JO XIX-N. 5 SETTEMBRE -OTTOBRE 1967 RASSEGNA 1ELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1967 ABBONAMENTI A.NNo L. 5.000 UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . 900 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/40500 Stampato in Italia -Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (6214140) Roma, 1967 -Istituto Poligrafico dello Stato P. V. RICORDO di GIACOMO GIUSEPPE COSTA 'Avvocato Generale Erariale -Ministro di Grazia e Giustizia J GIACOMO GIUSEPPE COSTA n 15 agosto scorso caduto il 70 anniversario della morte di Giacomo Giuseppe Costa, Avvocato Generale Erariale. la cui vita esemplare legata, in modo non perituro, alla pi antica nobile tradizione dell'Avvocatura dello Stato. Egli nacque a Milano il 24 novembre 1833 e, rimasto orfano di padre fin dalla nascita, si trasfer, a venti anni, per non essere arruolato daU'Austria, a Genova, dove si laure nel 1858. Dopo Villafranca, torn a Milano e, nel luglio del 1860, entr in Magistratura e rimase in Milano sino al 1866, in qualit di Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Appello. Dopo un breve periodo di applicazione presso il Ministero di Grazia e Giustizia in Firenze, torn a Milano, finch, nell'ottobre del 1869, non venne chiamato al Ministero quale primo collaboratore del Ministro Vigliani che nel 1873 lo nomin Segretario Generale. Egli ricopriva tale carica quando il Vigliani ebbe l'idea di dispensare il pubblico Ministero dall'intervenire nelle cause civili onde prese l'avvio quella riforma che doveva portare alla istituzione delle regie avvocature erariali, compito questo che venne affidato a Giuseppe Mantellini, che tradusse quell'idea in concreta realt col r. d. 16 gennaio 1876, n. 2914. Titolare gi nel 1874 dell'ufficio di Procuratore Generale a Venezia, lasciate le funzioni di Segretario Generale del Ministero, venne tramutato a Genova nel gennaio del 1876, poi a Palermo nel 1880, ed Ancona nel 1881 e Bologna nel 1884. Morto Mantellini, che era stato il creatore detl'Avvocatura Erariale, Costa ve1tne chiamato nel 1885 a sostituirlo, nessuno essendo sembrato al De Pretis Presidente del Consiglio, pi degno di succedere a cos illustre giureconsulto. L'anno successivo Giacomo Costa venne nominato Senatore, dando cos inizio a quell'intensa attivit parlamentare che doveva metterne in luce le eccezionali qualit che lo dovevano portare, fra il generale consenso, ad assumere, nel marzo 1896, il seggio di Ministro Guardasi gilli nel Gabinetto Rubini, che aveva avuto il compito di liquidare onorevolmente gli errori della guerm d'Africa e di cancella1e il cocente ricordo di Adua. Giacomo Costa era per malato; un cancro allo stomaco ne minava l'esistenza. In quell'estate del 1897, settant'anni orsono, fatto appro vare, dopo una estenuante battaglia parlamentare, il bilancio del suo dicastero, and in montagna dove spe1ava di trovar sollievo e dove, invece, si sent peggio. Allora pens di rientrare nella sua casa di Ovada e stette b consapevole di aspettare la morte che sopraggiunse il 15 agosto 1897. Dire compiutamente di Giacomo Costa in poche righe non possibile. L'ingegno, la mente acuta, la dottrina vastissima ,la fecondia ammirabile e la dialettica stringente, gli crearono, fin da giovane, un'alta reputazione ed accelerarono singolarmente la sua carriera cos nella magistratura, culminata nella nomina ad Avvocato Generale Erariale, che nel Parlamento. Ebbe la fortuna, ben meritata, di poter rendere eminenti servizi al Paese. Di lui stato detto con esattezza che lo splendore della sua carriera fu il riconoscimento degli eccezionali suoi meriti di giurista e di oratore. Chi desiderasse cogliere meno superficialmente gli aspetti pi salienti degli ultimi anni di vita di Giacomo Costa, conoscere l'ambiente in cui si svolgeva la sua attivit, studiarne il temperamento e la vigoria del carattere potr leggere (e sar una dilettevole lettura) il Diario di fine secolo di Domenico Farini (Bardi, ed. 1961 ). Presidente del Senato ed annotatore diligentissimo ed obiettivo degli avvenimenti, il Farini ci ha lasciato un documento che, proprio per la sua immediatezza, offre un quadro vivo, pur nell'acerbo contrasto di luci e d'ombre, degli ultimi anni del secolo XIX cos come poteva dipingerlo il Presidente del Senato . Dal Diario, nel quale spessissimo ricordato, il Costa viene in riliev~ come uno dei principali protagonisti della vita politica ed in particolare della attivit del Senato in queU'epoca; e non solo per il suo costante intervento nelle discussioni pi importanti e nelle commissioni di maggior rilievo (fu relatore delle Commissioni per accertare la responsabilit nel processo per i fatti della Banca Romana) ma per le relazioni che ebbe con re Umberto e con gli uomin", di Governo di quell'epoca. Se varia fu l'attivit del Costa quale Magistrato, Avvocato Generale Erariale, parlamentare, Ministro, sempre pari al suo temperamento, alla rigidit del suo carattere, alla concezione sacra che Egli ebbe della legge, fu la sua azione. Nel 1880 Procuratore Generale a Genova non esit a far arrestare Stefano Canzio, genero di Garibaldi; nel 1897, Ministro Guardasigilli, non esit a prospettare l'ipotesi di chiedere l'autorizzazione a procedere contro Crispi (Farini Diario par 1165). E di questa fermezza morale diede prova nel momento del trapasso allorch invi al Capo dello Stato, in cui vedeva impersonato i destini e le fortune d'Italia, questo telegramma: morendo mando a V. M. l'estremo saluto e la espressione della mia devozione che cessa soltanto con la vita ". Un giornale dell'epoca, commentando questo gesto, lo defin tragicamente bello. ed iL Presidente del Senato, nena commemorazione tenuta nena tornata del 30 novembre 1897, ricordando queste parole del Costa, poteva concludere dicendo inchiniamoci dinanzi a tanta tragica grandezza. Non lecito disperare dell'avvenire morale di una Nazione capace di produrre caratteri cos fortemente temprati come quello di Giacomo Costa . STRALCI DAL DISCORSO COMMEMORATIVO PRONUNZIATO IN OVADA IL 16 OTTOBRE 1898 DAL PRESIDENTE DEL SENATO GIUSEPPE SARACCO: Finalmente, come a Dio piacque, il Costa fu inviato a reggere la Procura Generale d'Ancona dove egli, tanto laborioso ed insofferente di ozio, si sentiva condannato a poltrire nell'inedfa, desideroso di essere chiamato pertanto a lavoro pi proficuo in altra sede di maggiore importanza. E dopo molto insistere il Governo lo mani a Bologna dove ebbe largo campo a far prova di quell'energia che in Lui era divenuta natura, fino a che venuto il 1885 i Ministri del tesoro e di grazia e giustizia, a suggerimento personale e spontaneo del Depretis, presidente del Consiglio dei Ministri, lo chiamarono senza veruna sollecitazione per parte sua, a succedere al detto Mantellini nell'ufficio tanto ambito da eminenti giureconsulti e magistrati, di Avvocato Generale erariale. Potrei qui, prima di andare pi oltre, e mi tornerebbe agevole col rac conto di fatti che occuparono in diverso tempo la pubblica amminii.stra zione, illustrare la vita e le gesta del bravo e sapiente Magistrato, sempre uguale a s stesso nello scrupoloso adempimento dei suoi doveri, onde ebbe fama di severo e geloso difensore dell'ordine sociale. Ma io me ne asterr, perocch mi sta dinnanzi la nobile e severa figura del Costa, la quale mi avverte che la virt premio a s stesso, e l'uomo veramente e sinceramente virtuoso non pu volere che gli rende merito di avere adem piuto fedelmente e strettamente il proprio dovere. La dottrina realmente questa; e chi conobbe il Costa, sa che non soleva menar vanto dei doveri compiuti. Ond'io non parler pi del Magistrato, e vado diritto a parlare dell'Avvocato Generale erariale. Succeduto al Mantellini, uno fra i pi dotti giureconsulti del tempo, il nostro Costa si trov lanciato in un mondo di affari per lui intieramente nuovo, con la giunta di una responsabilit personale pari all'importanza degli interessi che aveva missione da difendere. In un paese com' il nostro, in cui il Fisco si trova in continua lotta col contribuente, deve gi avere un bel da fare Chi veglia dall'alto alla difesa degli interessi dello Stato, e non occorre che io dica di quali e quanto corredo di dottrina, di quale acume d'intelletto l'Avvocato Generale erariale sia chiamato a dar prova nel trattamento degli affari che si succedono senza posa, e non si rasso migliano punto. Ma conviene principalmente considerare l'Ufficio dell'Av vocato Generale erariale sotto un altro aspetto, per intendere tutta l'im portanza e la delicatezza delle funzioni che gli sono demandate. In sostanza l'Avvocato Generale erariale il consulente nato, dopo il Consiglio di Stato, e talvolta senza l'intervento del Consiglio di Stato, dei Ministri e delle amministrazioni centrali, con questo di pm, che mentre quell'alto consenso rende i suoi pareri collegialmente su richieste e documenti, che pu esaminare a suo bel agio, l'Avvocato Generale erariale chiamato spesse volte ad interloquire, li per li, sopra affari di varia e disparata natura, che non consentono dilazioni, ed in queste circostanze sopratutto che si mostra in tutto il suo vero e pratico valore la sapienza di colui che chiamato a dare consiglio. Imperoceh non basta che la difesa sia strenua ed avveduta, ma se le amministrazioni dello Stato prendono risoluzioni avventate, o mal digerite, che portino con s il germe di controversie soggette al giudizio dei tribunali civili, O allora non basta pi la sapienza di chi per cagione d'ufficio chiamato a difendere gli interessi dello Stato per ottenere la vittoria nei giudizi. E sempre il primo passo che bisogna muovere con prudenza, e pur troppo la nostra burocrazia lasciata in balia di se stessa, vale a dire senza ricevere le ispirazioni dall'alto, le molte volte non misura abbastanza le conseguenze degli atti che compie e, generalmente cocciuta, difficilmente si risolve a cangiare d'avviso. Or bene, il nostro Costa non tard a comprendere la natura e la gravit dei servizi che era chiamato a rendere nella nuova sua qualit. L'agilit dell'ingegno e l'acutezza della mente associate alla vastit delle cognizioni acquistate con lo studio paziente delle leggi, feceDo di lui, lo dico con qualche esperienza e col profondo convincimento dell'animo -un Avvocato erariale modello sotto qualunque punto di vista lo si voglia considerare. Sollecito a rispondere alle chiamate, pressoch quotidiane dei Ministri nelle diverse loro contingenze, membro di numerossissime commissioni governative per lo studio di leggi e di regolamenti, cauto e riguardoso nei suoi apprezzamenti, il Costa, sempre ascoltato quanto modesto, rispose degnamente all'aspettazione di coloro che lo avevano chiamato a coprire il delicato Ufficio, cosich il Depretis, che di uomini e di amministrazioni si intendeva pi di altro, a chi gli chiedeva se fosse contento dell'opera del Oosta, rispondeva semplicemente con queste parole: stoffa di Ministro! A me piace, ad onore di quel valent'uomo, dire anche questo, che si studi sempre con grande amore, ed ottenne con grande soddisfazione dell'animo, di poter trosfondere nei suoi collaboratori d'ufficio gli stessi sentimenti, e le medesime consuetudini di vita operosa, onde avveniva che riamato da essi, come padre amoroso, spesso li chiamava a consiglio, lasciando a ciascuno nel trattamento delle cause forensi la necessaria libert di azione, e riservando a s il trattamento e la direzione degli affari di maggiore momento. Ho appena bisogno di aggiungere che non pieg mai a dar consigli che non rispondessero al proprio convincimento, e nessuno pens mai ad imporgli una linea di condotta che repugnasse alla sua coscienza. Venne un giorno, un giorno solo, nel quale il Governo, o meglio alcuno dei Ministri per zelo proprio e di altrui, pens che si potesse affidare ad un uomo politico la difesa degli interessi dello Stato in una causa di molta importanza, e ne diede avviso all'Avvocato erariale. Questi se ne lagn, e non volle per la dignit dell'Ufficio, che si dichiar pronto a rinunciare. Ma il Ministro meglio avvisato ritir l'incarico e l'incidente non ebbe altro seguito, fuor quello di rendere testimonienza della fermezza di carattere di quell'uomo, quando si trattava di difendere una causa giusta ed onesta. Cos piacesse a Dio che cessasse quel malvezzo di credere o lasciar credere, con danno immenso del buon nome della giustizia, che J sulla bocca dell'avvocato politico gli ar.gomenti della difesa acquistino un sapore speciale, ed una importanza che deriva dalla qualit e dal credito del difensore! Infrattanto, cio nel 1886 Giacomo Costa veniva elevato al posto di Senatore del Regno, e se io dovessi qui discorrere con la dovuta ampiezza delle benemerenze da esso acquistate, e degli eminenti servizi resi alla Nazione in questa sua qualit, non mi basterebbe l'ora a farlo degnamente. Disse di Lui con parole eloquenti e sopratutto vere, il presidente del Senato nella sua splendida commemorazione fatta il 25 novembre del 1897, ed illustri colleghi ed amici si affrettarono in quella ricorrenza a rendere ;:illa memOri!'t dell'Estinto quel tributo di lode e di ammirazione, che tutti sentivamo dovuti> in cuor nostro, pi che non si sapesse esprimere col :magistero della )lla1'ola. Dir nullameno qualche cosa anch'io per mettere maggiormente in rilievo una delle qualit pi salienti, fra loro le molte, che possedeva l'egregio Uomo. Egli parlava, e persuadeva. Possedeva l'ingegno, e sapeva trarne partito, ed in mezzo alle opinioni discordi, quando pure si doveva prendere una risoluzione. Egli trovava sempre la via per uscirne con onore, ossia con una formula accomodata ai diversi gusti, che riusciva a conciliare. Forse l'amore dell'Arte pot talvolta in Lui, pi che non fosse persuaso Egli stesso della ibont assoluta delle sue proposte; ma io che parlo sono in grado di affermare, per confessione di altri, e per esperienza mia, che a trovare il linguaggio legislativo, cosa in Se stessa difficilissima, pi che non si crede, nissuno vinse il Costa per facilit e precisione di concetto e di parole. Desideratissimo perci in tutte le Commissioni le pi importanti, oratore di primo ordine, era l'ornamento del .Senato, il quale senti e sentir lungamente il dolore di averlo perduto. Rimarranno tuttavia di lui, insieme ai discorsi, sempre sapienti, le relazioni sui disegni di legge di maggiore importanza che faranno fede della distinta operosit, e della sua devozione ai grandi interessi della Nazione. Venne finalmente il giorno, nel .quale il Costa fu chiamato a prendere parte ai Consigli della Corona. Quando il Gabinetto presieduto dal Crispi rassegn le dimissioni nel marzo 1896, Sua Maest il Re con fine intuito commise al generale Ricotti l'incarico di comporre una nuova Amministrazione, e fu il Ricotti giova bene che si sappia, quegli che offri al Costa il portafoglio di grazia e giu stizia; ed Egli accett senza esitanza, perch sper, e fortemente sper, di poter all'ombra, e sotto la direzione di un uomo di fede e rettitudine antica qual'era ed il Ricotti, di poter rivolgere con fruttto tutte le sue cure a rialzare il prestigio della Magistrat.ra, a restituire al Paese la fidu cia in se stesso, infine a ristabilire l'impero della legge e della moralit in ogni ramo della cosa pubblica, dovunque si manifesti l'azione del Governo. Come spesso avviene, anzich giovare, nocque al Costa la sua stessa fama, cresciuta ancora di recente dopo la pubblicazione di un meditato lavoro uscito dalla sua penna, intorno del quale si era levato grande rumore, fama d'Uomo ricco d'Ingegno e conoscitore profondo dei mali che era chiamato a guarire; quasicch fosse nel potere del nuovo Ministro, appena insediato a palazzo Firenze, di portare rimedio a tutti i mali, e riaccendere negli animi la persuasione, non dir perduta, ma profondamente scossa, che la giustizia sia realmente, come deve essere, uguale per tutti. Il Costa sapeva per prova, che gli abusi, quando hanno messo profonde radici, non si correggono in un giorno, ed il Magistrato non si crea, senza una lunga ed appropriata educazione, che sola pu farlo degno di esercitare con frutto le pi alte e delicate funzioni, che sia dato all'uomo di compiere su questa terra. Egli adunque che sent sempre il bisogno di essere giusto in tutto, t. ,re1so tutti, se anco alcuni temporeggiamenti non si fossero resi necessarii, in osssequio alle guarentigie che la legge accorda alla Magistratura, si arrese al partito di procedere negli atti suoi con tutta la ponderatezza necessaria, affinch la giustizia non cada in sospetto di parzialit; anche col rischio di sembrare troppo lento a prendere il suo partito, mentre tale non era. Imperocch fra il cozzo delle passioni non agevole discernere il vero dal falso, e l'inerzia diventa sapienza per chi non disposto a sposare le ire e le passioni dei partiti. N io dir che tutto gli sia riuscito a seconda degli onesti desideri; ma so di essere semplicemente giusto, quanto innanzi all'Effige di quel valent'Uomo, affermo, siccome mi sento in diritto e in dovere di affermare, che bene a taluni fra i suoi predecessori la fortuna si mostr pi larga dei suoi favori, onde ritrassero la fama che deriva dal successo; pochi per lo pareggiarono, nessuno vince il Costa nell'esatto e scrupoloso adempimento dei Suoi doveri di Ministro. Egli ebbe tuttavia un gran difetto, che voi ed io gli perdoniamo facilmente. Modesto, quanto operoso, mostr di saper fare e di far bene, ma non ebbe l'arte del savoir faire, e tanto meno quella di e fafre savoir che alcuni dei nostri grandi uomini di Stato hanno mostrato di possedere nel grado il pi eminente. A lui bast la coscenza del sentirsi puro, e la soddisfazione del dovere compiuto. ;i ~ INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE pag. 701 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA su QUESTIONI DI GIURISDI-. ZIONE 731 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE 775 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 852 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA )) 859 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBUCHE, APPALTI E FORNITURE 902 Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE 913 Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO RASSEGNA DI DOTTRINA 183 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 186 CONSULTAZIONI . . .... )) 203 La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO Le sezioni della parte prima sono curate, nell'ordine, dagli avvocati: Michele Savarese, Benedetto Baccari, Franco Carusi, Ugo Gargiulo, Mario Fanelli, Giuseppe Del Greco, Antonino Terranova Le rassegne di dottrina e legislazione dagli avvocati: Luigi Mazzella e Arturo Marzano ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI ALBISINNI G., Diritti ajJevoliti ed interessi occasionali protetti: potere discrezionale nell'esercizio del quale uno dei momenti della condotta della P. A. sia tassativamente imposto . . . . I, 732 GUICCIARDI F., L'I.G.E., l'imppsta aU'importazione e l'imposta di conguaglio per gli oli vegetali aHo stato commestibile . I, 875 INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE -Competenza del Tribunale Superiore -Desumibilit dal contenuto obbiettivo dell'atto -Fattispecie, 903. -Diritto di ripartizione delracqua derivata tra consorziati -Giurisdizione ordinaria -Sussistenza, 906. -Esecuzione di opere idrauliche Danni -Affittuario dei fondi danneggiati -Legittimazione -Sussiste, 902. -Esecuzione di opere idrauliche Responsabilit per danni della p. a. -Potere di accertamento del giudice -Sussistenza e limiti, 902. APPALTO -Appalto di opere pubbliche -Riserve -Finalit, 908. -Appalto di opere pubbliche -Riserve -Mancata iscrizione nel registro di contabilit -Decadenza, 907. -Appalto di opere pubbliche -Riserve -Modalit di formulazione, 908. APPELLO -Legittimazione attiva -Proposizione da parte dell'interventore adesivo in primo grado -Assunzione di veste processuale diversa da quella originaria Inammissibilit, con nota di F. ARGAN, 800. ATTO AMMINISTRATIVO -Atto di proroga e atto di rinnovazione -Differenze, 855. -Decisione del prefetto su ricorso gerarchico contro un provvedimento di requisizione di urgenza del Sindaco -Definitivit, 855. AVVOCATI E PROCURATORI -Procedimento disciplinare del Consiglio dell'Ordine -Natura dell'organo -Possibilit di sollevare questioni di legittimit costituzionale in via incidentale Esclusione, 719. BELLEZZE NATURALI -Demanio marittimo sottoposto a vincolo panoramico -Costruzioni edilizie eseguite senza l'autorizzazione della Sopraintendenza ai monumenti o in difformit della stessa -Ordine di demolizione del Ministro della Marina Mercantile -Legittimit, 854. CASSAZIONE -Decisione di questione formante oggetto di specifico motivo di ricorso -Rigetto del motivo -Divieto di riproposizione della questione nelle ulteriori fasi del giudizio -Sussiste, 826. -Ricorso incidentale -Questioni per le quali non vi sia stata soccombenza -Semplice richiesta di correzione della motivazione della sentenza impugnata -Inammissibilit, con nota di F. ARGAN, 800. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Cassazione -Consiglio di Stato Decisioni -Sindacato delle sezioni unite della Corte di Cassazione -Limiti, 758. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Cassazione -Consiglio di Stato Decisione -Sindacato delle sezioni unite della Corte di Cassazione -Limiti -Errores in procedendo -Insindacabilit, 760. -Controversia avente per oggetto la sussistenza del diritto all'esercizio di una farmacia legittima Competenza giurisdizionale dell'A. G.O. -Sussiste, 775. Cosa giudicata -Questione di giurisdizione -Rilevabilit in ogni stato e grado del giudizio, anche di ufficio -Limiti -Giudicato sulla giurisdizione, 761. -Edilizia economica e popolare Alloggi costruiti dallo Stato in conseguenza dei terremoti -Cessione di propriet degli alloggi Diritto soggettivo dell'interessato -Giurisdizione del Giudice ordinario, 769. Giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa -Discriminazione -Criteri -Norme di azione e norme di relazione, 768. Giustizia amministrativa -Consiglio di Stato -Giurisdizione di legittimit -Atto amministrativo -Invalidit -Eccesso di potere -Nozione -Accertamento Limiti -Sindacato da parte delle sezioni unite della Corte di Cassazione, 759. -Giustizia amministrativa -Giudicato amministrativo -Esecuzione -Poteri del Consiglio di Stato -Estensione e limiti -Distinzioni -Fattispecie, 760. -Impiego pubblico -Giurisdizione esclusiva -Diritti patrimoniali conseguenziali -Riconoscimento da parte dell'ente pubblico del diritto del dipendente ad assegni ed altri emolumenti -Effetto sostitutivo della pronuncia di illegittimit -Proponibilit dell'azione direttamente davanti al Giudice ordinario, 747. -Impugnazioni civili -Ricorso in Cassazione avverso le decisioni del Consiglio di Stato per motivi attinenti alla giurisdizione -Termine -Decorrenza, con nota di U. GIARDINI, 750. -Ordinamento giudiziario -Inamovibilit dei magistrati -Trasferimento di ufficio -Provvedimento di natura non disciplinare -Effetti: giurisdizione di legittimit del Consiglio di Stato, 748. - Responsabilit della P. A. per atti amministrativi illegittimi -Diritti affievoliti e interessi occasionalmente protetti -Pronunca di illegittimit che accerti la lesione di diritto affievolito -Risarcimento del danno -Proponibilit dell'azione dvanti al Giudice ordinario -Sussiste, con nota di G. ALBISINNI, 731. -V. anche Acque pubbliche, Espropriazione per p. u. COMUNE -Deliberazione del Consiglio comunale -Consigliere comunale interessato -Partecipazione alla discussione -Illegittimit, 853. CONTABILIT GENERALE DELLO STATO -Fermo amministrativo -Natura ed effetti, 787. -Soppressione delle gestioni fuori bilancio delle Antichit e Belle Arti -Limitazione al quinquennio anteriore ed al solo dolo dei funzionari -Illegittimit costituzionale -Esclusione, 712. CONTRATTI PUBBLICI -Trattativa privata -Atti emessi dalla P. A. nello svolgimento della trattativa privata -Sono atti amministrativi, 857. -Trattativa privata -Obbligo della P. A. di seguire un determinato procedimento -Non sussiste se non nei limiti in cui la stessa P. A. si autovincola, 858. CORTE COSTITUZIONALE Questioni di legittimit costituzionale in via principale -De 1 ! INDICE xv creto-legge -Impugnativa della Giudizio di accertamento -Effisola legge di conversione -Amcacia probatoria dei documenti missibilit della questione, 723. Non decisivit -Rilevanza delle presunzioni -Sussiste -Esercizio continuativo dell'uso da parte COSTITUZIONE DELLA REPUBdelle popolazioni locali nel corso BLICA dei secoli -Valore probatorio presuntivo della costituzione di -V. Avvocati e procuratori, Condiritti di uso civico -Sussiste tabilit generale dello Stato. Applicazione -Usi civici di pesca, 818. Liquidazione (mediante compen DANNI so in terre da assegnarsi ai Co muni ed alle Associazioni agra -Valutazione e liquidazione -Sva rie) -Oggetto: usi civici su terre lutazione monetaria -Coefficiente private -Obbligo della denun di svalutazione -Approvazione cia entro sei mesi dalla pubbli del Giudice di merito -Insinda cazione della 1. 16 giugno 1927, cabilit in Cassazione, 826. n. 1766 -Sussiste, 817.. Obbligo della denuncia entro sei DANNI DI GUERRA mesi dall'entrata in vigore deila l. 16 giugno 1927, n. 1766 -De- Contributo di ricostruzione cadenza dall'azione di accertaNatura pubblicistica, 859. mento degli usi civici non in esercizio alla data di entrata in vigore della 1. 16 giugno 1927, DEMANIO E PATRIMONIO n. 1766 -Non riguarda gli usi civici su terre non private, 817. Concessione per sfruttamento -Usi civicl di pesca -Insuscetti agricolo di terreni facenti parte bilit di liquidazione -Sussiste, di una tenuta militare -Ineffica 818. cia della concessione -Opere sta bili di miglioria eseguite medio --Usi civici od acque del demanio tempore dal concessionario -Apstatale -Obbigo della tempeplicabilit della disciplina delle stiva denuncia ex art. 3 I. 16 accessioni -Sussiste, 838. giugno 1927, n. 17H6 -Inapplicabilit, 818. -Demanio storico e artistico -Im Usi civici su terre od acque del posizione del vincolo -Contrasto demanio statale -Uso pubbli con precedente nulla osta alla co -Rapporto, 817. demolizione -Non sussiste, 856. -Demanio storico e artistico -Imposizione del vincolo -Proposte EDILIZIA ECONOMICA E POPOper la Soprintendenza ai monuLARE menti -Autonoma e non con -Alloggi costruiti dallo Stato in forme valutazione del Ministro conseguenza di terremoti -Di Legittimit del decreto ministe ritto alla cu;sione in propriet riale di imposizione di vincolo, dell'alloggio -Azione di rilascio 857. da parte dell'eni.e gestore -Cessione non ancora avvenuta -Effetti, 769. DIRITTI PROMISCUI E USI CIVICI ESPROPRIAZIONE PER P. U. -Accertamento -Usi civici su terre dei demani comunali o uniDichiarazione di pubblica utilit versali, o su terre ed acque del disposla per Iemi~ se11za prefisdemanio statale -Istanza -Nesione di. termine per il perfeziocessit -Sussiste -Differenza fra namento delle espropriazioni istanza e denuncia, 818. Perfezionamento dell'espropria J XVI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione dopo la scadenza del termimine di validit dell'occupazione temporanea -Legittimit della pronuncia di espropriazione Sussiste -Sanatoria ex nunc della occupazione abusiva dell'immobile -Sussiste -Fattispecie, 845. -Espropriazione di immobile occorrente per la costruzione di edificio postale -Determinazione dell'indennit espropriativa Applicabilit degli artt. 12 e 13 1. 15 gennaio 1885, n. 2892 Esclusione, 812. - Espropriazione per p. u. prevista da leggi speciali -Determinazione dell'indennit espropriativa -Applicabilit degli speciali criteri restrittivi previsti dalla 1. 15 gennaio 1885, n. 2892, sul risanamento della citt di Napoli -Necessit di apposita disposizione di legge di richiamo degli artt. 12 e 13 1. n. 2892 del 1885 -Sussiste, 811. -Legittimit della pronuncia espropriativa sotto il profilo della sussistenza del potere di espropriazione -Giurisdizione del G. O. Efficacia erga omnes del giudicato -Sussiste -Legittimit della pronuncia espropriativa sotto il profilo del retto uso del potere espropriativo riconosciuto sussistente -Difetto di giurisdizione del G. O. -Sussiste, 845. -Sicilia -Espropriazione per p. u. a favore della Regione Siciliana di immobile occorrente per la esecuzione di opera pubblica assunta nella competenza regionale a norma della 1. reg. 21 aprile 1953, n. 30 -Liquidazione indennit espropriativa -Deroga al principio fondamentale della 1. 25 giugno 1865, n. 2359, secondo cui l'indennit va calcolata con 'riferimento alla data del decreto di espropriazione Esclusione, 808. - Termini -Decorrenza dei termm1 iniziali -Mancato inizio delle opere e delle espropriazioni -Inefficacia della dichiarazione di p. u. -Non sussiste, 852. FALLIMENTO -Revocazione di crediti ammessi -Revocazione ordinaria -Ter mini e condizioni di ammissibili t -Differenza, 787. -Sentenza emessa in giudizio nei confronti del Curatore -Diniego di autorizzazione del giudice delegato ad impugnare la pronuncia -Legittimazione del fallito all'impugnazione in luogo del Curatore -Difetto -Rilevabilit d'ufficio -Sussiste, con nota di F. ARGAN, 800. FALSO -Falsit in atti -Atti pubblici originali e derivativi -Criteri distintivi -Cartella esattoriale - l atto pubblico originale, con nota di D. SALVEMINI, 916. FARMACIA -Esercizio farmaceutico -Sistema della concessione amministrativa previo concorso -Sussiste -Deroghe -Regime transitorio delle farmacie esistenti alla data dell'entrata in vigore della 1. 22 maggio 1913, n. 468 -Varie categorie delle farmacie esistenti Nozioni -Commerciabilit -Farmacie legittime e farmacie tollerate -Disciplina, 775. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Bellezze naturali -Costruzioni edilizie -Nulla osta al Soprintendente -Ricorso gerarchico Provvedimento del ministro della P. I. in riforma del nulla osta -Motivazione per relationem, 855. -Bellezze naturali -Costruzioni edilizie -Pronunce_ del Soprintendente ai monumenti (nulla osta o diniego) -Sono atti impugnabili con ricorso gerarchico al Ministro della Pubblica Istruzione, 854. -Bellezze naturali -Costruzioni edilizie -Ricorso giurisdizionale avverso il diniego del nulla osta del Soprintendente -Interesse Sussiste, 854. INDICE XVII -Consiglio di Stato in sede giurisdizionale -Giurisdizione di legittimit -Eccesso di potere Ambito dell'indagine -Annullamento dell'atto amministrativo illegittimo -Enunciazione di princpi in ordine alla successiva attivit della P. A. -Ammissibilit -Limiti -Fattispecie (in tema di giudizio di avanzamento degli ufficiali), con nota di U. GIARDINI, 751. -Contratti pubblici -Trattativa privata -Libert di forme che pu essere autolimitata dalla P. A. -Procedura di presentazione delle offerte stabilita dalla stessa P. A. -Mancata accettazione di un'offerta -Interesse dell'offerente - interesse legittimo, 858. -Giudicato -Rinnovazione dell'atto annullato -Atti istruttori in precedenza compiuti -Possono essere utilizzati, 857. -Ricorso giurisdizionale -Sopravvenuta inefficacia ex lege dell'atto impugnato -Non cessa la materia del contendere -Improcedibilit per sopravvenuto difetto di interesse, 852. - V. anche Atto amministrativo. IMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazioni Interpretazione delle norme che prevedono agevolazioni -Criteri, 863. -Agevolazioni -Opere di interesse degli Enti locali previste dalla 1. 3 agosto 1949, n.589 -Opere igienico-sanitarie -Applicabilit delle agevolazioni agli atti relativi ad opere che presentino un generale carattere igienico-sanitario -Fattispecie in tema di costruzione di mercati ortofrutticoli, 863. - Fideiussione -Fideiussioni bancarie in favore di terzi verso pubbliche amministrazioni -Aliquote ridotte differenziate secondo il tempo per il quale le fideiussioni sono prestate -Applicabilit con riferimento al termine entro il quale possono sorgere le obbligazioni coperte dalla garanzia e non in base alla du rata di questa, 868. -Fideiussione -Fideiussioni bancarie in favore di terzi verso pubbliche amministrazioni a garanzia di obbligazioni anteriormente costituite -Efficacia ex nunc delle fideiussioni anche ai fini dell'applicazione dell'imposta secondo le disposizioni dell'art. 54, secondo comma, della tariffa A allegata alla legge organica, 868. IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE -Agevolazioni -Contributo statale per la riparazione o ricostruzione di edifici danneggiati o distrutti per cause belliche -Esenzione dail'imposta ai sensi dell'art. 90 del d. 1. n. 261 del 1947 Limiti -Contributo corrisposto a soggetto esercente attivit speculativa di costruzione o commercio di immobili -Computabilit in sede di ordinario accertamento ai fini della determinazione del reddito imponibile del soggetto beneficiario -Sussistenza, 859. IMPOSTA DI SUCCESSIONE - Interessi -Leggi 26 gennaio 1961 n. 29 e 28 marzo 1962 n. 147 Applicabilit, 885. - Interessi -Leggi 26 gennaio 1961 n. 29 e 28 marzo 1962 n. 147 - Imposte liquidate in via complementare per mancanza o insufficienza degli elementi occorrenti -Liquidazione complementare determinata da mancata o insufficiente dichiarazione di valore da parte del contribuente Interessi con decorrenza dalla data di esigibilit dell'imposta principale -Applicabilit -Limiti, 884, 886. - Presunzione per gioielli, danaro e mobilia -Ragguaglio sul valore lordo dell'asse relitto -Violazione del principio di eguaglianza -Esclusione, 716. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Presunzione per gioielli, denaro e mobilia -Violazione del principio della capacit contributiva -Esclusione, 716. IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Entrata imponibile -Nozione Rimborsi di spese collegati a prestazioni di servizi -Imponibilit Contributi di iscrizione a gare sportive (c. d. entrature ) Imponibilit, con nota di C. BAFILE, 866. Imposta sulle merci importate Oli vegetali -Aliquota ridotta per gli oli allo stato commestibile Commestibilit del prodotto al momento in cui si verifica )1 presupposto dell'imposizione -Necessit -Applicabilit dell'aliquota ridotta all'importazione di acidi grassi -Esclusione, con nota di F. Gu1cc1ARDI, 874. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Agevolazioni Interpretazione delle norme che prevedono agevolazioni -Criteri, 863. -Dichiarazione annuale dei redditi -Omessa dichiarazione Iscrizione a ruolo per lo stesso imponibile nel periodo precedente maggiorato del 10 % -Violazione del principio della capacit contributiva relativamente alla maggiorazione, 709. -Giudizi di opposizione ad ingiunzione -Sospensione dei termini scadenti in periodo feriale -Applicabilit, 883. -Imposte dirette ed imposte indirette -Nozione, 885. -Interessi -Leggi 26 gennaio 1961 n. 29 e 28 marzo 1962 n. 147 Imposte liquidate in via complementare per mancanza o insufficienza degli elementi occorrenti -Liquidazione complementare determinata da mancata o insufficiente dichiarazione di valore da parte del contribuente Interessi con decorrenza dalla data di esigibilit del tributo principale -Applicabilit -Limiti, 884, 886. Interessi -Riscossione degli interessi col procedimento di ingiunziane previsto per la riscossione dei crediti tributari cui accedono -Legittimit, 884. -Riscossione -Facolt dell'Esattore di procedere contro il debitore fallito -Violazione del principio di eguaglianza e di difesa - Esclusione, 727. IMPUGNAZIONE -Causa inscindibile -Impugnazione incidentale tardiva diretta contro parte diversa da quella che ha proposto l'impugnazione principale -Ammissibilit, 775. -Causa inscindibile -Presupposti Fattispecie, 775. -Legittimazione attiva -Impugi;iazione autonoma proposta da interventore adesivo -Inammissibilit, con nota di F. ARGAN, 800. -Motivi -Presentazione -Mancata attestazione di irregolarit da parte del cancelliere ricevente -Presunzione di ritualit, 920. -Totale soccombenza -Gravame incidentale della parte totalmente soccombente per aderire all'impugnazione principale proposta da un'altra parte -Ammissibilit -Sussiste, 775. INGIUNZIONE -Interessi -Riscossione degli interessi col procedimento di ingiunzione previsto per la riscossione dei crediti tributari cui accedono -Legittimit, 884. INGIURIA E DIFFAMAZIONE -Elemento psicologico -Fini e moventi dell'azione -Rilevanza ai soli effetti della commisurazione della pena, 914. INDICE XIX LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI -Interpretazione della legge -Lavori preparatori -Rilevanza Limiti, 812. -Interpretazione della legge -Titolo della legge -Valore normativo -Esclusione -Rilevanza in sede di interpretazione della legge -Sussiste -Limite -Contrasti col contenuto della legge Prevalenza del contenuto -Sussiste, 812. MINIERE E CAVE -Ipoteca -Oggetto -Rinunzia a decadenza dalla concessione mineraria -Nuova concessione entro l'anno -Mancata osservanza dell'obbligo di porre a carico dei nuovi concessionari la tacitazione dei creditori iscritti -Pronuncia di illegittimit del provvedimento -Risarcimento del danno subito dai concessionari decaduti -Proponibilit dell'azione davanti al Giudice ordinario -Sussiste, non nota di G. ALBISINNI, 731. NAVE E NAVIGAZIONE -Navigazione interna -Autorizzazione a condurre natanti a motore -Violazione della libera iniziativa economica -Insussistenza -Regolamento di esecuzione Violazione della legge di delega -Inammissibilit, 721. -Recupero e rimessione in pristino di navi mercantili sinistrate Oneri finanziari -Provvidenze Finanziamenti -Garanzia sussidiaria da parte dello Stato -Natura -Fidejussione sussidiaria ex lege -Surrogazione dello Stato nelle ragioni del creditore verso il debitore principale -Condizione -Necessit dell'effettivo pagamento da parte dello Stato Sussiste, 787. NOBILT -Cognomizzazione dei predicati nobiliari anteriori al 28 ottobre 1922 -Riconoscimento anche nel regime repubblicano -Esclusione, 701. NOTIFICAZIONE -Imputato latitante che abbia eletto domicilio -Notificazione mediante consegna al domiciliatario -Validit, cn nota di P. DI TARSIA, 913. OBBLIGAZIONI E CONTRATTI -Contratto a favore di terzo -Contratto di assicurazione per conto altrui o per. conto di chi spetta ' Differente rilevanza dell'interesse del terzo -Diritti nascenti dal contratto -Titolarit esclusiva dell'assicurato -Sussiste -Conseguenze, 830. -Contratto a favore di terzo -Posizione del terzo, 830. -Fideiussione -Fideiussione a garanzia di obbligazioni anteriormente sorte Retroattivit Esclusione, 868. -Rapporti contrattuali di fatto Nozione -Applicabilit con riferimento ad un contratto obbligatorio invalido di attribuzione del godimento di un immobile ed alla sua attuazione medio tempore, 837. -V. anche Acque pubbliche, Occupazione. OCCUPAZIONE -Occupazione d'urgenza -Sicilia Occupazione d'urgenza d'immobile per l'esecuzione di opera pubblica assunta dalla competenza del Comune in quella della Regione a norma della 1. reg. 21 aprile 1953, n. 30 -Illegittima protrazione ultrabiennale dell'occupazione, imputabile sia al Comune che alla Regione -Corresponsabilit solidale di due Enti per risarcimento del danno dovuto al proprietario -Sussiste, 807. xx RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Occupazione temporanea da parte della P.A. d'immobile alieno occorrente per la costruzione di opera pubblica -Obbligo di procedere all'espropriazione entro il termine stabilito dalla legge per l'occupazione temporanea -Sussite -Fattispecie, 846. PATRIA POTEST -Esercizio della stessa ed amministrazione dei beni del minore Attribuzione al padre -Violazione della parit dei conigi Esclusione, 705. PREVIDENZA E ASSISTENZA -Previdenza e assistenza obbligatoria -Vigilanza dell'Ispettorato del lavoro -Diffida per la regolarizzazione -Contrasto con l'obbligatoriet dell'azione penale Esclusione, 712. PROCEDIMENTO CIVILE Confessione giudiziale -Nozione -Confessione resa in altro processo -Valore meramente indiziario -Sussiste, 787. -Domanda giudiziale infondata Accertamento negativo richiesto dal convenuto -Interesse in re ipsa -Fattispecie, 775. -Domanda riconvenzionale -Domanda riconvenzionale tardiva Preclusione -Necessit dell'eccezione di tardivit -Sussiste -Accettazione del contraddittorio da parte del convenuto -Esclusione della preclusione ed obbligo del Giudice di prendere in esame la domanda -sussistono, 837. -Giudizio di interdizione e di inabilitazione proposti dal P. M. Onorari ai consulenti tecnici non anticipati dall'Erario -Violazione dei principi di eguaglianza e della tutela del lavoro -Illegittimit costituzionale, 722. -Giudizio di opposizione ad ingiunzione -Sospensione dei termini scadenti in periodo feriale -Applicabilit, 883. PROPRIET -Accessione -Opera al fondo alieno e migliorie -Differenza Coincidenza in una determinata costruzione dei caratteri dell'opera accedente e 'della miglioria Applicabilit delle norme sull'accessione -Sussiste, ove ricorra il presupposto della qualit di terzo dell'autore della costruzione -Migliorie, che, pur eseguite da terzo, non abbiano anche i caratteri delle accessioni ex art. 936 c. c. -Questione di indennizzabilit -Inquadramento concettuale (teoria delle restituzioni) -Indennizzo, 837. -Modi di acquisto della propriet Accessione -Qualit di terzo dell'esecutore dell'opera sul fondo altrui -Nozione -Applicazione anche ai casi di contratto dichiarato nullo od inefficace -Sussiste, 837. REQUISIZIONE -Provvedimenti in base all'art. 7 legge sul contenzioso amministrativo -Rinnovazione -Illegittimit -Fattispecie, 856. REVOCAZIONE -Motivi -Dolo della parte -Fallimento -Dolo processuale revocatorio -Identit di nozione Sussiste, 787. SENTENZA -Sentenza civile -Rigetto per implicito di determinate domande, eccezioni e deduzioni -Giustificazione del dispositivo nella motivazione -Necessit -Sussiste, 775. - Sentenza non definitiva -Riserva di provvedere su una domanda Effetto preclusivo dell'esame dell'ammissibilit in rito della domanda stessa -Esclusione, 837. SICILIA -Legge di conversione del decreto- legge istitutivo di una rite J INDICE XXI nuta d'acconto sugli utili delle societ -Violazione delle norme statutarie -Es'clusione, 723. SICUREZZA PUBBLICA -Associazioni contrarie agli ordinamenti politici costituiti -Potere prefettizio di scioglimento e di confisca dei beni -Illegittimit costituzionale, 725. SPESE GIUDIZIALI -Regolamento dell'onere delle spese -Facolt discrezionale del giudice di merito -Limite -Divieto di condanna alle spese della parte totalmente vittoriosa -Sussiste, 818. TRASPORTO -Trasporto di persone sulle ferrovie dello Stato -Danni al viaggiatore -Anormalit dell'esercizio ferroviario -Apertura improvvisa dello sportello -Responsabilit della P. A., 833. VIOLAZIONE DELLE LEGGI FINANZIARIE E VALUTARIE -Pena pecuniaria -Natura, 880. -Prescrizione -Prescrizione del diritto dello Stato alla pena pecuniaria -Norme applicabili Verbale di accertamento delle violazioni valutarie -Idoneit quale atto interruttivo della prescrizione -Condizioni, 880. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 8 luglio 1967, 8 luglio 1967, 12 luglio 1967, 12 luglio 1967, 12 luglio 1967, 12 luglio 1967, 12 luglio 1967, 12 luglio 1967, 12 luglio 1967, 12 luglio 1967, 12 luglio 1967, 12 luglio 1967, n. 101 . pag. 701 n. 102. 705 n. 103 . 709 n. 105. 712 n. 108. 712 n. 109 . 716 n. 110 . 719 n. 111 . 721 n. 112. 722 n. 113 . 723 n. 114. 725 n. 115 . 727 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 6 settembre 1966, n. 2324 . . . . . . . . . . . . . pag. 859 Sez. I, 6 settembre 1966, n. 2325 (in nota a Cass. 6 settembre 1966, n. 2324) . . . . . . . . 859 Sez. I, 7 gennaio 1967, n. 61 . . . 863 Sez. Un., 24 gennaio 1967, n. 209 . . . . . . . . . . . . . 761 Sez. Un., 24 gennaio 1967, n. 212 . . . . . . . . . . . . . 760 Sez. Un., 30 gennaio 1967, n. 250 . . . . . . . . . . . . . 731 Sez. I, 1 febbraio 1967, n. 291 (in nota a Cass. 15 giugno 1967, n. 1399) . . . . . . . . . 881 Sez. I, 17 marzo 1967, n. 602 .. 866 Sez. Un., 31 marzo 1967, n. 712 . 747 Sez. Un., 29 aprile 1967, n. 800 . 748 Sez. I, 2 maggio 1967, n. Sez. I, 3 maggio 1967, n. Sez. Un., 14 giugno 1967, Sez. Un., 15 giugno 1967, Sez. Un., 15 giugno 1967, Sez. Un., 15 giugno 1967, 817 . . 868 836 . . 874 n. 1328 . 775 n. 1389 . 787 n. 1390 . 800 n. 1391 . 750 Sez. I, 15 giugno 1967, Sez. I, 17 giugno 1967, Sez. I, 3 luglio 1967, n. Sez. I, 5 luglio 1967, n. Sez. Un., 7 luglio 1967, n. 1399 . 880 n. 1425 . 807 1631 . . 811 1663 . . 817 n. 1673 . 753 Sez. I, 15 luglio 1967, n. 1790 . 826 Sez. III, 26 luglio 1967, n. 1983 . 830 Sez. III, 26 luglio 1967, n. 1988 . 833 Sez. I, 5 agosto 1967, n. 2088 . . . 837 . ~-" ' INDICE xxm Sez. Un., 10 ottobre 1967, n. 2356 . pag. 845 Sez. Un., 13 ottobre 1967, n. 2442 . 768 Sez. I, 23 ottobre 1967, n. 2612 . 883 Sez. I, 28 ottobre 1967, n. 2670 . . 885 TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE 10 maggio 1967, n. 12 . pag. 902 9 giugno 1967, n. 17 . 903 5 luglio 1967, n. 20 906 LODI ARBITRALI 18 maggio 1967, n. 40 (Roma) . . . . . . . . . . . . . . pag. 907 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. Plen., 5 luglio 1967, n. 7. pag. 852 Ad. Plen., 11 luglio 1967, n. 8. 852 Sez. IV, 7 giugno 1967, n. 214 . 853 Sez. IV, 7 giugno 1967, n. 215 . 854 Sez. IV, 7 giugno 1967, n. 220. 854 Sez. IV, 5 luglio 1967, n. 254'. 855 Sez. IV, 5 luglio 1967, n. 279. 856 Sez. IV, 12 luglio 1967, n. 299 . 857 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. II, 25 agosto 1966, n. 668 . pag. 913 Sez. I, 15 ottobre 1966, n. 776 . 914 Sez. III, 25 luglio 1966, n. 802 . 916 Sez. III, 15 luglio 1966, n. 1248 920 SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA MoRIONDO E., L'ideoiogia della Magistratura Italiana, Ed. Laterza, Bari, 1967 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 183 VECCHI R. -. BosCIA F., Giurisprudenza completa della Corte Costituzionale 1956-66, De Donato ed. -Leonardo Da Vinci, Bari, 1967 . . . . . . . . . . . . . . . . 184 VmGA P., Diritto Costituzionale, Ed. Giuffr, Milano, 1967 . 185 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE LEGGI E DECRETI (Segnalazioni) . pag. 186 NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE -Norme delle quali stato promosso giudizio di legittimit costituzionale . . . . . . . . . . . . . . . 186 INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) Amministrazione pub-Espropriaz. per p. u.. 208 blica pag. 203 Fallimento 209 Appalto 203 Farmacia 209 Atti amministrativi . 204 Ferrovie 210 Autoveicoli 204 Igiene e sanit 210 Borsa 204 Impiego pubblico . 210 Caccia e pesca 204 Imposta di bollo . 210 Cambiali e altri titoli Imposta di registro . 211 di credito 204 Imposta di successione 212 Cinematografi 205 Imposta generale sul- Circolazione stradale . 205 l'entrata 212 Competenza e giurisdi- Imposte e tasse . 213 zione . 205 Imposte varie 214 Comunione e condo Matrimonio 214 minio. 205 Mezzogiorno . 214 Contabilit generale Opere pubbliche 215 dello Stato 206 Pena . 215 Contrabbando 206 Pensioni 215 Contributi 206 Procedimento penale 215 Costituzione 207 Pubblico ufficiale 216 Demanio 207 Regioni. 216 Deposito 207 Difesa dello Stato . 207 Responsabilit civile 216 Edilizia economica e Riscossione coattiva 216 popolare 208 Sciopero 217 Elettricit ed elettroServit 217 dotti 208 Stampa 217 Enfiteusi 208 Strade 217 PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 8 luglio 1967, n. 101 -Pres. Ambrosini - Rel. Bonifacio -Gaetani Lovatelli ed altri (avv. Palazzi, Sforzolini, Predieri, Cansacchi) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Pentinaca). Nobilt -Co~nomizzazione dei predicati nobiliari anteriori al 28 ottobre 1922 -Riconoscimento anche nel re~ime repubblicano -Esclusione. (Cast., art. 3, disp. trans. XIV; r. d. 11 dicembre 1887, n. 5138; r. d. 2 luglio 1896, n. 313; r. d. 5 luglio 1896, n. 314; r. d. 1. 20 marzo 1924, n. 442; r. d. I. 28 dicembre 1924 n, 2337; r. d. 16 agosto 1926, n. 1489; r. d. 21 gennaio 1929, n. 61 e r. d. 7 giugno 1943, n. 651). Sono costituzionalmente illegittime, con riferimento all'art. 3 ed alla XIV disposizione transitoria della Costituzione, le norme in materia araldica, nei limiti in cui si d ad esse applicazione per l'aggiunta al nome di predicati nobiliari anteriori al 28 ottobre 1922, ma non riconosciuti prima dell'entrata in vigore della Costituzione; nonch nei limiti in cui esse sottopongono il diritto predetto e la relativa tutela giudiziaria ad una disciplina diversa da quella disposta dall'ordinamento per il diritto al nome (1). (Omissis). -4. -La decisione delle questioni proposte dalle ordinanze di rimessione comporta la necessit di accertare se il secondo comma della XIV disposizione, nello stabilire che i predicati dei titoli (1) La questione era stata proposta con varie ordinanze del Tribunale di Roma: quattro del 13 dicembre 1965 (Gazzetta Ufficiale 14 maggio 1966, n. 118) e una del 7 novembre 1966 (Gazzetta Ufficiale 25 febbraio 1967, n. 51), nonch con ordinanza 18 giugno 1966, del Tribunale di Bologna (Gazzetta Ufficiale 12 novembre 1966, n. 284). Si conclude, con questa sentenza, la tormentata vicenda dei titoli nobiliari, con il pieno accoglimento della tesi prospettata dall'Avvocatura dei vari giudizi davanti ai giudici ordinari. In contrasto con il principio affermato dalla Corte Costituzionale era la giurisprudenza della Corte di Cassazione. Questa, infatti, con le sentenze J 702 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nobiliari esistenti prima del 28 ottobre 1922 valgono come parte del nome, si riferisca solo ai titoli che gi avessero ottenuto il riconoscimento nelle forme e nei modi previsti dall'ordinamento nobiliare ovvero anche a quelli che comunque fossero oggetto di un diritto risalente ad epoca anteriore a quella data. Alla soluzione del problema non pu recare nessun contributo l'indagine, espressamente sollecitata dal Tribunale di Bologna, sul carattere permanente o transitorio della disposizione costituzionale, e ci perch la definizione di una norma come transitoria implica solo che, nel passaggio da una vecchia ad una nuova disciplina, alcuni fatti o rapporti, in considerazione della loro collocazione cronologica, sono sottratti alla efficacia del nuovo regolamento, ma non esclude che la norma possa trovare applicazione, per un tempo indefinito, tutte le volte in cui quei fatti o quei rapporti siano oggetto di valutazione giuridica. N, per altro verso, alcun argomento risolutivo pu trarsi dal fatto che l'ultimo comma della XIV disposizione demanda ad una futura legge, tuttora non emanata, la soppressione della Consulta araldica. Dovendosi ritenere che la norma da riferirsi all'intera organizzazione predisposta per l'adempimento delle funzioni amministrative nella materia araldica (che ~ pi ampia di quella strettamente nobiliare), la circostanza che il Costituente non ne abbia direttamente disposta l'eliminazione non significa che in attesa della futura legge siano state conservate tutte le attribuzioni previste dalla legislazione che la istitui e la regol, come dimostrato dalla sicura e non controversa caducazione di tutti quei compiti che strettamente erano inerenti ad un ordinamento giuridico nel quale i titoli nobiliari trovavano piena cittadinanza. Con ci si vuol dire che non dalle competenze dell'ufficio araldico si pu risalire all'interpretazione della XIV disposi 20 maggio 1965, nn. 986 e 987, rese a Sezioni Unite (in questa Rassegna, 1965, I, 516), e 18 dicembre 1963, n. 3189, a Sezione semplice (in questa Rassegna 1964, I, 294 e nota critica di CARUSI) aveva ritenuto possibile, anche nel vigore della Costituzione repubblicana, un accertamento inciden ter tantum davanti ai giudici ordinari, in contraddittorio con gli uffici spe ciali ed in base alle norme sostanziali preesistenti, della sussistenza del predicato nobiliare al fine della relativa cognomizzazione. La ouestione veniva sollevata dall'Avvocatura davanti al Tribunale di Roma, il-q_uale, con le ordinanze sopra indicate, ed unitamente al Tribunale di Bologna, ne investiva la Corte Costituzionale. La prima ordinanza pubblicata in questa Rassegna, 1966, I, 129, con le deduzioni dell'Avvoca tura nell'atto di intervento davanti alla Corte Costituzionale. La sentenza in rassegna riconduce nell'alveo sostanziale e processuale del diritto al nome, secondo le norme comuni (art. 6 e segg. c. c. e leggi complementari sull'ordinamento dello stato civile), ogni questione di cogno mizzazione di predicati, rendendo testimonianza, anche per questa parte, della parit di tutti i cittadini di fronte alle leggi. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 703 zione, ma, al contrario, da questa si deve dedurre quali siano attualmente le sue residue funzioni. La Corte ritiene che il reale significato della norma costituzionale in esame non possa essere accertato se non alla luce del principio espresso dal primo comma della disposizione, secondo il quale l'ordinamento repubblicano non riconosce i titoli nobiliari. Ed infatti l'incertezza intorno all'interpretazione della qualifica esistenti riferita ai titoli anteriori al 28 ottobre 1922 non pu essere superata da considerazioni meramente letterali. Vero che nel passato ordinamento un titolo nobiliare era da considerare esistente indipendentemente dal riconoscimento amministrativo o giurisdizionale, che aveva solo una funzione di accertamento (peraltro necessario al legittimo uso ufficiale del titolo), ma da escludere che la lettera della norma costituzionale si riferisca all'esistenza del titolo in contrapposto al suo riconoscimento: la contrapposizione, invero, solo fra titoli anteriori e titoli posteriori al 28 ottobre 1922, e la proposizione normativa esprime in forma lessicalmente positiva la esclusione dei secondi dal c. d. diritto alla cognomizzazione. Sicch, equivalendo la frase esistenti prima del 28 ottobre 1922 a quella non conferiti dopo il 28 ottobre 1922 , chiaro che l'interpretazione letterale non idonea alla risoluzione del diverso problema qui in esame, che va, perci raggiunta con l'impiego di altri canoni ermeneutici: ed anzitutto attraverso il coordinamento dei due primi commi della disposizione, nel senso che al secondo deve essere attribuito quel significato che maggiormente si i::oncilii col primo. questo, infatti, ad esprimere la ,c;celta di fondo operata dal Costituente, e con essa ogni altra norma relativa alla materia va di necessit coordinata. Ci posto, da mettere in rilievo che il divieto di riconoscimento :lei titoli nobiliari non attiene solo all'attivit giudixiaria o amministrativa necessaria, come accadeva nel precedente ordinamento, per l'ac:: ertamento ed il conseguente legittimo uso di un titolo gi di per s esistente (e ci conferma che dalla diverssa terminologia usata nel primo e riel secondo comma non pu trarsi argomento favorevole illa tesi sostenuta dalle parti private), ma comporta che i titoli nobiliari aon costituiscono contenuto di un diritto e, pi ampiamente, non con; ervano alcuna rilevanza : in una parola, essi restano fuori del mondo ~iuridico. Da questa premessa, che nessuno contesta, inevitabilmente :liscende che l'ordinamento non pu contenere norme che impongono ii pubblici poteri di dirimere controversie intorno a pretese alle quali .a Costituzione disconosce ogni carattere di giuridicit. E perci, una volta attribuiti al primo comma quel contenuto e queste conseguenze, ~ certo da escludere che il secondo possa essere interpretato in un ;enso che con l'uno e con le altre sarebbe in contrasto. Ci accadrebbe >Ve si accogliesse la tesi che, al fine della cognomizzazione, il giudice J 704 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO debba accertare l'esistenza del titolo in capo a questo o a quel soggetto, valutarne le vicende alla stregua delle regole proprie del regime successorio nobiliare e dare piena applicazione alla legislazione araldica fino al punto -secondo la teoria che appare pi coerente con le premesse -da potersi pronunziare solo previo contraddittorio dell'interessato con l'ufficio araldico (legislativamente definito come rappresentante della regia prerogativa) e con provvedimento destinato ad essere iscritto negli appositi libri nobiliari. N importa che l'accertamento andrebbe compiuto non in funzione del legittimo uso del titolo, ma come strumentale rispetto al diverso diritto relativo all'aggiunta del predicato al nome: ed infatti, nonostante questa finalit, il titolo costituirebbe pur sempre oggetto di un diritto e di una vera e propria tutela giuridica, laddove l'uno e l'altra sono perentoriamente esclusi dal principio enunciato nel primo comma. Tale irrilevanza giuridica dei titoli nobiliari impedisce, dunque, che essi possano essere giuridicamente accertati e perci il secondo comma della XIV disposizione va interpretato nel residuo senso che l'aggiunta al nome dei predicati anteriori al 28 ottobre 1922 non trova la sua fonte nel diritto al titolo, non pi sussistente, ma nel gi intervenuto riconoscimento, che assume il ruolo di presupposto di fatto del diritto alla cognomizzazione. Siffatta conclusione, oltre a rispondere all'esigenza di una corretta interpretazione sistematica desunta dal necessario coordinamento dei due primi commi della XIV disposizione, trova pieno conforto nei lavori preparatori, dai quali si ricava che intento del Costituente fu quello di evitare che dal disconoscimento dei titoli nobiliari potesse derivare una lesione del diritto al nome (il che, ovviamente, esclude la cognomizzazione attuale di predicati mai riconosciuti e perci mai legittimamente usati come elemento di individuazione del casato) ed nel contempo l'unica che appaia conciliabile con la pari dignit sociale garantita dal primo comma dell'art. 3 della Costituzione. Su quest'ultimo punto, infatti, va respinta la tesi sostenuta dai signori Cetti Serbelloni, secondo la quale tale formula sarebbe priva di ogni possibile contenuto giuridico, giacch essa esprime un principio gene .~le che da un lato importa l'illegittimit di tutte le misure legislative .1e colleghino particolari distinzioni di rilevanza sociale a circostanze che non siano dipendenti da capacit o da meriti personali, dall'altra concorre ad interpretare le stesse norme costituzionali nel senso pi rispettoso di siffatta esigenza. Ora, come indubbio che il primo comma della XIV disposizione chiaramente ispirato al fine di meglio garan tire, nel senso anzidetto, la parit dei cittadini, cos certo che il secondo comma deve essere inteso in modo da escludere che per altra via venga consentita una perdurante ed indefinita efficacia della legi slazione nobiliare. J PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 705 5. -Da quanto fin qui si detto discende che non sono compatibili con il secondo comma della XIV disposizione gli atti impugnati, per la parte in cui essi dovrebbero trovare applicazione per l'aggiunta al nome di predicati di titoli nobiliari i quali, ancorch siano anteriori al 28 ottobre 1922, non abbiano formato oggetto di riconoscimento durante il vigore del vecchio ordinamento. Va aggiunto che l'interpretazione della norma costituzionale nei r:ensi innanzi descritti e la considerazione che il diritto alla cognomizzazione impone che il predicato segua in tutto la sorte del nome giustificano altre due conseguenze: a) che le vicende del diritto attribuito dal secondo comma della XIV disposizione devono oramai essere valutate non secondo le norme che regolavano la successione nei titoli nobiliari, ma alla stregua di quelle che disciplinano i modi di acquisto del nome; b) che la tutela di tale diritto sotto ogni aspetto (sia per quanto attiene alle forme del procedimento ed ai soggetti legittimati a prendervi parte sia per quanto riguarda l'esecuzione dei provvedimenti) deve seguire le regole che il vigente ordinamento detta per la tutela del diritto al nome. Queste conclusioni ricevono ulteriore conferma dall'art. 3 della Costituzione, essendo certo che l'assoggettamento del diritto all'aggiunta del predicato al regime proprio dei titoli nobiliari non potrebbe trovare alcuna giustificazione in un ordinamento che a questi, con norma costituzionale, nega ogni autonoma rilevanza. Anche per questa parte, dunque, va dichiarata la illegittimit costituzionale degli atti legislativi sottoposti al controllo della Corte. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 8 luglio 1967, n. 102 -Pres. Ambrosini - Rel. Mortati -Folli (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. Stato Chiarotti). Patria potest -Esercizio della stessa ed amministrazione dei beni del minore -Attribuzione al padre -Violazione della parit dei coniu~i -Esclusione. (Cost., art. 3, 29; c. c., art. 316, 320). Non fondata la questione di legittimit costituzionale degli articoli 316 e 320 codice civile, in relazione al principio di eguaglianza fra i coniugi, perch l'attribuzione al padre dell'esercizio della patria potest e dell'amministrazione dei beni del minore obbedisce alla necessit della formazione di una volont unitaria della famiglia, che costituisce RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO un limite, previsto dallo stesso art. 29 della Costituzione, alla assoluta parit. morale e giuridica dei coniugi (1). (Omissis). -Ci posto da rilevare che, in sostanza, con l'ordinanza di rinvio le norme impugnate vengono censurate in quanto porrebbero in essere una violazione del principio di parit giuridica e morale dei coniugi stabilita dall'art. 29,. secondo comma, della Costituzione, e sanzionando una distinzione fondata sul sesso, infrangerebbero anche il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, ponendosi altres in contrasto con il successivo art. 30, che attribuisce il dovere di mantenere, educare ed istruire i figli ad <'!ntrambi genitori. 2. -Deve osservarsi anzitutto, quanto all'art. 316 del codice civile, che la censura infondata. Ed invero la patria potest, cio quel complesso di poteri e di doveri tendenti appunto al mantenimento, alla educazione ed alla istruzione della prole, come alla cura dei relativi interessi patrimoniali, attribuita in modo congiunto ad entrambi i genitori, cosi come risulta evidente dalla detta norma impugnata secondo cui il figlio soggetto alla potest dei genitori ; sicch ciascuno di essi, quando esercita la potest, lp fa iure proprio . La madre quindi, (mentre ha sempre il diritto-dovere di esercitare le funzioni inerenti alla patria potest, sia pure in conformit delle direttive paterne) quando, nelle ipotesi previste dalla legge, viene autonomamente chiamata a tale esercizio, assume la pienezza di un potere di cui, peraltro, era gi titolare. Con ci, (1) La questione era stata proposta dal Pretore di Imola con ordinanza 7 gennaio 1966 (Gazzetta Ufficiale 30 aprile 1966, n. 105). La sentenza costituisce una precisa indicazione per il legislatore allorquando esso sar chiamato a pronunciarsi sulla riforma del diritto familiare. Per superare il punto di inerzia che potrebbe essere costituito da un conflitto di vedute tra i due coniugi, la Corte, pi che suggerire il rimedio dell'intervento del giudice (vivacemente criticato sul piano politico-giuridico: cfr. LucIFREDI, La famiglia dinanzi al giudice?, in La discussione, ottobre 1967, n. 23) ha posto in risalto la necessit di una determinazione unitaria della famiglia. Conformi in dottrina, Crcu, La filiazione, Trattato dir. civ., Torino 1954, III, 2, 301 segg.; CHIARLONI, L'esercizio dell'azione civile per conto del minore, Riv. it. dir. proc. pen., 1964, 1192. Le sentenze richiamate nel testo, 22 febbraio 1964, n. 9 e 23 maggio 1966, n. 46 sono pubblicate in questa Rassegna, rispettivamente, 1964, 250 e 1966, 528. La sentenza 28 novembre 1961 n. 64 leggesi, tra l'altro, in Giur. cost. 1961, 1230 e nota di ESPOSITO, Sulla punizione del solo adulterio femminile. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 707 pertanto, pu escludersi senz'altro che alla madre venga conferita solo una potest puramente astratta e priva di pratica efficacia, come invece sostanzialmente affermato nell'ordinanza di rinvio. E se indubbiamente, secondo il sistema del codice, riconosciuta una prevalenza della volont del padre in ordine alle funzioni in esame, altresi vero che questa distinzione ripete la sua origine dalla esigenza, comunemente avvertita in ogni umano consorzio, di apprestare i mezzi per la formazione di una volont unitaria riferibile al consorzio stesso. Questa esigenza infatti non pu non ritrovarsi anche nella societ familiare che, pur essendo una istituzione a base essenzialmente etica, tuttavia un organismo destinato a vivere ed operare nell'ambito dei concreti rapporti umani per l'attuazione dei suoi fini sociali, primo fra i quali, indubbiamente, emerge quello dell'allevamento e dell'educazione dei figli. , pertanto, evidente la necessit che la legge garantisca nella famiglia la formazione di una volont unitaria che si traduca in un indirizzo unitario ai fini del conseguimento dello scopo suddetto. Il sistema posto in essere dal legislatore quindi, sia pure risentendo indubbiamente della tradizione storica che ha visto nel padre il capo della famiglia, non ha fatto che provvedere alla descritta esigenza fondamentale quando ha affidato l'esercizio della potest ad uno solo dei genitori. Ci ovviamente non esclude la perfettibilit della soluzione adottata, nel senso di un sempre pi stretto coordinamento della disciplina di questo essenziale settore della vita sociale col precetto costituzionale; ed anzi deve darsi atto della tendenza che in tale direzione si va attualmente manifestando nel mondo giuridico. D'altra parte, la parit morale e giuridica dei coniugi garantita dall'art. 29 secondo comma della Costituzione con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia della unit familiare . Il che vuol dire che il legislatore ordinario appunto autorizzato ad individuare e codificare ,~uelle limitazioni che siano obiettivamente necessarie ai fini delle fon~ mentali esigenze di organizzazione della famiglia e che, senza creare \vna inferiorit a carico della moglie, fanno tuttora del merito, per ';ti aspetti, il punto di convergenza della unit familiare e della po1~ della famiglia nella vita sociale (sentenza numero 64 del "embre 1961). 'N varrebbe in proposito osservare, come fa il giudice a quo, che non potrebbe considerarsi costituzionalmente valido il sistema sancito dalle norme impugnate in quanto l'unit cui fa riferimento l'art. 29, secondo comma, della Costituzione sarebbe da intendere come una mera unitariet di fatto della famiglia quale organismo, e non come unit di governo. Questa affermazione invero, in ultima analisi, porterebbe ad escludere dall'ambito dei limiti previsti dal citato art. 29, secondo comma, della Costituzione, e quindi a ritenere illegittima, qualsiasi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO regolamentazione che apprestasse nell'interno del nucleo familiare una disciplina unitaria di quelle situazioni che attengono al momento determinante degli indirizzi fondamentali irca il mantenimento, l'educazione e l'istruzione della prole, che costituiscono i compiti primari della famiglia, intesa come organismo sociale. Con ci rimarrebbe elusa la gi lumeggiata ed ineliminabile esigenza di un coerente e ben individuabile indirizzo al riguardo. N ha ritenuto diversamente la Corte costituzionale con la sentenza n. 9 del 1964, che nell'ordinanza richiamata a conforto della riferita obiezione, in quanto ivi la Corte ha affrontato un particolare aspetto del problema interpretativo del principio di eguaglianza dei coniugi in ordine alla limitazione del diritto di querela da parte del solo coniuge esercente la patria potest in relazione al delitto di sottrazione di persone incapaci. Non possono perci trarsi dalla dichiarazione di illegittimit di tale limitazione, essenzialmente fondata dalla Corte sul riconoscimento della esistenza di un interesse anche del genitore non esercente la patria potest ad ottenere la punizione del colpevole, le conseguenze di ordine generale a favore dell'interpretazione restrittiva del concetto di unit della famiglia desunte dal giudice a quo. Le conclusioni che precedono non possono nemmeno essere scosse dal richiamo che nell'ordinanza di rinvio fatto al criterio interpre tativo enunciato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 46 del 1966, secondo cui il limite di cui all'art. 29, secondo comma, della Costi tuzione dovrebbe intendersi solo come eccezionale deroga al fonda mentale principio di parit fra i coniugi, per cui non vi si potrebbe fare riferimento in un caso come quello in esame, che attiene a rap porti normali e continui quali sono quelli dell'esercizio della patria potest, senza capovolgere il sistema, facendo dell'unit familiare il principio base e dell'eguaglianza dei coniugi una disposizione di ap plicazione eventuale e secondaria. Con la citata sentenza n. 46 del 1966, invero, la Corte, nel riba dire il limite posto dall'art. 29, secondo comma, della Costituzione ha effettivamente riconosciuto che esso rappresenta un'eccezione al prin cipio di parit, da interpretarsi pertanto restrittivamente. Ma non pu affermarsi che nella specie tale criterio interpretativo sia violato quan do si riconosce che l'esigenza dell'unit familiare richiede l'adozione di una disciplina unitaria del momento determinativo dell'esercizio dei poteri-doveri inerenti alla patria potest poich, se vero che nel con cetto di limite insito un aspetto di eccezionalit, anche vero che non per questo consentito snaturare l'essenza del limite medesimo inter pretandone restrittivamente la portata fino al punto da svuotarlo di contenuto, come avverrebbe ove si ritenesse prevalente il principio di parit dei coniugi sulla necessit di tutelare l'unit della famiglia attraverso l'apprestamento di norme che garantiscano, come si detto, PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 709 la concreta possibilit di perseguire quello che il fine principale della famiglia stessa. Concludendo, pertanto, poich la prevalenza della volont paterna nell'esercizio della patria potest conseguenza della sopraccennata esigenza unitaria, e siccome questa rientra indubbiamente fra i limiti della parit morale e giuridica dei coniu:;:-i di cui all'art. 29, secondo comma, della Costituzione, la Corte ritiene che l'impl.Agnato art. 316 del codice civile non si ponga in contrasto con il detto precetto costituzionale. Da quanto premesso consegue altres che nella specie non pu parlarsi di discriminazione a danno della madre fondata su .distinzione di sesso, giacch non pu ovviamente ravvisarsi una discriminazione nella imposizione legislativa di un limite costituzionalmente consentito, nel che appunto si risolve, per le esposte ragioni, la riconosciuta prevalenza della volont del padre nell'esercizio della patria potest. Egualmente deve escludersi il lamentato contrasto dell'art. 316 del codice civile con l'art. 30 della Costituzione, che investe sostanzialmente buona parte degli aspetti concreti dell'esercizio della patria potest e deve essere quindi, ovviamente, inteso in coordinamento con il precedente art. 29, per cui i limiti alla parit dei coniugi previsti da quest'ultima disposizione debbono necessariamente riflettersi anche sul contenuto dell'art. 30 suddetto. Le considerazioni che precedono sono integralmente valide anche in relazione all'altra norma impugnata, cio all'art. 320 del codice civile, che attribuisce al padre la rappresentanza dei figli nati e nascituri negli atti civili e l'amministrazione dei beni e costituisce quindi ulteriore manifestazione dell'accentramento nel padre dei compiti relativi agli interessi morali e materiali dei figli minori, offrendo pertanto profili identici a quelli illustrati in relazione alla norma fondamentale dell'art. 316 del codice civile per quanto riguarda la valutazione della fondatezza della questione di legittimit costituzionale in esame. (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1967, n. 103 -Pres. Ambrosini . Rel. Benedetti -Soc. Petringa (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. Stato Coronas). Imposte e tasse in genere -Dichiarazione annuale dei redditi -Omessa dichiarazione -Iscrizione a ruolo per lo stesso imponibile nel pe RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO riodo precedente maggiorato del 10 % -Violazione del principio della capacit contributiva relativamente alla maggiorazione. (Cost., art. 3; d. P. R. 5 luglio 1951, n. 573, art. 22, primo comma; d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 123, 141 primo comma, art. 142, art. 150). L'iscrizione a ruolo del contribuente che non abbia presentato la prescritta dichiarazione dei redditi, mentre legittima relativamente alla reiscrizione del medesimo imponibile del periodo precedente, contrasta con il principio della capacit contributiva limitatamente alla maggiorazione del 1O % , e pertanto vanno dichiarate costituzionalmente illegittime le norme che la prevedono (1). (Omissis). -I due giudizi possono essere decisi con unica sentenza poich prospettano alla Corte la medesima questione: se sia costituzionalmente legittima, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, la norma contenuta nell'art. 22, comma primo, del testo unico 5 luglio 1951, n. 573 sulla dichiarazione annuale dei redditi soggetti alle imposte dirette, la quale dispone che in caso di omessa dichiarazione, i redditi accertati per l'anno precedente continuano ad essere iscritti a ruolo, aumentati, per i redditi di categoria A, di categoria B e di categoria C/1, del 10 per cento, salvo la facolt dell'Uffifl.cio di rettificarli . 2. -Per quanto concerne la violazione del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione la questione non fondata. sufficiente rilevare in proposito che non ravvisabile una identit di situazione tra il contribuente che ha ottemperato al dovere dell'annuale dichiarazione dei redditi e quello che non lo ha compiuto. Chi ha omesso di presentare la denuncia versa in una palese posizione antigiuridica e questa Corte ha gi avuto occasione di affermare che il principio di uguaglianza non pu essere invocato da chi si pone in una situazione di illecito (sent. n. 45 del 1963). 3. -Venendo all'esame del secondo motivo di incostituzionalit d'uopo tener distinta la parte della norma impugnata giusta la quale, in caso di omessa dichiarazione, continuano ad essere iscritti a ruolo i redditi accertati per l'anno precedente, da quella che dispone l'aumento del 10 per cento dei redditi delle categorie A, B e C/1. (1) La questione era stata proposta con ordinanza 17 novembre 1964 della Commissione Provinciale delle Imposte di Catania (Gazzetta Ufficiale 26 marzo 1966, n. 76). La sentenza 9 aprile 1963, n. 45, ricordata nel testo, pubblicata in Riv. dir. proc., 1965, 443, con nota di CoRNAGLIO. J PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 711 Il preteso contrasto con il principio della capacit contributiva non sui;;siste nei riguardi della prima disposizione. La reiscrizione a ruolo dei redditi accertati per l'anno precedente va considerata come una conseguenza dell'obbligo -gi sancito dall'art. 3, comma primo, della legge 11 gennaio 1951, n. 25 e poi riaffermato dall'art. 1 del citato T. U. n. 573 del 1951 -della presentazione annuale della dichiarazione dei redditi, anche quando non siano intervenute variazioni nei redditi gi accertati. In base a tali disposizioni pu affermarsi che l'accertamento .del .reddito imponibile avviene attraverso un'attivit di collaborazione tra il contribuente e l'Amministrazione. La norma in esa:rne opera quando .vien meno detta collaborazione, nel caso cio di comprtamento .omissivo del contribuente e consente all'Amministraz~ ne di detel;'minare il reddito da iscrivere a ruolo in misura eguale a qJ.tella accertata per il periodo precedente. Tale iscrizione a titolo defi:~dtLvo nel . se:nso che :non ammessa revisione in diminuzione, potendo ncontrib.ente ricorrere contro il ruolo nei soli casi d'inesistenza o intassabiUt del reddito mentre fatta salva la facolt di rettifica d, parte dell'Amministrazione. La norma trova una duplice valida gistifeazione: nel comportamento del contribuente che, pur avendo conseguito redditi soggetti ad imposta, ha omesso di dichiararli e nella esistenza di redditi accertati per l'anno precedente che fondatamente sono ritenuti un positivo indice rivelatore della capacit contributiva. Analoghe giustificazioni non ricorrono, invece, per la seconda parte della norma denunciata che dispone la maggiorazione del 10 per cento per i redditi mobiliari. La pura e semplice considerazione di un presumibile ulteriore sviluppo dell'attivit del contribuente con conse'guente aumento del reddito inidonea a legittimare la maggiorazione in esame poich nessun elemento concreto o indice positivo pu essere posto a suo fondamento. La norma denunciata preclude al contribuente di d.imostrare di aver realizzato un reddito inferiore a quello iscritto a ruolo ed del tutto irrazionale estendere tale preclusione all'aumento del 10 per cento. Per la parte in discussione la norma va quindi dichiarata costituzionalmente illegittima in riferimento all'art. 53 della Costituzione. 4. -Come conseguenza della limitata dichiarazione di illegittimit dell'art. 22, comma primo del T. U. n. 573 del 1951, negli stessi sensi e negli stessi limiti, deve altresi essere dichiarata l'illegittimit costituzionale, a norma dell'art. 27 ultima parte della legge 11 marzo 1953, n. 87, delle seguenti disposizioni del nuovo T. U. delle leggi sulle imposte dirette approvato con D. P. R. 29 gennaio 1958; n. 645: dell'art. 123 nella parte in cui in tema di imposta sui redditi di ricchezza mobile prevede identico aumento sul reddito accertato per il periodo di imposta precedente; dell'art. 141, primo comma, limitatamente alla parte RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in cui dispone che l'aumento del 10 per cento previsto dal precedente art. 123 spiega automatica efficacia ai fini dell'imposta complementare sul reddito; dell'art. 142 nella parte in cui fa salvo l'effetto dell'aumento del 10 per cento, previsto dal citato art. 141, primo comma, ai fini dell'imposta complementare sul reddito; dell'art. 150, secondo comma, nella parte in cui dispone che l'aumento del 10 per cento previsto dall'art. 123 spiega automatica efficacia ai fini dell'imposta sulle societ. ( Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1967, n. 105 -Pres. Ambrosini Rei. Cassandro -Quattrone (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. Stato Chiarotti). Previdenza e assistenza -Previdenza e assistenza obbligatoria -Vigilanza dell'Ispettorato del lavoro -Diffida per la regolarizzazioneContrasto con l'obbligatoriet dell'azione penale -Esclusione. (Cost., art. 112; d. P. R. 19 marzo 1955, n. 520, art. 9). La facolt attribuita all'Ispettorato del Lavoro dall'art. 9 d. P. R. 19 marzo 1955, n. 520 di diffidare, con aJpposita prescrizione, il datore di lavoro che non si sia comportato in conformit delle norme di legge in materia di previdenza sociale, fissando un termine per la regolarizzazione, non contrasta con l'obbligatoriet dell'azione penale stabilita dall'art. 112 della Costituzione (1). (1) La questione era stata proposta dal Pretore di Reggio Calabria con ordinanza 25 gennaio 1966 (Gazzetta Ufficiale 30 aprile 1966, n. 105). La sentenza una ulteriore conferma della netta distinzione che corre tra attivit amministrativa diretta alla prevenzione del reato o alla sua estinzione mediante oblazione, ed esercizio dell'azione penale di spettanza esclusiva del Pubblico Ministero. Si ricordano, infatti, le precedenti sentenze Corte Costituz. 5 maggio 1959, n. 22, Giur. cost., 1959, 319 e nota di CASETTA; C. Cost. 20 ottobre 1963, n. 154, Riv. it. dir. e proc. pen., 1964, 255 e nota di BRICOLA, 8 luglio 1967, n. 95, in questa Rassegna, 1967, I, 518, e 9 marzo 1967, n. 25, ivi, 210. CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1967, n. 108 -Pres. Ambrosini. Rel. Benedetti -Bartoccini e Giusto (avv. Giagheddu, Barra~Caracciolo) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Tracanna). Contabilit dello Stato -Soppressione delle gestioni fuori bilancio delle Antichit e Belle Arti -Limitazione al quinquennio anteriore ed 'i J PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 713 al solo dolo dei funzionari -Illegittimit costituzionale -Esclu sione. (Cost., art. ~3, 103, 97; I. 30 marzo 1965, n. '340, art. 11). L'art. 11 della legge 30 marzo 1965, n. 340, che sopprime le gestioni fuori bilancio dell'Amministrazione delle Antichit e Belle Arti e limita al solo quinquennio anteriore ed alle sole ipotesi di dolo la giustificazione delle gestioni stesse da parte dei funzionari prepostivi, non contrasta col principio di eguaglianza, n elude il controllo della Corte dei Conti, n arreca pregiucJ,izio al buon andamento della P. A. (1). (Omissis). -1. -La prima censura di incostituzionalit mossa dall'ordinanza di rinvio all'art. 11 della legge 30 marzo 1965, n. 340 riguarda la violazione del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione. La censura non fondata. Dalla relazione al disegno di legge, presentato al Senato nella seduta del 16 giugno 1964 e dalle successive discussioni parlamentari (sedute del 15 e 22 ottobre 1964 della VI Commissione del Senato in sede deliberante) dato dedurre quale sia lo spirito informatore della legge in esame e quali siano in particolare le ragioni giustificatrici delle limitazioni disposte dalla norma denunciata. Si desume anzitutto da tali atti che i motivi del provvedimento si riassumono nella urgente necessit di risolvere una situazione irregolare in cui era venuta a trovarsi 1'Amministrazione delle antichit e belle arti, costretta, nella mancanza di norme e strutture adeguate e nella persistente scarsezza di fondi di bilancio, a ricorrere a forme anomale di gestione fuori bilancio per poter adempiere i suoi compiti istituzionali e soddisfare le complesse e crescenti esigenze della propria azione in difesa del patrimonio artistico e paesistico. Il legislatore, peraltro, legittimamente (1) La questione era stata proposta con ordinanza 18 gennaio 1966 della Corte dei Conti, sez. II giurisdizionale (Gazzetta Ufficiale 30 aprile 1966, n. 105). Per una mozione di bilancio limitata al solo bilancio dello Stato vero e proprio, cfr. BENTIVEGNA, Elementi di contabilit dello Stato, Milano, 1960, 613; nonch, per quanto concerne la Cassa DD.PP., la precedente sentenza della Corte Costituzionale 19 dicembre 1963, n. 165 (Giur. cost., 1963, 1616). In ordine alla competenza non esclusiva della Corte dei Conti in mate ria di contabilit pubblica, cfr. la sentenza della Corte Costituzionale 31 marzo 1965, n. 17, in questa Rassegna, 1965, I, 266; nonch quella delle Se zioni Unite della Corte di Cassazione 30 novembre 1966, n. 2811, ivi, 1967, 54 e nota di richiami. In dottrina, sull'argomento, cfr. ScocA, Il contenzioso contabile dopo la dichiarazione di illegittimit dei Consigli di Prefttura, Giur. cost. 1966, 1484. J RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO preoccupato del pregiudizio e dei gravi danni che sul piano scientifico e culturale sarebbero derivati dalla soppressione pura e semplice delle 'i~'' predette gestioni, ritenne necessario dettare una disciplina che ne assicurasse la continuit e pertanto stabili di ricondurle nell'ambito del bilancio dello Stato, con la conseguente concreta applicabilit, per il futuro, degli ordinari cGntrolli previsti dalle norme sulla contabilit generale dello Stato. L'art. 1 della legge ha perci disposto la soppressione di tutte le gestioni non previste da norme legislative e regolamentari esistenti presso l'Amministrazione delle antichit e belle arti nonch il versamento in Tesoreria sia delle somme pertinenti alle predette gestioni, non erogate alla data di pubblicazione della legge, sia di quelle conseguite dopo tale data. Per regolare poi tali gestioni per il periodo anteriore all'entrata in vigore della legge stato dettato l'art. 11 che limita ad un quinquennio l'obbligo degli agenti contabili di dare giustificazione delle loro gestioni mediante la presentazione dei conti giudiziali e limita inoltre la loro responsabilit e quella degli ordinatori di spese ai danni arrecati all'Erario imputabili a dolo. I motivi di questo differenziato trattamento emergono con tutta evidenza dai citati lavori preparatori nei quali pu leggersi che la norma risponde ad evidenti ragioni di equit vuoi per circostanze di carattere obbiettivo, quali le particolari ed effettive esigenze di servizio che dettero vita alle gestioni fuori bilancio e gli indubbi notevoli vantaggi che esse hanno procurato allo Stato, vuoi di carattere soggettivo, perch -si afferma - sarebbe non solo disumano ma controproducente nell'interesse della collettivit se si continuasse a mantenere nello stato di disagio e apprensione moltissimi, ottimi funzionari che hanno solo la colpa di avere anteposto al regolamento di contabilit generale la necessit di salvare tesori di immenso valore culturale ed economico. Il legislatore ha altresi chiarito lo scopo della disposizione precisando che esso consiste nella sanatoria di irregolarit formali la quale -lungi dal voler tradurre in norma una situazione antigiuridica mira solo a riconoscere le esigenze particolari che l'hanno provocata e che ne costituiscono la base. Contrariamente a quanto sostenuto nel1' ordinanza pu quindi affermarsi che il legislatore, nella specie, ha voluto dettare, dopo meditate e ponderate discussioni, una disciplina diversa, implicante un differenziato trattamento, per regolare situazioni particolari di una speciale categoria di ordinatori di spese e di contabili. La valtuazione di tali situazioni, per come risulta dall'indagine compiuta, non arbitraria ma appare per contro sorretta da criteri logici e razionali, e ci sufficiente per escludere che la norma impugnata urti col principio di uguaglianza enunciato nell'art. 3 della Costituzione. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 715 2. -Del pari infondate sono le censure di insostituzionalit sol' evate in riferimento agli artt. 81, comma primo, 100, comma secondo, l03, comma secondo, della Costituzione. Per quanto riguarda la pretesa violazione dei primi due precetti ''lionali la Corte osserva che essi sono indubbiamente ispirati \pio del contro!lo del Parlamento e della Corte dei conti su '\estione finanziaria dello Stato e che per co.1seguenza nel -previsione e nel rendimento consuntivo dovrebbe essere i., entrata ed ogni spesa a qualsiasi titolo introitata ed ~ legge nella quale contenuta la norma impugnata, otere giurisdizionale che la Corte dei .Jase alle comuni norme sulla contabilit .i'ordinamento della Corte. Ed fuor di dubbio votesse fare posto che la disciplina concreta della .ionale contabile demandata proprio al legislatore -Ha infine rilevato l'ordinanza che la disposizione di cui trat" dispensando i funzionari dello Stato dal dare giustificazione di RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO somme gestite ed esonerandoli da qualsiasi responsabilit, anche nella ipotesi di colpa grave, in contrasto col primo e secondo comma dell'art. 97 della Costituzione. Questa Corte ritiene che nessun pregiudizio derivi dalla norma impugnata ai principi del buon andamento e imparzialit dell'Amministrazione e della respnsabilit dei funzionari. La norma semmai in armonia con tali principi perch con essa stata daterminata la responsabilit patrimoniale di una data categoria di funzionari sia pure \ nei limiti in cui la responsabilit stessa poteva essere ammessa in relazione alle obbiettive particolarit della situazione che il legislatore ha inteso normalizzare. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1967, n. 109 -Pres. Ambrosini - Rel. Verzi -Russo (avv. Positano) Amministrazione delle Finanze dello Stato e Pres. Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. Stato Coronas). Imposta di successione -Presunzione per gioielli, denaro e mobilia Ragguaglio sul valore lordo dell'asse relitto -Violazione del prin cipio di eguaglianza -Esclusione. (Cost. art. 3; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 31, commi primo, secondo e terzo). Imposta di successione -Presunzione per gioielli, denaro e mobilia Violazione del principio della capacit contributiva -Esclusione. (Cost. art. 53; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 31, commi primo, secondo e terzo). Il dive1so modo di calcolare i1 valore venale deU'asse ereditario relitto ai fini deU'applicazione deUa presunzione di cui aH'art. 31 Legge tributaria sune successioni, cio ai netto per Le aziende ed ai Lordo per gli aitri beni, non importa disparit di trattamento Lesivo deZ principio costituzionale di uguaglianza (1). Non pu ritenersi violato iZ principio costituzionale deHa capacit contributiva aHorquando Za Legge, pur stabilendo ia presunzione per gioieUi, denaro e mobiiia, pone a presupposto deU'obbligazione tribu taria iZ trasferimento deHa ricchezza a causa di morte e fa riferimento ad un indice effettivo e concreto quaie queHo dei patrimonio ere ditario (2). (1-2) La questione era stata proposta dalla Corte di Appello di Milano con ordinanza 22 febbraio 1966 (Gazzetta Ufjciale 14 maggio 1966, n. 118), PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 717 (Omissis). -Dopo che la sentenza di questa Corte n. 69 del 1965 ia dichiarato l'illegittimit del primo e del secondo comma dell'arti: olo 31 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, limitatamente alla esclusione ielle aziende agricole dal trattamento disposto per quelle industriali e ~ommerciali, ed ha pertanto lasciato in vigore la restante disciplina lettata da tale articolo; e dopo che la 1. 31 ottobre 1966, n. 948, elininando ogni disparit, ha disposto ,che, tanto per le aziende agricole 1uanto per quelle industriali e commerciali, il computo della percen uale relativa alla presunta esistenza di mobili, gioielli e denaro sia !ffettuato in base al valore della azienda al netto delle passivit; 'ordinanza della Commissione delle imposte dirette ed indirette di fapoli prospetta sotto altro profilo la violazione del principio di ugua( lianza, assumendo che sussiste una ingiustificata disparit di trattanento tra i cittadini, i quali ricevono per successione una azienda e 1uelli che ereditano beni di altra natura, dal momento che, ai fini lel cennato computo, le aziende vengono valutate al netto delle passirit e gli altri beni al lordo. 3. -Sotto questo profilo, la questione non fondata. L'imposta :he colpisce il trasferimento della ricchezza in occasione di morte deve !Ssere -per principio generale e per espressa disposizione dell'art. 34 lella legge tributaria sulle successioni -commisurata al valore venale n comune commercio dei beni ereditati. Ed il diverso modo di calcoare il valore venale giustifica pienamente la differenza nel trattamento ributario, essendo certo ~ come esattamente rileva l'Avvocatura :enerale dello Stato -che il valore dell'azienda non potrebbe essere :akolato in modo diverso da quello disposto dalla norma impugnata. ~d invero l'azienda, nel suo carattere unitario, costituita da un com> lesso di attivit (beni, avviamento, crediti, ecc.) alle quali fa riscontro m complesso di passivit (spese, perdite, debiti, ecc.) non separabili ! dalla Commissione Provinciale delle Imposte di Napoli con ordinanza l7 maggio 1966 (Gazzetta Ufficiale 26 novembre 1966, n. 299). La I. 31 ottobre 1966, n. 948, emanata per adeguare l'art. 31 della legge ;ributaria sulle successioni all'insegnamento della Corte Costituzionale con; enuta nella precedente sentenza 19 luglio 1965, n. 69 (in questa Rassegna, ~965, 884) -secondo il quale anche alle aziende agricole vanno estesi i ~riteri di valutazione delle aziende industriali -dando atto di questa !stensione, ha mantenuto ferma la distinzione posta tra aziende in genere, )er la quale la presunzione opera sul valore netto, e gli altri beni, pei quali issa opera sul valore lordo. In tale differenziazione di trattamento il giudice a quo aveva ritenuto ii ravvisare una ulteiriore violazione del principio di eguaglianza. Ma la ::orte ha dichiarato non fondata la questione, conformemente anche a iuanto di recente ritenuto in dottrina (FALSITTA. Profili di incostituzionalit 718 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dal movimento degli affari di cui essa costituita, sicch il valore si riduce alla differenza fra attivo e passivo. Del tutto differente appare la situazione nel trasferimento di beni di diversa natura, nei quali le passivit, ricollegate al patrimonio soltanto sotto l'aspetto soggettivo, non hanno vera rilevanza nella stima del valore intrinseco del bene. 4. -Parimenti infondata appare anche l'altra questione sollevata tanto dall'ordinanza della Corte d'appello di Milano quanto dalla suindicata Commissione provinciale delle imposte, in riferimento al principio costituzionale della capacit contributiva dei soggetti obbligati al tributo : secondo le ordinanze la presunzione della esistenza di beni, che di fatto potrebbero non trovarsi nel patrimonio del de euius, darebbe una base fittizia alla imposizione tributaria e prescinderebbe da un indice sicuro ed effettivo di ricchezza. La Corte rileva che la disposizione impugnata fondata sulla comune esperienza e risponde a principi di logica tanto rilevanti da legittimare la certezza giuridica della esistenza dei beni; e che, altres, data la natura di essi facilmente occultabili, sfuggenti a qualsiasi accertamento fiscale e di valore difficilmente valutabile, sussisteva per il legislatore la necessit di rendere precisa la pretesa tributaria,. sollecita la riscossione del tributo e vano ogni tentativo di evasione. Della presunzione suindicata si avvalso il legislatore, con un precetto impositivo, avente lo scopo di eliminare contrasti e di dare certezza e semplicit al rapporto tributario. Senza indagare in questa sede se trattasi di presunzione assoluta oppur no, il che inconferente ai fini che qui interessano, importa invece affermare che essa rappresenta una verit giuridica avente come substrato fatti reali di difficile accertamento. N si pu ritenere violato il principio della capacit contributiva allorquando la legge pone a presupposto della obbligazione tributaria il trasferimento della ricchezza a causa di morte, e fa riferimento ad delta presunzione Legate di esistenza mobilia, gioieHi e denaro nell'attivo e7editario e Limiti delta prova contraria, Giur. it., 1967, I, 1, 1181). Analogamente a dirsi della question erelativa all'ammissibilit stessa di una presunzione legale nella determinazione della base imponibile per l'applicazione delle imposte successorie. Anche qui la Corte ha fatto espres: so richiamo alla sua precedente sentenza 26 giugno 1965, n. 50 (in questa .Rassegna, 1965, 867) sulla validit della prova legale. In ordine ai requisiti dell'inventario necessari e sufficienti per superare Ia prova legale, la Corte Suprema di Cassazione ha ritenuto che esso debba essere completo (Cass. 25 marzo 1966, n. 797, in questa Rassegna, 1966, 442) .e redatto nel termine di tre mesi prescritto dall'art. 485 c. c. (Cass. 11 luglio 1966, n. 1824, in Giur. it., 1967, I, 1, 1181). Per un'acuta analisi della sentenza in esame e della precedente n. 69 del 1965, cfr. BRANCA, Dichiarazione di incostituzionalit e ampliamento di norma eccezionale, Riv. dir. proc. civile, 1967, 1032. PARTE r, SEZ. 1, GlURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 719 J.n indice effettivo e concreto quale quello del patrimonio ereditario. Per altro, la norma impugnata presenta analogia con quella ~he stata oggetto, della sentenza n. 50 del 1965, nella quale si :i.ffermato che nei casi in cui la legge ncora ad un sistema di prove Legali la determinazione della esistenza del presupposto dell'obbligadone tributaria e della sua entit, non viola il principio della capacit ~ontributiva del singolo obbligato . 5. -Dimostrata la legittimit della presunzione relativa alla esistenza dei beni, perde ogni rilevanza il fatto che la percentuale imponibile sia calcolata sul .valore lordo o su quello netto, essendo :iuesta una circostanza che si risolve soltanto sul quantum della imposta e riflette quindi un campo in cui il legislatore ha poteri discredonali, sempre che ne usi razionalmente. E non si pu negare che la percentuale del 7,10 determina un imponibile proporzionato alla maggiore o minore ricchezza trasferita all'erede, ed contenuta entro limiti prudenti e ragionevoli. Infine inesatto che la norma impugnata finisce col maggiorare :iel 7,10 per cento il patrimonio ereditario, ove si consideri che esistono in realt, in misura pi o meno apprezzabile, beni mobili non denundati e pur soggetti al tributo. -(Omissis). ::::ORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1967, n. 110 -Pres. Ambrosini - Rel. Fragali -Testa e Di Gregorio (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. Stato Casamassima). i\.vvocati e procuratori -Procedimento disciplinare del Consiglio dell'Ordine -Natura dell'organo -Possibilit di sollevare questioni di legittimit costituzionale in via incidentale -Esclusione. (Cost. art. 134; l. 11 marzo 1953, n. 87 art. 23; r. d. l. 27 novembre 1933, n. 1578, conv. nella l. 22 gennaio 1934, n. 36, art. 43 lett. e). inammissibile la questione di legittimit costituzionale in via lncidentale dell'art. 43, lett. c) deUa vigente legge professionale forense, sull'obbligo di sospensione dall'Albo del professionista colpito da mandato di cattura, proposta dal Consiglio dell'Ordine, perch la funzione disciplinare che compete a detto Consiglio ncrn ha natura giuri~ dizionale, ma manifestazione di un potere meramente amministrativo mgli iscritti all'Albo (1). (Omissis). -Il provvedimento che il consiglio dell'ordine degli avvocati e procuratori di Campobasso era chiamato ad assumere in oase alla norma impugnata ha natura disciplinare. Tra le pene disciplinari infatti compresa, dall'art. 40, n. 3, del r. d. 1. 27 novem J 720 RASSENA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO bre 1933, n. 1578, convertito nella 1. 22 gennaio 1934, n. 36, la sospensione dall'esercizio professionale sulla quale il consiglio predetto doveva pronunciarsi, e, ai fini di tale qualificazione, non si pu distinguere tra i casi in cui la sanzione applicata dal consiglio nell'esercizio della sua discrezionalit e quelli in cui, come nella specie, essa deve essere disposta perch la legge la fa di diritto discendere dal verificarsi di una circostanza che ha valutato in via generale ed uniforme. Ora non esatto che, nell'esplicazione di tale potere, il consiglio dell'ordine degli avvocati assume veste giurisdizionale. Esso svolge il relativo compito nei confronti dei professionisti che formano l'ordine forense; quindi all'interno del gruppo che essi costituiscono, e per la tutela di interessi che sono essenzialmente della classe professionale. In modo che la funzione disciplinare che al consiglio compete manifestazione di un potere sugli iscritti all'albo; e di un potere meramente amministrativo. Questo, se non , come non , di carattere gerarchico, certo dato dalla legge per l'attuazione del rapporto che si instaura per il fatto della appartenenza all'ordine, il quale impone comportamenti conformi ai fini che esso deve perseguire; espressione di una autonomia concessa per la pi diretta e immediata protezione di questi fini, e soltanto di essi. Per attribuire alla funzione una natura giurisdizionale non basta constatare che il consiglio opera con la garanzia di un procedimento: questo spesso previsto anche nella materia amministrativa, in modo che non ha nemmeno importanza che esso si svolge nel contraddittorio dell'incolpato e che il consiglio dell'ordine pu sentire testimoni. Ha importanza invece che il procedimento si conclude con una pronunzia che mira a sanzionare l'offesa fatta al gruppo di cui l'ordine espo nente, con riguardo ai fatti consumati da un suo componente, perch uno dei dati che dnno carattere giurisdizionale ad un organo l'estra neit dell'interesse in ordine al quale esso d la sua pronunzia. La giurisprudenza allegata dal consiglio di Campobasso per giustificare la (1) La questione era stata proposta con deliberazione 13 novembre 1965 dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati e Procuratori di Campobasso (Gazzetta Ufjciale 14 maggio 1966, n. 118). La Corte ha giustamente negato la natura giurisdizionale delle delibe razioni adottate dai Consigli dell'Ordine profe11sionali, e quindi la mancanza di una delle condizioni dell'azione del processo costituzionale, che si risolve nella declaratoria di inammissibilit della questione. Per l'inquadramento dogmatico dei presupposti processuali in senso lato nel processo costituzionale, si vegga la recente monografia del SAN DULLI, Il giudizio sulle leggi, Milano, 1967, pag. 12 segg. Circa la natura giurisdizionale delle decisioni adottate dal solo Consiglio nazionale forense, in materia di sospensione cautelare, cfr. Cass., Sez. Un., 16 febbraio 1960, n. 255, Foro it., 1960, I, 376. In dottrina; cfr. LEGA, voce Avvocati e Procuratori, in Nuovissimo Digesto Italiano. .PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 721 natura giurisdizionale della sua funzione concerne quello nazionale forense; e, se vero che, in un primo tempo, anche alle decisioni disciplinari dei consigli dell'ordine venne data qualifica giurisdizionale, anche vero che, pi di recente, in giurisprudenza si affermata la pi esatta opinione del loro carattere amministrativo, sul fondamento delle considerazioni sopra es::;>oste. Non vale che il procedimento pu essere iniziato anche dal pubblico ministero presso il Tribunale o su ricorso di chi interessato a denunciare l'infrazione commessa dal professionista; n vale che gli atti del procedimenti e la decisione devono essere comunicati al pubblico ministero suddetto, che questi pu presentare deduzioni, e pu chiedere la escussione di testimoni. A parte che non pu escludersi che il compito di iniziare un procedimento amministrativo o di intervenirvi sia dato al pubblico ministero, quello presso il Tribunale, nella specie, non partecipa al procedimento innanzi al consiglio dell'ordine; tanto vero che, ricevuta copia della decisione, deve farne relazione all'ufficio superiore, il quale il solo legittimato a proporre ricorso al consiglio nazionale forense. Unicamente in questa seconda fase del procedimento il pubblico ministero prende parte alla discussione, s:volge le sue conclusioni e assiste alla decisione finale; . e cosi resta dimostrato che i poteri che gli spettano nella fase anteriore hanno unicamente il carattere di collaborazione ad una attivit amministrativa. E s dimostra che soltanto quando il procedimento si sposta nella sede del reclamo le funzioni del pubblico ministero si esercitano ai fini della tutela di un interesse esterno a quello del gruppo, diverso e distinto dall'altro che si incentra nell'ordine. Pertanto non pu ritenersi che il giudizio di legittimit costituzio nale sulla que!!tione di cui sopra sia stato promosso in modo idoneo. (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1967, n. 111 -Pres. Ambrosini - Rel. Papaldo -Basana (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. Stato Casamassima). Nave e navigazione -Navigazione interna -Autorizzazione a condurre natanti a motore -Violazione della libera iniziativa economica Insussistenza -Regolamento di esecuzione -Violazione della legge di delega -Inammissibilit. (Cost., art. 4, 41, 134; cod. navig. art. 226 e 1331; d. P. R. 28 giugno 1949, n. 631, art. 129 e 135). Non fondata, con riferimento agli artt. 4 e 41 Cost., la questione di legittimit costituzionale degli artt. 226 e 1331 cod. navig., sull'auto RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rizzazione a condurre natanti a motore, in quanto l'autorizzazione stessa. concessa secondo le norme del regolamento -avverso le quali non ammessa questione di legittimit costituzionale in via incidentale non potrebbe essere negata senza adeguata motivazione e per ragioni diverse dalle finalit di pubblico interesse (1). (1) La questione era stata proposta con ordinanza 14 febbraio 1966 de! Pretore di Venezia (Gazzetta Ufficiale 14 maggio 1966, n. 118). La Corte ha emesso una nuova sentenza interpretativa di rigetto , in quanto ha condizionato la legittimit costituzionale delle norme denunciate alla loro interq>retazione data in motivazione, nel senso cio, di escludere ogni arbitrio e deviazione di potere della P. A. nel negare l'autorizzazione. Sui problemi connessi con questa categoria di sentenze, e particolarmente con quelle c. d. manipolatrici., cfr. di recente, ELIA, Divergenze e convergenze della Corte Costituzionale con la magistratura ordinaria, Riv. it. dir. proc. pen., 1965, 562; e, per una vivacissima critica a tale categoria di sentenze, A. GUARINO, Le sentenze costituzionali manipolative, Dir. e giur. 1967, 433. CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1967, n. 112 -P1es. Ambrosini - Rel. Verz -Ba (n. c.). Procedimento civile -Giudizi di interdizione e di inabilitazione pro posti dal P. M. -Onorari ai consulenti tecnici non anticipati dal l'Erario -Violazione dei principi di eguaglianza e della tutela del lavoro -Illegittimit costituzionale. (Cost. art. 3, 36; r. d. 23 dicembre 1865 n. 2700 art. 436; d. m. 28 giugno 1866 art. 34 e r. d. 23 dicembre 1923, n. 3282 art. 11). costituzionalmente illegittima, per violazione del principio di eguaglianza in relazione alla diversa statuizione valevole nel processo penale, nonch per violazione del principio della tutela del lavoro, la norma dell'art. 436 della Ta1iffa giudiziaria civile, approvata con r. d. 23 dicembre 1865, n. 2700, nei limiti in cui non prevede l'anticipazione.. da parte dell'Erario, degli onorari spettanti al consulente tecnico ed agii ausiliari del giudice nei giudizi di interdizione e di inabilitazione promossi dal Pubblico Ministero (1). (1) La questione era stata proposta con ordinanza 21 gennaio 1966 del Tribunale di Varese (Gazzetta Ufficiale 23 luglio 1966, n. 182). Per l'affermazione opposta della legittimit costituzionale delle norme che escludono l'anticipo delle spese per le citazioni dei testimoni, cfr. la sentenza della Corte 8 luglio 1967, n. 93, retro, 516. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 723 CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1967, n. 113 -Pres. Ambrosini - Rel. Jaeger -Pres. Regione Siciliana c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. Stato Coronas). Corte Costituzionale -Questioni di legittimit costituzionale in via principale -Decreto-legge -Impugnativa della sola legge di conversione -Ammissibilit della questione. (Cost. art. 134; I. 11 marzo 1953, n. 87, art. 31). Sicilia -Legge di conversione del decreto-legge istitutivo di una ritenuta d'acconto sugli utili delle societ -Violazione delle norme statutarie -Esclusione. (St. reg. Sicilia, art. 1, 14, 36; 1. 12 aprile 1964, n. 191; d. I. 23 febbraio 1964, n. 27). ammissibile la questione di legittimit costituzionale proposta in via principale contro la legge statale di conversione di un decretolegge, se questo non sia stato tempestivamente impugnato, data l'autonomia, quanto meno in sede processuale, della legge di conversione rispetto al decreto-legge (1). Non fondata la questione di legittimit costituzionale proposta dalla Regione Siciliana contro la legge statale 12 aprile 1964, n. 191, che conve1tiva in legge il d. l. 23 febbraio 1964, n. 27, istitutivo di una ritenuta di acconto sugli utili distribuiti dalle societ, perch il legislatore statale non ha invaso, n indirettamente, n direttamente, la sfera di competenza della Regione (2). (Omissis). -Non sono fondate le eccezioni pregiudiziali proposte 'dalla difesa dello Stato. Non fondata la prima, giacch, a prescindere dalla esattezza dell'affermazione secondo cui la legge di conversione dovrebbe essere (1) La Corte riconferma il suo orientamento, che pu pertanto considerarsi definitivo, sulla ammissibilit della impugnativa della legge di conversione di un decreto-legge, anche se questo ultimo non sia stato impugnato, richiamando in proposito la precedente sentenza 30 aprile 1959, n. 30 (Giur. cost., 1959, I, 363). Va ricordata, peraltro, la pi recente sentenza 3 luglio 1967, n. 75 (in questa Rassegna, retro, 501), la quale sembrerebbe escludere la preclusione dell'impugnativa della legge di conversione solo quando, e. per le parti in cui, questa comprenda disposizioni nuove rispetto a quelle contenute nel decreto-legge. Alla tesi enunciata nella sentenza in rassegna sembra aderire il SANDULLI, Il giudizio suUe leggi, Milano, 1967, 44, e note 80, 81, in base al rilievo che la legge ha come caratteristiche la novit e l'originalit . Cfr. anche, in proposito, ESPOSITO, Inammissibilit e preclusioni nei giudizi in via di azione contro atti confermativi, Giur. cost., 1964. (2) La materia fiscale di cui alla seconda massima ha trovato ora una nuova e definitiva soluzione col d. I. 21 febbraio 1967, n. 22, conv. nella I. 21 aprile 1967, n. 209. 724 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO considerata come atto confermativo del decreto-legge (affermazione che involge delicate questioni, sulle quali non necessario soffermarsi ai fini del decidere) da ricordare che la giurisprudenza della Corte ferma nel ritenere che in sede di giudizi di costituzionalit non possono valere i criteri che vigono nel campo giurisdizionale amministrativo rispetto agli atti confermativi (si veda la sentenza n. 30 del 30 aprile 1959). Si deve, pertanto, ritenere che, quale che sia l'effetto della legge di conversione in rapporto al decreto-legge convertito, la legge ha, per lo meno in sede processuale, tale autonomia da aprire l'adito alla impugnazione di essa nonostante l'omesso ricorso contro il decretolegge. N si potrebbe parlare di acquiescenza (della quale, del resto, l'Avvocatura non fa cenno) essendo escluso -ed anche questo in base alla ricordata giurisprudenza della Corte -che in materia possa trovare applicazione questa causa di inammissibilit. Non fondata la seconda eccezione. La Regione si lagna dell'invasione della propria sfera di competenza, come si evince senza possibilit di equivoco dal ricorso, nel quale, dopo l'esposizione delle doglianze, riassumendosi i termini della controversia, si conclude che tutto ci lede la potest tributaria della Regione. E se, in una con la violazione degli artt. 1, 14 e 36 dello Statuto speciale, si allega anche la violazione degli artt. 3, 53 e 116 della Costituzione, il richiamo di queste norme si fa non in via autonoma bensl in appoggio alla tesi principale, che quella della lesione della potest tributaria della Regione. 2. -Nel merito il ricorso da respingersi. Fissando un'aliquota di imposta in una certa misura, il legislatore statale non ha invaso la sfera di -competenza della Regione n direttamente n indirettamente. Non direttamente, perch spetta esclusivamente allo Stato stabilire le aliquote delle imposte. L'esercizio di questo pootere non investe la potest legislativa regionale in materia tributaria, la quale, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, concorrente e sussidiaria di quella dello Stato e trova il suo limite nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale e dell'unit dell'ordinamento tributario generale. Legittimamente, pertanto, il legislatore statale ha stabilito un'ali quota di imposta per i casi in cui non sia possibile accertare l'appar tenenza del titolo azionario e lo ha stabilito nei confronti di tutti i soggetti che si trovino in determinate condizioni, compresi coloro che possiedano titoli azionari regionali, ai quali non c'era ragione di riser vare un trattamento diverso. Questa decisiva considerazione mostra l'inconsistenza della doglianza relativa alla violazione dell'art. 36 dello Statuto e degli artt. 3 PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 725 e 53 della Costituzione, che, come si detto, sono stati invocati in connessione con la doglianza predetta. La disposizione impugnata dalla Regione, lungi dal generare disparit di trattamento nell'adempimento degli obblighi tributari, ha avuto un intento di perequazione. Comunque, non spetta alla Regione invocare un sindacato di merito (n alla Corte di effettuarlo) sulla strutturazione del sistema adottato dal legislatore statale e sulla sua convenienza. N pu fondatamente sostenersi che sia stato violato l'art. 14 dello Statuto siciliano. In questa controversia non viene in contestazione la legittimit delle disposizioni regionali relative ai titoli al portatore. La legge statale, nel determinare la misura dell'imposizione, non solo non ha negato la legittimit di quelle disposizioni, ma anzi l'ha necessariamente presa a base delle proprie determinazioni. Non si vede, pertanto, sotto quale aspetto sia stata invasa la sfera di competenza della Regione, garantita dall'art. 14. Pi comprensibile la tesi se si guarda sotto l'aspetto di una invasione indiretta o riflessa della sfera regionale; e probabilmente questo che nel ricorso si voluto sottoporre al giudizio della Corte. La violazione consisterebbe nel fatto che in conseguenza della norma impugnata verrebbe meno il potere di incentivazione che competerebbe alla Regione mediante lo strumento dell'anonimato azionario. Ma, a parte il discutibile fondamento e la non chiara fisionomia di tale potere, non si vede come e perch debba considerarsi illegittima una norma statale che, fissando delle aliquote di imposta, possa produrre qualche effetto non favorevole nei confronti di soggetti, per i quali la Regione aveva disposto delle facilitazioni. Non essendo fondato l'assunto di una violazione, neppure indi retta o riflessa, dei poteri della Regione, resta anche escluso il fonda mento di qualunque "doglianza relativa ad una violazione dei principi della autonomia regionale, proclamata dall'art. 1 dello Statuto regio nale. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1967, n. 114 -Pres. Ambrosini - Rel. Cassandro -Camera del Lavoro di Sannicandro Garganico (avv. Gargano) -Fioritto (avv. Agostini) e Amministrazione Finanze dello Stato (Sost. avv. gen. Stato Coronas). Sicurezza pubblica -Associazioni contrarie agli ordinamenti politici costituiti -Potere prefettizio di scioglimento e di confisca dei beni Illegittimit costituzionale. (Cost. art. 18; r. d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 210). costituzionalmente illegittimo, per contrasto con la libert di associazione garantita dall'art. 18 della Costituzione, t'art. 210 t. u. della 726 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge di P. S. (r. d. 18 giugno 1931, n. 773) che consente al Prefetto di disporre io sciogHmento deHe associazioni ed enti contrari agii ordinamenti poHtici costituiti deHo Stato e di disporne La confisca dei beni sociaH (1). (Omissis). -2. -Nel merito la questione fondata. Le due norme impugnate sono quasi dell'identico tt!nore, sicch i medesimi argomenti valgono per dimostrare l'illegittimit costituzionale dell'una e dell'altra. Le norme impugnate furono emanate all'evidente fine di vietare l'esercizio di ogni e qualsiasi attivit, in forma associata, che il Prefetto ritenesse contraria all'ordine nazionale dello Stato o agli ordinamenti politici costituiti nello Stato . Evidente perci il loro contrasto col nuovo ordinamento costituzionale, nel suo spirito informatore e nei suoi principi fondamentali; e, in particolare con l'art. 18 che garantisce la libert di associazione dei cittadini, vietando soltanto le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare. vero che la Corte ha avuto occasione di affermare pi volte che l'origine o la ratio di una disposizione legislativa non possono essere considerate decisive per una esatta interpretazione della norma, che va considerata, invece, nella sua struttura obiettiva e nella sua capacit di trovare posto nell'ambito del nuovo ordinamento costituzionale (sent. n. 5 del 1962 e n. 9 del 1965); ed anche vero che da questo principio la Corte ha tratto le ragioni per dichiarare non fondata la (1) La questione era stata sollevata con ordinanza 20 gennaio 1966 dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Gazzetta Ufficiale 21 maggio 1966, n. 124). Sui precedenti della Corte in ordine alla identificazione della ratio di una norma, svincolata dal suo momento genetico, si richiamano le due sen tenze ricordate in motivazione, 14 febbraio 1962, n. 5, Giur. Cost., 1962, 43, e 19 febbraio 1965, n. 9, in questa Rassegna, 1965, 20. E per l'applicazione dello stesso principio in relazione all'art. 272 primo comma, riconosciuto non costituzionalmente illegittimo, a differenza del secondo comma, cfr. la sentenza 6 luglio 1966, n. 87, in questa Rassegna, 1966, 980, enota. D'altra parte, stato affermato in dottrina che il sindacato di costitu zionalit delle leggi, con riferimento non alla forma degli atti normativi, ma al loro intrinseco contenuto, posto a presidio della legalit repubbli cana (BARILE, Deleg. legislative anteriori alla Costituzione ecc., Giur. Cast., 1966, 41). Per converso, lo scioglimento dei partiti e delle associazioni, a carattere antiistituzionale considerato una componente caratteristica dello Stato autoritario (VIRGA, Il partito nell'ordinamento giuridico, Milano, 1948, 288). Sulla libert di associazione in generale, cfr. BARILE, voce Associazione (Diritto di), Enc. diritto, Milano, 1958. J PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 727 questione di legittimit costituzionale dell'art. 272 del codice penale (sent. n. 87 del 1966). Ma nel caso in esame proprio la struttura obiettiva delle norme non consente di vedere nel fine che esse intendono perseguire un interesse tutelabile nell'ambito della Costituzione. Parlare, perci, come fa l'Avvocatura, di una norma in bianco, pi esattamente di una norma ehe possa assumere in s contenuti diversi, anzi addirittura opposti, non ha senso. Con le norme impugnate si volle e si vuole impedire l'esistenza di associazioni che svolgono comunque ,, attivit contrarie all'ordine nazionale ,, o agli ordinamenti politki costituiti. nello Stato ,, . Ora, in uno Stato di libert, qual' quello fondato dalla nostra Costituzione, consentita l'attivit di associazioni che si propongono anche il mutamento degli ordinamenti politici esistenti, purch questo proposito sia perseguito con metodo democratico, mediante il libero dibattito e senza ricorso, diretto o indiretto, alla violenza. 3. -L'illegittimit delle norme impugnate travolge anche quella parte di esse che consente al Prefetto di ordinare la confisca dei beni sociali " Non necessario perci .,..ichiamare l'art. 42, terzo comma, Cost., che non consente l'espropriazione della propriet privata senza indennizzo. Una misura come quella prevista dagli articoli impugnati non trae la sua illegittimit dal fatto che non sia previsto un indennizzo per i beni confiscati, ma dal fatto che essa concorre strettamente, insieme con la facolt di scioglimento, a impedire l'esercizio di una libert fondamentale quale quella di associazione. Tanto che si potrebbe affermare che anche la previsione di un indennizzo del bene confiscato non sarebbe sufficiente, in un caso come quello in esame, a fondarne la legittimit. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 12 luglio 1967, n. 115 -Pres. Ambrosini - Rel. Fragali -Fall. Federighi (avv. Cassala), Esattoria di Campiglia Marittima (avv. Ermetes) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Coronas). Imposte e tasse in genere -Riscossione -Facolt dell'Esattore di pro cedere contro il debitore fallito -Violazione del principio di egua glianza e di difesa -Esclusione. (Cost., artt. 3, 24; d. p. r. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 206). Non fondata, sia con riferimento al principio costituzionale di eguaglianza, sia con riferimento a queHo deHa difesa, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 206 testo unico sulle imposte dirette, 728 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che consente all'Esattore di procedere esecutivamente contro iL debitore fatlito, in deroga all'art. 51 detta legge fallimentare (1). (Omissis). -1. -Le due ordinanze propongono un'identica questione e pertanto sulle stesse pu essere emessa un'unica sentenza. Le ordinanze hannCJ discusso sull'art. 206 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, per ci che concerne il potere dell'esattore di procedere individualmente contro il contribuente in fallimento o in liquidazione coatta, in relazione ad obbligazioni tributarie verso lo Stato; ed entro questi limiti la Corte deve mantenere la sua pronunzia. 2. -Deve anzitutto escludersi che la norma impugnata pregiudichi il diritto di difesa dei creditori del contribuente o distolga dal giudice naturale. Gi la Corte ha avvertito (sentenza 3 luglio 1962, n. 87) che l'esecuzione esattoriale regolata come un procedimento, nel quale si manifesta, sia pure pi energicamente che in altri casi, il principio della esecutoriet dell'atto amministrativo; e l'art. 113, ultimo comma, della Costituzione ammette che al giudice ordinario sia sottratto il potere di annullare gli atti della pubblica amministrazione. Il sistema della legge sulla riscossione delle imposte garantisce la tutela del giudice ordinario contro gli atti dell'esattore; ma la garantisce con mezzi che tengono conto del carattere amministrativo del procedimento, i quali sostituiscono quelli apprestati per il procedimento ordinario, e che altre volte la Corte ha ritenuto del tutto conformi ai precetti costituzionali oggi invocati (stessa sentenza precitata). Non si pu ritenere peraltro che la facolt data all'esattore di procedere individualmente non ostante l'apertura del processo concorsuale e::;cluda la tutela giurisdizionale o la difesa degli altri creditori del contribuente. La distribuzione del prezzo ricavato dalla vendita (1) La questione era stata proposta con ordinanza 30 marzo 1966 del Pretore di Arzignano (Gazzetta Uffciale 14 maggio 1966, n. 118) e con ordinanza 12 luglio 1966 del Tribunale di Livorno (Gazzetta Ufficiale 15 ottobre 1966, n. 258). La Corte ha dichiarato l'infondatezza della questione -pur non sot tacendo taluni inconvenienti cui la procedura esattoriale concorrente con quella fallimentare pu dar luogo -dopo avere accettato l'interpretazione giurisprudenziale corrente, secondo la quale la norma impugnata opera sul piano esclusivamente processuale, escludendosi, quindi, che l'esattore sfugga in qualche modo al principio della par condicio . Cfr. in questo senso, Cass. 7 agosto 1963, n. 2227, Riv. leg. fisc., 1963, 2466; Cass., Sez. Un., 2 luglio 1965, n .1373, in questa Rassegna, 1965, I, 916 e nota, anche per l'ipotesi di chiusura del fallimento per concordato. Sui rapporti fra esecuzione esattoriale e concordato, veggasi anche Cass., Sez. Un. 3 marzo 1966, n. 626, in questa Rassegna, 1966, 427 e nota di G . .ANGELINI ROTA. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 729 seguta per autorit dell'esattore avviene secondo un procedimento che si svolge innanzi al Pretore e al quale possono partecipare tutti i creditori del contribuente (art. 228 d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645), quindi anche coloro che hanno presentato domanda di ammissione al passivo del fallimento o della liquidazione coatta amministrativa; ma, a sua volta, la facolt di agire individualmente non ostante la pendenza del procedimento concorsuale non esime l'esattore dall'insinuarvi il credito proprio (art. 85 d. P. R. 15 maggio 1963, n. 858). Pertanto non v', in definitiva, spostamento della competenza, dall'organo giurisdizionale concorsuale, al Pretore: il prezzo riscosso dall'esattore a seguito del riparto disposto dal Pretore subisce nel processo concorsuale un riesame alla stregua delle esigenze di questo, cosi che pu ben dire la giurisprudenza che l'esattore non viene a conseguire, non ostante il suo potere di esecuzione autonoma, pi di quanto avrebbe percepito ove non gli fosse stato dato quel potere. I reditori ammessi al passivo concorsuale hanno dunque la medesima tutela che riceverebbero ove all'esattore fosse inibita l'esecuzione diretta; la quale peraltro non si pu dire discordante dal sistema concorsuale, perch questo non pone un divieto assoluto di azioni esecutive individuali, ma fa salva ogni diversa disposizione di legge (artt. 51 e 201 primo comma legge fallimentare). La giurisdizione ordinaria ha riconosciuto che l'esecuzione esattoriale s'inquadra in questa salvezza, non ostante qualche accenno in senso contrario contenuto nei lavori preparatori della legge fallimentare. 3. -Nemmeno si pu dire che la facolt concessa all'esattore ferisca il principio di eguaglianza. In quanto essa mira allo sollecita riscossione dei tributi erariali, la Corte ha ritenuto che il conseguenziale risultato di disuguaglianza non ingiustificato; e non il caso di ripetere le ragioni che a tal fine essa ha addotto. Nemmeno il caso di distinguere fra crediti tributari privilegiati e crediti tributari chirografari, perch la diversit di situazione in funzione della qualit del creditore e di quella sostanziale del credito. Non vale obiettare che, dovendo l'esattore versare allo Stato anche il non riscosso, il credito tributario esclusivamente esattoriale: l'esattore un organo riscuotitore dell'imposta, e la titolarit del credito tributario perci sempre dell'erario. N la speciale protezione che al credito tributario d la norma denunciata perde giustificazione sol perch lo Stato garantito dall'estensione al non riscosso dell'obbligazione esattoriale; ch, se mai, quella protezione potrebbe essere un razionale temperamento del rigore con cui regolato il rapporto fra Stato ed esattore, in modo che l'obiezione suddetta, pi che incidere sulla legittimit costituzionale del vantaggio attribuito dalla norma denunciata, gli conferisce ragionevolezza. Si noti peraltro che l'esattore J 730 PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE tenuto per il non riscosso, non in via definitiva, tanto vero che lo Stato obbligato a rimborsargli le quote inesigibili, e che l'esigenza di un procedimento esattoriale accelerato in funzione della necessit di evitare quel rimborso o ~i ridurne l'entit; quindi di evitare che la realizzazione forzata del credito erariale resti pregiudicata da remore processuali, ove sopravcnga l'insolvenza o l'insolvibilit del contribuente. Si oppongono inconvenienti di ordine pratico come conseguenza della separata esecuzione esattoriale: uno scarso risultato economico delle vendite disposte dall'esattore, un intralcio al procedimento concorsuale, una duplicit dei procedimenti di riparto del ricavato della vendita esattoriale, una possibilit che l'esecuzione esattoriale scinda il complesso dell'azienda sottoposta ad esecuzione concorsuale impedendone o rendendone Qifficile la vendita nella sua unit o impedendo o rendendo difficile un concordato, e via enumerando. Gli inconvenienti pratici di una norma, la Corte l'ha proclamato spesse volte, non influiscono sulla sua legittimit costituzionale, che va accertata soltanto al confronto con il dettato della Costituzione; potrebbero, se mai, essere presi in considerazione dal legislatore per una riforma del sistema, ove egli riconoscesse che hanno consistenza. -(Omissis). SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 gennaio 1967, n. 250 -Pres. Tavolaro -Rel. La Farina -P. M. Criscuoli (conf.) -Assessorato per l'industria e commercio della Regione siciliana (avv. Stato Albisinni) c. Piazza e Cacciatore (avvocati Angelo e Casales). Competenza e giurisdizione -Responsabilit della p. A. per atti amministrativi illegittimi -Diritti affievoliti e interessi occasionalmente protetti -Pronuncia di illegittimit che accerti la lesione di diritto affievolito -Risarcimento del danno -Proponibilit dell'azione davanti al Giudice ordinario -Sussiste. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, artt. 2 e 4; c. c., art. 2043). Miniere e cave -Ipoteca -Oggetto -Rinunzia e decadenza dalla concessione mineraria -Nuova concessione entro l'anno -Mancata osservanza dell'obbligo di porre a carico dei nuovi concessionari la tacitazione dei creditori iscritti -Pronuncia di illegittimit del provvedimento -Risarcimento del danno subito dai concessionari decaduti -Proponibilit dell'azione davanti al Giudice ordinario Sussiste. (r. d. 29 luglio 1927, n. 144.3, art. 44). Secondo un ormai consolidato orientamento giurisdizionale della Corte di Cassazione, perch, a seguito dell'annullamento di un atto -amministrativo pronunciato nella competente sede giurisdizionale amministrativa, sia configurabile, a favore del soggetto che ottenne l'annullamento, L'ulteriore tutela giurisdizionale davanti all'Autorit giudiziaria ordinaria, consistente nell'azione di risarcimento dei danni contro la pubblica Amministrazione, occorre che l'atto amministrativo annullato risulti non soltanto illegittimo, ma altres violatore di un diritto soggettivo; ci significa che, ai fini della proponibilit della pretesa di risarcimento, necessario accertare se funzione dell'annullamento sia stata quella di restituire ad una posizione soggettiva, degradata ad interesse ed affievolita dall'attivit deU'amministrazione, la sua qualificazione di diritto soggettivo; pertanto, ai fini della propo J 732 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nibiiit dell'a.zione di risarcimento del danno, a seguito della pronuncia di annullamento nella competente sede giurisdizionale amministrativa, di un atto amministrativo illegittimo, occorre distinguere, nell'ambito della categoria generale degli interessi legittimi, la cui violazione importa l'annullamento dell'atto amministrativo, devoluta alla giurisdizione amministrativa, tr~ situazioni di diritto soggettivo affievolito e situazioni di interesse soltanto occasionalmente protetto; ma, fermo il principio che l'interesse occasionalmente protetto non possa dar mai luogo di per s, nemmeno dopo il giudicato amministrativo di annullamento, a pretese di risarcimento di danni, la pronuncia di illegittimit che accerti la lesione di un diritto affievolito vale a superare l'ostacolo costituito dall'impossibilit di sindaca1e l'esercizio del potere di affievolimento: infatti dopo l'annullamento non residua che il comportamento lesivo in s, contrario alla garanzia dell'utilit sostanziale, non pi fondata su di un potere giuridico, con la conseguenza della proponibilit dell'azione di risarcimento danni innanzi all'Autorit giudiziaria ordinaria (1). L'ipoteca mineraria presenta caratteristiche peculiari per il suo oggetto, il quale non si identifica propriamente con la miniera in s, cio con un bene patrimoniale indisponibile appartenente allo Stato (ovv'ero alla Regione, nell'ambito della Regione siciliana), bens con il diritto di carattere personale derivante al concessionario dall'atto di concessione amministrativa, ancorch l'ipoteca stessa si risolva in so stanza, nel momento dinamico della sua realizzazione a danno del con cessionario, sui beni di carattere immobiliare destinati alla lavorazione (opere ed impianti), nonch sulle somme allo stesso concessionario spettanti; ci posto, l'art. 44 del r. d. 29 luglio 1927, n. 1443, contiene, nel primo comma, una norma che tutela posizioni di netto diritto sog (1-2) Diritti affievoliti e interessi occasionalmente protetti: potere discrezionale nell'esercizio del quale uno dei momenti della condotta della P. A. sia tassativamente imposto. Nella prima parte del1a sentenza la Corte ha riesaminato, in via di premessa generale, la questione della proponibilit dell'azione di risarcimento danni, innanzi all'A.G.0., a seguito della pronuncia di annullamento per illegittimit, nella competente sede giurisdizionale amministrativa, di un atto amministrativo. La Corte, richiamando in particolare la sentenza delle Sez. Un. n. 2185 del 22 ottobre 1965, ha riconfermato la propria consolidata giurisprudenza, secondo la quale l'azione di danni proponibile soltanto nella ipotesi che la pronuncia di illegittimit accerti la lesione di un diritto affievolito, perch in tal caso la detta pronuncia vale a superare l'ostacolo costituito dall'impossibilit di sindacare l'esercizio del potere di annullamento. La Corte ha anche specificatamente riaffermato -e ci di particolare rilievo -in contrapposto ad un pur vasto schieramento di opinioni dottrinali -(cfr. D. A. FoLIGNo, La pretesa responsabilit della p. A. per lesione PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 733 gettivo sia nei confronti dei c1editori ipotecari, sia nei conf1onti del precedente concessionario rinunziante o dichiarato decaduto, e l'assunzione (per effetto dell'art. 44, primo comma, del r. d. 29 luglio 1927, n. 1443), da parte del nuovo concessionario, dell'obbligo di p?'eventiva tacitazione dei creditori iscritti produce, nei riguardi del precedente concessionario, gli effe:ti di un accollo liberatorio; pertanto, ove la prescrizione dell'art. 44, primo comma, del r. d. 29 luglio 1927, n. 1443, venga rispettata, si determina la liberazione del debitore stesso, nei confronti dei creditori, da ogni sua obbligazione anche di carattere personale inerente al.l'esercizio della miniera: tale immediato effetto liberatorio voluto dalla legge speciale fa assurgere la posizione assicurata al debitore (precedente concessionario) alla consistenza di un diritto soggettivo, con la conseguenza che, ove tale diritto sia stato malamente compresso e abolito dalla nuova concessione non preceduta dalla imposizione dell'obbligo di assunzione del debito da parte del nuovo concessionario, non pu non derivarne, dopo l'annullamento dell'atto amministrativo, la pretesa al risarcimento dei danni, esercitabile davanti all'Autorit giudiziaria ordinaria (2). (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso, deducendo la violazione delle norme sulla giurisdizione (art. 360 n. 1 cod. proc. civ.), in relazione alla violazione e falsa applicazione dell'art. 44 del r. d. 1. 29 luglio 1927, n. 1443, l'Assessorato rileva che la Corte di merito avrebbe erroneamente affermato che l'art. 44, comma primo, citato, ha carattere vincolante ed esclude ogni discrezionalit della P. A., mentre, al contrario, la predetta disposizione le conferirebbe il potere, e non 'interessi legittimi, in questa Rassegna, 1963, 1 e segg.), che le posizioni v.teresse soltanto occasionalmente protetto non possono mai dar luogo 'tr s, nemmeno dopo il giudicato amministrativo di annullamento, a 'il di risarcimento di danni. lxando poi nel problema specifico sottoposto al suo esame, la Corte 1mo luogo rilevato le caratteristiche della ipoteca mineraria. Le af i che la Corte ha fatto su tale punto sono pienamente fondate sulle ,.:doni di legge (art. 37 del r.d. 29 luglio 1927, n. 1728) e sulla inter. ctazione che di tali disposizioni ha dato la dottrina (D'AVANZO,' Corso di diritto minerario, 1960, 148). Quindi la Corte ha affermato che l'art. 44 del r.d. 29 luglio 1927, n. 1443, contiene, nel primo comma, una norma che tutela posizioni di netto diritto soggettivo sia nei confronti dei creditori ipotecari, sia nei confronti del precedente concessionario rinunziante o dichiarato decaduto. Ed era questo il problema che era stato sottoposto alla Corte di Cassazione, dopo che il Tribunale di Palermo aveva affermato -a nostro avviso esattamente -che la norma deve intendersi dettata, come il predetto consesso giurisdizionale (Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana) ebbP. a rilevare, a disciplinare il comportamento dell'organo amministrativo nello J 734 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'obbligo, di procedere ad una nuova concessione della miniera che sia stata oggetto di rinuncia o di decadenza, anche se su di essa siano iscritte ipoteche. A parte, poi, il problema della sussistenza di diritti a favore dei creditori iscritti (diritti che sarebbero da escludere), ed anche a voler ritenere -come ha fatto la Corte -che la tacitazione preventiva del creditor') iscritto liberi da ogni obbligazione il concessionario decaduto, non per questo potrebbe affermarsi sussistente un diritto soggettivo del concessionario decaduto all'osservanza della norma contenuta nell'art. 44, com~a primo, che sarebbe norma di azione, dettata esclusivamente allo scopo di tutelare l'interesse pubblico alla migliore gestione del patrimonio minerario. Il motivo infondato. Il problema sottoposto al vaglio di queste S. U. con il ricorso in esame si configura come una tipica questione di giurisdizione -proponibilit della domanda di risarcimento del danno, a seguito del pronunciato annullamento, nella competente sede giurisdizionale amministrativa, di un atto amministrativo, quale era il decreto di concessione emanato il 6 settembre 1956 dall'Assessorato, in quanto viziato da una palese violazione di legge; cio, in quanto viziato dall'inosservanza del disposto dell'art. 44, primo comma, del r. d. 1., n. 1443 del 1927, il quale, nel caso di nuova concessione della miniera che sia stata oggetto di rinunzia, o di decadenza, prescrive all'Amministrazione di porre a carico del nuovo concessionario la preventiva tacitazione dei creditori iscritti (testualmente: Il Ministro per l'economia nazionale, sentito il Consiglio Superiore delle Miniere, pu procedere a nuova concessione della miniera che sia stata oggetto di rinunzia e di decadenza anche se su di essa non siano state iscritte ipoteche, ponendo ~ 'li." essenziale interesse della realizzazione dei fini pubblici ad esso connessi, e soltanto di riflesso, ed indirettamente, operante a tutela degli interessi privatistici del creditore ipotecario e, in conseguenza della tutela dell'interesse del creditore, operante anche nell'interesse del debitore concessionario decaduto o rinunziante, per efficacia ulteriormente riflessa, di fronte alla quale sono ad evidenza prevalenti gli effetti, immediati e diretti, della sancita perdita di ogni diritto, nei confronti dell'amministrazione concedente e dei terzi, ivi compreso il nuovo concessionario che dell'organizzazione aziendale apprestata dal cessato concessionario viene a beneficiare; mentre la Corte di Appello aveva, poi, affermato che la disposizione su richiamata ha carattere vincolante ed esclude ogni discrezionalit della pubblica amministrazione ... Che poi la disposizione sia dettata per disciplinare diritti soggettivi non pu essere posto lontanamente in dubbio . La Corte di merito, cio, aveva ravvisato nell'art. 44, primo comma, della legge mineraria una vera e propria norma di relazione, la cui violazione veniva ad incidere su diritti subiettivi perfetti. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso che noi avevamo proposto, nell'interesse dell'Assessorato dei Lavori Pubblici della Regione Si J PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 735 a carico del concessionario l'obbligo della preventiva tacitazione dei creditori iscritti e determinando le altre garanzie che ravvisasse opportuno di dare nell'interesse dei terzi ). Cos impostato il problema, occorre ricordare che, secondo un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale di questa S. C., affinch, a seguito dell'annullamento di un atto amministrativo pronunciato nella competente sede giurisdizionale amministrativa, :;ia configurabile, a favore del soggetto che ottenne l'annullamento, l'ulteriore tutela giurisdizionale davanti all'A.G.O., consistente nella azione di risarcimento dei danni contro la P. A., occorre che l'atto amministrativo annullato risulti non soltanto illegittimo, ma altres violatore di un diritto soggettivo; ci che significa (v. specialmente la sentenza 22 ottobre 1965, n. 2185 di queste Sez. Un., ai fini della proponibilit della pretesa di risarcimento, necessario accertare se funzione dell'annullamento sia stata quella di restituire ad una posizione soggettiva, degradata ad interesse ed affievolita dall'attivit dell'amministrazione, la sua qualificazione di diritto soggettivo. In altri termini, e in contrapposto ad un pur vasto schieramento d'opinioni dottrinali -per cui, dalla illegittimit dell'atto amministrativo, tale dichiarata, con conseguenziale pronuncia di annullamento, nella competente sede giurisdizionale amministrativa, scaturirebbe, in ogni caso, il diritto di risarcimento dei danni, azionabile dinanzi all'A.G.O. -la giurisprudenza di questa Corte -aderente, su tale punto, alla pur sempre prevalente dottrina -ha inteso distinguere, nell'ambito della categoria generale degli interessi legittimi, la cui violazione importa l'annullamento dell'atto amministrativo, devociliana, confermando la sentenza della Corte di Appello, attraverso, per, una ben diversa motivazione. La Corte Suprema, dopo le premesse di carattere generale circa la proponibilit dell'azione per risarcimento danni a seguito della pronuncia giurisdizionale amministrativa che accerti la lesione di un diritto affievolito, ha rilevato: Vano , inoltre, escludere che sia stata direttamente violata una norma di relazione: una simile dfretta violazione avrebbe dovuto indurre a negare a priori, di fronte all'atto Hlegittimo, la tutela giurisdizionale amministrativa (generale, di legittimi), e a profila1e in via immediata ed esclusiva, secondo i principi generalissimi, la tutela dell'Autorit giudiziaria ordinaria; mentre l'indagine deve, invece, tendere, secondo i criteri delineati, ad accertare se, nella specie, l'atto dichiarato illegittimo neUa competente sede aveva violato soltanto no1me di azione (in quanto le posizioni soggettive legittimanti all'impugnativa per annullamento avevano, per premessa e sfondo, un semplice interesse occasionalmente protetto) ovvero 11veva violato, sia pure "in nuce ", norme di relazione, ossia diritti soggettivi perfetti che dalla trascuranza, per parte della p. A., delle condizioni e dei limiti posti dalla legge all'emanazione del nuovo atto di concessione, venivano ingiustamente sacrificati. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO luto alla giurisdizione amministrativa, tra situazioni di diritto soggettivo affievolito e situazioni di interesse soltanto occasionalmente protetto. Esempio tipico, se pur non esclusivo, della prima categoria di situazioni, sono quei diritti soggettivi di carattere primario, assoluto, efficaci erga omnes, nascenti ed esistenti indipendentemente dalla volont della P. A., la quale, tuttavia, ove concorrano i presupposti e le forme prescritte, pu ottenerne la cessione, distruggerli, attenuarli, limitarli, pu, altrimenti detto, sacrificarli di fronte a determinati interessi pubblici apprezzati discrezionalmente. Nelle posizioni, invece, e nelle figure di interesse soltanto occasionalmente protetto, l'area dell'interesse legittimo ridotta a quella pi limitata cerchia di interessi (cio di posizioni soggettive) protetti in modo pi indiretto, in quanto le norme da osservare non soltanto sono ispirate al soddisfacimento di un interesse collettivo, ma mancano di ogni collegamento con situazioni soggettive primarie dei singoli cittadini, in quanto le norme stesse non si pongono come condizione dell'esercizio dei diritti dei singoli, ma semplicemente come elementi di disciplina di procedure pubblicistiche, al cui regolare sviluppo il privato non ha pretese specifiche fondamentalmente diverse da quelle della tutela dell'interesse pubblico, consistente, appunto, nell'ordinato e legittimo svolgimento di quelle procedure. Proiettando tale distinzione sul fenomeno della discriminazione della tutela giurisdizionale in base ai due concorrenti classici elementi riguardanti il petitum sostantiale e l'attinenza della violazione a norme di relazione o, al contrario, a norme di mera azione (e di organizzazione), ne deriva che, sino a quando la violazione della norma non sia La Corte di Cassazione, cio, ha rilevato la erronea impostazione che alla controversia era stata data dalla Corte di Merito e, mentre ha escluso che la norma in discussione costituisse una norma di relazione, dettata come aveva affermato la Corte di Merito -per disciplinare diritti soggettivi , si avviata poi per una strada nuova, mai finora percorsa, per pervenire ad una amplificazione di quella categoria di posizioni giuridiche subiettive, che la dottrina e la giurisprudenza hanno qualificate come di diritti affiievoliti, amplificazione che a noi pare in contrasto con la precedente giurisprudenza della stessa Suprema Corte. Il primo comma dell'art. 44 del r.d. 29 luglio 1927, n. 1443, testualmente dispone: n Ministro per l'Economia Nazionale, sentito il Consiglio Supe1 iore delle Miniere, pu procedere a nuova concessione della Miniera che sia oggetto di rinuncia o di decadenza, anche se su di essa siano iscritte ipoteche, ponendo a carico del concessionario l'obbligo della preventiva tacitazione dei creditori iscritti e determinando le altre garanzie che ravvisasse opportuno di dare nell'interesse dei terzi. La Corte di Cassazione, per pervenire alla affermazione che la disposizione di legge contenesse, sia pure in nuce ., norme di relazione, ossia diritti soggettivi perfetti che dalla trascuranza, per parte della p. A., delle condizioni e dei limiti posti dalla PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 737 stata definitivamente accertata nella sede giurisdizionale amministrativa di annullamento, il diritto affievolito si comporta praticamente alla stessa stregua dell'interesse legittimo. Ci, tuttavia, non pu indurre a disconoscere la differenza essenziale delle due posizioni. Allorch nel giudizio amministrativo trova protezione un semplice interesse occasionalmente protet~o, anzich un diritto affievolito, la materialit dell'interesse viene a sminuire sensibilmente l'essenza della lesione patrimoniale del ricorrente, essendo l'iniziativa giurisdizionale di quest'ultimo assimilabile, per alcuni riflessi, alla realizzazione di un fine collettivo, pur permanendo, nel ricorrente, una posizione soggettiva specifica considerata in una stretta relazione con l'utilit pubblica che attende la reintegrazione. Fermo, quindi, che l'interesse occasionalmente protetto non possa dar mai luogo di per s, nemmeno dopo il giudicato amministrativo di annullamento, a pretese di risarcimento di danni (appunto perch il contenuto dell'interesse circoscritto alla reintegrazione dell'utilit pubblica, compromessa dall'azione illegittima dell'Amministrazione, ancorch l'azione di annullamento sia stata concessa in proprio al soggetto ricorrente, quale particolarmente interessato al ripristino di quella determinata legalit), non appare, pur tuttavia, giustificato l'estendere le dette conclusioni al diritto affievolito. In vero, questo, pur avendo in comune col primo l'elemento di una protezione soltanto occasionale, in funzione della tutela di un interesse generale, se ne distingue, in quanto le operazioni amministrative alle cui legittimit sono interessati la collettivit e i singoli, si innestano, quali condizioni limitative, su originarie posizioni di diritto soggettivo, fondamentalmente tutelate, e la cui compressione pu verificarsi legge all'emanazione del nuovo atto di concessione, venivano ingiustamente sacrificati, ha proceduto anzitutto alla disamina se, nella specie, vi fossero posizioni, legittimanti alla impugnazione per annullamento di netto diritto soggettivo nei confronti dei creditori ipotecari ed ha concluso per l'affermativa. Successivamente, passando ad esaminare la posizione subiettiva del concessionario decaduto, la Corte non ha potuto trascurare dal rilevare: Di meno immediata evidenza potrebbe, vero, risultare la proponibilit della domanda di risarcimento, ove l'annullamento sia stato attitato, come nella specie, su iniziativa del precedente concessionario rinunziante o dichiarato decaduto . Ma anche su tale punto la Corte di Cassazione, partendo dal presupposto che l'assunzione da parte del nuovo concessionario dell'obbligo di preventiva tacitazione dei creditori iscritti produca, nei riguardi del precedente concessionario, gli effetti di un accollo liberatorio, ha affermato che tale immediato effetto liberatorio, voluto dalla legge speciale, fa assurgere la posizione assicurata al debitore stesso alla consistenza di un diritto soggettivo. Non riteniamo di poter condividere le affermazioni della Suprema Corte. A nostro sommesso avviso, l'art. 44, primo comma, del r .d. 29 luglio 1927, n. 1443, non assicura alcuna posizione di diritto soggettivo n ai ere RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO soltanto nei limiti in cui le operazioni stesse si inspirino ad un criterio di legalit. Pertanto, ove l'illegittimit sia stata riconosciuta, e l'atto amministrativo sia stato annullato, la differenza di origine e di essenza opera concretamente, consentendo al titolare del diritto affievolito di far valere di fronte al giudice ordinario la pretesa al risarcimento dei danni conseguenti all'inr!ebito sacrificio del diritto soggettivo; nell'indebito sacrificio del diritto soggettivo, operato dalla P. A., sussiste, sia pure soltanto in nuce, la violazione di una norma di relazione, la quale violazione, identificandosi con l'arbitrario esercizio in senso organizzatorio delle facolt limitative, si rivela necessariamente e soltanto a seguito dell'intervenuto accertamento dell'arbitrariet di tale esercizio. Una volta che, nella competente sede, sia stato accertato che l'atto era lesivo dell'interesse, perch male era stato esercitato (cattivo uso del potere) il potere di incidere sul diritto soggettivo e di sacrificarlo, l'originario diritto, per l'effetto retroattivo della pronuncia di annullamento, riprende la sua originaria configurazione e si espande sino ai suoi limiti originari, risultando da quella stessa pronuncia che un diritto stato sacrifi.cato oltre i limiti consentiti dalla legge. E, avendo ripreso vita appunto quel diritto che la legge aveva garantito, e che l'Amministrazione aveva ingiustamente leso, ed essendo, quindi, state restituite al diritto l'originaria natura e l'originaria tutela, l'atto amministrativo si qualifica lesivo di un diritto soggettivo, e il privato potr richiedere, oltre che la reintegrazione della sua situazione con effetto ex tunc, il risarcimento degli eventuali danni subiti. La pronuncia di illegittimit, accertando la lesione de1'l'interesse (diritto affievolito), vale a superare l'ostacolo costituito dall'impossi ditori ipotecari iscritti n al concessionario rinunziante o dichiarato decaduto. Per quanto riguarda i primi, i diritti dei detti creditori ipotecari sono regolati dall'art. 37 del citato r.d., il quale stabilisce che le ipoteche iscritte sulla miniera si risolvono sulle cose e sulle somme di spettanza del concessionario, nonch dall'art. 44 -secondo comma -, a norma del quale entro un anno dalla trascrizione del decreto di accettazione della rinuncia o di pronuncia della decadenza, i creditori ipotecari possono far valere i loro diritti, anche se il termine pattuito non sia scaduto, promuovendo la vendita all'asta della concessione mineraria per la q_uale non siasi provveduto ai termini del comma precedente. Per q_uanto riguardo, insomma, i creditori ipotecari, a noi sembra che la norma di cui al primo comma dell'art. 44 in discussione sia una tipica norma di azione, diretta appunto a disciplinare, nell'interesse pubblico, l'attivit dell'Amministrazione concedente, al fine di evitare proprio che si proceda alla vendita all'asta della concessione mineraria. N alcuna posizione di diritto subiettivo assicurata -a nostro avviso -dal primo comma dell'art. 44 r.d. n. 1443/1927 al concessionario dichiarato decaduto. Dopo la dichiarazione di decadenza, nessun diritto residua al PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 739 bilit di sindacare l'esercizio del potere di affievolimento; dopo l'annullamento, non residua che il comportamento lesivo in s, contrario alla garanzia dell'utilit sostanziale, non pi fondata su un potere giuridico. Richiamati tali concetti generali, sembra altres opportuno rilevare la loro incidenza nel quadro della legge speciale mineraria, e il significato e la direzione della norma la cui violazione ebbe a provocare l'annullamento dell'atto amministrativo di concessione alla cooperativa La rinascita zolfiera ., dopo che i precedenti concessionari erano stati definitivamente dichiarati d.ecaduti dalla loro concessione. L'ipoteca mineraria presenta caratteristiche peculiari per il suo oggetto, il quale, come oggi opinione prevalente, non si identifica propriamente con la miniera in s, cio con un bene patrimoniale indisponibiile appartenente allo Stato (ovvero alla Regione, nell'ambito della Regione Siciliana), bens con il diritto di carattere personale derivante al concessionario dall'atto di concessione amministrativa, ancorch l'ipoteca stessa si risolva, in sostanza, nel momento dinamico della sua realizzazione a clanno del concessiona1io, sui beni di carattere immobiliare destinati alla lavorazione (opere ed impianti), nonch sulle somme allo stesso concessionario spettanti. Da tali peculiarit, in difetto di apposita disciplina, sarebbe derivato, dato il carattere personale della concessione, che la rinuncia o la decadenza del concessionario avrebbe logicamente fatto venire meno la garanzia ipotecaria, essendo una nuova successiva concessione ad un diverso soggetto del tutto eventuale, e non potendo, comunque, il nuovo eventuale concessionario, in testa al quale sorge una nuova ed autonoma concessione, essere assimilato al terzo acquirente di un immobile ipotecato, n ad un successore a titolo particolare concessionario decaduto sulla concessione mineraria (art. 43 r.d. citato), salvo che sugli oggetti destinati alla coltivazione, che possano essere separati senza pregiudizio della miniera, e per i quali disposto che il nuovo concessionario possa ritenerli, corrispondendone il prezzo al concessionario precedente. N ci sembra che l'eventuale effetto liberatorio, che la tacitazione dei creditori iscritti da parte del nuovo concessionario avrebbe a favore del precedente concessionario, possa avere rilievo ai fini di far ritenere che, proprio in virt di tale effetto liberatorio, sia assicurata al concessionario dichiarato decaduto una posizione di diritto subiettivo. Comunque, a noi pare che per pervenirsi alla affermazione fatta dalla Corte, che la pronuncia, cio, di annullamento, per illegittimit, dell'atto amministrativo, che aveva compresso, affievolendolo, il diritto subiettivo, facesse rivivere detto diritto, con la conseguenza della proponibilit della azione di risarcimento dei danni determinati dalla illegittima compressione fosse necessaria la preesistenza del diritto compresso ed affievolito. Non poteva, cio, ritenersi che la posizione di diritto subiettivo fosse assicurata nella stessa fase dinamica dell'esercizio del potere, nel corso del quale eser cizio si sarebbe contestualmente dato luogo al sorgere del diritto ed al suo affievolimento. 740 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del precedente concessionario. Al fine di contemperare il rigore dei principi con quella necessit di maggiore tutela, del credito minerario che emerge proprio in correlazione a quegli eventi critici che sono rappresentati dalla decadenza o dalla rinuncia del (precedente) concessionario, la legge ha disposto, in sostanza, che la garanzia ipotecaria persista, dopo uno di qegli eventi, per un periodo di tempo determinato (un anno dalla trascrizione del decreto di acr.ettazione della rinunzia o di pronunzia della decadenza) in due forme alternative, l'una, per cos dire, diretta, e l'altra indiretta. La forma diretta (art. 44, commi secondo e segg.) presuppone che l'Amministrazione non abbia provveduto ad effettuare una nuova concessione, e si realizza con la vendita all'asta della concessione mineraria , e con la soddisfazione dei crediti suiJ. prezzo dell'aggiudicazione, salva la devoluzione dell'eventuale residuo allo Stato. La seconda forma, per cos dire indiretta, quella appunto precisata dal primo comma, per cui, ove l'Amministrazione provveda entro l'anno alla nomina di un nuovo concessionario, deve porre a carico del nuovo titolare la preventiva soddisfazione dei crediti, quale imprenscindibile condizione di legittimit della stessa concessione. Ci precisato, la questione di giurisdizione si risolve, nella specie, nell'accertare se l'avere l'amministrazione provveduto entro l'anno ad una nuova concessione, senza avere osservato e fatto osservare quella essenziale condizione nei confronti del nuov Concessionario, abbia importato la violazione di un diritto soggettivo (nel senso sopra delineato), con la conseguente ulteriore possibilit, dopo l'annullamento, della tutela giurisdizionale consistente nella condanna della P. A. al La Corte, invece, a noi pare che sia proprio pervenuta ad una affermazione del genere e, per pervenirvi, essa ci sembra sia incorsa in una contraddizione: dopo avere, infatti, escluso che nell'art. 44, primo comma, del r.d. 1443/1927 fosse posta una norma di relazione, ha poi osservato che l'indagine deve, invece, tendere, secondo i criteri delineati, ad accertare se, nella specie, l'atto dichiarato illegittimo nella competente sede aveva violato soltanto norme di azione ovvero aveva violato, sia pure "in nuce '', norma di relazione, ossia diritti soggettivi perfetti che dalla trascuranza, per parte della p. A., delle condizioni e dei limiti posti dalla legge all'emanazione del nuovo atto di concessione, venivano ingiustamente sacrificati , e per poi concludere: Ora, che nella specie vi fossero alcune posizioni, legittimanti alla impugnazione per annullamento, di netto diritto soggettivo, non pu essere contestato... . I diritti affievoliti sono stati dalla dottrina e dalla giurisprudenza delineati come diritti, la cui sussistenza possa essere condizionata da ragioni di pubblico interesse, che ne autorizzino la compressione. Il caso tipico quello della concessione amministrativa, il cui titolare perde il diritto all'uso della cosa o all'esercizio dell'attivit che ne oggetto o lo conserva con limitazioni maggiori delle originarie, quando l'Autorit concedente PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE risarcimento dei danni; o se, invece, la tutela giurisdiziona1le siasi concretata ed esaurta, trattandosi di interessi soltanto occasionalmente protetti, nell'azione di annullamento effettivamente esperita, e con successo, dinanzi agli organi di giustizia amministrativa. bene insistere su tale limitata alternativa, giacch il ricorso profila viceversa, in linea principale o pregiudiziale, una tesi amplissima ed assorbente, per cui, in definitiva -sia per H carattere pubblicistico inerente alla legislazione sulle miniere, sia per il carattere assolutamente discrezionale del potere che attribuito all'Amministrazione di procedere nell'anno alla nuova concessione, o di non procedervi -non potrebbe nella soggetta materia profilarsi una violazione di diritti soggettivi, cio di norme di relazione, bensi di semplici interessi di fatto, non differenziati nei singoli soggetti da quelli della generalit dei cittadini. Tale tesi non pu essere accolta: non perch una legge di ordine pubblico, o pi genericamente, di carattere pubblicistico, da escludere a priori che essa contenga norme di relazione, di cui nella legge mineraria in questione esistono esempi evidenti in molte disposizioni, come quelle di cui agli artt. 35 secondo comma, 36 secondo comma, 43 secondo comma. D'altra parte, se vera la circostanza che un atto quale quello di nuova concessione assolutamente discrezionale nella sua emanazione, la circostanza, tuttavia, non esclude che l'atto stesso sia vincolato nel suo contenuto, nelle sue premesse e nelle sue condizioni: cosicch, non pu dirsi che la violazione dellEJ prescrizioni, relative a quel contenuto, a quelle premesse e a queHe condizioni, non trovi addirittura tutela giurisdizionale, n in sede di giustizia amministrativa n in sede reputi il diritto stesso incompatibile in tutta la sua pienezza con sopravvenute o meglio rilevate esigenze di interesse generale. Il concetto stato, poi, esteso al diritto di propriet, che pu essere condizionato dal potere di espropriazione per pubblica utilit. La stessa Corte ha, nella sentenza che si annota, affermato: Esempio tipico, se pur non esclusivo, della prima categoria di situazioni, sono quei diritti soggettivi di carattere primario, assoluto, efficaci "erga omnes ", nascenti ed esistenti indipendentemente dalla volont della p.A., la quale, tuttavia, ove concorrano i presupposti e le forme prescritte, pu ottenerne la concessione, distruggerli, attenuarli, limitarti, pu, altrimenti detto, sacri~carli di fronte a determinati interessi pubblici apprezzati discrezionalmente. La Corte afferma... esempio tipico, se pur non esclusivo... ed a noi pare che l'inciso se pur non esclusivo sia stato usato proprio per lasciare aperta la possibilit di quella amplificazione della categoria di cui abbiamo parlato nelle premesse. Ma non ci sembra che l'amplificazione, cos come ritenuta dalla Corte, possa essere accolta. Se un diritto non preesiste, non pu verificarsi l'affievolimento di esso da parte della p. A. Se, di conseguenza, per quanto riguaraa il caso di specie, nessun diritto residuava sulla concessione mineraria per il concessionario RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO giudiziaria. ben difficile ammettere che una simile proposizione possa ancora trovare ingresso, in un caso come quello in esame, in cui la tutela giurisdizionale amministrativa stata pacificamente e definitivamente attuata, riconoscendosi, ed espressamente, dal giudicato amministrativo che le norme violate e l'atto impugnato erano compresi, in via generale ed ast:-atta, neHa categoria delle norme e degli atti operanti nel campo delle posizioni soggettive protette della giurisdizione amministrativa, e non anche nella categoria delle norme e degli atti operanti, invece, nella sfera di assoluta discrezionalit della P. A. Vano , inoltre, escludere che sia stata direttamente violata una norma di relazione: una simile diretta violazione avrebbe dovuto indurre, a negare a priori, di fronte all'atto illegittimo, la tutela giurisdizionale amministrativa (generale, di legittimit), e a profilare in via immediata ed esclusiva, secondo i principi generalissimi, la tutela dell'autorit giudiziaria ordinaria; mentre l'indagine deve, invece, tendere, secondo i criteri sopra delineati, ad accertare se, nella specie, l'atto dichiarato illegittimo nella competente sede aveva violato soltanto norme di azione (in quanto le posizioni soggettive legittimanti all'impugnativa per annullamento avevano, per premessa e sfondo, un semplice interesse occasionalmente protetto) ovvero aveva violato, sia pure in nuce, norme di relazione ossia diritti soggettivi perfetti che dalla trascuranza, per parte della P. A., delle condizioni e dei limiti posti dalla legge all'emanazione del nuovo atto di concessione, venivano inguista.iente sacrificati. E qui, come si detto, di fronte ad un atto vincolato nel contenuto, nelle premesse e nelle condizioni, occorre valutare la direzione e lo scopo che la legge si prefissa nel porre i relativi vincoli all'ammini dichiarato decaduto, non poteva -a nostro avviso -in verun caso -ipotizzarsi una compressione e un affievolimento in dipendenza del provvedimento di concessione ad altri della miniera. A noi pare, invece, che la questione non potesse che essere diversamente articolata, cos come l'avevano esattamente articolata sia il Tribunale che la Corte di appello, sia pure pervenendo a soluzioni opposte, se cio dal richiamato art. 44, primo comma, del r. d. 29 luglio 1927, n. 1443, sorgesse a favore di chi fosse stato dichiarato decaduto da una concessione mineraria un diritto subiettivo perfetto, con la conseguenza della possibilit di agire direttamente innanzi all'Autorit Giudiziaria ordinaria per i danni che fossero, in ipotesi, derivati dalla lesione di esso o se, invece, dalla richiamata disposizione di legge derivasse esclusivamente un interesse legittimo alla osservanza della norma, interesse che poteva trovare la sua tutela esclusivamente nella possibilit di annullamento da parte del Giudice Amministrativo del provvedimento di nuova concessione, quando questo fosse stato emesso senza porre a carico del nuovo concessionario l'obbligo della preventiva tacitazione dei creditori iscritti. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 743 strazione, giacch ovvio che il semplice carattere vincolato dell'atto non dica ancora se esso abbia violato soltanto un interesse occasionalmente protetto, ovvero pi ampie e consistenti posizioni soggettive. Ora, che nella specie vi fossero alcune posizioni, legittimanti alla impugnazione per annullamento, di netto diritto soggettivo, non pu essere contestato, ove si guardi a!la situazione dei creditori ipotecari, i quali dalla norma di cui al primo comma dell'art. 44 vengono tutelati facendosi soprav.vivere, sia pure in forma indiretta, il loro diritto di garanzia e la sua possibilit di soddisfazione, non altrimenti che se sopravvivesse l'ipoteca, ed anzi, in modo pi sicuro di quanto non avverrebbe ove si dovesse ricorrere alla procedura di vendita della concession.e di cui ai commi seguenti (procedura macchinosa e di esito sempre incerto), essendo ome gi si detto, il preventivo soddisfacimento o la preventiva e sicura assicurazione dei crediti ipotecari condicio sine qua non del sorgere del diritto del nuovo concessionario. Si aggiunga che tale posizione di diritto patrimoniale dei creditori pu venire definitivamente pregiudicata dalla illegittima concessione infrannale, in quanto la naturale esecutoriet dell'atto amministrativo, ancorch illegittimo, impedisce, finch l'atto stesso non sia stato eliminato dalla pronuncia di annullamento, la vendita relativa alla concessione posta come alternativa alla assunzione dei debiti da parte del nuovo concessionario; vendita che importerebbe la sostituzione (sia pure condizionata al beneplacito dell'Amministrazione) di un ulteriore soggetto (l'aggiudicatario) nella posizione di concessionario. In altri termini, l'arbitraria inosservanza da parte dell'Ammini strazione, del precetto di cui all'art. 44, secondo comma, pu condurre i creditori ipotecari alla situazione di decadenza prevista dal quarto comma del medesimo articolo ( Decorso l'anno suddetto, nessuna altra Esclusa, perci, che la disposizione in discussione contenesse una nor ma di relazione, non poteva -a nostro avviso -che pervenirsi alla se conda posizione del problema. Si trattava, cio, di un caso tipico, gi esaminato e risolto dalla giu risprudenza della Suprema Corte (si confronti la fondamentale sentenza in materia di giurisdizione n. 2994 dell'll ottobre 1955, in Foro it., 1955, I, 1291 e segg.), di attivit della Pubblica Amministrazione, sicuramente discrezionale (potere di decidere discrezionalmente, nel pubblico interesse, se procedere oppure no alla nuova concessione mineraria), in relazione alla quale non basta che uno dei momenti della condotta della Pubblica Amministrazione sia tassativamente imposto, senza margine di discrezio nalit, perch da ci si debba desumere l'attribuzione di un diritto su biettivo al privato. La fattispecie, esaminata dalla Corte di Cassazione, nella richiamata sentenza n. 2994 del 1955, presenta notevole analogia con quella di cui si discute. Si trattava di questione derivante dalla applicazione della Legge di riforma agraria per la Sicilia (1. 27 dicembre 1950, n. 104) e le censure 744 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO azione proponibile sulla concessione mineraria e il Ministro per la Economia Nazionale ha facolt di procedere liberamente, a nuova concessione ); l'atto illegittimo della P. A. pu avere quindi, quale suo effetto, ove nelle more dell'annullamento sia decorso l'anno, la perdita definitiva della garanzia ipotecaria pur sempre spettante, nei predetti limiti di tempo, ai creditori anche dopo la decadenza o la rinuncia del precendente concessionario. Da tali considerazioni appare evidente che, ove l'annullamento della nuova concessione, fatta senza l'osservanza della condizione preventiva indicata dal primo comma, sia stata ottenuto ad iniziativa di taluno dei creditori, a questi spetti, altres la potest di proporre dinanzi alla A.G.O. l'azione di risarcimento dei danni per il ristoro del diritto ingiustamente sacrificato. Di meno immediata evidenza potrebbe, vero, risultare la proponibilit della domanda di risarcimento, ove l'annullamento sia stato attuato, come nella specie, su iniziativa del precedente concessionario rinunziante o dichiarato decaduto. Se non che, la soluzione -sempre nel senso dell'ulteriore tutela giudiziaria a favore anche del precedente concessionario, cui non pu, in linea di principio, essere negato l'esercizio dell'azione di risarcimento -appare agevole, ove si consideri funditus la sorte cui, nel sistema della legge mineraria, sono destinati i debiti personali ipotecari di detto concessionario (e ci a parte la considerazione che, operando e incidendo, comunque, come gi si avuto occasione di accennare, la norma dell'art. 44 primo comma della legge mineraria nel campo dei diritti soggettivi, la violazione dei quali emerge, come tale, dalla pronunzia di annullamento, l'attribuzione dell'azione civile di danni al precedente concessionario in aggiunta o in alternativa a quella indubbiamente spettante ai creditori ipotecari sacrificati sembrerebbe, a rigore, configurare pi un problema di legitche i ricorrenti muovevano si concentravano essenzialmente nella de dotta natura vincolata dell'attivit della Pubblica Amministrazione, pei quanto attiene ai criteri che devono essere osservati nel computo, ai fini della determinazione della quota di conferimento . E la Corte Suprema ha affermato: Queste Sezioni Unite iilevano che l'argomento dedotto dal carattere vincolante della norma non , di per s, solo, sufficiente a risolvere la questione. ben vero, infatti, che di fronte al potere discrezionale della Pubblica Amministrazione la situazione sog gettiva del privato si configura come un interesse legittimo, che pro tetto solo in via indiretta e mediata in funzione dell'interesse generale per cui la norma dettata. Ma non basta che uno dei momenti della condotta della Pubblica Amministrazione sia tassativamente imposto senza margine di discrezionalit, perch da ci si debba desumere l'attribuzione di un diritto soggettivo al privato . Nella specie in discussione, il primo comma dell'art. 44 del r. d. 29 luglio 1927, n. 1443, conferisce alla Pubblica Amministrazione il potere e non l'obbligo di procedere a nuova concessione della miniera, che sia stata SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 745 essa, che un problema di giurisdizione, 'one medesima in senso oggettivo ed ute la non felice e perspicua lettera \On giovano le semplici parafrasi \ori e nelle relazioni), la dottrina la nuova concessione mineraria \ia e preventiva assunzione dei ionario e produca, nei riguardi \ di un accollo liberatorio (a \ffiente teorico, se trattasi pi \li accollo privativo, ossia di \p.el debito), accollo la cui \che, a differenza che nel\ n intervengono, oltre la 1yolont di quello prece~ isce il Ministro quale Vt generale. In conse' 1ima venga rispettata, 'i confronti dei credi~ le inerente all'eser \ l'assunzione del \ata strutturata in \toria, e il nuovo \ sopravvive, n \ confronti del \ttora insoddi\ teca in testa \ino iscritte letta deci~ i oppure \?desimo, ijco del 'f?ditori \1 po1Jgine lenza ..s!le, il .111gliore ge ere che la norma _.,11te, l'interesse del con_., tacitazione dei creditori iscrit- I i I .. I RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO al nuovo concessionario e alla possibilit di esercitare il diritto relativo entro il termine di un anno, decorrente, in questo caso, dalla decadenza del nuovo concessionario assuntore. Non si mancato, inoltre, di rilevare le notevoli analogie tra la norma in discorso e quella dell'art. 508 c. p. c., il quale, in tema di vendita immobiliare, a seguito di normale esecuzione forzata individuale, di un bene gravato da pegno o da ipoteca, stabilisce che l'aggiudicatario o l'assegnatario possa, con l'autorizzazione del giudice dell'esecuzione, concordare col creditore pignoratizio o ipotecario l'assunzione, in luogo del versamento del prezzo, del debito con le garanzie ad esso inerenti, liberando cos -come ivi precisato -immediatamente e definitivamente il debitore. A ci si aggiunga che, come si gi rilevato, l'assunzione dei debiti da parte del titolare della nuova concessione infrannale una forma di soddisfazione dei creditori alternativa a quella della vendita all'asta da questo promossa; e che, in tal caso, se la vendita all'asta avviene, il prezzo di aggiudicazione, soddisfatti i creditori, spetta allo Stato, il che significa, che tale prezzo a cui (v. infra) pu equipararsi la tacitazione dei creditori - destinato anzitutto a soddisfare i creditori, e quindi, come avviene in ogni subasta, a liberare il debitore. Tale immediato effetto liberatorio voluto dalla legge speciale (che, per la contraddizione che nol consente, esclude l'altra interpretazione, secondo cui il debitore originario rimarrebbe obbligato, come in un accollo cumulativo, a titolo personale accanto ed insieme con l'assuntore nuovo concessionario), fa assurgere la posizione assicurata al debitore stesso (sia pure condizionatamente all'evento della nuova concessione infrannale) alla consistenza di un diritto soggettivo: cosicch, ove tale diritto sia stato malamente compresso e abolito dalla nuova concessione non preceduta dall'imposizione dell'obbligo di assunzione del debito al nuovo concessionario, non pu non derivarne, dopo l'annullamento dell'atto amministrativo, la pretesa al risarcimento dei ti, egli possa essere liberato dalle obbligazioni assunte per la gestione della miniera, non pu assolutamente ritenersi, per la formulazione let terale della norma, n considerando la ratio della norma stessa, che tale interesse possa assurgere al rango di un diritto soggettivo perfetto. L'in teresse che il concessionario dichiarato decaduto ha alla osservanza, da parte della Pubblica Amministrazione della norma, nella parte in cui que sta vincola un momento della condotta della Pubblica Amministrazione stessa, trova una tutela adeguata ed efficace nella possibilit di annulla mento, da parte del Giudice Amministrativo, del provvedimento di nuova concessione, che sia stato emesso senza porre a carico del nuovo conces sionario l'obbligo della tacitazione dei creditori iscritti. Ma al di fuori di tale tutela non possibile ipotizzarne altra, che presupponga la esi stenza di un diritto subiettivo. GIOVANNI ALBISINNI PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 747 ianni, esercitabile nella sede giudiziaria ordinaria. N tale conclusione m essere seriamente influenzata dal problema, su cui la legge parinenti tace, se, verifi.catosi, comunque, l'effetto liberatorio nei rapporti ~sterni, cio tra il precedente concessionario e i creditori ipotecari, :ussista a favore del nuovo concessionario, che tali creditori abbia sodlisfatto, un diritto di regresso nei confronti del concessionario preceiente. Appare, anzitutto, pienamente convincente il rilievo della sen. enza impugnata, la quale, sulle orme della decisione del Consiglio di }iustizia amministrativa (al quale la questione era stata prospettata .otto il profilo dell'interesse a ricorrere), ha posto in evidenza come tale egresso sia da escludere, non residuando, quindi, alcuna ragione di :redito dell'assuntore nei confronti del precedente concessionario, in iuanto la tacitazione dei creditori , in sostanza, il prezzo che il nuovo :oncessionario paga per ottenere immediatamente la concessione; egli i avvantaggia, senza alcun diretto onere pecuniario verso il concessioiario decaduto o rinunziante, dell'avviamento (frutto dell'opera persotale e dei capitali impiegati nella miniera dal conessionario rinun: iante o decaduto), ed , quindi, giusto che svincoli questo, senza riralsa, dal debito garantito sulla miniera stessa. , infine, da rilevare che anche se, in ipotesi, potesse ritenersi opravvivente un'eventuale ragione di rivalsa dell'assuntore nei conronti del precedente concessionario, pur tuttavia l'evidente interesse li questo (avente chiara consistenza patrimoniale) ad essere obbligato oltanto eventualmente, e soltanto in via di regresso, anzich trovarsi :sposto, in via diretta ed immediata, ad una sopravvivente azione, sia iure semplicemente personale e genericamente garantita dal patrinonio di esso debitore, potrebbe pur sempre assumere la struttura e la ostanza di un diritto soggettivo, che all'Amministrazione non sarebbe ecito eliminare attraverso la palese violazione del vincolo posto alla ua attivit dalla pi volte citata norma dell'art. 44 primo comma. In conclusione, la sentenza impugnata ha bene giudicato nel riteiere proponibile dinanzi all'A.G.O. l'azione di risarcimento di danno nstaurata dagli attuali resistenti, e, in conseguenza, il ricorso presenato dall'Assessorato deve essere rigettato. -(Omissis). ~ORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 31 marzo 1967, n. 712 -Pres. Scarpello -Rel. Geri -P. M. Di Majo (conf.). Tau (avv. Lecciso) c. Comune di Martano (avv. Ascarelli). Jompetenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Giurisdizione esclusiva -Diritti patrimoniali conseguenziali -Riconoscimento da parte dell'ente pubblico del diritto del dipendente ad assegni ed altri RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO emolumenti -Effetto sostitutivo della pronuncia di illegittimit Proponibilit dell'azione direttamente davanti alGiudice ordinario. (t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, artt. 29 e 30). Quando L'ente pubblico abbia formalmente 1iconosciuto il dfritto dell'impiegato ad assegni ed altri emolumenti in ordine sia all' an sia al quantum sia all'esigibiiit, viene meno il presupposto della giurisdizione amministrativa esclusiva, giacch tale riconoscimento, mentre elimina ogni questione sulla materia devoluta al Giudice amministrativo, tiene luogo della pronuncia di illegittimit sul comportamento negativo dell'ente e .costituisce il presupposto per ogni altra controversia sui diritti patrimoniali conseguenziali rientranti nella giurisdizione del giudice ordinario (1). (1) La sentenza, che contiene pure altre statuizioni in materia di opposizione da parte di un Comune ad ingiunzioni con riferimento particolare a taluni aspetti processuali ed amministrativi relativi a siffatte liti, pubblicata per esteso in Giust. civ., 1967, I, 1485 con note di richiami, ivi, 1486. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 29 aprile 1967, n. 8~0 -Pres. Flore -Rel. Tamburrino -P. M. Pedote (conf.) -Vallerini (avv. Dallari) c. Ministero di Grazia e Giustizia (avv. Stato Agr). Competenza e giurisdizione -Ordinamento giudiziario -Inamovibilit dei magistrati -Trasferimento di ufficio -Provvedimento di natura non disciplinare -Effetti: giurisdizione di legittimit del Consiglio di Stato. (r. d. I. 31 maggio 1946, n. 511, art; 2, secondo comma; I. 24 marzo 1958, n. 195, art. 10, primo comma, n. 1 e n. 3, nonch art. 17; d. p. r. 16 settembre 1958, n. 916, art. 55; Cast., art. 107, primo comma). Avverso il provvedimento di trasferimento di ufficio di un magistrato, adottato con la forma del decreto presidenziale, in conformit alla deliberazione del Consiglio superiore della Magistratura, non avendo tale provvedimento natura disciplinare, ammissibile il ricorso davanti al Consiglio di Stato per motivi di legittimit, mentre deve dichiararsi inammissibile il ricorso contro il provvedimento stesso proposto davanti alle sezioni unite della Corte di Cassazione (1). (Omissis). -Nella pubblica udienza il difensore del ricorrente ha sollevato una questione in relazione al fascicolo di ufficio ed alla mancata comunicazione o notificazione di documenti in esso acclusi. Occorre al riguardo rilevare che lo stesso ricorrente, con apposita istanza, men (1) Con la sentenza, di cui si tratta, e con quella n. 801 in pari data e di analogo contenuto, le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno pienamente accolto le tesi sostenute dall'Avvocatura Generale dello Stato. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 749 zionata nel ricorso, ebbe a richiedere il fascicolo del Consiglio Superiore della Magistratura, dallo stesso considerato fascicolo del merito: il fascicolo, in ottemperanza alla richiesta, stato regolarmente trasmesso. Quindi trattasi della normale trasmissione su richiesta del ricorrente, onde riguardo ad esso nessuna comunicazione o notificazione doveva essere al ricorrente mdesimo effettuata. Il ricorrente ha anche accennato ad una mancata comunicazione all'interessato di documenti inseriti nel fascicolo: ma questa sarebbe una omissione di attivit da parte del Consiglio Superiore, che non pu rilevare ai fini di questo processo; d'altra parte non merita accoglimento. nemmeno la subordinata istanza di rinvio per esami:r;iare i documenti non comunicati, dacch questi riguardano il merito e questo Supremo Collegio deve fermarsi per le ragioni in seguito specificate alla questione di inammissibilit. Invero l'eccezione di inammissibilit del ricorso preliminarmente avanzata dal resistente Ministero di Grazia e Giustizia merita accoglimento. All'uopo indispensabile ricordare che, secondo la vigente legislazione sul Consiglio Superiore della Magistratura e sulle sue attribuzioni, queste si distinguono in due grandi categorie, nettamente tenute distinte dalla legge e cio da un lato le attribuzioni relative allo stato dei magistrati, cio alle assegnazioni di sedi e di funzioni, trasferimento e promozioni ed ogni altro provvedimento sullo stato dei magistrati (art. 10, n. 1, legge 24 marzo 1958, n. 195) e dall'altro lato le attribuzioni relative alle sanzioni disciplinari a carico di magistrati in esito ai procedimenti disciplinari iniziati su richiesta del Ministro o del procuratore generale presso la Corte Suprema di Cassazione (art. 10, n. 3). E siffatta netta attribuzione si ripercuote sui relativi procedimenti, sulla loro natura, sulla essenza e natura dei rispettivi provvedimenti e sulla loro impugnabilit. Invero per quanto riguarda lo stato dei magistrati si tratta di un complesso procedimento, che passa attraverso il parere delle commissioni, in sede referente, e la deliberazione del Consiglio e sfocia nel provvedimento definitivo adottato normalmente in conformit delle deliberazioni del Consiglio Superiore con decreto del Capo dello Stato controfirmato dal Ministro per la grazia e giustizia (art. 17, primo comma): provvedimenti contro i quali ammesso ricorso al Consiglio di Stato per ragioni di legittimit (art. 17, secondo comma). Laddove le attribuzioni in materia disciplinare danno luogo ad un vero e proprio giudizio, la cui cognizione spetta funzionalmente alla apposita sezione disciplinare istituita dall'art. 4 della legge citata: contro i provvedimenti in materia disciplinare Sull'argomento con specifico riferimento alla questione di legittimit costituzionale, cui si accenna nella sentenza, della quale si tratta, cfr. Cass., Sez. Un., 25 luglio 1965, n. 2040, in questa Rassegna, 1966, I, 1223 ed ivi, 1224, nota 1. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ammesso ricorso alle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione (art. 17, ultimo comma). N in questa sede rileva il fatto ricordato in sede di ricorso e di discussione orale che stata sollevata questione di legittimit costituzionale, proprio da queste Sezioni Unite in relazione all'art. 17, secondo comma: non va dimenticato che le Sezioni Unite hanno affermato che la interpretazione della legge vigente non pu che portare alla conclusione che i provvedimenti relativi allo stato dei magistrati attualmente formano oggetto di ricorso al Consiglio di Stato analogamente al provvedimento amministrativo sullo status del pubblico impiegato e funzionario, il che potrebbe (e non infondatamente) essere in contrasto con le norme della Costituzione riguardanti la magistratura come potere dello Stato e la situazione, costituzionalmente voluta, di indipendenza dei magistrati. Da ci due illazioni: in primo luogo le precedenti decisioni hanno ribadito la differenza tra provvedimenti riguardanti lo stato dei magistrati e quelli, non toccati, in alcun modo, dalla questione di costituzionalit, in materia disciplinare. In secondo luogo, una volta che si sia in presenza di un provvedimento concernente lo stato dei magistrati e rientrante quindi nella prima categoria occorrer seguire la legge vigente e adire il Consiglio di Stato, anche per evitare la scadenza di termini, ed eventualmente sollevare la questione di legittimit costituzionale od attendere la decisione su essa, ma non potr mai essere seguito il dettato della legge in materia di impugnazione di provvedimenti in materia disciplinare, cio d provvedimenti della seconda categoria, nettamente distinti e separati sotto ogni angolo visuale. Di guisa che il vero e fondamentale quesito che nella specie si pone quello di vedere a quale delle due categorie appartenga il provvedimento in esame. Ora, come pacifico ed incontestato, si nella specie in presenza di un provvedimento preso dal Consiglio Superiore non in sede disciplinare, ma nella normale sede deliberante, a seguito di parere conforme della Commissione competente, con il quale si disponeva il trasferimento di ufficio del dott. Vallerini, senza il suo consenso ..... -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 1 5 giugno 1967, n. 1391 -Pres. Scarpello -Rel. Miele -P. M. Pedote (conf.). -Ministero Difesa Aeronautica (avv. Stato Vitucci) c. Toscano (avv. Asole). Competenza e giurisdizione -Impugnazioni civili -Ricorso in Cassa zione avverso le decisioni del Consiglio di Stato per motivi attinenti alla giurisdizione -Termine -Decorrenza. (Cost., art. 111, terzo comma; c. p. c., artt. 325, secondo comma, 326, 360, n. 1, e 362, primo comma.) PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 751 Giustizia amministrativa -Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Giurisdizione di legittimit -Eccesso di potere -Ambito dell'indagine -Annullamento dell'atto amministrativo illegittimo Enunciazione di principi in ordine alla successiva attivit della p. A. -Ammissibilit -Limiti -Fattispecie (in tema di giudizio d'avanzamento degli ufficiali). (t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 29; 1. 11 dicembre 1955, n. 1137, artt. 1 e 29). n ricorso in Cassazione ammesso solo per motivi attinenti alla giurisdizione avverso le decisioni del Consiglio di Stato soggetto al terminl! di gio1ni sessanta dalla notificazione della decisione impugnabile (1). Il vizio di eccesso di potere da illogicit concretandosi nella mancanza di un rapporto di causalit o di armonia tra gli elementi considerati nell'atto amministrativo ed il dispositivo dell'atto stesso postula necessariamente per il suo accertamento la valutazione di quegli P.lementi: pertanto, il Consiglio di Stato non trascende l'a.mbito del qiudizio di legittimit quando, esaminando un ricorso avverso il giudizio di non idoneit all'avanzamento di un ufficiale, proceda alla valutazione degli elementi caratteristici della carriera di costui al fine limitato di accertare se tale giudizio abbia logica e congrua rispondenza nei precedenti di carriera sui quali deve basarsi il giudizio stesso (per l'avanzame11. to degli ufficiali), mentre pu, ove annulli il provvedimento, pur essendogli inibito di sostituire il proprio giudizio ed. il proprio apprezzamento a quello dell'amministrazione attiva, enunciare con specifico riferimento al caso deciso i principi che debbono orientare ed im (1) La Cassazione ha, in via preliminare, disatteso l'eccezione di inammissibilit del ricorso prospettata dal resistente: respingendo l'assunto che, in tema di ricorso ex art. 362 c. p. c., non potrebbe trovare applicazione l'art. 326 c. p. c., perch non espressamente richiamato dallo stesso art. 362 ~. p. c., le Sezioni Unite hanno statuito che il ricorso per cassazione, per motivi attinenti alla giurisdizione, avverso le decisioni del Consiglio di Stato, deve essere proposto nel termine di sessanta giorni dalla notifi~ azione della decisione (non del solo estratto). Sul punto, Cass., Sez. Un., 22 dicembre 1964, n. 2949, in Giust. civ., 1965, I, 1186. Tale problema collegato all'altro concernente l'applicabilit o meno alle decisioni del Consiglio di Stato del termine di decadenza di cui all'art. 327 c. p. c.. Per la soluzione negativa, Cass., Sez. Un., 19 febbraio 1965, n. 274, in Giust. civ., 1965, I, 658; id., 12 febbraio 1963, n. 259, ivi 1963, I, 2148; id., 25 luglio 1961, n. 1809, ivi 1962, I, 121; id., 27 ottobre 1959, n. 3129, ivi 1960, I, 63. In dottrina, SANDULLI, Il Consiglio di Stato, i35 segg., Napoli, 1963; Io., Sull'applicabilit dell'art. 327 c. p. c. al ricorso per cassazione avverso decisioni di giudici speciali, in Giust. civ., 1962, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pronta1e l'ulteriore svolgimento dell'attivit amministrativa, trovando un tale potere riscontro e giustificazione nella esigenza di prevenire o almeno di limitare nuove contestazioni o remo1e, le quali possano insorgere in ordine alla emanazione del nuovo provvedimento in attuazione del giudicato (2). (Omissis). -In via preliminare si eccepito dal resistente la inammissibilit del ricorso, perch proposto oltre sessanta giorni dalla pubblicazione della decisione impugnata. Si assume che il ricorso per motivi attinenti alla giurisdizione, avverso le decisioni dei giudici speciali, previsto dall'art. 362 c. p. c., non il comune ricorso per cassazione di cui all'art. 360 c. p. c., tanto vero che il.legislatore ha sentito il bisogno di precisare che anche tale ricorso deve essere proposto nel termine di cui all'art. 325 c. p. c. Trattandosi, perci, di una specie di ricorso eccezionale , le norme dettate, dal codice di rito, per il ricorso per cassazione, non possono trovare applicazione che nei limiti segnati dal legislatore, e se questo, nello art. 362, ha espressamente sancito l'applicabilit del solo art. 325, secondo comma c. p. c., si deve desumere, a contrario, che le altre norme relative al termine per la impugnazione, ed in particolare quella dell'art. 326 c. p. c., non sono applicabili. L'argomentazione, a prescindere dalla esattezza o meno della pre messa, non pu essere condivisa. Se, infatti, si considera che l'art. 362, oltre al caso di ricorso per motivi attinenti alla giurisdizione avverso le decisioni di giudici speciali, prevede il ricorso per la denunzia dei I, 122; in senso contrario, CAPPUCCIO, Sull'applicabilit dell'art. 327 c. p. c. in tema di impugnazione delle decisioni del Consiglio di Stato, in Giur. it., 1963, I, 1, 142. (2) Una delle censure pi spesso ricorrenti avverso i provvedimenti di mancata promozione degli Ufficiali delle FF. AA. consiste nel contrasto con i precedenti di carriera. Il caso all'esame (annullamento, in sede giurisdizionale, del giudizio di avanzamento per eccesso di potere per contrasto con precedenti giudizi di idoneit e con l'espletamento di funzioni inerenti ad un grado superiore a seguito di formale provvedimento di incarico) non pertanto isolato nel mosaico giurisprudenziale. I problemi, che scaturiscono dalla fattispecie, sono al tempo stesso sottili e delicati, in quanto da un lato tutt'altro che agevole riscontrare concretamente e delimitare il vizio di eccesso di potere, dall'altro non pu essere trascurata ogni cautela necessaria ad evitare che il preteso vizio di legittimit possa sconfinare in un giudizio di merito (precluso). Tale possibilit di sconfinamento non affatto eccezionale in questa materia, per cui, come nel caso di specie, risolte le perplessit di ordine strettamente logico-giuridico, possono permanere dubbi sulle conseguenze delle conclusioni: innegabile infatti che, come ha osservato nel corso del J PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE conflitti, positivi o negativi, di .giurisdizione, tra giudici speciali, tra questi ed il giudice ordinario e tra la pubblica amministrazione ed il giudice ordinario, e stabilisce che per questi casi il ricorso ammesso senza limiti temporali, appare evidente che il richiamo all'art. 325 in relazione al primo dei contemplati casi di ricorso, non ha altro scopo e significato che quello di evidenziare la diversit di regolamentazione, quanto al termine, tra i vari casi di ricorso previsti dalla disposizione, e di conseguenza da tale richiamo non consentito trarre illazioni in ordine alla applicabilit delle altre norme relative alle modalit per la proposizione della impugnazione, ed in partieolare di quella dell'art. 326, relativa alla decorrenza del termine. D'altro canto, va rilevato che questa norma -rivolta a porre le parti in condizione di avere conoscenza della ratio decidendi della decisione, onde valutare la convenienza della impugnazione e provvedere alla contestuale formulazione dei motivi, che costituisce un requisito comune, in materia civile, a tutte le impugnazioni, soddisfa ad una imprescindibile esigenza, comune anche al ricorso ex art. 362 c. p. c., per cui la sua inapplicabilit sarebbe ammissibile e giustificata, solo se le norme speciali, regolatrici del procedimento dinanzi al giudice speciale, prevedono modalit per la pubblicazione della decisione, atte a conseguire lo scopo, cui tende l'art. 326 c. p. c.. Ci non si verifica per le decisioni del Consiglio di Stato, posto che l'art. 67 del regolamento 17 agosto 1906, n. 642, relativo ai procedimenti innanzi al detto organo in sede giurisdizionale, stabilisce che la pubblicazione della decisione si attua mediante la lettura in udienza della sola parte dispositiva e giudizio la difesa del Ministero ricorrente, il riconoscimento della sussistenza di un eccesso di potere pu, in definitiva, determinare una sostituzione ., nel giudizio di valutazione, del giudice all'organo istituzionalmente chiamato dalla legge a pronunziarsi sull'avanzamento degli Ufficiali (cfr. Relazione Avvocatura Stato 1961-1965, III, 373 seg.g., Roma, 1966). quindi con sospetto che occorrereb]:>e esaminare un tale tipo di censura, soprattutto quando si tratti di avanzamento ai gradi massimi della gerarchia militare, per l'accesso ai quali l'aspirante deve possedere i necessari requisiti in modo eminente ., come indicato dalla legge 12 novembre 1955, n. 1173 (Cons. Stato, Sez. IV, 13 ottobre 1966, n. 648, in Cons. Stato, 1966, I, 1624; in particolare, id., 8 giugno 1966, n. 500, ivi 1966, I, 1141, secondo cui, quando sono carenti elementi obbiettivi e sicuri atti a dfmostrare inequivocabilmente il possesso in modo eminente dei prescritti requisiti, il giudizio di avanzamento soltanto il risultato dell'esercizio, da parte del competente organo dell'Amministrazione, di un potere discrezio nale; e ancora: Cons. Stato, Sez. IV, 25 novembre 1964, n. 1373, in Cons. Stato 1964, I, 1990; id., parere, 21 maggio 1964, n. 571, ivi 1966, I, 408; id., 24 ottobre 1958, n. 749, in Foro amm., 1958, I, 716). La giurisprudenza del Consiglio di Stato, che, in un passato non recente, aveva costantemente negato la possibilit di configurare il vizio RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'art. 9 della legge 21 dicembre 1950, n. 1018 dispone che di siffatta pubblicazione sia data comunicazione alle " parti mediante biglietto della segreteria. N esatto il rilievo, che rispetto alle decisioni del Consiglio di Stato, almeno per quanto riguarda l'Amministrazione, la inapplicabilit dell'art. 326 deriverebbe dal coordinamento con la disposizione del primo comma dell'art. 87 del citato regolamento del 1906, che prevede la comunicazione integrale, in via amministrativa, della decisione alla amministrazione interessata, essendo l'efficacia di detta disposizione cessata per effetto della emanazione dell'art. 9 della ricordata legge n. 1018 del 1950, che ha eliminato ogni disparit di trattamento tra parti private e pubblica amministrazione in ordine alla comunkazione della decisione, disponendo, come si rilevato, la comunicazione alle parti della pubblicazione della decisione mediante biglietto della segreteria. Circa, infine, l'assunto, secondo cui anche ammettendosi la applicabilit dell'art. 326, nella fattispecie il ricorso sarebbe ugualmente tardivo, perch proposto oltre il sessantesimo giorno dalla avvenuta notifica, a sensi dell'art. 89 del citato regolamento del 1906, dell'estratto della decisione, va osservato che questa notificazione non pu considerarsi sostitutiva ed equipollente a quella di cui all'art. 326, per l'ovvia considerazione, che riguardando l'estratto siccome precisa la richiamata disposizione, solo la parte del dispositivo della decisione relativa alla condanna alle spese, la notifica di esso non offre ovviamente, la possibilit al destinatario di avere diretta ed immediata conoscenza della motivazione, conoscenza, indispensabile per valutare, la di eccesso di potere nel contrasto tra il giudizio negativo in sede di avanzamento di un ufficiale ed i precedenti di carriera, ha gradualmente mutato orientamento, vieppi ampliando le possibilit di annullamento per eccesso di potere (cfr. peraltro, Cons. Stato, Sez. IV, 29 settembre 1966, n. 604, in Cons. Stato 1966, I, 1416, secondo cui occorre una particolare cautela nel valutare la sintomatologia dell'eccesso di potere, allo scopo di non sconfinare nel merito tecnico-discrezionale del giudizio di avanzamento; e ancora, Cons. Stato, Sez. IV, 5 aprile 1966, n. 225, in Cons. Stato 1966, I, 701, secondo cui il vizio di eccesso di potere, per essere rilevabile in sede di ricorso avverso il giudizio negativo di avanzamento, deve presentarsi in termini di tale gravit ed esorbitanza da rendersi di per s evidente. Si veda anche TERRANOVA, I limiti del sindacato di legittimit del Consiglio di Stato in materia di avanzamento a scelta degli Ufficiali, a commento della decisione dell'Ad. pl. del Consiglio di Stato n. 11 del 22 maggio 1964, in questa Rassegna, 1964, I, 746). Sussiste pertanto il vizio di eccesso di potere nel giudizio di inidoneit all'avanzamento, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, quando, nell' iter logico intercorrente tra la valutazione dei requisiti PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE convenienza della impugnazione e provvedere alla contestuale formulazione dei motivi. Si deve pertanto concludere che, in conformit a quanto stabilisce in via di massima l'art. 362 c. p. c., il ricorso per cassazione, per motivi attinenti alla giurisdizione, avverso le decisioni del Cons\glio di Stato, deve essere proposto, a sensi del combinato disposto degli art. 325 e 326 c. p. c., nel termine di giorni sessanta dalla notificazioYie della decisione. L'eccezione pertanto infondata. Nel merito il ricorso parimenti destituito di giuridico fondamento. Con l'unico mezzo di annullamento l'Amministrazione ricorrente denunzia .violazione degli art. 360 n. 1 e 362 ultimo comma c. p. c., in relazione all'art. 29, primo comma n. 1 e secondo comma, del t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, e sostiene che il Consiglio di Stato avrebbe accolto il ricorso del Toscani per consideraz~oni, le quali trascendono l'ambito del giudizio di legittimit e concretano apprezzamenti di merito, riservati, dall'ordinamento, alla autorit amministrativa preposta all'avanzamento dei militari. In tale eccesso di potere la decisione impugnata sarebbe incorsa secondo l'avviso della ricorrente pi volte ed esattamente : 1) quando ha valutato positivamente, nel merito, un determinato elemento caratteristico e cio l'attribuzione delle funzioni del grado superiore; 2) quando ha valutate, nel merito, ritenendole insufficienti, altre entit risultanti dalla medesima documentazione caratteristica; 3) quando, infine, ha formulato un vero e proprio giudizio positivo di avanzamento, dichiarato vincolante per la amministrazione la quale a tale giudizio favorevole aveva l'obbligo giuridico di attenersi, per l'avanzamento e la statuizione conclusiva, si possa ravvisare un iato interruttivo della imprescindibile correlazione tra presupposti e decisioni (Cons. Stato, Sez. IV, 15 marzo 1967, n. 84, in Foro amm., 1967, I, 317; id., 14 dicembre 1966, n. 1055, in Cons. Stato, 1966, I, 2265; id., 11 maggio 1966, n. 356, ivi 1966, I, 921; id., 5 maggio 1965, n. 400, ivi 1965, I, 828; id., 8 luglio 1964, n. 923, in Foro amm., 1964, I, 831; id., 8 aprile 1964, n. 186, ivi 1964, I, 434; id., Ad. pl., 20 ottobre 1959, n. 12, ivi 1959, I, 903); oppure quando i precedenti di carriera dell'aspirante all'avanzamento siano uniformemente ottimi e nelle note caratteristiche dell'ufficiale siano completamente carenti mende, rilievi o 'iserve sia pure non gravi (Cons. Stato, Sez. IV, 24 maggio 1967, n. 187, in Foro amm., 1967, I, 655; id., 24 maggio 1967, n. 199, ivi, 1967, I, 662; id., 3 maggio 1967, n. 155, ivi, 1967, I, 641; id., 22 marzo 1967, n. 102, ivi, 1967, I, 344; id. 5 aprile 1967, n. 109, ivi, 1967, I, 463; id., 10 febbraio 1967, n. 13, ivi, 1967, I, 123; id., 1 giugno 1966, n. 494, in Cons. Stato, 1966, I, 1137; id., 14 luglio 1964, n. 964, in Foro amm., 1964, I, 849; id., 13 maggio 1964, n. 504, ivi, 1964, I, 589; id., 8 aprile 1964, n. 186, in Cons. Stato, 1964, I,654; id., Ad. pl., 1 marzo 1962, n. 211, ivi, 1965, I, 803; id., 19 aprile 1961, n. 221, in Foro amm., 1961, I, 875; id., 18 gennaio 1961, n. 22, ivi, 1961, I, 676. In dottrina, LANDI, Profili di stato e avanzamento degli Ufficiali, in Scritti Jemolo, Milano 1963, III, 309; RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sicch l'atto amministrativo stato dichiarato illegittimo Pello incidentale proposto dall'Amministrazione dello Stato. In propo; ito sostiene che, nel caso, contrariamente a quanto' stato ritenuto falla sentenza denunziata, non si versava in una ipotesi di causa .nscindibile. Inoltre deduce che l'Amministrazione dello Stato non ~ra legittimata a esperire un gravame incidenta:l.e, giacch era risul; ata totalmente soccombente nel primo grado del giudizio. Infine ;astiene che la Corte di Appello di Napoli, col riformare la sentenza mpugnata, pur avendo dichiarato inammissibile il motivo dedotto falla Pubblica Amministrazione nel suo appello incidentale, ha fatto ;>roprio il motivo dedotto dall'appello principale, sostituendosi cos llla parte che aveva proposto l'appello incidentale , e, in tal modo, 1a violato il principio per il quale non consentito al giudice di mstituir la propria 'volont a quella delle parti nella proposizione ielle pretese e nello spiegamento delle difese . Le doglianze sono prive O.i fondamento. In ordine alla prima censura, con la quale si contesta l'inscindi) ilit della causa, va rilevato che Elio Elefante aveva chiesto il ~iconoscimento del su preteso diritto all'esercizio della farmacia, ;ita al Corso Cesarano di Campagna, nei confronti sia degli eredi :zzo che della Pubblica Amministrazione, adducendo nei confronti ii tutti i convenuti le stesse ragioni a presidio della domanda. Si rersava, dunque, nella ipotesi di una domanda diretta ad accertare a medesima situazione giuridica nei confronti di pi parti. N l'accer: ament chiesto nei confronti degli eredi Izzo poteva essere scisso, lella fase di gravame, da quello chiesto nei confronti della Pubblica \mministrazione, in quanto i due accertamenti si identificavano e quindi .a pronuncia nei riguardi di .ciascuno dei convenuti si estendeva, in ria logica e necessaria, alla pronuncia nei .riguardi degli altri. Ci )Osto, si deve riconoscere che, essendo la' domanda, per la identit iel titolo dedotto in giudizio, diretta, come sopra si detto, ad accer: are, nei confronti di tutti i convenuti, la medesima situazione giuriHca, si era determinata, contrariamente a quanto il ricorrente assume, m'ipotesi di causa inscindibile, per cui era consentita l'impugnazione J 780 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO incidentale tardiva, nonostante questa fosse diretta anche contro una parte (ossia l'Elefante), diversa da quelle (ossia gli eredi Izzo), che avevano proposto il gravame principale (cfr., per riferimento, le sentenze di questa Corte nn. 718 del 1964 e 461 del 1966). Non occorre, poi, attardarsi a dimostrare la inconsistenza della ulteriore tesi del ricorrente, secondo cui la Pubblica Amministrazione non era legittimata a proporre una impugnazione incidentale avverso la sentenza del Tribunale, in quanto che, nel giudizio di primo grado, era rimasta totalmente soccombente. Infatti (a parte che la premessa da cui muove la doglianza non esatta, giacch, in realt, nel giudizio di primo grado, la Pubblica Amministrazione era rimasta soccombente nei riguardi dell'Elefante, ma vittoriosa nei riguardi degli eredi Izzo, la cui domanda riconvenzionale, come in appresso si vedr, era stata implicitamente rigettata dal Tribunale) va rilevato che la totale soccombenza di una parte, se rende la controparte priva di interesse a proporre impugnazione e, quindi, di norma, esclude, nella predetta ipotesi, la configurabilit di una controimpugnazione diretta a far valere un interesse contrario a quello dell'impugnante principale, non esclude affatto che la parte totalmente soccombente possa esperire un gravame incidentale, per aderire (come stato, per l'appunto, fatto dalla Pubblica Amministrazione nei riguardi della pronuncia del Tribunale che aveva accolto la domanda dell'Elefante) all'impugnazione principale proposta da un altro soggetto. Per quanto riguarda, infine, l'ultima censura del mezzo di annullamento in esame, va rilevato che del tutto inconsistente l'addebito, che si muove alla sentenza denunziata, di essere pervenuta a riformare la sentenza di primo grado mediante l'accoglimento di un motivo di appello inammissibile e pronunciando oltre i limiti delle pretese fatte valere in giudizio dalle parti. Infatti la Corte di Napoli ha emesso la pronuncia, di cui l'Elefante contesta la legittimit e con la quale ha rigettato la domanda da lui proposta, oltre che in parziale accoglimento del gravame incidentale proposto dalla Pubblica Amministrazione (del quale stato dichiarato inammissibile solo il motivo con cui era stata chiesta la declaratoria della insussistenza del diritto degli eredi Izzo), in accoglimento del gravame proposto dagli stessi eredi, la cui ammissibilit non viene in alcun modo contestata. Il terzo mezzo del ricorso principale dell'Elefante deve essere esaminato congiuntamente con il secondo mezzo del ricorso incidentale delle Amministrazioni della Sanit Pubblica e dell'Interno, giacch, con entrambi i detti motivi, si sostiene il difetto di giurisdizione della autorit giudiziaria ordinaria a statuire sulla controversia in oggetto. In proposito, l'Elefante, nel denunziare la violazione degli artt. 2 e 4 della 1. 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E e delle disposizioni transitorie della 1. 22 maggio 1913, n. 468, deduce che competente a prov J PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 781 redere sulla disciplina di un pubblico servizio, quale quello inerente 1ll'esercizio delle farmacie, esclusivamente l'autorit amministrativa i che i provvedimenti, da quest'ultima emanati al riguardo, possono ?ssere sindacati, se impugnati, soltanto dinanzi al Consiglio di Stato n sede giurisdizionale. Le Amministrazioni della Sanit Pubblica e dell'Interno, a loro rolta, a presidio del dedotto difetto di giurisdizione, sostengono che ma eventuale pronuncia in favore dell'Elefante o degli eredi Izzo, n ordine al riconoscimento del loro diritto all'esercizio della farnacia sita al Corso Cesaran9 di Campagna, avrebbe dato luogo alla 1on consentita .i;ostituzione del giudice ordinario al competente organo tmministrativo, il quale, con provvedimento formale (e cio col 1rovvedimento del Prefetto di Salerno del 15 maggio 1956, mediante l quale era stato bandito il concorso per la farmacia in controversia) :veva negato il diritto in parola a entrambi i contendenti. Anche questi mezzi di annullamento devono essere disattesi. Infatti, come stato ritenuto da queste Sezioni Unite, con altre 1ronunce (cfr., in tal senso, le sentenze nn. 983 del 1962, 1003 e 2026 lel 1957), una controversia, che abbia per oggetto lo accertamento lella sussistenza del diritto all'esercizio di una farmacia, in esito alla ndagine sulla legittimit della stessa farmacia in base alle norme lella l. 22 maggio 1913, n. 468, appartiene alla competenza giurisdiionale dell'autorit giudiziaria ordinaria, in quanto concerne un diitto subiettivo perfetto. Orbene, oggetto del presente giudizio non :i l'accertamento della violazione di un interesse legittimo, per 'illegittimit del bando del concorso per l'assegnazione della farmaia in controversia, ma l'accertamento della sussistenza, o non, del .iritto dell'Elefante all'esercizio della stessa farmacia, che egli assume ssergli stata legittimamente trasmessa, per successione, in base alle .isposizioni contenute nella menzionata 1. n. 468 del 1913: in conseuenza, alla stregua del principio dianzi ricordato, la giurisdizione della utorit giudiziaria non pu essere con fondamento contestata. N dicasi che la statuizione sulla controversia comportava l'anullamento di provvedimenti emanati, in ordine alla stessa farmacia,. alla Pubblica Amministrazione. Infatti, in realt, dalle parti non era tata formulata alcuna domanda diretta a ottenere l'annullamento di tti amministrativi. E d'altronde, quand'anche una siffatta domanda Jsse stata formulata, la competenza dell'autorit giudiziaria non saebbe venuta meno, ma sarebbe rimasta limitata all'accertamento del iritto all'esercizio della farmacia e alla dichiarazione di illegittimit ell'atto amministrativo, del quale avrebbe potuto poi essere provoato l'annullamento nella competente sede amministrativa (cfr. le citate entenze di questo Collegio nn. 983 del 1962 e 2026 del 1957). 782 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sotto qualunque aspetto si consideri la questione, si deve, pertanto, riconoscere che la controversia apparteneva alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario. Col quarto mezzo il ricorrente, nel denunziare la violazione degli artt. 24, 25, 26, 27, 30 della 1. 22 maggio 1913, n. 468, dell'art. 368 del t. u. delle leggi sanitarie 27 luglio 1934, n. 1265, dell'art. 1 del d. 1. 3 maggio 1933, n. 439, e dello art. 456 c. c., in relazione all'art. 360, n. 5, c. p. c., si duole che la Corte di Appello abbia escluso il suo diritto all'esercizio della farmacia in controversia. In proposito deduce, in primo luogo, che la sentenza denunziata, con l'affermare che la detta farmacia non poteva essere considerata legittima, ha violato il principio della presunzione di legittimit degli atti amministrativi, in quanto la legittimit della stessa farmacia era stata riconosciuta in vari atti amministrativi. Inoltre deduce che esso Elio Elefante, col dare la prova della sua qualit di successore nella propriet dell'immobile, sede della farmacia, quale erede di Gennaro Elefante, proprietario dello stesso immobile alla data dell'entrata in vigore della 1. 22 maggio 1913, n. 468, aveva dimostrato il suo diritto di esercitare la medesima farmacia vita natural durante. Sostiene, poi, che dal fatto che la farmacia era aperta fin dall'anno 1870 si doveva desumere che la sua apertura era stata legalmente autorizzata e che, in effetti, non era necessaria alcuna autorizzazione per i successivi trasferimenti di essa. Indi afferma che, comunque, con le disposizioni transitorie della menzionata 1. n. 468 del 1913 erano state sanate tutte le irregolarit eventualmente verificatesi nel passato per l'esercizio delle farmacie. Infine sostiene che la circostanza che esso Elio Elefante non fosse farmacista era del tutto inidonea, contrariamente a quanto stato ritenuto dalla Corte di Appello, a escludere il suo diritto all'esercizio farmaceutico, giacch, a norma dell'art. 30 della pi volte citata 1. n. 468 del 1913, il diritto alla continuazione dell'esercizio delle farmacie competeva agli aventi causa dei proprietari viventi a quell'epoca, a nulla rilevando in contrario che essi non fossero farmacisti. Trattasi di altre censure prive di fondamento. Innanzi tutto, non pu farsi carico alla Corte di Appello di aver violato, con la decisione adottata, il principio della presunzione di legittimit degli atti amministrativi. Infatti, a parte che la pronuncia emessa dalla Corte di Appello circa il disconoscimento del diritto dell'Elefante all'esercizio della farmacia in controversia, in realt, non appare in contrasto con alcun atto amministrativo (e anzi, in proposito, non fuori di luogo ricordare che, come ammesso dallo stesso ricorrente, il Prefetto di Salerno, con nota dell'8 agosto 1949, aveva dichiarato illegittimo l'esercizio della farmacia, disponendone la chiusura e facendo riserva di autorizzarne in via provvisoria la gestione), chiaro che, dovendosi statuire sulla sussistenza di un di PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 783 itto subiettivo, quale , come si visto, quello inerente all'esercizio lella farmacia in discussione, la controversia doveva essere risoluta n base alla applicazione delle norme di legge disciplinanti il diritto in :ontesa e che pertanto non poteva essere attribuita alcuna efficacia >reclusiva agli accertar,1enti, eventualmente erronei, contenuti in atti tmministrativi. Ci precisato, va aggiunto che, in effetti, il disconoscimento, conenuto nella impugnata pronuncia, del diritto dell'Elefante all'esercizio armaceutico, lungi dall'essere erroneo, costituisce una. esatta appli: azione delle norme che disciplinano la materia di cui trattasi. In proposito, occorre ricordare che la 1. del 22 maggio 1913, n. 468, nnovando il sistema stabilito con la precedente legge del 22 dicem1re 1888, n. 5849, in base alla quale l'esercizio farmaceutico era libero, nstaur, per l'esercizio in discorso, il sistema, tutt'ora vigente, della :oncessione amministrativa, previo concorso. Peraltro, con le dispoizioni transitorie (artt. 24 e segg.) della legge in parola, si intese li salvaguardare, sia pure temporaneamente, i diritti degli esercenti e farmacie in atto esistenti e di dilazionare nel tempo l'assorbimento li tali farmacie nel nuovo regime. A tal uopo le farmacie esistenti ennero distinte in varie categorie: a) le farmacie illegittime, contemilate dall'art. 24, e cio le farmacie aperte dopo il 1" luglio 1909 e he per le disposizioni vigenti anteriormente alla I. del 22 dicembre 888, n. 5849, nei luoghi in cui si trovavano, non potvano essere perte, nonch le farmacie di cui fosse stato dichiarato (o sarebbe stato .ichiarato in esito a giudizi pendenti) illegittimo l'esercizio; b) le far 1acie legittime, contemplate dall'art. 25, e -cio le farmacie autoriz ate o autorizzabili secondo le norme anteriori alla Legge n. 5849 del 888; c) le farmacie legittime, contemplate da,ll'art. 26 e dalla dot rina qualificate tollerate, ossia le farmacie, che, anche aperte dopo la ~gge n. 5849 del 1888 e non autorizzabili secondo le disposizioni nteriori, non fossero illegittime giusta l'art. 24; d) le farmacie di ntico diritto, considerate privilegiate e contemplate dall'art. 28. Per le farmacie della prima specie, e cio per le farmacie ille ittime, fu disposta la chiusura entro tre mesi dalla pubblicazione del egolamento 13 luglio 1914, n. 829 (art. 27 della legge del 1913 e rt. 59 del menzionato regolamento). Per le farmacie legittime, di cui ll'art. 25, e per quelle tollerate, di cui all'art. 26, fu s'tabilito che otevano rimanere aperte. Tuttavia, mentre alle farmacie di cui ll'art. 25 fu concesso il diritto di libera commerciabilit per 20 anni alla data di pubblicazione della legge (31 maggio 1913), per le farmacie >llerate non fu emanata nessuna disposizione in tal senso. Per queste ltime la continuazione dell'esercizio era dunque consentita, come ;ato giustamente osservato da una autorevole dottrina, soltanto ad ersonam e costituiva un diritto non commerciabile, n trasmissibile. 784 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Per vero, chiaro che il citato art. 30, col menzionare, al fine della concessione della libera commerciabilit, solo le farmacie legittime, contemplate nell'art. 25, ha inteso escludere da quel trattamento le farmacie cosiddette tollerate, contemplate dal successivo a:rt. 26. Venuto a scadere il ventennio, di cui al pi volte citato art. 30, il regime transitorio stabilito da tale norma stato p:t:otratto con qualche temperamento. In proposito, stato stabilito con l'art. 15 del r. d. del 15 marzo 1934, n. 463 e indi con l'art. 369 del t. u. delle leggi sanitarie, approvato con r. d. 27 luglio 1934, n. 1265, che le farmacie legittime, di cui all'art. 25 della 1. n. 468 del 1913, possono essere trasferite, per una volta tanto, per atto tra vivi o per successione, a condizione che il trapasso della farmacia sia fatto a favore d'i ~n farmacista iscritto nell'albo professionale, e che, nel caso di successione, il trapasso dalla farmacia pu avvenire anche a favore del figlio o di uno dei figli del titolare premorto, sebbene non farmacista, purch sia avviato agli studi farmaceutici o almeno iscritto all'ultimo anno di scuola media di secondo grado. Con il successivo art. 370 del menzionato t. u. stato, poi, stabilito che le farmacie legittime contemplate dall'art. 26 della 1. 22 maggio 1913, n. 468, ossia le farmacie cosiddette. tollerate, possono essere trasferite esclusivamente per successione e secondo le disposizioni prevedute dal precedente articolo, a favore del figlio o di uno dei figli, anche se non farmacista, e, in mancanza di figli, a favore del coniuge che sia farmacista. Ci posto, si osserva che la farmacia sita al Corso Cesarano di Campagna, come stato esattamente ritenuto dalla Corte di Appello, da annoverare tra le fai;macie tollerate, contemplate dall'art. 26 della 1. n. 468 del 1913, in quanto non era autorizzabile secondo le norme 1mteriori alla 1. 22 dicembre 1888, n. 5849. Infatti, in base al r. d. 29 gennaio 1853, n. 39, che regolava l'esercizio farmaceutico nel Regno delle Due Sicilie, per i domini di qua dal Faro (e cio esclusa la Sicilia), alla morte del proprietario farmacista, il diritto all'esercizio poteva essere trasmesso, previa autorizzazione del Promedicato, solo a un figlio privilegiato in farmacia, ossia diplomato in farmacia e autorizzato all'esercizio farmaceutico, mentre, nel caso di figli minori, era prevista l'istituzione di una amministrazione provvisoria in attesa del raggiungimento della maggiore et del figlio. Ora de1la farmacia di cui si controverte (che, d'altronde, la sentenza denunziata ha accertato non risultare che fosse stata mai autorizzata), nel 1879, era stato effettuato un trasferimento, per successione, da Angelo a Luigi Cubiciotti, il quale, come stato rilevato in punto di fatto dalla Corte di Napoli, non era farmacista e quindi non poteva divenire titolare della farmacia. stessa, in base alla menzionata 1. n. 39 del 1853. Si tratta, pertanto, di una farmacia, che, per non essere autorizzata, n autorizzabile, secondo le norme anteriori alla 1. n. 5849 del PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 1888, non era trasmissibile in base alle richiamate. disposizioni della 1. n. 468 del 1913. Appare dunque manifesto che del tutto fuori di luogo dall'odierno ricorrente vengono richiamate le norme di tale legge per sostenere che il diritto all'esercizio della farmacia gli pervenuto, per successione, alla Plorte (avvenuta 1'8 ottobre 1933) dello zio Gennaro Elefante. Per completezza di motivazione non fuori di luogo aggiungere che, d'altronde, alla stessa soluzione, circa l'insussistenza di ogni diritto dell'odierno ricorrente all'esercizio farmaceutico, si dovrebbe pervenire, quand'anche si ritenesse che si trattasse di una farmacia legittima, contemplata dall'art. 25 della Legge del 1913. Infatti, alla morte del nominato Gennaro Elefante (avvenuta, come sopra si detto, 1'8 ottobre 1933), il ventennio di libera commerciabilit, successivo alla pubblicazione (31 maggio 1913) della legge n. 468 del 1913, era ormai scaduto e Elio Elefante, per non essere n farmacista, n figlio del precedente titolare, non era in possesso di alcuno dei requisiti stabiliti dalla successiva legislazione (citato art. 268 del Testo Unico delle leggi sanitarie) per il trasferimento, per successione, delle farmacie legittime. Sotto qualunque aspetto si consideri la questione, si deve, pertanto, riconoscere che la decisione adottata dalla Corte di Appello, in ordine al disconoscimento del diritto dello Elefante all'esercizio farmaceutico, si sottrae a ogni censura. Col quinto mezzo di annullamento, il ricorrente, nel denunziare la violazione degli artt. 277 e 91 c. p. c., in relazione all'art. 360, n. 5, dello stesso codice, lamenta che la Corte di Appello abbia pronunziato la condanna di esso Elefante al pagamento delle spese giudiziali nei confronti degli eredi Izzo, nonostante non avesse riconosciuto a costoro alcun diritto all'esercizio della farmacia, nonch al pagamento delle spese giudiziali nei confronti delle Amministrazioni dello Stato, nonostante avesse rigettato la loro domanda diretta a ottenere la declaratoria della vacanza dell farmacia in controversia, per mancanza di titolare. A dimostrare l'inconsistenza di questa doglianza non occorre attardarsi, bastando osservare che l'Elefante risultato, nel giudizio di merito, totalmente soccombente nei riguardi sia degli eredi Izzo che delle Amministrazioni dell'Interno e della Sanit, per essere stata rigettata la domanda da lui proposta, nei confronti delle predette parti, per ottenere l'accertamento del suo preteso diritto all'esercizio farmaceutico. Esaurito l'esame del ricorso principale e del secondo mezzo del ricorso incidentale, rimane da valutare il primo mezzo del detto ricorso incidentale. Con tale doglianza le Amministrazioni della Sanit Pubblica e dell'Interno, nel denunziare la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 324, 329, II comma, 35 e 346 c. p. c., lamentano che la sen RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tenza denunziata abbia considerato domanda nuova, come tale inammissibile in grado di appello, quella diretta ad ottenere la declaratoria che erano carenti del diritto all'esercizio della farmacia sia l'Elefante che gli eredi Izzo. In proposito le Amministrazioni sostengono che esse, col dedurre, nell'atto con il quale avevano proposto l'appello incidentale, la insussistenza dei diritti vantati dalle controparti, non avevano ampliato la materia del contendere, ma si erano limitate a formulare una richiesta, rimanente nell'ambito della difesa, di accertamento negativo delle pretese all'esercizio farmaceutico fatte valere in giudizio sia dallo Elefante che dagli eredi Izzo. Inoltre sostengono che la richiesta in parola non era venuta ad ampliare, nel giudizio di secondo grado, la materia del contendere, anche perch esse Amministrazioni avevano dedotto" pure nel giudizio di primo grado, e pi precisamente con la comparsa conclusionale del 15 maggio 1956, che trattavasi di farmacia resasi vacante e pertanto soggetta all'ordinario ~egime di concessione e legittimamente inclusa nel bando di concorso della Pre-, fettura di Salerno in data 15 maggio 1956. Indi inducono che la Corte di Appello avrebbe dovuto, se mai, dichiarare che sull'accertamento negativo chiesto da esse Amministrazioni {oltre che dall'Elefante) in ordine al diritto farmaceutico degli eredi Izzo si era gi pronunciata favorevolmente, con efficacia di giudiCato, la sentenza del Tribunale, laddove aveva accolto la domanda di Elio Elefante, dopo aver respinto ogni diversa istanza dei nominati eredi. A presidio di tale tesi sostengono che gli stessi Izzo, con il loro atto di appello del 30 settembre 1960, si erano doluti solo dell'accoglimento della domanda dell'Elefante e avevano concluso per la declaratoria di inammissibilit o per il rigetto di tale istanza, senza chiedere che la Corte di Napoli accogliesse, in riforma della sentenza appellata, la domanda riconvenzionale da essi Izzo proposta dinanzi ai primi giudici e tendente all'accertamento del loro diritto all'esercizio farmaceutico. Di tali doglianze, per ragioni di ordine logico, da esaminare, per prima, quella con cui si afferma la sussistenza di un giudicato sul rigetto della domanda riconvenzionale degli eredi Izzo tendente all'accertamento del loro diritto all'esercizio farmaceutico. Tale doglianza priva di fondamento. In proposito da precisare, in primo luogo, che, sebbene il Tribunale, nell'accogliere la domanda dell'Elefante, avesse inserito nel dispositivo la formula respinta ogni diversa istanza ., a tale dichiarazione, contrariamente a quanto assumono le Amministrazioni ricorrenti, non poteva essere attribuita l'efficacia di un rigetto implicito della suindicata domanda riconvenzionale degli Izzo. Per vero, come questa Suprema Corte ha ripetutamente statuito (cfr., tra le altre, le sentenze nn. 1232 del 1963, 698 del 1959' e 3202 del 1957), non possono ritenersi rigettate per implicito determinate domande, eccezioni PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE o deduzioni, sulla base della semplice dichiarazione, contenuta nella sentenza, di rigetto di ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, perch questa una semplice clausola di stile e deve, comunque, trovare nella motivazione la sua giustificazione. Ci premesso, va aggiunto che, tuttavia, una pronunzia implicita, da parte della sentenza di primo grado, sulla domanda riconvenzionale degli Izzo deve essere ravvisata sotto altro aspetto. Infatti, avendo il Tribunale accolto la domanda dell'Elefante diretta all'accertamento del suo diritto all'esercizio della farmacia ed essendo l'accoglimento di tale domanda incompatibile con la riconvenzionale degli eredi Izzo, il rigetto di ~uest'ultima era, per tale aspetto, implicito nel dispositivo (cfr., in tal senso, per riferimento, la sentenza di questa Corte n. 698 del 1959). ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 giugno 1967, n. 1389 -P1es. Scarpello -Est. Pratillo -P. M. Di Majo (conf.). -Picco (avv. Magni) c. I.M.I. (avv. Pascali, Luzzati, Satta), Esattoria Consorziale di Genova (avv. Villani, Romanelli) e Maggi (avv. Regard). Fallimento -Revocazione di crediti ammssi -Revocazione ordinaria Termini e condizioni di ammissibilit -Differenza. (c. p. c., artt. 395, 396; r. d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 102). Revocazione -Motivi -Dolo della parte -Fallimento -Dolo processuale revocatorio -Identit di nozione -Sussiste. (c. p. c., art. 395, n. 1; r. d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 102) Nave e navigazione -Recupero e rimessione in pristino di navi mercantili sinistrate -Oneri finanziari -Provvidenze -Finanziamenti Garanzia sussidiaria da parte dello Stato -Natura -Fideuissione sussidiaria ex lege -Surrogazione dello Stato nelle ragioni del creditore verso il debitore principale -Condizione -Necessit dell'effettivo pagamento da parte dello Stato -Sussiste. (d. lg. lgt. 19 ottobre 1945, n. 686, artt. 6, 7; c. c., artt. 1949, 1950, 1203, n. 5). Contabilit generale dello Stato -Fermo amministrativo -Natura ed effetti. (r. d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 69). Procedimento civile -Confessione giudiziale -Nozione -Confessione resa in altro processo -Valore meramente indiziario -Sussiste. (c. c., art. 27.33; c. p. c., art. 228). L'azione di revocazione dell'ammissione di crediti al passivo fallimentare, fondata sulla circostanza che questa fu determinata da falsit RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO o dolo o erro1e essenziale di fatto, ovvero sul rinvenimento di documenti decisivi, prima ignorati, non soggetta ai termini ed alle condizioni di ammissibilit della revocazione ordinaria (1). La nozione di dolo processuale revocatorio unica sia pel codice di procedura civile che per la legge fallimentare, epper, in questo caso, si identifica nella messa in opera di espedienti tali, da fare artificiosamente apparire una situazione diversa dalla reale, ingannando cos gli organi fallimentari con danno della massa dei creditori, dovendosi escludere che esso sia riscontrabile nel semplice silenzio su fatti sfavorevoli alla parte interessata, o nell'omissione di menzione di atti o documenti, che potrebbero risultare sfavorevoli ad essa, o addirittura nel mendacio, occorrendo sempre, per la sua configurazione, una concreta attivit dolosa, ossia l'uso di artifici o raggiri (2). La garanzia sussidiaria da parte dello Stato, prevista a favore degli istituti finanziatori dall'a1t. 7 d. lg. lgt. 19 ottobre 1945, n. 686 -recante provvidenze per sopperire agli oneri finanziari per il recupero ed il ripristino di navi mercantili sinistrate -si concreta in una fidejussione sussidiaria ex lege, in cui sono stabiliti limiti alla normale solidariet tra fidejussore e .debitore principale attraverso l'obbligatoria, preventiva escussione di beni specificati del debitore principale sottoposti alla prescritta garanzia ipotecaria; ma continua ad applicarsi, tuttavia, in mancanza di apposita norma derogatoria, la regola, secondo la quale il fideiussore (cio, nel caso, lo Stato) subentra di diritto nelle ragioni del creditore verso il debitore principale e pu agire contro costui in via di regresso, soltanto quando abbia effettivamente pagato e non gi quando sia divenuto attuale l'obbligo di tale pagamento della parte di credito residuata all'avvenuta escussione, da parte del creditore, della nave, del galleggiante e delle cose sottoposte a privilegio (3). Il fermo amministrativo previsto dall'art. 69 della legge sulla contabilit generale dello Stato un provvedimento cautelare diretto alla tutela dei diritti di credito delle amministrazioni statali verso terzi: esso funziona, sostanzialmente, come sequestro o pignoramento, ad opera di Amministrazione statale creditrice di terzi, degli eventuali crediti di costoro verso lo Stato presso le Amministrazioni debitrici; ed anche provvedimento provvisorio (come ogni provvedimento cautelare), (1) Cfr. Cass., 16 marzo 1964, n. 594, Giur. it., Mass., 1964, 183. (2) Cfr. Cass., 10 marzo 1966, n. 676, Giur. it., Mass., 1966, 291, sub 9 ed ivi nota (1) di riferimenti; 3 gennaio 1966, n. 16, ibidem, 8, sub a. (3) A norma degli artt. 1949, 1950 e 1952 c. s., il fideiussore che ha pagato viene ad assumere la stessa posizione nella quale si trovava il creditore prima del pagamento: Cass., 16 giugno 1962, n. 1508, Giur. it., Mass., 1962, 541. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 789 perch la sospensione del pagamento ai terzi. dei debiti che lo Stato ha verso di loro non ancora incameramento delle somme dovute dallo Stato, il quale col fermo amministrativo non opera ancora conteggi -0 conguagli alcuno e, quindi, non vi pu essere neppure compensazione. Per questa necessario il provvedimento definitivo, espressamente previsto e voluto dalla norma in esame, con il quale soltanto, cio dopo che si sar accertato se e quale amministrazione statale debitrice del terzo, di quale somma, a che titolo e con quale scadenza, potr avvenire l'effettivo incameramento delle somme dovute dallo Stato al terzo e, quindi, la compensazione legale dei debiti con i crediti dello Stato (4). Possono costituire confessione giudiziale solo le dichiarazioni rese da una parte nel giudizio in cui si discute del diritto in contestazione, non quelle rese in un giudizio diverso, le quali possono costituire solo meri indizi (5). (Omissis). -I quattro ricrsi, proposti contro la stessa sentenza, vanno, a sensi dell'art. 335 c. p. c., riuniti nel numero unico di ruolo 1974 del 1964, che distingue il ricorso principale proposto dalla Picco. Questa con il primo mezzo denuncia, in riferimento all'art. 360, nn. 3 e 5, c. p. c., la violazione degli artt. 5, 7 del r. d. n. 686 del 19 ottobre 1945 e dell'art. 1203, n. 5, c. c., nonch la falsa applicazione degli artt. 1201, 1949 c. c. e sostiene che, scaturendo direttamente dalla legge la garanzia sussidiaria dello Stato per i finanziamenti concessi ad armatori a sensi del d. 1. n. 686 del 1945, lo stesso era, nel caso con~ creto, tenuto ad effettuare il pagamento all'I.M.I. del credito residuo appena avvenuta la escussione della nve Carola M . ., che garantiva il mutuo concesso dall'Istituto fii fratelli Maggi. Rileva, altres, che, da un lato, tale garanzia si differenzierebbe dalla comune fideiussione, mancando la solidariet con il debitore per il pagamento del debito, dall'altro, in quanto, per la sua .operativit, sarebbe sufficiente l'escussione reale della nave o del natante, che garantisce il mutuo, e non anche degli altri beni del debitore. Afferma ancora la ricorrente che (4) Vinsegnamento della sentenza in rassegna accoglie la tesi della Avvocatura, secondo cui, in funzione della compensazione di debiti e crediti di una qualsiasi Amministrazione dello Stato (e non necessariamente della stessa)' verso un dato soggetto privato, la legge sulla contabilit generale dello Stato (art. 69) attribuisce ad ognuna di esse, che abbia ragione di credito verso il privato, la potest di provocare la sospensione del pagamento di un suo come del debito di ogni altra Amministrazione statale, verso il medesimo soggetto, fino all'emissione di un successivo provvedimento amministrativo, con cui, o si revochi il fermo, ovvero, verificatesi la liquidit e l'esigibilit del proprio credito, l'Amministrazione che ha disposto il fermo, chieda che la somma, viceversa dovuta dallo Stato al privato, venga -nei limiti in cui operi la compensazione legale RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO da tale momento debitore vrso l'I.M.I. per il residuo credito diverrebbe immediatamente e automaticamente lo Stato, che de iure si surrogherebbe nei confronti del debitore nei diritti dello I.M.I., il quale, altrettanto automaticamente e immediatamente, cesserebbe d'essere creditore e dovrebbe attendere soltanto il pagamento da parte dello Stato di quanto ancora dovutogli. La Picco denuncia, altres,l'omesso esame della lettera, in data 19 settembre 1953, del Ministero del tesoro, diretta al curatore del fallimento, con la quale si riconoscerebbe che il creditore dell'incapienza sulla nave Carola M. . era lo Stato. Nel secondo mezzo si lamenta, in riferimento all'art. 360, nn. 3 e 5, c. p. c., la violazione degli artt. 69, ult. comma, del r. d. n. 2440 del 18 novembre 1923, 1241 c. c. e 5 della I. n. 2248 del 20 marzo 1865, all. E e si sostiene che l'esattezza dei principi af!'ermati nel mezzo precedente sarebbe confermata dal comportamento dello Stato, che, non appena verificatasi l'operativit della .sua garanzia legale sussidiaria, pose, in data 10 novembre 1950, il fermo amministrativo su tutti i crediti che l'impresa Maggi aveva verso di esso. Tale fermo non costituirebbe un mero provvedimento cautelare e provvisorio, cui debba far seguito altro definitivo, ma sarebbe in s definitivo e diretto a impedire il pagamento dei debiti dello Stato a chi rsulti suo debitore. E a tal fine sarebbe soltanto necessario procedere, dopo il fermo amministrativo, allo accertamento, in via amministrativa, mediante compensazione legale obbligatoria, del saldo a credito o a debito dello Stato o dell'altro soggetto, operazione che costituirebbe il provvedimento definitivo indicato dall'art. 69 del r. d. n. 2440 del 1923, cosicch l'autorit giudiziaria ordinaria avrebbe dovuto riconoscere e osservare tale effetto, che, in via immediata e automatica, discende dal fermo amministrativo, e non giudicare in contrasto con esso. Si deduce, infine, che la Corte del merito avrebbe omesso l'esame: 1) della lettera in data 16 febbraio 1953, diretta dal Ministro del Tesoro al Presidente del Tribunale di Genova, intesa a precisare, agli effetti della compensazione legale, che i crediti della ditta Maggi bloccati con il fermo amincamerata a soddisfazione di quel credito: nei confronti del privato, in virt del principio dell'unit della cassa dello Stato, una volta sussi stenti liquidit ed esigibilit dei reciproci debiti, essi, infatti, si estin guono fino a concorrenza (artt. 1241, 1242, 1243, comma primo, c. c.). Che la norma dell'ultimo comma dell'art. 69 I. cont. gen. Stato preveda una eccezionale cautela di natura amministrativa, sottratta ad ogni convalida di carattere giurisdizionale, avviene proprio in virt del carattere di stru mentalit di tale misura rispetto alla compensazione legale, la quale, per ci, eccezionalmente, ammessa dalla legge a favore dello Stato (ma non potrebbe, viceversa, essere invocata dal privato debitore, nei confronti del quale deve tornare a valere la regola fondamentale della contabilit generale dello Stato, postulata dal r. d. n. 2440 del 1923, secondo la quale ~..'.i. !i > ~ ' li I J PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 791 ministrativo potevano ritenersi sufficienti a coprire il credito residuo di lire 72 milioni (e non 85) dell'I.M.I; 2) della liquidazione, stabilita dallo stesso Ministro, in lire 55 milioni (non 72) del debito dei Maggi e del relativo pagamento fatto all'I.M.I. da parte del Ministero del Tesoro; 3) dell'insinuazione tardiva della stessa cifra di 55 milioni da parte del Ministro del Tesoro nei fallimenti Maggi; 4) dell'illegale insinuazione dell'inflazionata cifra di 85 milioni da parte dell'Esattoria consorziale delle II.DD. di Genova per conto dell'I.M.I., tuttora permanente al passivo dei fallimenti Maggi, in violazione dell'artt. 102 della legge fallimentare. Con il terzo mezzo si denuncia, in riferimento all'art. 360, n. 3, c.p.c., la falsa applicazione del decreto del Ministro del Tesoro in data 29 novembre 1950 e la violazione dell'art. 9 del d. 1. 1. n. 367 del 1 novembre 1944. Si afferma che la Corte di merito avrebbe omesso di considerare che l'azione esattoriale intrapresa dall'I.M.I. ai danni della ditta Maggi in forza del d. m. suddetto (che determin la successiva dichiarazione di fallimento della ditta Maggi e la correlativa insinuazione del preteso credito al passivo fallimentare) era nulla e priva di efficacia, giacch quel d. m. non era applicabile alla fattispecie in esame, in quanto, per effetto dell'art. 9 del d. 1. 1. n. 367 del 1944, l'I.M.I. non poteva agire in surroga dell'Amministrazione statale. Con il quarto mezzo la ricorrente lamenta, in riferimento all'articolo 360, nn. 3 e 5, del c. p. c., la violazione degli artt. 1362, 2733, 1411 c. c. e afferma di aver sempre sostenuto che il credito di lire 42.102.653, insinuato direttamente dallo I.M.I. nei passivi dei fallimenti Maggi, per asserita incapienza dell'escussione della nave Stafano M. , doveva essere revocato a norma dell'art. 102 della legge fallimentare, essendo certo che l'I.M.I. non aveva diritto a insinuarlo, in quanto nel rogito Giuliani del 24 ottobre 1950, con il quale aveva venduto quella nave, esso .aveva dichiarato essere stata raggiunta la finalit del recupero del finanziamento. Quindi censura la sentenza impugnata, per avere escluso che la enunciativa contenuta nelle premesse del rogito Giuliani potesse interpretarsi quale riconoscimento di un fatto estintivo del nel bilancio statale le entrate e le spese sono classificate ed iscritte in distinte partite e devono ognuna essere realizzata o erogata a parte, con una causalit ed un fine determinati e specifici: cfr. Relazione Avvocatura Stato per gli anni 1942-1950, II, Roma, 1953, 467). La peculiarit dell'istituto rende, pertanto, avvertiti della necessit di intendere cum grano salis il riferimento, fatto dalla sentenza in rasse gna, al sequestro (conservativo): l'analogia avvisata dalla Corte di Cas sazione fra i due istituti non sembra possa ammettersi, visto che sospen sione del pagamento disposta all'interno dell'organizzazione dell'Ente e vincolo di indisponibilit dei beni altrui sono concetti diversi, e consi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO credito posto in essere dall'I.M.I. mediante il rogito medesimo. Denuncia al riguardo l'omesso esame di fatti decisivi al fine dell'esatta interpretazione della suddetta enunciativa, e precisamente che l'I.M.I. aveva venduto il piroscafo Stafano M. a Marino Querci per 60 milioni (cio per quasi l'intero importo capitale del finanziamento garantito dalla nave); che l'I.M.I. un istituto di diritto pubblico, al quale sarebbero estranei fini speculativi, cosicch sarebbe ingiustificata l'ulteriore richiesta di lire 42.102.653; che l'I.M.I. avrebbe dichiarato essere state le premesse del rogito Giuliani fatte a fini fiscali, con ci confermando che era stato soddisfatto di ogni sua pretesa. La Picco afferma, altresl, che la rinuncia a ogni ulteriore atto verso i Maggi si evincerebbe dalle deposizioni del Presidente e del Direttore generale dell'I.M.I., i quali avrebbero confermato quanto dichiarato dall'acquirente della Stefano M. e dall'intermediario Angelo Costa, cio che, una volta venduta la nave, l'I.M.I. si era impegnato a non fare ulteriori atti per il credito ., dichiarazioni che concreterebbero una confessione giudiziale; infine che il rogito Giuliani costituirebbe l'atto scritto in cui si sostanzia l'asserito contratto a favore del terzo. Con il quinto e ultimo mezzo la Picco lamenta, in riferimento all'art. 360, n. 3, c. p. c., la violazione degli artt. 102 e 232 della legge fallimentare e dell'art. 12 delle preleggi, la quale discenderebbe dalla violazione delle altre norme indicate nei mezzi precedenti, a sua volta causa dell'errata pronuncia di rigetto della domanda di revocazione di entrambi i. crediti insinuati dall'I.M.I. nel passivo dei fallimenti Maggi. Il ricorso incidentale di Federico Maggi semplicemente e in toto adesivo a quello proposto dalla Picco. L'Esattoria consorziale delle II. DD. di Genova, con il suo unico mezzo di ricorso incidentale condizionato, lamenta, in riferimento all'art. 360, nn. 3, 4, 5, c. p. c. e all'art. 102 della legge fallimentare, la violazione degli artt. 8 del d. 1. 1. n. 686 del 19 ottobre 1945 e 9 del d. 1. 1. n. 367 del 1 novembre 1944. Sostiene che, sia in primo grado che nella prima difesa. d'appello, aveva eccepito l'improponibilit dell'istanza di revocazione, poich il credito esattoriale, insi derato, altres, che la prima misura esiste al di fuori del processo, pm propriamente un mezzo di autotutela, preordinato alla compensazione legale, mentre la seconda si realizza nel processo ed preordinata all'esecuzione forzata (cfr. CONIGLIO, Il sequestro giudiziario e conservativo, Milano, 1949, 8 e seg.); e cos neanche sembra applicabile, nella specie, il disposto di cui all'art. 96, comma secondo, c. p. c., con l'avvertenza che, un problema di responsabilit per fermo amministrativo poscia revocato non appare neppure proponibile, ove si consideri che il tema di una obiettiva responsabilit pel commodum assolutamente estraneo allo svolgimento dell'attivit amministrativa, mentre, qualora tale responsabilit si ' . PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 793 mato nei fallimenti Maggi, era stato legittimamente incluso in un molo reso esecutivo dall'Intendente di Finanza con atto ammini; trativo del 21 agosto 1952, atto che l'autorit giudiziaria ordinaria aon avrebbe potuto revocare: e si trattava di questione, che la Corte :iel merito avrebbe dovuto esaminare pregiudizialmente. L'Istituto Mobiliare Italiano, con il suo unico mezzo di ricorso lncidentale condizionato, denuncia la violazione del principio, secondo ~ui la revocazione, ex art. 102 della legge fallimentare, dei crediti immessi al fallimento costituisce impugnazione straordinaria, ammis; ibile solo quando i vizi del provvedimento non si siano potuti far 17alere con. l'impugnazione ordinaria prevista dall'art. 100 della legge Eallimentare. Ora la Picco, contrariamente a quanto asserito dalla Corte di merito, non avrebbe data la prova, di cui aveva l'onere, che la scoperta, da parte sua, del dolo dell'I.M.I. circa l'insinuazione del suo credito nei fallimenti Maggi era avvenuta dopo la scadenza del termine previsto dall'art. lO suddetto. I due ricorsi incidentali propongono questioni di carattere pregiudiziale rispetto a quelle del ricorso principale, ma, essendo essi condizionati, potranno essere presi in esame solo in caso d'accoglimento del ricorso principale: infatti il rigetto di questo eliminerebbe per l'I.M.I. e per la Esattoria genovese ogni interesse all'esame dei loro ricorsi (cfr. Cass., sentenze n. 1412 del 7 luglio 1965 e n. 1108 del 30 aprile 1966). Quanto al ricorso principale, da premettere che l'art. 102 della 1. n. 267 del 16 marzo 1942 richiede, per la revoca di crediti ammessi al passivo fallimentare, che l'ammissione sia stata determinata da falsit o dolo o errore essenziale di fatto o perch si siano rinvenuti documenti decisivi prima ignorati. Nel caso concreto la Picco affermava, con i Maggi, che l'ammissione dei due crediti dell'I.M.I. nel passivo dei due fallimenti fu dovuto a dolo dell'Istituto, perch essi non erano in realt esistenti, ma scientemente, anzi fraudolentemente simulati (tanto che in questa sede si denuncia, nel quinto mezzo, la violazione volesse ricondurre nello schema della colpa, apparirebbe ben difficile, se non addirittura impossibile, che un sindacato del G.0. potesse legittimamente esplicarsi al limite di demarcazione fra la valutazione dell'opportunit amministrativa e la vera e propria negligenza. Sull'argomento del fermo ex art. 69, ultimo comma, r. d. n. 2440 del 1923, v. Relazione Avvocatura Stato per gli anni 1951-1955, vol. I, Roma, 1957, 930 e segg. (ove, in particolare, si avvisa al problema della liquidit ed esigibilit del credito ed a quello della interferel)za fra cessione del credito e fermo amministrativo). (5) Cfr. Cass., 13 aprile 1963, n. 937, Giur. it., Mass., 1963, 311, sub a. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dell'art. 232 della legge fallimentare). Ma se (Cass., sent. n. 594 del 16 marzo 1964) pi esteso il campo di detta, speciale impugnazione, di modo che non possono ritenersi ad essa applicabili i termini e le condizioni posti dal codice di procedura civile per l'ammissibilit della revocazione ordinaria (P.rtt. 395, 396 c. p. c.), tuttavia, essendo la nozione di dolo unica, il dolo processuale revocatorio, di cui all'art. 102 della legge fallimentare, al pari di quello previsto dall'art. 395, n. 1, c. p. c., si identifica nella messa in opera di espedienti tali, da far artificiosamente apparire una situazione diversa dalla reale, ingannando, cosi, gli organi fallimentari con danno della massa dei creditori. Pertanto, allorch, senza aver posto in essere artifici o raggiri, si sia esercitata l'attivit processuale nei modi previsti dalla legge, non possono ricorrere gli estremi del dolo processuale revocatorio (cfr. Cass., sent. n. 306 del 6 febbraio 1954). Ora, con i primi tre mezzi di ricorso, attinenti al credito dell'l.M.I. ammesso ai fallimenti Maggi quale residuo, dopo la vendita della nave Carola M. che lo garantiva, del mutuo concesso dall'Istituto ai Maggi con garanzia sussidiaria dello Stato, la Picco n_on censura affermazioni della sentenza impugnata relative a un'attivit dolosa, fraudolenta, come sopra specificata, posta in opera dall'I.M.I. per far ammettere quel credito nei passivi dei due fallimenti, ma ripropone le questioni giuridiche gi prospettate in sede di merito, in base alle quali -e soltanto se fosse accolta la soluzione ad esse data dalla Picco -si potrebbe ritenere inesistente, al momento della sua ammissione ai passivi fallimentari, il credito dell'Istituto. Si tratta, per, ovviamente, di questioni del tutto estranee a quella concreta attivit dolosa, che il presupposto necessario dall'istanza di revocazione ex art. 102 della legge fallimentare. In fatto, poi, non dubbio che, al momento in cui venne ammesso ai passivi fallimentari, il credito in parola esis~eva, in quanto lo Stato oltre un anno dopo l'ammissione del credito stesso al passivo del fallimento di Federico Maggi (pred samente il 30 ottobre 1954) corrispose all'l.M.I. una somma, peraltro inferiore di 30 milioni al debito residuo del fallito, e per tale somma lo Stato venne tardivamente (1'11 gennaio 1956) ammesso al passivo del fallimento di Federico Maggi, di altrettanto diffalcandosi quello ammesso dell'I.M.I., perch lo Stato aveva, sia pure parzialmente, adempiuto alla garanzia sussidiaria cui era obbligato. La situazione non muta rispetto all'ammissione dello stesso credito al passivo del fallimento della societ di fatto e dei tre soci Maggi, dichiarato con sentenza del 28 aprile 1958, perch, cos come ridotto dopo il pagamento parziale effettuato dallo Stato, in realt esso esisteva. Comunque, i tre primi mezzi del ricorso, anche a ritenerli ammis sibili, sono infondati. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 795 Quanto al primo, l'art. 7 del d. 1. 1. n. 686 del 19 ottobre 1945, recante provvidenze al fine di sopperire a oneri finanziari per il recupero e la rimessa in pristino di navi mercantili sinistrate, stabilisce: Perch la garanzia sussidiaria dello Stato divenga operativa e lo Stato sia tenuto al pa~amento immediato del residuo credito all'ente o istituto (finanziatore), sar sufficiente che abbia avuto corso l'escussione della nave o del galleggiante ipotecato e delle cose sottoposte a privilegio . Trattasi di una fideiussione sussidiaria ex lege , in cui sono stabiliti limiti alla normale solidariet (art. 1944, comma 1, c. c.) tra fideiussore e debitore principale, attraverso l'obbligatoria, preventiva escussione di beni specificati del debitore principale (applicazione dell'art. 1944 c. c.) sottoposti alla prescritta garanzia ipotecaria (art. 6 d. 1. 1. n. 686 del 1945). Ma n in tale norma, n in altre del d. 1. 1. suddetto si rinviene -come sarebbe stato necessario per rendere attendibile la tesi della ricorrente -deroga alcuna al principio generale (artt. 1949, 1950, 1203, n. 5, c. p. c.), secondo cui il fideiussore (cio nel caso concreto lo Stato) subentra di diritto nelle ragioni del creditore verso il debitore principale e pu agire contro di questi in via di regresso per il rimborso, soltanto se e quando abbia effettivamente pagato e non al momento in cui sia divenuta operativa la garanzia sussidiaria, attuale l'obbligo dello Stato di pagare la parte di credito residuata alla avvenuta escussione, da parte del creditore, della nave, del galleggiante e delle cose sottoposte a privilegio. Quindi la surrogazione legale cio la variazione soggettiva nei termini del rapporto obbligatorio dello Stato garante all'ente o istituto, creditore verso il debitore principale, avviene secondo i principi generali anche nella fattispecie legale in esame, cio quando lo Stato abbia adempiuto alla sua fideiussione, soddisfacendo materialmente il credito: prima, creditore sempre l'ente o istituto mutuante, cio, nel caso, l'I.M.I. Del resto, un attento e coordinato esame delle norme speciali conferma tale tesi. L'art. 8 del d. 1. 1. n. 686 del 1945 ha espressamente recepito l'art. 9 del d. 1. 1. Ii. 367 del 9 novembre 1944, cosicch l'ente o istituto finanziatore autorizzato, per il recupero del credito, prima per che ad esso si sia effettivamente surrogato lo Stato, ad avvalersi delle norme e dei privilegi stabiliti per la riscossione delle imposte dirette. Ma la legge non condiziona affatto tale facolt alla mancanza di garanzia ipotecaria su nave o galleggiante, essendo essa, anzi, obbligatoria (art. 6 d. 1. 1. n. 686 del 1945). Ci significa .che, anche dopo l'escussione della nave o del galleggiante ipotecato, obbligatoria per l'operativit della garanzia sussidiaria dello Stato, consentito all'ente o istituto creditore di servirsi della procedura esecutiva esattoriale per recuperare quanto ancora dovutogli, altrimenti la recezione dell'art. 9 suddetto non avrebbe ragione d'essere: e ci nonostante sia RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO divenuta operativa la garanzia sussidiaria dello Stato. Peraltro, se questo abbia concesso all'ente o istituto finanziatore delle anticipazioni, l'articolo 9, ult. comma, del d. 1. 1. n. 367 del 1944 dispone che esse, ove la garanzia dello Stato divenga operativa, saranno portate in diminuzione delle somme C'he lo Stato dovr versare, oppure saranno restituite dall'ente o istituto finanziatore allo Stato, qualora abbia ottenuto il recupero del credito e in corrispondenza delle somme recuperate. Pertanto, se la legge consente all'ente le anticipazioni avute ove ottenga il recupero totale del credito sia pure a seguito della consentita procedura esecutiva esattoriale, evidentemente l'istituto o l'ente conserva la titolarit del diritto di credito anche dopo la escussione della nave o del natante e che sia divenuta, quindi, operativa la garanzia sussidiaria dello Stato: sempre che questo non abbia ancora soddisftto il credito dell'ente o istituto, altrimenti lo Stato, come dispone l'art. 9 del d. 1. 1. n. 367 del 1944, si sarebbe surrogato all'ente o istituto finanziatore nella procedura esecutiva esattoriale. Si pu aggiungere che l'art. 5, penult. comma, della legge n. 54 del 4 febbraio 1956 -contenente norme integrative circa la gestione dei finanziamenti dello Stato o da questo garantiti e nella quale si richiama espressamente anche il d. 1. 1. n. 686 del 1945 -dispone: Nei casi in cui la garanzia statale divenga operativa, a norma di legge, dopo l'esecuzione sui beni cauzionali, ovvero a seguito della perdita dei beni stessi, gli istituti mutuanti sono egualmente tenuti a perseguire il debitore con ogni altra possibile azione di recupero in nome e per conto dello Stato, anche dopo ottenuto il rimborso dallo Stato del residuo credito. Ci conferma, che, prima dell'entrata in vigore di tale disposizione, gli enti o istituti finanziatori avevano, in base alle norme allora vigenti, il diritto di perseguire il debitore principale con ogni azione. di recupero prima di aver ottenuto il rimborso dallo Stato del loro residuo credito e che si fosse, quindi, verificata la surrogazione legale ex artt. 1949, 1203, n. 5, c. c.; cosicch si deve senz'altro escludere che, nel caso concreto, l'I.M.I. non fosse titolare del credito ammesso al passivo dei fallimenti Maggi. D'altra parte, mentre unica, come si vedr esaminando il secondo mezzo, considerata la cassa delle varie Amministrazioni statali, l'I. M.I. ente del tutto autonomo dallo Stato e, pertanto, l'essere divenuta operativa la garanzia sussidiaria statale non sufficiente perch possa dirsi automaticamente e immediatamente avvenuta anche la surroga legale dello Stato all'I.M.I., senza, cio, un effettivo movimento di danaro. Quanto al secondo mezzo, il fermo amministrativo, previsto dall'ultimo capoverso dell'art. 69 del r. d. n. 2440 del 18 novembre 1923 sulla contabilit generale dello Stato -e con il quale un'amministrazione dello Stato, che abbia, a qualsiasi titolo, ragioni di credito verso PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE aventi diritto a somme dovute da altre amministrazioni dello .Stato richiede la sospensione del pagamento di queste somme - certi; i.mente disposto in vista di una compensazione (artt. 1241 segg. c. c.) tra debiti e crediti di terzi verso le singole amministrazioni statali, qui considerate come urgani di una stessa persona giuridica, essendo presupposta l'unit della cassa erariale (art. 217 dei r. d. n. 827 del 1924). Il fermo, dice la norma, una volta richiesto, deve essere eseguito (per prassi il Ministro del Tesoro che lo comunica con lettera-circolare alle varie amministrazioni statali), ...in attesa del provvedimento definitivo . Esattamente, pertanto, la Corte del merito ha qualificato il fermo amministrativo come un provvedimento cautelare diretto alla tutela dei diritti di credito delle amministrazioni statali verso terzi. Infatti esso, sostanzialmente, funziona come pignoramento o sequestro, ad opera di amministrazione statale creditrice di terzi, degli eventuali crediti di questi verso lo Stato, presso le amministrazioni debitrici. Ed anche provvedimento provvisorio (come ogni provvedimento cautelare), perch la sospensione del pagamento ai terzi dei debiti che lo Stato ha verso di essi non ancora incameramento delle somme dovute dallo Stato, il quale con il fermo amministrativo non opera ancora conteggio o conguaglio alcuno, e, quindi, non vi pu essere neppure compensazione. Per questa necessario il provvedimento definitivo, espressamente previsto e voluto dalla norma in esame, con il quale soltanto =-cio dopo che si sar accertato se e quale amministrazione statale debitrice del terzo, di quale somma, a che titolo, con quale scadenza -potr avvenire l'effettivo incameramento delle somme dovute dallo Stato al terzo e, quindi, la compensazione legale dei debiti ':.on i crediti dello Stato. Orbene, con accertamento di fatto insindacabile in questa sede, \\le perch non espressamente impugnato, la Corte del merito ha ~ato che tale provvedimento definitivo non era ancora soprav\ con la conseguenza che non si era potuta verificare la com .....1one legale, in quanto, anche ad ammetterne l'esistenza come _,Letende la Picco, mancava ai crediti dei Maggi il necessario requisito della liquidit ed esigibilit (art. 1233 c. c.). Tali considerazioni di diritto tolgono ogni decisivit alle lettere del Ministro del Tesoro, di cui la Picco lamenta l'omesso esame, peraltro effettuato dalla Corte del merito, per escludere che, nel caso concreto, vi fosse stata una compensazione volontaria. Comunque, nelle lettere del 19 settembre e del 30 dicembre 1953 il Ministro negava fosse possibile la revoca del fermo amministrativo, in quanto lo Stato era garante del debito dei Maggi verso l'I.M.I. e il credito di 72 milioni dell'Istituto avrebbe dovuto essere opposto in compensazione con gli eventuali crediti dei Maggi verso lo Stato, sebbene vi fosse ragione di credere (lettera del 16 febbraio 1953) che in quelli potesse trovare J 798 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sufficiente capienza il debito che i Maggi avevano con l'I.M.I. Pertanto anche il contenuto di dette lettere esclude che la tesi della Picco possa trovare in esse un valido appoggio. Le considerazioni gi fatte nell'esaminare il primo mezzo del ricorso, a proposito degli artt. 8 del d. 1. 1. n. 686 del 1945 e 9 del d. 1. 1. n. 367 del 1944, giustificano anche il rigetto Ciel terzo mezzo. Infatti l'I.M.I. aveva facolt di giovarsi della procedura esecutiva, essendo esso creditore dei fratelli Maggi, ed agiva come tale e non in sur-. roga dello Stato. Il quarto mezzo riguarda l'altro credito dell'I.M.I., ammesso al passivo dei due fallimenti, quale residuo del mutuo concesso dall'Istituto ai fratelli Maggi con atto pubblico del 9 novembre 1948, senza fideiussione dello Stato, dopo la vendita del piroscafo Stefano M , che lo garantiva. Anche per tale mezzo valgono i principi generali premessi all'esame degli altri tre. Al riguardo, il dolo processuale revocatorio sarebbe consistito, secondo la Picco, nell'aver l'I.M.I. taciuto di un accordo (peraltro non formalmente confezionato) intervenuto con i fratelli Maggi, in base al quale l'Istituto avrebbe rinunciato a richiedere ai debitori il pagamento del suo residuo credito dopo la vendita della nave Stefano M. , perch si sarebbe considerato soddisfatto di qualsiasi prezzo che ne avesse ricavato. Inoltre, avrebbe l'I.M.I. omesso di far cenno della enunciativa, contenuta nel rogito Giuliani del 24 ottobre 1950, con il quale era stata venduta quella nave, e nella quale si dovrebbe ravvisare un contratto a favore di terzi, cio dei Maggi. Senonch, pur ammesso tutto ci, non si sarebbe in presenza di un'ipotesi di dolo processuale revocatorio, perch questo (Cass., sent. n. 16 del 3 gennaio 1966, n. 676 dal 10 marzo 1966) non pu essere riscontrato nel sempUce silenzio su fatti sfavorevoli alla parte interessata, o nello aver omesso di far cenno ad atti e documenti che potrebbero risultare sfavorevoli alla parte stessa, e neppure nel mendacio: occorre sempre una concreta attivit dolosa, l'uso di artifici o raggiri. Comunque, con accertamento di fatto, insindacabile in questa sede, per essere motivato adeguatamente e in modo logico e immune da errori di diritto, la Corte del merito ha escluso che l'I.M.I., prima dell'ammissione del suo credito al passivo dei fallimenti Maggi, si sia icon questi accordato per una rinuncia del suo residuo credito, o che l'enunciativa contenuta nel rogito Giuliani possa costituire un contratto a favore di terzi: il che significa che, secondo la Corte del merito, il credito dell'I.M.I. ammesso ai passivi fallimentari esisteva realmente e non era fraudolentemente simulato. Si deve premettere che il piroscafo Stefano M venne, con decreto del giudice dell'esecuzione del Tribunale di Genova in data 27 giugno 1950, aggiudicato in piena e libera propriet all'I.M.I. e non I I PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE ad estinzione, ma in parziale pagamento (lire 29.040.341) del mutuo concesso dall'Istituto con l'atto del 9 novembre 1948. Cosicch, mentre, da un lato, l'Istituto era libero di disporre come ritenesse opportuno della nave ormai sua, quindi anche di venderla a quel prezzo che avrebbe potuto rioavare perch l'aveva acquistata e interamente pagata, dall'altro ne conseguiva che l'Istituto stesso era rimasto insoddisfatto del suo credito per lire 42.102.653, importo ammesso al passivo dei fallimenti Maggi. Ora, quanto all'asserito accordo tra l'I.M.I. e i fratelli Maggi, la Corte del merito ha affermato che di esso, non formalmente perfezionatosi, non poteva dedursi l'esistenza dalle dichiarazioni rese quali testi in altri giudizi civili da Angelo Costa, che fece da intermediario nella vendita della Stefano M. , e da Marino Querni, che acquist la nave per conto della Societ di navigazione Italia. Tali persone, si legge nella sentenza impugnata, del tutto estranee all'I.M.I., avevano soltanto riferito impressioni loro, circa la buona volont dell'I.M.I. di eventualmente favorire i fratelli Maggi, ma non avevano affatto asserito che l'accordo si fosse comunque concretato. Ha aggiunto la Corte di merito che anche le dichiarazioni rese dal Presidente e dal Direttore Generale dell'I.M.I., quali testi in uI1 processo di calunnia, svoltosi innanzi al Tribunale di Torino a carico di Federico Maggi, erano del tutto vaghe e generiche al riguardo, non solo, ma che lo accordo asserito dalla Picco non si era comunque concretato in una manifestazione di volont degli organi dell'I.M.I. nei modi previsti dallo statuto, n in un atto scritto : il tutto necessario per la validit di un accordo, che si concretava nella rinuncia a un credito di rilevante importo : ed affermazione questa non espressamente censurata. , poi, evidente come le dichiarazioni del Presidente e del Direttore Generale dell'I.M.I. non possono costituire, come afferma la ricorrente, confessione giudiziale: tali potendo essere soltanto quelle rese da una parte nel giudizio in cui si discute del diritto in contestazione, non in giudizio diverso: che potrebbero, se mai, costituire semplici indizi (cfr. Cass. sent. n. 937 del 13 aprile 1963). La Corte del merito ha, infine, preso anche in esame l'enunciativa contenuta nella premessa del rogito Giuliani ed ha escluso che essa potesse costituire un contratto a favore dei Maggi, terzi, integrantesi sempre in una rinuncia, da parte dell'I.M.I., al suo credito residuo, data la genericit dell'enunciativa stessa, in rapporto anche alle conseguenze della rinuncia, cosiech questa avrebbe dovuto essere chiara e precisa. La Corte ha, invece, osservato che nell'enunciativa si poneva soltanto in evidenza che la vendita della nave avveniva da parte dell'I.M.I. al fine di recuperare il suo credito. Ma la Corte genovese ha preso in esame anche nel suo complesso il rogito Giuliani, traendone la con 800 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vinzione che da esso non poteva affatto desumersi la volont dell'I.M.I. da non pi perseguire i fratelli Maggi, una volta venduta la nave. Ogni altra considerazione al riguardo superflua, non potendo avere carattere di decisoriet n il prezzo ricavato dall'I.M.I., con la vendita della nave di sua propriet, n il carattere pubblico dell'Istituto, che, anzi, proprio in quanto tale, tenuto a perseguire i fini commessigli dalla legge, che non sono quelli di compiere atti di liberalit, n gli asseriti e non specificati scopi fiscali, per i quali quel1a enunciativa sarebbe stata fatta. Il rigetto del quinto mezzo segue de plano al rigetto degli altri, poich con esso si denuncia quella violazione dell'art. 102 della legge fallimentare (oltre a quella dell'art. 232), che, in tanto si sarebbe potuta riscontrare, in quanto si fossero ritenuti in tutto o in parte fondati e quindi fossero stati in tutto o in parte accolti gli altri mezzi. Consegue altresi il rigetto del ricorso adesivo del Maggi, come l'assorbimento dei due ricorsi incidentali. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 giugno 1967, n. 1390 -Pres. Scarpello -Est. Pratillo -P. M. Di Majo (parz. diff.) -Maggi (avv. Regard) c. Istituto Mobiliare Italiano (avv. Pascale, Luzzatti, Satta), Esattoria consorziale delle imposte dirette di Genova (avv. Villani, Romanelli) e Ministero del Tesoro (avv. Stato Peronaci). Cassazione -Ricorso incidentale -Questioni per le quali non vi sia stata soccombenza -Semplice richiesta di correzione della motivazione della sentenza impugnata -Inammissibilit. (c. p. c., artt. 100, 371). Impugnazione -Legittimazione attiva -Impugnazione autonoma proposta da interventore adesivo -Inammissibilit. (c. p. c., art. 105, cpv.). Appello -Legittimazione attiva -Proposizione del gravame da parte ~ell'interventore adesivo in primo grado -Assunzione di veste processuale diversa da quella originaria -Inammissibilit. (c. p. c., artt. 105, cpv., 339 e segg.). Fallimento -Sentenza emessa in giudizio nei confronti del Curatore Diniego di autorizzazione del Giudice delegato ad impugnare la pronuncia -Legittimazione del fallito all'impugnazione in luogo del Curatore -Difetto -Rilevabilit d'ufficio -Sussiste. (r. d., 16 marzo 1942, n. 267, artt. 25, 26, 31, 43). IL ricorso incidentale per cassazione inammissibile per difetto di interesse, qualora si p1opongano questioni per le quali non vi PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 801 stata soccombenza, ovvero quando si chieda la sempLice correzione della motivazione della sentenza (1). L'interventore adesivo non pu propor1e impugnazione autonoma, quando La parte adiuvata abbia prestato acquiescenza alla sentenza (2). Non consentito ad una parte di assumere nel giudizio di appello una posizione processuale nuova, diversa e indipendente da quella assunta nel giudizio di primo grado, e pretendere, sostituendosi ad aitra parte, di esercitare un diritto di impugnazione, che non le sarebbe consentito di esercitare in base alla posizione processuale originaria ( applicazione al caso di interventore ad adiuvandum, che aveva proposto impugnazione autonoma, sostituendosi aLla parte adiuvata, che aveva prestato acquiescenza alla sentenza) (2). Quando in giudizio il curatore e l'esercizio del suo potere di impugnazione sia stato oggetto di specifico esame e di determinazione in sede faUimentare .(diniego da parte del giudice delegato dell'autorizzazione ad appellare la sentenza) e non sia stato proposto reclamo avverso il provvedimento del giudice delegato, non concepibile che il faHito conservi per lo stesso rapporto la 'legittimazione processuale ad impugnare, dato che il curatore sta in giudizio e per la massa dei creditori e per il fallito, n si versa nell'ipotesi di assoluta inerzia del curatore. In tal caso, il difetto di legittimazione del fallito a proporre l'impugnazione rilevabile d'ufficio (sebbene, di regola, l'incapacit processuale del fatlito possa essere fatta valere soltanto dal curatore), perch la parte originaria, cui spettava il potere di impugnazione, ha ormai esercitato e consumato tale potere, facendo acquiescenza alla sentenza nelle forme di legge (3). (Omissis). -La Corte del merito, premesso che il fallito non ha una capacit processuale concorrente a quella del curatore, ritenne che, non essendo stato questi, nel caso concreto, del tutto inerte per quanto concerneva l'impugnazione della sentenza del Tribunale, dato che aveva chiesto al giudice l'autorizzazione ad impugnare, per negatagli, (1) In senso conforme, cfr.: Cass., 29 luglio 1964, n. 2151, Foro it., Mass., 1964, 569; 4 aprile 1964, n. 735, Giust. civ., 1964, I, 1413; 22 maggio 1964, n. 1266, ibidem, 2042. (2) In senso conforme, cfr.: Cass., 31 marzo 1966, n. 846, Foro it., Mass., 1966, 291; 11 febbraio 1966, n. 427, ibidem, 137. (3) Cfr. pure la sentenza della Corte d'Appello di Genova 6 aprile 1964, pubblicata in Foro pad., 1964, 1, 475. Sulla legittimazione ad agire del fallito nell'inerzia del curatore e sulla non rilevabilit d'ufficio del difetto di legittimazione processuale del fallito, cfr.: Cass., 25 maggio 1964, n. 1269, Dir. fall., 1964, 2, 476; 9 marzo 1964, n. 514, Foro it., Mass., 1964, 127. F.ARGAN RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il Maggi non era legittimato a proporre, in vece del curatore, appello. Aggiunse la Corte che, comunque, il Maggi era intervenuto in primo grado ad adiuvandum il curatore ed in tale qualit non aveva un potere autonomo d'impugnativa. Con il suo ricorso principale Federico Maggi denuncia la violazione dell'art. 43 del legge fallimentare, nonch dei principi giuridici in tema di legittimazione processuale del fallito e sostiene, innanzi tutto, ,aver la Corte d'Appello errato col ritenere che, nel caso concreto, non ricorreva la ipotesi di inerzia del curatore. Quindi deduce che l'incapacit del fallito limitata ai rapporti patrimoniali che interessano il fallimento, come il difetto di legittimazione processuale limitato alle cause relative a detti rapporti: tale non sarebbe quel rapporto, per il quale un provvedimento ad hoc del giudice delegato abbia manifestato il completo disinteresse della massa. Sostiene inoltre che l'attivit extraprocessuale degli organi fallimentari non pu sostituire l'inerzia processuale del curatore, concretatasi nella mancata proposi.zione dell'appello, cosiech si sarebbe dovuto ritenere verificata la ipotesi di inerzia del curatore, legittimante l'attivit processuale del fallito, a nulla rilevando che si sia trattato di inerzia autorizzata dal giudice delegato, dato che quella attivit extraprocessuale, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte del merito, non potrebbe essere interpretata come acquiescenza alla sentenza di primo grado; comunque il difetto di legittimazione processuale del fallito avrebbe potuto essere rilevato soltanto dal curatore, non d'ufficio. Conclude che tali motivi avrebbero carattere assorbente rispetto all'ulteriore q~estione, se l'interventore ad adiuvandum abbia diritto d'impugnazione, diritto negato dalla Corte d'Appello, essendo il fallito legittimato a proporre gravame, nel caso d'inerzia del curatore, indipendentemente dal fatto d'essere stato presente nel giudizio di primo grado in quella qualit. Nel suo motivo di ricorso incidentale il Ministero del Tesoro denuncia, in riferimento all'art. 360, n. 3, c. p. c., la violazione dell'articolo 324 c. p. c. e osserva che Federico Maggi non avrebbe affatto ricollegato, nel giudizio d'appello, la sua attivit processuale alla qualit attribuitagli, di interventore ad adiuvandum ., ma avrebbe fondato la sua legittimazione ad impugnare la sentenza del Tribunale sulla autonoma facolt del fallito di agire in caso d'inerzia del curatore. Pertanto, la Corte del merito avrebbe dovuto dare atto dell'avvenuto passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale sulla dichiarata inammissibilit dell'intervento, non avendo il Maggi impugnato al riguardo la sentenza, e in conseguenza dichiarare precluse le domande proposte dal Maggi nei confronti del Ministro del Tesoro, la cui chiamata in causa fu chiesta e ottenuta soltanto dall'interventore. [ SE 221&2& Cl&&&& & ~dilli& &WA& PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 803 I due ricorsi, proposti contro la stessa sentenza, vanno riuniti, a sensi dell'art. 335 c. p. c., nell'unico numero di ruolo 1974 del 1964, che distingue il ricorso principale. Il ricorso incidentale del Ministro del Tesoro, che, non condizionato, dovrebbe, per ragioni di evidente pregiudizialit, essere esaminato per primo, inammissibile. Invero, anche a non considerare che con esso si solleva una questione di giudicato interno, rilevabile d'ufficio dal Supremo Collegio (Cass., sentenze n. 1377 del 5 giugno 1964, n. 124 del 7 gennaio 1966), cosicch era sufficiente prospettarla con semplice controricorso, il ricorso incidentale inammissibile per difetto d'interesse, quando si propongono questioni per le quali non v' soccombenza (cfr. Cass., sentenze n. 2151 del 29 luglio 1964, n. 711 del 13 marzo 1966). E il Ministro del Tesoro, non soccombente nel giudizio di appello, non ha, infatti, chiesto l'annullamento, sia pure parziale, della sentenzp. della Corte genovese, ma si limitato a chiedere che essa venga corretta nella motivazione: in tal caso questa Suprema Corte ha gi ritenuto (sent. n. 457 del 18 marzo 1965) l'inammissibilit del ricorso incidentale. Infondato il ricorso principale. Come si accennato in narrativa, il giudizio d'opposizione all'esecuzione contro l'I.M.I. e la Esattoria Consorziale delle II. DD. di Genova, proposto con ricorso del 7 febbraio 1952 da Giuseppe, Angelo e Federico Maggi, quando non erano stati ancora dichiarati falliti, venne, dopo la sentenza n. 1726 del 30 giugno 1960 di queste Sezioni Unite, riassunto innanzi al Tribunale di Genova dal curatore del fallimento della societ di fatto Fratelli Maggi fu Stefano e dei tre suddetti fratelli soci, con citazione notificata il 9 gennaio 1961. A giudizio pendente, i falliti Angelo e Federico Maggi (Giuseppe era deceduto) con comparsa da essi stessi definita d'intervento s'inserirono nel giudizio, dichiarando, da un lato, di aderire in toto alle domande proposte dal curatore, delle quali chiesero l'integrale accoglimento; dall'altro, essi soli chiesero di essere autorizzati a chiamare in giudizio il Ministero del Tesoro (e l'autorizzazione venne concessa dal giudice istruttore), perch si dichiarasse che neppure lo Stato poteva vantare pretesa creditoria alcuna nei loro confronti; in seguito chiesero anche la condanna generica al risarcimento dei danni, a proprio favore, del Ministro del Tesoro, dello l.M.I. e dell'Esattoria genovese, per asserito loro comportamento illecito. necessario sottolineare che il Tribunale di Genova, con la sua sentenza del 21 dicembre 1962, dichiar, da un lato, inammissibile, a sensi dello art. 43 della legge fallimentare, l'intervento dei due falliti ad adiuvandum (art. 105, cpv., c. p. c.) riguardo le domande proposte dal curatore del fallimento, non ricorrendo le eccezioni al divieto d'intervento previsto da quella norma, come l'inerzia assoluta del curatore, che aveva, anzi, riassunto il giudizio d'opposizione RASSEGNA DELL-'AVVOCATURA DELLO STATO all'esecuzione, con ci uniformandosi a pronunce di questa Suprema Corte (cfr. sent. n. 2804 del 12 dicembre 1961). D'altro canto il Tribunale dichiar inammissibile l'intervento dei falliti e in conseguenza improponibili le loro specifiche domande su precisate, per mancanza della connessione, richiesta dall'art. 105, comma 1, c. p. c., non solo con il petitum ma anche con la causa petendi " dedotti in giudizio dal curatore e, pertanto, non consentita la chiamata in causa del Ministero del Tesoro, che estromise dal giudizio. Il curatore del fallimento della societ armatrice di fatto e dei singoli soci, essendo state dichiarate inammissibili le sue domande, chiese al giudice delegato, con istanza motivata, di essere autorizzato a impugnare la sentenza del Tribunale di Genova, ma quel giudice, con provvedimento altrettanto motivato del 23 gennaio 1963, neg l'autorizzazione richiesta e inibl, anche, al curatore d'intervenire nell'eventuale giudizio d'appello. Essendo deceduto il fratello Angelo, soltanto Federico Maggi propose appello, in proprio e quale erede del fratello defunto, contro la sentenza. Senonch impugn il merito della decisione, non la qualificazione giuridica -con le conseguenze relative -che il Tribunale aveva a lui (come al fratello Angelo) attribuita, d'interventore volontario nel giudizio di primo grado: anzi chiese fosse riconosciuto legittimo l'intervento dei fratelli Maggi nel giudizio di primo grado . esatta, allora, la statuizione della Corte del merito -peraltro conforme a principio altre volte affermato da questo Supremo Collegio: sent. n. 832 del 10 aprile 1964, n. 2335 dell'8 novembre 1965 che l'appello del Maggi era inammissibile, perch l'interventore ad adiuvandum non pu proporre impugnazione autonoma, quando la parte adiuvata abbia prestato acquiescenza alla pronuncia. Si , per, sopra rilevato che, secondo il Tribunale, i fratelli Maggi non avevano partecipato al giudizio di primo grado soltanto come interventori adesivi dipendenti (art. 105, cpv., c. p. c.). Ma neppure la pronuncia del Tribunale, di inammissibilt dell'intervento dei fratelli Maggi ex art. 105, comma 1, c. p. c., perch con le loro particolari domande facevano valere in giudizio diritti niente affatto in relazione con l'oggetto e neppure con il titolo dedotti dal curatore, stata impugnata. Si cosi formato il giudicato (interno) anche sull'inammissibilit dell'intervento non meramente adesivo dei Maggi nel giudizio di primo grado e sulla conseguente improponibilit delle loro domand, le quali, ovviamente, non potevano essere riproposte in appello. Senonch il Maggi sostiene, in via principale e da lui dichiarata assorbente, ch'era legittimato ad appellare la sentenza, indipendentemente dalla sua qualit d'interventore nel giudizio di primo grado, essendo, quale fallito, legittimato all'impugnazione a causa dell'inerzia processuale del curatore riguardo al giudizio di secondo grado. mm E = &&b EL 1 &41D&LiiU1WdC PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 805 Intanto si deve precisare che la legittimazione processuale del Viaggi ad appellare, quale fallito, la sentenza del Tribunale di Genova n data 21 dicembre 1963, per asserita inerzia del curatore, va esami1ata limitatamente alle domande del curatore, escludendo le altre, Jroposte dal ricorrente P. da suo fratello Angelo con un intervento nel ~h1dizio di primo grado, dichiarato inammissibile non a norma del' art. 43 della legge fallimentare, ma, come si posto in luce, del' art. 105, comma lo, c. p. c. Per tali domande rimaneva infatti impre( iudicata la questione, se i falliti avessero potuto proporle in autonomo ~iudizio. E soltanto in tale sede eventuale si sarebbe potuto e dovuto isaminare, se le domande fossero relative o non a diritti pa~rimoniali lei falliti compresi nel fallimento e, in conseguenza, se fosse legittinato o no a stare in giudizi il curatore o, nella prima ipotesi, il :amto, in caso d'inerzia di quello. Questioni fondamentali, il cui esame lon stato fatto, n poteva essere fatto in questo giudizio, in quanto >recluse dalla pregiudiziale dichiarazione di non proponibilit delle lomande ,attraverso un intervento volontario inammissibile a norma lel codice di rito. Questa Corte ritiene che le considerazioni svolte potrebbero essere mfficienti al rigetto del ricorso. Invero, secondo i principi generali in nateria, non pu essere consentito a una parte di assumere nel giulizio di secondo grado una posizione processuale nuova, diversa e .ndipendente da quella assunta nel giudizio di primo grado e pret47nlere, cosi sostituendosi ad altra parte, di esercitare il diritto d'impu~ nazione, che non le sarebbe consentito esercitare in base alla posizione )rocessuale originaria. E, nel caso concreto, la qualit di interventori ' ad adiuvandum del curatore era stata ai fratelli Maggi definitivanente attribuita dal Tribunale, n essi avrebbero potuto assumere quella li attori, essendo stato il curatore a riassumere il giudizio, dimostrando :os che si trattava di rapporti patrimoniali dei falliti compresi nel :allimento, per i quali era lui legittimato a stare in giudizio: come ri stava, espressamente autorizzato, cos dimostrando di essere niente tffatto inerte. Comunque, palese l'inammissibilit dell'appello del Maggi anche 1ella mera qualit di fallito e come se non avesse partecipato al ~iudizio di primo grado da interventore. Innanzi tutto, che il rapporto patrimoniale dedotto in giudizio ial curatore non fosse ricompreso nel fallimento, il ricorrente deduce .a prima volta in questa sede. Nei giudizi di merito era questione ;>acifica tra le parti, ritenuta anche dalla sentenza del Tribunale, che 1on aveva negata la legittimazione processuale del curatore, n fu >ggetto d'appello da parte del Ma~gi, il quale, proprio col pretendere :ii sostituirsi al curatore, che asseriva essere stato inerte, attestava il )ontrario di quanto ora afferma; mentre il diniego, da parte del giudice J 806 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO delegato al fallimento, dell'autorizzazione ad appellare la sentenza del Tribunale ebbe a motivo non che il rapporto dedotto in giudizio dal curatore non atteneva al fallimento, sibbene l'infondatezza delle ragioni poste a sostegno delle domande, che giustificava il rigetto di queste da parte del Tribunale. Ci precisato, il ricorrente si richiama a quella giurisprudenza della Suprema Corte, secondo la quale l'incapacit processuale del fallito pu essere rilevata soltanto dal curatore, non dalla controparte, n d'ufficio (cfr. sent. n. 83 del 15 gennaio 1965), e che ammissibile l'impugnazione del fallito, anche se non ha partecipato alle precedenti fasi di giudizio, in caso d'assoluta inerzia del curatore (cfr. sent. n. 135 del 21 gennaio 1957), sebbene altre volte sia stato precisato che, in tal caso, il curatore deve, per, comparire nel giudizio relativo, per sanare l'operato del fallito, ratificandolo (cfr. sent. n. 969 del 14 aprile 1953). Tuttavia, mai questo Supremo Collegio ha affermato che il fallito possa autonomamente impugnare una sentenza emessa in un giudizio in cui sia stato parte il curatore e a questi, che ne lo aveva formalmente richiesto, il giudice delegato abbia, con suo decreto, non impugnato, negata l'autorizzazione necessaria ad impugnare (art. 25, n. 6, 1. f.). Ora, nel caso concreto, la Corte del merito ha ritenuto che, come non v'era stata inerzia alcuna da parte del curatore nel giudizio di primo grado, cos non v'era stata inerzia assoluta dello stesso circa quello di secondo grado, dato che aveva chiesto l'autorizzazione ad appellare la sentenza del Tribunale, che gli era stata per negata, n era stato proposto reclamo contro il relativo provvedimento. N, si aggiunge, il curatore comparve nel giudizio d'appello per sanare l'operato del fallito, avendo anche ci inibito il giudice delegato. questo un giudizio di fatto insindacabile in questa sede perch adeguatamente motivato e in modo logico e, soprattutto, immune da errori di diritto. Invero, non si tratta, come afferma il ricorrente, di attivit extraprocessuale degli organi fallimentari, in quanto attivit processuale la manifestazione di volont, espressa nelle forme di legge (art. 25, n. 6) da quegli organi, di non avvalersi di un mezzo di impugnazione concesso contro una sentenza pronunciata in un giudizio in cui era parte il curatore e a questo sfavorevole: sia perch quella manifestazione di volont ha per presupposto la situazione giuridica processuale creatasi con la sentenza impugnabile, sia perch l'acquiescenza espressa prevista al codice di rito (art. 329, comma 1, c. p. c.), sia perch incide nel processo, portandolo a conclusione con il passaggio in giudicato della pronuncia, almeno per ci che riguarda la parte acquiescente. D'altronde, se concessa al fallito da norme della legge n. 267 del 1942 (artt. 26, 36, 107) la facolt di reclamo sia contro l'operato del curatore che i decreti del giudice delegato, non possono essere consen i ~ I PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE ite al fallito altre iniziative; e, nella specie, il Maggi non aveva eser: itato la facolt a lui concessa (invece esercitata nello stesso processo :ontro il provvedimento di diniego di autorizzazione al curatore di iassumere il giudizio) di proporre reclamo al Tribunale fallimentare :ontro il decreto del gbdice delegato. Se il fallito potesse assumere personali e autonome iniziative, non ;i comprenderebbe la ragione di quelle norme speciali, dato che l'atti; it degli organi falllmntari non impegnerebbe mai il fallito, nonol'(; ante, come nel caso concreto, quella attivit sia stata esercitata :deliberazione di non impugnare la sentenza del Tribunale) secondo . for:in;l;ilit :Prviste dalla 1. h. 267 del 1942 in relazione allo art. 329 ~. p..c. 7lnv:ece, q~indo in giudizio il curatore e il suo potere d'im~ ij;gnaz~e sia $tato oggetto di specifico esame e di determinazione .:n sede fallin:).entare, non concepibile che il fallito conservi per lo ~tes$o rapporto la leJ~ittimazione processuale ad impugnare, dato che il ~uratore sta in giudizio e per la massa dei creditori e per il fallito e il suo compo:rtamento processuale vincola l'una e l'altro. Se cos 1on fo$se, il :fallltO, nonostante sia il soggetto passivo del procedimento !onco:rsu.aie, ve'tr:bbe ad assumere la qualifica di organo fallimentare, ~on una legittimazione processuale alternativamente concorrente con :iuella del curatore e con maggiore libert d'iniziativa, cio anche senza .e persino cntro le deliberazioni del giudice delegato. Queste cnsiderazioni sono decisive per escludere che la situazione processuale, alla quale si richiama il ricorrente, in cui il curatore sia stato del tutto iilerte, possa essere assimilabile a quella di specie. E in ;iuesta non pu essere negato al giudice dell'impugnazione il potere di rilevare d'ufficio il difetto di legittimazione processuale del fallito a impugnare una sentenza, dato che, in tal caso, il fallito pretende di sostituirsi al soggetto legittimato a impugnare, non soltanto perch unica parte originaria del processo, ma perch ha esercitato e quindi consumato il potere d'impugnazione che gli spettava, facendo acquiescenza na sentenza nelle forme di legge. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 giugno 1967, n. 1425 -Pres. Rossano -Est. Pascasio -P. M. De Marco (conf.) -Assessorato ai Lavori Pubblici della Regione Siciliana (avv. dello Stato Del Greco) c..La Corte .(avv. Rizzo-Manganaro) e Comune di Messina (avv. Silvestri). Occupazione -Occupazione d'urgenza -Sicilia -Occupazione d'urgenza d'i:mm.obile per l'esecuzione di opera pubblica assunta dalla competenza del Comune in quella della Regione a norma della 1. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO reg. 21 aprile 1953, n. 30 -Illegittima protrazione ultrabiennale dell'occupazione, imputabile sia al Comune che alla Regione Corresponsabilit solidale dei due Enti pel risarcimento del danno dovuto al proprietario -Sussiste. (1. reg. sic. 21 aprile 1953, n. 30; 1. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 71, primo comma, ult. parte; c. c., art. 2055). Espropriazione per p. u. -Sicilia -Espropriazione per p. u. a favore della Regione Siciliana di immobile occorrente per l'esecuzione di opera pubblica assunta nella competenza regionale a norma della 1. reg. 21 aprile 1953, n. 30 -Liquidazione indennit espropriativa -Deroga al principio fondamentale della 1. 25 giugno 1865, n. 2359, secondo cui l'indennit va calcolata con riferimento alla data del decreto di espropriazione -Esclusione. (1. reg. sic. 21 aprile 1953, n. 130, artt. 10, 29; I. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 39 e segg., 50). Allorquando sia stato ritenuto dal giudice di merito, con accer tamento di fatto incensurabile in Cassazione, che la illegittima pro trazione ult1abiennale dell'occupazione d'urgenza di un immobile di propriet privata, occorsa per l'esecuzione di un'opera pubblica assunta nella competenza della Regione siciliana, debba imputarsi a concorso di attivit illecite sia del Comune che della Regione, la corresponsa bilit solidale dei due Enti, pel risarcimento dei danni al proprietario, rettamente fondata sulla norma dell'art. 2055 c. c., a prescindere da qualsiasi riferimento al rapporto di delegazione (intersoggettiva) inte1 corso fra i due Enti (1). La norma dell'art. 10 l. reg. sic. 21 aprile 1953, n. 30, secondo la quale il prezzo di esproprio calcolato in base al valore venale degli immobili da espropriare alla data del decreto di approvazione del pro getto, senza tener conto degli incrementi di valore attribuibili sia di rettamente che indirettamente ai programmi di cui all'art. 3, alle p1e visioni dei progetti ed alla esecuzione delle opere , non importa che l'indennit di espropriazione debba calcolarsi alla data del decreto di (1) La massima rappresenta svolgimento dell'insegnamento, gi espresso dalla stessa I Sezione della Corte di Cassazione, con le sentenze 30 ottobre 1963, n. 2918, Giur. it., Mass., 1963, 997, sub b, e 30 marzo 1965, n. 557, in questa Rassegna, 1965, I, 1139, sub 2 (1140), con nota di CARUSI, Rapporto organico e sostituzione nella esecuzione di opere pubbliche, a cui si rimanda per l'inquadramento del caso (ivi, 1153 e segg., con riferimenti di dottrina e giurisprudenza) ed in ispecie per l'avvertimento (ivi, 11651166) del senso propri'O da attribuire al concetto di agire di concerto , a cui allude la giurisprudenza della Suprema Corte regolatrice, ai fini dell'applicazione dell'art. 2055 c. c., avvertimento che, a quanto pare, tro :mm;;;;u;,;;;, ;lmE EL& &;;:: mrw:rn &ml ====:ilifffS PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 809 approvazione del progetto, in deroga al principio fondamentale della l. 25 giugno 1865, n. 2359, secondo cui detta indennit deve essere c:alcolata con riferimento alla data della pronuncia espropriativa (2). (Omissis). -L'Ass~ssorato ai lavori pubblici per la Regione Siciliana sostiene col primo motivo che la condanna in solido di esso Assessorato sarebbe stata pronunciata in violazione dei principi sulla delegazione amministrativa, secondo i quali ogni attivit e responsabilit relative all'esecuzione della delega andrebbero riferite all'Ente delegato. E vi sarebbe anche violazione dell'art. 4 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo, perch l'espropriato non avrebbe alcun diritto nei confronti dell'Ente delegante. Il motivo infondato. I principi sulla delegazione amministrativa non sono infatti utilmente richiamati dall'Assessorato, perch la Corte d'appello ha accertato in fatto che detto Assessorato agi di concerto col Comune di Messina, per cui incorse, al pari di questo, nello stesso illecito fino alla emissione del decreto di espropriazione. Un simile accertamento, incensurabile in questa sede, rende superfluo, per giustificare la responsabilit solidale di entrambi gli Enti, il riferimento alla delegazione, va opportuno riscontro nella sentenza in rassegna, se esatto arguire dalla lettura della pur succinta motivazione della stessa, sul punto, che l'accer tamento di fatto compiuto dai giudici di merito -e sul quale la sentenza ha ritenuto di poter fondare in modo assorbente e decisivo la correspon sabilit ex art. 2055 c. c. della Regione insieme col Comune, che aveva curato l'occupazione d'urgenza e l'esecuzione dei lavori -aveva avuto per oggetto na (concorrente) attivitd parimenti illecita sia dell'uno che dell'altro ente. E ci si sottolinea qui, ancora una volta, dovendo esser chiaro che, in mancanza dell'accertamento in giudizio di un concreto com portamento illecito dell'ente delegante, in concorso con quello dell'ente delegato, nella produzione del danno ingiusto, non pu certo parlarsi di una corresponsabilit del primo, ex art. 2055 c. c., per mera omissione da parte dello stesso dell'attivit necessaria ad ottenere la tempestiva espro priazione: ed infatti va ricordato che gi le Sezioni Unite della Suprema Corte regolatrice hanno avuto modo di affermare che il delegato a do vere, sia nei confronti del delegante che dei terzi, provvedere a tanto (cfr. in termini, pel caso previsto dall'ultima parte dell'art. 4 I. 9 aprile 1953, n. 297, inquadrato dalla Suprema Corte appunto nella figura della delegazione intersoggettiva, Cass., Sez. Un., 30 maggio 1966, n. 1412, in questa Rassegna, 1966, I, 854, sub 4, ed ivi nota di riferimenti). (2) Ci perch, secondo la sentenza in rassegna, occorrerebbe distinguere fra valore del bene e calcolo dell'indennit : il primo funzionerebbe come base per calcolare l'indennit, ma non addirittura come criterio legale di liquidazione della stessa. Nello stesso senso, v. gi Cass., 30 ottobre 1963, n. 2918, citata nella nota precedente, Giur. it., Mass., 1963, 997, sub a. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO perch detta responsabilit deriva direttamente dalla norma di cui all'art. 2055 c. c., secondo la quale, quando -come nel caso in esame il fatto dannoso imputabile a pi p~rsone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno. Peraltro, la norm?. ora richiamata attribuisce al danneggiato il diritto al risarcimento, della cui cognizione stato, pertanto, esattamente investita l'Autorit giudiziaria ordinaria, secondo quanto dispone l'art. 4 della legge abolitiva del contenzioso amministrativa, sicch non sussiste la denunziata violazione della norma relativa. Col secondo motivo del ricorso dell'Assessorato e col primo del ricorso del Comune di Messina si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 10, 26 e 29 della legge regionale siciliana del 21 aprile 1953, n. 30, perch dette norme avrebbero stabilito che la liquidazione della indennit di espropriazione sia da riferire al valore venale dell'immobile alla data di approvazione del progetto e non a quella del decreto di espropriazione, stabilita dalla legge generale del 1865. Questa Corte ha gi avuto occasione di affermare che una simile deroga non sussiste (sent. n. 2918 del 30 ottobre 1963), perch il citato art. 10, statuendo che il prezzo di esproprio calcolato in base al valore venale degli immobili da espropriare alla data del decreto di approvazione del progetto senza tenere conto degli incrementi di valore attribuibili sia direttamente che indirettamente ai programmi di cui all'art. 3, alle previsioni dei progetti e alla esecuzione delle opere , altro non significa che a quella data deve valutarsi il valore venale dell'immobile, astrazion fatta da detto incremento, ma non anche che alla data medesima debba calcolarsi l'indennit di espropriazione. Il valore venale considerato in tale espressione come base per calcolare l'indennit, ma non come criterio legale di liquidazione. Ci tanto vero, che l'art. 42 della legge fondamentale del 1865, nell'escludere dal calcolo della indennit gli incrementi derivati dall'esecuzione dell'opera, anche prevede la distinzione tra valore del bene e calcolo dell'indennit. Esso stabilisce, invero, che l'aumento di valore che dalla esecuzione dell'opera di pubblica utilit sarebbe derivata alla parte del fondo compresa nella espropriazione non pu tenersi a calcolo per aumentare l'indennit dovuta al proprietario . E, sulla base di tale distinzione, che ha fondamento nella funzione stessa dell'indennit, di corrispondere al valore del fondo nei limiti di legge, l'art. 29 della legge medesima stabilisce che, per determinare la misura dell'indennit, si applica la legge 25 giugno 1865, n. 2359 e successive modifiche, ossia riafferma che il momento per la determinazione della indennit quello della data del decreto di espropriazione, nella quale la propriet del bene passa dall'espropriato all'espropriante, a norma dell'art. 50 della l ~ legge medesima. i ' PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 811 La Corte di appello, che ha liquidato l'indennit con riferimento 11 giusto prezzo del bene alla data del decreto di espropriazione, ha >ertanto rettamente interpretato le norme in esame. Col secondo motivo del ricorso del Comune di Messina si deduce a violazione degli artt. 21, 22 e 27 della legge regionale siciliana 11 Lprile 1953, n. 30, in quanto avrebbe dovuto ravvisarsl un rapporto di mmedesimazione organica di esso Comune con l'Assessorato, con la ~onseguente affermazione della responsabilit esclusiva di quest'ultimo ier l'esecuzione della occupazione del terreno in cui ebbe ad estrinse~ arsi l'atto delegato. Le censure non sono fondate. La Corte d'appello ha accertato in fatto che il Comune esplet procedimento epropriativo quale delegato dell'Assessorato in favore lel quale, dopo la scadenza del biennio, fu pronunciata l'espropriazione. In coerenza con tali accertamenti la stessa Corte ha esattamente .ffermato la responsabilit del Comune, perch, essendo questo il sog: etto legittimato, in base al titolo, all'occupazione dell'immobile per il ermine di due anni, era responsabile della violazione degli obblighi lerivanti dall'occupazione stessa e, quindi, della mancata restituzione lello stesso immobile dopo la scadenza del termine indicato. Peraltro, a delegazione, che pu essere interorganica ed intersoggettiva, non :iustifica l'esclusione della responsabilit dell'occupante nei confronti :el proprietario. E che trattisi, nella specie, di delegazione intersoggetiva deriva da ci che risulta accertato dalla Corte di appello che l'Assesorato deleg il Comune come soggetto distinto; e ci importa che il :omune delegato fu investito del potere di provvedere rispetto all'oggetto .ella delega in nome proprio e non in veste di rappresentante dell'altro oggetto, pur se per conto e nell'interesse di quest'ultimo. -(Omissis). :ORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 luglio 1967, n. 1631 -Pres. Stella Richter -Est. Usai -P. M. Cutrupia (conf.) -Ministero delle Poste e Telecomunicazioni (avv. Stato Varvesi) c. Zuccaro (avv. Brancati L.). :spropriazione per p. u. -Espropriazioni per p. u. previste da leggi speciali -Determinazione dell'indennit espropriativa -Applicabilit degli speciali criteri restrittivi previsti dalla 1. 15 gennaio 1885, n. 2892, sul risanamento della citt di Napoli -Necessit di apposita disposizione di legge di richiamo degli artt. 12 e 13 1. n. 2892 del 1885 -Sussiste. (1. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 39 e segg.; I. 15 gennaio 1885, n. 2892, artt. 12 e 13). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Espropriazione per p. u. -Espropriazione di immobile occorrente per la costruzione di edificio postale -Determinazione dell'indennit espropriativa -Applicabilit degli artt. 12 e 13 1. ~5 gennaio 1885, n. 2892 -Esclusione. (1. 29 luglio 1949, n. 585, art. 2). Leggi, decreti e regolamenti -Interpretazione della legge -Lavori preparatori -Rilevanza -Limiti. (disp. sulla legge in generale, art. 12). Leggi, decreti e regolamenti -Interpretazione della legge -Titolo della legge -Valore normativo -Esclusione -Rilevanza in sede di interpretazione della legge -Sussiste -Limite -Contrasto col contenuto della legge -Prevalenza del contenuto -Sussiste. (disp. sulla legge in generale, art. 12). Gli articoli 12 e 13 della l. 15 gennaio 1885, n. 2892, sul risanamento deUa citt di Napoli, fissando criter-i per la determinazione dell'indennit di espropriazione di carattere particolare e restrittivo rispetto a quello stabilito dalla l. 25 giugno 1865, n. 2359, possono trovare applicazione solo per queUe espropriazioni, rispetto aUe quali siano richiamati da apposita disposizione di legge (ad. es. l'art. 77 l. 7 luglio 1907, n. 429, sulle opere ferroviarie) (1). Il r. d. l. 7 agosto 1925, n. 1574, che conferiva all'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato il potere di provvedere alla costruzione di edifici e di altre opere postali con l'osservanza delle norme disciplinanti le espropriazioni per opere ferroviarie (fra cui l'art. 77 l. 7 luglio 1907, n. 429, che richiama per la determinazione dell'indennit di esproprio gli artt. 12 e 13 l. 15 gennaio 1885, n. 2892), stato abrogato daUa l. 29 luglio 1949, n. 585, che, devolvendo alla stessa Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni tutte le attribuzioni gi conferite all'Amministrazione ferroviaria in materia di costruzione di edifici ed altre opere postali, ha stabilito, all'art. 2, che nei procedimenti espropriativi devono applicarsi le norme della legge fondamentale 20 marzo 1865, n. 2359. Tale richiamo vale segnatamente per la determinazione dell'indennit di espropriazione, dovendo ritenersi una conse( 1-2) Cfr. Cass., 28 febbraio 1966, n. 606, Giur. it., Mass., 1966, 259, sub b: le norme sul risanamento della citt di Napoli, sancendo criteri particolari e restrittivi per la determinazione dell'indennit di esproprio rispetto a quelli stabiliti dalla legge fondamentale sull'espropriazione per pubblica utilit 25 giugno 1865, n. 2359, non possono trovare applicazione analogica alle espropriazioni previste da altre leggi, che, disciplinando la costruzione di case popolari, richiamino la legge n. 2359 del 1865 senza :: :: f'f'B:::::::: PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 813 ;,uenza del maggior rispetto tributato al principio sancito dall'art. 42, ~omma terzo, Cost. (2). I lavori preparatori possono offrire elementi utili per l'interpre~ azione di una norma di legge poco chiara, ma non possono farle attri) uire una portata diver!la da quella che risulta dal testo (3). Il titolo della legge non ne costituisce parte integrante, epper ion ha valore normativo, ma solo pu costituirne valido elemento d'in: erpretazione, specie ove concordi col testo, mentre, in caso di discor: lanza, quest'ultimo deve sempre prevalere sul primo (4). (Omissis). -L'Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni ieduce la violazione e falsa applicazione della I. 25 giugno 1865, nunero 2359; degli artt. 12 e 13 della legge 15 gennaio 1885, n. 2892; tlcun esplicito riferimento alla successiva leg,ge speciale su Napoli del 15 ~ennaio 1885, n. 2892 . Quanto all'ultima parte della massima sub 2, pare opportuno avver; ire che col precetto di cui al terzo comma dell'art. 42 Cost. sono state itenute compatibili quelle particolari disposizioni di legge, fissanti criteri estrittivi di determinazione dell'indennit espropriativa, poich la citata torma costituzionale vieterebbe solo che l'indennizzo sia apparente e neramente simbolico : Cass., Sez. Un., 16 febbraio 1965, n. 254, in que: ta Rassegna, 1965, I, 344, sub 1-2. (3) Avverte Cass., 3 maggio 1967, n. 836, Giur. it., Mass., 1967, 305, ub b, che deve escludersi, ai fini interpretativi, il ricorso ai lavori 1reparatori, quando la portata della norma resa manifesta dalla sua :hiara formulazione; ed infatti, secondo Cass., 3 marzo 1965, n. 347, id., l[ass., 1965, 110, sub c, i lavori preparatori possono offrire elementi utili 1er la interpretazione di un testo legislativo poco chiaro, ma non possono nai indurre a ritenere che un precetto legislativo, il cui contenuto e la cui 1ortata sono resi manifesti dalla formulazione di esso, abbia invece un :ontenuto e una portata diversi . Ed a sua volta il Consiglio di Stato ha 1vvertito che: i lavori parlamentari non possono essere invocati per 10stenere una interpretazione diversa da quella consentita dai criteri di ~rmeneutica. (Sez. VI, 9 luglio 1965, n. 514, in questa Rassegna, 1965, , 1000, sub 2, con nota di ALmRANDI). In sostanza, v' un rigetto di questo nezzo. interpretativo extratestuale, in quanto non. serva a confermare e hiarire il senso testuale (v. gi Cass., 15 aprile 1947, n. 561, Foro it., Rep., 947, voce 'Legge, nn. 7-8; di recente, v. Cass., 10 agosto 1966, n. 2181, ~iur. it., Mass., 1966, 969: la legge deve essere interpretata essenzial11ente secondo il suo contenuto obiettivo ). Parimenti, in dottrina, si av rte che: nell'interpretazione della legge non ammissibile un ricorso . mezzi extratestuali, desumibili dal modo della sua formazione, se non ome ad un qualsiasi altro precedente storico (tali i lavori preparatori), d il richiamo all'intenzione del legislatore, lungi dal rinviare l'interprete mezzi siffatti, sta sul medesimo piano del significato proprio delle paole secondo la connessione di esse : BETTI, Interpretazione della legge degli atti giuridici, Milano, 1949, 167. (4) Si distingue fra tit9lo della legge o titolo esterno e titolo o rubrica ei singoli articoli: CRISAFULLI, A proposito del titolo della legge, Stato 814 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO degli artt. 76 e 77 della legge 7 luglio 1907, n.429; del r. d. 1. 24 settembre 1923, n. 2119; degli artt. 10 e 11 del r. d. 1. 22 maggio 1924, n. 868; del r. d. 1. 7 agosto 1925, n. 1574; dell'art. 15 del r. d. 8 maggio 1933, n. 841 e dell'art. 2 della legge 29 luglio 1949, n. 585: tutto in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c. p. c. Tale Amministrazione sostiene che per le espropriazioni relative alla costruzione di edifici ed altre opere che la riguardano sono sempre applicabili non solo agli artt. 12 e 13 della legge 15 gennaio 1885, n .2892, per il risanamento della citt di Napoli, ma anche tutte le disposizioni di legge che regolano il procedimento espropriativo per le opere interessanti le Ferrovie dello Stato. La legge 29 luglio 1949, n. 585, nel devolvere all'Amministrazione postale tutte le attribuzioni che in materia erano in precedenza affidate all'Amministrazione ferroviaria, che le eseguiva per conto della prima verso un corrispettivo del 5 % per rimborso ,di spese generali, non avrebbe inteso assoggettare le espropriazioni ai pi gravosi oneri derivanti dalla applicazione della legge fondamentale 25 giugno 1865, n. 2359. Tale tesi chiaramente infondata. Occorre premettere che gli artt. 12 e 13 della legge 15 gennaio 1885, n. 2892, per il risanamento della citt di Napoli, fissando criteri particolari e restrittivi per la determinazione dell'indennit d'esproprio rispetto a quelli stabiliti dalla citata legge fondamentale n. 2359 del 1865, possono trovare applicazione solo per quelle espropriazioni, rispetto alle quali siano richiamati da una disposizione di legge (Cass., 28 febbraio 1966, n. 606). Prima della legge 29 luglio 1949, n. 585 tale richiamo esisteva anche per le procedure di espropriazione relative alle costruzioni di edifici e altre opere riguardanti l'Amministrazione postale, dato che il r. d. 1. 7 agosto 1925, n. 1574 attribuiva il potere di provvedervi all'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, con le modalit ed in base alle norme che regolavano i procedimenti di espropriazione per le opere ferroviarie. E, per l'esplicito richiamo contenuto nell'art. 77 della 1. 7 luglio 1907, n. 429, la indennit dovuta per le espropriazioni necese diritto, 1941, 453 e segg., 471 e seg. Non si dubita -e la massima sopra riportata della sentenza in rassegna ne conferma -che il primo sia estraneo al testo legislativo, pur potendo servire alla sua interpretazione in armonia con lo stesso (v. gi Cass., 16 maggio 1941, Foro it., 1941, 1209). Quanto al titolo dei singoli articoli, da dire che esso non partecipa in alcun modo del contenuto dell'articolo, ma ha una funzione meramente descrittiva e riassuntiva, che non esonera l'interprete dal compito di identificare con precisione il contenuto normativo del testo: BETTI, op. cit., 127, nota 88. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 815 mrie per la esecuzione di tali opere doveva determinarsi appunto coi !riteri previsti dalla legge per il risanamento della citt di Napoli. Ma il r. d. 1. 7 agosto 1925, n. 1574 stato abrogato dalla 1. 29 lu~ lio 1949, n. 585, come risulta espressamente non solo dal suo titolo, na anche dal contenuto delle sue norrrie, la cui chiarezza fa apparire ;>rive di ogni consistenza le ragioni addotte dalla ricorrente a sostegno :lella sua tesi. La prima di esse si fonda sulla relazione alla citata legge n. 585 :lel 1949, nella quale sono stati messi in risalto gli inconvenienti derivanti dal r. d. 1. 7 agosto 1925, n. 1574, senza prevedere il maggior ~osto che sarebbe derivato dalla applicazione della legge fondamentale :lel 1865, in sostituzione di quella sul risaname'll.to della citt di Napoli, ~d anzi specificando che il provvedimento legislativo da approvare !omportava l'economia del 5 % , che prima 'doveva essere corrisposto 3.lle ferrovie, senza aumenti di spese. Quindi conclude la ricorrente: " la Corte d'Appello non ha bene in: lividuato l'esatta intenzione del legislatore, ma, poich essa si Eondata sul testo della legge, si deve ora esaminare, in base a questo, ;e la lettera abbia tradito o confermato la " mens legis " . Tale conclusione non pu essere condivisa. Anzitutto, perch contiene una petizione di principio, giacch sa~ ebbe, in ogni caso, da dimostrare che la asserita intenzione del legi; latore sia fondata sul testo della legge, e, nella specie, ci dovrebbe, ,n ogni caso, escludersi. In secondo luogo, perch neppure la asserita intenzione del legi; latore pu ritenersi dimostrata. Invero, nelle relazioni con cui si pre; enta all'approvazione un disegno di legge si tende a porre in risalto ;oprattutto gli elementi favorevoli a tale approvazione. Quindi non ;>u attribuirsi valore decisivo al contrasto tra l'espressa indicazione :'I.ella economia del 5 % , realizzabile in seguito all'approvazione del :lisegno di legge, ed il silenzio conservato riguardo alla maggiore spesa !he si sarebbe invece incontrata applicando per la determinazione delle .ndennit d'espropriazione la legge fondamentale del 1865 anzich quella ml risanamento di Napoli. Tanto pi che tale maggiore spesa appa~ iva una conseguenza del tutto indiretta, che niente aveva da fare !Ol vero oggetto della legge, la quale tendeva ad eliminare quella che Jrmai era diventata un'incongruenza, ossia che l'esecuzione delle opere !Oncernenti l'Amministrazione postale fosse affidata, anzich ad essa, 3.11'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato. Infatti, se l'art. 2 della legge di cui si tratta ha stabilito che nei ;>rocedimenti espropriativi devono applicarsi le norme della legge fonfamentale del 1865, anzich quelle della legge sul risanamento della !itt di Napoli, come in tesi avrebbe potuto espressamente disporre, !i non da porre necessariamente in relazione col mutamento degH RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO organi competenti a provvedere all'esecuzione delle opere e alle relative espropriazioni, ma deve ritenersi una conseguenza del maggior rispetto tributato al principio stabilito dall'art. 42, terzo comma, della Costituzione, da poco entrata in vigore. Infine, principio pacifico 'che i lavori preparatori possono offrire :elementi utili per l'interpretazione di una norma poco chiara, ma non possono fare attribuire alla norma una portata diversa da quella che risulta dal testo (vedi, da ultimo, Cass., 3 marzo 1965, n. 347). Quale secondo argomento la ricorrente invoca il principio che il titolo della legge, non costituendo parte integrante di essa, non avrebbe valore normativo. Tale principio pu essere ritenuto esatto, purch venga completato, aggiungendosi che anche il titolo pu costituire un valido elemento per l'interpretazione della legge, specie quando esista, come in quella in esame, perfetta concordanza tra titolo e contenuto della stessa. Solo in caso di contrasto deve prevalere il contenuto e perci l'Amministrazione delle Poste si vede costretta a sostenere che il con trasto esiste, bench limitatamente alle norme regolatrici del proce dimento espropriativo. Invece tra il titolo e il testo della legge 29 luglio 1949, n. 585 esi ste perfetta concordanza, perch il titolo enuncia che oggetto della legge l'abrogazione del r. d. 1. 7 agosto 1925, n. 1574 ed il testo dei due articoli provveder appunto a disporre tale abrogazione. Anzi il contenuto del testo appare, in questo senso, pi ampio, per ch l'art. 1, primo comma, dispone che tutte le attribuzioni della Amministrazione delle Ferrovie dello Stato e del Ministero delle Co municazioni, previste dal r. d. 1. 7 agosto 1925, n. 1574, convertito nella legge 18 marzo .1928, n. 562, e dal r. d. 1. 30 dicembre 1926, n. 2245, convertito nella 1. 18 dicembre 1927, n. 2426 e successive integrazioni e modificazioni, in materia di costruzioni di edifici ed altre opere riguar danti l'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni, sono devolute a quest'ultima . Ma oltre tale norma, di carattere generale ed integrata dai due commi successivi, che dettano disposizioni di carattere particolare, sempre dirette a conseguire lo stesso scopo, esiste l'art. 2, che disci plina in modo specifico la materia di cui trattasi e che, con assoluta chiarezza, dispone che ai procedimenti espropriativi e alle occupazioni d'urgenza si applicano le norme della legge fondamentale del 1865 e, quindi, logicamente, non si applicano pi quelle, ben diverse, della legge sul risanamento della citt di 'Napoli. Nonostante ci, l'Amministrazione ricorrente insiste nella sua tesi, rilevando che il citato art. 2, quando stabilisce che si applicano le norme della legge 25 giugno 1865, n. 2359, aggiunge: .e dagli artt. 10 e 11 del r. d. 1. 22 maggio 1924, n. 868 . Ci esatto, ma opportuno PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 817 chiarire che, dopo le parole invocate e ora riportate, la norma prosegue con le seguenti altre: e e successive integrazioni e modificazioni, sostituendo alla competenza del Ministro per i trasporti quella del Ministro per le poste . Orbene, i richiamati art. 10 e 11 del r. d. 1. 22 maggio 1924, n. 868, come risulta dal loro testo, che la ricorrente ha diligentemente riportato, non si occupano in alcun modo dei criteri per determinare la misura dell'indennit d'espropriazione, bensi, esclusivamente, di attribuire a determinati organi la titolarit e l'esercizio dei poteri concernenti i procedimenti di espropriazione per pubblica utilit, come confermato anche dalla parte finale della norma in esame, che, dopo avere richiamato i detti artt. 10 e 11, aggiunge, come s' visto, la frase: sostituendo alla competenza del Ministro per i trasporti quella del Ministro per le poste . Nessun addebito pu, quindi, muoversi ai giudici del merito, per non aver motivato su tale punto, dato che esso era irrilevante ai fini del decidere. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Il, 5 luglio 1967, n. 1663 -Pres. Danzi Est. Cultrera -P. M. Gedda (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Buonvino) c. Comuni di Polonghera, Faule ed altri, Consorzio per la tutela della pesca in Piemonte ed in Liguria, Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Roma (intimati). Diritti promiscui, usi civici -Liquidazione (mediante compenso in terre da assegnarsi ai Comuni ed alle Associazioni agrarie) -Oggetto: usi civici su terre private -Obbligo della denuncia entro sei mesi dalla pubblicazione della 1. 16 giugno 1927, n. 1766 -Sussiste. (1. 16 giugno 1927, n. 1766, artt. 1-7;r. d. 26 febbraio 1928, n. 332, artt. 1-2, 8-16). Diritti promiscui, usi civici -Obbligo della denuncia entro sei mesi dalla pubblicazione della 1. 16 giugno 1927, n. 1766 -Decadenza dall'azione di accertamento degli usi civici non in esercizio alla data di entrata in vigore della 1. 16 giugno 1927, n. 1766 -Non riguarda gli usi civici su terre non private. (1. 16 giugno 1927, n. 1766, artt. 3, 8, 9, 10, 11, lett. b, 13, 15, 18, 19-23; r. d. 26 febbraio 1928, n. 332, artt. 1, 17-24, 47-57) . Diritti promiscui, usi civici -Usi civici su terre od acque del demanio statale -Uso pubblico -Rapporto. 818 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Diritti promiscui, usi civici -Usi civici di pesca liquidazione -Sussiste. (r. d. 26 febbraio 1928, n. 332, art. 10). -Insuscettibilit di Diritti promiscui, usi civici -Usi civici su terre od acque del demanio statale -Obbligo della tempestiva denuncia ex art. 3 1. 16 giugno 1927, n. 1766 -Inapplicabilit. (l. 16 giugno 1927, n. 1766, art. 3; r. d. 26 febbraio 1928, n. 332, art. 1). Diritti promiscui, usi civici Accertamento -Usi civici su terre dei demani comunali o universali, o su terre ed acque del demanio statale -Istanza -Necessit -Sussiste -Differenza fra istanza e denuncia. (l. 16 giugno 1927, n. 332, art. 6). n 1766, artt. 2, 3, comma terzo; r. d. 24 febbraio 1928, Diritti promiscui, usi civici Giudizio di accertamento -Efficacia probatoria dei documenti -Non decisivit -Rilevanza delle presunzioni Sussiste -Esercizio continuativo dell'uso da parte delle popolazioni locali nel corso dei secoli -Valore probatorio presuntivo della costituzione di diritti di uso civico -Sussiste -Applicazione Usi civici di pesca. (l. 16 giugno 1927, n. 1766, art. 2). Spese giudiziali -Regolamento dell'onere delle spese -Facolt discrezionale del giudice di merito -Limite -Divieto di condanna alle spese della parte totalmente vittoriosa -Sussiste. (c. p. c., artt. 91, 92). Sono soggetti a liquidazione mediante compenso, consistente nella cessione ai Comuni ed aize Associazioni agrarie di porzione del fondo gravato o della parte del fondo gravata, soltanto gli usi civici su terre private (1). (1) Solo i diritti di uso c1v1co su terre private sono suscettibili di liquidazione in senso proprio: ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, vol. IV, Milano, 1958, 239-240; Cass., 14 marzo 1962, n. 526, Giur. it., Mass., 1962, 180, sub b (181). I diritti di uso civico su terre non private, ossia gli usi civici concentratisi sui beni dei Comuni e delle associazioni, ove utilizzabili a colture, sono soggetti a quella che la sentenza in rassegna chiama liquidazione mediante riparto ed assegnazione delle singole quote agli utenti : v. artt. 11, lett. b, 13, 19 I. 16 giugno 1927, n. 1766. Sul concetto di promiscuit (le comunioni di cui all'art. 8, I. n. 1766 del 1927), v. Cass., 24 marzo 1964, n. 677, Giust. civ., Mass., 1964, 300, sub 4; sullo scioglimento delle medesime, come vera e proprio divisione di beni comuni (quando vi luogo a divisione)., v. Cass., Sez. Un., 16 ~ F PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 819 L'obbligo della tempestiva denuncia, di cui aWart. 3 l. 16 giugno 1927, n. 1766, imposto in vista della natura privata delle terre e, quindi, della possibilit di liquidazione dell'uso civico mediante compenso (2). Il diritto di uso civico su terre od acque del demanio pubblico statale, circoscritto ad una ben determinata collettivit, pur avendo uri I contenuto specifico, si risolve in pratica in un pi intenso esercizio del diritto di uso pubblico spettante alla gener"lit dei cittadini sui beni medesimi (3). settembre 1963, n. 2526, id., Mass., 1963, 1185, sub 4; v. anche ZANOBINI, op. cit., 237, il quale anche mette in evidenza che, in tal caso, la divisione delle terre 'non avviene, come per le liquidazioni d'usi,, con atto amministrativo, ma con sentenza e con conseguente estinzione dei diritti . Sul carattere di locuzione di comodo dell'espressione usi civici, comprensiva di figure tra loro diverse, v. GIANNINI M. S., Sull'esistenza degli usi civici di caccia, Riv. dir. sportivo, 1950, 101; sulla nozione, v anche ZANOBINI, op. cit., 233 e segg.; VITTA, Dir. amm.vo, I, Torino, 1954, 291 e segg.; in giurisprudenza, v. Cass., 2 febbraio 1962, n. 210, Giust. civ., Mass., 1962, 97, sub 1. In particolare, sulla natura e la finalit degli usi civici, v., recentemente, Cass., 21 giugno 1966, n. 1592, id., Mass., 1966, 914, sub 3; in dottrina, TRIFONE, Gli usi civici, Trattato di dir. civ. e comm., diretto da Cicu e Messineo, vol. XI, tomo 2, Milano, 1963. (2) Cfr. Cass., 14 marzo 1962, n. 526, Giust. civ., Mass., 1962, 254, sub 1 e 2; 24 aprile 1954, n. 255, Foro it., Mass., 1954, 1248; 12 gennaio 1952, Riv. amm., 1952, 160. Sulla denuncia o dichiarazione degli usi civici (su terre private) (per quelli non in esercizio al momento dell'entrata in vigore della 1. 16 giugno 1927, n. 1766 l'omissione della denuncia entro sei mesi dalla pubblicazione della legge, e successiva proroga, comporta la qecadenza dal diritto al riconoscimento), v. Cass., 27 maggio 1966, n. 1370, Giust. civ., Mass., 1966, 781, sub 3. (3) La compatibilit dell'uso civico con la demanialit in senso tecnicogiuridico trovasi varie volte affermata dalla giurisprudenza della Corte ii Cassazione, ma, beninteso, in relazione all'uso civico di pesca, previsto espressamente dall'art. 10 r. d. 26 febbraio 1928, n. 332, peraltro come insuscettibile di divisione (Cass., 14 marzo 1962, n. 526, Giust. civ., Mass., 1962, 254, sub 4; 11 ottobre 1961, n. 2072, id., Mass., 1961, 913, sub 1; in dottrina, v. CuRis, Usi civici, in Nuovo Digesto Italiano, vol. XII, p. 2", rorino, 1940, 756). La sentenza in rassegna, pur riferendosi anch'essa, in concreto, all'uso civico di pesca, contiene una generalizzazione non meglio approfondita, che, a ben vedere, assorbendo l'uso civico nell'uso comune iel bene demaniale, finisce col negare al primo una autonoma rilevanza. Sembra opportuno ricordare: a) che i diritti di uso civico hanno natura patrimoniale (cfr. TORRENTE, nota, in Foro it., 1950, I, 1204 e seg., con l'avvertenza che l'espressione demanio universale deriva dalla tradudone di domaine., dominium ); b) il c. d. diritto di uso pubblico ;pettante alla generalit dei cittadini sui beni demaniali in senso proprio pu essere, appunto, un diritto civico, ossia un mero interesse, che, al massimo, in alcuni casi, va configurato come interesse legittimo o wme interesse discrezionalmente protetto (ZANOBINI, Corso di dir. amm., 820 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Gli usi civici di pesca sono sottratti a procedimento di divisione (4). L'inapplicabilit agli usi civici su terre non private della disposi- 7.ione dell'art. 3 i. 16 giugno 1927, n. 1766, relativa all'obbligo della denuncia, riguarda anche gli usi civici su terre od acque del demanio statale, in quanto anch'esse insuscettibili della liquidazione, a cui quella denuncia preordinata (5). vol. IV, Milano, 1958, 34); ma, ove lo si consideri un diritto di libert individuale, esso non ha, certo, il bene come oggetto , com' proprio del diritto reale, ma solo come mezzo di esercizio ., il che chiarisce che non pu mai essere in gioco il potere dello Stato di limitare, sospendere o abolire la destinazione del bene medesimo (v., sul punto, le penetranti osservazioni del GuICCIARDI, Il demanio, Padova, 1934, 292 e seg. In tal senso ha da intendersi anche la recente sentenza 12 lugliq 1967, n. 111 della Corte Costituzionale, come avverte AGR A. S., Uso pubblico generale di beni demaniali e tutela costituzionale della libert, in Giur. it., 1967, I, 1224). Per quanto riguarda le acque pubbliche, sembra opportuno ricordare, poi, che, in materia di derivazioni, il Tribunale Superiore AA.PP. (sent. 20 novembre 1948, Acque, Bon., Costr., 1950, 161 e seg.) ha gi avuto modo di avvertire che: non v' possibilit d'usucapione o d'immemorabile nel loro uso e non concepibile che esista su di esse altro diritto che quello derivante da concessione o da riconoscimento dell'uso fatti dallo Stato con le modalit e condizioni e con le relative decadenze che lo Stato stesso ritiene di stabilire , ed in particolare ha osservato che: neppure... ... ammissibile che la derivazione d'acqua ad uso d'irrigazione possa costituire un uso civico., poich non ... giuridicamente concepibile la coesistenza col diritto d'uso di cosa demaniale, per riconoscimento o concessione da parte dello Stato, di un diritto di uso civico della cosa stessa (ivi, 162). Sulla ritenuta possibilit che, nello stadio formativo della demanialit, attuata non con il semplice passaggio della propriet del bene dal soggetto privato alla pubblica amministrazione, ma attraverso la destinazione successiva (all'acquisto) dello stesso bene al fine specifico di pubblica utilit perseguito, si proceda aa costituzione di una servit prediale a favore di un fondo privato, la quale continua a restare giuridicamente valida, anche quando il fondo gravato abbia successivamente acquistato natura demaniale ., v. Cass., Sez. Un., 6 aprile 1966, n. 901, Giust. civ., Mass., 1966, 513, sub 2, ed ivi nota di riferimenti di dottrina contraria. (4) Cfr. Cass., 14 marzo 1962, n. 526, Giust. civ., Mass., 1962, 254, sub 2, la quale avverte che in materia di usi civici la 1. n. 1766 del 1927 non disciplina soltanto l'accertamento e il riordinamento degli usi civici sulle terre e di qualsiasi altro diritto promiscuo sulle terre stesse, ma tratta invece di qualsiasi uso civico, compreso anche quello di pesca, di cui, pertanto, tuttora possibile l'esistenza giuridica; la liquidazione, invece, di cui alla predetta legge, si riferisce solo agli usi civici aventi per oggetto beni terrieri appartenenti a privati n il regolamento esecutivo di cui al r.d. n. 332 del 1928, stabilendo che le questioni relative all'esistenza ed alla estensione degli usi civici di pesca sono devolute al Commissario, a norma dell'art. 29 della legge, ha dettato niente che possa ritenersi in contrasto con la predetta legge, ma ha enunciato dei precetti di carattere integrativo della legge stessa . (5) V. supra, note 1 e 3. J PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 821 Gli usi civici su terre non private, ivi compresi quelli su terre ed acque del demanio statale, non si sottraggono al procedimento di accertamento, ma l'istanza al Commissario, di accertamento dell'uso, non si confonde, in tal caso, con la denuncia o dichiarazione, preordinata, invece, al procedimento di liquidazione, n ovviamente la presuppone (6). Nel giudizio di accertamento circa la esistenza, natura ed estensione degli usi civici, trattandosi generalmente di diritti originari, i titoli hanno pi spesso valore ricognitivo che costitutivo ed innegabile, comunque, la rilevanza probatoria delle presunzioni, epper con fondamento ritenuto dal giudice di merito che l'esercizio continuativo, -nel corso dei secoli, di un determinato uso da parte delle popolazioni locali fa presumere la costituzione di esclusivi diritti di godimento, originari e preesistenti all'infeudazione (applicazione alla libera pesca, praticata ab antiquo dalle popolazioni del luogo, per sopperire alle loro esigenze primarie) (7). (6) Sul carattere giurisdizionale delle funzioni svolte dai Commissari per accertare l'esistenza, la natura e l'estensione dei diritti di uso civico ., in contrapposto al carattere amministrativo delle funzioni volte a provvedere sulla liquidazione dei relativi diritti... nonch sul distacco e sulla ripartizione delle terre, v. Cass., Sez. Un., 10 ottobre 1966, n. 2425, Giust. civ., Mass., 1966, 1395, sub 1. (7) Beninteso, deve trattarsi di usi esercitati anche posteriormente al 1800, poich, ove si tratti di usi civici, l'esercizio dei quali sia cessato anteriormente al 1800, la prova dell'esistenza, natura ed estensione dei medesimi, a norma dell'art. 2 1. 16 giugno 1927, n. 1766, deve essere data esclusivamente con documenti, con la conseguenza che, se si assuma che questi usi vadano su terre ex feudali, va data con documenti la prova della natura .feudale di esse e dell'esistenza di un feudo abitato e, una volta che questa sia stata fornita, ne discende direttamente, sulla base del principio ubi feuda ibi demania, l'esistenza, senza bisogno di .ulteriore prova, degli usi originari, cio degli usi necessari, secondo i bisogni della popolazione e la natura delle terre, costituenti il giuridico attributo della feudalit di un determinato territorio abitato . Tale prova documentale non pu, peraltro, essere intesa nel senso rigorosissimo odierno , ma va data secondo i principi propri della prova documentale nel diritto feudale, prova che diversa da quella che attualmente si richiede nei giudizi di revindica... A questa prova, tendente alla dimostrazione della massima ubi feuda ibi demania, potr opporsi in via di eccezione la prova dell'inesistenza di una pop'Olazione preesistente o dell'esistenza di una difesa o della sussistenza di una delle cause legittime di estinzione degli usi, esclusivamente ammesse dalla legge: Cass., 21 giugno 1966, n. 1592, Giust. civ., Mass., 1966, 914, sub 5 e 6. Se si tratta, viceversa, di usi civici esercitati anche posteriormente al 1800, la prova della loro esistenza, natura ed estensione pu essere data con qualsiasi mezzo : Cass., 21 giugno 1966, n. 1592, cit., ibidem, sub 5, la quale avverte che nel sistema accolto dalla legge del 1927 sufficiente la RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La facolt discrezionale del giudice di merito in ordine al regolamento delle spese processuali trova un limite nel divieto di condanna della parte totalmente vittoriosa (8). (Omissis). -La sentenza impugnata ritenne infondata l'eccezione di decadenza dell'uso civico di pesca rivendicato dai Comuni di Faule, Polonghera e Pancalieri, nei tratti del Po ed affluenti, delimitati dai rispettivi territori, sul riflesso che, secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema, l'obbligo della dichiarazione o denuncia degli usi civici non in esercizio al momento dell'entrata in vigore della legge 16 giugno 1927, n. 1766, imposto dall'art. 3 della predetta legge, si riferisce unicamente agli usi gravanti su terre di privati e non trova applicazione per gli usi civici gravanti su terre (o acque) demaniali, in ordine ai quali esclusa la possibilit di una liquidazione mediante compenso. Col primo mezzo l'Amministrazione delle Finanze dello Stato sostiene che tale indirizzo giurisprudenziale stato impropriamente richiamato e precisa che il principio di diritto applicato dalla C?rte del merito stato affermato in relazione ad usi civici gravanti su terre costituenti i cosiddetti demani comunali ed universali, cio a dire su terre appartenenti alle stesse popolazioni dei comuni rivendicanti, mentre per gli usi civici su terre od acque del demanio statale l'obbligo della denuncia mantiene la sua piena efficacia, rivestendo lo Stato la qualit di terzo nei confronti degli utenti, al pari di un qualsiasi privato. N, soggiunge, ha rilievo la circostanza che l'uso civico di pesca, anzich essere liquidato, doveva invece essere conservato, in quanto esso non poteva comunque sottrarsi al giudizio di accertamento prova dell'esistenza, natura ed estensione degli usi civici, sulla quale influisce il principio ubi feuda ibi demania . Questo principio non concerne solo la prova dell'uso civico, n pu equipararsi ad una qualunque presunzione, ma attiene alla esistenza sostanziale, al sorgere stesso del diritto civico della popolazione, in quanto trova la sua giustificazione nella natura del feudo e nell'origine di questo e nella natra e nella finalit degli usi civici . Ove non sia dimostrato che all'atto dell'infeudazione mancasse una popolazione e si fosse in presenza di un fondo rustico o disabitato o si trattasse di una terra legittimamente ed eccezionalmente sottratta all'uso della popolazione, il valore della massima e il suo significato, specie nelle terre dell'ex regno delle due Sicilie, in relazione alle quali fu formulata precisamente e categoricamente dalla Commissione feudale, costituita dopo l'entrata in vigore delle leggi eversive della feudalit, rimangono, nei sensi dianzi chiariti, pieni e incontrastati : Cass., 21 giugno 1966, n. 1592, cit., ibidem, sub 3 e 4. (8) Giurisprudenza consolidata: cfr. Cass., 7 gennaio 1967, n. 64, in questa Rassegna, 1967, I, 85, sub 2, ed ivi ulteriori riferimenti. J PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE previsto dagli artt. 1 e 2 della citata legge n. 1766 del 1927 e doveva pertanto denunciarsi nel termine fissato dal successivo art. 3 (sei mesi dalla pubblicazione della legge, poi prorogato al 3 aprile 1928), sotto pena di estinzione di ogni azione diretta ad ottenere il relativo riconoscimento. senza dubbio esatto che nei casi finora decisi l'inosservanza dell'obbligo della tempestiva denuncia stata presa in considerazione riguardo ad usi civici gravanti su terre costituenti il demanio comunale od universale, distinto, come entit giuridica, dal demanio statale; ma non altrettanto esatta l'interpretazione restrittiva sostenuta dall'Amministrazione ricorrente. Gi il diritto di uso civico su terre od acque del demanio pubblico statale, circoscritto ad una ben determinata collettivit, pur avendo un contenuto specifico, si risolve in pratica in un pi intenso esercizio del diritto di uso pubblico spettante alla generalit sui beni medesimi; sicch sotto questo aspetto lo Stato non potrebbe nemmeno qualificarsi terzo rispetto agli utenti. Ma, a . prescindere da ci, lo stesso spirito informatore della legge 16 giugno 1927, n. 1766 che offre il criterio per la risoluzione della questione. noto che la finalit perseguita dal legislatore era di accertare e sollecitamente liquidare gli usi civici sulle terre private e di dare sistemazione giuridica definitiva ed utilizzazione economica alle terre attribuite o da attribuirsi alle popolazion,i per via di affrancazione degli usi civici. Per raggiungere codesta finalit .venne istituito uno speciale procedimento, che, di norma, ha inizio con la denuncia all'apposito organo dell'esistenza dell'uso civico, che si esercita o si pretende esercitare. Posto dunque che la denuncia ha la precipua funzione di mettere in moto il procedimento di accertamento e di affrancazione, ne discende come logico corollario che la decadenza comminata dall'art. 3 deve ritenersi operante solo riguardo agli usi civici che possono essere liquidati mediante compenso, ossia per quelli esistenti ed accertati su terre di natura privata, perch per gli usi gravanti su terre appartenenti alla collettivit la cessazione dell'uso non pu aversi che con la quotizzazione, se le terre ne sono suscettibili. Il che trova, del resto, esplicita conferma nella stessa lettera del l'art. 3, il quale si riferisce appunto agli usi civici menzionati nel precedente art. 1, agli usi, cio, che possono formare oggetto di liqui dazione mediante compenso, e non pure agli usi indicati nei successivi artt. 9 e 11, che gravano sulle terre dei comuni, delle frazioni e delle associazioni e che non consentono simile forma di liquidazione. Ed allora appare chiaro che l'obbligo della tempestiva denuncia imposto non tanto in relazione all'appartenenza delle terre ad un RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ' soggetto diverso dal titolare del diritto di uso civico, quanto in vista della natura privata delle terre e quindi della possibilit della liquidazione mediante compenso, giacch, se questa possibilit non sussiste ed per contro ammessa la liquidazione mediante riparto ed assegnazione delle singole quote agli utenti, viene meno la necessit della preventiva dichiarazione, aon potendo il diritto al semplice scioglimento della comunione, insita nell'uso civico, incontrare limiti di tempo e sottostare a decadenze. Ci vale ancor di pi per gli usi civici di pesca, che per legge sono sottratti al procedimento di liquidazione (art. 10, comma 1, del Regolamento 26 febbraio 1928 n. 332). L'inapplicabilit della disposizione dell'art. 3 della 1. n. 1766 del 1927, affermata da questo Supremo Collegio in relazione agli usi civici gravanti su terre del demanio comunale ed universale, deve ritenersi estesa anche agli usi civici gravanti su terre od acque del demanio pubblico statale, in quanto gli uni e gli altri non consentono la liquidazione mediante compenso. poi ovvio che il riconoscimento pure necessario per gli usi civici su terre ed acque appartenenti al demanio, sia esso comunale, universale o statale, ma dal fatto che tali usi siano soggetti al procedimento di accertamento non deriva come conseguenza che essi debbano essere preventivamente denunciati. La dichiarazione o denuncia prevista dal 10 comma dell'art. 3 della legge si distingue nettamente dall'istanza, cui accenna il 3 comma dello stesso art. 3 e che disciplinata dall'art. 6 del regolamento del 1928. Ora, l'atto diretto ad ottenere in concreto l'inizio del procedimento di accertamento l'istanza, la quale non presuppone necessariamente la denuncia, tanto vero che gli usi in esercizio possono essere egual mente riconosciuti, malgrado sia decorso il termine fissato dall'art. 3 per la denuncia. Da quanto precede si deduce che possibile il riconoscimento di un uso civico non preventivamente denunciato. Il primo mezzo va, .pertanto, respinto. N diversa sorte merita il secondo, con cui si denunzia insuffi cienza e contraddittoriet di motivazione su un punto decisivo della controversia, nonch violazione dei principi sulla prova, per avere la Corte del merito condiviso le argomentazioni di carattere presuntivo svolte dal Commissario, trascurando del tutto di esaminare le contrarie osservazioni del consulente tecnico di ufficio, che aveva concluso per l'inesistenza degli usi civici di pesca vantati dai Comuni di Faule, Polonghera e Pancalieri. Bastano poche considerazioni per dimostrare che la censura si in frange contro un apprezzamento di fatto, esente da vizi logici e da errori di diritto e come tale insindacabile in Cassazione. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Nell'approvare la decisione del Commissario, la sentenza impugnaJa, dopo avere giustamente ricollegato la formazione degli usi civici in questione all'istituto della libera spesa praticata ab antiquo dalle popolazioni del luogo per sopperire alle loro esigenze primarie, rilev, non senza fondamento, che da un punto di vista generale l'esercizio continuativo di detta pratica lungo il corso dei secoli lascia facilmente presumere la costituzione di esclusivi diritti di godimento, originari e preesistenti all'infeudazione, consolidatisi vieppi col prevalere in quelle regioni delle forme di propriet comune del diritto germanico. Osserv poi, in particolare, che la prova dell'esistenza degli usi civici di pesca rivendicati dai Comuni di Faule, Polonghera e Pancalieri scaturiva da documenti inoppugnabili, nei quali l'espresso richiamo allo e jus prohibendi per le popolazioni delle altre collettivit importava per implicito l'affermazione di un diritto esclusivo di godimento, quale contenuto di un uso civico in senso proprio. innegabile la rilevanza probatoria delle presunzioni, trattandosi di speciali diritti, che risalgono a configurazioni di propriet fondiaria, come il condominio di diritto germanico. Non risolutiva stata ritenuta la prova documentale, specie perch per gli usi civici, che sono generalmente diritti originari e non derivativi, i titoli hanno pi spesso valore ricognitivo che costitutivo. Non si vede, quindi, come possano ipotizzarsi i denunciati vizi di insufficienza e contraddittoriet di motivazione o di violazione delle norme che regolano l'onere delle prove, quando risaputo che il giu dice di merito, nell'esercizio del suo potere di accertamento dei fatti della causa, non tenuto ad analizzare e confutare tutte le argomen tazioni addotte dalle parti a sostegno del loro assunto, n singolarmente tutte le risultanze del processo, purch, s'intende, dia adeguata giu stificazione del proprio convincimento e renda possibile il controllo dell iter logico seguito. Il terzo mezzo , invece, fondato. Giova ricordare che anche i Comuni di Casalgrasso e Lombriasco avevano chiesto il riconoscimento dell'uso civico di pesca, ma il Com missario aveva rigettato la domanda, dichiarando compensate le spese e ponendo in solido a carico dell'Amministrazione Finanziaria e del Consorzio per la tutela della pesca nel Piemonte e nella Liguria met della somma da ciascuno di essi anticipata per spese di consulenza tecnica. La Corte di Appello conferm questa pronuncia, dimenticando per che la facolt discrezionale del giudice di merito in ordine al regola mento dell'onere delle spese trova un limite nel divieto di condannare, sia pur parzialmente, la parte che sia totalmente vittorfosa. E 1'Aromi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nistrazione ricorrente era uscita interamente vittoriosa nei confronti dei suddetti Comuni di Casalgrasso e Lombriasco. Per tale capo la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla stessa Corte di Appello, la quale provveder anche per le spese del presente giudizio di Cassazione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 luglio 1967, n. 1790 -Pres. Pece Est. Berarducci -P. M. Gentile (conf.) -Ministero dell'Interno (avv. Stato De Maio) c. Alberotanza (avv. Villa). Cassazione -Decisione di questione formante oggetto di specifico motivo di ricorso -Rigetto del motivo -Divieto di riproposizione della questione nelle ulteriori fasi del giudizio -Sussiste. (c. p. c., art. 324). Danni -Valutazione e liquidazione -Svalutazion monetaria -Coefficiente di svalutazione -Apprezzamento del Giudice di merito Insindacabilit in Cassazione. Nel nostro sistema processuale non consentito n al giudice di merito, in sede di rinvio, n alla medesima Corte di Cassazione, ulteriormente adita, di modificare o riformare una decisione della stessa Corte, stante il principio che la questione, che ha formato oggetto di specifico motivo di ricorso per cassazione, ove il motivo stesso sia stato rigettato, non pu essere pi riproposta nelle ulteriori fasi del giudizio, per essersi sulla questione stessa formato il giudicato (1). L'apprezzamento del coefficiente di svalutazione in dipendenza del diminuito potere d'acquisto della moneta rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito, perch involge il controllo di dati di mero fatto o di comune esperienza, e, pertanto, si sottrae al controllo di legittimit della Corte di Cassazione (2). (1) Sembra appena il caso di avvertire che le sentenze della Corte di Cassazione -anche se in materia di regolamento -non sono ulteriormente impugnabili e perci non passano ma sono gi (formalmente) in giudicato, dal momento stesso della pronuncia ( nascono con carattere formale di giudicato: REDENTI, Diritto processuale civile, vol. II, Milano, 1953, 312; ZANzuccHI, Diritto processuale civile, vol. II, Milano, 1948, 273, parla di inoppugnabilit della pronuncia emessa dalla Corte di Cassazione, ancorch da una singola Sezione, sia essa sentenza di rettificazione, di rigetto o di accoglimento). (2) V., in senso conforme, Cass., 13 ottobre 1961, n. 2114, Giust civ., Mass., 1961, 934, sub 2, ed ivi ulteriori riferimenti. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Col primo motivo si censura la sentenza impugnata, lamentandosi :he il giudice di rinvio non abbia esaminato la questione dell'eventuale >reclusione della impugnativa dell'indennit fissata dal Prefetto, per ntervenuta accettazione della indennit medesima, accettazione consi; tente nel fatto che l'Alberotanza ebbe a chiedere gli aumenti di legge. )econdo lAmministrazione ricorrente, la preclusione, esclusa dalla :!orte di Bari, avrebbe potuto essere ritenuta dalla Corte di rinvio, se iuesta avesse esaminato la relativa questione. Il motivo infondato. Con tale motivo, invero, la ricorrente, sostanzialmente, ripropone, >er sua stessa .ammissione (v. pagg. 13 e segg. del ricorso), la que: tione della violazione della norma di cui all'art. 51 della legge n. 2359 lel 1865, sulle espropriazioni per pubblica utilit, che ebbe a formare 1ggetto dell'unico motivo del ricorso incidentale nella precedente 'ase del giudizio di legittimit, motivo che venne rigettato integralnente con la decisione di questa Corte Suprema a Sezioni Unite, che ia dato luogo al giudizio di rinvio. Il motivo, pertanto, resistito dal ilievo che, com' giurisprudenza costante di questo Supremo Collegio, iel nostro sistema processuale non consentito n al giudice di merito, n sede di rinvio, n alla medesima Corte di Cassazione, ulteriormente 1dita; di modificare o riformare una decisione della stessa Corte, stante 1 principio che la questione che ha formato oggetto di specifico motivo li ricorso per cassazione, ove il motivo stesso sia stato rigettato, non m essere pi riproposta nelle ulteriori fasi del giudizio, per essersi ulla questione stessa formato il giudicato. Con il secondo motivo si sostiene che, nel cassare, in accoglimento lel motivo proposto dall'Alberotanza, la sentenza della Corte di Bari, 1uesto Supremo Collegio avrebbe affermato il principio, secondo cui a possibilit di determinare liberamente il canone, a norma del decreto t. 669 del 1945, sussisteva, sempre che la situazione non fosse collegabile :on precedenti locazioni. Si spiega dalla ricorrente che l'annullamento !ella sentenza della Corte barese avvenne a motivo di una pretesa :ontraddittoriet di motivazione, ravvisata da questo Supremo Colegio nel fatto che la Corte di merito, da un lato, aveva ritenuto appli: abile il canone bloccato e, dall'altro, aveva escluso la successione lel rapporto determinato dalla requisizione rispetto alla precedente ocazione con la Federazione fascista. Ma, poich il concetto di succesione diverso da quello di collegabilit o riferibilit (che la Corte >arese non ebbe ad escludere), sarebbe toccato al giudice di rinvio : he, invece, avrebbe omesso di farlo -accertare se la riferibilit ussisteva. In ordine a questo motivo non pu che ripetersi l'osservazione atta in ordine al primo motivo. J 828 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La questione, se la determinazione dell'indennit per il periodo di occupazione legittima dell'immobile dovesse essere effettuata con riferimento ai prezzi del regime di blocco delle pigioni, vigente all'epoca della requisizione, oppure con riferimento ai prezzi del mercato libero, venne, infatti, posta dallo Alberotanza con il quinto motivo del ricorso principale avverso la decisione della Corte di Bari e, contrariamente a quanto afferma nel motivo in esame l'Amministrazione ricorrente, fu, da questa medesima Corte Suprema a Sezioni Unite, decisa nel senso che, escluso qualsiasi collegamento fra la locazione che l'Alberotanza aveva a suo tempo stipulata con la Federazione fascista e quella che lo stesso avrebbe potuto concludere nel 1946, se il fabbricato _non fosse stato requisito dal Prefetto di Bari, l'indennit spettante all'Alberotanza doveva essere determinata con riferimento ai prezzi del mercato libero. La questione , quindi, coperta dal giudicato, che ne preclude, conseguentemente, il riesame. Con il terzo e il quarto motivo, che vanno esaminati congiuntamente perch sono connessi, si censura la sentenza impugnata ,assumendosi che, mentre il Supremo Collegio aveva stabilito che doveva porsi a base della determinazione dell'indennit il canone ricavabile da una libera contrattazione nell'agosto del 1946, il giudice di rinvio partito, invece, dal canone contrattato dall'Alberotanza con la Federazione fascista nel 1938, applicando, poi, un indice di svalutazione del 36,29. Con ci, oltre a violare il principio enunciato dal Supremo Collegio, il giudice di rinvio avrebbe omesso di considerare che l'indice ufficiale di svalutazione un indice medio, alla formazione del quale il costo delle locazioni non concorreva, perch esistevano le leggi del blocco. Inoltre, si assume che, nell'adottare l'indice 1934-1946, la Corte di rinvio avrebbe omesso di considerare che, fino al 1943, i canoni delle locazioni erano rimasti bloccati, sicch il periodo 1934-1943 avrebbe dovuto essere escluso dalla rivalutazione attuata col sistema dei numeri indici. Anche tali motivi sono infondati. La Corte di rinvio, rilevata la pratica impossibilit di conoscere il canone medio delle locazioni sul libero mercato, nel 1946, per il motivo che dalla consulenza tecnica in atti risultava che, mentre da un lato mancava, in quel periodo, nonostante che assillante ne fosse la domanda, una offerta di locali da affittare, dall'altro nei pochi con tratti registrati il prezzo reale era sempre occultato, ha proceduto alla determinazione del prezzo base, che l'Alberotanza avrebbe conseguito sul libero mercato nel 1946, partendo dal canone di locazione libera mente stabilito per lo stesso immobile tra l'Alberotanza e la Federa zione fascista nel 1934 e, quindi, applicando a tale canone l'indice ufficiale di svalutazione della moneta fra gli anni 1934 e 1946. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dal giudice di rinvio, dato che giurisprudenza di questa Corte Suprema (ved. sent. n. 2114 del 1962) che l'apprezzamento del coefficiente di svalutazione, in dipendenza del diminuito potere d'acquisto della moneta, rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito, perch involge il controllo di dati di mero fatto o di comune esperienza e, pertanto, si sottrae al controllo di legittimit della Corte Suprema. Il ricorso, per le considerazioni che precedono, deve essere, pertanto, rigettato, con le conseguenze di legge. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 26 luglio 1967, n. 1983 -Pres. Boccia -Est. Sbrocca -P. M. Pascalino (conf.) -Sezione speciale per la riforma fondiaria dell'Ente per lo sviluppo della irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia e Lucania (avv. Stato Cavalli) c. Societ L'Assicuratrice italiana (avv. Gentile, Biamonti). Obbligazioni e contratti -Contratto a favore di terzo -Posizione del terzo. (C. c., art. 1411). Obbligazioni e contratti -Contratto a favore di terzo -Contratto di assicurazione per conto altrui o per conto di chi spetta -Differente rilevanza dell'interesse del terzo -Diritti nascenti dal contratto Titolarit esclusiva dell'assicurato -Sussiste -Conseguenze. (C. C., art. 1891). Nei contratti a favore di terzo, questi non parte, n in senso formale, n in senso sostanziale, del rapporto ed in tanto la stipulazione rivolta in suo favore, in quanto lo stesso contraente gli ha voluto attribuire tale vantaggio, al 'fine di soddisfare un proprio, personale interesse (1). Nei contratti di assicurazione per conto altrui o per conto di chi spetta, a differenza che nel contratto a favore di terzo, il titolare dell'interesse assicurato il terzo ed il fatto che il contraente abbia concluso l'assicurazione in base ad un rapporto interno con l'assicurato non influisce in alcun modo sulla disciplina del contratto, la validit del quale non subordinata, questa volta, ad un interesse del contraente, che in concreto ptt anche mancare. Ne deriva che i diritti nascenti dal contratto, ed in particolare quello al pagamento dell'inden (1) Nel contratto a favore di terzo il connotato tecnico-giuridico saliente dato da questo: che un effetto accessorio (favorevole) prodotto dal contratto nei confronti di persona (determinata in atto, o determinabile: arg. 1920 cpv.), la quale resta estranea al contratto (terzo beneficiario) : cosi MEssINEo, Manuale di diritto civile e commerciale, voi. II, p. 2, Milano, 1952, 504. In senso conforme alla massima, v. anche Cass., 9 luglio 1966, n. 1807, Giur. it., Mass., 1966, 800 sub e. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Ora, ci facendo, la Corte di rinvio non ha affatto violato il prinipio di diritto enunciato da questo Supremo Collegio nella sentenza di nnullamento. Affermato che l'indennit spettante all'Alberotanza non andava .eterminata con riferimento ai canoni delle locazioni sottoposte al egime di blocco, ma andava, invece, determinata con riferimento ai rezzi delle locazioni libere, questo Supremo Collegio cass la sentenza .ella Corte barese e rinvi la causa alla Corte di Lecce, con lo speci. co incarico, appunto, di determinare il canone, che dalla locazione ell'anzidetto immobile l'Alberotanza avrebbe conseguito nel 1946 in .na libera contrattazione. Ma ci statuendo, questa Corte Suprema on fiss le modalit da seguire per pervenire all'anzidetta determinaione e, quindi, lasci libero il giudice di rinvio di servirsi di quegli lementi, che pi si fossero dimostrati confacenti al caso. E, muovenosi liberamente in questo ambito, il giudice di rinvio, posto di fronte lla materiale impossibilit di servirsi, al fine di adempiere all'incarico ffidatogli, dell'elemento costituito dal prezzo medio delle locazioni ul libero mercato, ha fatto ricorso all'unico elemento certo, di cui po~ va disporre, per desumere il prezzo, che I'Alberotanza avrebbe conseuito in una libera contrattazione, ossia al canone liberamente fissato ~a lo stesso Alberotanza e la Federazione fascista nel 1934, con la magiorazione conseguente alla svalutazione monetaria intervenuta nel eriodo dal 1934 al 1946. Pertanto, lungi dal violare la statuizione di questo Supremo Col~ gio, il giudice di rinvio si , al contrario, mantenuto perfettamente derente a tale statuizione, interpretandone lo spirito oltre che la let~ ra, con una decisione, che, peraltro, sotto il profilo della concretezza, ppare favorevole all'Amministrazione, se si riflette che ben pi elevata uebbe stata l'indennit spettante all'Alberotanza, ove, per determiarla, il giudice di rinvio avesse potuto utilizzare i dati relativi ai prezzi eali, notoriamente alti, pattuiti nei contratti stipulati sul mercato, iori del vincolo del blocco, nell'epoca interessante il giudizio. Prive di qualsiasi consistenza sono, poi, le osservazioni della icorrente, relative alla inapplicabilit, al caso di specie, dell'indice di ralutazione della moneta. Detta svalutazione, invero, un fatto storico erificatosi incontestabilmente, nonostante l'esistenza delle leggi sul locco dei fitti, e, come esattamente ritenuto, anche se per implicito, al giudice di rinvio, essa ha esercitato una concreta influenza sulla eterminazione dei canoni delle locazioni non bloccate. Onde la sua pplicabilit al caso di specie, in cui si trattava, appunto, di determiare il canone, che l'Alberotanza avrebbe potuto ottenere in una libera mtrattazione. N maggiore consistenza le osservazioni della ricorrente potrebero avere, se riferite alla misura del coefficiente di svalutazione ritenuto PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 11.itd, spettano unicamente all'assicurato medesimo, a meno che ii con~ raente non agisca in veste di rappresentante o quale cessionario di ~ostui; e che, se l'assicurato dichiara di non voler profittare dell'assicu azione, il contratto si risolve, manifestandosi l'inesistenza di quell'in~ eresse, che ne costituisce l'imprescindibile presupposto. Dalla dichiara~ ione dell'assicurato, se emessa dopo che si verificato il sinistro, coniegue, per, iL diritto del contraente, di ottenere dallo stesso assicura~ ore il rimborso del prezzo pagato, poich, altrimenti, quest'ultimo si zrricchirebbe indebitamente a spese del primo (2). (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso si denuncia la violadone degli articoli 1411, 1891, 1362 e 1363 c. c., nonch il vizio di irra~ ionalit della motivazione circa un punto decisivo della controversia ~ si deduce che la Corte di merito ha erroneamente ritenuto che l'assicurazione cumulativa contro gli infortuni, stipulata con l'istituto :issicuratore dalla Sezione Speciale per la riforma fondiaria per conto :Iel proprio personale impiegatizio, si inquadri esclusivamente nello ;chema dell'assicurazione per conto altrui, previsto e disciplinato :lal citato art. 1891. L'errore sarebbe effetto di un esame incompleto e Erammentario delle clausole contrattuali: esame, che, se fosse stato invece condotto seguendo i criteri legali di interpretazione, e cio interpretando le clausole le une per mezzo delle altre, attribuendo a ~iascuna il senso che risulta dal complesso dell'atto, avrebbe portato a ~oncludere che, accanto all'assicurazione per conto, la Sezione aveva lnteso garantire se stessa per l'ipotesi che dell'infortunio fosse tenuta :i. rispondere civilmente verso i terzi assicurati. In altri termini, secondo .1 ricorrente, al rischio tipico del ramo, cio l'infortunio per tutte o per :ilcune soltanto delle sue conseguenze (nella specie: morte e invalidit ;>ermanente, con esclusione della inabilit temporanea), si era aggiunto, in una form!'l mista o combinata, il rischio tipico della responsabilit ~ivile, da cui la Sezione contraente si era voluta garantire, stipulando l'assicurazione, oltre che in nome proprio, anche nel proprio interesse. Le censure non meritano di essere accolte. (2) La giustificazione dell'ultima parte della massima col princ1p10 :lel divieto dell'ingiustificato arricchimento' (art. 2041 c. c.) non sembra trovi 11lteriore appoggio nell'ultimo comma dell'art. 1891 c. c., ritenuto, invece, falla sentenza in rassegna, applicabile anche al caso considerato, poich :iuella norma si riferisce alla diversa ipotesi dell'efficacia del contratto e :i.ccorda al credito del contraente (verso l'assicurato) per il rimborso dei premi pagati all'assicuratore e delle spese del contratto un privilegio sulle ;omme dovute (all'assicurato) dall'assicuratore. Sulla prima parte della massima, v., in senso conforme, Cass., 15 giugno 1964, n. 1523, Giur. it., Mass., 1964, 499, sub a, ed ivi nota (1) di ulteriori riferimenti. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La Corte di merito, infatti, premesso che la Sezione non aveva contestato di dovere al proprio impiegato il risarcimento dei danni derivanti dall'infortunio subito, le ha negato la rivalsa nei confronti dell'assicuratore, sul riflesso che, essendo stata l'assicurazione stipulata per conto dell'impiegato, lo schema del contratto a favore di terzi, in cui si inquadrano sia l'assicurazione per conto altrui che quella per conto di chi spetta, importa, secondo l'articolo 1891 c. c., che i diritti derivanti dal contratto spettano all'assicurato e il contraente, anche se in possesso della polizza, non pu farli valere senza espresso consenso dell'assicurato medesimo. Ora -ha agginuto la Corte -l'assicurato non solo non aveva manifestato codesto consenso, ma aveva anzi rifiutato di volere profittare del contratto: donde la conseguenza che la prestazione non rimaneva a beneficio del contraente, come in caso di rifiuto del terzo dispone l'art. 1411 c. c., disciplinando in via generale il contratto a favore di terzo, perch l'art. 1891 deroga a tale norma, riconoscendo al contraente soltanto il diritto al rimborso della parte di premio inutilmente pagata. Queste conclusioni devono essere condivise, non potendo imputarsi alla Corte neppure un incompleto esame delle clausole contrattuali. Infatti, nei contratti a favore di terzo, questi non parte n in senso formale, n in senso sostanziale ed in tanto la stipulazione rivolta a suo favore in quanto lo stesso contraente gli ha voluto attribuire tale vantaggio al fine di soddisfare un proprio personale interesse. Nelle assicurazioni per conto altrui o per conto di chi spetta, invece, il titolare dell'interesse assicurato il terzo ed il fatto che il contraente abbia concluso l'assicurazione in base ad un rapporto interno con l'assicurato non influisce in alcun modo sulla disciplina del contratto, tanto vero che l'art. 1891 non ne subordina la validit ad un interesse del contraente, che in concreto potrebbe anche mancare. Dalla decisiva rilevanza dell'interesse dell'assicurato deriva che i diritti nascenti dal contratto, ed in particolare quello al pagamento dell'indennit, spettano unicamente all'assicurato medesimo, a meno che il contraente non agisca in veste di rappresentante o quale cessionario di costui; e che, se l'assicurato dichiara di non volere profittare dell'assicurazione, il contratto si risolve, appunto perch si manifesta l'inesistenza di quell'interesse, che ne costituisce un imprescindibile presupposto. Dalla dichiarazione dell'assicurato, se emessa dopo che si verificato il sinistro, consegue invece l'effetto che il contraente possa invocare l'ultimo comma dell'articolo 1891 e ottenere dallo stesso assicuratore il rimborso dei premi pagati, bench la norma, accordando il privilegio al contraente, sembri volersi riferire soltanto all'ipotesi esattamente opposta; ma la soluzione, accolta dalla Corte PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 833 :li merito, giustificata dal rilievo che l'assicuratore, una volta liberato :lai pagamento dell'indennit, si arricchirebbe indebitamente a spese :lei contraente, se, pur non avendo corso alcun rischio, non dovesse ~estituire le somme incassate. La tesi del ricorrente, dell'esistenza, nella specie, di una forma !ombinata di assicurazione (infortuni e responsabilit civile) stata lmplicitamente disattesa dal giudice di appello. Essa si richiama ad una clausola, consueta nelle polizze del ramo, ;econdo cui, qualora il contraente sia ritenuto responsabile dell'infor; unio, egli ha diritto di imputare nel risarcimento dovuto all'assicurato l'indennit corrisposta dall'assicuratore. La tesi infondata. Nel caso, non si prospetta la trasformazione dell'assicurazione contro gli infortuni dei dipendenti a favore e, quindi, per conto dei medesimi riell'assicurazione della responsabilit civile del datore di lavoro per 11n concorrente interesse di quest'ultimo con l'interesse dell'assicurato, ma si afferma l'esistenza, in un medesimo contratto, delle due diverse assicurazioni. Senonch la clausola in esame non ha n la finalit, n l'efficacia, che sembra assegnarle il ricorrente, bensi quelle, assai pi limitate, di precludere all'assicuratore di agire in surrogazione dell'assicurato contro il contraente responsabile del sinistro (surrogazione, che , in via generale, ammessa anche nelle assicurazioni contro gli infortuni dall'art. 1916, ultimo comma, c. c.), o, in altri termini, di porre in essere una rinuncia dell'assicuratore ad esercitare nei confronti del contraente l'azione di surrogazione: il che non altera i termini obiettivi e subiettivi del contratto, il quale rimane unicamente un'assicurazione per conto altrui, con gli effetti, per il contraente, che si sono pi sopra specificati. Concludendo, il ricorso deve essere rigettato. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 26 luglio 1967, n. 1988 -Pres. La Porta -Est. Di Marco -P. M. Cutrupia -Amministrazione delle Ferrovie dello Stato (avv. Stato Ricci) c. Ferri (avv. Lanzetti, Occhipinti). Trasporto -Trasporto di persone sulle ferrovie dello Stato -Danni al via~~iatore -Anormalit dell'esercizio ferroviario -Apertura improvvisa deUo sportello -Responsabilit della P. A. (C.T. per i trasporti di persone sulle FF. SS., approvate con r. d. 11 ottobre 1934, n. 1948, art. 11, par. 4, e quindi con d. interm. 13 dicembre 1956, n. 2171, art. 13, par. 4). L'apertura improvvisa di uno sportello del convoglio ferroviario costituisce di per s anormalitd del servizio ferroviario, riconducibile RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO al comportamento antigiuridico dell'Amministrazione ferroviaria, rientrando nella norma che le vetture ferroviarie destinate al trasporto delle persone abbiano, durante il viaggio, gli sportelli chiusi (1). (Omissis). -L'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato con l'unico motivo dedotto denuncia la violazione dell'art. 11, par. 4, delle condizioni e tariffe per i trasporti delle persone sulle ferrovie, approvate con r. d.1. 11 ottobre 1934, n. 1948, convertito nella legge 4 aprile 1935, n. 911, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., e si duole in particolare che la Corte: a) abbia ritenuto sussistente l'anormalit del servizio per il solo fatto dell'apertura dello sportello, mentre tale evento sarebbe potuto essere considerato come anormale soltanto qualora fosse stata individuata la causa che lo aveva prodotto e detta causa si fosse potuta ricollegare a un fatto colposo di essa ricorrente; b) non abbia tenuto conto di un punto decisivo della controversia, che risultava dalle prove assunte, concernente l'avvenuta chiusura dello sportello da parte del personale addetto, al momento della partenza del treno dalla stazione di Milano. Le censure sono infondate. In base al disposto dell'art. 11, par. 4, delle condizioni e tariffe, l'Amministrazione ferroviaria risponde dei danni alla persona del viaggiatore, qualora questi dimostri l'anormalit del servizio e il nesso di causalit tra detta anormalit e l'evento dannoso. Dopo di che diviene (1) Sulla questione della responsabilit dell'Amministrazione ferroviaria per i danni subiti dal viaggiatore in conseguenza dell'improvvisa apertura dello sportello di un treno in movimento cfr. FRENI, Sulla responsabilitd dell'Amministrazione FF.SS. per i danni alla persona del viaggiatore, in questa Rassegna, 1967, I, 67. Con la sentenza in esame la Corte di Cassazione, evidentemente inftuenzata dalle massime, tratte dalle precedenti decisioni, richiamate nella motivazione (Cass., 13 maggio 1964, n. 1148 in questa Rassegna, 1964, I, 716, sub 5-6-7, con nota critica redazionale, a cui si rimanda, e 14 febbraio 1963, n. 300, in Foro it., 1963, I, 1771) -massime formulate, come si . gi avuto occasione di osservare, in modo inesatto ed astraendo dal fatto sub iudice -afferma tout court che l'improvvisa apertura dello sportello di un treno in movimento costituisce di per s anormalit del servizio, riconducibile al comportamento antigiuridico della Amministrazione ferroviaria, rientrando nella norma che le vetture ferroviarie destinate al trasporto delle persone durante il viaggio abbiano gli sportelli chiusi. La riferita affermazione lascia veramente perplessi. Infatti, a parte le considerazioni gi svolte nella nota dianzi citata, alla quale si fa rinvio, sembra evidente come l'anormalitd, considerata dalla sentenza, sia non gi l'anormalit -intesa come inosservanza di norme giuridiche -verificatasi nell'esercizio ferroviario, alla quale la legge ha riguardo, ma una anormalit -intesa in relazione a ci che pi frequentemente accade -riferita ad un fatto diverso, quale appunto t PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 835 operativa la presunzione di colpa stabilita a carico dell'azienda vettrice, con la conseguenza che questa, per vincere tale presunzione, deve provare che l'anormalit sia dipesa da fortuito, o da colpa esclusiva del danneggiato o di un terzo, o che, comunque, non possa esserle imputata. Il concetto di anormalit del servizio si concreta in un fatto che costituisce una deviazione rispetto all'ordinato e regolare svolgimento del servizio stesso. E il fatto, pur essendo ricollegabile a cause varie, quali lo stato del materiale, il funzionamento dei mezzi adoperati e l'attivit del personale addetto, contraria alle predisposte norme regolamentari o alle stesse regole di comune prudenza, ai fini dell'applicazione. della disposizione della legge speciale richiamata deve essere considerato unicamente nella sua obiettivit. In tale senso l'orientamento di questo Supremo Collegio, il quale ha avuto occasione di ritenere ripetute volte (Cass., 13 maggio 1964, n. 1148; 14 febbraio 1963, n. 300; 20 giugno 1959, n. 1945), proprio nella materia che qui particolarmente interessa, che l'improvvisa apertura dello sportello di un treno in. movimento cost~tuisce di per s anormalit del servizio, riconducibile al comportamento antigiuridico dell'Amministrazione ferroviaria, rientrando nella norma che le vetture ferroviarie destinate al trasporto di persone durante il viaggio abbiano gli sportelli chiusi. Una volta, quindi, accertato l'evento anzidetto, nella sua concreta obiettivit, il viaggiatore ha diritto di essere risarcito del danno subito, quello che durante il viaggio le vetture ferroviarie abbiano gli sportelli chiusi. Che corrisponda all'id quod plerumque accidt che le vetture ferroviarie durante il viaggio abbiano gli sportelli chiusi indubbiamente e fortunatamente vero. Ma ci non significa affatto che l'apertura dello sportello, durante la marcia, debba o possa senz'altro essere riferita ad una anormalit _, in senso giuridico -verificatasi nell'esercizio ferroviario. Infatti 'l'apertura dello sportello da un lato non presuppone necessariamente che lo sportello stesso non fosse chiuso all'atto della partenza del treno, n presuppone che si sia aperto per un difetto del materiale o per carenza dell'attivit del personale, cio per fatto inerente al servizio; d'altro lato dire che anormale -in senso atecnico -che durante il viaggio le vetture ferroviarie non abbiano gli sportelli chiusi, non postula affatto che ci che appare abnorme sia conseguenza di una anormalit verificatasi nell'esercizio ferroviario. Per poter affermare una siffatta anormalit -in senso tecnico giuridico - necessario dimostrare appunto la dipendenza di quel fatto anormale o, pi esattamente, inconsueto o non frequente, da un fatto anormale verificatosi nell'esercizio ferroviario: cio occorre dimostrare il fatto specifico, inerente al materiale mobile o all'attivit degli agenti ferroviari, nel quale consisterebbe l'anormalit del servizio ferroviario, ed il nesso di causalit tra detto fatto e il fatto inconsueto, causativo del danno (in tale senso cfr. Cass., Sez. Un., 8 febbraio 1958, n. 408, Foro it., 1958, I, 445). Altrimenti si confonde tra semplice anormalit del J 836 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO senza necessit di individuare e provare la causa specifica che ha dato luogo all'anormalit del servizio, sussistendo in suo favore la presunzione di colpa stabilita a carico dell'Amministrazione. Ove, infatti, si dovesse richiedere la prova che l'apertura dello sportello avvenuta per difetto di costruzione o di manutenzione o del funzionamento del meccanismo di chiusura, oppure per negligenza del personale, si addosserebbe al danneggiato, contro il disposto della legge, l'onere di dimostrare che l'anormalit del servizio -e, quindi, per la connessione esistente tra le due circostanze, anche l'evento dannoso dipesa da causa imputabile alla Amministrazione e resterebbe del tutto inoperante la presunzione che grava su quest'ultima. Il giudice di appello si uniformato a tali principi ed ha poi ritenuto, quanto al punto sub b, che l'Amministrazione non aveva dato la prova liberatoria, poich i testimoni sentiti, pur avendo affermato che lo sportello era chiuso, non avevano precisato se tale loro convincimento derivasse dal fatto che il congegno di chiusura fosse funzionante e fosse regolarmente scattato, oppure dalla mera constatazione che il battente fosse soltanto accostato. Ha anche aggiunto, con riguardo a una valutazione complessiva delle risultanze istruttorie, che 1'Amministrazione non aveva dimostrato che il personale di scorta, prima della partenza del treno, avesse verificato la chiusura degli sportelli. Ora, la valutazione delle prove da parte del giudice di ~erito incensurabile in sede di legittimit qualora le ragioni enunciate nella motivazione della sentenza siano immuni da contraddizione o da vizi fatto, intesa come improbabilit del suo verificarsi, assolutamente irrile vante, e l'anormalit del servizio ferroviario, giuridicamente intesa come deviazione dalle norme che regolano il servizio stesso, sulla quale fon data la responsabilit dell'Amministrazione ferroviaria; e si finisce per addossare all'Amministrazione stessa la responsabilit per ogni accidenta lit del trasporto, obliterando completamente la diversa portata e il diverso regime della responsabilit dell'Amministrazione ferroviaria rispetto a quella del comune vettore (art. 1681 c. c.), esattamente ribadita da ultimo da Cass., 18 maggio 1966, n. 1279 (in questa Rassegna 1967, I, 67) e ponendo a carico dell'Amministrazione ferroviaria la stessa presunzione di colpa che grava a carico del vettore comune. Nel caso poi da rilevare come ad escludere l'anormalit del servizio non sia bastata la prova fornita dall'Amministrazione, che lo sportello era chiuso, e ci in base al rilievo che i testi non avevano precisato se tale loro convincimento derivasse dal fatto, che il congegno di chiusura fosse fun zionante e fosse regolarmente scattato, oppure dalla mera constatazione che il battente fosse soltanto accostato. In tale modo non solo si sovverte l'onere della prova, ma si pretende dall'Amministrazione una prova tal mente rigorosa e fuori da ogni concreta possibilit, che si risolve nel porre a carico dell'Amministrazione stessa una vera e propria responsabilit oggettiva. A. FRENI PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE logici e denotino che tutti gli elementi rilevanti e utili ai fini della decisione della controversia siano stati esaminati, sia pure per implicito, a nulla rilevando che l'interpretazione di tali elementi, come avvenuto nella specie, sia stata difforme da quella sostenuta dalla parte. Il ricorso deve essere pertanto rigettato con le conseguenze di legge quanto alle spese. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 agosto 1967, n. 2088 -Pres. Rossano -Est. Leone -P. M. Chir (parz. diff.) -Occhiodoro (avv. Ughi) c. Ministero Difesa-Esercito (Avv. Stato Carafa). Sentenza -Sentenza non definitiva -Riserva di provvedere su una domanda -Effetto preclusivo dell'esame dell'ammissibilit in rito della domanda stessa -Esclusione. (c. p. c., artt. 277, 279). Procedimento civile -Domanda riconvenzionale -Domanda riconvenzionale tardiva -Preclusione -Necessit dell'eccezione di tardivit -Sussiste -Accettazione del contraddittorio da parte del convenuto -Esclusione della preclusione ed obbligo del Giudice di prendere in esame la domanda -Sussistono. (c. p. c., artt. 36, 167, comma primo). Propriet -Modi di acquisto della propriet -Accessione -Qualit di terzo dell'esecutore dell'opera sul fondo altrui -Nozione -Applicazione anche ai casi di contratto dichiarato nullo od inefficace Sussiste. (c. c., art. 936). Propriet -Accessione -Opera accedente al fondo alieno e migliorie Differenza -Coincidenza in una determinata costruzione dei caratteri dell'opera accedente e della miglioria -Applicabilit delle norme sull'accessione -Sussiste, ove ricorra il presupposto della qualit di terzo dell'autore della costruzione -Migliorie, che, pur eseguite da terzo, non abbiano.anche i caratteri delle accessioni ex art. 936 c. c. -Questione di indennizzabilit -Inquadramento concettuale (teoria delle restituzioni) -Indennizzo. (c. c., art. 936, artt. 201, 748, 749, 985, 1150, 1502, 1592, 1633, 1651, 2864, arg. artt. 1443, 146.3, 1493, 1526, 2033). Obbligazioni e contratti -Rapporti contrattuali di fatto -Nozione Applicabilit con riferimento ad un contratto obbligatorio invalido J 838 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di attribuzione del godimento di un immobile ed alla sua attuazione medio tempore. (c. c., artt. 2028, 2126, 2295, 2297, 2317). Demanio e patrimonio -Concessione per sfruttamento agricolo di terreni facenti parte di una tenuta militare -Inefficacia della concessione -Opere stabili di miglioria eseguite medio tempore dal concessionario -Applicabilit della disciplina delle accessioni Sussiste. (d. Ig. lgt. 5 ottobre 1944, n. 249, art. 4; c. c., art. 936). Se vero che la p1onuncia di merito su una domanda giudiziale presuppon necessariamente risolte le questioni relative all'ammissibilit in rito della domanda stessa, eguale effetto preclusivo non pu attribuirsi alla semplice riserva di provvedere, per la quale non sussiste la relazione di necessit logica e tecnica di risoluzione implicita della questione preliminare, di rito, circa l'ammissibilit della domanda (1). La preclusione della domanda riconvenzionale tardiva, cio non proposta con la comparsa di risposta o nella prima udienza di trattazione, non stabilita a pena di nuUit, ma nell'esclusivo interesse dell'altra. parte, epper, se questa, anzich opporsi al tardivo ampliamento della materia del contendere, abbia accettato il contraddittorio in ordine alla domanda riconvenzionale, esaminandone il merito, il giudice tenuto a pronunziare anche su quella domanda (2). Ai fini dell'applicazione della disciplina sull'accessione, di cui al l'art. 936 c. c., la qualit di te1zo va attribuita a chi abbia eseguito le opere senza titolo, il che si verifica anche allorquando l'opera sia stata eseguita in esecuzione di un contratto dichiarato nullo od inefficace (3). (1) Ed invero -avverte la sentenza in rassegna -la riserva, in mancanza di qualsiasi precisazione, investe il complesso delle questioni concernenti la domanda, sia di rito che di merito. Sul potere discrezi'Onale del giudice, di limitare la pronuncia ad una parte soltanto del thema decidendum, v. Cass., 10 maggio 1966, n. 1195, Giust. civ., Mass., 1966, 683, sub 3. Ove la questione fosse stata, invece, decisa, non sarebbe consentito al giudice, in sede di sentenza definitiva, di riprenderla in esame, essendosi al riguardo formata una preclusione: Cass., 28 marzo 1966, n. 814, Giust. civ., Mass., 1966, 464, sub 3. (2) Conf. Cass., 4 maggio 1962, n. 870, Giust. civ., Mass., 1962, 431, sub 1, ed ivi nota di ulteriori riferimenti; 29 luglio 1959, n. 2436, Foro pad., 1960, I, 33. (3) Conf. Cass., 4 luglio 1966, n. 1724, Giust civ., Mass., 1966, 983, sub 2, ed ivi nota di riferimenti di d'Ottrina e giurisprudenza, cui adde Cass., Sez. Un., 9 dicembre 1960, n. 3214, Foro pad., 1961, I, 270. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Mentre costituiscono migliorie le opere dell'uomo eseguite su un fondo per accrescerne stabilmente la produttivit e, quindi, il valore, la nozione di accessione, ai sensi dell'art. 936 c. c., ristretta ad entit materiali che siano state incorporate nel suolo altrui e siano quindi attmtte nella p1opriet del fondo, a cui accedono, senza diretta considerazione che esse siano o meno rivolte a causarne un incremento produttivo e tale incremento abbiano in effetti determinato. Le due nozioni, di miglioria e di opera accedente al fondo, concettualmente diverse, possono coincidere in una determinata costruzione ed in tal caso possibile che a questa (in quanto possa considerarsi eseguita senza titolo) si applihino le norme sull'accessione, mentre per quelle migliorie, che, pur apportate ad un fondo da chi deve considerarsi terzo (in conseguenza dell'accertata nullit del contratto in vista del quale esse furono _eseguite), non rivestano anche le caratteristiche delle accessioni a sensi dell'art. 936 c. c., la questione della loro indennizzabilit ed in quale misura, al di fuori degli schemi contrattuali e di quelli dell'accessione, potrebbe porsi nell'ambito della teoria delle restituzioni (4). Nella nozione di contratto di fatto si comprendono alcuni rapporti (societ di fatto, lavoro subordinato di fatto, gestione di fatto), svoltisi come se costituiti su base negoziale, ma che tale fonte non hanno, per non essere state osservate norme vigenti, relative al concorso di elementi determinanti, richiesti a pena di nullit: in tali casi, il contratto regolare non si perfeziona, ma l'ordinamento intende salvare determinate situazioni costituitesi in conseguenza dello svolgimento di fatto del rapporto e stabilisce, caso per caso, con apposite norme, che, sulla base della specifica attivit svolta, nasca un'obbligazione di contenuto analogo a quello dell'obbligazione ex contractu. Una norma del genere manca pe1 l'ipotesi di esecuzione medio tempore di un contratto obbligatorio, invalido, di attribuzione del godimento di un immobile, epper, in tal caso, non pertinente il richiamo alla nozione di contratto di fatto (5). Dichiarato nullo un negozio di concessione in godimento di parte di una tenuta militare, nella quale il concessionario abbia eseguito, medio tempore, opere di miglioria, a tali opere, che presentino i carat (4) Sul concetto di migliorie o miglioramenti v. MESSINEO, Manuale di diritto civite e commerciale, I, Milano, 1952, 430 e seg. Su quello di restituzioni, m., op. cit., II, p. 2, Milano, 1952, 531 e seg. (5) Sulla nozione dei rapporti contrattuali di fatto v. gi Cass., 8 aprile 1961, n. 751, Giust. civ., Mass., 1961, 315, sub 3, ed ivi nota di riferimenti; in dottrina, v. MEssrnEo, Contratto irregolare (di fatto), in Enciclopedia del diritto, vol. X, Milano, 1962, 111 e segg., che, anche al di fuori dell'ambito contrattuale, esemplifica rapporti di fatto, qualificati praeter legem (art. 113, arg. ex art. 158 e.e.). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO teri delle accessioni previste nell'art. 936 c. c., applicabile la disci- plina giuridica stabilita in detto articolo (6). (Omissis). -I due ricorsi relativi alla medesima sentenza debbono essere riuniti, per essere decisi congiuntamente. Col primo motivo del ricorso Cesare Occhiodoro denunzia violazione degli artt. 167, 183 c. p. c., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c. p. c., per falsa applicazione, con motivazione difettosa ed extrapetizione, di principi e norme sul giudicato. Tali vizi sarebbero riscontrabili nella sentenza non definitiva del 1961, che ha ritenuto preclusa ogni questione circa l'ammissibilit della domanda riconvenzionale proposta dall'Amministrazione, per avere il Tribunale, nella sentenza non definitiva, fatto riserva di provvedere anche in ordine alla detta domanda, dopo l'assunzione dei necessari mezzi istruttori. Il ricorrente contesta che con tale pronunzia il Tribunale abbia implicitamente dichiarato ammissibile in rito la domanda riconvenzionale -dallo stesso Tribunale, con la sentenza definitiva, dichiarata inammissibile perch proposta tardivamente -e censura la sentenza di appello, che ci ha ritenuto, osservando che rinviare l'esame delle domande proposte dalle parti, in attesa di aquisire altri elementi di valutazione, significa rimettere al futuro ogni decisione, sia di rito che di merito, in ordine alle domande stesse, senza pregiudizio di sorta. La censura coglie un evidente errore di motivazione della sentenza impugnata (quella non definitiva), che per pu essere corretta, ai sensi dell'art. 384, 2 comma, c. p. c., dato che sul punto dell'ammissibilit della domanda riconvenzionale il dispositivo conforme a diritto. Se la pronunzia di merito su una domanda presuppone necessariamente risolte le questioni relative all'ammissibilit in rito della domanda stessa, eguale effetto preclusivo non si pu attribuire alla semplice riserva di provvedere, per la quale non sussiste la relazione di necessit logica e tecnica di risoluzione implicita della questione preliminare di rito, circa l'ammissibilit della domanda, potendo la riserva (6) Il problema dell'applicabilit dell'art. 936 c. c. alla P. A. stato gi risolto dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione in senso negativo, pel caso in cui sia la P. A. a costruire l'opera sul fondo altrui: Cass., 23 marzo 1965, n. 477, in questa Rassegna, 1965, I, 381, sub 2 (382), con nota di MAND; 7 ottobre 1954, n. 3386, Foro it., Mass., 1954, 682. Pel caso inverso, di cui costituisce esempio quello di cui alla sentenza in rassegna, giova osservare, in linea generale, che l'inapplicabilit di quella disciplina, non solo quando trattisi di beni demaniali, ma anche patrimoniali indisponibili, deriva, a non parlar d'altro, dalla indiscutibile esigenza del rispetto della P destinazione pubblica del bene, che non pu patire limitazioni, remore o . ' PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 841 riferirsi al complesso delle questioni concernenti la domanda, sia di rito che di merito, dovendo anzi ci ritenersi, in mancanza di una qualsiasi spiegazione sul punto dell'ammissibilit o inammissibilit della domanda. Ma la censura denunzia un error in procedendo , che consente al Supremo Collegio accertamenti anche di fatto. Nell'esercizio di questo potere, la Corte rileva che, proposta dall'Amministrazione la domanda riconvenzionale, l'Occhiodoro, nelle deduzioni scritte del 20 novembre 1949, la contrast nel merito punto per punto, senza minimamente eccepire in ordine alla tempestivit della proposizione. Anche nelle successive deduzioni scritte dell'll gennaio 1951 Occhiodoro esamin il merito della domanda riconvenzionale e, se introdusse tale esame col periodo Il Ministero convenuto ha -dopo la prima udienza istruttoria -specificato le partite , non trasse dall'inciso alcuna eccezione specifica circa l'ammissibilit in rito. della domanda del convenuto. Perfino nelle conclusioni scritte del 29 marzo 1951 l'attore chiese che venissero respinte le domande del Ministero, senza affatto rilevarne la tardivit della proposizione. L'eccezione di decadenza fu proposta solo con la comparsa del 17 novembre 1958, dopo che, con sentenza non definitiva, il Tribunale aveva fissato l'inquadramento giuridico della fattispecie e determinato, in relazione ad esso, gli accertamenti istruttori necessari. Ora, principio giurisprudenziale costante e di chiara ragione giuridica che, pur essendo precluso al convenuto, che non abbia pro posto la domanda riconvenzionale con la comparsa di risposta o nella prima udienza di trattazione, di proporla successivamente, tuttavia la preclusione non stabilita a pena di nullit. Pertanto, se l'altra parte, nel cui esclusivo interesse essa disposta, non l'abbia eccepita e, anzich opporsi al tardivo ampliamento della materia del contendere, abbia accettato il contraddittorio in ordine alla domanda riconven zionale, esaminandone ilmerito, il giudice tenuto a pronunziare anche su quella domanda (Cass., 4 maggio 1962, n. 870). Poich indubbio, da quanto esposto innanzi, che Occhiodoro ha accettato il contraddittorio sulla domanda riconvenzionale, con ci egli intrusioni di sorta e tanto meno pu essere condizionata a schemi di com portamento ipotizzati da norme privatistiche, com' confermato, peraltro, dagli stessi artt. 823, cpv., e 828, cpv., c. c. Con riferimento al caso di specie e per l'esatta qualificazione del rapporto, da ricondurre nell'ambito della concessione, pare decisivo consi derare la natura dell'immobile, senza omettere di avvertire, in proposito, che, ove si fosse trattato di bene meramente patrimoniale, non sarebbe stata neppure possibile la sua utilizzazione da parte dell'Amm.ne Militare, invece che da parte dell'Amm.ne Finanziaria (cfr. ZANOBINI, Corso di diritto am ministrativo, IV, Milano, 1958, 163). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ha tacitamente rinunziato ad opporre la preclusione a suo favore ed ha reso ammissibile la domanda riconvenzionale tardiva. Col secondo motivo il ricorrente denunzia violazione dell'art. 936 c. c. e falsa applicazione dell'art. 2041 c. c., nonch violazione del principio della res iudicata e vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 360, nn. 3 e 5, c. p. c., ed osserva che, a causa della dichiarata nullit del contratto per il periodo precedente al 19 dicembre 1945, esso Occhiodoro era detentore senza titolo del terreno e, pertanto, in ordine alle migliorie apportate ai fondi, doveva trovare applicazione l'articolo 936 c. c., che, anche secondo la giurisprudenza di questo Supremo Collegio, contempla, fra altre, l'ipotesi di opere fatte da un terzo con materiali propri su suolo altrui, detenuto in base ad un titolo radicalmente nullo ab origine . L'applicabilit della disciplina delle accessioni comporta l'esclusione dell'azione sussidiaria di arricchimento senza causa, erroneamente applicata alla fattispecie dalla Corte di appello. La censura fondata. La Corte d'appello ha deciso, nella dichhiarata prospettiva che non si dovesse attribuire all'Occhiodoro, a causa della nullit del contratto e per il periodo di occupazione senza titolo, un indennizzo maggiore di quello, che egli avrebbe potuto percepire, per le migliorie apportate, in virt di contratto valido. Tale pretesa ragione di equit, che peraltro trascura aspetti sa lienti della disciplina delle migliorie del locatario, rispetto alla disci plina delle accessioni del detentore, e non considera, in particolare, il diritto che ha il locatore di far propri i frutti, che, aumentati per effetto dell'accresciuta produttivit conseguente alle migliorie, possono ripagarlo in tutto o in parte della spesa per esse sostenuta, non pu, in ogni caso, indurre l'interprete a disapplicare norme e principi, che in modo diretto e specifico regolano la concreta fattispecie. Ci premesso, deve osservarsi che costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questo Supremo Collegio il principio che il disposto dell'art. 936 c. c. trova applicazione anche quando il detentore del fondo, che ha eseguito le accessioni, sia privo di titolo, che lo abiliti a farlo, perch il contratto, che tale funzione doveva esplicare, stato dichiarato nullo o inefficace (Cass., 9 dicembre 1960, n. 3214; 4 luglio 1966, n. 1724). Nelle decisioni ora richiamate stato messo in evidenza che l'ac cessione dev'essere opera di un terzo e solo per definire tale sog getto esse hanno fatto riferimento al possessore o detentore, che non sia legato al proprietario del fondo da vincolo negoziale, anche in con seguenza di nullit o annullamento del contratto. In parte travisando l'essenza del detto criterio di applicazione dello art. 936 c. c., la Corte di merito, nella sentenza impugnata, ha messo PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 843 in risalto, invece, l'esigenza che manchi un titolo in base al quale si possa stabilire se la costruzione eseguita sia o meno lecita : ha ritenuto, cio, che presupposto dell'applicazione della norma sia l'impossibilit di qualificare la costruzione come lecita o illecita; dal che, poi, con ulteriore salto logico, pervenuta ad affermare che l'art. 936 inapplicabile anche quando l'opera costruita dal terzo sia ritenuta lecita dal proprietario del fondo, cui accede, con valutazione discrezionale a posteriori : la Corte d'appello, infatti, ha escluso l'applicabilit della disciplina dell'accessione, perch 1'Amministrazione implicitamente ma univocamente ha considerato come lecita la precedente attivit di godimento svolta di fatto dall'Occhiodoro, in base al contratto, per il periodo anteriore . Tale interpretazione della norma in esame erronea: in base ad essa, la sussistenza del diritto del terzo all'indennizzo non sarebbe effetto ex lege dell'espansione del diritto di propriet sul fondo alle opere fatte dal terzo sul fondo medesimo, ma dipenderebbe dalla considerazione di liceit o illiceit, che il proprietario del fondo attribuisca -fuori di ogni valido rapporto negoziale -all'opera accedente. Dev'essere, invece, ribadito che terzo ., nel significato dell'art. 936 c. c., chi non ha contratto col proprietario dell'immobile un rapporto, che lo abiliti all'esecuzione delle opere: con il che si manifesta priva di rilievo la circostanza che, successivamente alla dichiarazione di nullit del contratto di concessione in godimento del fondo, il proprietario di questo abbia mostrato di ritenere lecito il godimento di fatto esercitato dal concessionario e lecite le opere da questi costruite sul Eondo. La ragione addotta dalla Corte di merito per negare applicazione riella specie all'art. 936 c. c. non dunque valida. L'Amministrazione resistente ripropone, a base di tale negazione, ll richiamo alla teoria dei rapporti contrattuali di fatto, che darebbe ~Ila disciplina del rapporto de quo una base negoziale sia pure ~ncompleta e lo sottrarrebbe all'applicazione delle norme sull'ac~ essione. Ma la costruzione, gi disattesa dalla Corte di appello, non appare ~onforme al diritto obiettivo. Nella nozione di contratti di fatto si comprendono alcuni rapporti (societ di fatto, lavoro subordinato di fatto, gestione di fatto), svoltisi ~ome se costituiti su base negoziale, ma che tale fonte non hanno, ;ier non essere state osservate norme cogenti, relative al concorso di ~lementi determinati, richiesti a pena di nullit; in tali casi, il contratto ~egolare non si costituisce, ma l'ordinamento intende salvare deter ninate situazioni costituitesi per effetto del rapporto svoltosi di fatto ~ stabilisce che, sulla base della specifica attivit tenuta nell'ambito .2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di un rapporto di fatto adeguantesi a quello giuridico, nasca una corrispondente obbligazione. Questa, pertanto, deriva da fatto idoneo a produrla in conformit dell'ordinamento giuridico (come si esprime l'art. 1173 c. c., ult. ipot.), non da contratto: e quindi si determina l'esigenza di stabilire, caso per caso, se nell'ordinamento si ritrovi una norma, che stabilisca, in relazione alla concreta attivit svolta, il costituirsi di un'obbligazione con contenuto analogo a quello dell'obbligazione ex contractu . Ma, allo stato della nostra legislazione positiva, non sussiste una disciplina uniforme di una categoria generale di contratti di fatto, parallela a quella dei contratti regolari o di diritto. In particolare, con riferimento alla nullit di un contratto obbligatorio, di attribuzione del godimento di un immobile, attuato medio tempore ., la legge nulla dispone -salvi i principi sulle restituzioni - e, pertanto, in relazione alle situazioni di fatto cosi costituite, il richiamo alla nozione di contratto di fatto privo di rilievo, quanto alla produzione di un complesso di effetti pi o meno analoghi a quelli propri del contratto di locazione, che escluda l'applicazione delle norme sulle accessioni. Tali norme trovano, invece, diretta applicazione alla fattispecie, avendo esse carattere generale e considerando le opere accedenti, quale che sia lo scopo per il quale dal costruttore sono state poste in essere sul fondo altrui. il caso, peraltro, di precisare, ad evitare arbitrarie illazioni da quanto ora detto, che questo Supremo Collegio, nell'affermare l'applicabilit dell'art. 936 c. c. alla fattispecie, non condivide affatto l'opinione del ricorrente, che con tale mezzo siano indennizzabili le migliorie , in quanto tali. Infatti, mentre costituiscono migliorie le opere dell'uomo, eseguite su un fondo per accrescerne stabilmente la produttivit e quindi il valore, la nozione di accessione, ai sensi dell'art. 936 c. c., ristretta ad entit materiali, che siano state incorporate nel suolo altrui e siano 'quindi attratte nella propriet del fondo, cui accedono, senza diretta considerazione che esse siano o meno rivolte a causare un incremento produttivo del fondo e tale incremento abbiano in effetti determinato. Le due nozioni, di miglioria e di opera accedente al fondo, concettualmente diverse, possono coincidere in una determinata costruzione, che abbia i requisiti dell'una e dell'altra: ed in tal caso alle migliorie si possono applicare, come s' detto, le norme sulla accessione. Ma le due nozioni possono anche divergere, nelle concrete fattispecie: possono, cio, esservi migliorie, che non costituiscono accessioni ai sensi dell'art. 936 c. c. Per tali ultime migliorie si sarebbe potuta porre la questione, se ed in quali limiti esse siano indennizzabili, fuori degli schemi contrat J PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE ;uali e fuori degli schemi dell'accessione, in conseguenza dell'accer; ata nullit del contratto, in vista del quale le migliorie stesse siano :tate eseguite (teoria delle restituzioni). Ma, stanti i limiti dei mezzi di annullamento proposti, una siffatta ndagine appare ultronea. La disciplina giuridica della fattispecie, cosi identificata, diversa la quella ritenuta applicabile dalla Corte di appello, centrata sull'ar' icchimento senza causa, comporta un completo riesame, su schemi movi, della materia controversa. Di conseguenza, appaiono assorbite le censure mosse col terzo nezzo del ricorso principale e relative ai criteri di valutazione dell'ar' icchimento. Del pari sono assorbite le questioni, cui si riferisce il 'icorso incidentale, e che sono relative alla pronuncia sulle spese pro: essuali ed all'esigenza di accertare quali opere siano state eseguite 1el periodo di occupazione senza titolo, quali nel corso del negozio di :oncessione. In definitiva, accogliendosi il secondo motivo del ricorso principale, :ntrambe le sentenze impugnate debbono essere cassate e la causa lev'essere rimessa ad altra Corte d'appello, che, nel riesaminarla, si .tterr al principio, che, dichiarato nullo un negozio di concessione in :odimento di una tenuta demaniale, nella quale il concessionario abbia :seguito medio tempore opere di miglioria, a tali opere, che preentino i caratteri delle accessioni previste nell'art. 936 c. c., appliabile la disciplina stabilita in detto articolo. -(Omissis). !ORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 10 ottobre 1967, n. 2356 -Pres. Scarpello -Est. Pratillo -P. M. Tavolaro (conf.). De Moj (avv. Nigro) c. Ministero Lavori Pubblici (avv. Stato Foligno) e Comune di Polistena (avv. Valensise). ~spropriazione per p. u. -Dichiarazione di pubblica utilit disposta per legge senza prefissione di termine per il perfezionamento delle espropriazioni -Perfezionamento dell'espropriazione dopo la scadenza del termine di validit dell'occupazione temporanea -Legittimit della pronuncia di espropriazione -Sussiste -Sanatoria ex nunc della occupazione abusiva dell'immobile -Sussiste Fattispecie. (1. 25, giugno. 1865, n. 2359, arg. art. 13; I. 12 gennaio 1909, n. 12, art. 3; t. u. 12 ottobre 1913, n. 1261, artt. 77, 170; t. u. 19 agosto 1917, n. 1399, artt. 73 167, 18~ .spropriazione per p. u. -Questione di legittimit della pronuncia espropriativa sotto il profilo della sussistenza del potere di espro RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO priazione -Giurisdizione del G.O. -Efficacia erga omnes del giudicato -Questione di legittimit della pronuncia espropriativa sotto il profilo del retto uso del potere espropriativo riconosciuto sussistente -Difetto di giurisdizione del G.O. -Sussiste. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, artt. 2, 4; t. u. 26 giugno 1924, n. 1054; art. 26). Occupazione -Occupazione temporanea da parte della P. A. d'immobile alieno occorrente per la costruzione di opera pubblica -Obbligo di procedere all'espropriazione entro il termine stabilito dalla legge per l'occupazione temporanea -Sussiste :" Fattispecie. (1. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 71, 73; 1. 12 gennaio 1909, n. 12, art. 3; t. u. 12 ottobre 1913, n. 1261, art. 77; t. u. 19 agosto 1917, n. 1399, artt. 73, 167). Quando non sia stato posto un limite alla durata di validit della 11-0rma attributiva del potere di espropriazione per p. u. il decorso del termine, prefisso dalla legge organica sulle espropriazioni per p. u. o da una legge speciale, per la durata dell'occupazione d'urgenza preordinata all'espropriazione medesima, non incide sulla sussistenza del potere espropriativo, epper la successiva, intervenuta pronuncia di espropriazione fa cessare, dal giorno della sua emanazione, l'illegittimit dell'abusiva detenzione del bene da parte della P. A. (fattispecie relativa ad occupazione ed espropriazione di beni immobili per la costruzione di baracche da adibire a ricovero di danneggiati dal terremoto- calabro-siculo del 1908) (1). La questione di legittimit del decreto di espropriazione per p. u. sotto il profilo della stessa sussistenza o meno del potere espropriativo appartiene alla giurisdizione del G. O. ed il giudicato su di essa formatosi (anche implicitamente, col rigetto deLla domanda di restituzione dell'immobile) ha efficacia erga omnes, costituendo detta legittimit un fatto obiettivo, in quanto lo stesso provvedimento amministrativo non pu essere ora legittimo, ora illegittimo, rispetto all'identico, dedotto motivo di illegittimit. Viceversa, la questione di legittimit in senso stretto del decreto di espropriazione per p. u., ossia sotto il profilo dell'uso scorretto o meno del potere di espropriazione, riconosciuto sussistente, esula dalla giurisdizione del G. O. (2). L'Ente pubblico, il quale occupi temporaneamente un fondo e che, decorso il termine stabilito dalla legge per l'occupazione temporanea, (1) V., analogamente, in tutti i casi in cui non vi sia stata decadenza della dichiarazione di p.u., Cass., Sez. Un., 22 luglio 1966, n. 1986, in questa Rassegna, 1967, I, 244, sub 1-2, con nota di GIARDINI; 17 luglio 1965, n. 1591, id., 1965, I, 721, sub 1, nonch in Giur. it., Mass., 1965, 581; Cass., 28 luglio 1964, n. 2142, in questa Rassegna, 1964, I, 733, sub 1, ed ivi (734) ulteriori riferimenti. (2) Cfr. Cass., 11 ottobre 1965, n. 2111, Giur. it., Mass., 1965, 776, ed ivi nota (1) di riferimenti. l I PARTE I, SEZ. lII, GIURISPRUDENZA CIVILE 847 non proceda all'espropriazione o non la solleciti, versa per cio stesso in mala fede, poich viola la legge, sottraendosi ad un obbligo da essa impostogli (fattispecie relativa ad occupazione ultradecennale di immobile per la costruzione di baracche-ricovero per danneggiati dal terremoto calabro-siculo del 1908) (3). (Omissis). -I due ricorsi proposti contro la stessa sentenza vanno, a sensi dell'art. 335 c. p. c., riuniti nel numero unico del ruolo 165 del 1965, che distingue il ricorso principale. Con il primo mezzo di questo il De Moj, denunciando, in riferimento all'art. 360, nn. 1 e 3, c._p. c., la violazione degli artt. 2, 5 della legge n. 2248 all. E del 20 marzo 1865, sostiene che la Corte del merito avrebbe errato nel declinare la propria giurisdizione circa la domanda di pagamento del valore effettivo del fondo illegalmente espropriato, poich nella specie si deduceva il difetto di potere della Pubblica Amministrazione ad emettere il decreto espropriativo, a motivo dell'avvenuta scadenza del termine, entro il quale il potere stesso poteva essere esercitato, dato che tale termine rappresenterebbe un presupposto della esistenza del potere d'espropriazione e la sua inosservanza non darebbe, quindi, luogo soltanto a cattivo esercizio del potere stesso, onde la violazione del diritto soggettivo del privato e non di un suo interesse legittimo. Il m~zzo infondato, innanzi tutto perch sulla legittimit del decreto di espropriazione del fondo, gi del ricorrente, emesso dal Prefetto di Catanzaro il 22 giugno 1926, esiste il giudicato. Invero, con la sua citazione notificata il 6 febbraio 1929, il De Moj chiese, tra l'altro, che il Comune di Polistena fosse condannato a restituirgli il fondo, del quale aveva il possesso sin dal 1 gennaio 1911, perch il descreto di espropriazione doveva considerarsi illegittimo, essendo stato chiesto, quando era scaduto il periodo massimo di occupazione temporanea dell'immobile, concesso dall'art. 3 della legge n. 12 del 12 gennaio 1909 : cio, quando, a suo avviso,. la Pubblica Amministrazione (3) Cfr. Cass., 16 maggio 1962, n. 1105, Giur. it., Mass., 1962, 409, sub d (applicazione al fine di negare all'ente pubblico i frutti sino al giorno della domanda dallo stesso pretesi ai sensi dell'art. 1148 e.e.). L'importanza della massima qui in rassegna sta nell'aver riconosciuto che dall''Occupazione di urgenza preordinata alla successiva espropriazione per p. u. scaturisce, nei rapporti fra occupante e proprietario del fondo, l'obbligo per il primo di procedere tempestivamente all'espropriazione e, quindi, logicamente, non gi l'obbligo di restituire l'immobile (in tal senso, v., invece, Cass., 17 luglio 1965, n. 1588, in questa Rassegna, 1965, I, 947, sub 3). Tale ultimo obbligo, viceversa, un'autonoma conseguenza della protrazione abusiva dell'occupazione ed incombe su qualsiasi detentore senza titolo nei confronti del proprietario rivendicante: su tali concetti, v. CARUSI, note, in questa Rassegna, 1966, I, 1049, e 1967, I, 106. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO aveva perduto il potere di espropriazione. Senonch il Tribunale dl Palmi, con la sua sentenza del 6 maggio 1932, non impugnata, respinse la domanda, cos implicitamente ritenendo la legittimit del decreto di espropriazione. evidente che, deducendosi nel processo in corso l'identica causa di illegittimit del provvedimento amministrativo dedotta innanzi al Tribunale di Palmi, la res iudicata , ritenuta dai giudici del merito, sulla legittimit del decreto di espropriazione, perch evidentemente emesso quando la Pubblica Amministrazione aveva ancora il potere di espropriare, vale non soltanto per il Comune, che fu parte nel giudizio conclusosi con la sentenza suddetta, ma anche per il Ministro dei Lavori Pubblici, costituendo detta legittimit un fatto obiettivo efficace erga omnes ., in quanto lo stesso provvedimento amministrativo non pu essere ora legittimo ora illegittimo rispetto all'identico, dedotto motivo di illegittimit. Comunque agevole dimostrare anche per altra via l'infondatezza del mezzo. L'art. 3 della legge n. 12 del 12 gennaio 1909 (art. 167 del t. u. n. 1399 del 19 agosto 1917) stabiliva che la durata dell'occupazione temporanea di beni immobili necessari per la costruzione di baracche (e a tal fine venne occupato il fondo del De Moj) poteva essere fissata in 5 anni e protratta di anno in anno fino a raggiungere il decennio. Anzi l'art. 77 del t. u. n. 1261 del 12 ottobre 1913 (art. 73 del t. u. n. 1399 del 1917) stabiliva che le occupazioni temporanee dei suoli, sui quali sorgevano baracche adibite a ricovero di danneggiati dal terremoto del 1908, potevano essere protratte sino al 31 dicembre 1920. L'art. 3 della legge n. 12 del 1909, come l'art. 167 del t. u. del 1917, faceva, poi, espresso riferimento, quanto alla procedura da seguire, agli artt. 71 e segg. della legge n. 2359 del 25 giugno 1865 (modificata dalla legge n. 5188 del 18 dicembre 1877). Orbene, mentre si stabiliva (art. 170 del t. u. del 1913, art. 188 del t. u. del 1917) che le occupazioni temporanee potevano farsi definitive mediante espropriazione per pubblica utilit e con l'eventuale pagamento di un'indennit suppletiva, nessuna norma (ed significativo che lo stesso ricorrente non l'ha indicata) imponeva, con riferimento all'art. 13 della 1. n. 2359 del 1865, un termine entro il quale l'espropriazione dovesse avvenire: in particolare, che dovesse avvenire, come sostiene il De Moj, prima della scadenza del termine dell'occupazione temporanea. Ci precisato, e in considerazione dell'espresso riferimento, gi segnalato, che le disposizioni di legge emanate in conseguenza del terremoto del 28 dicembre 1908 fanno alla legge fondamentale sulle espropriazioni per pubblica utilit e, pi specificatamente, agli artt. 71 e segg., relativi alle occupazioni temporanee, si deve indurre che valgono, per il caso che ne occupa, gli stessi principi ripetutamente affermati in materia da questo Supremo Collegio, quando non sia stato posto un limite alla durata di validit della norma attributiva del PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE 849 potere di espropriazione. Vale a dire che, decorso il termine di occupazione temporanea dell'immobile (nella specie: un decennio o, al massimo, il 31 dicembre 1920) senza che sia stata pronunziata l'espropriazione per pubblica utilit, si deve considerare illegittima l'ulteriore detenzione del bene da parte della Pubblica Amministrazione. Ma, qualora il decreto di espropriazione sopravvenga -sia pure decorso quel termine e finanche dopo la proposizione della domanda di restituzione del bene occupato o del risarcimento del danno, tuttavia in pendenza del giudizio -l'illegittimit dell'ulteriore abusiva detenzione del bene da parte della Pubblica Amministrazione viene a cessare, poich dal giorno di emanazione del decreto di espropriazione si verifica il legittimo trapasso del bene all'occupante, regolarizzandosi cosi l'attivit amministrativa. Soltanto che, in tale ipotesi, al proprietario del bene espropriato spettano: 1) l'indennit per l'occupazione temporanea legittima; 2) la indennit di espropriazione nella misura stabilita dal relativo decreto o, in caso d'opposizione, in quella determinata dagli organi competenti (nella specie, dal Collegio arbitrale, che decise sul valore vnale del fondo del De Moj con pronuncia dell'll luglio 1911); 3) il risarcimento del danno per il periodo corrente dalla scadenza del periodo di legittima occupazione alla data di emanazione del decreto ~i espropriazione, nel valore corrispondente alla privazione del godimento del bene illegittimamente e irreparabilmente subita dall'espropriato (cfr. sent. n. 1591 del 17 luglio 1965). Ma, non essendo venuto meno, in tale ipotesi, nella Pubblica Amministrazione il potere di espropriare e, pertanto, di incidere sul diritto soggettivo del proprietario del fondo occupato, degradandolo a interesse legittimo, esattamente la Corte del merito ha ritenuto il proprio difetto di giurisdizione a decidere sulla legittimit del decreto prefettizio del 22 giugno 1926, non potendo avere ad oggetto la controversia sulla legittimit di tale decreto di espropriazione che l'eventuale, scorretto uso da parte della Pubblica Amministrazione del potere discrezionale ad essa conferito dalla legge in materia di espropriazione per pubblica utilit, potere persistente al momento in cui il decreto impugnato venne emesso (cfr. Cass., sent. n. 2111 dell'll ottobre 1965). Con il secondo mezzo il De Moj censura la sentenza impugnata per violazione, in riferimento all'art. 360, nn. 3, 5, c. pc., dell'art. 2909 c. c. e sostiene che la Corte del merito ha confermato, con motivazione apodittica, la decisione del Tribunale circa la verificatasi preclusione delle domande da lui proposte nei confronti del Comune di Polistena dirette alla revindica del fondo o al pagamento del valore venale di esso, non considerando che le domande proposte innanzi al Tribunale di Palmi e decise con la sentenza del 6 maggio 1932 riguardavano la permanenza e la validit dell'occupazione provvisoria del fondo in relazione alla scadenza del termine di essa, la restituzione del fondo RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e il pagamento delle indennit; e che, pertanto, in quel giudizio, non vennero in considerazione le domande di pagamento del valore del fondo stesso e di accertamento dell'illegittimit del decreto di espropriazione, oggetto del presente giudizio. Anche questo mezzo infondato. La Corte del merito, confrontate le domande proposte dal De Moj innanzi al Tribunale di Palmi e da questo respinte, con le attuali, ha ritenuto che esse siano le stesse per petitum e causa petendi e pertanto le ha dichiarato precluse in virt di giudicato. La motivazione che sorregge sul punto la pronuncia impugnata sufficiente e logica e pertanto insindacabile in questa sede, anche perch attiene all'interpretazione di un giudicato esterno. Peraltro, posto quanto si gi affermato esaminando il primo mezzo, e cio che implicitamente il Tribunale di Palmi dichiar la legittimit del decreto di espropriazione, evidente che non pu farsi differenza alcuna tra la richiesta di restituzione del fondo, proposta innanzi al Tribunale di Palmi, e l'attuale revindica di esso, mirando sostanzialmente l'una e l'altra domanda ad identico risultato sulla base della stessa causa petendi (illegittimit del decreto di espropriazione); mentre sussidiaria la domanda di pagamento del valore venale del fondo, poich tale pagamento costituisce il sostitutivo legale della restituzione dell'immobile, per il caso che questa sia impossibile. Con l'unico motivo di ricorso incidentale il Comune di Polistena denuncia, con riferimento all'art. 360, nn. 3 e 5, c. p. c., la violazione dell'art. 2909 c. c. e afferma che la Corte del merito avrebbe errato nel respingere la dedotta preclusione della domanda del De Moj diretta ad ottenere dal Comune il risarcimento dei danni -preclu sione derivante dal giudicato formatosi in base alla sentenza del Tribunale di Palmi del 6 maggio 1932 -sulla base di una pretesa differenza di causa petendi tra l'attuale richiesta di risarcimento per i danni derivati da occupazione senza titolo del fondo e quella precedente dei danni, da liquidarsi equitativamente, consistenti nell'aver il De Moj sofferto e sacrificato l'intera sua esistenza, peregrinando qua e l, con sperpero del suo patrimonio, a cagione dello illegittimo comportamento della Pubblica Amministrazione . Inoltre il Comune si duole per aver la Corte d'Appello confermato la sua condanna al risarcimento dei danni, in quanto non si era preoccupato di chiedere o far chiedere la definitiva espropriazione del terreno, senza tuttavia motivazione alcuna sull'obbligo del Comune di effettuare detta richiesta e sul se vi sia in effetti stata, al riguardo, inerzia da parte del Comune stesso. Anche questo mezzo infondato: la prima parte di esso, per le identiche ragioni in base alle quali stato rigettato il secondo mezzo del ricorso principale. Invero, la Corte d'appello, raffrontate la vecchia e la nuova domanda di risarcimento dei danni proposte dal De Moj, ;;;&;;;; blifol:lii:l:i !!;;"mm rn; ;;;&;;;; blifol:lii:l:i !!;;"mm rn; PARTE I, SEZ, III, GIURISPRUDENZA CIVILE 851 ha ritenuto che fossero diverse per causa petendi , spiegandone, sia pure succintamente, ma in modo adeguato e logico, le ragioni, e quindi ~on motivazione insindacabile in sede di legittimit. Quanto alla seconda censura, altra volta questa Suprema Corte ha :iffermato il principio che l'ente pubblico, il quale occupi temporaneamente un fondo e che, decorso il termine stabilito dalla legge per la )ccupazione temporanea, non proceda all'espropl'iazione o non la solleciti, per ci stesso in mala fede, perch viola la legge, sottraendosi :i.d un obbligo impostogli (sent. n. 1105 del 16 maggio 1962). Nel caso :li specie, poi, la negligenza del Comune di Polistena del tutto evi: lente, dato che aveva il possesso del terreno del De Moj sin dal 1 gen1aio 1911, mentre il decreto di espropriazione sopravvenuto soltanto il 22 giugno 1926. Entrambi i ricorsi debbono, pertanto, essere rigettati. -(Omissis). &Jhdht SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 5 luglio 1967, n. 7 -Pres. Bozzi Est. Anelli -Pannuccio (avv. Stoppani) c. Ministeri LL. PP. e Turismo e Spettacolo (avv. Stato Bronzini) e Societ Matteo a mare (avv. Nigro e Pomarici). Espropriazione per p. u. -Termini -Decorrenza dei termini iniziali Mancato inizio delle opere e delle espropriazioni -Inefficacia del1a dichiarazione di p. u. -Non sussiste. L'inosservanza di uno o anche di entrambi i termini iniziali, che ai sensi dell'art. 13 i. 25 giugno 1865, n. 2359 devono essere stabiliti nella dichiarazione di p. u., irrilevante ai fini dell'inefficacia della dichia 1 razione stessa (1). (1) Come noto, in base all'art. 13, I comma, della legge n. 2359 del 1865, l'atto dichiarante la pubblica utilit deve stabilire quattro termini: quello per l'inizio delle espropriazioni, quello per l'inizio dei lavori, quello per il compimento delle espropriazioni, quello per il compimento dei avori. La Corte di Cassazione (Sez. Un., 26 giugno 1957, n. 2481) gi da tempo ha precisato che l'inefficacia della dichiarazione di pubblica utilit, comminata dall'art. 13, ultimo comma, legge n. 2359 del 1865, consegue solo all'inutile decorso del termine fissato per l'ultimazione dei lavori. Il Consiglio di Stato, Sez. IV (19 ottobre 1966, n. 676, Riv. amm., 1967, 390) ha ritenuto invece rilevante il rispetto del termine finale per il compimento dell'espropriazione. Nella decisione in rassegna, l'Adunanza Plenaria si limitata ad accennare al contrasto esistente, oltre che in giurisprudenza anche in dottrina, sulla rilevanza, ai fini della perdita di efficacia della dichiarazione di pubblica utilit, dell'infruttuoso decorso dell'uno o dell'altro dei due termini finali, osservando che invece pacifica l'irrilevanza, ai detti fini, dell'infruttuoso decorso dei termini iniziali. Il che bastato a risolvere il caso di specie (in cui era dedotto dal ricorrente l'infruttuoso decorso del tE1rmine per l'inizio dei lavori) con il riconoscimento, in conformit di quel pacifico principio, della perdurante efficacia della dichiarazione di pubblica utilit. CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 11 luglio 1967, n. 8 -Pres. Bozzi Est. Tozzi -Melardi (avv. Tirone) c. Ministero LL.PP. (avv. Stato Peronaci) e Soc. coop. edil. Pax et bonum. Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Sopravvenuta inefficacia ex lege dell'atto impugnato -Non cessa la materia PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA del contendere -Improcedibilit per sopravvenuto difetto di interesse. Si ha cessazione della materia del contendere quando l'atto impugnato sia stato annullato dalla stessa Amministrazione. Nel caso di sopravvenuta inefficacia, ai sensi dell'art. 2 l. 9 febbraio 1963, n. 131, di un provvedimento di decadenza di un socio dall'assegnazione di un appartamento, non pu parlarsi di cessazione della materia del contendere, ma il ricorso deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse (1). (1) Costituisce esatto precedente in termini la decisione del Cons. St., Sez. VI, 20 novembre 1963, Riv. amm., 1964, 481. Non si conoscono altri precedenti in cui si sia fatto ricorso al sopravvenuto difetto (o sopravvenuta carenza) d'interesse come causa di improcedibilit. N questa figura risulta trattata dalla dottrina la quale menziona un venir meno dell'interesse, ma non come causa speciale d'improcedibilit, bensi come generico fondamento della cessazione della materia del contendere (cfr. SANDULLI, Il giudizio davanti al Consiglio di Stato e ai giudici sottordinati, 1963, 249). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 7 giugno 1967, n. 214 -Pres. Potenza -Est. Gasparini -Pansa e altri (avv. Bodda e Menghini) c. Ministero LL.PP. (avv. Stato Peronaci) e Comune di Cuneo (avv. Guerra). Comune -Deliberazione del Consiglio comunale -Consigliere comunale interessato -Partecipazione alla discussione -Illegittimit. L'ipotesi di un Consigliere comunale che abbia un proprio interesse nell'affare posto all'o1dine del giorno della deliberazione del Consiglio comunale disciplinata dall'art. 290 del t. u. 4 febbraio 1915, n. 148 e non dall'art. 279 del t. u. 3 marzo 1934, n. 383, implicitamente abrogato dall'art. 25 della l. 9 giugno 1947, n. 530. Pertanto non necessario che il Consiglie1e interessato si allontani dall'aula, ma la deliberazione consiliare ugualmente illegittima ove risulti che lo stesso abbia partecipato alla discussione, pur astenendosi dal voto (1). (1) Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 6 dicembre 1961, n. 1039, Il Consiglio di Stato, 1961, I, 2227; id., Sez. V, 9 maggio 1964, n. 541, ivi, 1964, I, 926. Si veda anche GIOVENCO, L'ordinamento comunale, Milano 1960, 162. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 7 giugno 1967, n. 215 -Pres. De Marco -Est. Pezzana -Camera di Commercio, industria e agricoltura di Cagliari (avv. Piras) c. Ministero P. I. (avv. Stato Casamassima} e Prefetto di Cagliari. Bellezze naturali -Demanio marittimo sottoposto a vincolo panoramico -Costruzioni edilizie eseguite senza l'autorizzazione della Sopraintendenza ai monumenti o in difformit della stessa -Ordine di demolizione del Ministro della Marina Mercantile -Legittimit. L'ordine di demolizione e, in genere, i provvedimenti previsti dall'art. 15 della l. 29 giugno 1939, n. 1497, in relazione ad opere costruite su aree del demanio marittimo sottoposte a vincolo panoramico, sono legittimamente adottati dal Ministro della Pubblica Istruzione senza il previo concerto c9n il Ministro della Marina Mercantile (1). (1) L'art. 13 della 1. n. 1497 del 1939 (Protezione delle bellezze naturali) stabilisce, al II com.ma, che i provvedimenti di tutela delle bellezze naturali, che. riguardano beni compresi nell'.ambito del demanio marittimo, devono essere emessi di concerto con il Ministro della Marina Mercantile. La decisione in rassegna ha per affermato che l'espressione beni compresi nell'ambito del demanio marittimo non possa essere riferita alle opere poste in essere da privati concessionari sulle aree del demanio marittimo. E pertanto ha concluso che i provvedimenti sanzionatori, previsti dall'art. 15 della citata legge (ordine di demolizione, ovvero pagamento di una indennit), contro i concessionari demaniali costruttori abusivi siano legittimamente emessi dal Ministro della Pubblica Istruzione senza necessit del previo concerto con il Ministro della Marina Mercantile. Questa decisione una riaffermazione dei criteri di rigore nella tutela delle bellezze naturali, costantemente adottati dal Consiglio di Stato (si veda in proposito S. RosA, 01ientamenti giurisprudenziali sulla tutela delle bellezze naturali, in questa Rassegna, 1965, I, 537). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 7 giugno 1967, n. 220 -Pres. Potenza -Est. Sterlicchio -Esposito (avv. Jaccarino) c. Ministero P. I. (avv. Stato Vitucci). Giustizia amministrativa -Bellezze naturali -Costruzioni edilizie Pronunce del Soprintendente ai monumenti (nulla osta o diniego) Sono atti impugnabili con ricorso gerarchico al Ministro della. Pubblica Is+ruzione. Giustizia amministrativa -Bellezze naturali -Costruzioni edilizie Ricorso giurisdizionale avverso il diniego del nulla osta del So printendente -Interesse -Sussiste. J PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 855 Giustizia amministrativa -Bellezze naturali -Costruzioni edilizie Nulla osta del Soprintendente -Ricorso gerarchico -Provvedimento del Ministro della P. I. in riforma del nulla osta -Motivazione per relationem -Legittimit. Le pronuncie del Soprintendente ai monumenti in ordine alte domande di rilascio deUe autorizzazioni previste dall'art. 7 Z. 29 giugno 1939, n. 1497 non sono atti emessi nell'ambito di una competenza esclusiva del Soprintendente e pertanto sono impugnabili con ricorso gerarchico al Ministro della Pubblica Istruzione (1). Il diniego del nulla osta da parte del Soprintendente per s idoneo a ledere la sfera giuridica dell'interessato, in quanto basta da solo ad escludere la facolt di costruire, e pertanto atto autonomamente impugnabile (2). La decisione del Ministro deUa Pubblica Istruzione che, in sede di ricorso gerarchico avverso il nulla osta del Soprintendente rilasciato ai sensi dell'art. 7 l. n. 1497 del 1939, riforma il detto nulla osta congruamente motivata per relationem con il richiamo alla relazione ispettiva redatta, a seguito di sopraluogo, da un funzionario del Ministero. Tale relazione ispettiva funzionalmente preordinata solo all'acquisizione ed esposizione delle obiettive circostanze di luogo e risultanze di fatto (3). (1) Questione nuova. (2) Sull'autonomia fra autorizzazione del Soprintendente e licenza del Sindaco, cfr. Cons. St., Sez. VI, 16 novembre 1960, n. 31, Foro amm., 1961, I, 440; id., 23 settembre 1961, n. 646, ivi, 1468. (3) Sulla motivazione per relationem di un atto amministrativo cfr. Cons. St., Sez. VI, 19 ottobre 1960, n. 830, Foro amm., 1961 I, 494 con nota redazionale contenente richiami; id., 21 giugno 1961, n. 568, ivi. 1270. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 5 luglio 1967, n. 254 -Pres. Potenza Est. Tozzi -Prefetto di Napoli (avv. Stato Peronad) e Comune di Napoli (avv. Gleijeses) c. Miano Salvatore (avv. Di Rienzo). Atto amministrativo -Decisione del Prefetto su ricorso gerarchico contro un provvedimento di requisizione di urgenza del Sindaco Definitivit. Atto amministrativo -Atto di proroga e atto di rinnovazione -Differenze. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Requisizione -Provvedimenti in base all'art. 7 legge sul contenzioso amministrativo -Rinnovazione -Illegittimit -Fattispecie. La decisione emanata dal Prefetto su ricorso gerarchico proposto avverso un provvedimento di requisizione adottato dal Sindaco in base aU'art. 7 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, atto definitivo (1). Con l'atto di proroga la P. A. si limita a prorogare ii termine di efficacia di un atto, restringendo ia propria valutazione alla opportunit o meno che ii termine recato nell'atto originario, che deve essere an. cora in vita, sia prorogato; pertanto, quando la P. A. debba accertare se permanga l'interesse pubblico temporaneo sul quale era fondato l'atto originario, e debba accertare per quanto tempo ancora detto interesse pubblico possa ritenersi sussistente, non si ha atto di proroga bens atto di rinnovazione, autonomo e distinto rispetto all'atto originario, e quindi di per s impugnabile (2). La rinnovazione di un provvedimento, emesso dal Sindaco in base all'art. 7 della legge n. 2248, all. E, del 1865, di requisizione di un immobile da usare come scuola illegittima se l'esigenza di provvedere ai locali della scuola esisteva da anni e non era quindi imprevedibile (3). (1) Nello stesso senso Cons. St., Ad. Plen., 2 dicembre 1958, n. 24, Il Consiglio di Stato, 1958, I, 1421. L'indirizzo stato, dopo la citata decisione, altre volte riaffermato dal Consiglio di Stato. Cfr., da ultimo, Sez. IV, 10 novembre 1965, n. 691, Riv. cit., 1965, I, 1883. In dottrina sul punto si veda SANDULLI, Man. dir. amm., 1964, 512; GARGIULO, I provvedimenti d'urgenza, 1954, 159 e seg. Si rammenta che la legge 30 novembre 1950, n. 996 dichiara definitivi i provvedimenti di requisizione direttamente adottati dal Prefetto in base all'art. 7 della legge sul contenzioso amministrativo. (2) Nel testo della decisione in rassegna, il Consiglio di Stato si soffermato anche sull'impugnabilit dell'atto di proroga e -indipendentemente dal caso esaminato -ha affermato che tale atto non impugnabile autonomamente solo se con l'impugnativa si vuole far valere la sua illegittimit derivata, cio l'illegittimit dell'atto in parola dipendente dalla illegittimit dell'atto che si vuole prorogare, a suo tempo non impugnato. Sulle differenze fra atto di proroga e atto di rinnovazione cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 1 aprile 1960, n. 325 e 27 agosto 1960, n. 779, Il Consiglio di Stato, 1960, I, 584 e 1490. In dottrina, SANDULLI, Man. cit., 402. (3) Sulla natura e sui requisiti essenziali dei provvedimenti basati sul pi volte ricordato art. 7, cfr. GARGIULO, op. cit., 113 e seg. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 5 luglio 1967, n. 279 -Pres. Potenza Est. Pezzana -Soc. Finanzedil (avv. Piscione) c. Ministero P. I. (avv. Stato Vitucci). Demanio -Demanio storico e artistico -Imposizione del vincolo Contrasto con precedente nulla osta alla demolizione -Non sussiste. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 857 austizia amministrativa -Giudiceto -Rinnovazione dell'atto annullato -Atti istruttori in precedenza compiuti -Possono essere utilizzati. lemanio -Demanio storico e artistico -Imposizione del vincolo Proposte della Soprintendenza ai monumenti -Autonoma e non conforme valutazione del Ministro -Le~ittimit del decreto ministeriale di imposizione del vincolo. n provvedimento di imposizione del vincolo storico su un edificio .on in contrasto con il p1'ecedente nulla osta del Sopraintendente i monumenti alla demolizione dell'edificio stesso, se detto nulla osta ia stato emesso quando non era ancora scaduto il cinquantennio di ui all'ultimo comma dell'art. 1 della legge 1 giugno 1939, n. 1089, quan. o cio l'Amministrazione P. I. non poteva imp01-re alcun vincolo sul' edificio in parola (1). In sede di rinnovazione dell'atto amministrativo, a seguito di nnullamento giurisdizionale, l'Amministrazione pu utilizzare gli atti 1truttori precedentemente compiuti, salvo che la illegittimit accertata al giudicato investa la fase istruttoria, nel qual caso quest'ultima dovr ssere, a seconda delle situazioni, rinnovata in tutto o in parte (2). Il Ministro P. I. deve valutare autonomamente la situazione rispetto Ila quale interviene, non essendo egli obbligato a seguire la proposta .ella Soprintendenza ai monumenti. (1) Sull'applicazione dell'art. 1, 3 comma, della 1. n. 1089 del 1939 si eda Cons. St., 7 luglio 1965, n. 522, Riv. amm., 1966, 220. Si veda inoltre GERACI, La tutela del patrimonio d'antichit e d'arte, 956, 14. (2) Sugli atti istruttori cfr. SANDULLI, Man. dir. amm., 1964, 355 e, dello tesso A., Il procedimento amministrativo, Milano, 1959, 167 e seg. :ONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 12 luglio 1967, n. 299 -Pres. Polistina -Est. Laschena -Marletta (avv. Tafuri) c. Ministero Difesa (avv. Stato Gentile) e Merlini. :ontratti pubblici -Trattativa privata -Atti emessi dalla P. A. nello svol~imento della trattativa privata -Sono atti amministrativi. austizia amministrativa -Contratti pubblici -Trattativa privata Libert di forme che pu essere autolimitata dalla P. A. -Procedura' di presentazione delle offerte stabilita dalla stessa P. A. -~ 1' RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Mancata accettazione di un'offerta -Interesse dell'offerente - interesse legittimo. Contratti pubblici -Trattativa privata -Obbligo della P. A. di seguire un determinato procedimento -Non sussiste se non nei limiti in cui la stessa P. A. si autovincola. Nel sistema della trattativa privata, a differenza di quelli dell'asta pubblica e della licitazione privata articolati in un procedimento formale legislativamente previsto, vige la massima libert di forme; tuttavia le dichiarazioni di volont emesse nel suo svolgimento da un organo della P. A. e recanti determinazioni sostanzialmente amministrative sono atti amministrativi (1). Nella trattativa privata, in caso di mancata accettazione di un'offerta, la posizione dell'offerente assume rilevanza di interesse legittimo, qualora la P. A. abbia in precedenza determinato una precisa procedura per la raccolta delle offerte, con una limitazione del proprio ampio potere discrezionale (2). Nella trattativa privata, la mancata verbalizzazione delle operazioni irrilevante, trattandosi di materia nella quale vige il principio della libert delle forme; e pertanto l'osservanza di un determinato procedimento pu essere invocata soltanto nei limiti in cui la P. A. si sia autovincolata (3). (1-3) Sull'argomento della impugnabilit degli atti emessi da una P. A. nello svolgimento di una trattativa privata, e della possibile esistenza, in relazione a detti atti, di posizioni giuridiche qualificate (cio, di interessi legittimi) si veda, nello stesso senso della decisione in rassegna, Cons. Stato, Ad. Plen., 28 gennaio 1961, n. 3, Giur. it., 1961, III, 241, con nota adesiva di GmccIARDI, Trattativa privata e giurisdizione amministrativa. Cfr. altres, per la giurisprudenza anteriore, Relazione Avvocatura Generale, 1956-1960, III, 98. \.. . : SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA :!ORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 settembre 1966, n. 2324 -Pres. Pece -Est. Leone -P. M. Toro (diff.) -Soc. Generale Immobiliare (avv. Carbone) c. Ministero Fi~anze (avv. Stato Foligno). >anni di guerra -Contributo di ricostruzione -Natura pubblicistica. (d. 1. 10 aprile 1947, n. 261 e succ. modif.; 1. 27 dicembre 1953, n. 968). mposta di ricchezza mobile -Agevolazioni -Contributo statale per la riparazione o ricostruzione di edifici danneggiati o distrutti per cause belliche -Esenzione dall'imposta ai sensi dell'art. 90 del d. l. n. 261 del 1947 -Limiti -Contributo corrisposto a soggetto esercente attivit speculativa di costruzione o commercio di immobili -Computabilit in sede di ordinario accertamento ai fini della determinazione del reddito imponibile del soggetto beneficiario Sussistenza. (r. d. 20 settembre 1926, n. 1643, art. 15; 1. 8 giugno 1936, n. 1231, art. 21; d. l. 10 aprile 1947, n. 261, art. 90; t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 83). n contributo statale per la riparazione o ricostruzione degli imiobili danneggiati o distrutti per cause belliche, pur presentandosi ~stanzialmente quale mezzo 'di risarcimento del danno di guerra, '.tttavia specificamente qualificato dalla finalit di ,carattere pubbli'citico di favorire la ricostruzione edilizia, per superiori interessi di poli~ ca sociale ed economica (1). (1-2) In tutto conforme la sentenza n. 2325 di pari data. In relazione alla prima massima, espressione di giurisprudenza consodaat, cfr. Cass. 23 giugno 1962, n. 1637, citata in motivazione, che pu ,ggersi in Giust. civ., 1963, I, 621; Cass. Sez. Un. 12 gennaio 1965, n. 63, 1 questa Rassegna, 1965, I, 290, ove in nota ulteriori riferimenti. Quanto alla questione dei limiti dell'esenzione dei contributi di rico; ruzione dall'imposta di ricchezza mobile (d. 1. 10 aprile 1947, n. 261, ~t. 90, ed ora 1. 27 dicembre 1953, n. 968, art. 66), da rilevare che alla >luzione accolta (seconda massima) la Corte Suprema pervenuta attraarso una completa ed ineccepibile disamina della materia, con l'inquaramento delle particolari disposizioni nel sistema generale dei contributi J 860 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DE.LLO STATO n beneficio dell'esenzione dall'imposta di ricchezza mobile, stabilito dall'mt. 90 del d. l. 10 aprile 1947, n. 261, per il contributo statale di ricostruzione o riparazione di edifici distrutti o danneggiati per cause belliche, si inquadra nel sistema delle agevolazioni gi previste in via generale per i contributi concessi dallo Stato e da altri enti per fini di pubblico interesse, e, come per tali altri contributi, il beneficio stesso limitato all'esenzione dall'imposta applicabile per ritenuta o per rivalsa, con riguardo al fatto economico deH'erogazione del contributo, mentre l'importo di questo resta autonomamente e normalmente valutabile, in sede di ordinario accertamento dei redditi di ricchezza mobile del beneficia1io, come cespite produttivamente impiegato e, in particolare, come posta attiva, ove il contributo -come nel caso che sia concesso a chi eserciti attivit speculativa di costruzione o commercio di immobili costituisca concorso neUe spese di produzione (2). (Omissis). -Con l'unico mezzo di ricorso la Soc. Immobiliare denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 90 del d. 1. 10 aprile 1947, n. 261, nonch dell'art. 21 della legge 8 giugno 1936, n. 1231, e lamenta che la Commissione Centrale abbia ritenuto che il disposto dell'art. 90 citato non comporti l'esenzione effettiva del contributo dall'imposta di R. M., ma ne differisca la tassabilit al momento dell'imposizione sul bilancio. Aggiunge la ricorrente che la limpidezza del dettato della norma non consente dubbi interpretativi e che la decisione impugnata, nella sua errata interpretazione, ha fatto leva sul disposto dell'art. 21 della legge n. 1231 del 1936 riguardante un caso completamente diverso; il caso, cio, di contributi aventi carattere di sovvenzioni, mentre l'art. 90 del r. d. n. 261 del 1947 concerne atti aventi natura risarcitoria, anticipatori della liquidazione dell'indennizzo per i danni di guerra. E conclude rilevando che le norme dell'art. 90, disponendo perentoriamente e senza limitazioni o riserve che i contributi in questione non sono soggetti all'imposta, li sottrae totalmente al tributo, sicch non trova giustificazione alcuna l'interpretazione restrittiva accolta nella decisione impugnata. di ogni specie corrisposti dallo Stato o da altri enti per scopi di pubblico interesse, per i quali, ai fini dell'esclusione dell'onere d'imposta (per beneficio o per delimitazione negativa della materia imponibile) deve sempre distinguersi tra il fatto economico dell'erogazione (lei contributi stessi, e quello, di autonomo rilievo anch.e dal punto di vista tributario, del successivo impiego dei corrispondenti importi in attivit speculative: rispetto alle quali i detti importi debbono sempre normalmente considerarsi quali cespiti produttivi e, in particolare, ove costituiscano concorso in spese di produzione -come nel caso dei contributi di ricostruzione erogati a ' soggetti che esplichino attivit speculativa di costruzione o commercio di immobili -quali componenti attive del bilancio d'impresa. ~ ' ) ~ I. . PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 861 La censura priva di giuridico fondamento. Questo Supremo Collegio ha gi avuto occasione di stabilire che 1 contributo statale per la riparazione o ricostruzione degli immobili lanneggiati o distrutti per causa bellica, pur presentandosi sostanzialnente quale mezzo di risarcimento del danno di guerra, resta tuttavia 1ualificato specificamente dalla finalit, di carattere pubblicistico, di avorire la ricostruzione degli immobili danneggiati o distrutti, per uperiori fini di poli: 'a sociale ed economica (Cass. 23 giugno 1962, L 1637 e 12, maggio 1958, n. 1564). Di conseguenza, sul piano giuridico, non pu affermarsi la diffe enziazione, sostenuta dalla ricorrente, dei contributi concessi in virt lel d. 1. n. 261 del 1947, da quelli considerati, in via generale, nel' art. 15 della legge n. 1643 del 1926, che dichiarava esenti dall'imposta li R. M. i sussidi, concorsi e contributi pagati dallo Stato ed altri enti mbblici, per fini di pubblico interesse, sia ad enti che a privati individui. La portata dell'esenzione cos disposta fu precisata, con intento nterpretativo, a mezzo dell'art. 21 della legge 8 giugno 1936, n. 1231, tel senso che l'esenzione stessa non esdudeva che il contributo, se rap 1resentava un concorso nelle spese di produzione ed altre passivit de lucibili, dovesse essere compreso fra i cespiti attivi ai fini della deter ninazione del reddito annuo tassabile. Il che significa univocamente che, in linea generale, il beneficio lell'esenzione dei detti contributi, concessi per fini di pubblico inte esse, dalla imposta di R. M., era limitato all'esonero dell'imposta da ,pplicarsi per ritenuta o rivalsa all'atto dell'erogazione del contributo: ome appunto fu chiarito con la circolare 28 maggio 1937 del Ministero ompetente. A sostegno della tesi della societ ricorrente non giova il rilievo he l'art. 90 del d. 1. 10 aprile 1947, n. 261, stabilisce l'esenzione del ontributo di ricostruzione dall'imposta di R. M. e dall'I.G.E. con dispo izione di carattere assoluto, priva di accenni a limitazioni. Le norme giuridiche di nuova produzione si inseriscono nell'or linamento. preesistente, ricevendone un complesso di determinazioni, econdo relazioni di compatibilit, sia pure in linea di eccezioni a regole li o meno generali, determinazioni che, nei limiti ora detti, debbono itenersi considerate dal legislatore come concorrenti a fissare il conte .uto obiettivo delle nuove norme giuridiche. Ora, come si visto, non esiste una ragione particolare per ritenere he si sia voluto disporre un trattamento fiscale di maggior privilegio a avare del contributo di ricostruzione, rispetto a quello concesso a tutti contributi corrisposti dallo Stato per finalit di pubblico interesse: e, .i conseguenza, le disposizioni di favore fiscale riguardanti i contributi .i cui al d. 1. 10 aprile 1947, n. 261, debbono essere ritenute vincolate ll'osservanza dei limiti posti dalle norme precedenti, con carattere di RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO generalit per tutti i contributi pagati dallo Stato, che comportano la sola esenzione dall'imposta di ricchezza mobile da applicarsi per ritenuta o rivalsa all'atto del pagamento. A conferma utile il rilievo che l'art. 90 del d. 1. n. 261 del 1947 prevede congiuntamente l'esenzione dei contributi di ricostruzione dall'imposta di R. M. e dall'I.G.E. Il che induce a ritenere che sia stato preso in considerazione, ai fini del trattamento tributario, il solo fatto economico dell'erogazione del contributo, pagamento che, determinando movimento di capitali ed altres entrata per il percipiente, avrebbe dovuto appunto scontare i due tributi; e che, al contrario non sono stati presi in considerazione gli ulteriori atti economici realizzabili con il contributo pagato e che assumono significato tributario autonomo, anche in relazione ai soggetti che utilizzano il contributo, al modo d'impiego, alla capacit di reddito che i soggetti spiegano con l'impiego del contributo come capitale investito. Infine giova ricordare che, nella vasta revisione e sistemazione che la materia delle imposte dirette ha ricevuto in epoca recente -successiva al periodo tributario che viene in ,considerazione nella presente causa -il beneficio fiscale per i contributi dello Stato e degli altri enti pubblici ad enti o privati, gi regolato con il pi volte ripetuto art. 15 del d. 1. n. 1643 del 1926, nell'interpretazione datane co:i l'art. 21 della legge 8 giugno 1936, n. 1231, stato esteso ai contributi di ogni genere ed ha ricevuto una diversa considerazione sistematica. Dispone, infatti, l'art. 83 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, che non sono soggetti all'imposta (di R. M.), fra altri proventi, i contributi di <0gni genere pagati dallo Stato e da altri enti pubblici, che non costituiscano concorso in spese di produzione o passivit deducibili. Sicch, nell'evoluzione della disciplina normativa, quella che prima costituiva ipotesi di esenzione dall'imposta ora un criterio generale di delimitazione della materia imponibils agli effetti della R. M.: con la quale evoluzione rimane indubbiamente confermato il carattere generale che hanno avuto, anche per il passato, tanto la disposizione circa l'esenzione dei contributi statali dall'imposta di R. M., quanto la limitazione di detta esenzione all'imposta da corrispondersi per rite nuta all'atto del pagamento, quanto infine la prescrizione di assogget tamento dei contributi, che costituissero concorso in spese di produzione o altre passivit detraibili, alla normale valutazione quali capitali produttivamente impiegati e suscettibilit di produrre reddito. Ci posto, poich nella specie il contributo di ricostruzione stato percepito da soggetto che produce reddito con attivit speculativa di costruzione e commercio d'immobili, bene stato ritenuto che esso costituisce concorso nelle spese di produzione e, di conseguenza, che deve essere compreso tra i cespiti attivi ai fini della determinazione del reddito tassabile con imposta di R. M. -(Omissis). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA ::ORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 gennaio 1967, n. 61 -Pres. Rossano -Est. Scanzano -P. M. Caccioppoli (conf.). -Ministero Finanze (avv. Stato Cavalli) c. Comune di San Remo (avv. Uckmar). :mposta di registro -Agevolazioni -Opere di interesse degli enti locali previste dalla 1. 3 agosto 1949, n. 589 -Opere igienico-sanitarie Applicabilit delle agevolazioni agli atti relativi ad opere che presentino un generale carattere igienico-sanitario -Fattispecie in tema di costruzione di mercati ortofrutticoli. (1. 3 agosto 1949, n. 589, artt. 4, 18; 1. 6 febbraio 1951, n. 126, art. un.). mposte e tasse in genere -Imposta di registro -Agevolazioni -Interpretazione delle norme che prevedono agevolazioni -Criteri. (c. c., disp. prel., artt. 11-14). A norma dell'art. 18 della l. 3 agosto 1949, n. 589, gli atti occo1renti 1er l'attuazione della legge stessa, e cio per l'esecuzione delle opere da ~ssa contemplate, di interesse degli enti locali, sono soggetti al trattanento fiscale previsto per gli atti e contratti dello Stato. Tale trattanento, quanto agli atti occorrenti per l'esecuzione delle altre opere gienico-sanitarie , di cui all'art. 4 della legge, non limitato agli atti elativi alle opere specificamente elencate, da ritenere indicate esem1lificativamente, e si estende, invece, a quelli occorrenti per tutte le pere che presentino un generale carattere igienico-sanitario, tra le ruali rientrano anche i mercati ortofrutticoli istituiti dai comuni (1). Le norme che concedono agevolazioni fiscali debbono essere inter1retate in modo che nel loro ambito di applicazione rientrino tutti i (1) La soluzione accolta induce ad una considerazione. Se invero, si .ebba ritenere esemplificativa l'elencazione contenuta nell'art. 4 della . 3 agosto 1949, n. 589, dovrebbe allora anche osservarsi che il legislatore bbia appunto fatto l'esempio di opere (l'indicazione riguarda mattatoi, :ivatoi, bagni pubblici e ambulatori ), che direttamente e primariamente ono rivolte a fini igienico-sanitari. Conseguentemente, dovrebbero comnque ritenersi escluse le opere dirette a realizzare altri interessi, pur e nell'esercizio dell'attivit, cui le opere stesse sono destinate, si renda ecessario un controllo igienico; e l'esclusione andrebbe ritenuta anche er i mercati ortofrutticoli, per i quali -come si evince dalle disposiioni della 1. 25 marzo 1959, n. 125, ed in particolare da quelle che attriuiscono la competenza in materia al Ministero dell'Industria e del Com1ercio -pu dirsi che l'interesse primario considerato dal legislatore, nche ai fini della stessa istituzione dei mercati, sia piuttosto di carattere conomico-commerciale, che igienico-sanitario. J 864 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO casi ai quali esse possono riferirsi secondo l'espressione letterale e la ratio legis (2). (Omissis). -Con, l'unico motivo del ricorso l'Amministrazione delle Finanze, denunziando violazione delle disposizioni della legge 3 agosto 1949, n. 589, lamenta che la Corte del merito abbia, a torto, ritenuto applicabile il trattamento tributario di favore, previsto dall'art. 18 della predetta legge, al mutuo stipulato dal comune di San Remo per la costruzione di un mercato ortofrutticolo. In proposito, premesso che i benefici fiscali non sono applicabili a casi diversi da quelli espressamente previsti dal legislatore, osserva che i mercati ortofrutticoli non sono in alcun modo contemplati fra le opere pubbliche ammesse a godere delle provvidenze della predetta legge, sicch la decisione impugnata violerebbe il principio che vieta, in subiecta materia, la interpretazione analogica. La cansura non ha fondamento. La legge 3 agosto 1949, n. 589, che detta provvedimenti intesi ad agevolare la esecuzione di opere pubbliche di interesse degli enti locali, e che con l'art. 18 accorda il trattamento tributario previsto per gli atti stipulati dallo Stato agli atti e contratti occorrenti per l'attuazione di essa legge, prevede una serie di opere specificamente, quali le strade, gli acquedotti, le fognature, i cimiteri, gli ospedali, le scuole, i porti. Contempla, poi, all'ultimo comma dell'art. 4, la esecuzione di altre opere igienico-sanitarie e particolarmente mattatoi, lavatoi, bagni pubblici e ambulatori . Poich non contestato che la registrazione dei mutui contratti dai comuni per l'esecuzione delle opere previste dalla legge debba go dere del trattamento fiscale riservato agli atti stipulati dallo Stato, le questioni che il ricorso pone si risolvono nello stabilire se la elenca zione contenuta nell'art. 4, ultimo comma, della legge citata, abbia carattere tassativo oppure esemplificativo e, nella seconda ipotesi, se il mercato ortofrutticolo possa considerarsi un'opera di carattere igie nico-sanitario. In ordine alla prima questione la Corte ritiene fuori di dubbio che la predetta elencazione sia meramente esemplificativa. In proposito, giova anzitutto aver riguardo alla formulazione della norma: mentre altre opere, in altre disposizioni della stessa legge, sono contemplate individualmente, l'uso della locuzione particolarmente " (2) Sui criteri di interpretazione delle norme che prevedono benefici fiscali, cfr. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 284 ss., 517 ss., ed ivi riferimenti giurisprudenziali; cfr., inoltre, G. ANGELINI ROTA, Sul criterio finalistico di interpretazione estensiva delle norme di agevofazione fiscale, in questa Rassegna, retro, 666. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 865 ~he nella norma in esame segue alla menzione generica delle " altre )pere igienico-sanitarie , dimostra che il Legislatore, all'ultimo comma del citato art. 4, contempla una categoria di opere, cio un genus, :ii cui quelli espressamente indicati (mattatoi, lavatoi, bagni pubblici ~ ambulatori) costituiscono delle specie particolari. Tale interpretazione trova conforto nella relazione ministeriale che, illustrando la disposizione in esame, e parlando delle opere igienico; anitarie minori, li indica in mattatoi, lavatoi, bagni pubblici, ambulatori, ecc. , dal che evidente che la previsione legislativa si estende a tutte le opere che possano qualificarsi di carattere igienico-sanitario. Tali sono, oltre a quelle in cui la finalit igienico-sanitaria coincide ::on la destinazione diretta ed immediata del bene, tutte quelle destinate all'esercizio di attivit o servizi che richiedono il mantenimento di determinate condizioni di oggetti o di ambiente perch non insorgano cause che ledano o pongano in pericolo la salute pubblica. Rientrano in questa categoria di opere, ad avviso della Corte, i mercati ortofrutticoli istituiti dai comuni, in quanto servono a concentrare l smercio di prodotti destinati all'alimentazione e di uso generale, onde permetterne lo svolgimento col sussidio di adeguate attrezzature ed in condizioni tali da garantire la salute pubblica, e facilitare i necessari controlli. E che a tali controlli non siano estranee finalit di carattere igienico- sanitarie risulta evidente dalle varie competenze attribuite, in materia, dalla legge alla autorit sanitaria, il cui intervento, attraverso organi vari, previsto in momenti molteplici, che vanno dalle approvazione dei progetti di costruzione, alla approvazione del regolamento, alla vigilanza ordinaria (v. artt. 2, 3, 4, 10 della legge 21 agosto 1937, n. 1982 -sulla disciplina dei mercati all'ingrosso dei prodotti ortofrutticoli -vigente al momento dell'entrata in vigore della legge 3 agosto 1949, n. 589, e artt. 6, 7, 8, 14 della legge 25 marzo 1959, n. 125). Argomento ulteriore a favore della tesi accolta pu trarsi dall'art. 91 del t. u. 3 marzo 1934 n. 383, che alla lett. c., n. 20, colloca le spese relative ai mercati tra quelle obbligatorie per i comuni concernenti la sanit e l'igiene. Poich, dunque, la ipotesi da ritenersi compresa nella previ::; ione della norma, non giova invocare -come fa la ricorrente Amministrazione -il divieto della analogia in materia di privilegio fiscale; n merita censura la denunciata sentenza che precisamente aderisce alle considerazioni sopra espresse, in base al principio, pi volte affermato da questa Corte Suprema, secondo cui le norme che concedono benefici fiscali debbono essere intese in modo da ricomprendere nell'ambito della loro applicazione tutti i casi ai quali esse si possono riferire secondo la espressione letterale e la ratfo Legis (sent. 611 /62, 3030/59) -(Omissis). 866 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 marzo 1967, n. 602 -Pres. Pece Est. D'Armiento -P. M. Di Majo (conf.). -Comune di San Remo (avv. Uckmar) c. Ministero Finanze (avv. Stato Vitucci). Imposta generale sull'entrata -Entrata imponibile -Nozione -Rimborsi di spese collegati a prestazione di servizi -Imponibilit Contributi di iscrizione a gare sportive (c. d. entrature) -Imponibilit. (d. I. 9 gennaio 1940, n. 2, conv. in 1. 19 giugno 1940, n. 762, artt. I ss.). Costituisce entrata soggetta aU'I.G.E. ogni introito conseguito in dipendenza di prestazione di beni o di servizi, e cio in dipendenza di un'attivit economica di scambio, senza che abbia rilievo, ai fini dell'imponibilit, la circostanza che l'introito si rialLacci o meno ad un'attivit speculativa. Pertanto, come sono imponibili le entrate, realizzate a titolo di rimborso di spese, che comunque si colleghino alla prestazione di un servizio, cos sono soggette all'imposta anche le c. d. entrature ., costituenti il corrispettivo del servizio reso dai comitati organizzatori di gare sportive ai partecipanti alle gare stesse (1). (Omissis). -Col primo mezzo del ricorso principale si denunzia la violazione dell'art. 1 I. 19 giugno 1940, n. 762, sostenendo che la sentenza erroneamente ha ritenuto assoggettabili all'IGE le entrature , corrisposte dai partecipanti alle gare di tiro al piccione, senza (1) La massima riconferma un princ1p10 ormai pacifico. Costituisce infatti entrata imponibile qualunque movimento di danaro corrispettivo (in senso ampio) ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, indipendentemente dalla sussistenza di un rapporto di corrispondenza (in senso stretto) tra prestazioni commutative. quindi irrilevante che l'accipiens realizzi attraverso l'entrata un guadagno e che il servizio in vista del quale l'entrata si verifica abbia natura speculativa. Ci risulta dalla stessa definizione di entrata contenuta nell'art. 1 del d. 1. 9 gennaio 1940, n. 2 (conv. in 1. 19 giugno 1940, n. 762), ed riconfermato daWart. 4, che esclude ogni limitazione di imponibilit al solo profitto ed invece estende la nozione di entrata a tutto ci che ha un'ampia corrispondenza con la prestazione del servizio: cfr. Cass. 19 dicembre 1955, n. 3041, Foro it.; 1956, I, 910; Cass. 14 ottobre 1963, n. 2737, in questa Rassegna, 1964, I, 151; Cass. 28 febbraio 1964, n. 446, Foro it., 1964, I, 660; Sez. Un. 2 marzo 1964, n. 472, in questa Rassegna, 1964, I, 5'57; Cass. 26 marzo 1965, n. 504, Riv. leg. fisc. 1965, 1505. Per un'ampia disamina, cfr. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 631. Per un caso strettamente affine, concernente l'imponibilit delle quote sociali percepite da una societ sportiva, v. App. Trieste, 17 giugno 1961, Riv. dir. sport., 1961, 312. O. BAFILE PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 867 avere prima dimostrato che le medesime costituissero il corrispettivo della prestazione di un servizio economico, e cio dell'organizzazione tecnica e della effettiva gestione delle gare sportive. Con il secondo mezzo si denunzia la insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo, sostenendo che la sentenza impugnata non avrebbe distinto fra gestione amministativa e gestione tecnica delle gare di tiro al piccione, ed avrebbe affermato, senza una valida motivazione e una dimostrazione adeguata, che il COPEAM doveva provvedere ai fondi necessari ai finanziamenti delle manifestazioni, che esso amministrava tali fondi, e che ad esso facevano capo le entrate e le uscite delle singole manifestazioni. Con il terzo mezzo si censura la sentenza per non avere accolto la tesi che nella specie l'imposta sull'entrata non era dovuta da alcuno, n dal COPEAM n dagli enti organizzatori delle gare, atteso che le entrature non bastavano nemmeno a coprire i premi, e agli organizzatori delle gare non era rimasto alcun utile. Il ricorso infondato, perch nessuna delle critiche mosse dal ricorrente Comune alla sentenza impugnata trova effettivo riscontro. Ed invero, non risponde ad esattezza che la Corte di merito abbia violato o erroneamente interpretato la legge istitutiva dell'imposta generale sull'entrata, una volta che la Corte medesima ha ritenuto che le entrature nella specie tassate costituivano il corrispettivo di un servizio, reso dal Comitato organizzatore delle gare a coloro che partecipavano alle gare stesse. Tale affermazione della Corte di merito anzitutto giuridicamente corretta, colpendo l'IGE ogni introito conseguito in dipendenza di prestazione di servizi, cio in dipendenza di una attivit economica di scambio, senza che abbia rilevanza, ai fini fiscali, la valutazione del fatto se il titolo del versamento si riallacci, oppur no, ad un'attivit speculativa. L'imposta sull'entrata tende a colpire ogni corrispettivo nella prestazione di un bene o di un servizio; ed anche i rimborsi di spesa, se ~ollegati ad una prestazione di servizi, costituiscono di regola entrata [mponibile, ai sensi degli artt. 1 e 4 della legge organica 19 giugno 1940, n. 762 (cfr. Cass. 12 ottobre 1955, n. 3041; 28 febbraio 1964, n. 446 e 2 marzo 1964, n. 472). In secondo luogo, all'affermazione che il tributo era dovuto, la Corte di merito pervenuta attraverso una diligente disamina dei do~ umenti prodotti e delle prove assunte, eseguita con logica impeccabile =senza incorrere in contraddizioni, come risulta dalla motivazione della ;entenza, che non presta il fianco ad alcun rilievo. N vale opporre che la stessa Corte non avrebbe tenuto nettamente :listinte, ai fini della causa, la gestione amministrativa delle gare, =ffettuata dal COPEAM, dalla organizzazione tecnica ,. effettuata da J 868 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ente specializzato, per dedurne, come il ricorrente sostiene, che solo a questi ultimi incombeva, se mai, il pagamento del tributo. La sentenza, infatti, valutando le singole prove, prima partitamente e poi nel complesso, pervenuta al convincimento, adeguatamente motivato ed esente da vizi logid e giuridici, che era stato il COPEAM che, per conto del Comune di San Remo, da una parte aveva incassato le cosiddette entrature e dall'altra aveva sopportato tutte le spese per l'organizzazione delle gare. Con le censure apparentemente riferite a violazioni di legge o a contraddittoriet di motivazione il ricorrente in sostanza muove rilievi che attengono alla valutazione delle prove e al giudizio di merito dato dalla Corte di appello; ma appena il caso di dire che simili censure non possono venire in considerazione in questa sede di controllo di legittimit -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 maggio 1967, n. 817 -Pres. Vistoso -Est. Leone -P. M. Toro (conf.) -Banca Nazionale del Lavoro (avv.ti Del Nunzio, Manara) c. Ministero Finanze 'cavv. Stato Gargiulo). Imposta di registro -Fideiussione -Fideiussioni bancarie in favore di terzi verso pubbliche amministrazioni -Aliquote ridotte differenziate secondo il tempo per il quale le :fideiussioni sono prestate Applicabilit con riferimento al termine entro il quale possono sorgere le obbligazioni coperte dalla garanzia e non in base alla durata di questa. (r. 1. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa all. A, art. 54, modif. da 1. 25 maggio 1954, n. 306, art. 3). Obbligazioni e contratti -Fideiussione -Fideiussione a garanzia di obbligazioni anteriormente sorte -Retroattivit -Esclusione. (c. c., art. 1936 ss.). Imposta di registro -Fideiussione -Fideiussioni bancarie in favore di terzi verso pubbliche amministrazioni a garanzia di obbligazioni anteriormente costituite -Efficaciaex nunc delle :fideiussioni anche ai fini dell'applicazione dell'imposta secondo le disposizioni dell'art. 54. secondo comma, della tariffa A allegata alla legge organica. (c. c., art. 1936 ss.; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, art. 54, modif. da 1. 25 maggio 1954, n. 306, art. 3). La disposizione deLL'art. 54 della tariffa A allegata alla legge di registro (nel testo modificato dall'art. 3 della l. 25 maggio 1954, n. 306) I . . . I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 869 -secondo la quale le fideiussioni prestate da aziende ed enti di credito, a favore di terzi, verso pubbliche amministrazioni, scontano l'imposta con aliquote ridotte differenziate se prestate per un termine non superiore ad un anno o a due anni -ha riguardo al periodo di tempo durante il quale possono contrmsi le obbligazioni che le fideiussioni sono destinate a garantire, e non gi alla durata della garanzia, che dipende esclusivamente dalla scadenza dell'obbligazione principale e dall'applicazione del disposto dell'art. 1957 c. c. (1). Non ipotizzabile una efficacia retroattiva del contratto di fideiussione, il quale, anche. se riferito ad obbligazioni anteriormente costituite, produce in ogni caso gli effetti suoi prop1i dal momento della stipulazione (2). L'inizio dei vari termini previsti dall'art. 54 della tariffa A allegata alla legge di registro (nel testo modificato dall'art. 3 della legge 25 maggio 1954, n. 306), per l'applicazione delL'imposta, con aliquote ridotte differenziate, sulle fideiussioni prestate da aziende di credito, a favore di terzi, verso pubbliche amministrazioni, deve sempre rapportarsi alla data della stipulazione, non essendo dato di distinguere, nemmeno ai fini tributari, tra fideiussioni a garanzia di obbligazioni future e fideiussioni a garanzia di obbligazioni anteriormente costituite, le une e le altre ugualmente produttive di effetti soltanto ex nunc (3). (Omissis). -La Banca ricorrente censura la sentenza impugnata, denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della legge 25 maggio 1954, n. 306, modificativo dell'art. 54 della tariffa all. A della legge di registro, dell'art. 8 della detta ultima legge, degli articoli del codice civile sulla fideiussione, dell'art. 221 reg. dog. 13 febbraio 1896, n. 65, modif. col d. P. R. 2 agosto 1952, n. 1968, e infine degli artt. 27, 54 e segg. delle legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424, denunzia, ancora, difetto di motivazione. La ricorrente premette che la questione involge l'interpretazione della formula della legge (art. 3, 1. n. 306 del 1954), pi che del con (1-3) Con riferimento alle fidejussioni in materia doganale, e sostan zialmente nel senso che il termine che per esse sia fissato vale quale li mite del periodo di tempo durante il quale possono costituirsi le obbli gazioni cui la garanzia ha riguardo, e non quale termine di efficacia della garanzia stessa, cfr. Cass. 25 marzo 1966, n. 798, in questa Rassegna, 1966, I, 904. Sul trattamento tributario delle fidejussioni prestate dalle banche, a favore di terzi, verso pubbliche amministrazioni, cfr., per riferimenti, Cass. 16 maggio 1966, n. 1230, in questa Rassegna, 1966, I, 927, e le osser vazioni ivi in nota. In ordine alle affermazioni, di cui alla terza massima estratta dalla annotata sentenza, una riserva sembra doversi formulare. Come la Corte RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tratto di fideiussione, che alla legge ha inteso adeguarsi. Assume che sono irrilevanti, ai fini interpretativi, gli elementi valorizzati dalla Corte di merito (solidariet del garante con il debitore principale, rinunzia alla preventiva escussione del debitore, natura doganale delle obbligazioni garantite, con estensione della garanzia sino alla completa definizione delle operazioni d'importazione), perch tali elementi riproducono tratti tipici della struttura degli istituti della fideiussione e dell'obbligazione doganale. In ordine agli argomenti svolti dalla Corte di merito circa la garanzia prestata per le obbligazioni doganali gi costituite, la ricorrente critica l'affermazione della sentenza impugnata, che si tratti di efficacia retroattiva del contratto di fideiussione, non potendo darsi alla fideiussione efficacia anteriore alla stipulazione di essa. Aggiunge, con riferimento ad una questione ritenuta assorbita dalla Corte di merito, che la durata ultrabiennale della garanzia non poteva desumersi dalla clausola salvo conferma aggiunta al termine semestrale di durata stabilito pattiziamente, perch la conferma si sostanzia in una nuova produzione negoziale. La censura fondata, anche se non tutte le ragioni addotte a sorreggerla possono essere condivise. L'interpretazione dell'art. 3 della legge 25 maggio 1954, n. 306, che ha lasciato dubbiosa la dottrina ed ha provocato istruzioni da parte dell'Amministrazione finanziaria, se condotta ~n base alle locuzioni usate dal legislatore prese nel loro senso letterale (fideiussioni prestate per periodo non superiore a due anni; ... fideiussioni prestate per un termine non superiore ad un anno...), porterebbe a ritenere che si sia avuto riguardo alla durata dell'efficacia del negozio accessorio di garanzia, e che i termini in detta norma considerati siano termini finali di tale efficacia. L'interpretazione razionale e sistematica porta invece a risultato del tutto diverso. Suprema ha notato, in questo stesso incontro, la modifica apportata con l'art. 3 della 1. 25 maggio 1954, n. 306, al testo dell'art. 54 della tariffa A allegata alla legge organica del registro, deve ritenersi volta a prificare, in quanto possibile, gli oneri tributari per le fidejussioni in discorso a quelli previsti per le assicurazioni dell'insolvenza dei debitori, le quali " assolvono una funzione di garanzia fungibile con quella fidejussoria ., e tutto ci nella considerazione che elemento comune dei due mezzi giuridici il rischio, per il quale si intende quanto al fidejussore, l'esposizione di questi aH'evenienza di rimanere obbligato con il terzo, verso l'amministrazione garantita, per effetto di atti giuridici compiuti dal terzo medesimo. Ma tale rischio, cui si commisura il contenuto economico della garanzia, assume specifico rilievo in rapporto all'elemento temporale, in vista I !:' . . . . PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 871 stato posto in rilievo giustamente che la riduzione e la differenziazione delle percentuali d'imposta, relative alle fideiussioni bancarie prestate a pubbliche amministrazioni, sono state stabilite per adeguare il trattamento tributario di tali fideiussioni a quello disposto per le assicurazioni dell'insolvenza dei debitori, che, dal punto di vista economico e sociale, assolvono una funzione di garanzia fungibile con quella fideiussoria; elemento comune di due mezzi giuridici il rischio, in relazione alla durata del quale di solito aumenta progressivamente il corrispettivo dell'assicuratore o del fideiussore, e comunque il contenuto economico complessivo della garanzia: inteso per rischio, quanto al fideiussore, l'esposizione di questi all'evenienza di rimanere obbligato con il terzo verso l'Amministrazione garantita, per effetto di atti giuridici compiuti dal terzo medesimo. In secondo luogo da considerare che la garanzia cui si riferisce l'art. 3 della legge n. 306 del 1954 esclusivamente quella prestata da aziende o istituti di credito, per i quali la fideiussione rappresenta un'operazione di credito, verso il cliente garantito, per il semplice fatto della stipula della garanzia relativa ad operazioni future anche meramente eventuali, e che la prassi bancaria generalmente seguita comporta che la banca garantisce tutte le obbligazioni che potranno essere assunte dal cliente a favore di determinati soggetti, entro un certo periodo di tempo e fino ad un certo limite di valore: sicch, entro tali limiti, la determinazione concreta del contenuto effettuale della garanzia dipende dagli accordi tra creditore e debitore (cliente della banca). Dal punto di vista sistematico, poi, viene in rilievo la circostanza che, secondo. la fattispecie legale di diritto civile, la fideiussione non pu essere prestata per una durata inferiore alla scadenza dell'obbligazione principale: sarebbe, infatti, contraria alla causa tipica del negozio fideiussorio la prefissione di un termine finale della garanzia inferiore alla scadenza dell'obbligazione principale; ipotesi nella quale la nullit della determinazione temporale dovrebbe comportare addirittura la nullit del contratto di garanzia. della stessa incertezza sull'insorgenza, nel periodo considerato, delle obbligazioni per le quali la fidejussione prestata. E sembra perci potersl rilevare che si debba addirittura escludere, in principio, l'applicabilit delle aliquote ridotte, allorch la fidejussione, anche se prestata da aziende di credito, riguardi non gi obbligazioni che il terzo possa in futuro eventualmente assumere, ma obbligazioni certe, gi costituite, essendo evidente che in tal caso, per la mancanza di un rischio nei sensi indicati, e cio dell'elemento caratteristico della fattispecie particolare di cui alla disposizione di favore fiscale, si in presenza di un normale rapporto fidejussorio, come tale imponibile con le aliquote ordinarie previste dal primo comma dell'art. 54 innanzi citato. 872 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ora, se esatto che il diritto tributario modifica talvolta, per le sue peculiari esigenze, le linee della fattispecie legale di diritto privato, sembra si debba escludere che tali modifiche possano essere spinte fino a considerare come fattispecie tributaria, sia pure speciale (ma non eccezionale) un istituto nullo secondo il diritto civile; in secondo luogo non pu l'interprete pervenire a confermare tale risultato di completa deviazione dalla struttura di diritto comune, di un negozio giuridico, ai fini della disciplina tributaria, se non quando la lettera e la ratio della norma tributaria siano esplicite in tale senso. Il che non pu dirsi nella specie, data la congruit di una diversa interpretazione, confortata dalla rispondenza alle finalit pratiche della norma in esame. Si deve, pertanto, ritenere ,che nel cennato art. 3 della legge n. 306 del 1954 la locuzione fideiussioni prestate per un termine non superiore ad un anno sta a significare fideiussioni prestate per obbligazioni che potranno costituirsi nel termine non superiore ad un anno: e che, in genere, le specificazioni temporali considerate nel detto articolo non sono termini di durata della garanzia, ma solo si riferiscono ad un elemento concorrente alla determinazione delle obbligazioni principali, in vista delle quali la garanzia prestata. Consegue altresi che detta determinazione temporale, afferente alle obbligazioni principali e non direttamente a quella fideiussoria, compatibile 'Con una durata non determinata della garanzia, durata che dipender dalla scadenza dell'obbligazione principale e dall'applicazione del disposto dell'art. 1957 c. c. Con ci questo Supremo Collegio aderisce alle conclusioni interpretative cui giunta la Corte di Torino nell'impugnata sentenza, sulla base di una motivazione che, condotta congiuntamente con riferimento alle norme giuridiche astratte ed alla concreta fattispecie negoziale, vede gravemente pregiudicata la propria concludenza, anche per il ricorso ad argomenti irrilevanti, come quelli della solidariet passiva tra garante e debitore principale e della rinunzia al beneficio della preventiva escussione di quest'ultimo (rectius: espressa esclusione del beneficio). Erronea, invece, l'applicazione che della norma cos interpretata ha fatto la Corte di merito alla fattispecie sottoposta al suo esame, sostenendo che, in quanto la fideiussione prestata dalla Banca Nazionale del Lavoro concerne non solo le obbligazioni future da costituire entro sei mesi, ma anche le obbligazioni gi costituite con atti d'importazione compiuti nel quadriennio precedente alla stipula della fideiussione, questa risulta essere della durata complessiva di quattro anni e sei mesi, e deve perci scontare l'imposta stabilita per le fideiussioni di durata uperiore ai due anni, ai sensi dell'art. 54 della tariffa All. A della legge del registro. ' ' I ~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA In tal modo si attribuita al contratto di fideiussione un'efficaicia retroattiva -esplicitamente affermata nella sentenza impugnata che esso non pu avere. Il contratto, quale mezzo di produzione di disposizioni aventi forza di legge tra le parti, normalmente non provvede che per l'avvenire, proprio com' detto per la legge. N l'eccezionale retroattivit del contratto pu essere stabilita dalle parti in forza dell'autonomia contrattuale, se l'ordinamento giuridico non consenta che possa o debba verificarsi l'effetto retroattivo: con disposizione particolare, che non sussiste per il contratto di fideiussione, il quale pertanto produce effetti solo ex nunc, con riferimento al momento in cui la fattispecie negoziale si presenta completa nei suoi elementi costitutivi. A questo momento dev'essere rapportato anche l'inizio dei vari termini, cui , per il disposto dell'art. 3 della legge 25 maggio 1954, n. 306, collegato il variare della percentuale dell'imposta di registrazione per le fideiussioni bancarie in esso considerate. A conclusione diversa non porta il fatto che, come nella specie in esame, la fideiussione bancaria sia stata prestata altres per obbligazioni gi costituite (ma, ovviamente, non ancora esigibili). Anche per tali obbligazioni la fideiussione prende effetto, in mancanza di pattuizione che ne ritardi l'efficacia, dalla data della stipulazione e quindi nel momento iniziale del termine giuridicamente rilevante ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro. Ai quali effetti, ovviamente non c' ragione di distinguere tra obbligazioni precostituite, che divengono rilevanti come oggetto di fideiussione al momento della stipulazione di questa, ed obbligazioni costituite subito dopo la stipulazione della fideiussione per essa prestata. Sicch obbligazioni gi costituite ed obbligazioni future debbono essere considerate, come oggetto della fideiussione, temporalmente collocate tutte nel termine pattizio stabilito per la determinazione delle obbligazioni garantite, termine preso dalla legge come parametro dell'imposta di registro applicabile alla fideiussione bancaria per esse congiuntamente prestata. Accogliendosi, pertanto, per la ragione ora detta, il ricorso della Banca Nazionale del Lavoro, deve cassarsi la sentenza impugnata e deve rimettersi la causa ad altra Corte d'appello che, alla luce dei principi giuridici affermati innanzi provveder sulla contestazione circa l'applicazione alla fattispecie dell'art. 54 della tariffa all. A della legge del registro modificato dall'art. 3 della legge 25 maggio 1954, n. 306, e come ora detto interpretato, nonch, ove sia necessario, sulla questione circa la portata della clausola salvo conferma , proposta col secondo motivo di appello e ritenuta assorbita, dall'accoglimento del primo motivo d'impugnazione, dalla Corte d'appello di Torino. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il ricorso della aBnca Nazionale del Lavoro, nella sua ultima parte, richiama anche tale questione, sulla quale, per, nessun esame questo Supremo Collegio deve portare, perch essa non risulta decisa dal giudice di appello. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 maggio 1967, n. 836 -Pres. Pece Est. Arienzo -P. M. Raia (conf.). -Raffineria Corsi (avv. Papadia) c. Ministero Finanze (avv. Stato Albisinni). Imposta generale sull'entrata -Imposta sulle merci importate -Oli vegetali -Aliquota ridotta per gli oli allo stato commestibile Commestibilitdel prodotto al momento in cui si verifica ilpresupposto dell'imposizione -Necessit :-Applicabilit dell'aliquota ridotta all'importazione di acidi grassi -Esclusione. (d. 1. 9 gennaio 1940, n. 2, conv. in 1. 19 giugno 1940, n. 762, artt. l, 7, 17; 1. 24 dicembre 1949, n. 941, art. 8). La disposizione dell'art 8 della l. 24 dicembre 1949, n. 941, che dichiara applicabile l'imposta generale sull'entrata con la ridotta aliquota dell'uno per cento per gli atti relativi al commercio degli oli vegetali allo stato commestibile, e che analogo trattamento stabilisce pe1 l'imposta (d. l. 9 gennaio 1940, n. 2, art. 17) dovuta per l'importazione dall'estero dei detti prodotti, riguarda i soli oli vegetali che presentino la caratteristica della commestibilit nel momento in cui si verifica il presupposto dell'imposizione, e, quindi, quanto agli oli importati, soltanto quelli gi commestibili nel momento in cui se ne attua l'importazione. Conseguentemente, l'aliquota ridotta non applicabile per l'importazione di acidi grassi, restando irrilev.ante la circostanza che essi siano destinati, previa opportuna lavorazione, all'alimentazione umana (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso, sotto il profilo della violazione degli artt. 8 della legge 24 dicembre 1949, n. 941 e 12 delle (1) La Corte Suprema ha sottolineato il non equivoco contenuto della disposizione dell'art. 8 della 1. 24 dicembre 1949, n. 941, che, nel prevedere il pi favorevole trattamento tributario per .gli oli vegetali allo stato commestibile , ha indubbiamente riguardo ai prodotti che presentino la specifica richiesta caratteristica nel momento rilevante ai fini dell'imposizione. Negli stessi sensi, con riferimento all'analoga questione che si era fatta per l'imposta di conguaglio istituita con la 1. 31 luglio 1954. n. 570, J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 875 iisposizioni preliminari al c. c., con riferimento all'art. 360, n. 3, :. p. c., si sostiene, riproponendosi la tesi gi disattesa dai giudici di nerito, che la corte di appello. abbia errato nel negare l'applkazione lell'aliquota dell'uno per cento, prevista per l'i.g.e. sull'importazione di >li vegetali commestibili, rispetto ad acidi grassi destinati, dopo opporuna trasformazione, all'alimentazione umana. Sostiene la ricorrente che a formula del testo legislativo, oli vegetali allo stato commestibile ., lebba interpretarsi, anche in armonia con le particolari finalit della egge, emanata in considerazione della carenza di oli, con riferimento td un modo di essere non immediato ma potenziale, attribuendosi alla >arola stato un significato tecnico-giuridico con riguardo alla riparizione fondamentale tra oli destinati all'alimentazione ed oli destinati td uso industriale. ton dovuta per gli oli allo stato commestibile (d. P. 14 agosto 1954, t. 676, tab. B, p. IV, cap. 15), cfr. App. Genova, 17 gennaio 1967, Finanze- 1.moretti (Foro it., 1967, I, 2129); Trib. Napoli, 25 novembre 1966, Sipro' inanze, e le altre citate nella annotazione che segue. L'I.G.E., l'imposta all'importazione e l'imposta di conguaglio per gli oli vegetali allo stato commestibile La questione del trattamento fiscale riservato agli oli vegetali allo tato commestibile ai fini dell'I.G.E., dell'imposta all'importazione e del' imposta di conguaglio, ha dato luogo ad alcune incertezze interpretative. a Suprema Corte, con l'annotata sentenza ha sanzionato l'interpretazione derente alla dizione letterale della legge e la decisione, adottata in relaione all'ipotesi specifica dell'importazione di acidi grassi destinati all'ali1entazione, ha tuttavia, e dichiaratamente, una portata generale. Oggetto dell'indagine l'interpretazione dell'art. 8 della 1. 24 dicem re 1949, n. 941, nonch del d. P. 14 agosto 1954, n. 676 (tab. B, parte IV, ap. 15, n. ex 139 tariffa doganale) in relazione alla 1. 31 luglio 1954, .. 570, per effetto delle quali disposizioni concesso il trattamento tribuario agevolato, relativamente alle imposte indicate, agli oli vegetali allo tato commestibile . Sembra utile analizzare le precedenti vicende legislative degli oli veetali commestibili o destinati all'alimentazione per rendere ragione delle erplessit interpretative suscitate dalla dizione letterale della legge. Nel 1942 (d. 1. 19 febbraio 1942, n. 53), l'l.G.E. sull'olio di oliva, compreso quello destinato alla rettificazione per uso alimentare , fu emporaneamente sospesa, evidentemente in relazione allo stato di guerra al fine di agevolare le vendite del prodotto, allora prezioso. Nel 1944 d. 1. 19 ottobre 1944, n. 348), tuttavia, l'LG.E. fu ripristinata (4 % ) anche ugli oli vegetali destinati all'alimentazione ( degna di nota l'evoluione del concetto di destinazione ., che nel 1942 era riferita alla rettiicazione per uso alimentare e nel 1944 era invece riferita, tout court, alla alimentazione). Infine, nel 1949 (1. 24 dicembre 1949, n. 941), la liquota venne ridotta all'l % per gli oli vegetali allo stato commestiile abrogandosi gli artt. 5 e 8 del d. 1. 19 ottobre 1944, n. 348. Il concetto di destinazione, che era determinante ai fini dell'imposiione secondo le leggi del 1942 e del 1944, divenne del tutto irrilevante con 876 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La censura non merita accoglimento. L'art. 8 della legge 24 dicembre 1949, n. 941, dispone che per gli atti economici relativi al commercio di oli vegetali allo stato commestibile l'imposta sull'entrata dovuta nella misura dell'uno per cento dell'entrata imponibile e che analogo trattamento si applica per l'importazione dall'estero dei detti prodotti. La sentenza impugnata, nell'interpretare tale norma, ha ritenuto che con le parole oli vegetali allo stato commestibile il legislatore abbia inteso indicare gli oli che, nel momento dell'importazione, siano gi commestibili, disattendendo la tesi del contribuente, secondo la quale, ai fini dell'applicazione dell'aliquota suddetta, bisognerebbe tener presente la destinazione specifica l'entrata in vigore della legge del 1949 che sostitul al pi generico requisito della destinazione l'altro requisito, obiettivo e concreto, dello stato di commestibilit recepito successivamente anche dal d. P. 14 agosto 1954, n. 676. Secondo un'interpretazione accolta da alcune sentenze del Tribunale di Genova, in vertenze relative all'imposta di conguaglio di cui al citato d. P. n. 676 del 1954 (sentenze 31 luglio 1965, in c. Amoretti e GazzanoFinanze; 25 ottobre 1965, in c. Gruppo Oleario Novara-Finanze; 9 febbraio 1966, in c. Ismardi c. Finanze), respinta peraltro nettamente dalla Corte di Appello di Genova (sentenze 17 gennaio 1967, Amoretti e Gazzano- Finanze, Foro lt. 1967, I, 2129; 24 febbraio 1967, OLIS-Finanze; 10 marzo 1967, Ismardi-Finanze; 17 maggio 1967, F.lli Berio-Finanze), ed ora dalla Suprema Corte, con riferimento al disposto dell'art. 8 1. 24 dicembre 1949, n. 941, l'espressione oli vegetali allo stato commestibile dovrebbe interpretarsi nel senso di comprendere non solo gli oli che, al momento in cui vengono assoggettati al trattamento fiscale, posseggono la caratteristica della commestibilit, ma anche gli oli grezzi che siano destinati a divenire commestibili dopo avere subito il procedimento di raffinazione. Si invocano a sostegno la ratio legis, nonch le dichiarazioni fatte dal Ministro delle Finanze in sede di lavori preparatori della 1. 24 dicembre 1949, n. 941. In realt la lettera della norma tale da non consentire di ricercare aliunde la volont del legislatore. Il termine stato indica un modo di essere che la merce deve rivestire al momento in cui presa in considerazione dalla norma. La legge non dice oli destinati a divenire commestibili e neppure semplicemente oli commestibili ., nella quale ultima ipotesi si poteva forse prospettare il dubbio che si fossero voluti comprendere anche gli oli attualmente non commestibili, ma destinati, a divenirlo a seguito del procedimento di raffinazione. Parlando di oli allo stato commestibile indica una qualit precisa ed inequivocabile che il prodotto in questione deve possedere nel momento in cui soggetto al trattamento fiscale. Il testo della legge indica in modo chiaro che gli oli in questione per fruire dell'esenzione devono gi possedere il requisito della commestibilit, mentre si disinteressa affatto della loro destinazione: gli oli considerati ai fini del pi favorevole trattamento tributario sono, secondo l'espresso disposto della formula legislativa, soltanto quelli che sono gi allo stato commestibile, in condizione cio di essere direttamente immessi sul mercato, con indubbia esclusione PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 877 !d ultima degli oli. In particolare, la sentenza ha considerato ~he la :hiara dizione della norma, non dando luogo a dubbi interpretativi, non :onsente di dubitare dell'intenzione del legislatore e di attribuire alle >arole un valore diverso da quello del linguaggio comune, ed ha con: luso che l'aliquota ridotta non possa applicarsi agli acidi grassi che, iella normalit dei casi, non sono neppure destinati a soddisfare >isogni di natura alimentare. I principi enunciati nella sentenza impugnata, circa i limiti dei >oteri dell'interprete, sono conformi alla costante giurisprudenza di tuesto S. C., nel senso che nell'interpretazione delle norme giuridiche : .consentito procedere alla ricerca dell'effettiva mens legis, nel presup legli oli grezzi e pertanto non allo stato commestibile, in quanto necessi anti del procedimento di raffinazione. Questo quanto si ricava dall'esa,me del testo di legge. Si obiettato che vi sarebbe una nozione legale ed una diversa no ione commerciale di commestibilit ed inoltre che nel termine commetibile rientrerebbe tutto ci che pu comunque essere ingerito, e quindi nche l'olio grezzo. ' Quanto alla nozione di commestibilit, devesi rilevare come ogni conetto vada definito nell'ambito del corpQ sociale al quale si riferisce, cui necessariamente relativo. Ci stato detto in particolar modo per i concetti (giuridici) di moralt, buon costume, ordine pubblico, decenza, ecc., per loro natura partiolarmente relativi e mutevoli non solo da popolo, ma anche da epoca ad poca, ma vale ovviamente per ogni concetto utilizzato a fini giuridici. >ando ad essi un valore assoluto, universale, svincolato dal corpo sociale ui si riferiscano, si finirebbe per togliere loro ogni concretezza e, spesso, gni significato. Comunque, nel caso che ci occupa, ci che ha rilievo non un'astratta ;iotetica e paradossale commestibilit, ma ci che il nostro legislatore ha onsiderato commestibile. Importa rilevare come in materia di oli di liva la I. 13 novembre 1960, n. 1407 ha stabilito una classificazione legale ell'olio d'oliva commestibile. All'articolo 1 vengono fissate le, quattro enominazioni stabilite per l'olio ottenuto meccanicamente dalle oliv, cio iediante spremitura, che considerato dalla legge commestibile soltanto ve abbia subito il lavaggio, la sedimentazione e la filtrazione . C'i aie ad escludere che il prodotto della spremitura delle olive sia immeiatamente commestibile; se vero che detto olio allo stato grezzo non elenoso (come non lo ad es. il mosto ricavato dalla pigiatura dell'uva) i legge lo considera commestibile solo dopo che abbia subito le operaioni di raffinazione. stato anzi precisato (in App. Genova, 24 febbraio 1967, F.lli Berio' inanze, cit.): Si tenga presente ili proposito che il concetto di raffinaione non trova integrale ed esatto riscontro in quello di commestibilitd, quale ultimo, oltre alla raffinazione del prodotto, presuppone lo svolimento di altri processi depurativi . Non si vede come possa sostenersi che la definizione legale di olio ommestibile diverge dalla definizione commerciale. Si visto che i conetti giuridici hanno il contenuto che ad essi viene dato dal corpo sociale RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO posto che il legislatore abbia inteso sancire una norma diversa da quella che resa manifesta dalla sua dizione letterale, solo nei casi in cui la lettera della legge non sia chiara ed inequivocabile; ma quando il testo legislativo non dia luogo a dubbi, non consentito ricercare se la volont del legislatore sia stata eventualmente diversa da quella manifestamente resa (Cass. 5 marzo 1965, n. 347). Il beneficio tributario di cui trattasi concesso, secondo la previsione dell'art. 8 -citato, agli atti economici relativi al commercio degli oli vegetali allo stato commestibile . La formula precisa specificamente il prodotto che gode del particolare trattamento fiscale (olio vegetale), e la caratteristica che lo deve contraddistinguere (commestibilit) nel momento (atto economico) che viene assoggettato al trattamento fiscale. Tale essendo il contenuto, chiaro ed inequivoco, della norma, deve cui. si riferiscono. conseguentemente paradossale sostenere che una determinata nozione definita dal corpo sociale in relazione a rapporti di carattere commerciale, quale quella di olio lampante , abbia poi ai fini giuridici un senso ed un significato diverso e addirittura opposto: evidente che il legislatore... con l'uso della ben definita espressione "allo stato commestibile", non pu che essersi riferito ad una condizione ontologicamente e merceologicamente determinata del prodotto, costituita, appunto, dal suo stato attuale di commestibilit (App. Genova, 24 febbraio 1967, cit.). In questo senso si ripetutamente espressa la Corte di Appello di Genova: Il legislatore, per indicare quali fossero le categorie di oli che potevano essere importate in esenzione dall'imposta di conguaglio, ha evitato qualsiasi espressione che potesse dare adito a dubbi interpretativi, ed ha parlato di oli allo stato commestibile adoperando delle parole che per il significato loro proprio e per la loro connessione chiarivano inequivocabilmente come la commestibilit fosse il modo di essere che avrebbe dovuto caratterizzare l'olio nel momento in cui esso veniva preso in considerazione dalla legge tributaria, vale a dire all'atto dell'importazione (App, Genova, 17 maggio 1966, Oleificio Berardi-Finanze). Riferendosi ad oli allo stato commestibile, la legge stessa, lungi dall'aver riguardo alla destinazione futura del prodotto importato ed alla sua capacit finale di divenire commestibile, indica una qualit attuale, precisa ed inequivocabile, che il prodotto deve possedere al momento dell'importazione, per fruire dell'esenzione tributaria (App. Genova, 29 .dicembre 1966, Gruppo Oleario Novaro-Finanze). stato poi anche esattamente rilevato che: Nel caso, poi, una siffatta volont resa manifesta dal regime tributario differenziato, stabilito per gli oli elencati alla voce sopra citata della tabella B, in quanto esiste una contrapposizione tra " oli fissi, fluidi e concreti " (di origine vegetale), considerati nella prima parte della voce, e "oli allo stato commestibile", considerati nella seconda parte. Ora, se la prima espressione si riferisce, indubbiamente, a tutti gli oli vegetali in genere, suscettibili di essere destinati, indifferentemente, ad uso industriale o ad uso alimentare (oli tutti sottoposti dal legislatore alla imposizione tributaria), la seconda espressione, di carattere derogativo, " oli allo stato commestibile" (per i quali il legislatore ha stabilito, invece, l'esenzione), deve ne J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA escludersi che all'atto economico dell'importazione di acidi grassi, e cio di un prodotto sostanzialmente distinto dagli oli vegetali e privo in quel momento del requisito della commestibilit, possa estendersi il beneficio fiscale della tassazione con l'aliquota dell'uno per cento. E devesi, altresl, escludere, ai fini interpretativi, il ricorso ai lavori preparatori, e cio alla dichiarazione fatta dal Ministro delle Finanze dinanzi alla IV Commissione della Camera dei deputati in sede legislativa, nella seduta del 10 dicembre 1949, sulla capacit finale di commestibilit del prodotto, sia perch la portata della norma resa manifesta dalla sua chiara formulazione, sia perch la cennata affermazione non pu considerarsi avulsa dal contesto della discussione, che aveva per oggetto gli oli grezzi. -(Omissis). cessariamente assumere un significato e un contenuto diversi da quelli precedentemente espressi nella stessa voce. Se, altrimenti, anche la seconda espressione si concepisse riferita agli oli comunque destinati alla alimentazione, si annullerebbe' il valore derogativo della stessa, e verrebbe meno la differenziazione di trattamento voluta dal legislatore, finendosi, in tal modo, per attribuire, con patente violazione del precetto legislativo, un identico regime tributario a tutti gli oli vegetali, comunque destinati all alimentazione (App. Genova, 24 febbraio 1967, F.lli Berio c. Finanze, cit.). In realt i sostenitori dell'opposta tesi hanno fatto soprattutto leva sulla asserita impossibilit di trovare una ratio convincente che giustifichi La diversit di trattamento fatta dal legislatore all"olio grezzo, necessitante della raffinazione per essere reso commestibile, rispetto all'agevolazione che, secondo il testo letterale delle disposizioni lgislative, spetterebbe unicamente all'olio gi commestibile nel momento in cui soggetto al trattamento fiscale. In contrario stato esattamente rilevato: Circa l'indagine sulla finalit della legge, basta osservare, per respingere anche detta obiezione, che il trattamento agevolato stato previsto, in un periodo in cui il paese avvertiva una forte carenza di tale prodotto sul mercato nazionale, solo per gli oli " allo stato commestibile " perch sicuramente importati per consumo alimentare, a preferenza degli oli fissi, fluidi e wncreti, in genere, presumibilmente destinati invece ad uso industriale o per i quali, comunque, non poteva esservi la certezza obiettiva di una 11tilizzazione per consumo alimentare (App. Genova, 24 febbraio 1967, :lLLS-Finanze, cit.). Deve pertanto convenirsi con la sentenza annotata che la dizione le gislativa tassativa nell'escludere dal beneficio gli oli che non siano allo ;tato commestibile all'atto in cui vengano sottoposti al trattamento fiscale ~ tale dizione non pu dare adito a dubbi sulla sua portata e sul suo significato. Accertata la chiarezza della lettera della legge ne segue l'impossibilit di fare ricorso ad una presunta diversa ratio, anche se avvalorata dai .avori preparatori, secondo quanto ribadito nella decisione annotata (cfr. ::!ass. 5 ottobre 1964, n. 2514; Cass. 13 febbraio 1961, n. 318, Foro it., 1961, l70; Cass. 24 giugno 1958, n. 2243, Giur. cast., 1958, 1159; Cass., 24 gen1aio 1948, n. 96, Foro it., 1948, I, 191). F. GUICCIARDI 880 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 giugno 1967, n. 1399 -Pres. Scarpello -Est. Pascasio -P. M. Colonnese (diff.) -Ministero Tesoro (avv. Stato Cavalli) c. ditta EXIMB (avv. Gravone). Violazione delle leggi finanziarie e valutarie -Pena pecuniaria -Natura. {l. 7 gennaio 1929, n. 4; r. d. 5 dicembre 19.38, n. 1928). Violazione delle leggi finanziarie e valutarie -Prescrizione -Prescrizione del diritto dello Stato alla pena pecuniaria -Norme applicabili -Verbale di accertamento delle violazioni valutarie -Idoneit quale atto interruttivo della prescrizione -Condizioni.. (c. c. art. 2943; 1. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 17; r. d. 5 dicembre 1938, n. 1928, art. 3; r. d. 12 maggio 1938, n. 794, art. 3). L'obbligazione di pagamento di una somma di danaro a titolo di pena pecuniaria, per le violazioni delle leggi finanziarie e valutarie, ha natura civile (1). Poich di natura civile l'obbligazione per la pena pecuniaria per le violazioni delle leggi finanziarie e valutarie, non sono in materia applicabili norme e principi propri del diritto penale, e cos, quanto alla prescrizione -non ipotizzabile come prescrizione del fatto violazione ma come prescrizione del diritto di credito dello Stato per la somma dovuta dal trasgressore -deve aversi riguardo alla disciplina di cui agli artt. 2934 ss. del codice civile. Conseguentemente, la prescrizione in materia di violazioni valutarie (prevista dall'art. 3 del r. d. 5 dicembre 1938, n. 1928, con richiamo all'art. 17 della l. 7 gennaio 1929, n. 4) pu essere interrotta con atti idonei ai sensi dell'art. 2943 c. c., e tali devono ritenersi anche il verbale di accertamento della violazione e gli altri atti del procedimento disciplinato dal r. d. 12 mag~ gio 1938, n. 794, quando da essi risulti la chiara volont dell'Amministrazione creditrice di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto ad esigere la pena pecuniaria nella misura che successivamente sar determinata dal Ministro (2). (Omissis) . -Con l'unico motivo di annullamento le Amministrazioni dcorrenti denunciano la violazione dell'art. 3 del r. d. 5 dicem (1-2) I principi essenziali di cui alle massime circa la natura civile dell'obbligazione per la pena pecuniaria e la conseguente applicabilit delle norme civilistiche anche per ci che riguarda la prescrizione, nonch> circa l'efficacia interruttiva della prescrizione stessa, da riconoscere, in linea generale, anche agli atti del procedimento amministrativo previsto PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA bre 1938, n. 1928, in relazione all'art. 17, primo comma, della legge 7 gennaio 1929, n. 4, nonch degli articoli 1, 2, 3, 4, 6, 7 ed 8 del r. d. 12 maggio 1938, n. 794, e degli artt. 2935, 2943 e 1219 c. c., oltre ad omessa e insufficiente motivazione. Esse cosi riproprongono la questione gi sollevata nel giudizio di merito, circa la efficacia interruttiva della prescrizione da attribuire al verbale di contestazione della infrazione valutaria. La censura non fondata. La Corte d'appello, infatti, dopo avere richiamato i principi gi enunciati da questo Supremo Collegio in altre occasioni, circa la natura e l'essenza della sanzione amministrativa in esame, ha fatto esatta applicazione di tali principi al caso di specie escludendo che il verbale di accertamento della infrazione valutaria, per la sua specifica formulazione e per l'omessa richiesta di pagamento di qualunque somma, avesse efficacia interruttiva del corso della prescrizione. chiaramente espresso dall'art. 3 cpv. della legge 7 gennaio 1929, n. 4, e risulta con pari chiarezza da altre norme della legge medesima dalle leggi in materia -furono gi affermati, in adesione alle tesi sostenute dall'Avvocatura dello Stato, da Cass. 29 gennaio 1964, n. 241, in questa Rassegna, 1964, I, 367, con nota di CoRREALE, Sull'effetto interrutti1'0 del verbale di accertamento di trasgressione alle leggi finanziarie e valutarie. Una riserva va espressa, peraltro, per le implicazioni trattene sia dalla sentenza qui pubblicata, Con la quale si poi concluso che l'efficacia interruttiva va accertata con riferimento al concreto contenuto dei singoli atti, sia da altra recente pronuncia della Corte Suprema nella stessa materia valutaria (sent. 1 febbraio 1967, n. 291, che pu leggersi in Riv. leg. fisc. 1967, 1129), con la quale, fermi quei principi medesimi, stata negata l'efficacia interruttiva del parere della commissione consultiva prevista dall'art. 6 del r. d. 12 maggio 1938, n. 794, perch esso non rappresenta un atto di manifestazione della volont dell'Amministrazione attiva, e soprattutto perch, quale atto preparatorio, diretto a fornire all'Amministrazione attiva elementi di conoscenza per la determinazione in concreto della pena pecuniaria, non doveva essere portato, e non fu portato, a conoscenza del debitore . Ed in particolare, quanto al verbale di accertamento, che sia sotto scritto dal trasgressore o allo stesso notificato (e per il quale, quindi, l'ulteriore questione, in ordine alla comunicazione al debitore, neppure si pone), da rilevare che l'affermazione della Corte Suprema, secondo cui l'efficacia interruttiva potrebbe riconoscersi soltanto allorch dall'atto risulti la non equivoca volont dell'Amministrazione di conseguire il sod disfacimento del credito di pena pecuniaria, non pu condividersi, a meno che essa non debba intendersi quale affermazione dell'esigenza di una indagine sulla corrispondenza in concreto del verbale redatto nei singoli casi al tipo di atto previsto dalla legge per l'accertamento delle violazioni in discorso. Invero, atto idoneo ad interrompere la prescrizione, secondo i con 882 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (ad es. dall'art. 11, relativo alla solidariet passiva tra pi responsabili della stessa violazione), che l'obbligazione al pagamento di una somma a titolo di pena pecuniaria ha carattere civile e non sono ad essa assolutamente applicabili norme e principi propri del diritto penale (cfr. da ultimo, sent. di questa Corte Suprema, del 29 gennaio 1964, n. 241). Anche la prescrizione di cui all'art. 1 7 della citata legge n. 4 (richiamato espressamente dall'art. 3 del r. d. 5 dicembre 1938, n. 1928, applicabile nel caso concreto), , quindi, regolata dagli articoli 2934 e segg. c. c. ed essa riguarda il solo diritto dello Stato a riscuotere la somma dovuta a titolo .di pena pecuniaria ., n pu considerarsi come prescrizione del fatto . Del resto, la regola dell'art. 17, per cui il diritto dello Stato si prescrive col decorso di cinque anni dal giorno della commessa violazione, disposizione pienamente conforme a quella generale dell'art. 2947, primo comma, c. c., per cui il diritto al risarcimento del danno per fatto illecito si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto solidati principi in materia, anche quell'atto che, pur senza una formale intimazione (come riconosciuto, del resto, dalla sentenza in nota, che ha corretto, sul punto, la dtfforme motivazione della sentenza impugnata; cfr., inoltre, Cass. 30 novembre 1963, n. 3069, in questa Rassegna, 1964, I, 102, ove ulteriori riferimenti), esprima contro la presunzione di rinuncia, implicita nel decorso del tempo, la chiara volont del creditore, diretta a sollecitare il soddisfacimento del suo diritto . E poich l'Amministrazione, per far valere la sua pretesa di pena pecuniaria, non pu non osservare il procedimento imposto dalla legge, che inizia con l'accertamento dei fatti e la redazione del verbale, deve questo stesso atto, di per s, e per il solo fatto di essere posto in essere, ritenersi contrario a quella presunzione di rinunzia, ed espressivo di una volont dell'Amministrazione (in quanto una specifica volont possa dirsi richiesta anche rispetto a crediti indubbiamente indisponibili); volont da considerare -anche in relazione ai principi sulla tipicit degli atti amministrativi (cfr. Sez. Un. 31 maggio 1961, n. 1285, in questa Rassegna, 1961, 99; Oass. 30 novembre 1966, n. 2812, id., 1966, I, 1279, ed ivi riferimenti in nota 2) -come inequiv-0camente diretta a perseguire la contestata infrazione, e cio, per la natura civile delle previste sanzioni, come diretta a conseguire, appunto, l'adempimento dell'obbligazione sorta per effetto della violazione, e ci indipendentemnete dalla formulazione concreta del verbale; l'indagine sul quale dovrebbe ritenersi necessaria soltanto al fine di accertare se, per la eventuale difformit del contenuto da quello tipicamente previsto dalla legge (per le violazioni valutarie, cfr. r. d. 12 maggio 1938, n. 794, art. 3), non sia da ritenere la stessa contestazione dei fatti manchevole, e, quindi, inidonea anche a determinare l'effetto interruttivo della prescrizione, che altrimenti, ed in principio, andrebbe riconosciuto. Sempre in tema di interruzione della prescrizione, cfr., per ulteriori riferimenti, Relaz. Avv. Sta~o, 1961-65, II, 738, e, per l'efficacia interruttiva del ricorso al Ministro, in mat.eria di violazioni finanziarie, v. Css. 28 maggio 1966, n. 1396, in questa Rassegna, 1966, 693, con nota cui si rinvia. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 883 si verificato. E la violazione delle leggi finanziarie, di cui all'art 3 della citata legge n. 4, , in definitiva, un illecito civile. Il r. d. 1. 12 maggio 1938, n. 794, prescrive una particolare procedura per l'accertamento delle trasgressioni in materia valutaria, ossia indagini a cura di apposito uffi.cio d'ispezione dell'Istituto nazionale per i cambi con l'estero-Ufficio italiano cambi; successiva rimessione degli atti, insieme ad una relazione illustrativa, ad apposita commissione consultiva presso il Ministero del tesoro; parere della commissione; e, infine, emissione del decreto con cui il Ministro determina la pena pecuniaria da infliggere per la trasgressione: procedura che stata seguita nel caso in esame. Le Amministrazioni avevano dedotto e deducono tuttora, che il processo verbale, firmato dalle controparti, col quale si contestava esplicitamente che l'infrazione era punibile con pena pecuniaria, fosse idoneo ad interrompere la prescrizione ai sensi .dell'art. 2943 c. c. Ma la Corte d'appello, esaminando tale verbale, non ha rinvenuto in esso quella intimazione scritta di pagare, valevole a costituire il debitore in mora ai sensi della legge civile e quindi idonea ad interrompere la prescrizione. Invero, all'anzidetto verbale e cos ad altri atti dell'indicato procedimento pu riconoscersi un simile effetto soltanto quando in essi si esprima la chiara volont dell'Amministrazione creditrice di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto ad esigere la pena pecuniaria che, successivamente, sar determinata dal Ministro, non essendo necessario, affinch di effetto interruttivo si possa parlare, che l'atto stesso indichi la misura del credito e che questo sia gi liquidato nel suo ammontare. Ma almeno la manifestazione di volont, in modo chiaro ed esplicito deve sussistere, mentre nel caso concreto essa stata esclusa dalla Corte di merito con giudizio che, essendo ~ongruamente motivato, sfugge al sindacato di legittimit attribuito a :iuesta Corte suprema. Pertanto, cos precisata nella motivazione, la decisione impugnata nerita conferma ... -(Omissis). I ~ORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 ottobre 1967, n. 2612 -Pres. Pece -Est. Scanzano -P. M. Toro (conf.) -Proverbio (avv. Schir) c. Ministero Finanze (avv. Stato Varvesi). :>rocedimento civile -Imposte e tasse in genere -Giudizi di opposizione ad ingiunzione -Sospensione dei termini scadenti in periodo fe riale -Applicabilit. (t. u. 14 aprile 1910, n. 639; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 145; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 93; r. d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 92; I. 14 luglio 1965, n. 818, art. 3). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Imposte e tasse in genere -Ingiunzione -Interessi -Riscossione degli interessi col procedimento di ingiunzione previsto per la riscossio ne dei crediti tributari cui accedono -Legittimit. (c. c., artt. 1224, 1282; t. u. 14 aprile 1910, n. 639; r. d. 30 dicembre 1923, n . .3269, art. 144; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 92) Imposte a tasse in genere -Imposta di successione -Interessi -Leggi 26 gennaio 1961 n. 29 e 28 marzo 1962 n. 147 -Imposte liquidate in via complementare per mancanza o insufficienza degli elementi occorrenti -Liquidazione complementare determinata da mancata o insufficiente dichiarazione di valore da parte del contribuente Interessi con decorrenza dalla data di esigibilit del tributo principale -Applicabilit -Limiti. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 51; r. d. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 15, 17; l. 26 11:ennaio 1961, n. 29, art. 3; l. 28 marzo 1962, n. 147, art. un.). Le disposizioni della legge 14 luglio 1965, n. 818, sulla sospensione dei termini processuali scadenti in periodo feriale, si applicano anche per i giudizi di opposizione ad ingiunzione in materia tributaria, che non rientrano tra i giudizi di opposizione all'esecuzione esclusi, ai sensi dell'art. 3della legge citata e dell'art. 92 dell'ordinamento giudiziario, dalla gfera di operativit della legge stessa (1). Per la realizzazione del credito di interessi, che, pur essendo autonomo, partecipa della natura del credito principale cui accede, pu farsi ricorso al procedimento esperibile per la realizzazione di quest'ultimo. Pertanto, in materia tributaria, per la riscossione degli interessi pu essere emessa l'ingiunzione di coazione, che, peraltro, sia nel campo delle imposte indirette che in quello delle entrate partimoniali dello Stato, un mezzo normale di riscossione dei crediti, in applicazione del principio secondo cui la p. a. pu normalmente realizzare le proprie pretese senza necessit di farne previamente accertare dal giudice la fondatezza (2). (1) In senso conforme cfr. App. Milano, 25 novembre 1966, Foro it., 1967, I, 192. In generale, sulla natura dei giudizi di opposizione ad ingiunzione, anche in relazione alla natura patrimoniale o tributaria dei crediti fatti valere dall'amministrazione, cfr. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 765, ove riferimenti di giurisprudenza, cui adde, nel senso che l'opposizione non si inquadra tra quelle previste dagli artt. 615 ss., c.p.c., Cass. 10 gennaio 1966, n. 178, in questa Rassegna, 1966, I, 458, con nota di A. MARZANO; con riferimento, poi, all'esigenza, sempre in tema di opposizione ad ingiunzione, di individuare la natura e l'oggetto della controversia, anche per la determinazione della giurisdizione, v. Cass. Sez. Un., 25 febbraio 1967, n. 430, retro, 238. (2) Massima di evidente esattezza. Per riferimenti sulla generale estensibilit alle obbligazioni accessorie della disciplina prevista per le obbli PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA L'omessa o insufficiente dichiarazione del valore dei beni, ai fini :lell'applicazione deHe imposte indirette (nelle specie: di successione) integra una ipotesi di mancanza o insufficienza degli elementi, occorrenti alla liquidazione, che il contribuente tenuto a dichiarare, e, pertanto, sulle somme liquidate in via complementare a seguito del procedimento di accertamento del valore, gli interessi sono dovuti, secondo ie disposizioni delle leggi 26 gennaio 1961, n. 29, e 28 marzo 1962, n. 147, con decorrenza dalla data di esigibilit del tributo principale. Peraltro, nel caso che, per la modesta entit della differenza tra il valore :lenunciato e quello accertato, o per altre particolari concrete circostanze, la divergenza possa ragionevolmente attribuirsi ad uno scusabile diverso apprezzamento dei criteri valutativi di legge, e, quindi, ritenersi dipendente da fatto non imputabile al contribuente, gli interessi decorrono dalla data della liquidazione complementare (3). Il CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 ottobre 1967, n. 2670 -Pres. Pece ' -Est. Scanzano -P. M. Toro (conf.) -Neumann (avv. Formiggini) c. Ministero Finanze (avv. Stato Foligno). Cmposte tasse in genere -Imposte dirette ed imposte indirette -Nozione. lmposta di successione -Interessi -Leggi 26 gennaio 1961 n. 29 e 28 marzo 1962 n. 147 -Applicabilit. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270; 1. 26 gennaio 1961, n. 29; l. 28 marzo 1962, n. 147). ~azioni principali, cfr. Cass. 1 marzo 1967, n. 446, retro, 305, in tema di ~stensione alla sopratassa del privilegio previsto per l'imposta. Sulla por :ata delle disposizioni del t. u. 14 aprile 1910, n. 639, per ci che attiene ii crediti tutelati, cfr. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, Il, 765. (3-6) 1. In relazione ai principi di cui alla quarta ed alla quinta mas; ima, sulla distinzione delle imposte in dirette ed indirette e sulla ~lassificazione delle imposte di successione tra le imposte indirette, cfr., ;ier tutti. ARENA, Finanza pubblica, Torino, 1963, II, 160 ss. Del tutto lineare la conclusione di applicabilit, anche in materia di imposte di successione, :lelle disposizioni sugli interessi di cui alle leggi n. 26 del 1961 e n. 147 del L962; e soltanto per completezza di riferimenti, quindi, pu aggiungersi ~he alle citate leggi si comunque riconosciuta una portata del tutto generale (Cass. 1.4 gennaio 1967, n. 141, retro, 148, per la materia dei tributi :1.oganali; Cass. 6 agosto 1964, n. 2241, in tema di imposte di consumo), per ~ui la loro operativit, anche per tributi che siano da ritenere non specificamente contemplati, pu ritenersi esclusa soltanto l dove la materia sia 886 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Imposte e tasse in genere -Imposta di successione -Interessi -Leggi 26 gennaio 1961 n. 29 e 28 marzo 1962 n. 147 -Imposte liquidate in via complementare per mancanza o insufficienza degli elementi occorrenti Liquidazione complementare determinata da mancata o insufficiente dichiarazione di valore da parte del contribuente Interessi con decorrenza dalla data di esigibilit dell'imposta principale -Applicabilit -Limiti. (r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 51; r. d. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 15, 17; 1. 26 gennaio 1961, n. 29, art. 3; I. 28 marzo 1962, n. 147, art. un.). La distinzione delle imposte in dirette ed indirette si ricoilega ai modo di manifestarsi della ricchezza che espressione della capacit contributiva. D luogo aU'imposizio?Je diretta quella ricchezza che si manifesta attraverso la esistenza di un reddito ricorrente o di una situazione patrimoniale duratura, ed all'imposizione indiretta, invece, quella che si manifesta attraverso il compimento di specifici atti o negozi giuridici o il verificarsi, comunque, di situazioni transeunti (4). Le disposizioni sugli interessi, di cui alle leggi 26 gennaio 1961, n. 29, e 28 marzo 1962, n. 147, si applicano anche all'imposta di successione, la quale, per la sua natura e per la disciplina positiva cui soggiace, va ciassificata tra le imposte indirette (5). specialmente regolata, come per le imposte riscuotibili mediante ruoli, per le quali specifiche analoghe disposizioni sono dettate dal t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, nel testo risultante dalle modifiche introdotte con la 1. 25 ottobre 1960, n. 1316 (Per le imposte di consumo e per gli altri tributi locali cfr., ora, I. 18 maggi-o 1967, n. 388). 2. La questione accennata nella motivazione delle due sentenze, e non ulteriormente esaminata perch non rilevante ai fini del decidere, di pretesa illegittimit costituzionale delle disposizioni sugli interessi, di cui alla citata legge n. 29 del 1961, stata ritenuta non manifestamente infondata da Comm. prov. imp. Venezia, ord. 18 maggio 1966, segnalata in questa Rassegna, 1966, II, 259, ed annotata criticamente da MoNDINI, Interessi moratori e questioni di legittimit oostituzionaie, Riv. dir. prat. trib., 1967, II, 49. 3. Sulla questione centrale, di cui alla prima parte della terza e della sesta massima -circa l'applicabilit degli interessi, con decorrenza dalla data di esigibilit del tributo principale, sulle somme liquidate in via complementare a seguito di accertamento di un valore maggiore di quello dichiarato dal contribuente -la giurisprudenza delle Commissioni era orientata in senso negativo: cfr. Oomm. prov. Genova, 19 ottobre 1964, Riv. dir. prat. trib., 1965, II, 229; Comm. prov. Napoli, 25 novembre 1965, Riv. giur. edil., 1966, I, 426; Comm. prov. Roma, 12 marzo 1966, Riv. dir. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA L'omessa o insufficiente dichiarazione del valo1e dei beni, ai fini :lell'applicazione delle imposte indirette (nella specie: di successione) ~ntegra una ipotesi di mancanza o insufficienza degli elementi, occorrenti alla liquidazione, che iL contribuente tenuto a dichiarare, e, per~ anto, sulle somme liquidate in via complementare a seguito del pro~ edimento di accertamento del valore, giL interessi sono dovuti, secondo le disposizioni delle leggi 26 gennaio 1961, n. 29, e 28 marzo 1962, ri. 147, con decorrenza dalla data di esigibilit del tributo pricipale. Peraltro, nel caso che, per la modesta entit della diffe1enza tra il valore :lenunciato e quello accertato, o per altre pa1ticolari concrete circo~ tanze, la divergenza possa ragionevolmente attribuirsi ad uno scusabile diverso apprezzamento dei criteri valutativi di legge, e, quindi, ritene1si dipendente da fatto non imputabile al contribuente, gli interessi decorrono dalla data della liquidazione complementare (6). I (Omissis). -Va disposta, anzitutto, la riunione dei due ricorsi, i;>roposti contro la medesima sentenza, e va esaminato preliminarmente :iuello incidentale, con cui si contesta l'ammissibilit dell'appello. Dato atto che in udienza l'avvocato dello Stato, con i poteri che gli derivano dall'art. 1, secondo comma del r. d. 30 ottobre 1933, n. 1611, ha rinunziato, prima dell'inizio della relazione, al primo motivo, l'esame di detto ricorso incidentale va limitato al secondo motivo. prat. trib., 1966, II, 625, con nota contraria di RoTONDI M., Inapplicabilit degli interessi per ritardo nella liquidazi.one dell'imposta imputabile alla [Lmministrazione; Comm. centr. 8 giugno 1966, n. 32723, Riv. leg. fisc., 1966, 2278; Comm. centr. 21 febbraio 1967, n. 38065, id., 1967, 1906. La giurisprudenza dei tribunali ordinari, invece, era gi nettamente per la conclusione ora accolta dalla Corte Suprema: cfr., oltre le sentenze confermate (App. Milano, 8 luglio 1966, e 16 settembre 1966), Trib. Genova, 31 luglio 1965, in questa Rassegna, 1965, I, 1324; Trib. Firenze, 29 dicembre 1965, Giust. civ., 1966, I, 1449, con nota adesiva di CATELANI, Interessi moratori in relazione alla nascita dell'obbligazione deH'imposta di registro; App. Milano, 22 giugno 1965, Riv. giur. edil., 1966, I, 683; App. Milano, 4 febbraio 1966, Riv. dir. prat. trib., 1966, II, 447, con nota favorevole di PAJARDI, Appunti in tema di obbligazione per gli interessi accessori all'imposta complementare. Per la dottrina, oltre gli autori citati, cfr., in vario senso: AzzA,RITI G., La discipfina degli interessi di mora sulle tasse e imposte indirette sugli affari, Riv. dir. fin. 1966, I, 507; BATISTONI FERRARA, Gli interessi di mora sulle tasse e imposte indirette sugli affari, Riv. dir. fin. 1967, I, 283; BER RUTI, Regist10 e successione -imposta complementare -interessi di mora presunzione di colpevolezza del contribuente, Le Massime, 1964, 29; BARONE, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Con tale mezzo l'Amministrazione delle finanze, denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della 1. 14 luglio 1965, n. 818, in relazione agli articoli 3 e 5 del c. p. c., sostiene che la sospensione dei termini disposta da tale legge non si applica nel giudizio di opposizione ad ingiunzione fiscale, avendo esso natura di opposizione alla esecuzione, e lamenta che la Corte del merito abbia contraddittoriamente ritenuto il contrario, pur riconoscendo che la ingiunzione fiscale costituisce, ad un tempo, atto di accertamento e primo atto di coercizione. La censura non fondata. La sospensione dei termini processuali prevista dalla 1. 14 luglio 1965, n. 818, non si applica (art. 3 1. cit.) nelle cause contemplate nell'art. 92 dell'ordinamento giudiziario, che, nell'autorizzare la trattazione, durante il periodo feriale, delle cause di natura urgente, indica, all'uopo, tra l'altro, quelle di opposizione all'esecuzione . Trattasi, dunque, di vedere se tale debba ritenersi, a questo fine, la opposizione ad ingiunzione fiscale. L'espressione, adoperata dall'art. 92 citato, letteralmente corrispondente a quella usata nella intestazione della sezione del codice di procedura civile (sez. 1 del Capo 1, Titolo V del libro dell'esecuzione), relativa ai giudizi con cui si contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata, per cui da ritenere che, con la predetta espressione, il legislatore abbia inteso far riferimento a tali giudizi, senza che nulla autorizzi ad estendere la relativa previsione a procedimenti di natura speciale, quali le opposizioni ad ingiunzione fiscale. Peraltro, che tali giudizi siano estranei alla previsione della norma in esame, risulta non solo dalle dispute dottrinarie sulla loro natura (dispute che avrebbero indotto il legislatore a farne espressa menzione se egli 'avesse voluto assoggettarli allo stesso regime feriale), ma anche dal fatto concreto che la maggior parte di essi, richiedendo, La legge sugli interessi rnoratori sulle somme dovute allo Stato per i tri buti indiretti, Riv. leg. fisc., 1966, 1305; FIORDALISI, La questione degli inte ressi moratori in materia di tasse ed imposte indirette sugli affari, Giust. trib., 1967, 1; ROTONDI A., Interessi di mora in materia di tasse ed imposte indirette sugli affari, Arch. fin., 1966, XIII, 88. Nelle sentenze in rassegna la Corte Suprema, con un approfondito esame della materia, in riferimento al sistema stesso dell'accertamento tributario, che comporta l'obbligo del contribuente di fornire gli elementi necessari alla liquidazione dell'imposta, ha correttamente rilevato che tra i detti elementi compreso il valore dei beni, ed ha sottolineato che la dichia razione deve riguardare il valore effettivo, e che, pertanto, essendo evi dente la diretta incidenza dell'insufficiente dichiarazione di valore sulla liquidazione dell'imposta appare logica la conclusione che la liquida zione dell'imposta complementare, che in tal caso si renda necessaria, deriva da insufficienza di elementi occorrenti alla liquidazione, e, quindi, integra PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 889 all'epoca, come condizione di proponibilit, l'adempimento del solve et repete (con cui rimaneva soddisfatta la finalit esecutiva dell'ingiunzione), non poteva, in pratica, essere inquadrata nella categoria delle opposizioni all'esecuzione, ed assumeva principalmente la funzione di contestazione della pretesa tributaria in s. Ove, poi, si consideri che col richiamo all'art. 92 in esame il legislatore ha inteso introdurre delle eccezioni al principio -accolto dalla legge n. 818 del 1965 -secondo cui durante le ferie i difensori hanno diritto ad un adeguato periodo di riposo, e che la portata delle eccezioni non pu estendersi oltre i limiti segnati dalla norma che le prevede, pu concludersi che tra i giudizi esclusi, per l'art 3 della 1. 14 luglio 1965, n. 818, dalla sfera di applicazione della legge stessa, non rientrano le opposizioni ad ingiunzione fiscale. Il ricorso incidentale va, quindi, rigettato. Prima di passare all'esame del ricorso principale occorre dare atto che nella discussione orale la difesa della Proverbio, pur senza sollevare formalmente la relativa eccezione, ha posto in dubbio la legittimit costituzionale delle leggi n. 29 del 1961 e n. 147 del 1962, per preteso contrasto con l'art. 3 Cost.: cio per la disparit di trattamento che esse verrebbero a creare fra lo Stato ed ogni altro creditore (a tutto vantaggio del primo) in dipendenza del fatto che all'Erario viene riconosciuto contemporaneamente il diritto agli interessi ed il diritto alla sopratassa, aventi entrambi identica funzione risarcitoria. sufficiente in proposito osservare che la questione non rilevante ai fini della definizione del giudizio, non risultando nella specie n pagata n pretesa la sopratassa e discutendosi soltanto del diritto agli interessi. Di tale questione non , quindi, necessario deliberare la fon datezza. Con il primo motivo del ricorso principale la Proverbio, denunciando la violazione dell'art. 92 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270 e il presupposto voluto dalla legge per la decorrenza retroattiva degli inte ressi. Nelle sentenze stesse (seconda parte delle massime in esame), si am mette, peraltro, sia pure senza un approfondimento della questione (che non rientrava, per vero, nell'economia della pronuncia), che gli interessi siano invece dovuti dalla data della Uquidazione complementare, allorch, essendo la divergenza, tra il valore dichiarato e quello accertato, di modesta entit, tale da potersi ragionevolmente attribuire ad uno scusabile diverso apprez zamento degli elementi di valutazione, possa l'insufficiente dichiarazione ritenersi non dipendente da fatto imputabile al contribuente, e quindi com portare l'applicabilit della disposizione del secondo comma dell'art. unico della legge n. 147 del 1962. Una parte della dottrina ha, appunto, ritenuto collegabile l'indicata disposizione ai principi di cui all'art. 1218 e.e., pur non senza rilevare la difficolt di configurare fattispecie nelle quali la dichiarazione di un valore RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO degli artt. 12 e 14 delle disposizioni sulla legge in generale, sostiene che l'ingiunzione di coazione consentita all'amministrazione delle Finanze per la riscossione di tasse, sopratasse e pene pecuniarie, e che, trattandosi di un mezzo eccezionale, non pu essere impiegata per la riscossione di entrate diverse da quelle espressamente previste dalla legge, quali gli interessi di mora. La censura non fondata. Pur avendo natura autonoma, il credito degli interessi partecipa della natura del credito principale, e, come esso assistito, sia pure entro determinati limiti, dalla garanzia e dal privilegio che assistono quest'ultimo (artt. 2855, 2749 c. c.), cos non pu escludersi che per la sua realizzazione possa farsi ricorso al procedimento previsto per la realizzazione del credito principale. Sono gi, queste, considerazioni valide per ritenere che la ingiunzione di coazione, consentita per l'imposta, sia legittima anche per la riscossione degli interessi, cos come, ricorrendo le condizioni per ottenere il comune decreto ingiuntivo, nessuno dubita che questo possa essere emesso anche per gli interessi sul credito domandato. Peraltro, la ingiunzione di coazione non quel mezzo eccezionale che la ricorrente mostra di ritenere, ma il mezzo normale, nel campo della riscossione delle imposte indirette e delle entrate patrimoniali dello Stato, costituendo esso un?-applicazione, nella materia della riscossione dei crediti, del generale principio secondo cui la Pubblica Amministrazione pu, normalmente, realizzare le proprie pretese senza necessit di farne previamente accertare dal giudice la fondatezza. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della 1. 28 marzo 1962, n. 147, e degli artt. 2 della 1. 26 gennaio 1961, n. 29, e 15, 16, 17, 18 e 19 del r. d. 7 agosto 1936, n. 1639. inferiore a Quello venale non sia riconducibile a colpa (BATISTONI FERRARA, op. loc. cit.). Da altra parte, invece, si individuata nella norma, di cui si ritenuta l'applicabilit alla sola_ ipotesi di liquidazioni suppletive, la previsione di oggettiva non riferibilit al contribuente della mancanza o dell'insufficienza degli elementi occorrenti alla liquidazione; il che ne escluderebbe l'operativit, dunque, in rapporto ad insufficiente valutazione, restando in tal caso sempre applicabili gli interessi dalla data di esigibilit del tributo principale (AZZARITI, ROTONDI A., ROTONDI M., opp. locc. citt.). E pu qui osservarsi, appena accennandosi a qualche aspetto della questione, che un'interpretazione che prescinda dal dato soggettivo, o quanto meno lo consideri con riguardo non gi genericamente alla causa " non imputabile, che possa intendersi come mera assenza di colpa, bens, in riferimento soltanto ad eventi positivamente da accertare quali impeditivi dell'esatto adempimento da parte dell'obbligato (come nelle ipotesi prospettate dal PAJARDI, loc. cit., che fa l'esempio di errori in mercurali o in certi PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 891 nonch omessa od insufficiente motivazione su punto decisivo, e lamenta che la Corte del merito, erroneamente attribuendo al concordato fiscale valore di una confessione di responsabilit del contribuente, abbia a torto ravvisato nella mera divergenza tra il valore dichiarato dal contribuente stesso e quello da lui poi accettato (in adesione alla determinazione fattane dall'ufficio) il presupposto per la decorrenza retroattiva degli interessi sulla imposta complementare di successione. Sostiene, in proposito, che gli elementi, occorrenti alla liquidazione dell'imposta, che il contribuente obbligato a fornire con la denuncia di successione, consistono nella indicazione dei beni e nelle opportune particolari notizie sulla loro consistenza e sulla loro ubicazione, mentre il valore -pur essendone richiesta la enunciazione oggetto di accertamento da parte dell'ufficio, che, contrariamente a \J.Uanto apoditticamente affermato nella impugnata sentenza, l'unico destinatario delle norme di cui agli artt. 15, 16, 17, 18 e 19 del citato r. d. del 1936, n. 1639. Peraltro -soggiunge la ricorrente -il contribuente potrebbe non essere in grado di procedere alla complessa determinazione prevista dalle norme predette, il cui carattere imperativo , comunque, escluso per il denunciante dalla previsione (art. 17, u. c., r. d. cit.) del rifiuto di indicazione del valore: comportamento, questo, cui i contribuenti si indurrebbero ad adeguarsi, per evitare, con il rischio di una divergenza rispetto al valore ritenuto dall'ufficio, il pagamento degli interessi di mora sull'eventuale imposta complementare. Afferma conclusivamente la Proverbio che la denuncia di successione da lei presentata era regolare (tanto che l'ufficio del registro non ha adottato i provvedimenti di cui all'art. 52 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270) e che, essendo stata tempestivamente pagata l'imposta deterficazioni dell'autorit, le cui risultanze siano da assumere a base della dichiarazione), sembra meglio rispondente anche alla natura degli interessi in discorso. A tali interessi, invero, nella premessa che il credito d'imposta da ritenere legalmente liquido, nella sua interezza, fin dalla scadenza (e per il fatto stesso della scadenza) del termine entro il quale il contribuente deve rendere la dichiarazione, riferita anche all' effettivo valore dei beni (sui concetti di liquidit, con riferimento all'ipotesi in cui competa al debitore di determinare il contenuto della prestazione, ovvero di fornire gli elementi occorrenti per tale determinazione, cfr. BIANCA, Dell'inadempimento delle obbligazioni, Commentario ,c. c. Scialoja e Branca, Bologna, 1967, 19 ss.; e si noti, quindi, che la liquidit -comunque espressamente prevista dalle leggi che regolano la matria in esame, come rilevato nelle sentenze in nota -pu gi desumersi dai principi), pu dirsi assegnata in ogni caso una funzi-One compensativa (beninteso, con riguardo alla produttivit del danaro: cfr. Cass. Sez. Un. 4 gennaio 1964, n. 6, in questa Rassegna, 1964, I, ed ivi ampi richiami in nota), che non contrasta, in principio, con la qualificazione di moratori attribuita dalla legge agli 15 892 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO minata in base al valore concordato, non neppure iniziato a decorrere il termine per gli interessi predetti. La censura non fondata. L'articolo unico della 1. 28 marzo 1962, n. 147, nel chiarire la portata della 1. 26 gennaio 1961, n. 29, relativamente alle imposte indirette di natura complementare, dispone che gli interessi moratori, dovuti sulle somme da corrispondersi all'Erario per il tributo complementare che non pot essere liquidato originariamente per mancanza od insufficienza degli elementi occorrenti alla liquidazione, decorrono dallo stesso giorno m cui dovuto il tributo principale, salvo che l'accertamento complementare sia stato determinato da fatto non imputabile al contribuente. Occorre, quindi, stabilire: a) se anche la dichiarazione, da parte del contribuente, di un valore dei beni, compresi nella successione, inferiore a quello effettivo, realizza quella e insufficienza di elementi occorrenti alla liquidazione assunta dalla legge a presupposto della decorrenza retroattiva degli interessi sulla imposta complementare; b) se, in ipotesi affermativa, nella specie risulti imputabile alla contribuente l'accertata insufficiente dichiarazione di valore. La liquidazione dell'imposta di successione, come, del resto, della maggior parte delle imposte, avviene col concorso dell'attivit del soggetto passivo del relativo rapporto, chiamato dalla legge a fornire i necessari elementi per la determinazione quantitativa della obbligazione tributaria. Tale concorso si esplica adempiendo all'obbligo di fornire (secondo quanto dispone l'art. 51 del r. d. del 1923, n. 3270), con l'apposita denuncia, una particolareggiata notizia dei beni compresi nella sue- interessi medesimi (cfr. G10RGIANNI, L'inadempimento, Milano, 1959, 152 ss., per la considerazione della disposizione dell'art. 1282 e.e. quale norma regolatrice di interessi moratori): sicch sarebbe giustificata l'anteriore decorrenza degli interessi dalla data in cui il tributo, per l'intero, debba considerarsi liquido, a prescindere da ogni indagine sulla colpa nel ritardo, mentre soltanto resterebbe da accertare, ed a tale ipotesi potrebbe intendersi riferita la ripetuta disposizione del secondo comma dell'art. unico della legge del 1962, se, in singoli casi, quando non spetti al contribuente l'indicazione e determinazione degli elementi, o di alcuni degli elementi, occorrenti alla liquidazione (e cosi, quindi, anche nel caso che egli debba limitarsi ad indicare dati desunti da mercuriali, da certificati dell'autorit, ecc., come negli esempi innanzi ricordati), possa dirsi non collegabile la legale liquidit del credito all'obbligo della dichiarazione, e, quindi, escludersi, sotto questo profilo, attesa la non riferibilit della situazione alla attivit del contribuente medesimo, e perci per fatto a lui non imputabile, la ricorrenza dello stesso presupposto dell'obbligazione degli interessi. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 893 :essione, l'indicazione del loro valore e gli opportuni elementi per far :onoscere la natura, la situazione e l'importanza dei beni stessi. L'art. 15 del r. d. 7 agosto 1936, n. 1639, poi, con riferimento al 1econdo di tali elementi, precisa che il valore cui va commisurata 'imposta quello venale in comune commercio al giorno del trasfe imento, determinato secondo i criteri di cui al successivo art. 16. Che tali norme e quelle immediatamente successive siano mere iorme di azione, dirette soltanto all'amministrazione finanziaria, iscluso dal fatto che esse disciplinano una importante fase dell'acceramento dell'obbligazione tributaria, di cui il contribuente soggetto >assivo, enunciando criteri obiettivi per la determinazione dell'impotibile (non rilevando in contrario che l'attuazione concreta di taluna li esse richieda un'attivit prevalente dell'ufficio), e dalla considera; ione che, in caso di dichiarazione di valore inferiore rispetto a tuello che risulta dall'applicazione dei criteri posti da tali norme : ui anche gli organi del contenzioso debbono uniformarsi -l'art. 72 lel r. d. del 1923, n. 3270, prevede la sanzione della sopratassa: il :he dimostra altresi che trattasi di norme imperative, se a tal fine ton fosse gi sufficiente il principio secondo cui tali sono normalmente utte le norme di diritto pubblico. Si evince, dunque, dal combinato disposto degli artt. 51 del r. d. lel 1923, citato, e 15 del r. d. del 1936, n. 1639, che il contribuente La l'obbligo giuridico di dichiarare il valore effettivo dei beni. Considerando, poi, che a norma dell'art. 17 di quest'ultimo r. d. a liquidazione del tributo deve aver luogo sul valore dichiarato dal ,ontribuente (valore che, quindi, rientra testualmente fra gli elenenti occorrenti alla liquidazione ), evidente la diretta incidenza !ella insufficiente dichiarazione di valore sulla liquidazione dell'im1osta, e, conseguentemente, logica la conclusione che la liquidazione .ell'imposta complementare, che in tal caso si renda necessaria, deriva :a insufficienza di elementi occorrenti alla liquidazione ., e, quindi, ritegra il presupposto voluto dalla legge per la decorrenza retroattiva .egli interessi. Conforta tale conclusione la citata disposizione dell'art. 72 del . d. del 1923, n. 3270, che, comminando, nei casi ivi previsti, la sanione della sopratassa per insufficiente dichiarazione di valore, qualfica implicitamente illecito il relativo comportamento del contri uente. Non sono, poi, fondate le osservazioni della ricorrente secondo cui: ) non potrebbe addebitarsi al contribuente la conseguenza della diergenza di valori, potendo essa dipendere da una scusabile ignoanza degli elementi necessari per la determinazione del valore venale 1 comune commercio; b) potrebbe agevolmente evitare la sanzione egli interessi (e ne risulterebbe, cosi, ingiustificatamente avvantag 894 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO giato) quel contribuente che omettesse del tutto la indicazione del valore, lasciando all'ufficio l'iniziativa della sua determinazione anche ai fini dell'imposta principale. agevole, infatti, rilevare in contrario che, nella ipotesi in cui, o per la modesta entit della differenza di valori o per altre particolari circostanze concrete, la insufficiente dichiarazione possa qualificarsi come fatto non imputabile al contribuente, la stessa legge (ultima parte dell'art. unico della 1. 28 marzo 1962, n. 147) che esclude la decorrenza retroattiva degli interessi, disponendo che, in tal caso, essi sono dovuti dal giorno della liquidazione del tributo complementare. In ordine alla seconda osservazione, poi, appena il caso di rilevare che nella ipotesi di rifiuto del contribuente di dichiarare il valore dei beni, la liquidazione dell'eventuale imposta complementare (che, per l'art. 17 u. p. del r. d. del 1923, n. 3270, possibile pur quando la determinazione del valore sia stata fatta originariamente dall'ufficio) dipende pur sempre (e con pi evidenza) dalla mancanza di un elemento che il contribuente era tenuto a fornire, e non esonera affatto quest'ultimo dal pagamento degli interessi secondo la legge n. 147 del 1962. Pu, dunque, conclusivamente affermarsi che, ove la necessit della liquidazione complementare dell'imposta di successione sia stata determinata dalla insufficiente dichiarazione di valore da parte del contribuente denunciante, legittima l'applicazione degli interessi moratori sull'imposta complementare (ai sensi delle leggi n. 29 del 1961 e n. 147 del 1962) con decorrenza dalla data in cui dovuta la imposta principale, salvo che la divergenza fra il valore dichiarato e quello accertato dipenda da :fatto non imputabile al contribuente. Che, poi, nella specie, tale divergenza fosse imputabile alla con tribuente, odierna ricorrente, stato accertato dalla Corte di merito con apprezzamento di fatto che, non essendo censurato sotto il profilo della motivazione, si sottrae al sindacato di questa Suprema Corte. Ha affermato, invero, la sentenza impugnata che, data la macroscopica differenza fra il valore dichiarato e quello sulla cui base avvenuta la liquidazione complementare (differenza che si concreta nella rilevante somma di lire 387.936.000, e che superiore .al triplo del valore dichiarato) la denuncia, bench completa quanto al numero e all'entit dei cespiti, non era fedele, e che la predetta differenza derivava non gi da un ragionevole diverso apprezzamento degli elementi assunti dalla legge a base della determinazione del valore venale, ma dalla volont della contribuente di sottrarre all'Erario gran parte del tributo. I I I ... . . PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA N la sentenza incorsa nell'errore (che la ricorrente le imputa) di avere equiparato il concordato ad una confessione di responsabilit del contribuente. Lungi dall'affermare un siffatto principio, invero, la Corte d'appello ha compiuto solo un apprezzamento di merito, assumendo l'adesione della Proverbio alla determinazione di valore fatta dall'ufficio, in relazione alla enorme differenza rispetto a quello dichiarato e al rilevante carico di imposta che ne derivava, quale elemento atto a dimostrare che, in concreto, esisteva, anche sotto il profilo obbiettivo, una grande differenza di va!ore, tale da non potersi ragionevolmente attribuire ad uno scusabile diverso apprezzamento dei criteri fissati dall'art. 16 del r. d. 7 agosto 1936, n. 1639. Non giova, infine, alla ricorrente addurre il fatto dell'accettazione della denuncia da parte dell'ufficio, senza osservazioni, per accreditare, in base all'art. 52 del r. d. del 1923, n. 3270, la tesi della regolarit della denuncia stessa. In proposito sufficiente osservare che di fronte ad una denuncia che contenga la indicazione del valore, non vi luogo all'applicazione dell'art. 52, essendo invece previsto, per l'adeguamento di tale elemento all'imponibile stabilito dalla legge (val9re venale in comune commercio) il diverso procedimento di cui all'art. 20 del r. d. 7 agosto 1936, n. 1639. Giova, da ultimo, osservare, che la divergenza di valori, allorch si verifica, il risultato non gi di un mero soggettivo apprezzamento dell'amministrazione finanziaria, ma di un accertamento obiettivo demandato agli organi del contenzioso, che, in mancanza di concordato, il contribuente ha facolt di adire per chiedere la revisione del valore reputato equo dall'ufficio ed ottenerne la giusta determinazione. Con il terzo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione delle leggi 28 marzo 1962, n. 147, e 29 gennaio 1961, n. 29, nonch degli artt. 1224 e 1282 c. c., lamenta che la Corte del merito abbia qualificato moratori gli interessi in parola e nel contempo ritenuto irrilevante il requisito della colpevolezza. Sostiene, in proposito, che collegando il debito degli interessi all'art. 1224 c. c., esso non pu sussistere se non come conseguenza di un ritardo colpevole nell'adempimento, mentre, collegandolo all'art. 1282 c. c., esso non pu derivare che da un credito liquido ed esigibile, quale non era, nella specie, il tributo complementare, prima della liquidazione. La censura non fondata. La sentenza impugnata, pur con argomentazione non sempre lim pida, ha inteso dire che il debito degli interessi (che la stessa legge qualifica moratori ) sussiste indipendentemente da un ritardo colpe vole nell'adempimento dell'obbligazione principale (concernente il tri buto complementare) cui accede: ci nel senso che, una volta accer J 896 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tata, come nella specie, la dipendenza della liquidazione complementare dalla insufficienza degli elementi forniti dal contribuente, detti interessi, pur mancando la mora nel pagamento della relativa imposta (complementare), si collegano, per espresso dettato legislativo (ed in deroga ai principi comuni) all'anteriore momento in cui, con il presupposto della obbligazione tributaria, sorto il diritto dell'Erario a percepire l'imposta nel suo intero ammontare, commisurato al valore venale dei beni quale risulter dal definitivo accertamento. Ed in tal senso il pensiero della sentenza aderente alla legge, come risulta dalle considerazioni svolte in relazione al precedente motivo. -(Omissis). II (Omissis). -I ricorrenti hanno, nella memoria e nella discussione orale, pur senza proporre formalmente la relativa eccezione, adombrato la illegittimit delle leggi 26 gennaio 1961, n. 29, e 28 marzo 1962, n. 147, per preteso contrasto con l'art. 3 della Costituzione: realizzerebbe -essi sostengono -una disparit di trattamento fra lo Stato ed ogni altro creditore, a tutto vantaggio del primo, il fatto che le leggi in parola accordino al Fisco, contemporaneamente, il diritto agli interessi ed alla sopratassa, aventi entrambi identica funzione risarcitoria. sufficiente, in proposito, osservare che nella specie si discute unicamente della sussistenza del diritto agli interessi, e che non risulta n pagata n pretesa la sopratassa. La questione appare, quindi, priva di rilevanza ai fini della definizione del presente giudizio, per cui non necessario deliberarne la fondatezza o meno. Con l'unico motivo di ricorso gli eredi Neuman, denunciando violazione degli artt. 1, 2 e 3 della 1. 26 gennaio 1961, n. 29, dell'articolo unico della 1. 28 marzo 1962, n. 147, degli artt. 75, 51 e 52 della 1. 30 dicembre 1923, n. 3270, nonch violazione della legge 11 agosto 1939, n. 1248 e degli artt. 1282 e 1224 C. c., lamentano che la corte di merito abbia, a torto, ravvisato nella insufficiente dichiarazione di valore da parte del contribuente, ai fini della imposta di successione, un presupposto idoneo per la applicazione degli interessi moratori sulla relativa imposta complementare con decorrenza retroattiva. In proposito, premesso che detti interessi presuppongono la mora, che non pu sorgere se non dopo venti giorni dalla notificazione della liquidazione dell'imposta, e che nella specie la denuncia di successione era in tutto completa e dettagliata quanto alla indicazione dei cespiti, (sicch, costituirebbe un mero lapsus la contraria affermazione della sentenza), essi sostengono che l'ipotesi di mancanza od insufficienza PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 897 di elementi occorrenti per la liquidazione (cui accenna la legge, nel prevedere la decorrenza retroattiva degli interessi) ricorre quando la denuncia non contenga gli elementi necessari alla identificazione dei beni (si da autorizzare l'ufficio a rifiutarla, o chiedere le opportune rettifiche, a norma dell'art. 52 della 1. n. 3270 del 1923), e non anche quando il valore dichiarato dal contribuente sia inferiore a quello ritenuto dall'amministrazione in conseguenza del suo diverso soggettivo apprezzamento. Una conferma di tale assunto -soggiungono i ricorrenti -si rinviene nella legge interpretativa del 28 marzo 1962, n. 147, che collega la sanzione della retroattivit degli interessi alla mancanza od insufficienza delle dichiarazioni del contribuente, senza pi far cenno del requisito della fedelt menzionato nella legge interpretata del 1961, n. 29. La censura non fondata. La legge 26 gennaio 1961 n. 29, nello stabilire l'obbligo e la misura degli interessi moratori sulle somme dovute all'Erario per tasse ed imposte indirette sugli affari, dispone, all'art. 3, che in caso di omissione di formalit o di omessa autotassazione, o di insufficiente o mancata denuncia, detti interessi decorrono dal giorno in cui la tassa o la imposta sarebbe stata dovuta se la formalit fosse stata eseguita o l'autotassazione effettuata o la. denuncia presentata in forma completa e fedele. Con riferimento, poi, al tributo complementare sulle tasse ed imposte predette, cio a quella parte che non pot essere liquidata originariamente per mancanza od insufficienza degli elementi occorrenti, la legge interpretativa del 28 marzo 1962, n. 147, chiarisce che gli interessi sono dovuti dalla data di esigibilit del tributo principale, salvo che la mancanza od insufficienza, che abbiano impedito la originaria integrale liquidazione, siano dipese da fatto non imputabile al contribuente (nel qual caso gli interessi sul tributo complementare decorrono dal giorno della sua liquidazione). Va, anzitutto, disattesa la eccezione pregiudiziale dei ricorrenti, secondo cui le leggi in parola non si applicherebbero alla imposta di sucessione perch questa sarebbe un'imposta diretta , tale essendo qualificata dalle pi recenti leggi di approvazione dei bilanci dello Stato, aventi, secondo i ricorrenti, valore di interpretazione autentica. La distinzione delle imposte in dirette ed indirette si ricollega al modo di manifestarsi della ricchezza che espressione della capacit contributiva, dando, appunto, luogo alla imposizione diretta quella ricchezza che si manifesta attraverso la esistenza di un reddito ricorrente o di una situazione patrimoniale duratura, ed alla imposizione indiretta quella che si manifesta attraverso il compimento di specifici RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO atti o negozi giuridici o il verificarsi, comunque, di situazioni transeunti. La distinzione ha notevole rilevanza concreta, essendo a base delle varie leggi che, in maniera diversa per i due tipi di imposte, disciplinano il sistema di accertamento, di riscossione e del contenzioso e le relative competenze. Ora, la imposta di successione non solo ha le caratteristiche obiettive di quelle indirette , perch il suo presupposto costituito da un determinato evento giuridico, quale la trasmissione della propriet o di altro diritto per causa di morte, ma positivamente soggiace alla disciplina delle imposte indirette, perch l'accertamento non periodico ma occasionato dal singolo evento suc.cessorio (art. 51 r. d. 1. 30 dicembre 1923, n. 3270), ed avviene con i criteri comuni all'imposta di registro (art. 15 r. d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, che prevede entrambe dette imposte sotto il titolo III, che segue a quello concernente le imposte dirette), ad opera degli uffici del Registro (art. 61 segg. r. d. 1. n. 3270 del 1923), mentre per la riscossione previsto non gi il sistema del ruolo (tipico delle imposte dirette), ma il sistema della ingiunzione (art. 92 r. d. 1. n. 3270 cit.), contro cui data l'azione giudiziaria indipendentemente dal reclamo amministrativo (art. 93 r. d. 1. n. 3270 cit.), il cui previo esperimento , invece, condizione di proponibilit dell'azione giudiziaria nel sistema del contenzioso proprio delle imposte dirette (art. 22 r. d. 7 agosto 1936, n. 1639). Ora, premesso che le leggi interpretative sono quelle che hanno lo scopo di chiarire, con efficacia generale e retroattiva, il significato di una determinata legge, evidente che tali non possano essere le leggi di bilancio (specie rispetto ad un complesso sistema di norme e di principi quale quello delineato), avendo esse la limitata funzione di sanzionare con l'autorit dell'atto legislativo la ripartizione delle entrate e delle spese dello Stato e la loro iscrizione nei capitoli, quali strumenti per la ordinata applicazione, sul piano contabile, delle norme sostanziali che costituiscono il titolo giudirico delle predette entrate e spese. N il risultato preteso dai ricorrenti pu derivare per via di abrogazione implicita, perch la natura di legge meramente formale riconosciuta alla legge di bilancio (art. 81 Cost.) non consente di ravvisarvi una volont legislativa idonea a modificare norme preesistenti. Nel merito, giova anzitutto rilevare che vano il richiamo dei ricorrenti alle norme ed ai principi comuni che richiedono la liquidit del debito quale presupposto degli interessi di mora, essendo evidente che a tali principi le leggi n. 29 del 1961 e n. 147 del 1962 hanno espressamente derogato col fissare la decorrenza degli interessi sul tributo complementare da un momento anteriore a quello della sua liquidazione. ~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 899 Trattasi, invece, atteso il tenore delle leggi in parola e la sostanza della censura, di stabilire: a) se anche la dichiarazione -da parte del contribuente di un valore, dei beni caduti in successione, inferiore a quello effettivo, realizzi quella insufficienza di elementi assunta dalla legge a presupposto della decorrenza retroattiva degli interessi sulla imposta complementare; b) se, in ipotesi affermativa, nella specie risulti imputabile ai contribuenti l'accertata insufficiente dichiarazione di valore. La liquidazione dell'imposta di successione, come del resto della maggior parte delle imposte, avviene col concorso dell'attivit del soggetto passivo del relativo rapporto, chiamato dalla legge a fornire i necessari elementi per la determinazione quantitativa dell'obbligazione tributaria. Tale concorso si attua adempiendo all'obbligo (imposto dall'articolo 51 del cit. r. d. n. 3270 del 1923) di fornire, con la apposita denuncia, una particolareggiata notizia dei beni compresi nella successione, la dichiarazione del lo:r:o valore, e le indicazioni sufficienti per farne conoscere la natura, la situazione e la importanza. L'art. 15 del r. d. 7 agosto 1936, n. 1639, poi, con riferimento al secondo di tali elementi, precisa che il valore cui va commisurata l'imposta quello venale in comune commercio al giorno del trasferimento, determinato con riguardo agli elementi di cui al successivo art. 16. Dal combinato disposto di tali norme si evince che il contribuente ha l'obbligo di dichiarare il valore effettivo dei beni caduti in successione. N vale in contrario osservare che l'accenno al requisito della e fedelt della denuncia (contenuto nell'art. 3 della 1. 26 gennaio 1961, n. 29) non figuri pi nella 1. 28 marzo 1962, n. 147, sia perch la mancata enunciazione di quell'elemento non muta la sostanza del dettato legislativo, sia perch detta enunciazione non era necessaria alla finalit interpretativa della legge successiva, diretta a chiarire che la decorrenza degli interessi sul tributo complementare (con la cui definizione, appunto, la lettera della legge n. 147 stata fatta coincidere) debba essere ancorata alla data di esigibilit del tributo principale ove la liquidazione complementare sia determinata da un fatto imputabile al contribuente. Stante ci, considerato che, a norma dell'art. 17 del r. d. I. 7 agosto 1936, n. 1639, la liquidazione del tributo principale deve farsi sul valore dichiarato dal contribuente (valore che, quindi, rientra testualmente fra gli elementi occorrenti alla liquidazione ), evidente la diretta incidenza della insufficiente dichiarazione di tale valore sulla J 900 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO liquidazione della imposta e, conseguentemente, logica la conclusione che l'applicazione della imposta complementare , in tal caso, determinata da quella insufficienza degli elementi occorrenti alla liquidazione ., prevista dalla 1. 28 marzo 1962, n. 147, quale presupposto per la decorrenza retroattiva degli interessi. Del resto, la stessa legge (art. 72 r. d. del 1923, n. 3270), comminando la sanzione della sopratassa in particolari ipotesi di insufficiente dichiarazione di valore, presuppone in tali casi la avvenuta violazione di un preciso obbligo di legge. Ne fondata l'osservazione dei ricorrenti, secondo cui non pu addebitarsi al contribuente la conseguenza di una divergenza di valori che pu dipendere da differenti apprezzamenti soggettivi (fra il contribuente, eventualmente in perfetta buona fede, e l'ufficio), o essere determinata da effettiva e scusabile ignoranza, da parte del primo, degli elementi necessari per la determinazione del valore venale in comune commercio dei beni caduti in successione. In contrario, agevole osservare, anzitutto, che nella ipotesi in cui, per la modesta entit della divergenza o per altre particolari circostanze del caso concreto, 1a insufficiente dichiarazione di valore possa qualificarsi come fatto non imputabile al contribuente, la legge non prevede alcuna conseguenza sfavorevole a quest'ultimo, disponendo espressamente che in tal caso gli interessi sul tributo complementare decorrono dal giorno in cui ne avvenuta la liquidazione (art. unico, ult. parte, 1. n. 147 del 1962). Inoltre, l'eventuale Jivergenza normalmente il risultato, non gi di un mero soggettivo (e tanto meno arbitrario) apprezzamento della Amministrazione Finanziaria, ma di un accertamento obiettivo demandato agli organi dal contenzioso tributario, che, in mancanza di concordato, il contribuente ha facolt di adire. Pu dunque conclusivamente affermarsi che ove la necessit della liquidazione complementare dell'imposta di successione sia stata determinata dalla insufficiente dichiarazione di valore da parte del contribuente denunciante, legittima l'applicazione degli interessi moratori, sulla imposta complementare, con decorrenza dalla data in cui dovuta l'imposta principale, salvo che la divergenza fra il valore dichiarato e quello accertato dipenda da fatto non imputabile al contribuente stesso. Accertare la sussistenza o meno del fatto non imputabile al contribuente implica una indagine delle particolari circostanze del caso concreto, che rientra nei poteri del giudice di merito. Nella specie, appunto, stato accertato dalla Corte d'Appello che la divergenza di valore su cui stata liquidata la imposta complementare a carico degli eredi Neuman dipendeva da un fatto imputabile a questi ultimi. ' ' iI PARTE I, SEZ. V. GIURISPRUDENZA TRIBUTARTA Detta Corte, infatti, dato atto che la divergenza si concreta nella differenza tra le lire 489.491.500 accertate e le lire 175.000.000 dichiarate (cio nella rilevante cifra di ben lire 314.491.500), ha affermato che essa dipesa da fatto imputabile ai contribuenti per avere essi violato, tra l'altro, le precise norme delle leggi tributarie concernenti i criteri cui avrebbero dovuto uniformarsi per la indicazione dei valori denunciati. Tale affermazione (che, non essendo stata censurata sotto il profilo della motivazione, si sottrae a sindacato in questa sede) implica, appunto, che la notevole differenza riscontrata non deriv da alcun ragionevole diver.so apprezzamento -da parte dei contribuenti -degli elementi assunti dalla legge per la determinazione del valore dei beni, e che, invece, i contribuenti stessi, consapevoli che il valore dichiarato era ben lontano da quello reale dei beni, hanno, scientemente, fornito all'ufficio in modo insufficiente quella base su cui, a norma dell'art. 17 cit., doveva essere liquidata l'imposta. ( Omissis). SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 10 maggio 1967, n. 12 -Pres. Reale -Est. Giannattasio -Giordano ed altri (avv. Santelli) c. Ministero LL. PP. (avv. Stato Del Greco). Acque pubbliche -Esecuzione di opere idrauliche -Danni -Affittuari dei fondi danneggiati -Legittimazione -Sussiste. Acque pubbliche -Esecuzione di opere idrauliche -Responsabilit per danni della p. a. -Potere di accertamento del giudice Sussistenza e limiti. Gli affittuari dei fondi rustici, che abbiano subito danni dalla esecuzione di opere idrauliche, sono legittimati a proporre l'azione di risarcimento non sulla base dell'art. 46 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, che afferente al sistema dell'espropriazione per pubblica utilit, ma in virt del generale principio dell'art. 2043 c. c., purch in fatto ne ricorrano tutti i presupposti (1). La discrezionalit della pubblica Amministrazione nella tutela del demanio idrico non esclude che essa possa incorrere in responsabilit quando, per colpa, abbia provocato la lesione dei diritti del cittadino; pertanto l'Amministrazione, nella esecuzione delle opere che abbia ritenuto necessario compiere nel pubblico interesse, deve uniformarsi alle regole della normale diligenza ed il giudice pu sindacare se le norme tecniche siano state da essa colposamente trascurate (2). (1) Sulla generale applicabilit del principio del neminem laedere, ed in particolare in materia di regime delle acque pubbliche, cfr. Cass. 25 luglio 1966, n. 2039, Foro it. Rep. 1966, voce: acque, nn. 116-117. (2) Cfr. nello stesso senso Trib. Sup. Acque 3 maggio 1965, n. 9, in questa Rassegna 1966, I, 468, con nota di CoLETTA, Osservazioni sull'art. 2 del t. u. 25 luglio 1904, n. 523 delle leggi sulle opere idrauliche. Con la sentenza in rassegna il Tribunale Superiore conferma la propria giurisprudenza sul punto che l'azione per risarcimento di danni provocati dalla costruzione o dalla mancata manutenzione dell'opera pubblica idraulica non condizionata nella sua proponibilit alla previa emissione del provvedimento amministrativo previsto dall'art. 2 del t. u. 25 luglio 1904, n. 523. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 903 TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 9 giugno 1967, n. 17 -Pres. Reale Est. Scotto -Urso (avv. Ferrari) c. Assessorato Industria e Com mercio Regione Siciliana (avv. Stato Pentinaca) ed altri. Acque pubbliche -Competenza del Tribunale Superiore -Desumibilit dal contenuto obbiettivo dell'atto -Fattispecie. Poich la competenza del Tribunale Superiore delle acque pubbliche si determina non in rapporto alla autorit che ha emanato l'atto impugnato bens al contenuto dell'atto stesso, rientra nella competenza di detto Tribunale il ricorso avverso un provvedimento dell'Assessorato Regionale per l'industria ed il commercio per la Sicilia che, seppure formalmente improntato a scopi di polizia mineraria, abbia inciso direttamente ed oggettivamente in materia di concessione di acque pubbliche (1). (Omissis). -Occorre in primo luogo prendere in esame l'eccezione di incompetenza proposta dall'Amministrazione resistente e dalla controinteressata signora Anna La Lumia. Al riguardo si devono tener presente i seguenti principi affermati dalla giurisprudenza: 1) La giurisdizione dei Tribunali delle acque pubbliche limitata alle questioni relative all'utilizzazione diretta e immediata delle acque medesime cio alla demanialit delle acque, alla legittimit e ai limiti del provvedimento di concessione (Cons. di Stato, V Sez., 3 giugno 1961, n. 252); essa si estende alle controversie riguardanti l'occupazione totale e parziale di fondi in conseguenza dell'esecuzione e manutenzione di opere idrauliche (Cons. di Stato, IV Sez., 29 novembre 1957, n. 1129), ma non a quelle in cui si discute sulla legittimit di provvedimenti comunali e prefttizi intesi ad attuare il riscatto e la municipalizzazione degli impianti per la distribuzione dell'acqua potabile, le quali ultime rimangono di competenza del Consiglio di Stato, indipendentemente dalla circostanza che in detti (1) Sul caso di specie non risultano precedenti. Per quanto concerne l'esigenza che l'atto amministrativo sia qualificato non soltanto in base al suo tenore letterale ed alle disposizioni legislative e regolamentari in esso richiamate, ma anche, e sopratutto, in base al potere in concreto esercitato, cfr. Cons. Stato, V Sez., 18 ottobre 1966, n. 1202, n Consiglio di Stato, 1966, I, 1731; Cons. Stato, Sez. V, 27 agosto 1966, n. 977, ivi, 1966, I, 1461. Il principio, poi, che la competenza del Tribunale Superiore sia determinata dal contenuto obbiettivo dell'atto impugnato desumibile implicitamente da tutta la giurisprudenza in argomento (cfr., in particolare, Cons. Stato, Sez. V, 3 giugno 1961, n. 252, Il Consiglio di Stato, 1961, I, 252). 904 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO impianti scorrano acque pubbliche (Cass., SS. UU., 8 febbraio 1957, , n. 489); e neppure a quelle relative agli impianti elettrici dopo che l'acqua si sia trasformata in forza motrice (T.S.A.P., 8 maggio 1956, n. 16; id., 29 maggio 1954, n. 16; conf. Cons. di Stato, IV Sez., 10 luglio 1953, n. 743); 2) L'atto amministrativo va qualificato non soltanto in base al suo tenore letterale e alle disposizioni legislative e regolamentari in esso richiamate ma anche, e soprattutto, in base al potere in concreto esercitato dall'Autorit amministrativa con riferimento al suo comportamento complessivo (Cons. di Stato, V Sez., 18 ottobre 1966, n. 12.02; id., 27 agosto 1966, n. 977). Nella specie, com' stato precisato in narrativa, il provvedimento impugnato la decisione con la quale l'Assessorato regionale per l'in dustria e commercio per la Sicilia respinge il ricorso gerarchico pro posto dagli odierni ricorrenti contro l'atto dell'Ingegnere Capo del Distretto minerario di Caltanissetta contenente l'ordine di chiusura del pozzo aperto nel loro terreno. Tale pro'vvedimento risulta adottato ai sensi della legge regionale 4 aprile 1956, n. 23 e del relativo rego lamento 15 luglio 1957, n. 7, contenenti norme di polizia mineraria. Il pozzo stato l'effetto di un sondaggio meccanico eseguito dall'Ente zolfi italiani in contrada Carrubba del territorio di Licata in un terreno di propriet Urso (in applicazione della legge regionale 5 ago sto 1949, n. 45, sulla concessione di contributi per studi e ricerche nel campo minerario). Peraltro giova tener presente, in linea di fatto, che tale sondaggio risultato negativo per la ricerca di zolfi, aveva determinato due effetti: 1) aveva portato alla luce una falda acquifera della portata di 13 litri al minuto secondo, per la quale la ditta UrsoAngela e Mattia aveva presentato (in data 14 agosto 1959) istanza all'Ufficio del Genio Civile di Agrigento al fine di ottenere la concessione dell'intera portata di acqua per irrigare 12 ettari di terreno di sua propriet; 2) aveva determinato la ditta La Lumia a presentare, a sua volta, istanza (in data 9 gennaio 1961) allo stesso ufficio del Genio civile al fine di ottenere la concessione in sanatoria di derivare 3 litri al secondo di acqua dalle sorgenti denominate Carrubba per irrigare ettari 4.40.70 del proprio terreno piantato ad agrumeto. Le due domande sono state riunite con riferimento alla connessione fra esse esistente, in quanto interessanti il bacino di uno stesso corso d'acqua, e ammesse a contemporanea istruttoria con ordinanza 30 maggio 1961 dell'Ufficio del Genio civile. Furono effettuati vari accessi sul luogo, durante i quali la ditta La Lumia fece presente che, a seguito dell'apertura del pozzo da parte dell'E.Z.I. (apertura che era stata benefica per la ditta Urso, in quanto aveva messo in luce una abbondante falda acquifera nel suo terreno) le sorgenti Carrubba si sarebbero completamente essiccate con grave pregiudizio della col \.. ' . . PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 905 tura irrigua. Seguirono trattative fra le due ditte, poi interrotte ed anche la citazione in giudizio, da parte della La Lumia, dell'Ente e :iell'Assessorato industria e commercio. Inoltre, con nota 15 febbraio 1965, n. 1250, diretta alla ditta Urso, l'Ufficio del Genio civile comutlic che l'Assessorato al LL. PP. aveva fatto presente: di ritenere Jpportuno che, in attesa della definizione della istruttoria delle domande di concessione di codesta ditta e della ditta La Lumia, vengano ldottati i provvedimenti di provvisoria utilizzazione dell'acqua del pozzo a favore delle due ditte con l'obbligo, per, a carico della ditta Urso, di fornire alla ditta La Lumia, al sito delle sorgenti Carrubba, l'acqua che in questa venuta a mancare per accertata interferenza ~on il pozzo . Da tale precisa situazione di fatto, evidente che i motivi d'ordine ninerario che in origine l'avevano determinata, erano venuti del tutto neno, ma non per questo si pu dire che l'Ingegnere Capo del Distretto ninerario avesse al riguardo perduto i poteri a lui attribuiti dall'art. 9 iella ricordata legge regionale mineraria, poich, secondo l'art. 1, primo !omma, Alle stesse norme (di polizia) in quanto applicabili, sono 1ltresl soggetti i lavori di scavo in sotterraneo non aventi finalit mine arie . Si potr dubitare della legittimit del provvedimento originario ;otto il profilo dell'eccesso di potere. Ma a tale indagine deve precelere quella sulla competenza com' stato detto in principio. E a tal fine occorre innanzitutto qualificare l'atto impugnato. Al ~iguardo non determinante l'Autorit che ha emanato l'atto, bens, ;econdo i principi sopraindicati, il suo contenuto. E qui il provvedinento, se pure formalmente improntato a scopi di polizia, connessa > meno con finalit minerarie, ha inciso direttamente e oggettivamente n materia di concessione di acque pubbliche. In particolare, vero che e acque in discussione non si possono ancora dire definitivamente pubJliche perch la Gazzetta Ufficiale indicata dai ricorrenti si limita a mbblicare lo schema di decreto; tuttavia, almeno presuntivamente, si lebbono ritenere tali, in quanto non solo c' un duplice procedimento li concessione in corso (istruttoria sulle domande delle due ditte), ma, tltres, esiste un'autorizzazione provvisoria alla concessione stessa, com' 1tato ora ricordato. E il provvedimento in esame tanto ha inciso in materia di acque mbbliche, che, con la chiusura del pozzo, ha troncato non solo il pro !edimento in corso relativo alle due concessioni, ma altres, in linea li fatto, l'uso delle concessioni stesse in atto in seguito all'ottenuta mtorizzazione provvisoria. Quanto sopra (e cio che il provvedimento impugnato sia stato deli >eratamente adottato in materia di concessione di acque pubbliche) isulta confermato dal testo del provvedimento stesso, nel quale si RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge: che nessun diritto pu essere vantato dai ricorrenti sigg. Urso sull'acqua scaturita casualmente a seguito del sondaggio della E.Z.I., anche se, per ipotesi, detta acqua dovesse essere dichiarata pubblica a norma del t. u. approvato col r. d. 11 dicembre 1933, n. 1775; che l'esecuzione della disposta chiusura mineraria del sondaggio in questione -mentre non pregiudica gli eventuali provvedimenti di competenza della P. A., a norma del precitato t. u. delle leggi sulle acque eivta che l'ulteriore perdurare della situazione denunciata nella citazione della Ditta La Lumia possa accrescere l'entit dei danni di cui si pretende il risarcimento . Ne consegue che la competenza di questo Tribunale Superiore deve, nella specie, essere affermata. -(Omissis). TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 5 luglio 1967, n. 20 -Pres. Reale Est. Daniele -Consorzio dell'Adda (avv. Mazzullo) c. Ministeri LL. PP. e Finanze (avv. Stato Tracanna). Acque pubbliche -Diritto di ripartizione dell'acqua. derivata. tra. consorzisti -Giurisdizione ordina.ria. -Sussistenza.. n ricorso con il quale un Consorzio di derivazione fa valere il proprio preteso diritto di ripartire l'acqua derivata proporzionalmente fra i consorzisti, in quanto solleva una questione di diritto soggettivo perfetto, rientra nella giurisdizione dell'Autorit giudiziaria ordinaria (1). (Omissis). - fondata l'eccezione di difetto di giurisdizione, sollevata dalla difesa dell'Amministrazione, eccezione alla quale ha aderito il ricorrente. Il Consorzio dell'Adda ha impugnato il decreto interministeriale 8 marzo 1960, n. 664 con il quale stato concesso alla Soc. Italcementi di derivare dalla destra dell'Adda, in Comune di Trezzo sull'Adda, mod. 1300 massimi e 837 medi per produrre energia elettrica, con la condillione che venisse assicurato al Naviglio della Martesana, per qual siasi livello d'acqua a monte, la portata costante di sua competenza. Il provvedimento impugnato, certamente attiene a situazioni di interesse legittimo l dove stabilisce i limiti della concessione di deri vazione e le condizioni del suo esercizio. Ma, nella specie, il Consorzio ricorrente non censura l'esercizio del potere discrezionale di concessione da parte della P. A.. Invero (1) Sulla massima, che sembra da condividere, non risultano precedenti in termini. "l!l PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 907 esso trae occasione dall'emanazione del provvedimento di cui sopra per proporre un'azione di accertamento dei limiti della competenza della Martesana, stabilita con d. i. 21 marzo 1958 pubblicato in Gazzetta Ufficiale 10 aprile 1958, n. 86 e correlativamente dei diritti degli altri utenti dell'Adda, facenti parte del Consorzio e dei poteri del Consorzio stesso. Sotto tale profilo (l'unico per il quale il Consorzio abbia un interesse) il ricorso non pu trovare ingresso in questa sede, difettando questo Tribunale di giurisdizione. In particolare il Consorzio, con il contestare che sussista il diritto del Demanio a che sia assicurato al Naviglio della Martesana la portata costante di sua competenza, solleva una questione di diritti soggettivi perfetti, tale essendo quella che concerne l'esistenza, l'estensione e le modalit di derivazione o utilizzazione di acque pubbliche. Correlativamente la pretesa alla portata costante del detto Naviglio, avanzata dal Demanio incide sull'entit della concessione degli utenti, che non derivino acque del canale della Martesana, in quanto essi potrebbero fruire delle acque concesse, solo dopo soddisfatta la competenza della Martesana. La pretesa stessa infine sui poteri del Consorzio ricorrente, al quale verrebbe negata la potest di ridurre proporzionalmente la portata della Martesana, in caso di diminuzione delle acque disponibili. Tutte queste situazioni essendo di diritto soggettivo, sfuggono alla competenza di questo Tribunale Superiore in sede di legittimit, ai sensi dell'art. 143 del t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775. D'altronde questo Tribunale non chiamato a pronunziarsi sulla sussistenza delle cennate situazioni di diritto soggettivo incidenter tantum, ai sensi dell'art. 197 del t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775. Come si accennato, il Consorzio ricorrente non ha dedotto la violazione di una situazione di interesse legittimo, collegata alla con cessione assentita dall'Amministrazione alla Italcementi, per conoscere sulla quale sia necessario un accertamento incidentale di diritti sog gettivi, ma ha proposto, in via principale, tale accertamento sicch esso costituisce, non una semplice premessa della decisione, ma l'oggetto della controversia, sulla quale il giudice chiamato a pronunciarsi. (Omissis). LODO ARBITRALE, 18 maggio 1967, n. 40 (Roma) -Pres. Urciuoli Est. Loverre -Fall. Lugnani (avv. Balzarini) c. I.A.C.P. di Trieste (avv. Messina) e Ministero LL.PP. (avv. Stato Pentinaca). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Riserve -Mancata iscrizione nel registro di contabilit -Decadenza. 16 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Appalto -Appalto di opere pubbliche -Riserve -Modalit di formulazione. Appalto -Appalto di opere pubbliche -Riserve -Finalit. Sede unica ed esclusiva delle riserve ii registro di contabilit. Le riserve avanzate diversamente (lettere, memoriali al collaudatore, ecc.) sono inefficaci qualora non siano riprodotte nel registro di contabilit nei modi e termini prescritti (1). La riserva deve essere accompagnata, a pena di decadenza, dalla specificazione del compenso richiesto e delle ragioni giustificatrici (2). Le formalit prescritte per la formulazione delle riserve, trovano giustificazione non solo in una esigenza di lealt contrattuale e nelle necessit di tempestivi controlli, ma specialmente nell'interesse pubblico al costante controllo dell'onerosit dell'opera, al fine di mantenerla nei limiti dello stanziamento e per l'eventuale esercizio della facolt di recesso (3). (Omissis). -Risulta dal registro di contabilit, esibito dall'Istituto appaltante, che sino al rilascio in data 1 settembre 1958 del certificato di pagamento dell'undicesima rata di acconto (quando i lavori eseguiti ammontavano in complesso a L. 112.361.139) l'Impresa non sollev alcuna riserva. La prima riserva infatti, formulata nei seguenti termini, si trova inserita nel registro di contabilit n. 2, al foglio 12, alla data del 25 novembre 1958 : Ferme restando le riserve di cui al giornale di fabbrica e delle quali espressamente al memoriale per il signor collaudatore ing. Pinzani in data 24 marzo 1958 da aversi qui per integralmente trascritte, comportanti tra l'altro un addebito giornaliero di L. 78.166 a carico della stazione appaltante per ogni giornata di sospensione non addebitabile all'Impresa, e ferme altresi le riserve per rallentamento e per lo stralcio di cui all'ordine di servizio 11 febbraio 1958 con conseguente irrazionale esecuzione delle opere. Prendendo atto del termine per la fine dei lavori al 10 dicembre 1958, unilateralmente, disposto, con ogni riserva in ordi:ie agli stessi . (1-2) Per il carattere formale e vincolato del procedimento riguardante le riserve, cfr. retro, I, 477. (3) La sentenza della Corte di Appello di Roma 19 aprile 1966, citata nel testo, stata riportata in questa Rassegna, 1966, I, 712. La soluzione in essa data alla questione circa le riserve continuative, ha precedenti nel lodo 20 giugno 1933 (Nuova riv. pp. aa., 1933, I, 256, E) ed in Cass. 29 marzo 1943, n. 719 (Giur. oo. pp., 1943, I, 204). Merita di essere posta in rilievo l'ineccepibile osservazione, secondo cui la tempestivit delle riserve oltre tutto risponde ad una esigenza di lealt e correttezza contrattuale. Nello stesso senso, cfr. lodo 24 gennaio 1957, ivi, 1957, I, 180. PARTE I, SEZ. VI, GIURIS, IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 909 In tale data fu firmato il dodicesimo stato di avanzamento (L. 121.895.716), seguito dal tredicesimo, sottoscritto senza alcuna riser1 va, e dal quattordicesimo ed ultimo, in data 23 gennaio 1959, in occasione del quale l'Impresa, a pagina 20 del registro di contabilit, mantenne ferme le riserve riportate in data 25 novembre 1958 . Nel sottoscrivere in data 24 gennaio 1960 il conto finale l'Impresa formul la seguente riserva: L'Impresa firma, ferme restando le riserve esposte con memoriale al signor Collaudatore in data 24 marzo 1958, nel quale in forma analitica si espongono i danni derivati alla nostra Impresa dall'irrazionale procedere dei lavori per le ragioni note ed esposte. I danni materiali ammontano a L. 78.166 per ogni giorno di sospensione, per cui i danni arrecati alla nostra Impresa per i 325 giorni di sospensione ammontano ad un totale di L. 25.403.950. Inoltre per il danno derivante per l'irrazionale esecuzione delle opere, per l'irrazionale impiego della nostra attrezzatura, per l'irrazionale impiego del nostro personale di cantiere e di ufficio, un indennizzo in percentuale su tutti i prezzi di capitolato facenti oggetto delle opere eseguite pari al 5 % ; pertanto sull'importo totale di liquidazione, ammontante a L. 143.563.146,17 si ha un importo corrispondente al 5 % pari a Lire 7.278.157. Pertanto il totale delle nostre riserve per danni materiali analiticamente dimostrati ammontano a L. 32.682.107 . Nella valutazione dei fatti sin qui esposti non pu prescindersi dai principi, fissati in materia dalla giurisprudenza arbitrale, i quali del resto sono pienamente conformi alle disposizioni degli artt. 23, 54 e 64 del Regolamento 25 maggio 1895, n. 350: e cio, in primo luogo, che sede unica ed esclusiva delle riserve dell'appaltatore il registro di contabilit, per cui l'appaltatore vincolato a tale forma e se ne adotti un'altra per comunicare le sue riserve all'appaltante (servendosi ad esempio di lettere o, come nella specie, di memoriali) inco.rre nella violazione del ricordato art. 54, con la conseguente sanzione prevista dal 5-0 comma dello stesso articolo, secondo cui: l'appaltatore decadr dal diritto di far valere in qualunque tempo e modo, riserve o domande che ad essi (cio ai fatti registrati in contabilit) si riferiscano ; in secondo luogo, che all'atto della firma del conto finale non possono iscriversi domande per oggetto o per importo diverse da quelle formulate nel registro di contabilit durante lo svolgimento dei lavori. L'applicazione al caso concreto dei cennati principi comporta come incontestabile conseguenza : a) che della riserva inserita nel conto finale non pu tenersi conto, perch diversa dalle riserve formulate in precedenza, in forma del tutto generica, nel registro di contabilit; b) che egualmente irrilevanti devono ritenersi tutte le richieste formulate con modalit del tutto difformi da quelle prescritte, in particolare quelle esposte nel ricordato memoriale al collaudatore del 24 marzo 1958: ad esse infatti potrebbe riconoscersi valore soltanto se, invece che gene RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ricamente richiamate, fossero state riprodotte nel registro di contabilit, come si desume dalla interpretazione della citata disposizione dell'articolo 89 che, come si detto, persino per le riserve e le domande inserite in altri atti contabili, subordina la loro efficacia alla ripetizione in detto registro. Resta la riserva inserita nel registro di contabilit in data 25 novembre 1958 e confermata in data 23 gennaio 1959, ma anche questa, perch priva della necessaria specificazione in ordine all'ammontare del compenso richiesto e delle ragioni giustificatrici della richiesta stessa, non pu ritenersi validamente proposta e quindi idonea ad impedire la decadenza prevista dall'ultima parte del citato art. 54 del Regolamento. N si pu pensare all'esistenza di ragioni che possano, in qualche modo, giustificare tale comportamento dell'Impresa difforme dalle prescrizioni del Regolamento. In effetti, allorquando alla fine del novembre del 1958 l'Impresa inser la sua prima generica riserva, i lavori erano stati gi eseguiti in massima parte (per L. 121.895.716 in rapporto a L. 143.528.768 costituenti l'importo totale dei lavori appaltati) e quindi deve ritenersi che sin da allora essa disponesse di ogni elemento necessario per indicare l'importo del compenso richiesto sotto forma di maggiori oneri; essa invece si astenne dal fornire le necessarie precisazioni sia contestualmente alla proposizione della riserva sia nel termine dei quindici giorni successivi, concessole dal Regolamento. Comunque, non pu dubitarsi che almeno alla data di ultimazione dei lavori (termine ultimo e definitivo, prescritto per far valere qualsiasi riserva) essa dovesse essere in grado di fornire le dette precisazioni, giacch in sostanza il compenso richiesto non poteva riferirsi ad altro che al maggior costo dell'opera rispetto al compenso che, in base al contratto, le veniva riconosciuto: il fatto quindi che per tali precisazioni essa abbia attesa la data del 24 gennaio 1960, lasciando trascorrere poco meno di un anno, conferma con tutta evidenza come essa sia incorsa nella decadenza, prevista dalla disposizione citata, come diretta conseguenza della omessa o tardiva iscrizione delle riserve nel registro di contabilit o della mancata loro successiva esplicazione. Del resto, se si esamina il contenuto del memoriale al collaudatore in data 24 marzo 1958 (al quale la difesa del Fallimento ripetutamente si richiama per contestare che si sia verificata decadenza) si rileva che le richieste in esso formulate sono pi specifiche e motivate di quelle contenute nella riserva inserita molti mesi dopo, il 25 novembre dello stesso anno, nel registro di contabilit: si chiedeva infatti, in quella occasione quale indennizzo del danno derivante per l'irrazionale esenzione delle opere, per l'irrazionale impiego delle attrezzature, per l'irrazionale impiego del personale di cantiere e di ufficio un riconosci mento in percentuale su tutti i prezzi di capitolato facenti oggetto delle PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 911 opere eseguite, pari al 5 % , ed inoltre, quale indennizzo giornaliero per il ritardo sull'ultimazione dell'opera non assolutamente addebitabile all'Impresa, a partire dalla data del 21 aprile 1958, la somma di Lire 78.166 al giorno . In sostanza, per rendere specifica questa riserva l'Impresa avrebbe dovuto soltanto indicare il numero dei giorni per i quali riteneva che i lavori si fossero prolungati per fatti addebitabili alla stazione appaltante, ed quindi evidente che, essendo a conoscenza di questo dato al momento dell'ultimazione dei lavori, essa avrebbe potuto tempestivamente formulare la sua richiesta nei modi e nei termini prescritti. Ci dimostra (secondo quanto giustamente si osserva dalle difese dell'Istituto e del Ministero dei LL.PP.) che si del tutto al di fuori dell'ambito di applicazione dei noti principi, elaborati dalla giurisprudenza arbitrale al fine di limitare la operativit della decadenza per tardiva od omessa riserva, in base ai quali si ritenuto che possano essere avanzate in qualsiasi momento le riserve, attinenti alla generalit dell'opera, all'interpretazione delle clausole contrattuali e agli indennizzi per fatti di carattere continuativo, accertabili in ogni tempo. Intanto da osservare che (come ha messo in luce la giurisprudenza pi recente -vedi da ultimo Corte d'Appello di,Roma 19 aprile 1966, n. 666, in Rass. Avv. Stato, 1966, I, 702 e segg.) la condizione essenziale che ogni pretesa di compensi o indennizzi, in aggiunta ai corrispettivi contrattuali, abbia costituito oggetto di tempestiva iscrizione ed esplicazione di riserve da parte dell'appaltatore, nei modi e nelle forme dettagliatamente prescritte dalle norme specifiche del Capitolato, trova la sua giustificazione non soltanto in una esigenza di lealt contrattuale e nella necessit di effettuare tempestivi accertamenti od acquisire elementi che in prosieguo di tempo potrebbero essere impossibili, ma anche nell'interesse pubblico, costituito dall'osservanza della spesa iscritta in bilancio e soprattutto per consentire alla Pubblica Amministrazione di rendersi costantemente conto dell'onerosit dell'opera e di potersi avvalere di tutte le conseguenziali facolt, non esclusa quella di recedere dal contratto di appalto (art. 345 1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. F) ove questo si riveli eccessivamente gravoso rispetto . alle previsioni ed agli impegni, contrattualmente assunti. Si aggiunga che -a giudizio del Collegio -non soltanto la ratio della norma, ma la sua stessa formulazione letterale conforta l'interpretazione pi rigorosa che, nel caso, coincide con quella pi estensiva. Nel complesso comportamento dell'appaltatore, il quale abbia firmato il registro di contabilit senza riserva o avendolo firmato con riserva non abbia poi esplicato le sue riserve nel modo e nel termine indicati, comportamento al quale si ricollega la decadenza dal diritto di far valere qualsiasi ragione di credito in ordine ai fatti registrati J 912 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in contabilit, facile distinguere, accanto ad un atteggiamento omissivo (mancata formulazione della riserva o mancata tempestiva esplicazione), anche una specifica manifestazione di volont, la cui importanza non pu essere sottovalutata. Ed invero, come non par dubbio che in questo caso il silenzio, mantenuto in presenza di una situazione di fatto capace di produrre modificazioni nella sfera giuridica altrui, venga ad acquistare il valore di manifestazione -di volont, giusta la nota massima qui siluit dum loqui debuit consentire videtur , del pari non pu disconoscersi che la sottoscrizione del registro, per effetto della volont in tal modo manifestata, implichi il riconoscimento che i compensi liquidati in eontabilit sono conformi, per quantit e misura, a quelli convenzionalmente pattuiti, e che per questo solo fatto debba ritenersi preclusa ogni successiva contestazione sui punti costituenti oggetto dell'accertamento. Comunque, quali che siano i limiti entro i quali deve riconoscersi validit alla teoria dei cosi detti fatti generali e continuativi, da tener presente, come considerazione conelusiva su questo argomento, che la domanda attrice deve essere in ogni caso respinta per la ragione assorbente di avere l'Impresa lasciato trascorrere inutilmente anche la data di ultimazione dei lavori che, nel concorso di tutti i dati ed elementi necessari per una precisa valutazione dell'entit complessiva dell'onere economico sopportato e del relativo indennizzo richiesto, costituisce anche secondo la giurisprudenza pi ampia e benevola -il termine ultimo e definitivo per la proposizione di qualsiasi riserva. -(Omissis). ,, SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 25 agosto 1966, n. 668 -Pres. D'Arienzo -Rel. De Marco -P. M. Pace (diff.) -Rie. Foresti. Notificazioni -Imputato latitante che abbia eletto domicilio -Notificazione mediante consel;\na al domicillatario -Validit. (c. p. p., art. 170, 171, 173). Quando l'imputato latitante abbia eletto un domicilio per le notifiwzioni con atto autenticato e trasmesso alla cancelleria del giudce, deve ritenersi valida, siccome pi idonea di quella regolata dall'articolo 170 c. p. c., la notificazione eseguita mediante consegna dell'atto al domiciliatario (nella specie, l'imputato aveva eletto domicilio presso il proprio difensore di fiducia) (1). (1) La decisione appare di ovvia esattezza: se la notificazione degli atti processuali deve servire a por.tarli ad effettiva conoscenza del destinatario, ogni considerazione di carattere formale deve cedere a quelle di carattere sostanziale e quindi non pu essere inficiata di nullit una notificazione che abbia raggiunto il suo scopo meglio di quanto non sarebbe stato realizzabile con la fi,ctio iuris dell'art. 170 c. p. p. o 169 ultimo comma. Proprio perch quest'ultima forma di notificazione una finzione, tuttavia necessaria alle esigenze processuali, accolta con sfavore dall'ordinamento, che ne sancisce infatti la nullit ove non siano rispettate rigorosamente le modalit d'attuazione, anche esse peraltro del tutto formali e che ne prevede la cessazione di efficacia dopo ogni singola fase processuale. Ben diversa viceversa la situazione per quanto concerne le forme effettive di notificazione, ovviamente assistite da un favor legis, ravvisabile ad esempio nella durata del domicilio legale per ogni stato e grado del procedimento (art. 172 c. p. p.). Bene quindi stato affermato in giurisprudenza che, ai fini delle notificazioni nelle forme previste dall'art. 170, la dichiarazione di irreperibilit deve essere emessa sulla base di informazioni abbastanza recenti (Cass. 7 febbraio 1964, BATTAGLINI, Giust. pen., 1964, 487) anche se in tal modo si forza un po' la legge e si resta necessariamente nel vago, poich proprio questa esigenza di informazioni recenti che l'ultimo comma dell'art. 170 c. p. p. vuole tutelare. P.D.T. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 ottobre 1966, n. 776 -Pres. Foschini -Rel. Bivona -P. M. Parlatore (conf.) -Rie. Valleroni. Ingiuria e diffamazione -Elemento psicologico -Fini e moventi del l'azione -Rilevanza ai soli effetti della commisurazione della pena. Nel reato di diffamazione l'elemento psicologico si concreta nella volont di pronunciare le espressioni offensive con la consapevolezza della loro attitudine a ledere l'altrui reputazione, di guisa che, qualora siffatta volont sussista, nessuna rilevanza pu assegnarsi ai fini ed ai moventi dell'agente (anche se meritevoli di apprezzamento) ed alle circostanze che ne abbiano occasionato l'operato. Pertanto, se vi offesa accompagnata dalla volont di offendere, irrilevante che il fine sia degno di particolare considerazione ed abbia attinenza con l'esercizio di un diritto, perch l'eventuale nobilt del fine non esclude la sussistenza del reato, potendo invece soltanto aver rilievo in ordine alla misura della pena (1). (Omissis). - giurisprudenza costante di questo Supremo Collegio che nel reato di diffamazione l'elemento psicologico si concreta nella volont di pronunciare le espressioni offensive con la consapevolezza della loro attitudine a ledere l'altrui reputazione, di guisa che, qualora siffatta volont sussista, nessuna rilevanza pu assegnarsi ai fimi. ed ai moventi dell'agente (anche se meritevoli di apprezzamento), ed alle circostanze che ne abbiano occasionato l'operato; se vi offesa accom pagnata dalla volont di offendere, irrilevante che al fine sia degno di particolare considerazione od abbia attinenza con l'esercizio di un diritto, perch l'eventuale nobilt del fine non esclude la sussistenza del reato, potendo invece soltanto aver rilievo in ordine alla misura della pena. Posto tale principio, del quale doveroso tener conto nella solu zione dei delicati problemi che talora si presentano in caso di diffama zione commessa nell'esercizio dei diritti di cronaca giornalistica o di competizioni politiche e sindacali, giova ulteriormente considerare che se da una parte la libert di stampa e la libert politiche e sindacali, (1) La sentenza conferma il princ1p10 costantemente sostenuto dalla giurisprudenza della Cassazione, secondo il quale il reato di diffamazione commesso a mezzo stampa sussiste in tutti quei casi in cui l'informazione giornalistica non sia contenuta nei limiti della obiettivit e serenit, in cui la notizia non sia vera o almeno seriamente accertata. Per precedenti cfr. in questa Rassegna, 1967, I, 175. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 915 (l'esercizio delle quali comporta inevitabilmente, nel campo competitivo, critdca talvolta serrata e pungente degli opposti sistemi), debbono essere assicurate, tutelate e difese, essendo esse indispensabili per il raggiungimento dei fini ammessi e consentiti dalla Costituzione, bisogna d'altra parte convenire che l'esercfaio di tali diritti, in una societ bene ordinata, non pu non essere contenuto entro determinati limiti se si vuole oltretutto evitare che la libert si trasformi in licenza, il diritto in arbitrio, la competi2iione in pretesto per aggredire e colpire determinate persone nell'onore, nel decoro nella reputazione, la cui tutela risponde ad una esigenza fondamentale dell'ordinamento positivo affinch alla societ siano assicurate le sue basi etiche, e con esse il suo ordinato e fecondo svUuppo, nel segno indistruttibile del rispetto della persona e della dignit umana. E questi limiti non possono che essere costituiti dalla considerazione e dal riguardo dovuti per la sfera personale dei singoli, ond' che, se il reato di diffama2'ione resta escluso quando informazioni e critiche restano contenuti nei limiti fissati dalla legge per l'esercizio dei relativi diritti, tale reato invece sussiste quando i predetti limiti vengono ad essere superati con l'arbitraria invasione della sfera personale altrui, mediante l'attribuzione di fatti offensivi no~ rispondenti a verit, o con la maliziosa deformazione di fatti veri, si che ne resti scossa la reputazione del soggei'to preso di mira, esposto alla generale disistima l dove egli opera, esplica la sua attivit e conduce la sua vita di relazione. Quando ci si verifichi, e vi sia la volont di attribuzione dd tali fatti, si concreta l'ipotesi criminosa prevista dall'art. 595 c. p., secondo il principio dinan2'i ricordato che considera sufficiente ad integrare l'elemento soggettivo del reato di diffamazione la volontariet di pronunciare e diffondere espressioni e fatti con la consapevolezza della loro portata offensiva. Per vero, il diritto di cronaca giornalistica, considerato tra i diritti pubblici soggettivi inerenti ala libert di pensiero e di stampa riconosciuti dall'art. 21 della Costitu:2lione, comporta soltanto il poteredovere riconosciuto al pubblico di portare a conoscenza dei lettori fatti, notizie e vicende realmente interessanti la vita associativa, in modo che il pubblico esattamente informato, abbia la possibilit di orientarsi e di formarsi una propria opinione sugli avvenimenti e le persone, che ne sono talora protagonisti, traendone le debite conclusioni ed assumendo, all'occorrenza, nelle forme e nei moi di legge, tutte le ini:2liative atte ad ottenere il rispetto e la tutela dei principi giuridici ed etici che sono alla base della vita di un popolo in un determinato momento storico. Queste essendo il contenuto e le finalit del diritto di cronaca giornalistica, per la sua sussistenza e quindi per il configurarsi della RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO causa di giustificazione dell'art. 51 c. p., indispensabile, oltre all'interesse pubblico e all'appagamento dello stesso mediante una informazione serena ed obiettiva, che la notizia pubblicatas sia vera od almeno seriamente accertata. Quando si trasmoda da questi limiti e l'informazione costituisce semplice occasione o, peggio ancora, pretesto per colpire nell'onore e nella reputazione un avversario politico, o comunque un portatore d'idee diverse e contrarie, e si sconfina nella gratuita denigrazione, l'esercizio del diritto di cronaca non pi configurabile e conseguentemente il fatto non pu esse~e discriminato, diventando in tal caso la pubblicazione semplice strumento d'aggressione alla altrui reputazione. Orbene, alla stregua dei su esposti principi e per quanto propriamente attiene al Caso concreto, non pu censurarsi la Corte di merito per avere ritenuto integrato a carico del Valleroni il reato di diffamazfone per mezzo stampa, sul riflesso che i fatti attribuiti, alcuni non veri n seriamente accertati o controllati, altri volutamente deformati, esagerati e tendenziosamente prospettati, erano offensivi dell'onere, della stima e della reputazione del Breschi. Ed invero non pu seriamente contestarsi che costituisca offesa alla reputazione di un professionista, ed uomo politico insieme, l'attri buzione di circostanze e fatti, che, fa.cendolo apparire come persona priva di scrupoli, sfrontata, incoerente e falsamente moralista, valgano a turbare l'opinione che altri abbiano sulle sue qualit personali, ci viche e politiche, cosi come non pu negarsi carattere diffamatorio ad una notizia senza fondamento, incontrollatamente data in pasto alla opinione pubblica, circa il deferimento della stessa persona alla Auto rit giudiziaria per fatti, costituenti reato, qualificati addirittura scan dalosi. In tal caso, essendo evidente l'esposizione della sfera personale del soggetto alla disistima ed alla riprovazione generale, resta inte grata l'ipotesi deHttuosa prevista dall'art. 595 c. p., e lo stesso scon finamento dai limiti e dalle esigenze proprie della cronaca giornalistica mette a nudo la realt di una offesa voluta per aggredire moralmente l'avversario e pubblicamente screditarlo. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 25 luglio 1966, n. 802 -Pres. Polimeno -Rel. Folino -P. M. Vacca (conf.). -Rie. Porro. Falso -Falsit in atti -Atti pubblici originali e derivativi -Criteri distintivi -Cartella esattoriale - atto pubblico originale. Ai fini della differenziazione tra la categoria degli atti pubblici originali e la categoria degli atti derivativi, deve aversi riguardo a PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE :;zuella che la essenza e la funzione del documento nel mondo giuridico: devono, pertanto, farsi rientrare nella categoria degli atti originali anche quei documenti i quali, pur se riproducono dati desumibili da altri, danno vita ad un documento, avente sostanzialmente una propria individualit ed una autonoma funzione, e siano quindi destinati a spiegare propri effetti giuridici (1). (Omissis). -Da un'inchiesta svolta dall'Ispettorato Compartimentale delle Imposte dirette di Verona nei confronti dell'esattore del comune di C di Andica, Pozzo Eugenio, risultava che costui, negli esercizi finanziari dal 1953-1954 al 1960, aveva riscosso dai contribuenti somme superiori a quelle dovute, operando specialmente sui carichi della imposta terreni, che era la maggiore tra le voci dei tributi. Il Pozzo, per ratizzare tali indebite percezioni, maggiorava nella sola cartella la imposta iscritta a ruolo di una cifra intera (generalmente in migliaia): le quietanze venivano compilate, per la madre, in conformit del carico di ruolo e, per la figlia, nella misura esposta nella cartella notificata ,ai contribuenti. Nel caso dell'istruttoria veniva compiuta ampia indagine su tutta l'attivit del Pozzo quale esattore, e veniva eseguita anche una perizia contabile, la quale accertava che le somme 1indebitamente riscosse dall'imputato, attraverso la falsificazione delle cartelle, ammontavano a complessive lire 1.947.544. Di fronte alle risultanze istruttorie lo stesso Pozzo ammetteva le indebite percezioni e le falsit come sopra consumate, assumendo solo di aver fatto ci per colmare l'ammanco per somme incassate in meno rispetto al ruolo. A seguito di rinvio a giudizio, il Tribunale di Cremona, con sentenza 21 maggio 1963, mentre proscioglieva il Pozzo dall'addebito di truffa continuata aggravata (art. 81 cpv 61 n. 940 c. p.), commessa in danno dei contribuenti, perch estinto il reato per amnistia (dichiarata la prevalenza delle attenuanti generiche sull'aggravante), n affermava (1) Il reato sottoposto all'esame della S. C. (falsificazione di cartelle esattoriali) ha imposto ai giudici, in via preliminare, di soffermarsi sulla distinzione fra atto pubblico ed attestato sul contenuto di atti (artt. 476 e 478 c. p.). Si concorda nella soluzione adottata dalla Corte la quale ha riconosciuto alla cartella esattoriale natura di atto pubblico. La cartella esattoriale, come noto, viene compilata dall'Esattore sulla base dei ruoli di imposta; a prima vista, quindi, si sarebbe portati a ritenere che tale cartella, presupponendo necessariamente i ruoli, non abbia autonomia rispetto agli stessi, e quindi non sia che un attestato attraverso il quale si porta a conoscenza del contribuente la sua posizione nei ruoli. Ma, ad un pi approfondito esame della funzione della cartella esattoriale, si nota, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la responsabi1it per il delitto di falsit continuata in copia di atto pubblico, ai sensi degli art. 81 cpv 478 comma 1<> cod. pen. (cosi modificata la originaria imputazione di falsit in atto pubblico originale), ritenendo che la cartella esattoriale rappresenta una riproduzione esatta del ruolo. Su gravame dell'imputato, la Corte di appello di Brescia, con sentenza 17 febbraio 1964, disattesa anche la tesi difensiva tendente a configurare la falsit in attestato, affermava che la cartella deve, invece ritenersi atto pubblico originale e, pertanto, qualifica il fatto 1come falsit ai sensi dell'art. 476 c. p., confermando nel resto la pronuncia di primo grado. Haricorso per cassazione il Pozzo e, a mezzo del difensore, ha dedotto la erronea applicazione della legge penale, insistendo nella tesi gi proposta nel giudizio di merito, che cio la cartella esattoriale per le sue caratteristiche e scopi, rientrerebbe nel numero degli attestati di documenti pubblici (i ruoli dell'imposta), e la falsit addebitata all'imputato sarebbe quindi punibile ai sensi dell'art. 478 ult. comma c. p. con la conseguenza ulteriore da rendersi applicabile in concreto l'amnistia. Il ricorso non ha giuridico fondamento. Il problema della differen:zJiazione tra documenti originali e docu menti derivativi stato posto dalla corte di appello nei suoi giusti termini ed esattamente risolto. Come gi altre volte questa Corte ha avuto modo di affermare ai fini della differenziazione tra la categoria degli atti pubblici originali e la categoria degli atti derivativi, deve aversi riguardo a quella che la essenza e la funzione del documento nel mondo giuridico; devono, pertanto, farsi rientrare nella categoria degli atti originali, anche quei documenti, i quali, anche se riproducenti dati desumibili da altri documenti, danno vita ad un documento, avente sostanzialmente una propria individualit ed una autonoma fun2lione e siano quindi destinati come ha posto in rilievo la Corte, che tale atto non si limita a documen tare l'esistenza di un altro tto del quale riassume il contenuto, ma essa, pur essendo costituita in gran parte da elementi desunti dai ruoli, reca un quid novi e cio taluni dati aggiuntivi che nei ruoli non sono contenuti ed produttiva di effetti particolari, di effetti cio propri della cartella esattoriale e non dei ruoli di imposta ( dalla sua notifica che il con tribuente costituito in mora ed del pari dalla sua notifica che decorre il termine per una eventuale opposizione). Il rapporto intercorrente fra la cartella esattoriale ed i ruoli di impo sta non quindi un semplice rapporto di derivazione, n la cartella esat toriale un semplice documento di secondo grado e cio un attestato; in realt essendo essa produttiva di effetti suoi propri deve considerarsi un atto pubblico originale. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE a spiegare propri effetti giuridici. (Fattispecie in tema di cartella esattoriale ritenuta atto pubblico originale). Ora, alla luce di tali principi, come giustamente ha ritenuto la Corte di appello, la cartella esattoriale prescritta dall'art. 189 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, ha natura e funzione di atto pubblico originale, n hanno consistenza le obiezioni mosse dalla difesa. Invero, come esattamente posto in risalto nella sentenza impugnata, la cartella non pu certo considerarsi copia, poich non contiene la riproduzione esatta, completa e letterale dei ruoli; la cartella, redatta in duplice esemplare ovvero a madre e figlia, riporta alcuni dati, non tutti, dei ruoli e, a differenza di questi, che si limitano ad indicare i nomi dei contribuenti, con il domicilio fiscale di ciascuno, il periodo di mposta, l'imponibile e l'ammontare delle imposte -anche il numero delle rate in cui il pagamento pu essere suddiviso, l'ammontare e la scadenza di ciascuna rata, le aliquote percentuali applicate agli imponibili per la determinazione delle imposte dovute ed il numero del conto corrente postale dell'esattore. Neppure pu la cartella essere considerata un attestato, dal mo mento che non si limita ad attestare sinteticamente il contenuto dei ruoli, ma riporta altri dati che in questi mancano; essa costituisce un documento avente sostanzialmente una propria indi'tldualit ed auto nomia, destinato anche a spiegare effetti giuridici propri. Al riguardo specialmente da rilevare che la notificazione della cartella al contribuente non risponde solo a scopi pratici, come afferma la difesa nei motivi addotti, ma assolve ad una propria funzione giuridica. vero che l'obbMgo per il pagamento del tributo sorge con la pubblicazione del ruolo, ma la notificazione della cartella necessaria per la costituzione in mora del contribuente, e perch l'esattore possa, quindi, esigere la relativa indennit (art. 194 su citato testo unico). Inoltre da ricordare che dalla notificazione della cartella la Tale tesi appare conforme al costante orientamento della Cassazione in fattispecie analoghe all'attuale, in cui si trattava di operare una distinzione fra atti pubblici ed attestati; problema particolarmente affrontato in sede di esame della natura giuridica della scheda del casellario giudiziario. In proposito la Cassazione con una serie di giudicati (21 marzo 1949; 16 dicembre 1948 (Giust. pen., 1949, II, 347); 13 febbraio 1950 (Giust. pen., 1950, II, 630) ha sempre confermato che la scheda del casellario deve considerarsi atto pubblico originale. Contra: BATTAGLINI, Falsit in scheda del casellario, Riv. pen., 1947, II, 627; SABATINI, Falsa interpretazione in tema di falsit in atti, Giust. pen., 1949, II, 347), tali autori sostengono che le schede del casellario siano semplici attestati o certificati. D. SALVEMINI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge fa decorrere il termine di trenta giorni per il ricorso contro l'iscrizione a ruolo, nei casi prescritti dall'art. 188 del testo unico in esame. Deve, pertanto, convenirsi con la Corte di appello sul sostanziale carattere di atto pubblico originale della cartella: solo da precisare che, in concreto, trattasi di falsit ideologica (art. 479 c. p.), poich la falsit stata compiuta dall'autore del documento l'esattore), e cade sul contenuto ideale del documento medesimo, compilato in parziale difformit dal ruolo. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 15 luglio 1966, n. 1248 -Pres. Frisoli -Rel. Faccini -P. M. Sullo (conf.) -Rie. Martino. Impugnazioni -Motivi -Presentazione -Mancata attestazione di irregolarit da parte del cancelliere ricevente -Presunzione di ritualit. (c. p. p., art. 201). In mancanza di espresse prescrizioni di forma e di contraria attestazione del cancelliere, la presentazione dell'atto contenente i motivi dell'impugnazione deve ritenersi ritualmente fatta dalla persona legittimata in via princ.ipal e la mancata indicazione da parte del cancelliere del nome e della qualit del presentatore non pu far considerare irrituale la presentazione dei motivi, dovendo al contrario, l'avvenuta ricezione da parte del cancelliere far ritenere che la presentazione fu effettuata da chi sottoscrisse i motivi o da persona da costui autorizzata e nota alla cancelleria (1). (Omissis). -La questione della ammissibilit o meno di una impugnazione allorch il Cancelliere, all'atto della presentazione dei motivi, ne attesti solo la data di ricezione omettendo di indicare il nome e la qualit del presentatore, ha avuto a questa Suprema Corte due contrastanti soluzioni: una rigoristica -che considera la predetta omissione causa di inammissibilit sopravvenuta dell'impugnazione non consentendosi, senza la indicazione del nome e della qualit del pre (1) Il Supremo Collegio ha reso una decisione informata a principi di indubbia utilit pratica per l'ordinato svolgimento dell'attivit processuale. Ed infatti la presunzione di presentazione da parte del difensore che sottoscrisse i motivi rimarr, in pratica, sempre operante, dato che solo il favorevole esito della impugnativa di falso potr far conseguire l'effetto della declaratoria di inammissibilit dei motivi. J PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 921 sentatore, l'alterazione della garanzia fondamentale richiesta dalla legge in ordine alla autenticit della sottoscrizione dei motivi e della provenienza dell'atto che li contiene, l'altra meno farmalistica -che considera la omessa indicazione espressamente edlla regolare presentazione dei motivi da parte del soggetto a ci legittimato. A quest'ultima soluzione aderisce questa Corte. Giova innanzi tutto premettere che, per l'attestazione che deve compiere il cancelliere al momento della presentazione dei motivi, non sono prvisti dalla legge processuale particolari formalit e che manca una precisa prescrizione (e tale mancanza si spiega col fatto che, secondo la formulazione del 10 comma dell'art. 209, presentatore dei motivi non poteva essere che il sottoscrittore degli stessi) che imponga al Cancelliere di indicare il nome e la qualit della persona del presentatore. L'esigenza qi una tale indicazione sorta dopo che la evoluzione giurisprudenziale nella interpretazione del 1 comma dell'art. 201 (Sez. Unite 28 novembre 1959) ha riconosciuto potersi effettuare la presentazione dei motivi oltrech dal difensore, da un suo incaricato (avvocato, corrispondente) commesso di studio, segretario etc.), dovendosi in tali casi ovviamente accertare, al fine di stabilire la autenticit della provenienza dell'atto contenente i motivi, se la persona fisica del presentatore fosse legittimato alla presentazione stessa. Senonch la predetta indicazione, pur se opportuna, non asso lutamente, indispensabile, non costituendo una formalit espressamente richiesta dalla legge a pena di inammissibilit dei motivi, e la rice lione dell'atto contenente i motivi da parte del Cancelliere, con la ;ola opposizione della data e della sua sottoscrizione dovendo far rite nere essere la presentazione dell'atto avvenuta ad opera della persona ~he lo sottoscrisse. Invero, quando il cancelliere, cui demandata la attestazione circa la regolarit della presentazione dei motivi, conosce la persona che gli si presenta a tale scopo non solo nella sua identit fisica ma anche CJ.ella sua qualit, posto in grado di assicurarsi della autenticit della provenienza dell'atto che gli viene presentato e quindi, se omette di indicare il nome e la qualit della persona del presentatore dimostra ~he la presentazione avvenne da parte del sottoscrivente, a lui resta ln quanto, ovviamente, se la presentazione fosse avvenuta ad opera di ;>ersona che non dava affidamento sulla provenienza dell'atto da chi le risultava firmatario, avrebbe fatto constare tale circostanza rile ;rante ai fini del giudizio sulla ammissibilit dell'impugnazione da com ;>iersi dal giudice. Non pu non rilevarsi, infatti, che rappresentando la presen ;azione dei motivi da parte del difensore che li sottoscrisse la regola ~ la presentazione da parte di persona diversa la eccezione, allorch RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO questa ultima evenienza non venga attestata o comunque fatta risultare dal cancelliere ricevente, non pu non ritenersi che la presentazione sia avvenuta da parte del soggetto legittimato in via principale. In conclusione in mancanza di espresse prescrizioni di forma e di contraria attestazione del cancelliere, la presentazione dell'atto contenente i motivi dell'impugnazione deve ritenersi ritualmente fatta dalla persona legittimata in via principale e la mancata indicazione da parte del cancelliere del nome e della qualit del presentatore non pu far considerare irrituale la presentazione dei motivi dovendo, al contrario, l'avvenuta ricezione da parte del cancelliere far ritenere che la presentazione fu effettuata da chi sottoscrisse i motivi o da persona da costui autorizzata e nota alla cancelleria. Alla stregua di questo principio il ricorso fondato risultando che i motivi di appello, sottoscritti dall'avv. Di Ruggieri, regolarmente nominato nella dichiarazione di impugnazione, furono presentati nella cancelleria del Tri bunale di Matera, luogo di residen2la dello stesso difensore che non poteva non essere noto a quel cancelliere il qual, ricevendo l'atto e opponendovi la data e la propria sottoscrizione dimostr che la pre sentazione era avvenuta ad opera di chi le aveva sottoscritto. (Omissis). PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTRINA MoRIONDO E., L'ideologia della Magistratura Italiana, Ed. Laterza, Bari, 1967, pagg. 351. ~n questo libro, recentemente pubblicato da Laterza, il M. espone i risultati di una ricerca affidata. dal Centro Nazionale di Prevenzione e Difesa Sociale all'Istituto di filosofia e sociologia del diritto dell'Universit degli Studi di Milano e realizzata con il contributo del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Nel 1962 il Centro Nazionale di Prevenzione e Difesa Sociale decideva di organizzare e di svolgere un'indagine sociologica sull'amimnistrazione d~lla giustizia in Italia con due diversi propositi: quello di dare inizio ed impulso agli studi ed alle ricerche di sociologia del diritto e quello di affrontare e di approfondire un problema di fondamentale importanza e di vivo interesse per la nostra societ in trasformazione. I laV'Ori preparatori dell'indagine furono discussi nel settembre del 1964 in un convegno tenutosi nel castello di Chatillon in Valle d'Aosta sotto la presidenza di Andrea Torrente. I risultati definitivi saranno pubblicati in un'apposita serie della Biblioteca di cultura moderna di Laterza, di cui il volume in rassegna rappresenta il primo numero. Come precisa R. TREVES nella sua prefazione, l'espressione L'ideologia della Magistratura -che d titolo all'opera -viene intesa nel senso di ideologia specifica professionale orientata all'organizzazione ed all'integrazione del corpo dei magistrati ed alla determinazione del loro compito nella societ, e non in quello di complesso dei valori etici, sociali, culturali di ordine generale che ispirano i magistrati nelle loro decisioni e che li conducono a prendere posizione di fronte ad istituti ed a reati parti~ olarmente significativi . Il metodo seguito dal M. nell'indagine un metodo frequente nelle ricerche sociologiche: il metodo dell'analisi della documentazione e preci-. samente dell'analisi dei giornali di categoria che costituiscono la fonte prin cipale da cui si possono attingere numerose notizie e delucidazioni per 10 studio del pensiero della Magistratura nel senso suindicato. Nell'analisi del materiale indicato, il M. si proposto lo scopo, come egli stesso dichiara, di esporre non solo il pensiero dei magistrati intorno alla loro professione ma anche le ragioni che ne condizionano il processo di formazione e di trasformazione. E per fare ci egli non si servito soltanto del metodo storico-critico ma anche di altri strumenti propri della noderna analisi sociologica e precisamente di quelli offerti dalla sociologia della conoscenza e dalla sociologia della organizzazione; in particolare, applicando ampiamente i criteri della sociologia della conoscenza, nella sua sottospecie di microsociologia della conoscenza giuridica [perch relativa al pensiero condizionato da una sezione particolare delle istituzioni e delle :>rganizzazioni sociali e non estesa alla societ globale: macrosociologia iella conoscenza]. L'A., dopo un'ampio esame degli articoli apparsi sui giornali di categoria dall'immediato dopoguerra fino ad oggi, determina ed analizza i rapporti che sono intercorsi nel passato ed attualmente intercorrono tra i fatti 184 PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA della realt sociale, da un lato, ed i pensieri, i prodotti mentali, le conoscenze, le idee dei magistrati italiani, dall'altro. I limiti dell'indagine condotta nel volume in esame sono dati dal fatto che le idee, i pensieri e le conoscenze dei magistrati sono desunti esclusivamente dall'analisi dei giornali di categoria. La conoscenza dei valori etici, sociali e culturali che ispirano i magistrati nelle loro decisioni e che serve a farci intendere ci che effettivamente essi vogliono e concretamente fanno al di l delle enunciazioni contenute nei giornali di categoria, rimane al di fuori del settore ricerca assegnato all'A. e quindi al di fuori del presente volume. Quando anche i risultati di questa seconda indagine saranno pubblicati, le osservazioni contenute nel presente libro acquisteranno un diverso risalto perch opportunamente integrate ed il risultato complessivo sar quello di una conoscenza veramente integrale dell'ideologia della Magistratura nel senso globale del termine. Sull'importanza di una tale conoscenza non occorre spendere moil.te parole. La Magistratura un'istituzione la cui maggiore o minore rilevanza nella vita di un paese e nella considerazione dei cittadini un indice del grado di libert e di sicurezza di cui godono i singoli individui e l'intera societ: conoscere il pensiero di coloro che operano in questa istituzione indubbiamente di grande interesse ed per questo che si ritenuto di dover segnalare questo libro ai lettori della Rassegna . L.M. VECCHI R. -Bosc1A F., Giurisprudenza completa della Corte Costitu;:ion'lle 1956-66, De Donato editore -Leonardo Da Vinci, Bari, 1967. Questa opera si propone il fine di consentire una conoscenza, precisa e spedita, delle decisioni della Corte Costituzionale. Cogliendo l'occasione della ricorrenza del primo decennio di attivit della Corte, gli AA. hanno raccolto tutte le decisioni emesse dal 1956 al 1966 secondo i seguenti criteri: a) per codici (codice civile, codice di procedura civile, codice penale, codice di procedura penale, codice penale militare di pace, codice della navi.gazione) articolo per articolo; b) per leggi speciali, alfabeticamente per nateria. A parte sono state raccolte, invece, le decisioni riguardanti i conflitti .di attribuzione tra Stato e Regioni o tra Regioni. Le decisioni contengono gli estremi per la loro individuazione nonch il riferimento all'Autorit che ha sollevato la questione, l'oggetto della stessa, la motivazione, sia di accoglimento che di rigetto, adottata di volta in volta dalla Corte. L'opera corredata da a) un'Appendice contenente la Costituzione della Repubblica Italiana; gli Statuti Regionali Speciali; le Leggi Costituzionali 9 febbraio 1948, n. l; 11 marzo 1953, n. l; 11 marzo 1953, n. 87, le norme integrative per i giudizi davanti la Corte Costituzionale approvate dalla Corte stessa il 16 marzo 1956 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale il 24 marzo 1956, n. 71; b) un formulario concernente la prassi da seguire, prima dell'inoltro degli atti alla Corte, da parte dt!lle varie Cancellerie o Segreterie delle Autorit giurisdizionali; c) da tre in. dici, cronologici per le sentenze e le leggi, alfabetico per le materie. L.M. J 185 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO VIRGA P., Diritto Costituzionale, Ed. Giuffr, Milano, 1967, pagg. 735. In questa sesta edizione, interamente rifatta, del suo Diritto Costituzionale il V. non si discosta dal metodo dogmatico-giuridico e respinge le opinioni di quegli Autori che vorrebbero, nello studio della materia costituzionalistica, una maggio;re applicazione del metodo storico-sociologico (MARANINI) o di quello teleologico (TREVEs). Egli non disconosce che in campo costituzionale molto spesso le formule giuridiche possono rivelarsi proposizioni astratte, prive di aderenza alla realt, se considerate avulse dallo studio dei fenomeni sociali a cui si riferiscono o delle origini storiche degli istituti ed ammette pure che gli istituti costituzionali sono indissolubilmente legati agli scopi che le forze politiche mirano a raggiungere, ma ritiene di ~over laseiare l'impiego di metodi di studio diversi da quello da lui prescelto alle trattazioni di politica costituzionale, di storia costituzionale, di storia costituzionale o di sociologia ,costituzionale. Il metodo prescelto dall'A. quello ancora oggi dominante nella nostra dottrina costituzionalistica, ma non si pu qui fare a meno ,di sottolineare che la necessit di considerare nella materia in discorso oltre ai rapp(}ll'ti teorici fra gli organi costituzionali disctplinati dalle norme, i rapporti di fatto fra gli stessi organi in base alle forze politiche che li muovono (e quindi di considerare il pregiuridico accanto al g,iuridico ) viene sempre pi frequentemente ed opportunamente invocata da numerosi costituzionalisti (MORTATI, GUARINO, MARTINES). La prima parte del volume (preceduta da una breve ma efficace storia costituzionale italiana, dallo Statuto albertino alla riannessione del territorio di Trieste) dedicat alla dottrina dello Stato. Vi si esaminano le nozioni di istituzione ed ordinamento giuridico; si analizzano i caratteri e gli elementi costitutivi dello Stato; si considerano il concetto di costituzione, il principio della separazione dei poteri, le forme di governo, le unioni di Stati e non manca un accenno particolareggiato alla Comunitd Europea. Nella seconda e nella terza parte del libro vengono trattate rispettivamente l'organizzazione costituzionale dello Stato (Corpo elettorale, Parlamento, Partiti politici, Gabinetto, Presidente della Repubblica, CNEL) e le fonti (consuetudine, procedimento legislativo, procedimento di revisione, legge delegata, decreto legge, regolamenti). Dopo una parte (la quarta) dedicata alle Regioni a Statuto speciale, nella quinta e nella sesta parte, infine, vengono rispettivamente affron~ti i temi delle Dichiarazioni Costituzionali (Famiglia e Scuola; Lavoro, Pro priet ed Impresa, Prestazioni obbligatorie, Diritto fondamentali dell'uomo, Diritto di manifestazione ,del pensiero, Ordinamento giudiziario, Pubblica IUnministrazione, Rapporti fra Stato e Chiesa) ,e della Giustizia Costituzionale. L'intera opera ricca di riferimenti bibliografici alla pi qualificata dottrina italiana e straniera. L.M. I 1 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE LEGGI E DECRETI * Legge 29 settembre 1967, n. 955 -Integra e modifica le vigenti disposizioni concernenti concessioni di indennizzi e contributi per danni di guerra (G. U. 28 ottobre 1967, n. 270). NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE* NORME DELLE QUALI STATO PROMOSSO GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE Codic:e c:ivile, art. 156 (Effetti della separazione), primo c:omma, in quanto impone al marito, in regime di separazione personale per colpa del marito, l'obbligo di somministrare alla moglie tutto ci che necessario ai bisogni della vita, indipendentemente dalle condizioni economiche della moglie (artt. 3 e 29 della Costituzione) (1). Tribunale di Torino, ordinanza 28 aprile 1967, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. Tribunale di Venezia, ordinanza 23 maggio 1967, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. Corte di cassazione, prima sezione civile, ordinanza 5 luglio 1967, G. U. 28 ottobre 1967, n. 271. c:odic:e c:lvile, art. 2243 (Periodo di 1iposo), limitatamente all'inciso e dopo un anno di ininterrotto se1vizio ., in quanto condiziona il diritto del lavoratore ad un periodo di ferie retribuito al compimento Si segnalano i provvedimenti ritenuti di maggior interesse. Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento ai quali sono state proposte o decise le questioni di legittimit costituzionale. (1) Questione gi proposta dal Tribunale di Caltagirone con ordinanza 26 gennaio 1967 (G. U. 29 luglio 1967, n. 190, e retro, II, 150). L'art. 156, primo comma, del codice civile stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 23 maggio 1966, n. 46, e nella parte in cui po.ne a carico del marito, in regime di separazione consensuale senza co!na di nessuno dei coniugi, l'obbligo di somministrare alla moglie tutto ci che necessario ai bisogni della vita, indipendente dalle condizioni economiche di costei .. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 187 di un anno di ininterrotto servizio (art. 36, terzo comma, della Costituzione) (2). Pretore di Napoli, ordinanza 24 maggio 1967, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. codice di procedura civile, art. 305 (Mancata prosecuzione o riassunzione), in quanto prevede l'estinzione del processo per mancata riassunzione nel termine di sei mesi dall'interruzione anche per l'ipotesi di interruzione per morte, radiazione o sospensione del procuratore, in cui il termine decorre da una data che pu senza colpa rimanere ignota alle parti (art. 24 della Costituzione) (3). Tribunale di Milano, ordinanza 14 marzo 1967, G. U. 2 settembre 1967, n. 221 (4). codice penale, art. 574 (Sottrazione di persone incapaci), primo comma, in quanto, con disparit di trattamento tra i coniugi, considera soggetto passivo del reato solo il genitore esercente la patria potest (art. 29 della Costituzione) (5). Pretore di Gavirate, ordinanza 29 maggio 1967, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. codice di procedura penale, art. 94 (Formalit della costituzione di parte civile), in quanto, con la dizione nei procedimenti... di competenza del pretore la dichiarazione presentata nella cancelleria del giudice competente per il giudizio , rende possibile. impedire che la parte civile, pur costituita in pendenza dell'istruttoria sommaria, sia formalmente presente in giudizio durante l'istruttoria sommaria pretorile, non attribuendole alcuno dei poteri di cui agli artt. 104, 304-bis, 304-ter, 304-quater, 323 e seguenti del codice di procedura penale, (2) Lo stesso criterio era stabilito, per il rapporto di lavoro in genere, dall'articolo 2109 del codice civile, dichiarato incostituzionale, limitatamente all'inciso dopo un anno di ininterrotto servizio, con sentenza 10 maggio 1963, n. 66. (3) Questione gi proposta, per il comb. disp. artt. .301 e 305 del codice di procedura civile, dal Tribunale di Catania (ordinanza 17 gennaio 1966, G. U. 12 marzo 1966, n. 64, e in questa Rassegna, 1966, II, 100), dalla Corte di cassazione (ordinanza 16 febbraio 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213, e in questa Rassegna, 1966, II, 201), dal Tribunale di Roma (ordinanza 10 novembre 1966, G. U. 28 gennaio 1967, n. 25, e retro, II, 15), dalla Corte di appello di Bologna (ordinanza 28 novembre 1966, G. U. 22 aprile 1967, n. 102, e retro, II, 60) e dalla Corte di appello di Catania (ordinanza 22 dicembre 1966, G. U. 24 giugno 1967, n. 157, e retro, Il, 101). (4) Con la stessa ordinanza il Tribunale di Milano ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 301 del codice di procedura civile. (5) L'art. 574 del codice penale stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 22 febbraio 1964, n. 9, in quanto limita it diritto di querela al genitore esercente la patria potest . J 188 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ovvero, in linea subordinata, in quanto rende possibile, durante la istruttoria sommaria pretorile, la formale presenza della parte civile con gli stessi diritti e poteri che ad essa spettano nel corso dell'istruzione formale, senza che l'imputato possa fare opposizione alla costituzione di parte civile (art. 24 e 3 della Costituzione) (6). Pretore di Livorno, ordinanza 14 giugno 1967, G. U. 28 ottobre 1967, n. 271. codice di procedura penale, art. 98 (Opposizione alla costituzione della parte civile nel dibattimento), in quanto, con la dizione contro la costituzione della parte civile avvenuta... anteriormente (alle formalit di apertura del dibattimento) pu essere fatta opposizione nel dibattimento ., esclude che l'imputato, nel procedimento pretorile con istruzione sommaria, abbia il diritto di fare opposizione alla costituzione di parte civile durante la fase dell'istruzione sommaria (artt. 24 e 3 della Costituzione). Pretore di Livorno, ordinanza 14 giugno 1967, G. U. 28 ottobre 1967, n. 271. r. d. I. 19 ottobre 1923, n. 2328 (Disposizioni per la formazione degli orari e dei turni di servizio dei personale addetto ai pubblici servfai di trasporti in concessione), art. 16 delle disposizioni annesse, nel testo modificato dal r. d. 1. 2 dicembre 1923, n. 2682, in quanto prevede il diritto del lavoratore al riposo secondo un criterio che prescinde dalla cadenza settimanale (art. 36, terzo comma, della Costituzione (7). Pretore di Milano, ordinanza 12 giugno 1967, G. U. 14 ottobre 1967, n. 258. r. d. I. 2 dicembre 1923, n. 2682 (Disposizioni per il personale addetto ai pubblici servizi di trasporto in concessione), art. 16 delle disposizioni annesse, che modifica l'art. 16 delle disposizioni annesse al r. d. 1. 19 ottobre 1923, n. 2328, prevedendo il diritto del lavoratore al riposo secondo un criterio che prescinde dalla cadenza settimanale (art. 36, terzo comma, della Costituzione) (7). Pretore di Milano, ordinanza 12 giugno 1967, G. U. 14 ottobre 1967, n. 258. (6) Questioni proposte in via subordinata rispetto a quella sollevata per l'art. 98 del codice di procedura penale. (7) Questione gi proposta dal Tribunale di Trento con ordinanza 30 giugno 1966 (G. U. 14 gennaio 1967, n. 12, e retro, II, 16). Analoghe questioni sono state proposte, per gli artt. 4 del r.d.l. 15 marzo 1923, n. 692, 8 del r.d. 10 settembre 1923, n. 1955, 1 del r. d. 10 settembre 1923, n. 1957 e n. 25 della relativa tabella, dal Tribunale di Terni con quattordici ordinanze del 27 settembre 1966 (G. U. 8 aprile 1967, n. 89, e retro, 63-64). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 189 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (Legge tributaria sulle successioni), art. 66, se ed in quanto la notificazione dell'avviso di accertamento di valore ad uno dei condebitori solidali sia efficace ai fini della decorrenza del termine per il ricorso alle Commissioni tributarie anche nei confronti del contribuente al quale l'avviso di accertamento non sia stato notificato (artt. 24 e 113 della Costituzione) (8). Commissione provinciale delle imposte di Catanzaro, ordinanza 19 gennaio 1967, G. U. 14 ottobre 1967, n. 258. r. d. 30 dicembre 1923, n. 3276 (Legge dei diritti erariali sugli spettacoli), art. 14, in quanto condiziona la concessione della licenza amministrativa al preventivo pagamento dei diritti erariali (artt. 3, 97, 24 e 113 della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 16 giugno 1967, G. U. 14 ottobre 1967, n. 258. r. d. I. 29 luglio 1927, n. 1509 (Provvedimenti per 'ordinmento del credito agrario), convertito, con modificazioni, in legge 5 luglio 1928, n. 1760, art. 8, in quanto, nel prevedere che il privilegio sui frutti del fondo a garanzia dei prestiti concessi per la conduzione delle aziende agricole ha efficacia nei confronti di chiunque possegga, coltivi o conduca il fondo, consente all'affittuario debitore, nel caso in cui il privilegio abbia durata eccedente quella del rapporto locativo, di costituire un diritto reale di garanzia su beni di un terzo, senza il concorso della sua volont e senza possibilit di opposizioni alla costituzione del vincolo (art. 42 della Costituzione). Tribunale di Matera, ordinanza 27 giugno 1967, G. U. 14 ottobre 1967, n. 258. legge 5 luglio 1928, n. 1760 (Conversione in legge, con modificazioni, iel r. d. l. 29 luglio 1927, n. 1509, concernente provvedimenti per !'ordinamento del credito agrario), per la parte che converte in legge l'art. 8 del r. d. 1. 29 luglio 1927, n. 1509, che nel prevedere l'efficacia riei confronti di chiunque possegga, coltivi o conduca il fondo del pri1.1ilegio sui frutti costituito a garanzia dei prestiti concessi per la con: luzione delle aziende agricole, consente all'affittuario debitore, nel ~aso in cui il privilegio abbia durata eccedente quella del rapporto lo~ ativo, di costituire un diritto reale di garanzia su be11i di un terzo, ienza il concorso della sua volont e senza possibilit di opposizione alla ~ostituzione del vincolo (art. 42 della Costituzione). Tribunale di Matera, ordinanza 27 giugno 1967, G. U. 14 ottoJre 1967, n. 258. (8) La stessa questione stata gi proposta, per gli artt. 20 e 21 del r .d.1. 7 1gosto 1936, n. 1639, dal Tribunale di Torino (ordinanza 14 ottobre 1966, G. U. 28 :ennaio 1967, n. 25, e retro, II, 17). J 190 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), art. 72, in quanto condiziona la concessione della licenza amministrativa al preventivo pagamento dei diritti d'autore (artt. 3, 97, 24 e 113 della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 16 giugno 1967, G. U. 14 ottobre 1967, n. 258. r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicu1 ezza), art. 156, in quanto, con eccezione per la materia ecclesiastica ,, (art. 3 della Costituzione), condiziona la concessione della licenza alla discrezionale valutazione del questore (artt. 3 e 21, primo e secondo comma, della Costituzione), precludendo la possibilit di promuovere raccolte, collette e questue per finalit diverse da quelle tassativamente indicate (art. 2 della Costituzione) (9). Pretore di Ragusa, ordinanza 8 giugno 1967, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. r. d. 17 agosto 1935, n. 1765 (Disposizioni per l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali), art. 5, riprodotto all'art. 11 del d. P. R. 30 giugno 1965, n. 1124, in quanto impone alla persona civilmente responsabile dell'infortunio l'obbligo di rivalere l'I.N.A.I.L. per intero di tutte le indennit erogate, con criterio diverso da quello stabilito, dall'art. 1916 del codice civile, per il diritto di surrogazione dell'assicuratore (art. 3 della Costituzione) (10). Tribunale di Udine, ordinanza 30 marzo 1967, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. (9) La questione di legittimit ostituzionale della disposizione, in riferimento agli artt. 17, 18, 19, 21, 33, 39, 45, e 49 della Costituzione, stata dichiarata non fondata con sentenza 26 gennaio 1957, n. 2. Nel senso sopra indicato, la questione stata gi proposta dal Tribunale di Reggio Emilia in riferimento agli artt. 2, 3 e 21 della Costituzione (ordinanza 12 febbraio 1965, G. U. 30 aprile 1965, n. 109, e in questa Rassegna, 1965, II, 48), dal Pretore di Avezzano in riferimento all'art. 3 della Costituzione (ordinanza 14 giugno 1965, G. U. 28 agosto 1965, n. 216, e in questa Rassegna, 1965, II, 108), dal Tribunale di Brescia in riferimento all'art. 3 della Costituzione (ordinanza 14 settembre 1965, G. U . .30 ottobre 1965, n. 273, e in questa Rassegna, 1965, II, 143), dal Pretore di Gonzaga in riferimento agli artt. 2, 3, 18, 21 e 49 della Costituzione (ordinanza 19 novembre 1965, G. U. 12 marzo 1966, n. 64, e in questa Rassegna, 1966, II, 103), dal Pretore di Mantova in riferimento agli artt. 3, 2, 18, 38 e 39 della Costituzione (ordinanza 15 dicembre 1965, G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e in questa Rassegna, 1966, II, 158), dal Tribunale di Grosseto in riferimento agli artt. 3 e 38, ultimo comma, della Costituzione (ordinanza 7 marzo 1966, G. U. 21 maggio 1966, n. 124, e in questa Rassegna, II, 158), dal Pretore di Lucera in riferimento all'art. 3 della Costituzione (ordinanza 14 aprile 1966, G. U. 11 giugno 1966, n. 143 e in questa Rassegna, 1966, II, 158), dal Pretore di Bari in riferimento agli artt. 3 e 2 della Costituzione (ordinanza 4 maggio 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213, e in questa Rassegna, 1966, II, 204), e dal Pretore di Bologna in riferimento all'art. 3 della Costituzione (ordinanza 4 giugno 1966, G. U. 10 settembre 1966, n. 226, e in questa Rassegna, 1966, II, 252). (10) Questione proposta in base ad una interpretazione della norma in contrasto con quella adottata dall'orientamento giurisprudenziale, sul presupposto, cio, che il rimborso all'I.N.A.I.L. possa superare la misura del risarcimento che sarebbe dovuto al danneggiato. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 191 r. d. I. 4 ottobre 1935, n. 1827 (Perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale), art. 128, secondo comma, in quanto consente all'istituto previdenziale, senza alcuna limitazione o discriminazione, di trattenere l'ammontare delle somme di cui creditore in forza di provvedimento dell'autorit giudiziaria sulle pensioni, assegni ed indennit, dichiarati, con il primo comma della disposizione, incedibili, impignorabili ed insequestrabili (art. 38 della Costituzione). Tribunale di Bari, ordinanza 15 giugno 1967, G. U. 28 ottobre 1967, n. 271. contratto collettivo nazionale 23 dicembre 1939, tuttora in vigore in forza di legge a norma dell'art. 43 del decreto legislativo luogotenenziale 23 novembre 1944, n. 369 , art. 6, secondo comma, in quanto esclude dal trattamento assistenziale le malattie nervose e mentali e quelle ad andamento cronico (art. 38, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Belluno, ordinanza 15 giugno 1967, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. legge 27 giugno 1942, n. 851 (Modificazioni al testo unico della legge comunale e provinciale approvato con r. d. 3 mmzo 1934, n. 383, cpncernenti il nuovo stato giuridico dei segretari comunali e provinciali), art. 4, in quanto demanda all'autorit statale la scelta e la nomina del segretario generale della provincia (artt. 5 e 128 della Costituzione). Consiglio di Stato, quinta sezione giurisdizionale, ordinanze 8 luglio 1966 (due), G. U. 14 ottobre 1967, n. 258. d. lg. C. P. S. 15 novembre 1946, n. 367 (Istituzione deUa Giunta giurisdizionale amministrativa della Valle d'Aosta), modificato con legge 1-0 marzo 1949, n. 76, artt. 1, primo, secondo e terzo comma, 2, n. 3, 5 e 7, in quanto, disciplinando la giurisdizione contabile della Giunta giurisdizionale amministrativa della Valle d'Aosta (art. 103, secondo comma, della Costituzione), prevedono la partecipazione alla Giunta di funzionari in posizione gerarchica dipendenti dal potere esecutivo (artt. 101, secondo comma, 108, e 25 della Costituzione) (11), e non garantiscono agli interessati il diritto di difesa (art. 3 e 24 della Costituzione) (12). Corte dei conti, prima sezione giurisdizionale, ordinanza 11 marzo 1967, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. (11) Questione gi proposta dalla stessa Giunta giurisdizionale amministrativa della Valle d'Aosta con ordinanza 10 dicembre 1966, 20 dicembre 1966 e 27 gennaio 1967 (G. U. 25 febbraio 1967, n. 51, 25 marzo 1967, n. 77, e 8 aprile 1957, n. 89, e retro, II, 67). Sotto analogo profilo, ed in riferimento agli artt. 101, secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione, la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimit costituzionale dell'art. 1 del d.lg.lgt. 12 aprile 1945, n. 203 (sentenza 22 marzo 1967, n. 30). (12) Nel dichiarare la illegittimit costituzionale delle norme sulla giurisdizione dei Consigli di prefettura e sui relativi giudizi (sentenza 3 giugno 1966, n. 55), la Co.rte costituzionale aveva precisato che la pronuncia non investe la giurisdi J 192 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralit), art. 1 ed ogni altra disposizione condizionata dalla formula iniziale dell'art. 1, in quanto rimette l'iniziativa della diffida alla discrezionale valutazion~ dell'autorit amministrativa (artt. 3, primo comma, e 13, secondo comma, della Costituzione) (13). Pretore di Firenze, ordinanza 20 luglio 1967, G. U. 28 ottobre 1967, n. 271 (14). d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), artt 85, 89 e 90, in quanto comportano l'applicazione delle addizionali comunali e provinciali, del contributo di cura stabilito con il r. d. 1. 15 aprile 1926, n. 765, dell'imposta camerale prevista all'articolo 52 del r. d. 20 settembre 1934, n. 2011 e delle addizionali E.C.A. e pro-Calabria ai soli redditi di categoria B e C-1 (artt. 3, 47 e 53 della Costituzione). Commissione distrettuale delle imposte di Como, ordinanza 23 giugno 1966, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 150, secondo comma, in quanto prevede l'automatico inserimento dell'accertamento per l'imposta sui fabbricati nel sistema di accertamento ai fini della imposta sulle societ, fondato sulle risultanze del bilancio (art. 53 della Costituzione). Commissione distrettuale delle imposte di Napoli, ordinanze 5 aprile 1967 (due), G. U. 2 settembre 1967, n. 221. d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 207, lettera &, in quanto, con disciplina diversa da quella prevista per i terzi estranei, ancorch conviventi con il debitore dell'imposta, impedisce al coniuge ed ai parenti o affini entro il terzo grado del debitore dell'imposta, anche se non conviventi, di far valere i zone contabile della Giunta provinciale amministrativa della Valle d'Aosta., in quanto nessuna autonoma questione di legittimit costituzionale stata sollevata in ordine a tale giurisdizione . La Corte non intende escludere -si rileva peraltro nella decisione -che taluna di tali disposizioni possa risultare illegittima anche con riferimento all'anzidetta giurisdizione. Ma ritiene che le disposizioni stesse non potrebbero formare oggetto di esame sotto il profilo in questione, se non con particolare riferimento alla giurisdizione medesima, e quindi sulla base di una impugnativa che la investisse con specifico riferimento alla stessa . (13) Altra questione di legittimit costituzionale della disposizione stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 13, 25, 27 e 3 della Costituzione, con sentenza 23 marzo 1964, n. 23. (14) Con la stessa ordinanza it Pretore di Firenze ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 13 della Costituzione, nel rilievo della assoluta indeterminatezza delle norme e della discrezionalit delle valutazioni dell'autorit amministrativa sul presuposto dalla pericolosit. J PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 193 ~ropri eventuali diritti sui beni rinvenuti, in occasione dell'esecuzione ~sattoriale, nella casa di abitazione del debitore (artt. 3, 24 e 113 della :::!ostituzione) (15). Pretore di Viareggio, ordinanza 1-0 marzo 1967, G. U. 28 ottobre L967, n. 271. d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1011 (Norme sui licenziamenti individuali iei lavoratori dipendenti dalle imprese industriali), articolo unico, in ;iuanto conferisce efficacia obbligatoria all'accordo interconfederale L8 ottobre -1950 anche nei confronti dei non iscritti ai sindacati che lo hanno stipulato (art. 39 della Costituzione) (16). Corte di appello di Napoli, ordinanza 20 dicembre 1966, G. U. ~ settembre 1967, n. 221. legge 21 luglio 19601 n. 739 (Provvidenze pe1 le zone agriicole danrieggiate da calamit naturali e provvidenze per le imprese industriali), cirtt. 15, primo e secondo comma, e 16, secondo, terzo e quarto comma, in ;iuanto consentono all'affittuario debitore, nel caso in cui il privilegio mi frutti del fondo abbia durata eccedente quella del rapporto locativo, :li costituire un diritto reale di garanzia su beni di un terzo, senza l concorso della sua volont e senza possibilit di opposizioni alla costituzione del vincolo (art. 42 della Costituzione). Tribunale di Matera, ordinanza 27 giugno 1967, G. U. 14 ottoore 1967, n. 258. d. P. R. 16 gennaio 1961, n. 153 (Norme sul trattamento economico ~ normativo dei giornalisti), articolo unico, per eccesso dai limiti della :lelega conferita eon la legge 14 luglio 1959, n. 74;1., in quanto rende lbbligatorio erga omnes l'art. 5, lettera a, del Contratto collettivo na~ ionale di lavoro 10 gennaio 1959, che impone al datore di lavoro di issumere esclusivamente giornalisti professionisti per il lavoro nelle redazioni giornalistiche (art. 76 della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 9 giugno 1967, G. U. 14 ottobre 1967, [I. 258. legge 24 luglio 1961, n. 729 (Piano di nuove costruzioni stradali ed :iutostradali), art. 9, primo comma, in quanto pone il divieto di costruire, ricostruire o ampliare edifici o manufatti di qualsiasi specie lungo il (15) Questione per dichiarata non fondata, come si a,ccenna nell'ordinanza di ~imessione, con sentenze 16 giugno 1964, n. 42 (artt. 24, primo comma, e 42, secondo ~omma, della Costituzione) e 26 novembre 1964, n. 93 (artt. 3 e 42, terzo comma, iella Costituzione). (16) Questione dichiarata non fondata con sentenza 8 luglio 1967, n. 98. Il d.D.P. L4 luglio 1960, n. 1011 stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 26 maggio L966, n. 50, per la sola parte in cui disciplina l'intervento di conciliazione delle Jrganizzazioni di categoria >. 194 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tracciato delle autostrade e dei relativi accessi a distanza inferiore ~ venticinque dal limite della zona di occupazione dell'autostrada, senza prevedere indennizzo (art. 42 della Costituzione). Tribunale di Catanzaro, 24 febbraio 1967, G. U. 14 ottobre 1967, n. 258. legge reg. sic:. 23 febbraio 1962, n. 2 (Norme per il trattamento di quiescenza, previdenza ed assistenza del personale della Regione), art. 4, primo, secondo e terzo comma, modificato dall'art. 6, secondo comma, della legge regionale 1 febbraio 1963, n. 11, e art. 31, integrato dagli artt. 6, primo e secondo comma, e 9 della legge regionale 1 febbraio 1963, n. 11 e dalla legge regionale 5 ottobre 1965, n. 25, in quanto consentono un trattamento economico del personale in quiescenza migliore di quello del personale in attivit di servizio (artt. 3, primo comma, 36 e 97 della Costituzione); art. 4, secondo comma, in quanto prevede l'aumento delle pensioni in corrispondenza alle variazioni del costo della vita secondo l'esclusivo criteri della proporzionalit cmi l'ammontare delle pensioni (art. 3, primo comma, della Costituzione). Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, ordinanza 4 luglio 1967, G. U. 28 ottobre 1967, n. 271 (17). legge 8 giugno 1962, n. 604 (Modificazioni allo stato giuridico e all'ordinamento della carriera dei segretari comunali e provinciali), artt. 23 e 46, in quanto demandano all'autorit statale la scelta e la nomina del segretario generale della provincia (artt. 5 e 128 della Costituzione). Consiglio di Stato, quinta sezione giurisdizionale, ordinanze 8 luglio 1966 (due di eguale contenuto, una per ciascuna delle due disposizioni), G. U. 14 ottobre 1967, n. 258 (18). legge 6 dicembre 1962, n. 1643 (Istituzione dell'Ente nazionale per l'energia elettrica e trasferimento ad esso delle imprese esercenti le industrie elettriche), art. 5, n. 2, in quanto, senza alcuna discriminazione per le societ di proporzioni minime, prevede per la determinazione dell'indennizzo un criterio unitario, la cui applicazione consente il (17) Con la stessa ordinanza la Corte dei conti ha ritenuto manifestamente infondate le questione di legittimit costituzionale degli artt. 4, secondo e terzo comma, e 30, lettere a ed f, della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, in riferimento all'art. 81, quarto comma, della Costituzione, e delle norme sopra indicate (per la riscontrata sperequazione fra il trattamento dei pensionati regionali e quello dei pensionati statali) in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, ed irrilevanti le questioni proposte per l'art. 4, seondo comma, della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2 (in ragione della limitazione dell'aumento alle pensioni in corso), e per l'art. 2, secondo comma, della legge regionale 1 febbraio 1963, 11. 11, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione. (18) L'art. 23 della legge 8 giugno 1962, n. 604, ricordato, ma per evidente errore di trascrizione, anche nella terza ordinanza del1'8 luglio 1966, relativa alla questione di legittimit costituzionale dell'art. 4 della legge 27 giugno 1942, n. 851, prospettata negli stessi termini. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 195 trasferimento con indennizzo meramente simbolico delle imprese appartenenti a societ di dimensioni economiche minime (artt. 42, terzo comma, e 3, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 14 aprile 1967, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. legge 29 dicembre 1962, n. 1744 (Nuove _disposizioni per l'applicazione delle leggi di registro, dell'imposta generale sull'entrata e del bollo ai contratti di locazione dei beni immobili urbani), artt. 1 e 2, per la parte relativa all'imposta generale sull'entrata, in quanto impongono il pagamento dell'imposta generale sull'entrata indipendentemente dell'effettivo conseguimento dell'entrata (art. 3 della Costituzione) (19). Tribunale di Milano, ordinanza 16 giugno 1967, G. U. 28 ottobre 1967, n. 271. legge reg. sic:. 1 febbraio 1963, n. 11 (Conglobamento ed adeguamento delle retribuzioni del personale dell'Amministrazione regionale), artt. 6, primo e secondo c:omma, e 9, che modificano ed integrano gli artt. 4, primo, secondo e terzo comma, e '31 della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, in quanto consentono un trattamento economico del personale in quiescenza migliore di quello del personale in attivit di servizio (artt. 3, primo comma, 36 e 97 della Costituzione). Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, ordinanza 4 luglio 1967, G. U. 28 ottobre 1967, n. 271 (17). legge 3 febbraio 1963, n. 69 (Ordinamento della professione di giornalista), artt. 45, 29, 33, 34, 35, 46, 47, 28, secondo c:omma, 51, lettere e: e d, 54, 55 e 24, in quanto condizionano l'esercizio della professione di giornalista (artt. 21, 3, secondo comma, 18, 19, 33, 39 e 49 della Costituzione); art. 63, terzo c:omma, in quanto prevede la partecipazione di giornalisti, designati dal Consigl~o nazionale dell'Ordini dei giornalisti, ai Collegi che giudicano in primo e secondo grado sulle deliberazioni del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti (art. 108, secondo comma della Costituzione) (20). Pretore di Catania, ordinanza 5 giugno 1967, G. U. 28 ottobre 1967, n. 271. d. P. R. 25 febbraio 1963, n. 138 (Norme relative agli indennizzi da corrispondere alle imprese assoggettate a trasferimento all'Ente nazio( 19) Questione gi pro,posta, in riferimento anche all'art. 53 della Costituzione. dalla Commissione pro.vinciale delle imposte di Milano (ordinanza 9 novembre 1966, G. U. 8 luglio 1967, n. 170, e retro, Il, 156). (20) Questa ultima questione stata gi proposta, in riferimento anche allo art. 102, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Torino (ordinanza 7 febbraio 1967, G. U. 29 luglio 1967, n. 190, e retro, II, 156). 196 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nale per l'energia elettrica), art. 2, in quanto, senza alcuna discriminazione per le societ di proporzioni minime, prevede per la rettificazione dell'indennizzo un coefficiente unico, la cui applicazione consente il trasferimento con indennizzo meramente simbolico delle imprese appartenenti a societ di dimensioni . economiche minime (artt. 42, terzo comma, e 3, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 14 aprile 1967, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. legg 5 marzo 1963, n. 246 (Istituzione di una imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili; modificazioni al testo unico per la finanza locale, approvato con regio decreto 14 settembre 1931, n. 1175 e al regio decreto legge 28 novemb~e 1938, n. 2000, convertito nella legge 2 giugno 1939, n. 739), art. 48, primo comma, e 49, primo comma, in quanto, con disparit di trattamento tra i proprietari di aree fabbricabili situati in zone del territo;rio comun;:ili per le quali era gi stata deliberata l'istituzione del contributo di miglioria generica e quelli di aree situati in altre zone del territorio comunale (art. 3, primo comma, della Costituzione),.consentono di applicare l'imposta con effetto retroattivo anche nei confronti di coloro che abbiano alienato le aree prima della data di entrata in vigore della legge (art. 53 della Costituzione) (21). Tribunale di Torino, ordinanze 9 giugno 1967 (nove), G. U. 2 settembre 1967, n. 221, 14 ottobre 1967, n. 258, e 28 ottobre 1967, n. 271 (22). legge 21 ottobre 1964, n. 1013 (Istituzione di una imposta speciale sul reddito dei fabbricati di lusso), in quanto condiziona l'applicazione dell'imposta ad un criterio di classificazione stabilito da norme regolamentari e applicato dagli uffici catastali secondo un potere discrezionale che non trova alcun limite nella legge (artt. 23, 3 e 53 della Costituzione) (23). Commissione provinciale delle imposte di Genova, ordinanza 20 aprile 1967, G. U. 14 ottobre 1967, n. 258 (24). (21) Sotto lo stesso profilo, la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimit costituzionale degli artt. 25, secondo comma, 27, prinio e secondo comma, e 43, terzo comma, della legge 5 marzo 1963, n. 246 (sentenza 23 maggio 1966, n. 44). (22) Con le stesse ordinanze il Tribunale di Torino ha ritenuto manifestamente infondata, e comunque irrilevante ai fini della decisione, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 52 della legge 5 marzo 1963, n. 246. (23) Nel dispositivo dell'ordinanza la questione risulta proposta solo in riferimento all'art. 23 della Costituzione. (24) La Commissione provinciale delle imposte di Genova. ha ritenuto superfluo rimettere alla Corte costituzionale anche le questioni di legittimit costituzionale dell'art. l, in riferimento agli artt. 3, 53 e 42, terzo comma, della Costituzione, e degli artt. 2 e 3, in riferi;mento agli artt. 3, 24, 113 e 25 della Costituzione, trattandosi di questioni gi proposte dalla Commissione distrettuale dell'imposte di Torino (ordinanza 24 maggio 1966, G. U. 11 febbraio 1967, n. 38, e retro, II, 20). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 197 d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), nt. 35, secondo comma, in quanto impone l'obbligo di tenere un registro :li carico e scarico per il commercio dei mosti vini ed aceti, per ec~ esso dai limiti della delega di cui all'art. 2, secondo comma, della legge 9 ottobre 1964, n. 991 (art. 76 della Costituzione) (25). Pretore di Roma, ordinanze 1'0 dicembre 1966 (tre), G. U. 14 otto:>' re 1967, n. 258 (26). d. P. R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico deZZe disposizioni per ~'assicurazione obbligatoria contro gZi infortuni sui lavoro e Ze matattie professionali). art. 11, che riproduce l'art. 5 del r. d. 17 agosto L935, n. 1765, in quanto impone alla persona civilmente resonsabile iell'infortunio l'obbligo di rivalere l'I.N.A.I.L. per intero di tutte le .ndennit erogate, con criterio diverso da quello stabilito, dall'art. 1916 iel codice civile, per il diritto di surrogazione dell'assicuratore (art. 3 iella Costituzione) (27). Tribunale di Udine, ordinanza 30 marzo 1967, G. U. 2 settembre L967, n. 221. legge reg. sic. 5 (recte: 10) agosto 1965, n. 21 (Trasformazione del:' Ente per Za riforma agraria in Sicilia in Ente di sviluppo agricolo). ut. 18, in quanto, con disparit di trattamento tra le varie Asi;;ocia: ioni nazionali di rappresentanza operanti nel settore delle cooperative, ~sclude in via definitiva che i rappresentanti della cooperazione pre1isti nella composizione del Consiglio di amministrazione dell'Ente di ;viluppo agricolo siciliano possano essere designati dall'Associazione ~enerale delle cooperative italiane (art. 3 della Costituzione). Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, >rdinanza 22 febbraio 1967, G. U. 2 settembre 1967, n. 221 (28). legge reg. sic. 5 ottobre 1965, n. 25 (Interpretazione autentica deZ' mt. 6 della legge 1 febbraio 1963, n. 11, concernente Conglobamento ~d adeguamento delle retribuzioni del personale dell'Amministrazione (25) Questione dichiarata non fondata con sentenza 12 luglio 1967, n. 106. (26) Con due delle tre ordinanze il Pretore di Roma ha ritenuto manifestanente infondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 108, lettere b e c, lel d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162, in riferimento agli art. 25, secondo comma, e 76 lella Costituzione: questione dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 76 della ~ostituzione, con sentenza 9 febbraio 1967, n. 14. (27) Questione pro.posta secondo una interpretazione della norma in contrasto :on quella adottata dell'orientamento giurisprudenziale, sul presupposto, cio, che l rimborso all'I.N.A.I.L. possa superare la misura del risarcimento che sarebbe lovuto al danneggiato. (28) Con la stessa ordinanza, il Consiglio di giustizia amministrativa per la iegione siciliana ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimit :ostituzionale proposta, per la stessa disposizione, in riferimento all'art. 97, primo :omma, della Costituzione. 8 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO regionale ), in quanto, in relazione agli artt. 4, primo, secondo e terzo comma, e 31 della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, e 6, primo e secondo comma, e 9 della legge regionale 1 febbraio 1963, n. 11, consente un trattamento economico del personale in quiescenza migliore di quello del personale in attivit di servizio (artt. 3, primo comma, 36 e 97 della Costituzione). Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, ordinanza 4 luglio 1967, G. U. 28 ottobre 1967, n. 271 (17). legge 15 lugUo 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuali), art. 11, primo comma, in quanto esclude l'applicazione della legge ai datori di lavoro che occupano fino a 35 dipendenti, determinando una disparit di trattamento tra i lavoratori dipendenti da imprese che occupano fino a 35 unit lavorative e quelli alle dipendenze di imprese con pi di 35 lavoratori (art. 3 della Costituzione). Pretore di Vicenza, ordinanza 31 maggio 1967, G. U. 14 ottobre 1967, n. 258. legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue), art. 1, quarto comma, in quanto, con disciplina unitaria per situazioni obiettivamente differenti e disparit di trattamento tra enfiteusi e concedenti (art. 3, primo comma, della Costituzione), consente il trasferimento coattivo del diritto di propriet dei concedenti senza adeguato indennizzo (art. 42, terzo comma, della Costituzione) (29). Pretore di Torre Annunziata, ordinanza 18 luglio 1967, G. U. 28 ottobre 1967, n. 271 (30). legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materie di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue), art. 1, quarto comma, in quanto, con disciplina diversa rispetto a quella stabilita dall'art. 971 del codice civile per l'affrancazione di immobili urbani, consente l'affrancazione di fondi rustici con il p~gamento di somma 'corrispondente a 15 volte il ca 'none (art. 3 della Costituzione) (29). ~retore di ~olopaca, ordinanze 13 giugno 1967 e 11 luglio 1967, G. U. 14 ottobre 1967, n. 258 (31). legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e p1estazioni fondiarie perpetue), artt. 1, 8 e 9, in quanto consentono il trasferimento coattivo del diritto di propriet dei concedenti senza la ricor (29) Questioni gi proposte; per le altre numerose ordinanze v. retro, II, 72-73, 108-109, 157-160. (30 Con la stessa ordinanza il Pretore di Torre Annunziata ha ritenuto manifestamente infondata, in riferimento all'art. 44 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale dell'art. 971 del codice civile. (31) Con la stessa o.rdinanza il Pretore di Solopaca ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimit dell'art. 1 della legge 22 luglio 1966, n. 607 in riferimento agli artt. 42, secondo comma, e 44 della Costituzione, e irri J PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 199 renza di motivi d'interesse generale e senza adeguato indennizzo (art. 42, terzo comma, della Costituzione), e in quanto il criterio di fissazione unica dell'indennizzo comporta un ingiustificato trattamento di favore degli enfiteusi che hanno trasformato il fondo, edificandolo, rispetto a quelli che non ne hanno modificato l'originaria destinazione agricola (art. 3, primo comma, della Costituzione) (29). Pretore di Isernia, ordinanza 14 luglio 1967, G. U. 28 ottobre 1967, n. 271. legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestac: ioni fondiarie perpetue), artt. 1, 8, 9 e 13, in quanto, parificando la situazione di tutti i concedenti (art. 3 e 44 della Costituzione), prevec: Jono il trasferimento coattivo del diritto del concedente con inden11izzo meramente simbolico (l:l,rt. 42 della Costituzione), con la prevalenza, in ogni caso, e anche per le enfiteusi urbane, della domanda :ii a:fijanca;i:ione (artt. 24, 113 e 41 della Costituzione); artt. 4, 5, 6 e 7, in quanto prevec;lono un_ procedimento sommario che non consente 1i Proprietari concedenti la tutela giudiziale dei propri diritti (artt. 24, J, 41, 42 e 44 della Costituzione); art. 15, in quanto attribuisce efficacia ~etp9attiva alle norme sulla determinazione del canone per il caso che l relativo versa,mento non sia stato effettuato (art. 3, 24, 41, 42 e 44 lella Costituzione) (29). Pretore di Frosinone, ordinanza 6 aprile 1967, G. U. 2 settem >re 1967, n. 221 (32). legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfitesi e presta: ioni fondiarie perpetue) artt. 1, 8, 9, 15 e 18, in quanto, con disciplina mitaria per situazioni obiettivamente differenti (art. 3 della Costi: uzione), senza la ricorrenza di motivi di interesse generale e sociale :art. 44 della Costituzione), e limitando la libert negoziale dei privati :art. 41 della Costituzione), .prevedono il trasferimento coattivo del liritto del concedente senza congruo indennizzo e la indiscriminata >revalenza della domanda di affrancazione su quella di devolmione :art. 42 della Costituzione) (29). T!ibunale di Palermo, ordinanza 19 maggio 1967, G. U. 2 setembre 1967, n. 221. legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e presta' ioni fondiarie perpetue), artt. 1 e 13, in quanto, con indiscriminata 1arificazione dei rapporti di natura enfiteutica con quelli relativi ai ari tipi di colonia migliorataria (art. 3 della Costituzione), consen~ vanti ai fini della decisione le questioni proposte per gli artt. 8, 9, 15 e 18 in iferimento agli artt. 3, 42, 44 e 73 della Costituzione. (32) Con la stessa ordinanza il Pretore di Frosinone ha ritenuto irrilevanti, ai ni della decisione, le questioni di legittimit costituzion,ale degli artt. 10, 11, 12, 6, 17 e 18. .I RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tono il trasferimento coattivo del diritto di propriet senza adeguato indennizzo (art. 42 della Costituzione) (29). Pretore di Frosinone, ordinanza 21 giugno 1967, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue), art+. 1 e 15, in quanto, con disciplina unitaria per situazioni obiettivamente differenti (art. 3 della Costituzione), sacrificano il diritto di propriet dei concedenti senza la ricorrenza di motivi di interesse generale (artt. 41 e 42, secondo comma, della Costituzione) (29). Pretore di Palermo, ordinanza 3 febbraio 1967, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. . legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue), art. 2, ultima parte, in quanto consente al (solo) ricorrente di integrare gli elementi di prova con la produzione di un atto notorio sulla esistenza e sull'importo della produzione (art. 24 della Costituzione); artt. 3, 4, 5 e 6, in quanto prevedono un procedimento sommario che non consente ai proprietari concedenti la tutela giudiziale dei propri diritti e che si conclude con un provvedimento per il quale si prescinde dall'indagine istruttoria e dal giudizio comparativo della pretesa e della prova offerta dalle parti (artt. 24 e 111 della Costituzione); art. 4, quarto comma, in quanto consente la perdita del diritto di propriet senza la ricorrenza di finalit di utilit generale (artt. 42 e 43 della Costituzione) (29). Pretore di Bianco,. ordinanza 18 luglio 1967, G. U. 14 ottobre 1967, n. 258. legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in mate1ia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue>, art. 2, ultima parte, in quanto consente al (solo) ricorrente di integrare gli elementi di prova con la produzione di un atto notorio sulla esistenza e sull'importo della prestazione (art. 24 della Costituzione); art. 4, quarto c:omma, e 13, lettera e:, in quanto, senza la ricorrenza di finalit di utilit generale e con prevalenza della domanda di affiancazione su quella di devoluzione anche nel caso di colpevole deterioramento del fondo, consentono il trasferimento .coattivo del diritto di propriet senza congruo indennizzo (artt. 42 e 43 della Costituzione) (29). Pretore di Reggio Calabria, ordinanza 23 marzo 1967, G. U. 2 settembre 1967, n. 221. legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue), artt. 4, 5, 6 e 7, in quanto, con disparit di trattamento tra gli enfieuti e i coloni da una parte ed i proprietari concedenti dall'altra (art. 3, primo comma, della Costituzione), prevedono un procedimento sommario che non consente ai proprietari concedenti la tutela giudiziale dei propri diritti (art. 24,. primo e secondo comma, della Costituzione) e che si conclude con un provvedi-j.~j ~ ~ PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 201 mento che, per essere definito ordinanza , viene sottratto ad ogni possibilit di gravame, pur avendo natura sostanziale di sentenza (art. 111, secondo comma, della Costituzione) (29). Pretore di Albano Laziale, ordinanza 16 giugno 1967, G. U. 14 ottobre 1967, n. 258. d. I. 9 novembre 1966, n. 914 (Provvidenze in favore delle popolazioni dei Comuni colpiti dalle alluvioni o mareggiate dell'autunno 1966), convertito con legge 23 dicembre 1966, 1141, artt. 1, dalla parole ... e dei termini perentori .legali o convenzionali, i quali importino decadenze ... in poi, e 3, in .quanto la disposta sospensione dei termini si risolve .in danno solo dei creditori cambiari e dei locatori immobiliari (art. 3 della Costituzione), preclude, senza indennizzo, il godimento di un bene cartolare o immobiliare (art. 42 della Costituzione), ed impedisce, limitatamente al territorio indicato, il magistero della giustizia civile e penale (art. 24, primo comma, 112, 1 e 101 della Costituzione). Tribunale di Rovereto, ordinanza 15 aprile 1967, G. U. 28 ottobre 1967, n. 271. legge 23 dicembre 1966, n, 1141 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 novembre 1966, n. 914), art. 1, nella parte in cui converte in legge gli artt. 1, dalle parole ... e dei termini perentori legali o convenzionali, i quali importino decadenze... in poi, e 3, in quanto la disposta sospensione dei termini si risolve in danno solo dei creditori cambiari e dei locatori immobiliari (art. 3 della Costituzione), preclude; senza indennizzo, il godimento di un bene cartolare o immobiliare (art. 42 della Costituzione), ed impedisce, limitatamente al territorio indicato, il magistero della giustizia civile e penale (artt. 24, primo comma, 112, 1 e 101 della Costituzione). Tribunale di Rovereto, ordinanza 15 aprile 1967, G. U. 28 ottobre 1967, n. 271. legge 21 luglio 1967, n. 613 (Ricerca e coltivazione degli idrocarbm i liquidi e gassosi nel mare te1Titoriale e nella piattaforma continentale e modificazioni alla legge 11 gennaio 1957, n. 6, sulla ricerca e coltivazione degli id1ocarburi liquidi e gassosi): in particolare, artt. 2, 43, 45, 53 e ultimi sei commi della tabella A allegata alla legge, in quanto riservano al solo Stato il diritto di ricerca e di concessione sulla piattaforma continentale e nel mare territoriale (artt. 14, lettera h, 20, prima parte e 33 dello Statuto della Regione siciliana), determinando unilateralmente la misura della cointeressenza delle Regioni a statuto speciale sull'aliquota in natura corrisposta per le concessioni di coltivazione relative a giacimenti siti nel fondo del mare territoriale adiacente alle coste delle Regioni (artt. 36 e 43 dello Statuto della Regione siciliana). Regione siciliana, ricorso depositato il 7 settembre 1967, G. U. 14 ottobre 1967, n. 258. 202 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 21 luglio 1967, n. 613 (Ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi nel mare territoriale e nella piattaforma continentale e modificazioni alla legge 11 gennaio 1957 n. 6, sulla ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi), art. 2, primo comma, in quanto implicitamente nega alla Regione sarda il diritto di esplorare la piattaforma continentale ad essa adiacente e di sfruttarne le risorse naturali, per quanto rientranti nella sua competenza per materia; art. 5, secndo, terzo e quarto comma, in quanto nega alla Regione sarda competenza in materia di prospezione e ricerca dei giacimenti petroliferi nel sottosuolo marino adiacente al suo territorio; artt. 11, 17, primo e secondo comma, 20, terzo comma, 23, primo comma, 27, quarto e quinto com ma, 32, primo comma, 33, primo e quinto comma, 35 primo comma, 40, 41, 42 e 49, in quanto riservano allo Stato, senza eccezione per la Sardegna, i poteri legislativi e amministrativi in materia di ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi nel mare territoriale e nella piattaforma continentale, la competenza esclusiva per i permessi di ricerca e le concessioni dei giacimenti, e i relativi proventi; art. 53, in quanto nega implicitamente rilevanza ai provvedimenti emessi dalla Regione sarda prima della entrata in vigore della legge in materia di giacimenti esistenti sulla piattaforma continentale; art. 54 in quanto devolve alla Regione sarda solo un terzo, e non la totalit della aliquota in natura prevista dall'art. 33; e ogni altra disposizione connessa (artt. 3, lettere m, d, i e p, 4, lettere a, e, ed f, e 6 dello Statuto della Regione sarda). Regione sarda, ricorso depositato 1'8 settembre 1967, G. U. 14 ottobre 1967, n. 258. legge 28 luglio 1967, n. 641 (Nuove norme per l'edilizia scolastica e universitaria e piano finanziario delL'inte1vento per il quinquennio 1967-1971), in quanto non contiene la disciplina necessaria per coordinare armonicamente, nell'ambito del piano, le attivit statali, regionali e provinciali (artt. 4, 11 e 13 dello Statuto della Regione TrentinoAlto Adige) e non rispetta, comunque, i principi costituzionali che la legge ordinaria di pianificazione deve osservare nel disciplinare il coordinamento delle competenze regionali e provinciali con quelle statali (artt. 5 e 116 della Costituzione e 4, 11, 13 e 59 e seguenti d~llo Statuto della Regione Trentino-Alto Adige); artt. 3, 4, 7 e 9, in quanto, pur avendo le Provincie competenza in materia di istruzione, predispongono un programma a carattere regionale e non provinciale, e in quanto, pur avendo la Regione competenza in materia di lavori pubblici, prevedono la istituzione di un ufficio interregionale (artt. 5 e 116 della Costituzione, e 4, 11, 13 e 59 e seguenti dello Statuto della Regione Trentino-Alto Adige); artt. 3, 8, 9, 13, 14, 20, 24 e 25, in quanto non ispirati al principio dell'adeguamento all'esigenze dell'autonomia locale (artt. 5 e 116 della Costituzione, e 4, 11, 13 e 59 e seguenti dello Statuto della Regione Trentino-Alto Adige). Regione Trentino-Alto Adige, ricorso depositato 1'11 settembre 1967, G. U. 14 ottobre 1967. n. 258. CONSULTAZIONI AMMINISTRAZIONE PUBBLICA. Atti di competenza del Consiglio di Amministrazione per il personale operaio. Se il Ministro pu, per le nomine a capo operaio, emanare provvedimenti in contrasto con lo scrutinio per merito comparativo effettuato dal Consiglio di Amministrazione, ai sensi dell'art. 8 d. P. R. 18 novembre 1965, n. 1480 (n. 323). Se le decisioni adottate dal Consiglio di Amministrazione per il per sonale operaia a seguito di ricol'si proposti in materia di trasferimenti (art. 38 1. 5 marzo 1961, n. 90) sono. suscettibili di impugnazione con ricorso al Ministero (n. 323). Camere di commercio -Assicurazione infortuni per componenti della Commissione Provinciale Artigianato. Se fra le spese di funzionamento poste a carico delle Camere di Commercio per il funzionamento delle Commissioni Provinciali dell'artigianato rientrino quelle relative alla garanzia co:qtro i rischi da infortunio durante la esecuzione di sop11aluoghi effettuati dai componenti delle Commtssioni stesse (n. 324). Risoluzione di convenzioni tra Ministeri e organi statali con personalitd giuridica. Se possa risolversi un rapporto costituito mediante convenzione tra un'Amministrazione dello Stato e un organo statale avente personalit giuridica (Ente EUR), al di fuori di una nuova e concorde dichiarazione dei contraenti volta ad esprimere la sopravvenuta inattualit o non convenienza dello scopo avuto di mira nel~ conclusione della convenzione stessa (n. 325). APPALTO. Appalto per costruzione di case non di lusso -Agevolazioni tributarie. Se, nel caso in cui 1a costruzione di una casa non di lusso sia completata da un appaltatore diverso da quello originario, per il primo contratto di appalto debbano essere dichiarate decadute le agevolazioni fiscali concesse (n. 311). Deposito per cauzione provvisoria -Fideiussione. Se una fideiussione con rinuncia al beneficium excussionis possa costituire valido deposito per cauzione provvisoria a sensi dell'art. 2 Capitolato Generale d'Appalto per le opere pubbliche (n. 312). J 204 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pagamento diretto di mercedi agli operai. Se la stazione appaltante possa pagare direttamente le mercedi agli operai quando l'appaltatore sia fallito (n. 313). ATTI AMMINISTRATIVI. Imposizione di servit militari -Eccesso dei limiti del provvedimento. Se il privato proprietario difetti in relazione all'eccesso dei limiti posti, nel caso concreto, al provvedimento impositivo della servit militare, di una posizione soggettiva tutelabile, neanche al livello di interesse legittimo (n. 13). AUTOVEICOLI. Ipoteca giudiziaria. Se il Cancelliere possa iscrivere ipoteca giudiziaria su di un autoveicolo onde proteggere il credito dell'Erario per la pena e le spese (n. 70). BORSA. Agenti di cambio -Incompatibilit. professionali. Quali siano le attivit compatibili per gli agenti di cambio a sensi del r. d. I: 7 marzo 1925, n. 222 e del r. d. I. 30 giugno 1932, n. 815 (n. 24). Se l'incompatibilit di cariche ed uffici con la qualit di membro del Parlamento prevista dall'art. 1 1. 15 marzo 1953, n. 60 si estenda anche agli agenti di cambio (n. 24). CACCIA E PESCA. Applicabilit. della legislazione pontificia alle valli di Comacchio. Se la.legge Galli 13 settembre 1854 (norma dello Stato Pontificio) sia entrata a far parte dell'ordinamento giuridico italiano e se sia tuttora in vigore il disposto del par. 24 (n. 36). Se la norma del par. 24 della legge Galli, che vieta di ammarinare fuori delle mura di Comacchio il pesce delle valli omonime, sia compatibile con l'art. 41 Cost. (n. 36). 0 CAMBIALI E ALTRI TITOLI DI CREDITO. Regolarizzazione fiscale. Se la proroga dei termini concessa a seguito dello sciopero dei cancellieri giudiziari dell'aprile 1967, debba estendersi alla regolarizzazione fiscale degli assegni bancari scoperti (n. 8). PARTE II, CONSULTAZIONI 205 CINEMATOGRAFI. Acquisto di documenti della libera produzione da parte delle Amministrazioni dello Stato -Esclusiva dello Istituto Luce. Se sia consentito alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, per lo adempimento del suo compito d'istituto di documentazione e informazione sugli aspetti della vita italiana e sull'attivit della Pubblica Amministrazione ., l'acquisto di materiale documentario cinematografico della libera produzione (n. 37). Se la s.p.a. Istituto Luce, costituita con atto Intersimone del 1 agosto 1962, debba intendersi subentrata in toto all'Istituto Nazionale Luce, e quindi anche nell'esclusiva della produzione e distribuzione in Italia dei films comunque finanziati dalle Amministrazioni dello Stato, dagli enti pubblici e dalle societ a prevalente partecipazione statale (n. 37). Contributi per la produzione di lungometraggi. Se il contributo stabilito dall'art. 7 della I. 4 novembre 1965, n. 1213 recante norme sugli incentivi alla produzione di films lungometraggi, debba andare diviso per met al regista e per l'altra met in due parti uguali al soggettista e allo' sceneggiatore, oppure se debba essere attribuito nella misura di un terzo ciascuno, rispettivamente al regista, sceneggiatore e soggettista (n. 38). CIRCOLAZIONE STRADALE. Parchimetri a pagamento. Se sia legittima l'installazione nei centri urbani di parchimetri a pagamento ad opera del Comune (n. 10). COMPETENZA E GIURISDIZIONE. Ammissione illegittima ad istituto di istruzione -Dimissione. Se la dimissione da un istituto di istruzione di chi vi era stato illegittimamente ammesso leda una posizione di diritto soggettivo (n. 26). COMUNIONE E CONDOMINIO. Regolamento di condominio -Modificazioni unilaterali. Se le disposizioni del regolamento di condominio possano essere modificate unilateralmente da parte di uno dei condomini quando i condomini siano pi di quattro (n. 3). 206 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONTABILIT GENERALE DELLO STATO. Esclusione e riammissione a gare di licitazione privata. Se legittima ai sensi dell'art. 68 della legge di contabilit generale dello Stato l'esclusione di alcune ditte contro cui si erano accertate irregolarit in precedenti lavori, di licitazioni private (n. 220). Se l'Amministrazione dei LL. PP. possa adottare un nuovo ed autonomo provvedimento per la riammissione nella licitazione privata di ditte precedentemente escluse (n. 220). Soprassoldo per decorazioni -Decorrenza. Se il soprassoldo annuo annesso alla Croce di Guerra al V.M. richiesto a titolo di riversibilit dalla vedova del decorato, decorra dal primo giorno del mese in cui la domanda presentata od invece dal giorno (antecedente) del decesso del decorato (n. 221). CONTRABBANDO. Garanz'ia nell'ambito delle sanzioni penali. Se l'obbligazione assunta dall'Ente prestatore della garanzia relativa a carnet T.I.R. a norma dell'art. 6 del progetto di convenzione approvato con 1. 30 lugl~o 1952, n. 1747, si estenda al pagamento delle somme dovute a titolo di sanzioni pecuniarie aventi natura penale (n. 40). Quale sia il limite entro cui, ove si ammetta la garanzia nell'ambito delle sanzioni penali, debba ritenersi operante la medesima (n. 40). CONTRIBUTI. Contributi per la produzione di lungometraggi. Se il contributo stabilito dall'art. 7 della 1. 4 novembre 1965, n. 1213 recante norme sugli incentivi alla produzione di films lungometraggi, debba andare diviso per met al regista e per l'altra met in due parti uguali al soggettista e allo sceneggiatore, oppure se debba essere attribuito nella misura di un terzo ciascun, rispettivamente al regista, sceneggiatore e soggettista (n. 67). Tassabilit dei contributi dei consorzi di bonifica di primo grado a quelli di secondo. Se le contribuzioni che i consorzi di bonifica di primo grado versano a quelli di secondo grado abbiano natura tributaria e perci non siano tassabili con ige, al pari dei contributi di bonifica che i privati corrispondono ai consorzi di primo grado (n. 68). J PARTE II, CONSULTAZIONI 207 Se i contributi che i consorzi di primo grado versano a quelli di secondo grado siano semplici rimborsi spese e cio partite di giro e pertanto non tassabili con ige (n. 68). COSTITUZIONE. Legittimit costituzionale dell'art: 188 t. u. 29 gennaio 1956, n. 645. Se debba ritenersi manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale della norma di cui all'art. 188 t. u. 29 gennaio 1958, n. 645 in relazione all'eccesso di delega per innovazione concernente la riduzione del termine a ricorrere ed in relazione alla violazione dei diritti della difesa per eccessiva brevit del medesimo (n. 46). DEMANIO. Limitazioni poste dall'art. 1, n. 11, r. d. 8 dicembre 1933, n. 1740 a beni demaniali. Se le limitazioni previste dall'art. 1, n. 11, r. d. 8 dicembre 1933, n. 1740, t. u. per la tutela delle strade e per la circolazione, siano applicabili ai beni demaniali (n. 221). DEPOSITO. Depositi cauzionali presso le FF.SS. -Provvedimenti di svincolo -Timbri di ufficio. Se sui provvedimenti di svincolo di depositi cauzionali emesi;;i dalle FF.S~. ovvero di indennit di espropriazione (sulle relative copie rilasciate dai cancellieri) debba apporsi il timbro con inchiostro oleoso della Zcca o quello d.i gomma a spirito (n. 24). Deposito per cauzione provvisoria :-Fideiussione. Se una fideiussione con rinuncia al benef.cium excussionis possa costituire valido deposito per cauzione provvisoria a sensi dell'art. 2 Capitolato Generale d'Appalto per le opere pubbliche (n. 25). DIFESA DELLO STATO. Consorzi universitari. Se i Consorzi Universitari, Enti dotati di personalit giuridica a sensi dell'art. 61 t. u. 31 agosto 1933, n. 1592, possano comprendersi fra gli Enti che, in base all'art. 56 del t. u. citato, sono -ammessi al patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (n. 7). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE. Espropriazione per p. u. della Gescal. Se la Gescal possa procedere ad espropriazione per p. u. di aree site in Comuni che non siano dotati di piano di zona approvato, n di un piano di zona regolatore, o di un programma di fabbricazione ancora da approvarsi (n. 197). Se l'autorizzazione concessa alla Gescal dall'art. 1 della 1. 29 marzo 1965, n. 217, di procedere alla acquisizione di aree in base alla semplice deliberazione del piano regolatore, non ancora approvato, valga anche per il caso dei piani di ricostruzione (n. 197). ELETTRICIT ED ELETTRODOTTI. Aziende di soggiorno e turismo -Quota imposta unica ENEL. Se alle Aziende autonome: di cura, soggiorno e turismo, costituite dopo il 1961, spetti la quota di imposta unica ENEL, istituita con l'art. 8, I comma, 1. 6 dicembre 1962, n. 1643 (n. 35). Legge istitutiva dell'Enel -Benefici fiscali per atti di fusione. Se i benefici fiscali ex art. 9 della 1. 6 dicembre 1962, n. 1643 (istitutiva dell'Enel) siano applicabili quando gli atti di fusione avvengano fra societ ex elettriche ed altre societ non elettriche (n. 36). ENFITEUSI. Canoni al Fondo per il Culto -Ragguaglio. Se, ai sensi della 1. 22 luglio 1966, n. 607, il computo dell'equivalente in danaro del canone in derrate vada fatto una tantum al momento dell'entrata in vigore di detta legge (n. 28). ESPROPRIAZIONE PER P. U. Agevolazioni tributarie. Se le istanze e le documentazioni presentate dai privati espropriati per lo svincolo delle indenniit depositate, possano godere della agevolazione tributaria prevista dall'art. 26 1. 10 agosto 1950, n. 646 relativo all'attivit della Cassa per il Mezzogiorno (n. 246). Art. 3 l. reg. sic. 8 novembre 1964, n. 29. Se l'art. 3 della 1. reg. sic. 8 novembre 1964, n. 29, che sostituisce al termine biennale dell'art. 73 della legge fondamentale sulle espropriazioni pi lungo termine (tre anni), possa dar adito a questione di legittimit costituzionale, con particolare riguardo all'art. 3 della Costituzione (n. 247). PARTE II, CONSULTAZIONI 209 Cassa per il Mezzogiorno -Legge 27 gennaio 1962, n. 7, art. 5 -Dichiarazione di p. u. Se la Cassa per il Mezzogiorno, quando agisce ai sensi dell'art. 5 legge speciale per Napoli 27 gennaio 1962, n. 7, per l'esecuzione delle opere pubbliche straordinarie di competenza del Comune di Napoli, abbia necessit, per l'attuazione delle occorrenti procedure espropriative, di provvedersi della dichiarazione espressa di pubblica utilitt (n. 248). Occupazione non preordinata alla espropriazione -Indennitd. Se il criterio di commisurazione dell'indennit di occupazine agli interessi legali sulla indennit di espropriazione possa trovare applicazione anche quando la occupazione non sia preordinata alla espropriazione ovvero non sia seguita dall'espropriazione (n. 249). Spese per la documentazione della proprietd. Se le spese sostenute per la documentazione comprovante la propriet del fondo e l'inesistenza di vincoli reali, nella procedura di svincolo della indennit di esproprio, facciano carico all'espropriante (n. 250). FALLIMENTO. Pagamento diretto di mercedi agli operai. Se la stazione appaltante possa pagare direttamente le mercedi agli operai quando l'appaltatore sia fallito (n. 107). FARMACIE. Autorizzazione del medico provinciale all'esercizio provvisorio agli eredi beneficiati. Se il medico provinciale debba concedere la autorizzazione provvisoria all'esercizio della farmacia agli eredi del titolare defunto fino al nuovo conferimento per concorso della stessa, anche in caso che l'eredit sia stata accettata da alcuno dei coeredi con beneficio. di inventario e questi si opponga alla richiesta di atuorizzazione (n. 16). Indennitd d'avviamento. Se l'indennit di avviamento dovuta in caso di trasferimento di farmacie a sensi dell'art. 110 t. u. Sanitario debba sempre commisurarsi al triplo del reddito annuo, imponibile ai fini della ricchezza mobile, quale che sia la minor durata infraquinquennale dello esercizio (n. 17). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Turno settima~ale -Inderogabilit. Se sia derogabile la prefissione dei turni di riposo delle farmacie disposta dal Medico Provinciale (n. 18). FERROVIE. Compensazione tra crediti F.S. per tasse di porto e debiti per rimbo1si derivanti da riduzioni tariffarie. Se possa in ogni caso farsi luogo legittimamente a recupero di crediti delle F.S. per tasse di porto riscosse in meno mediante compensazione, ai sensi dell'art. 1242 c. c., con debiti delle stesse F.S. per rimborsi derivanti dalle riduzioni tariffarie per l'industrializzazione del Mezzogiorno (n. 383). IGIENE E SANIT. Poteri del sindaco ex art. 217 t. u. leggi sanitarie -Natura dei provvedimenti -Ricorso gerarchico. Se il Sindaco, nella veste di Ufficiale di Governo, sia competente a emettere un provvedimento con cui si disponga l'allontanamento dall'abi tato di uno stabilimento di lavorazione del legno e se non essendo un tale provvedimento definitivo, competente a decidere il ricorso gerarchico con tro di esso sia il Medico Provinciale (n. 4). Se costituisca presupposto all'esercizio del potere di cui all'art. 217 t. u. leggi sanitarie da parte del Sindaco la sussistenza di un imminente grave pericolo per la salute pubblica (n. 4). IMPIEGO PUBBLICO. Procure per la riscossione di stipendi, salari e pensioni. Se l'art. 363 delle Istruzioni Generali sui Servizi del Tesoro nel disporre. che non' sono ammesse procure per la riscossione degli stipendi, dei salari... nei riguardi delle pensioni e degli assegni a queste assimilate, non sono ritenute valide le procure a termine o limitate al pagamento di una somma determinata ., sia legittimo (n. 657). IMPOSTA DI BOLLO. Espropriazione per p. u. -Agevolazioni tributarie. Se le istanze e le documentazioni presentate dai privati espropriati per lo svincolo delle indennit depositate, possono godere dell'agevolazione tributaria prevista dall'art. 26 1. 10 agosto 1950, n. 646, relativo all'attivit della Cassa per il Mezzogiorno (n. 31). PARTE II, CONSULTAZIONI 211 IMPOSTA DI REGISTRO. Acquisto di fondi rustici o di case popolari -Agevolazioni fiscali a favore delle famiglie. Se i benefici fiscali previsti dall'art. 13 I. 27 giugno 1961, n. 551, per gli atti di acquisto di fondi rustici o di case di tipo popolare, che vengano destinati rispettivamente al lavoro o all'abitazione di una famiglia numerosa, spettino anche se l'acquirente sia il coniuge non capo di famiglia, ed anche se il coniuge acquirente o l'altro coniuge sia proprietario di altra casa non idonea ad essere abitata dalla famiglia numerosa (n. 261). Agevolazioni tributarie per l'industrializzazione del Mezzogiorno. Se all'atto con cui viene aumentato il capitale di una societ, quando oggetto del conferimento, a titolo di concentrazione aziendale, sia un'unica azienda industriale divi>Ba in due rami, di cui uno con sede a Sud e l'altro con sede al Nord, possano concedepii le agevolazioni tributarie previste dlla lettera d) dell'art. 38 della 1. 29 luglio 1957, n. 634 (n. 262). Appalto per costruzioni di case non di lusso -Agevolazioni tributarie. Se, nel caso 'ixi cui la costruzione di una casa non di lusso sia completata da un appa1tatore dive;rso da quello originario, per il primo contratto di appalto debbano essere dichiarate decadute le agevolazioni fiscali concesse (n. 263) . .Art. 44 del d. l. 15 marzo 1965, n. 124 -Interpretazione. Se il limite temporale previsto dal primo comma dell'art. 44 del d. 1. 15 marzo 1965, n. 124 sia applicabile anche all'ipotesi disciplinata dal quarto comma dello stesso articolo (n. 264). Delegazioni di pagamento ex art. 94 t. u. finanza locale -Agevolazioni. Se le delegazioni di pagamento di cui all'art. 94 t. u. sulla finanza locale, rilasciate a garanzia di mutui stipulati ai fini previsti dalla legge 589/1949, godano delle stesse agevolazioni fiscali previste per tali mutui dall'art. 18 del1a legge medesima, qualora la delegazione fatta dal Comu'le sia accettata dalla ditta appaltatrice delle imposte di consumo e l'accetfa:zione sia fatta nello stesso atto di mutuo e solo successivamente perfezionata in atto separato a fini amministrativi (n. 265). Imposta sugli atti di garanzia. Se sia applicabile l'art. 59 tariffa All. A alla legge di registro, ad atti coi quali si garantiscono aperture di credito bancario non soggette a bollo (n. 266). Se sia applicabile il limite quantitativo dell'imposta graduale fissato dal I capoverso dell'art. 53 1. r. alle garanzie non accordate contestualmente all'obbligazione garantita (n. 266). 212 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Legge istitutiva dell'Enel -Benefici fiscali per atti di fusione. Se i benefici fiscali ex art. 9 della 1. 6 dicembre 1962, n. 1643 (istitutiva dell'Enel) siano applicabili quando gli atti di fusione avvengano fra societ ex elettriche ed altre societ non elettriche (n. 267). Trasferimenti di case di abitazione -Agevolazioni ex art. 3 D. P. Reg. sic. 26 aprile 1949, n. 10. Se le disposizioni di favore di cui all'art. 3 D. P. Reg. sic. 26 aprile 1949, n. 10 relative a trasferimenti di case di abitazione siano applicabili al caso di compravendita di appartamenti ultimati, sia pure allo stato grezzo (n. 268). IMPOSTA DI SUCCESSIONE. Eredit giacente -Accertamento di maggior valore. Se nel corso della procedura di liquidazione dell'eredit giacente, l'Amministrazione finanziaria possa procedere all'accertamento del maggior valore dei beni caduti in successione (n. 52). Se, in caso affermativo, l'Amministrazione debba o meno proporre impugnazione dello stato di graduazione, qualora in questo momento il procedimento di accertamento tributario non sia stato ancora definito (n. 52). IMPOSTA GENERAj:.E SULL'ENTRATA. IGE sui diritti versati ai Comuni per le pubbliche afjssioni. Se ai sensi dell'art. 1 lett. d) della 1. 19 giugno 1940, n. 762 debbano considerarsi assoggettabili ad IGE i dirltti spettanti ai Comuni per la esposizione di mezzi pubblicitari effettuata direttamente a cura del privato ed in luoghi o spazi diversi da quelli predisposti dall'autorit comunale (n. 120). Rimborso IGE su olii non commestibili. Se le agevolazioni concernenti l'IGE sugli atti economici relativi al commercio degli olii vegetali allo stato commestibile di cui all'art. 8 della 1. 24 dicembre 1949, n. 941 e all'art. 2 1. 31 ottobre 1961, n. 1196 siano applicabili anche agli olii destinati alla alimentazione previo procedimento di raffi.nazione (n. 121). Tassabilit dei contributi dei consorzi di bonifica di primo grado a quelli di secondo. Se le contribuzioni che i consorzi di bonifica di primo grado versano a quelli di secondo grado abbiano natura tributaria e perci non siano tas PARTE II, CONSULTAZIONI 213 sabili con ige, al pari dei contributi di bonifica che i privati corrispondono ai consorzi di primo grado (n. 122). Se i contributi che i consorzi di primo grado versano a quelli di secondo grado siano semplici rimborsi spese e cio partite di giro e pertanto non tassabili con ige (n. 122). IMPOSTE E TASSE Benefici fiscali l. 3 agosto 1949, n. 569 -Applicabilit alle garanzie di terzi. Se le agevolazioni fiscali previste dall'art. 18 1. 3 agosto 1949, n. 589, siano applicabili alle garanzie di terzi stipulate alle condizioni previste dell'art. 3 1. 4 aprile 1953, n. 261 (n. 446). Compensazione tra crediti F. S. per tasse di porto e debiti per rimborsi derivanti da riduzioni tariffarie. Se possa in ogni caso farsi luogo legittimamente a recupero di crediti delle F. S. per tasse di porto riscosse in meno mediante compensazione, ai sensi dell'art. 1242 c. c., con debiti delle stesse F. S. per rimborsi derivanti dalle riduzioni tariffarie per l'industrializzazione del Mezzogiorno (n. 447). Finanza locale -Ricorso ex art. 289 t. u. Se la proposizione del ricorso ai sensi dell'art. 289, 3 comma, t. u. Finanza locale (modificato con art. 52 1. 2 luglio 1952, n. 703) sia sospensivo della riscossione dei tributi che fossero gi stati iscritti a ruolo (n. 448). lmposta complementare -Riscossione coattiva. Se nei casi di infruttuose o insufficienti procedure esecutive a carico del contribuente iscritto a ruolo per imposta complementare l'esattore possa agire esecutivamente sui beni appartenenti ai soggetti i cui redditi, in forza iell'art. 131 t. u. 29 gennaio 1953, n. 645, si cumulano con quelli del soggetto ii imposta (n. 449). '...egittimit costituzionale dell'art. 188 t. u. 29 gennaio 1958, n. 645. Se debba ritenersi manifestamente infondata la questione di legittimit ~ostituzionale della norma di cui all'art. 188 t. u. 29 gennaio 1958, n. 645 in :elazione all'eccesso di delega per innovazione concernente la riduzione del ;ermine a ricorrere ed in relazione alla violazione dei diritti della difesa ?er eccessiva previt del medesimo (n. 450). ~icorso per revocazione avverso la decisione della Commissione Centrale in materia di imposte indirette. Se sia ammissibile il ricorso per revocazione avverso le decisioni della ::!ommissione Centrale in materia di imposte sui trasferimenti della ric: hezza (n. 451). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO IMPOSTE VARIE Acquisto di fondi rustici o di case popolari -Agevolazioni fiscaH a favore delle famiglie numerose. Se i benefici fiscali previsti dall'art. 13 1. 27 giugno 1961, n. 551, per gli atti di acquisto di fondi rustici o di case di tipo popolare, che vengano destinati rispettivamente al lavoro o all'abitazione di una famiglia numerosa, spettino anche se l'acquirente sia il coniuge non capo famiglia, ed anche se il coniuge acquirente o l'altro coniuge sia proprietario di altra casa non idonea ad essere abitata dalla famiglia numerosa (n. 7). Compensazione. Se possa ammettersi la compensazione tra le somme cui il contribuente ha diritto per imposta di registro pagata indebitamente e quelle dallo stesso dovute per imposta principale di successione (n. 8). MATRIMONIO Tribunali Ecclesiastici -Efficacia della sentenza nell'ordinamento italiano. Se la riapertura di un Processo per nullit di matrimonio dinanzi alla Sacra Rota, gi precedentemente conclusosi con sentenza dichiarativa di nullit resa esecutiva dalla Corte di Appello, spieghi effetti nell'ordinamento Italiano (n. 21). MEZZOGIORNO Cassa per il Mezzogi01no -L. 27 gennaio 1962, n. 7, art. 5 -Dichiarazione di p.u. Se la Cassa per il Mezzogiorno, quando agisca ai sensi dell'art. 5, legge speciale per Napoli 27 gennaio 1962, n. 7, per l'esecuzione delle opere pubbliche straordinarie di competenza del Comune di Napoli, abbia necessit, per l'attuazione delle occorrenti procedure espropriative, di provvedersi della dichiarazione espressa di pubblica utilit (n. 41). Opere di ampliamento eseguite per conto della Cassa del Mezzogiorno Licenza di costruzione. Se i concessionari di lavori di ampliamento di edifici ospedalieri da parte della Cassa del Mezzogiorno debbono essere tenuti a richiedere alla competente autorit locale la licenza di costruzione edilizia di cui all'art. 31 della 1. 17 agosto 1942, n. 1150 (n. 42). PARTE II, CONSULTAZIONI 215 >PERE PUBBLICHE :assa per il Mezzogiorno -Legge 27 gennaio 1962, n. 7, mt. 5 -Dichiamzione di p. u. Se la Cassa per il Mezzogiorno, quando agisce ai sensi dell'art. 5, legge peciale per Napoli 27 gennaio 1962, n. 7, per l'esecuzione delle opere pub1liche straordinarie di competenza del Comune di Napoli, abbia necessit, er l'attuazione delle occorrenti procedure espropriative, di provvedersi lella dichiarazione espressa di pubblica utilit (n. 70). )pere di ampliamento eseguite pe1 conto della Cassa del Mezzogiorno Licenza di costruzione. Se i concessionari di lavori di ampliamento di edifici ospedalieri da 1arte della Cassa del Mezzogiorno debbono essere tenuti a richiedere alla ompete.te autorit locale la licenza di costruzione edilizia di cui all'art. 31 lella 1. 17 agosto 1942, n. 1150 ( n. 71). nteressi sulle indennit pecuniarie. Se, in caso di rateizzazione ex art. 33 del r. d. 3 giugno 1940, n. 1357, .ella indennit pecuniaria per costruzione abusiva (1. 29 giugno 1939, L. 1497) siano dovuti anche gli interessi (n. 21). 'ENSIONI 'erdita per condanna penale -Eliminazione delle schede dal Casellario giudiziale per compimento degli 80 anni -Effetti. Se possa ottenere il ripristino della pensione di guerra colui che, dopo ver riportato una condanna penale con interdizione perpetua dai pubblici tffici, fruisca per il compimento degli anni 80, della eliminazione delle chede del casellario a suo carico, ai sensi dell'art. 605 c. p. p. (n. 120). 'restazione di opera retribuita da parte di pensionati. Se ai pensionati dello Stato che prestano opera retribuita presso la ~ociet Italiana per l'esercizio Telefonico (S.I.P.), sia applicabile il divieto .i corrispondere assegni accessori ex art. 4 del r. d. 1. 15 ottobre 1936, L. 1870, richiamato dall'art. 4 della 1. 26 novembre 1953, n. 876 (n. 121). 'ROCEDIMENTO PENALE Totitia criminis appresa da un pubblico ujJciale -Obbligo di riferirne all'Autorit giudiziaria. Se un pubblico ufficiale, avuta notizia di un reato in occasione dei suoi ompiti di istituto abbia l'obbligo di riferirne direttamente all'Autorit :iudiziaria (n. 9). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Se il pubblico ufficiale che avuta conoscenza di un reato abbia riferito esclusivamente tale notizia criminis all'Amministrazione centrale sia punibile ai sensi dell'art. 361 c. 1p. (n. 9). PUBBLICO UFFICIALE Notizia criminis appresa da un pubblico u:fjciale -Obbligo di riferirne all'Autorit giudiziaria. Se un pubblico ufficiale, avuta notizia di un reato in occasione dei suoi compiti di istituto abbia l'ob)Jligo di riferirne direttamente all'Autorit giudiziaria (n. 3). Se il pubblico ufficiale che avuta conoscenza di un reato abbia riferito esclusivamente tale notizia criminis all'Amministrazione centrale sia punibile ai sensi dell'art. 361 c. p. (n. 3). REGIONI Art. 3 l. reg. sic. 8 novembre 1964, n. 29. Se l'art. 3 della I. reg. sic. 18 novembre 1964, n. 29, che sostituisce al termine biennale dell'art. 73 della legge fondamentale sulle espropriazioni pi lungo termine (tre anni), possa dar adito a questione di legittimit costituzionale, con particolare riguardo all'art. 3 della Costituzione (n. 151). RESPONSABILIT CIVILE Agenti addetti alla conduzione di autoveicoli -Applicabilit della l. 31 dicembre 1962, n. 1833 in caso di transazione. Se le disposizioni dell'art. 8 I. 31 dicembre 1962, n. 1833 possano trovare appliGazione nel caso in cui, al momento della entrata in vigore della citata legge, fosse gi intervenuta transazione tra l'Amministrazione ,peraltro non ancora completamente eseguita (n. 242). Danneggiamento di immobile -Prova della prapriet -Onere della relativa spesa. Se in caso di danneggiamento di immobile il costo della acquisizione della documentazione relativa alla prova della propriet dell'immobile stesso da parte del reclamante debba ricadere sul danneggiato (n. 243). RISCOSSIONE COATTIVA Imposta complementare. Se nei casi di infruttuose o insufficienti procedure esecutive a carico del contribuente iscritto a ruolo per imposta complementare, l'esattore possa agire esecutivamente sui beni appartenenti ai soggetti i cui redditi, in forza dell'art. 131 t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, si cumulano con quelli del soggetto di imposta (n. 7). J PARTE II, CONSULTAZIONI SCIOPERO Sciopero dei cancellieri -Proroga dei termini. Se la proroga dei termini concessa a seguito dello sciopero dei cancellieri giudiziari dell'aprile 1967, debba estendersi alla regolarizzazione fiscale degli assegni bancari scoperti (n. 3). SERVITU' Imposizione di servit militare -Eccesso dei limiti del provvedimento. Se il privato proprietario difetti in relazione all'eccesso dei limiti posti, nel caso concreto, al provvedimento impositivo della servit militare, di una posizione soggettiva, tutelabile, neanche al livello di interesse legittimo (n. 45). STAMPA Reati a mezzo stampa -Diffamazione -Giornale straniero. Se la diffamazione mediante articolo pubblicato su giornale straniero debba considerarsi come reato commesso da uno straniero all'estero, e come tale soggiaccia alla disciplina di cui agli artt. 7, 9 e 10 c. p. p. (n. 9). STRADE Autostrade -Divieto di costruzioni private. Se il divieto di costruire, ricostruire o ampliare manufatti di qualsiasi specie a distanza inferiore a m. 25 dal limite della zona di occupazione delle autostrade, fissato nell'art. 8, 1 comma, 1. 24 luglio 1961, n. 729, debba ritenersi operante solo per le autostrade costruite in esecuzione della detta legge n. 729/61 ovvero anche per quelle costruite in precedenza (n. 65). Limitazioni poste dall'art. 1, n. 11. t. u. 8 dicembre 1933, n. 1740 a beni demaniali. Se le limitazioni previste dall'art. 1, n. 11, r. d. 8 dicembre 1933, n. 1740, t. u. per la tutela delle strade e per la circolazione, siano applicabili a beni demaniali (n. 66). Pubblicit su aree delle Ferrovie lungo il tracciato di autostrade. Se il divieto di qualsiasi forma di pubblicit stradale sancito dall'art. 9, ultimo comma, 1. 24 luglio 1961, n. 729, lungo i tracciati delle autostrade sia applicabile anche ai cartelli pubblicitari affissi su manufatti ed aree delle FF. SS. prospicienti le autostrade e quindi visibili da chi le percorra (n. 67).