ANNO XVIII -N. 5 ANNO XVIII -N. 5 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1966 .. ABBONAMENTI ANNo ............................... . L. 5.000 UN NUMERO SEPARATO ................. . 900 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/40500 Stampato in Italia Printed in Ital:y Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (5214135) Roma, 1966 -Istituto Poligrafico dello Stato P. V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTH.UZIONALE 'E INT1ERNA ZIONALE pag. 973 Sezione seconda: GIURllSMUDENZA ZIONE SU QUESTINI DI GIURISDI)) 998 Sezione terza: GIURhSARUDENZA CIVlil.lE )) 1013 Sezione quarta: GIURISP,RUDENZA AMMINISTRATIVA )) 1054 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRl1BUTA:RIA )) 1067 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI Bl:ICHE, APPALTI E FORNl1TURE ACQUE PUB)) 1126 Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE )) 1174 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO RASSEGNA DI DOT11RINA pag. 227 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE )) 236 CONSULTAZIONI )) 262 NOTl'ZIARIO )) 273 La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO Le sezioni della parte prima sono curate, nell'ordine, dag.li avvocati: Michele Savarese, Benedetto Baccari, Franco Carusi, Ugo Gargiulo, Mario Fanelli, Giuseppe 1Del Greco, Antonino Terranova Le rassegne di dottrina e legislazione dagli avvocati: tuigi Mazzella e Arturo Marzano ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI BACCARI B., Poteri della pubblica Amministrazione e natura dell'interesse degli altri soggetti in relazione ai rapporti giuridici estinti . . , . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 1103 CARUSI F., Tutela giudiziaria del proprietario di immobile occupato sine titulo dalla p. a. e trasformato in opera pubblica ed atto espropriativo in senso materiale . I, 1047 FANELLI M., I.G.E. e c. I.G.E. all'importazione nelle disposizioni di favore per la ricostruzione del naviglio mercantile sinistrato per cause belliche . . . . . . . . . . . . I, 1091 FAVARA F., Non deducibilit dell'imposta sulle societ dai redditi di ricchezza mobile . . . . . . . . . . . . . . . I, 1113 CANANZI R., Note sull'attenuante di speciale tenuit del danno patrimoniale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 1174 INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICITA -Concessione e derivazione -Domanda di variante -Carttere sostanziale o non sostanziale delle variazioni richieste -Criteri di valutazione, 1130. -Concessione e derivazione -Domanda di variante -Valutazione dell'Amministrazione sul carattere sostanziale delle variazioni Discrezionalit -Sindacato di legittimit, 1130. -Concessione e derivazione -Domande concorrenti -Prevalenza -Criterio di valutazione, 1127. -Concessione e derivazione Provvedimento di ammissione ad istruttoria -Immediata impugnabilit in sede giurisdizionale, 1127. -Procedimento dinanzi ai Tribunali delle Acque -Ricorso giurisdizionale al Tribunale Superiore -Notifica, 1126. -V. anche Competenza e giurisdizione. AMMINISTRAZIONE DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI -Contabilit generale dello Stato Stipulazione dei contratti della P. A. -Contratti tra assenti Ammissibilit -Condizioni -Forma scritta ad substantiam Necessit, 1067. -V. anche Contabilitd Generale dello Stato. APPALTO -Appalto di opere pubbliche -Caso di forza maggiore -Cap. Gen. abrogato, l:lrt. 28 -Danni -Opere permanenti; opere provvisionali, che, per la loro natura e costo, non abbiano carattere accessorio; macchinari e mezzi di opere in genere -Compenso -Ammissibilit -Fattispecie (Centine), 1156. -Appalto di opere pubbliche Esecuzione -Maggiori oneri conseguenti a circostanze non previste -Art. 21, 22, 23 r.d. 25 maggio 1895, n. 350 -Esclusione Art. 1664, secondo comma c. c. Applicabilit -Equo compenso Determinazione -Criterio -Fattispecie, con nota di U. GARGIULO, 1134. -Appalto di opere pubbliche Esecuzione -Mezzi d'opera -Nozione -Distinzione -Difficolt non previste d'esecuzione -Articolo 1664 secondo comma c. c. Applicabilit, con nota di U. GARGIULO, 1134. -Appalto di opere pubbliche Esecuzione -Principio di collaborazione fra p.a. e appaltatore e comportamento secondo la comune diligenza -Inosservanza Limiti -Effetti, 1147. -Appalto di opere pubbliche Esecuzione -Sorpresa geologica Art. 1467 c. c. -Risoluzione del contratto -Inammissibilit -Articolo 1664 secondo comma c. c. Diritto ad un equo compenso Applicabilit, 1147. -Appalto di opere pubbliche Esecuzione -Sospensione -Diritto a un indennizzo e ai danni Limiti, 1147. -Appalto di opere pubbliche Fatti continuativi -Nozione Decadenza -Limiti, 1146. -Appalto di opere pubbliche Riserve -Necessit della tempestiva formulazione -Fatti attestati nei registri di contabilit Decadenza -Sussiste -Contestazioni attinenti alla generalit del lodo e calcolabili solo al mQmento della compilazione del conto finale -Decadenza -Inammissibilit, 1146. VI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Appalto di opere pubbliche -laudo -Approvazione del colRiserve -Registrazione provvisolaudo intervenuta in corso del ::::; ~I ' ria -Nozione -Decadenza -Inapgiudizio, prima della chiusura del plicabilit -Registrazione definicontraddittorio -Procedibilit, tiva e conto finale -Decadenza -con nota di U. GARGIULO, 1134. I Applicabilit, 1146. -Domanda di arbitrato -Tempo -Appalto di opere pubbliche -del giudizio arbitrale -Proposi I Ritardo nel pagamento del comzione prima dell'approvazione del penso corrisposto ai sensi delcollaudo -Condizioni: 1) urgenza l'art. 28 cap. gen. abr. -Interessi nella risoluzione della controverlegali -Natura -Decorrenza -sia, in rapporto alle condizioni Danni per svalutazione monetaeconomiche; 2) o accordo delle ria -Inammissibilit, 1157. parti; 3) o decisione definitiva della p.a. sulle riserve, con nota di U. GARGIULO, 1134. APPELLO -Mancata iscr1z10ne a ruolo da ASSICURAZIONI SOCIALI parte dell'appellante e dell'appellato nei termini di costituzione -Omesso versamento di contributi loro rispettivamente assegnati -I.N.P.S. -Previsione legislativa Conseguenze -Improcedibilit di prestazione di somma ag del gravame -Concetto -Esclugiuntiva -Illegitimit costitusione -Onere della riassunzione zionale -Esclusione, 974. nel termine di un anno dalla scadenza del termine stabilito per la costituzione del convenuto -ATTO AMMINISTRATIVO Sussiste, 1015. -Delega -Firma del Sottosegretario delegato -Omessa menzione della delega -Irrilevanza, 1064. APPROVVIGIONAMENTO E CONSUMI -Procedimento -Menzione degli adempienti procedurali -Quan -Gestione ammasso cereali -Asdo occorre, 1064. segnazione del grano ai molini e -V. anche Competenza e giurisdi degli sfarinati ai panifici e ai pa zione. stifici -Natura giuridica ed effetti, 1021. AVVOCATI E PROCURATORI ARBITRATO -Contributi per la Cassa nazionale di previdenza e assistenza -Non -Appalto di opere pubbliche ricevibilit degli atti sprovvisti Norme processuali -Ordinanza della relativa marca -Illegitti che assegna termini alle parti mit costituzionale, 978. per esibizione documenti e deposito memoria -Inosservanza Effetti, 1156. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Domanda arbitrale -Mancata notifica presso l'Avvocatura dello --Acque pubbliche -Contro Stato -Nullit, 1167. versie sulla consistenza dell'al -Domanda arbitrale Notifica veo -Competenza giurisdizionale, presso l'Amministrazione e non 1126. presso l'Avvocatura dello Stato -Atto amministrativo non tempe Validit, 1168. stivamente impugnato -Istanza -Domanda arbitrale -Tempo del di riesame -Obbligo della P.A. giudizio arbitrale -Proposizione di provvedere -Insussistenza prima dell'approvazione del col-Diffida -Silenzio della P .A. INDICE VII Impugnabilit -Esclusione -Revoca -Facolt della P.A. -Circolare che ne contempli l'esercizio -Irrilevanza -D.ifetto assoluto di giurisdizione, con nota di B. BACCARI, 1003. - Espropriazione per p.u. -Censure attinenti alla dichiarazione di p.u. -Ricorso contro decreto di esproprio tardivo -Competenza del C. di S., 1055. -Giurisdizione amministrativa e ordinaria -Discriminazione Criterio del petitum formale -Insufficienza -Diritti soggettivi Competenza del giudice ordinario -Contenuto e limiti, 1126. - Impiego pubblico -Giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato Limiti -Lesione dell'integrit fisica del pubblico dipendente per colpa della P .A. -Domanda di risarcimento dei danni -Giurisdizione del giudice ordinario, 998. -Impiego pubblico -Trasferimento -Diritto soggettivo dell'impiegato alla sede -Insussistenza Risarcimento dei danni -Esclusione -Annullamento dell'atto di trasferimento -Irrilevanza, 1002. -Procedimento di licitazione privata -Atto preparatorio viziato Giurisdizione amministrativa Sussistenza, 1012. - V. anche Acque pubbliche. CONCESSIONI AMMINISTRATIVE -Centrali del latte in concessione Servizio di raccolta, trattamento igienico e distribuzione del latte Obbligo del concessionario di operare per conto dei produttori -Esclusione -Acquisto del prodotto e rivendita -Liceit, 1086. - V. anche Acque pnbbliche. CONTABILIT GENERALE DELLO STATO -Crediti dello Stato -Potere dell'Amministrazione delle Finanze (Demanio) dello Stato di esigere i crediti di altre Amministrazioni statali affidatile per la riscossione -Sussistenza -Ipotesi, 1022. -V. anche Amministrazione dello Stato, Competenza e giurisdizione. CONTRATTI AGRARI -Limiti imposti dalla legge 12 giugno 1962, n. 567 -Violazione del principio di libert economica Insussistenza, 973. COSA GIUDICATA -Interpretazione del giudicato Giudicato esterno e giudicato interno -Sindacato della Corte di Cassazione -Differenza, 1002. -V. anche Imposte e tasse in genere. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -Decreti-legge -Mancata conversione in legge -Contestualit della regolamentazione dei rapporti gi sorti -Esclusione, 983. -Riserva di legge in materia tributaria -Incompatibilit con la retroattivit delle leggi tributarie Esclusione, 983. -Riserva di legge in materia di limiti all'iniziativa economica Legge sulla disciplina della riproduzione bovina -Attribuzione di competenza all'autorit amministrativa -Violazione della riserva di legge -Esclusione, 989. -V. anche Assicurazioni sociali, Avvocati e procuratori, Contratti agrari, Eccitamento al dispregio e vilipendio delle istituzioni, delle leggi e degli atti dell'autorit, Energia elettrica, Imposta generale sull'entrata, Locazione, Pena, Reato, Regione Siciliana, Ricorso straordinario al Capo dello Stato. DEMANIO E PATRIMONIO -Campi di tiro a segno -Devoluzione allo Stato senza compenso VIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Terreni di propriet di terzi Esclusione dalla devoluzione Necessit di apposita espropriazione verso corresponsione della relativa indennit, 1039. DOGANA - V. Ferrovie. ECCITAMENTO AL DISPREGIO E VILIPENDIO DELLE ISTITUZIONI, DELLE LEGGI E DEGLI ATTI DELL'AUTORIT -Pubblico Ufficiale -Istigazione al dispregio delle istituzioni -Violazione del principio di eguaglianza e della libert di pensiero -Esclusione, 996. ENERGIA ELETTRICA -Legge di nazionalizzazione -Divieto per le societ ex elettriche di distribuzione, per l'esercizio 1962 di dividendi superiori al 5,50 % -Contrasto con gli articoli 42 e 3 Cost. -Esclusione, 991. ESECUZIONE FORZATA -Pignoramento -Versamento da parte del debitore nelle mani dell'ufficiale giudiziario della somma per cui si procede e dell'importo delle spese con l'incarico di consegnarle al creditore -Efficacia liberatoria -Sussiste, 1032. ESPROPRIAZIONE PER P. U. -Espropriazione -Decreto prefettizio -Motivazione -Per relationem -Legittimit, 1054. - Espropriazione -Dichiarazione di p. u. -Motivazione -Fattispecie -Illegittimit, 1060. -Espropriazione -Edifici scolastici -Termini procedurali -Imposizione del vincolo sull'area, 1063. - Espropriazione -Edifici scolastici -Termini procedurali -Natura, 1063. -Espropriazione -Edilizia popolare ed economica -Alloggi UNRRA-CASAS per pubblici dipendenti -Legittimit dell'espropriazione, 1058. -Espropriazione -Edilizia popolare ed economica -Case per lavoratori agricoli -Espropriazione a favore dei destinatari della costruzione -Possibilit, 1062. -Espropriazione -Mezzi finanziari -Obbligo di indicazione -Artt. 4 e 51, 1. n. 2359 del 1865 -Opere a carico dello Stato -Non sussiste -Decreti ministeriali -Controllo della Corte dei Conti Esclusione, 1054. -Espropriazione -Procedimento Individuazione dell'area da espropriare -Fattispecie -Legittimit, 1063. -Espropriazione -Termini -Proroga -Limite temporale, 1065. -Espropriazione -Retrocessione Procedimento Pubblicazione dell'avviso ex art. 61 I. n. 2359 del 1865 -Retrocedibilit di un solo immobile -Notificazione individuale -Legittimit, 1065. -Espropriazione -Scelta dell'area -Esistenza di aree diverse Comparazione -Legittimit Fattispecie, 1063. -Espropriazione -Scelta dell'area Fatto nuovo -Necessit di una nuova scelta -Presupposti -Fattispecie -Insussistenza, 1063. Esp'ropriazione -Scelta dell'area -Offerta di altra area da parte dell'espropriato -Omessa valutazione -Illegittimit, 1062. -Espropriazione Termini Omessa specificazione termine di inizio delle espropriazioni e dei lavori -Illegittimit, 1060. -Espropriazione -Termini -Predeterminazione -Finalit -Inosservanza -Effetti -Distinzione, 1055. I ~~ -Espropriazione -Termini -Predeterminazione -Finalit -Inosservanza -Effetti -Distinzione Effetti nel caso di opera gi eseguita, 1058. ~ ~ ~ ~,,.~_..........,..,.,w~J w=utW:ttr=i:rJ.tf.fJWJfrt:~J.rt:~:~=~=~r:~~rrr:*rm~~iw4~ii&ttw&~~wrtw=I&M&wtt~J.rmirr;1#WJ~~tmt~tilirftt~=r:ttrr.{~~@~=~w11~r~1~t=::lf&tJ~tt&M?:~ft.rlrrr~ :~:;:;,:=~:::::~1.ar~1111~ INDICE IX -Espropriazione -Termini -Scadenza -Proroga -Emanazione del decreto di espropriazione Legittimit, 1057. -Espropriazione parziale -Concetto -Indennit -Criterio di liquidazione, 1133. -Occupazione temporanea -Procedimento -Occupazione ex art. 19 1. n. 1741 del 1933 -Rapporti con l'occupazione temporanea ex artt. 64 e segg. 1. n. 2359 del 1865, 1056. -Pubblicazione della dichiarazione di p. u. -Termine per la impugnazione -Persone direttamente contemplate -Mancanza di notifica -Non decorre termine, 1060. V. anche Competenza e .giurisdizione, Regione siciliana. FERROVIE -Condizioni e tariffe per i trasporti di cose -Prescrizione annuale - AziOni di indebito oggettivo che presuppongono la conclusione del contratto di trasporto -Applicabilit, con nota di F. ARGAN, 1013. -Corrispettivo supplementare per prestazioni fuori dell'ambito delle stazioni e dei circuiti doganali ;.. Effettivit delle prestazioni Necessit -Sussistenza, con nota di F. ARGAN, 1013. -Manipolazioni delle merci in occasione di operazioni doganali Dogane situate su aree delle Ferrovie -Competenza esclusiva delle FF.SS, -Altre dogane interne -Nozione -Corrispettivi d'uso dell'area di propriet delle Ferrovie -Misura ridotta, con nota di F. ARGAN, 1013. -Operazioni doganali -Utilizzazione di aree, magazzini e impianti dell'amministrazione ferroviaria -Compimento di parte delle operazioni doganali su area delle ferrovie -Percezione dei corrispettivi nella misura ridotta -Legittimit, con nota di F. ARGAN, 1013. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Controinteressato -In tema di concorso -Candidati vincitori ed idonei -Ricorso di concorrente idoneo non vincitore -Quando sono controinteressati, 1057. -Interesse processuale e sostanziale -Interesse sostanziale -Requisiti -Ai fini della proponibilit del ricorso al Consiglio di Stato -Semplice interesse privato -Insufficienza, 1058. -Ricorso giurisdizionale .,. Deposito dell'atto impugnato -Sanatoria -Inammissibilit, 1062. -Ricorso giurisdizionale -Motivi -Atto rinnovato a seguito di annullamento in s.g. -Limiti, 1054. -Ricorso giurisdizionale -Requisiti di ammissibilit Ricorrenza -Momento, 1130. GUERRA V. Pensioni. IMPIEGO PUBBLICO -Stipendi -Assegni e indennit Dipendenti Ministero Esteri Dipendenti inquadrati nel ruolo speciale transitorio -Retroattivit dell'inquadramento ~. Effetti sul trattamento economico, 1061. -Stipendi -Assegni e indennit Diritti acquisiti -Divieto della reformatio in peius -Fattispecie -Lesione -Sussiste, 1061. V. anche Competenza e giurisdizione. IMPOSTA DI REGISTRO -Acquisto di aree coperte da costruzioni -Agevolazioni tributarie, con nota di A. SALVATORI, 1107. -Agevolazioni per gli atti dell'Ente autonomo per l'Acquedotto Pugliese -Limiti -Applicabilit delle agevolazioni ad un atto relativo a mutuo contratto per far X RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO fronte agli oneri per la liquidazione di quiescenza al personale dell'Ente -Esclusione, 1079. -Beneficio della registrazione a tassa fissa -Decadenza dal beneficio per tardiva registrazione Si verifica, 1100. -Concessioni di pubblici servizi Servizio centralizzato di approvvigionamento ed immissione al consumo del latte -Determinazione dell'imponibile -Proventi lordi -Costi del latte acquistato dal concessionario presso i produttori -Concorre alla formazione dei proventi lordi, 1086. -Esenzione da registrazione degli atti processuali -Atti del procedimento di espropriazione presso terzi -Dichiarazione del terzo - Assoggettabilit all'imposta quale atto di riconoscimento di debito -Esclusione, 1102. -Imposta ipotecaria -Agevolazioni per i trasferimenti di case di nuova costruzione non di lusso -Legge regionale .siciliana 18 gennaio 1949, n. 2 -Applicabilit del beneficio alla costituzione di usufrutto -Esclusione, 1072. -Imposta ipotecaria -Agevolazioni per i trasferimenti di case di nuova costruzione non di lusso Legge regionale siciliana 28 aprile 1954, n. 11 -per l'estensione del beneficio agli atti di costituzione di usufrutto -Valore di interpretazione autentica rispetto alla precedente normativa Esclusione, 1072. -Tardiva registrazione -Ritardo giustificato da ragioni di forza maggiore -Rileva!nza per l'esclusione della sanzione della sopratassa a carico del notaio -Irrilevanza per la decadenza da benefici, 1100. -Trasferimento contestuale di immobili e mobili integrante unica pattuizione, con ripartizione del prezzo ai soli fini fiscali -Distinta applicabilit delle aliquote previste per i trasferimenti immobiliari e per quelli mobiliari -Esclusione, 1067. IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE -Accertamento -Concordato -Accertamento integrativo -Condizioni -Fattispecie in tema di omessa considerazione, in sede di concordato, di un reddito (avviamento per cessione di azienda) non compreso nel bilancio finale di liquidazione di una societ, 1070. -Avanzi annuali di gestione degli enti comunali di consumo -Imponibilit -Esclusione, 1082. -Spese inerenti alla produzione del reddito -Spesa per il pagamento dell'imposta sulle societ -Non deducibile, con nota di F. FAVARA, 1113. IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Addizionale del 20 % sugli atti economici posti in essere fra il 31 agosto 1964 ed il 24 settembre 1964 -Violazione degli articoli 3 e 53 Cost. -Esclusione, 983. - Imposta sulle merci importate ( Art. 17 1. 19 giugno 1940, n. 762) -Esenzioni dall'ig.e. per i pagamenti relativi a costruzioni e riparazioni navali per la ricostruzione del naviglio sinistrato per cause di guerra -Applicabilit dell'esenzione anche per l'imposta sulle merci importate, per materiali destinati alle dette costruzioni e riparazioni, con nota di M. FANELLI, 1091. IMPOSTA IPOTECARIA -Iscrizione e cancellazione di ipoteca -Determinazione dell'imponibile con riguardo agli inte ressi sul capitale garantito Computo degli interessi per la durata della garanzia legale Condizioni, 1073. 1~ IMPOSTE E TASSE IN GENERE -I - Imposte periodiche Imposta di r.m. -Accertamento -Cosa giu- I ~ 11[9"Z""%%~W#%~///.':'z1''':f.::"/.'%':'<:-'{-W.;:WPiW'="""WU//.q////.'/h?"Q.NHH///.'/.<":;-'U/m/ij//UUfm~ z ,,, , .. ,,_. - INDICE XI dicata -Giudicato relativo a un periodo di imposta e concernente la tassabilit del reddito Estensibilit ad altri periodi di imposta -Esclusione, 1083. -Norma che disponga agevolazioni -Interpretazione estensiva Limiti, 1079. IMPUGNAZIONE -Pluralit di impugnazioni contro la stessa sentenza -Conversione dell'impugnazione principale successiva in impugnazione incidentale -Esigenza del e simultaneus processus -Portata, 1015. IPOTECA -Negozio ipotecario ed atto di concessione di ipoteca -Differenza Unilateralit dell'atto di concessione di ipoteca, 1073. LAVORO -Riposo settimanale -Nozione Riposo concesso dopo pi di sei giorni lavorativi anche se nel ciclo di ogni settimana -Illiceit, I. F. CARAMAZZA, 1177: LOCAZIONE -Immobili adibiti all'esercizio di attivit commerciali o artigiane Tutela dell'avviamento -Facolt di proroga del contratto -Violazione dell'art. 42, secondo comma, Cost. -Insussistenza, 973. OBBLIGAZIONI E CONTRATTI -Notaio e atto notarile -Legge notarile del Canton Ticino -Divieto al notaio di rogare atti per societ di cui sia amministratore -Atti contenenti dichiarazioni unilaterali di un terzo verso la societ di cui il notaio rogante sia amministratore -Nullit -Esclusione, 1073. V. anche Appalto, Prescrizione, Responsabilit civile. OCCUPAZIONE -Occupazione d'urgenza di suoli occorrenti per l'esecuzione, con fondi anticipati dalla Cassa per il Mezzogiorno di opera pubblica comunale a cura dello stesso Comune affidatario a norma della legge speciale per Napoli 9 aprile 1953, n. 297 -Protrazione ultrabiennale senza titolo dell'occupazione -Azione giudiziaria proposta dai proprietari del suolo, trasformati in sede stabile dall'opera pubblica, per ottenere la restituzione degli immobili o in mancanza il risarcimento dei danni -Qualificazione giuridica -Azione reale, di revindica e non personale di risarcimento dei danni -Conseguenze in ordine alla legittimazione passiva -Fattispecie, con nota di F. CARUSI, 1046. OPERE PUBBLICHE V. Appalto, Arbitrato. PENA -Obbligo di soggiorno -Illegittimit costituzionale -Insussistenza, 974. PENSIONI -Pensioni di guerra -Esclusione del diritto dei figli adulterini Contrasto con gli artt. 38, 30, 3 della Costituzione -Esclusione, 990. PRESCRIZIONE -Prescrizione del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito -Fatto previsto dalla legge come reato -Determinazione della prescrizione pi lunga stabilita per il reato, al fine della sua applicazione all'azione civile -Ipotesi di concorso formale di reati -Necessit di considerare il fatto-reato in s, indipendentemente dall'evento plurimo RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO XII Fattispecie di reato di disastro ferroviario colposo produttivo anche della morte di pi persone, 1035. PROCEDIMENTO CIVILE Consulenza tecnica di ufficio Potest del giudice di merito di discostarsi dalle conclusioni del consulente tecnico -Dovere di motivazione -Sussiste, 1018. -Natura della controversia -Individuazione delle norme di rito applicabili -Necessit di riferimento all'impostazione data alla controversia dalla parte ed alla configurazione attribuitale dal giudice di merito -Fattispecie, 1026. -Sospensione dei termini processuali stabiliti per il compimento di atti richiedenti l'opera di avvocato o di procuratore disposta dalla 1. 14 luglio 1965, n. 818 -Esclusione della sospensione per le cause relative a controversie (individuali) di lavoiro Sussiste, 1026. -Termine processuale -Sospensione del periodo estivo -Nozione -Termine parzialmente decorso prima dell'entrata in vigore della legge n. 818 del 1965 Effetti, 1027. V. anche Acque pubbliche, Appello. REATO -Propaganda per la restaurazione violenta della dittatura e per la distruzione del sentimento nazionale -Contrasto con la libert di manifestazione del pensiero Sussistenza solo per la seconda ipotesi, 980. -Reato in genere -Attenuanti comuni -Tenuit del danno -Criteri di valutazione, con nota di R. CANANZI, 1174. REGIONE SICILIANA -Legge istitutiva dell'azienda speciale autonoma regionale -Man cata copertura di maggiori spe se -Contrasto con l'art. 81 della I Costituzione - Illegittimit costi ~ tuzionale, 995. fil Legge istitutiva dell'Azienda speciale della'utoparco regionale Delega al Governo di regolare alcune materie -Contrasto con l'art. 12 dello Statuto -Insussistenza, 994. -Legge singolare espropriativa - Mancanza di termini di espro- I priazione ed esecuzione dell'opera -Contrasto con il principio dell'interesse geenrale -Illegittimit costituzionale, 988. -Mancata fissazione dei termini in legge espropriativa -Fissazione dei termini da parte dell'autorit amministrativa -ImpossibiHt, 988. REQUISIZIONE -Requisizioni alleate -Indennizzo per danni immediati e diretti ad immobili -Liquidazione -Criteri, 1024. -Requisizioni alleate -Indennizzo per danni immediati e diretti ad immobili -Liquidazioen giudiziale dopo l'esperimento del procedimento amministrativo -Interessi -Natura e decorrenza, 1024. RESPONSABILITA CIVILE -Responsabilit della P. A. -Incidente occorso a un dipendente di un Ministero per scontro fra due autoveicoli dello stesso Ministero -Risarcimento del danno e pensione privilegiata -Cumulabilit -Sussiste, 1043. -Risarcimento del danno -Danni che si proiettano nel futuro -Liquidazione -Criteri, 1043. -Risarcimento del danno -Liquidazione - Compensatio lucri cum damno -Applicazione Presupposto, 1043. ( I . - INDICE XIII RICORSI AMMINISTRATIVI -Ricorso gerarchico -Decisione Annullamento -Effetti sull'atto dell'autorit inferiore, 1059. -Ricorso gerarchico -Decisione Annullamento -Fattispecie -In tema di licenza edilizia -Rinnovazione -Competenza, 1059. -Ricorso gerarchico -Decisione Competenza -Sottosegretario delegato -Legittimit, 1064. RICORSO STRAORDINARIO AL CAPO DELLO STATO -Alternativit con il ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato -Questione di legittimit costituzionale -Infondatezza, 975. SENTENZA -Interpretazione -Valutazione del contenuto dispositivo in correlazione alla parte motiva, con nota di F. ARGAN, 1013. SPESE GIUDIZIALI -Compensazione -Facolt discrezionale del giudice di me:dto Insindacabilit in sede di legittimit fuori dell'ipotesi di condanna della parte totalmente vittoriosa, con nota di F. ARGAN, 1013. -Giusti motivi per la compensazione totale o parziale -Apprezzamento discrezionale del giudice di merito -Limite costituito dalla totale soccombenza di una delle parti -Sussiste, 1018. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 10 giugno 1966, n. 65 . pag. 973 21 giugno 1966, n. 73 . 973 21 giugno 1966, n. 75 . 974 21 giugno 1966, n. 76 . 974 2 lug1io 1966, n. 78 . 975 2 luglio 1966, n. 82 . 978 6 luglio 1966, n. 87 . 980 6 luglio 1966, n. 89 . 983 6 luglio 1966, n. 90 . 988 6 luglio 1966, n. 91 . 989 6 luglio 1966, n. 92 . 990 11 luglio 1966, n. 94 . 991 11 luglio 1966, n. 96 . 994 11 luglio 1966, n. 100 . 995 GIURISDIZIONI. CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 5 aprile 1966, n. 889 pag. 1013 Sez. I, 6 aprile 1966, n. 905 1067 Sez. Un., 12 aprile 1966, n. 939 1015 Sez. I, 21 aprile 1966, n. 1010 1070 Sez. Un., 3 maggio 1966, n. 1111 998 Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1343 . . . . . . . . . . . . . . 1072 Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1345 (in nota a Cass. 25 maggio 1966, n. 1343) . . . . .... 1073 Sez. I, 28 maggio 1966, n. 1389 1073 Sez. I, 28 maggio 1966, n. 1393 1073 Sez. I, 28 maggio 1966, n. 1397 1082 Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1413 1018 Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1419 . . . . . . . . . . . . . 1002 Sez. I, 31 maggio 1966, n. 1452 (in nota Cass. 28 maggio 1966, n. 1389) . . ..... . 1074 Sez. I, 22 giugno 1966, n. 1598 1083 Sz. I, 25 giugno 1966, n. 1616 1021 Sez. I, 8 luglio 1966, n. 1794 . 1022 Sez. I, 8 luglio 1966, n. 1797 . 1086 Sez. I, 11 luglio 1966, n. 1831 . 1091 Sez. Un., 12 luglio 1966, n. 1846 . 1003 Sez. III, 13 luglio 1966, n. 1869 . . . . . . . . . . 1027 Sez. I, 15 luglio 1966, n. 1900 (in nota a Cass. 11 luglio 1966, n. 1831) . . . . . ................ . 1091 INDICE xv Sez. I, 15 luglio 1966, n. 1901 (in nota a Cass. 11 luglio 1966, n. 1831) . . . . . . . . . pag. 1091 Sez. Un., 22 luglio 1966, n. 1991 1026 Sez. I, 26 luglio 1966, n. 2067 . . 1100 Sez. III, 28 luglio 1966, n. 2092 . 1032 Sez. Un., 13 agosto 1966, n. 2216 1012 Sez. I, 6 settembre 1966, n. 2323 . 1102 Sez. III, 6 settembre 1966, n. 2326 1035 Sez. I, 10 ottobre 1966, n. 2431 . 1039 Sez. III, 17 ottobre 1966, n. 2491 . 1043 Sez. I, 25 ottobre 1966, n. 2581 . . . . . . . . 1107 Sez. I, 26 ottobre 1966, n. 2608 (in nota a Cass. 25 maggio 1966, n. 1343) . . . . . . . . . . . . . . . . . ..... 1073 CORTE DI APPELLO Firenze, Sez. I, 18 febbraio 1966, n. 163 . . . . . . . . . . . pag. 1113 Milano, Sez. I, 6 settembre 1966 (in nota -postilla ad App. Firenze 18 febbraio 1966) . . . . . . . . . . . . . . . . 1124 TRIBUNALE Napoli, Sez. I, 4 maggio 1966, n. 2862 . . . . . . . . . . pag. 1046 Napoli, 24 marzo 1966, n. 1924 (in nota a Trib. Napoli Sez. I, 4 maggio 1966, n. 2862) . . . . . . . . . . . . . . . 1047 Napoli, 20 aprile 1966, n. 2516 (in nota a Trib. Napoli Sez. I, 4 maggio 1966, n. 2862) . . . . . . . . . . . . . . . 1047 Napoli, 2 maggio 1966, n. 2817 (in nota a Trib. Napoli, Sez. I, 4 maggio 1966, n. 2862) . . . . . . . . . . . . . . . 1047 Napoli, 11 maggio 1966, n. 3062 (in nota a Trib. Napoli Sez. I, 4 maggio 1966, n. 2862) . . . . . . . . . . . . . . . 1047 Napoli, 11 maggio 1966, n. 3064 (in nota a Trib. Napoli Sez. I, 4 maggio 1966, n. 2862) . . . . . . . . . . . . . . . 1047 TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE; 7 maggio 1966, n. 13 pag. 1126 1 giugno 1966, n. 16 1127 8 giugno 1966, n. 18 1130 5 agosto 1966, n. 23 1133 LODI ARBITRALI 12 giugno 1965, n. 41 (Roma) . pag. 1168 23 febbraio 1966, n. 10 (Roma) 1134 1 marzo 1966, n. 11 (Roma) . 1146 25 marzo 1966, n. 14 (Roma) 1156 16 giugno 1966, n. 32 (Roma) . 1146 20 giugno 1966, n. 35 (Roma) 1167 - RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO XVI ..)~ GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE II . CONSIGLIO DI STATO pag. 1054 Ad. Plen., 6 giugno 1966, n. 13 d 1055 Ad. Plen., 6 giugno 1966, n. 15 1056 Ad. Plen., 8 giugno 1966, n. 16 1057 Ad. Plen., 11 luglio 1966, n. 18 1057 Sez. IV, 1 giugno 1966, n. 476 . 1058 Sez. IV, 1 giugno 1966, n. 478 . 1059 Sez. IV, 1 giugno 1966, n. 480 . 1060 Sez. IV, 8 giugno 1966, n. 496 . 1061 Sez. IV, 8 giugno 1966, n. 498 . 1062 Sez. IV, 15 giugno 1966, n. 514 1063 Sez. IV, 15 giugno 1966, n. 524 1064 Sez. IV, 15 giugno 1966, n. 531 1065 Sez. IV, 6 luglio 1966, n. 571 1065 Sez. IV, 13 luglio 1966, n. 587 . GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE pag. 1174 Sez. II, 15 novembre 1965, n. 1586 1177 Sez. III, 1 giugno 1966, n. 840 . . SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA s. CRISAFULLI, BUSCEMI, La viabilit pubblica nel diritto, vol. I, Argalia, Urbino, 1965, pagg. 338 . . . . . . . . . . . pag. 227 P. VmGA, La tutela giurisdizionale nei confronti della Pubblica Amministrazione, Giuffr, Milano, pagg, 526 . . . . . . . 228 SEGNALAZIONI P. BARILE, Delegazioni legislative esauritesi anteriormente alla Costituzione Repubblicana e competenza della Corte Costituzionale, Giur. Cast., 1966, 37 . . . . . . . . . . . . . 230 V. BAROSIO, Il divieto di pubblica1e atti e documenti relativi ad una istruzione penale e la sua compatibiit con gli artt. 3 e 21 della Costituzione, Giur. Cast., 1966, 176 . . . . . . . 231 N. DISTASIO, I contratti in generale, U.T.E.T., Torino, 1966 . . . 231 G. FAZIO, La delega amministrativa ed i rapporti di delegazione, Giuffr, Milano, 1964, pagg. 241 . . . . . . . . . 232 F. FORTE, Sul problema della costituzionalit di imposte retroattive, Giur. it., 1966, I, 1, 962 . . . . . . . . . 232 E. GUICCIARDI, Questioni conseguenti all'annullamento di licenza edilizia, Giur. It., 1966, III, 129 . . . . . . . . . . 233 A. MoNTEL, Responsabilit civile e danno, Campobasso, 1966 . . 234 L. MoNTESANO, L'oggetto del giudizio costituzionale e l'interpretazione giudiziaria delle leggi, Giur. it., 1966, V, 49 . . . . 234 S. SPATARO, Commento teorico-pratico alla legge sull'ordinamento amministrativo degli enti locali in Sicilia, Giuffr, Milano, 1964, pagg. 427 . . . . . . . . . . . . . . . . 235 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE DISEGNI E PROPOSTE DI LEGGE Disegno di legge n. 3130 (Senato) -Modificazioni alle norme sul contenuto elettorale amministrativo . . . . . . . . pag. 236 LEGGI E DECRETI (segnalazioni) . . . . . . 246 NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE -Norme delle quali stato promosso giudizio di legittimit costituzionale: codice di procedura civile, art. 293 . 247 codice di procedura civile, art. 294 . 247 XVIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice penale, art. 505 pag. 247 codice penale, art. 559 247 codice di procedura penale, art. 74, art. 398 248 codice di procedura penale, art. 376 248 codice di procedura penale, art. 398, III comma . 248 codice di procedura penale, art. 398 248 codice di procedura penale, art. 503, ultimo comma . 249 codice di procedura penale, art. 592 e art. 152, secon do comma . 249 codice di procedura penale, articoli di cui al libro terzo, titolo I, titolo II, capo I, capo II, e capo III . 249 codice penale militare di pace, art. 28, I comma, n. 2 249 legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, art. 317, II comma 249 r. d. 31 ottobre 1873, n. 1687, artt. 51, quinto comma, eM ~ r. d. 21 febbraio 1895, n. 70, art. 54, n. 4 250 r. d. 21 febbraio 1895, n. 70, art. 183, lettera b) . 250 r. d. 21 febbraio 1895, n. 70 art. 183, lettera c) 250 r. d. 21 febbraio 1895, n. 70 art. 183, lettera d) . 251 r. d. 16 luglio 1905, n. 646 art. 20, quarto e quinto comma. 251 r. d. 12 febbraio 1911, n. 297, art. 160 251 r. d. 4 febbraio 1915, n. 148, art. 149 251 r. d. 1. 18 giugno 1931, n. 773, art. 68 252 r. d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 156 252 r. d. 17 agosto 1935, n. 1765, art. 28 252 r. d. 1. 3 giugno 1938, n. 1032, art. 1 253 r. d. 1. 3 giugno 1938, n. 1032, art. 3 253 legge 5 gennaio 1939, n. 84 253 legge 5 gennaio 1939, n. 84 253 legge 29 giugno 1939, n. 1497, art. 15, quarto comma 254 r. d. 1. 9 gennaio 1940, n. 2 art. 52 254 r. d. 6 maggio 1940, n. 635, art. 285 e 286 . 254 legge 19 giugno 1940, n. 762 254 d. lg. lgt. 8 marzo 1945, n. 90 255 d. lg. lgt. 12 aprile 1945, n. 203, art. 1 255 d. P. R. 19 maggio 1949, n. 250, art. 55 255 d. P. R. 5 aprile 1951, n. 203, art. 86 255 d. P.R. 26 aprile 1957, n. 818, .art. 12, primo comma 256 legge prov. Bolzano 24 luglio 1957, n. 8, art. 15, secondo comma 256 d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 136, lettera b) 256 d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 206 257 d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 211 257 d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 83, terzo comma 257 d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032, articolo unico 257 d. P. R. Reg. sic. 20 agosto 1960, n. 3, art. 70 258 d. P. R. 25 settembre 1960, n. 1433, articolo unico . 258 d. P. R. 16 gennaio 1961, n. 145, articolo unico 258 legge 26 gennaio 1961, n. 29, e in particolare, articoli 1 e 4 259 legge 19 luglio 1961, n. 659, art. 5, secondo comma 259 legge 28 marzo 1962, n. 147 259 legge 5 agosto 1962, n. 1257, artt. 21-27 259 INDICE XIX legge 9 ottobre 1964, n. 991 . . . . pag. 260 d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 . 260 legge 3 giugno 1966, n. 331, art. 16 260 d. P. R. 4 giugno 1966, n. 332, art. 14 . 260 d. P. R. 4 giugno 1966, n. 332, art. 16 260 legge reg. sic. approv. 14 luglio 1966 261 legge reg. sic. approv. 14 luglio 1966 261 legge reg. sic. approv. 19 luglio 1966 261 legge reg. sic. approv. 20 luglio 1966 261 legge reg. sic. approv. 21 luglio 1966 261 INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) Acque pubbliche pag. 262 Impiego publico pag. 266 Aereonautica ed Ae-Importazione ed esporreomobili 262 tazione 267 Amministrazione pub-Imposta di bollo 267 blica 262 Imposta di registro 267 Imposta di successio- Appalto 263 ne 268 Avvocati e procuratori 263 Imposta Generale sul- Competenza e giurisdi l'entrata . 268 zione 263 Imposte e tasse 268 Comuni e provincie 264 Mezzogiorno . 269 Concessioni ammini- Opere pubbliche 270 strative 264 Pensioni . 270 Contabilit Generale Poste e telecomunica- dello Stato . 264 zioni 270 Contributi 1e finanzia- Prescrizione 270 menti . 264 Rapporto di lavoro 271 Dazi doganali 264 Regioni . 271 Edilizia Economica e Requisizione 271 . popolare . 265 Responsabilit civile 271 Elettricit ed elettro-Servit 272 dotti 265 Societ 272 Espropriazione per p.u. 266 Successione 272 Fallimento . 266 Trasporti 272 NOTIZIARIO Convegno di studi . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 273 II I I #. ~ PARTE PRIMA 3 GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 10 giugno 1966, n. 65 -Pres. Ambrosini - Rel. Sandulli -Ricovero di mendicit Vittorio Emanuele II (n. c.) c. Montaguti (n. c.) e Presidente cons. Ministri (sost. avv. gen. Stato Tracanna). Contratti agrari -Limiti imposti dalla legge 12 giugno 1962 n. 567 Violazione del principio di libert economica -Insussistenza. (Cost., artt. 41 e 42; 12 giugno 1962, n. 567). Le limitazioni imposte dalla legge 12 giugno 1962, n. 561, alla autonomia privata nella stipulazione e nella applicazione dei contratti di affitto di fondi rustici, in quanto volte ad assicurare l'equitd delle prestazioni a carico dell'affittuario nonch la buona conduzione dei fondi, non contrastano con i pi:incipi stabiliti negli artt. 41 e 42 della Costituzione (1). (1) Giudizio promosso con ordinanza del Tribunale di Bologna, 18 luglio 1964, publicata in Gazzetta Ufficiale del 28 agosto 1965, n. 216. La questione della legittimit costituzionale della legge 12 giugno 1962, n. 567, era stata gi esaminata, se pure sotto particolari profili, dalla Corte, che, con sentenza 23 maggio 1964, n. 40, giudic in conformit alla presente pronuncia (in questa Rassegna, 1964, I, 453). CORTE COSTITUZIONALE, 21 giugno 1966, n. 73 -Pres. Ambrosini - Rel. Jaeger -Pignatelli (n. c.) c. Marziotti (n. c.) e Presidente Consiglio Ministri (Sost. avv. gen. Stato Agr). Locazione -Immobili adibiti all'esercizio di attivit commerciali o artigiane -Tutela dell'avviamento -Facolt di proroga del contratto -Violazione dell'art. 42, secondo comma, Cost. -Insussistenza. (Cost., art. 42, secondo comma; t 27 gennaio 1963, n. 19, art. 4, ultimo comma). infondata la questione di legittimitd costituzionale dell'art. 4, ultimo comma, della legge 21 gennaio 1963, n. 19, sulla tutela giuridica dell'avviamento commerciale, giacch la proroga biennale della locazione, che il conduttore pu chiedere in sostituzione del compenso per la 974 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO perdita deU'avviamento, subordinata all'accordo delle parti, e non comporta, quindi, alcuna compressione del diTitto di propriet, in violazione deU'art. 42, secondo comma, della Costituzione (1). (1) Gidizio promosso con ordinanza emessa il 16 marzo 1965 dal Pretore di Nard, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 159 del 19 giugno 1965. Sll'istituto della proroga biennale della locazione nella legge sll'avviamento commerciale, si veda la nota di N. CovIELLO, alla ordinanza del Pretore di Nard, in Foro it., 1966, I, 780, con richiami di dottrina e giurisprudenza. CORTE COSTITUZIONALE, 21 giugno 1966, n. 75 -Pres. Ambrosini - Rel. Petrocelli -D'Addorio e altro (n. c.) c. Presidente Consiglio Ministri (Sost. avv. Gen. Stato Chiarotti). Pena -Obbligo di soggiorno -Illegittimit costituzionate -Insussistenza. (Cost., artt. 2, 3, primo comma, 32 primo comma; l. 27 dicembre 1956, n. 1423, artt. 3, ultimo comma, e 12, primo comma). L'obbligo del soggiorno, con la relativa sanzione per la trasgressione, stabilita dagli artt. 3, ultimo comma e 12, primo comma, della legge 27 dicembre 1966, n. 1423, a carico delle persone particolarmente pericolose per la sicurezza e la pubblica moralit, non contrasta con i principi stabiLiti dagli artt. 2, 3 primo comma e 32 primo comma, della Costituzione (1). (1) Questione sollevata dal Pretore di Larino con ordinanza 4 maggio 1965, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 216 del 28 agosto 1965. Sull'argomento, ampiamente, si veda I Giudizi di Costituzionalit negli anni 1961-1965, Vol. I, 126 e segg. CORTE COSTITUZIONALE, 21 giugno 1966, n. 76 -Pres. Ambrosini - Rel. Iaeger I.N.P.S. (avv. Giorgi) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Foligno). Assicurazioni sociali -Omesso versamento di contributi I.N.P.S. Previsione legislativa di prestazione di somma aggiuntiva Illegittimit costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 23, 24 primo comma, 53; r. d. 4 ottobre 1935, n. 1827; artt. 111, n. 2, ultimo comma e 112; I. 4 aprile 1952, n. 218, art. 23). infondata la questione di legittimit costituzionale delle norme contenute negli artt. 111, n. 2 e ultimo comma, e 112 del r. d.. 4 otto PARTE I, S:Ez, I, .GIURIS, .COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 975 bre l935; n. 1827 (ora art. 22 deila legge 4 aprile 1952, n. 218), le quali prevedono che il datore di lavoro che non abbia provveduto al pagamento dei contributi assicurativi obbligatori, debba versare una .s.omma aggiuntiva a titolo di sanzione. amministrativa, che si pu ridurre ad opera del Comitato esecutivo deU'I.N.P.S., quando sia pl'.esentata domanda di obiazione, in riferimento agli artt. 3, .23, 24 primo comma, 53 della Costituzione. Invero, versandosi in materia di assfourazioni obbligatorie che importano pe1 l'Ente previdenziale i~obb.ligo delle '.P'l'estazioni anche se il contributo non sia stato pagato, conforme a legge colpire con una sanzione amministrativa gli inadempienti, al fine di garantire l'Ente stesso dell'afflusso regolare dei contributi, necessari per fronteggiare l'obbligo delle prestazioni previdenziali (1). (1) J,a questione ha tratto origine dalle ordinanze: 24 giugno 1965 del Pre~ore di Civitacastellana (Gazzetta Ufficiale 31 luglio 1965, n. 191); 28 giugno 1965 del Pretore di Filadelfia (Gazzetta Ufficiale 4 settembre 1965, n. 223); 19 giugno 1965 del Tribunale di Rovereto (Gazzetta Ufficiale 4 settembre 1965, n. 223). Sulla legittimit costituzionale delle sanzioni amministrative si veda anche la sentenza della Corte 6 dicembre 1965, n. 76 in questa Rassegna, 1965, I, 1105, in materia di sopratasse per la ritardata corresponsione della imposta complementare di registro. CORTE COSTITUZIONALE, 2 luglio 1966, n. 78 -Pres. Ambrosini - Rel. Fragali -Spaziani (avv. Antolini) c. Ministero Finanze (sost. avv. gen. Stato Vitucci). Ricorso straordinario al Capo dello Stato -Alternativit con il ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato -Questione di legittimit costituzionale -Infondatezza. (Cost., art. 113; t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 34, secondo e terzo comma). infondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 34, 20 e 3 comma, del t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, in relazione all;art. 113 Cast., per quanto concerne il principio della alternativit del ricorso straordinario al Capo dello Stato con il ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato (1). (1) :La attesa p1onunzia ha tratto origine dalla ordinanza emessa il 29 ottobre 1964 dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 78 del 27 marzo 1965, ed in questa Rassegna, 1964, I, 1059. Gi con sentenza del 1 febraio 1964, n. 1, la Corte si pronunci sulla illegittimit costituzionale delle norme oggetto della odierna decisione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 976 (Omissis). -Nel merito, questa Corte ritiene che le norme denunciate non escludono n attenuano la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi lesi da un atto amministrativo. Esse regolano il concorso di due rimedi giuridici avverso un medesimo atto; e lo regolano permettendo all'interessato una scelta fra i medesimi, sulla base di una valutazione di convenienza. Quando l'interessato preferisce proporre ricorso straordinario, egli stesso che ritiene di poter prescindere dalla tutela giurisdizionale, cosi come ritiene di farne a meno quando lascia decorrere il termine stabilito per invocarla. Le norme denunciate cio offrono una alternativa che sollecita l'autonomia soggettiva, e, cosi essendo, non intaccano il precetto costituzionale che garantisce quella tutela, perch esso non obbliga lo interessato a rivolgere la sua autonomia unicamente nel senso dello esperimento della protezione assicurata: concetti simili ha espresso la Corte nella sua sentenza 5 febbraio 1963, n. 2, la quale ha pure rilevato che l'art. 113 non impedisce alla legge ordinaria di regolare lo esercizio della tutela giurisdizionale nei modi e con la efficacia che pi aderisca alle singole situazioni, purch quell'esercizio non sia reso estremamente difficile o puramente apparente (v. anche sentenze 16 dicembre 1964, n. 118 e 3 luglio 1962, n. 87). Ai fini della questione, non importa conoscere per qual motivo l'ordinamento non ammette il ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato quando sia stato proposto quello straordinario: il sistema peraltro appare in logica coerenza con il fatto che il ricorso straordinario ammissibile anche quando non lo sia pi il ricorso giurisdizionale per il decorso del termine assegnato per il suo esperimento. Importa soltanto rilevare che il principio contestato, dando alla parte piena libert di adire alla tutela giurisdizionale, e facendo dipendere dalla libera determinazione di lei la decadenza da quella tutela, non la rende n impossibile, n difficile, n fittizia: la legge anzi offre, in seno allo stesso ordinamento amministrativo, una protezione ai diritti soggettivi o agli interessi legittimi, che si aggiunge a quella giurisdizionale quando la parte ritiene sotto il profilo della carenza di tutela giurisdizionale causata dalla proposizione del ricorso straordinario nei confronti dei controinteressati (sentenza publicata e annotata in questa Rassegna, 1964, I, 3). Questa prima decisione aveva fatto intravedere la eventualit di una declaratoria di illegittimit costituzionale dell'intero art. 34 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054. Con la sentenza n. 78, invece, la Corte espressamente limitando la sua indagine al secondo e terzo comma del suddetto articolo, ha risolto in senso affermativo la questione di legittimit costituzionale del ricorso straordinario soltanto sotto il profilo del principio di alternativit tra questo e il ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato. La questione della incostituzionalit del ricorso straordinario era stata pi volte sollevata da larga parte della dottrina ricordata anche su questa Rassegna: si veda, con la nota sopra indicata, riferimenti in essa richiamati. ! PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 977 di poterne fare a meno o da essa decaduta. E in questo senso essa aumenta la possibilit di reazioni contro l'atto amministrativo illegittimo. La sostanza del sistema desumibile dalle norme denunciate che la proposizione del ricorso straordinario ha il medesimo effetto del decorso del termine prescritto per la presentazione del ricorso giurisdi. zionale: la perdita del diritto a questo rimedio si produce prima del tempo ordinario a sguito di un atto volontario al quale si addiviene nella consapevolezza del valore che vi ha dato la legge, perch questo valore non pu non essere presente a colui che utilizza il dettato della norma dalla quale l'effetto deriva. Non conta il motivo per cui l'interessato addiviene alla scelta, cos come non conta la causa dell'inutile decorso del termine fissato per l'esperimento della tutela giurisdizionale; non conta nemmeno qualificare la situazione giuridica che si determina mediante la proposizione del ricorso straordinario. Rileva invece l'osservare, e la Corte altra volta l'ha gi fatto presente (sentenza 4 giugno 1964, n. 47), che la genericit del precetto contenuto nell'art. 113 della Costituzione non tale da permettere di opinare che l'esperimento della tutela giurisdizionale non possa essere assoggettata a cause di decadenza, e da far ritenere che la protezione accordata sia invocabile in perpetuit. 5. -Si obietta che la preclusione alla impugnativa dell'atto lesivo mediante ricorso al Consiglio di Stato stata intesa anche come preclusione dell'impugnativa giurisdizionale della decisione sul merito del ricorso straordinario, in modo che resta impedito ogni sindacato di legittimit sul merito della decisione. Anzitutto per la questione dell'estensione cosi data al principio di alternativit non viene in considerazione in un giudizio, come quello che ha determinato l'ordinanza della Corte di cassazione, in cui si discute soltanto dell'effetto che la presentazione del ricorso straordinario ha prodotto sul diritto a quello giurisdizionale innanzi al Consiglio di Stato. Comunque il rilievo non avverte che il controllo di legittimit della decisione sul merito del ricorso straordinario, se fosse ammissibile, tenderebbe a fare accertare dal Consiglio di Stato i vizi dell'atto lesivo, per la via mediata della denuncia degli errores in iudicando che inficiano quella decisione, dopo che l'interessato decaduto dal diritto di far valere tali vizi mediante l'impugnativa giurisdizionale dell'atto; vale a dire tenderebbe ad elidere l'effetto che la proposizione del ricorso straordinario ha causato a sguito della scelta fatta dalla parte. Lo stesso principio di alternativit rimarrebbe inutilmente posto se la controversia, esclusa dalla competenza giurisdizionale del Consiglio di Stato, potesse ritornarvi sotto il profilo dell'errore di giudizio verificatosi nella sede straordinaria, perch, reagendosi in via giurisdizionale contro questo errore, 978 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO si reagirebbe contro quello che vizia l'atto amministrativo, e, per di pi, si conferirebbe efficacia ripristinatoria del diritto alla tutela giurisdizionale amministrativa anche al ricorso straordinario proposto dopo la scadenza del termine stabilito per chiedere quella tutela. 6. -Nessuno dei profili prospettati d pertanto alla questione un contenuto di fondatezza. Non ha fondatezza nemmeno l'osservazione dell'amministrazione finanziaria, per cui, se si muove dall'esatta premessa che il principio di alternativit non concerne il rapporto fra il ricorso straordinario e l'azione giudiziaria ordinaria, diviene inspiegabile la diversit di trattamento emergente dalle norme impugnate per quanto concerne la tutela degli interessi legittimi. L'osservazione fa eco a quella analoga della Corte di cassazione, la quale ha considerato che, dichiarandosi illegittimo il principio di preclusione del ricorso al Consiglio di Stato a causa dell'esperimento del ricorso straordinario, si verrebbe a configurare una situazione simile a quella che vige per le posizioni soggettive tutelabili dinanzi al giudice ordinario. Vi per da opporre che il ricorso straordinario mira all'annullamento dell'atto lesivo e si pone pertanto nell'ambito medesimo in cui pu operare il ricorso al Consiglio di Stato, non in quello coperto .dall'azione giudiziaria, che delimitato dall'art. 4 della legga 20 marzo 1865, n. 2248, sulla abolizione del contenzioso amministrativo; epper ben si spiega che al ricorso straordinario si dia un valore preclusivo unicamente in confronto al ricorso al Consiglio di Stato, e non anche a quello giudiziario, che assolve a scopi non perseguibili mediante il ricorso straordinario. Inoltre l'azione giudiziaria ordinaria ha in s caratteristiche di durata non sempre coincidenti con quelle che delineano l'azione giurisdiizonale amministrativa, in coerenza alle diversit sostanziali che tra esse intercorrono; e non appare perci anomalo che il diritto al ricorso giudiziario non sia assoggettato alle stesse cause di decadenza previste per il ricorso al Consiglio di Stato. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 2 luglio 1966, n. 82 -Pres. Ambrosini -Rel. Verzi -Guzzon (n. c.). Avvocati e procuratori -Contributi per la Cassa nazionale di previdenza e assistenza -Non ricevibilil degli atti sprovvisti delll relativa marca -Illegittimit costituzionale. (Cost., art. 24; l. 31 luglio 1956, n. 991, art. 17; I. 8 gennaio 1952, n. 6; r. d. 25 giugno 1940, n. 954, artt. 27 e 28). ! L'art. 17 della l. 31 luglio 1956, n. 991, che dispone la non ricevibilit I da parte del cancelliere degli atti, indicati negli artt. 27 e 28 del r. d. f l! I I PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTIT.UZIONALE E INTERNAZIONALE 9.79 25 giugno 1940, n. 954, sprovvisti della marca relativa al contributo per la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza degli avvocati e procurato1i, impedendo il diritto di agire in giudizio garantito dalt'art. 24 della Costituzione, deve ritenersi costituzionalmente illegittimo (1). (Omissis). -A norma degli artt. 27 e 28 del r. d. 25 giugno 1940, n. 954, il contributo per la Cassa di previdenza ed assistenza a favore degli avvocati e procuratori, nei procedimenti civili ed amministrativi, corrisposto, se vi costituzione o comparizione in giudizio, mediante applicazione della marca sulla nota di iscrizione a ruolo o sul verbale che d atto della comparizione del procuratore e dell'intervento per assistenza dell'avvocato; ed in ogni altro caso mediante applicazione della marca sulla prima istanza, ricorso, memoria od altro atto introduttivo qualsiasi, sottoscritto dall'avvocato o dal procuratore, ed, in mancanza, sul processo verbale o altro documeento, relativi al primo atto compiuto con l'intervento dell'avvocato o del procuratore. La medesima modalit di pagamento prescritta per le istanze, gli atti od i ricorsi introduttivi, sottoscritti e presentati dalle parti personalmente con elezione di domicilio presso avvocato o procuratore. In materia penale, il contributo viene corrisposto in ogni stato e grado del procedimento mediante applicazione della marca sul primo atto processuale sottoscritto o presentato dal difensore o per il quale vi sia intervento dello stesso difnsore. Allo scopo, poi, di obbligare la parte a corrispondere il contributo previdenziale, la norma impugnata fa ricorso ad una misura sbrigativa ed energica, imponendo al cancelliere l'obbligo di non ricevere l'atto sprovvisto della marca. Va subito rilevato che la non ricezione dell'atto presentato dalla parte o dal difensore assume carattere sanzionatorio, non proporzio (1) Questione sollevata dal Pretore di Moncalieri con ordinanza 26 aprile 1965, pubblicata in Gazzetta Ufficiale 13 novembre 1965, n. 284, e decisa in camera di consiglio non essendovi stata costituzione di parte. La odierna decisione ha un precedente nella sentenza della Corte 6 dicembre 1005, n. 75, in questa Rassegna, 1965, I, 1102, dichiarativa della illegittimit costituzionale degli artt. 2 e 3 della l. 5 luglio 1965, n. 798, e degli artt. 3 e 4 della 1. 25 febbraio 1963, n. 289, relativi all'applicazione di contributi di previdenza dovuti, a mezzo marche, sugli atti difensivi e sui provvedimenti relativi ai giudizi davanti alla Corte Costituzionale. Questione analoga stata decisa nello stesso senso dalla Corte, con sentenza 2 luglio 1966, n. 80, relativamente all'art. 117 del r .d. 30 dicembre 1923, che vietava ai funzionari delle cancellerie giudiziarie di rilasciare copie o estratti delle sentenze, con grave pregiudizio per la procedibilit dell'appello. (V. nota in questa Rassegna, 1966, I, 775, con indicazioni di dottrina e giurisprudenza). 980 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nato alla portata ed entit del precetto, e non giustificabile alla stregua di quelle guarantigie giuridiche che lo stato di diritto offre ai singoli per la tutela dei loro diritti od interessi legittimi. Ed appare opportuno tenere conto in proposito della circostanza che la legge 18 giugno 1955, n. 517, ha modificato la norma dell'art. 186 del Codice di procedura penale, per dichiarare espressamente che, in materia penale, la inammissibilit dell'atto non consentita per la inosservanza delle norme sulla tassa di bollo. Ma quel che conta in modo decisivo nell'esame della proposta questione la valutazione delle conseguenze che la non ricezione apporta sul corso del procedimento. Ed invero, poich la marca suindicata va applicata sugli atti indispensabili per l'esercizio dell'azione, di guisa che, in mancanza di essi, il giudizio non pu essere iniziato o proseguito, rimane paralizzato l'inizio oppure viene troncato immediatamente il corso di esso allorquando la presentazione dell'atto prescritta entro termini di decadenza, come in tutti i casi di impu I gnazione. Mentre le normali funzioni del cancelliere sono quelle di ricevere gli atti, di registrarli, di tenerli in deposito e di rilasciarne copia o I certificati, la norma Impugnata affida alla responsabilit del medesimo i I[ I l'eccezionale potere di determinare, con la non ricezione dell'atto, una :'. situazione processuale gravissima per il corso del procedimento. Il che quanto dire che la sorte dell'azione pu essere compromessa irrimediabilmente da un provvedimento di un organo diverso dal ' giudice. La norma impugnata viola pertanto il diritto di agire in giudizio garantito dal primo comma dell'art. 24 della Costituzione. Al che si pu aggiungere che, per quanto riguarda la materia penale, rimane Iviolato anche il diritto di difesa sotto il profilo precisato in altre f. sentenze di questa Corte, perch il fatto che un organo diverso dal giudice possa impedire che abbia corso il primo atto processuale I sottoscritto o presentato dal difensore in ogni stato e grado del proce dimento , preclude l'esercizio del diritto garantito dal secondo comma dell'art. 24. -(Omissis). II I i CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1966, n. 87 -Pres. Ambrosini - Rel. Verz -Baraldi (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Chiarotti). Reati -Propal;1anda per la restaurazione violenta della dittatura e per la distruzione del sentimento nazionale -Contrasto con la libert - PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 981 di manifestazione del pensiero -Sussistenza solo per la seconda ipotesi. (Cost., art. 21; c.p., art. 272; commi primo e secondo). Non fondata la questione di legittimit costituzionale in relazione alla libert di manifestazione del pensiero sancita dall'art. 21 Cost., del primo comma deil'art. 272 c. p., che punisce la propaganda per l'instaurazione violenta della dittatura, dato che la limitazione della libert di pensiero prevista dalla norma posta a tutela del metodo democratico. fondata, invece, la questione relativamente al secondo comma dello stesso articolo, perch il sentimento nazionale, oggetto della tutela penale, sorgendo e sviluppandosi nell'intimo della coscienza di ciascuno, fa parte del mondo del pensiero e delle idealit (1). (Omissis). -Il primo comma dell'art. 272 punisce la propaganda in quanto diretta al ricorso alla violenza come mezzo per conseguire un mutamento nell'ordinamento vigente. Tutti i casi previsti da questa norma hanno come finalit di suscitare reazioni violente, compresa (1) La questione era stata proposta con ordinanza 20 gennaio 1965 della Corte di Assise di Modena (Gazzetta Ufficiale del 30 aprile 1965, n. 109). La sentenza non sembra immune da riserve, considerata la diversa decisione relativamente al primo comma dell'art. 272 c.p., dichiarato costituzionalmente legittimo rispetto a quella, diametralmente opposta, adottata per il secondo comma dello stesso articolo. Per adottare la decisione di illegittimit costituzionale di quest'ultimo comma, la Corte ha preferito non affrontare il problema della compatibilit, o meno, del sentimento nazionale con il vigente ordinamento costituzionale, limitandosi a constatare che esso fa parte del foro interno, cio -come la Corte si esprime - del mondo del pensiero e delle idealit. Ma se questo esatto, non ancor sufficiente, dato che la norma incriminatrice puniva un'attivit dall'esterno proiettantesi verso il foro interno, cio la propaganda atta a distruggere o deprimere il sentimento nazionale. Ora facile il raffronto con la precedente sentenza della stessa Corte, a proposito dell'art. 559 c. p., norma che impingeva egualmente sul foro interno dei cittadini, dichiarata non contrastante con il precetto costituzionale della Ubert di pensiero (sentenza 19 febbraio 1965, n. 9, in questa Rassegna, 1965, 20). Ma al fondo della questione una concezione immanentistica della norma, riferita al tempo in cui essa era stata emanata; concezione che, pur espressamente ripudiata nella precedente sentenza, ha costituito il substrato per la presente decisione di illegittimit costituzionale. Si ricorder che una concezione del genere era stata ripetutamente disattesa dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione che aveva rite 982 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'ipotesi della distruzione di ogni ordinamento politico e giuridico della societ ., cos come inserita nel contesto del comma in esame. Siffatta propaganda appare dunque in rapporto diretto ed immediato con una azione; e, pur non raggiungendo il grado di aperta istigazione, risulta idonea a determinare le suddette reazioni che sono pericolose per la conservazione di quei valori, che ogni Stato, per necessit di vita, deve pur garantire. Pertanto, il diritto di libert della manifestazione del pensiero non pu ritenersi leso da una limitazione posta a tutela del metodo democratico. Gli artt. 1 e 49 della Costituzione proclamano tale metodo come il solo che possa determinare la politica sociale e nazionale. Ed esso non consente l'usurpazione violenta dei poteri, ma richiede e il rispetto della sovranit popolare affidata alle maggioranze legalmente costituite, e la tutela dei diritti delle minoranze, e l'osservanza delle libert stabilite dalla Costituzione. Vietando la propaganda come mezzo tendente alla instaurazione violenta di un diverso ordinamento, la norma impugnata tutela altres nuto la sopravvivenza e la vigenza attuale dell'art. 272 cpv. c. p., come diretto alla tutela della personalit dello Stato nelle sue esigenze fondamentali, non gi degli istituti e degli organi creati dal fascismo (Cass., 13 febbraio 1959, rie. Alpi, Giust pen., 1959, III, 479), o identificatesi con la coscienza ed il vanto dell'unit territoriale, etnica e politica dell'Italia, della sua civilt, dei diritti che le spettano nei rapporti internazionali (Cass., 11 novembre 1957, rie. Agstener, ivi, 1958, II 1107). Era da porsi di quesito, dunque, se queste finalit -evidentemente del tutto diverse da quelle considerate dal legislatore fascista all'epoca dell'emanazione del Codice penale -fossero degne di altrettanta tutela, derogatrice alla illimitata libert di manifestazione del pensiero, quanta quella accordata ad altre finalit per le quali la deroga era stata espres samente ammessa dalla Corte Costituzionale (oltre la sentenza n. 9 del 1965 cit., si ricorda la sentenza 14 aprile 1965, n. 25, in questa Rassegna, 1965, 275, a proposito della limitazione della libert di stampa per la tutela delle esigenze della giustizia). Era da porsi il quesito, in termini non pi solamente giuridici, ma storico-politici, se il concetto di sentimento nazionale dovesse iden tificarsi con quello espresso nell'ideale liberale, onde esso stato giusta mente posto come fondamento degli odierni stati democratici europei (CROCE, Storia d'Europa nei secolo XIX, Bari, pag. 148), oppure con la sua degenerazione nazionalistica, per cui, secondo l'acuta diagnosi del DE RuGGIERo (Storia del liberalismo europeo, Bari, pag. 442), esso venne ad imperniarsi non pi sul concetto di Nazione, ma di Stato, che lo com prime e l'opprime . L'agnostici.smo della sentenza in rassegna sembrerebbe lasciare im pregiudicato il problema; ma il dispositivo della decisione cancella dal l'ordinamento una norma che, se riferita al concetto di sentimento nazio nale inteso nella pi ampia e. democratica accezione di cui si detto, poteva ancora assolvere ad una indefettibile funzione. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 983 l'ordine economico, rispetto al diritto al lavoro, alla organizzazione sindacale, alla iniziativa economica privata, alla propriet ecc. E tutela infine il mantenimento dell'ordine pubblico considerato come ordine legale costituito. 5. -A diverse conclusioni, la Corte deve pervenire in merito al secondo comma dell'art. 272, che punisce chiunque fa propaganda per distruggere o deprimere il sentimento nazionale. Questo sentimento, che non va confuso col nazionalismo politico, corrisponde al modo di sentire della maggioranza della Nazione e contribuisce al senso di unit etnica e sociale dello Stato. Ma pur tuttavia soltanto un sentimento, che sorgendo e sviluppandosi nell'intimo della coscienza di ciascuno, fa parte esclusivamente del modo del pensiero e delle idealit. La relativa propaganda non indirizzata a suscitare violente reazioni, come nel caso precedentemente esaminato, n rivolta a vilipendere la Nazione od a compromettere i doveri che il cittadino ha verso la patria od a menomare altri beni costituzionalmente garantiti. Non trattasi quindi di propaganda che ha finalit illecite, e pertanto qualsiasi limitazione di essa contrasta con la libert garantita dall'art. 21 della Costituzione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 6 luglio 1966, n. 89 -Pres. Ambrosini - Rel. Bonifacio -Barisone (avv. Uckmar, Allorio) e Pres. Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Coronas). Costituzione della Repubblica -Decreti-legge -Mancata conversione in legge -Contestualit della regolamentazione dei rapporti gi sorti -Esclusione. (Cost., art. 77). Costituzione della Repubblica -Riserva di legge in materia tributaria -Incompatibilit con la retroattivit delle leggi tributarie -Esclusione. (Cost., artt. 23, 25). Imposta generale sull'entrata -Addiziona]e del 20 % sugli atti economici posti in essere fra il 31 agosto 1964 ed il 24 settembre 1964 Violazione degli articoli 3 e 53 Cost. -Esclusione. (Cost., artt. 3, 53; 1. 15 novembre 1964, n. 1162, art. 5). Qualora un decreto-legge non venga convertito in legge a termtni dell'art 77 Cost., poich la non conversazione consegue ipso iure ad un evento negativo (inutile decorso di sessanta giorni dalla pubblica 984 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione del decreto) o ai voto contrario espresso anche da una sola delle Assemblee legislative, da escludere che la regolamentazione dei rapporti sulla base del decreto debba essere contestuale alla non conversione (1). i Non incompatibile con la riserva di legge in materia tributaria, prevista dall'art. 23 Cast., la retroattivit di norme tributarie, la quale I non costituisce di per s ragione di illegittimit costituzionale delle norme stesse (2). (1) La questione era stata proposta con ordinanza 5 aprile 1965 del giudice conciliatore di Genova-Voltri (Gazzetta Ufficiale, 5 giugno 1965, n. 139). La prima massima di notevole rilievo, in quanto suggella, sul piano della interpretazione giurisprudenziale della Corte Costituzionale, un particolare aspetto della questione della mancata conversione dei decreti-legge. Come la sentenza ha precisato, alla mancata conversione si pu giungere per due vie, tutte conducenti, peraltro, alla caducazione ipso iure del decreto: per via negativa, attraverso l'infruttuosa scadenza del termine dei sessanta giorni, senza alcun voto egpresso dell'uno o dell'altro ramo del Parlamento; per via positiva, attraverso il voto contrario anche di uno solo di esso. Mentre il decreto-legge in contestazione venne respinto dal Parlamento attraverso il procedimento del secondo tipo (voto contrario del Senato nella seduta del 24 settembre 1964), si pu citare, ad esempio del primo tipo di mancata conversione, il d. 1. 11 novembre 1964, n. 1120, in merito al quale, per l'ostruzionismo delle opposizioni alla Camera, non si riusc a superare il termine di sessanta giorni. In questa situazione, appare evidente l'esattezza della decisione in rassegna, la quale fa salva la successiva possibilit per il Parlamento di disciplinare la sorte dei rapporti giuridici gi sorti sulla base del decreto non convalidato. Aderire alla soluzione opposta, infatti, significherebbe porre una evidente contraddizione (almeno nell'ipotesi che il decreto venga respinto in blocco) fra il fatto del Parlamento che rifiuta (il che, del resto, sua facolt sovrana) un atto di produzione giuridica, quale la conversione del decreto, ed il preteso obbligo, che esso avrebbe, contestualmente a tale rifiuto, di provvedere a disciplinare con legge i rapporti anteatti. Sui problemi connessi alla mancata ratifica in blocco del decreto-legge, cfr. in dottrina, FALZONE, PALERMO, COSENTINO, La Costituzione della Republbica Italiana, Roma, pag. 190; VmcA, Diritto costituzionale, Palermo, 1955, 383. Sulla natura materiale della legge di conversione nell'ordinamento anteriore alla Costituzione, cfr. CRISAFULLI, In tema di leggi di conversione, Foro it., 1942, III, 4. Cfr. anche SANDULLI, Legge, forza di legge, valore di legge, Riv. trim. dir. pub., 1957, 270). (2) La massima costituisce la continuazione del pensiero della Corte. Con la sentenza 8 luglio 1957, n. 118 (Giur. cost., 1957, 1067), essa affermava, infatti, che il principio della irretroattivit della legge non mai assurto alla dignit di norma costituzionale, salvo che per la materia penale. Con la successiva sentenza 30 dicembre 1957, n. 81 (Giur. cost., 1958, 1000) la Corte precisava che dall'art. 25 Cost. non pu escludersi la re PARTE I, SEZ; .I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 985 Non ]ondata, con rijerimento ai principi costituzionali di eguaglianza e della capacit contributiva, .la questione di legittimit costituzonaie deU'art., 5 legge 15 novembre 1964, n. 1162, istitutiva di una addizionale IGE sugli atti economici posti in essere fra il 31 agosto 1964 e gennaio 1963, data di inizio della sua gestione. La limitazione di cui si discute si inserisce, se mai, fra quelle che la legge pu apportare ai diritti individuali per assicurarne l'esercizio secondo una funzione sociale; funzione che -nella specie -si realizza in quei fini di utilit generale che la legge si proposta di rag. giungere. Dimostrato che la gestione dell'esercizio 1962 si caratterizza come gestione transitoria fra quella propriamente privata delle societ e quella pubblica dell'ENEL, la Corte rileva che nel determinare la particolare necessaria disciplina nei modi e nelle forme che sono stati ricordati per i fini che sono rilevabili dalla medesima legge di nazionalizzazione, il legislatore ha operato nell'esercizio di una non arbitraria discrezionalit, senza urtare alcun principio costituzionale, e 994 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO senza violare alcuno dei precetti che la Costituzione pone a tutela della propriet privata, della libera iniziativa economica e del risparmio individuale. Discutendo di dividendi, di espropriazione senza inden I i nizzo, e di eccedenze di utili, le parti hanno invece modificato i termini della controversia, omettendo di tenere conto della singolarit dell'esercizio delle imprese elettriche per l'anno 1962, e della conseguente specialit della disciplina normativa. Anche in riferimento all'art. 3 della Costituzione la questione infondata. Come bene osserva l'Avvocatura dello Stato, il quarto comma dell'art. 6 pone il divieto di attribuire utili superiori al 5,50 per cento per tutte le societ indicate nel n. 1 dell'art. 4, con e imprese assoggettate a trasferimento che esercitano in via esclusiva o principale attivit elettriche senza distinguere affatto fra societ per azioni quotate in borsa o non quotate. Poich il richiamo alle societ quotate in borsa fatto soltanto in riferimento al calcolo della percentuale del 5,50, la norma stata interpretata ed applicata nel senso che il divieto si riferisce a tutte indistintamente le societ per azioni. Dal che deriva che non sussiste di fatto un diverso trattamento fra le due forme di societ. Ma. in ogni caso, tenendo conto del differente modo di calcolare l'indennizzo fra le imprese indicate nel n. 1 e quelle indicate nel n. 2 dell'art. 5 della legge di nazionalizzazione, il diverso trattamento sarebbe pur sempre giustificato. Per questo stesso motivo, non di certo violato il principio di eguaglianza, rispetto alle societ miste per le quali l'indennizzo determinato mediante stima diretta dei beni con le modalit stabilite dal decreto di esproprio. Infatti, la stima diretta dei beni al momento del trasferimento esclude la necessit di qualsiasi intervento dell'ENEL, e quindi di qualsiasi limitazione nelle gestioni degli anni precedenti. (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 11 luglio 1966, n. 96 -Pres. Ambrosini - ReZ. Sandulli -Commissario dello Stato per la Regione Siciliana (sost. avv. gen. Stato Guglielmini) c. Presidente Regione Siciliana (avv. Guarino). Regione Siciliana -Legge istitutiva dell'Azienda speciale dell'autoparco regionale -Delega al Governo di regolare alcune materie -Contrasto con l'art. 12 dello Statuto -Insussistenza. (Cost., art. 97; Statuto Reg. sic. art. 12; 1. Reg. sic. 14 dicembre 1965, art. 9). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 995 Regione Siciliana -Legge istitutiva dell'azienda speciale autonoma re gionale -Mancata copertura di maggiori spese -Contrasto con l'art. 81 della Costituzione -Illegittimit costituzionale. (Cost., art. 81, ultimo comma; I. Reg. sic. 14 dicembre 1965, artt. 4, 5, 6, 8, 10, secondo comma e tabella B). L'art. 9 della legge regionale siciliana 14 dicembre 1965, istitutiva dell'azienda speciale dell'autoparco regionale, nell'attribuire al Governo la podest di regolare l'ordinamento interno dell'azienda e di stabilire entro quali limiti il dirigente dell'azienda pu ordinare spese, non contrasta con l'art. 12 dello Statuto e con l'art. 97 della Costituzione, perch nessuna delle materie dall'art. 9 deferite al regolamento di attuazione esorbita dai limiti del riconosciuto potere di emanare regolamenti di esecuzione (1). costituzionalmente iUegittima la legge regionale siciliana 14 dicembre 1965 per contrasto con l'art. 81, ultimo comma, della Costituzione, in quanto, pur comportando la suddetta legge maggiori oneri per la istituzione del ruolo del personale dell'autoparco regionale, essa nulla dispone in ordine al modo di fronteggiare l'incremento di spesa negli esercizi futuri (2). (1-2) Giudizio promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana. La seconda massima la diretta applicazione del principio, recentemente affermato dalla Corte (si veda sentenza 10 gennaio 1966, n. 1, in questa Rassegna, 1966, I, 1) secondo cui l'obbligo della copertura finanziaria delle leggi che importino nuove e maggiori spese deve essere osservato dal legislatore anche per spese relative ad esercizi futuri. Tale rilievo stato dalla Corte ritenuto preminente anche nella controversia presente tanto da assorbire la sollevata denuncia di illegittimit per l'esercizio in corso, proposta sulla considerazione che la copertura delle maggiori spese derivanti dalla I. Reg. sic. 14 dicembre 1965 non sarebbe stata validamente assicurata, con l'imputazione al fondo per le spese obbligatorie, ai sensi dell'art. 40 legge di contabilit dello Stato, prevista dall'art. 12, della citata legge. CORTE COSTITUZIONALE. 11 luglio 1966, n. 100 -Pres. Ambrosini - Rel. Verz -Mantovani (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Chiarotti). Eccitamento al dispregio e vilipendio delle istituzioni, delle leggi e degli atti dell'autorit -Pubblico Ufficiale -Istigazione al di 996 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO spregio delle istituzioni -Violazione del principio di eguaglianza e della libert di pensiero -Esclusione. (Cost., artt. 3, 21; cod. pen., art. 327). L'art. 327 c. p., che punisce il pubblico ufficiale, il quale, neU'esercizio deUe sue funzioni, ecciti al dispregio delle istituzioni, non contrasta coi principio di eguaglianza, data la particolare qualifica assunta daU'agente rispetto a tutti gli altri cittadini, n con la libert di manifestazione del pensiero, la quale non pu identificarsi con una azione diretta ad offendere (1). (Omissis). -L'ordinanza di rimessione propone la questione di legittimit costituzionale per una sola delle previsioni criminose contenute nell'art. 327 del Codice penale, quella dell'eccitamento al dispregio delle istituzioni, alla quale quindi la Corte deve limitare il suo esame. Mentre il diritto di critica nei confronti delle istituzioni riconosciuto a tutti i cittadini, la norma impugnata vieterebbe l'esercizio di tale diritto al pubblico ufficiale, anche se non legato da rapporto organico con la pubblica amministrazione, onde sarebbero vio I l'! lati sia il diritto di libera manifestazione del pensiero, sia il principio i' fil di eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, garantiti dagli artt. 21 e 3 della Costituzione. La questione infondata. La norma impugnata non punisce la critica, consentita a tutti, bens l'eccitamento al dispregio delle istituzioni, che cosa ben diversa. Questo eccitamento si concreta in un impulso diretto a determinare una particolare condotta, od a creare uno stato d'animo in altre persone: mira ad ottenere lo scopo preciso di portare offesa alle istituzioni, nei loro organi e nella loro attivit. I Il fatto punito se ed in quanto posto in essere nell'esercizio delle funzioni . E ci sia per l'obbligo che incombe al pubblico ufficiale di tenere un comportamento conforme ai doveri di ufficio, allorquando forma ed attua la volont dell'ente pubblico (art. 54, secondo comma, Cost.), sia per la entit del danno che deriva alla pubblica amministrazione da un incitamento al dispregio delle istituzioni che provenga da un suo organo in quel particolare momento. I privati cittadini, come tali, si trovano in una posizione completamente diversa da quella del pubblico ufficiale, non potendo per essi (1) La questione era stata proposta con ordinanza 21 giugno 1966 del Tribunale di Rovigo (Gazzetta Ufficiale, 28 agosto 1965, n. 216). Sulla questione cfr. BusETTo, Un'importante eccezione di incostituzionalit, Giust. pen., 1965, I, 304. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 997 ricorrere giammai le situazioni suddette, onde non si pu configurare quella violazione del principio di eguaglianza, prospettata dall'ordinanza di rimessione. Ed ovvio che non ha alcuna rilevanza che il pubblico ufficiale sia legato o meno da un rapporto organico con la pubblica amministrazione, dal momento che, per la sussistenza del reato, occorre soltanto l'esercizio di pubbliche funzioni. La norma impugnata non viola neppure l'art. 21 della Costituzione. L'eccitamento al dispregio delle istituzioni, inteso nel senso sopraindicato, si pu estrinsecare con mezzi diversi, ma, anche allorquando .si attui con la parola e con mezzi di persuasione, non perde quel carattere di impulso, e di principio di azione, diretto ad offendere, che lo qualifica e vale a differenziarlo nettamente dalla manifestazione del pensiero. -(Omissis). S:a;:ZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 3 maggio 1966, n. 1111 -Pres. Tavolaro S. -Rel. Felicetti -P. M. di Majo (conf.) -Cuttica (avv. Pomarici) c. Opera nazionale invalidi di guerra (avv. Stato Terranova). Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato -Limiti -Lesione dell'integrit fisica del pubblico dipendente per colpa della P. A. -Domanda di risarcimento dei danni -Giurisdizione del Giudice ordinario. (c. c., art. 2043; t. u. 26 giugno 1924, art. 29). La giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato in materia di pubblico impiego deve negarsi quando la pretesa fatta valere in giudizio sia basata non gi sulla violazione di diritti nascenti in modo immediato e diretto dal rapporto, nel quale trovino titolo necessario, bens sulla violazione di diritti assoluti alla vita ed alla integrit personale, anche se connessi con il rapporto medesimo, nel quale trovino soltanto occasione: quindi, allorch si chieda dal dipendente il risarcimento dei danni per la lesione di tali diritti, a causa del comportamento colposo della pubblica Amministrazione, concretantesi nella inosservanza delle norme di comune p1-udenza e perizia giusta il generale principio del e neminem laedere ., la cognizione della controversia spetta al Giudice ordinario (1). (Omissis). -La Corte di merito ha fondato la sua declaratoria di difetto di giurisdizione sul presupposto che il danno alla salute riportato dal Cuttica appariva essere conseguenza immediata di una situa (1) La Corte di Cassazione, a sezioni unite, colliferma con questa sentenza principi gi affermati in suoi precedenti pronunciati richiamati nella sentenza stessa. Di questi precedenti i pi recenti ribadiscono da un lato la estensione della giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato in materia di pubblico impiego anche per quanto attiene ai rapporti di natura patrimoniale (cfr. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 999 zione particolare riferibile esclusivamente al rapporto d'impiego, in quanto l'evento dannoso sarebbe derivato dalla mancata adozione, da parte del pubblico ente datore di lavoro, delle misure precauzionali suggerite dalla scienza e dalla tecnica per salvaguardare l'integrit fisica dei dipendenti. Ha, quindi, la Corte negato la giurisdizione dell'Auto rit Giudiziaria ordinaria sotto il duplice profilo che il rapporto di impiego si presentava quale causa necessaria del danno e che il modo di organizzazione del servizio da parte dell'ente pubblico, rientrando nel potere discrezionale di esso, restava sottratto al sindacato del Giudice ordinario. Il ricorrente ha denunciato la violazione dell'art. 29 n. 1 del t. u. 26 giugno 1924, n. 1054 lamentando che la Corte di merito abbia erroneamente ravvisato un rapporto di causalit necessaria l dove non avrebbe potuto ravvisare che un rapporto di mera occasionalit, posto che egli aveva domandato la tutela di un diritto soggettivo non derivante in modo diretto e immediato dal rapporto d'impiego, diritto che sarebbe stato leso, per colpa generica dell'ente pubblico datore di lavoro, solo in occasione > dello svolgimento di quel rapporto. La natura stessa di tale diritto (all'integrit personale) avrebbe poi escluso la possibilit di ogni riferimento al potere discrezionale della P. A. quale causa impeditiva della potest del Giudice Ordinario di accertare gli estremi della colpa dell'ente pubblico. il ricorso fondato. Secondo i principi ripetutamente enunciati da questa Corte Suprema la competenza giurisdizionale esclusiva fo. materia di controversie relative al rapporto d'impiego, pubblico, attribuita al Giudice Amministrativo dell'art. 29 n. 1 del t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, riflette la tutela di ogni diritto del dipendente eventualmente leso dall'ente pubblico datore d'impiego, che. trovi nel rapporto impiegatizio la sua causa generatrice. Deve trattarsi, cio, di quei diritti i quali traggono necessariamente origine da tale rapporto, senza del quale non sarebbero configurabili, Oass., Sez. un., 30 dicembre 1963 n. 3246 in questa Rassegna, 1964, I, 37 ed ivi, 22, note 1-2; v. pure Cass., sez. un., 14 aprile 1964 n. 898 in questa Rassegna, 1964, I, 679 ed ivi, 680, nota 2) e dall'altro i limiti di tale giurisdizione (cfr. Cass., Sez. un., 17 febbraio 1964 n. 349, in Foro it., 1964, I, 1178 ed ivi, nota 1). Certo che particolarmente delicato appare distinguere tra causa ed occasione di servizio nei singoli casi. In questo, al quale si riferisce la sentenza, di cui si tratta, per esempio, come potr il Giudice ordinario accertare la sussistenza o meno di una colpa della pubblica Amministrazione senza interferire nel campo della discrezionalit della medesima circa l'organizzazione dei servizi sia con riferimento all'accertamento della malattia del contagiante sia con riferimento alla conseguenziale eventuale 1000 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quali ad esempio il diritto al posto, alla retribuzione o stipendio, agli emolumenti straordinari, alle ferie e consimili. Non esula, invece, dalla normale competenza del Giudice Ordinario la tutela degli altri diritti soggettivi dell'impiegato i quali non nascono dal rapporto d'impiego n necessariamente lo presuppongono, ancorch l'eventuale lesione di essi siasi verificata durante e in occasione dello svolgimento del rapporto medesimo (v. sent., Sez. Un., nn. 1852, 1879, 2230, 2827 del 1962 e n. 3243 del 1963). Questa distinzione discende dalla stessa ratio del citato art. 29 n. 1 del t. u. delle leggi sul Consiglio di Stato, che in tanto ha attribuito alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo la cognizione delle controversie, anche su diritti a contenuto patrimoniale relative ai rapporti d'impiego pubblico, in quanto ha preso in considerazione la particolare natura di tali rapporti, disciplinati di regola da norme specali fondate sul concetto della preminenza dell'ente pubblico e sulla natura di atti amministrativi (e non di atti contrattuali o comunque privatistici) che devesi ravvisare in quelli mediante i quali lo Stato e gli altri pubblici enti pongono in essere la costituzione, l'esercizio, la modificazione o l'estinzione dei rapporti stessi e dai quali pu derivare la lesione dei diritti soggettivi che al dipendente competono in forza e nell'ambito di essi. Da tale ratio legis rimane evidentemente esclusa la necessit o anche la mera opportunit di demandare alla cognizione del Giudice Amministrativo, in deroga al principio fondamentale posto dall'art. 2 della 1. 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E, delle controversie su altri diritti soggettivi dell'impiegato i quali, traendo origine da ben diversa fonte ed essendo indipendenti, sia nella nascita che nell'esercizio, dal rapporto di impiego, restino per avventura offesi da un comportamento qolposo dell'ente pubblico datore di lavoro in occasione dello svolgimento del rapporto. Tali sono indubbiamente i diritti della personalit umana, come quello alla vita e all'integrit fisica del. quale nella specie si discute. adottabilit di provvedimenti idonei ad evitare il contagio. N, d'altra parte, pu assumersi come criterio discriminatore della giurisdizione la prospettazione (cui sembra volersi accennare implicitamente nella motivazione della sentenza in rassegna), giacch, a parte la inaccettabilit della relativa teoria (cfr., da ultimo, Cass., Sez. un., 6 aprile 1966, n. 902, in questa Rassegna, 1966, I, 822 ed ivi, nota 2), la impostazione della domanda come di risarcimento ex art. 2043 c. c. non pu valere ad escludere questa intima connessione tra la ipotizzabile colpa dell'Amministrazione ed i poteri discrezionali di questa innanzi adombrati. Del resto converr ricordare che a fondamento della giurisdizione esclusiva, di cui all'art. 29 del t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, sta praprio e l'intreccio di diritti e interessi in determinate materie (v., per tutti, ZANoBINI, Corso di diritto amministrativo, II, Milano, 1948, 170). PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1001 Diritti soggettivi primarii ed assoluti, come tali sempre tutelabili ex art. 2043 c. c., davanti al Giudice Ordinario quando siano offesi dal fatto illecito altrui e si convertano nel diritto al risarcimento del danno, quale che sia il soggetto cui debba essere eventualmente imputata la lesione e non esclusa quindi la P. A., tenuta anche essa alla regolare osservanza del generale principio del neminem laedere. Da ci la conseguenza che, ai fini dell'accertamento dell'eventuale colpa dell'ente pubblico cui venga attribuita la responsabilit per la lesione all'integrit fisica del dipendente, l'indagine relativa non preclusa al Giudice Ordinario, cui spetta accertare l'eventuale inosservanza delle norme di comune prudenza, diligenza o perizia dettate a tutela della cennata integrit ed il rapporto di causalit necessaria fra tale condotta colpevole e il danno derivato, come pure questa Corte Suprema ha avuto gi occasione di rilevare (v. sent. Sez. Un. n. 349 del 1964 e n. 28. del 1953). Deviando dagli esposti principi la sentenza denunciata ha, dunque, nella specie erroneamente individuato nel rapporto d'impiego la causa generatrice del diritto soggettivo all'integrit fisica del quale il ricorrente ha chiesto la tutela. E pure inesattamente ha ritenuto che la causa del danno dallo stesso allegato fosse in astratto da ravvisare nella violazione, da parte dell'ente datore di impiego, di non precisate norme di organizzazione del servizio che sarebbero state emanate in esplicazione di un potere discrezionale insindacabile. Questa Corte Suprema, che in materia di giurisdizione autorizzata anche ad indagini di fatto, rileva in contrario che la domanda del Cuttica, proposta in base all'art. 2043 c. c., stata fondata sulla condotta genericamente colposa attribuita all'ente pubblico, cui non si addebitata, n risulta in astratto addebitabile la violazione di specifiche norme interne attinenti al regolamento del servizio nello stretto ambito del rapporto d'impiego, ma gli si ascritta (e risulta in astratto ascrivibile) la inosservanza del principio generale del neminem laedere, per violazione di norme di comune prudenza e perizia. Non stata, quindi, denunciata la lesione di un diritto immedia tamente e direttamente originato dal rapporto d'impiego, ma la lesione di un diritto primario ed indipendente da tale rapporto; lesione che si assume determinata da una colpevole condotta dell'ente pubblico ri spetto alla quale (come rispetto al diritto che dicesi offeso) il rapporto d'impiego si pone in rapporto di mera occasionalit e non di causalit necessaria. Per le esposte ragioni il ricorso deve essere accolto e l'impugnata sentenza deve essere cassata, dichiarandosi la giurisdizione dell'Auto rit Giudiziaria Ordinaria, con la condanna della resistente alle spese di tutti i gradi del giudizio. Va ordinata la restituzione del deposito. -(Omissis). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1002 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1419 -Pres. Scarpello -Rel. Straniero -P. M. Di Majo (conf.) -De Tommaso (avvocati Dal Pozzo e De Pada) c. Ministero Poste e Telecomunicazioni (avv. Stato Varvesi). Cosa giudicata -Interpretazione del giudicato -Giudicato esterno e giudicato interno -Sindacato della Corte di Cassazione -Differenza. (c. c., IU"t. 2909, c. p. c., art. 360). Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Trasferimento -Diritto soggettivo dell'impiegato alla sede -Insussistenza -Risarcimento dei danni -Esclusione -Annullamento dell'atto di trasferimento -Irrilevanza. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 2). La Corte di Cassazione ha il potere dovere di procedere direttamente all'interpretazione del giudicato, quando si tratti di giudicato formatosi nello stesso processo; nell'ipotesi, invece, di giudicato esterno, l'apprezzamento del giudice di merito ha natura e valore di apprezzamentO di fatto, come tale incensurabile in sede di legittimit, quando sia informato ad esatti criteri logico-giuridici (1). Poich le norme relative al trasferimento di pubblici impiegati sono da classificarsi come norme di azione, non sussiste un diritto (1-2) Entrambe le massime confermano una giurisprudenza ormai costante. Circa la prima massima, per quanto riguarda il potere-dovere della Corte di Cassazione di interpretare il giudicato formatosi nello stesso processo v. Cass., Sez. un., 13 luglio 1965, n. 1724, in questa Rassegna, 1966, I, 787; cfr. pure Cass., I Sez. civ., 10 maggio 1965, n. 873 (in questa Rassegna 1965, I, 557 ed ivi, nota 1), la quale afferma altresl che ai fini dell'accertamento della sussistenza del giudicato interno, trattandosi di questione rilevabile di ufficio in ogni stato e gi-ado del giudizio, la Corte di Classazione pu esaminare ed interpretare direttamente gli atti di causa . Nel senso che la interpretazione del giudicato formatosi in altro giudizio (cosiddetto giudicato esterno) integra un apprezzamento di fatto rientrante nel potere discrezionale del Giudice di merito e come tale non censurabile in Cassazione (cfr. Cass., Sez. un., 19 luglio 1965, n. 1631), salvo che siano state violate le norme regolanti la formazione ed i limiti della cosa giudicata (cfr., Cass., I Sez. civ., 27 marzo 1965, n. 529), quando sia informato ad esatti criteri logico-giuridici, v. Cass., III Sez. civ., 14 luglio 1965, n. 1509, la quale aggiunge che la preclusione dedvante dal giudicato sussiste nel caso di due giudizi vertenti tra le stesse parti ed aventi per oggetto un medesimo negozio o rapporto giuridico (cfr. Cass., I Sez. civ., 22 gennaio 1966, n. 143, in questa Rassegna, 1966, 115 e ivi, 116, nota 3, nonch Cass., I Sez. civ., 28 marzo 1966, in questa Rassegna, 1966, I, 361 ed ivi, 364, nota 6), accennando pure alla efficacia cosiddetta riflessa che il giudicato \. :SU QUES.'J:'.IONI Dr QlV!iISDIZIONE l003 \:_ <\:._ "~. n configurabile di co1i8eguenza ~. a favore >deli dipendentei che dal ~ un pregiudizi<> econmnico, nep:.. 'V'atto amministrativo. . . (2),. ~ . . .. ' '~: \i verit; anche nei con:fronij. '~i paciffo() che rielitri ; i:iel '\pne traSf'l'rire per esigellie "it~lla i?ede norf subordi.;; \~.a Parte del dipendente 'ato~J964, IJ ~~21)'... Per -imento dei danni nei ''Qne di un interesse \sta Rassegna, 1965, ' Stato, 1961'-1965, ' \ .. Pres. Ta \istero del \ \tJ.va \~v , .,._ ,.,;azione si ,..dii di guer;a! PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1001 Diritti soggettivi primarii ed assoluti, come tali sempre tutelabili ex art. 2043 c. c., davanti al Giudice Ordinario quando siano offesi dal fatto illecito altrui e si convertano nel diritto al risarcimento del danno, quale che sia il soggetto cui debba essere eventualmente imputata la lesione e non esclusa quindi la P. A., tenuta anche essa alla regolare osservanza del generale principio del neminem laedere. Da ci la conseguenza che, ai fini dell'accertamento dell'eventuale colpa dell'ente pubblico cui venga attribuita la responsabilit per la lesione all'integrit fisica del dipendente, l'indagine relativa non preclusa al Giudice Ordinario, cui spetta accertare l'eventuale inosservanza delle norme di comune prudenza, diligenza o perizia dettate a tutela della cennata integrit ed il rapporto di causalit necessaria fra tale condotta colpevole e il danno derivato, come pure questa Corte Suprema ha avuto gi occasione di rilevare (v. sent. Sez. Un. n. 349 del 1964 e n. 28. del 1953). Deviando dagli esposti principi la sentenza denunciata ha, dunque, nella specie erroneamente individuato nel rapporto d'impiego la causa generatrice del diritto soggettivo all'integrit fisica del quale il ricorrente ha chiesto la tutela. E pure inesattamente ha ritenuto che la causa del danno dallo stesso allegato fosse in astratto da ravvisare nella violazione, da parte dell'ente datore di impiego, di non precisate norme di organizzazione del servizio che sarebbero state emanate in esplicazione di un potere discrezionale insindacabile. Questa Corte Suprema, che in materia di giurisdizione autorizzata anche ad indagini di fatto, rileva in contrario che la domanda del Cuttica, proposta in base all'art. 2043 c. c., stata fondata sulla condotta genericamente colposa attribuita all'ente pubblico, cui non si addebitata, n risulta in astratto addebitabile la violazione di specifiche norme interne attinenti al regolamento del servizio nello stretto ambito del rapporto d'impiego, ma gli si ascritta (e risulta in astratto ascrivibile) la inosservanza del principio generale del neminem laedere, per violazione di norme di comune prudenza e perizia. Non stata, quindi, denunciata la lesione di un diritto immedia tamente e direttamente originato dal rapporto d'impiego, ma la lesione di un diritto primario ed indipendente da tale rapporto; lesione che si assume determinata da una colpevole condotta dell'ente pubblico ri spetto alla quale (come rispetto al diritto che dicesi offeso) il rapporto d'impiego si pone in rapporto di mera occasionalit e non di causalit necessaria. Per le esposte ragioni il ricorso deve essere accolto e l'impugnata sentenza deve essere cassata, dichiarandosi la giurisdizione dell'Auto rit Giudiziaria Ordinaria, con la condanna della resistente alle spese di tutti i gradi del giudizio. Va ordinata la restituzione del deposito. -(Omissis). PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1005 saminare, a domanda degl'interessati, le liquidazioni, divenute gi definitive, e di dar luogo a riliquidazioni pi favorevoli ai danneggiati, la denunciata decisione avrebbe potuto dedurre che la irriversibilit della situazione giuridica quesita fosse venuta meno, posto che erronea sarebbe la proposizione che una circolare potesse far cadere i limiti posti dall'ordinamento all'attivit della pubblica amministrazione e fare attribuire alle istanze e diffide degl'interessati valore di ricorsi amministrativi e di legittime pretese al riesame di procedure esaurite. Con il secondo mezzo, il difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato viene riaffermato dalla ricorrente sotto l'ulteriore profilo, secondo il quale la denunciata decisione avrebbe omesso di rilevare che, con l'accettazione e la riscossione dell'indennizzo liquidato, gli eredi Favella, a sostegno della pretesa ad un riesame della liquidazione, potes sulla domanda di riliquidazione prodotta ai sensi della circolare 13 marzo 1964, n. 139, sopra menzionata, impugnabile in sede giurisdizionale pure se la precedente liquidazione abbia formato oggetto di provvedimento divenuto ormai inoP!Pugnabile e che non sussiste difetto di giudisdizione a conoscere delle controversie in materia di riforma di atti amministrativi, i quali abbiano dato luogo a situazioni giuridiche quesite, allorquando la pubblica Amministrazione abbia con una sua circolare riconosciuto la possibilit di riesame delle situazioni stesse, facendo venir meno cos, quindi, la definitivit di quegli atti e con questa la preclusione del sindacato di legittimit. 2. -Orbene, prima di considerare gli effetti che sull'interesse di mero fatto degli altri soggetti nella rilevata situazione sia suscettibile di determinare una circolare del genere di quella n. 139 in data 13 marzo 1964 occorre accertare se l'Amministrazione aveva dei poteri da esercitare con riferimento a situazioni giuridiche esaurite (per il concetto di situazioni giuridiche esaurite v. Cass., Sez. Un., 22 giugno 1963, n. 1707, in Foro it., 1963, I, 1352). Ben vero, sia le decisioni del Consiglio di Stato, delle quali si detto, sia la sentenza, di cui si tratta, pur giungendo a conclusioni diverse, si sono soffermate, le une soltanto, l'altra prevalentemente, sul primo punto. Ed, in effetti, una volta statuito che la circolare, ora richiamata, non era idonea a trasformare un interesse di fatto in interesse legittimo (nella specie, o pi genericamente in interesse giuridicamente tutelato, che in altre ipotesi potrebbe assumere natura di diritto soggettivo), con la conseguenza di dichiarare il difetto assoluto di giurisdizione, la Corte di Cassazione non aveva necessit pure di accertare ex professo la esistenza o meno di poteri da parte della pubblica Amministrazione in relazione a situazioni giuridiche esaurite. Tale accertamento , !Peraltro, si poneva come un prius logico (e rilevante se alla circolare pi volte ricordata si fosse voluto collegare il sor.gere di un obbligo dell'Amministrazione a provvedere sulle domande dei danneggiati per la riliquidazione degli indennizzi), onde se ne tratter qui subito. 3. -Sono in questione il potere di annullamento o di revoca (alla revoca, anzi alla riforma, come figura di revoca parziale, si accenna pure nella sentenza in rassegna) da parte della pubblica Amministrazione ed i ... \ ~ELL'A\ivOCATURA l>ELLO S'l'A''O ~;: '..;_ \~resse di fatto, che la cifata circolare non '\interesse legittimo. \$ere ongiuntamnte esaminate, sono, \,,__ .. Jn esame, pur essendo 'l rigetto del reclamo \uidazione dei danni \Ua indennit liqui " \ 1\a pubblica Am'-~ are situazioni ''?ne giurispru' 14 indennizzi, ~stivamente 1~tanza dei \ritenersi \revoca "'tovve\~ ac\ l'i e '\.. i;__ .,..: ,.~nnul.~ guenze in .A difformi sia .d~orso alla figura PARTE I, SEZ. II, GIURIS. su QuEsTioNI DI GIURISDIZIONE 1007 data, la Ammi:nistrazione dell'esoro eman una circolare ,(n.139 del 13 marzo 1964) con la quale, nell'accettare il nuovo. criterio suggerito dalla sopr~ggiunta giudsprmienza e pi benevolo per il danneggiato (in virt del quale la liquidazione si sarebbe dovuta operare con l'applicazione dei limiti di indennizzo --stabiliti dall'art. 28 della legge 27 dicembre 1953 ;n. 968 -non sulla somma originaria dei valori al 1943, ma sul prodotto ottenuto moltiplicando tali valori per i coefficienti legali..di r~valuta~ione, rispettivamente del 5, dell'8. o del 15), credette di poter dare agli 1,l:(tci dipendenti istruzioni .nel senso .che tale interpretazione non venisse limitata alle procedure di liquidazione in corso, ma :fosse estesa a quelle gi divenute definitive, attraverso una riliquidazione .a favore dei danneggiati di guerra che ne :facessero domanda.. Per evidenti e. fondamentali principi di ordine giuridico, costitu~ zionale . e processuale; che sorreggono la vita dello Stato di .diritto, non era n poteva essere assolutamente consentito all'Amministrazione 5 . .::. Intanto, per quel che riguarda la revoca, un potere della pubblica Amministrazione rispetto. a rapporti gi estinti non da ritenersi ammissibile (ALE;ssx, La revoca degli atti ammhiistrativi, Milano, 1956, 16) cos come per gli atti ad efficacia istantanea (ALEss1, op. e loco cit.; RESTA, La revoca degli atti amministmtivi, Milano, 1935, 107), allorch siano gi stati portati ad effetto (SANDULLI, Manuale cit., 406). C1i in quanto consistendo la funzione propria. della revoca nel :far venir meno la operativit di atti tuttora produttivi di effetti chiaro che la relativa potest potr essere esercitata dall'autorit competente solo se l'atto. da revocare non abbia c()mpetamente 'esaurito la sua operativit (SANDULLI, Manuale cit., 407). Per l'arinulamerito .non si rinvengono affermazioni. cosi . decise ed incontestate come quelle a . proposito della revoca. Ma ci si spiega, in quanto si suole ritenere che questo agirebbe, a differenza della revoca (v. per RESTA, op. cit., 265), sulratto, eliminandolo, e non soltanto sulla operativit di esso, eliminandone semplicemente gli effetti CALESSI, op~ cit., 56; cfr. pure SANDULLI, Manuale cit., 409: per rilievi critici in ordine alla distinzione tra istituti, che determinano la fine di atti giuridici, ed istituti, che segnano la fine di rapporti giuridici ., v. RoMANELLI, L'annullamento degli atti amministrativi; Milano, 1939, 13 e segg.). Senza tuttavia ora addentrarsi in siffatte dispute, baster rilevare, comunque, che, salvo tesi estreme le quali con riferimento alla potest di annullamento, estesa a qualsiasi vizio di invalidit (sia di legittimit, sia di merito), non ne ammettono limiti di sorta e ne ritengono sempre obbligatorio l'esercizio (ROMANELLI, QP. cit., 226 e segg. e 256 e segg.; per la nozione. di revoca, secondo lo stesso Autore, op cit., .86), per la maggior. parte della dottrina e per costante giurisprudenza l'Amministrazione ha la facolt (non l'obbligo: per una indicazione chiara ed esauriente, anche se non recente, della dottrina in proposito ed in varie questioni connesse ai problemi, .di cui si tratta, nonch per la esposizione di un particolare punto di vista in merito v. CANNADA-BARTOLI, Suita discrezionalit dell'annullamento di ufficio, Rass. dir. pubbl., 1949, II, 562; della giurisprudenza si far cenno in seguito) di porre in essere l'annullamento soltanto ove lo richieda l'interesse pubblico (v. JEMOLO, L'interesse come presupposto dell'annullamento 1008 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO riaprire i termini per il riesame di un provvedimento non solo divenuto inoppugnabile, ma addirittura eseguito col pagamento di quanto liquidato: si da esaurire completamente ed estinguere ogni rapporto fra danneggiato e Amministrazione. Tale capovolgimento di situazioni consolidate e quesite si sarebbe potuto e dovuto effettuare soltanto con una legge: giammai con una circolare che -come costante insegnamento della dottrina e della giurisprudenza -costituisce un atto interno della ~ubblica Amministrazione destinato a spiegare limitato effetto soltanto nei confronti degli uffici dipendenti, senza incidere nella sfera giuridica dei soggetti estranei a questi. Pertanto la circolare non solo non poteva costituire fonte di diritti soggettivi (giacch nella specie si versa in materia di liquidazione di danni di guerra rimessa dalla legge all'esercizio del potere della P. A.), ma nemmeno substrato di interessi legittimi, mancando una di atti megittimi, in Foro it. 1931, III, 113, e DE VALLES, Annullamento di ufficio ed interesse pubblico, ivi, 1951, III, 228, per limitarsi a scritti autorevoli in terminis) e anzi uno specifico interesse pubblico, il quale non pu indentificarsi nell'interesse generico al ripristino della legalit (SANDULLI, Manuale cit., 412) ossia alla reintegrazione dell'ordine giuridico violato, ma deve rappresentare una particolare ed attuale esigenza (C. d. S., IV Sez., 11 dicembre 1962, n. 772, in Foro amm., 1963, I, 290) da indicare espressamente nella motivazione dell'atto, avuto riguardo alla concreta situazione di fatto (C. d. S., V Sez., 15 aprile 1961, n. 150, in Foro amm., 1961, I, 951). Orbene, in casi del genere di quello che qui si considera manca proprio un tale interesse, non potendo questo consistere nell'assicurare una par condicio fra soggetti dell'ordinamento (v. SANDULLI, Manuale, loco ult. cit., e cfr. Corte dei conti, Sez. contr., 2 maggio 1963, in Foro amm., 1964, I, 3, 222), i cui rapporti con la pubblica Amministrazione, pur nella originaria identit delle situazioni disciplinate dalle medesime norme, per le partico lari difformi vicende si estinguano in modo diverso: una volta, poi, rite nuta la mancanza del necessario interesse pubblico, pu concludersi per il difetto del potere di annullamento nella pubblica Amministrazione. Del resto, situazioni analoghe possono verificarsi pure attraverso giu dicati ed in tali casi, senza, con ci voler qui riferire il concetto di giudi cato all'atto giuridico in genere ed a quello amministrativo in ispecie (v. ALEss1, op. cit., 5 e segg.) o paragonare in questa sede (cfr., per, GuGLIEL MI, La pregiudiziale amministrativa, in questa Rassegna, 1964, I, 400) cosa giudicata (formale) e definitivit dell'atto amministrativo (v. RESTA, op. cit., 81 e segg.), ma limitandosi a rilevare per quanto interessa la sostan ziale identit di effetti, non nemmeno ipotizzabile che la pubblica Ammi nistrazione, pure accettando un certo orientamento giurisprudenziale per essa pi oneroso, provveda, al fine di realizzare una par condicio tra i soggetti con cui ha avuto rapporti, per esborsi, ai quali non tenuta in forza dei giudicati ad essa pi favorevoli. 6. -Pu ora prendersi in considerazione la circolare n. 134 del 13 marzo 1964, la quale come si osservato acutamente dalle sezioni unite della Corte di Cassazione, complica le questioni accennate, ma non incide PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1009 norma di legge che, avendo contenuto analogo, se non identico a quello della circolare, riconoscesse alla Pubblica Amministrazione il potere di eseguire le riliquidazioni gi esaurite e costituisse quindi per essa norma di azione. Ne consegue che contro il silenzio -rifiuto della pubblica Amministrazione nessuna facolt di ricorso era data agli eredi Pavella e il Consiglio di Stato avrebbe dovuto dichiarare il proprio difetto di giurisdizione. Comunque, per completezza d'indagine, passando all'esame delle altre argomentazioni, sotto altro profilo prospettate dai resistenti, ritiene il Supremo Collegio che non sia giuridicamente possibile collegare la circolare n. 139 con il potere della pubblica autorit di annullare d1 ufficio, in sede di autotutela, gli atti ammministrativi illegittimi, giacch a parte ogni altra considerazione sulla mancanza di un atto specifico di annullamento, comportante la stessa forma richiesta per il singolo atto sul quale sarebbe destinato ad operare, devesi, in ogni sulla sostanza di esse. Tale circolare va, invero, considerata sotto un duplice profilo: il primo quasi di corollario a quanto fin qui sostenuto, il secondo quasi di premessa a quanto si rilever in seguito. Sotto il primo profilo ci si pu chiedere se l'Amministrazione aveva il potere di diramare una circolare del genere, ma, per quanto si innanzi rilevato, o l'atto contenuto nella circolare integrava esso stesso l'annullamento, o la revoca, dei precedenti provvedimenti di liauidazione ed a parte ogni considerazione sulla forma la risposta non pu che essere negativa o il quesito va impostato nel senso di chiedersi se l'Amministrazione, non avendo il potere di annullare o di revocare (o di riformare) gli atti di liquidazione divenuti definitivi, per procedere alla riliquidazione degli indennizzi ed aumentarne gli importi rispetto alle somme gi riscosse dai danneggiati, un siffatto potere acquisiva in forza di quanto formava oggetto della circolare, di cui si tratta, e pure cosi impostato il quesito la risposta non pu che essere negativa. L'attribuzione di poteri del genere all'Amministrazione andrebbe operata con una legge nel rispetto della norma, di cui all'art. 81, ultimo c'omma, della Costituzione. Nemmeno immaginabile che l'Amministrazione se li attribuisca da s con suoi atti. Ed, in effetti, risulta presentata al Parlamento una proPosta di legge (disegno di legge 14 dicembre 1965, n. 2861, Camera dei deputati), la quale pl'E!Vede, con la indicazione (nell'art. 12) dei mezzi per far fronte alle spese che comporta, la possibilit di revisione degli indennizzi, in ipotesi diverse da quelle previste negli articoli 14 e 34 della 1. n. 968 del 1953. Di ci la Corte di Cassazione nella sentenza in rassegna nemmeno fa cenno, come non fa cenno della circolare n. 144 del 24 maggio 1965 e dell'argomento desumibile dal fatto che la previsione, negli articoli 14 e 34 della 1. n. 968 del 1953, della possibilit di revisione degli indennizzi conferiva ulteriore fondamento alla esclusione di un potere dell'Amministrazione di rivedere gli indennizzi al di fuori di quelle previsioni. Giustamente, peraltro, atteso che l'affermazione della natura della circolare in questione come di atto interno della pubblica Amministrazione destinato a spiegare limitato effetto soltanto nei confronti degli uffici dipendenti senza incidere nella sfera giuridica dei soggetti estranei a questi (per 1010 RASSEGNA Dll:LL'AVVOCATURA DELLO STATO caso, osservare che un provvedimento annullabile presupp.one un vizio, non solo intrinseco, ma di regola originario, di legittimit: presuppone, cio, che l'atto non sia conforme alle regole prescritte per la sua validit. La indicata circolare pu essere, piuttosto, messa in relazione con fa potest di revoca, spettante alla pubblica amministrazione, di suoi provvedimenti in vista di una sopravvenuta inopportunit della situazione giuridica sorta da essi rispetto all'interesse attuale dell'Amministrazione stessa. Com' noto, la revoca di un provvedimento amministrativo pu essere anche parziale, nel qual caso essa assume nome e valore di riforma, eventualmente a solo contenuto aggiuntivo, dell'atto. Qui, non si tratta, peraltro, di risolvere, come vorrebbe la ricorrente, con il primo mezzo del ricorso e con la memoria, la questione di merito consistente nello stabilire se la pubblica amministrazione avesse, o non, nella specie, il potere di eliminare una situazione giuridica definitivamente quesita e se, nel caso affermativo, ricorresse una ragione di una classificazione delle circolari, come forma di notificazione o comunicazione, sostanziale in modo diverso dal loro contenuto, v. GIANNINI M. S., Voce Circolare, in Enciclopedia del diritto e cfr. ivi l'ampia bibliografia riportata), era sufficiente, come si accennato, a dar fondamento alle statuizioni adottate, nel senso di escludere la trasformazione dell'interesse di mero fatto, che caratterizzava in situazione del genere la posizione degli altri soggetti, in un interesse giuridicamente tutelato e correlativamente una facolt della pubblica Amministrazione in un obbligo. 7. -Su quest'ultimo profilo, peraltro subordinato come si osservato, le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno fondato con l'affermazione dei principi di cui alla massima surriportata la loro sentenza, annullando la decisione del Consiglio di Stato ed evitando cos che il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, altrimenti configurabile, fosse portato, ex art. 134 della Costituzione, al giudizio della Corte costituzionale. Benvero, del resto, pure il Consiglio di Stato nella decisione annullata aveva riconosciuto, alla stregua di U:n suo orientamento giurisprudenziale, ormai consolidato (v., per tutte, C. d. S., Ad. gen., 1 agosto 1963, n. 426 in Cons. Stato, 1965, I, 810), che la pubblica Amministrazione non ha alcun obbligo di pronunciarsi sull'istanza di riesame dei provvedimenti non impugnati tempestivamente, onde la diffida degli interessati diretta ad ottenere che essa si pronunci sull'istanza di riesame di tali provvedimenti non pone in essere nel caso di inerzia dell'Amministrazione medesima un silenzio rifiuto impugnabile (cfr., oltre a C. d. S., VI sez., 9 aprile 1965, n. 246, in Cons. Stato, 1965, I, 771, C. d. S., IV Sez., 18 novembre 1964, n. 1294, in Cons. Stato, 11964, I, 1921 e C. d. S., VI Sez., 25 luglio 1964, n. 562, in Foro amm., 1964, I, 2, 914, richiamate nella sentenza in rassegna, Cl. d. S., IV Sez., 12 maggio 1965, n. 411, in Foro it. 1966, III, 45 e C. d. S., VI Sez., 1 giugno 1965, n. 408 in Cons. Stato 1965, I, 1225). Di pi: lo stesso, in una recente decisione, aveva ricordato come la circostanza che l'Amministrazione, nell'emanare un atto, abbia dato ad una norma giuridica una interpretazione di poi riconosciuta erronea dal Consiglio di Stato non obbliga l'Amministrazione medesima a riesaminare l'atto ove l'interessato non abbia prodotto tempestivamente i rimedi previsti dall'ordinamento: il PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 1011 pubblico interesse perch 1'Amministrazione potesse fare uso del potere di revoca o, per rimanere nei limiti del caso, che ne occupa, del potere di riforma. Pu essere, per, rilevato che, dovendo il relativo provvedimento essere adottato nelle medesime forme richieste per il provvedimento da modificare e dovendo inoltre la riliquidazione dell'indennizzo aver luogo secondo la prescrizione della circolare, a richiesta degl'interessati, il provvedimento di riforma sarebbe venuto ad immedesimarsi in quello stesso di riliquidazione. E poich la riforma, implica, al pari della revoca, una ulteriore modificazione dello identico rapporto giuridico oggetto del preesistente provvedimento, e costituisce perci esplicazione di amministrazione attiva, ne segue che gli eredi Pavella ,erano portatori di un mero interesse di fatto per chiedere una nuova liquidazione e per impugnare dinanzi alla giurisdizione amministrativa il silenzio-rifiuto opposto dal Ministro del Tesoro alla loro diffida a provvedere. Invano, la impug~ata decisione afferma, pertanto, che nella misura in cui 1'Amministrazione aveva riconosciuto che le procedure di liquidazione gi esaurite dovevano essere riesaminate era venuta meno la definitivit dei provvedimenti di concessione degl'indennizzi, che solo avrebbe potuto precludere il sindacato di legittimit del Consiglio di Stato. La riforma dei provvedimenti definitivi di liquidazione, per vero, rimaneva sempre estrinsecazione riesame costituisce, invece, anche in tal caso, una facolt discrezionale (C. d. S., VI Sez., 30 settembre 1965, n. 563, in Foro amm., 1965, I, 2, 910). Solo che alla circolare n. 134 del 13 marzo 1964 il Consiglio di Stato aveva attribuito l'effetto di produrre le accennate trasformazioni, mentre le sezioni unite della Corte di Cassazione tale effetto hanno ineccepilmente negato alla circolare stessa. Il problema di fondo consistente nello stabilire se la pubblica Amministrazione avesse o meno nella specie il potere di eliminare una situazione giuridica definitivamente quesita non pare, quindi, di proposito, esplicitamente risolto dalle sezioni unite della Corte di Cassazione, le quali, tuttavia, rilevando la mancanza di una norma che di contenuto analogo se non identico a quello della circol;:ire riconoscesse alla pubblica Amministrazione il potere di eseguire le riliquidazioni ed affermando che per evidenti e fondamentali principi di ordine giuridico, costituzionale e processuale..., non era n poteva essere assolutamente consentito all'Amministrazione di riaprire i termini per il riesame di un provvedimento non solo divenuto inoppugnabile, ma addirittura eseguito col pagamento di quanto liquidato, s da esaurire completamente ed estinguere ogni rapporto con il danneggiato, hanno magari solo implicitamente dato al problema stesso una soluzione negativa, di cui si inteso con questa nota indicare la necessit. BENEDETTO BAOCARI Postilla -La nota era gi nella sostanza redatta, quando in data 28 ottobre 1966 stata depositata altra sentenza delle Sezioni unite della C:orte di Cassazione sulle medesime questioni qui considerate. Tale sentenza verr pubblicata nel prossimo numero con eventuali ulteriori considerazioni. 1012 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del solo potere d'iniziativa della pubblica amministrazione, ancorch questa avesse gi manifestato, con la circolare n. 139, l'intendimento di avvalersi di tale potest, e non era dovuta agli interessati in forza di una norma dell'ordinamento in tema di risarcimento di danni di guerra. Solo in quest'ultimo caso, 1a pretesa degli eredi Pavella ad un riesame della liquidazione definitiva si sarebbe potuta considerare sul piano dell'interesse legittimo. La denunciata decisione, dunque, in quanto ha pronunciato in materia che, nella ipotesi di revoca, sarebbe riservata all'amministrazione attiva, dev'essere anche per tale motivo cassata per difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato. Data l'indole della controversia, ricorrono giusti motivi per dichiarare compensate tra le parti le spese dello intero giudizio. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 13 agosto 1966, n. 2'216 -Pres. Flore -Est. Miele -P. M. Pedote (conf.) -E.N.A.L. (avv. Barra Caracciolo) e Ministero Finanze (avv. Stato Faranda) c. soc. r. 1. Coloco (avv. Sorrentino) e s. p. a. Ente Lotterie Nazionali (avv. Resta). Competenza e giurisdizione -Procedimento di licitazione privata Atto preparatorio viziato -Giurisdizione amministrativa -Sussi I stenza. L'eventuaie illegittimit (per vizio di composizione dell'organo competente) deUa formazione deti'elenco delle ditte da invitare ad un I procedimento di licitazione privata, implicando l'illegittimit per inva~ lidit derivata, daU'atto conclusivo del procedimento, determina ia lesione di una posizione soggettiva che ha consistenza di interesse legittimo, e pu quindi essere fatta valere in sede di giurisdizione amministrati. va (1). (1) La decisione del Consiglio di Stato, in ordine alla quale era stata proposta la questione di giurisdizione risolta dalle Sezioni Unite con la sentenza annotata, si legge in questa Rassegna, 1965, I, 528, con nota di A.LxBRANDI, cui si rimanda per maggiori particolari sul merito della fattispecie. In questa sede baster accennare che la soluzione affermativa della sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo non sembra al tutto appagante, e ci non tanto per la riaffermazione, operata in sentenza, del principio di invalidit derivata (sul quale non vi era contestazione), quanto piuttosto perch l'atto che si assumeva viziato era da riferire alla attivit di un organo (il Comitato per le Lotterie) che nel meccanismo del procedimento della concessione per la vendita dei biglietti non ha alcuna rilevanza giuridica esterna, dato che ogni determinazione in ordine alla fase preparatoria della gara di licitazione (indire la gara, stabilirne le modalit, scegliere gli enti e le ditte da invitare etc.), di esclusiva competenza dell'Ispettorato generale per il lotto e le lotterie (art. 2, I. 4 agosto. 1955, n. 722), sicch il problema era semmai di stabilire quale fosse la rilevanza di un atto meramente interno (e, in ultima analisi, facoltativo) sul provvedimento terminale del procedimento di licitazione (T. A.). l'@fftlfil.flffifilffl'fe&fl!BlfilfwAKl&filiJEfi.f:fgfffilffffKqjfil&fJf&f@@ffff&fflfmiimfil@Ji -Mllll~~A SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 aprile 1966, n. 889 -Pres. Pece Est. Arienzo -P. M. Gedda (conf.) -Ferrovie dello Stato (avv. Stato Pietrini-Pallotta) c. Ditte -,iouani e Castanini (avv. Marucchi, Belardinelli). Ferrovie -Condizioni e tariffe per i trasporti di cose -Prescrizione annuale -Azioni di indebito oggettivo che presuppongono la conclusione del contratto di trasporto -Applicabilit. (r.d.l., 25 gennaio 1940, n. 9, art. 66). Ferrovie -Manipolazioni delle merci in occasione di operazioni doganali -Dogane situate su aree delle Ferrovie -Competenza esclusiva delle FF. SS. -Altre dogane interne -Nozione -Corrispettivi per l'uso dell'area di propriet delle Ferrovie -Misura ridotta. (d.m. 29 luglio 1959, n. 646, parte terza, paragrafo secondo, nn. 1, 2, 3 e 4). Ferrovie -Operazioni doganali -Utilizzazione di aree, magazzini e impianti dell'Amministrazione ferroviaria -Compimento di parte delle operazioni doganali su area delle Ferrovie -Percezione dei corrispettivi nella misura ridotta -Legittimit. (d.m. 29 luglio 1959, n. 646, parte terza, paragrafo secondo, n. 3). Ferrovie -Corrispettivo supplementare per prestazioni fuori dell'ambito delle stazioni e dei circuiti doganali -Effettivit delle prestazioni -Necessit -Sussistenza. (d.m. 29 luglio 1959, n. 646, parte terza, paragrafo secondo, n. 5). Sentenza -Interpretazione -Valutazione del contenuto dispositivo in correlazione alla parte motiva. (c.p.c., art. 132). Spese giudiziali -Compensazione -Facolt discrezionale del giudice di merito -Insindacabilit in sede di legittimit, fuori dell'ipotesi di condanna della parte totalmente vittoriosa. (c.p.c., art. 92). La prescrizione annuale prevista dciZZ'art. 66 r. d. l. 25 gennaio 1940, n. 9, sune condizioni e tariffe per i trasporti di cose suUe Ferrovie deUo Stato, stabilita, oltre che per le azioni derivanti dal contratto di tra 1014 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sporto, anche per quelle di indebito oggettivo, che, pur non trovando la loro causa in tale contratto, ne presuppongono la conclusione. Sono quindi soggette a prescrizione annuale le azioni di indebito, parziale o totale, relative a somme che l'Amministrazione ha riscosso in pi del dovuto e che non aveva, in senso assoluto, diritto di riscuotere, configurando entrambe le ipotesi un'identica azione di indebito (1). Le disposizioni dei nn. 1, 2, 3 del paragrafo secondo della parte terza del d. m. 29 luglio 1959, n. 646, che prevedono la competenza esclusiva dell'Amministrazione ferroviaria per la manipolazione delle merci, si applicano allorch le operazioni doganali vengano eseguite presso dogane situate su aree delle Ferrovie, mentre il numero 4 successivo regola l'ipotesi che operazioni doganali vengano eseguite presso dogane aventi spazi propri, in tal senso dovendosi intendere l'espressione altre dogane interne , usata nel detto n. 4. I corrispettivi ferroviari sono dovuti non soltanto in relazione alle specifiche prestazioni di manipolazione delle merci, ma anche per il solo uso dell'area di propriet delle Ferrovie. In questo secondo caso essi sono dovuti in misura ridotta, quando la parte interessata abbia direttamente curato la dichiarazione e la visita delle merci (2). n presupposto dell'utilizzazione di aree, magazzini e impianti dell'Amministrazione ferroviaria, che giustifica la percezione dei corrispettivi nella misura ridotta, si realizza anche con il compimento di ~na parte soltanto delle-operazioni doganali su detti impianti, sia perch anche in questa ipotesi si fa uso delle aree ferroviarie, con conseguente intralcio del traffico in stazione, sia perch non richiesto il compimento di tutto il procedimento di sdoganamento (3). n corrispettivo supplementare previsto dalla parte 3a, paragrafo 2, n. 5, del d. m: 29 luglio 1959, n. 646 dovuto solo se prestazioni dell'Amministrazione vengano effettivamente eseguite fuori delle stazioni e circuiti doganali (4). Le varie parti della sentenza si integrano fra loro, cosicch la portata della pronuncia giurisdizionale quella che risulta dalla parte dispositiva con rife1imento alle affermazioni contenute nella motivazione, che valgono a precisare quale realmente la volont del giudice in ordine all'accertamento del diritto controverso e alle conseguenze della condanna (5). (1-4) Non si rinvengono precedenti, ad eccezione della pronuncia convalidata dalla sentenza in rassegna, cio: App. Firenze, 6 febbraio 1964, Foro it., Rep., 1964, voce Ferrovie ., nn. 99-103, 5) Giurisprudenza costante: cfr., da ultimo, Cass., 5 febbraio 1966, n. 382, Foro it., Mass., 1966, 122; 12 novembre 1965, n. 2356 e 15 maggio 1965, n. 905, id., Rep., 1965, voce Sentenza, ordinanza e decreto in materia civile , nn. 128 e 129; 15 luglio 1965, n. 1550, Giur. it., 1966, I, 1,30. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1015 La compensazione, totale o parziale, delle spese di giudizio rimessa all'apprezzamento del giudice di merito, apprezzamento non sindacabile in sede di legittimit, semprech la condanna nelle spese non sia stata pronunciata nei confronti della parte totalmente vittoriosa (6). 6) Principio pacifico: cfr., da ultimo, Cass., 3 gennaio 1966, n. 23, Foro it., Mass., 1966, 9; 15 maggio 1965, n. 925; 8 maggio 1965, n. 844; 6 maggio 1965, n. 829; 30 ottobre 1965, n. 2320; 27 luglio 1965, n. 1765: tutte in Foro it., Rep., 1965, voce Spese giudiziali, nn. 84, 85, 86, 88, 89, 90. F.ARGAN CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 aprile 1966, n. 939 -Pres. Flore -Est. Restaino -P. M. Di Majo (conf.) -Camera del Lavoro di Sannicandro Garganico (avv. Gargano) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano) e Fioritto (avv. Agostini). Appello -Mancata iscrizione a ruolo da parte. dell'appellante e dell'appellato nei termini di costituzione loro rispettivamente assegnati Conseguenze -Improcedibilit del gravame -Concetto -Esclusione -Onere della riassunzione nel termine di un anno dalla scadenza del termine stabilito per la costituzione del convenuto Sussiste. (c. p. c., art. 347 e, in relaz., artt. 165, 166, 171, 307, 314). Impugnazione -Pluralit di impugnazioni contro la stessa sentenza Conversione dell'impugnazione principale successiva in impugnazione incidentale -Esigenza del simultaneus processus-Portata. (c. p. c., artt. 333, 335). La mancata iscrizione a ruolo deU'avvello da parte dell'appellante e dell'appellato nei termini di costituzione Loro rispettivamente assegnati non importa improcedibilit del gravame a norma deH'art. 348 c.p.c., poich questa presuppone che la causa sia stata iscritta a ruolo da una delle parti e che l'appellante non comparisca n alla prima udienza davanti all'istruttore, n a quella successiva, a cui la causa deve essere rinviata, ma, rimanendo al di fuori della previsione dell'art. 348 c. p. c., le sue conseguenze sono disciplinate dalla disposizione dell'art. 307 c. p. c., a cui l'art. 347 c. p. c. rinvia quanto aUe forme e ai termini della costituzione in appello e secondo la quale, nel caso in cui nessuna delle parti siasi costituita nel previsto termine, il processo deve essere 1016 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO riassunto entro un anno dalla scadenza del termine per la costituzione del convenuto (1). Se una delle parti in causa ha proposto una impugnazione, che, per essere anteriormente instaurata, da considerarsi principale, le altre impugnazioni contro la medesima sentenza, venendo ad inserirsi nel forma1016 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO riassunto entro un anno dalla scadenza del termine per la costituzione del convenuto (1). Se una delle parti in causa ha proposto una impugnazione, che, per essere anteriormente instaurata, da considerarsi principale, le altre impugnazioni contro la medesima sentenza, venendo ad inserirsi nel forma corso di quella precedente, assumono e natura di impugnazioni incidentali, senza riguardo alla posizione giuridica di colui che le propone o alla comunanza di interesse tra i soggetti del processo (2). (Omissis). -Va disposta anzitutto la riunione del ricorso principale e di quello incidentale, siccome proposti avve,rso la medesima sentenza (art. 335 c. p. c.). (1) Avverte, inoltre, Cass., 14 aprile 1965, n. 687, Giur. it., Mass., 1965, 241, sub b, che l'improcedibilit dell'appello pu essere pronunciata per una omissione verificatasi dinanzi all'istruttore, in relazione ai provvedimenti di sua competenza, a lui richiesti . Quanto alla differenza tra ritardata costituzione in appello di ambedue le parti e mancata iscrizione a ruolo della causa, precisa Cass., 4 maggio 1965, n. 798, ibidem, 286 sub b, che mentre nel caso di ritardata costituzione in appello di ambedue le parti e di conseguente cancellazione della causa dal ruolo il processo dev'essere riassunto, perch ne sia evitata la estinzione, entro un anno dalla data del provvedimento di cancellazione, invece, nell'ipotesi di mancata iscrizione della causa a ruolo e, perci, d'inesistenza di un provvedimento di cancellazione, il termine perent<>rio per la riassunzione del processo decorre dalla scadenza dell'ultimo termine utile, in cui una parte almeno, cio il convenuto, pu, a norma dell'art. 166 c. p. c., costituirsi in giudizio. (2) Nel caso di specie, l'inserimento nel corso della impugnazione principale, proposta da una delle parti ed iscritta a ruolo, di quella proposta dall'altra parte soccombente e non iscritta a ruolo avvenne, secondo la sentenza in rassegna, mediante costituzione di quest'ultima in cancelleria, oltre un mese prima dell'udienza di comparizione, coincidente in entrambi gli atti di appello, col deposito di comparsa, con cui si instava sia per l'accoglimento dell'appello proposto dall'altra parte soccombente che di quello proprio. Secondo la sentenza in rassegna, quest'ultimo si sarebbe convertito in appello incidentale, per effetto della costituzione della parte, nello stesso processo riguardante l'altro gravame; senonch il caso di avvertire che, per aversi conversione dell'impugnazione principale in impugnazione incidentale, col rispetto dell'esigenza del simultaneus processus, occorre la riunione dei due giudizi ai sensi dell'art. 335 c. p. c.; ma, perch possa disporsi la riunione di tutte le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza, occorre che le stesse siano state portate a cognizione del giudice mediante l'iscrizione a ruolo, non essendo sufficiente la semplice loro notificazione (Cass., 30 agosto 1965, n. 1979, ibidem, 725 sub b). Sulla questione della validit della impugnazi,one principale in luogo di quella incidentale, v. FIUMARA, Ancora sull'impugnazione principale in luogo di que11a incidentale, con applicazione al processo davanti alte Commissioni tributarie, in questa Rassegna, 1964, I, 785 e segg. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1017 Ha carattere preliminare l'esame dell'unico mezzo del ricorso incidentale, con cui l'Amministrazione finanziaria resistente lamenta che la Corte di appello di Bari avrebbe dovuto dichiarare improcedibile e comunque inammissibile l'appello proposto dalla Camera del Lavoro di Sannicandro Garganico contro la sentenza del Tribunale di Bari 8 giugno- 6 luglio 1960, per non avere l'appellante iscritto la causa a ruolo e per non essersi costituita fino alla prima udienza davanti all'istruttore. Deduce inoltre lAmministrazione ricorrente che, quand'anche la Camera del Lavoro avesse potuto avvalersi della iscidzione a ruolo dell'appello proposto dall'altra soccombente Fioritto Aurelia, sarebbe incorsa ugualmente nella improcedibilit del proprio appello, per non essersi costituita in quel rapporto processuale fino alla prima udienza. Trattandosi della denuncia di un error in procedendo, consentito alla Corte di Cassazione riesaminare gli atti del processo al fine di accertare la fondatezza della censura. Da essi risulta che tanto la Camera del Lavoro di Sannicandro, convenuta nel giudizio promosso dall'Amministrazione finanziaria dello Stato, quanto la interventrice Aurelia Fioritto proposero appello avverso la sentenza del Tribunale, con separati atti, notificati entrambi il 9 agosto 1960, nei confronti rispettivi di essi appellanti e dell'Amministrazione appellata, con citazione a comparire per la medesima udienza del 12 dicembre successivo. Dal fascicolo di ufficio di secondo grado si rileva che la sola Fioritto iscrisse la causa a ruolo; in tale processo la Camera del Lavoro, a mezzo del suo procuratore, si costitu in cancelleria il 10 novembre 1960, oltre un mese prima della udienza di comparizione, instando con la comparsa di costituzione per l'accoglimento sia dell'appello Fioritto sia dell'appello proprio. Nel medesimo processo si costitu l'Amministrazione appellata con comparsa di risposta depositata il 2 dicembre 1960, limitandosi a chiedere il idgetto di entrambi gli appelli. Da siffatta situazione processuale non dato rilevare gli effetti che si pretendono dalla Amministrazione ricorrente. La mancata iscrizione a ruolo dell'appello proposto dalla Camera del Lavoro non poteva di per s importacre una dichiarazione di improcedibilit del gravame ai sensi del primo comma dell'art. 348 c. p. c., perch questa presuppone che la causa sia stata iscritta a ruolo da una delle parti e che l'appellante non comparisca n alla prima udienza davanti all'istruttore, n a quella successiva cui la causa deve essere rinviata. L'ipotesi della mancata iscrizione dell'appello da alcuna delle parti rimane al di fuori della previsione dell'art. 348 c. p. c., per essere disciplinata dalla disposizione dell'art. 307, cui l'art. 347 rinvia, quanto alle forme e ai termini della costituzione in appello, e secondo la quale, 1018 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nel caso di mancata costituzione dell'appellante e dell'appellato nei termini loro rispettivamente assegnati, il processo deve essere riassunto nel termine di un anno dalla scadenza di quello stabilito per la costituzione del convenuto. Costituendosi, entro il termine assegnatole di cui all'art. 166 c. p. c., nel processo di appello proposto anche nei suoi confronti dalla Fioritto e dalla medesima iscritto a ruolo, la Camera del Lavoro di Sannicandro Garganico non incorsa in alcuna sanzione di inammissibilit o di improcedibilit del proprio appello, convertitosi, in dipendenza della sua costituzione, in appello incidentale a norma dell'art. 333 c. p. c .. Se, infatti, una delle parti in causa ha proposto una impugnazione che, per essere anteriormente instaurata, da considerarsi principale, le altre impugnazioni contro la medesima decisione, venendo ad inserirsi nel corso di quella precedente, assumono forma e natura di impugnazioni incidentali, senza riguardo alla posizione giuridica di colui che le propone o alla comunanza di interesse tra i soggetti del processo. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1413. -Pres. Fi:bbi -Est. D'Armiento -P. M. Criscuoli (conf.) -Nobile e La Mendola (avv. Vacirca) c. Amministrazione delle Ferrovie dello Stato (avv. Stato Pietrini-Pallotta). Procedimento civile -Consulenza tecnica d'ufficio -Potest del ~iudice di merito di discostarsi dalle conclusioni del consulente tecnico Dovere di motivazione -Sussiste. (c. p. c., artt. 61, 62, 132, n. 4). Spese ~iudiziali -Giusti motivi per la compensazione totale o parziale Apprezzamento discrezionale del ~iudice di merito -Limite costituito dalla totale soccombenza di una delle parti -Sussiste. (c. p. c., artt. 91, 92, comma secondo). Il giudice di merito non vincolato aUe condusioni del consulente tecnico di ufficio e pu discostarsene, indicando le ragioni del suo dissenso e gli errori che inficiano il giudizio di quello (1). (1) Cfr. Cass., 28 aprile 1965, n. 746, Giur. it., Mass., 1965, 265, sub b, nonch sub e, ove si avverte in particolare che il giudice per assolvere all'obbligo della motivazione deve indicare le ragioni per le quali, andando in avviso contrario a quello espresso dal consulente tecnico, ritenga che le informazioni fornite dalla parte non siano utilizzabili al fine per il quale PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1019 Il giudice di merito ha un potere discrezionaLe in ordine aH'apprezzamento dei giusti motivi per compensare in tutto o in parte le spese dei giudizio; tale potere non legato aHa posizione di reciproca soccombenza ed incontra come solo Limite quello per cui non pu essere condannata alle spese la parte che sia rimasta totalmente vittoriosa nella Lite (2). (Omissis). -Con il primo motivo si deduce che la sentenza, obliterando il principio giurisprudenziale che il giudice di merito, se intende correggere un errore del consulente tecnico, deve ricercare e valutare elementi obbiettivi o disporre la dnnovazione della consulenza, abbia sostituito all'indennizzo risultante dal:la Consulenza e dal supplemento di consulenza un minore indennizzo, senza indicarne le ragioni e senza sufficienti chiarimenti. Si deduce, altres, che la sentenza abbia violato i principi sul risarcimento dei danni da illecito civile, disattendendo le effettive e concrete possibilit di sfruttamento del bene. Si denunzia, col secondo mezzo, l'errore in cui sarebbe incorsa la Corte di merito nel dichiarare interamente compensate le spese giudiziali, senza badare che cos giudicando violava il principio sulla soccumbenza, giacch, mentre l'indennit di asservimentq era stata liquidata in origine in lire 725.135, la stessa .sentenza l'aveva portata poi a lire 2.331.780, con un aumento, quindi, molto sensibile. Il ricorso non fondato. noto, e non lo contestano nemmeno i ricorrenti, che per giurisprudenza ormai consolidata di questa Suprema Corte (cfr. sentt. 10 luglio 1964, n. 1816 e 28 aprile 1965, n. 746) il giudice di merito non vincolato dalle conclusioni del consulente tecnico di ufficio e pu disc. ostarsene : .solo che in tale caso deve indicare le ragioni del suo dissenso e gli errori che inficiano il giudizio del consulente stesso. Orbene, la Corte di merito, lungi dal discostarsi da tale insegnamento, vi si perfettamente adeguata, perch non solo ha spiegato, una per una, le varie ragioni, per cui non poteva accogliere i risultati della consulenza quanto alla determinazione dell'indennizzo per la espropriazione, ma ha proceduto al nuovo conteggio in base ai criteri della legge stata disposta la consulenza ; v. anche, in senso conforme alla massima in rassegna, Cass., 10 luglio 1964, n. 1816, id., Mass., 1964, 594, sub b; 9 agosto 1962, n. 2490, id., Mass., 1962, 854, sub b ed ivi ulteriori riferimenti (nota 2). (2) Cfr. Cass., Sez. Un., 26 maggio 1965, n. 1038, Giur. it., Mass., 1965, 378, sub g; v. anche, in senso puntualmente conforme, circa il limite per cui non pu essere condannato, anche in minima parte, alle spese il litigante totalmente vittorioso, Cass., 27 marzo 1965, n. 515, ibidem, 175, sub c; v. anche, da ultimo, Cass., 5 aprile 1966, n. 889, in questa Rassegna, 1966, I, 1013, sub 6 (1015) ed ivi ulteriori riferimenti. 6 1020 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sul risanamento della citt di Napoli -15 gennaio 1885, n. 2892 -uti lizzando proprio quei dati risultanti dalla consu'lenza. superfluo ripetere il ragionamento seguito dalla sentenza impu gnata per giungere alla conclusione; appare sufficiente solo osservare che il ragionamento stesso privo di vizi logico-giuridici e come tale non presta il fianco ad alcuna censura. Peraltro gli stessi ricorrenti non contestano pi in questa sede, dopo averlo fatto inutilmente nella sede di merito, che la legge applicabile nella specie quella ,gi indicata sul risanamento di Napoli e non la legge generale sulla espropriazione per pubblica utilit del 25 giugno 1865, n. 2359. Quanto alla censura, mossa alquanto genericamente in punto alla liquidazione dei danni per la protrazione oltre il biennio della occupa zione provvisoria, va detto che la Corte di merito ha condannato l'Am ministrazione ferroviaria dello Stato al solo pagamento degli interessi legali sulla indennit di espropriazione non per essere incorsa in un errore di diritto sul criterio della determinazione dei danni -criterio che deve comprendere ogni maggiore pregiudizio che il proprietario me desimo dimostri di avere subito in dipendenza della indisponibilit del bene stesso nel periodo dal compimento del biennio alla data di ema nazione del decreto di espropriazione -bens in considerazione che nella specie i coniugi Nobile-La Mendola non avevano provato di avere ri sentito un maggiore danno. Leggesi, infatti, nella sentenza: nel caso in esame i coniugi attori nessun elemento di prova di danni maggiori hanno offerto, onde l'indennit per l'occupazione temporanea dell'immobile deve essere mantenuta nei limiti degli interess.i legali sull'indennit di espropriazione, il che s'inquadra perfettamente nei principi affermati da questa Corte regolatrice in materia (cfr. sentt. 21 aprile 1964, n. 945, 18 giugno 1964, n. rn69, 28 luglio 1964, n. 2142). A confutazione di quanto si lamenta col secondo mezzo appare decisivo ed assorbente osservare che il giudice di merito ha un potere discrezionale in ordine all'apprezzamento dei giusti motivi per compensare in toto o in parte le spese del giudizio; tale potere non legato alla posizione di reciproca soccombenza ed incontra come solo limite quello per cui non pu essere condannata alle spese la parte che sia rimasta totalmente vittoriosa nella lite, ipotesi, que'st'ultima, esclusa nella specie (cfr. Cass., 27 marzo 1965, n. 515 e 26 maggio 1965, n. 1038). Pertanto, il ricorso va respinto ed i ricorrenti, che soccombono, vanno condananti alla perdita del deposito; concorrendo, per, giusti motivi, cade opportuna la compensazione delle spese anche di questo giudizio di Cassazione. -(Omissis). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1021 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 .giugno 1966, n. 1616 -Pres. Rossano -Est. Malfitano -P. M. Pedace (conf.) -Societ Molino-Pastificio e Lanificio in S. Domenico (avv. Montanelli, Savona) c. Ministero dell'Agricoltura e Foreste (avv. Stato Salto). Approvvigionamento e consumi -Gestione ammasso cereali -Asse gnazione del grano ai molini e degli sfarinati ai panifici ed ai pasti fici -Natura giuridica ed effetti. (d. I. 28 dicembre 1944, n. 411, artt. 1 e segg.; d. I. 22 febbraio 1945, n. 38, art. 1; c. c., artt. 1465, 1470). L'assegnazione del grano ai molini e degli sfarinati risultanti daUa molitura ai pastifici e ai panifici integra mi negozio di compravendita, in cui compratore l'a,ssegnatario e venditore il Consorzio agrario provinciale, che, quale ente incaricato deila gestione deU'ammasso dei cereali, provvede per conto deUo Stato aLla cessione dei prodotti ai motini, ai panifici ed ai pastifici, ai prezzi imperativamente fissati e secondo il piano di assegnazione compilato dalla Sepral in conformit delle istruzioni dell'Alto Commissario per l'alimentazione. L'assegnatario, quindi, diventa proprietario dei prodotti e ne sopporta i rischi (1). (Omissis). -Con il primo motivo si censura la sentenza impugnata per aver ravvisato nel negozio conseguente all'assegnazione del semolato una vendita di merce subordinata ad autorizzazione anzich un contratto atipico senza effetti traslativi. In proposito si deduce che la Corte di merito non ha considerato che la stessa Amministrazione aveva definito il rapporto come deposito a titolo di finanziamento anticipato ; che il potere della Sepral si estrinsecava nell'assegnazione del prodotto, nella sua destinazione e lavorazione, nella sua assegnazione al Consorzio agrario per la distribuzione; che i pastifici erano tenuti a finanziare i prodotti sotto la minaccia di un interesse di mora; che il rischio delle variazioni di (1) Sulla natura dell'assegnazione di cui trattasi v., in senso conforme alla massima, Cass., 18 maggio 1955, n. 1462, Foro it., 1955, I, 801, la quale mette in evidenza la veste di legale mandatario dello Stato del Consorzio agrario, dato che lo Stato, attraverso l'intermediario ente ammassatore, acquista la propriet dei beni conferiti. L'Avvocatura non ha mancato, per, di sottolineare che, data e non concessa la veste dei Consorzi di meri depositari di generi di propriet statale, il rapporto fra i Consorzi medesimi e lo Stato non riducibile allo schema privatistico del mandato, ma ha innegabile natura pubblicistica, e ci ha riconosciuto Cass., 10 novembre 1959, n. 3339, in questa Rassegna, 1960, 12. Su tutto l'argomento, v. Relazione Avvocatura Stato, 1961-1965, vol. III, Roma, 1966, 292 e seg. ed ivi ulteriori riferimenti di giurisprudenza. 1022 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO prezzo e delle avarie erano a carico dell'Amministrazione; che l'accertamento delle avarie era eseguito dalla Commissione tecnica provinciale, la quale aveva il compito di accertare la entit dell'avaria, di verificare le condizioni di idoneit del magazzino di custodia dej prodotti, il sistema di stivaggio, la data di introduzione dei prodotti, e di accertare se l'avaria fosse o meno imputabile agli addetti alla vigilanza dei magazzini. La censura infondata. Come questa Corte Suprema ha altre volte affermato, in base alle disposizioni contenute nei d. I. 28 dicembre 1944, n. 411 e 22 febbraio 1945, n. 38, deve ritenersi che il negozio che si costituisce a seguito dell'assegnazione del grano ai molini e degli sfarinati risultanti dalla molitura ai panifici e ai pastifici una compravendita nella quale compratore l'assegnatario e venditore il Consorzio agrario provinciale, che, quale ente incaricato della gestione dell'ammasso dei cereali, provvede per conto dello Stato alla cessione dei prodotti ai molini, ai panifici e ai pastifici, al prezzo imperativamente fissato e secondo il piano di assegnazione compilato dalla Sepral in conformit delle istruzioni ~.. dell'Alto Commissario per l'alimentazione (v. sent. n. 1462 del 1955). IIm N la diversa denominazione data dall'Amministrazione al rapporto in esame, le limitazioni imposte dalla legge alla libera disponibilit dei prodotti da parte dell'assegnatario, la determinazione imperativa del prezzo, la vigilanza da parte dell'Amministrazione sulla conservazione dei prodotti e l'accertamento da parte della stessa, a mezzo di organi f;: tecnici, delle eventuali avarie dei prodotti medesimi valgono a escludere la natura di compravendita, perch non alterano il contenuto sostanziale del negozio, consistente nello scambio di beni contro prezzo. L'assegnatario, quindi, diventa proprietario dei prodotti e ne sop I porta i rischi. Nella specie la Corte di merito si puntualmente uniformata a questi principi perch ha ritenuto che la societ ricorrente dovesse sopportare l'avaria del semolato assegnatole dato che ne era divenuta pro prietaria a seguito della cessione di esso da parte del Consorzio agrario provinciale di Viterbo. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 luglio 1966, n. 1794. -Pres. Rossano -Est. Giannattasio -P. M. Gedda (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Peronaci) c. Puccio (avv. Natoli). Contabilit generale dello Stato -Crediti dello Stato -Potere dell'Amministrazione delle Finanze (Demanio) dello Stato di esigere i ere RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO prezzo e delle avarie erano a carico dell'Amministrazione; che l'accertamento delle avarie era eseguito dalla Commissione tecnica provinciale, la quale aveva il compito di accertare la entit dell'avaria, di verificare le condizioni di idoneit del magazzino di custodia dei prodotti, il sistema di stivaggio, la data di introduzione dei prodotti, e di accertare se l'avaria fosse o meno imputabile agli addetti alla vigilanza dei magazzini. La censura infondata. Come questa Corte Suprema ha altre volte affermato, in base alle disposizioni contenute nei d. 1. 28 dicembre 1944, n. 411 e 22 febbraio 1945, n. 38, deve ritenersi che il negozio che si costituisce a seguito dell'assegnazione del grano ai molini e degli sfarinati risultanti dalla molitura ai panifici e ai pastifici una compravendita nella quale compratore l'assegnatario e venditore il Consorzio agrario provinciale, che, quale ente incaricato della gestione dell'ammasso dei cereali, provvede per conto dello Stato alla cessione dei prodotti ai molini, ai panifici e ai pastifici, al prezzo imperativamente fissato e secondo il piano di assegnazione compilato dalla Sepral in conformit delle istruzioni dell'Alto Commissario per l'alimentazione (v. sent. n. 1462 del 1955). N la diversa denominazione data dall'Amministrazione al rapporto in esame, le limitazioni imposte dalla legge alla libera disponibilit dei prodotti da parte dell'assegnatario, la determinazione imperativa del prezzo, la vigilanza da parte dell'Amministrazione sulla conservazione dei prodotti e l'accertamento da parte della stessa, a mezzo di organi tecnici, delle eventuali avarie dei prodotti medesimi valgono a escludere la natura di compravendita, perch non alterano il contenuto sostanziale del negozio, consistente nello scambio di beni contro prezzo. L'assegnatario, quindi, diventa proprietario dei prodotti e ne sopporta i rischi. Nella specie la Corte di merito si puntualmente uniformata a questi principi perch ha ritenuto che la societ ricorrente dovesse sopportare l'avaria del semolato assegnatole dato che ne era divenuta proprietaria a seguito della cessione di esso da parte del Consorzio agrario _provinciale di Viterbo. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 luglio 1966, n. 1794. -Pres. Rossano -Est. Giannattasio -P. M. Gedda (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Peronaci) c. Puccio (avv. Natoli). Contabilit generale dello Stato -Crediti dello Stato -Potere dell'Amministrazione delle Finanze (Demanio) dello Stato di esigere i ere 1024 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO esigere i crediti che altre Amministrazioni statali abbiano ritenuto di trasferirle per la riscossione. Tra le ipotesi, ivi previste, meritano particolare considerazione quelle contemplate alla lettera d), riguardante i crediti che siano riconosciuti di dubbia o difficile esazione, e alla lettera c), che riguarda i crediti incerti perch giudiziariamente contestati. La dichiarazione di dubbia o di difficile esazione e quella di incertezza del credito rimessa, ovviamente, all'Amministrazione creditrice ed una volta che questa abbia trasferito, per la riscossione, il credito all'Amministrazione finanziaria, quest'ultima legittimata a chiederne il pagamento anche in giudizio e pu emettere legittimamente l'ingiunzione. Accogliendo il secondo motivo di ricorso (che importa assorbimento del primo motivo, relativo ad un preteso vizio di extrapetizione), l'impugnata sentenza va cassata e la causa va rinviata, per nuovo esame, ad altra Corte d'appello, che dovr uniformarsi al criterio di diritto or ora enunciato. -(Omissis). I <. ICORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 luglio 1966, n. 1880. -Pres. Favara ' -Est. Giannattasio -P. M. Tavolaro (parz. diff.) -Brusco (avv. Pof: i fil stiglione) c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Carbone). I ~ Requisizione -Requisizioni alleate -Indennizzo per danni immediati e diretti ad immobili -Liquidazione -Criteri. I (1. 9 gennaio 1951, n. 10 ,artt. 1, lett. d., 2, n. 2). I w 0 Requisizione -Requisizioni alleate -Indennizzo per danni immediati e diretti ad immobili -Liquidazione ~iudiziale dopo l'esperimento del procedimento amministrativo -Interessi -Natura e decorrenza. (1. 9 gennaio 1951, n. 10, artt. 1 e segg.; c. c., art. 1499). L'uitimo comma dell'art. 2 l. 9 gennaio 1951, n. 10, sugli indennizzi I per requisizioni alleate, nel disporre che nel caso di Liquidazione per danni alle cose pu essere tenuto conto anche della destinazione della cosa danneggiata, asportata o distrutta, fermo restando il limite massimo fissato al n. 1 del precedente articolo (cio il limite stabilito per i mobili nel quintuplo del valore corrente al 30 giugno 1943), si riferisce tanto alla valutazione dei beni immobili, quanto a quella dei beni mobili (la cosa in genere , infatti, tanto mobile che immobile), autorizzando, peraltro, a tener conto -fermo restando per le cose mobili il detto limite massimo -nella valutazione del danno indennizzabile anche della destinazione della cosa asportata, distrutta o danneggiata, sia per diminuire, eventualmente~ l'indennizzo, nel caso di beni di carattere mera PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1025 mente voluttuario od improduttivo, sia, invece, nel caso di immobili, per meglio adeguarne il valore, alla data di restituzione o di rilascio, alla concreta realt, a seconda che si tratti di beni destinati aUa produzione o, per contro, di beni improduttivi o meramente voluttuari (1). Poich, a norma della legge n. 10 del 1951, la pretesa di indennizzo per danni da requisizione alleata costituisce un diritto soggettivo perfetto, azionabile davanti al Giudice ordinario dopo l'espletamento del prescritto procedimento amministrativo, nel caso di ingiusta reiezione della domanda di liquidazione dell'indennizzo da parte dell'autorit amministrativa e sulla somma, che, invece, il Giudice ordinario avr successivamente liquidata, a favore del titolare del bene danneggiato daila requisizione, in riforma dell'ingiusto provvedimento negativo dell'Amministrazione, debbono decorrere gli interessi compensativi dalla data di comunicazione del provvedimento amministrativo di reiezione, in quanto da tale momento il cittadino stato indebitamente privato di una somma, che aveva diritto a vedersi liquidata e che, a torto, l'Amministrazione gli ha rifiutata (2). (1) Beninteso, trattandosi di indennizzo per danni immediati e diretti e non gi di risarcimento, la destinazione del bene non pu essere in alcun modo rilevante ai fini della liquidazione di un preteso lucro cessante: cfr. Cass., 18 ottobre 1957, n. 3935, Foro it., Rep. 1957, v. Requisizioni, c. 2159, n. 29; v. anche nota in questa Rassegna, 1964, I, 71. (2) Sulla prima parte della massima, v. Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 1956-1960, vol. III, Roma, 1961, 818 e segg.; v., altresi, nota in questa Rassegna, 1964, I, 68-70. Sulla seconda parte della massima, in ordine alla spettanza ed alla decorrenza degli interessi, qualificati compensativi, sull'indennizzo per danni, liquidato dal G. O. in caso di reiezione dell'istanza del privato da parte dell'autorit amministrativa, la sentenza ritiene che il principio si collochi nell'ambito dell'insegnamento della stessa Corte di Cassazione -formulato invece a proposito dell'inapplicabilit allo Stato degli artt. 1224 e 1282 c. c. (cfr. Cass., 3 febbraio 1965, n. 172, in questa Rassegna, 1965, I, 137) -secondo il quale il criterio della decorrenza degli interessi di diritto a carico dell'Amministrazione dello Stato dal giorno della definitivit del titolo amministrativo di spesa non trova applicazione, quando si conteso innazi all'A.G.O. sull'an debeatur (cfr. Cass., 3 febbraio 1965, n. 172, cit., in questa Rassegna, 1965, I, 135). In particolare avvisa, comunque, la sentenza che sulla somma liquidata per l'indennizzo di cui trattasi gli interessi non sono dovuti a titolo di risarcimento di danni, n di pieno diritto per un credito originariamente liquido ed esigibile, ma come compenso per il mancato godimento dei frutti di un bene e ritiene tale affermazione compatibile col fatto che l'indennit controversa non era propriamente quella di requisizione in uso del bene, ma quella per danni da requisizione. Sulla precisa nozione di interessi compensativi (art. 1499 c. c.) v., invece, Cass., 5 aprile 1966, n. 875, in questa Rassegna, 1966, I, 841, sub 1, che, poi, ne fa applicazione al caso di liquidazione giudiziale della maggiore indennit di espropriazione (sub 2 ed ivi nota di rilievi e riferimenti). 1026 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 luglio 1966, n. 1991. -Pres. Tavolaro -Est. Ferrati -P. M. Criscuoli (conf.) -Convitto Nazionale V. E. II di Napoli (avv. Stato Savarese) c. Panevino (avv. Marinelli). Procedimento civile -Natura della controversia -Individuazione delle norme di rito applicabili -Necessit di riferimento all'impostazione data alla controversia dalla parte ed alla configurazione attribuitale dal giudice di merito. Fattispecie. Procedimento civile -Sospensione dei termini processuali stabiliti per il compimento di atti richiedenti l'opera di avvocato o di procuratore disposta dalla 1.14 lugtio 1965, n. 818 -Esclusione della sospensione per le cause relative a controversie (individuali) di lavoro Sussiste. (1. 14 luglio 1965, n. 818, artt. 1 e 3). Per stabilire la natura della controversia, quando ci sia necessario per individuare le norme di rito ad essa applicabili, occorre far riferimento all'impostazione che aUa stessa ha dato la parte ed alla configurazione attribuitale dal giudice di merito (applicazione in tema di questione di ammissibilit del ricorso per cassazione avverso sentenza pronunciata secondo il rito speciale delle controversie individuaii di lavoro, pur essendo contestata l'appartenenza del rapporto sostanziale dedotto in giudizio a:Ua materia del diritto del lavoro) (1). L.e controversie individuali di lavoro esulano dall'ambito della sospensione dei termini disposta dalla l. 14 luglio 1965, n. 818 (2). (1) Cfr. Cass., 25 settembre 1964, n. 2420, Giust. civ., Mass., 1964, 1130; 6 maggio 1963, n. 1105, Foro it., Mass., 1963, 322; ma, in linea generale, vale, invece, il principio secondo cui spetta al giudice di definire la precisa natura dell'azione, indipendentemente dalla qualificazione prospettata dalle parti : Cass., 10 gennaio 1966, n. 189, Giur. it., Mass., 1966, 78, sub c. (2) L'art. 3 1. 14 luglio 1965, n. 818 dispone, infatti, che in materia civile l'art. 1 non si applica alle cause ed ai procedimenti indicati nell'art. 92 dell'ordinamento giudiziario approvato con r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 . Osserva la sentenza in rassegna che l'art. 92 contempla ... le cause civili la cui ritardata trattazione potrebbe portare grave pregiudizio alle parti .... lecito ritenere che, quando nell'art. 92 si fatto riferimento alla materia corporativa, si siano avute presenti in modo particolare le controversie individuali ... l'avvenuta soppressione dell'ordinamento corporativo, con la conseguente eliminazione delle controversie collettive e l'abrogazione delle norme ad esse relative, ha, quindi, semplicemente importato una limitazione della portata dell'art. 92: questo, nella parte in cui richiama la materia PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 13 luglio 1966, n. 1869 -Pres. Gian siracusa -Rei. Felicetti ;.. P. M. Pedace (conf.) -Calzaturificio Winston di Romano Vitiello (avv. Selitti e Luraschi Pozzi) c. Soc. p. a. Calzaturificio Giorgio Marelli (avv. Travi, Repetto e Contaldi). Procedimento civile -Termini processuali -Sospensione nel periodo estivo -Nozione -Termine parzialmente decorso prima dell'entrato in vi~ore della legge n. 818 del 1965 -Effetti. (1. 14 luglio 1965, n. 818). La legge 14 luglio 1965, n. 818, suita sospensione dei termini processuali scadenti nel periodo dal 10 agosto al 15 settembre di ogni anno, essendo entrata in vigore it 4 agosto 1965 e non essendo retroattiva, non ha spiegato efficacia sospensiva rispetto a quella parte dei termini processuali che era gi decorsa a tale data. Pertanto, qualora, aUa data del 4 agosto 1965, un. termine processuale (nella specie, queUo relativo alla prop9sizione del regolamento di competenza) fosse gi parzialmente decorso, la sospensione .concer1te esclusivamente da parte residua, la quale incomincia a decorrere dal 15 settembre (3). I (Omissis). -Ai sensi dell'art. 1 della I. 14 luglio 1965, n. 818 il corso dei termini processuali, stabiliti per il compimento di atti i quali richiedono l'opera di avvocato o di procul"latore, scadenti tra il 1 agosto e il 15 settembre, sospeso di diritto fino a quest'ultima data . Tuttavia, a norma dell'art. 3 della medesim legge, in .materia civile l'art. 1 non si applica alle cause ed ai procedimenti indicati nell'art. 92 dell'ordinamento giudiziario, approvato con r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 . L'art. 92 dell'ordinamento giudiziario elenca le cause che debbono essere trattate dalle Corti d'appello e dai Tribunali durante il periodo feriale dei magistrati e contempla, al riguardo, oltre alle cause relative corporativa, continua ad avere significato entro i limiti in cui attualmente quell'espressione pu ancora aver valore e cos la espressione stessa deve essere esclusivamente riferita alle controversie individuali . (3) Con qesta pronuncia la Cassazione ha per la prima volta, esattamente, interpretato la sospensione dei termini processuali prevista dalla 1. 14 luglio 1965, n. 818. 1028 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ad alimenti, ai procedimenti cautelairi, di sfratto, di opposizione all'esecuzione e alla dichiarazione e revoca dei fallimenti, le cause in materia corporativa. Si pone, quindi, il problema, se e quale portata abbia, nell'attuale ordinamento giuridico, l'espressione cause in materia corporativa., che si legge in una norma, emanata quando vigeva il sistema corporativo ed integralmente richiamata in un testo legislativo di recentissima formulazione. Secondo il ricorrente, dopo la soppressione dell'ordinamento corporativo, operata negli anni 1943 e 1944, la menzione delle cause in materia corporativa non ha pi ragion d'essere e quindi nel richiamo dell'art. 92 dell'ordinamento giudiziario, fatto dalla legge n. 818 del 1965, dovrebbe ritenersi escluso ogni riferimento alla materia corporativa, cosicch non potrebbe nemmeno prospettarsi il dubbio della esclusione delle controversie individuali di lavoro dall'ambito della sospensione dei termini disposta con la predetta legge n. 818. Anzi, ad avviso del ricorrente, le controversie individuali di lavoro non si sairebbero dovute nemmeno inquadrare necessariamente nella materia corporativa, poich preesistevano all'ordinamento corporativo fascista e come tali erano dotate di una loro autonomia propria. Quest'ultima affermazione sicuramente erronea : la circostanza che le controversie individuali di lavoro avessero avuto un'apposita disci plina prima ancora che l'ordinamento corporativo fosse stato compiuta mente definito ed instaurato non implica che dette controversie non fossero state poi inserite nel complesso di quell'ordinamento e che la loro disciplina non fosse stata permeata dei principi propri di quell'or dinamento medesimo. Basta riflettere al tentativo di conciliazione, che doveva obbliga toriamente precedere l'instaurazione della lite davanti al giudice, all'ob bligo cio della preventiva denuncia della controversia all'associazione legalmente riconosciuta, rappiresentante della categoria della parte at trice, e all'obbligo dell'associazione stessa d interporre, unitamente al l'associazione di categoria della parte convenuta, i propri uffici per la conciliazione della controversia. Si aggiunga che, ai sensi dell'art. 435 c. p. c., nel successivo giudizio le parti potevano farsi rappresentare dal presidente e dal segretario delle associazioni legalmente riconosciute delle categorie alle quali esse appartenevano, o da un funzionario all'uopo delegato. Tutto ci dimostra l'intimo nesso esistente tra l'ordinamento corporativo, a base del quale stava il principio della rappresentanza necessaria di tutti gli appartenenti alla categoria da parte dell'unica associazione sindacale costituita per la categoria medesima, ed il proce dimento previsto per le controversie individuali di lavoro, le quali quindi non potevano non definirsi cause in materia corporativa. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1029 Che questa espressione fosse poi comprensiva delle controversie in dividuali lo si evince senza ombra di dubbio dalla sistematica del codice di rito, in elaborazione al momento in cui venne pubblicato l'ordinamento giudiziario. ed entrato in vigore poco pi di un anno dopo: il titolo IV del li:ba:'o II infatti espressamente dedicato alle norme per le controversie in materia corporativa e, mentre il I capo disciplina le controv~sie collettive, il II regola le controversie individuali. Sia le une come le altre rientravano, adunque, secondo la mente del legislatore, nella materia corporativa, anche se le prime erano, senza dubbio, quelle tipiche dell'ordinamento corporativo; sarebbe quindi arbitrairio ritenere che la generica menzione della materia corporativa non sia comprensiva tanto delle controversie collettive quanto di quelle individuali. Si deve, pertanto, concludere che con quel preciso significato l'espressione stata inserita nell'art. 92, dell'ordinamento giudiziario. Del resto, se ben si riflette alla ratio della norma, non si pu pervenire a diverso risultato: l'art. 92 contempla, infatti, le cause civili, la cui ritardata trattazione potrebbe portare grave pregiudizio alle parti e dispone che rispetto ad esse non si arresti la funzione giudiziaria nemmeno quando gli uffici rimangono privi della maggior parte dei magistrati addetti, per il periodo di riposo che loro compete. Ora, se vi sono cause, per le quali una ragione d'urgenza sussiste, sono proprio le controversie individuali di lavoro, onde lecito ritenere che, quando nell'art. 92 si fatto riferimento alla materia corporativa, si siano avute presenti in modo particolare le controversie individuali, nelle quali si discute in genere di diritti patrimoniali spettanti al lavoratore in dipendenza della sua prestazione d'opere. La legge, invero, si preoccupa di assicurare nel modo migliore la realizzazione dei crediti del prestatore d'opere, sia accordando privilegi (art. 2751, n. 4, c. c.), sia sottraendoli, in tutto o in parte, alla esecuzione (art. 545, terzo e quarto comma, c. p. c.), proprio in considerazione della loro particolare origine, che li fa assimilare ai crediti di natUJra alimentare: e, poich le cause relative a questi sono espressamente contemplate tra quelle da trattarsi nel periodo feriale, logico inferirne che identico trattamento debba essere fatto per le controversie individuali di lavoro. L'avvenuta soppressione dell'ordinamento corporativo, con la conseguente eliminazione delle controversie collettive e l'abrogazione delle norme ad esse relative, ha quindi semplicemente importato una limitazione della portata dell'art. 92: questo, nella parte in cui richiama la materia corporativa, continua ad avere un significato entro i limiti in cui attualmente quell'espressione pu ancor aver valore e cos l'espressione stessa deve essere esclusivamente riferita alle controversie individuali. 1030 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO. appena il caso di aggim;1.gere che siffatta interpretazione pienamente suffragata dai principi che stanno a base della Costituzione repubblicana, la quale ha voluto tutelare in modo particolare i diritti del lavoratore con le disposizioni degli artt. 35 e segg., cosicch non v' dubbio che risponda ai criteri informatori della Costituzione la sollecita definizione delle controversie riflettenti i diritti dei lavoratori. Comunque, se ancora potessero sussistere dubbi, questi sono completamente fugati dai lavori preparatori della 1. n. 818, in particolare dalla discussione che ha preceduto l'approvazione da parte della Camera dei Deputati della legge suddetta. Invero, di fronte ai rilievi dell'on. Cacciatore, che era stato il presentatore della proposta di legge per una sospensione di termini durante il periodo feriale in modo da consentire un periodo di riposo anche per gli esercenti la professione forense, l'on. Fortuna riconobbe di es.sere incorso, nella sua relazione, in una omissione nell'elencare le cause civil per le quali non si sarebbe dovuta applicare la sospensfone dei termini ed afferm esplicitamente che il riferimento all'art. 92 ord. giud. doveva essere inteso nella sua integralit, p:roseguendo testualmente: nell'articolo suddetto debbono essere considerate comprese tutte le controversie di lavoro: ed giusto che, accanto agli alimenti e alla revoca di fallimento, questa materia sia compresa tra quelle considerate urgenti (Atti parlamentall'i, seduta del 4 febbraio 1965, pag. 12651). Questa interpretazione fu condivisa dal Sottosegretario Misasi per il Governo, il quale precis che non si era inteso apportare alcun emen damento all'art. 92; ed avendo poi l'on. Cacciatore chiesto che nel processo verbale fosse p:recisato che la Camera aveva inteso ricono scere alle controversie in materia di lavoro un connaturale carattere di urgenza che le rende insuscettibili di sospensione di termini ai sensi dell'art. 1 della legge, il Presidente dell'Assemblea diede assicurazioni in proposito, osservando che Commissione e Governo avevano gi .pre cisato, proprio in quei termini, il senso dell'art. 3. Ritenuta, pertanto, l'inapplicabilit della sospensione dei termini nei riguardi delle controversie individuali di lavoro, devesi accogliere l'ec cezione di parte resistente, giacch non pu dubitarsi che la presente causa, in cui si discute della misura della retribuzione spettante ad una insegnante e delle indenit derivanti dalla risoluzione del rapporto, configuri una tipica controversia di lavoro. A torto il ricorrente obbietta che la natura della controversia sarebbe in discussione, postoch con il ricorso si sostiene la ricorrenza di un rapporto di pubblico impiego e si nega la giurisdizione del giudice ordinario, perch non si sarebbe in presenza di un rapporto di lavoro di diritto privato, riconducibile sotto le previsioni dell'art. 429 c. p. c., che elenca appunto le controversie individuali di lavoro. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1031 Invero, per stabilire la natura della controversia, quando ci sia necessario per individuare le norme di rito ad es.sa applicabili, occorre far riferimento all'impostazione che alla stessa ha dato la parte e alla configurazione che le ha attribuito il giudice di merito. Del principio questo Supremo Collegio ha fatto ripetuta applicazione in tema di deposito per il caso di soccombenza, da cui sono esenti i ricorsi per cassazione relativi a controversie del lavoro: si , infatti, ritenuto che l'esenzione valga per tutti i ricorsi per cassazione avverso sentenze pronunciate secondo il rito speciale delle controversie individuali del lavoro, e ci anche quando sia stata contestata l'appartenenza del rapporto sostanziale dedotto in giudizio alla materia del diritto del lavoro e la sentenza abbia escluso l'esistenza di uno dei rapporti previsti dall'art. 429 c. p. c. (sentenza 25 settembre 1964, n. 2420); e si , anzi, affermato che l'esenzione opera anche nell'ipotesi di ricorso per regolamento di giurisdizione, proposto in relazione a sentenza del giudice ordinario, che abbia dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, ritenendo trattarsi di rapporto di impiego con ente pubblico (sentenza 6 maggio 1963, n. 1105). Ora, nel caso concreto, la causa stata sempre trattata col rito proprio delle controversie individuali di lavoro ed pacifico che la sentenza, contro la quale rivolta l'impugnazione, .stata emessa dalla Corte di Appello di Napoli in funzione di magistratura del lavor, con l'intervento del Pubblico Ministero: questo sufficiente per inquadrare la controversia tra quelle che rientrano nelle previsioni dell'art. 3 della I. n. 818, per le quali non opera la sospensione dei termini disposta dall'art. 1 della medesima legge. -(Omissis). II (Omissis.). -La Corte rileva preliminarmente che la sentenza 4 -28 giugno 1965 del Tribunale di Busto Arsizio, contro la quale stato proposto regolamento di competenza, stata comunicata ai pro curatori delle parti il 14 luglio 1965. Il ricorso per regolamento di competenza stato dal Calzaturificio Winston notificato alla controparte il 28 settembre 1965, vale a dire ben settantasei giorni dopo la cennata comunicazione e pertanto deve essere dichiarato inammissiible. Infatti, pur tenendo conto della sospensione del corso dei termini processuali scaduti tra il 1 agosto e il 15 settembre disposta dal l'art. 1 della legge 14 luglio 1965, n. 818, risulta pur sempre superato il termine perentorio di trenta giorni stabilito dall'art. 47 c. p. c. a pena di decadenza dell'impugnazione. 1032 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ci perch, non potendo una legge essere operante prima della sua entrata in vigore, quella sopra citata -che entr in vigore il 4 agosto 1965 -non poteva evidentemente spiegare efficacia sospensiva di quella parte del termine processuale che, a tale data, era gi decorsa. E pertanto, essendo nella specie dal 4 luglio (data della comunicazione della sentenza) al 4 agosto gi trascorsi giorni venti del termine d'impugnazione ed operando la sospensione dal 4 agosto al 15 settembre, i rimanenti giorni dieci -decorrenti da questa ultima data -andavano a scadere il 25 settembre e non il 28, data della notificazione del ricorso. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 28 luglio 1966, n. 2092 -Pres. Vallillo -Est. Ginetti -P. M. Gedda (diff.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Colletta) c. Societ Idroelettrica del Cilento (avv. Solari). Esecuzione forzata -Pignoramento -Versamento da parte del debitore nelle mani dell'ufficiale giudiziario della somma per cui si procede e dello importo delle spese con l'incarico di consegnarli al creditore -Efficacia liberatoria -Sussiste. (c.p.c., art. 494; e.e., art. 1188, comma primo). Il versamento da parte del debitore nelle mani dell'ufficiale giudiziario, che procede al pignoramento, della somma per cui si procede e deU'imparto delle spese, con l'incarico di consegnarli al ereditare, non considerato dalla vigente legge processuale come un mezzo per ottenere la sospensione dell'esecuzione forzata, ma come un mezzo per evitarla eseguendo l'obbligazione. Epper l'art. 494 c. p. c. ha una duplice portata: da un lato afferma l'effetto liberatorio del pagamento effettuato aU'ujficiale giudiziario; dalL'altro riconosce al debitore, che paga nelle particolari condizioni previste, la facoltd di riservarsi la ripetizione della somma versata (1). (Omissis). -Con l'unico mezzo di ricorso l'amministrazione finanziaria dello Stato denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 494 c. p. c., 157 disposizioni di attuazione c. p. c., 1177 e 1188 c. c. (1) Mancano precedenti giurisprudenziali in termini. Per la diversa ipotesi, prevista dall'art. 495 c. p. c., di sostituzione alle cose pignorate di una somma di danaro pari all'importo delle spese e dei crediti del creditore pignorante e dei creditori intervenuti (conversione del pignoramento), v. Cass., 8 gennaio 1966, n. 176, Giur. it., Mass., 1966, 71, la quale avverte che il versamento disciplinato dall'art. 495 c. p. c., che il debitore esecutato PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1033 Lamenta, in concreto, che erroneamente la Corte di Napoli abbia ritenuto l'effetto liberatorio immediato del debitore, il quale, per evitare il pignoramento, versi nelle mani dell'ufficiale giudiziario la somma per cui si procede e l'importo delle spese, mentre tale versamento avrebbe -secondo il suo assunto -solo il valore di deposito della somma; con l'obbligo per l'ufficiale giudiziario procedente di custodirla fino alla consegna di essa al creditore (art. 360, n. 3, c. p. c.). La censura infondata. Il problema che si pone all'esame di questa Corte Suprema quello di stabilire il significato e la portata dell'art. 494 c. p. c.: se cio il versamento della somma in esso previsto abbia o meno valore di pagamento. Non v'ha dubbio che debba pervenirsi alla conclusione positiva, ove si proceda alla interpretazione letterale e logica della norma e se ne estenda l'esame ai precedenti storici. La fattispecie non ha mai formato oggetto di risoluzione da parte di questo Supremo Collegio. Soltanto con la sentenza n. 1188 del 14 maggio 1963 stato esaminato se il sequestro conservativo sulla somma versata dal debitore nelle mani dell'ufficiale giudiziario per evitare il pignoramento debba eseguirsi in forma diretta o secondo le modalit previste per l'espropriazione presso terzi e s' ritenuto che debba farsi ricorso a quest'ultima forma. Ma tale risoluzione si giustifica con la considerazione che, dovendo applicarsi, per l'esecuzione del sequestro conservativo, le norme stabilite per il pignoramento, occorre ricercare dove trovansi le cose da sequestrare e chi ne abbia il possesso ed evidente che la somma versata dal debitore nelle mani dell'ufficiale giudiziario per evitare il pignoramento trovasi in possesso di quest'ultimo finch non l'abbia consegnata al creditore, per cui, in tal caso, appare giustificato che il sequestro debba operarsi nelle mani dell'ufficiale giudiziario, terzo rispetto al creditore sequestrante ed al debitore sequestrato (artt. 678, comma 1, e 543, comma 1, c.p.c.). La fattispecie decisa, per, non pu avere alcuna incidenza sulla diversa questione, costituente oggetto del presente ricorso. da premettere intanto che con le sentenze n. 1994 del 1961 e 176 del 1966 la stessa Corte Suprema ha stabilito il principio che la conversione del pignoramento prevista dall'art. 495 c. p. c., con la facolt concessa al debitore di sostituire alle cose pignorate una somma pu compiere, ai fini della conversione del pignoramento, in qualunque momento anteriore alla vendita, a titolo di deposito e senza pregiudizio per l'ulteriore corso della procedura esecutiva, ha -a differenza del pagamento fatto nelle mani dell'ufficiale giudiziario allo scopo di evitare il pignoramento ai sensi dell'art. 494 stesso codice -natura cauzionale e non definitiva e, perci, non fa venir meno il diritto del creditore alla corresponsione degli interessi ulteriori sulla somma dovuta . RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1034 di danaro, che rimane cos sottoposta a pignoramento in vece di quelle -a differenza del pagamento fatto nelle mani dell'ufficiale giudiziario di cui al precedente art. 494 c. p. c. che ha natura definitiva -non fa venir meno il diritto del creditore alla corresponsione degli interessi sulla somma a lui dovuta, per il tempo successivo alla conversione del pignoramento da parte del debitore, ma anteriore al soddisfacimento del credito. da aggiungere, poi, ai fini dell'analisi interpretativa del primo comma dell'art. 494 c. p. c., che, sotto l'impero del vecchio codice di rito, molto si era discusso sull'effetto del versamento nelle mani dell'ufficiale giudiziario della somma per cui si procedeva e dell'importo spese, a norma dell'art. 580 cpv. di quel c. p. c., e 'si era ammesso che esso non avesse efficacia liberatoria, ma solo sospensiva dell'esecuzione, poich, secondo l'espressa previsione della norma, era effettuato a titolo di deposito. Ma, dal momento che la sospensione derivava dal solo deposito che l'escusso eseguiva, ancorch non accompagnato dall'opposizione, ne conseguiva che il sistema forniva al debitore il facile mezzo di fermare l'esecuzione, senza addossargli l'onere di farsi ulteriormente attivo per dichiarare i motivi che aveva di far sospendere l'esecuzione. Da qui incertezze e discussioni, per trovare un mezzo onde stroncare le mali arti del debitore, poi offerto con la disposizione dell'articolo 494 nuovo c. p. c. Questa norma, il cui contenuto sintetizzato nella intestazione pagamento nelle mani dell'ufficiale giudiziario , dispone che il debitore pu evitare il pignoramento versando nelle mani dell'ufficiale giudiziario la somma per cui si procede e l'importo delle spese, con l'incarico di consegnarli al creditore; e l'art. 157 delle disposizioni di attuazione prescrive il modo di redazione del relativo processo verbale da parte dell'ufficiale giudiziario ed il deposito di esso in cancelleria insieme con la prova del versamento dell'anzidetta somma. Ci posto, deve subito rilevarsi che il versamento della somma all'ufficiale giudiziario ha l'effetto di evitare il pignoramento -non soltanto di sospenderlo -e, poich lo scopo ultimo dell'azione esecu tiva quello satisfattorio, evidente che tale azione pu venir meno, e pu venir meno, quindi, la necessit di procedere a pignoramento, solo se il creditore soddisfatto. N pu opporsi che il versamento nelle mani dell'ufficiale giudi ziario della somma per cui si procede e dell'importo delle spese, con l'incarico di consegnarli al creditore, induce a ritenere che il versa mento sia effettuato a titolo di deposito, come era espressamente pre visto dall'art. 580 c. p. c. abrog., giacch la locuzione usata dal legi slatore diretta ovviamente a sottolineare l'attivit del debitore, che PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1033 Lamenta, in concreto, che erroneamente la Corte di Napoli abbia ritenuto l'effetto liberatorio immediato del debitore, il quale, per evitare il pignoramento, versi nelle mani dell'ufficiale giudiziario la somma per cui si procede e l'importo delle spese, mentre tale versamento avrebbe -secondo il suo assunto -solo il valore di deposito della somma; con l'obbligo per l'ufficiale giudiziario procedente di custodirla fino alla consegna di essa al creditore (art. 360, n. 3, c. p. c.). La censura infondata. Il problema che si pone all'esame di questa Corte Suprema quello di stabilire il significato e la portata dell'art. 494 c. p. c.: se cio il versamento della somma in esso previsto abbia o meno valore di paga~ mento. Non v'ha dubbio che debba pervenirsi alla conclusione positiva, ove si proceda alla interpretazione letterale e logica della norma e se ne estenda l'esame ai precedenti storici. La fattispecie non ha mai formato oggetto di risoluzione da parte di questo Supremo Collegio. Soltanto con la sentenza n. 1188 del 14 maggio 1963 stato esaminato se il sequestro conservativo sulla somma versata dal debitore nelle mani dell'ufficiale giudiziario per evitare il pignoramento debba eseguirsi in forma diretta o secondo le modalit previste per l'espropriazione presso terzi e s' ritenuto che debba farsi ricorso a quest'ultima forma. Ma tale risoluzione si giustifica con la considerazione che, dovendo applicarsi, per l'esecuzione del sequestro conservativo, le norme stabilite per il pignoramento, occorre ricercare dove trovansi le cose da sequestrare e chi ne abbia il possesso ed evidente che la somma versata dal debitore nelle mani dell'ufficiale giudiziario per evitare il pignoramento trovasi in possesso di quest'ultimo finch non l'abbia consegnata al creditore, per cui, in tal caso, appare giustificato che il sequestro debba operarsi nelle mani dell'ufficiale giudiziario, terzo rispetto al creditore sequestrante ed al debitore sequestrato (artt. 678, comma 1, e 543, comma 1, c.p.c.). La fattispecie decisa, per, non pu avere alcuna incidenza sulla diversa questione, costituente oggetto del presente ricorso. da premettere intanto che con le sentenze n. 1994 del 1961 e 176 del 1966 la stessa Corte Suprema ha stabilito iJ. principio che la conversione del pignoramento prevista dall'art. 495 c. p. c., con la facolt concessa al debitore di sostituire alle cose pignorate una somma pu compiere, ai fini della conversione del pignoramento, in qualunque momento anteriore alla vendita, a titolo di deposito e senza pregiudizio per l'ulteriore corso della procedura esecutiva, ha -a differenza del pagamento fatto nelle mani dell'ufficiale giudiziario allo scopo di evitare il pignoramento ai sensi dell'art. 494 stesso codice -natura cauzionale e non definitiva e, perci, non fa venir meno il diritto del creditore alla corresponsione degli interessi ulteriori sulla somma dovuta .. 1&34 RASSEGN~ DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di danaro, che rimane cos sottoposta a pignoramento in vece di quelle -a differenza del pagamento fatto nelle mani dell'ufficiale giudiziario di cui al precedente art. 494 c. p. c. che ha natura definitiva -non fa venir meno il diritto del creditore alla corresponsione degli interessi sulla somma a lui dovuta, per il tempo successivo alla conversione del pignoramento da parte del debitore, ma anteriore al soddisfacimento del credito. da aggiungere, poi, ai fini dell'analisi interpretativa del primo comma dell'art. 494 c. p. c., che, sotto l'impero del vecchio codice di rito, molto si era discusso sull'effetto del versamento nelle mani dell'ufficiale giudiziario della somma per cui si procedeva e dell'importo spese, a norma dell'art. 580 cpv. di quel c. p. c., e 'si era ammesso che esso non avesse efficacia liberatoria, ma solo sospensiva dell'esecuzione, poich, secondo l'espressa previsione della norma, era effettuato a titolo di deposito. Ma, dal momento che la sospensione derivava dal solo deposito che l'escusso eseguiva, ancorch non accompagnato dall'opposizione, ne conseguiva che il sistema forniva al debitore il facile mezzo di fermare l'esecuzione, senza addossargli l'onere di farsi ulteriormente attivo per dichiarare i motivi che aveva di far sospendere l'esecuzione. Da qui incertezze e discussioni, per trovare un mezzo onde stroncare le mali arti del debitore, poi offerto con la disposizione dell'articolo 494 nuovo c. p. c. Questa norma, il cui contenuto sintetizzato nella intestazione pagamento nelle mani dell'ufficiale giudiziario , dispone che il debitore pu evitare il pignoramento versando nelle mani dell'ufficiale giudiziario la somma per cui si procede e l'importo delle spese, con l'incarico di consegnarli al creditore; e l'art. 157 delle disposizioni di attuazione prescrive il modo di redazione del relativo processo verbale da parte dell'ufficiale giudiziario ed il deposito di esso in cancelleria insieme con la prova del versamento dell'anzidetta somma. Ci posto, deve subito rilevarsi che il versamento della somma all'ufficiale giudiziario ha l'effetto di evitare il pignoramento -non soltanto di sospenderlo -e, poich lo scopo ultimo dell'azione esecutiva quello satisfattorio, evidente che tale azione pu venir meno, e pu venir meno, quindi, la necessit di procedere a pignoramento, solo se il creditore soddisfatto. N pu opporsi che il versamento nelle mani dell'ufficiale giudiziario della somma per cui si procede e dell'importo delle spese, con l'incarico di consegnarli al creditore, induce a ritenere che il versamento sia effettuato a titolo di deposito, come era espressamente previsto dall'art. 580 c. p. c. abrog., giacch la locuzione usata dal legislatore diretta ovviamente a sottolineare l'attivit del debitore, che !\ CIVILE 1035 giudiziario; che invece si desume dalla stessa , e il valore di un pagaiziario procedente, che dalla legge a riceverlo ll't. 1188, comma I, c. c. :se solo valore di depodi ottenerne la restitutto che.l'ufficiale giudilitore, dandone atto nel atamente-in cancelleria (). all'avente diritto. lispone che all'atto del somma versata e di ci sso verbale: trattasi rl.i ile, allorquando succes1nuto a pagare. >one sempre un .pagatile prevedere la riserva all'atto del versamento ~tti liberatori immediati .e la relazione del Guarrocedura civile (n. 342), della dottrina, cosi si ::> non considerato nel Lsione, ma soltanto come l'obb1igazione. La dispo~ rma l'effetto liberatorio lo; dall'altro canto rico condizioni previste, di ssis). re 1966, n. 2326 -Pres. (diff.) -Petrucci e Temdello Stato (avv. Stato arcimento del danno da :ome reato -Determinalita per il reato, al fine 1036 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO de11a sua appllcazio:tte all'azione civile -Ipotesi di concorso formai& di reati -Necessit di considei're U fatt-reato in s; indipenden temetite dall'eve:ttto pltirimo -Fattispecie di reato di c;lisastro feri'viaro ec>lposo pt6duttif anche della morte di pili persone~ ." .. :..> .. .:..-: ... (e.e., ari; 294'7, corii.rila tcio); \ \ \. .Qitand.o T.icorta; un. unico fatto colposo.. violatOTe di diverse disposi\ i dell legge penale, osSia un fatto solo con pluralit di eventi, i11> \~denzadeUatesione di pi .beni giuTi.dici penalmente ttf;telati (con,. \fOTmale di reati):. PeT po.tere stabitiTe quale Sia .ia presCTizi(>ne''' va, considerata/dal teTzo commadeWaTt;, 2947 c. c.~ da applicare \ civile TisaTc.itoTia, deve aversi TiguaTdo. a quezia prevista "~9-reato in s, indipendentemente daUa circostanza che lo ''l?duttivo di evento plurimo (applicazione .al caso di delitto '-,roviario colposo produttivo anche deWevento deila morte \~rsone: Zct .prescrizione del!'azione TisarcitOTi.a, .a. norma '\~ma terzo, c; c,, deve essere di quindici .anni e non. \~. \.. '\~ preliminarmente ordinarsi la riunione dei ri\ wugnazioni proposte separatamente contro la ,. \. \1,9mune ai due ricorsi, denunciandosi fa vio\~ degli artt. 2947 c. c., 81, 157 e 185 c. p., ''\vito ha errone~mente applicato all'azione '\, del delitto di on'licdio colposo, laddove "ielfa I>ifi lunga del delitto di disastro \~ sia quando la Tempestini promosse \Jl'Amministrazione delle ferrovie ';vembre 1958), sia qtiarido la Pe \~omparsa 26 giugno 1962). \: .. \ ..,i. Un., 23 giugno 1964, n. 1640, ~6n,do la sentenza in ~ssegna, l'errore ,,f'~ di considerare l'evento arizich il fatto,,, t( quello , senonch da obiettare Che la ....,; di merito s'era rivolta all'omicidio colposo e , sicuramente un reato d'evento. Il rilievo della sen,., mbra si riduca, pertanto, all'altra affermazione che, per ,.,.1 del problema della determinaziOne della pi lunga pre,,. ct applicar~ all'azione civile risarcitoria, nel ~ dLc<;>ncorro PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1037 Ha ritenuto la Corte che, secondo l'assunto delle istanti, la morte del rispettivo marito e padre si ricollegava ad un fatto integrante gli estremi dei reati di disastro ferroviario colposo e di omicidio colposo, dei quali era da ritenersi responsabile non il personale viaggiante del1' Amministrazione ferroviaria, che con varie formule era stato prosciolto da tali imputazioni con la sentenza irrevocabile resa in sede di appello il 12 ottobre 195'6, bensl il personale, dipendente dalla stessa Amministrazione, che prestava servizio a terra e non era stato identificato. Ma, considerandosi il fatto illecito come reato, o, pi esattamente, come concorso formale di reati, in quanto con una sola azione erano state violate diverse disposizioni della legge penale, per calcolare il tempo necessario a prescrivere l'azione risarcitoria ai sensi dell'art. 2947, terzo comma, c. c., doveva, ad avviso della Corte, tenersi conto che l'evento, cui ai fini della prescrizione fa riferimento la norma ora citata, si identifica con il fatto costitutivo del reato generatore del danno, dal quale l'azione trae origine, e cio, nella specie, con l'omicidio colposo (non essendo la morte di una o pi persone considerata come elemento costitutivo o circostanza aggravante del disastro colposo), il quale si prescrive in dieci anni, decorrenti dal giorno della consumazione (articoli 157, n. 3, e 158 c. p.), con la conseguenza che la prescrizione si era gi maturata, quando il giudizio fu iniziato dalla Tempestini e, a maggior ragione, quando la Petrucci vi intervenne volontariamente. La decisione, a cui la Corte pervenuta, stata disattesa da questo Supremo Collegio nella sentenza a sezioni unite 23 giugno 1964, n. 1640, in una fattispecie identica a quella in esame, e dalla soluzione ivi accolta non sussistono ragioni per discostarsi. formale di reati, non pu aversi riguardo che a quella prevista per l'unico fatto costitutivo del danno , ma questa affermazione sembra lasci il problema al punto di partenza, se non addirittura controproducente. Ed invero, se l'unico fatto costitutivo del danno o, meglio, e il fatto illecito generatore del danno (Cass., 12 febbraio 1960, n. 219, Giur. it., 1960, I, 1, 1029 e 1031; 10 luglio 1959, n. 2236, id., 1959, I, 1327 e 1329), a cui allude necessariamente l'art. 2947, comma terzo, c. c., dettato appunto in tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito., considerato dalla legge come integrante diversi reati, non si vede come possa esservi sicuramente, per diversi reati, lo stesso termine prescrizionale, visto che i termini della prescrizione penale dipendono dalla misura (massima) della pena edittale (art. 157 c. p.), ossia, in ultima analisi, dalla specifica configurazione penale del fatto. L'affermazione della sentenza in rassegna sembra debba intendersi, pertanto, nel senso che fra gli eventuali, diversi termini prescrizionali occorre far riferimento a quello applicabile al reato, formalmente concorrente, di cui sia elemento costitutivo o < contenuto > (cfr. PECORARO-ALBANI, Il dolo, Napoli, 1955, 625) precisa 1038 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Invero, riconosciuto che la morte del congiunto delle istanti avrebbe configurato, insieme col delitto di disastro colposo, anche quello di omicidio colposo, non sembra che ci possa avere rilevanza sul termine prescrizionale del diritto al risarcimento del danno, come la Corte di merito ha invece ritenuto. Come gi si accennato, si tratta di concorso formale di reati, parificato dall'art. 81 c. p., che ne contiene la disciplina, al concorso materiale in ordine al cumulo delle pene e alle sue limitazioni, ossia di un unico fatto colposo violatore di diverse disposizioni di legge, o, pi propriamente, di un fatto solo con una pluralit di eventi, in dipendenza della lesione di pi beni giuridici penalmente tutelati. Ma, poich l'art. 2947, terzo comma, c. c. fa richiamo al fatto considerato dalla legge come reato, per .potere stabilire quale sia la prescrizione pi lunga, considerata dalla norma, da applicare all'azione civile, non pu aversi riguardo che a quella prevista per l'unico fatto costitutivo del danno, cio per il delitto di disastro colposo, a nulla rilevando che in esso si sia inserito anche l'evento della morte di una o pi persone. La tesi affermata dalla Corte presenta il .difetto di considerare l'evento anzi che il fatto-reato, confondendo questo con quello, contro la lettera e la ratio della norma in esame, la quale si riferisce al fattoreato in s, indipendentemente dalla circostanza, quale si verifica nel caso di concorso di disastro colposo e di omicidio colposo, che lo stesso sia produttivo di un evento plurimo. E, poich la prescrizione del reato di disastro ferroviario colposo, per cui comminata nel massimo la pena della reclusione per dieci anni, avviene in quindici anni dal giorno della consumazione (art. 157, n. 2, c. p.) e il periodo relativo, applicabile anche all'azione civile, come si rileva dalla sentenza impugnata, non si era maturato al mo- mente il danno, del risarcimento del quale si tratti; ma, allora, sembra che, nel caso di specie, avesse ragione proprio la sentenza denunciata, che aveva fatto riferimento al termine di prescrizione dell'omicidio colposo, rispetto al quale, appunto, l'evento della morte del congiunto delle attrici (che da tale decesso traevano sostegno alla loro pretesa risarcitoria) era dalla legge assunto ad elemento costitutivo, necessario, del reato, mentre non altrettanto pu dirsi per la fattispecie legale del reato di disastro ferroviario colposo, ad integrare il quale, in relazione all'interesse tutelato della pubblica incolumit, non occorre un danno effettivo alle persone: cfr. Cass., 16 marzo 1954, Giust. pen., 1954, II, 819 ed in genere Cass., 14 marzo 1957, Riv. pen., 1958, II, 100; in dottrina v. GRANATA, I reati ferroviari nei codice penate, Riv. giur. circ. e trasp., 1951, 251 e segg. Avverte Cass., 13 novembre 1963, n. 1056, Cassazione penale, Mass., 1964, 623, che perch sussista il reato di disastro ferrovfario colposo occorre che si sia verificato un evento di notevole gravit, ma non esistono criteri quantitativi precisi per distinguere quali danni consentano di parlare di disastro PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1039 mento in cui la Tempestini notific l'atto di citazione e in quello in cui la Petrucci intervenne nel processo, ne consegue che, in accoglimento del primo motivo, comune ai due ricorsi, l'impugnata sentenza dev'essere cassata e la causa rinviata per nuovo esame ad altro giudice di pari grado, restando assorbiti gli altri motivi, i quali prospettano questioni di carattere subordinato rigpetto alla questione di prescrizione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 ottobre 1966, n. 2431 -Pres. Pece -Est. Giannattasio -P. M. Di Majo (conf.) -Societ Agricola Bonifica Sarda (avv.ti Nonnis, Mazzullo) c. Amministrazione delle Finanze (avv. Stato Pietrini-Pallotta). Demanio e patrimonio -Campi di tiro a se~no -Devoluzione allo Stato senza compenso -Terreni di propriet di terzi -Esclusione dalla devoluzione -Necessit di apposita espropriazione verso corresponsione della relativa indennit. (Cast., art. 42, comma terzo; e.e., art. 834; 1. 17 aprile 1930, n. 479; reg. 21 novembre 1932, n. 2051; 1. 4 giugno 1934, n. 950, mod. con d.1. 16 dicembre 1935, n., 2430 conv. in 1. 4 giugno 1936, n. 1143, art. 3). Per effetto dell'art. 3 l. 4 giugno 1934, n. 950 sono passati al 'l)emanio dello Stato senza compenso i campi di tiro a segno costruiti i, impiantati a totale spesa dello Stato, quelli costruiti ed impiantati ~rziale spesa dello Stato, della Provincia e del Comune a norma 'rt. 12 i. 17 aprile 1930, n. 479, ed a tutto concedere quelli gi menti in piena ed assoluta propriet alle societ mandamentali; 'usi, invece, da tale devoluzione gratuita i terreni di propriet \ cui siano stati impiantati campi di tiro, dovendo in tal caso i, principio generale del rispetto della propriet privata, it \ancora che dall'art. 42 della Costituzione o dall'art. 834 '{incito dall'art. 438 c. c. 1865 e dall'art. 29 dello Statuto 'i.atta ipotesi, la devoluzione senza compenso disposta n. 950 del 1934 limitata aUe sole attrezzature tec' iagli, agli impianti elettrici, alle dotazioni di arma' O previsto dall'art. 12, comma secondo, Z. 17 aprile 'risata dalla massima di cui sopra v., analo5 d. lg. 11 marzo 1948, n. 409, in materia 'Qll'art. 2, v. in questa Rassegna, 1966, I, 'U, n. 702, Foro it., 1952, I, 677, la quale ...o 1948, n. 409 esaurisce il suo scopo con PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA .CIVILE 1037 1to la Corte che, secondo l'assunto delle istanti, la morte marito e padre si ricollegava ad un fatto integrante gli ~ati di disastro ferroviario colposo e di omicidio colposo, da ritenersi responsabile non il personale viaggiante delione ferroviaria, che con varie formule era stato proi imputazioni con la sentenza irrevocabile resa in sede 2 ottobre 195,5, bens il personale, dipendente dalla stessa ne, che prestava servizio a terra e non era stato identinsiderandosi il fatto illecito come reato, o, pi esattaoncorso formale di reati, in quanto con una sola azione :>late diverse disposizioni della legge penale, per calco1ecessario a prescrivere l'azione risarcitoria ai sensi delzo comma, c. c., doveva, ad avviso della Corte, tenersi ento, cui ai fini della prescrizione fa riferimento la ta, si identifica con il fatto costitutivo del reato gene10, dal quale l'azione trae origine, e cio, nella specie, colposo (non essendo la morte di una o pi persone ne elemento costitutivo o circostanza aggravante del >), il quale si prescrive in dieci anni, decorrenti dal isumazione (articoli 157, n. 3, e 158 c. p.), con la conprescrizione si era gi maturata, quando il giudizio 1 Tempestini e, a maggior ragione, quando la Petrucci olontariamente. ~. a cui la Corte pervenuta, stata disattesa da questo o nella sentenza a sezioni unite 23 giugno 1964, n. 1640, 'ie identica a quella in esame, e dalla soluzione ivi istono ragioni per discostarsi. non pu aversi riguardo che a quella prevista per l'unico .el danno , ma questa affermazione sembra lasci il proli partenza, se non addirittura controproducente. Ed e> fatto costitutivo del danno ., o, meglio, il fatto ille1 danno > (Cass., 12 febbraio 1960, n. 219, Giur. it., 1960, l luglio 1959, n. 2236, id., 1959, I, 1327 e 1329), a cui allude :irt. 2947, comma terzo, c. c., dettato appunto in tema di ritto al risarcimento del danno derivante da fatto ille o dalla legge come integrante diversi reati, non si vede sicuramente, per diversi reati, lo stesso -termine prescri' termini della prescrizione penale dipendono dalla mila pena edittale (art. 157 c. p.), ossia, in ultima analisi, gurazione penale del fatto. L'affermazione della sentenza debba intendersi, pertanto, nel senso che fra gli evenli prescrizionali occorre far riferimento a quello applinalmente concorrente, di cui sia elemento costitutivo o PECORARO-ALBANI, Il dolo, Napoli, 1955, 625) precisa inta omessa, bcisivo della nella legget, della 1eggeie. p. c., e de~ zioni di tirb bssendo stati, Demanio, non ~ quel e nesso li.ritto derivajnte al. primo, ttoria motiva~. n. 479 (so1artt. 61, 64, ~rt. 360, nn. 3 ~campi di tiro psono impian~ uito c.arattere !to con negozio ~ un ente pubk> riet. ie, gi discipliiento approvato i\ societ mandaha per la parte \strativa, subiva ~siva e precisa. ento 21 novmh d.1. 16 dicem ~43. ~932, in armonia ;damentali venibitaliana di tiro \\direttivi, "Veniva ~se costruite dallo !demanio pubblico }azione si riferisce '!'pu essere trasfele norme del testo ~no, adunque, sol PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1041 introdotta la nomina di ufficiali della milizia nazionale con compiti tecnici e amministrativi. La partecipazione dello Stato era prevista sotto forma di acquisto o di affitto dei terreni, gi appartenenti alle societ mandamentali, sui quali erano impiantati i campi di tiro e veniva stabilito (art. 12) che, per le spese di impianto e la sistemazione dei campi di tiro, vi sarebbe stato il concorso dello Stato per 3/5, quelli della Provincia e del Comune rispettivamente per 1/5. La 1. 4 giugno 1934, n. 950 (le modifiche ad essa apportate col r. d. 1. 16 dicembre 1935, n. 2430, conv. in 1. 4 giugno 1936, n. 1143 non interessano il presente giudizio) introduceva il criterio secondo il quale per l'impianto, la sistemazione e gli affitti dei campi di tiro avrebbe provveduto per l'avvenire unicamente lo Stato (art. 1). Il successivo art. 3, sul quale massimamente fondata l'impugnata sentenza, del seguente tenore: e Entro un anno dalla pubblicazione della presente legge, tutti i campi di tiro appartenenti alle sezioni, quale che sia la loro provenienza, passeranno al Demanio dello Stato. Tale trasferimento avr luogo senza compenso >. Per l'esatta interpretazione di questo articolo, occorre inquadrarlo in tutto il sistema anteriore, senza di che non sarebbe dato intendere n le nozioni di e appartenenza> n quella di e provenienza . Innanzi tutto il passaggio al Demanio dello Stato riguarda tutti i campi di tiro, e appartenenti alle sezioni della Societ italiana di tiro a segno, o perch tali sezioni li avevano acquistati o li avevano espropriati, o perch l'acquisto ovvero l'esproprio era avvenuto ad opera dello Stato, ai sensi dell'art. 12 della legge del 1930, con il concorso della Provincia o del Comune. A tutto concedere si pu anche ammettere, dato il clima politico del tempo, che i campi di tiro, gi appartenenti in piena ed assoluta propriet alle societ mandamentali, erano passati ipso iure con la legge del 1930 alle sezioni di tiro ed anche per questi nel 1934 avvenne il passaggio senza compenso al Demanio dello Stato. Ma, se il campo di tiro nel suo complesso, anche soltanto il terreno nel quale sorgeva, era pervenuto nella materiale disponibilit della sezione di tiro a segno dalla societ mandamentale, la quale, a sua volta, l'aveva acquistato con la condizione risolutiva della retrocessione, qualora la societ avesse cessato la sua attivit (non importa se la cessazione fosse stata volontaria o coattiva), ovvero fosse venuto a mancare lo scopo per cui la cessione aveva avuto luogo, il passaggio del bene al Demanio limitatamente al terreno non poteva avvenire, perch la scomparsa della societ mandamentale e della sezione di tiro a segno, in cui tale societ si era trasformata (art. 22 1. n. 479 del 1930; art. 9 reg. n. 2051 del 1932), dava luogo ipso iure alla retrocessione. Naturalmente la parte che invoca la non appartenenza e quindi 1042 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il mancato passaggio del bene al Demanio deve provare, in una situazione del genere, il verificarsi della condizione in epoca anteriore alla pubblicazione della legge del 1934, ma tale prova era stata in parte offerta ed in parte richiesta dalla Soc. agricola bonifica sarda, e la Corte ha risposto semplicemente che non risultava che la condizione si fosse verificata all'atto della demanializzazione del terreno, donde la giusta censura di vizio di attivit inerente ad un punto decisivo della controversia, che forma oggetto del terzo motivo di ricorso. Inoltre la dizione quale che sia la loro provenienza , relativa ai terreni destinati al passaggio al Demanio, non pu avere altro significato che quello secondo il quale sono passati al Demanio dello Stato senza compenso i campi di tiro costruiti e impiantati a totale spesa dello Stato (art. 1 1. 1934) e quelli costruiti e impiantati a parziale spesa dello Stato, della Provincia e del Comune, a norma dell'art. 12 della legge del 1930, e a tutto concedere, come gi si accennato, anche quelli gi appartenenti in piena e assoluta propriet alle societ mandamentali. Quello che non si pu concedere che il legislatore abbia inteso comprendere nel passaggio senza compenso al Demanio anche i campi di tiro, e pi precisamente i terreni sui quali essi sorgevano, di propriet di terzi, contro il principio generale del rispetto della propriet privata, il quale, prima ancora che dall'art. 42 della Costituzione e dall'art. 834 del c. c. 1942, era sancito dall'art. 438 c. c. 1865 (per il quale nessuno poteva essere costretto a cedere la sua propriet se non per cause determinate e premesso il pagamento di una giusta indennit) e, prima ancora, dall'art. 29 dello Statuto albertino. In una ipotesi siffatta, in cui la propriet del terreno appartenga o debba ritornare a terzi, l'efficacia della espressione campi di tiro " di cui all'art. 3 della legge del 1934 va intesa limitata alle sole attrezzature tecniche, escluso il terreno sottostante, e cio ai bersagli, agli impianti elettrici, alle dotazioni di armamento e a quanto altro previsto dall'art. 12, comma secondo, 1. 17 aprile 1930, n. 479: tutte cose di non scarso valore che potevano giustificare una misura eversiva, anche in ragione della loro natura. Del resto, in una situazione analoga, stqto proprio accolto questo criterio: quando l'art. 5 del d. 1. 11 marzo 1948, n. 409 ha stabilito che e tutte le opere permanenti di protezione antiaerea esistenti nel territorio della Repubblica sono di pertinenza del Demanio dello Stato, al cui nome debbono essere intestate in catasto .questo Supremo Collegio, interpretando detto articolo, affermava essere ovvio che tale dichiarazione si riferiva alla costruzione e non al terreno sottostante, che non poteva essere trasferito allo Stato senza una pronuncia di espropriazione e senza il pagamento di una giusta indenit (Cass., 30 marzo 1951, n. 702). Una volta affermato che, di fronte al diritto del terzo sul terreno sul quale impiantato il campo di tiro, l'acquisto, da parte del De PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1041 introdotta la nomina di ufficiali della milizia nazionale con compiti tecnici e amministrativi. La partecipazione dello Stato era prevista sotto forma di acquisto o di affitto dei terreni, gi appartenenti alle societ mandamentali, sui quali erano impiantati i campi di tiro e veniva stabilito (art. 12) che, per le spese di impianto e la sistemazione dei campi di tiro, vi sarebbe stato il concorso dello Stato per 3/5, quelli della Provincia e del Comune rispettivamente per 1/5. La 1. 4 giugno 1934, n. 950 (le modifiche ad essa apportate col r. d. 1. 16 dicembre 1935, n. 2430, conv. in 1. 4 giugno 1936, n. 1143 non interessano il presente giudizio) introduceva il criterio secondo il quale per l'impianto, la sistemazione e gli affitti dei campi di tiro avrebbe provveduto per l'avvenire unicamente lo Stato (art. 1). Il successivo art. 3, sul quale massimamente fondata l'impugnata sentenza, del seguente tenore: e Entro un anno dalla pubblicazione della presente legge, tutti i campi di tiro appartenenti alle sezioni, quale che sia la loro provenienza, passeranno al Demanio dello Stato. Tale trasferimento avr luogo senza compenso >. Per l'esatta interpretazione di questo articolo, occorre inquadrarlo in tutto il sistema anteriore, senza di che non sarebbe dato intendere n le nozioni di e appartenenza n quella di e provenienza . Innanzi tutto il passaggio al Demanio dello Stato riguarda tutti i campi di tiro, e appartenenti alle sezioni della Societ italiana di tiro a segno, o perch tali sezioni li avevano acquistati o li avevano espropriati, o perch l'acquisto ovvero l'esproprio era avvenuto ad opera dello Stato, ai sensi dell'art. 12 della legge del 1930, con il concorso della Provincia o del Comune. A tutto concedere si pu anche ammettere, dato il clima politico del tempo, che i campi di tiro, gi appartenenti in piena ed assoluta propriet alle societ mandamentali, erano passati ipso iure con la legge del 1930 alle sezioni di tiro ed anche per questi nel 1934 avvenne il passaggio senza compenso al Demanio dello Stato. Ma, se il campo di tiro nel suo complesso, anche soltanto il terreno nel quale sorgeva, era pervenuto nella materiale disponibilit della sezione di tiro a segno dalla societ mandamentale, la quale, a sua volta, l'aveva acquistato con la condizione risolutiva della retrocessione, qualora la societ avesse cessato la sua attivit (non importa se la cessazione fosse stata volontaria o coattiva), ovvero fosse venuto a mancare lo scopo per cui la cessione aveva avuto luogo, il passaggio del bene al Demanio limitatamente al terreno non poteva avvenire, perch la scomparsa della societ mandamentale e della sezione di tiro a segno, in cui tale societ si era trasformata (art. 22 1. n. 479 del 1930; art. 9 reg. n. 2051 del 1932), dava luogo ipso iure alla retrocescgione. Naturalmente la parte che invoca la non appartenenza e quindi 1042 RASSGNA DELL'AVVOCATURA DELLO S'l'A'l'O il mancato passaggio del bene al Demanio deve provare, in una situazione del genere, il verificarsi della condizione in epoca anteriore alla pubblicazion della legge del 1934, ma tale prova era stata in parte offerta ed in parte richiesta dalla Soc. agricola bonifica sarda, e la Corte ha risposto semplicemente che non risultava che la condizione si fosse verificata all'atto della demanializzazione del terreno, donde la giusta censura di vizio di attivit inerente ad un punto decisivo della controversia, che forma oggetto del terzo motivo di ricorso. Inoltre la dizione quale che sia la loro provenienza relativa ai terreni destinati al passaggio al Demanio, non pu avere altro significato che quello secondo il quale sono passati al Demanio dello Stato senza compenso i campi di tiro costruiti e impiantati a totale spesa dello Stato (art. 1 1. 1934) e quelli costruiti e impiantati a parziale spesa dello Stato, della Provincia e del Comune, a norma dell'art. 12 della legge del 1930, e a tutto concedere, come gi si accennato, anche quelli gi appartenenti in piena e assoluta propriet alle societ mandamentali. Quello che non si pu concedere che il legislatore abbia inteso comprendere nel passaggio senza compenso al Demanio anche i campi di tiro, e pi precisamente i terreni sui quali essi sorgevano, di propriet di terzi, contro il principio generale del rispetto della propriet privata, il quale, prima ancora che dall'art. 42 della Costituzione e dall'art. 834 del c. c. 1942, era sancito dall'art. 438 c. c. 1865 (per il quale nessuno poteva essere costretto a cedere la sua propriet se non per cause determinate e premesso il pagamento di una giusta indennit) e, prima ancora, dall'art. 29 dello Statuto albertino. In una ipotesi siffatta, in cui la propriet del terreno appartenga e> debba ritornare a terzi, l'efficacia della espressione campi di tiro > di cui all'art. 3 della legge del 1934 va intesa limitata alle sole attrezzature tecniche, escluso il terreno sottostante, e cio ai bersagli, agli impianti elettrici, alle dotazioni di armamento e a quanto altro previsto dall'art. 12, comma secondo, I. 17 aprile 1930, n. 479: tutte cose di non scarso valore che potevano giustificare una misura eversiva, anche in ragione della loro natura. Del resto, in una situazione analoga, stl}te> proprio accolto questo criterio: quando l'art. 5 del d. 1. 11 marzo 1948, n. 409 ha stabilito che e tutte le opere permanenti di protezione antiaerea esistenti nel territorio della Repubblica sono di pertinenza del Demanio dello Stato, al cui nome debbono essere intestate in catasto .questo Supremo Collegio, interpretando detto articolo, affermava essere ovvio che tale dichiarazione si riferiva alla costruzione e non al ter-' reno sottostante, che non poteva essere trasferito allo Stato senza una pronuncia di espropriazione e senza il pagamento di una giusta indenit (Cass., 30 marzo 1951, n. 702). Una volta affermato che, di fronte al diritto del terzo sul terreno sul quale impiantato il campo di tiro, l'acquisto, da parte del De PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1043 manio, senza compenso, riguarda unicamente i campi di tiro nel loro complesso di attrezzature tecniche, rimangono assorbite sia la disputa se l'acquisto avvenga a titolo originario o a titolo derivativo, di cui al quarto mezzo del ricorso, sia la censura subordinata, contenuta nel quinto mezzo, relativa alla intervenuta costruzione di edifici per abitazione sul terreno; sia, infine, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 3 della 1. n. 950 del 1934, prospettata con il sesto mezzo. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 17 ottobre 1966, n. 2491 -Pres. La Porta -Est. Gabrieli -P. M. De Marco (conf.). -Ministero dell'Interno (avv. Stato Carafa) c. Trabalzini e Lanni (avv. Lucisano, Turr). Responsabilit civile -Risarcimento del danno -Danni che si proiettano nel futuro -Liquidazione -Criteri. (e.e., artt. 1223, 1226, 2053, 2056). Responsabilit civile -Risarcimento del danno -Liquidazione - Compensatio lucri curo danno -Applicazione -Presupposto. (e.e., artt. 1223, 1226, 2053, 2056). Responsabilit civile -Responsabilit della P. A. -Incidente occorso a dipendente di un Ministero per scontro tra due autoveicoli dello stesso Ministero -Risarcimento del danno e pensione privile~iata - Cumulabilit -Sussiste. (e.e., artt. 2053, 2056; r.d. 5 settembre 1895, n. 603, art. 40). Quando si tratta di liquidare danni che si proiettano nel futuro, non possibile determinarne l'ammontare con sicura precisione, onde il giudice deve neces$ariamente procedere alla determinazibne del quantum debeatur attraverso calcoli di probabilit relativi ai lucro cessante, da compiersi, a sua discrezione, o secondo il criterio equitativo consentito dait'art. 2056, comma secondo, c. c., ovvero secondo le tabelle di capitalizzazione delle rendite vitalizie approvate con r. d. 9 ottobre 1922, n. ~403 (1). n principio della compensatio lucri cum damno trova applicazione solo quando sia il vantaggio che il danno siano conseguenze immediate e dirette dello stesso fatto illecito, quando cio il vantaggio e il danno (1) Cfr. Cass., 8 ottobre 1965, n. 2108, in questa Rassegna, 1966, I, 318, sub i, ove ulteriori riferimenti. 1044 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO si presentino come effetti contrapposti di un medesimo fatto, avente in s l'idoneit a determinare oltre il danno anche l'effetto vantaggioso (2). Poich la pensione ripete la sua fonte e la sua ragione giuridica da un titolo diverso o indipendente dal fatto illecito, il quale pone in essere solo la condizione perch quel titolo spieghi la sua efficacia e neppure in caso di pensione privilegiata assurge a causa della relativa attribuzione, la P. A., responsabile dell'incidente automobilistico occorso al suo dipendente, tenuta a risarcirgli il danno ed a corrispondergli aitres la pensione privilegiata sulla invalidit da causa di servizio riconosciutagli in seguito al medesimo incidente (3). (Omissis). -Con il primo motivo il Ministero ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2056 e 1226 c. c., nonch dei principi generali in materia di liquidazione del danno da fatto illecito, omessa ed insufficiente motivazione circa il punto decisivo della misura del reddito del deceduto (art. 360, nn. 3 e 4, c. p. c.), per non avere il giudice di appello riconosciuto che l'indennizzo di lire 14.250.000 (cio lire 20 milioni, meno un terzo per i bisogni personali della vittima) non risultava esattamente liquidato n in base alle tabelle delle assicurazioni sociali -essendosi tenuto conto di uno stipendio massimo di L. 1.200.000, superiore a quello raggiungibile al 6Qoo anno dalla vittima, il quale sarebbe stato di 895 mila lire -n in base alla equit, la quale non pu giammai giustificare un indennizzo di gran lunga maggiore di quello liquidato facendo esclusivamente ricorso alle tabelle., specialmente se il richiamo alla equit sia stato fatto per applicare un correttivo in meno al risultato cui si sarebbe pervenuti secondo le tabelle. La esposta censura infondata. Ed invero -come altra volta stato affermato -quando si tratti di liquidare danni che si proiettano nel futuro, non umanamente pos sibile determinarne l'ammontare con assoluta precisione, data la pratica impossibilit di una sicura indagine nell'avvenire, onde il giudice deve necessariamente procedere alla determinazione del quantum debeatur attraverso calcoli di probabilit relativi al lucro cessante, da compiersi, a sua discrezione, o secondo il criterio equitativo, consentito dall'arti colo 2056, comma 2, c. c., o secondo le tabelle di capitalizzazione delle rendite vitalizie, approvate con r. d. 9 ottobre 1922, n. 1403. Dovendosi, quindi, osservare il detto criterio, nel caso che, come nella specie, siano da liquidare i danni futuri derivanti dalla morte di una persona per fatto illecito, non vi dubbio che corretta appli (2-3) Cfr. Cass., 25 ottobre 1965, n. 2248, in questa Rassegna, 1966, I, 76, con nota critica di MAND. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1045 cazione dell'enunciato principio abbia fatto il giudice di merito, il quale, conoscendo il reddito attuale della vittima, ma igq.orando quello che in avvenire essa avrebbe potuto conseguire, per immancabili aumenti di stipendio relativi all'avanzamento di anzianit e alla evoluzione delle condizioni economiche generali e per sviluppi di carriera, che, data la giovane et del Lanni, erano ancora possibili, ha stabilito in via equitativa il reddito massimo, che egli avrebbe potuto conseguire, e sulla base di esso ha provveduto, sempre in via equitativa, alla liquidazione del danno, senza per trascurare ragguagli orientativi ricavabili dalle tabelle delle assicurazioni sociali. Orbene, poich non sono denunciati errori di calcolo nell'adozione di queste ultime, la critica svolta dal ricorrente col motivo di cui trattasi si riduce a censurare la determinazione in 1.200.000 lire del reddito massimo raggiungibile dalla vittima e, poich questo risulta stabilito in via equitativa, la critica del ricorrente investe null'altro che un apprezzamento di mero fatto, compiuto dal giudice del merito nell'esercizio di poteri discrezionali, il quale pertanto si sottrae al controllo tecnico-giuridico di questa Corte. Col secondo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2056, 1223, 1226 e 1227 c. c., omessa motivazione sul punto decisivo della identit del soggetto tenuto al risarcimento e debitore della pensione (art. 360, nn. 3 e 5, c. p. c.), per non avere il giudice del merito riconosciuto che nella liquidazione del danno avrebbe dovuto tenersi conto della pensione privilegiata corrisposta alla vedova del dipendente, la quale, essendo determinata dalla morte di costui, all'evento dannoso si ricollegava non come a occasione, ma come a vera e propria causa. Anche questo motivo infondato. recente la conferma da parte di questa Corte, a seguito di appro fondito riesame della questione, del principio che l'amministrazione responsabile dell'incidente automobilistico occorso al suo dipendente tenuta a risarcirgli il danno e a corrispondergli la pensione privile giata sulla invalidit da causa di servizio riconosciuta al danneggiato in seguito al medesimo incidente. Il principio si giustifica fondamentalmente col considerare che, po tendo la compensatio lucri cum damno valere solo quando il van taggio, cosi come il danno, sia conseguenza immediata e diretta dallo illecito, quando, cio, il vantaggio e il danno si presentino come effetti contrapposti di un medesimo fatto, avente in s l'idoneit a determi nare oltre il danno anche l'effetto vantaggioso, tale situazione non si verifica, quando la persona offesa o i congiunti superstiti, in caso di morte della stessa, percepiscano una pensione, poich questa ripete la sua fonte e la sua ragione giuridica da un titolo diverso o indipen 1046 RASSEGNA DELL'AVV.OCATURA DELLO STATO dente dal fatto illecito, il quale pone in essere solo la condizione perch quel titolo spi~ghi la sua efficacia. A tali effetti non rileva che si tratti di pensione privilegiata, poich neanche in questo caso il fatto illecito assurge a causa dell'attribuzione patrimoniale in cui la pensione consiste, per il sorgere della quale necessario e sufficiente che la morte o la invalidit siano derivate da causa di servizio, avente in s il pericolo della lesione o infermit riportate. inoltre da considerare che il diritto alla pensione dei pubblici .-' dipendenti -sia quella ordinaria, sia quella privilegiata - il prodotto di un correlativo, precedente sacrificio economico, costituito dai contributi versati mensilmente dai dipendenti ai fini della corresponsione della pensione, e pertanto non pu neppure parlarsi di lucro nel senso proprio di questo termine, inteso come gratuito vantaggio economico prodotto dallo stesso illecito. N vi ragione di distinguere, ai fini della cumulabilit della pensione con il risarcimento, a seconda che i corrispondenti obblighi sorgano in capo a soggetti diversi o ad uno stesso soggetto, trattandosi, come si visto, in ogni caso, di titoli diversi. -(Omissis). TRIBUNALE DI NAPOLI, Sez. I, 4 maggio 1966, n. 2862 -Pres. Capozzi -Est. Longo -Troncone Luigi ed altri (avv.ti Jaccarino C. e C. M.) c. Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato) e Comune di Napoli (avv. D'Ambrosio). Occupazione -Occupazione d'urgenza di suoli occorrenti per l'esecuzione, con fondi anticipati dalla Cassa per il Mezzogiorno, di opera pubblica comunale a cura dello stesso Comune affidatario a norma della legge speciale per Napoli 9 aprile 1953, n. 297 -Protrazione ultrabiennale senza titolo dell'occupazione -Azione giudiziaria proposta dai proprietari dei suoli, trasformati in sede stabile dalla opera pubblica, per ottenere la restituzione degli immobili o, in mancanza, il risarcimento dei danni -Qualificazione giuridica Azione reale, di revindica, e non personale, di risarcimento dei danni -Conseguenze in ordine alla legittimazione passiva Fattispecie. (l. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 73; cc., art. 948; 1. 9 aprile 1953, n. 297, art. 4); Nel caso di protrazione ultrabiennale senza titolo deU'occupazione di un suolo, disposta in via d'urgenza a norma dell'art. 71, comma primo, parte seconda, l. 25 giugno 1865, n. 2359, l'azione proposta dal PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1047 proprietario, per ottenere la restituzione dell'immobile, o, in mancanza, neLl'ipotesi di avvenuta trasformazione e destinazione del medesimo a sede stabile dell'opera pubblica, il risarcimento dei danni, si qualifica come azione reale, di revindica, e tale resta, pur se, pel rispetto del limite stabilito dall'art. 4 l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, l'adito G. O. possa condannare l'Ente pubblico soltanto al risarcimento dei danni, comprensivo del valore venale del bene. Legittimato passivamente alla azione , pertanto, non gi, l'ente pubblico, che, agendo in via sostitutiva, si sia immesso originariamente, in virt di decreto prefettizio di occupazione d'urgenza nel possesso del bene, ma queUo che, al momento della proposizione della domanda, scaduto il biennio ex art. 73 l. n. 2359 del 1865, si trovi a possederlo senza legittimo titolo (1). (Omissis). - pacifica la perdurante illegittimit dell'occupazione dei suoli per cui causa, protrattasi oltre il termine biennale di cui all'art. 73 della 1. n. 2359 del 1865. Tanto premesso in fatto, va anzitutto precisato che, come ormai costante giurisprudenza, il protrarsi dell'occupazione temporanea, senza (1) Conformi sono le seguenti sentenze della stessa I Sez. Civ. del Tribunale di Napoli: 24 marzo 1S66, n. 1924, Musella c. Cassa per il Mezzogiorno e Comune di Napoli (Pres. Stile -Est. Battimelli); 20 aprile 1966, n. 2516, Troncone V. c. detti (Pres. Stile -Est. Amirante); 2 maggio 1966, n. 2817, Societ Industriale Metalmeccanica ed altri c. detti (Pres. Stile Est. Di Filippo); 11 maggio 1966, n. 3062, Colace c. detti (Pres. Stile Est. Di Filippo); 11 maggio 1966, n. 3064, Mezzo c. detti (Pres. Stile -Est. Di Filippo). Per ulteriori riferimenti, si veda la seguente annotazione: Tutela giudiziaria del proprietario di immobile occupato sine titulo dalla P. A. e trasformato in opera pubblica ed atto espropriativo in senso materiale. I. -Secondo una corrente dottrinale, nel caso di occupazione, protratta sine titulo da parte della P. A., di immobili privati destinati ad opere pubbliche, la soluzione pi accettabile sarebbe quella che, fatta salva la conservazione del diritto del proprietario sulla cosa fin quando egli non ne venga regolarmente espropriato in virt di un provvedimento. am:ininistrativo, riconosca all'autorit giudiziaria la possibilit di condannare l'ente occupante al solo ristoro dei danni dal primo subiti fino al momento della sentenza, statuendo pel futuro -salvo la eventuale, successiva dimostrazione di maggiori danni e comunque fino alla restituzione o fin quando non intervenga un provvedimento di trasferimento coattivo -un indennizzo periodico, destinato a risarcire il proprietario della permanenza, abusivamente impostagli, della indisponibilit della cosa (cfr. SANDULLI A. M., Immobili privati posseduti dall'Amministrazione sine titulo e destinati a opere pubbliche, Riv. giur. ed., 1958, I, 57, il quale -ivi, 56 e 57 sostenendo che le costruzioni non si sottraggono alle regole degli artt. 936 seg. c. c. precisa che nella determinazione del quantum del ristoro il 1048 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che sia, come nella specie, intervenuta la espropriazione entro il biennio di cui alla norma citata, rende illegittima la ulteriore detenzione del bene, con la conseguenza che l'ente occupante, quale detentore sine titulo, tenuto a restituirlo, ovvero a risarcire il danno, ove a cagione delle opere eseguite non ne sia pi possibile la restituzione. E la liquidazione di tale danno, per la quale certamente competente il giudice ordinario, stante la innegabile lesione del diritto del privato alla integrit del proprio patrimonio (cui la legge appresta tutela diretta ed immediata), va commisurata, contrariamente a quanto si sostiene dal giudice dovr tener conto, nel caso che il proprietario abbia ex art. 936 c. c. chiesto di ritenerle, naturalmente contro l'indennizzo previsto dal secondo comma dell'art. 936, del maggior valore assunto dall'immobile in virt delle opere eseguitevi ). La stessa dottrina ha altresi avvisato alla inconciliabilit tra il considerare l'immobile tuttora appartenente all'originario proprietario e l'amministrazione tuttavia tenuta al pagamento dell'intero valore di esso senza averne acquistato la propriet e, in conseguenza, potendo e anzi dovendo restituire l'immobile al proprietario (Aut. cit., Ancora sulle conseguenze dell'occupazione sine titulo di beni privati da parte della P. A., Riv. giur. ed., 1960, I, 16). Contro questa tesi l'evoluzione giurisprudenziale della Suprema Corte regolatrice, ferma anzitutto nell'escludere l'applicabilit dell'art. 936 c. c. nei confronti della P. A. (v. giurisprudenza citata dallo stesso SAN DULLI A. M., in Immobili privati posseduti ecc., Riv. giur. ed., 1958, cit., I, 56, cui adde App. Roma, 6 giugno 1958, id., 1959, I, 225-226; di re cente, v. Cass., 23 marzo 1965, n. 477, in questa Rassegna, 1965, I, 381 e 384 e seg. ed ivi ulteriori riferimenti), sembra, invece, consolidata nel senso che la perdita di utilizzazione del bene per fatto della convenuta equiparabile al valore venale del bene, secondo un criterio di valuta zione economica ritenuto rispondente alla ammessa definitivit della per dita stessa , avvertendo che l'oggetto stesso di questa valutazione eco nomica... concerne danni non soltanto verificati, ma futuri (Cass., Sez. Un., 17 maggio 1961, n. 1164, in questa Rassegna, 1961, 85, ed ivi, 84-85, significativa nota redazionale). Il risarcimento (oltre al valore venale del bene, vi anche diritto al ristoro pel mancato godimento del bene medesimo per tutto il periodo di occupazione illegittima: Cass., 14 maggio 1962, n. 1002, Giust. civ., 1962, I, 510) , invero, sostitutivo della restituzione del bene (Cass., 16 mag gio 1962, n. 1105, Giust. civ., 1962, I, 1006; 14 dicembre 1963, n. 3166, in questa Rassegna, 1964, I, 113; 22 luglio 1965, n. 1715, id., 1965, I, 725, sub 2). E l'azione che viene proposta dal privato innanzi alla giurisdizione civile ordinaria, essendo sperimentata a tutela del diritto di propriet, di na tura reale (onde la sua imprescrittibilit, salvi gli effetti dell'usucapione: App. Roma, 6 giugno 1958, cit., Giust. civ., 1959, 225 e 229) e tale resta, pur se, in luogo del rilascio dell'immobile, trasformato e destinato ad un pubblico servizio (art. 4, comma secondo, 1. 25 marzo 1865, n. 2248, all. E), faccia conseguire il predetto risarcimento (Cass., Sez. Un., 8 febbraio 1957, n. 490, Acque, bon., costr., 1957, 320, con nota di CoLETTI). Benvero: secondo la pi autorevole dottrina, chi detiene arbitrariamente la cosa altrui PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1049 convenuto Comune, non al solo mancato reddito dal dl deUa occupazione a,..qello della successiva espropriazione (evento futuro oltre che iw certo), . . ma al valore venale del bene, calcolato eome in una libera .ontrattazione al momento della decisione, . nonch ai frutti pendenti, :g,,~~l)jinati in. base al parametro, ormai costante, degli interessi>legali ~.,Il~ ~()nima liquidata, decorrenti dalla data dell'inizio deWoccupazione ~~#: ~il'effettivo soddisfo, tranne il caso di provata, m.aggiore e di'Versa ):)t(ici-11,ttivit economica . del cespite, nel quale caso compete al proprie / tafi() ftcorrispondente, maggiore utile. #~i~ ~if'atfo il.diritto di propriet, sebbene non lo contesti espressaAM# t~l pe:rch .trae ~ :;i quella utilit . che il diritto vuole attribuire al J~i.Itt~:fu:()titoia;re; El'azio:ne che la legge al)presta 1>er ristabilire l'ordine gi\h:ldtti tiir6at9sfcorlcl'~I:\ appiJJ:lto he[diritto.:rea! di. vedersi ricono ..~~itd. .jfp~tj ()Jr suo qivalent~oggttc>aena.... ohtr&i~fSia.. .. .(cass., l.jj gt~gno. 1961, n/1440, Fofo it., 19~1, t, 1317). Come si gi avuto oecasJ: one di avvertire._...irl nota, in questa Rassegna, 1966,. I,. 629 -quando l'occupazione d'urgenza autorizzata ai sensi dell'ultima parte del primo comma dell'art. 71 1. org. espr. per p. u., dalla presa di possesso dell'immobile per la sua irreversibile trasformazione non sorge l'obbligo di resti:.. tuirlo al proprietario alla scadenza del biennio, ma, per l'ente espropriante, quello di perfezionare la procedura espropriativa entro il biennio medesimo (Cass., Sez. Un., 8 febbraio 1957, n. 490, cit., Acque, bon., costr., 1957, cit., 316); l'obbligo di restituire l'immobile sorge per il possessore del bene, che pu essere anche soggetto diverso dall'originario occupante, allorch il biennio sia effettivamente scaduto senza che l'espropriazione sia stata pronun.ciata, ossia dalla protrazione ultr(jb~ennale senza titolo dell'occupctzion~ (Cass.,. 28 lugli!) 1964, n~ . 2142; in questa Rassegna, 1964, I, 733, s#1' l; Bz. 'tJn;; 1'71UgU~ t965{n. J59lfid;, 1965, r; 72ftn11a footivazforie #PP:l.'tMi i. nf!~ 1); ~pijt:!) s~ c~m:Pteride come !fazione che .in. tal caso . t~l:U*~~nt;> ~9rise1ite iltprivato; a ed , pertanto, legittimamente emesso un decreto di espropriazione che sia rivolto .a regolarizzare ex nunc l'occupazione abusiva (Cass., 28 luglio 1964, n. 2142, in questa Rassegna, 1964, I, 733, sub 1; 13 febbraio 1965, n. 223, id., 1965, I, 337, sub 1; 20 marzo 1965, n. 463, ibidem, 490~ Cons. Stato, Ad. Plen., 20 dicembre 1965, n. 40, id., 1966, 369, sub 3). In tal caso, cessa dal giorno di tale emissione la illegittimit dell'occupazione, ma e tale decreto, poich il titolo giuridico che dalla sua data produce il trasferimento del diritto all'espropriante (art. 50 1. 25 giugno 1865, n. 2359), attua cio il trasferimento coattivo del bene, esclude dalla sua data... l'unitaria valutazione economica dell'equivalente del bene per la perdita definitiva della sua utilizzazione > (Cass., Sez. Un., 17 maggio 1961, n. 1164, in questa Rassegna, 1961, 85; v. anche Cass., 28 luglio 1964, n. 2142, cit., id., 1964, 733, sub 1 e in Giust. civ., Mass., 1964, 987, sub 3; 13 febbraio 1965, n. 223, cit., in questa Rassegna, 1965, I, 337, sub 3); ch, se diversamente fosse, il G. O., liquidando principaliter quel valore, verrebbe a modificare senza averne il potere il decreto di espropriazione e nella parte in cui il titolo dell'indennit > (Cass., Sez. Un., 17 maggio 1961, n. 1164, cit., in questa Rassegna, 1961, 86; v. anche Cass., 28 luglio 1964, n. 2142, cit., Giust. civ., Mass., 1964, 987, sub 3: al G. O. non consentito di modificare, sia pure sotto l'apparenza di un risarcimento. dei danni, le conseguenze economiche di un decreto di espropriazione per p. u., al di fuori dello schema della indennit. Pu farsi, quindi, luogo al risarcimento integrale del danno, solo nel caso in cui il bene abusivamente occupato dalla P. A. non venga restituito e manchi un regolare decreto di espropriazione >). Tutto ci rappresenta conferma puntuale, nella giurisprudenza della Suprema Corte regolatrice, che il risarcimento costituito dal valore venale del bene ha la stessa funzione dell'indennit. Comun'.e dfNapoU che quest'ulti:i:no; quale pos$e8$ote dell'immobile e dell'opera pubblica, da ritenersi non solo unico legittimato. a contrad" Comun'.e dfNapoU che quest'ulti:i:no; quale pos$e8$ote dell'immobile e dell'opera pubblica, da ritenersi non solo unico legittimato. a contrad" dire alla: domanda:;. ltla a.ltrest tenuto, nei confronti deiger:mani .. Tron con,e+ a corrisp6ndere il valore venale del bene . e a .. risarcire i .. danni JorQ (lagiQnati dalla i;ierdita del .godimento dei cespiti dalla scadenia: .~Ei%~-i.~~ :::-:::::-:::.-::...::.. :: :: ..: ... ...: :::::. ::.:: .: .: . :: .: /..::. : . -::: :::< ::'.. <: :::: . :'.~> >::: :~ ~tte. aS$ff.15.1ugltp0t964;;ti.ᥥ1900vin<:tuelllta Raas'~19641 I;:.730~ sub'l ~f~trit'l:)l'iJ:l:tenti); b~ la surrogazic)~ r!ale prevista p:et !diritti dei terzi ~-,~~~5 Sesto., Bolog:na"."Roma; la.45 37 e seg;) e, quindi, gli artt; 54 (la specialit della nortil" tieve.;faf'lari~r prevalent~ su.queua, per quantodirgione, eventualmente,ai;>pltabilli, di cut a11~art; 4(14 e. p; e;) e 56 hn/2359del 1865. In ordine $J; l'lllPl>Ol'ti; tra ~,iu(.li,z,io instaurato dal propri:etario innanzi al G. o. eontro l P. A~ occupante Si.ne titulo e :prooe.dimento amministra . tivo di es~priazione pe~ P tt.i'()priante (s:rt. J'j(l .l; 25 giu~ gno 1865, n. 2359), attua do il trasferimento co.ttivo del benej esclude dalla sua data... l'unitaria valutazione eoon (Cass.1 Sez. Un.; 1,7 maggio 1961, n. 1164, in questa Baasegna,. 191$1, 85~ V anche. Cass .28 luglio. 1964, n. 2142, cit., id., 1964; 733, sub l. e in Gimt.cit7;, Mass;~ l904;;J!87, sub 3; 13.febb:raio1965,n.223,cit.,in, questaRas.seYn(J;. l.96.l;, l, 837~~Ub 8); .h~.. se divE!l'samente fosse~ il G; 04 liquidando princi.'Pf.lliterquel valO:~. ver~ rebbe a modificare senza .averne il potere il. decretosi.a pure sotto l'apparemia di un ri~cnnent1> dei danni; le consegUenze economiche di un de.creto di e$Pl'opJ:iazio:ne per p. u., al di fuoi'i dello schema della in(l~t. Pu farsi quindi1 luogo al risarcimento integrale del danno;: solo nel clii$0: in cui iJ l>.ene abu111iva.mente occupato dalla :p, A;. nbn venga restituito e mf,lllcJU un re.ro~e decreto di . e$propriazione ). Tutto ci rappresenta. conferma puntuale~ nella giurisprudenza della Suprema Corte. regolatrice,. che il risarcime:nto costituito dal '1'4lore>venale del bene ha la stessa fu:nzione deWindeniii:t. b b/ v. b b/ v. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1055 n decreto prefettizio di espropriazione di un'area sufficientemente motivato per relationem ai provvedimenti del procedimento, mediante il riferimento contenuto nette premesse del decreto stesso (nelta specie, decreto presidenziale che dichiara la pubblica utilit di un'6pera militare) (3). (3) Principio esatto: cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 23 gennaio 1963, n. 37, ivi, 1963, I, 10. CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 6 giugno 1966, n. 15 -Pres. Bozzi Est. Fanelli -Prefetto di Palermo (avv. Stato Savarese) c. Baiamonte (avv.ti Aula e Lo Cascio) e Comune di Palermo (avv.ti Greco Scribani e Orlando). Competenza e giurisdizione -Espropriazione per p. u. -Censure attinenti alla dichiarazione di p. u. -Ricorso contro decreto di esproprio tardivo -Competenza del C. d. S. Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Termini -Predeterminazione -Finalit -Inosservanza -Effetti -Distinzione. n giudizio sulla competenza va fondato sulla qualificazione del rapporto tra il potere pubblico e il diritto soggettivo, e, avendo la cognizione della competenza carattere pregiudiziale, va fatto con riferimento al momento in cui quel rapporto si stabilisce; pertanto, una volta che il potere si sia in concreto manifestato in presenza di presupposti che determinano l'affievolimento del diritto soggettivo, la competenza a giudicare spetta al giudice amministrativo anche se si affermi che il potere stato esercitato oltre il termine stabilito dalla legge (nella specie, decreto di espropriazione emesso sulla base di una dichiarazione di pubblica utilit divenuta inefficace per decorso del termine prefissato) (1). La norma che impone l'espropriazione nel biennio dalla dichiarazione di pubblica utilit deUe opere, stabilendo l'inefficacia della espropriazione ove verificatasi oltre tale termine, si fonda su interesse pubblico a che l'opera sia compiuta al pi presto e su interesse privato (che lo Stato prende in considerazione per i suoi riflessi di carattere generale) a che il diritto di propriet non rimanga troppo a (1-2) La giurisprudenza del Consiglio di Stato si va ormai consolidando nei sensi premessi: v. Ad. plen. 20 dicembre 1965, n. 40, retro, 369, con ampia nota redazionale. 1056 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO .lungo in stato di incertezza; pertanto, se evidente che, nel caso di decorso del termine fissato dalla stessa p. a., per l'efficacia della dichiarazione di p. u., quando l'opera non sia ancora iniziata, pu presumersi che sia venuto meno ii pubblico interesse all'esecuzione dell'opera, e se si , in conseguenza, preteso dal legislatore un nuovo specifico accertamento del presupposto che giustifica, nel pubblico interesse, il sacrificio della propriet, indubbio che, nel caso di opera gi eseguita, la presunzione di sopravvenuta inesistenza dell'interesse pubblico cade, perch vinta dalla realt, e cio dalla completa esecuzione dell'opera stessa, apparendo in tale ipotesi del tutto superflua ed inutile una nuova dichiarazione, che non potrebbe non concretarsi in una nuova approvazione di progetti gi completamente realizzati (2). CONSIGLIO DI STATO, Ad. plen., 8 giugno 1966, n. 16 -Pres. Bozzi Est. Potenza -Soc. p. az. immobiliare Azienda agricola Carbonara al Ticino (avv. Bozzi L. e Giannini M. S.) c. Prefetto di Pavia e Ministero industria e commercio (avv. Stato Vitucci) e Continentale italiana (avv. Giannacardi e Montesano). Espropriazione per p. u. -Occupazione temporanea -Procedimento Occupazione ex art.19, 1. n. 1741 del 1933 -Rapporti con l'occupazione temporanea ex artt. 64 e segg, 1. n. 2359 del 1865. L'individuazione dei fondi da occupare per le occupazioni temporanee (di natura strumentale) considerate dall'art. 64 l. 25 giugno 1865, n. 2359 strettamente legata e condizionata dail'opera dichiarata di pubblica utilit valutata dall'Amministrazione in sede di esame del piano particolareggiato; invece, nel caso dell'occupazione preordinata alla realizzazione delle opere considerate nell'art. 19 r. d. l. 2 novembre 1933, n . .1741 (impianto di stabiiimenti di lavorazione, ovvero collocamento di serbatoi di oli minerali, ecc.), tale preventiva valutazione non sussiste; pertanto, in quest'ultima ipotesi, necessario che il Prefetto provveda ad una pi estesa istruttoria, sulla base dei principi ,fissati dagli artt. 16 e segg. l. n. 2359 del 1865 cit., richiedendo la formazione di un piano particolareggiato suscettibile di osservazioni da parte dei proprietari interessati, sia pure nelle forme abbreviate previste dall'art. 65 secondo comma l. cit., ed una successiva valutazione d~lle osservazioni da parte dell'Autorit prefettizia (1). (1) Non risultano precedenti. La motivazione si pu leggere in Il Consiglio di Stato, 1966, I, 1121. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1057 CONSIGLIO DI STATO, Ad. plen., 11 luglio 1966, n. 18 -Pres. Bozzi Est. Figliolia -Soaracino (avv. Virga e Sorrentino) c. Occhipinti (avv. Nigro) e Veterinaio provinciale di Ragusa (avv. Stato Bronzini). Giustizia amministrativa -Controinteressato -In tema di concorso Candidati vincitori ed idonei -Ricorso di concorrente idoneo non vincitore -Quando sono controinteressati. I candidati inclusi neZZa graduatoria di merito di un concorso (nella specie, a posti di Veterinario provinciale), in quanto portatori deZZ'interesse a mantenere Za posizione ormai acquisita di vincitori o di idonei, sono controinteressati aZ ricorso proposto daZ concorrente idoneo ma non vincitore, ove daZZ'accogUmento deZ ricorso possano risultare travolte tutte Ze operazioni concorsuali, a partire dalla determinazione dei criteri di massima (1). (1) Sulla nozione di controinteressato cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 19 novembre 1965, n. 839, retro, 147 (in tema di impugnativa di bando di concorso); Ad. plen. 8 gennaio 1962, n. 2, retro, 631, con nota. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 10 giugno 1966, n. 476 -Pres. De Marco -Est. Potenza -Bonu (avv. Piras) c. Prefetto di Nuoro (avv. Stato Vitucci) e Comune di Isili (n. c.). Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Termini -Scadenza -Proroga -Emanazione del decreto di espropriazione -Legittimit. Ai sensi deZZ'art. 13, secondo comma Z. 25 giugno 1865, n. 2359, -non censurabile iZ decreto di espropriazione emanato oltre il biennio daZZa dichiarazione di pubbiica utilit, ma entro il termine prorogato con successivo provvedimento quando questo ultimo atto non sia stato impugnato (1). (1) Giurisprudenza pacifica: cfr. Ad. plen. 7 giugno 1961, n. 17, Il Consiglio di Stato, 1961, I, 1038, Sez. IV, 26 febbraio 1964, n. 82, ivi 1964, I, 255. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1058 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 1 giugno 1966, n. 478 -Pres. (ff.) ed Est. Landi -Camparota (avv. Stoppani) c. Prefetto di Catanzaro, Ministero interno, AA.1.1., UNRRA-Casas e I.S.E.S. (avv. Stato Carafa) e Comune di Catanzaro (n.c.). Giustizia amministrativa -Interesse processuale e sostanziale -Interesse sostanziale -Requisiti -Ai fini della proponibilit del ricorso al C. d. S. -Semplice interesse privato -Insufficienza. Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Termini -Predeterminazione -Finalit -Inosservanza -Effetti -Distinzione -Effetti nel caso di opera ~i ese~uita. Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Edilizia popolare ed economica -Allo~~i UNRRA-Casas per pubblici dipendenti -Le~ittimit della espropriazione. n potere del privato di porre in essere lo strumento diretto all'annullamento, da parte del Consiglio di Stato, di un atto amministrativo illegittimo condizionato all'esistenza di un interesse privato che coincida con un interesse pubblico concreto, di modo che la pronuncia di annullamento importa in primo luogo la tutela del pubblico interesse, di cui assicura iZ legittimo conseguimento, mentre indirettamente elimina la lesione che iZ privato abbia subito in conseguenza dell'emanazione di un atto iUegittimo; pertanto, quando ai soddisfacimento dell'interesse privato non consegua anche quello pubblico (e l'anello di congiunzione tra due non si abbia), cessa iZ potere del privato di porre in moto lo strumento dell'annullamento giurisdizionale (1). La norma che impone l'espropriazione entro il biennio dalla dichiarazione di p. u. delle opere, stabilendo l'inefficacia della espropriazione stessa ove verificatasi oltre tate termine, si fonda su un interesse pubblico a che l'opera sia compiuta al pi presto e su un interesse privato (che lo Stato prende in considerazione per i suoi riflessi di carattere generale) a che iZ diritto di propriet non rimanga troppo a lungo in stato di incertezza; pertanto, se evidente che, net caso di decorso del termine fissato dalla stessa p. a. per l'efficacia della dichiarazione di p. u. quando l'opera non sia ancora iniziata, pu p'l"esumersi che sia venuto meno iZ pubblico interesse all'esecuzione dell'opera~ (1-2) Sulla prima massima cfr. in terminis, Ad. plen. 8 gennaio 1966, n. 1, Il Consiglio di Stato 1966, I, 1, sulla seconda cfr. in tenninis, Ad. plen. 20 dicembre 1965, n. 40, retro, 369, con nota. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1059 e .se si e, per conseguenza, preteso dal legislatore un nuovo specifico accertamento del presupposto che giustifica, nel pubblico interesse, il sacrificio della propriet indubbio che, nel caso di opera gi eseguita, la presunzione della sopravvenuta inesistenza dell'interesse pubblico cade, perch vinta dalla realt e cio dalla completa esecuzione dell'opera stessa, apparendo in tale ipotesi del tutto superflua ed inutile una nuova dichiarazione, che non potrebbe non concretarsi in una nuova approvazione dei progetti gi completamente realizzati (2). Le finalit dell'Amministrazione per gli aiuti internazionali, poi denominata Amministrazione per le attivit assistenziali ed internazionali (l. 12 agosto 1962, n. 1340), consistevano in compiti di assistenza e di riabilitazione, o di assistenza e ricostruzione, essendo intese alla normalizzazione, ed anche all'elevamento, delle condizioni di vita sociale, ma non esclusivamente ad interventi in settori sottosviluppati, o a favore di categorie particolarmente colpite da calamit naturali; pertanto, posto che anche la cgstruzione di case per impiegati pubblici pu rientrare tra le dette finalit, corrispondendo ad un interesse sociale che, prima ancora del t.u, 28 aprile 1938, n. 1165 sull'edilizia popolare ed economica; stato riconosciuto da precedenti norme legislative, legittimo il decreto di esproprio di beni privati disposto, per tale finalit, a favore dell'UNRRA-Casas. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 10 giugno 1966, n. 480 -Pres. Polistina -Est. Daniele -Mele (avv. Correra) c. Ministero P. I. (avv. Stato Vitucci) e Comune di Napoli (avv. Gleijeses). Ricorsi amministrativi -Ricorso gerarchico -Decisione -Annullamento -Effetti sull'atto dell'Autorit inferiore. Ricorsi amministrativi -Ricorso gerarchico -Decisione -Annullamento -Fattispecie -In tema di licenza edilizia -Rinnovazione Competenza. L'annullamento della decisione di rigetto di un ricorso gerarchico non preclude ali'Amministrazione il potere di respingere nuovamente il ricorso, quando la decisione stessa sia annullata per vizi formali (ord. vizi di kotivazione); viceversa, quando la detta decisione sia stata annullata per vizi attinenti al suo contenuto (e cio per avere questa erroneamente deciso sulla legittimit dell'atto impugnato in via gerarchica), l'annullamento della decisione, avendo assorbito l'atto dell'Autorit inferiore, travolge anche quest'ultimo, salva la possibi 1060 ftASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lit per l'Autorit inferiore -ove la natura dell'atto ed il tenore della decisione lo consentano -di rinnovare l'atto (1). Annullato in sede giurisdizionale il provvedimento decisorio di ricorso gerarchico che confermava l'impugnato diniego di approvazione, da parte della Sopraintendenza ai monumenti di un progetto edilizio, per travisamento dei fatti inficiante il diniego stesso, spetta alla Sopraintendenza, e non g~ alt' Autorit gerarchicamente sopraordinata, emanare un nuovo provvedimento, rivalutate le esigenze del pubblico interesse alla luce della situazione di fatto (2). (1-2) Cfr. in generale, Ad. plen. 3 maggio 1960, n. 8, Il Consiglio di Stato 1960, I, 822, e sui poteri dell'Autorit decidente; VI Sez. 6 maggio 1959, n. 306 e V Sez. 14 aprile 1962, n. 359, ivi 1959, I, 881 e 1962, I, 749, con giurisprudenza dvi richiamata. ! I ~- CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 8 giagno 1966, n. 496 -Pres. De Marco -Est. Potenza -Cerutti ed altri (avv. Benvenuti, Fontana e De Villa) c. Prefetto di Treviso (avv. Stato Casamassima) e Comune di Vittorio Veneto (avv. Boscolo e Longo). I Espropriazione per p. u. -Pubblicazione della dichiarazione di p. u. Termine per la impu~azione -Persone direttamente contemplate -Mancanza di notifica -Non decorre termine. I Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Termini -Omessa specificazione termine d'inizio delle espropriazioni e dei lavori -me I! gittimit. Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Dichiarazione di p. u. I Motivazione -Fattispecie -lliegittimit. La pubblicazione della dichiarazione di p. u. non vale a far decor I rere i termini di impugnazione nei confronti dei proprietari ai quali non sia stato notificato il provvedimento che li considera nominativa mente (1). Non soltanto il termine fissato entro il quale devono compiersi le espropriazioni ed i lavori costituisce elemento essenziale di validit della dichiarazione di pubblica utilit, ma anche il termine entro il (1-3) La prima massima esatta, ma non risultano precedenti; sulla seconda cfr. Sez. IV, 14 settembre 1962, n. 499 e 3 febbraio 1965, n. 118, Il Consiglio di Stato, 1962, I, 1372 e 1965, I, 165. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1061 quale devono iniziarsi le espropriazioni e i lavori; pertanto, illegittima la dichiarazione di pubblica utilit che fissa soltanto il termine finale e non il termine di inizio, non potendosi questo desumere dal primo (2). In sede di dichiarazione di p. u. emessa per dare attuazione al piano regolatore generale, la p. a. non pu richiamarsi alle prescrizioni del piano per giustificare l'espropriazione, allorch intenda avvalersi del procedimento generale espropriativo, prescindendo cio dall'esistenza del piano regolatore generale e dall'esigenza che esso sia concretato nel piano particolareggiato (3). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 8 giugno 1966, n. 498 -Pres. Polistina -Est. Granito -Fabi ed altri (avv. Lorenzon,i) c. Ministero Affari Esteri (avv. Stato Dallari). Im.piego pubblico -Stipendi -Assegni e indennit -Dipendenti Ministero Esteri -Dipendenti inquadrati nel ruolo speciale transitorio Retroattivit dell'inquadramento -Effetti sul trattamento economico. Impiego pubblico -Stipendi -Assegni e indennit -Diritti acquisiti Divieto della reformatio in peius -Fattispecie -Lesione -Sussiste. La legge 21 aprile 1962, n. 200 consente la corresponsione della indennit relativa al servizio prestato dal personale di ruolo del Mini$ tero degli esteri fuori del territorio metropolitano soltanto al personale di ruolo per l'assistenza tecnica; pertanto, legittimamente tale indennit non _viene corrisposta a dipendenti contrattisti per il servizio prestato alt'estero anteriormente alla data di inquadramento nei ruoli aggiunti ai sensi della legge 3 maggio 1955, n. 448, quando anche que$ t'ultimo servizio sia stato riconosciuto con effetto retroattivo (1).. Il trattamento gi acquisito dai dipendenti pubblici deve essere eonservato allorquando, sia in dipendenza del passaggio da un ruolo all'altro, sia in conseguenza del passaggio da un ordinamento ad un aitro, il trattamento economico che viene cos ad essere attribuito risulti meno favorevole di quello goduto in precedenza; pertanto, nel caso di inquadramento di dipendenti contrattisti del Ministero degli esteri (1-2) Sulla prima massima non risultano precedenti; sulla seconda, che pacifica, cfr. Sez~ V, 12 febbraio 1965 ,n. 124 e Sez. VI, 11 giugno 1965, n. 442, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 225. e 1263. 1062 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nei ruoli aggiunti, ai sensi della legge 3 maggio 1955, n. 448, con effetto retroattivo, illegittimamente la P. A. provvede al recupero degli assegni corrisposti per il servizio di fatto espletato come contrattisti locali, bench coperto, per fictionem iuris, dal provvedimento retroattivo di inquadramento che tali assegni non prevede (2). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 15 giugno 1966, n. 514 -Pres. De Marco -Est. Potenza -Leone (avv. Pompeo) c. Prefetto di Bari (avv. Stato Casamassima), Terlizzi ed altri (n.c.). Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Edilizia popolare ed economica -Case per lavoratori agricoli -Espropriazione a favore dei destinatari della costruzione -Possibilit. Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Deposito dell'atto impugnato -Sanatoria -Inammissibilit. Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Scelta dell'area -Offerta di altra area da parte dell'espropriato -Omessa valutazione -Illegittimit. legittima l'espropriazione delle aree occorrenti alla costruzione di abitazioni per i lavoratori agricoli, ai sensi della legge 30 dicembre 1960, n. 1676, disposta a favore dei destinatari delle costruzioni stesse, quando, ai sensi dell'art. 11 legge cit., le abitazioni siano loro attribuite in propriet, anzich a riscatto o in locazione (1). In virt del tassativo disposto dell'art. 36 t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, la decadenza del ricorso per omesso deposito dell'atto impugnato non pu essere sanata se la P. A. provvede al deposito specie quando la P. A. stessa abbia sollevato al riguardo eccezione di inammissibilit (2). illegittima la procedura di espropriazione, allorch iZ Prefetto abbia omesso di valutare l'offerta, da parte del proprietario dell'area prescelta, di altra area che si assume idonea alla costruzione dell'opera (3). (1-3) La prima massima applicazione del principio secondo il quale la attribuzione del bene espropriato pu essere fatta a favore di soggetto diverso dall'espropriante. Sulla seconda massima, e cio in caso di deposito dell'atto del resistente, cfr. Sez. VI, 13 novembre 1963, n. 825, e Sez. V, 27 aprile 1964, n. 507, Il Consiglio di Stato, 1963, I, 1718, 1964, I, 734. Sulla terza massima cfr., Sez. VI, 7 dicembre 1965, n. 891, ivi, 1965, I, 2198, con giurisprudenza ivi richiamata. PARTE I, SEZ. IV; GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 1063 CONSIGLIO DI STATO Sez. IV,. 15 giugno 1966, n. 524 ~ PTes. De Marco -Est. Gsparrini .. Tandoia (avv. Jaccarino) c. Prefetto di Foggia e Provveditorato 00.PP; per la Puglia (avv. Stato Casamassima) e Comune di Lucera (n.c.). Esptopriazioneper p. u. ,. Espropriazione -Edifici scolastici -Termini :Ptd:duriill.. Natura. EsptopJ'iazi9p,e p~r p, .. -~sptoprla2liqpe -scelta dell'al"ea Esistenza .. di aree cti~~se -Compai-azJ.one -LetV.ttitnit -Fattispecie. Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Scelta dell'area -Fatto nuovo -Necessit di una nuova scelta -Presupposti -Fattispecie Insussistenza. Espropriazione pel" p, u "' Espi:opl"lazione -Proceiste, anche alla costituzione di usufrutto relativa a case di nttova costruzione non di lusso, purch attuata contestualmente al primo trasferimento, da paTte del costruttore, detla nuda propriet delle case medesime, ha caTattere innovativo e non inte'l'pretativo (2). (1-2) Conforme la coeva Cass. 25 maggio 1966, n. 1345 . . . Entrambe le. massime trovano specifico precedente, con riferimento alle leggi regionali siciliane n. 2 del 1949 e n. 11 del 1954, in Cass. 22 lu glio 1958, n. 2664, Riv. Leg. Fisc. 1958, 1744. In ordine alla prima massima, poi, appena il caso di ricordare che, in relazione alla analoga disposizione dell'art. 17 della 1. 2 luglio 1949, n. 408, la giurisprudenza consolidata nel senso dell'inapplicabilit dei benefici agli atti di costituzione di usufrutto (cfr. Cass. 19 luglio 1965, n. 1617, in questa Rassegna, 1965, I, 1213, ove ulteriori richiami; Relaz. Avv. Stato, 1961-65, Il, 521): inapplicabilit ancora :ribadita da numerose successive pronunce, e, da ultimo, da Cass. 26 ottobre 1966, n. 2608, ORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 maggio 1966, n. 1389 -Pres. Pece -Est. Arienzo -P. M. Di Majo (parz. diff.) -Soc. Battagion (avv. Fresa, Pezzotti) c. Ministero Finanze (avv. Stato Savarese). Ipoteca -Negozio ipotecario ed atto di concessione di ipoteca -Difterenze -Unilateralit dell'atto di concessione di ipoteca. (C. c., art. 2821). Obbligazioni e contratti -Notaio e atto notarile -Legge notarile del Canton Ticino -Divieto al notaio di rogar~ atti per societ di cui sia amministratore -Atti contenenti dichiarazioni unilaterali di un terzo verso la societ di cui il notaio rogante sia amministratore -Nullit -Esclusione. (legge notarile del Canton Ticino, 20 febbraio 1940, modif. dai dd. 11. 8 luglio 1942 e 28 dicembre 1945). Imposte ipotecarie -Iscrizione e cancellazione di ipoteca -Determinazione dell'imponibile con riguardo agli interessi sul capitale garantito -Computo degli interessi per la durata della garanzia legale -Condizioni. (c. c., art. 2855; 1. 25 giugno 1943, n. 540, art. 2). Mentre il negozio ipotecaTio pu esse'l'e costituito da una dichiarazione unilateTale o anche da un accordo bilateTcile tra concedente e 1074 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO beneficiario dell'ipoteca, l'atto di concessione dell'ipoteca negozio giuridico distinto, con autonoma causa - caratterizzato dalla manifestazione unilaterale della volont dispositiva del concedente (1). Il divieto fatto al notaio, secondo la legge notarile del Canton Ticino, di rogare atti per societ di cui sia rappresentante o membro del~ l'amministrazione, non riguarda gli atti, che pertanto sono da ritenere validi, relativi a. negozi giuridici unilaterali posti in essere da terzi in favore delle dette societ (2). Ai fini dell'applicazione delle imposte ipotecarie, sulle iscrizioni e cancellazioni di ipoteca, la determinazione dell'imponibile si opera con l'aggiunta degli interessi al capitale garantito, e gli interessi stessi si computano per il triennio della garanzia legale, ai sensi dell'articolo 2855 c. c., soltanto nel caso che dalla nota non risulti il loro ammontare, in cifra assoluta ovvero nell'importo desumibile con riferimento al tasso ed al termine per cui 1,'ipoteca presa (3). (Omissis). -La societ ricorrente, sotto il profilo della violazione degli artt. 14 n. 2 I. 30 dicembre 1923, n. 3269, e 360 n. 2 e n. 5 c. p. c., sostiene, col primo motivo, che la sentenza impugnata abbia errato: a) nel ritenere l'atto 4 ottobre 1956 unilaterale anzich bilaterale, omettendo di esaminare gli argomenti contrari da essa dedotti. e di applicare la legge notarile svizzera, che prevede la nullit anche degli atti unilaterali rogati da notaio avente interesse all'atto; b) nell'affermare l'unilateralit dell'atto e contraddittoriamente considerare, agli effetti della nullit, che esso era stato stipulato bilateralmente dalle due societ; c) nel negare che, ai fini della repetibilit del tributo, l'atto rientrasse nella disciplina dell'art. 14 n. 2 1. 30 dicembre 1923, (1-3) Conforme Cass. 31 maggio 1966, n. 1452, tra le stesse pairti. (1) Non risultano specifici precedenti. In dottrina, cfr. MAIORCA, Ipoteca (diT. civ.); Novissimo Digesto, voi. IX, 82 ss, e -particolarmente, sul punto, n .. 29; GoRLA, Pegno. ipoteca -Comm. cod. civ. Scialoja e Branca, Bologna, 1957, 238; MoNTEL, Ancora sulla natura giuridica dell'ipoteca, Temi nap., 1964, III, 293. . (2) Non constano precedenti. (3) Si pu convenire nelle argomentazioni della sentenza in rassegna, per ci che attiene all'esigenza di considerare, nell'interpretazione dell'art. 3 della legge sulle imposte ipotecarie, che queste vengano rapPortate, in definitiva ,al valore dell'atto. Deve per aggiungersi che nella soggetta materia, anche in applicazione del gene.rale principio di cui all'art. 8 della legge organica del registro, deve aversi riguardo, in ogni caso, agli effetti anche legali dell'iscrizione, e perci considerarsi che la norma dell'art. 2 della legge n. 540 del 1943 -secondo cui gli interessi, il cui ammontare non sia specificato nella nota, si computano per il triennio cui si estende la gar.anzia legale ipotecaria -non operativa, soltanto quando, per essersi esattamente e concretamente indicato nella nota l'importo complessivo degli interessi, per i quali l'iscrizione presa, possa all'importo medesimo PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1075 n. 3269, mentre al contrario l'atto, come richiesto dal menzionato arti.,. colo, era affetto da nullit originaria e radicale, dichiarabile in giudizio senza necessit di contraddittorio con la societ mutuante. La doglianza infondata. La sentenza impugnata, con riguardo alle premesse giuridiche, ha affermato che l'ipoteca volontaria pu nascere da contratto o da di chiarazione unilaterale e, con riferimento al caso sottoposto al suo esame, ha precisato che il notaio, amministratore della sciet mutuante, non fosse intervenuto nell'atto di costituzione di ipoteca come rappresentante della detta societ, essendosi limitato a ricevere la dichiarazione di concessione .dell'ipoteca resa dalla debitrice. Il principio giuridico, cui la sentenza impugnata ha uniformato la propria decisione, esatto, pur meritando la motivazione Una precisazione sotto il profilo giuridico. L'art. 2821 c. c., nel disporre che l'ipoteca pu essere concessa anche mediante dichiarazione unilaterale ; risolve affermativamente la questione, agitata sotto il vecchio codice, sulla possibilit di concedere ipoteca media.nte un atto unilaterale del debitore e pone in evidenza la distinzione tra concessione e mezzo negoziale attraverso. il quale la concessione viene posta in essere. U negozio ipotecario pu essere costituito da una dichiarazione unilate rale o anche da un accordo bilaterale tra concedente e beneficiario delripoteea, .mentre l'atto di concessione ha un carattere unilaterale indipendente dalla volont della controparte, anche se nel contesto del documento risultino, in uno con le dichiarazioni del concedente, dichia.,. raz.ioni di volont del soggetto a favore del quale l'ipoteca viene concessa. L'atto di con.cessione di ipoteca, pertanto, un negozio giuridico con una sua autonoma causa distinto dal negozio ipotecario e consistente in una manifestazione unilaterale di volont. dispositiva. Consegue. da questa precisazione che l'atto 4 ottobre 1956, rogato dal notaio Bassi in Chiasso e contenente .. la dichiarazione di volont della debitrice societ Battaggion di concedere ipoteca su tutti i suoi immobili, ritenersi,.anche agli effetti civili, imitata la garanzia. Coerentemente, pare doversi accogliere con riserva la conclusione indicata dalla sentenza, e tanto pi se, come pare evincersi dalla motivazione, la si intenda valida anche in relazione all'ipotesi di ammontare degli interessi determinabile con riferimento, quanto al tempo, a quello di scadenza dell'obbligazione principale garantita; il che, invero, non potrebbe comunque. ammettersi, a meno che. non possa dirsi -:---ed cosa evidentemente da escludere, in mancanza di una espressa rinuncia del creditore -che gli ulteriori interessi, dovuti dopo quella scadenza, siano sempre da ritenere non coperti dalla garanzia ex art. 2855 e.e. Per riferimenti sulla questione, in tema di compatibilit di una capitalizzazione preventiva degli interessi, per la durata del mutuo, con l'ulteriore garanzia ai sensi dell'art. 2855 e.e., cfr. Cass. 7 novembre 1959, n. 3312, Giur. It., 1961, I, 1, 79. 1076 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO aveva carattere di atto unilaterale di concessione di ipoteca. E. non essendo stato dedotto che, secondo la legge svizzera, l'atto si atteggia diversamente, deve ritenersi che anche iin tale legislazione l'atto di concessione d'ipoteca abbia carattere unilaterale. Pertanto, va disattesa la censura con la quale si sostiene la bilateralit dell'atto e la pretesa contraddizione in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata col ritenere, ai fini della nullit prevista dalla legge del registro per la repetibilit del tributo, l'atto bilaterale, dopo averne dichiarata l'unilateralit. La sentenza impugnata, dopo aver affermato che l'atto 4 ottobre 1956 eva unilaterale, ne ha negato la nullit per essere il notaio rogante amministratore della creditrice, applicando l'art. 28 della legge notarile italiana, mentre la ricorrente come deduce col primo motivo, aveva invocato anche la legge notarile svizzera. Non si contesta da parte della resistente che l'atto, ricevuto in Svizzera da notaio svizzero, a' sensi dell'art. 26 delle disposizioni sulla legge in generale, era regolato dalla legge notarile svizzera e non da quella italiana, ma si sostiene che la nullit, sotto il profilo della violazione della legge svizzera, non era sorretta da alcuna prova in ordine alla sua fonte normativa. Devesi, innanzi tutto, rilevare ,che l'errore della sentenza nel fare riferimento alla legge italiana, invece che a quella svizzera, non avendo avuto influenza sul dispositivo, pu essere corretto nei limiti del potere di questo S. C. (art. 384 c. p. c.). L'.eseroizio di questo potere nel caso concreto consentito, perch la questione involge un'interpretazione di legge che rientra nel sindacato di legittimit e perch il giudice, con la sua scienza e ricerca diretta, pu. trarre conoscenza per accertare la legge straniera da ogni elemento acquisito al processo, anche se le parti non l'hanno prospettato al fine di fornire la prova della legge straniera, in relazione alla quale impropriamente si parla di onere probatorio (Cass. 13 aprile 1959, n. 1089). Ci posto, attraverso le risultanze degli atti e degli scritti difensivi, con riferimento al luogo di redazione dell'atto 4 ottobre 1956, non pu revocarsi in dubbio che la legge notarile regolatrice dell'atto era quella del Canton Ticino: 1. 20 febbraio 1940, modificata coi dd. 11. 8 luglio 1942 e 28 dicembre 1945, la quale dispone (art. 36) che la qualit di azionista delle societ anonime od in accomandita per azioni non impedisce al notaio di cooperare agli atti interessanti dette societ purch non sia membro dell'amministrazione o rappresentante della societ . La norma dettata per evitare che nella stessa persona si cumulino le funzioni di rappresentante della societ e quelle di notaio rogante che, per la detta qualit di rappresentante, diventa portatore di un interesse in conflitto con quello dell'altro contraente. Per la funzione di rappresentante della societ, infatti, il notaio deve emet PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1077 tere dichiarazioni di volont, in nome e per conto della societ, influenti per la formazione ed il contenuto dell'atto, riferibile alla .societ, mentre per la funzione connessa alla sua qualit di pubblico ufficiale rogante deve procedere a raccogliere la volont dell'altro contraente per redigere .l'atto. Ora, mentre nei negozi bilaterali si verifica la suddetta situazione di conflitto, non altrettanto avviene in quelli unilaterali a favore di una societ, gli effetti giuridici dei quali si producono senza essere collegati ad una manifestazione di volont del rappresentante della societ. Nella specie,. il notaio, pur comulando la qualit di pubblico ufficiale rogante a quella di rappresentante o di amministratore: della. societ, in quest'ultima veste non ha svolto alcuna attivit, con la.: conseguenza che non sussisteva quella situazione di incompatibilit che la norma ha inteso colpire. Col secondo. motivo la ricorrente, sotto il profilo della violazione dell'art, 2i 1. 25 giugno 1943', n; 540) sostiene che la sentenza impugnata abbia errato nel ritenere che l'imposta .suppletiva sugli interessi dovesse essere liquidata per la durata del termine legale di tre anni di cui all'art. 2855 c. c.; anzich per il biennio di durata del mutuo. Al contrario, secondo la ricorrente, non era pertinente il richiamo del citato articolo* il quale riguarda la graduazione del privilegio di ipoteca per gli interessi sul capitale e stabilisce un limite massimo e non anche un limite minimo di durata, con la conseguenza che, essendo le parti .libere di prevedere un termine di durata inferiore a q.ello massimo, l'imposta ipotecaria va cominisurata per gli interessi sul loro ammontare calcolato, in ragione della misura del tasso. dichiarato, per la du rata di tempo convenzionale. La doglianza . fondata. La sentenza impugnata, riformando sul punto quella di primo grado, ha ritenuto che rimposta ipotecaria sugli interessi, anzich com putarsi con riguardo alla durata biennale del mutuo, dovesse percepirsi per un triennio, applicando l'rt. 2855 c. c., richiamato dalla legge ipotecaria, il quale, nel regolare gli effetti dell'iscrizione, stabilisce che la collocazione degli interessi limitata alle due annate anteriori e a quella in. cor.so. Ed ha affermato che tale privilegio operativo anche nel caso di ipoteca acc.esa per due anni, salvo che il creditore abbia rinunciato alla maggiore estensione triennale della garanzia legale o che il suo comportamento all'atto dell'iscrizione sia incompatibile con la volont di avvalersi della detta garanzia per tutta la durata. L'art. 2 della 1. 25 giugno 1943, n. 540, dopo aver enunciato che l'imposta per le iscrizioni e le cancellazioni di ipoteca proporzionale (art. 1), detta i criteri per la determinazione dell'imponibile .e .stabi lisce, nel primo comma, che nel determinare l'imposta proporzionale sulle iscrizioni e sulle rinnovazioni si tien conto del capitale e degli interessi per cui l'ipoteca presa ; nel secondo comma specifica che 1078 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO alla sorta principale debbono aggiungersi gli interessi nell'ammontare dichiarato nella nota in doppio esemplare prescritta dall'art. 2839 c. c. ; e nel terzo comma precisa che se gli interessi risultano indicati soltanto nella misura, la somma imponibile si determina cumulando le annate degli interessi ai quali per legge si estende l'iscrizione o la rinnovazione . A conferma dell'assunto della sentenza, che l'imposta ipotecaria sugli interessi debba computarsi per un triennio, ove non risulti una rinunzia espressa del creditore a.Ila garanzia legale, si aggiunge, quanto agli interessi, che l'ammontare dichiarato, inteso come somma precisa, costituisce l'imponibile per l'imposta. ipotecaria, indipendentemente dalla circostanza che tale somma sia maggiore o minore di quella del triennio di cui all'art. 2855 c. c., il quale diventerebbe rilevante ai fini tributari, in virt del rinvio disposto dal terzo comma dell'art. 2 cit., in tutti gli altri casi di manata specificazione degli interessi in cifra assoluta. Tale interpretazione muove dal rilievo che tutto il sistema ipotecario fondato su formalit essenziali per. la validit dell'ipoteca; e si fonda sulla portata letterale del termine ammontare , per cui il conservatore dei registri immobiliari, essendo esonerato da ogni computo . aritmetico, dovrebbe applicare l'imposta ipotecaria per il triennio di cui alla garanzia legale ogni volta che gli interessi non sono indi~ cati in una somma determinata. ., innanzitutto, inesatto che il conservatore non debba mai pro cedere alla determinazione della somma imponibile degli interessi, per~ ch a tanto tenuto, secondo il terzo comma dell'art. 2 citato, nel caso che gli interessi risultino indicati soltanto nella misura . N, d'altra parte, il formalismo delle iscrizioni ipotecarie, diretto ad assicurarne la validit, pu assurgere a tale rigore da giustificare il pagamento della imposta ipotecaria senza l'osservanza del criterio proporzionale pre visto nell'art. 1 per le iscrizioni e le cancellazioni, e riconfermato nel primo comma dell'art. 2 citato. E, infine, la garanzia legale triennale; di cui all'art. 2855 c. c., che regola, ai fini civilistici e non tributari; l'estensione agli interessi degli effetti dell'iscrizione ipotecaria, nonpu essere estesa oltre il caso per il quale espressamente richiamata. Ci posto, dal coordinamento dell'art. 1 e dei tre commi sopra riportati dell'art. 2 I. 25 giugno 1943, n. 540, risulta che l'imposta sulle iscrizioni e sulle cancellazioni proporzionale al valore dell'atto e che gli interessi vanno calcolati sull'ammontare dichiarato oppure cumulando le annate degli interessi ai quali per legge (art. 2855 c. c.) si estende l'iscrizione, allorch gli interessi stessi risultino indicati sol~ tanto nella misura . Dal complesso della normativa si evince che la imposta ipotecaria va applicata al capitale e agli interessi nel loro ammontare certo e ,che, quando non possibile procedere alla determinazione degli interessi, per mancanza di uno dei fattori indispensa PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1079 bili al calcolo, si deve far riferimento alla durata triennale della garanzia legale. Tale ipotesi, l'unica che consenta di mutuare i principi civilistici per fini tributari, di stretta interpretazione e si verifica allorch gli interessi risultino indicati soltanto nella msura , e cio allorch dall'atto risulti unicamente il tasso , cosi dovendosi intendere il termine misura , degli interessi stessi. In via generale, al di fuori di detta ipotesi, si applica il secondo comma dell'art. 2 citato, per il quale, ai fini di determinare l'imponibile dell'imposta ipotecaria, al capitale si debbono aggiungere gli interessi nell' ammontare dichiarato nella nota di iscrizione. L'entit degli interessi, peraltro, non legata al rigore di particolari formule o alla sua specificazione in cifra assoluta, ben potendo risultare attraverso l'indicazione del. tasso e la durata degli anni. Questo secondo caso, mentre rientra nella previsione della citata disposizione, potendosi con un agevole calcolo determinare gli interessi in cifra assoluta, esula dal campo di operativit della norma del terzo comma, che ristretta al caso, ben diverso, di interessi indeterminabili ne;ll'ammontare per essere stato indicato solo. il loro tasso. Consegue da quanto esposto il principio che ai fini dell'imposta proporzionale sulle iscrizioni e sulle cancellazioni ipotecarie, l'imponibile si determina aggiungendo al capitale gli interessi nell'ammontare che dalla nota risulti o in cifra assoluta o mediante l'indicazione del .tasso e del termine per cui l'ipoteca presa. Si determinano, invece, gli interessi cumulando le tre annate per le quali prevista la garanzia legale come estensione degli effetti dell'iscrizione (art. 2855 c. c.), nel caso che nella nota risulti indicato solo il loro tasso . -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 maggio 1966, n. 1393 -Pres. Favara -Est. Roperti -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Ente autonomo acquedotto pugliese (avv. Resta) c. Ministero Finanze (avv. Stato Correale). Imposta di registro -Agevolazioni per gli atti dell'Ente autonomo per l'acquedotto pugliese -Limiti -Applicabilit delle agevolazioni ad un atto relativo a mutuo contratto per far fronte agli oneri per la liquidazione di quiescenza al personale dell'ente -Esclusione. (r. d. 18 ottobre 1919, n. 2060, art. 15, conv. in 1. 23 settembre 1920, n. 1365). Imposte e tasse in genere -Norme che dispongono agevolazioni -Interpretazione estensiva -Limiti. (c. c., preleggi, art. 14). L'equiparazione degli atti e contratti deU'Ente autonomo per l'acquedotto pugliese agli atti e contratti dello Stato, ai fini dei ~ributi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di registro, di bollo, ipotecari e sulle concessioni governative, non conceTne tutti gli atti e contratti dell'ente, che, in via diretta o indiretta, mediata o immediata, interessino il suo funzionamento, ma soltanto quem che .attengono oggettivamente e direttamente all'impianto ecl all'esercizio delle opere. Pertanto detta equiparazione, che si concreta in un beneficio di carattere oggettivo e specificamente limitato, non invocabile per un contratto di mutuo stipulato dall'ente per procurarsi i fondi necessari al pagamento della liquidazione di quiescenza al personale, non ricorrendo in tal caso un nesso eziologico diretto tra l'atto e l'impianto o l'esercizio delle opere, considerati ai fini dell'agevolazione (1). L'interpretazione estensiva di leggi che concedono benefici tributaTi ammessa soltanto quando si ravvisino, nel caso non espressamente regolato dal legislatore, finalit e motivi propri della norma che si vuole applicare per estensione (2). (Omissis). -La sentenza denunciata, condividendo la soluzione del primo giudice, ha ritenuto che il criterio di identificazione degli atti ammessi al beneficio dell'esenzione tributaria, si debba cogliere nel contenuto degli atti medesimi e nella natura dell'attivit cui essi si riferiscono, in quanto il legislatore, circoscrivendo l'ambito del privilegio ai soli atti che concernono l'impianto e l'esercizio delle opere che costituiscono l'attivit dell'ente ., con esclusione degli altri atti, si ispirato ad un criterio oggettivo, anzich ad un criterio soggettivo, con la conseguenza che sono soggetti al normale regime tributario gli atti, che conce:mono le altre attivit dell'ente medesimo, come quelle di specie, dirette ad assicurare la organizzazione del personale, quale scaturente dal rapporto di impiego. Le conclusioni della sentenza denunciata resistono alle censure dell'ente ricorrente. Invero, la soluzione della causa postula l'interpretazione del menzionato art. 15 del r. d. 18 ottobre 1919, n. 2060, convertito nella 1. 23 settembre 1920, n. 1365, il quale, al secondo comma, dispone che ri (1) Non risultano specifici precedenti. La soluzione accolta appare del tutto lineare, in relazione al chiaro disposto legislativo (art. 15, r.d. 18 ottobre 1919, n. 2060), che concede il beneficio per gli atti e contratti dell'ente in quanto si riferiscono all'impianto ed all'esercizio delle opere , e quindi con specifico ed esclusivo riferimento all'oggetto considerato, e con conseguente esclusione degli atti aventi un diverso oggetto, e perci anche di quelli che attengono all'organizzazione ed al funzionamento, in generale, dell'ente. (2) Sulla interpretazione di norme tributarie, e con particolare riguardo a quelle in tema di agevolazioni, cfr., anche per i richiami giurisprudenziali, Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 284 ss. I i i Ii PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1081 spetto alla tassa di registro, bollo, ipoteche e concessioni governative, tutti gli atti e contratti dell'ente, in quanto si riferiscono all'impianto e all'esercizio delle opere che costituiscono l'attivit dell'ente, sono soggetti alle stesse norme stabilite per gli atti e contratti delle Amministrazioni dello Stato. La formulazione della norma in esame rende manifesto che la equiparazione, ai fini tributari, degli atti e contratti dell'ente a quelli dello Stato, non concerne tutti gli atti e i contratti dell'ente che, in via diretta o indiretta, immediata o mediata, interessano il suo funzionamento, ma soltanto quelli che attengono all'impianto e all'esercizio delle opere, avendo la norma dato vita, cos, ad un privilegio oggettivo, che, a differenza di quello soggettivo, prende in considerazione l'oggetto e non il soggetto, l'attivit in s considerata, pi che l'ente chiamato ad assolverla. Pertanto, l'agevolazione fiscale prevista dal citato art. 15 del r. d. 18 ottobre 1919, n. 2060, non pu ritenersi estesa ad un contratto di mutuo stipulato dall'Ente autonomo acquedotto pugliese per ottenere i fondi necessari al pagamento delle liquidazioni di quiescenza del proprio personale collocato o da collocare a riposo. Ci perch l'agevolazione fiscale ristretta ai soli atti e contratti relativi all'impianto delle opere ed al loro esercizio, ossia aventi un oggetto del tutto diverso da quello costituito da un mutuo per procurarsi i fondi per liquidare i propri funzionari: n vale il dire che, indirettamente, la opera dei dipendenti anzidetti serviva agli impianti ed all'esercizio, in quanto la legge richiede un nesso eziologico diretto tra l'atto e l'impianto delle opere, o l'esercizio di esse, che esattamente la Corte di merito ha escluso in un atto che, come quello di specie, al pi, solo indirettamente (ed in quanto, per di pi, si fosse dimostrato o chiesto di dimostrare, come non si era per fatto o richiesto, che il personale serviva proprio per l'esercizio e lo impianto e non per altri fini del tutto diversi) poteva connettersi alla posa degli impianti, od al loro esercizio. Esattamente, poi, dall'impugnata sentenza stato negato ingresso alla interpretazione estensiva della norma in esame (art. 15). Posta, infatti, la finalit specifica che in concreto ha formato oggetto della disposizione di favore, che quella di limitare l'esenzione fiscale agli atti relativi agli impianti e all'esercizio delle opere, l'estensione del beneficio agli atti, riguardanti i rapporti dell'ente col proprio personale, per soddisfare gli obblighi derivanti da tali rapporti, verrebbe ad alterare la predetta finalit per una causa specifica diversa da quella suggerita dalla lettera e dallo spirito della norma agevolativa; il che impedisce di fare luogo all'interpretazione estensiva, la cui possibilit sussiste, comunque, soltanto quando si ravvisino nel caso non espressamente regolato dal legislatore motivi e finalit propri dello spirito della norma che si vuole applicare per estensione. -(Omissis). 1082 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, 28 maggio 1966, n. 1397 -Pres. Favara Est. Giannattasio -P. M. Tavo1aro (conf.) -Ente comunale di consumo di Prato (avv. Capaccioli, Feri) c. Ministero Finanze (avv. Stato Foligno). Imposta di ricchezza mobile -Avanzi annuali di gestione degli enti comunali di consumo -Imponibilit -Esclusione. (d. l. C. P. S. 3 settembre 1946, n. 90; t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 81). I proventi costituiti dagli avanzi di gestione del bilancio di esercizio, per un determinato anno, di un ente comunale di consumo, in quanto destinati ad essere riassorbiti negli anni successivi (per la riduzione dei prezzi di vendita dei generi alla popolazione e per le spese di gestione), non costituiscono reddito soggetto all'imposta di ricchezza mobile (1). (1) La pronuncia si regge su argomentazioni sostanzialmente conformi a quelle che gi indussero la Corte Suprema a negare l'imponibilit per gli avanzi di gestione dei mercati ittici comunali: cfr. Cass. 27 ottobre 1965, n. 2272, in questa Rassegna, 1965, I, 1285, con nota critica, cui si rinvia. Tra l'altro, pu osservarsi che anche nell'attuale incontro non sembra essersi adeguatamente considerato: che la destinazione .dei redditi, come la stessa Cassazione ha di recente ribadito (31 maggio 1966, n. 1451, retro, 928), irrilevante ai fini dell'imponibilit; che tale irrilevanza non viene meno soltanto perch, in ipotesi, la destinazione particolare sia imposta da una legge (e, nel caso, peraltro, manca ogni precisazione, nl d. I. n. 90 del 1946), essendo ai fini tributari da tener conto delle sole erogazioni che si traducano in una spesa detraibile dal reddito conseguito; che, d'altra parte, atteso il principio dell'autonomia degli accertamenti per ciascun periodo d'imposta (su tal punto la giurisprudenza del tutto pacifica: cfr., da ultimo, Cass. 22 giugno 1966, n. 1598, ultra, 1083, ed ivi richiami in nota), l'erogazione di un reddito, in un periodo successivo a quello da considerare, non pu non ritenersi irrilevante, salvo quanto previsto, in via di eccezione( art. 112 t.u. n. 645 del 1958), per la detrazione negli esercizi successivi delle perdite subite in un periodo d'imposta; che, infine, nemmeno potrebbe negarsi l'imponibilit con riferimento alla natura non industriale o non commerciale dei redditi per avanzi di gestione degli enti di consumo, come invece sembra aver ritenuto la Cassazione, giacch presupposto dell'imposta di ricchezza mobile, secondo dispone l'art. 81 del t.u. del 1958, n. 645, la produzione di un reddito netto derivante da capitale o da lavoro o dal concorso di capitale e lavoro, ovvero derivante da qualsiasi altra fonte ... ., e non assoggettabile alle imposte fondiarie, e cio non soltanto la produzione di un reddito derivante da attivit esplicata a fine di lucro, ma anche il conseguimento di un qualsiasi altro incremento patrimoniale, e perci pur se originato dallo svolgimento di una attivit non finalisticamente lucrativa. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1083 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 giugno 1966, n. 1598 -PTes. Rossano -Est. Ferrone Capano -P. M. Tuttolomondo (conf.). -Soc. Cementeria di Bat'letta (avv. Calvario) c. Ministero Finanze (avv. Stato Foligno). Imposte tasse in !1enere Imposte periodiche -Imposta di ricchezza mobile Accerta~ento -Cosa !1iudicata -Giudicato relativo ad un periodo di imposta e concernente la tassabilit del reddito Estensibilit ad altri periodi di imposta -Esclusione. (t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 3, 4). In tema di imposte periodiche, e cos per l'imposta di Ticchezza mobile, .l'efficacia. del g.iudicato opera nei limiti dell'accertamento oggetto del giudizio e non si estende ad accertamenti relativi ad altri periodi di imposta, pur se tali altri accertamenti siano della stessa -natU'ra, e pur se la pronuncia sia stata resa con riguardo.alla tassabilitd del reddito oggettivamen.te considerato (1). (Omissis). -Con i due motivi di ricor.so, che riguardano essenzialmente un'unica questione e che opportuno esaminare congiuntamente, la Cementeria di Barletta si duole che non sia stata ritenuta la sussistenza del giudicato circa l'esenzione totale dall'imposta di ricchezza mobile, per la durata di dieci anni, rispetto ai redditi dello stabilimento attivato nel 1952. La doglianza infondata. OOrre porre in risalto che con provvedimento 23 aprile 1955, notificato il 27 maggio dello stesso anno, l'Ufficio delle .imposte ritenne che il nuovo stabilimento della Cementeria, costruito nel recinto della vecchia fabbrica ed attivato il 10 settembre 1952 con macchine del tutto nuove, costituisse stabilimento industriale di primo impianto, come tale rientrante nella previsione dell'art. 3, primo comma, del d. 1. 14 dicembre 1947; n. 1598, e che, di conseguenza, i relativi redditi dovessero . beneficiare della esenzione totale, per la durata di dieci anni, dall'imposta di ricchezza mobile. Ma con provvedimento in data 10 dicembre 1955; notificato il 19 successivo, lo stesso ufficio ritenne che il predetto stabilimento (al pari di quello attivato il 1 settembre 1954) costituisse semplice ampliamento dell'opificio industriale preesistente, non (1) Lineare applicazione dei principi in tema di autonomia degli accertamenti per ciascun periodo di imposta. In argomento, cfr. le conformi Sez. Un. 14 luglio 1962, n. 1873, Riv. Leg. Fisc., 1962, 2057 e Cass. 26 luglio 1962, n. 2148, id., 1963, 181, e, per la questione generale, e per pi ampi riferimenti, v. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 300 ss., 400. 10 1084 RASSEGNA DELL.'AVVOCATURA DELLO STATO gi stabilimento di primo impianto, e che pertanto non fosse applicabile l'esenzione totale dall'imposta di ricchezza mobile, sibbene l'esenzione parziale, e cio l'esenzione sui maggiori redditi derivanti. dall'ampliamento, ai sensi del secondo comma del citato art. 3 del decreto del 1947. Questo secondo provvedimento, impugnato dalla Cementeria davanti alla Commissione distrettuale delle imposte, dette luogo al procedimento contenzioso definito con la decisione 5 dicembre 1962 della Commissione centrale, che forma oggetto del presente ricorso. La Com-missione centrale ritenne che, contrariamente a quanto aveva affermato la Commissione provinciale, il provvedimento dell'Ufficio in data. 23 aprile-27 maggio 1955, col quale era stata concessa l'esenzione totale per i redditi dello stabilimento attivato nel 1952, poteva essere legittimamente annullato, essendo esso soggetto alla disciplina degli atti amministrativi, e validamente era stato annullato col successivo provvedimento in data 10-19 dicembre 1955. La ricorrente sostiene che la Commissione centrale non avrebbe potuto pronunciarsi su questo punto, essndone l'esame precluso per effetto di intervenuto giudicato. In particolare, deduce che la irretrattabilit del primo provvedimento (di esenzione totale) era stata affermata non solo nella decisione della Commissione provinciale n. 137 del 10 aprile 1959, impugnata davanti alla Commissione centrale, ma anche in altra coeva decisione della stessa Commissione provinciale di Bari,. portante il n. 138, emessa in un altro procedimento fra le stesse parti, ma non impugnata e divenuta perci definitiva. Senonch, come esattamente fa rilevare la resistente Amministrazione delle finanze, la questione relativa all'annullabilit (o revocabilit o modificabilit) del provvedimento in data 23 aprile-27 maggio 1955,. col quale era stata accordata l'esenzione totale dall'imposta di ricchezza mobile, formava oggetto (anzi il primo e principale oggetto) del procedimento nel quale venne pronunciata dalla Commissione provinciale la decisione n. 137 del 10 aprile 1959, tempestivamente e ritualmente impugnata con ricorso alla Commissione centrale. L'altra decisione in pari data della stessa Commissione provinciale (n. 138) fu pronunciata in un diverso procedimento, avente per oggetto l'accertamento della base imponibile per un solo esercizio finanziario, e cio la determinazione dei redditi prodotti dalla Cementeria nell'anno 1952, assoggettabili ad imposta di ricchezza mobile, redditi che avevano formato oggetto di denunzia da parte della contribuente e di rettifiche da parte dell'ufficio,. a norma delle disposizioni di legge in materia. Ora, ovvio che la decisione emessa in questo secondo procedimento, che era limitato all'accertamento dei redditi tassabili per l'anno 1952, non poteva costituire giudicato su un punto controverso (diritto aWesenzione totale decennale con decorrenza dal 1 settembre 1952) che formava oggetto di contestazione e di giudizio nell'altro procedi- i' I t {: -~ ~~-~fl'%$W"-%?"'--"'<rtaiione nelle disposizieni di favore per la ricostruzione . del naviglio mercantile sinistrato per cause belliche. Con questa sentenza, e con le conformi 15 luglio 1966, nn. 1900 e 1901, tra le stesse parti, la Corte Suprema, espressamente ripudiando il proprio precedente avviso in materia (Cass. 19 maggio 1962, n. 1159, Giust. civ., 1962, I; 1454), ritiene che la disposizione dell'art. 9 del d.l. 29 giugno 1947, n. 779, con la quale si dichiararono esenti dall'imposta generale sull'entrata i pagamenti per costruzioni, riparazioni, modificazioni e trasformazioni navali, nonch per acquisto di navi estere, eseguiti da nazionali per attuare la ricostruzione del naviglio sinistrato per cause di guerra , fosse volta a sancire il trattamento di favore non soltanto in relazione alla vera e propria imposta sull'entrata, bensi anche con riferimento al tributo -la c.d. i.g.e. all'importazione -dovuto, appunto, ai sensi dell'art. 17 della legge organica, per il fatto obiettivo dell'importazione . La q:!!estione, per vero, ormai di limitato interesse, essendo rimasta operante la norma del citato art. 9 soltanto fino all'entrata in vigore della 1092 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In particolare, la societ ricorrente investe il rigetto, da parte della Corte di Venezia, della interpretazione secondo la quale i materiali e macchinari, importati dall'estero per essere impiegati in lavori di costruzione, riparazione, modificazione o trasformazione di navi mercantili, eseguiti in cantieri o stabilimenti italiani su commesse di armatori o proprietari stranieri, debbono ritenersi compresi nella esenzione dall'i. g. e., concessa, dall'ultimo comma del citato art. 9, per i pagamenti relativi a tali lavori. La doglianza sostanzialmente fondata. La Corte di merito ha posto a premessa fondamentale della sua ratio decidendi la presenza, nella legge istitutiva dell'i.g.e.( r. d. I. 9 gennaio 1940, n. 2, convertito, con modificazioni, nella legge 19 giugno 1940, n. 762) di due distinti assoggettamenti ad imposta: l'uno, ai sensi dell'art. 1, per la entrate, in danaro o con mezzi di pagamento sostitutivi del danaro, conseguenti alle cessioni di beni o alle prestazioni di servizi effettuate nello Stato, l'altro, a norma dell'art.. 17, per le merci importate dall'estero, colpite, in corrispondenza dell'imposta di cui al precedente art. 1, nella stessa misura stabilita per le entrate derivanti dal trasferimento di merci nel territorio della Repubblica. Essa ha, invero, osservato che la seconda ipotesi tributaria, ancorch inquadrabile in una ampia accezione del concetto di imposta sull'entrata, presenta, rispetto all'altra, nette differenze strutturali e sostanziali, ed una assoluta diversit quanto al presupposto materiale della imposizione, identificabile, anzich in un rapporto negoziale, nel fatto obiettivo della importazione. Ne ha, altresi, tratto la conseguenza che la sopravvenuta norma di esen1. 17 luglio 1954, n. 522. E tuttavia, anche per il rilevato contrasto interpretativo determinatosi presso la stessa Cassazione, pu essere di una qualche utilit esaminare se le argomentazioni della sentenza in nota siano davvero idonee a giustificare, ed univocamente, il ripensamento odierno. Quelle argomentazioni possono, se ben si inteso, cos sintetizzarsi: a) i precedenti storici e l'evoluzione. legislativa della materia portano a considerare che il legislatore del 1947 dovette volere l'estensione del beneficio anche all'imposta dovuta ai sensi dell'art. 17 del d.l. 9 gennaio 1940, n. 2, per i materiali importati e destinati alle costruzioni e riparazioni navali, poich analoga agevolazione era prevista, ed anche per le importazioni, quando era in vigore l'imposta sugli scambi, e perch la successiva 1. n. 522 del 1954 espressamente, poi, disse esenti dall'imposta in questione le dette importazioni di materiali: sicch non sarebbe concepibile che soltanto per il periodo dal 1947 al 1954, quando pur sussistevano le ragioni per venire incontro alle attivit cantieristiche, il beneficio non fosse stato previsto; b) l'art. 9 del d.l. n. 779 del 1947 si riferisce ai pagamenti per costruzioni, riparazioni, ecc., ma con ci non deve ritenersi che sia stato limitato il beneficio alle sole ipotesi di corrispettivi dovuti dai committenti ai cantieri, dovendo invece l'agevolazione considerarsi estesa anche ai pagamenti fatti dai cantieri stessi, per forniture di materiali (come ritenuto da Cass. 7 maggio 1963, n. 1114, Foro it., 1963, I, 1708): con la conseguenza che, non essendovi motivo per una distinzione secondo la fonte di PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1093 zione, chiaramente concepita, nella formulazione letterale, in funzione dell'art. 1 e in termini tali da non autorizzare neppure una interpretazione estensiva, non pu includere i materiali e macchinari provenienti dall'estero oggetto di importazione, disciplinata, nel sistema della legge del 1940, dall'art. 17. La diversit di struttura ravvisata dai giudici di appello non rappresenta, peraltro, di per se stessa, un serio ostacolo logico, perch in definitiva rende pur sempre l'importazione partecipe in astratto del regime dll'Lg. e.; al t. specifico nomen iuris il legislatore volle proprio e soltanto riferirsi con la norma di esenzione. Essa, anzi, consente alla ricorrente di considerare superato l'ostacolo, ben pi rilevante, che avrebbe. per lei rappresentato la sentenza impugnata, se quest'ultima, piuttosto che adeguarsi alla pi recente giurisprudenza di questo Supremo Collegio (sent. 19 .maggio 1962, n. 1159), avesse invece seguito quel precedente indirizzo giurisprudenziale (Cass. 18ARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1097 che intrinseco, dal momento che rappresentano i due diversi momenti di uno stesso atto economico, considerato sotto l'aspetto della incidenza nelle. diverse sfere patrimoniali dei soggetti che lo abbiano po.sto in essere. Cade; con ci, pertanto, la pretesa della sentenza di interpretare la prima espressione come dimostrazione dello specifico riferimento della norma di esenzione alla sola ipotesi di. cui all'art. 1 della legge istitutiva dell'i. g, e., e si spiana la. via, viceversa, alla considerazione che il legislatore abbia in realt voluto contemplar.e .quell'atto di scambio di ricchezza, effettuato nello svlgimento di un'attivit economica, che rappresenta il comune denominatore di tutte le ipotesi, anche particolari, dell'impasta sull'entrata, ma che non sempre consiste in una entrata, talvolta sotto il profilo soggettivo (pagamenti effettuati, anzich conseguiti, dai cantieri), talvolta anche sotto il pi lato profilo oggettivo, ove si consideri l'acquisto di nave estera, che espressamente enunciato nel d. l. del 1947, e che, tutt11via, se il .pagamento stato effettuato all'estero a un cittadino straniero, non d comunque certamente luogo ad una entrata imponibile. soggetta all'art. 1 della legge sull'i. g. e. Relativamente al secondo profilo; l'Amministrazione resistente insiste nel rilievo della insostituibilit del referimento della esenzione al presupposto di un negozio . giuridico, quale fonte di corrispettivo dell'atto di scambio e, nello stesso tempo, dell'obbligo tributario, per dedurre la sua inapplicabilit alla importazione, considerata e colpita dalla legge fiscale per fatto obiettivo, in relazione al passaggio della linea nell'art.. 17, il fatto obiettivo dell'importazione. Sicch da ritenere che l'atto negoziale, che viene in rilievo nella fattispecie impositiva di cui all'art. 1, sia assolutamente fuori, per quella stessa rilevata impossibilit giuridica, .dallo schema legale dell'imposizione prevista dall'art. 17, come lo era, del resto, anche da quello concernente l'abolita imposta sugli scambi; ai fini della quale, invero, la disposizione dell'art. 1, capv., del d.l. 28 luglio 1930, n. 1011 ( Agli effetti della presente legge l'importazione di merci daU'estero costituisce scambio soggetta a tassa... ), lungi dal denotare l'intento di colpire atti economici posti in essere fuori del territorio nazionale, valeva piuttosto ad esprimere una fictio, cui si ritenne di far ricorso per il conseguimento di quegli scopi in senso generale pere- quativi, che il legislatore del 1940, con indubbio maggiore tecnicismo, ha realizzato, invece, con la istituzione di una imposta in corriSPondenza , ma ancorata aU'unico presupposto giuridicamente configurabile e rilevante, quello rappresentato, si ripete, dal fatto obiettivo che una importa- zione di merci abbia luogo. Cade cosi la possibilit di trarre argomenti, dalla precedente normativa, per una ricerca sui presupposti dell'imposizione ex art. 17, e l'indagine, ed ovviamente anche ai fini della interpretazione di norme di esen-zione, ed anzi a maggior ragione per queste, attesi i pi rigidi criteri interpretativi da seguire, non potr condursi che con riferimento alle differenti ipotesi di imposizione, quali disciplinate dall'ordinamento positivo, e perci considerandosi, in ogni caso, per l'imposta di cui all'art. 17, che 1098 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO doganale, indipendentemente da ogni sua eventuale connessione con un negozio giuridico e astraendo sia dalla persona che effettua lo sdoganamento sia dai rapporti che possono intercorrere fra il destinatario nello Stato e il mittente dall'estero, sia dal titolo di acquisto della merce importata e dalla natura del titolo medesimo. Tale insistenza non per giustificabile, dal momento che la gi affermata applicabilit dell'esenzione agli acquisti di materiali nazionali e la testuale applicazione dell'esenzione medesima agli acquisti di navi estere rendono, letteralmente e raziopalmente, pi plausibile, malgrado l'indubbia scarsa chiarezza della formula, la tesi sostenuta dalla ricorrente. Sotto il primo profilo, se si ritiene, che l'espressione pagamenti per costruzioni comprende in s anche i pagamenti effettuati dai cantieri per acquisti di materiali destinati alle costruzioni navali, e se si ritiene, altresi, che l'espressione medesima non possa non riferirsi, per la lettera della legge, agli acquisti di navi estere, non vi , invero, motivo adeguato per operare, quanto alla prima ipotesi, una bipartizione dei materiali secondo la loro provenienza, malgrado identica ne sia la destinazione e identica non possa non essere, per quanto gi detto, anche la ratio ispiratrice della norma di esonero. D'altra parte, neppure p. dirsi esatta l'esclusione, nei confronti delle importazioni, del presupposto dell'atto negoziale nella considerazione legislativa dell'i. g. e., anche se peculiari motivi fiscali, connessi anche alle difficolt di indagine e di accertamento, hanno reso opportuno il ricorso il presupposto, quale che sia la ragione remota della posizione della norma, in questa soltanto va ricercato: onde potr dirsi che spetti una esenzione, dall'imposta in discorso, soltanto se la disposizione, recante il beneficio, che manchi di una pi specifica precisazione (e la Corte Suprema ha sottolineato, nel caso, che la disposizione dell'art. 9 in esame era dettata soltanto con riferimento al nomen iuris dell'imposta generale sull'entrata), possa almeno ritenersi concernente quelle situazioni obiettive di importazione, che nella fattispecie legale impositiva sono considerate. D'altra parte, e lo si gi accennato, la stessa Cassazione, pur affermando che l'importazione partecipe in astratto del regime dell'i.g.e. , e pur mostrando una preferenza, nell'attuale incontro, ma senza oltre indugiare sulla questione, per ;t'indirizzo che vede tra l'imposizione prevista dall'art. 1 della legge del 1940 e quella contemplata dall'art. 17 della legge medesima, soltanto una diversit di struttura (Cass. 19 maggio 1962, n. 1159, citata), rispetto al pi deciso orientamento (Sez. Un. 25 marzo 1961, n. 687, Foro it., 1961, I, 931; Cass., I Sez., 23 settembre 1964, n. 2406), secondo cui da ritenere del tutto autonomo, e di natura squisitamente doganale, il tributo di cui al ripetuto art. 17 -ribadisce ancora una volta quella diversit, per sottolineare, in definitiva, che per l'importazione di merci estere il legislatore ha comunque fatto ricorso ad un criterio di carattere oggettivo, assumendo a presupposto appunto e soltanto il fatto dell'importazione. Ma, allora, sia o meno da ritenere autonoma rimposta di cui all'art. 17, chiaro che basta tener conto, per il problema specifico che ne occupa, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1099 ad un'applicazione oggettiva uniforme. Posto, invero, che l'art. 1 della legge sull'imposta di scambio poneva chiaramente una presunzione assoluta di precedente scambio o trasferimento di ricchezza in qualsiasi importazione (essa dichiarava che agli effetti della presente legge l'importazione di merce dall'estero costituisce scambio soggetto a tassa da chiunque e comunque le merci vengano importate e quale ne sia la destinazione ), non ricorre alcun motivo logico o giuridico per escludere che, malgrado la diversit della formulazione, anche la legge sull'i. g. e., per l'appunto sostituita dalla imposta di scambio, abbia voluto adottare un principio diverso e non abbia, invece, inteso colpire, piuttosto che l'importazione in se stessa, gi assoggettabile al tributo di confine, l'atto di scambio sub specie del suo indice rivelatore, identificato, per l'appunto, nei riflessi tributari nazionali, nel fatto del passaggio della linea doganale. Le considerazioni precedenti, che rappresentano la logica evoluzione della sentenza n. 1114 del 1963, e si risolvono in una lecita interpretazione estensiva della norma, attraverso l'accertamento della effettiva voiuntas legis, assorbono ogni altra considerazione, della sentenza impugnata e delle parti, in ordine al regime giuridico della nazionalizzazione delle navi, quale possibile giustificazione di un loro trattamento autonomo agli effetti del beneficio fiscale, in rapporto alle caratteristiche peculiari che, in virt di detto regime, dovrebbe assumere la loro importazione. -(Omissis). anche soltanto di quella diversit strutturale -la quale attiene anche all'accertamento, alla determinazione dell'imponibile, alla riscossione, alla prescrizione, alle sanzioni -, e perci limitarsi a rilevare che la diversit medesima, in primo luogo riscontrabile in ci che riguarda l'identificazione del presupposto obiettivo dell'imposizione, non consente di riten.ere applicabile, anche per l'imposta in parola, l'esenzione prevista dall'art. 9 del d.l. del 1947. Perch, invero, una volta negata la rilevanza di argomenti attinenti, se pur lo siano, all'origine della stessa norma di agevolazione, o di quelle regolanti l'imposizione di cui si tratta, resterebbe soltanto da esaminare se la disposizione ridetta possa ritenersi dettata, oltre che per la vera e propria i.g.e., dovuta ai sensi dell'art. 1 della legge organica, anche per l'imposta sulle merci importate (o, se proprio si vuole cosi definirla, i.g.e. dovuta in riferimento al diverso presupposto contemplato nell'art. 17); e l'indagine non potrebbe che concludersi negativamente, una volta che si consideri, come si deve considerare linearmente, che il riferimento espresso ai pagamenti, ai corrispettivi, ai contratti, che si rinviene nell'art. 9 del d. 1. 779, vale ad identificare esclusivamente le situazioni, atti economici di scambio, che, assunte a presupposto dell'imposizione nel ripetuto art. 1 della legge del 1940, sono per indiscutibilmente fuori della disciplina positiva dell'art. 17, ai fini della quale soltanto rileva il diverso ed obiettivo fatto dell'importazione. M. FANELLI 11 1100 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 luglio 1966, n. 2067 -Pres. Vistoso -Est. Rossi -P. M. Gentile (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Soprano) c. Buttitta (avv. Sangiorgi). Imposta di registro -Tardiva registrazione -Ritardo giustificato da ragioni di forza maggiore -Rilevanza per l'esclusione della sanzione della sopratassa a carico del notaio -Irrilevanza per la decadenza da benefici. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 99, 110). Imposta di registro -Beneficio della registrazione a tassa fissa -Decadenza dal beneficio per tardiva registrazione -Si verifica. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 110). Nei caso che il ritardo nella registrazione sia giustificato da ragioni di forza maggiore, si rende inapplicabile, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 99 della legge organica del registro, la sopratassa a carico del notaio, ma la decadenza dai benefici, prevista dall'art. 110 della stessa legge, non ne resta impedita (1). Il beneficio della registrazione a tassa fissa altro non che beneficio di riduzione di imposta, e da esso si decade, perci, ai sensi dell'art. 110 della legge organica, quando gli atti, per i quali L'agevolazione pre vista, non siano registmti nei termini di legge (2). (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso si deduce, ai sensi e per gli effetti dell'art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 99 e 110 r. d. 30 dli;oembre 1923, n. 3269, 1, r. d. 13 gennaio 1936, n. 2313, e 2966 c. c. Si sostiene dall'Amministrazione che l'esimente della forza maggiore, prevista dall'art. 99 della legge del registro in relazione alla sanzione della sopratassa posta a carico del notaio in caso di tardiva registrazione, non applicabile all'ipotesi, diversa, della decadenza dai benefici tributari comminata dall'art. 110 della stessa legge, in quanto la decadenza opera oggettivamente, e prescinde, quindi, dal comportamento soggettivo dell'agente; che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte del merito, anche la tassa fissa rappresenta una riduzione della misura normale della tassa e costituisce, quindi, un beneficio, che rientra nella previsione del citato art. 110. Il ricorso merita accoglimento. (1) Conclusione ineccepibile, in relazione anche alla diversa natura e funzione della sanzione della sopratassa, rispetto alla comminatoria di decadenza, dai benefici, come ampiamente sottolineato in motivazione. (2) Giurisprudenza consolidata. Cfr. Cass. 8 ottobr,e 1957, n. 3652, Riv. Leg. Fisc., 1958, 152, e, per ulteriori riferimenti, Relaz. Avv. Stato, 1956-60, II, 602; id., 1961-65, II, 545. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1101 Nel capo secondo del titolo terzo della legge del registro sono indicati gli effetti della mancata o ritardata registrazione degli atti e contratti e della denuncia infedele o non completa. Tali effetti sono: l'applicazione di una sopratassa a carico, in proprio, dei notai, funzionari e ufficiali tenuti per legge ad assoggettare i loro atti alla registrazione (artt. 99 e seguenti); l'inefficacia e ineseguibilit degli atti non registrati (artt. 106 e seguenti); la decadenza dai benefici della riduzione delle normali tasse di registro (art. 110). Nessuna sopratassa applicabile a carico del notaio e degli altri pubblici ufficiali tenuti alla registrazione quando il ritardo ad assoggettare gli atti alla registrazione provenga da impedimento di forza maggiore debitamente giustificato e riconosciuto dall'Intendente di finanza, o, in caso di controversia, dalla competente autorit giudiziaria, e purch la formalit della registrazione sia eseguita entro il termine di dieci giorni successivi alla cessazione dell'impedimento (art. 99 terzo comma della legge). Ora, la tesi dell'applicabilit alla fattispecie dell'art. 110 dell'esimente della forza maggiore prevista per la sopratassa ex art. 99, nel senso che il giustificato e riconosciuto impedimento alla tempestiva registrazione dell'atto impedisce la decadenza dal beneficio della riduzione delle normali tasse di registro, resistita dalle differenze che intercorrono tra la sanzione della sopratassa e quella della decadenza, quale disciplinata negli artt. 2964 e segg., c. c., e non giustificata dalla ragione addotta, nell'accoglierla, dalla sentenza denunciata. La collocazione, invero, dell'art. 99, relativo alla sopratassa a carico del notaio, e dell'art. 110, relativo alla decadenza dell'atto dai benefici della riduzione delle normali tasse di registro, nel titolo terzo della legge, sotto lo stesso capo secondo, che tratta degli effetti della mancata o ritardata registrazione dell'atto, non consente, in mancanza di una espressa norma in proposito, l'estensione della esimente prevista per una determinata sanzione a un'altra. Diversi sono i soggetti e le comminatorie previste dall'art. 99 e dall'art. 110 della legge del registro. L'art. 99 commina la sanzione della sopratassa, in aumento della tassa, a carico del notaio in proprio (cui il quarto comma della norma, nel testo modificato con l'art. 1 del r. d. 13 gennaio 1936, n. 2313, riserva il diritto di ottenerne il rimborso dalle parti, quando non gli abbiano somministrato i fondi necessari per pagare le tasse di registro), mentre l'art. 110 stabilisce a carico dell'atto, e quindi delle parti che l'hanno stipulato -(tenute in solido verso l'Amministrazione dello Stato, ai sensi dell'art. 93 della legge, per il pagamento della tassa di registro) -la decadenza da eventuali benefici tributari. L'esimente della forza maggiore, prevista dalla legge solo per un determinato soggetto, il notaio, e per la determinata sanzione della 1102 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sopratassa, non pu estendersi alle parti private e per un'altra sanzione, quale la decadenza. Questa opera di diritto per il solo verificarsi dei presupposti di legge: nella specie, per il decorso del tmpo, cio dei venti giorni, stabiliti, per gli atti pubblici e per quelli autenticati, nell'art. 80, e per le scritture private non autenticate, nell'art. 82 della legge del registro, e, come dispone l'art. 2966 c. c., non impedita se non dal compimento dell'atto previsto dalla legge, ossia dalla registrazione. Solo, quindi, la tempestiva registrazione dell'atto o del contratto pu impedire la decadenza dal beneficio tributario di cui all'art. 110 della legge, e non l'impedimento di forza maggiore, per quanto giustificato e riconosciuto, il quale incide esclusivamente su un comportamento soggettivo del pubblico ufficiale, tenuto a effettuare la registrazione in termine. N ha pregio l'ulteriore considerazione della sentenza denunciata, nel senso che l'applicabilit del disposto dell'art. 110 al caso concreto savebbe comunque da escludere sul riflesso che la domanda del Buttitta I rifletteva, non una riduzione di tassa, come previsto da tale norma, ma l'applicazione della tassa fissa, giacch la tassa fissa, costituendo un minus rispetto alla tassa normale, altro non che una riduzione d'imposta. -(Omissis). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 settembre 1966, n. 2323 -Pres. Fibbi -Est. Leone -P. M. Pedote (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato II Soprano) c. Soc. FIAT (avv. Fr, De Dominicis). Iii1 Imposta di registro -Esenzione da registrazione degli atti processuali Atti del procedimento di espropriazione presso terzi -Dichiara ID zione del terzo -Assoggettabilit all'imposta quale atto di riconoscimento di debito -Esclusione. (c. p. c., art. 547; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 8; id., tariffa all. A, artt. 28, 121: id., tab. all. E, art. 5). L'esenzione da registrazione degli atti processuali, prevista dall'art. 5 della tabella all. E alla legge organica del registro, riguarda anche la dichiarazione resa dal terzo debitore nel processo di espropriazione di crediti, essendo tale dichiarazione atto processuale tipico, che, peraltro, non ha l'essenza della ricognizione di debito (1). (1) La soluzione accolta non pu non lasciare perplessi. Il problema, come la stessa Corte Suprema ha riconosciuto, non era quello soltanto di accertare se la dichiarazione del terzo rientrasse tra gli atti, pur tipicamente processuali, per i quali, in deroga alla regola di esenzione dalla PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1103 (Omissis). -Col primo mezzo, l'Amministrazione ricorrente censura la sentenza, denunziando la violazione degli artt. 8, 62, 72 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, 28 tabella all. A e 5 tabella all. E, per aver escluso la tassabilit, ex art. 28 tariffa citata, del verbale del proclesso esecutivo presso terzi contenente le dichiarazioni del terzo. L'Avvocatura dello Stato richiama la normale n. 250 del 1937 con cui I'Amministrazione espresse l'avviso che dovessero essere registrati i verbali di causa, contenenti ammissioni o riconoscimento di debiti, che vanno considerati per il loro effettivo valore negoziale, e non per la loro forma costante di atti processuali. Sostiene che il ragionamento della Corte torinese per giungere alla opposta conclusione minato da un erroneo semplicismo. L'art. 5 della tabella E non esclude dalla registrazione gli atti solo perch compiuti nel processo, ma in quanto meramente processuali, privi cio di natura e finalit che non sia quella processuale. Gli atti compiuti nel processo, che realizzano o riproducono un negozio che la legge sottopone a registrazione, non possono sottrarsi alla registrazione stessa solo perch si esplicano nel processo. La nota apposta all'art. 5, ~econdo cui sono esclusi dall'esenzione gli atti specificamente designati dalla tariffa, si riferisce solo ad atti di natura esclusivamente processuale, che, ciononostante, sono stati specificamente assoggettati a registrazione (sentenze, decreti, processi verbali di apposizione di sigilli, verbali di separazioni coniugali, ecc.). Ma, se nel processo confluiscono attivit e dichiarazioni aventi un autonomo valore ed efficacia sostanziale, non si vede perch debbano essere escluse dalla registrazione, solo perch compiute nel processo medesimo, senza doversi attendere l'emanazione della sentenza, e specialmente se il negozio possa estrinsecarsi in una sola dichiarazione, che, come quella di specie, si presenti quale confessione di un rapporto obbligatorio (ricognizione di debito). Col secondo mezzo di ricorso, poi, I'Amministrazione censura la sentenza, denunziando la violazione degli artt. 12 preleggi, 82 r. d. 30 dicembre 1923, 28 tabella all. A e 5 tabella all. E della legge del registrazione dovesse questa ritenersi prevista (art. 5 tab. E allegata alla legge organica, .per la regola; nota legislativa allo stesso articolo, per la deroga); era quello, invece, di considerare se la stessa dichiarazione non presentasse anche, se non soltanto, un contenuto negoziale, in rapporto al quale, e .gi ai sensi dell'art. 8 della legge, oltre che dell'art. 121 della tariffa, all. A, la normale imponibilit sarebbe stata da affermare. Tale imponibilit stata negata, dalla sentenza in rassegna, nel rilievo che la dichiarazione del terzo, nel processo di espropriazione di crediti, non avrebbe mai l'essenza del riconoscimento di debito, perch, per il suo contenuto tipico, e per il suo carattere di atto processuale necessario e dovuto -(necessario, per l'onere del terzo di dichiarare se e di quali somme sia debitore; dovuto, per l'obbligo di rendere nota la esistenza di altri atti impeditivi) -, esaurirebbe la sua funzione nel processo, cos restando 1104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO .-~ registro. Essa sostiene che, anche nell'ambito della sua falsa interpre tazione dell'art. 5 della tariffa, ha errato la Corte nell'escludere dalla l l {j' registrazione la dichiarazione di terzo, perch non specificamente men . zionata nella tariffa, sul rilievo che non poteva procedersi ad una inter' pretazione analogica, mentre non si trattava di una questione di interr,] :.'. pretazione, ma di terminologia (potersi o meno ritenere inclusa una dichiarazione di debito nella dichiarazione positiva del terzo). In verit l'istituto della ricognizione di debito specificamente contemplato nell'art. 28 della tariffa con dizione latissima, e volutamente generica, che include tutti gli atti e strumenti giuridici con cui si possa realizzare una obbligazione pecuniaria. Comunque l'analogia, in questo caso, sarebbe pur essa ammissibile. Le censure non hanno fondamento. Nel sistema della legge organica del registro gli atti processuali civili sono esenti da registrazione (art. 5 tariffa ali. E), a meno che non siano specificamente considerati nelle tariffe degli atti soggetti a tale formalit. La nozione di atto processuale civile, cui la cennata legge si riferisce, in mancanza di una specifica enunciazione ai fini tributari in. -~ generale, e dell'imposta di registro in particolare, non pu essere che ;~ quella fornita dalla dottrina processualistica, che definisce atto pro ~~ cessuale quella specie dell'atto giuridico denotata dal carattere procesm 00 suale del mutamento giuridico in cui si risolve la sua giuridicit, ~ dall'effetto, cio, di costituire, modificare o estinguere una situazione processuale. Si tratta di atti tipicamente strumentali, rivolti cio, nella loro ~ ~. coordinata progressione, alla costituzione di una situazione finale, che, ~ I I =~I determinando la concreta volont di legge applicabile alla fattispecie, ' questa regola col carattere cogente proprio della dichiarazione giu . risdizionale del diritto obiettivo, a tutela del diritto soggettivo fatto valere. ' I escluso che in essa sia mai individuablle una manifestazione del potere dispositivo del dichiarante rivolto a conseguire effetti di diritto materiale. i Senonch pu dirsi che proprio la considerazione che il terzo abbia soltanto un onere di rendere la dichiarazione vate a sottolineare gli effetti sostanziali di questa, come di atto di riconoscimento di debito, e perci di atto di disposizione di diritto sostanziale (cfr. BETTI, Teor. gen. neg. giur., Torino, 1950, 253, ss.); giacch, invero, mentre sarebbe stata pi logica la previsione dell'obbligo della dichiarazione, ov;e gli effetti di questa si (:; Ifossero dal legislatore voluti contenere sul piano processuale (come per una testimonianza, strumentale ai fini di un successivo accertamento giudiziale), sta di fatti che l'onere si collega alla disposizione secondo cui, quando manchi o sia contestata la dichiarazione del terzo, si provvede, su istanza del creditore procedente, all'accertamento giudiziale in ordine alla I I i: sussistenza del credito pignorato (art. 548 c.p.c.). Il che vale ad evidenziare E: & !l ~ ~ r ~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1105 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1105 L'esenzione dalla registrazione degli atti processuali civili proprio in funzione di questo loro carattere di strumentalit, mentre il provvedimento terminativo del processo, in quanto fissa le situazioni giuridiche sostanziali dei litiganti o, comunque, pone fine al rapporto processuale, di regola sottoposto a registrazione. In questo sistema, Che ha una sua Compiutezza razionale, l'eccezione stabilita nella nota all'art. 5 della tariffa all. E della legge del registro -(con la locuzione sono esclusi dall'esenzione gli atti specificatamente designati nella tariffa..... e soggetti a registrazione in termine fisso) -si riferisce univocamente agli atti processuali considerati nel detto art. 5, col significato che sono esclusi dall'esenzione gli atti processuali specificamente designati nella tariffa come soggetti a registrazione. Dall'eccezione ora detta, perci, non pu essere tratta ragione per affermare od escludere la sottoposizione alla registrazione di atti che, compiuti nel processo, abbiano natura di negozi di diritto materiale, come invece ha ritenuto la Corte di merito nella sentenza impugnata. Anche in conseguenza di quanto dispone l'art. 121 della tariffa all. A, che sottopone a registrazione gli atti e convenzioni giudiziarie della natura di quelle specificamente designate nella prima parte della tariffa, non si contesta che debbono essere registrate le convenzioni di indole contrattuale -come si esprime la normale n. 250 del 1937 del1' Amministrazione Finanziaria, richiamata dalla ricorrente -concluse dalle parti e consaC'l"ate nei verbali di causa: ma ci perch quando le parti concordano sul punto della contesa, o transigendo la lite o procedendo a ricognizioni di debiti o a divisione di spese, ecc. (sono locuzioni della citata normale), esse si avvalgono del potere di libera disposizione dei loro privati interessi, della loro capacit negoziale di diritto privato, e l'atto processuale, contro la sua intrinseca natura strumentale nel senso anzidetto, utilizzato come semplice mezzo di documentazione delle convenzioni. che la dichiarazione positiva, ponendosi come alternativa rispetto ad una pronuncia sul rapporto tra il terzo ed il debitore esecutato, essa stessa da considerare sufficiente come atto di accertamento del rapporto, e perci come atto di rilievo sostanziale: rper il quale, ai fini tributari, gi per il principio di cui all'art. 8 della legge organica del registro, e segnatamente per la disposizione di cui all'art. 121 della tariffa all. A, l'applicabilit dell'imposta prevista per le ricognizioni di debito non pare potersi escludere. Circa la natura della dichiarazione di terzo, cfr. Cass. 30 maggio 1963, n. 1426, Foro It., 1963, I, 1387, che, considerando la dichiarazione stessa .. una figura atipica del processo esecutivo ., esclude che essa sia senz'altro assimilabile alla confessione, perch non revocabile, e rileva che ... la dichiarazione positiva del terzo comporta il riconoscimento del dir_itto del debitore, giacch la esecuzione non si conclude contro di lui per conseguire 1106 RASSEGNA. DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In questi casi indubbio che le convenzioni cosi concluse e documentate debbono essere registrate in conformit di quelle di identica natura concluse fuori del mezzo processuale. La linea di separazione, tra gli atti processuali esenti (di regola) da registrazione ed i negozi giuridici materiali conclusi nel processo dalle parti di esso, pu essere tracciata in considerazione dei tratti tipici degli atti processuali rispetto ai tratti tipici dei negozi dispositivi di diritto sostantivo, in specie per quanto attiene al regolamento del contenuto dell'atto. Ogni atto formale (e tali sono gli atti processuali) ha un suo regolamento che, nel minimo, e sia pure con la semplice enunciazione sintetica o per definizione, investe il suo contenuto: sicch stato osservato che senza che il suo contenuto sia regolato, un atto non pu essere giuridico. Orbene quando l'atto giuridico processuale sia regolato dalla legge nel suo contenuto tipico, necessario e sufficiente per farlo qualificare atto processuale di specie determinata, esso non , per definizione, atto dispositivo di diritto materiale, quanto meno agli effetti delle leggi di registro. Al contrario quando l'atto compiuto nel processo di semplice documentazione rappresentativa di dichiarazioni delle parti, la sua intrinseca natura, processuale o sostantiva, dipende dal contenuto delle dichiarazioni documentate; che, quando sono manifestazione di un potere dispositivo, che opera direttamente sulle situazioni di diritto sostanziale dedotte nel processo, o su quelle relazioni di responsabilit, che, nate a causa del processo, non si differenziano dalle simili relazioni di risarcimento o rivalsa costituite per effetto di altri fatti giuridici, sono indubbiamente di natura extraprocessuale, anche se possono essere fatte valere nel processo a determinati effetti. Nella specie, la dichiarazione di terzo o norma degli artt. 547 e 550 c. p. c. un atto processuale regolato specificatamente in considerazione del contenuto, disponendo le dette norme che essa deve contenere la specificazione di quali cose o di quali somme il terzo debitore o si trova in possesso, e quando ne deve eseguire il pagamento o il bene dovuto, ma mira soltanto a trasferire il diritto del debitore al conseguimento del bene da parte del terzo . In dottrina, cfr.: ANDRIOLI, Comm. cod. proc. civ., III, Napoli, 1957, 198, il quale non sembra escludere, pur senza prendere netta posizione, che nella dichiarazione sia individuabile un negozio di riconoscimento; S'ATTA, Comm. cod. proc. civ., III, Milano, 1965, 311, il quale sottolinea che se il creditore tende alla certezza dell'esistenza del credito, questo scopo non pu essere raggiunto, se non attraverso il rapporto nel quale il credito trova la sua origine (se la trova) ; CARNELUTTI, Istit., ILI, Roma, 1951, 55-57, per il quale la dichiarazione del terzo va intesa come testimonianza di parte,, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1107 la consegna, nonch la specificazione dei sequestri o pignoramenti precedentemente eseguiti presso il terzo e delle cessioni che gli sono state notificate o che ha accettato. Agli effetti della decisione del ricorso pu non interessare la sistemazione dommatica della dichiarazione di cui trattasi, se essa abbia natura di testimonianza o, come pare pi consono al testo delle norme ad essa applicabili, di dichiarazione (confessoria o meno) di una parte del processo. Quel che rileva che fino a quando il terzo, nel rendere la dichiarazione, la mantiene nei limiti del contenuto indicato nel cennato art. 547 c. p. c. non pu sussistere dubbio sulla natura processuale, ed esclusivamente processuale, dell'atto, ai fini delle norme sulla registrazione. Tanto pi che la formula del dovere, contenuta nell'art. 547 c. p. c. ( il terzo..... deve ), qualifica onere l'atto richiesto al terzo, che assume anzi aspetti di vero obbligo per quanto attiene alle indicazioni dei sequestri, dei pignoramenti e delle cessioni, essendo tali indicazioni richieste a tutela degli interessi del creditore procedente. Sicch la dichiarazione di terzo un atto processuale necessario (in relazione al detto onere), o addirittura dovuto (in relazione al detto obbligo), e questo suo carattere esclude che esso possa presentarsi come manifestazione del potere dispositivo del dichiarante rivolto a conseguire effetti di diritto materiale. Come atto processuale tipico per il suo contenuto, la dichiarazione di terzo esente da registrazione, a norma dell'art. 5 tariffa all. E legge del registro, n riguardo ad essa opera l'eccezione stabilita nella nota a detto articolo, perch la dichiarazione di terzo non menzionata specificamente tra gli atti da registrarsi; mentre, data la tipicit del contenuto processuale della d~tta dichiarazione, si deve escludere che essa, atto processuale per di pi dovuto, possa avere la essenza della ricognizione di debito, e si deve escludere anche che riguardo ad essa, esente come atto processuale civile da registrazione, possa operare l'analogia di cui all'art. 8 capv. legge di registro -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 ottobre 1966, n. 2581 -Pres. Pece Est. Leone -P. M. Pedace (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Correale) c. Comune di Pisogne (avv. Ghia). Imposta di registro -Acquisto di aree coperte da costruzioni -Agevolazioni tributarie. (1. 2 luglio 1949, n. 408). La costruzione fatta a cura e spese del futuro acquirente dell'area cui la costruzione aderisce, seguita dal trasferimento dell'area al medesimo costruttore, esprime un risultato del tutto identico a quello 1108 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO prodotto con l'acquisto del fondo e con la successiva costruzione su di esso a cura e spese dell'acquirente. Pertanto, non possono essere esclusi dai benefici fiscali previsti dall'art. 14 della i. 408 del 1949 gli acquisti di aree da parte di quei costruttori che abbiano costruito l'abitazione ancora prima di perfezionare formalmente l'acquisto dell'area. N pu ammettersi la separazione, agli effetti tributari, del trasferimento dell'area gi costruita (cui andrebbe concesso il beneficio fiscale), dal trasferimento della costruzione (da assoggettare alle normali imposte), in quanto nell'art. 14 citato, una volta ritenuto che esso debba essere applicato anche all'acquisto di aree gi edificate dall'acquirente, deve ritenersi implicito il criterio che non vi trasferimento della costruzione fatta dall'acquirente (1). (Omissis). -Con l'unico mezzo di ricorso l'Amministrazione Finanziaria censura la sentenza, denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e 18 della I. 2 luglio 1949, n. 408, in relazione all'art. 13 della stessa legge; 47 legge di registro (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269) e 14 delle disposizioni sulla legge in generale, nonch per insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia. Sostiene la ricorrente che, secondo la Corte di Appello, la finalit della legge di dare incremento alle costruzioni edilizie assicurata non solo quando si acquista il terreno e, dopo la stipula dell'atto, lo si utilizza per la costruzione, ma anche quando, accelerando i tempi, la costruzione realizzata ancor prima della stipula. Ma se tale soluzione pu apparire congrua in ipotesi in cui non trovi applicazione il principio di accessione (come nel caso di cui alla sentenza n. 393 del 1963 di questo S. C.) non si giustifica nell'opposta ipotesi, quanto (1) Sulla via dell'interpretazione evolutiva della c.d. legge Tupini ci sembra ormai compiuta l'ultima tappa. Con la sentenza in esame la categoria area edificabile di cui all'art. 14 della legge citata considerata comprensiva anche delle aree gi edificate e per superare l'ostacolo logico ed economico, prima che giuridico, che a questa concezione posto dalla esistenza di costruzioni, queste si considerano come inesistenti agli effetti del trasferimento. Inoltre, poich questa tesi rappresenta una evidente deroga all'art. 47 della legge di registro, e poich una simile deroga stata consentita dal legislatore solo nel caso eccezionale previsto dalla I. n. 23 del 24 gennaio 1962, si afferma che per quanto riguarda l'ambito di applicazione della legge Tupini la deroga all'art. 47 gi disposta dall'art. 14, s che di quella legge (che pure fu emanata proprio per evitare le conseguenze della interpretazione corrente dell'art. 14) non v'era in realt alcun bisogno. Va notato che la Corte Suprema nella presente sentenza si richiama, confermandoli, ai tprincipi affermati nella sentenza delle Sez. Un., n. 393 del 1963 (v. Foro it., 1963, I, 710). , peraltro, da rilevare che successivamente la stessa Corte, con la sentenza n. 198 del 1964 (in questa Rasse ffffl MODULARIOI VV. G. s .. 79 \ ;;,:: :::: rl.~;~ AVVOCATURA DELLO STATO V,: < .:- Prot. N . ..................... Alleg-. .............. . Ifu ' RISPOSTA AL FOGLIO ;.. del -- 'r(' I :~ I I Div. SEZ. N-. ............ . OGGETTO Al ........................................................... . MINUTA Mon. 74 (Copiato da .......................................... . il------ Registro .......... N ........... Posiz ........... . 19 Avvertimento se trattasi di pare.re di massima PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1109 meno per quanto riguarda il valore delle costruzioni, di cui stato accertato il trasferimento. Nel caso di specie, aggiunge la ricorrente, la presunzione posta dal primo comma dell'art. 47 della legge di registro ha spiegato tutta la sua efficacia (non trovando appltcazione la I. n. 23 del 1962). Ma i benefici di cui all'art. 14 concernono gli acquisti delle aree solamente, e non anche gli aquisti di aree e fabbricati, come si evince dal raffronto con le altre norme della medesima legge (artt. 19, 13, 17). Riconoscendosi nella fattispecie l'applicabilit dell'art. 14, le ipotesi della legge resterebbero del tutto indifferenziate, in contrasto sia con le graduazione dei benefici che il legislatore medesimo ha ritenuto di fare, in relazione alle singole e differenziate situazioni, attribuendosi in sostanza, per il trasferimento di costruzioni, agevolazioni maggiori di quelle previste dalle specifiche disposizioni di legge, e senza il rispetto delle condizioni ivi previste. A tutto concedere quindi, conclude la ricorrente, il beneficio, se invocabile per la nuda area, non potrebbe mai concernere le costruzioni. Le censure sono infondate. Nella complessa questione dell'applicabilit dei benefici fiscali di cui all'art. 14 della 1. 2 luglio 1949, n. 408, agli acquisti di aree in tutto o in parte gi fabbricate, quando le costruzioni siano state eseguite, in vista del futuro acquisto. dalle stesse persone che poi si rendono acquirenti dell'area, questo S. C. ha gi avuto occasione di stabilire (Sez. Un. n. 393 del 18 febbraio 1963) il principio che i benefici suddetti sono applicabili anche quando risulti che gli acquirenti abbiano, prima della stipulazione dei relativi contratti, iniziato o condotto a termine su tali aree la costruzione di nuovi edifici. gna, 1964, I, 363), che esplicitamente si richiama a giurisprudenza conso lidata (v. sent. n. 1213 del 1961 e 1191 del 1962) ha affermato che e le agevolazioni tributari.e imposte dall'art. 14 della 1. n. 408 del 1949 spettano, a norma dell'art. 19 della legge stessa, anche nell'ipotesi in cui sull'area insistano delle costruzioni, sempre che l'area stessa venga acquistata per demolirvi l'edificio e costruirvi in sostituzione un altro, meglio e pi ampia mente, utilizzabile . A questo principio l'Amministrazione finanziaria ha ormai conformato la sua attivit, convinta che, pur non potendosi, st1icto jure, qualificare come area edificabile quella sulla quale insista al momento del trasferi mento una costruzione (essendo evidentemente necessaria una ulteriore attivit dell'uomo per renderla tale), tuttavia l'applicazione dell'agevola zione a simili fattispecie potesse considerarsi estensiva e non analogica e fondata sullo spirito della legge, ma non in contrasto assoluto con la sua lettera. Ma, se una estensione del concetto di e area edificabile pu accettarsi nei casi in cui l'area, pur non essendo tale al momento del trasferimento destinata a diventarlo (come chiaramente detto nella citata sent. n. 198 ---.'-:' lllO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La specie decisa con la richiamata sentenza delle Sezioni Unite traeva origine da un'ipotesi in cui la presunzione di accessione stabilita nell'art. 47 della legge di registro era superata, in virt di quanto ij disposto dall'articolo unico della I. 24 gennaio 1962, n. 23 (il quale dispone che, in deroga all'art. 47 della legge di registro, sono idonee a vincere la pr:esunzione di accessione le deliberazioni adottate prima dell'entrata in vigore della legge stessa, con le quali le provincie ed i comuni abbiano autorizzato la vendita di terreni non edificati a coloro che successivamente hanno stipulato il contratto di acquisto, consentendo, nel frattempo, alla edificazione, nonch i contratti di appalto stipulati dagli istituti autonomi per' le case popolari per costruzioni sui terreni successivamente acquistati). Sta di fatto, per, che nella menzionata decisione le Sezioni Unite hanno avuto cura di notare che la disposizione della 1. n. 23 del 1962, pur costituendo un indice sicuro del trattamento di favore riservato dal legislatore alle nuove costruzioni, non valeva di per s a troncare la questione, che doveva essere risolta con esclusivo riferimento all'art. 14 della gi ricordata I. n. 408 del 1949 (legge Tupini); ed hanno spiegato questa notazione, osservando che la disciplina dell'accessione, nell'ambito dell'applicazione dell'imposta di registro, incide solo sulla valutazione dei beni oggetto di trasferimento ma non pu pregiudicare l'applicabilt o meno delle particolari agevolazioni fiscali dell'art. 14 della legge n. 408 del 1949 alle aree che, al momento in cui ne avvenga il trasferimento, cio alla data in cui venga stipulato il relativo contratto, si trovino ad essere edificate ad opera e per conto dell'acquirente dell'area. Non necessario ripetere qui la dimostrazione che del principio accolto stata data nella richiamata sentenza del 1963 delle Sezioni Unite, dimostrazione fondata sia sulla regola che, nell'interpretazione del 1964), ci sembra che si sia al di fuori della interpretazione estensiva dell'art. 14 della ,1. n. 408 e si passi nel vietato campo della interpretazione analogica quando si pretende di considerare edificabile un'area che non solo non tale al momento del trasferimento perch sopra vi insiste una costruzione, ma che tale non diventer certamente perch la eostruzione, nonch essere demolita addirittura destinata a rimanere. La questione stata ora riproposta all'esame della Corte Suprema per ottenere una parola definitiva che tenga conto di tutti i precedenti giurisprudenziali, si che l'Amministrazione possa finalmente decidere il comportamento da tenere, anche ai fini di un eventuale intervento chiarificatore del legislatore, che, secondo l'auspicio dei pi seri cultori del diritto tributario, dovrebbe soprattutto tendere alla definitiva abolizione o all'organica sistemazione di tutta quella inestricabile selva di disposizioni agevolative nella quale, anche per la varia evoluzione giurisprudenziale, si smarrita la certezza: del sistema normativo dell'imposta di registro. 1112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Da quanto fin qui esposto consegue: a) che non sussiste la denunciata violazione e falsa applicazione dell'art. 47 della legge del registro, vertendosi nella fattispecie in materia nella quale la disciplina tributaria regolata secondo criterio diverso da quello applicato nel cennato articolo; b) che deve escludersi, come propone in via subordinata l'Ammini0strazione Finanziaria, la separazione agli effetti tributari del trasferimento dell'area dal trasferimento delle accessioni, per assoggettare il primo al trattamento privilegiato ex art. 14 legge Tupini, il secondo all'imposizione normale della legge di registro: in quanto, come stato detto innanzi, nell'art. 14 della legge Tupini, applicato anche all'acquisto di aree gi edificate ad opera dell'acquirente, deve ritenersi implicito il criterio che non v' trasferimento della costruzione fatta dall'acquirente. N sussistono gli inconvenienti denunciati dall'Amministrazione ricorrente come risultato della cennata interpretazione, inconvenienti che in ogni caso, in quanto non ridondano a certezza di errore interpretativo, non possono portare alla disapplicazione della norma interpretata. certo intanto che anche le costruzioni fatte dall'acquirente prima dell'atto di acquisto debbono rispondere ai requisiti di struttura ed alle modalit di tempo, stabiliti negli artt. 13 e 14 della legge n. 408 del 1949 come condizioni necessarie per il trattamento di particolare favore tributario relativamente agli acquisti di aree fabbricabili: requisiti e modalit che, nella specie, la Corte di merito ha considerato come elementi pacifici di fatto, senza che sul detto punto sia stata mai mossa f,!ensura dalla Amministrazione. Neppure c' contrasto con quanto dispone l'art. 17 della legge citata i:a la riduzione dell'imposta di registro e dell'imposta ipotecaria ai ~rimenti di case, costruite ai sensi dell'art. 13 della legge, che 11,0 luogo entro quattro anni dalla dichiarazione di abitabilit, o '~tiva abitazione, perch tali agevolazioni, che in ogni caso si .o a quelle previste nell'art. 14, si riferiscono ad una realt . e giuridica (trasferimento delle case), diversa e successiva 'iella (acquisto dell'area con o senza costruzioni) prevista in rticolo, concernono cio il fatto della vendita della casa Aitore ad altri, e da questo primo acquirente ad altri, nello ., del quadriennio. Si pu quindi affermare che, contrariamente a quanto sostiene I'Amministrazione ricorrente, l'interpretazione adottata dalla Corte di Appello e qui condivisa non contrasta con il sistema complessivo della disciplina tributaria stabilita dalla legge n. 408 del 1949 per favorire l'incremento delle costruzioni edili. -(Omissis). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1113 CORTE DI APPELLO DI FIRENZE. Sez. l", 18 febbraio 1966, n. 163 - Pres. Del Giudice -Est. Barbera -Ministero Finanze (avv. Stato Saltini) c. La Reale Grandine (avv. Minoccheri). Imposta di ricchezza mobile -Spese inerenti alla produzione del reddito -Spesa per il pagamento dell'imposta sulle societ -Non deducibile. La spesa per il pagamento della imposta sulle societd, anche per la parte di tale imposta che commisurata al patrimonio sociale, non pu essere dedotta dal reddito imponibile per l'applicazione dell'imposta di ricchezza mobile (1). (Omissis). -Si rileva dalla Corte che, nella sentenza impugnata, il Tribunale, partendo dalla premessa che l'imposta sulle societ, istituita con la legge 6 agosto 1954, n. 60'3, bench unica nella sua struttura giuridica, sarebbe tuttavia complessa nelle sue componenti economiche perch colpirebbe egualmente il patrimonio in quanto tale ed il reddito della societ e risponderebbe a funzioni diverse, ha ritenuto che, mentre la (1) Non deducibilit dell'imposta sulle societ dai redditi di ricchezza mobile. Con la sentenza in rassegna per la prima volta -a quanto consta una Corte di Appello si pronuncia sulla questione della deducibilit dal reddito imponibile di quanto pagato per imposta sulle societ (ed in parti colare per la parte di .tale imposta che prende per base il patrimonio so ciale). In precedenza, sempre nel senso della non deducibilit, si sono pronunciati il Tribunale di Genova nella sentenza 22 aprile 1964, Soc. Cafimport c. Finanze (inedita), ed il Tribunale di Milano, nelle sentenze 22 aprile 1965, in Causa Soc. Montecatini c. Finanze (Foro it., 1965, I, 1359) ed in causa Soc. Edison c. Finanze (Foro pad., 1965, I, 764). Nello stesso senso si pronunciata anche la Commissione Centrale con numerose deci sioni, tra le quali si segnalano le seguenti: 6 dicembre 1961 n. 51283 (Dir. prat. trib., 1963, II, 405 ed Imp. dir. erariali, 1962, 287), 26 marzo 1962, nu mero 56622 (Imp. dir. erariali, 1963, 226), 28 gennaio 1963, n. 67576 (Giur. it., 1964, III, 22), 13 aprile 1963, n. 62544 (Giur. imposte, 1964, 333), 28 mag gio 1962, n. 72340 (Rass. imp. dir., 1964, 466), 10 luglio 1963, n. 74253 (Imp. dir. erariali, 1964, 314). Nel senso della deducibilit si era invece pronunciato il Tribunale di Firenze nella sentenza 21 novembre 1963 (Foro it., 1964, I, 1269) rifor mata dalla sentenza in rassegna. La Corte fiorentina ha basato la sua pronuncia -oltre che sulla affer mazione della non scindibilit dell'imposta sulle societ in due tributi distinti, l'uno sul patrimonio e l'altro sul reddito -sulla distinzione tra spese sostenute nel corso della produzione del reddito e spese suc cessive alla produzione del reddito. Le prime soltanto possono (e non 1114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO componente dell'imposta suddetta afferente al reddito non sia deducibile agli effetti della determinazione del reddito netto dell'imposta di R.M. di cat. B, sia invece deducibile dal reddito stesso la componente afferente al patrimonio quale spesa inerente alla produzione del reddito. Il Tribunale ha fondato la sua decisione sui seguenti argomenti. A) Le norme legislative, che .disciplinano l'imposta di R.M., ammettono la detrazione delle spese inerenti alla produzione del reddito (art. 91 t.u. 29 gennaio 1958, n. 647 sulle imposte dirette); e tale inerenza deve intendersi riferibile non soltanto alle spese che si immedesimano nel prodotto, ma anche a quelle spese che si collegano necessariamente alla creazione del prodotto stesso, anche se a questo non intimamente connesse. B) Alla stregua di detto princ1p10 sulla inerenza delle spese, attualmente ammesso in dottrina e giurisprudenza e riconosciuto valido dalla stessa Amministrazione Finanziaria (circolare 26 dicembre 1926, n. 12877) era consentita la detrazione, quale spesa inerente alla produnecessariamente debbono) essere inerenti alla produzione del reddito ; mentre una siffatta qualificazione deve a priori essere esclusa per le seconde. Il credito tributario per imposta sulle societ nasce dopo che il reddito stato prodotto e -quanto meno in parte -per effetto della gi avvenuta produzione del reddito; quindi, la spesa per il pagamento della imposta sulle societ non deducibile. Il ragionamento della Corte senza dubbio corretto e ricalca quanto affermato dalla Corte di Cassazione, la quale nella sentenza 24 novembre 1927, n. 3672 (Foro it., 1928, I, 249 e Riv. leg. fisc., 1928, 241) ebbe ad affermare che gli oneri fiscali come spese che non precedono ma seguono la produzione del reddito assumono il carattere di erogazione del reddito medesimo. La distinzione delle spese in relazione al momento del tempo in cui esse sono state effetuate (distinzione adottata come criterio sistematico dal TRAINA-PORTANUOVA, Spese epassivit deducibili nell'imposta di ricchezza mobile, Milano, 1956, 39 e segg.) fornisce un primo approccio, valido anche se non decisivo, per l'individuazione e la delimitazione del concetto di spesa inerente alla produzione del reddito. Tuttavia sembra il caso di aggiungere alcune precisazioni vuoi in ordine alla definizione di tale concetto, vuoi -preliminarmente -in ordine alla sua utilizzabilit per la soluzione della questione di che trattasi. A questo proposito bene anzitutto sottolineare che l'ordinamento giuridico non trae dalla realt extragiuridica direttamente la nozione di reddito netto . La legge tributaria riconosce infatti rilevanza giuridica da un canto al fatto della avvenuta percezione -da parte di un soggetto ed entro un periodo di imposta -di un reddito tout court (ossia di un reddito non depurato delle spese e delle passivit), e d'altro canto ad alcuni altri fatti espressamente e specificamente previsti, quali ad esempio l'effettuazione entro tin periodo di imposta di una spesa qualificabile come inerente alla produzione del reddito, la distruzione dei beni relativi all'impresa, ecc. Ci confermato dal GIANNINI A. D. il quale scrive (Istituzioni di diritto tributario, 1960, 346) che la deduzione delle spese rappresenta PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1115 zione del reddito, deU'imposta di negoziazione sui titoli azionari ed, avendo l'imposta sulle societ sostituito (art. 26 legge 26 agosto 1954, n. 603) l'imposta di negoziazione, non si vede la ragione per cui non dovrebbe essere ammessa la detrazione dell'imposta sostitutiva dell'imposta di negoziazione1 quando si tenga presente che la imposta sulle soiet risponde alla stessa funzione. surrogatoria dell'imposta di registro. sui trasferimenti di azioni sociali e simili, che aveva l'imposta di negoziazione, ed alla detta funzione risponde proprio la componente patrimoniale della nuova imposta. C) Una conferma della detraibilit della imposta sulla societ, per la parte afferente al patrimonio, si troverebbe nella legge 19 luglio 19'56, n. 943, che ratifica la convenzione fra Italia e Stati Uniti del 30 marzo 1955, laddove (art. 6) stabilito che, se uno degli Stati contraenti applica un'imposta commisurata al patr.imonio ed al reddito, l'impresa dell'altro Stato soggetta a tale imposta per la parte commisurata al patrimonio soltanto per quella parte destinata od impiegata nel prii;no Stato per lo svolgimento della sua attivit, mentre esente da tale imposta per la parte commisurata al reddito, se l'impresa esente dall'im nel processo logico di valutazione del reddito imponibile, una fase a s stante, che la legge regola con apposite norme . Dalla premessa che l'ordinamento giuridico riconosce soltanto alcuni fatti espressamente previsti e specificatamente descritti come idonei a dar luogo a detrazione dai redditi imponibili, deriva che il concetto giuridico di reddito depurato delle spese e delle passivit non coincide con il concetto economico-contabile di reddito netto. Questa affermazione per quanto ovvia non tuttavia inutile, se si considera come non sia difficile ravvisare -al fondo della tesi della deducibilit dell'imposta sulle societ dai redditi imponibili -la tendenza (spesso inconsapevole) a prescindere dai limiti legali della deducibilit, ed ad utilizzare direttamente la nozione economica di reddito netto (nozione questa oltre tutto incerta e non delimitata, e perci non utilizzabile). Manifestazione di detta tendenza lo stato d'animo~ (molto raramente manifestato in una esplicita asserzione) secondo cui non potrebbe mai applicarsi una imposta sull'imposta . Invero, la spesa per il pagamento di una imposta pu essere dedotta soltanto se ed in quanto il fatto di tale pagamento sia sussumibile in una delle fattispecie previste dalla legge come idonee a dar luogo a detrazione; nelle altre ipotesi non pu essere dedotta. E, d'altra parte, pu certamente accadere che una medesima entit costituisca il presupposto di pi imposte (statali o non statali), che si cumulano l'una all'altra senza escludersi; ad esempio, il fatto della perce zione di un determinato reddito pu costituire e costituisce il presupposto tanto dell'imposta di ricchezza mobile quanto dell'imposta sulle societ (per quanto questa commisurata al reddito). il quindi erroneo affermare che l'onere conseguente a ciascuna imposizione debba necessariamente essere detratto dagli imponibili per l'applicazione degli altri tributi; una 12 1116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO posta sul reddito. La stessa Amministrazione Finanziaria dello Stato, con la circolare 21 gennaio 1957, n. 350.300 avrebbe ammesso, nell'interpretare l'articolo 6 citato, che l'imposta sulle societ sarebbe scindibile nelle due componenti sul patrimonio e sul reddito. La Corte ritiene che le argomentazioni, sopra riassunte della sentenza impugnata non reggono alle fondate critiche che I'Amministrazione appellante le ha mosso nell'atto di appello e nelle sue difese scritte. Si oppone infatti dall'Amministrazione, sub. A), che, se il .principio della inerenza delle spese detraibili esatto in quanto il concetto di inerenza delle .spese deve essere inteso in senso ampio e comprensivo di ogni spesa necessaria alla produzione del reddito, tuttavia il richiamo di detto concetto non pertinente alla ipotesi in esame in cui la spesa interviene quando il reddito gi formato. La deduzione, che segue la motivazione della decisione della Commissione Centrale del 26 marzo 1962 emessa inter partes, esatta. principio indiscusso in dottrina e giurisprudenza, in ordine alla detrazione delle spese inerenti alla produione del reddito, che sono deduci- siffatta detrazione deve avvenire -ripetesi -solo se ed in quanto espres samente prevista dalla legge. Cos, per quanto in particolare attiene alla deducibilit o meno della spesa per il pagamento dell'imposta sulle societ dai redditi imponibili, esclusa la possibilit di una soluzione passe-partout, deve esaminarsi separatamente la disciplina legislativa afferente al tributo gravante su ciascuno dei singoli redditi; e, com' noto, i redditi possono essere colpiti -alternativamente -o da una delle imposte sui terreni, o dall'imposta sui fabbricati, o dall'imposta di ricchezza mobile (per quanto concerne le imposte statali). Senonch a questo punto appare evidente come la tesi secondo cui la spesa per il pagamento dell'imposta sulle societ (o anche soltanto di quel quantum di essa che ha trovato base nel patrimonio sociale) sarebbe deducibile dai redditi imponibili di ricchezza mobile per effetto del disposto dell'art. 91 del t.u. del 1958, non riesca a superare neppure la considerazione -del tutto preliminare -che l'art. 91 attiene esclusivamente all'imposizione sui redditi di ricchezz mobile delle categorie B e C/1 e certamente non pu operare in sede di imposizione su tutti gli altri redditi. Dal che consegue anzitutto che per questi ultimi redditi un problema di deducibilit della spesa per imposta sulle societ non pu neppure porsi. Ed inoltre che la distinzione tra quantum dell'imposta sulle societ commisurato al patrimonio sociale e quantum commisurato al reddito della societ -oltre a non essere ammissibile perch contrastante con la indissolubile unit di tale imposta, ed oltre a non essere utile perch comunque mancherebbe la inerenza richiesta dall'art. 91 t. u. del 1958 (su questi due punti si dir in seguito) - anche non idonea a delimitare la parte (dell'imposta sulle societ) che si vorrebbe deducibile. Non infatti sostenibile che la spesa per imposta sulle societ, soppor tata da un soggetto che abbia percepito una pluralit di redditi di diversa natura e comunque anche redditi differenti da quelli mobiliari di categoria i t le f i A:>r ~ne Jiuari ;zione jnento, fdetra, hovare :t. 91. E Jrale con fermato )te ad un )Tono-alla i: r er fl fl i spesa P intum com: be in raplle diverse ltro perch b ns denoe del 147 t.u. . in senso ciale 'one elazi 11a corr . t ile socie 1ta su tanto bciale Ce. dei , categorie . ;se . stessi). I dei beru di possesso /tra Ile societ tiosta sultro anche era . . -ge P 'ficarsi cia jnte veri oduzione {eh la pr -e d' un patri- possesso i f I I 1118 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO surrogatoria dell'imposta di registro sul trasferimento delle azioni, tuttavia una imposta nuova, comprensiva anche di imposte che, come quella sul capitale delle societ straniere, non costituivano spesa detraibile dal reddito di R.M., imposta di carat.tere e portata molto pi ampia della precedente. Se infatti l'imposta di negoziazione era da considerare, per la sua funzione surrogatoria dell'imposta di registro, una imposta indiretta, quella sulle societ imposta diretta che ha, rispetto alla societ, la stessa funzione che ha l'imposta complementare sul reddito per le persone fisiche; e, come emerge dalle relazioni parlamentari alla Camera, ha lo scopo di adeguare l'onere tributario delle societ tassabili in base a bilancio (come quella in esame) a quello degli individui sog.getti ad imposta personale. Un raffronto fra le due imposte non quindi possibile, data la loro diversa natura ed oggetto. Neppure pu ricavarsi dalla legge 19 luglio 1956, n. 943, o dalla circolare ministeriale interpretativa della legge ,stessa, una conferma della scindibilit delle due componenti dell'imposta sulle societ, come argomenta sub. C) il Tribunale. Infatti, come ha esattamente rilevato sulla monio . sufficiente in proposito segnalare l'ipotesi in cui nessun reddito si produca in favore di un soggetto il quale pur si trovi nel possesso di un patrimonio ex art. 147 citato. Del resto, una correlazione tra patrimonio di un soggetto e redditi dal medesimo percepiti non stata prevista dal legislatore neppure per quelle imposte che pur hanno avuto come base imponibile non una entit per molti aspetti nominale quale quella descritta dall'art. 147 t.u. del 1958 ma l'effettiva consistenza e l'effettivo valore del patrimonio facente capo ad un soggetto. E anche di queste imposte, tanto pi aderenti alla reale composizione del patrimonio e quindi ai singoli beni in esso compresi (ed alla loro potenzialit di reddito), stata giustamente esclusa la detraibilit dai redditi mobiliari: in proposito FALSITTA, Indetraibilitd dell'imposta sulle societd dal reddito di R. M. dell'ente, Giur. it., 1964, III, 24, e In tema di indeducibilitd dell'imposta sulle societd (e delle imposte sul patrimonio) dal reddito di ricchezza mobile, Riv. dir. fin., 1965, II, 142. A questo punto potrebbe anche concludersi l'esame della questione di che trattasi: non possibile stabilire alcuna valida correlazione tra la spesa per il pagamento della imposta sulle societ e la produzione dei singoli redditi; quindi in via preliminare esclusa l'utilizzabilit della nozione di spesa inerente alla produzione di un reddito mobiliare di categora B o C/l di cui all'art. 91 del test.o unico sulle imposte dirette. Pu aggiungersi, cionondimeno, che una esatta definizione del concetto di spesa inerente alla produzione del reddito esclude che come tale possa essere qualificat.a la spesa per il pagamento dell'imposta sulle societ. Anzitutto ancor oggi lecito avanzare riserve in ordine alla possibilit di qualificare come spesa il pagamento dell'imposta sulle societ; e, almeno per i casi dubbi, conserva validit quanto scritto dal QUARTA (Commento alla legge sull'imposta di ricchezza mobile. 2 ed., vol. II, 210): Spesa propriamente ci che si eroga per conseguire un qualunque beneficio, per soddisfare ad un bisogno, per procacciarsi una utilit, per otte 1118 RASSEGNA DE!.L~AVVOCATURA DE;LLO STATO surrogatoria dell'imposta di registro sul trasferimento delle azioni, tuttavia una imposta nuova; comprensiva anche di imposte che, come quella sul capitale delle societ straniere, non costituivano spesa detraibile dal reddito di R.M., imposta di carattere e portata molto .pi ampia della precedente. Se infatti l'imp.osta di negoziazione era da considerare, per la sua funzione surrogatoria dell'impol!lta di registro, una imposta .indiretta, quella sulle societ imposta diretta che ha, rispetto alla societ, la stessa funzione che ha l'imposta complementare sul reddito per le persone fisiche; e, come emerge dalle relazioni parlamentari alla Camera, ha lo scopo di adeguare l'onere tributario delle societ ta$sabili in base a bilancio (come quella in esame) a quello degli i:radividui soggettLad imposta personale. Un raffronto fra le due imposte non quindi possibile, data la. loro diversa natura ed oggetto. Neppure pu r.i,cavarsi dalla legge 19 luglio 1956, n. 9~31.o dalla circolare ministeriale interpretativa della legge stessa, una conferma della scindibilit delle due componenti dell'imposta sulle societ, come argomenta . sub. C) il Tribunale. Infatti, come ha esattamente rilevato sulla monio . il sufficiente in proposito segnalare l'ipotesi in cui nessun reddito si produca in favore di un. soggetto il quale pur si trovi nel po$sesso di un patrimonio ex art. 147 citato. Del resto, una correlazione tra patrimonio. di un soggetto e redditi dal medesimo percepiti non stata prevista dal legislatore neppure per quelle imposte che pur hanno avuto. come base imponibile non . una entit per molti aspetti nominale quale quella descritta dalrart. 147 t.u. del 1958 ma .l'effettiva consistenza e l'effettivo valore del patrimonio .facente capo ad un soggetto. E anche di queste imposte, tanto pi aderenti alla reale composizione del patrimonio e. quindi ai singoli beni in esso compresi (ed alla loro potenzialit di reddito), stata giustamente esclusa la detraibilit dai redditi mobiliari: in proposito FALSITTA, Indetraibilit dell'imposta sulle societ dal reddito di R. M. dell'ente, Giur. it., 1964, III, 24, e In tema di indeducibilit dell'imposta sulle societ (e delle imposte sul patrimonio) dal reddito di ricchezza mobile, Riv. dir. fin., 1965, II, 142. A questo punto potrebbe anche concludersi l'esame della questione di che trattasi: non possibile stabilire alcuna valida correlazione tra la spesa per il pagamento della imposta sulle societ e la produzione dei singoli redditi; quindi in via preliminare esclusa l'utilizzabilit della nozione di gpesa inerente alla produzione di un reddito mobiliare di categora B o C/l di cui all'art. 91 del testo unico sulle imposte dirette. Pu aggiungersi, cionondimeno, che una esatta definizione del concetto di spesa inerente alla produzione del reddito esclude che come tale possa essere qualificata la spesa per il pagamento dell'imposta sulle societ. Anzitutto ancor oggi lecito avanzare riserve in ordine alla possibilit di qualificare come spesa il pagamento dell'imposta sulle societ; e, almeno per i casi dubbi, conserva validit quanto scritto dal QUARTA (Commento alla legge sull'imposta di ricchezza mobile. 2 ed., voi. II, 210): Spesa propriamente ci che si eroga per conseguire un qualunque beneficio, per soddisfare ad un bisogno, per procacciarsi una utilit, per otte 1115 [A toli azionari ed, 26 agosto 1954, one per cui non ;stitutiva dell'imla imposta sull~ l'imposta di regi~ veva l'imposta di io la componente sulla societ, per ~a legge 19 luglio Stati Uniti del 3~ ~gli Stati contraenti ddito l'impresa l re 1 commisurata a t . .re mpiegata nel pr~o , esente da tale im e 11'" , esente da im esa e a s f .nibile, una ase cinosce soltanto . a;c~~~ itti come idon~1 . . o 1 concetto giuridic .e ~oincide con il con''"' rmazione per quanto ffe . difficile ravvisare n sia . t' dai reda sulle socie ~ dai le) a prescindere . ro t la nozione lirettamen e n deli utto incerta e no (molto rara- d'animo ~ t bbe . non po re condo cui il paga o la spesa per 1 fatto ' d ...uanto i ,see in-.. t dalla fattispecie pre".1sn~n pu ne altre ipotesi desima entit !he una me l") che si . on stata i' ~ll .o ~ fatto della percempio,_ . .1 presuppostocostituisce i lle societ dell'imposta su affermare i quind~ er~:C~~sariamente ne ddebgl~ altri tributi; una ine e lSE.QN;). llEliI.'AVV()atrhnonio, n():p, un'imposta .patrimoniale; ma ri., \n'imposta ordinaria sul reddito ccm:1misurata_ sem- ~on.io, c()s come lo era l'imposta ordinaria sul pa ~" ~-. " !inisteriale, come q:uelle .parlamentari alla_ Camera ~i..~:vince-_a-chia:re..:n,ote non solt:anto..chefitnposta ~si di imp0stasql reddito, son.o pienamente con-\ aJegge c~e_.alla :!!tl'uttt:1ra del -tributo;: .talch: non ~atatto Qt:1alche gludiceu:ii merito; -chela voiunt.as ~-regolamentazt<>ne legislativa dell'imposta; sia. di., ~Pare 4alla lettera della legge e dei lavoriprepa~ ntenza lre 1927, n. 3672, nelle deciSioni della 'jitate, nonch nella de,eisione _Comm.. Centr. 19 iltima in lmp, 4ir., 1956; 410); in terzo. luogo, ~aliiicazione:.dalla ..relazione non con. un qual Jo specifico redditQ (di categoria B o C/1} che !~a espressione legislativa diche trattaSi; inter., Jinamento normativQ-, pu inoltre desumersi ~dito -non essendo determinata dal movente ~a l:: spesa; posto .che il movente una entit iii rilevanza giuridica, n essendo identifica-. haturale, posto che P-eg,uaglianza delle condi- \con l'es,sere l'Qrdinarnento giuddieo -un sistepon altro per esclusione): estratt e ree.epita ---,.,..,. nu .op ~eren" redditoW.4ica!9 ne'.ll'a.rt;J) chen<:ludere che ie im.p0ste spll.9 que, ovvero . _.. . c.oine .ha . opinato il Tribunale di Fir~l}.ii:~7 cheiP.l';. ~ssendo l'h.post~;.. unlca". Jecomponentl dell'im.posta ~:2~ r~~~~~~e ~:,~ ~*7~ plfe iall$$.zione sul patdm~nta..co,71) per.cento) e sul reddito e<:cedente .. .............. .. < .. .... .. .. .... ......... .. ... . .. ........ . . . .. . ., .d~ii$ t~;lt..ec:ri~~~~. m~diante.~~ atipreziza?Jlentoi sulla ba~~appuntodi tal~ re;nt1.delltt immediata e.diretta necessr1et.*' >dell sp$a. per il conseguimento deilo 1>Peciiico rbttltato;della ptodUZiorte di. un detl1ntlnato red!Uto, '!'ratta.si di una rela~iOi;le di necessariet. sostanzialmhtprtt<3.enza (i: quali peraltro banno espresso un orienta:tru~nto sostalizial: rfl('b;lte oinciclente: col'i q11anto qui scritto). Soltanto sii vuole anzitutto sotto'-' lineare eQtii la nzi'()n:giui'idica di spesa inerente allaprdUzione del> re(ldito $(Jgg.etto\;S:~ !n.tP()$IF:ll0l'l n tanto vaga n tanto amp-liftabile quant(tq1ttebJ>er :fll? credere t so$tenitori della deducibilit delronere :f$Ca:le'pr il:tlposta J>Ulle .societ:e si vuole avere a portata di mano una' nozione suffi.ient:inente preciiia per contestare le argomentazioni da co'-: sto:rcfaddotte Arg:omentaziorilche effettivamente si dissolvono non appena si dirada la nebbia con ' ui>si voluto circondare il concetto: di spesa inerente allaproduziont'fdelsito il Collegio che i requisiti necessari perch un ricorso possa ritenersi ammissibile debbono essere esistenti non al momento della emanazione dell'atto che si intende impugnare ma al momento della proposizione del ricorso stesso. Ci vale sopratutto per l'interesse a ricorrere e per l'interesse sostanziale he si pretende leso dall'atto, nei confronti dei quali la giurisprudenza richiede soltantd che .sorgano nel termine utile per la proposizione del ricorso (v. Con siglio di Stato, VI Sez. decc. n. 504 del 1959, n. 1035 del 1960, n. 980 (2) Non risultano precedenti in termini; sui criteri di valutazione sulla sostanzialit della variante, cfr.: BuscA, Le acque nella legislazione italiana, 1962, 165. e segg. (3) Sulla discrezionalit delle valutazioni adottate dalla pubblica Amministrazione in ordine al carattere sstanziale o non sostanziale della variante, cfr. Cass., 2 febbraio 1963, n. 182, Giust. civ., 1963, I, 1326; Mxc;.; COLI, Le acque pubbliche, 1958, 206. 13 1132 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del 1952; IV Sez. n. 16 del 1948). D'altra parte, facile osservare che, se la tesi dei resistenti fosse vera, numerosissimi casi non troverebber0> protezione sol perch l'interesse legittimo sorge dopo la emanazione dell'atto. Basti pensare ai bandi di concorso, che, secondo la teoria dei resistenti, non rsarebbero mai impugnabili, perch.al momento della loro emanazione non esiste alcun interesse legittimo diff,erenziato da quellogenerale di tutti i cittadini alla legittimit degli atti amministrativi. noto infatti che la differenziazione avviene soltanto al momento della presentazione della domanda di partecipazione al concorso, presenta-zione che pu aver luogo solo dopo la emanazione del bando. In tali casi nessuno ha mai dubitato che colui il quale ha presentato la domanda per la partecipazione al concorso possa impugnare il bando,. se da esso derivi una lesione di interesse attuale. La stessa situazione ricorre nel caso in esame, nel quale, al momento della emanazione della ordinanza impugnata, il ricorrnte non aveva alcun interesse legittimo, non potendo dubitarsi che detto interesse sia sorto soltanto con la presentazione della domanda di concessione delle stesse acque che fer-mano oggetto della ordinanza. In detta situazione, pertanto, il ricorso deve ritenersi ammissibile per le ragioni anzidette, anche perch 10> interesse sorto nel termine utile per la proposizione del ricorso ed il ricorso stato tempestivamente proposto rispetto all'atto impugnato. -(Omissis). (Omissis). -Parimenti .infondato il secondo motivo. L'art. 49, 20 comma del t. u. n. 1773 del 1933 non pu essere inter- pretato nel senso che di variante non sostanziale si pu parlare soltanto quando gi esistano delle opere di raccolta, regolazione, presa e restituzione delle acque; una tale limitazione non esiste nella legge e non avrebbe alcuno scopo, perch la ratio del secondo comma dello art. 49 quella di riconoscere la persistenza del diritto del concessionario nel caso in cui quest'ultimo intenda apportare alle opere variazioni non sostanziali, ed evidente che nessuna importanza pu avere la circostanza che le opere inizialmente previste siano state o meno iniziate (v. Tribunale Superiore Acque, decisione n. 10 del 1962). (Omissis). (Omissis). -Per quel che riguarda il secondo punto, osserva il. Collegio che, a norma dell'art. 49, 1 comma, del T. U. n. 1775 del 1933, perch una variante possa considerarsi sostanziale, occorre che l'utente intenda variare sostanzialmente le opere di raccolta, regolazione, presa e restituzione, la loro ubicazione e l'uso dell'acqua; discende da ci che,. per stabilire se la domanda di variante debba essere ammessa o meno alla breve istruttoria pervista dal secondo comma dello stesso articolo 49, occorre di volta in volta stabilire se le richieste varazioni sian0> PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1133 talmente importanti da far ritenere o meno che con esse si intende praticamente sostituire alla precedente una nuova concessione, per la quale occorre una nuova valutazione dell'interesse pubblico, allo scopo di stabilire se ad essa non siano da preferirsi le altre richieste per le stesse acque, in quanto pi atte a soddisfare il pubblico interesse. Si tratta pertanto di volta in volta di procedere ad una complessa valutazione, nella q\lale ogni elemento deve essere considerato oltre che per s stesso anche in relazione a tutti gli altri, con la conseguenza che se in una data 1potesi, ad esempio, la semplice variazione dell'uso dell'uso dell'acqua, pu ritenersi sufficiente a far ritenere la variante sostanziale (v. Trib. Sup. A-0que, sentenza n. 9 del 1925), in altre ipotesi la stessa variazione dell'uso pu esser ritenuta tale, in relazione a tutti gli altri elementi, da iln. snaturare la precedente concessione, sicch la .richiesta variante, pur implicando una variazione di uso dell'acqua, possa conside:i:-arsi non sostanziale. Ci premesso, evidente che di fronte ad una domanda di variante l'Amministrazione deve discrezionalmente valutare tutti gli elementi in suo possesso per giudicare "Se la variante debba considerarsi o meno sostanziale, con la conseguenza che il suo operato non completamente sottratto al sindacato di legittimit del giudice, ma soggetto al normale sindacato che il giudice di legittimit esercita rispetto a tutti gli atti discrezionali sotto il profilo dell'eccesso di potere. -(Omissis). 'TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE, 5 agosto 1966, n. 23 -Pres. Reale -Est. Giannattasio -Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Carbone) c. Ingenito (avv. Soprano e Rispoli). Espropriazione per pubblica utilit -Espropriazione parziale -Concetto -Indennit -Criterio di liquidazione. Si versa neZ caso di espropriazione parziale quando il fondo espropriato elemento insostituibile per l'organizzazione o il funzionamento deZZ'impresa agricola o, quanto meno, posto, in modo durevole, per una esigenza tecnica, a servizio di altro fondo, cosi da costi>tuire una pertinenza necessaria, mentre, ove taZe nesso tra Ze parti non esista, si ha espropriazione totale, nuZZa rilevando che ai proprietario espropriato rimanga altro terreno contiguo; nei primo caso, Za parte residua sicuramente soggetta a deperimento e l'indennit di espropriazione -tenuto conto deZZ'estensione iniziale deZ terreno e di queZZa rsiduata dopo L'espr.opriazione e determinati i valori a metro quadrato deU'estensione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO iniziale e deU'estensione residua (quest'ultimo ottenuto previa riduzione della percentuale di svalutazione) - costituita dalla differenza tra il valore intero della intera estensione ed il valore ridotto dell'estensione residua (1). (1) Lo stesso principio stato affermato dal Tribunale Superiore anche con le sentenze nn. 19, 20, 21 e 22 del 1966, nelle quali si precisa che nel secondo caso sopra ipotizzato, pur non potendosi negare, in via assoluta che il fondo residuo possa, in certe ipotesi, subire una diminuzione di valore, di regola non si ha riguardo ad essa per la difficolt (per non dire impossibilit) di una concreta determinazione e l'indennit di espropriazione determinata, a norma dell'art. 39, in base al valore venale dell'immobile espropriato. Cfr.: Trib. Superiore Acque, 12 ottobre 1965, n. ~1, retro, I, 210; Cass., 29 luglio 1965, n. 1820, Foro It., 1965, 535; id. 18 maggio 1964, n. 1213, in questa Rassegna, 1964, I, 719; id., 15 maggio 1964, n. 1184, Foro ammin., 1964, I, 1, 378 e Riv. giur. edil., 1964, I, 1061; in dottrina, cfr.: CARUGNO, L'espropriazione per pubblica utilit; 1958, 227 e segg.; RossANO, L'espropriazione per pubblica utilit, 1964, 250 e segg. LODO ARBITRALE, 23 febbraio 1966,. n. 10 (Roma) -Pres. Caccioppoli -Impresa Ferrocemento ing. Mantelli e C.i (avv. Giordani) c. Ministero LL. PP. (avv. Stato Cavalli). . Arbitrato -Domanda di arbitrato -Tempo dei giudizio arbitrale Proposizione prima dell'approvazione del collaudo -Condizioni: 1) urgenza nella risoluzione della controversia, in rapporto alle condizioni economiche dell'appaltatore; 2) o accordo delle parti; 3) o decisione definitiva della p. a. sulle riserve. Arbitrato -Domanda arbitrale -Tempo del giudizio arbitrale -Proposizione prima dell'approvazione del collaudo -Approvazione del collaudo intervenuta in corso del giudizio, prima della chiusura del contraddittorio -Procedibilit. Appalto -Appalto di opere pubbliche -Esecuzione -Maggiori oneri conseguenti a circostanze non previste -Articoli 21, 22, 23 r. d. 25 maggio 1895, n. 350 -Esclusione -Articolo 1664, 2 comma c. c. Applicabilit -Equo compenso -Determinazione -Criterio -Fattispecie. Appalto -Appalto di opere pubbliche -Esecuzione -Mezzi d'opera Nozione -Distinzione -Difficolt non previste di esecuzione -Articolo 1664, 2 comma c. c. -Applicabilit. Il giudizio arbitrale, secondo ii Capitolato generale dl 1895, art. 44, lettere a) e b), pu proporsi, prima dell'approvazione del collaudo, se PARTE I, SEZ, VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1135 sussistono motivi di urgenza, da valutarsi in rapporto alle esigenze economiche deZZ'appaZtatore, o se sussiste accordo deUe parti o se intervenuta una decisione definitiva della p. a. sulle riserve (1). Se il giudizio arbitrale stato promosso prima dell'approvazione del collaudo senza .che ne ricorressero le condizioni, tuttavia procedibile nel caso che, in corso di giudizio e prima della chiusura del contraddittorio, sia stata comimicatre alfimpresa la decisione amministrativa di reiezione delle riserve (2). Se nel corso di esecuzione del contratto di appalto di opere pubbliche, emergono circostanze obiettivamente non previste. che rendano maggiori gli oneTi a carico deWappaiti:itore, non applicabile l'art. 23 r. d. 25 maggio 1895, n. 350, che concerne le eventuali contestazioni fra direttore dei lavori e appaltatore in ordine all'esecuzione dei lavori e le eventuali istruzioni da parte deU'ingegnere capo; n sono applicabili i prece (1) La massima non pu condividersi; V. in senso contrario, Trib. Roma, 6 agosto 1965; n. 5646, retro, I; 206, con nota. (2) La massima non pu condividersi. In :materia di pubblici >appalti . vige .il ..principio generale secondo il quare la doinand di arbirat non pu proporsi se non dopo l'esplet:amento e l'approwzione del collado. Si tratta di un principio. generale, anhe se non assoluto (per le deroghe cfr; Tribunale di Roma, 6 agosto 1965, n. 5546; retlr fosse compreso il rinvenimento di quel presupposto va accertato con riferimento alla data della domanda (Cass., Sez. Un., 13 gennaio 1964, n. 67, Giust. civ., 1964, I, 1650; v. anche Cass., 2 marzo 1934, Riv. dir. proc. civ., 1934, 2, 170). Anche in altri casi stato ritenuto che, ove un procedimento amministrativo debba svolgersi prima della proposizione della domanda giudiziale, la domanda stessa improponibile se il procedimento non si svolto. Cosi in materia di requisizioni alleate prescritto che la indennit va liquidata con il procedimento amministrativo di cui alla legge n. 10 del 1951. Se il procedimento non si svolto, manca un presupposto processuale, che determina il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario (Cass. 30 luglio 1963, n. 2174, in questa Rassegna, 1964, I, 63) con nota. Anche il vizio di costituzione dell'Organo giudicante stato assimilato al difetto di giurisdizione, attenendo ai presupposti del processo (Cass. 3 ottobre 1963, n. 2620, ivi, 1964, 78). E in materia di imposte e tasse, quando vigeva il principio del solve et repete, il pagamento del tributo costituiva un presupposto processuale che determinava l'incompetenza temporanea del giudice ordinario a provvedere sulla domanda del contribuente; e tale presupposto andava accertato con riferimento alla data della domanda giudiziale, perch, se il pagamento fosse intervenuto successivamente, esso era irrilevante (Sez. Un., 29 settembre 1957, n. 3555, Giust. civ., 1957, I, 2075). In applicazione dell'enunciato principio della richiamata giurisprudenza, siccome il collaudo costituisce un presupposto che determina il difetto, anche temporaneo, della giurisprudenza arbitrale, l'accertamento del suo verificarsi va fatto con riferimento alla data della domanda arbitrale, con la conseguenza che il collaudo, intervenuto nelle more del giudizio, non pu avere nessuna rilevanza. E l'enunciato principio non ammette temperamenti, n pu essere disapplicato in seguito ad accordo delle parti. E ci perch la norma in esame, come tutte le norme che regolano le modalit ed i tempi del Giudizio arbitrale, ha carattere processuale (che, tra l'altro, la rende immediatamente applicabile anche ai rapporti costituiti sotto il vigore del precedente capitolato: Cass., 18 marzo 1965, n. 461, in questa Rassegna, 1965, I, 143). Il carattere processuale si evince, in particolare, dalla ratio della norma, che rivolta a disciplinare il tempo della domanda arbitrale, un aspetto, cio, che attiene all'accertamento dei limiti della competenza arbitrale (cfr. Cass., 22 dicembre 1964, n. 2968, cit.). U. GARGIULO PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1137 di costruzioni ciclopiche e la. fuga. persistente di metano con ossido di .carbonio) (3). Nelle categorie dei c. d. mezzi d'opera, utili per l'esecuzione di un ..certo tipo di lavoro, occorre distinguere i mezzi discrezionalmente scelti dall'appaltatore da quem tecnicamente necessari o imposti dal contratto; .con la conseguenza. che il rischio della inidoneit del mezzo o del risultato negativo dell'opera a carico deU'appalatore nel primo caso; non -nel secondo caso, nei quale egli ha diritto ad un equo compenso (4). (Omissis).~ La prima questione che si pone all'esame del Collegio quella dell'eccezione di inammissibilit dell'istanza di arbitrato sol. levata in limite litis dalla difesa delMinistero dei Lavori Pubblici. Com.e stato riferito. nella narrativa, l'Amministrazione assume che la Societ Ferrocemento non avrebbe potuto chiedere la decisione arbitrale delle riserve proposte; fatta eccezione di quella relativa alla richiesta di un maggiore compenso per il lavoro di raddrizzamento del Cassone della pila n. 8 per la quale era, su istanza dell'impresa stessa intewenuta una decisione in corso d'opera. La Societ oppone anzitutto che pur essendo stata la domanda di definizione anticipata da essa limitata alle. opere per il raddrizzamento del .cassone non dubbio che, avendo il Ministero con la lettera 2 agosto 1963 respinto in modo non equivoco tutte le riserve, si era venuta ad aprire per essa istante la facolt e l'onere di chiedere nel termine di decadenza trenta giorni dalla predetta comunicazi.one il giudizio arbitrale. Cornunque, aggiunge la Societ, la decisione amministrativa di tutte le riserve venne ,ad .assumere il valore di una proposta da parte del Ministero di risoluzione anticipata anche delle riserve di cui essa non aveva chiesto la ri~luzione in corso d'opera, che pertanto l'istanza di arbitrato dalla irnpre$a avanzata, nel termine anzidetto, costitul implicita adesione alla proposta stessa, per cui venne ad integrarsi l'accordo delle parti richiesto dall'art. 44 lettera a) del regolamento. Il Collegio osserva che dalla lettera dell'impresa del 28 novembre 1960, appare chiaro che la istante intese proporre la risoluzione anticipata solta~to della ris,erva relativa ai lavori di raddrizzamento del cassone della pila n.. 8. Poich a quella data tali lavori erano stati ultimati e quindi non poteva sussistere pi alcuna ragione d'ordine tecnico cui p9t~sse collegarsi la richiesta logico supporre che essa fosse fondata sulla esigenza della Ferrocemento di ottenere il pagamento di quanto effettuato per ;riparare il guasto. Stante la entit della somma controversa, il motivo pu considerarsi idoneo a legittimare la richiesta di risoluzione anticipata ai sensi dell'art. 44 lettera b) del capitolato generale (3-4) Sulla inapplicabilit nell'appalto pubblico, anche del secondo .comma dell'art. 1664 cod. civ., v. nota redazionale, retro, I. 225. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del 1895, essendo opinione generalmente accolta che il carattere di urgenza atto a giustificare siffatta risoluzione pu essere riconosciuto anche in rapporto a subiettive esigenze economiche dell'appaltatore (lodo 2 gennaio 1935, Florio c. Ministero della Guerra in Nuova riv. pubblici appalti 1936, I, 22). Non peraltro dubbio che H Ministero dei Lavori Pubblici aderi aJla richiesta, tanto che promosse in ordine ad essa una istruttoria tecnica ed il voto del Consiglio Superiore. Venne quindi con ci a realizzarsi anche la condizione richiesta dall'altra ipotesi del citato articolo (quella di cui alla lettera a) per la amminissibilit della risoluzione anticipata di una controversia e io l'accordo delle parti come del resto riconosciuto dalla difesa del Ministero stesso. Il dissenso verte sul contenuto della lettera ministeriale del 2 agosto 1963 che l'Impresa ebbe a interpretare come reiezione di tutte le riserve e che invece l'Amministrazione afferma essere riferita soltanto alla riserva relativa al raddrizzamento del predetto cassone. Non pu negarsi che la formulazione di detta lettera si prestava ad equivoci, in quanto si parlava di e riserve in modo generale, s da dare la impres.sione che il Ministero avesse inteso rigettare tutte le riserve e tale impressione dovette di certo essere avvalorata agli occhi degli amministratori della societ appaltatrice daile controdeduzioni inserite dalla Direzione dei Lavori in sede di chiusura del registro di contabilit, nelle quali si affermava che le riserve erano state tutte totalmente rigettate dall'Amministrazione. N l'Impresa era in grado di porre l contenuto della lettera ministeriale in relazione all'istruzione condotta dal Ministero e al voto richiesto al Con,siglio Superiore dei Lavori Pubblici, che (come si saputo poi nel corso del presente giudizio) erano stati limitati alla riserva relativa ai compensi per il raddrizzamento del cl'issone, in quanto di tali atti non fu dta alla Societ notizia alcuna. Anzi una proposta transattiva avanzata per vie brevi dall'Amministrazione per la definizione previo versamento di una data somma di tutte le riserve (circostanza non smentita dalla Difesa del Ministero) aveva fornito ulte riori elementi all'Impresa per ritenere che le riserve stesse erano state tutte gi valutate in sede amministrativa. Valutati detti elementi nella loro obiettiva consistenza, il Collegio ne trae il convincimento che il Ministero, se pure all'inizio aveva avviato l'istruzione per la decisione della sola riserva di cui l'Impresa aveva chiesto la risoluzione in corso d'opera, in seguito, non essendosi raggiunto alcun accordo, ed essendo decorso molto tempo dall'ultima~ zione delle opere, si indusse ad una decisione complessiva di rigetto di tutte le riserve. Sulla base di tale interpretazione della volont espressa dall'Amministrazione con la lettera anzidetta, il Collegio ritiene che si venne ad aprire alla societ appaltatrice l'adito al giudizio arbitrale. stat-0 infatti ritenuto che pu promuover.si istanza di arbitrato, anche prima dell'ap PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1139 provazione del collaudo, allorch interviene una decisione amministrativa definitiva della Amministrazione (lodo 26 agosto 1951, pubbl. in Giur. opere pubbliche 1952, I, pag. 146). Tale tesi appare del resto logica ove si ponga mente che il rinvio del giudizio arbitrale a data successiva all'approvazione del . co.llaudo mira a porre 1'Amministrazione in condizione .di. valutare l'opportunit di instaurare il giudizio o di resistervi in base alle risultanze del collaudo; ma se l'Amn:iinlstrazione stessa decide preventivamente le controversie segno che ritiene di avere elementi sufficienti per decidere indipendentemente dall'esito del collaudo. Quanto. all'accordo delle parti che il Regolamento (lettera a) del citatQ art. 44). richiede per la risoluzione anticipata, convincente appare la tesi dell'istante secondo cui tale accordo si .implicitamente realizzato per effetto dell'istanza di arbitrato da essa proposto, per tutte le riserve, qopo ave)," certificato di pagamento e indi ripetuto per entrambe le pile nei successivi stati di avanzamento. La Direzione dei lavori, con lettera del 19 luglio 1958 prima e con controdeduzioni in calce degli stati di avanzamento dopo, contest il rilievo assumendo che le circostanze di fatto e gli oneri di lavorazione denunciati trovavano riscontro in quelli previsti e compensati con i prezzi di contratto. Emerge chiaro da tali premesse che non ricorre nella specie l'ipotesi di cui al citato art. 23, che concerne le eventuali contestazioni tra il direttore dei lavori e l'appaltatore in ordine alla esecuzione delle opere. Si parla invero in detto articolo di istruzioni necessarie che potranno essere impartite dall'ingegnere capo e dell'obbligo dell'appaltatore di PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1141 "' dare esecuzione alle decisioni definitive del Ministero; ma nel caso in esame nessuna istruzione vi era da impartire allo appaltatore, poich egli non si era affatto ricusato di eseguire l'opera sia pure con le maggiori difficolt incontrate, n era sorta contestazione con il direttore dei lavori in ordine ai mezzi con i quali far fronte a tali difficolt. Avrebbe potuto profilarsi se mai l'applicabilit del procedimento di .cui agli artt. 21 e 22 dello stesso regolamento relativo alla determina: zione di nuovi prezzi. Ma ovvio che il presupposto di tale procedimento il riconoscimento da parte dell'Amministrazione che si tratti di una specie di lavoro non preveduta nel contratto, in quanto dalle predette disposizioni chiaramente si desume che il procedimento ordinato alla determinazione del prezzo non previsto e non gi all'accertamento della -Omessa previsione del prezzo della specie di lavoro di cui trattasi. La disposizione del primo comma dell'art. 22 d invero come ammessa la necessit di fissare un nuovo prezzo e tutto l'articolo diretto a regolare le modalit del relativo procedimento. Nella specie la Direzione dei lavori contest in radice che ricorresse una specie di lavoro non prevista dall'elenco dei prezzi, ogni ulteriore discussione sul quantum in corso di opera era quindi preclusa e, restava soltanto il reclamo posto in essere dalle riserve, la cui definizione era stata automaticamente rimessa alle definitive risoluzioni del Ministero. poi inconsistente l'assunto che l'omesso esperimento del procedimento di cui all'art. 23 avrebbe privato l'Amministrazione dell'occasione di accertare l'effettiva esistenza dei presunti ostacoli, essendo palmare che l'Impresa con la comunicazione fatta alla Direzione dei Lavori con la ricordata lettera del 16 luglio 1958 e con le ripetute riserve inserite negli stati di avanzamento dei lavori fece quanto era in suo obbligo per mettere a conoscenza l'Amministrazione dell'esistenza di siffatti ostacoli. Risulta prealtro dalla relazione riservata del Collaudatore in corso d'opera (riportata in gran parte nel voto del Consiglio Superiore dell'll settembre 1962) che la presenza delle strutture murarie dell'antico porto di Claudio fu constatata dallo stesso Collaudatore in occasione dei rilievi per lo sbancamento del cassone della pila n. 8 e fu poi accertata dalla stessa Direzione dei lavori durante i tentativi di infissione dei pali di fondazione della pila n. 9 per cui fu ritenuta necessaria ed autorizzata la costruzione di una platea generale, il cui maggior costo d'opera forma oggetto del quinto quesito. Quanto al merito del quesito in esame si osserva che la richiesta dell'Impresa sostanzialmente fondata. certo in punto di fatto che nel posto designato dal progetto per la fondazione delle pile n. 7 e n. 8 si rinvenne nell'alveo del fiume un pro fondo strato di blocchi ciclopici di leucitite e di travertino murati a secco con sovrastanti murature di mattoni intersecate di cunicoli e tra forate da pozzi. L'esistenza di questo materiale non contestata dall'Am 1142 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ministrazione, n avrebbe potuto essere seriamente contestata in quanto risulta dal giornale dei lavori tenuto dalla Dirigenza (doc. 38 allegato alla prima memoria della istante) e dalla relazione del Collaudatore in corso d'opera, sopra citata. La consistenza di tale strato di materiale comporta ovviamente un enorme aggravio di lavoro, avendo reso necessario l'impiego di mezzi eccezionali quali martelli pneumatici, mazze e zeppe ed esplosivi; malgrado i quali l'affondamento dei cassoni divenne lentissimo e molti giorni addirittura nullo. certo altresi che durante i lavori di scavo per l'affondamento dei cassoni delle stesse pile n. 7 e n. 8 si sprigionarono copiose e perduranti esalazioni tossiche ad alta pressione, che provocarono gravi disturbi agli operai addetti alla lavorazione, tanto che l'Impresa fu costretta a mupirli di maschere antigas e a disporre turni brevi, misure che tuttavia non impedirono frequenti infortuni e generici malesseri con perdita di molte ore di lavoro (vedasi la citata relazione del collaudatore a pag. 13 nonch la relazione del dott. Roberto Busacchi del Corpo delle Miniere). L'Avvocatura dello Stato, come si detto, oppone che tali evenienze erano state previste al n. 7 dell'elenco dei prezzi e che .pertanto le maggiori difficolt di lavorazione che .esse comportarono debbono ritenersi compensate dal prezzo contrattuale. ..Tale tesi non accettabile. Il ponte di cui .era stato indetto appalto-concorso doveva essere costruito in prossimit della foce del Tevere e cio in pianura, in una zona dell'alveo in cui le acque sogliono accumulare limo e sabbia; Non era di certo da escludere ch potesse trov.arsi qualche. roccia, ma certamente nessuno, che non fosse munito di facolt divinatorie, avrebbe potuto supporre l'esistenza di una banchina compatta formata di massi ci-' clopici e di costruzioni di mattoni. Del resto neppure gli esperti di archeologia erano riusciti ad individuare il luogo esatto in cui giacevano i resti di opere antiche di cosi rilevante importanza tanto che la Direzione Generale delle Antichit e Belle Arti, quando gli scavi eseguiti dalla Societ Ferrocemento ne rilevarono l'esistenza, propose una variante al progetto. Ne pu fondatamente obiettarsi che per obbligo precontrattuale l'Impresa avrebbe dovuto eseguire un preventivo accertamento geognostico, e quindi avrebbe dovuto essere a conoscenza della consistenza del fondale. Non dubbio che la Ferrocemento esegui, come era prescritto all'art. 7 del disciplinare di appalto, delle terebrazioni sul posto ed espose i risultati di tale ricerca nella tabella stratigrafica allegata alla relazione illustrativa del progetto. Da detta tabella risulta una composizione del terreno, nei punti scandagliati, di strati alterni di sabbia, limo ed argilla. Ebbe ad osservare l'Impresa nella stessa relazione che il terreno PARTE I, SEZ. VI; GIURIS. IN MATERIA. DI ACQUE, APPALTI ECC. ll43 in esame era. apparso.. del tutfo uguale a quello adiacente alla via del Faro di Fiunli~in non pos:fono dr ti.n quadro cm:Piet della consistenza di tuttt>ilfondi:UeV < . . .. :. .. . . ..... ' Per 4t.info crtbrne l eslazinf del gas:~ 11esperienia :degli scavi compiutftnlbFz6nadiHOstfa e di Fiwnleino !om,ptsa quetti acquisita deIIasocita li"errocmentaneiia otruzi6neael1a ~h#ale tktino~tett:H~a di cuisFe tMto cii.n6) dfiridstfii'Vii. l1assni~ iil $8tt~ti.iQ di de~ositi di gas .tb~t1;essrtdsftt.J61ti' ri&6fittl1tta'. shttihto .4tt~lch(i ~odic8,, eihani!: Ote args. :rhtahiftO:. l4a ifupt(>~a tuga.i di tnetano on .ossido . di E~~~~J~~~-~~~~~~ come un evento eecezfortale, e cosi infatti ebb a qualif.l!li:i:lo. ~l ol,la.i~~ rJ~t~H~ ~u..a r~1-~~~ite, (pflgi J~~. ~~., 3S.. ~e1 r~tQ, :e1 co~sigiiQsu- z~:t~Zfcit1~~~~!r:a~~g?:~~$~1:n~:e::inc~::rl~~;~~~a::~~:~ ossid di af'b6i\i() ~:P<>~sarto :farsi rientrare nelle previsioni de1.n. '! d~l; 1'el~Y:,~9 4~i prez~i, :911.~~ ;l~Ch~.;1.1~ Ji.on }i1llliimil1;fl)ili alle .. claus<>le cl:i :stile, si. tlfe:i:~y~'!'.> ~vifil.t~m~p~~ ,~(Jpq~~s~ ollsuete, cQD.tenibW. nell'ambito del normale rischio impreriditoriale; ll aPl\>~~Jl caSQ ,di dcordl:u;e :Ch(:'!:l eod~ Civ>:. vlgente lta posto fine alle diS~~~ l'e~~(lJ:lR ~~~~~"\:ro!m~~ti.:.P~Y,... 9J;l~r9~! ~.:t~ l?t~~t~#9P~ .. ct~1APpaltatore (art. 1664 secondo comma). ' ...................................... Up,a JQgi~ il:l:terpretll~iQA~ :dt11uest.'!l1t.ima n()!".:ta)nduc.e a l'ite11ere che, . nel cas;o ;h(;f Je Pal'~iyaQbian.o i.d.icatR nel c()n~t.to i :rischi post.i a carico. delrappaltat.Qre. ,~en~a spec~:fi:carne l'entit.,, deve .. b;1tendersi che esse abbiano inteso riferirsi ad un'ipotesi media, con implicita esclusjo:qe quindi di cause di e11tit eOC!i!Zio.nie, .;poic:h in caso. d~ve;rso dovrebbe mente aleatorio il contratto ai sensi dell'art. 1469 e; c.. PARTE I, SEZ. VI; GIURIS. IN MATERIA. DI ACQUE, APPALTI ECC. ll43 in esame era. apparso.. del tutfo uguale a quello adiacente alla via del Faro di Fiunli~in non pos:fono dr ti.n quadro cm:Piet della consistenza di tuttt>ilfondi:UeV < . . .. :. .. . . ..... ' Per 4t.info crtbrne l eslazinf del gas:~ 11esperienia :degli scavi compiutftnlbFz6nadiHOstfa e di Fiwnleino !om,ptsa quetti acquisita deIIasocita li"errocmentaneiia otruzi6neael1a ~h#ale tktino~tett:H~a di cuisFe tMto cii.n6) dfiridstfii'Vii. l1assni~ iil $8tt~ti.iQ di de~ositi di gas .tb~t1;essrtdsftt.J61ti' ri&6fittl1tta'. shttihto .4tt~lch(i ~odic8,, eihani!: Ote args. :rhtahiftO:. l4a ifupt(>~a tuga.i di tnetano on .ossido . di E~~~~J~~~-~~~~~~ come un evento eecezfortale, e cosi infatti ebb a qualif.l!li:i:lo. ~l ol,la.i~~ rJ~t~H~ ~u..a r~1-~~~ite, (pflgi J~~. ~~., 3S.. ~e1 r~tQ, :e1 co~sigiiQsu- z~:t~Zfcit1~~~~!r:a~~g?:~~$~1:n~:e::inc~::rl~~;~~~a::~~:~ ossid di af'b6i\i() ~:P<>~sarto :farsi rientrare nelle previsioni de1.n. '! d~l; 1'el~Y:,~9 4~i prez~i, :911.~~ ;l~Ch~.;1.1~ Ji.on }i1llliimil1;fl)ili alle .. claus<>le cl:i :stile, si. tlfe:i:~y~'!'.> ~vifil.t~m~p~~ ,~(Jpq~~s~ ollsuete, cQD.tenibW. nell'ambito del normale rischio impreriditoriale; ll aPl\>~~Jl caSQ ,di dcordl:u;e :Ch(:'!:l eod~ Civ>:. vlgente lta posto fine alle diS~~~ l'e~~(lJ:lR ~~~~~"\:ro!m~~ti.:.P~Y,... 9J;l~r9~! ~.:t~ l?t~~t~#9P~ .. ct~1APpaltatore (art. 1664 secondo comma). ' ...................................... Up,a JQgi~ il:l:terpretll~iQA~ :dt11uest.'!l1t.ima n()!".:ta)nduc.e a l'ite11ere che, . nel cas;o ;h(;f Je Pal'~iyaQbian.o i.d.icatR nel c()n~t.to i :rischi post.i a carico. delrappaltat.Qre. ,~en~a spec~:fi:carne l'entit.,, deve .. b;1tendersi che esse abbiano inteso riferirsi ad un'ipotesi media, con implicita esclusjo:qe quindi di cause di e11tit eOC!i!Zio.nie, .;poic:h in caso. d~ve;rso dovrebbe mente aleatorio il contratto ai sensi dell'art. 1469 e; c.. risultare in modo esplicito l volont delle parti steJ;se di. rendere total I 11441 PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. ~ scav "' dare esecuzione alle decisioni definitive del Ministero; ma nel dura\ in esame nessuna istruzione vi era da impartire allo appaltatore, po sio:ne1 egli non si era affatto ricusato di eseguire l'opera sia pure con le 1 glori difficolt incontrate, n era sorta contestazione con il direttorE!:nbJ lavori in ordine ai mezzi con i quali far fronte a tali difficolt. consi4 Avrebbe potuto profilarsi se mai l'applicabilit del procedimen eui agli artt. 21 e 22 dello stesso regolamento relativo alla detern :~~p~ zione di nuovi prezzi. Ma ovvio che il presupposto di tale procedin: il riconoscimento da parte dell'Amministrazione che si tratti di specie di lavoro non preveduta nel contratto, in quanto dalle pre disposizioni chiaramente si desume che il procedimento ordinato ~f~ determinazione del prezzo non previsto e non gi all'accertamento omessa previsione del prezzo della specie di lavoro di cui trattasi. L sposizione del primo comma dell'art. 22 d invero come ammes ~~ necessit di.fissare un nuovo prezzo e tuttol'articolo diretto a regdizio~ le modalit del relativo procediment; vistoJ Nella specie la Direzione dei lavori contest in radice che rico1 una specie di lavoro non prevista dall'elenco dei prezzi, ogni ultE discussione sul quantum in corso di opera era quindi preclusa e, re =~:::~ soltanto il reclamo posto in essere dalle riserve, la cui definizion mentJ stata automaticamente rimessa alle definitive risoluzioni del Mini presa.I poi inconsistente l'assunto che l'omesso esperinlento del prc Rj mento di cui all'art. 23 avrebbe privato l'Amministrazione dell co:mm~ sione di accertare l'effettiva esistenza dei presunti ostacoli,. essend1 penso J mare che l'Impresa con la comunicazione fatta alla Direzione dE vori con la ricordata lettera del 16 luglio 1958 e eon le ripetute r tne!l inserite negli stati.dLavanzamento dei lavori fece quanto era in sti bligo per mettere a conoscenza l'Amministrazione dell'esistenza e ' I fatti ostacoli. Risulta prealtro dalla relazione riservata del Collaui previs~ in corso d'opera (riportata in gran parte nel voto del Consiglio riore dell'll settembre 1962) che la presenza delle strutture m dell'antico porto di Claudio fu constatata dallo stesso Collaudati !El occasione dei rilievi per lo sbancamento del cassone della pila fu poi accertata dalla stessa Direzione dei lavori durante i tei compe~ di infissione dei pali di fondazione della pila n. 9 per cui fu ri inoltre! necessaria ed autorizzata la costruzione di una platea generale, speci~ maggior costo d'opera forma oggetto del quinto quesito. ~ Quanto al merito del quesito in esame si osserva che la rii una pej dell'Impresa sostanzialmente fondata. schio (~ certo in punto di fatto che nel posto designato dal progetto opere; fondazione delle pile n. 7 e n. 8 si rinvenne nell'alveo del fiume u 4 fondo strato di blocchi ciclopici di . leucitite e di travertino ml dotte n secco con sovrastanti murature di mattoni intersecate di cunicoli integra~ forate da pozzi. L'esistenza di questo materiale non contestata d~ PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1145 terminare nella misura del 9 % in corrispondenza non solo dell'onere che a tale titolo stato sostenuto dall'Impresa, ma anche in dipendenza del sovvertimento del programma di lavorazione e per l'immobilizzo delle macchine dovendosi la differenza del tre per cento riferire agli oneri normalmente conseguenti allo svolgimento dell'appalto. -(Omissis). (Omissis). -Si osserva che alla richiesta dell'Impresa di un equo compenso per i maggiori oneri incontrati nella realizzazione della tura del cassone n. 8 a causa della presenza delle mura antiche, l'Avvocatura dello Stato oppone che gli apprestamenti cui si riferisce l'istante costituivano mezzi d'opera previsti e necessari per l'esecuzione dello scavo per la pila n. 8 che pertanto le maggiori o minori difficolt per l'apprestamento di tali mezzi non possono formare oggetto di particolari compensi essendo di competenza esclusiva dell'appaltatore l'adozione di quelli pi economici e meglio rispondenti allo scopo che si vuole raggiungere, che, a parte tali considerazioni anche a volere ritenere la tura non gi un semplice mezzo d'opera di esclusivo interesse dell'Impresa bensi una costruzione, questa non poteva non prevedere tale esigenza e difficolt di esecuzione, attesa la natura ed il luogo dove dovevano eseguirsi i lavori. Il Collegio rileva che riguardo ai c. d. mezzi d'opera occorre distinguere i mezzi la cui scelta rimessa alla discrezionalit dell'appaltatore da quelli che sono tecnicamente indispensabili per la realizzazione dell'opera o che sono imposti dal contratto di appalto. La tesi che il rischio della inidoneit o comunque del risultato negativo del mezzo adottato ricade sull'Impresa pu verificarsi soltanto nella prima ipotesi; quando invece l'adozione di un determinato mezzo imposto da necessit tecniche o da espressa disposizione contrattuale, l'apprestamento di esso deve ritenersi assimilato all'opera stessa, con tutte le conseguenze che ne derivano. Pertanto se nel corso dell'apprestamento del mezzo necessario si manifestano difficolt di esecuzione derivanti da cause non previste dalle parti trova applicazione la disposizione del secondo comma dell'art. 1664 c. c. in base al quale dovuto all'appaltatore un equo compenso. Nella specie la costruzione della tura, oltre che necessaria per l'impostazione del cassone della pila n. 8 (che tante difficolt ebbe ad incontrare) era stata espressamente prevista nel capitolato di appalto, e non era quindi affatto un mezzo liberamente scelto dall'Impresa. Ora risulta dalle annotazioni del giornale dei lavori che la infissione delle palancole in ferro per la costituzione della tura si dimostr sin dall'inizio difficile per la esistenza nel letto del fiume di murature e di blocchi ciclopici, per cui le palanche non riuscivano a raggiungere la quota prevista e ad ogni ulteriore sforzo si deformavano. 1146 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Rilevata la scarsa efficienza della palancolata l'Impresa ritenne indispensabile ancorare le palancole alla riva con vasi di acciaio e bilanciarle all'esterno con pietrame contenuto in gabbioni. Poi, allorch si procedette all'estrazione di dette palancole, si constat che 25 di esse erano rese inservibili perch contorte e perch era stato necessario tagliarle con la fiamma ossidrica in quanto la deformazione ne impediva la estrazione (v. giornale dei lavori agosto-settembre 1958). -(Omissis). I LODO ARBITRALE, 1 o marzo 1966, n. 11 (Roma) -Pres. Longo -S.p.A. Mov. Ter. Mecc. (Movimenti Terra Meccanizzati) (avv. Ughi) c. Ministero LL. PP. (avv. Stato Pentinaca). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Riserve -Registrazione provvisoria -Nozione -Decadenza -Inapplicabilit -Registrazione definitiva e conto finale -Decadenza -Applicabilit. Appalto -Appalto di opere pubbliche -Fatti continuativi -Nozione Decadenza -Limiti. Le registrazioni provvisorie sono soltanto queUer eseguite su statini, brogliacci o minute, mentre le registrazioni riportate nel registro di contabilitd sono definitive. Alle prime, sottoscritte senza riserva, la .decadenza non cipplicabile, mentre applicabile alle seconde, tranne quando il faUo posto a fondamento della pretesa accertabile, obbiettivamente in ogni tempo (1). I. fatti continuativi so.no quelli che non esauriscono le loro conseguenze dannose in un momento determinato, ma si protraggono nel tempo. La riserva va formulata .non appena il fatto continuativo ha avuto termine (2). II LODO ARBITRALE, 16 giugno 1965, n. 32 (Roma) -Pres. Gallo-Societ Costruzioni e Fondazioni (avv. Biamonti e Pallottino) c. Ministero LL. PP. (avv. Stato Pietrini-Pallotta). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Riserve -Necessit della tempe~ tiva formula~ione -Fatti attestati nei registri di contabilit ~ (1-5) Sulla prima, seconda e terza massima, in senso conforme ancira, sia pur in modo prevalente, la giurisprudenza arbitrale: cfr. Lodo 11 giugno 1965, n. 38, retro, I, 225, con nota d richiami alla quale si rinvia; in senso PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1147 Decadenza -Sussiste -Contestazioni attinenti alla generalit dell'opera e calcolabili solo al momento della compilazione del conto finale -Decadenza -Inammissibilit. (r. d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 54; Cap. Gen. 00. PP., art. 41, II comma). Appalto- Appalto di operepubbliche -Esecuzione Principiodi colla borazione tra P. A. e appaltatore e comportamento secondo la comune diligenza Inosservanza -Limiti Effetti. Appalto Appalto di opere pubbliche -Esecuzione -Sorpresa geologica -Art. 1467 c. c. Risoluzione del contratto Inammissibilit Art. 1664, 2 comma, c. c. -Diritto ad un equo compenso -Applicabilit. (c. c., artt. 1467, 1664, II comma). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Esecuzione -Sospensione -Di ritto e un indennizzo e a danni -Limiti. (Cap. gen., art. 34). La rigida osservanza dei modi e dei termini prescritti per la formulazione delle riserve devono essere limitate a quelle sole domande la cui causa petendi sia inscindibilmente connessa ad elementi di mero fatto, in ordine ai quali sussista la necessit deZl'immediato accertamento in contradittorio dell'appaltatore, insieme con la correlativa attestazione nei registri di contabilit. Ne sono pertanto escluse le contestazioni che ineriscono alla generalit dell'opera, nel suo complesso, al di fuori delle singole registrazioni contabili per le quali, se possono in modo conclusivo calcolarsi a fine lavoro, l'obbligo di manifestare la riserva sussiste allorch il conto finale compilato (3). Nell'esecuzione degli appalti di opere pubbliche, come in genere nell'esecuzione di qualsiasi obbligazione, assume rilievo il principio secondo cui l'Amministrazione non deve aggravare con il fatto proprio la posizione dell'appaltatore negli adempimenti a cui questo vincolato, ma tenuta ad offrire la propria collaborazione, comportandosi secondo i criteri della comune diligenza e della buona tecnica, in modo da favorire, e non sconvolgere, l'ordinato corso dei lavori, giacch se l'enunciato contrario -la giurisprudenza ordinaria, cfr., Corte Appello Roma, 19 aprile 1966, n. 666, retro, I, 712, con nota; sulle registrazioni provvisorie, cfr. Lodo 23 gennaio 1965, retro, 1965, I. 237. fil interessante notare, relativamente alla prima massima, che esattamente il Lodo definisce le cosiddette registrazioni provvisorie -, escludendo tale natura in quelle risultanti dal registro di contabilit, anche se riguardano partite in acconto, e cio contabilizzazioni di categorie di lavoro non esaurite. 14 1148 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO principio viene violato, da pmte della P. A., questa ne responsabile ed. tenuta a risarcire i danni arrecati (4). Se durante l'esecuzione di un appalto di opere pubbliche sopravviene una causa obiettiva, quale la sorpresa geologica, che renda notevolmente pi gravosa la prestazione dell'appaltatore, questo ha diritto a richiedere non la risoluzione del contratto ai aensi dell'art. 1467 c. c.,. bensi un equo compenso ai sensi del secondo comma dell'art. 1664 c. c. (5). Se durante l'esecuzione dei lavori l'Amministrazione ne dispone la sospensione, essa risponde dei danni subiti dall'appaltatore, qualora la sospensione, anzich essere motivata da ragioni tecniche sopravvenute,. dipende da un fatto proprio della P. A., e cio da sue esigenze interne (6). I (Omissis). -Ritiene il Collegio, in via preliminare, di fissare i criteri concernenti la tempestivit delle riserve, rimandando all'esame dei singoli quesiti di stabilire quale delle domande proposte dall'Impresa Mov. Ter, Mec. sia proponibile e quale, invece, non lo sia perch colpita da decadenza. L'art. 54 del Reg. 25 maggio 1895, n. 350, dispone che ogni pretesa dell'appaltatore diretta a far valere un diritto a maggiori compensi, deve essere inscritta nei registri di contabilit non appena vengono contabilizzate le partite cui si riferiscano le maggiori pretese, sotto pena di decadenza. Invero, nell'appalto di opere pubbliche, il corrispettivo dovuto all'appaltatore nel corso dell'esecuzione dell'opera, viene determinato me-diante rilevamenti e registrazioni effettuati man mano dall'Amministrazione, la quale ne trascrive i risultati nei registri contabili che vengono di volta in volta sottoposti all'esame dell'appaltatore per la sottoscrizione. Nel caso che l'appaltatore intenda richiedere che una determinata partita venga retribuita con un nuovo prezzo o che gli vengano rimborsati maggiori oneri cui sia andato incontro nella esecuzione dei lavori, tali richieste, che si concretano nelle riserve, devono essere fatte Sulla quarta massima, cfr. Lodo, 29 gennaio 1964 (Napoli), retro, 1964, I, 406, con nota. Sulla quinta massima, e in particolare, sulla inapplicabilit dell'articolo 1664, 1 e 2 comma c. c., agli appalti pubblici, vedi le note in questa Rassegna, 1964, I, 414 e 1966, I, 226, alle quali si fa rinvio. Sulla sesta massima, cfr. nello stesso senso lodo 24 febbraio 1964, n. 11, retro, 1964, I, 414, con nota, Cass., 15 luglio 1964, n. 1908, ivi, 1964, I, 793> con nota. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1149 al momento della sottoscrizione delle part~te cui si riferiscono, verificandosi, nel caso di omessa riserva, la decadenza da ogni maggiore retribuzione per le partite gi contabilizzate, decadenza che, peraltro, si verifica egualmente se le singole riserve non siano poi ripetute nel conto finale. Le riserve hanno, in sostanza, la finalit di impedire l'effetto della sottoscrizione pura e semplice consistente nell'accettazione dei risultati trascritti nei libri contabili. Va, per osservato che secondo una giurisprudenza arbitrale ormai consolidata, bisogna ritenere svincolate dalle forme e dai termini di cui al regolamento 25 maggio 1895 sopra indicato, le riserve attinenti a fatti continuativi e finch questi permangono, ovvero attinenti alle clausole contrattuali e alla generalit dell'opera. Ci premesso e passando all'esame della prima riserva, il Collegio rileva: A) la Societ Mov. Ter. Mec. deduce con detta riserva che i lavori di cui al contratto, ai sensi delle prescrizioni contenute nell'art. 10 del capitolato d'appalto, si sarebbero dovuti eseguire prelevando la terra dalle golene esistenti lungo l'argine del fiume Po di Goro, golene che, all'atto dell'aggiudicazione dei lavori, risultavano pienamente idonee allo scopo, in quanto consentivano una profondit media di scavo di 75 cm. Senonch, dopo l'inizio dei lavori eseguiti con largo impiego di mezzi meccanici, le golene sarebbero rimaste progressivamente allagate sia per le avverse condizioni atmosferiche sia per il grave fenomeno di bradisismo negativo, il che avrebbe determinato la necessit di rinunciare all'impiego dei motoscrapers e di procedere allo scavo della terra a mezzo di scavatori a benne striscianti montati su pontoni; nonch la necessit di costituire, nelle zone sopraelevate, grossi depositi di terra bagnata per farla asciugare e quindi ricaricarla, trasportarla in sito, distenderla e compattarla giusta le prescrizioni del capitolato di appalto. Tale situazione avrebbe determinato il raddoppiamento del costo del lavoro rispetto al previsto per cui sarebbe giustificato un compenso aggiuntivo di lire 400 al mc. riferito ai soli movimenti di terra dalle golene effettuati prima della rotta di C Vendramin del novembre 1960, ammontanti a mc. 170.000, pari ad un importo netto di L. 58.990.000. Contro tale richiesta di maggior compenso l'Amministrazione ha eccepito l'intempestivit della relativa riserva. A parere del Collegio tale eccezione fondata. Va precisato infatti che, come risulta dal registro di contabilit l'Im presa non iscrisse giammai riserve nel corso dei lavori: invero risultano sottoscritte, senza alcuna riserva, tutte le contabilizzazioni relative allo scavo di terra ricavata dalle golene, mentre la riserva venne poi inscritta di seguito all'ultima contabilizzazione del 14 maggio 1962 riguardante, 1150 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO peraltro, il prelevamento di terra dalle cave a campagna e non dalle golene. Contro tale eccezione di decadenza l'Impresa sostiene che movimenti di terra sarebbero stati, durante la loro esecuzione, riportati in contabilit provvisoria, per cui non sarebbe sorto alcun obbligo per essa Impresa, di inscrivere le sue riserve. Tale situazione risulterebbe avvalorata dal fatto che nella contabilizzazone delle singole partite, si legge partita d'acconto. Ma a parte che in base al Reg. 25 maggio 1895 le registrazioni provvisorie sono soltanto quelle eseguite su statini, brogliacci o minute, mentre, nel caso in esame, tutte le registrazioni regolarmente sottoscritte dall'Impresa sono riportate nel registro di contabilit, da rilevare che in data 3 maggio 1962 l'Impresa ebbe a firmare il conto definitivo relativo alla terra ricavata dalle golene, senza Inscrivere alcuna riserva e quindi, anche ammesso, per mera ipotesi, che l'Impresa non avesse avuto l'obbligo di inscrivere la riserva in epoca precedente a tale data, perch trattavasi di partita d'acconto a tale obbligo ovviamente non si sarebbe potuto sottrarre all'atto della sottoscrizione del conto definitivo. Peraltro la decadenza dell'Impresa in relazione alla prima riserva risulta ancora pi chiara in base alle seguenti considerazioni. Come si rilevato, l'Impresa richiede un maggior compenso per i quantitativi di terra prelevati dalle golene, anteriormente al novembre del 1960; a tale data, quindi, il maggior onere sopportato per il prelievo di terra si era gi verificato e pertanto alla prima contabilizzazione successiva al novembre 1960, che fu firmata dall'Impresa l'undici luglio 1961, l'Impresa stessa avrebbe dovuto inserire la riserva. Ma vi di pi; con l'atto aggiuntivo del 18 novembre 1961, fu concordato fra le parti un sopraprezzo di L. 278 al mc. dell'elenco allegato al contratto 15 aprile 1958 che riguardava proprio il prezzo della terra prelevata dalle golene, fissato originariamente in lire 360 al mc., e ci in vista delle maggiori spese per il prelevamento delle terre dalle cave a campagna, anzich dalle golene. Ora intuitivo che, essendo tale accordo successivo ai fatti verificatisi sino al novembre 1960, cui l'Impresa fa risalire il maggior onere sopportato, la pretesa di un maggior compenso avrebbe dovuto essere dedotta ancor prima della conclusione dell'atto aggiuntivo essendo gi l'Impresa nella possibilit di valutare nella sua interezza l'asserito maggior onere. Tali rilievi sono sufficienti ad accogliere la eccezione di decadenza sollevata dall'Amministrazione in relazione alla prima riserva. Tuttavia, per completezza d'indagine, il Collegio, con riferimento alla affermata non necessit della riserva in pendenza di fatti continuativi, ritiene opportuno fare ulteriori precisazioni. In realt per fatti continuativi, bisogna intendere quei fatti che non esauriscono in un momento determinato del tempo le loro conseguenze eventualmente nocive, ma che hanno una PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1151 protrazione temporale, nel senso che i singoli fatti, a volte nemmeno avvertibili per la loro scarsa entit, producono poi, considerati nel loro complesso, un pregiudizio pi o meno rilevante secondo i casi. Ma il fatto considerato continuato complessivamente, ha pur sempre nel suo ite'l' un dies a quo ed un dies ad quem in cui rimane compreso il fenomeno della continuazione; or, mentre durante lo svolgimento di tale fenomeno possono non essere apprezzabili le sue conseguenze dannose, evidente che la. sua.. cessazione determina la piena conoscenza di quelle conseguenze. Talch se nel corso della continuazione non necessaria alcuna riserva, questa diventa invece obbligatoria quando il fatto continuato abbia avuto termine. Nel caso concreto e con riferimento alla riserva in esame, la stessa Impresa a sostenere che la continuazione ebbe termine nel novembre del 1960 tanto da limitare a tale data la richiesta di maggiore compenso p.er spese sostenute. Peraltro, si trattava di maggiori oneri relativi al.prelevamento della terra dalle golene, la cui incidenza nel costo di tale prelevamento era valutabile nella sua interezza al termine del fatto continuativo, cio nel novembre 1960. Inoltre, non Pu _sostenersi. che. la riserva in questione abbia. carat~ tere generale, nel senso. d'investire tutta l'opera nel suo complesso (il che, !econd-0 la c1ottrina dominante, consentirebbe l'inserzione della riserva soltanto nelconto finale), dovendosi, in contrario, osservar.e che la maggiore pretesa. dell'Impresa, nel senso concreto, si riferisce ad un aumento di p;rezzo di singole partite di lavoro riportate di volta in volta nel registro di contabilit e non a tutta l'opera nel suo complesso. Infine, nem:rneno vartebbe a sal\rare rlmpresa dall'effetto preclusivo, l'assunto che il fatto che diede luQgo alla riserva sarebbe sempre controllabile .~.quindi. non sarebbe stata necessaria una riserva tempestiva. Invero,. a patte il fatto che quando la ;riserva attiene a lavori riportati .el registro cli C()ntabilit, l'appaltatore deve inserire la riserva al momento della sottoscrizione, (ed ogni contraria tesi, sostenuta a volte dalla giurisprudenza arbitrale, se pu essere giustificata da esigenze di equit, non trova certamente .fondamento nella legge) agevole osser vare che, nella specie, il fatto posto a fondamento della pretesa dalla Impreso, non accertabile obbiettivamente. riferendosi esso non alla quantit della terra prelevata. dalle golene,. che potrebbe essere desunta . da appropriati calcoli, ma . al maggior costo di tale prelevamento che si assume determinato dall'impiego di una speciale attrezzatura di mezzi meccanici, certamente non controllabile obbiettivamente al momento della riserva che fu inserita a distanza di quasi due anni dal fatto. Sulla base di tali considerazioni, il Collegio ritiene, a maggioranza, che la prima-riserva. sia improponibile perch intempestiva. (Omissis). 1152 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II (Omissis). -Secondo l'opinione di tutti gli organi dell'Amministrazione dei LL. PP., il contenuto delle riserve riproposte con il primo quesito, considerato globalmente, sarebbe intempestivo, siccome riferentesi a lavori di costruzione dei canali collettori ed altre opere d'arte, costituenti il sistema drenante dell'Aeroporto, la cui esecuzione e contabilizzazione stata iniziata fin dal giugno 1956 primo stato di avanzamento) e proseguita fino al penultimo stato di avanzamento (17) del 21 luglio 1958, senza dar luo.go a riserve. Codesta tesi, come si gi osservato nella narrativa ,che precede, stata ribadita dall'agguerrita difesa ex Zege del Ministero, su riflesso che soltanto se le riserve fossero state formulate a tempo e a luogo, e fossero stati spiegati i motivi per cui non potevasi precisare il loro importo, l'Amministrazione appaltante, e per essa la Dirigenza, avrebbe avuto modo di accertare, in corso d'opera, la reale consistenza delle asserite maggiori spese generali e degli oneri addizionali che l'Impresa pretende ora di addebitare al ritardato corso delle opere. Validamente si oppone per dal diligente difensore dell'Impresa che l'oggetto della controversia riguarda danni e maggiori oneri, per ritardi e per sovvertimenti dell'andamento e del razionale sviluppo dei lavori, i cui effetti si sono protratti per tutta la durata dell'appalto, e con carattere permanente, sicch la relfltiva valutazione della loro entit quantitativa si potuto compiere con esattezza soltanto a consuntivo totale, stante l'incidenza di detti danni ed oneri sulla intera economia del rapporto. Il Collegio osserva sul punto che la giurisprudenza arbitrale da tempo orientata nel senso che la rigida osservanza dei modi e dei ter mini prescritti per la formulazione delle riserve dal Regolamento 25 maggio 1895, n. 350 (art. 41, comma secondo del Capitolato generale 00. PP.) e, in particolare, la decadenza comminata dall'art. 54 del Regolamento medesimo, debbano essere limitate a quelle sole domande la cui causa petendi sia inscindibilmente connessa ad elementi di mero fatto, in ordine a quali la tempestivit dell'accertamento in contraddittorio tra gli interessati, e la correlativa attestazione nei registri di contabilit, dipenda, con carattere necessitato, dall'esigenza di evitare che la costatazione dei dati di fatto si faccia dipendere dagli incerti ricordi delle parti o delle persone dalle medesime parti tardivamente citate come testimoni. Codesto orientamento, ovviamente, non potrebbe valere, n essere invocato, per scusare l'intempestiva produzione, o addirittura la mancata presentazione delle riserve, da parte degli appaltatori. Il Collegio non esiterebbe, qualora ne ricorressero i presupposti, a pronunciare la declaratoria di decadenza di cui all'art. 54 del ricordato PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1153 Regolamento, ma siffatta eventualit va senz'altro esclusa nel caso in esame, in cui l'affermazione ed il riconoscimento di non incorsa decadenza risultano fondati su due considerazioni, obbiettive e giuridiche, le quali trovano rispondenza non solamente nella accennata giurisprudenza arbitrale, ma altres in larga copia della dottrina. La prima considerazione concerne la natura delle contestazioni che formano oggetto del quesito, le quali non sono riferibili ad una o pi partite di lavori, n a somministrazioni isolatamente eseguite, ma attengono alla generalit dell'opera, nel suo complesso e non nel suo dettaglio, al di sopra e al di fuori delle singole registrazioni contabili. La seconda considerazione concerne il profilo meramente giuridico delle medesime contestazioni che esigono una particolare valutazione del comportamento tenuto da entrambe le parti antecedentemente e susseguentemente ai due atti aggiuntivi e di sottomissione con relativi verbali di nuovi prezzi, rispettivamente stipulati in data 7 maggio 1957 e 28 dicembre 1957: valutazione, codesta, la quale pure fuoriesce dagli stretti limiti fissati dalle registrazioni contabili, siccome involgente, come si vedr in seguito, la risoluzione di delicate questioni di diritto. L'obbligo di manifestare le riserve da ritenere adempiuto nella sottoposta materia allorquando la proposizione e la esplicazione siano fatte, entro e non oltre, l'a.mbito della compilazione del conto finale, non appena cio, come esattamente sostenuto dalla difesa dell'Impresa appaltatrice, possibile, per l'appunto, eseguire il calcolo conclusivo, in rapporto all'economia generale del negozio, degli effetti delle dedotte cause di perturbamento dell'equilibrio contrattuale. L'esattezza del principio test affermato da questo Collegio stata tenuta presente, del resto, dalla stessa Commissione Collaudatrice la quale, nella propria relazione in data 23 febbraio 1960, si indusse a formulare, ancorch in via subordinata, concrete proposte transattive, nella saggia previsione che in sede di giudizio arbitrale fosse possibile aspettarsi una declaratoria di ammissibilit delle riserve in esame, pur presentate dopo l'ultimazione dei lavori, trattandosi di argomento che ha spiegato i propri effetti in modo continuativo durante l'esecuzione dei lavori e di cui soltanto alla fine l'Impresa ha potuto valutare le conseguenze e precisarne l'importo. -(Omissis). (Omissis). -Per procedere a tale esame di merito secondo l'ordine logico, conviene che siano tenute presenti, congiuntamente, le prime due richieste specificate nei sottotitoli primo e secondo del quesito in esame, le quali investono la liquidazione del corrispettivo, complessivamente considerato, delle opere di canalizzazione e postulano la necessit della sua integrazione, quanto alla somma di lire 128.580.000 a titolo di danni e di rimborso d'oneri per l'ingiustificato prolungamento dei lavori, e quanto alla somma di di lire 25.000.000 a titolo di rimborso di spese 1154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e perdite sopportate per l'uso degli speciali impianti Well-Point, il cui acquisto, a dire dell'Impresa, si rese necessario per attenuare le deplorevoli e dannose conseguenze del comportamento dell'Amministrazione, enormemente ritardataria nell'assicurare all'Impresa appaltatrice il proprio apporto collaborativo. Il Collegio decidente reputa non superfluo rammentare che nella esecuzione degli appalti di opere pubbliche, come nell'esecuzione in genere di qualsiasi obbligazione, assume decisivo rilievo il principio secondo cui l'Amministrazione, al pari di ogni altro creditore, non soltanto non deve aggravare con l fatto proprio la posizione dell'appaltatore in tutto ci che attiene agli adempimenti a cui questo vincolato, ma altres tenuta, nell'offrire la propria collaborazione negli adempimenti, a comportarsi secondo i criteri della comune diligenza e della buona tecnica, operando in modo da favorire il normale andamento dei lavori, anzich sconvolgerne l'ordinato corso, con l'impartire direttive caotiche ed irrazionali o, peggio, con il fare mancare tempestivamente la propria cooperazione, la quale ripetesi, ha specifica funzione strumentale in quanto risulti necessaria affinch l'appaltatore possa adempiere la propria obbligazione fondamentale. La giurisprudenza arbitrale ha avuto occasione di affermare ripetutamente che nel campo dell'appalto di opere pubbliche la responsabilit dell'Amministrazione pu derivare, per l'appunto, dalla violazione dell'enunciato principio, la cui ratio, bene avvertire, consiste in ci, che ogni debitore ha un interesse giuridicamente tutelato a non subire, per l'attuazione di un interesse altrui a cui sia obbligato, un sacrificio maggiore di quello che, a norma di legge, si debba ritenere strettamente necessario. (Omissis). (Omissis). -Le parti sono altres d'ac.cordo nello attribuire la causa del difficoltoso avanzamento sia all'accertata altezza della falda freatica, di gran lunga superiore al previsto, sovrastante dappertutto al livello delle sezioni di :scavo; sia alla natura eminentemente sabbiosa del sottosuolo (cfr. relazione riservata della Dirigenza, pag. 7; relazione segreta della Commissione di collaudo, pag. 39; parere del Consiglio Superiore dei LL. PP., pag. 7). Gli atti e i documenti del procedimento non consentono di determinare con esattezza in quale momento la Dirigenza e l'Impresa appaltatrice si trovarono d'accordo nel riconoscere che la prosecuzione dei lavori idraulici mediante l'uso dei mezzi tecnici previsti nel capitolato speciale d'appalto del 9 luglio 1955 (pur con la modifica in data 20. ottobre 1955), oltre che rendere notevolmente pi onerosa la prestazione dell'Impresa, non avrebbe mai consentito l'ultimazione dei lavori entro il termine di scadenza contrattuale. IA DI ACQUE, APPALTI Ecc. l158 senz'altro esclusa nel . 1scimento d' . caso In 1 non incorsa d Iom obb' tt eca , le lVe e giurid' h. te 11 Ic e, le ne a accennata . della d tt . g1ur1spru o rma. natura delle contestazioni c t sono iiferibili ad ~e . l una o Pi tso atamente eseguite , ma at complesso e non nez e suo det registrazioni contab i Profil i i. o meramente giurid' una . t Ico par IColare valuta . t z1one ar I antecedentemente e . sus 1 sottomissione con relat' . ulat ivi 1 ln data 7 maggio 1957 1.qu.ale pure fuoriesce dagli li, siccome involgente com questioni di diritto. ' e a ritenere adempiuto nella in.e e. la esplicazione siano Pllaz1one del conto fi l d Il na e, >. a .a difesa dell'Impresa u1re i.I calcolo conclusivo, degli effetti delle dedotte :uale. fa. q~esto Collegio stata niss~one Collaudatrice la 1bra10 1960 , s1 Indusse a ~ete proposte transattive ~io arbitrale fosse Possi: 1 delle riserve in esame rattandosi di argoment~ iuativo durante l'esecu'. re~a ha potuto valutare :ssis). merito secondo l'ordine ntamente, le prime due ~ del quesito in esame ~ , vo, complessivamente, lano la necessit della :o.ooo a titolo di danni gamento dei lavori d' . , e l rimborso di spese .... ... . iACQUE,. APPALTI ECC, 1155 t L contenuto un accenno ,ho inizio dei lavori > (cfr; : hdenza nella risposta .all'orhdotto dalla COS;FONDA., h>resa si proponesse soltnto leLDirettor di compensare ~ttore delle acque basse con &e 110 alrnck (ark61Ib) per ~corriniento delle acque; lire ivoal disotto .. della quota di ~ (art. 60/b) per profilatura i' (art. .65) per. scavi ricadenti lcque. Previo riferimento agli f tecnicodlPAmministrzione ~ccepire 1'1napplicabilit degli $rdinedi servizio :ri.rn; sut=:ri'~ ostrttzfoni . Je-rfoviari. prevde ~iugmento, se accertata la pre[ con la crezione dhdeflussi na-' X : . : .. . . . ... . ... f . [menzione nei documenti prima i~ore altezzadella falda non :fu ~poteva esserlo,perh quest'ul;. hiveterebrazfoni,aveva ragione-' ~uI.taniie del progetto); dovendosi }iiarazione .fatta da~. dilig~nte diJura di replica del 2:genna10 1965, ~pe:r:tzia in sede di progettaztone, ggihi e .degli stndi eseguiti/ il Col;. fehti.ta dalla COS;FNDA;1 secondo ~hledere la risoluzione del contratto r iuna causa obiettiva, quale la sorte, la cui prestazion~ si~ .~~ata..resa C:m~r~!lr~\:.i:::e~:~rido:!c:nc~~e~ t' elaborati dlla dottrlria; dstinato ,stl;l~o~ ..: . ft ~Q~p. Ge. . ~bJ7. "". Inte 1atura dell e contesta . . z1on1 che ~anni per svaluta~lone mone sono r1ferib 1 i 1 ad una o ., J: ,,,,..... .......F iolatamente . p1u o eseguite, ma at -mplesso e non nel , reg t . suo det is razioni contab z. Profilo i i. meramente giuri'd' ilt~~~:t~~~ una pa t ico r icolare valut . ~ osservati come indergablii in irti antecedentemente azione j'ttO'l'iO ,(l), , ..,, ᥥ' .., . ..,, . . e sus- Sotto miss1one fip, Qen, ~qr., nt casq cjiforza llati . con relativi in data 7 maggio 1957 wil~l.? J>er) s()li cij~~ 6e inci quale pure fu . i . or1esce dagli ~istiZttLto.. cji ~teriate e lav<>ro, 'siccome involgent ' t. . e, come qu es ioni di diritt ~ ritenere ademp'ot. mo nella f~i~~~*~i: .~~ e. la esplicazione siano ~i generati, . q ineriscano ,a . m,ateazione del cont 1i d . o nale, 14Lol)era. ,i,.w.lif re@!to cii pToalla difesa dell'I iire il mpresa JrT!i!~~d~j~i~~~!~!j;l:,.!:~~ . calcolo conclusivo degli effetti delle dedott: ir.,avendo.. carattere prov~isionale, uale. pC~ftO, hii;petto 4('!SC~SS()'l'eta, in a questo Collegio t ffi di una pera .e pr()Vtia. op~f4.4uto 1 s ata 'k ' '', ,' ,,.-. ' ., ' .......;. ,',' ..... /.. ' ,' .lSs~one Collaudatrice la !tine), kg. nprma deU'art. za '. applibraio 1960 s . d , zinussea :te proposte transatt '10 b' ive , ar itrale fosse Possi~ i delle riserve in esame 5~a~iit~: ratt~ndosi di argoment~ fp.. Gen, abr., sp~ttam> aWaPPct.lta.,tore mativo durante l' flepaJe ,C~~ fianno nat'Uf~ coffl,p~nSa r h esecu e~a a potuto valutare ,~ro indenntz~o e anche del, d~nni pe'I' t: . . . . . . .. . . .. . . .. ssis). Ld.~~e afr~same J~i qu~~tFforxrihi;ti 1tamente, le prime due f:Masotti nell'atto introduttivo del. giu~ del quesito in esame !reccezione sollevata dall'Amministra :nerito secondo l'ordine ?:: IVO ' , complessivam t la en e !: no la necessita dell gta e costituisce una puntuale applfozione 0.000 a titolo d' d. a , I anni }>erta violazione della norma di cui al ,amento dei . lavori d. . ' e /erpretazioni .del cikart, 28, cfr. -CIANFLO I rimborso d1' s .( pese [: icA'l'lJRA; ~lilL'[;i) $'1'A.'l'O. :RIA D ACQUE, APPALTI Ecc. 1I58 f ra senz'altro esclusa nel . loscimento d' . caso In . . I non incorsa deca tz1oni, obbiettive e giurid' h. nte II ic e, le ne a accennata . ia deII d . gmr1spru a ottrina. a natura delle contestazioni che m sono iiferibili ad . . una o pi isolatamente esegu't 0 1 e, ma at >l com~lesso e non nel suo dete registrazioni contabT il zz. Profilo meramente giuridico o un~ particolare valutazione parti antecedenteme t d' t ne e sus . I so tomissione con relat . ipulati in data 7 maggio 19~~ .1~.qu.ale pure fuoriesce dagli o1h, ~1ccome involgente e q t' , come . ues ioni di diritto. ?a titenere adempiuto nella Ion.e e. la esplicazione siano tnp1laz1one del conto 1 l to d II na e, . . a a difesa dell'Impresa gmre i.I calcolo conclusivo, o, degli effetti delle dedotte :ttuale. da. q~esto Collegio stata am1ss1one Collaudatrice l bb a . ra10 1960, si indusse a c;1'~te proposte transattive, '1~10 arbitrale fo8se possi1ta delle riserve in esame, ,.tratt~ndosi di argomento .muativo durante l' esecu1~ re~a ha potuto valutare nzsszs). i merito secondo l'ordine untamente, le prime due do del quesito in esame ttivo ' , complessivamente :ulano la necessit della >80.000 a titolo di' d. . ann1 ngamento dei lavori d' . ' e o l rimborso di spese ~za..-..->:...:.....<. :-<..-::-. f!?f!11~l~~1~=~{! ~~=~:~ftpt ~P data ~trai16h; ch, non ~vblio la Societ l.oumenti nelterfu.ine assegnato alle b Collegfo, con: ordinanz~ 5 gennaio ilrichiesta delle pa.rii ste~se, autorizzate b~i~:!:~~!~~T!ftih;si~illl~ ::!~ Cie0:Nfn:~e~~~!!!oa~;o!:t~:i!am:: 1~ ~r~ ~ri'Wri':rititl ~d o.strv.,. At~~ii* ~:i~~~~~it~$~~ lterfuihi pr pre~ntare cfoctttnt e }ne~ ~!ii~~t:~;~it'~~~=~h:~;;,::~~~~:~:;:. ~: . . . . . . . . . . . . ..<.. :-: .:--:-.< ..... . <..:-. =:-:'.: ::: . . fdett~ nQ>ifu: prescritti 'i>eFi~fbifratorl~ l~IS~I!!~~ p relaZione alla sua intima essriza, nello fato, , invece, sUftlciente che l'attivit asser t..... -:.:.<;.<<.:-. .-'./ . . ;......... . ... ........ .r.: Jhe,. 1964,. 48l., CuNEo, A~~aZti pubbZi~i e pri~ ~ fca la natura compensativa e non inoratotia degli ~ti, 23 febbraio 19550 n; 500; sulla irrilevanza a per i crediti dipendenti dal rapporto di ap~ 1954; n. 3'159; f :: ~---;.,,... PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1159 tiva e deduttiva delle parti si possa esplicare, in qualsiasi modo e tempo, in relazione agli elementi che l'arbitrato potr assumere a fondamento della sua pronunzia. Nella specie, il Collegio, all'atto della sua costituzione avvenuta con verbale 20 ottobre 1965, assegnava alle parti i termini per lo scambio delle memorie e delle repliche ed il deposito dei documenti e le parti stesse provvedevano tempestivamente a tale incombenza. Successivamente, su concorde richiesta delle parti, il Presidente del Collegio, \ tale uopo delegato dal Collegio stesso, assegnava un ulteriore termine 'no al 27 gennaio 1966 affinch le suddette parti presentassero soltanto tra memoria. Alla data prestabilita veniva presentata una terza memoria, per \ociet istante produceva anche altri documenti. evidente che, in \canza di espressa autorizzazione, quest'ultima non avrebbe potuto ~itare nuovi documenti, giacch in tal modo non si saTebbe potuto 'lre osservato il principio del contraddittorio. \fatti, pur essendo stata inviata all'Amministrazione copia del ~ dei nuovi documenti, non pu ritenersi osservato il contraddit <>ich la stessa Amministrazione non stata posta in grado di ~ la propria difesa mediante deduzioni scritte in ordine ai docu \positati oJJtre i termini assegnati. ~gue, pertanto, che i nuovi documenti prodotti dalla Societ ) sono ammissibili. id.o ora all'esame analitico e distinto dei singoli quesiti sotto 'lUegio arbitrale, si osserva, in ordine a ciascuno di essi, ~sso: e, ;quesito si chiede che il Collegio statuisca se alla societ ,si compenso di cui all'art. 28 dell'abrogato Capitolato Gero- e, P per le opere di competenza del Ministero dei LL. PP. e"!\\O ~ecie, per i danni di forza maggiore alla centina ed alle secu. ~o del ponte sul torrente Arrestra, per il complessivo ~u.\a"Ce l62.000, o per quel maggiore o minore importo che 'terr di determinare. \da rilevare che l'Amministrazione, contestando la pstiene che il carattere puramente strumentale, ri tell'opera, oggetto dell'appalto, delle centine esclu \ni da questa risentiti in conseguenza di accertate ie, possa corrispondersi un compenso a norma del 'il, in proposito, la stessa Amministrazione, che \e, logica e finalistica della predetta norma por iente, a ritenere che possa corrispondersi un '?'...-, '?'...-, ... A DI ACQUE, APPALTI Ecc. ll58 '' Jvoc.!\TUJ'IA l);ii:LLO $WAT() f'.. i: ' ' l danni che, cau$ati da forza lll,llgg19re, senz'altro esclusa nel . , . caso in 1e~ qua~e t;J$;.ltatQ di ml:ltt:trial,e e lavol'o >Cl~ento di non incorsa deca !della stessa in :modo Permanentev'l'a.to oni, obbiettive e giuridich, le lta nel.s.eco.Il,J,o cQru.na ... Q~a.noJ::nla in e nella accennata g . mr1spru della dottrina. J~ li~tato ~l~~mi:oo~q; 4.el .lav~l'iJJ.eces~ n.i Pl'etzl d c9~tratto'1 chiilJ:ireb~e che 1atura delle contestazioni che sono riferibili ad una o P. , t~.~~1=~~~~:pi~:::=~!:~ti:;:::!r~; solatamente esegu1'te . iu , ma at ~om~lesso.e non nel suo det~... c.ap.ito:tat9..:U ... sit ..P.e Pl'ez~.o; .. .. .... Jl ~.PP.9 ...oi:.s ...c::iftco. iu apprest~menU che,. con fun~iopi.pui;a . registrazioni contabili. biecuzione, avi;ebbero caratwre pl;'()vvi~o:" Profilo meramente giuridico k ' ' ' ' ' ' l' ppresl nel comPens<> peic onet;:1; genera 1. un~ :Particolare valutazione jtstrl;laj_O!Jef $Ilspirati.~ principi ;nleicamente lrti antecedentemente e sussottomissione con relati . ~t:i:=!:i=~~==~;::. ~ma ~:ritic..tram~ llat ' Vl l in. data 7 maggio 1957 r:r~ll:I normejJ.e. quali costituiscono. regole . qu.ale pure fuoriesce dagli ~i1;1, deve dai;e alle parole 11 sigJ:llf1cato . ac 11, siccome involgente com q t. , e re .il senso. che :fa:tto. P!llese dal signific::ato ues ioni di J.>i.i1gjw:tice4eve ri~rcai;e quale p1laz1one del conto 1i l na e, inedel. legislatpre mec:tesilw1. . , .dal~a difesa dell'Impresa ia~ifico in punto qi. tattg, cb,,e nei giorni l dei q.a;u. jl o:.ipa:rtimentcr di Genova, l delle riserve in esame fr~digeva vetbale daj: .dan:t\i di :fol'za maggiote, rattandosi di argoment~ Atit :nlettel'e ;al:i.m.<.l d~e.ca.te:Je. necessarie merito secondo l'ordine tesso... ntamente, le prime due {to, contestare che, nella specie, ricorra il caso .di o del quesito in esame hni 1;11'recati dall'uragano 1:11la centinadi un .ponte ivo, complessivament~ htorrente, trattandcsi Ji evento dovuto alle forze Iano la necessita della ka,. cui resisti nofl; .potest che, a compenso, sostiene che nei casi in cui si tratti di appalto a cottimo, come nella specie, non si pagano le singole prestazioni, ma lopera o le opere previste, con la conseguenza che .se pu e deve risarcirsi il danno di forza maggiore per una di tali opere, non altrettanto avviene per le centine, che sono comprese nel computo metrico non come fine a se stesso, ma come una qualunque altra prestazione necessaria alla valu I , tazione del prezzo .complessivo a corpo dell'appalto, prezzo che com-prende tutto quanto necessario per dare compiute le opere, giusta il preciso disposto dell'art. 33 lett. d) del Capitolato speciale. Le osservazioni anzidette sono, ad avviso del Collegio, irrilevanti ai fini della soluzione della questione che ci interessa. [ I !J Devesi innanzi tutto, precisare che ogni qualvolta con unico contratto a corpo vengono commesse pi opere, il prezzo contrattuale viene stabilito complessivamente per tutte le opere appaltate e non distintamente per ciascuna di esse. I Nel caso concreto, come risulta dal contratto di appalto, l'importo dei lavori assunti dalla societ Droghetti & Masotti rimase stabilito nella somma complessiva di L. 285.084.800, al netto del ribasso. I Nel Capitolato speciale, poi, all'art. 3, stato ripetuto che i lavori che si intendevano appaltati a corpo per la somma dianzi cennata, corrispondente all'importo complessivo di tutte le opere appaltate (ponte sull'Arrestra, ponte sul Portigliola, altri ponticelli, sovrapassi, viadotti, tombini, apertura strada, ecc.) quale risulta dal riepilogo degli estimativi dell'allegato N al contratto. Pertanto, la circostanza che il prezzo a corpo dell'appalto sia stato stabilito per tutte le opere appaltate e non separatamente per ciascuna di esse, nulla rileva a favore della tesi sostenuta dall'Amministrazione, soprattutto se si consideri che anche il 2 comma dell'art. 28 del Capitolato Generale, nello stabilire il criterio per la determinazione dell'importo del compenso per danni di forza maggiore, precisa che occorre PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1165 applicare ai lavori i prezzi del contratto e cio il prezzo di stima portato nei capitolati, dedotto il ribasso di asta, con chiaro evidente riferimento ai prezzi stabiliti nei computi metrici estimativi, per la valutazione delle singole parti o delle singole voci relative ai lavori appaltati e non al solo prezzo a corpo stabilito per il complesso delle opere appaltate. D'altra parte, dottrina e giurisprudenza sono concordi nell'affermazione del pdncipio che il caso di forza maggiore si estende a tutte le specie di appalto, trovando l'art. 28 citato applicazione sia nei contratti di appalto a misura, sia in quelli a forfait e, in genere, nelle opere compensate a corpo, nonch negli appalti-concorso, non facendo detta norma alcuna distinzione, n essendo rilevante, ai fini della sua applicazione, la diversit delle modalit di appalto. Pu, pertanto, concludersi che qualunque sia il tipo di appalto, i danni prodotti da forza maggiore, senza colpa dell'impresa, danno 'sempre diritto ad un equo compenso nei casi in cui per determinate categorie di lavori sia stato stabilito un apposito prezzo di stima. -(Omissis). Secondo quesito: Col secondo quesito si chiede che il Collegio dica se alla Societ istante competa il risarcimento del danno conseguente al mancato tempestivo pagamento del compenso di cui al quesito precedente, nella misura che verr accertata e determinata in corso di giudizio o, quanto meno, nella misura dell'interesse legale giusta il disposto dell'art. 1224, comma 1, c. c. Per tale ritardo la Societ istante, con la seconda e terza memoria, a chiarimento della domanda contenuta nel quesito in esame, ha chiesto, a titoli di danni, la corresponsione degli interessi bancari del 12 % , mentre la difesa dell'A.N.A.S. si - opposta a tale richiesta, ritenendola inconsistente, perch la stessa A.N.A.S. non .sarebbe incorsa in alcuna inadempienza. Osserva, innanzitutto, il Collegio, che l'art. 40 del Capitolato Generale per le 00. PP., del 1895, applicabile nella specie, ha voluto regolare in modo del tutto particolare il ritardo nei pagamenti, in deroga al principio generale secondo il quale l'inadempimento obbliga l'inadempiente al risarcimento dei danni ed importa la risoluzione del contratto, ha inteso escludere sia il diritto ad indennit, sia quello di chiedere lo scioglimento del contratto, stabilendo che solo il ritardo oltre i tre mesi, dalla data di emissione del certificato, importa l'obbligo di di corrispondere all'appaltatore sulla somma dovuta gli interessi legali del 5 % cio in misura inferiore a quella fissata per gli interessi bancari o commerciali. Il citato art. 40 ha individualit propria ed autonoma rispetto all'art. 1231 C. c. abrogato, in quanto manifestamente tendente ad elimi 1166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nare i maggiori danni che potevano conseguirsi anche per tale norma e, di conseguenza, la speciale disciplina data dal Capitolato .generale del 1895 rimasta ferma anche dopo l'entrata in vigore del codice civile nel 1942 con l'art. 1224. Consegue, pertanto, che norma fondamentale del pubblico appalto che il ritardo nei pagamenti non d diritto all'appaltatore n di I A , lx . . w = chiedere lo scioglimento del contratto, n di potere ottenere indennizzi di sorta al di fuori degli interessi previsti dalle norme regolamentari. Tale limitazione degli effetti conseguenziali al ritardo dei pagamenti, trova la sua base, come si detto, nella precisa disposizione del citato art. 40 del Capitolato Generale d'Appalto, che accorda all'appaltatore i soli interessi nella misura legale. Circa la natura di tali interessi la giurisprudenza si orientata verso la natura compensativa (e non moratoria) sicch deve riconoscersi la esclusione di ogni altro effetto, comunque dipendente dal concetto di morosit (v. anche Corte dei conti 23 febbraio 1955, n. 500). L'assunto della Societ istante, fondato invece sul .comportamento colposo dell'A.N.A.S., presuppone erroneamente la possibilit di indagine circa la morosit, esclusa dalla natura compensativa degli interessi. Questi, invero, sono dovuti indipendentemente dalla imputabilit o meno del ritardo, da colpa dell'Amministrazione e dalla costituzione di mora della stessa. Ne consegue che, nella specie, contrariamente a quando sostiene l'istante, non pu trovare applicazione il principio dell'art. 1224, ultimo comma c. c., in quanto il risarcimento per maggiore danno non dovuto se stata convenuta la misura degli interessi. Non si pu, poi, affermare che il credito sia di valore e non di valuta e, pertanto, non suscettibile di rivalutazione monetaria. Il rapporto originario ha indiscutibile natura di credito di valuta in ordine al credito vantato dall'appaltatore, esistendo ab origine una determinazione pecunaria del quantum dovuto. Va inoltre rilevato che la precisa regolamentazione data alla materia esclude ogni pretesa di indennizzo per svalutazione monetaria nei pubblici appalti. I diritti ed i doveri delle parti trag.gono la loro origine dal rapporto di appalto, restando quindi regolati, oltre che dal contratto, dai Capitolati di appalto legalmente approvati ed aventi forza di legge, ed, in particolare, dalla norma del suddetto art. 40 del Capitolato Generale dei lavori pubblici, secondo la quale il ritardo nei pagamenti come gi rilevato, non d diritto all'appaltore di pretendere alcun altro indennizzo che non sia quello degli interessi previsti dalle norme regolamentari. Il rilievo decisivo che induce a riconoscere l'infondatezza della richiesta dell'istante, che per i pubblici appalti non pu essere fatta valere alcuna pretesa di indennizzo da svalutazione monetaria per tutti 1 ! i PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1165 applicare ai lavori i prezzi del contratto e cio il prezzo di stima portato nei capitolati, dedotto il ribasso di asta, con chiaro evidente riferimento ai prezzi stabiliti nei computi metrici estimativi, per la valutazione delle singole parti o delle singole voci relative ai lavori appaltati e non al solo prezzo a corpo stabilito per il complesso delle opere appaltate. D'altra parte, dottrina e giurisprudenza sono concordi nell'affermazione del principio che il caso di forza maggiore si estende a tutte le specie di appalto, trovando l'art. 28 citato applicazione sia nei contratti di appalto a misura, sia in quelli a forfait e, in genere, nelle opere compensate a corpo, nonch negli appalti-concorso, non facendo detta norma alcuna distinzione, n essendo rilevante, ai fini della sua applicazione, la diversit delle modalit di appalto. Pu, pertanto, concludersi che qualunque sia il tipo di appalto, i danni prodotti da forza maggiore, senza Colpa dell'impresa, danno sempre diritto ad un equo compenso nei casi in cui per determinate categorie di lavori sia stato stabilito un apposito prezzo di stima. -(Omissis). Secondo quesito: Col secondo quesito si chiede che il Collegio dica se alla Societ istante competa il risarcimento del danno conseguente al mancato tempestivo pagamento del compenso di cui al quesito precedente, nella misura che verr accertata e determinata in corso di giudizio o, quanto meno, nella misura dell'interesse legale giusta il disposto dell'art. 1224, comma 1, c. c. Per tale ritardo la Societ istante, con la seconda e terza memoria, a chiarimento della domanda contenuta nel quesito in esame, ha chiesto, a titoli di danni, la corresponsione degli interessi bancari del 12 % , mentre la difesa dell'A.N.A.S. si opposta a tale richiesta, ritenendola inconsistente, perch la stessa A.N.A.S. non sarebbe incorsa in alcuna inadempienza. Osserva, innanzitutto, il Collegio, che l'art. 40 del Capitolato Generale per le 00. PP., del 1895, applicabile nella specie, ha voluto regolare in modo del tutto particolare il ritardo nei pagamenti, in deroga al principio generale secondo il quale l'inadempimento obbliga l'inadempiente al risarcimento dei danni ed importa la risoluzione del contratto, ha inteso escludere sia il diritto ad indennit, sia quello di chiedere lo .scioglimento del contratto, stabilendo che solo il ritardo oltre i tre mesi, dalla data di emissione del certificato, importa l'obbligo di di corrispondere all'appaltatore sulla somma dovuta gli interessi legali del 5 % cio in misura inferiore a quella fissata per gli interessi bancari o commerciali. Il citato art. 40 ha individualit propria ed autonoma rispetto all'art. 1231 C. c. abrogato, in quanto manifestamente tendente ad elimi 1166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nare i maggiori danni che potevano conseguirsi anche per tale norma e, di conseguenza, la speciale disciplina data dal Capitolato generale del 1895 rimasta ferma anche dopo l'entrata in vigore del codice civile nel 1942 con l'art. 1224. Consegue, pertanto, che norma fondamentale del pubblico appalto che il ritardo nei pagamenti non d diritto all'appaltatore n di chiedere lo scioglimento del contratto, n di potere ottenere indennizzi di sorta al di fuori degli interessi previsti dalle norme regolamentari. Tale limitazione degli effetti conseguenziali al ritardo dei pagamenti, trova la sua base, come si detto, nella precisa disposizione del citato art. 40 del Capitolato Generale d'Appalto, che accorda all'appaltatore i soli interessi nella misura legale. Circa la natura di tali interessi la giurisprudenza si orientata verso la natura compensativa (e non moratoria) sicch deve riconoscersi la esclusione di ogni altro effetto, comunque dipendente dal concetto di morosit (v. anche Corte dei conti 23 febbraio 1955, n. 500). L'assunto della Societ istante, fondato invece sul comportamento colposo dell'A.N.A.S., presuppone erroneamente la possibilit di indagine circa la morosit, esclusa dalla natura compensativa degli interessi. Questi, invero, sono dovuti indipendentemente dalla imputabilit o meno del ritardo, da colpa dell'Amministrazione e dalla costituzione di mora della stessa. Ne consegue che, nella specie, contrariamente a quando sostiene l'istante, non pu trovare applicazione il principio dell'art. 1224, ultimo comma c. c., in quanto il risarcimento per maggiore danno non dovuto se stata convenuta la misura degli interessi. Non si pu, poi, affermare che il credito sia di valore e non di valuta e, pertanto, non suscettibile di rivalutazione monetaria. Il rapporto originario ha indiscutibile natura di credito di valuta in ordine al credito vantato dall'appaltatore, esistendo ab origine una determinazione pecunaria del quantum dovuto. Va inoltre rilevato che la precisa regolamentazione data alla materia esclude ogni pretesa di indennizzo per svalutazione monetaria nei pubblici appalti. I diritti ed i doveri delle parti traggono la loro origine dal rapporto di appalto, restando quindi regolati, oltre che dal contratto, dai Capitolati di appalto legalmente approvati ed aventi forza di legge, ed, in particolare, dalla norma del suddetto art. 40 del Capitolato Generale dei lavori pubblici, secondo la quale il ritardo nei pagamenti come gi rilevato, non d diritto all'appaltore di pretendere alcun altro indennizzo che non sia quello degli interessi .previsti dalle norme regolamentari. Il rilievo decisivo che induce a riconoscere l'infondatezza della richiesta dell'istante, che per i pubblici appalti non pu essere fatta valere alcuna pretesa di indennizzo da svalutazione monetaria per tutti PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1167 crediti dipendenti dal rapporto di appalto (Cass. 16 ottobre 1954, n. 3759). Del resto osserva il Collegio che, anche a volere ammettere che nei pubblici appalti i ritardi vuoi per le rate di acconto, vuoi per la rata di saldo, vuoi per altro titolo, siano produttivi, oltre Che della corresponsione degli interessi, anche del risarcimento del maggiore danno previsto dall'art. 1224 c. c., l'indirizzo giurisprudenziale costantemente seguito nel senso che non basta il solo accertamento del ritardo colpevole nell'adempimento per rendere ammissibil la domanda, essendo necessaria la prova dell'effettivo e specifico pregiudizio derivato dal fatto che il creditore non pot disporre a tempo delle somme a lui dovute; non sufficiente a giustificare pretesi maggiori danni la qualit di imprenditore-appaltatore, dovendo la relativa prova risultare da fatti concreti e non da semplici congetture. Nel caso in esame, l'istante accenna, per genericamente, ai maggiori danni, senza dimostrare di averli effettivamente sopportati, n ha offerto la prova di essere stata costretta, per la mancata tempestiva riscossione della somma anzidetta, a contrarre dei mutui bancari con la corresponsione degli interessi nella misura del 11 % . N sarebbe applicabile, nella specie, la norma dell'art. 1226 c. c., invocata dall'istante, giacch il ricorso alla liquidazione equitativa del danno consentito quando il danno stesso non pu essere provato nel suo preciso ammontare, o perch il danneggiato, sia nell'impossibilit di fornire congrui elementi al riguardo, o perch non dato riconoscere agli elementi forniti sicura efficienza. Nella particolarit del caso non si riscontra l'impossibilit da parte dell'istante di fornire la prova dei pretesi maggiori danni, per cui, non avendola fornita, la domanda non pu essere accolta. -(Omissis). I LODO ARBITRALE, 20 giugno 1966, n. 35 (Roma) -Pres. Artale Ditta Mugnai (avv. Marani Toro) c. Ministero trasporti (avv. Stato Del Greco). Arbitrato -Domanda arbitrale -Mancata notifica presso l'Avvocatura dello Stato -Nullit. (1. 25 marzo 1958, n. 260, art. 1). La mancata notifica della domanda arbitrale presso l'Avvocatura dello Stato viola un inderogabile principio d'ordine pubblico. Pertanto tale domanda viziata da nullit radicale ed insanabile (1). (1-2) A) La motivazione del secondo lodo, , a dir poco, stupefacente. Il Collegio arbitrale non si accorto, che proprio l'art. 45, 10 comma, del 1168 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II LODO ARBITRALE, 12 giugno 1965, n. 41 (Roma) -Pres. Bernabei Impresa Gialli (avv. Piaggio) c. Ministero LL. PP. (Avv. Stato Albisinni). Arbitrato -Domanda arbitrale -Notifica presso l'Amministrazione e non presso la Avvocatura dello Stato -Validit. validamente notificata la domanda arbitrale presso l'Amministrazione dello Stato e non presso l'Avvocatura dello Stato, giacch il Capitolato Generale (art. 45) si limita a stabilire che la domanda deve essere portata a conoscenza deU'altra parte, ma non prescrive, a tal fine, la notificazione a mezzo di ufficiale giudizimio, regolata dalle norme processuali del codice di rito, innovato, per quanto riguarda l'Amministrazione statale, dalla l. 25 marzo 1958, n. 260, art. 1 (2). (Omissis). -L'Avvocatura Generale dello Stato per il Ministero dei Trasporti e dell'Aviazione Civile ha eccepito in via pregiudiziale la nullit della domanda di arbitrato, perch non notificata ai sensi dell'art. 1 della 1. 16 marzo 1958, n. 260. Tale norma prescrive: tutte le citazioni, i ricorsi e qualsiasi atto di opposizione giudiziale, nonch le opposizioni ad ingiunzione e gli atti istitutivi di giudizi che si svolgono innanzi alle giurisdizioni amministrative o speciali, od innanzi agli arbitri, devono essere notificati alle Amministrazioni dello Stato presso l'Ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l'autorit giudiziaria innanzi alla quale proposta la causa, nella persona del Ministro . pacifico in giurisprudenza che la norma surriportata nulla ha innovato, per quanto concerne la notificazione delle citazioni e degli atti istitutivi del giudizio, al testo dell'art. 11 del decreto n. 1611 del 30 ottobre 1933, atte- Capitolato Generale del 1965, dispone che la domanda arbitrale deve essere notificata. Che, poi, in generale, le notifiche vadano eseguite a mezzo di ufficiale giudiziario (o di messo comunale, nei casi prescritti) circostanza della quale finora non si era mai dubitato. Il primo lodo esaurientemente spiega il collegamento tra la legge del 1958 e le norme di rito, ed al riguardo non il caso di aggiungere altro. Vale appena osservare, che il secondo lodo non solo mostra di ignorare la esistenza di norme di natura processuale accanto a quelle di carattere sostanziale nel Capitolato suddetto; ma di esso ingiustificatamente esclude la natura regolamentare. Pure di tanto, invece, e per gli appalti stipulati dal Ministero dei lavori pubblici, da lungo tempo non si era pi dubitato. B) Le decisioni richiamate nel primo lodo sono state tutte pubblicate ed annotate in questa Rassegna. Per la sentenza della Cassazione 6 otto PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1169 nendo le modifiche legislative soltanto alla identificazione dell'organo -che deve essere chiamato in giudizio in rappresentanza della P. A., ce non anche al modo e al luogo della notificazione (Cass., Sez. Un., <6 luglio 1964, n. 1763; Cass., Sez. I, 18 luglio 1961, n. 1918). Il ricordato art. 11 del decreto del 1933, nell'ultimo comma, sandsce, che le notificazioni di cui ai commi precedenti devono essere fatte presso la competente Avvocatura dello Stato a pena di nullit da pronunciarsi anche d'ufficio . Poich nella specie, come si precisato in narrativa, la domanda di arbitrato stata notificata al Ministero dei Trasporti e dell'Aviazione Civile presso la sede del Ministero e non presso l'Avvocatura dello Stato, quest'ultima deduce la inammissibilit della domanda per nullit radicale ed insanabile della notificazione. Per sfuggire a siffatta conseguenza, la Ditta Mugnai ha contestato la fondatezza dell'eccezione di nullit, richiamandosi al principio affermato con il lodo arbitrale 17 febbraio 1965, n. 3 (Soc. Sbarec c. Ministero Difesa-Esercito), .secondo cui la domanda arbitrale non costituisce l'atto istitutivo del relativo giudizio. Pertanto, essa validamente notificata all'Amministra. zione invece che all'Avvocatura dello Stato .. Quel Collegio Arbitrale, pur non sottovalutando la consistenza dell'eccezione di nullit della notificazione, ha ritenuto di poterla superare basandosi sul principio che nel procedimento di arbitrato rituale, il rapporto processuale si instaura soltanto con l'accettazione da parte degli arbitri del mandato conferito dalle parti, onde alla domanda di arbitrato non pu attribuirsi carattere di atto istitutivo del giudizio, e quindi soggetto, quanto alla notifica, alla prescrizione del richiamato decreto del 1958, giacch tale disposizione va riferita ad un processo tecnicamente considerato il cui concetto implica l'esistenza di un organo giudicante, che nel caso di arbitrato rituale soltanto in fieri fino a quando gli arbitri non avranno manifestato la volont di accettazione del mandato conferito. Tali argomentazioni sono state disattese dalla Corte di Appello di Roma, che con la recente sentenza 9 novembre 1965 -5 gennaio 1966 ha dichiarato la nullit del giudizio arbitrale e del relativo lodo suindicato, statuendo che, nell'ipotesi di clausola compromissoria, l'atto bre 1964, n. 2523, cfr. l'annata 1964, pag. 973; per il lodo 17 febbraio 1965 n. 3, cfr. l'annata 1965, 837; per la sentenza della Corte di Appello di Roma .5 gennaio 1966, v. retro, 202. Il lodo condivide i principi affermati in quest'ultima decisione; ma formula riserva sulla necessit che i quesiti vengano proposti prima della accettazione degli arbitri, osservando che la loro formulazione pu essere fatta al pi tardi in limine litis, con atto scritto e sottoscritto personalmente dalle parti davanti agli arbitri, allorch questi assumono l'ufficio ed iniziano la propria attivit. Non sembra che la riserva sia giustificata. La necessit che i quesiti vengano proposti in momento anteriore all'accettazione degli arbitri, 1170 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO istitutivo del giudizio arbitrale costituito da quello in cui viene precisata la controversia. Questo atto, integrativo della clausola compromissoria e contenente i quesiti da sottoporre agli arbitri, precisa la sentenza, ha funzione analoga a quella della citazione, in quanto promuove l'attivit giurisdizionale, rispetto a un determinato tema controverso . Questo Collegio arbitrale condivide i principi affermati nella surrichiamata sentenza della Corte di Appello di Roma, sebbene la motivazione della pronuncia susciti qualche perplessit l dove afferma che la precisazione della controversia con la formulazione dei quesiti deve necessariamente precedere l'accettazione degli arbitri. Nessuna norma infatti prescrive che i quesiti siano formulati in un atto da notificarsi preventivamente alla nomina degli arbitri, essendo a tal uopo sufficiente anche un generico riferimento alla previsione compromissoria, mentre la formulazione dei quesiti pu essere fatta pi tardi, in limine litis, con atto scritto e sottoscritto personalmente dalle parti davanti agli arbitri stessi, allorch questi assumono l'ufficio ed iniziano la propria attivit. Non sembra che in tal caso, non infrequente nella pratica e ricordato dalla dottrina, la domanda di nomina degli arbitri possa considerarsi atto isitutivo del giudizio, con le relative conseguenze, ma I questo problema non riguarda la fattispecie in esame, giacch la domanda di arbitrato proposta dalla ditta Mugnai contiene la precisazione dei quesiti e tutti gli elementi d'impulso della iniziativa processuale, I per cui essa segna il momento genetico della controversia nell'attuazione dell'accordo di arbitrato e quindi le istituzioni del relativo giudizio, con il conseguente obbligo della notificazione prescritta nel ricordato decreto del 1958. Invero, pur dovendosi riconoscere l'esattezza del principio secondo Icui il giudizio arbitrale, quale rapporto tra le parti e gli arbitri ha inizio unicamente con l'accettazione di questi ultimi, in quanto ,solo in quel momento viene in esistenza l'organo giudicante medesimo, e pur Iespressione del princ1p10 generale, secondo cui l'attivit del giudice non pu essere sollecitata che riguardo ad un termine controverso determinato (art. 99 c. p. c.; art. 2907 c. c.): evidente che questa esigenza non rispettata, se il collegio arbitrale si costituisce prima che le parti abbiano precisato l'oggetto della lite. Per di pi, l'accennata necessit si desume anche da chiare disposizioni. Nell'ipotesi del compromesso, e cio di contestazione gi in atto, le parti nel dichiarare la volont di vederla decisa da un organo sostitutivo della giurisdizione ordinaria, sono tenute a pena di nullit a precisare l'oggetto della controversia sottoposta a giudizio (artt. 806 ed 807 c. p. c.). La formulazione dei quesiti perci contestuale, ed anteriore alla stessa nomina degli arbitri. Nel caso della clausola compromissoria i quesiti non possono essere espressi che in atto distinto e successivo, integrativo della PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1171 dovendosi escludere, in conformit alla tesi prevalente in dottrina e giurisprudenza, che nell'arbitrato esista una domanda giudiziale, in senso stretto, equiparabile alla citazione del processo ordinario, non si pu disconoscere che la domanda di arbitrato contenente i requisiti anzi precisati, individuanti i concreti termini della controversia, assolva alla specifica funzione di istituire il giudizio arbitrale nella sua fase iniziale. Nulla rileva in contrario che la fattispecie in esame non rientri nell'arbitrato obbligatorio previsto dagli artt. 44-46-48 del capitolato generale degli appalti per le opere pubbliche approvato con P. R. 16 luglio 1962, n. 1063, giacch come si dimostrato la domanda di arbitrato del Mugnai ha rilevanza processuale, in quanto d inizio all'iter del procedimento arbitrale: come tale, la domanda di arbitrato proposta dalla Ditta Mugnai era soggetta all'obbligo della notificazione presso l'Avvocatura dello Stato, essendo il criterio ispiratore delle ricordate disposizioni di legge quello di accentrare presso I'Avvocatura dello Stato le notificazioni di qualsiasi atto istitutivo di un giudizio, per modo che lAmministrazione, per ogni procedimento ha il suo domicilio legale presso l'Ufficio dell'Avvocatura dello Stato. Queste conclusioni sono conformi all'autorevole insegnamento della suprema Corte la quale, a Sezioni Unite, ha statuito che la norma dell'art. 1 della l. 25 marzo 1958, n. 260, la quale stabilisce tassativamente che tutti i ricorsi, le citazioni e qualsiasi atto di opposizione giudiziale devono essere notificati alle amministrazion dello Stato nella persona del Ministro competente, vale in via generale, anche per i giudizi che si svolgono davanti alle giurisdizioni speciali e agli arbitri, salve le ipotesi specificatamente regolate in modo diverso da una disciplina propria > (Cass., Sez. Un., 6 ottobre 1964, n. 2523). Si deve pertanto concludere che la notificazione della domanda di arbitrato viziata da nullit radicale ed insanabile. appena il caso di avvertire che la presenza in giudizio dell'Avvocatura dello Stato non pu sanare la nullit assoluta della notificazione, in quanto la clausola (artt. 823 ed 825 c. p. c.). Tanto, per, non autorizza a ritenere possibili situazioni del procedimento diverse da quelle del compromesso, in mancanza di qualunque logica giustificazione. Anzi proprio il rigore della norma relativa alla prima ipotesi, deve indurre ad identica opinione nella seconda ed analoga ipotesi. Del resto, a ben guardare, la stessa opinione che i quesiti possono essere formulati in limine litis, nel momento che gli arbitri accettano la nomina, non solo non conforta la perplessit del lodo, ma conferma la tesi qui sostenuta. Infatti, anche se contestuali, specificazione dei quesiti ed accettazione degli arbitri sono attivit concettualmente e cronologicamente distinte. Di tal che, se si suppone la prima anteriore, come le espressioni del lodo lasciano intendere, l'esigenza giuridica innanzi prospettata risulta soddisfatta. 1172 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO norma speciale di cui all'art. 11 del decreto 30 ottobre 1933, n. 1611. implicitamente richiamata dall'art. 144 c;p.c. prevale sul principio di sanatoria previsto dall'ultimo comma dell'art. 156 c. p. c., essendo, per la norma stessa, l'Avvocatura dello Stato costituita domiciliataria obbligatoria della Amministrazione dello Stato, per cui l'irregolare notifica viene a violare un inderogabile principio di ordine pubblico. Alla stregua delle suesposte considerazioni deve essere dich:arata la nullit della domanda di arbitrato che pertanto inammissibile. Tale statuizione per il suo carattere pregiudiziale e assorbente investendo la regolare costituzione del rapporto processuale preclude la disamina del merito della controversia. -(Omissis). II (Omissis). -Va disattesa l'eccezione preliminare di inammissibilit della domanda di arbitrato perch notificata presso la sede del Ministero dei Liavori Pubblici e non presso gli uffici dell'Avvocatura dello Stato, come prescritto dall'art. 1 della 1. 25 marzo 1958, n. 260. , Statuisce detto articolo che tutte le citazioni, i ricorsi e qualsiasi atto di opposizione giudiziale... nonch gli atti istitutivi di giudizi che si svolgono innanzi alle giurisdizioni amministrative e speciali ed innanzi agli arbitri, devono essere notificati alle Amministrazioni dello Stato nel cui distretto ha sede l'autorit giudiziaria innanzi alla quale portata la causa nella persona del Ministro competente. Sostiene lAmministrazione, conformemente a quanto affermato dalla Corte Suprema con la sentenza n. 2523 del 6 ottobre 1964, che il criterio ispiratore di tale norma quello di accentrare presso l'Avvocatura dello Stato le notificazioni di qualsiasi atto di citazione in giudizio, per modo che l'Amministrazione, per ogni giudizio, ha il suo unico domicilio legale presso gli uffici dell'Avvocatura dello Stato, ad eccezione dei giudizi innanzi ai Conciliatori ed ai Pretori. Non vi nella legge alcuna eccezione alla regola, sicch non si vede perch ad essa dovrebbe essere sottratta la domanda introduttiva di un giudizio 'arbitrale da svolgersi nei confronti della Pubblica Amministrazione. L'art. 1 della legge del 1958 accomuna in un'unica disciplina tutte le varie ipotesi di giudizi avanti a qualsiasi autorit giurisdizionale, sicch non pu esulare dalla previsione normativa nessuna fattispecie che non sia specificamente regolata in modo diverso da una disciplina propria, sopravvissuta alla riforma del 1958. Osserva il Collegio che la norma indicata e la decisione richiamata non si attagliano alla fattispecie in esame. Trattasi infatti di arbitrato regolato dalle clausole del capitolato generale del 1895, espressamente richiamato dalle parti nel contratto di appalto il quale si limita a stabilire che la domanda di arbitrato deve PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 1173 ssere portata a conoscenza dell'altra parte (art. 45) ma non prescrive a tal fine, la notificazione a mezzo ufficiale giudiziario regolata dalle norme processuali del codice di rito, innovate dalla legge del 1958. Ora, poich le clausole del capitolato anzidetto non hanno altra fficacia che quella ad essa attribuita dalla volont delle parti, esse non possono ritenersi modificate n sostituite dalla ripetuta legge del 1958, modificatrice delle norme processuali accennate, che restano estranee alla fattispecie in esame. Ritiene pertanto il Collegio che a questa, cosi come agli altri giudizi arbitrali regolati dal citato capitolato del 1865, non sia applicabile la norma dell'art. 1 della legge 25 marzo 1958, n. 260 che riguarda invece i giudizi ordinari e i giudizi che si svolgono innanzi alle giurisdizioni .speciali o agli arbitri secondo norme diverse; e che la citata sentenza delle Sezioni Unite della Corte Suprema non possa valere a sostegno -della sollevata eccezione perch essa ha deciso sul caso, ben diverso, di un arbitrato per un appalto stipulato da un privato col Genio Militare regolato da norme aventi efficacia di legge e non dal capitolato per le -0pere dipendenti dal Ministero dei Lavori Pubblici. -(Omissis). SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 15 novembre 1965, n. 1586 -Pres. Miglisti -Rel. Foulques -P. M. Scardia -Rie. Crispino. Reato -Reato in genere -Attenuanti comuni -Tenuit del danno -Cri teri di valutazione. . (c.p., art. 62, n. 4). La speciale tenuit del danno deve essere valutata prevalentemente e sopratutto in relazione alla consistenza ed al valore della. cosa (criterio obiettivo), venendo in considerazione il criterio sussidiario delle condizioni economiche del soggetto passivo solo quando, pur essendo la cosa di per se stessa di valore tenue, la sua perdita potrebbe rappresentare egualmente, per le condizioni particolarmente disagiate della vittima, un pregiudizio tale da escludere l'applicazione dell'attenuante (1). (1) Note sull'attenuante di speciale tenuit del danno patrimoniale. Il compito di delimitare l'ambito di applicazione della attenuante in esame reso pi agevole all'interprete del parallelismo normativo tra la circostanza di cui al n. 7 dell'art. 61 c. p. e quella, che ci occupa, di cui al n. 4 dell'art. 62 stesso codice. Sia l'una che l'altra disposizione, richiamando esclusivamente alcune categorie di delitti, pongono fuori dalla sfera di applicazione i reati contravvenzionali (Cass., Sez. II, 7 dicembre 1964, Indica, Cass. pen. Mass. 1965, 453). Pi ampia , per, la categoria di delitti presi in consti.derazione dall'aggravante di cui al citato art. 61: essa, infatti, prevede oltre ai delitti contro il patrimonio o che comunque offendano il patrimonio anche i delitti determinati da motivi di lucro. Dalla esclusione dei delitti determinati da motivi di lucro e dalla precisazione concettuale di delitti che comunque offendano il patrimonio discende piana la delimitazione dell'ambito di applicabilit dell'attenuante in esame. Ci sembra doversi escludere la identificazione dei delitti determinati da motivi di lucro con quelli - dai quali il colpevole si ripromette un vantaggio di natura patrimoniale (ANTOLISEI, Manuale di diritto penale> Parte gen. Mifano, 1957, 315). Tale identificazione importerebbe una notevole estensione della categoria delittuosa, la quale va, invece, limitata alle ipotesi di un vantaggio patrimoniale ricercato per una sfrenata bramosia di denaro o di ricchezza (MALINVERNI, Scopo e movente nel diritto penale, Torino, 1955, 194), per cui il motivo di lucro da rinvenirsi non in tutti i delitti che procurino un vantaggio patrimoniale ma solo in quelli la cui commissione sia determinata, attese le circostanze del caso soggettive ed oggettive, da uno smodato desiderio di arricchirsi ledendo l'altrui sfera giuridica morale; ch, se fosse lesa direttamente la sfera giuridica patri- I I I I ~ . PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE moniale (e, quindi, se oggetto della tutela giuridica fosse il patrimonio) la categoria del delitto determinato da motivi di lucro, almeno ai fini dell'aggravante in questione, cesserebbe di avere rilevanza in quanto la fattispecie delittuosa verrebbe sussunta o nella prima o, per quanto si dir .appresso, nella seconda categoria di delitti previste dal n. 7 dell'art. 61 c. p. Dall'ambito di applicabilit dell'attenuante della speciale tenuit del danno non solo esulano i delitti determinati da motivi di lucro, nella accezione interpretativa test addotta, ma anche quei particolari illeciti penali che solo eventualmente possono determinare conseguenze economicamente dannose, non prevedute nella definizione paradigmatica del reato. La esclusione di questi ultimi reati deriva dalla definizione concettuale del e delitto che comunque offende il patrimonio . stato esattamente ritenuto (Cass., Sez. III, 19 ottobre 1957, VITALE, Giust. pen., 1958, III, 136) che i reati che comunque offendano il patrimonio sono quelli in cui il danno patrimoniale assunto come elemento tipico e necessario della ipotesi criminosa, pur non essendo il patrimonio il bene giuridico principalmente protetto. Dalla enuncleazione concettuale delle due categorie di reati cosi possibile determinare la sfera di applicabilit dell'attenuante in questione, la quale, perci, pu essere concessa al colpevole di peculato, di malversazione e di concessione. Non sembra, invece, che la esclusione dell'attenuante nei reati finanziari possa dare adito a dubbi, non solo quando la pena commisurata alla entit del tributo evaso per cui l'inammissibilit dell'attenuante concettuale (Cass. 25 maggio 1956, Fico, Riv. it. dir. pen., 1957, 497), ma anch~ quando la pena sia diversamente commisurata. Nei reati finanziari, infatti, il danno al patrimonio dello Stato non assunto come elemento tipico e necessario della ipotesi criminosa, e l'eventuale sua esistenza, in particolari fattispecie, elemento estraneo alla configurazione giuridica del reato e pu, talvolta, atteggiarsi come motivo di lucro determinante del delitto. Ci importa per un verso l'inapplicabilit dell'attenuante in questione in quanto i reati finanziari non offendano il patrimonio dello Stato, bensl il suo diritto fondamentale di imporre i tributi e regolarne la riscossione e la distribuzione nell'interesse delLa collettivit (Cass. 25 maggio 1956, Riv. it. dir. pen., 1957, 497; Cass. 6 luglio 1953, Giur. compl. Cass. pen., 1953, III, 514, n. 4972; Cass. 10 dicembre 1953, Arch. pen., 1954, Il, 486; Cass. 7 ottobre 1964, Giust. pen., 1965, II, 38) e per altro verso la possibilit di determinare, caso per caso, l'applicabilit dell'aggravante di cui al n. 7 dell'art. 61 c. p. sotto il profilo della sussistenza del motivo di lucro determinante del delitto. La giurisprudenza costante nel ritenere la inapplicabilit della atte nuante della speciale tenuit del danno in materia di contrabbando, esclu dendo la configurazione di reato che comunque offende il patrimonio al contrabbando interno di monopolio e qualificando come fattispecie atipica di reato complesso, che in ogni caso ha natura di contrabbando doganale, il contrabbando che abbia per oggetto tabacchi esteri (Cass., Sez. I, 19 gen naio 1965, RATTI, Giust. pen., 1965, II, 418; Cass. Sez. I, 23 ottobre 1964, PAOLETTI, Giust. pen., 1965, II, 122; Cass., Sez. I, 15 gennaio 1962, TuRso, Cass. pen., Mass., 1962, 308, n. 524; Cass. Sez. I, 26 marzo 1958, GoNFANELLI, Giust. pen., 1960, II, 112). Esclusa, pertanto, l'applicabilit dell'attenuante in questione per i reati finanziari, tenendo presente il criterio discriminante tra delitti determinati da motivi di lucro e delitti che comunque offendano il patrimonio, non pu non aprovarsi l'indirizzo giurisprudenziale eh~ ne afferma la inapplicabilit 1176 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ai delitti di falsit in atti pubblici e di falso nummario (Cass., Sez. III, 20 novembre 1964, LoRENZETTI, Giust. pen., 1965, II, 362; Cass., Sez. III, 13 febbraio 1964, TEDESCO e altro, Foro pen., 1964, 490; Cass., 19 ottobre 1957, VITALE, Riv. pen., 1958, II, 917; Cass., 14 novembre 1957, BENINCASA, Riv. pen., 1958, 253, n. 225) mentre ne stabilisce l'applicabilit ai delitti di falsit in scrittura privata, specialmente in tema di falsit in cambiali, ritenendo che la tutela penale dell'autenticit dei titOili di credito ha come oggetto anche il diritto di credito incorporato nel titolo (Cass., Sez. III, 18 novembre 1964, BAIANO, Giust. pen., 1965, II, 197; Sez. Un., 9 luglio 1960, EsTI, Cass. pen., Mass., 1961, 72, n. 129). Quanto alla possibilit di applicazione al delitto tentato ci sembra esatta l'osservazione secondo cui la soluzione dipende fondamentalmente dal valore che si attribuisce alla circostanza; assunta nel suo valore realegenerale, implica che il danno si sia verificato, e quindi si preclude ogni rilevanza nel caso di tentativo; assunta nel suo significato sintomaticoparticolare, di indice della attitudine criminale, del soggetto, pu operare anche se, come nel delitto tentato, il danno non si realizzato. Decisiva la possibilit di determinare l'entit del danno che verosimilmente sarebbe stato cagionato nell'ipotesi di consumazione del delitto (MALINVERNI, Enc. del diritto, Milano, VII, 89, con richiami ivi riportati). Il carattere oggettivo della circostanza pacifico. Al fine di stabilire la sussistenza del requisito della speciale tenuit del danno si tratta di determinare rispetto a quale degli elementi qualificanti la circostanza come oggettiva debba commisurarsi il danno: se rispetto all'oggetto del danno (valore dell'oggetto in s e per s considerato: criterio oggettivo) ovvero se rispetto alla condizione economica del soggetto passivo del reato (criterio soggettivo). La giurisprudenza costante nell'adottare come criterio fondamentale quello del valore della cosa; e la massima in rassegna ribadisce il principio gi accolto in numerose sentenze (tra le ultime si citano: Cass., Sez. II, 28 aprile 1965, LIMITI, Riv. pen., 1965, II, 994; Cass., Sez. II, 1 febbraio 1965, BORTOLAN, Cass. pen., Mass., 1965, 674; Cass., Sez. II, 26 gennaio 1965, MAZZOLINI ed altro, Cass. pen., Mass., 1965, 581; Cass., Sez. II, 27 ottobre 1964, VALSECCHI, Giust. pen., 1965, II, 355; Cass., Sez. II, 25 settembre 1964, CARDILE, in questa Rassegna, 1965, I, 1096; Cass., Sez. II, 14 novembre 1963, MARINO ed altri, in questa Rassegna, 1964, II, 432 ed ivi richiami). Dall'esame della giurisprudenza si evince che il criterio obiettivo l'unico preso in considerazione ai fini della sussistenza del requisito della tenuit del danno, in quanto impropriamente si fa riferimento alla condizione del soggetto passivo come criterio sussidiario. Tale ultimo criterio viene in considerazione solo sotto un aspetto negativo e, cio, per escludere l'applicabilit dell'attenuante, attese le disagiate condizioni economiche del soggetto passivo, laddove essa sarebbe invece applicabile in virt del criterio obiettivo, per il quale il danno sarebbe di speciale tenuit. La considerazione esclusivamente negativa del c. d. criterio sussidiario emerge chiaramente nella ipotesi in cui danneggiato sia lo Stato od un ente pubblico, dovendosi qui avere riguardo per la determinazione dell'entit del danno esclusivamente al valore del bene in s. Considerata, infatti, la consistenza patrimoniale di detti enti, ove si tenesse conto in via positiva del criterio sussidiario, l'attenuante troverebbe larghissima applicazione tanto da poter costituire un incentivo ad incrementare il delitto contro il patrimonio dello Stato o degli enti pubblici. R. CANANZI PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1177 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 1 giugno 1966, n. 840 -Pres. Rosso -Rel. Conti -P. M. Oliva (conf.). Rie. Bonifazi. Lavoro -Riposo settimanale -Nozione -Riposo concesso dopo pi di sei giorni lavorativi, anche se nel ciclo di ogni settimana -Illiceit. (1. 22 febbraio 1934, n. 370, artt. l, 3, 15, 27; I. 11 dicembre 1952, n. 2466, art. 1). Dagii artt. 1, 3 e 15 della legge 22 febbraio 1934, n. 370 desumibile il principio che, salvo le eccezioni stabilite dalla legge, il riposo di 24 ore consecutive, dovuto ogni settimana al personale che presta la sua opera alle dipendenze altrui -e che di regola deve cadere di domenica e decorrere da una mezzanotte all'altra -, debba segui1e i sei giorni di lavoro. Quindi il termine settimana , di cui all'art. 1 della legge, non pu essere inteso nel senso che comprende lo spazio di tempo che va dalle ore O di luned alle ore 24 della domenica successiva, ed incorre nella sanzione di cui all'art. 27, modificato dall'articolo 1 legge 11 dicembre 195.2, n. 2466 che concede il riposo di 24 ore consecutive dopo pi di sei giorni lavorativi, anche se nel ciclo di ogni settimana di calendario (1). (Omissis). -Osserva la Corte che il ricorso non merita accoglimento. La tesi accolta dal giudice di merito si richiama espressamente alle argomentazioni contenute nella sentenza della Cassazione: II Sez. (1) La sentenza pubblicata meritevole di approvazione. La ratio informatrice di tutta la legislazione che disciplina le pause del lavoro infatti la tutela dela integrit psicofisica del prestatore, tutela tanto intensa da operare nonostante ogni patto contrario (c. d. tutela del prestatore contro o nonostante la sua volont). Non v' dubbio che la esigenza del riposo settimanale non possa ritenersi soddisfatta da una commisurazione comparativa fra giorni di lavoro e giorni di riposo (C'ommisurazione invece propria alla diversa esigenza che postula la concessione delle ferie ), sibbene dalla determinazione di un ritmo, o ciclo lavorativo, che intercali con regolarit il giorno di riposo a quelli di lavoro. Ogni diversa interpretazione delle norme che regolamentano il riposo settimanale porterebbe ad una confusione fra i vari istituti (riposo settimanale, ferie, congedi diversi ecc.) che nel loro complesso configurano la disciplina legale delle pause nel lavoro subordinato. Se vero, infatti, che tutti i detti istituti soddisfano l'esigenza di una tutela della salute del lavoratore, vero anche, peraltro, che ognuno di essi risponde ad una pi specifica ed articolata protezione di tale bene individuale e sociale, all'insegna dell'imposizione di particolari regole cogenti per la tutela di una integrit psicofisica considerata nei molteplici aspetti sotto i quali ne va curata la conservazione. Il riposo settimanale risponde indubbiamente ad una esigenza di. pausa regolarmente ricorrente: diversamente le ragioni che ne deter 1178 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Civile: 25 luglio 1964, n. 2040 e perviene all'affermazione di respon sabilit dell'imputato ponendo a base del proprio ragionamento i seguenti argomenti: 1) il riferimento del termine settimana di cui all'art. 1 Legge 370 del 1934 a qualsiasi periodo di 7 giorni e non alla settimana di calendario; 2) l'obbligo del datore di lavoro di concedere al lavoratore il riposo settimanale entro e non fuori del ciclo di 7 giorni e cio dopo sei giorni lavorativi. 3) L'identica cadenza del riposo domenicale sancito dall'art. 3 della Legge sucitata. 4) La norma dell'art. 15 della legge che consente la possibilit di concedere ad alcune categorie di lavoratori -(personale viaggiante addetto ai vagoni-letto, commessi viaggiatori) -il riposo a intervalli pi lunghi d'una settimana, e cio dopo un periodo superiore a 6 giorni lavorativi, costituisce l'unica ipotesi di deroga consentita dalla legge acch il riposo settimanale venga dato oltre sei giorni di lavoro. La difesa del ricorrente ha contestato la tesi acolta dal Pretore e sia nei motivi, che nelle memorie, nonch all'orale dibattimento ha tentato di confutare le argomentazioni del giudice di merito, sostenendo, in riferimento ai punti posti a fondamento della decisione impugnata: 1) che il termine settimana comprende il periodo di tempo che va dalle ore O di luned alle ore 24 della domenica successiva; minano l'imposizione sfumerebbero nel campo di quelle che presiedono al riposo annuale, giungendosi -al limite -alla concessione di 52 giornate festive al termine dell'anno lavorativo. Tale interpretazione confortata anche dalla sua conformit alle convenzioni della O.I.L., in particolare n. 14 del 25 ottobre 1921 e 106 del 5 giugno 1957, citate in motivazione, in cui si precisa che il lavoratore dovr godere durante ogni periodo di sette giorni di un riposo che comprenda al minimo 24 ore consecutive . In tale senso anche la migliore dottrina francese, la quale afferma che nessuna settimana deve comportare pi di sei giorni di lavoro (RIVERO e SAVATIER, Droit du travail, Parigi, 1960, 363 e 366). In giurisprudenza vedasi l'autorevole precedente della Cassazione civile (Sez. II, sent. 25 luglio 1964, n. 2040, Soc. Italiana per il Gas c. Albanesi) riportata in Foro it., 1964, I, 1585. Vedi anche Trib. Roma, 29 luglio 1961, con nota critica di GumoTTI, Dir. lav., 1962, II, 337 ed ivi ampi richiami. In dottrina, BARASSI, Il diritto del lavoro, vol. II, Milano, 1957, 474; SEVERINO, Massimario di Giurisprudenza del Lavoro e della Previdenza Sociale, 1949-1958, Roma, 1960, 185; D'EUFEMIA, L'orario di lavoro e i riposi, Trattato dir. lav. di Borsi e Pergolesi, 1959, III, 243; Ricc:i, Riposo settimanale e ferie nel rapporto di lavoro subordinato, 1956, 423. I. F. C. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1179 2) che l'obbligo imposto dalla legge sul riposo settimanale deve ritenersi legalmente assolto sempre che -come nella specie -il riposo venga dato nel ciclo d'ogni settimana di calendario, anche se oltre i sei giorni lavorativi; 3) che nel quadro di tale interpretazione il sistema del riposo settimanale a turni, adottato dall'imputato a richiesta degli stessi lavoratori non pu costituire violazione d'un obbligo legale penalmente sanzionato. Nel contrasto delle opposte tesi ritiene la Corte che la soluzione del problema giuridico, concernente l'interpretazione da darsi alla norma dell'art. 1 della legge che riconosce al lavoratore il diritto ad un riposo settimanale di 24 ore consecutive, per ogni settimana adottata dal Pretore, ineccepibile e merita conferma, in quanto conforme alla retta interpretazione delle norme vigenti in materia. Come ha bene osservato la sentenza il riposo, per essere. settimanale , deve cadere necessariamente nello spazio di sette giorni, quanti sono appunto i giorni che compongono una settimana, sia che la si voglia far decorrere dal lunedl alla domenica, che da uno qualsiasi degli altri giorni intermedi, sino al corrispondente della settimana successiva. D'altra parte l'espressione ogni settimana usata specificamente dalla. legge, ripete e rafforza questo concetto, in quanto non dentro alla settimana, ma fuori di essa, quel riposo che sia dato e goduto oltre il ciclo di sette giorni. Ha osservato il Pretore che tutte le leggi protettive e di prevfdenza sociale sono, di norma, categoriche e sovente munite di sanzione penale, in quanto espressione di una disciplina informata ad interessi superiori: cosi come le norme sul riposo domenicale e settimanale sono rigidamente categoriche avendo con esse il legislatore inteso imporre la sua volont escludendo espressamente che la volont dei sottoposti alla loro osservanza possa derogarvi, sia pure in forme intersindacali. E tale categoricit della legge protettiva trova giustificazione nella rilevanza dell'interesse tutelato quale quello biologico ed umano del lavoratore al limite legale dell'orario di lavoro settimanale. Tali esigenze d'una restaurazione fisiologica delle energie impiegate nel processo produttivo hanno indotto il legislatore a concedere altre pause di lavoro a pi largo intervallo (ferie, congedi) oltre quelle che naturalmente decorrono tra una giornata e l'altra di lavoro e tra una settimana e l'altra. La sentenza impugnata, dopo avere richiamato i principii che valgono a fissare il carattere inderogabile del diritto del prestatore d'opera al riposo settimanale, passata ad esaminare, nell'ambito delle norme contenute nella legge 22 febbraio 1934, n. 370, in qual modo il datore di 16 uso RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lavoro possa e debba adempiere, sia in via ordinaria, che in regime di deroga, al precetto relativo senza incorrere nelle sanzioni penali previste dall'art. 27 stessa legge aumentate dalla 1. 11 dicembre 1952, n. 2466. Premesso che giusta l'art. 1 legge surichiamata il legislatore ha fissato, in regime ordinario, le modalit del riposo stabilendo che questo deve essere dato ogni settimana, per 24 ore consecutive deve essere dato la domenica, salvo le eccezioni stabilite dagli articli seguenti: e che esso cada di domenica, o in altro giorno della settimana, deve decorrere da una mezzanotte all'altra, ovvero dall'ora che sar stabilita dai contratti collettivi di lavoro, o in mancanza di detti contratti e quando la richieda la natura dell'esercizio, dall'Ispettorato del Lavoro. Dal che si deduce che nel ciclo d'ogni settimana il giorno di riposo deve seguire a sei giorni consecutivi di lavoro, avendo il legislatore adottato il rapporto da uno a sei tra riposo e giornate lavorative, non solo per stabilire una proporzione tra riposo e lavoro, ma anche per regolare gli intervalli tra i due riposi: senza di che gli scopi e gli interessi che si intesero perseguire e tutelare sarebbero frustrati. E che tale sia la ratio legis si desume agevolmente dalle norme -~ dell'art. 15 della legge, che solo eccezionalmente ammette e limitatamente al personale ivi indicato -commessi viaggiatori, personale addetto ai vagoni letto e personale equiparabile -che il riposo pu essere dato ad intervalli pi lunghi di una settimana, purch la durata complessiva di esso, ogni trenta giorni, o nel periodo che sar determinato dai contratti collettivi di lavoro, corrisponda a non meno di 24 ore consecutive per ogni sei giornate lavorative. Il che sta a confermare che il principio cui si ispirato il legislatore che a sei giorni di lavoro deve seguire un giorno di riposo, tanto vero che, nei casi suricordati di carattere eccezionale, in cui possibile intervallare il riposo a periodi pi lunghi d'una settimana, pur sempre necessario conservare intatto il rapporto d'uno a sei nella determinazione della durata complessiva del riposo compemsativo. La contraria tesi posta a base del ricorso dalla difesa del ricorrente, illustrata nelle memorie, nei motivi aggiunti e oralmente allo ilendo cio che esso deve essere compreso in un ciclo di sette giorni, nella proporzione d'un giorno di riposo, per ogni sei giorni di lavoro. N ha valore il richiamo fatto dalla difesa del ricorrente alle disposizioni contenute nel r. d. I. 15 marzo 1923, n. 692, relativo alle limitazioni dell'orario di lavoro e alla tabella 25 annessa al r. d. 10 settem 1182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO bre 1923, n. 1957, indicante le industrie e le lavorazioni per le quali consentito superare le otto ore di lavoro giornaliero e le 48 ore settimanali. l'ali disposizioni riguardanti la facolt di superare le 48 ore riconosciute nelle industrie con lavoro a processo continuo (n. 2 della tabella) sempre che il lavoro si svolga, come nel caso di specie, a tripla squadra, costituiscono solo una deroga alle limitazioni all'orario di lavoro e non hanno per oggetto il riposo settimanale, che ha autonoma disciplina. Per cui se consentito in una settimana un orario di lavoro di 56 ore, anzich di 48 ore (ferma restando la media di 48 ore settimanali nel ciclo di 3 settimane) tale aumento dell'orario di lavoro non pu tradursi in una perdita del riposo settimanale, come riposo dopo sei giorni consecutivi di lavoro, ma dev'essere effettuato nei giorni lavorativi. Tanto si ricava dal combinato disposto dalle norme che disciplinano nel senso suindiato il riposo settimanale e quelle che disciplinano rorario di lavoro. Sulla base delle suesposte a;rgomentazioni deve concludersi che .' il primo motivo di ricorso, anche se basato su argomentazioni serie e di indiscusso valore dialettico, denotanti un esame et un approfondimento completo della questione, mirante ad escludere, sotto l'aspetto aggettivo, ogni carattere d'illecito penale alla mancata osservanza della norma dell'art. 1 della 1. 22 febbraio 1934, n. 370, va rigettato in quanto la soluzione adottata indubbiamente esatta, trovando essa fondamento sulle considerazioni di carattere giuridico e sociale assolutamente ineccepibili. Non senza rilevare, infine, su tale argomento, che tale soluzione si adegua anche alle convenzioni della O.I.L. sul riposo settimanale n. 14 del 25 ottobre 1921, resa esecutiva con r. d. 20 marzo 1924, n. 580 e n. 106 del 5 giugno 1957 resa esecutiva con d. r. p. 23 ottobre 1961, n. 1660. Esse infatti precisano che, indipendentemente dal giorno in cui il riposo potr essere concesso, il lavoratore e dovr godere durante ogni periodo di sette giorni, di un riposo che comprenda al minimo 24 ore consecutive . Il che sta a ribadire che anche secondo le convenzioni internazionali il regime di riposo settimanale pu ritenersi osservato solo se nessun periodo di sette giorni, comunque calcolato, risulta privo di un giorno -24 ore consecutive di riposo settimanale. Ne consegue che anche se in pratica avviene che i datori di lavoro e gli stessi lavoratori ritengono che la deroga al principio del riposo -~ domenicale comporti, automaticamente la deroga al principio del riposo settimanale, occorre tenere presente che le due norme sono chiaramente distinte. Onde che se anche dal punto di vista della tecnica dell'organizzazione aziendale possibile attivare dei turni di servizio che consentano di disporre anche di domenica delle unit lavorative necessarie, e di concedere ad ogni lavoratore il riposo a turno in giorni PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 1183 diversi della settimana, resta per tuttavia sempre fermo e inderogabile l'obbligo per il datore di lavoro di osservare un ritmo sul quale le giornate di riposo cadano dopo non pi di sei giorni consecutivi di lavoro. N ha maggior fondamento l'altra doglianza strenuamente sostenuta e illustrata ampiamente per iscritto e oralmente dalla difesa del ricorrente secondo cui il Pretore avrebbe erroneamente applicato la legge penale comportante la sanzione punitiva per omessa osservanza dell'art. 1 della legge 370, nonostante l'assoluto difetto dell'elemento soggettivo del reato, per carenza assoluta di dolo o colpa, ma, anche della coscienza della illeceit del fatto, che costituisce presupposto della responsabilit penale nei reati contravvenzionali quale quello contestato al Bonifazi. Senza attardarsi ad esaminare le varie teorie richiamate dal Pretore a sostegno della tesi contraria a quella prospettata dalla difesa ai fini della prova dell sussistenza dell'elemento psicologico de~ reato, osserva la Corte che in tema di reati contravvenzionali, allo stato, lo orientamento prevalente nella giurisprudenza di questo S. C. quello ribadito dalle S. U. con sentenza 7 dicembre 1963 P. M. C. Zorli, secondo cui la colpevolezza pu consistere anche nella semplice colpa, per cui la buona fede, che consiste nella convinzione dell'agente della leceit del fatto, non pu aver rilevanza qualora l'erronea supposizione, ora detta, sia dovuta a colpa. stato infatti pi volte affermato: perch possa trovare adito la buona fede che esclude la responsabilit nei reati contravvenzionali in genere, occorre dimostrare che l'agente non versava in colpa, e abbia fatto tutto quanto era nelle sue possibilit per uniformare la propria condotta alle disposizioni di legge (Sez. Un. 7 dicembre 1963 cit. Sez. III, 24 gennaio 1962 Briganti: Sez. III, 16 marzo 1965 Borletti). Nella specie, dagli accertamenti del giudice di merito, emerso che l'imputato, quale direttore dello stabilimento della Soc. Terni > di Papigno, aveva avocato a s la responsabilit dei turni di lavoro a tripla squadra e della cadenza dei riposi settimanali, senza sottoporre preventivamente gli schemi adottati al competente Ispettorato del Lavoro, organo cui compete istituzionalmente il controllo delle prestazioni di lavoro svolte in regime eccezionale di deroga, siccome prescritto dalla 1. 22 febbraio 1934, n. 370. In tale comportamento il Pretore ha ravvisato un indubbio elemento di colpa dell'imputato, anche in considerazione che proprio in quel periodo autorevoli sentenze di Corti di merito e di questa S. C. regolatrice avevano definito il concetto e le modalit d'attuazione dei riposi settimanali e lo stesso Ispettorato del Lavoro erasi adeguato a tale giurisprudenza . Lo stesso giudice di merito ha escluso, in punto di fatto, la asserita buona fede dell'imputato, la quale a dire della difesa, trovava il suo fondamento nella tolleranza, ormai invalsa negli stabi 1184 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO limenti della Soc. Terni di concedere turni di riposo settimanali oltre i sei giorni lavorativi, e nella tolleranza o inerzia tenuta dalla pubblica autorit al riguardo. Ha osservato in proposito il Pretore che mentre la consuetudine contraria alla legge penale si risolve in errore di diritto o in ignoranza della legge che non scusa, la stessa tolleranza da parte dell'autorit addetta al controllo delle prestazioni di lavoro e dei riposi settimanali, era invocata fuori luogo dato che, a prescindere dalla considerazione che, da una siffatta tolleranza, non ptrebbe desumersi l'errore scusabile nella interpretazione della. norma di legge, per se stessa manifestamente chiara, risultava, in fatto a dire del verbalizzante che l'ispettorato del Lavoro non era mai stato informato dei turni di lavoro praticati dalla Soc. Terni nello stabilimento di Papigno. Il che bastava ad escludere anche l'asserita tolleranza o inerzia, da parte dell'Ispettorato del Lavoro, sulle quali la difesa ancorava la buona fede dell'imputato. Trattasi di apprezzamento di fatto, incensuraQile in questa sede, anche perch motivato correttamente, con riferimento a esatti criteri giuridici, che dimostrano la esistenza dell'elemento psicologico nel caso di specie. -(Omissis). RASSEGNA DI DOTTRINA s. CRISAFULLI BUSCEMI, La viabilit pubblica nel diritto, vol. I, Argalia, Urbino, 1965, pagg. 338. L'opera del C. B. si aggiunge al Commentario del TREBBI (Le strade pubbliche e di uso pubblico, I.C.A., 1954) ed allo studio dell'ORUSA (Le strade pubbliche, I, Torino, 1964) in materia di pubblica viabilit e costituisce un tentativo di sistemazione dommatica di un istituto che ha ricevuto, finora, prevalentemente trattazioni frammentarie. L'incompletezza dell'opera per la mancanza del secondo volume, annunciato ma non ancora pubblicato, non consente di dare un giudizio definitivo sulla riuscita del tentativo: appaiono chiare fin d'ora, per, la seriet dell'impegno e le capacit costruttive dell'A. Con uno stile piano e scorrevole il C. B. inizia la trattazione del tema eon un excursus nel diritto romano, cui fanno seguito notizie storiche sulla pubblica viabilit dall'epoca successiva alla caduta dell'impero d'occidente fino ai giorni nostri. Dopo un breve accenno ai problemi internazionali ed agli aspetti economico- sociali della viabilit pubblica, l'A. entra nel vivo della trattazione esaminando il concetto di demanialit e quelo di appartenenza delle vie pubbliche. Distinguendo tra aspetto statico ed aspetto dinamico del fenomeno giuridico della pubblica viabilit, il C. B. precisa che il primo si manifesta nella regolamentazione della propriet dei beni apprestati allo scopo, il secondo nell'uso pubblico che caratterizza i beni medesimi. Esaminando il primo aspetto, statico e subbiettivo ad un tempo, l'A. qualifica il diritto dello Stato e degli Enti territoriali minori sulle strade pubbliche, in quanto beni demaniali, un pmo diritto di propriet, limitato e compresso dall'uso pubblico cui il bene destinato e, quindi, sottoposto ad un particolare regime adeguato allo scopo. La definizione non ci trova del tutto consezienti. Come abbiamo gi osservato in altra sede (Cfr. MAZZELLA, Sulla competenza a decidere le controversie tra Stato e Regione relative a beni demaniali, patrimoniali indisponibili e disponibili, in questa Rassegna, 1958, 80), se vero che nel rapporto di demanialit sono comprese manifestazioni di sovranit, di poteri di amministrazione e di polizia dell'Ente pubblico sul bene che nel concetto di propriet non trovano alcuna spiegazione, bisogna rinunciare ad inquadrare tale rapporto nel concetto di propriet e dire che esso, pur presupponendo e comprendendo in s quello di appartenenza del bene, si estrinseca essenzialmente in una somma di poteri e competenze attribuite all'Ente pubblico sul bene, attesa la necessariet di quest'ultimo per l'assolvimento di funzioni che l'Ente stesso ha assunto nelle proprie pubbliche finalit. Seguendo il filo della sua impostazione, l'A. passa ad esaminare le limitazioni specifiche poste al diritto di propriet delle vie pubbliche per poi trattare successivamente delle limitazioni specifiche al diritto di propriet privata poste dal codice civile e dal codice dela strada. Seguono paragrafi dedicati alle servit prediali, ai diritti di uso pubblico ed alle strade vicinali, alle obbligazioni reali imposte a tutela delle strade ed aree 17 228 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pubbliche, agli oneri reali con particolare riferimento a,i contributi di miglioria. La parte dedicata all'aspetto dinamico del fenomeno giuridico della viabilit pubblica comprende nel presente volume solo l'esame dell'uso normale. Particolare rilievo assume in tale parte il tema della responsabilit della P. A. per atti illeciti e quello dell'indennizzo del danno da attivit legittima. Affrontando il primo argomento l'A. tocca i problemi sollevati in dottrina e giurisprudenza circa la responsabilit da insidia, per difetto di segnaletica, di manutenzione e circa la responsabilit dell'appaltatore nell'esecuzione di una strada pubblica. A conclusione di queste brevissime note si deve ricordare che il volume in rassegna ricco di citazioni dottrinali e giurisprudenziali e che la sua consultazione resa agevolissima da una serie di indici acuratamente predisposti. L. MAZZELLA I P. VIRGA, La tutela giurisdizionale nei confronti della Pubblica Amministrazione, Giuffr, Milano, 1966, pagg. 526. I Richiamandosi ai suoi noti, precedenti studi sul diritto soggettivo II (VIRGA, Libertd giuridica e diritti fondamentali, Milano, 1947), l'A., dopo una brevissima premessa dedicata alle linee generali ed alla evoluzione storica in Italia ed in altri paesi europei della giustizia amministrativa, affronta fin dalle prime pagine del libro il tema delle posizioni giuridiche soggettive in diritto amministrativo, prendendo immediatamente partito contro il tradizionale criterio di distinzione tra diritti soggettivi ed interessi I~;. :::: legittimi e suggerendo linee per una nuova, diversa impostazione del ~ problema. M Qualificato il diritto soggettivo come agere licere, giuridica possibilit di assumere un comportamento in ordine ad una determinata situazione I giuridica nei limiti segnati dalla norma (sul punto sembra utile un richiamo a BARBERO, Sistema del Diritto Privato Italiano, UTET, Torino, 1965, pagine 128 segg.), il V. definisce l'interesse legittimo come pretesa della legittimit I dell'attivit amministrativa riconosciuta ad ogni soggetto che si trovi, ~ rispetto all'esercizio di un potere discrezionale dell'Amministrazione, in ~ una particolare posizione legittimante. ' Secondo l'A. l'interesse legittimo, al pari del diritto soggettivo, costituirebbe una posizione giuridica soggettiva, sostanziale ed autonoma rispetto all'azione giurisdizionale, ma si differenzierebbe da esso per il presupposto di una soggezione del soggetto ad una pubblica potest, per la limitazione del soddisfacimento di esso all'annullamento dell'atto amministrativo viziato ed, infine, per il presupposto della preesistenza di un precedente rapporto di diritto privato o pubblico con la Pubblica Amministrazione come situazione legittimante. Rilevata una certa affinit degli interessi legittimi con la categoria dei diritti di credito di diritto privato, sia per la mancanza in entrambi della facolt di godimento e sia per la necessit di un rapporto di soggezione come loro presupposto, il V. si sofferma lungamente sull'analisi delle varie posizioni legittimanti. Dopo aver ricordato che queste ultime non risultano precisate n dall'art. 26 del t. u. sul Consiglio di Stato n da altre disposizioni di legge che PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 229 si riferiscono alla tutela degli interessi legittimi, l'A., sulla scorta dei dati elaborati dalla dottrina e dalla giurisprudenza in materia, riconduce le singole situazioni legittimanti a quattro fondamentali: a) titolarit di un diritto soggettivo privato o pubblico; b) dovere dell'Amministrazione di provvedere in ordine all'istanza del privato; c) destinatariet di un precedente provvedimento amministrativo; d) rapporto di subordinazione speciale nei confronti dell'Amministrazione. L'analisi viene spinta successivamente ai c. d. diritti affievoliti, tenuti distinti dagli interessi legittimi veri e propri, ai criteri per giungere ad una soddisfacente classificazione degli interessi legittimi e ad una completa enumerazione delle loro caratteristiche (personalit, trasmissibilit, rinunciabilit), all'individuazione dei lati positivi e dei limiti dei vari orientamenti dottrinali escogitati per distinguere i diritti soggettivi dagli interessi legittimi (criteri fondati o sulla distinzione fra norme di relazione e norme di azione o sulla .distinzione tra provvedimento vincolato e provvedimento discrezionale o, infine, sulla distinzione tra carenza e cattivo uso del potere discrezionale). Dopo queste premesse di ordine generale sulle posizioni giuridiche soggettive, il V., passando a trattare del giudizio innanzi l'Autorit Giudiziaria Ordinaria, affronta i noti problemi sulla competenza, sui poteri del giudice ordinario rispetto al provvedimento amministrativo, sull'ammissibilt di determinate azioni nei confronti dell'Amministrazi"One Pubblica, non omettendo di dedicare un capitolo a parte ai poteri del giudice ordinario nella materia tributaria. La trattazione completata da un esame dei rapporti tra giudizio civile ed amministrativo, dall'analisi delle varie deroghe al diritto processuale comune e delle limitazioni ai p"Oteri istruttori del giudice nei giudizi in cui parte la P. A. oltre che da una illustrazione della particolare, privilegiata procedura per la riscossione delle entrate della P. A. Secondo lo schema consueto nelle trattazioni della materia, le successive parti del volume sono dedicate all'azi"One giurisdizionale amministrativa ed al relativo processo ed alle giurisdizioni amministrative speciali. Sulla scorta dell'art. 24 della Costituzione, l'A. costruisce il diritto al ricorso in modo sostanzialmente analogo al diritto di azione ed attribuisce ad esso i caratteri di un diritto soggettivo pubblico collegato con una posizione giuridica sostanziale ma autonomo rispetto ad essa. Le condizioni della azione giurisdizionale amministrativa vengono distinte dai presupposti del processo, viene approfondito il tema della natura della giurisdizione amministrativa, sono messi in luce i suoi caratteri ed illustrate adeguatamente le funzioni giurisdizionali del Consiglio di Stato e le varie specie di competenza a tale organo attribuite. In questa parte sono altres affrontati i tradizionali problemi relativi alla decisione amministrativa (efficacia oggettivo e soggettiva del giudicato, esecuzione, giudizio di ottemperanza ex art. 27, n. 4 t. u. delle leggi sul Consiglio di Stato) ed ai rimedi offerti dalla legge contro di essa. Nella parte dedicata alle giurisdizioni amministrative speciali sono, invece, esaminati i giudizi innanzi al Consiglio di Gustizia Ammnistrativa per la Regione Siciliana, alla Giunta Giurisdizionale Amministrativa della Valle d'Aosta, alla Giunta Provinciale Amministrativa in sede giurisdizionale, alla Corte dei Conti ed ai Tribunali delle Acque. In tale sede viene, altres, trattat'O il giudizio di appello avverso le decisioni della G.P.A. Il libro in rassegna presenta l'indiscutibile pregio di offrire allo studioso un quadro chiaro ed esauriente di tutto quanto stato elaborato fino 230 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ad oggi dalla dottrina e dalla giurisprudenza nella materia trattata. Lo stile rapido ed efficace dell'A. e le notevoli capacit di sintesi consentono che tutto ci avvenga in un numero di pagine piuttosto ristretto rispetto alla vastit degli argomenti affrontati. Il maggiore interesse del volume dato, a nostro avviso, dall'applicazione delle note teoriche del V. in tema di diritti soggettivi al campo della giustizia amministrativa. Sul piano dommatico l'A. aderisce all'indirizzo scientifico che riconosce autonomia al diritto processuale amministrativo. Interessante, sotto tale profilo, le applicazioni al processo amministrativo, concepito come processo di parti, sia pure con speciali caratteristiche inerenti alla qualit dei soggetti ed alla particolarit della procedura, dei risultati della pi moderna dottrina processualistica. Particolarmente, utile, appare infine l'inserimento nel volume di una parte relativa a tutti gli aspetti particolari, anche i pi minuti, che viene ad assumere il giudizio del cittadino contro lo Stato. L. MAZZELLA SEGNALAZIONI* P. BARILE, Delegazioni legislative esauritesi anteriormente alla Costituzione Repubblicana e competenza della Corte Costituzionale, Giur. Cost., 1966, 37. L'A. annota la sentenza 10 gennaio 1966, n. 2, della Corte Costituzionale che ha affermato la propria competenza a decidere su di una questione di legittimit costituzionale, relativa ad una delegazione legislativa esauritasi in tempo anteriore all'entrata in vigore della Costituzione, al fine di accertare l'esistenza di una legge di delegazione avente ad oggetto una materia ben definita e l'osservanza da parte del legislatore delegato dell'estensione data alla delega. Secondo il B. il fatto che la Corte Costituzionale debba ritenersi senza dubbio competente a giudicare la legittimit costituzionale delle leggi anteriori alla Costituzione Repubblicana non comporta necessariamente la conseguenza della competenza a giudicare delle leggi delegate anteriori alla Costituzione (in contrasto, peraltro, non con questa ma con quella del tempo in cui furono emanate), perch, mentre nella prima ipotesi le norme di legge sono state emanate in conformit con la Costituzione dell'epoca ma possono risultare in contrasto con le norme della Costituzione Repubblicana, nel secondo caso le norme delegate anteriori sono state emanate in violazione della Costituzione dell'epoca ma per esse non si pone neppure il problema del loro contrasto con la Costituzione Repubblicana, in omaggio al principio tempus regit actum. Richiamandosi ad una sentenza della Corte di Cassazione del 1960, l'A. sostiene che la Corte Costituzionale istituita a difesa della Costituzione attuale e che il concetto di illegittimit costituzionale attiene A cura dell'avv. L. MAZZELLA. PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 231 unicamente ad un problema di incompatibilit e contrasto tra le vecchie leggi ed il nuovo ordinamento costituzionale. Dopo aver criticato le opposte tesi di ESPOSITO ed ABBAMONTE, il B. conclude il suo scritto ribadendo la tesi dell'incompetenza della Corte Costituzionale e ritenendo tuttora lecito e possibile il controllo del giudice comune, naturalmente nei limiti delle precedenti norme costituzionali e con gli effetti pure precedentemente previsti (disapplicazione inter partes). V. BAROSIO, Il divieto di pubblicare atti o documenti relativi ad una istruzione penale e la sua compatibilit con gli artt. 3 e 21 della Costituzione, Giur. Cost., 1966, 176. Nello scritto in rassegna l'A. trae spunto dalla sentenza 10 marzo 1966, n. 18 della Corte Costituzionale -che ha dichiarato infondata la questione di legittimit costituzionale degli artt. 164, n. 1, c. p. p, e 684 c. p. -per sottoporre a verifica la tesi dell'esistenza nel nostro ordinamento di un diritto di cronaca tutelato a livello costituzionale. Il B. nega che il diritto di cronaca rappresenti un aspetto del diritto tutelato dall'art. 21 della Costituzione, quasi parte di un tutto, e sottolinea la separazione concettuale che, a suo giudizio, sussiste tra narrazione e manifestazione del pensiero. Egli, pertanto, perviene al ris\lltato dell'infondatezza delle questioni di legittimit costituzionale degli artt. 164, n. 1, c. p. p. e 684 c. p. per una via diversa da quella seguita dalla Corte e, cio, assumendo che se il diritto di cronaca da tenere distinto dal diritto di mandfestazione del pensiero e da ritenere costituzionalmente non tutelato, si deve considerare pienamente legittima qualunque limitazione posta a tale ddritto dal Legislatore ordinario. Al chiarimento del pensiero dell'A. segue una critica delle diverse argomentazioni poste dalla Corte Costituzionale a sostegno della decisione annotata. N. DISTASO, I contratti in generale, U.T.E.T., Torino, 1966. Si tratta di un'opera in due volumi facente parte della Collana di Giurisprudenza Sistematica civile e commerciale diretta da W. BIGIAVI. Nel primo volume sono affrontati, dopo una parte generale dedicata alla teoria del contratto nel sistema del diritto positivo, i temi dei requisiti soggettivi del contratto, della sua formazione, conclusione, registrazione e pubblicit, della sua funzione, forma e contenuto. Ampio spazi'C> dedicato, altres, al contratto preliminare ed alla c. d. formazione progressiva del contratto. Nel secondo volume la trattazione inizia con l'esame degli el.ementi accidentali (condizione, termine, modus, clausola penale, caparra); seguono capitoli dedicati alla cessione, simulazione, interpretazione del contratto. Il problema degli effetti del contratto tra le parti e rispetto ai terzi viene affrontato ed esaminato in un capitolo a se stante. Chiudono il volume gli argomenti della rappresentanza, invalidit, efficacia, rescin..; dibilit e risoluzione del contratto. 232 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'opera divisa in capitoli e questi ultimi sono divisi in sezioni. Ogni sezione preceduta da un'indicazione delle disposizioni normative e delle opere dottrinali che riguardano gli argomenti trattati. Corredano i due volumi ampi indici. G. FAZIO, La delega amministrativa ed i rapporti di delegazione, Giuffr, Milano, 1964, pagg. 241. Il libro in rassegna si aggiunge agli studi piuttosto remoti del FoRNEL DE LA LUARENCE e del CARUSO-INGHILLERI ed a quelli pi recenti del FERRERO, TRIEPEL, FRANCHINI, COLZI e MIELE sulla delegazione amministrativa. Nella prima parte del volume l'A. pone a raffronto i princpi giuridici su cui si fonda l'istituto della delegazione legislativa con quelli che stanno a base della delegazione amministrativa. Sempre in via di indagini preliminari allo studio del tema vengono poi pasti a raffronto la delega, da un lato, ed il mandato, l'autorizzazione amministrativa ed il decentramento, dall'altro. Segue una lunga parte del libro dedicata all'esame della natura giuridica della delega amministrativa, dove il rapporto di delegazione viene analizzato con riferimento al contenuto del rapporto di funzione, inteso come rapporto intercorrente fra titolare dell'organo ed ente. Lo scopo, i limiti della delegazione sono presi in considerazione dall'A. prima dell'indagine sulla natura del rapporto tra delegante e delegato. Chiudono la parte centrale del libro i capitoli dedicati rispettivamente alla rilevanza degli atti di delegazione ed alle vicende del rapporto delegatorio. La terza ed ultima parte del volume dedicata all'esame di tutte le ipotesi di delegazione amministrativa previste nel nostro ordinamento giuridico. Tra i rapporti di delegazione interorganica vengono analizzati prima i casi di delegazione interna tra funzionari onorari (Ministri -Sottosegretari; Presidente -Assessori delle Regioni Siciliana e Sarda) tra funzionari onorari e funzionari burocratici (Direttori generali, Ispettori generali, Direttori di divisione) tra funzionari burocratici, del Sindaco quale Ufficiale di governo, fra un collegio ed un soggetto individuale e poi le ipotesi di vera e propria delegazione tra organi. Nel capitolo dedicato all'esame dei rapporti di delegazione tra enti pubblici vengono analizzati invece la delegazione dallo Stato alla Regione. e la delegazrone dalla Regione agli Enti pubblici minori. Dopo l'esposizione delle tesi dell'A. sono ricordati i principi affermati dalla Corte Costituzionale sulla delicata materia. F. FORTE, Sul problema della costituzionalit di imposte retroattive, Giur. it., 1966, I, 1, 962. Si tratta di un ampio studio sul problema riguardante la legittimit costituzionale delle norme tributarie retroattive, antecedente alla sentenza della Corte Costituzionale 23 maggio 1966, n. 44 su norme della legge istitutiva dell'imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili, ma pubblicato su Giurisprudenza. Italiana coevamente ad essa. PARTE II, RAS~EGNA DI DOTTRINA 233 Il F. sostiene che per la materia tributaria l'incostituzionalit di norme retroattive deve desumersi non gi dall'art. 25 della Costituzione, ma da altre norme costituzionali, quali l'art. 53, comma primo, l'art. 41, comma primo e secondo e l'art. 42, comma secondo, ben potendo una norma fiscale retroattiva avere per conseguenza di colpire situazioni ove manchi la capadt contributiva, di determinare uno stato di insicurezza ed incertezza nel mercato tale da frustrare la libert della privata iniziativa, o infine di costituire una menomazione del diritto di propriet. Sui tre aspetti del problema l'A. si sofferma diffusamente con frequenti riferimenti all'imposta sulle aree fabricabili istituita con la 1. 5 marzo 1963, n. 246. F. GARRI, La responsabilit per danno erariale, Giuffr, Milano, 1965, pagg. 281. L'A., dopo aver spiegato le ragioni dell'uso, meramente convenzionale, dell'espressione e responsabilit per danno erariale. come relativo a tutti i settori della finanza pubblica e dopo avere svolto un'indagine preliminare sui regimi patrimoniali della finanza pubblica medesima, procede alla definizione ed alla classificazione del danno erariale. Successivamente, egli esamina i vari casi di responsabilit previsti dal nostro sistema normativo, rilevando l'inorganicit e l'incompletezza della disciplina contenuta nelle leggi amministrative. Seguono indagini sui rapporti tra responsabilit per danno erariale ed illecito amministrativo, sulla natura della responsabilit per danno erariale e sul problema della colpa in tale tipo di responsabilit. La seconda parte del volume dedicata all'esame della responsabilit dei contabili e del giudizio di conto; la terza alla responsabilit degli amministratori degli Enti locali. Chiude la trattazione un'ultima parte dedicata ai complessi problemi di giurisdizione che si pongono in materia di responsabilit per danno .erariale nei vari settori della Finanza Pubblica. E. Gui;ccIARDI, Questioni conseguenti aH'annuUamento di licenza edilizia, Giur. it., 1966, III, 129. Lo scritto in rassegna una breve nota alla decisione dell'Adunanza :Plenaria del Consiglio di Stato 28 luglio 1965, n. 19 che, tra l'altro, ha affermato il principio secondo cui -anmillata in sede giurisdizionale una licenza edilizia -il Sindaco non necessariamente tenuto ad ordinare la demolizione dell'edificio costruito in conformit della licenza stessa, non essendo il potere, a detta Autorit attribuito dall'art. 32 della 1. 17 ago.,. .sto 1942, n. 1150, vincolato, oltre che nell'an, anche nel contenuto. Secondo la :decisione annotata dal G. sarebbe anzi illegittimo l''Ordine di demolizione adottato nella detta ipotesi, ove non risultasse il compi mento da parte del Sindaco di una completa valutazione di tutti gli inte ressi pubblici, eventualmente esistenti, ed in particolare dei seri e gravi motivi di pubblico interesse che in determinati casi poss'Ono consigliare .di non ordinare la demolizione. 234 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'A. -pur mostrandosi sostanzialmente d'accordo sulla decisione deI caso di specie -manifesta le sue perplessit riguardo alle affermazioni del Collegio giudicante, sottolineando il pericolo insito nella loro generalizzazione ed estensione a casi non del tutto identici. Egli propone una diversa soluzione fondata su di una distinzione tra annullamento giurisdizionale, alla cui pronuncia sufficiente un vizi<> di legittimit ed annullamento amministrativo, d'uffici'O ed in qualunque tempo, che postula, altres, il concorso di una concreta ragione di interesse pubblico per annullare. A suo giudizio quelle valutazioni di convenienza e di proporzionalit circa la demolizione, indicate dalla decisione come successive all'annullamento giurisdizionale della licenza, dovrebbero,. invece, precedere l'annullamento amministrativo della licenza edilizia, al fine di fare eventualmente escludere l'annullamento stesso. Pronunciato, per, quest'ultimo la demolizione dovrebbe ritenersi conseguenza necessaria senza possibilit di ulteriori valutazioni dopo la pronuncia. A. MoNTEL, Responsabilit civile e danno, Campobasso, 1966. L'A. ha raccolto e trattato in trentatr scritti altrettante ipotesi di responsabilit civile affrontate nel corso della sua esperienza professionale. Il volume raccoglie pareri pro veritate, stralci di scritti difensivi e note a sentenze di grande interesse pratico per la vasta gamma dei problemi esaminati, per l'aggiornato, costante richiamo della giurisprudenza, della dottrina e per il rigore logico con cui i diversi problemi della responsabilit e del danno vengono prospettati e trattati dall'A. L. MoNTESANO, L'oggetto del giudizio costituzionale e l'interpretazione giudiziaria delle leggi, Giur. it., 1966, V, 49. Lo scritto in rassegna riproduce -come ci avverte l'A. in nota un intervento in una discussione congressuale. In esso si confuta la tesi -gi tempo addietro sostenuta dal CARNELUTTI -secondo cui la Corte Costituzionale sarebbe vincolata a giudicare il solo significato normativo prospettatole dal giudice a quo, non potendo essa n statuire su altro significato della legge che non sia quello proposto nell'incidente, n intendere la legge in modo diverso da quello in cui l'abbia intesa il giudice a quo. A giudizio del M. la tesi surriferita non sarebbe conforme al nostro diritto positivo. A sostegno di tale affermazione, egli invoca il disposto degli artt. 134 e 136 della Costituzione e la I. n. 87 del 1953. Il dettato delle surricordate norme costituzionali non sembra al M. adattabile a. decisioni della Corte Costituzionale sulle interpretazioni, giudiziarie o non, delle leggi ma anzi dimostrerebbe chiaramente l'incidenza di quelle decisioni sulle fonti o sulla struttura dell'ordinamento giuridico. Allo stesso risultato conduce -prosegue l'A. -l'interpretazione della I. n. 87 del 1953, ponendo essa ad oggetto della dichiarazione di incostituzionalit le disposizioni legislative ., dizione che designa gli enunciati del legislatore e non le loro interpretazioni. PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 235 Nella ricerca delle cause che hanno riportato il discussione la vecchia tesi Carneluttiana, il M. esamina il problema dei rapporti tra i poteri della Corte Costituzionale e l'interpretazione delle leggi da parte della Cassazione, alla luce dei recenti conflitti tra le due Corti e propone come mezzo per evitare tali conflitti una mi.nore prudenza della Corte C<>stituzionale nel ricorrere al decisivo strumento della sentenza di illegittimit quando la legge, pur essendo ad avviso di essa Corte costituzionalmente legittima, venga incostituzionalmente applicata da costante giurisprudenza, in ossequio alle massime della Cassazione. S; SPATARO, Commento teorico-pratico alla legge sull'ordinamento ammini8trativo degli Enti locali in Sicilia, Giuffr, Milano, 1964, pagg. 427. Nella prefazione l'A. ci avverte che questo Commento alla nuova legg sull'ordinamento amministrativo degli Enti locali nella Regione Siciliana, entrata in vigore il 15 maggio 1956, stato suggerito dalla necessit di carattere pratico di evidenziare, da un lato, i radicali mutamenti intr(ldotti nell'organizzazione amministrativa dell'isola rispetto ai vecchi princpi della legge Comunale e Provinciale, dall'altro, gli adattamenti subiti da altre norme, non completamente ripudiate, dei precedenti testi legislativi. Sulle singole questioni trattate sono stati richiamati dallo S. i precedenti giurisprudenziali pi recenti ed anche quelli ancora utilizzabili anteriori alla nuova disciplina. In calce ad ogni articolo sono state ricordate, poi, le n<>te e le monografie di maggiore interesse pratico. Una bibliografia delle opere a carattere generale precede il commento alla legge. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE DISEGNI E PROPOSTE DI LEGGE Disegno di legge n. 3130 (Senato). -Modificazioni alle norme sul contenuto elettorale amministrativo. Abbiamo dato notizia a suo tempo (v. questa Rassegna 1966, II, 91) del disegno di legge n. 1620, presentato dal Ministro dell'Interno, di concerto con il Ministro di Grazia e Giustizia, pubblicandone, altresi, il testo. Tale disegno, riunito a quello n. 1592 di iniziativa dei Senatori Palumbo e Trimarchi, stato approvato dal Senato della Repubblica nella seduta del 4 maggio 1966 ma successivamente stato modificato dalla Camera dei Deputati nella seduta del 6 ottobre 1966. Le modifiche apportate al testo approvato dal Senato sono state veramente notevoli, essendosi sostituita alla competenza della G. P. A. in sede giurisdizionale a decidere sui ricorsi avverso deliberazioni in materia di el,eggibilit adottate dal Consiglio Comunale o, in via surrogatoria, dalla G. P. A., in sede di tutela, quella del Tribunale civile ordinario, ed essendosi altresi istituita la Sezione dei Tribunali Amministrativi per il contenzioso elettorale in materia di operazioni elettorali. In considerazione dell'importanza della materia e del fatto che nel nuovo testo risultano minutamente regolati sia il procedimento di 1 grado che il sistema delle impugnazioni, riteniamo preferibile ad una sintesi delle modifiche la pubblicazione integrale del Disegno approvato dalla Camera dei Deputati. DISEGNO DI LEGGE APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI Art. 1. L'articolo 82 del t. u. delle leggi per la compos1z10ne e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, sostituito dai seguenti: Articolo 82. -Le deliberazioni adottate in materia di eleggibilit dal Consiglio comunale, ovvero, in via surrogatoria dalla Giunta provinciale amministrativa o da altro competente organo tutorio, ai sensi dell'art. 75, possono essere impugnate da qualsiasi cittadino elettore del Comune, o da chiunque altro vi abbia diretto interesse, davanti al tribunale civile della circoscrizione territoriale in cui compreso il PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 237 co:r:hune medesimo. La impugnativa proposta con ricorso, che deve essere dpositato nella Cancelleria entro trenta giorni dalla data finale di pubblicazione della deliberazione, ovvero dalla data della notificazione di essa, quando sia necessaria. La deliberazione adottata in via surrogatoria della Giunta provinciale amministrativa o da altro competente rgano tutorio deve ssere immediatamente comunicata al Sindaco e pubblicata nell'albo pretorio del Comune entro ventiquattro ore dal ricevimento, a cura del segretari co:r:hunale che ne il responsabile. Il termine di trenta giorni, stabilito ai ftni della impugnativa di cui al precedente com:r:ha, decorre dall'ultimo giorno dell'anzidetta pubblicazine. La impugnativa delle dliberazfon adottate dal Consiglio comunale pu essere promossa anche dal prefetto. . Il prsidente del tribunale, con decreto, fissa 1a udienza di discussione. della caus in via di urgnza, e provvede alla nomina . del. giudice relatore; ll rieorso, unitamente>al decreto di fissazione della udienza, deve essere notificato, a cura di chi lo ha proposto, entro dieci giorni dalla data . della comunicazione . de.l provvedimento presidenzial, agli eletff di ctiL viene contestata la elezione; e nei dieci giorni successivi alla data di notificazione, deve essere poi depositata nella Cancelleria, sempre a cura del ricorrente, la copia del ricorso e del decreto con la prova dll'avvenufa. notifica giudiziaria, ed insieme con tutti gli atti e documenti del processo. La parte contro la quale il ricorso diretto, se intende contraddirvi, deve :farlo mediante controricorsd, da depositare in Cancelleria, coi relativi atti e documenti, entro quindici giorni dalla data della ricevuta notifcazio1le. Tutti f termini di cui sopra sono perentori, e devono essere osservati sotto pena di decadenza. All'udienza stabilita, il tribunale, udita. la relazione del giudice all'uopo delegato, sentiti, il pubblico ministero nelle sue orali conclusioni, e le parti se presenti, nonch i difensori se costituiti, subito dopo la discussione decide la causa in Camera di consiglio, con sentenza il cui dispositivo letto immediatamente all'udienza pubblica dal presidente. Qualora il Collegio ritiene necessario disporre mezzi istruttori, pro'Vvede al riguardo con ordinanza, delegando per tali adempimenti e per qualsiasi altro accertamento il giudice relatore; e fissa la nuova udienza di trattazione sempre in via di urgenza; Nel giudizio si applicano, ove non diversamente disposto dalla presente legge, le norme del Codice di procedura civile: tutti i termini del procedimento sono per ridotti. alla met. La sentenza depositata in Cancelleria entro dieci giorni dalla data della decisione e immediatamente deve esser trasmessa in copia a cura del cancelliere al sindaco, perch entro 24 ore dal ricevimento provveda alla pubblicazione per quindici giorni del dispositivo nel l'albo pretorio a mezzo del segretario comunale che ne diretto re sponsabile . 238 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Articolo 82/2. -!'e sentetnze pronunciate incprimtod~rado11datl tr~-~ buna1e possono essere impugna e con appe11o a 11a or e appe o erri-lf: torialmente competente, da qualsiasi cittadino elettore del Comune, o da chiunque altro vi abbia diretto interesse, dal procuratore della Re-, pubblica, e dal prefetto quando ha promosso l'azione di ineleggibilit. ! La impugnazione si propone con ricorso che deve essere depositato nella cancelleria della Corte, entro il termine di giorni venti dalla notifica della sentenza, da parte di coloro per i quali necessaria la notificazione; entro lo stesso termine decorrente dall'ultimo giorno della pubblicazione del dispositivo della sentenza medesima nell'albo pretorio del Comune per ogni altro cittadino elettore o diretto interessato. Il presidente fissa con decreto l'udienza di discussione della causa in via di urgenza, e provvede alla nomina del consigliere relatore. Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve essere notificato, a cura dell'appellante, alle parti interessate entro dieci giorni dalla data della comunicazione del provvedimento presidenziale. Nel giudizio di appello, per quanto qui non previsto, si osservano le norme di procedura ed i termini stabiliti per il giudi~io di primo grado. Articolo 82/3. -Le sentenze pronunciate in secondo grado dalla Corte di appello, possono essere impugnate con ricorso per Cassazione, dalla parte soccombente, e dal procuratore generale presso la Corte di appello, entro venti giorni dalla loro notificazione. Il presidente della Corte di cassazione, con decreto steso in calce al ricorso medesimo, fissa, in via di urgenza la udienza di discussione. Per quanto non diversamente disposto dalla presente legge, nel giudizio di Cassazione si applicano le norme del Codice di procedura civile: tutti i termini del procedimento sono per ridotti alla met. La sentenza immediatamente pubblicata . Art. 2. L'articolo 83 del t. u. delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, sostituito dai seguenti: Articolo 83. - Fino a quando non verranno istituiti i tribunali amministrativi regionali di cui all'art. 125 della Costituzione, in ogni Regione istituita la Sezione dei tribunali amministrativi per il con tenzioso elettorale, alla quale sono deferite le controversie in materia di operazioni elettorali. La Sezione, che esercita funzioni di organo di giustizia ammini strativa di primo grado, composta di un presidente e di quattro PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 239 componenti; ed ha sede, per ciascuna Regione, nella citt nella quale la Corte di appello, ovvero il tribunale, che si costituisce in ufficio elettorale regionale a termini dell'art. 7 della 1. 6 febbraio 1948, n. 29. Nulla innovato in ordine alle disposizioni vigenti che riguardano la Regione della Valle d'Aosta. Il presidente della Sezione scelto tra i funzionari dell'amministrazione civile dell'interno, di qualifica non inferiore a vice prefetto. I quattro componenti vengono scelti, l'uno tra i funzionari dell'amministrazione civile dell'interno, di qualifica non inferiore a vice prefetto ispettore; e gli altri tre fra cittadini idonei, elettori della Regione. Questi ultimi devono essere in possesso dei requisiti richiesti dall'articolo 9 della 1. 10 aprile 1951, n. 287, per i giudici popolari delle Corti li assise, nonch del titolo finale di studi di istruzione secondaria di secondo grado. . . . Coloro . che abbiano ricoperto la carica di consigliere provinciale i di' consigliere comunale per almeno cinque anni, possono essere scelti anche se ;forniti del. titolo finale di studi di istruzione secondaria di primo grado soltanto. I componenti elettivi della Sezione, tre effettivi e tre supplenti, sono designati dal Consiglio regionale: ma, fino a quando non saranno costituite le Regioni a statuto ordinario, in queste la designazione sar effettuata, secondo le disposizioni e le modalit previste negli articoli seguenti, dai consiglieri provinciali in carica, nelle province dell;:i. Regione, nonch da quelli dei Consigli provinciali sciolti e non ancora rinnovati, i quali si trovavano in carica all'atto dello scioglimento, e non abbiano perduto la capacit elettorale a norma della 1. 7 ottobre 1947, n. 1058, e successive modificazioni. Non possono essere designati n quindi nominati i consiglieri delle Provincie e dei Comuni, compresi nel territorio della Regione, nonch gli amministratori dei consorzi, dei quali facciano parte Province o Comuni compresi nel territorio della Regione; i componenti degli organi di vigilanza e di controllo sugli enti locali, i dipendenti civili o militari dello Stato; i dipendenti della Regione, delle Province, dei Comuni, dei Consorzi e delle istituzioni di assistenza e beneficienza esistenti nella Regione, in attivit di servizio. Le funzioni di segretario della Sezione sono affidate ad un consigliere della prefettura, nella quale la medesima ha sede . Articolo 83/2. -Il prefetto della Provincia in cui istituita la Sezione per il contenzioso elettorale, con decreto, convoca in prima e seconda riunione, da tenersi in due domeniche successive, i consiglieri provinciali per la designazione dei componenti effettivi e dei componenti supplenti; e d immediata comunicazione del suo provvedimento, almeno venti giorni prima della data stabilita per la prima riunione, ai presidenti delle amministrazioni provinciali della Regione, perch curino di darne avviso a tutti i consigl.ieri provinciali in carica, con l'indicazione delle date e del luogo delle riunioni. Per quelle Provincie nelle quali il Consiglio provinciale sia stato sciolto, la comunicazione fatta al presidente della commissione straor 240 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dinaria che provvede agli avvisi nei confronti dei consiglieri in carica all'atto dello scioglimento. I presidenti delle amministrazioni provinciali ed i commissari, entro otto giorni dalla comunicazione, trasmettono un elenco di tutti i consiglieri provinciali in carica alla data del decreto di convocazione, ovvero alla data dello scioglimento, al prefetto,. Questi, con proprio ~ecreto, procede alla formazione della lista elettorale in triplice esemplare, con l'indicazione dei nominativi di ciascun consigliere, in ordine alfabetico, e della provincia di rispettiva appartenenza; e trasmette due esemplari alla segreteria del Consiglio provinciale, per le operazioni di votazione , Articolo 83/3. -Nel giorno stabilito per la votazione i presidenti delle amministrazioni provinciali provvedono alla costituzione dell'ufficio elettorale, e nominano tre scrutatori scelti fra i consiglieri provinciali presenti. Assume la presidenza il presidente dell'amministrazione provinciale del capoluogo nel quale istituita le Sezione per il contenzioso elettorale; ovvero, in sua mancanza, il presidente pi anziano di et Le funzioni di segretario sono esercitate dal segretario generale di detta amministrazione, o da chi legalmente lo sostituisce. Dichiarata aperta la votazione il presidente procede all'appello nominale dei consiglieri provinciali compresi nella lista elettorale compilata dal prefetto, e li ammette a votare. Esaurito il primo appello, si procede subito ad un secondo appello per coloro che non si sono presentati a votare. Articolo 83/4. - Ciascun consigliere provinciale pu indicare nella propria scheda un nominativo per la designazione dei componenti effettivi, e un nominativo per la designazione dei componenti supplenti>. Articolo 83/5. -La votazione, in prima convocazione non valida se non vi ha partecipato la maggioranza degli iscritti; nella seconda riunione, la votazione valida qualunque sia il numero dei votanti. Compiute le operazioni di voto, il presidente dichiara chiusa la votazione, ed accerta il numero dei votanti. Se alla votazione in prima convocazione non ha preso parte la maggioranza dei consiglieri iscritti nella lista, il presidente ne dichiara l'invalidit e provvede immediatamente alla distruzione delle schede senza aprirle. Se invece accertata la validit della votazione, procede allo scrutinio e comunica i risultati da trascrivere nel verbale redatto in duplice esemplare. Sono proclamati designati i tre candidati effettivi ed i tre candidati supplenti che hanno riportato il maggior numero di voti validi nelle rispettive qualifiche. A parit di voti, viene designato il pi anziano di et. Un esemplare del verbale immediatamente trasmesso alla prefettura per l'inoltro alla presidenza del Consiglio dei ministri; l'altro rimane depositato presso la segreteria dell'amministrazione provinciale. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 241 Articolo 83/6. -La designazione dei membri effettivi e dei membri supplenti della Sezione per il contenzioso elettorale da parte dei Consigli regionali delle Regioni, a statuto speciale, e del consiglio provinciale di Campobasso per la Regione Molise, vengono effettuate mediante deliberazioni. Si applicano le norme di procedura proprie di ciascun consesso, con l'osservanza delle disposizioni di cui agli articoli precedenti per quanto concerne il sistema di votazione, lo scrutinio e le proclamazioni. Articolo 8317. -La Sezione per il contenzioso elettorale costituita con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri; tale decreto contiene la nomina anche dei membri supplenti. I funzionari dell'amministrazione civile dell'interno, nominati presidenti o componenti del Collegio, durano in carica cinque anni; e per tale periodo sono collocati fuori ruolo a norma delle disposizioni vigenti in materia, e vengono posti a disposizione della presidenza del Consiglio dei ministri. Essi non possono essere sostituiti, se non con il loro consenso, salvo nei casi di: a) morte; b) dimissioni; c) collocamento a riposo per limiti di et; d) collocamento in aspettativa per infermit, per un periodo non inferiore a due mesi; e) abituale negligenza nell'adempimento dei doveri del proprio ufficio o grave violazione dei medesimi. La sostituzione disposta con decreto del Presidente della Repub blica su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri; nei casi di cui alla lettera e) deve essere sentito il parere del Consiglio di Stato. I componenti designati dal Consiglio regionale, ovvero dai Consigli provinciali, sono nominati pure per un periodo di cinque anni; e non possono essere sostituiti, se non con il loro consenso, salvo nei casi di: a) morte; b) dimissioni; c) perdita dei requisiti richiesti per la nomina a giudice popolare; d) assunzione di una delle cariche o di uno dei servizi che co stituiscono motivo di incompatibilit; e) infermit che impedisca l'esercizio delle funzioni per un pe riodo superiore a due mesi; f) abituale negligenza nell'adempimento dei doveri specie in relazione alla partecipazione alle sedute o grave violazione dei doveri medesimi. Si applicano per la sostituzione, le norme di cui al precedente comma secondo, previa nuova designazione da parte del Consiglio regionale o dei Consigli provinciali . 242 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Articolo 83/8. - Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, sono inoltre nominati i presidenti supplenti e i componenti supplenti, in numero complessivo di dieci, tra i funzionari dell'amministrazione civile dell'interno, di qualifica rispettivamente non inferiore a vice prefetto e a vice prefetto ispettore, collocati fuori ruolo per un periodo di cinque anni e posti a disposizione della presidenza del Consiglio dei ministri, per la sostituzione dei presidenti e dei componenti che appartengono alla stessa amministrazione e si trovino temporaneamente impediti. L'assegnazione temporanea alle varie sezioni disposta con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri . Articolo 83/9. - La Sezione per il contenzioso elettorale giudica con l'intervento dei cinque suoi componenti. I membri supplenti nominati su designazione del Consiglio regionale o dei Consigli provinciali, prendono parte alle adunanze della Sezione soltanto se mancano i componenti effettivi, ed in corrispondenza delle votazioni con le quali gli uni e gli altri sono risultati eletti . Articolo 83110. - La Sezione per il contenzioso elettorale ha sede presso la Prefettura, che provvede a fornire i locali, il personale esecutivo ed ausiliario, ed i servizi occorrenti. Nella regione Trentino-Alto Adige ha sede presso gli Uffici del Commissariato del Governo. Al f; presidente ed al componente funzionario fuori ruolo dell'Amministrazione civile dell'interno, corrisposto, a carico del Ministero medesimo I il trattamento economico rispettivamente di consigliere di Stato e di primo referendario del Consiglio di Stato, ove sia pi favorevole. Ai componenti elettivi, corrisposta, sempre a carico del Ministero dell'interno una medaglia di presenza di lire cinquemila per ogni se l duta, oltre il trattamento di missione, se dovuto, nella misura stabilita per i primi referendari del Consiglio di Stato . Articolo 83111. - Contro le operazioni per l'elezione dei consiglieri comunali, successive alla emanazione del decreto di convocazione dei comizi, qualsiasi cittadino elettore del Comune, o chiunque altro vi abbia diretto interesse, pu proporre impugnativa davanti alla Sezione per il contenzioso elettorale, con ricorso che deve essere depositato nella Segreteria entro il termine di giorni trenta dalla proclamazione degli eletti. Il Presidente, con decreto in calce al ricorso mede. simo, fissa l'udienza di discussione della causa in via di urgenza e provvede alla nomina del relatore. Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione della udienza, deve essere notificato giudiziariamente a cura di chi lo ha proposto, alla parte che pu avervi interesse, entro dieci giorni dalla data del provvedimento presidenziale. Nei successivi dieci giorni dalla notificazione il ricorrente dovr depositare nella Segreteria della Sezione la copia del ricorso e del decreto, con la prova dell'avvenuta notificazione, insieme con gli atti e documenti del giudizio. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 243 La parte controinteressata deve depositare nella Segreteria le proprie controdeduzioni entro quindici giorni dalla ricevuta notifica. Tutti i termini di cui sopra sono perentori, e devono essere osservati sotto pena di decadenza. All'udienza stabilita, la Sezione, udita la relazione del componente all'uopo delegato, sentite le parti se presenti, nonch i difensori se costituiti, pronuncia la decisione la cui parte dispositiva letta immec; liatamente all'udienza pubblica dal presidente. Qualora si appalesano necessari adempimenti istruttori, la Sezione provvede con ordinanza, e fissa in pari tempo la nuova udienza di discussione. La decisione depositata in segreteria entro dieci giorni dalla pronuncia e deve essere immediatamente trasmessa in copia, a cura del segretario della Sezione, al sindaco, perch provveda, entro 24 ore dal ricevimento, alla pubblicazione per quindici giorni della parte dispositiva nell'albo pretorio a mezzo del segretario comunale che ne diretto responsabile. Per tutto quanto non previsto nel presente articolo sulla disciplina del procedimento, si applicano le norme contenute nel titolo II del testo unico approvato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1058, modificato con legge 8 febbraio 1925, n. 88, nonch quelle contenute nel regio decreto 17 agosto 1907, n. 643, e nel regio decreto 17 agosto 1907, n. 644 . Articolo 83112. -Contro le decisioni emesse in primo grado dalla Sezione per il contenzioso elettorale, ammesso ricorso, anche per il merito, al Consiglio di Stato entro il termine di giorni 20 decorrenti dalla notifica della decisione, per coloro nei confronti dei quali necessaria la notificazione, ed entro lo stesso termine di giorni 20 dall'ultimo giorno di pubblicazione della parte dispositiva della decisione medesima nell'albo pretorio del Comune per ogni altro cittadino elettore o diretto interessato. Sul ricorso il presidente fissa in via di urgenza l'udienza di discussione. Al giudizio si applicano le norme ordinarie di procedura relative al procedimento dinanzi al Consiglio di Stato; tutti i termini sono per ridotti alla met . Art. 3. Nei giudizi elettorali, sia davanti agli organi di giurisdizione ordi naria, sia davanti agli organi di giurisdizione amministrativa, non necessario il ministero di procuratore o di avvocato. Tutti gli atti relativi ai procedimenti amministrativi o giudiziari in materia elettorale sono redatti in carta libera, e sono esenti dalla tassa di registro, dal deposito per il ricorso in Cassazione, e dalle spese di cancelleria. 18 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 244 Art. 4. L'articolo 84 del testo unico delle leggi per la composizione e l'elezione degli organi delle amministrazioni comunali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, sostituito dal seguente: Il Tribunale, la Corte di appello, la Sezione per il contenzioso elettorale, il Consiglio di Stato e la Corte di cassazione, quando accolgono i ricorsi, correggono il risultato delle elezioni e sostituiscono ai candidati illegalmente proclamati, coloro che hanno diritto di esserlo. Le sentenzie e le decisioni devono essere immediatamente comunicate al sindaco, <:he subito ne <:ura la notificazione, senza spese, agli interessati. Eguale comunicazione deve essere data al prefetto. L'esecuzione delle sentenze emesse dal tribunale civile resta so spesa in pendenza di ricorso alla Corte di appello . Art. 5. Dopo l'articolo 9 del testo unico delle leggi per la compos1z1one e l'elezione degli organi delle amministrazioni comunali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, aggiunto il seguente: Articolo 9-bis. -La decadenza dalla qualit di consigliere per impedimenti, incompatibilit o incapacit contemplati dalla legge, pronunciata dal Consiglio comunale in sede amministrativa, di ufficio o su istanza di qualsiasi cittadino elettore del Comune, o di chiunque altro vi abbia interesse. Contro la deliberazione adottata dal Consiglio comunale ammesso ricorso giurisdizionale al tribunale competente per territorio. La decadenza dalla qualit di consigliere pu essere altres promossa in prima istanza da qualsiasi cittadino lettore del Comune, o da chiunque altro vi abbia interesse, davanti al tribunale civile, con ricorso da notificare al consigliere ovvero ai consiglieri interessati, nonch al sindaco quale presidente del Consiglio comunale. L'azione pu essere promossa anche dal prefetto. Per tali giudizi si osservano le norme di procedura ed i termini stabiliti dall'articolo 82. Contro la sentenza del tribunale, sono ammesse le impugnazioni ed i ricorsi previsti dagli articoli 82/2 e 82/3. La pronuncia della decadenza dalla carica di consigliere comunale produce di pieno diritto la immediata decadenza dall'ufficio di sindaco. Le norme del presente articolo si applicano anche ai procedimenti relativi alla ineleggibilit e alla decadenza dalla qualit di sindaco, per le cause di ineleggibilit alla carica stessa previste dall'articolo 6 . . . II ' PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 245 Art. 6. Il terzo periodo dell'ultimo comma dell'articolo 15 del testo unico delle leggi per la composizione e l'elezione degli organi delle amministrazioni comunali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, sostituito dai 1seguenti: La sospensione pronunziata dalla Sezione per il contenzioso elettorale. Contro il relativo provvedimento ammesso ricorso, anche per il merito, al Consiglio di Stato. Sul ricorso il presidente fissa in via di urgenza l'udienza di discussione. Al procedimento si applicano le norme che regolano l'ordinario giudizio davanti al Consiglio di Stato medesimo; tutti i termini sono per ridotti alla met . Art. 7. L'articolo 2 della legge 18 maggio 1951, n. 328, abrogato. Le norme contenute nei precedenti articoli e nell'articolo 75 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, si applicano altres per i Consigli provinciali, sia per quanto riguarda la materia relativa alle operazioni per l'elezione, sia per quanto riguarda la materia relativa all'ineleggibilit dei consiglieri provinciali. Le azioni popolari e le impugnative consentite a qualsiasi elettore del Comune per quanto concerne elezioni comunali, sono consentite a qualsiasi cittadino elettore della Provincia per quanto concerne le elezioni provinciali. Le attribuzioni conferite da tali norme al Consiglio comunale, si intendono devolute al Consiglio provinciale; quelle devolute al sindaco si intendono devolute al presi dente della Giunta provinciale. Per tutte le questioni e le controversie deferite alla magistratura ordinaria, competente, in prima istanza, il tribunale nella cui circo scrizione territoriale compreso il capoluogo della Provincia. NORME TRANSITORIE Art. 8. I ricorsi in materia di eleggibilit o di decadenza, pendenti davanti ai Consigli comunali, davanti ai Consigli provinciali o davanti alla Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale, devono essere trasmessi di ufficio al tribunale civile competente per territorio entro il termine di quindici giorni dalla data di entrata in vigore della pre 246 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sente legge. Quelli in materia di operazioni elettorali, pendenti davanti ai Consigli comunali, davanti ai Consigli provinciali o davanti alla Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale vanno trasmessi, con le stesse modalit, alla Segreteria della Sezione per il contenzioso elettorale, entro il termine di 15 giorni dalla costituzione di questa. I termini per la presentazione dei ricorsi di cui agli articoli 82, 83/11 e 9-bis del testo unico 16 maggio 1960, n. 570, come modificati dalla presente legge, decorrono dalla data di entrata in vigore della presente legge per le questioni in materia di eleggibilit, decadenza, ed operazioni elettorali, sorte successivamente al 31 dicembre 1965, o per le quali, alla predetta data, non era stato presentato ricorso e non era scaduto il termine per l'impugnativa davanti al Consiglio comunale o al Consiglio provinciale. LEGGI E DECRETI (*) d. P. R. 20 maggio 1966, n. 866 Contiene il regolamento per il personale dei cantonieri dell'Azienda Nazionale Autonoma delle Strade Statali (G.U. 25 ottobre 1966, n. 266). d. P. R. 9 agosto 1966, n. 808 -Disciplina l'attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giuilia in materia di cooperazione e vigilanza sulle cooperative (G.U. 17 ottobre 1966, n. 259). d. P. R. 9 agosto 1966, n. 833 -Disciplina l'attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di trasporti pubblici di interesse regionale (G.U. 21 ottobre 1966, n. 263). d. P. R. 9 agosto 1966, n. 834 -Disciplina l'attuazione dello Statuto speciale per la Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di ordinamento e circoscrizione dei Comuni e di toponomastica (G.U. 21 ottobre 1966, n. 263). d. P. R. 9 agosto 1966, n. 869 -Disciplina l'attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di igiene e sanit, assistenza sanitaria ed ospedaliera, recupero dei minorati fisici e mentali (G.U. 26 ottobre 1966, n. 267). legge 14 ottobre 1966, n. 851 -Detta norme sull'assunzione obbligatoria, nelle Amministrazioni dello Stato, degli Enti locali e degli Enti pubblici, dei mutilati ed invalidi del lavoro e degli orfani e delle vedove dei caduti sul lavoro (G.U. 24 ottobre 1966, n. 265). () Si segnalano provvedimenti ritenuti di maggiore interesse. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 247 NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE* NORME DELLE QUALI STATO PROMOSSO GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE Codice di procedura civile, art. 293 (Costituzione del contumace), limitatamente alla parte in cui vieta al contumace di costituirsi dopo l'udienza di precisazioni delle conclusioni, almeno al fine di discutere, nei limiti delle deduzioni e delle prove acquisite, il rigetto o l'accoglimento della domanda o delle eventuali ulteriori richieste istruttorie della parte costituita, o di instaurare il contraddittorio con il pubblico ministero che spieghi il suo intervento nell'udienza di discussione (artt. 24, secondo comma, e 3 della Costituzione). Pretore di Livorno, ordinanza 13 luglio 1966, G. U. 24 settembre 1966, n. 239. codice di .procedura civile, art. 294 giugno 1966 e 15 giugno 1966, G. U. 10 settembre 1966, n. 226. codice di procedura penale, art. 592 (Pregiudizialit dell'amnistia ed eccezioni ana regola) e art. 152 (Obbligo dell'immediata declaratoria di determinate cause di non punibilit), secondo comma, Se ed in quanto la pregiudizialit dell'amnistia rispetto alle questioni di merito sia da escludere nella sola ipotesi in cui risultino gi agli atti le prove necessarie per il proscioglimento dell'imputato (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 6 giugno 1966, G. U. 15 ottobre 1966, n. 258. codice di pro:edura penale, articoli di cui al libro terzo, titolo I, titolo Il, ca.po I, capo Il e capo lii (artt. 405-496), nelle parti in cui attribuiscono poteri di giudice allo stesso magistrato (Pretore) che ha promosso la azione penale ed ha esercitato funzioni di istruttore, in relazione agli artt. 74, 398, 61 e 64, primo comma, n. 6, del codice di procedura penale {art. 3 della Costituzione). Pretore di Caltanissetta, ordinanza 15 luglio 1966, G. U. 24 settembre 1966, n. 239. codice penale militare di pace, art. 28 (Degradazione), primo comma, n. 2, in quanto prevede la perdita del diritto a pensione per degradazione (artt. 3, primo comma, 36, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione). Corte dei conti, quarta sezione giurisdizionale, ordinanza 5 marzo 1966, G. U. 24 settembre 1966, n. 239. legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F (Legge sui lavori pubblici), art. 317, secondo ~omma, in quanto consente al Governo, senza indicazione di principi e criteri direttivi e senza limitazioni temporali (artt. 76 e 77 della Costituzione), di emanare norme penali nell'esercizio della potest regolamentare (art. 25 della Costituzione), e quale fonte normativa degli (6) Questione gi proposta dal Tribunale di Belluno con ordinanza 10 dicembre 1965 (G.U. 12 febbraio 1966, n. 38, e retro, II, 23) e, in riferimento al solo art. 24 della Costituzione, dal Pretore di Bari con ordinanza 16 marzo 1966 (G.U. 21 maggio 1966, rt. 124, e retro, II, 154), dal Tribunale di Bari con ordinanza 22 marzo 1966 (G.U. 28 maggio 1966, n. 131, e retro, II, 154), e dal Pretore di Milano con ordinanza 28 marzo 1966 (G.U. 23 luglio 1966, n. 182, e retro, II, 203). 250 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO artt. 55, ultimo comma, e 64 del r.d. 31 ottobre 1873, n. 1687 (artt. 2, 13, 16 e 4.1 della Costituzione) (7). Pretore di Priverno, ordinanza 7 giugno 1966, G. U. 10 settembre 1966, n. 226. r. d. 31 ottobre 1873, n. 1687 (Regolamento circa la polizia, la sicurezza e la regolarit dell'esercizio delle strade ferrate), artt. 51, qui.nto c:omma, e 64, in quanto impongono al cittadino, con obbligo penalmente sanzionato, di fornire a richiesta, con l'esibizione del biglietto ferroviario, la prova di un contratto di natura privatistica (artt. 2, 13, 16 e 41 della Costituzione). Pretore di Priverno, ordinanza 7 giugno 1966, G. U. 10 settembra 1966, n. 226. r. d. 21 febbraio 1895, n. 70 (Testo unico delle leggi sulle pensioni civili e militari), art. 54, n. 4, limitatamente ai casi in cui al tempo passato in aspettazione di giudizio seguito da condanna , che la disposzione esclude dal computo in pensione, corrisponda una effettiva prestazione di servizio (artt. 3, 27 e 36 della Costituzione). Corte dei conti, quarta sezione giurisdizionale, ordinanza 31 gennaio 1966, G. U. 24 settembre 1966, n. 239. r. d. 21 febbraio 1895, n. 70 (Testo unico delle leggi sulle pensioni civili e militari), art. 183, lettera bJ, modificata dall'art. 3 del r. d. 1. 3 giugno 1938, n. 1032, in quanto prevede la perdita della pensione per condanna pronunziata per determinati reati (artt. 3 e 36 della Costituzione) (8). Corte dei conti, quarta sezione giurisdizionale, ordinanza 23 febbraio 1966, G. U. 24 settembre 1966, n. 239. r. d. 21 febbraio 1895, n. 70 (Testo unico delle leggi sulle pensioni civili e militari), art. 183, lettera c:J, in quanto prevede la perdita del diritto a pensione per condanna che comporti la degradazione (8). Corte dei conti, quarta sezione giurisdizionale, ordinanza 7 febbraio 1966, G. U. 10 settembre 1966, n. 226 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Corte dei conti, quarta sezione giurisdizionale, ordinanza 5 marzo 1966, G. U. 24 settembre 1966, n. 239 (artt. 3, primo comma, 36, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione). (7) Questione gi proposta dal Pretore di Borgo San Lorenzo in riferimentoall'art. 25, secondo comma, della Costituzione (ordinanza 23 giugno 1965, G.U. 31 luglio 1965, n. 191, e in questa Rassegna, 1965, II, 107). e dal Pretore di Caltanissetta in riferimento agli artt. l, secondo comma, 70, 76, 77 e 25, secondo comma, della Costituzione (ordinanza 6 dicembre 1965, G.U. 12 febbraio 1966, n. 38, e retr0o II, 23). .?lll1l~,il[~~1~& < C.<>.rte.' di ~nti, q.atta. sez.iJ. rie.nale .at nsiglfo .cmun!ile,. la cui composizione non assicuia 1'1ridipndntru gticifci e l'faipat'Zilita dl1 dci.$ioni (10)~ .... CoJ:lsi~li~ c()m,unale . di Camaiot, deliberaziQne 19 gennaio 1966, G. U ..10 ..settembre 1966; n. 226 (art. 108, secondo comma, della Co- i;t#Mione}/ > ... . . . . . ᥥ ..... .. ᥥ <.. . .... ...... G1.nt~ piovittial aril~inistrativa di Taranto,. ordinanza 23 riutg tt,~-~i~!~;.;;;~:;~~;; 104> 108 e disp. trans. VI della Costituzione). r~ d. 4 febbraio .1915. n. ua (Testa unica detta legge comunale e pTovinciale), cirt.149, in quanto attribuisce competenza giurisdizionale alConsiiglio c<>munale, la cui comp(!sizione nC1n assicura l'indipendenza. deigiu(li.ci e l'iJ:ll;p11;rzialit. mma, . d~lia ostit11zione). . .Gᥥv:g~$~ft\ttb!u.iJ!~..~~-~ii:i;re,. ᥥᥥ {8):l'~J/sa, Pritn~ collfuia. l~tera a), e. terzo c(ll'pma, ~el r. d. 21. febbraio 1805, n.' 7(t; stato dichiarato incostituzionale con sentenZ1>1. 13 genani() 1966, n 3 . .. (9) Ne~ stes11;1, ql:'(l~naill!la sono i:itenute:manife11tainente. infon4ate .le questioni di leg~tint~ co11tit1.1iic:inalE1 ll()llevate, pei: le stesse diosizioni, in riferimento agli artt~ 4'1e 98 deua Costituzione. . . . (:Ub Questione, gi 4lclli;.'ata inaltll:nil1sibile ci:m. l!Eintl'l;UZa 22 novembre. Jl:!62, n. 1:12, per Iil natW'.ll regola.ientare della disposizione, ripropo11ta anche dal< Consiglio comunaie di ,A.cena co.n c'liali~razione 19 febbraio 191$6 (G'..U.14 maggio 1966, n. 118, e, retro, II, 156). . . . . . 252 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r. d. I. 15 ottobre 1925,n. 2033 (Repressioni delle frodi nella preparazione e nel commercio di sostanze di uso agrario e di prodotti agrari), art. 54, in quanto prevede una sanzione -ammenda fissa di lire 500.000 (11) -che, in relazione ai reati puniti, pu risultare assurdamente rigorosa e tale da provocare la rovina economica di un modesto esercente (art. 27 della Costituzione) (12). Pretore di Biella, ordinanza 22 aprile 11166, G. U., 10 settembre 1966, n. 226. r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), art. 68, nella parte in cui vieta di dare feste da ballo, senza licenza del questore, in luogo esposto al pubblico (art. 17, primo e secondo comma, della Costituzione) (13). Pretore di Postiglione, ordinanza 23 giugno 1966, G. U. 24 settembre 1966, n. 239. r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) art. 156, in quanto consente una diversa disciplina per le raccolte, collette e questue promosse da ecclesiastici (art. 3 della Costituzione) (14). Pretore di Bologna, ordinanza 4 giugno 1966, G. U. 10 settembre 1966, n. 226. r. d. 17 agosto 1935, n. 1765 (Disposizioni per l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali), art. 28, se ed in quanto il termine di trenta giorni dalla morte dell'assicurato, previsto a pena di decadenza per la richiesta di liquidazione della rendita in favore dei superstiti, sia tale, per la sua brevit, da rendere quanto meno difficile l'esercizio del diritto (art. 24, 113 e 38 della Costituzione). Tribunale di Trento, ordinanza 7 luglio 1966, G. U. 29 ottobre 1966, n. 271. (11) Importo risultante dagli aumenti disposti con leggi 23 febbraio 1950, n. 66, e 13 marzo 1958, n. 282. (12) Altra questione di legittimit costituzionale della disposizione, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 27, primo e terzo comma, della Costituzione per il fatto che l'ammenda sia stabilita in misura fissa, stata dichiarata non fondata con sentenza 15 maggio 1963, n. 67. (13) Altra questione di legittimit costituzionale della disposizione, sollevata in riferimento all'art. 21 della Costituzione, stata dichiarata non fondata con sentenza 8 luglio 1957, n. 121. (14) La questione di legittimit costituzionale della disposizione, in riferimento agli artt. 17, 18, 19, 21, 33, 39, 45 e 49 della Costituzione, stata dichiarata non fondata con sentenza 26 gennaio 1957, n. 2. Nel senso sopra indicato, la questione stata gi proposta dal Tribunale di Reggio Emilia in riferimento agli artt. 2, 3 e 21 della Costituzione (ordinanza 12 febbraio 1965, G. U. 30 aprile 1965, n. 109, e in questa Rassegna, 1965, II, 48), dal Pretore di Avezzano in riferimento all'art. 3 della Costituzione (ordinanza 14 giugno 1965, G. U. 28 agosto 1965, n. 216, e in PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 253 r. d. I. 3 giugno 1938, n. 1032 (Norme per disciplinare la perdita del diritto a pensione del personale statale destituito), convertito in legge 5 . gennaio 1939, n. 84, art. 1, in quanto prevede la perdita del diritto a . pensione per l'impiegato. civile destituito, il militare incorso per condanna nella perdita del grado e il salariato espulso (artt. 1, 3, primo co:rntn.a, 27, terzo comma, 313, . primo comma, e 38,. secondo comma, d~lla Costituzione). Corte tleLconti, quarta sezione giurisdizionale, ordinanza 31 gennaio 196.6, G. U. 10 settembre 1966, n. 226 (15). r. d. I. 3 ghigno 1938, n. 1032 (Norme per disciplinare la perdita del diritto a. pensione del personale statale destituito), art. 3, che . modifica l'art. 183, lettera b) del r. d. 21 febbraio 1895, h. 70, in quanto prevede la perdita . del diritto. a pensione per condanna: pronunciata per determinati reati (artt. 3 e 36 della Costituzione). Corte dei conti., quarta sezione giurisdizionale, ord~nanza 23 febb) Zaio 1966; G. U. 24 settembre 1966, n; 239. legge 5 gennaio 1939, 84 (Conversione in legge del r. d. l. 3 giugno 1938., n. 1032 che detta norme per disciplinare la. perdita del diritto a pensione per il personale statale destituito), in quanto converte lo art. l del r. d. I. 3 giugno 1938, n. 1032, che prevede la perdita del diritto. a pensione per l'impiegato destituito, il militare incorso per condanna nella perdita del grdo, e il salariato espulso (artt. 3, primo comma, 27, terzo comma, 36, primo comma, e 38, secondo comma, della Costitu:Zione). Corte dei conti, quarta sezione giurisdizionale, ordinanza 31 gennaio 1966, G. U. 10 settembre 1966, n. 226. legge 5 gennaio 1939, n. 84 (Conversione in legge del r. d. Z. 3 giugno 1938, n. 1032 che detta norme per disciplinare la perdita del diritto a pensione per il personale statale destituito), in quanto converte l'articolo 3 del r. d. I. 3 giugno 1938, n. 1032, che prevede la perdita del questa Rassegna, 1965, II, 108), dal Tribunale di Brescia in riferimento all'art. 3 della Costituzione (ordinanza 14 settembre 1965, G. U. 30 ottobre 1965, n. 273, e in questa Rassegna, 1965, II, 143), dal Pretore di Gonzaga in riferimento agli artt. 2, 3, 18, 21 e 49 della Costituzione (ordinanza 19 novembre 1965, G. U. 12 marzo 1966,. n. 64, e retro, II, 103), dal Pretore di Mantova in riferimento agli artt. 3, 2, 18, 38 e 39 della Costituzione (ordinanza 15 dicembre 1965, G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e Tetro; II, 158), dal Tribunale di Grosseto in riferimento agli artt. 3 e 38, ultimo , limitatamente alla estensione del provvedimento di clemenza ai reati commessi dopo il 29 maggio 1965, data di presentazione del primo disegno di legge con proposta di delegazione (art. 79, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Galatina, ordinanza 10 giugno 1966, G. U. 10 settem- bre 1966, n. 226. d. P. R. 4 giugno 1966, n. 332 (Concessione di anmistia e di indulto),, art. 14, in quanto contempla la possibilit di rinunciare all'amnistia. sia perch l'indulto che deve eventualmente applicarsi in caso di rinuncia seguita da accertamento della responsabilit penale presuppone la irrogazione di una pena, impedita invece dall'estinzione della punibilit per effetto dell'amnistia (art. 25, secondo comma, della Costituzione),. sia perch il diritto di rinunciare all'amnistia, per la possibile irrogazione di una pena, sia pure condonabile, si risolve in danno del diritto di difesa dell'imputato (art. 24, secondo comma, della Costituzione), sia perch, infine, l'amnistia rinunciabile, in quanto istituto essenzialmente diverso dall'amnistia in senso tecnico, non pu essere oggetto di delegazione al Presidente della Repubblica (comb. disp. artt. 79' e 76 della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 6 giugno 1966, G. U. 15 ottobre 1966. n. 258. d. P. R. 4 giugno 1966, n. 332 (Concessione di amnistia e di indulto),. i art. 16, limitatamente all'estensione del provvedimento di clemenza ai reati commessi dopo il 29 maggio 1965, data di presentazione del pri~ f, mo disegno di legge con proposta di delegazione (art. 79, secondo com I ma, della Costituzione). Pretore di Galatina, ordinanza 10 giugno 1966, G.U. 10 settembre I 1966, n. 226. I PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 261 legge reg. sic:. approv. 14 luglio 1966 (Provvidenze regionali per l'assistenza sanitaria generica agli artigiani). Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ricorso depositato il 26 agosto 1966, G.U. 10 settembre 1966, n. 226. legge reg. si-..:. approv. 14 luglio 1966 (Finanziamento di un programma di interventi produttivi prioritari). Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ricorso depositato il 26 agosto 1966, G.U. 10 settembre 1966, n. 226. legge reg. sic:. a.pprov. 19 luglio 1966 (Contributi alle Amministrazioni provinciali, comunali e a loro cons01zi ad integrazione di quem p1evisti dalle leggi statali 12 febbraio 1958, n. 126, 21 aprile 1962, n. 181 e 20 gennaio 1963, n. 31). Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ricorso depositato il 26 agosto 1966, G.U. 10 settembre 1966, n. 226. legge reg. sic:. approv. 20 luglio 1966 (Provvedimenti per la celebrazione in Sicilia del ventesimo anniversario dell'autonomia siciliana). Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ricorso depositato il 26 agosto 1966, G.U. 10 settembre 1966, n. 226. legge reg. rie:. approv. 21 lugli-o 1966 (Modifiche alla legge 25 giugno 1965, n. 16, concernente provvedimenti di emergenza per f1onteggiare pubbliche calamit). Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ricorso depositato il 26 agosto 1966, G.U. 10 settembre 1966, n. 226. CONSULTAZIONI ACQUE PUBBLICHE Cassa conguaglio tariffe elettriche in liquidazione -Annullamento provvedimenti CIP n. 943, 964 e 998. Se dopo l'annullamento da parte del Consiglio di Stato dei provvedimenti CIP concernenti le aliquote per la determinazione dei contributi integrativi da corrisP'ondersi alle imprese elettriche per l'energia prodotta dai nuovi impianti nel periodo 1 gennaio 1960-31 agosto 1961, le aziende produttrici di energia elettrica potranno soddisfare il loro credito solo in sede di liquidazione della Cassa Conguaglio tariffe elettriche in liquidazione. Se dell'eventuale trattamento pi favorevole possano giovarsi solo quelle aziende che abbiano proposto tempestivamente ricorso dinanzi al Consiglio di Stato (n. 88). AERONAUTICA ED AEROMOBILI Legge 3 febraio 1963, n. 58 -Fabbricato costruito in area di assoluta inedificabilitd. Quale sia il procedimento da seguire, in base alla 1. 3 febbraio 1963, n. 58, per fare abbattere una costruzione effettuata a distanza inferiore a quella regolamentare dalla linea di confine di un aeroporto. In particolare se sia necessario, una volta avvenuto il deposito della mappa catastale comprendente i terreni soggetti a vincolo, che tale mappa venga approvata e resa esecutiva con decreto del Ministro per la Difesa, anche senza la opposizione da parte degli interessati. Se infine, dovendosi emettere il decreto di esecutivit della mappa delle limitazioni, dopo l'emissione di tale decreto, si debba procedere a sensi del primo, o del secondo comma dell'art. 715, quinquies, legge citata (n. 17). AMMINISTRAZIONE PUBBLICA Gioventd Italiana. Quale sia l'interpretazione da darsi all'art. 41 del Regolamento giuridico ed economico del Personale della Giovent Italiana, che stabilisce i compensi per ore di lavoro straordinario, a seguito dell'entrata in vigore delle norme relative al conglobamento per i dipendenti dello Stato (n. 317). PARTE II, CONSULTAZIONI 263 APPALTO Cassa per i~ Mezzogiorno -Riserve. Quale sia l'organo competente a definire le riserve ove l'ente concessionario della Cassa sia una Amministrazi'One Provinciale (n. 295). Legittimazione del Comune ex art. 1669 c. c. Se il Comune, nell'ipotesi in cui sia stata ad esso trasferita un'opera, commessa dallo Stato ad appaltatore privato e successivamente andata in rovina, sia legittimato ex art. 1669 c. c., nella qualit di avente causa dallo Stato, a proporre azione per il risarcimento del dann'O nei confronti dell'appaltatore. Quale sia il tipo di intervento che pu spiegare lo Stato nel giudizio cos eventualmente intentato. Se, ed in quale forma, sia opportuno che lo Stato si costituisca parte civile nel process'O penale pendente contro l'appaltatore (n. 296). Nomina dell'arbitro. Se la nomina dell'arbitro prevista dall'art. 45, lett. d) del Capitolato Generale approvato con d. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063, nel caso di controversie interessanti Enti pubblici diversi dallo Stato spetti all'Ente pubblico stesso o all'Amministrazione LL. PP. (n. 297). Trattativa privata -Gare ufficiose preliminari. Se nelle gare uffici'Ose preliminari a trattative private possa considerarsi valida l'offerta pervenuta oltre il termine stabilito nell'avviso di gara (n. 298). AVVOCATI E PROCURATORI Competenze ed onorari. Se il parere emesso dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati su richiesta di privati professionisti in merito alle proprie parcelle sia vincolante per la Amministrazione che abbia affidato l'incarico professionale. Se !''Ordinanza di liquidazione e la pronuncia che decide l'opposizione sull'eventuale decreto ingiuntivo siano gravabili di appello (n. 69). COMPETENZA E GIURISDIZIONE Giurisdizione del Comandante del Porto. Se, in tema di circolazione di veicoli nelle aree portuali, il Comandante de( porto possa applicare le sanzioni previste dal Codice della Strada (n. 24). 264 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO COMUNI E PROVINCIE Provvidenze a favore di zone alluvionate -Rimborsi. Se la deficitariet dei bilanci comunali, agli .effetti dell'esonero dal rimborso stabilito dall'art. 1 della I. 10 gennaio 1962, n. 9, debba desumersi dai bilanci preventivi o dai conti consuntivi (n. 122). CONCESSIONI AMMINISTRATIVE Gestione governativa di ferrovie: stipendi e salari c01risposti ai dipendenti.. Se siano recuperabili a carico dei dipendenti della Societ concessionaria le somme a questi corrisposte, per stipendi e salari arretrati, al momento in cui ha avuto inizio la gestione commissariale governativa esercitata a spese e rischio della Concessionaria prima della dichiarazione di decadenza della concessione (n. 79). CONTABILIT GENERALE DELLO STATO Vendita di preziosi. Quali siano le modalit per la vendita ai pubblici incanti di preziosi, acquisiti all'erario in base a titolo irretrattabile, i quali, per la loro natura o per la loro qualit, non possano essere trasferiti alla Zezza (n. 215). CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI Garanzia per i finanziamenti di piani di ammodernamento di linee in regime di concessione. Se fra le leggi speciali derogatorie alla opponibilit erga omnes del privilegio speciale di cui al d.1. 1. 1 novembre 1944, n. 367 che assiste l'Ente finanziatore rientri l'art. 3 della 1. 2 agosto 1952, n. 1221 -concernente provvedimenti per l'esercizio ed il potenziamento di ferrovie ed altre linee di trasporti in regime di concessione -che prevede l'acquisto ipso iure in propriet dello Stato, allo scadere del periodo per il quale viene concesso il contributo, del materiale rotabile e di esercizio per la quota corrispondente al rapporto tra i contributi capitalizzati e la spesa ammissibile a contributo (n. 63). DAZI DOGANALI Punto franco di Trieste. Se l'alcool metilico impiegato nel ciclo di produzione della formaldeide (e derivati) nel punto franco di Trieste sia da assoggettare o meno ad imposta di fabbricazione od alla corrispondente sovrimposta di confine. PARTE II, CONSULTAZIONI 265 Se nei confronti dell'alcool metilico utilizzat'O nel ciclo di produzione della formaldeide (e derivati) nel punto franco di Trieste trovino applicazione i decreti del Ministero per le Finanze 16 aprile 1962 in base ai quali consentito l'esonero dal pagamento del diritto erariale speciale, stabilito dall'art. 4 del d. 1. 6 ottobre 1948, n. 1200, dovuto per la denaturazione dell'alcool occorrente per la fabbricazione di prodotti destinati .all'esportazione (n. 35). Restituzione dell'imposta di fabbricazione. Se le bollette doganali di esportazione mod. A/55 rappresentino dei titoli di credito (n. 36). EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE Abitazioni per lavoratori agricoli dipendenti -Legittimazione a stare in giudizio. Se nelle cause concernenti aree espropriate in dipendenza della 1. 30 dieembre 1960, n. 1676 siano legittimati a stare in giudizio gli Istituti Autonomi per le Case Popolari e l'Istituto per lo Sviluppo della Edilizia Sociale (n. 183). Agevolazioni fiscali -Legge 408/1949 -Rimborsi. Se l'effettivo rimborso dell'imposta di registro, ai sensi e per gli effetti di cui alla 1. 2 luglio 1949, n. 408, sia condizionato alla prova dell'avvenuta costruzione dell'abitazione non di lusso nei termini di legge (n. 184). Cooperative -Contratto di mutuo. Se, ai sensi della 1. 10 agosto 1950, n. 715, i soci di una coperativa possano stipulare, per ciascun appartamento, il contratto di mutuo in via indivisa fra coniugi, o fra C'Oniugi e figli (n. 185). Acquisizione aree GESCAL. Se la GESCAL possa avvalersi della collaborazione degli I.A.C.P. per l'acquisizione delle aree mediante espropriazione (n. 186). ELETTRICIT ED ELETTRODOTTI Cassa conguaglio tariffe elettriche in liqiiidazione -Annullamento provvedimenti CIP n. 943, 964 e 998. Se dopo l'annullamento da parte del Consiglio di Stato dei provve< l.imenti CIP concernenti le aliquote per la determinazione dei contributi integrativi da corrispondere alle imposte elettriche per l'energia prodotta dai nuovi impianti nel periodo 1 gennaio 1960-31 agosto 1961, le aziende 266 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO produttrici di energia elettrica potranno soddisfare il loro credito solo in sede di liquidazione della Cassa conguaglio tariffe elettriche in liquidazione. Se dell'eventuale trattamento pi favorevole possano giovarsi solo quelle aziende che abbiano tempestivamente proposto ricorso dinanzi al Consiglio di Stato (n. 26). Servit. Se per l'imposizione di servit di elettrodotto occorrenti per il trasporto dell'energia prodotta con le acque del Volturno a Napoli, l'indennit dovuta debba essere determinata ai sensi dell'art. 13 1. 15 gennaio 1885, n. 2892 per il risanamento della citt di Napoli (n. 27). ESPROPRIAZIONE PER P. U. Edilizia economica e popolare. Se la GESCAL possa avvalersi della collaborazione degli I.A.C.P. per l'acquizione delle aree mediante espropriazione (n. 226). Svincolo del'l'indennit di espropriazione. Se la Cassa DD.PP. possa rifiutarsi di dar corso allo svincolo di somma depositata per indennit di espropriazione, come disposto da apposito decreto, nel caso in cui, essendovi stata opposizione di terzi, e mancando pertanto il necessario accordo sullo svincolo, non sia intervenuta una sentenza passata in giudicato a sensi dell'art. 55 della legge sulle espropriazioni (n. 227). FALLIMENTO Compensazione di crediti ceduti. Se, in caso di fallimento, di una ditta, i crediti da questa vantati nei confronti dell'Amministrazione e ceduti prima della dichiarazione di fallimento a terzi possano essere soddisfatti senza il consenso degli organi fallimentari. Se l'Amministrazione possa opporre al cessionario del credito la compensazione con propri crediti vantati nei confronti del cedente sorti anteriormente alla cessione (n. 102). IMPIEGO PUBBLICO Conguagli ex dipendenti INA-Casa. Se ai dipendenti dell'INA inquadrati nella GESCAL spetti il nuove> trattamento economico dal 1 luglio 1964 salvo conguaglio con quanto ricevuto per il secondo semestre 1964 dai suddetti enti (n. 632). PARTE II, CONSULTAZIONI 267 Impiegato-statale -Pensione privilegiata. Se costituisca titolo valido per la pensione privilegiata il danno subito dall'impiegato statale in occasione di uso di proprio autoveicolQ per il compimento di una missione (n. 633). Soppressione ruoli aggiunti delle Amministrazioni statali. Se la legge 4 febbraio 1966, n. 32, relativa alla soppressione dei ruoli aggiunti delle Amministrazioni statali possa essere applicata nei confronti dei dipendenti dell'ICE gi in servizio non di ruolo presso l'istituto stesso (n. 634). Stipendi. Se nel caso in cui ad un pubblico impiegato venga corrisposto l'assegno in aggiunta previsto dall'art. 202 d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, la tredicesima mensilit debba essere calcolata anche con riferimento al SU'O ammontare (n. 635). IMPORTAZIONE ED ESPORTAZIONE Cassa conguaglio prezzo zucchero d'importazione. Se gli importatori di zucchero, che non abbiano tenuto conto della determinazione del costo dichiaratQ nella domanda rivolta alla Cassa Conguaglio Prezzo dello Zucchero di Importazione di alcuni oneri (in particolare degli oneri di prolungata giacenza dello zucchero importato), abbiano diritto al loro riconoscimento, ai fini dei versamenti da effettuare, secondo la disciplina vigente, relativa al conguaglio del prezzo dello zucchero di importazione. Se, nella negativa, si possano egualmente soddisfare, in via equitativa, le richieste degli importatori ed, in caso affermativo, in quale modo (n. 43.) IMPOSTA DI BOLLO Pena pecuniaria. Se il principi'() di cui all'art. 20 della 1. 7 gennaio 1929, n. 4 sia tuttora operante anche in materia di imposta di bollo, oppure se ad esso deroghi l'art. 39 del d.P.R. 25 giugno 1953, n. 492 (n. 29). IMPOSTA DI REGISTRO Agevolazioni fiscali -Legge 408/1949 -Rimborsi. Se l'effettivo rimborso dell'imposta di registro, ai sensi e per gli effetti di cui alla 1. 2 luglio 1949, n. 408, sia condizionatQ alla prova dell'avvenuta costruzione dell'abitazione non di lusso nei termini di legge (n. 239). 268 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Procedimenti avanti al giudice ordinario -Societ. Se sia fondata l'eccezione di inammissibilit del giudizio e del riesame della controversia da parte dell'AGO dipendente dal fatto che, pendendo gi il procedimento davanti all'AGO (normalmente di opposizione ad ingiunzione), si sia lasciato decorrere il termine semestrale senza impugnare autonomamente e specificamente una decisione nel frattempo emessa dalla Commissione Centrale. Se l'aumento del fondo di riserva si risolva (con l'applicazione del criteri'() di cui all'art. 8, primo comma, legge di registro) in un aumento di capitale sociale ove sia attuato mediante il versamento dell'importo di nuova azioni emesse anche per incrementare il fondo di riserva (n. 239). IMPOSTA DI SUCCESSIONE Ingiunzione fiscale. Se si possa legittimamente emettere ingiunzione di pagamento per imposta di successione sul valore deciso dalla Commissione Provinciale, che sia stata impugnata davanti al giudice mdinario ai sensi dell'art. 29 d. I. 7 agosto 1936, n. 1639 (n. 46). Recupero di imposta nei confronti di cittadini stranieri. Come si debba procedere per il recupero di un'imposta di successione nei confronti di cittadini stranieri (n. 47). IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA Rimborso. Quale natura abbia il termine. stabilito dall'art. 2 d.P.R. 27 febbraio 1955, n. 192, relativo alla presentazione delle istanze di restituzione i.g.e. all'esportaziQne (n. 114). IMPOSTE E TASSE Imposta di fabbricazione. Se l'art. 18 del d. I. 3 gennaio 1947, n. 1 preveda una forma di decadenza o di prescrizione (n. 417). Infrazioni fiscali -Misure cautelari. Se possano applicarsi alle misure cautelari ex art. 26 I. 7 gennaio 1929, n. 4, le norme dettate, in tema di adozione di misure cautelari, dal codice di procedura civile. Quale sia il collegamento pi idoneo per determinare l'organo giudiziario territorialmente competente ad emettere il provvedimento cautelare (n. 419). I ~ la Ifu . . , , I -~ .; :~ Il I,.. < I I ~ .. J . . W.mfn0wrwJ.f:W'9'?'=V:'ffi{f1JiWfw.:wg-:::.-r-0wr:ttrt.Wfff.%.J?tffITT:':?1:tvxar!~;zx@'-WYV..f.F~.&rs..w-:ru-I=r:&=".-:ml stf-tJ'&YAt:ffegff::.:::=;::;?"@-;-;-;:;::/f.:i:::::::--/.,;::::W{ffe.:~}.%I#Z-i"'~.::::=::::::::::?.r%:=:::,lf.-::o/..::=A~l:-)::::@:::w:::;-;.{:f:?.{:4:~$. - NOTIZIARIO Il 26 ottobre 1966 l'Avvocato Generale dello Stato Avv. GIOVANNI ZAPPAL stato ricevuto dal Presidente della Repubblica, on. dott. GrnSEPPE SARAGAT, al quale ha presentato la relazione sui giudizi di costituzionalit e il contenzioso dello Stato negli anni 1961-65 . Il Presidente della Repubblica si compiaciuto esprimere il Suo gradimento per l'omaggio ricevuto. Nei giorni successivi l'Avvocato Generale dello Stato stato ricevuto dal Presidente dei due rami del Pariamento, on. dott. CESARE MERZAGORA ed on. dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DuCCI e dal Presidente della Corte Costituzionale, on. prof. GASPARE AMnROSINI, i quali, nel ricevere copia della Relazione e nel ringraziare, hanno espresso il loro vivo apprezzamento per l'opera svolta dall'Avvocatura dello Stato. * * * CONVEGNI Organizzato dall'Associazione per gli scambi culturali tra giuristi italiani e tedeschi, presieduto da S. E. Silvio Tavolaro, si tenuto in Roma, nei giorni 21-23 ottobre 1966 un congresso avente per oggetto un tema di diritto penale ed uno di diritto civile. Del primo tema, Libert di stampa e tutela della personalit sono stati relatori il prof. avv. Giuliano Vassalli, il cons. di Cassazione dott. De Mattia, il prof. dott. Ernst Heinitz, il giudice costituzionale Theodor Ritterspach ed il prof. dott. Josef Partsch. Del secondo, La tutela delle minoranze nella societ per azioni , il prof. avv. Alberto Asquini, il cons. di Cassazione dott. Carlo Giannattasio, il dott. Robert Fischer, il prof. Honvad Duchen, il prof. Wolfang Hefermehl. Il prof. Vassalli, nella sua esauriente relazione, dopo aver sottolineato l'attualit del tema della libert di stampa e della tutela della per sonalit nei regimi democratici e nella prospettiva europea, si soffermato in particolare sugli aspetti critici del problema nella vita del diritto in Italia, offrendo ai partecipanti al convegno una larga panoramica della dottrina giuridica italiana sull'argomento. Sono stati ricordati dal relatore i limiti sostanziali della libert di stampa individuati da varie correnti di pensiero (teoria dei limiti logici, teoria dei limiti costituzionali, teoria dei limiti differenziati) e si affrontato il delicato problema del fondamento costituzionale del diritto di cronaca. A quest'ultimo proposito il V. ha ricordato la tesi del Delitala, secondo cui un diritto di cronaca come tale non esiste nel nostro ordinamento, non potendosi esso riconnettere ad un diritto del pubblico all'informazione, ritenuto quest'ultimo un'immaginosa espressione priva di qualsiasi contenuto concreto . La posizione del relatore stata, per, critica rispetto alla succitata teoria e di adesione alla tesi enunciata per la prima volta dal Nuvolone e secondo cui la rilevanza costituzionale del diritto di cronaca non si esaurisce nell'am 274 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO bito dell'art. 21 della Costituzione, cio nel quadro del diritto individuale alla libera manifestazione del pensiero, ma si ricollega, pure, al diritto del pubblico alla informazione, considerato uno dei pilastri di ogni ordinamento democratico. Ha rilevato il V. che il diritto all'informazione espressamente menzionato nell'art. 29 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo alla cui osservanza l'Italia tenuta come Stat:o membro delle Nazioni Unite e nell'art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e s.lle libert fondamentali (c. d. Convenzione di Roma), resa esecutiva in Italia con 1. 4 agosto 1955, n. 848. Individuato un duplice fondamento costituzi"Onale alla libert di stampa ed al diritto di cronaca, in particolare, il V. passato ad esaminare il secondo aspetto del problema, i diritti della personalit. La sua indagine per stata limitata al diritto all'onore, il cui fondamento costituzionale stato affermato a chiare lettere congiuntamente alla sua portata limitatrice della libert di stampa. L'approfondito esame della tutela del diritto all'onore nel sistema giuridico italiano ha portato il V. a distinguere gli aspetti peculiari di tale tutela rispetto alle varie forme di manifestazione del pensiero tutelate dall'art. 21 della Costituzione: diritto di creazione artistica, diritto di opinione e diritto di cronaca, con particolare riguardo alla cronaca giu II diziaria. Sugli altri aspetti della tutela della personalit si soffermata, invece, dopo una breve premessa sul tema della libert di stampa affrontato dal V., la relagione del dott. Angelo De Mattia, presidente di sezione della Corte di Appello di Bologna. Dopo aver ricordato tutte le opinioni manif~ tJ festatesi nella d"Ottrina e nella giurisprudenza italiana circa l'esistenza, la natura ed i limiti di un diritto alla riservatezza sul piano interpretativo I. della legge positiva italiana in vigore e dopo essersi soffermato anche ' l' .;' sugli aspetti del problema relativi alle previsioni della nostra Costitu . zione e della Convenzione sui diritti fondamentali dell'uomo, il R. entrato nel vivo del tema, proponendosi la questione dei limiti reciproci tra diritto al rispetto della vita privata e libert di stampa. Anche il De Mattia, come il Vassalli, ha riguardato il problema sotto i distinti aspetti dei limiti che incontrano rispettivamente il diritto di opinione, il diritto alla creazione artistica ed il diritto di cronaca e per I ognuno di tali aspetti ha esaminato le cause di giustificazione all'invasione non consensuale dell'area di riservatezza privata da parte di chi usa della stampa per fini di pubblico interesse. I" La relazione si conclusa con l'indicazione delle lacune del nostro ordinamento giuridico nella materia oggetto d'esame e con l'auspicio che si possa giungere in futuro ad un unitari'O coordinamento dei mezzi di difesa dei diritti della personalit in sede civile ed in sede penale. Sul tema: La tutela delle minoranze nel codice italiano e nel progetto di riforma delle societ per azioni i! prof. Asquini, ed il cons. Giannattasio, dopo aver ricordato le varie teorie avanzate in dottrina per spiegare le ragioni che induc"Ono a limitare il sistema maggioritario per le deliberazioni assembleari dele societ di capitali per la tutela di certi interessi delle minoranze, hanno esaminato prima i poteri spettanti al singolo socio e poi quelli attribuiti ai soci rappresentanti una determinata aliquota del capitale sociale. Un dettagliato esame stato fatto dei p'Oteri delle minoranze nel progetto ministeriale di riforma della societ per azioni specie con riguardo alle societ ammesse alla quotazione in borsa. PARTE II, NOTIZIARIO 275 * * * Nei giorni 5-17 settembre 1966 si svolto a Perugia il XIII Corso di studi organizzato dal Centro Internazionale Luigi Severini avente per oggetto il tema: Processo acusatorio, inquisitorio o misto. I giuristi convenuti dall'Austria, dal Belgio, dalla Cecoslovacchia, dalla Repubblica cinese, dalla Columbia, dalla Francia, dalla Germania federale dal Giappone, dalla Gran Bretagna, dalla Grecia, dall'Irlanda dall'Italia dal Lussemburgo, dalla Polonia, dalla Rodesia, dalla Spagna e dalla Svizzera hanno discusso il tema dopo avere, con dovizia di particolari, illustrato i sistemi processuali vigenti nei Paesi rappresentati al Centro . Si rilevato che il sistema processuale penale dev'essere perfettamente equidistante tra due poli opposti consistenti da un lato nella necessit di ottenere la verit, di accertare il reato e di individuare il colpevole e dall'altro nella necessit di rispettare l'individuo e le sue pi profonde libert. La prevalenza dell'uno o dell'altro polo chiaramente espressa nella scelta del sistema inquisitorio o di quello accusatorio. Si constatato per che nessun paese ha accolto nella sua legislazione il sistema inquisitorio puro. In tutti i Paesi diversi dagli anglosassoni, che hanno accolto il sistema accusatorio, si adottato un sistema misto in base al quale nella istruttoria prevale il sistema inquisitorio mentre nel dibattimento prevale il sistema accusatorio. I partecipanti al convegno provenienti dai Paesi diversi degli anglosassoni non si sono dimostrati favorevoli alla accettazione del processo accusatorio, ritenendo che esso dia all'individuo garanzie inferiori di quanto non ne offra il sistema misto, per l'attribuzione alla Polizia di poteri che nel sistema misto sono affidati al Magistrato. A proposito della istruttoria mista si per insistito da parte dei partecipanti sulla necessit di salvare e di rispettare in seno a tale sistema la libert individuale. Gli argomenti sui quali l'attenzione dei partecipanti al Centro si particolarmente soffermata sono stati i seguenti: I. -Posizione del P. M. nell'istruttoria. Tutti i partecipanti hanno sottolineato la necessit che il P. M. proponga l'azione penale quando sia a conoscenza di un reato. Si quindi discusso sui sistemi per ovviare all'inerzia del P. M. e sono state in proposito prospettate le seguenti soluzioni: -intervento di un giudice nell'eventualit della archiviazione (classement); -intervento del potere legislativo; -intervento di puro carattere gerarchico, disciplinare o penale; -azione concorrente o sussidiaria del privato. II. -Promovimento dell'azione penale ed esercizio dell'attivit istruttoria. Si rilevato che nei Paesi europei di origine latina sussiste il sistema della duplice istruttoria sommaria o formale, nei Paesi di origine germanica esiste il sistema di una sola istruttoria che segue i primi accertamenti svolti dal P. M.; nei Paesi slavi e in altri Paesi asiatici i poteri istruttori sono attribuiti al P. M. 276 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Non si raggiunto su questo tema una soluzione unanime neppure accolta dalla maggioranza; si pu soltanto osservare che l'indirizzo prevalente stato favorevole ad una sola istruttoria nella quale al P. M. attribuita l'iniziativa penale, con controllo del giudice per quanto attiene alla libert personale. III. -Posizione deil'accusa (pubblica e privata) e del difensore nell'istruttoria condotta da un giudice. Il problema naturalmente si posto soltanto per la istruttoria formale. Tutti i partecipanti al congresso hanno confermato la necessit del segreto nella prima parte delle indagini e nella istruttoria mentre hanno rilevato la necessit di un pi aperto contraddittorio dopo l'acquisizione dei primi elementi, che dovrebbero concludersi con la contestazione della accusa all'imputato. In questa seconda fase il difensore dovrebbe trovarsi in posizione di assoluta parit con il P. M. Per quanto attiene la prima fase i pareri sono stati discordi nel senso che alcuni hanno insistito a che il P. M. assuma nei confronti dell'Istruttore una posizione corrispondente a quella del difensore mentre altri hanno sostenuto una maggiore ingerenza non solo del primo, ma anche dell'offeso dal reato. Tutti hanno riconosciuto la necessit dell'intervento del difensore negli atti non ripetibili (perizie, accertamenti giudiziari, ecc.). Da parte di alcuni stata sostenuta la necessit dell'intervento del difensore sin dai primi atti a cominciare dall'interrogatorio dell'imputato. IV. -PoteT'i del giudice istruttore. Tutti i partecipanti (ivi compreso qualche sostenitore del sistema accusatorio) si sono dichiarati contrari a subordinare alla richiesta delle parti la facolt del giudice di ricercare prove nel corso dell'istruttoria. La maggioranza per ha escluso che il giudice istruttore possa procedere a constatazioni di nuovi reati di propria iniziativa o possa incriminare soggetti diversi da quelli contro i quali stata mossa l'accusa. V. -Dibattimento. Il principio accusatorio stato unanimemente accettato come quello che deve caratterizzare il dibattimento con due differenze profonde per tra i sostenitori del sistema accusatorio puro e quelli del sistema accusatorio, per cosi dire, misto : -i primi si sono dichiarati favorevoli alla soluzione che il collegio giudicante non possa assumere prove se non fornite dalle parti e non possa valutare la opportunit o meno di accoglierle; _.j -i secondi invece (pur con qualche differenza di gradazione) hanno sostenuto che il collegio giudicante possa procedere all'acquisizione di prove ex officio e abbia la facolt di pronunciarsi sulla loro ammissibilit. La grandissima maggioranza si espressa poi in senso contrario alla proposta avanzata di far partecipare al collegio giudicante lo stesso giudice istruttore. ~ 1:'. VI. -Utilizzazione di mezzi tecnici per l'accertamento della veritd. La discussione ha avuto per oggetto la ricerca di un principio valido i:; non solo di fronte ai mezzi tecnici gi conosciuti e praticati, ma anche :: '.'.. di fronte ai mezzi che la scienza potr offrire in futuro. II . I .-Xt'.1. Y. ...,.:-:..:;;;:.-,,. ffi.E.-:. .... W..f. 7.7,1',,..X,. ~..X-'.Yx;/=9."".f {9'.X/.x. 7/.:::7h"' X"::."//.0 {-7.l'A.:::.P."..-: 0:-o/./. .-:-:;::: Y/.9.= 7.f. :;:; JQ Yh -. .'W :;.-,,.::-: -. z Y.J" z-...-E. -.-...-.-.-..-.-..-; 0.'ffit"'@.f.Wff@Tifil""'"'"'.mm ~mmru . . x m'Af=X=''/nill'= :::::-~$. ::::f!f#fJ/.,lliff:WdfV.,&.h.,%P.#%&M::.:.l':l.:/&.,/F.:%.}!.1,::.;;mI~wr.-<{:f~f::::,:::::::a.,;.>,;r.mwz:....::::p4,,,,,::::;,.,,if.$ PARTE II, NOTIZIARIO I presenti, all'unanimit hanno dichiarato che il problema pu essere preso in considerazione solo se sussistono le seguenti due condizioni: -che il risultato scientifico sia di sicura interpretazione; -che l'applicazione abbia luogo con la consapevolezza della parte nei cui confronti il mezzo usato. Si quindi discusso se l'imputato o la parte offesa o anche una persona genericamente sospettata possono essere sottoposte contro la loro volont ad accertamenti di carattere scientifico. Su questo tema gli orientamenti prevalenti sono stati i seguenti: -la sottoposizione all'accertamento scientifico di una o di un'altra parte pu essere disP'osta solo dalla legge; -la sottoposizione all'accertamento pu essere demandata al potere discrezionale del giudice; -la sottoposizione all'accertamento deve essere subordinata al consenso della parte. Tutti i partecipanti hanno quindi espresso il giudizio decisamente contrario alla possibilit di uso di mezzi che possano esercitare una incidenza o una menomazione della coscienza e della libert del volere. Una ridotta minoranza si dichiarata propensa all'uso di tali mezzi nei confronti della parte che ne faccia espressa richiesta, in condizioni di assoluta libert, e con il consenso, o anche senza il consenso, del difensore e purch l'applicazione del sistema abbia luogo in contraddittorio. (Dalla relazione della direzione del Corso) * * * Nei giorni 19-24 settembre 1966 si svolto a Lecce il VII Congresso Internazionale di Difesa Sociale, organizzato dalla Societ Internationale de Defense Sociale di Parigi e dal Centro Nazionale di Prevenzione e Difesa Sociale di Milano, in collaborazione col Centro Studi Giuridici di Lecce. Tema del Congresso stato quello de: Le interdizioni professionali e le interdizioni dall'esercizio di determinate attivit . Allo scopo di esaminare il problema da un punto di vista unitario pur sotto il profilo delle varie discipline -giuridiche, mediche e sociali interessate alla ricerca, la discussione del tema al congresso si svolta in una unica assemblea generale, ma con relazioni singole aventi ad oggetto i diversi agpetti del tema: giuridici, criminologici, sociologici, biologici, medici, giudiziari, esecutivi. Le relazioni generali sono state predisposte: per gli aspetti giuridici dal prof. Giuliano Vassalli, ordinario di diritto penale nella Universit di Roma; per gli aspetti criminologici e sociologici dal prof. Franco Ferraguti, dell'Istituto di Antropologia criminale della Universit di Roma; per gli aspetti medico-sociologici dal prof. Ives Roumajon, della Facolt di medicina di Parigi; per gli aspetti giudiziari dal prof. Raymond Serevens, consigliere della Corte d'Appello di Bruxelles. La mozione finale approvata dal Congresso -in un preambolo sottolinea che alcune interdizioni presentano caratteri ormai dissueti, non corrispondenti pi alla realt della vita moderna ; mentre altre non appaiono ispirate da una concezione unitaria e non sono inserite nel quadro generale delle sanzioni con rilevanti conseguenze per i singoli 278 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I e che superano spesso le esigenze della protezione sociale . Consegue la necessit di limitare le interdizioni ai casi in cui esse sono indispensabili e al fine 41 evitare la recidiva e di proteggere la dignit della professione I e della funzione . Ispirandosi a queste conclusioni il Congresso ha formulato una serie di raccomandazioni acch i provvedimenti sull'interdizione siano dati, in linea generale, dal giudice con riferimento specifico alla personalit del ' ' I prevenuto, e non siano automatica conseguenza di una disposizione legale imperativa , salvo determinate eccezioni. Constatato che l'interdizione una misura negativa, occorre adoperarsi al fine di ottenere la rieducazione della persona interdetta o la sua nuova formazione professionale, sia nell'ambiente penitenziario, sia nella vita sociale se il soggetto non stato privato della libert . Per i riflessi processuali stato raccomandato che nel caso di interdizione di lunga durata sia prevista una pronunzia di cessazione quando la misura stessa non appaia pi indispensabile e che si debbano in ogni caso armonizzare le procedure penali e disciplinari allo scopo di evitare situazioni anormali derivanti dalla loro diversit. * * * Nei giorni 11 e 12 ottobre 1966 si tenuto a Perugia, promosso dall'A. N.I.A. (Associazione Nazionale Imprese Assicuratrici) e dal Centro Studi Assicurativi, in collaborazione con il Centro Internazionale Magistrati e Luigi Severini di Perugia, l'VIII Convegno per la trattazione di temi assicurativi. Sotto la presidenza del prof. Mario Duni, Presidente di Sezione della Corte di Cassazione, e con la partecipazione di circa mille congressisti, sono stati trattati i seguenti temi: La surroga dell'Assicuratore -I sinistri cagionati con colpa grave dell'assicurato -L'infortunio in itinere. La relazione sul primo tema stata svolta dal prof. Nicola Gasperoni dell'Universit di Perugia, il quale dopo aver illustrato le varie interpretazioni dottrinali e giurisprudenziali dell'istituto, lo ha ricondotto entro l'ambito della figura della cessione legale, che si ha quando un terzo estraneo succede ope legis nel lato attivo di un rapporto obbligatorio, senza che si abbia adempimento dell'obbligazione e indipendentemente da qualsiasi attivit del debitore: l'assicuratore infatti ex art. 1916 c. c. succede ope legis, senza bisogno di alcuna preesistente clausola contrattuale o di alcun successivo accordo o attivit delle parti, al posto dell'assicurato, in un rapporto obbligatorio, che ancora da adempiere. Nella prospettiva di tale inquadramento sistematico, il relatore ha poi trattato i problemi pi scottanti connessi alla surroga dell'assicuratore, quali il concorso di colpa dell'assicurato e del terzo responsabile nella produzione del sinistro, la svalutazione monetaria e i termini di prescrizione applicabili alle azioni dell'assicuratore contro l'assicurato e contro il terzo responsabile. Nel dibattito, che seguito, varie altre tesi sono state sostenute circa la natura della surroga dell'assicuratore; tra esse merita di essere ricordata quella secondo cui la surrogazione assicurativa costituirebbe una figura atipica, non inquadrabile n nella cessione n nella surrogazione ed avente una autonoma posizione dogmatica con una analogia di effetti per con la surrogazione. PARTE II, NOTIZIARIO 279 Nella mozione finale proposta dal prof. Duni ed approvata alla unanimit si riconosciuto che la normativa di cui all'art. 1916 c. c. risulta comunque idonea alla soluzione dei problemi concreti generali e particolari messi a punto dalla elaborazione della dottrina e della giurisprudenza. La relazione sul tema Gli infortuni in itinere stata svolta dal prof. Luigi Geraci dell'Universit di Parma, che ha segnalato pregi e difetti della attuale regolamentazione di quel settore particolare della infortunistica, esaminando il progetto di legge attualmente all'esame della Commissione parlamentare, in base al quale dovrebbero essere compresi nella tutela assicurativa gli eventi occorsi al lavoratore durante il percorso di andata e ritorno dal luogo di residenza a quello di lavoro, allineando cosi la nostra legislazione in materia a quelle dei Paesi europei pi progrediti in materia. Quel progetto di legge, il cui esame stato al centro del dibattito successivo alla relazione Geraci, ha trovato qualche consenso, ma soprattutto oppositori. Questi ultimi hanno messo in rilievo, oltre a varie lacune di carattere tecnico-giuridico, una pretesa incostituzionalit del progetto, che porrebbe il cittadino-lavoratore in PQsizione di disparit di fronte alla legge, differenziando la posizione di chi coperto da assicurazione dalla posizione di chi non coperto. D'altra parte quel progetto sembrato viziato da uno straripamento dal potere di delega, in quanto contrariamente ai limiti posti dall'art. 31 della legge delega 19 gennaio 1963, n. 15, la legge delegata sembra essersi arrogato il compito di regolare ex novo la materia. Si inoltre rilevata la profonda diversit di situazione economica del nostro Paese rispetto ad altri (alla cui legislazione il progetto si ispira), che sono in grado di affrontare oneri pi ingenti sul piano delle realizzazioni sociali. Nella -mozione finale si ritenuta l'attuale normativa, alla luce dell'elaborazione giurisprudenziale dell'art. 2 legg.e 17 agosto 1935, n. 1765, sufficiente ad assicurare la piena tutela dei lavoratori, specie in previsione dell'emananda legge sull'assicurazione obbligatoria della responsabilit civile per la circolazione dei veicoli a motore; si altresi auspicato che la disciplina della materia resti comunque nell'ambito del concetto di rischio specifico del lavoro, mentre l'art. 31 legge 19 gennaio 1963 sembra ispirato ad un coneetto troppo ampio di rischio generico comune a tutta la collettivit. La relazione sul tema dei sinistri cagionati con colpa grave dell'assicurato stata presentata dal dott. Antonio La Torre, consigliere di Corte d'Appello. Il relatore ha anzitutto ricordato i precedenti storici dell'art. 1900 c. c., che conclude sul piano legislativo un faticoso processo storico, che dalla regola della inassicurabilit della colpa (art. 434 cod. comm.), doveva portare gradatamente al riconoscimento del principio opposto; ha poi messo a fuoco il concetto di colpa grave dell'assicurato, facendone applicazione ai vari rami del campo assicurativo e commentando ampiamente, in tutte le sue implicazioni, la portata teorica e pratica dell'art. 1900 c. c.