periodo, anche frazionato, complessivamente non superiore a 3 anni ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale lĠaltro genitore esercita la propria attivitˆ lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile, salvo motivato dissenso per casi o esigenze eccezionali, da esprimersi entro 30 giorni dalla domanda. La salvaguardia dellĠunitˆ del nucleo familiare trova riconoscimento per i magistrati con riguardo allĠattivitˆ lavorativa svolta dal coniuge o alla presenza di figli minori attraverso lĠattribuzione di un punteggio aggiuntivo secondo i criteri stabiliti nella Circ. CSM n. 12046 del 20 febbraio 2014, par. XIII). Con riferimento a tali casi, la giurisprudenza ha chiarito che condizioni per godere del beneficio del ricongiungimento familiare sono lo svolgimento del rapporto di servizio nello stesso luogo e lĠesistenza della convivenza allĠatto dellĠinstaurazione del rapporto di servizio del dipendente che lo richiede (Cass. 11 luglio 2007 n. 15488), condizioni queste che non sussistono ove si sia in presenza di mera residenza comune anagrafica e non di convivenza effettiva nello stesso luogo (T.a.r. Lombardia-Brescia, I, 13 aprile 2011 n. 566). LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ Tale diritto non si applica al caso del trasferimento del militare nelle missioni allĠestero (Cons. St. IV, 7 maggio 2007 n. 1974) spettando in tal caso al coniuge solo la speciale aspettativa prevista dalla legge 11 febbraio 1980 n. 26 (Cons. St. IV, 28 novembre 2005 n. 6706). AllĠamministrazione comunque residua sempre il potere discrezionale di valutare la compatibilitˆ dello spostamento con le proprie esigenze di servizio (Cons. St. VI, 23 novembre 2004 n. 7686). Per quanto attiene al beneficio previsto dallĠart. 42-bis del d.lgs. n. 151/2001, la giurisprudenza ritiene che anche questo non configuri un diritto assoluto ma vada coniugato con le esigenze organizzative e di servizio del- lĠamministrazione di appartenenza (T.a.r. Campania Napoli VI, 7 gennaio 2019 n. 71; T.r.g.a. Bolzano, 9 gennaio 2018 n. 4) ma il diniego deve essere limitato a casi eccezionali e motivato da rilevanti esigenze di servizio (T.a.r. Piemonte Torino I, 2 gennaio 2019 n. 8; T.a.r. Calabria Catanzaro I, 15 novembre 2018 n. 1964). 6. Distacco, comando, trasferta o missione. Si tratta di istituti caratterizzati dalla temporaneitˆ dello spostamento del luogo della prestazione di lavoro e come tali non soggetti alla disciplina del trasferimento. Essi non danno luogo alla modifica dello status del dipendente nŽ ad una novazione soggettiva del rapporto di lavoro ma solo alla modifica temporanea di questo. distacco e comando si differenziano per il fatto che il mutamento della sede di lavoro avviene nel primo caso nellĠinteresse del datore di lavoro o dellĠamministrazione di appartenenza e nel secondo caso nel- lĠinteresse dellĠamministrazione di destinazione. In ambedue i casi il potere direttivo e quello disciplinare sono attribuiti al soggetto utilizzatore. Distacco - In particolare, il distacco  stato normato compiutamente per la prima volta dallĠart. 30 d.lgs. 10 settembre 2003 n. 276, come integrato dal- lĠart. 7 d.lgs. 6 ottobre 2004 n. 251, e si configura quando il datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o pi lavoratori a disposizione di altro soggetto per lĠesecuzione di una determinata attivitˆ lavorativa, rimanendo responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore distaccato. Tale provvedimento rientrando nel potere organizzativo del datore di lavoro non richiede normalmente il consenso del lavoratore salvo comporti un mutamento di mansioni; ma se lo spostamento avviene ad unitˆ produttiva distante pi di 50 km devono sussistere comprovate ragioni organizzative, produttive o sostitutive. Il distacco pu˜ essere anche solo parziale (v. circ. Min. Lav. 15 gennaio 2004 n. 3). Il distacco disposto in violazione dei suddetti requisiti comporta il diritto del lavoratore di chiedere la costituzione del rapporto di lavoro alle dipendenze del soggetto utilizzatore (comma 4-bis) nonchŽ lĠapplicazione della sanzione dellĠammenda di 50 euro rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 per ogni giornata lavorativa (art. 18). Tali disposizioni peraltro non trovano applicazione nei confronti delle amministrazioni pubbliche e del loro personale (art. 1, comma 2). una forma particolare di distacco  quella prevista dal TuEL (d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267), nellĠambito delle convenzioni tra Enti locali per lo svolgimento in modo coordinato di funzioni e servizi determinati (art. 30, comma 4). Inoltre il personale delle Provincie in posizione di comando o distacco al momento della riforma ha avuto la possibilitˆ di essere immesso nei ruoli delle amministrazioni di servizio (art. 4, comma 2, d.l. 19 giugno 2015 n. 78, conv. in l. n. 125/2015). Comando -Il comando consiste invece nellĠinvio del lavoratore a prestare servizio presso altro datore di lavoro o amministrazione nellĠinteresse di questi. é necessario il consenso espresso del lavoratore e la sua revoca ne determina la cessazione. LĠistituto trova specifica disciplina nellĠambito del rapporto di pubblico impiego da parte dellĠart. 56 t.u. 10 genniao 1957 n. 3 e s.m., che ne definisce le condizioni di legittimitˆ (temporaneitˆ, eccezionalitˆ, assenso del dipendente, decreto formale, riconosciute esigenze di servizio o necessitˆ di una specifica competenza). Il comando pu˜ essere disposto presso altra amministrazione statale o presso enti pubblici, esclusi quelli sottoposti alla vigilanza dellĠamministrazione di appartenenza. Il comando  per˜ vietato per i professori universitari di ruolo presso altra universitˆ o altro Istituto di istruzione superiore (art. 11 L. 18 marzo 1958 n. 311). Il trattamento economico resta a carico dellĠamministrazione di provenienza se il comando  disposto verso altra amministrazione statale e va invece a carico dellĠente pubblico presso cui il dipendente va a prestare servizio (art. 57 t.u. cit., come sostituito dallĠart. 34 dPr 28 dicembre 1970 n. 1077). Peraltro lĠart. 70, comma 12, d.lgs. n. 165/2001 (che riproduce lĠart. 45, comma 23, d.lgs. n. 80/1998), prevede che lĠente pubblico territoriale e lĠente pubblico non economico e le altre amministrazioni pubbliche dotate di autonomia finanziaria che siano tenute, in base a normative anche speciali, ad autorizzare la utilizzazione da parte di altre amministrazioni pubbliche di proprio personale, devono essere rimborsate della spesa relativa al trattamento fondamentale. Inoltre la L. 27 dicembre 2017 n. 205 ha previsto il comando o distacco di personale delle Forze di polizia e altro non dirigenziale appartenente a pubbliche amministrazioni presso lĠAgenzia nazionale beni sequestrati e confiscati, con oneri a carico dellĠamministrazione di appartenenza e successivo rimborso da parte dellĠAgenzia dei soli oneri relativi al trattamento accessorio (art. 1, comma 291). Trasferta o missione - La trasferta o missione consiste nellĠinvio del lavoratore a svolgere il proprio lavoro sempre alle dipendenze del suo datore di LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ lavoro, per un breve lasso di tempo, in un luogo diverso da quello ordinario. Tale istituto trova generalmente regolamentazione nella contrattazione collettiva, in particolare per quanto riguarda la indennitˆ di trasferta o di missione (che pu˜ essere commisurata a km o calcolata a diaria giornaliera). La giurisprudenza, in materia di distacco, ritiene che il distacco non comporta una novazione soggettiva e lĠinsorgenza di un nuovo rapporto di lavoro con il destinatario ma solo una modificazione nellĠesecuzione dello stesso (Cass. 22 marzo 2007 n. 7049) e che il requisito della temporaneitˆ non implica necessariamente una scadenza predeterminata pi o meno breve, ma solo che la sua durata coincida con quella dellĠinteresse del datore di lavoro a che il lavoratore presti la sua opera a favore di un terzo (Cass. 5 ottobre 2016 n. 19916; Cass. 2 settembre 2004 n. 17748). In materia di comando, la giurisprudenza conferma che il comando e il distacco non modificano il rapporto dĠimpiego ma incidono solo sul rapporto di servizio, essendo lĠimpiegato chiamato a prestare temporaneamente il proprio servizio presso unĠamministrazione diversa da quella di appartenenza (C. Conti Veneto 15 dicembre 2008 n. 1470; Cons. St. V, 22 ottobre 2007 n. 5492; T.a.r. Abruzzo LĠAquila I, 8 ottobre 2007 n. 613; T.a.r. Lazio roma II-bis, 16 ottobre 2006 n. 10399; Cons. St. VI, 15 settembre 2006 n. 5390; Cons. St. IV, 29 settembre 2003 n. 5542; T.a.r. Molise, 9 settembre 2002 n. 770; Cass. 8 settembre 2005 n. 17842). Ne consegue che le eventuali mansioni superiori svolte dal dipendente comandato presso lĠamministrazione di destinazione non rilevano sul rapporto di lavoro con la propria amministrazione (T.a.r. Lazio roma III, 16 novembre 2015 n. 11322; Cons. St. IV, 18 gennaio 2000 n. 425). La cessazione del comando  provvedimento ampiamente discrezionale (T.a.r. Marche Ancona I, 26 novembre 2006 n. 1403; Cons. St. VI, 8 gennaio 2003 n. 2; T.a.r. Campania Napoli V, 9 ottobre 2001 n. 4522, ma non costituisce un contrarius actus) e compete esclusivamente allĠamministrazione di appartenenza (Cons. St. IV, 30 gennaio 2001 n. 322; contra Trib. Salerno, sez. lav., 20 giugno 2000). La trasferta differisce dal comando per il fatto che si svolge Òper un brevissimo arco di tempoÓ (T.a.r. Campania Salerno II, 31 gennaio 2008 n. 95) e non necessita del consenso o disponibilitˆ del dipendente (Cass. 27 novembre 2002 n. 16812; Cass. 5 luglio 2002 n. 9744). 7. Trasferimenti a domanda. I trasferimenti a domanda, o volontari, rientrano nella potestˆ organizzativa del datore di lavoro privato, da esercitarsi comunque sempre nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.) o del potere discrezionale della pubblica amministrazione, e come tale sono soggetti ai limiti rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 di questo, quanto meno nellĠambito dei rapporti di impiego pubblico non contrattualizzato di cui allĠart. 3 d.lgs. n. 165/2001. Non vi sono pertanto norme generali che disciplinano specificamente tale tipologia di trasferimenti, ma esistono disposizioni che riguardano situazioni particolari, oltre a quelle sopra ricordate in materia di ricongiungimento familiare al congiunto trasferito dĠufficio. In particolare, lĠart. 33, comma 5, della L. n. 104/1992, attribuisce al lavoratore, dipendente pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravitˆ, coniuge, parente o affine entro il 2Ħ grado ovvero entro il 3Ħ se ricorrono particolari condizioni, il diritto di scegliere Òove possibileÓ la sede di lavoro pi vicina al domicilio della persona assistita. Stesso diritto di scegliere la sede pi vicina al proprio domicilio spetta alla persona handicappata maggiorenne in situazione di gravitˆ (comma 6). Inoltre lĠart. 21 stessa legge attribuisce alla persona handicappata con invaliditˆ superiore ai due terzi o con minorazioni gravi Òla precedenza in sede di trasferimento a domandaÓ (comma 2). Secondo la giurisprudenza, ai fini dellĠart. 33, comma 5, L. n. 104/1992, anzitutto deve esistere disponibilitˆ nella dotazione organica riguardo la qualifica rivestita nella sede di destinazione (Cons. St. IV, 11 gennaio 2019 n. 274; Cons. St. III, 11 maggio 2018 n. 2819), per mansioni corrispondenti al livello e categoria di inquadramento dellĠistante con prova contraria a carico del datore di lavoro (Trib. roma, sez. lav., 18 maggio 2017, con nota di M.V. dI TANNA, in Giur. lav. e prev. soc., 2017, 612). In ogni caso il diritto di scelta attribuito al dipendente che assiste con continuitˆ un parente handicappato non costituisce un diritto assoluto ma va contemperato con le esigenze organizzative del datore di lavoro, che ha per˜ lĠonere di provare le circostanze ostative al suo esercizio (T.a.r. Campania Napoli VI, 7 gennaio 2019 n. 71; Cass. 12 ottobre 2017 n. 24015; Cass. 11 ottobre 2017 n. 23857, con nota di F. dI NoIA, in riv. it. dir. lav., 2018, 82). Esso integra un interesse legittimo da valutare in base alle esigenze organizzative e dellĠefficienza del servizio della P.A. (T.a.r. Campania Salerno I, 19 ottobre 2018 n. 1468; T.a.r. Piemonte Torino, 2 gennaio 2014 n. 4; T.a.r. Toscana Firenze, 11 luglio 2017 n. 926; Trib. Milano, sez. lav., 21 aprile 2014). Il diritto pu˜ essere esercitato anche quando la situazione di handicap sopravvenga nel corso del rapporto di lavoro (Trib. Milano, sez. lav., 1 giugno 2017). Circostanze ostative possono essere la scopertura di organico nella sede dellĠistante, la inutilitˆ di unĠaggiunta di organico o una situazione che sconsigli la presenza del medesimo in quella sede (T.a.r. Lazio roma I, 5 luglio 2018 n. 7464; Cons. St. III, 1 luglio 2015 n. 3262; Cass. 28 gennaio 2016 n. 1608) fermo che gli unici parametri che lĠamministrazione deve valutare per concedere o meno il trasferimento sono le proprie esigenze organizzative e operative e lĠeffettiva necessitˆ del parente assistito (Cons. St. III, 10 novembre 2015 n. 5113). La precedenza ex art. 21 l. n. 104/1992 non attribuisce un diritto assoluto LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ prevalente sulle ragioni dellĠAmministrazione, ma opera nei confronti di altri aspiranti al trasferimento (Trib. Milano, sez. lav., 6 febbraio 2017). Il diritto alla sede pi vicina cessa con la morte della persona assistita (T.a.r. Emilia-romagna I, 7 dicembre 2018 n. 924; T.a.r. Campania Napoli, 2 luglio 2018 n. 5626) con conseguente possibilitˆ di riesame della situazione (Cons. St. III, 20 giugno 2018 n. 3789). 8. il lavoro agile. Il lavoro agile, istituto recentemente disciplinato dalla L. 22 maggio 2017 n. 81, e applicabile sia nel rapporto di lavoro privato che in quello pubblico (in quanto compatibile), non rientra tecnicamente nella materia dei trasferimenti, ma potendo comportare una delocalizzazione del luogo di prestazione del lavoro, finisce con lĠimpattare sulla materia in questione, attenuando o modificando la propensione e le motivazioni a chiedere il trasferimento. Tale istituto infatti ha lo Òscopo di incrementare la competitivitˆ e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoroÓ e prevede che mediante accordo tra le parti possono essere predisposte forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, Òsenza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologiciÓ (art. 18, comma 1). In effetti la legge (come integrata dallĠart. 1, comma 486, L. 30 dicembre 2018 n. 145) prevede lĠobbligo di riconoscere, nellĠambito degli accordi attuativi, prioritˆ alle richieste di esecuzione del rapporto di lavoro in modalitˆ agile formulate dalle lavoratrici madri nei successivi tre anni dal congedo di maternitˆ e dai lavoratori con figli in gravi condizioni di disabilitˆ (art. 18, comma 3-bis), categorie queste giˆ considerate in maniera particolare dalla normativa sui trasferimenti volontari e sui ricongiungimenti. LĠistituto costituisce una evoluzione del telelavoro e consente che la prestazione lavorativa sia eseguita in parte allĠinterno dei locali aziendali e in parte allĠesterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di orario giornaliero e settimanale (quindi con diritto alla disconnessione fuori di questi orari), fermi il potere di controllo e disciplinare e la responsabilitˆ per la sicurezza e il buon funzionamento degli strumenti tecnologici del datore di lavoro. LĠaccordo pu˜ essere a termine o a tempo indeterminato, con preavviso di recesso non inferiore a 30 giorni (artt. 18-22). In previsione dellĠintroduzione dellĠistituto, la Presidenza del Consiglio ha emanato una apposita direttiva con annesse Linee Guida sul lavoro agile (PCM dir. 26 giugno 2017 n. 3) e stipulato un protocollo dĠintesa in data 5 aprile 2017 per lĠavvio della sperimentazione del lavoro agile (o smart working). 9. Contrattazione collettiva nazionale. Come accennato allĠinizio, la materia dei trasferimenti individuali trova una disciplina integrativa nella contrattazione collettiva nazionale. rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 Questa da una parte conferma le condizioni generali perchŽ si possa far luogo a trasferimento dĠautoritˆ, richiamando espressamente lĠart. 2103 cod. civ. o comunque le ragioni tecniche, organizzative e produttive menzionate in detta disposizione, dallĠaltra si preoccupa di introdurre ulteriori limiti (di etˆ, di condizioni familiari, di distanza) per il trasferimento o di prescrivere ulteriori garanzie (obbligo di preavviso, comunicazione scritta, motivazione, possibilitˆ di chiedere il riesame, collegio di conciliazione o arbitrato). In particolare il CCNL per le imprese creditizie finanziarie e strumentali 2015-2018 prevede che il trasferimento Òterrˆ conto anche delle condizioni personali e familiari dellĠinteressatoÓ e che  necessario il consenso espresso di questo a seconda dellĠetˆ, dellĠanzianitˆ di servizio, della distanza della nuova sede, della qualifica rivestita (artt. 88, 111). Anche il CCNL per il personale non dirigente di Poste Italiane 2016-2018 contiene disposizioni di maggior tutela, quali lĠobbligo di preavviso, di comunicazione scritta, di motivazione nonchŽ quella di Òtenere conto delle condizioni personali e familiari del lavoratore interessatoÓ. Inoltre se il lavoratore  di etˆ superiore a 55 anni (se uomo) o a 53 anni (se donna) il trasferimento pu˜ essere disposto Òsolo in casi di carattere eccezionaleÓ adeguatamente motivati. CĠ infine la possibilitˆ di chiedere il riesame del provvedimento in contraddittorio assistito (art. 38). Il CCNL Commercio 2016-2019 prevede a propria volta lĠobbligo di preavviso e dispone che oltre una certa etˆ il trasferimento  possibile solo per gravi e comprovati motivi, con possibilitˆ per lĠinteressato di fare opposizione avanti ad un collegio di conciliazione e arbitrato (artt. 112, 170). Il CCNL per i lavoratori dellĠindustria alimentare 2015-2019 prevede che il provvedimento di trasferimento deve essere comunicato tempestivamente e per iscritto e che il lavoratore che non lo accetti, ove allĠatto dellĠassunzione fosse stata espressamente pattuita la facoltˆ di disporre il trasferimento, sarˆ considerato dimissionario. Tali disposizioni non si applicano al lavoratore in caso di richiesta di trasferimento volontario (art. 60). Il CCNL Pubblico Impiego - Funzioni centrali 2016-2018 dispone che il comando non pu˜ eccedere la durata di 12 mesi, rinnovabili e che necessita del consenso dellĠinteressato, il cui ritiro ne determina la cessazione (art. 51). Il CCNI 2018-2019 per la mobilitˆ nella Scuola, come sopra ricordato, accorda al personale docente e ATA una preferenza nei trasferimenti allĠinterno della provincia in cui  ubicato il comune nel quale  stato trasferito dĠufficio il coniuge militare o abbia eletto domicilio allĠatto del collocamento in congedo (art. 18, VI). Il CCNL per il personale impiegatizio e quadro dellĠAgenzia del demanio 2016-2018 contiene una norma di intenti per la stabilizzazione dello strumento del lavoro agile che consente di agevolare la conciliazione delle esigenze personali e familiari con quelle professionali (art. 52). LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ Ma quasi tutti i CCNL contengono disposizioni specifiche sulle indennitˆ e i rimborsi per trasferte e missioni (v. ccnl Turismo, artt. 325 ss.; ccnl Poste Italiane, art. 40; ccnl Industrie alimentari, art. 59; ccnl Pubblico impiego -Funzioni centrali, art. 82; Funzioni locali 2016-2018, art. 70-octies; ccnl Agenzia demanio, artt. 68, 69, cit.). Secondo la giurisprudenza, il mancato rispetto dellĠobbligo di preavviso, previsto dalla contrattazione collettiva, non comporta la nullitˆ del disposto trasferimento, ma solo il diritto del lavoratore ad essere tenuto indenne dal pregiudizio del maggior disagio sopportato (Cass. 31 maggio 2018 n. 13968) nŽ ne giustifica lĠinadempimento salvo che per la durata del mancato preavviso (App. Catanzaro, sez. lav., 11 aprile 2017). La giurisprudenza ha inoltre sottolineato che disposizioni contrattuali collettive possono attribuire rilievo anche a condizioni di ordine personale e familiare, la cui valutazione resterebbe esclusa in mancanza di espressa previsione in tal senso, salvo queste siano particolarmente consistenti alla stregua dei precetti di buona fede e correttezza (Cass. 27 novembre 2002 n. 16801). Il diritto alla indennitˆ di prima sistemazione spetta solo in caso di effettivo trasferimento della residenza o del domicilio nel luogo di destinazione (T.a.r. Piemonte Torino I, 3 dicembre 2018 n. 1316). 10. Considerazioni finali. La materia dei trasferimenti individuali dĠautoritˆ appare adeguatamente presidiata dal canone generale introdotto dallo Statuto dei lavoratori. Si tratta di disposizione abbastanza garantista che ˆncora lo spostamento territoriale a ragioni oggettive e comprovate, di natura tecnica e operativa, pur lasciando sufficiente spazio di manovra al datore di lavoro, anche se pubblica amministrazione, secondo le effettive necessitˆ aziendali. Situazioni particolari trovano puntuale considerazione in specifiche disposizioni di legge (disabilitˆ, unitˆ familiare) o nella contrattazione collettiva (condizioni personali o familiari, etˆ, anzianitˆ di servizio, distanza della nuova sede di lavoro) a maggior tutela del lavoratore interessato. Meno strutturata appare invece la materia dei trasferimenti a domanda, rientrando questi nella potestˆ datoriale dellĠimprenditore o nel potere discrezionale della pubblica amministrazione, pur non mancando qualche temperamento di legge o utile alternativa (telelavoro, lavoro agile). Infine trovano una disciplina specifica anche quegli spostamenti a carattere transitorio che possono intervenire durante la normale vita del rapporto di lavoro dovuti ad esigenze temporanee. Insomma si  in presenza di un quadro organico e completo della materia dello spostamento del luogo di prestazione del lavoro, che la giurisprudenza non ha mancato di rendere il pi possibile aderente agli obiettivi perseguiti dalla normativa nel suo complesso. rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 Problemi attuali del trasporto aereo nel nostro Paese Relazione a cura di Pierluigi Di Palma (*) Si ritiene che una corretta analisi degli attuali problemi del trasporto aereo nel nostro Paese debba partire dal progetto ÒMalpensa 2000Ó - il grande hub del Sud Europa da 24 milioni di passeggeri lĠanno, concorrente di Francoforte e Parigi -che prevedeva il riassetto proprietario ed economico di Alitalia, compagnia di riferimento nazionale, in un grande vettore europeo, in grado, in una joint venture con KLM, di intercettare importanti quote di traffico continentale, assicurando allĠItalia una rinnovata centralitˆ nelle strategie economiche e politiche del trasporto aereo europeo e mondiale. In attuazione del d.m. 101-T, il 25 ottobre 1998, data di entrata in esercizio del nuovo aeroporto di Malpensa 2000, cĠ il trasferimento di una considerevole mole di traffico da Linate ma solo dieci anni dopo, il 30 marzo 2008, lĠAlitalia lascia Malpensa, riducendo del 70% i propri collegamenti operativi sullo scalo lombardo. Il lungo addio  iniziato il giorno prima, quando gli operai hanno smontato i banchi utilizzati dalla compagnia di riferimento nazionale in un clima surreale. LĠAlitalia si  volatilizzata in una sola notte: i check-in Az sono deserti; i saloni dei transiti, fino al giorno prima una bolgia, sembrano corsie di un obitorio. Gli operai armati di trapani e muletti hanno lavorato tutta la notte di sabato 29 marzo per smontare 24 check-in della compagnia italiana. Poche, abili pennellate di verde hanno rimosso il logo Alitalia e i banchi abbandonati sono stati occupati da nuovi operatori e sono giˆ visibili le insegne di Airone e della ungherese Malev. Con lĠentrata in vigore dellĠorario estivo 2008, a Malpensa finisce unĠepoca: quella iniziata il 25 ottobre 1998 con lĠinaugurazione dellĠavveniristico Terminal 1 dellĠhub del Sud Europa. Infatti, secondo i piani del Governo italiano, Malpensa doveva essere presidiata da Az e KLM, unite in unĠalleanza che, grazie alle sinergie determinate dalla diversitˆ delle rispettive flotte aeree, fondatamente riteneva di potersi imporre nella competizione del mercato comunitario a discapito di Air France, British Airways e Lufthansa, mettendo in difficoltˆ la crescita dei relativi hub di riferimento ed in particolare dellĠaeroporto di Francoforte. Al contrario, prima KLM e poi Az, proprio in ragione del contrastato ed inefficace presidio di Malpensa, hanno dovuto gettare la spugna ed entrare progressivamente nellĠorbita di Air France. Il Governo ita (*) Presidente del Centro Studi demetra -development of European Mediterranean Transportation, avvocato dello Stato. Relazione predisposta per lĠaudizione, in data 14 marzo 2019, al Senato (8a Commissione) in merito al disegno di legge n. 727: Delega al Governo per il riordino delle disposizioni legislative in materia di trasporto aereo. LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ liano, nellĠimpossibilitˆ di continuare a sostenere economicamente Alitalia,  arrivato a trattare, in esclusiva, la vendita della compagnia ad Air France, giˆ da tempo entrata nel capitale sociale di Az anche se, il 21 aprile 2008, allĠindomani dellĠaffermazione di Berlusconi alle elezioni politiche, il vettore dĠoltralpe ha ritirato formalmente la propria offerta per Alitalia. Ma questa  unĠaltra storia. Nel disastroso contesto operativo di Alitalia, a fine marzo 2008, lo scalo lombardo scende improvvisamente dai 750 movimenti tra arrivi e partenze, per un totale di 60 mila passeggeri giornalieri, a soli 550 movimenti e a 35 mila passeggeri: 181 i voli tagliati. Ne restano altri 170, ma solo 50 di Alitalia; in media, 127 in meno al giorno. delle 86 destinazioni del 2007 ne rimangono 51. I 17 voli intercontinentali giornalieri si riducono a solo tre destinazioni: New York, San Paolo e Tokyo. Gli altri collegamenti, da aprile 2008, arrivano e partono da Fiumicino. Lo scalo romano, nel primo giorno di riduzione dellĠoperativitˆ di Malpensa, aumenta il traffico di 70 voli e 15 mila passeggeri, con la preoccupazione che possano ripetersi in estate, nelle ore di picco, i gravi disservizi causati dalla congestione mal governata dellĠomologa stagione di traffico 2007. Improvvisamente, a Malpensa non ci sono pi voli da e per lĠArgentina, la Bielorussia, la Cina, gli Emirati Arabi uniti, il Ghana, lĠIndia, lĠIran, il Libano, la Nigeria, il Senegal, la Siria, il Venezuela. di fatto, sono stati cancellati i collegamenti per Cracovia, Ginevra, Malta, Marsiglia, Monaco, Nizza, Salonicco, Sarajevo, Skopje, Stoccarda, Strasburgo, Stoccolma, Timisoara, Valencia, zagabria, Shanghai, Mumbai, delhi, Chicago, Buenos Aires, osaka. Solo con altre compagnie si pu˜ raggiungere Londra, Francoforte, Atene, Barcellona, Berlino, Madrid, Lione, Lisbona e zurigo. Tagliati dalla compagnia nazionale anche i voli interni per Ancona, Bologna, Bolzano, Catania, Firenze, Genova, Napoli, Palermo, Pisa, Perugia, Trieste e Venezia. I pochi voli rimasti per le tratte intercontinentali rischiano di volare semivuoti, dato che non potranno contare sui passeggeri dei voli in coincidenza. una sorta di ÒtsunamiÓ, che declassa lĠaeroporto lombardo da hub a semplice scalo internazionale. Nel freddo linguaggio tecnico questo processo si definisce de-hubbing. Tradotto in cifre, significa passare da 1.238 frequenze settimanali a 352. Si parla di 8.000 posti di lavoro a rischio compreso lĠindotto, 900 dipendenti SEA in cassa integrazione per due anni, 6 milioni di passeggeri in meno lĠanno (da 23 a 17 milioni pax/anno), 70 milioni di euro di minori entrate per la societˆ di gestione e un danno per lĠeconomia territoriale stimato in 15 miliardi di euro. Per uno scherzo del destino, nello stesso giorno in cui la compagnia di riferimento nazionale abbandona il presidio di Malpensa trasferendo a Fiumicino gran parte dei collegamenti internazionali, il Ministro delle infrastrutture, di Pietro, ed il Governatore lombardo, Formigoni, inaugurano la superstrada rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 Malpensa-Boffalora, la bretella che collega lĠautostrada A4 Milano-Torino allĠaeroporto, per tanti anni raggiungibile solo dallĠautostrada dei laghi A8 Milano- Varese - e su ferro con il Malpensa Express. é una delle infrastrutture viarie che lĠaeroporto ha atteso per anni, la cui mancata realizzazione ne ha limitato fortemente lĠaccessibilitˆ, incidendo in modo determinante sulla effettiva trasformazione dello scalo in hub. Nonostante questo triste epilogo, non vi  dubbio che il progetto mal- pensa 2000 abbia rappresentato per il nostro Paese una irripetibile opportunitˆ di svolgere in Europa un ruolo leader nella politica del trasporto aereo, con la grande chance di condizionare il mercato continentale con il proprio vettore di riferimento, consolidato nel proprio ruolo dalla pari dignitˆ che avrebbe assunto nella competitiva alleanza internazionale con KLM che aveva, nellĠhub di Milano, un atout di sicuro successo. é evidente che gli altri Stati membri, ed in particolare Germania e Francia, anche grazie alla potente lobby costituita attorno ai vettori di riferimento, Lufthansa e Air France, hanno fortemente osteggiato il progetto che, laddove realizzato, avrebbe relegato ad un ruolo di minor importanza gli interessi economici dei rispettivi Paesi. é indubbio che il business che ruota intorno al trasporto aereo, giˆ di per se rilevante, rappresenta un volano per lĠeconomia del bacino di riferimento dello scalo aeroportuale che garantisce agli abitanti del territorio circostante la mobilitˆ aerea. difatti oggi, in un mercato aperto alla competizione secondo le regole di liberalizzazione e privatizzazione del settore, per incidere sullo sviluppo di un territorio secondo i canoni dellĠeconomia globale,  necessario intercettare con immediatezza i bisogni legati alla mobilitˆ dei cittadini in un contesto territoriale -lĠEuropa -che non solo geograficamente, ma anche culturalmente, rappresenta lĠidentitˆ nazionale, quanto meno, per le giovani generazioni. Ci˜ posto,  di tutta evidenza che, per uno Stato membro della Comunitˆ Europea, poter disporre di una compagnia aerea che, anche attraverso alleanze con altri vettori, ha le potenzialitˆ per dominare il mercato del trasporto aereo continentale, significa altres“ poter presidiare, nel proprio territorio, uno o pi aeroporti centri collettori di traffico. Conseguentemente, la cittˆ in cui trova localizzazione lĠhub, grazie ai flussi di traffico passeggeri e merci captati dal- lĠaeroporto, assurge a fondamentale centro di scambio per lĠeconomia europea e necessario punto di riferimento per i collegamenti intercontinentali. é altres“ chiaro che, in Europa, in relazione alle esigenze del mercato, le possibili partnership tra i vettori e i potenziali aeroporti hub sono numericamente limitati e, quindi, da un punto di vista economico, la sopravvivenza di uno pu˜ significare la scomparsa o la marginalizzazione di un altro. Indubbia  la stretta correlazione che sussiste tra la potenzialitˆ del vettore e la capacitˆ di presidio di un hub, fatto che porta a ritenere che, salvo eccezioni, un Paese comunitario non possa confidare sulle potenzialitˆ economiche di un hub se LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ non dispone di un vettore di riferimento Òin saluteÓ, partner di unĠalleanza utile ad assicurare un rapporto sinergico con altri vettori ÒglobaliÓ. da quanto detto,  evidente che lĠItalia, dopo il riconoscimento comunitario del progetto malpensa 2000 come hub del Sud Europa, inserito nel 1994 fra i 14 progetti prioritari della rete TEN, avrebbe dovuto essere preparata a difendere, come sistema Paese e quindi senza divisioni legate allĠappartenenza politica o territoriale, la realizzazione di una infrastruttura aeroportuale essenziale allo sviluppo dellĠeconomia nazionale. Al riguardo, va precisato che il problema giuridico, per quanto importante, ha rivestito un carattere marginale rispetto alla possibilitˆ concreta di portare a completamento il progetto strategico per lĠaviazione civile italiana in quanto le decisioni comunitarie, pur affermando dei principi non ancora consolidati nel settore del trasporto aereo, in sostanza, hanno esclusivamente censurato il Governo italiano per lĠinosservanza del principio di proporzionalitˆ e di discriminazione indiretta. In ragione di ci˜, il nostro Paese avrebbe potuto efficacemente rispondere alle contestazioni comunitarie laddove, anche per un breve periodo, avesse ricollocato la navetta Milano - roma su Ciampino invece che su Fiumicino e, nello stesso tempo, avesse, nei tempi previsti, provveduto ad implementare la rete di strade e binari da Milano e dagli altri centri del Nord per permettere di raggiungere agevolmente il maxi scalo aereo. Cos“ non  stato. di talchŽ, il fallimento del progetto malpensa 2000  pressochŽ interamente riconducibile ad una articolata e complessa problematica interna che, nel caso di specie, ha fatto emergere lĠincapacitˆ del sistema Paese di interagire positivamente e unitariamente nei confronti dei vari livelli decisionali comunitari a difesa di un progetto che avrebbe garantito, pur con qualche rinuncia politico-ideologica da parte dei soggetti rappresentativi degli interessi pubblici e privati coinvolti, importanti ricadute economiche, non circoscritte esclusivamente allĠhinterland milanese. La vicenda di Malpensa permette di ricondurre lĠassenza di unĠefficace azione del sistema Paese, principalmente, ai molteplici problemi di cui, sulla base di quanto sin qui detto,  possibile fornire un dettagliato elenco che si pu˜ sintetizzare nei seguenti punti: 1. SCollAMenTo DellA RAPPReSenTAnzA iTAliAnA nel PARlAMenTo euRo- Peo. a) nellĠaprile del 1995, la Commissione trasporti del Parlamento europeo, chiamata a pronunciarsi sulle ÒGrandi opere comunitarieÓ selezionate dalla Commissione europea al vertice di Essen, anche a causa dellĠassenza di alcuni parlamentari italiani, tra cui il Sindaco di Milano, Formentini, e grazie al voto di altri eurodeputati italiani, favorevoli allo ÒscambioÓ di Malpensa con un rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 progetto sulla navigabilitˆ del Po, da Casale a Cremona, cancella il previsto potenziamento dellĠaeroporto dalla lista dei quattordici progetti prioritari della rete TEN (Trans European Transport Network) destinati, tra lĠaltro, a ricevere ingenti finanziamenti comunitari; b) nel maggio 1995, l'Assemblea comunitaria di Strasburgo approva con 237 voti a favore (110 i contrari e dieci gli astenuti) la relazione del deputato tedesco Piecyk (socialdemocratico) che cancella l'ampliamento di Malpensa dalla lista delle opere prioritarie da realizzare entro il 2000 e la sua sostituzione con il ÒcorridoioÓ Monaco-Vienna-Bologna-Nord Africa. Si consuma cos“ ÒÉun secondo pasticcio allĠitaliana che ha visto nuovamente una larga parte dei nostri eurodeputati sbagliare il voto in seduta plenaria, complice la confusione procedurale ...Ó (Corriere della Sera, 19 maggio 1995); c) nellĠottobre 1995, il Parlamento europeo, con il voto determinante di due europarlamentari italiani, esclude malpensa 2000 dallĠelenco degli interventi della rete TEN, da inserire nel bilancio dellĠunione per poter accedere, per la realizzazione, a finanziamenti comunitari. La mancata previsione di Malpensa nella lista delle infrastrutture di interesse comunitario, con 315 voti su un quorum richiesto di 314, obbliga la Commissione europea ad una lunga trattativa con il Parlamento europeo per modificare la lista dei progetti da inserire a bilancio. In particolare, nel giugno 1996, il Parlamento europeo per dare il Òvia liberaÓ al progetto di malpensa 2000 riesce ad ottenere, per la realizzazione delle infrastrutture della rete TEN, un rafforzamento della tutela ambientale ed il rispetto della normativa riguardante la conservazione degli habitat naturali e della fauna e flora selvatica; d) nel luglio 1996, la Commissione europea, esaminata la petizione n. 624/95 promossa da un eurodeputato verde italiano per richiedere la VIA su Malpensa, anche alla luce della deliberazione assunta dal Parlamento europeo che lega la realizzazione dei progetti TEN al rispetto della normativa ambientale comunitaria, chiede, sul punto, chiarimenti alle Autoritˆ italiane. Il progetto n. 10 malpensa 2000, come noto, interessa lĠarea del Parco Naturale della Valle del Ticino. 2. lATenTe ConfliTTo PoliTiCo TRA MAGGioRAnzA eD oPPoSizione in iTAliA AnChe PeR RAGioni TeRRiToRiAli. a) fino alla pubblicazione di una lettera del Presidente del Consiglio, romano Prodi, sul Corriere della Sera del 25 marzo 1998, la realizzazione dellĠhub di Malpensa risulta essere un progetto che unisce la maggioranza del Paese, al di lˆ di divisioni legate allĠappartenenza politica e territoriale. Nella lettera indirizzata al direttore del quotidiano viene, al contrario, manifestato un insanabile dissidio tra il Governo centrale e il Comune di Milano, proprietario della societˆ di gestione dellĠaeroporto di Malpensa. Pubblicamente, il Presidente del Consiglio ricorda di aver avuto modo di sottolineare al Sindaco Al LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ bertini il grande effetto propulsivo che gli aeroporti organizzati in sistema possono offrire al Paese e di avergli manifestato la preoccupazione per una situazione che vede gli altri Stati europei sviluppare con grande aggressivitˆ la rete dei propri aeroporti e, nel contempo, vede in Italia la progressiva perdita di quote di traffico a favore di scali e compagnie aeree di altre nazionalitˆ. Secondo Prodi, a questo stato di cose e a questa tendenza, si pu˜ realisticamente reagire soltanto con un Òprogetto PaeseÓ che individui due grandi hub - Malpensa e Fiumicino - e Òsu questi centri collettori di traffico, necessariamente coordinati fra loro, costruisca una fitta rete di collegamenti che assicuri il continuo ed efficace ÒrifornimentoÓ dei passeggeri e delle merci, garantendo, nel contempo, occasioni di crescita anche agli aeroporti minori, preziosa espressione di realtˆ ricche e vitaliÓ. Il Presidente del Consiglio ritiene che, laddove manchi la capacitˆ di attivare un grande e coordinato sforzo per riqualificare e rilanciare in modo integrato il sistema degli aeroporti italiani, chi ci perderˆ sarˆ proprio il progetto di malpensa 2000. Prodi  del parere che Òlo scalo milanese, isolato dagli altri aeroporti nazionali e da roma Fiumicino sarˆ costretto ad assistere al rafforzarsi, prima, e allĠesplosione, poi, dei mille contatti diretti fra gli altri aeroporti e i grandi centri di smistamento del Nord Europa e sarˆ condannato a una progressiva emarginazione e ad un sicuro declinoÓ. Il Presidente del Consiglio scrive, inoltre, di aver prospettato e suggerito al Sindaco di Milano di percorrere con coraggio e con il consenso del capitale privato, innanzitutto, la strada di una sinergia con lo scalo di Fiumicino e successivamente con gli altri aeroporti dellĠItalia settentrionale, ma la risposta ricevuta  stata una rigida difesa di un inesistente e indifendibile primato di Milano e di Malpensa, considerata, a dispetto di tutti i dati, come lĠunico, autentico, naturale hub italiano. In questo modo, secondo Prodi, Milano segna la condanna di Malpensa e vanifica una straordinaria e irripetibile occasione di sviluppo per lĠintera Lombardia, per le regioni del Settentrione, per tutta lĠItalia. In sintesi, con questa lettera-manifesto il Presidente del Consiglio cerca di evitare una contesa tra roma e Milano e prefigura possibili scenari di sviluppo del trasporto aereo in Italia, proponendo strategicamente alla proprietˆ della SEA, a garanzia della concreta possibilitˆ per lĠItalia di rendere operativo lĠhub Malpensa, indispensabili e necessari assetti economico-industriali, riferibili a capitali privati, tali da coinvolgere lĠintero sistema Paese; b) al contrario delle attese, inasprendo la polemica politica, la replica del Sindaco sul Corriere della Sera del 27 marzo 1998  tutta a difesa della centralitˆ di Malpensa e della cittˆ di Milano. Infatti, Albertini, in contrasto con la proposta del Presidente del Consiglio, rivendica un ruolo essenziale ed esclusivo dello scalo lombardo a tutela dellĠaccordo che, nel frattempo, si  realizzato tra Alitalia e KLM. Secondo il Sindaco di Milano, eventuali accordi di sistema non possono che essere subordinati alla centralitˆ di Malpensa e, laddove non praticabili, lĠazionista della societˆ di gestione ritiene preferibile rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 Òuna sana concorrenza con alleanze internazionaliÓ tra roma e Milano. In sostanza, il Comune di Milano boccia il progetto ÒHermesÓ sostenuto da Prodi, che avrebbe previsto lĠacquisizione da parte di gruppi imprenditoriali italiani del 100% della SEA e del 55% di Adr, la societˆ di gestione degli aeroporti della Capitale; c) per la Òcittˆ eternaÓ, il fatto che Alitalia abbia la prospettiva di spostare voli su Malpensa nellĠimminenza del Giubileo  comunque un evento che pu˜ avere riflessi assolutamente negativi ed il Sindaco rutelli stigmatizza lĠiniziativa come Òcampanilistica e un poĠ rozzaÓ (Corriere della Sera, 2 aprile 1998). Come se non bastasse, il successivo 21 aprile, il Corriere della Sera pubblica una lettera del Primo cittadino capitolino che pone tre questioni a cui ÒlĠalitalia e il ministro Burlando non stanno rispondendoÓ. In sostanza, rutelli chiede: a) se ha senso puntare sul potenziamento di Malpensa togliendo voli e passeggeri -anzichŽ agli aeroporti europei -allĠaeroporto di Fiumicino; b) se non sia corretto sostenere che il principale aeroporto della Nazione debba collocarsi in una posizione geografica baricentrica senza Òpensare che un imprenditore barese debba raggiungere Beirut via malpensa, o da Catania si debba andare a Johannesburg via VareseÓ; c) se non sia meglio puntare a sviluppare il traffico di Malpensa attraverso le compagnie straniere piuttosto che ipotizzare che Fiumicino, per garantire il flusso turistico ed istituzionale della Capitale, debba sostituire parte dei tagli di Alitalia con lĠingresso di altre compagnie straniere; d) nella polemica tra roma e Milano entra anche il Ministro degli esteri, Lamberto dini, che scrive al Presidente del Consiglio esprimendo la propria preoccupazione per il fatto che, in occasione del Giubileo, Òle tante personalitˆ che arriveranno da tutto il mondo dovranno far riferimento a milano per viaggi la cui meta naturale non pu˜ che essere la nostra capitaleÓ. 3. DiffiColTˆ Di SinTeSi PoliTiCA TRA CoRRenTe RifoRMiSTA e RADiCAle Al GoveRno. a) il Ministro dellĠambiente, ronchi, in contrasto con il Ministro dei trasporti, Burlando, richiede formalmente di sottoporre il progetto malpensa 2000 alla Valutazione di Impatto Ambientale in ragione delle numerose modifiche apportate al progetto della SEA del 1986 -approvato prima dellĠentrata in vigore della legge n. 349/86 e del dPCM n. 377/88 -che hanno determinato Òun enorme incremento dellĠattivitˆ dello scalo e lo stravolgimento della sua originaria funzioneÓ. Il Ministro ronchi ritiene che, secondo la normativa vigente, devono essere sottoposti alla procedura VIA anche gli interventi su opere giˆ esistenti, qualora da tali interventi derivi unĠopera con caratteristiche sostanzialmente diverse dalla precedente. AllĠesito dello studio, il 25 novembre 1999, il Ministro ÒVerdeÓ emana, di concerto con il Ministro per i beni e le attivitˆ culturali, il decreto VIA n. 4231. In sostanza, il Ministro dellĠambiente LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ esprime Òun giudizio di compatibilitˆ ambientale negativo sullĠulteriore incremento dei voli allĠaeroporto di malpensaÓ e dichiara che Òtale progetto di incremento dei voli potrˆ essere riesaminato a valle dellĠattuazione del percorso di minimizzazione individuatoÓ. Alcune compagnie aeree straniere, ormai da anni sul piede di guerra, non perdono lĠoccasione di fare presente che il decreto del Ministero dellĠambiente rimette in discussione le date previste per il trasferimento dei restanti voli da Linate a Malpensa (15 dicembre 1999 e 15 gennaio 2000); b) in data 3 dicembre 1999, su istanza presentata dal Ministro dei trasporti ai sensi dellĠart. 6, comma 5, legge n. 349/86, il Consiglio dei Ministri, alla ricerca di una mediazione, accoglie parzialmente le indicazioni del Ministro ronchi, stabilendo che le misure di mitigazione e compensazione ambientale previste nel decreto interministeriale del 25 novembre, nellĠottica di accompagnamento dello sviluppo di Malpensa come scalo hub, vengano attuate immediatamente dopo il trasferimento della prima tranche di voli, confermato per il 15 dicembre. Il compromesso politico raggiunto in sede di Consiglio dei Ministri prevede, al contrario, che la seconda tranche dovrˆ attendere la verifica dellĠefficacia delle misure adottate che si provvede a formalizzare in uno specifico allegato, parte integrante dellĠemanando dPCM del 13 dicembre 1999; c) le disavventure del decreto Burlando n. 101-T si scontrano anche con un episodio di Òschizofrenia rappresentativaÓ: mentre la Commissaria europea ai trasporti Loyola de Palacio, viene rassicurata dal Ministro Treu sul fatto che verrˆ realizzata anche la seconda tranche di trasferimenti, il Ministro del- lĠambiente Edo ronchi, intervenendo al Consiglio dei suoi omologhi comunitari, dichiara che il trasferimento del 15 gennaio resta soggetto alla VIA e non  quindi certo. Questa mossa suicida, sommata al fatto che il testo del dPCM firmato da dĠAlema, mentre ribadisce la volontˆ di procedere al primo trasferimento evita di impegnarsi sulla seconda data del 15 gennaio 2000, fa scattare la reazione dellĠEuropa. Il 14 dicembre, la Commissaria de Palacio, ritenendo che non ci siano garanzie sufficienti sulla seconda scadenza concordata, invia una lettera al Ministro dei trasporti italiano per segnalare la necessitˆ di sospendere ogni spostamento di traffico da Linate a Malpensa. Lo stesso giorno, il Ministro dei trasporti, dĠintesa con il Presidente del Consiglio dei Ministri, decide di sospendere lĠobbligo del trasferimento dei voli previsto per il giorno successivo. In tale giˆ problematico contesto, due europarlamentari ÒVerdiÓ accompagnano una delegazione di 66 sindaci lombardi e piemontesi ad incontrare la Commissaria de Palacio per sottolineare lĠincompatibilitˆ ambientale dellĠaeroporto di Malpensa. 4. Azioni iMPRoPRie Di AliTAliA. a) secondo lĠassunto comunitario, lĠeffetto del decreto di ripartizione del traffico n. 46-T che lascia la sola ÒnavettaÓ roma-Milano su Linate sarebbe rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 quello di garantire ad Alitalia un vantaggio competitivo sulle altre compagnie, con gravi effetti distorsivi della concorrenza. Le compagnie straniere si troverebbero, infatti, a competere con Alitalia in condizioni di netto svantaggio, poichŽ dovrebbero offrire i propri voli intercontinentali con partenza ed arrivo esclusivamente presso lĠaeroporto di Malpensa, decisamente meno appetibile per gli utenti del Nord Italia a causa della sfavorevole ubicazione geografica. In tutte le fasi di giudizio, la prova ÒprincipeÓ di tale tesi sono le dichiarazioni del direttore Generale dellĠAlitalia, secondo cui Òla creazione di un hub a malpensa  parte fondamentale del piano di rilancio dellĠalitalia e il decreto, oltre a garantire la piena utilizzazione dello scalo generale, consente alla compagnia di portare avanti il progetto senza dover far fronte alla concorrenza che vorrebbe usare ancora a lungo lĠaeroporto di Linate, pi vicino al centro cittadino. il ministro deve dimostrare grinta per portare avanti una decisione importante e tutelare gli interessi italianiÓ; b) lĠaltro punto critico della storia di Malpensa  costituito dalle regole di ripartizione del traffico che devono tendere a ridurre al minimo lĠoperativitˆ di Linate per garantire la concentrazione dei voli sullĠhub. In controtendenza rispetto a tale prospettiva,  lĠaccordo raggiunto da Civilavia con le compagnie aeree -favorito dallo scetticismo di Alitalia che aveva portato lĠazienda a stringere accordi per il trasporto merci con lĠaeroporto di Torino - in base al quale dal 1996, proprio a Linate,  possibile aumentare il traffico, portando le bande orarie utilizzabili sullo scalo, da 22 a 32 lĠora, con evidente forte incremento del volume passeggeri. 5. DiSGuiDi e RiTARDi nellA ReAlizzAzione PRoGeTTuAle e DellA ReTe Di ACCeSSibiliTˆ AeRoPoRTuAle. a) il 25 ottobre 1998, lĠavvio operativo di malpensa 2000  tuttĠaltro che felice: code, proteste, ritardi e disguidi portano lĠaeroporto al limite del collasso. Nel grande hub europeo va subito in cortocircuito il coordinamento delle operazioni gestito dal sistema telematico della SEA: dalla consegna dei bagagli al trasferimento dei passeggeri, dagli orari di decollo e arrivo, allĠassegnazione delle piazzole di parcheggio. ÒLĠelenco dei problemi che hanno rovinato il battesimo di malpensa 2000, sembra non arrivare mai alla fine: ritardi record, strade e cieli intasati, passeggeri inferociti, talora persi nella nebbia o sotto la pioggia, autobus e navette fantasma, bagagli attesi per ore e spesso smarriti, code interminabili, cartelli assenti quando non sbagliati, ed in pi la protesta, con i manifestanti che hanno bloccato il traffico in entrata e in uscita dallĠaeroportoÓ (Corriere della Sera, 26 ottobre 1998); b) il giorno di Natale 2000 lo scalo rimane paralizzato per quasi due giorni a causa di una nevicata che intrappola migliaia di passeggeri; c) la realizzazione della linea ferroviaria tra Milano e Malpensa sulla quale sono destinati a correre, una ogni mezzĠora, le navette Malpensa Express LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ dura da anni: il quadruplicamento del tratto milanese Cadorna-Bovisa  stato attivato il 9 settembre 2007 dopo 9 anni di lavori e 123 milioni di euro di investimento. Su questo snodo ferroviario della rete Ferrovie Nord convergono le linee da e per Saronno, Como, Asso, Varese-Laveno, Novara e Malpensa; d) per il completamento della tratta Saronno-Malpensa si attende lĠapertura del tunnel destinato ad interrare la linea ferroviaria nel perimetro comunale di Castellanza come chiesto dal Comune nel 1996. Il tunnel verrˆ per˜ attivato solo nel 2009 e richiederˆ complessivamente (interramento, raccordi, nuova stazione e relative opere) un investimento di circa 140 milioni di euro; e) il potenziamento ed il prolungamento delle strade di accesso ha subito un ritardo di anni: il completamento dei lavori di potenziamento della A8 ÒautolaghiÓ che da Milano porta a Varese, collegata con lĠaeroporto di Malpensa attraverso la statale 336 - una sorta di bretella a doppia corsia e doppia carreggiata verso la Autostrada dei laghi -  avvenuto il 13 ottobre 1999, un anno dopo lĠapertura del nuovo scalo; f) lĠinaugurazione del raccordo con l'Autostrada A4  avvenuta solo il 30 marzo 2008, mentre a tuttĠoggi resta ancora allo stadio di progetto l'Autostrada Pedemontana Bergamo-Gallarate, prolungamento della statale 336 dell'Aeroporto della Malpensa. La contesa comunitaria relativa al dossier malpensa 2000 sembra finire nel 2001, ma, al contrario, trascorrono altri 7 anni fino allĠabbandono del presidio aeroportuale da parte di Alitalia. In questo tempo, in Italia, si sono succeduti altri due Governi di diverso colore politico che, pur riconoscendo che la crisi del vettore di riferimento italiano  in gran parte da riconnettersi alla difficoltˆ ed antieconomicitˆ di mantenere surrettiziamente in vita lĠhub del Sud del continente europeo, non hanno ritenuto di modificare le regole di ripartizione del traffico tra gli aeroporti di Milano, lasciando vivere il decreto Bersani bis che, a questa data, regola il traffico tra gli scali di Linate e Malpensa, invariati i numeri dei movimenti disponibili (18+70). Va, comunque, detto, che la fine dellĠestate 2001  il momento che segna la crisi mondiale del trasporto aereo: basti pensare che, dopo lĠattentato terroristico delle torri gemelle dellĠ11 settembre a New York, la SEA ha riscontrato, nellĠimmediato, un calo del traffico aereo del 25%, incidente soprattutto sulle rotte atlantiche. Inoltre, va ricordato che Linate, lĠ8 ottobre 2001,  il luogo della tragedia del pi grave disastro aereo avvenuto su suolo italiano in cui hanno perso la vita 118 vittime innocenti. In tale contesto, per lungo periodo, il problema dellĠhub di Malpensa viene accantonato dalla politica italiana anche se la compagnia di riferimento nazionale, fallita la strategica alleanza con KLM, nel 2000 entra in SkyTeam, un importante accordo tra vettori, prima commerciale e poi anche societario, nato rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 con la partecipazione di Aeroflot, AeroMexico, Air France, China Southern, Continental, CSA Czech Airlines, delta Airlines, KLM, Korean Air e Northwest, che garantisce ai passeggeri qualitˆ, efficienza e una rete di collegamenti unica al mondo: 16.409 voli giornalieri, verso 841 destinazioni in 162 Paesi. é evidente che questo forte legame con Air France, principale partner europeo di SkyTeam, condiziona la possibilitˆ per Alitalia di sostenere adeguatamente lĠhub di Malpensa, tenuto conto dellĠinteresse francese di sviluppare gli scali antagonisti, Lione e Nizza. Ci˜ nonostante, in questi anni, scelte politiche deboli esercitate nella esasperata ricerca di equilibrismi politici hanno provocato un disastro. Era evidente che tentare di tenere pienamente operativi Linate e Malpensa avrebbe provocato una situazione contraddittoria tale da indebolire entrambi gli aeroporti e costringere una fragile Alitalia, peraltro legata alla politica industriale di Air France, a prendere decisioni difficili e risolute. Al riguardo, pare opportuno sottolineare che, nella stessa decisione della Commissione n. 2001/163/CE del 21 dicembre 2000, si Òprende atto dellĠimpegno dellĠitalia a riconsiderare la situazione entro la fine dellĠanno 2001Ó. In particolare, le motivazioni da approfondire per unĠeventuale modifica del decreto di ripartizione del traffico del sistema aeroportuale di Milano, potevano essere le seguenti: a) dal 2001, lĠarea comunitaria si  estesa con lĠingresso di 10 nuovi Paesi le cui capitali hanno quindi titolo a collegarsi con Linate; b) lĠaeroporto di Malpensa, in mancanza di un vettore di riferimento o meglio di unĠalleanza di vettori intesa a presidiare lĠinfrastruttura, non  pi definibile hub, ma ha assunto la vocazione di scalo internazionale aperto a tutti i vettori interessati; c) dal 2001,  oggettivamente migliorato il livello delle infrastrutture di accesso da Milano cittˆ a Malpensa tanto che, nel tempo,  stato garantito un livello di traffico che ha raggiunto picchi di 70 mov/ora, superando la situazione denunciata dalle compagnie aeree nei ricorsi proposti alla Commissione europea e quindi la causa Òda cui deriva una scarsa propensione degli utenti ad utilizzare questo aeroportoÓ; d) a differenza di quanto denunciato nei ricorsi che hanno dato luogo alla pronuncia della Commissione del 21 dicembre 2000, la capacitˆ operativa dello scalo di Malpensa si  attestata, senza particolari problemi rispetto alla gestione dei servizi di terra, su 70 mov/ora e quindi ben al di sopra dei 58 mov/ora ipotizzati dai ricorrenti; e) lĠipotesi di limitazione del traffico aereo di Linate potrebbe trovare giustificazione in presenza di gravi problemi di carattere ambientale, secondo le previsioni dellĠart. 9 reg. CEE n. 2408/92. Tutto ci˜ non  stato concretamente preso in considerazione. LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ Con il senno di poi,  facile rendersi conto della disattenzione politico- istituzionale che cĠ stata in questo lungo arco di tempo, se pensiamo che sembrava scontato che Alitalia dovesse sostenere due hub, Malpensa e Fiumicino, e che lĠincapacitˆ di perseguire questo obiettivo industriale fosse da ricercare esclusivamente nelle carenze gestionali del vettore di riferimento nazionale. Come in altri casi, questa effimera veritˆ  risultata adeguatamente sostenuta da quanti intendevano nascondere le vere cause della crisi di Malpensa per tutelare precisi interessi economici e politici che, purtroppo, nel nostro Paese non sono abituati ad assicurare, con continuitˆ, rispetto anche ai cambiamenti di maggioranze parlamentari e allĠalternarsi di Governi, programmi strategici di lungo periodo che si inseriscano in una visione di sviluppo economico non pi ancorata a scelte territoriali, ma tenendo conto della necessitˆ di dotare il Vecchio Continente di una rete di collegamenti, stradali, ferroviari e aeroportuali, che tenda a semplificare e facilitare la mobilitˆ delle persone e delle merci e, soprattutto, favorisca la crescita dellĠidentitˆ del cittadino europeo, cos“ facendo crescere nelle nuove generazioni un diverso senso di appartenenza che superi i confini nazionali e le integri, senza le difficoltˆ di chi  figlio della cultura del secolo scorso, in una democrazia ancorata ad un nuovo Stato: lĠEuropa. LĠesame sin qui svolto, che riproduce il cap. 12 di dossier Malpensa, pubblicazione del 2008 dei ÒQuaderni dellĠaviazione CivileÓ, per quanto datato resta di forte attualitˆ e, sicuramente, assume un valore profetico quanto scritto da Prodi, allĠepoca Presidente del Consiglio, nella lettera pubblicata dal Corriere della Sera il 25 marzo 1998 che, cos“ stigmatizzava la difficoltˆ di fare sistema del nostro Paese, in ragione delle appartenenze politiche e delle visioni campanilistiche dei referenti istituzionali: Òlo scalo milanese, isolato dagli altri aeroporti nazionali e da roma Fiumicino sarˆ costretto ad assistere al rafforzarsi, prima, e allĠesplosione, poi, dei mille contatti diretti fra gli altri aeroporti e i grandi centri di smistamento del Nord Europa e sarˆ condannato a una progressiva emarginazione e ad un sicuro declinoÓ. In tale contesto, nonostante il fallimento del progetto del grande hub del Sud Europa e del piano industriale elaborato dallĠAlitalia per affermarsi, con KLM, tra le pi grandi compagnie europee, il traffico aereo nel nostro Paese, grazie alla politica di liberalizzazione e privatizzazione avviata, con la condivisione di tutte le forze politiche, nella seconda metˆ degli anni Ġ90, ha raggiunto ragguardevoli traguardi, tanto da registrare, nel 2018, una complessiva movimentazione di oltre 185 milioni di passeggeri. Al riguardo, va ricordato che il Centro Studi demetra, allĠindomani dal- lĠadozione dei decreti legislativi di riforma della parte aeronautica del codice della navigazione, pubblicava, nellĠambito della Collana i quaderni dellĠaviazione civile, un volume, intitolato Òil diritto degli aeroporti nel processo di rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 liberalizzazione e privatizzazione del trasporto aereoÓ, che ripercorreva le principali tappe di tale articolato percorso, prendendo le mosse dallĠadozione dellĠair deregulation act negli Stati uniti nel 1978, per analizzare le novitˆ allĠinterno del Mercato Comune a partire dagli anni Ġ80 ed illustrare, poi, il riassetto del sistema del trasporto aereo nel nostro Paese, con il superamento dei vecchi modelli basati sulla compagnia di bandiera e la sua trasformazione da trasporto dĠŽlite a quello di massa, divenendo il prezzo del biglietto lĠelemento fondamentale, pur con immutata attenzione agli altri due canoni essenziali del settore: puntualitˆ e, soprattutto, sicurezza. Come si legge nella prefazione del Prof. Avv. Antonio Catricalˆ, allora Presidente dellĠAutoritˆ garante per la concorrenza ed il mercato, la pubblicazione denunciava le resistenze culturali che allĠepoca pervadevano il sistema: Òil trasporto aereo, come gli altri servizi pubblici,  stato per lungo tempo sottoposto a un regime di riserva originaria caratterizzato dal presidio monopolistico dei collegamenti resi dalle compagnie di bandiera e dalla gestione dei servizi a terra affidata, per lo pi, a societˆ aeroportuali giuridicamente private, ma in controllo pubblico. il primo aspetto ha avuto lĠeffetto di limitare lĠiniziativa economica dei soggetti privati e ha finito, quindi, per chiudere il settore al mercato e alla libera concorrenza. il secondo, a sua volta, ha favorito ingerenze di carattere politico burocratico e ha condotto a una gestione non sempre efficiente ed efficace del servizio. in questo contesto, la figura del passeggero utente  rimasta sullo sfondo: egli  stato considerato pi il destinatario passivo di un servizio, che il soggetto titolare di pretese giuridicamente rilevanti. a partire dagli anni novanta, il sistema ha subito profondi cambiamenti, in conseguenza del processo di liberalizzazione avviato sulla spinta del diritto comunitario. Da un lato, la riserva originaria  venuta meno e il trasporto aereo si  aperto al mercato e alla libera concorrenza. DallĠaltro, gli operatori del settore hanno dovuto migliorare la propria capacitˆ competitiva, anche in prospettiva di una possibile, e da pi parti auspicata, privatizzazione sostanziale. in questo quadro, la figura del passeggero  emersa in tutta la sua evidenza. Non pi vincolato nelle scelte, come nel precedente regime monopolistico, egli  diventato il vero arbitro del sistema, capace di decretare, in ragione della economicitˆ, sicurezza e puntualitˆ del servizio, il successo, il fallimento o, quanto meno, il declino dei soggetti operanti nel settore [É] LĠauspicio  che si possa pi attentamente definire lĠambito operativo dei soggetti pubblici e privati preposti al settore, in coerenza con le diverse funzioni, di indirizzo, gestione o regolazione tecnica, ad essi assegnate, cos“ che la figura del passeggero sia meglio tutelata attraverso garanzie adeguate, capaci di assicurare un servizio realmente orientato alla customer satisfaction. (É). molti degli attuali operatori si sono affermati nel regime monopolistico, nel quale i diritti, meglio i privilegi, del vettore e del gestore aeroportuale erano garantiti pi di quanto lo fossero quelli dei cittadini-utenti. Di qui la necessitˆ LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ di unĠazione riformatrice pi coraggiosa, che possa riconoscere alla figura del passeggero quella centralitˆ, che, di fatto, giˆ il mercato gli attribuisceÓ. A tal proposito, il tradizionale accentramento, sia delle scelte strategiche della politica dei trasporti che della gestione di tematiche dĠordine generale o particolare, in una struttura ministeriale burocratizzata e da sempre frenata da una eccessiva frammentazione, e, talora, le sovrapposizioni di competenza, hanno generato, fin dagli anni Ġ80 in modo via via pi pressante, la necessitˆ di interventi di riforma legislativa degli assetti istituzionali preposti allĠaviazione. Ci˜, al fine di dare vita a strutture tecnico-amministrative in grado di assicurare lĠorganizzazione e lĠefficienza adeguate alle nuove e diverse esigenze del settore e, correlate, ai livelli dei Paesi aeronauticamente pi evoluti. di tal che, alla fine degli anni Ġ90, allĠesito di un avversato percorso politico- istituzionale, si  imposta lĠesigenza dellĠemanazione di una normativa di settore coerente con i principi stabiliti dal d.lgs. n. 29/93 e s.m.i. di razionalizzazione dellĠorganizzazione della P.A., nella parte in cui ha tracciato una netta distinzione delle competenze tra centri di direzione politica e responsabilitˆ gestionali della P.A., e dalla legge n. 241/90 e s.m.i. sul procedimento amministrativo che ha introdotto un nuovo ruolo degli assetti burocratici, per offrire, anche attraverso la partecipazione del cittadino, risposte adeguate al miglior perseguimento dellĠinteresse pubblico. La misura della complessitˆ dellĠoperazione di revisione normativa nel settore del trasporto aereo appare evidente se si considera che in ogni aeroporto  necessaria una organizzazione assimilabile ad una complessa filiera imprenditoriale, pubblico-privata, diretta a fornire servizi operativi essenziali, come la realizzazione e manutenzione di piste, piazzali, viabilitˆ, impianti, lĠassistenza al traffico aereo (meteorologia, telecomunicazioni, informazioni aeronautiche...), servizi di sicurezza, antincendio, sanitari, doganali. devono, altres“, essere assicurati i servizi di assistenza a terra agli aerei, ai passeggeri ed alle merci, nonchŽ i servizi commerciali intesi come attivitˆ dirette al benessere del passeggero come i parcheggi, negozi, bar, ristoranti, sale per conferenze (etc ...). LĠesigenza di un intervento normativo si  resa ancor pi urgente, vista la velocitˆ di crescita del traffico aereo che, in Italia, nel decennio a cavallo degli anni Ġ80/Ġ90, ha fatto registrare incrementi del 45% delle attivitˆ. La riforma dellĠaviazione civile si inquadra, pertanto, nel contesto di un pi ampio programma normativo di carattere generale, diretto alla revisione dellĠassetto amministrativo dello Stato e degli enti pubblici e ha preso forma, nel settore del trasporto aereo, con il d.lgs. n. 250/97. La legge n. 549/95, infatti, aveva affidato al Governo la delega per lĠemanazione di un decreto legislativo diretto a razionalizzare, mediante la istituzione di un unico ente, le strutture degli organismi preposti allĠaviazione civile, prevedendo, contestualmente, una iniziativa di modifica del codice della navigazione. In attuazione della delega,  stato emanato il decreto legislativo n. 250/97 che ha istituito rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 lĠEnte Nazionale per lĠAviazione Civile (ENAC), con il quale si  provveduto allĠunificazione dellĠamministrazione statale dellĠaviazione civile, con lo scopo di accorpare in un unico soggetto giuridico le funzioni prima suddivise tra direzione generale dellĠaviazione civile (dGAC), registro Aeronautico Italiano (rAI) ed Ente nazionale della gente dellĠaria (ENGA). Si  concretizzato, dunque, un decentramento organico che, pur mantenendo in capo al dicastero di settore, allĠepoca Ministero dei trasporti e della navigazione ora Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un ruolo di indirizzo e di vigilanza, ha inteso conseguire una pi efficace azione di regolamentazione amministrativa e tecnica del settore, attraverso il progressivo distacco dellĠAmministrazione dello Stato da un settore caratterizzato da una spiccata specificitˆ tecnica dei contenuti. LĠENAC ha assunto, in una prima fase, il ruolo di soggetto di regolazione del sistema di riferimento e, successivamente, di Autoritˆ di settore (art. 687 Cod. Nav.), in un periodo storico di produzione normativa connotato, da una parte, dalla pressante esigenza di una radicale rivisitazione della risalente disciplina codicistica del 1942 e, dallĠaltra, dalla necessitˆ di dare attuazione alle importanti normative, nel frattempo intervenute, in materia di liberalizzazione e privatizzazione del trasporto aereo, di affidamento delle gestioni aeroportuali, di apertura della concorrenza nellĠassistenza a terra aeroportuale, conformemente al quadro normativo di carattere europeo. In parallelo, si avvia lĠiter normativo per la concessione delle gestioni totali che, qui, vengono ripercorse, evidenziando tutta la loro complessitˆ e fornendo, in tal modo, un utile strumento per comprendere, a fondo, questo difficile e complesso percorso, che viene portato a termine, per la prima volta, nel 2003, con lĠaffidamento, tramite provvedimento amministrativo, della gestione aeroportuale quarantennale in favore della S.E.A.P. (societˆ concessionaria degli aeroporti pugliesi -ora AdP). Tutto questo accadeva dopo un decennio dallĠentrata in vigore della l. n. 537/1993 che, allĠart. 10, co. 13, nel prevedere la costituzione di societˆ di capitale per lĠaffidamento della gestione degli aeroporti aperti al traffico civile controllati anche in parte dallo Stato, ha introdotto i principi per lĠattuazione di un modello di gestione degli aeroporti nazionali da affidare a societˆ di capitali, in grado di garantire lo sviluppo e lĠammodernamento delle infrastrutture e dellĠorganizzazione della gestione, in modo adeguato alle esigenze del traffico servito. Tali profonde trasformazioni che hanno interessato il settore sulla spinta del diritto europeo, hanno determinato, oltre al superamento del presidio monopolistico da parte delle compagnie di bandiera, la forte espansione della domanda da parte dei passeggeri, sempre pi interessati ad un trasporto rapido, sicuro e a basso prezzo, e, come detto, il riassetto istituzionale, da cui  derivata, nel 1997, lĠistituzione dellĠENAC. I criteri di liberalizzazione e privatizzazione fortemente voluti dalla Co LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ munitˆ Europea - nonostante lĠenergica resistenza degli operatori economici che avevano consolidato importanti posizioni di mercato e di una burocrazia, il pi delle volte interdittiva, ancorata ai sistemi monopolistici, che per decenni hanno dominato la scena senza dovere mettere alla prova alcuna capacitˆ imprenditoriale e competenza, impegnati unicamente a difendere le prerogative delle compagnie di bandiera - negli anni Ġ80 cominciano ad affermarsi, dando concretezza ai principi del Trattato di roma del 1957, che conteneva unĠintesa diretta a garantire la libera circolazione di persone e di beni tra gli Stati membri e lĠimpegno per una comune politica dei trasporti. Il faticoso affermarsi del libero mercato del trasporto aereo, settore che era del tutto sottratto alle regole del mercato ed invece sottoposto alla potestˆ ed alla regolamentazione degli Stati membri,  stato possibile anche grazie alla giurisprudenza della Corte di Giustizia che ha indotto il legislatore dellĠunione ad allineare, progressivamente, il trasporto aereo alla disciplina degli altri servizi e, in generale, alle norme ed ai principi europei in tema di concorrenza, avendo, in pi occasioni, affermato che tali principi sono da considerarsi applicabili al settore dei trasporti, ivi compresi quello marittimo e aereo. Naturalmente, una volta abbattuto il muro della resistenza monopolista, lĠaffermazione dei principi comunitari ha trovato attuazione, nel nostro Paese, con il d.lgs. n. 18/99 di recepimento della direttiva 96/67/CE nel settore dei servizi aeroportuali di assistenza a terra, tradizionale roccaforte delle societˆ di gestione aeroportuale. In altre parole, lĠintero sistema-aeroporto  stato interessato da importanti novitˆ, quali: la liberalizzazione del trasporto aereo a seguito dei regolamenti comunitari che hanno interessato le licenze ai vettori, lĠaccesso alle rotte intracomunitarie, le tariffe aeree, determinando mutamenti sostanziali (proliferare di nuove compagnie, apertura di nuovi collegamenti, affermarsi dei vettori low cost, competizione tariffaria) sugli assetti, fino a quel punto, incentrati su una disciplina rigorosamente monopolista del mercato. Tali profonde innovazioni hanno richiesto, contestualmente, la ridefinizione del panorama normativo aeroportuale: con il decreto ministeriale 12 novembre 1997, n. 521 (1) -regolamento recante norme di attuazione delle disposizioni di cui allĠarticolo 10, co. 13, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, con cui  stata disposta la costituzione di societˆ di capitali per la gestione dei servizi e infrastrutture degli aeroporti gestiti anche in parte dallo Stato - si  completato il processo di revisione della normativa aeroportuale, avviato dallĠart. 10, co. 13, della legge citata e, poi, proseguito con il decreto legge n. 251 del 28 giugno 1995, convertito dalla legge n. 351 del 3 agosto 1995. La disciplina introdotta ha configurato un nuovo modello di impresa ae (1) Il decreto ministeriale 12 novembre 1997, n. 521  stato pubblicato in GU Serie Generale n. 83 del 9 aprile 1998 ed  entrato in vigore il 24 aprile 1998. rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 roportuale, ispirato alle logiche del mercato, dove, a fronte di un ridimensionamento della presenza dellĠAmministrazione pubblica (Stato, enti territoriali, camere di commercio, etc.) nella compagine societaria, la stessa impresa ha, nel tempo, assunto il ruolo di garante dellĠefficienza dellĠintera infrastruttura aeroportuale, responsabilizzata non soltanto sotto il profilo delle scelte strategiche, ma anche sotto quello degli investimenti. LĠAmministrazione statale, in altri termini, ha abbandonato il suo tradizionale ruolo di accentratore delle scelte aeroportuali, mantenendo le funzioni di vigilanza sullo svolgimento delle attivitˆ affidate in concessione, che devono assicurare, in termini di efficienza, efficacia ed imparzialitˆ, gli interessi generali della collettivitˆ, e di controllo sui risultati gestionali dellĠimpresa concessionaria. In particolare, la previsione di legge ha disegnato uno scenario aeroportuale omogeneo nel quale scompaiono le eterogenee forme gestionali presenti, a favore di un tipo unico di impresa aeroportuale costituita nella forma di societˆ di capitale (art. 2, d.m. n. 521/1997), le cui quote, diversamente che in passato, non devono pi essere necessariamente controllate per oltre il 50% da soggetti pubblici. In sostanza, cade il vincolo della proprietˆ maggioritaria in mano a soggetti pubblici (Stato, enti territoriali, camere di commercio, etc.), favorendo un percorso verso la privatizzazione sostanziale delle stesse societˆ di gestione, attraverso lĠattrazione di capitali nuovi destinati ad assicurare gli investimenti necessari agli ammodernamenti e adeguamenti infrastrutturali imposti dal progressivo sviluppo del trasporto aereo. In tale contesto, va vista la possibilitˆ, da parte dello Stato, di estendere la durata delle concessioni sino ad un massimo di quarantĠanni, termine inizialmente, fortemente contrastato, che, per˜, consente alle societˆ di ammortizzare le necessarie realizzazioni infrastrutturali da porre in essere e agli eventuali investitori privati la remunerazione del capitale investito. Scompare, nel nuovo contesto normativo, la figura del gestore parziale e precario, cui era demandato lĠesercizio di alcune infrastrutture e di alcuni servizi, a favore del- lĠunica figura riconosciuta, quella del gestore totale. Il gestore totale assume non soltanto il ruolo di pianificatore dello sviluppo aeroportuale, ma anche quello di promotore e di coordinatore, secondo principi di efficienza ed imparzialitˆ, delle molteplici realtˆ imprenditoriali presenti nello stesso contesto aeroportuale, fatte logicamente salve le competenze attribuite ad enti istituzionali. A supporto del nuovo ruolo riconosciuto allĠimpresa aeroportuale e nel quadro del progressivo disimpegno finanziario dello Stato,  previsto che la societˆ di gestione -a cui  addebitato un non marginale canone concessorio da corrispondere allĠENAC - percepisca tutte le entrate dirette ed indirette derivanti dallĠesercizio aeroportuale e dalla utilizzazione delle aree demaniali, diritto prima riconosciuto soltanto ad alcuni gestori totali concessionari in base a leggi speciali. In particolare, il Governo, sulla base dei principi normativi di riferimento, LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ ha, inizialmente, previsto due distinti percorsi di affidamento della gestione, a seconda che la societˆ affidataria sia titolare di un c.d. Òdiritto di insistenzaÓ, essendo giˆ concessionaria parziale, anche in regime precario, oppure che si tratti nuove societˆ di capitali, da individuarsi allĠesito di una procedura ad evidenza pubblica, previo accertamento dei prescritti adeguamenti statutari e valutazione di dettagliati piani economico-finanziari pluriennali. AllĠinterno di questo nuovo riassetto, restano intestate allo Stato due funzioni ben precise: una di carattere strategico, esercitata attraverso la preventiva verifica dellĠesistenza, in capo alla societˆ di gestione, dei requisiti di idoneitˆ imprenditoriali e attraverso lĠapprovazione del cosiddetto programma di intervento; lĠaltra di controllo, alla luce dei parametri previsti dallĠart. 10, d.m. n. 521/1997. Si tratta, in questĠultimo caso, di una sorta di controllo di qualitˆ, mirato a verificare che lĠattivitˆ imprenditoriale si svolga non soltanto secondo criteri di derivazione comunitaria, di imparzialitˆ, non discriminazione e rispetto delle regole della concorrenza, ma anche secondo canoni di efficienza, economicitˆ e sicurezza, a tutela della regolaritˆ del sistema del trasporto aereo e degli interessi dellĠutenza. del resto, lĠinadeguatezza del Codice della Navigazione era elemento noto sin dai diversi tentativi di riforma del 1965 condotti, senza risultati concreti, da pi commissioni ministeriali specificamente costituite. In tale contesto, lĠaffidamento a societˆ di capitale Òdella gestione dei servizi e la realizzazione delle infrastrutture degli aeroporti gestiti anche in parte dallo StatoÓ, la concentrazione in un unico ente, delle competenze amministrative e tecniche facenti capo a pi soggetti burocratici, la trasformazione del- lĠAzienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale (AAAVTAG) in Ente Nazionale per lĠAssistenza al Volo (ENAV), da ultimo trasformato in s.p.a. e quotato in borsa, lĠistituzione di assoclearance (2) quale soggetto deputato allĠassegnazione delle bande orarie e dellĠAgenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo (ANSV), la liberalizzazione dei servizi di assistenza a terra, individuano le direttrici fondamentali lungo le quali si  posto il legislatore nazionale sul finire degli anni Ġ90 per realizzare il disegno di riforma del comparto aeroportuale. Insomma, in tal modo, si  avviato Òun paradigma aeroportualeÓ che ha teso ad adeguare il settore alle nuove e diverse esigenze di mercato, favorendo (2) In attuazione delle previsioni introdotte a livello comunitario con il reg. CEE n. 95/93, nel 1997 viene individuato il soggetto a cui affidare la gestione delle bande orarie in Italia, delineando il sistema di clearance tuttora vigente. In particolare, il decreto del Ministro dei trasporti n. 44/T del 4 agosto 1997 conferisce ad assoclearance (Associazione italiana gestione clearance e slots, costituita il 25 luglio dello stesso anno in modo paritetico fra i vettori aerei e i gestori aeroportuali), lĠincarico a tempo indeterminato Òdel coordinamento nellĠassegnazione delle bande orarie negli aeroporti italiani designati come coordinati o pienamente coordinatiÓ (art. 1), vincolando la stessa ad agire, in conformitˆ al reg. CEE n. 95/93, in modo imparziale, non discriminatorio e trasparente. rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 il crescere delle imprese aeroportuali e, nel contempo, lo sviluppo dellĠeconomia del territorio, piuttosto che dare tutela agli interessi del vettore monopolista (compagnia di bandiera) che, sino a questo momento, presidiava, in esclusiva, i collegamenti da e per lo scalo di interesse. riassumendo, il definitivo assenso al regolamento n. 521/1997 sulle gestioni totali e, in particolare, la condivisione del principio di ÒinsistenzaÓ, come interpretato dal Ministero dei trasporti e della navigazione che ha riconosciuto al titolare di gestione parziale, anche precaria, una prioritˆ nella presentazione della domanda di affidamento della gestione totale aeroportuale, ha trovato formale ufficializzazione dopo: a) il parere tecnico favorevole del Ministero del tesoro; b) la richiesta di adempimenti istruttori del Consiglio di Stato; c) il parere favorevole del Consiglio di Stato; d) la sottoscrizione del regolamento da parte del Ministro dei trasporti e della navigazione; e) lĠacquisizione del concerto da parte del Ministro del tesoro; f) le osservazioni della ragioneria Centrale presso il Ministero dei trasporti e della navigazione; g) la risposta alle osservazioni da parte del Gabinetto del Ministro dei trasporti e della navigazione; h) le osservazioni della Corte dei conti; i) la richiesta del visto al Guardasigilli; l) lĠadeguamento del testo ai rilievi del Ministero di grazia e giustizia; m) la ÒriproduzioneÓ del testo del regolamento; n) la rinnovata acquisizione del concerto del Ministro del tesoro sul nuovo testo di provvedimento; o) lĠacquisizione del visto del Guardasigilli; p) la registrazione del provvedimento da parte dei competenti uffici della ragioneria Centrale; q) la registrazione del provvedimento da parte della Corte dei conti; r) la pubblicazione del testo in Gazzetta ufficiale. Al termine di questo defatigante procedimento amministrativo che, in definitiva, nulla di sostanziale cambia rispetto allĠoriginario testo del regolamento, emerge una nuova problematica relativa al coordinamento normativo di carattere temporale tra il regolamento n. 521/97 ed il d.lgs. n. 250/97. Al fine di evitare un insanabile contrasto, la soluzione venne individuata, dando applicazione allĠart. 3 del d.lgs. n. 250/1997 che prevede la stipulazione di un contratto di programma per la definizione dei rapporti tra lĠENAC ed il Ministero dei trasporti e della navigazione. Sul punto, pare opportuno precisare che il regolamento n. 521/97, pur pubblicato nella G.u. del 9 aprile 1998, successivamente al d.lgs. n. 250/97, risulta perfezionato in data anteriore, scontando un forte ritardo nella pubblicazione per effetto dei lunghi tempi che sono stati necessari per il procedimento di controllo, derivante anche da interdizioni di carattere burocratico, tese ad ostacolare il riassetto del settore a tutela di vecchi consolidati interessi. AllĠesito di questo percorso amministrativo che evidenzia le insidie burocratiche del nostro sistema rispetto alle esigenze di cambiamento, formalmente, pu˜ partire il progetto della privatizzazione degli aeroporti italiani, intestando allĠAutoritˆ di settore, lĠENAC, un penetrante compito di vigilanza LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ a tutela degli interessi di carattere pubblicistico che, in ogni caso, continuano a permanere nellĠambito dellĠoperativitˆ degli scali che, ad esempio, sono da considerare come approdi e partenza da e verso Paesi terzi e, quindi, sostanzialmente, zona di confine territoriale nazionale. Come ben rimarcato dallĠallora Presidente dellĠENAC Vito riggio, nella quarta di copertina del volume Òil trasporto aereo nellĠEuropa delle regioniÓ, prima pubblicazione curata dal Centro Studi demetra: Òin questo contesto, assume una valenza strategica il trasporto aereo che pu˜ assumere un ruolo fondamentale nello sviluppo, in particolare, di regioni geograficamente ed economicamente svantaggiate; la valorizzazione del sistema aeroportuale nazionale, collocato nellĠambito di un quadro pi generale costituito dalla crescente domanda di servizi aerei per lĠeffettuazione di collegamenti tra scali europei di dimensione regionale, deve necessariamente essere perseguito, non solo al fine di garantire un ordinato sviluppo delle infrastrutture, ma anche come modello stabile di riferimento per esperienze analoghe. Per raggiungere questo obiettivo non si pu˜ prescindere da una valida riforma del settore che si fondi e promuova una efficace politica della concorrenza. Naturalmente, realizzare un vero sistema concorrenziale in un settore di tipo colbertista, cio nel quale la presenza della pubblica autoritˆ  stata lĠunica condizione per potersi dotare di un apparato efficiente nel trasporto aereo, comporta tuttora una serie di responsabilitˆ aggiuntive che vanno dalla riqualificazione degli apparati amministrativi ad un potenziamento dellĠefficienza della dimensione dei vettoriÓ. In tale nuovo quadro giuridico-istituzionale, lĠattivitˆ di regolamentazione e le competenze amministrative e tecniche esercitate da diversi soggetti pubblici vengono, come giˆ anticipato, ricollocate in capo allĠEnte Nazionale per lĠAviazione Civile (ENAC) istituito con il d.lgs. 25 luglio 1997, n. 250. LĠiter per lĠadozione del decreto legislativo istitutivo dellĠENAC, perfezionatosi nellĠarco di pochi mesi, non  stato semplice e lineare, avendo trovato non pochi ostacoli e resistenze, soprattutto da parte dei vecchi apparati burocratici avversi ai cambiamenti. La centralitˆ del ruolo dellĠENAC nellĠambito della governance dellĠaviazione civile si ricava dalle importanti funzioni ad esso riservate dalla norma istitutiva (art. 2, del d.lgs. n. 250/1997) ed  stata, successivamente, confermata dalla riforma della parte aeronautica del codice della navigazione che, allĠart. 687 Cod. Nav., attribuisce allĠEnte la posizione di unica Autoritˆ di regolamentazione tecnica, certificativa, vigilanza e controllo per il settore dellĠaviazione civile. In relazione alle singole attribuzioni dellĠEnte, particolarmente rilevante appare la competenza regolamentare di carattere tecnico dellĠintero settore di riferimento. Infatti, il d.lgs. n. 250/1997 prevede che lĠEnte, con delibera del Consiglio di Amministrazione, svolge unĠattivitˆ di regolamentazione tecnica sotto mol rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 teplici aspetti, tesa, fra lĠaltro, al raggiungimento di idonei standard di sicurezza. In particolare, superando difficoltˆ di carattere normativo del passato, ai sensi dellĠart. 690 Cod. Nav., allĠENAC spetta emanare i regolamenti tecnici per il recepimento degli annessi alla Convenzione ICAo, delle loro modifiche e dellĠulteriore normativa tecnica applicativa. Per quanto riguarda la qualitˆ dei servizi, lĠENAC, nel 2001, ha predisposto, per primo in Europa, una Carta dei servizi del passeggero e le linee guida della Carta dei servizi standard aeroportuali. Per il coordinamento delle attivitˆ a livello locale, lĠENAC si avvale delle proprie direzioni Aeroportuali e, con compiti consultivi, dei Comitati di Sicurezza Aeroportuale locali (CSA). LĠENAC esercita, inoltre, tramite le direzioni aeroportuali dislocate sul territorio nazionale, le funzioni di polizia di aerodromo e di polizia di navigazione, e svolge, altres“, unĠimportante attivitˆ sanzionatoria. Per permettere al nuovo ente di svolgere tali numerose funzioni e competenze, il legislatore del 1997, allĠart. 1 dellĠatto istitutivo, ha attribuito al- lĠENAC una forte autonomia sotto diversi profili, regolamentare, organizzativo, amministrativo, patrimoniale, contabile e finanziario. AllĠesito del descritto riassetto normativo, solo nel 2003, dopo un contrastato cammino, la riforma delle gestioni aeroportuali giunge, con il caso Puglia, ad una prima concreta attuazione, secondo le previsioni del regolamento n. 521/97. In pratica, allĠesito di un articolato procedimento, si rende possibile, senza il ricorso allĠemanazione di specifiche leggi provvedimento, la trasformazione delle gestioni aeroportuali parziarie o precarie in gestioni totali, sebbene il percorso procedimentale per raggiungere tale obiettivo si sia dimostrato non sempre lineare e, in certi momenti, addirittura impervio, per il susseguirsi di ostacoli e ritardi da addebitarsi, per lo pi, a resistenze di carattere burocratico. In tale quadro normativo, che, come precedentemente detto, ha avuto forti difficoltˆ nellĠaffermarsi, si colloca lĠiniziativa della S.E.A.P. s.p.a. (oggi AdP) che, avendo presentato allĠENAC, nel gennaio 1999, istanza per lĠaffidamento della concessione della gestione totale degli aeroporti di Bari, Brindisi, Foggia e Taranto, giˆ in gestione parziale, vede riconosciuta la propria pretesa, solo, con decreto interministeriale del 6 marzo 2003, dopo una lunga querelle istituzionale. La situazione di stallo venutasi a creare per ritardi e conflitti burocratici induce la regione Puglia, nel gennaio 2003, a predisporre un disegno di legge regionale per ÒLĠaffidamento alla societˆ S.E.a.P. s.p.a. della gestione totale del sistema aeroportuale della regione PugliaÓ, con lĠintento di risolvere un intollerabile scenario precario, conferendo certezza nella gestione per una durata quarantennale. Il clamore suscitato dallĠintervento del Legislatore regionale  prevedibile: le aspre critiche ad esso rivolte, per˜, sembrano destinate LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ a non intaccare i presupposti giuridici della Òlegge FittoÓ, dal nome del Presidente pro tempore dellĠente territoriale in questione, che pu˜ far valere, nei confronti dellĠAmministrazione statale, la previsione di cui al nuovo art. 117, co. 3, della Costituzione (cos“ come modificato con legge costituzionale n. 3/2001) che assegna alla legislazione concorrente, tra lĠaltro, la materia relativa a Òporti e aeroporti civiliÓ. Il suddetto disegno di legge non viene, poi, perfezionato, ma la forte funzione sollecitatoria, derivante dalla divulgazione dellĠiniziativa della Puglia,  fuor di dubbio. Il progetto regionale, finalizzato a risolvere positivamente la situazione di precarietˆ della responsabilitˆ gestionale aeroportuale, alimenta, infatti, la preoccupazione del Governo centrale in ordine ad un eventuale conflitto di attribuzioni tra Stato e regione. una prudente valutazione di merito sconsiglia lĠinsorgere di un conflitto istituzionale in ordine allĠindividuazione delle norme-cornice recanti i principi fondamentali al cui rispetto deve essere ispirata la produzione normativa regionale, nel timore che esso possa risolversi con lo ÒscomodoÓ riconoscimento, da parte della Corte Costituzionale, della legittima pretesa della regione. Alla luce di tali considerazioni, lĠimpegno del Governo  diretto ad individuare una soluzione alternativa allĠintervento del Legislatore regionale che assicuri, in tempi stretti, il conseguimento dellĠobiettivo della gestione totale, con soddisfazione di tutte le parti interessate. A seguito dellĠintesa raggiunta nella sede Òtecnico-istituzionaleÓ, il 6 marzo 2003, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dellĠeconomia e delle finanze e con il Ministro della difesa, viene approvata la Convenzione n. 40/2002 stipulata tra lĠENAC e la S.E.A.P. s.p.a., cos“ perfezionando la concessione del sistema aeroportuale pugliese, e viene contestualmente disposto che lĠENAC proceda, in via dĠurgenza, allĠestensione della durata a quarantĠanni. Con lo stesso decreto, viene disposta lĠabrogazione della direttiva 30 novembre 2000, n. 141-T, che disciplinava le modalitˆ di affidamento della gestione totale per una durata provvisoriamente individuata, in attesa delle approfondite valutazioni sui programmi di sviluppo presentati dalle societˆ richiedenti. Nella stessa data, con provvedimento del direttore generale adottato ai sensi dellĠart. 4, co. 5, del d.lgs. n. 250/97 e dellĠart. 7, co. 2, dello Statuto, lĠENAC dˆ attuazione alle indicazioni ministeriali, estendendo la durata del rapporto fino allĠ11 febbraio 2043. A seguire, lĠ11 marzo 2003, viene firmato il decreto interministeriale per la concessione della gestione totale dellĠaeroporto di Napoli Capodichino alla societˆ G.E.S.A.C. s.p.a., e, sempre, nello stesso periodo, viene firmato il decreto interministeriale per lĠaffidamento della gestione totale dellĠaeroporto di rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 Firenze Peretola, la cui estensione quarantennale, prevista sempre in via dĠurgenza, viene, differentemente dai precedenti due casi, disposta direttamente con delibera consiliare dellĠENAC, adottata nella seduta del 4 aprile 2003. Insomma, il caso Puglia  particolarmente importante, dal momento che individua la prima ipotesi di affidamento in concessione mediante provvedimento amministrativo della gestione totale degli aeroporti ex d.m. n. 521/97 dando concreta attuazione ad una scelta del legislatore che, con legge del Ġ93, aveva inteso avviare il processo di privatizzazione del sistema aeroportuale italiano, secondo i principi affermati dalla Comunitˆ Europea. Successivamente, la revisione della parte aeronautica del codice della navigazione, operata con il d.lgs. 9 maggio 2005, n. 96, in attuazione della delega di cui alla legge 9 novembre 2004, n. 265 (art. 2) ed entrata in vigore il 21 ottobre 2005, successivamente modificata e integrata dal decreto legislativo 15 marzo 2006, n. 151, ha definitivamente disciplinato lĠaffidamento delle gestioni aeroportuali. In particolare, lĠart. 704 Cod. Nav.  una norma procedurale che conferma la competenza ministeriale al rilascio della concessione, allĠesito dellĠistruttoria, culminante nella sottoscrizione della convenzione cui provvede lĠENAC, che propone, altres“, la durata della concessione fino ad un periodo massimo di quaranta anni. Il procedimento  incentrato sulla individuazione del soggetto gestore da scegliere secondo le modalitˆ della gara ad evidenza pubblica eletta, nel Codice, ad unico strumento di selezione. Cos“, per la prima volta, nella fonte codicistica risalente, come noto, al 1942, compare la nozione di Ògestore aeroportualeÓ. Infatti, lĠart. 705 Cod. Nav., nella sua vigente formulazione, individua i compiti del gestore aeroportuale e ne fornisce un esauriente definizione, adeguando il settore alle profonde trasformazioni legate allo sviluppo delle infrastrutture e dei traffici, con lĠingresso in aeroporto di nuovi soggetti tra i quali, evidentemente, le societˆ di gestione totale che, sulla base di una Òtrasposizione concessoriaÓ, hanno assunto responsabilitˆ di pubbliche funzioni in ragione delle competenze che devono esercitare e dei servizi che sono tenute a fornire. LĠart. 705 Cod. Nav., rifacendosi in parte alla definizione comunitaria giˆ prevista dalla direttiva n. 96/67/CE, descrive puntualmente i compiti del gestore che, in tal modo, coerentemente allĠimportanza del ruolo progressivamente assunto, in virt della richiamata trasposizione di funzioni pubblicistiche in suo favore, quale soggetto responsabile della complessiva filiera aeroportuale, ottiene un riconoscimento di rango legislativo, fino ad allora individuabile solo nelle leggi speciali di affidamento della gestione totale. In particolare, lĠart. 705, co. 1, Cod. Nav. definisce il gestore come Òil soggetto cui  affidato, sotto il controllo e la vigilanza dellĠENaC, insieme ad altre attivitˆ o in via esclusiva, il compito di amministrare e di gestire, secondo criteri di trasparenza e non discriminazione, le infrastrutture aeroportuali e di coor LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ dinare e controllare le attivitˆ dei vari operatori privati presenti nellĠaeroporto o nel sistema aeroporto consideratoÉÓ. Con riferimento alle modalitˆ per lĠindividuazione del gestore totale, va evidenziato che, in virt della previsione di salvaguardia contenuta nellĠart. 3, co. 2, del d.lgs. n. 96/2005, anche dopo la novella codicistica, la norma di riferimento applicabile a tutti gli aeroporti di qualche rilevanza economica,  rinvenibile nel regolamento emanato con d.m. n. 521/97 che ha assunto carattere di regime transitorio, continuando a disciplinare lĠaffidamento della gestione degli aeroporti che avevano presentato, prima della novella, domanda di concessione ai sensi dellĠart. 7 del citato regolamento. Conseguentemente, lĠinnovazione del Codice, per diversi anni, ha avuto una portata limitata, in quanto, di fatto, tenuto conto della citata norma di salvaguardia, si  previsto il ricorso alla gara europea solo per quei pochi e, economicamente irrilevanti, aeroporti ancora in gestione diretta dello Stato, oltre che per gli eventuali nuovi aeroporti, ovvero per quelli da affidare a seguito di intervenuta decadenza o cessazione del precedente gestore totale. Va sottolineato il fatto che il citato regolamento, di fatto ÒsopravvissutoÓ alla novella codicistica allĠesito di un lungo iter, durato quasi dieci anni,  stato lo strumento giuridico grazie al quale  stato possibile attribuire, senza particolari conflitti e garantendo un importante sviluppo degli scali, uniformitˆ nella frammentata tipologia delle gestioni aeroportuali che si erano venute a delineare fin dallĠinizio degli anni sessanta. Individuato il gestore aeroportuale, riveste, naturalmente importanza fondamentale la sottoscrizione della convenzione di affidamento della gestione, di cui allo schema-tipo contenuta nella circolare 20 ottobre 1999, n. 12479AC, pubblicata sulla G.u. del 14 dicembre 1999, come poi modificata e integrata per tener conto della successiva evoluzione normativa. In particolare, a seguito dellĠadozione del d.l. 8 settembre 2004, n. 237, convertito con legge 9 novembre 2004, n. 265, recante Òinterventi urgenti nel settore dellĠaviazione CivileÓ, e secondo le indicazioni ministeriali, lĠENAC ha dovuto adeguare i testi delle convenzioni sottoscritte, provvedendo ad integrare lo schema tipo diramato con la predetta circolare ministeriale, introducendo nuove e pi stringenti previsioni fra cui quelle sanzionatorie, in caso di inadempimento del gestore rispetto agli obblighi su di esso gravanti. Quanto alle convenzioni giˆ sottoscritte, ferma la previsione di salvaguardia in esse presente, secondo cui la convenzione si conforma automaticamente al contenuto delle successive modifiche normative, va segnalato che, mentre alcuni gestori hanno sottoscritto, su richiesta dellĠENAC, degli atti aggiuntivi (per disciplinare, in sostanza, il procedimento sanzionatorio in caso di inadempimento del gestore o per sopravvenuta perdita di requisiti oggettivi o soggettivi del concessionario medesimo), altri gestori hanno impugnato davanti al Giudice amministrativo gli atti aggiuntivi, ottenendo favorevoli pronunce rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 che hanno sancito che la convenzione, essendo un provvedimento-contratto, non pu˜ essere modificata unilateralmente e coattivamente dalla P.A. concedente, introducendo previsioni ulteriori e pi stringenti rispetto a quelle previste normativamente, alle quali, come visto, le convenzioni si conformano, comunque, automaticamente. Ad ogni modo, non vĠ dubbio che resta lĠesigenza di presidiare lĠinteresse pubblico che connota il sistema degli aeroporti ed impone, quindi, meccanismi di vigilanza affidati allĠENAC, anche se, sempre pi, le societˆ di gestione aeroportuale assumono ruoli di coordinamento delle attivitˆ, pubbliche e private, che si svolgono allĠinterno degli scali. recentemente, da segnalare lĠadozione del reg. n. 139/2014 che ha intestato sulle societˆ di gestione aeroportuale la responsabilitˆ sulla complessiva realtˆ aeroportuale, attribuendogli un ruolo di primaria importanza nel garantire la safety, intestandogli il ruolo di Òresponsabile del funzionamento dellĠaeroportoÓ con il compito di provvedere direttamente alla fornitura dei servizi operativi aeroportuali. Conseguentemente, si  resa evidente la necessitˆ di un nuovo aggiornamento, anche di carattere codicistico, teso ad adeguare il vigente quadro normativo nazionale alle novitˆ di carattere comunitario che, da ultimo, sono da rinvenire nel regolamento (uE) 2018/1139 che innova, in modo sensibile, la normativa di interesse del settore. Al contempo, appare utile ridefinire le competenze dellĠENAC, anche con la modifica della sua natura giuridica di ente pubblico non economico e rafforzandone le funzioni di vigilanza e controllo del settore, in linea con lĠevoluzione del quadro normativo europeo. In tale contesto, va evidenziato come, il sistema aeroportuale italiano, anche perchŽ fortemente policentrico e poco sistemico, presenta un grado di dipendenza e subalternitˆ dai vettori ancora elevato, con ampi margini di sviluppo di rotte alternative. In ogni caso, i fattori che influenzano i rapporti tra gestore aeroportuale e compagnie aeree, nonchŽ la concorrenza tra gli stessi gestori aeroportuali per lĠofferta di rotte alternative hanno carattere, prevalentemente, industriale e tariffario. dal punto di vista industriale, occorre considerare che eventuali inefficienze da parte del gestore aeroportuale nellĠofferta dei servizi di assistenza a terra ad aeromobili, passeggeri, bagagli, merci e posta possono tradursi in extra-costi per i vettori; questi, pertanto, saranno incentivati a scegliere i gestori aeroportuali pi efficienti. dal punto di vista tariffario, invece, le tariffe rappresentano il corrispettivo che le compagnie aeree pagano ai gestori per i servizi di decollo e di atterraggio sulle piste da loro gestite (Òdiritti aeroportualiÓ). Se si considera che il biglietto pagato dal passeggero alla compagnia aerea include i diritti aeroportuali dovuti da questĠultima sia al gestore dello scalo di partenza, sia a quello dello scalo di arrivo,  evidente che la competitivitˆ di un aeroporto  tanto maggiore quanto minori sono i diritti aeroportuali richiesti. LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ In un contesto economico liberalizzato, nel confronto fra le compagnie aeree, che operano in regime concorrenza, e gli aeroporti, che, data la concorrenza intermodale, rappresentano, sempre meno, dei monopoli naturali di carattere territoriale, i diritti aeroportuali devono riflettere il costo reale del servizio offerto, escludendo forme di rendita monopolistica, e assicurare un ragionevole ritorno sul capitale investito, incentivando la realizzazione delle opere infrastrutturali necessarie. La regolamentazione tariffaria tende, quindi, a definire le modalitˆ di determinazione dei diritti aeroportuali in modo tale che, al gestore aeroportuale, siano garantiti la copertura dei costi di ammortamento e delle spese operative ed una congrua remunerazione sul capitale investito. Al riguardo, vi  da dire che il sistema tariffario che si  venuto a configurare in Italia per effetto della stratificazione normativa dal 2000 in avanti ha dato luogo a tariffe fortemente differenziate. Fino al 2000 i diritti aeroportuali venivano aggiornati periodicamente con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione in modo simile per ogni tipologia di aeroporto (grande o piccolo) e non erano correlati ai costi dei servizi in quanto avevano natura di tassa per lĠuso di aeroporti statali. da allora la regolamentazione aeroportuale riferibile alla determinazione dei diritti aeroportuali (regolamentazione tariffaria)  stata oggetto di numerose modifiche, articolate nei seguenti provvedimenti. La delibera CIPE n. 86/2000 ha adottato uno ÒSchema di riordino della tariffazione dei servizi aeroportuali offerti in regime di esclusivaÓ. Il provvedimento ha introdotto un meccanismo di price cap con dual till, da determinarsi attraverso un modello tariffario basato sullĠevoluzione dei costi, della produttivitˆ e dei volumi; tali parametri sarebbero stati definiti nellĠambito di Òcontratti di programmaÓ sottoscritti tra ENAC e ciascun gestore aeroportuale, finalizzati alla determinazione di obiettivi di investimento e produttivitˆ per un periodo da 3 a 5 anni. La delibera CIPE, ritenuta di complessa attuazione non ha mai trovato applicazione ed  stata abrogata dalla legge n. 248/05, in materia di Òrequisiti di sistemaÓ, che ha previsto: a) lĠeliminazione della maggiorazione notturna sui diritti di approdo e partenza sui voli notturni; b) lĠabolizione della royalties applicate sulle forniture di carburante; c) la riallocazione delle attivitˆ (e dei ricavi) relative alla sicurezza tra gestori aeroportuali e vettori, secondo termini e condizioni da definire con apposito decreto; d) la rivisitazione dei meccanismi tariffari, prevedendo comunque il ribaltamento di almeno il 50% del margine delle attivitˆ non aviation sulle tariffe aeroportuali. In via transitoria, la l. n. 248/05 ha disposto un abbattimento del 75% dei canoni concessori corrisposti dagli operatori aeroportuali a ENAC, a fronte di una pari riduzione delle tariffe. rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 La delibera CIPE n. 38/2007, al fine di riordinare la materia e ricondurre la determinazione delle tariffe aeroportuali allĠinterno dello strumento del ÒContratto di programmaÓ ha introdotto specifici criteri da definirsi ex ante per ciascun periodo regolatorio di 4 anni con riferimento, in particolare, al riconoscimento dei costi, rendicontati nella contabilitˆ analitica certificata da una societˆ di revisione, direttamente e indirettamente imputabili ai servizi oggetto della regolamentazione, alla remunerazione del capitale investito netto e dei nuovi investimenti, al riconoscimento dei costi di ammortamento e delle spese operative derivanti dai nuovi investimenti programmati, e al margine commerciale per attivitˆ non regolamentate da portare in detrazione nella misura massima del 50% al costo riconosciuto per le attivitˆ regolamentate. Tale normativa ha condotto alla definizione di numerosi contratti di programma, per effetto dei quali si  configurato un sistema tariffario diversificato, con tariffe differenziate per gli aeroporti dotati di contratti di programma e quelli privi di tale contratto. A partire dal 2009 alcuni aeroporti hanno sottoscritto con lĠENAC un Òcontratto di programmaÓ, in base al quale  stato riconosciuto un adeguamento dei diritti aeroportuali ai costi effettivamente sostenuti; al contempo, gli scali che non hanno sottoscritto il Òcontratto di programmaÓ, hanno ottenuto un adeguamento delle tariffe allĠinflazione, a partire dal 2008. In tale contesto, la legge n. 102/2009 ha introdotto specifiche regole per la promozione degli investimenti delle infrastrutture dedicate allĠattivitˆ aeronautica degli aeroporti con dimensioni superiori a 10 milioni di passeggeri per anno, soglia in seguito modificata in 8 milioni di passeggeri per anno dalla legge n. 122/2010. In particolare, lĠart. 17, paragrafo 34 bis, della legge n. 102/2009, ha stabilito, per gli aeroporti con volumi di passeggeri maggiori della soglia sopra indicata, che nel caso in cui gli investimenti si fondino sul- lĠutilizzo di capitali di mercato del gestore, lĠENAC  autorizzato a stipulare contratti di programma in deroga alla normativa vigente in materia, introducendo sistemi di tariffazione pluriennale che, tenendo conto dei livelli e degli standard europei, siano orientati ai costi delle infrastrutture e dei servizi, a obiettivi di efficienza e a criteri di adeguata remunerazione dei capitali, con modalitˆ di aggiornamento valide per lĠintera durata del rapporto. A livello comunitario, intanto, la direttiva 2009/12/CE, al fine di stabilire un quadro di regole comuni per la determinazione dei diritti aeroportuali applicabili agli aeroporti europei di maggiori dimensioni, ha previsto lĠobbligo di istituire, per gli aeroporti con traffico annuo superiore ai 5 milioni di passeggeri, una procedura obbligatoria di consultazione tra il gestore e gli utenti e il ricorso ad unĠAutoritˆ indipendente in caso di disaccordo tra vettori e gestore su una decisione inerente i diritti aeroportuali presa dal gestore aeroportuale, fatto salvo il caso in cui esista una procedura obbligatoria che prevede che i diritti aeroportuali, o il loro ammontare massimo, siano determinati o approvati dallĠAutoritˆ. LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ Con il d.l. n. 1/2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 27 del 24 marzo 2012,  stata recepita la direttiva 2009/12/CE ed  stata prevista lĠistituzione dellĠAutoritˆ di regolazione dei Trasporti (ArT) chiamata a svolgere, tra lĠaltro, compiti di regolazione economica, nonchŽ di vigilanza, approvando le metodologie di tariffazione e lĠammontare dei diritti, inclusi metodi di tariffazione pluriennale. In tale rinnovato quadro normativo, deve essere collocato lĠintervento dellĠArT che, con delibera n. 64/2014, a conclusione di un processo di consultazione pubblica (delibera n. 31/2014), ha emanato 3 modelli di regolazione dei diritti aeroportuali, oggetto nel 2017 di aggiornamento (cfr. delibera n. 92/2017): uno per gli aeroporti con traffico superiore ai 5 milioni di passeggeri per anno; uno per gli aeroporti con traffico compreso tra i 3 e i 5 milioni di passeggeri per anno; uno per gli aeroporti con traffico inferiore ai 3 milioni di passeggeri per anno. Il quadro regolatorio istituito da ArT si sovrappone a quello precedente istituito da ENAC e si applica a tutti gli aeroporti con lĠesclusione degli scali aeroportuali di roma, Milano e Venezia per i quali, al momento, restano in vigore i contratti di programma c.d. Òin derogaÓ conclusi con ENAC. LĠassetto che viene a profilarsi per i gestori tenuti allĠapplicazione dei modelli adottati dallĠArT prevede che il livello dei diritti aeroportuali sia fissato dai gestori, previa consultazione degli utenti aeroportuali, sulla base dei modelli tariffari elaborati da ArT, mentre allĠENAC resta affidata lĠindividuazione del livello degli investimenti e lĠapprovazione del piano della qualitˆ e dellĠambiente. Se, da una parte, lĠistituzione e i primi interventi di ArT delineano un quadro regolatorio di riferimento che mette ordine nella pregressa stratificazione normativa, dallĠaltra, la compresenza di ArT e ENAC rappresenta unĠanomalia nel panorama europeo. Si segnala, al riguardo, che la Commissione Europea ha avviato un procedimento di messa in mora, tuttora in corso (EU Pilot 4424/12/MoVE), nei confronti del Governo italiano per verificare la compatibilitˆ di questo cd. Òdoppio binarioÓ alle previsioni della direttiva 2009/12/CE che si intende superare con la prossima legge comunitaria, ricollocando su ArT anche la competenza dei contratti di programma degli scali di roma, Milano e Venezia. Altro elemento di criticitˆ, dal punto di vista della regolamentazione tariffaria,  lĠalternativa tra lĠapproccio single till e quello dual till. LĠapproccio single till prevede che i profitti derivanti dalle attivitˆ non aeronautiche di un aeroporto (ad esempio, quelle legate alla gestione degli spazi commerciale, parcheggi) siano dedotti dai ricavi consentiti per i servizi aeronautici prima di determinare il livello delle tariffe per i servizi regolati (riferibili ai diritti di decollo, atterraggio, parcheggio degli aeromobili). LĠapproccio dual till, invece, non considera i profitti delle attivitˆ non aeronautiche ai fini della determinazione delle tariffe per i servizi regolati. rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 LĠapproccio single till , specificamente, da riferirsi alle dinamiche di un mercato concorrenziale meglio dellĠapproccio dual till: gli aeroporti che non hanno un significativo potere di mercato tendono a rispondere alla pressione competitiva compensando i profitti delle attivitˆ aeronautiche con quelli delle attivitˆ non aeronautiche. Tuttavia, un regime di single till, rappresentando un sistema di sussidio incrociato tra attivitˆ aeronautiche e commerciali, dˆ luogo a segnali di prezzo inappropriati e non riduce lĠinefficienza allocativa associata alla posizione monopolistica del gestore aeroportuale nelle attivitˆ commerciali, limitandosi a definire vincoli di destinazione agli extraprofitti generati. La letteratura economica propende per lĠapproccio dual till laddove si dimostri la necessitˆ di supportare gli aeroporti in investimenti di capacitˆ. In Italia, lĠapproccio dual till  stato introdotto per la prima volta con la delibera CIPE n. 86/2000. In seguito, la delibera CIPE n. 38/2007 ha fatto proprio un approccio di cd. semisingle till, modificato da ultimo dallĠArT che ha, nuovamente, fatto riferimento ad un sistema dual till, sancendo, cos“, la netta separazione tra il regime tariffario concernente le entrate cd. aviation e quello di mercato, legato alle entrate commerciali (non aviation). In particolare, lĠArT ha stabilito che il margine delle attivitˆ commerciali, non regolate, non debba essere considerato ai fini della determinazione del livello annuale dei diritti aeroportuali. Pertanto, in un contesto dual till, i ricavi per le attivitˆ aeronautiche non sono rettificati in alcun modo dai ricavi generati dalle attivitˆ commerciali e sono stabiliti dalla somma di remunerazione sul capitale investito, determinata dal prodotto tra la rAB ed un congruo tasso di remunerazione (weighted average cost of capital, WACC), costi di ammortamento e spese operative. In ogni caso, lĠintervento dellĠArT ha messo ordine nella stratificazione normativa esistente, definendo un sistema tariffario che modula lĠintensitˆ dellĠintervento regolatorio in funzione della dimensione degli aeroporti, riducendone progressivamente lĠimpatto, e ha semplificato la procedura approvativa al diminuire dei volumi di traffico. La modularitˆ dellĠintervento risponde allĠesigenza di tutelare gli utenti degli aeroporti di grandi dimensioni, dove il gestore dispone potenzialmente di un significativo potere di mercato, semplificando allo stesso tempo le procedure per i gestori di aeroporti con volumi di traffico inferiori e riducendo progressivamente i costi connessi alla implementazione della regolamentazione. Ebbene, a distanza di oltre venti anni dal suo avvio, per quanto detto, possiamo constatare che il processo di liberalizzazione e privatizzazione del trasporto aereo  andato avanti, eppure le resistenze rispetto al cambiamento del sistema ancora sussistono e sono il frutto di una visione legata ancora a vecchi baluardi monopolistici o comunque alla tutela degli interessi degli interessi, allĠidea di una amministrazione da tenere ÒimbrigliataÓ, poco ÒindipendenteÓ ed, in sostanza, subalterna agli interessi chiamata a governare: una concezione, dunque, ÒvecchiaÓ che ostacola la crescita. LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ Per tale ragione, soprattutto negli ultimi anni, il dibattito stimolato tra gli esperti del settore dal Centro Studi demetra nel corso dei numerosi convegni organizzati, di consueto, con la collaborazione dellĠENAC, si , particolarmente, incentrato sulla necessitˆ di un riassetto istituzionale della Governance del trasporto aereo. Tale percorso di rinnovamento appare, allo stato, necessario per consentire allĠEnte, Autoritˆ nazionale del settore, di consolidare i propri poteri di indirizzo, ispettivi e di vigilanza attiva e, al contempo, di proiettarsi nel futuro, investendo in nuovi progetti come quello degli aeromobili a pilotaggio remoto (APr) e la realizzazione, a Grottaglie, del ÒfuturibileÓ Spazio-Porto, superando la critica riduzione delle risorse professionali a disposizione, cos“ riaffermando il proprio ruolo di Amministrazione di eccellenza, capace di presidiare con riconosciute capacitˆ e competenze professionali il settore di interesse. Quando, infatti, nel 1997, venne compiuto lo ÒsforzoÓ di istituire, nel- lĠarco di pochi mesi, lĠEnte nazionale per lĠaviazione civile (ENAC), fu possibile introdurre nellĠordinamento nazionale un ente del trasporto aereo dalle rilevanti funzioni, dotato di una forte autonomia, in grado di regolamentare e controllare il complesso settore, avente come obiettivo principale, non giˆ la tutela del vecchio sistema monopolistico, ma la centralitˆ del passeggero. Non a caso, lĠENAC venne inserito tra gli Enti preposti a servizi di pubblico interesse, di cui alla Tabella IV dellĠAllegato unico alla legge 20 marzo 1975, n. 70, che individuava i soggetti giuridici pubblici a cui assicurare una speciale autonomia in ragione del ruolo di garanzia chiamati a svolgere. In particolare, lĠENAC, dopo aver incorporato il registro aeronautico italiano (rAI), lo sostitu“ nel predetto elenco in cui questĠultimo risultava giˆ presente. Come sopra anticipato, negli anni successivi, con la riforma del codice della navigazione lĠENAC  stato poi riconosciuto quale unica Autoritˆ di regolazione tecnica, di certificazione e di vigilanza nel settore dellĠaviazione civile, assumendo cos“ un ruolo sempre pi centrale. Anche a livello internazionale, i riconoscimenti per lĠENAC, che rappresenta l'Italia nelle maggiori organizzazioni mondiali dell'aviazione civile, l'ICAo, l'ECAC, l'EASA, Eurocontrol, non sono mancati. Tuttavia, nonostante gli importanti traguardi e riconoscimenti ottenuti a livello internazionale, le vecchie resistenze ÒnostraneÓ sono riemerse ed un legislatore subalterno agli interessi degli interessi, a volte troppo frettoloso e poco accorto, ha, di fatto, gradualmente ridimensionato lĠautonomia dellĠEnte con una serie di norme che, fra lĠaltro, imponendo tagli alla spesa e, al contempo, il blocco delle assunzioni, hanno, nel giro di poco tempo, portato quasi al dimezzamento dellĠorganico in servizio dellĠEnte, determinando altres“, lĠinnalzamento della media dellĠetˆ anagrafica dei dipendenti, senza consentire di trasferire alle nuove generazioni il bagaglio di competenze e professionalitˆ che costituiscono, evidentemente, il vero patrimonio dellĠENAC che non deve rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 e non pu˜ essere disperso per garantire, soprattutto, quel necessario presidio professionale della sicurezza che  lĠelemento fondante del trasporto aereo. occorre, dunque, a venti anni dalla sua istituzione, ripensare allĠassetto organizzativo dellĠENAC al fine di permettere allĠAutoritˆ nazionale del trasporto aereo di ritrovare quella necessaria autonomia, non pi garantita dal- lĠoriginaria normativa, che possa permetterle di rientrare tra gli organismi pubblici di eccellenza, dando continuitˆ di presidio al processo di liberalizzazione del settore che non pu˜ e non deve trovare nella competizione economica lĠunico obiettivo da perseguire. Prendendo le mosse dallĠillustrazione delle principali tappe della storia ventennale dellĠENAC, la nostra pubblicazione sulla ÒGovernance del trasporto aereo: trasformazione giuridica dellĠenACÓ ricostruisce e ripercorre, con lĠausilio di documenti e carteggi che sono stati accuratamente selezionati e collazionati in unĠAppendice, le dispute ed i dibattiti che hanno preceduto la sua nascita e che hanno accompagnato i primi anni di attivitˆ, fino allĠanalisi dettagliata dei compiti e delle funzioni che gli sono state attribuite. Inquadrate le funzioni dellĠENAC, lo studio analizza le principali difficoltˆ e criticitˆ che lĠEnte  chiamato ad affrontare nellĠesercizio dei propri compiti. ripercorrendo lĠevoluzione normativa in tema di spending review, lo studio evidenzia come siano state omologate dal legislatore amministrazioni profondamente diverse, con la conseguenza che enti come lĠENAC, operanti in settori speciali, particolarmente sensibili e di importanza strategica, si sono visti sottrarre flessibilitˆ, autonomia e poteri che, al contrario, erano stati loro inizialmente riconosciuti perchŽ assolutamente necessari a presidiare con competenze e professionalitˆ le funzioni normativamente attribuite che impattano fortemente con la sicurezza della mobilitˆ aerea. Stiamo assistendo, in definitiva, ad una brusca frenata che rischia di bloccare quel percorso di virtuoso cambiamento intrapreso, a fatica, venti anni fa, con unĠinversione di tendenza proprio in un periodo storico, che mai come ora, impone di abbandonare i retaggi del passato, legati ad una concezione ormai superata di burocrazia interdittiva e di tutela di interessi particolari, e che necessita, per contro, di dotare lĠamministrazione di strutture particolarmente snelle, super partes, dotate di autonomia al fine di perseguire al meglio i propri scopi. In tale contesto, il Centro Studi demetra tenta di individuare unĠalternativa concreta che possa permettere allĠENAC di riacquisire la sua originaria autonomia per garantire lĠespletamento delle sue numerose funzioni, passando al vaglio le varie vesti giuridiche alternative rispetto allĠattuale forma dellĠEnte pubblico non economico. LĠanalisi ha un taglio non solo teorico e dogmatico, ma anche pratico e muove dallĠesame della casistica riguardante il cambiamento di veste giuridica LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ da parte di altre pubbliche amministrazioni, tenendo conto, al contempo, della evoluzione dottrinaria e giurisprudenziale che, soprattutto per quanto concerne lĠespletamento di funzioni pubblicistiche ha ampliato la nozione di P.A. attraverso lĠelaborazione della nozione di organismo di diritto pubblico. Lo studio individua alternative possibili che possano concretamente dare risposta alle attuali esigenze dellĠente e, a tal fine, viene ipotizzata lĠomologazione dellĠENAC agli Enti pubblici di ricerca, per poi passare al vaglio la sua eventuale trasformazione in Ente pubblico economico. La prima delle due soluzioni proposte risulta particolarmente interessante, alla luce della recente riforma che ha riguardato gli enti di ricerca volta ad aumentare la loro autonomia ma che, tuttavia, non appare adatta, allo stato, alle esigenze dellĠEnte. Verificata anche tale opzione, il lavoro di ricerca e studio approfondisce la praticabilitˆ di unĠultima soluzione, consistente nella trasformazione del- lĠENAC in Ente pubblico economico (EPE). Tale alternativa , senza dubbio, la pi congeniale alle esigenze dellĠEnte, tenuto conto degli evidenti vantaggi che ne deriverebbero, nonchŽ della particolare ÒfacilitˆÓ della sua realizzazione. Innanzitutto, atteso che la disciplina relativa al blocco delle assunzioni non trova applicazione per gli enti pubblici economici si prospetta, nei termini sopra esposti, una possibile fuoriuscita dellĠENAC dal campo di applicazione degli interventi normativi volti a limitare la selezione di personale degli enti pubblici non economici e, dunque, lĠente trasformato in EPE potrebbe procedere al reclutamento del personale, indispensabile per lĠespletamento delle proprie numerose funzioni, che, negli ultimi anni, a causa della suddetta disciplina di ÒbloccoÓ, si  sostanzialmente dimezzato ed invecchiato, quanto meno nella parte professionale pi qualificata. Non solo, lĠENAC potrebbe non essere pi inserito negli elenchi ISTAT delle pubbliche amministrazioni, tenuto conto che, per scelta, potrebbe venire a mancare uno dei requisiti richiesti dalla legge, ossia il prevalente finanziamento pubblico. Come visto, infatti, lĠENAC vanta rilevanti entrate proprie, e da anni pu˜ considerarsi un ente virtuoso in quanto produce regolarmente avanzi di amministrazione, con bilanci in utile. Evidenti vantaggi, inoltre, deriverebbero anche sotto il profilo della contrattazione collettiva, in quanto lĠEnte non verrebbe pi rappresentato dal- lĠArAN e, soprattutto, non risulterebbe interessato dallĠatto di indirizzo del Governo, volto a far confluire enti come lĠENAC in un comparto unico, allĠinterno del quale ricomprendere, in modo del tutto disomogeneo, le Amministrazioni centrali dello Stato, cos“ come soggetti del tutto diversi, quali le Agenzie fiscali. ovviamente, tale prospettiva di ulteriore indiscriminata ÒassimilazioneÓ rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 alle altre Amministrazioni dello Stato non pu˜ che nuocere allĠENAC in quanto, ancora una volta, lĠente perderebbe parte della propria autonomia e della propria specificitˆ, con conseguente ulteriore lesione del ruolo di Amministrazione virtuosa e allĠavanguardia. In conclusione, la trasformazione dellĠENAC in Ente pubblico economico non solo  possibile, ma si pone come necessaria ed urgente, tenuto conto che, oggi, sussistono tutte le condizioni per attuare quel cambiamento che, forse, nel 1997, era ÒprematuroÓ e ÒpericolosoÓ(si pensi alle resistenze allĠepoca opposte allĠaffermazione dellĠENAC come Autoritˆ di settore) e che, allo stato, invece, appare essere la migliore strada per un adeguamento dellĠente allĠevoluzione del settore del trasporto aereo. In questo modo, si possono porre delle solide basi per guardare al futuro, permettendo allĠEnte Nazionale per lĠAviazione Civile di svolgere, a pieno titolo, il proprio ruolo di unica Autoritˆ dellĠAviazione civile, garantendo efficacemente la tutela dei diritti del passeggero e la sicurezza dellĠintero settore, che da sempre, rappresentano lĠessenza della propria mission. Per quanto, in particolare, concerne la riforma delle gestioni aeroportuali pare opportuno ricordare le valutazioni, soprattutto di carattere economico, espresse, in unĠintervista ad air Press del 2000, dallĠon. Pierluigi Bersani, Ministro dei trasporti e della navigazione dal dicembre 1999 al giugno 2001, ove si evidenzia che Ò(...) lĠattuazione del processo di privatizzazione del sistema aeroportuale ha subito notevoli ritardi dovuti non solo alla difficoltˆ di affermare principi di profonda riforma legati essenzialmente alle regole del libero mercato allĠinterno di un settore da decenni ancorato a logiche monopoliste ed assistenziali, ma anche al notevole cambiamento del ruolo assunto dalla parte pubblica che da soggetto direttamente interessato alla gestione degli scali ed alla realizzazione delle infrastrutture  chiamata a svolgere essenzialmente la funzione di regolatore degli equilibri di mercato e di presidio della sicurezza e della qualitˆ dei servizi resi allĠutenza. NellĠambito di tale percorso, inoltre, lĠamministrazione statale finisce con il trasferire, senza drenare risorse per le finanze pubbliche statali, in favore di societˆ partecipate per lo pi da enti locali e territoriali, un importante patrimonio, essenziale allo sviluppo economico sociale dei bacini di traffico circostanti gli scali aeroportuali. Ne deriva che le societˆ pubbliche che ottengono lĠaffidamento pluriennale della gestione dello scalo, in caso di ricollocazione sul mercato dellĠimpresa aeroportuale, potranno ottenere un beneficio economico da riutilizzare per investimenti produttivi con importanti ricadute anche in termini occupazionali. in definitiva, lĠattuazione della riforma consente di ottenere due fondamentali risultati: da un lato, la razionalizzazione della gestione aeroportuale secondo schemi imprenditoriali, ove la parte pubblica svolge il compito di verificare il miglioramento della qualitˆ dei servizi e lĠabbattimento dei costi per lĠutenza; dallĠaltro, la possibilitˆ per gli enti locali e territoriali di effettuare investimenti LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ produttivi, avvalendosi delle plusvalenze determinate dallĠaffidamento pluriennale della gestione. in altre parole, attraverso la privatizzazione del sistema aeroportuale lĠitalia si allinea ai principi europei in tema di libera concorrenza in grado di incidere positivamente sia sul miglioramento della qualitˆ dei servizi resi dagli operatori in favore dellĠutenza che sul contenimento dei loro costi. il modello che si afferma allĠinterno di un settore che va completamente a privatizzarsi consente, in definitiva, di superare la gestione monopolista-burocratica, attribuendo al contempo allĠENaC un potere autoritativo (anche sanzionatorio e di penalizzazione economica) finalizzato a garantire il rispetto dei diritti dei passeggeri attraverso la verifica puntuale di standards qualitativi dei servizi resi ed a responsabilizzare direttamente le societˆ anche per i servizi resi da terzi, da esercitarsi nei confronti dei gestori, mossi da finalitˆ puramente di remunerazione del capitale investito (...)Ó. Il pensiero del Ministro Bersani sulla riforma del trasporto aereo conferma la diffusa opinione che trattasi di una privatizzazione ÒvigilataÓ, utile a sottrarre dalle mani pubbliche un settore che pu˜ garantire, se ben gestito, lo sviluppo economico del territorio, contaminando, positivamente, altre attivitˆ produttive. Naturalmente, questa gestione privata non esclude lĠinteresse pubblico dal mondo aeroportuale che viene esercitato ricollocando sullĠAutoritˆ di settore, lĠENAC, un penetrante compito di vigilanza, al fine di verificare, secondo il dogma comunitario della liberalizzazione e privatizzazione del settore, il miglioramento della qualitˆ dei servizi, con particolare attenzione a tutto quanto attiene alla sicurezza, lĠabbattimento dei costi e la tutela dei diritti dei passeggeri. Va ribadito che, a distanza di venti anni, il processo di privatizzazione delle infrastrutture aeroportuali del nostro Paese, con la contestuale istituzione dellĠENAC, ha trovato un suo positivo equilibrio ed un unanime consenso e, nonostante la crisi del vettore di riferimento nazionale,  risultato vincente, tanto da garantire una crescita esponenziale del traffico aereo, indubbiamente correlato ad un positivo trend globale, che, oggi, arriva a oltre 185 milioni di passeggeri, con proiezioni ventennali che ne indicano il raddoppio. é del tutto evidente che, per intercettare questi incrementi di domanda di mobilitˆ aerea cĠ necessitˆ di importanti investimenti per adeguare ed ammodernare le infrastrutture aeroportuali alle nuove esigenze di un traffico esponenzialmente crescente e solo un sistema privatizzato con regole tariffarie certe, sottoposto ad una autorevole vigilanza istituzionale, pu˜ dare le attese risposte di investimento che la finanza pubblica non  pi in grado di garantite. da ultimo, va detto che, nel condividere sostanzialmente i principi e criteri direttivi del ddl in esame anche per la loro positiva genericitˆ, risulta, per˜, importante, che la Commissione competente, al fine di affrontare in modo del tutto conscio un percorso di carattere normativo di particolare delicatezza come quello di affidare al Governo, con legge delega, lĠelaborazione di una rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 normativa di settore che pu˜ in modo importante favorire lo sviluppo economico del nostro Paese,  necessario che il Parlamento possa esprimere una oggettiva valutazione sulla visione del business del trasporto aereo che, da ultimo, ha determinato la cancellazione da parte di Airbus della produzione dellĠA380, in ragione del mancato affermarsi nel terzo millennio del modello economico ritenuto vincente dellĠhub and spoke, che, acriticamente, nella relazione del ddl viene rilanciato per contrastare i collegamenti garantiti dalle compagnie low-cost. A tal proposito, va messo in evidenza che, con la cancellazione di importanti ordinativi da parte di Qantas ed Emirates, va a concludersi, con un totale di 251 consegne rispetto alle 321 previste ed alle 700 unitˆ programmate al momento del lancio dellĠiniziativa, la produzione dellĠA380, lĠaereo commerciale pi grande al mondo dal costo di listino di Û 445,6 milioni di dollari. Il ÒsuperjumboÓ, la cui produzione fu annunciata con grande enfasi po- litico-industriale e tecnologica nel dicembre del 2000 e presentato ufficialmente a Tolosa, sede dellĠAirbus, nel 2005,  un aereo di due piani che pu˜ ospitare, a seconda della configurazione, tra 500 e 850 passeggeri, con un range operativo che supera i 15.000 km, ma con costi di esercizio sopportabili dalle compagnie aeree impegnate sul lungo raggio solo con load factor prossimi alla piena capacitˆ. Con i suoi 80 m di apertura alare e quasi 400 tonnellate di peso senza equipaggio, lĠA380 ha dato vita ad un modello di business tendente ad imporre una visione della politica del trasporto aereo incentrata sui collegamenti tra i grandi hub che, peraltro, presupponeva ingenti investimenti, da parte delle compagnie aree, per lĠacquisto delle macchine e degli aeroporti internazionali che avrebbero dovuto attrezzarsi, allungando le piste, ingrandendo gli hangar e predisponendo finger dedicati ad uso esclusivo. In ragione delle difficoltˆ di voler imporre una politica industriale dirigista, non coerente con le esigenze del mercato liberalizzato, non  un caso che lĠA380, oltre che nelle compagnie dei Paesi costruttori (Air France, Lufthansa, British Airways), sia entrato, per lo pi, nelle flotte di vettori di compagnie di Paesi legati tuttora ad una concezione superata del trasporto aereo (Asia e Medio oriente) e lĠoperativitˆ sia limitata ai pochissimi aeroporti nel mondo in grado di adeguarsi, in tempi brevi, alle sue dimensioni, con la costruzione di nuove piste ed interventi infrastrutturali sui terminali. Il problema  che lĠA380 permette di trasportare un numero importante di passeggeri ma in un mercato, per lo pi, liberalizzato del trasporto aereo in cui il passeggero ha diverse opzioni per volare, risulta per le compagnie difficile da operare con un load factor economicamente utile, tenuto conto che la reddittivitˆ della macchina  strettamente correlata ad una piena capacitˆ di riempimento, ci˜ in ragione dellĠelevato costo del carburante comunque necessario per volare. LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ La decisione di chiudere la produzione dellĠA380, dopo poco pi di un decennio di servizio, rappresenta, dunque, non solo lĠatto conclusivo di una delle pi grandi avventure industriali dĠEuropa - evidentemente poco apprezzata dal mercato che non ha creduto che la soluzione allĠincremento esponenziale del traffico aereo possa ritrovarsi nel rimedio alla congestione dei grandi aeroporti favorendo, anche per garantirne una crescita del numero di passeggeri, una riduzione dei voli con macchine di maggiore capacitˆ - ma anche e soprattutto il superamento di una politica del trasporto aereo legata alla concentrazione dei voli nei grandi hub, senza dubbio, tendenti a favorire gli interessi economici delle compagnie aeree ma poco incline a riconoscere le esigenze dei passeggeri che, in un mercato liberalizzato preferiscono la qualitˆ del servizio e, quindi, i collegamenti point to point. Il sogno infranto di Airbus era quello di intercettare il nuovo traffico legato al boom di passeggeri delle classi medie asiatiche, che andavano ad affiancarsi ai turisti e ai viaggiatori d'affari dei Paesi occidentali, con unĠofferta ÒrivoluzionariaÓ che, al contrario, si  rivelata contro tendenza rispetto alle preferite modalitˆ di volare del mondo globalizzato incentrate sulla soddisfazione delle esigenze dellĠutenza. In altri termini, gli A380 avrebbero consentito lĠimbarco di un numero maggiore di passeggeri, con una riduzione del numero di voli e un notevole risparmio sul carburante, collegando i grandi scali internazionali, dai quali aerei pi piccoli avrebbero, poi, condotto i passeggeri verso le mete prescelte, vicine ad aeroporti pi decentrati, secondo il modello dellĠhub and spoke. Il modello A380 Ž stato progettato in un periodo di grande trasformazione del trasporto aereo in cui era in incremento esponenziale il quantitativo di passeggeri -da trasporto dĠŽlite a trasporto di massa -e risultava, altres“, necessario non aumentare il numero di voli, per evitare la congestione dei grandi scali. Tale velivolo il cui utilizzo economicamente sostenibile ha determinato una concentrazione dellĠofferta di volare nei grandi scali, oggi, non risponde pi alle esigenze che sono prevalse nel trasporto aereo, tenuto conto che, grazie allĠinnovazione tecnologica,  possibile ampliare la capacitˆ degli scali con decolli e atterraggi pi frequenti e che lĠesigenza di concentrare lĠofferta di volare risulta per le compagnie aeree meno appetibile, per via della maggiore importanza data dai passeggeri ai collegamenti diretti degli aeroporti regionali rispetto ai grandi hub. SicchŽ, la crescita del traffico aereo degli ultimi anni ha generato, da parte dei vettori interessati per sviluppare il proprio business e dare risposta alle esigenze dei passeggeri, una domanda di jet bimotore abbastanza agili in grado di volare direttamente negli scali minori, piuttosto che di ingombranti jet quadrimotore che costringono i passeggeri a cambiare velivolo, a volte con grande disagio, negli aeroporti hub. In tale contesto, va riconosciuto che Boeing, in particolare, con il 787 rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 Dreamliner, pi piccolo e pi brillante dellĠA380, ha vinto la battaglia dei cieli, con la realizzazione di un velivolo in grado di bypassare gli hub, permettendo ai vettori di riconciliarsi con i bisogni del mercato liberalizzato del trasporto aereo, garantendo servizi di collegamento diretti tra cittˆ, secondo la strategia nota come Çpoint to pointÈ, di certo, oggi, preferita dai passeggeri. La stessa Airbus si  adeguata al modello vincente di business aereo con la produzione dellĠA350-900, un bimotore che garantisce, a costi contenuti, le stesse distanze sul lungo raggio, potendo ospitare, in configurazione standard poco meno della metˆ dei passeggeri dellĠA380, cos“ rispondendo meglio alle strategie commerciali dei vettori aerei che optano per tale tipologia di velivoli per l'ammodernamento della flotta. In altre parole, la previsione di Airbus che ha generato la realizzazione dellĠA380,  stata smentita dai fatti. Le segnalate criticitˆ, unitamente alla crescente insofferenza da parte dei passeggeri per i disagi dei voli via hub e allĠaffermarsi delle compagnie aeree low cost che, nel medio raggio, sono in grado di volare, evitando il doppio imbarco imposto dallĠhub, hanno contribuito a convincere le compagnie aeree a concentrarsi sugli aerei a fusoliera larga, ma di dimensioni, capacitˆ e costi di esercizio inferiori. A ci˜ deve aggiungersi che il modello point to point prevale sul cd. hub and spoke operato dallĠA380 anche e soprattutto in termini di soddisfazione del passeggero che, ovviamente, preferisce la soluzione che consente di raggiungere direttamente lo scalo di destinazione finale, senza passare dallĠhub. Confidando di aver contribuito ad una riflessione in merito al ddl n. 727, pare importante, per ultimo e non da ultimo, valorizzare la proposta normativa (art. 1, lett. c, del ddl n. 727) tesa a Òpotenziare gli interventi finalizzati a garantire una pi efficace intermodalitˆ dei sistemi di trasporto, quale fattore di competitivitˆ delle imprese e del territorioÓ. A tal riguardo,  dĠobbligo segnalare che con lĠultima pubblicazione, Port authority: privatizzazione ed integrazione infrastrutturale, demetra, prendendo spunto da una concreta ipotesi di polo logistico integrato rappresentato dalle potenzialitˆ sinergiche di carattere economico-sociale configurabili tra il porto di Taranto e lĠaeroporto di Grottaglie come risposta alla crisi della siderurgia, prefigura, elaborando una specifica proposta di legge, un percorso di carattere normativo che affronti il tema della privatizzazione dei porti, che prenda a modello lĠassetto ordinamentale del settore degli aeroporti che, dopo venti anni, ha trovato un definitivo assetto ed un generalizzato consenso. LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ Il dottorato di ricerca tra spinte internazionali e digitali in un difficile equilibrio tra mondo della formazione e mondo del lavoro Alessandra Parente* Sommario: 1. introduzione -2. il sistema della formazione e della ricerca nel quadro europeo e nazionale -2.1. Dottorato di ricerca: evoluzione della disciplina interna -2.2. Dottorato di ricerca presso Universitˆ telematiche nazionali -2.3. Dottorato di ricerca presso Universitˆ straniere -3. Dipendente pubblico e congedo straordinario per dottorato di ricerca. i possibili risvolti giuridici tra punti di forza e criticitˆ - 3.1. il particolare caso del dottorato di ricerca conseguito presso un istituto straniero e telematico. riconoscimento del titolo: limiti e confini - 4. Considerazioni conclusive. 1. introduzione. Il tema della formazione post laurea  divenuto, soprattutto negli ultimi decenni, centrale nellĠesperienza professionale e personale di un numero crescente di persone. Si intravede in essa un passaggio necessario per lĠavvio di determinate carriere e per lĠarricchimento o il completamento di altre. del resto, la propensione alla specializzazione dei saperi trova terreno fertile in un contesto sempre pi internazionale, nel quale si cerca di favorire la libera circolazione degli studenti ed anche dei lavoratori, quanto meno nel quadro europeo. La mobilitˆ nellĠambito degli studi universitari e della formazione post laurea nelle forme pi diverse -dottorato di ricerca, master, corsi di perfezionamento e specializzazione fino ad arrivare alla figura del ricercatore di professione - frutto del bilanciamento tra forze non univoche: da un lato ci sono principi costituzionali ed europei che la promuovono e salvaguardano, dallĠaltro cĠ quel fisiologico ÒsottoboscoÓ di discipline interne in tema di istruzione, formazione e ricerca, non cos“ armonizzate e con peculiaritˆ che rischiano di non poter essere sempre riconosciute ed esportate al di lˆ del territorio nazionale. Per quanto ogni Stato dellĠunione riconosca il valore aggiunto di un sistema che permette, con relativa facilitˆ, la circolazione dei cittadini europei per formarsi e perfezionare il proprio percorso di studio e professionale oltre i confini dello Stato di appartenenza,  innegabile che la sfera dellĠistruzione e della formazione rappresentino un unicum - a tratti anche in termini di identitˆ - a cui nessuna Nazione pu˜ e vuole rinunciare. Nel quadro appena descritto maturano nuove sfide, opportunitˆ e tensioni (*) dottore in Giurisprudenza, giˆ praticante forense presso lĠAvvocatura distrettuale dello Stato di Napoli. rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 anche per il diritto, chiamato a fornire risposte e a dirimere controversie di varia natura, a progettare e ad unire. 2. il sistema della formazione e della ricerca nel quadro europeo e nazionale. La Carta Europea dei ricercatori (1) ha rappresentato il primo e compiuto tentativo di definizione dei diritti e doveri comuni ai ricercatori che operano a livello europeo ed ha altres“ individuato il codice di condotta dei datori di lavoro, incentivando la mobilitˆ dei ricercatori, la valorizzazione del merito, la trasparenza, lĠesperienza professionale acquisita e i diritti di proprietˆ intellettuale. Nella terza sezione, recepite le definizioni giˆ contenute nel c.d. manuale di Frascati (2), la Carta descrive i ricercatori come Òprofessionisti impegnati nella concezione o nella creazione di nuove conoscenze, prodotti, processi, metodi e sistemi nuovi e nella gestione dei progetti interessatiÓ; distingue, inoltre, i ricercatori nella fase iniziale di carriera (3) (ricercatori nei primi quattro anni di attivitˆ di ricerca, inclusi i periodi di formazione alla ricerca) dai ricercatori dalla comprovata esperienza (che vantano almeno quattro anni di esperienza nel campo della ricerca a decorrere dal momento in cui hanno ottenuto il diploma che dˆ accesso diretto agli studi di dottorato, nel paese in cui hanno ottenuto la laurea/il diploma, o che sono giˆ titolari di un diploma di dottorato, indipendentemente dal tempo impiegato per ottenerlo). I principi e le garanzie contenute nella citata raccomandazione del 2005 hanno trovato un esplicito recepimento interno solo un decennio pi tardi, nel d.lgs. n. 218/2016 (4) -sulla semplificazione dellĠattivitˆ degli enti pubblici di ricerca. Conoscere lĠorientamento che lĠunione europea si  data in materia di ricerca e conoscere le tempistiche con le quali nel nostro ordinamento tali principi sono stati recepiti,  dirimente per inquadrare correttamente la disciplina interna, cogliendone sia i punti di forza sia i punti deboli. In via preliminare,  necessario far riferimento - nel rispetto della gerarchia delle fonti nazionali - agli artt. 9, 33 e 34 della Costituzione, che definiscono il sistema valoriale sul quale lĠistruzione e la formazione ai vari livelli debbono fondarsi. (1) Contenuta nella raccomandazione della Commissione uE dellĠ11 marzo 2005 riguardante la ÒCarta europea dei ricercatori e il codice di condotta per lĠassunzione dei ricercatoriÓ. (2) Il manuale di Frascati  un documento che stabilisce la metodologia per raccogliere ed utilizzare dati sulla ricerca e sullo sviluppo nei paesi membri dellĠoCSE (organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico). La prima versione del documento - giunto ormai alla sesta edizione fu presentata nel 1963 da Christopher Freeman ed  conosciuta ufficialmente come ÒThe Proposed Standard Practice for Surveys of research and Experimental DevelopmentÓ. (3) Cfr. il programma di lavoro ÒStrutturare lo Spazio europeo della ricercaÓ, settore risorse umane e mobilitˆ azioni marie Curie, edizione settembre 2004, pagg. 41, 42. (4) Il d.lgs. 218/2016 del 25 novembre, recante ÒSemplificazione delle attivitˆ degli enti pubblici di ricerca ai sensi dellĠarticolo 13 della legge 7 agosto 2015, n. 214Ó, allĠart. 2, co. 1, recepisce integralmente la raccomandazione della Commissione europea 2005/251/CE. LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ Il principio di libertˆ dellĠarte e della scienza e del loro insegnamento, il ruolo della repubblica nel dettare le norme generali sullĠistruzione, il diritto delle istituzioni di alta cultura, delle universitˆ e delle accademie di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato, il riconoscimento ai capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, del diritto a raggiungere i gradi pi alti degli studi e lĠobbligo per la repubblica di rendere effettivo, con misure adeguate, tale diritto sono alcuni dei principi fondamentali che ispirano la materia. 2.1. Dottorato di ricerca: evoluzione della disciplina interna. Con particolare riferimento alla disciplina del dottorato di ricerca -prima di soffermarsi sui provvedimenti normativi che la caratterizzano -  bene evidenziare che si tratta di un istituto in continua evoluzione, sensibile alle sollecitazioni esterne e alle spinte digitali, oggetto di un Òriparto di competenzeÓ tra Stato, universitˆ ed altri organismi di supporto e consulenza, che genera un sistema a dir poco farraginoso e con varie zone dĠombra. Il dottorato di ricerca, istituito in Italia nel 1980 (5),  stato definito per la prima volta come Òtitolo accademico valutabile unicamente nellĠambito della ricerca scientificaÓ; tra la fine degli anni novanta e lĠinizio degli anni duemila  stato oggetto di unĠimportante revisione in coerenza sia con i principi di autonomia delle universitˆ che con i nuovi indirizzi europei, in primis la riforma avviata con il c.d. Processo di Bologna (6). Ne sono scaturiti una pluralitˆ di interventi (7) che hanno demolito lĠimpianto normativo precedente in materia di dottorato, lasciando in piedi una scarna disciplina di principio che attribuiva interamente alle universitˆ la responsabilitˆ dellĠorganizzazione dei corsi di dottorato. da questa riforma il dottorato di ricerca veniva ripensato e descritto come terzo ciclo (8) della formazione superiore e, al contempo, come primo stadio (5) Con il d.P.r. 11 luglio 1980, n. 382, Capo II, artt. 68 e ss. (6) Il ÒProcesso di BolognaÓ del 1999 ha rappresentato un processo di riforma internazionale dei sistemi di istruzione superiore dellĠu.E., che si proponeva di realizzare, entro il 2010, lo Spazio Europeo dellĠistruzione superiore - SEIS - (effettivamente emanato nella Conferenza di Budapest e Vienna del marzo 2010). Mirava ad una riorganizzazione in senso comunitario delle politiche sullĠistruzione, soprattutto al fine di una migliore spendibilitˆ del titolo di studio nel mercato del lavoro nellĠarea europea. Fondamentale per la sua realizzazione  stata la Convenzione di Lisbona, stipulata nel 1997, recante ÒConvenzione sul riconoscimento dei titoli di studio relativi allĠinsegnamento superiore nella regione EuropaÓ con la quale gli Stati si impegnarono a riconoscersi reciprocamente i titoli accademici finali. Tra le misure adottate a livello europeo ai fini della creazione del SEIS vi  stata lĠadozione formale da parte del Parlamento europeo del quadro dei titoli per lĠapprendimento permanente (European Qualifications Framework For LifeLongLearning EQF - LLL) ma vari reports successivi hanno mostrato che non tutti i Paesi uE hanno sviluppato un quadro nazionale dei titoli compatibile con il quadro generale dei titoli del SEIS. (7) In ordine cronologico: la L. n. 210/1998, art. 4; il d.M. n. 224 del 30 aprile 1999; il d.M. n. 509 del 3 novembre 1999; il d.M. n. 270 del 22 ottobre 2004. rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 dellĠattivitˆ di ricerca, con il dottorando che assumeva le vesti di early stage researcher. un nuovo radicale mutamento, ancora oggi vigente, alla disciplina della materia arriva con la legge n. 240/2010, meglio conosciuta come legge Gelmini recante ÒNorme in materia di organizzazione delle universitˆ, di personale accademico e reclutamento, nonchŽ delega al Governo per incentivare la qualitˆ e lĠefficienza del sistema universitarioÓ che allĠart. 19 (9) contiene disposizioni in materia di dottorato di ricerca e definisce le complesse procedure per lĠistituzione e lĠaccreditamento dei corsi di dottorato. del sistema di accreditamento si occupa lĠart. 5, comma 3, della legge Gelmini il quale stabilisce che lĠaccreditamento ҏ fondato su specifici indicatori, definiti ex ante dallĠaNVUr, per la verifica del possesso da parte degli atenei di idonei requisiti didattici, strutturali, organizzativi, di qualificazione dei docenti e delle attivitˆ di ricerca, nonchŽ di sostenibilitˆ economico-finanziariaÓ (10). Tra i principali provvedimenti attuativi della legge n. 240, in materia di dottorato di ricerca, vi  il d.M. 45 dellĠ8 febbraio 2013 (11) Òregolamento recante modalitˆ di accreditamento delle sedi e dei corsi di dottorato e criteri (8) Il primo ciclo  dato dalla laurea triennale o di primo livello - corrispondente al ÒbachelorÓ anglosassone - ed il secondo dalla laurea specialistica/magistrale - corrispondente al ÒmasterÓ anglosassone. (9) LĠart. 19 della l. 240/2010, cos“ modificando lĠart. 4, l. 210/1988, al comma 1, lett. a), dispone: Òi corsi di dottorato di ricerca sono istituiti, previo accreditamento da parte del ministro dellĠistruzione, dellĠuniversitˆ e della ricerca, su conforme parere dellĠagenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (aNVUr), dalle universitˆ, dagli istituti di istruzione secondaria ad ordinamento speciale e da qualificate istituzioni italiane di formazione e ricerca avanzate. i corsi possono essere altres“ istituti da consorzi tra universitˆ o tra universitˆ ed enti di ricerca pubblici e privati di alta qualificazione, fermo restando in tal caso il rilascio del relativo titolo accademico da parte delle istituzioni universitarie. Le modalitˆ di accreditamento delle sedi e dei corsi di dottorato, quale condizione necessaria ai fini dellĠistituzione e dellĠattivazione dei corsi, e le condizioni di eventuale revoca dellĠaccreditamento, nonchŽ le modalitˆ di individuazione delle qualificate istituzioni italiane di formazione e ricerca di cui al primo periodo, sono disciplinate con decreto del ministro dellĠistruzione, dellĠuniversitˆ e della ricerca, su proposta dellĠaNVUr. il medesimo decreto definisce altres“ i criteri e i parametri sulla base dei quali i soggetti accreditati disciplinano, con proprio regolamento, lĠistituzione dei corsi di dottorato, le modalitˆ di accesso e di conseguimento del titolo, gli obiettivi formativi e il relativo programma di studi, la durata, il contributo per lĠaccesso e la frequenza, il numero, le modalitˆ di conferimento e lĠimporto delle borse di studio di cui al comma 5, nonchŽ le convenzioni di cui al comma 4Ó. (10) La valutazione periodica, ai sensi dellĠart. 5, comma 3, lett. b), l. 240/2010  basata Òsu criteri e indicatori stabiliti ex ante, da parte dellĠaNVUr, dellĠefficienza e dei risultati conseguiti nel- lĠambito della didattica e della ricerca dalle singole universitˆ e dalle loro articolazioni interneÓ. (11) Il citato d.M. 45/2013, entrato in vigore il 6 maggio 2013, contiene una disciplina molto puntuale in materia di dottorato di ricerca relativa, tra gli altri, a: soggetti che possono richiedere lĠaccreditamento (art. 2), accreditamento dei corsi e delle sedi (art. 3), requisiti per lĠaccreditamento (art. 4), principi e criteri generali per la disciplina dei corsi di dottorato di ricerca (art. 5), istituzione, durata e funzionamento dei corsi di dottorato (art. 6), modalitˆ di accesso ai corsi di dottorato e di conseguimento del titolo (art. 8), borse di studio (art. 9), dottorato in convenzione con istituzioni estere (art. 10), diritti e doveri dei dottorandi (art. 12), valutazione e finanziamento dei corsi di dottorato (art. 13). LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ per lĠistituzione dei corsi di dottorato da parte degli enti accreditatiÓ del Ministero dellĠistruzione, dellĠuniversitˆ e della ricerca, che ricostruisce un articolato sistema per la definizione dei soggetti che possono richiedere lĠaccreditamento, dei requisiti necessari per esso, dellĠistituzione, durata e funzionamento dei corsi di dottorato, delle modalitˆ di accesso e delle borse di studio, nonchŽ della valutazione e finanziamento dei corsi di dottorato. Il risultato di questo provvedimento e a monte del quadro voluto dalla legge Gelmini  un modello italiano di dottorato di ricerca del tutto peculiare, seppur con le sue criticitˆ. Senza potersi soffermare nella presente trattazione su unĠanalisi dei punti deboli del sistema italiano sul dottorato di ricerca, giova fare un cenno ad alcuni profili di particolare rilievo, utili anche per la corretta comprensione della quaestio posta allĠattenzione del lettore con questo contributo. Si fa riferimento alle perplessitˆ relative alla riduzione degli spazi di autonomia delle universitˆ, per la tendenza allĠipertrofia normativa del regolamento predetto, alla costante riduzione dellĠimpegno finanziario del Ministero sul finanziamento dei corsi di dottorato, sul prevalere di parametri valutativi ex ante nei diversi livelli dellĠaccreditamento iniziale, di quello periodico e della ripartizione delle diverse tranches dei finanziamenti ministeriali, senza dettagliare adeguatamente la valutazione ex post della qualitˆ scientifica e didattica del dottorato di ricerca. Si fa riferimento, altres“, in un contesto sempre pi digitale e dematerializzato - anche in punto di istruzione e formazione - alla mancata indicazione di requisiti specifici che devono essere posseduti dalle universitˆ telematiche che chiedono lĠaccreditamento, in particolare per quanto riguarda lo svolgimento di documentata attivitˆ di ricerca ad alto livello internazionale negli specifici ambiti disciplinari (12). 2.2 Dottorato di ricerca presso Universitˆ telematiche nazionali. Il proliferare, soprattutto nellĠultimo decennio, dellĠofferta formativa in chiave telematica ha posto al legislatore italiano nuove stringenti sfide, legate sia alla definizione dei principi fondanti i corsi di studio a distanza da parte di universitˆ statali e non, sia la riconoscibilitˆ dei percorsi accademici istituiti, sia le garanzie di un sistema il quale, nonostante le differenti modalitˆ di erogazione, possa considerarsi sovrapponibile - e in grado di coesistere - con la didattica c.d. tradizionale. LĠordinamento interno ha affrontato tale nuova esigenza con un provvedimento omnibus: il decreto del Miur del 17 aprile 2003 su ÒCriteri e procedure di accreditamento dei corsi di studio a distanza delle universitˆ statali e (12) Attivitˆ di ricerca di alto livello internazionale  prevista per i soggetti che possono richiedere lĠaccreditamento dei corsi di dottorato dal d.M. 45/2013, art. 2. rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 non statali e delle istituzioni universitarie abilitate a rilasciare titoli accademici di cui allĠart. 3 del D.m. 3 novembre 1999, n. 509Ó (13). Il dato normativo emerso da tale misura  la necessitˆ di ricondurre ad una regolamentazione cogente e capillare, definita nel decreto, queste nuove forme di offerta universitaria, per evitare il sorgere di un vulnus, altrimenti difficile da colmare, in armonia con quanto previsto dagli artt. 1 e 2 del citato d.M. 45/2013, sul necessario accreditamento dei corsi di dottorato. Negli anni successivi - nel solco del decreto - sono sorte cos“ numerose universitˆ telematiche (14) nazionali con unĠofferta formativa molto varia, dalla possibilitˆ di conseguire la laurea a quella di conseguire un master o un dottorato di ricerca. Anche le universitˆ telematiche - come quelle ÒtradizionaliÓ -devono dotarsi di un regolamento didattico di ateneo (15) che tenga conto delle particolaritˆ dellĠerogazione telematica del sapere, ma in cui lĠunica differenza rispetto alle altre universitˆ sta nel mezzo scelto per veicolare la conoscenza ai propri iscritti. Si dotano, altres“, di un regolamento di ateneo in materia di dottorato di ricerca, che contiene - in coerenza con il regime giuridico del dottorato sopra descritto - importanti prescrizioni. Il dottorato di ricerca, ad esempio, anche se erogato da unĠuniversitˆ telematica Òcomporta un impegno esclusivo e a tempo pienoÓ (16), al pari di qualsiasi altro corso della medesima specie offerto da unĠuniversitˆ tradizionale. LĠordinamento interno, dunque, non sottrae le universitˆ telematiche dal rispetto della disciplina e delle garanzie previste in linea generale per i corsi di dottorato. 2.3. Dottorato di ricerca presso Universitˆ straniere. La mobilitˆ di studenti e professionisti e lĠinternazionalizzazione dei percorsi formativi hanno posto allĠattenzione del legislatore unĠaltra rilevante questione: il riconoscimento, a vari fini, di titoli di studio, qualifiche e specializzazioni conseguite allĠestero e la loro successiva spendibilitˆ nellĠordinamento italiano. (13) Il d.M. 17 aprile 2003  stato pubblicato in G.U. del 29 aprile 2003, n. 98 e contiene - passando in disamina anche i profili tecnici di un servizio di erogazione telematico - le finalitˆ del decreto, la definizione di corsi di studio a distanza e di didattica a distanza, i criteri e requisiti per lĠaccreditamento dei corsi di studio, le procedure per lĠaccreditamento, gli effetti e i limiti della sua validitˆ, nonchŽ un Allegato tecnico con i requisiti del processo formativo in termini di modalitˆ di erogazione e fruizione, identificazione e verifica, tutoraggio. (14) Solo per citarne alcune: lĠuniversitˆ telematica internazionale non statale ÒUninettunoÓ con d.M. 15 aprile 2005 e lĠuniversitˆ telematica non statale Òitalian University LineÓ (IuL) con d.M. 2 dicembre 2005. (15) Il regolamento didattico di ateneo dellĠuniversitˆ ÒUninettunoÓ, ad esempio, consultabile sul sito dellĠuniversitˆ, si compone di cinque titoli, tra i quali: ÒStrutture generali di didattica a distanzaÓ, Òattivitˆ didatticaÓ, Òattivitˆ di ricerca scientifica e tecnologicaÓ. (16) é quanto si legge, ad esempio, allĠart. 18, co. 1, del regolamento dellĠuniversitˆ ÒUninettunoÓ in materia di dottorati di ricerca, emanato con d.r. n. 25/2018. LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ In via preliminare allĠanalisi della disciplina relativa al riconoscimento in Italia del dottorato di ricerca estero -con il relativo giudizio di equipollenza  opportuno soffermarsi sugli elementi cardine della materia nel suo complesso. Innanzitutto, nel procedimento amministrativo volto al riconoscimento interno di un titolo di studio straniero il giudizio di equipollenza rappresenta un unicum, da non confondersi con il giudizio di equivalenza (17). un titolo accademico estero, infatti,  equipollente quando gli viene riconosciuta -dagli organismi preposti a farlo - la stessa efficacia di un titolo di studio conseguito in Italia, vale a dire che i due titoli sono equiparati a tutti gli effetti e per tutti gli effetti utili, avendo il medesimo valore legale. Con il giudizio di equivalenza al titolo di studio straniero  attribuito pari valore rispetto ad uno interno, esclusivamente per un fine specifico dichiarato (18) ed , dunque, spendibile solo a quello scopo, non conferendo il procedimento di equivalenza valore legale al titolo - procedura c.d. di riconoscimento non accademico. Tra le ipotesi di riconoscimento accademico, vale a dire un riconoscimento finalizzato a conseguire il valore legale del titolo straniero nellĠordinamento italiano, vi sono lĠaccesso ad un corso e la prosecuzione degli studi, il riconoscimento di crediti, il conseguimento del corrispondente titolo italiano (equipollenza propriamente detta) e la specifica opzione dellĠequipollenza del dottorato di ricerca. La valutazione di equipollenza di un dottorato di ricerca conseguito allĠestero  di competenza del Ministero dellĠistruzione, dellĠuniversitˆ e della ricerca ed  regolata dallĠart. 74 (19) del d.P.r. n. 382/1980. Nella valutazione che ai sensi di tale norma il Miur compie -quanto meno se trattasi di dottorato erogato in un paese dellĠunione europea -deve attenersi ad una serie fondamentale di principi, fissati nella c.d. Convenzione di Lisbona (20). (17) Sui giudizi di equipollenza ed equivalenza ed i relativi procedimenti amministrativi si veda www.miur.gov.it (18) Tra i fini specifici per i quali  attivabile il giudizio di equivalenza vi sono: a) la valutazione del titolo estero ai fini dellĠaccesso ai pubblici concorsi (art. 38, d.lgs. 165/2001 e art. 2, d.P.r. 189/2009 - organismo competente alla valutazione  la P.C.M.- dipartimento della funzione pubblica); b) la valutazione del titolo estero per progressioni di carriera nella P.A., fini previdenziali, riscatto dei periodi di studi, iscrizione ai centri per lĠimpiego, accesso al praticantato e tirocini (art. 3, d.P.r. 189/2009 - organismo competente alla valutazione  il MIur); c) assegnazione borse di studio e altri benefici (art. 4, d.P.r. 189/2009 - organismo competente  lĠAmministrazione interessata). (19) Il d.P.r. 382/1980 Òriordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonchŽ sperimentazione organizzativa e didatticaÓ allĠart. 74 - contenuto nel Capo II sul dottorato di ricerca -in materia di Òriconoscimenti ed equipollenzeÓ dispone: ÒColoro che abbiano conseguito presso le universitˆ non italiane il titolo di dottore di ricerca o analoga qualificazione accademica possono chiederne il riconoscimento con domanda diretta al ministero della pubblica istruzione. La domanda dovrˆ essere corredata dai titoli attestanti le attivitˆ di ricerca e dai lavori compiuti presso le universitˆ non italiane. LĠeventuale riconoscimento  operato con decreto del ministro della pubblica istruzione su conforme parere del Consiglio universitario nazionaleÓ. rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 I quattro pilastri delle procedure di riconoscimento, applicabili anche al giudizio di equipollenza del dottorato di ricerca, sono: il riconoscimento del titolo deve avvenire esclusivamente sulla base di unĠadeguata valutazione delle conoscenze e competenze acquisite; le procedure e i criteri impiegati per la valutazione dei titoli esteri e per il loro riconoscimento devono essere Òtrasparenti, coerenti ed affidabiliÓ; la decisione di riconoscere un titolo estero deve essere adottata sulla base di adeguate informazioni; le decisioni relative al riconoscimento devono essere adottate entro un lasso di tempo ragionevole (21). ogni qual volta il Miur - su parere conforme del Consiglio universitario Nazionale - chiamato a valutare lĠequipollenza di un dottorato di ricerca conseguito allĠestero, se difettano i requisiti anzidetti e quelli ancor pi specifici della Òmetodologia valutativaÓ elaborati dal CIMEA o se sulle caratteristiche fondamentali del dottorato vi sia genericitˆ e confusione,  tenuto a negare lĠequipollenza. 3. Dipendente pubblico e congedo straordinario per dottorato di ricera. i possibili risvolti giuridici tra punti di forza e criticitˆ. La disciplina del dottorato di ricerca  in continua evoluzione grazie al diversificarsi dellĠofferta formativa e alla sua internazionalizzazione ed  ricca di ulteriori profili applicativi, primo tra tutti il dottorato quale espressione del diritto allo studio in rapporto ai diritti e doveri del dottorando che  al contempo lavoratore dipendente. (20) Approvata dai rappresentanti dei vari Stati membri dellĠallora Comunitˆ europea lĠ11 aprile 1997 e successivamente ratificata dallĠItalia con legge n. 148/2002. A seguito della stipula della Convenzione di Lisbona, i Ministri competenti nel 2005 hanno deciso di realizzare, tra gli altri, il Quadro dei titoli dello Spazio europeo dellĠistruzione superiore (Qualifications Framework for the European Higher Education area - QF for the EHEa). Il Quadro si articola nei tre cicli principali dellĠistruzione superiore e presenta tutti i titoli rilasciati per ciascun ciclo; vuole, altres“, favorire una pi corretta comprensione e comparabilitˆ dei titoli dei differenti sistemi nazionali dĠistruzione superiore. Si veda per approfondimenti sul punto www.cimea.it. (21) Il CIMEA - Centro di Informazione sulla Mobilitˆ e le Equivalenze Accademiche - dal 1984 svolge attivitˆ di informazione e consulenza sulle procedure di riconoscimento dei titoli di studio e sui temi collegati allĠistruzione e formazione superiore italiana ed internazionale. é proprio tale organismo che ha elaborato la Òmetodologia valutativaÓ da applicare per la valutazione di equipollenza, anche di un dottorato di ricerca conseguito allĠestero. Tra i principi cardine vi sono: a) la valutazione caso per caso; b) il diniego al riconoscimento basato sul concetto di Òdifferenza sostanzialeÓ, sia in considerazione degli elementi della qualifica estera e di quella italiana corrispondente, sia considerando gli elementi strutturali del sistema estero di riferimento; c) la valutazione della qualifica estera  possibile solo per qualifiche ufficiali, rilasciate da istituzioni accreditate/riconosciute; d) la valutazione tiene conto dello status dellĠistituzione che ha rilasciato il titolo finale (AWArdING INSTITuTIoN) e di quella presso la quale si sono effettivamente svolti gli studi o che li ha organizzati (TEACHING INSTITuTIoN); e) lĠottenimento di una qualifica estera tramite procedure o percorsi ÒspecialiÓ che differiscano dalle modalitˆ ordinarie di rilascio del titolo o che siano frutto di operazioni valutative svolte da istituzioni o centri esteri sono generalmente da considerarsi come casi di Òdifferenza sostanzialeÓ. Si veda www.cimea.it. LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ Si intersecano in questo caso due pilastri irrinunciabili per lĠaffermazione culturale e professionale di ogni individuo. Il primo  il diritto a formarsi, specializzando sempre pi le proprie competenze, dedicandosi, tra lĠaltro, allĠattivitˆ di ricerca - che pu˜ contribuire a strutturare il patrimonio culturale della collettivitˆ, andando oltre i confini dellĠesperienza del singolo -e che si traduce in un valore aggiunto direttamente spendibile nel proprio percorso lavorativo, di cui lo stesso datore di lavoro pu˜ beneficiare, cos“ come lĠutenza. Il secondo  lĠinsieme di diritti e doveri che caratterizzano il rapporto di lavoro. due variabili che devono trovare il giusto equilibrio applicativo, ancor pi nel caso di un dipendente della Pubblica Amministrazione (22), il quale ai sensi dellĠart. 98 Cost.  al servizio esclusivo della Nazione. Il dipendente pubblico si vede riconosciuta la possibilitˆ di richiedere il c.d. congedo straordinario per dottorato di ricerca. La materia  disciplinata dal combinato disposto della legge n. 476/1984 (23) e s.m.i. e della legge n. 498/1992, c.d. legge finanziaria. In particolare, lĠart. 2, primo periodo, della l. 476/1984 stabilisce che Òil pubblico dipendente ammesso ai corsi di dottorato di ricerca  collocato, a domanda, compatibilmente con le esigenze dellĠamministrazione, in congedo straordinario per motivi di studio, senza assegni, per il periodo di durata del corso ed usufruisce della borsa di studio ove ricorrano le condizioni richiesteÓ. La l. 498/1992 allĠart. 4, comma 2, ha esteso il congedo straordinario senza assegni per motivi di studio stabilendo che Òal personale assegnatario di borse di studio da parte di amministrazioni statali, di Enti pubblici, di Stati ed Enti stranieri, di organismi o Enti internazionali, si applica il disposto di cui allĠart. 2 della legge 476/84Ó. Successivamente lĠart. 52, comma 57, della legge n. 448/2001 e lĠart. 19, comma 3, della legge n. 240/2010 hanno integrato lĠart. 2 disponendo che Òin caso di ammissione ai corsi di dottorato di ricerca senza borsa di studio o di rinuncia a questa, lĠinteressato in aspettativa conserva il trattamento economico, previdenziale e di quiescenza in godimento da parte dellĠamministrazione pubblica presso la quale  instaurato il rapporto di lavoro. Qualora, dopo il conseguimento del dottorato di ricerca, il rapporto di lavoro con lĠamministrazione pubblica cessi per volontˆ del dipendente nei due anni successivi,  dovuta la ripetizione degli importi corrisposti ai sensi del secondo periodo. Non hanno diritto al congedo straordinario, con o senza assegni, i pubblici dipendenti che siano stati iscritti a corsi di dottorato per almeno un anno (22) Nella presente trattazione si fa riferimento al c.d. pubblico impiego privatizzato. (23) La legge n. 476 del 13 agosto 1984 reca ÒNorme in materia di borse di studio e dottorato di ricerca nelle UniversitˆÓ. rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 accademico, beneficiando di detto congedo. i congedi straordinari e i connessi benefici in godimento alla data di entrata in vigore della presente disposizione sono mantenutiÓ. Il contenuto del riportato art. 2, primo periodo, trova conferma anche nel d.M. 45/2013 (24) relativo al regolamento per lĠaccreditamento delle sedi e dei corsi di dottorato. Trova, altres“, conferma anche nei Contratti Collettivi Nazionali dei lavoratori del pubblico impiego, quali ad esempio il CCNL Comparto Funzioni Centrali 2016-2018 che prevede allĠart. 42, comma 2, lĠaspettativa per i dipendenti a tempo indeterminato ammessi ai corsi di dottorato di ricerca, nel rispetto delle norme giˆ citate ed il CCNL - Comparto Personale Istruzione e ricerca - che allĠart. 52 riconosce le medesime prerogative anche per i docenti. Con lĠart. 19 della c.d. legge Gelmini il congedo straordinario ha subito una rilevante modificazione, divenendo oggetto di un provvedimento sostanzialmente discrezionale, con il dipendente pubblico che si vede riconosciuto solo un diritto sospensivamente condizionato al congedo ovvero un interesse legittimo (25). Alla luce delle intervenute novelle legislative, consegue che il dirigente potrˆ decidere di accordare il congedo allĠesito di una valutazione ponderata tra lĠinteresse allĠorganizzazione e allĠefficienza del suo ufficio e lĠinteresse alla ricerca scientifica e tecnica di cui beneficia la collettivitˆ e, nel medio periodo, la stessa pubblica amministrazione. Tale discrezionalitˆ rischia di essere in aperto contrasto con importanti principi costituzionali in materia di ricerca, formazione e diritto alla studio, espressi negli articoli 3, 9, 33, 34 della Costituzione, nonchŽ con lĠimparzialitˆ ed il buon andamento della P.A. ed , altres“, in contrasto con i pi importanti interventi legislativi dellĠultimo decennio relativi alla P.A. e alla sua gestione (26). (24) LĠart. 12, comma 4, del d.M. 45/2013 stabilisce che Òi dipendenti pubblici ammessi ai corsi di dottorato godono per il periodo di durata normale del corso dellĠaspettativa prevista dalla contrattazione collettiva (É) compatibilmente con le esigenze dellĠamministrazione, ai sensi dellĠarticolo 2, l. 13 agosto 1984, n. 476 e s.m., con o senza assegni e salvo esplicito atto di rinuncia, solo qualora risultino iscritti per la prima volta a un corso di dottorato, a prescindere dallĠambito disciplinareÓ. (25) Senza voler affrontare tutti i possibili risvolti dellĠinciso Òcompatibilmente con le esigenze di servizio dellĠamministrazioneÓ inserite dallĠart. 19, l. 240/2010 allĠart. 2, l. 476/1984, che meriterebbero una trattazione a sŽ, giova compiere sul punto alcune brevi considerazioni. Il dipendente pubblico che richiede il congedo straordinario per frequentare un dottorato di ricerca  titolare di un interesse legittimo privato acchŽ la discrezionalitˆ venga esercitata dal dirigente - datore di lavoro in modo ragionevole e senza eccesso di potere. ante riforma Gelmini, al contrario, detto congedo era oggetto di un provvedimento amministrativo vincolato o, per meglio dire, di un Òatto datoriale dovutoÓ ed il dipendente pubblico aveva un diritto soggettivo allĠottenimento. (26) Il riferimento  sia alla riforma Madia del 2017 -d.lgs. nn. 74 e 75 -che, tra gli altri, valorizza il titolo di dottore di ricerca quale requisito per lĠaccesso tramite concorso nella P.A., sia il d.lgs. 150/2009 -c.d. riforma Brunetta -che allĠart. 26 dispone che la P.A. deve promuovere lĠaccesso dei propri dipendenti a percorsi di alta formazione, nonchŽ la loro crescita professionale. LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ Il riconoscimento del congedo straordinario per dottorato di ricerca al dipendente pubblico porta con sŽ ulteriori problematiche legate alla sussistenza di un rapporto di lavoro pendente, quali la possibilitˆ di proroga del congedo oltre la effettiva durata del corso (27), lĠopzione del congedo al personale con nomina a tempo determinato (28), lĠeventuale ripetizione delle somme percepite (29) e il riconoscimento del congedo per frequentare un dottorato di ricerca indetto da universitˆ straniere, ancor pi se telematiche. Il dipendente pubblico ammesso a frequentare un dottorato di ricerca indetto da unĠuniversitˆ straniera, come giˆ esposto, ha diritto al congedo straordinario ai sensi dellĠart. 2, l. 476/1984 -norma speciale che consente la sospensione delle prestazioni lavorative connesse al rapporto dĠimpiego e lĠeventuale mantenimento del trattamento economico, pensata per le universitˆ italiane ma che non reca unĠesplicita preclusione per un dottorato di ricerca da svolgersi presso atenei non italiani -pertanto applicabile anche in questi casi (30)(31), se sussistono, tuttavia, determinate garanzie. (27) Si legge sul punto, tra gli altri, nella Circolare Miur n. 15 del 22 febbraio 2011: Òsi precisa che lĠart. 2 della legge 13 agosto 1984, n. 476 prevede la concessione del congedo straordinario per il periodo di durata del corso, nel cui ambito non pu˜, quindi, prefigurarsi la preparazione e la discussione della tesi: in tal senso ha fornito il proprio parere lĠUfficio legislativo di questo ministero, appositamente interpellato in merito. Non si ritiene, pertanto, possibile la concessione di una proroga del congedo straordinario oltre tale limite, anche in considerazione dellĠaggravio di spesa che ne deriverebbe, che, peraltro, non troverebbe giustificazione in alcuna disposizione normativa. Si ritiene, tuttavia, possibile che il personale interessato possa richiedere per il tempo necessario alla preparazione della relazione finale, lĠaspettativa per motivi di studio di cui al comma 2 dellĠart. 18 CCNL comparto scuolaÓ. (28) Sul punto, sempre nella Circolare Miur n. 15/2011: Ò (É) al personale assunto a tempo determinato (É) si applicano nei limiti della durata del rapporto di lavoro, le disposizioni, in materia di ferie, permessi ed assenze stabilite dal presente contratto per il personale assunto a tempo indeterminato. Pertanto, anche a tale tipologia di personale si ritiene debbano essere applicate, nei limiti previsti dalla richiamata norma, le disposizioni riguardanti i congedi per il personale ammesso alla frequenza dei dottorati di ricerca: si ritiene comunque opportuno precisare che le predette disposizioni esplicano la propria validitˆ esclusivamente sotto il profilo giuridico (riconoscimento del servizio ai fini previsti dalle vigenti disposizioni) non ritenendosi che le stesse possano esplicare la validitˆ sotto il profilo economico (conservazione della retribuzione per il periodo di frequenza del dottorato)Ó. (29) Sul punto, sempre nella predetta Circolare: ÒLĠultimo periodo del comma 57, art. 52 della precitata legge 448/2001 prevede che ÒQualora, dopo il conseguimento del dottorato di ricerca, il rapporto di lavoro con lĠamministrazione pubblica cessi per volontˆ del dipendente nei due anni successivi,  dovuta la ripetizione degli importi corrisposti ai sensi del secondo periodoÓ. Si  ritenuto in passato che per amministrazione pubblica dovesse intendersi esclusivamente lĠamministrazione pubblica riguardante il comparto di appartenenza del dottorando. in merito si ritiene dover precisare che dopo attenta valutazione del contenuto della norma di riferimento si  convenuto che il termine amministrazione pubblica deve essere riferito alla pubblica amministrazione in generale, per cui la ripetizione degli emolumenti percepiti dallĠamministrazione di appartenenza sia dovuta esclusivamente se il dipendente cessi volontariamente dal rapporto intrattenuto con lĠamministrazione pubblica (ad es. dimissione volontarie o per assumere servizio in altro ente non rientrante nellĠambito di una qualsiasi Pubblica amministrazione)Ó. (30) In armonia con la copertura costituzionale garantita al diritto allo studio e alla ricerca dagli artt. 9 e 34 Cost., in forza della quale bisogna scegliere lĠinterpretazione della norma pi conforme al dettato costituzionale e che eviti irragionevoli disparitˆ di trattamento. rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 Le garanzie richieste per il riconoscimento al dipendente pubblico del congedo straordinario retribuito per dottorato di ricerca presso unĠuniversitˆ straniera, ancor pi se telematica, e per il quale non risulti beneficiario di borsa di studio o rinunci ad essa, sono quelle previste dallĠart. 74, d.P.r. 382/1980, vale a dire lĠesito positivo del giudizio di equipollenza tra il titolo estero e un titolo italiano corrispondente, con lĠeventuale riconoscimento ad opera del Miur, su parere conforme del Consiglio universitario nazionale. dĠaltronde la normativa che consente al dipendente di ricevere ugualmente la retribuzione, anche in assenza di prestazione lavorativa,  norma derogatoria rispetto al principio generale che lega gli emolumenti allĠattivitˆ lavorativa impiegata (32) e, pertanto, pu˜ essere applicata solo se vi siano basi solide a giustificarla, quali la garanzia dellĠequipollenza dei titoli. Come precisato dal CuN, infatti, lĠaspettativa per lĠintera durata del corso legale del dottorato presso universitˆ straniera, pu˜ essere concessa in quanto il titolo di studio conseguibile possa essere considerato equipollente ad un dottorato di ricerca italiano, poichŽ diversamente verrebbero meno sia il presupposto della norma che la sua finalitˆ (33). é necessaria, pertanto, una valutazione preventiva sullĠidoneitˆ del titolo estero ad essere riconosciuto equipollente ad uno interno, per poter beneficiare del congedo straordinario, conservando il proprio trattamento economico, previdenziale e di quiescenza. In tal senso si  espressa ampia e costante giurisprudenza. in primis il Consiglio di Stato che nella sentenza n. 5066 del 2 ottobre 2007, con riferimento allĠart. 2 della l. n. 476/1984 e alla sua applicabilitˆ ad una docente che aveva richiesto di beneficiare del congedo straordinario per frequentare un dottorato di ricerca presso lĠuniversitˆ di Parigi, si  cos“ espresso: ÒSi tratta tuttavia di disposizione che  indirizzata ad operare in via (31) La riferibilitˆ dellĠimpianto normativo complessivo alle ipotesi di dottorato presso universitˆ straniere trova conferma anche nella legge n. 398/1989 recante ÒNorme in materia di borse di studio universitarieÓ che allĠart. 4 prevede il conferimento di borse di studio per attivitˆ di ricerca post dottorato e allĠart. 5 per corsi di perfezionamento allĠestero, attribuibili anche a chi abbia conseguito il dottorato di ricerca allĠestero. Al successivo art. 6, comma 7, dispone, inoltre, che ai dipendenti pubblici fruitori delle borse di studio si estende il collocamento in congedo straordinario di cui allĠart. 2, legge n. 476/1984. (32) Cos“ si  espresso il T.A.r. Lazio, roma, Sez. II, n. 4699 del 24 maggio 2012: Ò(É) Tanto  vero che la norma stessa dispone lĠobbligo di restituzione nel caso in cui, pur avendo il dipendente frequentato lĠintero corso di studi e conseguito il titolo di dottore di ricerca, di sua volontˆ si dimetta nei due anni successivi. Ci˜ a ragion veduta perchŽ il legislatore, nel caso di frequenza ad un corso di dottorato che oggettivamente non abbia consentito al dipendente di svolgere la prestazione lavorativa, richiede un tempo minimo di due anni di permanenza nel posto di lavoro, periodo che risulta sufficientemente congruo perchŽ lĠamministrazione possa fruire del rafforzamento del bagaglio accademico e culturale acquisito dal proprio dipendente e, cos“, tesaurizzare lĠerogazione del trattamento economico e previdenziale (cfr. in questo senso specifico, T.a.r. Friuli Venezia Giulia, Sez. i, 14 luglio 2011, n. 346)Ó. (33) In questi termini si  espresso chiaramente il CuN, tra gli altri, in Parere generale n. 105 del 16 settembre 2004. LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ primaria per i corsi di dottorato istituiti presso le universitˆ italiane. Stabilisce, infatti, lĠart. 74 della legge 11 luglio 1980, n. 382, sotto il titolo di Òriconoscimenti ed equipollenzeÓ, che Òcoloro che abbiano conseguito presso universitˆ non italiane il titolo di dottore di ricerca o analoga qualificazione accademica possono richiederne il riconoscimento con domanda diretta al ministero della Pubblica istruzioneÓ. Si versa a fronte di disposizione di sistema che, se ex post, ove il titolo di studio in argomento sia stato conseguito presso universitˆ estera, impone lĠintermediazione del ministero della P.i. ai fini degli effetti abilitanti in italia, a maggior ragione impone ex ante la valutazione di equipollenza, ove dalla partecipazione al corso presso universitˆ non italiana si intenda trarre il beneficio dellĠesonero dalla prestazione lavorativa in relazione al rapporto di pubblico impiego in attoÓ. Negli stessi termini si  espressa anche la Corte di Cassazione, sez. lav., con sentenza n. 21276 del 15 ottobre 2010, ponendo lĠaccento sulla necessitˆ di bilanciare i diversi interessi in ballo: la procedura di riconoscimento preventivo costituisce un adeguato contemperamento, anche allĠinterno dellĠuE, tra lĠesigenza di non limitare i benefici dellĠaspettativa ai soli casi di dottorato italiano penalizzando, senza ragione, la frequenza di centri ed istituzioni di ricerca stranieri di riconosciuto valore scientifico e quella equivalente di non consentire al dipendente di fruire di rilevanti benefici anche in ordine a corsi sulla cui qualificazione non vi  alcuna possibilitˆ di controllo (34). Tale rischio  ancor pi evidente qualora lĠerogazione di corsi definiti di ÒdottoratoÓ  fornita da Istituti stranieri per lo pi telematici. 3.1. il particolare caso del dottorato di ricerca conseguito presso un istituto straniero telematico. il riconoscimento del titolo: limiti e confini. Emblematico  il caso di un corso di dottorato di ricerca in ÒDiritto, Educazione e SviluppoÓ (35) erogato da ÒPegaso international LimitedÓ di Malta. (34) Sul punto si  analiticamente pronunciata la Corte di Cassazione, sez. lav., sent. n. 21276/2010, in un caso avente ad oggetto il riconoscimento del congedo retribuito per dottorato di ricerca ad un docente, vincitore di un corso di dottorato senza borsa presso la facoltˆ di Psicologia del- lĠuniversitˆ di Barcellona in Spagna. Si legge: Ò(É) infatti se tale intermediazione viene richiesta ex post, ove il titolo di studio in argomento sia stato conseguito presso lĠUniversitˆ estera, ai fini degli effetti abilitanti in italia, a maggior ragione si imporrˆ ex ante la valutazione di equipollenza, ove dalla partecipazione al corso presso Universitˆ non italiana si intenda trarre il beneficio dellĠesonero dalla prestazione lavorativa in relazione al rapporto di pubblico impiego in atto. La conseguenza  la necessitˆ di richiedere, ai fini del riconoscimento del corso e del conseguente esonero, la valutazione (che deve essere favorevole) della competente autoritˆ ministerialeÓ. Ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 1608/2013. (35) Il caso concreto, dal quale trae ispirazione questo contributo,  stato quello di un Istituto comprensivo statale che per il tramite del suo dirigente scolastico (dS) si  rivolto allĠAvvocatura distrettuale di Napoli, competente per territorio, per una consulenza sulla disciplina operante in materia di concessione del congedo straordinario retribuito per dottorato di ricerca erogato da unĠIstituzione te rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 Pegaso international Limited (36) risulta registrata nellĠordinamento maltese come un ÒHigher Education institutionÓ, appartenente al Livello 8 del quadro delle qualifiche di Malta: offre corsi di laurea, masters e un corso di dottorato ma si vede inibito, in licenza, lĠuso del termine Òuniversitˆ Ó (37), con riferimento ai corsi erogati. Si tratta di un Istituto di recentissima creazione, essendo autorizzato ad operare dal 1Ħ febbraio 2017 e fino al 31 gennaio 2022; mancano, pertanto, dei primi fondati e definitivi riscontri sulla natura e sulle caratteristiche effettive dei corsi erogati, ancor pi con riferimento allĠunico corso di dottorato offerto dalla Pegaso international Limited, vale a dire il giˆ citato titolo in ÒDiritto, Educazione e SviluppoÓ. Ne consegue che non vi sono ancora stati dei giudizi di equipollenza ex post in ordine a questo ciclo dottorale ed al suo possibile riconoscimento in Italia, quale titolo corrispondente ad altro titolo interno. é sorta, tuttavia, lĠesigenza di una necessaria valutazione preventiva della possibile equipollenza del dottorato di ricerca erogato dalla Pegaso international, come conditio sine qua non per il riconoscimento del beneficio, per il docente che ne faccia richiesta, del congedo straordinario retribuito per tutti e tre gli anni di durata del dottorato - in armonia con il quadro normativo e giurisprudenziale anzidetto. Il Ministero dellĠistruzione, dellĠuniversitˆ e della ricerca - dipartimento per la formazione superiore e per la ricerca, competente alla valutazione preventiva in armonia con quanto disposto dallĠart. 74, d.P.r. 382/1980, sul dot lematica straniera. In un primo momento infatti, il dS, prima di rivolgersi allĠAvvocatura - ricevuta la richiesta da parte di un docente di sostegno a tempo indeterminato, in assegnazione provvisoria presso quellĠIstituto, di congedo retribuito per frequentare il dottorato di ricerca in ÒDiritto, Educazione e SviluppoÓ presso la PEGASo INTErNATIoNAL LIMITEd di Malta - lĠaveva concessa. Il tutto nelle more della pronuncia in merito al riconoscimento del predetto titolo da parte del competente Miur e nelle more, altres“, della pronuncia da parte della ragioneria dello Stato competente a vistare il decreto del dS, alla luce dellĠimpegno economico che questo comportava per le casse erariali. Il dS sulla base della documentazione prevista ex lege e fornita dal richiedente aveva concesso il congedo, apponendo al decreto di concessione una clausola di salvaguardia per la modifica o lĠannullamento della concessione in caso di valutazione negativa da parte dellĠAmministrazione Centrale, in seguito a richiesta di chiarimenti. LĠAvvocatura, investita della quaestio, aveva evidenziato al dS che, in mancanza della positiva valutazione di equipollenza da parte del Miur e in ottemperanza alla disciplina vigente, dando esecuzione alla clausola di salvaguardia, lĠIstituto avrebbe dovuto procedere, con provvedimento dirigenziale, alla revoca del congedo straordinario retribuito al docente. (36) Sul sito www.pegasointernational.eu  possibile consultare la licenza con la quale la National Commission for Further and Higher Education di MALTA ha autorizzato, a condizioni precise e limiti particolari, lĠoperato della PEGASo INTErNATIoNAL LIMITEd. (37) Si legge, infatti, al punto 5 della citata licenza: ÒPegaso international Limited is prohibited to use the terms ÒuniversityÓ in any part of their name and the terms ÒuniversityÓ in any media, advertising, published material, promotional material or in any information otherwise supplied to prospective/ current students, parents or the public in relation to any part of their name or in any title of, or with reference to, any programme provided or award conferred to them (É)Ó. LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ torato erogato dalla Pegaso international si  cos“ espresso (38): Òallo stato attuale, appare difficile a questa amministrazione esprimere un parere riguardo ad un corso di dottorato di recente creazione, erogato in tele -didattica e offerto da una istituzione straniera non conosciuta in precedenza, a fronte della mancanza almeno di una coorte di un primo ciclo dottorale, per il quale non abbiamo quindi tutti gli elementi utili ai fini di una valutazione sostanziale del corso stesso. Pertanto questa amministrazione ritiene di non poter esprimere alcun preventivo parere sul futuro riconoscimento di titoli conseguiti presso lĠistituzione straniera in oggetto e si riserva di chiedere sul titolo finale il previsto parere al CUNÓ. Questo orientamento ha trovato conferma anche nella giurisprudenza -con una pronuncia del Tar Toscana, sent. n. 209/2018 -che ha affrontato il tema dellĠammissibilitˆ del congedo retribuito per un insegnante ammesso a frequentare il dottorato presso la Pegaso international Limited, di fatto negandolo sulla base delle seguenti argomentazioni: ÒLe caratteristiche della domanda presentata sono state precisate dallo stesso ricorrente nella parte in cui ha affermato che Òla natura della documentazione richiesta rivela chiaramente che la valutazione che compete allĠUfficio 6 DGSiNFS non riguarda lĠequipollenza del titolo accademico ottenuto, che potrˆ avvenire per forza di cose solo allĠesito del percorso dottorale, ma si deve appuntare sulla ammissibilitˆ al riconoscimento dellĠequipollenza del titolo che sarˆ conseguito al termine del corso, che  cosa ben diversa dallĠequipollenza e che pu˜ e deve essere fatta ex ante onde consentire al lavoratore interessato di frequentare il corso accademico che lo condurrˆ ad ottenere il sospirato titolo di studio (É). malgrado la difficoltˆ di inquadrare lĠistanza di cui si tratta, lĠamministrazione si  comunque pronunciata anche con riferimento allĠequipollenza del titolo, ritenendo insussistenti i presupposti per lĠequiparazione del corso del- lĠistituto Pegaso international di malta ad un corso tenuto da unĠUniversitˆ italiana, in considerazione della mancanza di almeno una coorte di un primo ciclo dottorale ed in ragione dellĠassenza dei riscontri puntuali sulle caratteristiche del percorso estero di riferimento. (É) Ne consegue che a fronte di questa situazione lĠamministrazione non poteva che assumere una valutazione prudenziale, rilevando lĠinsussistenza dei presupposti per il riconoscimento del titoloÓ. La atipicitˆ del corso in oggetto rispetto ai corsi di dottorato erogati da (38) Con due diverse note il Miur-dpfsr ha negato il necessario riconoscimento ex ante dellĠequipollenza del titolo di dottore in ÒDiritto, Educazione e SviluppoÓ erogato dalla PEGASo INTErNATIo- NAL LIMITEd, a seguito delle richieste da parte di due docenti di congedo straordinario retribuito per frequentare il predetto dottorato. Si tratta della nota n. 5200 del 19 febbraio 2018, relativa al caso dal quale prende spunto questo contributo e di una precedente nota, per un caso identico, n. 33615 del 28 novembre 2017. Tale ultima nota  stata, insieme ad altri provvedimenti connessi relativi al caso di specie, impugnata innanzi al TAr Toscana, Firenze, sez. I, il quale si  pronunciato con sentenza n. 209 del 5 febbraio 2018. rASSEGNA AVVoCATurA dELLo STATo - N. 4/2018 universitˆ sia italiane che straniere, sia telematiche che non, emerge giˆ dalla valutazione preliminare di alcuni aspetti attinenti al bando (39) relativo al dottorato in ÒDiritto, Educazione e SviluppoÓ. Il bando, ad esempio, dispone che Òle attivitˆ didattiche relative al corso di Dottorato sono compatibili con lĠesercizio di attivitˆ lavorative esterneÓ; caratteristica che non appartiene ai corsi di dottorato italiani, pur se erogati da universitˆ telematiche (40). La compatibilitˆ con attivitˆ lavorative esterne, oltre a far presumere che lĠerogazione dei contenuti del corso sia integralmente telematica o quasi, pone dubbi sulla effettiva necessitˆ di beneficiare di un congedo straordinario, per di pi retribuito per seguire al meglio i contenuti del dottorato. un altro elemento atipico desumibile dal bando  la modalitˆ di ammissione al dottorato: seppur richiama una valutazione compiuta sul curriculum vitae del candidato, con particolare riferimento a titoli accademici, pubblicazioni, corsi universitari post laurea, borse di studio, abilitazioni allĠesercizio di professioni, qualificate esperienze professionali, dispone che Òla Commissione incaricata della valutazione comparativa dei candidati determinerˆ lĠammissione al corso di dottorato sulla base del punteggio attribuito ai titoli presentati da ciascun candidato, a giudizio insindacabile della Commissione giudicatrice stessaÓ. Il bando sul punto si rivela generico, se paragonato ad uno interno; non prevede prove orali per i candidati dopo la valutazione del curriculum e del progetto di ricerca, nŽ riferisce il punteggio attribuibile ai diversi titoli, non specifica il numero di posti messi a concorso e quante borse di studio sono previste, non riporta le aree scientifiche di riferimento ed il coordinatore scientifico del dottorato (41). Tali caratteristiche del bando e dellĠIstituzione erogante il corso di dottorato - sulla base della metodologia valutativa che fonda il giudizio di equipollenza dei titoli, giˆ affrontata in questo contributo -insinuano il dubbio di trovarsi di fronte ad un caso di Òdifferenza sostanzialeÓ (42), che potrebbe portare -anche a conclusione di un primo ciclo dottorale che fornisca informazioni (39) Il testo integrale del bando  consultabile sul sito della PEGASo INTErNATIoNAL LIMITEd www.pegasointernational.eu. (40) Come giˆ evidenziato in questo contributo nel paragrafo dedicato alle universitˆ telematiche italiane, lĠattivitˆ di dottorato comporta un impegno esclusivo e a tempo pieno. Cos“ dispone ad es. lĠart. 18, co. 1, regolamento dellĠuniversitˆ telematica ÒUninettunoÓ in materia di dottorato di ricerca. (41) Per un confronto con un bando di dottorato di ricerca erogato da unĠuniversitˆ telematica italiana, si veda il Bando di concorso per lĠammissione ai corsi di dottorato di ricerca del XXXIV CICLo A.A. 2018-2019 - Allegato 3 al d.r. 16 luglio 2018 n. 1 relativo al ÒDottorato di ricerca in Scienze giuridiche e politicheÓ dellĠuniversitˆ telematica ÒGuglielmo marconiÓ su www.unimarconi.it. Tale bando reca informazioni molto puntuali su aree scientifiche di riferimento, coordinatore, posti, borse di studio, prove dĠesame, punteggi attribuibili alle varie prove, ecc. (42) Si veda la nota 21 sulla metodologia valutativa applicabile per i giudizi di equipollenza. LEGISLAzIoNE Ed ATTuALITˆ ulteriori - al diniego dellĠequipollenza tra il titolo di dottore in ÒDiritto, Educazione e SviluppoÓ ed altro titolo di dottore di ricerca italiano. 4. Considerazioni conclusive. Il tema della formazione e della ricerca - come in minima parte  emerso da questo contributo - si rivela ricco di risvolti applicativi, dimostrandosi pi sensibile di altri alle spinte che provengono dal contesto europeo ed internazionale, agli stimoli del mondo digitale che stanno stravolgendo anche la tradizionale idea di offerta formativa e, in generale, ai mutamenti della realtˆ, di cui il sapere  da sempre indicatore e veicolo. LĠistituto del dottorato di ricerca non pu˜, pertanto, non risentire di tutte queste variabili ed essere oggetto di frequenti mutamenti di disciplina che cercano, con risultati non sempre brillanti, di intercettare queste nuove istanze. La formazione accademica superiore, di cui il dottorato  espressione, deve farsi trovare pronta alle sfide della globalizzazione e della circolazione delle persone e del sapere; tuttavia, al contempo, non deve perdere quei tratti identitari che possono rappresentare il suo valore aggiunto e che richiamano la storia e le radici di ogni Paese e, talvolta, di ogni ateneo. La formazione post laurea, rappresentando il primo gradino dellĠattivitˆ di ricerca, deve avere basi solide, trasparenti, libere, meritocratiche, per poter tendere ai risultati migliori e valorizzare le persone pi meritevoli. deve fondarsi su pilastri etici e su garanzie di applicazione, privi di zone dĠombra, incapaci di generare studenti e professionisti di serie a e serie b, in contrapposizione tra loro su di un difficile palcoscenico: quello del mercato del lavoro. Il diritto, che da sempre  la disciplina pi sensibile ai mutamenti della realtˆ e dei soggetti che la animano, deve fornire le basi per correggere questo sistema quando rischia di incanalarsi su posizioni sbagliate e deve essere recettore delle evoluzioni positive, favorendone la propagazione. Al contempo, il diritto deve essere la chiave per risolvere quei potenziali conflitti tra valori di pari rango, come quelli generati dallĠinevitabile intersecarsi del mondo della formazione e del mondo del lavoro - che del sapere dei professionisti che lo compongono si nutre. ContrIbutIdIdottrIna La selezione della burocrazia in Italia nellĠattuale momento storico Michele Gerardo* SoMMarIo: 1. Premesse generali -2. Modalitˆ con le quali lĠamministrazione procede alla provvista delle risorse umane -3. Contenuto della preparazione richiesta ai candidati -4. Piano triennale dei fabbisogni di personale -5. Presupposti delle assunzioni delle risorse umane (vincoli scaturenti dalla necessitˆ della adozione di atti generali) -6. atti prodromici al procedimento concorsuale -7. Procedimento concorsuale -8. Procedure selettive non concorsuali -9. Tecniche ulteriori di selezione dei fabbisogni -10. Considerazioni conclusive e de jure condendo. 1. Premesse generali. il complesso dei pubblici impiegati, delle risorse umane alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche italiane ammonta ad oltre tre milioni di unitˆ (1). A partire dalla crisi del 2008 - allo scopo di contenere la spesa pubblica si  assistito al cosiddetto blocco del turn over, ossia al blocco delle assunzioni (2), anche a fronte dei progressivi pensionamenti dei pi anziani. tale blocco ha determinato, di conseguenza, anche un innalzamento dellĠetˆ media del personale in servizio, con ci˜ accentuando il dato che la pubblica amministrazione italiana  unĠamministrazione vecchia. Si pensi che nel 2007, lĠetˆ anagrafica media risultava di quasi 47 anni (3). (*) Avvocato dello Stato. (1) Dal conto annuale 2015 della Ragioneria generale dello Stato risulta che il numero dei dipendenti pubblici per comparto  di 3.257.014 (dati riportati in CuCCiniello, FAttoRe, longo, RiCCiuti, tuRRini, Management pubblico, egea, 2018, p. 66). (2) totale o parziale - negli ultimi anni del 75%, ossia, per ogni quattro risorse umane cessate vi  la capacitˆ di assumere una risorsa umana - nel corso degli anni. (3) Cos“: l. toRChiA (a cura di), Il sistema amministrativo italiano, il Mulino, 2009, p. 280. RASSegnA AVVoCAtuRA Dello StAto - n. 4/2018 Solo a partire dal 2018 il blocco  cessato, con una ripresa delle procedure assunzionali. Sintomatica al riguardo lĠultima legge di bilancio (l. 30 dicembre 2018, n. 145) dove sono disciplinate -in vari campi -numerose assunzioni. il corpo burocratico  costituito da un insieme di lavoratori preposti (quali dirigenti) o addetti (quali funzionari o dipendenti con mansioni dĠordine) ad uffici, molto ampio ed eterogeneo, che include differenti categorie di lavoratori, distribuiti fortemente su tutto il territorio italiano (4). Da una analisi dottrinale emerge che: il personale delle amministrazioni pubbliche appare scarsamente qualificato: solo il 23 % ha una laurea e prevalgono, invece, i dipendenti che hanno raggiunto il solo diploma di scuola media superiore (il 45 %); il basso livello della formazione incide inevitabilmente, rallentandoli, sui programmi di riforma e di ammodernamento delle organizzazioni pubbliche; fortemente carente  anche lĠorganizzazione delle attivitˆ di formazione iniziale e continua (5). la qualitˆ, le capacitˆ, le attitudini dei dipendenti sono eterogenee, variabili a seconda della distribuzione geografica, dellĠetˆ, delle discutibili politiche di acquisizione delle risorse umane (specie il precariato, conseguente a meccanismi di assunzione diversi dal concorso). una delle ricadute pi gravi della insufficiente formazione del personale  la cattiva gestione delle risorse dellĠunione europea. Come  noto lĠitalia, dopo la Polonia,  il paese che beneficia dei maggiori contributi unionistici; tuttavia la gran parte dei detti fondi viene perduta per lĠincapacitˆ di rispettare le procedure. Sono tante le cause del deficit gestorio: inidonea programmazione, intervento - nella filiera del procedimento - di pi enti, con organizzazione disorganica; tuttavia la causa maggiore  costituita dalla mancata preparazione specifica delle risorse umane dedicate. occorrerebbe, sul piano della formazione delle risorse umane, una accelerazione delle procedure dirette a creare un corpo burocratico idoneo allo scopo. Di tutte le deficienze, la pi grave  quella che comporta la perdita di risorse destinate. Si presenta, quindi, necessaria una riorganizzazione dellĠassetto delle PP.AA. per far fronte ai cambiamenti dei processi lavorativi indotti dallĠutilizzo delle nuove tecnologie e dalle innovazioni legislative, acquisendo le competenze necessarie a supportare processi di sviluppo sostenibile coerenti con gli obiettivi comunitari e nazionali. Venendo al tema oggetto del presente lavoro, quando si fa riferimento alla selezione della burocrazia si ha riguardo, in essenza, a due diversi concetti: -alle modalitˆ con le quali lĠamministrazione procede alla provvista delle risorse umane; (4) Su tali temi: CuCCiniello, FAttoRe, longo, RiCCiuti, tuRRini, Management pubblico, cit., pp. 63-66. (5) Su tali dati: l. toRChiA (a cura di), Il sistema amministrativo italiano, cit., pp. 290-291. ContRiButi Di DottRinA - al contenuto della preparazione richiesto in capo alle dette risorse. Di seguito si analizzeranno i due concetti. 2. Modalitˆ con le quali lĠamministrazione procede alla provvista delle risorse umane. in italia, come in altri paesi, il modello ordinario con il quale lĠamministrazione pubblica procede alla provvista delle risorse umane  quello del concorso. tale modello  reputato funzionale alla selezione, in modo imparziale e senza favoritismi, dei migliori in relazione alle esigenze delle amministrazioni. nel nostro ordinamento vi  una espressa norma di rango costituzionale, ossia lĠart. 97, comma 3, che testualmente dispone: Òagli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla leggeÓ. la regola del concorso per l'accesso agli impieghi nella P.A. esclude la nomina politica, a favore di un sistema selettivo che assicuri una legittimazione tecnica dei pubblici dipendenti. in altri termini, il concorso pubblico  la forma generale ed ordinaria di reclutamento per il pubblico impiego, in quanto offre la migliore garanzia di selezione dei soggetti pi capaci ed  quindi strumento di efficienza dell'azione amministrativa (6). la Corte costituzionale  stata spesso chiamata ad intervenire per valutare la legittimitˆ di disposizioni statali e regionali che escludevano la regola del concorso per l'assunzione agli impieghi presso le PP.AA. ovvero riservavano a personale giˆ dipendente, spesso precario, la partecipazione ai concorsi per l'assunzione, anche a cariche dirigenziali, o per l'avanzamento in carriera. il giudice delle leggi ha dichiarato costituzionalmente illegittime per violazione dell'art. 97, 3Ħ comma, Cost., le disposizioni legislative che riservano al personale giˆ dipendente, anche sprovvisto di titolo di studio universitario, l'accesso alla dirigenza. ha osservato la Corte che il pubblico concorso  Çmeccanismo strumentale rispetto al canone di efficienza dell'amministrazione, il quale pu˜ dirsi pienamente rispettato qualora le selezioni non siano caratterizzate da arbitrarie forme di restrizione dei soggetti legittimati a parteciparvi; forme che possono considerarsi non irragionevoli solo in presenza di particolari situazioni, che possono giustificarle per una migliore garanzia del buon andamento dell'amministrazioneÈ (7). Riassumendo i risultati cui era (6) Sulla valenza costituzionale del principio in ordine a tali temi e a quelli di seguito riportati: R. CARAntA, nel commento sub art. 97 Cost., in A. Celotto, M. oliVetti, R. BiFulCo, Commentario alla Costituzione, vol. ii, utet, 2006. (7) C. Cost., sentenza 16 maggio 2002, n. 194 la quale, tra lĠaltro, precisa che  illegittimo un concorso "interno" riservato ai dipendenti dell'amministrazione (sub specie di procedura di riqualificazione), laddove  legittimo un concorso pubblico con riserva di posti; inoltre deroghe alla regola del concorso, da parte del legislatore, sono ammissibili soltanto nei limiti segnati all'esigenza di garantire il buon andamento dell'amministrazione o di attuare altri principi di rilievo costituzionale, in ragione delle peculiaritˆ di particolari uffici. RASSegnA AVVoCAtuRA Dello StAto - n. 4/2018 giˆ pervenuta la giurisprudenza costituzionale, in una successiva pronuncia la Corte costituzionale ha rilevato Çche l'accesso dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni a funzioni pi elevate non sfugge, di norma, alla regola del pubblico concorso, cui  possibile apportare deroghe solo in particolari situazioni che ne dimostrino la ragionevolezzaÈ, cosicchŽ, Çdi regola, questo requisito non  configurabile [...] a proposito di norme che prevedano scivolamenti automatici verso posizioni superiori (senza concorso o comunque senza adeguate selezioni o verifiche attitudinali) o concorsi interni per la totalitˆ dei posti vacantiÈ (8). la disposizione del 3Ħ comma, art. 97 Cost., come visto, ammette eccezioni alla regola del concorso; la giurisprudenza costituzionale, premesso dunque che la regola del concorso pubblico non  assoluta, consentendosi deroghe legislativamente disposte per singoli casi e secondo criteri appartenenti alla discrezionalitˆ del legislatore, ritiene che essa non escluda forme diverse di reclutamento e di copertura dei posti, purchŽ rispondano a criteri di ragionevolezza e siano comunque in armonia con le disposizioni costituzionali e tali da non contraddire i principi di buon andamento e di imparzialitˆ dell'amministrazione, principi che costituiscono la base comune della previsione con- corsuale-selettiva (9). la norma costituzionale, alla luce anche degli orientamenti della Corte Costituzionale, viene precisata nellĠart. 35 del D.l.vo 30 marzo 2001, n. 165 secondo cui -fatte salve le ipotesi di avviamento obbligatorio degli iscritti nelle liste di collocamento e le assunzioni obbligatorie dei soggetti di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68 -l'assunzione nelle amministrazioni pubbliche avviene con contratto individuale di lavoro, tramite procedure selettive, conformi ai principi del comma 3, volte all'accertamento della professionalitˆ richiesta, che ga (8) C. Cost., sentenza 24 luglio 2003, n. 274; la stessa decisione, peraltro, precisa che ÒLa giurisprudenza di questa Corte ritiene che alla regola del pubblico concorso [É] sia possibile apportare deroghe (come del resto ammette il terzo comma dell'art. 97 Cost.) qualora ricorrano particolari situazioni che le rendano non irragionevoli (da ultimo, ordinanza n. 517 del 2002). ai fini di una valutazione di non irragionevolezza della disciplina in esame  rilevante considerare come essa riguardi l'inserimento in posti di ruolo di soggetti i quali si trovavano da tempo, nell'ambito dell'amministrazione regionale (o degli enti regionali), in una posizione di precarietˆ, perchŽ assunti con contratto a termine o con la particolare qualificazione connessa alla figura degli addetti a lavori socialmente utili; e quindi verosimilmente avevano, nella precarietˆ, acquisito l'esperienza necessaria a far ritenere la stabilizzazione della loro posizione funzionale alle esigenze di buon andamento dell'amministrazione (art. 97, comma 1, della Costituzione)Ó. (9) C. Cost., sentenza 31 ottobre 1995, n. 478, che precisa: la Òregola del pubblico concorso, applicabile anche al passaggio a funzioni superiori (sent. n. 313 del 1994; sent. n. 487 del 1991 e sent. n. 161 del 1990), non esclude forme diverse di reclutamento e di copertura dei posti, purchŽ rispondano a criteri di ragionevolezza (presenza di peculiari situazioni giustificatrici senza automatismi: sent. n. 314 del 1994; valutazione delle mansioni concretamente svolte in precedenza: sent. n. 134 del 1995) e siano comunque in armonia con le disposizioni costituzionali e tali da non contraddire i principi di buon andamento e di imparzialitˆ dell'amministrazione. Tali ultimi due principi costituiscono la base comune della previsione concorsuale-selettivaÓ. ContRiButi Di DottRinA rantiscano in misura adeguata l'accesso dall'esterno. lĠarticolo dispone altres“: Ò3. Le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si conformano ai seguenti principi: a) adeguata pubblicitˆ della selezione e modalitˆ di svolgimento che garantiscano lĠimparzialitˆ e assicurino economicitˆ e celeritˆ di espletamento, ricorrendo, ove  opportuno, all'ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione; b) adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire; c) rispetto delle pari opportunitˆ tra lavoratrici e lavoratori; d) decentramento delle procedure di reclutamento; e) composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata competenza nelle materie di concorso, [É] e-ter) possibilitˆ di richiedere, tra i requisiti previsti per specifici profili o livelli di inquadramento, il possesso del titolo di dottore di ricerca, che deve comunque essere valutato, ove pertinente, tra i titoli rilevanti ai fini del concorso. 3-bis. Le amministrazioni pubbliche, nel rispetto della programmazione triennale del fabbisogno, nonchŽ del limite massimo complessivo del 50 per cento delle risorse finanziarie disponibili ai sensi della normativa vigente in materia di assunzioni ovvero di contenimento della spesa di personale, secondo i rispettivi regimi limitativi fissati dai documenti di finanza pubblica e, per le amministrazioni interessate, previo espletamento della procedura di cui al comma 4, possono avviare procedure di reclutamento mediante concorso pubblico: a) con riserva dei posti, nel limite massimo del 40 per cento di quelli banditi, a favore dei titolari di rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato che, alla data di pubblicazione dei bandi, hanno maturato almeno tre anni di servizio alle dipendenze dell'amministrazione che emana il bando; b) per titoli ed esami, finalizzati a valorizzare, con apposito punteggio, l'esperienza professionale maturata dal personale di cui alla lettera a) e di coloro che, alla data di emanazione del bando, hanno maturato almeno tre anni di contratto di lavoro flessibile nell'amministrazione che emana il bando. 3-ter. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro il 31 gennaio 2013, sono dettati modalitˆ e criteri applicativi del comma 3-bis e la disciplina della riserva dei posti di cui alla lettera a) del medesimo comma in rapporto ad altre categorie riservatarie. Le disposizioni normative del comma 3-bis costituiscono principi generali a cui devono conformarsi tutte le amministrazioni pubbliche. 4. Le determinazioni relative all'avvio di procedure di reclutamento sono adottate da ciascuna amministrazione o ente sulla base del piano triennale dei fabbisogni approvato ai sensi dell'articolo 6, comma 4. Con decreto del RASSegnA AVVoCAtuRA Dello StAto - n. 4/2018 Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono autorizzati l'avvio delle procedure concorsuali e le relative assunzioni del personale delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie e degli enti pubblici non economici [É]. 5. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 4, comma 3-quinquies, (10) del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, per le amministrazioni di cui al comma 4, le restanti amministrazioni pubbliche, per lo svolgimento delle proprie procedure selettive, possono rivolgersi al Dipartimento della funzione pubblica e avvalersi della Commissione per l'attuazione del Progetto di riqualificazione delle Pubbliche amministrazioni (rIPaM), di cui al decreto interministeriale 25 luglio 1994, fatte comunque salve le competenze delle Commissioni esaminatrici. a tali fini, la Commissione rIPaM si avvale di personale messo a disposizione dall'associazione Formez Pa. [É] 5.2. Il Dipartimento della funzione pubblica [É] elabora [É] linee guida di indirizzo amministrativo sullo svolgimento delle prove concorsuali e sulla valutazione dei titoli, ispirate alle migliori pratiche a livello nazionale e internazionale in materia di reclutamento del personale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, vigente in materia (11). [É] 5-ter. Le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale (10) Per il quale: Òa decorrere dal 1Ħ gennaio 2014, il reclutamento dei dirigenti e delle figure professionali comuni a tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, si svolge mediante concorsi pubblici unici, nel rispetto dei principi di imparzialitˆ, trasparenza e buon andamento. I concorsi unici sono organizzati dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, anche avvalendosi della Commissione per l'attuazione del progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni, di cui al decreto interministeriale 25 luglio 1994, previa ricognizione del fabbisogno presso le amministrazioni interessate, nel rispetto dei vincoli finanziari in materia di assunzioni a tempo indeterminato. Il Dipartimento della funzione pubblica, nella ricognizione del fabbisogno, verifica le vacanze riguardanti le sedi delle amministrazioni ricadenti nella medesima regione. ove tali vacanze risultino riferite ad una singola regione, il concorso unico si svolge in ambito regionale, ferme restando le norme generali di partecipazione ai concorsi pubblici. Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 35, comma 4, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni, nel rispetto del regime delle assunzioni a tempo indeterminato previsto dalla normativa vigente, possono assumere personale solo attingendo alle nuove graduatorie di concorso predisposte presso il Dipartimento della funzione pubblica, fino al loro esaurimento, provvedendo a programmare le quote annuali di assunzioni. restano ferme le disposizioni di cui ai commi 3 e 6 del presente articolo e quelle in materia di corso-concorso bandito dalla Scuola nazionale del- l'amministrazione ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della repubblica 16 aprile 2013, n. 70Ó. AllĠevidenza, questa previsione impone alle amministrazioni dello Stato, alle agenzie e agli enti pubblici economici, concorsi pubblici unici per il reclutamento dei dirigenti e delle figure professionali comuni. il trascritto art. 35, comma 5 ha poi espressamente previsto, seppure in termini di facoltˆ, che anche tutte le restanti amministrazioni, diverse da quelle centrali, possano rivolgersi al Dipartimento della funzione pubblica per l'organizzazione di concorsi unici accentrati o aggregati per dirigenti o figure comuni. (11) Per le linee guida previste dal presente comma vedi la Direttiva 24 aprile 2018, n. 3/2018. ContRiButi Di DottRinA presso le amministrazioni pubbliche rimangono vigenti per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione. Sono fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali. Il principio della paritˆ di condizioni per l'accesso ai pubblici uffici  garantito, mediante specifiche disposizioni del bando, con riferimento al luogo di residenza dei concorrenti, quando tale requisito sia strumentale all'assolvimento di servizi altrimenti non attuabili o almeno non attuabili con identico risultato [É]Ó. ulteriori norme generali di riferimento si rinvengono, oltre al citato art. 35, nel D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487 (Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalitˆ di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi) (12), nel D.P.R. 24 settembre 2004, n. 272 (Regolamento di disciplina in materia di accesso alla qualifica di dirigente) e nel D.P.R. 16 aprile 2013, n. 70 (Regolamento recante riordino del sistema di reclutamento e formazione dei dipendenti pubblici e delle Scuole pubbliche di formazione). 3. Contenuto della preparazione richiesta ai candidati. Circa il contenuto della preparazione richiesta in capo ai candidati ci si pu˜ riferire ai modelli francese ed inglese. nellĠamministrazione pubblica francese, la componente giuridica  molto forte. i laureati in diritto sono favoriti nellĠaccesso alla pubblica amministrazione. nel Regno unito vi  un ruolo limitato dellĠelemento giuridico; scarso  il personale amministrativo di formazione giuridica. la burocrazia ha una for (12) nella recente legislazione si tende a semplificare le procedure contenute nei testi standard. A tal fine si richiama lĠart. 14, comma 10-ter, D.l. 28 gennaio 2019, n. 4, conv. l. 28 marzo 2019, n. 26, in relazione ai concorsi pubblici ivi disciplinati per il reclutamento del personale degli uffici giudiziari, anche in deroga alla disciplina prevista dal regolamento di cui al D.P.R. n. 487/1994, Òper quanto concerne in particolare: a) la nomina e la composizione della commissione, prevedendo la costituzione di sottocommissioni anche per le prove scritte ed il superamento dei requisiti previsti per la nomina dei componenti, nonchŽ stabilendo che a ciascuna delle sottocommissioni non pu˜ essere assegnato un numero di candidati inferiore a 250; b) la tipologia e le modalitˆ di svolgimento delle prove d'esame, prevedendo: 1) la facoltˆ di far precedere le prove d'esame da una prova preselettiva, qualora le domande di partecipazione al concorso siano in numero superiore a tre volte il numero dei posti banditi; 2) la possibilitˆ di espletare prove preselettive consistenti nella risoluzione di quesiti a risposta multipla, gestite con l'ausilio di societˆ specializzate e con possibilitˆ di predisposizione dei quesiti da parte di qualificati istituti pubblici e privati; 3) forme semplificate di svolgimento delle prove scritte, anche concentrando le medesime in un'unica prova sulle materie previste dal bando, eventualmente mediante il ricorso a domande a risposta a scelta multipla; 4) per i profili tecnici, l'espletamento di prove pratiche in aggiunta a quelle scritte, ovvero in sostituzione delle medesime; 5) lo svolgimento delle prove di cui ai numeri da 1) a 3) e la correzione delle medesime prove anche mediante l'ausilio di sistemi informatici e telematici; 6) la valutazione dei titoli solo dopo lo svolgimento delle prove orali nei casi di assunzione per determinati profili mediante concorso per titoli ed esami; 7) l'attribuzione, singolarmente o per categoria di titoli, di un punteggio fisso stabilito dal bando, con la previsione che il totale dei punteggi per titoli non pu˜ essere superiore ad un terzo del punteggio complessivo attribuibile; [É]Ó. Stesso precetto  stato fissato con lĠart. 14, comma 10-novies, D.l. n. 4/2019 per i concorsi pubblici ivi disciplinati per il reclutamento del personale degli uffici preposti alle attivitˆ di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale. RASSegnA AVVoCAtuRA Dello StAto - n. 4/2018 mazione generalista (lettere classiche, filosofia, scienze politiche ecc.). Al ruolo secondario della formazione giuridica fa riscontro uno sviluppo limitato della stessa cultura giuridica amministrativa (13). lĠordinamento giuridico italiano  sempre stato caratterizzato dalla prevalenza, alla luce dei compiti da svolgere, dellĠelemento giuridico. Ci˜ anche nellĠattuale momento storico in cui si tende ad una gestione economicistica della P.A. Vuol dirsi che vi  una accentuata formalizzazione dellĠattivitˆ amministrativa. QuestĠultima deve svolgersi secondo schemi predeterminati e trasparenti, finalizzati a garantire la collettivitˆ contro il rischio di un uso distorto dei poteri sovraordinati e delle risorse pubbliche. la formalizzazione riguarda, tra lĠaltro, le modalitˆ di svolgimento delle operazioni tecnico-economiche, la definizione dei tempi di svolgimento dellĠattivitˆ, la concretizzazione delle decisioni a rilevanza esterna in un atto formale (ad esempio: una delibera del direttore generale), la definizione di alcuni elementi che devono essere necessariamente presenti nellĠatto formale (ad esempio: la motivazione con i requisiti di cui allĠart. 3 l. 7 agosto 1990, n. 241) (14). A termini dellĠart. 37 del D.l.vo n. 165/2001 i bandi di concorso per l'accesso alle pubbliche amministrazioni prevedono l'accertamento della conoscenza dell'uso delle apparecchiature e delle applicazioni informatiche pi diffuse e della lingua inglese, nonchŽ, ove opportuno in relazione al profilo professionale richiesto, di altre lingue straniere. in materia di formazione del personale - negli ultimi anni - si  ravvisata la necessitˆ di rafforzare la capacitˆ strategico-decisionale del management pubblico, in quanto risulta focale saper trovare soluzioni in modo rapido, mirato e al contempo trasparente, saper leggere la complessitˆ ed agire in direzione di una maggiore integrazione tra ruolo e competenze, che sempre di pi devono allinearsi in ragione di obiettivi da raggiungere, responsabilitˆ, risorse disponibili ed impiegate. 4. Piano triennale dei fabbisogni di personale. Strumento programmatorio necessario -per ogni amministrazione pubblica -al fine di selezionare le risorse umane  il piano triennale dei fabbisogni di personale (P.t.F.P.). Sul punto lĠart. 6, commi 2 e 3, D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 dispone: Ò2. allo scopo di ottimizzare l'impiego delle risorse pubbliche disponibili e perseguire obiettivi di performance organizzativa, efficienza, economicitˆ e qualitˆ dei servizi ai cittadini, le amministrazioni pubbliche adottano il piano triennale dei fabbisogni di personale, in coe (13) Su tali concetti: S. CASSeSe, Il diritto amministrativo: storia e prospettive, giuffrŽ, 2010, pp. 59 e ss. e 84 e ss. (14) CuCCiniello, FAttoRe, longo, RiCCiuti, tuRRini, Management pubblico, cit., pp. 35-36. ContRiButi Di DottRinA renza con la pianificazione pluriennale delle attivitˆ e della performance, nonchŽ con le linee di indirizzo emanate ai sensi dell'articolo 6-ter. Qualora siano individuate eccedenze di personale, si applica l'articolo 33. Nell'ambito del piano, le amministrazioni pubbliche curano l'ottimale distribuzione delle risorse umane attraverso la coordinata attuazione dei processi di mobilitˆ e di reclutamento del personale, anche con riferimento alle unitˆ di cui all'articolo 35, comma 2. Il piano triennale indica le risorse finanziarie destinate all'attuazione del piano, nei limiti delle risorse quantificate sulla base della spesa per il personale in servizio e di quelle connesse alle facoltˆ assunzionali previste a legislazione vigente. 3. In sede di definizione del piano di cui al comma 2, ciascuna amministrazione indica la consistenza della dotazione organica e la sua eventuale rimodulazione in base ai fabbisogni programmati e secondo le linee di indirizzo di cui all'articolo 6-ter, nell'ambito del potenziale limite finanziario massimo della medesima e di quanto previsto dall'articolo 2, comma 10-bis, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, garantendo la neutralitˆ finanziaria della rimodulazione. resta fermo che la copertura dei posti vacanti avviene nei limiti delle assunzioni consentite a legislazione vigenteÓ. la definizione del Piano dei fabbisogni, deve tener conto dei contenuti delle linee di indirizzo per la pianificazione dei fabbisogni di personale di cui allĠart. 6-ter del D.lgs. n. 165, introdotto dallĠart. 4, comma 3, del D.l.vo n. 75/2017 (15). Ai sensi del D.l.vo n. 165/2001 e successive modifiche ed integrazioni, la programmazione triennale del fabbisogno delle dotazioni organiche costituisce presupposto per effettuare nuove assunzioni di personale, giusta lĠart. 6, comma 6, D.lgs. n. 165/2001, a tenore del quale: ÒLe amministrazioni pubbliche che non provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo non possono assumere nuovo personaleÓ. il P.t.F.P. va -in funzione della trasparenza -pubblicato, in attuazione dellĠart. 16 D.l.vo 14 marzo 2013, n. 33, riguardante gli "obblighi di pubblicazione concernenti la dotazione organica e il costo del personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato". 5. Presupposti delle assunzioni delle risorse umane (vincoli scaturenti dalla necessitˆ della adozione di atti generali). nella recente legislazione si  condizionata la possibilitˆ di assunzione delle risorse umane alla previa adozione di atti, di solito di carattere generale. (15) le linee di indirizzo sono state emanate in data 8 maggio 2018 dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione ed entrate in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 27 luglio 2018. RASSegnA AVVoCAtuRA Dello StAto - n. 4/2018 lĠassenza di tali atti rende illegittime le assunzioni. trattasi di un modo ruvido di ÒcostringereÓ le amministrazione ad adottare atti reputati necessari e strategici per la vita dellĠente. AllĠuopo si richiamano, quali circostanze condizionanti le assunzioni oltre al sopracitato Piano triennale dei fabbisogni di personale -i seguenti atti: -gli adempimenti collegati alla approvazione dei bilanci di previsione, dei rendiconti e del bilancio consolidato (16); - lĠapprovazione del Piano della Performance (17); - lĠapprovazione del Piano triennale delle Azioni Positive (18). 6. atti prodromici al procedimento concorsuale. Prima dellĠespletamento delle procedure concorsuali, lĠamministrazione  tenuta a determinati adempimenti, funzionali alla razionale riallocazione del personale nellĠambito del settore pubblico globalmente inteso. in tale evenienza la procedura concorsuale  subordinata, ad esempio, alla previa obbligatoria attivazione della procedura di mobilitˆ, in attuazione dei fondamentali principi di imparzialitˆ e buon andamento, predicati dall'articolo 97 della Costituzione. il detto obbligo  stato introdotto in coerenza con lĠobiettivo di contenimento dei costi della spesa pubblica, in base al quale lĠamministrazione  tenuta a curare ÒlĠottimale distribuzione delle risorse umane attraverso la co (16) Art. 9, commi 1-quinquies, 1-sexies, 1-septies D.l. 24 giugno 2016, n. 113, conv. l. 7 agosto 2016, n. 160 secondo cui: Ò1-quinquies. In caso di mancato rispetto dei termini previsti per l'approvazione dei bilanci di previsione, dei rendiconti e del bilancio consolidato, nonchŽ di mancato invio, entro trenta giorni dal termine previsto per l'approvazione, dei relativi dati alla banca dati delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, compresi i dati aggregati per voce del piano dei conti integrato, gli enti territoriali, ferma restando per gli enti locali che non rispettano i termini per l'approvazione dei bilanci di previsione e dei rendiconti la procedura prevista dall'articolo 141 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, non possono procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto, fino a quando non abbiano adempiuto. é fatto altres“ divieto di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della disposizione del precedente periodo. 1-sexies. La misura di cui al comma 1-quinquies si applica alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano in caso di ritardo oltre il 30 aprile nell'approvazione preventiva del rendiconto da parte della Giunta, per consentire la parifica da parte delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, ai sensi dell'articolo 18, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118; essa non si applica in caso di ritardo nell'approvazione definitiva del rendiconto da parte del Consiglio. 1-septies. Per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, la misura di cui al comma 1-quinquies si applica sia in caso di ritardo nella trasmissione dei dati relativi al rendiconto approvato dalla Giunta per consentire la parifica delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, sia in caso di ritardo nella trasmissione dei dati relativi al rendiconto definitivamente approvato dal ConsiglioÓ. (17) Art. 10, comma 5, D.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150: ÒIn caso di mancata adozione del Piano della performance [É] l'amministrazione non pu˜ procedere ad assunzioni di personale o al conferimento di incarichi di consulenza o di collaborazione comunque denominatiÓ. (18) Art. 48 D.lgs. 11 aprile 2006, n. 198, richiamante lĠart. 6, comma 6, D.lgs. n. 165/2001. ContRiButi Di DottRinA ordinata attuazione dei processi di mobilitˆ e di reclutamento del personaleÓ (art. 6, comma 2, D.l.vo n. 165/2001). a) Scorrimento della graduatoria. Con la dizione Òscorrimento della graduatoriaÓ si fa riferimento alla fattispecie della vigenza di pregresse graduatorie in relazione alla categoria e profilo di cui necessita la P.A. giusta lĠart. 35, comma 5 ter, D.l.vo n. 165/2001 ÒLe graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche rimangono vigenti per un termine di tre anni dalla data di pubblicazioneÓ. in applicazione di tale regola, ove nel triennio si crea una vacanza in organico lĠAmm.ne  tenuta ad attingere a graduatorie vigenti. la detta regola  confermata dallĠart. 1, comma 361, l. n. 145/2018 -come integrato dallĠart. 14-ter D.l. 28 gennaio 2019, n. 4, conv. l. 28 marzo 2019, n. 26 -secondo cui ÒFermo quanto previsto dall'articolo 35, comma 5-ter, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del medesimo decreto legislativo sono utilizzate esclusivamente per la copertura dei posti messi a concorso nonchŽ di quelli che si rendono disponibili, entro i limiti di efficacia temporale delle graduatorie medesime, fermo restando il numero dei posti banditi e nel rispetto dell'ordine di merito, in conseguenza della mancata costituzione o dell'avvenuta estinzione del rapporto di lavoro con i candidati dichiarati vincitori [É]Ó. B) Mobilitˆ. la mobilitˆ consente di acquisire personale giˆ formato e con esperienza nel ruolo, garantendo un evidente risparmio di spesa per la P.A. che non deve assumere altro personale. essendo rivolta a personale giˆ ritenuto idoneo allo svolgimento delle mansioni proprie del profilo professionale richiesto, il dipendente non pu˜ essere nuovamente sottoposto ad una prova selettiva al fine di valutarne lĠidoneitˆ: tale valutazione potrebbe essere considerata un semplice pretesto per eludere il contenimento della spesa pubblica e ricorrere comunque alla successiva procedura concorsuale. Vanno distinte due tipi di mobilitˆ esterna: mobilitˆ dĠufficio e mobilitˆ volontaria. Mobilitˆ dĠufficio. lĠart. 34 bis, comma 1, D.l.gs. n. 165/2001 dispone ÒLe amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, [É], prima di avviare le procedure di assunzione di personale, sono tenute a comunicare ai soggetti di cui all'articolo 34, commi 2 e 3, l'area, il livello e la sede di destinazione per i quali si intende bandire il concorso nonchŽ, se necessario, le funzioni e le eventuali specifiche idoneitˆ richiesteÓ. la gestione delle eccedenze ex artt. 33, 34 e 34 bis D.l.vo n. 165/2001 va effettuata prima della mobilitˆ volontaria, come risulta dalla sequenza degli adempimenti descritti nel comma 2 dellĠart. 6 D.l.vo n. 165/2001 ed altres“ RASSegnA AVVoCAtuRA Dello StAto - n. 4/2018 dal disposto di cui allĠart. 4, comma 3 bis, D.l. 31 agosto 2013, n. 101, conv. l. 30 ottobre 2013, n. 125 secondo cui: ÒPer la copertura dei posti in organico,  comunque necessaria la previa attivazione della procedura prevista dall'articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in materia di trasferimento unilaterale del personale eccedentarioÓ. Mobilitˆ volontaria. Dopo la mobilitˆ dĠufficio va operata la mobilitˆ volontaria ex art. 30 D.l.gs. n. 165/2001. giusta lĠart. 30, comma 2 bis, D.l.gs n. 165/2001: ÒLe amministrazioni, prima di procedere all'espletamento di procedure concorsuali, finalizzate alla copertura di posti vacanti in organico, devono attivare le procedure di mobilitˆ di cui al comma 1, [É ]. Il trasferimento  disposto, nei limiti dei posti vacanti, con inquadramento nell'area funzionale e posizione economica corrispondente a quella posseduta presso le amministrazioni di provenienza; il trasferimento pu˜ essere disposto anche se la vacanza sia presente in area diversa da quella di inquadramento assicurando la necessaria neutralitˆ finanziariaÓ. il citato primo comma cos“ dispone: Ò1. Le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento, previo assenso dell'amministrazione di appartenenza. Le amministrazioni, fissando preventivamente i requisiti e le competenze professionali richieste, pubblicano sul proprio sito istituzionale, per un periodo pari almeno a trenta giorni, un bando in cui sono indicati i posti che intendono ricoprire attraverso passaggio diretto di personale di altre amministrazioni, con indicazione dei requisiti da possedere [É]Ó (19). l'obbligo per la P.A. di avviare le procedure di mobilitˆ prima di procedere all'espletamento delle procedure concorsuali ben si coordina con le strategie volte a contemperare il prevalente interesse pubblico alla razionalitˆ dell'organizzazione pubblica e alla funzionalitˆ dei suoi uffici, con le esigenze di riduzione della spesa pubblica e le aspirazioni dei pubblici dipendenti di poter espletare la propria attivitˆ in uffici quanto pi possibili vicino alle proprie abitazioni. in talune circostanze si reputa che la mobilitˆ intralci i tempi delle assunzioni, sicchŽ con puntuale disposizione legislativa si interviene a derogare alla descritta fase preconcorsuale (20). (19) Si precisa in giurisprudenza che l'art. 30, comma 2-bis, D.l.vo n. 165/2001  del tutto univoco nell'imporre alle amministrazioni di avviare le procedure di mobilitˆ per ricoprire i posti vacanti in organico prima di espletare le procedure concorsuali. tale obbligo consente di dare concreta attuazione ai principi di buon andamento ed efficienza, senza comprimere l'autonomia delle singole amministrazioni a bandire procedure concorsuali (cos“: Cons. Stato Sez. V Sent., 18 agosto 2010, n. 5830) (20) Pu˜ citarsi quale esempio: -lĠart. 1, ultimo periodo del comma 300, l. n. 145/2018 secondo cui: ÒLe procedure concorsuali e le ContRiButi Di DottRinA la mobilitˆ volontaria pu˜ essere attivata su tutto il personale da assumere, come risultante dal Piano triennale dei Fabbisogni o per una quota parte. Pu˜ condurre alla scelta di una mobilitˆ per quota parte lĠesigenza di una ossigenazione dellĠamministrazione con un ricambio mediante forze nuove (cosa che riduce gli spazi della mobilitˆ); il contemperamento tra mobilitˆ volontaria e procedure selettive  collegato al principio della razionale gestione delle risorse umane, principio riconosciuto dallĠart. 6, comma 2, D.l.vo n. 165/2001, per il quale, tra lĠaltro ÒNell'ambito del piano, le amministrazioni pubbliche curano l'ottimale distribuzione delle risorse umane attraverso la coordinata attuazione dei processi di mobilitˆ e di reclutamento del personaleÓ (21). 7. Procedimento concorsuale. lĠart. 36, comma 1, del D.l.vo n. 165/2001 recita che ÒPer le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato seguendo le procedure di reclutamento previste dall'articolo 35Ó, ossia il procedimento concorsuale. la periodicitˆ del procedimento concorsuale, in unĠottica di buona amministrazione, va agganciata alla periodicitˆ del piano triennale dei fabbisogni di personale. Sicch i concorsi andrebbero banditi ogni triennio per la selezione di quei profili necessari alla luce di fabbisogni emergenti dal P.t.F.P. Ci˜ per creare un bacino pronto per le necessitˆ di risorse umane programmate. conseguenti assunzioni, finanziate con le risorse del fondo di cui all'articolo 1, comma 365, lettera b), della legge 11 dicembre 2016, n. 232, come rifinanziato ai sensi del comma 298 del presente articolo, sono effettuate senza il previo svolgimento delle procedure previste dall'articolo 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165Ó; -lĠart. 14, comma 10-bis, D.l. n. 4/2019 cit., per il quale: Òal fine di far fronte alle gravi scoperture di organico degli uffici giudiziari derivanti dall'attuazione delle disposizioni in materia di accesso al trattamento di pensione di cui al presente articolo e di assicurare la funzionalitˆ dei medesimi uffici, fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 1, comma 300, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, e comunque per l'anno 2019, il reclutamento del personale dell'amministrazione giudiziaria, fermo quanto previsto dal comma 307 dell'articolo 1 della medesima legge,  autorizzato anche in deroga all'articolo 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165Ó (norma identica  stata prevista con la disposizione di cui allĠart. 14, comma 10-octies, D.l. n. 4/2019 cit. per lĠorganico degli uffici preposti alle attivitˆ di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale). (21) Con sentenza n. 178 del 17 gennaio 2014 il Consiglio di Stato - sez. V, sostiene che Òin tema di mobilitˆ volontaria, non vĠ dubbio che la regione non possa declinare lĠinvito a fare uso della mobilitˆ volontaria, nŽ possa disciplinarne autonomamente gli effetti. Ci˜ nonostante [É] lĠamministrazione regionale resta titolare di un potere di organizzazione che si estrinseca attraverso lĠuso di un potere discrezionale nel determinare la quantitˆ dei posti riservati alla mobilitˆ volontaria rispetto a quelli riservati a pubblico concorso [É]. NellĠipotesi di mobilitˆ volontaria in assenza di un fine superiore, quale quello del mantenimento dei contratti lavorativi in essere, deve riconoscersi allĠamministrazione regionale il potere di determinare quanti posti coprire mediante mobilitˆ volontaria. Il suddetto potere discrezionale dovrˆ essere esercitato mercŽ un atto fornito di congrua motivazione, affinchŽ si palesino chiaramente quali sono le ragioni per le quali si preferisce reperire sul mercato, piuttosto che tra i dipendenti giˆ in servizio presso altre amministrazioni, le professionalitˆ necessarieÓ. RASSegnA AVVoCAtuRA Dello StAto - n. 4/2018 tale dato si salda con la previsione di cui allĠart. 1, comma 361, legge n. 145/2018 sopracitato. a) Personale non dirigenziale. il procedimento concorsuale per le assunzioni del personale, anche a tempo determinato (22) -sia esso per esami, per titoli (23), per titoli ed esami, per corso-concorso - si articola nelle seguenti fasi: 1) emanazione del bando di concorso -con provvedimento del competente organo amministrativo dell'amministrazione interessata - che individua il contratto di lavoro che la pubblica amministrazione intende concludere (in modo conforme alla delibera di indizione), nonchŽ la durata del rapporto (a tempo determinato o a tempo indeterminato) e le modalitˆ della procedura selettiva. Se il concorso  per esami, il bando di concorso indica le materie oggetto delle prove scritte e della prova orale e prevede l'accertamento della conoscenza dell'uso delle apparecchiature e delle applicazioni informatiche pi diffuse e della lingua inglese, nonchŽ, ove opportuno in relazione al profilo professionale richiesto, di altre lingue straniere. Per i principi generali il bando riveste la natura di atto amministrativo generale e costituisce la lex specialis della procedura concorsuale; 2) individuazione degli aspiranti forniti dei titoli di ammissione (tra cui i requisiti soggettivi generali e particolari richiesti per l'ammissione all'impiego). l'amministrazione interessata dispone in ogni momento, con provvedimento motivato, la esclusione dal concorso per difetto dei requisiti prescritti; 3) nomina della commissione esaminatrice del concorso con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri nei casi di concorsi unici e con provvedimento del competente organo amministrativo negli altri casi; 4) fase di svolgimento delle prove al fine di acclarare le capacitˆ dei concorrenti (24). lĠiter  strutturato in modo da operare la selezione in modo obiet (22) A termini dellĠart. 36, comma 2, del D.l.vo n. 165/2001 ÒLe amministrazioni pubbliche possono stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, contratti di formazione e lavoro e contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato, nonchŽ avvalersi delle forme contrattuali flessibili previste dal codice civile e dalle altre leggi sui rapporti di lavoro nell'impresa, esclusivamente nei limiti e con le modalitˆ in cui se ne preveda l'applicazione nelle amministrazioni pubbliche. Le amministrazioni pubbliche possono stipulare i contratti di cui al primo periodo del presente comma soltanto per comprovate esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale e nel rispetto delle condizioni e modalitˆ di reclutamento stabilite dall'articolo 35Ó. (23) PurchŽ sussista una valutazione discrezionale dei titoli. (24) A termini dellĠart. 7 D.P.R. n. 487/1994: Ò1. I concorsi per esami consistono: a) per i profili professionali della settima qualifica o categoria superiore: in almeno due prove scritte, una delle quali pu˜ essere a contenuto teorico-pratico ed in una prova orale, comprendente l'accertamento della conoscenza di una lingua straniera, tra quelle indicate nel bando. I voti sono espressi, di norma, in trentesimi. Conseguono l'ammissione al colloquio i candidati che abbiano riportato in ciascuna prova scritta una votazione di almeno 21/30 o equivalente. Il colloquio verte sulle materie oggetto delle prove scritte e sulle altre indicate nel bando di concorso e si intende superato con una votazione di almeno 21/30 o equivalente; b) per i profili professionali della quinta e sesta qualifica o categoria: in due prove scritte, ContRiButi Di DottRinA tivo. tale fase  dominata da discrezionalitˆ (tecnica ma anche) amministrativa nella valutazione dei candidati da effettuarsi in modo comparativo. la procedura concorsuale deve concludersi entro sei mesi dalla data di effettuazione delle prove scritte o, se trattasi di concorsi per titoli, dalla data della prima convocazione (25); 5) formazione e approvazione di una graduatoria di merito. la graduatoria di merito dei candidati  formata dalla commissione esaminatrice secondo l'ordine dei punti della votazione complessiva riportata da ciascun candidato; sono dichiarati vincitori, nei limiti dei posti complessivamente messi a concorso, i candidati utilmente collocati nelle graduatorie di merito. giusta lĠart. 15, comma 4, D.P.R. n. 487/1994, ÒLa graduatoria di merito unitamente a quella dei vincitori del concorso,  approvata con decreto del Ministro per la funzione pubblica o dall'autoritˆ competente nel caso in cui il concorso sia bandito da altre pubbliche amministrazioni ed  immediatamente efficaceÓ. in ordine alla efficacia della graduatoria nel tempo e il suo utilizzo si richiamano le disposizioni di cui all'articolo 35, comma 5-ter, del D.l.vo n. 165/2001 ed allĠart. 1, comma 361, legge n. 145/2018 soprariportate; 6) eventuali atti di autotutela (annullamento o revoca del bando o del provvedimento di approvazione della graduatoria). (segue) Peculiaritˆ del corso-concorso. Va evidenziato - giusta lĠart. 4 del D.P.R. n. 70/2013 - che l'accesso alle aree funzionali per le quali  richiesto il possesso del diploma di laurea, nelle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici, nonchŽ alla qualifica di funzionario di amministrazione negli enti pubblici di ricerca, avviene, in misura non superiore al cinquanta per cento dei posti, tramite corso-concorso selettivo bandito dalla Scuola nazionale dell'amministrazione (SnA) o dalle altre Scuole del Sistema unico del reclutamento e della formazione pubblica. di cui una pratica o a contenuto teorico-pratico, e in una prova orale. Conseguono l'ammissione al colloquio i candidati che abbiano riportato in ciascuna prova scritta una votazione di almeno 21/30 o equivalente. Il colloquio verte sulle materie oggetto delle prove scritte e sulle altre indicate nel bando e si intende superato con una votazione di almeno 21/30 o equivalente. 2. I bandi di concorso possono stabilire che una delle prove scritte per l'accesso ai profili professionali della settima qualifica o categoria superiore consista in una serie di quesiti a risposta sintetica. Per i profili professionali delle qualifiche o categorie di livelli inferiori al settimo, il bando di concorso relativo pu˜ stabilire che le prove consistano in appositi tests bilanciati da risolvere in un tempo predeterminato, ovvero in prove pratiche attitudinali tendenti ad accertare la maturitˆ e la professionalitˆ dei candidati con riferimento alle attivitˆ che i medesimi sono chiamati a svolgere. 2-bis. Le prove di esame possono essere precedute da forme di preselezione predisposte anche da aziende specializzate in selezione di personale. I contenuti di ciascuna prova sono disciplinati dalle singole amministrazioni le quali possono prevedere che le prove stesse siano predisposte anche sulla base di programmi elaborati da esperti in selezione. 3. Il punteggio finale  dato dalla somma della media dei voti conseguiti nelle prove scritte o pratiche o teorico- pratiche e della votazione conseguita nel colloquioÓ. (25) Cos“ lĠart. 11, comma 5, D.P.R. n. 487/1994. RASSegnA AVVoCAtuRA Dello StAto - n. 4/2018 i bandi di concorso per l'ammissione ai corsi-concorso indicano, tra l'altro: a) il titolo di studio di ammissione al concorso: i candidati non dipendenti pubblici devono essere in possesso almeno della laurea specialistica o magistrale oppure del diploma di laurea conseguito secondo gli ordinamenti didattici previgenti al decreto ministeriale 3 novembre 1999, n. 509; i candidati giˆ dipendenti di amministrazioni pubbliche devono essere in possesso almeno della laurea triennale con esperienza professionale almeno triennale nell'ambito della pubblica amministrazione; b) il numero degli allievi da ammettere al corso-concorso selettivo, pari al numero dei posti da ricoprire, maggiorato del venti per cento; c) le diverse classi di concorso, determinate in funzione dei profili professionali; d) i criteri relativi alle prove concorsuali consistenti in due prove scritte, eventualmente precedute da una prova preselettiva, e una prova orale che comprende un colloquio diretto ad accertare la conoscenza di almeno una lingua straniera comunitaria tra le seguenti: inglese, francese, tedesco e spagnolo. i concorsi di ammissione ai corsi-concorso selettivi si definiscono con lĠapprovazione delle graduatorie dei vincitori. una volta ammessi al corso-concorso, vi  la fase formativa disciplinata dallĠart. 5 D.P.R. n. 70/2013, il quale cos“ statuisce: Ò1. Le modalitˆ di svolgimento del semestre di formazione iniziale del corso-concorso, della valutazione continua, dell'esame conclusivo della fase di formazione iniziale e dell'esame finale sono stabilite con delibera del Comitato per il coordinamento delle scuole pubbliche di formazione [É]. 3. accedono all'esame conclusivo della fase di formazione iniziale gli allievi che conseguono nella valutazione continua una media delle votazioni pari almeno a ottanta su cento ed abbiano frequentato almeno l'ottanta percento del corso. Superano l'esame gli allievi che si collocano in graduatoria nel limite dei posti individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri [É]. 4. Gli allievi che superano l'esame di cui al comma 3 vengono assegnati alle amministrazioni di destinazione, scelte sulla base delle preferenze espresse secondo l'ordine della graduatoria di merito, per svolgere un periodo di formazione specialistica di tre mesi. Le amministrazioni di destinazione determinano le modalitˆ di svolgimento della formazione specialistica [É]. 5. a conclusione del periodo di formazione specialistica gli allievi sostengono un esame finale, consistente in una prova scritta di carattere pratico e in una prova orale, basato sugli ambiti di competenza dell'amministrazione presso la quale sarˆ assegnato il candidato. Superano l'esame finale gli allievi che conseguono una votazione di almeno ottanta su cento. 6. Le graduatorie dei vincitori per ciascuna amministrazione di assegnazione degli allievi sono approvate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e pubblicate sui siti istituzionali [É]. 7. La Presidenza del Consiglio dei Ministri -Dipartimento della funzione pubblica provvede all'assegnazione dei vincitori alle amministrazioni di destinazioneÓ. ContRiButi Di DottRinA B) Personale dirigenziale. Per l'accesso alla qualifica di dirigente nelle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici, in attuazione dell'articolo 28 D.l.vo n. 165/2001 sono previste due strade, modalizzate dal D.P.R. 24 settembre 2004, n. 272 (26). Preliminarmente va rilevato che nel caso in cui il numero dei candidati sia pari o superiore a tre volte il numero dei posti ovvero delle borse di studio messi a concorso, pu˜ essere prevista una prova preselettiva - con test - per determinare l'ammissione dei candidati alle successive prove scritte. il bando di concorso stabilisce i criteri di superamento della prova preselettiva. l'esito della prova preselettiva non concorre alla formazione del voto finale di merito. l'accesso alla qualifica di dirigente nelle amministrazioni avviene per concorso pubblico per titoli ed esami, indetto dalle singole amministrazioni, nella percentuale massima del cinquanta per cento dei posti da ricoprire (27). il concorso consiste nello svolgimento di due prove scritte e di una prova orale. nel caso di concorsi per l'accesso alla dirigenza tecnica l'amministrazione pu˜ prevedere una terza prova scritta obbligatoria, da indicare nel bando di concorso, volta alla verifica dell'attitudine all'esercizio degli specifici compiti connessi al posto da ricoprire. la prima prova scritta, a contenuto teorico, verte sulle materie indicate nel bando di concorso. l'altra prova, a contenuto pratico,  diretta ad accertare l'attitudine dei candidati alla soluzione corretta, sotto il profilo della legittimitˆ, della convenienza e della efficienza ed economicitˆ organizzativa, di questioni connesse con l'attivitˆ istituzionale del- l'amministrazione che ha indetto il concorso. la prova orale consiste in un colloquio sulle materie indicate nel bando di concorso e mira ad accertare la preparazione e la professionalitˆ del candidato, nonchŽ l'attitudine all'espletamento delle funzioni dirigenziali. nell'ˆmbito della prova orale, al fine di valutare la conoscenza, da parte del candidato, della lingua straniera ad un livello avanzato,  prevista la lettura, la traduzione di testi e la conversazione in una lingua straniera scelta dal candidato tra quelle indicate nel bando. nel corso della prova orale  accertata la conoscenza a livello avanzato dell'uti (26) il D.l.vo n. 165 del 2001, con riguardo alla problematica della selezione della dirigenza, non impone agli enti territoriali - o diversi da quelli considerati nellĠart. 1 D.P.R. n. 272/2004 - la disciplina statale, ma ne riconosce implicitamente l'autonomia statutaria e regolamentare, e ci˜ in sintonia con le disposizioni di cui all'art. 114 Cost., comma 2 (cos“ Cons. Stato Sez. Vi, 18 gennaio 2007, n. 83, con riguardo agli enti locali). (27) Cos“ lĠart. 3 D.P.R. n. 272/2004 che precisa: Ò2. La percentuale dei posti da riservare al personale dipendente dell'amministrazione che indice il concorso  pari al trenta per cento dei posti messi a concorso. 2-bis. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sono stabiliti i titoli valutabili nell'ambito del concorso di cui al comma 1 ed il valore massimo assegnabile ad ognuno di essi nell'ambito della procedura concorsuale. Il valore complessivo dei titoli non pu˜ superare il quaranta per cento della votazione finale del candidatoÓ. RASSegnA AVVoCAtuRA Dello StAto - n. 4/2018 lizzo del personal computer e dei software applicativi pi diffusi da realizzarsi anche mediante una verifica pratica, nonchŽ la conoscenza da parte del candidato delle problematiche e delle potenzialitˆ connesse all'uso degli strumenti informatici in relazione ai processi comunicativi in rete, all'organizzazione e gestione delle risorse e al miglioramento dell'efficienza degli uffici e dei servizi. Ciascuna prova  valutata in centesimi e si intende superata con un punteggio non inferiore a settanta centesimi. il punteggio complessivo  determinato sommando i voti riportati in ciascuna prova scritta ed il voto riportato nella prova orale, nonchŽ il punteggio conseguito all'esito della valutazione dei titoli (28). i vincitori del concorso sono assunti dall'amministrazione e, anteriormente al conferimento del primo incarico dirigenziale, sono tenuti a frequentare un ciclo di attivitˆ formative, organizzato dalla Scuola nazionale dell'Amministrazione (SnA) (29). l'accesso alla qualifica di dirigente nelle amministrazioni, per una percentuale non inferiore al cinquanta per cento dei posti da ricoprire, avviene per corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla SnA (30). la SnA entro il 31 dicembre di ogni anno bandisce un concorso pubblico per esami per l'ammissione al corso-concorso selettivo di formazione dirigenziale per il reclutamento di dirigenti. il bando di concorso contiene, tra l'altro, il numero dei posti destinati al corso-concorso, i criteri di svolgimento della eventuale prova preselettiva e delle prove di esame (art. 8 D.P.R. n. 272/2004). gli esami per l'ammissione al corso-concorso di formazione dirigenziale consistono in tre prove scritte, di cui una sulla conoscenza della lingua straniera, ed in una prova orale. Ciascuna prova  valutata in centesimi e si intende superata con un punteggio non inferiore a settanta centesimi (art. 9 D.P.R. n. 272/2004). Al corso-concorso di formazione dirigenziale sono ammessi i candidati utilmente inseriti nella graduatoria del concorso di ammissione entro il limite del numero dei posti disponibili maggiorato del venti per cento. la graduatoria di merito del concorso di ammissione al corso-concorso  predisposta dalla commissione esaminatrice in base al punteggio finale conseguito da ciascun candidato, costituito dalla somma dei voti di ciascuna delle prove scritte e dal voto della prova orale (art. 10 D.P.R. n. 272/2004). la fase di formazione generale del corso-concorso ha la durata di otto mesi, con valutazione continua, ed esame conclusivo della fase di formazione specialistica ed esame finale (art. 12 D.P.R. n. 272/2004). gli allievi che conseguono nella valutazione continua una media delle votazioni pari almeno a ottanta su cento accedono al (28) le descritte modalitˆ sono dettate dallĠart. 5 D.P.R. n. 272/2004. (29) il ciclo di attivitˆ formative e descritto nellĠart. 6 D.P.R. n. 272/2004. (30) Cos“ lĠart. 7 D.P.R. n. 272/2004. ContRiButi Di DottRinA l'esame conclusivo della fase di formazione generale. Superano l'esame gli allievi che si collocano in graduatoria nel limite dei posti di dirigente in concorso (art. 13 D.P.R. n. 272/2004). gli allievi che superano l'esame conclusivo vengono assegnati alle amministrazioni di destinazione, scelte sulla base delle preferenze espresse secondo l'ordine della graduatoria di merito, per svolgere un periodo di formazione specialistica di quattro mesi. A conclusione del periodo di formazione specialistica gli allievi sostengono un esame finale. Superano l'esame finale gli allievi che conseguono una votazione di almeno ottanta su cento (art. 14 D.P.R. n. 272/2004). le graduatorie dei vincitori sono approvate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, che provvede, poi, all'assegnazione dei vincitori alle amministrazioni di destinazione (art. 15 D.P.R. n. 272/2004). 8. Procedure selettive non concorsuali. Dal meccanismo concorsuale vanno distinte le procedure selettive non concorsuali, ossia le assunzioni dirette ovvero procedure di mera verifica della idoneitˆ dei soggetti da assumere in quanto titolari di riserva o iscritti in apposita lista o in possesso di determinati requisiti. in tali ipotesi infatti il possesso dei requisiti richiesti e lĠidoneitˆ si valutano in termini assoluti, senza dare vita ad una graduatoria di merito. Costituiscono procedure selettive non concorsuali: a) Avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento; b) Assunzione obbligatoria di categorie protette; c) utilizzo delle graduatorie permanenti, poi trasformate in graduatorie ad esaurimento, del personale docente ed AtA (ex D.l.vo 16 aprile 1994, n. 297); d) Assunzione dei lavoratori socialmente utili - l.S.u. presso comuni e province; e) Stabilizzazione personale precario (31). in questi casi deve escludersi qualsiasi attivitˆ autoritativa sulla base di valutazioni discrezionali. (31) Prevista in varie disposizioni, tra cui: art. 1, commi 519 e 520, l. 27 dicembre 2006, n. 296 e, da ultimo, art. 20 D.l.vo 25 maggio 2017, n. 75, il cui primo comma dispone: ÒLe amministrazioni, al fine di superare il precariato, ridurre il ricorso ai contratti a termine e valorizzare la professionalitˆ acquisita dal personale con rapporto di lavoro a tempo determinato, possono, nel triennio 2018-2020, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni di cui all'articolo 6, comma 2, e con l'indicazione della relativa copertura finanziaria, assumere a tempo indeterminato personale non dirigenziale che possegga tutti i seguenti requisiti: a) risulti in servizio successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 124 del 2015 con contratti a tempo determinato presso l'amministrazione che procede all'assunzione o, in caso di amministrazioni comunali che esercitino funzioni in forma associata, anche presso le amministrazioni con servizi associati; b) sia stato reclutato a tempo determinato, in relazione alle medesime attivitˆ svolte, con procedure concorsuali anche espletate presso amministrazioni pubbliche diverse da quella che procede all'assunzione; c) abbia maturato, al 31 dicembre 2017, alle dipendenze dell'amministrazione di cui alla lettera a) che procede all'assunzione, almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anniÓ. RASSegnA AVVoCAtuRA Dello StAto - n. 4/2018 lĠassenza di un bando, di una procedura di valutazione e di approvazione finale di una graduatoria che individui i vincitori, preclude di configurare una procedura concorsuale attribuita, ai sensi dellĠart. 63 D.l.vo n. 165/2001, alla cognizione del giudice amministrativo. SicchŽ le controversie relative alle procedure selettive non concorsuali rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario (32). 9. Tecniche ulteriori di selezione dei fabbisogni. nellĠindividuazione delle risorse umane per lo svolgimento dei compiti delle PP.AA. occorre tenere conto di tecniche ulteriori rispetto a quelle descritte sopra. a) Contratti di consulenza. una prima tecnica  quella della stipulazione di contratti di collaborazione. la legge (art. 7, D.l.vo n. 165/2001) consente alle amministrazioni pubbliche - per specifiche esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio -di conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei determinati presupposti di legittimitˆ (33). Dal momento che la stipula dei contratti di consulenza, nella prassi, era utilizzata per lo svolgimento di compiti ordinari ed i selezionati erano scelti con modalitˆ poco trasparenti, lĠart. 7 citato, in tempi recenti,  stato modificato per cercare di eliminare le dette aporie. AllĠuopo si  statuito che: - fatto divieto alle amministrazioni pubbliche di stipulare contratti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalitˆ di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro; -le amministrazioni pubbliche disciplinano e rendono pubbliche, secondo i propri ordinamenti, procedure comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione. Va apprezzato lo sforzo del legislatore di condurre a fisiologia la stipula dei contratti in esame, alla luce della prassi diffusa di utilizzare le consulenze (32) Su tali aspetti: M. geRARDo, A. MutARelli, Il processo nelle controversie di lavoro pubblico, giuffrŽ, 2012, pp. 92-94. (33) Òa) l'oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall'ordinamento all'amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalitˆ dell'amministrazione conferente; b) l'amministrazione deve avere preliminarmente accertato l'impossibilitˆ oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno; c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata; non  ammesso il rinnovo; l'eventuale proroga dell'incarico originario  consentita, in via eccezionale, al solo fine di completare il progetto e per ritardi non imputabili al collaboratore, ferma restando la misura del compenso pattuito in sede di affidamento dell'incarico; d) devono essere preventivamente determinati durata, oggetto e compenso della collaborazioneÓ (art. 7, comma 6, D.l.vo n. 165/2001). ContRiButi Di DottRinA quale strumento clientelare. non  raro, infatti, che, il sindaco o il presidente di un dato ente conferisca un incarico di consulenza -dallĠoggetto fittizio -per distribuire prebende pubbliche a persone amiche. B) Contratti di incarichi dirigenziali. gli incarichi di funzione dirigenziale possono -entro un limite che oscilla tra il 10 ed il 15 % della dotazione organica dei dirigenti - essere conferiti, da ciascuna amministrazione, anche a dirigenti non appartenenti ai ruoli, purchŽ dipendenti delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, D.l.vo n. 165/2001, ovvero di organi costituzionali, previo collocamento fuori ruolo, aspettativa non retribuita, comando o analogo provvedimento secondo i rispettivi ordinamenti (art. 19, comma 5 bis, D.l.vo n. 165/2001). gli incarichi di funzione dirigenziale possono -entro un limite che oscilla tra lĠ8 ed il 10 % della dotazione organica dei dirigenti - essere conferiti, da ciascuna amministrazione, fornendone esplicita motivazione, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'Amministrazione, che abbiano svolto attivitˆ in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato. la durata di tali incarichi, non pu˜ eccedere, a seconda dei casi il termine di tre anni o cinque anni. Per il periodo di durata dell'incarico, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell'anzianitˆ di servizio (art. 19, comma 6, D.l.vo n. 165/2001). nella prassi i contratti in esame, sono, in sostanza, utilizzati per diversificate finalitˆ: - supplire a carenze di personale dirigenziale; -avvalersi di persone di assoluta fiducia nello svolgimento di compiti politici, come nel caso dei preposti agli uffici di diretta collaborazione del vertice politico ex art. 14, comma 2, D.l.vo n. 165/2001; - come strumento clientelare. C) Assistenza tecnica in virt di contratti di servizio con operatori esterni o contratti di servizio con enti in house. Fenomeno diffuso nelle dinamiche delle pubbliche amministrazioni  la stipula di un peculiare contratto di servizio il cui oggetto  costituito dalla fornitura di assistenza tecnica. Con tale contratto lĠente pubblico mira a conse RASSegnA AVVoCAtuRA Dello StAto - n. 4/2018 guire, ad esempio, le attivitˆ di: affiancamento, supporto per il monitoraggio e supporto specialistico per particolari progetti; di assistenza di marketing territoriale; di assistenza tecnica di attuazione della strategia di comunicazione di policy; di assistenza tecnica in materia di programmazione economica; di progettazione e gestione di procedure informatiche ancillari ad una attivitˆ produttiva; di supporto nella certificazione della spesa di programmi comunitari; di assistenza tecnica alle attivitˆ di coordinamento, attuazione, monitoraggio, controllo di programmi comunitari; ecc.. in conseguenza della stipula dei contratti di servizio sopradescritti determinate risorse umane, inglobate nel complessivo servizio erogato dallĠappaltatore, contribuiscono allo svolgimento dei compiti degli enti pubblici committenti. Con tali contratti lo Stato e gli enti territoriali, utilizzano - indirettamente -risorse esterne per lo svolgimento di attivitˆ che richiedono una elevata specializzazione, sopperendo ad un deficit interno di idonee risorse umane. Questo  quanto accade per il ciclo della gestione dei fondi comunitari. Di questo dato - in un discorso teso ad individuare lĠefficacia dellĠazione amministrativa - occorre necessariamente tenere conto. 10. Considerazioni conclusive e de jure condendo. il descritto quadro delinea il procedimento concorsuale come qualcosa di farraginoso, a partire dal quadro programmatorio, per proseguire con gli adempimenti prodromici e concludere con lĠiter concorsuale vero e proprio. é necessaria una profonda rivisitazione dei procedimenti al fine di pervenire, in modo consapevole, al reperimento sollecito delle idonee risorse umane per lo svolgimento dei compiti delle PP.AA. a) Quadro programmatorio. Sarebbe auspicabile la fusione (per incorporazione) del Piano triennale dei fabbisogni del Personale nel Piano della Performance. Ambedue i piani hanno un orizzonte triennale. le risorse umane, in fondo, costituiscono un aspetto del Piano della Performance: i mezzi umani per realizzare gli obiettivi strategici ed operativi. lĠunificazione dei Piani comporterebbe altres“ lĠeliminazione della rincorsa reciproca tra i due Piani. Per vero, lĠoptimum a livello programmatorio  lĠadozione di un unico Piano che inglobi: - Piano della Performance; -Piano triennale dei fabbisogni del Personale (strumentale, sotto il profilo delle risorse umane, alla realizzazione degli obiettivi declinati nel piano della performance); -Bilancio (strumentale, sotto il profilo delle risorse finanziarie, alla realizzazione degli obiettivi declinati nel piano della performance); ContRiButi Di DottRinA -Piano triennale delle Azioni Positive e Piano di Prevenzione della corruzione e della trasparenza (contenenti obiettivi reputati connotativi del- lĠente). ove ci˜ non sia possibile, sarebbe opportuno almeno un allineamento temporale. B) Adempimenti prodromici. la procedura di mobilitˆ - dĠufficio o volontaria - andrebbe ben modalizzata nel Piano triennale dei fabbisogni del Personale, con una attivazione anche parallela ed autonoma dal concorso. Vuol dirsi che ove lĠente decida motivatamente di ricorrere ad una mobilitˆ parziale -ad esempio 20% del fabbisogno da ricoprire con mobilitˆ ed 80% mediante concorso - le due procedure ben possono partire in modo parallelo, senza che una condizioni lĠaltra. Beninteso con dei correttivi procedimentali nellĠevenienza che la mobilitˆ non vada a buon fine, ad esempio con la previsione ex ante della possibilitˆ del- lĠaumento degli assunti mediante concorso. C) iter concorsuale. innanzitutto il quadro normativo dovrebbe essere unitario, onde evitare complicazioni. AllĠattualitˆ intervengono a regolare le procedure, tra lĠaltro: - lĠart. 35 D.l.vo n. 165/2001; -il D.P.R. n. 487/1994 (Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalitˆ di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi); -linee guida di indirizzo amministrativo ex art. 35, comma 5.2, D.l.vo n. 165/2001; -disposizioni prevedenti la semplificazione delle procedure (ad es.: art. 14, commi 10-ter e 10-novies, D.l. n. 4/2019). é auspicabile, quindi, una riforma omogeneizzatrice delle fonti del diritto sulla materia. Ci˜ premesso, si rileva che lĠiter procedimentale nei suoi momenti significati  ormai standardizzato: meccanismo della preselezione mediante test nel caso di numerosi partecipanti al concorso (triplo dei posti messi a concorso), prove scritte ed orali. tre sono le accortezze da tenere presente. 1) il meccanismo concorsuale dovrebbe riguardare le esigenze assunzionali degli enti pubblici ricadenti in uno specifico - e gestibile - ambito territoriale. Difatti: - antieconomica la procedura assunzionale espletata per ciascun ente che necessiti di personale. occorrerebbe creare una sorta di centrali di committenza per la provvista delle risorse umane; -  ingestibile una procedura assunzionale a livello nazionale. il giusto bacino potrebbe essere quello regionale (almeno per le regioni RASSegnA AVVoCAtuRA Dello StAto - n. 4/2018 pi grandi, come ad esempio la lombardia) o sovraregionale (come ad esempio lĠarea comprendente le Marche e lĠumbria). un possibile modello potrebbe essere il seguente: a) coordinamento operato dal Dipartimento della Funzione Pubblica, al fine di omogeneizzare le procedure, specie con riguardo alla tipologia delle prove ed ai profili professionali da selezionare; b) unica procedura concorsuale gestita da una regione (ci˜ per le regioni pi grandi) o da pi regioni in consorzio (ci˜ per le regioni pi piccole) con la quale selezionare i fabbisogni di personale necessari agli uffici delle amministrazioni pubbliche ubicati nella regione o area sovraregionale (uffici periferici delle amministrazioni statali e degli enti nazionali; uffici degli enti territoriali; uffici degli enti infraregionali). lĠente gestore, regione o pi regioni in consorzio, funziona, in un certo senso, come una centrale di committenza, come un ente ÒneutroÓ, al servizio delle necessitˆ assunzionali degli enti pubblici. lĠunica procedura concorsuale dovrˆ prevedere tanti bandi quanti sono i profili professionali da selezionare, come emergenti dal piano dei fabbisogni del personale. ovviamente i bandi attiveranno procedimenti concorsuali paralleli, ciascuno con la propria commissione esaminatrice. lĠunica procedura concorsuale dovrebbe svolgersi con cadenza triennale e puntare alla selezione delle risorse umane necessarie nel successivo triennio aumentate della metˆ. Ad esempio: nel 2019 si svolge il concorso che punta alla selezione di X idonei; il concorso andrebbe concluso entro lĠanno; il numero degli idonei deve corrispondere al numero delle risorse umane di cui si prevede il collocamento in quiescenza nel triennio 20202021- 2022, aumentato della metˆ per fare luogo alle sopravvenienze. in tal modo, a mano a mano che si verificano le vacanze in organico si attinge, senza soluzione di continuitˆ, ad un bacino pronto alla bisogna. nel 2022 si svolge il concorso per la selezione del fabbisogno nel triennio 2023-20242025 e cos“ via. la graduatoria dovrebbe avere una efficacia triennale, con la cessazione del suo vigore alla data della approvazione della successiva graduatoria. 2) nella selezione e formazione della risorsa umana imprescindibile  la preparazione giuridica, attesi i connotati organizzativi della P.A. italiana, che agisce per atti amministrativi necessitanti del requisito della motivazione, che deve rispettare piani e/o programmi -DeF, Piano della Performance, Piano triennale dei fabbisogni del Personale, Piano triennale delle Azioni Positive, Piano di Prevenzione della corruzione e della trasparenza, Programmazione comunitaria - fortemente caratterizzati dallĠelemento giuridico. Va registrato che nella prassi attuale lĠelemento giuridico,  tenuto non in cale. Ad esempio nella preselezione dellĠultimo concorso per dirigenti gestito dalla SnA su sessanta quesiti ventiquattro erano di logica, cinque di in ContRiButi Di DottRinA glese, quindici di carattere economico e sedici di carattere giuridico. AllĠevidenza lĠelemento giuridico  squilibrato. 3) tra le varie modalitˆ concorsuali -per esami, per titoli, per titoli ed esami, per corso-concorso -andrebbe privilegiata la modalitˆ del concorso per titoli ed esami. AllĠevidenza: - il concorso per soli esami non valorizza lĠesperienza pregressa; -il concorso per soli titoli non valorizza le attitudini attuali dei candidati e le necessitˆ contingenti dellĠamministrazione; -il corso-concorso, in teoria lĠoptimum, non si armonizza con le cadenze temporali della ragionevole tempistica di approvvigionamento delle risorse umane. la giusta esigenza della formazione mirata potrebbe essere soddisfatta con un periodo di prova in cui attuare la detta formazione. RASSegnA AVVoCAtuRA Dello StAto - n. 4/2018 un incontro (studio comparativo) in tema di esecuzione delle decisioni giudiziarie. Visita di Studio a roma di una delegazione Indonesiana (*) IN aLLeGaTo: Premessa e obiettivi dellĠIstituto indonesiano per la magistratura indipendente; due interventi sullĠesperienza italiana. Comparative Study on alternative Solutions for the development of an effective Civil decisions enforcement System in indonesia By the Indonesian Institute for Independent Judiciary (ÔLembaga Kajian dan advokasi Independensi PeradilanĠ or LeIP) Background Successful enforcement of court decisions is the final outcome expected by the litigant, especially the plaintiff or the applicant. Justice seekers follow through long trial processes, and spend time, energy and money, in the hope that the disputes they face will be resolved. however, those who won often end up disappointed by impediments at the execution stage, due to challenges encountered in existing regulations and implementation. An initial assessment of the enforcement of civil court decisions in indonesia conducted by the indonesian institute for independent Judiciary (leiP) from April to September 2018 identified five key issues: 1) A lack of enforcement procedures for creates confusion on how to execute. in addition, unstrict rules regarding enforcement of civil decisions leads to multiple interpretations and delays. 2) Several potential situations to expedite enforcement have not been regulated yet, for example: defendants/ex-spouses who deny paying alimony for their children and/or former spouses after a divorce; defendants who refuse to share marital assets with their spouse; businesses refusing to pay fines; central and local governments failing to conduct environmental recovery in citizensĠ law suits. 3) Verdicts lack information, for example regarding the period of time between case examination and enforcement, the amount of enforcement costs stipulated in legislation, the procedure for submitting an application for enforcement in relation to businesses. (*) Tra i MeMbri della deleGazione SyaMSul Ma'arif, Ph.d., SuPreMe CourT of The rePubliC of indoneSia. lĠincontro (roma, 15 e 16 aprile 2019) - organizzato da idlo, organizzazione intergovernativa dedicata alla promozione dello stato di diritto -si  tenuto presso lĠavvocatuta Generale dello Stato, Sala Vanvitelli, nella data del 16 aprile. ContRiButi Di DottRinA 4) unclear procedures for the enforcement of quasi-judicial institutionsĠ decisions, either due to the absence of a preamble in the decision or no reference to the party carrying out the enforcement or the technical implementation of the enforcement is made. there are also findings related to the incompatibility of verdict with the actual conditions of the enforcement object, the absence or expiration of the enforcement object. there are also some decisions where objects of enforcement are abroad, are in the hands of a third party, belong to the state, or have vanished. 5) Defendant intends not to carry out the execution by obstructing or resisting in a physical or non-physical (legal) manner. First instance courts carry out enforcement of civil decisions in indonesia. these courts are tasked to examine and judge cases. one could question whether these courts should also handle enforcement of decisions. if so, how does one actually execute decisions effectively? in an effort to overcome the abovedescribed problems it is important to learn from other countries that have similarities with the procedures for carrying out enforcements, and find benchmarks and alternative solutions for the mechanism for executing civil decisions. the results of a preliminary literature research on the execution in european countries shows that the netherlands, germany and italy have similarities with indonesia in terms of executing institutions. in germany, the court, as well as institutions outside the court carries out the enforcement of verdicts. in italy, the court carries out the implementation of court decisions. And while the netherlands has the same legal system as indonesia, institutions outside the court however carry out enforcement. Due to the limited number of literature and information available about the mechanisms of enforcement in these countries, other ways to obtain a deeper understanding - that can be used as reference for the Supreme Court, house of Representatives and government -are necessary, such as study visits, in order to eventually improve the civil court decisions enforcement system in indonesia. objective the comparative study will be conducted with the aim to understand: (i) the concept of enforcement of civil decisions, both court decisions and decisions of quasi-judicial institutions; (ii) the executing agency and its position in the state administration system; (iii) civil procedural law and internal regulations of executing institutions that support and hinder enforcement; (iv) the forms of enforcement of civil decisions in the three countries mentioned above; and, (v) the obstacles to enforcement that occur. Key objectives are: Comprehend the system and technical implementation of civil decisions in germany, italy and the netherlands. RASSegnA AVVoCAtuRA Dello StAto - n. 4/2018 identify the obstacles encountered in carrying out the enforcement of civil decisions in germany, italy and the netherlands. understand the efforts taken in resolving the obstacles that arise during the enforcement of civil decisions in germany, italy and the netherlands. GaeTaNa NaTaLe (Public attorney) effective civil decisions enforcement system in italy effective civil decisions enforcement is an important legal topic and it is a litmus test of a legal system in each country. i am very glad about this meeting, because i think that is very important to improve the relationships with jurists of other countries to study the procedures to carry out enforcements and find benchmarks and alternative solutions for the mechanism for executing civil decisions. today we are going to address three points: 1) the starting point will be my speech about civil decisions enforcement; 2) the speech of the Councilor of State, Raffaele greco, who is going to talk about public enforcement in Administrative law; 3) the personal experience of Miss Biliana Ciaravolo about separation divorce trial in italy. And finally we will answer your questions. i will try and give you a quick outline about civil decisions enforcement in italy. in the recent reform of civil enforcement in italy the civil procedures are evolving in two directions: a) improving the bailiffĠs powers in the research of the goods which are the objective of the attachment; b) introduction of new tools, remedies, as guarantees without ownership before the executive trial to complete technical implementation of enforcement, pre-emptive remedies in the field of ADR (Alternative Disputes Resolutions). i am going to talk about the stages of civil decision enforcement in italy. these stages are: 1) the executive title and its notification: in italy first instance courts carry out enforcement of civil decisions, the eventual act of appeal doesnĠt suspend the effective statement of the first court (art. 474 c.p.c.). 2) Precept: it is formal document which is notified with sentence supplied by executive clause (estoppel by record o by judgment and writs of execution); itĠs possible an opposition against precept and against executive acts (art. 480 c.p.c., art. 615 c.p.c., art. 617 c.p.c.). ContRiButi Di DottRinA 3) attachment: After ten days without opposition the creditor can begin a formal attachment: a) of debts or third party; b) of assets; of earnings; c) of goods (art. 491 c.p.c.). 4) Garnishee order or garnishment: if the trial is against a Public administration, itĠs possible to notify the precept after 120 days. 5) after the attachment, but before the sale auction (sale to the highest bidder with reserve or without reserve), there is a technical remedy called conversion of attachment with the stay of execution. this remedy is typical of movable execution. in this stage the debtor can ask the judge with a specific instance to replace goods and credits attached with a determined amount of money inclusive of accrued interests and charges, interests and costs. 6) In the immovable procedure there is the garnishee order nisi with instance based on affidavit and filing record: if the debtor is the owner of a real property can obtain a charging order on the real estate with nomination of receiver. 7) the sale by order of the Court, sale under execution, judicial sale with a delegate, proxy professionial practitioner are very complicated in italy. the recent reform (Law 30th June 2016 n. 119) provides that after three unsuccessful attempts during a period of six months the judge can exstinguish the executive procedure and therefore the debts. the recent reform of executive procedures has introduced an important article 492 bis c.p.c., that improves the bailiffĠs powers and provides a research with telematics mode to identify the goods that is necessary to attach. the access to database is an important instrument of enforcement. the territorial jurisdiction is determined by residence or domicile of debtor. if the credits are referred to other countries, the criteria of connection, the link, according to prevision of international private law (art. 26 L. 218/95) is the territorial jurisdiction of the judge in the place where the obligation is arises or must be performed or carried out. the recent law provides a useful cooperation between creditors and bailiff in researching goods as in other european countries. in germany, for example, there is a black list of debtors to help the creditors. to speed up the enforcement some articles of civil procedure code, such as art. 540 bis c.p.c., anticipates the stage of liquidation or settlement in the first stage of attachment, with injunction as astreinte (art. 614 bis c.p.c.) to avoid delays in payment (a type of punitive damages). in the italian civil code a new article 2929 bis c.c. introduces an execution without title. in others words the creditor can enforce the attachment without a sentence which states ineffectiveness or voidnees the precedent contract between the debtor and the third party if the creditor registers or records his attachment in the public record book before. RASSegnA AVVoCAtuRA Dello StAto - n. 4/2018 taking someone to court is very difficult in italy, so the law is evolving to improve financial guarantees (for example art. 48 bis tub) and to allow the automatic transfer of debtorĠs property towards creditors without execution. in breach of business contracts the parties can stipulate some clauses as entire agreement clauses sale, or merger clauses, or exclusive remedy, sole remedy, single remedy to resolve without statement of the jurisdiction the lack of performance, or compensation without consideration according to good faith. this is called treu und glauben in germany. in order to guarantee the pledge with transfer of property by way of security or charge, fixed charge or floating charge, as it occurs in Common law, chattel mortgages based on doctrine of constructive notice, creditorĠs liens. these guarantees are developed in other countries: 1) Besitzlose Mobiliarsicherheiten and eigentumvorbehalt in germany; 2) nantissement or gage sans depossession, cession Dailly, credit-bail, le fiducie-suret, gage commun in France. 3) in the uSA uniform Commercial Code there is the concept of security interest based on filing to perfection notice of filing. in others words the practical solution in business cases to preserve important economic interests is to choose pre-emptive remedies to overcome difficulties and obstacles that you find in civil procedure enforcement systems. Solutions are negotiation, mediation of remedies, remedy in contract, no remedies in action with following complicated claims. raFFaeLe GreCo (President of a Chamber of the Council of State) enforcement proceedings in the italian admnistrative trial My speech will focus on the special proceedings provided by italian law for the enforcement of the judgments issued against public authorities. generally speaking, in italy there is a double jurisdiction system, characterized by the existence of an administrative jurisdiction, different and separate from the civil jurisdiction. Administrative jurisdiction is competent on cases involving the exercise of public authorities towards private parties: it is organized in Regional Administrative Courts (t.A.R.), as first instance judges, and Council of State, as second and last instance. enforcement proceedings have special rules codified by the Code of administrative procedure. in fact there are special procedures named Òcompliance proceedingsÓ (Ògiudizio di ottemperanzaÓ), intended to guarantee the implementation of the decisions issued against public administrations. ContRiButi Di DottRinA Such proceedings take place before the same judge who have issued the judgment to be enforced. the t.A.R. if itĠs a first instance judgment not appealed or confirmed by the Council of State, otherwise the Council of State itself if it has reformed the first judgment. if the judge holds the public administration hasnĠt complied with the commands arising from a previous decision, he can stand in for the defaulting public authority and issue new administrative acts in place of it. in such cases the administrative judgesĠ cognisance is extended to the merits, unlike the ordinary trial in which the judge can never issue measures that only public administrations can take according with the law. originally the compliance proceedings were introduced to guarantee the enforcement of civil decisions issued against public authorities. Still today in the 2010 Code of administrative trial the compliance proceeding is an alternative remedy to civil enforcement, but the civil decision may be executed by the administrative judges only if it cannot be challenged before other instances any more (res judicata). the judgments of administrative judges may be enforced through the compliance proceedings even if they could be challenged yet. the reason is such decisions may be carried out and the eventual appeal doesnĠt suspend them (they can be suspended by the Council of State at the request of the losing party in presence of given conditions). When the winning party can start the compliance proceedings against the losing administration? the indefectible requirement is the losing administration hasnĠt complied with the orders arising from a judgment issued against it. to fully understand, you must consider that usually the main effect of the administrative judgment is the annulment of an administrative act. Such act has been challenged by a private person or a body damaged by it. if the judge accepts the claim, he has the power to annul the act. So the losing administration is obliged to issue a new act and to exercise its power again, being restricted only by the duty not to repeat the flaws ascertained by the judgment. e.g. if a private citizen has challenged the refusal to release a permission to build and the judge accepts the claim and annulles the refusal, the Common has the duty to examine the request again and issue a new act. generally speaking the problem of administrative judgment implementation is not how to attack the assets of the losing party, but how to force the losing administration to issue administrative acts in compliance with the judgment itself. the situation is simple if the administration has carried out no activity after the judgment: the applicant may use the compliance proceedings as a complaint about the inaction of the public party. the judge should have no problem to ascertain it and take the consequent measures. RASSegnA AVVoCAtuRA Dello StAto - n. 4/2018 in most cases it happens that the administration has issued new acts after the judgment and claims to have fulfilled it, but the private party finds those acts not satisfactory of his pretense. in those cases the claimant may apply to judge to ascertain the new acts, issued by the administration, are in violation of the previous judgment or they represent a circumvention of it. the judgeĠs task is more difficult and awkward: he must appreciate the relationship between the commands arising from the previous judgment and the contents of the new acts, he may give his interpretation of the original judgment and even make explicit commands, not clearly stated, but that could be found out reading the decision as a whole. if the judge holds the new acts are actually violating or eluding the previous judgment, he can declare them null and void: in such cases the applicant is able to obtain immediately a satisfactory decision and he is not forced to challenge new administrative acts through another ordinary trial. As weĠve already noticed, in every case the judge accepts the claim and ascertains the administration has not carried out a previous judgment, he can stand in for the public party and take the necessary administrative measures in place of it to ensure the correct enforcement of the previous decision. he can do it directly, issuing his own acts inside the judgment which ends the compliance proceedings, or appointing an his own subsidiary body (named Commissioner ad acta) in charge of issue necessary acts in place of the losing administration. After many years in which scholars and jurisprudence have discussed about the legal status of the Commissioner ad acta, thereĠs no doubt that the 2010 Code of administrative trial defines it as a judicial body, or some sort of longa manus of the judge. nevertheless it is undeniable that acts issued by the Commissioner are administrative acts, thatĠs why they have a very special treatment as regards the appeal against them: every complaint raised by the parties of the previous judgment must be submitted to the same judge who has appointed the Commissioner, it means the judge of the compliance proceedings. it can happen the acts issued by the Commissioner may damage different people outside that judgment, in such cases they must challenge those acts through a new action before the judge ordinarily competent according to the law, arising a brand new annulment trial. italian system is built around the identification of the judge competent for the compliance proceedings as the only judge in charge for every controversy concerning the enforcement of the previous judgments issued against the public administrations, in order to guarantee the most effective and satisfactory protection to the winning parties. thatĠs why the law is intended to concentrate before that judge all the ContRiButi Di DottRinA controversy concerning the new administrative acts following the judgment to be enforced and even the acts issued by the Commissioner appointed by the judge himself. the only exception is for people outside the previous judgment involved by those acts. they have to challenge them through an ordinary action starting a new trial. RASSegnA AVVoCAtuRA Dello StAto - n. 4/2018 LĠestensiva interpretazione della sicurezza della repubblica: dai foreign fighters agli attacchi cyber. riflessioni sulla dilatazione giurisprudenziale del diniego di concessione della cittadinanza per motivi di sicurezza antonio Mitrotti* SoMMarIo: 1. Premessa. La concessione della cittadinanza per matrimonio come atto di alta amministrazione nei casi di comprovati motivi di sicurezza della repubblica -2. LĠestensiva interpretazione evolutiva dellĠelemento normativo della sicurezza della repubblica - 3. Conclusioni. 1. Premessa. La concessione della cittadinanza per matrimonio come atto di alta amministrazione nei casi di comprovati motivi di sicurezza della repubblica. la legge del 15 luglio 2009, n. 94 - rubricata ÒDisposizioni in materia di sicurezza pubblicaÓ (cos“ detto pacchetto sicurezza (1)) -  andata, come sarˆ ben noto, a novellare il regime dei requisiti necessari per lĠottenimento della cittadinanza italiana tramite il vincolo del matrimonio contratto da uno straniero con un cittadino italiano; come oggi puntualmente contemplato dalla risultante disciplina del testo di legge del 5 febbraio 1992, n. 91 (2) e, segnatamente, dalle vigenti disposizioni di cui agli articoli 5, 6 e 8; cos“ come modificati, per lĠappunto, dallĠart. 1, comma 11, del pacchetto sicurezza del 2009, pacchetto mai pi, sostanzialmente, ritoccato sul punto -fino al momento -nemmeno dal pi recente decreto legge del 4 ottobre 2018, n. 113 (cos“ detto ÔDecreto sicurezza SalviniĠ), da ultimo convertito con legge del 1 dicembre 2018, n. 132 (3). (*) giˆ praticante forense presso lĠAvvocatura dello Stato, Dottorando di ricerca in Diritto pubblico comparato presso lĠuniversitˆ degli Studi di teramo, abilitato allĠesercizio della professione forense. (1) Per una minuziosa e brillante analisi in dottrina, di commento al c.d. Ôpacchetto sicurezzaĠ, S. toVAni - A. tRinCi (a cura di), Il pacchetto sicurezza - commento organico alla legge 15 luglio 2009, n. 94, recante modifiche al codice penale, al codice di procedura penale ed alla legislazione speciale (in materia, tra lĠaltro, di stranieri, codice della strada, misure di prevenzione), Roma, 2010; pi in generale sul tema delle relazioni tra cittadinanza ed immigrazione, P. MoRozzo DellA RoCCA (a cura di), Immigrazione e cittadinanza, Profili normativi e orientamenti giurisprudenziali (quaderno di aggiornamento), torino, 2009; S. FuRlAn, La normativa sulla cittadinanza italiana e le modifiche apportate dalla legge 15 luglio 2009 n. 94, in rivista Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, n. 4/2009, pp. 210-216; S. RoSSi, Il matrimonio ÒclandestinoÓ e la Corte costituzionale, in Forum di Quaderni Costituzionali, 11 novembre 2010; P. ConSoRti, La nuova disciplina del matrimonio degli stranieri alla luce del pacchetto sicurezza. I suoi riflessi sul matrimonio concordatario, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, rivista telematica (www.statoechiese.it), febbraio 2011; P. Bonetti - l. oliVetti, acquisto della cittadinanza italiana a seguito di matrimonio con cittadino italiano, in associazione per gli Studi Giuridici sullĠImmigrazione, 18 febbraio 2012. (2) Per unĠintroduzione generale in materia di cittadinanza, ex multis, R. Bin - g. PitRuzzellA, Diritto Costituzionale, torino, 2016, pp. 24-27. ContRiButi Di DottRinA tra le pi significative novitˆ introdotte rispetto alla previgente disciplina legislativa hanno suscitato particolare interesse il raddoppio dei termini necessari per lĠacquisto della cittadinanza italiana da parte dellĠistante coniuge straniero risiedente in italia con prole (termine passato da sei mesi ad un anno) e la stessa quadruplicazione del termine in caso di matrimonio senza prole (il cui termine  stato allungato dai sei mesi previsti dalla previgente disciplina ai due anni richiesti sotto lĠattuale regime normativo). Ancora pi nel dettaglio, in merito alla disciplina del profilo attinente allĠesercizio delle competenze amministrative in materia di concessione della cittadinanza per matrimonio giova evidenziare come -soprattutto a seguito della preziosa e chiarificatrice Direttiva del Ministero dellĠinterno del 7 marzo 2012 -la titolaritˆ ad adottare il provvedimento concessorio, ovvero di diniego della cittadinanza, nei confronti dei richiedenti stranieri coniugati con cittadini italiani spetti, in via generale, allĠufficio di Prefettura territorialmente competente, sebbene tuttavia - ed  qui, si badi,  stata la vera grande novitˆ amministrativa introdotta - la competenza  radicata in capo al Dipartimento per le libertˆ civili e lĠimmigrazione qualora il coniuge straniero avesse la propria residenza allĠestero, mentre, invece, nella peculiare ipotesi in cui dovesse emergere nellĠistruttoria del procedimento di concessione la sussistenza di valutazioni inerenti alla sicurezza della Repubblica allora la titolaritˆ del potere di adozione del provvedimento concessorio - ovverosia dellĠopposto diniego di concessione -spetterˆ direttamente al Ministero dellĠinterno, che interverrˆ con decreto motivato, emanato su conforme parere -obbligatorio e vincolante - del Consiglio di Stato. naturalmente le differenze in materia di disciplina amministrativa in punto di concessione della cittadinanza per matrimonio nei confronti di stranieri coniugati con cittadini italiani non si radicano soltanto nella differente ripartizione di competenze fra ufficio territoriale di governo, Dipartimento per le libertˆ civili e lĠimmigrazione ed il Ministero dellĠinterno, quanto, soprattutto, nella diversa (pregnante) natura dei poteri amministrativi sottesi alla (3) Per il vero - sebbene non sia stata sostanzialmente ritoccata la disciplina contemplata in punto di diniego della cittadinanza per motivi di sicurezza della Repubblica (salva, per˜, lĠimportante soppressione del previgente termine di due anni entro il quale il Ministero dellĠinterno avrebbe dovuto emanare il decreto di rigetto dellĠistanza di concessione della cittadinanza; sicchŽ, ad oggi, non esiste un termine temporale preclusivo per lĠadozione del relativo provvedimento di rigetto qualora adottato per motivi di sicurezza) - lĠarticolo 14 del D.l. 4 ottobre 2018, n. 113, - rubricato ÒDisposizioni in materia di acquisizione e revoca della cittadinanzaÓ - ha significativamente novellato la legge del 5 febbraio 1992, n. 91, nella parte in cui ha introdotto le disposizioni di cui ai nuovi articoli 9-ter e 10-bis; che, rispettivamente, hanno (da un lato) allungato il termine per la definizione e la conclusione del procedimento in materia di acquisizione della cittadinanza italiana (fissato attualmente in quarantotto mesi dalla data di presentazione della domanda) e (dallĠaltro lato) prescritto la ÔnuovaĠ, importante, misura di revoca della cittadinanza, ottenuta per concessione, in caso di condanna definitiva per i reati previsti dallĠarticolo 407, comma 2, lettera a), n. 4, del codice di procedura penale, nonchŽ per i gravi reati di cui agli articoli 270 ter e quinquies del codice penale. RASSegnA AVVoCAtuRA Dello StAto - n. 4/2018 concreta adozione del provvedimento di concessione -ovvero del suo diniego - di cittadinanza. Mentre, infatti, tanto la Prefettura quanto il Dipartimento per le libertˆ civili sono ÔvincolatiĠ per lĠadozione del provvedimento alla verifica della persistenza del vincolo matrimoniale tra straniero e cittadino italiano, dellĠassenza di una eventuale separazione legale, nonchŽ alla oggettiva verifica della mancanza di condanne penali in capo al richiedente la cittadinanza, il Ministero dellĠinterno, invece,  competente a compiere delle pregnanti, e soggettive, valutazioni in merito alla peculiare sussistenza di comprovati (o comprovabili) motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica, con lĠesercizio, vale a dire, di una discrezionalitˆ amministrativa amplissima, posto che -come efficacemente ricostruito in dottrina (4) - Ç[É] la consolidata giurisprudenza amministrativa riconosce come atto discrezionale lĠatto concessorio (o denegatorio) di cittadinanza [per motivi di sicurezza] perchŽ costituisce atto di c.d. Òalta amministrazioneÓ(C.d.S., sez. VI, 4862/2010)È (5). Detto in altri termini -e come, per altro, approfondito da altra parte della dottrina (6) -nel caso di istanza per lĠacquisizione della cittadinanza italiana per matrimonio si deve ritenere -cos“ come, del resto, autorevolmente affermato, in sede consultiva, dallo stesso Consiglio di Stato, in Adunanza generale (7) -che il coniuge straniero del cittadino italiano sia titolare, in via generale, di un vero e proprio diritto soggettivo allĠemanazione del decreto di concessione, ma che, tuttavia, tale posizione giuridica soggettiva affievolisca ad un mero interesse legittimo allorchŽ si venga ad essere in presenza dellĠesercizio, da parte dellĠAmministrazione pubblica, di poteri discrezionali legati alle valutazioni dellĠesistenza o meno dei motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica, opportunamente ostativi, nei singoli casi di specie, allĠacquisto della cittadinanza (8). Pertanto se il provvedimento di concessione della cittadinanza italiana per matrimonio posto in essere dallĠufficio di Prefettura, nonchŽ dal Dipartimento per le libertˆ civili, deve considerarsi come un vero e proprio provvedimento vincolato alla verifica oggettiva della sussistenza dei requisiti fissati ex lege, lĠesercizio dei poteri di cui  direttamente titolare il Ministero dellĠinterno corrisponde, piuttosto, allĠadozione di un provvedimento di natura altamente discrezionale e, pi esattamente, inquadrabile, di preciso, come un tipico Ôatto di alta amministrazioneĠ. (4) g. PitARo, Svolta del Consiglio di Stato sullĠacquisto della cittadinanza, in Diritto.it, 5 giugno 2013. (5) g. PitARo, Svolta del Consiglio di Stato sullĠacquisto della cittadinanza, in Diritto.it, 5 giugno 2013. (6) l. tRiA, IUS SoLI IUS SaNGUINIS. LĠacquisto della cittadinanza in Italia, Francia, Germania, regno Unito, Spagna, Paesi Bassi, Belgio, Svizzera, Irlanda, Padova, 2014. (7) Cons. St., Ad. gen., parere 10 giugno 1999, n. 7. (8) Sul punto vi , peraltro, una risalente pronuncia della Corte di Cassazione, Sez. un., 27 gennaio 1995, n. 1000. ContRiButi Di DottRinA gli atti di alta amministrazione, infatti, sono configurabili come una peculiare categoria di atti posti in posizione intermedia fra i provvedimenti amministrativi e gli atti politici. Autorevole dottrina ha definito lĠatto di alta amministrazione come un provvedimento di Ôsuprema direzioneĠ della pubblica amministrazione, di raccordo, vale a dire, della funzione costituzionale dĠindirizzo politico con quella squisitamente amministrativa (9). ebbene, la ratio del provvedimento di diniego della concessione dello status di cittadino per motivi di sicurezza della Repubblica , infatti, da rinvenire proprio nel necessario raccordo tra le ÔclassicheĠ funzioni amministrative in materia di cittadinanza e la delicata attuazione dellĠindirizzo politico di governo preordinato al fondamentale perseguimento dellĠinteresse pubblico della salus rei pubblicae (10). ora, il provvedimento di alta amministrazione , invero, un atto dalla indiscutibile e peculiare natura ibrida (11): posto che -da un lato -non  di sicuro esente dal profilo delle conseguenze proprie della responsabilitˆ politica (nonchŽ di un potenziale controllo di merito in sede politica), mentre - dallĠaltro lato - lĠatto  sottoponibile al sindacato giurisdizionale di legittimitˆ del giudice Amministrativo (12); seppur nei precisi limiti di un controllo di natura ÔestrinsecaĠ. un classico esempio di atto di alta amministrazione  configurabile nella deliberazione con la quale il Consiglio dei ministri decida di richiedere la registrazione Çcon riservaÈ (13) di un provvedimento alla Corte dei Conti (14). la giurisprudenza amministrativa, del resto, fa ampio riferimento a questa categoria dĠatti: ora per sottolinearne lĠampia discrezionalitˆ - cos“ da andare a sottrarli al relativo sindacato giurisdizionale - ora per negarne la natura di atto politico e, quindi, ammetterne il ricorso giurisdizionale contro di essi (15). (9) S. CASSeSe, Istituzioni di Diritto amministrativo, Milano, 2012, p. 324. (10) Per degli utili spunti sulla fondamentale cura della salus rei pubblicae, n. gARBellini, La salus rei publicae alla prova, in Quaderni Costituzionali, n. 2/2011, pp. 405-408. (11) Per una sintetica, quanto piuttosto efficace, analisi in merito alla categoria degli Ôatti di alta amministrazioneĠ, S. tARullo, Manuale di diritto amministrativo, torino, 2017, pp. 258-259. (12) Sul sindacato giurisdizionale esercitabile nei confronti degli atti di alta amministrazione appare utile rinviare a quanto presente in u. RoSSi MeRighi, Segreto di Stato: tra politica e amministrazione, napoli, 1994, p. 232. (13) Sulla richiesta motivata da parte del Consiglio dei ministri di Ôregistrazione con riservaĠ alla Corte dei Conti si veda, ex multis, R. ChiePPA - R. gioVAgnoli, Manuale di Diritto amministrativo, Milano, 2017, pp. 691 ss. (14) Art. 25 del R.D. 12 luglio 1934, n. 1214. in particolare, per degli utili approfondimenti sul punto, nonchŽ pi diffusamente sul rapporto politica - amministrazione, F. tigAno, atto politico, atto di alta amministrazione ed atto amministrativo: nozione e caratteri, in S. Cognetti - A. ContieRi - S. liCCiARDelli -F. MAngAnARo -S. PeRongini -F. SAittA (a cura di), Percorsi di Diritto amministrativo, torino, 2014, pp. 65 ss. (15) Rispettivamente Cons. St., sez. iV, 1 settembre 1998, n. 1139 e Cons. St., sez. Vi, 4 aprile 1997, n. 553. RASSegnA AVVoCAtuRA Dello StAto - n. 4/2018 naturalmente -si badi -dallĠinquadramento giuridico del provvedimento del diniego di concessione della cittadinanza italiana per la sussistenza di comprovati motivi di sicurezza della Repubblica come un Ôatto di alta amministrazioneĠ non possono che discendere, inevitabilmente, pregnanti conseguenze sul piano processuale: si tratterˆ, infatti, di un provvedimento cui sono certamente sottese delle tipiche valutazioni legate ad apprezzamenti di natura tecnica posti a valle di una decisione dĠopportunitˆ politico-amministrativa (16) altamente discrezionale, sicchŽ il sindacato giurisdizionale da parte del giudice Amministrativo si arresterˆ, pertanto, ad un controllo di natura estrinseca (17) e formale, nei limiti, cio, di una verifica incentrata unicamente sullĠastratta coerenza delle valutazioni compiute per la concreta adozione dellĠatto, nonchŽ sulla plausibilitˆ e ragionevolezza della decisione adottata. ne discende che, di conseguenza, la motivazione del provvedimento de quibus, stante lĠamplissima discrezionalitˆ ad esso sottesa, non necessita neppure di una stringente e dettagliata estrinsecazione dei fatti e delle singole circostanze apprezzate nel corso del procedimento istruttorio, essendo sufficiente -per non mortificare le indagini sottese alla preziosa attivitˆ informativa per la sicurezza della Repubblica -che sia fatto un ÔgenericoĠ riferimento alla seria sussistenza di comprovati (o comprovabili) motivi di pericolo per la sicurezza della Repubblica. 2. LĠestensiva interpretazione evolutiva dellĠelemento normativo della sicurezza della repubblica. lĠart. 6, comma 1, lett. c), della legge 5 febbraio 1992, n. 91 - legge rubricata ÒNuove norme sulla cittadinanzaÓ - prescrive che lĠacquisto della cittadinanza per matrimonio (ai sensi di quanto disposto dallĠart. 5 della stessa (16) lĠamplissima discrezionalitˆ riconosciuta allĠAmministrazione pubblica nel corso del procedimento di rigetto della domanda di concessione della cittadinanza per motivi di sicurezza si esplica, infatti, in un potere valutativo che: Ç [É] si traduce in un apprezzamento di opportunitˆ circa lo stabile inserimento dello straniero nella comunitˆ nazionale, sulla base di un complesso di circostanze, atte a dimostrare lĠintegrazione del soggetto interessato nel tessuto sociale, sotto il profilo delle condizioni lavorative, economiche, familiari e [soprattutto] di irreprensibilitˆ della condottaÈ, in questi precisi termini si  pronunciato il tAR lazio, sez. i Ter, 5 gennaio 2017, n. 158, che, per altro, ha fatto propria una risalente e consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato (in particolare, Cons. St., sez. Vi, 26 gennaio 2010, n. 282; Cons. St., sez. Vi, 9 novembre 2011, n. 5913). Pi di recente, ed a conferma di questo consolidato orientamento, tAR lazio, sez. seconda quater, 10 aprile 2014, n. 4416; tAR lazio, sez. i ter, 15 gennaio 2018, n. 421; tAR lazio, sez. i ter, 2 febbraio 2018, n. 1289; tAR lazio, sez. i ter, 14 marzo 2018, n. 2907; tAR lazio, sez. seconda quater, 28 maggio 2018, n. 6007. (17) Per la formulazione teorica dei termini di riferimento sottesi allĠesercizio del sindacato Òab externoÓ - c.d. estrinseco - che il giudice Amministrativo pu˜ compiere in merito alla coerenza logica nonchŽ allĠeventuale carenza di ragionevolezza nei presupposti per lĠadozione di un provvedimento amministrativo si veda, ex multis, Cons. St., sez. Vi, 23 aprile 2009, n. 2199; per approfondimenti in dottrina sul sindacato estrinseco, ex multis, F.g. SCoCA, Giustizia amministrativa, torino, 2013, pp. 99 ss. ContRiButi Di DottRinA legge) sia precluso allorchŽ si realizzi: Çla sussistenza, nel caso specifico, di comprovati motivi inerenti alla sicurezza della repubblicaÈ. Si tratta, a ben riflettere, di una preclusione particolarmente rilevante, soprattutto se riletta alla luce della stessa frenetica Ôevoluzione storicaĠ della portata applicativa della nozione di sicurezza della Repubblica (18), nonchŽ, specialmente, a fronte dei pi recenti - ed incandescenti - dibattiti di Ôpolitica del dirittoĠ sulle scelte inerenti alla (delicata) materia dellĠimmigrazione e delle sue connesse, possibili, ÔinfluenzeĠ (19) sul modo stesso di atteggiarsi del diritto vivente (20): sia sotto il profilo interno allĠordinamento italiano che sul piano proprio del diritto dellĠunione europea. é incontrovertibile, in ogni caso, che lĠelemento normativo della sicurezza della Repubblica -quale fondamentale presupposto applicativo per i casi di esclusione della concessione del diritto di cittadinanza italiana - abbia subito negli anni pi recenti unĠimpensabile dilatazione del proprio regime giuridico; il che sia sul versante della sua applicazione oggettiva che sotto il profilo dei soggetti pericolosi per la sicurezza della Repubblica. oggettivamente, infatti, il regime delle misure amministrative riconducibili alla tutela della sicurezza della Repubblica non  pi solo limitato ad essere applicato al classico conflitto tra Stati in competizione, ed alle logiche statuali, posto che, sfortunatamente, a partire dalla triste data dellĠ11 settembre del 2001, il panorama delle minacce alla sicurezza interna ed internazionale  andato arricchendosi di una nuovissima forma di conflitto (21), meglio definibile come una sorta di nuovo Ôconflitto asimmetricoĠ tra gli Stati occidentali ed il sedicente, nonchŽ ibrido, ISIS (22); ci˜ sebbene - appare qui utile pun (18) Appare significativo il rimandare, sul punto, a quanto preziosamente e recentemente ricostruito in M. VAlentini, Sicurezza della repubblica e democrazia costituzionale. Teoria generale e strategia di sicurezza nazionale, napoli, 2017. (19) Appaiono significativamente utili i preziosi spunti di riflessione acutamente sviluppati nel contributo di D. AnSelMo, La cittadinanza tra teoria e prassi. Brevi riflessioni a partire dalla giurisprudenza amministrativa italiana, in Diritto e questioni pubbliche, n. 1/2016, pp. 116-131. (20) Pu˜ risultare prezioso quanto sinteticamente analizzato da g. CAMPeSi, Immigrazione: da questione sociale a minaccia per la sicurezza, in Dossier. emergenza immigrati: da Lampedusa a Bruxelles, istituto per gli Studi di Politica internazionale, 23 ottobre 2013. (21) ÇIl delicato scenario degli equilibri globali risulta [oggi] fortemente perturbato dalla capillare diffusione del terrorismo di matrice jihadista che, grazie al suo impatto mediatico ed alla sua capacitˆ di attrarre nuovi adepti tramite il canale digitale,  riuscito, soprattutto a partire dal 2014, a destabilizzare i sistemi dĠintelligence a livello internazionale. allĠevanescente affermazione del messaggio terroristico corrisponde, pertanto, una proliferazione territoriale di attentati (realizzati non solo dallo Stato Islamico, meglio noto come IS o DaĠish, ma anche dal Fronte al-Nusrah e da cellule connesse ad al Qaeda), che invitano gli Stati a coordinarsi al fine di salvaguardare il fondamentale interesse alla sicurezza nazionale ed internazionaleÈ, C. CASiello, La strategia di contrasto ai foreign terrorist fighters e la revoca della cittadinanza, in Diritto Pubblico comparato ed europeo, n. 2/2017, p. 341. (22) Per un approfondito inquadramento del fenomeno, e del suo complessivo sviluppo storico, A. VeDASChi, Da al-Q. Ôida allĠIS: il terrorismo internazionale Òsi  fattoÓ Stato?, in rivista trimestrale di Diritto Pubblico, n. 1/2016, pp. 41-80. RASSegnA AVVoCAtuRA Dello StAto - n. 4/2018 tualizzare sotto il profilo dogmatico - lĠattacco terroristico non possa, di per sŽ, assolutamente ricondursi per il diritto internazionale a forme di un legittimo conflitto. Ci˜ nonostante si , di fatto, verificato che, all'indomani degli attentati del 13 novembre 2015 di Parigi, la Francia abbia ufficialmente dichiarato di essere stata oggetto di una Òaggressione armataÓ da parte del sedicente Stato islamico ed abbia, a propria volta, agito in legittima difesa contro le strutture militari e governative presenti nel territorio controllato dallĠISIS. la qualificazione come Òaggressione armataÓ degli attentati avvenuti a Parigi il 13 novembre 2015, per altro,  stata anche fatta propria da tutti gli Stati membri dell'ue (23), che, per la prima volta, hanno attivato il meccanismo di assistenza contemplato dall'articolo 42, paragrafo 7, del trattato sull'unione: trattasi -come  noto -del meccanismo difensivo avente quale presupposto l'esistenza di un attacco armato, ai sensi dell'art. 51 della Carta delle nazioni unite (24). Anche il Consiglio di sicurezza delle nazioni unite -con risoluzione 2249 (2015) (25) -ha invitato le Alte Parti Contraenti ad adottare qualsiasi misura compatibile con il diritto internazionale, nonchŽ necessaria, al fine di prevenire e reprimere attentati terroristici. ora, al di lˆ dellĠesatta qualificazione giuridica degli attentati di matrice islamica (per cui sarebbe utile, ad onor del vero, unĠattenta trattazione ad hoc),  pressochŽ innegabile che sul piano ordinamentale interno, concernente, cio, il regime oggettivo delle misure amministrative poste a tutela della sicurezza della Repubblica, qualcosa sia cambiato rispetto al passato, se non altro perchŽ attualmente le minacce per la salus rei pubblicae possono, pericolosamente, provenire non pi soltanto da potenziali Stati nemici bens“ addirittura da singole persone fisiche affiliate ad unĠorganizzazione para-statale (26) (come  tristemente accaduto per i casi dei cosiddetti foreign fighters dellĠISIS); del resto si rinvengono, sul punto, numerose, sfortunate, dimostrazioni negli episodi degli attentati programmati ed eseguiti in casa di Francia, Belgio e germania. (23) Ancora pi diffusamente e per una sintetica riflessione sul tema della sicurezza nazionale in seno allĠunione europea, F. BionDi DAl Monte, Terrorismo, ordine pubblico e sicurezza nazionale nellĠUnione europea, in Quaderni costituzionali, n. 3/2015, pp. 788-791. (24) Si veda, in particolare, il comunicato finale del Consiglio dell'unione europea - riunito a livello di ministri degli esteri - del 16 e del 17 novembre del 2015. (25) Per una chiara e brillante ricostruzione dei termini sottesi alla risoluzione n. 2249 (2015) del Consiglio di sicurezza delle nazioni unite si rimanda, ex multis, a quanto sviluppato in R. nigRo, La risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 2249 (2015) e la legittimitˆ dellĠuso della forza contro lĠISIS in base al diritto internazionale, in Diritti umani e diritto internazionale, n. 1/2016, pp. 137-156. (26) e. MAzzAnti, LĠadesione ideologica al terrorismo islamista tra giustizia penale e diritto del- lĠimmigrazione, in Diritto Penale Contemporaneo, n. 1/2017, pp. 26-43. ContRiButi Di DottRinA Quanto si qui detto, per altro, costituisce, a ben riflettere, il vero e proprio retroterra storico e culturale (ma specialmente politico) che ha condotto il fondamentale elemento normativo della sicurezza della Repubblica a subire, in modo latente, sotto il profilo del diritto giurisprudenziale vivente unĠinevitabile estensiva interpretazione evolutiva (il che secondo il ÔclassicoĠ criterio ermeneutico dellĠinterpretazione storico-normativa (27)) anche sul piano pi propriamente soggettivo: non si devono, infatti, trascurare -soprattutto a partire dallĠentrata in vigore della legge n. 124 del 3 agosto 2007 (rubricata ÒSistema di informazione per la sicurezza della repubblica e nuova disciplina del segretoÓ) e, poi, passando per la legge n. 133 del 7 agosto 2012 (rubricata ÒModifiche alla legge 3 agosto 2007, n. 124, concernente il Sistema di informazione per la sicurezza della repubblica e la disciplina del segretoÓ), fino al pi recente D.lgs. 18 maggio 2018, n. 65 (sotto la rubrica di Òattuazione della direttiva Ue 2016/1148 del Parlamento europeo e del Consiglio recante misure per un livello comune elevato di sicurezza delle reti e dei sistemi informativi nellĠUnioneÓ) -i contenuti di tutti quei puntuali interventi normativi, succedutisi fin ora nel tempo, che hanno copiosamente arricchito e meglio precisato gli Ôelementi costitutiviĠ della (invero alquanto ÔrarefattaĠ) nozione di sicurezza della Repubblica (28), con lĠintroduzione, fra le altre cose, di una fitta e penetrante disciplina legislativa per lĠesercizio delle attivitˆ amministrative (ad hoc) finalizzate alla prevenzione nonchŽ, soprattutto, al controllo delle ÔfontiĠ di pericolo provenienti tanto da singole persone fisiche simpatizzanti ovverosia militanti presso le disparate cellule terroristiche -nate e sviluppatesi sul territorio europeo -quanto, per altro, dai (27) lĠinterpretazione di carattere storico-normativa pu˜ dirsi essere stata teorizzata, in dottrina, da A. DĠAtenA, Legge regionale (e provinciale), in enciclopedia del diritto, XXiii, Milano, 1973; pi di recente A. DĠAtenA, Materie legislative e tipologia delle competenze, in Quaderni Costituzionali, n. 1/2003, pp. 15-24. (28) occorre, tuttavia, mettere debitamente in guardia dalle pericolose ambiguitˆ sottese allĠuso del concetto (invero piuttosto evanescente) della ÔsicurezzaĠ, posto che, di per sŽ, non  raro che una stessa fattispecie concreta possa essere contemporaneamente sussunta sotto le sovrapponibili (ma distinte) nozioni di ordine pubblico, di sicurezza pubblica o della sicurezza nazionale; si tratta, per il vero, di differenze significative, non solo sul piano squisitamente teorico quanto, soprattutto, sotto il profilo propriamente applicativo. il tema, per la sua complessitˆ, meriterebbe unĠadeguata sede di trattazione ad hoc; sia qui consentito soltanto il riferimento, ex multis, agli approfondimenti sviluppati in un prezioso, quanto piuttosto recente, volume di studio su codeste tematiche, A. toRRe (a cura di), Costituzioni e sicurezza, Santarcangelo di Romagna, 2014. in particolare, per quello che involge il diniego della concessione della cittadinanza per matrimonio nei casi di sussistenza dei (comprovati o comprovabili) motivi di sicurezza, giova puntualizzare che lĠart. 6, comma 1, lett. c), della legge 5 febbraio 1992, n. 91 faccia espresso riferimento alla nozione di Çsicurezza della repubblicaÈ, con il richiamo, dunque, ad un Ôelemento costitutivoĠ, ratione materiae, della sicurezza nazionale, ex art. 39 della legge 3 agosto 2007, n. 124 (sul ÒSistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto di StatoÓ), che dispone proprio che: ÇSono coperti da segreto di Stato gli atti, i documenti, le notizie, le attivitˆ e ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea a recare danno allĠintegritˆ della repubblica [É]È. RASSegnA AVVoCAtuRA Dello StAto - n. 4/2018 ÔnuoviĠ potenziali attacchi cibernetici pericolosamente oggi provenienti persino da isolati soggetti privati comodamente seduti dinanzi al computer di casa propria (29); in questo senso, per di pi, la sussistenza di comprovati (o comprovabili) motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica potrebbe essere persino pericolosamente riscontrata nella potenziale dannositˆ degli stranieri ÔsvincolatiĠ dalla stessa stretta affiliazione ad organizzazioni terroristiche (i cos“ detti lupi solitari). é evidente, pertanto, sulla scorta di queste premesse come la giurisprudenza amministrativa sviluppatasi nel solco dei nuovi accadimenti storici, nonchŽ dellĠevoluzione dei pi recenti (e, per il vero, piuttosto ÔfreneticiĠ) provvedimenti normativi in materia di sicurezza, abbia riconosciuto allĠAmministrazione pubblica debitamente preposta alla cura della salus rei pubblicae degli Ôamplissimi margini di discrezionalitˆĠ in punto di concessione della cittadinanza italiana per matrimonio, una discrezionalitˆ riconducibile allĠalveo della cos“ detta discrezionalitˆ tecnica (30); pi propriamente configurabile, nel caso in esame, come una concreta esplicazione di apprezzamenti tecnici finalizzati a permettere il pi sereno e sicuro esercizio dei poteri di valutazione dei singoli requisiti necessari per lĠacquisto della cittadinanza italiana, nonchŽ, specialmente, degli elementi preclusivi della stessa allorchŽ sia in gioco, per lĠappunto, la sicurezza della Repubblica. emblematiche sono risultate soprattutto quattro recentissime e ravvicinate pronunce del Consiglio di Stato (31), in cui, in modo particolare, il Supremo Consesso amministrativo ha tenuto energicamente a ribadire proprio che la valutazione sottostante allĠadozione del provvedimento di diniego della concessione di cittadinanza per matrimonio nellĠipotesi di sussistenza procedi- mentale dei motivi di sicurezza costituisca un provvedimento dalla natura ampiamente discrezionale, nonchŽ propriamente subordinato al concreto accertamento della necessaria considerazione delle condizioni tecniche per tutelare lĠinteresse collettivo della sicurezza della Repubblica, alla cui concreta (29) Per utili approfondimenti sul punto A. Soi, LĠintelligence italiana a sette anni dalla riforma, in Forum di Quaderni Costituzionali, n. 8/2014, 3 settembre 2014. (30) Appare significativo il rinvio a quanto efficacemente puntualizzato nel prezioso nonchŽ recentissimo approfondimento di M. inteRlAnDi, Fenomeni migratori tra potere amministrativo ed effettivitˆ delle tutele, torino, 2018, pp. 169 ss. in cui lĠAutrice richiama, con riferimento al tema della discrezionalitˆ tecnica (per il vero ampiamente indagato in dottrina), una risalente quanto piuttosto consolidata posizione dottrinaria, M.S. giAnnini, Il potere discrezionale della Pubblica amministrazione. Concetto e problemi, Milano, 1939; D. DePRetiS, Valutazione amministrativa e discrezionalitˆ tecnica, Padova, 1995; V. PARiSio, Potere discrezionale e controllo giudiziale, Milano, 1998; l.R. PeRFetti, ancora sul sindacato giudiziale sulla discrezionalitˆ tecnica, in Foro amministrativo, n. 2/2002, pp. 442 ss. (31) in ordine progressivo, Cons. St., sez. i, Adunanza di sezione - parere reso in sede di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica - del 21 dicembre 2017, n. 2666; Cons. St., sez. iii, 25 gennaio 2018, n. 519; Cons. St., sez. iii, 29 maggio 2018, n. 3206; Cons. St., sez. i Ter, 18 giugno 2018, n. 6836. Da ultimo, ancora pi di recente ed a consolidamento dello stesso orientamento giurisprudenziale, tAR lazio, sez. i Ter, 5 luglio 2018, n. 7484. ContRiButi Di DottRinA salvaguardia  finalizzato - nel caso di concessione qui in esame - lĠesercizio dello stesso potere della concessione della cittadinanza italiana. Anche per queste rilevanti ragioni, dunque, la giurisprudenza amministrativa  oggi ferma nellĠindividuare la ratio iuris del provvedimento di diniego della concessione costitutiva (32) dello status di cittadino italiano per motivi di sicurezza nella cura dellĠinteresse collettivo e supremo della protezione e difesa della Repubblica e non giˆ - evidentemente - in quello, puramente egoistico ed individuale, del richiedente la cittadinanza; coerentemente, del resto, con quel consolidato orientamento in dottrina - si potrebbe dire risalente alla tesi sviluppata, pi in generale, dallĠoreste Ranelletti (33) -secondo cui i provvedimenti amministrativi di concessione devono perseguire: Çprioritariamente lĠinteresse pubblico (che assume il ruolo dĠinteresse principale da realizzare) mentre lĠinteresse privato pu˜ trovare soddisfazione solo ove non contrasti con lĠinteresse pubblicoÈ (34). in particolare, preme qui sottolineare come il Consiglio di Stato abbia ÔgiustificatoĠ ed argomentato il proprio consolidato trend dĠinterpretazione giurisprudenziale estensiva dellĠelemento normativo inerente ai comprovabili motivi di sicurezza della Repubblica sulla base dellĠautorevole e fondamentale orientamento giurisprudenziale della stessa Corte costituzionale che, in pi occasioni (e sin a partire dagli anni Ġ70), ha avuto modo di puntualizzare proprio che: Çla sicurezza interna ed esterna dello Stato costituisce interesse essenziale ed insopprimibile della collettivitˆ, con palese carattere di assoluta preminenza su ogni altroÈ (35). Su questi presupposti il trend delle decisioni del giudice Amministrativo pu˜ dirsi, ad oggi, cristallizzato, specie nel ritenere assolutamente legittimi i dinieghi dellĠAmministrazione pubblica sulla base di semplici motivazioni indicanti il riferimento alla mera sussistenza dei motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica; senza la necessitˆ, dunque, di una stringente motivazione, posto che lĠesclusione della concessione dello status di cittadino italiano per motivazioni attinenti alla sicurezza della Repubblica presuppone lĠesercizio (32) Per approfondimenti in dottrina sui provvedimenti concessori, nonchŽ sulle differenze tra concessione costitutiva e concessione traslativa, ex multis, e senza alcuna pretesa di esaustivitˆ, P. ViRgA, Il provvedimento amministrativo, Milano, 1972; e. CASettA, Manuale di Diritto amministrativo, Milano, 2011, pp. 346-350; S. tARullo, Manuale di Diritto amministrativo, Bologna, 2017, pp. 303-307. Per un collegamento tra il provvedimento amministrativo di concessione e le Ôpolitiche del dirittoĠ sulla cittadinanza, F. oliVieRi, Cittadini mancati. La concessione della cittadinanza italiana come dispositivo governamentale, in Studi sulla questione criminale, nn. 1-2/2014, pp. 99-120. (33) o. RAnelletti, Concetto e natura delle autorizzazioni e concessioni amministrative, in Giur. it., 1894; o. RAnelletti, Teoria generale delle autorizzazioni e concessioni amministrative, Roma-Firenze, 1894-1897; o. RAnelletti, Principi di Diritto amministrativo, napoli, 1912. (34) S. tARullo, Manuale di Diritto amministrativo, Bologna, 2017, p. 307. (35) Cons. St., sez. iii, 25 gennaio 2018, n. 519; in cui, segnatamente, il giudice Amministrativo richiama una risalente, quanto mai superata, pronuncia della Consulta: Corte cost., 10 aprile 1998, n. 110, par. 5 del Considerato in diritto. RASSegnA AVVoCAtuRA Dello StAto - n. 4/2018 di valutazioni e di stringenti apprezzamenti di carattere ÔtecnicoĠ non affatto sindacabili nel merito dal giudice Amministrativo, se non per quelle residuali, ed evidenti, ipotesi di manifesta irragionevolezza ed illogicitˆ della motivazione. Per altro, giova, altres“, puntualizzare che la motivazione del provvedimento di diniego della concessione di cittadinanza italiana per motivi di sicurezza non potrebbe mai -a rigore di stretta e pura logica (ed al di lˆ dei ÔcristallizzatiĠ limiti di sindacabilitˆ propri del giudice Amministrativo) - riportare analiticamente notizie o ÔfontiĠ che potessero, in qualche modo, andare a compromettere lĠattivitˆ informativa (di carattere preventivo e di controllo) degli organi preposti alla cura della sicurezza della Repubblica. é questo, invero, il cuore dellĠarticolata disciplina sottesa al diniego di concessione della cittadinanza per motivi di sicurezza della Repubblica: viene in essere, cio, un delicato bilanciamento tra lĠinteresse pubblico, e supremo, della sicurezza della Repubblica ed i fondamentali principi amministrativi del giusto procedimento e del necessario rispetto del contradditorio nei confronti del privato soggetto istante, ÒsospettatoÓ di compromettere potenzialmente la salus rei pubblicae e titolare, del resto, di un interesse legittimo pretensivo al riconoscimento del status di cittadino italiano e, soprattutto, delle fondamentali garanzie, costituzionalmente contemplate, del giusto processo dinanzi al giudice Amministrativo, ex. artt. 24, 111 e 113 della Costituzione. Si tratta, come appare evidente, di un delicato bilanciamento, in ogni caso propendente da anni per la tutela dellĠinteresse collettivo e supremo della sicurezza della Repubblica, posto che la Consulta -e senza mai alcuna soluzione di continuitˆ nella propria giurisprudenza - non ha per nulla avuto dubbi nel considerare prevalente il: Çil supremo interesse della sicurezza dello Stato nella sua personalitˆ internazionale, e cio lĠinteresse dello Stato-comunitˆ alla propria integritˆ territoriale, indipendenza e - al limite - alla stessa sua sopravvivenza. Interesse presente e preminente su ogni altro in tutti gli ordinamenti statali, quale ne sia il regime politico, che trova espressione, nel nostro testo costituzionale, nella formula solenne dellĠart. 52, che proclama la difesa della Patria sacro dovere del cittadinoÈ (36). Ci˜ posto, ed a ben riflettere,  stata pressochŽ inevitabile la progressiva (e dilagante) dilatazione nella giurisprudenza amministrativa dellĠapplicabilitˆ dei ÔpresuppostiĠ del regime giuridico sotteso alle misure di prevenzione e di lotta alle nuove forme di terrorismo e di pericolo per la sicurezza della Repubblica: in questo senso, pertanto, il provvedimento di diniego della cittadinanza italiana per matrimonio a causa dei motivi ostativi alla sicurezza della Repubblica ha visto una impensabile dilatazione interpretativa del concetto (36) Corte cost., 14 aprile 1976, n. 82, par. 5 del Considerato in diritto. ContRiButi Di DottRinA stesso di sicurezza, come una forma di risposta ermeneutica (adeguatrice ed evolutiva) ai recenti fenomeni dei foreign fighters, dei lupi solitari nonchŽ, nondimeno, contro ogni ÔnuovaĠ ed inaspettata forma di spionaggio coperta dal vincolo matrimoniale. Di certo  quasi impossibile, ad oggi, non notare come questo legittimo (e, forse, pur fisiologico) trend giurisprudenziale vada visibilmente a cozzare -tanto nella ratio della misura del diniego di cittadinanza (come tipico Ôatto di alta amministrazioneĠ) quanto nella sua estensiva portata applicativa -con le tanto conclamate invocazioni -in dottrina come, pure, nella pi generale opinione pubblica -per una introduzione legislativa ÔgeneralizzataĠ del criterio dello ius soli come requisito per lĠottenimento della cittadinanza (37): il che va detto, se non altro, almeno per evitare lĠimbarazzante (potenziale) paradosso che la cittadinanza italiana sia acquisita dal figlio (nato sul territorio italiano) di colui al quale sia stato, invece, legittimamente opposto un diniego di concessione della cittadinanza per motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica. 3. Conclusioni. la nozione di sicurezza della Repubblica -con ogni suo problematico riflesso giuridico discendente dalle concrete garanzie del relativo, essenziale, soddisfacimento (38) - andata, negli anni, sempre pi estensivamente interpretata dalla giurisprudenza amministrativa, posto che, ad oggi, Ôi comprovati motivi di sicurezzaĠ costituiscono un legittimo, e pregnante, elemento normativo dirimente anche per il procedimento amministrativo di concessione della cittadinanza italiana per matrimonio: da un lato infatti -sotto il profilo provvedimentale -la dichiarata sussistenza dei motivi di sicurezza da parte dellĠAmministrazione costituisce -sic et simpliciter -causa ostativa e di preclusione per lĠacquisto dello status di cittadino, senza, cio, che il giudice Amministrativo possa esercitare alcun tipo di sindacato intrinseco sullĠedizione dei poteri sottesi alle valutazioni proprie della discrezionalitˆ tecnica con cui viene adottato il provvedimento; dallĠaltro lato -ovvero sotto il profilo squisitamente procedimentale -le esigenze di sicurezza della Repubblica costituiscono, al contempo, un legittimo quanto fondamentale limite per il diritto di contraddittorio del privato istante, nonchŽ, specialmente, per la portata del fondamentale principio di trasparenza del procedimento amministrativo (37) Per unĠutile lettura generale di inquadramento sul tema, ex multis, M.C. loCChi, Lo ius soli nel dibattito pubblico italiano, in Quaderni Costituzionali, n. 2/2014, pp. 483-506. (38) Per unĠapprofondita analisi sul Ôsignificato della sicurezzaĠ ed uno studio delle sue sfaccettature e dimensioni si rimanda, senza alcuna pretesa di esaustivitˆ, a t.F. giuPPoni, La sicurezza e le sue ÒdimensioniÓ costituzionali, in S. ViDA (a cura di), Diritti umani: trasformazioni e reazioni, Bologna, 2008; M. Ruotolo, La sicurezza nel gioco del bilanciamento, in g. CoCCo (a cura di), I diversi volti della sicurezza, Milano, 2012, pp. 43 ss. RASSegnA AVVoCAtuRA Dello StAto - n. 4/2018 e del connesso diritto di accesso documentale del richiedente straniero (39). naturalmente non si devono coprire gli occhi rispetto alle potenziali e possibili criticitˆ attinenti al tema dellĠequilibrato bilanciamento dei valori tra sicurezza della Repubblica e tutela dei diritti individuali (40), un delicato bilanciamento, questĠultimo, da dover realizzarsi in primis in sede legislativa nonchŽ, in ultima e residuale battuta, dinanzi alla stessa Consulta (41). Del resto, proprio la Corte costituzionale, dal canto suo, non ha mai esitato nel ritenere: Çla sicurezza interna ed esterna dello Stato [come un] interesse essenziale ed insopprimibile della collettivitˆ, con palese carattere di assoluta preminenza su ogni altro in quanto tocca [É] lĠesistenza dello StatoÈ (42), di cui, ad onor del vero, la giurisdizione -ha puntualizzato sempre la Consulta -costituisce soltanto Çun aspettoÈ (43), sicchŽ deve considerarsi come assolutamente preliminare -proprio nellĠambito di un equilibrato bilanciamento dei valori coinvolti -la garanzia effettiva: Ç [É] dellĠesistenza, dellĠintegritˆ, nonchŽ dellĠassetto democratico [del nostro ordinamento costituzionale], valori che trovano espressione in un complesso di norme costituzionali, e particolarmente in quelle degli artt. 1, 5 e 52 Cost. (sentenza n. 110 del 1998; in prospettiva analoga, sentenze n. 106 del 2009, n. 86 del 1977 e n. 82 del 1976)È (44). é su questi presupposti di diritto costituzionale, dunque, che al Ministero dellĠinterno  attribuito -ex lege -il pregnante potere di valutazione dei motivi inerenti alla pericolositˆ soggettiva degli stranieri richiedenti la cittadinanza italiana per matrimonio, proprio al fine di salvaguardare, appunto, lĠesistenza, lĠintegritˆ e la conservazione stessa del nostro assetto democratico e della Repubblica: con lĠattribuzione allĠAmministrazione pubblica dellĠinterno del- lĠesercizio di peculiari apprezzamenti tecnici tipicamente riconducibili ad unĠam (39) Sulle potenziali contrapposizioni tra le esigenze sottese ai fondamentali principi di pubblicitˆ e di trasparenza dellĠordinamento costituzionale e le contrapposte necessitˆ di segretezza connesse ai fondamentali istituti del segreto di Stato e del segreto dĠufficio sia consenti il rinvio, ex multis, a quanto ricostruito in A. MitRotti, Brevi riflessioni sui caratteri comuni alle attivitˆ secretate nellĠordinamento costituzionale italiano, anche alla luce del bilanciamento con la libertˆ di manifestazione del pensiero, in astrid rassegna, n. 15/2018. (40) Appare significativo rimandare a quanto brillantemente puntualizzato da R. Bin, Democrazia e terrorismo, in Forum di Quaderni Costituzionali, 9 luglio 2007. (41) Per una ricognizione generale sul punto, A. MoRRone, Bilanciamento (giustizia costituzionale), in enciclopedia del diritto, Annali, 2008, ii, pp. 185 ss.; interessante  altres“ - nellĠottica del bilanciamento tra sicurezza e segretezza, da un lato, e diritti fondamentali, dallĠaltro lato -quanto efficacemente ricostruito in A. MoRRone, Il nomos del segreto di Stato, tra politica e Costituzione, in Forum di Quaderni Costituzionali, 22 dicembre 2009. (42) Corte cost., 24 maggio 1977, n. 86, par. 8 del Considerato in diritto; nello stesso senso - per altro senza soluzione di continuitˆ - Corte cost., 10 aprile 1998, n. 110, par. 5 del Considerato in diritto; Corte cost., 23 febbraio 2012, n. 40 par. 5 del Considerato in diritto; Corte cost., 13 febbraio 2014, n. 24, par. 5 del Considerato in diritto. (43) Corte cost., 23 febbraio 2012, n. 40, par. 5 del Considerato in diritto. (44) Corte cost., 23 febbraio 2012, n. 40, par. 5 del Considerato in diritto. ContRiButi Di DottRinA plissima discrezionalitˆ tecnica, propria, come giˆ scritto, di un provvedimento che pu˜ ben definirsi come un vero e proprio atto di alta amministrazione. nel solco dellĠautorevole giurisprudenza costituzionale, dellĠevoluzione dei provvedimenti normativi in materia di sicurezza, nonchŽ delle tristi problematiche connesse alle pi recenti e massicce ondate dei flussi migratori (45) -posto che non  affatto escluso, per il vero, che dietro lĠaccoglimento dei migranti possano ÔconfondersiĠ dei potenziali terroristi (46) ÔcopertiĠ dal sopravvenuto velo del vincolo matrimoniale con un ignaro cittadino italiano - cos“ intervenuto il consolidato e pressochŽ (ormai) cristallizzato orientamento del giudice Amministrativo in punto di diniego della concessione di cittadinanza per matrimonio nelle ipotesi di una sussistenza dei motivi di sicurezza: in ossequio al principio conclamante Salus rei Pubblicae suprema lex esto (47) la giurisprudenza amministrativa ha oramai arrestato il proprio sindacato giurisdizionale di legittimitˆ a semplici forme di mera verifica estrinseca e formale -limitata, cio, al giudizio sullĠastratta coerenza logica delle valutazioni compiute, nonchŽ sulla plausibile ragionevolezza (ovvero manifesta irragionevolezza) della decisone -del provvedimento ed evitando, altres“, di richiedere alla stessa Amministrazione pubblica procedente stringenti motivazioni e delle specifiche estrinsecazioni circa i singoli fatti e le peculiari circostanze apprezzate nel corso del procedimento istruttorio; cos“ da andare, in tal modo, il giudice Amministrativo ad accontentarsi di semplici -e molto generiche -indicazioni da parte dellĠAmministrazione sui comprovati motivi di sicurezza. il che, a ben riflettere, muove proprio dalla significativa ratio iuris - maturata, invero, in seno allĠevolutiva interpretazione estensiva dellĠelemento normativo della sicurezza repubblicana - sottesa al provvedimento di diniego della cittadinanza per motivi di sicurezza (quale atto di alta amministrazione), posto che il rigetto della concessione deve intendersi come una decisone amministrativa in cui lĠesercizio del potere concessorio della cittadinanza italiana (45) Cfr. F. PittAu, Immigrazione e criminalitˆ: cosa dicono i dati, in etnografia e ricerca qualitativa, n. 1/2010, pp. 119-126; e. StRinghettA, Il legame tra diritto dellĠimmigrazione e sicurezza nazionale, in www.tesionline.it. (46) g. CAMPeSi, Immigrazione: da questione sociale a minaccia per la sicurezza, in Dossier. emergenza immigrati: da Lampedusa a Bruxelles, istituto per gli Studi di Politica internazionale, 23 ottobre 2013; M. loMBARDi, Immigrazione e terrorismo, in Ventunesimo rapporto sulle migrazioni 2015, Milano, 2015, pp. 253-260; e. StRinghettA, Il legame tra diritto dellĠimmigrazione e sicurezza nazionale, in www.tesionline.it; M. VAlentini, Sicurezza della repubblica e democrazia costituzionale. Teoria generale e strategia di sicurezza nazionale, napoli, 2017. Pi diffusamente sul tema si rimanda a quanto pi recentemente sviluppato nel volume di AA.VV., Immigrazione e Terrorismo, in i. giuliAni - e. PAlMiSAno (a cura di), Rivista NoUS, n. 1/2018. (47) il brocardo, come sarˆ noto, risale a Marco tullio Cicerone, pi precisamente consacrato nel suo De Legibus (3,8), iV. Per unĠattuale ed attenta rivisitazione del principio in chiave pubblicistica, appare utile il rimando a V. teotoniCo, La scienza giuridica tra esigenze di innovazione e continuitˆ costituzionale, in rivista aIC, n. 2/2016. RASSegnA AVVoCAtuRA Dello StAto - n. 4/2018 deve essere assolutamente subordinato al soddisfacimento dellĠinteresse collettivo (48) della sicurezza nazionale: sicchŽ le recenti sentenze del Consiglio di Stato (49) sembrerebbero aver definitivamente consacrato e cristallizzato in materia di concessione della cittadinanza -il principio della prevalenza (assoluta) della fondamentale finalitˆ pubblica di garanzia e tutela della sicurezza della Repubblica nonchŽ, soprattutto, della strumentale ÔsalvaguardiaĠ della funzionalitˆ propria (sotto il profilo, cio, dei principi di efficacia ed efficienza) delle connesse, e preziose, attivitˆ amministrative di prevenzione, contrasto e di controllo dei soggetti potenzialmente pericolosi per la sicurezza nazionale; delle attivitˆ -quelle suindicate -che, come sarˆ ben noto, vengono preziosamente esercitate, in generale, dagli organi preposti alla sicurezza ed allĠordine pubblico, nonchŽ, specialmente (ratione materiae), dal Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica (50), cui compete, fondamentalmente, ÔprodurreĠ il Ônocciolo duroĠ (inevitabilmente avvinto, in sŽ, di segretezza) del materiale istruttorio necessario per il completo sereno ed adeguato apprezzamento tecnico che lĠAmministrazione pubblica procedente (rectius il Ministero dellĠinterno)  chiamata, concretamente, a dover compiere per valutare la sussistenza, nel caso specifico, dei comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica, preclusivi - per lĠappunto - dellĠottenimento della concessione della cittadinanza italiana. (48) é copiosa la recente giurisprudenza amministrativa sul punto, si rimanda in particolare al Cons. St., sez. i, Adunanza di sezione - parere reso in sede di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica - del 21 dicembre 2017, n. 2666; Cons. St., sez. iii, 25 gennaio 2018, n. 519; Cons. St., sez. iii, 29 maggio 2018, n. 3206; Cons. St., sez. i Ter, 18 giugno 2018, n. 6836. Da ultimo, ancora pi di recente ed a consolidamento dello stesso orientamento giurisprudenziale, tAR lazio, sez. i Ter, 5 luglio 2018, n. 7484. (49) Cons. St., sez. iii, 25 gennaio 2018, n. 519; Cons. St., sez. iii, 29 maggio 2018, n. 3206; Cons. St., sez. i Ter, 18 giugno 2018, n. 6836. (50) in questi precisi termini soprattutto il Supremo Consesso amministrativo, Cons. St., sez. iii, 25 gennaio 2018, n. 519; Cons. St., sez. iii, 29 maggio 2018, n. 3206; Cons. St., sez. i Ter, 18 giugno 2018, n. 6836. la letteratura in merito al Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica  davvero ampia, per questo - e senza alcuna pretesa di esaustivitˆ - siano consentiti soltanto gli utili e significativi richiami a C. MoSCA - g. SCAnDone - S. gAMBACuRtA - M. VAlentini, I Servizi di informazione e il segreto di Stato, Milano, 2008; t.F. giuPPoni, Le dimensioni costituzionali della sicurezza, Bologna, 2008; t. SCoVAzzi, La repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili della segretezza delle relazioni tra servizi informativi italiani e stranieri?, in rivista di Diritto Internazionale, n. 4/2009, pp. 959-992; M. luCiAni, Il segreto di Stato nellĠordinamento nazionale, in Il segreto di Stato. evoluzioni normative e giurisprudenziali, in Quaderno di intelligence-Gnosis, novembre 2011, pp. 9-25; A. VeDA- SChi, extraordinary renditions: esiste una giustizia transnazionale?, in rivista Diritto Pubblico comparato ed europeo, n. 4/2013, pp. 1255-1299; M. FRAnChini, alcune considerazioni sulle nuove competenze del Comitato parlamentare per la sicurezza della repubblica, in rivista aIC, n. 1/2014; A. Soi, LĠintelligence italiana a sette anni dalla riforma, in Forum di Quaderni Costituzionali, n. 8/2014, 3 settembre 2014; e. RinAlDi, arcana imperii, Il segreto di Stato nella forma di governo italiana, napoli, 2016; A. MitRotti, Brevi considerazioni sulla disciplina del segreto di Stato, in osservatorio aIC, n. 2/2018; M. CAligiuRi - M. VAlentini, Materiali di Intelligence, Dieci anni di studi 2007-2017, Soveria Mannelli, 2018. Finito di stampare nel mese di maggio 2019 Stabilimenti Tipografici Carlo Colombo S.p.A. Vicolo della Guardiola n. 22 - 00186 Roma